ReggaeFamily
La
morte è il miglior stupefacente
«I
piaceri proibiti e peccaminosi sono come pane avvelenato. Possono
soddisfare l’appetito al momento, ma alla fine portano alla
morte.»
Tyron
Edwards
Era
stata una ragazza a chiamarli; piangeva disperatamente al telefono e
continuava a ripetere: “Ha una pallottola conficcata nella
fronte, si, e ha il cranio spappolato... che brutta fine, che brutta
fine!”.
Si
trattava chiaramente di un omicidio.
Quando
la polizia era giunta sul luogo del delitto – un campo incolto
adiacente a una larga strada di campagna –, un piccolo
capannello di persone si era già radunato a pochi metri dal
cadavere. I poliziotti si adoperarono per allontanare tutti e
sbarrare loro il passaggio con del nastro nero e giallo.
L'agente
Sackville, un uomo brizzolato sulla cinquantina, esaminò il
cadavere riverso a terra con lo sguardo: si trattava di un signore
dai radi capelli bianchi – ora imbrattati di sangue – che
indossava degli abiti comodi. Sicuramente era di ritorno da una
passeggiata in campagna, avvenuta in tarda serata o di buon mattino.
L'uomo aveva gli occhi sbarrati e vacui, gli arti abbandonati
scompostamente attorno a sé e il viso sfigurato dal proiettile
e dallo shock.
Non
era di certo un bello spettacolo.
Sackville
lavorava da anni nel corpo della polizia e ormai ci aveva fatto
l'abitudine, si faceva impressionare raramente dalle vittime di
omicidi o violenze.
“Chiunque
gli abbia sparato, non doveva trovarsi a grande distanza da questo
pover'uomo. Un assassino inesperto” considerò, rivolto a
nessuno in particolare.
“Mi
scusi!” attirò la sua attenzione una voce squillante
alla sua destra. Sackville si voltò in quella direzione e si
ritrovò davanti una ragazzina sui vent'anni, minuta e pallida,
che faticava a stare ferma e gli tendeva la mano. “Sono Ruth,
sono stata io ad avvisarvi per telefono! Oddio, è stato
terribile trovare il corpo di quest'uomo stamattina! Sono uscita con
la mia cagnolina per una passeggiata ed è stata lei a condurmi
qui! Vi prego, trovate la bestia che ha combinato questo disastro, è
terribile!” piagnucolava, decisamente sconvolta.
“Detective
Sackville, piacere. Conosceva quest'uomo?”
“Mi
è capitato di incrociarlo qualche volta da queste parti, penso
avesse qualche tenuta in campagna o comunque la frequentasse spesso”
spiegò Ruth, passandosi convulsamente le mani tra i capelli
corti.
Sackville
scosse la testa; quella ragazza non era di grande aiuto.
Si
congedò rapidamente da lei, poi si rivolse ai suoi colleghi:
“Abbiamo bisogno di un'autopsia al corpo e di un esame più
approfondito per capire se ci sono delle tracce di DNA
dell'assassino. Io, Balch e Drummond esploreremo i dintorni in cerca
di qualche indizio che ci possa aiutare. Mitchell, tu interroga i
presenti per capire se qualcuno conosceva la vittima”.
Cercare
qualcosa tra erba alta e migliaia di insetti non era propriamente un
lavoro piacevole. Sackville era stremato e il sole della tarda
mattinata picchiava senza pietà sulla sua testa.
Lui
e l'agente Balch, un ragazzo allampanato che da poco era entrato
nella loro squadra, si destreggiavano e incespicavano nell'ennesimo
groviglio di erbacce e canne alte.
“Vedi,
è proprio qui che dobbiamo cercare, perché l'assassino
potrebbe aver usato questo punto come nascondiglio” spiegò
Sackville al più giovane.
“Allora
se lo saranno mangiato le formiche” commentò Balch,
chinandosi per scacciare gli animaletti neri dalle sue scarpe. “Ehi,
qui ho trovato qualcosa!”
L'altro
gli si avvicinò e constatò che il suo collega stringeva
tra le mani un foglietto bianco con delle scritte sopra.
“Sembrerebbe
un biglietto da visita. E a giudicare dalle sue ottime condizioni,
deve essere finito qui da poco tempo” commentò il più
giovane.
Sackville
glielo sfilò delicatamente dalle mani e lo osservò con
attenzione. “Clinica del Papavero. Penso sia di un
centro di disintossicazione.”
