Un rifugio
Quando
Regina si precipitò fuori di casa, il vento era
freddo.
Lei,
tuttavia, se ne accorse a stento, poiché la
frustrazione le infiammava le guance e le faceva bruciare gli occhi.
Aveva
appena avuto l’ennesima lite con sua madre, e al
momento l’ultima cosa che voleva era stare sotto lo stesso
tetto di quella donna.
Se
solo ripensava alle parole gelide di Cora, si sentiva sommergere da
un misto contrastante di rabbia e timore.
Rabbia
verso sua madre, che era stata così
ingiusta…
Timore verso la sua magia, contro la quale lei era
completamente, orrendamente impotente…
La
ragazza guardò verso l’orizzonte, e
sentì i piedi prudere dalla voglia di scappare
lontano… La sua testa, però, la trattenne.
Se
fosse fuggita, dove sarebbe andata?
Come
avrebbe vissuto?
Era
sicura che non avrebbe retto due giorni, da sola, e in
più c’era suo padre. Come poteva anche solo
pensare di abbandonarlo?
Lui
le voleva davvero bene, a differenza di Cora.
Regina
si mosse sul posto. In fondo al suo cuore, stava iniziando a
germogliare un seme di vergogna.
D’accordo,
sua madre la costringeva continuamente a fare cose
che lei non voleva, ma la ragazza sapeva che Cora voleva il meglio per
lei.
Avrebbe
dovuto esserle grata, invece di ribellarsi.
Il
senso di colpa le serrò il petto, facendole quasi salire
le lacrime agli occhi… Regina le cacciò indietro
e, innervosita, iniziò a correre verso la stalla che si
profilava poco distante, la treccia scura che ballava sulla sua schiena.
Non
era vestita signorilmente, almeno secondo sua madre. Ed un paio di
braghe ed un giubbotto troppo maschile erano stati un pretesto
più che sufficiente per una lite.
Regina
cercò di non pensarci… Il ricordo del tono
insofferente di sua madre la agitava e bastava per farle salire un
sapore amaro in bocca.
In
quel momento, la stalla appariva ai suoi occhi come un nascondiglio,
un posto dove potersi rifugiare sinché non avrebbe
recuperato la calma.
Non
si aspettava di trovarvi qualcuno.
Il
loro giovane stalliere dai capelli color mogano, però,
era lì, intento a rigovernare un purosangue dal manto scuro,
l’ultimo acquisto dei genitori di Regina.
La
ragazza si bloccò sulla soglia, il respiro affannoso.
Daniel,
dal canto suo, sollevò lo sguardo. Anche se parve
stupito di vederla, non fece domande, limitandosi a rivolgerle un cenno
del capo. «Milady…»
Si
girò di lato, come per cercare un luogo dove posare la
spazzola, ma Regina disse bruscamente: «Continua pure a fare
ciò che stavi facendo. Rimarrò solo un
istante».
Lui
non commentò e la guardò di sfuggita,
tornando a dedicarsi al cavallo.
Regina,
da parte sua, trasse un respiro profondo, cercando di calmare
il cuore che ancora le martellava tra le costole.
Avanzò
appena all’interno della stalla e, a
dispetto delle proprie parole, si scoprì riluttante ad
andarsene… Anche se nelle scuderie c’era un odore
di cavallo non proprio idilliaco, quel luogo le sembrava di gran lunga
preferibile alla propria casa.
Per
lo meno, lì non c’erano gli occhi di sua madre
che la seguivano come quelli di un falco che scruta la preda.
Quando
il suo respiro si fu calmato, Regina occhieggiò
Daniel. «È…» Mosse un passo
in avanti, esitante. «È il cavallo appena
acquistato dai miei genitori, vero?»
Lo
stalliere incrociò il suo sguardo e annuì.
«Un buon acquisto, se volete la mia opinione».
Dal
canto suo, il cavallo sbuffò, scrollando appena la
criniera.
