CAPITOLO
2
-IL RACCONTO DEL SOLDATO-
Bastò poco
perché Freya si ritrovasse a osservare una piccola radura
dall'alto di un ramo. Il fumo, sempre più flebile, si levava
dalle braci ancora incadescenti di un piccolo falò da campo.
Con un balzo
leggero e imprudente, la giovane toccò terra e vide il
bivacco per intero: erano solo quattro tende, poste in circolo attorno
al fuoco, una delle quali più grande e di sicuro
appartenente al comandante. Si mosse lentamente, con cautela, cercando
di capire se i soldati fossero ancora assopiti nelle tende; si
rilassò un poco solo quando non udì alcun rumore
che segnalasse presenza umana. Nel giro di un brevissimo istante,
però, dovette riportarsi sulla difensiva.
Alle sue
spalle, nell'aria frizzante che le pungeva le guance, si espanse il
suono di una lama che veniva estratta dal fodero. Un suono che, non
avendo mai visto altro che la spada arrugginita con cui l'addestrava
Eleana, le parve stranamente familiare. Si girò
immediatamente, con l'arco stretto in pugno, incoccando a
rapidità sovrumana una freccia dall'impennaggio color della
cenere. Davanti a lei, protetti dalle loro armature, si trovavano sette
soldati. A parte quello che doveva essere il capitano, il quale le
puntava la spada contro, gli altri sei erano disarmati. La guardavano
fisso, forse leggermente incuriositi da quella strana ragazza che si
erano ritrovati di fronte.
Freya, dal
canto suo, non aveva mai avuto contatti con coloro che abitavano al di
fuori della foresta, o meglio, con altri esseri umani di sorta; per
quella ragione, il cuore prese a scalpitarle furioso nella gabbia
toracica. Come avrebbe dovuto comportarsi? La domanda rimase senza
risposta, poiché, con sorpresa della ragazza, come la spada
era stata estratta, venne ritirata nuovamente nel suo fodero.
«Non
siamo qui per cercare lo scontro. Il mio nome è Craius,
capitano della guardia personale della Regina, e questi sono i miei
uomini; siamo solamente in cerca una persona e crediamo di averla
trovata» disse l'uomo con calma, avanzando di un passo verso
di lei. «Se voi siete Freya, figlia di Eleana e Harden, la
nostra ricerca per conto della Regina Mirea si è
conclusa.»
Freya
abbassò l'arco, attonita. Aveva davvero appena sentito dalla
bocca di quell'uomo in uniforme viola che Mirea, colei che governava su
tutto il Regno di Riagàn e che lentamente usurpava sempre
più territorio, cercava lei, una ragazzina che viveva come
un'eremita in un bosco? Come poteva sapere della sua esistenza e
conoscere la sua ascendenza?
Fu la
curiosità a spingerla ad abbassare del tutto la sua arma e a
rispondere sinceramente alla domanda che le era stata posta:
«Vorrei potermi presentare anche io, ma voi conoscete
già il mio nome. La vostra ricerca si è conclusa:
sono io. Posso domandare in che modo la Regina Mirea sia interessata a
me?» Nonostante avesse intenzione di parlare con loro, non
abbassò completamente la guardia.
«La
nostra Sovrana ha un'offerta molto generosa da porgervi»
proseguì il soldato, rimasto, al contrario dei suoi uomini,
completamente impassibile. «Per rendere onore ai servigi che
vostra madre, Eleana, e vostro padre, Harden, le resero oramai quindici
anni or sono, Mirea, Regina di Riagàn, vorrebbe che
accettaste di abitare alla sua corte e di sentirvi lì come
se foste a casa vostra.»
Mentre le
parole pian piano si facevano strada in Freya, un'espressione
stupefatta fece capolino sul suo volto.
