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Dove non ci sono i lupi cattivi
Zaino in spalla e guance arrossate dal tepore del pomeriggio
primaverile, Aelita procedeva con passo leggero tra la vegetazione.
Anche se si imponeva di stare calma, inspirando forte l’aria
pregna di polline, i suoi occhi non facevano che schizzare da una parte
all’altra e frugare tra le fronde degli alberi; le orecchie si tendevano,
captavano ogni fruscio proveniente dal sottobosco, facendole battere forte il cuore.
Era così da mesi, ogni volta che tornava da scuola, usciva
di casa o semplicemente volgeva lo sguardo fuori dalla finestra. Temeva che da
un momento all’altro sarebbero arrivati i lupi cattivi e l’avrebbero
portata via con loro.
Uno scricchiolio più forte degli altri la raggiunse,
congelandola in mezzo al sentiero. Il cuore le batteva nelle tempie.
Erano loro? Stavano arrivando?
Senza guardarsi indietro, cominciò a correre a perdifiato,
saltando radici e pietre, schivando i rami più bassi e stracolmi di germogli
che rischiavano di ferirle il viso.
La casa le apparve in lontananza, un miraggio eppure così
vicina, la sua unica ancora di salvezza.
Corse e corse, fino a farsi bruciare i polmoni, mentre le
sue orecchie la illudevano di suoni che non esistevano.
Corse finché le sue dita non si aggrapparono disperate alla
maniglia della porta d’ingresso
Entrò in casa e sbatté l’uscio con forza, per lasciare i
suoi incubi all’esterno; solo allora poté tirare un sospiro di sollievo.
La dolce melodia di un pianoforte la avvertì che suo padre
era in casa e un enorme sorriso le si dipinse sul volto. In genere quando
tornava da scuola non lo trovava mai, era sempre via per lavoro e qualche volta
sembrava dimenticarsi della sua esistenza. Ma lei non si arrabbiava mai.
Aelita per prima cosa corse in cucina, aprì il freezer e ne
portò fuori un gelato; dopodiché si diresse verso il soggiorno, entrò nella
stanza con passo felpato per non disturbare e si posizionò in poltrona, in
ascolto. L’uomo si accorse della sua presenza, ma si limitò a regalarle un
sorriso appena accennato, per non perdere la concentrazione sul brano che stava
eseguendo.
Adorava sentire suo padre suonare, perché la musica teneva
lontani i lupi cattivi e i brutti sogni. In quel momento, col muso sporco di
crema e lo sguardo fisso sulle dita esperte del padre che volavano sui tasti
bianchi e neri, Aelita si sentiva protetta e felice: sapeva che, accanto a lui,
nulla sarebbe potuto andare storto.
E, anche se la finestra era spalancata sul bosco, lei non
aveva paura di guardare fuori; anzi, si godeva la brezza tiepida che le
scompigliava i capelli.
Ad Aelita sarebbe piaciuto fare la pianista da grande.
Qualche volta il suo papà, in quei rari momenti in cui stava a casa, le insegnava
qualche accordo e a lei piaceva tantissimo; allo stesso modo, si dispiaceva un
sacco quando lui non c’era e lei si ritrovava a fissare i tasti dello strumento
quasi con timore, non osava sfiorarli per paura di offenderli.
Aelita non sapeva dove andasse suo padre quando usciva di
casa, lui non gliel’aveva mai detto. Sapeva soltanto che lavorava tanto, certe
volte anche di notte.
Una sera però gliel’aveva domandato, in tono esitante. “Papà,
tu che lavoro fai?”
Lui, col suo solito fare calmo, le aveva pacatamente sorriso
mentre le rimboccava le coperte. “Hai presente i lupi cattivi delle favole?”
Lei aveva annuito, senza realmente capire.
“Io combatto contro di loro. Cerco di sconfiggere i
cattivi.”
Aelita non sapeva che aspetto avessero questi lupi
cattivi, ma lei li aveva immaginati come un vero branco di bestie feroci.
E se un giorno li avessero trovati e li avessero aggrediti?
Suo padre sarebbe riuscito a proteggerla?
Quella notte li aveva sognati per la prima volta, avevano
enormi fauci e la inseguivano per il bosco.
Poi li sognò ancora e ancora, diventarono il suo incubo
costante; si svegliava nel cuore della notte con la fronte imperlata di sudore
e non riusciva nemmeno a sbirciare verso la finestra, per paura di vedere uno
di quegli orribili volti scuri dipingersi oltre il vetro.
Ma quel giorno non sarebbe successo niente, perché non era
sola con i suoi incubi.
