Another world

di ryuzaki eru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Apple ***
Capitolo 2: *** 2. Death Note ***
Capitolo 3: *** 3. Telegiornale ***
Capitolo 4: *** 4. Mal di testa... ***
Capitolo 5: *** 5. Another world... ***
Capitolo 6: *** 6. Butter cookies ***
Capitolo 7: *** 7. Una scelta assurda? ***
Capitolo 8: *** 8. NHN ***
Capitolo 9: *** 9. Primo momento di gap ***
Capitolo 10: *** 10. Fato o libera scelta? ***
Capitolo 11: *** 11. Lo spirito giusto ***
Capitolo 12: *** 12. Un caffè, un gelato e due cioccolatini ***
Capitolo 13: *** 13. Chiacchiere ***
Capitolo 14: *** 14. He ed Elle ***
Capitolo 15: *** 15. Dalla parte di Elle ***
Capitolo 16: *** 16. Il The old docks ***
Capitolo 17: *** 17. Il lembo della maglietta ***
Capitolo 18: *** 18. Una situazione singolare ***
Capitolo 19: *** 19. Il gelo ed il fuoco ***
Capitolo 20: *** 20. L'incognita numero uno ***
Capitolo 21: *** 21. L'incognita numero uno (seconda parte) ***
Capitolo 22: *** 22. L'incognita numero uno (terza parte) ***
Capitolo 23: *** 23. La punta dell’iceberg ***
Capitolo 24: *** 24. Il rischio e la cautela ***
Capitolo 25: *** 25. La suite di controllo ***
Capitolo 26: *** 26. Cosa fare? ***
Capitolo 27: *** 27. Il colpo di grazia ***
Capitolo 28: *** 28. Sono Kira ***
Capitolo 29: *** 29. La paura e le emozioni ***
Capitolo 30: *** 30. I giochi e le bugie di Elle ***
Capitolo 31: *** 31. Gli errori non commessi e la voglia di sapere ***
Capitolo 32: *** 32. I ragionamenti paralleli ***
Capitolo 33: *** 33. Emma ce la farà ***
Capitolo 34: *** 34. Giorni, ore, minuti, secondi ***
Capitolo 35: *** 35. Una brutta sensazione ***
Capitolo 36: *** 36. I cubetti di ghiaccio e il silenzio ***
Capitolo 37: *** 37. Una comunissima alba ***
Capitolo 38: *** 38. Punti di vista ***
Capitolo 39: *** 39. Sul filo del rasoio ***
Capitolo 40: *** 40. Cinque novembre ***
Capitolo 41: *** 41. Gate ***
Capitolo 42: *** 42. Pensieri, attese e chiarezze ***
Capitolo 43: *** 43. The last page ***
Capitolo 44: *** 44. The last page (seconda parte) ***
Capitolo 45: *** 45. La terra ***
Capitolo 46: *** 46. Il solito Elle… ***
Capitolo 47: *** 47. Un lontanissimo 12 ottobre ***



Capitolo 1
*** 1. Apple ***


L'immagine a figura intera a destra, il piccolo riquadro con L ed Emma in basso a destra e quello in alto a sinistra con Emma in primo piano sono opera di KiaraAma, che ringrazio infinitamente! Il resto è opera mia e dei miei "giochi" con photoshop ;) (La scheda è impostata da destra a sinistra, come il DN 13 originale, ma le vignette seguono il fumetto italiano, da sinistra a destra.... Perdonate la confusione! Per vedere l'immagine più grande basta cliccarci sopra ed accederete a DA da dove si può zoommare ^_^)



Questa storia non era nata per essere su EFP, non avevo minimamente calcolato di dover stimolare, fin dall’inizio, la curiosità di qualcuno sui suoi amati personaggi di Death Note e, anche quando sono approdata qui, non ho mai pensato di pubblicarla proprio per questo. Ringrazio quindi infinitamente chi mi ha spinto a condividerla!
Se vuoi cominciare a leggere, sgombera la mente, pensa di iniziare a spulciare una storia “originale sovrannaturale”… Spero ti possa incuriosire lo stesso e spero tu possa avere la pazienza di aspettare… Perchè la storia è il mio modestissimo omaggio a Elle.
Grazie comunque di essere qui!
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

1. Apple

  A volte capita di ascoltare per caso le conversazioni che gli altri fanno accanto a voi. Magari momentaneamente vi divertite anche a carpire storie o intrighi di vite sconosciute. Se invece la conversazione verte su argomenti di attualità, può incuriosire l’idea di conoscere l’opinione della gente. Perché gli altri, quando se ne ignora l’identità, diventano automaticamente la "gente".
Alcuni cominciano anche ad immaginare la vita di quella gente, oltre le parole di quel momento.
Poi arriva l’autobus o si paga il conto o arriva il vostro turno della fila in banca e quei discorsi svaniscono nel nulla, come anche la vostra curiosità.
Se si potesse scegliere un discorso da ascoltare tra quelli di gente comune, non quelli a porte chiuse sui segreti di stato, quale sceglieremmo? Quale quello potenzialmente più invitante? Diciamo di non voler invadere eccessivamente la privacy, quindi non ci metteremo a tavola con nessuno. Anche perché sarebbe fin troppo facile. Diciamo che si debba scegliere tra le persone che camminano in strada.
Prima si dovrebbe scegliere un luogo, poi una zona specifica e quindi concentrarsi dove si vede più gente.
Roma. Magari il centro di Roma, in mezzo alla settimana, perché nel week-end ci sono tante persone che passeggiano in compagnia, ma spesso si fermano semplicemente a guardare le vetrine, poi entrano, fanno i loro acquisti… niente da sentire.
Quanti sono al telefono… Quello lì col giubbino grigio mantiene un tono di voce alto, urla senza essere arrabbiato. È di quelli che vogliono far sentire gli affari propri agli altri. Chissà cosa faranno mai poi… Non è interessante.
I due in giacca e cravatta davanti al bar? No, parleranno sicuramente di problemi al lavoro. Noiosissimo.
I due ragazzini in tuta… forse forse… no, sono ancora troppo piccoli, ci sono le mamme davanti.
Oh! Ecco... Trovato... Laggiù, dall'ingresso della biblioteca, stanno uscendo due ragazzi abbondantemente sopra i vent'anni.
Uhm… ridono… E dopo una giornata in biblioteca cosa si può fare se non ridere? Jeans, scarpe da ginnastica, zaino e borsa. Ci saranno i computer dentro. Un ragazzo e una ragazza. Non hanno l’aria della coppietta. Avranno una conversazione eterogenea, non prettamente femminile, né esclusivamente maschile… Bingo, ho trovato ciò che cercavo…

 
«… Il problema è che non ne posso più di questo pc. Alla fine bisogna formattarlo troppo spesso... Io non ho voglia di imparare a farlo e quindi ogni volta devo portarlo al centro di assistenza. Se non fosse che dovrei ricominciare da capo e dimenticare quelle quattro cose che so, comincerei a pensare che forse, in cambio di un rene, potrei comprarmi un portatile Apple.» dice la ragazza, sistemandosi meglio la lunga tracolla.
«Un che?!»
«Un Apple
«Cioè?» Chiede lui, per niente in imbarazzo.
Lei strabuzza gli occhi, con aria divertita «Pietro, come cioè! Un Mac! Hai presente? Bellissimi esteticamente, decisamente costosi, con la meletta mordicchiata sul davanti…Quelli che noi comuni mortali non possiamo ancora permetterci e che, con l’aria che tira, mi sa che non potremo permetterci mai… » conclude ridacchiando.
«C’è poco da ridacchiare... In effetti la mela stilizzata si impone più del morso stesso... Emma, ma quale Apple... I Bite, idiota!» dice Pietro, prendendola in giro.
Silenzio.
Emma guarda l’amico con occhi sgranati e inespressivi.
E poi…
 
Panico. Panico. Panico. Vedo il vuoto nella sua testa.
 
«Che ti prende? Ti sei sconvolta? » domanda Pietro alzando un sopracciglio.
«…No…no…certo che no… Ehm… perdonami, so che non è il massimo sentirselo dire, ma stavo pensando ad altro… Scusami... Sta arrivando l’autobus. Io scappo a casa, ho una fame da lupi e sono stanca. Dovrei anche telefonare a Viola. Ci vediamo domani. Tanto io non schioderò da quei documenti!» gli dice, avvicinandosi alla strada e, con lo sguardo rivolto verso l’autobus che si avvicina, solleva appena un braccio per chiamare la fermata.
«Sì, sì… Tranquilla. Non mi offendo. Ciao e a domani!» risponde Pietro, scuotendo il capo bonariamente.
 
Sì, interessante, decisamente... Emma… La guardo ancora un po’, la metabolizzo e vi racconto…
 
Per fortuna Emma si era ripresa all’ultimo e ci era riuscita perché in fondo aveva detto la verità.
Pietro non aveva dato più di tanto peso alla cosa e poi evidentemente lo sapeva che Emma diceva sempre senza remore quello che pensava. Altrimenti stava semplicemente zitta.
Salì sull’autobus che l’avrebbe riportata a casa. Tirò fuori dalla tasca il lettore mp3, srotolò le cuffiette, se le mise e lo accese. Generalmente a quel punto spegneva il cervello.
Negli ultimi giorni però faticava a farlo, perché c’era sempre un’ombra. E quel giorno era decisamente peggio degli altri…
Adesso basta, che diavolo significa! Sto impazzendo? Sono ammalata?
I Bite… ma chi l’ha mai sentito!!! I Mac si chiamano Apple, accidenti! Apple, Apple, Apple, Apple!
Questi non sono vuoti di memoria… Io non dimentico, semplicemente ricordo e conosco cose diverse, leggermente diverse. Cose decisamente marginali però! Almeno per il momento… Oddio… che devo fare? Forse dovrei parlarne con qualcuno…

Il cuore in gola.
Si sentiva un po’ soffocare dentro quell’autobus. Non le capitava neanche in estate quando era pieno zeppo… Si sentiva la fronte scottare…
Un attacco di panico? E se svengo? …Calmati… Respira lentamente… Leva le cuffie… Ascolta le gente sull’autobus… Non ti estraniare… Sono tutti tranquilli. Anche tu devi stare tranquilla…
La vista del Colosseo dal finestrino fu provvidenziale in quel momento.
Alcuni turisti seduti davanti spalancarono la bocca in grandi sorrisi, mentre esclamavano in modo concitato la loro meraviglia. L’autobus si fermò e loro scesero contenti con le macchinette fotografiche in mano.
Emma pensava sempre che l’emozione che si doveva provare nel vederlo per la prima volta, a lei era proibita per sempre.
Era nata a Roma e fin da piccola aveva corso sui sampietrini, intorno al primo anello dell’ellisse monumentale. Non c’era novità.
Si nutriva però dell’emozione degli altri ed a volte, se nella metro c’era qualche viaggiatore palesemente diretto lì, si sbrigava ad uscire prima di lui per guardarlo in faccia quando varcava i tornelli e si trovava i fornici maestosi a pochi metri di distanza. Si sentiva fiera.
I battiti erano rallentati.
In fondo sono sempre la stessa… Adesso torno a casa e cerco un po’ su internet…
Anzi prima faccio una lista delle stranezze che ho notato in questi giorni. Poi sul web dovrò accertarmi del fatto che siano strane solo per me.
Sì e poi, se sono strane anche per altri, entro a far parte di una qualche setta new age e mi convinco che tutto il mondo è sbagliato per piccoli dettagli insignificanti e che solo "noi illuminati" possiamo leggere il nuovo "verbo"…
Uhm… Perlomeno ho ancora un po’ di orrore di me se riesco a deridermi da sola…
Dopo aver appurato questo e se il numero me lo consente, posso anche cercare di capire se nelle divergenze c’è un comune denominatore.
Affrontare il problema e cercare di gestirlo con metodo scientifico! Laurearmi e portare avanti diversi progetti di ricerca senza futuro, oltre a farmi guadagnare due lire becere e incerte, senza soddisfazione ed alcuna aspettativa, perlomeno mi portano istintivamente a pianificare ed organizzare un insieme caotico di informazioni…
Come affrontare le turbe psichiche con metodo e professionalità… Fantastico, la John Nash dei poveri!
Ok… Per il momento devo partire dal presupposto che non sono schizofrenica! Se nel corso degli eventi la situazione dovesse peggiorare dovrò cominciare a pensarci…
Potrei essere malata sul serio però…
Stop! Altrimenti mi ritornano le palpitazioni, meglio concentrarsi sulla lista.

Così Emma iniziò nella sua mente a dare corpo e nome a quei piccoli dettagli che l’avevano turbata, ma ai quali aveva cercato di dare poca importanza, seppellendoli nella memoria con la speranza di non trovarsi nella necessità di affrontarli.
In fondo capita a tutti di agitarsi un po’ per qualcosa, di mollare l’osso, di aspettare che le cose si risolvano da sole. A volte questo succede, a volte no, e allora bisogna rimboccarsi le maniche.
Arrivata a casa si liberò la giornata di dosso, si mise in tuta, accese il pc e le casse, fece partire la corale di Beethoven in sottofondo, perché le desse carica e perché le tirava sempre su il morale.
Si accoccolò a gambe incrociate sull’ampia sedia girevole, davanti alla scrivania.
Temperò una matita nuova, prese la gomma da cancellare e scelse accuratamente un quaderno nuovo tra quelli che custodiva da secoli in attesa di un’occasione sufficientemente particolare.
Da quando era bambina adorava la cancelleria: penne, matite, gomme, fogli colorati e non, quaderni… I più belli li metteva nel cassetto e li tesaurizzava per usarli nelle occasioni “speciali”. Alcuni bambini per non consumare, sprecare o finire le cose che amano di più, alla fine non le usano mai e crescono.
Emma teneva ancora quelle cose, le aveva portate con sè anche quando era andata a vivere da sola.
Forse l’aveva fatto perché ci era affezionata o forse perché pensava che le occasioni “speciali” per usarle potevano sempre arrivare.
La differenza maggiore tra lei ed i suoi coetanei era questa: si dice che tutti a volte dovrebbero far uscire il bambino sopito dentro di loro, ma Emma alimentava nella parte più profonda ed intima di se stessa sogni infantili e non doveva risvegliare nessuno, perché quel qualcuno era desto e continuava a nutrirsi degli input che gli forniva la realtà.
Iniziò dalla data: "Roma, 12 ottobre 2006".
Cominciò quindi a scrivere la sua lista.
Poi cliccò sull’icona del browser e si aprì la home page di Google, che fortunatamente era ancora lui.
Accese una sigaretta ed iniziò ad inserire uno ad uno tutti gli elementi dell'elenco...
Radio Ga Ga. I Queen non l’avevano mai scritta, tutte le altre sì, ma quella no. Emma aveva tutti i CD, l’aveva sempre ascoltata, ma ora quella canzone semplicemente non esisteva più, cancellata dall’elenco di brani sul retro della custodia originale e dal mondo. 
L’ Atac non era mai esistita. Sembrava che il servizio dei mezzi pubblici di Roma avesse cambiato molti nomi nel tempo, ma che fin dal 1944 si chiamasse TPR, Trasporto Pubblico di Roma. Le linee erano le stesse, le metro erano due, anche i numeri degli autobus ed i loro percorsi rimanevano inalterati, ma sui biglietti e le tessere c’era il logo TPR, che Emma non aveva mai visto…
Psycho. Alfred Hitchcock per fortuna c’era, ma niente sul suo film più famoso… In casa Emma non riuscì a trovarne neanche la vecchia videocassetta che era sicura di possedere… 
Impiegò un po’ a verificare che tutti gli elementi del suo elenco non sembravano essere mai esistiti. Al loro posto in alcuni casi ne trovò di nuovi…
L’assurdo era che, cercando le notizie relative sul web, si leggeva ad esempio: “Il 9 agosto 1944, con la fine della dittatura fascista, l’azienda per il trasporto pubblico prese il nome di…ecc.”.
"Fascismo"... Perché i capisaldi della storia, gli eventi drammatici e non che avevano cambiato e plasmato il mondo attuale non sembravano essere diversi da quelli che Emma aveva sempre studiato o conosciuto?
Insomma, svegliarsi una mattina e scoprire che l’undici Settembre era una data che non diceva più niente a nessuno o che il tentativo di assassinare Hitler era andato in realtà a buon fine, in fondo non sarebbe stato poi così male…
Ma tutti quei dettagli poco rilevanti… Che cosa significavano?
Differenze trascurabili. Questo è l’elemento comune.
Nella mia vita non è cambiato nulla. Continuo a fare il lavoro che facevo fino a pochi giorni fa. La mia casa, i miei amici, i miei genitori, il loro carattere, la mia città, la mia quotidianità… tutto uguale. Io stessa ho impiegato tempo a notare e collezionare le stranezze che però per gli altri sono la normalità.
Il pesce fuor d’acqua sono io.
Tuttavia, se volessi ignorare queste differenze, la mia vita potrebbe procedere tutto sommato ugualmente: magari mi dispiacerà perché non potrò mai più rivedere la scena dell’accoltellamento nella doccia, ma in fondo non mi ammalerò per questo, né potrò morirne…

Squillò il telefono.
«Ehi, ciao! Scusami, ma ero a pezzi, calcola che devo ancora cenare, ti avrei chiamato tra poco, per fare due chiacchiere mentre mangiavo… ma che ore sono? … Cavolo! Mamma mia, non me ne ero proprio resa conto! Stavo controllando sul pc alcune cose che non mi tornavano…»
Ed ancora una volta Emma disse la verità, anche se Viola capì tutt’altra cosa.
Disincastrò le gambe incrociate e scese dalla sedia stiracchiandosi, poi si diresse verso il frigo, mentre continuava a chiacchierare. Si preparò due toast e si sedette sul tappeto davanti al basso tavolino del soggiorno, con la schiena appoggiata al divano.
«Ma dai?! Che tristezza, ma non è riuscito a tirare fuori niente di meglio?!»
Sghignazzavano.
«Senti, rimanendo in tema di domande idiote, ora te ne faccio una io. Mi sto lentamente bruciando il cervello quindi cerca di assecondarmi, ti prego. Ovviamente puoi ricoprirmi di nuovi e fantasiosi insulti dopo avermi risposto sinceramente! Allora. Quanto sarebbe diversa la tua attuale esistenza se i Queen non avessero scritto Rad… ehm… We are the champions, per esempio?» Viola non poteva conoscere Radio Ga Ga, come Pietro non conosceva laApple… Era proprio questo il punto… «Uhm. Quanto pensi che questa cosa potrebbe in generale influire sul mondo? … Uhm. È la stessa cosa che ho pensato io. Insomma, il numero di vite umane sarebbe lo stesso in fondo… A meno che, per esempio o per assurdo, qualcuno con l’intento di suicidarsi abbia poi deciso di non farlo solo ascoltandola… Sì, ok, sto delirando. È arrivato il tuo momento di farmi domande sulla mia sanità mentale.»
Emma rise alla risposta dell’amica e proseguì.
«Sì. Mi sa che hai ragione, è arrivato solo il momento di andarmene a nanna! Ci sentiamo domani... buona notte.»
Era distrutta, ma non aveva tanta voglia di andare a dormire.
Ultimamente il sonno sembrava stranamente non rilassarla, sebbene fosse molto profondo, forse troppo profondo.
La mattina con la sveglia aveva sempre una sensazione di novità, come se in realtà fosse un giorno particolare e non fosse necessario alzarsi presto… Poi apriva gli occhi e smarrita le sembrava di non riconoscere la sua casa. Durava tutto poche frazioni di secondo. Dopo però sgusciava lentamente dalle coperte e la giornata si avviava come sempre.
Anche queste fastidiose sensazioni erano iniziate più o meno insieme a tutte le altre stranezze.
Però doveva dormire… perché non riusciva più a ragionare tanto lucidamente e rischiava di aggrovigliarsi in ipotesi sconclusionate e poco utili.
Aveva bisogno di pensare ad altro e lesse, lesse tanto.
Nascose se stessa e dimenticò se stessa, immersa nelle parole di Dickens, in un mondo passato pieno di personaggi vivi e veri, ma incredibilmente mai esistiti in questa dimensione.
Non c’è altro modo di abbandonare questa realtà se non attraverso le pagine di un libro, che sono il rifugio protetto, la dimensione parallela priva di rischi, diversa e sconosciuta ogni volta che ci si accinge ad una nuova storia. Dimensione parallela…
Quando però Emma spense la luce, non riuscì ad evitare l’ansia che, in momenti difficili, attanaglia quando si chiudono gli occhi e di considerazioni da incubo ne fece fin troppe, finché quello strano sonno non la avvolse, schiacciandola sul fondo di un oceano senza luna, fermo, profondo, freddo, lontano e sconosciuto…

 
 
Ok… sei qui… Curiosità? Ma anche no! Ad ogni modo, perdonami se ti aspettavi di vedere uno spiraglio Ohba/Obata! Proprio per questo, se ti interessa ancora (ne dubito), posterò il prossimo capitolo oggi pomeriggio stesso e quello spiraglio ci sarà!
Adesso puoi anche insultarmi ;)
 
Aggiungo queste righe a distanza di tempo dalla pubblicazione di questo primo capitolo.
Questa storia è più o meno collegata alla one shot "Elle...E se tenesse sotto controllo te...", che fu la prima cosa che scrissi su questa vicenda, poi evolutasi in questa storia.
Ho notato che il racconto continua ad avere un sacco di visite, nonostante sia pubblicato da tempo e quindi devo correre ai ripari: quel racconto è solo un delirio sospeso, non necessariamente le cose che vi avvengono succederanno nella storia completa, anche se il racconto è effettivamente inserito nel bel mezzo della trama. Probabilmente ci saranno cose da eliminare, da aggiungere, dialoghi da riscrivere o forse addirittura tutto quello che succede non accadrà o accadrà in modo diverso o magari i personaggi non risulteranno simili...
Questo perchè quella fu la prima cosa che scrissi, senza avere un'idea chiara del personaggio di Emma, nè dell'evolversi preciso degli eventi o del rapporto intimo di L con lei...
Quindi, se lo vuoi leggere (ma anche no!), sappi che nelle linee generali contiene spoiler, ma che potrebbe contenere anche spoiler fasulli!
Detto questo, mi tolgo dai piedi, finalmente! ;)

Grazie comunque di aver letto!!
 

Eru

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Capitolo 2
*** 2. Death Note ***


Eccolo… Ma sei veramente qui al secondo capitolo???!! Be’…Grazie infinite!!
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

2. Death Note

 
«Che si organizza domani sera?» Disse Pietro, accartocciando la carta del panino che aveva appena finito di mangiare.
«Non ne ho idea. Ma facciamo qualcosa perché ho una gran voglia di divertirmi! Niente birretta e quattro chiacchiere! Mi hanno detto che c’è un locale dove in gruppo puoi giocare con delle pistole tipo laser e fare la guerra!» Rispose Emma, entusiasta.
«Uhm. Non è che mi attiri tanto, l’avrei buttata più sulla serata tranquilla…»
«Che strazio che sei! Ma dopo una settimana passata a scartabellare documenti e pubblicazioni che altro ti ci vuole di così tranquillo?!» Commentò lei sospirando.
«Magari avrai pure ragione, ma è un periodo che sono stanco e di fare la lotta non è cosa… Io non lo so tu come fai, a volte mi sembra di parlare con un ragazzino di sedici anni. Beata te!»
«E meno male che ti capita solo qualche volta! Sì, sedici anni, però posso tornare a casa all’alba e non devo avvisare nessuno. È il massimo no? E dai, vecchione, come fai a resistere senza giocare! Ah già, tu sei quello di Warhammer… E ti stimo. A proposito, all’ultima fiera c’era uno stand di Warhammer, mi ero dimenticata di dirtelo! … In effetti ognuno ha il suo… di “gioco” intendo!»
«Appunto!»
«Caffè?» Chiese Emma, alzandosi.
«Assolutamente sì! Oggi è il turno mio!»
Emma e Pietro avevano mangiato un panino sulle panchine dei giardinetti di piazza Venezia. Era una bellissima giornata, col cielo azzurro e terso ed il sole caldo, era ottobre.
Si avviarono verso il solito bar, quello un po’ triste, ma più di quartiere.
Dopo si rinchiusero di nuovo nel silenzio del loro lavoro.
Be’ in fondo anche questo è un modo per non pensarci…
 
Il monitor si era spento, toccò il mouse e riapparse la pagina di word su cui stava lavorando.
Ricominciò ad appuntare tutti i dati che aveva trovato prima della pausa pranzo e ci mise parecchio, perché erano veramente tante cose. Buona parte del pomeriggio passò senza che lei se ne accorgesse…
Quando ebbe finito, riprese a spulciare il periodico che aveva davanti.
Dopo un po’ trovò qualcos’altro che le interessava e che doveva nuovamente essere annotato. Alzò gli occhi ed era partito lo screensaver.
Ma chi cavolo è questo!
Sullo schermo, per qualche secondo, rimase l’immagine di un personaggio sconosciuto…
Poi si dissolse e dal basso la foto nota dell’ultima vacanza a Londra si posizionò al centro del monitor…
Emma drizzò la schiena poggiandola allo schienale della sedia e sollevò lo sguardo.
Pietro a testa bassa di fronte a lei continuava a sfogliare indici.
Qualche ticchettio qua e là di tasti.
Un colpo di tosse.
Riabbassò gli occhi ed aprì la cartella delle immagini caricate appositamente per lo screensaver.
Aveva scelto le più belle e le più assurde, così poteva godersele casualmente più spesso e in fondo continuare a “giocare” anche mentre lavorava. Charlot ed il monello, la linguaccia di Einstein, lei e Viola adolescenti con un paio di occhialoni di plastica super fashion e super colorati davanti ad una bancarella di Granada, Hawl ed il suo folle castello errante, Jhonny Depp nelle vesti del grande Willy Wonka, Capitan Harlock… e poi… e poi quel perfetto sconosciuto!
Era certamente il personaggio di un qualche cartone animato, di un anime… ma quale?
Seduto a gambe incrociate, appoggiato alle braccia che teneva distese dietro, capelli scuri, cortissimi ma scompigliati sotto il cappuccio di una felpa nera, sul viso l’ombra appena accennata di una barba non rasata quotidianamente, espressione stanca e sorrisetto ironico. Non era male… ma chi diavolo era?!
Emma rimase un po’ a fissarlo, poi prese il portatile e lo girò verso Pietro rimanendo in silenzio.
Lui alzò la testa e osservò per qualche istante lo schermo. Poi rivolse lo sguardo su Emma che lo osservava seria.
La scena era un po’ buffa: lei tutta presa, con gli occhi tondi tondi. Pietro con la bocca fece la strana smorfia di chi sta per ridere e bisbigliò.
«Siamo proprio arrivati eh!» Normalmente, in una situazione come quella, sarebbe potuta scattare la risata isterica da stanchezza, incentivata dal fatto che semplicemente non potevano farlo lì dentro.
Allora Emma prese lo stesso registro di Pietro e serrò le labbra come per contenersi, poi avvicinò ancora di più il computer verso di lui, per incitarlo a dire qualcosa.
«Ancora? Vuoi gli applausi? Mezzo milione di teenagers se l’è appeso a grandezza naturale sulla porta della camera. L’altra metà ha pensato che fare il ladro fosse una vera forza! L’ho pensato pure io…»
Quel tizio disegnato era un personaggio abbastanza famoso da essere conosciuto anche da Pietro, che non era appassionato di manga e anime…
Non si tratta allora solo di semplici differenze o assenze… C’è anche qualcosa in più… Soprattutto qualcosa che mi piace, se l’ho scelta per lo screensaver… Questa sì che è mancanza di memoria… Riguarda i miei gusti, le mie passioni, insomma la mia vita!
Non ho la più pallida idea di chi sia un personaggio apparentemente stranoto dei fumetti che, a quanto pare, io stessa dovrei adorare!

Emma si riavvicinò il pc e glissò le parole di Pietro.
Continuò invece a smanettare tra tutte le foto. Non sembravano esserci altre new entries…
Non poteva continuare però. Se si incastrava in quel modo non avrebbe combinato niente e si era prefissata di finire di controllare quei volumi per chiudere quella settimana. Era molto metodica in questo.
Cominciò allora a scribacchiare le annotazioni, senza molta concentrazione però.
Poi riprese a cercare nel libro e riuscì a dedicarsi con più attenzione.
Passò poco più di mezz’ora. Non vi aveva trovato nient’altro di utile e mise via il testo.
Aprì il successivo.
Dopo un po’ risollevò lo sguardo sullo schermo e, pur sapendo che era meglio non farlo, attese che il personaggio per lei senza nome riapparisse…
Eccolo…
Chissà se sul computer fisso di casa aveva qualcos’altro su di lui…
Basta! Non c’è verso di continuare! Cosa succederà mai se questi volumi li controllerò lunedì? Poche ore non mi cambieranno la vita, la scadenza di consegna è abbastanza lontana ed io ho già fatto buona parte del lavoro!
Salvò i dati e poi si rivolse a Pietro.
«Io abbandono un po’ prima oggi. Sono lessa, il venerdì si fa sentire più del solito.»
«Fai bene. Anche io sarei tentato, ma dato che lunedì mattina arriverò più tardi ed il pomeriggio qui sarà chiuso… Ora continuo ancora un po’ e vedo.»
«Ok. Allora ciao, in caso ci si sente per domani sera.»
 
Quando uscì era già quasi buio e faceva un po’ freddo. Sistemò meglio la sciarpa leggera, infilò le cuffiette, si accese una sigaretta e si incamminò verso via del Corso, con la musica ad alto volume nelle orecchie.
Imboccò una stretta traversa a destra ed entrò in fumetteria.
Come faceva a trovarlo lì in mezzo? Ci saranno state centinaia di serie… Non poteva neanche chiedere perché non conosceva il titolo… Forse era stata una perdita di tempo.
Cominciò comunque a guardarsi intorno. Andò dove si trovavano le serie più note, quelle che venivano ristampate più volte anche con veste migliore. Naruto, Bleach, Angel Sanctuary… Ok, queste se le ricordava tutte, nulla di nuovo… poi… He! Felpa nera, viso stanco…
Eccolo… E’ lui… Cavolo, è proprio famoso…
Più in alto c’erano tutti i volumetti in fila, dovevano essere 13 in tutto. Prese il primo volume. Lo sfogliò delicatamente. Sembrava un po’ noir, bellissimi ed accattivanti disegni. Le sarebbe piaciuto. Lo avrebbe quasi comprato, se non ci fosse stata tutta quella assurda situazione… ma lo rimise apposto e uscì…
Sembrava un po’assente mentre se ne ritornava indietro, stanca, ma avvolta da un turbinio di pensieri che i più attenti avrebbero percepito non sereni.
Non camuffava gli stati d’animo, non era intenzionata a farlo, non ci provava nemmeno, mai.
Non le importava.
Emma non ci pensava e non lo sapeva, ma in quel momento era stranamente e particolarmente bella.
Sguardi inavvertiti di uomini e donne accompagnavano la sua figura alta e sottile, catturati per qualche breve istante da un qualcosa che nemmeno loro sapevano spiegarsi.
Non c’era nulla di appariscente, di studiato o bello in quello che indossava. Jeans scuri, un po’ scoloriti per i troppi lavaggi, leggermente cedevoli e affusolati si appoggiavano morbidi sulle scarpe da ginnastica di camoscio verde scuro. Un cappotto di velluto nero, leggermente ampio, le arrivava un po’ sotto le ginocchia ed era coperto da uno sciarpone, avvolto ripetutamente intorno al collo, ma ancora lungo fin oltre le tasche. I lunghissimi capelli, scuri e morbidi, erano raccolti disordinatamente in alto con una matita e ciocche molli e lievemente curve ricadevano sulla schiena e le incorniciavano il volto ovale e pallido. Gli occhi non avevano un filo di trucco, ma erano grandi e, con la poca luce della sera, sembravano quasi grigi.
 
Quando arrivò davanti alla porta di casa, sfilando le chiavi dalla borsa le cadde a terra il cellulare. C’erano una chiamata persa ed un messaggio di Viola. Entrò e chiuse a chiave la porta dietro di sé. Si tolse il cappotto e la borsa e prese il telefono di casa.
«Ehi, ciao. Scusa, ho visto ora che mi avevi chiamato, ma avevo dimenticato la suoneria spenta da quando sono uscita dalla biblioteca. … Un aperitivo eh? Non lo so, sono rientrata ora e sono veramente a pezzi, mi sa che stasera passo… Non vado neanche agli allenamenti. Ho bisogno di una doccia, di mangiare e piazzarmi sul divano a leggere… Tu esci? … Allora magari ti chiamo dopo cena  e chiacchieriamo. Ok allora a dopo»
Si infilò sotto la doccia.
Era vero che era stanca, ma in verità voleva stare da sola, perché non poteva proprio parlare con nessuno di quello che le stava succedendo… Voleva continuare a ragionarci e doveva, purtroppo, farlo in solitudine.
Con l’acqua calda che le scorreva addosso pensava.
C'è una serie di cose che sembra aver cambiato “etichetta”, tipo la Apple che è diventata Bite.
Ce ne sono altre che non sembrano mai essere esistite.
Col fumetto di oggi ho scoperto che ce n’è almeno una completamente nuova per me, almeno ora, ma dalle tracce che mi circondano è evidente che c’è stato un momento in cui la conoscevo.
Il sonno ed il risveglio mi creano uno strano stato confusionale… Comincio a credere che anche quest’ultimo disagio sia collegato al resto. Tutto è cominciato su per giù nello stesso momento. C’è una cesura temporale precisa…
Mi sto incastrando.   È
  da ieri sera che non penso ad altro… Ma che cavolo sto facendo?
Quando uscì dal bagno, con l’asciugamano addosso ritelefonò subito a Viola.
«Ho cambiato idea! Che cosa sto a fare da sola a casa! Carpe diem, giusto? … D’accordo, il tempo di mettermi qualcosa addosso. Allora aspetto che mi fai lo squillo. A tra poco.»
Tutto questo era molto da Emma.
 
Si divertirono e la serata passò. Anche il sabato trascorse. E Emma non pensò. Poi però arrivò la domenica.
Era mattina tardi ed alla tv stavano mandando i cartoni animati quando Emma, intorpidita, mise su la macchinetta del caffé e fece colazione col pane e la marmellata.
Quando la puntata finì, spense la televisione e telefonò a casa dei genitori.
«Ciao, che fate? … Ah bravi, salutatemeli. … Sì sì, ce l’abbiamo anche fatta ad organizzare la serata: ci siamo andati e ci siamo divertiti tantissimo, anche Pietro che era scettico. … No, domani mattina sarò rinchiusa come al solito lì dentro, però stavo pensando di venire a pranzo, visto che in biblioteca avranno una riunione e nel pomeriggio chiuderanno. Tanto poi ho solo gli allenamenti in serata, quindi posso rimanere e chiacchieriamo un po’. … Ok, allora ti lascio uscire, se no papà ti sbrana. A domani. Ciao mamma.»
Accese il pc e selezionò una manciata di brani da ascoltare.
Mise il latte e la marmellata in frigo ed il resto nel lavandino. Ritirò i panni dalla lavatrice e li stese.
Poi si guardò intorno. C’erano i vestiti di tutta la settimana poggiati qua e là. Osservò gli abiti sullo stendino. Erano sufficienti. Tirò su le spalle e si andò a lavare.
Forse ora la mente era più pronta.
Si appollaiò come al solito, a gambe incrociate sulla sedia, sistemò grossolanamente uno sopra l’altro i volumi aperti e le carte che stavano sopra la scrivania e sul pc aprì la cartella ricreazione, dove teneva tutto ciò che le piaceva e che contribuiva a rendere la sua vita piena e divertente, al di là degli affetti, di tutti gli interessi che la colmavano, delle vacanze… Aveva una cartella apposita.
All’interno c’erano altre cartelle divise per genere: foto divertenti, testi canzoni, costumi carnevale, teatro, immagini anime, disegni miei
Trapelava lo stesso modo di approfondire, lo stesso sistema analitico e lo stesso rigore che la caratterizzava in tutto, nello studiare, nel lavorare, nel leggere, nel prendere appunti…
Eppure non era affatto ordinata.
Metodo e ordine non sono necessariamente legati.
Come aveva supposto c’erano altre due immagini di He, oltre quella caricata sullo screensaver del portatile, ma erano sciolte, buttate nel mucchio di quelle isolate che salvava disordinatamente tutte insieme, perché troppo esigue per essere raggruppate sotto un comune denominatore. Dunque quel manga le piaceva…
Era inquietante dover fare considerazioni del genere su stessi, come se si dovessero trarre conclusioni sulla personalità di qualcuno che non si conosce e lo si dovesse fare senza poterci parlare, ma solo sulla base di quello che si trova in casa sua mentre lui non c’è.
E comunque sì, quel manga le piaceva, anche se non così tanto come…
Si aprì l’avviso di dialogo di msn.
In realtà non era una gran fan della comunicazione on-line in tempo reale, ma messenger era l’unica cosa a cui aveva ceduto ormai da qualche anno. Era infatti il solo modo di rimanere in contatto con persone che non voleva assolutamente perdere nella sua quotidianità solo perché vivevano dall’altra parte del mondo.
Bastava una mano per contarle: Misao, che viveva a Tokyo ed aveva fatto uno stage in Italia mentre faceva l’università, e gli amici londinesi che rivedeva ogni volta che partiva con i genitori per la terra natale di sua madre, la vecchia Inghilterra.
 
Misao scrive: Ciaooooooooo! Risorgo ora da due settimane incredibili, il prof. ci ha ucciso con la preparazione di quel convegno!
Emma scrive: Ehiiiiiiiii! Com’è andato?

Da quando si era laureata, Misao collaborava con il suo professore ed Emma faceva il tifo per lei.
Misao scrive: Molto bene, ma ero tesissima, avevo anche pensato di kiederti qualche consiglio, ma il tempo è stato così poco…
Emma scrive: No, che peccato! Mi trovi sempre pronta per qualke cavolata per tirare su il morale

Misao scrive: Sei sempre la solita! A parte quello ke penso io, ke altro dovrebbe dirti il prof., oltre quello che ti ha già detto, per farti capire ke sei un elemento molto prezioso!!!

Misao scrive: Ci sei?
Emma scrive: Scusa, sto controllando un attimo una cosa…
Misao scrive: Ok. Approfitto anch’io. Mi sta squillando il telefono. Rimani in linea comunque
Emma scrive: Ok

 
Solo dopo il primo scambio di battute Emma aveva notato che il nome con cui compariva su msn era semplicemente il suo.
Quando aveva creato l’account le era piaciuta l’idea che lì poteva inventarsi qualunque cosa, che non era vincolata ai dati anagrafici. Ad assidui frequentatori di chat, forum e simili questo potrà sembrare sciocco o ovvio, tuttavia l’attenta valutazione di un nickname appropriato è comune a tutti. Così Emma aveva optato senza dubbi per il nome del suo personaggio preferito e da allora non l’aveva mai cambiato, perché ormai tutti la riconoscevano con quello, perché in alternativa avrebbe messo semplicemente il suo nome vero, in mancanza di un ulteriore valido sostituto, e soprattutto perché in fondo adorava ancora quel personaggio che come un mito adolescenziale non riusciva a tramontare.
Quel nickname era semplicemente L.
Sapeva di non essere originale in questo, ma bisogna esserlo?
No.
E quel nickname ora non compariva, al suo posto c’era semplicemente Emma.
Si accese una sigaretta, si alzò ed aprì la finestra quel tanto sufficiente a far uscire il fumo e poi si rimise alla scrivania.
Tornò immediatamente alla schermata della cartella ricreazione e fece caso a ciò che non aveva ancora avuto il tempo di notare…
Tutti i files su Death Note, il suo manga preferito, le immagini più belle, le scans di tutti i volumi, che si trovavano solo su internet perché in Italia era appena uscito in edicola solo il primo volume, tutto quanto era sparito.
Non c’era proprio più la cartella in cui Emma aveva raccolto tutto.
Allora si alzò di nuovo e andò lentamente verso le mensole dove teneva i libri “no studio / no lavoro” ed i fumetti…
Niente… 
A quel punto sussurrò «No… non c’è… Da quando… come ho fatto a non accorgermene…».
Ma in fondo non era così strano che non l’avesse notato prima.
Sugli scaffali ci sono sempre dei volumi, ma non si controllano costantemente. Semplicemente sono lì, insieme agli altri, attaccati agli altri, al massimo se ne può distinguerne il colore o il formato diverso, se per caso ci cade lo sguardo. Quando se ne aggiungono di nuovi magari si riordinano un po’ le mensole e allora si ricordano anche gli altri, quelli che stanno lì da tempo, che sono sempre rimasti lì, in vista, ma non visti.
Ma affianco alle altre serie, l’edizione americana diDeath Note, faticosamente collezionata, non c’era veramente. Non era semplicemente passata inosservata per un po’.
C’era He però.
Emma ne prese un volumetto con un sorriso mesto sulle labbra e, guardandolo, mormorò.
«Ti sono pure andata a cercare in fumetteria e invece eri qui, uno sconosciuto in casa mia, al posto di Death Note
Chi diavolo sei tu? … »
Poi alzò lievemente il tono della voce.
«Chi sei?! Io non ti conosco!! Io non ti voglio!!! Sparisci!!»
Lo lasciò cadere e si accasciò a terra sconsolata.
No. Non Death Note.
Ma insomma, che tristezza un mondo senza Death Note… il mio mondo senza Death Note

Scoppiò a piangere.
Sarebbe troppo sciocco pensare che piangesse per un fumetto.
Piangeva perché fino a quel momento non l’aveva fatto.
Piangeva perché aveva paura, perché non capiva, perché non sapeva cosa pensare, perché quella era stata la goccia.
Perché ora doveva per forza accettare che tutte quelle stranezze, oggettivamente trascurabili, non erano più tali. E non lo erano non perché avrebbe dovuto fare a meno del suo manga preferito, sostituendolo con un altro.
Il punto era un altro.
Doveva forse pensare che tutto il tempo passato a leggere le scans del manga, quello impiegato a cercare di acquistare l’edizione americana on line e nelle fumetterie di Londra, quello trascorso ad attendere che uscisse il numero successivo e quello passato su internet a cercare curiosità, aneddoti, novità, quello  passato a chiacchierarne con Misao, che l’aveva spinta a leggerlo dopo la prima uscita in Giappone, doveva pensare che tutto quel tempo non era esistito, che se l’era sognato?
Quei momenti, che potevano apparire poco importanti, erano parte della sua vita. Avevano contribuito, nella loro misura, ad impiegare parte del suo tempo. Ed il tempo è importante. Tutto il tempo è importante. Il tempo è la vita.
Doveva pensare di essere impazzita… forse…
 


Per chi non ha intenzione di insultarmi (nessuno), ecco alcune noticine:
He è una mia invenzione, lo preciso se a qualcuno dovesse essere venuto in mente che poteva trattarsi di un titolo esistente (anche se ne dubito)!
La conversazione su msn con Misao, naturalmente, è tutta in inglese, ma ho evitato di specificarlo.
Il motivo per cui Emma ha l’edizione americana di DN e non quella italiana della planet manga sarà più chiaro nei prossimi capitoli.
 
 
Grazie di aver letto!
 

Eru

 

 

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Capitolo 3
*** 3. Telegiornale ***


Posto questo capitolo decisamente presto. Ma nel futuro non riuscirò ad avere questa rapidità. Mi sembrava corretto avvisare! Sì, certo… perché tu ovviamente non aspettavi altro che leggere questa storia! …Non capisco proprio perché non riesco a fare a meno di prendermi per i fondelli da sola! ;)
Grazie di essere qui!



Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


   

3. Telegiornale

 
La situazione è questa. La scelta della conversazione in strada è stata decisamente proficua. Forse anche troppo proficua.
Si può aggiungere, senza esitazione, che mi sono interessato ad una vita difficile, ma so di avere contribuito a renderla tale.
Mi annoiavo…
Chi sono io? Per fare mente locale dovete solo tornare indietro e ricordarvi di come questa assurda storia è iniziata.
Avete capito ora?
L’onniscienza della mia posizione mi permette di andare oltre la strada del centro di Roma da dove siamo partiti.
Posso entrare nelle case ed in alcuni momenti anche nelle menti.
Diciamo che sono uno spettatore un po’ avvantaggiato rispetto a voi ed anche un po’ meno silenzioso.
Ma, come voi, non posso sapere cosa succederà domani. Perché, in questo caso, io non sono solo il semplice e canonico narratore che siete abituati a riconoscere… Ma non è ora il momento di parlare di questa cosa.
Da quel giovedì sera fuori dalla biblioteca non mi sono più staccato da lei e sono accadute un po’ di cose, in verità non tutte interessanti, ma il mio giudizio non è necessariamente infallibile. 
Nella mente di ognuno di voi si sarà scatenate una serie di sensazioni.
Il nulla? Favoloso! È estremamente costruttivo e stimolante assistere a differenti reazioni.
Addio.
Noia? Direi che non abbiamo altro da dirci, perché evidentemente a voi il mio giudizio è parso pessimo, a partire dalla scelta della persona in strada. Non c’è nulla di male, amo la diversità.
Se, nonostante le critiche, siete incuriositi, se ne può parlare.
Personalmente mi riesce difficile immedesimarmi in un essere umano che si trovi ad affrontare questo genere di situazione, quindi non ho fatto altro che osservare e filmare parte di quello che vedevo, prendendomi la briga di rendervi partecipi, tanto per non essere solo.
Se qualcuno di voi invece ha provato ad immedesimarsi, probabilmente avrà trovato qualcosa da dire.
Forse Emma pensa troppo. Forse le paranoie la imbrigliano eccessivamente. Forse dovrebbe confidarsi con qualcuno riguardo ciò che le sta succedendo, magari la sua migliore amica Viola… un bravo psichiatra sarebbe forse la cosa migliore!
Al contrario forse resiste fin troppo bene, visto quello che le sta accadendo.
Magari qualcuno penserà che non si può prendere un aperitivo così tranquillamente se ci si è appena resi conto di essere stati fan di un tizio di cui però non si ricorda assolutamente nulla.
Forse. O forse no.
Dal mio punto di vista ritengo che ognuno di questi pensieri sia accettabile, verosimile. E ritengo che siano valide anche tutte le altre opzioni che ognuno di voi avrà immaginato.
La libertà è un grande valore del genere umano, quando rispettata, e nel vostro mondo esistono attualmente circa 6 miliardi di personalità differenti, senza contare tutte quelle che sono esistite fin dalla prima comparsa dell’uomo sulla terra.
C’è un po’ di affollamento in effetti, da questo punto di vista.
Tuttavia qui stiamo parlando di Emma. E lei sta reagendo in questo modo.
La potete criticare e giudicare. È un vostro pieno diritto. Probabilmente voi reagireste diversamente e vi auguro proprio che non vi capiti mai nulla di simile per poterlo dimostrare.
Ma voi siete voi e lei è lei.
A me non interessa, per fortuna. Io guardo e mi diverto.
Io so quello che le sta accadendo, ma sono avvantaggiato, ve l’ho già detto.
Spero che tra poco lo capisca anche Emma.
Dico “spero” perché non so cos’altro succederà, ma vi ho già detto anche questo.
E dico “spero” anche perché, se continua così, dovrò pescare qualcun altro in mezzo alla strada e cominciare un nuovo gioco.
Per ora va bene, ma non vi nascondo che anche la mia attenzione ha un limite.
Quindi, se non vi dispiace, continuo a sbirciare.

 
Il segnale di avviso di msn nella stanza silenziosa.
Misao scrive: Eccomi, scusa
Emma sollevò la testa e guardò lo schermo. Gli occhi lucidi e rossi. Si alzò lentamente.
Emma scrive: Niente, tranquilla
Misao scrive: Allora, capito quello che intendo? Non sfuggire
Emma scrive: No, non fuggo. Grazie, sai sempre darmi la sicurezza quando mi manca…
Misao scrive: Io non ti do la sicurezza, cerco di ricordarti ciò che dimentichi troppo spesso!
Emma scrive: Ok, ok! Sono fortissima, bravissima, intelligentissima ed ho grandi possibilità!
Misao scrive: Umh. Il tono della voce non lo sento, ma mi sa tanto di presa in giro ...
Emma scrive: Chissà

Misao scrive:Bene, finiamola qui! Quando verrai finalmente a trovarci??????!!!!! Dovresti aver quasi finito con quel lavoro, giusto?
Emma scrive: Sì, ho quasi finito. Spero presto. Il problema, come al solito, è il costo del biglietto e l’insicurezza sul dopo. Insomma, posso permettermi di spendere un po’, ma se parto per un periodo lungo…Non lo so…
Misao scrive: Lo so…Non è facile ora che non siamo più studenti a carico, no?
Emma scrive: Già…
Misao scrive: Sai, il prof. ci ha detto che vuole affrontare la pubblicazione di tutti i dati dello scavo in modo definitivo e saremo finanziati per farlo…Dopo ci daranno i fondi per intraprenderne un altro.
Emma scrive: Ah…vi aspetta un duro lavoro allora.
Misao scrive: Sì.
Emma scrive: Già.
Misao scrive: Ci siamo capite, credo. Avrei evitato di dirtelo se non ti avessi sentito ancora così confusa all’idea di partire.
Emma scrive: Lo so. Grazie. Almeno così conosco anche la grande opportunità che potrei perdere se non vi raggiungerò, oltre a conoscere a cosa dovrò rinunciare se invece lo farò.
Misao scrive: Già. Decidere quanto conta la carriera e quale prezzo si è disposti a pagare…
Emma scrive: Già… Posso kiederti una cosa?
Misao scrive: Certo.
Emma scrive: Ho sentito che forse sta per uscire un nuovo fumetto, su Shonen Jump, dovrebbe chiamarsi Death Note e sembra che parli di un ragazzo del liceo che trova il quaderno della morte di uno shinigami, ke comincia ad usarlo ed uccide un sacco di gente…Ne sai qualcosa?
Misao scrive: Cambio netto di argomento! Eh eh eh
Sinceramente no…Sembra bello però!
Ci aveva provato… Misao ovviamente non aveva la più pallida idea di cosa fosse Death Note… E pensare che si erano rincretinite a vicenda nel parlarne…
Emma scrive: Sì,bello, l’ho pensato anch’io…Però magari è una balla…
Misao scrive: Speriamo di no. È dai tempi di “He” che io e te andiamo alla ricerca di qualcosa all’altezza!
Emma scrive: Sì infatti.
Emma sollevò gli occhi al cielo esasperata, questo dannato He si è proprio sovrapposto, accidenti!
Misao scrive: Mi informerò comunque
Ora devo uscire e ti lascio cuocere un po’ da sola
Emma scrive: Wow! Non hai nemmeno idea della confusione in cui mi lasci, ti ringrazio cara! Prima sganci la bomba e poi ti defili
Misao scrive: eh eh eh!
Emma scrive: D’accordo, d’accordo, vatti a divertire! Te lo sei meritato!!!! Ci aggiorniamo presto!
Misao scrive: Certo. Bacio

Emma scrive: Bacio
 
Fantastico!!!! Non era abbastanza!!!! Ma prego, svuotate pure tranquillamente il caricatore su questa  maledetta croce rossa!
Emma rideva, un po’ singolarmente…
Altre turbe e pensieri sul significato della mia vita! Non credo di reggerle…
Vediamo un po’ quali opzioni ho.
Uno: decidere di rischiare, mollare il mio adorato paese e tutto quello che ho, partire per Tokyo e ricostruirmi una vita, forse di successo, all’altro capo del mondo.
Due: rimanere in Italia, continuare a lavoricchiare, accontentandomi, e sperare nel miracolo, ma vivere la vita che qui amo.
Tre: andare da uno psichiatra, da uno bravo, dirgli che secondo me il miglior film di Hitchcock è Psycho, ma che lui non potrà mai vederlo perché non esiste. Raccontargli che sono assolutamente certa di aver letto un fumetto bellissimo del quale mi sono innamorata, del quale però al momento non trovo traccia e del quale la mia amica nipponica, un tempo fan sfegatata insieme a me dello stesso, non ha mai sentito parlare.
Quattro: essere internata in un ospedale psichiatrico a vita, diretta conseguenza della opzione tre.

Parlare con Misao l’aveva distratta da quel momento di abbandono e paura.
Spesso in lei il sarcasmo era riuscito stranamente a trionfare sullo sconforto ed il cinismo nei confronti di se stessa le era risultato un mezzo per definire i problemi e tentare di congelarli.
Da quando aveva smesso di ignorare Emma aveva cercato di affrontare in modo costruttivo tutto quello che le stava accadendo. Prima aveva usato la logica ed il metodo; poi, quando si era sentita esausta di ragionare, aveva cercato di riposare la mente continuando a vivere la sua vita e a godere dei divertimenti di sempre; ora tentava di prendersi gioco di se stessa.
Le soluzioni che siamo in grado di trovare da soli a volte non possono bastare. E Emma lo sapeva.
Si scherniva da sola, ma le lacrime continuavano a inumidirle le guance.
Gli orgogliosi spesso affondano perché non riescono a chiedere aiuto.
Emma però non era orgogliosa.
Cosa devo fare? Non voglio vivere in un mondo che sembra il mio, ma non lo è…
Non posso continuare da sola a cercare risposte che non credo di riuscire a trovare, ho bisogno di un confronto…
Viola… il mio angioletto dal capo dorato che ha sempre saputo tutto di me, senza giudizio…
Ma ora potrebbe capirmi? Mi crederebbe?
Sì, perché io crederei a lei… Il problema però non sarà la messa in discussione della mia buona fede… Certamente penserebbe che ogni cosa, seppure verissima per me, sia solo il frutto della mia mente. Dal suo punto di vista non è mai esistito nulla di quello che invece io ricordo dettagliatamente benissimo…
La conclusione più razionale cui potrà arrivare è che io abbia avuto qualche danno al cervello… In fondo lo temo anch’io…
Però…

Però dentro di sé, in quella parte recondita della mente che si confonde con l’istinto, Emma sentiva di non essere malata…
Intuiva vagamente che in quel momento era l’unica a vedere qualcosa che gli altri non potevano vedere e che questo non accadeva perché stava semplicemente impazzendo.
Per alcuni versi lei aveva qualcosa in più. In fondo Emma poteva leggere He e conoscerne la vicenda nel giro di poco tempo, mentre nessuno avrebbe mai potuto leggere Death Note, perché non esisteva. Solo Emma lo conosceva. E così sarebbe stato per qualunque altra novità fosse saltata fuori a rimpiazzare ciò che lei ricordava. Per Emma esistevano, o per lo meno erano esistite, sebbene in momenti diversi, entrambe le opzioni: la Apple e la Bite; He e Death Note
Death Note è esistito per me e per tutti gli altri fino a pochi giorni fa, ma ora non c’è … nella mia mente però esiste ancora… He esiste ora per tutti, ma prima non esisteva per nessuno… In momenti diversi esistono entrambi per tutti… Momenti diversi… Il tempo è il punto della questione? E se non fosse il tempo, ma lo spazio… Uhm… Non lo so… Forse dovrei partirmene davvero per Tokyo… In un luogo così lontano mi sentirò inizialmente smarrita, ma almeno ne avrò un motivo. Sentirmi così a casa mia è terribile… Devo vuotare il sacco, non resisto!
Emma prese il cellulare e chiamò Viola. Sapeva che sicuramente non avrebbe potuto vederla il pomeriggio stesso, né il giorno successivo perché l’amica non era a Roma. Le disse allora che voleva parlarle di qualcosa di importante e le chiese quando avrebbero potuto incontrarsi.
Viola non esitò naturalmente. Già da qualche giorno aveva capito che qualcosa non andava e stava solo aspettando il momento in cui Emma avesse deciso di parlargliene, perchè sapeva che se avesse chiesto, l’amica non avrebbe risposto.
«Sì, mercoledì nel tardo pomeriggio o sera per me va benissimo… Grazie… »
Aveva chiamato per sentirsi costretta a parlare. Aveva avuto un momento di risolutezza e l’aveva colto immediatamente. Ora doveva solo aspettare che passassero quelle giornate senza pensare troppo.
Non è che aspettasse di trovare una soluzione solo parlando con l’amica, che del resto non era uno psichiatra, né un neurologo, né tanto meno un guru illuminato. Sapeva però che condividere l’avrebbe portata a prendere decisioni più serie.
Pensò che fosse il caso di fare un po’di spesa. Uscì di casa così come stava, con i pantaloni della tuta, salì in macchina e si diresse verso il supermercato più vicino aperto anche la domenica.
 
Emma sta facendo parecchie cose oggi. Lo fa per occupare il tempo che normalmente invece, in una domenica di completo relax, impiegherebbe senza combinare nulla. Direi che tra il riordinare inaspettatamente casa, il cucinare qualcosa da tenere nel freezer per i momenti di emergenza, il mangiare qualcosa, il pianificare il lavoro della settimana successiva e il leggere, direi appunto che, tra queste, soltanto una cosa mi incuriosisce e ve la voglio descrivere in diretta, senza prima osservarla e metabolizzarla per poi raccontarvela…

Ora è sera e sta cedendo alla tentazione di ripensare ai suoi guai ed in fondo lo sta facendo giocando.
Ha preso il suo quaderno appena iniziato ed ha cominciato a disegnare a matita.
Sta disegnando, cercando di ricordare i tratti di qualcuno.
Dal foglio lentamente stanno emergendo i lineamenti di un ragazzo.
Fatemelo guardare bene…
Sta sfumando le occhiaie…
Credo che sia Elle…
Sì, è lui…
Vuole metterlo nero su bianco, per dimostrare a se stessa che non si tratta di un semplice vago e scolorito ricordo.
Sta cercando quindi di definirne in modo particolareggiato ogni dettaglio.
E ci sta riuscendo.
Se lo ricorda a memoria…
Ora allontana il foglio dal volto tendendo le braccia e lo osserva col capo lievemente inclinato da un lato.
«Sei proprio tu… Esisti di nuovo adesso. Dovresti ringraziarmi sai?»
Infila il foglio nello scanner, crea una cartella Death Note e ci salva il file appena scansionato.
«Sei solo soletto, ma ho bisogno di vederti, perché io so tante cose di te, troppe cose, non le ho inventate io, non ne sarei stata capace. Ho sempre pensato che fossi un personaggio incredibilmente definito e particolare. Non puoi essere scaturito dalla mia mente. Non sono pazza!»
 
Buona notte Emma.
Com’è che dite poi?
Ah già… Sogni d’oro?
So che non ne farai, di sogni intendo.

 
Intorno alle due del lunedì Emma era in strada, davanti al citofono del palazzo in cui vivevano i genitori. 
Lo scatto del portone che si apriva. L’ascensore. La porta di casa socchiusa.
«Ehiiii, ciao, dove siete?»
«Ciao tesoro, siamo di qua, il pranzo è quasi pronto» Rispose il padre.
«Arrivo, mi tolgo il cappotto e mi lavo le mani.»
Quando giunse nella sala da pranzo, trovò la tavola già apparecchiata. La televisione accesa con volume basso.
Prese il pane profumato dalla busta e cominciò a tagliarlo.
Quando le sembrò sufficiente ne addentò una fetta e si diresse in cucina per vedere se c’era altro da fare.
«Allora, che si dice? Uhmmmm…Buono! Gratto il parmigiano!»
Il papà di Emma stava portando a tavola una scodella di pasta coi funghi e la mamma stava condendo un’insalata mista.
Si sedettero a tavola mentre Emma gli raccontava gli ultimi sviluppi del suo contratto di lavoro.
Iniziò il telegiornale
In effetti da quando sono per conto mio, la tv è diventata un po’ un soprammobile… Torno sempre tardi e mi aggiorno di cosa accada nel mondo più on line che coi telegiornali e non compro il giornale proprio tutti i giorni… Be’, poco male… Alla fine mi avveleno meno, visto l’andazzo delle notizie, le differenti versioni dei fatti che ti riportano le diverse reti e le facce da copertina di plastica che ti rifilano ovunque …
«Ci sono stati aggiornamenti su quei delitti assurdi? È un po’ che non si sente niente, ma magari sono io che ho latitato un po’ in fatto di informazione… » Chiese Emma, rivolta al padre.
«Fino a ieri in realtà non hanno detto nulla. Però oggi sul giornale ho letto che sembra ci sia stata una svolta, ma si vede che la stampa ancora non è stata messa al corrente, perché la notizia punta soprattutto sul fatto che, da circa una settimana, c’è un muro da parte degli inquirenti e pare non riesca a filtrare alcun aggiornamento… »
Emma si poggiò il tovagliolo sulle gambe e commentò.
«Mah. Meglio così che l’attaccamento morboso! Però speriamo bene… Questa storia è terribile, è quasi surreale che ci sia in giro veramente un serial killer nei dintorni di Roma! Dopo tanti film e serie TV made in USA sembra impossibile che una cosa del genere possa accadere sul serio… Si è dato pure da fare questo pazzo! Anche in poco tempo! In fondo… »
Emma stava proseguendo a commentare quando il padre sollevò la mano per zittirla e le disse:
«Ecco, ne stanno parlando ora. Accidenti, il primo servizio, deve esserci stata veramente una svolta… Sentiamo!»  E alzò un po’ il volume, prendendo il servizio in chiusura…
…apporto decisivo. Quindi, come avete sentito dal nostro inviato, dopo più di tre mesi di indagini, stanotte è stato finalmente arrestato l’autore degli atroci delitti che hanno terrorizzato la campagna romana e che hanno coinvolto le forze dell’ordine a tempo pieno. Ma ora vi lascio all’intervista .
Un uomo in uniforme di alto grado dell’arma dei Carabinieri, circondato di microfoni e giornalisti esagitati.
“Come mai questa svolta repentina? Gli indizi in fondo non sono aumentati in quest’ultima settimana…”
“Una serie di ragionamenti complessi ci ha fatto leggere le prove in modo più chiaro, è normale nel nostro lavoro.”
“Sì, ma non può ignorare la voce che sta circolando. Indiscrezioni parlano dell’interessamento di qualcuno… Si vocifera da tempo che nel mondo investigativo ci sia un fantomatico detective eccezionale che risolve casi impossibili…”
“Tutto ciò è assurdo e mi rifiuto di rispondere. È una leggenda metropolitana, di basso tenore anche, incentivata da  indiscrezioni scarse e inattendibili.”
“È vero, le notizie sono scarsissime in tutto il mondo, ma ci sono. E soprattutto sono identiche in tutto il mondo.
Perché siete così reticenti? Questo ci fa pensare che Elle sia vero, che non sia una leggenda, che lo teniate nascosto accuratamente e che perciò solo raramente ci sia una fuga di notizie anonima e incontrollata… Perché lo tenete celato solo nel vostro mondo investigativo? Perché tutto questo mistero? È lui che lo vuole?”
“Questa conversazione non ha senso e non so cosa risponderle”
Queste sono le parole delle forze dell’ordine, che smentiscono. Ma la smentita c'è stata sempre, in tutti i paesi in cui sono avvenute sporadicamente queste sospette fughe di notizie riguardo Elle. Ora è toccata all'Italia.
Elle, il misterioso detective del secolo, è lui che ha risolto il caso. E' lui che probabilmente è giunto all’individuazione dell’identità del pluriomicida tramite la singolare considerazione che le vittime…

I genitori continuavano a mangiare ascoltando il seguito del servizio.
Emma ingoiò la saliva.
La forchetta poggiata sul bordo del piatto.
I grandi occhi fissi sullo schermo…
 



Noticine… sempre per i pochi che hanno ancora un briciolo di curiosità…
Lo “scavo” cui accenna Misao è uno scavo archeologico. E non pensate che sia impossibile che il Giappone venga a scavare qui da noi! Sembra strano, ma è la verità. Ebbene sì, la Todai ha una facoltà di archeologia classica che ha veramente intrapreso ben due scavi archeologici in Italia: uno a Tarquinia, ancora in corso, e l’altro a Somma Vesuviana, dal 2002 al 2006. A questi scavi parteciparono studenti universitari giapponesi ma anche italiani, tramite una fondazione. Il professore che li diresse è il Prof. M. Aoyagi.
Mi sembrava corretto convalidare ciò che poteva sembrare troppo assurdo… ma mi sa che non ve ne frega niente ;)
 
Riguardo le notizie su Elle che Emma ascolta al telegiornale (eh sì, è proprio il nostro amato Elle), mi sono ritrovata in un terreno minato… Ma non vorrei spiegare ora la questione, perché potrei spoilerare qualcosa, quindi vi spiegherò più avanti quali sono stati i miei dubbi…
Mhm… I dubbi flippati dell’autrice… Interessante… Ma per favore!!!  ;)
 
Grazie a coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, sono sconvolta e commossa, e naturalmente a chi ha letto fin qui!!
 

Eru

 
 
 

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Capitolo 4
*** 4. Mal di testa... ***


Ecco il nuovo capitolo. Non mi dilungo questa volta. Buona lettura!
Grazie di essere qui!

 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 



 

  4. Mal di testa...
 

 
(Dal capitolo precedente)
I genitori continuavano a mangiare ascoltando il seguito del servizio.
Emma ingoiò la saliva.
La forchetta poggiata sul bordo del piatto.
I grandi occhi fissi sullo schermo…


La regolarità del respiro iniziò ad alterarsi, poi a velocizzarsi, a farsi sentire.
Allora cominciò a respirare piano, ponderando i tempi.
Inspirare ed espirare.
A volte, se si inizia a pensarci, incredibilmente si perde il ritmo di queste due semplici azioni; se si tenta razionalmente di controllarle non si riescono più a definirne gli intervalli giusti. Quel processo istintivo e perfetto diventa troppo lungo o troppo breve e ad un certo punto si sente la necessità di fare un respiro grande, come se si fosse rimasti in apnea per un po’. E ciò è strano perché in fondo si è respirato lo stesso.
Il problema è che ci si è pensato. Si è tentato di controllarlo con la mente. Il respiro non si deve controllare.
Alla tv erano già passati al servizio successivo.
Elle. Il detective del secolo. Esiste davvero?
Quando nel mondo si presenta un grave e difficile caso da risolvere sembra apparire questo fantomatico detective, che come lo Sherlock Holmes del nuovo millennio, risolve le questioni più complesse.
Questo personaggio senza volto e senza nome è il frutto di rarissime notizie giunte alla stampa mondiale nel corso del tempo, in modo silenzioso e anonimo. Riesce difficile immaginare che sia una leggenda, perché le notizie combaciano in tutti i paesi.
Da quel poco che si sa lui sembra agire nell’ombra e pare che neppure le forze dell’ordine conoscano il suo volto o la sua voce.
Sembra essere lui a non volere essere nominato. Sembra essere lui a desiderare il completo anonimato. E la verità è che sembra essere lui stesso a non volere mettere in piazza neppure la sua esistenza! E così nessuno lo conosce e nessuno può congratularsi con lui. L’opinione pubblica lo ignora e lui agisce per il bene di tutti senza pubblicità, né fama.
Sembra che il suo interessamento abbia reso possibile il risolversi di migliaia di casi ed abbia permesso di scongiurarne numerosissimi altri. Cerchiamo di capirne qualcosa di più…
Il padre di Emma scosse il capo.
«Ma che diavolo, due servizi su di lui! Figuriamoci se non ci sguazzavano subito! Esiste, non esiste… Ma perché devono indagare! Meno ne parlano e meglio è secondo me.
Insomma, per me alla fine c’è veramente qualcuno dietro tutte queste indiscrezioni… Non può trattarsi di un complotto architettato in tutto il mondo per creare una figura immaginaria inutile, che peraltro adombrerebbe l’operato della polizia… E se questo Elle esiste, è meglio non parlarne! Avete idea di quanto rischia uno come quello!? Pensate a quanti lo preferirebbero sottoterra.
Negli ultimi anni sembrerebbe aver messo i bastoni fra le ruote a tanti di quei criminali che si sarà creato un bel gruppetto di nemici. Non può fidarsi di nessuno! Direi che la sua incolumità dovrebbe essere tutelata da tutti ed invece non fanno altro che cercare di scoprire qualche cosa! E ci riescono ben poco per fortuna!»
Il padre di Emma era abbastanza schifato.
La mamma commentò la questione, con un’espressione dolce e divertente.
«A me sembra tanto Batman! Un uomo normale che si cela dietro un nome che è una semplice lettera ed agisce in nome della giustizia! Non sembra vero, dai!
Quando ne ho sentito parlare la prima volta ho pensato che si trattasse di una di quelle leggende da trasmissione televisiva di serie B. Insomma come gli avvistamenti di UFO e i fantasmi.
Però adesso… magari è vero… Insomma, abbiamo un Poirot reale e tutto questo mistero contribuisce a renderlo più un personaggio da film di fantascienza che un uomo in carne ed ossa.
Questa cosa mi piace. È come toccare con mano che le fate esistono. È bello no?»
E sorrise, guardando Emma.
Emma, in tutto quel tempo, aveva continuato a tacere, immobile.
A quel punto, come un automa, riprese lentamente la forchetta e portò alla bocca la pasta.
Masticò adagio, silenziosamente.
Ingoiò a fatica, tanto aveva la bocca asciutta.
Lo sguardo rivolto sul piatto, ancora praticamente intonso, e la fronte bollente.
Poi con la voce rauca disse, senza sollevare gli occhi, parlando tra sé e sé.
«Sì. Come toccare con mano che le fate esistono…»
La mamma corrugò la fronte.
«… Ti senti male? Sei sempre la prima ad esprimerti su queste cose… non hai veramente niente da dire? Hai una faccia…C’è qualcosa… »
 
È il caso di dire, senza esagerare, che Emma fosse realmente sotto shock? Forse no.
Come potrebbe definirsi allora la sua condizione… Mi riesce alquanto difficile descrivere ciò che le stava passando nella testa.
Vediamo se ci riesco.
È possibile fermare i pensieri? Sembrerebbe di no.
Tuttavia, quando gli esseri umani si trovano di fronte ad un evento inaspettato, spesso rimangono muti; alcuni esclamano anche “Sono senza parole!”.
Ne deduco che, in quel momento, non siete semplicemente senza parole, ma siete anche senza pensieri, tanto da non riuscire a tramutarli neppure in suoni inarticolati.
In realtà credo che, in quell’attimo, di riflessioni ne facciate fin troppe contemporaneamente; allora la mente va in tilt ed ha bisogno di un reset.
Quindi, in conclusione, per qualche istante, siete senza pensieri.
Ora, in casi eccezionali, ma comuni, basta qualche attimo ed i neuroni riprendono a girare.
Credo però che il caso di Emma non sia così comune.
L’unico sentimento, se così si può chiamare, che mi abbia mai toccato è quello della curiosità. Quindi non posso “capire” Emma.
Conosco però le emozioni umane perché ne ho visto le manifestazioni in miliardi di occasioni e sono in grado di riconoscerle abbastanza bene.
Voi invece potete “capirla” ed io posso aiutarvi ad immedesimarvi.
Pensate al vostro personaggio preferito di quando eravate bambini o al vostro mito adolescenziale morto prematuramente, oppure al vostro idolo della carta stampata creato dalla mente geniale del vostro autore preferito, o ancora al vostro eroe rivoluzionario ucciso o ai tanti geni della storia del mondo che hanno lasciato il segno nella vostra civiltà.
L’importante è che si tratti di qualcuno “assente”, o perché personaggio di fantasia o perché trapassato all’altro mondo. È infatti piuttosto comune che un personaggio “assente” abbia un impatto carismatico immensamente superiore a quello di uno vivo e reale.
Insomma uno come Jim Morrison, come Che Guevara, come Leonardo da Vinci, come Naruto, come Superman o, perché no, Elle stesso!
Sono certo che ognuno di voi ne ha almeno uno. Non c’è giudizio sulla “serietà” o meno del soggetto in questione.
Ci siete? Lo avete focalizzato?
Bene.
Se io vi dicessi all’improvviso che lui è vivo, che esiste, che respira, che in fondo potreste riuscire ad incontrarlo o che, perlomeno in potenza, c’è la possibilità che questo accada, semplicemente perché lui adesso cammina su questo mondo.
Come vi sentireste?
Senza pensieri?
Emma si sentiva così, con l’aggravante che la notizia della reale esistenza di Elle era una cosa assolutamente straordinaria solo per lei.
Vi prego soltanto di non criticare il suo “eroe”. È ovvio e superfluo dire che non può essere messo allo stesso livello di Ghandi, ad esempio, ma questo lo sa benissimo anche lei. Ci sono diverse categorie di idoli: quelli dei bambini, quelli degli adolescenti, quelli degli adulti, quelli “impegnati”, quelli divertenti, quelli che si amano, quelli che si ammirano come persone, quelli che fanno sognare, quelli che “vorrei tanto essere come lui”, quelli che servono a staccare la spina…
Detto questo, credo che ora si possa proseguire.

 
La madre si era un po’ preoccupata.
Emma cercò di uscire dallo stato in cui si trovava.
Iniziò ad articolare un discorso, mettendo insieme due o tre concetti che le erano miracolosamente venuti in mente.
Il tono di voce però non era squillante e faticava un po’ a sciogliere la lingua.
«…Penso che… che… siano riusciti a farvi parlare di lui, nonostante l’importanza del caso risolto e la fortuna di avere un pazzo in meno in giro… Insomma sembra che la cosa più importante sia l’ipotetico intervento di…ehm…di Elle» Faceva decisamente fatica a nominarlo così, come una persona vera, come se niente fosse «…E dubito che lui sia entusiasta di questo…»
La madre continuò a guardarla un po’ dubbiosa, ma poi il padre ruppe il silenzio.
«Emma, mangia, la pasta si sarà congelata. Sei pallida. Sei sempre molto acuta, quindi sensibile. Quello che hai detto è vero. Alla fine stiamo parlando di Elle e non del caso. Questo è il risultato del modo in cui vengono divulgate le informazione dai media e dei prodotti televisivi in generale. A parte questo però, è meglio parlare delle capacità di un uomo che pare sia riuscito finora ad imporsi sempre sulla crudeltà e la follia, piuttosto che rendere famosi i peggiori criminali esistenti.»
«Ma è bene anche conoscere il “male”… » Disse Emma.
«Sì. Ma non è bene descriverlo in modo morboso.»
La mamma intervenne.
«Ma, come hai detto prima, non è neanche bene attaccarsi morbosamente ad Elle e portare i “cattivi” ad interrogarsi su di lui e sulla sua identità, più di quanto non lo facciano già.
Comunque Emma ha ragione. Elle, se esiste, non sarebbe contento. Se c’è una cosa che mi piace di lui è proprio questa totale riluttanza alla fama, alla pubblicità e all’essere al centro delle attenzioni!»
Poi al telegiornale iniziarono a parlare delle solite diatribe di politica interna, il discorso su Elle cadde ed i genitori di Emma presero a commentare animatamente gli ultimi accadimenti, mentre Emma, in silenzio, tentava di finire la sua pasta, lentamente e faticosamente.
Era riuscita a cavarsela perché aveva omesso senza mentire.
Insomma, se non voleva parlare di qualcosa riusciva sempre a tirare fuori qualcos’altro, qualcosa di vero, che pensava realmente e sul quale era in grado di parlare ed esprimersi senza rischio di tradirsi o apparire costruita.
Il punto era che non sapeva assolutamente mentire o raccontare assurdità. Era troppo trasparente.
Si sentiva la febbre. Aveva il cuore in gola.
A differenza dei primi attimi di totale nebbia, ora i suoi pensieri viaggiavano rapidamente, troppo rapidamente…
Pensava, pensava, pensava…
Non è possibile! È assurdo! Non posso credere che mamma e papà ne stiamo parlando così! Sembra tutto finto… commenti, considerazioni su di lui… è una situazione quasi ridicola!
Esiste! C’è! La polizia non ne vuole parlare per tenerlo nascosto, perché lui non vuole comparire da nessuna parte, ma io so come stanno le cose… Lui entrerà platealmente in gioco solo con l’arrivo di Kira! Ma che cosa sto pensando…
Lui c’è! Ha risolto questo caso assurdo, ha salvato delle vite. Se lui non ci fosse stato, non sarebbero riusciti a fermare quel pazzo, o almeno non ci sarebbero riusciti ora, quindi qualche altra persona sarebbe potuta morire…
È tutto sbagliato quello che avevo pensato l’altro giorno: non c’è un equilibrio! Cambiano tantissime cose! Basta calcolare le vite umane che Elle ha contribuito a salvare e che invece sarebbero mancate senza di lui. Cioè, sono mancate senza di lui. Perché pochi giorni fa, nel mondo che mi ricordo io, Elle era solo un disegno e tante vite umane erano state stroncate perché non c’era nessuno in grado di risolvere casi tanto complessi. Ma se ora, qui, Elle esiste, ciò implica che tanti casi sono stati risolti, anche in passato, ma non il passato che ricordo io…Non si tratta solo dell’ipotetico depresso che decide di non suicidarsi perché ascolta Radio Ga Ga e che quindi si suicida nel momento in cui sembra che i Queen non l’abbiamo scritta. Nel momento… no… nel mondo in cui sembra che i Queen non l’abbiamo mai scritta…
Oddio, Elle c’è!
Io sto mangiando, mio padre chiacchiera qui accanto, io procedo col mio lavoro e lui esiste!
Questo è incompatibile con la mia esistenza. Io so chi è solo perché ho letto un fumetto… Gli altri sanno chi è perché hanno sentito qualcosa delle sue gesta, da anni sembrerebbe!
Un fumetto… Ecco perchè Death Note non c’è: perchè non può esserci!
Ma che diavolo sto pensando? È tutto così folle… però deve esserci un collegamento… è pazzesco, ma ha senso… Elle esiste veramente e non esiste ovviamente il manga che parla di lui…
Posso sentirmi felice? Se solo potessi condividerlo…
Elle c’è veramente… È meglio un mondo con il manga Death Note o un mondo in cui Ryuzaki esiste?
Ma il mondo in cui lui esiste è il mondo di Death Note… il mondo del manga… il mondo… un mondo… un mondo simile, ma con tante microscopiche differenze… e io che c’entro?
Però questa cosa mi fa pensare che non è nato tutto dalla mia mente, non sono pazza…
Forse ho qualche strana capacità, tipo sesto senso o qualcosa del genere che mi si è presentato ora per la prima volta…
Uhm… Mi scoppia la testa… Ma quali capacità…
Un mondo simile che corre affianco al mio… Una dimensione parallela… dove le giornate scorrono allo stesso modo, ma dove avvengono cose diverse…

«Emma? Non vuoi l’insalata?» La mamma interruppe i suoi pensieri caotici.
«…Ehm… No mamma, grazie. Non riesco neanche a mangiare tutta la pasta… Mi è esploso un mal di testa tremendo, da quando mi sono seduta a tavola…»
«Ti sarai rilassata all’improvviso e la tensione e lo stress si sono scaricati così, capita. Non sarebbe neanche la prima volta per te. Hai una faccetta… Ho una pillola portentosa, ti darà un po’ di sonnolenza però. Mettiti sul letto in camera tua e fatti un sonnellino. Lascia stare qui, ci pensiamo noi a sistemare, approfittane quando puoi!» Le disse sorridendo.
«Ok, grazie…»
Emma andò nella sua vecchia stanza che era sempre stata piena di cose. E lo era anche il quel momento, perché da quando se n’era andata i genitori l’avevano trasformata in uno studio, quindi era piena di scartoffie, libri, documenti… Il letto però era rimasto lì dov’era sempre stato.
Ora c’era un odore asettico, di carta. Ma Emma vi riconosceva dietro il vecchio odore della sua camera, al quale era stata assuefatta per anni e che ora le faceva provare una lieve e dolce nostalgia. Il profumo del legno, quello tenue di lenzuola pulite…
Si sfilò le scarpe e prese la coperta, che era sempre poggiata al fondo del letto. Posò la testa sul cuscino…
Stando sdraiata le fitte alla tempia erano più violente. Chiuse gli occhi perché le dava fastidio la luce…
Mi fa malissimo… è come se all’improvviso si sia sciolto tutto lo stress dei giorni passati… come se avessi trovato la soluzione, ma non l’ho trovata…
Ma quando passerà, non lo sopporto… il dolore è veramente una cosa brutta…

Non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che non vedeva l’ora che le passassero quelle fitte praticamente continue.
Probabilmente dormire non le avrebbe fatto male, non solo per il mal di testa. Quando si hanno tanti pensieri, si può arrivare ad un momento in cui non si riesce ad arrivare a nulla ed allora, probabilmente, dormire può aiutare ad azzerare la mente.
Com’è che si dice? “Una buona dormita ti rinfrescherà le idee”.
Semplice, ma vero.
Quindi attese, sopportando, e piano piano il dolore cominciò ad attenuarsi ed a concederle intervalli di tregua più lunghi.
Si addormentò.
 
Nel silenzio della stanza, in quell’atmosfera ovattata che precede il risveglio, Emma sentì in lontananza la porta che si apriva e farfugliò.
«Ehi…»
«Volevo solo vedere come stavi, non ti preoccupare, dormi dormi… » bisbigliò la mamma.
«Mi stavo svegliando… entra…»
«Come va allora? »
«Il mal di testa sembra passato, ma ho fame…»
«Ci credo, non hai mangiato quasi niente. C’è un po’di prosciutto, andiamo di là.»
Andarono in cucina e la mamma preparò un panino. Poi si sedettero intorno al tavolino.
«A parte il mal di testa, va tutto bene?» Le chiese seria sua madre.
Emma ingoiò un boccone e fece un sospiro.
«Ho sentito Misao. Mi ha detto che il prof. Usui ha ottenuto i fondi per la pubblicazione definitiva dello scavo e per intraprenderne un altro. Ci sarà  lavoro per qualche anno. Probabilmente potrei entrare nello staff… Devo capire cosa dovrei rispondere se mi proponessero qualcosa.»
La mamma fece un respiro e cominciò a parlare.
«Emma. Tu conosci la mia storia e sai che ho deciso di vivere in questo paese e cambiare la mia vita. Quindi io non posso che dirti che dovresti andare.»
«Lo so. Ma trasferirsi dall’Italia al Giappone non è come farlo dall’Inghilterra all’Italia. È dall’altro capo del mondo. Voi, tutti i miei amici, Roma…»
«Lo so. Ma anche lì hai dei carissimi amici e saprai costruirti una vita altrettanto piena e potrai tornare ogni tanto. Il tempo volerà, vedrai, e senza rendertene conto sarai felice. E poi stiamo sempre parlando di archeologia classica e di una cattedra che, seppure a Tokyo, impronta tutto il suo lavoro sull’Italia. Tornerai per le campagne di scavo e non è detto che tu non possa tornare definitivamente a lavorare qui per loro. Emma, la Todai è una delle università migliori…Non sprecare le tua intelligenza…»
«Uhm…e lì "laurea" equivale a "ottimo lavoro"…Un'uguaglianza fantascientifica qui da noi!...Il giapponese è tosto…» aggiunse tra sé e sé.
«Non farti troppi problemi. Hai la fortuna di essere praticamente madrelingua inglese ed in ambito accademico è la lingua che conta di più. Con Misao e con il prof. comunichi forse in Giapponese? Riprendi già da qui quel corso che avevi iniziato e stando lì vedrai che non impiegherai molto a masticarlo meglio.»
Emma fece un sospiro.
«Sono tutte cose che ho pensato anch’io, ma avevo semplicemente bisogno di sentirmele  dire…  In realtà ho già controllato sul sito del corso quanta frequenza richiede il secondo livello intensivo…»
«Bene. Dopo ne parliamo anche con papà in modo più diffuso ed avremo modo di disperarci per la tua futura assenza.» Le strizzò l’occhio, palesemente contenendosi e cercando di non mostrarle il dispiacere che provava e che il padre avrebbe aiutato a lenire.
Emma lo capì.
«Grazie mamma…» e decise di cambiare argomento «Domani devo andare sul cantiere al Palatino. Mi hanno chiamato perché devono fare un piccolo sondaggio. È una cosa di una giornata.  Leveranno solo terra di riporto, quindi non salterà fuori niente. Speriamo solo che sia una bella giornata…»
«Sembra che lo sarà! A che ora hai gli allenamenti oggi?»
«Alle otto.»
«Allora abbiamo il tempo di fare i butter cookies, è parecchio che non mi cimento! Abbondiamo un po’ con le dosi, così te li porti anche a casa.»
«Sì!!! È tantissimo che non li mangio!»
Viveva sola. Era indipendente. Era adulta. Ma era una figlia…
 
 
 
Ho riletto questo capitolo mille volte, perché lo trovo vuoto e noioso… Avevo pensato anche di accorparlo al successivo, ma poi sarebbe stato troppo lungo probabilmente...Ma alla fine ho deciso di pubblicarlo ugualmente, più o meno così com’era, rischiando un flop mostruoso… Mi spiace che non ci siano grandi svolte, ma mentre lo scrivevo mi cullavo nell’assurda condizione dello scoprire che L fosse reale e volevo fantasticare su cosa la gente normale del nostro mondo potesse pensare di lui…Gente che non vedrà mai Death Note, come ad esempio i nostri genitori (in realtà a mia madre è piaciuto un sacco!).
Quindi mi scuso tanto e cercherò di pubblicare il prossimo capitolo il più presto possibile (sempre se sei ancora interessato a continuare)!

Grazie infinite a chi ha inserito questa storia tra le preferite ed a chi ha letto fin qui!!!
 

Eru

 
 

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Capitolo 5
*** 5. Another world... ***


Con questo capitolo avrei voluto essere più rapida, ma non ce l’ho fatta, mi dispiace…
Grazie comunque di essere qui!!!

 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 


 

5. Another world…

 
 
Emma passò a casa sua solo per lasciare la borsa col pc e prendere la sacca della palestra e riuscì immediatamente.
Prese il tram e dopo poche fermate scese.
Era una palestra abbastanza piccola, decisamente vecchia, un seminterrato, ma costava poco. Le donne avevano uno spogliatoio microscopico con una sola doccia. Questo perché non vi facevano aerobica, step o spinning, ma esclusivamente box, kick boxing e thai box. Era stata quindi inizialmente frequentata solo da uomini e quando le donne avevano iniziato ad iscriversi, poche comunque, era stato ricavato quel piccolo vano per loro.
Emma si allenava tre volte a settimana da quattro anni. Le piaceva ed era brava.
Aveva iniziato perché le era sembrato un buon modo per sentirsi più sicura. Finita l’età in cui ci si sente invincibili aveva cominciato a sentirsi indifesa. E non le era piaciuto.
È vero, un uomo è, in linea di massima, più forte di una donna e comunque Emma non aveva esattamente il fisico del lottatore, ma era veloce e soprattutto molto agile; un calcio ben assestato da una persona allenata, con rapidità e tecnica, è certamente vincente.
Aveva iniziato così e poi si era appassionata e si era affezionata a tutti i ragazzi che frequentavano la palestra. Gli allenamenti della box sono duri, ma dopo un’ora e mezza Emma usciva rinata, non c’era nulla che la scaricasse di più ed in alcuni momenti il combattere con i ragazzi sul ring o l’allenarsi al sacco l’avevano risollevata da giornate nere.
Uscì dallo spogliatoio con una felpa grigia col cappuccio ed il pantalone di una tuta logora bordeaux, che le copriva completamente i piedi. I capelli tirati su con un grosso elastico da cui usciva una lunga treccia.
«Emma. Ma un bel paio di pantaloncini aderenti ed uno top quando li sfoggerai, per farci rifare gli occhi?» Le chiese un ragazzone sorridente.
Emma lo guardò e gli mostrò il dito medio della mano sinistra.
«Eh dai, sono quattro anni che stai qua dentro e le uniche volte che ti si vede qualcosa è quando ti metti le protezioni per lo sparring…»
«Non è giornata. Perché non lo chiedi alla nuova arrivata, com’è che si chiama?» Disse Emma, ridacchiando.
«Ma quella il top se l’è messo dal primo giorno. Per me non resiste qui dentro!»
«Appunto. Che vuoi allora da me! Mettitelo tu il top! Quando mi vedrai le unghie lunghe smaltate e i capelli sciolti in allenamento, allora ne potremo riparlare.»
«Cioè mai.» Disse lui scuotendo il capo, fingendosi sconsolato.
«Fantastico, sei perspicace oggi.» Lo schernì lei, con un sorrisetto divertito.
«Allora magari stasera ti invito a cena e poi forse…» Aggiunse il ragazzo ridendo.
«Non ce la posso proprio fare oggi a reggerti, hai intenzione di continuare così tutto il tempo?» Rise Emma «Che vuoi vedere? Ecco!» Emma sollevò la felpa e la t-shirt, mostrando il reggiseno. «Contento?»
«Sei proprio un ragazzino senza vergogna! Ma quando ti verrà un po’ di malizia?» Disse il ragazzo abbracciandola amichevolmente.
«Quando succederà, non mi divertirò più qui dentro!» Rispose Emma.
Iniziarono il riscaldamento e poi gli allenamenti.
Quando ebbero finito lo stretching Emma si infilò di nuovo i guantoni, si avvicinò ad un sacco e cominciò a colpire.
«Emma, ma non fai sparring?» Le chiese l’allenatore, vedendo che non era andata a mettersi le protezioni.
«Non me la sento oggi di combattere, sono un po’ stranita. Faccio un po’di sacco e me ne vado.»
«Dai… Venerdì non sei venuta… » La redarguì lui.
«Uhm… non sono in vena… » Biascicò lei.
«Leo ha il passaggio di cintura la prossima settimana e qualche round con te non gli farebbe male…»
«Se la metti così…»
 
Si toccarono con i guantoni e l’allenatore avviò il cronometro.
Emma partì rapidamente con una serie di diretti e proseguì con un calcio girato, poi schivò due ganci e sgattaiolò via.
Leo, spiazzato, non se lo fece dire due volte.
Iniziarono a darsele di santa ragione.
«Ragazzi!!!» gridò l’allenatore «Andateci piano, non vi serve a niente così! Non siamo in un combattimento di strada! Emma, non lo provocare!»
Emma allentò un po’ le mascelle e cominciò ad essere più tecnica, ma Leo no.
Allora lei portò un calcio frontale destro e lo colpì alla bocca dello stomaco.
Lui si sentì mancare il respiro…
Emma gridò andandogli incontro «Scusami!»
Contemporaneamente l’allenatore scavalcò le corde del ring «Basta, finitela qui, incontro finito!
Leo, così non ti alleni! » Poi si voltò verso Emma «E tu che diavolo combini, lo sai che se colpisci lì lo atterri!»
«Mi dispiace… Non so cosa mi sia preso… L’avevo detto che non era il caso oggi… Sono mortificata.»
«Ok, hai ragione. Ho insistito troppo io. Capita, vatti a cambiare ora e non ti preoccupare.» Le sorrise ed Emma si tolse i guantoni.
Era sfinita. Lo sapeva che non avrebbe dovuto. Immaginava che non sarebbe riuscita a combattere per sport. Scaricarsi non significava convogliare rabbia, frustrazione o tensione su un bersaglio, continuando a mantenere i pensieri della giornata; questo portava solo a peggiorare le cose. Scaricarsi significava spostare completamente l’attenzione su qualcos’altro e colpire il bersaglio con tecnica, lucidità e forza.
Srotolò le bende dalle mani. Si fece una doccia, si rivestì ed uscì.
Alla fermata del tram tirò su il cappuccio della felpa pulita, tirava un vento freddo ed aveva i capelli ancora un po’ umidi… Poi accese una sigaretta.
Non era per niente salutare… Ma se ne fregò, come sempre. Amava muoversi e scaricarsi, ma non si poteva certo dire che fosse una fissata salutista con manie di superagonismo…
 
Intorno alle dieci era a casa. Cenò e poi addentò qualche biscotto.
Torte, gelato, sorbetti… non la attiravano, ma i biscotti erano ok, sebbene la sua dispensa ne fosse spesso carente. Perché nel dubbio, nella fame e nella gola vinceva sempre e comunque il “salato”.
Tirò fuori dal freezer un’abbondante porzione di pasta al forno per il pranzo del giorno dopo.
Era stanca e la mattina successiva avrebbe dovuto svegliarsi molto presto per essere alle sette sul cantiere, ma era troppo desiderosa di conoscere alcune cose.
Per la prima volta, da quando aveva iniziato a porsi domande, c’era stato qualcosa di illuminante, seppur sconvolgente e non del tutto chiarificatore.
Cercò su internet tutto ciò che c’era riguardo ad Elle, tra vari siti, blog e forum. Trovò qualcosa, ma per la maggior parte su link stranieri, sebbene quelli italiani avessero avuto un aumento esponenziale delle informazioni e dei contatti nelle ultime ore, dopo la notizia della cattura del serial killer.
Su youtube gli unici video erano quelli dei vari telegiornali che nel mondo lo avevano citato.
Come ci si poteva aspettare non c’era assolutamente nulla sulla sua identità.
Le considerazioni personali e fantasiose però non si contavano e numerose discussioni erano sorte sui vari forum circa la sua età, il suo aspetto, la sua storia, il suo nome…
- Secondo me è un uomo sui 50… Deve avere un sacco di esperienza.
- Sì sì, un brizzolato super intelligente!
- Noooo, per me è una specie di geniaccio, ma è giovane, al max uno studente delle superiori.
- No, no. È grande per me.
- Qualunque sia la sua età x me è un asociale.
- Magari uno con l’acne e con gli okkiali

- Perké cos’hai contro l’acne e gli occhiali? :(
- Era tanto x ridere, non volevo offendere ness1. E cmq x me lui è così. È un genio però no?

- Invece secondo me è uno ke nella vita di tutti i gg nn lo diresti mai ke è L. Insomma tipo Clark Kent. Però mi sa ke è straricco…
- Be’ è ricco per forza… di cosa  vivrebbe altrimenti? E poi è abbastanza ovvio ke è uno ke nella vita di tutti i gg non può dire di essere L… se no nn ci sarebbe mistero!
- X me ha un nome ke comincia per L… ah ah ah!
- No, troppo banale… X me la L è un simbolo di qualcos’altro… l’iniziale della donna ke ama magari?
- Sì va be', perché questa invece nn è banale, vero?
- X me è un figo pazzesco!!!!

Emma sorrideva leggendo queste cose.
A tratti scuoteva la testa incredula e scorreva su un’altra pagina web.
Le sembrava un’allucinazione.
Per il momento stava subendo passivamente la novità, l’assurda rivelazione che lui fosse reale e ci si stava cullando un po’… In fondo aveva sempre desiderato che lo fosse… anche se se ne vergognava un po’. Ma nel silenzio e nella solitudine della sua casa non la poteva giudicare e guardare nessuno. A parte tutti voi naturalmente…
Poi cambiò il soggetto del suo interesse ed immise un’altra parola chiave: Wammy’s House.
Il motore di ricerca partì. Emma accese una sigaretta e aprì i siti che le venivano proposti. C’era poco più di una semplice citazione. Solo su uno si aggiungeva qualcos’altro, poche righe comunque.
Uno degli orfanotrofi fondati dall’inventore Quillsh Wammy. Circa 20 anni fa il filantropo inglese, divenuto ricco in seguito alle sue geniali invenzioni, decise di investire parte dei suoi smisurati guadagni nell’impresa di istituire orfanotrofi in cui le capacità dei singoli bambini potessero svilupparsi al meglio.
Link correlati Quillsh Wammy foundation

Andò sul sito della fondazione.
Storia dell’inventore, Conferenze, Attività degli istituti, Contatti, Possibilità di contribuire, Istituti.
Cliccò su quest’ultimo. Era solo un elenco, tra cui figurava anche la Wammy’s House, ma non c’era la possibilità di accedere a notizie ulteriori. Si specificava che per avere informazioni più dettagliate si poteva contattare direttamente la fondazione.
Allora passò ad “Attività istituti”. C’erano anche delle foto: aule vuote, aule piene, gruppi di ragazzi e bambini, un parco attrezzato, attività sportive, corridoi affollati… solo su una didascalia c’era scritto Wammy’s House: un’immagine neutra, come le altre, un cancello, un edificio in mattoni, un parco, in lontananza bambini che giocavano a calcio, troppo piccoli e lontani per distinguerne le sembianze…
Emma capì che non avrebbe trovato nulla che mettesse in primo piano la Wammy’s rispetto agli altri istituti. Era tutto fatto affinché l’attenzione non si posasse su quell’orfanotrofio più che sugli altri. Risultava uno fra i tanti e nessuno avrebbe notato che, tra le foto, non ce n’era nessuna che ritraesse i ragazzi di quella struttura in particolare. Emma ci aveva fatto caso solo perché lei cercava qualcuno, perché lei sapeva.
Si chiese però come facessero a mantenere quel silenzio. In fondo dovevano essere in molti a lavorare intorno alla fondazione ed ai vari istituti, in molti anche i bambini che ne erano usciti. Qualcuno doveva pur sapere che lì, alla Wammy’s, erano raggruppate menti eccellenti. Certo, non c’erano solo i supergeni, ma tanti altri bambini normali si mescolavano a loro. I geni non sono poi così tanti, i geni senza genitori ancora meno… Forse era stato sufficiente smorzare i toni, non creare il mistero, far vivere a tutti il fatto come una cosa assolutamente normale, priva di qualunque segreto, senza parlarne troppo né nasconderla troppo… La “normalità” non attira e porta la gente a non farsi domande, né a farne ad altri, né a discuterne…
Emma alzò lo sguardo.
Esiste pure la Wammy’s House… Sono veramente nel mondo di Death Note?
Ma perché, com’è possibile? Io non sono nessuno in quel mondo… tuttavia potrei esserci… Non esisto nel manga, ovviamente, ma in esso tutto il resto del mondo è previsto, dato per scontato… è un mondo come il mio, simile al mio. C’è qualcosina in più e qualcosina in meno, ma, almeno fino al momento in cui il quaderno non arriva sulla terra, si potrebbe dire che i giorni scorrono allo stesso modo, eccetto Elle…
Una dimensione parallela… Narnia… solo che invece di centauri e fate c’è Elle, il mondo di Elle… Ma io attraverso quale diavolo di armadio sono passata?! Come ci sono finita… è una follia…

Emma aveva sempre pensato che i libri, i film, i sogni fossero delle dimensioni parallele dove rifugiarsi, per godere di altri mondi, di altre persone, di altre situazioni… Quando ci si appassiona ad una vicenda è difficile arrivare all’ultima pagina o all’ultima scena senza emozionarsi o comunque senza sentire una sensazione di vuoto… Il libro è finito, i personaggi hanno smesso di compiere qualunque azione e l’unica cosa che si può fare è ripartire da pagina uno, ma non è la stessa cosa… Ci si affeziona così tanto che a volte si fa fatica a dover ammettere che quei personaggi non siano reali…
 
Devo aggiungere ai pensieri di Emma una mia considerazione.
Il fatto che quei personaggi e quegli eventi, qualunque essi siano, non appartengano al vostro mondo non vuol dire che essi non esistano.
Il semplice atto di immaginare qualcosa o qualcuno è un atto creativo, inteso nel senso di creare, plasmare, rendere esistente. Questo non vuol dire che i vostri sogni si materializzeranno, ma significa semplicemente che essi “sono”. Prima che voi li faceste non “erano”. 
Certamente Harry Potter o Frodo non sono persone in carne ed ossa per voi, ma potreste dire con leggerezza che essi non esistono? Potreste dire che non vi hanno donato emozioni, che non avete imparato a conoscerli, amarli o odiarli? Questi sentimenti non si provano per qualcosa che non c’è, non si provano per il “nulla”…
Quindi è ovvio che essi esistono dal momento in cui la Rowling e Tolkien li hanno inventati, per il loro ed il vostro godimento.
Ma i confini ed il significato dell’esistenza sono labili e difficili da percepire…
Nel vostro mondo i suddetti personaggi sono fantastici protagonisti di romanzi.

C’è però una dimensione in cui essi esistono “realmente”, senza dubbio.
Io lo so.

 
Emma continuava a pensare
Il mondo di Death Note… Ok.
Diciamo che per assurdo mi trovi nella dimensione del manga; visto quello che è successo potrò pure permettermi di sparare qualche paradosso in più no? Cosa rischio? Di certo non di bruciarmi il cervello, già abbondantemente carbonizzato!
Se questa è veramente la dimensione parallela di Death Note, allora…
Che giorno è oggi? 16 ottobre 2006… Uhm… Elle è vivo… non quadra… nel manga dovrebbe essere morto già da circa due anni… Uhm… ma nel 2006 non potrei comunque essere nel mondo del manga… o meglio potrei esserci, ma sarei in piena era Kira, con Near e Mello ancora piccoli ed inattivi,  ed è ovvio che non lo sono…

Con un po’ di irritazione Emma sospirò e portò la mano sulla tempia arricciando le labbra da un lato.
Sono un’idiota! Ricominciamo! L’unico elemento che ho è Elle, quindi per ora Kira e tutti gli altri lasciamoli perdere!
Allora, Elle nel 2006, necessariamente prima del caso Kira… Uhm…
L’anime! Non mi pare che ci siano date… ma finora hanno subbato solo la prima puntata, non lo conosco bene… però forse l’anime è ambientato ai giorni attuali… magari è tutto posticipato rispetto al manga… e potrei essere nella dimensione parallela dell’anime Death Note
Sì, e io sono Lara Croft che si innamora di Ryuk!
Però… Posticipato… ma di quanto? Accidenti, mi ricordo solo che Elle muore il 5 novembre… Non può essere però il prossimo 5 novembre, avrei sentito parlare del caso Kira in questi giorni e Elle non avrebbe potuto occuparsi del caso del serial killer qui… Sebbene, a distanza, sarebbe stato in grado di farlo… Ma questo ha poca importanza una volta appurato che il caso Kira non è ancora scoppiato.
Ma poi scoppierà veramente il caso Kira…? Che incubo!
Come posso fare a verificare i tempi e la veridicità delle informazioni che ho…  Insomma, a sapere se veramente accadranno gli eventi di Death Note

Rimuginò e le venne un’idea.
Così cominciò a cercare su internet notizie sul caso in cui Elle aveva collaborato con Naomi Misora a Los Angeles per la cattura di un serial killer. Se l’avesse trovato avrebbe  potuto avere la conferma che almeno uno degli eventi descritti dal manga era realmente avvenuto in quel mondo e che quindi avrebbero potuto avvenire anche tutti gli altri.
E la conferma  ci fu…
“Il serial killer BB fu arrestato il 22 Agosto 2002…ecc.”
BB… Il nome non me lo ricordavo proprio… Comunque la data non mi aiuta…
Lasciamo perdere la cronologia… Le conclusioni sono queste:
Uno, sono in una dimensione parallela da circa dieci giorni. Due, non so assolutamente come ci sono finita. Tre, in questo mondo esiste Elle e quindi immagino che sia il mondo di Death Note, sebbene le date non tornino con quelle del manga, ma potrebbero combaciare con quelle dell’anime che è appena uscito, cioè, che “era” appena uscito nel mio vecchio mondo. Quattro, tra un periodo di tempo non precisato, in teoria, dovrebbe apparire Kira (sempre che le cose vadano esattamente come nel manga, ma il caso BB sembrerebbe confermare che avverrà tutto). Cinque, se lo racconto a qualcuno mi lobotomizzano…
Ma come gliela dico a Viola questa cosa…

Era l’una passata. Emma si rese conto che doveva dormire perché, mondo parallelo o meno, la mattina dopo doveva andare a lavorare… ma quando si mise nel letto cominciò a girarsi e rigirarsi, nonostante fosse stremata…
Era agitata, eccitata… Come non esserlo? Impiegò parecchio tempo prima di fermare la sua mente, poi si avvicinò la nebbia…
Elle esiste… ma morirà…
Questo fu l’ultimo pensiero che fece prima di sprofondare in un sonno senza sogni.
 
A mezzogiorno smisero di lavorare per il pranzo. Un’ora di pausa.
Emma prese il suo zaino e si allontanò dal cantiere incamminandosi per i sentieri e le scalinate dell’area archeologica, diretta ad uno dei posti che preferiva.
Tra le possenti strutture antiche infatti, qua e là, erano disseminati prati, giardini, alberi. Tra questi c’era un luogo che Emma aveva sempre adorato, che c’era sempre stato, di cui aveva un ricordo confuso di bambina che le riaffiorava ogni volta che lo rivedeva. Ricordava poco… c’erano tante persone, lei era seduta sull’erba, dei grandi alberi…
Eccolo.
Su un terreno leggermente in pendenza, racchiuso tra due sentieri che portavano sul colle Palatino, dove sorgevano i palazzi imperiali, c’era un fazzoletto di fitto prato verde, dove si stagliavano vicini tre enormi abeti i cui lunghi rami creavano una piccola radura ombrosa, con raggi di sole che filtravano tra i folti aghi. Il terreno era ondulato, come costellato di morbide collinette. Un grande tronco era riverso proprio lì sotto, poggiato sull’erba.
Intorno si udivano il vociare distante di qualche turista, lo scalpiccio delle scarpe sulla terra, le diverse campane che in lontananza finivano di scandire i dodici rintocchi con ritmi e suoni diversi.
Il sole riscaldava gli abiti e faceva venire voglia di scoprire le braccia. Roma era famosa per le sue giornate ottobrine, quando il sole luminoso dal cielo limpido emanava un piacevole tepore.
Emma indossava una t-shirt nera ed un paio di larghi pantaloni militari. Una specie di grande bandana di un rosso scolorito le avvolgeva tutti i capelli come un turbante, la felpa annodata intorno alla vita, la giacca sotto il braccio e lo zaino sulle spalle.
Spesso sotto quei tre abeti si radunavano scolaresche, gruppi organizzati, famigliole e quella pacifica ombra diventava colorata, chiassosa, vivace. Ma ora non sembrava ci fosse nessuno. Forse per via dell’ora o per via del clima, che portava tutti a voler godere dei raggi del sole, chissà.
Emma si avviò per scendere da uno dei due sentieri.
Cominciava a desiderare l’ombra, dopo avere passato tutta la mattina sotto quei caldi raggi.
Camminò ancora e la visuale cambiò.
Qualcuno c’era. Avrebbe preferito il contrario. 
Piano piano che procedeva, l’alto fusto di uno degli alberi stava scoprendo la figura di una persona di spalle, seduta sul tronco riverso sul prato…
Un’immagine familiare…
Le bastò un attimo…
 
 
Ora forse devo spiegare qualcosa a chi fosse interessato e posso farlo senza spoilerare.
La vicenda si è svolta finora in Italia nell’Ottobre del 2006 (e fin qui c’eri arrivato…). Allora nel nostro paese era appena uscito in edicola solo il primo volume di Death Note. Ma Emma aveva già letto tutta la serie sulle scans tradotte, che qui da noi arrivano poco dopo le pubblicazioni nipponiche.  A Giugno 2006 gli amanti italiani di Death Note avevano già potuto papparsi tutta la storia. Ma Emma è appassionata e quindi si è impegnata ad acquistare l’edizione americana della Viz, che uscì poco dopo quella giapponese.
Il volume 13 però Emma non ha potuto leggerlo…
Per quanto riguarda l’anime, Emma ha potuto vedere solo il primo episodio subbato (il 12 ottobre 2006 ce n’erano in circolazione due, ma a quella data Emma era già nella dimensione parallela di Death Note, anche se non lo aveva ancora capito…).
Non è neanche assurdo che Emma non ricordi il nome di BB… Another Note nel 2006 non era ancora uscito ed all’epoca la vicenda del serial killer di LA era solo un elemento citato di sfuggita nel manga…
La parte delle notizie su Elle ascoltate al telegiornale mi preoccupava per questo: nell’anime non viene data molta importanza a cosa effettivamente la gente sapesse di Elle prima del caso Kira, mentre sul manga si intuisce che l’opinione pubblica ne sapesse veramente poco se non addirittura nulla (ma è poco chiaro)… Diciamo che mi sono lanciata in un ibrido, fingendo che nel mondo se ne sapesse qualcosa o che perlomeno si favoleggiasse sulla sua reale esistenza…ma che questo qualcosa fosse molto vago…
Sì, ok…sono una pazza che è andata a controllare tutte queste cose per essere almeno un po’coerente… 
Mi eclisso quindi con un po’di vergogna… ;)
 
Grazie infinite a chi ha inserito la storia tra le preferite e a chi ha letto fin qui!!!

 

Eru

 

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Capitolo 6
*** 6. Butter cookies ***


Eccolo… Dire che sono terrorizzata è dire poco…
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 6. Butter cookies
 

(Dal capitolo precedente)
Piano piano che procedeva, l’alto fusto di uno degli alberi stava scoprendo la figura di una persona di spalle, seduta sul tronco riverso sul prato…
Un’immagine familiare…
Le bastò un attimo…

 
Non era esattamente seduta…
Era un mucchietto bianco appollaiato…
Una testa corvina…
Santo cielo… Non può essere… Oddio…
Continuò mentalmente a sbigottire con altre esclamazioni di questo genere ed a camminare in modo meccanico, per inerzia, con il cuore martellarle letteralmente in gola.
Si avvicinava sempre di più, scendendo il sentiero…
…Una schiena longilinea, asciutta e curva, rannicchiata alle gambe in una comoda maglietta bianca…
Dal sentiero passò a camminare sul prato alla sua destra… Le gambe molli si muovevano da sole…
E non si trattava di essere senza parole, senza pensieri, senza voce! Adesso era veramente fuori di sé…
E ora che faccio?! Mi avvicino? Continuo a guardarlo da lontano? No…
Rallentò appena l’andatura…
L’angolazione lentamente cambiò, mano a mano che procedeva. Ora ne scorgeva un po’ il profilo…
Le estremità delle dita della mano destra sostenevano il bordo in alto di un libro aperto e sospeso davanti al volto.
La sinistra morbidamente poggiata sul ginocchio…
E poi…? Oddio! E poi?
Il lungo collo proteso in avanti, dritto… Le spalle chiuse, incurvate verso il petto. I capelli nerissimi, lisci, tanti, disordinati. Il volto pallido, quasi candido. 
Era vicinissima adesso. Sotto l’ombra degli alberi, quasi all’estremità del tronco…
Le scarpe bianche e logore erano per terra, ai piedi del tronco, sotto di lui. Le pieghe dei morbidi jeans dietro le ginocchia. La molle curva di due scure e profonde occhiaie, le labbra lattee, il profilo lievemente prominente delle ossa dello sterno e della clavicola sinistra, visibili sotto la pelle chiara, all’attaccatura del collo, lì dove il girocollo della maglietta non arrivava…
C’era qualcosa di vagamente sensuale… 
Adesso Emma era all’estremità del tronco.
E i battiti del suo cuore le ovattavano i timpani.
Non poteva più guardare… Ci saranno stati massimo due metri tra di loro!
Lui però non si mosse.
Emma si voltò, si tolse lo zaino e lo posò alla sua destra insieme alla giacca. Poi si sedette sull’erba, con le gambe incrociate. Appoggiò la schiena agli anelli circolari concentrici del fusto tagliato. Fece un sospiro grande, ma controllò l’aria che usciva, per non fare rumore.
Lui era alle sue spalle! Proprio “Lui”!!!!! Reale, in carne ed ossa, ma incredibilmente lui…
Come poteva una persona vera essere così identica ad un fumetto? O anche ad un cartone animato? I colori, le sfumature, la definizione dei lineamenti… Come può un disegno essere uguale ad una foto? La pelle, i capelli, le pieghe dei tessuti… In effetti tutto ciò era molto più definito e particolareggiato, ma non stonava niente, tutto ciò che poteva esserci in più era esattamente, perfettamente ed armoniosamente al suo posto… era lui, identico.
Ed era fantastico…
Emma sentì il rumore di una pagina che veniva voltata, poi di nuovo il silenzio.
Si morse il labbro inferiore.
Niente paranoie, niente ansie, niente ragionamenti.
Era incredula, scossa, emozionatissima.
Non aveva ancora metabolizzato la scoperta del giorno prima ed ora…
Ma che diavolo, sempre un attimo prima di mangiare?! Mi strozzerò il pranzo pure oggi!
Le venne da ridere, sdrammatizzando quasi istintivamente…
Che doveva fare?
Insomma, c’erano quelle che avrebbero subito attaccato bottone, quelle che davanti al loro “idolo” si sarebbero sbracciate pur di farsi notare…
Aprì lo zaino e tirò fuori il pranzo. Cercò di fare silenziosamente, mentre col cuore ancora in gola pensava a cosa fare…
Per il momento non era il caso di farsi notare. Il livello di lucidità era sotto zero!
Tolse il coperchio del contenitore ed infilzò svogliatamente un po’ di pasta con la forchetta, tanto per. Le si era chiuso lo stomaco un’altra volta… Ma qualcosa doveva pur fare per ingannare quei momenti assurdi…
Un’altra pagina che girava…
Già un’altra?! Be’, è indubbiamente lui…
Continuò a mangiare.
Un’altra pagina.
Le venne un po’ di freddo, posò il contenitore sul prato, sciolse la felpa dalla vita e la indossò. Era di parecchie taglie in più, i polsi consunti delle maniche arrivavano a coprirle quasi tutte le mani, era comodissima.
Lui sempre immobile. 
Un’altra pagina.
Richiuse il contenitore della pasta e lo rimise nello zaino ancora mezzo pieno…
Non si riusciva a calmare, non ce la faceva a saperlo lì, a sentirlo dietro di sè…
Prese una mela, la addentò con disinteresse ed un bel pezzo si staccò nettamente, mentre continuava a guardare davanti a sé, assorta.
Lui distolse lo sguardo dal libro e girò la testa lievemente, puntando gli occhi spenti nella direzione da cui era provenuto quello schiocco.
Ora aveva notato la presenza di Emma.
Guardò per qualche istante: zaino, mela verde, bandana in testa…
Poi riprese a leggere.
Lei però non si accorse di niente.
Un’altra pagina.
Emma accese una sigaretta.
Un’altra pagina.
E il tempo continuava a scorrere velocemente e lei non sapeva che cosa fare…
Tempo prezioso passato di spalle!
Ma che sono scema!

Prese i biscotti.
Li guardò attraverso la bustina trasparente e le scappò un sorrisetto. Si erano sbriciolati… come sempre… però così le sembravano di più e duravano di più. Aprì il sacchetto, ne fece scivolare uno quasi intero sul palmo della mano ed iniziò a sgranocchiarlo.
Lo finì.
Ne prese un altro pezzo.
«Sono butter cookies vero?»
Cavolo! Lingua italiana perfetta, e poi che voce…particolare, bassa, molto morbida…
Be’, ti pareva! Ovvio che come minimo parlasse una dozzina di lingue alla perfezione!
Allora? Forza e coraggio!!!

