Un
cenno elegante del capo e un sorriso educato, che chiudeva a doppia
mandata ogni pensiero dietro a una poker face illeggibile.
«Signori, Signore,
mi hanno riferito che la missione ha avuto interessanti risvolti.»
Waverly, che
simpatica canaglia.
Era passata meno di
un’ora dall’atterraggio dell’aereo privato della U.N.C.L.E. sulle
piste dell’Aeroporto di Volgograd.
Napoleon aveva visto
il direttore consegnare buste gonfie tra le mani delle guardie
aeroportuali e nessuno aveva posto domande, nemmeno quando un
americano coperto di fango e neve si era presentato insieme a un
russo malmesso, una ex ricercata del KGB e una tedesca che guidava
come una forsennata, manco arrivare prima alla méta avesse fatto la
differenza per qualcuno.
Avevano prestato i
primi soccorsi a Peril, ignorando borbottii e rassicurazioni sul
fatto di stare benissimo – poco importava che a ogni passo il suo
corpo pendeva sempre un po’ più pericolosamente verso il basso.
C’era voluto l’intervento di Gaby a convincerlo.
Una volta cambiati e
ripuliti alla bene meglio, avevano tutti preso posto sui sedili di
lusso dell’aereo. Napoleon e Illya erano seduti di fronte al
Direttor e a Gaby, con un tavolino a separarli che ospitava
bicchieri di whiskey, vodka e una tazza di tea verde. Dall’altro
lato del corridoio, Angelìka sedeva da sola, rigirandosi tra le dita
un passaporto americano e la promessa di una nuova vita.
Napoleon incrociò lo
sguardo del direttore. «Se i “risvolti” a cui si riferisce sono il
paio di agenti segreti doppiogiochisti che fanno da tappeto a una
safe house del KGB, non li definirei interessanti. Ma non voglio
essere volgare davanti alle signore.»
Gaby non apprezzò la
premura. «Se non vuoi dirlo tu, lo farò io: quell’Ivanov era un
cretino menomato e ha fatto la fine che meritava.»
«Non avrei saputo
esprimermi meglio, hun. Comunque, se posso suggerire, la
prossima volta accontentiamoci del russo che abbiamo già a
disposizione.»
«Cercheremo di
accontentarla, mister Solo.»
Illya si grattò la
spalla destra, infastidito dalle bende che la fasciavano stretta.
«Progetti?» domandò
laconico. Aveva uno sguardo assonnato, gli antidolorifici con cui
l’avevano imbottito iniziavano a fare effetto, ma Napoleon gli
leggeva addosso l’ostinazione con cui cercava di contrastarli,
costringendosi a rimanere sveglio.
«La squadra che ho
inviato a Mosca, nel luogo indicato dalla signorina Kiselyov, mi ha
già comunicato di averli trovati e distrutti.» rispose Waverly.
Ci fu un sospiro di
sollievo generale.
Angelìka li guardò
confusa.
«Zakonchilos'.»
le tradusse Illya.
È finita.
Lo sguardo della
donna si velò di lacrime; per la prima volta la videro piangere,
disperata e svuotata, una sopravvissuta che poteva finalmente
ricominciare da zero e avere quella vita che il fantasma di Dmitriy
le aveva impedito di ottenere.
Napoleon si chiese
se valesse anche per Illya, ma il direttore non aveva concluso; si
levò gli occhiali da vista, li appannò con un’alitata, li pulì con
il fazzoletto che teneva piegato nel taschino e rivolse loro un
mezzo sorriso (un sorriso inglese, notò Napoleon, pacato e
misterioso, che tra le pieghe delle labbra, dove non era possibile
vedere, raccontava sempre un’altra storia). «Giunti a questo punto,
mi pare di capire che qualcuno avesse proposto una vacanza?»
«Vi avverto da
subito che in vacanza non voglio ritrovarmi a fare da balia a
nessuno.» Con il gomito al bracciolo della poltroncina, Gaby
poggiò la guancia nel palmo fulminando Solo con un’occhiata
eloquente che lo esortava a tenersi fuori dai suoi piedi, per
infilarsi invece tra le gambe di qualcun altro.
«Come madame
desidera.» Napoleon chinò il capo in segno d’assenso, il messaggio
della tedesca arrivato forte e chiaro a destinazione. «Per quello
che mi riguarda ho intenzione di sciogliermi tra le acque profumate
e i lussuriosi servizi di un centro termale di classe. E se Peril
promette di comportarsi bene, posso trovare un posticino anche per
lui nella Jacuzzi della stanza d’hotel che prenoterò.»
Napoleon aspettò un
colpo, una gomitata, un commento infastidito, ma dall’angolo
rosso non giunse che un lieve sospiro.
Si voltò e un peso
improvviso sulla sua spalla chiuse il discorso. La morfina aveva
avuto la meglio e Illya si era addormentato, col capo poggiato sulla
spalla di Napoleon, i capelli biondi a solleticargli il naso e il
respiro a frastagliare di brividi caldi il collo.
Scambiandosi uno
sguardo d’intesa, Waverly e Gaby si alzarono, lasciandoli da soli,
ma non senza le minacce del caso da parte della tedesca: «Se rovini
tutto, ti uccido.»
Napoleon non dubitò
nemmeno per un secondo che l’avrebbe fatto davvero.
Fece scivolare un
braccio intorno alle spalle ampie di Illya, invitandolo a stringersi
a lui nel sonno; strofinò appena la guancia tra i suoi capelli e
chiuse gli occhi. «Dio se mi fai faticare, Peril.»
E, per quanto non
fosse carino parlare male dei morti, era pronto a scommettere che,
un momento come quello, Dmitriy poteva solo sognarselo dal fondo
della sua bara.
Quel momento
apparteneva a Napoleon e, con esso, tutti quelli a venire.
Due uomini siedono vicini in una vasca termale ricavata nella
pietra, circondati dalla neve e dalle montagne alpine.
L’acqua è bollente,
ma l’uomo più alto non sembra nemmeno percepirlo. Freddo o caldo,
per lui fa lo stesso – il colorito appena un po’ vivace del volto
non è dato dal vapore che si solleva, ma da occhi azzurri che non
smettono di fissarlo, finché l’altro uomo non prende parola.
Lo vede piegare le
labbra in una smorfia strana, passare una mano tra umidi riccioli
castani. «Qualsiasi cosa ci sia stata tra te e Dmitriy—»
«Di cosa parli?
Dmitriy aveva doppio di mia età, cosa credi ci fosse tra me e uomo
così vecchio?»
«Voi due non
eravate…?»
«No. Era come padre
per me.»
«Vuoi dirmi che ho
passato giorni a invidiare un morto e a struggermi d’amore per un
dannato soldato di ferro alto quanto l’Empire State Building e
recettivo come un sasso, per niente?»
«Io sempre detto che
tu è pessima spia.»
«Però, questo
significa…»
«Perché ti avvicini
tanto?»
«…che sono il tuo
primo uomo~»
«Q-questo cosa
ovvia! Non tutti piace fottere con qualsiasi cosa respiri.»
«Ma sentitelo il mio
scoglio russo: grande, grosso e vergine.»
«Ho avuto donne! Non
sono prete!»
L’uomo dai riccioli
castani ammicca, ma nel sorriso si condensa una dolcezza delicata
che affida alle labbra dell’uomo più alto, in un bacio a occhi
chiusi e cuore aperto.
«Prometto che sarò
gentile, Peril~»
«Prometto che ti
appenderò a muro, cowboy.»
L’aria innevata
delle Alpi austriache trascina via una risata innamorata.
«Sexy.»
—