ReggaeFamily
The
road will be long
Dub
Inc - Better Run
♫
John ♫
Mi
adoperai per infilare nella cappelliera i trolley di Noah ed Ellie.
“Ma
John, non c'era bisogno...” cercò di protestare il
bassista dei Souls.
“Siediti”
lo interruppi, scoccandogli un'occhiata rassicurante.
“John,
tu che posto hai?” mi domandò Johanna, guardandosi
attorno con la sua carta d'imbarco stretta tra le mani.
“15E,
tu?” Afferrai anche il suo trolley, che giaceva ai suoi piedi,
e sistemai anche quello al suo posto.
“Grazie,
non dovevi! Comunque 14B. Uffa, non mi piace questo posto, avevo
intenzione di sfidarti a scacchi... ho capito, dovrò
corrompere qualcuno per fare cambio di posto!”
Io
mi strinsi nelle spalle, poi presi posto sul mio sedile e attesi che
il resto del nostro gruppo facesse lo stesso.
“Ehi
John, mi sa che sono a fianco a te.” Mark, il nostro tecnico
della chitarra, si fermò davanti alla mia corsia e consultò
nuovamente il suo foglio. “15F. E sono anche vicino al
finestrino, che culo!”
Mi
misi nuovamente in piedi per farlo passare, ma mentre lui si stava
intrufolando tra le due file di sedili, Johanna gli si piazzò
di fronte. “Ehi, tu, anche se non so come ti chiami!”
“Mark”
disse lui, un'espressione stranita dipinta in viso.
MI
lasciai sfuggire un sospiro. Me lo sarei dovuto aspettare da lei.
“Ti
va di fare cambio di posto? Io ho il 14B. È un bel posto, te
lo assicuro, è vicino a Sako!”
Mark
mi lanciò un'occhiata perplessa, poi ridacchiò. “E
va bene, col fatto che c'è Sako mi hai convinto. Tu saresti
Johanna, giusto?”
La
ragazza gli sorrise raggiante, poi annuì. “Sì,
sono io, piacere di conoscerti. Ora potrei sedermi? Sto disturbando
il passaggio in corridoio” gli fece notare lei, mentre un tipo
alto e corpulento di probabili origini russe cercava di aggirare
invano la ragazza.
“Subito!”
Così
i due concretizzarono lo scambio e io potei tornare al mio posto.
“Oh,
sono soddisfatta!” esclamò Johanna, lanciando
un'occhiata al finestrino che aveva accanto.
“Povero
Sako, l'hai evitato” commentai.
“Già,
dopo gli chiedo scusa! Sarei stata tra lui e Jacob.” Le ultime
parole le pronunciò in tono serio e quasi incerto, il che mi
parve abbastanza strano. Avevo notato di sfuggita che negli ultimi
mesi il rapporto tra Johanna e Jacob si era raffreddato, ma non avrei
mai chiesto spiegazioni, non mi piaceva impicciarmi nelle questioni
altrui.
“Oh,
ma guarda un po' chi mi è capitato a fianco!” Shavo si
sollevò gli occhiali da sole sulla testa e si accomodò
alla mia sinistra.
“Accidenti,
e io che pensavo di essermela scampata” scherzò Johanna
con un occhiolino.
“L'hai
scelto tu” le ricordai.
“Ehi,
ragazzi” attirò la nostra attenzione Serj, che sedeva
nella fila di sedili davanti alla nostra insieme a Greg e Noah. Il
cantante si era affacciato tra due spalliere e ci faceva dei cenni
discreti verso la nostra sinistra, nella speranza che Johanna non se
ne accorgesse.
Ruotai
appena gli occhi nella direzione che mi indicava e capii a cosa si
stava riferendo: nella fila di sedili accanto alla nostra, Ellie e
Daron erano capitati uno accanto all'altra.
“Serj,
ti ho visto” mormorò Johanna in tono complice,
sporgendosi verso il cantante.