Per rendere onore ai servigi
resi... La voce del soldato continuava a rimbombarle nelle
orecchie, frastornandola. Era sempre più confusa. Quelle
parole andavano contro tutto ciò che le aveva sempre detto
sua madre: Eleana disprezzava in modo totale la tirannia di Mirea;
com'era possibile che ora quei soldati le dicessero che sia sua madre
che suo padre l'avevano servita?
Ebbe la netta
sensazione di aver appena trovato la porta che l'avrebbe condotta a
scoprire la verità, tutta la verità sulla storia
della sua famiglia, quella che Eleana non aveva mai voluto nemmeno
accennarle. Nonostante sapesse che probabilmente avrebbe dovuto
rifiutare e tornare alla sua vita solitaria, quel leggero sentore le
diede il coraggio di spingersi oltre. Con un semplice gesto ripose la
freccia nella faretra e rimise l'arco intagliato a tracolla.
«Va
bene. Ascolterò ciò che avete da dirmi»
acconsentì.
La tenda del
capitano era ampia e il tessuto color vinaccia in cui era fabbricata
generava una strana luce sotto la sua cupola. Era occupata da un
giaciglio posto in un angolo e da due ceppi di legno, su uno dei quali
era stata fatta accomodare Freya.
Il capitano,
sempre impassibile, le aveva allungato una tela arrotolata, chiusa
fermamente da un nastro di raso. «La mia signora mi ha detto
di mostrarvele se aveste dubitato delle mie parole»
affermò.
Sempre
accompagnata da quello strano presentimento, la ragazza sciolse il
nastro e srotolò la tela; ciò che vide la
lasciò ancor più stupita e frastornata di quanto
già non fosse. Sul foglio spiccava un ritratto di gruppo,
disegnato in pitture dai toni delicati. Erano almeno una decina le
persone delineate in quello che pareva un giardino, ma a Freya
bastò un attimo per individuare sua madre: era sorridente,
di un sorriso composto ed educato, ed era vestita come non era mai
stata abituata a vederla. Aveva un abito elegante e lungo, con il
corsetto legato da un filare di nastri terminanti in un fiocco e le
maniche a sbuffo sulle spalle e i gomiti. I capelli erano raccolti in
una treccia elaborata, decorata da fiori primaverili.
Fissò
quell'immagine a lungo, completamente incapace di trovarvi un senso.
Con gli occhi pieni di lacrime, che cercò immediatamente di
nascondere, riportò la sua attenzione sul comandante:
«Cosa significa?»
Intuendo il
suo dolore, il comandante ingentilì il tono rigido che aveva
avuto fino a quel momento. «Qui sono ritratti gli Incantatori
di corte della Regina poco più di vent'anni fa; vostra madre
era una di loro. Vostro padre, invece, era uno dei più abili
comandanti che il suo esercito abbia mai avuto»
spiegò, porgendole una seconda tela.
Ad apparirle
davanti, questa volta, fu un gruppo di uomini elegantemente vestiti. Lo
riconobbe immediatamente, nonostante in tutta la sua vita ne avesse
visto solo un piccolo ritratto: suo padre. Di lui conosceva molto poco:
sapeva solo che era stato un uomo forte, generoso e con lei
incredibilmente dolce; che l'unica cosa che aveva potuto separarlo da
loro era stata la morte. Quando aveva chiesto di lui a Eleana si era
sempre sentita rispondere che un giorno, quando fosse stata pronta, le
avrebbe detto ogni cosa. Evidentemente non ne aveva avuto il tempo.
«Erano
insieme ogni volta che gli era consentito durante il giorno, ancor di
più dopo che si furono sposati. Hanno servito fedelmente la
Regina Mirea ed è per questo motivo che la nostra sovrana
vorrebbe avervi vicina» proseguì il soldato,
interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
Freya
osservò alternativamente le due immagini:
«Com'è stata in grado di trovarmi? Non sono mai
uscita dal folto di questa foresta. Mai in tutta la mia vita»
mormorò con sguardo lontano.