Regina
abbozzò un sorriso. «È
veloce?» domandò, siccome non aveva ancora avuto
occasione di montarlo.
E,
forse, non ne avrebbe mai avuta l’opportunità.
Sua madre, infatti, intendeva rivenderlo – o forse
consegnarlo in dono a un qualche nobiluomo, Regina non ne era sicura.
Poco
male. In fondo lei aveva Ronzinante…
Allo
stesso tempo, però, non poteva negare che le sarebbe
piaciuto fare almeno una cavalcata su quel purosangue…
«Veloce
e resistente» confermò Daniel.
«Sembra cocciuto, ma un po’ di cocciutaggine non ha
mai fatto male a nessuno…»
La
ragazza distolse lo sguardo e serrò le labbra.
“Dillo a mia madre…”
La
sua reazione non passò inosservata.
«Perdonatemi»
disse Daniel, aggrottando la fronte.
«Vi ho offeso?»
Regina
si girò a guardarlo. «No, non mi hai
offeso» replicò, onestamente. «Ho
solo… pensato che probabilmente mia madre non sarebbe
d’accordo».
Subito
dopo aver parlato, si morse le labbra.
«Scusami»
si affrettò ad aggiungere,
«quanto ho detto non era opportuno…»
«Non
preoccupatevi, Milady» la rassicurò
subito il giovane. «È difficile che uno stalliere
come me sappia cos’è opportuno o meno».
Regina
rimase interdetta e lo scrutò, senza capire se stesse
scherzando o meno.
Daniel,
invece, abbassò per un momento gli occhi sul
cavallo. «Per fortuna di vostra madre» disse
quieto, quasi contenuto, «l’ostinazione non
è una malattia».
La
ragazza inarcò un sopracciglio. «Per
fortuna?»
«Sì»
disse Daniel, tornando ad
incontrare il suo sguardo. «Altrimenti avrebbe appena
acquistato un purosangue malaticcio, mentre lui è in piena
salute».
Regina
si lasciò sfuggire un sorriso.
Il
giovane lo ricambiò, dopodiché
tornò ad occuparsi del cavallo.
Il
silenzio calò, rotto soltanto dai movimenti delle bestie
nei loro box, dai loro sbuffi soffocati, ma Regina non si
sentì a disagio.
Tutt’altro:
era passato molto tempo, dall’ultima
volta in cui aveva percepito una simile pace.
Qualcosa
la spinse ad avanzare di un altro passo verso Daniel.
«Non credo» disse, incrociando le braccia sotto il
seno, «che mia madre pensi ai cavalli… ma a
me».
Si
chiese se era andata troppo oltre, ma lo scudiero le rivolse un
impercettibile cenno del mento, per segnalarle che la stava ascoltando.
Allora,
Regina si sentì come se una diga si fosse rotta
dentro di lei, ed iniziò a parlare dei balli e dei
ricevimenti a cui avrebbe dovuto partecipare, di tutti i fronzoli che
avrebbe dovuto indossare ogni santo giorno.
Daniel
strigliava il cavallo con mano esperta; quando la bestia
mostrava segni di impazienza, la quietava con un mormorio, o con una
pacca gentile.
Intanto,
però, rivolgeva a Regina uno sguardo attento al di
sopra della criniera.
Lei
si rese conto di non aver mai visto occhi come i suoi.
Gli
occhi che conosceva le chiedevano sempre qualcosa…
Quelli di suo padre chiedevano il suo perdono, quelli di sua madre le
chiedevano troppo.
Gli
occhi blu di Daniel, invece… non le chiedevano niente.
Aspettavano
soltanto, e Regina, quasi senza rendersene conto, si
trovò a sfogarsi davvero, parlando apertamente di sua madre,
dei suoi standard impossibili e della sua eterna disapprovazione.
«Non
voglio trascorrere la mia vita a compiacerla!»
esclamò ad un certo punto, frustrata. «E non
capisco cosa vuole che io faccia!»