Cazzo.
Serj
si voltò e finse di non averla sentita.
Io
e Shavo ci scambiammo un'occhiata preoccupata.
“Non
preoccupatevi, tanto l'abbiamo capito tutti che Daron è pazzo
di mia sorella” sussurrò la ragazza con un sorriso.
“Oddio...
e pensi che...?” biascicò Shavo.
“Che
lei possa ricambiare? Non lo escludo, se lui si comporterà
bene.”
Non
mi mossi e non reagii, ma tirai mentalmente un sospiro di sollievo.
Quindi anche Johanna se n'era accorta, non le avevamo rivelato nulla
di nuovo.
“Ah,
ho vinto di nuovo!” esclamò Johanna, mangiando l'ultima
mia pedina.
“Ti
ho lasciato vincere. La dama è un gioco noioso” ribattei
in tono piatto; non volevo darle soddisfazioni.
“Avete
rotto le palle voi due, lo sapete? È da due ore che mi
ignorate, io mi sto annoiando!” si lamentò per
l'ennesima volta Shavo.
“E
faremo così per il resto del viaggio” lo minacciò
scherzosamente Johanna, poi cominciò a ritirare le pedine
bianche e nere che avevamo poggiato sul suo tavolino.
“Facciamo
un cruciverba!” strillò Daron, sventolando una rivista
in aria e rischiando di colpire una hostess di passaggio in
corridoio.
“Ci
sto!” accettò il bassista.
“Allora...”
Il chitarrista impugnò una penna e cominciò a leggere:
“Definizione 1 orizzontale: le città dell'Antica Grecia,
sei lettere.”
“Sparta?”
propose Ellie incerta. La ragazza, seduta alla sinistra di Daron,
faceva vagare lo sguardo dal chitarrista a noi.
“Le
città, al plurale” le fece notare Serj.
“C'era
un termine con cui si definivano le città-stato, ma ora mi
sfugge...” riflettei tra me.
“Vabbè,
andiamo avanti: le piante del deserto!” esclamò Daron.
“Cactus”
rispondemmo in coro io, Ellie e Noah.
“Non
sento niente per colpa di quell'idiota di Sako! Gli dite di abbassare
il volume?” protestò Johanna con uno sbuffo.
Infatti
Sako aveva collegato il suo cellulare a una cassa portatile; proprio
in quel momento risuonavano nell'aria le note di Crazy degli
Aerosmith.
“Ma guarda come sono
presi lui e Jacob” commentò Shavo con una risata,
accennando ai due che cantavano – o almeno quella era
l'intenzione, ma i risultati lasciavano parecchio a desiderare.
“2 verticale: la sigla
del dipartimento di polizia” lesse Daron.
“Sako, abbassa la
musica!” gridò subito dopo Johanna a qualche centimetro
dal mio orecchio.
“Cazzo, mi son cadute
le patatine!” sbottò Noah.
“PD!” rispose
Shavo al chitarrista.
“Perché mai
dovremmo abbassare?” ci gridò Jacob.
“Serve aiuto?”
intervenne un'hostess, notando la manciata di patatine che Noah aveva
sparso per sbaglio sul pavimento.
“Oddio, ma voi siete i
System Of A Down!” esclamò un tipo all'improvviso,
mettendosi in piedi di botto e rischiando di battere la testa contro
la cappelliera. Era stato per più di due ore dietro di noi, a
qualche fila di distanza, ma solo in quel momento se n'era reso
conto.
Io nel frattempo seguivo gli
innumerevoli dialoghi che si susseguivano e si mischiavano, confuso.
Forse era il caso che facessi notare ai miei amici che stavano
facendo troppo baccano, gli altri passeggeri si sarebbero presto
lamentati.
“Potete abbassare il
tono della voce? Grazie” gracchiò appunto una signora
seduta dietro di me.
