If
it all falls apart
and
if this thing goes wrong
Joe prese
una lunga boccata di fumo dalla sua sigaretta,
che stringeva convulsamente nel tentativo di placare il tremore alle
dita, e si
guardò freneticamente attorno; l’attesa stava
diventando davvero snervante.
“Possibile che questa stronza non riesca nemmeno a rispettare
un fottutissimo
orario? Gli esami iniziano alle tre,
però sono già le quattro meno venti
e ancora non si è vista!”
Conor, che
gli sedeva accanto sul basso muretto, sospirò
pesantemente e si strinse nelle spalle. Non sapeva nemmeno come
rispondere al
suo amico e non aveva idea di come aiutarlo: da giorni Joe era
tremendamente in
ansia per l’esame di Storia dell’Impero Romano che
avrebbe affrontato quel
pomeriggio e, per quanto Conor avesse cercato di stargli accanto e
dargli dei
consigli, non era riuscito affatto a tranquillizzare l’amico.
Anzi, più il
tempo passava e più Joe diventava nervoso.
“Ho
un mal di testa indescrivibile” borbottò poi il
più
grande, riempiendosi nuovamente i polmoni di tabacco e gettando a terra
il
mozzicone. Aveva fumato così avidamente quella sigaretta che
si era consumata
prima che se ne rendesse conto.
Conor lo
osservò mentre si prendeva la testa tra le mani;
aveva lo sguardo appannato e segnato da un principio di occhiaie
violacee.
“Non
dovresti prenderla in questo modo: hai studiato così
tanto che nulla potrebbe andare storto. Ti preoccupi troppo”
ripeté il suo
amico per la centesima volta nell’arco di due giorni.
“Sì,
certo. Se quella bastarda è di malumore, può
decidere di bocciarmi del tutto a caso. Mi guarda in faccia e mi dice torna
a studiare, capito? E tu sai cosa significa ridare
quest’esame?” sbottò il
biondo, portandosi due dita alla tempia sinistra.
“E
smettila di essere così negativo! Più ti fai
prendere
dall’ansia, più alta è la
probabilità che l’esame vada male… e
fattelo dire da
uno che l’ansia la conosce molto bene e da vicino!”
Conor si batté una mano sul
petto e sorrise appena. Era una situazione abbastanza surreale in
effetti: di solito
lui si faceva prendere dall’agitazione mentre Joe era quello
calmo tra i due.
Ma il suo
amico non sembrava nemmeno averlo sentito:
aveva lo sguardo assente e sembrava perso in chissà quale
pensiero.
Conor si
accigliò. “Joe?”
“156
dopo Cristo… o era il 165? Non mi ricordo un
cazzo!”
sbottò d’un tratto, per poi recuperare uno dei
quattro quaderni di appunti che
aveva poggiato accanto a sé e prendere a sfogliarlo con
gesti frenetici.
Conor si
passò una mano tra i capelli: si sentiva sfinito
da parte sua. “La pianti di riguardare quei maledetti
appunti? Hai fatto quel che
potevi, hai studiato e ripetuto fino a carbonizzarti il cervello; pensi
che
continuando ad assimilare informazioni le cose andranno meglio? Ti stai
complicando la vita!”
“Ma io non mi
ricordo niente!”
“Niente…”
ripeté il più piccolo con fare scettico.
“Ecco,
non mi ricordavo nemmeno i nomi di queste
battaglie! Andrà di merda…”
mugolò Joe, recuperando il pacchetto di sigarette
per accendersi un’altra stecca di tabacco. Non ricordava di
aver mai fumato
così tanto da quando aveva cominciato
l’università, ma quello era l’esame
più
importante e pesante della sua carriera accademica e soprattutto con la
professoressa più severa e imprevedibile
dell’ateneo.
“È
normale che non puoi ricordarti per filo e per segno
il contenuto di quattro libri da cinquecento pagine l’uno,
non credi? Sai
com’è, sei un essere umano”
tentò di farlo ragionare ancora Conor.
“Vieni
a spiegarlo alla prof allora.” Joe si mise in
piedi – non riusciva a stare fermo e rimanere immobile su
quel muretto lo stava
facendo uscire di testa – e cominciò a passeggiare
avanti e indietro, aspirando
con forza il fumo come se da esso dipendesse la sua intera esistenza.
