Epilogo.
«Sei
sicuro di voler restare
qui, tesoro?» domandò sua madre, «Walter
non te ne farebbe una
colpa, tu e tuo padre litigate di continuo e lui non è una
persona
molto sensibile... Potresti tornare da me.»
«Non
voglio lasciare Walter da
solo. Ma ad agosto ti raggiungeremo entrambi.» la
rassicurò Wayne.
«Va
bene, va bene... Solo...
cerca di non sforzarti troppo per gli altri. Sii un po' egoista, ogni
tanto.»
«Che
consiglio sarebbe?»
domandò lui, inarcando le sopracciglia. Sua madre sorrise,
passandogli una mano tra i capelli.
«E
tagliati i capelli, sono
diventati troppo lunghi.»
«Lo
farò.»
«Vado
a salutare tuo fratello.»
In
quel momento bussarono alla
porta e Wayne ne approfittò per fuggire. Si sentiva in colpa
a
lasciare sua madre per andare a vivere con quell'uomo che non
sopportava, ma Walter diceva di aver bisogno di stare col padre...
Si
ritrovò davanti uno
sconosciuto che a giudicare dai vestiti doveva essere molto
benestante: era così alto che Wayne dovette sollevare la
testa per
guardarlo, e la sua espressione era corrucciata.
«Posso
esserle utile?» domandò
cortesemente.
L'uomo
lo fissò con quella che
a lui parve una punta di disprezzo, ma poi parlò con una
voce
insicura che lo stupì: «Tu sei... Wayne? O
Walter?»
«Wayne.»
rispose lui, senza
capire.
«Sono
il padre di Michael.»
disse l'uomo.
Un
brivido freddo gli corse per
la schiena.
«Mio
figlio è qui?»
Casa
di Georgia era una sorta di
villetta in un paesino di campagna, lasciata in eredità dai
nonni
paterni. Walter e Wayne riconobbero la sorellina nella bambina
microscopica che si dondolava su un altalena sgangherata del loro
cortile, e vi si avvicinarono; un gatto bianco le saltò
sulle gambe
e soffiò contro di loro, apparendo comunque meno ostile di
Charlotte
che ora li squadrava.
«Voi
siete gli amici di
Georgia.»
«Sì.
Siamo venuti a parlare
con tua sorella.» disse Walter, chinandosi per poter parlare
all'altezza del suo viso. Si era dovuto inginocchiare per farlo, dal
suo metro e novantacinque.
«È
sempre in cantina.»
rispose lei con voce annoiata, «Ha distrutto la sua camera e
ora
dorme lì.»
Walter
e Wayne si scambiarono
uno sguardo: il primo allarmato e il secondo che fingeva
tranquillità.
«Va
bene... Tuo fratello è in
casa?»
«Sì,
ha chiesto le vacanze
anche lui. Seguitemi.» disse lei, saltando giù
senza alcun riguardo
per il gatto. Li guidò alla porta e l'aprì. La
vocetta infantile
scomparve quando urlò: «ROB! SONO
ARRIVATI!»
Il
fratello si precipitò alla
porta con aria spaventata e poi tirò un sospiro di sollievo.
«Dì,
non sai chiamare la gente
per nome, tu? Fila via.»
Lei
rise e scappò in giardino,
col gatto che la seguiva come un'ombra.
«Wayne
e Walter Hopkins,
giusto? Georgie mi ha sempre parlato di voi... Alla stazione non ho
avuto modo di presentarmi, sono Robert Runcorn. Mi aspettavo che
veniste, anche se non ho idea di cosa lei vi abbia scritto per
lettera.»
«S-sì.»
disse Walter,
stordito, tanto per dire qualcosa. Wayne gli strinse la mano.
«Georgia
è in cantina?»
«Ci
si è chiusa dentro, così
quando si arrabbia può distruggere ciò che le
pare, o così dice.
Quando l'ho portata qui ha perso un po' il controllo... Suppongo che
a scuola non avesse ancora realizzato davvero. A proposito... mi
dispiace.» e lo disse in tono così convincente che
Wayne e Walter
annuirono.
Wayne
si era scagliato contro il
padre quando aveva cercato di parlargli, urlandogli che non poteva
capire, ma per Robert doveva essere diverso, aveva perso i genitori e
chissà, magari anche qualche amico.
«Per
caso è passato anche
Michael Stebbins?»
«Michael?
No, si è fatta
viva... Sally-Anne due settimane fa e so che Georgie voleva andare a
trovare una certa Megan e Michael, ma loro non sono passati.»
