“Sto bene se non torni mai, mai”.
Questa era la frase che Federica si ripeteva nella mente da quando era
uscita di casa. Una ridicola, semplice frase, che tuttavia non riusciva
a smettere di ripetere con la bocca e col cervello.
Era come se questa frase le fosse entrata nelle ossa, nei muscoli e in
ogni fibra del suo corpo.
E non riusciva a liberarsene.
Non ricordava esattamente quando e in che occasione l’aveva
sentita. Forse apparteneva a qualche canzone che distrattamente aveva
ascoltato alla radio, in uno dei rari momenti di lucidità
che Virginia le concedeva.
Gia, Virginia, la sua amata Virginia. Ogni volta che Federica pensava a
lei, era invasa da un senso di oppressione, come se la sua fidanzata
fosse una presenza talmente totalizzante da impedirle di vivere la sua
vita. In realtà, era proprio questo che era Virginia per
Federica: un ostacolo, un impedimento, una sorta di posto di blocco tra
lei e il resto del mondo. Tuttavia, lei faceva sempre finta di nulla,
poiché vedeva nella sua ragazza la reincarnazione
dell’amore vero, quello a cui non si potrebbe rinunciare per
nulla al mondo. Una povera sciocca, si potrebbe dire. Una povera
sciocca che non aveva ancora capito che l’amore vero
è solo una gran cazzata, utile solo a illudere la gente e a
vendere i baci perugina.
Ad ogni modo, Federica, tra un pensiero e un altro, era arrivata ad un
piccolo supermarket, mentre Virginia dormiva beata.
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