Capitolo 6 – Tre anni dopo: incubo
Goten respirò due volte, prima di
parlare.
«Va
tutto bene, Trunks?» domandò, in
tono ansioso.
L’amico,
in risposta, annuì senza guardarlo, al
ché Goten si sentì sprofondare.
No che non
andava tutto bene.
Era
bizzarro. Era assurdo.
Senza dire
nulla, osservò Trunks giocherellare
distrattamente con un guanto minuscolo. Sempre lo stesso guantino
ricamato. Quello di Bra.
Goten quasi
non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui
aveva visto l’amico senza quell’oggetto morbido tra
le mani.
«Sai
cosa c’è di strano?»
disse Trunks, all’improvviso. «I poliziotti, gli
investigatori… Ormai non vengono più a casa
nostra». Aggrottò la fronte, come per sforzarsi di
ragionare, ed infine strinse le labbra. «Ma probabilmente
sono occupati nelle ricerche».
“Nessuno
è più occupato nelle ricerche,
Trunks, sono passati tre anni, ormai. Accidenti”
pensò Goten, con una fitta di rimpianto, ma non
osò esprimersi ad alta voce.
C’erano
momenti in cui Trunks sembrava essere consapevole di
come stavano le cose, in cui pareva che sapesse che le
probabilità di ritrovare Bra erano ormai nulle; ma
c’erano anche momenti in cui parlava come se avesse visto la
sorellina per l’ultima volta solo il giorno prima. Era una
cosa che gli dava i brividi.
Solo la
sera prima aveva parlato con Bulma. Infatti, sebbene ormai
fosse tornato a casa propria, passava dalla Capsule Corporation almeno
una volta al giorno, e se non ci riusciva faceva almeno una telefonata
alla famiglia Brief.
Accigliandosi,
ripensò alle parole della donna.
“Non
so, Goten, mi sento così stanca…
Fa ancora così male. E per di più non
è questo il peggio, no. Il peggio è Trunks. Ti
giuro, mi vengono i brividi, la notte, quando canta quella ninnananna.
Sembra convinto di parlare a Bra, in quei momenti. Non è
affatto normale”.
A quanto
pareva, Bulma aveva paura di portare il figlio da uno
psicologo. Diceva di credere che non sarebbe servito: secondo lei
Trunks non avrebbe proferito parola, quindi sarebbe risultato tutto
inutile.
Goten
allontanò quei ricordi. «Trunks, ti va di
fare qualcosa?» domandò, in tono teso.
L’altro
fece un gesto vago, dopodiché
chinò la testa.
«No,
a dire la verità mi sento stanco»
mormorò. «Stanco» ripeté,
fissando l’asfalto.
Per un
attimo, il tempo sembrò congelarsi in
quell’istante, ma poi i due giovani ripresero a camminare.
Trunks non proferì parola sino a quando non arrivarono alla
Capsule Corporation.
Una volta
giunti lì davanti, Trunks alzò la testa
a guardare Goten e sussurrò, con occhi disperati:
«Non tornerà, vero?»
Il moro
sussultò. Fece per dire qualcosa, ma
l’amico non attese risposta ed entrò, lasciando
Goten solo e a disagio.
Il
secondogenito di Goku impiegò qualche istante per
riscuotersi. Aveva un nodo alla gola. Aveva nostalgia del Trunks
iperattivo e dispettoso con il quale aveva condiviso
l’infanzia e l’adolescenza fino a tre anni prima.
Soffriva per il dolore del suo amico, e la malinconia più
forte e struggente era per la serenità che non vedeva da
tempo nello sguardo di Trunks.
Con un
sospirò, si voltò, pronto a dirigersi
verso casa.
È
buio, ogni cosa sprofonda
nell’oscurità.
Lui cerca
di vedere qualcosa assottigliando gli occhi e sforzando lo
sguardo, ma è inutile.
Poi, di
colpo, ecco la luce. Lontana, sfuggevole.
Lui la
insegue, correndo a perdifiato. Scivola su qualcosa di viscido,
si sporca le mani, ma non può vedere di cosa si tratta. Si
alza in fretta, riprendendo la corsa.
E poi
l’ambiente, l’universo, non è
più solo buio. Ora lui riesce a vedere e si guarda attorno.
Dopodiché,
davanti a lui, compare qualcosa, qualcuno. Ed
è una visione che gli lacera il cuore.
Una bambina
di circa quattro anni. I capelli azzurri disordinati, gli
occhi cobalto grandi e curiosi, le guance rosee, la pelle liscia. Le
manine paffute.
No, la
manina.
Lui ne vede
solo una.
È
nuda, quella manina, e lui si chiede perché.
C’è freddo – all’improvviso la
temperatura esiste, ed è gelida, invernale. Il dorso e le
dita della mano della bambina, infatti, sono arrossate e screpolate.
Lui
vorrebbe dirle di metterla in tasca, ma in quel momento lei fa
qualcosa.
Gli mostra
anche l’altra mano.
Questa
calza un guantino. Un piccolo guanto ricamato con
l’immagine di un cagnolino.
Lui sente
il sangue gelarsi nelle vene e non è colpa del
freddo.
Perché
lui ha in tasca un minuscolo guanto che è
la copia esatta di quello della bambina. Due guanti dello stesso paio.
La bambina
si fa pallida, sempre più sfocata.
«BRA!
No!»
Trunks
tende le mani in avanti, cerca di afferrare la sorellina, di
stringerla a sé.