«La
mia signora ha cercato a lungo vostra madre e alla fine uno dei suoi
Incantatori ha udito delle... voci, che ci hanno permesso di
rintracciarvi. La vostra presenza in questa foresta sembrava una
leggenda, da come ci fu raccontata prima che partissimo, ma
evidentemente non lo era» rispose il comandante.
Quella
spiegazione non le parve così strana: la sovrana doveva
avere informatori sparsi ovunque per Finian. Rimase qualche attimo
immobile, riflettendo sulle cose che le erano appena state raccontate,
cercando di capire se fosse la verità. Passò le
dita sulle tele che aveva in mano. Potevano davvero essere vecchie
quanto le aveva detto il comandante: i suoi genitori erano
evidentemente più giovani.
Come avrebbe
potuto quell'uomo avere quei ritratti o anche solo sapere i loro nomi
se davvero non avessero mai prestato servizio alla corte di Mirea? Non
riusciva a scorgere nessuna menzogna nelle sue parole, a cui lentamente
iniziava a credere.
Nonostante il
suo buon senso, cominciò a pensare seriamente di accettare e
di lasciare tutto ciò che riteneva salvifico e sicuro per
raggiungere la capitale del Regno di Riagàn. Per tutto quel
tempo aveva avuto un'idea ben precisa di Mirea, un'idea che si era
fatta sulla base di ciò che le aveva detto sua madre. Quello
che stava scoprendo metteva in discussione ogni cosa in cui aveva
sempre creduto.
Aveva sempre
pensato che quella foresta fosse l'unico posto in cui mai avrebbe
potuto essere felice e probabilmente era davvero così. Il
mondo esterno e tutti i suoi scempi non l'avevano mai nemmeno sfiorata,
fra quegli alberi. Forse, per lei era arrivato il momento di uscire dal
nido che Eleana le aveva costruito attorno e vedere con i propri occhi
quello che accadeva là fuori.
A conti fatti,
l'unico modo per farsi un'opinione veritiera su qualcosa era averci a
che fare direttamente.
Se fosse
andata con loro, avrebbe finalmente recuperato ciò che
mancava di quel suo nebuloso passato e conosciuto la realtà
per quello che era. Sarebbe stato diffcile, molto difficile, ma oramai
era abbastanza grande da poter sopportare qualsiasi verità.
«Avete
ancora un giorno per pensarci. Partiremo da qui domattina all'alba e se
voi vorrete accettare vi basterà presentarvi qui al sorgere
del sole» la riscosse il comandante.
Freya si
alzò e l'uomo si inchinò leggermente al suo
cospetto, cosa che la lasciò particolarmente imbarazzata.
Uscirono nuovamente alla luce e per un istante, con il sole oramai alto
nel cielo che le riempiva lo sguardo, tutte le rivelazioni appena
apprese nella tenda parvero alla giovane solo un'illusione. Poi gli
alberi della foresta ricomparvero, con i loro verdi e marroni di tutte
le tonalità, e tutto riacquistò consistenza.
«Lasciate
solo che vi dia un consiglio» aggiunse il capitano, prima di
lasciarla andare. «Prendete seriamente in considerazione
questa proposta, Lady Freya. Vi posso garantire che non è
stata avanzata a molti altri prima di voi.»
Freya si
limitò ad annuire e dopo un cenno di saluto rispettoso
lasciò il bivacco, scomparendo presto fra gli alberi enormi
delle Foreste di Confine.
Presto si
ritrovò a correre. A ogni passo la sua corsa si faceva
sempre più rapida, fino a che non si ritrovò ad
assomigliare ad una vera e propria fuga; corse a perdifiato senza
inciampare mai nemmeno una volta nelle radici ritorte degli alberi e
senza fare troppo caso alla direzione in cui i suoi piedi l'avrebbero
condotta, sicura che non si sarebbe persa.