Posai una mano sul braccio
di Johanna, che ancora comunicava a distanza con Jacob e Sako, e
l'altra sul braccio di Shavo, che discuteva con Daron sulle
definizioni del cruciverba. “Ragazzi, dateci un taglio”
li ammonii.
“Dovrei fare una foto
con loro.” Il fan che ci aveva riconosciuto si era piazzato nel
bel mezzo del corridoio e non faceva che fulminare con lo sguardo la
hostess; quest'ultima intanto si stava adoperando per pulire il
corridoio.
“Potresti pazientare
qualche minuto? Starei lavorando.”
“Ma sono i System Of A
Down!”
“E io sono Celia,
molto piacere.”
Johanna, accanto a me,
ridacchiò. “Che genio questa tizia!”
“Ehi, amico, possiamo
rimandare la foto a quando scenderemo dall'aereo.” Shavo si
rivolse al ragazzo che ancora stava lì impalato, non accennava
a tornare al suo posto.
“Oh, sì, certo
Shavo, d'accordo... grazie fratello” farfugliò quello in
imbarazzo, defilandosi subito.
Finalmente la quiete
sembrava regnare nuovamente nell'aereo: l'hostess si era allontanata,
Daron compilava lo schema delle parole crociate in silenzio, Sako
aveva abbassato la musica e Johanna era assorta nei suoi pensieri.
“Qualcuno ha voglia di
fare una partita a Battaglia Navale?” propose la ragazza alla
mia destra.
“Io!” accettò
subito Shavo.
“Allora facciamo
cambio di posto” dissi al bassista.
Così, mentre Johanna
e Shavo si sfidavano e ridevano tra loro, io portai fuori un libro
che avevo acquistato poco prima di salire sull'aereo e mi immersi
nella lettura.
♫
Daron ♫
Ormai eravamo in viaggio da
sei ore e io ero già al terzo cruciverba.
Shavo e Jacob si erano
scambiati di posto in modo che il mio bassista potesse aiutarmi con
le definizioni e l'altro ragazzo potesse dormire in santa pace.
“La
capitale del Perù, quattro lettere. La seconda è una i.
Ah, io me ne tiro fuori, sono un ignorante in geografia!”
Lasciai cadere la rivista di enigmistica sul mio tavolino.
“Lo sanno anche i
bambini: Riga” affermò Shavo in tono ovvio.
“Ma che cazzo dici?
Quella è la capitale della Lettonia, del Perù è
Lima” lo contraddisse subito Sako.
“No, è Riga,
fidati di me.”
“Sei un ignorante,
Odadjian!”
Sbuffai. “Quindi io
cosa devo scrivere?”
“Lima” affermò
Sako.
“Vaffanculo, non è
Lima!” gli andò contro Shavo.
“Secondo me ha ragione
Sako” intervenne Ellie in tono pacato.
“Ecco, vedi? Fidati di
lei, che è una persona studiosa!” rincarò il
tecnico.
“Ellie, mi hai
tradito!” fece Shavo.
“Io non sono dalla
parte di nessuno, solo che mi pare di ricordare fosse Lima”
mise le mani avanti la ragazza.
Io la osservavo con la coda
dell'occhio. Era bellissima, soprattutto quando sorrideva. E per la
prima volta non sembrava irritata dalla mia vicinanza; anche io ci
mettevo del mio, cercavo di non risultare troppo invadente, pensavo
alle parole prima di pronunciarle.
Mi sentivo fortunato ad aver
ottenuto una seconda possibilità con lei.
“Adesso lo cerco su
internet!” affermò Shavo, portando fuori il suo
cellulare.
“Non puoi, genio, è
in modalità aerea” gli ricordai.
“Ah, già.”
“Ti prego, finiamola
con questa roba, scrivi Lima e andiamo avanti!” mi implorò
Sako.
All'improvviso mi venne
un'idea e strillai: “Serj!”.
