CAPITOLO 6
- LA REGINA -
Il
salone era ampiamente illuminato e la luce dei fuochi mostrava
perfettamente i decori e il vuoto assoluto della stanza. Il silenzio
era irreale. Non sapeva bene cosa si aspettasse, forse di trovarsi
davanti un paggio in casacca di velluto che annunciasse di fronte a chi
si sarebbe dovuta inchinare e una folla di dignitari, come nelle
ballate scritte nei libri di sua madre. Invece non c'era nessuno,
almeno a prima vista.
Avanzò lentamente nel vasto spazio che la circondava,
seguendo il percorso tracciato da un lungo tappeto di tessuto viola, e
lasciò che i suoi occhi catturassero quanti più
dettagli potessero: la preziosità degli arazzi e
l'elaboratezza delle lampade in ferro lavorato; la bellezza delle
finestre in vetro colorato; ancora una volta, la maestosità
del mosaico incastonato nel soffitto da mani abili. Incantata da tanta
meraviglia, posò lo sguardo sul fondo della stanza solo
quandolo ebbe quasi raggiunto. Questa volta, notò con un
nodo allo stomaco, il trono era occupato.
Quando vide la Regina comprese perché quella donna non
avesse bisogno di nessuno che recitasse tutti i suoi innumerevoli
titoli per intimorire gli astanti. Sedeva sul trono con portamento
austero e autoritario, vestita di seta blu scuro e avvolta in un
mantello viola come i suoi stendardi, bordato di filigrana d'oro. La
sua figura era snella, messa in evidenza dalla perfetta postura; il
viso, appuntito e dai lineamenti spigolosi, era incorniciato da lunghi
capelli neri e mossi, sormontati da una corona di uno strano metallo
bianco traslucido, tempestata di gemme. In tutto questo,
però, a colpire Freya come un pugno allo stomaco furono i
suoi occhi: erano color del ghiaccio, così penetranti che
sembrarono trapassarla da parte a parte. Nella sua mente, per un solo
attimo, comparve l'immagine della figura incappucciata dei suoi incubi.
Solo grazie a tutta la propria forza di volontà resistette
all'impulso di fermarsi lì, nel bel mezzo della sala, e a
raggiungere la base del gradone su cui posava lo scranno.
La Regina Mirea la scrutò con occhio indagatore ed
estremamente attento per un istante che parve eterno, poi si
alzò e si diresse verso di lei. Freya ebbe un fremito, non
seppe dire se di paura o solo per l'ansietà; lo
scacciò rapidamente, ricordandosi ancora una volta il motivo
per cui era arrivata fin lì: trovare delle risposte. La sua
vita era stata un circolo infinito di domande senza alcun esito, era
giunto il momento di farla finita con quella catena di incertezze.
«Benvenuta alla mia corte, Freya. Sei talmente simile a tua
madre da farmi sembrare di avere la mia cara amica ancora
accanto» disse infine, rompendo il lungo silenzio. La sua
voce era forte, stentorea; quella donna sembrava in grado di guidare un
intero esercito come e più di un uomo. «Eleana
è stata la più potente Incantatrice che abbia mai
fatto parte delle mie schiere, oltre che una leale confidente; tuo
padre, Harden, uno dei miei più fidati e competenti
generali. Tu sei l'unica cosa che resta di loro e per questo riceverai
qui ogni riguardo che riservai a loro. Questo è un giorno
importante. Oggi prendi il posto che ti spetta.»
Freya cercò di riportare alla mente il lungo discorso che le
aveva fatto Gorman appena qualche attimo prima, ma la sua memoria
sembrava essersi completamente svuotata, perciò si
limitò a un educato: «Vi ringrazio di cuore per
l'ospitalità che mi avete dimostrato, Vostra
Maestà.» Piegò poi le ginocchia in una
breve riverenza, senza però abbassare il capo come forse
avrebbe dovuto fare. Proprio non le riuscì.
Mirea tornò verso l'immenso trono, ma non si sedette; le
diede le spalle appena il tempo necessario per raggiungerlo, poi
tornò a piantare gli occhi di ghiaccio nei suoi.
«Ho saputo che hai già avuto occasione di
conoscere Darragh e Aran, i miei eredi. Spero siano stati cortesi e ti
abbiano fatta sentire la benvenuta, al tuo arrivo» disse
solamente.