Conosceva ogni
singolo piede di quella foresta, era il luogo che per tutta la vita
l'aveva tenuta al sicuro fra le sue braccia benevole. D'improvviso
l'idea di abbandonare quella vita difficile ma per lei piena di
certezze le riempì il cuore di angoscia.
Furono le
orecchie a dirle dove stava andando; il suo fine udito
recepì il gorgoglio del fiume ancor prima che lo strapiombo
scavato da esso nella foresta fosse in vista. Solo sull'orlo della gola
si fermò; lì, dove il rumore dell'acqua si faceva
roboante e sovrastava tutto il resto, Freya arrivò a sentire
solo il proprio cuore che rimbombava frenetico fino a riempirle perfino
i timpani.
Non avrebbe
potuto prendere nessuna decisione fino a che non si fosse calmata, si
disse, iniziando a inalare quanta più aria possibile nei
polmoni. Respirò a quel modo fino a che anche la
più piccola traccia di batticuore fu scomparsa e
potè ritornare a sentire i familiari rumori della natura
espandersi attorno a lei; si accertò che le gambe
potessero reggerla e solo a quel punto iniziò la discesa.
La gola
sembrava impraticabile a chiunque la vedesse senza aver mai trascorso
un solo istante fra quegli alberi, ma era uno di quei tanti luoghi
nascosti a cui lei aveva imparato ad accedere.
Trovò
la strada senza sforzo, nonostante le mani le tremassero ancora
lievemente, e a breve si ritrovò sulla piccola secca
ricoperta di pietre che affiancava il fiume in quel punto.
Si sedette, le
gambe raccolte al petto, cercando di collegare in un filo logico tutto
ciò che aveva appreso in quella breve chiacchierata che
sembrava essere durata un secolo intero. Il sole faceva brillare
l'acqua, la quale pareva risplendere di una cangiante luce propria.
Senza farsi ostacolare da nessuno dei massi che si concentravano sul
suo cammino, quell'inarrestabile corrente avanzava per raggiungere i
grandi laghi del Regno di Hyalos.
Il fiume
sapeva perfettamente cosa fare, aveva ben chiara la direzione da
prendere; nulla poteva fermare il suo incedere maestoso. Avrebbe voluto
essere proprio come quel fiume, ma la verità era che, in
quel preciso istante, non aveva la minima idea di quale fosse la
decisione giusta: restare e rinunciare per sempre a ogni
possibilità di arrivare alla verità, oppure
andare e rischiare di rendere vano ogni sforzo che sua madre aveva
compiuto per proteggerla.
Fu proprio
quello, il pensiero di sua madre, a segnare la svolta nei suoi tanti
pensieri confusi. Solo in quell'istante realizzò che quel
soldato le aveva già restituito, inconsapevolmente, qualcosa
che lei pensava di aver perso per sempre: un'immagine di Eleana.
In quel
dipinto sua madre era più giovane, certo, e ora quella sua
versione serena e gioiosa si sovrapponeva a quella più
matura e segnata dalla vita che aveva conosciuto lei, ma quello era pur
sempre il suo volto. Lo poteva rievocare di nuovo e lo vedeva
chiaramente come non le accadeva da fin troppo tempo.
Una lacrima
sfuggì al suo controllo ferreo e le scivolò
rapida lungo la guancia. Il suo sguardo corse al cielo limpido di
quella mattina, visibile in brevi squarci oltre la gola e tra le fronde
molto più in alto; mentre una seconda lacrima raggiungeva la
prima, Freya seppe che aveva già deciso.
Costasse quel
che costasse, doveva seguire quella flebile traccia.
Sarebbe stata
sola, di questo era perfettamente consapevole, e non sarebbe stata
certamente la stessa cosa che esserlo nella foresta: avrebbe dovuto
confrontarsi con una vita completamente diversa e, soprattutto, con
tanti esseri umani quanti non ne aveva mai visti prima in vita sua.