Sentiva
le mani sudate e tremanti, ma la sensazione più fastidiosa
che provava era
senz’altro l’enorme confusione che aveva in testa:
un uragano di informazioni
si mescolavano tutte insieme e, anche se lui cercava di afferrarne
qualcuna,
quelle scivolavano via e sfumavano dopo un attimo.
Conor non
riusciva proprio a sopportare quella visione:
il suo amico era pallido, si mordeva il labbro inferiore in
continuazione e si
torceva tra le dita le ciocche bionde, gli occhi azzurri erano
insolitamente
torbidi. Quasi non lo riconosceva.
Si mise in
piedi a sua volta. “Visto che la stronza non
arriva, posso andare al distributore e vedere se
c’è qualche bevanda
rilassante, magari una bella camomilla. Ti va?” propose,
addolcendo il più
possibile la voce. Rimproverarlo e tentare di rassicurarlo andandogli
contro
non era servito a niente, dunque era il momento di cambiare strategia.
“Una
camomilla bollente a giugno?” replicò Joe con una
smorfia di disappunto. Stava già sudando e morendo di caldo
di suo.
“Qualcosa
da mangiare allora? Hai pranzato solo con una
scatoletta di tonno…”
“Non
ho fame.” Il più grande si passò una
mano
all’altezza dello stomaco: era vero, da un giorno e mezzo non
faceva un pasto
decente, ma la sola idea di ingurgitare qualcosa gli dava la nausea.
“Cosa
posso fare allora per farti stare calmo? Cosa
vuoi?” Conor gli posò una mano sul braccio
affinché arrestasse il suo nervoso
viavai e si accorse di quanto il suo amico stesse tremando. Lo
scrutò con attenzione,
veramente in apprensione.
Joe
abbassò lo sguardo sulla sigaretta quasi finita tra
le sue dita, poi lo spostò sui quaderni abbandonati sul
muretto e infine lo portò
sul viso dell’altro ragazzo. “L'unica cosa che vorrei adesso è
ricongiungermi al mio letto e dormire
per due giorni di fila: non ne posso più!”
mormorò.
“Okay.”
Conor prese un profondo respiro, circondò le spalle di Joe
con un braccio e lo
aiutò ad accomodarsi nuovamente, poi gli si sedette accanto
e lo strattonò
ancora perché lo guardasse dritto negli occhi. Sapeva che
Joe detestava essere
toccato e imprigionato in quel modo quando era nel
panico, ma quella
volta non aveva scelta e non mollò la presa nemmeno quando
il biondo tentò di
divincolarsi.
“Adesso
guardami e ascoltami, okay?” prese a parlargli in tono dolce
e calmo. “Prendi
un profondo respiro, prendine anche dieci se necessario, rilassati.
Andrà tutto
bene, d’accordo? Pensa che tra poco tutto questo
sarà finito e potrai fare
tutto ciò che vuoi, pensa che stai per liberarti
dell’ostacolo più grande della
tua vita universitaria. Hai studiato tanto, sei un fottuto genio, te la
sai
cavare e se rimani lucido lo supererai stupendamente. E anche se
così non
fosse, la tua vita non dipende da questo. D’accordo? Stai
tranquillo.
Guardami.”
Joe
prendeva dei respiri profondi mentre ascoltava le parole del suo amico.
Sapeva
che aveva ragione, sapeva di star riponendo troppe aspettative e troppe
preoccupazioni in un evento che non era poi così importante,
si stava fasciando
la testa prima di essersela rotta.
E immerse i
suoi occhi in quelli color caffè di Conor, in cui tante
volte aveva letto ansia
e agitazione ma che ora erano uno specchio di serenità. E
lasciò che quella
calma lo invadesse, vi sguazzò per secondi interminabili
– forse interi minuti
– e continuò a sostenere quello sguardo anche
quando Conor smise di parlare.
Quest’ultimo
allentò la presa sui polsi dell’amico e
accennò un sorriso. “Meglio?”