Ancora col boccone in bocca Emma chiuse gli occhi, serrò le labbra, ispirò una grossa quantità di aria col naso, la ributtò fuori, allentò la tensione del viso e si voltò.
Lui la stava guardando ora. Nella stessa posizione, mostrandole il corpo rannicchiato di profilo, ma col viso rivolto verso di lei. Gli occhi grandi e nerissimi.
«Uhm, uhm» Mugugnò Emma, annuendo con la bocca ancora piena. Poi ingoiò. Questi pochi istanti le diedero il tempo di riacquistare la sua naturale tranquillità con le persone…«Ne vuoi uno? Anzi, vuoi un po’ di briciole?» Disse Emma sollevando il sacchetto per metterne in mostra il contenuto malamente ridotto.
Lui posò il libro e si avvicinò gattonando leggero sul tronco fino all’estremità dove si trovava lei.
Poi agilmente si rimise nella stessa posizione rannicchiata, con entrambe le affusolate mani sulle ginocchia, ma questa volta interamente rivolto verso Emma.
Lei si girò completamente e si rimise a gambe incrociate, di fronte a lui. Si ritrovò quegli occhi neri e profondi piantati nei suoi…
Emma non si soffermò sulla sua posizione, non lo squadrò dal basso in alto come fosse stato un alieno, non gli osservò i piedi nudi, né i capelli assurdamente disordinati o le sue occhiaie inquietanti. Gli porse semplicemente il sacchetto, guardandolo dal basso, senza esitare e senza apparire minimamente turbata da quella presenza singolare. Il punto era che Emma “veramente” non era turbata dalla sua presenza singolare… Al massimo avrebbe potuto esserlo ai primi capitoli del manga…Ma ora ci era abituata…anzi, ora le piaceva tantissimo…
L’eventuale bruttezza, la deformità, la stravaganza o anche la bellezza catturano sguardi fastidiosi ed indiscreti soltanto le prime volte. Poi gli occhi si abituano…
Lui allungò una mano per prendere il sacchetto che Emma gli stava porgendo «Grazie. I pezzettini piccoli mi piacciono, sembrano di più e durano di più.»
Stava per infilare le dita dentro, ma si fermò.
Emma lo guardò per pochi istanti e capì.
«Non ti preoccupare, per quanto mi riguarda potresti buttarli per terra e rimetterli nel sacchetto e li mangerei lo stesso. Non sono schifiltosa. Se a te invece dà fastidio che io ci possa aver messo le dita dentro fino a poco fa, non ti preoccupare ugualmente, non mi offendo se non li vuoi mangiare. Comunque prima di mangiare mi sono lavata le mani e le dita non me le sono ancora leccate.» Sorrise Emma, mostrandogli le bricioline sulla mano. «Ehi, sto scherzando! Non ce le ho proprio messe le dita dentro!» Aggiunse alla fine sorridendo.
Stava parlando con lui… ed era incredibilmente a suo agio…
Lui la guardò ancora per qualche breve istante negli occhi, poi distolse lo sguardo dirottandolo verso la bustina e vi infilò la mano dentro, tirò fuori un brandello di biscotto, tenendolo tra il pollice e l’indice e guardandolo. Sollevò la mano all’altezza del naso, come fosse stata un ninnolo pesante sospeso al polso, inclinò un po’ la testa all’indietro, socchiuse le labbra e lasciò cadere il biscotto nella bocca.
Poi, masticando con calma, rimise la mano nella busta e ne prese ancora.
Un pezzetto per volta.
Stessa scena. Per altre due volte.
Grandioso…
Emma aveva sempre adorato quando mangiava…
«Buoni. Li hai fatti tu?» Disse, mentre guardava l’ennesimo pezzetto tirato fuori, prima di ficcarselo in bocca.
Le porse il sacchetto, Emma fece uscire una manciata di biscotti tritati, sempre senza infilare le dita dentro, e glielo restituì.
«Be’, la ricetta è di mia madre, ma c’è anche del mio… Li abbiamo fatti insieme.» Disse Emma mentre lo osservava masticare e prenderne nuovamente.
Le venne da ridere. Era proprio lui. In tutto…
«Li puoi finire. Io non ne mangio più.» Gli disse Emma raggruppando con le dita i frantumi di biscotti che aveva nel palmo dell’altra mano e portandoseli alla bocca.
Lui allora tornò a guardarla, smettendo per un attimo di rimirare i biscotti.
«Veramente non ne vuoi più?» Le chiese, appena stupito, con una faccetta buffa, candida e sperduta…
Eh già… Lui  era anche così…
«Uhm. Uhm» Annuì di nuovo lei con la bocca piena e mille altre immagini di lui nella testa…«Tanto ne ho altri a casa e comunque mi bastano quelli che ho preso. Non mi vanno più. Tieniteli pure.»
Effettivamente non ne voleva più, ma Emma si voleva anche godere la scena il più a lungo possibile. Più biscotti c’erano, più sarebbe durata…
«Grazie. Io non sarei stato così generoso al tuo posto.»
Ad Emma venne in mente la scena in cui lui aveva offerto la “sua” fetta di torta a Light. Quella era stata una grande concessione in effetti…
«Non sono così magnanima. Se si fosse trattato di pizzette o patatine, per me, avresti anche potuto morire di fame. Ma forse quelle non me le avresti chieste.»
Le sfuggì così, senza controllo…
Improvvisamente gli occhi neri e profondi di lui cambiarono impercettibilmente ed Emma se ne accorse… se ne accorse anche se apparentemente la guardava allo stesso modo di prima, ma le occhiaie erano ora come più evidenti…Fosse questo o meno, c’era comunque qualcosa di diverso in quelle pupille lavagna…
«Non ti ho chiesto neanche i biscotti.» Via il candore. Ecco la inevitabile e gentile freddezza.
Eh già… Come contraddirlo…
«Hai ragione. Diciamo che ti sei interessato a loro comunque.» Non si poteva negare neanche questo, a dire il vero…
«Sì.» ammise lapidario. Poi aggiunse «Ed in effetti non mi sarei mai interessato a pizzette o patatine.»
Continuò a guardarla negli occhi, serio.
«Visto? Mi sarebbe andata bene!» Sorrise Emma, riuscendo incredibilmente a sostenere quello sguardo, inquietante per chiunque, ma non per lei…

Sapeva di aver espresso liberamente quello che pensava di lui… anzi, quello che sapeva di lui… Non c’è nulla di male nell’essere schietti e trasparenti. In quel caso il problema era che lei, in una situazione normale,  non avrebbe dovuto sapere assolutamente nulla di lui…
Inoltre, in una situazione normale, e per normale intendo legata al vostro mondo ed a quello di Emma, un tipo strano che si avvicina per dei biscotti e poi punta gli occhi nei vostri sarebbe da allontanare, anche abbastanza rapidamente.


Emma ci pensò un attimo. Le venne quasi da ridere perché lei, invece, ovviamente, si sentiva sicurissima affianco a lui. In verità non si era sentita più sicura in tutta la sua vita!
Quindi, continuando a sostenere il suo sguardo, inclinò un po’ la testa di lato e gli disse tranquillamente «Devo darmela a gambe? Non hai uno sguardo molto rassicurante, sai?»
«Mhm.» Replicò secco lui, continuando a scrutarla.
Dopo qualche istante smise di fissarla e riprese a sbocconcellare i dolcetti.
Poi, con lo stesso tono di voce di prima, con noncuranza e continuando a rimirare i pezzi di biscotto che prendeva, aggiunse «Fai ciò che vuoi. In verità, finora, ho ritenuto la tua tranquillità degna di nota. Infatti, anche il significato delle parole che hai appena pronunciato contraddice l’atteggiamento: non mi sembri affatto preoccupata o a disagio.»
E continuò a ingoiare biscotti.
«Infatti non lo sono per niente.» Ammise Emma serenamente essenziale.
Mentre lui finiva le ultime briciole, Emma pensava e nel frattempo tirava fuori dallo zaino il termos del caffé
Accidenti, avrò detto sì e no quattro parole ed ha già colto nel segno! Che non sono preoccupata lo so da me, ma in effetti avrei potuto essere almeno un po’ a disagio, roba da ansia da prestazione… E invece non lo sono…
Chissà quanto peso ha dato all’infelice uscita sulla possibilità che non amasse patatine e pizzette… è stato evidente che l’ha notata, ho visto qualcosa di diverso nei suoi occhi… Magari ha pensato che ho tirato ad indovinare… Sì, come no! Va be’, ma mica sospetterà di chiunque a priori, no?! Oddio… è incredibile, io posso vedere i suoi occhi e mi ritrovo a notare le loro differenze e ad interpretare cosa gli passi per la testa come se si trattasse di una persona che conosco da una vita!!!! Ma figuriamoci se posso capire cosa gli passa per quella testa…
Però mi viene così naturale essere tranquilla e comportarmi come se lo conoscessi bene…
E che male c’è? Io sono fatta così! In fondo, fra poco, dovrò salutarlo e non potrò mai più rivederlo.

Lui stava passando ora alla fase della pulizia: stava accuratamente e rumorosamente leccando dalla punta del dito pollice e dell’indice ogni residuo di biscotto rimasto.
Emma si guardò un attimo le mani e le gambe, poi disse, ridendo:
«Fantastico! Sei riuscito a sporcarti, poco, solo il pollice e l’indice! Io ho mangiato molti meno biscotti di te, ma ho entrambe le mani unte di burro praticamente fino al gomito e mi ritroverò le briciole pure nelle tasche dei pantaloni! Però mi sa che ti aiuta anche la posizione…» Concluse Emma piacevolmente pensierosa.
Era la prima volta che ci rifletteva. Quella postura impediva anche che qualunque cosa stesse ingurgitando gli cadesse addosso…
«Mi dà fastidio sporcarmi. La posizione mi favorisce in molti modi.»
«Già. Non la adotteresti altrimenti.» Si mangiò la lingua ed evitò domande strane o indiscrete, del tipo “In cos’altro ti favorisce?”. Qualunque persona con un briciolo di curiosità glielo avrebbe chiesto, dopo quella risposta… Per Emma fu dura tenersi, ma non per la curiosità… Avrebbe dato qualunque cosa per sentirsi dire, dal vero, “Aumenta le mie capacità intellettive del 40%”!!!
Ma me lo direbbe poi? No… Probabilmente no. Non lo va mica a dire alla prima capitata. O forse sì… In fondo mi ha detto che la posizione lo favorisce in molti modi… mi ha praticamente dato il “la”…
Avrebbe dato qualunque cosa, ma fu discreta e glissò la questione…
Quindi disse soltanto «Potrei offrirti un po’ di caffé. È un espresso fatto con la moca di casa, ma non è molto zuccherato… »
«Quanto poco zuccherato?»
«Due cucchiaini per una quantità di caffé pari a tre tazzine… Non riesco proprio a berlo se è tanto dolce e non avevo in programma di offrirlo a nessuno, altrimenti avrei portato altro zucchero.» …Sì, magari un pacco di zucchero da un kilo!
«Io non lo bevo amaro.»
Lo so… «Allora me lo berrò tutto io! La mossa gentile la dovevo fare!» Concluse Emma attaccandosi all’imboccatura del termos e sorseggiando un po’ di caffè.
«Perché hai specificato che era espresso e che c’era poco zucchero?»
Ma cos’ è questo terzo grado?! Nella realtà è poco piacevole… «Be’ mi è venuto spontaneo, però probabilmente a pensarci bene avevo delle motivazioni. L’espresso perché, nonostante il perfetto italiano, mi sembri straniero e quindi forse ti aspettavi un caffé diverso. Lo zucchero perché io, ad esempio, avrei la nausea nel bere un caffé con un quintale di zollette e perciò avrei voluto sapere, al tuo posto. In generale perché i gusti e le abitudini delle persone sono illimitati ed io non posso certo conoscere quelli di tutta la gente che incontro per strada!»
Anche questa era una mezza verità. Ma non era una menzogna.
«Uhm.» Fu la sua risposta impenetrabile.
Emma non si scompose per niente. Si potrebbe quasi dire che c’era abituata.
Poi si distrasse un attimo, notando qualcosa alle spalle di lui…
«Ma che diavolo… Scusami un secondo!» Emma si alzò e cominciò rapidamente a camminare sul prato. Poi si voltò un attimo «Lascio le mie cose qui, tanto torno subito! Grazie!» E si girò di nuovo.
Lui la seguì con lo sguardo.
Emma raggiunse un tizio che si era fermato sul sentiero poco lontano.
Si chinò e raccolse da terra una lattina che lui si era lasciato alle spalle.
Poi gli si rivolse in un inglese perfetto con una pronuncia invidiabile «Ehi. Credo che le sia caduta questa. Guardi, c’è un secchio poco più avanti.» E gli sorrise.
Ovviamente non gli era caduta. Ce l’aveva proprio buttata ed Emma se n’era accorta!
Quello rimase un attimo stupito. La guardò per bene da capo a piedi, senza fiatare. Poi prese la lattina ed annuì.
«Buona passeggiata!» Concluse Emma.
«Grazie…» Farfugliò il tizio girandosi, lanciando un’ultima occhiata interrogativa alla sua testa fasciata di rosso, alla felpa informe, alle sue scarpe infangate e probabilmente allo strano tizio raggomitolato sul tronco poco dietro di loro.
Emma quindi ritornò in dietro e si sedette di nuovo a terra di fronte a lui che aveva continuato a guardarla. «Ci sei riuscita con le buone maniere…» Osservò, ma rivolgendolesi in inglese questa volta.
Emma scartò lievemente il capo, guardandolo di sottecchi con un sorrisetto strano, come compiaciuto del fatto di sentirlo parlare nella sua lingua madre… E naturalmente subito dopo raccolse l’input, rispondendogli allo stesso modo e modificando da quel momento in poi la lingua della loro conversazione.
«Sì. Ma i sorrisini e le buone maniere non sono sempre sufficienti.»
«Sono d’accordo» Ribattè lui.
I rintocchi delle campane le ricordarono che aveva ancora solo un quarto d’ora prima di ritornare dalla pausa pranzo e doveva anche passare in bagno, che era dall’altra parte dell’area archeologica ed avrebbe trovato sicuramente la fila. Quindi cominciò a rimettere le cose nello zaino, cercando di farci entrare anche la giacca. Il tutto con lui sempre placidamente appollaiato sul tronco che la guardava armeggiare.
«Vai via?» Le chiese candidamente.
«Sì. Devo andare.» Rispose lei senza alzare gli occhi.
«In quale scavo stai lavorando?»
Cavolo!
Emma alzò lo sguardo e lo fissò senza dire nulla, con una lieve ma evidente ombra di stupore negli occhi. Le venne spontaneo, anche se avrebbe dovuto aspettarselo.
E lui, con una calma ed una impassibilità evidenti cominciò «Scarpe da lavoro infangate, abiti comodi e non curati, terra sui pantaloni, pranzo al sacco organizzato, in un orario da cantiere edile. Siamo in un’area archeologica e difficilmente puoi essere un operaio. Certamente sei un’archeologa e stai lavorando, perché se fossi stata ancora una studentessa non saresti stata sola e forse il tuo abbigliamento sarebbe stato molto meno usurato e probabilmente un minimo più ricercato e grazioso, ma su questo non sarei sicuro… E comunque, soprattutto, non ho visto gruppi di studenti nelle aree transennate. Evidentemente questo non è periodo di scavi archeologici universitari. Allora, dove stai lavorando?»
Emma rimase ancora un istante in silenzio. Poi si guardò i polsi logori della vecchia ed enorme felpa.
«Sulla terrazza a nord ovest, è solo un microsondaggio superficiale. Comunque grazie della spiegazione. Il punto interrogativo sulla mia faccia doveva essere davvero enorme.
In realtà sul cantiere vestivo così anche quando facevo l’università… forse anche peggio… La tua affermazione forse è un po’ legata ad un modello convenzionale di studentessa.» 
«Meno enorme di quanto pensi (il punto interrogativo intendo). Per quanto riguarda la studentessa, non mi riferivo ad un modello ideale convenzionale, ma ad una tipologia di gran lunga prevalente. E comunque, infatti, ho aggiunto “forse”, ventilando la possibilità che tu potessi far parte di un’altra tipologia di persone.»
Emma inclinò la testa da un lato, dubbiosa.
«Ah, quindi è un fatto di quantità, di tipologia maggioritaria o minoritaria… Non mi sento tanto “tipologia” però… Comunque non importa.» E sorrise, continuando a cercare di far entrare la giacca e tutto il resto nello zaino già pieno zeppo.
Lui rimase un po’ in silenzio, rimuginando qualcosa e appoggiò il pollice sul labbro superiore.
«Noto che non ti offendi. Ripensandoci avresti potuto.»
Emma alzò di nuovo lo sguardo su di lui.
…No…Si sta mordendo il dito…
«Di cosa avrei dovuto offendermi? Non c’era nulla di offensivo nelle tue parole. Hai semplicemente descritto ciò che hai osservato. Se avessi detto qualcosa di inesatto te lo avrei fatto notare. Ma non è stato così e comunque non mi sarei offesa. Non lo faccio mai. Anzi. In verità, tra le tue varie argomentazioni, non hai minimamente accennato al fatto che non potrei essere una studentessa perché sono grande, di età intendo. Immagino che se lo avessi pensato me lo avresti detto senza farti troppi problemi, anzi, senza farti alcun problema. Mi va benissimo!»
«Questo sarebbe stato impossibile. Hai l’aspetto di un ragazzino adolescente.» Disse lui lapidario, sempre con lo stesso tono di voce disinteressato.
Emma scoppiò a ridere.
«Ecco appunto. A proposito del non farsi problemi. Comunque mettiti in fila, sei il terzo questa settimana ad avermelo detto!»
Poi guardò l’ora.
«Perché adesso non c’entra più niente qui dentro?!» Vociò davanti allo zaino aperto. Lo prese e ne rivoltò tutto il contenuto sull’erba. Una tavoletta per i disegni, un astuccio, un quaderno stropicciato, una risma di fogli da lucido in una bustina di plastica, una cazzuola impolverata, un decametro per prendere le misure, una lavagnetta, una macchinetta fotografica, il primo numero di He… Lui lo guardò. «Ti piace He? »
Emma osservò un attimo il fumetto. Poi ricominciò a mettere ordinatamente le cose nello zaino, cercando di ottimizzare gli spazi e rispose, sempre a testa bassa, mordendosi il labbro inferiore, con un tono di voce meno squillante.
«Bella domanda… Una di riserva non ce l’hai? Sì, sono sicura del fatto che mi piaccia e che rispecchi i miei gusti in fatto di manga… Ho tutti i volumi a casa… Tuttavia devo ancora cominciare a leggerlo. Pensavo di iniziare oggi in pausa pranzo. A te piace?»
«Sì.»
Pare che io me lo debba proprio leggere questo He
Poi lui si voltò e ricominciò a gattonare sul tronco verso il punto in cui aveva lasciato il suo libro. Lo prese e lo riaprì. Emma vide ora di cosa si trattava. Era una delle pubblicazioni accademiche archeologiche sul Palatino, una delle più recenti e di maggiore importanza. Era un testo molto tecnico per addetti ai lavori.
Girò le pagine lentamente, tenendo il libro sospeso e toccandone solo l’angolo in alto. Poi lo voltò verso Emma, mostrandole una mappa dell’area archeologica. Portò il braccio in alto e davanti al libro e, con la consueta mano “appesa” al polso, sfiorò col dito indice un punto della stessa e disse.
«Sei qui?»
«Sì, ma tutta quella zona è chiusa al pubblico.»
«Peccato. Non ho mai visto lavorare un archeologo. Potrebbe essere interessante.»
«Non in questo cantiere. E comunque ho la sensazione che se leggerai qualche testo di metodologia di scavo diventerai anche più capace del luminare che ha scritto quel libro… Sai, scavare significa ricostruire il passato e le sue fasi attraverso la dettagliata osservazione e documentazione di quel poco che resta… Ogni microscopico elemento può fornire un passaggio fondamentale di quella ricostruzione e della catena di eventi… E’ un po’ come il lavoro della scientifica sulle scene del crimine. E studiare i dati di scavo è un po’ come rimettere insieme il puzzle, come fanno i detective…»
Ma Emma non gli chiese se amava i romanzi o i film gialli… Diede per scontato che lui avrebbe capito la sua affermazione, che non avrebbe dovuto aggiungere altro.
«Per questo ho detto che sarebbe stato interessante osservare uno scavo in atto.» Commentò lui, senza spiegare altro.
Eh… E potresti darmi un grande aiuto in questo senso in effetti… Mamma mia… Se solo lui se ne interessasse potremmo raggiungere risultati altissimi nel nostro campo… Va be’, meglio che si occupi dei criminali, è molto più utile lì…
«Io però devo scappare, è tardissimo e devo pure arrivare al bagno.» Concluse Emma senza vergogna.
«Ok, ciao. E grazie dei biscotti.» Disse lui, porgendole il sacchetto vuoto che si era tenuto in mano fino a quel momento e rimettendosi a leggere come niente fosse.
Ma… Perché non se lo butta da solo?! Va be’… Tanto non fa niente da solo…
«Figurati. Ciao… »
A presto… No…
Emma si voltò e si allontanò velocemente. Poi, dopo un po’, si girò di nuovo nella sua direzione. Adesso era nuovamente un mucchietto bianco appollaiato su un tronco, come quando l’aveva visto per la prima volta, da lontano, solo un’ora prima.
Elle. Non lo rivedrò mai più…
 
Uhm... Nella sua testa non lo ha nominato neanche una volta durante tutto il tempo che gli è stata affianco. Non lo ha nominato mai fino ad ora... Ovviamente non gli ha chiesto come si chiama, né si è presentata, come avrebbe voluto la consuetudine o la buona educazione. Ma del resto, non lo ha fatto neppure lui… Sembra quasi si siano tacitamente accordati…
 
Il tempo era trascorso così rapidamente. Lui era stato buffo e stimolante.
Come Emma aveva sempre pensato, non era affatto timido. Anzi.
La timidezza è spesso espressione della poca sicurezza in se stessi. Indiscutibilmente questo non era il caso di Elle. Emma lo aveva ammirato come personaggio anche per la sacrosanta consapevolezza che aveva delle sue innegabili, smisurate e superiori capacità. Caratteristica, questa, che lo aveva portato ad essere odioso agli occhi di alcuni lettori, almeno all’inizio.
La timidezza può essere però anche espressione del timore di essere giudicati diversi, nonostante la consapevolezza della propria intelligenza. Spesso la diversità, la stranezza, il non essere come gli altri, portano alla timidezza. O portano all’omologazione attraverso un difficoltoso, alienante e non sempre fortunato processo.
La peculiarità e l’acutezza della mente di Elle lo avevano reso unico e quindi molto “più diverso” dagli altri. “Più diverso” perché la diversità è la normalità: ogni essere umano è unico, quindi diverso da chiunque altro, tuttavia le somiglianze o le pari capacità intellettive portano gli individui a trovare amici, colleghi, compagni di vita.
Elle era unico, ma raro, anzi rarissimo. La stravaganza della sua persona, la totale noncuranza dei clichès, delle formalità, degli schemi, in sintesi la forzata inesperienza del vivere sociale, lo avevano reso solo, ma esageratamente libero.
Libero dalla paura di sbagliare comportamento, dal timore di urtare le suscettibilità o il comune senso di compostezza. Libero dalla preoccupazione di non essere accettato o di subire un giudizio negativo o una critica. In sintesi libero dagli altri.
La completa libertà e la piena sicurezza in se stessi plasmano una personalità nient’affatto timida. Forse difficile, indecifrabile, incompatibile con molti, sola, ma non incapace di intavolare una qualunque discussione.
Se a ciò si aggiungono un aspetto controverso, ma assolutamente affascinante, la comicità di alcuni gesti peculiari o il candore di alcuni buffi vizi, si ottiene un “personaggio”. È difficile scovare nella realtà un “personaggio”…
Le risultava quasi ridicolo pensare tutte queste cose di lui. Era un paradosso accanirsi sulla personalità del protagonista di un fumetto.
Ma ormai lui non era più tale. Ma ormai era inutile. Ma ormai non lo avrebbe mai più rivisto. Perché se anche in qualche modo fosse successo, Emma sapeva che sarebbe stato ucciso.
Si ritrovò a considerare questa cosa in modo molto più intenso rispetto a prima. Si ritrovò a detestare fortemente quella scelta dei mangaka, che a sua tempo l’aveva fatta rimanere a bocca asciutta, ma che tuttavia aveva apprezzato: quella scelta coraggiosa ed inaspettata aveva reso Light ormai imperdonabile agli occhi di chi ne attendeva una redenzione ed aveva reso Elle immortale.
Ma ora era diverso. Ora sapeva che era una persona vera, per quanto questo sembrasse surreale. Ora l’aveva visto. Ora ci aveva parlato. Ora le cose erano cambiate. Ora le spiaceva in modo troppo diverso.
Il tempo era trascorso così rapidamente. E lei si era divertita.
Si era sentita a suo agio sempre. E questo l’aveva portata a dire quasi tutto quello che pensava. Ciò accade quando si è in compagnia di chi si conosce da molto. Emma sapeva tante cose di lui. Certamente più di quante potessero tutti gli altri, perlomeno in quel mondo.
In fondo l’aveva osservato da vicino, molto da vicino, come era accaduto a tutti coloro che avevano letto Death Note. In alcuni casi aveva “letto” anche i suoi pensieri. Questa era una condizione eccezionale, perché nessuno può “ascoltare” i pensieri degli altri.
La questione però era un’altra. Infatti, nonostante questo, la personalità complessa ed articolata di Elle era rimasta impenetrabile per tutti i lettori. Si era potuto intuire un insieme eterogeneo di aspetti, questo sì. Ma solo intuire, per l’appunto.
Il sentirsi a proprio agio quindi non poteva essere legato solo alla conoscenza. Quello era dipeso da lei e da lui.
Il tempo era trascorso così rapidamente. Emma era stata bene.
L’aveva osservato tutto il tempo divertita, entusiasta, curiosa. L’aveva osservato con attenzione, intenta a carpire nuove espressioni, nuovi aneddoti, esattamente come avrebbe fatto se fosse uscito in edicola un one-shot su di lui, oppure un romanzo o un anime. Con la incredibile e basilare differenza che lei aveva interagito.
Ora le sembrava di aver sprecato tanto tempo a dire sciocchezze. Pensava che avrebbe potuto dire tanto altro. Pensava che avrebbe potuto rimanere lì ancora e al diavolo il lavoro… Pensava che si viveva una volta sola. Che aveva avuto un’occasione irripetibile, anche e soprattutto perché unica e surreale era la situazione fantascientifica in cui era stata catapultata. E invece ora non lo avrebbe più rivisto e poi lui sarebbe morto…
Ma forse… magari…
Si insinuò in quel momento un’idea confusa… Vaga e praticamente irrealizzabile…
Emma accese una sigaretta.
Se quello che le era capitato era assurdo, dalle prime rivelazioni fino all’incontro con Elle, non poteva che pensare assurdità. Tuttavia la circostanza surreale la liberava da ogni freno e giustificava ogni sua scelta.
Cosa ho da perdere? La mia razionalità o la mia vita? Le ho già perse entrambe, dal momento in cui tutta questa storia è iniziata. 
Emma aveva deciso. Non sarebbe tornata indietro. Ora doveva riflettere e definire dettagliatamente quella vaga idea.
Il tempo era trascorso così rapidamente. E lei adesso aveva un progetto davanti a sé.
Doveva averne sempre uno. Quello però era il più incredibile che avesse mai concepito; perché nasceva dall’infanzia profonda che regnava in lei; perché nasceva in quel mondo e quel mondo, in fondo, era quello di un fumetto, era una favola…
…E nelle favole può accadere qualunque cosa e tutto è permesso…
 
 


Allora… Adesso potete sparare a zero…
Il capitolo è più lungo del solito, ma non potevo proprio spezzarlo questa volta!
L'ho riletto molte volte e non riesco assolutamente più ad essere obiettiva su niente… A volte mi piace (poche volte), a volte lo trovo orrendo e penso di aver distrutto il mio amato Elle (e ora sono in quest'ultima fase)…
Quindi posso solo aggiungere poche parole: ovviamente non mi sono avventurata nella mente di Ryuzaki! Ma spero che qualcosa si sia intuito, soprattutto sulla base dei comportamenti di Emma e della sua singolare tranquillità nei suoi confronti… In futuro comunque si comprenderà se e cosa Elle abbia pensato di questo primo incontro… Sempre che vogliate ancora leggere questa storia dopo questo capitolo, che mi fa veramente paura…
Attenderò a braccia aperte ogni critica, perché la mia lucidità è azzerata e non sono in grado di capire e quindi imparare dai miei errori da sola…
 
Grazie, come sempre, a chi ha inserito questa storia tra le preferite ed a chi ha letto fin qui!!
 

Eru

 

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Capitolo 7
*** 7. Una scelta assurda? ***


Eccomi qui. Col capo cosparso di cenere chiedo perdono per il ritardo…
Ecco un capitolo più soft ed anche più lungo del solito…
Incrocio le dita, come sempre! ;)
 
Buona lettura e grazie di essere qui!

 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

7. Una scelta assurda?

 
Alle quattro del pomeriggio Emma finì di lavorare. Adesso aveva il tempo di pensare a quell’idea che aveva partorito poche ore prima e che la elettrizzava.
Ma c’era ancora un’altra agitazione…
Arrivò al sentiero, allungò lo sguardo oltre gli abeti, sperando…
Ancora non aveva la visuale completa.
Camminò ancora un po’…
Ora vedeva tutto il fusto dell’albero riverso sul prato.
Nessuno…
Era andato via…
Emma non lo aveva ammesso, ma ci aveva sperato. Ci aveva sperato tanto…
Velocizzò automaticamente il passo, attraversò il prato, superò il solitario tronco, senza guardarlo.
Nascose a se stessa la delusione in questo modo, fingendo di passare davanti a quel luogo con noncuranza…O forse semplicemente evitò di soffermavisi per sottrarsi ai pensieri che ne sarebbero potuti scaturire e a quella involontaria sottospecie di nostalgia che a volte colpisce l’essere umano, poco dopo l’inevitabile conclusione di momenti piacevoli.
Cercava di convincersi che, se anche in quel pomeriggio avesse passato più tempo con lui, le cose non sarebbero cambiate e che comunque non lo avrebbe più rivisto, dal momento in cui lui avesse deciso di andarsene. Al massimo avrebbe ottenuto poco altro tempo trascorso in sua compagnia in una tiepida giornata di ottobre…
Non sarebbe stato male però…
Emma cercò di allontanare questi pensieri.
Si diresse spedita verso l’uscita, guardando davanti a sé, con passo deciso.
E si sforzò di concentrarsi sul suo progetto. Su quello contava molto.
In questo caso non aveva timore di sperare, né faticava ad ammettere che lo stava facendo…
E con la mente piena di pensieri si incamminò verso casa e si accese una sigaretta.
 
Chiuse la porta dietro di sé, andò subito al bagno per togliersi lì gli abiti impolverati, cercando di non inzaccherare tutta casa, ed indossò la tuta per gli allenamenti. Avrebbe sfruttato la lezione delle sei e mezza, visto che non era andata in biblioteca. La doccia l’avrebbe fatta direttamente in palestra.
Quindi sprofondò sul divano.
Elle… Ce la farò? Non è molto realizzabile come idea… Forse penso troppo in grande, punto troppo in alto… Non sono preparata per questo genere di cose… Sono una persona assolutamente normale! Forse non dovrei tentare… Potrei cacciarmi nei guai… Anzi, sicuramente mi caccerò nei guai… Non sono mica un agente della CIA!!
Sbuffò.
Aveva bisogno di staccare per un po’.
Dormire però la turbava. Non era più riuscita a sognare da quando si era ritrovata in quel mondo…
Doveva però cercare di immergere la sua mente in qualcos’altro. Qualcos’altro che l’avrebbe momentaneamente, ma completamente allontanata da quei pensieri. Doveva immergersi in un’altra dimensione… Doveva leggere qualcosa, appassionarsi ad altro e cullarsi per qualche tempo altrove….
 
Eh eh eh… Emma vuole immergersi in un’altra dimensione.
Un libro, un fumetto, un film, un cartone animato… Ogni volta che vi approcciate ad uno qualsiasi di questi, vi dimenticate momentaneamente della vostra vita, abbandonate la poltrona, il letto, la sedia o le persone sull’autobus affianco a voi, e vi ritrovate altrove.
Siete in grado di pensare ad altro mentre siete concentrati nella lettura di qualcosa?
No. Perché in quel momento la vostra mente è totalmente impegnata. Ed il bello è proprio questo… Essere completamente inghiottiti in un altro mondo.
Voi non potete neanche lontanamente immaginare le centinaia di migliaia di miliardi di dimensioni parallele esistenti…
Ogni libro, ogni fumetto, ogni film, ogni cartone animato… E tutte le fantasie, tutte le speranze e tutti sogni di ogni singolo essere umano vissuto fino ad ora… Ogni frutto dell’immaginazione umana, cosciente o meno, è in realtà un altro mondo…
Riuscite a concepire di quale immensa cifra sto parlando?! È perennemente in aumento e potrei dire tendente all’infinito…
Eh già. Anche i sogni sono altre dimensioni.
Pensateci bene. Sono altre dimensioni create da voi stessi, dal vostro inconscio vigile mentre la razionalità è sopita. E nei sogni “vivete” in prima persona tutto ciò che vi accade.
Ed io, se voglio, posso vedere tutti i vostri sogni, sia quelli ad occhi aperti, generati da una fervida immaginazione, che quelli ad occhi chiusi, nel silenzio della notte…
Ma ora mi sto dedicando ad Emma.
…Eh no però… La vostra mente sta già immaginando troppo. Non dimenticate che vi posso vedere!
No, in questo momento state viaggiando troppo con la fantasia… Lo vedo!
So benissimo che ora state pensando che tutto quello che Emma sta vivendo magari è solo un sogno.
Non è assolutamente così.
Non dovete dimenticare che Emma non riesce a sognare ed io, per il momento, voglio solo dirvi che non ci riesce proprio perchè sta già “vivendo” in un’altra dimensione.
Quindi mettetevi l’anima in pace. Se l’idea del mega-sogno di Emma vi stuzzica, fatevi i vostri film personali, elucubrate le vostre ipotesi, continuate pure questa vicenda con la vostra fantasia ed a vostro piacimento. In questo momento state semplicemente creando un’altra storia, un’altra fantasia e quindi un’altra dimensione ancora, facendo crescere quella cifra numerica immensa di cui sopra… Ed io, magari più tardi, verrò a dargli un’occhiata.
Ma quelle che state favoleggiando sono altre storie.
Ed io, adesso, sto guardando solo quella di Emma!


Allungò il braccio per rovistare nel suo zaino e tirò fuori He.
Era arrivato il momento di iniziare a leggerlo.
Fece scorrere rapidamente le pagine col pollice. Osservò la copertina. Appoggiò la testa sul cuscino, superò le prime pagine.
Page. 1 Scelta
E il tempo passò…
Alzò lo sguardo nel silenzio della stanza. Guardò l’ora.
Aveva letto i primi cinque episodi tutti d’un fiato.
Si soffermò a pensare.
Si sentiva carica di nuovo.
Tornò indietro con le pagine. Scovò le vignette che l’avevano catturata e le riosservò bene, rileggendo attentamente. L’aveva fatto anche con le pagine in cui Elle si era presentato al mondo per la prima volta, sfidando Kira in tv…
La giovane ragazza timorosa ed inibita era in piedi di fronte a lui, di fronte ad He. E gli parlava.
- ... Ma io non ce la farò mai, è un traguardo irraggiungibile…
- No. Basta volerlo.
- La fai troppo facile… sai a quante delusioni si va incontro così... Non si può “combattere” sempre...
- Infatti. Si combatte per le cose in cui si crede…
Emma girò la pagina.
- …ed io adoro le sfide.
Quest’ultimo baloon invadeva un terzo della pagina ed il resto era occupato dal volto di lui di mezzo profilo, con il cappuccio della felpa tirato sul capo che gli metteva in penombra gli occhi grandi e decisi. Un sorriso sicuro, adulto e rassicurante, ma al contempo da bambino e beffardo…
Emma sospirò.
Ora capisco perché ad Elle piace He, nonostante sia completamente diverso da lui e sia un ladro…
Accidenti, piace un sacco anche a me!
È veramente un grande!
Ma questo in fondo dovevo aspettarmelo, non me lo sarei messo sullo screensaver altrimenti…
… “Basta volerlo.” e poi “Io adoro le sfide.”
Queste devono essere alcune delle frasi “bomba” di He… Di quelle che stampano sulle magliette e sui gadgets… Un po’ come "Io sono la giustizia"…

Poggiò il fumetto aperto e con la copertina rivoltata sul divano.
Quelle pagine erano riuscite a ricaricarla veramente… Si sentiva stupida ed infantile per questo, ma era così…
Andò verso l’armadio e aprì i cassetti alla ricerca di qualcosa che non ricordava di aver avuto, ovviamente, ma che sicuramente, invece, aveva, esattamente come possedeva la serie completa di He
Frugò bene e alla fine infatti trovò una t-shirt nera raggomitolata nell’angolo in fondo, dentro una bustina di cellofan… Una maglietta da indossare solo in determinate occasioni, perché altrimenti avrebbe fatto la figura della “nerd” super-gasata…
La svolse… Sul retro, all’altezza delle spalle, campeggiava la scritta bianca Io adoro le sfide.
Sorrise. Perché aveva avuto ragione. Quella frase era certamente una delle pietre miliari di He, sfruttate in tutte le salse e riproposte ai fans in svariate forme. E sorrise perché, nonostante le insicurezze e le paure, le si addiceva. Anche per questo doveva aver acquistato quella maglietta, in un passato sperduto di quel nuovo mondo, che lei non ricordava, ma dove ora stava inspiegabilmente ed improvvisamente vivendo.
Anche Emma amava le sfide, proprio come He.
Accese il pc, controllò la posta e trovò una e-mail.
Cara Emma,
Ho ritenuto opportuno informarti, per il momento in modo informale ed ufficioso, di alcuni importanti progetti.
La pubblicazione definitiva dello scavo è stata finanziata. Cominceremo a lavorare a breve. Come tu sai non siamo in molti: Misao, Kei e me, come operativi fissi.
Tu hai seguito il cantiere fin dalla prima campagna e conosci tutto di quell’area anche grazie alla tua formazione. Il tuo supporto, il tuo curriculum e le tue capacità sarebbero quindi molto preziose.
I finanziamenti per i collaboratori, tra i quali ho intenzione di farti rientrare, copriranno due anni di lavoro. In seguito dovremmo poter ottenere altri fondi per ulteriori campagne.
La proposta che ti faccio è seria, ma mi rendo conto che per te può non essere semplice accettare. Si tratterà di lavorare a Tokyo, almeno per i prossimi due anni, con poche ispezioni sul sito in Italia, che potresti svolgere tu.
Ti chiedo quindi di pensarci attentamente e di darmi una risposta. Se accetterai potrò mettere in moto la macchina amministrativa ed inserirti nel nostro staff ufficialmente. Rimando a quel momento ulteriori dettagli.
Attendo tue notizie,
Eijiro Usui
Non era solo soddisfatta, felice o emozionata per la richiesta del professore.
Semplicemente sorrise e disse:  «Bene. Tutto si sta disponendo alla perfezione.»
 
Verso le nove Emma entrò in casa di Viola, sventolando due birre fredde ed un pacco di patatine.
«Grande! Io ho preparato uno sformato di verdure e dei bocconcini di pollo.» Le disse la padrona di casa sull’uscio, con un mollettone giallo ed una fascia rosa ad imbrigliarle i lunghi capelli ricci e tre strati di magliette una sopra l’altra che, a detta di lei, le tenevano più caldo di qualunque felpa.
Emma entrò arrancando con il borsone della palestra a tracolla «Spero che tu abbia abbondato con le quantità, perché tra poco azzannerò anche il tavolino… Ho pranzato presto, ho mangiato poco, digerito rapidamente e non ho spizzicato niente nel pomeriggio!»
«Anche se lo avessi fatto, avresti abbondantemente bruciato tutto, accanendoti sul sacco o sul povero ragazzetto di turno!» ribattè Viola, camminando verso la cucina e facendo scivolare le mega-pantofole a forma di gatto sul pavimento liscio della casa.
Emma sorrise, simulando un broncio «Non sono cattiva…»
«No. Sei solo affamata. Comunque ho abbondato ed in ogni caso c’è parecchio pane.» Rispose Viola, strizzandole l’occhio.
«Bene. Apriamo le birre intanto.» Ed Emma poggiò la sacca a terra.
Si misero a tavola. Aprirono e finirono la busta di patatine chiacchierando. Poi apparecchiarono.
«Sempre con quei capelli umidi. Ma non hai freddo?» Chiese Viola.
«No. Non mi va di stare mezz’ora col phon acceso… Dieci minuti sono pure troppi per me. Tanto poi si asciugano lo stesso!»
Continuarono ad aggirarsi intorno ai pensili ed ai fornelli dell’angolo cottura in silenzio, per qualche breve attimo.
«Allora, cosa è successo?» Esordì Viola a brucia pelo e si voltò verso Emma. Avevano atteso fin troppo.
Emma poggiò i tovaglioli sul tavolo, a testa bassa.
Poi alzò lo sguardo sull’amica, la fissò per qualche istante.
Sospirò e cominciò a parlare…
«Ci sono due cose importanti da dire. La prima è seria e cambierà tante cose per me. La seconda è folle…»
L’amica la guardava, ma non la interrompeva ed Emma continuò a parlare, cominciando dalla più facile…
«Allora. Ho parlato con Misao ed ora ho avuto la conferma dal prof. Usui della Todai… Potrò lavorare con loro. Ma dovrò andare a Tokyo. Tra poco. Ci dovrò restare per almeno due anni. Ho deciso di accettare.»
Emma guardò l’amica che la osservava seria.
Poi Viola sorrise e finalmente parlò.
«Non tolleravo di vedere le tue capacità sprecate in un paese che sta colando a picco…
Ho sempre sperato e saputo che avresti fatto qualcosa del genere…
Mi mancherai da morire…»
Serrò le labbra in un sorriso commosso… Poi portò la mano a coprire la bocca, scosse appena il capo, continuando a guardare la sua migliore amica negli occhi… Lasciò ricadere la mano, le si avvicinò e con la voce tremante ma agguerrita le disse: «Parti e sfonda tutto!»
Poi si tuffò tra le braccia di Emma che la strinse calorosamente e le si accasciò sulla spalla.
Rimasero così, in silenzio.
«Non posso neanche pensare di dover fare a meno di te…» Disse alla fine Emma, continuando a tenere stretta Viola. «Ti tartasserò di e-mail e ti racconterò ogni cosa su msn!»
«So che lo farai…»
Si separarono. Avevano entrambe gli occhi lucidi.
Si guardarono e si misero a ridere…
«Ma quando parti? Abbiamo un po’ di tempo per stare insieme ancora?»
«Certamente! Devo finire l’incarico qui. Nel frattempo farò un corso intensivo di giapponese per migliorare quelle quattro cose che so e mi organizzerò la partenza. Diciamo che tra poco più di un mese decollerò per il paese del Sol Levante. A proposito, lasciamo perdere i discorsi lacrimosi e parliamo di cose serie: quando ti scade il contratto di affitto qui?»
«Fra tre mesi.»
«Che ne dici di andare a vivere a casa mia? Alla fine rimarresti in zona e pagheresti la stessa cifra. A me il contratto scadrebbe tra tre anni… Per i prossimi tre mesi potrei permettermi di continuare a pagare io, tanto dubito che troverò una casa all’istante a Tokyo e sicuramente all’inizio scroccherò un letto da Misao. Poi però sarebbe un problema pagare due pigioni…» Concluse Emma con gli occhioni aperti e pensierosa.
«Fantastico! Mi risolveresti un sacco di questioni! Quando tornerai però non dovrai buttarmi immediatamente fuori di casa e dovrai aiutarmi a trovare un’altra soluzione!»
«È il minimo! D’accordo. Allora è deciso.»
«… Emma… quale sarebbe la cosa folle?» Viola non mollava, naturalmente.
E adesso ad Emma toccava affrontare il macigno… Tuttavia, dal giorno in cui aveva chiamato Viola per parlarle, le cose erano decisamente cambiate…
Differenze strane, Radio Ga Ga, Psycho, He…Sì, era così…
Ma ora c’era Elle di mezzo…
E ora c’era il suo folle piano…
Elle era una persona vera e lei non poteva permettersi di raccontare a nessuno che conosceva la faccia del misterioso ed iperprotetto detective del secolo, nemmeno alla sua migliore amica…
Si fidava ciecamente di lei. Ma il punto era un altro.
Poteva cacciare nei guai se stessa, ma non poteva invischiare anche Viola nelle sue folli elucubrazioni…
Tutto questo faceva molto trama da film-polpettone di terza categoria, con protagonista magnanimo che cerca di allontanare dai rischi le persone care… Emma se ne rendeva conto, ed in parte le era anche risultato strano pensare quelle cose…
Ma la situazione era quella.
Il personaggio leggendario di un manga esisteva e lei stava vivendo nel suo mondo.
Quindi, si ritrovava a confrontarsi anche con situazioni fuori dal comune ed a comportarsi da “copione”, allontanandosi momentaneamente dalle normali e reali situazioni di vita comune…
«…Uhm… Non è tanto facile iniziare… »
«Provaci! Quando decidi di parlare in genere sei un fiume in piena! Forza!» La incoraggiò Viola.
«Oggi ho visto una persona.»
Pausa lunga…
«Chi? La conosco?»
«Non credo che tu la conosca. Anzi, è impossibile che tu la possa conoscere… Ma mi piacerebbe tanto che fosse così… Perché potrei parlartene in modo diverso. L’ho incontrata all’ora di pranzo nell’area archeologica. Stava leggendo mentre io mangiavo. Abbiamo parlato un po’…»
«E’ un ragazzo?»
«Sì.»
«E’ un turista?»
La stava incalzando… Ovvio che lo stesse facendo… Emma era stranamente reticente…
«… Ehm… Sì, diciamo di sì…»
«Che vuol dire “diciamo di sì”? Vive su questo pianeta almeno?»
«No. In effetti, almeno per me, potrebbe venire da un altro mondo!» Disse Emma ridendo, rispondendo al tono canzonatorio dell’amica. La verità era che solo Emma stava vivendo in un altro mondo…
«Ok, continua per favore, non ti interromperò, almeno per un po’.» Viola incrociò le braccia, si appoggiò al tavolo della cucina e attese paziente, rimanendo in piedi.
«Allora… Parla italiano perfettamente, ma credo che sia inglese. Adora i dolci. È molto intelligente. Probabilmente troppo intelligente. È assolutamente libero da ogni condizionamento sociale. È una persona particolare ed ho avuto una strana sensazione affianco a lui… »
«…Che sensazione?»
«Mi sembrava di conoscerlo da tanto. Diciamo che era qualcosa in più del sembrare. Quindi mi sono comportata molto liberamente. Sono stata bene…»
Viola si stava sciogliendo, dopo quelle parole. Aveva capito che si trattava di una confessione legata in qualche modo all’interesse dell’amica per un ragazzo. E, dato che Emma era diventata col tempo piuttosto difficile in quel senso, ora la ascoltava con un sorriso dolce e soddisfatto sulle labbra.
«Ok… Come si chiama?»
Emma ingoiò la saliva e abbassò lo sguardo.
«Non lo so…»
«Ma come “non lo so”! Non gli hai neanche chiesto come si chiama?! Da quando in qua sei diventata una bambina spaurita, Emma! Mi sembra che le parti si siano invertite, accidenti… Ricomincia da capo per favore e raccontami tutto per filo e per segno. C’è qualcosa che non mi stai dicendo…»
E così Emma si lasciò andare.
Almeno da quel punto di vista poteva aprirsi liberamente…
In fondo, lei, Elle lo aveva sempre adorato…
Ed ora poteva liberamente parlarne come di un ragazzo reale… A suo tempo, aveva chiaramente detto a Viola che Elle era un personaggio favoloso e che a lei piaceva tantissimo… e le aveva fatto una testa così, praticamente costringendola a leggersi il manga.  Ma di certo non le aveva potuto dire che se n’era proprio infatuata come una ragazzina! Era pur sempre il personaggio immaginario di un fumetto!!!
Ora, invece, gliene poteva parlare, anche se non poteva confessarle di chi si trattasse veramente…
E così iniziò a raccontare all’amica prima l’aspetto di Elle, e lo fece con una minuzia di particolari inquietanti, mentre Viola la guardava, seria, in silenzio… Poi, le riportò tutto il tempo trascorso con lui e lo scambio di battute, indugiando sulle qualità di lui, ma anche sulle sue buffe stranezze. E forse qui aggiunse anche qualcos’altro, che magari lui non aveva neanche fatto, ma che lei sapeva avrebbe potuto fare…
Ma disse solo questo e, naturalmente, omise molti dei suoi pensieri…
Viola l’aveva osservata ed ascoltata attentamente… «Hai ragione…Sembra veramente che tu lo conosca bene… troppo bene! Sembra che tu mi stia parlando di una persona che hai avuto modo di osservare accuratamente per lungo tempo… È inquietante… Questo ragazzo lo devi rivedere…»
Farsi i film mentali insieme sui ragazzetti di turno da quando avevano sedici anni, le aiutava a condividere quei momenti idioti ed a spalleggiarsi sui trip romantici… Due dementi! Se lo dicevano anche da sole qualche volta!
Viola non poteva certo sapere che quel trip era immensamente più grande di tutti quelli che avevano sempre creato insieme… Quella era una favola…
«…Come farai a rivederlo?»
Emma quindi rispose «Ho capito da alcune sue brevi considerazioni che andrà in Giappone prossimamente e che ci resterà a lungo…» Non era una bugia in fondo…
Viola abbandonò il tono sognante e ripartì in quarta «E tu pensi di incrociare per puro caso un ragazzo inglese e senza nome in quel buco di città che è Tokyo?»
«Sì, ma non per caso.» Seria.
«E come lo troverai allora?»
«In qualche modo.» Lapidaria.
A Viola vennero di nuovo gli occhi a cuoricino «Ti fa impazzire… L’hai descritto così presa… Ti ha veramente colpito…»
Emma sorrise «E’ difficile farti capire quanto e come.»
In effetti era impossibile.
Era vero che Emma ora poteva parlare seriamente di Elle con la sua amica, ma era anche vero che avrebbe voluto dirle tante altre cose. Troppe cose.
Ciò che le era accaduto era il classico scoop da raccontare dettagliatamente alla propria migliore amica. Avrebbe voluto condividere tutto, vedere la sua faccia quando le avesse rivelato di aver visto Elle, il “suo personaggio”, che Viola conosceva bene, prima…
Ma ora nulla avrebbe avuto senso, perché in quel mondo Elle esisteva veramente, ma nessuno lo aveva mai visto.
Solo per Emma lui era il longilineo ragazzo con le occhiaie, con la maglietta bianca e con un carattere deciso e senza scrupoli.
Solo Emma sapeva che quel ragazzo si sarebbe confrontato di lì a breve con un caso assurdo e senza precedenti e che sarebbe morto per questo.
Per Viola lui era solo un reale detective geniale e senza volto, non più l’affascinante e controverso protagonista del manga preferito dalla sua migliore amica…
«Ok, ammettiamo che tu lo riesca ad incontrare, cosa vuoi fare? Sinceramente credo che avresti dovuto sfruttare meglio la giornata di oggi piuttosto che progettare di rivederlo a Tokyo!»
«Ti prego, non dirmi questo… Già ci sono andata in paranoia più di una volta con questa cosa del mancato “cogli l’attimo” di oggi…
Il punto è che tanto qualche ora in più non avrebbe cambiato nulla per lui.
Perché le cose possano cambiare veramente devo rivederlo in Giappone.»
E qui Emma cominciò a farsi scappare qualcosa, guidata dalla naturale confidenza che aveva con  Viola ed iniziò a non fare più tanta attenzione alle cose che diceva…
Del resto, non sapeva mentire bene e non era un agente della CIA…
«Cambiare… ma “quali cose” devono cambiare…? E perché in Giappone sarebbe meglio? Come minimo, sapendo come si chiamava, sarebbe stato più semplice rincontrarlo! Io non ti capisco…»
«Non avrei mai saputo veramente come si chiamava.» Lapidaria, ancora una volta.
«Emma, sei un po’criptica… Da come parli sembra quasi che tu voglia rivederlo non solo per te stessa, ma per lui. Che cosa potrai mai fare “per” una persona che, a detta tua, non ti avrebbe mai detto neanche il suo nome… e comunque, da quello che mi hai raccontato, mi sembra un tipo piuttosto freddo, anche se tranquillo…»
Emma scosse il capo, sconsolata… «…Mi rendo conto di non essere per niente chiara… Perdonami… Diciamo che questo tizio mi ha catturato per la sua personalità e mi sono sentita a mio agio. Ho avuto la sensazione di conoscerlo e sento che potrei essergli di aiuto in futuro, in un modo che ancora non so.
Non guardarmi così! La profetessa ha parlato e tu non hai per niente rispetto!» Concluse Emma ridendo e cercando di smorzare quell’atmosfera strana che le era sfuggita di mano.
«Va bene. Se vuoi che ti “rispetti” mi devi rispondere. Come pensi di incontrarlo?»
«Il mondo è piccolo. Lo dicono tutti, no? Ok, ok, la faccio finita! …Credo che bazzicherà la Todai per un breve periodo… »
«D’accordo. Non insisterò su questo punto. Quando lo rincontrerai (perché la profetessa evidentemente ha dei poteri che io ignoro e sa già da ora che questo potrà accadere) cosa farai “per” lui?»
«Dovrò trovare il modo di incuriosirlo ed interessarlo. Già… non in quanto facente parte dell’altro sesso però, perché questo credo che non lo attirerà per niente…» Emma farfugliò quest’ultima affermazione quasi tra sé e sé, come se avesse preso in considerazione la cosa in quel momento per la prima volta… Del resto il suo “progetto” non era ancora maturo.
«Oddio, non dirmi che è gay! Ti ci manca solo di innamorarti di un…»
«Frena, frena!» La interruppe Emma «Non è gay! Cioè, io non ho mai pensato che lo fosse, mi sono sempre ribellata all’idea! Semplicemente credo abbia altri interessi.»
Emma non ce la faceva proprio ad evitare di dire quello che pensava e a non ingarbugliare ancora di più la testa di Viola con affermazioni poco chiare…
«Uhm… Ti sei “sempre” ribellata…?! Va be’, sorvolo ancora una volta… Quando ti avrà trovato interessante cosa farai?»
«A quel punto dovrò guadagnarmi la sua fiducia.»
«A che pro?»
«Se mi crederà e si fiderà di me potrò aiutarlo. La cosa più assurda è che aiutarlo sarà il passo più semplice. Mentre non so se sia più titanica l’impresa di interessarlo, quella di farmi credere o quella di guadagnarmi la sua fiducia…»
«Aggiungerei quella di non farti prendere per pazza!» Esclamò Viola, quasi esasperata dal fatto di non riuscire a cogliere i ragionamenti dell’amica.
«Sì, la aggiungerei anch’io, in effetti! Proprio da questa deriva la necessità di interessarlo e di guadagnarmi la sua fiducia. Dovrà capire che non sono pazza e che non voglio incastrarlo.»
«Emma. Io ci provo, ma questo film non riesco proprio a seguirlo…»
«Lo so. Ma tu ti fidi di me?»
«Sì.»
«Sai che non sono pazza, no?»
«Certo.»
«Quindi non ti preoccupare. Io andrò a Tokyo. Lavorerò sodo per l’università e cercherò di costruirmi un futuro migliore e nel frattempo, silenziosamente, porterò avanti anche quest’altro progetto o film, come lo chiami tu. Non ho nulla da perdere.»
«Uhm. Dubito che potrò farti cambiare idea. Anzi, ne sono certa. Del resto hai ammesso tu stessa che si tratta di una follia. Le tue follie non sono mai state d’intralcio al sano svolgersi della tua vita.
Da come ne parli questo lui sembra quasi un personaggio inventato. Strano e misterioso, sebbene indubbiamente interessante e probabilmente stimolante… Quando lo incontrerai fagli una foto. Lo voglio proprio guardare in faccia questo “lui” che ti ha trasformato in un profeta enigmatico!»
«Ci proverò.» Disse Emma, senza guardare in faccia l’amica. Aveva mentito.
«Mhm…Ok. Hai abbassato lo sguardo. Quindi hai mentito. Ergo, hai chiuso i contatti. Ora non mi dirai più niente. È inutile che io insista. Lo so…» Ammise sospirando Viola.
Poi le sorrise e riprese a parlare. 
«Parliamo d’altro. Hai visto che hanno beccato quel pazzo omicida?»
Come cambiare argomento, senza cambiarlo affatto…
«Sì… Ho sentito il telegiornale ieri.»
«Sono contenta. Questa storia mi stava terrorizzando. Se però non fosse intervenuto Elle chissà quanto ci avrebbero impiegato. Secondo me non lo avrebbero proprio preso. Perché per me lui esiste, eccome! Mi sto fomentando su questo tizio! Poi tutto questo mistero accresce il mito. Deve essere veramente un grande!»
«Sì, sono sicura che lo sia. Senza di lui non sarebbero arrivati da nessuna parte. E lo sanno. Per me è talmente superiore che non genera neppure invidia. Puoi solo stimarlo. Per invidiarlo dovresti poter aspirare ad essere come lui e quindi dovresti avere delle capacità almeno lontanamente affini alle sue. La maggior parte delle persone normalmente dotate non possiede nemmeno un terzo della sua intelligenza.»
«Che analisi! Ci hai pensato parecchio eh?!»
«Un po’…» Disse Emma sorridendo.
«Comunque sono d’accordo con il tuo profilo, profetessa. Inoltre credo che possa essere stimolante parlare con uno così!»
«Se ti degna di qualche attenzione, credo di sì. In generale credo sia stimolante starlo a sentire e basta.» disse Emma.
«Forse sì. Chissà che tipo è, durante le indagini intendo.»
«Un bastardo.» Rispose Emma lapidaria.
 
Bene.
Adesso mi sto veramente divertendo.
Voi non lo so, ma io decisamente sì!
Avete vagamente intuito il fine ultimo del “progetto” che Emma sta pianificando? Lei ha detto: “Perché le cose possano cambiare veramente devo rivederlo in Giappone”… Io questa volta ci sono arrivato senza neanche leggerle i pensieri… Ma sì, dai, non c’è bisogno di essere Elle per arrivarci!
Ma ora credo che darò un’occhiata alla sua mente…
Uhm… Interessante…
Secondo me Emma deve imparare a mentire ed a non lasciar trapelare nulla.
Perché con Viola, ma anche con Elle, ha detto troppo.
Deve imparare a dire solo quello che potrà tornare utile al suo piano.
Sì, credo proprio che darò un’occhiata molto accurata alla sua mente nei prossimi giorni, vorrei capire meglio come ha intenzione di muovere i suoi scacchi…
E credo proprio che non vi dirò un bel niente!
Chi sono io? Quant’è che ve lo chiedete, eh… Ah ah ah! Arrangiatevi!
Va be’, al massimo vi posso dare il mio parere.
Emma si sta lanciando in un terreno minato.
Lei lo conosce bene, ma Elle è sempre Elle…
 

 
Allora, questo era l’ultimo capitolo scritto nel passato. Dal prossimo in poi sarà tutta roba nuova, scaturita dalla mia testa incoerente nell’ultimo mese… Credo e spero che riuscirò a postare un capitolo a settimana circa. Mi impegnerò comunque a farlo! Era necessario e giusto dirvelo.
Mi piaceva dire qualcosa di He. Non ho esagerato e non lo farò neanche in futuro, andrei fuori tema. Ma "Lui" non può sparire, anche se sarà sempre collaterale ed appartiene all'aspetto giocoso della vita di Emma e di quella di Elle... Concedetemi e perdonatemi la licenza! Ma, secondo me, Elle legge i manga! E' assurdo dirlo, ma per me andrebbe pazzo per Death Note, per Ryuk e per la coppia Ohba/Obata!!!
Agli amanti di Roma dico semplicemente: ditele addio ;)
E mi fermo qui con le anticipazioni…
Spero che questo capitolo, di nuovo senza Elle, possa avervi interessato in qualche modo!
La mi preoccupazione a riguardo è legata anche alla verosimiglianza dei comportamenti di Emma… Quindi… INSHALLA! ;)
 
Grazie a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, a coloro che la recensiscono, a coloro che silenziosamente la seguono da tempo ed a chi l’ha scoperta ora per la prima volta!
Siete la mia forza e vi devo moltissimo!!
 

Eru

 
 

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Capitolo 8
*** 8. NHN ***


Allora… Incredibile, ma ce l’ho fatta… Sono riuscita a pubblicare alla distanza di una settimana… Avrei voluto farlo prima, ma ho avuto delle giornate infernali, compresa quella di oggi… Quindi vi chiedo scusa per avervi fatto aspettare e spero di riuscire a mantenere questo ritmo! Sappiate comunque sempre che ci metto tutto l’impegno possibile!
Le cose sono un po’ cambiate e, come al solito, sono molto timorosa dell’esito…
Ma ora la smetto con le mie elucubrazioni e vi lascio alla lettura, sempre incrociando le dita…
Grazie di essere qui!
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

8. NHN

 
Emma era sdraiata sul letto e aspettava. Lavata, vestita, con la borsa pronta… E aspettava, con gli occhi aperti rivolti al soffitto.
Ho deciso di presupporre di trovarmi nel mondo dell’anime Death Note, immaginando che sia posticipato rispetto al manga… Ho deciso quindi di dare per scontato che tra poco scoppierà il caso Kira… E se così non fosse? …Se Kira comparisse tra un anno o due? Io in fondo non ho avuto modo di sapere in quale anno preciso si svolgano i fatti del cartone animato… Avrei perso e starei perdendo il mio tempo inutilmente…
No! Avevo deciso che non sarei più dovuta tornare su questi “assiomi” di base, che avrei dovuto darli per assodati, nonostante le incertezze, altrimenti mi sarei bloccata e non avrei potuto progettare assolutamente nulla!
Sto dando la mia vita in pasto ai pesci?
Ma se non so neanche più di che vita si tratti! Se non so neanche più se questa sia la mia vita e se sia veramente vita!!!
E se all’improvviso mi ritrovassi di nuovo nel mio mondo, catapultata indietro nel tempo, ai giorni precedenti tutto questo stravolgimento? Se mi svegliassi una mattina nella mia camera, con tutti i volumi di Death Note sulle mensole? Se Elle ritornasse ad essere solo un disegno?
Forse sarei triste…

Scosse la testa con un brivido, come se volesse sgrullarsi di dosso qualcosa di fastidioso.
«Misaoooooo!! Hai fatto?!» gridò Emma, tra il divertito e l’annoiato. «Abbiamo per caso in programma la notte degli Oscar?!» e si alzò per raggiungerla al bagno.
La trovò davanti allo specchio, intenta a truccarsi. «Ci sono quasi… Cara, non si sa mai chi si può incontrare in facoltà!» e le strizzò l’occhio. «Tu, piuttosto, ma non ci pensi proprio! Non potrei mai dire che sei poco curata, però magari un po’ più di malizia potrebbe aiutare…» e osservò Emma che sfoggiava le sue solite scarpe da ginnastica sommerse in gran parte dalle pieghe dei morbidi jeans  che accompagnavano le sue lunghe ed affusolate gambe fino ad un golfino semplice, sovrastato da una sciarpa penzoloni che accentuava ancora di più la sua figura sottile, oblunga e priva di fronzoli… Misao sorrise «Va be’, lascia stare quello che ho appena detto… Ti si deve sempre osservare accuratamente, a volte… tu sei così… Non so bene come… ma sei bella così!»
Questa era Misao. Sinceramente affettuosa, diretta e meravigliosamente capace di scoprire ed apprezzare l’indole di coloro che la circondavano, anche se diversi da lei. Per questo Emma e lei erano andate d’accordo da subito, seppur fossero molto dissimili sotto certi aspetti. Si erano trovate perché entrambe si circondavano di una “fauna umana” di amicizie assolutamente difformi l’una dall’altra e delle quali godevano indistintamente senza giudizi, disagi o incomprensioni, sempre.
Emma raccolse ironicamente la considerazione di Misao «Ah ah ah! Come cominciare bene la giornata. Se me lo dici tutte le mattine ti potrei anche aspettare ore! Piuttosto, sono rimasta un po’ indietro in questi giorni, tra jet-lag, sistemazione stanza e casini vari, e si è stranamente parlato di altro… dimmi un po’ chi è che vorresti incontrare…»
Uscirono rapidamente e si infilarono nella metro chiacchierando fittamente come due ragazzine…
 
Emma è atterrata a Tokyo da cinque giorni. Sta andando con Misao alla Todai.
Le pratiche amministrative sono concluse e lei sta iniziando ora il suo nuovo lavoro, dall’altra parte del globo… anzi, in un altro mondo…
Vi avevo detto che non avevo intenzione di dirvi nulla dei suoi pensieri… Ma vi assicuro che Emma ha pensato veramente tanto in quest’ultimo mese. E il suo folle progetto ora è definito.
È il 24 Novembre 2006.
Kira non ha ancora preso il sopravvento sulla mente brillante di quel giovane studente delle superiori…
Voi però questo lo sapete, perché potete controllare in ogni momento le date degli avvenimenti.
Io ora vi chiedo: in quale giorno Light ha trovato quel quaderno diabolico?
E non andate a cercare su internet e non aprite il vostro Death Note n. 13.
Mi sapete rispondere? Il giorno preciso, intendo.
Be’, se lo sapete, mi inchino.
Il punto è che Emma non se lo ricordava e quindi la sua ansia era aumentata di giorno in giorno, da quando era arrivata in Giappone. Perché definire in qualche modo quella data era stato il primo passo del suo progetto.
E ora vi chiedo come avreste fatto per scoprirla, quella data, sempre senza andare a scartabellare il manga, ovviamente.
Pensateci un attimo. Magari sono gli stessi mezzi che ha usato Emma per avvicinarsi il più possibile…

 
«Ciao a tutti! Io scappo! Misao, ci vediamo più tardi a casa!»
Per fortuna quei giorni erano soft, lavorativamente parlando, perché si stavano limitando a riunioni, presentazioni e organizzazione delle attività e degli incarichi. Emma, sebbene fosse rimasta in contatto solo con Misao, conosceva anche Kei, l’altro componente dello staff del prof. Usui, che pure aveva scavato in Italia. Quindi era tranquilla e rilassata con tutti. Ma in fondo Emma lo era in generale.
Controllò la cartina della città.
Aveva programmato tutto già da tempo e aveva controllato quella mappa spesso negli ultimi due giorni, anzi, nelle ultime due notti…
Quella era la sua prima mossa.
Ma era anche la più semplice.
Allora, le indagini di Elle iniziano circa un anno prima della sua morte, che cade il 5 di Novembre e che per “assioma” ho deciso di collocare l’anno prossimo. Quindi lui comincerà ad indagare tra Novembre e Dicembre di quest’anno.
Light ha trovato… no… Light troverà il quaderno poco prima dell’uscita dei risultati delle classifiche degli studenti. Quelle classifiche in cui lui si posizionerà al primo posto: “miglior studente del Giappone”.
Quanto non lo sopporto!
Misao mi ha detto che quelle classifiche, più o meno, escono a inizio Dicembre… Quindi in questi giorni il Death Note dovrebbe cadere sulla terra…
Fila tutto… Inutile ripetermelo a mente!
Be’, perlomeno ho la certezza che ancora non l’ha preso quel maledetto quaderno!

Faceva i suoi calcoli sulla base delle cose che ricordava… Fortunatamente aveva letto tutto il manga due volte, prima sulle scans in italiano e poi nell’edizione in inglese…
Ma soprattutto pensava liberamente di Elle e delle sue azioni… E lo faceva senza più darsi della pazza o senza più sconvolgersi dei suoi stessi pensieri.
Questo perchè, da quando lo aveva incontrato, aveva deciso di non tornarci più sopra, di immergersi in quel mondo assurdo… E quindi non perdeva più tempo a stupirsi dei suoi folli ragionamenti sulla questione.
“Sarebbe bello lavorare nel cinema e vedere tutti gli attori famosi!” Esclamano alcuni. Se poi ci si lavora però, tutto diventa routine…
Continuò a camminare velocemente verso la linea che l’avrebbe portata all’Istituto Superiore dove studiava Light Yagami.

Tempo prima, con una scusa, aveva chiesto a Misao di cercarle l’indirizzo di un certo Soichiro Yagami.
In Giappone ci sarà un qualcosa tipo elenco telefonico con gli indirizzi, no?! Una volta saputo il quartiere in cui vivono, non sarà difficile individuare la scuola… da quello che mi ricordo dovrebbe essere vicina alla casa, Light va sempre a scuola a piedi! Si era detta.
Il problema era stato che, di Soichiro Yagami, non ce n’era uno solo…
Quindi si era fatta dare da Misao tutti i numeri di telefono.
Appena giunta a Tokyo, si era armata di santa pazienza, perché non era il caso di chiedere ancora a Misao, avrebbe dovuto spiegare troppe cose.
E così, con il suo giapponese tentennante, aveva chiamato tutti i proprietari di quei numeri, a tappeto, in un pomeriggio, da una cabina pubblica.
Aveva chiamato finché qualcuno non aveva risposto “sì” alla sua formula standard, secca e forse poco educata: “Salve, Raito è in casa?”.
E allora, per essere sicura, aveva anche aggiunto: “E Sayu?”.
Al secondo “sì” aveva riattaccato, aveva raccolto tutte le monete che aveva poggiato sul telefono per le eventuali successive telefonate e ci aveva comprato due birre da portare a casa per lei e Misao. Doveva festeggiare in qualche modo!
Era andata. Ora aveva l’indirizzo di casa Yagami. E, di conseguenza, aveva saputo anche dove studiava Light.
Metodi rudimentali… Ma mica tutti hanno a disposizione un grattacielo come mega quartier generale!
Nella realtà non è tutto così facile… Certo che è folle ritrovarsi nel mondo di un fumetto, ma con gli impedimenti reali di una vita normale! Non puoi sorvolare su niente…
Aveva pensato uscendo dal supermercato con le birre in mano.
Quello era un mondo strano… era la strana commistione degli elementi inverosimili ed esagerati “da fumetto” con le normalissime difficoltà, le abitudini e le questioni della vita vera. Quel mondo infatti era la singolare mistura di Death Note e di Emma…
 
Arrivò davanti alla scuola, un po’ agitata a dire il vero.
Varcò l’ingresso recinto da mura e osservò il piazzale antistante l’edificio.
Il piazzale dove sarebbe caduto il quaderno e da dove Light lo avrebbe raccolto, uscendo da scuola…
Ma il quaderno non c’era.
Erano le quattro meno un quarto.
Attese.
E quando gli studenti uscirono fu certa che per quel giorno il quaderno non sarebbe caduto…
Ma rimase lì.
Lo voleva vedere.
E lui arrivò.
Arrivò veramente…
Alto e magro, con quel completo beige stranoto, in mezzo a tanti altri vestiti come lui…
Sì, alto magro e stanco… anzi, no… stufo…
Anche lui vero, ma incredibilmente lui…
Ed Emma non poté essere indifferente…
Non poté non pensare a quanto lo aveva osservato, a quante cose sapeva di lui… E non poté non toccare di nuovo la destabilizzazione di quella situazione…
Era passato più di un mese da quando aveva capito cosa le stesse accadendo…  Si era calata nella parte e lo sgomento aveva cercato di tenerlo a bada…
Certo, l’aveva aiutata il fatto che la sua vita, almeno apparentemente, non fosse cambiata, Giappone a parte.
E certo, la aiutava anche il fatto che fino a quel momento non aveva avuto altri contatti diretti con tutte le grosse differenze di quell’ “altro mondo”.
Ma adesso lo stava di nuovo toccando con mano ferma, quell’altro mondo, quel mondo in cui ora si ritrovava a vivere e che era il mondo di Death Note… Perché adesso Light Yagami era realmente davanti a lei…
E trattenne il fiato quando lui le passò accanto, noncurante…
E lo osservò… lo osservò davvero…
Le ordinate ciocche di capelli morbidi e sottili, chiare e vagamente lucenti alla luce di uno spento sole autunnale. I lineamenti perfetti di un ragazzo senza difetto, bello e accattivante nel suo aspetto disinteressato. Meta delle ragazzine che tanto amano il “bello indifferente”…
Il bello indifferente che poi sarebbe divenuto “bello e maledetto”…
Ma ancora non lo era, “maledetto”…
Lo guardò e per la prima volta le dispiacque per lui…
Scrutando quello sguardo ampio, annoiato, ma ancora innocente, da adolescente, rivide quel Light delle prime pagine, quello giovanissimo e umano, che non aveva ancora trasformato gli occhi in tagliole affilate…
E lo vide per davvero. Era solo un bel ragazzo che usciva da scuola… ed era già triste… perché la noia, quando si è adolescenti, è solo tristezza, in fondo…
Ma il Light che vedeva in quel momento non sarebbe più ritornato…
E ripensò a quando aveva sperato che lui si potesse redimere, a quanto aveva atteso che lui potesse farlo e si ricordò di quando aveva cominciato ad odiarlo con tutto il suo cuore, di quando aveva capito che lui ormai era senza speranza…
Già… il Light di quel momento non sarebbe più ritornato veramente…
E poi sarebbe morto… sarebbe morto da solo…
Ed Emma pensò quello che fino a quel momento non aveva pensato.
Pensò quello che in un mese di preparativi non le era neanche mai balenato in mente.
Pensò che doveva prendere quel quaderno e bruciarlo, non solo per Elle.
Pensò che doveva farlo anche per Light…
 
Impossessarsi per prima del quaderno ed eliminarlo dalla faccia della terra.
Questa è la prima pedina che Emma vorrebbe muovere. Questo è il suo piano A.
Perché il fine ultimo del suo progetto, se non lo avevate ancora capito, è salvare Elle.
E non ridete per favore, additandola di banalità e facendo i superiori.
Voi che cosa avreste fatto?
Non nascondetevi biecamente dietro un insulso dito.
A me non la date a bere!
Uhm… Scusatemi… Non considero una cosa importante…
Magari voi non brucereste il quaderno…
Magari voi lo usereste…
Ma questo non mi riguarda, in effetti.
Comunque, se riuscirà a prendere il Death Note, questa sua prima mossa sarà anche l’unica e sarà scacco matto. E non ci sarà bisogno di attuare il piano B, perché il problema sarà risolto in partenza.
Potreste pensare che così però non rivedrà mai Elle, perché lui non avrà più motivo di andare a Tokyo…
Ma una volta Emma aveva detto a Viola una cosa, ridendo: “Sai, se veramente non potrò rincontrarlo in Giappone, potrò sempre giocarmi la carta di andarlo a cercare in Inghilterra!”.
Sì, a Winchester, alla Wammy’s House. E potete essere certi che ci andrà, se riuscirà a impedire l’infausta catena di omicidi eliminando il quaderno. Ci andrà perché lei ha programmato tutte le eventualità e soprattutto perché non si nasconde dietro un dito, lei.
Sa benissimo che vuole salvare Elle, ma sa ancora di più che lo vuole anche rivedere!

 
Ed Emma osservò Light tutti i giorni a partire da allora.
Ogni giorno si recò davanti a quell’edificio, poco prima dell’uscita degli studenti, ed attese.
Ma un giorno le capitò una cosa strana.
Col senno di poi lei la interpretò decisamente male, anche se nell’istante in cui avvenne fu solo colta dalla fretta…
La metro su cui si trovava si fermò, per un qualche ignoto e futile motivo, per una qualche stupida coincidenza che rimarrà sconosciuta agli ignari passeggeri, che sempre si ritrovano ad attendere in silenzio, chiusi dentro un mezzo blindato, assuefatti all’eventualità e dimentichi poco dopo della loro stessa curiosità per la causa di quel malfunzionamento.
Il treno rimase fermo per venti minuti.
Ed Emma fremeva, guardando l’orologio.
Quando finalmente uscì dalla stazione iniziò a correre.
Percorse trafelata il viale dove già si era riversata parte degli studenti in uscita.
Rallentò l’andatura, limitandosi a camminare a passo svelto.
Giunse davanti all’edificio e si ritrovò Light praticamente davanti.
Ebbe appena il tempo di realizzare e si spostò rapidamente per non incrociare il suo sguardo. E lui le passò affianco, con la stessa identica faccia dei giorni precedenti e la superò.
Accidenti a me! Perché me lo sono dovuto trovare proprio davanti! Non ho avuto la prontezza  di capire che gli dovevo guardare subito dentro la borsa!
Allora da dietro cercò di sbirciare. Sembrava non esserci nulla. Però…
Riprese a camminare cercando di avvicinarsi.
Niente.
Non poteva mica seguirlo così spudoratamente!
Sì certo, perché se anche poi gli vedo il quaderno nella borsa, ho proprio risolto tutti miei problemi!! Che idiota! Mica posso sfilargli la sacca e scappare!! Ma per favore!
Perché è successo?!


Era accaduto quello che nei suoi programmi aveva sempre considerato con un punto interrogativo: il caso in cui non fosse riuscita a prendere il quaderno nel piazzale, ma fosse stata certa che l’aveva preso lui, infilandoselo nella sacca dei libri. La differenza era che lei, in quel caso, non era certa che lui avesse effettivamente il quaderno con sé.
Ad ogni modo, si era sempre detta che quell’eventualità non avrebbe dovuto assolutamente verificarsi, perché ogni opzione sarebbe stata avventata e pericolosa.
Se avesse avvicinato Light per chiedergli se avesse trovato un quaderno nero e per farselo dare, lui avrebbe potuto acconsentire. Ma ne dubitava. Si sarebbe insospettito forse… e poi in fondo lui se l’era preso… quindi la cosa lo aveva incuriosito dall’inizio… e quindi, probabilmente, glielo avrebbe negato.
Più o meno probabile, c’era comunque la possibilità che lui glielo negasse. Ed Emma aveva pensato che non poteva rischiare. Non poteva perché era certa che sarebbe stata nei guai dal momento in cui Light avesse realizzato cosa poteva fare quell’ammasso di fogli di carta ed avesse cominciato a farsi domande su di lei che glielo aveva chiesto… E sarebbe stata nei guai perché sapeva che Ryuk sarebbe stato incollato a Light sempre e che forse l’avrebbe osservata incuriosito fin dall’inizio, fin da quel primo ipotetico istante in cui lei si fosse avvicinata per chiedere del quaderno… E non si poteva mai sapere cosa poteva fare uno shinigami come lui per divertirsi!
In conclusione aveva stabilito che avrebbe dovuto evitare qualunque contatto con Light, per non insospettirlo. Perlomeno finché lui non fosse approdato alla Todai. Ma questo faceva parte del piano B.
Del resto era assolutamente da escludere anche l’ipotesi di fare uno scippo.
Mi manca solo di incasinarmi quella parvenza di vita normale che mi resta con un’accusa di furto!!! Per carità! Aveva pensato.
Non poteva ovviamente intrufolarsi di soppiatto in casa Yagami per rubare il quaderno.
Non poteva neanche gonfiarlo di botte per rubarglielo. Anche se questa ipotesi l’avrebbe allettata, se non altro per mollargli un bel jeb su quel faccino d’angelo, bello come il sole!
Perché Emma allora, quando aveva ideato il piano, non lo poteva proprio vedere Light, completamente dimentica delle prime sensazioni e aspettative che lui le aveva suscitato…
 
E invece, quel caso che non avrebbe dovuto presentarsi, si era materializzato nel modo più stupido del mondo. Nell’eventualità più banale in assoluto!
Un ritardo del treno nel puntualissimo ed impeccabile Giappone…
Era un’eventualità di vita ordinaria. E quel mondo, seppure quello di un fumetto, ora era fin troppo reale, con tutte le “normalità” del quotidiano vivere umano… Le sciocche, noiose, ripetitive o inaspettate normalità.
Diciamo che però Emma non poteva avere la sicurezza che lui avesse preso il Death Note… anzi…
Se avevo scartato tutte le ipotesi in precedenza, devo scartarle ancora di più ora, che non posso essere certa che lui abbia preso il quaderno…
Sicuramente non l’ha preso, avrei intravisto qualcosa nella borsa… In fondo rimane ancora qualche giorno all’uscita dei risultati sulle classifiche scolastiche…

E poi c’era sempre il piano B, decisamente più succulento…
E quindi Emma lasciò andare Light, con tanti dubbi dentro di sé…
 
Vi sembra così strano? Vi delude?
Ma Emma non è mica un supereroe, un personaggio di un anime, un essere perfetto senza macchia!
È una ragazza normale. Una giovane donna che non ha intenzione di commettere il suo primo furto o di scapicollarsi a correre inseguita da un ragazzino pieno di forze! E, naturalmente, non ha nemmeno alcuna intenzione di giocarsi la vita parlando con il futuro possessore della “peggiore arma di distruzione di massa che sia mai esistita”, come l’avrebbe definita qualcuno tempo dopo…
Morire per la causa… Ma fatemi il piacere! I martiri, i grandi della storia e quel deficiente di Jack Dawson dopo l’affondamento del Titanic!
Ma insomma, questo non è mica un film!
Uhm… Se però lei non farà nulla, Elle morirà… Morirà in nome della giustizia, proprio come il mitico personaggio di una struggente storia inventata…
Quest’ “altro mondo” dove Emma è approdata, è veramente strano… è un ibrido singolare …
Però è colpa mia se le cose stanno così…
Devo ammetterlo, quest’ibrido è una novità anche per me… ma non cercavo altro!
Oggi sto veramente parlando troppo però… Sono un disturbo!

 
Ritornò a casa distrutta e preoccupata.
Si fece un bel bagno caldo e si impose di non angosciarsi. Non serviva a nulla. Doveva continuare.
Poi accese la tv senza audio e si accoccolò, sprofondata tra i morbidi cuscini del letto, col portatile sulle gambe incrociate, bella profumata e pulita, a godersi la piacevole sensazione del dopo bagno, degli abiti lindi e della pelle liscia…
Lasciò msn acceso e scrisse una lunga mail a Viola.
Quando risollevò lo sguardo non fu per niente contenta di quello che vide…
Sullo schermo l’immagine di un edificio circondato dalle automobili della polizia ed uno speaker agitatissimo.
Poi la foto ed il nome di un uomo…
Era una diretta della NHK…
Anzi no, NHN... in quel mondo era la NHN...
Emma non alzò il volume.
Non si sforzò neanche a tradurre malamente le parole che scorrevano in basso per capire cosa stesse accadendo…
Era quello che stava controllando ed aspettando tremante da giorni…
Era il 28 Novembre e un pazzo criminale aveva preso in ostaggio un asilo.
Davanti alla televisione muta Emma incrociò le braccia, abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore.
Gli eventi di Death Note si avvereranno a partire da questo momento. Ora lo so con certezza.
Elle morirà il 5 novembre del 2007 e Light probabilmente starà scrivendo il suo primo nome sul quaderno proprio in questo momento…

Lo speaker cominciò ad agitarsi, gli ostaggi uscirono dall’edificio.
Sì. Lo stava scrivendo proprio in quel momento…
La vera partita comincia ora.
E sarà una lotta contro il tempo!

 


Dunque, aggiungo qualcosa.
Mi sono ritrovata all’improvviso altrove e mi sembrava di non stare più scrivendo la stessa storia… E poi la vedo come spezzettata in modo strano...
Temo sempre che qualcuno si possa annoiare nel rileggere pedissequamente le vicende dell’anime/manga (a me capita così con le ff che lo fanno…) quindi ho cercato ogni volta di riviverle e farvele rivivere collateralmente. Oddio, che io riesca a far “rivivere” Death Note è un’affermazione quasi blasfema!! Perdonatemi, ma sono stanca e scrivo ormai sotto l’influsso di non so più che cosa… ;) Quindi sorvolate, vi prego, perché non ho la forza di rendere il concetto di cui sopra in altro modo… :)
Va be’, come al solito vi ho ammorbato con le mie paure di “noiosità”, quindi abbiate pazienza… Sono incorreggibile ;)
Riguardo il modo in cui Emma trova la scuola di Light, sarei curiosa di sapere se vi viene in mente un altro sistema… Ci ho pensato tanto ed alla fine sono giunta a quello. Facebook non esisteva ancora. E non vedo perché lui dovesse essere in qualche modo rintracciabile on-line… Misa, quando lo va a scovare, lo trova su internet solo perché lui è “già” il “miglior studente del Giappone” e compaiono informazioni su di lui solo per quello.
La finisco qui.
Un enorme grazie, come sempre, a chi ha messo questa storia nelle preferite, a chi recensisce, a chi legge silenziosamente ed a chi è arrivato qui soltanto ora!
Sarò ripetitiva, ma ogni volta mi date la forza!!!

 

Eru

 
 
 
 

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Capitolo 9
*** 9. Primo momento di gap ***


Perdonatemi…Ho sforato di un giorno… Ma il tempo è stato poco ed ho passato il week-end sui libri… AAARGH!! E pensare che speravo proprio di aver finito di studiare!!!
Il capitolo è più lungo, ma mi sa che non me ne preoccupererò più, anche perchè quando scrivo voglio arrivare ad un punto prefissato e descrivere determinate cose e credo non abbia importanza quanto tempo impiego a farlo ;)
Buona lettura (le mie dita sono sempre rigorosamente incrociate!)!!!

 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

9. Primo momento di gap

 
La prima mossa di Emma era sfumata.
Ma ciò che la angosciava di più non era questo.
Light ormai era perduto.
Aveva preso il quaderno ed aveva cominciato il suo folle progetto.
Ogni nome scritto sul death note avrebbe lentamente ma inesorabilmente indurito la sua anima, fino a farla sparire.
I suoi occhi non avrebbero mai più sorriso veramente, a differenza delle sue labbra che invece si sarebbero più volte piegate in un ghigno di inquietante soddisfazione.
Forse solo dimenticando avrebbe potuto riacquistare se stesso. Ma dopo la morte, in ogni caso, nemmeno Emma sapeva con certezza cosa lo avrebbe aspettato…
“Né il Paradiso né l’Inferno”… Ma, un momento… Questo significa che ora, in questo mondo, io posso essere certa dell’esistenza del Paradiso e dell’Inferno? Insomma, eccetto Light, tutti dopo la morte vengono “veramente” dirottati o da una parte o dall’altra? Se esiste il quaderno, se esiste Elle, se esiste Ryuk, esistono per forza anche le supreme suddivisioni della vita oltre la morte nominate da lui! Ed io dovrei accettare di essere l’unica persona sulla faccia della terra a poter essere sicura della loro esistenza senza dovere fare un atto di fede!?
Ma cosa ci faccio qui? Io non c’entro niente qui… Io qui conosco il passato di persone a me sconosciute, conosco il futuro ed ora anche i misteri insondabili che da sempre accompagnano l’intera umanità!!! È tutto troppo semplice e quasi banale…
Conosco il futuro ed il destino delle persone…

Tuttavia non era neppure l’inverosimile certezza dell’Inferno e del Paradiso quello che angosciava di più Emma. Anche perché lo sgomento di fronte ai massimi sistemi non poteva comunque risolverlo. Poteva solo accettarlo.
Lei ora temeva qualcos’altro e questo qualcos’altro era leggermente più accessibile, almeno come pensiero, ed era legato a quel dettaglio insignificante del ritardo del treno che le aveva “normalmente” impedito di giungere puntuale ad un “appuntamento”…
Ora si poneva una domanda che prima non aveva contemplato, nonostante avesse cercato di considerare tutte le ipotesi plausibili e tutte le variabili che le si sarebbero potute presentare in quel nuovo mondo.
Ora il problema era uno ed era enorme, perchè avrebbe potuto vanificare tutti i suoi piani: poteva lei veramente interferire in quel mondo? Poteva modificare gli eventi di una vicenda “predestinata” a finire in un certo modo?
Predestinata…
Light ha potuto prendere il death note nonostante io abbia cercato di impedirlo… e ci è riuscito perché il “caso” ha fatto sì che proprio la mia metro tardasse… Se avessi anticipato il mio arrivo in stazione di una manciata di minuti avrei preso il treno precedente e sarei arrivata in orario…
Il fato, il destino, non ci ho mai creduto… Ma posso essere certa che il “fato” non esista neppure in un mondo già definito, anzi letteralmente “scritto” da qualcuno? Accidenti, qui non si tratta di fato, si tratta di eventi meditati, creati, descritti, messi neri su bianco e incastrati tra di loro in modo egregio per giungere ad un epilogo già letto da migliaia di persone ed io non so neanche che cosa ci sto a fare qui in mezzo e come diavolo ci sono finita!

Emma era tornata ad arrovellarsi il cervello…I propositi del mese trascorso si perdevano in un bicchiere d’acqua…
 

Povera la nostra Emma, adesso che ha la certezza del fatto che si avvereranno gli eventi di Death Note comincia proprio a temere che i fatti si realizzeranno esattamente come scritto sul suo amato manga, nonostante i suoi sforzi… ed i suoi dubbi sul piano B diventano ingestibili…
Questa ragazza è l’apoteosi del dubbio, dell’imprevedibilità e degli sbalzi d’umore! Attacca rapida come un felino sul ring, si incolla decisa al telefono per individuare l’abitazione di un perfetto sconosciuto e futuro pluriomicida, pianifica razionalmente e metodicamente e poi si arrovella insicura come un adolescente in fase psuedointrospettiva… Ed arriva a toccare anche i “massimi sistemi”…

 
Al diavolo! Lo voglio rivedere sì o no?
Anche se dovesse trattarsi di un immenso buco nell’acqua devo continuare! Anche se le percentuali di riuscita dovessero essere minime o nulle, devo provarci! Almeno lo voglio guardare di nuovo negli occhi…

 

Per l’appunto… A proposito di sbalzi d’umore…
 

Si alzò dal letto, prese dalla borsa l’hard disk esterno su cui aveva fatto il backup di tutti i dati del pc fisso, che naturalmente era rimasto a casa sua, in Italia. Da lì copiò sul portatile alcuni files della cartella Death Note.
Il contenuto della suddetta cartella era aumentato a partire dal giorno in cui aveva visto Elle ed aveva cominciato a decidere cosa fare.
Ora non c’era più soltanto la scansione dell’immagine di Elle, tracciata a matita sul suo quadernino “per occasioni speciali” e scannerizzata esattamente due giorni prima del loro incontro.
Si erano aggiunti a lui i disegni di tutti quelli che era riuscita a ricordare con il maggior numero di dettagli possibili…
E così aveva creato una piccola galleria di files-immagine, rigorosamente realizzati prima della sua venuta in Giappone.
Alcuni erano forniti di un nome/spiegazione appuntato a matita in modo più che leggibile sul foglio stesso: “Light Yagami=Kira”; “Misa Amane=secondo Kira”; “Ryuk=Shinigami di Light”; “Rem=Shinigami di Misa”.
E questi li riversò sul portatile insieme all’immagine di Elle.
Emma non era una stupida. Non aveva certo bisogno di appuntarsi quelle cose per ricordare a chi appartenessero quelle facce…
Gli altri disegni di questo book di personaggi li lasciò sull’hard-disk esterno, senza copiarli sul portatile. Erano immagini prive di nome, esattamente come lo schizzo di Elle: un anziano signore distinto e vestito come una sorta di maggiordomo; un ragazzino vestito di bianco, con i capelli candidi, delle enormi cuffie fornite di un microfono ed una torre di fiammiferi davanti; un ragazzo con un caschetto biondo, vestito di nero e con una tavoletta di cioccolata in mano…
Emma non avrebbe mai scritto da nessuna parte i nomi di nessuno di loro…
Se quei files fossero finiti nelle mani sbagliate sarebbe stata la fine…i loro nomi e soprannomi dovevano rimanere custoditi gelosamente nella sua testa.
Tanto, per chi li avrebbe riconosciuti, quei volti non avevano segreti e parlavano da soli…
Lasciò solo sull'hard-disk, senza salvarli sul pc, anche i files di testo che contenevano il suo piano dettagliato e la trama di Death Note... Tanto le sarebbero bastati gli appunti scritti a matita sul quaderno.
Poi arraffò una borsa, si infilò al volo la giacca ed uscì di casa.
Arrivò alla filiale della banca dove aveva riversato il suo conto e depositò l’hard disk in una cassetta di sicurezza, con l’intenzione di andarlo a riprendere dopo molto tempo.
Mentre tornava a casa passò davanti ad una palestra. Si fermò ad osservarla.
Devo farmi aiutare da Misao a trovare una palestra di kick nei dintorni…Non è il caso di andare fuori allenamento proprio adesso…
Quando rientrò in casa si riappollaiò di nuovo sul letto col suo quadernino di disegni ed appunti tra le mani.
Sulle prime pagine era elencata una semplice e fitta serie di avvenimenti. Sostanzialmente la trama il più dettagliata possibile di Death Note.
Sulla seconda cominciava il piano…
 
Piano A: quaderno
- definire periodo --> novembre/dicembre
- controllare NHN ogni pomeriggio
- casa Yagami --> numeri da Misao
- scuola Light (ore 16:00 uscita studenti)
- situazione non gestibile: Light prende quaderno davanti a me --> non puoi fare nulla!
 
Piano B
1. Disegni con nomi e senza nomi (falli e scansionali in Italia!)
- salva sul portatile solo quello di Elle e quelli con i nomi. Fallo solo dopo fallimento di piano A
- hard disk in cassetta di sicurezza
2. primo momento del gap
- controlla la tv di pomeriggio --> da quel giorno Elle sicuramente starà in Giappone
- fino al 31 Dicembre: un solo hotel sicuramente vicino alla questura, poi tanti diversi quindi ingestibile e pericoloso.
- dopo 31 Dicembre due piste possibili:
   a) pista “Naomi Misora”
   b) Elle uscirà per cambiare albergo
3. Test d’ingresso alla Todai: 17 Gennaio --> Elle!!!!
 
Emma prese una matita e sbarrò il piano A.
“Fatto” o meglio “sfumato”!
Ora era nel secondo punto della sua lista. Nell’intervallo di tempo apparentemente sterile in cui non avrebbe potuto avvicinare Elle, che solo nel punto 3 sarebbe stato abbordabile direttamente.
Ma questo momento non era sterile. Anzi, poteva essere proficuo.
Misao rientrò in quel momento.
«Ohi…sono in camera!» disse Emma.
L’amica entrò sorridente, con ancora indosso il cappottino di lana e la borsa al braccio.
«Stasera si va a Shibuya!»
«Fantastico! Non vedevo l’ora di uscire insieme a tutti a fare un po’di casino!!» esordì Emma entusiasta. «Ah…Misao, senti, come ci arrivo alla questura di Tokyo?»
«Che ci devi andare a fare in questura?!»
«Sai, vorrei cercarmi una palestra di kick…e sono riuscita a vedere che lì nei dintorni ce n’è una…» Piccola microscopica bugia tentennante, unita ad una verità… Doveva iniziare a provarci a mentire, almeno un po’… altrimenti…
«Be’, non è proprio dietro l’angolo. Comunque non è lontana dalla Todai. Mi cambio e poi te lo spiego. Ad ogni modo semmai poi cerchiamo insieme una palestra qui vicina!» Misao sparì dalla porta.
Emma adesso doveva solo aspettare qualche giorno…
 
Si erano attardati in laboratorio a lavorare. Il prof. se n’era già andato da un po’.
Gli orari di lavoro si stavano lentamente trasformando in lunghi e serrati.
Per il momento stavano informatizzando ed incrociando la documentazione cartacea di parecchi anni di scavo e le scrivanie erano piene di fogli, schede, disegni, diari di cantiere… Erano tutti stanchi.
Misao alzò la testa, sbadigliando. «Non ce la faccio più… Mi si incrociano gli occhi… »
«A chi lo dici… Ma non ti sei accorta che mi sono fermato!? Non ci stavo capendo più niente…» Disse Kei, girando lo schermo del pc e mostrando agli altri che non stava assolutamente lavorando alla costruzione delle tabelle da riempire…
Sul monitor c’era un grosso cuore con due ali ai lati, su sfondo nero…
«Ma voi che ne dite di questa storia? Gli hanno pure fatto un sito… “Kira”, intendo quello che ipoteticamente starebbe dietro agli omicidi dei criminali…»
Emma alzò la testa.
«“Kira… Il salvatore del nuovo mondo…”» Lesse Misao a voce alta. «Io dico che sono fuori di testa... Ma la cosa non mi stupisce. E poi scusate, “omicidi”? Quelli sono morti di attacco cardiaco…ma come fa ad ammazzare secondo voi?» rispose Misao.
«Poteri soprannaturali. È l’unico modo.» commentò secca Emma, strizzando l’occhio.
Kei ridacchiò «Sì, va be’, ci mancano solo quelli! Comunque è strana questa storia… alla fine uccide i criminali, quindi magari…»
«Sentite, io esco a fumare, sono in astinenza da troppe ore!» Se ne uscì improvvisamente Emma alzandosi dalla sedia ed interrompendo Kei, che però non si sconvolse e riprese l’argomento con Misao, facendo ad Emma un cenno di assenso.
Emma uscì dal laboratorio.
Non ce la poteva proprio fare a sentire quei discorsi per la millesima volta… E non li sopportava non perché fosse pura o perché Kei ne avesse già parlato o perché non le interessasse… Non ne poteva più perché per lei non erano una novità. Nel suo mondo aveva perso la voce con Misao, aveva esaurito le parole e gli occhi sui forum, commentando l’operato di Kira in tutti i modi possibili immaginabili. Ed il discorso le era venuto a nausea… Tanto le opinioni erano contrastanti, ma erano sempre le stesse…
Adesso era il momento dei fatti!
 
Erano sempre tutti alle loro scrivanie e sempre concentrati sul loro lavoro, nel laboratorio dell’università, con i neon accesi in un altro buio e tardo pomeriggio di quelle giornate.
Ora una piccola televisione era sempre sintonizzata su NHN, muta. Emma non aveva dovuto neanche chiederlo. Kei aveva proposto di farlo, interessato ed ipnotizzato da quel caso assurdo che stava sconvolgendo il mondo e di cui non voleva perdersi nessun aggiornamento.
Emma stava cercando di trovare alcuni dettagli sulle sezioni, perché non le tornavano delle cose ed era immersa nei fogli di poliestere.
«Ehi, hanno interrotto le trasmissioni! Cosa sarà successo?» Esclamò Misao.
Emma alzò lo sguardo decisa.
Quella scena non se la sarebbe persa per nulla al mondo! Si alzò di scatto, spostando i rotoli che aveva davanti, ed alzò il volume.
Lind L. Taylor era al centro dello schermo.
Emma si sedette di nuovo, tirò su le gambe, le incrociò sulla sedia, si appoggiò comoda allo schienale pronta a godersela grandiosamente, mentre anche Kei e Misao non scollavano gli occhi dalla tv.
La traduzione simultanea giapponese non riusciva a coprire completamente le parole inglesi di sottofondo…
«Santo cielo!» Urlò Misao, alzandosi in piedi, quando il malcapitato si accasciò sulla scrivania.
Kei sgranò gli occhi, con le mani incollate al tavolo, muto.
Emma non si stava godendo proprio niente.
Era sconvolta…
Veder morire una persona era orribile. Emma non aveva mai visto nessuno morire…
Fino a quel momento non ci aveva pensato, intenta a gestire il suo piano per salvare Elle… Fino a quel momento l’aveva sconvolta solo la sua di scomparsa, perché aveva imparato a conoscerlo ed adorarlo… Ma ora, toccare con mano anche solo la morte reale di uno sconosciuto, la sconvolgeva più della morte di Elle stesso…
La realtà è un’altra cosa… Lo è sempre…
Qualche attimo di pausa e silenzio, mentre i collaboratori della rete televisiva si affollavano intorno al corpo dell’uomo giustiziato.
Erano tutti senza parole ed Emma tratteneva il fiato.
«Incredibile!» Partì la voce sintetizzata…
Un brivido le corse lungo la schiena…
E continuò a percorrerla in ogni parte del suo corpo durante tutto ciò che lui disse…
«…Dunque, Kira, tu puoi uccidere a distanza…»
Sì, continuò a percorrerla durante tutto ciò che disse con una calma inquietante e lucida…
Emma socchiuse appena gli occhi quando sullo schermo comparve il bagliore quasi argenteo dello sfondo su cui si stagliava l’enorme “L”… E l’emozione, se così si può chiamare, raggiunse quasi l’apice…
«Ma io esisto veramente. Avanti prova ad uccidermi! Che aspetti?! Uccidimi!»
Emma deglutì. Era come assistere ad una scena stranota di uno di quei film visti migliaia di volte, che si rivedono spesso solo per godersi una sola scena emozionante, che lascia ogni volta il segno…
Ma quello non era un film.
No. Lui non si sconvolgeva di fronte alla morte. Neanche a questo Emma aveva mai pensato. Lui era veramente di ghiaccio. E non lo era perché personaggio immaginario…
Un uomo era appena morto e lui era rimasto impassibile.
Aveva sfruttato la sua morte e l’assurdità della pena capitale a suo favore…
Proprio lui che si scaglia contro Kira e che lo ritiene un assassino.
Cosa distingue uno Stato folle, che si prende la briga di togliere la vita ad una persona in seguito ad un legale processo, dalla mente invasata di una persona che toglie la vita con lo stesso fine? Niente li distingue. Nessuno dei due è Dio, la Natura o chi per loro!
Eppure Elle si sta servendo dell’assurda legalità di uno Stato che ammette la pena di morte.
…“Kira, il giorno della tua condanna a morte non è poi così lontano”…
Elle ammette la pena di morte! È orribile…

Si può non pensarci. Si può sorvolare su certe questioni quando si tratta di storie inventate, di fantasia, di personaggi irreali… Ma quando le idee e le azioni di qualcuno si esplicitano ed avvengono nella realtà, davanti ai vostri occhi, le cose sono diverse. I pensieri sono diversi. E quelle idee e quelle azioni assumono una gravità ed un livello di considerazione di tipo differente.
La realtà è un’altra cosa…sempre…
Il collegamento venne interrotto e la “L” scomparve dallo schermo.
Mancava qualcosa…lui non l’aveva detto… Elle non aveva aggiunto alla fine quella frase che lo avrebbe reso famoso…
Strano…
Deve dirla! Deve almeno averla pensata, in quella stanza d’albergo vicino alla questura! Non sarebbe lui…“Io sono la giustizia!”…

Credo proprio che io debba giungere in vostro soccorso per chiarirvi meglio questa situazione…
A dire il vero mi scoccia un po’ dare mere e scialbe spiegazioni, ma dato che vi ho coinvolto in questa storia fino a questo punto sono costretto a delucidarvi alcune cose. Va bene farvi cuocere nel dubbio dello svolgimento dettagliato del piano B di Emma, tacitandovi parte dei suoi pensieri, ma se poi non vi sviscero alcune cose finirà che non mi riuscirete più a stare dietro. E sinceramente non sarei entusiasta di rimanere solo, perché, anche se mi stupisce ammetterlo, ormai mi sono abituato alla vostra compagnia. 
Dunque voi, nel calduccio delle vostre case, avete tranquillamente visto l’anime di Death Note e sapete perfettamente che Elle ha detto “Io sono la giustizia” nel silenzio di quella stanza d’albergo, da solo, una volta chiusi i microfoni e chiusi i collegamenti della diretta tv, quindi nessuno di coloro che stavano assistendo in tv al suo monologo contro Kira può sapere che lui ha detto quella frase.
Voi la conoscete perché, esattamente come ora, siete stati spettatori silenziosi della privacy di Elle e siete stati in “platea”.
Tuttavia se foste stati sul palcoscenico ed aveste assistito “realmente” a quella diretta tv non avreste mai potuto conoscere la frase di Elle, così come non avreste potuto vedere la faccia di Light irrigidirsi davanti alla L sullo schermo.
Emma quindi non ha potuto sentire Elle che diceva quella frase… Ma lei ha letto il manga.
La sottile differenza sta proprio in questo: nel fumetto Elle spegne i microfoni dopo aver detto quella frase e quindi  esplicita la sua “superbia” in diretta a tutti gli abitanti del Kanto.
Il punto fondamentale è che ora Emma si ritrova ad essere sul palcoscenico dello stesso spettacolo di cui è stata comoda spettatrice e lo spettacolo cui ora sta partecipando è solo leggermente diverso da quello che lei ricorda di aver letto.
Si tratta di sottilissime differenze che però risultano fondamentali e nello stesso tempo complesse.
Non vi stupite più di tanto però. Tutta questa vicenda non è affatto semplice e si svolge sulla lieve linea di dettagli o incastri perfetti…
Avete forse mai pensato che Death Note fosse elementare?! Ne dubito.
Quindi, in conclusione, Emma si ritrova a bocca asciutta e non può ascoltare il suo “eroe” pronunciare quella famosissima frase e di questo si stupisce, perché si aspettava proprio di poterla sentire…
Povera ragazza, ma lei cosa può saperne delle differenze tra la carta stampata e la trasposizione animata che non ha mai potuto vedere e nella quale ora sta vivendo!!!?
Comunque se la cava. E ci riesce perché in fondo conosce Elle.
E’ certa che lui l’abbia detta lo stesso, è certa che lui debba almeno averla pensata quella frase, perché non sarebbe Elle se non lo avesse fatto…
Ed ha ragione.
Senza sentire né averne l’assoluta certezza, Emma ha ragione.
Elle ha detto “Io sono la giustizia”, l’ha detto da solo, nella impersonale suite di un albergo giapponese, senza che nessuno potesse sentirlo.
Ed Emma ora è la sola a conoscere questo suo personalissimo segreto.
Questa volta neppure Watari ne sa più di lei.
D’accordo, dopo questa spiegazione, che mi è costata tempo e fatica, ritorno decisamente ai fatti.

Ci vado stasera stessa? Sì… Non sono più nella pelle!
E ci andò. Era il 5 Dicembre ed era già buio ed Emma ci andò...
Camminava per la strada, stringendosi nel largo e lungo cappotto scuro in quella ventosa giornata.
Tempo prima aveva fatto delle piccole ricerche ed aveva appurato che c’era un solo grande e lussuoso albergo presso la questura e si stava dirigendo lì. Al Teito Hotel.
Perché lei sapeva che Elle era lì e che ci sarebbe rimasto sicuramente fino al 31 Dicembre, data del primo famoso incontro con la ridotta squadra “anti-Kira”.
I dettagli che può fornire il supporto cartaceo sono decisamente superiori a quelli forniti dalla trasposizione animata… Ed Emma, per fortuna, ricordava parecchie cose e, tra queste, c’era anche quella data, l’unica che era riuscita a tenere a mente, oltre a quella della morte di Elle naturalmente. Forse era rimasta nella sua memoria perché l’ultimo dell’anno è una data nota, sicuramente più facile da memorizzare rispetto agli altri 364 giorni dell’anno. Magari 363, togliendo anche il Natale.
Giunse sotto l’edificio, alzò lo sguardo e scorse tutte le microscopiche finestre illuminate degli ultimi piani in alto, stagliati nel cielo notturno di quel tardo pomeriggio quasi invernale.
Elle era lì dentro, sperduto in una qualche lussuosa ed impersonale suite...
Era emozionata.
Perché lui ora era vicino, un’altra volta…
Il vento freddo le entrò nel naso e la fece rabbrividire.
Tutto questo potrebbe non servire a nulla… Io non so se uscirà mai dall’albergo…
Va be’… E’ l’unico modo… In tanti giorni dovrà pur mettere il naso fuori almeno una volta!!! Conoscendolo potrebbe non mettercelo però… E se anche lo facesse io potrei non riuscire ad interagire, ad interferire… Basta!

Emma sospirò ed entrò nel bar-pasicceria di fronte, facendo risuonare il campanellino della porta al suo passaggio. Prese un lungo e caldo caffé, si sedette al tavolo, sfilò il pc dalla borsa e si mise a lavorare, controllando costantemente i movimenti dell’ingresso dell’hotel…
Stalking.
Stava facendo puro e semplice stalking!
Lo stava facendo e lo avrebbe fatto fino a che Elle non fosse approdato alla Todai…
E lo stava facendo proprio con l’intenzione di farlo!
 

Ve l’ho già detto, Emma non è una sciocca. Non è certo un genio, ma non è una sciocca. E non sta piantonando il suo idolo solo perché vuole vederlo, come una fan sfegatata e senza cervello.
Tutto questo ha un preciso fine.

 
Una grande macchina nera coi vetri oscurati si accostò all’ingresso.
Ne uscì un uomo di una certa età che consegnò le chiavi all’inserviente dell’hotel.
Elle era veramente in quell’albergo. Emma non si era sbagliata.
Watari!!! È appena rientrato dalla questura!
Naturalmente si è cambiato… Giusto… Mica può raggiungere così tranquillamente l’albergo in cui alloggia Elle, col cappotto ed il cappello nero!
Chissà come farà ad essere sicuro che nessuno lo possa individuare e seguire… Personalmente avrei creduto che lui alloggiasse altrove, rigorosamente separato da Elle, almeno in questa fase di incognito… Mah… Avranno le loro ragioni ed i loro mezzi…

Watari aprì il cofano dell’auto ed estrasse una confezione infiocchettata…
Emma sorrise.
Pasticcini… Sono per lui…
Ma per quel giorno non lo avrebbe visto…
Da allora in poi quel bar divenne il luogo abituale per concludere le sue giornate.
Faceva sempre più freddo.
Lei aveva a disposizione solo i tardi pomeriggi e parte dei giorni festivi…
E poi c’era il lavoro, sempre più pesante e stressante.
C’erano gli allenamenti nella nuova palestra all’ora di cena…
Emma era distrutta…
E cominciava a temere che non lo avrebbe mai incontrato.
I giorni passavano e lei iniziava a pensare che si avvicinava sempre di più il 31 Dicembre, data a partire dalla quale Elle avrebbe iniziato a peregrinare in un albergo diverso ogni volta…
E allora tutto sarebbe stato più difficile…
Le sarebbe toccato seguire Soichiro Yagami tutte le mattine.
Avrebbe dovuto essere vicino alla sua casa prestissimo.
Avrebbe dovuto stargli alle calcagna, senza farsi notare.
E così avrebbe scoperto l’ubicazione del nuovo hotel di turno…
Ma Emma non era un agente segreto… E Ryuk, magari, l’avrebbe notata, come aveva fatto con Raye Pember…
E poi, una volta scovato l’albergo, sarebbe dovuta andare a lavoro di corsa.
Nel pomeriggio sarebbe ritornata di nuovo a fare la stalker…
E lì avrebbe aspettato, come sempre…
Sarebbe stata un’impresa durissima e molto pericolosa… Troppo pericolosa.
Era un’altra delle ipotesi da scartare.
L’ultima speranza quindi erano i giorni immediatamente successivi al 31 Dicembre, quando Elle sarebbe dovuto uscire per forza per lasciare definitivamente il Teito Hotel.
Mica passerà per i condotti fognari, accidenti!
Ma dopo il 31 avrebbe dovuto cercare di sfruttare anche Naomi Misora….
Nel tardo pomeriggio del 25 Dicembre Emma uscì dal laboratorio. Era sola.
Misao e Kei erano andati via prima di lei.
Non era un’ottima giornata…Non lo era per niente… Era una giornata orrenda, come lo era stata la precedente.
Le ore passavano, il sole continuava a sorgere e tramontare ed Emma si spegneva…
Chiuse a chiave la porta dello studio ed attraversò lentamente i vuoti corridoi dell’università e poi i viali della grande struttura, costellati di alberi spogli e bui.
I capelli le uscivano disordinatamente a ciocche dall’ampio cappello di lana, sistemato senza troppa cura.
E camminava, col volto stanco ed una lieve ombra sotto gli occhi.
Le vibrò il cellulare. Le era arrivato un sms…
Cercò di arraffare il telefono dalla borsa e di premerne goffamente i tasti, continuando a tenere gli scomodi ma indispensabili guanti di lana.
Buon Natale tesoro! Appena tornerai a casa ci sentiremo via web. Vengono tutti da noi quest’anno! A dopo Emma… un abbraccio fortissimo, mamma e papà.
In Italia erano le nove del mattino…
Emma cercò di rispondere al messaggio, premendo i tasti sempre tenendo i guanti.
Il telefono le cadde a terra.
Si chinò per raccoglierlo.
E le lacrime le scesero sulle guance…
Era sola. Faceva freddo. Era stanca. Aveva lavorato tutto il giorno. Era da un mese che praticamente non viveva.
Era il giorno di Natale…
E lei era lontana dal suo mondo molto più di quanto Tokyo  potesse esserlo da Roma…
Ed era molto più sola di quanto chiunque altro potesse esserlo…
Si risollevò.
Il freddo le gelò le lacrime. Emma le asciugò con la sciarpa.
Tirò su col naso.
Sì. Era una giornata orribile…
Il campanellino del solito bar suonò, quando lei aprì la porta.
Emma raggiunse un tavolo e prima di sedersi guardò fuori, attraverso le vetrate del locale.
Le illuminazioni natalizie, allegre ed in qualche modo familiari, ravvivavano la strada e la gente camminava, imbacuccata.
Non ce la faccio… è troppo…
Non posso passare tutti i miei pomeriggi davanti a questo cavolo di albergo!!! Oggi è Natale, accidenti! Misao mi aveva pure invitata a casa dei suoi… Ed io cosa le ho detto? Le ho detto di no! Le ho detto di no perché devo venire qui, a fare le poste ad un sociopatico che non mette mai il naso fuori da queste quattro mura e voglio pure salvargli la pelle, senza neanche sapere se posso interferire con questo diavolo di mondo!!!

Tirò fuori il cellulare e chiamò Misao.
«Sono ancora in tempo? Non disturbo se vengo ora?! … Grazie… E non prendermi in giro! Di’ anche a tua sorella di non farlo! Sto arrivando!»

Questo era molto da Emma. Ma voi già lo sapete.

Corse al banco, scelse una di quelle belle torte che la disgustavano, ma che in genere piacevano tanto e per le quali quella pasticceria era famosa.
Con la confezione in mano si diresse di corsa verso l’uscita.
La ragazza alla cassa la richiamò. Aveva dimenticato di prendere il resto…
Emma si voltò e raggiunse di nuovo il bancone.
Il campanellino della porta suonò ed una ventata gelida le investì la schiena.
Infilò le monete nella tasca del cappotto e si girò.
La porta si richiuse.
Lui trascinò le logore scarpe da ginnastica verso il banco, tenendo svogliatamente le mani nelle tasche degli ampi jeans, con le larghe spalle come noiosamente appese ad una stampella troppo piccola per poterle sorreggere. Nonostante la sua schiena sembrasse a fatica avere voglia di sostenerlo, era alto.
Emma si bloccò.
No! Non così!
Le sue occhiaie sembravano ancora più infossate… Il caso Kira lo stava già logorando più di qualunque altro…
Le passò davanti, senza apparentemente notarla. Lentamente si fermò davanti al vetro del banco e cominciò ad osservare i dolci esposti, con gli occhi sgranati ed il collo proteso vistosamente in avanti.
Ed ancora una volta, Emma lo trovò favoloso…
Elle portò l’indice su entrambe le labbra. Ma ce lo appoggiò soltanto, pensieroso, di fronte alla scelta.
La cassiera lo guardava turbata. Forse anche preoccupata. Quindi spostò gli occhi su Emma, che era rimasta immobile, davanti a lei, a fissare lo strano soggetto che era appena entrato.
Emma se ne accorse e la guardò a sua volta. Gli occhi della ragazza dicevano chiaramente: “Oddio, questo qui fa paura! Non te ne andare!”
Emma scosse il capo bonariamente, sorridendo e socchiudendo gli occhi, facendole intendere che non c’era da preoccuparsi.
Elle allora sollevò un po’ il capo e togliendo l’indice dalle labbra, lo puntò fiaccamente sul vetro del bancone, nella direzione di ciò che aveva scelto «Vorrei una doppia porzione di quello, per favore, da portar via.»
E guardò la cassiera negli occhi. La penetrò, come faceva con tutti, nonostante gli occhi apparissero sempre spenti.
La ragazza sembrò risvegliarsi dalla sua agitazione e si affrettò ad ottemperare alla richiesta, ma prima si ricordò di Emma, si voltò verso di lei «Arrivederci e… grazie!»
Era tutto a posto. La voce di Elle aveva fatto il suo effetto comunque, aveva tranquillizzato la ragazza. Perché aveva un suono caldo, calmo e rassicurante…
Lui allora ruotò quasi impercettibilmente le pupille verso Emma ed incrociò il suo sguardo…
Si guardarono per qualche attimo…
Poi Emma abbassò gli occhi.
Ora me ne posso anche andare.
L’importante è che mi abbia messo a fuoco per almeno mezzo secondo.
Ora è sufficiente che lo rincontri almeno un’altra volta…
Devo farmi forza ed uscire di qui.
Ho ottenuto quello che volevo. Per ora basta così… E’ tutto pianificato. Va bene così… In pillole… Piccole briciole per innescare il dubbio…
Quant’è difficile però…

Ed uscì, facendo suonare di nuovo il campanello, col cuore in gola, la torta in mano e gli spicci nelle tasche.
L’importante era che mi notasse…
Sarebbe stato meglio che mi vedesse proprio sotto l’hotel, come avevo programmato, ma va bene anche così… Almeno spero…
Chissà se mi ha riconosciuta…
Devo smetterla! Non è importante se mi abbia riconosciuta o meno!!!
È assolutamente necessario invece che lo faccia la prossima volta che mi vedrà qui, davanti al suo albergo. È assolutamente necessario che allora si ricordi di avermi visto qui anche stasera!
Però… Chissà… Magari si è ricordato di me…
Sì, come no?!! Sono una demente!!!
Viola… dove sei…

E si allontanò dal bar e da lui…
 
Elle, con la busta del take-away appena agganciata e quasi scivolata tra le dita della mano, si rivolse pigramente alla commessa «Fate i butter cookies qui? Se ne fate ne vorrei un po’ in aggiunta alla torta. Mi è venuta voglia di mangiarli…»

 
 
 
 

Scusatemi se insisto molto con la storia delle notizie sentite alla tv e su quelle on line… Ma quelli sono gli unici canali che Emma ha con il mondo, come tutti noi comuni mortali del resto… E lei non può che rimanere informata in quel modo sugli eventi, esattamente come faremmo noi, o perlomeno immagino che faremmo noi… ;)
Shibuya, per chi non lo sapesse, è un quartiere di Tokyo popolato dai giovani, pieno di locali e vita notturna.
Non vi annoio con le mie ansie per questa volta, anche perchè sono talmente tante che non basterebbe un altro capitolo per raccontarvele quindi me le tengo per me ;)
È assolutamente fondamentale però dirvi una cosa: sarò impegnatissima nei prossimi giorni, tra lavoro e studio, perché giovedì della prossima settimana avrò una prova importante (i miei week-end li sto passando sui libri!!). Sono alquanto sfortunata perché il giorno dell’esame sarà pure il mio compleanno!!! :(
Vi dico perciò, con enormi scuse, che non potrò pubblicare prima di giovedì della prossima settimana…
Perdonatemi!!!
Da allora però riprenderò il consueto ritmo e, lavoro a parte, riuscirò a mantenere i tempi di un capitolo a settimana, come promesso!!!
 
Grazie infinite a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, a chi legge silenziosamente e naturalmente a coloro che recensiscono!! Siete tutti fantastici ed io vi adoro, lo dico veramente!!!
Mi dileguo a fare le ninne, domani sveglia presto!!!
 

Eru

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** 10. Fato o libera scelta? ***


Stavolta mi sono fatta aspettare… Chiedo venia… Sono sollevata solo perché vi avevo avvisato e sono stata di parola anche in questo! ;)
Devo dire qualcosa a tutti coloro che hanno letto il capitolo 9 prima di venerdì sera (4 novembre): vi ho aggiunto un piccolo pezzo perchè ho potuto considerare che forse non era chiaro il motivo per cui Elle non dice "Io sono la giustizia" ed il motivo per cui invece Emma si aspetta che lui lo dica in diretta. Se per voi era già chiaro, meglio, se invece non lo era e ne avete voglia, potete leggere il pezzo che ho aggiunto (è l'intervento della voce fuori campo dopo il monologo di Elle in tv). So che non è un granchè reintervenire così, ma dovevo correre ai ripari in qualche modo... Scusatemi!!!
Il mio esame è andato bene quindi sono contenta, anche se stanca!
Speriamo bene… Hai visto mai che con un minimo di relax in più combino altri casini e scrivo un capitolo orrendo… :D
Grazie di essere qui, come sempre!!