Sarebbe stata
abbastanza coraggiosa da affrontare una prova del genere? Non lo
sapeva, però cercare quel coraggio era qualcosa che doveva a
sua madre. Era lei ad averla cresciuta insegnandole che essere cauti
era importante ma che mai bisognava vivere facendosi guidare dalla
paura.
Per la prima
volta il futuro si faceva incerto all'orizzonte, proprio il suo che le
era sempre sembrato uno solo e prevedibile; eppure tutto ciò
che la giovane riusciva a provare in quel momento era una sempre
crescente aspettativa.
In lontananza
qualche lupo, unico suo compagno nell'immensità della
foresta, ululò il proprio richiamo; Freya restò
in perfetto silenzio, pronta a cogliere nuovamente il suono quando si
fosse ripresentato, e quando lo fece provenne chiaramente da appena
sopra la sua testa. Pochi istanti dopo una grande testa grigia fece
capolino sull'orlo della gola e i grandi occhi gialli dell'animale la
osservarono, attenti e imperscrutabili.
Freya vide se
stessa in quegli occhi, la sua vita spesa con l'immenso dono della
libertà, e per un istante il peso di quello a cui stava per
rinunciare le parve insostenibile.
Oramai,
però, la scelta che avrebbe cambiato il suo destino era
stata compiuta: la mattina seguente sarebbe partita con i soldati di
Mirea.
Trascorse la
serata immersa nei preparativi per l'imminente viaggio. Raccolse tutti
i suoi averi più cari e solo quando li ebbe riuniti tutti
nelle uniche bisacce che possedesse, due vecchi involucri di pelle
consumati, si rese conto di quanti pochi fossero.
In ogni caso
era tutto ciò di cui aveva bisogno e che volesse portare con
sè: i suoi abiti, il libro che narrava la storia del loro
mondo e una serie di piccoli oggetti che aveva raccolto nelle foreste
nel corso degli anni. Naturalmente non lasciò indietro il
suo arco e la faretra; lucidò con cura l'arma e
controllò che fosse incordata, oltre a fabbricare ancora
qualche freccia.
Quando ebbe
terminato si sedette sul bordo della balconata, con le gambe a
penzoloni nel vuoto. La curiosità per quello che l'aspettava
cresceva, insieme all'ansia che l'ignoto portava con sé.
Com'era davvero il Regno di Riagàn? Come sarebbe stato
camminare il quelle terre fisicamente, invece di leggerne solamente le
descrizioni? Nelle Saghe di Finian c'erano delle bellissime
illustrazioni dei luoghi più importanti, delineate a mano
sulla pergamena; quale emozione sarebbe stata vederli per davvero? Il
cuore di Freya accelerò i battiti a quel pensiero e un
brivido sconosciuto l'attraversò: sarebbe stata l'avventura
più grande della sua vita. Si chiese anche se avrebbe mai
trovato un'altra foresta bella come quelle che stava per lasciarsi alle
spalle. Le sarebbe piaciuto potersi recare in un posto a lei
più familiare, di tanto in tanto.
Quando
calò la notte, consumò una cena fredda e poi si
accoccolò sulla balconata, avvolgendosi nelle coperte prese
dal suo letto; non aveva voglia di rientrare. Quella sarebbe stata la
sua ultima occasione di assaporare il profumo della sua amata foresta,
di ammirare le costellazioni che solo da quel punto si potevano
osservare.
Guardando le
braci che pian piano morivano nella grande ciotola di pietra dove aveva
acceso il fuoco, si addormentò. Quella notte lo Spirito
Guida si presentò da lei.
Stai per
intraprendere il cammino che ti porterà a conoscere ed
abbracciare tutto ciò che sei, le disse, ma per la prima
volta non si stava limitando a parlarle, le stava mostrando qualcosa.
Prima che tutto svanisse, sentì il soffio di un vento
potente sul viso e intorno a sé percepì uno
spazio luminoso, libero e infinito.
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