Erika quel giorno era tornata a casa prima. A quanto pare, due ragazze
nella sua scuola erano state aggredite da uno squilibrato nei bagni, in
preda a chissà quale follia omicida. Le ragazze,
interrogate, avevano risposto che a picchiarle era stato un tale
“Cliff Burton”. Erika fu molto sorpresa da questa
strana coincidenza. Cliff Burton era stato infatti il primo bassista
dei Metallica, il suo gruppo preferito dopo i Verdena e gli Articolo
31, e per lui aveva una vera e propria venerazione. La sua stanza era
infatti piena di poster del suo idolo, e aveva inoltre tutti gli
spartiti delle sue due canzoni preferite dei ‘Tallica,
ovviamente composte da Cliff: Orion e (Anesthesia) Pulling Theeth. La
ragazza adorava quelle due canzoni, e adorava la buonanima di Cliff,
che, a parere di Erika (e non solo suo) ha lasciato nel metal un vuoto
difficilmente colmabile. Per capire l’importanza che ebbe
quel bassista su di lei, basti pensare che fu proprio per imitarlo e
seguire le sue orme che Erika comprò Melissa, il suo amato
basso, nonché sua unica amica. Probabilmente era proprio
grazie a Melissa che Erika era ancora viva. Quel basso era
ciò che Erika aveva di più caro, dopo suo padre.
“Allora, Melissa, che ne dici di una bella strimpellata? E da
un po’ che non ne facciamo una come si deve, o ricordo male?
Dai, lo so che sei incazzata, non far finta. Ti conosco come le mie
tasche vuote ormai, e so che ti sei offesa perché ti ho
trascurata. Hai ragione. Rimedio subito”.
Erika, dopo aver delicatamente sollevato Melissa, chiuse gli occhi e
iniziò a suonare. Era più forte di lei, non
riusciva a suonare con gli occhi aperti. Preferiva di gran lunga
chiuderli per concentrarsi sul suono dello strumento. Grazie a
quest’abitudine entrava in empatia con Melissa, riuscendo a
tirar fuori il meglio dal suo amato basso. Non a caso, i vicini tutte
le volte che Erika suonava non solo non si incazzavano, ma anzi
interrompevano quello che stavano facendo per sentirla meglio, e tutti
nel palazzo erano concordi nell’affermare che la ragazza era
molto brava.
Tuttavia, c’era una persona che non gradiva molto
l’attività di Erika: Michela Romandini, conosciuta
anche come Zia Desdy, ovvero l’odiata matrigna. Il soprannome
di Zia Desdy fu inventato proprio da Erika: zia, perché lei
aveva un pessimo rapporto con le sue zie (che infatti non vedeva quasi
mai), Desdy, da Desdemona, la cattiva di un romanzo di Isabella
Santacroce che le era piaciuto molto. Zia Desdy, dicevamo, era
l’unica a non vedere di buon occhio la passione di Erika per
i Metallica. Diceva che il metal era una musica satanista, che
predicava il demonio, che era rumore e non musica… insomma,
le cazzate che si dicono in giro. Sicuramente questo era uno dei motivi
per i quali Erika odiava la sua matrigna, ma non era certo
l’unico: le due avevano infatti caratteri totalmente
antitetici ed erano totalmente incapaci di aprirsi l’una con
l’altra. La Zia Desdy aveva provato per un breve periodo ad
andare d’accordo con Erika, ma non c’era nulla da
fare, e ben presto il loro divenne un rapporto di reciproca antipatia,
che sfociò infine in odio puro. Entrambe volevano solo la
morte dell’altra, magari in modo atroce, ed entrambe
cercavano di accattivarsi le simpatie di Luciano, padre di Erika
nonché marito di Desdy, che si trovò con la casa
divisa da un invisibile muro di Berlino.
La rabbia repressa di Erika era in perenne stato di guardia:
d’altronde, circondata com’era da persone che
avrebbero voluto cancellarla dal loro percorso di vita, era
comprensibile esser sempre così nervosi ed irritabili.
Nessuno poteva, o voleva, capire quello che la ragazza stava passando,
e lei si sentiva sempre più sola e oppressa. Tutti la
giudicavano, la criticavano, la deridevano, e per una ragazza di appena
17 anni questo può essere davvero un colpo tremendo.
L’unica cosa che la faceva andare avanti era il padre.
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