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Autore: Stateira    16/06/2008    16 recensioni
Le notti di Harry sono improvvisamente agitate da strani sogni. Ma qual è il loro significato? Chi è il misterioso personaggio in cerca di aiuto?
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Harry venne svegliato da uno spiffero di luce che filtrava dalla finestra, mal coperta dalla tenda

Harry venne svegliato da uno spiffero di luce che filtrava dalla finestra, mal coperta dalla tenda. Socchiuse gli occhi di malavoglia, e, grazie al cielo, Draco era ancora lì.

Dormiva a pancia in giù, con la testa rivolta verso di lui, le labbra leggermente aperte, da cui sbuffava. Aveva gli angoli degli occhi segnati dall’alone bianco tipico delle lacrime.

E questo aveva un significato immenso, per Harry.

Parolacce, litigi, calci e pugni?

Non gliene importava niente, avrebbe rifatto tutto quanto daccapo senza battere ciglio, ed era grottesco pensare che soltanto alcuni mesi prima aveva messo piede a Hogwarts per l’ultimo anno senza pensare a lui, senza nutrire che infastidita indifferenza per gli occhi di Draco, così terribilmente luminosi.

Avrebbe dovuto svegliarlo? Era ancora presto, non c’era fretta, ma esiste un momento migliore al mondo per parlare un po’, quando il sonno ancora ti avvolge e ti rende ubriaco, incapace di mentire?

 

Soffiò delicatamente nel suo orecchio. Sapeva già che quando avrebbe aperto gli occhi, si sarebbe sentito mancare.

 

- … Uhm. –

- Buongiorno. –

 

Draco aprì prima un occhio solo, prudentemente. Assicuratosi che non ci fosse troppa luce, aprì l’altro, appena uno spiraglio.

 

- Come stai? –

- Be-bene. –

- Sì? –

 Davvero. Perché mi hai svegliato? –

 

Harry si strinse nelle spalle, e rispose semplicemente, candidamente: - Avevo voglia di rivederti. –

- Ma se fino a un minuto fa… -

- Di rivederti qui. –

 

Draco non ebbe niente da replicare. Aveva saputo fin da quando si era svegliato che ora, nel suo mondo c’era una bella novità.

Una di più ed una di meno, per dire meglio.

Gli veniva più semplice accettare Harry se lo vedeva immerso nella natura onirica del bosco che ospitava Marzio. Sinceramente, provava meno imbarazzo, per non parlare dell’atmosfera.

C’era una cosa, però, che faceva una differenza enorme da laggiù a lì.

Il pigiama di Harry. Gli occhiali inguardabili posati sul comodino. I suoi piedi nudi, e con ogni probabilità gelidi. Il cuscino con ancora impressa la forma della sua testa.

 

Era. Tutto. Reale.

 

Aveva una consistenza che il mantello di Marzio, il sole che brillava in quel mondo, i capelli di Derevan, nulla di tutto ciò aveva.

Credeva di aver compreso le parole del Romano. Diavolo, non c’era niente di difficile da capire.

E invece non era vero, l’ultimo tassello del puzzle andava al suo posto solo ora, proprio su quel cuscino.

 

Anche Marzio e Derevan, prima di loro, dovevano aver avuto un cuscino da condividere. Che li aveva resi concreti come non erano più, ma come erano loro, invece.

Come un filo rosso che aveva attraversato le epoche.

Piuttosto decadente, come pensiero, ma con il singolare potere di farlo sentire bene.

 

- Harry. –

 

Dolcemente, si lasciò cadere sulla spalla del Grifondoro, tenendosi strette le ginocchia al petto.

 

- Scusa. – non l’avrebbe ripetuto una seconda volta. Anzi, probabilmente non avrebbe mai più pronunciato quella parola nel corso della sua vita.

 

Harry lo abbracciò stretto, riuscendo a malapena a circondare schiena e ginocchia rannicchiate.

 

- Non fa niente. Adesso basta con questa storia. –

- Dici sul serio? –

- A ha. Però tu non scappare. D’accordo? –

- D’accordo. –

 

Harry ridacchiò, distante. – Sai, credo che sarà piuttosto strano, all’inizio. –

- Lo penso anch’io. –

- Se provi a chiamarmi Marzio, ti uccido. –

- Non lo farò.