«Megan
vive coi parenti
babbani, credo avrebbe problemi a venire. E Michael...»
«Michael
cosa?» domandò
Georgia, arrivando da un corridoio. «Non risponde alle mie
lettere.»
«Probabilmente
non gli
arrivano.» spiegò Walter, avvicinandosi a lei,
«È scappato. Non è
mai arrivato a casa e i Diggory lo hanno lasciato poco lontano dalla
stazione dopo che lui aveva dato loro cose che appartenevano a
Cedric; si è smaterializzato il giorno stesso in cui siamo
tornati
da Hogwarts.»
«No.»
mormorò lei, «È
pericoloso... Non...» cominciò, spaventata.
«Pensavamo
di passare anche da
Megan nel caso avesse notizie, vuoi venire anche tu?»
domandò
Wayne.
Megan
si era chiusa in camera
sua dall'inizio delle vacanze e non faceva che guardare foto e
piangere. Scriveva lettere di tanto in tanto, perché tutti
avevano
mantenuto la promessa di farsi sentire. Non soltanto Wayne, Walter,
Georgia e Stephen ma anche Sally-Anne, Susan, Hannah e persino Ernie
e Justin, Rent e Jack. Le erano arrivate due lettere addirittura da
Helen e Lance e una da Eleanor del primo anno. E naturalmente Cho
Chang e Marietta, e Stan che si era rivelato un buon amico.
Questo
faceva risaltare ancora
di più l'assenza di Michael, ma lei non se ne curava troppo,
aveva
già capito che Michael sarebbe stato in un mondo tutto suo.
Forse
anche per sempre.
Sua
nonna l'aveva convinta a
darsi una sistemata ai capelli e ai vestiti, ma non c'era verso di
farla mangiare in sala da pranzo, piuttosto digiunava. Non sopportava
l'idea di giocare all'allegra famiglia quando Cedric non ne avrebbe
più avuta una, gli sembrava una mancanza di rispetto.
Quel
giorno però le era
arrivata una lettera di Wayne con poche parole: “verremo a
casa tua
alle quattro” e si era costretta a pulire la stanza e a
mangiare un
po' più del solito per scacciare i capogiri.
I
ragazzi non si fecero
attendere, e con loro vi era anche Sally-Anne. Sembravano tutti
preoccupati e pallidi come l'ultimo giorno, ma anche in qualche modo
migliorati.
Si
chiese se anche lei sembrasse
più in salute, dato che non aveva il coraggio di guardarsi
allo
specchio.
Si
sedette sui gradini davanti
alla porta di casa e loro la raggiunsero, prendendo posto accanto a
lei senza una parola.
«Hai
spuntato i capelli.»
osservò Sally-Anne dopo un po'.
«Erano
rovinati.»
«Ti
stanno bene.»
«Non
mettetevi a parlare anche
di scarpe ora.» le canzonò Walter, cercando di
darsi un tono
normale.
«Stupido
maschio.» commentò
Sally-Anne.
Megan
scosse la testa, insicura:
come doveva comportarsi? Era sbagliato cercare di stare bene?
«Megan,
ora non allarmarti...»
cominciò Georgia, che la vedeva terribilmente fragile. Tutti
loro si
erano chiesti, durante il viaggio a piedi dal luogo in cui si erano
materializzati, se Megan non fosse impazzita.
Lei
la guardò con orrore.
«Non
è successo nulla!» si
affrettò a continuare Georgia, «Volevo solo sapere
se hai avuto
notizie di Michael.»
«No.
Perché?»
Le
spiegarono la situazione.
«E
suo padre è venuto a casa
mia per sapere se si era nascosto da noi. Pensava fosse dai Diggory
ma dato che di solito il signor Diggory scrive una lettera per fargli
sapere che il figlio è sano e salvo da loro, e questa volta
non l'ha
fatto, gli ha scritto lui, ovviamente all'insaputa della moglie.
Quando gli è arrivata la risposta si è
spaventato, lui non ha
ricevuto alcuna lettera dal preside, sicuramente la moglie l'ha
gettata via, ed è venuto a cercarlo, sempre di nascosto.
Sembra
spaventato dalla cara mogliettina più che da ogni altra cosa
al
mondo.» finì di raccontare Wayne, il tono ironico
ma l'espressione
amara, non chiamandola mai per nome o “madre di
Michael”.
«Quindi
è disperso. Si è
smaterializzato e potrebbe essere ovunque.» concluse Georgia,
affranta.
