Non
avrei mai pensato di arrivare a questo punto.
Sono
viva. Ammaccata, ma viva. E io, Ivy, Faber, nata come l'essere più
asociale e sociopatico e antipatico e triste del creato...beh, tra
poco sarò davanti a tutto il mondo. Tutto quello che ne resta.
E
non riesco a preoccuparmene. Perchè, insomma...non è niente in
confronto a quello che stanno passando loro. Hanno il diritto di
sapere. Gli è successa una cosa orribile per colpa mia.
Cosa
sarà mai l'ansia di parlare davanti a tanta gente? Come facevo a
preoccuparmi di cose del genere, prima?
Quanto
ero egoista.
-Vado?-
chiedo alla tizia che si occupa della ripresa. Quella annuisce e alza
cinque dita; poi, una per una, comincia ad abbassarle. Quando le ha
abbassate tutte, guardo nell'occhio della telecamera che abbiamo
rubato e comincio a parlare, tentando di non pensare che almeno tre
miliardi di persone mi stanno guardando.
-Beh...salve.-
Sì.
Non sono molto brava negli imput.
-Io
sono Ivy Faber. Molti hanno conosciuto mio fratello, chi di fama e
chi, purtroppo, personalmente. So che al momento a quasi tutti non
importa se lo dico, ma una settimana fa lui è morto...per questo,
ora, ci sono io qua a parlarvi. Scusate se abbiamo interrotto la
normale messa in onda, ma penso che ognuno dei sopravvissuti abbia
tutto il diritto di sapere cosa è successo veramente la
settimana scorsa, quando tantissime persone sono morte solo perchè
normali, senza poteri. Beh...se fossi in voi, io vorrei sapere cosa
ha ucciso le persone che amavo, no?-
Mi
fermo. Penso a cosa sto dicendo, a cosa dovrò dire. Vado avanti.
-Quando
Nathan Faber ha rivelato l'esistenza dei pensatori, coloro che in
qualche modo sono telepati o comunque con poteri che permettono loro
di fare cose normalmente anormali, è nato il terrore per queste
persone. Chi mai non avrebbe paura di qualcuno capace di leggere
nella mente? Per questo, molti pensatori si sono riuniti accanto a
Nathan...in cerca di una guida, dopo che coloro che pensavano amici
avevano cominciato a dar loro la caccia. Perchè è questo che è
accaduto: i pensatori si sono ritrovati braccati dai "normali"
perchè diversi; è sempre la solita storia, no?-
Sposto
gli occhi dalla telecamera e vedo che dietro, nell'ombra, c'è un po'
di gente che mi ascolta...e tra loro ci sono Catchlyt e Nicolson.
-Con
questo non nego che alcuni pensatori avessero voluto combattere per
conquistare il potere, di certo non erano tutti innocenti come non
tutti i normali sono stati colpevoli...ma molti non hanno avuto
scelta. Molti sono dovuti scappare. Molti hanno visto la propria
famiglia venire uccisa dai normali troppo impauriti dai
poteri...molti hanno pensato che l'unica scelta esistente fosse
schierarsi con Nathan, generare una guerra. Altri, però, non hanno
accettato quest'unica opzione. Hanno deciso di combattere per i
normali, nonostante gli stesso normali volessero ucciderli. Sono loro
i veri eroi, dopo tutto.
Ma
questo non ha mai fermato Nathan. Lui credeva in un mondo dove
sarebbe esistita la pace...dove nessun bambino avrebbe dovuto subire
quello che ha subito lui. Sì, perchè Nathan Faber non era solo un
pazzo assetato di potere: era...umano. Come noi. A causa dell'amore
che provava per colei che in questa realtà era sua sorella è
diventato pazzo...ma voleva soltanto creare un mondo dove tutti
sarebbero potuti vivere felici. Semplicemente. Ma, quando ha visto
che la guerra non sarebbe finita, che ci sarebbero sempre stati un
"normale" e un "anormale" a combattersi e a
mietere vittime innocenti, ha deciso di eliminare una delle due
parti. So che è stato crudele, so che era inumano. So che sono morti
tutti, dal più terribile degli assassini al più innocente degli
esseri umani. Sono morti tutti i normali, molti di voi hanno perso
quelli che amavano...ma vi chiedo soltanto di riflettere. Solo per un
istante.