Sul
fronte, il foglietto presentava il nome della clinica in caratteri
neri e stilizzati, accompagnato dal disegno di un fiore di papavero e
da una citazione motivazionale:
«La
perdita di controllo è sempre fonte di paura. È anche,
tuttavia, sempre fonte di cambiamento.» James Frey
L'altra
facciata invece riportava due numeri di telefono, un indirizzo email
e la via dove probabilmente si trovava la sede della clinica.
“Perfetto!
Con questo abbiamo delle impronte digitali e un punto di partenza su
cui affidarci per le nostre ricerche! Vai a richiamare Drummond e
digli cos'abbiamo scoperto” esclamò Sackville con
soddisfazione.
♣
♣ ♣
Sedeva
su una roccia grigio scuro con le gambe penzoloni, i piedi scalzi che
quasi sfioravano le acque torbide e quiete del fiumiciattolo. Tra i
capelli stopposi, tinti di un viola ormai sbiadito e scialbo, era
incastrato un fiore di papavero. Indossava un abitino nero sgualcito
che risaltava nettamente sulla sua pelle lattiginosa e raggrinzita.
Tra
le mani teneva un piccolo quadernetto dalle pagine ingiallite e una
busta di plastica azzurra.
Abbassò
lo sguardo verso il suo riflesso nell'acqua che guizzava e si
deformava: volto pallido e smunto, occhi sgranati e cerchiati di
scuro, espressione stanca.
“Ciao
Poppy. Ti chiamerò così, perché il nome
vero non lo ricordo. Poppy: papavero. In fondo sei nata per
quello, no?”
Attese
una risposta da quella persona che la fissava dalla superficie del
fiume, ma questa non arrivò.
Aprì
la busta e cominciò a miscelare, come uno scienziato nel suo
laboratorio. L'oppio da solo non le bastava più; a volte lo
mischiava con la cocaina, altre volte con l'eroina. Quello che il suo
spacciatore le dava.
“Sai,”
riprese a parlare, “mi piace stare qui. Anche per te è
lo stesso, vero? Ci incontriamo sempre in questo posto, in questo
angolino così tranquillo. Per me è come una casa, dato
che una dimora non ce l'ho più da anni.”
Il
suo riflesso la osservava e la imitava.
“Oh,
quanto mi era mancato tutto questo! Sai, sniffare mi piace di più
che fumare. Mi piace la sensazione della polvere nel naso. Stavo
pensando di lasciare l'oppio e darmi alla cocaina, è più
soddisfacente. Ormai non so più cos'ho in corpo. Nemmeno tu lo
sai, vero? Da quanto tempo non mangi?”
Quando
la polvere solleticò le sue narici, cominciò a ridere e
la inspirò avidamente. Non staccò mai lo sguardo dal
suo riflesso.
“Sai
una cosa, Poppy? Io vorrei tanto diventare una madre, oh sì!
I miei figli sarebbero bellissimi: se avessi una femminuccia
diventerebbe una cheerleader, e se invece avessi un maschietto
sarebbe un giocatore di baseball. Anche tu vorresti dei figli, vero
amica mia? Vorresti dei bambini, eh? Ma che esempio daresti ai tuoi
figli? I genitori devono dare l'esempio, ma tu non lo potresti mai
fare: hai ucciso un uomo per comprarti la droga. Lo racconteresti ai
tuoi figli, eh? Riusciresti a veder crescere una vita dopo averne
troncato un'altra? No, i sensi di colpa ti divorerebbero prima!”
Provava
a urlare, a sollevare il tono della voce, ma non ci riusciva. Non
riusciva a sfogare la rabbia che provava verso la ragazza che vedeva
sulla superficie dell'acqua.
Si
sentiva intorpidita, strascicava le parole. Aveva messo via la busta
e afferrato il quadernino.
“Hai
messo da parte la tua coscienza per la droga: hai iniziato con
l'oppio, poi hai continuato con altre droghe più pesanti. Hai
lasciato che la tua famiglia ti cacciasse di casa quando avevi solo
diciassette anni... perché l'hai fatto? E quando i tuoi
risparmi sono finiti, ti sei prostituita per comprare la droga. E
quando non riuscivi più a scopare, ti sei fatta pagare per
uccidere un uomo. Cosa provavi, Poppy, quando puntavi quella
pistola luccicante contro quel povero signore? Perché lo hai
fatto?”