 

Nessuna voglia di sciogliere l’abbraccio. La meraviglia di alzarsi presto.

 

- A proposito. Che cosa credi che succederà? –

- Chi può dirlo? Adesso però, c’è una cosa che dobbiamo fare. –

- Che cosa? –

- Te l’ho detto ieri. Non far finta di essertelo scordato. –

 

Già, ieri.

Un giorno piuttosto importante, diciamo, uno di quelli da segnare sul calendario con una bella X rossa.

 

Si erano svegliati, e per alcuni minuti fra loro era stato un silenzio imbarazzato a farla da padrone. Ma Harry se l’era cavata abbastanza bene a dire qualcosa di stupido che fece ridere Draco, e sciogliesse l’atmosfera.

 

Si erano lasciati per seguire le lezioni, e nel tardo pomeriggio, Harry aveva disputato la penultima partita di Quidditch della stagione, contro Corvonero. Draco era andato a vederla, e per la prima volta in vita sua aveva sorriso per la vittoria di qualcun altro. Per la vittoria di Grifondoro, nella fattispecie, vittoria sul filo di lana, con uno scarto di cinque, miseri punti. Non si sentiva più tanto inutile, per essersi fatto battere da Corvonero.

 

Poi l’aveva aspettato fuori dagli spogliatoi, accovacciato contro il muro, non prima di essersi dipinto sul volto una maschera che dissuadesse chiunque dal chiedergli che cosa ci facesse lì.

 

Ed erano arrivati tardi a cena, perché camminando senza una meta certa per lo sterminato parco della scuola, parlando, ridendo, qualche volta mandandosi al diavolo, avevano perso completamente la cognizione del tempo. Come quella passeggiata fosse l’abitudine di una vita intera, dimenticata in chissà quale cassetto e riemersa solo in quel momento, in occasione di uno stravolgimento importane dell’arredamento.

 

Harry si era guadagnato lo sguardo sospettoso di Hermione fisso su di lui per tutto il pasto. Anzi più che sospettoso, sembrava essere sicuro. Sicuro di ciò che aveva intuito.

Il fatto che lei, comunque, non accennasse a voler commentare, era positivo, nell’immediatezza. Certo, significava che prima o poi avrebbe dovuto presentarsi davanti a lei e a tutti gli altri, per fornire un’adeguata e prolissa giustificazione su tutto ciò che stava accadendo. Ma gli veniva concessa una deroga, per ora, intanto, per fare un po’ di ordine con sé stesso.

 

Dopo aver mangiato, Draco era andato in biblioteca, alla ricerca di un libro per un compito che non poteva più rimandare oltre. Harry lo aveva aspettato sveglio, supino sul letto, completamente assorto in chissà quali pensieri.

Draco si era coricato, e aveva azzardato a dargli un bacio di sua iniziativa.

Era cominciato così qualcosa che presto sarebbe sfuggito di mano ad entrambi.

Meraviglioso, strano, spaventoso, come un viaggio.

 

In tutto ciò, la raccomandazione di Harry approposito di quell’importantissima cosa che avrebbero dovuto fare l’indomani era passata del tutto in secondo piano, soffocata dall’ultimo bacio prima del sonno.

 

Chiudere gli occhi e risvegliarsi nuovamente in quel luogo di là del sogno aveva lasciato loro addosso un’inaspettata sensazione di libertà.

Il boschetto non si vedeva più. E nemmeno il sole, e non una singola nuvola.

Solo erba, a perdita d’occhio, erba verde chiaro, freschissima, uniforme, in ogni direzione. E sopra i loro, un cielo altrettanto brillante della sua statica monocromia.

 

- Ma che cosa… -

- Siete arrivati. –

 

Marzio e Derevan erano comparsi davanti a loro come dei miraggi. Entrambi in groppa a Fulgor, con Shay al loro fianco, docile, una volta tanto.

 

- Ce ne andiamo. – aveva detto Marzio, raggiante.

- Grazie per ogni cosa. – gli aveva fatto eco Derevan.

 

Harry e Draco non avevano capito subito.

