I C A N
S E E C L E A R L Y
N O W
(sigaretta)
Il tempo che una sigaretta ci
impiega per raggiungere terra, questo è quanto è
servito a Castiel per capire che ama Dean.
Prima sapeva solo di volergli stare accanto e di volerlo aiutare, gli
era sufficiente essere quella speranza che Dean aveva bisogno che
fosse, non gli serviva altro, ma la rivelazione che quello fosse amore,
come ora sa bene, è arrivata lo stesso: inaspettatamente e
in punta di piedi. (Era anche un mercoledì.)
Si trovavano fuori da uno dei motel in cui i Winchester, quando ancora
non erano in pensione e rincorrevano il sovrannaturale, erano abituati
a fermarsi: una luna piena illuminava il parcheggio in cui Dean aveva
appena posteggiato l’Impala, e l’Angelo (lo era
ancora, allora) stava guardando il cielo pensieroso. C’era
una figura che fumava a lato strada, proprio sotto uno dei lampioni, ma
non era una minaccia, solo un uomo come tanti. Tutto era tranquillo.
C’era pace, o sembrava ci fosse.
“Tutto bene?” gli aveva chiesto a un certo punto
Dean, attirando la sua completa attenzione (improvvisamente non
c’era più né la luna né
l’uomo con la sigaretta, anche il parcheggio era sparito e
tutto si era defocalizzato, ogni cosa tranne Dean), e in
quell’esatto momento Castiel aveva capito che quello era
amore. Sotto la luna e le stelle, in una notte che non era poi
così diversa dalle altre, la voce di Dean l’aveva
fatto sentire più che mai parte di qualcosa. Non era mai
stato così vicino a qualcuno e allo stesso tempo
così lontano da tutto il resto.
Non ti
abbandonerò mai pensò in
quell’epifania di un giorno qualunque.
Dean era (ed è) la sua ancora.
⋯
Jack non è umano.
Cas gliel’ha ricordato in più occasioni e, anche
se qualche volta Dean tende a dimenticarselo (ma non lo ammetterebbe
mai), è comunque difficile fare pace con la nozione che a
soli quattro anni il ragazzino possa andare in giro da solo. Ancora di
più se questo implica permettergli di andare
dall’altra parte del mondo in cambio della sola promessa di
tornare e con nessun’altra certezza. “Non
c’è niente che possa ucciderlo, Dean”
l’ha tranquillizzato questa mattina Castiel e, sebbene abbia
accettato di lasciarlo fare (almeno per questa volta), per
l’ex-cacciatore è come muoversi contro ogni fibra
del suo essere.
È nella sua natura preoccuparsi per gli altri. Se
così non fosse, non ci sarebbero altri in primo
luogo, visti i continui tentativi da parte delle influenze celesti di
rendere la Terra una palla infuocata; peraltro puntualmente dirottati
da nientemeno che i fratelli Winchester.
Con una mano sulla staccionata (che adesso, asciutta, è meno
“bianco accecante” del giorno prima) Dean guarda
quindi l’orizzonte (la casa dei vicini) e intanto ripensa a
quello che da ieri continua a dirgli Castiel, ossia di stare calmo, di
fidarsi, di lasciar crescere Jack e
bla bla bla. Come se fossero una normale famiglia di
periferia e loro figlio un adolescente standard. Come no. Che poi,
se anche fosse un normale adolescente, Dean ha come il presentimento
che le sue preoccupazioni continuerebbero a ronzargli in testa come
mosche (anzi, magari sarebbero anche più di quante siano già
ora, le sue apprensioni, ma questo è meglio non dirlo a Cas).
È dunque in piedi sul limitare del giardino, a rimuginare
con la mano ancora sulla staccionata, quando un rumore di passi lo fa
voltare. Jack. Per
lo meno non si è teletrasportato in giardino come la
settimana scorsa… i vicini li guardano straniti da quel
giorno e davvero sarebbe meglio non ripetere l’esperienza.
“Mi spiace per ieri sera,” gli dice il ragazzo con
un broncio dispiaciuto (qualche volta fa ancora fatica con le
espressioni e in questo
caso gli è uscita proprio male pensa Dean,
mentre si incolla un sorriso tirato sulla faccia). “Non
pensavo fosse così importante avvertirvi quando
esco” pausa. Un’altra espressione poco convinta gli
attraversa il volto e Dean cerca di trattenersi dal roteare gli occhi.
“Anche se me lo dici sempre, in effetti” conclude
infine Jack, guardandolo in volto.