Ora
singhiozzava con disperazione e le sue lacrime piovevano sulla
copertina consunta del quaderno. Si strappò il papavero dai
capelli e lo lanciò in acqua. “Ecco! Questo è
quello che vuoi, quindi tienilo tu!”. Cominciò a
sfogliare le pagine sottili, impregnate di inchiostro nero, emozioni,
pensieri. “Ma io ti voglio perdonare, Poppy, perché
può succedere a tutti. Sai cosa dice Neil Gaiman? Ci sono
tante cose fragili dopo tutto. Le persone si spezzano così
facilmente e anche i sogni e i cuori” recitò,
tenendo il segno su una pagina col dito. “E lo sai chi è
Neil Gaiman? È uno che racconta storie, le scrive o le
disegna... ah, lasciamo perdere, che importanza ha? Il punto è
che anche i sogni e i cuori di noi due sono stati spezzati. Divorati
dalla droga e dai sensi di colpa... ci pensi? Abbiamo ucciso non una,
ma ben due vite! Io e te siamo così simili, amica mia! Ecco
perché siamo così legate.”
Provò
a sorridere e il suo riflesso ricambiò il sorriso.
“Vorrei
tanto andare laggiù e abbracciarti. Sono felice di averti qui.
E adesso siamo ricche, possiamo concederci un sacco di lussi!”
Era
felice. Si alzò a fatica e, barcollando, scrutò
l'acqua.
“Adesso
vado. Voglio salire su quelle pietre, più in alto.”
Indicò il complesso di rocce che si srotolava alla sua
sinistra in direzione del cielo. “Voglio vedere se, anche
quando sarò lassù, avrò ancora voglia di morire.
Ciao Poppy, stammi bene. Ci vediamo presto, solito posto.”
Con
passo esitante, si allontanò di qualche metro dal vuoto e
cominciò ad arrampicarsi maldestramente sulle rocce.
♣
♣ ♣
Sackville
bussò alla porta dell'appartamento della famiglia Pickering e
attese.
Il
giovane Balch, al suo fianco, faceva scorrere lo sguardo sulle pareti
ingrigite del pianerottolo su cui si trovavano.
“Chi
è?” domandò una voce femminile, ovattata dalla
barriera di legno che la divideva da loro.
“Polizia”
annunciò il più grande.
La
porta si aprì appena e una donna dal viso rotondo e i capelli
legati in una crocchia scrutò fuori, accigliata. “Avete
un mandato? Altrimenti non vi faccio entrare.”
“Non
siamo qui per perquisire la casa, dobbiamo solo farle qualche
domanda. Agenti Oliver Sackville e John Balch, piacere” le
comunicò il poliziotto tendendo una mano.
La
donna indietreggiò per permettere ai due di entrare in casa,
ma la sua espressione non mutò. “Fate in fretta, tra
poco arriverà il fisioterapista per mio suocero” affermò
incrociando le braccia al petto.
La
porta d'ingresso dava direttamente su una piccola e modesta cucina;
la stanza era inondata dall'odore delle cipolle che, all'interno di
una padella sul piano cottura, cominciavano a dorarsi e sfrigolare.
I
due agenti non persero tempo ad accomodarsi sulle sedie, anche perché
la padrona di casa non aveva dato loro il permesso.
“Siamo
venuti qui per chiederle di sua figlia, Joice Pickering, sospettata
di...” cominciò Sackville.
“Mia
figlia non viveva più qui da otto anni. E comunque aveva
venticinque anni, ciò che ha fatto non mi riguarda” lo
interruppe la signora Pickering. La sua espressione si era indurita e
il suo sguardo si era fissato sulle cipolle che cuocevano.
“Perché
sta parlando al passato?” volle sapere Balch perplesso.
“Joice
è stata ritrovata morta qualche giorno fa.”
I
due poliziotti si scambiarono un'occhiata allibita. “Come
sarebbe a dire?” borbottò Sackville.
“Ieri
hanno ritrovato il suo cadavere nel fiumiciattolo vicino a Lord
Street. Ma, come vi ho detto, è andata via di casa più
di otto anni fa e io non sapevo più niente di lei. Era una
tossicodipendente.”
“Perché
è scappata di casa?” chiese Balch.
La
donna si sedette attorno al tavolo e fece cenno ai due uomini di
imitarla. “Non è scappata: l'abbiamo cacciata via io e
Mark, mio figlio. Abbiamo cercato di aiutarla in tutti i modi quando
abbiamo scoperto che si trovava nel tunnel della dipendenza, ma lei
non ci ha mai dato retta. Ha iniziato a rubare degli oggetti in casa
e li rivendeva per farsi un po' di soldi e comprarsi l'oppio. Noi
eravamo già poveri e lei ci stava togliendo tutto, capite?”
“Da
quanto tempo andava avanti questa storia?” domandò
Sackville.