La giovane fu colta alla sprovvista da quell'esternazione, ma si
affrettò a rispondere: «Sono stati molto gentili
con me, mi hanno perfino scortata fino a incontrare il vostro
Consigliere.» Evitò naturalmente di rivelarle che
uno dei suoi figli le avesse fatto lo stesso effetto che le avrebbe
fatto precipitare in caduta libera da uno strapiombo; si
ritrovò a sperare con tutta se stessa di riuscire a
comportarsi normalmente con Aran, quando lo avesse rivisto.
La Regina si produsse in un sorriso enigmatico, tanto che Freya si
ritrovò a temere che le avesse letto nel pensiero. Si
tranquillizzò solo quando Mirea si limitò a
concludere il discorso. «Sono certa che avrete modo di
approfondire la vostra conoscenza nel corso della tua permanenza qui.
Ora, è il momento di affrontare un argomento molto meno
piacevole, seppur necessario.»
Freya sentì tutti i propri muscoli contrarsi, come se il suo
corpo si stesse preparando ad affrontare un qualche tipo di scontro.
D'improvviso, ebbe l'impressione di non essere abbastanza forte per
sopportare l'oceano di nuova consapevolezza che l'avrebbe travolta;
forse aveva mentito a se stessa, pensando di esserne in grado. L'unico
modo che aveva per scoprirlo era lasciare che Mirea raccontasse.
Raddrizzò le spalle, volse la sua completa attenzione alla
Regina e annuì per dare il proprio consenso.
«So che sei qui soprattutto perché ci sono molte
domande che hai bisogno di pormi, Freya» esordì la
sovrana, tornando finalmente a sedersi. A quel gesto la quiete della
sala fu brevemente interrotta dal fruscio di seta contro seta.
«Sono sicura che tu voglia sapere da me molte cose. Non
esitare, parla pure liberamente. Voglio che tu non abbia più
nemmeno l'ombra di un dubbio sulle grandi persone che sono state i tuoi
genitori.»
La ragazza tentennò solo un istante, alla ricerca delle
parole giuste con cui esprimersi. «La storia dei miei
genitori, per me, è un mistero. Fino a pochi giorni fa
credevo che le foreste fossero sempre state la nostra casa; ero a
conoscenza solo del fatto di aver perso mio padre e di avere solo mia
madre al mondo.» La voce le s'incrinò leggermente,
ma continuò. «Non potevo immaginare che fosse
avvenuto così tanto altro, prima della mia nascita. L'unica
cosa che vorrei è la verità sulle mie origini, su
ciò che mi ha portata a essere quello che sono»
concluse, una sensazione di vuoto allo stomaco che le lasciò
una spiacevole nausea.
«Sarò lieta di raccontarti ogni cosa fin dal
principio, che coincide certamente con l'arrivo di tua madre
qui» rispose la Regina alle sue richieste, prima di
immergersi nella storia.
La mia storia,
pensò Freya.
«Tua madre era una potente Incantatrice, capace di incanti
superiori a quelli della maggior parte di chiunque altro avessi mai
incontrato. Quando si trovò ad attraversare le mie terre non
passò perciò inosservata, nonostante sapesse
perfettamente come mascherare i propri lineamenti elfici.»
Freya si ritrovò a osservare le mani di Mirea, che la Regina
teneva giunte in grembo: pallide e salde, nemmeno il più
piccolo tremito le attraversava.
«Inviai un contingente a rintracciarla, esattamente come ho
fatto con te, a capo del quale v'era proprio tuo padre. Avevo bisogno
di Incantatori fuori dal comune per realizzare i miei
progetti.» Sorrise leggermente, come immersa in un ricordo,
ma Freya non si lasciò distrarre: non sapeva ancora quanto
di vero ci sarebbe stato in ciò che le avrebbe detto e
doveva registrare ogni singolo particolare. Il primo fu certamente
quella parola, progetti. Sentiva che non avrebbe dovuto dimenticarla.