Allora Joe
si rese conto che il cuore non gli martellava più
all’impazzata, il respiro era
tornato regolare e le mani avevano smesso di tremare. Si sciolse a sua
volta in
un sorriso: avrebbe voluto ringraziare Conor, avrebbe voluto dirgli che
non
avrebbe saputo cosa fare senza di lui e che gli voleva un bene immenso,
ma non
era capace di esprimete tutto ciò e sperò che i
suoi occhi parlassero per lui.
Non fu necessario
aggiungere altro: Conor si sporse verso di lui e lo
abbracciò forte. E Joe non
poté che ricambiare, stringendolo forte a sé e
posandogli il mento sulla
spalla. Era ancora terrorizzato dall’esame, ma ora si sentiva
un po’ più forte,
un po’ meno solo.
Un po’ più
fortunato.
“Gli
strapperai anche una lode, cazzo!” esclamò Conor
mentre scioglievano
l’abbraccio.
“Non ci
giurerei…”
“Devi
ricominciare? Ti avverto: se riprendi a lagnarti, ti attacco alla
parete finché
non ti calmi!” lo minacciò scherzosamente il
più piccolo.
“Va bene,
sto zitto.” Joe si guardò distrattamente attorno e
trasalì quando la
temutissima docente di Storia entrò nel suo campo visivo,
diretta verso
l’ingresso della struttura.
Il biondo
allora scattò in piedi, nuovamente in agitazione.
“Devo andare, ora fa
l’appello!” sibilò con voce strozzata.
Non sapeva
nemmeno lui come sentirsi: da una parte non vedeva l’ora di
togliersi il
pensiero, ma d’altro canto aveva sperato che quel momento non
arrivasse mai.
“In bocca
al lupo, spacca tutto!” Conor gli mollò
un’affettuosa pacca sul braccio e lo
osservò mentre si avviava verso l’ingresso
dell’ateneo, poi improvvisamente si
illuminò. “Ah! Joe?”
Lui si
fermò di botto e si voltò, lanciandogli
un’occhiata interrogativa.
“Prima di
lasciarti collassare a letto… quando tutto questo
finirà, io e te dobbiamo
festeggiare ubriacandoci come se non ci fosse un domani!” Gli
strizzò l’occhio
e gli lanciò un bacio a distanza.
Joe
sorrise. “Ci puoi giurare!”
E mentre
riprendeva a camminare, andando incontro a quell’esame che lo
spaventava così
tanto, si sentì un po’ più calmo e un
po’ meno solo.
Un po’ più
fortunato.
♥ ♥ ♥
Prompt per
la challenge “Just stop for a minute and smile”:
21. “L'unica
cosa che vorrei adesso è ricongiungermi al mio letto e
dormire per due giorni
di fila!”
NON CI
CREDO NEMMENO IO CHE SONO TORNATA A SCRIVERE DOPO UN MESE DI
BLOCCOOOOOOO ODDIO
SONO COSI’ TANTO FELICEEEEEEE! Non so nemmeno se questa
storia sia definibile
tale e se faccia schifo o meno, ma HO SCRITTOOOO E QUESTA È
LA COSA PIU’
IMPORTANTE!!!!!!
Va bene,
adesso mi do una calmata XD
JOE SONO IO
ahahahahahahahahahah! Infatti questa shottina è ispirata
alla mia real life
che, anche se mi ha fatto passare le pene dell’inferno, mi ha
dato la spinta
per mettere su carta questa scenetta! Ho deciso di far vivere
l’ansia pre-esame
proprio a Joe perché so per certo che lui ha frequentato
l’università (Storia
Antica, se non erro) e si è laureato all’incirca
nel 2014 o 2015 ^^ ora, non so
esattamente come funziona il sistema universitario in Inghilterra,
né quali
sono gli esami più pesanti in quella facoltà,
quindi prendete con le pinze ciò
che ho scritto: ho preso ispirazione da quello che è il mio
vissuto :P
Spero di
avervi strappato un sorriso con questa piccola bromance *_______* mi
capita
raramente di scrivere sulla Joenor, ma in quest’occasione ci
voleva la dolcezza
del cantante per calmare il nostro studente nel panico :3
Grazie a
chiunque sia giunto fin qui, spero di non sparire nuovamente per un
altro mese
XD
Alla prossimaaaaaaaaaa!
♥
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