 

- Ma come… ve ne andate? –

 

Se ne andarono davvero.

Marzio e Derevan, così all’improvviso. Dopo tutto il tempo passato a cercare di cacciarli via, e dopo essersi trovati, uniti, aver affrontato assieme un’avventura inenarrabile.

Se n’erano andati sul serio.

Marzio aveva spronato il suo cavallo, che era partito al galoppo, puntando verso di loro.

Nemmeno il tempo per spaventarsene, che erano già scomparsi oltre una sorta di muro invisibile, entrati in una dimensione nuova, sconosciuta, di sicuro il luogo più giusto per loro.

 

Draco era rimasto lì, impalato, a fissare il punto in cui si erano dissolti Derevan e Marzio.

 

- Ma… - esalò. – Non li ho nemmeno salutati. –

 

Harry era rimasto un passo dietro di lui, sapeva che era la cosa giusta da fare, e non voleva in alcun modo disturbarlo. Pur nella sua perfetta immobilità, con il capo ancora bel alzato, le braccia rilassate lungo il corpo, Draco stava piangendo.

 

Perciò, quella mattina Harry si era svegliato per primo, conscio di sentirsi un po’ più solo, ora che Marzio e Derevan non c’erano più. Era successo tutto troppo in fretta, perché potesse dire di aver elaborato ciò che provava, ma in fondo al cuore, almeno quello, era felice per loro.

 

- Forza, su. Andiamo? –

- Voglio prima fare colazione. –

- D’accordo. Però poi vieni con me. –

- Ma non posso saltare la lezione di Incantesimi. –

- Draco… -

- Sul serio! È veramente, veramente importante. –

 

Harry alzò gli occhi al soffitto, ridacchiando.

Tanto, gli piacesse o meno, lo avrebbe trascinato nell’ufficio di Silente assieme a lui, a viva forza.

 

*          *          *

 

Come in un film già visto.

Fu di nuovo Harry a parlare, quasi esclusivamente lui. Draco annuiva di tanto in tanto, ma non perché fosse stizzito, questa volta. Harry si era ripromesso di proteggerlo, per lasciare che sbollisse la tristezza in pace. Ogni volta che nominava Derevan, si irrigidiva e lo guardava intensamente.

Poverino.

E dire che aveva sprecato un sacco di tempo a dargli addosso. E ad avere una paura folle di lui, soprattutto. Avrebbe scommesso la sua bacchetta che Draco avrebbe continuato imperterrito a sostenere che tanto quello lì non gli piaceva nemmeno un po’, che finalmente e n’era liberato, e tutti gli altri mattoncini che costituivano la sua difesa.

Sarebbe bastato un soffio per distruggerle, ma era necessario prendere contromisure. Lo avrebbe lasciato sobbollire nel suo brodo, finché non avesse deciso di uscirne da solo. Se c’era una lezione d’oro che aveva imparato, era che forzare Draco era sempre e comunque una scelta sbagliata.

 

- Suppongo non occorra dirvi che avete fatto ciò che era più giusto, ragazzi. –

- Se ripenso a tutte le volte che ho sospettato di loro mi sento un verme. –

- Via, è normale. Signor Malfoy, la vedo piuttosto scosso. Si sente bene? –

- Sì. Si signore, sto bene. –

- Prenda una liquirizia. –

- No, grazie. –

- Non faccia complimenti, se vuole gliela stordisco io. –

 

Finalmente, Harry prese il coraggio a quattro mani, e provò ad esporre con le parole meno imbarazzanti che gli venissero in mente ciò che aveva da dire.

 

- Professor Silente, ecco, noi ci chiedevamo se… -

- Che cosa, ragazzo? –

- Se… Se fosse possibile restare nella stanza dove ci troviamo ora. Insomma, fino al termine dell’anno. Ehm, non è che non vogliamo tornare dai nostri compagni, ma sarebbe molto meglio, insomma, per noi. –

 

Silente sorrise ampiamente, facendo fremere la lunghissima barba bianca.

 

- No. – rispose, con la massima affabilità.

 

Draco strabuzzò gli occhi.