«Quando arrivò qui, aveva il tuo stesso sguardo
diffidente: i popoli mi hanno odiata a lungo e sono a conoscenza della
loro longevità e lunga memoria. Sono troppi decenni che le
nostre antiche divergenze mi hanno costretta a rinunciare a qualunque
contatto» proseguì la Regina Mirea. Freya quasi
trasalì. Non si sarebbe mai aspettata che ne parlasse tanto
apertamente. «Tuttavia, Eleana accettò la mano che
le tendevo. Il nostro colloquio durò per ore. Mi
ascoltò attentamente, come io ascoltai lei; era una donna
intelligente, curiosa di scoprire cosa potesse celarsi al di
là delle apparenze. Si dimostrò realmente aperta
all'eventualità che i miei progetti potessero rappresentare
la pace e l'unità che Finian da sempre agogna. Le diedi
tutto il tempo di cui aveva bisogno per prendere la sua decisione,
tempo in cui ebbe sempre la possibilità di andarsene, se
l'avesse voluto. Eleana non lo fece e, infine, accettò di
unirsi a me.»
Le sue parole vennero accompagnate da un'occhiata penetrante quanto un
dardo. Freya rabbrividì nuovamente: a quanto sembrava non
era riuscita a nascondere i propri pensieri tanto bene quanto avrebbe
voluto. Forse, non sarebbe mai stata in grado di accostarsi nemmeno a
quella sottile sfumatura del mentire.
«L'amore fra Harden ed Eleana sbocciò
immediatamente» proseguì Mirea, tornando al
racconto. «Era tanto intenso che fu fin da subito
ben chiaro a tutti quanto lo era la luce del sole. Si sposarono dopo
tre anni che lei ebbe messo piede qui la prima volta e, in occasione
delle nozze, donai loro una grande casa locata nella parte alta di
Errania; non ho mai negato ai miei collaboratori il diritto di
costruirsi una propria vita al di là dei loro doveri a
corte. Trascorsero cinque anni prima che nascessi tu; i tuoi genitori
faticarono non poco ad averti. Non potrei descriverti la loro gioia per
il tuo arrivo nemmeno se lo volessi, non esistono parole
adeguate.»
Freya provò a immaginarsi tra le braccia di entrambi i
propri genitori, ma come sempre non ci riuscì. Era difficile
per lei, abituata ad avere un genitore soltanto o a essere
semplicemente sola, pensare alla famiglia che avrebbe potuto avere se
le cose fossero andate diversamente. Comunque sorrise, immaginando una
gioia tale, nei loro cuori, da non poter essere contenuta.
La domanda lasciò spontanea le sue labbra:
«Come... Loro com'erano, con me?»
Gli occhi della Regina si spalancarono e la donna la osservò
per l'ennesima volta con un'espressione che Freya non avrebbe saputo
decifrare. Ebbe la sensazione di averla colta alla sprovvista.
«Erano di una dolcezza e una dedizione senza pari. Tu, Freya,
eri il loro più grande tesoro; Eleana e Harden avrebbero
fatto qualunque cosa, per te» rispose, rivolgendole un
sorriso enigmatico tanto quanto la sua precedente reazione.
Quell'attimo di bei ricordi, però, svanì presto;
il volto di Mirea si fece scuro. «Non passò molto
tempo, prima che accadesse la disgrazia. Purtroppo, mi stavo tenendo
accanto dei traditori senza nemmeno esserne a conoscenza, tanto erano,
con mio disappunto, divenuti abili. Non tutti erano d'accordo con la
pace che volevo garantire e l'equità che desideravo: c'era
chi credeva che dovessimo governare col pugno di ferro, non concedere
alcun tipo di libertà» proseguì, mentre
una terrificante durezza s'impossessava della sua voce. «Fu
in una notte d'autunno che i disertori decisero di insorgere e
organizzare la loro prima incursione. Progettarono di attaccare i miei
più fidati collaboratori, ucciderli a sangue freddo e
successivamente prendere il potere.»
Senza saper bene perché, Freya trattenne il fiato; qualcosa
di terribile stava per tornare a galla attraverso le parole della
Regina e oscure immagini andavano a formarsi nella mente della giovane.
