6. The inglorious intruder
Come sfoglio
l’ultima, inesorabilmente sconfortante pagina del
libro, esalo un respiro che non mi ero neanche resa conto di aver
trattenuto.
Il sole fa capolino rispetto all’alto palazzo che non
permette, a questa
altezza, di avere una completa e mozzafiato visuale del sole che sorge,
al che,
sulla terrazza dell’appartamento di Sirius, posso scorgere
soltanto gli istanti
meno giovanili della stella attorno a cui ruotiamo.
Il vento che spira
nella direzione opposta alla mia impiega
pochi attimi per farmi raggelare – e nemmeno il maglione
così grande e spesso
riesce ad innescare quel processo di autoconservazione secondo cui il
mio corpo
rimane comunque più caldo dell’ambiente a me
circostante. Impiego un minuto – o
forse due, non riesco ad avere un totale controllo su di me quando si
tratta
del tempo che spreco ad osservare gli infiniti dettagli della vita che
scorre
decisa attorno a me – prima di prendere un respiro profondo,
aria fresca e
newyorkese e mattutina, pregna di effimera speranza che caratterizza il
genere
umano, consapevole che la giornata è sulla giusta
carreggiata verso la routine
quotidiana che non stanca mai. Soprattutto se si considerano le
costanti, le
variabili, le infinite possibilità che una x
nell’equazione può permettere.
Mentre scendo gli
scalini in ferro e produco quel rumore metallico
fastidiosamente piacevole, noto, nonostante lo splendido dispiacere
della
finestra, perennemente ostile nei confronti di chi cerca disperatamente
di
ignorarla e veder oltre, che Sirius è ancora a letto,
essendo la cucina ancora
integra ed il soggiorno ancora intatto.
Fiondarsi nella sua
stanza, armata di cuscino in caso debba
ricorrere all’autodifesa, non è il modo migliore
per dare avvio ad una
giornata, secondo il parere di Sirius, adesso sveglio, mugolante,
possessore di
un’espressione a dir poco dolorante.
Buffone.
“Lily”
– esordisce, la voce ovattata dal fastidio e dal sonno
– “Vai via”
“Tra un
po’ dovrei essere a lavoro – ti ho ripetuto almeno
dieci volte che mi hanno presa – e sai quanto odi fare
colazione da sola.
Dorcas oggi dormirà fino a tardi perché
è la sua giornata libera, per questo
non mi aspetto la sua colazione, quindi… sai che la mia
ultima scelta sarai
sempre e solo tu”
“Che
gentile” mugola, le labbra storte e le mani che vanno poi
a coprire il viso. Ed ecco un’altra cuscinata che lo
colpisce, inaspettata.
“Sirius,
andiamo”
“Ho visto
abbastanza volte Frozen per realizzare che tu non
sei Anna, Lils. Sei Hans delle isole del sud”
“O mio
Dio” – faccio, la testa improvvisamente leggera per
il
ritorno di quel ricordo – “Te lo ricordi!”
“E’
un insulto” replica in un sussurro, gli occhi grigi che si
abituano alla luce della stanza.
“Se fra
cinque minuti non ti vedo in cucina, non sarà solo
James il povero senzatetto nel periodo natalizio…”
Un fruscio, il
rumore delle lenzuola che si spostano per fare
spazio al suo corpo scoperto, il busto ritto e pronto a muoversi.
“Buffone”
Si schiarisce la
voce, “Preferisce i prequel di Star Wars alla
classica trilogia, ma ti assicuro che è un bravo ragazzo. Sa
anche cucinare”
Piccola pausa. Il
bastardo sa cosa sto per chiedergli, a
giudicare dalla stanca espressione compiaciuta.
“Quanto li
preferisce?”
“Abbastanza
da suonare insopportabile” ammette, il sorriso che
non va via dalle labbra, “Ma—ti ho già
detto che sa cucinare? La settimana
scorsa ha fatto dei muffin. Muffin, Lils—esattamente
come quelli che si vendono”
“Che ne
dici di prepararmi la colazione, allora? Ho
fame”
Sbuffa.