“Eh?” rispose
subito lui.
“La capitale del
Perù?”
“Lima.”
“Che ti avevo detto?”
esplose Sako inorgoglito.
“E invece Riga è
la capitale...?” proseguii, sempre rivolto al cantante.
“Della Lettonia.”
“Avevo ragione anche
su questo!” si pavoneggiò il tecnico.
“I cruciverba mi hanno
stufato, facciamo qualcos'altro” borbottò il bassista.
Cominciai a ridacchiare e
gli lanciai il giornale in faccia. Lui lo afferrò e tornò
a sedersi dritto al suo posto, poi prese a sfogliarlo.
“Oh, finalmente un po'
di pace. Non ne potevo più di sentirvi battibeccare”
commentò Ellie con un sospiro.
“Era solo un modo per
passare il tempo. Ora che facciamo?” la interrogai, sperando
che proponesse qualche nuova attività.
Lei però si strinse
nelle spalle.
Ci pensai su per qualche
secondo, poi mi illuminai. “Qualcuno ha il vostro album nel
cellulare?”
“Certo, io ho tutte le
tracce. Almeno sono sicura di poter ripassare prima dei live.”
Ellie afferrò il suo cellulare e i suoi auricolari. “Tieni,
mettili alle orecchie. Il disco inizia con Eagles, la conosci
già.”
Infilai una cuffietta.
“Fammela ascoltare lo stesso, mi piace!”
Lei abbassò lo
sguardo, un po' in imbarazzo.
Qualche secondo dopo nel mio
orecchio destro risuonarono le prime note del singolo dei Souls,
ormai diventate familiari per me. Avevo ascoltato quel brano
parecchie volte in quei mesi, mi piaceva molto, e anche quella volta
mi ritrovai a canticchiarlo.
La ragazza guardava dritto
davanti a sé, non osava sbirciare nella mia direzione. Forse
non si capacitava del fatto che la sua musica mi potesse piacere così
tanto e io la potevo capire: era strano pensare che uno dei tuoi
idoli ascoltasse le tue canzoni, era successo anche a me.
Mi godetti il brano, lo
adorai per l'ennesima volta, mi beai della voce calda e potente di
Ellie.
Quando partì il brano
successivo, mi concentrai maggiormente su ogni strumento. L'intro
aveva un'atmosfera cupa e aggressiva allo stesso tempo, era
caratterizzata da un basso lineare e grave, un riff di chitarra
ripetitivo, una batteria incalzante che giocava sulla figura di
grancassa.
Il tutto fu completato,
nella strofa, dalla voce di Ellie. Quella ragazza aveva un dono,
riusciva a interpretare con passione i suoi testi, ci metteva tutta
se stessa e lo trasmetteva all'ascoltatore.
Two
or three years ago,
I
think,
My
heart was so thin,
Wearing
pink.
I
was drunk on your skin,
white
milk,
I
lived in a fairy tail,
But
was tragic.
Oh,
what a mistake!
Oh,
it was just a fake!
Ascoltai quelle parole
semplici e dirette, pronunciate con risentimento, trasportate in una
linea vocale dai toni strazianti che si insinuava nel mio cuore.
Ellie raccontava una storia
d'amore illusoria, raccontava dell'ego di un ragazzo, di quante volte
lei l'avesse perdonato.
Rimasi incantato da quel
brano e dalla sua profondità, assorbii il testo fino alle
ultime frasi, che furono come un epilogo.
Two
or three hours ago
My
heart's wore gold,
My
illlusions flew away
With
all the lies you've sold.
Feci cadere l'auricolare sul
mio braccio. “Hai scritto tu questo testo?”
Ellie esitò qualche
istante prima di rispondere. “Sì, è stato uno dei
miei primi testi, quando ancora i Souls non esistevano. È nato
come una sorta di sfogo in prosa, poi Jo mi ha aiutato a sistemare
tutto in versi. Sai, lei è molto più abile di me con le
poesie.”