 

- … No?!?! –

- Se credete di essere più speciali dei vostri compagni, temo che dobbiate rivedere le vostre posizioni. Terminerete l’anno nei vostri rispettivi dormitori. – un ghigno, quasi invisibile. – Quel che vorrete fare poi, fuori da questa scuola, non sarà più affar mio. –

 

Harry capì, ovviamente. E gli venne da ridere.

Chissà perché, in quel momento mostruosamente imbarazzante, gli tornò in mente qualcosa di molto, molto remoto, che soltanto in quel momento assumeva il suo pieno significato, e si colorava, finalmente, della luce del sole.

 

“Omnia Amor Vincit”.

 

Era tutto finito. Marzio era con Derevan, finalmente, si erano ripresi la loro felicità, da qualche parte chissà dove. Mentre lui era alla presa con il momento più imbarazzante della sua vita.

 

Ora, aveva un motivo in più per ridere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Mi trovo costretta a devolvere questo angolino ad una questione importante, saltando le risposte. E vi assicuro che non mi piace per nulla.

Girovagando per la rete mi sono imbattuta in un forum, dove trovo un’utente di nome Stateira. , cioè il nome Stateira seguito da un punto.

Superfluo specificare che non sono io.

Ma non basta, clicco sul collegamento al suo blog, che si trova in basso a sinistra, e scopro che esso si intitola “La Pizia”. Che è il nome del mio blog.

 

Voglio lasciarvi il link al profilo, e anche al blog, per dimostrarvi che non invento nulla.

 

http://forum.fuoriditesta.it/utenti/stateira--793.html

 

http://blog.fuoriditesta.it/vanny/

 

che, ironia della sorte, fra gli ultimi post reca la citazione, ovviamente non autorizzata, di uno stralcio del capitolo 4 di “Insegnami ad amare”.

 

Questo non è un caso.

Non lo è, poco da discutere.

Stateira non è un nickname comune, come può essere un “Kikka”, un “Vale88”, o un “princess” che senza dubbio sono gettonati.

Oserei dire che è un nick molto singolare, che ha alle spalle tutta una storia, e a cui sono profondamente legata. Oltre  questo, a ulteriore riprova, il titolo del blog, sicuramente non banale, con annessa citazione. Tre indizi fanno una prova, come si suole dire.

 

Sono amareggiata. Lo vivo male, come un furto di identità in primis, e come un’indebita appropriazione di qualcosa che non si conosce.

Stateira sono io. Un puntolino in fondo al nome non cambia le cose.

Ed oltre all’amarezza, sono dispiaciuta, immensamente, che qualcuno si senta in diritto, o magari persino in bisogno, di appropriarsi del nome di qualcun altro.

È così bello essere sé stessi, che quando la gente non lo capisce mi sento triste per loro.

 

Stateira. , io ti invito qui, davanti a tutti, perché so che in questi lidi ti trovi, a farti viva.

Sono dell’opinione che ogni cosa si possa risolvere con un sereno confronto, ma a questo punto pretendo una spiegazione, una giustificazione, magari anche delle scuse, se non oso troppo.

 

E c’è un’altra cosa, che è una cavolata e che mi dispiace dover dire, ma ragazze, l’ANGOLINO! è un marchio di fabbrica, e non mi piace vederlo comparire a mò funghetto in mille altri posti. Non fatemici mettere il ™, vi prego, lo trovo molto triste. Inventate altri termini, che so, “L’autrice parla”, “Spazio dell’autore”, “extra”, qualsiasi cosa.

 

Se tutto questo possa essere frutto di ammirazione, non lo so e non mi interessa, perché non è questo il modo giusto di dimostrarmelo. Io vi ringrazio per ogni recensione che mi lasciate, vi ringrazio per inserirmi fra le vostre preferenze, sono felicissima che i miei racconti vi piacciano e gioisco di ogni vostra dimostrazione di stima, dalla recensione alla mail, con tutto il cuore.

 

Ma questo dev’essere, per il resto siate voi stessi, siate fieri delle vostre identità, spremetevi le meningi per trovare nick nuovi, per essere originali in coerenza con la vostra personalità.

 

Basta, finito, era giusto affrontare questo discorso una volta per tutte.

  
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