«Harden ed Eleana furono i primi. Cercarono di penetrare
nella vostra casa con il favore del buio, ma avevano probabilmente
sottovalutato la potenza di Eleana e i tuoi genitori riuscirono a
scampare all'agguato; sono più che sicura che tua madre
usò tutta la sua magia per proteggervi, perciò
non poté far nulla contro i tre Incantatori che si erano
alleati con i traditori. L'unica cosa che so con certezza è
che quando io personalmente arrivai sul luogo dove avevano braccato tuo
padre, infuriava una battaglia» proferì Mirea in
tono grave. Le successive parole calarono su Freya con la forza di una
mannaia, ineluttabili. «Gli Incantatori ancora fedeli a me
provarono ad aiutarlo, ma gli insorti erano forti e determinati; in un
modo o nell'altro persi molti uomini e donne, quella notte. La
confusione era indescrivibile, impossibile da districare a occhi
esterni e, in quel tumulto, Harden fu colpito da un incantesimo
destinato al capo di quella assurda rivolta. Ne rimase ucciso. Quando
riuscimmo a catturarne i fautori, ci rendemmo conto che tua madre era
scomparsa, portandoti con sé.» Mirea si
alzò e prese a camminare, come se l'asprezza di quel ricordo
le impedisse di stare anche solo un minuto in più seduta sul
trono con le mani nelle mani. «Li punimmo
duramente» continuò, «soprattutto colui
che ne era stato il fomentatore. Il suo tradimento fu il più
ignobile che si potesse immaginare, poiché egli era
cresciuto con tuo padre edera come un fratello, per lui.»
La Regina le dava le spalle, ma in quell'istante a Freya non importava
di vederla in viso. Man mano che il racconto procedeva in tutta la sua
crudezza gli occhi della ragazza si erano persi nel vuoto, offuscati da
una cortina di lacrime che a tutti i costi voleva trattenere. Cercare
di cogliere dettagli importanti nel discorso della Regina aveva perso
ogni importanza. Suo padre era stato ucciso da un'Incantatore amico e,
cosa ancora più straziante, a portarlo a quella morte era
stato qualcuno che Harden amava come un fratello. Solo quello riusciva
a pensare. Non le fu chiaro se la Regina Mirea avesse compreso cosa le
infuriasse dentro, ma in qualche modo le sue parole successive giunsero
a destinazione nonostante il velo di dolore che le stava lentamente
calando addosso, rendendola sorda al mondo circostante.
«Per lungo tempo ho tentato di capire in che modo avessero
spinto tua madre a fuggire o se, invece, vi avessero fatte in qualche
modo sparire e ho cercato di rintracciare Eleana, in vano. Arrivai a
temere che vi avessero uccise e avessero nascosto le tracce del loro
efferato crimine, ma era un'ipotesi per me tanto straziante che
rifiutai di cedervi» disse la Regina, tornando ad avvicinarsi
a Freya. «Solo ora che finalmente sei qui trovo un
pò di sollievo.» In un gesto inaspettato, Mirea
posò le proprie mani sulle sue spalle, guardandola dritta
negli occhi. «In nome di tutto ciò che Eleana fu
per me, prometto che quando i tempi saranno maturi ti darò
ciò che ti spetta: un posto al mio fianco, proprio dove fu
tua madre» proclamò. Di fronte all'espressione
sbigottita della ragazza, aggiunse: «Non appena sarai pronta,
naturalmente; farò in modo che tu riceva la migliore delle
istruzioni, in attesa di quel momento, e aspetterò con ansia
di vedere se hai ereditato il grande potere che aveva lei.»
Freya non aveva più parole, ogni cognizione pareva essere
scomparsa; perfino le ultime parole della Regina, seppur tanto
importanti, cadevano nel nulla difronte alla sorte della sua famiglia.
Aveva sempre creduto che, una volta scoperta ogni cosa, si sarebbe
sentita immensamente sollevata; invece sentiva un peso ancor
più grande gravarle addosso. Ingoiò le lacrime e,
ancora una volta, alzò lo sguardo sulla sovrana di
Rìagan.
«L'unica cosa che ho sempre desiderato era la
verità e vi ringrazio di avermela restituita, per quanto
possa essere tanto tragica» affermò solamente,
incapace di dire altro.
«Dimostri una grande maturità nell'affrontare con
tanta saggezza una così dura realtà, ma non mi
sorprende; Eleana ha saputo crescerti nel migliore dei modi. Trovare
anche lei, con te, sarebbe stata per me un'immensa gioia»
ribatté Mirea. Nemmeno quella parola sciolse il suo sguardo
implacabile. «La scoperta della sua assenza aggrava questo
lieto momento e vorrei che mi raccontassi cosa le è
accaduto, quando te la sentirai.»
Freya rispose in maniera automatica, quasi senza riflettere.
«Non è una storia particolarmente lunga.
È partita per un breve viaggio,quando io avevo nove anni, e
non è mai più tornata.»
Nel caos che regnava all'interno della sua testa, riuscì a
razionalizzare un solo pensiero: non era ancora pronta a rivelare a
nessuno che un qualche potere in lei c'era. Sarebbe dovuta essere
onesta, prima o poi, ma voleva prima capire con chi avesse a che fare.