La
mano di Daniel si fermò sul collo del cavallo.
«Ed importa qualcosa?»
Regina
lo fissò. «Come?»
Una
parte di lei, per un attimo, stentò a credere di essere
stata interrotta da… da… da uno stalliere.
Non
era d’impeccabile discendenza, Regina, ma sua madre le
aveva inculcato un’idea ben precisa di chi le era
inferiore… E Daniel rientrava decisamente in quella
categoria.
Un
istante dopo, la ragazza si meravigliò – e si
vergognò – dei propri pensieri. Da quando in qua
si lasciava influenzare dalle idee ridicole di sua madre?
«Avete
appena detto che non volete compiacerla»
osservò Daniel, riportandola al presente. «Se
è così, perché mai dovreste fare
ciò che vuole?»
Regina
rimase interdetta. «Io…»
Per
un lungo istante, rimase senza parole.
Davvero
aveva detto di non voler compiacere sua madre?
Avrebbe
dovuto, invece. In fondo, Cora le aveva spesso ripetuto di aver
fatto sacrifici su sacrifici, per lei, di non volere altro che il suo
bene…
La
vergogna le punse di nuovo lo stomaco, ma la ragazza si sentiva
così confusa che quel sentimento non riuscì ad
imporsi come di consueto.
«Non
lo so» ammise infine.
Il
giovane sorrise appena, abbassando gli occhi sul manto lucido del
cavallo.
Regina
non seppe come reagire, ma alla fine fu lui a toglierla
dall’imbarazzo.
Diede
una pacca al cavallo e si voltò, andando a recuperare
sella e redini. A quel punto, si rivolse a Regina:
«Desiderate cavalcare, milady?»
Lei
esitò. Non era l’orario delle sue lezioni di
equitazione, e per di più non era sicura che Cora avrebbe
approvato, visto che il purosangue doveva servire ad altri scopi.
«Non so se a mia madre farebbe piacere…»
iniziò, per poi bloccarsi.
Daniel
indugiò. «Capisco» disse,
scrutandola quasi curiosamente, «ma voi? Cosa desiderate,
voi?»
«Io…»
Regina rimase nuovamente
interdetta. «Mi piacerebbe molto»
confessò quindi, con tutto il cuore.
«D’accordo»
disse Daniel, provvedendo a
sellare il cavallo.
Sconcertata,
Regina lo osservò in silenzio. Una parte di lei
pensò di ribadire che avrebbe dovuto chiedere il permesso a
Cora, che… Ma qualcosa dentro di lei si ribellò.
Se
non fosse salita su quel cavallo adesso, non l’avrebbe
fatto mai più.
Con
cautela, mosse un passo verso lo stalliere. «Non credete
che mi darà problemi… vista la sua
indole?»
Daniel
sistemò le staffe con un gesto esperto.
«No, ve la caverete egregiamente» disse, con
sicurezza.
La
ragazza soffocò un sorriso, ma dentro di sé si
sentiva grata e lusingata al contempo.
Non
solo per il complimento implicito nell’affermazione dello
stalliere… Il fatto che, finalmente, ci fosse qualcuno che
non voleva farle fare ciò che voleva sua madre, ma
ciò che voleva lei… era stranamente liberatorio.
Come
riprendere a respirare dopo aver corso tanto da sentir bruciare i
polmoni.
«Ehi…
Daniel?» chiamò Regina,
dopo un istante.
Lui
alzò la testa e la guardò.
«Sì, milady?»
La
ragazza sorrise appena. «Ti ringrazio».
Note:
Ebbene sì, scrivo ancora di Daniel e Regina.
Probabilmente farebbe meno male se non li amassi più, ma
purtroppo per me al cuor non si comanda (d’oh!).
In ogni modo, non ho messo la nota Het perché, anche se
tutti sappiamo come finirà tra questi due (male ;_;), per
ora non c’è niente di romantico di mezzo.
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