Aelita posò lo sguardo sulla figura composta di suo padre,
le note armoniose e dolci riempivano l’aria.
Forse avrebbe dovuto essere arrabbiata con lui perché non
c’era mai e la trascurava troppo per il lavoro, ma come avrebbe potuto? Il suo
papà era una specie di supereroe che combatteva contro il male e si impegnava
tanto per tenerla al sicuro. Si sentiva davvero fortunata ad avere un papà così
speciale.
Poggiò l’incarto del gelato ormai finito sulla gonna,
macchiandola un po’, e si passò il dorso della mano sulle labbra per pulirle
dai residui della crema. “Papà?” mormorò timidamente, con la sua voce dolce e
pulita da bimba.
L’uomo smise di suonare e si voltò verso di lei. Anche se i
suoi occhi erano cerchiati dalla stanchezza e il suo volto era sciupato, le sorrise
dolcemente. “Dimmi, tesoro.”
“Cosa facciamo se i lupi ci trovano?”
Lui si alzò dallo sgabello del pianoforte, si accostò alla
figlia e le lasciò una carezza tra i capelli scompigliati. “Allora ti porterò in
un posto speciale, dove io e te vivremo per sempre insieme, dove non ci sono i
lupi cattivi e nulla potrà farti del male” spiegò in tono calmo.
Gli occhi della bambina si illuminarono. “E in questo posto
ci saranno anche i gelati?” domandò curiosa.
“Vedrò cosa posso fare per i gelati.”
“E in questo posto magico potrai ancora suonare il
pianoforte e insegnarlo a me? È la musica che tiene lontani i mostri cattivi”
esclamò allora Aelita stringendo forte la mano di suo padre, il cuore colmo di
speranza ed entusiasmo.
Lui ricambiò la stretta. “Sarà pieno di musica e pianoforti
ovunque, te lo prometto.”
Ma Aelita, presa dalla sua improvvisa gioia da bambina, era
troppo impegnata a perdere lo sguardo nella primavera che esplodeva fuori dalla
finestra per accorgersi del lampo di dolore che attraversò gli occhi di suo
padre.
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MI rendo perfettamente conto che questa shottina non è nulla
di che e sicuramente non è tra gli esordi più brillanti della mia carriera (?),
ma ehi, sto uscendo or ora da un (altro, l’ennesimo -.-) blocco dello scrittore
e questo è tutto ciò che sono riuscita a fare! Anzi, sono commossa perché
FINALMENTE sono riuscita a scrivere qualcosa e FINALMENTE ho sentito
l’ispirazione bussare alla mia porta! *-*
So che è uno scritto piuttosto insolito per i miei standard,
molto introspettivo e poco dinamico, ma amen XD
Devo ASSOLUTAMENTE ringraziare la carissima Lita per aver
indetto un contest meraviglioso, che mi ha dato modo di scrivere una fanfic su
un fandom che ADORO e su un argomento che mi ha incuriosito tantissimo: il
passato di Aelita. Lei non è mai stata tra i miei personaggi preferiti di Code
Lyoko quando lo guardavo anni fa, ma da quando ho visto la seconda stagione
ammetto che mi ha incuriosito parecchio. Del resto dove ci sono tematiche
delicate io sono felice *-*
Infatti, come forse avrete notato, è pieno di riferimenti
alla seconda stagione, come per esempio i ricorrenti sogni con i lupi – che io
ho immaginato come una trasposizione onirica degli uomini che sono andati a
cercare Franz Hopper prima che trasportasse se stesso e Aelita su Lyoko.
Erano ricorrenti anche le visioni della ragazza in cui suo
padre suonava il pianoforte, quindi ho pensato che fosse in qualche modo un
elemento importante della sua infanzia e ho deciso di sfruttarlo ^^
Infine… ovviamente Franz Hopper sa che i desideri della
figlia non potranno essere esauditi, dato che in un universo virtuale non possono
esserci sapori e odori (e non mi risulta che su Lyoko ci sia musica), quindi sa
di star illudendo la figlia e per questo ci sta male.
Sì, devo ammettere che scrivere/leggere questa shot con la
consapevolezza di ciò che accadrà dopo è davvero triste XD
Grazie a quei coraggiosi lettori che sono giunti fin qui e
scusate per l’esordio scadente, spero con tutto il mio cuore di riuscire a
scrivere qualcos’altro su questi personaggi – magari una YumixUlrich… ehm… ^^”
E grazie ancora a Lita per il contest meraviglioso e per
avermi permesso di mettermi in gioco!!! :3
Alla prossima ♥
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