 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

10. Fato o libera scelta?


Emma chiuse la video-conversazione.
Dalla parte opposta del pianeta tutta la sua famiglia continuava a mangiare dolci senza sensi di colpa, placidamente sparpagliata tra i divani e le sedie del tavolino, cambiando postazione di continuo, per parlare rilassata con questo o quel cugino o per iniziare a fare finta di giocare a carte, col solo obiettivo di ridere, prendere in giro, fare chiasso e continuare a stare insieme senza pensieri e senza orari nel pomeriggio del giorno di Natale…
Ma a Tokyo erano le due di notte.
Ed il giorno successivo tutti avrebbero lavorato.
Misao dormiva.
Tutto il loro quartiere era immerso nel sonno.
La piccola stanza di Emma era silenziosa.
Ed in quella quiete notturna e solitaria Emma mandò un sms a Viola.
Ti sei rimpinzata per bene? O stai ancora facendo schifo con tutti quei dolciumi abominevoli? ☺ Buon Natale!!!!!
E non spense il pc…
Prese il suo quadernino speciale ed osservò per l’ennesima volta i punti del suo programma.
Ma risollevò lo sguardo, pensierosa e con un sorrisetto divertito.
Watari doveva essere altrove… E lui era rimasto a secco di zuccheri…
Incrociare finalmente Elle le aveva ridato un po’ di fiducia.
Stavo quasi per gettare la spugna…
Emma non era un supereroe senza macchia e senza paura. E come ogni essere umano aveva ceduto. Tecnicamente però non aveva avuto proprio un cedimento. Anzi. In realtà aveva avuto una sana reazione vitale ad un momento di buio.
Tuttavia aveva rischiato di mandare in fumo parte dei suoi progetti…
Proprio per questo Emma non era un supereroe senza macchia e senza paura…
Se non lo riuscissi e vedere un’altra volta?
Riportò gli occhi sul foglio.
 
- dopo 31 Dicembre:
   a) pista “Naomi Misora”
   b) Elle uscirà per cambiare albergo
 
Ricordava che Naomi Misora sarebbe morta quando Elle era ancora al Teito Hotel, cioè vicino alla questura, perché aveva impressa nella mente l’immagine di Aizawa che, a piedi sotto la neve, raggiungeva dall’albergo la questura poco lontana passando ignaro accanto a Light proprio nel momento in cui lui stava scrivendo il nome dell’ex-agente dell’FBI su uno stralcio di quaderno…
Di conseguenza Emma sapeva che lei sarebbe morta dopo che Elle aveva già incontrato i poliziotti, quindi dopo l’ultimo dell’anno…
Ma quanto dopo? Il problema della cronologia precisa è sempre un dilemma. Si tratta comunque di un periodo di tempo ristretto e compreso tra il 31 Dicembre e la dipartita di Elle dal suddetto albergo. Quindi lui, finché Misora è in vita, non lascerà l’hotel ed io in quel lasso di tempo posso anche permettermi di dedicarmi a lei e di non piantonare l’albergo, perché non rischierò di perdermi l’unica occasione certa che ho di rincrociarlo. Al massimo mi perderò la possibilità di incontrarlo in un’altra delle sue rare ed eccezionali sortite. Dopo giorni di attesa però sono arrivata alla conclusione che non esce praticamente mai… Ma dovevo aspettarmelo…
Comunque fino al 31 Dicembre continuerò a provarci… non si sa mai. Dopo, mi dedicherò alla questura…

Emma avrebbe piantonato la questura per bloccare Naomi Misora e cercare di impedire il suo incontro fatale con Light.
Il problema è che, eccetto il primo dell’anno, io potrò essere lì solo di pomeriggio…
E non mi ricordo assolutamente in quale momento della giornata Misora ci vada…
Quindi potrei incrociarla oppure no…
Se per qualche motivo non ci dovessi riuscire ricomincerò ad attendere la sortita/dipartita di Elle dal Teito Hotel per proseguire il piano e facilitare le mie mosse successive.
…Se però lei riuscisse a parlare effettivamente con Elle, le cose forse si risolverebbero da sole ed io non avrei bisogno di farmi rivedere da lui…
Certo… se il caso Kira venisse chiuso, non lo rivedrò molto presto… Ma lui sopravvivrà ed io avrò portato a termine il mio piano!
Sì…
E avrò salvato la vita di tante persone…
E passerò alla storia come colei che si è sacrificata per la causa, senza avere nulla in cambio, col cuore puro e l’animo intonso…
Anzi, non passerò proprio alla storia! Peggio ancora! Eroina idiota senza macchia, senza fama e sconosciuta!
Ho il voltastomaco, troppo zucchero e nobili intenzioni!

Il trillo di avviso di msn distolse i pensieri di Emma.
Viola scrive: Emma…Buon Natale!
Emma scrive: Ciaooooooooooo!!! Non credevo ke avresti avuto tempo x me… Sono troppo felice!!!
Viola scrive: Oggi ho più tempo ke altri giorni! Di là c’è il delirio, mio padre ha deciso ke deve vincere al mercante in fiera ed io sono scappata! Mio nipote scorrazza libero ed urlante dietro di me (ho meditato svariate volte di sopprimerlo), quindi intaserò questo messaggio di faccine, così lui è contento! Ma di tempo ne ho quanto vuoi!!!
Emma scrive: sìììììììììììì!!! Ti adoro! Viola… L’ho rivisto!!!!! Stavo malissimo prima, ma adesso va meglio… L’ho rivisto, capisci?!!!! E adesso non vedo l’ora di rincontrarlo!
Viola scrive: sìììììììììììììììì!!! Babbo Natale ha azzeccato regalo quest’anno!!!

Forse non l’avrebbe rivisto. Forse la faccenda si sarebbe risolta da sola gestendo la questione “Naomi Misora”. Ma con Viola Emma poteva evitare di essere razionale e calcolatrice. E poteva tirare fuori il suo più intimo desiderio. Non vedeva l’ora di rivederlo!!!
Ed Emma, anche se era lontana, anche se non poteva raccontare tutto, anche se la sua amica e tutto il resto del mondo che la circondava non erano più gli stessi di sempre, riuscì a sentirsi a casa…
 
Tra svariati caffé nel solito bar, dati immessi nel computer, attese speranzose e ore di concentrazione, arrivò il primo Gennaio.
Ed arrivò senza che Elle avesse rimesso il naso fuori dal Teito Hotel. Evidentemente la sua scorta di dolci non era più finita…
Emma si svegliò prestissimo, considerando che praticamente non era quasi andata a dormire.
Il 31 Dicembre era stato l’unico giorno di “vacanza” che Emma si era concessa dal suo “secondo lavoro”, se così si può chiamare.
Il 31 non uscirà da quel posto. Sono certa di questo.
Avrà molto da fare…
Ed io ho bisogno di svagarmi un po’!!

E quindi, per l’appunto, era andata a dormire molto tardi, o molto presto, a seconda dei punti di vista.
Fece quella che si potrebbe chiamare una breve “pausa sonno”.
Ma questa volta non poteva tardare e rischiare.
Si vestì con cura ed attenzione ed in silenzio.
Indossò i suoi larghi e maschili pantaloni militari e le scarpe da ginnastica.
Compresse e fasciò stretto il seno con un foulard e poi lo schiacciò ancora, arrotolandoci più volte sopra lo scotch da pacchi e riuscì incredibilmente quasi ad annullarlo.
Meno male che non sono maggiorata!  Finalmente mi serve a qualcosa non avere un seno grande, oltre che a potermi mettere tranquillamente le canottiere senza reggiseno scampando battutine o facce ebeti di qualche idiota…
Poi indossò più strati di magliette ed una felpa abbastanza ampia, rigorosamente unisex. Anche in questo caso, fortunatamente, il suo armadio la poteva supportare.
Lenti a contatto nocciola.
Giacca a vento blu, taglio snow-board.
Poi avvolse una semplice sciarpa nera più volte intorno al collo, in modo che potesse arrivare a coprirle la bocca.
Costrinse i suoi lunghissimi e lisci capelli dentro un cappello da baseball e bloccò i ciuffi morbidi e ribelli che ne uscivano con delle forcine che rubò a Misao.
Infine indossò lo zaino.
Si guardò allo specchio.
Perfetto. Ora sono il fratello sedicenne che non ho mai avuto!
Si guardò ancora, seria…
Sembrava veramente un’altra persona…
E poi scoppiò a ridere!
Ma guarda come mi sono ridotta! A rimirare tutta impegnata un travestimento che non avrei mai creduto di creare e soprattutto non avrei mai pensato di concepire con questa serietà!
C’è qualcosa di veramente ridicolo in tutto ciò… Sì, perché “io adoro lo sfide”, giusto? Oddio… Peccato che mi manchi il piccolo dettaglio della certezza dell’esito! He trionfa sempre alla fine… Anche quando pensi che non ce la possa fare, sai che alla fine ce la farà, perché lui è He… ed è un personaggio immaginario costruito per vincere…
Io invece faccio ridere!
E pensare che se non incontro Misora oggi, mi toccherà conciarmi così tutti i giorni!! Sempre peggio…

«Ma che diavolo sto facendo…» Sussurrò Emma allontanandosi dallo specchio e scuotendo il capo.
Tuttavia prese le chiavi, si avvicinò alla porta, la aprì e la richiuse con cautela, per non svegliare Misao.
Ridicolaggine o serietà, il punto era che Light non doveva assolutamente mettere a fuoco o memorizzare l’aspetto di Emma.
Andare alla ricerca di Naomi Misora in quel particolare frangente del suo incontro con Kira, significava entrare nella tana del lupo, per di più in un momento in cui il suddetto lupo era in ansia e cercava di trovare una via per uscire dallo stesso labirinto in cui si era cacciato… Quindi, era un lupo preoccupato, pronto a tutto e soprattutto attento ad ogni dettaglio…
C’era la possibilità che in qualche modo Light la vedesse o le rivolgesse addirittura la parola. Ed Emma non voleva assolutamente che lui potesse riconoscerla in futuro. Perché in quel futuro, molto vicino, Light sarebbe stato alla Todai.
Ed Emma non poteva rischiare di mandare in fumo i suoi eventuali piani venturi, nè far sorgere in lui strani sospetti.
In fondo la posta in ballo era alta.
Non si trattava soltanto di salvare Elle. Si trattava di non mettere scioccamente a repentaglio la propria pelle.
E ad Emma, naturalmente, non era mai capitato di dover pensare a questo… Lei non era una spia internazionale…e quello non era un gioco.
Sembrava grottesco ed irreale, ma non era un gioco…
E così prese la metro, raggiunse la questura e si sedette su un muretto poco distante, giusto per non destare sospetti. Tirò fuori il lettore mp3 ed il numero 8 di He e aspettò.
Tanto ormai c’era abituata, ad aspettare…
Quando non riuscì più a sopportare il gelo sfilò dallo zaino il termos col caffé caldo e ne bevve un po’.
Poi accese una sigaretta.
E si rimise a leggere.
Aveva il naso congelato.
Niente fazzoletti… Aveva pensato al caffé, ma non ai fazzoletti…
E poi Misora arrivò.
E poco dopo arrivò anche lui, Light…
Il primo giorno di attesa e loro erano già lì.
Questa volta non ci avevo sperato…
Eppure era andata bene al primo colpo.
Emma si tirò il cappuccio della giacca a vento sul capo già riparato dal berretto.
Aveva ricominciato a nevicare.
Attese ancora un po’.
E Naomi Misora e Light uscirono dall’edificio, insieme.
È tutto così pazzamente uguale a come lo ricordo…
E io dovrei intervenire?!
Oddio… Cos’è quest’ansia?!

Era arrivato il momento.
Emma aveva il cuore impazzito.
Si rese conto che non sarebbe riuscita a parlare normalmente.
Aveva il fiato corto e si sentiva avvampare.
Il punto era che doveva entrare in scena…
Si alzò lentamente, rimise il manga nello zaino e piano piano iniziò a camminare, tenendosi a distanza e sentendo lo scricchiolare della neve sotto i suoi piedi.
E loro parlavano.
Per quanto lo avrebbero fatto? Difficile quantificare i tempi delle vignette…
Venti minuti, un quarto d’ora? Difficile…
E continuavano a camminare e a parlare.
Poi si fermarono e proseguirono a disquisire…
Light tirò fuori un foglietto ed una penna ed iniziò a scrivere.
Non ancora. Non adesso. Non sta scrivendo il suo vero nome…
Emma si avvicinò sensibilmente.
I due ripresero a camminare.
Si salutarono.
Adesso!
Emma superò Light che era rimasto fermo a guardare Naomi Misora che si allontanava di spalle. Lui ora stava meditando di tentare il tutto per tutto e di richiamarla…
Emma lo sapeva…
Gli passò affianco, ma non lo guardò.
Si osservò invece intorno, fingendosi un po’ spaesata, inghiottì quel poco di saliva che le restava e si rivolse alla giovane donna dai capelli neri…
«Mi scusi… Parla inglese?» per l’agitazione le uscì una voce rauca, quasi sussurrata … Ma in fondo andava bene… Non sembrava la sua e non poteva dirsi certamente la voce di una ragazza…
«Sì» Naomi Misora si voltò ed Emma lesse nei suoi occhi tutta la sua tristezza e la sua disperata determinazione…
In quel momento sembrava impossibile che quella donna avrebbe potuto arrivare a fidarsi di quel serpente di Light!
Emma se l’era sempre chiesto.
Non si era mai potuta capacitare di come fosse potuta arrivare a dargli il suo nome…
L’unica donna di qualche spessore di Death Note si era persa in un bicchier d’acqua…
Spessore o meno, era un’idiota comunque!
Purtroppo sì… Emma pensava questo di lei…
Una che lascia il suo lavoro solo perché si deve sposare con un bell’imbusto, una che si fa tranquillamente redarguire da lui con la patetica affermazione che “una volta che avessero messo su famiglia lei avrebbe avuto tanto da fare ed avrebbe dimenticato di essere stata un’agente”, una che di fronte a questa asserzione rimane in silenzio, una che affossa le sue capacità e la sua eccellente intelligenza per fare la casalinga e la mamma accanto ad un uomo che non ha alcun interesse nel vederla brillare nella sua professione e sembra non essere attratto da lei per quest’aspetto…
Be’, una così non poteva tenere testa a Light e non poteva avere la stima completa di Emma…
Questa era l’unica cosa che ad Emma non era piaciuta di Death Note. L’assenza totale di figure femminili in grado di competere con le brillanti menti maschili che vi comparivano.
Misa… Takada… Diversissime, ma… due idiote! Due burattini!
Ma Death Note era uno shonen del resto… Questo Emma lo sapeva…
Tuttavia la questione non le era andata mai giù lo stesso.
Emma era rigida ed intransigente da questo punto di vista. Il problema non era la figura della moglie che sta in casa e non lavora, perchè in questo non c'era nulla di male o di poco dignitoso. Il punto era che nessuna avrebbe dovuto sacrificare la vita professionale in favore della tranquilla e sicuramente promettente carriera del proprio uomo solo per l'arcaica consuetudine della supremazia dei sessi!!
Le donne non sono così. Perlomeno non tutte! Aveva pensato.
«Ehm… potrebbe indicarmi la questura per favore? È un po’ che giro e non riesco a trovarla, temo di essermi perso…» Farfugliò Emma, ancora un po’agitata, ma dando l’impressione di essere solo un ragazzetto timido…
Naomi Misora smise di camminare, guardando il “ragazzetto” che aveva davanti.
No! Perché ti fermi adesso?! Continua a camminare! Qui dietro c’è ancora quel serpente!!
Emma cercò di continuare a passeggiare con l’intento di coinvolgerla. Ma non ci riuscì e si dovette arrestare…
Misora le rispose «Basta proseguire su questa strada e girare a destra tra qualche traversa… Ehm…la seconda o la terza… Guarda, sto andando lì anch’io, vieni con me, è più semplice.» Gentile e cordiale, ma spenta, come annientata…
Bene, meglio di così non poteva andare! Però basta che ci rimettiamo a camminare!
Light era dietro di loro, a pochissimi passi…
«Grazie infinite, è molto gentile. Andiamo allora!» ed Emma fece per incamminarsi.
Starnutì, cercando di comprimere il rumore chiudendo la bocca e portando la mano davanti alla faccia.
Aveva ancora le narici completamente gelate…
Tirò su col naso.
Lo fece di nuovo.
La donna non aveva fatto quasi neanche un passo e subito si rifermò. «Vuoi un fazzoletto? Se non ne hai te ne do uno io» Le chiese.
No che non ce l’ho! Perché devi essere così premurosa?!
«Non ce n’è bisogno, grazie!» Sorrise Emma.
E starnutì di nuovo, all’improvviso.
E continuavano a rimanere ferme lì.
«Sì che ce n’è bisogno. Aspetta…» E cominciò a cercare nella borsa.
Emma non ce la faceva più. Era al limite della tensione.
Naomi Misora rovistò ancora un po’.
Poi la mano le uscì dalla borsa con i fazzoletti e le cadde una tesserina di plastica bianca che andò a confondersi con la neve…
Ma…cosa…
Emma guardò a terra.
Erano i suoi documenti. C’era il suo nome lì sopra, in bella vista…
Emma fu presa dal panico.
Qualche decimo di secondo per realizzare, con lo sguardo fisso su quel nome, e poi Emma si abbassò di scattò, prese la tessera.
Alzò lo sguardo.
E Light era lì, affianco a loro e guardava a terra…
Emma si sbrigò a raccogliere il documento coprendo i dati con la mano.
«Arrivederci ancora.» Disse lui sorridendo, rivolto a Naomi Misora. E le superò placidamente.
Emma riconsegnò la patente alla sua proprietaria.
Era sconvolta.
Anche Misora sembrava turbata in qualche modo e guardava Emma in modo strano.
«Perché devi andare in questura?» le chiese.
«Devo informarmi sulle pratiche per fare i documenti giapponesi… Mi sono trasferito qui da poco con i miei genitori…» Questa bugia se l’era preparata da prima… Abbassò comunque appena lo sguardo, ma il suo gesto avrebbe potuto essere scambiato ancora una volta per semplice timidezza. Tuttavia Naomi Misora continuò a scrutare quel ragazzino incappucciato in maniera singolare.
Be’, in fondo lei stava indagando sul caso Kira, in fondo non aveva rivelato il suo vero nome a Light per prudenza ed ora un adolescente col volto poco visibile le si era avvicinato ed aveva letto il suo nome, peraltro mostrandosi troppo sconvolto e pensieroso di fronte ad esso…
«Be’, venire in questura il primo dell’anno è un po’inconsueto…» Continuò la donna.
No… Sta sospettando di me!!! Che situazione… «Ehm…sì, effettivamente lo è… siamo in due allora…» e fece un sorriso un po’ forzato.
Poi però Naomi Misora cambiò completamente registro…
«Ora devo andare, la questura è poco più avanti. Scusami, ma ho altro da fare.» Glaciale… era diventata un automa…
Emma sgranò gli occhi.
Oh no!! No! No! No! Accidenti!!!
E guardò davanti a sé, cercando Light… Ma non lo trovò… Era scomparso dalla sua visuale…
«Ma come, non doveva andare anche lei in questura?» disse Emma col cuore in gola.
«No. Non ho nulla da fare lì.» Spenta…
«Ma non potrebbe accompagnarmi ugualmente?» tentò spudoratamente e disperatamente Emma…
«No. Mi spiace. Addio.» Si voltò e cominciò a camminare nell’altra direzione, con i fazzoletti ancora in mano… Incrociò Aizawa che percorreva il marciapiede a passo spedito e sparì nella foschia ovattata della città sotto la neve…
Nessuno avrebbe più rivisto Naomi Misora...
Emma lo sapeva… E rimase immobile.
Sentì lo spostamento dell’aria fredda, quando il poliziotto le passò accanto, velocemente… e restò lì, ferma…
Perché? Perché?!
Allora posso interagire, ma non posso cambiare proprio nulla!!!!
Forse che qualunque cosa io faccia non posso modificare gli eventi?!
Forse posso modificarli solo in piccoli dettagli, ma poi alla fine gli avvenimenti principali avvengono comunque?!!!
Perché lo starnuto proprio in quel momento?
Perché avevo dimenticato i fazzoletti?
Perché a lei è scivolata la patente dalla borsa?
Perché non sono riuscita a farla entrare in quella maledetta questura, perché non sono riuscita a salvarla…
Sembra che il “destino” si incastri in svariati modi, sembra che possa sciogliersi attraverso molteplici vie, ma l’esito finale rimane lo stesso…
Il nome di Naomi Misora è sul quaderno ora… ed io non posso fare più nulla…
Io… io potrei non riuscire a cambiare proprio niente… Io… Io potrei non riuscire a salvare Elle…
Light Yagami, io… io… come faccio a fermarti!!!??

 
 
 
 
Allora, non potevo esimere Emma dal cercare di sfruttare Naomi Misora, perché avrebbe potuto essere una pista molto feconda e risolutiva. E poi mi premeva parlare di lei, mi auguro che qualcuno lo abbia apprezzato…

Spero tanto che siate riusciti a seguire tutto... Mi preoccupa molto il non riuscire ad essere chiara sugli incastri con la vicenda di Death Note ed i suoi tempi, e sul modo in cui Emma si intromette in essi ragionandoci…
E poi mi preoccupa un po’ il fatto di trovarmi a ripetere alcune cose del manga/cartone, tra le quali ci sono anche dettagli che non tutti potrebbero ricordare, perché magari possono essere marginali… Spero che non sia noioso!!!
Be’, tutte chiacchiere…
Vi saluto e vi ringrazio immensamente, tutti tutti tutti tutti quanti!!!!
Alla prossima settimana!

 

Eru

 

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Capitolo 11
*** 11. Lo spirito giusto ***


Ho pochissimo tempo ma, con l’acqua alla gola e pittosto tardino, aggiorno in tempo! ;D
Grazie di essere qui!


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 11. Lo spirito giusto

 
I fiocchi di neve ondeggiavano lentamente davanti al volto di Emma.
Era ferma.
Era sola sul marciapiede.
In lontananza qualcuno si affrettava a passo spedito, desideroso di tornare a casa ed al caldo.
E lei non si era mossa da lì, da dove Naomi Misora l’aveva salutata.
È servita a qualcosa tutta questa fatica!? Light ha preso il quaderno e lei morirà ugualmente!
Ho interagito, ho cambiato qualcosa, ma lei è sparita lo stesso, determinata ad uccidersi…
Che cosa orribile!!
Quella donna si volatilizzerà nel nulla ed io ora le ho parlato…
Non riesco a reggere tutto questo…
Io non sono abituata, non sono psicologicamente preparata a sopportare tutto questo…
Cadono come mosche davanti ai miei occhi! Ed io sono una persona normale!!!
Non lo tollero!
Quel mostro di Light ce la fa perché il quaderno lo rende di ghiaccio… Ma io, ringraziando il cielo o qualunque altra cosa si debba ringraziare in questo mondo, non ho un quaderno…
Lei morirà ugualmente…
Se sono stata così triste dopo aver letto la morte di Elle, come potrei stare se lui effettivamente… 
Oddio…Ho visto che posso interagire e cambiare qualcosa, quindi se facessi tutto quello che ho programmato, se ogni cosa si incanalasse così come ho sperato, lui mi sarà molto più vicino, passerò più tempo con lui e…
Ma se poi non potessi modificare proprio il risultato finale, se questo dovesse essere necessariamente lo stesso… Elle morirebbe ugualmente…
Ed io non… io… io a quel punto non so proprio come potrei reagire…
Mi sto lentamente trascinando in un buco nero? Volendomi avvicinare di più a lui sto costruendo con le mie stesse mani la mia futura disperazione??!!

È una scelta molto coraggiosa decidere di iniziare a “conoscere veramente” una persona che dovrà morire entro breve tempo… È una scelta coraggiosa perché tutti hanno paura di soffrire… La paura e la sofferenza sono le due più terribili emozioni del genere umano.
Uno starnuto risvegliò Emma da quello stato.
Realizzò che ormai il naso non se lo sentiva praticamente più. Avrebbero potuto anche staccarglielo e lei non se ne sarebbe accorta.
Starnutì di nuovo.
Devo tornare a casa…
Tanto lo so che andrò avanti lo stesso, che non mi fermerò, anche a costo di soffrire…
Tanto non posso sapere se tutto ciò che è accaduto è dipeso da un destino inesorabile o solo da una fastidiosa ed inquietante casualità infausta…
Ormai sono in ballo. E questo è solo un altro punto interrogativo…
Ho solo l’imbarazzo della scelta ormai! Su quale domanda assurda ed irreale voglio accanirmi ancora?!
Uno: “Perché sono qui?”
Due: “Come ci sono finita?”
Ed ora si è aggiunta anche la numero tre: “Potrò cambiare in modo determinante gli eventi e quindi costruire un futuro sulla base delle mie azioni e della mia presenza qui?”
Fantastico! Dovrò tatuarmi da qualche parte la risposta cumulativa, così smetterò di arrovellarmi ogni volta inutilmente. Sì, un bella scritta tatuata e passa la paura: “Boh!!”
In fondo, ripensandoci, ogni essere umano si pone queste domande ogni tanto, anche senza bisogno di ritrovarsi nell’assurda situazione in cui mi trovo io… Ed ogni essere umano non trova le risposte, proprio come me…
Posso solo vivere…
Devo andare a casa, altrimenti non potrò fare proprio un bel niente… Se mi faccio venire il febbrone poi non potrò uscire e non potrò farmi rivedere da Elle…

Si incamminò spedita verso la fermata della metropolitana e lasciò la questura. Era cinico a dirsi, ma a spese di Naomi Misora adesso sapeva che per “quel” giorno Elle non avrebbe lasciato l’albergo. Era tumulato lì dentro con la squadra “anti-kira”.
«Emma… ma dov’eri finita?!» le chiese Misao ancora mezza assonnata, appena Emma rientrò in casa «E…ma… sembri un ragazzino… cosa ti sei messa…?» I capelli nerissimi di Misao erano un po’ scompigliati e le salivano per questo di parecchio sopra le spalle, più su del consueto.
«Ehm…A Roma non nevica mai… a me piace la neve… Mi sono incappottata, ma sono riuscita a congelarmi ugualmente…» Farfugliò Emma, senza mentire… «Ho bisogno di uno doccia bollente!» e si defilò di corsa verso la sua camera.
«Più tardi andiamo al tempio, vieni?!» Chiese Misao, seguendo con lo sguardo Emma che le passava affianco.
«Sì!! Fantastico, ho sempre desiderato andarci il primo dell’anno!! Se non farò in tempo vi raggiungerò dopo, ora devo assolutamente riscaldarmi un po’ e riprendermi prima di riuscire!» Sì, e magari dovrò pure dormire, se no collasserò!!
Entrò in bagno, si tolse le lenti a contatto e le buttò. Nella penombra della casa Misao non le aveva notate. E poi ora non le servivano più!
Mi sembro una ladra…
 
Il tre di Gennaio Emma uscì dall’università piuttosto tardi e di corsa.
Era diventato sempre più difficile mollare il lavoro in orari umani…
Tutti sapevano che andava agli allenamenti. Per Misao e Kei Emma si allenava tutti i giorni… Un’irriducibile dello sport e delle arti marziali…
Di questo passo mi organizzeranno un incontro con Mike Tyson e si aspetteranno di vedermi vincere!!! E invece io non arriverò al prossimo mese se questo periodo non si sbriga a finire!!
Comincio ad essere troppo “sola” in questa storia… Meno male che quando lavoro non ci penso…
E si infilò nella metro.
Guardava fuori dal vetro, nell’ormai solito bar, con una tazza di tè fumante davanti.
Ormai avrebbe potuto anche lavorarci in quel posto. Conosceva a memoria il menu, tutti i clienti abituali ed anche il sistema di prendere le ordinazioni! La ragazza che ci lavorava la salutava contenta, perché ogni tanto si facevano due chiacchiere.
Non ci pensò nemmeno a prendere il pc per lavorare.
Non se ne parlava proprio di sgobbare ancora.
Quindi tirò fuori il libro “da comodino” del momento e si appoggiò allo schienale della sedia, rivolta verso l’esterno.
Ormai si era allenata anche a controllare con la coda dell’occhio l’ingresso dell’albergo e, quando la vista intercettava irrazionalmente un’auto davanti all’entrata, alzava lo sguardo.
Dopo un po' lasciò le pagine del suo libro e pensierosa scrutò l'esterno, ma lo fece solo perché aveva gli occhi stanchi…
Ma tu, diavolo di un “detective del secolo”, quando hai intenzione di levare le tende da questo posto?! Io non ne posso più!!!
E, quella volta, le cose non avvennero nel peggiore dei modi, di corsa, all’improvviso o in un momento inappropriato.
La Rolls Royce nera si fermò davanti all’ingresso.
Cavolo!!! Ma che veramente sta uscendo proprio ora??!!
Emma mollò il libro sul tavolo, schizzò in piedi, lasciò la borsa sulla sedia, arraffò il cappotto e la sciarpa e si diresse di corsa verso l’uscita.
«Devo uscire un attimo!!! Lascio tutto qui!!!» Gridò alla ragazza della cassa mentre apriva la porta, che smise di scampanellare quando ormai Emma era già dall’altra parte della strada…
Il gelo le entrava nei polmoni mentre respirava, la sciarpa avvolta in modo approssimativo si schiacciava in parte sotto il cappotto ed in parte le pendeva abbondantemente da un lato… Una ciocca di capelli scuri  le sfuggiva dal nodo che aveva fatto sulla nuca, si infilava avvitata nella sciarpa e arrivava a lambirle il fondo schiena, rivelando così tutta la lunghezza della sua chioma.  
Si appoggiò al muro, proprio affianco all’entrata, leggermente spostata rispetto alle porte a vetri ed al tappeto che ne usciva, vicina, ma non tanto da farsi cacciare dagli uscieri…
Ed Elle uscì.
Emma si sentiva un’idiota a pensare sempre le stesse cose. Ma non poté non sospirare, emozionata, e non poté non rimuginare su quanto lui fosse fantastico…
Vederlo soltanto è molto più destabilizzante che parlarci… In fondo ci ho anche chiacchierato e… e ora me la sono quasi scordata quella sensazione di tranquillità davanti a lui…
Naturalmente lui aveva le mani in tasca e camminava adagio. Emma percorse tutta la sua singolare e dinoccolata figura, ancora una volta…
Ci saranno stati almeno due gradi sotto zero…
E lui indossa la sua maglietta di cotone bianco a maniche lunghe!!!!
È proprio un alieno!

Emma lo fissò rimanendo appoggiata, lo seguì incollata con lo sguardo.
Lui le passò molto vicino, ma guardava davanti a sé, verso la macchina. Aprì la portiera. Salì nell’auto, si appollaiò agilmente sul sedile e lasciò le scarpe a terra.
Osservò per un solo istante fuori, verso di lei, col capo chino e lo sguardo rivolto verso l'alto
quasi per sbaglio
Poi richiuse lo sportello ed Emma vide solo il vetro oscurato. Continuò però a fissare il finestrino nero.
Mi devi vedere! Forza, guardami!
L’automobile si mise in moto.
 
«Watari» disse Elle guardando nello specchietto retrovisore gli occhi dell’anziano inventore.
«Sì» gli rispose calmo l’uomo.
«Dovresti fare un controllo. Ma è un’altra di quelle cose che dovrà rimanere sigillata in quest’auto.»
«Certamente. Di cosa si tratta?»
Elle incrociò languidamente le braccia e le appoggiò sulle ginocchia, girò il capo verso il finestrino, abbassò lievemente il mento, serio e gelido,  ed i suoi occhi si piantarono ancora più penetranti, luminosi e concentrati verso quella ragazza col cappotto scuro ed i capelli tirati su alla buona che guardava la macchina. E, continuando a fissarla, rispose a Watari…
La sua mente aveva già cominciato a viaggiare ad una velocità sorprendente…
 
Eh eh eh! Che testa!!!
E’ alquanto interessante seguirlo nei suoi ragionamenti…
Be’, che dire?
Emma ce l’ha fatta…
Non avete bisogno che io vi dica che non c’è proprio nulla di romantico nella richiesta che Elle fa a Watari. Troppo banale e fuori contesto. E soprattutto assolutamente non “da Elle”. Questo voi lo sapete meglio di me e sarebbe un insulto alla vostra intelligenza tediarvi ancora con ulteriori note a riguardo.
Però Emma ce l’ha fatta lo stesso.
A fare cosa?
È ovvio che il farsi vedere sotto l’hotel in quel modo, di sfuggita, per ben due volte, aveva un preciso scopo, come peraltro credo di avervi già detto.
Ma qual era questo scopo che Emma ora avrebbe raggiunto?
Per il momento voglio concedervi un regalo, palesandovi il primo pensiero che fece Emma a riguardo, in Italia, nel momento in cui iniziava a pianificare tutto il suo progetto e si arrovellava sul come riuscire ad avvicinare ed interessare Elle: “Uhm…allora, andiamo in ordine eliminando le cose che normalmente attirano in una donna. Uno: potrei anche essere Charlize Theron, per lui sarebbe lo stesso, cioè non avrei comunque alcuna speranza di avvicinarlo. Due: Non sono un genio. Tre: non c’è assolutamente nulla di particolare in me che lo possa incuriosire. Sarebbe già un’impresa in un momento normale, figuriamoci nel momento in cui sarà presissimo dal caso Kira! Cavoli, è difficilissimo interessarlo…
Però… Elle deve stare costantemente attento alla sua incolumità… Uhm…”

Non avete capito nulla? Vi aspettate che vi dica altro? Be’, aspettate pure, ma tanto per il momento non parlerò!
Sappiate che Emma ce l’ha fatta. Sappiate che il primo obiettivo del suo piano è andato a buon fine, proprio come lei desiderava e proprio grazie alle mosse che aveva pianificato.

 
L’auto partì e si allontanò.
Mi avrà vista…? Non lo so… Mi sembra che abbia guardato almeno un secondo…
Vista o meno ormai ha poca importanza… Non posso fare più nulla, se non sperare che lo abbia fatto e che la sua testa abbia cominciato a fare il suo dovere!
 

Be’, siete avvantaggiati rispetto a lei. Cos’altro volete?!
Voi almeno sapete che Elle l’ha vista e che proprio in seguito a questo i suoi super-neuroni hanno iniziato a muoversi, proprio come Emma voleva… Lo sapete perché ve l’ho detto io, quindi siate pazienti, che vi ho detto fin troppo e ne sapete più di lei, almeno su questo.
Uhm… Emma cara, stai attenta.
Hai potuto prevedere molto perché sei intelligente, perché sei a conoscenza di molte cose, perché in qualche modo conosci Elle, forse meglio di chiunque altro su questo mondo.
Ma io ripeto ancora una volta che Elle è sempre Elle.
E tu devi stare attenta, perché stai giocando col fuoco.

 
Sì, ora posso solo aspettare e sperare che lui abbia pensato ciò che io ho immaginato lui possa pensare. Uhm… Sì certo… Perché io posso arrivare a prevenire i suoi pensieri… Come minimo, se qualcosa ha pensato, sarà andato talmente oltre che io mi ritroverò ad annaspare senza più capire assolutamente nulla!
Sì, devo aspettare, ma perlomeno posso respirare un po’per due settimane e dopo il lavoro potrò andarmene a casa. Sì, due settimane d’aria, fino al test d’ingresso alla Todai…

 
«Ragazzi, io scendo. Ho fame, passo al bar e prendo qualcosa, altrimenti non ragiono…Lo so che è presto, ma oggi non è giornata! E poi voglio dare un’occhiata alle future matricole!» Se ne uscì ad un certo punto Emma, sommersa come sempre dalla documentazione.
Kei e Misao annuirono, concentrati, senza alzare lo sguardo.
Dopo poco però Misao sollevò gli occhi «Era ora che anche tu avessi una giornata di cedimento! Io ne ho di continuo e cominciavo a considerarti un po’ un’aliena! Vai, vai e non farti veder per un bel po’, che sei troppo stacanovista, poi dicono che lo siamo noi giapponesi!» Le sorrise e poi riprese a smanettare sulla tastiera del computer.
Quella mattina l’università era un trambusto. Era il 17 Gennaio.
Tutti coloro che avrebbero dovuto sostenere il primo turno del durissimo esame di ammissione attendevano che scattasse l’ora d’inizio delle procedure di registrazione e vociavano in ansia, sparpagliati nel corridoio e davanti alle porte ancora chiuse dell’aula. Molto giovani, preparati, impauriti, in fondo inconsapevoli di essere sul punto di compiere il primo passo in un altro mondo e verso il loro futuro. La scelta che avevano compiuto una volta terminata la scuola, se fosse andata a buon fine e avesse dato i suoi frutti, avrebbe condizionato tutta la loro esistenza…
Lo studio e poi il lavoro definiscono la vita degli esseri umani. E non lo fanno solo perché essi passano gran parte del loro tempo impegnati nell’una o nell’altra attività.
Emma guardava quei ragazzi un po’ dall’alto, seduta sui primi gradini della prima rampa di scale che portavano al primo piano, e pensava che lei, quella scelta, l’aveva fatta parecchio tempo prima ed ora tutta la sua vita stava girando intorno ad essa. Le sue amicizie, i suoi interessi, le sue aspettative, le sue giornate, i suoi orari. Tutto era stato condizionato da quella scelta professionale compiuta ad appena diciotto anni… Anche le cose apparentemente più marginali, come gli hobby o l’attività sportiva. Emma conosceva i ragazzi della palestra che frequentavano la lezione delle 20:00, perché tutti gli altri, tutti quelli che affollavano gli allenamenti negli altri orari, Emma non li aveva mai visti… Forse erano ugualmente favolosi ed affettuosi, ma Emma avrebbe potuto saperlo solo se avesse fatto un altro lavoro, un’ulteriore attività che le avesse permesso di scegliere altri orari di lezione ed allora, ad esempio, “quelli delle 14:30” sarebbero stati i suoi “amici della palestra”. Ma in quella vita, in seguito a quella scelta, Emma non conosceva neppure le loro facce e non le avrebbe mai conosciute…. Magari tra quelli avrebbe potuto esserci un ragazzo speciale, uno perfetto per lei… Ma lei non lo avrebbe mai incontrato.
Questa è la vita. Scelte, bivi, opzioni che portano ad altre possibilità, ad altre scene, ad altri teatri, ad un'altra esistenza. Un’intricata rete che si inizia a tracciare lentamente. Ma tutto, in un modo o nell’altro, deriva da quella scelta iniziale.
Ed Emma era in Giappone anche perché aveva fatto quella scelta… Perché aveva deciso che voleva essere un’archeologa; perché quindi aveva scavato con il prof. Usui e con Misao negli anni dell’università; perché era stata proprio quest’ultima a dirle di leggere Death Note, quando in Italia non era ancora uscito; perché, dopo averlo letto, Elle era rimasto nella sua mente; perché a causa del suo lavoro non aveva incontrato l’uomo della sua vita in palestra, tra “quelli delle 14:30”; e quindi perché era libera di dedicarsi incondizionatamente ad Elle…
Le scelte sono incredibilmente importanti. Tuttavia, se si dovesse ogni volta ragionare sulla valanga di conseguenze e semplicemente sulla “vita” che ne deriverà, nessuno avrebbe più il coraggio di compierle.
Le porte dell’aula si aprirono, i ragazzi si zittirono all’unisono ed iniziarono ad entrare come una mandria ordinata e ben gestita.
In bocca al lupo a tutti…
La folla che aveva riempito le adiacenze dell’aula fino a quel momento si era diradata velocemente e allora, dal fondo del corridoio, arrivò Elle.
Arrivò in orario, naturalmente, ma all’ultimo momento, perché lui, a differenza degli altri, non era affatto in ansia.
La sua camminata rilassata e svogliata ed il suo sguardo placido ma deciso avrebbero fatto venire i nervi a molti di quelli che erano già entrati, perché quell'atteggiamento denotava sicurezza di sé e distacco. Due stati d’animo a volte odiosi per chi invece cuoce nel timore e nell’ansia da prestazione. Emma invece si limitava ad ammirarlo per questo. L’invidia non era nella sua natura, non lo era mai stata e comunque lui non era "invidiabile", perchè era semplicemente "irragiungibile". Ma questo tutti quei ragazzi non potevano saperlo...
Elle le passò davanti.
Con questo gesto stai facendo una scelta molto più decisiva di quella che stanno compiendo tutti gli altri ragazzi che sono qui per il test… Perché tu, ora, stai varcando la linea del non ritorno… Entrando lì dentro stai firmando la tua condanna a morte…
Come sono melodrammatica…
Ed io allora che ci sto a fare qui se non proprio per arginare le conseguenze di questa tua scelta e per salvarti quella pelle candida?!
Non ne posso più di vedermelo sfilare davanti e non potergli dire niente! Va be’, ancora per poco!

Elle entrò nell’aula. Il corridoio adesso era vuoto.
Emma salì velocemente le scale, voltò il pianerottolo e si mise ad aspettare sulla seconda rampa, da dove chi fosse ancora passato per raggiungere l’aula non avrebbe potuto vederla.
Infatti sarebbe arrivato anche Light. Anche lui in orario, ma anche lui all’ultimo momento, calmo.
Emma attese poco e poi sentì i passi sul pavimento del corridoio. Era lui, certamente.
C’è sicuramente anche Ryuk con lui… Che cosa inquietante… Meno male che mentre parlavo con Naomi Misora non ci ho pensato per niente, se no mi sarei inibita ancora di più… Come se fosse servito a qualcosa poi...
Poco dopo sentì che le porte dell’aula venivano chiuse. Il test stava iniziando. Erano le 9:30.
Allora Emma scese, percorse il corridoio e si avvicinò al piccolo vetro della porta che permetteva di scrutare l’interno dell’aula. Lo fece con cautela, tenendosi di lato…
Questa non me la voglio perdere…
Tutti erano a testa bassa.
E poi… Il professore fece una faccia contrariata e si avviò tra i banchi… «Tu, numero 162, siediti composto!»
Light si voltò. Ed Elle lo stava fissando.
Si guardarono per qualche istante.
Accidenti! Lo sta trafiggendo come se solo guardandolo potesse carpire qualche indizio in più…
Ed Elle non si muoveva, non ci pensava proprio a sedersi composto…
Solo dopo un po’, con calma, tirò giù i piedi nudi ed infilò le scarpe, e allora girò il capo per guardare in faccia il professore, che era rimasto in piedi accanto lui, sempre più spazientito.
«Fatto.» gli disse calmo, gentile e sicuro. Poi, senza aspettare un replica, posò lo sguardo sul foglio e, tenendo la matita per il fondo, appesa ed incerta tra il pollice e l’indice, iniziò a riempire mollemente ma rapidamente i quadratini delle risposte multiple….
Emma si scostò dalla porta e si appoggiò con la schiena al muro. Sospirò, guardando verso l’alto e sorridendo.
Che forza!!! Questa seconda parte dopo lo sguardo tra loro non c’era sul manga! Che forza!!
Be’, ovvio, ora sono qui e posso assistere a tutto, anche a quello che non viene descritto nel fumetto!!! Non avrebbero senso i miei piani altrimenti…
Adesso me ne posso anche andare.

Questo era lo spirito giusto.
Emma guardò l’ora. Il tempo per il test sarebbe scaduto alle 10:50.
Uscì fuori e si sedette sulle scale dell’ingresso, con la vista del bellissimo parco alberato davanti a sé. Faceva freddo, ma c’era il sole e le foglie ramate degli alberi si ammucchiavano sporadiche qua e là seguendo l’umore delle folate di vento.
Accese una sigaretta ed attese stropicciando tra le dita i fogli col suo programma…

3. Test d’ingresso alla Todai: 17 Gennaio --> Elle!!!!

- ulteriori turni d’esame per l’accesso alla Todai --> sfrutta bene questo periodo
- Aprile --> cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico (accertati della data precisa per quest’anno) --> L vs Light
 
L’ho aspettato così tanto questo momento… Adesso dovrò dare il meglio di me, perché altrimenti i prossimi tre mesi potrebbero essere praticamente sterili ed invece sono fondamentali… Ogni volta che lo rincontrerò qui, quando verrà a sostenere i turni successivi dell’esame di ammissione, dovrò dare il meglio di me!
È incredibile il buco temporale del manga! Non l’avevo proprio percepito mentre lo leggevo… Dal test al giorno della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico trascorre un sacco di tempo ed invece lì tutto avviene in sequenza, come se si trattasse di un giorno… Tre mesi saltati come nulla fosse! Questo è un altro momento di gap, un momento in cui non posso sapere cosa avverrà, anche se sono quasi certa che le indagini saranno spente e limitate e non procederanno. Per la risoluzione del caso Kira deve essere necessariamente un momento di attesa. È quindi un periodo tutto da costruire, è l’unico in cui ho la possibilità di intervenire in libertà. Elle avrà più tempo ed io avrò “libera scelta”.
Dopo però le cose saranno molto diverse… Quando entrerà in ballo anche Light, Elle sarà completamente assorbito ed io non avrò alcuno spiraglio…
Quindi, quando Elle sarà alla cerimonia di apertura del nuovo anno accademico, io dovrò essere molto avanti nell’impresa! Sì, dovrò aver fatto passi da gigante, altrimenti non ci sarà il tempo per… per salvarlo… E speriamo bene… Sempre che questo possa avvenire… Dovrò proprio farmi quel tatuaggio!!

Dopo nemmeno dieci minuti e dopo la seconda sigaretta di Emma,  Elle varcò le porte d’ingresso dell’edificio.
Perché lui, naturalmente, non aveva avuto assolutamente bisogno di tutto il tempo a disposizione per completare in modo eccellente il test. E quindi, appena inserita l’ultima risposta, aveva consegnato ed era uscito…
Ed Emma, questo, l’aveva previsto. Proprio per questo aveva atteso fuori, sicura che lui sarebbe uscito molto prima delle 10:50…
Lui le passò davanti, scendendo le scale e lei, finalmente, non si limitò a guardarlo…
Adesso tocca a me!
Si alzò, deglutì, infilò le mani in tasca…
«Ehi!» esordì con voce squillante avvicinandoglisi. Ancora un passo e lo affiancò, sull’ultimo gradino delle scale.
Elle si fermò, ruotò il capo, continuando a mantenere il resto del corpo di profilo e guardò negli occhi la ragazza che aveva al fianco…  «Sì.» le rispose. Le rispose in italiano…
Assolutamente spiazzante! Questo Emma non se l’era aspettato… O meglio, non ci aveva proprio sperato… Ma Elle è Elle ed entrambi, in quell’istante, stavano iniziando la loro partita, determinati a sfruttare ciascuno le proprie armi…
Emma ricacciò immediatamente indietro la sorpresa e lo sgomento e proseguì.
«Io ti conosco! Ed a questo punto non ho dubbi. Anche tu ti ricordi di me. Non vedo perché altrimenti mi avresti risposto in italiano!»  e parlò in inglese, mantenendo fissi i suoi occhi in quelli di lui, non temendo di dirgli schiettamente ciò che aveva pensato…
«Sì. Suppongo che tu mi conosca.» anche lui in inglese questa volta…Risposta netta ma ambigua, perlomeno agli occhi di Emma, che lo notò e proseguì senza timore…
«Tu eri a Roma, nell’area archeologica del Palatino, eri seduto sul tronco sotto gli abeti e hai mangiato i miei biscotti.»
«Sì. Ed ora siamo entrambi a Tokyo, casualmente.» e la fissò più intensamente. Secco, serio, ma forse impercettibilmente provocatorio?
Emma iniziava stranamente a divertirsi e fece un sorrisetto beffardo «Già. È improbabile, no?!» Questo era lo spirito giusto.
«Potrebbe essere improbabile, sì. Ma potrebbe anche non esserlo.» sentenziò lui, continuando a guardarla.
Sembrava stessero assurdamente parlando in codice…
Poi Elle sfilò una mano dalla tasca e la portò sulla nuca, la massaggiò appena sotto i capelli, sempre con le sue spalle appese ed il collo dritto e proteso in avanti… Era forse rilassato in fondo…?
 
 
 
 
Non uccidetemi…
Ho dovuto per forza chiudere il capitolo qui, altrimenti sarebbe stato chilometrico e se avessi proseguito mi avreste odiato ancora di più perché avrei dovuto comunque tagliarlo, ma magari  troppo in mezzo… e soprattutto sarei stata costretta a pubblicare più in là coi giorni ;D
Spero tanto che vi sia piaciuto… Come sempre incrocio le mie dita, che ormai, a forza di annodarsi, sono diventate mollicce stringhe di liquirizia ;)
 
Allora, a distanza di tempo inserisco questa immagine, che ho faticosamente costuito con l'ausilio del manga e di tanti bei programmini, perchè non so disegnare... :| E' un'idea, questa della "striscia di manga", che ho partorito grazie ai consigli ed alla mente della mia sensei delle immagini Amaterasu82, che ringrazio tanto!!!! Vorrei farne anche degli altri... Vedremo col tempo.... Spero vi piaccia...


Grazie infinite a TUTTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII, nessunissimo escluso!! Siete fantastici!!
A presto!!!
 

Eru

 
 

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Capitolo 12
*** 12. Un caffè, un gelato e due cioccolatini ***


Riesco ancora una volta a pubblicare nei tempi promessi! Sono commossa di me stessa… ;)
Un capitolo scritto nei ritagli di tempo, sul treno, la notte, ovunque… Speriamo bene…
Inserisco all’inizio ed in corsivo la fine del capitolo precedente, perché altrimenti il dialogo tra Emma ed Elle risulterebbe un po’campato per aria…
Buona lettura e grazie di essere qui!

 12. Un caffé, un gelato e due cioccolatini


«Ehi!» esordì con voce squillante avvicinandoglisi. Ancora un passo e lo affiancò, sull’ultimo gradino delle scale.
Elle si fermò, ruotò il capo, continuando a mantenere il resto del corpo di profilo e guardò negli occhi la ragazza che aveva al fianco…  «Sì.» le rispose. Le rispose in italiano…
Assolutamente spiazzante! Questo Emma non se l’era aspettato… O meglio, non ci aveva proprio sperato… Ma Elle è Elle ed entrambi, in quell’istante, stavano iniziando la loro partita, determinati a sfruttare ciascuno le proprie armi…
Emma ricacciò immediatamente indietro la sorpresa e lo sgomento e proseguì.
«Io ti conosco! Ed a questo punto non ho dubbi. Anche tu ti ricordi di me! Non vedo perché altrimenti mi avresti risposto in italiano!» e parlò in inglese, mantenendo fissi i suoi occhi in quelli di lui, non temendo di dirgli schiettamente ciò che aveva pensato…
«Sì. Suppongo che tu mi conosca.» anche lui in inglese questa volta…Risposta netta ma ambigua, perlomeno agli occhi di Emma, che lo notò e proseguì senza timore…
«Tu eri a Roma, nell’area archeologica del Palatino, eri seduto sul tronco sotto gli abeti e hai mangiato i miei biscotti.»
«Sì. Ed ora siamo entrambi a Tokyo, casualmente.» e la fissò più intensamente. Secco, serio, ma forse impercettibilmente provocatorio?
Emma iniziava stranamente a divertirsi e fece un sorrisetto beffardo «Già. È improbabile, no?!» Questo era lo spirito giusto.
«Potrebbe sembrare improbabile, sì. Ma potrebbe anche non esserlo.» sentenziò lui, continuando a guardarla.
Sembrava stessero assurdamente parlando in codice…
Poi Elle sfilò una mano dalla tasca e la portò sulla nuca, la massaggiò appena sotto i capelli, sempre con le sue spalle appese ed il collo dritto e proteso in avanti… Era forse rilassato in fondo…?
No…Magari non era rilassato… Era solo lui. Serio e deciso e poi dinoccolato, ingenuo e quasi gustoso nei suoi movimenti spontanei e sinceri… 
Emma sorrise compiaciuta. «Sì. Potrebbe anche non essere così improbabile.» e non aggiunse altro in proposito. «Comunque io sono Emma. Possiamo presentarci, ora.»
Ora potevano in effetti. Ora Elle aveva un nome ufficiale da dare e lei lo sapeva. Ma fu molto attenta a non allungare la mano per stringergliela, come invece avrebbe fatto chiunque, anzi continuò a tenerla nella tasca del cappotto, disinvolta e guardandolo.
Nessun contatto fisico… Neppure quelli ovvi ai quali lui potrebbe “abbassarsi” per consuetudine sociale…
Elle continuò a massaggiarsi lentamente la nuca, senza distogliere gli occhi da lei e le disse calmo «Ryuga.»
Si fissarono ancora qualche breve istante.
Se mi ha visto sotto l’hotel adesso mi dirà qualcosa… Perché lui è sempre diretto…
Poi lui fece scivolare la mano in basso…
Oddio, ma che fa, mi vuole stringere la mano??
Elle abbassò lo sguardo tranquillamente…
Ed infilò la mano nella tasca posteriore dei jeans…
Ah, ecco, mi pareva strano…
Tirò fuori il cellulare, tenendolo all’estremità superiore con la mano “appesa”. Lo scosse appena e lo sportellino si aprì da solo. Sfilò placidamente anche l’altra mano dalla tasca e, tenendo il telefono sospeso davanti al volto, come fosse stato un fazzoletto sporco ed infetto, premette un tasto.
«Scusami un attimo.» disse ad Emma, portando il cellulare all’orecchio e ritornando a rivolgerle lo sguardo.
«Uhm, uhm.» annuì Emma fissandolo con gli occhioni spalancati e curiosissima…
Ed iniziò la breve conversazione.
«Pronto. Sì, ho finito. Ma ho da fare ancora.  …   Esattamente, come d’accordo. A cose fatte potrai aspettarmi davanti all’ingresso.  …  Sì. A dopo.» e richiuse il telefono, facendolo poi sparire di nuovo nei jeans, insieme alla mano.
Dall’altra parte c’era Watari…
Poi Elle si rivolse di nuovo ad Emma. «Vorrei sedermi, prendere un caffè e mangiare. Tu vuoi qualcosa?»
Niente dichiarazioni o altre ambiguità. Sembrava aver cambiato registro improvvisamente…
Non si poteva però dire che questo non fosse comunque un approccio diretto… Magari differente dalla scena che si era figurata Emma nella testa, ma certamente diretto…
Lei infatti era condizionata nelle aspettative dal nitido ricordo dell’atteggiamento senza sottintesi che Elle avrebbe avuto con Light nel loro primo confronto diretto, in cui il detective gli avrebbe palesato senza mezze parole la sua identità e soprattutto i gravi sospetti che nutriva su di lui…
Ma Emma non era Light, ovviamente e per fortuna…
 
A questo punto credo proprio di non potervi più tacere un elemento, anche se a malincuore, perché avrei voluto tenerlo per me ancora per un po’…
Un semplice e comune essere umano, dotato di una media intelligenza, cosa potrebbe fare per attirare l’interesse di uno come Elle?
Pensateci un attimo.
Se non vi riesce di produrre soluzioni, ve lo dico io.
Quell’essere umano dovrebbe uccidere un bel numero di persone o dovrebbe organizzare truffe stratosferiche.
Ma Emma, ovviamente, non aveva intenzione di fare né l’una né l’altra cosa…
Ad ogni modo, questa considerazione porta ad una semplice conclusione: per interessare Elle si doveva in qualche modo essere oggetto delle sue indagini.
E quindi cos’avrebbe potuto mai fare Emma per essere presa di mira dalle indagini di Elle?
E poi cos’avrebbe potuto mai fare Emma per essere presa di mira dalle indagini “personali” di Elle, prive del coinvolgimento di polizia, interpol, FBI o quant’altro?
E soprattutto, l’oggetto di quale indagine avrebbe potuto addirittura essere così tanto importante da portare lui ad occuparsene insieme al complesso e sconvolgente caso Kira?
La risposta è semplice e copre tutte e tre le domande.
L’oggetto di quell’indagine avrebbe dovuto essere una persona che, da brevi accenni, mosse o comportamenti, avesse lasciato intuire di conoscere l’identità di Elle stesso, i suoi spostamenti, la sua “dimora”, i suoi pensieri, la sua persona e, naturalmente, anche alcuni dettagli del caso Kira…
Questo perché l’anonimato totale e l’assenza di una qualunque immagine, di un nome e di un passato, erano fondamentali per l’esistenza del grande detective.
Questo perché la sua incolumità veniva prima di tutto.
E chi poteva sapere tutto questo di lui?
Soltanto Emma.
In questo senso anche le cose che le erano sfuggite al loro primo incontro sotto gli abeti dell’area archeologica, in compagnia dei butter cookies, avrebbero potuto esserle utili.
Avete il diritto di non essere d’accordo.
Io vi ho detto semplicemente quello che Emma ha pensato.
Ed ecco quindi spiegato il perché lei avesse programmato gli appostamenti sotto l’hotel. Nessuno, eccetto Watari ed in un secondo momento i poliziotti della squadra anti-kira, poteva conoscere il luogo in cui Elle soggiornava.
Ed ecco anche chiarito il motivo per cui era stato fondamentale farsi vedere almeno due volte sotto l’albergo. Perché altrimenti la presenza di Emma lì avrebbe potuto rappresentare un’unica e semplice casualità, magari improbabile, ma pur sempre una casualità.
Ed ecco anche perché doveva farsi vedere assolutamente prima del test d’ingresso alla Todai: Emma sperava che a quella data lui, avendola vista sotto l’hotel, avesse già iniziato a sospettare in qualche modo e quindi sarebbe stato più propenso ad essere avvicinato.
Le incognite per Emma erano due.
Uno: non sapeva se Elle l’avesse effettivamente notata sotto l’albergo. E voi siete sempre avvantaggiati in questo senso.
Due: non sapeva se sarebbe stato lui a farsi avanti per indagare direttamente a contatto con lei o se avesse preferito delegare Watari, sempre per tutelare la sua incolumità… A lei, in fondo, sarebbe andata bene in entrambi i casi, perché comunque avrebbe potuto fare in modo che a lui arrivassero determinate informazioni. Anche se, ovviamente, lei avrebbe preferito la prima opzione… Ma, a quanto pareva, era quella l’opzione che si stava verificando.
Aggiungo un quesito per voi: siete sicuri che lui stia veramente indagando su di lei?

 
Ma…cosa… vuole andare a mangiare qualcosa?! Che gli prende? Allora non mi ha vista sotto l’hotel… In quel caso mi sarei aspettata un avvicinamento freddo e forse anche “temibile”, esplicito e crudo sui suoi dubbi su di me… Oddio… Lo sapevo che mi avrebbe spiazzata comunque! Be’, viverla! Questo devo fare, soltanto questo, viverla! L’importante era agganciarlo, indipendentemente da ciò che aspettavo, e finora sta andando bene…
«Se voglio qualcosa? Sì, certamente, un caffé. Vengo con te.» gli rispose Emma.
Ma quale caffé! Un silos di camomilla!!! «In realtà forse sarebbe meglio una camomilla… Ma vada per il caffé.» Evviva la sincerità… Emma, con lui, era incredibilmente se stessa.
Aveva deciso che quella avrebbe dovuto essere l’unica “tattica” da adottare e che avrebbe dovuto bandire le menzogne, perchè non era assolutamente in grado di dirle, nonostante ci avesse provato… Sarebbe stato meglio essere naturale. Tanto le cose che sapeva di lui le scappavano comunque di bocca con naturalezza ed avrebbe detto senza problemi e spontaneamente il necessario per “incuriosirlo”. Si trattava solo di dilazionarle nel tempo, quelle cose… In pillole… Solo su quello doveva stare attenta.
«Camomilla. Non dormi?» le chiese lui tranquillo e candido, con gli occhi sgranati ed inespressivi.
«Sì, sì, dormo. La camomilla era per altri motivi… Però andiamo, che fa freddo a stare qui fuori…Cioè… Perlomeno io ho freddo…» si corresse alla fine Emma.
«Uhm. Freddo? Sì, forse rimanendo qui fuori, tra un po’ potrebbe fare freddo.» commentò Elle, osservando pensieroso le foglie secche che si muovevano al vento gelido della mattina, come se stesse riflettendo allora, per la prima volta, al fatto che in inverno, rimanendo all’ “esterno” per un periodo di tempo più prolungato, anche lui avrebbe potuto sentire il disagio di una rigida temperatura, con la sua magliettina di cotone.
«Be’, sì… questi sono gli irrilevanti problemi di chi va in giro per strada e non può godere sempre del riscaldamento di un posto chiuso o di un’automobile…» commentò Emma…
Lo stava forse velatamente prendendo un po’ in giro?
Elle non si scompose ed accettò tranquillamente quella considerazione.
O forse la incamerò senza battere ciglio? Forse, quell’ennesima ambiguità di Emma, lui la registrò, la considerò e la archiviò come informazione,  continuando a scrutare con le pupille nere e l’aspetto ingenuo quella ragazza?
Qualunque fosse la verità, lui lasciò cadere la questione e le disse «Potremmo andare, allora.»
«D’accordo. Si deve camminare un po’, il bar con pasticceria è fuori dal campus.»
«Perfetto.»
Emma non fece in tempo a sorridere…
Erano ancora in piedi, uno di fronte all’altra, sull’ultimo gradino delle scale d’ingresso e Light uscì dall’edificio ed iniziò a scendere la scalinata…
Ovvio. Anche lui aveva finito il test molto prima dello scadere del tempo.
Emma girò improvvisamente il capo da un lato ed abbassò il mento e lo sguardo, quasi a volere nascondere il volto, mostrando ad Elle un profilo confuso e preso alla sprovvista…
Light in quel momento stava scendendo i gradini  alle spalle di lui.
Elle allora ruotò impercettibilmente la testa corvina e lo vide, con la coda dell’occhio…
Lo seguì, con uno sguardo deciso, basso e quasi aggressivo, mentre Kira si allontanava dall’edificio…
Poi, quando fu ormai distante, ritornò a fissare Emma, ancora serio.
E rimase in silenzio per qualche brevissimo istante.
Ma non fece nessun accenno all’accaduto. «Allora? Vogliamo andare a questo bar pasticceria?»
Emma finalmente risollevò lo sguardo.
«Sì, certo. Scusami…»
«Figurati. È un bel ragazzo. Non c’è bisogno di scusarsi.» Gentile, cordiale, normale e… banale… o subdolo? Sì, forse un po’…
Emma sorrise e si incamminò.
«Credo che tu sia fuori strada.»
«Davvero? Evidentemente allora non sono la persona più adatta a giudicare questo genere di cose. Be’, vorrà dire che cercherò di prendere la strada giusta, da ora in poi.» Rispose Elle incamminandosi anche lui, strascicato e posato sulle sue scarpe logore.
Emma, naturalmente, non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa…
L’avevi già presa dall’inizio la “strada giusta” e stai parlando per doppi sensi? Stai giocando a mettermi alla prova? Oppure mi sto facendo tanti “film” mentali e si tratta di una semplice battuta tanto per? Sei inquietante… Ma sei incredibilmente meraviglioso…
Emma tirò fuori una sigaretta e l’accese.
Lui non battè ciglio e proseguirono a camminare, lungo il viale alberato, in silenzio.
«Questo dettaglio non è irrilevante.» Esordì Elle dopo un po’, senza voltarsi, continuando a guardare davanti a sé, ma col consueto capo chino.
«Quale dettaglio?» chiese Emma.
«Che sei stranamente tranquilla.» pacato e incolore…
«Perché non dovrei esserlo?»
«Perché, ad esempio, non mi conosci.» assolutamente impersonale, come se le avesse appena comunicato l’ora…
«Ma io ti conosco. Te l’ho detto prima, no?» Sorrise ironica Emma.
«Già.» E si voltò ora a guardarla negli occhi.
Ok… Andiamoci piano con questi sguardi… Se no farò la triste fine del budino…
Devo finirla io con questi doppi sensi!

Ad Emma venne da ridere per i suoi stessi pensieri ed i suoi occhi si illuminarono divertiti.
«In verità sono abbastanza tranquilla in generale. Ecco il bar, si vede l’insegna già da qui!» ed allungò il passo, staccandosi da lui…
Entrarono nel locale, caldo e già pieno di studenti.
Emma si fece largo tra la folla che era davanti al banco ed Elle la seguì. Raggiunsero un tavolo libero.
I ragazzi preferivano prendere qualcosa al bancone, rapidamente, piuttosto che sedersi, perlomeno in quegli orari mattinieri ed a ridosso delle lezioni. Erano le dieci. Ed entro pochissimi minuti il locale si sarebbe svuotato. Per riempirsi di nuovo dopo una mezz’ora ed all’arrivo di coloro che avevano la lezione delle undici o di coloro che avevano completato quella delle nove.
I bar vicino alle università funzionano così, in tutto il mondo.
«Senti, io intanto prendo dal banco due caffè e li porto qui. Vuoi un caffè anche tu giusto? Tu siediti e scegli cosa vuoi mangiare. I menù dei dolci sono sui tavoli. Torno subito.» disse Emma ad Elle. Lui non annuì neppure e si diresse lentamente verso il tavolo libero vicino alla vetrata del locale che dava sulla strada.
Emma c’era abituata a sbrogliarsela da sola. Questo genere di cose le faceva sempre lei anche quando era con le sue amiche. E poi Elle non ci avrebbe mai pensato.
Prendere i caffè al banco… Per carità!
Per oggi ci penso io, ma alla prossima, se mai ci sarà, il “lord” si dovrà svegliare…

Il fatto che lei facesse sempre certe cose, non voleva dire che ritenesse le altre persone non in grado di farle o incapaci di pensarci. Voleva semplicemente significare che non le pesava e che si comportava spontaneamente.
Ma avere davanti una persona che si aspettava tutto e non si smuoveva la irritava.
Insomma, era pragmatica, intraprendente ed attiva, ma non era una “geisha” per partito preso o per assuefazione! Con tutto il rispetto per le geishe, ovviamente.
Fare qualcosa per qualcuno che non si rende nemmeno conto del fatto che la si stia facendo per lui o farla per qualcuno che non può capire il “peso” del compierla, semplicemente perché non l’ha mai fatta, non è neanche una gentilezza. E non fa nemmeno piacere farla, quella gentilezza, perché non sarà presa come tale, perché data per scontata. Compierla sarà invece solo ed esclusivamente un incentivo alla prosecuzione del “privilegio” di qualcuno che non conosce l’origine di quello stesso privilegio, che non sa bene nemmeno che quello sia un privilegio e non è quindi assolutamente in grado di apprezzarne “veramente” la portata.
Emma raggiunse il tavolo con le due grosse tazze di caffè tra le mani.
Elle naturalmente aveva sfilato le scarpe, aveva rannicchiato le gambe sulla panca, aveva accovacciato le spalle ancora di più al torace e leggeva il menù sul tavolo, senza toccarlo, col collo allungato in avanti e le mani poggiate sulle ginocchia.
Emma gli passò il caffè. Lui annuì appena, senza guardarla e continuando a fissare la lista dei dolci, con gli occhi sgranati e concentrati.
Poi arrivò il cameriere. Elle sollevò lo sguardo. «Un gelato “fantasia” con doppia porzione di panna, per cortesia. Tu?» chiese rivolto ad Emma.
«Nulla, grazie. A quest’ora nulla.»
Il ragazzo annuì senza neanche guardare i volti da cui provenivano quelle parole. Scarabocchiò qualcosa su un foglietto e se ne andò velocemente, senza neppure salutare.
Poi Emma prese la bustina di zucchero che era sul piattino della sua tazza e la riversò all’interno.
Solo allora Elle osservò il suo caffè, quello che gli aveva portato Emma. Sul piattino, affianco alla tazza, c’erano otto bustine di zucchero…
Lui non disse nulla.
Né Emma si accorse di cosa lui stesse osservando, perché era intenta a girare lo zucchero nel suo bibitone. Quando ebbe finito prese il cioccolatino, che pure era sul piattino affianco alla tazza e che al bar servivano insieme al caffè, e lo posò sul tavolo; gli diede una leggera schicchera e lo fece scivolare sulla liscia lacca del ripiano, verso Elle.
Il tutto senza dire una parola.
Infine sorseggiò il caffè caldo, cercando di scaldarsi e fece una faccia compiaciuta mentre lo mandava giù.
Per tutto il tempo lui non smise mai di osservarla.
Poi Elle, anche lui senza fiatare e come se fosse stato tutto normale, scartò il cioccolatino che gli aveva tirato Emma, lo prese accuratamente tra il pollice e l’indice e lo ingoiò. Scartò anche il suo di cioccolatino posato sul piattino e, con la stessa procedura, si ingurgitò anche quello. Leccò appena dalla punta delle dita le tracce di cacao che rimanevano e si dedicò ad aprire le otto bustine di zucchero che Emma gli aveva portato e meticolosamente ne tuffò tutto il contenuto nella tazza di caffè fumante che aveva davanti.
Mentre lui espletava queste attività, Emma guardava fuori, attraverso la vetrata del bar. Nella realtà però lo osservò semplicemente per tutto il tempo nel riflesso del vetro… Il tutto per non fissarlo in modo spudorato… Se lo guardava di nascosto, il suo Elle, quasi rubando il suo profilo rannicchiato, riscaldandosi le mani avvolte avidamente entrambe intorno alla tazza bollente …
Elle invece sollevò la tazza dal manichetto, sfiorandola soltanto con una mano e guardandone il contenuto. Sorseggiò.
E poi, entrambi, si osservarono di nuovo.
Nessuno dei due aveva fatto domande sul perché fossero entrambi, “casualmente”, lì a Tokyo.
E nessuno dei due ne avrebbe fatte.
Per tacito assenso e per tacita consapevolezza l’uno dell’altra?
Erano lì, in un bar, seduti di fronte, e si erano a mala pena parlati una volta, un mese prima… e tutto era stranamente normale.
E allora arrivò il gelato di Elle…
Ad Emma vibrò il cellulare. Era Misao.
«Ohi, è successo qualcosa? Scusa mi sono un po’ dilungata, arrivo subito… Ah, non ce n’è bisogno… Ok! Grazie, mi fate veramente sentire indispensabile in questo modo, della serie “se non ci sei è assolutamente la stessa cosa”! La prossima volta dimmi direttamente di rimanere a casa!» Disse ridendo Emma. «Va be’, scherzi a parte, perché mi hai telefonato? Ah… ma dai? Sempre più complicato… Accidenti! Uhm… Oggi pomeriggio ne parleremo col prof… temo che non ne verremo a capo comunque… Sì sì, vi porto il caffè, a dopo!» e riagganciò.
«Avete qualche “enigma” nella realizzazione del vostro puzzle?» Le chiese Elle e infilò in bocca la punta di un lungo cucchiaio da gelato carico di panna.
«Sì… È un incastro che non riusciamo assolutamente a far quadrare…» rispose Emma. «I dati sono precisi, il diagramma di fasi è perfetto, ma i materiali, per quel poco che abbiamo visto, ci sconvolgono tutto…»
«Forse vi siete semplicemente incastrati su una strada e non riuscite a vedere che magari ce n’è un’altra molto più semplice che corre parallela.» Disse lui leccando il cucchiaio rumorosamente e rimirandolo…
«Sì… Sicuramente è così… Magari un’altra testa, estranea e non condizionata finora da tutte le nostre speculazioni, potrebbe risolvere il problema…» Disse Emma, fissandolo ambiguamente…
«Magari sì.» Ribattè Elle sempre senza guardarla, ma dedicato completamente alla sua coppa di gelato.
E allora Emma si fece coraggio e gli fece spudoratamente una domanda.
«Sai come funziona un diagramma stratigrafico?» Sfruttare senza vergogna il genio? Sì! Sarei stupida a non farlo!
«In teoria sì. Nella pratica non ne ho mai fatto uno. È piuttosto interessante. È costruito con una logica stringente e nello stesso tempo è sintetico ed esplicativo. Uno strumento veramente molto interessante.» rispose Elle.
«Ok, mi basta che tu conosca la teoria. Non hai bisogno di altro, per quanto mi riguarda.» E sarai senza dubbio avanti rispetto a me… Vediamo un po’ cosa mi tiri fuori. «Ti sfrutto sfacciatamente allora.» E sfilò dalla lunga tracolla un quaderno ed una matita.
Elle non disse nulla e continuò a mangiare il suo gelato.
Non annuì, non acconsentì, non si rifiutò, non si scompose, continuò semplicemente a mangiare il suo gelato.
Emma cominciò a scarabocchiare a memoria ed in modo semplificato la sezione della parte di scavo che aveva creato problemi e dalla quale si sarebbe ricavato il diagramma. Poi fece scivolare il foglio sul tavolo ed Elle allungò appena il collo e lo osservò per qualche istante. Poggiò il cucchiaino. Prese l’estremità della matita dalle mani di Emma, delicatamente. Mantenendo l’altra mano placidamente poggiata sul ginocchio cominciò a scrivere il diagramma stratigrafico, rapidamente, solo guardando lo scarabocchio di Emma, avendolo osservato per pochissimi istanti, senza aver mai visto lo scavo, né aver mai fatto un diagramma di quel genere…
Emma osservò la scena in silenzio, scrutando interessatissima le dita di Elle ed i tratti che lasciava sulla carta…
Perfetto. Assolutamente perfetto.
«Ok. È assolutamente perfetto. Il problema deriva proprio da questo. Adesso ti spiego cos’è che non torna…»
E cominciò a parlare con lui come fosse stato il prof. Usui… anzi, come fossero stati tanti professor Usui, uno accanto all’altro, con tante teste eccellenti sommate in un unico cervello…
Elle ascoltò tutto.
Poi alla fine disse «E se qui, invece di fermarvi ad una quota così alta, aveste continuato? Magari c’è un’altra fase…»
Emma rimase in silenzio… Le si era appena accesa una lampadina e solo grazie a lui…
È su un altro pianeta… È veramente su un altro pianeta…
«Ok… Quanti libri di metodologia ed archeologia hai letto…?»
«Qualcuno.» rispose lapidario Elle.
«Ok. Quando tornerai da queste parti? Ti offrirò tutti i caffè che ti pare, ti farò i butter cookies, ti “comprerò” con qualsiasi mezzo, ma quando e se tornerai devi permettermi di placcarti per un’oretta, ti farò vedere la documentazione completa e magari risolverai questo grattacapo…»
«D’accordo. I puzzle difficili da completare mi attirano.» acconsentì lui.
«Già… Non farli completare da nessun altro, oltre te… Qualcuno, un giorno, potrebbe dire che “chi non inserisce l’ultima tessera del puzzle è solo un perdente”…» commentò Emma, improvvisamente un po’ triste…
«È un qualcuno che conosci?» Chiese Elle, portando serio il pollice sulle labbra e fissandola di nuovo in modo strano.
«Sì. Più o meno come conosco te.» Sorrise di nuovo ironica Emma.
Il bar iniziò a riempirsi… erano le dieci e mezza passate…
Alcuni ragazzi si avviarono verso i tavoli e passarono affianco a loro. Guardarono sbigottiti ed imbarazzati Elle ed i suoi piedi nudi sulla panca, nonché le sua strana ed inquietante postura. Qualcuno farfugliò a bassa voce che “non era quello il modo di stare in un luogo pubblico e che magari si doveva avvisare il proprietario, perchè era indecente…”
Poi guardarono Emma…
Lei si accorse di tutto. Si girò e li guardò con occhi gelidi. Poi, seria ed educata, con fare quasi contrito e remissivo, disse loro gentilmente «È un asociale, un caso clinico difficile, ed io sono la sua psicologa nonché assistente sociale personale…»
Quelli rimasero in silenzio…
Poi Emma cambiò completamente tono di voce e gli disse diretta «Per cui sloggiate e fatevi gli affari vostri!» Aggiunse alla fine un sorrisetto finto «Sempre per cortesia, naturalmente.»
E si girò, senza più prestar loro attenzione.
Se ne andarono… Ma del resto, cos’altro avrebbero potuto fare?
«Un “asociale, un caso clinico difficile” e la sua “psicologa” dai modi e dai toni poliedrici, anche lei altrettanto compromessa clinicamente, aggiungerei. Per lo meno secondo il loro punto di vista basico e circoscritto.» Commentò Elle in modo impersonale, con una voce calma e distaccata ma sorprendentemente seducente.
Non si era minimamente scomposto. Aveva seguito la scena e l’exploi di Emma come fossero stati un film che non lo riguardava affatto.
Il punto era che non gliene importava assolutamente nulla di ciò che avevano detto quei ragazzi… Era meravigliosamente sicuro di sé e sopravviveva in quel mondo senza bisogno dell’approvazione di nessuno.
«Sai una cosa,» disse Emma «credo che questa sia l’unica cosa che potrei arrivare ad invidiarti… La fredda “sicurezza”… Ma solo per ottenere un mio maggiore equilibrio personale. Non per altro.»
«Uhm. Ci sono altre cose che ritieni qualcuno possa invidiarmi?» iniziò a fissarla intensamente…
«Sì. Credo di sì… Ma l’invidia non è il mio pane quotidiano…»
«Il combattere le presunte scorrettezze o ingiustizie invece è il tuo pane quotidiano?» la incalzò lui, fissandola sempre di più.
Già… Al Palatino la lattina gettata schifosamente a terra da un insulso turista ed ora questo… Gli sembrerà che io sia una sciocca paladina delle cause perse… Ma cosa gliene frega? Sta velatamente cercando di capire cosa penso? Perché? Devo per forza non raccontargliela giusta! Accidenti, non convincerei neanche me stessa del fatto che sono una persona ignara, dopo tutte le allusioni strane che ho fatto su di lui… Sta andando in porto il mio piano? Oddio…non lo so… Non lo riesco a capire… È così “lui”… ma così diverso da come si comporta con Light, del quale sospetta… Oddio…
Però… ha detto “combattere le ingiustizie”… Ma forse… Kira…

«Sì forse sì, voglio combattere le ingiustizie» rispose Emma sorridendo candidamente «Ma magari eviterei di far venire un attacco cardiaco a quei poveri ragazzetti di prima…»
 
Ve lo chiedo di nuovo: siete veramente convinti che Elle stia in qualche modo indagando su Emma?
 
 
 
Ohi, ohi, ohi…
Ancora una volta taglio qualcosa… Ma se avessi continuato avrei scritto tutta la storia fino alla fine… Perché in realtà ero presissima!
E ora sono invece terrorizzata… AAARGH!
Com’è venuto fuori Elle?
L’ho descritto troppo?
E' noioso?
Non lo so e quindi la finisco, sottoponendomi col capo chino al vostro sacrosanto giudizio ;D
 
Allora, ringrazio ciascuno di voi… ed oggi mi va di citarvi proprio tutti, voi che mi esortate e mi date forza in modo inimmaginabile: Saretta che è la prima in assoluto in molti sensi, Despina ed Amaterasu con i loro favolosi disegni, Yuriko con le sue belle considerazioni, NewDark con il suo amore per Elle, naturalmente Hanny che mi ha fatto il grande regalo di ringraziami nella sua ff!! E poi Gargy, Lu, Simo e naturalmente la mia Laura-pulcino, che mi sostiene sempre…
Spero non vi dispiaccia il fatto che io vi abbia citate e spero di non essere stata indiscreta… Lo spero tanto… Se in qualche modo vi ha dato fastidio o vi siete sentite invase, provvederò a cancellare i vostri nick subito…
Ringrazio poi anonimamente coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite e tutti coloro che leggono silenziosamente!!!
Con il terrore e le solite dita di liquirizia, vi saluto ;D

 

Eru

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 

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Capitolo 13
*** 13. Chiacchiere ***


Stavolta niente chiacchiere iniziali… Buona lettura e grazie di esserci!
 


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

13. Chiacchiere

 
(Dal cap. precedente)
«Sì forse sì, voglio combattere le ingiustizie» rispose Emma sorridendo candidamente «Ma magari eviterei di far venire un attacco cardiaco a quei poveri ragazzetti di prima…»
Emma aveva parlato così, naturalmente, ed aveva indirettamente tirato in ballo Kira, quasi per scherzo… Perché ormai nella sua mente, e probabilmente anche nelle menti del resto di tutto quel mondo, il concetto di “combattere le ingiustizie”  era inevitabilmente legato all’operato di Kira. E questo accadeva sia che si fosse d’accordo con lui sia che non lo si fosse.
E poi Emma l’aveva tirato fuori perché voleva cercare di capire cosa Elle pensasse a suo riguardo.
Il suo problema in quel momento era cercare di comprendere se lui stesse sospettando di lei in qualche modo o se la stesse addirittura collegando a quel caso di omicidi inspiegabili e senza precedenti.
Ma la risposta fredda e distaccata di Elle non l’aiutò affatto in questo senso. Ovviamente.
«E’ naturale che tu lo voglia evitare. Temo non sia esattamente da tutti provocare  infarti, intenzionalmente o meno.»
Una risposta quasi ovvia, normale ed in fondo non perfettamente pertinente a ciò che Emma aveva voluto dire… Lei aveva parlato, quasi ironizzando, di ipotetiche ed impossibili intenzioni ed Elle aveva ribattuto con una considerazione concreta sulla realtà dei fatti che troncava ogni discorso su quell’argomento.
Era impossibile che lui non avesse recepito cosa Emma volesse intendere. Era un’opzione assolutamente inammissibile. Quindi, cosa passava per la testa di Elle?
 
Sta sospettando di Emma? La collega al caso Kira? E se non è così perché è lì con lei in quel bar?
Lo volete sapere?
Certo che lo volete sapere…
Io lo so. Ma non ve lo dirò.
E non lo farò non solo perché, come sempre, mi piace tenervi sulle spine. Non lo farò anche perché ciò che amate di più in Elle sono proprio la sua imprevedibilità e l’alone di mistero che lo circonda…
Per il momento, riguardo a lui, mi sto limitando a porvi qualche interrogativo sottoforma di diverse opzioni e magari, ogni tanto e più avanti, potrei farvi cogliere qualcosa dei suoi pensieri… Deciderò… Ma non ora…
Eh eh eh, quanto mi diverto…
A proposito di cose non dette.
Dovrei darvi qualche aiutino su di me, forse…
Ma si tratta solo di un aiutino per evitare di farvi incastrare ancora su una strada inutile.
Non sono uno Shinigami!
Mi sono in effetti divertito a farvelo credere. Non posso negarlo. Ma ormai mi conoscete un po’, quindi dovreste aver capito che in parte mi diverto anche a mandarvi fuori strada…
E poi, pensateci bene. Uno Shinigami legge nelle menti?
Tempo fa vi dissi che ciò che era accaduto ad Emma era in parte colpa mia.
Be’, uno Shinigami potrebbe aver effettivamente “causato” questo?
Non ho bisogno di dirvelo io. Conoscete bene i poteri degli Dei della Morte. E loro, perlomeno in questa “storia”, non sono cambiati, sono sempre gli stessi.
Quindi, lo ripeto, non sono uno Shinigami.
E vi dico anche che la risposta sulla mia identità non è così incredibile. Sarà deludente?
Chi lo sa…
Eh eh eh…
Torniamo in quel bar.

 
Emma non capiva.
Elle non voleva parlare del caso Kira con lei? La cosa non lo interessava?
Lei intuì solo che lui aveva tagliato corto, in modo lapidario e senza darle grande possibilità di replica, con quella risposta spiazzante per la sua ovvietà e per la sua indiscutibile, basica e semplice verità.
«Sì. Certamente è così. Nessuno può provocare attacchi cardiaci… È ovvio che sia così… è spudoratamente ovvio che sia così.» commentò Emma «…Sei concreto, quasi “basico”, ma in modo costruttivo…» aggiunse pensierosa ed in fondo felice di percepirlo così, sulla sua pelle… La pragmaticità e l’assenza di ridondanti ed inutili paranoie l’avevano sempre colpita ed attirata nelle persone…
«La semplicità delle deduzioni è fondamentale. Come lo è l’eliminare immediatamente le false piste che occuperebbero tempo e spazio nella mente.» Elle fece una breve pausa, pensieroso e poi aggiunse «Anche queste mie considerazioni potrebbero essere oggetto di invidia nei miei confronti?» Suggerì, strusciando accuratamente il dito indice dentro la coppa per raccogliere gli ultimi residui di gelato che non era riuscito a prendere col lungo cucchiaio.
Quindi semplicemente non gli interessa parlare con me del caso Kira… perché per lui è una falsa pista con la quale non si deve perdere tempo… quindi sospetta di me per altro?
«Qualcuno potrebbe invidiarti per questo, forse sì. Ma non io... Dovrei rinnegare tutto quello che sono per ottenere questa “semplicità ragionata”. O dovrei avere dei neuroni molto più rapidi per escludere immediatamente le false piste e giungere alla semplice e corretta deduzione senza prima averne ipotizzate altre migliaia inutili, sterili ed erronee. Ma entrambe le opzioni sono impossibili, perchè non posso trasformarmi in un’altra persona né vorrei farlo. In fondo mi vado bene così, con tutti i difetti ed i limiti che ho. Credo che sia per questo motivo che l’invidia non è il mio pane quotidiano. E quindi è sempre per questo motivo di fondo che, conoscendo i miei limiti senza rammarico, chiedo il tuo aiuto per la risoluzione dei miei “enigmi archeologici”. Non fa una piega, no? » Concluse Emma con una faccetta buffa e forse appena furbetta.
«Temo che tu non sia così carente di quella sicurezza che dici di invidiarmi.» sentenziò lui, lapidario e con noncuranza.
Era vero. In fondo, Emma non era così insicura. Perlomeno non lo era così come credeva di essere… Si accettava per quello che era. E non c’è al mondo sicurezza più grande di quella dell’accettazione di se stessi.
Poi Elle si portò alla bocca l’indice e leccò rapidamente i residui di gelato che c’erano sopra e proseguì «D’accordo. Posso fare ciò che mi hai chiesto.»
«Favoloso! Grazie infinite! Sicuro di essere libero in questo periodo? Non vorrei impegnarti e portarti via tempo prezioso da dedicare magari a qualcosa di più importante…» Insinuò Emma.
«Avrei semplicemente detto di no, in quel caso. Questa era, ad esempio, una tua deduzione inutile.»
«Ah. Giusto… Diciamo che non era una deduzione, era solo un modo per sincerarmi che non avessi acconsentito solo per semplice cortesia… Ehm… Magari no… » “Per cortesia”? Ma come mi è venuto in mente che Elle potesse dire di “sì” per semplice cortesia?! «Decisamente no. Hai ragione tu.» concluse Emma.
«Già.» assentì lui serio.
Già… Devo sempre ricordarmi di avere di fronte un “alieno”, che non si comporta seguendo i consueti dettami di vita sociale o di semplice “galateo”, pur mantenendo una basilare educazione.
«Ok. Stabilito questo. Quando sarai disponibile?» gli chiese Emma.
«Domani andrà bene.» rispose lui.
Wow! «Perfetto! Domani qui all’ora di pranzo… non so… verso l’una e mezza? Ti offrirò quello che vuoi, come oggi.» propose Emma.
«Sì» Acconsentì lui in modo impersonale.
Emma non disse nulla, gli fece un sorriso sincero, riprese la tazza tra le mani e finì il suo caffé, soddisfatta.
«Ora devo and…» Non fece in tempo a finire che notò che Elle aveva fatto scivolare le gambe sotto il tavolo e stava infilando le sue scarpe da ginnastica… «… ehm, devo andare… ma per te era già chiaro evidentemente…» Posò la tazza sul tavolo e, mentre lui lentamente e placidamente si alzava,  prese il cappotto e si diresse alla cassa per chiedere il conto.
«Il conto del tavolo vicino alla vetrata. Due caffé, un gelato ed altri due caffé da portar v…»
Venne immediatamente interrotta dal cameriere «E’ tutto già pagato. Le faccio preparare subito i caffè take-away. Grazie.» Rispose quello rapidamente, ma gentilmente, poi fece due gesti al collega dietro al banco per comunicargli di preparare i due bibitoni espressi e spostò subito lo sguardo alle spalle di Emma, pronto ad ottemperare alle richieste degli altri clienti in fila.
Emma rimase un istante ferma e poi si sbrigò a levarsi di mezzo.
Cercò Elle con lo sguardo…
Era già fuori, con le mani in tasca, accanto all’ingresso…
Emma attese i caffé per Misao e Kei al banco.
Poi si affrettò a superare la folla di ragazzi e raggiunse Elle all’esterno…
«Ehi…ma… grazie… Avevo detto che avrei offerto io… E poi ci sono anche i caffè per i miei colleghi… Ma, quando avresti…sono sempre stata con te…» Farfugliò Emma, quasi emozionata.
«Io ti ho chiesto di sederci e prendere qualcosa, non tu.» Sentenziò lui in modo incolore. «A domani.»
Emma rimase un po’ sconcertata. «Sì…certo, però… Comunque sì, a domani…» disse tentennante. Eccole qui le insicurezze di Emma…
Elle annuì serio, si voltò e si incamminò verso l’ingresso della Todai che era dall’altra parte della strada.
«Ryuga!» lo chiamò Emma.
«Sì.» Elle si voltò appena col capo chino.
«Ciao!» gli disse lei in modo squillante.
Lui attese qualche impercettibile istante.
«Ciao, Emma.» e sollevò appena la mano, accennando un saluto spento. Si voltò di nuovo e proseguì a camminare.
Arrivò subito l’auto nera davanti all’ingresso.
Emma attraversò la strada.
Elle raggiunse l’auto, aprì la portiera e sparì dietro i finestrini oscurati…
Emma passò affianco alla macchina, la guardò con uno strano sorrisetto mentre ne percorreva la lunga fiancata…
 
«Allora?» Chiese Watari osservando Elle nello specchietto retrovisore.
Lui non ricambiò lo sguardo, ma, già appollaiato sul sedile, osservò fuori dal finestrino. «Non è una bugiarda.» rispose impassibile, mostrando all’anziano signore il suo profilo e continuando a seguire Emma che di spalle si allontanava, camminando per il lungo viale alberato di accesso all’università.
Watari guardò ancora un po’ il profilo del suo pupillo e poi mise in moto, in silenzio.
 
Emma sentì il rumore della macchina che si allontanava.
Si voltò.
Non c’era più.
Allora fece un sospirone.
E cominciò a correre, con i bicchieroni di carta in mano.
Correva, mentre tutti la guardavano perplessi o si spostavano appena per lasciarla passare.
Correva perché era contenta.
E non le importava assolutamente niente di cosa potessero pensare di lei tutti ragazzi che superava…
Correva, ed era “strana” per questo… ma era inspiegabilmente bella…
Arrivò davanti all’ingresso della facoltà appena rosea in viso e rallentò, prima di entrare.
Il vapore caldo del respiro le usciva fumoso dalla bocca…
Fece i gradini delle scale due a due ed arrivò davanti alla porta del laboratorio.
La spalancò e col sorriso sulle labbra disse «Ecco i vostri caffé! Ho fatto una corsa perché non vi si freddassero!»
«Che servizio!» commentò Misao, alzando lo sguardo. Poi la guardò meglio… «Cos’è quel luccichio che hai negli occhi…?» le disse con una voce appena maliziosa.
«Nulla. Prendere questo caffé è stato illuminante.» Lo era stato, in effetti. «Sono rigenerata. Sarà un’ottima giornata ora!»
Lasciò i due bicchieri sui tavoli dei ragazzi e si rimise al lavoro, contenendo la voglia di ridere, di cantare e di ballare che si sentiva in corpo…
 
Quando rientrò in casa era sola, perché Misao doveva passare dai genitori. Era libera, almeno per un po’…
Corse in camera sua, accese il computer, fece partire la musica ad un volume altissimo e scrisse un sms a Viola…
Ovunque tu sia in questo momento… Ho bisogno di teeeeeeeeeeeeeee!!!! Sono su msn!! E metti le cuffiette perché non ce la faccio a scriverti tutto, stavolta devo parlarti! :D
Quest’ultimo dettaglio non lo scrisse solo perché voleva comunicare a voce con l’amica. Lo specificò anche per un altro motivo. Un motivo che aveva in qualche modo a che fare col suo piano, qualora fosse andato avanti come lei sperava. O meglio aveva a che fare con gli effetti che il suo piano avrebbe dovuto scatenare ed era connesso alla riservatezza di Emma riguardo certi aspetti e specialmente riguardo l’argomento che la conversazione con Viola avrebbe toccato: il suo innegabile interesse verso Elle, quell’interesse umano, sano e naturale che sembrava passare in secondo piano o addirittura non esserci di fronte a tutta la faccenda del caso Kira ed al suo tentativo di salvare il grande detective…
Un lato di Emma che “sembrava” non esserci, per l’appunto. E così doveva continuare a sembrare.
Poi si tuffò sotto la doccia, cantando a squarcia gola le poche note che le giungevano ovattate dal rumore dell’acqua che le scivolava sui capelli. E vi rimase a lungo godendosi il relax e la spensieratezza… Erano secoli che non le capitava…
Era felice. Nonostante la sua situazione "complessa", era felice... Ignorava cosa le fosse accaduto, stava vivendo in un’altra dimensione, era “sola” in quest’avventura, non sapeva se sarebbe riuscita a salvare Elle, né se il suo piano stava funzionando così come aveva programmato… Ma era felice. E lo era proprio come lo sarebbe stata una ragazza qualunque dopo aver avuto la possibilità di condividere dei momenti con il ragazzo che l’attirava da secoli e col quale aveva sempre creduto di non poter condividere proprio nulla... Era felice come qualunque ragazza sarebbe stata se consapevole del fatto che il giorno successivo avrebbe potuto trascorrere di nuovo del tempo con quel ragazzo…
E tutto il resto, in quel momento, sotto la doccia, passò in secondo piano, lasciando spazio all’umano, giovane e meraviglioso sentimento dell’ “aspettativa” e della “speranza”, e al ricordo dei momenti che aveva vissuto con Elle.
Quando uscì, fasciò i lunghi capelli con l’asciugamano e si infilò i pantaloni di una tuta ed una morbida felpa.
«Emmaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!» la voce entusiasta di Viola si sovrappose alla musica.
Emma si tuffò sul letto con un balzo ed abbassò il volume.
«Ehiiiiii!! Sei già qui, ma non stai lavorando?!» le chiese Emma con voce squillante.
«Sì che sto lavorando, ma posso stare, tranquilla. Allora?? Mi hai spaccato i timpani con quella musica! Cosa è successo?!!»
Viola faceva la traduttrice di documentari prodotti negli USA per un canale televisivo privato e spesso lavorava da casa…
«L’ho visto! Abbiamo preso un caffé al bar insieme e domani lo rivedrò!!!» esordì Emma entusiasta.
«Dimmi tutto!!!» la minacciò Viola.
Ed Emma raccontò.
Poco dopo rientrò anche Misao.
«E’ arrivata Misao…» disse Emma.
«E allora?» chiese Viola. Poi rimase un attimo in silenzio, mentre Emma non rispondeva e alla fine sbottò «…Vorresti farmi credere che non le hai detto nulla?! Ma sei impazzita?!»
«No, non le ho detto nulla…» Disse Emma colpevole…
Misao si affacciò alla porta della piccola stanza di Emma… «Ohi… Tutto bene…?»
Viola si intromise e rispose per Emma. La sua voce echeggiò nella camera attraverso gli altoparlanti del pc «Misao! Sono Viola! Quella demente della nostra amica deve raccontarti qualcosa, perché io, qui, all’altro capo del mondo, non potrò supportarla come si deve e quindi dovrai farlo tu!»
Emma rimase zitta e fece una faccia da bimba appena sculacciata…
Misao sgranò gli occhi «Viola! Lo sapevo, cavoli! Lo sapevo che c’era qualcosa! Avanti racconta!» disse rivolta verso Emma.
Ad Emma non restò che raccontare… le aveva entrambe “contro” le sue due amiche… entrambe “contro” ed agguerrite nell’intento di aiutarla…
Ma cosa poteva raccontare Emma?!
Che c’era un ragazzo assolutamente singolare, incredibilmente intelligente e soprendentemente seducente, perlomeno secondo lei, che bazzicava per la Todai… Questo lo poteva dire… Questo lo voleva dire… Avrebbe potuto parlare per ore di lui!
Questo era l’unico aspetto frivolo di tutta la faccenda.
Era l’unico aspetto che Elle non doveva conoscere. O perlomeno non doveva conoscere ora…
Viola ad un certo punto si intromise «Ragazze, facciamo una cosa. Mentre Emma racconta, io torno a lavorare, tanto già so tutta la storia. Quando avrete sviscerato anche i dettagli fatemi un segnale di avviso e mi rimetterò le cuffiette.»
E così fecero… per poi ritrovarsi nuovamente tutte e tre insieme dopo un bel po’… Emma e Misao sedute sul letto col pc davanti e Viola a migliaia di kilometri di distanza, anche lei davanti al pc.
Misao prese la parola per prima «Io sono dell’opinione che domani Emma debba tirare fuori le sue carte. Ma lei ha un sacco di cose da ribattere in proposito…»
Viola commentò «Emma ha sempre molto da controbattere in questo senso…»
«Non dico che sia sbagliato in generale» si difese l’ “imputata” «So per certo che in questo caso non ha senso. Ho detto ad entrambe che con lui non serve a niente fare questo genere di cose.»
Misao sbuffò «Ho capito. Hai parlato per un’ora di lui, quindi mi è chiaro. Non preoccuparti, ho compreso perfettamente che tipo è.» Emma sollevò le sopracciglia… Misao aveva capito "perfettamente" Elle?...Lasciò comunque correre e non la interruppe nel suo discorso… «E tra l’altro mi sembra che il ragazzo abbia davvero una bella testa… però, a quanto pare, non è uno interessato agli aspetti prosaici ed estetici… Però è un uomo. Non può non notare certe cose. È assolutamente impossibile. Non ti dico di metterti in ghingheri, non saresti tu… ma sciogliti quei cavolo di capelli meravigliosi che hai!» concluse infervorata.
Viola scoppiò a ridere «Misao… La tua è un'impresa tutta in salita… Emma è fatta così: finché non sarà lui a scioglierle quei capelli, lei non lo farà… non sarebbe Emma. Ed Emma pretende la luna!»
«Io non dico che lei non debba pretendere la luna… Il punto è che, un pezzettino di quella luna, dovrebbe almeno farlo vedere, tanto per dare un aiutino, per fare l'effetto "carotina"...» provò Misao.
«Sì, sono d'accordo, però...» iniziò dubbiosa Viola, che conosceva l’amica più di chiunque altro al mondo.
Emma si intromise «Scusatemi... Quello che state dicendo è verissimo e oggettivamente condivisibile, ma non mi scioglierò i capelli. A parte il fatto che non lo farei comunque perchè, magari sbagliando, non la ritengo una cosa basilare, il punto è che più parliamo, più mi rendo conto che questa conversazione comincia a sembrarmi un giornalino per adolescenti...e, considerando il soggetto con cui dovrei avere a che fare... Brrrrrrrrr!» si grattò freneticamente ed in modo buffo il capo. «...faccio bene a fare come farei, vi assicuro! Non posso ridurre tutto alla questione se debba o meno sciogliermi i capelli... Abbiate pazienza! Io vado un attimo al bagno.»
Misao e Viola risero.
Emma aveva ragione.
Probabilmente però anche Viola e Misao avevano ragione, ognuna a modo suo…
Appena Emma uscì dalla stanza, Viola, a bassa voce, disse a Misao «Domani farà tutto di testa sua, no?»
«Sì, chiaro… Ed è anche giusto che sia così.» ammise Misao seria.
«Ok. Però tu lo devi vedere questo tizio. Lo devi conoscere in qualche modo. Fatti un’idea di che tipo sia. Perché Emma è partita per lui, in tutti i sensi… Ed io sono curiosa come una scimmia. Poi con questa storia dell’aiuto che lui vi dovrebbe dare sul lavoro, potresti entrare meglio in ballo. Finché nessuna di noi due non capirà chi sia questo misterioso “Ryuga” dai capelli neri come la pece e la pelle candida,  non la potremo aiutare. Deve essere una persona particolare. Emma non sarebbe così presa altrimenti… Però, mi raccomando, discrezione totale su di lui… Emma è fissata con questa storia… Mi ha minacciata più volte di essere una tomba e soprattutto non vuole svelare tanto di lui, a parte quello che ci ha già detto… Tu accetta quello che lei racconta e non fare né farti troppe domande. Io mi fido di lei e sono certa che lui non sia uno spostato…»
«Anch’io mi fido di lei da questo punto di vista. È molto rigida su certe cose… Comunque ci avevo già pensato da sola che lo dovevo vedere…» sogghignò Misao. Poi si fece seria e proseguì «Non preoccuparti assolutamente. L’avevo capito dal silenzio di Emma che c’era una grossa resistenza da parte sua a raccontare qualcosa, per questo non ho mai insistito con lei per sapere… Con Emma la discrezione è fondamentale. Lo so bene… E, a questo punto, credo che anche con lui sia fondamentale… Uhm… Abbiamo forse trovato il primo punto in comune tra Emma ed il fantomatico Ryuga?»
Viola rimase un attimo in silenzio, poi prese la parola «Hai ragione… Sono stata una sciocca a precisare queste cose, avrei dovuto sapere che non avresti potuto legare così tanto con Emma se non fossi stata così… Non saresti una sua amica altrimenti… Il primo punto in comune tra di loro, dici? Forse…»
 
E così, tra chiacchiere, qualche busta di patatine e qualche birra Emma e Misao conclusero la serata, rimanendo in contatto continuo con Viola, che nei momenti di pausa dal lavoro, si univa alle due.
E così arrivò il giorno successivo.
E così arrivò l’una.
Mai ci furono ore più lunghe…
Emma guardò l’orologio svariate volte, dall’una all’una e cinque…
La cosa che la terrorizzava di più era il fatto che lui potesse non presentarsi…
Elle non lo farebbe mai… Non sarebbe da lui… Però…Oddio! Ecco le paranoie idiote delle ragazzine!
Misao si accorse di tutto… «Ma tu non dovevi uscire oggi per pranzo…? Non sarà ora che tu vada…?» Le chiese con un tono di voce assolutamente impersonale.
Emma annuì. «Sì infatti adesso vado…»
Salvò sul suo portatile la documentazione che avevano già informatizzato e che voleva mostrare ad Elle. Salutò ed uscì.
Camminò lentamente per i corridoi, poi per le scale, lungo il viale alberato…
E giunse davanti al bar.
Aveva il cuore in gola.
Era emozionata come una ragazzina, ancora una volta…
Era terrorizzata all’idea che lui non sarebbe venuto…
 
Eh eh eh… Ormai la conoscete anche voi Emma.
Sapete che è intelligente, che ha una grande forza d’animo, che non si arrende. Ma sapete anche che è piena di insicurezze, che viaggia con i suoi pensieri un po’ troppo a volte, che incastra la sua mente. Sapete poi che si riprende, che si forza e che procede per la sua strada.
Be’, quindi non stupitevi troppo di questa sua ultima, sciocca ed infantile paura, perché tra le altre cose, sapete anche che lei non è un supereroe, ma che è una semplice ragazza, come tante.

 
Era qualche minuto in anticipo…
Ma decise di entrare ugualmente nel bar e di aspettare Elle all’interno.
Varcò l’accesso.
Il locale era pieno, come sempre accadeva all’ora di pranzo…
I tavoli sembravano tutti occupati…
Accidenti… non avevo proprio pensato al dettaglio che qui sarebbe stato pieno e non avremmo potuto sederci, se non dopo aver aspettato un bel po’…
Si fece largo e sbirciò i posti vicino alla vetrata…
Lui era lì.
Era già lì.
Seduto come sempre.
Solo.
E Leggeva.
Sul tavolo non c’era nulla, solo i menù.
Ed Elle leggeva ed aspettava… Aspettava Emma.
Lei rimase un attimo ferma. Poi avanzò, senza dire nulla.
Lui alzò lo sguardo e la vide.  
Emma raggiunse il tavolo, mentre lui continuava a fissarla.
La osservò togliersi il cappotto e sedersi.
Quando gli fu di fronte e lo guardò negli occhi, Elle finalmente parlò «Ciao, Emma.»
«Ciao, Ryuga.»
 
 
Dunque, questi sono e saranno capitoli molto soft… “soft” nel senso che si impianteranno su Elle ed Emma, come avrete certamente già capito, probabilmente senza grossi scossoni sulla vicenda. Ma del resto siamo nei famosi tre mesi di “pausa” del caso Kira, nell’intervallo di tempo cieco del manga e dell’anime.
Non so se la vicenda stia scorrendo troppo lentamente. Mi rendo conto che aspettare una settimana e poi ritrovarsi un capitolo così non sia il massimo… Ma non riesco proprio ad immaginare un Elle che conosce, si scopre e si sbottona subito, non sarebbe proprio lui… Perlomeno secondo il mio personalissimo e modestissimo giustizio… :|
E poi doveva esserci un momento in cui Emma potesse tirare fuori la se stessa normale, la Emma che sta con le amiche… va be’ mi sto praticamente giustificando… Lasciamo perdere ;D
Un saluto e un grazie enorme a tutti voi che leggete!!!

 

Eru

 

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Capitolo 14
*** 14. He ed Elle ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


14. He ed Elle...

(Dal capitolo precedente)
Lui era lì.
Era già lì.
Seduto come sempre.
Solo.
E Leggeva.
Sul tavolo non c’era nulla, solo i menù.
Ed Elle leggeva ed aspettava… Aspettava Emma.
Lei rimase un attimo ferma. Poi avanzò, senza dire nulla.
Lui alzò lo sguardo e la vide. 
Emma raggiunse il tavolo, mentre lui continuava a fissarla.
La osservò togliersi il cappotto e sedersi.
Quando gli fu di fronte e lo guardò negli occhi, Elle finalmente parlò «Ciao, Emma.»
«Ciao, Ryuga.»
Era strano chiamarlo così... Elle... Ryuzaki... Già era una cosa incredibile poterlo salutare veramente... Ma chiamarlo Ryuga non le veniva esattamente naturale. Non sembrava lui...
«Sei in anticipo. Sei riuscito ad occupare un tavolo…» proseguì Emma.
«Anche tu sei in anticipo.» rispose lui serio, non commentando la faccenda del tavolo.
«Già…» tentennò appena Emma. Ma si riprese all’istante con la sua naturale e consueta tranquillità «Allora… Ho parecchia fame… » e allungò lo sguardo ai menù sul tavolo «vediamo un po’…» e ne prese uno.
Elle ricominciò a leggere il suo libro.
«Tu hai già deciso cosa mangiare?» gli chiese Emma, osservandolo .
«Sì.» le rispose lui senza sollevare lo sguardo dalle pagine del suo libro, rigorosamente ricoperto da una copertina rigida e senza scritte.
Non voleva mostrare cosa stesse leggendo? Forse…
Quando Emma ebbe deciso il suo pasto chiamò il cameriere.
Elle non sollevò gli occhi neppure quando quello arrivò al loro tavolo.
«Salve. Prego, cosa volete mangiare?» Chiese loro il ragazzo.
Elle alzò semplicemente lo sguardo verso Emma. Fu solo un breve accenno, senza parole… E lei capì che poteva ordinare per prima…
Piccoli gesti…
Latenti attenzioni, contenute e discrete…? Forse… O forse no...
La cosa più importante fu certamente che lei capì cosa lui intendesse dirle con quel semplice sguardo. E forse non lo capì solo perché lo “conosceva” già da tempo… Il fatto che Emma sapesse molte cose di lui era un aiuto enorme in quel senso, ma non era, evidentemente, tutto… Trovarselo di fronte ed interagirci erano un’altra cosa… La realtà è un’altra cosa… Lo è sempre…
E così Emma, ricambiando solo lo sguardo, prese la parola, iniziando a sciorinare al cameriere cosa volesse.
Come lei iniziò, Elle poté tornare tranquillamente al suo libro. Poté tornarci “tranquillamente”, serenamente, senza dover spiegare, per l’appunto…
«Dunque… Questo qui… Il cheese-burger con insalata, pomodori, ketchup e maionese… questo qui senza cipolla, per favore. Ed una porzione maxi di patatine fritte. Da bere una birra media. E grazie.»
Solo allora Elle si rivolse al cameriere, guardandolo «Salve. Del melone. Un trancio di cheese-cake, uno di torta panna e fragole, uno di saker e tra un po’ un caffé. Per il momento basta così, grazie.»
«Ok…» Commentò il cameriere, finendo di scrivere le ordinazioni leggermente perplesso, evidentemente per le richieste di Elle… «Però… Il melone lo serviamo col prosciutto… Mi scusi… questo è un bar molto affollato, quindi abbiamo necessariamente regole abbastanza rigide sui fuori-menù e le richieste personali… Non possiamo fare cambiamenti, altrimenti il servizio si rallenterebbe troppo… Specialmente in orari di punta. Sono spiacente.»
«D’accordo.» rispose Elle.
«Ehm… Quindi lo vuole lo stesso il melone col prosciutto, oppure no…?»
«Certo. Lo prendo lo stesso.» ed alzò lo sguardo verso Emma, ancora una volta, la quale ricambiò impercettibilmente…
La precisazione del cameriere era stata superflua, agli occhi di Elle, il suo “d’accordo” implicitamente e sinteticamente esprimeva già il resto, cioè il suo assenso su tutta la linea… Emma lo sapeva…
Il ragazzo, comunque, andò via ed Emma ed Elle rimasero di nuovo uno di fronte all’altra, soli, a parte naturalmente il resto della fauna di studenti che li circondava rumorosamente…
«Vuoi mostrarmi la documentazione di cui mi hai parlato ieri?» chiese lui a bruciapelo, arrivando diretto al punto, senza perder tempo.
«Sì, certo! Non abbiamo ancora informatizzato tutto, ma quello che ho portato dovrebbe essere sufficiente…» rispose lei, mentre già sfilava il portatile dalla tracolla.
Lo poggiò al centro del tavolo, sul lato verso la finestra, cosicché entrambi potessero vedere lo schermo e lo accese.
Ci mise un po’ ad avviarsi…
«È lento.» commentò Elle.
«Lo so. Non posso permettermi un Appl… ehm… un I bite…» farfugliò Emma.
«“Apple”. Cos’è, un tuo modo di chiamarlo?»
Non ti sfugge proprio nulla eh… «Diciamo di sì. È il suo nome nel mio mondo.» rispose lei, sincera e sorridendo.
La schermata del desktop finalmente arrivò.
He. In tutto il suo fascinoso, intrigante e nello stesso tempo divertente aspetto, seduto a gambe incrociate e col cappuccio della felpa nera tirato sul capo, e sullo sfondo, nell’angolo della stanza buia, la giovane ragazza che lo osservava… He campeggiava sul pc di Emma…
Be’… Se non poteva esserci Elle… Emma aveva optato per He
Elle inclinò lievemente il capo in basso ed osservò lo schermo attentamente, con un’espressione vaga… un impercettibile ed ingenuo sorriso sulle labbra? Forse… impercettibile…
Poi ritornò su Emma, non modificando di molto quell’espressione.
… Ora sembra l’Elle buffo…quello quasi “bambino”… Mamma mia… Quanto lo adoro…
«Io lo adoro… Intendo He… » disse Emma «Ora l’ho letto tutto e posso dirlo con certezza!»
«E perché lo adori?» le chiese Elle candidamente.
«Perché mi fanno impazzire i disegni, perché lui ha un carattere assolutamente fantastico, perché è “giusto”, a modo suo ed in modo anticonvenzionale e contro le consuete regole. Perché fa la cosa giusta anche se con mezzi poco ortodossi. Perché ha il coraggio di farla, sfidando le ire e le incomprensioni degli altri. Perché il fine per lui giustifica i mezzi, anche se i suoi mezzi non sono poi così agghiaccianti, ad osservarli bene.» rispose lei.
«Sono d’accordo.» Rispose Elle serio, continuando a guardarla.
Ad Emma brillarono gli occhi.
Adorava parlare dei suoi idoli con chi poteva condividere i suoi stessi pensieri e non la prendeva come una ragazzina infantile, ma anzi la ascoltava seriamente. E quindi si fece coraggio «Ci sono anche altre cose che mi piacciano di lui…»
«E sarebbero?» le domandò Elle, con vaga curiosità e con gli occhi sgranati, portando il pollice sulle labbra, con la faccia da bimbo…
Ed Emma iniziò, a briglia sciolta…
Arrivarono le ordinazioni ed iniziarono a mangiare…
Ed Emma continuò a parlare di He, come aveva parlato un tempo di Elle…
Continuò a parlare di He con Elle… Elle che ora la ascoltava attentamente, spulciando il suo melone, mentre lei chiacchierava, faceva riferimenti al manga, ai vari capitoli, alla giovane ragazza, agli altri personaggi, e addentava il panino…
«Uscirà la prima puntata dell’anime la prossima settimana.» commentò lui ad un certo punto e spostò lentamente con la forchetta il prosciutto dall’ultima fetta di melone, accantonandolo al margine del piatto, dove ne aveva fatto un mucchietto…
«Siiiiiì!!! Lo so e non vedo l’ora!» disse Emma. «Chissà che voce gli daranno… La voce è importante! Con tutto il mistero che la sua figura trasuda  deve avere una voce azzeccata… Ah…ecco un’altra cosa che adoro… Il mistero che lo circonda, lo pseudonimo He… Adoro questo. Il fatto che nessuno lo conosca…» concluse Emma, guardando Elle in modo leggermente diverso… Poi prese una patatina, la immerse nella maionese e la mise in bocca.
«Uhm.» fu l’unico commento di Elle.
Emma osservò il piatto di lui, che aveva quasi finito il suo melone. Allungò la forchetta «Impazzisco per il prosciutto.» e senza attendere un commento e senza vergogna prese tutte le fette ammonticchiate dal bordo del piatto di Elle.
Aprì il suo, ormai, mezzo cheese-burger e ce le mise dentro, lo richiuse e ne diede un altro morso.
Lui la seguì in questa operazione e poi ritornò all’ultimo pezzo del suo melone, come niente fosse.
«Se He esistesse, se tu potessi incontrarlo… cosa faresti?» chiese improvvisamente Emma.
«La mia esistenza è incompatibile con la sua.» rispose freddo Elle, spostando il piatto ed attaccando la saker, con la forchetta in punta di dita.
«Certo che lo è, parlavo per assurdo… Intendevo dire, se tu potessi catapultarti nella dimensione del manga He, nella dimensione parallela del manga He…» e finì le patatine prendendo con le mani le ultime rimaste, intrise di ketchup…
«Appunto. Avevo capito. Ti ho già risposto: la mia esistenza sarebbe incompatibile con la sua.» un altro boccone di torta…
«Certo che avevi capito… Sono io che sono un’idiota…» Sarebbe incompatibile perché He è un ladro, alla fine, uno che decurta cifre immense ai più grandi evasori fiscali del mondo… e tu sei Elle, un detective… ed anche se He agisce sotto l’egida della giustizia e devolve al fisco le immense cifre che decurta, per risanare i bilanci e favorire così tutte le iniziative sociali,  tu dovresti dargli la caccia ugualmente… O forse no… «…Be’, però secondo me potreste trovare un modo di convivere…» concluse Emma. In fondo He non è Kira… Lui non uccide nessuno…
E così concesse ad Elle un’altra delle sue “pillole” di ambiguità sull’identità di colui che aveva di fronte.

«Deduco dunque che per te sia chiaro il motivo per cui io ed He saremmo incompatibili, almeno in teoria.» eccolo che ritornava, l’Elle inquietante e granitico…
Emma sorrise «Be’, immagino solo che, qualunque siano le difficoltà, potreste trovare un punto d’incontro, tu e lui. Un punto d’incontro, pratico e reale. “Basta volerlo”. Per lui sarebbe solo un’altra sfida, e credo che lui direbbe semplicemente “Io adoro le sfide”, no? Tu cosa gli risponderesti in quel caso?» lo incalzò Emma.
Emma che incalzava Elle… Uno strano, anzi stranissimo sketch…
Elle scartò lentamente il capo di tre quarti, i neri capelli andarono quasi a coprirgli gli enormi occhi lavagna, che brillarono intensamente e la fissarono, in modo ostinato e quasi irruente…
Come? In che modo? “Chi” era veramente quella ragazza che lo incalzava così? Così come nessun altro! In modo diretto, quasi insidioso, ma tuttavia scoperto e stranamente non temibile per lui… Forse Elle non ci era minimamente abituato? Forse… La cosa lo stuzzicava? Forse…
Lei non era pericolosa. Anche questo Elle aveva detto a Watari. Questo gli aveva detto il suo intuito. Ed il suo intuito era infallibile…
«Suppongo che gli potrei rispondere che anch’io amo le sfide. Io vivo di sfide. Ma la giustizia non è una moneta, ha una faccia sola.» rispose lapidario Elle.
Già… la giustizia ha una faccia sola… la tua!! Perché tu sei la giustizia, no? Perché il messaggio di Death Note è questo, alla fine. Alla conclusione è la giustizia di Elle a trionfare… Non quella di Kira…
«Hai ragione. Siete incompatibili.» Due personaggi di due manga differenti… entrambi con una visione identica, ma differente della giustizia… Entrambi assolutamente forti e decisi… Siete incompatibili… È ovvio che lo siate… «Sareste in competizione, credo… Mi scusi! Potrebbe portare il caffé, ora? Ne porti uno anche a me, per favore!» chiese improvvisamente Emma al cameriere che stava passando accanto a loro, ed ingoiò l’ultimo boccone del suo panino.
«Sì, probabilmente saremmo in competizione. Immagino che una trama avvincente potrebbe essere uno scontro iniziale, in cui i due protagonisti mostrano le loro capacità ed i loro caratteri, nonché le loro idee.» Ingurgitò un altro pezzo di saker.
Sì certo, perché tu saresti uno dei protagonisti… C’è un non so che di megalomane in questo… Pensò Emma divertita.
Poi Elle continuò a parlare «Sarebbe uno scontro/sfida che potrebbe poi sfociare in una sorta di collaborazione, sotto l’unica faccia della giustizia possibile. Questa potrebbe essere la soluzione più appropriata. Dico questo, perché, trattandosi di una dimensione parallela, credo che le cose non andrebbero né secondo le regole di questo mondo, cioè del mio, né secondo le regole del suo, cioè di quello del manga He.
Quindi suppongo che le cose andrebbero ancora in un altro modo. Si tratterebbe di una terza dimensione ancora, in cui io e lui dovremo convivere. Ma questo non è attualmente un mio problema, perché io sono ancora nel mio mondo. E questo discorso ha l’aria di essere sterile, anche se divertente» Concluse Elle, buttando ad Emma uno sguardo vagamente provocatorio ed iniziando poi la cheese-cake.
«Aspetta, aspetta! Sarebbe una terza dimensione ancora?! Cioè le cose andrebbero diversamente, giusto? Insomma, volendo, tu potresti intervenire e cambiare le vicende del manga di He?! Non so, ad esempio, potresti impedire il suo incontro con la giovane ragazza?» domandò Emma interessatissima…
Elle era forse l’unico a poterla aiutare in quel senso?