“Mi piace un casino,
sai?” ammisi.
Lei arrossì
leggermente. “Non è nulla di che, lo trovo abbastanza
semplice e banale. Ti dirò, forse è il testo che mi
convince meno dell'intero album.”
“Però adoro il
suo significato, le immagini che hai utilizzato. E la storia che hai
raccontato.”
Lei scosse appena il capo,
sempre più rossa in viso. “Ero particolarmente ispirata
in quel periodo. Racconta della mia prima – e per ora unica –
storia importante e seria con un ragazzo. Lui si chiamava Jared, ci
siamo conosciuti a scuola e la nostra relazione è andata
avanti per due anni e mezzo. Ma lui era profondamente egoista e
infantile, metteva sempre se stesso davanti a tutto e tutti, mentiva
in continuazione perché non voleva che lo lasciassi... io ho
provato in tutti i modi a stargli accanto, pensavo che questo suo
atteggiamento dipendesse dal fatto che fosse ancora un ragazzino. Ma
lui non è cresciuto e alla fine mi sono stufata. Da allora ho
imparato una lezione importantissima: è sbagliato trascurare
se stessi per compiacere gli altri, sacrificarsi e soffrire per poi
non essere ripagati.”
Sorrisi. “Cazzo se è
sbagliato. La tua felicità viene prima di ogni altra cosa!”
“Che dici, vuoi
ascoltare la terza?” tagliò corto la ragazza,
leggermente in imbarazzo.
“Certo!”
The
Soul of Souls stava ormai per
volgere al termine. Negli auricolari risuonava una dolcissima ballad
che parlava del rapporto speciale che univa i componenti della band.
Si intitolava, appunto, Souls.
Ellie dormicchiava
scompostamente sul suo sedile, sicuramente distrutta dalla noia del
viaggio.
Io
invece, in quell'ultima oretta, mi ero divertito un sacco. Avrei
voluto rimettere l'intero album dall'inizio, tanto mi era piaciuto.
Reggae, rock, metal, punk, pop, funk e persino un po' di rap: i Souls
mischiavano qualsiasi cosa gli andasse a genio. Ascoltarli era una
sorpresa continua.
Al termine dell'ultimo
brano, decisi di non risvegliare la ragazza e attesi che la playlist
musicale del suo cellulare mi proponesse qualcos'altro da ascoltare.
Rimasi
abbastanza sorpreso di trovarvi un brano che non sentivo da anni: The
Reason degli Hoobastank. Ancora
una volta mi soffermai sul testo, che non ricordavo quasi per niente.
Ho
trovato una ragione per me,
recitava il ritornello, per cambiare ciò che ero
abituato a essere, per ricominciare. E la ragione sei tu.
Osservai il volto disteso di
Ellie, i capelli castano chiaro che aveva lasciato sciolti glielo
incorniciavano dolcemente. Contemplai la sua pelle chiara, le sue
labbra sottili, il suo naso leggermente all'insù, le sue
ciglia lunghe e chiare.
E pensai che forse gli
Hoobastank avevano ragione: avevo trovato una ragione per smussare
gli angoli più spigolosi del mio carattere, per essere una
persona migliore e meno impulsiva. E la mia ragione era Ellie.
Ce l'avrei messa tutta,
'fanculo l'orgoglio e le incertezze.
♫
Shavo ♫
“Shavo.”
“Cosa c'è?”
“Non riesco a dormire.
Avrò le occhiaie fino al mento quando scenderemo da questo
fottuto aereo.”
“Sono scomodo?”
“Sei un po' troppo
duro. Dovresti ingrassare.”
“Vaffanculo, potevi
chiedere a John di farti da cuscino.”