“Niente lusinghe, duh?”
In risposta, riceve
un’altra cuscinata in faccia.
505
degli Arctic Monkeys risuona nel locale, una melodia inadatta
all’orario –
voglio dire, è ancora relativamente presto
– ma d’altronde Fabian mi aveva avvertito
(“Se credi di poter scegliere la
musica di sottofondo, Evans…” – aveva
sorriso malandrino, prima di scuotere il
capo – “Dovrai guadagnarti il nostro rispetto. Io e
Gideon ci occupiamo di
questo compito da molto più tempo di quanto i nostri
colleghi desiderino
ammettere, ma cosa ci vuoi fare? I
nostri gusti musicali sono deliziosi”
“Strepitosi,” aveva rincarato la dose
Gideon) quindi mi lascio andare ad un lungo e silenzioso sospiro mentre
decido
che in fin dei conti non è così male. Potevano
scegliere di peggio.
Trattenendomi dallo
sbadigliare apertamente, poggio i gomiti
sul bancone e osservo con discrezione ogni azione della coppia
accomodatasi al
tavolo tre, lui con le mani sprofondate nelle tasche del parka scuro ed
il
busto completamente spalmato sul divanetto in pelle che occupa; lei con
un
abito a motivo floreale, perfetta; è esattamente il mio
opposto: i gemelli
hanno appena iniziato il turno, come me, salutandomi con una mano nei
capelli –
facciamo nel mio cespuglio di capelli— rendendoli ispidi,
come se la
pioggerella che mi ha incrociata nel tragitto casa-Three Breadsticks
non
bastasse.
Comunque, siamo solo
noi cinque: i gemelli, la coppia al
tavolo tre ed io. Non male come primo, uggioso giorno di lavoro.
“Avete
già scelto cosa ordinare?” sento la voce di Gideon
chiedere, un sorriso gentile stampato sulle labbra ed il linguaggio del
corpo
analogo, che non lo tradisce. Tutto in perfetto ordine. Il ragazzo
corruga i
sopraccigli e si volta nella direzione del gemello, estraendo le mani
dalle
tasche, che vanno subito ad afferrare un tovagliolo di carta.
Mentre tento di
sentire la risposta dei due, Fabian cattura la
mia attenzione, fischiettando nella mia direzione.
“Tutto
okay a casa?”
Percepisco la mia
fronte aggrottarsi istintivamente. “Come,
prego?”
Stira le labbra,
rimane in silenzio per qualche frazione di
secondo, come per ponderare le parole. “Ieri eri
qui” – spiega con voce atona.
Quando nota che la sua dichiarazione non sortisce alcun effetto su di
me,
prosegue – “Voglio dire, è successo
mentre parlavi con la tua amica. La ragazza
bionda. Ci sei sembrata delusa” ci riflette su, non
incrociando il mio sguardo
“scocciata”
“Forse”,
ammetto, stranamente colpita dalla loro attenzione.
“Il mio coinquilino – più migliore amico
che coinquilino, a dire il vero – è
tornato dal college per le vacanze di Natale. Apparentemente non saremo
soli,
quest’anno… un suo amico ha avuto problemi con la
famiglia e noi lo ospiteremo.
Più pudding natalizio per tutti: non vedo
l’ora”
Deve rendersi conto
del mio sarcasmo perché la sua risposta è
data da una risata strozzata che, senza neanche pensarci troppo,
scatena una
mia di risata. “Non pensarci, Evans” –
fa, la voce divertita e gli angoli delle
labbra inclinati verso l’alto – “Pensa ai
cupcakes” li indica. “Ho sentito dire
che non hai neanche idea di cosa sia la farina”
“Ehi!”
– ribatto, fintamente offesa – “Si
dà il caso che io
sappia cosa sia, grazie tante! È solo che spesso si confonde
con lo zucchero…”
Sospira, un broncio
che appare sul suo viso. “Grazie per
avermi fatto perdere una scommessa”
“Come,
prego?”