“Joice
iniziò a fare uso di sostanze stupefacenti a quattordici anni,
a seguito di una brutta esperienza. Venne stuprata da un suo
insegnante di scuola e questo la segnò profondamente; quando
scoprì di essere rimasta incinta cercò in tutti i modi
di convincerci a tenere il bambino, diceva che quello era l'unico
modo per risanare la ferita della sua anima. Ma noi non potevamo: non
avevamo i soldi e non volevo che mia figlia crescesse il frutto di
una simile violenza. Così l'aborto la buttò ancora più
giù e lei si rifugiò nelle sostanze stupefacenti.
Iniziò con alcol e marijuana, poi conobbe l'oppio – il
suo più grande amore – e cominciò a mischiarlo
con droghe sempre più pesanti. Io non la riconoscevo più:
si faceva chiamare Poppy, si tingeva i capelli di colori
strani e non tornava quasi mai a casa. Certo, era sempre stata una
ragazzina particolare ed eccentrica, ma quello era decisamente
troppo.”
La
signora Pickering raccontava quei fatti con distacco, come se non le
appartenessero.
“Non
ha più saputo niente di Joice da quando se n'è andata
di casa?” chiese ancora Sackville.
“So
solo che viveva in strada: era molto povera e i pochi soldi che aveva
li spendeva tutti per la droga.”
“Signora,
sua figlia era sospettata di omicidio. Abbiamo trovato delle tracce
del suo DNA sul luogo di un delitto. Ha saputo dell'uomo che è
stato sparato?” annunciò Balch.
Lei
parve parecchio sorpresa. “Joice non aveva i soldi per una
pistola.” Poi si illuminò. “Potrebbero averle
commissionato l'omicidio! Lei voleva soltanto i soldi, giusto?”
“Qualunque
cosa sia successa, non potremmo mai saperla dalla diretta
interessata” commentò Sackville con un sospiro. Tutta
quella situazione lo rattristava.
Mentre
lasciavano casa Pickering, il poliziotto si ritrovò a
riflettere. Per loro l'indagine era solo agli inizi: dovevano
scoprire a chi si era rivolta Joice, chi le aveva commissionato
quell'omicidio.
Ma
intanto la vita di una venticinquenne era andata pian piano a rotoli,
era arrivata perfino a commettere un crimine e infine a uccidersi.
L'esistenza
umana era decisamente troppo fragile.
♣
♣ ♣
Sulle
rocce, accanto al fiume che scorreva lento, era abbandonato un
quaderno sgualcito, aperto su una pagina.
27
giugno
Poppy,
ti scrivo un'ultima lettera.
Anche
quassù ho tanta voglia di morire, tanta tanta. Anche io devo
morire come il mio bambino, e come quel signore a cui ho sparato. La
morte è il miglior stupefacente, perché tutti i sensi
di colpa vanno via.
Ti
voglio regalare una citazione come addio. Sai quanto mi piacciono,
no? Ho riempito pagine e pagine di frasi e aforismi.
Fare
la scrittrice, ecco un altro dei miei sogni infranti.
Questa
è la mia citazione preferita.
«Dove
c’è una rovina, c’è la speranza di un
tesoro.»
Jalal
Uddin Rumin
E
anch'io lo spero tanto, Poppy.
♠ ♠ ♠
♠ ♠ ♠ ♠ ♠
Non
so nemmeno io cosa mi sia preso e cosa ho scritto. È del tutto
senza senso, me ne rendo conto... ma spero vi sia piaciuta XD
Alcune
spiegazioni:
l'oppio
può essere fumato, inalato o masticato. In questo caso io gli
ho conferito l'aspetto di una polvere che la protagonista ha
inspirato.
Poppy
in inglese vuol dire proprio papavero.
Neil
Gaiman, quello che “racconta storie”, è uno
scrittore, fumettista, giornalista e sceneggiatore televisivo. Ecco
perché racconta storie XD
Tutte
le citazioni che trovate qui sono state utilizzate nelle puntate di
Criminal Minds e fornitemi da milla4, la giudice del contest
“Non ho parole”.
Non
sono una grande esperta di oppio, quindi potrei aver scritto qualche
fesseria; in tal caso, fatemelo notare o in alternativa venite a
picchiarmi :D
Detto
questo, ringrazio Pirra e Milla per i loro bellissimi contest e per
la possibilità che mi hanno dato di scrivere questo racconto
alquanto particolare! E grazie a chiunque altro abbia avuto il
coraggio di arrivare fin qui e deciderà di lasciare un
commento :3
Alla
prossima!!! ♥
|