Tutto
quello che è accaduto è nato da questo...razzismo. Da questa idea
per cui il diverso è cattivo e deve essere eliminato. Ha portato
Lewis Faber a tentare di predominare sui normali, da lui ritenuti
deboli, e Nathan Faber a ucciderli per interrompere la guerra. Ha
portato qui me, Ivy Faber, a parlare al mondo dopo che
tantissime persone sono morte. E le ho sentite...come le avete
sentite voi, chi più chi meno. È stato orribile.
Ora
vi chiedo di riflettere su questo: volete che riaccada? Volete che
ricominci tutto da capo, che si riprenda a combattersi e uccidersi a
vicenda, dandosi la colpa di ciò che è accaduto? Quelle persone
sono morte; non si può tornare indietro. Adesso dobbiamo cercare di
andare avanti...anche per loro. Pensate ai cari che avete perso:
vorrebbero vedervi soffrire ancora? No. Abbiamo già perso
tanto...facciamo in modo di non perdere di più. Perchè non sarebbe
giusto per loro.
Facciamo
in modo di non dimenticare, di ricordare tutto quello che è
successo. E facciamo in modo che non accada mai più: tentiamo di non
far subire ad altri il sacrificio che abbiamo subito noi. Loro sono
morti...ora dobbiamo pensare ai vivi, a noi.-
Abbasso
lo sguardo solo ora e mi accorgo di aver quasi completamente ignorato
il foglio del discorso (scritto da Witness) e di aver aggiunto fin
troppo. Va beh, tanto male non fa, no?
-Li
ho sentiti mentre morivano.- dico mentre rialzo gli occhi verso
l'occhio della telecamera. Accanto a quella, la tizia che la manovra
comincia a fare con le dita il conto alla rovescia: tempo scaduto.
-E...e
mi dispiace.- aggiungo un attimo prima che lei chiuda la mano a
pugno. Poi la spia rossa sulla telecamera si spegne, e sono libera
dal mio compito.
Quelli
che hanno organizzato il tutto, praticamente dei genii indiscussi,
cominciano a controllare sui computer com'è andata la cosa...e a
quanto pare è andata bene: quasi tutta la poca popolazione mondiale
rimasta mi ha vista mentre parlavo. Almeno adesso sanno cos'è
successo.
-Però,
Ivy.- mi dice Adrian mentre io mi rialzo dalla mia postazione da
"presentatrice di telegiornale" su cui mi avevano piazzata
per fare il mega annuncio -Sei stata brava...-
-Non
ho detto abbastanza.- lo interrompo sul nascere. Insomma, non voglio
che mi racconti balle per tirarmi un po' su di morale. Mi sfilo una
manica della giacca elegante che mi hanno costretta a mettere...e poi
mi ricordo che ho la spalla sinistra in ferie. Che merda.
-Mi
dai una mano?-
Subito
Adrian comincia a sfilarmi l'altra manica, e ovviamente in
contemporanea dice:
-Andiamo,
non c'era tutto questo tempo per fare un mega discorsone. E non è
mica colpa tua se quella merda di gente che controlla la televisione
non ci ha concesso una diretta mondiale...-
-Sai
com'è, una settimana fa è crollato il mondo.-
Mi
sfila il braccio dalla fascia che me lo fa tenere appeso al collo ed
è come se mi pugnalassero alla spalla. Fa male.
-Scusa.-
-No,
non fa...-
-Non
dire balle. Come fai a dimenticarti sempre che ora chiunque può
leggerti nella mente?-
Ah,
già.
Che
merda.
-A
che punto è Cass?- chiedo ad Adrian mentre lui mi toglie
definitivamente la giacca elegante...e mi sorprendo da sola. Da
quando ho questa voce totalmente sfinita?
-Ci
sta lavorando. Secondo me manca poco...ha già reso altri immuni, no?