Poggia i gomiti sul
bancone e mi incita ad avvicinarmi, cosa
che faccio un attimo dopo. “E’ il nostro passatempo
preferito: scommetto cinque
dollari che quei clienti hanno appena ordinato un cappuccino ed un Earl
Grey
con muffin ai mirtilli”
Aggrotto la fronte.
“Cinque dollari che non l’hanno fatto”
“Visto?”
– esclama, la voce più alta di un’ottava
– “Sei già
una di noi. Adesso, io e Gid abbiamo scommesso su di te. Il saper
cucinare o
meno è il primo interrogativo sulla lista e beh, Evans, mi
hai appena fatto
perdere sette dollari”
“Aspetta
un secondo… Evans? Come fai a sapere il mio
cognome?”
Un sorriso
malandrino fa capolino sul suo volto: “I maghi non
svelano mai i propri segreti, Evans”
Gideon sbadiglia
ponendosi di fronte a noi, una mano che
cautamente va a coprire la bocca spalancata. “Cappuccino,
Earl Grey, muffin ai
mirtilli” – fa, la voce atona, le palpebre che
lottano per chiudersi – “Come
ogni newyorkese di prima mattina”
“Non
l’avrei mai detto” Se non conoscessi Fabian, direi
che
dietro queste parole si cela un sottile e pungente sarcasmo, ma. Sgrano
gli
occhi una frazione di secondo dopo, quando Fabian sta già
sorridendo e mi ha
dedicato un occhiolino.
“Lo
sapevi!”
Alla mia
esclamazione, il suo sorriso si allarga. “Non abbiamo
mai avuto regole, per cui…”
“…per cui scommetti
sapendo già di vincere”
“E’
il prezzo da pagare per essere la nuova ragazza. E per
avermi fatto perdere sette dollari, ma questo già lo sai,
no?”
Gideon sembra appena
risvegliarsi, nell’esatto istante in cui
Fabian si mette a lavoro per preparare la colazione della coppietta.
“Cosa?
Quale delle scommesse hai perso?”
Fabian sospira
appena, replicando con un vago: “Non sa
cucinare”
Il
gemello assonnato,
in risposta, ghigna. “Sono in debito con te, Evans”
Dopo questa
– ma soprattutto dopo aver alzato gli occhi al
cielo lasciato impossessare un sorriso si impossessi delle mie labbra
screpolate - passo a pulire il bancone sulla destra, bloccandomi
tuttavia
qualche istante dopo. Sono sicura che la mia espressione facciale sia
un
curioso cipiglio di fronte a quella che mi sembra essere la fotografia
più
distratta e caotica che abbia mai visto. È chiaro che si
tratta dei lavoratori
del Three Breadsticks – ci sono Fabian, Gideon ed un ammasso
di persone di età
differente e totalmente, incondizionatamente diverse fisicamente. Come
avevo
già capito in precedenza, qui ci sono tante foto e qui,
soprattutto, c’è un
clima comparabile a quello di una grande famiglia affiatata.
Eppure—c’è
qualcosa che disturba, in questa foto. In maniera positiva, chiaramente.
“Ah”
– esordisce Gideon, il tono di chi ha tutte le risposte
–
“La nostra troupe. Avrai tempo per conoscerla, sta’
tranquilla”
“Sono
tutte brave persone” – continua Fabian, indaffarato
con
le bevande – “Il proprietario più di
tutti”
Non faccio altro che
annuire lentamente, le fronte non più
corrugata.
“Lils,
luce dei miei occhi, la mela alla mia crostata, lo
zucchero al mio caffè…”
“Sirius
Orion Black, cosa hai combinato?”
Sento la sua voce
tentennare in sottofondo, l’insicurezza che
si fa metallica ed i miei passi verso casa più veloci. Avevo
finito il turno
quando Lucinda McLaggen era entratata nel Three Breadsticks, il naso
rosso e
gli occhi simili a due fessure. Si era tolta la giacca in un batter
d’occhio e
aveva tentato per poche decine di secondi di trovare, attorno a lei, il
suo
grembiule. O meglio: il grembiule del terzo impiegato. Quando non
c’era
riuscita, notando con poca grazia che lo stavo indossando io, aveva
sbuffato,
urlato “Prewett!” all’aria, incurante
della pacifica e tranquilla atmosfera del
locale e Fabian le si era messo di fronte, visibilmente scocciato.