Johanna, in tutta risposta,
sbadigliò. Dopo dodici ore di viaggio e innumerevoli cambi di
posto, eravamo finiti uno accanto all'altra e lei aveva ben pensato
di stravaccarsi addosso a me e provare a dormire. Aveva sfidato
chiunque a tutti i giochi di società che si era portata
appresso, aveva ascoltato musica, aveva guardato il film che ci era
stato fornito dalla compagnia aerea. Ma il viaggio ancora non era
finito e lei non ne poteva più.
La capivo benissimo, mi
sembrava di impazzire a mia volta.
“Sako?” chiamai
il mio amico, che era perso nei suoi pensieri con la faccia incollata
al finestrino.
“Cosa vuoi?”
rispose lui in tono piatto.
“Ti prego, metti su un
po' di musica. Sto per impazzire.”
“Forse sarebbe meglio
fare come Serj, che intavola conversazioni con tutti i passeggeri del
volo” borbottò Johanna divertita.
Ruotai il capo per lanciare
un'occhiata alle mie spalle: proprio in quel momento il cantante
stava conversando serenamente con il tizio che ci aveva riconosciuto
e voleva fare la foto con noi.
“Voglio scendere da
questo cazzo di aereo, non ne posso più!” esplose Jacob,
che stava nei sedili di fronte ai nostri accanto a Noah. Il
chitarrista dei Souls era isterico, era la prima volta che lo vedevo
in quello stato.
“Datti una calmata. Io
sto combattendo contro la nausea da dodici fottute ore, eppure non mi
lamento” ribatté Noah, anche lui sfinito e irritato.
Era la prima volta che
affrontavano un viaggio così lungo, sapevo che per loro non
sarebbe stato facile.
“Ma non ce la faccio
più, mi sta per venire una crisi isterica. Ho bisogno di
aria!” sbottò ancora Jacob.
“Prova ad affacciarti,
vediamo che succede” lo punzecchiò ironicamente Noah.
“Grazie, tu sì
che sei d'aiuto.”
“Nemmeno tu sei
d'aiuto, Jacob Murray. Se continui a strillare così, ti faccio
prendere sul serio una ventata d'aria fresca” intervenne
Johanna spazientita.
“No, allora, basta
discutere. Ora mettiamo su una canzone rilassante e prendiamo un
respiro profondo” affermò Sako in tono pacato, sperando
di riuscire a placare la discussione.
Collegò la sua
adorata cassa al cellulare e nell'aria si diffusero le prime note di
una canzone dei Beatles.
“Oh mio dio, ci
mancava solo questa disgrazia!” esclamò Jacob battendosi
una mano sulla fronte.
“Ah, ma hai sempre da
ridire?” lo rimproverò Noah.
“Jake, non ti
piacciono i Beatles?” m'informai, sorpreso.
“Li detesto.
Spazzatura musicale. A 'sto punto preferirei ascoltare i Jonas
Brothers.”
“Ma no, Jacob, sei
blasfemo! I Beatles sono la storia della musica, John Lennon era un
genio!” obiettò Sako.
Il chitarrista scoppiò
a ridere. “Lui sarebbe un genio? Guarda alle tue spalle: c'è
Serj, che è davvero un genio. Freddie Mercury era un genio.
Mick Jagger è un genio. Ma John Lennon no, vi prego!”
“Cos'hai contro i
Beatles? Voglio dire, okay, non ti piacciono, ma non puoi negare che
hanno fatto la storia” mi intromisi.
“Un attimo, Jacob non
ha tutti i torti.” Johanna sollevò la testa dal mio
petto e si raddrizzò sul suo sedile. “A me piacciono i
Beatles, cioè, non sono la loro più grande fan ma
alcune canzoni sono carine. Anche perché Ringo Starr fa
abbastanza cagare in quanto batterista... ma a parte ciò, io
non credo che i Beatles abbiano portato chissà quale grande
rivoluzione. Carini, se contiamo che sono un gruppo anni Sessanta, ma
nulla di eccezionale.”
“Ho sentito bene?”