Con te dovrebbe solo rendere la cosa stabile, ma penso che non avrà
problemi, ora che è con me...-
Probabilmente
voleva dire "ora che è con noi al sicuro", ma nella sua
testa al suo momento non c'è spazio per tutta questa gente. C'è
spazio solo per lei.
-Andiamo,
non sono così sdolcinato.- sbotta lui. Io alzo gli occhi al
soffitto: mi sa che questa cosa dell'apertura mentale diventerà
davvero problematica.
-Perchè
da quando sono l'unica con la testa esposta tutti sono portati a
leggermi il cervello?-
-Perchè
sei terribilmente irresistibile? Dai, ti aiuto con la felpa e andiamo
all'ospedale.- dice Adrian.
Dopo
cinque minuti (tempo record) stiamo scendendo le scale del palazzo
che ci ha "ospitati" per la diretta mondiale.
Mentre
apriamo la porta dell'uscita d'emergenza e finiamo in un vicoletto
solitario Adrian mi annuncia, col tono di uno che sta per rivedere
l'amore della sua vita:
-Vado
da Cass a prendere la macchina, cinque minuti e torno.-
-Fai
con calma.- gli rispondo io. Così lui se ne va e me ne resto da sola
accanto a due bei cassonetti verdi e col cielo che minaccia pioggia.
Odio
la Danimarca. Non che il tempo sia meglio in Inghilterra, sia
chiaro...ma qua mi sono successe un po' di cose che mi piacerebbe
dimenticare presto.
Ah,
giusto: in una tasca della felpa ho un cappellino: meglio metterlo,
così sarò meno riconoscibile, no? Beh, non che corra rischi così
alti: non è che la gente abbia molta voglia di uscire, adesso. Ci
sono poche possibilità che qualcuno m'incroci e mi riconosca come
"quella che ha fatto un discorso deprimente per tentare di
mettere in chiaro quello che è successo visto che i governi fanno
cagare eccetera eccetera".
Va
beh, un cappellino è meglio di niente.
Me
lo sto calcando per bene sulla testa, quando sento qualcosa di
proprio strano: un lento e solitario applauso.
-Complimenti.-
mi dice Witness.
È
uscito dal palazzo al freddo e al gelo solo per farmi i complimenti?
-Beh,
grazie.- gli dico. È strano: non l'ho sentito arrivare, non ho
percepito la sua presenza. È come essere ciechi e sordi e senza
tatto.
Non
ero stata così inerme nemmeno nella mia realtà originale.
-Non
ci aspettavamo che fossi così brava.- continua Witness mentre io
rovisto nella borsa che mi hanno appioppato, alla ricerca di un
qualcosa più pesante di una misera felpa da mettermi almeno sulle
spalle. -Certo, dopo tutti quei morti ci aspettavamo una rivolta...e
invece tu hai fatto capire a tutti che è inutile combattere ancora.
Complimenti...-
-Il
video è andato, quindi?-
-Sì.
Così tutti sapranno. Eh, Evelyn...meglio che tu vada subito. Sarai
la persona più famosa al mondo entro massimo due ore, e
probabilmente alcuni non reagiranno in modo così pacifico.
Probabilmente ti daranno la colpa.-
Beh,
questo lo so già. È per questo che l'ho fatto...è quello che mi
merito.
Mi
rimetto la borsa sulla spalla sana, abbasso la visiera del cappellino
per coprirmi meglio il volto e sistemo la felpa nera.
-Meglio
se ti sciogli i capelli. Loro ti hanno vista con i capelli legati, se
li tieni sciolti sei meno riconoscibile.-
-Oh...giusto.-
dico, poi faccio come ha detto. Quando risposto gli occhi su di lui,
vedo che i suoi sono puntati sul mio volto.
-Eh,
senti...si è più saputo niente di tua madre? Era una potente
ribelle, potrebbe aiutarci...-
-Non
so dove sia. Probabilmente è scappata, non voleva uccidere Nathan.-
-Sì.
Una madre non ucciderebbe mai i propri figli.-
"Ma
un padre?" mi chiedo. E, come mi è accaduto mille volte in
questa settimana, non è una domanda che resta privata nella mia
testa.
Dio,
a quanto pare ora sono la normale più normale mai esistita.