“Perché” – aveva
sibilato, la voce tagliente e sprezzante – “Lei
sta indossando il mio grembiule?”
A corto di parole,
non ero riuscita a risponderle a tono—a
risponderle in primo luogo, anzi. “Si dà il caso
che lei lavori qui, Lux” –
Fabian aveva alzato i sopraccigli in modo divertito –
“Direttive dall’alto, se
sai cosa intendo”
“Sta’
zitto. Zitto. Tu” si era poi rivolta a me, gli occhi
azzurri e limpidi così chiaramente infuriati.
“Turno finito, non trovi? E’
mezzogiorno passato”
C’è
da dire che in meno di trenta secondi mi aveva innervosito
e mi aveva condotta senza troppi giri di parole sulla via errata che,
nel giro
di pochi minuti, mi avrebbe resa una quasi diciannovenne incazzata. E a
giudicare dalle liti con Sirius e Petunia – Petunia
più di tutti – una lite con
Lily Evans, stereotipo della ragazza dalla chioma rossa infallibile e
irascibile, non avrei reagito con la cautela e gentilezza che mi
contraddistinguono nel novanta percento dei casi rimanenti.
“Ci
vediamo domani, Fabian? Stessa ora, giusto?”
“Esattamente,
Evans” Ignorando Lucinda, salutando con un gesto
rapido della mano Gideon, ero uscita. E sulla strada di casa, Sirius
Black
chiama. Lily Evans non fa altro che rispondere.
“Ricordi
la nostra conversazione di ieri, giusto? James
Potter, no?” – annuisco impercettibilmente, sulle
labbra una mezza smorfia.
Anche se non può osservare la mia reazione, prosegue
– “Beh, dobbiamo
festeggiare! A casa c’è un nuovo
arrivato!”
“Non so se
ringraziarti perché stai tentando invano di
prepararmi psicologicamente all’arrivo del tuo amico
chiaramente psicolabile o
iniziare da adesso ad urlarti contro perché non sono ancora
convinta che questa
faccenda possa avere un seguito-”
Mi blocca. “Lils”
Prendo un respiro
profondo, “Lo so. McLaggen mi ha fatto
innervosire. Ho fame. Non ti sopporto. Una serie di fattori mi rende
particolarmente insopportabile adesso”
Passano pochi
istanti prima che senta la sua risposta piena
d’affetto, “Neanche io ti sopporto,
Evans”, ma il rumore di sottofondo che
noto, incredibilmente simile ad una risata, mi porta a chiedergli:
“Sono in
vivavoce, vero?”
“Sempre
perspicace” replica con nonchalance, “Sei un coglione” mormora
un’altra voce,
maschile e imbarazzata. “Sempre perspicace” ripete,
con tono più alto.
Roteo gli occhi al
cielo. “Sono vicina alla metro. Cinque
minuti e sono da te”
“Da
noi”
“Ti
odio”
L’Upper
West Side si mostra
trionfante all’uscita della metropolitana, il poco sole che
c’è filtra dalle
nuvole grigie e probabilmente cariche di pioggia. Come previsto, il
vento spira
ed è anche freddo, abbastanza da farmi raggelare e
rimproverare mentalmente
perché non ho indossato la giacca più pesante,
questa mattina. Mentre procedo
verso l’appartamento, ed in particolare mentre sto per salire
quei quattro
gradoni in pietra scura che fanno da preambolo al portone
anch’esso scuro del
palazzo, un miagolio mi blocca.
Letteralmente.
Mi volto di poco,
capo inclinato e occhi socchiusi a osservare quella meraviglia di gatto
–
gattino, piccolo e grigio, pieno di striature più chiare e
dagli occhi
nocciola, grandi e desiderosi d’amore –
quest’ultimo mi fissa attentamente,
continuando quella conversazione che non mi ero neanche accorta
stessimo
avendo.