Daron comparve al mio fianco, in piedi nel corridoio, e fulminò
Jacob e Johanna con lo sguardo.
“Sì, hai
sentito bene” ribatté prontamente la ragazza, sostenendo
lo sguardo del chitarrista.
“Cioè, i
Beatles sono dei fottuti geni, come osate criticarli?” ruggì
ancora Daron.
“Dai Malakian, mi
deludi. Io e te siamo due chitarristi, si può sapere che cazzo
può imparare un chitarrista delle canzoncine dei Beatles?”
si infervorò Jacob.
“Scusate un attimo, io
penso che il gusto personale non c'entri niente in tutto ciò.
Non si può negare ciò che i Beatles sono stati,
l'innovazione che hanno portato!” intervenne Sako.
Mi portai una mano sulla
fronte, esasperato. La situazione stava degenerando, così come
il mio mal di testa, e sinceramente non avevo voglia di seguire
l'ennesima discussione in preda all'isteria.
Mi misi in piedi e cedetti
il posto a Daron, così da potermi posizionare accanto a Ellie.
“Ehilà. Come va
il viaggio?” le domandai.
“Ehi. Finora tutto
nella norma, anche se mi sto annoiando a morte. Sono pure riuscita a
dormire!”
“Beata te. Che hai
combinato con Daron in queste ore?”
“Abbiamo fatto i
cruciverba come ben sai, poi gli ho fatto ascoltare l'album dei Souls
e nel frattempo mi sono addormentata. Infine io, lui e John abbiamo
giocato al gioco dell'Impiccato finché John non è
praticamente collassato sul suo sedile. Poverino, era sfinito!”
A un certo punto mi sentii
picchiettare sulla spalla. Mi voltai e riconobbi Celia, la hostess
bionda che ormai ci assisteva da ore e ore. “Potresti dire ai
tuoi amici di abbassare il tono della voce, per favore?”
“Certo. Perdonali,
sono un po' nervosi dopo questo lunghissimo volo.”
“Non c'è
problema, il punto è che disturbano gli altri viaggiatori. Ora
vi confesso una cosa, ragazzi.” Celia scambiò
un'occhiata seria con me, poi con Ellie. “Non so neanche chi
sono 'sti Beatles di cui stanno parlando.”
Io ed Ellie ridacchiammo,
poi io mi sporsi verso i litiganti e gridai: “Fate silenzio,
porca puttana, altrimenti svegliate John e non so quanto vi
convenga!”.
Proprio in quel momento
l'aereo cominciò a muoversi in maniera sospetta e tutti
ammutolirono, leggermente spaventati.
Un annuncio al megafono ci
avvisò che eravamo incappati in qualche turbolenza di poco
conto; non dovevamo agitarci, ma rimanere ai nostri posti e
allacciare le cinture in attesa che tutto tornasse regolare.
“Ehm... tizio col
pizzetto intrecciato...” richiamò la mia attenzione
Celia.
“Mi chiamo Shavo.
Comunque, sì?”
“Penso che il vostro
amico stia per vomitare” affermò accennando a Noah, per
poi correre via verso la testa dell'aereo.
Oh cazzo.
Quando scendemmo dall'aereo,
dovetti trattenermi dal baciare il suolo. Ero talmente stanco e
provato che non ricordavo più nemmeno il mio nome.
Tuttavia dovetti affrontare
un gruppetto di fans che ci avevano riconosciuto; erano piccoli,
avevano all'incirca diciassette anni, sapevano dire solo qualche
frase in inglese e con un forte accento francese. Probabilmente
facevano parte di una scolaresca in gita.
Scattai qualche foto con
loro – non ero sicuramente presentabile, ma loro parevano
comunque contenti – e trascinai il mio trolley fuori
dall'aeroporto, dove alcune auto ci attendevano.