«Suppongo che potrei, certo. Si tratterebbe di un’altra storia, un'altra realtà “da scrivere”.» disse lui, molto tranquillamente, guardando la sua torta…
«Ma se fossi “tu” ad entrare nella dimensione parallela di He, cioè se fossi tu l’unico estraneo in quel mondo, non potrebbe essere che magari le cose debbano per forza andare come scritto nel manga? Le cose importanti, intendo…»
«Immagino che in quel caso dipenda dalle regole di quella dimensione in particolare, come ho già detto prima. Ogni dimensione ha le sue, sempre in teoria. Se, sempre per assurdo, potessimo varcare le soglie dimensionali e vivere a Metropolis, dovremmo necessariamente dare per scontato che esiste certamente la vita su altri pianeti, che la cryptonite è verde e che esistono degli esseri immortali in grado di volare e dovremmo convivere con questo assioma, senza poterlo cambiare. Pur potendoci inserire nella vicenda, dovremmo accettare questo aspetto fondamentale.» concluse Elle placidamente.
Emma lo guardava infervorata «E quindi?»
«Quindi, nel caso di una terza dimensione con He e te, ad esempio, immagino che tutto dipenda dall’esistenza o meno, in quella terza dimensione, del “destino”. Perché, alla fine, di questo stiamo parlando. Tu credi nel destino? In questo mondo esiste il fato? Sono gli essere umani a decidere il loro futuro o c’è qualcosa di scritto? Dovresti sapere questo, credo. E non dipende né da He, né da te.»
«E da chi o cosa dipende?» chiese Emma, come una bambina.
«Be’, la razionalità non permette di sondare queste cose. E personalmente ritengo di poter conoscere solo parte delle cose di questo mondo. I cosiddetti Massimi Sistemi non sono tangibili. Tu sapresti forse spiegarmi il significato della vita? E non parlo del suo significato scientifico. Non credo nel soprannaturale, ovviamente, ma non posso conoscere la risposta a questo. Non sono un profeta e onestamente non credo nei profeti. Dunque, posso esprimere la mia opinione: per me il destino non esiste. Chi o cosa abbia stabilito che non esiste e perché lo abbia fatto, non lo so e sinceramente non ho intenzione di sprecare la mia mente nel cercare di capirlo. Di conseguenza non posso sapere se esso esista nell’ipotetica terza dimensione dove tu ed He dovreste, sempre per assurdo, convivere. Ma è un discorso sterile. Tuttavia ti interessa molto…» e la fissò di nuovo, poi finalmente si appropinquò alla torta panna e fragole… L’ultima…
Quindi non posso sapere se riuscirò a salvarti… Non lo posso sapere… Esiste il destino in questa cavolo di "nuova" assurda dimensione ibrida e composita in cui io e te stiamo inspiegabilmente interagendo?!
«È la tua preferita, l’hai lasciata per ultima.» affermò Emma, guardandoselo mentre gustava la panna…
«Sì» rispose lui.
Arrivarono i caffé fumanti.
Emma osservò i piattini. Sei bustine di zucchero in tutto. Tre ciascuno. Ed un cioccolatino a testa. Così si rivolse alla ragazza che glieli aveva potati «Scusi, altre due bustine di zucchero per favore.»
Poi prese il suo zucchero ed il suo cioccolatino e li poggiò sul piattino del caffé di Elle.
Ad Emma in fondo piaceva il caffé amaro, anzi, a dire il vero lo preferiva così… Lo zucchero era una consuetudine alla quale si era abituata quasi per assuefazione sociale… Ma in fondo lo preferiva amaro…

Era tutto normale. Tornava tutto. Uno strano puzzle che iniziava a formarsi da solo, senza impegno…
Lui ci fece caso ancora una volta, ma non disse nulla, come aveva fatto la volta precedente e come aveva fatto con il prosciutto…
«Allora, adesso però magari guardiamo questi dati… se no ti farò perdere un sacco di tempo inutilmente…» Iniziò Emma.
E cominciarono a spulciare i dati, bevendo ciascuno il proprio caffé. Uno dolce e quasi nauseabondo, almeno per Emma… L’altro amaro e nauseabondo, almeno per Elle…
Erano le due e mezza passate ormai…
«Qui manca qualcosa.» disse Elle.
«Sì, lo so. Non abbiamo ancora inserito tutto… Hai ragione, il punto potrebbe essere proprio qui, accidenti… Però non mi ricordo bene…» disse lei pensierosa.
«Potrebbero essere informazioni importanti.» intendeva dire semplicemente che lo erano, importanti, anzi, probabilmente fondamentali, almeno per quella questione…
«Ohi! Che si dice?» esclamò Misao squillante, con un vestitino longuette di lana colorata e delle lucidissime e bellissime calosce. Non pioveva… Ma lei era così.
Emma si girò di scatto. «Ehi! Ma… come mai qui?» chiese all'amica, leggermente presa alla sprovvista.
«Be’, sai, anche io e Kei ogni tanto mangiamo.» disse Misao ridendo. «Sono venuta a prendere qualcosa da portar via.» Poi si rivolse ad Elle «Ciao, io sono Misao.» e gli tese la mano.
Elle la guardò con noncuranza ed allungò stancamente la mano sottile. E la strinse.
In apparenza non lo fece nemmeno in modo così flaccido, come Emma si sarebbe aspettata… Ma in fondo Elle era deciso. Aveva una grande personalità. Era un grande personaggio. E, nonostante la sua riluttanza, in fondo era ovvio che la sua stretta, sebbene disinteressata, fredda e priva di partecipazione, fosse comunque salda…
Ma Emma questo non l’aveva potuto provare, per sua scelta. Non lo aveva ancora neanche mai sfiorato...

«Ryuga.» si presentò Elle.
Misao non chiese nulla, ma disse «Vado al banco ad ordinare, poi torno qui da voi, mentre aspetto che preparino.» e guardò bene Elle… da capo a piedi, ma senza alcuna espressione in volto… e poi si allontanò.
«È una mia collega.» disse Emma ad Elle.
«Lo so. L’hai nominata ieri.» rispose lui calmo.
«Già…» Andrà bene? Misao è stata comunque grandiosa… Non ha chiesto nulla… Però…
E Misao tornò.
Allora Elle, in modo assolutamente inaspettato, con le mani poggiate sulle ginocchia ed il volto inclinato in alto per guardare la giovane ragazza giapponese che era in piedi affianco al loro tavolo, le domandò. «Tu ricordi questo passaggio?» e portò il dito quasi a sfiorare lo schermo del pc sul punto che li interessava.
Misao si piegò appena a scrutare il computer.
«Onestamente no… Però in laboratorio abbiamo tutta la documentazione. Perché non vieni su anche tu e magari lo controlliamo?»
Sempre più grandiosa… Non gli ha chiesto nulla sul perchè lui sia in grado di aiutarci, come in fondo non lo ha chiesto a me…
Emma si intromise «Sì, in effetti sarebbe fantastico… Oggi il prof. non c’è…» e si voltò a guardare Elle. Lui ricambiò lo sguardo «Se per voi non c’è problema, io non ne ho.»
«Ok! Allora quando qui avrete finito ci potete raggiungere su.» concluse Misao pragmaticamente e con l’intento di lasciarli ancora soli per un po’…
Ma Emma, come al solito priva di malizia, aggiunse «Noi abbiamo finito. Possiamo salire anche tutti e tre insieme.»
Poi si morse la lingua… Accidenti… e Kei?! Farà un sacco di domande… Mannaggia a me!!!
Elle si stava già alzando. Infilò il libro nella tasca posteriore dei jeans…
Misao lo osservò ora in piedi…
Alto…
Spalle curve ma larghe…
«Vi aspetto fuori.» disse lui alle due ragazze, in quel momento di silenzio, con una voce limpida e calda, che avrebbe fatto rabbrividire qualunque donna, nonostante il tono incolore, almeno secondo Emma…
«Stop! Aspetta un attimo tu!» Lo bloccò Emma «Non vorrai pagare anche oggi, per caso?! Oggi pago io, chiaro?»
Lui si voltò, con le mani in tasca «Sto risolvendo il vostro puzzle perché mi incuriosisce e perché sono in un momento di stallo del mio lavoro. Tutto qui. Non dovrai pagarmi proprio nulla, “in cambio”. Non avrei mai accettato questo genere di scambio. Non mi interessa. Ma immagino che tu questo lo sappia. Mi sbaglio?» Le chiese serio lui, provocatorio ancora una volta e sempre con quella maledetta voce…
«No. Non ti sbagli. Tu non ti sbagli mai.» disse Emma decisa. Quel suo modo aveva risvegliato in lei  un approccio risoluto e fermo.
«Vi aspetto fuori allora.» ribadì Elle allontanandosi.
Misao guardò Emma con gli occhi di fuori «Cioè… È un tipo assurdo… Fa quasi paura… Io… insomma, se non fosse stato insieme a te, lo avrei evitato accuratamente…»
Ma come… Tu lo adori!!! Tu avevi anche il suo poster nascosto nell’anta dell’armadio!!! Come puoi non trovarlo fantastico ora che ce l’hai davanti! Anche se non lo “conosci” più come prima, tu sei sempre la stessa…
Misao proseguì «Io… Non so… Sembra autistico …ma non lo è, questo è ovvio… Poi ha pagato il pranzo, è stato carino, anche se…»
«Appunto “anche se”. Non ha pagato perché è “carino”. Non è da lui avere queste finezze, semplicemente perchè non è abituato a pensarci... Non so neppure quando abbia pagato, visto che è uscito subito… Ci sarà qualcosa sotto, ma lasciamo stare…» Watari…
Misao proseguì, continuando a fissare Elle attraverso i vetri del locale, Elle che ora era fuori e parlava al cellulare  «Comunque è un tipo deciso, ha un approccio provocatorio con te ed anche tu lo hai con lui… è strano… però…»
«Però?» chiese Emma curiosissima.
«Però forse… in effetti ha qualcosa…qualcosa di incredibilmente affascinante… la voce forse… ma per me prevale l’aspetto inquietante. Insomma quelle occhiaie… Cioè, alla fine ha anche dei bei lineamenti. Ma io non gli avrei mai e poi mai dato confidenza… Solo tu potevi vedere in lui qualcosa o comunque non farti condizionare dal primo impatto… »

 
Ovvio che Misao la pensasse così, ora.
Ma insomma. Onestamente. Quanti tipi strani avete visto nella vostra vita? E a quanti avete rivolto tranquillamente la parola?
Lasciate perdere per un attimo Elle e Death Note.
Lasciate perdere questa storia.
Tuffatevi per un momento di nuovo nel vostro mondo.
Pensate al vostro bar preferito, quello che avete sotto casa o quello che frequentate con gli amici.
Focalizzatelo bene. Le pareti, il banco, i tavoli.
Perfetto.
Pensate di essere lì.
Pensate di scovare una persona qualunque, uno sconosciuto, una persona viva e vegeta del vostro normalissimo mondo, una persona seduta rannicchiata e scalza. E voi li guardate bene quei piedi nudi, che si muovono impercettibilmente. È inverno. È brutto guardare i piedi nudi di uno sconosciuto in inverno. Può essere fastidioso.
Poi pensate di guardare le sue scarpe e di scoprirle vecchissime.
Guardatelo in faccia.
Occhiaie visibilissime. Pupille nerissime e dilatate…
Ma voi cosa pensereste?
Cosa fareste?
Anche se lui fosse gentile ed in fondo quasi normale nei modi, quasi.
Che fareste?
Ve lo dico io.
Pensereste che è un tipo difficile, difficilissimo. Che forse è innocuo, ma che certamente è un po’pazzo o magari un tossicodipendente figlio di papà (ricordate le pupille dilatate) o ancora un senza tetto “ripulito”…
E Misao questo pensava.
Accettava la scelta della sua amica.
Ma questo pensava.
Perché in quel mondo Misao non conosceva Death Note, non aveva imparato a conoscere Elle e la sua meravigliosa, misteriosa e affascinante indole…
Ora vi chiedo: se anche Emma, per assurdo, non avesse conosciuto Death Note, proprio come Misao… in questo caso cosa avrebbe pensato di Elle?
Magari quello che avete pensato voi dello sconosciuto nel vostro bar e quello che ha pensato Misao.

 
Emma rimase un po’delusa. Si era aspettata che Misao si sarebbe messa quasi ad urlare davanti a lui… Era sola nella sua “adorazione” di Elle. Sola.
Sola perché era l’unica.
Ma non ci pensò.
Non pensò che, forse, anche questo poteva in qualche modo aver attirato Elle.
Lei era l’unica a guardarlo con quegli occhi tranquilli.
E lo era perché avvantaggiata da informazioni esterne che esulavano dal suo carattere e non perché avesse qualcosa in più nel suo intimo…

 
È molto triste ma è così. Emma non ci pensa. Elle non lo sa. Ma le cose stanno così.
Ve lo chiedo ancora una volta: siete sicuri che Elle stia indagando su di lei?

 
Misao disse «Ah, Emma, una cosa importante. Ho detto a Kei di non fare domande, di farsi gli affari suoi. Gliel’ho buttata sulla tresca ambigua tra te e Ryuga. Sai che è molto sensibile all’ambiguità… purtroppo…» Sospirò Misao, ma poi riprese «Mi sembrava l’unico modo per fargli capire che non avrebbe dovuto fare domande, né a te né a lui, perlomeno nel momento in cui ci sarà anche lui. Se si immedesima, l’idiota, magari riesce a starsi zitto, se non altro per solidarietà maschile! Dopo magari ti tartasserà, ma saprai difenderti!» e le strizzò l’occhio, complice.
Sempre più grandiosa…
«Sei fantastica…» le disse Emma e l’abbracciò. «Mi sento un verme per non averti raccontato nulla fino a ieri…»
«Falla finita!» la scosse Misao
«Comunque… Kei la deve smettere! Non potete andare avanti così! Lo devo picchiare?!»
«Potrebbe essere un’idea in effetti!» sorrise Misao «Ora vai fuori, da lui… Io prendo il nostro pranzo.»
Emma annuì e uscì…

 
 
Ohi ohi ohi.... lo dico ancora una volta...
Be', per me è fondamentale farli palrare, se non si era ancora capito ;D  Picchiatemi, ma non ce la faccio proprio a trattenermi! Nei miei programmi il capitolo doveva finire con tutti loro nel laboratorio e con qualche altro sketch lì, ma si sono lasciata andare, forse troppo, e quindi lo devo chiudere qui, se no mi sarebbe toccato pubblicare giovedì, perchè nei prossimi giorni non avrò un briciolo di tempo...
Credo che dai dialoghi tra loro si possano giustificare molte cose. Trovo difficile immaginare un Elle che non parla, non chiede, non cerca di capire chi ha davanti... Ma questo lo penso io, ed io non sono nessuno, quindi andate pure giù con le critiche! ;)
He ed Elle... Non potevo non metterli a confronto, un confronto singolare dal quale Emma ha tratto qualche informazione... Perchè, come dice il Cantastorie, o comunque lo vogliate chiamare, Elle è Elle. Ma Emma è comunque allo stesso punto di partenza...
Sono certa che mi verranno in mente altre mille cose da dirvi, ma ora smetto di annoiarvi e mi richiudo nel mio solito bozzolo di dubbi e aspettative sulle vostra opinione ;)
Grazie, grazie, grazie, grazie a tutti di essere ancora qui, di recensire, di seguire, di preferire la mia storia, di leggerla!!!
Alla prossima!!!

Eru

 

 

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Capitolo 15
*** 15. Dalla parte di Elle ***


 Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

 

15. Dalla parte di Elle

 
Varcarono tutti e tre l’ingresso della Todai ed iniziarono a camminare lungo il viale alberato.
Emma con la sua tracolla di stoffa scivolata sul lungo cappotto scuro, la sigaretta tra le labbra ed una semisciolta treccia di capelli scurissimi che le usciva dal morbido cappello di lana. Alta.
Misao con il pranzo tra le mani e due vistosi paraorecchie arancioni. Graziosa.
Ed accanto a loro, solo impercettibilmente distaccato dalle due amiche, camminava Elle, con le mani nelle tasche dei soliti larghi jeans. Elle che camminava al lato di Emma. Silenzioso.
Sembravano un normale gruppo di amici.
Ed Elle era con loro.
Elle che entrava all’università in compagnia…
Watari sorrise impercettibilmente nell’osservargli le spalle curve, da dietro… I suoi occhi si aprirono brevemente in una calda espressione mentre guardava camminare il suo Elle affianco alle due ragazze, circondato da altri giovani studenti che passeggiavano chiacchierando in gruppo…
Poi abbassò il cappello scuro sugli occhi e si diresse con calma sulla strada parallela al viale principale, diretto all’edificio che fronteggiava quello del laboratorio del prof. Usui…
Perché Elle doveva sempre pensare alla sua incolumità.
E perché Watari se ne occupava ogni volta…
Perché ora Elle non era più solo, protetto e rinchiuso in una stanza d’albergo. Ora Elle era in compagnia, nel mondo… E rischiava…
Entrarono in laboratorio, tutti e tre.
Kei alzò gli occhi dalla schermata del pc e subito li portò su Elle… Guardò il grande detective che era in piedi, vicino all’uscio, con quell’aspetto indifferente e singolare. Ed anche Elle guardò Kei, con occhi annoiati. Nessuno dei due disse nulla…
Poi Kei passò a Misao, che lo fulminò con lo sguardo.
Infine si alzò ed esclamò «Finalmente si mangia!» e si diresse verso Elle. Gli strinse la mano salda e si presentarono.
Mentre Misao e Kei sfollavano uno dei tavoli dalle scartoffie del lavoro per avere un po’ di spazio per pranzare, Elle si addentrò nello studio e guardò disinteressato fuori dalla finestra che dava sull’edificio di fronte…
Apparentemente disinteressato… ma lo osservò bene quell’edificio di fronte…
Watari era lì e li guardava, li scrutava, li controllava… E proteggeva il geniale pupillo, sempre, anche quando sembravano non esserci pericoli…
Emma si avvicinò ad Elle e guardò fuori, nella stessa direzione verso cui guardava lui. Assottigliò ed aguzzò gli occhi, scartando lievemente il capo, pensierosa, e poi «… Nel palazzo di fronte non c’è quasi mai nessuno di pomeriggio… Sono uffici…»
«Già.» annuì lui «Credi che la cosa possa interessarmi?»  le chiese poi freddo e distaccato.
«Sì. Credo di sì.» ammise Emma senza paura. «Comunque puoi stare tranquillo con noi…» e si girò, dandogli immediatamente le spalle ed allontanandosi, senza lasciargli il tempo di controbattere.
Non aveva intenzione di intavolare le sue provocazioni davanti a Kei, perlomeno per il momento…
E lui non ribattè, perlomeno per il momento…
Misao e Kei battibbeccavano, come al solito, sulle quantità delle porzioni e sulle continue prese in giro di Kei…
Emma prese una sedia girevole e la fece scivolare affianco alla sua, davanti alla scrivania dove in genere lavorava.
«Prego. Puoi appollaiarti qui.» gli disse indicandogli la postazione appena aggiunta.
E poi si tolse cappotto e cappello e si arrampicò sulla sua sedia a gambe incrociate, come al solito…
Lui la raggiunse, sfilò le scarpe e, per l’appunto, si appollaiò.
Emma cominciò a scartabellare tra i documenti cartacei ed i rotoli di disegni «Ecco quello che mancava…» e mostrò ad Elle tutto.
Lui portò l’indice sulle labbra ed allungò il collo verso i fogli.
Emma fece lo stesso, senza però massacrarsi le dita…
Rimasero in silenzio per un bel po’, concentrati…
Misao e Kei li guardarono… Erano entrambi seduti in modo singolare, in quel momento entrambi fuori dal mondo …
Misao si girò verso Kei con fare minaccioso e sussurrò, senza emettere alcun suono, tanto che lui dovette leggerle il labiale «Se solo ti fai uscire qualche battuta, ti stacco la testa!» e poi Misao si fece rapidamente passare la mano a tagliola sotto la gola, riproducendo il gesto di una sciabolata.
«Aspetta… Ma forse qui…» disse Emma a mezza bocca, illuminata all’improvviso…
«Sì. Devi controllare l’altra pianta.» disse calmo Elle, senza chiederle spiegazioni su quanto avesse intuito.
«Sì, sì, sì!» esclamò Emma.
Continuarono a guardare e fare controlli.
Misao e Kei nel frattempo avevano finito di mangiare ed avevano ripreso a copiare schede, rumorosamente. Una dettava e l’altro scriveva al pc…
Mentre Emma ed Elle “lavoravano” diversamente…
Elle si limitava stranamente solo a confermare le intuizioni di Emma.
E la seguiva nei suoi collegamenti, senza che lei dovesse spiegarli.
Sembrava la stesse solo osservando, in silenzio…
Sembrava stesse osservando la sua testa ragionare…
«…Quindi questo passaggio dovrebbe essere ribaltato… dovremmo vedere qualche confronto con l’edito… e magari…» pensò Emma ad alta voce.
Poi allungò il braccio e si sporse per agguantare un rotolo…
Passò col volto davanti a quello di Elle… Lì per lì quasi non fece caso al fatto di essere così vicina al suo viso…
E poi, inavvertitamente, gli sfiorò la mano, che era placidamente poggiata sulle ginocchia…
E si risvegliò all’istante da quello stato di concentrazione.
L’aveva sfiorato…
Un impercettibile contatto con Elle e la sua pelle bianca e… e fredda…
Un primo contatto inafferrabile…
Le venne istintivo bloccare la mano a quell’altezza, senza lasciarla proseguire oltre verso il rotolo che aveva puntato… La bloccò e la sollevò appena, per evitare un ulteriore sfioramento e rimase così, con le dita sospese a pochi millimetri da quelle di Elle, quasi atterrita… atterrita ed emozionata forse…
Lui non si mosse, né spostò o modificò lo sguardo… Ma le sue dita si irrigidirono impercettibilmente premendo il ginocchio…
Poi Emma finalmente lo guardò «…Scusa…»
«Sì.» annuì Elle «Il passaggio deve essere ribaltato. E dovete controllare i confronti.» rispose così, distaccato e senza guardarla, ma continuando a tenere quella lieve tensione nelle dita affusolate e mantenendo gli occhi grandi, nerissimi e spenti sul foglio che aveva davanti…
Poi tolse la mano dal ginocchio, aggirò la mano di Emma facendogliela scivolare accuratamente sotto e la portò ad indicare il passaggio da ribaltare.
Lei allora serrò le dita a pugno e le poggiò sul tavolo…
«Tu lo sapevi fin dall’inizio… Avevi capito fin dal primo sguardo alla documentazione cartacea che la questione era questa… Perché non me l’hai detto subito? Mi hai lasciata ragionare lungamente a vanvera per un po’, annuendo soltanto… Perché? …Mi stai prendendo in giro?» lo incalzò diretta Emma.
«Non hai ragionato a vanvera.» Commentò calmo e compassato Elle «Questo mi sembra evidente.»
… O forse… Mi sta mettendo alla prova?!!
«Una cavia… Mi stai dicendo con tranquillità che hai osservato i miei ragionamenti come fossi una cavia…» Disse Emma, quasi esplicitando i suoi pensieri a voce alta…
«Con tranquillità. Certamente. Sei tu quella che pensa che io non mi senta “tranquillo” qui, non io.» Ribattè lui lapidario.
E così le rispose a quello cui non aveva risposto prima, senza risponderle a ciò che lei le aveva chiesto ora…
Emma abbassò la guardia, quasi divertita, riconoscendolo per quello che era… «Non lasci cadere nulla… Anzi, non lasci cadere solo quello che ti interessa e che ti colpisce in qualche modo… Vuoi vincere e naturalmente non c’è colpo che tu non renda.» concluse con gli occhi che le ridevano assottigliati e lo scrutavano…
Elle rimase un attimo zitto a fissarla. Poi la puntò più intensamente e le sue occhiaie si fecero più cupe «Sì. Probabilmente è così. Non c’è colpo che io non renda. Io stesso non avrei saputo esprimere meglio il concetto.» Poi, come niente fosse, inclinò un po’ il capo ed iniziò a massaggiarsi i neri capelli sulla nuca…
Emma sospirò e sussurrò «D’accordo, come vuoi tu…» poi alzò il tono della voce e si rivolse agli altri due «Ohi! Credo che ce l’abbiamo quasi fatta!»
«Grandiosi!!!» Esclamò Kei, alzandosi dalla sedia. «Fatemi un po’ vedere…» e si avvicinò alla scrivania di Emma, che iniziò a spiegare, mentre anche Misao li raggiungeva.
«Bisogna festeggiare! Il prof. sarà felicissimo! Misao, te li sei già sbafati tutti quei biscotti che hai portato l’altro ieri?!» esclamò Kei, rivolto alla collega.
«Kei… Io, quei biscotti, li ho visti solo nel momento in cui li ho comprati! Una volta arrivati qui sono stati risucchiati in un buco nero… è stato un attimo e sono spariti nel tuo cassetto!»
Kei si scompigliò divertito la corta e volutamente arruffata crestina di capelli neri e poi infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans, che avevano le pieghe scolorite al punto giusto… Tutto in Kei era “perfettamente disordinato” al punto giusto… Dalla camicia precisamente stirata e portata sbottonata per mostrare una t-shirt alternativa, “casualmente” fuoriuscita dai pantaloni in un certo punto… Come fosse stata una svista… Ma quale svista! Aveva posato davanti allo specchio per ore prima di decidere da quale lato doveva uscirsene la maglietta!
Kei era la precisione dell’imperfezione voluta. Misao era la precisione della perfezione e basta.
«Ok, ok… Sono nel mio cassetto… Li prendo subito!» rise Kei, andando verso la sua scrivania. «In fondo mi era sembrato li avessi portati per me… mi sono sbagliato?» aggiunse alla fine, guardando Misao con fare sicuro e scaltro.
Misao lo fissò perplessa, esasperatamente perplessa.
«Ohi! Tira fuori quei biscotti e falla finita!» intervenne Emma ridendo «Che qui non ti prende sul serio nessuno! Se fossi un manga ora avrei la goccia sulla testa…»
Misao serrò le labbra e poi sbottò a ridere.
Elle si era guardato la scenetta, placidamente appollaiato sulla sua sedia girevole…
«A lui mettetegliene un po’ su un tovagliolo, da parte. E tenetegli la busta lontana.» aggiunse Emma sorridendo, riferendosi ad Elle «se no se li finisce tutti senza farsi troppi problemi.» e soprattutto figurati se infilerebbe la mano nella busta insieme a noi…
«Mi stai dando del maleducato?» le chiese tranquillo Elle.
«No. Semplicemente del goloso-compulsivo-fagocita-zuccheri-ventiquattrore-su-ventiquattro.» rispose Emma, altrettanto tranquilla e senza giudizio.
«Gli zuccheri nutrono il cervello.» commentò semplicemente Elle, portando il pollice sulle labbra ed alzando gli occhi sgranati lievemente verso l’alto.
«Sì, infatti. Credo che allora il mio cervello sia perennemente affamato… Ma lui non lavora quanto il tuo ed ultimamente ha dovuto pure fare a meno della micragnosa bustina di zucchero che gli concedevo nel caffé… Oddio… È probabile che io non abbia un cervello da nutrire allora?! L’ho ammazzato e lasciato morire di stenti!» concluse Emma, fingendo un’espressione allarmata ed aprendo la finestra, con l’intento di accendersi una sigaretta e fumarsela affacciata… Tanto nel pomeriggio non entrava mai nessuno nel laboratorio…
Misao la osservò e poi le disse «Il tuo cervello evidentemente si nutre di nicotina…»
E così, i due golosi si finirono i biscotti.
Misao ne addentò uno solo, perché mangiava come un uccellino sempre e comunque.
Ed Emma si fumò la sua sigaretta.
E nel frattempo Kei tenne banco, raccontando le ultime news dal mondo dell’informazione.
Era il loro bollettino ufficiale. Lavorando con lui si poteva tranquillamente evitare di spulciare internet o leggere qualunque giornale.
Ed Elle rimase in silenzio per tutto il tempo, spulciando attentamente i suoi biscotti, leccando le briciole dalle dita, apparentemente distratto…
«E in ultimo gli aggiornamenti sul caso Kira» continuò Kei, unendo le mani davanti al volto ed incrociando le dita, gongolante e con gli occhi che gli brillavano…
Emma sgranò gli occhi, chiuse rapidamente la finestra e vi si appoggiò, poi guardò Elle… che però non si scompose minimamente e continuò a raccogliere con l’indice le briciole, lasciandole appiccicare al polpastrello…
«Continua a fare piazza pulita! Non avete idea di quanti ne stia facendo fuori! E la polizia brancola nel buio!» proseguì Kei «Ragione o torto, questo Kira è tosto!»
«Sì, ma il punto è sempre lo stesso: io non riesco assolutamente a capire come faccia ad uccidere!» commentò Misao.
Kei le rispose «Non lo devi capire tu infatti. Lo deve capire Elle, che però ha anche detto che lo capirà quando lo avrà catturato. Evidentemente anche lui brancola nel buio da questo punto di vista ed ha capito che l’unico modo per comprendere il modo in cui Kira uccide, sia farselo dire da Kira in persona, una volta ammanettato. Il punto è che stavolta il nostro Elle non ce la fa…» sghignazzò Kei «Mi sono documentato su di lui. Ha risolto brillantemente casi molto complessi in passato. Ma qui si è arenato. Si è arenato in Giappone contro un Giapponese…» continuò Kei orgoglioso.
Oddio… Che razza di situazione…
Emma portò una mano sulla fronte e socchiuse gli occhi, sospirando e scuotendo lievemente il capo… «Non essere così orgoglioso, Kei.» disse lapidaria al collega…
Kei sollevò le sopracciglia «Cosa è mai successo? Tu che commenti questo caso! Non lo avevi mai fatto finora, neanche si fosse trattato di gossip da quattro soldi!»
Emma glissò il commento di Kei, lanciò di sfuggita un’occhiata ad Elle, che, ora, diversamente da prima, la stava scrutando attentamente, e proseguì… «Ribadisco che non devi essere orgoglioso di essere Giapponese per questo. Ed Elle ce la farà. Elle o chi per lui… Magari ci vorrà del tempo… Ma Elle ce la farà…»
Kei la provocò ancora «Finalmente ho scoperto che sei dalla parte di Elle. Il mondo si sta dividendo in due fazioni, lo sai questo no? I “pro-Kira” ed i “pro-Elle”. E pare che questi ultimi stiano diminuendo ultimamente…»
«Se la gente è una banderuola, è debole, ingiusta e “pecora” e sostiene chi per il momento e solo apparentemente sembra essere il vincitore tra i due, non è un mio problema. Io sarò sempre “pro-Elle”. Lo sono stata fin dall’inizio e lo sarò fino alla fine… È l’unica cosa di cui, purtroppo, posso essere certa.» rispose seria e decisa Emma.
Kei non si arrese «Kira apparentemente il vincitore… Già… Elle è il più astuto secondo te? Uhm… Dopo la sfida in diretta ho pensato anch’io che fosse un grande e ce la potesse fare… ma ora…»
«Be’, ma tu, infatti, sei una banderuola senza idee chiare.» lo gelò Emma.
«…Non si tratta di essere una banderuola. Si tratta di ragionare. Adesso secondo te, se Elle è veramente il più forte, perchè non fa alcun progresso, non si fa più sentire e non lo cattura? Perché Kira continua tranquillamente a falciare criminali come spighe di grano?»
La gelida, pacata e sensuale voce di Elle si impose nella stanza… «Perché lo sta aspettando.»
Meno male! Era ora che ti venisse fuori l’innata voglia di “vincere”, accidenti!
Kei si rivolse ad Elle ora… Lo osservò perplesso ma decisamente incuriosito… «…Aspettando…?»
«Sì. Lo sta aspettando.» ripetè Elle.
Emma lo guardava… Era a dir poco emozionante… Ecco l’Elle che fa paura. L’Elle che sta mettendo a repentaglio la sua vita per provare che Light è Kira…
Poi Emma guardò Kei «Sta aspettando. Lo avvicinerà. Lo studierà. E poi…»
E poi morirà… Deglutì, ruotò rapidamente le pupille verso il suo Elle, che la fissava più intensamente di quanto non avesse mai fatto fino a quel momento, e poi guardò in basso…
«E poi?» la sollecitò Kei.
 «E poi… risolverà il caso…» perché comunque vadano le cose, senza di lui, il caso non avrebbe potuto risolverlo nessuno… Near inizierà ad indagare sapendo già dell’esistenza di un quaderno della morte… Quindi con un vantaggio immenso… E questo solo grazie all’intuito e alle capacità di Elle…
«Lo avvicinerà, lo studierà e poi risolverà il caso?» ripetè Kei.
«Sì.» risposero Elle ed Emma all’unisono, lapidari e autorevoli.
Kei arretrò un po’ il capo, confuso «Ma vi siete mesi d’accordo prima voi due?» e poi si mise a ridere «Comunque è una buona teoria… Mi stuzzica di nuovo la curiosità su Elle... Forte!»
Misao sorrise, guardando Emma così seria e decisa…
E Key ricominciò «Ryuga, dovresti sfruttare il tuo nome famoso per attirare le ragazze! Ryuga Hideki… si potrebbe anche darti un look che attiri le aspiranti idol…»
«Eccolo che arriva, il cervello bruciato di Kei! Risparmiaci, ti prego…» gli disse Emma «E lui non me lo toccare, non ci pensare neanche a “dargli un look che attiri le aspiranti idol”! Per carità, non ci sarebbe niente di più “contro natura”!»
Elle guardò Emma dal basso in alto «Mi proteggi? Credi che io possa in qualche modo accettare la proposta di Kei di studiare il mio look? Allora non sei così sicura che sia “contro natura” per me farlo…»
«No, sono sicura!» affermò decisa Emma.
«Ryuga, lasciala perdere. È una donna, e come tutte le donne, è convinta che ad un uomo intelligente non debbano piacere le idol!» si intromise di nuovo Kei.
«Pensi questo? Che l’intelligenza di un uomo sia inversamente proporzionale al suo livello di gradimento per le idol?» chiese ingenuamente Elle.
Emma sbuffò «In linee generali, sì. A te piacciono le idol?»
«C’ è qualcuno a cui non piacciono?» rispose Elle, vago.
«Uhm, appunto. “Qualcuno a cui non piacciono?” Anche a me piace Brad Pitt, ovvio! A chi non piace Brad Pitt? Insomma chi potrebbe dire che non è bello? Però…» però mi piaci da morire tu…che non hai assolutamente nulla a che vedere con lui…
«Però?» si insinuò di nuovo Kei malizioso…
Misao non si tenne e gli diede una gomitata sotto le costole.
«Lasciamo perdere…» rispose Emma sconsolata.
Elle se li guardò tutti e tre, ruotando lentamente il capo… prima Misao, poi Kei ed infine Emma.
«Va be’, Brad Pitt o no, noi dobbiamo festeggiare per bene l’evoluzione nel nostro enigma sulla documentazione di scavo! Propongo di andarci ad alcolizzare stasera stessa in quel locale dove siamo andati l’altra volta! Vieni anche tu Ryuga, vero? Pare tu sia stato determinante per sciogliere questo grattacapo… E poi così magari possiamo parlare delle idol in pace, senza queste due, che quando bevono diventano stranamente meno moleste… invece di essere più free, si mettono a chiacchierare, poi ridono, sono disinvolte ma non filano più nessuno e si fanno gli affari loro come due maschi sobri… Allora, sarai dei nostri?»
Emma strabuzzò gli occhi.
«D’accordo.» acconsentì Elle, con noncuranza.
Emma strabuzzò ancora di più gli occhi.
«Emma, devo andare un attimo in segreteria» la risvegliò Misao.
«Ah…sì. Ti accompagno, devo andare in bagno.» rispose Emma.
«Andate andate, io mi organizzo con Ryuga intanto.» le liquidò Kei.
Appena furono uscite ed ebbero chiuso la porta, Emma e Misao si guardarono… E strozzarono a fatica una grossa risata! Quindi si allontanarono velocemente dallo studio, coprendosi la bocca con le mani e si infilarono al bagno, dove poterono sbottare liberamente.
«Oddio! Questa la dobbiamo raccontare tutta a Viola! Dopo dobbiamo assolutamente contattarla!» disse Emma guardando l’ora e facendo rapidamente il calcolo di quando avrebbe potuto chiamare l’amica.
«Però devi ammettere che Kei è stato grandioso ad invitarlo!» commentò Misao «la sua mente malata a volte gli fa tirare fuori qualcosa di decente!»
Emma continuava a ridere, ormai lo faceva probabilmente solo per scaricare la tensione di quella conversazione assurda e per esternare la sua naturale gioia.
Poi si guardò intorno.
Due ragazze.
Due ragazze che ridevano dentro un bagno.
Due ragazze che ridevano da sole dentro un bagno e parlavano di ragazzi.
«Ma com’è che quando sto con te mi sembra di tornare in dietro a quando avevo sedici anni?!» le chiese Emma ridendo ancora.
«Perché non siamo andate mai avanti, Emma! E poi perché su queste cose credo che le reazioni siano sempre le stesse…»
«Già, forse hai ragione tu…»
«Allora, già che ci siamo, sfruttiamo questo luogo per quello cui è stato deputato: le chiacchiere! Dunque, non si può assolutamente negare che sia un tipo affascinante, a modo suo, ma per quanto mi riguarda prevale l’aspetto inquietante… Io vado più sul tipo “preciso”, ma questo lo sai già… e poi lui è strano, è freddo… ma ha una testa che viaggia kilometri avanti alla nostra… questo lo si capisce bene… e tu sei sulla sua lunghezza! Sei l’unica ad essere sulla sua lunghezza… Io non ho aperto bocca! È riuscito a zittire anche quel polemico di Kei… e tu sei l’unica che lo ha capito, che lo ha seguito, anzi, hai addirittura parlato per lui!!»
«Sì… ma… non è merito mio…» ed Emma si rabbuiò…
Questa era una cosa alla quale Emma aveva sempre pensato di sfuggita. L’aveva scansata, presa da altro, impegnata negli aspetti più seri del suo piano… Ma ora, in quel momento così surreale, così strano eppure così meravigliosamente normale, in cui Elle era di là con Kei e sembrava avrebbe partecipato ad una delle loro serate… Be’ in quel momento di “normalità” ad Emma venne in mente quello su cui aveva spesso rimuginato velatamente…
Se anche fosse riuscita nell’impresa titanica di interessare Elle. Se mai fosse riuscita ad avvicinarlo. Se mai lui fosse stato incuriosito. Se anche tutto questo fosse accaduto, il merito non sarebbe stato di Emma, né della sua personalità, del suo carattere, della sua indole, del suo modo di essere o della persona che era… Perché se anche tutto quello che lei si auspicava fosse accaduto, il merito sarebbe stato solo di quelle pagine a stampa bianca e nera che lei aveva divorato con gli occhi e con la mente. Le pagine di Death Note… Le informazioni che Emma aveva grazie a quelle pagine meravigliose… Solo quelle informazioni avrebbero forse interessato, incuriosito e avvicinato Elle… Solo quelle informazioni avevano permesso ad Emma di accompagnarsi a lui in totale tranquillità, senza considerarlo un singolare e pericoloso alieno…
E il merito di Emma dov’era?
Dov’era la sua gratificazione di essere apprezzata per quello che era realmente?
Dov’era la gioia di essere accettata e stimata per l’essere semplicemente Emma?
Cosa sarebbe stata lei se non avesse letto Death Note?
«Ma smettila! Che vuol dire che non è merito tuo? Ascoltami Emma… Ryuga è strano, ma gli piaci. Perché sarebbe qui altrimenti?»
«Non è così… Fidati Misao…Non è così…» Davvero non è così? È qui perché sta indagando su di me o è qui per altri motivi? Sinceramente non saprei cosa sperare… Magari è qui perché veramente lo interessa il rebus archeologico… Uhm… Magari in questo momento di ferma del caso Kira si annoia… E gli vanno bene pure puzzle meno complessi che non debbano necessariamente avere una trentina di morti ammazzati! «Comunque, anche se non è questo il punto, il fatto che lui sia qui è comunque per me motivo di soddisfazione» Le cose stanno andando come prevedevo… Se non altro l’ho avvicinato…
«Va bene, come vuoi tu! L’importante è che lui stasera ci sarà! E tu vedi di darti da fare» Misao la riportò alla realtà e le fece pensare ancora di più al suo piano.
«Sì, infatti… Tu comunque lascia stare quello che dovrò fare io… La mia situazione è un po’ più complessa, diciamo che il mio fine con lui è principalmente un altro… Tu invece vedi di appiccicare al muro quell’idiota di Kei, possibilmente senza che ci sia nessuno intorno! Se ci sono persone in giro fa lo splendido…»
«Appiccicare al muro?! Bella, questa non me l’avevi mai detta! Lo so, gli staccherei la testa quando fa così! … Ma quando siamo soli invece…»
«Quando siete soli si leva la maschera. Lo so! Torniamo di là adesso, se no ci daranno per disperse!»
«Sì, vai tu, io vado in segreteria, ci devo passare sul serio!» le sorrise Misao.
E uscirono insieme, separandosi sulle scale.
Emma percorse da sola il corridoio.
Si era fatto abbastanza tardi, fuori era già buio ed i piani alti dell’università, dove c’erano soprattutto uffici, laboratori e studi dei professori, erano quasi deserti e poco illuminati, perché le luci a tempo dei corridoi non venivano più costantemente riaccese da chiunque passasse.
E infatti la luce si spense, quando Emma era lontana dall’interruttore.
Avanzò a memoria ed aiutata dai neon del piano sottostante.
Da lontano scorse la porta del loro laboratorio, chiusa.
Davanti, in piedi, c’era Elle. Parlava al cellulare.
Emma non riuscì a sentire la conversazione, percepì solo il tono basso della sua voce lenta, cadenzata ed involontariamente seducente…
Si avvicinò.
Elle la vide, ma proseguì a parlare.
Emma ora lo sentiva.
«…Sì. Ho capito. Questa non è una novità, sono solo le quantità che aumentano ogni giorno.»
Kira continua a mietere vittime. E lui è il primo a saperlo…
Ora gli era affianco.
«Sto uscendo.» e chiuse la conversazione facendo poi sparire il telefono nella tasca.
«Vai?» gli chiese Emma, sorridendo.
Lui la guardò, col volto stranamente stanco «Sì.»
«D’accordo… ehm… a dopo?» chiese Emma.
«Sì. A dopo.» rispose lui.
Emma tirò un sospiro di sollievo… In fondo non ci aveva creduto al suo assenso di poco prima…
«Ciao Emma.»
«Ciao e grazie!» gli rispose lei candidamente.
Elle si voltò e di spalle, già incamminandosi verso le scale in penombra, le disse, con un tono piatto ed indefinibile «Non l’ho fatto per te, l’ho fatto per me.»
Ma cosa significa?
 
Cosa significa?
Ma voi lo sapete che le frasi di Elle hanno sempre una vasta gamma di interpretazioni... Pensateci solo un po' e ve ne verranno in mente almeno due, se non di più... eh eh eh!
E tu invece, mia cara Emma, cosa combini?
Inizi a non capirlo più?
Lui è molto più complesso di quanto ti aspettassi?
Eppure lo sapevi che interagirci veramente sarebbe stato complicato…
Oppure, molto più semplicemente, non riesci ad essere più tanto lucida, perché il tuo coinvolgimento emotivo ora si fa sentire? Finchè si trattava di pianificare, di essere reattiva, di tenere lontano Light, di “interessare” Elle, sei stata  una meticolosa calcolatrice, ma ora che lui è lì con te, che il caso Kira non è costantemente tra i tuoi pensieri, stai perdendo colpi…
Ah ah ah!
La forza di Elle è anche questa. L’assenza, apparente, di emozioni.
E voi, invece, avete capito cosa intende dire Elle?
Sta veramente indagando su di lei? Oppure no?

 
La sera, pochi minuti prima che Kei le venisse a prendere, Emma era ancora davanti all’armadio della sua camera.
E non lo era perché fosse in ansia sull’abbigliamento, ovviamente. I suoi capelli erano sempre tirati su, come al solito, i suoi morbidi jeans scoloriti e le scure scarpe da ginnastica non avevano avuto problemi ad essere indossati ancora una volta. Ed una maglietta nera a maniche lunghe le fasciava il busto sottile.
Ma Emma era ancora davanti all’armadio.
Aprì un cassetto e vi guardò dentro…
È giusto indossarla stasera? È troppo presto? Sto esagerando? È una cosa troppo spudorata? Sì, ma se poi non lo rivedrò? Mi restano sempre gli altri turni dell’esame di ammissione… ma se fallisco ora nel mio intento, lui potrebbe non interessarsi assolutamente più a me, non sospettare più di me… sempre che lo stia facendo in qualche modo… Sì, devo rischiarmela! Devo indossarla stasera! E basta!
E arraffò decisa dal cassetto ciò che le aveva creato tanti problemi.
 
Arrivarono davanti al locale, super affollato, come al solito.
«Vi raggiungo dentro tra cinque minuti» disse Emma «mi fumo una sigaretta prima di entrare…»
Sarebbe venuto veramente? Proprio non ce lo vedeva Elle lì dentro… in quel locale assurdo, un po’ dark, pieno di ragazzi, acchittati e non…
Però, in fondo, Elle era Elle, e non si poteva certo dire che non fosse affidabile… tuttavia era anche un gran bugiardo.
Ed Emma, in questo caso, non sapeva proprio quale “Elle” scegliere. Lo conosceva, sì, ma lui era comunque imprevedibile. Oppure Emma, in quel momento, non era affatto lucida...
La Rolls Royce nera tolse tutti i suoi dubbi.
I ragazzi che stavano fuori si scansarono, guardando l’auto vagamente meravigliati e forse un po’ di invidia li colse.
Elle uscì e naturalmente fu il fulcro degli sguardi di tutte le ragazze-squalo in cerca di fidanzati ricchi, potenti e possibilmente con poco cervello.
Ma Elle non era quello che loro si erano aspettate…
Però lo guardavano ugualmente. Non piaceva loro ma continuavano a guardarlo lo stesso.
Ad Emma venne da ridere, leggendo la delusione negli occhi di quelle giovani donne, ma la loro persistenza. Perché, senza dubbio, nonostante il suo aspetto controverso e le sue stranezze non si poteva certo dire che Elle non fosse un “buon partito”!
Ad Emma venne ancora più da ridere.
Lui si allontanò dall’auto che ripartì e voltò l’angolo. E si avviò placido verso l’ingresso.
Emma lo raggiunse rapidamente e lo salutò con il suo consueto sorriso solare, tranquillo e vero.
Entrarono e raggiunsero Kei e Misao, che erano seduti al bancone sugli alti sgabelli da bar.
Emma si tolse il cappotto, lo poggiò su uno sgabello libero e si voltò, trovandosi di fronte Elle che era poco dietro di lei, sempre con le mani in tasca ed il capo chino.
Lui sollevò appena lo sguardo sull’alta ragazza che aveva davanti…
Sopra la maglietta nera Emma indossava una semplice t-shirt bianca.
Con al centro la stampa di una grossa L nera in stile gotico.
E sul fianco, in basso, verso il bordo della maglietta, c’era stampata una piccola scritta nera…
Io sono la giustizia
 


Noticina: è fondamentale che io vi ricordi che, nel mondo dell’anime, Elle dice “io sono la giustizia” a microfoni spenti….
 
Be’, che questo famoso periodo cieco sarebbe stato soft e forse molto poco alla Death Note me lo aspettavo… L’assurdo è che mi sembra di stare scrivendo un’altra storia! Mi sembra un altro pianeta il capitolo di Naomi Misora, per esempio!!!
Non potete capire quanto mi risulti assurdo immaginare Elle in un posto del genere!!!
E non potete capire quanto mi sembri strano vederlo in compagnia di ragazzi della sua età, a conversare del più e del meno, così come è accaduto nel laboratorio…
Non so se risulti verosimile tutto ciò…
Non so se Elle riesca a convincere in queste situazioni…
Qualunque sia la risposta, io mi sono lanciata in questa follia perché ero curiosissima di vedere Elle in contesti simili, mi divertiva l’idea di immaginarmelo in queste situazioni “normali”…
Non so quale sarà il risultato e tremo al solo pensiero del prossimo capitolo, anche se ce l’ho abbastanza netto nella testa…
Va be’, il dado è tratto… Ora posso solo andare avanti! ;D
Vi lascio, sempre con il solito mucchio di cose in mente…
 
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
Grazie a tutti di leggere qualcosa di mio, è un’emozione indescrivibile!!!
E poi grazie ad Amaterasu82, che mi ha aiutata a spiegarvi meglio una questione ;) grazie alle sue parole ho aggiunto qualcosina, ma lei sa a cosa mi riferisco ;) e grazie alla mia Laura-pulcino che mi ha evitato di commettere un piccolo errore ;D

 

Eru

 
 

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Capitolo 16
*** 16. Il The old docks ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

16. Il The old docks

 
(Dal cap. precedente)
Lui sollevò appena lo sguardo sull’alta ragazza che aveva davanti…
Sopra la maglietta nera Emma indossava una semplice t-shirt bianca...
Con al centro la stampa di una grossa L nera in stile gotico…
E sul fianco, in basso, verso il bordo della maglietta, c’era stampata una piccola scritta nera…
“Io sono la giustizia”…
Il volto di Elle era nella penombra.
La semioscurità di tutto il locale era diffusa, eccettuando le zone illuminate vicino al bancone, e si estendeva in quell’enorme unico ambiente, con soffitti altissimi e finestre sottili ed irraggiungibili  appena sotto le imposte del tetto. I grossi tubi metallici e le reti elettrosaldate sospese a grandi altezze palesavano la sua precedente funzione di capannone industriale, ora abbandonato, ma mantenuto vivo…
I ragazzi aumentavano ogni minuto e si affollavano in quel gigantesco ex-magazzino ristrutturato e volutamente poco illuminato, vicino al porto, ed incredibilmente amato da tutti coloro che non volevano frequentare i soliti locali. Il The old docks andava alla grande…
La musica saliva ed i bassi arrivavano a smuovere il petto, nonostante le dimensioni di quell’ambiente permettessero di allontanarsi dalle casse assordanti, di chiacchierare e passare una serata in compagnia senza necessariamente buttarsi nella mischia del ballo. Ognuno era libero di decidere come trascorrere la propria serata. Il bello di quel posto era proprio questo.
Le luci dell’alto bancone alle spalle di Emma illuminavano i capelli corvini di Elle, lucidi e spettinati…
Ma il suo volto era nella penombra… leggermente chino e adombrato dagli stessi capelli…
Soprattutto, i suoi occhi erano nella penombra…ed erano sgranati…
Ma Emma non riusciva a scorgerli… E tuttavia lo guardava, seria e prorompente.
Mentre lui fissava quella scritta.
Dopo qualche istante e senza alzare lo sguardo, Elle le disse, con tono basso, quasi intimidatorio e ostile… «Questo è per Elle?! Credi che debba sconvolgermi?!!» E continuò a fissare la scritta in basso.
«Sì, è per Elle. E credo che poche cose ti sconvolgano.» gli rispose Emma, gelida. Incredibilmente gelida.
Le parti sembravano invertite? Davvero era così?
«Tu stai giocando… Stai giocando. C’è stato un momento in cui non lo hai fatto?!» disse lui, sempre senza guardarla negli occhi e con una voce che, appena incrinandosi, lasciò percepire una vaga irritazione…
Era stato un colpo basso, quello di Emma.
Come faceva quella ragazza a conoscere quella frase? Come poteva collegarla ad Elle? Chi poteva conoscere l’indole di Elle? Chi sapeva che lui era così tremendamente combattivo ed eccentrico da dire quella frase? Neppure Watari lo aveva sentito!!!
Elle questa volta era veramente rimasto colpito?
Elle era infastidito?
Poi però, con calma, sollevò lo sguardo su di lei…
E le sue pupille enormi e nere la trafissero.
La trafissero veramente, forse per la prima volta…
Perché lei si lasciò trafiggere…
Forse accadde perché fino a quel momento Emma aveva considerato quegli sguardi normali e conosciuti. Forse perché lei non aveva palesato, fino ad allora, una verità così incredibile e segreta. Forse perché Emma non era Elle, non era un pezzo di ghiaccio e, a differenza di lui, si sconvolgeva. O forse, semplicemente, perché Emma, ora, era vulnerabile in un modo in cui non si era aspettata di poter essere…
La forte, decisa e ardita Emma, in quel momento, si fece trafiggere da quello sguardo… Si perse in esso…
«…Giocando…? …Io? ... No… non sto giocando… Tuttavia potrei bruciarmi ugualmente… col fuoco…» disse Emma, sincera, come sempre, e non più così irruente…
«Credi che Elle possa dire qualcosa del genere?» le chiese lui, ora non più ostile, riacquisendo quel tono pacato ed incolore…
Un controllo incredibile…
«Sì… Credo che potrebbe dirlo… Anzi, credo proprio che lo abbia detto o lo abbia almeno pensato.» Si stava di nuovo facendo coraggio, continuando a dire le verità…
«Tu non menti. Tu non menti mai. Ed in questo preciso momento hai bisogno ancora di un po’ di tempo per riacquisire il tuo coraggio. Ora stai vacillando. Non ti capita così spesso.» Le disse lui candidamente.
Spiazzante.
Quello era esattamente lo stato d’animo di Emma in quell’istante! Lei in quel momento stava ricercando ed attendendo il ritorno della forza d’animo, che aveva vacillato dopo lo sguardo inquietante, diretto, profondo ed affascinante di Elle…
Ed Elle lo aveva colto… aveva colto un suo intimo e personale sentimento… E poi glielo aveva comunicato senza problemi… Lasciandola “nuda”.
Non c’è colpo che lui non renda…
È sempre così.
Lei gli aveva palesato qualcosa che lo riguardava profondamente, aveva spiattellato su una leggera t-shirt di cotone gli intimi, nascosti e segreti pensieri di Elle. Nessuno lo aveva mai fatto. Nessuno. I pensieri intimi di Elle, erano solo di Elle!
E lui aveva fatto lo stesso, rendendole il colpo, istintivamente e senza tatto…
Solo che Emma l’aveva potuto fare perché sapeva.
Elle l’aveva potuto fare perché intuiva ciò che pochi riescono ad intuire…
Ma questo intuito… questo intuito sugli stati d’animo ed il carattere delle persone cos’è?
Emma tirò fuori quello che pensava «Tu… tu… come fai a capire le persone?» Tu hai capito che tipo di persona fosse Aizawa, indipendentemente dalle sue capacità come poliziotto… Tu hai capito che gli occhi di Light erano cambiati, dentro quella cella… che lui era diventato un altro, dopo aver rinunciato al quaderno… Tu hai letto dentro di loro… Cos’è questa cosa? Si può chiamare “sensibilità”?
L’intuito, la parte più recondita dell’intelligenza umana, gli inconsci e velocissimi collegamenti di un cervello superiore, possono essere anche chiamati “sensibilità”? Oppure, anche la “sensibilità”, se molto sviluppata, può essere parte dell’intelligenza ed incrementarla?

Emma continuò «… Tu in fondo riesci a penetrare cosa c’è nel profondo delle persone… E questo non dipende solo dal fatto che sei intelligente… tanti geni non capiscono le persone…Tu le capisci, ma non lo dai a vedere. Tu lo nascondi!» concluse, con maggiore veemenza.
Lo aveva fatto di nuovo.
Lo aveva colpito di nuovo.
Emma stava di nuovo parlando di lui… apertamente.
Elle “sensibile”?
Una follia…
«Sono gli altri il fulcro delle mie costanti attenzioni. Le considerazioni e le elucubrazioni sulla mia personalità non mi interessano.» rispose lui lapidario.
Tuttavia? Emma aveva ragione? Quella ragazza aveva ragione?
«A me interessano invece!» si accanì Emma. «A me interessa tantissimo sapere cosa pensi!»
Elle portò il pollice sulle labbra e cominciò morderlo… «Uhm. A te interessa. E perché ti interessa sapere cosa penso? E ti interessa sapere cosa penso io veramente oppure come ragiono riguardo a determinate questioni?»
«Mi interessa cosa pensi veramente.» rispose lei senza dubbi.
«E perché?» la interrogò lui, impassibile.
«Perché sei una persona incredibile… Indipendentemente da tutto…»
«Indipendentemente da tutto cosa?» continuò a incalzarla.
«Indipendentemente da tutto quello di cui ti circondi, da tutti i rischi che corri, da tutti coloro che devono ringraziarti e non possono farlo, da quelli che sono vivi grazie a te… Indipendentemente da tutto questo, che pure ammiro in te, mi interessa sapere cosa pensi…»
Stava parlando di lui. Stava parlando della sua immensa stima per lui e del suo innegabile desiderio di conoscerlo veramente…
E, chiaramente, non stava parlando di “Ryuga”…
Stava parlando di “Elle”… di quell’Elle incognito, segreto, senza volto, senza nome e senza voce…
«Tu mi conosci. Tu sai.» disse lui serio, essenziale e gelido…
«Ragazzi, che fate, vi state confessando?» li interruppe Kei gioiosamente… «Lasciate stare gli argomenti seri, cosa bevete? Il primo giro lo offro io! ...Wow! Vedo che non hai più remore a mostrare la tua evidente preferenza per Elle!» disse ad Emma notando la sua t-shirt…
Kei. Un genio del momento inopportuno.
Emma rimase ferma, non lo guardò neppure, ma sollevò appena gli occhi al cielo…
Elle si girò molto lentamente verso di lui e lo osservò annoiato «Mi ricordi incredibilmente qualcuno che ho conosciuto di recente. Hai un’inquietante capacità nell’aprire bocca in modo concitato ed in momenti singolari.»
Gli ricorda Matsuda?! Per forza… Le “solite cretinate di Matsuda”…
«Oh… davvero? Ho interrotto qualcosa?» sorrise Kei malizioso.
Emma finalmente si girò verso di lui «No Kei… Lascia stare… Dunque, vediamo un po’… Cosa beviamo? Io una vodka-orange, per iniziare…» poi guardò di nuovo Elle «Qui non fanno dolci… questo è un problema in effetti… Fammi pensare… Innanzitutto, reggi l’alcol?» gli chiese a bruciapelo.
Elle sbatté le palpebre «È utile saperlo?»
«Be’, il punto è che se gli chiedi un tè o un caffé ti rideranno in faccia…» rispose Emma ridacchiando.
«Credo di essere in grado di bere anche altro. Non sono un alieno.» commentò Elle con gli occhioni ben aperti e ingenui.
Solo un minuto prima si stavano scontrando a suon di parole e domande inquietanti… Erano gli stessi?
«Perfetto! Allora, hai preferenze? Secondo me potresti prendere una crema di whisky… è dolce e disgustosa al punto giusto…» disse Emma.
«Sì. Va bene.» concluse Elle.
«Bene! Allora mettiamoci tutti al bancone, finché c’è posto per sedersi!» si intromise Kei contento.
E si sedettero tutti e tre.
Emma osservò lo sgabello rotondo affianco al suo, dove si stava sedendo Elle... Ora ti voglio ad appollaiarti su questo…
Ma ci riuscì.
Un contorsionista.
Un vero mago dell’accovacciarsi a pieni nudi ovunque.
Il barman preparò i loro drink.
Misao, Kei, Emma, Elle, in fila, uno affianco all’altro…
Misao sollevò il bicchiere «La prima la dedichiamo a Ryuga!» e avvicinò il calice a quello di Elle, alzandosi in piedi sui pioli dello sgabello per raggiungerlo.
«Sì, a Ryuga!» esclamò Kei ripetendo il gesto di Misao.
Emma si voltò semplicemente verso Elle, che le era direttamente al fianco… Lo guardò negli occhi e accostò il suo bicchiere a quello di lui «A te!».
Elle ricambiò lo sguardo e le disse freddamente «Non riprenderò il discorso ora. Ma io non ho finito con te.»
«Lo so. Neanche io ho finito con te.» rispose Emma.
«Perfetto.» e tenendo il bicchiere al bordo Elle lo avvicinò alle labbra chiare e morbide…
Sorseggiò la crema di whisky…
Emma osservò il suo collo…
Il pomo scese e poi risalì sotto la pelle candida, quando deglutì…
Lo sguardo le cadde sulle ossa dello sterno appena visibili dal girocollo della maglietta bianca…
Perché è così dannatamente sensuale?
«Buono.» commentò Elle senza scomporsi.
Poi Kei intavolò una discussione sulle idol, cui Emma partecipò attivamente ed Elle un po’ più passivamente, mentre continuava a sorseggiare la sua crema di whisky, scoperta della serata…
Il locale finì di riempirsi.
Iniziava a fare parecchio caldo.
Emma sfilò la t-shirt e la maglietta a maniche lunghe e rimase in canottiera.
E il primo giro finì.
«Vado un attimo al bagno» disse Misao, alzandosi.
Kei la seguì mentre si allontanava… La osservò tutta… Vestitino leggero, a maniche corte e molto succinto, tenuto con una larga e scesa cintura sui fianchi, parigine nere e stivali…
«È perfetta.» disse Emma, osservando il ghiaccio nel proprio bicchiere.
«Sì.» ammise serio Kei, continuando a guardare Misao che si faceva largo tra la folla e poi spariva dietro una porta.
«E tu Emma? Almeno al compleanno di Misao dovrai sfoggiare!!!!» cambiò subito argomento Kei.
«Be’, certamente lo farò, anche io ogni tanto lo faccio! Il punto è: a te cosa importa? Misao è sufficientemente curata per entrambe!» rise Emma.
«Ma io lo dico per te!» esclamò Kei. «Guarda che gli uomini guardano con altri occhi le donne vestite in un certo modo!»
«Lo so. Ma io non sono attualmente in cerca.» e gli strizzò l’occhio «e poi bisogna vedere quali uomini si accalappiano a vestirsi in “un certo modo”. Guarda Misao cos’ha combinato?! Si è accalappiata te!!!»
Ed iniziarono la polemica di battute, mentre Elle se li guardava…
O guardava Emma? Oppure “studiava” Emma?
Ad un certo punto però le si rivolse, con un tono di voce basso e incolore «E’ molto che Misao è in bagno. Troppo.»
Emma non ci aveva fatto caso… Ma era vero… Era parecchio…
Ad Elle non sfuggiva nulla… Era attentissimo a ogni dettaglio.
«Speriamo che non si sia sentita male. Vado a vedere.» disse Emma e si alzò diretta verso la porta, sgomitando in mezzo ai ragazzi…
 
I bagni erano esterni al capannone del locale ed erano disseminati in corrispondenza di tutte le uscite di emergenza.
Quella porta dava su un vicolo, alle spalle dell’entrata del The old docks.
Emma la richiuse.
E si girò.
E vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere…
Il vicolo era deserto in quel momento…
Misao era in piedi… Piccola, indifesa…
Un ragazzo la teneva da dietro e le bloccava i polsi, mentre un altro le tappava la bocca…
Erano entrambi perfetti, quei due. Capelli perfetti, abiti perfetti e alla moda. Sbarbati.
Una voce arrogante uscì dalla bocca di quello che la bloccava alle spalle e che Emma non poteva vedere bene in faccia «Sei carina… Ti vesti così e poi non ci stai? Molto male bambina…» e rise.
Emma rimase ferma solo per un istante, sbigottita, cercando di realizzare…
E poi… «Brutti stronzi rivestiti…» quasi sussurrò tra sé e sé «Non provate nemmeno a toccarla!!!!» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e si avvicinò, camminando lentamente e serrando i pugni, con lo sguardo fisso su di loro…
«Oh oh oh! Guarda un po’ chi abbiamo qui… L’amichetta… Sei carina anche tu… meno succinta, ma… quella canottierina “a pelle” sul “davanti” mi fa pensare che anche tu sia in cerca…» le disse l’altro, quello che Emma poteva vedere in faccia, il quale lasciò la bocca di Misao, lasciandola sola nelle grinfie di quello che la bloccava da dietro… e si avvicinò sorridendo spavaldamente ad Emma, mostrandole una dentatura perfetta e brillante…
«Cosa vuoi fare? Ti unisci a noi? O la vuoi salvare…?» proseguì quello ridendo.
Emma rimase seria e calma, almeno apparentemente «Lasciala andare.»
«Come?» le chiese quello facendo il finto tonto.
«La-scia-la an-da-re.» sillabò Emma «è più chiaro così?»
«No che non è chiaro!» le disse quello, vicino… Allungò una mano, afferrò il polso di Emma, violentemente…
Merda!
E solo allora le uscì la forza…
Sferrò un rapido calcio basso all’altezza delle ginocchia.
Quello si accasciò appena ed allentò la presa del polso.
Lei si liberò e sgattaiolò per allontanarsi.
«Brutta bastarda! Sei manesca eh?!» esclamò l’altro, che mollò Misao, innocua, e si diresse verso Emma….
 
«Kei. Dov’è il bagno in questo locale?» chiese Elle in modo indifferente, dopo poco che Emma era uscita.
«All’esterno, su un vicoletto qui dietro, almeno quello cui si è diretta Misao. Perché?» rispose Kei perplesso alla domanda di Elle…
«Perché allora dobbiamo raggiungerle, subito.» gli rispose lui serio, alzandosi.
 
«Non provare a toccarmi!» gridò Emma contro quello che le si avvicinava.
«Perché, se no cosa mi fai?» le disse quello arrabbiato, appropinquandosi ancora. Era alto…
«Non toccarmi!» Ripetè urlando Emma.
Misao iniziò a gridare, sotto shock «Emmaaaaaaaaaaa!!!»
I bassi della musica all’interno rimbombavano…
Quello allungò il passo e diede ad Emma una violenta spinta che la scaraventò addosso al muro, ferendole i gomiti…
«Lo avevo detto che non mi dovevi toccare, maledetto schifoso…» sussurrò Emma, mentre quello si avvicinava ancora e l’altro si rialzava dopo il calcio alle ginocchia e mollava un potente schiaffo a Misao, che cadde… Lo fece senza un motivo, semplicemente perché era arrabbiato e si doveva sfogare…
Emma allora non ci vide più… «Avevo anche detto che non dovevate toccare neppure lei…»
Fece un sospiro e partì con un calcio laterale alto e rapidissimo che buttò violentemente a terra quello che aveva schiaffeggiato Misao, prendendolo in pieno volto.
L’altro la prese per il polso di nuovo e le torse il braccio con forza.
Emma si allontanò, svolgendo la spalla, inclinò il busto e gli sferrò un calcio da dietro.
Quello accusò e la lasciò, ma poi la schiaffeggiò, ferendole il volto col cinturino di metallo dell’orologio...
E lei allora fece partire un diretto e poi, finalmente, lo colpì alle parti basse con una ginocchiata… ed anche quello si accasciò a terra…
Il tutto durò pochi minuti…pochissimi minuti…
La porta si aprì.
«Ma che diavolo succede????» disse Kei sbigottito dopo un primo sguardo alla situazione.
«Succede che bisogna chiamare la polizia.» disse calmo Elle, sfilando il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans con le dita sottili. «Io rimango qui, tu fai venire immediatamente la “sicurezza” del locale.»
 
Poco dopo il vicolo era pieno di gente…
Il proprietario del locale, i “gorilla” dell’entrata… Aspettavano tutti la polizia, tenendo a bada i due ragazzi malmenati…
La piccola Misao aveva gli occhi sgranati e gonfi di lacrime e si abbracciava ad Emma, nascondendosi sotto la sua spalla…
Emma invece era seria, quasi spenta e si stringeva il busto con un braccio, nervosamente…
«Misao… Siediti un attimo, stai tremando come una foglia…» le disse Emma.
Misao annuì, come un gattino bagnato, e si sedette sui gradini poco distanti…
«E ora? Cosa dobbiamo fare?» disse Kei, sconvolto.
Emma lo guardò e lo fulminò arrabbiata «Cosa dobbiamo fare? Accidenti, Kei! Vai da lei!!! Non lo vedi che ha bisogno di te???!!!» forse troppo arrabbiata…
Ma Kei non le rispose e si avvicinò a Misao, che lo abbracciò con tutta se stessa…
Emma si allontanò da loro, si appoggiò al muro e si lasciò scivolare a terra, chinando il capo sulle ginocchia piegate ed abbracciandole… Ed iniziò a tremare…
«Anche tu stai tremando.» la raggiunse una voce fluida, bassa e conosciuta.
Emma alzò gli occhi.
Elle.
Le si affiancò e le si rannicchiò accanto.
«Sì… fa freddo qui fuori solo con la canottiera…ma ho lasciato la maglia dentro…» Non stava tremando perché faceva freddo… stava nascondendo a se stessa che rabbrividiva perché le stava piombando addosso tutto quello che non aveva potuto permettersi di provare prima, quando aveva dovuto agire senza abbandonarsi a paura o panico…
«Cosa è successo precisamente?» le chiese lui. La guardava, da vicino.
«Oddio… non mi va di parlarne…» sbuffò Emma.
«La polizia arriverà tra poco e a loro dovrai raccontare tutto dettagliatamente.» ribatté Elle, serio.
«Lo so…» mugugnò Emma.
Poi buttò uno sguardo gelido verso i due ragazzi che aveva steso e cominciò «Quella feccia laggiù, quei due individui pietosi, stavano aggredendo Misao perché lei non “ci stava”! Ed io non gli ho permesso di fare quello che volevano fare. Tutto qui.»
«Uhm. Tutto qui?» le chiese Elle, fissandola negli occhi, impenetrabile…
Ed Emma allora si sciolse…
Lui era così vicino ora… Quasi sentiva il suo respiro…
Emma alzò lo sguardo e vide Misao che si stringeva a Kei e piangeva…
Sospirò… «Io…io… non volevo farlo… Gliel’ho detto più di una volta di non avvicinarsi… ma quei due schifosi… se ci ripenso mi sale una rabbia che… Ma perché è capitata questa cosa? Queste cose capitano solo nei film! E se nella realtà avvengono non finiscono così… Non mi sembra vero!!! È assurdo!!! Io non sono una “guerriera della notte”! Io non le reggo queste cose! Non sono un poliziotto! Non è bello picchiare una persona, lo sai? È una cosa orribile! Io non ci sono abituata e non voglio abituarmi! Che schifo… che schifo di persone… Come si fa a… come si fa a…» e le vennero le lacrime…
Le salirono così…
Un crollo. Ebbe finalmente un crollo dopo quello che aveva fatto. Dopo la tensione che aveva accumulato…
Ed Elle le rimase al fianco, con le mani poggiate morbidamente sulle ginocchia, senza parlare…
«Ahi…» il sale le finì sul taglio che aveva sul volto… Tirò su col naso… E si sfiorò la mascella, sporcandosi la mano di sangue… «…Cavolo… non me ne ero accorta… Ho un taglio… ha anche macchiato la canottiera, maledizione…»
Elle la guardava… e strinse la dita della mano sulle ginocchia, facendo arricciare lievemente la stoffa dei jeans… Ma Emma non se ne accorse…
Era irritato e si sentiva impotente per quella "ingiustizia" di poco conto? Aveva assistito per la prima volta alle ordinarie e normali ingiustizie del mondo, cui non si era mai interessato, che non implicavano una ventina di morti ammazzati e che ora avevano invece sfiorato qualcuno che "conosceva" direttamente? O si trattava di altro?
«Sì. Hai un taglio.» disse poi lapidario. «E ti sei slogata anche un braccio, mi sembra.» lapidario e… arrabbiato?
E continuava a premere sul ginocchio con la mano in tensione…
Emma si sentì in colpa… «… Sei arrabbiato? Credi che io abbia sbagliato…?» Si sentiva in colpa per aver picchiato quei due… Aveva paura di aver fatto una cosa sbagliata ed avventata e di essere giudicata per questo da lui…
«Arrabbiato perché hai difeso Misao e te stessa da due rifiuti della società ed arrabbiato perché facendo questo sei stata ferita?» le chiese impassibile.
«… Non lo so… però mi sembri arrabbiato…» farfugliò Emma.
«Non sono arrabbiato con te.»
Emma sentì che questa non era una bugia…
«Ora cosa dovremo fare? Dovremo andare alla centrale di polizia per la denuncia? Mi creeranno problemi perché li ho picchiati?» gli chiese Emma, all’improvviso spaurita come Misao.
«Sì, dovrai andare alla centrale. Ma non oggi. Ora prenderanno i tuoi dati ed una prima breve deposizione. Domani andrete. Ma non si permetteranno mai di farti problemi.» le disse lui sicuro.
«Tu… tu… verrai con noi…?» le chiese Emma, in un momento di debolezza… Quanto desiderava che lui andasse con loro…
«Sì. È naturale.» disse Elle con tutta la tranquillità del mondo.
«Allora non mi faranno problemi sicuramente…»
«Già.» e la guardò meglio e più intensamente. «Possiamo andare a prendere le tue maglie dentro.»
Emma sorrise. “Possiamo”?! Noi… Non era "sola"... Si alzò e lui la seguì all’interno…
 
La polizia arrivò e tutto avvenne così come aveva detto Elle.
«Ok ragazze, vi riaccompagno a casa…» disse Kei esausto.
«Emma deve andare in ospedale.» disse Elle.
«Ma io non ho bisogno dell’ospedale!!!» si ribellò Emma.
«No, tu devi andare in ospedale.» ripetè freddamente Elle senza ammettere repliche.
«Sì, Ryuga ha ragione… Il taglio sulla mascella, il braccio contuso, le ferite sui gomiti…» disse Misao.
«La accompagnerò io e poi la riporterò a casa.» si impose di nuovo Elle con il suo naturale tono di comando.
Kei alzò le mani, nel gesto di resa. «Possiamo fidarci di te, Ryuga?» gli chiese, tra il serio e lo scherzoso e guardando contemporaneamente Emma, attendendo un suo assenso…
Non era così sciocco e poco attento agli altri come voleva apparire...
«Sì. Potete fidarvi ciecamente di lui.» disse Emma sicura.
La Rolls Royce nera girò l’angolo in quel momento e si fermò davanti a loro.
Misao e Kei sgranarono gli occhi nel vederla.
E poi si salutarono.
Emma salì in macchina…
Quanto volte aveva sognato ed immaginato di essere in quell’auto…
Elle si arrampicò e accovacciò sul sedile «All’ospedale.» disse a Watari.
«Buonasera, io sono Emma.» si presentò lei all’anziano signore.
«Buonasera Miss Emma. Piacere di parlarle.» rispose lui cordiale e caldo.
«Il piacere è tutto mio. Lo desideravo da tempo…» disse Emma, accennando un lieve sorriso sincero.
L’auto si mise in moto.
Poi Elle ruotò il capo verso di lei. «Tu hai picchiato quei due sconosciuti. E ora sali tranquillamente in macchina con me. Non è molto coerente e responsabile da parte tua.» le fece notare con semplicità.
«Invece lo è. Io non mi sono mai sentita più sicura in tutta la mia vita come in questo momento…» e abbassò lo sguardo verso la L stampata sulla sua t-shirt e poi ritornò su di lui… «Ma ora non ce la faccio a parlare di questo… Ora non ce la faccio davvero…» e lo osservò con occhi affaticati,  innocenti e veri…
«Non ho intenzione di parlarne ora.» ribattè asciutto Ryuzaki.
Emma sorrise, stanca e arrendevole…
Si appoggiò allo schienale del sedile e chiuse gli occhi, raggomitolando il suo corpo sottile nel cappotto… Divenne minuscola nonostante fosse alta...
«Grazie, Ryuzaki…» le uscì come un sussurro mentre le forze finalmente la abbandonavano in quell'atmosfera tranquilla e sicura… Le uscì quel nome con cui lo aveva sempre nominato… e lo stato di veglia la lasciò cadere in quel sonno profondo senza sogni e senza emozioni cui aveva imparato ad abituarsi...E poi il respiro le si appesantì appena…
Watari osservò Elle dallo specchietto retrovisore.
Era immobile, con lo sguardo fisso davanti a sé e stringeva convulsamente le ginocchia con le dita di entrambe le mani…
Rabbia? Frustrazione perché non capiva a quale gioco lei stesse giocando? O magari qualcos’altro?
 


Ho tanta paura che non vi piaccia più…
Ma spiaccico le ansie sotto una pressa e vado avanti ;D
Spero che si intuisca come il rapporto tra Emma ed Elle stia crescendo… lentamente… a forza di parlare…
Non so se riuscirò a postare un capitolo prima del Natale. Ma certamente le vacanze saranno un momento per scrivere!!!! E non vedo l’ora di poterlo fare, dedicandomi solo a questo!!! Comunque se non lo farò prima del 24, potrò solo dopo il 27, perchè partirò e sarò senza connessione internet... :(
Quindi, mi anticipo, nel caso in cui io non possa postare nulla prima…
BUON NATALE A TUTTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!
E poi…grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
È fantastico che mi leggiate!!! E naturalmente un grazie particolare a Kiara-Nana per il supporto, alla mia Lauretta-pulcino che ho ribattezzato “il mio editor”, e a Saretta che so essere molto impegnata, ma è stata sempre colei che mi ha spinto a pubblicare :D

 

Eru

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Capitolo 17
*** 17. Il lembo della maglietta ***


Risorgo dal Natale!
Eccolo qui, speriamo di non deludere aspettative… ma mi sa tanto che succederà...
 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.  

17. Il lembo della maglietta

 
Quel sonno nebuloso e profondo lentamente iniziò ad abbandonare Emma e lei, ancora stordita, riaprì gli occhi…
Il motore dell’auto era silenzioso.
La città all’esterno era silenziosa.
Dietro al finestrino le luci dei lampioni e le insegne pubblicitarie sfavillanti degli alti palazzi di Tokyo apparivano e scomparivano, nella notte, lungo la strada, mentre la macchina procedeva.
L’abitacolo era caldo e accogliente.
Le sembrava di essere, ora, in un sogno…
Girò il capo senza fare rumore, col corpo ancora avvoltolato nel cappotto lasciato aperto.
Elle guardava fuori dal finestrino, in silenzio.
Era vicinissimo…
Lei era praticamente al centro del sedile posteriore…
E lui era veramente vicinissimo…
Era vero?
Era proprio lui?
Emma ne percorse i capelli bruni… si soffermò sull’incavo scolpito sotto il collo latteo… passò alle braccia incrociate languidamente sulle ginocchia e alle dita lunghe e sottili… poi tornò indietro, al busto asciutto, ma definito sotto la maglietta candida…
Era così vicino… la mano rilassata e abbandonata sul sedile quasi lo poteva toccare…
E a lei non sembrava reale più nulla in quel momento…
Si lasciò annebbiare da quella realtà, lasciò che quella dimensione strana ma reale la cogliesse, l’avvolgesse e si confondesse con la dimensione dei sogni, dei sogni che non faceva più…
Lentamente distese le dita e gli sfiorò la morbida e ampia t-shirt…
Ne racchiuse un lembo tra le dita…
Lui non si mosse. Forse non se ne accorse, perché Emma fu delicatissima… Forse… E continuò a guardare fuori dal finestrino…
E neppure lei si mosse…
Rimase così, abbandonata, rannicchiata al centro del sedile, col capo poggiato allo schienale e rivolto verso il suo Elle, vicina a lui e con un lembo della sua maglietta tra le dita…
Un sogno…
Forse per quello non sognava più…
Perché quello era un sogno…
Quello era già un sogno, una dimensione parallela, e lei ci stava vivendo…
Girò appena le pupille e nello specchietto retrovisore incrociò gli occhi di Watari, che le sorrisero caldi, come solo gli occhi di alcuni anziani possono fare, e poi ritornarono sulla strada…
Lui l’aveva colta mentre osservava il suo pupillo, mentre Emma stava osservando il suo Elle…
Lei sospirò, ma non lasciò la t-shirt, né Watari interruppe quel silenzio…
Fu Elle a girarsi dopo quel sospiro lento…
E la guardò negli occhi.
Spostò poi le nere ed enormi pupille in basso a guardare il lembo della sua maglietta stretto tra le dita di Emma…
E poi ritornò con gli occhi su quelli di lei, senza dire nulla, senza mutare espressione…
Emma sostenne quello sguardo ed inumidì appena il labbro inferiore nascondendolo per un attimo sotto quello superiore, e poi allentò la presa lentamente e lasciò il cotone, abbassando gli occhi per un attimo per poi ritornare di nuovo su di lui poco dopo, con uno sguardo trasparente e sincero che voleva semplicemente e candidamente dire: “Scusami…”. Scuse neppure sussurrate…
E allora Watari parlò.
Forse lo fece perché conosceva Elle meglio di chiunque altro e sapeva che in quel momento c’era “qualcosa” in quell’auto, qualcosa che il suo pupillo non era abituato a gestire, o forse perché voleva che lui potesse vivere e gestire quel “qualcosa”, quella strana a nuova atmosfera, da solo, senza gli occhi indiscreti di un anziano “autista”…
Ma questi erano i pensieri di Watari…
E quelli di Elle?
E così, il signor Wammy con voce dolce parlò, senza perdere di vista la strada «Come si sente Miss Emma? Spero un po’ meglio… Comunque siamo quasi arrivati.»
«Mi sento come prima…» rispose lei sorridendo «Fisicamente mi sento come prima… ma adesso aleggia intorno a me una specie di placida e quasi surreale serenità e da quando sono qui non mi era mai capitato… E questo dipende da voi… Grazie…» e guardò di nuovo Elle.
Era esattamente ciò che provava in quel momento, era esattamente la serenità che in quel mondo non aveva mai provato… e non ebbe alcun problema a comunicarlo… Questa era Emma.
Elle la guardava impenetrabile, ma non parlava…
Di fronte a questo non parlava.
Ed Emma ci fece caso.
«Non dici niente… » gli disse.
«No. Suppongo che non sia il momento adatto.» ribattè coerente e logico, come sempre.
Emma assottigliò appena gli occhi grigiastri, senza sollevare il capo adagiato e rilassato sullo schienale…
«…Tatto? Stai parlando di tatto?!» gli chiese un po’ stupita e riacquistando un po’ di quel vago tono pungente e di sfida che anche la caratterizzava. «Be’, in effetti a volte anche tu sembri averne…» concluse poi, ripensando a quando il padre di Light era finito all’ospedale ed Elle, al suo capezzale insieme a Light, si era comportato con un minimo di accortezza, apparendo anche quasi premuroso, quasi.
«Be’, pare proprio che tu ti sia ripresa.» disse allora Elle dopo l’ennesima battuta provocatoria ed ambigua di Emma.
Attese qualche istante, osservando il sorrisetto stanco, ma divertito che si stava formando sul viso cristallino di lei, e poi ricominciò «Quindi posso anche evitare il mio “rarissimo tatto”.»
Emma lo guardò con occhi interrogativi che lo spingevano a continuare.
E lui continuò «Credo che tu dica quello che pensi sempre, in modo alquanto poco comune.»
«La cosa ti dà fastidio?» gli chiese lei a bruciapelo.
«Se mi facessi finire il discorso, non avresti bisogno di interrompermi e fare domande.» la gelò lui placidamente.
Emma si morse il labbro e rimase zitta…
E lui proseguì, impassibile «Dici sempre quello che pensi, in modo alquanto poco comune, ma la cosa non mi disturba. Lo faccio anch’io, come del resto tu affermi di sapere bene. Tuttavia nello stesso tempo sei assolutamente enigmatica, sfacciatamente enigmatica senza mentire, ed ometti molto. Questo comportamento “misterioso” cozza violentemente con la tua “trasparenza”, è contrastante. Ma anche questo temo non mi disturbi.»
Elle si riconosceva anche in quest’ultimo aspetto di Emma?
Questo aspetto “enigmatico” di lei lo interessava e lo incuriosiva come una cosa nuova? In fondo era sempre stato lui a comunicare agli altri un’atmosfera di curiosità, mistero e sgomento…
Emma attese un po’ e poi rispose «Sì, so che questo comportamento non sembra “da me”, che contrasta con il mio atteggiamento a volte troppo schietto… e glisso sul come tu riesca ad intuire la mia personalità… Io non potrò dirti tutto quello che vuoi… Non ancora… So che devo aspettare…» e si fermò qualche istante.
Sì, Emma sapeva che doveva attendere… doveva attendere che lui fosse in qualche modo “predisposto” ad accettare quella rivelazione assurda, senza ruzzolare da una sedia e senza il rischio che potesse considerarla inattendibile… No, magari inattendibile no… Perché Emma sapeva troppe cose “vere” perché lui potesse stimarla inattendibile… Però sentiva che doveva attendere, perlomeno a raccontargli la faccenda della dimensione parallela del fumetto… Come si fa a dire ad una persona che respira, di sangue e carne, che in realtà è il personaggio di un manga di successo?
Poi ricominciò incalzante e diretta «Cosa vorresti chiedermi?»
Elle rimase a fissarla «Siamo arrivati in ospedale. Per il momento ti prego soltanto di non chiamarmi “Ryuzaki” o in nessun altro modo oltre “Ryuga”, perlomeno di fronte ad altre persone che non siano me.»
«… Oddio… sì… scusa… altre persone che non siano te e lui, naturalmente…» aggiunse Emma girando lo sguardo verso Watari.
«Sì, naturalmente. Oltre me e lui.»
Tacito assenso.
Tacito assenso tra due persone che “sapevano”.
Inaspettato tacito assenso tra due persone che sapevano.
Eppure Elle aveva affermato di “non avere finito” con Emma…
Perché lui non aveva insistito ora che Emma sarebbe stata quasi costretta a parlare?
Perché stava rimandando?
Veramente non aveva intenzione di torchiarla per “tatto”, dopo ciò che le era accaduto? Sembrava strano però, visto come era stato eccessivo e quasi disumano  nei confronti di Misa… Ma Misa era sospettata di essere il secondo Kira, un’accusa pesante, mentre Emma non era accusata di nulla…
Forse Elle aveva capito già molto più di quanto Emma non si aspettasse?
Voleva farla cuocere nel suo brodo, senza scucirsi?
Voleva ancora rimuginare con calma su quegli ultimi eventi per giungere ad una conclusione chiara prima di addentrarsi in una conversazione così delicata con lei?
O semplicemente non aveva alcuna intenzione di parlare, di intavolare una conversazione sul suo “essere Elle”, di dire qualcosa che potesse fornirle informazioni che magari lei non aveva veramente nella loro completezza?
Certamente per lui era ovvio che lei sapesse. Quanto sapesse era da definire…
Ma la sua incolumità ed il suo riserbo erano sempre al primo posto. E dopo aver deciso di entrare in ballo direttamente con Light, forse non aveva intenzione di farlo anche con lei… Forse…
Forse erano tutte queste cose insieme…o forse  non era nessuna di queste…
Entrarono nell’ospedale e Watari li attese in macchina.
Quando Emma uscì finalmente dall’ambulatorio era tardi. Aveva una benda sullo zigomo ed un tutore elastico che le sosteneva il braccio, nonché delle garze sui gomiti feriti, che però per fortuna non si vedevano perché sotto le maglie…
Trovò Elle rannicchiato come sempre su una panca del corridoio che l’aspettava.
Lei lo guardò e poi si guardò «… Sono un cerotto… È abbastanza evidente che non sono Wonder Woman! Meno male!» gli disse quasi ridendo «Ed è altrettanto ovvio che la prossima volta, ma mi auguro proprio che non ci sia una prossima volta, mi farò gli affari miei e andrò dritta a chiamare la sicurezza senza fare cavolate… Tutto ciò fa molto “dura dagli occhi di ghiaccio”… A ripensarci  adesso mi vergogno e mi sento ridicola…»
Elle si reinfilò le scarpe e si alzò. «Che non fossi Wonder Woman si era capito anche prima di venire in ospedale. È proprio il motivo per cui ci siamo venuti, in ospedale.» le rispose lui, vagamente ironico, nonostante il tono e l’espressione perennemente impassibili…
«Uhm… Già… Non infierire però!»
«Non sto infierendo, sto semplicemente dicendo come stanno le cose. Comunque, ti hanno dato un referto medico?» le chiese serio.
«Ah… Sì, certo.» gli rispose Emma un po’ confusa, tirando fuori dalla borsa un foglio.
«Perfetto. Domani sarà utilissimo in centrale, dovrai portarlo.» le disse con tono di comando mentre si incamminavano verso l’uscita.
«Agli ordini!» gli rispose Emma, ironica, poi proseguì «Sì… è giusto… Ecco  perché volevi che io venissi in ospedale… Secondo te anche i due energumeni ci saranno and…»
«Sì. A giudicare dal loro aspetto e dalle telefonate che hanno fatto dopo, hanno dei genitori con  ottimi avvocati-squali, che gli avranno certamente consigliato di andare al pronto soccorso.» la interruppe Elle.
«Giusto… Potrebbero riuscire a ritorcerla contro di me? Alla fine è la parola di loro due contro quella mia e di Misao…» gli chiese Emma preoccupata.
«Non accadrà.» le disse lui lapidario.
«Devo sentirmi “raccomandata”?» domandò Emma curiosa e storcendo il naso…
“Raccomandata” dal grande Elle…
«“Raccomandata”? Hai qualche avvocato-squalo nascosto sotto il cuscino che possa far valere le tue ragioni e la tua evidente versione dei fatti?» vagamente odioso…
«No che non ce l’ho…» disse Emma toccandosi il naso col dorso della mano come una ragazzina.
«Allora fatti “raccomandare”. Quei due sono feccia. Tu e Misao siete state aggredite e tu ti sei difesa. Questo è ciò che è accaduto, è evidente da ogni dettaglio e questo è ciò che verrà fuori.» chiuse gelido Elle.
Emma non commentò…
Tacito assenso di nuovo… “Raccomandata” dal grande Elle in persona. Lo sapevano entrambi.
E uscirono insieme dall’ospedale, senza più parlare.
Quando furono di nuovo nell’auto, Watari le disse «Miss Emma, dove dobbiamo accompagnarla?»
«Ah…ehm…sì dunque…» e gli disse l’indirizzo di Misao…
Ma… allora non sta indagando su di me!!! Sono certa che, se lo stesse facendo, ora Watari saprebbe esattamente dove abito… O magari fingono di non saperlo… Non lo so…
Tuttavia l’ospedale era lì vicino, nel quartiere dove viveva Misao e lontano dal The old doks
Perciò in breve tempo giunsero davanti alla casa.
Emma sospirò«Grazie di tutto… grazie anche a lei… » disse guardando Watari.
«Dovere, Miss Emma.» le disse Watari sorridendo.
«Già…» rispose Emma, “riconoscendo” bene anche lui in tutti quei modi cordiali e solo appena cerimoniosi «Allora domani ci vediamo alla centrale di polizia…?» disse rivolta ad Elle.
«Sì.» rispose lui con calma.
«Ehm… quando…? O proviamo a vedere se ci incontriamo lì, così per caso?» aggiunse Emma sollevando perplessa le sopracciglia in un sorrisetto appena accennato.
«Nel pomeriggio.»
«Uhm… Ho la sensazione che non verrai…» sempre sincera, ma senza alcuna pretesa…
«Non devi preoccuparti di niente.» le disse lui lapidario
«D’accordo… Mi fido… Grazie ancora, Ryuzaki…» e lo fissò.
«Non ringraziarmi, Emma, non ancora.» rispose lui enigmatico.
Fa quasi paura questa risposta… Cosa… cosa significa?
Watari allora uscì dall'auto ed aprì ad Emma la portiera.
Lei uscì e accennò un sorriso di ringraziamento.
Poi si avviò al portone.
La macchina di Kei era sotto il palazzo… Era rimasto con Misao che sicuramente era terrorizzata e scossa…
Doveva succedere una cosa del genere per smuovere quell’idiota!
Entrò nel palazzo, riaccompagnò il portone a vetri dell'ingresso e ne fece scattare la serratura. Solo allora la Rolls Royce ripartì… Emma, dall'androne e in piedi sull'uscio chiuso, sollevò la mano per salutare, ma i finestrini oscurati dell'auto erano un muro invalicabile, come sempre…
 
«Hai già predisposto per domani, così come ti ho detto?» chiese Elle a Watari.
«Certamente.» si arrestò per qualche istante e poi ricominciò «Ryuzaki, dunque ritieni che lei non menta?» disse Watari.
«No. Non sta mentendo e non sta giocando. Ma omette, omette spesso. E vuole qualcosa da Elle, la vuole fin dall’inizio.»
«Aiuto magari?»
«No Watari. Non vuole aiuto.» e si girò verso il finestrino.
 
Il giorno successivo tutti naturalmente ottennero dal prof. Usui il completo appoggio ed il sacrosanto permesso di non andare al lavoro per poter andare alla centrale di polizia.
Ma Elle non c’era.
Elle non arrivava.
Appena furono davanti all’agente mostrarono i loro documenti per iniziare le procedure.
Il poliziotto lesse i dati «Ah… Allora dovreste attendere solo qualche minuto.» disse loro alzandosi.
Poco dopo arrivò un altro agente, più anziano «Salve ragazzi. È una faccenda orrenda quella che è capitata alle ragazze. Ma non vi preoccupate, nessuno si permetterà di perpetrare ingiustizie. Potete stare tranquille, avete le spalle più che coperte da tutti gli agenti. E pare che, in ogni caso, il vostro avvocato sia uno tostissimo, con agganci molto in alto ed ovunque. Pochi si metterebbero contro di lui. Non capita praticamente mai.» e gli sorrise strizzandogli l’occhio e sedendosi davanti allo schermo per iniziare le consuete domande per la deposizione…
Misao e Kei si guardarono perplessi e poi guardarono Emma, la quale scosse appena il capo ad indicare che non sapeva cosa dire…
È lui… Se n’è occupato lui… Avvocato…?
E così uscirono indenni, sollevati e liberi dalla centrale.
Ne uscirono senza aver visto Elle…
«Emma… ma Ryuga?» chiese Kei.
«Ryuga… Non lo so… Ryuga è fatto così…» è un bugiardo… ci ha aiutato ma è un bugiardo… e perché lo adoro anche se è così, maledizione?! Ed accennò un sorriso spento e mesto.
E ora…? Oddio… Lo rivedrò…?
A Misao si strinse il cuore a vederla così. «Non hai nessun modo di rintracciarlo? Avrei voluto invitarlo al mio compleanno… Magari il signore che lo accompagna sempre lo puoi contattare… mi hai detto che lui è più disponibile e “normale”…» le disse dolcemente.
«No. Non ho nessun modo.» chiuse duramente il discorso Emma, continuando a camminare osservando la strada dritta davanti a sé.
Kei e Misao si guardarono, ma non dissero niente.
Non devo dimenticare chi sia Elle. Devo sempre tenere a mente cosa stia facendo qui e contro chi stia combattendo. Sono una sciocca. Una stupida sciocca!!!
Questo periodo di “assenza” del caso Kira mi sta portando fuori strada e mi sta facendo uscire fuori di testa… E' assolutamente ovvio e logico che non sia venuto. È stato strano invece che finora ci sia stato!

Era il 19 gennaio.
Ed Elle in quel momento era chissà dove, rannicchiato per terra davanti al suo portatile bianco, con la sola luce del monitor ad illuminargli il volto candido, in una grande suite impersonale, sperduto in qualche lussuoso albergo di Tokyo…
Irraggiungibile.
Irraggiungibile quasi come fosse ritornato ad essere il personaggio leggendario di un fumetto.
 
Era mattina presto.
Emma si strinse nella sciarpa, in piedi davanti alle bacheche dell’atrio della Todai.
Non erano ancora usciti.
I risultati del primo turno dell’esame di accesso alla Todai non erano ancora usciti.
E naturalmente non erano uscite nemmeno le date del secondo turno.
Era troppo presto.
Era il 22 gennaio. Erano passati solo cinque giorni dal test.
E ad Emma sembrava trascorsa un’eternità.
Kei entrò rabbrividendo nel cappuccio di pelliccia del piumino. «Ohi! Buongiorno Emma!» esclamò vedendola nell’atrio.
«Buongiorno Kei.» rispose Emma.
«Ho subito una news! L’ho letta stamattina fresca fresca sul giornale! Pare che Kira ieri abbia giustiziato BB, il cosiddetto serial killer di Los Angeles!»
«Ah, già… è vero…» sussurrò Emma.
«Ma lo sai che pare che il tuo amato Elle avesse collaborato alla sua cattura anni fa? Secondo te lui è stato toccato da questa cosa, ne è stato contento oppure no?»
«Sì, lo sapevo. Ma… Kei… Sbaglio o mi stai prendendo per i fondelli? Non hai bisogno della mia opinione per saperlo… Andiamo a lavorare che è meglio! Anzi, prendiamo un caffè al distributore, se no oggi non mi sveglierò!»
E si avviarono nel corridoio.
 
Ed Elle come avrà reagito alla morte di Beyond Birthday? Ve lo sarete certamente chiesto.
O forse no?
Emma certamente non l’ha fatto.
Emma non ha idea di quali siano le complicazioni ed i legami tra BB ed Elle…
Perché quella inquietante vicenda di invidia e follia non riguarda il manga Death Note.
Emma sa solo che a quel caso partecipò anche Naomi Misora.
E quindi, Elle, solo nella suite di quello sconosciuto albergo come starà reagendo alla morte di Beyond?

 
Data di svolgimento della seconda prova di ammissione: 13 Febbraio.
Elenco ammessi alla seconda prova: … Hidechi Ryuga … Yagami Light …
L’aveva controllato ogni giorno.
L’aveva controllato ogni mattina per due settimane.
I giorni erano trascorsi in modo monotono.
Il lavoro.
La palestra.
Qualche uscita in compagnia.
La ricerca di un appartamento per lasciare la stanza che aveva occupato a casa di Misao per il primo mese e mezzo della sua permanenza in Giappone.
Il trasbordo della sua roba nella nuova casa in affitto, cui l’università aveva contribuito coprendo una percentuale abbastanza alta. Fantascienza… In Italia è fantascienza… Aveva pensato Emma.
E ora era davanti a quella bacheca. I risultati erano usciti.
Avrebbe dovuto attendere ancora dieci giorni e poi, forse, lo avrebbe rivisto, forse…
«Allora, novità?» chiese Misao ad Emma appena entrò nel laboratorio.
«Il 13 Febbraio, la prossima prova è il 13 Febbraio.» disse secca Emma.
«E Ryuga è stato ammesso?» le chiese ancora.
«Certo che è stato ammesso.» e si sedette al tavolo, pronta per una nuova giornata di lavoro davanti al pc.
Nel primo pomeriggio bussarono alla porta.
«Avanti…» Misao alzò la testa perplessa, non bussava mai nessuno…
Emma invece non la alzò proprio la testa. Quando era concentrata non sentiva assolutamente nulla.
La porta si aprì.
Silenzio.
«Emma, cercano te....» la richiamò Misao con una voce strana...
Lei sollevò lo sguardo.
«Buon pomeriggio, Miss Emma.» la salutò una voce gentile.
Emma sgranò gli occhi e si alzò.
«Buona giornata a lei! Che bello rivederla!» esordì entusiasta, dopo la prima empasse di sorpresa.
«Felice di trovarla sorridente ed in buone condizioni di salute. Vedo che il suo braccio è ormai ritornato come prima ed anche il taglio sul volto è quasi scomparso.» commentò Watari sorridendo.
«Già.» rispose Emma sfiorandosi lo zigomo con la mano «Cosa la porta qui da noi?»
Misao e Kei osservavano Watari, che era rimasto in piedi.
«Prego! Si sieda qui!» Misao si alzò e gli offrì la sua sedia.
«La ringrazio infinitamente, Miss Misao. Non ce n’ é bisogno, non mi tratterrò molto. Lei è stata comunque veramente deliziosa.» era squisitamente sincero nella sua cordialità. «Sono qui per sincerarmi delle vostre condizioni e per scusarmi della nostra assenza alla centrale di polizia e per il periodo successivo. Sono stati giorni intensi e strani.»
Strani? … Perché strani…? Non succede niente in questo periodo… non succede assolutamente nulla di rilevante… A meno che… a meno che non abbia ragione Kei, in qualche modo, riguardo BB… 
Watari proseguì «Ma spero che sia andato tutto per il meglio riguardo la faccenda di quei due teppisti.» disse rivolgendosi a Misao ed Emma alternativamente.
«Sì, è andato tutto benissimo.» rispose Emma per entrambe «e vi dovremmo ringraziare, immagino, per l’interessamento.» continuò lasciando intendere ciò che solo lei, Watari ed Elle potevano sapere…
Misao si intromise «Oh, sì! Siete stati veramente gentili ad accompagnare Emma all’ospedale… Io ero sotto shock…»
«Dovere» rispose di nuovo il signor Wammy.
«Senta, magari le sembrerò sfacciata, ma mi farebbe tanto piacere chiederle una cosa…» continuò Misao.
«Prego, mi dica pure.» la esortò Watari.
«Sa… oggi è il mio compleanno e lo festeggeremo stasera… Mi farebbe felice se lei potesse comunicare a Ryuga il mio invito…» e le fece un sorrisino dolce.
«Riferirò senza dubbio. E tanti sentiti auguri, cara.» sorrise Watari.
Kei si alzò con un foglietto e lo porse all’anziano gentiluomo inglese «La festa si terrà a casa mia. È piuttosto grande. Questo è l’indirizzo.»
«Grazie infinite ragazzi, sono colpito dal vostro calore. Ora vi saluto e spero vivamente di rivedervi presto» e poi osservò Emma, sollevò il cappello e si inchinò lievemente col capo «Ancora auguri, Miss Misao.»
Si voltò e sparì dietro la porta.
Rimasero tutti e tre in piedi…
Misao, Kei ed Emma in piedi a guardare verso la porta.
«Verrà?» chiese Kei, senza spostare lo sguardo dalla maniglia.
«Non ne ho la più pallida idea...» rispose Misao, anche lei senza modificare la traiettoria dei suoi occhi.
Emma rimase in silenzio, ferma.
Perché è venuto?
È stata una scelta sua o l’ha deciso Elle?
Cosa vogliono?

 
«Sei… come dire… sei tu… sei bella! E poi il tuo tocco casual si nota sempre… Oh, Emma, dovresti vestire sempre così!» le disse Misao con gli occhi che le brillavano.
«Sì certo, come no? Sai che l’ho fatto per te. Questo è il mio secondo regalo di compleanno. Te l’avevo promesso! Ci tenevi troppo a che tutti fossero al meglio per questa serata! E poi alla fine soltanto i pantaloni sono  un “azzardo” per me.» le strizzò l’occhio Emma.
Un paio di pantaloni di pelle nera le aderivano morbidamente alle gambe lunghe e sottili ed una semplice t-shirt grigia le fasciava il seno contenuto con le immagini dei sottomarini colorati di yellow submarine dei Beatles. I capelli nerissimi erano raccolti in alto con un bastoncino e le ricadevano qui e lì in lunghe ciocche.
Tutto qui.
Il regalo di Emma a Misao era tutto qui.
«Io scendo intanto, tu sbrigati! D’accordo che sei la festeggiata, ma farsi aspettare troppo non va bene! E poi è tempo tolto al divertimento!» le disse Emma in modo squillante, aprendo la porta del bagno.
Kei aveva una villa enorme su due piani.
Anzi, i genitori di Kei avevano una villa enorme su due piani.
Ed era già piena di ragazzi.
Erano arrivati quasi tutti.
Erano le dieci passate.
Emma scese le scale.
Kei aveva lasciato aperta la porta d’ingresso, perché il campanello suonava in continuazione da circa mezz’ora e lui si era stufato di aprire a tutti.
E allora Emma lo vide.
Era ancora sulle scale quando lo vide e si bloccò.
Era assurdo che lui fosse lì.
Assurdo!
Elle varcò la soglia.
Non si guardò intorno.
Con le sue consuete mani in tasca avanzò nell’ampio ingresso e si diresse verso il salone da dove provenivano le voci e la musica.
Emma allora si riscosse e si affrettò per le scale.
Non lo chiamò.
Lo raggiunse semplicemente alle spalle.
Allungò una mano e delicatamente afferrò un lembo al lato del bordo della sua maglietta.
Lui si voltò.
Ed Emma non lo lasciò.
Lui osservò le dita di lei che stringevano il cotone, ma ancora una volta non disse nulla e rimase col capo chino, le spalle curve, le mani in tasca e gli occhi su di lei.
Fu Emma a parlare «Non capisco. Io non capisco! Tutto questo è assurdo… Vederti in questo contesto è ancora più assurdo che vederti al The old docks…» gli disse sconcertata.
«Sono d’accordo.» rispose lui.
«Perché sei qui?» gli chiese.
«Perché non ho finito con te. Mi sembrava di avertelo detto.» le rispose lui serio. «Comunque ciao, Emma» aggiunse alla fine con una vaga espressione di scherno…
 


 Dunque, non voglio annoiarvi, quindi vi dico solo che questo capitolo non mi convince, per niente :(  ma le feste mi hanno fatto produrre questo ed evidentemente hanno azzerato le mie capacità, se mai ce ne siano!!! ;)
La tensione scende sicuramente rispetto al precedente…
Ma non so…
Inserire Elle nel contesto festa mi sconvolge quanto Emma ;D e, come mi ha suggerito qualcuno, chi sa cosa ne penserebbe Ohba… Tremo al solo pensiero… Meno male che è una cosa di cui posso tranquillamente non preoccuparmi :D
Durante il Natale comunque la mia mente ha elucubrato ed ho pazzamente deciso anche di dedicarmi a qualche lavoretto su Photoshop… La fine del capitolo 11 vi darà un’idea di ciò che ho partorito e magari vi farà definitavemente realizzare che le feste sono state deleterie per me :D
Questa volta spero comunque di riuscire ad aggiornare prima di una settimana… Anche per recuperare al flop di questo capitolo che rimane sospeso, anche se probabilmente i passi avanti ci sono… bisogna osservare bene… ;)
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Se non apparirò su questi lidi prima…
BUON ANNOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!
 