Megan
alzò lo sguardo al cielo
terso, con i lunghi capelli che le volteggiavano intorno al viso,
spinti dal vento leggero.
«Volevano
viaggiare dopo la
scuola, volevano visitare il mondo.» mormorò.
Wayne
chiuse gli occhi per un
momento: «Che stupido... La Spagna. Cedric lo voleva portare
in
Spagna perché Michael aveva sempre desiderato
andarci...»
«In
Spagna da solo? E come si
manterrà? Che farà? Tornerà ad
Hogwarts?» chiese Georgia,
spaventata.
«Non
so nulla, tranne il fatto
che secondo me tornerà a Hogwarts per voi due. Per prendersi
cura di
voi come Cedric vorrebbe.»
«Smettila
di nominarlo.»
gemette Megan, «Come fai a farlo così
tranquillamente? Io a
malapena riesco a pensarlo.»
«Penso
a ciò che vorrebbe lui,
suppongo.» mormorò Wayne, «Penso che
dovremmo farlo tutti.»
Megan
chinò il capo, con le
lacrime che le scorrevano per le guance.
«Tu
come mai se qui?» domandò
all'improvviso Georgia, rivolta a Sally-Anne.
«Walter
mi ha scritto di
Michael per sapere se l'avevo visto e mi ha detto che sareste venuti
qui. Ho pensato di unirmi a voi per rivedere qualcuno, a casa ci sono
solo elfi...»
«Ma
i tuoi genitori dove sono?»
domandò piano Walter.
«Al
lavoro, ovviamente.»
rispose lei infastidita, «Dove vuoi che siano? È
giusto che
lavorino per mantenermi, i soldi non compaiono con la magia!»
«Calma,
non ho detto nulla, ho
solo chiesto dov'erano!» ribatté Walter,
innervosendosi.
«Cedric.»
disse all'improvviso Megan, «Non vorrebbe che
litigassimo.»
E
guardò Wayne, che la fissava
con sorpresa. Poi accennò un breve sorriso prima di
scoppiare di
nuovo in lacrime e Georgia l'abbracciò.
«E
se fosse invece andato a
fare qualche sciocchezza per vendetta? Non so dove o come, ma
conoscendo Michael lui le cose se le chiede dopo...»
azzardò,
inquieta.
«Lo
scopriremo solo il primo
settembre, temo.» mormorò Walter, con un'occhiata
a Sally-Anne che
era ancora rigida nella sua posizione.
«Non
ci resta che sperare
bene.» sospirò Wayne, «E come ha
suggerito il preside restare
uniti come possiamo.»
Si
pulì le nocche sporche di
sangue contro la maglietta, mentre alle sue spalle il barista gli
urlava di lasciare immediatamente il locale e il ragazzo che aveva
colpito veniva soccorso dagli amici.
Si
infilò gli occhiali da sole
una volta fuori, nonostante fosse già passato il tramonto, e
tirò
il cappuccio nero sulla testa. Si accese una sigaretta e
infilò le
mani nelle tasche della felpa. Lì faceva freddo appena il
sole si
nascondeva, ovunque fosse lì. A furia di prendere mezzi
babbani si
era perso, proprio come voleva.
Alla
fine di una lunga camminata
trovò il parco che cercava: si infilò tra gli
alberi e si arrampicò
in quello più alto, sedendosi a cavalcioni su un ramo che
gli
sembrava abbastanza stabile da sostenerlo per la notte.
Cercò
come al solito la
bacchetta nella sua borsa per assicurarsi che ci fosse e poi chiuse
tutto e poggiò la testa contro il tronco. Aveva tirato fuori
solo la
bottiglia di birra che aveva preso a quel babbano idiota prima di
rompergli il naso e ne bevve un sorso.
«Alla
tua salute, Ced.»
brindò, sarcastico, «E buonanotte.»
E
a breve comincerà il quinto
anno, che la gente torni o meno. Sapete, questa è l'unica
cosa
consolante di scrivere di gente sconosciuta, a differenza di 70's
students: nessuno sa chi sopravviverà al 1998, chi
tornerà, che
accadrà. Quindi posso essere cattiva.
Megan
può essere definita
depressa, ora, sì, perché immagino sappiate
già che non ha finito
così, e Michael... vedrete. Così come vedrete per
tutti.
Grazie
per aver seguito
questo primo capitolo della serie, grazie soprattutto a chi ha
recensito e a chi recensirà!
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