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Autore: 9Pepe4    26/12/2008    9 recensioni
In un eccesso di insofferenza nei riguardi della sorellina, Trunks compie uno sbaglio che rimpiangerà amaramente.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Trunks
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 – Tre anni dopo: incubo

Goten respirò due volte, prima di parlare.
«Va tutto bene, Trunks?» domandò, in tono ansioso.
L’amico, in risposta, annuì senza guardarlo, al ché Goten si sentì sprofondare.
No che non andava tutto bene.
Era bizzarro. Era assurdo.
Senza dire nulla, osservò Trunks giocherellare distrattamente con un guanto minuscolo. Sempre lo stesso guantino ricamato. Quello di Bra.
Goten quasi non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui aveva visto l’amico senza quell’oggetto morbido tra le mani.
«Sai cosa c’è di strano?» disse Trunks, all’improvviso. «I poliziotti, gli investigatori… Ormai non vengono più a casa nostra». Aggrottò la fronte, come per sforzarsi di ragionare, ed infine strinse le labbra. «Ma probabilmente sono occupati nelle ricerche».
“Nessuno è più occupato nelle ricerche, Trunks, sono passati tre anni, ormai. Accidenti” pensò Goten, con una fitta di rimpianto, ma non osò esprimersi ad alta voce.
C’erano momenti in cui Trunks sembrava essere consapevole di come stavano le cose, in cui pareva che sapesse che le probabilità di ritrovare Bra erano ormai nulle; ma c’erano anche momenti in cui parlava come se avesse visto la sorellina per l’ultima volta solo il giorno prima. Era una cosa che gli dava i brividi.
Solo la sera prima aveva parlato con Bulma. Infatti, sebbene ormai fosse tornato a casa propria, passava dalla Capsule Corporation almeno una volta al giorno, e se non ci riusciva faceva almeno una telefonata alla famiglia Brief.
Accigliandosi, ripensò alle parole della donna.
“Non so, Goten, mi sento così stanca… Fa ancora così male. E per di più non è questo il peggio, no. Il peggio è Trunks. Ti giuro, mi vengono i brividi, la notte, quando canta quella ninnananna. Sembra convinto di parlare a Bra, in quei momenti. Non è affatto normale”.
A quanto pareva, Bulma aveva paura di portare il figlio da uno psicologo. Diceva di credere che non sarebbe servito: secondo lei Trunks non avrebbe proferito parola, quindi sarebbe risultato tutto inutile.
Goten allontanò quei ricordi. «Trunks, ti va di fare qualcosa?» domandò, in tono teso.
L’altro fece un gesto vago, dopodiché chinò la testa.
«No, a dire la verità mi sento stanco» mormorò. «Stanco» ripeté, fissando l’asfalto.
Per un attimo, il tempo sembrò congelarsi in quell’istante, ma poi i due giovani ripresero a camminare. Trunks non proferì parola sino a quando non arrivarono alla Capsule Corporation.
Una volta giunti lì davanti, Trunks alzò la testa a guardare Goten e sussurrò, con occhi disperati: «Non tornerà, vero?»
Il moro sussultò. Fece per dire qualcosa, ma l’amico non attese risposta ed entrò, lasciando Goten solo e a disagio.
Il secondogenito di Goku impiegò qualche istante per riscuotersi. Aveva un nodo alla gola. Aveva nostalgia del Trunks iperattivo e dispettoso con il quale aveva condiviso l’infanzia e l’adolescenza fino a tre anni prima. Soffriva per il dolore del suo amico, e la malinconia più forte e struggente era per la serenità che non vedeva da tempo nello sguardo di Trunks.
Con un sospirò, si voltò, pronto a dirigersi verso casa.

È buio, ogni cosa sprofonda nell’oscurità.
Lui cerca di vedere qualcosa assottigliando gli occhi e sforzando lo sguardo, ma è inutile.
Poi, di colpo, ecco la luce. Lontana, sfuggevole.
Lui la insegue, correndo a perdifiato. Scivola su qualcosa di viscido, si sporca le mani, ma non può vedere di cosa si tratta. Si alza in fretta, riprendendo la corsa.
E poi l’ambiente, l’universo, non è più solo buio. Ora lui riesce a vedere e si guarda attorno.
Dopodiché, davanti a lui, compare qualcosa, qualcuno. Ed è una visione che gli lacera il cuore.
Una bambina di circa quattro anni. I capelli azzurri disordinati, gli occhi cobalto grandi e curiosi, le guance rosee, la pelle liscia. Le manine paffute.
No, la manina.
Lui ne vede solo una.
È nuda, quella manina, e lui si chiede perché. C’è freddo – all’improvviso la temperatura esiste, ed è gelida, invernale. Il dorso e le dita della mano della bambina, infatti, sono arrossate e screpolate.
Lui vorrebbe dirle di metterla in tasca, ma in quel momento lei fa qualcosa.
Gli mostra anche l’altra mano.
Questa calza un guantino. Un piccolo guanto ricamato con l’immagine di un cagnolino.
Lui sente il sangue gelarsi nelle vene e non è colpa del freddo.
Perché lui ha in tasca un minuscolo guanto che è la copia esatta di quello della bambina. Due guanti dello stesso paio.
La bambina si fa pallida, sempre più sfocata.
«BRA! No!»
Trunks tende le mani in avanti, cerca di afferrare la sorellina, di stringerla a sé.
Ma le sue dita sfiorano il nulla: ormai non è rimasto più niente di lei.
Allora prende il guantino che tiene in tasca, in un disperato tentativo di richiamare a sé la bambina. Ma, quando lo sguardo gli cade sulle proprie mani, urla, in un impulso di orrore.
I palmi sono ricoperti di sangue. La vista gli si annebbia, capisce cos’era la pozza vischiosa nella quale è caduto.
Apre la bocca.
Per urlare, perché sa di essere colpevole…