Miagola
per una seconda volta,
più convinto e più insistente, mentre con lo
sguardo non mi lascia andare. Vorrei
girarmi, ma. La sua coda si agita poco, lunga e sottile e graziosamente
elegante, e, notando il mio interesse – bugia, rettifico. La
mia attenzione
dovuta al suo fascino – nei suoi confronti si fa avanti di
due soli passi,
dando sfogo al terzo miagolio persuadente della giornata.
“Non
guardarmi così”
I
gatti non possono sorridere,
giusto? Non possono sorridere come se fossero dio sceso in terra e
avessero il
coltello dalla parte del manico, no? In risposta, si fa daccapo
più vicino e
alza il capo quanto basta per continuare a scrutarmi, interessato.
“Sirius
mi ammazzerà”
Apro
il portone lasciando che il
gattino-dai-nuovi-padroni entri per primo.
Busso
alla porta marrone con la
linda indicazione 6B su di essa, prima di afferrare tra le braccia
gattino-dai-nuovi-padroni.
A dispetto di quanto sperassi, è il nuovo coinquilino ad
aprirmi. Non il gatto,
chiaramente. James. James bastardo Potter. James
ti-rubo-l’amico Potter. James
sono-più-bello-di-quanto-sperassi Potter. Ci fissiamo per un
attimo, il tempo necessario
per notare che i suoi occhi sono della stessa sfumatura di quelli del
gattino
fra le mie braccia.
“Ciao”
C’è
una nota di je ne sais quoi
nel modo in cui lo dice, una mano ferma sulla porta e l’altra
sul maglione
rosso che indossa, due dita che vanno ad allargare il collo bordeaux
come se ce
ne fosse bisogno. Mi convinco ad alzare lo sguardo, per un attimo
distratto, e
dopo aver morso l’interno della guancia, con un decisamente
rumoroso “Ciao”
ricambio il saluto.
Gattino
miagola, come se anche
lui si sentisse in dovere di presentarsi. Gatto educato. Già
mi piace—
“Ciao” James ripete, questa
volta con un angolo delle labbra
inclinato verso l’alto e la voce calda, le dita che
solleticano il capo del
micio. Quest’ultimo risponde chiudendo gli occhi e
abbandonandosi alle coccole.
Per una frazione di secondo, penso che Gattino mi abbia delusa.
“E’
tuo?” domanda allora, le
labbra schiuse e gli occhi puntati su di me, luminosi.
“No—voglio
dire, sì. Mi ha
convinto a prenderlo”
“Chi?”
“Il
gatto. Sa essere abbastanza
persuasivo” Potter alza un sopracciglio, non so se curioso o
divertito. Forse
entrambi. Sotto il suo sguardo attento, mi sento arrossire.
“Sono gli occhi”
Le
sue labbra si curvano appena,
mentre fa per prendere Gattino ed io arrossisco maggiormente, convinta
che mi
abbia presa per una maniaca. Che non sono.
“Davvero”
– ribatto allora,
quando noto che si sta trattenendo dal ridere – “Guardalo”
“Non
lo metto in dubbio” spiega
afferrandolo e, per la seconda volta, mi sembra che Gattino sorrida
spensierato
e vincitore.
“Sono
James, comunque”
Mi
porge la mano. Voglio alzare
gli occhi al cielo. Lo so, idiota. Ma. Gliela sfioro comunque. Pur
essendo
cresciuta con Sirius sono sempre stata accogliente ed educata.
Ringrazio la mia
splendida famiglia per quello.
“Lily.
Stanca ed affamata”
E’
il suo turno per arrossire –
ma appena, un semplice rosa che gli tinge il collo – e farsi
indietro,
lasciandomi entrare a casa. “Scusa il disordine,”
spiega, “Sirius ha
apparentemente tentato di
prepararsi
la colazione e l’ho aiutato a, uhm”
“Spegnere
il fuoco? Nascondere il
cadavere?” lascio la giacca sul divano, rendendomi conto che
la sua valigia è
perfettamente intatta di fronte alla porta della camera di Sirius. Il
che
significa che James Potter non sta mentendo ed il disordine che ricopre
la
cucina e parte del salotto è davvero dovuto ad Orion. Che,
per l’appunto,
“dov’è?”