La Regina Mirea si limitò al silenzio e non fece
più alcuna domanda. Forse, avrebbe dovuto risultarle strano,
ma in quel momento era l'ultimo dei pensieri della giovane.
«Quanto dolore hai già dovuto sopportare per la
tua giovane età» commentò poco dopo la
sovrana, lasciando che quelle parole aleggiassero nel silenzio che
seguì. Poi, così com'era cominciato, il loro
colloquio terminò. La Regina vi pose fine con poche e chiare
parole: «Posso solo immaginare il tuo dolore, Freya. Dobbiamo
però gioire, perché quest'oggi tu entri a far
parte delle nostre vite. Onoreremo il tuo arrivo quando sarà
opportuno. Fino a quel momento, sentiti libera di esplorare il castello
e i suoi dintorni; troverai alcune macchie boscose non molto lontano da
qui che ti faranno certamente sentire meno la nostalgia di
casa.» Detto questo, tornò al suo trono.
«Per questa sera sarai riaccompagnata ai tuoi
alloggi» aggiunse una volta seduta, in chiaro segno di
congedo.
Freya si sentì piegare leggermente le ginocchia in un
inchino, ma non seppe da dove fosse giunto quel comando al corpo; non
riusciva a formulare un solo pensiero razionale. Si voltò
verso la porta a testa alta, cercando di far fronte alla marea di
emozioni che l'aveva travolta con quella saggezza e maturità
che la Regina le aveva riconosciuto. Solo quando qualcosa finalmente si
mosse nella sua mente si fermò ancora un istante.
«Vorrei solo... solo sapere se mio padre possiede una tomba.
L'unica cosa che desidero è rendergli omaggio»
chiese in un lieve sussurro.
Mirea si voltò un ultima volta verso di lei. «Ma
certo. Non appena sarà possibile, manderò
qualcuno ad accompagnarti nel luogo in cui è stato
tumulato.»
Freya mormorò l'ennesimo ringraziamento e infine
uscì dalla sala. L'ondata di ciò che aveva
cercato di arginare la travolse, minacciando di far crollare le sue
difese. Non puoi essere
debole, non puoi essere debole, continuava a ripetersi,
mentre i suoi piedi già iniziavano a camminare verso una
meta ignota. Non sapeva se qualcuno l'attendesse per riaccompagnarla
alla sua stanza, in quell'istante solo ciò che aveva appena
appreso le occupava i pensieri. Tutto vorticava a una
velocità impressionante, rischiando di farle perdere la
lucidità. Non vedeva nemmeno ciò che la
circondava, tanto che quando si fermò sull'orlo di una
piccola balconata e inalò una boccata d'aria per schiarirsi
la mente non si accorse di non essere sola.
Un movimento alla sua destra la fece voltare. Rimase sorpresa nel
trovarsi davanti proprio Aran, il ragazzo dagli occhi grigi che
continuavano a colpirla come un maglio ogni volta che la guardavano. Il
giovane si limitò ad appoggiarsi alla balaustra di pietra e
a lasciar vagare lo sguardo sulla sterminata piana che circondava il
castello, al di là delle sue possenti mura, senza dire
nulla. Freya gli fu grata per quell'attimo di silenzio e persino per la
sua presenza, che servirono a farle riacquistare la calma.
«Ciò che mia madre ti ha raccontato dev'essere
stato sconvolgente. Il tuo sguardo parla da sé»
mormorò dopo qualche istante, osservandola.
Freya non trovava le parole, non riusciva proprio a spiegare quello che
la stava dilaniando in quel momento. Strinse solo le dita attorno alla
balaustra fino a farsi sbiancare le nocche, nel vano tentativo di
recuperare forza interiore.
Lui in qualche modo capì e non pretese da lei alcuna
risposta. Quando parlò di nuovo non fu per interrogarla e la
sua voce riuscì in qualche modo a farsi strada in lei.
«La calma dei giardini interni potrebbe aiutarti.»
Il Principe, senza probabilmente saperlo, aveva colto nel segno: aveva
bisogno di un posto che le ricordasse casa, un posto dove l'aria
facesse stormire le foglie e il profumo della terra le solleticasse le
narici.
«Ti sarei molto grata se mi portassi fin
lì» rispose con un filo di voce, accettando di
seguire i suoi passi.