Trunks si svegliò di soprassalto. Si passò una mano sulla fronte per detergere il sudore e contrasse le dita sulla propria pelle.
Respirando affannosamente, ripensò al sogno, per quanto gli facesse male.
Era incredibile la nitidezza con la quale aveva visto Bra. Dopo tanto tempo, i ricordi che aveva della sorella si erano fatti sfocati, imprecisi.
Non era stato un sogno normale, no. Gli sembrava di sentire ancora qualcosa di umido sui polsi; istintivamente li guardò, ma scoprì la pelle rosea e liscia, pulita.
«No!» urlò, preso da un’improvvisa frenesia. Cercò il guantino della sorella, ma non lo aveva con sé. Si toccò il corpo, gemendo, tentando, come impazzito, di trovare su di sé una traccia che gli indicasse che quello era stato più di un incubo. «No, non era un incubo! No!»
Si bloccò, rendendosi conto di come suonava la sua voce. Strana. Non era roca come avrebbe dovuto essere dopo il sonno. Era come se l’avesse già usata.
Ma certo! Nel sogno aveva urlato, quindi la sua gola si era abituata a far vibrare le corde vocali.
Iniziò a ridere, in reazione alla tensione spezzata. Fu una risata convulsa, simile a singhiozzi, e Trunks smise quasi subito di darle voce.
Senza attendere oltre, corse in camera dei suoi genitori.
«Mamma, mamma! Papà!» esclamò, battendo la mano sull’interruttore per accendere la luce.
Scoprì che loro erano già svegli e il sollievo lo invase: almeno avrebbe potuto dare subito la notizia che aveva in serbo.
«Trunks, che diamine…?» domandò Vegeta, secco, nonostante fosse rimasto piuttosto sorpreso del comportamento del primogenito, così… così vitale, così improvvisamente vivo.
Gli occhi azzurri del ragazzo fremevano di un’eccitazione quasi febbrile. «Mamma, Bra è viva! Lo so, mamma! Papà, lo so!»
Bulma gemette, tirando istintivamente le coperte fino al proprio mento.
«Davvero, ho fatto un sogno, ma non era solo un sogno! La realtà, mamma, Bra è viva!»
«Trunks!» Il ringhio secco di Vegeta fece ammutolire il giovane.
«Trunks, ti prego, per favore, smettila» implorò Bulma, ansiosa.
Lui fissò per un attimo i genitori, senza capire, poi gli parve di comprendere il motivo della loro agitazione. «Avanti, smettila di piangere, andrà tutto bene» mormorò fra sé, sicuro di aver trovato la ragione di tanto allarme. «Mamma, papà, non è come la sua ninnananna! Questa volta è diverso! Questa volta è vero! Bra è viva!»
«Trunks, smettila subito».
«Ma papà…»
«Fuori di qui! Ora!»
Il ragazzo indietreggiò, confuso dall’improvvisa ira del padre, ma ancor più dall’espressione glaciale comparsa sul volto di Vegeta… perché suo padre… Tentò di ordinare le proprie idee per esprimere la spiegazione che sentiva… Questo comportamento faceva soffrire il Principe.
Rapido, con un’ultima occhiata ai suoi genitori, Trunks batté in ritirata.
Una volta fuori dalla porta, pensò allo sguardo di sua madre… Non era solo preoccupata, era terrorizzata, aveva paura di quel che lui aveva detto. Aveva paura del suo comportamento.
Gli dispiacque per lei, soprattutto perché sapeva di essere la causa della sofferenza della donna, ma non poteva fare finta di nulla.
Bra era davvero viva, lo sentiva.




Continua...




Salve, bella gente! ^0^ lo sapete che vi adoro tutti vero? E in questo capitolo (finalmente!) la nota “Sovrannaturale” inizia a farsi sentire un pochino.

Christy 94: grazie mille... Lasciare senza parole la gente... be’, suppongo sia una cosa ottima! Voglia dire che riesco a comunicare quel che provano i personaggi^^

DarK_FirE: ora suppongo che Trunks ti preoccupi ancora di più, eh? Purtroppo non è che faccia proprio luce sulla scomparsa di Bra ^^””” piuttosto diciamo che incentra nuovamente la storia sul mistero che la tiene in piedi... (XD ma che vado a dire?! XD) (sì, sono impazzita).

babypunk90: ecco, ho riportato la storia più sul mistero... ma ancora (almeno secondo me >_> è un po’ smorta... ebbe’, rimedierò!! ^^). Felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo... Grazie^^

s_ara: concordo, anche a mio parere quella della “ninnananna” è una scena da brivido, l’ho inserita appunto perché mi sembrava scioccante. Be’, dopotutto Bulma ha fatto bene a sfogarsi, no? Bacio

Un grazie di cuore, un bacione, alla prossima!
  
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