È
fastidioso.
Witness
(da dove sarà uscito questo nome?) s'irrigidisce e mi fissa per
qualche istante, come fosse indeciso su cosa dire.
-Evelyn...-
-Meglio
che tu vada dentro.- gli dico. E sono sincera.
Non
voglio sapere com'è sopravvissuto, come ha fatto a cambiare aspetto,
come è riuscito ad ingannare tutti. Anche Nathan, quando era andato
nella sua base russa. Anche sua moglie, l'unica volta in cui si sono
incrociati, prima dell'attacco suicida a Nathan.
Voglio
solo che se ne vada.
-Non
ho mai voluto che accadesse tutto questo.- mi dice lui, ignorando
bellamente quello che gli ho detto. Io gli sorrido...e anche questo
sorriso è sincero: sento tutto quello che mi sta accadendo come
fosse un problema lontano.
Davvero
nell'altra realtà ho lottato contro quest'uomo, l'ho visto morire?
-Invece
volevi che accadesse esattamente questo. Complimenti, hai
vinto: hai creato e distrutto il tuo perfetto erede. Vanne fiero.-
Vedo
una macchina che si avvicina all'inizio del vicolo: sono Adrian e
Cass.
Evidentemente
l'uomo che ho accanto sente che devo andare, perchè dice in fretta e
con un tono ansioso:
-Sei
sicura che Karen non tornerà?-
-Non
è affar mio.- gli rispondo subito, facendo qualche passo verso
l'auto -Io non sono vostra figlia.-
Del
resto...è vero, no? Non dovrei sentirmi in colpa me quello che sto
facendo.
Se
lo merita. Se lo meritano tutti e due.
Salgo
sulla macchina senza voltarmi. Dopo qualche istante stiamo
percorrendo la strada principale di questa città di cui non conosco
nemmeno il nome, diretti all'ospedale.
-Allora?
Come va?- mi chiede Cass, seduta davanti accanto ad Adrian -Ho visto
il video, sai?, e avevi un'espressione così convincente e distrutta
che veniva voglia di venire ad abbracciarti e spupazzarti...-
-È
un modo per dirti che sei stata convincente.- chiarisce Adrian.
Peccato, stavo cominciando a pensare che Cass ci stesse provando con
me. Beh...quasi me lo aspetterei da lei: in una settimana non ho
ancora capito come abbia fatto a finire dalla parte di Nathan.
Insomma, è simpatica e dolce e ogni volta mi chiede come sto anche
se sono una completa sconosciuta.
Mi
sto affezionando troppo alla gente, in questo periodo.
-In
realtà quell'espressione disperata e spupazzabile è quella che ho
sempre.- noto io. Adrian sbuffa e senza voltarsi (ci credo, sta
guidando) dice:
-Smettila
di deprimerti, miss "disperata sono e disperata morirò".
Ok, è successo un casino, ma ora è tutto finito. Possiamo almeno
tentare di avere una vita normale, no?-
-Ho
praticamente ucciso metà dell'umanità ma fa niente, andiamo avanti
con la vita...- ripeto per la millesima volta questa settimana.
E
succede una cosa che al momento non mi sarei aspettata: Cass si volta
verso di me e vedo per la quarta volta questa settimana la sua
espressione da incazzatura:
-Va
bene, hai ragione. È colpa tua, contenta? Sei un'assassina, bene.
Non andarne fiera. Del resto, sei stata solo manovrata da Nathan e
appena hai avuto l'occasione di fermarlo l'hai fermato, evitando che
accadesse il peggio. Odiati per questo. Pensa a che brave persone
siamo noi, allora, no? Io ho tentato di evitare uccisioni di
innocenti ma avrei potuto fare molto di più, lo stesso Adrian. Tutti
avremmo potuto. Anzi, guarda un po': l'unica che in teoria ha tutto
il diritto di non sentirsi in colpa sei tu, sai? Quindi facci
il favore di non continuare a menarla e dacci tregua, che ti stiamo
portando all'ospedale e tra poco lo rivedrai. Tirati su, cazzo!-
Ecco
che tipo è Cass. Diretta e crudele, come serve a me.