Nel viaggio fino
all'albergo, dormii con la testa contro il finestrino. Non ero
nemmeno in grado di capire in compagnia di chi stessi viaggiando.
Una volta all'interno della
hall del nostro albergo, mi gettai su un divanetto e sperai che
qualcuno andasse a fare il check-in al posto mio.
Nessuno mi rivolgeva la
parola e io non rivolsi la parola a nessuno. Ero troppo stanco anche
solo per aprir bocca.
“Ragazzi, abbiamo un
problema!” esclamò a un certo punto Beno, attirando la
nostra attenzione.
Mi sforzai di tendere le
orecchie e ascoltare ciò che stava dicendo.
“Ci sono dei problemi
con la prenotazione.”
“Che tipo di
problemi?” volle sapere John, che tra tutti sembrava quello più
riposato. Del resto lui aveva dormito per almeno quattro ore in
aereo.
“Non appariamo
nell'elenco delle prenotazioni. Il punto è che l'albergo è
quasi tutto pieno, sono rimaste solo due stanze doppie.”
Mi riscossi di colpo e
scattai in piedi. “Cosa? Ci prendi per il culo?”
“E dove dovremmo
dormire noi stanotte?” sbottò Johanna con disperazione.
♪
♪ ♪
Ciao
ragazzi, eccomi con un nuovo capitolo di Hoginery!
Innanzitutto
vi do una soluzione del cruciverba che non ho inserito nel corso del
capitolo, nel caso foste curiosi: le città-stato dell'Antica
Grecia sarebbero le poleis XD
Le
altre le ho inserite già nel testo. Chiaro, Shavo? La capitale
del Perù è LIMA, non RIGA!!! :'D
Poi...
conoscevate le canzoni che ho citato? Crazy degli Aerosmith e
The Reason degli Hoobastank? Quest'ultima mi sembrava perfetta
per descrivere i pensieri di Daron!
E,
a proposito di canzoni... come mai ho scelto questo brano dei Dub
Inc? Perché parla di viaggio (come avrete intuito dal verso
che dà il titolo alla canzone. E poi ha un mood rilassante, ce
lo vedo bene per un viaggio in aereo! Se l'avete ascoltatela, ditemi
sinceramente che ne pensate; a me piace TANTISSIMO!!!
Il
testo della canzone dei Souls l'ho scritto io. Forse non è
grammaticalmente corretto in inglese e mi rendo conto che lascia
parecchio a desiderare, ma vabbè, ci ho provato :D
Vi
voglio confessare una cosa, la penso da molto e penso sia giusto che
la sappiate: non sono tanto soddisfatta dell'andamento di questa
storia. Penso di aver sbagliato qualcosa nella stesura, perché
non mi convince troppo.
In
ogni caso, sono qui per rassicurarvi e non per autocommiserarmi:
finalmente è arrivata quella che io considero la parte forte
della storia, ovvero il tour. Vi assicuro, vi prometto e vi giuro che
da adesso in poi succederanno tante tante cose, i rapporti tra i
personaggi si evolveranno, tante cose verranno a galla. Forse, dopo
33 capitoli non troppo brillanti, posso affermare che stiamo entrando
davvero nel vivo della storia!
Allora...
come faranno i ragazzi a risolvere questo casino dell'albergo? Dove
dormiranno? Eheheheh :D
Non
posso che ringraziarvi per il supporto costante, davvero, ve ne sono
infinitamente grata. Senza di voi non sarei qui, senza di voi avrei
gettato la spugna, invece con il vostro entusiasmo siete riusciti a
trascinarmi fino al capitolo 33. Ed è per voi che andrò
avanti, fino alla fine della storia, anche quando l'ispirazione verrà
meno, anche quando sarò disperata e mi verrebbe voglia di
cancellare tutto.
Grazie.
Non ci sono parole per dirvi quanto vi adoro :3
Alla
prossima, nella speranza di riuscire a sorprendervi e a
coinvolgervi!!! ♥
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