“Credo
spesa. Sai, ricomprare
quello che ha bruciato…”
“Splendido”
“Splendido”,
ripete, annuendo e
puntando daccapo lo sguardo su di me.
“Io
sono nella mia stanza”,
spiego allora, annuendo lievemente il capo e puntando il mento nella
sua
direzione. Vorrei dire, non cercarmi,
non disturbarmi, non farmene pentire, ma “Per qualsiasi cosa
tu abbia bisogno”
sono le mie effettive parole, pronunciate con una delicatezza
facilmente
riconducibile all’incertezza della sua figura, qui, nel mio
soggiorno—come se
mi avesse appena destabilizzata.
Risponde
con un movimento lento
del capo, accennando ad un sorriso che non fa intravedere i denti,
bianchi e
perfettamente allineati.
Per
una volta, vorrei che queste
vacanze terminassero in un battito di ciglia.
Il
pranzo pomeridiano più
imbarazzante del secolo inizia così: io mangio da una
ciotola in porcellana
verde in cucina – quello spazio piccolo e insopportabile
così denominato –
mentre i miei coinquilini, le due persone di sesso maschile con cui
condivido
momentaneamente l’appartamento, siedono con
tranquillità in soggiorno. O
meglio, in quell’ala del soggiorno che funge da sala da
pranzo, con tanto di
sedie acquistate dall’IKEA e tavolo rotondo, accogliente e
spazioso. È esattamente
così che inizia.
Sirius
fa una battuta sul mio
essere meno socievole di Rick Terzo – un ragazzo che ha
frequentato il nostro
liceo tempo addietro, più grande di noi di qualche anno
– al che James Potter tenta
di non chiedere informazioni su questo tale per non farmi incazzare, a
giudicare dall’occhiata che mi ha rivolto in tutto questo.
Il
nostro spiacevole
inconveniente, ossia il silenzio calato fra noi, si rende
più acido dal mio
sgranocchiare rumorosamente e dal telegiornale che continua a
propinarci
notizie insensate e poco interessanti. Se solo Dorcas o Alice fossero
qui…
Il
Problema sorge attimi dopo,
quando il telefono squilla e Sirius, più frettoloso di me
all’inverosimile,
riesce ad afferrarlo prima di me, rispondendo con la caratterizzante
poca
grazia ed un sorriso sornione sulle labbra.
“Pronto?”
Chiunque
sia dall’altro capo del
telefono riesce a catturare la sua attenzione. Il che fa nascere il mio
Problema: in piedi in soggiorno barra sala da pranzo, la mia ciotola
oramai
vuota in cucina e un inquilino fastidiosamente silenzioso a poca
distanza da
me. E’ quello che Dorcas chiamerebbe Pretesto
di socializzazione.
Non
che io ce l’abbia con lui:
voglio dire, fino ad ora non ha fatto nulla di male, ma. È
forse questo il vero
Problema. Mi aspettavo un arrogante bastardo affascinante
sino all’esasperazione, capace di catturare senza
volerlo né sforzarsi l’attenzione del mio migliore
amico e di tutti coloro che
avrebbero spaziato nella sua orbita. Qualcuno da detestare, qualcuno su
cui
sfogare la mia esasperazione. Qualcuno da invidiare, perché
con Sirius e perché
al college, ma alla fine della giornata – della mattinata,
anzi – la situazione
che si pone di fronte ai miei occhi è del tutto ribaltata:
è una persona
riservata, almeno con gli sconosciuti. Grata di essere dove sia. Con
problemi
familiari, tanto da non voler (poter) tornare a casa durante le
festività
natalizie. In questo momento, è più simile a me
di quanto io voglia crederci e
questo è sufficiente perché io mi comporti
così nei suoi confronti.