-Dai,
non maltrattarla così.- sbuffa Adrian. Non mi serve avere poteri
strani per sapere che sta sorridendo.
-No,
ha ragione.- lo contraddico io -Come tutte le altre volte che me l'ha
detto, comunque. Stavolta m'impegno, va bene?-
-Se
non riesci a fare di meglio.- sbuffa Cass...sinceramente
arrabbiata per questo mio continuare a menarla sull'omicidio di massa
che ho contribuito a fare. Come se mi conoscesse da sempre.
In
qualche modo che non mi è molto chiaro le reti telefoniche mondiali
non sono crollate (cosa che avevo dato per certo, nella mia fiducia
per il mondo) e per questo non mi sorprendo quando sento il cellulare
che mi hanno gentilmente offerto vibrarmi in tasca. Ho solo quattro
numeri memorizzati: quello di di Adrian, quello di Cass, quello di
Catchlyt (orrore) e...quello dell'ospedale.
Ovviamente
non è Catchlyt che mi sta chiamando ora.
Tempo
un millesimo di attimo e sto già dicendo, col cellulare attaccato
all'orecchio:
-Pronto?-
-Evelyn
Faber?- mi risponde una voce femminile.
-Sì,
sono io.-
-Prima
di tutto voglio dirti che secondo me non è colpa tua. Insomma, non
avresti potuto fare tanto, Faber era una bestia. Comunque...ci hanno
detto di contattare te se c'erano cambiamenti nella situazione di
Sanders...-
-Sta
bene?- la interrompo senza rendermene conto, mentre Cass si volta
verso di me con un'espressione allarmata -Cosa gli è successo? Mi
hanno detto che stava migliorando, che l'operazione è andata
bene...-
-Sì,
sta meglio. Si è stabilizzato...riteniamo che tra poco si
risveglierà. Volevamo solo avvertirti di questo.-
Si
risveglierà.
Oddio.
Si risveglierà.
-Riusciresti
ad arrivare in tempo? Sai...potrebbe reagire male, ci hai detto
che non è pericoloso ma in questa situazione...-
-Sono
già qua, arrivo tra poco.- le dico mentre entriamo nel parcheggio
dell'ospedale. E penso non sia un bene che quasi mi lanci fuori dalla
macchina per arrivare prima nella fatidica camera 213.
Sto
impazzendo.
Dopo
quelli che sono cinque minuti ma che nella mia testa sembrano cinque
anni belli intensi, io e gli altri due coglioni arriviamo alla stanza
d'ospedale dove tengono il quarto deficiente. Come sempre fatto in
questa settimana, Adrian e Cass si piazzano fuori dalla porta per
prevenire intromissioni di gente a cui non sono poi così simpatica
come alla tizia che mi ha appena chiamata (ehi, non si può
pretendere tutto dalla vita) e io, manco a dirlo, quasi scardino la
porta mentre la apro per entrare.
E
vedo qualcosa che, incredibile ma vero, per un istante mi
rende...felice.
Evan
è sveglio.
-Ehilà.-
è la prima cosa che dice, con una voce roca per il poco utilizzo e
con un'espressione un po' rimbambita dalla morfina. Io mi siedo sulla
sedia che hanno piazzato accanto al letto apposta per me, e mi
accorgo di stare sorridendo solo mentre gli rispondo:
-Ehilà.
Hai una faccia proprio da schifo.-
-Anche
io ti trovo bene.- sorride lui di rimando. Ormai comunichiamo così,
già. Io lo insulto e lui sorride.
Si
è svegliato e a quanto pare starà bene. Ehi, Babbo Natale...non ti
pare un po' presto per i regali?
Si
guarda un po' attorno; probabilmente si è svegliato davvero
un secondo prima che io arrivassi. Poi solleva il braccio sinistro
per guardare l'ago della flebo, e fa:
-Ehi,
ma qua c'è qualcosa di nuovo.-
-Già.