 

Eru

 

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Capitolo 18
*** 18. Una situazione singolare ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

18. Una situazione singolare

 

(Dal capitolo precedente)
Lui osservò le dita di lei che stringevano il cotone, ma ancora una volta non disse nulla e rimase col capo chino, le spalle curve, le mani in tasca e gli occhi su di lei.
Fu Emma a parlare «Non capisco. Io non capisco! Tutto questo è assurdo… Vederti in questo contesto è ancora più assurdo che vederti al The old docks…» gli disse sconcertata.
«Sono d’accordo.» rispose lui.
«Perché sei qui?» gli chiese.
«Perché non ho finito con te. Mi sembrava di avertelo detto.» le rispose lui serio. «Comunque ciao, Emma» aggiunse alla fine con una vaga espressione di scherno…
Emma rimase a guardarlo.
Era quello che voleva.
Era proprio quello che lei voleva.
Che lui non avesse finito con lei.
Quindi rispose decisa «Ed io sono contenta che tu non abbia finito con me. Sono molto contenta anche se non capisco. Ma il fatto che io mi trovi a non capire è qualcosa che avevo previsto, che mi aspettavo, anche se nella realtà, di fronte alle tue mosse, non posso che rimanere scombussolata. Sono umana.» Si fermò qualche instante.
E lui accennò un sorriso… un vago e leggero sorriso, come di soddisfazione…
Incredibile…
Poi Emma aggiunse, diretta «Comunque ciao, Ryuga.» e calcò il nome, scandendone bene le sillabe.
Erano lì, uno di fronte all’altra.
Emma gli parlava schietta e trasparente come sempre, ma continuava a stringergli la maglietta…
Sì, gli stringeva la maglietta e gli parlava «Vedo che ti faccio sorridere. Anche questo è singolare…»
«Sorrido perché sei un ottimo interlocutore, perché non demordi, perché rispondi sempre, perché prosegui secondo i tuoi ragionamenti, perché li palesi in modo trasparente, senza tuttavia volermi far veramente capire cosa intendi, fermandoti sempre un istante prima del dovuto. E questo è divertente. È un altro puzzle.» disse lui, mantenendo quell’espressione enigmatica, ma impercettibilmente soddisfatta.
«Ryuga!!!! Che bello! Ci sei anche tu!» gridò Misao contenta dalle scale, scendendole rapidamente.
Elle ed Emma alzarono il capo verso di lei, che li raggiunse in un attimo e poi osservò, in silenzio, che lei lo teneva per la maglia...
Ma né Emma lasciò la presa, né lui si spostò.
Rimasero così, semplicemente a guardare la festeggiata.
«Ciao Misao, tanti auguri.» le disse lui innocentemente.
«Grazie! Sono contenta che tu sia venuto!» disse raggiante «Non dimenticherò mai l’aiuto che ci hai dato nel lavoro e poi… naturalmente… il supporto la sera dell’aggressione… Emma non parla molto di te… ma aveva ragione, ci si può fidare ciecamente, sei speciale!» e gli sorrise.
Lo aveva capito, a modo suo. Aveva capito che lui era una sorta di “pilastro”, uno di cui fidarsi…
Misao continuò «Vogliamo andare a bere qualcosa? C’è anche la crema di whisky!» e gli strizzò l’occhio prima di incamminarsi velocemente verso il grande salone e dileguarsi senza insistere o disturbarli ulteriormente. Perché per Misao Emma ed Elle dovevano rimanere soli il maggior tempo possibile…
«È come l’hai definita tu. È “perfetta”» disse Elle con un tono tranquillo, che non nascondeva enigmi, gelo o sottintesi… «è una perfetta donna giapponese.»
«Cosa intendi?» gli chiese Emma curiosa.
«Che è ospitale senza essere invadente, che dice ciò che va detto al momento giusto, anche con un pizzico di malizia femminile, che sa essere entusiasta senza esagerare e poi si allontana discretamente. Senza parlare dell’aspetto sempre impeccabile. È una “copertina” perfetta di Flashstyle.» osservò lui ancora senza alcun tono particolare, quasi annoiato.
«Flashstyle?!» chiese Emma.
Ma che diavolo è Flashstyle … Oddio, vuoi vedere che…
«La più famosa rivista di moda al mondo, Emma. Io non sono preparato su questo aspetto, ma osservo molto. Mi lascia perplesso il fatto che tu non la conosca. Ma forse non dovrei esserlo in effetti.» disse lui portandosi candidamente il pollice sulle labbra.
«Ah sì… Già… Non so perché ero convinta si chiamasse Vogue…»
Era un po’ che non saltavano fuori altre stranezze…
«Dalle tue parti le cose cambiano nome, pare.» commentò lui impenetrabile.
«Già…» ammise lei «… e non cambiano solo nome, purtroppo… anzi…» lo guardò meglio negli occhi «non “purtroppo”… per fortuna…» Poi ripartì in quarta «Mi stai dicendo che Misao è “finta”?»
«No. Non era nelle mie intenzioni. La mia era un'innocua analisi. Osservo semplicemente. E tu difendi la tua amica. Ma non consideri che la mia avrebbe potuto essere un’offesa a te.» la punzecchiò ancora.
«Un’offesa a me? … Ma perché… mi avresti offesa? … Cos’avresti detto per offend…» e poi si illuminò all’improvviso in un sorriso divertito e sincero «Non mi offendo mica se non ti stupisci del fatto che io possa non conoscere Flashstyle, non noto la “perfezione” nello stile, o meglio, la noto, ma non mi attira e quindi è fuori discussione che io possa offendermi per questo. In fondo ci sta. In effetti avrei anche potuto non conoscerla la rivista Flashstyle.» e gli sorrise con un’espressione dolce.
Il discorso aveva deviato.
L’arrivo di Misao aveva spostato la loro conversazione su altro.
Ma Elle ed Emma parlavano ugualmente.
Ogni spunto.
Ogni sciocca commento sembrava lanciarli in una discussione…
Elle mostrò di nuovo quell’espressione soddisfatta e poi se ne uscì come un bambino, premendo il pollice sul labbro superiore e facendolo arricciare da un lato, mentre parlava «Ci sono dolci? Avrei voglia di una fetta di torta e di un po’ di quella crema di whisky.»
«Sì, ce ne sono tanti.» disse Emma sorridendo e assecondandolo «Andiamo di là.»
«Ci andiamo così di là?» le chiese lui, con una faccia quasi ingenua, ma non imbarazzata, guardando il lembo della sua maglietta che era rimasto tra le dita di Emma tutto il tempo…
Lei sgranò un po’gli occhioni e sbattè le palpebre innocentemente «… No. Magari no…» e lasciò la presa.
Si incamminarono nell’atrio ormai deserto per raggiungere gli altri ed il buffet che avevano faticosamente preparato nel pomeriggio tutti insieme, Emma, Misao e Kei.
Prima di entrare nel salone Emma si fermò un attimo «Ryuzaki.» gli disse sussurrando e senza guardarlo.
Lui rallentò il passo, si voltò e la fissò di nuovo, facendo riapparire quell’espressione fredda che lo aveva invece abbandonato fino a quel momento «Sì, Emma.»
«Potrò capire cosa vuoi da me…ad un certo punto lo potrò capire?»
«Quando io avrò definito in modo chiaro cosa tu voglia da me e perché lo voglia da me, Emma. E non temere, io non mollo. Non lo faccio mai.»
«Lo so.» commentò lei alzando lo sguardo «Grazie di avermi risposto ora…»
«Aspetta a ringraziarmi, te l’ho già detto.»
«Hai forse intenzione di fare qualcosa che mi inibirà dal ringraziarti? Credi che io non ti vorrò più vedere dopo che tu l’avrai fatta? È una minaccia?» lo incalzò lei.
Aveva capito, aveva percepito qualcosa… Emma era riuscita a percepire qualcosa delle intenzioni dell’imprevedibile Elle.
C’era l’1% delle possibilità che lei riuscisse a farlo…E questa non era una delle percentuali fasulle che Elle tirava fuori a proposito della possibilità che Light fosse Kira…
C’era veramente solo l’1% delle possibilità che Emma potesse capire.
Ed Emma invece aveva capito.
Sempre più interessante…
Veramente sempre più interessante…
Solo interessante? Emma…
Elle ribattè «Una minaccia? Non è vero che non capisci Emma. Capisci, per istinto o conoscenza. Ma capisci.» rispose lui.
Emma rimase basita.
Basita ed emozionata…
Vacillò appena.
Quello era un giudizio “positivo” su di lei?
No… Era forse solo un modo per confermarle che quella era una minaccia… Però…
«… Ok… Torta?» disse Emma alzando il tono della voce e ritornando in sé. «Se era una minaccia davvero è meglio che io mi goda questa festa finché posso!»
«Sì, torta.» chiuse lui.
Ed entrarono nella sala.
Kei li vide e li raggiunse. Salutò Elle sorridente e poi tornò a fare l’istrione con i suoi amici.
Emma arraffò una manciata di patatine e si preparò una vodka-orange. Era il suo drink preferito.
Elle si soffermò davanti al tavolo imbandito di leccornie.
Le osservò tutte per bene.
Poi si fermò davanti ad una torta al cioccolato che era stata tagliata a fette, ma era ancora intonsa. Nessuno aveva ancora intaccato il disco cacao della sua forma.
Guardò Emma. «Vorrei quella.» e la indicò con l’indice appeso.
Emma sollevò le sopracciglia «Uhm. E allora? Non credo sia un mio problema.» gli disse sorridendo divertita. «I tovaglioli sono lì. La paletta per aiutarti anche. Ingegnati, perchè con questi due semplici oggetti ce la puoi fare sicuramente! Qui funziona così ed io non sono “ospitale” e servizievole come Misao.» chiuse con una faccetta di sfida infantile e priva di malizia o asprezza.
Lui non si scompose per niente.
Ci pensò un attimo, si voltò, raccolse un tovagliolo e la paletta per dolci e si prese la fetta di torta che voleva.
Non era permaloso e non si offendeva, ovviamente. Il tutto rientrava comunque nel concetto della “libertà di comportamento”. Così come non si stupiva o non gli importava di cosa gli altri pensassero di lui, allo stesso modo non era minimamente toccato dalle eventuali battute o critiche velate.
E poi, del resto, era logico. Quello che Emma gli aveva detto era logico. Lui non ci era abituato, ma era logico. E la logica non veniva mai disdegnata.
«Bello essere autonomi, no?» gli disse Emma sempre più divertita.
«Può avere i suoi vantaggi.» disse dando un grosso morso alla torta, riempiendosi la bocca e masticando con gusto con gli occhi spalancati.
Quando ebbe finito si leccò una briciola che gli era rimasta sulle labbra candide «Potrei anche prendermi un bicchiere di quella crema di whisky allora?»
«Sì, potresti. La bottiglia è quella. I bicchieri lì vicino.»
E così fece.
Ingoiò la crema dolciastra e densa. «Hai visto He? È iniziato l’anime.» le disse poi con semplicità.
«Sì!!! Oh… favoloso… L’ho trovato favoloso… Hai visto che però hanno leggermente modificato qualche dettaglio? Piccole cose.»
«Sì, l’ho notato. Ma trovo che siano comunque scelte appropriate.»
E cominciarono.
Elle si tolse le scarpe e si appollaiò su un divanetto lì vicino ed Emma si sedette sul bracciolo dello stesso.
Elencarono tutti i dettagli e le sfumature varie, producendo un’analisi completa ed eccellente. Elle, naturalmente, aggiunse alcune considerazioni molto peculiari cui Emma non aveva assolutamente pensato. E lei aggiunse  qualche pensiero a proposito del fascino di He… Gliene parlò liberamente e senza vergogna. Ed Elle non poté che “imparare” da Emma a notare anche la capacità del mangaka di creare un personaggio fascinoso ed accattivante.
Emma si rimpinzò di patatine e si fece un’altra vodka-orange.
Lui si riempì un piattino di pasticcini alla nocciola e si prese, da solo, un’altra crema di whisky.
«Sai cosa trovo bellissimo? Che non abbiano inserito nessun detective particolare alle calcagna di He… Insomma, non c’è accenno alla storia trita e ritrita del “guardie e ladri”!» continuò Emma.
Elle si tuffò un biscotto in gola e poi masticando placidamente commentò «L’autore avrebbe dovuto creare il personaggio di un detective altrettanto particolare e capace».
Uno come te…
Elle ingoiò e proseguì «Qualcuno come Sherlock Holmes, ad esempio» finì e bevve un sorso dal suo bicchiere.
«Oh sì! Io adoro Sherlock Holmes! Ho letto tutti i romanzi ed i racconti di Conan Doyle! Il suo metodo investigativo è stato preso come esempio nelle prime lezioni di introduzione alla metodologia di scavo archeologico» e partirono con un altro argomento.
Nel frattempo la festa proseguiva.
Misao era la reginetta e Kei il suo orgoglioso principe intrattenitore di folle.
«Emma Emma Emma!» gridò Misao divertita verso l’amica. «Un brindisi, un brindisi! Oh, ma hai il bicchiere vuoto! E anche tu Ryuga! Aspettate che provvedo. Tanto so cosa stavate bevendo, siete troppo prevedibili.»
E provvide.
Kei arrivò rumorosamente e brindarono.
Ed Emma ed Elle ripresero con il dott. Watson ed il caso del Mastino di Baskerville. Per passare poi ad analizzare quali fossero gli elementi in comune tra lo studio di una scena del crimine e l’attenta osservazione e documentazione di uno strato archeologico.
Ed il tempo continuava a scorrere.
Continuava a scorrere.
Era quasi l’una di notte…
Era così assurdo.
Era tutto così assurdo…
«Io ne voglio un altro.» disse Emma guardando il suo bicchiere vuoto.
«Uhm… Sì.» commentò Elle infilando l’indice nel bicchiere per raccogliere la crema di whisky che era rimasta in piccole gocce negli interstizi del disco del fondo e poi lo leccò.
Questa volta Emma si alzò per riempire i calici di entrambi e le gambe le tremarono appena…
Mi gira un po’ la testa… E le scappò un sorriso.
Osservò che i pasticcini sul tavolo erano finiti e poi… «Oddio! La torta di Misao! È passata la mezzanotte, il compleanno di Misao è passato e noi ci siamo scordati di portare la torta!!!» esclamò mentre tornava coi bicchieri di nuovo pieni. «Reggili un attimo.» e li mollò ad Elle che rimase coi calici in mano e lo sguardo di un bambino a cui avessero appena detto che doveva far decollare uno shuttle.
Pure Kei si era dimenticato…
Ed anche Misao, naturalmente…
Emma volò all’interruttore della luce, spense la principale e si precipitò a prendere la torta in cucina…
 
«Misao, hai visto Ryuga?» chiese Emma all’amica dopo che finalmente aveva spento le candeline, tagliato la sua torta e bevuto l’inevitabile prosecco per brindare al suo compleanno, quando però ormai era passato…
Elle non era più appollaiato sul suo divanetto.
Emma si aggirò nella penombra del grande salone, perchè nessuno aveva riacceso la luce e due piccole lampade da consolle erano sufficienti per tutti. La musica continuava ad aleggiare e nessuno sembrava avesse voglia di andarsene…
E poi lo vide.
Seduto per terra, rannicchiato, al buio, in un angolo dell’immensa stanza…
Ma…
Emma lo raggiunse, a passi lenti.
Un mucchietto bianco.
Le braccia incrociate sulle ginocchia e le mani appoggiate placidamente sugli avambracci… Il mento in avanti appena sfiorava le gambe… lo sguardo fisso davanti a sé…
Emma gli si fermò davanti.
Lui alzò lo sguardo.
E lei allora si appoggiò al muro con una spalla e si lasciò scivolare sulla parete, fino a sedersi a terra, davanti a lui, ed incrociò le gambe.
«…Che succede?» gli chiese con un filo di voce.
«È una situazione singolare.» commentò lui calmo, come sempre, con voce calda, come sempre, incolore, come sempre… ma priva di quel qualcosa, quel qualcosa che neppure Emma seppe definire… Gli mancava qualcosa… Forse il gelo ed il costante doppio senso?
«…Sì… è una situazione singolare… ma l’abbiamo detto entrambi fin dall’inizio di questa serata… Tutto è singolare con te qui, ad una festa…» anche la sincerità e l’intimità di Emma nei suoi confronti erano oltre le consuete note… «… ma ora sei “tu” ad avere qualcosa di strano… e non so definire cosa…»
Elle allungò ancora di più il collo e le pupille diventarono ancora più enormi «Lo penso anch’io. È una condizione imprevista.»
Era lucido, logico… ma continuava ad avere qualcosa… e si rannicchiò ancora di più…
Emma inclinò il capo e se lo guardò bene…
Sembrava un uccellino bagnato…
«Ti senti male?» gli chiese lei.
«Temo di no.»
«D’accordo. Allora analizza la cosa… sei bravo a farlo…» lo incoraggiò Emma.
«Già fatto.»
«Uhm…» mugugnò lei sconsolata. Poi si afferrò le braccia e le strinse, rabbrividendo…
Elle la osservò mentre lo faceva e poi si guardò un istante intorno «Hai freddo. Ma in realtà questa stanza riesce ad essere calda nonostante le dimensioni. Però, i termosifoni sono soltanto tre. Non è aritmeticamente possibile che riescano a scaldarla tutta. Il volume dello spazio è all’incirca di settanta metri cubi. Tre termosifoni soltanto non possono riscaldarla tutta.»
Ma che diavolo…
Elle continuava impassibile «Calcolando tuttavia che ci sono circa cinquanta persone, aggiungendo il coefficiente del loro respiro, nonché l’energia cinetica del loro movimento, risulta che la temperatura dovrebbe salire un po’, ma non così tanto. Tu infatti, indossando una t-shirt, stai accusando la rigidità della temperatura. Però ci sono molte ragazze succinte e ragazzi in semplice camicia che non la accusano e loro dovrebbero essere la prova del nove che in realtà non fa freddo.»
«Ma cosa stai dicendo?!» gli chiese Emma perplessa «…Ho la mente un po’ appannata dalla vodka, ma non così tanto da non seguirti fino a questo punto…»
«Esatto. Tu sei leggermente annebbiata dall’alcol. Tutti qui lo sono. Calcolando che tutti hanno bevuto in media circa tre drink a testa, a giudicare dalle confezioni di bicchieri puliti rimaste e dalla frequenza delle medesime facce al buffet, è strano anche che tutti siano sopra le righe allo stesso modo. Il corpo umano reagisce diversamente all’alcol. Quindi ci dovremmo trovare di fronte a reazioni differenti, più o meno esagerate. Tuttavia…»
«Ehi!» lo bloccò Emma «Co-sa dia-vo-lo sta-i di-cen-do?!» scandì le sillabe.
«Sto ragionando.» rispose lapidario.
«Sì, questo l’avevo capito… Ma su cosa?»
«Su tutto.»
«E perché?» chiese lei sempre più sconvolta.
«Perché riesco a farlo. Sto analizzando la cosa.»
«So che riesci a farlo… ma perché lo stai facendo in questo modo?»
«Per capire quel qualcosa di singolare. C’è qualcosa di singolare, te l’ho già detto.» ribadì lui.
«Sai ragionare. Sai ancora ragionare. Sai ancora fare tutto. Io non ho fatto neanche caso a che ci fossero i termosifoni qui dentro… e ci ho passato metà del pomeriggio per sistemare tutto! Ma perché stai ragionando su queste cose inutili?»
«Esatto. Sto ragionando bene, ma su qualcosa di poco utile. Sto verificando di riuscire a farlo. Ma anche questo è strano.» disse lui senza sconvolgersi.
Stava facendo una serie di ragionamenti logici, impeccabili, coerenti, collegando tutto ciò che aveva catturato ed incamerato durante la serata… ma nessuno di quei ragionamenti era utile. Nessuno.
Oddio… io sono un po’ rallentata… però che significa questo? Lui non è affatto rallentato, anzi, eppure… oddio… ma forse… «Quella crema di whisky è dolce… ne hai bevute tre... o quattro… »
«Sì. Gli zuccheri uniti all’alcol ne potenziano gli effetti enormemente, ma non ho alcun sintomo noto dell’eccesso di alcol. Credi che io stia ragionando in modo sterile su cose inutili per questo? Stavo solo testando la mia mente.» le disse lui in modo un po’ infantile.
«Sì, ma non vedi che è assurdo… è tutto assurdo… ragioni sì, tu non potresti fare altrimenti, credo, ma non riesci a farlo in modo controllato. Tutto questo non ha senso… I termosifoni, il freddo, il livello di alcol ed il suo assorbimento… è tutto assolutamente corretto ed è eccezionale che, come sempre, tu riesca a sciorinare conclusioni esatte. Ma è folle… Ryuzak… Ryuga… la crema di whisky… la crema di whisky è in circolo… »
«Anche i drink che hai bevuto tu, pare.» Era serio. La gelò. Riacquisì quel qualcosa…
Fu una doccia fredda all’improvviso.
Le era quasi sfuggito quel nome… Ad Emma era quasi sfuggito quel nome… nel salone di una festa con cinquanta persone intorno, anche se non tanto vicine da poter sentire… Il problema era che non era stata cauta. E questo avrebbe potuto accadere in qualunque altro momento, perlomeno agli occhi di Elle…
Emma si sentì all’istante persa…
Aveva fatto l’unica cosa che lui le aveva detto di non fare…
«…Io… Mi dispiace… ora penserai che sono inaffidabile, che di me non ci si può fidare… e invece non lo devi pensare! Andrà tutto a monte se lo farai! Tutto…» disse con un filo di voce…
Aveva la mente un po’ annebbiata… ma soprattutto, in quelle condizioni, le emozioni e le loro manifestazioni esplosero, ingigantendosi…
Lui la fissò.
Faceva paura di nuovo…
Lei lo guardò «… Vedi… E’ tutto apposto… sei di nuovo tu… gelido e temibile… sei ancora in grado di percepire le cose importanti, nonostante la crema di whisky…»
«No. Non è così.» disse lui lapidario. «Le mie capacità di definire e controllare le situazioni sono ridotte del 50%. E questo è evidente, involontario ed irritante, specialmente in questo momento.»
Le percentuali… Finalmente le percentuali… «… Ecco perché ti rannicchiavi ancora di più… la posizione… cerchi di riacquisirli così quei punti percentuale…».
Ormai Emma diceva quello che in genere pensava soltanto…
Lui la guardò ancora più intensamente «Sì. È così. E tu lo sai, come sempre. Ma non ci riesco completamente, a riacquistarli» poi portò il pollice sul labbro «Dunque, se io pensassi che sei inaffidabile, tutto andrebbe a monte. Cosa andrà a monte, Emma?».
La inchiodò… non era al suo massimo forse, era in una condizione che non sapeva definire bene neppure lui, ma era pur sempre Elle… Non dimenticava e non lasciava cadere nulla di ciò che lo interessava…
Se lui non si fosse fidato di lei, come avrebbe fatto ad aiutarlo? Come?
Ce l’aveva davanti il suo Elle.
Quanto lo aveva sognato.
Quanto lo aveva immaginato.
E quanto aveva odiato Light!!
E allora sbottò… «Tu devi battere Kira!!! Soltanto tu!!! E nessun altro!!!» e si avvicinò a lui col volto, guardandolo seria e quasi disperata… Lui non si mosse e continuò a fissarla.
Lo sentiva respirare…
Erano immersi in quell’angolo buio.
Circondati da tanti ragazzi a poca distanza, ma erano soli…
Emma sentì il bastoncino che le sosteneva i capelli che veniva sfilato… E poi l’ombra di Misao che si allontanava rapidamente e silenziosamente…
Le lunghissime ciocche nere le ricaddero morbide sulle spalle, la schiena, il seno… Le coprirono parzialmente gli occhi grandi, velandoli appena…
Ed un profumo fruttato di shampoo avvolse quell’angolo di salone dimenticato da tutti…
Emma ingoiò.
Poi, con un filo di voce, sussurrò, continuando a fissarlo «Elle… lo devi battere tu… Kira lo devi battere solo tu…» e gli si aggrappò di nuovo al lembo della maglietta… e lo fece con delicata emotività…
Gli occhi di Elle ebbero un lampo
E poi, finalmente, anche lui parlò… «Stai vacillando di nuovo, Emma… Hai perso la tua fiducia in Elle?»
«Sì… sto vacillando… ma non ho mai perso la mia fiducia in te. Nemmeno per un momento! È proprio questo il punto… Tu anche stai vacillando…»
«No. Non sto vacillando. È che questa conversazione non avrebbe dovuto avvenire ora, perché le mie capacità sono ridotte. Io non avevo previsto questo.»
«…E cosa avevi previsto?» la voce di Emma era flebile anche se avrebbe voluto essere più lucida e decisa nel porre quella domanda…
«Un test. Un ultimo test prima di decidere.» le rispose lui freddo.
Un test su se stesso o su di lei?
«Un test… ma allora tu stai…»
«Ma a questo punto non ce n’è più bisogno. So cosa devo fare.» la interruppe lui. «E non ho intenzione di chiarire ora la questione. Ti ho già detto che non è il momento, per me.»
Emma ingoiò la saliva «Non puoi decidere come ti pare e piace?! Ma lo farai… L’hai già fatto su questioni molto più importanti di questa…» hai deciso di mostrarti a Light…
«Kira deve sparire dalla faccia della terra. Non possono esserci mezze misure.» sentenziò Elle.
Ormai non c’erano più sottintesi.
Si capivano e basta.
Lui ormai era Elle, scopertamente per entrambi.
«Lo farai tu vero? Lo stanerai tu? Lo incastrerai tu?» cominciò Emma a raffica. Poi all’improvviso la sua voce vacillò di nuovo «ti prego…» strinse il cotone più forte…
Gli stati d’animo contrastanti di Emma, i suoi dubbi, i suoi mille pensieri discordanti, agguerriti o angosciati e afflitti, stavano venendo fuori come un fiume in piena, senza controllo…
I loro volti erano vicinissimi. Si fissavano vicinissimi…
«Sei senza controllo. Temo che la tua indole contraddittoria stia fuoriuscendo senza controllo…»
«… Lo so… E non mi importa… Forse domani me ne importerà…ma ora no… sono così…»
«Sì. Temo che tu sia così» gli usci una voce bassa, ma fluida, mentre continuava a fissarla, con le pupille nere sfavillanti…
E allora Emma si avvicinò ancora…
Percepì l’odore fresco di bucato della sua maglietta bianca…
Sentì il respiro caldo di lui sulle proprie labbra… e vaniglia… un dolce e vago profumo di vaniglia…
E poi…
Poi ridusse ancora quel ridicolo spazio che li teneva ancora distanti…
E gli sfiorò le labbra con le sue…
Lui non si mosse…
Lei tirò appena la maglietta che ancora stringeva tra le dita e racchiuse delicatamente il labbro superiore di Elle tra le sue… e poi chiuse gli occhi…
Si sentì il cuore esploderle nel petto…
E poi, lentamente, lasciò l’umido di quelle labbra morbide…
Lui abbassò lo sguardo e le osservò la bocca… poi sollevò appena la mano e si sfiorò le labbra con l’indice… e ritornò sugli occhi di Emma, senza dire una parola…
«… Domani mi pentirò anche di questo…» gli sussurrò lei con occhi sinceri, spostando lo sguardo in basso.
«Sì. Temo di sì...» le disse lui…
«…Scusami… per quello che può valere ora…»
«Non mi ha dato fastidio.» le disse lui senza vergogna, schiettamente e con un candore disarmante…
 
 

Noticina: il Mastino di Baskerville è uno dei racconti di Conan Doyle con protagonista Sherlock Holmes.

È l’una di notte passata…
Solo il tempo di dirvi che questo capitolo è stato veramente un esperimento… Non che voi siate le cavie, per carità! La cavia è stata L… Erano mesi che cercavo di immaginarmi come avrebbe potuto comportarsi se avesse bevuto alcol così come beve caffé. E mi sono ritrovata tra le mani un L diverso… Gestirlo è stato assurdo e mi stona… Purtroppo mi stona…
Più di questo non riesco a fare… Colpa mia che me la sono andata a cercare ;P
Comunque credo che il prossimo capitolo ci illuminerà sulle intenzioni di L e forse sapremo cosa rispondere alla voce fuori campo che continua a chiederci se siamo convinti che lui stia indagando su di lei ;D
Vi saluto quindi con un poema finale più corto (e meno male, per una volta mi sto zitta!)  ;D
 
Un grazie infinite a tutte le mie affezionate “recensitrici”, a tutti coloro che seguono questa storia e che continuano ad inserirla nelle preferite, rendendomi entusiasta, e naturalmente a tutti coloro che leggono in silenzio!!!
 

Eru

 
 

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Capitolo 19
*** 19. Il gelo ed il fuoco ***


IMPERDONABILE!!!!!!!

Non posso dire altro…

Solo IMPERDONABILE….
Scusatemi veramente…
E poi non avevo neppure avvisato!!!!!
Non ho mai fatto tutto questo ritardo… Ma sono stata presissima dalla consegna di un lavoro che non credevo proprio mi avrebbe trattenuta così tanto tempo… Non ho neppure risposto ad alcune  recensioni!!! Un disastro!! Non è da me…
Ma ora, almeno a quello, provvedo subito!!!
Per il capitolo…be’… La vostra attesa non mi aiuterà… Chissà cosa vi aspettate…
Le mie ansie ve le rovescio subito addosso, così vi risparmio alla fine…
Aiutoooooooooooooooooo  ^___^


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

19. Il gelo e il fuoco

(Dal capitolo precedente)
I loro volti erano vicinissimi. Si fissavano vicinissimi…
«Sei senza controllo. Temo che la tua indole contraddittoria stia fuoriuscendo senza controllo…»
«… Lo so… E non mi importa… Forse domani me ne importerà…ma ora no… sono così…»
«Sì. Temo che tu sia così.» gli usci una voce bassa, ma fluida, mentre continuava a fissarla, con le pupille nere sfavillanti…
E allora Emma si avvicinò ancora…
Percepì l’odore fresco di bucato della sua maglietta bianca…
Sentì il respiro caldo di lui sulle proprie labbra… e vaniglia… un dolce e vago profumo di vaniglia…
E poi…
Poi ridusse ancora quel ridicolo spazio che li teneva ancora distanti…
E gli sfiorò le labbra con le sue…
Lui non si mosse…
Lei tirò appena la maglietta che ancora stringeva tra le dita e racchiuse delicatamente il labbro superiore di Elle tra le sue… e poi chiuse gli occhi…
Si sentì il cuore esploderle nel petto…
E poi, lentamente, lasciò l’umido di quelle labbra morbide…
Lui abbassò lo sguardo e le osservò la bocca… poi sollevò appena la mano e si sfiorò le labbra con l’indice… e ritornò sugli occhi di Emma, senza dire una parola…
«… Domani mi pentirò anche di questo…» gli sussurrò lei con occhi sinceri, spostando lo sguardo in basso.
«Sì. Temo di sì...» gli disse lui…
«…Scusami… per quello che può valere ora…»
«Non mi ha dato fastidio.» le disse lui senza vergogna, schiettamente e con un candore disarmante…

La timidezza non gli apparteneva.
Emma si sentì sprofondare…
Sprofondare in una confusione di emozioni e pensieri discordanti…
Il suo stato annebbiato non le permetteva di afferrare il significato di quelle parole, che apparivano fredde, razionali… Ma non era solo l’alcol a renderla così. Era tutta la situazione. Era il cuore che non smetteva di batterle forsennatamente in petto. Era Elle di fronte a lei. Erano i pochissimi centimetri che ancora li separavano. Erano il suo respiro ed il suo odore fresco che ancora le giungeva nitido e reale in quell’angolo buio di un salone che sembrava fuori dal mondo.
E poi erano quelle parole assurde. Parole che apparivano frutto di una mente logica e di nient’altro…
Mentre lei non riusciva a formulare nessuna ipotesi a riguardo.
Da quel punto di vista non riusciva a sciorinare nulla che potesse in qualche modo incasellare Elle in uno dei suoi comportamenti noti alla Death Note… In quel frangente non riusciva a ricordare nulla che potesse aiutarla a “capirlo”. Nessuna frase, nessun contesto noto, letto e riletto. Non riusciva a leggere nessun  significato dietro quelle parole spiazzanti e tuttavia assolutamente “da Elle”.
Semplicemente perché il comportamento di Elle in quell’assurdo frangente, lei non l’aveva mai visto.
O forse, più semplicemente, perché in quei momenti nessuno riesce a ragionare.
“Non mi ha dato fastidio” … Una risposta logica… Una considerazione obiettiva… Quasi una rassicurazione, come se avessi semplicemente fatto un’osservazione che gli avrebbe potuto dare fastidio e che invece non lo ha disturbato… Come se avessi fatto una semplice osservazione azzardata o scorretta… Non lo so… non lo so…
Continuando a mantenere lo sguardo verso il basso, Emma sussurrò «…Non mi ha dato fastidio… non mi ha dato fastidio…»
Era come se stesse pensando ancora, a voce alta, come se volesse rimuginare su quelle parole, come se sentirle di nuovo la potesse aiutare in qualche modo.
E sciolse la presa dalla maglietta di Elle.
E poi risollevò lo sguardo.
Lui non aveva mai smesso di osservarla con i suoi occhi neri e pungenti.
E lei se lo ritrovò di nuovo troppo vicino. E lo avrebbe baciato di nuovo…
Ma non ce la fece.
Non avrebbe dovuto abbassare lo sguardo. Così aveva spezzato quella tensione che li aveva tenuti legati in qualche modo e l’aveva portata ad avvicinarsi così tanto.
Ma ora non ce la fece a farlo di nuovo.
«Credo che la tua considerazione sia ancora più convincente: ora non “temo” che ti pentirai di questo gesto, ora “sono certo” che te ne pentirai. Perché adesso sei ancora più confusa.» le disse lui a bruciapelo, leggendole dentro… «Quindi c’è qualcosa, qualcosa che non conosci di me, Emma.» proseguì con un fare quasi indagatore… «È comunque un qualcosa che non mi turba e non mi interessa. Quindi dubito che ne riparleremo mai. Sono sicuro che neppure tu lo farai.»
Emma aguzzò lo sguardo e strinse i denti. E rispose con freddezza alla freddezza «Ora so che ci sarà un domani in cui ti rivedrò ed in cui “non parlerai” di questo. Questo mi basta. Su ciò che io dirò o non dirò “domani”, dubito che tu possa avere voce in capitolo. Da questo punto di vista tendi sempre ad incasellare l’ “altro sesso” in tipologie…» abbozzò un leggero sorrisetto di sfida «E mi sembra di averti già detto che non mi sento tanto “tipologia”.»
Un’impercettibile luminosità si accese nelle pupille di Elle.
«Ti riprendi in fretta. E non sono il solo a rendere ogni colpo, vedo. È naturale che ci sarà un domani. Questo era già evidente da altro, credo. Il perché tu voglia che ci sia, un domani, penso che avrò tempo per stabilirlo.»  
La conversazione aveva preso una piega completamente diversa.
Ancora una volta avevano deviato su tono, argomento, intenzioni…
Imprevedibili.
In fondo erano entrambi imprevedibili.
«Mi sta bene. Non posso pretendere altro da te.» ammise Emma.
Poi si raddrizzò appena sulla schiena, raccolse i capelli sciolti che le si appoggiavano lunghi e morbidi sulle spalle, li tirò su e ci fece un nodo per bloccarli in alto. «Credo che sia il caso che io mi faccia un caffé.» disse risoluta.
Poi poggiò la mano su un ginocchio di Elle e facendo un po’ forza anche su quello si aiutò ad alzarsi, senza guardarlo, senza scusarsi, senza chiedere il permesso.
E lui non si mosse, non parlò, non la riprese.
Semplicemente si limitò a guardarla mentre si alzava.
«Tu ne vuoi?» gli chiese quando fu in piedi.
«No, grazie.» rispose lapidario.
Ed Emma si allontanò…
Elle sfilò il cellulare dalla tasca e telefonò « È necessario predisporre quanto ti avevo accennato. Ci vorrà del tempo per definire tutto. Ma ne parleremo con calma tra poco. Sto uscendo.» e mentre parlava serrava il cotone dei jeans con le dita dell’altra mano, che era stretta attorno alla gamba, appena sotto il ginocchio…

Era quasi l’alba.
Emma si rigirava nel suo letto, in quel bilocale che aveva affittato da poco.
Era stanca.
Gli occhi affaticati, le membra pesanti, la testa pesante e leggera nello stesso tempo. Aveva sulle spalle una giornata di lavoro, la preparazione della festa e poi… la festa. E la festa non l’aveva solo sulle spalle, galoppava nella sua mente.
Elle se n’era andato senza dirle nulla. Si era limitato a salutare Misao. Il minimo indispensabile di correttezza.
Ma…
Le ore in quella grande villa non la lasciavano.
E non riusciva a staccare il pensiero da quel momento.
Non poteva abbandonare quella sensazione fantastica che l’aveva sfiorata per pochi istanti.
Non la mollava, ci stava attaccata con le unghie e con i denti.
Non la voleva perdere.
Non la voleva dimenticare.
Le sue labbra…
Aveva sentito le sue labbra.
Quelle labbra candide.
Quelle labbra che sui disegni erano a volte grigiastre… ma non erano sottili.
Aveva sentito il sapore di Elle…
Qualcuno lo aveva mai sentito?
Qualcuno si era mai chiesto quale fosse il suo “sapore”?
Sì… Lei stessa lo aveva fatto migliaia di volte.
Ma la realtà è un’altra cosa, lo è sempre…
L’immaginazione ed i sogni possono essere dimenticati, possono variare, possono arrovellarsi in altre varianti, in ulteriori situazioni, possono snodarsi in altre atmosfere.
Ma si tratta solo di atmosfere, per l’appunto.
La realtà rimane lì, immobile.
E non è solo un’atmosfera.
La sua pelle.
Aveva sentito il sapore della sua pelle.
Le corse di nuovo un brivido lungo la schiena, come quello che aveva provato mentre racchiudeva ed inumidiva il labbro di Elle nelle sue…
Questo era quello che voleva provare ancora.
Quel brivido istintivo, che nasceva dalla parte più recondita dell’addome e si irradiava per tutta la colonna…
Era stato solo un brevissimo bacio.
E non lo avrebbe mai dimenticato…
Anzi, forse il ricordo di quella realtà avrebbe continuato a farla rabbrividire ancora.
E voleva che fosse così.
E tutto il resto. Death Note. Kira. Le indagini di Elle. Le deduzioni ed i pensieri ignoti e poco intuibili di lui. Tutto passò in secondo piano.
E voleva che fosse così…
Sola. Nel silenzio. Raggomitolata nelle coperte, mentre il buio della notte sembrava appena meno profondo e pronto a diradarsi sempre più nella tenue luce dell’alba, mentre nessuno poteva osservarla, mentre nessuno poteva giudicarla o ridere di lei per quella sciocca necessità di “sentire”. Emma voleva che fosse così…
Che quel brivido non la abbandonasse.

«Emma! Mi devi raccontare tuttooooooooooo!!!» esordì Misao appena entrò in casa di Emma, nel tardo pomeriggio di quella giornata di vacanza che entrambe avevano passato a dormire dopo la festa della sera prima.
Emma strascicò impercettibilmente i piedi nelle vecchie scarpe da ginnastica che portava in casa. Odiava le ciabatte “canoniche” ed indossava quelle.
Richiuse la porta dietro Misao che era appena entrata e la guardò. «E tu hai avuto la forza di vestirti così e truccarti?!» le chiese osservando non più l’amica, ma se stessa, avvolta in una tuta gigante, di svariate taglie più grande. Anzi. Le sue due tute giganti. Perché naturalmente  pantaloni e felpa non facevano parte dello stesso “completo” «A volte la tua forza di volontà mi lascia senza parole… Hai una marcia in più… Ti stimo veramente! Io ancora non ho capito se mi fa male la testa o se è solo il mio stomaco che si è trasferito altrove…»
«Be’, anch’io non è che mi senta un fiore! Però ieri come ho toccato il cuscino sono svenuta e mi sono svegliata due ore fa!» e si mise a ridere.
«Io invece ho faticato ad addormentarmi….» disse Emma a mezza bocca
«E ci credo!!!! Sarai stata emozionata! Racconta, racconta! Contatta Viola così racconti ad entrambe! Ah, a proposito, prima che inizi, sai che a casa mi sono arrivati dei fiori da parte di Ryuga!? Che carino! C’era anche un semplice biglietto con gli auguri!»
Emma sgranò gli occhi.
Poi però ci pensò un attimo.
«…Misao. Credo tu debba ringraziare il signore anziano che accompagna sempre Ryuga… è stato certamente lui a pensarci, conformemente all’etichetta che prevede un regalo per il compleanno…»
«Be’, ne sono contenta ugualmente! In fondo è Ryuga che si accompagna a lui ed evidentemente ci si appoggia proprio per queste cose che non è in grado di pensare o gestire. Vuol dire che conosce i suoi limiti ed il risultato è lo stesso, per quanto mi riguarda. Mancanze non ne fa. Ognuno si arrangia come può, anche con l’aiuto di altri!» e strizzò l’occhio ad Emma.
Ecco perché Misao era speciale.
Perché vedeva ed apprezzava le persone, tutte le persone, anche quelle che erano diverse da lei e dal suo modo di comportarsi.
«Quindi? Prima di contattare Viola voglio un solo commento!» la incalzò Misao.
Emma la guardò negli occhi e poi sospirò lentamente. Tornava il brivido…
«Non è successo quasi niente… E comunque non significa niente e quello che è accaduto non accadrà più…E io non voglio dimenticarlo… So che lo rivedrò, ma non so quando… E ora più di prima non riesco a stare senza vederlo… Lo vorrei qui ora! Ma dipende tutto da lui, come sempre… Però…» Si fermò un istante a pensare e poi aggiunse, tra sé e sé «Si è sbagliato su una cosa… io non mi sono pentita!!!»
Misao allargò gli occhi in un’espressione sincera e coinvolta, prese l’amica per mano e la portò davanti al pc, determinata a contattare chi, dall’altra parte del pianeta, avrebbe gongolato e sospirato quanto lei in quei momenti così infantili, veri, naturali, normali e condivisibili da tutte le ragazze del mondo.

La preparazione di questa presentazione dei dati preliminari al convegno mi sta massacrando… Accidenti! Dobbiamo ricordarci di finire quella pianta! Anche se Kei…
Al diavolo! Sono fusa! Ci penserò domani!

Passò il tornello della metropolitana e si appropinquò a scendere le scale affollate delle stazioni di Tokyo.   
Quando Misa lo ha baciato sulla guancia lui ha risposto così ambiguamente, ma superficialmente… “Potrei anche innamorarmi!” …ma figuriamoci! Mentiva… Mentiva o prendeva in giro… Sono certa di questo! E perché con me ha fatto così!? Oddio… Questi sono trip mentali… Tutte le ragazze se ne fanno… Ma Elle non è come tutti gli altri!!! Accidenti! È già irraggiungibile ed impenetrabile su tutto il resto, figuriamoci su questo…
Sono un’idiota!
Mi sembra assurdo anche pensare queste cose di lui… Mi sembra quasi di snaturarlo…
Con lui è tutto il resto che conta…
Ed io non ho ancora capito cosa abbia in mente… Posso solo sperare… Sperare che farà quello che avevo auspicato nel piano…
Il mio piano…
Mi sembra lontano anni luce ormai…
Maledizione! Non può essere così!
Ritornerò alla dura realtà…
Devo essere pronta a questo…
Perché Kira esiste, Elle esiste, i criminali continuano a morire ed i giorni a passare…

Seduta nel vagone della metro, in uno qualunque di quei tanti giorni che stavano passando inesorabilmente senza Elle, Emma pensava, con lo sguardo perso verso un finestrino buio che si affacciava sulle pareti di un tunnel sotterraneo… Con le cuffiette nelle orecchie pensava…
E poi, inevitabilmente, quel brivido ritornò e lei si morse appena il labbro.
 
Emma uscì dalla palestra alle dieci di sera.
Faceva freddo. Come sempre.
Alzò il cappuccio della felpa e infilò dentro la giacca la lunga treccia di capelli ancora un po’ umidi dopo la doccia. Si sistemò la tracolla del borsone e si incamminò per la strada.
La sua nuova casa era nello stesso quartiere di Misao e della palestra.
Lo stomaco le gorgogliò. Aveva una fame spaventosa.
Avevano pranzato in facoltà con un panino al volo, durante la pausa del convegno mentre tutti gli uditori si strafogavano al buffet, e poi si erano rimessi a ripetere e controllare le ultime cose prima di presenziare col loro intervento. Avevano finito tardi. Ed Emma da lì era passata a casa solo per cambiarsi e prendere la sacca e poi era corsa direttamente agli allenamenti, senza avere il tempo di mettere altro sotto i denti. In effetti avrebbe anche potuto evitare di andarci per una volta, ma la lezione la scaricava…
Appena torno sfondo il frigo!
Passò davanti ad un locale che faceva anche cibo take-away.
Anzi… Appena torno sfondo “pure” il frigo!
Ed entrò.
Dunque. Fra tre giorni lo rivedrò per forza… il 13 Febbraio c’è il secondo turno degli esami di ammissione alla Todai… Però è strano… Ci andrà…? In fondo anche lì avrebbe potuto incontrare Light… Uhm… A questo non avevo pensato… Potrebbe anche non andarci… O farlo a porte chiuse da solo… Uhm…
La sua testa continuava a viaggiare mentre camminava con un sacchetto pieno di polpettine di carne, il capo chino con lo sguardo sull’asfalto del marciapiede ed incappucciato come un ragazzino, una lunga tuta, la sacca pesante a tracolla ed un giubbotto senza zip da snow-board.
Arrivò al portone.
Armeggiò a lungo nel borsone per trovare le chiavi.
Poi finalmente le trovò e le infilò nella toppa, senza mai alzare gli occhi.
«Ciao, Emma. Vedo che tendi sempre ad apparire come un giovane adolescente e a nascondere il tuo sesso.» incolore, inespressivo.
La voce le arrivò alle orecchie come in un sogno.
Quella voce calda, ma fredda allo stesso tempo, pacata e nota.
Quella voce la stregava…
Le cadde a terra il sacchetto che aveva in mano.
E rimase di spalle, immobile.
«E vedo che il tuo vacillare prende piede sempre più spesso.» commentò impassibile.
E allora Emma si voltò.
E se lo ritrovò davanti.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio.
Oddio… Un dejà-vu… L’ho già visto in questa posizione… “Sono Elle” e poi… “BANG”… Solo che allora era scalzo…ed era solo un disegno…
Emma si guardò intorno. C’erano solo loro due sulla strada.
Loro due ed una Rolls Royce nera parcheggiata dall’altra parte della carreggiata.
Non ci aveva proprio fatto caso prima. Era incastrata a guardare l’asfalto.
«… Ciao Ryuzaki…» le uscì la voce finalmente.
Poi il cervello cominciò a carburarle rapidamente, mentre lui rimaneva zitto e continuava a strofinare la scarpa sui jeans, rimanendo perfettamente in bilico su un piede solo, le mani in tasca e le spalle curve.
Sì, Emma cominciò a ragionare.
Quindi… oddio… Sì! Sì! Sì! Sì!
«Allora sai dove vivo, adesso che non sono più da Misao! Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui curioso e vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu non sappia solo questo di me. Sai molto altro. Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra.
«No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La sua voce arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile, agguerrito e freddo la trapassò.
Questo era Elle.
Questo era il vero Elle.
Questo era l’Elle che sfidava qualcuno.
L’Elle agghiacciante.
Quello che non lasciava scampo.
Quello che Emma non aveva ancora mai toccato veramente…
Rimase zitta, senza smettere di sostenere lo sguardo irreprensibile e deciso del grande detective che aveva davanti.
Lui riprese a parlare con un tono diverso, ma quasi peggiore di quello di prima, perché aveva una punta di scherno nel suo essere diretto «Allora, come sono andati gli allenamenti Emma? Deve essere faticoso fare così tante cose. Il convegno è stato un successo. Mi congratulo.»
«… Il convegno…» sussurrò Emma ripetendo le parole di Elle… Poi assottigliò gli occhi ed un sorriso soddisfatto le comparve sul volto.
«Allora non mi ero sbagliata… Tu stai indagando su di me… Tu sai tutto di me! Mi hai tenuto sotto osservazione!» le uscì una voce squillante e quasi contenta. «Da quando, da quando lo stai facendo?»
Elle si portò l’indice sul labbro e si concentrò ancora su di lei, sempre impassibile «Le tue reazioni sono sempre diverse da quelle che si aspetterebbe chiunque. Ma mi danno ulteriori informazioni a conferma delle mie teorie. La tua trasparenza è una fonte inesauribile.»
«Da quando Ryuzaki? Da quando? Da quando Elle indaga su di me? Quali altre informazioni ti ho dato ora?» lo incalzò Emma.
«Sei affamata di risposte.» commentò lui gelido.
«Anche tu lo sei. Ed io sono affamata delle “tue” risposte!» esclamò Emma.
Voleva sentirlo ragionare, sciorinare deduzioni…
Voleva vedere di nuovo Elle indagare.
E non aveva importanza che fosse lei l’indagata.
Moriva dalla voglia di vederlo di nuovo su un caso che non fosse il caso Kira, che conosceva alla perfezione.
Perché nessuno aveva più descritto e raccontato alcuna indagine di Elle dopo che era morto…
«È ovvio che io voglia risposte. Sono quello che sono. Come tu sai bene. Ma d’ora in poi avrò tutto il tempo per farti le domande che desidero.»
«Da ora in poi?» gli chiese con voce tremante Emma, che non sapeva più se faceva bene a sperare quello che sperava.
«Verrai con me, sempre. Sarai costantemente sotto il mio sguardo. Sarai controllata in ogni momento. Non ci sarà un istante in cui non sarai sotto i miei occhi. Se ti rifiuterai di collaborare, sarà solo più difficile, complicato e molto spiacevole per te, per la tua carriera, per la tua famiglia, per tutti quelli che ti amano, per Misao, per Viola… Devo continuare? Non ne uscirai. Nessuno può conoscere Elle senza che lui lo abbia deciso e nessuno può conoscerlo “così”.»
Un blocco di granito.
Spietato.
Emma fece un grosso respiro con la bocca aperta ed il vapore caldo dell’aria che usciva visibile dalla sue labbra si dissolse nel freddo nella sera.
«Era esattamente quello che volevo.» gli rispose  in preda ad un misto di sensazioni che vagavano tra l’emozione, il dubbio, la paura e la soddisfazione di aver pianificato tutto in modo perfetto, nonostante le insicurezze.
Perché il successivo punto del suo piano recitava questo:
- Essere messa sotto stretta sorveglianza da Elle, seguirlo nei suoi vari alberghi, sempre.
«Ero certo che avresti detto questo. Perché tu hai cercato questo fin dal primo momento. Mi sbaglio?» la incalzò lui con una domanda che non voleva una risposta.
Perché Elle l’aveva capito.
Perché Elle ovviamente l’aveva capito.
«Sì. L’ho cercato. Ma non dal primissimo momento…» rispose Emma ripensando all’incontro all’area archeologica.
«Già.» ammise lui lapidario. «Ed è irritante che tu abbia potuto “giocare” su questo. È irritante che tu abbia pianificato qualcosa su di me ancora prima che io arrivassi qui a Tokyo. Perché questo hai fatto, Emma. Tu hai pianificato sulla base di informazioni di cui eri a conoscenza da molto prima che io fossi qui. Non avresti avuto il tempo di ragionare sulle tue mosse altrimenti. Mosse che si sono incastrate come un puzzle. Mosse alle quali io ho dovuto rispondere necessariamente come tu volevi e ti aspettavi io avrei risposto. Dalle apparizioni sotto l’albergo fino alla Todai. E questo è stato assolutamente insopportabile. Muoversi in un percorso stabilito, scivolare su un binario fisso è insopportabile. Ma sono stato al tuo gioco. Ed ho cercato di capire.»
«Io non ho mai giocato!!» gridò Emma sconvolta.
Elle aveva capito.
Non stava solo indagando su una strana ragazza che era spuntata nella sua vita in modo strano e singolare.
Era andato oltre. Ovviamente.
«Sì che lo hai fatto. Il tuo è un gioco serio e reale. Ogni “puzzle” che si rispetti lo è. Io gioco continuamente. Ed il tuo è stato un gioco simile al mio.» la corresse Ryuzaki.
«Allora ho giocato, sì. Se questo è ciò che intendi per gioco. E cosa hai capito?» gli chiese Emma insaziabile di spiegazioni, di collegamenti, di deduzioni.
«Sembra quasi tu voglia sentirmi spiegare per il semplice gusto di ascoltare deduzioni. Avremo tempo Emma. Ne avremo molto. Per ora ti basti sapere che mi rimangono tre grandi incognite da chiarire. E tu non puoi stare a piede libero. Chi conosce Elle non può stare a piede libero. E tu lo sai bene. Proprio perché lo sai hai organizzato tutto questo.»
«Perché hai aspettato e non l’hai fatto subito? Perché sei venuto alla festa prima di deciderlo?»
«Non lo capisci da sola, visto che mi “conosci” così bene? Elle non parlerà mai di sé, Emma, a viso scoperto, senza precauzioni e senza prima aver pensato a lungo. Semplicemente non dovevo avere alcun dubbio riguardo l’esattezza delle considerazioni che avevo fatto su chi avevo davanti.»
«E chi hai davanti?» lo provocò Emma.
«Una ragazza che sa, che non mente, che vuole Elle, oserei dire disperatamente, ma senza desiderare o chiedere il suo aiuto. Anche se su questo ho dei dubbi che devono essere chiariti… Forse su qualcosa potrebbe volere il mio aiuto, ma non è il motivo principale per cui mi vuole. Tuttavia è una che non teme affatto Elle, pur sapendo che potrebbe rovinarle la serena esistenza che ha condotto finora se lei occultasse segreti pericolosi e contro la legge. Perciò, anche se omette molto, praticamente tutto quello che sa ed il perché lo sappia,  non ha nulla da nascondere. Non teme di essere scoperta. Questa ragazza ha un fine ben preciso. E non è un fine malvagio. Ma non può continuare a vivere le sue giornate senza che Elle non la controlli e non carpisca ciò che lei non vuole ancora rivelargli. Perché lei non gli rivelerà tutto in una volta sola. Perché attende qualcosa, altrimenti avrebbe già vuotato il sacco da tempo. Perché è una ragazza che pianifica attentamente le sue mosse, anche se è incredibilmente e contraddittoriamente trasparente. Ma io lo capirò, Emma. Stai certa che lo capirò.»
«Sì. Lo capirai…Devi… Ma prima dovrai essere pronto ad accettarlo. E solo allora, forse, potrai anche aiutarmi…» Emma rimase un istante in silenzio. «Non mi opporrò. Verrò e mi adeguerò. Io voglio venire!»
«Perfetto. Hai il tempo di preparare le prime cose da portare. Tutto il resto ti raggiungerà domani. Verrai con me. Ora.»
Glielo ordinò.
Sottostare ad un comando imposto in quel modo non era una cosa alla quale Emma era abituata, né era una cosa che normalmente avrebbe mandato giù tranquillamente. Ma non era una sciocca, Elle era Elle e comunque aveva accettato lei…
«Immagino tu abbia provveduto a tutto… Dovrò avvisare qualcuno?»
«La tua vita continuerà apparentemente come prima. Sono certo che con i tuoi amici giapponesi saprai omettere il necessario, senza raccontare menzogne. Con tutti gli altri potrai tranquillamente tacere ogni cosa.»
Emma non rispose, si limitò ad annuire, ad eseguire gli ordini.
Si chinò a raccogliere il sacchetto con le polpette, che ormai si erano congelate e poi si voltò e fece scattare le serratura dove erano rimaste ancora appese le chiavi.
E lo stomaco le gorgogliò rumorosamente all’improvviso.
Si morse il labbro, quasi divertita, senza alcun imbarazzo. «Va bene tutto…» Si rigirò di nuovo verso Ryuzaki «Ma prima fammi mangiare, ti prego… e magari anche un salto al bagno ci starebbe bene…» gli fece con occhi fintamente supplichevoli.
Aveva ragione lui, come sempre.
Quello era un “gioco”, non un gioco inteso nel suo significato meramente infantile o superficiale. Perché allora, in quel senso, Emma non stava giocando. Questo Elle lo aveva chiaro.
Ma quello che Emma aveva architettato col suo piano era un “gioco” vero, reale, assurdo. E, come per tutti i giochi, c’era uno strano modo di affrontarlo, sopra le righe, come fosse stata finzione, come se non si fosse trattato di un accadimento imprevedibile di una vita normale.
Del resto quello era un mondo diverso, era un altro mondo, un ibrido singolare.
C’era quindi quel qualcosa di “surreale” in ciò che stava accadendo ad Emma che le permise di non rimanere incastrata nella situazione scomoda e quasi drammatica in cui si trovava e la portò ad uscirsene in quel modo, come se fino a quel momento avessero parlato di tinte per capelli.
O forse la sua reazione apparentemente superficiale dipese solo dall’indole di Emma...
Elle non si scompose «Trovo sempre alquanto singolare il tuo essere senza vergogna. E naturalmente il cambio repentino dell’atteggiamento.» e non aggiunse altro.
Emma sorrise, con gli occhi fulgidi, divertita da se stessa e da lui, palesando ancora di più il suo spirito controverso, quasi puerile e tuttavia perspicace e brillante.
E poi entrò nel portone senza attendere un assenso che non aveva bisogno di avere, perché su queste piccole cose, ormai, era in grado di capire Elle.
E lui si voltò, raggiunse con calma l’auto e si rannicchiò a piedi nudi sul sedile.
«Watari, ho bisogno del pc, dovremo aspettare e devo controllare gli ultimi dati. Tu vai ad aiutarla, per favore.»
«Certamente Ryuzaki. Credi che Miss Emma non si imbarazzerà a farsi aiutare a preparare le sue cose da un uomo che conosce poco?» insinuò il signor Wammy, porgendo il portatile ad Elle.
«No Watari.» rispose lui adocchiando subito il monitor luminoso. «Emma ti conosce. E comunque non si vergognerà certamente.» concluse senza guardarlo.
«Deduco sia una ragazza singolare ed interessante, o sbaglio?» proseguì Watari.
«L’hai tenuta d’occhio a lungo. Non hai bisogno di chiederlo a me. Mi stupisce che tu me lo domandi. Sai già che lo è.» impassibile.
Watari abbozzò un lievissimo sorriso, quasi compiaciuto e divertito, che però Elle non vide e poi uscì dall’auto per andare ad aiutare Emma.

Eh eh eh!
Era un po’ che non sentivate i miei commenti…
L’avevate capito che Elle aveva questo in mente? Che stava indagando su di lei fin dal primo momento?
Da parte mia ho fatto di tutto per deviarvi dalla strada giusta… Mi diverto troppo!
E ora?
Eccolo il fuoco con cui stava “giocando” Emma.
Io l’avevo detto!
Anche Elle ha confermato le mie idee, riguardo al “gioco” e, naturalmente, riguardo al “fuoco”…





Grazie infinite a tutti!!! Di recensire, di leggere, di preferire questa storia!!!
Mi state dando tantissimo!!! Ed io spero di non deludervi…

Smack e alla prossima settimana (magari tento di postare prima… ci provo… per tentare di farmi perdonare l’immondo ritardo… sempre che dopo questo chappy stiate ancora con la voglia…)


PS. Il bacio dell’altro capitolo concluso così? Sì… Con Elle non poteva che essere così… almeno secondo il mio umilissimo parere… Però è un precedente… un morsino alla carotina appesa… ;D

PPS. Nel primo capitolo ho postato una scheda di Emma in stile DN 13 How to read, frutto delle mie nuove follie con photoshop…

Eru

 









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Capitolo 20
*** 20. L'incognita numero uno ***


Allora.

È meglio che io la smetta di fare previsioni…

Scusatemi tanto ancora una volta…

Ma le intenzioni e l’impegno ci sono stati tutti!! Calcolate che è da sabato che sono su questo capitolo!!! Che lo volevo postare domenica sera!!!
Ma mi ha uccisa… letteralmente uccisa… e proprio per questo non so cosa ne sia venuto fuori…
Ho dovuto rileggere molti capitoli precedenti, ho dovuto incastrare alcune cose, cercare di renderle chiare…
È stato un parto!!
È spero sia tutto chiaro…
Proprio per questo, vi ricordo ora che si riprenderà qualcosa di cui parlai parecchio tempo fa.
Quando leggerete il passo del quadernino di Emma, dell’hard-disk ecc., se non vi è chiaro e se non sono riuscita a ricordarvelo bene, vi consiglio di rileggere la parte del capitolo 9 in cui avevo definito bene le mosse di Emma a riguardo. Spero che questo vi aiuterà a capirci meglio qualcosa…
Dita di liquirizia impostate!
Buona lettura e grazie di essere qui!!!


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

20. L'incognita numero uno


Emma sentì il portone che sbatteva dietro di sé, mentre si affrettava a raggiungere il suo appartamento.
E si affrettava non perché temesse Elle o perché volesse velocemente sistemare le sue “prime cose” da portar via, come lui le aveva praticamente ordinato, ma semplicemente perché la fretta a volte può essere un modo di esprimere l’agitazione, può essere uno dei tanti aspetti in cui si manifesta l’emozione, può essere impazienza.
Entrò in casa, poggiò il borsone della palestra a terra, vi si inchinò davanti ed iniziò a sfilare rapidamente tutto quello che c’era dentro, buttandolo a casaccio sul pavimento. E poi dal fondo tirò fuori il suo quaderno, quello delle “occasioni speciali”, quello su cui aveva scritto la trama di Death Note ed il suo piano, che erano inoltre entrambi gelosamente custoditi anche sull’hard-disk esterno rinchiuso in una cassetta della banca… il quaderno con tutti disegni a mano libera.
Quel quaderno lo aveva portato sempre con sé. All’università, in palestra, nelle sue varie uscite di svago. In ogni momento, in ogni luogo, sempre. Era ininterrottamente rimasto con lei. Lo aveva fatto perché era terrorizzata all’idea di perderlo, era ossessionata dal timore che potesse finire nelle mani di chissà chi. Un po’ come si può essere terrorizzati all’idea di perdere le chiavi di casa, se non sia ha un doppione. E lo aveva portato sempre con sé anche perché aveva sempre sperato che Elle la controllasse ed indagasse su di lei e quindi, se veramente lui lo avesse fatto, Emma aveva dovuto evitare che lui lo trovasse in casa incustodito mentre lei non c’era.
Perché Elle non doveva conoscere quelle cose prima del tempo.
Non doveva vedere tutti insieme i disegni che lei aveva fatto. I disegni di Elle stesso, di Light, di Misa, di Ryuk, di Rem, di Near, di Mello e di Watari, che lei aveva scansionato molto tempo prima e poi aveva riversato, parte sul pc portatile e parte sull’hard-disk esterno, con un preciso intento…
Elle non doveva leggere la trama di Death Note, né il suo piano, prima che lei lo avesse voluto.
E soprattutto non avrebbe dovuto leggerli né avrebbe dovuto vedere quei disegni su “quel” quaderno, perché lì sopra, tracciati a matita, non sarebbero stati la “prova” di nulla. Elle avrebbe dovuto scoprire i files di quel materiale, solo ed esclusivamente i files e li avrebbe dovuti scoprire per gradi…
E quel quaderno ora doveva e poteva sparire.
La trama di Death Note ormai la ricordava dettagliatamente a mena dito, dopo tutte le volte che l’aveva letta e riletta su tutti quei fogli consumati.
Il piano, così come lo aveva congegnato, era finito, non avrebbe potuto programmare più nulla.
Era concluso perché Elle avrebbe visto quei files al momento giusto, in pillole…
E poi era concluso soprattutto perché Emma aveva sempre saputo che, se fosse riuscita ad arrivare fino a quel punto, tutto il resto l’avrebbero condotto in due, perché quel “gioco”, così come lo aveva chiamato Ryuzaki,  lei non l’avrebbe più pilotato da sola. E non ci sarebbe stato nient’altro da programmare, eccetto un ultimo punto che però Emma teneva a mente senza bisogno di trovarselo per iscritto…
- Essere messa sotto stretta sorveglianza da Elle, seguirlo nei suoi vari alberghi, sempre.
- Da ora in poi sarete in due. In bocca al lupo Emma!!!
- Come salvarlo: …


Veramente vi aspettavate che vi avrei detto come Emma ha intenzione di salvare Elle?
E non è che non ve lo dica solo perché, come al solito, mi diverto a vedervi sulle spine.
In questo caso, ancora di più, non ve lo dirò perché sarebbe contro la mia natura rivelarvi un elemento così importante.
Sarebbe come annunciare l’identità dell’assassino all’inizio di un film o di un romanzo giallo…
Sarei un pessimo… Eh eh eh! Un pessimo “cosa”?
Be’, non sono certamente “pessimo”. Anzi, io li incarno tutti “quelli lì” che voi non avete ancora capito “cosa” siano…
Ma torniamo ad Emma.


Strappò velocemente tutte le pagine del quaderno, le sminuzzò attentamente e le gettò nel wc, tirando lo sciacquone in due riprese…
Bussarono alla porta «Arrivo! Sono un istante al bagno!» la verità, come sempre.
Quando andò ad aprire si ritrovò Watari davanti. Emma sollevò le sopracciglia perplessa «Ah… Non ho avuto ancora il tempo neppure di levarmi la giacca… Dobbiamo già andare!?» chiese lievemente confusa, senza spostarsi dalla porta.
Il signor Wammy sorrise dolcemente «No, Miss Emma. Sono qui per esserle di qualche aiuto.»
Emma rimase un attimo zitta, poi annuì pensierosa «Uhm.» si fece da parte per lasciarlo passare e richiuse la porta. Poi si voltò verso Watari «Non credo di essere nella posizione per decidere nulla, quindi posso solo fare la ragazza “per bene” e rifiutare l’aiuto, fingendo un pudore che non ho. Quindi mi sbrigherò da sola e vi raggiungerò in auto.»
Emma non si sarebbe mai fatta aiutare da lui. Perché sapeva che era stato Elle a chiederlo.
Se proprio pensa che io, povera fanciulla indifesa e debole, non possa farcela da sola, che venga lui a darmi una mano! È giovane e forte!
Watari sorrise quasi divertito e compiaciuto per l’atteggiamento di Emma e poi lei continuò «Prego, però ora si accomodi, le preparo un tè. Sono certa che lei lo apprezzerà più di chiunque altro.»
Emma sapeva che lo avrebbe gradito non solo perché era un perfetto uomo inglese, ma anche e soprattutto perché quella era una gentilezza che lui avrebbe apprezzato veramente, dal momento che era sempre lui ad occuparsi di quelle mansioni. Solo chi sa cosa significhi fare alcune cose, sa essere grato per certi gesti.
Watari allora inclinò il capo in un gesto di simpatica resa mista a mite gentilezza e si andò a sedere, lanciando uno sguardo alla borsa della palestra che Emma aveva appena svuotato, al suo contenuto sparso disordinatamente sul pavimento ed al quaderno da cui erano stati strappati i fogli che giaceva anch’esso per terra.
Ed Emma mise l’acqua sul fuoco, preparò la tazza e, quando l’infuso fu pronto, si sedette anche lei, con le polpettine ormai congelate davanti ed al fianco dell’anziano gentiluomo che sorseggiava lentamente il suo tè.
«Miss Emma. Ryuzaki sa molto di molte cose, ma molte altre potrà forse impararle…» disse Watari con un tono dolce e calmo, senza guardarla.
«Lo so.» rispose Emma portandosi la forchetta alla bocca «Lo so fin dal primo momento e questo non mi ha fermata, non avrebbe mai potuto farlo. Lui è così. E sono certa che potrà imparare, è la cosa che sa fare meglio…»
Cosa poteva “imparare” a fare Elle?
Doveva magari “imparare” a farsi un tè o un caffé da solo?
O forse si trattava anche di qualcos’altro…?

Quando Emma ebbe finito di sistemare il frigo, spostando nel freezer quel poco che c’era, riempire la valigia con i vestiti e la sacca con le cose del lavoro, uscì e chiamò Watari.
Lui la raggiunse immediatamente di nuovo nell’appartamento ed allora lei gli mostrò tutto ciò che rimaneva ancora da prendere e che le avrebbe potuto essere utile. Qualcuno le avrebbe portato tutto in seguito.
«Come si farà ogni volta…?» chiese Emma titubante sull’uscio «Intendo dire ogni volta che cambieremo albergo…»
«Non si preoccupi Miss Emma. Siamo attrezzati per questo.» le rispose professionalmente lui.
«D’accordo… Credo di aver preso tutto il necessario e di averle indicato il resto…»
«Stia tranquilla, se dovesse servirle in futuro altro da qui, qualcosa che ora ha dimenticato di comunicarmi o che le servirà magari soltanto in seguito,  non esiti a dircelo e verremo a prenderlo.» le disse lui serio.
Emma annuì, poi lasciò uscire Watari, chiuse la porta, consegnò la chiave a lui e uscì con la sua valigia, mentre l’anziano signore le portava la borsa del lavoro.
Misero tutto nel portabagagli e partirono silenziosamente, lasciando quella strada deserta e addormentata.

Emma lasciò che il facchino lasciasse le valige all’ingresso della sua stanza, in uno degli ultimi piani di un grande albergo. Era già stato pagato per farlo.
Lei ringraziò, chiuse la porta e poi vi si appoggiò con la schiena.
Era sola adesso…
No…
Non lo era…
…“Sarai controllata in ogni momento. Non ci sarà un istante in cui non sarai sotto i miei occhi.”…
Si guardò intorno.
Poi si incamminò lentamente nel corto corridoio dell’ingresso ed entrò nella stanza ancora buia.
Avanzò. Scostò appena le pesanti tende che coprivano le finestre.
E Tokyo le si presentò davanti, in tutta la sua grandezza, stagliata con le sue migliaia di luci, vicine e lontane, nel cielo della notte…
Emma ebbe quasi un brivido nell’osservare la grande metropoli così dall’alto, si sentì sospesa nel vuoto, immobile dietro quel vetro che arrivava fino a terra.
Fece scorrere tutta la tenda, che occupava quasi un intero lato della camera e si allontanò un po’ per avere una visuale completa di quella immensa parete trasparente, finestra sulla città.
La stanza si illuminò appena di una pallida luce artificiale che giungeva fredda da fuori…
Emma si sedette a terra, sul caldo parquet, lì dove quella strana luminosità si rifletteva…
Poi si sdraiò, allargò le braccia, chiuse gli occhi e sospirò.
Era in qualche modo felice?
Una strana sensazione la invadeva tutta…
Non ho mai osato neppure immaginarlo…
Tutto questo è surreale…
Lui è qui.
È qui, da qualche parte.
È qui, in una suite di questo albergo.
È qui e vede questo stesso cielo.
Il cielo del mio stesso mondo…
È qui e mi osserva…
Anche ora…

Il telefono della stanza squillò brutalmente in quel silenzio ed in quella pace che sembrava quasi lunare, per via di quella sbiadita luce biancastra.
Emma sussultò. Si sussulta sempre quando squillano i telefoni delle stanze d’albergo. Perché non ci si aspetta mai che succeda, perché non se ne conosce il trillo…
Si alzò rapidamente, corse nella direzione del suono e vide l’apparecchio nella penombra, su un basso tavolino, vicino ad una parete buia.
Un altro passo ed inciampò su un tappeto che non aveva notato, nel cono d’ombra.
«Accidenti!» esclamò, andando ad appoggiarsi con le mani al muro che si trovò davanti, evitando la caduta.
E poi alzò la cornetta «Sì…?»
«Forse dovresti accendere la luce.» la voce le giunse calma ed impassibile, ma sempre pungente, trasudando quel modo “british” e compassato che lui aveva di prendere in giro, quando non era “temibile”.
La voce, solo la voce… Che strano…
«…Dovresti accenderla anche tu allora.» rispose quasi ridendo Emma, sicura che anche lui avesse gli interruttori spenti… Quasi lo vedeva, al buio, sperduto in una stanza qualunque, con la sola luminosità del monitor a rischiarargli il volto candido…
Elle non esitò «Non sapevo di avere anch’io delle telecamere di sorveglianza nella mia stanza.»  
«No, però sai che io ti conosco. E comunque mi hai confermato che sei a luce spenta.» commentò Emma.
«Non avrei motivo di non confermartelo. E comunque “io” non ho rischiato di schiantarmi sulla parete.» ovviamente non si arrendeva.
«Ma non mi sono “schiantata”, è questo che conta, no? Il risultato.» Non si arrendeva nemmeno lei.
Però è strano… «… Ryu… Ryuga… Ehm… devo chiamarti “così” al telefono…?» proseguì Emma titubante.
«Puoi chiamarmi come vuoi al telefono. È una linea protetta. Basta che non ti abitui con un altro nome e poi non te lo fai uscire in presenza di altri.» affermò lui serio e tranquillo.
«Ok… Allora magari eviterò proprio di chiamarti… Comunque… Quello che ti volevo dire… Non sei più quello di prima, quello che fa paura… ora sei così, così, quasi diverso, ma sei sempre tu…»
Elle rimase un attimo in silenzio. «Uhm. Non mi soffermo mai sui miei comportamenti. Ma tu non manchi mai di porvi l’accento. È un’altra delle cose di cui dovremo parlare.»
Tagliò tranquillamente corto così, senza in fondo risponderle.
Elle non era molto abituato ed essere guardato dentro…
Anzi, non era abituato affatto…

È vero quello che ha detto Emma.
Questo Elle che le parla al telefono è quasi “umano”…
Il punto però non è solo che è diverso da come è stato poco fa, quando l’ha inchiodata, minacciata, scoperta nei suoi giochi ed intimata…
Il punto è che Emma lo ricorda a tratti anche così, anche un po’ “umano”. Perché l’Elle del manga ha degli aspetti “terreni” e divertenti che lei aveva adorato.
E invece fino a questo momento lei ha visto solo un Elle molto “alieno”, con lievissimi sprazzi di leggerezza…
Perché quello che lei ha conosciuto in questo bizzarro mondo è l’Elle dell’anime, naturalmente, che ha una “gravità” superiore, che a lei però non ha stonato, perché era comunque lui.
Ora però si sta rendendo conto che fino a quel momento quell’aspetto vagamente più “umano” non lo aveva quasi mai riscontrato…
Ma Emma cosa ne può sapere dell’Elle in versione animata?
Ad ogni modo anche il Ryuzaki dell’anime nei momenti che non sono compresi nella  “sceneggiatura da mandare in onda”, magari potrebbe essere così…
Voi cosa ne pensate?
Anche quei momenti ciechi sono una dimensione parallela.
Rifletteteci un istante.
Ecco che sgorgano tanti mondi nella vostra testa, tanti Elle che agiscono in momenti ciechi del cartone animato e, perché no, anche del manga!
Oppure… oppure Elle è così se stesso, ma diverso dal “temibile detective”, per altri motivi…


Emma capì che lui non avrebbe risposto e quindi proseguì «Cosa volevi dirmi?»
«Domani Watari ti aspetterà alle otto alla reception, ti porterà alla Todai.» le disse secco.
«Cosa?! Ma posso andarci anche da sola al lavoro!» esclamò Emma.
«Non potrai. E comunque gli alberghi di Tokyo saranno molti e variamente distanti dall’università. E non è una cortesia. Non sei in vacanza, Emma.» le ricordò lui con una punta di ironia.
Elle dava per scontato che Emma sapeva che avrebbero cambiato hotel spesso.
«Giusto, devo essere controllata… Be’, però il fatto che mi senta “in vacanza” significa che non temo nulla e che, come hai detto tu, non ti nascondo nulla che possa ledermi… Watari però non potrà accompagnarmi sempre… Sono certa che a breve avrà molto da fare e non potrà dedicarsi a me…» Dopo che tu avrai incontrato Light…
«Parleremo anche di questo.» disse lui enigmatico. «Dunque. Puoi girare nell’albergo liberamente, ma potrai uscirne solo accompagnata. Domani mattina lascerai il tuo portatile in stanza, dovrai farne  a meno per un giorno.»
Emma fece un leggero sorriso compiaciuto. «Lo esaminerai?» gli chiese curiosa.
«Tu vuoi che io lo faccia. Comunque sì, e non farò solo quello. Poi. Sul comodino della camera da letto troverai un cellulare. Prendilo. E prendi anche il tuo vecchio telefono. Ora.»
Emma allora cercò l’interruttore della luce… Niente… Nell’oscurità della parete non lo trovava e non lo vedeva…
«Affianco alla porta, alla tua destra.» le suggerì Elle.
«Sì… grazie…» ed accese finalmente la luce…
Strizzò gli occhi che ormai si erano abituati alla semioscurità.
Era immensa. La camera era immensa.
E non era la stanza vera e propria.
Era un salotto.
Lasciò la cornetta sul basso tavolino, andò a rovistare nella sua borsa alla ricerca del suo vecchio cellulare, lo acciuffò e poi, senza guardarsi intorno, si diresse verso la camera da letto dove trovò quello nuovo, che in effetti era sul comodino. Lo prese senza esitare e notò che lì c’era un altro telefono dell’albergo… Ci pensò un istante e decise fosse preferibile tornare all’apparecchio nel salotto…
Riacciuffò la cornetta che aveva posato.
«Anche il telefono nella stanza da letto ha una linea protetta Emma. Avremmo potuto parlare anche da lì. Ti avrei avvisata se fosse stato il contrario.» la prevenne Elle.
«Ah. Giusto.» disse lei risoluta.
Emma pensava parecchio… Era molto cauta…
E collaborava. Emma collaborava in modo sorprendente. Ma questo era in linea con quanto Elle aveva già pensato… Perché lei aveva voluto quel controllo fin dal primo momento…
«Ora inseriscici la tua scheda. Da adesso in poi userai solo questo cellulare e lo porterai sempre con te. Sempre. Quello vecchio lascialo a terra, fuori dalla porta della stanza. È tutto chiaro? Sono certo che saprai stare a queste semplici regole.»
«Certamente. C’è un GPS con microfono incorporato dentro?» gli chiese poi Emma trafficando già con lo sportellino sul retro dei due cellulari per scambiare la card.
«Sì. Qualcosa del genere» impassibile.
«…È strano che tu mi dica tutto… Così mi lasci il modo di aggirare queste precauzioni/controlli, se io lo volessi o ci potessi riuscire…»
«Ma tu non vuoi aggirarli. Per questo te li sto dicendo. Sei un “sorvegliato” particolare, in effetti.» le spiegò Elle, bruciandola ancora una volta.
«…Va bene… Abbiamo finito credo…» accese il nuovo telefono ed Elle non parlò.
Emma proseguì «Allora… Anche se dubito che dormirai… buonanotte Elle…» lo chiamò così, solo per quella volta, perché era fantastico poterlo fare…
«Buonanotte Emma.» e riagganciò.
Lei poi fece come lui gli aveva detto. Aprì la porta della stanza e posò il suo vecchio telefono sul tappeto del corridoio dove affacciavano le altre stanze e lo lasciò lì.
Collaborava in modo semplice, senza tuttavia essere ingenua, condiscendente o passiva…
Rientrando nel salotto Emma si guardò meglio intorno.
Anche quella era una suite…
Quindi magari la stanza di Elle non era poi così lontana dalla sua…
Scosse poi il capo infastidita da quei pensieri che continuava a vedere sciocchi ed ai quali non sempre si lasciava andare…
Tirò fuori dalla valigia le sue scarpe da ginnastica “da casa” e la sua tuta per dormire, perché naturalmente oltre alle pantofole non sopportava neppure i pigiami canonici.
Ed andò al bagno con il beauty.
Non era un bagno. Era un altro salotto.
«Bella la vita, vero Elle?» sussurrò sghignazzando, cosciente del fatto che probabilmente Elle la potesse sentire e vedere.
Ed iniziò a sfilarsi i vestiti tranquillamente…
Quando rimase solo con una t-shirt indosso, si fermò un attimo…
Non era minimamente in imbarazzo del fatto di essersi spogliata e di avere indosso solo una t-shirt, anche se ampia… Era pur sempre quella che si era mostrata tranquillamente in reggiseno ai ragazzi della palestra… Ma questo suo aspetto non significava che fosse una ragazza scaltra. Tutt’altro. Dietro il pudore spesso si annida proprio la scaltrezza femminile, che Emma non aveva.  Quella tranquillità significava semplicemente che spesso non si vedeva come una donna, ma agiva come un ragazzino, ingenuamente e liberamente, convinta che nessuno si sarebbe sconvolto o avrebbe strabuzzato gli occhi di fronte al suo seno contenuto e fasciato in un reggiseno sportivo…
E poi figurati se gliene importa qualcosa di vedermi così! Ed anche se gliene importasse ci farà l’abitudine ad un certo punto. Non ho alcuna intenzione di stare in ansia in ogni momento, di mettermi uno scafandro ogni volta che rientrerò in stanza e di farmi strani pensieri.
Poi però si guardò intorno… La doccia ed il vano per il wc erano separati dal resto di quel “salotto” da un leggero tramezzo.
Uhm… Magari al bagno non ci sono telecamere e se anche ci fossero di sicuro non saranno lì, dietro a quel tramezzo…
E solo allora si infilò dietro quella sottile parete, dove si spogliò del tutto e si cambiò.
Lo fece solo allora, nonostante fosse una ragazza priva di malizia nelle situazioni in cui la maggior parte delle donne ne avrebbe avuta… Lo fece, nonostante questo, e la vergogna non c’entrava nulla. Lo fece perché era innamorata di Elle… Ed in questo fu molto più “donna” di qualunque altra.

La mattina successiva le bussarono alla porta.
Emma si svegliò, sgusciando fuori a fatica da quello strano sonno profondo.
Allungò la mano sul nuovo cellulare sul comodino. Le sette e un quarto.
Accidenti! La sveglia non ha suonato! Non sono riuscita ad impostarla bene!
La notte prima non si era addormentata presto, ovviamente…
Come avrebbe potuto…
Si alzò velocemente e andò ad aprire.
La colazione in camera. Le avevano ordinato la colazione in camera.
Quando la cameriera ebbe posato un vassoio sopra il tavolo grande del salotto e fu uscita, Emma alzò il capo verso l’alto e lo ruotò da una parte e dall’altra, come volendo rivolgere lo sguardo a quelle telecamere che però non poteva vedere e gli parlò, quasi sussurrando e tentennando, perché sapeva che lui era lì…Perché non era mai sola…
«Io adoro la colazione al buffet degli alberghi… Mi piace moltissimo perchè è bello vedere le altre persone… Se la vorrò in stanza ci penserò da me… Però… ringrazia Watari per questo e per avermi svegliata in tempo… O magari… In fondo solo tu potevi sapere che stavo dormendo ancora e che la sveglia non aveva suonato… Ma no… Tu al massimo mi avresti svegliata facendo trillare il telefono in modo assordante.» concluse, immaginando un Elle decisamente poco incline ad una gentilezza garbata e piacevole come poteva essere quella del risveglio accompagnato dall’odore del caffé caldo…
Si sedette e si rimpinzò di pane e marmellata, l’unica cosa che riusciva a mangiare di prima mattina, e schifò le brioches e tutto il resto. Era vero che non amava i dolci, ma a colazione le uova, il bacon o il pesce le davano il voltastomaco, nonostante le sue origini per metà inglesi. Trangugiò un paio di tazze di caffé, cui seguirono naturalmente due sigarette… Non si pose proprio il problema se si potesse o meno fumare in stanza… Lo fece e basta, dopo aver socchiuso appena la finestra.
Era la mattina del 12 Febbraio, la prima di una lunga serie, la prima di una vita che si sarebbe svolta da quel momento in poi sotto l'insegna del silenzio e delle cose non dette, con i suoi amici, con la sua famiglia, con tutto il resto del mondo... Adesso viveva nell'incognita e nell'anonimato propri di Elle, doveva essere molto attenta, molto più di prima...

Verso le sette di sera Emma e Watari rientrarono in albergo, senza aver detto una sola parola in auto.
Appena Emma arrivò in stanza, ebbe appena il tempo di levarsi il cappotto, di poggiare la borsa, lavarsi le mani, accendere il computer, che era intonso sul tavolino, e di arrampicarsi seduta a gambe incrociate sulla sedia, alla ricerca di una playlist da ascoltare…
E bussarono alla porta.
Emma si alzò.
Aprì.
Elle.
Scontato.
Emma non era in vacanza, per l’appunto.
«Prego…» gli disse lei, spalancando la porta e scostandosi di lato per permettergli di entrare. E lui avanzò in silenzio, strascicando le scarpe sul parquet del pavimento.
Raggiunsero insieme il salotto, Elle denudò immediatamente i piedi da quegli orpelli odiosi, si appollaiò a modo suo su una sedia ed Emma fece lo stesso, anche lei a modo suo, di fronte a lui.
Senza ancora dire una parola lui sfilò dalla tasca dei jeans un foglio piegato. Lo aprì e lo posò sul tavolino.
E poi la guardò, calmo ed impassibile.
Era il primo disegno che Emma aveva fatto.
Era lui. Il grande detective, con le occhiaie sfumate, grigie, del colore della grafite ed i capelli più scuri, corvini, calcati e definiti dalla punta di una matita netta e decisa…
Elle aveva stampato quell’immagine dai files che aveva trovato sul pc di Emma.
Ma lei non parlò.
Lui si portò il pollice sul labbro e la fissò dal basso, col capo chino «Hai architettato anche questo.»  netto e diretto «Con questo vuoi darmi un’informazione in più. Vuoi dimostrarmi che mi conosci da tempo, ma senza lasciarmi possibilità di dubitarne. Vuoi provare oltre il ragionevole dubbio che conoscevi il mio aspetto da prima che ci incontrassimo. O meglio, con questo vuoi darmene la prova concreta e tangibile.»
Si fermò un istante, senza smettere di guardarla e senza smuovere il pollice dal labbro…
«I files parlano chiaro, giusto Emma? Sono documenti pieni di informazioni. Ognuno di essi racchiude in sé la data della propria creazione, nonchè quella dell’ultimo accesso. I dati informatizzati hanno una cronologia univoca, se nessuno la falsifica scientemente. E tu sai che io ho potuto verificare che non ci sono stati interventi sul tuo pc che possano aver annullato o alterato quella cronologia.»
I ragionamenti di Elle si scioglievano fluidi nel silenzio di quella stanza e ripercorrevano quelli che erano stati i calcoli di Emma al tempo in cui aveva definito il suo piano…
La stava scoprendo e smascherando lentamente. Non aveva solo dedotto quello che Emma era certa lui avrebbe fatto. Che cioè i disegni digitalizzati rappresentavano una prova. Elle le stava gradualmente facendo capire che sapeva che lei li avevi fatti apposta…
Era meraviglioso ed agghiacciante…
E la sua voce calda e cristallina le penetrava nella testa… «Hai scansionato questo disegno il 15 Ottobre del 2006, alle 23:57. Il giorno successivo la notizia della cattura del serial killer della Campagna Romana è stata diffusa dai media. Ed il 17 Ottobre mi hai incontrato nell’area archeologica per la prima volta. Ma evidentemente non era la prima volta.»
Si fermò ancora un istante, fissandola. Queste pause erano inquietanti.
Ma Emma non disse nulla, ancora una volta. Si limitò a deglutire…
Era dura… Era durissima…
«È dura, vero Emma? Hai preparato tutto, ma affrontare “questo tutto” è molto più difficile. Non è così? Questa scansione ha un disegno originale. Che fine ha fatto? L’hai gettato? Credo che fosse in quel quaderno che ti portavi sempre dietro. Perché lo portavi sempre con te?»
Emma finalmente parlò «… Perché… Perchè ero terrorizzata all’idea che potesse finire nelle mani di qualcun altro… nessuno deve vedere la tua faccia, anche se non ho scritto nessun nome…»
«E non solo. Hai omesso qualcosa, come sempre, senza mentire. Ma mi stupisci in questo momento. Non ti sei ancora resa conto che non c’è più bisogno di omettere nulla su questo punto? Generalmente capisci come comportarti e sai sempre cosa dire. Generalmente mostri di “conoscermi”… Te lo dirò io cos’altro ti ha portata a tesaurizzare così quel quaderno. Tu non volevi anche che quei disegni cartacei finissero nelle mie di mani! Perché attendevi, anzi, speravi che io indagassi su di te e temevi che io avrei potuto entrarne in possesso in qualche modo.
Tuttavia adesso accetti tranquillamente che io prenda il tuo pc, anzi, “vuoi” che io lo prenda e veda i files scansionati dei ritratti che erano su quello stesso quaderno che hai voluto nascondermi e che vuoi nascondere anche ora… Immagino sia perché i files “parlano” più dei disegni a mano libera e sono per te una prova del fatto che tu fossi a conoscenza di molte cose, prima che queste avvenissero.
Quello che non ho capito subito è il perchè tu ti sia disfatta del quaderno. Tanto ora avresti potuto provare con i files quello che non potevi provare con i disegni a mano libera. Ed io avrei avuto un semplice doppione…
Ma non ero sulla strada giusta…
Su quel quaderno non c’erano solo i disegni che io ho potuto vedere scannerizzati sul tuo pc!
Su quel quaderno c’era anche dell’altro! E questo “altro” io non posso vederlo subito, perché tu hai pianificato che deve essere così. In pillole. Mi hai sempre dato tutte le informazioni in pillole!» chiuse lui, osservandola gelido, ma aggressivo, un’altra volta.
L’aveva colta su tutto.
Elle aveva capito tutto un’altra volta.
Aveva capito che c’erano altre informazioni digitali nascoste…
Eccolo il “fuoco” con cui aveva “giocato” Emma.
«… Sì… Non sapevo come, ma sapevo che avresti capito molto più di quello che avevo programmato… ed è durissima… Lo è anche se mi sono preparata in tutti i modi, ripetendomi di continuo che mi avresti stupito… »
E questo era il motivo per cui, da quel momento in poi, Emma aveva lasciato il suo piano aperto. Perché le cose sarebbero potute cambiare a dismisura, essendoci Elle di mezzo in modo attivo e prorompente…
Emma continuò «… E sì… in pillole… Anche questo avevi già capito… Non posso fare diversamente… Non mi crederai mai altrimenti… Tu dovrai… »
«Dovrò fidarmi di te.» la interruppe lapidario Elle prevenendola «“Perché altrimenti andrà tutto a monte”. Sono parole tue, Emma.»
«Sì.» confermò lei seria.
«Ed è proprio questo “tutto che rischierebbe di andare a monte” la prima cosa che dovrò capire, la mia incognita numero uno.
Il primo assaggio che mi hai voluto dare, la prima “pillola”, è proprio quella delle “conoscenze” che hai su di me. Giusto? Ma per tua fortuna, nelle mie indagini, chiarire questo aspetto è anche il mio primo passo, diciamo pure la mia prima “pillola”, che dovrà definire la mia prima incognita, cioè il perché tu mi abbia cercato; il perché tu abbia architettato tutto questo; qual sia il tuo obiettivo. In sintesi: cosa vuoi da me, Emma?! Perché tu vuoi qualcosa e questo qualcosa è profondamente connesso a ciò che tu sai di me. Le altre due incognite le affronterò solo dopo che avrò capito questo.»
Era lui a condurre, comunque, nonostante le ingerenze e le conoscenze di Emma.
Le altre due incognite…
Tra i disegni che Elle aveva visto scansionati sul pc di Emma non c’era solo quello di Elle, ma anche quelli di Light, di Misa, di Ryuk e di Rem…
Ma lui non vi aveva fatto alcun accenno.
Non aveva la minima intenzione di parlarne.
Almeno per il momento.
Era lui a condurre.
Prima voleva capire cosa Emma volesse da lui.
Questo era logico, in realtà.
Perché capirlo lo avrebbe portato, forse, ad avere un’altra prospettiva e magari a parlarle anche del caso Kira… e forse, chissà, lo avrebbe portato a fidarsi veramente di lei…
Due persone, due menti con capacità e sensibilità immensamente differenti, Elle ed Emma. Forse però in quella prima fase stavano cercando entrambi di ottenere o definire la possibilità che il grande detective si fidasse di una giovane archeologa sprofondata in un mondo sempre più difficile e irreale…
Ma era Elle a condurre il gioco ora. O forse no?
«… Stai conducendo tu il “gioco”… Mi va bene così. Io sono stanca…» sospirò Emma, incamerando il fatto che lui non volesse assolutamente parlare del caso Kira, ancora…
«Forse. O forse lo stai ancora velatamente in parte conducendo tu. Ma abbiamo appena iniziato Emma.» disse lui gelido.
Poi allontanò il dito dalle labbra «Può bastare. Ho ottenuto le conferme e le informazioni che volevo, per il momento.» si fermò un attimo «e adesso voglio una fetta di torta.»
E si alzò, si reinfilò le sue scarpe, alzò noiosamente la mano in un cenno di saluto, si voltò, si incamminò verso l’ingresso ed aprì la porta.
Emma lo seguì tutto il tempo con lo sguardo. «Ciao, Ryuzaki.» gli disse alla fine, mentre lui era sull’uscio di spalle.
Elle sollevò di nuovo la mano sottile, senza voltarsi «A tra poco, Emma» le rispose, alludendo in modo leggero, infantile e forse irritante al fatto che l’avrebbe vista sullo schermo del suo computer attraverso gli occhi delle telecamere.
E poi uscì.
È spiazzante e… insopportabile… Mi chiedo come faccia a piacermi così tanto!!! Però è così…

Elle rientrò nella sua suite, mentre Watari aveva appena tagliato una fetta di cheese-cake e gliela poggiava sul basso tavolino del salotto.
«Sono arrivato solo adesso qui ed ho visto soltanto ora quei disegni. C’è anche Light Yagami…» gli disse il signor Wammy, sereno e compassato, mentre Elle si accomodava placidamente su una poltrona, rannicchiandosi.
«Non ho affrontato questo discorso con lei. Non gliene ho parlato e non gliene parlerò, per ora. Devo prima capire cosa voglia da me. Scoprire cosa sappia del caso Kira è la mia seconda incognita e sarà il secondo passo che appronterò con lei.» gli rispose Elle, mentre allungava le dita verso uno dei mirtilli che guarnivano la cheese-cake.
«La seconda incognita delle tre.» commentò Watari «Credi comunque che lei abbia a che fare col caso Kira in qualche modo?»
«Forse… Ma ho la sensazione che ne abbia a che fare in un modo collaterale, esterno… direi quasi da spettatrice…» un lampo si accese nei suoi occhi ed Elle si fermò, con la forchetta sospesa davanti alle labbra, guardando dritto davanti a sé… «…Sì… i disegni… le informazioni che ha… sono tutte espressioni di un “osservatore”… sono conoscenze passive, come quelle di uno studioso attento e preciso, ma non coinvolto… Perché lei conosce, sa, ha visto. Ma non è preparata per esperienza o per abitudine… Non ha “vissuto” quello che sa… Non so come, ma Emma è una “spettatrice”. Anzi, Emma è stata una “spettatrice”.»
Aveva intuito in quel momento.
Aveva intuito proprio in quel momento questo aspetto incredibile, tramite deduzioni che nella sua mente andavano molto più veloci di quanto le sue parole potessero esprimere.
L’intuito fenomenale può essere in qualche modo connesso alla sensibilità?



Questo capitolo è pieno di cose. Quasi un’accozzaglia…
C’è una Emma descritta come avveniva nei primissimi capitoli, nelle emozioni e nelle caratteristiche.
C’è il suo piano, forse troppo complicato (non in generale, ma solo per le mie limitate capacità di spiegarlo senza impiccarmi, rischiando di combinare un disastro e generare incomprensioni… Pensate se fosse stato più complesso??? Rabbrividisco al solo pensiero…)
C’è un Elle che mi ricorda in brevissimi tratti quello del manga (ma credo che lo ricordi solo a me…), che io adoro all’inverosimile e spero di esservi riuscita a comunicare almeno un briciolo di quel Ryuzaki là…
C’è la descrizione di come Elle la controlli, perché non potevo non affrontarla e non cercare di definirla in modo dettagliato e perché mi sono divertita a farlo (anche se sono stata egoista e non so quanto l’abbiate apprezzata…)
C’è il primo vero interrogatorio… E lì mi metto in ginocchio e prego umilmente perdono ad Ohba…  
E tantissime altre cose….

Ma vi lascio adesso e vi ringrazio infinitamente per il calore che mi date!!! Sono sincerissima! Ho detto proprio “calore”!!! Per le recensioni, le preferenze…
Date un'occhiata alle recensioni al capitolo 19… Hanny ha fatto un bellissimo disegno di Emma, di come la immaginava!!!!!
E Saretta lo ha commentato! E’ grandioso per me vedere come vi appassioni questa storia…
E cos’è questo se non calore??!!!
Mi sento sempre più in ansia per questo…
Va be’, mo’ la faccio finita che mi sono scassata pure io di leggermi co' 'sti toni pesanti da intrippata cronica!!! ;D
Alla prossima!!!


Eru

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Capitolo 21
*** 21. L'incognita numero uno (seconda parte) ***


…Non vi racconto nel dettaglio cosa mi è successo la settimana passata… Sappiate solo che il mio pc si è preso un virus “mortale” martedì scorso, che l’ho dovuto portare a formattare e che anche l’hard-disk con tutti i miei sacri (ed inutili?) appunti sulla storia e sul capitolo è probabilmente infetto… Il gelo ha fatto il resto e ancora non mi è stato restituito né l’uno né l’altro dall’assistenza pc… Alla fine sabato ho deciso di scrivere il capitolo ugualmente, senza sacri appunti, sul portatile “nano”… E non so proprio cosa ne sia venuto fuori. Ecco il perché del ritardo e dell’assenza della solita immagine “copertina” che su questo computer non ho…
Potrete perdonarmi??!!
No…
Soprattutto perché questo capitolo temo sia un po’ soft… anche se visti i precedenti qualunque capitolo sarebbe risultato tale probabilmente…
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

21. L’incognita numero uno (seconda parte)

Ma cosa accadde quella mattina del 12 Febbraio, quella prima mattina in cui Emma affrontò l’università ed il lavoro ormai inglobata nella segretezza e nell’anonimato della vita di Elle?
Be', Emma si vestì e scese alla reception dove Watari la aspettava, come avrebbe fatto ogni giorno.
Salirono nell’auto.
Emma non fece domande, seduta sul sedile di dietro della macchina.
Watari mise in moto e per tutto il resto del tragitto non parlarono…
Quando furono davanti all’ingresso dell’università lei scese dall’auto prima che il signor Wammy potesse aprirle la portiera. Si sentì in imbarazzo… Si imbarazzava se qualcuno le apriva la portiera dell’auto, ma non di farsi vedere mezza nuda…
Tutti gli altri studenti aggiravano la Roll Royce per raggiungere l’istituto e la osservavano curiosi. Osservavano la macchina e la ragazza che ne usciva, che non aveva per niente l’aria della “tipica ragazza da Roll Royce”…
«Emma… buongiorno…» la voce di Misao la raggiunse alle spalle. L’espressione sul volto della giovane ragazza giapponese era un misto di perplessità, curiosità e malizia ed i suoi occhi scrutavano la nota automobile…
Emma naturalmente non le aveva ancora detto nulla…
Salutò l’amica e chiuse la portiera.
Adesso avrebbe dovuto vedersela con lei…
Si incamminarono insieme ed in silenzio sul lungo viale alberato sferzato dall’aria gelida di quella mattina di Febbraio, lasciandosi alle spalle il motivo dello stupore di Misao…
Poi finalmente Emma parlò senza smettere di fissare il viale davanti a sé «Sto da lui.»
Basta. Non le disse altro.
Misao rimase zitta per qualche istante «Sì… Cercherò di rimanere calma visto il tuo incredibile riserbo… Però… No. Non ce la faccio! Emma!!! Accidenti!! Ma come sei da lui??!!» esclamò alla fine.
Del resto Misao era riservata e “perfetta” davanti ad Elle, ma non lo era se da sola davanti alla sua amica e quindi libera di esprimersi…
Però Emma sapeva che non erano sole.
C’era quel maledetto cellulare con lei e da quello lui poteva sentire tutte le conversazioni che lei avrebbe avuto con chiunque… o comunque le avrebbe ascoltate Watari o comunque era certa che sarebbero state registrate…
Questo era un dettaglio cui Emma non aveva pensato nel corso del suo piano…
O meglio, ci aveva vagamente pensato, ma non lo aveva definito in modo preciso, non pensando al controllo del cellulare… La sua scelta iniziale di non parlare di Elle a Misao era nata proprio dal dubbio che qualcosa del genere potesse accadere. E per lo stesso motivo aveva evitato di parlare con Viola per iscritto su msn da quando si era mostrata ad Elle per la seconda volta sotto l’hotel. Cioè da quando sperava che lui iniziasse ad indagare su di lei. Le conversazioni scritte sono salvate e possono comunque essere recuperate da qualcuno che sia in grado si farlo. Le chiamate vocali no. O perlomeno Emma immaginava non ci fosse un modo di farlo.
Il punto era che il suo interesse per Elle doveva rimanere oscuro al grande detective. E qui non c’entrava nulla il suo piano, né Death Note, né Kira o il quaderno della morte… Qui si trattava di non palesare alla persona di cui era innamorata i propri sentimenti. Perché Emma questo aspetto lo voleva tenere sopito. Perché era più importante tutto il resto… perché per lei era l’aspetto più inutile di tutta la faccenda. Sì, “inutile”. Lo riteneva inutile…
E forse in questo era condizionata da ciò che lei sapeva di Elle. La urtava terribilmente che lui potesse considerarla una sciocca ragazzina innamorata. Non le avrebbe mai dato retta. Perché questo era un aspetto che lui non avrebbe mai considerato…
Era un aspetto che in Death Note non esisteva. Che in tutto il manga non aveva nessun peso. E che quindi lei non voleva assolutamente palesare…
Però lo aveva baciato…
E lo aveva fatto perché, nonostante tutti questi propositi e queste considerazioni, Emma era umana e “sentiva”… E perché, dopotutto, non sapeva mentire…
Misao proseguì nel suo entusiasmo fissando Emma «Allora avevo ragione io! Ryuga non è un pezzo di ghiaccio! È  umano anche lui!»
Era fuori strada su tutta la linea… ma come biasimarla? Chiunque avrebbe intuito dalle parole di Emma esattamente ciò a cui Misao alludeva…  “Sto da lui”…
Emma continuò a camminare e a guardare davanti a sé.
Come ne esco? Come faccio adesso? Forse semplicemente facendole credere ciò che lei vuole… ed Elle capirà, anzi, saprà che sto mentendo.
 «Già.» fu essenziale e non spostò lo sguardo dal viale. E mentì.
«Ok…» rispose titubante Misao «Sei abbastanza spaventosa quando fai così… Sei gelida… Ma non è la prima volta… Sembri un po’ Ryuga…» e  non aggiunse altro, rispettò il silenzio dell’amica, perché l’accettava, perché anche lei, come Viola, sapeva che non avrebbe cavato un ragno dal buco in quel momento ma anche perché, a differenza di Viola, non riusciva ancora ad accorgersi delle rare volte in cui Emma mentiva…
Dopo qualche istante di silenzio Misao, anche lei stavolta continuando a guardare davanti a sé, disse con voce seria e dolce «Però sono contenta per te… perché tu lo adori…»
Emma si morse il labbro, si strinse nelle spalle e si afferrò gli avambracci stringendoli tra le dita e poi sospirò «Aumentiamo il passo che si gela a passeggiare così adagio.» ed accelerò l’andatura, seguita da Misao, che sorrise appena, teneramente, affrettandosi anche lei senza aggiungere nulla…
 
Che strana che è la nostra Emma.
A volte è un fiume in piena. A volte è un inattaccabile muro di riservatezza e di serietà.
Lei è convinta di esserlo solo per la questione del cellulare “spione” e per la questione del suo piano “in pillole”…
È convinta di essere così solo per eventi esterni e collaterali alla sua naturale indole.
È convinta che questo suo atteggiamento quasi “granitico” sia una necessità dovuta alla situazione.
Siete proprio sicuri che sia così?
Siete proprio sicuri che questo non sia anche un lato del suo carattere?
Le “contraddizioni” della sua indole, così come le ha chiamate Elle svariate volte, sono solo legate a “questa” particolare situazione in questo mondo parallelo?
In fondo Emma è ancora giovane. Gli esseri umani imparano solo col tempo a conoscere e soprattutto a focalizzare molti aspetti di loro stessi … E ad un certo punto se ne rendono conto ed arrivano a dire “Io sono fatto così”. Alcuni invece non arrivano mai a questo stadio e rimangono ignari di se stessi e della propria indole…
Ma questo non mi riguarda.
Per concludere, la mia opinione riguardo ad Emma è che il suo essere sempre sincera e schietta, il suo essere a volte un “fiume in piena” non siano espressione di leggerezza, superficialità, frivolezza o mancanza di tatto… Ritengo siano espressioni del suo essere “rigida” e “rigorosa” nella maggior parte dei casi, nonostante le libertà che si concede. E che lo stesso avvenga per i suoi “silenzi”.
Ma la mia opinione non è la vostra.
Ed io amo la diversità, credo di avervelo già detto.
Però voi non potete che subire le mie decisioni riguardo questa vicenda. Vi racconto solo ciò che voglio raccontarvi… e voi dovete adattarvi. Eh eh eh!

 
E così passò quella mattina.
E così passò anche la mattina successiva, quel famoso 13 Febbraio, il giorno della seconda prova di ammissione di Elle alla Todai, che Emma prima aveva tanto atteso e che invece ora era trascorsa senza picchi, senza avvenimenti, perchè ormai non era più così importante. Elle aveva raggiunto l'università insieme ad Emma, in auto non avevano parlato, silenziosi e pensierosi... e poi più niente...
Ed i giorni si susseguirono. Identici gli uni agli altri.
Ed Emma non rivide Elle.
Né seppe come si era svolto l’esame.
La permanenza in quell’hotel si stava prolungando più di quanto lei si fosse aspettata…
Aveva sempre immaginato pause di pochissimi giorni…
Ma non era così.
Ed era ovvio che non fosse così in fondo.
Lei non aveva la più pallida idea dei tempi precisi. Non ricordava il momento dell’anno in cui sarebbe stato costruito il grattacielo del quartier generale e quindi in cui avrebbero smesso di peregrinare tra i vari alberghi.
Certamente dopo la prigionia di Light. Ma la cronologia esatta qual era?
Ad ogni modo, in quel momento di pausa delle indagini forse Elle stava vedendo meno i poliziotti della squadra anti-Kira e forse non aveva bisogno di spostarsi con quella frequenza. Perché in fin dei conti l’unica cosa che poteva insospettire era proprio l’andirivieni delle facce di quei sei agenti, ogni giorno, nello stesso albergo…
Però se Elle non si era fatto vedere per tanti giorni significava che forse aveva da fare e che quindi gli agenti della squadra erano stati lì spesso…
Emma smise di arrovellarsi, perché tanto non sarebbe arrivata ad una conclusione decente, né in fondo le interessava… Ormai era lì e non doveva fare altro che aspettare.
Era domenica 5 Marzo.
Emma si svegliò tardi e con calma, si lavò rapidamente, acciuffò il cellulare che portava sempre con sè ed il libro che aveva sul comodino e scese direttamente nella sua ampia tuta nella sala buffet della colazione.
Nei giorni festivi non si preoccupava neppure di vestirsi per scendere. Tanto il suo pigiama era una tuta e le sue pantofole erano scarpe da ginnastica…
Varcò la soglia della grande sala illuminata da ampie vetrate, con i capelli raccolti in alto in una specie di crocchia.
I camerieri ormai si erano abituati a vederla così il sabato e la domenica, a differenza delle altre mattine in cui scendeva molto presto e già vestita in modo decente per uscire.
Gli ospiti dell’albergo erano pochi a quell’ora, perché per la maggior parte si trattava di turisti che preferivano uscire presto la mattina per i loro giri vacanzieri. Gli uomini d’affari nel week-end erano inesistenti e comunque facevano colazione in camera.
Scelse svariate fette di pane e confezioni di marmellata. Prese anche il burro. Sarebbe stata una colazione-pranzo. La domenica faceva sempre così.
E con la tazzona piena di caffè si diresse al tavolo vicino alla finestra.
Quanto mi manca l’espresso…
Era molto “italiana” in questo.
Spalmava il burro ancora stordita dalla profonda dormita. La vita in albergo non era poi rilassante. A lungo andare le iniziavano a mancare le normali quotidianità di una vera casa.
Tornare in albergo non era come tornare “a casa”…
Ma Elle non lo accusa questo aspetto?!
Erano più di due settimane che non usciva la sera con i suoi amici…
Aveva evitato di chiederlo.
L’unica cosa che continuava a fare era andare in palestra, perché quello era un impegno programmato che Watari conosceva da prima. Il signor Wammy l’andava a prendere alla fine degli allenamenti. Emma si era rifiutata di farsi anche accompagnare. Aveva detto che dalla Todai alla palestra avrebbe preso i mezzi pubblici, che non era un lungo percorso e che comunque aveva dietro il cellulare “spione”. E Watari aveva acconsentito, evidentemente dopo aver avuto l’assenso di Elle.
Che sorveglianza strana… Sono sotto controllo, ma mi sento trattata come una principessa o come una bambina piccola, e questa è opera di Watari e del fatto che dopo il primo “interrogatorio” Elle sia sparito… È lui che non mi fa sentire per niente una principessa… Meno male! La principessa delle tute da ginnastica, del fango sui pantaloni, dei capelli disordinati e della femminilità sotto i “tacchi” delle scarpe che però non indossa mai!
Pensò quest’ultima cosa con un sorriso divertito sulle labbra.
Addentò la fetta di pane ed aprì il suo libro.
«Buongiorno Emma» glielo disse con la solita calma mentre si appollaiava sulla sedia di fronte a lei, con un piattino pieno di brioches in mano.
Emma sussultò un attimo e poi se lo guardò per bene.
Le faceva sempre effetto…
Nonostante tutto quello che era successo le faceva sempre effetto vederselo davanti.
Anzi, forse “dopo” tutto quello che era successo le faceva ancora più effetto…
Perché lo conosceva meglio…
Perché lo aveva avuto davanti più di una volta, perché lo aveva sfiorato…
Ma questo non la inibì. Emma era fatta così.
«Possibile che tu debba sempre arrivare all’improvviso senza che io me ne accorga o me lo aspetti?!» gli disse sorridendo «Sei molto “scenico” in questo, fa tutto molto “personaggio” e “scena da telefilm”, è tutto molto finto… » direi quasi “molto manga”…
«Non era mia intenzione spaventarti. Sono silenzioso. E poi ti aspetti che “io” sia prevedibile?» le chiese mentre staccava un pezzetto di cornetto con la punta delle dita, con quel solito tono noncurante, tranquillo ed ironico che riusciva a camuffare e rendere meno odiosa la sua solita presunzione. Presunzione più che giustificata e fondata su solide basi, però.
No, non mi aspetto che Elle sia prevedibile…
«No, ovviamente no.» gli rispose e chiuse il libro. «Niente caffè?» gli chiese poi.
E pensò in quel momento che doveva essersi preso da solo le brioches dal buffet… Incredibile…
«L’ho chiesto.» le disse lui lasciando cadere il brandello di croissant nella bocca e poi leccando la glassa dalle dita.
«Sei stato impegnato ultimamente…» commentò Emma, iniziando a spalmare un’altra fetta di pane con il burro.
«No.» lapidario.
Emma rimase un po’ basita da questa risposta, ma attese.
«Ti sono mancato per caso?! Devo dedurne che ti piacciano gli interrogatori altrimenti.» le disse lui con una calma colossale e quella solita punta di presa in giro.
«Be’, lo hai capito bene che ho voluto io questo controllo, quindi immagino di poter dire di “sì”: mi piacciono gli interrogatori, anche se non sono semplici da affrontare…» rispose Emma.
Elle accennò ancora una volta un vaghissimo sorriso di soddisfazione…
Emma rispondeva sempre.
«Ho voluto osservarti attentamente per qualche giorno, senza entrare in contatto con te.» le disse poi tranquillamente, prima di iniziare a spiluccare nuovamente il cornetto che aveva nel piattino.
«E?» lo incalzò Emma.
«“E” devo proprio dire che questa sorveglianza è assolutamente singolare. Dovermi ritrovare a dirti cosa io abbia dedotto o cosa io abbia fatto è assolutamente singolare.» affermò lui cambiando discorso «e non ti nascondo che abbia qualcosa di divertente.» e alzò gli occhi su di lei «Comunque le tue giornate scorrono normali, senza nulla di sospetto, strano o preoccupante.»
Il cameriere arrivò con la tazza di caffè per Elle e naturalmente lo osservò nella sua strana postura. I camerieri si erano abituati alla Emma in “tenuta” da riposo, ma ovviamente non erano abituati per niente alla “tenuta” consueta di Elle che era sempre rintanato nella sua suite ed era lì per la prima volta…
Emma attese che si fosse allontanato «Quindi…» quindi potresti iniziare a fidarti di me…
«No. Non ancora.» la prevenne lui prima che Emma esprimesse completamente i suoi pensieri.
«… Certamente. Sarebbe stato troppo facile… il “non ancora” mi lascia speranze però…» commentò Emma, senza stupirsi del fatto che lui avesse intuito.
Cominciavano a comunicare senza parlare?
E gli passò una manciata di bustine di zucchero.
Lui la osservò mentre lo faceva «E poi mi ero stufato.» le disse serio, guardandola negli occhi.
Emma si bloccò «Stufato di sorvegliarmi??!! Ma non è possibile… Tu sei irriducibile… Io non credo di aver capito…» gli disse confusa…
«Ammetto che la tua compagnia a tavola sia piacevole. Indubbiamente mi diverte osservarti mangiare. Lo fai con appetito e soddisfazione, anche se non condivido i tuoi gusti. Ma non è per questo che sono qui. Non sono qui perché mi sono stufato di sorvegliarti o perchè avevo “bisogno” di interagire. Mi ero stancato di questo.» ed indicò con l’indice le otto bustine di zucchero che Emma gli aveva passato spontaneamente.
Emma rimase ancora confusa…
E poi, piano piano, cominciò a capire… «Tu non riesci ad essere da meno…» gli disse quasi sussurrando «Tu ti eri stancato di sapere di me meno di quanto io potessi sapere di te… Non sai perdere…»
Elle rimase in silenzio. Iniziò ad aprire le bustine di zucchero ed a versarle con calma nella sua tazza di caffè.
Emma aveva capito di nuovo.
Lui le lanciava brevissimi input per metterla alla prova.
E lei rispondeva sempre, comprendendolo.
Comprendendolo nella sua indole e non solo nella sua logica!!
«Esatto. Proprio questo mi ha stancato. “Io non so perdere” e non perderò. È vero. Il punto è che tu lo sai. Queste non sono normali “conoscenze”, Emma. Dopo poco più di due settimane di assidua sorveglianza, dubito di sapere di te più di quello che tu mostri di sapere di me.» le disse serio.
«Ma è assurdo… mi hai spiazzata su tutta la linea, hai smascherato tutti i miei progetti!! Tu supereresti le mie sciocche conoscenze in un batter d’occhio se lo volessi! E lo faresti senza l’aiuto di niente e di nessuno…» disse Emma, abbassando appena il tono della voce alla fine.
Io ho barato… Tu no…
Disse questo perché si era sentita inconsciamente colpita su una cosa che da sempre la angosciava, perdendo di vista quello che aveva intuito prima. Disse questo perché si era lasciata inavvertitamente cogliere dalle parole di Elle su un punto nodale che l’angustiava, anche se probabilmente fu solo lei ad interpretarle così per via delle sue insicurezze…
Emma sapeva tutto quello che sapeva e “conosceva” Elle in quel modo solo perché aveva letto un fumetto… Non era merito suo e della sua sensibilità o intelligenza… Lei era stata “aiutata”… Aveva barato… Si sentiva “finta”…
E questi pensieri l’avevano portata fuori strada rispetto a ciò che aveva voluto dire Elle e che lei inizialmente aveva intuito alla perfezione… “Scherzi” delle emozioni…
«Quindi qualcuno ha “aiutato” te invece nelle tue “conoscenze”… Uhm… Comunque non stavo parlando di quello che io intuisco deducendo razionalmente. Non stavo parlando delle mere informazioni su di te e delle mie considerazioni logiche che da queste derivano. Sto parlando di un altro genere di “conoscenze”. E tu avevi capito benissimo che stavo parlando di questo. Ma ora ti sei persa in qualcos’altro.» e si portò il dito sul labbro.
E poi ad Emma vibrò il cellulare.
«Accidenti! Ma se lo spengo, il GPS ed il microfono funzionano ugualmente? Perché io nel week-end a volte non lo accendo proprio quest’oggetto infernale…» disse Emma controllando di chi si trattasse, senza avere comunque alcuna intenzione di rispondere, almeno per il momento… «Kei… è proprio incredibile come riesca a beccare sempre il momento meno opportuno…» disse poi fra sé e sé.
E poi squillò anche il cellulare di Elle.
Elle lo sfilò annoiato dalla tasca. «Immagino tu già sappia che non li tollero i cellulari.» disse ad Emma mentre osservava il display del suo telefono tenendolo sospeso davanti al volto.
Emma si morse il labbro «Un “sì” sarebbe scontato a questo punto…»
«Comunque il GPS ed il microfono non sono collegati all’accensione, quindi se lo tieni spento è lo stesso. Fallo, tu che puoi.» e si alzò per allontanarsi ed andare a rispondere lontano da lei e dalla sala del buffet ormai deserta…
Mi ha osservata per tutto questo tempo… Ha voluto vedere cosa facessi nelle mie giornate prima di continuare ad interrogarmi… Ha voluto capire “chi” fossi, al di là delle indagini, dell’intuito iniziale, delle informazioni che già aveva… E ora?
Si guardò intorno.
Non c’era più nessuno ed avevano iniziato a sparecchiare i tavoli…
Emma mangiò con calma le ultime fette di pane e poi risalì in stanza.
Tanto Elle sapeva dove trovarla...
Si accese una sigaretta e si accoccolò sul letto che avevano rifatto le cameriere dell’albergo e si mise a leggere. Sprofondò nelle pagine del suo libro per ore, finchè non decise che fosse il caso di sistemare gli abiti che aveva indossato nella settimana e che si erano accumulati su una delle poltroncine del salotto e di raccogliere i panni sporchi che portò alla lavanderia dell’hotel.  
Aveva bisogno di una giornata come quella, una giornata di totale “nulla”.
Quando risalì in camera era buio ormai. Accese il pc ed msn. Arraffò una mega-confezione di patatine che aveva comprato al supermercato e la attaccò. Le avrebbe permesso di arrivare fino all’ora di cena. Cena che consumava in hotel e che iniziava a non sopportare più… Le cominciavano incredibilmente a mancare il potersi fare la spesa, lo scegliersi e cucinarsi quello che le pareva… Le mancava l’atmosfera di una “casa”.
E Viola arrivò puntuale.
Iniziarono a chiacchierare delle ultime novità, del convegno di Emma e della nuova fiamma di Viola. Il discorso “Elle” rimase off-limits proprio grazie a questo.
Poi si intromise Kei che la domenica si annoiava se non riusciva ad organizzare una qualche uscita di gruppo… Motivo per cui Emma non gli aveva risposto al telefono…
 
Kei scrive: ma allora nn sei morta?!!
Emma scrive: no… cercavo semplicemente di evitarti! :D
Kei scrive: ah ah ah! Ok, ok, ti stai dedicando al “nulla”…
Emma scrive: ma allora Misao anke ti ha snobbato?!
Kei scrive: Misao aveva un pranzo con gli zii… Usciamo dopo cena :)
Emma scrive: be’, fantastico!
Kei scrive: nei prox gg dovremo risolvere quella storia dei disegni…
Emma scrive: sì… lo so… aaaargh!!! Mi ci metterò io una volta tornata a casa… Non mi pare il caso di farlo in laboratorio… E’ stato un errore nostro…
Kei scrive: sì infatti…
Emma scrive: cmq nn ne parliamo adesso! Che strazio!
Kei scrive: ah ah ah! Hai ragione! ;) Mi vado a preparare allora!
Emma scrive: sì sì, vai che è meglio! Se no a Misao tokkerà aspettare le ore ke impieghi davanti allo spekkio… ;D
Kei scrive: esatto! ;) ciao Emma, a domani!!!
Emma scrive: ciao ciao!!!

 
E poi iniziò a lampeggiare l’icona in basso di un altro messaggio arrivato.
Emma cliccò e le si aprì la finestra di una nuova conversazione…
Osservò perplessa e lesse…
Assurdo!
 
L scrive: perché non esci? Non sei mai uscita da quando sei qui.
 
Era una cosa comica!!
Elle su msn!!
Per giunta con “L” per nickname e con la “L” gotica nera su sfondo bianco come avatar!!
Profilo blindato ovviamente…
 
Emma scrive: …sono senza parole…
L scrive: strano. Nn sei mai senza parole.

 
Non ne sentiva il tono della voce, ma già lo sapeva che era calmo, noncurante, impassibile e vagamente ironico.
 
Emma scrive: vero. Cmq… quindi controlli anche le mie conversazioni in tempo reale…
L scrive: ovvio.

Che nervi!!!
Emma scrive: d’accordo… Mi aspettavo lo avresti fatto, ma sulle conversazioni passate… non su quelle in atto…
L scrive: ho messo un programma sul tuo pc che mi permette di manovrarlo come fosse il mio.

 
E la freccetta del mouse iniziò a spostarsi senza che Emma lo stesse toccando... andò a chiudere le finestre delle conversazioni concluse con Viola e Kei e poi si fermò.
Emma rimase ferma un istante.
Il tutto era sempre più comico e non sapeva neppure lei il perché.
 
Emma scrive: sì… è chiaro il concetto… Ma perché mi stai parlando su msn se puoi chiamarmi o venire qui quando ti pare? Nn starai mica giocando…?
L scrive: sì, lo sto facendo.
Emma scrive: diretto come sempre…
L scrive: certamente.

 
Sempre più assurdo…
 
L scrive: cmq, perché nn esci?
Emma scrive: perché non mi va di chiedere a Watari di dovermi accompagnare e riprendere anche di sera. Nn è il mio maggiordomo.
L scrive: ho capito. È un punto di vista cui nn avevo pensato.
Emma scrive: davvero? Mi riesce difficile crederti…

 
Per iscritto sembrava tutto più semplice…
 
L scrive: già. Lascio a te l’interpretazione. Bugia o verità?
Mi sta mettendo alla prova… 
Emma scrive: be’… bugia allora! Avevi certamente intuito che non uscivo per quel motivo ed hai voluto la conferma. Mi hai messo alla prova su quello che “conosco” di te.
Però perché…? Alla fine già lo sa che so molte cose di lui… Perché continuare? Forse semplicemente per riprendere il discorso di stamattina…?
 
Bussarono alla porta.
Emma andò ad aprire…
«Esatto. Proprio quello che conosci di me mi interessa adesso.» gelido.
Era solo un modo per riprendere il discorso…
Il gioco era finito.
Entrò nella stanza, raggiunse il salone e poi si voltò verso Emma, rimanendo in piedi con le mani in tasca e fissandola.
Emma spostò lo sguardo sul pc che era rimasto acceso…
La suite di Elle era lì vicina allora…lui aveva impiegato poco tempo a raggiungerla in stanza…
Poi scacciò quei pensieri assolutamente inutili in quel momento e riportò lo sguardo su di lui…
«Sei di nuovo tra noi, Emma?» le chiese lui.
«Sì…» rispose lei.
«Bene.» raggiunse il divano e ci si appollaiò come al solito e poi si girò a guardarla senza parlare.
Si doveva sedere anche lei. E lo fece.
Sul tavolo c’era il sacchetto di patatine mezzo vuoto.
«Sono proprio questi dettagli l’elemento fondamentale.» iniziò lui osservando la busta unta sul tavolo.
«Le patatine… Io adoro le patatine…» ammise Emma.
«Come io vivo di zuccheri.» commentò Elle «Dettagli non trascurabili nel mio caso. Io ho potuto sapere rapidamente che sei nata il 3 di Novembre, che sei laureata in archeologia, che tua madre è inglese, che vai in palestra i giorni dispari dopo l’università… e moltissime altre cose. Ho smascherato in parte il tuo piano, anche se non ne conosco ancora il fine. Ho osservato le tue mosse ed intuito aspetti della tua personalità. Ma solo dopo averti visto per un paio di volte ho potuto sapere che ami le patatine.
E tu invece non ti sei limitata a sapere che io sono Elle e che alloggiavo al Teito Hotel!
Tu sai che io metto una certa quantità di zucchero nel mio caffè, che sono un bugiardo, che mangio dolci e che non sono avvezzo ai contatti fisici. Sei stata tu stessa a presentarti senza stringermi la mano.
Tu sapevi fin dall’inizio anche tutto questo, fin dall’incontro all’area archeologica e queste non sono conoscenze normali, questi sono aspetti legati ad una lunga frequentazione che tu non hai mai avuto con me.»
«No. E nessuno fino al 31 Dicembre ti aveva mai frequentato, quindi nessuno, anche volendo, poteva avermi informata.» disse Emma aggiungendo l’ultimo anello della catena di ragionamenti di Elle.
In quella data Elle si era rivelato alla squadra anti-Kira.
«Esatto. Ancora una volta esatto, come ragionamento e come “conoscenza”. Ma non ho intenzione di parlare di questo.» il caso Kira era la sua seconda incognita in ordine di tempo «E comunque nessuno, neppure dopo quella data, poteva sapere  che “io sono la giustizia”!»
La fissò ancora più intensamente «E queste incredibili conoscenze sono certamente legate al motivo per cui mi hai cercato ed hai voluto tutto questo. Non so come ma sono sicuro che siano collegate… Mi conosci… E vuoi qualcosa proprio perché mi conosci, perché mi conosci così. Questo aspetto mi aiuterà a capire l’incognita numero uno.»
Era proprio così. Perché lo conosceva così. Perché lo aveva sempre adorato. Perché lui non sarebbe mai dovuto morire!
 
 
 
Ribadisco le mie scuse per il capitolo soft…
Ma non mi sembrava giusto affrettare i tempi…
L’incognita numero uno svelata in un attimo? Non andava, almeno secondo me… :|
E poi questa vita da albergo di Emma devo definirla un po’ realisticamente, per quanto possibile…
Non so se le mie scelte siano appropriate e se non lo sono chiedo venia ancora di più!!
La conversazione su msn?
Perdonatemi ancora ma si sono divertita troppo a scriverla!! Il mio solito egoismo (specie se a ridere sono stata solo io…) ;D
E poi vi dico la verità, ma è solo uno sfogo personale: non vedo l’ora che questo momento “cieco” dell’anime/manga finisca, voglio Death Note!!! Con tutti i suoi avvenimenti… Mi manca!
Detto questo e dopo i miei soliti patetici e petulanti deliri di paranoie ed insicurezze, finalmente vi saluto (era ora!) ;D
Vi ringrazio sempre enormemente!!!
Chi legge da tempo e recensisce assiduamente facendomi sapere cosa ne pensa, alleviando ogni volta le mie paure (senza di voi non so che fine farei ;D), chi ha recensito per la prima volta (grazieee!!!), chi torna anche in dietro a recensire i capitoli che non aveva avuto tempo di commentare (commozione alle stelle!), chi preferisce questa storia, chi la segue e chi ha iniziato a seguirla da poco, chi la legge in silenzio e la apprezza!!!
Alla prossima!!!
 

Eru

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Capitolo 22
*** 22. L'incognita numero uno (terza parte) ***


Ed eccomi qui…
Con due giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia settimanale… Non vi dico che problema ho avuto stavolta, se no finisce che non mi credete e pensate che vi racconto una balla… :(
Vi lascio al capitolo, che ho scritto tutto d’un fiato oggi pomeriggio, che è lungo (piano piano sono sempre più lunghi! Mannaggia a me!!), che pubblico così, senza correzioni o aggiunte, come faccio invece nella maggior parte dei casi…
E ancora una volta, speriamo bene!!!
Grazie di essere qui e buona lettura ;D


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
  

22. L’incognita numero uno (terza parte)

 
(Dal capitolo precedente)
Sul tavolo c’era il sacchetto di patatine mezzo vuoto.
«Sono proprio questi dettagli l’elemento fondamentale.» iniziò lui osservando la busta unta sul tavolo.
«Le patatine… Io adoro le patatine…» ammise Emma.