“Così…”
prorompe ad un tratto, la
voce suadente come ore fa. “Sirius mi dice che siete amici
dall’infanzia”
“Conosco
il bastardo da quando
avevamo undici anni” una pausa. “In retrospettiva,
è stato il primo vero amico che
io abbia mai avuto”
“Ha
detto lo stesso di te”
“Beh,
ha un modo terribile per
dimostrarlo” – ribatto –
“Scommetto che si comporta allo stesso modo con voi”
“Per
lo più… distratto. Non che
non abbiamo tutti capito – Remus prima di tutto –
che sia un sentimentale fino
al midollo” ha lo sguardo puntato sulle sue posate.
Remus?
Perché il nome non mi è
nuovo? “Remus prima di tutto?
Chi è? Non
ricordo se Sirius me ne abbia parlato o meno”
Sirius
alza i sopraccigli, un’espressione
perplessa sul viso, prima di scoppiare in una genuina risata. Io e
James lo
fissiamo per qualche istante.
“Un
nostro amico. Diavolo, che
bastardo. E’ un genio che impreca come non puoi immaginare
ma, di fronte ai
professori, è completamente riservato, educato.
Rispettabile,” scuote appena il
capo. “E’ riuscito a sfuggire dalle punizioni
più di quanto noialtri
desideriamo ricordare…”
“Insomma,”
esclamo, sedendomi ad una delle quattro sedie dell’IKEA.
“Un
tipo fico”
“Un
tipo fico” ripete le mie parole. Per qualche frazione di
secondo
penso che la conversazione si sia esaurita lì. Sono pronta
ad andarmene quasi
soddisfatta, quando procede, questa volta lo sguardo nocciola puntato
nel mio.
“Mi
dispiace di aver fatto irruzione a casa vostra, so quando possa dare
al cazzo non vedere qualcuno a cui tieni per tanto per poi…
non lo so,
ritrovartelo in soggiorno con un problema a cui badare. In questo caso
sono io
il problema. Ma. La situazione a casa è una merda e Sirius
mi ha promesso che avrebbe
fatto il possibile per aiutarmi, in una delle nostre serate sbronze.
Cazzata, lo so, ma se avessi potuto
prevedere…”
sospira. “Non gli avrei chiesto così
tanto”
Per
la seconda volta in questa giornata mi ritrovo a inumidirmi le labbra
e pronunciare parole senza che me ne renda conto. Del tutto. Il che si
pone
come una questione da risolvere al più presto.
“Non è un problema” – esclamo,
facendo affievolire il cruccio sul suo viso – “So
cosa significhi avere
problemi in famiglia”
Ha
le labbra appena schiuse, le sopracciglia disordinate e i capelli
spettinati per via della mano che ci ha appena ficcato dentro e sembra
persino
sul punto di dire qualcosa, quando ci rendiamo conto che Sirius ha
finito la
telefonata e si piazza fra noi con un sorriso malandrino sulle labbra.
“Remus
John Lupin ha appena dato la sua disponibilità per una
serata da
Malandrini. Ci sei?” ed i suoi occhi grigi si focalizzano su
James Potter,
illuminati da una patina che urla RISCHIO e CAZZATE IN ARRIVO. Con
tanto di
caps lock.
Poi,
come risvegliatosi da una lunga dormita, sposta lo sguardo su di me
e dice: “Ci siamo?”
Rimaniamo
per qualche istante
così, fermi ed in silenzio, sino a quando non considero
mentalmente concluso il
pranzo pomeridiano imbarazzante. In realtà, è il
mio amico da quando eravamo
undicenni a concluderlo.
Sirius
tira fuori dalla tasca una
busta di tabacco, ed allora so già l’esito della
nostra serata. Mentre afferra
distrattamente una cartina e infila tra le labbra un filtro, alza lo
sguardo
verso di me: inclinando un angolo delle labbra verso l’alto,
sento James che si
lascia andare ad una breve risata da qualche parte oltre le mie spalle.
Roteo
gli occhi al cielo. Se possibile, il sorriso del mio migliore amico si
fa più
sornione.