Ma le sue
dita sfiorano il nulla: ormai non è rimasto
più niente di lei.
Allora
prende il guantino che tiene in tasca, in un disperato tentativo
di richiamare a sé la bambina. Ma, quando lo sguardo gli
cade sulle proprie mani, urla, in un impulso di orrore.
I palmi
sono ricoperti di sangue. La vista gli si annebbia, capisce
cos’era la pozza vischiosa nella quale è caduto.
Apre la
bocca.
Per urlare,
perché sa di essere colpevole…
Trunks si
svegliò di soprassalto. Si passò una
mano sulla fronte per detergere il sudore e contrasse le dita sulla
propria pelle.
Respirando
affannosamente, ripensò al sogno, per quanto gli
facesse male.
Era
incredibile la nitidezza con la quale aveva visto Bra. Dopo tanto
tempo, i ricordi che aveva della sorella si erano fatti sfocati,
imprecisi.
Non era
stato un sogno normale, no. Gli sembrava di sentire ancora
qualcosa di umido sui polsi; istintivamente li guardò, ma
scoprì la pelle rosea e liscia, pulita.
«No!»
urlò, preso da
un’improvvisa frenesia. Cercò il guantino della
sorella, ma non lo aveva con sé. Si toccò il
corpo, gemendo, tentando, come impazzito, di trovare su di
sé una traccia che gli indicasse che quello era stato
più di un incubo. «No, non era un incubo!
No!»
Si
bloccò, rendendosi conto di come suonava la sua voce.
Strana. Non era roca come avrebbe dovuto essere dopo il sonno. Era come
se l’avesse già usata.
Ma certo!
Nel sogno aveva urlato, quindi la sua gola si era abituata a
far vibrare le corde vocali.
Iniziò
a ridere, in reazione alla tensione spezzata. Fu una
risata convulsa, simile a singhiozzi, e Trunks smise quasi subito di
darle voce.
Senza
attendere oltre, corse in camera dei suoi genitori.
«Mamma,
mamma! Papà!»
esclamò, battendo la mano sull’interruttore per
accendere la luce.
Scoprì
che loro erano già svegli e il sollievo lo
invase: almeno avrebbe potuto dare subito la notizia che aveva in serbo.
«Trunks,
che diamine…?»
domandò Vegeta, secco, nonostante fosse rimasto piuttosto
sorpreso del comportamento del primogenito, così…
così vitale, così improvvisamente vivo.
Gli occhi
azzurri del ragazzo fremevano di un’eccitazione
quasi febbrile. «Mamma, Bra è viva! Lo so, mamma!
Papà, lo so!»
Bulma
gemette, tirando istintivamente le coperte fino al proprio mento.
«Davvero,
ho fatto un sogno, ma non era solo un sogno! La
realtà, mamma, Bra è viva!»
«Trunks!»
Il ringhio secco di Vegeta fece
ammutolire il giovane.
«Trunks,
ti prego, per favore, smettila»
implorò Bulma, ansiosa.
Lui
fissò per un attimo i genitori, senza capire, poi gli
parve di comprendere il motivo della loro agitazione.
«Avanti, smettila di piangere, andrà tutto
bene» mormorò fra sé, sicuro di aver
trovato la ragione di tanto allarme. «Mamma, papà,
non è come la sua ninnananna! Questa volta è
diverso! Questa volta è vero! Bra è
viva!»
«Trunks,
smettila subito».
«Ma
papà…»
«Fuori
di qui! Ora!»
Il ragazzo
indietreggiò, confuso dall’improvvisa
ira del padre, ma ancor più dall’espressione
glaciale comparsa sul volto di Vegeta… perché suo
padre… Tentò di ordinare le proprie idee per
esprimere la spiegazione che sentiva… Questo comportamento
faceva soffrire il Principe.
Rapido, con
un’ultima occhiata ai suoi genitori, Trunks
batté in ritirata.
Una volta
fuori dalla porta, pensò allo sguardo di sua
madre… Non era solo preoccupata, era terrorizzata, aveva
paura di quel che lui aveva detto. Aveva paura del suo comportamento.
Gli
dispiacque per lei, soprattutto perché sapeva di essere
la causa della sofferenza della donna, ma non poteva fare finta di
nulla.
Bra era
davvero viva, lo sentiva.
Continua...
Salve,
bella gente! ^0^ lo sapete che vi adoro tutti vero? E in questo
capitolo (finalmente!) la nota “Sovrannaturale”
inizia a farsi sentire un pochino.
Christy
94: grazie mille... Lasciare senza parole la gente...
be’, suppongo sia una cosa ottima! Voglia dire che riesco a
comunicare quel che provano i personaggi^^
DarK_FirE:
ora suppongo che Trunks ti preoccupi ancora di
più, eh? Purtroppo non è che faccia proprio luce
sulla scomparsa di Bra ^^””” piuttosto
diciamo che incentra nuovamente la storia sul mistero che la tiene in
piedi... (XD ma che vado a dire?! XD) (sì, sono impazzita).
babypunk90:
ecco, ho riportato la storia più sul mistero...
ma ancora (almeno secondo me >_> è un
po’ smorta... ebbe’, rimedierò!! ^^).
Felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo... Grazie^^
s_ara:
concordo, anche a mio parere quella della
“ninnananna” è una scena da brivido,
l’ho inserita appunto perché mi sembrava
scioccante. Be’, dopotutto Bulma ha fatto bene a sfogarsi,
no? Bacio
Un
grazie di cuore, un bacione, alla prossima!
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