«Come io vivo di zuccheri.» commentò Elle «Dettagli non trascurabili nel mio caso. Io ho potuto sapere rapidamente che sei nata il 3 di Novembre, che sei laureata in archeologia, che tua madre è inglese, che vai in palestra i giorni dispari dopo l’università… e moltissime altre cose. Ho smascherato in parte il tuo piano, anche se non ne conosco ancora il fine. Ho osservato le tue mosse ed intuito aspetti della tua personalità. Ma solo dopo averti visto per un paio di volte ho potuto sapere che ami le patatine.
E tu invece non ti sei limitata a sapere che io sono Elle e che alloggiavo al Teito Hotel!
Tu sai che io metto una certa quantità di zucchero nel mio caffè, che sono un bugiardo, che mangio dolci e che non sono avvezzo ai contatti fisici. Sei stata tu stessa a presentarti senza stringermi la mano.
Tu sapevi fin dall’inizio anche tutto questo, fin dall’incontro all’area archeologica e queste non sono conoscenze normali, questi sono aspetti legati ad una lunga frequentazione che tu non hai mai avuto con me.»

«No. E nessuno fino al 31 Dicembre ti aveva mai frequentato, quindi nessuno, anche volendo, poteva avermi informata.» disse Emma aggiungendo l’ultimo anello della catena di ragionamenti di Elle.
In quella data Elle si era rivelato alla squadra anti-Kira.
«Esatto. Ancora una volta esatto, come ragionamento e come “conoscenza”. Ma non ho intenzione di parlare di questo.» il caso Kira era la sua seconda incognita in ordine di tempo «E comunque nessuno, neppure dopo quella data, poteva sapere  che “io sono la giustizia”!»
La fissò ancora più intensamente «E queste incredibili conoscenze sono certamente legate al motivo per cui mi hai cercato ed hai voluto tutto questo. Non so come ma sono sicuro che siano collegate…
Mi conosci… E vuoi qualcosa proprio perché mi conosci, perché mi conosci così. Questo aspetto mi aiuterà a capire l’incognita numero uno.»
Era proprio così. Perché lo conosceva così. Perché lo aveva sempre adorato. Perché lui non sarebbe mai dovuto morire!
 
E naturalmente Elle aveva capito ancora una volta il sottile collegamento esistente tra le “conoscenze” che aveva Emma ed il fine del suo piano.
Perché erano proprio quelle conoscenze dettagliate, quegli aspetti peculiari che lei mostrava di conoscere dell’indole di Elle, come individuo e non solo come grande detective, che l’avevano portata a ideare il suo piano. Se lei non lo avesse adorato così come personaggio, forse l’idea non le sarebbe mai venuta in mente, forse non si sarebbe mai imbarcata in questa difficile e surreale impresa, forse non avrebbe voluto salvarlo a tutti i costi…
Emma deglutì «…Sì… sono collegati, sono due aspetti collegati… Io non ci avevo pensato… ma sono collegati profondamente… e tu hai ragione, come sempre… come hai fatto…?» gli disse tentennante, ma osservandolo seria, coinvolta e curiosa… «… Io l’ho fatto per aiutarti… ma…» non so proprio come iniziare… «…Io… non so proprio come iniziare…» come faccio a dirtelo così, a “freddo”… come faccio a svelarti il mio fine ultimo così…
Elle sollevò la mano che era placidamente poggiata sul ginocchio e iniziò a massaggiarsi la nuca, con noncuranza. «Vuoi conoscere le mie deduzioni, vuoi arrivare con lentezza a confessarmi qual è il tuo obiettivo? Vuoi un interrogatorio? D’accordo. Non sai come iniziare… Allora ti ci porterò io a dirmi ciò che voglio.» una larga ciocca di capelli gli scivolò davanti agli occhi, velandoli appena e creando un’ombra scura sul volto pallido… lui non la spostò…
Inquietante e affascinante nello stesso tempo…
«…Sì…» affermò Emma sussurrando, ma senza timore.
Poi allungò la mano ed afferrò la busta di patatine, ci infilò le dita dentro, ne tirò fuori una manciata ed iniziò a portarle alle labbra, lentamente, non scollando gli occhi da quelli velati di Elle.
Era una “spettatrice”. In quel momento sembrava una spettatrice curiosa e desiderosa di sapere cosa sarebbe avvenuto, cosa lui avrebbe detto, come si sarebbe conclusa la conversazione…
Perché Emma lo osservava così? Nessuno lo osservava mai così. Emma lo stimava profondamente, questo era stato evidente fin dal primo momento. Ma non era classificabile.
Emma stava “giocando”. Stava facendo quel “gioco” ancora una volta. Lo stava però facendo senza prendersi gioco di nessuno. Ed Elle faceva lo stesso.
Ma chi dei due lo stava conducendo?
«Non è più così dura per te affrontarmi, a quanto pare.» le disse lui in modo asettico.
«Mi sto abituando…» rispose lei con gli occhi che le brillavano.
Ed il cellulare di Elle squillò ancora una volta.
Lui lo sfilò noiosamente dalla solita tasca e rispose, questa volta davanti a lei, senza allontanarsi.
«Sì. … Quanti? … Adesso basta. È necessario cominciare a fare pressioni per evitare che i media continuino, così come ti avevo detto. Dovrò occuparmene personalmente, immagino.» e riagganciò.
Poi gattonò leggero su divano, scavalcò agilmente il bracciolo e raggiunse la televisione. La accese e mise il canale delle news h24.
Il tutto senza guardare Emma che invece lo seguiva incollata in ogni movimento.
Sullo schermo al plasma del salotto di lusso di quella suite c’erano le solite facce di criminali arrestati, ricercati, latitanti…
Si riproponeva un quesito cui Emma non aveva mai trovato risposta.
In Italia, ad ogni telegiornale, non è che parlino in modo così frequente di criminali e ne mostrino il volto in formato foto-tessera!!! Ma qui sembra che non facciano altro!
Questo aveva notato, mentre nel suo mondo divorava il manga avidamente, cogliendo tutti gli aspetti più o meno realistici. E si era detta semplicemente che in quel caso si trattava forse di semplice finzione/esagerazione da fumetto, perchè non era verosimile che i telegiornali spiattellassero tutti i santi giorni ed a tutte le ore le carte d’identità dei criminali!
Ma ora che ci si trovava dentro non poteva che constatare che quella invece era la realtà.
Accadeva veramente.
Era normale che sul web, dopo la comparsa di Kira, le notizie avessero iniziato a fioccare ed aumentare in modo esponenziale, così come le accuse o le denunce più o meno anonime di soprusi e crimini vari. La gente vedeva l’intervento di quel pazzo come un’ancora e si aggrappava a tutto pur di avere giustizia e gettava nell’enorme buco nero di internet ogni cosa…
Ma in tv, sui giornali, sui telegiornali…
Eppure era così.
Emma aveva potuto costatare che era così. Spiattellavano veramente le facce dei criminali con i loro nomi in prima pagina, nelle dirette, nelle trasmissioni d’attualità. Ovunque! Presentavano un elenco dettagliato fornito di documentazione fotografica da cui Kira poteva attingere tranquillamente, facilmente.
«La devono smettere.» affermò Elle fissando lo schermo.
«Fa notizia… » sussurrò Emma, presissima nell’osservare Elle.
Vederlo sul caso Kira era qualcosa di incredibile…
Vederlo veramente, davanti ai suoi occhi, ragionare e sentenziare qualcosa sul caso Kira in atto in quel momento, realmente, era qualcosa di incredibile…
Lui non scollò lo sguardo da quelle facce e si portò il pollice sul labbro, in piedi, curvo, davanti alla tv. «Sì, fa notizia. E lo appoggiano. Così lo favoriscono e lo appoggiano. Gli servono una lista su un piatto d’argento.» disse tagliente.
Era proprio così.
Eccola la spiegazione scontata cui Emma non aveva pensato. Forse neppure quel dettaglio del manga era così surreale, a ragionarci su…
Quei volti sempre in prima linea erano il frutto dell’informazione ambigua, cinica, pilotata, senza scrupoli. Erano il frutto della potenza dei media.
«…Tanto varrebbe scriverci sotto: “uccidili Kira!”…» commentò Emma «Ma… Non c’è rimedio a questo…» poi Emma si fece coraggio «lui… lui sta… uccidendo di più…?»
«Sì.» le rispose lui sempre pensieroso.
«Perché me lo stai dicendo? Non hai mai detto niente in proposito finora…» chiese ancora Emma.
«Perché tanto tra poco lo diranno in tv.» rispose lui asettico.
«Giusto… Per lo stesso motivo per cui spiattellano quelle facce… Ma l’informazione non si può fermare! Cioè… in alcuni gravissimi casi forse sì… per evitare isterie collettive, panico o fuga di notizie che potrebbero compromettere indagini…» pensò Emma a voce alta.
«Dubito che il mondo si sia mai trovato ad affrontare e ad indagare su un’incognita più pericolosa e complessa di questa.» sentenziò Elle «E temo che l’appello subliminale “Uccidili Kira!” sia assolutamente inaccettabile.»
«Ma non puoi da solo bloccare l’informazione… anche se forse sarebbe “giusto” farlo…» disse Emma, calcando l’attributo “giusto”.
«Appunto. È difficile farlo. Ma è “giusto” farlo.» le disse Elle, voltando poi il capo verso di lei, mantenendo il pollice sulle labbra ed il corpo diafano di profilo e calcando anche lui in modo impercettibile su quell’aggettivo.
«Quindi ci proverai a bloccarla…» commentò Emma.
Elle non rispose ed Emma proseguì «Ma non ci riuscirai…»
«“Sai” che non ci riuscirò o immagini semplicemente che non ce la farò?» le disse lui sottilmente, provocandola anche sulla sua intelligenza; perché una cosa è “sapere”, una cosa è “ragionare” sugli eventi…
«Credo entrambe forse…» sul manga questo tentativo di Elle di eliminare le informazioni pubbliche dettagliate sui vari criminali in circolazione non viene menzionato… neppure dopo le informazioni diminuiscono, quindi potrebbe significare che non ci è riuscito… anche se in questo caso… «… anche se in questo caso credo si tratti di una mia semplice considerazione personale più che di una “conoscenza”… Cosa vogliono i governi ed i poteri forti ed occulti del mondo? Sono veramente così contrari a Kira? E i media? Qual è il loro vero fine? Semplicemente informare? No… Credo di non ricordare nella mia breve vita un sistema di informazione “pulito” e privo di seconde finalità, oscure a noi comuni mortali… Ma i tuoi canali forse sono privilegiati rispetto ai miei.»
Elle rimase in silenzio «Sì. Probabilmente è così. Ma la tua testa non smette mai di darmi punti di vista interessanti.» spense la televisione «La nostra conversazione deve interrompersi qui per il momento.» rinfilò le scarpe e si diresse verso la porta, senza aggiungere altro.
Emma rimase un istante ferma, poi si alzò e lo raggiunse alle spalle, silenziosamente «Aspetta…» e di nuovo gli prese il lembo della maglietta con le dita, in modo delicato…
Elle si fermò, senza voltarsi.
Ed Emma sussurrò «Poi avremo ancora meno tempo…» il 5 Aprile alla Todai ci sarebbe stata la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico ed Emma sapeva che da allora Elle non avrebbe avuto tempo, gli avvenimenti si sarebbero succeduti come Emma ricordava, ma in tempi che non era riuscita a definire e quantificare… Se lui avesse ritardato ancora, se in quel mese che le rimaneva prima di entrare in piena “era Light”, non avessero parlato seriamente di quel fine… «… tornerai qui prima di allora, vero…?»
Era veramente per quello che glielo stava chiedendo o perché non sopportava di vederlo sparire di nuovo dietro quella porta e di non sapere quando lo avrebbe rivisto?
L’attesa… dopo aver atteso tanto, ora, Emma non voleva più aspettare…
Capita sempre così.
Capita sempre così quando si è innamorati.
Elle rimase zitto per qualche istante e poi «Tornerò qui. Dovresti saperlo che lo farò. Non è nella mia indole lasciare le cose a metà.»
Poi girò la testa di lato, col mento basso ad osservare il bordo della sua maglietta, tenuto tra le dita di Emma, ancora una volta. «Sembra che questo gesto sia divenuto una costante.» disse in modo incolore.
«Sì… sembra anche a me… è una caratteristica “scenica” anche questa forse… a quanto pare non sei solo tu il “personaggio”…» deglutì «…ti lascio andare, scusa…» aggiunse poi Emma, aprendo le dita.
«Non credo mi dia fastidio.» le disse atono ed impenetrabile, infilando le mani in tasca e raggiungendo la porta, che si richiuse dietro di lui, senza che Emma potesse guardarlo negli occhi mentre parlava…
Tensione…
Si percepiva una strana tensione…
Una tensione che era aleggiata poche altre volte e che ora c’era stata di nuovo…
E non si trattava della tensione da ansia, da curiosità, da avvenimento inaspettato…
Era un altro genere di “tensione”.
Emma la sentiva aleggiare.
Se anche Elle l’avesse percepita, non è dato saperlo.
 
Non è esatto.
“Se anche Elle l’avesse percepita”, io non ve lo dirò. Come sempre.
Emma mi stupisce. Questa ragazza è veramente imprevedibile. Avete notato le sue parole?
“A quanto pare non sei solo tu il personaggio…”
Lo ha detto perché sa che Elle lo è, un personaggio. E per ironia velata, si è paragonata a lui ed alle azioni ripetitive e connotanti che tutti i personaggi hanno in genere e che sono costruite a tavolino dalla mente del loro creatore.
Be’, anche le persone “vere” hanno delle caratteristiche individuali peculiari, sebbene non sempre siano così spiccate e ripetitive…
Questa affermazione di Emma però mi ha lasciato perplesso ugualmente.
Che abbia capito qualcosa?
No. Non può.
Come non potete voi, ancora.
Eh eh eh…

 
Ed Emma rimase sola ancora una volta in quella stanza.
Rimase in piedi, lì dove Elle l’aveva lasciata.
Sola e tuttavia mai sola… mentre quella “tensione” la avvolgeva tutta e lentamente si scioglieva, la abbandonava…
Lasciò che le sue ginocchia morbidamente si piegassero e si sedette a terra…
Mi sto logorando…
Lo vorrei sempre qui… Ogni volta che lo vedo… Ogni volta che lo vedo, lo vorrei sempre più qui…

E questo pensiero l’accompagnò.
L’accompagnò per tutta la serata e per i giorni successivi, quando in ogni momento si aspettava che lui potesse arrivare e quando invece Elle non arrivava.
E poi si abituò.
Non ci pensò.
Smise di aspettarsi che lui potesse bussare alla sua porta.
Capita sempre così.
Capita sempre così quando si aspetta qualcosa che non arriva. Passano i primi giorni di trepidazione e poi ci si abitua di nuovo alla normalità…
«Watari… Ehm… Posso chiamarla così, quando siamo soli?» chiese Emma al signor Wammy, mentre in macchina raggiungevano il nuovo albergo.
«Certamente Miss Emma. Mi dica.»
«Lui non verrà nel nuovo hotel?» gli chiese Emma.
«Lui è già lì.» rispose Watari gentilmente «Mi ha detto di ricordarle che varranno le stesse regole e le stesse accortezze.»
«Naturalmente.» annuì Emma, voltandosi a guardare fuori dal finestrino i marciapiedi affollati di passanti ed illuminati dai lampioni che si stavano accendendo allora, con un sole calante che non era più così invernale. E sospirò lentamente.
 
Dopo più di due settimane Emma si ritrovava nel salotto di un’altra suite agli ultimi piani di un albergo molto simile al primo, ma molto lontano da esso. Un altro grattacielo modernissimo.
Accese la tv, dopo essersi sistemata.
Ancora quelle foto rivelate in diretta.
Non ci riesci… Elle, stavolta non ci riesci… è forse una tua sconfitta taciuta? Un’altra? No accidenti! L’unica, deve essere l’unica!! Ma quando verrai?
Aveva iniziato da giorni a pensare di dirgli tutto così. Di farlo tranquillamente e semplicemente parlando nella stanza, da sola. Tanto lui avrebbe sentito ugualmente…
Poi però spense la luce principale, accese la lampada da tavolo nell’angolo ed in quella calda e debole luminosità andò al pc e proseguì a lavorare alle piante che ancora doveva finire di sistemare dopo l’errore che avevano commesso durante gli scavi. Se le erano divise con Misao e Kei e ognuno nel tempo libero ne avrebbe aggiustata la sua parte.
Dopo un po’ che lavorava le si aprì improvvisamente sullo schermo una finestra di scansione-virus che non aveva mai visto…
Ma che diavolo…
La barra di progressione del programma avanzò rapidamente…
Ma questo non è il mio antivirus! Questo è un virus che si spaccia per una scansione! Oh no!
Staccò immediatamente la pennetta con i dati del lavoro dal pc, provò istantaneamente a chiudere la finestra, ma invece di scomparire quella indesiderata se ne aprì un’altra di download sconosciuto ed inarrestabile. Il virus stava scaricando altro, al semplice click sulla X rossa si era scatenato dell’altro.
Il tutto avvenne nel giro di pochissimi secondi.
«Accidenti! Tutti i dati!!!» esclamò Emma agitatissima.
Poi vide la freccetta del mouse che iniziò a spostarsi rapidamente senza che lei lo stesse toccando…
Questo però non è il virus… Questo è Elle!
Rapidamente vide mille finestre di controllo aprirsi da sole e la freccetta bianca che schizzava a destra e sinistra su tutto il monitor. Osservò che veniva scaricato un tool, che qualcuno stava intervendo sul DOS e che scriveva qualcosa con una rapidità incredibile…
E poi tutte le finestre si chiusero e finalmente la barra di progressione del finto antivirus malevolo ed infetto si interruppe così come il download.
Ed infine il messaggio:
kild.exe ha interrotto l’esecuzione del trojan x34zj.exe alcune applicazioni del computer potrebbero non funzionare correttamente.
Lampeggiò in basso la barra dei messaggi di msn…
 
L scrive: ora è bloccata l’esecuzione del firewall. Il virus nn farà più danni, ma il pc è compromesso in alcune sue funzionalità. I dati sul disco rigido e sulla flash-pen anche sono sicuramente danneggiati. È un virus che opera proprio per annidarsi tra i dati degli utenti e rubare informazioni. Fare una scansione nn lo eliminerà.
 
Emma rimase ferma e poi si avventò sulla tastiera.
 
Emma scrive: e quindi???
 
Poi ci pensò un attimo. Al diavolo!
Alzò la testa«Devo formattare tutto o mi devo ricomprare un pc nuovo? Ho perso i miei dati? Cosa faccio?» disse in modo concitato.
 
L scrive: no. L’ho bloccato prima che potesse compromettere irrimediabilmente il disco rigido. Basterà formattarlo. Per i dati, aspetta un attimo.
 
Emma rimase seduta, a rimirare ancora una volta l’avatar assurdo di Elle… E poi bussarono alla porta.
«Si rischia di diventare ripetitivi.» le disse in modo flemmatico, entrando nella penombra della camera senza neanche guardarla e alludendo al connubio msn con successiva visita in stanza.
E poi proseguì, raggiungendo la sedia su cui era stata seduta Emma fino a quel momento e ci si appollaiò iniziando a smanettare subito sul portatile ancora acceso.
«Ho un backup di tutti i tuoi dati. Non ti preoccupare. Potrai recuperarli da qui.» e le passò un hard-disk esterno, senza scollare lo sguardo dal monitor «C’è tutto. Anche le piante da correggere su cui hai lavorato in questi giorni.»
Emma lo prese «… Cosa… cosa stai facendo adesso…?» farfugliò tra lo stupito e l’imbarazzato.
«Lo formatto.» lapidario «Ci vorrà un po’.»
Seguirono attimi di silenzio, nella penombra del salotto.
Poi…
«… Grazie…» sussurrò alla fine Emma… «… Perché…? Perché mi stai aiutando, perdendo il tuo tempo inutilmente…?»
«Perché non ce l’ho fatta. Come avevi detto tu. Non ce l’ho fatta ad ottenere quello che volevo. Ci ho impiegato fin troppo tempo.» glielo disse serio, distaccato.
«I media continueranno a servirgli i criminali su un piatto da portata…» commentò Emma.
«Sì. A meno che non si vogliano minare tutte le stazioni televisive.» secco.
«Hai perso… hai perso per la prima volta…» gli disse ancora.
«Non credo che sia una vera e propria perdita questa. Questo era un elemento collaterale che avrebbe potuto aiutarmi a controllare meglio le informazioni. E soprattutto questo era, anzi, è ancora un’espressione del latente appoggio che i media stanno dando a Kira, del loro spudorato e latente appoggio. L’obiettivo è fermare Kira. E anche se fossi riuscito nel mio intento, questo non lo avrebbe fermato. Diciamo che è stato un passatempo ed un test. Un test sulla corruttibilità e la mancanza di scrupoli.»
Era strano sentirlo fare considerazioni sulla società…
«Avrei perso se Kira mi avesse sconfitto. Ma non è così.» concluse alla fine freddamente.
Lei lo osservò, rannicchiato sulla sedia, col collo proteso in avanti e le pelle bianca dell’incavo sopra la spalla, sotto la maglietta larga…
«Succederà…» sussurrò Emma.
Elle smise di smanettare col pc e rimase fermo, in silenzio.
Poi lentamente voltò il capo verso Emma.
«No. Non succederà.» la fissò intensamente.
«Sì invece!» esclamò Emma «Lui non vincerà alla fine, ma batterà te!»
«Sei arrivata diretta al punto senza che ti ci dovessi portare io. Mi era sembrato di capire che volevi un interrogatorio. Non sei prevedibile.» si girò sulla sedia, accomodandosi nella stessa posizione, ma rivolto interamente verso di lei.
«Cosa importa questo adesso! Ti sto dicendo che ti batterà! Che con lui non vincerai! E ti mi dici che io non sono prevedibile! Cosa importa questo?!» Emma era turbata da quella reazione.
Lui non si era smosso di una virgola.
«Cosa… Accidenti! Ho sbagliato! Sì… Non dovevo dirtelo così. Ci dovevo arrivare lentamente e allora mi avresti dato retta. Tu non mi stai considerando attendibile!» gli disse, avvicinandosi e guardandolo negli occhi.
«Tu non mi stai dicendo niente di quello che voglio sapere. Tu mi stai solo dicendo che perderò contro Kira. Ma qual è il fine del tuo piano Emma?!» le disse lui in modo aggressivo, col capo chino. «E se anche perdessi? A te cosa importa? Se, come dici tu, Kira verrà comunque sconfitto, a te cosa importa se proprio io perderò?» la incalzò.
Da un momento all’altro erano passati dalla calma alla tempesta…
Ma non era la prima volta in fondo…
«Cosa me ne importa?! Lo hai capito benissimo!» gli rispose lei senza timore «Mi importa proprio perché ti conosco così. Proprio perché per me non sei una semplice L nera su uno sfondo bianco!»
«Ti importa perché metto otto zollette di zucchero nel caffè, perché odio i cellulari, perché sono diretto e senza tatto? Sono queste sciocchezze che ti interessano, Emma?!»
«Anche! Mi importa perché tu dovrai continuare ad indagare su altre migliaia di casi! Perché la tua testa deve continuare a ragionare su questo mondo, perché tutti lo vorrebbero, perché tutti la pensano come me!»
«Emma!» la scosse lui brutalmente, richiamandola con un tono alto della voce e protendendo il collo diritto verso di lei e fissandola con gli occhi taglienti e con irritazione. «Qual è il fine del tuo piano? Cosa vuoi da me??!!»
Emma si bloccò.
Era l’Elle arrabbiato, quello che non sopportava perdere tempo, che doveva agire in modo rapido e risoluto nei momenti più difficili. Quello che in modo deciso si trovava a fronteggiare situazioni intricate e improvvise. E lo rivide…
Rivide l’Elle appollaiato sulla sedia girevole, davanti al monitor, mentre Watari, nascosto dietro una W su sfondo bianco, moriva…
Rivide l’Elle attivo, perspicace, autoritario e risoluto degli ultimi attimi…
E le si formò un nodo in gola…
«Morirai!!! Tu morirai!! Hai capito?! Morirai!» gli gridò contro con la voce strozzata.
Lui non ribattè.
«Sei insopportabile! Non mi credi? Mi ritieni una pazza?! Lo sapevo… Lo sapevo che sarebbe finita così…» disse poi angosciata, voltandosi.
Ma lui la fermò…
Con la punta delle dita le prese il bordo della larga felpa che indossava… la pizzicò appena…
E la bloccò…
Emma sentì un brivido attanagliarle l’addome e rimase ferma.
«So che non sei pazza. Hai sbagliato a credere che l’avrei potuto pensare. Hai fatto una deduzione assolutamente scorretta questa volta. Sai troppe cose perché io possa pensarlo. Sai troppe cose “vere” che nessuno potrebbe sapere. Avresti potuto arrivarci da sola.
Avrei potuto magari ritenerti pericolosa. Ma non pazza ed inattendibile. Queste sono state piste che non ho mai considerato. Strade inutili da seguire. Tu conoscevi l’hotel in cui alloggiavo ed io sapevo per certo che mai avrebbe potuto esserci una fuga di notizie in proposito. Tu sapevi che ero in Giappone ed il perché ero qui. I tuoi silenzi, la tua mancanza di domande fin dal primo test d’ingresso alla Todai. Non mi hai chiesto cosa ci facessi lì. Non mi hai chiesto cosa facessi nella vita.»
«Neanche tu l’hai fatto con me…» sussurrò Emma ancora di spalle, mentre lui continuava a tenerle la maglia.
«Esatto. Perché io sapevo chi eri, cosa stessi facendo, perché fossi a Tokyo e da quanto ci stessi. Proprio come tu lo sapevi di me. Ma io sono Elle. E tu sapevi anche questo.
So che non sei pazza.
Ed hai sbagliato ancora su un’altra cosa.
Non è vero neanche che non ti credo. Tu non menti. Che non fossi una bugiarda è stata una delle prime cose che ho intuito, Emma. Intuizione confermata dai fatti.» continuava a sciorinarle i suoi ragionamenti e gli errori di lei, in modo tranquillo, compassato, ma serio. E poi le lasciò la maglia.
E allora Emma si girò, lentamente, ed altrettanto lentamente si rannicchiò a terra, in ginocchio, ai piedi della sedia, e sollevò il mento e lo sguardo su di lui, che ora la osservava di poco più in alto, col collo proteso in basso ed in avanti…
«Cosa vuoi da me Emma?» le chiese di nuovo, penetrandola con quelle pupille nere, grandi e profonde…
«Morirai… Morirai… Tu non saresti mai dovuto morire…» ripetè lei…
«E tu vorresti salvarmi?!» le chiese lui freddo e caustico, dall’alto del suo essere provocatoriamente e presuntuosamente Elle.
«Sì…» poi però Emma tirò fuori di nuovo la sua schiettezza e la sua grinta «Sì! Sì, che voglio salvarti!!! Tu non devi morire! Lo devi battere tu quel viscido serpente diabolico!!» gli gridò con gli occhi lucidi. E continuò «È questa la tua incognita numero uno! Eccola: quella sciocca ed insulsa persona comune di Emma ti vuole salvare la pelle! Ha osato pensare di salvare quel genio inarrivabile del detective del secolo! Questo è il fine del suo piano assurdo e pieno di falle, a detta tua! Vuoi perdere? Tu vuoi farti battere?!» lo incalzò arrabbiata.
Elle cambiò vagamente espressione. Smise di essere cinico. Ma continuò ad essere diretto.
«Quella sciocca ed insulsa persona comune che è Emma, l’ho sempre trovata tutto tranne che sciocca ed insulsa. Credo che i suoi modi siano anzi interessanti, poco comuni e decisi.» Ryuzaki fece una pausa e lasciò Emma basita ed in silenzio, concedendole il tempo di incamerare quel suo pensiero, sentenziato come si fosse trattato di una considerazione comune. Ma non lo era…
«La morte è un rischio che ho dovuto necessariamente mettere in conto in questo caso.» riprese poi freddamente ed impassibile.
«Lo so! È proprio per questo che voglio salvarti! Perché ci andrai dritto a sbattere contro e soprattutto… morirai senza capire…» la voce le si spense nella gola alla fine…
«Tu vuoi salvarmi perché mi conosci così. Avevo ragione. L’incognita numero uno era collegata a questo aspetto…» le disse lui rimuginando… «Morirò e non capirò…» continuò a dire pensieroso, come si fosse trattato della morte di qualcun altro…
«No… avrai la certezza che i tuoi sospetti erano corretti, ma lo capirai all’ultimo momento ed il resto resterà nella nebbia…» continuò Emma.
Elle corrugò la fronte «I miei sospetti. Quindi suppongo che avrò la certezza e la prova tangibile che Light Yagami è Kira.» le disse a bruciapelo, serio.
Emma sgranò gli occhi «Ma… allora… ti fidi di me…»
Le aveva nominato Light…
Le stava parlando del caso Kira…
Quali erano stati i collegamenti che nella sua testa geniale lo avevano portato a fidarsi di lei, dopo quello che gli aveva detto?
«Rispondimi.» quasi le ordinò.
«Sì. Ne avrai la prova tangibile… Ma non ci devi arrivare a quel punto! Non ti importa nulla del fatto che morirai?!»
«Be’, la cosa non mi entusiasma affatto a dire il vero.» le disse in modo quasi buffo, riacquisendo quell’espressione infantile ed ingenua...
«Io invece non ci posso proprio pensare… Specialmente adesso…»
Lui continuò a guardarla, ma ritornò serio… serio in modo inquietante, ma non temibile…
«Ti fidi… tu ora ti fidi di me…» gli sussurrò lei.
E poi lo scorse tutto il suo Elle. Gli osservò le mani affusolate appoggiate sulle ginocchia, i polsi sottili, ma maschili…
Le spalle che dalla maglietta che vi si appoggiava casualmente lasciavano intravedere un corpo solido…
Lo guardò bene, nella penombra in cui si trovavano entrambi… con quelle occhiaie così evidenti e quei capelli così scuri…
E poi passò a quelle labbra bianche e socchiuse…
Di nuovo percepì il suo respiro fresco…
«Questo è già accaduto.» le disse lui atono, spostando lo sguardo sulle labbra di lei, ma rimanendo immobile.
Quella tensione.
Di nuovo quella tensione nell’aria…
«…Sì… E tu hai sbagliato su due cose… Ne stai riparlando… ed io non mi sono mai pentita…» gli disse Emma con un filo di voce…
E si sollevò appena, si sporse in avanti e posò di nuovo le sue labbra su quelle di lui, senza che Elle si allontanasse, senza che opponesse alcuna resistenza.
Gliele baciò semplicemente, poggiando la sua bocca su quella morbida e vellutata di lui… Poi, continuando a rimanere vicinissima, gli parlò e mentre parlava le labbra muovendosi sfioravano a tratti quelle di lui… «… Mi sembra di fare una cosa scorretta… mi sembra che non dovrei farlo…»
«Immagino che mi sarei allontanato, se così fosse.» le disse lui candidamente.
«…Ryuzaki…ti… ti fidi di me…?» gli chiese di nuovo Emma continuando a sfiorare a tratti la pelle vellutata della sua bocca…
Elle strinse le dita sulla stoffa dei suoi jeans «…Se così non fosse, non sarei già passato all’incognita numero due, non ci sarei mai arrivato, come hai capito tu stessa. Ma questo non vuol dire che siano cessati gli interrogatori e che la passerai liscia. Il caso Kira. Ora dovrai parlarmi del caso Kira e di Light Yagami...» respirò poi, solo appena più profondamente.
«…Sì… E tu non morirai, vero…?» gli disse come una bambina…
«Vincerò io.» le disse Elle calmo e glaciale…
«…Io credo che non riuscirò molto presto a rifare questo…non farò due volte lo stesso errore, non abbasserò lo sguardo…» gli disse Emma continuando a fissarlo, vicinissima, proseguendo ad assaporare il profumo del suo respiro…
«Lo credo anch’io…» le rispose lui…
Ed Emma fece aderire di nuovo le sue labbra su quelle di Ryuzaki…
Senza toccarlo, senza abbracciarlo, senza fare altro che quel semplice e quasi innocente bacio…
E lui non si spostò, ancora una volta…
E quella tensione che si assaporava nell’aria continuava ad aleggiare come polvere ed Emma sentì che da quel momento avrebbe aleggiato sempre, anche se quello fosse stato l’ultimo bacio che si fossero dati… anche se non si fossero più sfiorati… quella tensione avrebbe proseguito a circondarli e ad avvolgerli… se anche si fossero scontrati di nuovo verbalmente, se anche Elle l’avesse messa di nuovo alle strette, l’avesse smascherata, come lei voleva, quell’atmosfera ci sarebbe stata sempre… quella forza sottile ci sarebbe stata. Sottile e leggera, proprio come lieve era sempre stato il tocco delle dita di Emma sul bordo della maglietta candida di Ryuzaki…
 


 
Allora… ve lo aspettavate il bis? ;D
Io sì, naturalmente... ^__^ ma il punto è proprio quella tensione: nulla è scontato e normale e nulla può seguire il normale iter di eventi con uno come Elle, sempre secondo il mio modestissimo parere °__°
Mi sono lanciata in un momento romantico, per quanto le mie limitate capacità possano renderlo tale e per qunto lo permettano Elle e DN in generale... ;D
Comunque. Ho voluto aggiungere l’elemento dell’informazione dei media. È un’invenzione mia, una licenza che mi sono presa, una “deviazione del mio intelletto”, come la potrebbe definire qualcuno, perché è una cosa che il mio cervello bacato e intrippato si è chiesto mentre leggevo il manga. Mi è piaciuto pensare che L potesse esserne stufo e che soprattutto potesse cercare di fermarla, con i suoi potenti agganci… ma, come dice lui stesso, il fatto di non esserci riuscito non è una sconfitta vera e propria… o magari è lui che non la vuole vedere così, considerando il suo lato infantile ;) 
A chi non ha letto il manga dico che la scena della morte di L è più eloquente sulla carta stampata: L, guardando gli occhi “cattivi di Light” un attimo prima di morire, pensa “allora non mi ero sbagliato…” e poi, nell’ultimo ballon dei suoi pensieri, aggiunge “però…”. E poi muore…
Ok, adesso la smetto perché a ricordarmi di sta cosa proprio non è serata… sigh!
La storia del virus al pc? In realtà nei miei vari appunti avevo pensato ad un semplice computer impallato ...ma la mia esperienza recente mi ha deviata... magari lo avessi avuto anche io L lì vicino... Ci ho messo un pomeriggio di improperi ed una bella cifra al centro assistenza per ottenere quello che lui ha fatto in tre minuti!!! va be'... lasciamo perdere che è meglio... ;D
C’era qualcos’altro che volevo dire, ma l’ho dimenticato… è mezzanotte e mezza passata e la smetto senza neanche la forza di dirvi di cosa io abbia paura stavolta…
AAAARGH!!! Ecco che me ne viene subito una di paranoia che non riesco a contenere! Il bacio…be’ sì…quello mi terrorizza…soprattutto mi terrorizza la reazione di L al bacio… cioè… è lui???? E poi tutti questi dialoghi serrati con poche parti narrative... Non lo so, vado a nanna che è meglio!!!
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
A tuttissimiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!
Scusate se a volte non rispondo subitissimo alle recensioni, ma chi le fa sa benissimo che poi rispondo e che sono sempre straentusiasta e vi ammorbo con mega-rispostone perchè sono sempre strafelice di leggervi nei vostri mille pensieri diversi, nelle vostre diverse vedute, nei vostri punti di vista, nelle vostre bellissime differenze e teste!! Cresco ed imparo tanto ^__^
Grazie di leggermi, a tutti!!!
 
Alla prossima!!!

 

Eru

 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** 23. La punta dell’iceberg ***


Potete tirarmi gli accidenti che volete… perdonatemi… Ho finito il capitolo ieri alle 2 di notte ed ero troppo a pezzi per pubblicarlo e combattere con l'editor…
Credo ormai di dover tristemente accettare che sono fagocitata da troppe cose, che al lavoro finisco più tardi e che non riesco più a postare un capitolo a settimana, quindi vi dico, con sincerità, che ogni volta ci proverò a rimanere nei 7 giorni, ma che sarà possibile che io non ce la faccia, come è capitato questa volta…
Preparatevi ad un capitolo “molto dialogo” (sembra quasi un fumetto…) ;D
E speriamo bene!!!
Buona lettura e grazie di essere qui!
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

23. La punta dell’iceberg

 
(Dal cap. precedente)
«…Ryuzaki…ti… ti fidi di me…?» gli chiese di nuovo Emma continuando a sfiorare a tratti la pelle vellutata della sua bocca…
Elle strinse le dita sulla stoffa dei suoi jeans «…Se così non fosse, non sarei già passato all’incognita numero due, non ci sarei mai arrivato, come hai capito tu stessa. Ma questo non vuol dire che siano cessati gli interrogatori e che la passerai liscia. Il caso Kira. Ora dovrai parlarmi del caso Kira e di Light Yagami...» respirò poi, solo appena più profondamente.
«…Sì… E tu non morirai, vero…?» gli disse come una bambina…
«Vincerò io.» le disse Elle calmo e glaciale…
«…Io credo che non riuscirò molto presto a rifare questo…non farò due volte lo stesso errore, non abbasserò lo sguardo…» gli disse Emma continuando a fissarlo, vicinissima, proseguendo ad assaporare il profumo del suo respiro…
«Lo credo anch’io…» le rispose lui…
Ed Emma fece aderire di nuovo le sue labbra su quelle di Ryuzaki…
Senza toccarlo, senza abbracciarlo, senza fare altro che quel semplice e quasi innocente bacio…
E lui non si spostò, ancora una volta…
E quella tensione che si assaporava nell’aria continuava ad aleggiare come polvere ed Emma sentì che da quel momento avrebbe aleggiato sempre, anche se quello fosse stato l’ultimo bacio che si fossero dati… anche se non si fossero più sfiorati… quella tensione avrebbe proseguito a circondarli e ad avvolgerli… se anche si fossero scontrati di nuovo verbalmente, se anche Elle l’avesse messa di nuovo alle strette, l’avesse smascherata, come lei voleva, quell’atmosfera ci sarebbe stata sempre… quella forza sottile ci sarebbe stata. Sottile e leggera, proprio come lieve era sempre stato il tocco delle dita di Emma sul bordo della maglietta candida di Ryuzaki…
 
Emma si scostò lentamente da lui, continuando a percepire un languore nell’addome, come una stretta che da lì si irradiava, producendo un brivido interno che giungeva costante fino al collo… un brivido che si crede di provare solo nei sogni, che si pensa possa essere solo il frutto dell’immaginazione o della fantasia quando ci si immedesima in qualcosa di magico, che magari non sta accadendo veramente, ma che si sta solo leggendo, osservando, immaginando… Ma lo sentì reale, lo sentì davvero, lo sentì avendo Elle davanti a sé… E si sarebbe accoccolata nell’incavo del suo collo, perché sapeva che così quel brivido si sarebbe ingigantito… si sarebbe raggomitolata lì, al sicuro, protetta da quel profumo di bucato della sua maglietta bianca, difesa dalla sua mente unica, compresa dal suo intuito inarrivabile, e nascosta a tutti gli altri…
Avrebbe fatto tutto questo… ma quella tensione, quella tensione glielo impedì… era proprio quella stessa tensione che l’aveva portata ad avvicinarsi che invece ora le impediva di sfiorarlo più di quanto non stesse facendo… era quella tensione che la portava a tenere quel filo sottile in continua trazione, senza lasciarlo libero di allentarsi… Perché non si sentiva libera di fare quello che avrebbe voluto, perché lui non era come tutti gli altri… perché lei non poteva essere nei suoi confronti come tutte le altre… perché, sebbene fosse diretta e per certi versi avesse trovato il coraggio di fare quello che aveva fatto, si sentiva impaurita… perché temeva di esagerare, perché non riusciva ad immaginare la reazione del suo amato detective ad un contatto superiore a quello… perché quasi non le sarebbe piaciuto scoprirlo uguale a tutti gli altri… perché quasi aveva paura di rimanere delusa… di scoprirlo per quello che non era o che perlomeno lei non si era mai immaginata lui potesse essere. Già… “quello” era qualcosa di assolutamente nuovo. Perché lui era ora reale, ma l’idea che Emma si era fatta di lui, del suo personaggio, era ora quasi più grande della realtà… Perché i “miti”, come gli “idoli”, possono anche deludere… perché forse essi dovrebbero rimanere tali… Perché la realtà può essere diversa dalla fantasia ed in questo caso Emma aveva paura di scoprirla, quella realtà…
E poi ebbe anche un’altra paura. E questa invece era una comune paura, come forse ne avrebbero avuta molte altre. Paura di essere la sola a desiderare tutto quello che stava desiderando in quel momento. Paura perché si sentiva sola in tutto quello che provava… Quando invece avrebbero dovuto essere in due…
…E lo era veramente “sola”…?
Si scostò appena dalle labbra di Elle, poi, quasi istintivamente, abbassò lo sguardo e si ritrovò ad osservare le dita di lui che stringevano il cotone dei jeans, di poco sotto il ginocchio…
E seppe, per un unico brevissimo istante, che in fondo non era sola… Ma fu solo un brevissimo istante, per l’appunto…
Elle girò lentamente il capo verso il portatile che era ancora acceso sul tavolo, mostrando ad Emma il suo profilo asciutto «Ho ottenuto quello che mi premeva sapere, nel tempi che volevo. Dalla prossima settimana le cose cambieranno. Ma è andato tutto come mi aspettavo.» le disse serio e con voce atona, come se non fosse accaduto nulla, come se la sua mente e la sua bocca non fossero state collegate a quelle dita che ancora massaggiavano convulsamente il suo ginocchio.
Era questa la tensione.
L’apparenza che tutto fosse esattamente come prima.
Era questa la forza di quella tensione, che tratteneva e nello stesso tempo riusciva ad attirare ancora di più.
La forza delle parole non dette, delle emozioni non espresse ed interrotte, dei gesti non compiuti.
La tensione dei sentimenti nascosti, annidati nei pertugi più lontani e lasciati soltanto lì liberi di ingigantirsi, di diventare proprio lì forse anche più grandi di quanto non potrebbero se non confinati…
Ed Emma, con ancora quel brivido alla base del collo, era preda di una doppia emozione, di quella che si prova quando quella corda tesa si allenta, per un brevissimo attimo, e di quella che cova dentro quando la corda si tende di nuovo, ricacciando il sentimento in fondo…
E si riaccasciò sulle gambe, ritornando in ginocchio, aumentando di nuovo e ancora di più la distanza dalle labbra di Elle, rimanendo tuttavia fissa ad osservare la sua mano affusolata premere sui jeans.
«Anche tu avevi un piano, naturalmente…» gli disse poi «…ed io che stupidamente mi preoccupavo di non fare in tempo a parlarti prima della cerimonia di inaugurazione…»
«Era naturale che fosse così. Io mi devo fidare di te, ma a quanto pare sei tu che in questo non hai fiducia in me.» le disse lui, girandosi sulla sedia e riaccomodandosi di nuovo rivolto davanti al portatile e ricominciando a smanettare con quello.
«Questa è veramente assurda! “Io” che non mi fido di te! Ma non è che magari non ci ero semplicemente arrivata?! Non sono un genio, io.» ribatté Emma, cambiando tono. Elle la riportava sempre immediatamente coi piedi per terra.
«Allora sono io che ho troppa fiducia nelle tue capacità.» rispose secco lui, continuando a fissare lo schermo.
«Sì, mi sa di sì. Comunque… che significa che hai ottenuto quello che volevi nei tempi che speravi?» iniziò Emma con le sue solite domande curiose.
«Significa che dovevo conoscere quello che mi hai detto poco fa, prima di incontrare Light Yagami.» rispose Elle lapidario.
«Perché dopo avrai meno tempo per me?» proseguì Emma.
«Non solo per quello.»
Silenzio.
«Se ci ragioni un po’ ci arriverai.» ricominciò Elle con voce quasi annoiata.
Silenzio di nuovo.
«…Perché vuoi che io ti parli di lui… ora… prima di incontrarlo faccia a faccia…» provò Emma.
Elle non parlò subito.
Poi… «Watari. Dovresti portarmi del tè, del melone e dei biscotti. Li prenderò qui.» disse senza spostare lo sguardo. Poi si voltò verso Emma con fare ingenuo «Ti va bene solo del tè?»
Emma rimaneva sempre spiazzata da queste uscite… E poi rimuginò su altro… «…Lui… lui ha visto e sentito tutto…?» tentennò.
«Immagino di sì.» rispose Elle senza alcuna inflessione.
Silenzio.
«Allora, va bene del tè?» ribadì lui.
«…Ehm… Sì… anzi no, meglio una birra.» Sì, decisamente le ci voleva una birra… e poi alzò il volto verso l’alto «…Grazie, Watari…»
«Chi ti dice che le telecamere siano in alto? Non è la prima volta che fai questo gesto di sollevare lo sguardo se vuoi comunicare o farmi capire che vuoi comunicare con me.» disse Elle, tra l’incuriosito ed il saccente, sempre senza guardarla direttamente, apparentemente distratto.
«E chi ti dice che io abbia approfonditamente pensato anche a questo?!» rispose Emma ridendo «Non è così importante. Forse a te viene naturale ragionare al volo anche su queste cose.»
«Probabile. Diciamo che in generale sono certo che tu non ci abbia ragionato, ma mi rimaneva il dubbio. Tutto qui.» impenetrabile, ma a prima vista ingenuo.
Ma che significa… Da cosa potrebbe aver intuito che io possa aver ragionato sulla posizione delle telecamere… forse…
Elle si alzò e raggiunse il divano, sul lato del bracciolo, ed agilmente lo scavalcò mettendocisi seduto come suo solito. Ed Emma lo raggiunse, accoccolandosi sulla poltrona affianco a lui. Ormai aveva capito che lo doveva seguire.
«Tu conosci Light Yagami.» le disse Ryuzaki a bruciapelo, calmo.
«Ma no… Io non ho alcun rapporto con lui!» rispose Emma presa alla sprovvista.
«Intendevo dire lo conosci, come “conosci” me. So che non hai mai avuto alcun rapporto con lui. Non c’è nulla che vi possa collegare. Ho già effettuato questo genere di controlli. Altrimenti non staremmo qui a parlarne.»
Era ovvio. Questo in effetti era ovvio.
Emma si sentì come rassicurata ancora. Quindi Elle sapeva fin dal primo momento che lei non aveva nulla a che vedere col caso Kira…
«Sì, lo “conosco” come conosco te…» rispose alla fine lei.
«Parlami di lui.» le disse gelido.
Emma sospirò. Sentì come un senso di liberazione, anche se sapeva bene di non poter ancora esagerare con le rivelazioni…
 
Già. Emma non poteva esagerare.
Come al solito doveva fornire le informazioni poche per volta. E questo per un motivo soltanto.
Gli eventi dovevano proseguire, dovevano andare avanti così come lei li ricordava. Un cambiamento impercettibile avrebbe potuto modificarli tutti a partire proprio da quell’eventuale cambiamento impercettibile. Le cose avrebbero potuto prendere una piega completamente diversa. E allora la trama di Death Note sarebbe cambiata. Ed era quello che lei voleva, ovviamente. Ma Emma voleva che quella trama cambiasse nel dettaglio della morte di Elle. Ed era certa che questo aspetto l’avrebbe potuto cambiare solo in un modo. Ci aveva ragionato tanto. Ed era scaturita un’unica soluzione possibile. C’erano solo un modo ed un momento precisi: il punto che potremmo chiamare il punto X. Se ci fossero stati passi avanti nelle indagini per merito di Emma prima di quel punto X, quei passi avanti avrebbero causato altri eventi. Ed altri eventi avrebbero scatenato altre azioni e reazioni di Light, assolutamente differenti da quelle a lei note. E a quel punto Emma non avrebbe saputo più nulla… Lei a quel punto sarebbe diventata inutile… Perché gli eventi non sarebbero più stati quelli che lei ricordava alla perfezione, che quindi poteva “prevedere”… E come avrebbe fatto allora a salvare Elle? Magari lo avrebbe ucciso Misa. Magari la idol senza cervello avrebbe avuto il tempo di dire a Light il vero nome di Ryuzaki. Magari Elle avrebbe ottenuto le prove che Light e Misa erano i due Kira ed avrebbe incastrato entrambi, ma Rem lo avrebbe ucciso ugualmente prima che questo potesse avvenire. Due Shinigami, due quaderni della morte, una mente diabolica come quella di Light ed una sciocca e succube come quella di Misa. Queste erano le variabili e nessuno può prevedere come queste possano entrare in gioco, tanto meno con “queste” variabili, che erano più incontrollabili di qualunque altra.
Per questo Emma doveva arrivare a dire ad Elle una cosa per volta. Almeno finché non fossero arrivati al punto X.
Ed io aggiungo: almeno finché Elle non la inchioderà un’altra volta.

 
Emma sospirò e iniziò «…Light Yagami è Kira. Ma questo te l’ho già detto…» commentò, ripensando a come glielo aveva detto…
Elle rimase impassibile e lei proseguì «…Su questo non c’è alcun dubbio. Lui è Kira al 100%» e qui osservò Elle con maggiore veemenza. «Solo che non posso darti alcuna prova del fatto che lui lo sia… almeno per il momento… Posso dirti che uccide davvero senza sporcarsi direttamente le mani, senza l’utilizzo di nessun mezzo conosciuto… ma questo lo sai anche tu…»
Emma si fermò un attimo ad osservare Elle in silenzio, cercando di scorgere nei suoi occhi una qualunque espressione di approvazione, di soddisfazione, di fiducia…
Il punto era che le sembrava così assurdo quello che gli stava dicendo… Era così banale il modo in cui stava avvenendo il tutto… E lui? Lui come avrebbe reagito? Il quaderno… gli doveva già nominare il quaderno? No…
«Continua, Emma.» quasi le ordinò lui, impassibile.
«Sì… Io credo che tu debba sapere che lui è un bugiardo. Lo è anche più di te. Qualunque cosa ti dirà sarà sempre ragionata e calcolata. Non c’è nulla di spontaneo in lui. Tutto quello che hai pensato di Kira e di lui è vero. Kira è infantile, non vuole perdere, ed ha perso completamente la sua umanità. Non ha nessuno scrupolo. Nessuno! E Light in alcuni momenti ti sembrerà premuroso, ti sembrerà un figlio adorabile ed un ragazzo d’oro. Ma è un serpente diabolico senza nessun briciolo di umanità. Quello non è il vero Light. Ciò che lo porta ad uccidere lo ha cambiato. Lo ha reso di ghiaccio. Solo grazie a questo lui riesce a reggere psicologicamente tutto quello che ha fatto e che continua a fare…» e si fermò, fissandolo di nuovo come una bambina in attesa di un giudizio, di un voto, di un’approvazione, di un “sì”…
Se Elle fosse rimasto colpito da quest’ultima considerazione, certamente Emma non se ne accorse. Sicuramente però questo era un aspetto che lui aveva considerato ed Emma lo sapeva bene. Ricordava perfettamente la pagine del manga in cui Elle aveva fatto quelle considerazioni.
Elle però non commentò in alcun modo e rimase serissimo. La fissava intensamente ed infine le chiese «Gli omicidi sono proseguiti anche quando lui non poteva accedere alle informazioni. Quando le telecamere lo sorvegliavano giorno e notte e lui palesemente non aveva accesso alle informazioni.» e si portò il pollice sul labbro…
Lo stava veramente chiedendo a lei o la stava mettendo alla prova?
«Tu sei convinto che lui sia Kira nonostante questo… le telecamere per te non lo hanno scagionato, nonostante questa considerazione… questa è una deduzione che avrebbe potuto fare qualunque poliziotto, ma non tu… Tu da me vuoi la conferma… Io ti dirò com’è andata, ma non ho prove neppure qui per avallare ciò che ti dico e tu non potrai usare le mie parole per accusarlo…» e si fermò di nuovo…
«Uhm…Le prove. Se ci fossero delle prove ne sarei a conoscenza e saprei anche io com’è andata. E temo che tu non abbia neppure delle prove valide da mostrarmi per spiegarmi “come” tu sappia tutte queste cose, comprese le cose che sai di me. Se le avessi me le avresti già mostrate, la nostra conversazione sarebbe finita molto tempo fa e non ci sarebbe stato bisogno di tutto questo, del tuo piano in pillole e di quant’altro. È proprio per questo che hai inserito quelle scansioni nel tuo pc. Perché quelle sono le uniche prove che hai da mostrarmi e che possano darti credibilità. E dubito che anche gli altri files, quelli che hai nascosto altrove e che io ancora non ho potuto vedere, siano tanto diversi da quel genere di prova là. È proprio perché non hai le prove di nulla che parli poco. Ed è per questo che non ho intenzione di discuterne ora e che tu non devi preoccuparti di fornirmi le prove delle cose che mi dirai. So benissimo che non ne hai, lo so da tempo. Quindi dimmi semplicemente come sono andate le cose.» fluido, impeccabile, spiazzante, Elle.
Ed Emma si sentì rincuorata ancora una volta. Spiazzata, ma liberata di un peso che l’aveva oppressa a lungo e che non credeva si sarebbe risolto così semplicemente.
«“Come sono andate le cose”… Tu dai per scontato che quello che ti dirò sarà esattamente la realtà dei fatti… Ti fidi di me e mi credi fino a questo punto…» proseguì Emma, titubante ed incredula, dopo aver ragionato sulle parole utilizzate da Elle.
«Non credo di voler perdere tempo a spiegarti nel dettaglio cosa mi porti a crederti, diciamo che principalmente il motivo è che non ho motivo di non crederti. Per esclusione, non c’è n’è neppure uno.» non voleva parlare neppure di questo.
Ed Emma lo capì subito.
Poi bussarono alla porta e poco dopo Watari arrivò con il tè, la birra, il melone col prosciutto ed i biscotti, che posò sul basso tavolino davanti al divano, e poi silenziosamente se ne andò, lasciandoli di nuovo soli, almeno all’apparenza.
Elle in silenzio iniziò a spostare il prosciutto dalla fetta arancione che aveva davanti. Finita l’operazione osservò il mucchietto che aveva creato al lato del piatto e poi guardò Emma, senza dirle altro.
«Sì, grazie.» disse lei, senza che lui le avesse esplicitamente offerto nulla e allungò la mano afferrando la prima fettina ammonticchiata.
E mentre Elle trapassava il suo melone con la forchetta in punta di dita, Emma ingoiò il prosciutto, allungando poi di nuovo la mano per prenderne un’altra fetta dal piatto di lui.
Con naturalezza.
«Lui aveva una televisione piccolissima nella busta di patatine. Con quella ha potuto seguire i notiziari mentre studiava.» iniziò Emma all’improvviso. «L’ha gettata subito dopo. Gli è bastata una volta soltanto.»
Elle ingoiò il suo melone. «Ma contemporaneamente ha ucciso. Lo ha fatto mentre studiava.» commentò.
Eh già.
Il punto non erano tanto le informazioni. O meglio. Il punto iniziale erano quelle. Se Light non poteva conoscere i nuovi criminali non poteva neppure ucciderli. Ma una volta appurato che Light aveva avuto le informazioni, Elle era passato immediatamente al passaggio successivo…
«Sì, ha ucciso… Gli basta scrivere il nome. Gli basta fare quello.»
Gliel’aveva detto… così… in un attimo… mesi di attesa e gliel’aveva detto così, con una fetta di prosciutto in mano mentre lui spiluccava una fetta di melone… ma quest’ultima scena forse era proprio la meno strana di tutte…
«Uhm.» commentò Elle in modo assolutamente impenetrabile…
Poi sollevò il coperchio della zuccheriera e prese una zolletta. La mise sul tavolo. Ne prese un’altra. La posò affianco a quella che aveva appena poggiato.
«Raye Pember.» le disse semplicemente questo, mentre con calma allungava la mano a prendere un altro cubetto di zucchero e lo posizionava affianco agli altri…
Uno dopo l’altro sembrava stesse tirando fuori gli avvenimenti che avevano degli anelli mancanti nella sua testa…
«Light era su un autobus e Raye Pember era con lui, lo pedinava. La linea fu dirottata da un pregiudicato che poi morì lanciandosi in mezzo alla strada e praticamente suicidandosi. E in quell’occasione fu Raye stesso a mostrare a Light il suo distintivo… Il tutto prima del primo di Gennaio. Io non posso stabilire i tempi… però puoi controllare tu i fatti, la cronologia e la linea del pullman! È vicino a casa Yagami!» si infervorò Emma.
Elle nel frattempo continuava a sovrapporre zollette di zucchero…
 
Gliela vorreste dare un’occhiata vero? So che è così… Eh eh eh…
Naturalmente Elle non si limita alle informazioni che gli ha dato Emma… Lui deve capire. Deve inserire ogni anello.
E questo vi serva anche per il futuro, quando vi sembrerà strano che Elle possa ascoltare Emma dando per scontati gli eventi, così come lo fa Emma e così come lo fate voi. Per lui nulla è scontato. Perché lui non ha letto Death Note. Lui “è” Death Note. E deve quindi ricollegare tutti quei tasselli del puzzle che Emma gli sta fornendo ora, per la prima volta, e che voi invece avete visto già composti.
Non so quanto ne capirete… però… ve la concedo un'occhiatina… Peccato io non possa comunicarvi la velocità… di certo è immensamente superiore a quella che voi impiegherete a leggere… E con quest’ultima affermazione potrei essermi compromesso più del dovuto anche su altri fronti.

 
Un caso. No. “Pregiudicato”. Già noto. “Lo sai che gli Shinigami mangiano mele?”. Pilotare azioni prima della morte. Dirottamento. Pedinamento. Lui sapeva di essere pedinato. Suicidio. No. Dirottamento. Agente dell’FBI. Lui sapeva che Pember sarebbe intervenuto. Perché tirare fuori il distintivo però? Era uno sciocco anche lui?
«Perché Pember avrebbe tirato fuori il distintivo?» le chiese.
«Perché Light aveva fatto finta di voler intervenire… ma non c’è nessuno che possa provare questa cosa… Perché anche Naomi Misora è morta…» e sganciò la bomba numero tre.
Emma si sentiva così strana… Le sembrava di scorrere le pagine di Death Note. Si sentiva in corpo la stessa adrenalina, se così la si poteva definire. Poteva dire quasi di stare rileggendo Death Note per l’ennesima volta, ma era come se lo stesse “rileggendo” per la “prima volta”… In realtà era una contraddizione in termini. Ma era proprio così che si sentiva.
Accidenti! Cosa stai pensando?! Voglio sapere cosa stai pensando?!
Elle continuava a sovrapporre cubetti di zucchero. «Naomi Misora è morta.» disse quasi tra sé e sé…
Ed Emma iniziò… iniziò col suo racconto… raccontò di come sarebbe dovuta morire e di come invece era morta, semplicemente tirando fuori una confezione di fazzoletti dalla borsa…
Elle sorseggiava il suo caffè ed Emma aveva finito la sua birra. Lo osservava con lo sguardo stanco ed anche lei ormai con una leggera ombra sotto gli occhi…
«Credo che per oggi possiamo terminare qui. E credo che tu non dovrai mai più fare quello che hai fatto quel giorno, nonostante le tue accortezze. È chiaro questo?» le disse serio.
Ma ad Emma non interessava questo… A lei interessava dell’altro… «…Credi che sia morta lo stesso, nonostante il mio intervento, per un puro caso…?»
«Credo di averti già detto come la penso in proposito. È di questo stai parlando, vero? Del destino. Non è questo ciò che conta ora. Il tuo pc sarà pronto per domani. Lo spegnerò io quando la formattazione sarà finita. Reinserirò tutti i programmi che avevi. Quando domani tornerai sarà a posto.» e si alzò, rinfilò le scarpe e si diresse verso la porta, senza aggiungere altro.
Ed Emma in quel momento capì che lo avrebbe rivisto solo alla Todai, il giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico.
«Sai che dal momento in cui ti mostrerai a Light innescherai una miccia che non potrà spegnersi, vero?» gridò Emma, ancora seduta, mentre lui era di spalle, davanti alla porta ancora chiusa.
«Sì. Ed anche in base alla tua presenza qui, la miccia deve accendersi ora con ancora maggior convinzione, esattamente come tu ti aspetti che accada.» ed uscì, senza voltarsi.
Ancora una volta senza voltarsi.
Cosa aveva voluto dire?
Perché non le aveva chiesto altro?
Sembra che stia facendo esattamente quello che voglio io… Io non saprei ancora come spiegargli la faccenda del quaderno… Dovrò farlo… Ma non è il momento... E’ assurdo… Mi ha chiesto esattamente le uniche cose che io avrei voluto dirgli… Le cose passate. Gli eventi che sono già accaduti. Mi ha chiesto solo quelli. Ma come può non chiedersi ancora “come” io faccia a sapere tutto?
Emma era sprofondata sulla sua poltrona, con lo sguardo fisso sui cuscini smossi e schiacciati, lì dove era stato appollaiato Elle.
E allora si alzò, passò sul divano, si sdraiò su quei cuscini… Anche se per un attimo si sentì una sciocca nel farlo… Ma lo fece ugualmente… Si rannicchiò su di essi…
Erano ancora caldi… I cuscini erano ancora caldi… Ed avevano il suo odore… Perché ora Emma conosceva l’odore di Elle… Bucato e vaniglia… Semplicemente bucato e vaniglia… Sospirò…
Che cosa stupida… che cosa infinitamente stupida…
 
Elle entrò nella sua stanza, superò il salottino, mentre Watari posizionava una torta al cioccolato sul tavolo. L’anziano inventore spostò i suoi occhi gentili e seri sul suo pupillo, che ruotò lo sguardo solo per un attimo, incrociando quello di Wammy. Gli concesse solo quello. Ma non era più di quello che Watari si sarebbe aspettato, naturalmente, e poi il suo genio dai capelli neri, il suo unico ed ineguagliabile genio, proseguì silenzioso e curvo verso il computer bianco che era per terra, come sempre. Si appollaiò e protese il collo diritto verso lo schermo, incrociando le braccia sulle ginocchia…
La figura alta e sottile di Emma, avvolta nella sua felpa vecchia e gigante era abbandonata sul divano ora… lei rannicchiò le gambe al petto e le strinse, sospirando, e poi chiuse gli occhi…
Elle rimase fermo per qualche istante, davanti a quell’immagine.
«Ryuzaki» gli giunse la voce di Watari «Cosa ti porta a fidarti di lei?»
«Sappiamo entrambi che non è coinvolta in nessun modo nel caso Kira, perlomeno dal punto di vista delle indagini. Nessuna delle sue mosse, né tanto meno la sua persona, può in alcun modo essere ricollegata a Light Yagami, alla morte dei criminali o degli agenti dell’FBI, né a tutto ciò che finora mi ha portato sulla pista del figlio del nostro soprintendente. E questo lo sapevamo fin dal primo momento.» rispose Elle diffusamente.
«Anche che non fosse una bugiarda, l’hai intuito fin dall’inizio… Così come hai potuto appurare che sapeva chi tu fossi da molto prima di incontrarti, senza contare che in quei disegni, fatti mesi fa, lei ha associato Light Yagami a Kira…» proseguì Watari.
«Esatto. Vuoi sapere cosa mi abbia convinto ora, cosa mi abbia portato ora a credere sopra ogni ombra di dubbio che tutto ciò che ha fatto è a fin di bene e che posso parlarle del caso Kira senza temere che possa tradirsi o utilizzare le conversazioni fatte con me a sproposito o ancora andarle a raccontare in modo subdolo?»
Watari non rispose ed Elle continuò.
«Emma non finge. Emma non sa fingere, come non sa mentire. Il suo fine è quello che mi ha confessato. Non ce ne sono altri. Ne sono sicuro al 100%. Mi ha convinto la sua disperazione. Già me ne aveva dato prova una volta, ma allora la sua mente non era stata lucida.»
Emma aveva ragione anche su questo. Elle sapeva capire le persone. Le sapeva capire, anche se freddamente, quasi cinicamente.
«Cosa intendi per disperazione, Ryuzaki?» domandò Watari, che forse voleva semplicemente farlo parlare, perché con tutta probabilità aveva già capito cosa passasse per la testa del suo detective.
«La sua reazione alla festa di Misao e questa sera. Era quasi disperata, di fronte a me. Disperata di fronte alla possibilità che ad Elle possa succedere qualcosa, che Elle possa perdere. Ma non è solo ad Elle che pensa. Vuole aiutare “me” come persona, non solo come Elle, come detective, come rivale di Kira. Emma è coinvolta a livello emozionale.» gelido e cinico, per l’appunto.
Non c’era da aspettarsi nulla di più calzante…
Watari lo osservò. Impenetrabile anche per lui. O meglio. Watari aveva intuito, ma sapeva che su quell’argomento la conversazione era chiusa. Così abbassò gli occhi, tagliò una fetta di torta e la portò ad Elle.
«Ora che hai chiarito cosa lei voglia da te, perché vuoi tenerla ancora sotto controllo, se hai anche appurato che puoi crederle su tutta la linea? Potremmo anche rimandarla a casa sua… Ti fidi di lei, ormai…» continuò l’anziano signore.
«Perché, come sai, non avremo molto tempo, fra breve. Io non mi potrò allontanare da qui. E lei dovrà essere a disposizione in qualunque momento io abbia necessità di parlarle. Qualunque spostamento sarebbe logisticamente inutile e scomodo. Deve stare qui. Sa tutto. E devo sfruttarla quando e come voglio nei ritagli di tempo. Quei disegni sono solo la punta dell’iceberg. Ho appena iniziato con l’incognita numero due, il caso Kira. A proposito, non c’è bisogno che tu l’accompagni ogni mattina. Le farai prendere un taxi. Preoccupati di fargliene trovare sempre uno. Tu ora servi a me e non c’è più motivo che tu perda tempo dietro a lei e soprattutto nessuno, alla Todai, la dovrà collegare a me, d’ora in poi.»
Elle iniziò a sbocconcellare la torta, staccandone brandelli con le dita sottili. Poi iniziò a smanettare col suo pc.
«… Eccolo qui… Dirottamento di un autobus diretto a Shinjuku…» disse a voce alta, rimuginando.
Si leccò la punta dell’indice e sollevò lo sguardo su Watari «Interroga il conducente e mostragli le foto di Raye Pember e di Light… Recupera poi le registrazioni del primo di Gennaio delle telecamere dell’ingresso della questura, ci troveremo sicuramente Light Yagami insieme a Naomi Misora…» e riprese a digitare la sua tastiera…
«In questo modo potrai confermare le parole di Emma… Ma nessuna di queste sarà una prova della colpevolezza di Light Yagami…» commentò Watari.
«Esatto. Emma conosce gli eventi passati alla perfezione… questo mi interessava appurare. Non posso “provare” ciò che lei dice accadrà in futuro, posso solo verificare ciò che è già accaduto. E queste nuove informazioni saranno solo ulteriori prove indiziarie a carico di Light. Come quelle che abbiamo raccolto finora. Per accusarlo veramente potremo solo coglierlo sul fatto… Ma saranno prove che fingeremo di non conoscere, che non useremo finché non arriverà il momento, saranno prove di cui saremo a conoscenza solo noi due…» proseguì Elle, portandosi il pollice sul labbro e sollevando lo sguardo verso l’alto.
«Noi tre…» concluse Watari, osservando l’angolino in alto del monitor di Elle, dove c’era la figurina di Emma distesa sul divano… «Come credi che lei possa sapere quello che sa?»
«Io ora ho bisogno di tempo per ragionare su altre cose, devo definire alcune intuizioni. Ed il “come” lei sappia quello che sa è la mia incognita numero tre, Watari. Lei non me lo dirà adesso. E ora non mi interessa assolutamente scoprirlo. Quello che mi preme sapere ora è come battere Kira.» riabbassò lo sguardo e lo puntò sul monitor, con gli occhi sgranati «Perché Kira deve sparire dalla faccia della terra!»
Chiunque sarebbe rimasto gelato da quella determinazione, ma non Watari…
 
Il 5 Aprile l’aula magna dell’università era tutta un fermento.
Quelli che erano già arrivati chiacchieravano, seduti, in attesa di conoscere il volto del primo classificato ai test.
Altri entravano e cercavano posti dove sedersi.
Alcune matricole arrivavano sole, timorose, si guardavano intorno intimidite. Qualcuno di loro invece, tranquillamente, iniziava a parlare con i vicini e attaccava bottone liberamente, a partire da qualunque argomento gli si presentasse davanti. Altri camminavano alla ricerca di una sedia in compagnia di amici e compagni di studi. Altri ancora, spavaldi e dall’alto del loro non essere più matricole, si guardavano intorno per scoprire le facce nuove.
La grande aula era tutta un vociare e un andirivieni di ragazzi e ragazze.
Ed Emma, naturalmente, era lì.
Appoggiata al muro di fondo, dalla parte opposta al palco, al fianco delle grandi porte.
Non si sarebbe persa quel momento per nulla al mondo…
 
 
 
Io credo che questo capitolo sia diverso dagli altri. Meno introspettivo, meno “romantico” del precedente… Credo che fosse inevitabile che nel momento in cui si fosse arrivati al dunque, il dialogo e le indagini avrebbero fatto da padrone… O perlomeno era necessario che lo fossero ora, in base alle mie solite limitate capacità, probabilmente… Non so se vi piaccia, se lo abbiate trovato noioso… Se vi siano mancate le parti narrative (che comunque ritorneranno). Spero che il fatto di aver ripetuto alcune cose della trama di DN non vi abbia annoiato… Ma era inevitabile. Il caso Kira non sarebbe potuto tornare in scena altrimenti… Spero anche che alcune cose siano ora più chiare e spero di essere stata in grado di farmi capire (dilemma!), mentre altre incognite si insinuano ed il nostro Cantastorie non ce le risparmia mai ^^,
I pensieri di Elle… Aaaargh! Un altro dei miei azzardi… Potete insultarmi quanto volete! Avevo fatto un esperimento a Natale provando a buttare giù qualcuno dei suoi pensieri, proprio in previsione di questo chappy o di qualche altra escursione nella sua testa. Il risultato di quell’esperimento era stata una one-shot, impostata più o meno dal punto di vista di Elle (più o meno), ambientata il 25 Dicembre al Teito Hotel (e solo lunedì scorso mi sono decisa a pubblicarla, dopo quasi due mesi… anche la nostra Emma fa lì la sua velata comparsa, senza che Elle sappia ancora chi lei sia… se vorrete leggerla, mi farà piacere… --> click). Ho tanta paura di aver esagerato però!!! Ma dai? Veramente? Ryuzaki eru che ha paura di aver scritto una cosa orrenda? Ma quando mai!!! Lei è sempre così sicura di sé ;D
Vi lascio adesso, perchè sto veramente crollando!
E spero veramente tanto di riuscire a pubblicare al più presto, perché non vedo l’ora di scrivere il seguito (e invece voi magari mi abbandonerete dopo questo capitolo così “diverso”)…
Grazie sempre a tutti, nessunissimo escluso!!! Adoro le recensioni, adoro voi che mi preferite, che mi seguite! Mi fate tanta, tanta, tanta compagnia, anche voi che leggete in silenzio (e di una di voi che legge in silenzio adesso so anche il nome, hi hi hi…)
Alla prossima!!
 

Eru

 
 
 

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Capitolo 24
*** 24. Il rischio e la cautela ***


Non dirò nulla, perché non mi scuserete ed avete ragione…
Non pensiate che il capitolo possa essere eccezionale solo perché ho impiegato tanto a pubblicarlo, perché in realtà il tempo per scriverlo è stato poco e spezzettato, in totale meno del solito… Sono due settimane che praticamente non vivo… :(
Vi lascio, mortificata per l’immenso ritardo e per il capitolo, che non mi convince…
Buona lettura!!! ^_^
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

24. Il rischio e la cautela

 
Il 5 Aprile l’aula magna dell’università era tutta un fermento.
Quelli che erano già arrivati chiacchieravano, seduti, in attesa di conoscere il volto del primo classificato ai test. Altri entravano e cercavano posti dove sedersi.
Alcune matricole arrivavano sole, timorose, si guardavano intorno intimidite. Qualcuno di loro invece tranquillamente iniziava a parlare con i vicini e attaccava bottone liberamente, a partire da qualunque argomento gli si presentasse davanti. Alcuni camminavano alla ricerca di una sedia in compagnia di amici e compagni di studi. Altri, spavaldi e dall’alto del loro non essere più matricole, si guardavano intorno per scoprire le facce nuove.
La grande aula era tutta un vociare e un andirivieni di ragazzi e ragazze.
Ed Emma, naturalmente, era lì.
Appoggiata al muro di fondo, dalla parte opposta al palco, al fianco delle grandi porte.
Non si sarebbe persa quel momento per nulla al mondo…

Sola.
Emma doveva essere sola lì, perché temeva che i suoi amici potessero in qualche modo salutare Elle, mentre lui doveva risultare assolutamente uno sconosciuto per tutti, soprattutto per Light…
Sola.
E si guardava intorno, emozionata di ritrovarsi ad osservare qualcosa che aveva già osservato… Erano passati tre mesi dall’ultima volta che aveva ascoltato e visto qualcosa di noto, qualcosa che apparteneva a Death Note, così come lei lo conosceva. Ed ora quella realtà era di nuovo davanti a lei, netta, limpida e “a colori”…
Lentamente si scostò dalla parete e si avviò per uno dei corridoi che dividevano le file ordinate di  sedie, puntando dei posti ancora liberi nella platea, più avanti verso il palco, con le mani nelle tasche di una giacca di velluto a costine sottili appena un po’ logore sui gomiti e le inseparabili scarpe da ginnastica, che sul retro calpestavano impercettibilmente le pieghe morbide dei soliti jeans scoloriti.
Mentre concentrata e con l’adrenalina in corpo avanzava, si sentì sfiorare una spalla…
«Emma. Non mi hai detto che saresti venuta oggi…» le disse Misao con una faccetta allegra e maliziosa «…Sai che sono curiosa come una scimmia! Dicono che quest’anno saranno in due a tenere il discorso di apertura… Li voglio proprio vedere questi due geni che si sono distinti con il massimo dei voti in tutte le materie…» e le strizzò l’occhio.
Emma rimase qualche attimo in silenzio, solo appena turbata, ma poi ricambiò con un sorriso a metà tra il dolce e il divertito e le disse «Tu vuoi vedere l’ “altro”.»
Perché Emma naturalmente era stata ben attenta a raccontare all’amica qualcosina. Si era limitata a quel “qualcosina” che chiunque avrebbe detto, senza che questo potesse in qualche modo compromettere Elle o le sue indagini.
E Misao quindi sapeva che Ryuga aveva passato gli esami di ammissione col massimo dei voti e che quindi avrebbe tenuto il discorso di apertura. Qualunque “fidanzata” che si rispetti racconterebbe queste cose alla propria amica. E allo stesso modo qualunque “persona riservata” che si rispetti terrebbe per sé gli aspetti intimi del proprio rapporto di coppia. Ed Emma per Misao faceva parte di queste due ultime categorie di persone. Emma per Misao era semplicemente una “fidanzata molto riservata”.
E questa versione andava bene a tutti. Perché dal momento in cui le cose erano andate a buon fine, dal momento in cui Ryuga ed Emma “stavano insieme”, dal momento in cui avevano rotto il ghiaccio, sempre dal punto di vista di Misao e Kei, tutto il resto erano affari loro… Chissà perché la curiosità da parte degli altri svanisce nel momento esatto in cui due persone iniziano il loro percorso di vita insieme… È interessante solo il “prima”. La vita di coppia non interessa a nessuno, se le cose procedono in modo fluido e normalmente…
“In modo fluido” e “normalmente”.
Non si può dire che questi siano due modi corretti di connotare il rapporto tra Emma ed Elle…
Né si può dire che il “rapporto” di Emma ed Elle fosse il tipo di “rapporto” che intendeva Misao… Il bello delle parole è anche questo. Si possono intendere in svariati modi, a seconda della propria indole, delle proprie conoscenze, delle proprie idee.
«Sì che voglio vedere l’ “altro”! Non è da tutti ottenere il massimo dei voti e non è da tutti eguagliare Ryuga!» commentò a bassa voce Misao, che ormai apprezzava Elle con cognizione di causa e non più solo in seguito ai racconti ed alle parole di Emma.
E così si intrufolarono insieme tra le serie di sedie, mentre chi era già seduto si spostava o si alzava per farle passare. E raggiunsero dei posti ancora liberi.
Davanti a loro tanti erano ancora in piedi ed era difficile scorgere la prima fila. Così Emma, prima di sedersi, si sollevò appena sulle punte per cercare di scorgere qualcosa. Perché sapeva che Light ed Elle erano lì, davanti a tutti, uno affianco all’altro… Vicini. Vicini senza tuttavia essersi mai parlati… Vicini nei brevi istanti precedenti l’innesco di una miccia potente e inarrestabile.
Istanti unici, a pensarci bene…
Ma non riuscì a distinguere le loro teste… troppa confusione e ragazzi in piedi… Così ci rinunciò, senza indugiare troppo col rischio di dare nell’occhio più del dovuto.
Cauta. Sempre cauta. Forse anche esageratamente cauta. Perché in fondo in quel giorno tutti volevano vedere i “primi della classe” e tutti cercavano di sbirciare i volti dei ragazzi della prima fila, prima che questi apparissero sul palco, palesandosi a tutti.
Poi, dopo che ormai le orecchie si erano abituate al chiacchiericcio, al rumore delle sedie che si spostavano, alle risate, al calpestio dei passi sul pavimento, al “clack” delle porte che si aprivano di continuo, e dopo che anche le gallerie in alto dell’enorme aula magna furono occupate a macchia di leopardo da gruppi di studenti, be’ a quel punto quelli delle file davanti si sedettero all’unisono e il volume delle chiacchiere si abbassò e come un’onda i decibell si azzerarono nell’aria… Chi era ancora in piedi, senza vedere né sentire nulla, istintivamente si sedette e chi era ancora nei corridoi si affrettò a trovare una posizione…
E in quel silenzio ottenuto in così breve tempo Emma potè vedere, sopra le teste di chi aveva davanti, la figura del rettore della Todai che avanzava e saliva sul palco…
E i suoi occhi si spostarono allora immediatamente alla prima fila.
E da dietro, la folta e scompigliata capigliatura corvina di Elle apparve ai suoi occhi, affianco a quella chiara e ordinata di un ragazzo che sedeva diritto, composto…
Kira.
Sufficientemente lontano eppure ora così vicino.
Kira.
Senza pietà, senza umanità.
Kira… e affianco a lui… un Dio della Morte…
Emma spostò subito lo sguardo.
Perché lei non lo poteva vedere naturalmente, ma sapeva che lui era lì! Alle spalle di Light. E a differenza sua, Ryuk la poteva vedere bene invece…
Cauta. Sempre fin troppo cauta…
I pensieri di Emma scorrevano rapidamente mentre il rettore dell’università parlava.
E poi i due “geni”, i due eterni rivali si alzarono ed ebbero gli occhi di tutti puntati addosso ed iniziò un sussurrare sommesso, un avvicinarsi e smuoversi dalle sedie per accostarsi alle orecchie del proprio vicino e commentare.
Light salì le scale del palco, con la sua figura asciutta e spontaneamente dritta e a proprio agio, a testa alta, con le braccia che ondeggiavano appena lungo i fianchi.
E dietro di lui, Elle… Elle che strascicando le scarpe consumate sfruttava svogliatamente le tasche anteriori dei jeans per poggiarvi la punta delle dita sottili e con esse le braccia e le spalle, come se quelle tasche fossero state un supporto per il suo busto affusolato, che si sarebbe volentieri rannicchiato in esse. Elle che era completamente a suo agio, proprio come Light, ma che lo era in una maniera assolutamente diversa nei modi e nell’atteggiamento. Elle che forse lo era ancora di più di Light, perché per esserlo non aveva bisogno di rispettare le circostanze, di adeguarsi alle situazioni, di omologarsi a nessuno…
E per questo, forse anche per questo, Elle era superiore all’intelligentissimo Light.
Perlomeno questo fu quello che Emma pensò per la prima volta in quell’istante.
La naturale e spontanea inclinazione a non far parte del “gregge” in alcun modo e nello stesso tempo la totale indifferenza verso ciò che il suddetto gregge possa credere, pensare e immaginare, senza però ignorarlo e senza timidezza nei suoi confronti…
Perché questo era ciò che in fondo l’aveva sempre attratta di lui e l’aveva sempre allontanata dal bellissimo Light, perché questo era ciò che ai suoi occhi rendeva Elle superiore a tutti gli altri…
«Ma… Le scarpe non le ha perfettamente infilate… Guarda… Le indossa come fossero ciabatte… Oppure mi sbaglio? I jeans sono così lunghi e larghi che da qui non si capisce bene…» bofonchiò qualcuno davanti a Misao.
Light ed Elle erano ora entrambi sul podio.
«Non ne ho idea, non si vede bene… però… Accidenti! Il biondino è proprio da urlo!» rispose la voce nasale e acuta di una ragazza al commento precedente sulle scarpe del grande detective.
Queste furono le uniche osservazioni che Emma riuscì a carpire delle molte che invece ricordava di aver letto. Ma quelle “molte” in effetti erano sparse in tutta l’aula, mentre lei, ora, era parte integrante di essa e non poteva più godere dell’onniscienza di un qualunque lettore/spettatore.
Poi… affianco ad Emma, un paio di posti vuoti più in là… «Io preferisco decisamente quello a destra…»
Quello a destra era Ryuzaki!
«Ma tu sei bacata, Ryoko! Chiunque preferirebbe quello a sinistra!» rispose un’altra voce di donna.
Emma istintivamente si voltò. E naturalmente anche Misao lo fece, anche se per semplice curiosità.
Assurdo! Il caso aveva voluto che proprio al suo fianco, vicino a lei, ci fosse la ragazza paffutella col caschetto e gli occhiali che Emma aveva sempre profondamente stimato, nonostante la breve apparizione.
L’unica che aveva apprezzato da subito Elle, come forse neppure lei avrebbe fatto a primo impatto, se lo avesse visto nella realtà…
E allora Misao, ridacchiando, si avvicinò ad Emma e le disse «Be’, pare che tu non sia la sola ad essere stata folgorata da Ryuga! Non mi aspettavo un successo di questo tipo, specialmente considerando l’aspetto dell’altro “genio” che gli è capitato affianco… devo dire che se anche Ryuga fosse stato più bello il biondino lo avrebbe comunque oscurato, a mio parere…»
Questi erano naturalmente i gusti “perfettini” di Misao, che cozzavano abbondantemente con quelli di Emma, che ci pensò un attimo, sforzandosi di fare quei discorsi in “quel” momento, e poi disse, abbassando istantaneamente il tono della voce anche più del dovuto «…D’accordo… il “biondino”…» e le scappò un sorrisetto nel chiamare in quel modo Light, assassino feroce e gelido calcolatore… « …il “biondino” ha dei bei lineamenti… ma… Misao! È poco più che un adolescente!!»
Era dura parlare di quelle cose durante quella “scena”… In realtà erano normali discorsi, fatti in un contesto neppure troppo interessante se lo si considerava senza sapere nulla.
Ma ad Emma sembrò a tratti di snaturare Death Note. Ma solo a tratti, perché in fondo col tempo si era abituata a viverci in quel mondo…
Misao sghignazzò ancora, ammettendo poi che in effetti Ryuga era un uomo, anche se giovane, e che a modo suo aveva uno strano fascino, che anche lei percepiva, ma dal quale non si sentiva attratta…
Sì…Leggiti i primi due volumi del manga e poi ne riparliamo del fascino di Elle…
Pensò Emma, mentre si ricordava dei gridolini da fan che Misao faceva scattare alle battute “storiche” di Elle. Emma che era ormai assuefatta ed abituata all’idea di essere la sola a sapere. Emma che non si rese conto, in quel momento, che pensando queste cose iniziava ad avere un non so che di presuntuoso…
Light nel frattempo aveva iniziato a leggere il suo discorso, mentre le due ragazze affianco ad Emma avevano largamente ampliato i loro padiglioni auricolari per carpire i discorsi delle due che avevano vicino e che sembravano conoscere Ryuga…
Cautela…
Elle se ne stava tranquillamente sul palco, quasi annoiato, guardando la platea davanti a sé.
E i suoi occhi si posarono impassibili su quelli di Emma, che era lontana, ma non così tanto da non accorgersi della traiettoria di quelle iridi scure...
La fissò.
Ed ecco la prima differenza…
La prima impercettibile differenza con le pagine in bianco e nero del manga.
La prima impercettibile differenza in quella trama.
Perché, a parte la vicenda di Naomi Misora, quel momento era il primo in cui Emma poteva interagire di nuovo con la trama originale di Death Note. Quello era un dettaglio che lì era stato descritto abbondantemente, un momento in cui soprattutto c’era Elle.
E quello sguardo serio, prolungato, diretto verso una qualunque delle ragazze della platea, quello sguardo cui nessuno avrebbe fatto caso… quello sguardo era la differenza…
Perché in Death Note quello sguardo non c’era…
E ora, invece, c’era stato… indubbiamente c’era stato.
Perché Emma esisteva, perché Emma ora e lì esisteva. E la sua presenza in quel mondo si era insinuata ed imposta in modo preponderante.
 
Eh già. Emma ora fa parte integrante di Death Note.  O perlomeno di “questo” Death Note. Ci avevate mai pensato approfonditamente? Questa considerazione sembra sciocca, evidente e banale all’apparenza, ma non lo è. Non lo è affatto.
Non credo di voler aggiungere altro. Non credo di voler indugiare sulle parole di Elle. Perché magari voi sareste curiosi di sapere cosa disse in quel discorso di apertura, mentre teneva il foglio sospeso davanti al volto come fosse stato un oggetto infetto. Ma vi posso assicurare che quello è stato tutto tranne che interessante. Tante formalità tipiche, tante considerazioni da studente, preimpostate, oserei dire “prestampate”, senza verve, né particolarità degne di nota. Perché così doveva essere. Perché non era certo il discorso il fulcro di quella giornata…

 
E quando gli applausi da etichetta si smorzarono, i due studenti modello si avviarono verso le scale per scendere dal podio.
E allora ad Emma iniziò di nuovo a salire quell’adrenalina che altre volte l’aveva colta…
Raddrizzò la schiena e le spalle, le scostò dallo schienale della sedia e sollevò il mento. Senza farsi notare fece scivolare lentamente lungo i fianchi le braccia che prima aveva tenuto incrociate e si aggrappò con le dita ai lati della sedia e ne strinse il metallo delle zampe anteriori, tenendo gli occhi fissi su Elle…
E lui, lentamente, scendendo le scale, ridusse la distanza che lo allontanava dalle spalle di Light, che lo precedeva…
I suoi occhi impassibili brillarono appena ed Emma lesse nella sua espressione seria, tranquilla e impenetrabile tutta la decisione, la durezza e la forza del giovane detective del secolo.
Elle sfrontatamente protese il collo e sussurrò parole silenziose a Kira. La sua voce, ora, fu nota a Kira.
Light senza voltarsi continuò a scendere i gradini, ma dilatò solo appena gli occhi, fissi davanti a sé, ed il suo sguardo assunse quell’espressione di dubbio e vaga sorpresa che si adotta quando accade qualcosa di poco consueto, di poco adatto a canoni convenzionali, qualcosa che si mischiò poi ad un impercettibile sospetto lontano, ma onnipresente…
Elle tranquillamente continuava a parlargli e lo sguardo di Kira lentamente si assottigliò, scartandosi di lato, per cogliere con la coda dell’occhio la figura del ragazzo strano che aveva alle spalle… Il sospetto… Ora c’era solo quello… La mente di Light aveva iniziato a ragionare…
E poi Elle disse qualcos’altro.
E gli occhi di Light si spalancarono, divennero improvvisamente enormi e vuoti, fissi per un brevissimo istante. L’istante “senza pensieri”.
Emma quasi stritolò la sedia.
Era fatta.
La miccia era innescata.
“Io sono Elle!”
 
E tra un vociare rinnovato e confusionario, più rumoroso e quasi liberatorio, leggermente diverso e più vivo rispetto al borbottio che aveva preceduto l’inizio della cerimonia, il palco venne abbandonato da tutti i suoi rappresentanti che, prima di lasciarlo, si inchinavano davanti ad un rettore composto e sorridente. La celebrazione dell’inizio dell’anno accademico 2007/2008 dell’Università degli Studi di Tokyo era terminata.
E tutti i ragazzi iniziarono ad alzarsi per andarsene ed Emma non poté più scorgere né Elle né Light. Così si alzò e rapidamente cercò di intrufolarsi e superare la folla di persone che si stava incanalando rumorosamente verso le diverse uscite che ora lasciavano alla luce del sole la libertà di invadere in parte l’interno dell’aula perché il fiume di ragazzi che le oltrepassava manteneva i battenti costantemente spalancati.
«Ci vediamo in laboratorio tra poco!» disse Emma rapidamente a Misao, che annuì sorridendo.
Emma, Misao e Kei trascorrevano gran parte delle loro giornate insieme, collaborando, ridendo, studiando. Il 70% della vita “attiva” di questi tre ragazzi, parlando in termini di percentuali che tanto piacciono ad Elle e intendendo escludere con “vita attiva” le ore di sonno, era trascorso in quasi totale simbiosi.
Il restante 30% era sacrosanto che ognuno lo dedicasse anche ad altro. E per Misao, naturalmente, era più che ovvio e quasi d’obbligo che la sua Emma, riservata, ma combattiva, bella e tuttavia quasi mascolina nel modo di porsi, si dedicasse a Ryuga.
Ed Emma si affrettò così verso le uscite liberamente, non tanto perché intendesse vedere o incontrare Elle, che anzi alla Todai era certa di dover evitare, quanto perché voleva continuare a vedere Death Note… Ma certamente farlo così era immensamente più difficile che stando placidamente rilassata su una poltrona a leggere…
Varcando le porte si voltò indietro e scorse da lontano che Light era in piedi, ma ancora impegnato a parlare con i ragazzi che lo avevano garbatamente avvicinato e gli si rivolgevano con una certa deferenza.
Emma era riuscita ad uscire prima di lui, proprio come desiderava.
Non appena fu fuori, sfilò una sigaretta dal pacchetto, la accese guardandosi intorno, cercando di individuare la testa scura di Elle e conseguentemente un luogo dove appostarsi senza dare nell’occhio.
 
E ora vi chiedo: voi avreste fatto diversamente? Voi avreste lasciato perdere abbandonando la possibilità di rimirarvi la scena di Elle e Light che parlano dal vivo, a pochi passi da voi, anche se per breve tempo? E soprattutto avreste scientemente perso quest’opportunità ben sapendo che la “visione” della maggior parte delle restanti scene di Death Note vi sarebbe stata proibita semplicemente perché esse sarebbero avvenute in una suite d’albergo a voi inaccessibile?
Io sono certo che voi sareste stati in prima linea e vi esorto ancora una volta a non nascondervi dietro quel dito micragnoso che continuate a mettere davanti.

 
Sotto il tiepido sole di quella giornata primaverile, mentre i fiori di ciliegio volavano nell’aria trasportati da una leggera brezza, Emma cercava di scovare Elle.
Le vibrò il cellulare.
Un sms.
Un sms da mittente anonimo.
- Vai via da qui. Subito. -
… Ma cosa…?
Rimase qualche breve istante a fissare il display, perplessa e pensierosa, in piedi e immobile, col telefono tra le dita, mentre la fiumana di ragazzi che aveva alle spalle la schivò aggirandola.
E prima che potesse realizzare perfettamente, si sentì tirare in modo quasi impercettibile il bordo della giacca, per un attimo… per un attimo soltanto…
Ed Elle la superò, passandole affianco svogliatamente, ma fulminandola con lo sguardo di sottecchi, senza voltarsi…
E a lei non rimase poi che osservare da dietro le sue spalle curve, come tutti gli altri studenti, che curiosi volevano sbirciare da vicino la strano fuoriclasse  appena entrato alla Todai.
Così, facendo un tiro alla sua sigaretta, Emma spostò lo sguardo altrove, prese un’altra direzione e obbedì…
Fu così che iniziò l’avventura di Elle alla Todai e fu così che Emma ne fu spettatrice, ancora una volta…
 
La sera Emma, a causa del traffico, rientrò in albergo quasi alle undici dopo gli allenamenti in palestra, certa che non avrebbe visto Elle per un bel po’…
Scese dal taxi, che era sempre pagato in anticipo e la aspettava all’uscita della palestra e ovunque lei si trovasse, si caricò il borsone sulla spalla e davanti alle porte a vetri dell’ingresso vide Matsuda che si affrettava in modo impacciato ad entrare.
Era la prima volta che vedeva qualcuno degli agenti in albergo!
La miccia era innescata per davvero…
Tranquillamente raggiunse l’ascensore, con le mani in tasca ed i capelli ancora umidi, come sempre. E continuò a fissare Matsuda che si affannava nella hall e con mille inchini faceva entrare nell’altro ascensore prima le donne, da goffo gentiluomo.
E quando le porte automatiche d’acciaio brillante e lucido le si serrarono davanti agli occhi, Emma potè scorgere in esse il riflesso deformato del proprio volto su cui era stampato un sorrisetto appena accennato e vagamente divertito.
Quando entrò in stanza, esausta, lasciò la borsa a terra, in mezzo al corridoio.
E poi alzò lo sguardo…
Ora, per la prima volta dopo più di un mese e mezzo che seguiva Elle ovunque, si sentì sola in quella grande stanza…
Perché lui adesso sicuramente non la stava osservando…
Perché le sue attenzioni ed i suoi pensieri erano rivolti ad altri…
Ed era giusto così.
Lui era Elle.
Non c’era bisogno di aggiungere altro.
E lei era Emma.
Ed ora Emma era sola.
Sì. Era giusto così.
E la sua testa scacciò quei pensieri “inutili” per tornare a rimuginare su altro.
Sudare, muoversi e scaricarsi sul sacco non le avevano sufficientemente tolto dalla testa le elucubrazioni che covavano dalla mattina…
E mentre si sfilava le scarpe da ginnastica per indossare quelle “da casa”, rifletteva…
Poi acciuffò dal minifrigo qualche pomodoro ed una scatoletta di tonno.
Quella suite aveva anche una sorta di bar/angolo cottura… Forse era stato Watari a chiedere per lei una stanza di quel genere, perché nelle loro conversazioni in macchina l’anziano inventore doveva aver intuito che ad Emma mancasse la libertà di una casa vera, con tutte le incombenze che essa comportava, sebbene Emma non si fosse minimamente lamentata, semplicemente perché non era nella sua natura farlo.
Inondò i pomodori appena affettati con parecchio olio, accese il pc per ascoltare un po’ di musica e si avventò sui panini che aveva comprato dal fornaio poco lontano dalla Todai. Il tutto continuando sempre a riflettere, turbata…
Quanto peso potrà avere quello che ha detto Misao? Accidenti! Se qualcuno l’ha sentita c’è la minima possibilità che si sparga la voce che io conosco Elle, cioè Ryuga, da prima della cerimonia… Non va bene per niente… Va be’, ma alla fine non c’è nulla di male! Potremmo pure averlo incontrato per caso, il giorno del test, e ne potremmo avere una conoscenza assolutamente superficiale… Sì, però…
Poco dopo l’una di notte, Emma era ancora sdraiata sul divano, raggomitolata nella sua felpa gigante, con la tv satellitare accesa e sintonizzata sul canale AnimeForAllDay, semiaddormentata ed infreddolita, ma assolutamente non intenzionata ad alzarsi per infilarsi nel letto. Capita spesso di avere freddo, di stare scomodi, ma di non riuscire a cambiare il proprio stato per la troppa stanchezza, il troppo sonno, la troppa pigrizia.
E poi bussarono alla porta.
Inaspettatamente bussarono alla porta.
Poteva essere solo lui.
Quando Emma aprì, ancora scombussolata, Elle senza dire nulla varcò la soglia, serissimo.
Mantenendo le mani in tasca scavalcò il borsone della palestra che era in mezzo al corridoio, senza minimamente sconvolgersi di doverlo fare.
E senza voltarsi le disse «Non farlo mai più. Non voglio assolutamente più vederti nei miei paraggi quando sarò alla Todai. Credevo fosse evidente che si trattasse di una cosa da evitare, ma chiaramente lo era solo per me.»
Pungente e senza mezze misure…
Emma sentì il gelo attanagliarle tutto il corpo.
E si svegliò in un istante, sgranando gli occhi e trattenendo il respiro.
Tutta la sua cautela. Tutte le sue attenzioni… Eppure aveva sbagliato comunque… E lo sapeva… lo sapeva da prima che lui glielo dicesse… Non era stata così sciocca come lui la dipingeva… Era tutto il pomeriggio che non pensava ad altro!
No. Non si trattava solo del fatto di aver sbagliato… Non era solo quello che l’aveva raggelata… Era stato il tono di Elle. Era la prima volta che sentiva così graffianti sulla sua pelle la presunzione e la superiorità di Elle...
«Non avrei mai fatto nulla che dimostrasse che ti conosco. Anche questo credevo fosse evidente…» gli rispose Emma diretta, ma senza apparire in alcun modo offesa, piccata o stupidamente infastidita.
Elle si voltò «E infatti lo è, evidente. Di questo sono certo, Emma. So che hai capito benissimo a cosa mi riferisco. Sei fin troppo cauta per non esserci arrivata da sola a comprendere il tuo errore. E non rispondermi trainata dalle paure, dalle insicurezze o dalle emozioni che ti stanno annebbiando. Sai alla perfezione che non ho mai mezze parole per nessuno. Ed io ora non ho molto tempo da perdere.»
Glielo disse impassibile, ma in fondo, scaraventandole addosso in modo diretto quello che effettivamente stava accadendo dentro di lei e quindi spiazzandola ancora una volta col suo incredibile intuito, la rassicurò. La rassicurò perché comunque, nonostante i modi, le aveva fatto capire limpidamente che sapeva bene quanto lei fosse cauta ed in fondo perspicace ed in conclusione quanto lei fosse semplicemente Emma.
E poi Ryuzaki continuò «Il problema non sei tu. Il problema sono Misao e Kei, che naturalmente e normalmente saranno portati ad essere tranquilli. Non avranno problemi nel salutarmi e nel dimostrare che mi conoscono. E se ci sari tu nei paraggi, loro…»
Emma lo bloccò prima che lui potesse finire «Lo so. È tutto il giorno che non penso ad altro… Ho anche considerato di parlare loro e di dirgli di non andare in giro a raccontare che ci conosciamo, con la scusa che sei un tipo riservato… Però, a parte questo, loro potrebbero averti conosciuto come chiunque altro. Avresti dovuto evitarli fin dall’inizio allora, non saresti dovuto venire al The old docks, né alla festa di Misao…Intendo dire che anche nel peggiore dei casi, Light, più di tanto…»
Fu Elle ora ad interromperla «… Light, più di tanto, non potrà cavarne un ragno dal buco, perché potrebbe essere normale anche per me scambiare poche parole con qualcuno che non sia minimamente coinvolto con i fatti, come lo sono Misao e Kei. Questo è evidente. Ma loro sono tuoi amici e tu sei qui, ora. Ormai sei parte di questa vicenda. Ormai sei strettamente connessa al caso Kira e ad Elle.» e la guardò.
Già… Ora Emma era a tutti gli effetti dentro Death Note
Erano gli stessi pensieri che aveva fatto Emma. Solo che lei li aveva fatti troppo tardi. O meglio. Li aveva fatti credendo di poter gestire meglio gli eventi… Credendo che Misao non sarebbe andata alla cerimonia di premiazione… E soprattutto trascinata dalla curiosità e dalle emozioni.
Ed ecco la forza di Elle.
Lui non si sarebbe mai lasciato guidare dalle emozioni.
«Nessuno. Assolutamente nessuno deve neanche lontanamente immaginare che io e te abbiamo mai avuto alcun tipo di conoscenza. Light Yagami non deve sospettare minimamente nulla del genere. Tu per lui non devi esistere. O la mia incolumità ed il mio potere di agire saranno a rischio più di quanto non lo siano già. Io non devo essere ricattabile in alcun modo. Devo poterlo sfidare senza punti deboli. E se tu per lui esistessi in qualche modo io rischierei di perdere il vantaggio che ho acquisito ora con la tua presenza.»
Un apparente egoismo ed un egocentrismo senza fondo. Senza mai palesemente dirle che stava rischiando la sua vita, aveva rigirato tutto il discorso solo ed esclusivamente dal suo punto di vista. Solo ed esclusivamente dal punto di vista dei rischi che lui avrebbe corso e dell’aiuto che Emma doveva continuare a dargli. Ergo, lei non doveva rischiare.
Ma Emma non si sconvolse. Era lì per quello. Per aiutarlo. Punto.
«… Ed il mio nome non è così ben celato come il tuo… Io sono una persona normale…» ed ebbe un brivido al solo pensiero del rischio che poteva correre… poteva finire sulle pagine del death note…
Poi ripensò alle parole di Misao e alle due ragazze che aveva avuto affianco durante la cerimonia… E abbassò lo sguardo, scartandolo di lato.
Elle dilatò ancora di più le pupille scure «È già successo? Emma, è già successo? Qualcuno lo sa già.» la incalzò serio e calmo.
 
Il giorno successivo Light entrava alla Todai, mentre molti intorno a lui bofonchiavano e commentavano la sua persona, con invidia nella maggior parte dei casi. Ma lui proseguiva a camminare tranquillo, senza considerarli, abituato a quel genere di manifestazioni, con la mente altrove.
Raggiunse annoiato, ritto e composto il distributore di bevande e si mise in fila ad attendere il suo turno.
Due ragazze farfugliavano fastidiosamente e stupidamente, qualche persona davanti a lui.
«Sì. Infatti bisogna capire bene se è vero. Guarda, eccola, sta entrando ora… Comunque l’avevo già vista prima di ieri…»
In generale i discorsi delle persone erano di una banalità e di una noia incredibile… Quelli delle ragazze rasentavano il ridicolo. Sarebbe stato meglio accudire un branco di oche giulive…
«Ma perché, chi è quella?» si intromise un altro idiota.
«Pare che conosca Ryuga Hideki… la cosa mi interessa.» rispose la ragazza paffutella col caschetto e gli occhiali.
Light si voltò e assottigliò lo sguardo.
Emma raggiunse di corsa le scale, con dei bicchieri di caffè take-away in mano, con la sua giacca di velluto, la tracolla lunga e strascicata ed i capelli raccolti alla buona…
Lui la seguì attentamente finchè lei non sparì oltre i primi gradini…
E poi un lievissimo sorriso gli affiorò sulle labbra, mentre gli occhi non ridevano, ma diventavano ancora più brillanti e affilati…
 
 
 
È l’una di notte, io sono stanchissima e anche domani dovrò lavorare (sì, anche domani, domenica!)… C’è un po’ di pace a questo mondo per me? °_°
La farò breve: questo capitolo non mi piace. Non credo di poterlo dire con parole più chiare di queste. Troppo descrittivo. Se la stanchezza e lo stress abbiano influito non lo so dire... Se fosse così migliorerò col prossimo, spero...altrimenti potete insultarmi! ;D
Scusatemi la parte iniziale, sarà stata una noia mortale per voi papparvi la descrizione della cerimonia di apertura… ma dato che Emma era lì, mi è venuto spontaneo immergermi in quell’aula ed ho esagerato!
Non so cosa dire…
Posso solo comunicarvi con immensa gioia che da martedì le mie pene ed il mio periodo di fuoco finiranno ed io potrò tornare ai normali ritmi di pubblicazione! ^_^
Quindi, se ancora mi vorrete seguire, sappiate che ritornerò agli aggiornamenti settimanali ;D
Aggiungo una cosa importante, intuita qua e là da alcune recensioni: non ho alcuna intenzione di interrompere questa ff, le sono troppo affezionata! Non lo farò mai, quindi non fatevi mai venire il dubbio, anche se farò ritardo (e spero non accadrà più, perché altrimenti significherà che la mia vita sarà andata a rotoli, che io sarò uno straccio e mi ritroverò con delle occhiaie che Elle sembrerà fresco e riposato al confronto!).
Domani sera risponderò con calma alle recensioni, perché non vedo l’ora di dedicarmici per bene! Sapete che le adoro! Ma ho pensato che nei momenti liberi che avevo fosse meglio dedicarmi alla stesura del capitolo…
Grazie infinite a tutti! A chi mi recensisce sempre, a chi lo ha fatto per la prima volta (ho le lacrime) e, perché no, a chi lo farà! (se se…)
Grazie di leggermi, di continuare a preferirmi!
E scusatemi per questo capitolo!!!
Alla prossima settimana!
 

Eru

 

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Capitolo 25
*** 25. La suite di controllo ***


Eccomi!! ^_^
Le elucubrazioni pre-capitolo mi hanno uccisa e ci ho messo tempo per questo, non per altri motivi. Forse leggendolo non vi sembrerà, ma sappiate che incastrare gli eventi, definirne precisamente una successione realistica e decente, decidere cosa mettere in questo capitolo e cosa no, cosa accennare e cosa no, be’ tuttò ciò mi ha devastata!
Ma non aspettatevi chissà che! È la scelta a monte che è stata laboriosa, non il capitolo in sè… °_°
Grazie di essere qui e buona lettura!


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

25. La suite di controllo

 
Light entrò nella sua stanza silenziosa, ancora appena illuminata da un tardo sole pomeridiano. Chiuse a chiave la porta, si tolse la giacca, ruotò la sedia girevole di lato e vi si sedette. Accavallò serio le gambe, poggiò il gomito sulla scrivania alla sua sinistra e portò la mano a massaggiarsi appena i capelli, sopra la fronte, con lo sguardo fisso davanti a sé, pensieroso in quella posa disinvolta e fiera, di chi sa bene cosa vuole.
«Qualcosa di nuovo e di interessante Light?» chiese Ryuk dall’alto, sospeso a mezz’aria, con le braccia pesantemente appese al busto e solo appena ondeggianti, dopo che aveva osservato il “suo umano spassoso” in silenzio e per un po’.
Light non spostò lo sguardo, ma si abbassò a cercare qualcosa nella tracolla che aveva lasciato al lato della scrivania.
Poi, quando la ebbe trovata, disse «Tieni. Prima questa.» e gli lanciò una bella mela, grande, rossa e lucida.
Ryuk l’afferrò al volo e godurioso iniziò a rosicchiarsela.
Light ruotò ancora di più la sedia, dando ora le spalle alla scrivania, spinse i gomiti indietro e ce li poggiò sopra, assumendo una posizione ancora più spavalda, e sollevò il mento verso lo Shinigami che rumorosamente ed ingordamente faceva sparire la sua mela tra le ganasce inquietanti di quel sorriso largo, buffo e disumano che si ritrovava sempre stampato su quella faccia demoniaca da “joker”.
«Potrebbe essere molto interessante quello che hanno detto quelle oche stamattina, davanti al distributore di bevande, all’università…» rispose Light con voce affilata e calma e gli occhi gli si aguzzarono un po’, facendo apparire sul suo volto un’impercettibile espressione inquietante, forse ancora più inquietante di quella dello Shinigami, forse e stranamente ancora più disumana.
«Ah…» commentò Ryuk, che aveva smesso di masticare la sua mela. «È interessante che quella ragazza conosca il presunto Elle?»
«Potrebbe essere interessante in effetti… ma potrebbe anche essere un semplice caso… potrebbe conoscerlo appena. Se Ryuga è veramente Elle, dubito che si circonderebbe di persone rintracciabili in qualche modo… Sarebbe sciocco da parte sua. E questo mi porta a credere che lei sia una conoscenza assolutamente superficiale. Sempre che lo sia veramente, una sua conoscenza. Bisogna infatti considerare che la notizia viene dalle parole di una cretina, che potrebbe non aver capito assolutamente nulla. Quindi è perfettamente verosimile che questa “voce”, come tutte le “chiacchiere”, sia tutto tranne che vicina alla verità. Però… C’è un detto in Occidente: voce di popolo è voce di Dio. Chissà…»
«Light… Me ne hai presa una soltanto?» chiese lo Shinigami, momentaneamente distratto da tutt’altro.
Light gli lanciò un’altra mela.
E il Dio della morte, mentre la attaccava con i denti aguzzi, commentò impassibile e con tono che allo stesso tempo appariva incuriosito e distaccato «Potresti avvicinare la ragazza allora. Magari è un modo per sapere qualcosa di interessante su Elle…»
«Già… Lei potrebbe essere un punto debole, magari… Ma questo lo potrò scoprire solo in seguito in effetti, ora non ha senso ragionarci… Ma se l’avvicinassi ed Elle veramente la conoscesse più approfonditamente ed intimamente, lui saprà che l’ho avvicinata. La cosa desterebbe altri sospetti su di me… Quindi sarei uno sciocco ad avvicinarla. Però… Proprio per questo, forse, potrei farlo… proprio perché Kira, per cautela, non lo farebbe…» e si portò la mano sulla bocca, continuando a pensare, mentre Ryuk gli stava sospeso affianco e, tenendo il braccio in alto, si lasciava cadere in gola anche il torsolo della mela e già pregustava di ingurgitarsene un’altra, nonché di assistere all’ulteriore evolversi di quella vicenda intricata.
 
Siete stupiti?
Vi aspettavate che sarei andato a sbirciare in casa Yagami? Be’, che io ci sarei andato non c’erano dubbi. Semmai l’interrogativo poteva essere se avrei deciso di raccontarlo a voi.
Mi andava così, tanto per cambiare un po’ aria, per variare un po’. I cambiamenti fanno bene, non ve l’ha mai detto nessuno?
Ah, un’altra cosa. Credete che il caso sia stato esageratamente generoso con Light, nel fargli incontrare Emma e nel fargli sentire quella conversazione davanti al distributore di bevande?
Se non sbaglio, Light è stato baciato svariate volte dalla sorte, nel corso di tutta la vicenda che voi conoscete bene… È il caso di dire che abbia una fortuna spudorata, sfacciata, inquietante e continua. E non ho bisogno di aggiungere altro, credo.
Ecco ancora un’ultima cosa che forse non vi aspettavate o sulla quale forse non avevate posto l’accento… Io posso vedere Ryuk. Non è scontato. Per me sì, è scontato, ma per voi, forse, non dovrebbe esserlo. E non iniziate a farvi mille film mentali. Io non ho un quaderno della morte, non ho toccato quello di Light e non sono uno Shinigami a mia volta. Quest’ultima cosa ve l’ho già detta, ma meglio ripetere, non si sa mai. Io posso vederlo, Ryuk, così come potete voi se qualcuno vi guida, perché in questa vicenda sono uno spettatore come voi, ma meno silenzioso, molto meno silenzioso. Vi ho già detto anche questo. Ed il fatto che io lo sia è un’anomalia, nel mio caso. In genere non sono uno spettatore. In genere, quelli come me sono molto più che spettatori.
Aggiungete, aggiungete pure indizi alle vostre menti avide di informazioni. Ma tanto dubito che qualcuno di voi arriverà a capire “chi” sono io, finché non ve lo dirò. E poi, quando ve lo svelerò, non fatemi le facce deluse. Sappiate che, come negli indovinelli, la risposta esatta è anche la più semplice e banale, quella deludente che avete avuto sotto gli occhi fin dal primo istante, ma alla quale non avreste magari mai pensato, persi nelle vostre elucubrazioni di trovare una risposta intelligente e complessa.

 
Il giorno successivo Emma era in laboratorio, con la testa bassa, divisa tra la tastiera del suo pc ed i fogli dell’inventario dei materiali di otto anni di scavo da informatizzare, ai quali avrebbero dovuto aggiungere in seguito quelli delle due ultime campagne, che non erano stati inventariati e che erano ancora pieni di terra, nei magazzini della Soprintendenza, in Italia.
La finestra aperta lasciava entrare la luce del sole mattutino di una primavera già calda.
In quel ticchettio convulso di tasti, che era l’unico rumore nel silenzio della stanza, la porta si spalancò e Misao, che era scesa poco prima in sala professori per chiedere delle cose al prof. Usui, esclamò «Emma! Ryuga sta giocando a tennis col biondino! Si stanno sfidando, neanche fossimo a Wimbledon! In facoltà non si parla d’altro. È quasi ora di pausa, potremmo andare…» e si avvicinò alla finestra «Guarda. Si vede anche da qui! Ma non avete sentito che c’era un po’ di trambusto fuori?»
Kei si mostrò interessato e fece per alzarsi e raggiungere Misao «Forte! Ma… Ryuga sa giocare a tennis…?» chiese perplesso, ma con tatto.
Era arrivato anche quel giorno.
Naturalmente era arrivato anche quel giorno…
Emma rimase un attimo in silenzio, con calma si alzò, si affacciò alla finestra e poi con una faccetta ironica disse «Sì, Ryuga sa giocare a tennis. E soprattutto sa farlo senza frantumarsi l’osso del collo dopo due scambi. Posso capire il tuo stupore, Kei… Quando l’ho scoperto, anche io credo di aver fatto quella faccia e di essermi chiesta come fosse possibile che un “uomo larva” non si spezzasse in due nel fare qualunque tipo di movimento, sapendo che passa le sue giornate appollaiato su una sedia come un primate rachitico.»
Era proprio così. Ed Emma lo aveva pensato, ridacchiando, proprio vedendolo giocare a tennis, in quello stesso giorno, ma nel suo mondo e da un’altra prospettiva…
Kei scoppiò a ridere rumorosamente.
Misao sorrideva scuotendo la testa «Ma…Emma! Come fai a dire queste cose della persona che ti piace?!» le disse con voce divertita, porgendole la domanda senza stupore, ma in modo provocatorio, conoscendo già in parte la risposta e l’ironia dell’amica.
«Faccio come fai tu, quando dici che Kei è un “paramecio”» e assestò un altro colpetto divertito.
Poi divenne più seria, si scostò una lunga e morbida ciocca di capelli che le era finita davanti agli occhi e proseguì «Comunque, non mi va di andare… In realtà volevo anche chiedervi un grosso favore… Sapete che Ryuga è un po’ strano…» e fissò entrambi gli amici, alternativamente. Loro non risposero «… Su… Non fatevi problemi, lo potete dire che è strano! Se non è strano lui, domani cambio lavoro e vado a fare la idol!»
Stava cercando ancora di rendere la conversazione il più tranquilla possibile, evitando misteri, esplicitando la sua riservatezza, ma nello stesso tempo la sua spontaneità nei confronti degli amici.  In fondo era normale che loro, adesso, fossero in qualche modo più cauti nell’esprimere giudizi sul giovane uomo che era diventato ora il “fidanzato” della loro amica. Amica che però, dal canto suo, non aveva mai smesso di prendere in giro Kei, nonostante fosse divenuto il ragazzo di Misao… Ma Emma non era giapponese.
E i due ragazzi giapponesi allora sorrisero, guardandosi a vicenda e poi di rimando ad Emma, palesandole con sguardi eloquenti che in effetti l’italiana senza peli sulla lingua aveva esplicitato i loro pensieri.
Ed Emma proseguì «Comunque… Vi volevo chiedere di non filare Ryuga, quando sarà qui alla Todai… Insomma… Lui tende a starsene da solo, non ha tanta voglia di conoscere gente né di essere l’argomento delle elucubrazioni di quella gente… Hai visto quelle due l’altro giorno, alla cerimonia di inaugurazione?» chiese rivolta a Misao «Insomma… non tollera molto che gli sconosciuti sappiano gli affari suoi, che conoscano la sua vita, comprese le amicizie che ha… Io stessa tenderò a stargli alla larga, qui.» poi si girò per guardare verso la finestra e osservò il campo da tennis, circondato dagli studenti che assistevano a quella strana partita dei due fuoriclasse.
«… Il biondino… Credo che Ryuga l’abbia avvicinato per competizione…» aggiunse senza mentire, esprimendo solo una delle verità che conosceva «Ma durerà poco…» e qui invece disse una bugia, ma era di spalle, Misao e Kei non la potettero guardare negli occhi e così si sentì meno impacciata ed in colpa… «Credo anche che tra un po’ smetterà di venire all’università…»  e in questo modo trovò il mezzo per non mentire del tutto «So che è strano, però…»
«Vuole fare gli esami da non frequentante?» chiese Misao, interrompendola, introducendo un argomento ovvio e naturale. Perché Ryuga per Misao era un semplice studente.
Ovviamente non era quello il motivo dell’allontanamento di Elle dalla Todai, però…
«Penso di sì…» ed Emma abbassò lo sguardo.
Quanto i due giovani archeologi si fossero stupiti di questa richiesta di Emma non è poi così importante. Essi però l’accettarono tranquillamente, perché lei era loro amica, perché avevano conosciuto Ryuga, perché nonostante le stranezze lui li aveva aiutati nell’occasione della scomoda faccenda al The old docks, era andato al compleanno di Misao, le aveva regalato dei fiori, si prendeva cura di Emma… perché ognuno ha il diritto di fare le richieste che vuole, se si tratta del rispetto di una qualche necessità del prossimo e se non si deve fare alcuno sforzo per rispettarla, quella necessità.
«Però da qui la partita ce la possiamo vedere!» gli disse poi Emma con un tono di voce squillante e strizzando l’occhio «Anzi! Mi fumo anche una sigaretta, già che ci sono!»
E così si affacciarono, commentarono divertiti e indisturbati, ridendo con leggerezza, spettatori lontani e irriconoscibili di una sfida che, in un altro mondo, aveva tenuto gli occhi incollati ed aveva entusiasmato più di quanto un qualunque match di tennis tra studenti universitari potesse fare…
La sfida tra Elle e Kira.
 