Quando ti sei sparato addosso da solo i marchingegni strani che avevi
sono tipo collassati...beh, se tu avessi avuto ancora le parti
originali saresti morto subito: con il polmone cibernetico o come
cazzo si chiama hai resistito abbastanza. E Adrian è riuscito a
rintracciare la figlia della tipa che ti aveva ricostruito dopo
l'esplosione, Shepard, e lei a quanto pare sa tutto delle tecniche
della madre perchè ti ha salvato, e visto che c'era ti ha rimesso a
posto anche quelle...-
-Bastava
dire che mi hanno messo delle dita nuove.- m'interrompe lui, muovendo
il mignolo e l'anulare ritrovati della mano sinistra. Poi abbassa la
mano e mi guarda con un'espressione strana:
-In
che senso, quando mi sono sparato da solo?-
-Beh...era
un attimo ovvio che Nathan avrebbe respinto il proiettile, no?-
-Quindi
è colpa mia.- conclude Evan.
-Non
sto dicendo questo.- obbietto io, ferita nell'orgoglio da questa
accusa di dargli la colpa -Sto dicendo solo che era prevedibile.-
-Mi
sono svegliato da cinque secondi e mi dai del coglione. Grazie, eh.-
fa lui, poi sbuffa alzando gli occhi al soffitto...ma mentre lo fa
sorride.
Sorride,
il coglione.
-Sì,
beh, potevi non rischiare di morire. Saremmo stati tutti più
tranquilli, no...?-
-Che
ti è successo al braccio?- m'interrompe senza tante cerimonie Evan.
E io sposto gli occhi sulla mia spalla, quasi non ricordando che è
sepolta sotto mille fasciature e sette bei punticini.
-Cass
mi ha sparato. Cioè. Non è che volesse spararmi, ha mirato a Nathan
e lui si è spostato, quindi ha beccato me perchè ero nella
traiettoria. Non ti ricordi?-
-Mi
sa che ero già andato per metà quando è successo.- confessa lui. E
ora tocca a me sbuffare, prima di cominciare a raccontargli tutto.
Con
calma...perchè non c'è più alcuna fretta, no?
-Allora.
Non so se l'hai sentito anche te...-
-L'ho
sentito.-
-I
normali che urlavano?- gli chiedo per sicurezza, e lui annuisce:
-Sì.-
-Ma
com'è possibile, se non hai poteri?-
-Penso
sia una...connessione, chiamiamola così. Una connessione
oltre a tutto, oltre ai poteri e ai non poteri e cazzate varie. Una
cosa semplice che ci unisce.- prova a spiegarmi, e capisco che è
quello che penso io da sempre ma che non sono mai riuscita a tradurre
in parole -E penso che per questo tutti li abbiano sentiti. Pensatori
e immuni...perchè adesso siamo solo noi, no?-
Eh,
no.
-Ci
sono io.-
Mi
guarda confuso, e io aggiungo:
-Il
generatore aveva bisogno di energia. Penso...beh, penso che per
riportare in vita una persona normale sarebbero "bastate"
le vite dei normali. Ma Nathan ha voluto riportare in vita me,
quindi è ovvio che siano serviti anche i miei poteri.-
-Riportare
in vita te? Mi sono perso.-
Giusto,
giusto. Lui se n'è andato anche prima che la morta si risvegliasse
dalla tomba.
-Nathan
voleva riportare in vita la mia versione di questa realtà.- riprendo
a spiegargli -Quella che hai conosciuto te, insomma. Quindi ha
caricato il generatore con le vite dei normali e, in più, pure con i
miei poteri. Per questo ti ha mandato a cercarmi in tutte le realtà:
le Ivy troppo deboli sarebbero potute essere una spina nel fianco e
quindi andavano eliminate; quella più forte, e quindi quella che
aveva creato la nuova realtà, sarebbe stata la carica per il
generatore.-
-Quindi
ti ha tolto i poteri?-
-Sì.-
-Quindi
sei l'unica normale.-
-...sì.-
Evan
fa un'espressione strana, e aggiunge:
-Quindi
poteva andarti peggio. Poteva ucciderti.-
In
effetti...chissà perchè Nathan non ha fatto in modo che il
generatore prendesse anche la mia vita come tributo. Ci sono troppi
"chissà perchè" in questa storia.
-Già.-
-Poi?