“E’
un sì?” chiede con la voce un
po’ impastata dal filtro, le dita che si muovono su e
giù per posizionare al
meglio il tabacco. Il drum prende forma tra le sue mani agili ed abili,
e a me
vengono in mente tutti i pomeriggi in cui ha tentato di preparare una
sigaretta
perfetta – né troppo piena, né troppo
vuota, nel minor tempo possibile –
all’età di diciassette anni. Sì, senza
ombra di dubbio mi vedo un po’
traballante e troppo orgogliosa per rifiutare un giro di shots, ma
soprattutto
troppo ammorbidita dalla familiarità della mia compagnia
– voglio dire, almeno metà
della mia compagnia – per poter
esalare un no categorico.
“Sai
che ho un debole per il
tabacco biologico…” è la mia risposta
sussurrata, capace di dare il via ad una
risata strozzata da parte del coinquilino e del nemico senza gloria.
“Evans”
– dice allora, porgendomi
il primo drum della serata – “E’ colpa
tua se ho iniziato a comprare questo schifo”
“Si
da il caso che questo schifo ti
piaccia, apparentemente” –
ribatto, un sopracciglio innalzato – “Dato che lo
compri da due anni”
“Una
sera mi ha sorpreso mentre
preparavo un drum con il suo tabacco” – inizia
James, la voce tanto incerta
quanto chiaramente divertita – “Mi ha insultato in
Francese”
“Bastardo
sentimentale” commento,
porgendo una mano a Potter. Aggrotta la fronte ma sembra rapidamente
capire, al
che poggia il suo accendino sul mio palmo. Vorrei dirgli che ha la
faccia da
fumatore – bugia – ma sono troppo orgogliosa anche
per mentirgli e dire che in
realtà ho notato da subito il peso della taschina della
camicia. Un peso dalla
forma di un accendino. In fin dei conti, anche Petunia mi ha sempre
definita
come l’osservatrice per eccellenza. Bei ricordi.
“Questo
bastardo sentimentale è
ufficialmente offeso, grazie tante” – si passa una
mano sul viso, la barba che
inizia a crescere e mostrare i suoi limiti – “Posso
dire di sì a Remus, allora?
Peter è dai nonni – spero ritorni con qualcosa di
consistente – per questo
siamo solo noi quattro. Ci divertiremo. O meglio, proveremo a far
divertire
Lily”
“Lo
dici come se fosse qualcosa
di difficile e irripetibile”
“Nah,”
replica, “Ti conosco. So i
tuoi punti deboli” e con il mento indica il tabacco
biologico. “Intendo che
renderemo questa serata la migliore della tua vita”
“Non
so se le tue parole debbano
infastidirmi o meno”
Entrambi
gli inquilini scoppiano
in una divertita risata.
so che sono
terribilmente in ritardo - senza molte scuse poi, se non le solite,
ossia mancanza di ispirazione, scuola e perenne convinzione che quello
che io abbia scritto abbia delle falle assurde - quindi
sì, scusate davvero! ho molto a cuore questa storia,
così come hooked on a feeling, il cui nuovo capitolo di
attualmente 4109 parole non è ancora del tutto completo ma
in dirittura d'arrivo, quindi credo che questi lavori troveranno una
fine. se non scritta, perlomeno mentale. o in forma di "headcanon", nel
peggiore dei casi. ma non voglio arrivare a questo.
non
voglio soffermarmi tanto su ciò che ho raccontato, dico solo
che James mostrerà il suo volto da marauder/good
friend/lily's lover così come Sirius e Lily! queste
sono ancora circostanze un po' strane e imbarazzanti: non si conoscono,
non si sono sciolti, aperti, non si sa ancora nessuna backstory e
quindi vedetelo come intro. come ingresso, come punto di inizio. la
storia di qui migliora e basta :) almeno si spera hahahah
spero
non vi siate del tutto scordati di me!!! anzi apprezzerei come pioggia
al cioccolato dei pareri, dei feedback da parte vostra. sono sempre
terribilmente insicura su quello che ho scritto e su come lo abbia
scritto, quindi un vostro commento non farebbe che rassicurarmi!!
a presto, spero!
per ogni altra cosa, mi trovate su ask, twitter e tumblr!