Ed i giorni passarono. I tre archeologi continuarono a informatizzare l’inventario dei materiali dello scavo e a mantenere il proposito di ignorare Ryuga, anche se le occasioni di incontrarlo sarebbero state comunque poche. Elle continuò a seguire le lezioni all’università, anche se con meno frequenza dal giorno della sfida a tennis e da quando il padre di Light aveva avuto l’infarto. Light proseguì a catturare gli sguardi indiscreti delle giovani studentesse ignare e ad uccidere criminali. Ed Emma proseguì con i suoi lunghi e solitari viaggi in taxi, con i suoi dubbi, le sue paure, i suoi sonni senza sogni nella sua stanza d’albergo; Emma continuò a vivere le sue giornate ignara degli eventi che si susseguivano in quella suite di “comando” sperduta nell’hotel, e come sempre ignara dei tempi in cui gli eventi a lei noti si sarebbero svolti.
La tv era accesa ed illuminava fiocamente il salottino in penombra, mentre il volume muto lasciava che il silenzio della notte fosse interrotto solo dai click del mouse e dei tasti. Ma questi ticchettii erano diversi e più silenziosi di quelli di un ufficio, di una biblioteca, di quelli diurni. Erano come più clandestini, perché la notte induce a volte ad una sensazione sospesa di clandestinità, anche quando non si sta facendo nulla di male o di strano, anche quando si è soli e non si disturba nessuno con la propria veglia. Perché la notte, semplicemente e per il comune sentire, è fatta per dormire.
Ed Emma, lasciandosi liberamente alle spalle quella clandestinità di cui sopra che percepiva appena ma dalla quale riusciva a non farsi condizionare più di tanto, perdeva il suo tempo davanti al pc, attendendo che le repliche notturne di He andassero in onda.
Emma. Già. Perché il ticchettio era nella sua stanza, non in quella di Elle, come ci si sarebbe anche potuti aspettare. Che poi forse, in quello stesso momento, anche la suite di Elle avesse esattamente le stesse caratteristiche, non ci è dato sapere…
La barra in basso di msn si illuminò. Un messaggio.
Viola! Be’ in effetti adesso sarà ritornata a casa… A quest’ora può essere soltanto lei.
Ed Emma spostò lo sguardo all’angolo del monitor per vedere l’ora. L’una e trentanove. Fece rapidamente il calcolo, in Italia dovevano essere quasi le sei del pomeriggio. Poi aprì la finestra di dialogo…

L scrive: le menti normo-dotate dovrebbero riposare.

No… non era Viola…
A quell’ora in effetti poteva essere anche lui…
Emma, invece di offendersi, allargò le labbra in una risata silenziosa, ma schietta e sincera.
«Menti “normo-dotate”…» ripeté sussurrando in modo divertito e rise ancora…
Poi avvicinò le dita alla tastiera.

Emma scrive: scrivo xkè è più divertente, ma la mia mente “normo-dotata” sa bene che potrei limitarmi a parlare, rigorosamente senza bisogno di guardare in alto ^^,
L scrive: il fatto che ti stia giustificando mi induce a pensare che cerchi di mostrarmi le tue deduzioni. Vuoi farmi capire che sei intuitiva?

Quell’ironia presuntuosa e sottesa… fantastica e meravigliosamente insopportabile…

Emma scrive: fai questo effetto, davanti a te si tende a sentirsi costantemente carenti. E non fingere di non saperlo bene.
L scrive: sì che lo so, ma tu non avevi mai mostrato di sentirti in difetto. C’entra qualcosa la tua “leggerezza” nel giorno della cerimonia di inaugurazione?

Emma ancora una volta si sentì scrutata dentro. E lui ancora una volta aveva ragione. Da quel giorno, nonostante Elle l’avesse a modo suo rassicurata circa ciò che pensava di lei, Emma aveva iniziato a farsi a tempo perso mille paranoie su quanto la stima del detective nei suoi confronti fosse scesa, se mai una stima c’era stata… Essere scrutata e capita dentro… Una sensazione affascinante ed irritante allo stesso tempo…

Emma scrive: °_° credo di sì. Ma tu sei a tratti irritante quando fai così! sarebbe meglio che mi mettessi in slip davanti alle telecamere, mi sentirei meno “nuda”, credo!
L scrive: non faccio alcuna fatica a crederti, saresti capace di farlo ed in parte l’hai già fatto. Diciamo che non hai problemi a dire quello che pensi. Ma non mi sembri così irritata. In verità credo di averti visto veramente arrabbiata una volta soltanto.
Emma scrive: anche tu non ti fai problemi a dire quello che pensi.
L scrive: non vedo perché dovrei.
Emma scrive: infatti, non dovresti, come non dovrei io.
L scrive: sai che questa conversazione si sta svolgendo nelle sue due ultime battute sulla consistenza del nulla?


Emma sollevò gli occhi al cielo.

Emma scrive: sì. Ma non infierire, perché anche tu ti stai divertendo. Lo so.

Colpito? Veramente anche lui si stava divertendo?

L scrive: uhm… evidentemente avevo ragione anche su un altro punto. Non sei affatto così insicura come a volte dici di essere.

Emma rilesse la frase che aveva scritto poco prima.

Emma scrive: uhm… be’, in effetti… c’era qualcosa di presuntuoso a rileggere bene le mie parole…
L scrive: è una cosa che può capitare a volte quando si è sicuri di sé su qualcosa, a ragione o a torto. Capita invece necessariamente sempre quando si ha ragione.
Emma scrive: e tu hai sempre ragione.
L scrive: sì, quando condivido i miei pensieri con dei “normo-dotati”. Con loro ho sempre ragione.


Emma ci pensò un attimo, non considerando assolutamente l’aspetto ironico del tutto.

Emma scrive: è noioso…
L scrive: potrebbe esserlo.
Emma scrive: insomma, è come ritrovarsi costantemente ad avere a che fare con dei bambini, come se in ogni argomento “da adulti” si avessero solo loro come interlocutori. Interlocutori lenti a capire determinati passaggi, per via della loro giovane età e delle loro conoscenze ancora limitate, interlocutori ai quali è necessario spiegare bene alcuni collegamenti, interlocutori sempre un passo in dietro, sempre rallentati e mai stimolanti, perlomeno riguardo l’argomento complesso della discussione…


Emma ci aveva pensato allora per la prima volta… O meglio, sapeva benissimo che Elle era superiore e che non poteva confrontarsi con nessuno… Ma a come lui dovesse sentirsi non ci aveva mai pensato… Non lo aveva mai fatto perché non avrebbe avuto senso farlo. Perché solo adesso lui era una persona vera.
Così doveva sentirsi Elle davanti a tutti. Come un adulto circondato in ogni momento da bambini piccoli. Così doveva sentirsi ogni volta che si ritrovava a fare dei ragionamenti e ad intuire determinate cose mentre era con altre persone che invece arrancavano, per forza di cose. Queste dovevano essere le sue insoddisfacenti e poco stuzzicanti chiacchierate col mondo…

L scrive: interessante paragone. Calzante, “perlomeno riguardo l’argomento complesso della discussione”. Tuttavia le caratteristiche e le qualità dei bambini, come anche quelle delle persone, sono varie e molteplici.

Già… questa considerazione, esplicitata in modo diretto e freddo, rendeva Elle profondamente diverso da Light, nonostante la stessa presunzione apparente.

Emma scrive: questo mi piace e mi stupisce ogni volta nelle persone! E tu mi stupisci!
L scrive: davvero? Non mi capita mai di stupire la gente, non è una cosa alla quale sono abituato.


Emma rise di nuovo.

Emma scrive: ora vorrei vedere la tua faccia!
L scrive: temo che lo vorrebbero in molti.
Emma scrive: già… ma chi non avrebbe dovuto mai vederla l’ha già vista…


E sospirò…

L scrive: la prima porta a sinistra, appena uscita dalla tua suite. Dobbiamo parlare.

Emma rimase ferma e a bocca aperta.
Lei doveva andare nella suite di controllo?!
La suite di Elle era stata sempre adiacente alla sua?!
L’aveva immaginato visti i tempi rapidi in cui lui aveva sempre raggiunto la sua stanza…

L scrive: prima che il sole sorga, possibilmente.

E si disconnesse.
Emma rimase ancora un attimo a fissare il monitor, l’avatar con la L nera e la pagina di msn della loro conversazione…
Ok… con calma Emma… con molta calma…
Si girò e lasciando tutto com’era arrivò alla porta, prese la chiave magnetica e la infilò nella tasca dell’ampia tuta.
Poi uscì, affrontò il corridoio dove era passata ormai decine di volte senza mai pensare veramente che la stanza di Elle potesse essere proprio lì…
Arrivò davanti alla prima porta a sinistra, inspirò una bella boccata di quell’aria dolciastra e profumata di deodorante per alberghi… e bussò piano. Attese, col capo chino, guardandosi le punte delle scarpe che sbucavano appena dal bordo dei pantaloni, portando le mani nella larghe tasche, coperte in alto da una morbida t-shirt che appena le sfiorava i fianchi sottili e molto poco formosi.
E poi la porta si aprì.
«Buona sera Miss Emma, prego, Ryuzaki la sta aspettando. Le faccio strada» le sorrise Watari invitandola ad entrare, con gli occhi ancora più socchiusi di quanto non lo fossero normalmente dietro i piccoli occhiali da antico“lord”.
Emma incrociò le mani dietro la schiena e fece un leggero inchino sorridendo sincera, ma in silenzio e guardando il signor Wammy negli occhi. Poi varcò la soglia e lo seguì nell’ombra del corridoio…
La stanza sembrava identica a quella di Emma, ma perfettamente speculare.
La porta di fondo del corridoio, quella di accesso al grande salotto, era chiusa… Emma, nella sua camera, non aveva mai veramente fatto caso a che ci fosse una porta da chiudere tra il corridoio ed il salotto…
Ma l’ultima porta a destra, quella dell’altrettanto enorme stanza da letto, era aperta…
Watari la varcò ed Emma vi si affacciò poco dopo di lui…
In ombra.
La fioca luce accesa del televisore muto.
La pallida luminosità del monitor a terra.
E davanti ad esso, Elle, rannicchiato come sempre e di spalle che osservava lo schermo attentamente e non si voltò, con affianco un piattino con un pezzetto di torta sbocconcellato.
«Mi farai perdere He…» disse Emma.
«Sai già cosa He le dirà e come riuscirà ad uscire da quella casa.» rispose Elle, curvo sulla tastiera.
Emma si avvicinò, dopo che Watari era uscito dalla stanza, e sbirciò il monitor. C’erano una serie di dati fittissimi ed in alto una piccola finestra da dove Emma riconobbe il tavolo del suo salotto con il portatile ancora acceso sopra…
Quello era l’ambiente privato di Elle. La sala “di controllo” doveva essere oltre la porta sul fondo del corridoio…
«Non ti andava di uscire dalla stanza…Non mi aspettavo che mi avresti fatta venire qui…» sussurrò poi Emma.
Elle prese debolmente tra le dita il pezzetto di cheese-cake che era rimasto sul piattino, lo ingoiò tutto d’un boccone, ripulì il piatto dalle briciole col dito e poi si alzò, leccandosi disinvolto l’indice e stancamente si diresse verso una delle poltrone della camera.
«Sì, che non te lo aspettassi è stato evidente. Domani lasceremo quest’albergo comunque.» le disse atono e senza guardarla, mentre si riappollaiava sui cuscini.
«Ah… ecco… Mi pareva strano infatti…» commentò Emma, che credeva di aver capito che la “rivelazione” c’era stata solo perché si trattava di una condizione momentanea...
Ma si sbagliava…
Elle alzò lo sguardo serio su di lei «Anche nel nuovo hotel conoscerai l’ubicazione della mia suite. E la dovrai conoscere per evitarla accuratamente. Non sarà più vicina alla tua, come lo è sempre stata finora. Sarà sempre in un’altra ala dell’albergo, con reception ed ingresso indipendenti e alternativi. Per ora era stato sufficiente avere il semplice doppio accesso alla suite, sul corridoio e direttamente nel salotto. Ma tu ora non devi incontrare neanche per sbaglio nessuno di quelli che frequentano e frequenteranno a breve questa stanza.»
Era giusto. Era giustissimo.
«Uno in particolare…» aggiunse Emma preoccupata, mentre cominciavano a salirle di nuovo le ansie su Light…
Ma Elle non raccolse. «Il secondo Kira, Emma.» sentenziò gelido.
E lei allora lo raggiunse, accoccolandosi a gambe incrociate sulla poltrona affianco, come aveva ormai imparato a fare quando lui voleva parlarle.
«Sarò breve» iniziò Emma «Le uniche cose che ora devi sapere di lui, cioè… di lei… è che è molto più pericolosa di Light, perché gli basta conoscere il volto per uccidere. Molto più pericolosa ma nello stesso tempo molto più stupida… E non so se questo la renda più pericolosa ancora, in effetti…» e si fermò per pensarci un attimo, per definire quali azioni di Misa avevano compromesso l’operato di Light e quante invece lo avevano aiutato.
«In genere la stupidità dei criminali aiuta sempre le indagini.»
«Sì, infatti…» ammise Emma dopo aver fatto rapidamente mente locale ed essere arrivata alla conclusione che nel manga Elle aveva incastrato i due Kira, proprio per la presenza e le azioni della stupida idol. Il resto, purtroppo, l’avevano fatto Rem e la mente geniale di Light che si era servito proprio di quella debolezza dello Shinigami… Però senza quest’ultimo Elle non sarebbe morto… quindi la presenza di Misa era stata, a conti fatti e col senno di poi, molto pericolosa… Ma ricostruire il tutto con i “se” era folle e controproducente ed Elle ora la fissava...
Ma fu Watari a rompere il silenzio, comparendo sulla porta «Ryuzaki, Ukita è appena arrivato e mi ha detto che ha delle novità su Misa Amane da comunicarti.»
«Arrivo.» Elle si alzò e raggiunse la porta, poi, senza voltarsi, come sempre, aggiunse «Non dovrei impiegarci molto tempo.» e sparì nell’ombra del corridoio che si illuminò appena, quando evidentemente la porta venne aperta e poi subito richiusa.
Novità su Misa Amane??!! Ma allora la sta facendo controllare!! Anche se lei non ha ancora fatto nulla e non ha alcun legame con Light, la sta controllando!! E cosa avrà fatto ora? È importante che io lo sappia, forse… Ukita… Perché proprio Ukita? È una strana coincidenza… Mi dà i brividi… Cosa dovrei fare?
Ed Emma rimase da sola, a rimuginare nella stanza di Elle.
Assolutamente impersonale.
Il letto era intonso e al di fuori del computer e del piattino non c’era assolutamente nulla della persona particolare che la occupava… anzi… che evidentemente non la occupava mai…
Un leggero brivido di freddo la percorse sulla schiena…
Emma si mosse appena…
Si rannicchiò ancora di più, sentendo sulle braccia nude il freddo appiccicoso della pelle del divano…
Aprì gli occhi…
La penombra della stanza…
Un altro odore…
Si era addormentata nella camera di Elle… sul divano…
Si mosse lentamente, rabbrividendo ancora nella t-shirt di cotone e guardò l’ora. Le cinque passate. Si mise seduta, intorpidita dal freddo e dalla posizione scomoda. Guardò fuori dalla finestra. Il cielo era ancora blu, ma si riusciva a percepire che era un blu diverso, che precedeva l’alba…
La camera era completamente al buio. La televisione era spenta. Emma si stropicciò gli occhi e vide che sul basso tavolino davanti a lei c’era il portatile di Elle aperto, ma col monitor non illuminato…
E sulla poltrona c’era lui…
Rannicchiato come al solito.
Ne scorse il consueto profilo curvo nell’oscurità.
Poi, lentamente, gli occhi si abituarono e lo poté osservare meglio…
Aveva le braccia incrociate sopra le ginocchia, e con le mani si teneva morbidamente gli avambracci, come tante volte lo aveva visto fare…
Ed il collo proteso in avanti, il viso rivolto verso lo schermo, col mento vicinissimo ai polsi incrociati sotto di esso…
Non vicinissimo…
Era proprio poggiato sui polsi…
Lievemente poggiato su di essi…
I capelli scuri e folti gli ricadevano sugli occhi…
Emma si alzò lentamente, senza fare rumore… C’era qualcosa di strano…
Aggirò il tavolino e raggiunse Elle.
Il computer era acceso in realtà, ma il monitor era spento, in standby.
Si girò verso Elle che rimaneva immobile.
Timorosa allungò la mano verso i suoi capelli…
Ne scostò teneramente e lentamente una delle tante ciocche dalla fronte…
Aveva gli occhi chiusi…
Lo fissò per qualche istante… così, come non lo aveva mai visto…
E poi, senza smettere di sfiorargli i capelli e di fissarlo, si accovacciò ai piedi della sua poltrona e scrutò quel volto addormentato dal basso e da vicino…
Elle addormentato…
Quanti lo avevano visto dormire?
Matsuda, una volta soltanto, a quanto lei ricordasse…
E soprattutto, quante volte lui dormiva? Quanto a lungo?
Era identico a quando era sveglio…
Ma non era cosciente, non era presente…
Ed Emma non potè resistere ancora una volta…
Continuando ad accarezzargli i capelli morbidi e lisci, lo baciò sulla pelle candide e setosa della sua bocca socchiusa.
Lo sfiorò soltanto, da principio…
Poi, si avvicinò ancora di più, accolse il suo labbro superiore tra le sue, lo inumidì appena…
La verità era che voleva che si svegliasse…
Anche se non sapeva cosa sarebbe successo se lui si fosse destato, anche se avrebbe fermato quel momento e lo avrebbe fatto durare a lungo… Ma lui non era “presente” e non lo avrebbe mai saputo, probabilmente…
Si sentì lo stomaco richiudersi, scostò appena le labbra, lasciandole a lambire appena la pelle di Ryuzaki…
Poi si sentì sfiorare la manica della t-shirt…
Se la sentì appena tirare…
E lentamente sentì che il lembo di quella manica veniva stretto tra le dita sottili di Elle…
Sentì le nocche lische, che chiudendosi e contraendosi su quel lembo di cotone, le sfioravano ora la pelle del braccio, sotto la t-shirt…
Le stava stringendo la maglietta…
Così come sempre stringeva il cotone dei propri jeans…
E ora invece stava stringendo il tessuto della maglietta di Emma…
E allora lei si fece coraggio, toccò di nuovo il labbro di Ryuzaki, e lui glielo lasciò fare, mantenendo la bocca socchiusa… e poi, lentamente, sentì che lui la chiudeva, arrivando a sfiorarle il labbro inferiore… poi ad inumidirlo appena… e poi a lambirlo… a rubarlo e farlo suo…
Emma inclinò appena il capo e si perse in lui…
Il primo vero bacio che si fossero mai dati…
Tenero…
Il primo bacio che Elle avesse mai dato… Lento… Perché Elle stava imparando… Lento ma non incerto… Perché Elle non era mai incerto quando imparava…
E quando lui socchiuse di nuovo le labbra, lasciando quelle di Emma libere, lei le richiuse, per riflesso condizionato e per abitudine si allontanò appena un po’ da lui, quel tanto necessario per guardarlo negli occhi…
«Credo che questa sia una cosa scorretta...» le disse con quella voce calda e seria, continuando a stringerle la maglia.
«Ma ti sei svegliato… Non è più scorretta, ora che sei sveglio…» rispose Emma con un filo di voce, fissandolo nelle pupille scure, con il cuore che le martellava nel petto.
«No, sotto questo punto di vista non è una cosa scorretta. Ma lo è perché non credo di volerla gestire, non credo di poterla gestire…ora.» le disse.
«Lo so…» rispose Emma e non credo che potrai mai gestirla… non è qualcosa che si può gestire… «Ma sta accadendo lo stesso…»
E allora fu Elle a sfiorarle di nuovo le labbra, continuando a fissarla.
«E temo accadrà di nuovo.» le disse serio e impassibile «temo avverrà inaspettatamente come è avvenuto finora.»
E lentamente lasciò la presa dalla maglietta di Emma, ma continuò a guardarla, dietro le ciocche nere di capelli.
Lei gliele scostò appena, poi delicatamente poggiò le mani sulle braccia di lui e, facendosi forza su quelle, si alzò e guardandolo con un viso dolce gli disse«Non saresti tu, se non mantenessi questa tensione costantemente all’erta, costantemente calda, costantemente viva…» e si allontanò, andandosi a sedere sul divano.
L’alba iniziava col suo chiarore a dissipare il blu della notte.
«Tutto questo è un gioco pericoloso, Emma. Tutto questo non è mai avvenuto.» le disse poi toccando un tasto del computer per riavviare lo schermo.
A cosa… a cosa si riferisce? A se stesso o al…
«Kira merita tutta la mia attenzione. Tutta.» completò la frase gelido.
…al caso Kira…
«Già… ed io sto snaturando tutto…» si morse la lingua per averlo fatto di nuovo, per aver con quest’ultima frase rimesso in ballo una cosa così stupida come un bacio! Perché ogni volta che si avvicinavano poi lui doveva riportarla sulla terra così rapidamente? Emma non ci riusciva! Perché doveva essere così? Perché lei doveva passare da momenti incredibilmente emozionanti a momenti in cui si sentiva una completa idiota!?
Perché lui era Elle. Punto.
«D’accordo, lascia stare l’ultima cosa che ho detto! Posso sapere cosa aveva da dirti Ukita? Potrebbe essere importante…» riattaccò Emma.
«Misa Amane ha acquistato ieri sera due biglietti di andata e ritorno, uno per Osaka e l’altro Nagano.» le rispose Elle, allargando lo sguardo in modo interessato verso Emma.
I biglietti del treno… Accidenti! Ci siamo già! Le videocassette, i nastri da spedire alla Sakura TV imbucati da località diverse!
Era l’alba del 13 Aprile. E l’ombra del secondo Kira era all’orizzonte.



 
Come sempre non so se vi piaccia. È stata dura scriverlo… anche se forse non sembrerebbe, o forse sì, si vede che ho penato ed è venuto fuori uno schifo totale... (*Eru! Hai scassato con queste insicurezze!!!*)
E' tornato msn, come avevo promesso a qualcuno, spero abbiate gradito, perchè a me piace sempre far essere Elle un po' ironico e "leggero" (anche se ho fatto a botte con l'editor di EFP per questo e mi rimetto a voi per un'eventuale altra incursione di messanger)... ;P
Vi dico poi le solite cose: Elle che bacia Emma… vi sarete pure stufati di questo tira e molla, immagino! Perdonatemi, ma non riesco a immaginare diversamente un “rapporto” con Elle…
A chi non ama le scene sdolcinate chiedo infinitamente scusa! Ma questo aspetto deve tornare ogni tanto… nonostante il caso Kira in agguato…
E poi… io odio Light! Lo odio ancora di più adesso! La sua entrata in scena nella trama, sebbene fosse prevista, mi ha tolto la fluidità nella stesura e descriverlo mi ha fatto venire i nervi! Non c’è niente da fare, è sempre insopportabile! Qualunque cosa lo riguardi mi fa venire il sangue al cervello!
Il termine “normo-dotati” è un omaggio ad Amaterasu82, che ne ha coniato tempo fa uno simile, anche se diverso, e al quale io mi sono ispirata palesemente ;D
Il riferimento degli indovinelli mi è invece venuto in mente durante una conversazione che la persona interessata ricorderà benissimo ^_^
Come mi sia venuto in mente tutto il resto ve lo risparmio, direi che posso smettere di affliggervi!
Vi saluto e vi ringrazio infinitamente, come sempre!
Tuttiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!! *__*
Grazie di continuare a sopportarmi e recensirmi!!!


Eru

 
 
 

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Capitolo 26
*** 26. Cosa fare? ***


E come sempre mi riduco a pubblicare di notte…
Elle mi sta contagiando! ^_^
Trovo questo capitolo “difficile”… Spero si capisca tutto…
Grazie di essere qui e buona lettura!
 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

26. Cosa fare? 


«Uffa! Questo ombretto non si stende affatto bene!» disse la piccola ragazza bionda, inginocchiata davanti ad un basso specchio ovale e con una cornice barocca poggiato sul comodino…
«Credi che potrei piacergli? Voglio dire, chissà che gusti ha! Chissà che tipo è! Tu che cosa pensi?» continuò a parlare, con gli occhi vispi ma sognanti ed infantili, rimirandosi nello specchio con leggerezza, come una semplice ragazzina che si crogiola con gli interrogativi sull’indole del suo idolo appeso all’anta dell’armadio o di quello senza volto, ma definito dalle pagine di un libro di successo.
«Non saprei che tipo possa essere Kira, non ho osservato così bene il genere umano, Misa.» rispose la voce calma e paziente di Rem, dietro di lei. La voce calma, paziente, comprensiva e tuttavia triste di Rem… Gli Shinigami non sono tutti uguali… Proprio come gli uomini.
Kira. Un assassino senza scrupoli. Kira. Il vero e reale Kira, quello in carne ed ossa e non quello descritto in un manga di successo. Kira. L’incubo di quel mondo. Questo Kira era l’idolo “appeso all’anta dell’armadio” della piccola Misa… della giovane Misa, con la mente spensierata e favoleggiante. Proprio come quella delle altre ragazze della sua età…  
«Be’, con il mio piano riuscirò ad incontrarlo forse e allora lo saprò!» disse raggiante e squillante, strizzando maliziosamente l’occhio allo Shinigami che la ascoltava sempre.
Un piano per aiutare, appoggiare e infine magari anche conoscere e affiancare il proprio idolo…
Misa ed Emma…
Gli esseri umani non sono tutti uguali… Proprio come gli Shinigami.
E la giovane idol uscì dalla porta di casa e raggiunse il marciapiede deserto con passo quasi saltellante, facendo ondeggiare la grossa croce d’argento che aveva sul petto e dondolando la sua borsetta.
«Misa. È da più di una settimana, da quando siamo qui a Tokyo, che qualcuno ti osserva. Credo potresti metterlo a fuoco e farci attenzione.» le disse Rem in modo impassibile.
Misa si voltò indietro«Un maniaco?! Di certo sarà uno stupido maniaco! Lo metterò a fuoco, sono al sicuro adesso!» le disse con leggerezza e sicurezza, sfoggiando poi un sorrisetto infantile ed inclinando il capo in modo sbarazzino…
 
Qualcosa da dire? Ve l’ho già detto che cambiare aria fa bene. Ma andiamo di qualche giorno avanti nel tempo, torniamo a quel 13 Aprile, alla suite di Elle, che di certo vi interessa di più…
 
Emma rimase in silenzio, con lo sguardo concentrato e fisso davanti a sé, mentre faceva i suoi collegamenti mentali sui nastri che tra poco sarebbero stati spediti alla Sakura TV…
Elle guardandola portò il pollice sulle labbra in modo buffo e allungò il collo«Saresti così gentile da rendermi partecipe dei tuoi pensieri?»
Emma spostò allora gli occhi su di lui e sollevò le sopracciglia «”Renderti partecipe”, esattamente come fai sempre tu con me, immagino.» disse poi ridacchiando, intendendo ovviamente che lui raramente condivideva le sue elucubrazioni con lei.
«Ma tu sai sempre quello che penso, anche se non te lo dico, giusto?» la provocò.
«Non arrivo a “conoscere” fino a questo punto, Ryuzaki. Ma stiamo parlando di nuovo del nulla…» si sistemò meglio sulla poltrona «Dunque… Stai facendo controllare Misa?»
«Uhm… Ero convinto di dover essere io quello che deve indagare. Credevo che dovesse essere Elle ad occuparsi del caso Kira.» continuò in quel modo freddo e provocatorio.
«Oh, ma certo! Si dà il caso che però Elle sia un opportunista, che siano le cinque del mattino e che il grande detective ora abbia bisogno della sottoscritta, pare.» e gli fece il solito sorriso appena furbetto, ma proseguì «…Ma si dà anche il caso che alla sottoscritta vada benissimo così, per motivi a lei ignoti, quindi anche lei potrebbe smetterla di dire cose inutili.»
E così Emma diede sfogo alla sua auto-ironia, come sempre, alla sua sincerità ed ai pensieri così come le venivano in mente. Ed ad Elle scappò una lievissima espressione quasi divertita.
Ed Emma continuò «Comunque, stai facendo controllare Misa per via dei miei disegni? Domanda stupida… Certo che lo stai facendo per quello, ancora non hai niente che possa portarti a lei… Non hai prove…»
«Ne deduco che a breve invece dovrei averne, di prove.» le disse Elle, adesso serio.
«Be’, se stai facendo degli accertamenti su di lei vuol dire che hai ritenuto la mia informazione degna di essere presa in considerazione… quindi già ti aspetti che accadrà qualcosa, altrimenti non l’avresti fatta controllare…»
«Sì Emma. Questo infatti già lo suppongo. Ma io parlavo proprio di “prove” vere contro di lei, di dettagli tangibili che la leghino a Kira o che mi faranno ritenere che esista veramente un “secondo Kira”, così come tu affermi. E aggiungo che la sua eventuale entrata in scena non è per niente entusiasmante.» imperturbabile.
«Specialmente considerando che le basta conoscere il volto…» disse Emma.
«Questo me l’hai già detto. E a questo punto temo che il resto tu non me lo voglia dire.» la fissò.
«Io spero che questo ti basti… il resto…» ed iniziò ad essere in difficoltà e abbassò lo sguardo… poi lo rialzò «Tra pochi giorni lo saprai, avrai le prove, almeno credo… Lei è andata a Nagano e Osaka per spedire delle cose… Ma io…» ancora titubante «… La stai facendo seguire da qualcuno giusto? Si tratta di Ukita?» si riprese poi, appena spaventata…
Ma Elle non si scompose. Non la incalzò «Sì. Ukita la tiene d’occhio dal 2 Aprile, da quando è arrivata a Tokyo. E quello che mi hai detto mi basterà. Ora vorrei dei cioccolatini però…» e si portò la mano a grattarsi il capo, guardandosi intorno. «…Puoi tornare nella tua stanza ora. Mi raggiungerai nel nuovo hotel dopodomani, oggi dubito che avrai tempo di preparare le tue cose per stasera.» le disse distrattamente, alzandosi e dirigendosi verso il corridoio in modo flemmatico.
Lei se lo guardò un po’, stupita ma incapace di trovarlo buffo e imprevedibile, perché in quel momento era attanagliata da una serie di ansie che non aveva ancora considerato…
Poi annuì e si alzò.
Elle aprì la porta della stanza di controllo ed Emma, dal corridoio, intravide gli schermi di due grandi computer, alcuni fascicoli per terra e tanti fogli disordinati su un tavolo…
Con la mano ancora sulla maniglia e di spalle, Elle le disse «Mi conosci, ma hai troppa paura, e questa ti impedisce di definire che la logica mi appartiene, sempre, e che non potrei commettere determinati errori. Pensaci bene.» e sparì dietro la porta.
Emma si ritrovò da sola in quel corridoio, con altri interrogativi, oltre quelli che già la stavano scuotendo da prima…
 
Elle arrivò davanti ad uno dei tavolini del salotto attrezzato per le indagini, prese un cioccolatino da una coppa di vetro, lo scartò attentamente con entrambe le mani, in punta di dita, e tenendolo poi davanti al volto tra pollice e indice, con l’altra mano sfilò il cellulare dalla tasca e fece una telefonata.
«Ukita. Non c’è bisogno che lei la segua fino a Nagano ed Osaka. Non c’è bisogno che lei la segua più.» ingoiò il cioccolatino e masticandolo con gusto continuò a parlare «Uhm uhm,  sono sufficienti le testimonianze degli addetti alle biglietterie della stazione. Ha i codici delle matrici dei biglietti? … Perfetto. Le loro testimonianze e le foto che le ha fatto alla stazione ci saranno eventualmente utili come prova indiziaria. … Esatto, non deve più seguirla, non deve più guardarla in faccia. È  chiaro? … Sì, sono certo di questo, sono certo che lei sia stato perfettamente in grado di non farsi notare e che la Amane non si sia accorta di nulla. Tuttavia riprenderà le indagini qui, con noi.» e riagganciò.
«Ryuzaki… » lo chiamò Watari, che aveva percepito qualcosa in quella telefonata, qualcosa che solo lui poteva percepire…
Ed Elle parlò, senza che il signor Wammy avesse chiesto nulla…  «È pericoloso. Questo potrebbe essere stato un precedente pericoloso per lui… Ma era una cosa che non potevo prevedere con la logica… Una variabile insondabile. Lei non ha bisogno di conoscere il nome… Il potere di Kira. Il potere di Kira, anzi, il potere degli ipotetici due Kira non è qualcosa di razionale. Ma possiamo solo attendere.» e prese un altro cioccolatino.
 
Emma ritornò in silenzio nella sua stanza.
Lentamente raggiunse il letto, sfilò i pantaloni e si raggomitolò sotto le coperte, coprendosi il volto…
Cosa devo fare? Cosa? Io…Io ho in pugno la vita di così tante persone… Io sto temporeggiando… non gli sto dicendo ancora tutto perché temo che gli eventi possano cambiare… che lui li possa modificare in qualche modo e allora poi magari lui morirà ugualmente, ma in un modo che io non conosco… Ma gli sto già dicendo alcune cose, gliene ho già dette con i miei disegni! E gli eventi potrebbero essere già per questo diversi! Ma se non gliele avessi dette… Se mi fossi fatta gli affari miei fin dal principio… E lui mi dice che io ho paura ed ha ragione! Cosa significa che non commetterà degli errori? Perché non nomina minimamente gli Shinigami dei disegni? Perché li considera una follia! Che confusione! Moriranno i presentatori in Tv… e Ukita? E se glielo dicessi? Magari Elle bloccherebbe i nastri prima che arrivino alla Satura Tv o magari lo ha già fatto… E i due presentatori si salveranno… E se Misa avesse scritto i loro nomi prima? Sì che lo ha fatto prima, gli orari altrimenti non avrebbero combaciato così perfettamente con il video… Oddio… Ho una bruttissima sensazione… Cosa devo fare? Io non posso decidere della vita delle persone… Non posso avere questo peso! Non posso decidere! Io non sono nessuno… Io non voglio questo peso! Come faccio… come faccio…
E questi pensieri non l’abbandonarono. Non l’abbandonarono per molto tempo.
E poi la sveglia suonò.
Emma sussultò, angosciata.
E poi si alzò senza temporeggiare, come invece faceva sempre, e si andò a lavare. Si guardò nello specchio. Le occhiaie ed il visetto stanco che vide la fecero sorridere mestamente.
Sto diventando come lui… Accidenti! Dormo sempre meno! Ma io non ce la faccio… Non ce la faccio, non solo per il sonno…
Non ce la faceva… Non era la prima volta che aveva di questi momenti di sconforto e angoscia. Ma Emma doveva ancora capire che adesso, a differenza di prima, non era sola. Non era più sola in quella terribile vicenda.
Spossata arrivò all’ingresso della Todai, anche prima del solito e non di corsa.
Entrò nella grossa sala comune delle segreterie e si avvicinò ai distributori di bevande, che a quell’ora erano ancora deserti. Non aveva voglia di attraversare la strada e raggiungere il bar.
Era stanca, fisicamente e mentalmente. Ed era mattina. Era ancora mattina.
Infilò una banconota nella fessura e selezionò il codice del “caffè forte”. Il terzo della mattina, dopo i due carichi che aveva preso in albergo.
Il bicchierone di carta iniziò a riempirsi.
Ma niente resto.
Emma sospirò, lasciandosi cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi.
Premette il bottone per il resto.
Niente.
«Non è proprio giornata…» sussurrò appena.
Poi si inchinò per sbirciare meglio in basso, dentro lo sportellino dove avrebbero dovuto esserci le monetine che il distributore le doveva.
Ci infilò le dita dentro…
Niente.
«Accidenti…mille yen buttati per un bibitone acquoso e senza sapore!» disse sempre sussurrando.
«Non ti ha dato il resto? Sul display dice che ci sono ancora praticamente mille yen, meno quello che hai speso.» la voce gentile e premurosa di un ragazzo arrivò alle orecchie di Emma…
Lei alzò lo sguardo… lo sollevò lentamente…
«Anche io vorrei prendere un caffè. Potrei dare a te le monetine che ci vogliono… Se nel frattempo arriverà qualcun altro potresti chiedergli la stessa cosa, almeno finché non aprirà l’assistenza, fra poco, poi se ne occuperanno loro e potrai riavere i tuoi soldi.» e le sorrise affabilmente.
Emma rimase immobile a fissarlo.
Light.
Un attimo di gelo.
Merda! E adesso? Oddio…
Emma non ebbe il tempo di ragionare sul suo aspetto, sulla sua persona adesso reale e così vicina. Quasi non ebbe il tempo di realizzare quello che stava accadendo, che ora aveva veramente Light Yagami davanti agli occhi e che soprattutto Light Yagami le stava parlando, come niente fosse…
Lui sfilò il portafoglio dalla tasca, disinvolto, senza apparentemente notare che Emma era rimasta per qualche istante fissa a guardarlo, rimanendo in ginocchio davanti al distributore.
…Ma io mica posso essere certa che lui sappia qualcosa… Sto dando per scontato che sappia… Sarà un caso… Ok, adesso mi devo dare una calmata!
«Ehm… sì. Scusa, non mi aspettavo di vedere qualcuno ed ero decisamente infuriata per questa storia del resto!» e si alzò, sorridendogli a sua volta, in modo amabile. Brutto viscido serpente senza cuore! «Ti ringrazio molto… sei gentilissimo…» Assassino disumano!
«Ma figurati, per così poco. È capitato a tutti, non è una cosa piacevole.» rispose Light comprensivo, porgendole le monete.
Che falso! Mi dà i brividi! Chissà in realtà cosa starà pensando…
Emma prese il suo bicchiere dal distributore, lentamente, cercando di decidere cosa fare…
Indipendentemente dai suoi secondi fini, che magari sono soltanto un mio “film” mentale… Perchè è così gentile con me? Oddio… Magari è vero che sospetta qualcosa… E adesso? Che faccio? Mi toccherà aspettare davvero qui? Se me ne vado lasciando i soldi nel distributore gli sembrerà strano… Va be’, ma lui magari se ne andrà… E se non se ne va? Ma perché non se ne dovrebbe andare? Cosa gliene importa di me? Oddio… e se rimanesse vorrebbe dire che…
Un brivido le arrivò all’improvviso… Quello era Kira. Quello era Kira per davvero.
E poi…
«Buongiorno Yagami.» una voce nota le giunse alle spalle. Una voce nota e annoiata che le fece quasi socchiudere gli occhi in un contenuta espressione di sollievo e conforto…
Non era sola, per l’appunto.
Light si voltò «Oh, buongiorno Ryuga.» esclamò rilassato e cordiale.
Ed anche Emma si voltò allora…
Elle li raggiunse, con la solita calma, fissando Light disinvolto, senza degnare di nessuno sguardo la ragazza alta che gli stava di fronte con un bicchiere fumante tra le dita.
«Arrivi al momento giusto Ryuga, questa ragazza non ha avuto il resto dal distributore. Se avevi intenzione di prendere qualcosa, potresti dare le monete a lei. Così non perderà i suoi soldi, almeno finché non aprirà l’assistenza. Anche io sto facendo così.» spiegò Light con gli spicci ancora in mano.
E solo allora Elle, con uno sguardo disinteressato, osservò Emma. Rimase un istante in silenzio. Poi inclinò il capo e quello sguardo mutò, gli uscì un’espressione bizzarra… un’espressione quasi ingenua e da adolescente… una specie di sorriso buffo e abbozzato… «Ciao! Noi ci siamo già visti, se non sbaglio…» e si portò l’indice sul labbro, allungò il collo e si avvicinò spudoratamente al volto di Emma e la scrutò come fosse stata un oggetto insolito e nello stesso tempo interessante. Emma istintivamente si scostò appena, sollevando le sopracciglia perplessa, ma non perché non lo volesse vicino naturalmente, quanto perché “quell’Elle” era strano… Ma era lui… era sempre lui… Lo riconosceva anche in quel singolare atteggiamento… Ma non capiva perché stesse personificando “quell’ Elle” buffo.
Lui non sembrò minimamente scomporsi e con naturalezza, continuando a tenere il dito sul labbro in modo infantile, fece qualche passo attorno a lei, per osservarla bene di lato e dietro, con gli occhi sgranati…
Il tutto mentre Emma e Light se lo guardavano confusi… entrambi confusi, ma per motivi differenti.
«…Ehm… sì…ci siamo già visti…» dove vuoi arrivare? Cosa significa tutto questo?
Lo assecondò naturalmente. Ed il suo tentennamento fu naturale, fu la reazione più ovvia e spontanea che qualunque persona avrebbe avuto di fronte a quel comportamento di uno sconosciuto o di un quasi sconosciuto, fu naturale anche se l’esitare istintivo e sincero di Emma era dovuto ad altro…
Ecco qual era il punto. Ecco perché Elle stava facendo così. Perché voleva suscitare in Emma proprio quella reazione.
«Sì… Ci siamo visti il giorno del test d’ingresso, a Gennaio…» disse Elle, come se stesse rimuginando e continuando a guardarla in quel modo ambiguo…
«Sì…» annuì lei.
«Piacere, io sono Ryuga.» ed Elle le allungò la mano sottile, continuando a tenere l’altra vicino alle labbra…
Lei titubante fece lo stesso e si strinsero la mano. Se la strinsero per la prima volta dopo tre mesi, dopo che avevano condiviso altro… E la stretta di Elle non fu flaccida, come Emma aveva sospettato. Quella stretta decisa le diede coraggio e si affidò completamente a lui ed ai pensieri certamente corretti che lo avevano portato a fare quella mossa.
«…Piacere, io sono Emma…» lasciarono entrambi la presa «…Ma già conoscevo il tuo nome… È difficile dimenticarlo, visto l’omonimo che ti accompagna e soprattutto è difficile scordare il nome ed il volto dei fuori classe che sono arrivati primi al test…» spostò lo sguardo su Light, ritornò su Elle e poi di nuovo su Light… «Ryuga Hideki e Light Yagami. Tutti vi conoscono!» e poi sorrise. Sorrise anche perché tutto quello che disse era la verità, era la verità sotto tutti i punti di vista. «Complimenti a entrambi!»
«Ti ringrazio.» disse Light in modo gentile.
Elle invece non raccolse e continuò a fissarla in quel modo assurdo.
La sala delle segreterie generali iniziava a non essere più tanto deserta…
Ed Emma notò qualche sguardo indiscreto che la coglieva, mentre parlava con i due “geni”.
«Ehm… Mi sa che qui comincerò ad attirare troppi sguardi… Direi che sono stata fortunata a potervi parlare, ma vorrei evitare di essere fulminata dall’invidia del resto degli studenti…» Si sollevò sulle punte e si spostò di lato per sbirciare le porte degli uffici alle spalle di Light. «L’assistenza ha appena aperto. Credo di poter risolvere il problema del mancato resto del distributore…» e meno male che siamo in Giappone e la cosa si può risolvere, ed anche subito… In Italia avrei dovuto dire addio ai miei soldi! E chissà come sarei uscita da questa situazione assurda!
«Certo!» esclamò Elle «E noi testimonieremo che sei stata tu ad inserire la banconota che non ha avuto resto! Vero Yagami?» disse Elle ancora una volta in modo apparentemente ingenuo ed entusiasta.
Light annuì in silenzio e con finta partecipazione.
«Vi ringrazio…» disse Emma e si allontanò.
 
Ma io rimarrò con loro, non vi preoccupate. Ogni tanto ve la devo pur dare qualche soddisfazione!
 

«Yagami, l’avevi già vista anche tu?» gli chiese Elle fissandolo sempre con quell’espressione infantile.
«In realtà l’ho incontrata per caso poco fa.» gli rispose Light con tranquillità. «La cosa ti interessa?» aggiunse poi.
«Uhm. “L’hai incontrata per caso”. E a te interessa che a me interessi?» ribattè subito Elle in modo calmo, ma perdendo l’atteggiamento che aveva avuto fino a pochi istanti prima.
«Be’, immagino di sì, nei dovuti limiti, naturalmente. Ma tu forse stai pensando che io, come Kira, potrei essere interessato alle persone che ti circondano…» aggiunse Light pacatamente, palesando i suoi pensieri, smascherandoli apertamente, mostrandosi deduttivo, come in realtà era, e sincero, come invece in fondo non era, ma voleva apparire…
«Già» rispose Elle senza smettere di fissarlo e senza commentare altro.
«Già. Lo penserei anche io se fossi al tuo posto… Se però Kira è la persona che credo, dubito che si interesserebbe ad una tua presunta conoscenza così platealmente… Sarebbe sciocco nel farlo. O magari proprio per questo potrebbe farlo…» e spiattellò “sinceramente” ad Elle di nuovo i suoi calcoli.
«Sì. Direi che il tuo ragionamento è perfetto, Yagami, come sempre.» chiuse Elle in modo impenetrabile.
Poi spostò lo sguardo alle spalle di lui e cambiò faccia un’altra volta «Emma. Soggetto interessante direi…» e continuò a fissarla mentre lei si riavvicinava insieme all’addetto all’assistenza dei distributori automatici.
Light rimase un po’ stupito dall’apparente interesse del suo temibile rivale «…Ti piace…?!»
«Non saprei, credo non abbia molta importanza. Ma anche io sono umano, Yagami.»
 
Il resto è stato poco interessante, ve lo posso assicurare. Ed è durato poco. Emma si è dileguata ringraziando ancora i due fuori classe che aveva incontrato “per caso”, è uscita dalla porta delle segreterie, ha buttato il caffè ormai congelato ed intatto del suo bicchiere, è andata al bar e si è presa una camomilla…
Io invece ultimamente sono in vena di spostamenti…
Fateveli andar bene. Non è che abbiate molta voce in capitolo a riguardo.

 
Alle sette di sera Light rientrò nella sua stanza.
Come sempre chiuse a chiave la porta, composto e in silenzio.
Si avvicinò alla sedia e si aggrappò alla spalliera, rimanendo in piedi, ancora con la giacca indosso. Strinse le dita sulla plastica dello schienale e abbassò il mento. Gli occhi vennero coperti dall’ombra scura dei suoi capelli sottili…
«Eh eh eh!» sghignazzò Ryuk alle sue spalle «Ti ha fregato di nuovo…»
«Dannazione!» esclamò Light con i denti serrati. «Ho le mani legate un’altra volta! Sembra che lei non abbia effettivamente nulla a che vedere con lui. Non l’avrebbe mai portata a dire esplicitamente il suo nome davanti a me se così non fosse! Anche se lei non ha detto il cognome, il rischio avrebbe potuto comunque esserci, ed Elle non lo avrebbe corso se non fosse stato certo che Kira non avrebbe avuto motivo di interessarsi a lei… Quindi lei è più o meno sconosciuta per Elle, come avevo immaginato…Ed è perfettamente inutile! E se anche fosse stata tutta una sceneggiata, se anche lui avesse voluto scientemente farmi credere tutto questo, se anche lei fosse in realtà in stretto contatto con lui, io comunque non posso fare nulla! Non posso comunque avvicinarla ancora, non posso cavarne nulla, perché certamente lei gli riporterà tutto! Perché comunque, adesso che abbiamo parlato apertamente tutti e tre insieme, non sarei più credibile come ingenuo universitario che chiacchiera con una ragazza qualunque! E se anche lei parlasse non potrei neanche farla sparire subito dopo come ho fatto con Naomi Misora! Sarei il sospettato numero uno ancora una volta! Mi ha incastrato di nuovo, semplicemente facendosi avanti, come aveva già fatto mostrandosi come Elle!»
Light continuava a parlare senza considerare Emma. Continuava a fare i suoi calcoli immaginando che in qualche modo non ne avrebbe potuto cavare qualcosa solo perché Elle si era intromesso, certo che se quell’intromissione non ci fosse stata, lui sarebbe riuscito a manovrare Emma, come era riuscito a fare con Misora… Pensava solo alle manovre di Elle. Emma la si sarebbe potuta raggirare facilmente. Queste erano le donne per Light Yagami.
Ryuk se lo guardava «Pare che tu l’abbia sottovalutato di nuovo… E ora?» gli chiese, agitandosi e cominciando a sbirciare la cartella sotto la scrivania, per scovare le sue mele.
Light alzò lo sguardo e scuotendo appena il capo fece ondeggiare i capelli sulla fronte, scoprendo gli occhi «Adesso bisogna solo aspettare. Questa è stata solo un’occasione apparentemente bruciata. Ma mi rifarò. Non ho perso il mio vantaggio e non lo perderò finché avrò il quaderno, caro Elle. Mi prenderò la rivincita anche stavolta!» ed un ghigno di rinnovata sfida si aprì sul suo volto…
Ryuk si distolse dalla sua ricerca «Giocherete di nuovo a tennis?!»
 
Il giorno dopo, di sera, Emma arrancava all’ingresso del nuovo albergo, lo Yin Towers Hotel
Dire che fosse distrutta era dire poco.
Il giorno prima, appena rientrata a casa, aveva dovuto preparare le sue cose, perché la mattina successiva Watari le avrebbe prese per portarle nel nuovo hotel, che lei avrebbe raggiunto solo dopo il lavoro, in un taxi già pagato che conosceva la destinazione.
E ora lo aveva raggiunto quell’hotel, stanchissima per l’appunto.
In conclusione aveva dormito a malapena sei ore in due giorni, il che, sommato alle non moltissime ore di riposo generale, unito alla stanchezza del lavoro e alle ansie delle ultime quarantott’ore, creava un cocktail non indifferente.
Appena entrò in stanza, il telefono squillò.
Sospirò esausta.
Ma poi pazientemente si sforzò di orientarsi nella nuova stanza in cui era approdata. Cercò l’apparecchio e quando lo ebbe trovato rispose.
«Sì…» sussurrò.
«La stanza di controllo è nella Yin Tower Two, suite 13. Ti pregherei di evitare la Tower Two in generale.» lapidario.
«D’accordo… Avresti potuto dirmelo anche domani… Io adesso non credo di riuscire ad arrivare nemmeno al bagno… Figurati nell’altra torre…» gli disse Emma senza peli sulla lingua.
«Sì, questo lo vedo.» le disse la voce di Elle dall’altra parte della cornetta.
Dire che ormai le loro conversazioni, oltre la consueta tranquillità, avessero anche palesemente un qualcosa di vagamente “intimo”, potrebbe apparire scontato.
«Già… Però, prima che io crolli… ieri mattina… sei stato grandioso!» gli disse candidamente, come commentando la puntata di un anime.
«Uhm. Era l’unica cosa da fare.» rispose lui.
«A me non sarebbe mai venuta in mente. Hai sfruttato il mio titubare a tuo favore. Ti sei servito della mia indole schietta in modo perfetto, aggirando la mia incapacità di mentire. Direi che hai giocato con le mie caratteristiche, le hai incastrate come in una partita a scacchi. Ed hai messo nel sacco sia me che Light.» ammise Emma.
«Già. E tu non sei più così turbata di rimanere “nuda”, a quanto pare. Non che tu lo sia mai stata in modo esagerato. Comunque, c’è qualcos’altro che credi di dovermi dire?» proseguì lui.
Emma rimase in silenzio… Adesso era turbata di nuovo…
«Uhm.» proseguì Elle «A quanto pare avevo ragione…»
Emma non sapeva ancora cosa fare e rimase di nuovo in silenzio… poi… «Sì… Hai ragione… Ma ci sono tante cose che ancora non sai… E… io non riesco a ragionare…» farfugliò dubbiosa. Non era il momento di decidere cosa fare. Non riusciva ad essere lucida. Non sapeva cosa fosse giusto dire. Non sapeva se fosse meno pericoloso parlare o meno pericoloso non farlo… La testa le scoppiava… «Elle! Io devo dormire!! » le disse poi a bruciapelo, chiamandolo di nuovo con quel nome, in modo diretto.
«Uhm. Sì. A volte dormire può essere utile. E credo che ora per te sia più indispensabile che utile.»
Emma sentì la voce lontana ma chiara di Watari, dalla stanza di Elle «Ryuzaki, stanno arrivando Aizawa e Matsuda...»
Ci fu un attimo di silenzio e poi… «Buona notte Emma.» ed Elle riagganciò.
 
Watari guardò il suo pupillo, che dopo aver posato la cornetta, era tornato ad osservare il monitor. Ed Elle senza guardarlo, parlò, calmo «Non temere. Mi dirà quello che le frulla per la testa e quello che la sta stressando. Me lo dirà presto. Non ho dubbi.» e chiarì le perplessità che il signor Wammy non aveva esplicitamente espresso, ma che il detective, naturalmente, aveva intuito.
 
Emma rimase con la cornetta muta vicino all’orecchio. Sospirò.
«…Buon lavoro Elle…» e sorrise appena.
Si spogliò.
Raggiunse il bagno senza minimamente guardarsi intorno per scoprire la nuova stanza.
Si infilò nella doccia.
Si massaggiò lentamente la cute con lo shampoo.
E poi, col getto caldo che le insisteva forte sulla nuca, abbassò il capo e iniziò a fissare l’acqua saponata che le fluiva sui piedi…
Cosa devo fare? Io non posso avere questo peso! Ma se gli dicessi tutto prima… Oddio! E se poi Ukita morisse perché io non gli ho detto niente? E se invece salvare Ukita comportasse il cambiamento degli eventi e quindi la morte di Elle? Posso io scegliere chi dei due deve vivere? Ma se si può salvare Ukita allora significa che le cose in questo mondo posso cambiare veramente e non è detto che Elle muoia! Non lo so…Non lo so…
L’acqua continuava a scorrerle limpida sulla pelle…
Chi sono io per decidere queste cose? Chi sono io per stabilire il futuro? Posso sapere come andranno le cose, se si verificheranno i determinati e precisi eventi descritti nel manga… Ma gli eventi sono già cambiati in fondo… Ed io non posso neanche prevedere le variabili del futuro! Oddio, sto andando fuori di testa… Basta!
Si avvolse in un morbido asciugamano, aprì lo scorrevole della doccia e, grondando ancora acqua dai capelli bagnati e lunghissimi dietro la schiena, raggiunse il salotto.
«Ukita morirà! Secondo quello che so io, Ukita morirà! Tanto in qualche modo vedrai questa registrazione, anche se ora stai facendo altro!» quasi lo urlò. Lo urlò alla solitudine di quella camera. Lo urlò a Elle.
E questo era un altro dei momenti in cui Emma reagiva d’istinto alle sue mille elucubrazioni. Era una delle sue solite scelte avventate.
Questa era Emma.
 
 
 
 
La mia Laura-pulcino mi ha detto che nei miei commenti ansiogeni finali sono delirante. Esplicitamente mi ha detto: “l’ultima volta pareva ti fossi fatta di qualcosa!”
Quindi oggi non commenterò nulla, perché che c’ha ragione! ^^,
Vi dico soltanto che 1000 yen corrispondono circa a 10 euro.
E vi dico anche che tutte queste incursioni del nostro Cantastorie un po’ in giro, questo suo abbandonare ogni tanto Emma per seguire qualcun altro mi stanno divertendo, anche se forse così il capitolo risulta un po’ spezzettato. Ma non proseguo. Tanto mi conoscete ormai e non ho bisogno di dirvi che tranquilla non ci sto mai ;D
Vi ringrazio infinitamente!
Grazie a chi mi recensisce, a chi mi ha recensito per la prima volta credendo in me, a chi invece mi ha conosciuto solo ora e crede in me, a chi mi sopporta ormai quasi quotidianamente, a chi continua ad aggiungere questa storia nelle preferite, a chi disegna per me e per questa ff, prendendosi spontaneamente il suo tempo, a chi legge in silenzio e comunque mi fa sapere quello che pensa!
Tutto questo è fantastico!!!
Ed ecco un altro regalo di una di voi.
Il disegno è opera di Gaachan. Un’altra Emma si aggiunge a quelle già disegnate ed io la accolgo sempre commossa! È incredibile come mi facciate capire che questa storia vi piace in questi modi fantastici!!! Si stanno scatenando tutte le disegnatrici!!! Grazie! *__*

 

  

Vi auguro una Buona Pasqua e godetevi queste vacanze!!!
 

Eru

 
 
 
 
 

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Capitolo 27
*** 27. Il colpo di grazia ***


Ho un ritardo di tre giorni… È accettabile? No… Quindi non mi dilungo…
Buona lettura e grazie…



Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



27. Il colpo di grazia


Emma aprì gli occhi...
Una sottile lama di luce si intrufolava tra le pieghe delle pesanti tende che non si erano perfettamente sovrapposte al centro dell’ampia finestra e lasciavano filtrare quel raggio di sole mattutino, che illuminava la moquette della stanza e mostrava il pulviscolo sospeso dell’aria…
Sole mattutino?
Emma si girò intorpidita nel letto verso quella luminosità che riusciva a definire i particolari di una camera che altrimenti sarebbe stata nella completa oscurità.
Allungò la mano sul comodino e controllò l’ora sul cellulare che era rimasto acceso. Era quasi l’una… Niente sole mattutino…
Fortunatamente era domenica.
La sveglia doveva aver squillato ugualmente perché nella nottata inquieta precedente aveva dimenticato di disattivarla, ma fortunatamente Emma non l’aveva sentita o, se l’aveva fatto, doveva averla spenta per riflesso condizionato, senza nemmeno ricordarsene.
Spense il cellulare, esattamente come invece in genere lo accendeva nei giorni lavorativi. Il week-end funzionava al contrario.
E non appena fu in piedi e realizzò di nuovo cosa fosse successo nei giorni e la notte precedenti, sospirò pesantemente.
Il sonno a volte è un rifugio. Impedisce di fossilizzarsi sulla vita “vera”, lascia un break ai pensieri, consente l’illusione che quella “realtà” possa attendere. Poi però, quando si riaprono gli occhi, tutta quella “realtà” si ripresenta improvvisamente e violentemente davanti, con tutta la sua crudezza, dissolvendo l’abbaglio momentaneo del primo risveglio che possa non essere mai esistita…
Ma Emma voleva veramente che tutto ciò che le era accaduto non fosse mai esistito?
Certo che no…
Adesso era così tanto coinvolta da quel mondo, era così profondamente incatenata ad esso che non avrebbe mai voluto lasciarlo… mai e poi mai… Si può essere sconvolti da un cambiamento improvviso, si può essere soli in un luogo o in paese sconosciuti, si può desiderare il ritorno alla vita che si conduceva prima di quel cambiamento… ma il più delle volte l’essere umano si abitua, si assuefa anche alle situazioni più spiacevoli, a quelle più difficili… e le affronta. Donne e uomini comuni hanno affrontato nel corso della storia del mondo situazioni che altri, dall’alto della loro condizione privilegiata, non crederebbero mai di riuscire a tollerare. Ma anche questi ultimi non sanno che poi, anche loro, messi di fronte alla difficoltà, agiranno di conseguenza, si caleranno in quella nuova complessa situazione capitatagli e la vivranno. La vivranno perché è l’unica cosa che possono fare. Chi non riesce a “viverla” va incontro ad altro…
Ma non era quest’ultimo il caso di Emma.
Soprattutto perché lei non si stava limitando a “vivere” tutto quello che le era capitato, non si stava limitando a tollerarlo. Emma, nonostante le avversità, i dubbi e le paure, iniziava ad amare profondamente quel mondo ibrido e non si rendeva conto che, arrivata a quel punto, non avrebbe più potuto farne a meno…
Aprì la tenda e fu invasa dalla luce del sole tiepido e vivo di quella domenica. Socchiuse gli occhi, infastidita.
Gli aveva detto che Ukita sarebbe morto. Che secondo quanto sapeva lei, lui sarebbe morto…
Questa sua scelta cos’avrebbe comportato? Elle avrebbe fatto qualcosa per impedirlo? E se lui non fosse morto? Se Ukita non fosse morto, Elle non avrebbe avuto la prova tangibile che il secondo Kira poteva veramente uccidere conoscendo solo il volto della vittima… ed Emma avrebbe saputo che c’era la speranza di salvare anche Elle…
Aveva fatto a bene ad uscirsene così?
Sì.
Nonostante i timori, Emma sapeva che non avrebbe potuto fare altrimenti, che qualunque altra scelta non avrebbe saputo tollerarla, che quei gesti istintivi erano sempre stati dettati dal suo inconscio più profondo nei momenti in cui non riusciva più a sopportare determinate situazioni. Che se anche fossero risultati “sbagliati” per il mondo intero, erano stati “giusti” per lei. Per Emma come persona. Conosceva i propri limiti. Non poteva pretendere da se stessa ciò che non era. Non poteva essere qualcosa che non riusciva ad essere.
Questa, non considerata dal punto di vista delle conseguenze, era forse una delle qualità più grandi di Emma. Quella di accettarsi per quello che era. E questa era una delle cose per le quali Elle le aveva detto, una volta, che non era così insicura come si professava…
E adesso lei si chiedeva cos’altro avrebbe dovuto dirgli…
Avrebbe dovuto attendere l’esito della “vicenda Ukita” prima di decidere?
Come posso pensare a questo in modo così cinico? Mi faccio ribrezzo da sola… l’esito della “vicenda Ukita”… È orribile solo nominare in questo modo il rischio che corre!!! … Oddio… Elle avrà già visto il video con la mia confessione di ieri notte?
Cos’altro doveva dire Emma ad Elle, quali altri eventi futuri poteva raccontargli?
E percorrendo per l’ennesima volta nella sua testa tutta la trama di Death Note, la sua mente divagò verso qualcosa che non era esattamente un evento. I suoi pensieri si spostarono su qualcosa che non avrebbe dovuto essere in discussione, almeno per il momento…
Shinigami…
Elle non li aveva mai nominati. Nonostante i disegni di Emma li ritraessero e li definissero come dei della morte dei rispettivi Kira, lui sembrava non esserne minimamente interessato… Ed Elle aveva visto quei disegni perché con essi Emma aveva voluto creare un precedente. Ma quel nome lui non lo aveva mai nemmeno sfiorato…
No… Non posso parlargliene… Tanto più che non li ha nemmeno mai nominati neanche lui! Assolutamente no! Come non posso dirgli il perché io sappia quello che so… È un campo irrazionale che lui non può valutare seriamente, ancora… Non sarebbe caduto dalla sedia altrimenti, solo sentendo nominare gli dei della morte nel secondo nastro di Misa… e ancora deve arrivare il primo, di nastro, sempre se a questo punto arriverà…
Questi sono pensieri sterili, non devo rimettere in ballo le cose che avevo già stabilito! Avevo deciso che gli avrei parlato di tutto l’aspetto “sovrannaturale” solo a partire da “quel” momento! Perché solo allora lui potrà veramente sapere tutto! Ma ci arriverò mai a “quel” momento…?

Quelli sugli Shinigami erano pensieri sterili in quel momento, almeno dal punto di vista di Emma. Ma la mente a volte è portata a farne, è una cosa che avviene spesso in un naturale e libero flusso di coscienza.
Riaccese il cellulare.
Stranamente lo riaccese…
Telefonò a Misao e si organizzò per un pomeriggio di passeggiata e chiacchiere con i suoi amici…

“Quel” momento. E quale momento sarebbe? È sempre il “punto X”, il punto cardine che secondo Emma potrebbe essere decisivo per le indagini e per Elle, di cui vi parlai tempo fa e del quale non ho intenzione di parlare ancora, almeno per ora.
Io non so dirvi se Emma stia facendo la cosa corretta, scegliendo di tenere ancora per sé la faccenda degli Shinigami. Mi potreste dire che io conosco il “punto X” e che quindi sono avvantaggiato rispetto a voi nel giudicare le sue scelte. È vero. Posso solo ricordarvi che Emma è stata in grado di pianificare un progetto intricato e di interessare Elle. Posso aggiungere che ormai le cose si sono messe in un modo tale da far pensare che effettivamente tutto potrebbe cambiare rispetto alla trama che Emma conosce bene… Però, come ho già fatto molte altre volte, io aggiungerei che Elle è sempre Elle…
Quindi?
Quindi dovrò scomodarmi a mostrarvi una cosina che è successa un paio di mesi fa, quando ancora non avevo l’abitudine frequente di raccontarvi i miei scorrazzamenti in giro. Ve la dico per non lasciarvi troppo nella nebbia ad annaspare e perché, a modo mio, inizio ad abituarmi a voi.
Prendetela per quello che è e per la sua esiguità. Se non ne trarrete nulla, pazienza, limitatevi a tenerla a mente e non lamentatevi.


Emma era uscita da poco, accompagnata da Watari e diretta alla Todai, nella sua prima giornata da trascorrere sotto l’occhio e l’attenzione costante del grande detective del secolo.
Elle, rannicchiato sulla poltrona, accese il pc della sua “sorvegliata speciale” poggiato sul tavolino, affianco al proprio instancabile portatile bianco e ad una confezione di fine cioccolateria.
Sorseggiò un po’ di caffè tenendo la tazza in punta di dita.
Poi iniziò a smanettare sul computer di Emma, provvedendo contemporaneamente a fare un back-up completo dei dati che conteneva.
Mentre spulciava le cartelle una ad una, scartando a prima vista quelle inutili, diede un rapido sguardo al monitor del proprio I Bite. Il GPS del cellulare di Emma mostrava che lei e Watari erano quasi arrivati all’università. Così Elle alzò il volume degli altoparlanti. Da quel momento in poi non ci sarebbe più stato il sig. Wammy ad ascoltare le parole di quella giovane archeologa ed Elle ora doveva e poteva provare le sue intuizioni su di lei e voleva iniziare a conoscere “chi” Emma fosse veramente… così come lei mostrava spudoratamente di “conoscere” lui…
Perché Elle non avrebbe mai potuto essere da meno.
E subito dopo, col sottofondo dei piccoli rumori che provenivano dalla Rolls Royce in cui lei ancora si trovava, Elle individuò sul pc di Emma una cartella che lo interessò, lo incuriosì, solo dal titolo…
Death Note.
Protese il collo in avanti e si portò il pollice sul labbro superiore…
Probabilmente una cartella così denominata attirerebbe l’attenzione di chiunque, soprattutto se non si ha la possibilità di collegarla a nulla di conosciuto… il solo leggere “quaderno della morte” può essere inquietante…
Quella cartella era inserita però in un contesto tutt’altro che serio. Era insieme a tante foto, disegni, amenità, interessi e divertimenti della parte “giocosa” della vita di una ragazza di ventiquattro anni. C'era anche He...
Elle allungò la mano e prese un cioccolatino, lo avvicinò alle labbra e aprì la cartella.
…Dagli altoparlanti si sentì il rumore della portiera della Rolls Royce che si chiudeva. Emma era arrivata alla Todai…
E davanti agli occhi di Elle si definirono le piccole anteprime di cinque disegni… cinque disegni in stile manga...
Elle si avvicinò ancora di più allo schermo, tenendo il bonbon di cioccolata fermo davanti alle labbra…
…Emma salutò Misao che iniziò a parlare…
Lo sguardo di Elle cadde immediatamente sul disegno di se stesso… Perché era proprio lui quello rappresentato su quell’immagine…
Controllò immediatamente la cronologia di creazione del file…
E poi ci cliccò sopra.
Con lo sguardo concentrato fissò il proprio ritratto…
E subito da questo fece scorrere la successiva immagine della galleria ormai aperta.
Light Yagami = Kira.
Interessato allungò il collo e poi anche qui controllò rapido la cronologia.
Io sono Elle, così come Light è Kira... Come immaginavo, Emma… tu “conosci” anche lui come “conosci” me… E ti sei costruita delle prove tangibili e inoppugnabili da mostrarmi… Interessante…
…Emma e Misao continuavano a parlare in sottofondo. Ma non dicevano nulla che il grande detective non si fosse aspettato. Emma se la stava cavando omettendo e mentendo appena un po’…
Lo sguardo di Elle era sempre più intenso e attento al monitor.
Leccò il cioccolatino.
Continuò a scorrere la galleria.
Misa Amane = secondo Kira
Sollevò le sopracciglia e corrugò la fronte…
Buttò perplesso il cioccolatino in bocca…
Passò all’immagine successiva, masticando e fissando il monitor…
Ryuk = Shinigami di Light
Nello stesso istante Elle sgranò gli occhi, sporse il collo in modo sbilanciato in avanti e deglutì. Ma che...? Immediatamente iniziò a tossire convulsamente, la cioccolata gli era andata di traverso. Gli scossoni della tosse improvvisa destabilizzarono la sua posizione precaria e per non cadere fu costretto a mettere le mani avanti e poggiarle sul tavolo e a portare un piede a terra.
Continuò a tossire col capo chino.
Poi risollevò lo sguardo ancora sconvolto e si ritrovò a fissare di nuovo la lugubre e minacciosa figura di Ryuk spiattellata sul monitor…
Cosa vuoi dirmi, Emma? Dovrei prendere in considerazione anche questo?
Si ricompose e si riappollaiò sulla sedia. Ora poteva di nuovo ragionare…
“L, lo sai che gli Shinigami mangiano solo mele?”. Di nuovo. Due volte sono fin troppe. Light Yagami, Kira e gli dei della morte. Kira uccide a distanza conoscendo nome e volto. Non c’è nulla di universalmente e razionalmente conosciuto in questo operato. Il potere di uccidere. Un potere. Il potere di conoscere. Non il potere, la conoscenza. Emma “conosce” senza aver avuto alcun mezzo logico di “conoscere”. Sono due casi diversi. Tuttavia… Dovrei accettare che in entrambi ci sia qualcosa di sovrannaturale fino a questo punto?
… La voce di Misao si impose nel silenzio della suite di Elle «Sono contenta per te… Perché tu lo adori…»…

Elle ha continuato a ragionare naturalmente. Ma credo di potermi fermare qui. Escursione nel passato terminata.
E ora ritorniamo da Emma, alla domenica di Aprile in cui l’avevo lasciata.
Cos’è, vi danno fastidio questi continui spostamenti? Non è un mio problema. Ma sappiate che se non ci fossi io a definirvi queste cose, voi capireste molto meno di quello già state intuendo. Anzi, per la verità, se non ci fossi stato io, tutta questa vicenda non sarebbe mai esistita.


Alle sei meno un quarto Emma rientrò nella sua stanza. Ricordava che il video di Misa alla Sakura tv prevedeva per le sei l’esecuzione dei presentatori tv… e già da tempo tentava di ritornare per quell’ora o comunque di tenere accesa in quell’orario la piccola tv che avevano nel laboratorio da tempo. E ora che sapeva anche che Misa aveva spedito i nastri, la sua dedizione in quel senso era aumentata a dismisura. Sapeva che non avrebbe potuto fare nulla, tuttavia…
Non voleva perdere quel momento, voleva vedere quella scena terribile, voleva assistere alle eventuali differenze… Sempre che Elle non fosse intervenuto in qualche modo, cancellando completamente quell’evento dalla trama…
Accese.
Ma per quella domenica pomeriggio non morì nessun conduttore televisivo e ad Emma non restò che continuare a pensare e a chiedersi se Elle avesse visto il video con la sua confessione su Ukita...
Di notte, dopo aver visto anche un film in seconda serata ed aver chiacchierato a lungo con Viola su msn, Emma si alzò, andò a lavarsi e prepararsi per andarsene a dormire.
Si sfilò i pantaloni della tuta e rimase con indosso solo la deforme t-shirt con cui dormiva e che, nonostante le dimensioni, arrivava a coprirle solo in parte le lunghe e snelle gambe sopra il ginocchio, perché Emma era alta.
E mentre sollevava le coperte per intrufolarsi e accoccolarsi, per l’ennesima volta bussarono alla porta, riproducendo una situazione ed uno schema ormai noti e ripetuti in tante occasioni…
Emma sobbalzò.
Perché la situazione e lo schema erano noti e ripetuti, ma di certo mai privi di emozione, aspettativa e… sollievo…
E per l’ennesima volta lei andò ad aprire e, coperta dalla porta che tenne appena socchiusa, sbucò solo col capo per controllare chi fosse, se mai non si fosse trattato di lui… ma naturalmente, sempre per l’ennesima volta, si ritrovò il suo Ryuzaki davanti, con le mani in tasca, fermo davanti a lei, nel corridoio.
E allora aprì la porta completamente e tranquillamente «Hai visto il video di ieri notte…» gli disse subito con aria turbata e intimorita, senza neanche salutarlo. Sapeva che lui era lì per quello…
Elle la guardò da capo a piedi, non si scompose e non rispose.
«Mi hai visto centinaia di volte così. Non è che adesso improvvisamente mi faccio il problema di mostrarmi solo perché mi stai qui davanti.» disse Emma sorridendo e cambiando tono rispetto a prima, esplicitando ancora una volta il suo essere contraddittoria e apparentemente volubile negli atteggiamenti.
Elle entrò e, raggiungendo il salottino, le disse candidamente e con quel modo bambinesco e pensieroso «A ragionarci su, suppongo che in questi casi la realtà potrebbe essere, ad esempio, differente da un video… Sì, immagino proprio che sia così…» si voltò a guardarla in faccia, con gli occhioni innocenti di un bambino che avesse appena scoperto ed incamerato che, se si addentava una saponetta, si sarebbe rimasti delusi, nonostante il buonissimo profumo. Gli occhi di un bambino che impara.
Emma rimase spiazzata. Si divertiva a giocare, da sottile bugiardo, o era sincero?
«“A ragionarci su”…» parlò finalmente Emma, in piedi davanti ad Elle, ripetendo le sue parole «…Generalmente la gente normo-dotata non ragiona molto su queste cose… anzi, nella maggior parte dei casi, tende ad imparare poco, a pensare ancora meno, a ripetere spesso innumerevoli volte gli stessi identici errori o avventatezze, e sicuramente non ragiona affatto… Perlomeno a caldo…» commentò Emma le parole di Elle.
Lui si portò il pollice sul labbro e la guardò pensieroso, con la medesima espressione candida, poi parlò «Uhm. Temo che sia come dici tu. Anche per te è così?»
La spiazzò di nuovo «…Be’… Non sempre…» e abbassò lo sguardo, ma questa volta non lo fece perché voleva mentire, ma semplicemente perché la sua schiettezza poteva vacillare o comunque essere meno diretta «…Diciamo che anche io tendo a ragionare un po’ troppo su queste cose… ma a volte pure io, in effetti, agisco senza ragion…»
Si bloccò. Sentì i capelli di Elle che le sfiorarono la fronte… era rimasto fermo ma aveva proteso appena il busto verso di lei, mantenendo le mani in tasca.
Emma alzò immediatamente lo sguardo e incrociò quello intenso di lui che la fissava da vicino...
Un istante dopo lui posò delicatamente le labbra morbide sulle sue… e chiuse gli occhi…
Fu breve… brevissimo… Emma aveva continuato a scrutarlo, emozionata e spiazzata allo stesso tempo, anche nei brevissimi istanti di quel bacio fugace.
Lui si riallontanò poco dopo, continuando a tenere le mani in tasca e riprendendo a guardarla.
Emma era senza parole e non smetteva di fissarlo… Si portò le dita a sfiorarsi le labbra…
Ma cosa diavolo ha fatto? Un esperimento? Sono una cavia? Sta testando se stesso su queste cose con me?
«… Ok…» cominciò Emma «… era un esperimento?» gli chiese diretta.
«Uhm.» commentò lui «Effettivamente è vero che in questi frangenti tu stessa tendi a ragionare, invece di lasciarti andare come in genere fanno, a detta tua, le persone “normo-dotate” »
Elle aveva ragione, Emma stava ragionando… Ma forse sarebbe più corretto dire che si era fatta prendere dalle paranoie e dalle elucubrazioni sul significato di quel gesto di Ryuzaki, mettendo in ballo ciò che lei sapeva di lui…
«Comunque» riprese Elle con una tranquillità disarmante «quando mi hai aperto la porta, naturalmente ti ho osservata non perché la realtà sia diversa da un’immagine-video.» si voltò e si andò a sistemare sulla poltrona, come suo solito «In quel momento stavo solo ragionando sul tempo che adesso ci vuole per raggiungere la tua stanza. Quando ho lasciato la mia suite non sembrava tu stessi andando a dormire, ma eri ancora presa a chiacchierare con la tua amica.»
Discorso chiuso.
Se quel morso alla saponetta si fosse rivelato deludente o meno, se quella saponetta fosse stata amara o si fosse rivelata invece solo una gigantesca caramella dolcissima, Emma non poté saperlo, ovviamente.
Così lei lo raggiunse e si accomodò, come al solito «…Naturalmente non lasci cader nulla, eccetto ciò di cui non vuoi parlare… E non stento a credere che tu stessi ragionando sui tempi di percorrenza da una stanza all’altra. Come avresti potuto fare altro… Però…Vorresti forse dirmi che se avessi visto che stavo andando a dormire, magari non saresti venuto per non disturbarmi? Faticherei a crederti, onestamente, se così fosse…» chiese Emma provocatoria e mostrando con naturalezza la sua consueta conoscenza di Elle, scacciando in un angolo quello che era appena successo, di nuovo tendendo inconsciamente quel filo sottile di parole non dette che li legava in modo ambiguo e sempre...
«Ovviamente no. Anche perché comunque ti avrei “disturbata”, visto che stavi parlando con Viola.»
«Appunto.» annuì diretta Emma.
«E comunque, per rispondere alla tua domanda iniziale: sì, ho visto la registrazione della tua confessione di ieri notte.» all’improvviso serio… l’ altro Elle…
Emma sospirò e lui continuò «Hai cominciato a farti venire i sensi di colpa?» le disse in modo insensibile.
«… Come? No… è che… insomma, io non ce la facevo a tenermi questa cosa… Però adesso sono terrorizzata…»
Elle non la interruppe ed Emma proseguì «… insomma, la morte di Ukita sarebbe stata per te la prova che il secondo Kira può uccidere solo conoscendo il volto… ma io come posso decidere per la sua vita? Non so più cosa devo fare… Io ho un obiettivo preciso, che tu conosci…» e lo guardò intensamente negli occhi «ma adesso…» tentennò.
«Ma se il presunto “secondo Kira” apparirà, io saprò già che può uccidere solo grazie al volto. Me l’hai detto tu. E riguardo ad Ukita ho già preso le mie precauzioni proprio in base a quello che tu mi hai detto.» semplice e logico.
«Precauzioni… Sì ma… Se le cose cambieranno rispetto a ciò che so io, forse tu…»
«Morirò?» le chiese freddo e rilassato Elle.
«Forse… e se anche le cose continuassero ad avvenire come io so, tu potresti morire ugualmente all’ultimo, nonostante i miei sforzi, come è successo con Naomi Misora… Quindi la morte o meno di Ukita…» e si bloccò, disprezzandosi da sola per quello che aveva iniziato a dire…
Ed Elle proseguì per lei «Quindi la morte o meno di Ukita sarebbe una cartina da tornasole per vedere se si possono cambiare gli eventi oppure no. E se tuttavia essi potessero cambiare, i successivi potrebbero essere differenti da quelli che tu conosci proprio perché qualcosa è mutato a monte. Sono questi i tuoi timori Emma?» le chiese fluidamente ed in modo calmo.
Emma annuì, in parte sollevata ed in parte tentennante…
Ed Elle proseguì «Poi, sulla base di questo, hai iniziato a sentirti in colpa. Hai iniziato a sentire il peso della vita umana che poteva essere stroncata se tu non avessi fatto nulla e hai deciso di dirmelo.» fece una breve pausa «Perché vuoi che lo faccia io. Vuoi che sia io a decidere. Hai scaricato il peso di questa decisione su di me. È giusto?»
Era verissimo… però…
«…Forse volevo condividere una cosa che mi angosciava tremendamente… però sì… credo che tu abbia ragione… in un certo senso hai ragione… ma io non sono in grado di sostenere un peso così grande, non riesco a sostenere la responsabilità della vita delle persone…»
Elle come una lama si intromise nuovamente «Io invece sì. È esattamente questo quello che hai pensato, Emma. Io riesco a sostenere quel peso perché ho scelto questo nella mia vita, perché io sono Elle, sono freddo e cinico, e per me il fine giustifica i mezzi. Perché tu mi conosci. Sbaglio?» le chiese gelido, senza lasciarle il tempo di rispondere «Ma anche tu ci sei riuscita, Emma. E non te ne sei nemmeno accorta. Non sei così diversa da me.» la gelò.
«…Io? Ma…» tentennò, perché inconsciamente sentiva che lui la stava “spogliando” di nuovo su qualcosa che fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di ammettere…
«Sì, proprio tu Emma. Tu lo hai già fatto, hai già deciso della vita di molte persone. Tu vuoi salvare la vita di Elle. E hai costruito il tuo piano solo con questo obiettivo. L’hai fatto perché credi che la mia esistenza sia indispensabile a questo mondo e che io dovrei vivere per continuare a salvare vite umane dalla follia di Kira o dei criminali come lui in futuro. Quindi hai agito per l’umanità. Ed hai deciso che c’erano delle vite sacrificabili per questo fine più grande. In realtà avresti potuto architettare il tuo piano semplicemente per sconfiggere Kira, senza pensare alla fine che avrei fatto io, preoccupandoti solo di distruggere lui. Ma non l’hai fatto, perché per te la mia vita è importante. Ed il tuo piano è stato lungo, molto lungo. Ancora adesso non vuoi dirmi tutto e lasci che il tempo passi. E i criminali continuano a morire. Sono quasi cinque mesi che le loro esistenze sono mietute senza sosta. Anche adesso stanno morendo. Solo perché tu non li conosci e non sai nulla di loro, non vuol dire che non stiano morendo. Tu vuoi salvare me e ora ti sei svegliata per Ukita. E tutti gli altri?» la trafisse nel profondo dell’animo… «Anche tu sei cinica e distaccata, Emma, proprio come me, ma non te ne rendi conto.»
Fu il colpo di grazia, assestato con una calma ed un gelo sconvolgenti.
Emma si sentì sprofondare…
Era così tremendamente vero tutto quello che Ryuzaki le aveva tranquillamente detto…
Poi, lentamente, iniziò a pensare… «… È vero… non me ne sono resa conto… ma l’ho fatto perché non ho mai pensato di potere entrare in ballo in modo serio…cioè…io non posso battere Kira… insomma, sono una persona normale e tutta questa vicenda… be’ io l’ho sempre osservata in modo quasi distaccato… è difficile spiegartelo ora, però…» si irrigidì «Non ha senso dirti questo adesso. Ed io credo di dare l’impressione di non voler ammettere quello che mi hai detto e di voler arrampicarmi sugli specchi. Ma non è così» si era ripresa.
Elle la fissava.
Ed Emma proseguì «Però anche tu stai temporeggiando. Stai accettando i miei tempi. Lo stai facendo anche se potresti obbligarmi a parlare nei modi più impensabili. Ma dato che sai benissimo che non ho prove per dimostrare nulla di quello che ti dico sugli eventi futuri e che quindi non potresti comunque incastrare né Light né Misa, mi lasci fare. E questo dimostra che neppure su questo mio orribile e cinico comportamento mi stai giudicando. D’accordo, sono una schifosa “bastarda” anche io. Ma a te va bene così. Giusto?» lo incalzò.
Elle abbozzò un’espressione quasi soddisfatta «Mi va bene così. Mi va bene che tu stia temporeggiando perché, per il momento, non ho bisogno di sapere altro, perché so che non hai prove e soprattutto perché tu non hai ancora capito che non potrei commettere gli errori che tu temi io possa fare se sapessi di più. Te l’ho già detto. Ma lo capirai.» enigmatico come sempre.
Emma assottigliò lo sguardo. La conversazione era diventata interessante e lei ora poteva tastare un argomento che le premeva molto, qualcosa che avrebbe facilitato il suo piano a partire dal “punto X” in poi.
Quindi allontanò completamente le sue paure e le sue angosce e, come aveva fatto di fronte ai due energumeni del The old docks, riuscì ad affrontare quel momento in modo distaccato, almeno all’apparenza «La gente continua a morire, ma tu ed io stiamo aspettando di avere delle prove schiaccianti… Dici che per me e per te il fine giustifica i mezzi… Secondo questo ragionamento Kira potrebbe anche avere ragione…» lo provocò.
«Dove vuoi arrivare, Emma? Io non credo proprio che tu non sappia come la penso a riguardo. Arriva al punto senza perdere tempo. Cosa vuoi sapere di me e dei miei pensieri che ancora non sai?» ovvio che Elle non si facesse provocare scioccamente su nulla e intuisse subito il fulcro dei problemi.
Emma sorrise «D’accordo. Allora, se Kira sbaglia, ed io sono assolutamente convinta che sia un invasato criminale disumano in questo, perché tu accetti che lui possa essere giustiziato nel caso in cui tu lo riesca a catturare? Il giudizio di una pena capitale, la condanna a morte inflitta dalla giustizia accreditata e legalmente riconosciuta di uno stato sovrano, è diversa dall’operato di Kira?» concluse osservandolo seria e combattiva.
Elle rimase impassibile «No. La presenza di una giuria, di una difesa e di un regolare processo non rendono la pena di morte diversa dall’operato di Kira. Ma non è solo questa banale e scontata risposta che volevi avere.»
«Non è banale. Per molti non lo è… E allora perché hai annunciato in diretta tv che il giorno della condanna a morte di Kira era vicino?»
«Perché siamo in Giappone Emma. Perché Kira sarà giudicato qui, perché in questo Stato la pena di morte è legale e riconosciuta, perché io sono Elle, ma non è mio interesse cambiare il mondo secondo un ideale di Stato perfetto. Sono un detective, non uno statista o un rivoluzionario. Gareggio contro i criminali, ma non sono in prima linea per la salvaguardia dei diritti umani o per la pace nel mondo. Mi adeguo e sfrutto le realtà contingenti, giuste o sbagliate, in cui mi trovo a operare. Non potrei fare altrimenti, almeno su questo campo. Tuttavia...» e la osservò allora in modo vagamente provocatorio e beffardo, con l'impercettible fine, forse, di continuare a metterla alla prova...
Ed Emma proseguì al suo posto, poprio come lui aveva voluto «… Tuttavia, nel silenzio della tua stanza, senza striscioni o manifestazioni di popolo, senza istigare le folle, puoi dire di essere “Tu” la “giustizia”...»
Era così. Ed Emma in quel momento seppe che lui era veramente la Giustizia… la vera Giustizia… e che proprio per questo, forse, sarebbe riuscita a salvarlo…
«Tu invece vuoi cambiare il mondo Emma?» le chiese poi Ryuzaki, in un modo poco definibile, a metà tra il candido ed il provocatorio.
Lei sorrise «Non ne sarei in grado… Ma tu in parte puoi. Per questo devi vivere…»
La loro conversazione si chiuse così…
Quando Elle lasciò la stanza di Emma, lei arrivò lentamente nella camera da letto.
Spense la luce.
Si sedette sulle lenzuola.
E rimase immobile per parecchi interminabili minuti.
Poi iniziò a respirare quasi affannosamente…
Un nodo le arrivò a stringere la gola…
Inghiottì…
Cercò di trattenersi ancora…
Poi portò le mani a coprirsi il volto…
E iniziò a piangere sommessamente…
Scaricò tutta la sua angoscia, il suo orrore per ciò che Elle aveva messo in luce di se stessa, svuotò tutta la tensione che aveva accumulato cercando di acquisire la sua indole combattiva e diretta nel fronteggiare Elle e nel tentare di scoprire cosa lui pensasse riguardo quell’argomento che le premeva tanto…
E pianse…
… Sono un mostro…

Elle, già davanti al monitor, osservava Emma singhiozzare nella penombra della camera…
«Sei rigida anche tu nelle tue idee. Ma non sei così gelida come me. Non è necessario che tu lo sia.» disse sussurrando lapidario.
E poi si portò il dito indice a sfiorarsi le labbra…

Emma continuava a copiare l’inventario dei materiali sul computer.
La televisione muta era accesa e sintonizzata sulla Sakura tv. A Kei non era sembrato vero di ottemperare alla richiesta di Emma, vista la sua fame di notizie e gossip in generale.
Ma nessuno la stava guardando.
Il cellulare di Emma vibrò. Il promemoria era partito. Tutti i giorni alle 17:55 il promemoria scattava.
Lei lo spense. Si alzò con noncuranza, aprì la finestra e si accese una sigaretta, fissando lo schermo muto.
Né Kei né Misao ci fecero troppo caso.
E poi, dietro ai presentatori comparve il cuore alato di Kira…
Emma afferrò il telecomando ed alzò il volume…
«…ora manderemo in onda il messaggio di Kira…»
Kei sollevò di colpo lo sguardo allibito…
Erano le 17:59 di mercoledì 18 Aprile del 2007.
Elle non si era intromesso. Non aveva bloccato l’arrivo dei nastri all’emittente televisiva…




Seguirò anche stavolta il consiglio della mia Luara-pulcino e mi starò stizza riguardo le mie deliranti ansie ^_^
Perdonatemi la filippica sulla pena di morte, non so se effettivamente il personaggio L potrebbe pensarla così… e chiedo perdono per questo e qualunque altra cosa abbiate trovato discordante, scorretta, poco piacevole o poco chiara. Ma la questione della pena capitale era una cosa cui avevo già accennato tempo fa e dovevo ritornarci; in entrambi i casi l’ho inserita con un preciso fine che si svelerà poi. Lo steso fine di Emma suppongo ^^,
A proposito, so che non ce ne sarebbe bisogno, ma ci tengo a dirvi che in questi ultimi capitoli e nei prossimi, ogni dettaglio è determinate per l’intreccio della trama. Non che prima non fosse così, ma diciamo che ora questi dettagli sono aumentati e magari si potrebbe dimenticarli, tutto qui ;D
La volete conoscere una curiosità inquietante…? (forse è anche un po’ nerd come considerazione ;D)
Comunque, cercando sul calendario i giorni della settimana del 2007 per evitare di accorpare una data ad un giorno della settimana scorretto (sono maniacale, non badateci troppo), ho scoperto che quest’anno i giorni sono gli stessi del 2007, coincidono… Già è alquanto inquietante che io stia pubblicando per puro caso questo capitolo proprio oggi, in un momento in cui i tempi praticamente coincidono… insomma, domani sarà mercoledì 18 Aprile, così come lo fu nel 2007… Brrrrrr… Va be’, ma tanto la Sakura tv non esiste ^^,
Alla fine ho delirato lo stesso, non c’è speranza per me ^_^
Grazie a tutti!!! Vecchi e nuovi!!!
Qui di seguito un altro disegno di una di voi… Ma volete farmi piangere ogni volta?? *__*
Questa voglia di disegnare Emma o Emma ed L insieme mi riempie di gioia… sono onoratissima…
Si tratta del momento del bacio nella suite di Elle… Grazie infinite Hanny!!! È fantastico…

Eru


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Capitolo 28
*** 28. Sono Kira ***


UNA COSA IMPORTANTE: voglio precisare che i disegni che avete visto alla fine dei capitoli 26 e 27, così come anche alcuni di quelli inseriti nella scheda iniziale in stile DN 13, NON sono stati fatti da me. Io so soltanto lavorare con photoshop e realizzare collages vari. I suddetti disegni sono rispettivamente opera di Gaa-chan (che ora ha cambiato nick), di Hanny e di KiaraAma. Ci tengo a dirlo e spero che leggiate queste parole iniziali, perché ho potuto notare che a volte non leggete le mie note finali (e fate bene, perché sono deliranti!) però poi così magari pensate che i disegni li ho fatti io!!!
 
Vi lascio al capitolo nuovo.
Stavolta ho sforato di un giorno soltanto… ma è notte, come sempre...
Questa volta il capitolo è veramente molto diverso dal solito…
Buona lettura e grazie…
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

28. Sono Kira

 
“Sono Kira”
La voce gracchiante e stridente di un sonoro contraffatto e mal riuscito dominò il laboratorio.
Misao, Kei ed Emma rimasero muti.
Sembrava stessero anche evitando di respirare per paura di interrompere, sovrapporsi, non sentire bene o perdere qualche minuscolo passaggio di quello cui stavano assistendo e avrebbero assistito.
E fissavano lo schermo bianco della televisione, su cui campeggiava tremolante e disturbata la scritta in stile gotico, ad emulazione di quella di Elle: Kira.
Un filmino amatoriale.
Soltanto un filmino amatoriale come Emma ne aveva visti tanti…
Sì, un filmino come tanti, registrato su nastri vecchi e già consumati…
… Soltanto questo… “soltanto”…
“…Se questo video verrà trasmesso correttamente il 18 Aprile alle 17:59…”
 
Watari poggiò il piattino con la tazza di tè fumante sul basso tavolo davanti ad Elle, in barba agli altri agenti che anche erano seduti sui divani, ai lati del detective «…Ryuzaki, è stata mia premura eliminare dal database della polizia le fotografie degli agenti della squadra, così come mi avevi chiesto.»
Aizawa si limitò a corrugare la fronte…
Ukita, muto, sollevò appena le mani dai braccioli del divano e mostrò un’espressione vagamente stupita…
Matsuda invece, con un enorme punto interrogativo sulla faccia, si agitò «Ma cosa sta dicendo?!»
Erano le 17:50 del 18 Aprile.
«Grazie Watari.» disse Elle calmo, non degnando Matsuda di alcuno sguardo e tuffando lentamente le zollette di zucchero nella tazza, mentre Watari si allontanava.
«…Ryuzaki, cosa significa!?» continuò l’agente, che proseguiva palesemente a non capire, mentre gli altri due rimanevano in silenzio ed attendevano che Elle parlasse. Perché loro due, anche se non avevano capito il perché di quella mossa di Elle, aspettavano che lui parlasse. Perché la loro indole era più taciturna e forse perché avevano imparato qualcosa in più di quegli strani modi del detective, se non altro per abitudine e per il momento.
«Matsuda, si calmi.» rispose finalmente Elle, dopo aver sorseggiato in tutta tranquillità il suo tè in modo rumoroso «Ritengo sia prudente eliminare dalla circolazione le fotografie che vi ritraggono, dal momento che…»
«Ma ormai da tempo, sui database della polizia, noi compariamo per sicurezza già con altri nomi! Perché eliminare anche le foto? Io non capisco!» lo interruppe Matsuda.
Elle poggiò la tazza e lo osservò con sguardo annoiato e le palpebre superiori gli scesero un po’, trasformandogli gli occhi grandi in due buffe mezzelune in un’espressione quasi comica di rassegnazione e perplessità «…Mi faccia finire di parlare… Glielo stavo spiegando… Era ovvio che mi sarebbe toccato farlo.»
Matsuda portò la mano a grattarsi la testa con aria imbarazzata «…Ah, sì… certo…»
Elle ritornò al suo tè ed al suo sguardo serio «Dato che sembra che Kira possa accedere alle informazioni della polizia, ho voluto eliminare anche le foto per precauzione. Qualcuno, da quelle e tramite una qualche forma di indagine condotta in anonimato, potrebbe risalire al vostro vero nome. È necessario rimuovere ogni possibile rischio, anche il più remoto ed apparentemente difficile da scatenare.»
Ukita e Aizawa allora annuirono seri.
«…Ma secondo questo ragionamento Kira dovrebbe già sapere che siamo noi gli agenti impiegati nelle indagini… e poi da una semplice foto è praticamente impossibile risalire ad un nome…» riprese Matsuda con meno verve…
… L’intelligenza umana ha comunque dei limiti. Limiti “umani” per l’appunto, nonostante il quoziente intellettivo… la stupidità invece non ha veramente alcun limite… questa cosa è deprimente. Non potrebbe accadere il contrario?
«Matsuda» si intromise Aizawa «credo che Ryuzaki voglia intendere che non ci si può fidare di nessuno, neanche all’interno della polizia stessa, tra i nostri colleghi. Chiunque potrebbe vedere le nostre foto nel database, sapere o scoprire che quelli non sono i nostri veri nomi e collegare il tutto al fatto che siamo in incognita per il caso Kira e farselo scappare in qualche modo. Ed una “voce” del genere invece non deve circolare…»
«Esatto. Ad esempio potrebbe andare così come ha detto Aizawa» commentò Elle, facendosi poi cadere direttamente sulla lingua l’ultimo goccio di tè, tenendo la tazza sospesa e rovesciata all’altezza della bocca ed il mento completamente rivolto verso l’alto «…In generale il punto è che io per il mondo non esisto. Non c’è un nome rintracciabile e voi siete gli unici a conoscere la mia faccia. Ma per voi non può essere lo stesso, per ovvi motivi. Nel vostro caso “esiste” una vita nota e precedente al caso Kira, che non può essere cancellata, naturalmente, ma che può essere resa più difficile da individuare. Aggiungerei poi che il caso in questione presenta incognite piuttosto oscure e che il “potere” di Kira non ci è noto del tutto e che nulla può essere dato per scontato. Quindi vi invito ad andare in giro “in borghese” il più possibile, a non fare parola con nessuno del fatto che siete parte della squadra anti-Kira e a far sparire dalla circolazione tutte le vostre foto, eccetto quelle che portate sempre con voi.»
Matsuda aveva gli occhi sgranati, ma positivamente impressionati «Ryuzaki… Hai voluto proteggerci ancora di più, cercando di renderci come te… sarà fatto quello che ci chiedi! Grazie!» disse poi entusiasta e sinceramente grato.
Se la sono bevuta, naturalmente. Per sapere se queste precauzioni saranno sufficienti, posso solo aspettare…
 
Eh già… se la sono bevuta. Perché Elle non perde un colpo nemmeno quando mente e incastra motivazioni e ragionamenti per coprirne altri, che invece non può rivelare. Perché Elle è logico sempre.
Temo però di dover venire in vostro soccorso e di dovervi chiarire qualcosina. Ultimamente capita sempre più spesso, ma me la sono cercata, coinvolgendovi, e ora non posso tornare indietro. E se anche tornassi indietro, farei esattamente la stessa scelta. Eh eh eh!
Ricordavate per caso che nella storia che voi conoscete bene queste stesse precauzioni Elle le ha prese solo “dopo” che il secondo Kira era già apparso? Be’, se lo avevate dimenticato ora ve l’ho ricordato io. E ve l’ho ricordato solo per farvi rendere conto ancora una volta di come “questa” vicenda si stia distaccando da quella a voi nota. Impercettibilmente distaccando.
Insomma, in “questo” momento di “questa” vicenda, nessuno degli agenti e nessuno al mondo, eccetto Misa, Emma ed Elle, sa ancora che esiste un secondo Kira che può uccidere senza bisogno di conoscere il nome.
Perché, come sapete, le informazioni che la giovane archeologa ha fornito al detective del secolo, lui le ha tenute per sé, le ha tenute top-secret.
E quindi Elle, per giustificare la scelta di far sparire dalla circolazione le immagini dei suoi collaboratori senza il valido motivo dell’esistenza comprovata di un secondo Kira, ha elucubrato delle spiegazioni. È incredibile come riesca a ragionare in modo impeccabile anche quando sta giocando una “finta” partita…
Ho richiamato la vostra attenzione su questo particolare, per tenervi all’erta e perché in questo caso era utile farlo. Non vi aspettate che da ora in poi lo farò sempre, sarebbe una noia mortale per me.
Volete essere messi al corrente di tutti i cambiamenti, delle microscopiche differenze che magari ci saranno, delle scene che sono descritte solo sul manga e di quelle che compaiono diverse nell’anime?
Be’, se siete curiosi, alzatevi, raggiungete la vostra libreria, sfilate il volume o il dvd che vi serve e…
Riguardatevelo! Eh eh eh…
Ma andiamo avanti…

 
Ukita, con un foglio di appunti tra le mani, leggeva affrontando un altro degli argomenti della riunione «Ci sarebbe la questione Naomi Misora…»
E gli agenti si confrontarono sull’idea che fosse il caso di intraprendere delle indagini ufficialmente, mentre Elle rimaneva in silenzio e li ascoltava…
«Ryuzaki.» Watari richiamò l’attenzione del suo pupillo geniale, entrando nella stanza spingendo un carrello con un grosso televisore.
Elle allora, senza chiedere spiegazioni, prese il telecomando e accese la tv che era già nel salotto, affianco a quella che il signor Wammy aveva appena posizionato.
Gli agenti si guardarono perplessi…
Il grande detective si sintonizzò sulla Sakura TV.
Lui in parte già sapeva cosa stava per avvenire. Sapeva che Misa Amane aveva spedito qualcosa da Nagano e da Osaka, per fonte di Emma. E sapeva che questo qualcosa era stato spedito alla Sakura TV, per fonte di Watari che aveva svolto delle piccole indagini a riguardo.
Ma Elle non era andato oltre… Per scelta…
E non conosceva il contenuto del pacco che era giunto all’emittente televisiva…
Ma di cos’altro poteva trattarsi se non di videocassette?
Il silenzio e la mancanza di spiegazioni da parte di Watari ed Elle furono però scambiati dagli agenti come la consueta tacita comunicazione tra il detective ed il suo fedele braccio destro e non come il segreto mutismo su qualcosa che i poliziotti non potevano e non dovevano sapere.
Le informazioni che Emma aveva dato ad Elle erano sempre top-secret.
Lo speaker parlava…
“… e così ci troviamo costretti a trasmettere questa notizia, non solo perché siamo stati presi in ostaggio da Kira, ma anche in quanto…”
I tre agenti si alzarono sconvolti.
«Kira ha preso in ostaggio l’emittente televisiva!!» Aizawa.
«Ma cosa significa?!!» Matsuda.
«…» Ukita.
Mentre i giornalisti continuavano a parlare col cuore alato di Kira sullo sfondo, Watari accese anche l’altra televisione, quella appena posizionata, ed armeggiò con i cavetti del portatile di Ryuzaki, collegandoli allo schermo.
 “…Quattro giorni fa sono pervenute quattro videocassette…”
Elle rimaneva muto, immobile, e fissava lo schermo.
“… erano riportate la data e l’ora della morte di…”
Gli occhi di Elle erano impassibili e concentrati, le mani sulle ginocchia…
“…sono morti entrambi di arresto cardiaco…”
Le pupille nere enormi…
Kira… Alla Sakura TV… Anche senza le informazioni fornitemi da Emma, questo indizio, da solo, mi sarebbe stato sufficiente per intuire che questa mossa non ti apparteneva, Light.  Il secondo Kira… Mi aspettavo qualcosa del genere. Mi aspettavo che avrebbe voluto provare il suo “essere Kira”… E avevo ragione. La capacità di stabilire in anticipo le azioni e i tempi del decesso. Aveva già condannato a morte tutti, a partire dal momento in cui ha spedito quei nastri. Sarebbe stato perfettamente inutile bloccarli. Se anche questo filmato non fosse andato in onda, quei criminali sarebbero morti ugualmente. Perché lei aveva già deciso. Avevo ragione anche su questo.
“…sono le 17:59, ecco che parte il video…
Sono kira. Se questo video verrà trasmesso correttamente il 18 Aprile alle17:59…”
Sì. A giudicare dalla qualità del video, avrei certamente dedotto comunque che non si trattava del vero Kira…
Elle rimaneva immobile e teso e proseguiva a ragionare, come su due fronti, analizzando ciò che stava accadendo e contemporaneamente rimuginando su ciò che lui stesso avrebbe potuto dedurre in quello stesso momento se Emma non ci fosse stata…
E la voce continuava a parlare…
“… sintonizzarvi su Taiyo TV. Il conduttore Kazuhiko Hibima morirà di…”
Gli agenti sconvolti gridarono esclamazioni di sgomento.
Elle sgranò gli occhi «Watari, stacca il cavo del pc dal secondo schermo e metti subito Taiyo TV!»
Lo ordinò, in modo rapido e, questa volta, con allarme nella voce.
Perché questo non se lo era aspettato…
E sulla  Taiyo TV il primo presentatore innocente era accasciato sul banco.
E poi il secondo.
Sul canale 24.
Elle fissava lo schermo mordicchiando a denti serrati l’unghia del pollice.
Bastarda…
E non parlava…
«Cosa possiamo fare?!!! Non possiamo permettere che continui!!!!» urlò Matsuda.
Elle era irritato ma la sua voce uscì comunque calma «Non possiamo fare nulla. I presentatori sarebbero stati spacciati comunque, anche se questo video non fosse andato in onda.» disse serio, ma continuando a mordicchiarsi l’unghia… «Però possiamo impedire che Kira mandi il suo messaggio al mondo, come ha annunciato di voler fare.» e alzò lo sguardo su Watari, che subito gli porse il portatile.
Ed Elle iniziò a smanettare.
Matsuda nel frattempo era schizzato alle spalle del detective, verso il telefono, per chiamare la Sakura TV, seguito dagli altri due agenti increduli.
«Maledizione! Tutti gli uffici sono occupati!» Matsuda.
«Ho un amico che ci lavora, ma non mi risponde al cellulare!» Aizawa.
«Vado sul posto e li fermo io!!!» Ukita…
«Che nessuno osi spostarsi da questa stanza!!!» Elle…
Ci fu un gelo improvviso.
«Ma, Ryuzaki! Dobbiamo bloccare la trasmissione!» gridò Ukita.
Elle, con lo sguardo basso e fisso davanti a sé, parlò senza voltarsi «Ho detto che nessuno deve uscire di qui. Non sono stato abbastanza chiaro?! Watari, avvisa tutte le centrali di polizia che nessuno deve avvicinarsi alla sede della Sakura TV, nessuno!»
E riprese a smanettare sul suo pc, con le dita rapidissime, concentratissimo…
E nessuno ebbe il coraggio di contraddirlo…
“… Io odio il male e amo la giustizia…”
Le parole continuavano a scandirsi stridule nella stanza…
E poi…
“…Io voglio creare un mond-”
E con lo sfondo bianco la  L nera e netta campeggiò sullo schermo della televisione. Campeggiò al posto della scritta sgranata Kira.
 
«La L?! Che diavolo sta succedendo??!!» disse Kei con gli occhi allibiti e famelici.
«Elle! Elle! È stato Elle! Ha bloccato la diretta! Ma non lo capisci??!!! Si è intromesso!! E l’ha fregato!!!» gridò Emma entusiasta, eccitata e col sorriso sulle labbra, ma con ancora negli occhi l’ombra dello sgomento e dell’angoscia per quanto era avvenuto prima  «Adesso non ci faranno vedere più niente! Quel pazzo non potrà diffondere il suo “verbo” fasullo! Non me lo aspettavo, non me lo aspettavo!!! Metti la NHN!» continuò, sempre emozionata e con la voce tremante per le contraddittorie emozioni che si erano affastellate nella sua pancia in quegli ultimi minuti.
La famosa emittente nazionale stava mandando in onda la ripresa dall’ingresso dell’edificio della Sakura TV. Emma lo sapeva.
E attese. Attese a lungo… Finchè le immagini non furono tolte, perché non era accaduto nulla. Non era arrivato nessuno. Non un poliziotto, non una volante… Nulla…
Era cambiata. La trama era cambiata!
Emma iniziò a raccogliere le sue cose, rapidamente.
«Ma… che fai…?» gli chiese Misao, osservandola, ma ancora incredula e shockata per tutto ciò che aveva appena visto in televisione.
Emma arraffò la sua borsa, si legò la felpa intorno alla vita e con lo sciarpone di cotone tra le mani, si diresse verso la porta «Voglio andare da Ryuga! Tanto qui non sarà certo adesso che riusciremo a continuare a lavorare! Credo che il Giappone intero si sia paralizzato in questo momento e se finiremo un po’ prima del solito, non saremo i soli! Ci vediamo domani!» e sparì dietro la porta…
Misao e Kei si guardarono…
Poi Misao abbassò lo sguardo «È… è terribile… Kira… Aleggia sul mondo intero, sempre, anche se cerchiamo di non pensarci…aleggia qui, a Tokyo, in casa nostra! Quand’è che il mondo tornerà quello di prima?... ed Emma vuole stare con Ryuga… è normale…» e rialzò gli occhi neri su Kei…
«Vieni qui…» le disse lui dolcemente, osservandola serio...
Emma correva lungo il viale dell’università, con la sciarpa lunga svolazzante tra le dita.
So che lui adesso ha centinaia di cose da fare. So che non ho alcun modo di vederlo, nè di sapere cosa sia successo. Ma devo essere in albergo! Voglio stare lì! Proprio ora! Voglio stare lì! Nella mia stanza, nella Tower One dello stesso hotel di Elle!
Cosa succederà adesso?!!!

Emma continuava a correre, presa da tante emozioni diverse. Dall’ansia, dall’agitazione, dalla curiosità, dalla contentezza e dalla paura… Non sapeva bene nemmeno lei perché volesse tornare in albergo. Ma di certo in quel momento ragionare sui motivi era la cosa più inutile e soprattutto la più impossibile da fare…
 
Elle aveva troncato la diretta…
«Ma… ma come…?» farfugliò Matsuda fissando la L, la cui immagine da tempo aveva iniziato a diventare una sorta di simbolo a cui aggrapparsi, un emblema di sicurezza…
«Sono un hacker.» rispose secco Elle «Mi sono infiltrato nel sistema informatico della Sakura TV, l’ho crackato e l’ho isolato. Adesso non trasmetterà più. Ora possiamo sentire cos’altro abbia da dirci questo Kira…» toccò un tasto del portatile e sul monitor del suo pc, ma solo su quello, ricomparve il video con la scritta Kira e riecheggiarono le parole del nastro che fino a poco prima erano andate in onda in diretta nazionale e che ora invece erano alla mercè della sola squadra investigativa anti-Kira.
Watari ricollegò il cavetto all’altra televisione, come era stato predisposto fin dall’inizio, perché Elle aveva già previsto che forse sarebbe stato necessario troncare la diretta… Perché immaginava che si sarebbe potuto trovare nella condizione di dover bloccare la visione di ciò che c’era su quei nastri… E così il video fu visibile a tutti loro, sul grande schermo della televisione che aveva portato Watari. Mentre sull’altra continuava a campeggiare la L
“…Io ho il potere di creare un mondo abitato solo da persone di buon cuore. Non è forse giusto eliminare da questo mondo corrotto tutti coloro che sbagliano, fanno del male e provocano sofferenza? Io lo farò e tutti voi potrete goderne e gioirne. Alcuni di voi potranno farlo tra poco. Alle 18:05 moriranno dei criminali pregiudicati, delle persone che ne hanno fatte soffrire altre, uomini e donne che hanno attentato impunemente alla serena vita di altri, ladri senza scrupoli, malvagi privi di umanità, stalkers e maniaci persecutori impuniti, a cui io toglierò la possibilità di fare del male, per sempre. E voi sarete liberi dalle loro intenzioni…”
Togliere la possibilità diliberi dalle intenzioni”… Solo le “intenzioni”! Maniaci e persecutori impuniti! Dannazione!
Elle ruotò rapidamente la testa verso il datario del pc.
18:04.
«Ukita… Dov’è Ukita!?» disse deciso e risoluto.
Il minuto scattò mentre Elle si voltava.
18:05
«Ukita?! È qui diet…» rispose Matsuda girandosi… e si ritrovò davanti gli occhi sgranati del volto di Ukita, contorto dal dolore acuto e improvviso, trafitto da una lama in quel cuore giovane che aveva avuto il coraggio e la forza di unirsi alla lotta contro Kira… E al quale ora il coraggio non sarebbe servito più a nulla…
“…Sono morti. Perché io voglio costruire un mondo privo di crimini, tenendo sotto controllo il male…”
Aizawa e Matsuda gridarono all’unisono il nome di Ukita e gli corsero incontro stravolti. Lo sostennero mentre si accasciava e li fissava con gli occhi increduli… increduli, perché l’incredulità fu ciò che lo colse un attimo prima che quel suo sguardo diventasse vuoto… un attimo prima che anche la sua mente carica di interrogativi e di emozioni diventasse vuota… vuota e libera…
Elle rimase immobile a fissare la scena.
 
«Misa, perché hai voluto uccidere anche quel maniaco ed hai voluto inserirlo nella lista?» chiese Rem, mentre la idol osservava l’ingresso della Sakura TV.
«Ho pensato che devo stare attenta. Non voglio proprio essere preda di nessun maniaco. Da quando sono uscita su Eighteen, nel numero di Marzo, sono molto apprezzata e ricercata, sai? E ora posso difendermi. E poi era giusto che lui morisse. La penso come Kira!» rispose la giovane ragazza convinta…
«Ma facendolo così, in tv, potresti attirare l’attenzione della polizia su di te… Non sai dove vivesse quell’uomo, né chi fosse, né se dalle sue cose possa venir fuori qualcosa che lo ricolleghi a te…» aggiunse lo Shinigami con una leggera preoccupazione nella voce flemme e bassa.
«L’ho cercato sull’elenco telefonico, non abita vicino casa mia, quindi sicuramente è uno che mi segue con cattive intenzioni. Però proprio per questo ho ucciso altri pregiudicati e, qualche giorno fa, ho messo il suo nome on-line. L’hai visto anche tu che l’ho fatto, no? Su quel sito dove tutti possono anonimamente pubblicare i nomi e le foto di quelli che li perseguitano, di quelli che hanno commesso ingiustizie e dai quali hanno ricevuto torti impuniti, ma che sono incensurati, non pregiudicati, né indagati. Le persone lo fanno con la speranza che Kira si affacci da quelle parti e renda loro giustizia… quando la polizia non si cura delle loro denunce e delle loro parole.
Non di tutti ci sono anche le foto, perché a volte non sempre si ha modo di fotografare una persona e così alcuni hanno fatto dei ritratti-identikit. E l’ho fatto anch’io. Sono molto brava a disegnare, sai? Quindi ho preso qualcun altro di quei nomi corredato di foto e l’ho scritto sul quaderno insieme a quello del “mio” maniaco. Nella mischia si confonderà e non sapranno che pesci prendere.» Misa sorrise a Rem in modo complice.
«…Uhm… Ma un disegno, per quanto molto dettagliato e realistico, non è sufficiente e un possessore del quaderno non potrà comunque servirsene per poter uccidere…» Commentò lo Shinigami, preoccupato per la sua piccola umana decisa, prorompente e calcolatrice, a modo suo…
«Ma questo può saperlo solo Kira in persona.» e gli strizzò l’occhio.
Non era poi così sciocca.
Tuttavia il suo operato era dettato dal desiderio, dall’impulso… e da una certa aspirazione all’infantile spettacolarità…
Aveva deciso di rendere quel gesto plateale, aveva deciso di far morire i criminali e i presunti tali con una dichiarazione in televisione.
 