Cos'è successo?- chiede lui.
-Beh...io
sono svenuta, e l'altra Ivy è tornata in vita. Ma Nathan aveva
sbagliato a giudicarla, pensava che lei sarebbe stata dalla sua;
invece l'ha distratto, dandomi il tempo di rompere il generatore e
quindi farla morire.-
-Così
Nathan sarebbe rimasto da solo, distrutto e disperato.- aggiunge Evan
-Cristo...se l'è vista morire davanti agli occhi?-
-Si
stavano abbracciando quando è successo.- gli dico io. E capisco che
Evan la pensa esattamente come me: nemmeno lui augurerebbe una cosa
del genere al suo peggiore nemico.
-Mi
ricordo quando sei morta.- sussurra Evan, così piano che quasi non
lo sento -Faber mi aveva già cancellato la memoria. Ma ho visto
Nathan, e quello mi è bastato: era distrutto. E dal mio punto di
vista, pulito da ogni ricordo e senza conoscere tutto quello che era
successo, era evidente che avrebbe ucciso Faber...vostro padre. Non
ho mai visto nessuno soffrire così.-
-Non
volevo che lei gli morisse tra le braccia.- dico io. Dio, quanto mi
sento in colpa.
-Quasi
lo capisco.- aggiunge Evan, e mi accorgo dopo qualche istante che mi
sta guardando mentre dice -Ora mi ricordo di quando sei caduta
dalla scogliera. Ero convinto che fossi morta, sai? Vederti morire di
nuovo sarebbe come morire...ed essere costretti a continuare a
vivere. Una sofferenza unica. Quasi mi dispiace per Nathan.-
Oh,
beh. Che bello sentirsi dire che sarebbe una sofferenza se morissi.
Mai le mie orecchie hanno udito cosa più romantica. Ma ora basta,
dai.
-Dopo
sono arrivati Cass e Adrian.- continuo a raccontare -Cass ha sparato,
ma Nathan l'ha sentita e si è spostato. E, come ti ho già detto, ha
beccato me alla spalla. Poi ha sparato anche Adrian e l'ha ucciso.-
-Nathan
non ha sentito anche lui?-
-...penso
di sì. Ma, insomma...penso che abbia realizzato tutto. Cos'aveva
fatto, cosa sarebbe diventato. E ha deciso di farla finita.-
-Meglio
tardi che mai.- nota Evan.
Rimaniamo
in silenzio per qualche istante: Evan pensa alla prossima domanda, io
l'aspetto. Perchè è ovvio ciò che mi sta per chiedere.
-E
adesso?-
-Adesso
io non avrò una vita semplice.- rispondo, e sento di stare
sorridendo senza alcuna allegria -Mezza oretta fa ho fatto una specie
di registrazione in diretta mondiale, e ho raccontato tutto quello
che è successo. Mi sembrava...giusto.-
-Si,
certo.- sbuffa Evan, lasciandomi senza parole per il suo tono
scazzato -Così tutti daranno la colpa a te e ti perseguiteranno per
sempre. Ma quanto sei cogliona?-
-Scusa
se è colpa mia se sono morti tutti, eh. La prossima volta ci penserò
due secondi prima di...-
-Prima
di cosa, di grazia?- m'interrompe Evan, e sembra davvero
incazzato -Te non hai fatto proprio niente, anzi, sei quella che fino
ad ora ha subito più di tutti. È Nathan il colpevole, non sei te.
Potevi evitare di diventare il capro espiatorio di un massacro.-
Me
lo dicono tutti, che palle.
-Almeno
così mi sento meno in colpa..- obbietto, incazzata quanto lui per
questa sua reazione idiota. Ma, come sempre, quello che dice dopo fa
evaporare magicamente tutta la mia arrabbiatura:
-E
ora che faremo? Potremo chiedere aiuto a Catchlyt, del resto lui sa
cos'è successo davvero...spero che i governi che si formeranno non
se la prenderanno con te...-
-Frena,
bello.- lo interrompo dopo qualche secondo, e non riesco proprio a
non sorridere. Ivy Faber, cogliona fino al midollo.
-Zitta,
hai già combinato abbastanza guai in una settimana che sono fuori
gioco...-
-In
che senso "e ora che faremo"?-
Questo
lo zittisce. Abbassa di scatto le braccia che aveva alzato per
enfatizzare la sua incazzatura per le mie cazzate, fissa il muro per
qualche istante e poi risposta gli occhi su di me con un'espressione
che, giuro, è ferita:
-Una
settimana e ti sei già trovata un altro? Che troia.-
-Dai,
hai capito cosa intendo.- sbuffo io -Sarò, sono, nella merda
fino al collo...vuoi seguirmi?-
-Ti
dirò, la puzza di merda non mi dispiace.- risponde subito lui. Non
gli tiro un pugno solo perchè è ancora mezzo ammaccato, e lui
subito aggiunge:
-Ok,
ok. È che...insomma, ti ho vista morire e ho passato due anni senza
ricordarti. Non voglio perderti di nuovo. Anche perchè non conosco
praticamente nessun altro in questo mondo...-
-Va
bene. Ho capito.- lo interrompo prima che cominci a blaterare su
quanto sia triste e solitaria la sua vita etc etc (oggi sono proprio
egoista). Poi mi ricordo dei due coglioncelli qua fuori, e dico a
Evan:
-Potremmo
stare ancora con gli altri. Sai, non fare i lupi solitari, restare
con quelli che ci hanno dato una mano.-
-Tipo
Catchlyt?- nota lui, e io lo guardo male per l'espressione divertita
che ha:
-Tipo
Adrian e Cass. Sono loro che ci hanno salvato il culo, Adrian ci ha
dato un'aiuto enorme ed è Cass che ti ha tenuto in vita fino a
quando siamo venuti qua...solo perchè Adrian gliel'ha chiesto, visto
che neanche ci conosceva.-
Non
aggiungo che lei ha salvato la vita anche a me, impedendo che
uno stupido proiettile nella spalla mi strappasse da questo mondo
crudele. Chissà perchè, poi: perchè questo è rientrato nella
lista di cose da tenermi per me? Perchè ricorderebbe che è stata
Cass stessa a spararmi?
Non
so se dirò mai a qualcuno del mio "viaggio interiore",
comunque. E questo è un punto della lista di cose da tenermi per me
un po' diverso da "Cass che prima mi ha quasi ammazzata e poi mi
ha salvato la vita".
Anche
perchè a quanto pare i miei poteri hanno fatto puf per
sempre...ma non posso esserne sicura, no? E se il Nathan del viaggio
interiore avesse avuto ragione? Se loro ("loro"?) fossero
come pietrificati in me? Se, quindi, un giorno tornassero, e con
quelli i casini?
Che
vita incasinata.
-Che
ti preoccupa, raggio di Sole?-
No.
Non può averlo detto sul serio. Devo aver sentito male.
Alzo
gli occhi, e vedo che Evan mi sta osservando con un'espressione
divertita e tranquilla assieme.
-Quando
hai quella faccia stai pensando a qualcosa che ti preoccupa. Che c'è
stavolta?-
Non
se n'è nemmeno accorto...ma questo non importa. Perchè, insomma,
cosa mi può importare adesso?
Evan
sta bene.
Sta
bene e passeremo il resto della nostra vita insieme e pucci pucci
ciao. Cioè, può accadere che ci aspetti un futuro roseo.
Togliendo
la morte di tutti i normali (robetta) e la diretta mondiale che mi ha
resa la colpevole principale della sopracitata morte di tutti i
normali, beh...ora non c'è più niente, no? Possiamo starcene
tranquilli a poltrire per sempre, come pensavo quando un'altra sua
versione mi chiamava ancora "raggio di Sole".
-Niente.-
dico a Evan, in attesa di una risposta con i suoi occhioni verdi
spalancati -Non c'è niente per cui preoccuparsi, no? Non più.-
Sentendo
questa massima lui fa un sorriso che non gli ho mai visto sul volto:
semplice semplice, in pace.
-Già.
Magari adesso qualcosa andrà per il verso giusto, eh?-
-Magari.-
gli rispondo, e ci credo.
Ci
credo davvero.
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