A questo punto l’ex-cacciatore preferisce soprassedere e gli
risponde in tono volutamente non accusatorio, sviando il discorso.
“Ieri sera ti ho cercato in hamburgheria, ma non
c’eri” Dean informa il Nephilim, lasciando
sottointesa la domanda dove
diamine eri? (visto che alla fine, in effetti, si
è presentato a casa con i panini di quella stessa
hamburgheria); domanda a cui Jack prontamente risponde senza un filo di
rimorso.
“Ah, è che sono volato fino a Vancouver, ho visto
sul loro sito che lì c’era un altro locale della
stessa catena” butta lì, come se non avesse appena
ammesso di aver lasciato gli Stati Uniti ed essere andato in Canada per
del fast food. A questo punto Dean si sente cogliere dal principio di
un’emicrania quando Jack, con nonchalance, lo informa anche
che: “In quello dietro casa c’era troppa
fila”. Motivazione
eccezionale.
“E quindi sei volato fino a
Vancouver…” Dean ripete le sue esatte parole
cercando di digerire l’informazione. “Ma ci hai
messo un’oretta” aggiunge l’ex-cacciatore
senza capire, il tono confuso. In teoria, se Jack è andato a
Vancouver per evitarsi la coda (in effetti c’era molta gente
dentro e fuori dal locale del loro quartiere, ricorda Dean),
perché allora ci ha messo così tanto?
Il ragazzo si porta una mano dietro la testa, imbarazzato.
“Per strada ho visto-” sta dicendo, ma Dean lo
blocca con un cenno della mano in un va bene, non importa.
Perché in fin dei conti non vuole saperlo, meglio non saperlo:
non ha l’intenzione di rendere il principio di emicrania
un’emicrania effettiva, quindi rivolge a Jack un sorriso di
circostanza, sperando che l’altro non se ne accorga, e gli
dà una pacca sulla spalla.
“Basta che la prossima volta ti ricordi quello che ti ha
detto Cas, di avvertirci e tutto il resto” gli dice, e prima
che possa buttare un braccio attorno al collo del Nephilim e rientrare
in casa con lui, Jack sparisce in un puff che a quel
punto gli fa davvero venire l’emicrania del mese.
(Jack, intanto, è ricomparso direttamente in casa sul divano
e uno dei loro vicini boccheggia alla finestra.)
⋯
Tra Dean e Cas le cose, ben prima che divenissero
“ufficiali” e tutto quanto, non sono mai andate
tanto bene. Gli alti e i bassi erano (sono) la norma, ma il non dirsi
mai veramente addio era ed è la loro costante. Si sono
sempre orbitati attorno senza rendersene conto: se Dean è la
Terra, Cas è la Luna, lontano ma allo stesso tempo vicino.
Questo non significa che siano sempre stati compatibili. Quella strana
cosa che è la compatibilità l’hanno
acquisita con parecchia fatica dopo essere morti (o quasi) almeno un
paio di volte ciascuno. Perché, sul serio, per rimettere le
cose in sesto morire è forse la cosa che più di
tutte riesce a riportarti a uno status quo. C’è
stato lo scandalo del tradimento con Crowley, c’è
stato il marchio di Caino, c’è stata tutta la
questione del Purgatorio (e molto altro ancora), ma alla fine, in
qualche modo, hanno superato tutto, lasciandosi ogni torto alle spalle.
Non si sono mai veramente salutati, hanno tenuto duro e hanno imparato
a incastrarsi e anzi. Anzi, quando le porte
dell’Inferno e del Paradiso si sono finalmente chiuse e
Castiel ha perso tutto ciò che lo definiva un Angelo,
è a quel punto che le cose si sono davvero fatte
interessanti.
Da Angelo Cas non avrebbe mai immaginato certe sensazioni puramente
fisiche che solo gli esseri umani possono provare, e così la
sua nuova quotidianità dopo l’exit di Angeli e
Demoni è cominciata con un set di sensazioni che mai si
sarebbe sognato. Quando infatti si è deciso a baciare Dean
per poi spingerlo verso il letto con una determinazione che aveva
lasciato l’ex-cacciatore boccheggiante (Dean non se
l’era aspettato questo colpo di scena, ingenuo da parte sua),
è stato allora che è avvenuta la magia.
Quello che ha provato (e che prova ogni volta) con Dean impallidisce a
confronto di quello che aveva sentito con April, la mietitrice con cui
mille vite fa aveva perso la sua verginità.
Con Dean, molto semplicemente, è il Paradiso.
⋯
Avere la certezza che Jack ascolti Cas, ma non Dean, per
l’ex-cacciatore non è proprio il massimo, ma non
può fare nulla al riguardo, se non seguire le direttive di
Castiel e sperare che vada tutto bene. L’ex-cacciatore
oltretutto si sta effettivamente impegnando, così quando
Jack, ancora sul divano mentre si gode un episodio di Scooby-Doo, lo
guarda e gli chiede se può andare da Sam, Dean si scioglie
dal momento che questo è a tutti gli effetti un bel passo
avanti. Gliel’ha
chiesto. Gli ha chiesto se può uscire. (E
l’emicrania qui si allenta, perché non solo la
scena di Jack che guarda Scooby-Doo è davvero troppo dolce, ma il
fatto che il Nephilim abbia finalmente capito che chiedere di uscire e
avvisarli non è un optional è indubbiamente un
bel risultato: ciò che sperava di ottenere).
Castiel intanto, che è sulla poltrona di fianco al divano su
cui Jack ha preso posto e tecnicamente starebbe leggendo un libro, alza
gli occhi e, con un sorriso e un sopracciglio sollevato da te l’avevo detto
(Dean già se lo immagina mentre gli fa notare che aveva
ragione, che avrebbe dovuto gestire lui la situazione da subito),
incrocia lo sguardo dell’ex-cacciatore.
Dean allora non si trattiene e rotea gli occhi di fronte alla reazione
dell’ex-Angelo, prima di rispondere a Jack e dirgli che:
“Certo, puoi anche fermarti a dormire da lui se vuoi. Entro
domani a pranzo però ti vogliamo a casa”.
Il Nephilim annuisce e puff,
è già sparito dal salotto, destinazione Sam.
Castiel a questo punto alza ancora di più il sopracciglio e
il suo sguardo da te
l’avevo detto diventa qualcosa più:
il focus aumenta e fissa Dean come se fosse l’unica cosa che
esista al mondo ed è così che
l’ex-cacciatore improvvisamente realizza che, wow, hanno la casa
tutta per loro.
È un attimo (il tempo che una sigaretta ci impiega per
raggiungere terra) quanto è servito a Dean per lasciarsi
andare quando Castiel l’ha baciato per la seconda volta. Al
primo bacio ha boccheggiato, per l’appunto, ma al secondo ha
risposto con l’entusiasmo che Cas si era augurato, poi hanno
toccano il letto e sono stato scintille. Non letteralmente,
perché Castiel non è più un Angelo e
non è più in grado di mandare in corto circuito
l’impianto di una casa (o di un bunker, visto che erano
ancora lì quando tutto è successo), ma le
scintille ci sono state lo stesso.
I due mondi si sono collisi e Castiel e Dean sono diventati
un’unica cosa: si sono finalmente lasciati andare.
⋯
Jack è tornato a casa proprio quando doveva tornare: per
pranzo. Ha rispettato perfettamente il coprifuoco che Dean gli ha
imposto e anche questo l’ex-cacciatore può
considerarlo un passo avanti, il che lo porta alla considerazione che
magari Jack non è così ingenuo e inaffidabile come
credeva. Bastava che fosse Cas a spiegargli la questione.
Ed è la mattina seguente che a Dean arriva
l’ennesima conferma che le orecchie di Jack non siano
lì per addobbo, ma per effettivo uso (nelle settimane
precedenti un po’ aveva iniziato a preoccuparsi, era come se
tutto gli entrasse da una parte e gli uscisse dall’altra).
Perché, vittoria,
Jack di nuovo gli chiede se può uscire. (“Vado a
farmi un giro, ok?” le esatte parole, quindi era forse
più una constatazione, ma è comunque una
vittoria).
Quando poi gli ha chiesto dove andasse per sincera curiosità
e non per paranoia, Dean ha sentito una vampa d’orgoglio per
il proprio passo avanti: ha imparado a lasciarlo andare, forse. Inaspettato, come progresso, anche se sudato.
“In giro con Leslie” ha risposto Jack mentre un
leggero rossore gli colorava le guance.
Quanto starai via? stava anche
per chiedergli Dean per pura curiosità (o forse no,
stavolta) quando Castiel, dall’altra parte della stanza,
l’aveva anticipato con un “Ti aspettiamo per cena,
Jack”.
Semplice e veloce.
E così la casa, adesso che Jack è in giro con
Leslie, è di nuovo tutta per loro.
- Questo terzo capitolo non mi convince, ma non riesco
a scriverlo in un altro modo (purtroppo), quindi alla fine ho deciso di
pubblicarlo ugualmente. Il prompt in questo caso è sigaretta (+ imparare).
|