«Un’ambulanza! Chiamate un’ambulanza!» disse Matsuda con ancora Ukita tra le braccia, mentre Watari era già al telefono.
«È morto! È morto!» gridò Aizawa con l’ira e la disperazione nella voce «È stato Kira! Ma perché? Cosa c’entra Ukita con i maniaci ed i criminali cui ha accennato quel maledetto nel video!!!???» e si voltò sconvolto verso Elle «Ryuzaki! Perché hai chiesto di lui? Perché hai chiesto di Ukita dopo quella dichiarazione di Kira??!!» e lo attaccò verbalmente.
Watari cambiò canale, facendo sparire la Sakura TV con la sola L fissa sullo schermo. Ora sulla NHN stavano mandando la diretta dell’ingresso dell’emittente televisiva.
Elle non si muoveva e continuava a tenere quelle pupille scure sul corpo senza vita di uno dei suoi agenti…
E poi, lentamente si girò e iniziò di nuovo a fissare lo schermo su cui campeggiava la scritta Kira.
E di spalle, pacato e con un controllo spaventoso, disse «Aizawa. Come tutti voi, Ukita ha effettuato delle indagini. E come per quelle che anche voi svolgete individualmente, rendeva conto a me. Chiedo a ciascuno di voi di occuparsi di determinate cose e non necessariamente tutti devono sapere tutto, se questo tutto potrebbe non essere determinate. Ukita stava seguendo per mia richiesta alcuni indiziati.» … “alcuni”… «E di certo non sono stato io a vietargli di parlarvene.» … se questo fosse vero o meno, è difficile da stabilire, e ormai Ukita non avrebbe potuto raccontarlo… Cinico?... Ma per un fine più grande e più importante probabilmente… «Da tempo si occupava di queste indagini a carico di alcuni soggetti “passibili” di essere Kira, ma passibili solo in seconda analisi e per scrupolo. E soprattutto si trattava di individui da tenere sotto controllo anche perché potenziali emulatori di Kira. Ukita si era dedicato a questi pedinamenti e controlli nei tre mesi in cui le indagini sono state pressoché ferme. Ed ha smesso di occuparsene per mia stessa richiesta tempo fa, per le stesse motivazioni che mi hanno spinto a chiedervi di far sparire dalla circolazione le vostre foto, ma anche perché è stata necessaria la vostra piena presenza su altri fronti. Stava controllando gli individui che dalle mie ricerche risultavano sospetti o comunque da considerare. Quelli che, incrociando i vari dati, risultavano avere una serie di caratteristiche: parlo di coloro che hanno subito grosse perdite affettive a causa di un qualche criminale efferato nei mesi immediatamente precedenti la comparsa di Kira, ma ai quali la legge non era stata in grado di assicurare giustizia, con particolare interesse verso quelli che in questo senso avevano subito torti dalla Giustizia stessa e che erano stati iniquamente privati della possibilità di difendere la loro causa e di vedere il criminale in questione pagare per ciò che aveva fatto. Tra questi sono stati presi in considerazione in primo luogo i Giapponesi, considerando prioritaria la distinzione del Kanto e l’eventuale trasferimento a Tokyo in tempi recenti dei soggetti indicati, perché il fine era anche prevenire eventuali futuri emulatori; in secondo luogo solo quelli appartenenti ad una certa fascia di età, compresa tra i 17 ed i 20 anni. Tra questi ho scremato i casi più gravi e drammatici.»
… Il ritratto di Misa Amane…
Già. Ma Elle stava mentendo. Perché non stava parlando solo di Misa Amane. Perché naturalmente non era vero che Ukita aveva seguito e controllato un certo numero di persone. Lui aveva seguito solo lei…Ai suoi collaboratori Elle stava dicendo altro, stava costruendo ancora una volta per loro un’altra realtà verosimile e parallela. Rallentava le indagini? Perlomeno apertamente le rallentava?
Ryuzaki proseguì «Ukita ha seguito questi possibili indiziati per breve tempo e, seguendoli…»
Aizawa si alzò, lasciando solo a Matsuda il compito di sostenere il collega esanime «Mi stai dicendo che potrebbe essere stato scambiato per un “persecutore”? Mi stai dicendo che tra quei “soggetti” da lui controllati potrebbe esserci Kira?!» gli disse sempre agguerrito.
«Tra quelli c’è per forza Kira, Aizawa.» gli rispose freddo ed immobile Elle, sempre senza guardarlo.
Già, c’era per forza Kira. O Ukita non sarebbe morto.
Elle proseguì «Dobbiamo entrare in possesso di quei nastri, farli analizzare dalla scientifica e fare dei controlli incrociati con la lista di individui su cui ha indagato Ukita.»
Aizawa si avvicinò ad Elle «Tu… Tu hai permesso che Ukita si avvicinasse a Kira, ad un presunto Kira… Perché proprio Ukita, perché non io o Matsuda?» iniziava a scaldarsi.
«Non credo avrebbe fatto differenza.» di ghiaccio…
E Aizawa scattò allora verso di lui «Non fa differenza?!!! Tu te ne stai qui, seduto, e mandi in giro Ukita a morire, Ukita o chiunque altro di noi! Perché non gli hai fatto prendere precauzioni?»
«Non ho detto questo. Sto solo cercando di farla ragionare, Aizawa. Ukita avrebbe dovuto essere al sicuro. Cerchi di capire.» composto e col capo chino, sempre rivolto allo schermo…
«No che non capisco!» e Aizawa lo afferrò per le spalle, scuotendolo e continuando ad urlare «Ukita è morto! Saremmo potuti morire io o Matsuda, allo stesso modo, per te non c’è differenza! Per te noi siamo “niente”!»
«Le cose non stanno così… Aizawa, posso comprendere i suoi sentimenti…» Elle si afferrò le gambe sotto il ginocchio ed iniziò a stringerle convulsamente… «Ma cerchi di controllarsi. Le cose non stanno come lei sostiene. La morte di Ukita non avrebbe dovuto verificarsi… Lui “non” era “niente” e neppure lei lo è…» concluse Elle, come scosso da impercettibili fremiti incontrollabili…
E l’agente lo lasciò, stupito…
Ukita è morto. Come aveva detto lei… Chi altri deve morire Emma? Chi altri oltre a me?
Aizawa e Matsuda rimasero in silenzio di fronte a quella reazione del grande e gelido detective…
E lui, dopo un po’, riprese a parlare, ma sempre senza voltarsi verso di loro «Bisogna che andiate alla Sakura TV a recuperare i nastri e bisogna che voi ed io spariamo momentaneamente da questa stanza prima che arrivi l’ambulanza. Penserà a tutto Watari.»
I due agenti annuirono in mesto silenzio, distrutti da quello che era accaduto, in quell’atmosfera lugubre… e lentamente si diressero verso la porta…
«Vi farete ammazzare se ci andrete così. La NHN sta trasmettendo in diretta nazionale e non possiamo escludere che Kira sia lì, a osservare la scena… Quello che ha mandato le videocassette ed ha ucciso Ukita non è lo stesso Kira che conosciamo.»
Aizawa e Matsuda si fermarono e rimasero in silenzio ad ascoltare…
«A questo nuovo assassino è bastato vedere solo il volto di Ukita per ucciderlo. È un dettaglio fondamentale.»
Ed Elle proseguì, ordinando ai due agenti di indossare dei caschi e intimando loro una scorta di poliziotti bardati ed irriconoscibili.
Ukita era morto, così come aveva detto Emma.
Ed Elle aveva avuto la prova che tutto quello che lei aveva detto era vero. Tragicamente vero. Misa Amane era il secondo Kira e aveva un potere omicida immensamente superiore a quello di Light…
 
Vi è mancata Emma?
Chissà...
Be', immagino però che in questo caso fosse più interessante osservare la suite di controllo. O perlomeno per me è stato più interessante e divertente che starmi a sorbire tutte le varie paranoie di quella ragazza. E non venitemi a dire che sono un insensibile se definisco quello che è appena avvenuto lì dentro come un “divertimento”. Perché, per voi che cos’è stato, scusatemi? D’accordo, è venuto a mancare un agente. Ma a voi è veramente mai dispiaciuto così tanto per lui?
È solo una storia in fondo. Oppure no…?
Vi siete sentiti sballottati da una scena all'altra?
Pazienza. Io faccio comunque come mi pare.
Ma una sbirciatina ad Emma magari gliela posso dare.
Alla fine, in qualche modo, a me un po' è mancata.

 
Era sera inoltrata e nella stanza di Emma squillò il telefono.
Lei, tremante, raggiunse la cornetta e la sollevò, accostandola all’orecchio senza parlare. Aveva sperato tutto il tempo in un momento del genere, anche se era sicura che non ci sarebbe stato. E invece…
«Miss Emma. Mi scusi se la disturbo, ma Ryuzaki vorrebbe parlarle. La aspetta.»
«…Sì…Arrivo…» sussurrò lei.
Si precipitò per il corridoio, nell’ascensore, poi a passo spedito attraversò la hall della Tower One. Uscì fuori, nel piazzale, con dei larghi bermuda, una felpa gigante e le infradito indossate con i calzini, perché quello era il periodo dell’anno in cui iniziava ad abbandonare le scarpe da ginnastica “da casa” come pantofole.
Entrò nella hall della Tower Two, attese l’ascensore, che non arrivava mai…
«Che piano?» le chiese il ragazzo con il colletto dell’uniforme abbottonato stretto sotto il mento, quando le porte automatiche si aprirono davanti a lei.
«Piano attico.»
Rimase in silenzio e in imbarazzo, con un po’ di fiatone, fissando le pareti lucide della cabina.
E non appena le porte si aprirono sgusciò fuori, camminò con calma finchè non sentì che l'ascensore stava riscendendo e quindi rapidamente raggiunse la suite n. 13.
Fece un bel respiro e bussò.
«Salve Miss Emma, Ryuzaki la attende di là» e le indicò una porta in fondo.
Lei annuì, deglutendo.
Varcò la soglia.
Quella era la stanza di controllo…?
Sì…
E lui era lì…
La stanza era completamente illuminata…
Due televisori affiancati… Fogli sparsi a terra…
E lui era lì…
Era in piedi davanti alla finestra, a piedi nudi, e guardava Tokyo dall’alto, in silenzio, con le sue spalle grandi ma appese e all’apparenza fragili e con le mani appena poggiate nelle tasche.
Si voltò…
Fissò Emma con quegli occhi cerchiati e spenti… Troppo spenti…
E non le disse nulla…
Emma avanzò, senza parlare…
«Ukita è morto.»
Le disse soltanto questo.
Ed Emma si bloccò, al centro della stanza, continuando a fissarlo…

 
 


 

Non so quanto si possa apprezzare un capitolo così diverso... praticamente senza Emma…
Mi spiace…
Vi siete annoiati? :(
Posso soltanto dire che era per me indispensabile fare così e che io ho adorato scriverlo… Spero si capisca quello che si deve capire, che apprezziate almeno un po’ il mio sforzo di “cambiare” le cose, mantenendo gli stessi capisaldi dell’originale e che il risultato non sia proprio tutto da buttare… Spero non sia incomprensibile, che non risulti una telecronaca ripetitiva, mal arrangiata e poco avvincente...
Che altro dire? Che me ne vado a dormire… (perché se continuo qualcuno poi mi dice che inizio a delirare di brutto…^^,)
Vi ringrazio tantissimo!!!
Con il mio precedente capitolo c’è stato un boom di visite, recensioni e preferenze che non mi sarei e mai poi mai aspettata!!! *__*
E mi avete dato tanta forza da farmi scrivere questo capitolo in un giorno di festa, senza pensare alla stanchezza! Indipendentemente dal risultato, ovviamente, sappiate che ce l’ho messa tutta, che da ieri ho letto e riletto, incastrato e ragionato per riuscire a pubblicare adesso!
Perdonatemi per quello che ne è venuto fuori, qualunque sia la vostra opinione o critica...
Grazie sempre di cuore!!!
Alla prossima

 

Eru

 
 

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Capitolo 29
*** 29. La paura e le emozioni ***


Sono mortificata…
Ho ricominciato a lavorare con orari più lunghi (per fortuna!) e ho avuto meno tempo di quanto credessi…
Sono contentissima che il precedente capitolo sia stato apprezzato! Era inevitabile, per la trama prefissata di questa storia, spostare il punto di vista in modo più ampio e sapere che questo cambiamento è stato accettabile (se non addirittura preferito da alcuni) è molto importante! ^^,
Un’altra cosa: la copertina nuova che vedete è opera della tenerissima Eiji Niizuma. Nel prossimo capitolo ce ne sarà un’altra ancora, ulteriore opera spontanea di un’altra lettrice grandiosa ^^,
Siete veramente fantastiche tutte!!!
A questo punto quasi indirei un contest per le copertine! ^_^
Ma poi mi sentirei troppo importante… °_°
Comunque, quando avrò tempo, le inserirò tutte nei vari capitoli, magari usandole come stacco per distinguere i diversi blocchi della storia… tipo diverse "opening" di un anime! Grazie infinite… *__*
Aspettattevi un capitolo più soft e molto dialogato… Non poteva che essere così dopo il precedente e speriamo di non deludere eccessivamente le aspettative…
Buona lettura...

Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

29. La paura e le emozioni


(Dal cap. precedente)
E non appena le porte si aprirono sgusciò fuori, camminò con calma finché non sentì che l’ascensore stava riscendendo e quindi rapidamente raggiunse la suite n. 13.
Fece un bel respiro e bussò.
«Salve Miss Emma, Ryuzaki la attende di là» e Watari le indicò una porta in fondo.
Lei annuì, deglutendo.
Varcò la soglia.
Quella era la stanza di controllo…?
Sì…
E lui era lì…

La camera era completamente illuminata…
Due televisori affiancati… Fogli sparsi a terra…
E lui era lì…
Era in piedi davanti alla finestra, a piedi nudi, e guardava Tokyo dall’alto, in silenzio, con le sue spalle grandi ma appese e all’apparenza fragili e con le mani appena poggiate nelle tasche.
Si voltò…
Fissò Emma con quegli occhi cerchiati e spenti… Troppo spenti…
E non le disse nulla…
Emma avanzò, senza parlare…
«Ukita è morto.»
Le disse soltanto questo.
Ed Emma si bloccò, al centro della stanza, continuando a fissarlo…
Non riuscì a dire niente, non riuscì a ricollegare nessun avvenimento, non riuscì a ragionare su alcun dettaglio… Rimase semplicemente lì, ferma, a guardarlo fissa negli occhi…
Una ciocca di capelli le scivolò fluida e ribelle davanti al volto, sfuggendo dalla matita con cui aveva disordinatamente cercato di raccogliere la lunga chioma.
Lei la scostò, automaticamente, avvolgendola ancora intorno al bastoncino improvvisato.
E poi, lentamente, lo stupore iniziò a fare strada alla realtà.
Alla realtà temuta da tempo, alla rivelazione che non avrebbe voluto ricevere, alla verità che aveva creduto lontana e scongiurata, allo shock di un avvenimento che quasi credeva di aver potuto allontanare…
E la paura si insinuò piano, come una malevola infiltrazione d’acqua tra i mattoni di un muro già rovinosamente compromesso…
Perché la morte di Elle in quel momento divenne più possibile, più vicina e quasi inevitabile…
Ed Elle lesse quella paura negli occhi sgomenti di Emma.
Ed Emma lesse negli occhi spenti di Elle ciò che lui non aveva mai detto, ciò che lui non diceva, ciò che lui non avrebbe mai detto. Ciò che nessuno avrebbe mai saputo. Emma lesse ciò che lui avrebbe sempre tenuto rinchiuso dentro di sé. Sempre. Ciò che neanche Watari aveva e avrebbe mai sentito pronunciare da quelle labbra bianche, ciò che il signor Wammy riusciva solo ad intuire di quel giovane controverso, geniale, unico e probabilmente incapace di cambiare. Quel qualcosa era dentro di lui e lì sarebbe rimasto, accuratamente difeso da quelle spalle curve e rinchiuse, gelosamente custodito in quella postura che corazzava dal mondo quel giovane uomo dagli occhi neri e profondi, quell’esile genio inattaccabile sotto ogni punto di vista, solido e serrato in quel mucchietto nero appollaiato...
Elle, che si rannicchiava su se stesso, nella postura primordiale che tutti gli esseri viventi tendono a voler raggiungere istintivamente quando scossi, attaccati e feriti… si raggomitolava come qualunque essere umano sarebbe portato a fare per allontanarsi e difendersi da ciò che impaurisce, che aggredisce e che invade…
Il feto è quanto di più delicato esista al mondo e per questo si protegge, per autodifesa, inanellandosi in se stesso…
Elle, che però si racchiudeva in se stesso sempre, “per aumentare le sue capacità deduttive del 40%”… Elle, che lo faceva perché è molto più facile intuire e mettere a frutto la propria intelligenza quando ci si può sentire idealmente difesi dai colpi, dagli attacchi dell’esterno e dalle emozioni destabilizzanti cui essi spesso possono portare…
Quanto può essere difficile aprire il petto ed allargare le braccia al cielo, esponendo il proprio fragile corpo al mondo, apertamente e liberamente…
Elle non lo avrebbe mai fatto…
Ed Emma lo capì in quell’istante, mentre lui era in piedi davanti a lei e la guardava serio e stanco…
Sì, mentre era in piedi e non avvolto in se stesso su una qualunque poltrona di quella grande stanza…
E lo rivide seduto, rabbrividire al contatto di Aizawa. Lo rivide afferrarsi le ginocchia convulsamente nel tentativo di chiudersi ancora di più, nell’unico momento in cui quella posizione e la sua mente non gli avevano permesso di rimanere impassibile… Nell’unico momento di tutta quella storia in cui il grande detective aveva mostrato ai suoi fans che non era fatto di solo ghiaccio… Nell’unico momento impercettibile in cui, in sole tre meravigliose vignette, tutti avevano intravisto ciò che Elle racchiudeva dentro di sé e dietro il granito delle sue parole… Ciò che nessuno avrebbe mai più rivisto…
E anche se questa volta ed in questo mondo Emma non aveva assistito a quella scena, anche se lei non poteva sapere cosa fosse realmente successo in quella stanza di controllo, anche se lui non le avrebbe mai raccontato “quel suo” momento così diverso e strano, lei sentì e seppe che quel momento c’era stato…
E lasciò andare le proprie paure, le proprie angosce, i propri dubbi, che erano ciò che la bloccavano e che sono sempre e comunque ciò che più di ogni altra cosa impedisce di agire. Perché è ciò che riguarda se stessi, il “proprio”, che leva il coraggio…
E pensò solo a lui.
Pensò al suo Elle che non sarebbe mai cambiato, che mai avrebbe parlato e che mai lei avrebbe desiderato diverso da ciò che era.
E così, con la forza che sempre l’aveva contraddistinta in determinati momenti, continuando a tenere le braccia lungo i fianchi, strinse i pugni appena visibili dalle lunghe maniche di quella felpa gigante e fece un passo verso di lui, senza dire nulla.
E poi ne fece un altro, continuando a fissarlo seria, mantenendo quel silenzio meraviglioso, che non aveva bisogno di altro. Perché quel silenzio si addiceva ad Elle e ad Emma, che non aveva avuto bisogno di parole per capire, che mai ne avrebbe avuto bisogno e mai ne avrebbe richieste, come del resto mai aveva e avrebbe fatto lui…
Si fermò davanti a Ryuzaki, che continuava a fissarla, e alzò il mento per scrutarlo meglio in quegli occhi inespressivi che sembravano vuoti, passivi, annientati...
Emma. Decisa. Intensa. Salda.
Ed Elle era serio, calmo, e leggeva benissimo oltre lo sguardo di lei il cambiamento e tutta la sicurezza e la forza che ora albergavano in quella giovane donna “comune”.
Emma sorrise appena, dolcemente, senza disagio e senza parlare, portò l’indice davanti alle proprie labbra, intimando la prosecuzione del silenzio che nessuno dei due aveva intenzione di rompere.
Sciolse le dita serrate del suo pugno chiuso lungo il fianco e le accostò al bordo della maglietta di Elle e lo racchiuse in quel gesto che ormai riconoscevano e accettavano entrambi.
E lo tirò appena.
Fece un passo indietro, tendendo il cotone candido.
Poi voltò il capo e guardò la poltrona più vicina e ritornò subito dopo sugli occhi di Elle.
E lui capì. Naturalmente capì. E non si oppose, fece un passo, flemmatico.
E allora Emma continuando a tenerlo per la maglia si girò, gli diede le spalle e si diresse verso la poltrona, tirandolo dietro di sé.
E lui si lasciò trainare, seguendola in silenzio e camminando lento.
Poi, quando Emma fu giunta al bracciolo, lasciò la presa.
E solo allora si accorse, per un impercettibile istante, che Elle aveva tenuto il polsino logoro della sua felpa tra le sue dita, mentre lei di spalle lo aveva trascinato verso la sua amata poltrona. Se ne accorse solo quando lui lo ebbe lasciato, quel lembo largo e consumato. Se ne accorse quando lui lo ebbe lasciato e facendolo le sfiorò appena le dita con le sue…
E poi, Elle agilmente si appollaiò.
Emma lo aveva riportato lì.
Lo aveva condotto al luogo sicuro, abituale e scontato “di Elle”. Lo aveva accompagnato silenziosamente lì dove lui sarebbe stato più capace di difendersi e di fare qualunque cosa.
Lo aveva fatto senza dirgli niente, senza chiedergli altro, non pretendendo nulla, compiendo l'unica cosa che mai avrebbe potuto fare di fronte a quel "bambino" solo e insondabile, sentendo che in quel mometo mai lui avrebbe parlato, se non per dimostrarsi gelido e inaccessibile. E gli permise di essere se stesso.
E così, in questa maniera atipica, condivisero veramente quel momento. Lo condivisero alla maniera di Elle e di Emma, in silenzio.
Ryuzaki si portò il pollice sulle labbra e alzò il mento di lato, per guardare Emma che gli stava in piedi al fianco della poltrona, e con una faccetta infantile le disse «Noto che come sempre la tua paura ed il tuo vacillare riescono ad essere dominati.»
Adesso potevano parlare… E naturalmente i toni erano quelli di sempre...
Emma sorrise «Sì, più o meno.» e si spostò e si sedette a terra, a gambe incrociate, davanti al grande detective, libera di accettare il compromesso di parlare tranquillamente di sè, perchè di Elle non si sarebbe parlato «...Diciamo che la paura l’ho momentaneamente allontanata… tu stesso mi hai detto che anche io sono un’insensibile... E credo tu abbia ragione. Forse non riesco a tollerare questo mio aspetto, forse non riesco ad accettare questo mio lato in modo così gelido, ma credo di essere peggiore di te…» e gli sorrise quasi amaramente «…io sono più insensibile e distaccata di te. Io non voglio salvare il mondo da Kira. Io non voglio salvare le vite dei criminali sommariamente giustiziati da Light. Io non sto soffrendo per la morte di Ukita più di quanto non potrei farlo per qualunque persona non conosca. Io ho agito e continuo ad agire solo ed esclusivamente per salvare “te”.» come riuscisse a dirgli e ripetergli tranquillamente quelle cose di sé era nei misteri dell’indole di Emma… «E nella mia mente insensibile la morte di uno dei tuoi agenti è un evento terribile forse solo perché sembra confermare che i fatti più importanti non possano cambiare rispetto a quelli che io conosco. E tu hai avuto perfettamente ragione ancora una volta… Tu vuoi veramente catturare Kira. Io probabilmente voglio soltanto che tu viva. Perché Kira, alla fine, sarà comunque sconfitto…» deglutì, sempre senza paura.
Emma aveva pensato molto in quelle ore, sola nella sua stanza d’albergo. Aveva visto ciò che c’era dentro se stessa «…Ma forse è giusto così… Perché io non sono Elle. Io non posso cambiare il mondo. Io non sono un super eroe senza macchia. Io non sono la Giustizia. Io non ho un animo puro e non ho mai creduto di potermi trovare in una situazione come questa. È giusto che tu voglia combattere Kira con tutte le tue forze, perché tu sei il “detective del secolo”. Io sono una semplice ragazza e posso permettermi di avere obiettivi limitati… Io non dovrei nemmeno essere qui… Sono un’insensibile? Probabilmente lo sono. Diciamo che l’ho scoperto adesso, in questo mondo. Diciamo che sei stato tu a farmelo capire. Diciamo che, conoscendoti, non avresti potuto fare altro che buttarmi in faccia tutto quello che sono e sono stata e l’hai fatto perché io dovevo ritornare con i piedi per terra. Perché se voglio continuare ad affrontare tutto questo devo essere cosciente di cosa sono… Tuttavia…» e si fermò.
«Tuttavia non puoi fare a meno di essere spaventata da questo apparente “destino”» Elle completò la frase per lei, in modo asettico, senza giudizio, senza critica, senza minimamente mostrare di essere turbato per l’insensibilità di cui Emma si era accusata.
Ed Emma annuì… «Io non riesco a non pensarci… Si tratta di caso o destino? È così tremendamente inquietante che lui… che lui sia morto ugualmente, nonostante… Ma come, come è potuto accadere che… come è successo?»
«No. Sei tu che devi raccontarmi dettagliatamente la morte di Ukita così come tu la “conoscevi”. Devi dirmi esattamente ogni particolare.» serio adesso, tolse il pollice dalle labbra e poggiò la mani sulle ginocchia.
Ed Emma acconsentì e iniziò a raccontare, ma Elle la fermò «No. Dovrai farlo guardando questo video e dovrai evidenziarmi ogni differenza.»
Emma deglutì e volse lo sguardo verso il monitor del computer di Ryuzaki.
E il video partì…
“… e così ci troviamo costretti a trasmettere questa notizia, non solo perché siamo stati presi in ostaggio da Kira, ma anche in quanto…”
La visione fu interrotta soltanto da Watari che portò al detective il suo tè accompagnato dai pasticcini.
Ed Emma raccontò tutto, così come lo aveva sempre “conosciuto”. Disse di come sapeva che Ukita era morto, di come tutti lo avevano visto accasciato davanti alla sede della Sakura TV, grazie alla diretta della NHN.
E quando il video terminò, lei chiuse dicendo che l’esecuzione dei criminali e dei maniaci, quella delle 18:05, era qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo per lei. Glielo disse assottigliando lo sguardo, immaginando e temendo che fosse proprio quel dettaglio il fulcro della morte dell’ignaro agente…
Ed Elle le descrisse ciò che era accaduto, in modo impassibile, asettico e neutro…
«Lui… Lui è stato ucciso in questa stanza…davanti a voi…» e gli occhi grandi e grigi di Emma si spalancarono in un’espressione coinvolta, sinceramente ingenua e vera…
«L’ “insensibile” Emma ha appena dimostrato che basta raccontarle e renderla partecipe della “vera” morte di qualcuno e lei non è più così “insensibile”, pare.» le disse il grande detective in modo provocatorio, tuffando la prima zolletta di zucchero nella tazza.
Ormai la conosceva bene anche lui.
«Forse… Ma lasciamo perdere me…Quindi? Cosa deduci da tutto questo?» si fece avanti in lei la “fame” di soluzioni…
«Quindi pare che io potrei morire per davvero, a quanto dici.» imperturbabile lasciò cadere un’altra zolletta nella tazza. «È questo che ti interessa sapere, no? Non hai “lasciato perdere” te stessa, Emma. È sempre lì che continui a insistere, sul “destino”. Ma a me momentaneamente interessa altro…» prese un altro cubetto di zucchero, dopo averla bruciata di nuovo sul nascere. «Le prove, Emma. Mi interessano le prove vere, indipendentemente da quelle indiziarie che finora ho potuto raccogliere su Misa Amane grazie ai pedinamenti di Ukita e grazie al fatto che tu me l’hai segnalata.»
Emma assunse un’espressione concentrata…
Perché…? Cosa sta architettando? Se ha già delle prove, anche se solo indiziarie, perché non fa nulla? Certamente con quelle può già ottenere delle prove tangibili più utili… Ma non lo fa… È fantastico però che sia così… Io in fondo temo proprio che lui faccia qualcosa che possa modificare irreversibilmente gli eventi… E finora, nonostante i cambiamenti nella trama, stranamente tutto sembra proseguire senza che le mie informazioni ci siano state, tutto sembra seguire per grandi linee quello schema a me noto… Forse sono questi gli “errori” che lui mi ha detto che non commetterà e che io invece temo lui possa fare…? Ma cosa ha in mente?
«… Cosa stai architettando…?» disse quasi sottovoce, ricacciando le ansie personali in fondo, «…Ok, hai ragione come sempre. Queste sono le mie personali preoccupazioni… Quindi… Le prove vere le avrai. Potrai inchiodare Misa Amane con delle prove tangibili e la potrai trattenere.» e rispose precisa a ciò che lui le aveva domandato
«Perfetto.» Elle prese tra le dita la quinta zolletta di zucchero.
Emma pensierosa riportò lo sguardo sul monitor del pc, dove c’era il fermo immagine dell’inutile registrazione della diretta della NHN durante la quale Ukita “non” era morto…
«…Elle…» sussurrò Emma, rimuginando e continuando a fissare il monitor con l’immagine ferma dell’ingresso dell’emittente televisiva… e così richiamò l’attenzione di Ryuzaki su di sé, distogliendolo dal suo scrutare attentamente il quinto cubetto di zucchero da mettere nel tè.
«Elle… C’è una cosa forse importante che non avevo considerato… I criminali, i presentatori, Ukita… Loro sono morti ugualmente… Ma i due poliziotti no…» e si voltò per scrutarlo come in cerca di una risposta immediata, mentre vagava nell’incomprensione totale di quei fatti, di quelle due realtà simili, ma diverse, del significato che esse avevano e potevano avere.
Elle allora, alzando il mento, si buttò direttamente la zolletta sulla lingua, dall’alto, e iniziò a succhiarla rumorosamente «…Quali poliziotti?» le chiese curioso e interessato, riportando lo sguardo su di lei.
I due poliziotti uccisi davanti all’ingresso della Sakura TV, quei due agenti senza nome che nella versione di Emma erano giunti subito dopo la morte di Ukita e che Elle invece, in quel mondo, aveva inconsapevolmente salvato facendo mandare un comunicato alle centrali di polizia, inibendo chiunque dall’intervenire…
«… Non sono morti i poliziotti, ma sono morti altri presunti criminali insieme ad Ukita… Il numero di vite umane varia, i soggetti sono diversi… ci sono delle differenze…» così concluse Emma il suo racconto.
«Differenze… Ma sono importanti queste differenze?» disse Elle quasi pensando a voce alta, senza naturalmente avere l’intenzione di porre quella domanda difficile ad Emma… «…Comunque adesso ha poco valore questo discorso.» si portò il pollice sul labbro «Quand’è che dovrei morire precisamente?» le chiese candidamente all’improvviso.
Emma sgranò gli occhi, stupita «…quando? Ehm… È l’unica data che so…» si sentì a disagio nel dirgliela e tentennò un po’…
«Quindi?» la incalzò Elle spostando il labbro sopra gli incisivi e allargando gli occhi cerchiati…
«…Il 5 novembre…» rispose finalmente Emma…
Watari entrò nella stanza «Ryuzaki, sta salendo Soichiro Yagami.»
Elle inclinò il capo ingenuamente «Ah. È uscito dall’ospedale?! Ha una tempra non indifferente il nostro sovrintendente “senza macchia”. D’accordo, lo aspetterò qui. Accompagna Emma di là e falla uscire solo quando lui sarà qui con me.» disse Elle, gestendo come sempre la situazione in modo calmo e rilassato.
Emma annuì come una bambina e si alzò, senza dire nulla, eseguì gli “ordini”, dirigendosi verso il signor Wammy che la attendeva con la sua consueta gentilezza sulla soglia della porta.
«Ah. Aspetta un attimo, Emma.» la richiamò Elle impassibile.
Lei allora si voltò verso di lui e se lo ritrovò davanti, in piedi, curvo e annoiato. L’aveva raggiunta silenziosamente.
E di nuovo quella ciocca ribelle di capelli scivolò davanti al volto di Emma, velandole lo sguardo e sfiorandole le labbra…
Lui la osservò in modo strano e infantile, tenendo l’unghia del pollice appena poggiata sugli incisivi.
E avvicinò verso il viso di Emma le dita sottili dell’altra mano tenuta “appesa” pesantemente al polso.
Prese minuziosamente tra pollice e indice la punta della ciocca di capelli e la sollevò, muovendosi con accortezza, come stesse maneggiando un oggetto affilato e tagliente in ogni sua parte, ma con una gestualità buffa ed esagerata, come sempre risultavano i movimenti di Elle. Le scoprì di nuovo il viso e le labbra, come scostando una tenda fastidiosa toccandola appena.
Emma tirò appena su le spalle, irrigidendosi, e lo osservò seria, come una bambina che stia per assistere a qualcosa di nuovo…
Elle si tolse il pollice dalle labbra e continuando a tenere la ciocca nera sospesa lontano dal volto di Emma, come niente fosse, si chinò e la baciò di nuovo sulle labbra, sempre come si fosse trattato di un gioco, di un esperimento, di un desiderio infantile e poco definito…
E neanche stavolta Emma riuscì a chiudere gli occhi, anche perché pure stavolta fu un attimo soltanto.
Elle si scostò, lasciò ricadere i capelli di Emma nuovamente sul volto e si mise le mani in tasca, ritornando a quell’espressione apatica e annoiata «Il 5 novembre dici? C’è tempo allora. Sono certo che se ci fosse altro che io debba sapere troverai il modo di dirmelo. Buona notte Emma.»
«Tu… Tu… hai una faccia da poker!!» esclamò Emma esplicitando i suoi pensieri palesemente, portandosi la ciocca nera dietro l’orecchio.
«Faccia da poker?» Elle si portò le dita a grattarsi la nuca in modo ingenuo «Immagino che sia una cosa di cui tu fossi già a conoscenza. E comunque non è qualcosa di cui credo di essermi mai preoccupato. Pensi che dovrei iniziare adesso visto che morirò fra meno di sette mesi?»
E allora Emma si morse il labbro «… Ah sì…?» allungò il braccio, gli tirò la maglia e gli stampò prepotentemente un altro bacio sulle labbra, che non aveva proprio nulla di romantico, come del resto quello che le aveva appena dato Elle.
«E come la mettiamo adesso?» gli disse con un sorrisetto ironico, rendendo il gesto come si fosse trattato di un gioco.
Elle socchiuse la bocca in un’espressione stupita «Ma se fai così, potrei anche innamorarmi.» le disse sfiorandosi le labbra.
Ah no! Questa proprio no! Il deja-vu con quell’idiota di Misa proprio no!
Emma portò il dito indice davanti al volto di Ryuzaki con un buffo fare minaccioso «Non ci provare nemmeno. Sei un bugiardo di fama stratosferica! Smettila!»
E ad Elle uscì un’altra volta quel lievissimo sorrisetto soddisfatto.
«Uhm…Test superato Emma. Buona notte.» e si voltò, dinoccolato, flemme e assolutamente impassibile, negando ancora una volta tutto quello che aveva fatto, rimescolando le sue carte e non facendo capire assolutamente nulla alla povera Emma…

«Miss Emma.» esordì cordialmente Watari, precedendola nel corridoio della stanza senza voltarsi.
«Sì Watari, mi dica.»
«Ryuzaki mette alla prova costantemente tutti. Immagino tuttavia che possa non essere esattamente piacevole essere sotto osservazione in questo modo…» le disse senza guardarla. Watari aveva assistito a tutta la scena…
«Lo so. Non se ne deve preoccupare, né deve giustificare le sue azioni con me, come magari le viene naturale fare con gli altri. So di essere sotto un vetrino e lui sa che io so bene di esserlo, perché è questo che ho voluto... E lo sa anche lei, Watari.» disse schiettamente Emma.
«La sua schiettezza è sempre piacevolmente spiazzante Miss Emma. E mi risulta familiare… Dunque, credo che lei già sappia che Ryuzaki agisce e parla spesso senza filtro alcuno…»
«…Ed altrettante volte invece agisce con un filtro talmente spesso da sembrare un altro… Il tutto rimanendo coerente sempre, non alterando i suoi modi mai, né quando mente, né quando è sincero…» e così Emma completò il discorso iniziato dal Signor Wammy che, senza che lei potesse vederlo, abbozzò un sorriso dietro i baffi bianchi e signorili, un sorriso di approvazione e paterno compiacimento.
E poi Emma, sospirando, riprese con tono di voce più basso «…Il problema è capire quando il filtro c’è e quando non c’è… perlomeno su determinate questioni… e se il filtro c’è, mi piacerebbe capire qual è il fine che lo ha portato a indossare quella maschera… perché c’è sempre un fine…»
Watari sorrise di nuovo «Io credo che tutto dipenda dai dubbi e dalle paure che attanagliano lei, Miss Emma, in quelle “determinate questioni”. Emozioni che non le permettono di capire e di essere lucida. E forse è proprio questo il fine di Ryuzaki, farle comprendere tale aspetto. Ricordi che stiamo affrontando un caso epocale e non ci possiamo permettere di abbandonarci all’emotività. O magari questo è solo uno dei motivi che spinge Ryuzaki ad agire in un determinato modo…»
«…Credo che dovrò ragionare a lungo sulle sue parole…» rispose Emma in modo genuino.
«Già. Non ho dubbi che lo farà.» chiuse comprensivo il signor Wammy, con voce calda, aprendole la porta della stanza dove sarebbe rimasta relegata finché Soichiro Yagami non fosse arrivato.
«Grazie… Lei è favoloso… Io l’ho sempre stimata, nei suoi silenzi e nelle sue brevissime apparizioni…» e gli sorrise, accennando quell’inchino che ormai aveva iniziato ad acquisire come proprio gesto, quell’inchino di tiepido ringraziamento del paese del Sol Levante, dove ogni atto era posato, curato, armonioso e pieno di significati profondi e perduti in un passato millenario.

Dunque dunque dunque…
Potrebbe essere interessante a questo punto mostrarvi le menti in parallelo…
Direi di sì, ho iniziato a raccontarvi questa vicenda proprio perché avevo voglia di sbizzarrirmi senza canoni fissi, in libertà.
Quindi, iniziamo con Emma.


Non posso permettermi di abbandonarmi alle emozioni… Per questo avrei superato il “test”? Perché non mi sono sconvolta e “squagliata” più di tanto? Perché sono rimasta lucida? Ma… Accidenti! Mi tiene in pugno fino a questo punto? Si permette di mettermi alla prova anche su questo, senza mostrare il minimo imbarazzo? È così freddamente cosciente di quanto io sia coinvolta? Be’, per quanto abbia tentato di tenermi, non è che io mi sia poi così limitata, l’avrebbe capito anche un bambino… Però…
Ed ecco che sto facendo esattamente il contrario di quello che dovrei… Tutto questo non è importante!
Ciò che conta è… è…
In fondo un cambiamento c’è stato… I poliziotti non sono morti… Ma io non sapevo neanche chi fossero quei poliziotti! Loro non avevano grande importanza nella trama… Come del resto non ce l’hanno tutte le piccole differenze trascurabili che ho notato fin dall’inizio, dalla I bite in poi… Insomma, io non ho mai saputo come si chiamano i Mac nel mondo di Death Note! Sì, però…
Cosa significa tutto questo? Sono veramente nel mondo di Death Note? Una dimensione simile, ma con delle differenze… forse…
Oddio…
Naomi Misora è morta… Ukita è morto… Un esito così tragicamente sigillato e predetto… E io… Non posso cambiare proprio nulla!!! Elle! Il 5 novembre… Oh no… Morirai il 5 novembre? Cosa posso fare? Se tutto questo non portasse a nulla, se tutto questo ti uccidesse lo stesso… Io… Io… Io ora ti ho avuto davanti ai miei occhi… Ti ho sfiorato… Ho sentito il tuo profumo… Io non ho mai perso nessuno che mi fosse stato così vicino…
Light Yagami, io ti odio con tutta me stessa!!!!

«Miss Emma, mi scusi se entro così, ma ho bussato e non mi ha risposto nessuno…ora può tornare tranquillamente nella sua stanza.» le disse Watari.

Stava ragionando. Stava iniziando a carburare. Però si è persa dietro le sue paure, naturalmente, seguendo un flusso di coscienza poco coerente. E come non farlo con il pensiero della spada affilata che grava costantemente sospesa sul collo di Elle?!
Le emozioni giocano brutti scherzi.
Gli eventi possono cambiare veramente? Caso o destino? Voi che ne dite?
Io conosco la risposta, ma è superfluo dire che non vi rivelerò il vostro dilemma più grande. E comunque, anche se si trattasse di caso (e non pensiate che dicendovi questo io voglia in qualche modo suggerirvi che si tratti proprio di caso), non pensate che Elle rischi ugualmente, visto con chi ha a che fare? Non pensate che se gli eventi si distaccassero da quelli a voi noti Elle potrebbe comunque morire per altri motivi, per “caso”, indipendentemente dal destino?
Affondo il coltello nella piaga eh…?
Eh eh eh!
Come mi diverto!!!
Ma passiamo ad Elle.


Due poliziotti non sono morti. Emma li aveva dimenticati. Non erano importanti. Comparse. Le cose che contano per la “spettatrice” Emma non sono cambiate. Le cose che lei conosce possono verificarsi in modo diverso, si sono verificate in modo diverso. Quello che accade è un ibrido tra ciò che lei sa e ciò che avviene nella realtà. Un ibrido con destino? Il 5 novembre… Uhm… Non è una gran bella notizia.
Be’, per il momento i miei ragionamenti paralleli continuano a funzionare…

«Ryuzaki, è arrivato il Sovrintendente Yagami.» e Watari lasciò entrare il padre di Light.
Dopo una serie di convenevoli sulle sue condizioni di salute, che Elle buttò lì per cortesia e formalità, il Signor Yagami volle sapere tutto quello che era successo…
«… Quindi ora sarà necessario fare ricerche approfondite su quanti nella giornata di oggi siano morti di attacco cardiaco e non sarà semplice, dal momento che non si tratta di criminali noti, pregiudicati o latitanti. Tutta la squadra dovrà impegnarsi in questo e non dovrete farne parola con la polizia. Non ho intenzione di incappare in ulteriori fughe di notizie.» concluse Elle.
Il sovrintendente annuì serio.
Ed Elle proseguì «Come le ho già detto, siamo di fronte ad un altro Kira. Non mi stupirei se questo nuovo assassino avesse scelto i suoi “maniaci” anche tra le denunce on-line, sui siti web che inneggiano a Kira. Anzi sono sicuro che li abbia scelti da lì. Sarà necessario ricavare delle informazioni anche in questo senso, per poter incrociare i soggetti denunciati in rete con coloro che sono stati giustiziati oggi. Qualora dai nastri inviati alla Sakura TV la scientifica non riuscisse a ricavare nulla che possa inchiodare in modo specifico uno di quelli che erano stati seguiti da Ukita, dovremmo provare a trovare dei collegamenti tra questi ultimi e coloro che sono stati giustiziati oggi, e sperare che il nostro secondo Kira sia stato particolarmente stupido da inserire nella sua lista qualcun altro suo “nemico” o “persecutore”, oltre ad Ukita… Da domani ci inizieremo a muovere in questo senso. Ora vada a riposare, è stata una giornata intensa e lei non può permettersi di esagerare.»
I livelli di ragionamento di Elle e le piste che seguiva erano tre.
Il primo era quello più importante e prendeva in considerazione le informazioni di Emma e quindi la certezza che il secondo Kira fosse Misa Amane, nell’attesa di entrare in possesso di prove tangibili che immaginava sarebbero giunte dai nastri della Sakura TV.
Il secondo era quello che prevedeva di portare avanti le indagini fingendo di non essere a conoscenza dell’informazione basilare di cui sopra.
Col terzo ancora doveva calcolare le future mosse “false” da attuare con i poliziotti nel caso in cui le prove che Emma gli aveva detto sarebbero arrivate fossero state diverse da quelle che si aspettava.
Qual era il fine di queste mosse?

Il 23 Aprile Elle era sulla sua consueta poltrona, solo, e spulciava il suo fidato computer, con una tazza di tè vicino.
«Watari. Da oggi vorrei tu non fossi più qui, ma che impersonassi la parte di un secondo Elle in contatto con me, di cui nessuno conosca l’identità. Lo dirò tra poco anche agli agenti. Sono certo che, arrivato a questo punto, se non avessi saputo quello che so, avrei fatto questa mossa… Non avrei potuto evitarla.»
La voce e la risposta affermativa di Watari uscirono dalle casse del computer.
Ed Elle proseguì «Ufficialmente per gli agenti tu dovrai occuparti di confrontare le prove della scientifica con i presunti soggetti pedinati da Ukita. Quindi naturalmente in questo senso saremo liberi di dilatare a nostro piacimento i tempi di questi tuoi incroci fittizi finché non avremo in pugno quel qualcosa che ci permetterà di incastrare Misa Amane e che ci avrebbe permesso di incastrarla anche se Emma non ci fosse stata. A proposito, avvisala di non uscire dall’albergo, non si può rischiare, nonostante ci troviamo in due edifici distinti. Anzi no…» con un click del mouse fece comparire le immagini della stanza di Emma. Lei era ancora davanti al suo pc. Elle allungò le dita e iniziò a girare il cucchiaino nella tazza di te «Ci penserò io ad avvisarla.»
Aprì msn e rapidamente scrisse.

L scrive: Non devi uscire dall’albergo.

Elle vide Emma leggere e corrugare la fronte… e poi vide le sue dita posarsi sulla tastiera…

Emma scrive: Soichiro Yagami è uscito comunque dall’ospedale e quindi…

Elle sorrise nella solitudine della sua stanza. Era sempre sveglia. E sapeva anche quello, naturalmente.

L scrive: e quindi è arrivato il momento di far venire Light Yagami qui.
Emma scrive: perfetto.
L scrive: sì. Perfetto.


Sarà interessante vederlo formulare il messaggio di risposta al nostro secondo Kira…





Dunque.
So che la tensione scende. So che questo capitolo non sarà molto apprezzato da chi non ama le parti romantiche… Me ne dispiace… Abbiate pietà di me ^_^
So anche che al contrario potreste non gradire la parte con le “indagini”, chiamiamola così. Spero che essendoci entrambe, possiate apprezzare almeno il 50% di questo momento della storia… E mi auguro che i troppi dialoghi non siano esagerati...
Spero che sia tutto chiaro fin qui e che l’intreccio continui a filare decentemente lasciandovi la voglia di continuare :D
Ok, STOP al delirio!! ^_^
Il 15 Maggio avrò una prova importante, quindi potrò aggiornare solo dopo quella data, ma considerando che comunque non riesco mai a farlo prima dei 10 giorni, i tempi di attesa non dovrebbero variare poi molto…
Cosa posso dirvi ancora?
Non so assolutamente cosa sia successo, ma ultimamente l’aumento di interesse, commenti e preferenze verso questa mia storia mi lascia senza parole!!! Mi date una forza incredibile per proseguire senza stanchezza!!! *__*
Ed è l'una di notte anche stavolta infatti, in barba alla sveglia di domani mattina… °_°
Perché ho sempre così poco tempo????!!!! La scriverei tutta d’un fiato!!!
Grazie infinite di tutto… Mi scuso se non ho ancora risposto ad alcune recensioni, ma domani lo farò e non vedo l'ora, come sapete *_*

Eru

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Capitolo 30
*** 30. I giochi e le bugie di Elle ***


Non sono morta né malata…PERDONOOOOOOOOO!! Rimando alle note finali le spiegazioni…
La copertina è un altro bellissimo disegno di Hanny, che lentamente sta sfornando per me una locandina dopo l’altra!!! Ne metterò una all’inizio di ogni capitolo nuovo e poi, col tempo, le sposterò all’inizio dei capitoli passati per differenziare i diversi blocchi della storia, come le opening differenti degli anime *_*
Mi dileguo e non vi faccio attender oltre!
 
Grazie di essere qui e buona lettura… (solita ansia…)
 

Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

30. I giochi e le bugie di Elle

 
Aizawa, Matsuda e Soichiro Yagami sedevano come sempre sui divani, ai lati della poltrona di Elle. E lui, naturalmente, si serviva con calma il suo caffè «…di collaborare con lui non se ne parla nemmeno…e se dobbiamo scegliere tra la mia vita e quella del capo della polizia, è logico che la scelta ricada su di me.»
La polizia dal giorno precedente aveva comunicato che non avrebbe più collaborato alle indagini ed i leader di tutto il mondo avevano richiesto che Elle in persona si presentasse in televisione, così come reclamato dal secondo Kira, che nel video aveva ricattato il mondo.
Elle inforchettò con accuratezza la fragola che guarniva la fetta della sua torta, la portò alle labbra meticolosamente, iniziò a masticarla, gustandosela, e proseguì «…È naturale che io non sia esaltato da questa prospettiva, ma la cosa che mi scoccerebbe maggiormente sarebbe farmi ammazzare da questo secondo Kira invece che da Kira stesso…» ingoiò pensieroso e portò la forchetta a staccare un altro pezzo di torta, fissando davanti a sé, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
In realtà non era preoccupato della possibilità di dover apparire in TV.
Gli umori e le ansie di Emma si sarebbero moltiplicati all’inverosimile se quel rischio ci fosse stato veramente. Ed Elle ne era cinicamente cosciente. Lei era la sua prova, la sua conferma. Il 5 Novembre era lontano.
Gli agenti si guardarono senza commentare.
Li aveva già messi abbondantemente al corrente delle sue deduzioni circa la presenza di un secondo assassino con poteri superiori al Kira ormai noto.
Elle leccò la panna del brandello di torta che aveva appena staccato e teneva sospeso davanti alla bocca «…Quindi… veniamo al sodo. Dai nastri e le buste inviati alla Sakura TV la scientifica ha potuto reperire soltanto un’impronta digitale, peraltro piuttosto piccola.» e con la forchetta con ancora infilzato il pezzo di pan di Spagna indicò le bustine di plastica trasparenti contenenti le prove esaminate dal laboratorio e poggiate sul tavolo «Watari si sta già occupando, in modo poco ortodosso, di reperire le impronte di coloro che erano stati indagati da Ukita… Non è il caso che lo faccia nessun altro di voi.» trangugiò improvvisamente il pezzetto di torta «Ho però come la sensazione che questo non ci porterà a nulla.»
Solo poco prima che arrivassero gli agenti, Watari gli aveva comunicato che l’impronta non corrispondeva a quella di Misa Amane. Perché naturalmente già da qualche giorno il fedele ed accorto Wammy era riuscito, con un semplice stratagemma, a far toccare alla giovane modella un comune bicchiere di plastica, mentre lei civettava sul set affollato di una campagna pubblicitaria. Perché il grande detective naturalmente aveva voluto reperire l’impronta della idol da prima di ricevere le analisi della scientifica.
Non è questa la prova di cui mi parlava Emma. E se anche fosse stata combaciante, non avrei ancora potuto utilizzarla per incastrare apertamente la Amane… I finti dati dei presunti pedinamenti di Ukita sono comunque eventi “nuovi” rispetto alla vicenda che “conosce” Emma e, in quanto tali, devo fare in modo che non risultino determinanti.
A questo punto, con questa semplice impronta, se Emma non ci fosse stata, se non avessi potuto puntare gli occhi sulla idol e se quindi non avessi inventato la storia dei falsi pedinamenti di Ukita, mi sarei trovato con un pugno di mosche. Un’impronta. Non avrei avuto nessun presunto indiziato con cui confrontarla e di certo non avrei potuto controllare tutti gli abitanti del Kanto per trovarne il proprietario.  Un’impronta. Una prova inutile, da usare solo al momento eventuale della cattura dell’indiziato, cioè di Misa Amane. E solo allora avrei potuto appurare che non apparteneva neppure a lei. Una falsa pista.
Misa Amane, non è poi così poco accorta come avevo sospettato… Avventata ed incapace di emulare l’operato eccellente ed impeccabile del vero Kira,  ma non esageratamente sciocca, almeno per quello che concerne determinati incastri…

Elle continuava a mentire spudoratamente con gli agenti. Continuava ad attendere il momento opportuno per incastrare la giovane Misa e continuava a ragionare su più fronti contemporaneamente…
«Abbiamo sempre ritenuto che Kira non avrebbe mai lasciato impronte…» commentò Matsuda.
«Oppure che avrebbe usato quelle di qualcun altro…» aggiunse Aizawa.
«Già. Ma infatti non stiamo parlando dello stesso Kira.» proseguì Elle «Tuttavia, sebbene questo secondo Kira sembri più sprovveduto ed amatoriale, meno sveglio ed accorto del primo, sebbene non abbia il medesimo ideale di giustizia ed agisca con delle differenze di intenti ed una decisamente minore attenzione ai dettagli, dubito che anche lui sia stato così sciocco da aver lasciato le proprie impronte… Potremmo non ricavarne nulla. Quindi, riferitemi le novità delle vostre ricerche sul web.» e prese tra la punta delle dita il manico della tazza di caffè ancora fumante.
Aizawa aprì il blocco di appunti che aveva con sé e iniziò serio a riportare al detective le ultime informazioni.
Informazioni perfettamente inutili.
Elle li stava facendo lavorare a vuoto, li stava impegnando dietro qualcosa che non avrebbero mai trovato. E lo stava facendo scientemente…
E Aizawa iniziò «Ancora non abbiamo una lista definitiva di tutti i decessi per infarto avvenuti nel giorno e nel momento in cui è stato mandato in onda il nastro del secondo Kira. Ma fra quelli già individuati abbiamo in effetti potuto appurare un riscontro con alcuni nomi fra quelli pubblicati dalla gente comune nei siti web che inneggiano al “Dio del nuovo mondo”. Sembra proprio che il secondo Kira abbia attinto da quella folle banca-dati i nomi e le foto delle vittime incensurate dell’altro giorno, le vittime che hanno condiviso il destino di Ukita…» esattamente come aveva ipotizzato Elle «E la cosa incredibile è che anche Ukita compare in uno di quei siti, con il suo nome corretto…» Aizawa alzò il capo e fissò il grande detective che sorseggiava il suo caffè placidamente e poi proseguì «Oserei dire che non è detto che Ukita sia stato effettivamente “visto” dal nostro secondo Kira e che da lui sia stato scambiato per uno stalker e quindi ucciso per questo. Sembra che purtroppo chiunque avrebbe potuto vedere il suo nome ed il suo volto sul web…L’unica cosa che mi sfugge è chi potesse conoscere Ukita e chi potesse avercela tanto con lui da inserirlo sul web come maniaco da punire…»
Elle poggiò la tazza sul tavolo «Sul sito c’è anche una sua foto?» chiese con calma.
Aizawa scosse il capo in segno di diniego «C’è un disegno del suo volto, una specie di ritratto… E la cosa è strana…»
Elle si portò il pollice sul labbro «Uhm. Ne deduco che gli altri soggetti giustiziati reperiti dal web fossero lì presenti con delle foto e non con dei semplici disegni.»
Aizawa annuì «Abbiamo pensato che forse non è necessario immaginare la presenza di un secondo Kira cui basti conoscere il volto delle vittime, visto che su internet si trova il nome esatto di Ukita… Ho anche creduto che Kira possa uccidere pure tramite la visione di un semplice ritratto del soggetto…»
Elle tolse il dito dalle labbra «Direi di no. Direi anzi che questa informazione avvalora la mia tesi che il secondo Kira non sia poi così stupido.»
Gli agenti si guardarono, vagamente dubbiosi.
«Uhm. Aizawa, mi passi un foglio del suo blocco e la matita per favore.» chiese Ryuzaki pacatamente.
Quando ebbe ottenuto ciò che voleva, tracciò una linea verticale che divise il foglio a metà e iniziò a spiegare, tenendo la matita delicatamente al bordo «Lei sta formulando una tesi sulla base di ipotesi con molti punti deboli.» e sulla metà sinistra del foglio scrisse tesi X, che era quella appena formulata da Aizawa «Lei ritiene che Ukita sia stato ucciso dal vero Kira, perché il suo nome ed il suo volto sono spiattellati sul web alla mercè di tutti.» e scrisse sul foglio, sempre sulla colonna a sinistra, 1. Ukita sul web = assassinio del vero Kira. Poi da lì fece una grossa parentesi graffa aperta sulla colonna destra del foglio, che intitolò Tesi Y, che non sarebbe stata altro che la tesi di Elle. «In primo luogo, Aizawa, lei in questo modo non considera tutte le sensibili e lampanti differenze che intercorrono tra le azioni compiute da colui che ha spedito i nastri e l’operato del primo Kira, differenze di cui abbiamo ampiamente discusso poco fa e che mi hanno portato a ritenere che esista un secondo Kira.» e come primo punto sulla colonna destra e dentro la parentesi graffa scrisse a) differenze operato/intenti = secondo Kira
«In secondo luogo possiamo essere praticamente certi che non ci sia nulla nella vita e nei trascorsi di Ukita che possa farci ritenere che qualcuno lo abbia preso di mira in quanto stalker/maniaco, eccetto naturalmente uno di quelli che Ukita ha seguito per mia stessa richiesta e che infatti già stiamo facendo controllare.» e incolonnò, sempre sul lato Tesi Y e sempre dentro la graffa, la sua seconda argomentazione contraria: b) Ukita: persona onesta e senza ombre «se Ukita avesse avuto “ombre” di qualche genere non sarebbe mai entrato nella squadra anti-kira e sono sicuro che tutti voi lo ritenevate una persona integerrima.» e naturalmente nessuno obiettò.
Stava distruggendo con lentezza, acume e pazienza le ipotesi e le deduzioni incerte degli agenti, aggiungendo anche qualcosa che li colpiva sul personale, cogliendoli sul vivo della loro stima per il collega deceduto.
«In terzo luogo, se anche non volessimo considerare le mie due precedenti obiezioni, ritengo che la coincidenza che sia stato scelto proprio Ukita, nel mucchio delle centinaia di nomi che compaiono sui siti-web che inneggiano a Kira, che sia stato scelto proprio un agente appartenente al nucleo anti-Kira sia una coincidenza a dir poco sconvolgente ed esagerata. E sono tendenzialmente scettico riguardo questo genere di casualità.» e aggiunse l’ultima argomentazione c) coincidenza esagerata.
«Ritengo quindi che la sua prima ipotesi abbia delle basi poco solide» e sbarrò sul lato sinistro la prima ipotesi della tesi X.
Il silenzio degli agenti fu alquanto indicativo, come sempre…
Ed Elle proseguì.
«Veniamo alla sua seconda ipotesi, quella secondo la quale Kira sarebbe in grado di uccidere anche semplicemente grazie ad un disegno del volto del soggetto da giustiziare» e sotto la prima ipotesi appena sbarrata scrisse: 2. Potere di uccidere anche tramite un disegno del volto; e fece un’altra parentesi graffa che da lì si apriva verso il lato destro del foglio «Innanzi tutto le tre precedenti mie argomentazioni dovrebbero già annullare anche questa ipotesi, dal momento che dimostrano che Ukita “non” è stato ucciso perché il suo nome era sul web, ma per altre vie e quindi annullano ogni considerazione a riguardo.» e scrisse sotto la colonna delle sue argomentazioni a) Argomentazioni contrarie della precedente ipotesi. «Tuttavia c’è un secondo punto interessante che conferma il tutto e che dà spunto per ulteriori informazioni. Il caso di Ukita sarebbe, a quanto pare, l’unico a dimostrarci che Kira o il secondo Kira siano in grado di uccidere anche tramite un comune disegno del volto della vittima. Per averne la certezza potremmo controllare gli eventuali altri soggetti i cui volti sul web sono stati inseriti solo tramite disegni e verificare se siano stati effettivamente giustiziati da Kira. Ma ne dubito, visto che finora lo stesso vero Kira non ha mai potuto giustiziare i criminali di cui la stessa polizia aveva fornito solo identikit approssimativi. Ukita sarebbe il primo ed unico caso e l’ “unità” non è statisticamente valida, se non come eccezione da considerare per l’appunto sotto un altro punto di vista.» sbarrò dunque anche la seconda ipotesi traballante di Aizawa e aggiunse il secondo della propria a riguardo b) Ukita unico caso con disegno.
«In conclusione direi che il nostro secondo Kira l’abbia fatto apposta. Immagino abbia notato che Ukita lo seguisse, che perciò lo abbia visto in volto e abbia deciso di ucciderlo, così come ho già detto. Immagino che l’abbia voluto uccider platealmente per un’indole di spettacolarità, che avevo già ipotizzato per la semplice mossa dei nastri inviati in TV. La faccenda del disegno è successiva. Evidentemente il secondo Kira ha voluto camuffare quell’omicidio dettato da fini quasi personali, lo ha voluto inserire nella mischia di altri simili, per non dargli risalto e quindi per non fornirci un indizio che potesse ricollegare a lui. Ma, non avendo potuto fare una foto ad Ukita, si è limitato a disegnarne i tratti del suo volto, come anche altri hanno fatto, e li ha postati sul web. Diciamo che non ha pensato che avremmo potuto confrontare i dati trascorsi ed incrociarne altri per verificare che non c’erano precedenti sulla possibilità che sia sufficiente un disegno del volto per permettere a Kira di uccidere.

  

Torniamo quindi alle mie affermazioni iniziali: il secondo Kira non è così stupido e probabilmente un comune disegno appena accennato non basta a Kira per uccidere.
Aggiungerei anche che il nostro secondo giustiziere non aveva nessuna intenzione di farci capire che per uccidere gli bastasse conoscere il volto, altrimenti non avrebbe inserito nel web anche il nome corretto di Ukita, di cui è venuto a conoscenza non sappiamo in che modo…» e portò di nuovo il pollice sul labbro, con un atteggiamento più concentrato… Mentre gli agenti rimanevano senza parole, ancora una volta…
Matsuda si portò la mano a grattare la testa «Ehm… Forse dovrei dare un’ occhiata più attenta a quel foglio…» e allungò la mano verso di esso, per avvicinarselo, e iniziò a rileggere gli appunti schematici di Elle, che continuava a rimanere in silenzio e a rimuginare…
Misa Amane. Conosceva il vero nome di Ukita. Uccide solo conoscendo il volto. Non è corretto. È più corretto affermare che le basti il volto per conoscere il nome… Il nome rimane comunque fondamentale per uccidere. Emma ha detto: “a Kira basta scrivere il nome per uccidere”. Lo stesso quindi vale per il secondo Kira. Stesso mezzo e stesso modus operandi con un “potere” aggiunto nel caso di Misa Amane. Interessante.
Questa deduzione, questo semplice dettaglio, questo apparentemente sciocco passaggio che potrebbe passare inosservato, era invece molto importante. Elle, secondo la storia nota ad Emma, aveva potuto capire solo molto tempo dopo che la necessità di conoscere il nome fosse fondamentale comunque per il modo di uccidere di Kira e di tutti i possessori di un quaderno.
Il potere superiore di Misa Amane era collegato alla capacità di conoscere il nome semplicemente osservando il volto della futura vittima. Il nome, le lettere che lo componevano disposte una dietro l'altra, il poterle scrivere da qualche parte, questi erano gli elementi cardine della questione che ora invece Elle si era ritrovato a intuire molto prima, grazie agli elementi in più di cui era in possesso, grazie quindi ad Emma...
Dunque, riguardo invece i miei ragionamenti paralleli…
«Yagami… Le dispiacerebbe se chiedessi a suo figlio di prendere parte alle indagini appena può?» esordì Elle come niente fosse.
Il padre di Light, perplesso e speranzoso, domandò a Ryuzaki se avesse per caso finalmente cancellato i suoi sospetti sul figlio esemplare e prediletto…
«No. Non ho detto assolutamente nulla del genere.» rispose Elle tranquillamente.
Soichiro Yagami mutò espressione, si irrigidì, incredulo.
Il detective proseguì «Le capacità deduttive di Light potrebbero esserci di grande aiuto.» e sarebbe veramente interessante vedere i suoi comportamenti e la sua supponibile capacità di mentire e fingere… chissà come tenterà di mandarmi fuori strada… «Ed intendo osservarlo da vicino in modo attento. Sa bene che suo figlio è ancora l’indiziato numero uno, credevo se ne fosse fatto una ragione.» E, ora più che mai, quelle parole pronunciate con una tranquillità disarmante erano taglienti, perché adesso, grazie ad Emma, il grande detective non aveva più solo un sospetto. Elle adesso “sapeva” che Light era Kira.
Il sovrintendente Yagami era sempre più teso, ma continuava a tacere, composto.
«Tuttavia devo chiedere a tutti voi di nascondergli la morte di Ukita. Basterà omettere la sua presenza fin dall’inizio. Mostreremo a Light i nastri inviati alla Sakura TV e vedremo se dedurrà l’esistenza di un secondo Kira, così come ho fatto io. Nel caso non dovesse arrivarci da solo glielo diremo noi. Ma non dovremo mai minimamente accennare alla tragica esecuzione di Ukita. Mai.»
Soichiro Yagami, contrariato, sbottò «Ma perché?! Cosa c’è ancora che ti fa sospettare in questo modo inesorabile di mio figlio?»
Matsuda si unì alla protesta «È vero, perché? E che senso ha farlo collaborare se non avrà tutti gli elementi per poter analizzare la situazione globalmente? A me sembra che dalla sorveglianza delle telecamere non abbiamo potuto provare nulla sulla sua colpevolezza, anzi, semmai si è dimostrato il contrario!!»
Aizawa si intromise «Ma è anche vero che non possiamo sapere cosa Light abbia fatto mentre non era in casa e quindi quando le telecamere non lo potevano sorvegliare… Tuttavia trovo che i modi di Ryuzaki siano esageratamente crudi. Stiamo parlando del figlio di un nostro collega, c’è modo e modo di affrontare tale questione davanti a un padre.» e fissò deciso Elle negli occhi scuri e imperturbabili.
Ed Elle, senza scomporsi minimamente, iniziò «Aizawa, credo che lei sia un buon agente e non considero né giudico i suoi modi diretti, non mi interessano.» ricambiò lo sguardo con intensità, rendendo il colpo, facendogli intendere che aveva fatto considerazioni su qualcosa che in quel momento aveva poca importanza e che per lui probabilmente non aveva importanza mai.  
Aizawa accusò in silenzio e comprese, ma poi riprese «D’accordo. Tuttavia non ci hai ancora spiegato i motivi che ti portano a voler nascondere a Light la morte di Ukita, credo che dovremmo conoscerli.»
«Parlargli della morte di Ukita comporterebbe la rivelazione che abbiamo altri indiziati tra le mani.» rispose lapidario Elle.
«…E perché mio figlio non dovrebbe saperlo…?» domandò di nuovo Soichiro Yagami.
Il padre di Light non riusciva proprio ad accettare il fatto che non avrebbero “mai” dovuto parlargli della morte di Ukita. Era la categoricità dell’imposizione che lo lasciava basito. Intuiva dietro quella scelta inopinabile che Elle non avrebbe mai cambiato idea su Light, che i suoi sospetti non sarebbero mai scomparsi… E non si capacitava di come Elle potesse ritenere che il suo primogenito perfetto potesse essere l’assassino senza scrupoli che terrorizzava il mondo…
«Signor Yagami, credo sia meglio che suo figlio non sia a conoscenza di nessuno dei nomi fra gli indiziati, come del resto non ne siete a conoscenza voi. Non possiamo rischiare che entri in contatto con nessuno di loro, visto cosa è successo ad Ukita. Light ha un senso della giustizia molto spiccato, a quanto pare, e non ho intenzione di correre il pericolo che magari provi ad indagare da solo. Le ricordo che suo figlio potrà essere meno sotto copertura di voi, non è un agente.» e gli fece quasi credere di volerlo difendere, di agire per la sua incolumità…
Il sovrintendente giapponese corrugò la fronte perplesso, ma ancora teso «Intendi dire che stai cercando di favorirlo?»
«No, sto dicendo che finché lavoriamo a questo caso tutti rischiamo la pelle.» e lo gelò, ventilandogli in modo diretto cosa rischiava il figlio…
E Matsuda, naturalmente, con la sua ingenuità sconfinata, provò ad insistere di nuovo «Sì, ma Light non è uno sciocco, se gli dicessimo che esiste probabilmente un secondo Kira che può uccidere solo conoscendo il volto, lui saprà fare molta attenzione e quindi potremo dirgli anche di come è morto il povero Ukita e degli altri indiziati collegati ai suoi pedinamenti…»
Soichiro Yagami si inorgoglì appena per le parole di Matsuda, tuttavia si intromise con tatto ed in modo equilibrato «Light non compirebbe mai delle mosse avventate, è molto razionale ed analitico, non metterebbe in pericolo la sua vita, né quella di altri…»
«Uhm. Davvero? Suo figlio non metterebbe a rischio la vita di nessun essere umano?» chiese Elle con fare ingenuo e candido «Probabile, lei lo conosce meglio di me.» e si arrese buffamente portandosi il pollice sulle labbra «Tuttavia…» si versò dell’altro caffè nella tazza «…le ricordo che Light è ancora indiziato, che i miei sospetti su di lui non si sono cancellati. Crede che veramente sarei disposto a dargli tutte le informazioni in nostro possesso? Il suo aiuto potrebbe essere interessante, è vero… ma se si trattasse veramente di Kira, non possiamo rischiare di far entrare il lupo nella nostra alcova con tutte le scarpe. Non crede?»
A domande del genere era impossibile rispondere ed Elle proseguì liberamente, iniziando a tuffare le zollette nel caffè «E lo stesso dicasi per le nostre indagini sui presunti secondi Kira connessi alla morte ed ai pedinamenti di Ukita. Se Light fosse Kira farebbe uso di quelle informazioni e cercherebbe di venire a conoscenza dell’identità del suo emulatore prima di noi e non possiamo correre neanche questo pericolo. E comunque in quel contesto le sue capacità deduttive sarebbero sprecate: non c’è bisogno di essere un genio per svolgere quelle indagini e per incrociare i dati tra coloro che sono stati pedinati da Ukita, coloro che sono morti nel suo stesso giorno e coloro i cui nomi sono stati messi sui siti-web che inneggiano a Kira; si tratta di manovalanza e di qualcosa su cui Light non potrebbe aggiungere altro» ora invece esaltava le capacità di Light, ritenendolo addirittura sprecato per un certo genere di indagini… Iniziò a girare il cucchiaino nella tazza per mescolare lo zucchero.
«Al contrario, senza queste informazioni, Light non avrà nessun elemento per trovare prima di noi il secondo Kira. Dalla verve che invece impiegherà per scovarlo, qui e davanti a noi, avremo indizi circa la sua colpevolezza: a Kira non conviene che noi scoviamo il secondo Kira prima di lui, quindi, se fosse Light, dalle sue aperte deduzioni potrò capire se è veramente intenzionato a catturarlo alla luce del sole e insieme a noi, oppure no… E diciamo che se lui dedurrà la presenza di un secondo Kira dal video, già la sua posizione potrebbe migliorare, almeno ai miei occhi.» sorseggiò il caffè, mentendo spudoratamente ancora una volta.
«E poi va a favore di suo figlio essere sospettato e credere di essere l’unico indiziato reale. Sarà sotto pressione. Chi è sotto pressione reagisce in modi singolari e non sempre si comporta lucidamente. Quindi sarà certamente sincero. Questo per me potrebbe essere indicativo di qualcosa.»
Soichiro Yagami, che aveva ascoltato in religioso silenzio, ingoiando di tanto in tanto la poca saliva che riusciva a produrre e fissando l’atteggiamento flemmatico e freddo del grande detective, disse «È una prova continua… Ryuzaki, è molto difficile per me accettare che tu tenga sotto pressione e sotto osservazione mio figlio in questo modo terribile, senza peraltro avere ben chiari i motivi che ti spingono ad essere ancora così tremendamente cauto e sospettoso nei suoi confronti…perché…?!» erano l’emozione ed il sentimento a parlare. Nonostante le razionali, logiche e precise osservazioni di Elle, il sovrintendente non riusciva a convincersi delle scelte del grande detective, né poteva capirle fino in fondo. Non era la sua mente a parlare…
E naturalmente Elle lo comprese «Yagami, il fatto che io voglia mettere Light alla prova dovrebbe rassicurarla.  Visto che crede così tanto in lui dovrebbe sentirsi tranquillo. Non crede? Io sono Elle, Kira ha tutte le ragioni e le intenzioni di volermi uccidere, perché dalla mia morte trarrà soltanto vantaggi. Crede veramente che, con i sospetti che ho su Light, anche fossero minimi, mi esporrei a lui così tranquillamente? Mi rendo conto che per lei non deve essere semplice accettare che il suo primogenito possa essere compromesso in questo caso, ma credo sia ovvio anche per lei che la mia vita conti molto di più del suo eventuale disappunto riguardo i miei metodi di indagine su suo figlio. Sono certo che ritiene la vita umana un valore molto più importante da tutelare rispetto a qualunque altra sciocchezza e non ho dubbi che saprà tollerare.»
E così finalmente lo azzittì, facendo leva sul suo senso della giustizia, sui valori della vita e dell’onestà e contemporaneamente mettendo a nudo la sua superficialità. Forse Yagami si sentì anche in colpa per aver in qualche modo potuto pensare che il suo disappunto potesse apparire come menefreghismo nei confronti della vita di Elle. Ed Elle ne era cosciente, ma non gliene importava assolutamente nulla.
Perché adesso, a differenza della vicenda nota ad Emma, Elle sapeva che Light Yagami era Kira e dunque il suo tatto e le sue attenzioni erano ancora più inferiori del solito. E probabilmente nel suo cinismo e nella sua freddezza trovava forse anche appena irritanti le recriminazioni e la cecità del padre di Kira...
 
Eh già.
Nella sua mente si stanno aggiungendo continuamente conferme alle parole di Emma e in questa storia lui ha la certezza che Kira sia Light, così come voi spettatori l’avete avuta fin dall’inizio.
Con questa prospettiva le considerazioni di Elle sui vari “attori” della vicenda possono variare impercettibilmente da quelle che avete sempre intuito. A voi non succede mai di cambiare opinione, ottica o giudizio sulle persone una volta rivelatavi una qualche verità su di loro di cui non eravate a conoscenza?
Il vostro amato Elle non è stato tenero. Ma quando mai lo è stato in fondo?
Eh eh eh…
Vorrei infatti farvi notare, oltre all’insensibilità delle sue parole cui certamente avrete fatto caso, che in questa storia Elle ha dato poca importanza alle possibili deduzioni autonome di Light sull’esistenza di un secondo Kira dopo la visione del video della Sakura TV. Ha concesso a questo aspetto poco valore non perché non abbia elucubrato, ancora una volta, su come lui stesso si sarebbe comportato se non ci fosse stata Emma. I suoi ragionamenti paralleli infatti ci sono stati anche in questo frangente. Ma ha dato in realtà poca importanza alla questione perché in questa storia non ha bisogno di carpire ulteriori indizi della colpevolezza di Light dai suoi ragionamenti, dalle sue recite e dalle sue false parole. Elle adesso ha bisogno soltanto di prove.
Cos’altro vorreste che vi raccontassi?
Rinunciateci. Non perderò tempo a narrarvi dell’arrivo di Light in quella suite di controllo, né del momento in cui gli è stato mostrato il famoso video, né di quando lui ha intuito  l’esistenza del secondo Kira senza che nessuno gli dicesse nulla. Be’ “intuito” è un eufemismo in realtà. Diciamo che per Light era ovvio che quel messaggio televisivo fosse opera di qualcun altro e non di Kira.
È bella la vita così, vero Light? È facile essere intelligenti quando si ha un asso nella manica grosso come uno Shinigami e si sa molto di più di quanto un comune mortale dovrebbe, no?
Be’, adesso, tu e il tuo rivale siete nella stessa barca, perché anche lui sa.
E combattete ad armi pari.
Eh eh eh…
Vi sembro di parte? Fate attenzione… Pensateci bene…
Cambiare le carte in tavola ed inserire un elemento di disturbo nella storia di Death Note è stato il mio fine ultimo, fin dall’inizio di questa vicenda, quindi è ovvio che io mi diverta ad osservare i cambiamenti.
E poi, su su, amanti di Light Yagami, siate obiettivi. Potreste forse dirmi che ciò che ho appena affermato sul vostro amato Kira non sia vero? È intelligente, è un genio, è un calcolatore impeccabile, ma persino un bambino arriverebbe ad ammettere senza problemi che lui ha sempre viaggiato ad un livello superiore anche perché aveva dalla sua i poteri occulti e ignoti di un quaderno e di un Dio della morte.
Comunque, è andato tutto come ricordate. Magari sarà cambiata qualche virgola e di certo sono cambiati i pensieri di Elle, ma mica vi posso raccontare di nuovo una storia che conoscete già solo per farvi conoscere i pensieri diversi di Elle?
Non ci penso proprio! Io mi sono scocciato anche a risentirli quei dialoghi, figuratevi a descriverli a voi. Anche se devo ammettere che i pensieri del vostro amato detective su un Light che lui sa essere colpevole sono stati divertenti…
Va be’, magari giusto un momentino…

 
Era in piedi, con la spalle curve e le ginocchia sempre appena un po’ piegate, con le mani in tasca ed il mento appena sollevato per osservare Light che gli si ergeva davanti, dritto, composto e a suo agio, con le braccia conserte…
Allora. Giochiamo un po’ adesso… Vediamo quale faccia mi riserverai…
Abbassò il mento, scartando appena il volto di lato, le ciocche di capelli corvini gli coprirono e ombreggiarono gli occhi profondi che ora fissarono Light con una espressione che a tratti sembrava sinistra e ostile, a tratti compiaciuta e divertita… E poi gli si rivolse con un lievissimo sorriso, quasi impercettibile, infido «Allora, Light…» sì, infido e divertito… «Vorrei che fossi tu ad interpretare la parte del vero Kira.»
Silenzio…
Ma guarda un po’, che espressione candida e ingenua, che sguardo limpido… Quale stupore imbarazzato riesce a dissimulare il nostro Kira… Su, rispondimi Light, perchè se esageri con le pause me ne potrei anche accorgere che è tutta una perfetta sceneggiata… non eccedere…
«I… Io?» farfugliò Light.
Bene. Perfetto. Un’esitazione esemplare. Oserei dire che sei anche più bravo e credibile di me, questo round è tuo «Sì. Con il talento che ti ritrovi, sarà un gioco da ragazzi.»
Elle continuò a fissarlo allo stesso identico modo e proseguì «Comunque non c’è tempo. Ti spiacerebbe preparare il testo del messaggio di Kira in modo che possa essere trasmesso dai notiziari della sera?»
E adesso? L’hai capito che ti volevo far fare questo fin dal primo istante che sei entrato qui dentro, vero? Sì che l’hai capito… E ti senti messo nel sacco, non te l’aspettavi. Peccato che tu creda che io lo stia facendo per testarti, per capire se sei veramente Kira. Ma questo per me, ora, è solo un gioco… Dove sono finiti adesso quel candore e quell’imbarazzo di prima? Attenzione Kira, i tuoi occhi ti tradiscono.
E quindi questo round me lo aggiudico io. Siamo pari.
Dovresti imparare a gestirli meglio quegli sguardi torvi e affilati, il segreto è l’imperscrutabilità, ti devi esercitare…

Un gioco, una partita della dissimulazione.
Elle aveva chiesto a Light di scrivere il messaggio solo perché voleva divertirsi, perché voleva gareggiare, per capire chi dei due fosse il migliore, perché anche Elle era infantile… Infantile e presuntuoso…
 
Basta così, ormai lo sapete che dovete attenervi alle mie scelte e ai miei umori.
Elle ancora una volta ha fatto funzionare la sua testa e ha mosso le sue pedine affinché le cose andassero come lui aveva immaginato si sarebbero svolte senza di Emma. Ed è stato vincente, perché il risultato è stato lo stesso: Light ha scritto il falso messaggio di Kira diretto al secondo Kira da far trasmettere alla Sakura TV.
I ragionamenti paralleli del detective del secolo funzionano…
Avevate qualche dubbio in proposito?
Non credo.
Semmai vi starete chiedendo a cosa gli serva portare avanti tutti questi livelli di pensiero…

 
Emma se ne stava tranquillamente sprofondata nell’angolo del divano, col portatile sulle gambe incrociate e spulciava sciocchezze e immagini di He sul web, con il cartone di una grossa pizza tagliata a spicchi al suo fianco.
Aspettava…
Prese un trancio di quella specie di focaccia panosa e lo addentò famelica. Era gommosa. Ma del resto come poteva essere la pizza in Giappone?
Il solito segnale di avviso di msn si fece sentire.
La sua attesa era finita ed era anche durata relativamente poco… In fondo erano appena le nove di sera.
 
L scrive: accendi la televisione.
 
Ed Emma capì all’istante.
Con calma si leccò l’unto della pizza dalle dita, si sporse verso il basso tavolino che aveva davanti e acciuffò il telecomando, il tutto continuando a tenere la pizza nell’altra mano ed il portatile poggiato sulle gambe.
E accese.
Un video tecnicamente perfetto, senza fruscii, con uno sfondo ed una scritta quasi eleganti, ma senza esagerazione: Kira.
«È perfetto. Sta andando tutto esattamente come dovrebbe essere…» sussurrò Emma.
Come fa a far avvenire le stesse cose? Le carte in tavola sono cambiate, eppure…
 
L scrive: Perfetto, era anche questo quello che volevo sapere.
 
Quindi voleva sapere dell’altro.
Emma avvicino alla tastiera la sola mano libera ed iniziò a digitare lentamente le lettere di risposta… poi alzò la testa dal monitor «Ma scusa, perché non mi telef…» e le squillò il cellulare abbandonato sui cuscini del divano.
Rispose e gli disse subito quello che lui voleva sapere, senza preamboli «Lei risponderà a questo messaggio. Manderà un altro video. Era questo che volevi sapere, giusto?»
«Sì, anche questo. E ne deduco che sarà da questo nuovo video che otterrò quello che voglio.» serio e freddo.
«Ah già… Perché dagli altri nastri non è venuto fuori nulla… Misa ha fatto molta attenzione a non lasciare impronte… Su alcune cose non se l’è cavata poi così male in fondo…» commentò Emma.
«Le sue impronte, anche se ci fossero state, non le avrei comunque utilizzate adesso.» ribattè calmo Elle.
Emma rimase un attimo in silenzio… «Be’, in effetti tu, per quello che so io, incastrerai Misa solo tra un po’di tempo, anche se non so esattamente quanto… Però con le impronte, volendo, già avresti potuto incastrarla adesso, visto ciò che sai in più… ma dici che non lo avresti fatto comunque… proprio come io voglio…» rimuginò Emma quasi ad alta voce.
«Come “tu” vuoi, Emma?» chiese Elle «Mi è forse sfuggito qualcosa? Non mi era sembrato di aver agito secondo il tuo volere.» concluse con quella sua solita punta di ironia.
Emma sorrise «A quanto pare la mia presunzione avanza! … Ryuzaki… Chi ha scritto il testo del messaggio che state facendo trasmettere in tv…?» domandò poi titubante e curiosa.
In fondo Emma era direttamente e profondamente coinvolta nel caso Kira, era a stretto contatto con il detective del secolo, conosceva tutti i dettagli, era in quell’albergo insieme a lui… ma era tagliata fuori da tutti i principali avvenimenti. Adesso che viveva lì, in quel mondo, le era precluso tutto. Adesso Emma era relegata in qui momenti ciechi di Death Note che tanto aveva ricercato. Tutto ciò che l’aveva sempre appassionata, tutta l’indagine complessa e intricata di quella storia incredibile che l’aveva stregata, gli intrighi e le sottili battaglie psicologiche e deduttive tra Elle e Light non la potevano nemmeno sfiorare. Non un dialogo, non una scena particolare, non un’espressione…
«Lo ha scritto Light.» rispose tranquillamente Elle.
«Già… Lo ha scritto Light sebbene tu ora non abbia bisogno di testarlo su niente, perché sai che mente… Perché lo hai fatto scrivere a lui, sapendo che non ti sarebbe servito a niente farglielo fare? Sembrerebbe quasi un gesto inutile…»
«Perché sono infantile e competitivo. Dovresti saperlo.» diretto, schietto e lapidario.
«Stai giocando… Finalmente stai gareggiando con lui ad armi pari…» ed Emma fu colta come da un brivido di soddisfazione… «…Solo… Light è genio del male… io…» farfugliò…
«Il 5 Novembre è ancora lontano, Emma. E la mia competizione c’è proprio perché la mente eccellente di Light l’ha stimolata. Non lo sto sottovalutando, se è quello che temi, tutt’altro. Continui a credere che io possa commettere degli errori che invece dovresti sapere non commetterò.» e lui continuava a capire tutto quello che passava per la testa di Emma.
«Sì, hai ragione… Comunque… Si incontreranno. Light e Misa si incontreranno. E lei farà tutto ciò…»
«Misa Amane farà tutto ciò che Kira le chiederà. È una cosa che avevo previsto ed immaginato. Anzi direi che, se non sapessi ciò che so, il loro incontro sarebbe stata una cosa che avrei temuto.» la prevenne Elle, finendo la sua frase, come ormai accadeva spesso.
«Già… Lei è innamorata di Light… la presenza di Misa sarà la carta vincente di Kira, la sua arma inaspettata… fino all’ultimo…» commentò mesta Emma.
«Ne è innamorata ed è la sua carta vincente. Uhm… direi che allora hai perfettamente ragione: adesso Elle e Kira combattono ad armi pari.»
 
Già. È la stessa cosa che ho detto anche io.
Eh eh eh…

 
 
 

 
Sono veramente costernata per l’enorme tempo che vi ho fatto aspettare… Dieci giorni fa finalmente sono iniziati i lavori nella mia futura casa (eh già… spiccherò il volo dall’alcova familiare di sempre…) ed io sono stata fagocitata da quelli, compresi i week-end…Il che, unito al lavoro ed allo studio mi ha tolto quella poca aria che mi rimaneva!!! °_°
Nelle prossime settimane continuerò ad essere molto incasinata, per gli stessi motivi, perché poi mi toccherà il trasloco. In più metteteci che il 15 ho superato la prova di cui vi avevo parlato e quindi adesso devo mettermi sotto sui libri per superare le prove successive, più difficili e importanti… AIUTOOOOOOOOO!!
Questo significa che non ce la farò a scrivere un capitolo a settimana, ma non significa assolutamente che dovrete aspettarne tre per vederne uno! E se ci saranno periodi lunghi come quest’ultimo ho deciso di avvisarvi scrivendo qualcosa nella trama della storia o nel mio profilo…
Tutto questo e poi voi magari non avete proprio più la voglia di continuare a leggermi….
Scusate per quest’ultimo capitolo. Un altro nella suite di controllo senza Emma. Un capitolo di passaggio, lento e difficile, fondamentale però per comunicarvi i giochi e le strategie di Elle che tiene in bilico mille pensieri… Spero tanto che non vi abbia annoiato… ma ne sono quasi certa… e spero che sia capita almeno la metà dei suoi pensieri e dei suoi ragionamenti… (lo scrupolo mi ha fatto inserire l'immagine del foglio, così come avevo immaginato lo schema appuntato da Elle...)
Mi stoppo però!! ^^,
Grazie infinite a tutti!!! E’ bellissimo che mi recensiate, copiosamente e lungamente, oppure sinteticamente e affettuosamente!!! Ogni vostra parola mi spinge a continuare e prima di leggere i vostri commenti tremo dalla paura!! Grazie di dirmi cosa pensate, senza le vostre recensioni sarei un cumulo di ansie!! Grazie di preferirmi, di seguirmi e di leggermi in silenzio!
Adesso vado a dormire… è quasi mezzanotte…
Alla prossima
 

Eru

 
 
 

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Capitolo 31
*** 31. Gli errori non commessi e la voglia di sapere ***


Eccomi, incrocerò le dita e non perderò tempo…
Grazie di essere qui, come sempre!
Buona lettura…
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


31. Gli errori non commessi e la voglia di sapere

 
Era domenica 27 Maggio.
Un mese.
Era trascorso più di un mese dal falso messaggio di risposta di Kira trasmesso alla Sakura tv per volere di Elle.
Da quel giorno Emma non aveva più visto Ryuzaki.
Dopo quella considerazione diretta che Elle le aveva espresso, Emma non lo aveva più visto. Dopo quella considerazione che l’aveva “spogliata” ancora una volta, quella considerazione che l’aveva colpita nella sua semplicità e nella sua verità.
Quel pensiero cui lei aveva risposto con un iniziale silenzio ed un’ aria scossa, ma non intimidita o imbarazzata. E poi aveva fatto seguire una replica semplice, schietta e coraggiosa «Sì. Ho ragione io, adesso Elle e Kira sono ad armi pari sotto ogni punto di vista.»
Una risposta schietta, coraggiosa e lapidaria… Una replica che come sempre era scaturita dall’irrigidimento che gelava il cuore di Emma e dalla forza che in lei nasceva nei momenti in cui era in qualche modo colpita da Elle nei sentimenti.
L’impassibilità e la naturalezza di Ryuzaki nell’affrontare determinate questioni, dopo i primi istanti di sconcerto, le avevano provocato una reazione quasi immediata di durezza, come altre volte era accaduto. E così aveva risposto istintivamente, diventando quasi come lui.
Emma. Questa era Emma. Emma che non aveva avuto paura di ammettere apertamente i suoi sentimenti, ma che lo aveva fatto in modo poco convenzionale, quasi rude, tutt’altro che romantico; Emma che non si era nascosta dietro insulse negazioni, parole e giustificazioni, dietro un imbarazzo umano, femminile, naturale e tenero.
Era stata una difesa, un modo per adeguarsi al grande detective?
No… era stata semplicemente la vera indole di Emma, che diceva sempre la verità, ma che nella sua giovane vita non aveva mai esternato manifestazioni esagerate o leziose nei confronti dell’altro sesso, perché non le erano mai venute naturali. Perché in lei la timidezza e l’imbarazzo si palesavano in altro modo…
In fondo, anche con Elle, i gesti erano stati più importanti delle parole. Perché anche lei, a modo suo, non gli aveva mai detto nulla, ma si era fatta avanti con i silenzi, con quei pochi baci rubati, istintivi e delicati, e afferrando discretamente il lembo della sua maglietta bianca…
Era in questo modo e per l’indole di entrambi che quel filo sottile che li legava continuava a rimanere in tensione, una tensione palpabile e tuttavia recondita che continuava ad aleggiare costantemente nel silenzio delle parole non dette…
E poi Emma aveva proseguito seria, mentre Ryuzaki taceva, probabilmente curioso di ascoltare «Io la tua arma vincente? Lo spero con tutta me stessa e tu lo sai bene, ma continui a provocarmi e a mettermi alla prova. Ho superato il test questa volta? Ti piace questo mio modo di replicare?» gli aveva domandato senza aspettarsi una risposta e accennando uno strano sorriso di sfida infantile.
E sul volto impassibile di Elle si era affacciata quella lievissima espressione divertita e quasi compiaciuta che altre volte aveva avuto nei confronti di Emma, ma che lei non aveva potuto vedere…
“Non c’è colpa che io non renda”.
Era valido per entrambi.
Già… Ma quella tensione non era più ritornata, perché Elle non si era più fatto vedere…
Ed Emma era rimasta sola, con i suoi dubbi, le sue domande, la sua curiosità.
Avevano cambiato due diversi hotel e ora lei non aveva la più pallida idea di come stessero procedendo le cose, di quali potessero essere state le mosse di Elle.
Era all’oscuro di tutto, come tutto il resto del mondo. Emma adesso, esattamente come tutti gli altri, sapeva solo che Misa aveva risposto a quel falso messaggio, perché la sua replica era stata mandata in onda il 25 Aprile, e che circa venti giorni dopo quest’ultima data, il 13 maggio, era stata resa pubblica la pagina del diario della modella con su scritte le date dei presunti appuntamenti/incontri…
Ma questo in fondo ad Emma non era sembrato tanto strano, dal momento che il messaggio scritto da Light in risposta al secondo Kira non si era minimamente discostato da come Emma lo ricordava e dunque le conseguenze ad esso collegate non potevano che essere rigorosamente le stesse a lei note: al medesimo input, Misa non avrebbe potuto che rispondere in modo identico, cioè mandando il video e lo stralcio del suo diario, che peraltro aveva dato ad Emma degli appigli cronologici…
22 maggio: io ed il mio amico ci siamo dati appuntamento ad Aoyama per mostrarci i quaderni a vicenda.
Il problema era stato l’incognita del dopo…
Misa aveva veramente scovato Light, camuffata in quel bar?
Elle aveva dato il permesso a Kira di andarsene tranquillamente a spasso per Aoyama a farsi vedere dal temibile secondo Kira?
Anche se viveva nello stesso albergo di Ryuzaki, anche se lo conosceva, anche se gli era nota l’ubicazione della sua suite, sempre posizionata in un’altra ala dell’albergo rispetto a quella dove alloggiava lei. Be’, nonostante questo, Emma non sapeva altro.
All’inizio aveva atteso, come aveva sempre fatto.
Poi, più i giorni erano proseguiti uguali a se stessi, uno dopo l’altro, più Emma aveva iniziato a farsi domande inquietanti e non aveva più smesso.
Si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare. Se avesse dovuto raccontare ad Elle ogni cosa, rischiando che lui intervenisse e modificasse gli eventi e quindi provocasse una distorsione nel corso della vicenda in seguito alla quale lei non avrebbe potuto più aiutarlo, perché da allora le cose sarebbero procedute diversamente.
E tutti questi ragionamenti erano sempre accompagnati dall’incubo che Elle avesse già irreversibilmente cambiato le carte in tavola e quindi il futuro di quella vicenda intricata…
Emma si chiedeva a che punto fossero le indagini e se fosse giunto il famoso punto X del suo piano. Questo la stressava più di ogni altra cosa.
A quella data Light si era incontrato con Misa ed era già venuto in possesso del suo quaderno?
Elle aveva catturato e imbavagliato in modo disumano la giovane modella?
E se non l’aveva fatto, l’avrebbe fatto? E se sì, quando questo sarebbe avvenuto?
In questo senso non riusciva a trovare appigli cronologici che potessero aiutarla. Sapeva che Misa sarebbe stata catturata da Elle quando le lezioni alla Todai erano ancora in corso, ma l’anno accademico giapponese, senza pause estive, non l’aiutava… Sapeva che Light ancora non era stato imprigionato, perché Kira continuava a giustiziare senza sosta.
Sapeva infatti che l’assenza delle esecuzioni dei criminali sarebbe stata il campanello d’allarme, l’indice della prima fase di prigionia di Light. E quindi Emma ogni giorno controllava su internet il triste elenco di uccisioni, in ansia di scoprire quando si sarebbe interrotto.
Ma si sarebbe interrotto?
Le cose sarebbero andate veramente così?
Il dubbio la logorava.
Ed i giorni erano trascorsi e continuavano a farlo, inesorabilmente nel silenzio e nell’inconsapevolezza.
Emma aveva paradossalmente sempre più paura che quegli omicidi non sarebbero mai smessi, che Light non sarebbe stato imprigionato, che il punto X non sarebbe mai arrivato, che Elle avesse modificato gli eventi e che quindi lei stesse attendendo invano…
E ora era sull’alta terrazza dell’albergo, accoccolata su una sdraio, a fianco alla piscina ormai deserta. E continuava a pensare.
L’estate era esplosa all’improvviso in quel week-end che stava per concludersi ed Emma, per la prima volta, aveva varcato le soglie del lussuoso roof del nuovo hotel.
Erano quasi le otto di sera ed il sole rosso, grande e schiacciato all’orizzonte si avvicinava lentamente verso la fascia argentea del mare, parzialmente coperta dagli edifici e dai grattacieli, mentre un cielo striato di rosa si ergeva a ponente sulla grande metropoli nipponica.
Tutti i clienti dell’albergo avevano abbandonato la piscina, diretti alle loro stanze per prepararsi alla serata. Gli inservienti stavano già diligentemente sistemando tutte le sedie, i tavoli ed i lettini, con precisione. Non c’erano più gli schiamazzi dei bambini, né il continuo passeggiare dei camerieri con i vassoi colmi di bevande, ma solo lo strusciare dei piedi delle sdraio che venivano trascinate sul pavimento di pietra dura per essere riposizionate in file ordinate per la mattina successiva. Ogni tanto il rumore netto dello stantuffo delle porte scorrevoli si aggiungeva a quel trascinamento, quando gli addetti alla piscina entravano ed uscivano per trasportare gli asciugamani sporchi, i bicchieri e tutto ciò che doveva essere sistemato, lavato, tolto di mezzo.
Le ombre affusolate degli ombrelloni ormai richiusi si allungavano a dismisura sui lettini riordinati, il pavimento, il bordo piscina, fino a scurire l’acqua azzurrina che emanava l’intenso odore del cloro che vi era stato aggiunto.
Gli scorrevoli si aprirono di nuovo ed un rumore di passi affaccendati giunse alle spalle di Emma.
Il sole si tuffò nel mare e poi sparì in esso, riproponendo qualcosa che avveniva nello stesso modo da miliardi di anni, qualcosa che l’essere umano aveva sempre visto e continuava a vedere, qualcosa che accadeva ogni giorno, con marziale continuità e sicurezza, qualcosa che tuttavia risultava sempre unica ed emozionante per chiunque si fosse trovato ad osservarla, forse per la millesima volta nella propria esistenza.
Le porte si schiusero ancora ed insieme ad esse si sentì il cigolare di un carrello.
Nella piscina venne buttato il robottino che l’avrebbe pulita dal fondo per tutta la notte.
E come il tepore del sole sprofondò all’orizzonte, l’aria della sera si fece frizzante ed Emma si strinse ancora di più nell’asciugamano in cui già era avvoltolata, premendosi le braccia incrociate al petto.
Era ora di tornare in stanza, a breve il blu della notte avrebbe ottenebrato il grigio di quell’imbrunire piacevole e fresco.
Lo stantuffo delle porte si impose di nuovo.
Emma, continuando a stringersi il telo da mare sulle spalle con un braccio, con l’altra mano tolse gli occhiali da sole e si sporse verso il tavolinetto che aveva a fianco per raccogliere il suo pacchetto di sigarette, il suo libro, il lettore mp3 e gli abiti ammucchiati, che buttò in una leggera borsa di tela.
Si alzò e raccattò le infradito sotto la sdraio, le infilò, riprendendo a stringersi l’asciugamano con entrambe le braccia avvolte intorno al corpo.
«Ciao Emma.» fu la voce calma che le giunse alle orecchie.
Ed Emma si voltò, quasi incredula.
Dopo più di un mese lui era lì, uguale a se stesso, in piedi, con le mani in tasca e le occhiaie forse ancora più evidenti sul candore di quella pelle che ora le sembrava più bianca e delicata, ora che era  estate. Perché in estate i colori sono più vivaci e accesi ed anche le carnagioni più chiare si arrossano appena, diventando rosee e vive.
Ed Emma fu così felice di vederlo, fu così contenta. Non si aspettava che lo sarebbe stata così tanto, non immaginava che avrebbe potuto percepire così forte quel languore alla bocca dello stomaco solo nel ritrovarselo di nuovo davanti agli occhi…
E le ansie per un momento sparirono, così come il caso Kira e tutto quello che esso comportava.
E sorrise. Emma sorrise ed il suo volto si illuminò come quello di un bambino sereno. Le labbra e gli occhi si aprirono in un’espressione vera e senza filtri…
Elle inclinò appena il capo di lato, buffamente e ingenuamente, allargò i grandi occhi scuri e osservò quel volto contento e appena colorito.
Ed Emma sorrise ancora di più e fece un passo verso di lui.
Lui portò il pollice sul labbro, sempre in quel modo infantile e dubbioso, apparentemente spaesato…
Per come lei era fatta, in quel momento probabilmente lo avrebbe abbracciato, l’istinto la stava spingendo a farlo in modo potente…
Ma si fermò e si limitò ad esclamare con voce squillante «Ryuzaki!»
Lui, senza minimamente mutare quell’espressione ingenua, disse «Sembri molto contenta. A quanto pare ti sono mancato.» e tolse il dito dalle labbra, inclinando il capo ancora di più, ma dando a quella frase un’intonazione leggermente meno infantile e velatamente canzonatoria.
Ed Emma rispose senza peli sulla lingua, ma iniziando a ridere «Certo che mi sei mancato! Ti stavo anche per abbracciare, ma non sarebbe stato proprio il caso.» concluse divertita e continuando a tenersi l’asciugamano sulle spalle, chiuso e stretto al corpo.
«Abbracciarmi?» ripeté Elle, portando la mano a grattarsi la nuca.
Emma lo osservò bene, davanti a sè, rimanendo in silenzio per qualche istante e abbandonando quell'espressione leggera e giocosa... Poi sussurrò «Sì…» adesso meno prorompente… e lo fissò negli occhi scuri.
Continuò a scrutarlo, senza temere quello sguardo bruno e profondo e fece un altro passo verso di lui, gli si fermò davanti, in piedi, senza mai perdere di vista quelle pupille nere, senza abbassare lo sguardo sulle sue labbra, come invece aveva fatto altre volte…
«…Posso…?» gli chiese sussurrando, sempre avvolta e chiusa nell’ampio telo da spiaggia, riparata dalle braccia intrecciate davanti al seno…
«Non mi pare tu mi abbia mai chiesto il permesso.» rispose Elle, con un tono di voce basso e tranquillo ed uno sguardo fermo.
Ed Emma allora sollevò il mento, posò la sua bocca su quella di lui, morbida, liscia e profumata di vaniglia… iniziò a baciarlo lentamente e chiuse  gli occhi…
Così, semplicemente, all’improvviso. Senza che avessero parlato, commentato, senza nessun precedente o avvenimento scatenante di qualche sorta. Senza una particolare atmosfera, un singolare momento difficile o in qualche modo determinante per entrambi.
Così, senza un particolare motivo scatenante.
E lui accolse le labbra umide di lei fra le sue, come già una volta aveva imparato a fare…
Ed Emma si avvicinò ancora e gli sfiorò il petto col suo corpo, quasi rannicchiandosi tra le sue spalle curve, senza abbracciarlo, ma rimanendo aggrappata ai lembi incrociati del suo asciugamano avvolto intorno alle spalle.
Ma così vicina a lui poteva sentire il suo torace ampio e caldo…
E per la prima volta, quello fu un bacio lungo…
Elle non l’abbracciò, non le prese la mano, non le accarezzò i capelli né le guance o la nuca… ma lievemente proteso in avanti col collo, rimaneva con le dita sottili nelle tasche, nella sua posizione consueta, rilassata e disinteressata.
E quando Emma si allontanò dalle labbra vanigliate e dolci di Ryuzaki e dischiuse gli occhi, lo colse mentre anche lui li stava riaprendo di nuovo.
Li aveva chiusi. Li aveva chiusi anche Elle…
«…Sei qui per un motivo preciso… E questo è un fuori programma…» disse lei con un filo di voce, mentre incrociavano i loro sguardi tornati alla realtà…
«Sì Emma, sono qui per un motivo preciso. E questo è sempre un fuori programma.» rispose lui serio e secco, senza però scostarsi minimamente da lei «Ti aspettavi forse qualcosa di diverso?» le chiese poi con una calma ed una fermezza colossali, senza nessun’altra inflessione nella voce fluida.
«…No. Continuo a non capire, ma no. Decisamente no. Immagino che se tu non fossi stato così, se tu non fossi quello che sei, io adesso non sarei stata qui. Quindi non potrei aspettarmi nulla di diverso e nemmeno lo vorrei.» rispose lei sicura, senza disagio, imbarazzo o stupore.
Elle era Elle.
Era così. Punto. Perché stupirsi, rammaricarsi, desiderare altro?
Ed Emma allora tranquillamente si scostò da lui. Mise fine a quel momento strano e lo osservò con altri occhi.
Quello che aveva davanti era il detective del secolo. Era il rivale di Kira. Era il giovane genio determinato, duro e poco rispettoso della sensibilità altrui.
Era il calcolatore bugiardo e dissimulatore che l’aveva esaltata.
E voleva continuare a vederlo così, anche se spesso l’aveva spiazzata, forse colpita, messa alla prova, quasi ammonita e resa “nuda” davanti allo specchio.
Quello era il mondo in cui Light Yagami stava agendo con la sua diabolica mente. E lei era Emma, desiderosa di sapere, di scovare e capire gli incastri di quel puzzle assurdo, di conoscere quali ragionamenti e deduzioni avrebbe elucubrato Elle ed in che modo tutto quella vicenda si stava dipanando. Le indagini di Elle sul caso Kira. Come avrebbe mai potuto non volerle conoscere, sottovalutarle o metterle in secondo piano perché c’era stato un semplice bacio di mezzo?
Del resto, se Emma non fosse stata così, Death Note non sarebbe stato il suo manga preferito…
E forse, ma soltanto “forse”, se Emma non fosse stata così, Elle non si sarebbe mai fatto baciare…
 
Calma.
Niente esaltazioni.
Ho detto “forse”. E sapete che in alcuni casi sono stato un bugiardo lancia-provocazioni peggiore del vostro amato Elle. Quindi non scaldatevi e non fate partire il vostro cervellino con i film mentali.
È il 27 Maggio.
Uhm…
Lasciamo quella terrazza all’imbrunire e torniamo un attimo indietro, tanto per sciogliervi qualche dubbio e darvi qualche informazione in più…

 
«Ryuzaki! Abbiamo una risposta del secondo Kira!»
La voce di Watari uscì dagli altoparlanti del computer di Elle. E tutti si voltarono verso di esso, Soichiro Yagami, Matsuda, Aizawa, Kira e naturalmente anche Elle…
E Wammy proseguì «…inizio a mandarvi via computer una copia del filmato.»
Ryuzaki si diresse verso il salottino intorno al tavolo e non si appollaiò sulla sua solita poltrona, in prima linea davanti allo schermo, ma su uno dei divani, a fianco e leggermente retrostante rispetto agli agenti e a Light che rimasero in piedi e si aprirono ad anfiteatro verso il monitor che venne ruotato in modo che tutti potessero vedere la scritta Kira di dubbio gusto fatta partire da Watari…
Grazie della risposta, Kira. Farò come mi hai chiesto…
Gli agenti esultarono in coro. Pareva proprio che il secondo Kira avesse mangiato la foglia e che quindi si sarebbe attenuto alle richieste del falso vero Kira di non uccidere altri innocenti, almeno per il momento…
Light ascoltava concentrato, allo stesso identico modo di Elle. Aveva davanti qualcosa di nuovo e, esattamente come il detective che gli sedeva rannicchiato poco lontano, cercava di capire e di trarre qualcosa di utile alla propria causa ed alla propria partita…
Potrà tornarmi utile? Uhm… si è bevuto tutto quello che ho scritto, pende veramente dalle mie labbra, dannazione… Se avesse capito a cosa miro avrebbe dovuto avere l’acume di costringere Elle a comparire in tv e confessare il suo nome… A quel punto avrebbe potuto ucciderlo al mio posto o avrei potuto ucciderlo io, non avrebbe fatto differenza, la colpa sarebbe ricaduta su di lui e non più su di me, che sono attualmente l’unico sospettato a conoscere il volto del detective senza nome…
Light non sapeva della morte di Ukita e nessun agente era morto davanti alla sede della Sakura tv durante la diretta della NHN. Nessuno dei componenti della squadra anti-kira, su rigida intimazione di Elle, gli aveva ventilato l’ipotesi che il secondo Kira potesse uccidere solo conoscendo il volto.
Quindi per Light l’unico modo di uccidere Elle, sia per lui che per il secondo Kira, rimaneva quello di venire a conoscenza del suo vero nome…
La voce gracchiante continuava a parlare…
Vorrei incontrarti. Non credo che tu abbia gli occhi, ma non devi preoccuparti. Non ti ucciderò.
E ora invece le reazioni dei due geniali  rivali, i loro intenti e le loro espressioni si discostarono grandemente.
Light serrò istantaneamente le mascelle in un’espressione tesa e sgranò gli occhi, che divennero improvvisamente liquidi e come persi in uno sgomento intimorito…
Cosa???!!! Ha fatto lo scambio degli “occhi”???!!!
Adesso Light sapeva. La succosa informazione che il suo emulatore aveva fatto lo scambio degli occhi con il proprio Shinigami era arrivata anche a lui…
Ma allora è proprio stupido! Gli sarebbe bastato far apparire Elle in tv per poterlo uccidere! E poi, accidenti! Ma, ma, ma che diavolo sta dicendo?! Gli occhi?! Questo video farà il giro del mondo e lui nomina gli occhi!
Elle invece, con la fronte corrucciata ed uno sguardo perplesso, portò la mano davanti alla bocca, quasi a voler poggiare il pollice sul labbro, ma la lasciò sospesa lì davanti, come se anche quel semplice gesto potesse distrarlo dai suoi pensieri…
…Occhi…? Occhi… Uhm… Misa li ha e Light no. “Occhi”. “Occhi”. “Guardare”. “Osservare”. “Vedere”. Vedere il volto. Vedere il volto e conoscere il nome… No… È un’associazione in termini troppo semplice e azzardata… Però…
Elle ruotò impercettibilmente il proprio sguardo e con la coda dell’occhio osservò Light, senza essere minimamente visto…
Ecco perché non si era seduto sulla poltrona, con la conseguenza che tutti sarebbero stati alle sue spalle. Perché voleva osservare attentamente le reazioni del suo rivale, vere, false, dissimulate bene o male, sorprese… Era sempre interessante osservare come Light se la cavasse e come riuscisse a fingere e a sciorinare al tempo stesso deduzioni eccellenti, degne di Elle e potenzialmente capaci, a tratti, anche di mandarlo fuori strada… a tratti…
Uhm… Sei sorpreso, intimorito, teso, direi quasi irritato… Questa cosa degli “occhi” ti ha sconvolto… Ma ti ha sconvolto non perché tu non abbia la più pallida idea di cosa significhi, ti ha sconvolto perché ti fa paura, perché non te l’aspettavi. Quindi sai di cosa si tratta… se la mia deduzione di prima fosse corretta, potrei quasi dire che tu non avendo questi “occhi”, come ipotizza la stessa Misa, hai qualcosa in meno… e infatti il tuo potere è inferiore al suo… Ma non posso costruire ragionamenti su ciò che non posso ancora capire con certezza, è inutile… però filerebbe tutto, anche se in un modo assurdo e senza ancora un significato definitivo…
Dissimulare Light Yagami. Il tuo sguardo è sempre troppo espressivo, mi ha fatto capire qualcosa. E anche questo match è mio, sono di nuovo in vantaggio…

Elle stava ancora sbirciando Kira con la coda dell’occhio…
Una volta che ci saremo incontrati, potremo accertarci delle rispettive identità mostrandoci a vicenda i nostri Shinigami…
Lo sguardo di Light, dietro i capelli sottili e morbidi, si fece ancora più stravolto ed i muscoli del collo gli si irrigidirono ancora di più…
Questo si è fottuto il cervello!!! Adesso basta, devo fare qualcosa!
Shinigami…
Elle non si mosse, gli occhi raggelati si sgranarono, rimanendo immobili nella direzione impercettibilmente rivolta verso Light, mentre alle orecchie gli era arrivato quel termine… termine che dalle orecchie era giunto in un baleno al cervello, destabilizzandolo, mentre contemporaneamente osservava, in apparenza passivamente, l’espressione sempre più preoccupata, sconvolta e tirata di Kira…
«Shinigami??!!» ripeté il grande detective disorientato «Shi-ni-ga-mi??!!» ancora una volta, scandendo a chiare lettere le sillabe…
Due volte. Confuso e realmente scombussolato ribadì quel termine per due volte, sempre rimanendo a fissare Light con occhi a prima vista vuoti.
Ma non cadde dalla sedia… “questa” volta non cadde dalla sedia…
Shinigami! Siamo a quota tre! È la terza volta che mi ritrovo con quest’assurdità tra i piedi!!
I suoi neuroni iniziarono a macinare in modo immediato.
Tre volte. 1) Kira: “L, lo sai che gli Shinigami mangiano solo mele?”. 2) Emma: i disegni con le didascalie. 3) Misa Amane: questo maledetto video…
Tre persone diverse, di cui due coinvolte che citano questi esseri fantascientifici all’insaputa l’uno dell’altro. Perché Misa non era a conoscenza dei messaggi fatti lasciare da Light ai criminali in carcere. Potrebbe essere una sorta di codice, non è detto che con “Shinigami” si intendano veramente delle creature soprannaturali… Però c’è Emma, che non mente mai… Tre circostanze non confrontabili, tre modi diversi, tre persone diverse che affermano la stessa cosa. L’unità non è statisticamente valida. La dualità potrebbe essere uno strano caso, anche se poco probabile. La terna deve essere presa in considerazione. La logica prevede che io prenda seriamente in considerazione anche questo… Sarebbe scorretto non farlo a questo punto. Sarebbe un atteggiamento cieco e chiuso nella gabbia di una razionalità aperta e flessibile solo al noto. Sarebbe un grosso errore. Del resto, che il potere dei due Kira fosse oltre le mie capacità deduttive, oltre le conoscenze finora accertate e oltre la razionalità umana, era assodato…
Il potere dei due Kira, gli Shinigami, gli occhi, scrivere il nome per uccidere…

Il tutto durò pochissimi decimi di secondo. La mente umana è rapidissima. Quella di Elle viaggiava a velocità ancora superiori.
Erano ancora tutti fissi a guardare lo schermo, confusi…
Ed Elle allora immagazzinò quello che i suoi occhi apparentemente spenti avevano percepito osservando la reazione immediata di Light alla dichiarazione sconcertante riguardo gli Dei della morte…
Sì… Ne sai qualcosa… Decisamente Misa Amane ti sta rompendo le uova nel paniere. Non sei perplesso e scettico. Hai paura… Allora quel messaggio non era una presa in giro…? Light Yagami, per te gli Shinigami esistono? Credo proprio di sì… Dissimulazione…
E così fu che Elle non cadde da quella sedia, che non distolse col suo capitombolo gli altri dal loro elucubrare perplesso, che superò quello scoglio immenso, che accettò razionalmente e definitivamente la possibilità che l’esistenza degli Dei della morte fosse legata al caso Kira. Fu così che, rapidamente, mentre tutti gli altri erano ancora perplessi e silenziosi, Elle capì prima del tempo che stava combattendo contro qualcosa di immensamente più grande di lui…
Fu così perché in quel mondo esisteva Emma, perché lui era enormemente intelligente e perché gli scarsi elementi che lei gli aveva fornito gli erano stati sufficienti per viaggiare lontano, per capire ciò che nessun altro, con gli stessi elementi, avrebbe mai compreso…
«Ma non è possibile!!» esclamò Matsuda. Erano  tutti ancora turbati e perplessi da quell’uscita assurda del secondo Kira.
E Light si voltò appena verso Elle, si sentì ora gli occhi del suo rivale addosso…e colse il suo sguardo concentrato, non quello sconvolto e disorientato che si sarebbe aspettato dopo i primissimi attimi in cui il detective aveva ripetuto a voce alta e per ben due volte la parola “Shinigami”, ma quello di nuovo infido, di chi, nascondendosi dietro una maschera di imperturbabilità, mostrava di non essere mai sincero…
Perché anche Light, nonostante lo sgomento, aveva incamerato lo stupore iniziale di Elle, sebbene non lo stesse in quel momento osservando…
Ryuzaki… All’inizio si è sconvolto, sembrava quasi che per lui gli Dei della morte fossero un qualcosa di assurdo, una favola nera per bambini troppo cresciuti che non avrebbe mai potuto considerare seriamente. E ora invece? Ha capito qualcosa? Non deve prenderli in considerazione…
Si fissarono per un impercettibile istante. Si trafissero, anche se l’espressione di entrambi era adesso impassibile, neutra…
«Anche Kira ha fatto scrivere ad uno dei carcerati un messaggio che accennava alla loro esistenza.» disse tranquillamente Elle, non nascondendo un elemento che comunque avrebbe avuto a disposizione in quel frangente, nonostante Emma.
Uhm… Ecco a cosa sta pensando… «Già.» commentò Light «tuttavia concordo con il tuo sgomento iniziale, Ryuzaki. Per me è assurdo pensare che esistano gli Dei della morte.» serio e razionale…
«Sì, immagino che sia assurdo…» commentò Elle, falsamente concorde…
«Forse la definizione “Shinigami” potrebbe semplicemente riferirsi ai loro poteri omicidi. Credo che quando il secondo Kira propone di mostrare l’un l’altro i rispettivi Dei della morte, intenda semplicemente l’accertarsi della loro rispettiva identità tramite una qualche esposizione dei loro poteri.» proseguì Light fluidamente, con le braccia conserte.
Elle rimase un attimo in silenzio.
Perfetto Light. Semplicemente perfetto. Mi avresti convinto. Questo match è tuo, siamo di nuovo alla pari…
«Giusto.» rispose poi Elle, accettando tranquillamente la posizione di Light e avvalorandola, ripartendo subito dopo con i suoi ragionamenti paralleli «…o perlomeno possiamo dedurne che la parola “Shinigami” abbia un significato comune per entrambi…»
Mentre Elle parlava, Ryuk, che aveva aleggiato per tutto il tempo sospeso alle spalle di Kira, sghignazzò divertito «Be’, pare se la sia bevuta, bravo Light!»
Sì, sembrerebbe… Ma non mi fido…
 
Eh eh eh…
Non vi siete accorti di nulla?
Be’ direi che c’è una bella differenza con ciò che vi ho raccontato finora, non vi pare?
Vi ho voluto riportare contemporaneamente i pensieri di più persone che più mi premeva farvi conoscere.
Avete certamente letto molti libri, o perlomeno io mi auguro per voi che sia così. Be’, non vi siete mai accorti che in molti di essi la narrazione procede proprio così, attraverso la descrizione attenta del punto di vista di ogni personaggio, in ogni momento?
È il modo di raccontare del cosiddetto narratore onnisciente. Lo sapevate? Voglio sperare di sì.
Mi trovate presuntuoso?
Be’, ho qualche migliaio di anni, posso anche permettermi di esserlo.
Comunque in questo contesto mi andava di essere onnisciente. Perché naturalmente io so sempre cosa pensano tutti, lo sapete già che leggo nelle menti, solo che ormai sapete bene anche che vi comunico solo il punto di vista che voglio, quando più garba a me, mescolandovi il tutto in modo confusionario.
Questo non sarebbe tecnicamente corretto.
Un narratore che si rispetti deve decidere a priori come vuole raccontare la sua storia o deve comunque definire bene gli stacchi e le differenze.
Io faccio come mi pare e sono un po’ caotico.
In questa vicenda ho deciso che volevo agire senza limiti. Ho qualche migliaio di anni, ve l’ho già detto, ed avevo il diritto di assaporare un po’ di libertà, di divertimento, di leggerezza, indipendentemente dal risultato.
Avevo il diritto anch’io di assaporare un po’ di suspance…
A voi è capitata la sfortuna di starmi a sentire.
Eh eh eh…
Va be’, prima di ritornare su quella terrazza, all’imbrunire di una delle prime serate estive,  facciamo un altro piccolo salto, ma proprio in volata, al 12 maggio, quando Elle si ritrovò a rimuginare sulla pagina di diario spedita da Misa…

 
Elle era appena entrato in possesso del foglio del diario e stava scorrendo le date e gli appunti ad esse connessi.
Uhm… L’unico appunto da considerare è quello che nomina la parola “Shinigami” in connessione con lo stadio e la partita dei Giants del 30 Maggio… Uhm… Non mi convince, troppo banale. Misa Amane è impulsiva ed il suo operato è dettato dal desiderio, ma non si è dimostrata così tanto stupida. C’è qualche altro indizio qui sopra. Vediamo, le uniche altre due voci che riportano un luogo sono queste qui…Uhm Aoyama e Shibuya… Io e il mio amico ci siamo dati appuntamento ad Aoyama per mostrarci i quaderni a vicenda… E poi l’altra…Ci siamo dati appuntamento a Shibuya per… No! Un momento! …per mostrarci i rispettivi quaderni! Quaderni. “Quaderno”. Il nome della cartella sul pc di Emma con tutte le scansioni dei disegni! “Death note”. “Quaderno” della morte. È un caso? È un’altra deduzione forzata? Scrivere il nome per uccidere. Scrivere. Scrivere dove? Quaderno. Quaderno… scambiarsi i rispettivi quaderni. “Mostrarsi i rispettivi Shinigami”. Ci sono delle strane analogie… E se anche questo fosse in qualche modo collegato a tutto?
Aoyama e “quaderno”…

«Yagami, telefoni a suo figlio per favore. Non sono così sicuro che il secondo Kira voglia dirottare l’incontro allo stadio…» aggiunse quasi parlando tra sé e sé. «…Quindi vorrei la sua opinione a riguardo… Ma non gli accenni nulla dei miei dubbi in proposito per cortesia.» concluse gelido e mordendosi il pollice.
Sempre duro e senza tatto verso il sovrintendente, che annuì mesto… 
A Elle sarebbe bastato controllare i movimenti di Misa nei giorni stabiliti, per sapere subito quale fosse l’appuntamento “giusto”. Ma non voleva aspettare. Voleva subito provare la veridicità della sua deduzione collegata ad Aoyama e dovuta alla parola “quaderno”, isolata per un motivo ed un’intuizione di cui non si sentiva certo…
Chissà, magari Light fingerà di appoggiare le mie teorie sulla possibilità di tenere in conto anche gli altri due luoghi, