Sento i proiettili sfiorarmi
pericolosamente la testa. Impreco con molta finezza e mi chino
all'istante, appena in tempo per evitare un'altra raffica. Quei
bastardi saranno bastardi ma hanno una buona mira, non posso negarlo.
-Tutto bene, dolcezza?-
Getto un'occhiata d'odio al giovane al
mio fianco, accovacciato accanto a me dietro la macchina
ribaltata...ma dura poco: non riesco mai a guardarlo male per troppo
tempo.
-Dolcezza?- ripeto aggrottando
la fronte. Nel farlo, qualche granello dello sporco che mi impiastra
la faccia cade sull'asfalto. Dio, devo essere proprio un disastro.
Eppure lui non mi getta nessuna
frecciatina per questo, come se non lo notasse nemmeno. Del resto,
neanche a me sembrano così importanti tutti quei tagli e quei segni
che ha sul volto...quando ci sono i suoi occhi, lì, a guardarmi col
suo solito sguardo.
Fa spallucce con tranquillità mentre
le sue mani ricaricano automaticamente il fucile che impugna:
-Così, ci sta. Mi pare siamo arrivati
al livello di poterci rivolgere vezzeggiativi, visto che domani ci
sposiamo.-
-Ma come, pensavo ti piacesse il
soprannome "carissimo bastardo".- replico subito,
strappandogli un altro ghigno. Socchiude la bocca per ribattere con
un'espressione saccente, come sempre ha fatto e come sempre farà, ma
un'altra scarica di pallottole ci distrae dal nostro amabile
battibecco.
-Ragazzi!-
Inutile dire che entrambi abbiamo
riconosciuto la voce del giovane che ci ha appena raggiunti dietro
questa auto molto resistente: il nostro amato Cole, migliore amico di
sempre, in ogni evenienza, testimone di nozze e col carattere di una
vecchia zia bisbetica.
-Che c'è?- rispondiamo
contemporaneamente io e Adam. Lui ci getta uno dei suoi sguardi
esasperati e dice, con quella espressione che è come un campanello
d'allarme, per noi, che ci avverte della crisi isterica in arrivo:
-Che c'è?! Che c'è?! C'è che
quegli stronzi non hanno per niente voglia di farci il favore di
crepare, sono in cinque e basterebbe una di quelle belle granate che
sono come dei toccasana, di quelle lanciate da chi è in prima
fila...e gli unici due in prima fila se ne stanno a chiaccherare e
pomiciare e...-
-Non stavamo pomiciando!-
"Non ancora" aggiungo
mentalmente incrociando per un istante gli occhi di Adam e notando il
suo sogghigno.
-...e smettetela di guardarvi così!
Potrete fare quello che volete domani dopo la cerimonia, ma ora fate
il vostro dovere, così ce ne potremo tornare a casa!-
La vecchia zia bisbetica ha
ragione...come sempre. Guardo la mia cintura ma, a parte qualche
cartuccia della pistola che ho in mano, non c'è niente di quello che
ci serve ora.
Alzo gli occhi verso Adam, già
contagiata dall'ansia di Cole...e vedo che lui sta giocherellando con
una bomba a mano.
-Vuoi concedermi l'onore?- mi chiede
con gli occhi che brillano. Io gli sorrido:
-La mia risposta è: sì, carissimo
bastardo.-
Detto fatto: appena finisce l'ennesima
raffica della mitragliatrice lui aziona la bomba, si alza e la lancia
oltre la macchina.
Nonostante abbia sentito quel rumore
mille volte, da quando i nostri nemici hanno avuto la brillante
decisione di rompere la pace che c'era tra noi e di sterminarci, mi
sembra musica evangelica. La mia pelle non sente il caldo generato
dall'esplosione e il rumore non mi fa male...ma questo, e la puzza di
bruciato, resteranno per sempre tra i miei preferiti.
-Andiamo a dare un'occhiata?- propongo
dopo qualche istante.
-No, potrebbero essere sopravvissuti,
aspettiamo ancora un...- comincia Cole con la sua voce da vecchia zia
bisbetica, ma è troppo tardi: io e Adam abbiamo già aggirato l'auto
e stiamo andando verso il negozio dove si erano barricati quei
bastardi.
-Ehi, dolcezza...hai visto?- mi chiede
Adam col suo tono divertito. Accenna a qualcosa di fronte a noi, e
seguendo il suo sguardo scopro che il negozio in cui quelli si erano
rifugiati era...un negozio per matrimoni. L'ironia della sorte.
-C'è qualcuno ancora vivo?- domanda
Cole da dietro la macchina, il coniglio. Guardo all'interno del
negozio, per terra: ci sono cinque cadaveri semi carbonizzati.
-Nada, tutti cucinati.- sento
rispondere Adam...ma come se fosse lontano. I miei occhi sono puntati
sul cranio sfondato dell'umano più vicino. Più precisamente, sul
suo cervello. Dio, che bello sarebbe affondare i denti nella materia
cerebrale ancora calda e...morbida...
-Jane.-
Solo la sua voce può distogliere la
mia attenzione da un simile spettacolo. Mi volto verso Adam mentre
lui continua, col suo sorrisetto perpetuo stampato sul volto
grigiastro:
-Non vorrai mica sporcarti tutta prima
di domani, vero?-
-Perchè? Non ti piacerebbe?- gli
domando inarcando le sopracciglia. Il suo sorriso si amplia,
lasciandomi immaginare la risposta.
Ed è in questo momento che Cole esce
dal suo nascondiglio:
-Ragazzi, andiamo? Lo sapete che ho la
pelle delicata.-
-E certo, non devi rischiare di marcire
troppo velocemente.- gli rispondo subito, pizzicandogli una guancia.
Lui si allontana di scatto, infastidito come sempre.
-Andiamo, lo sai che i graffi mi fanno
decomporre!-
In effetti, sul braccio ha parecchie
ferite piene di pus che spiccano sulla pelle verdastra.
-Allora? Ci muoviamo?- sbuffa per
l'ennesima volta Cole, cominciando a camminare per la strada. Il sole
fa capolino tra le nubi che coprono il cielo, illuminando la
disastrata via principale.
-Che spettacolo, eh?- dico, affascinata
da come la luce si rifletta sui vetri semi distrutti dei grattacieli
che affiancano la strada. Sento un braccio che mi stringe il fianco.
-Già.- concorda Adam, posandomi un
bacio sulla guancia -Andiamo a casa?-
-Andiamo a casa.- ripeto.
Ci incamminiamo per la via piena di
macerie sotto i raggi del sole morente, in pace con noi stessi.
Del resto, perchè preoccuparsi...se si
è già morti?
|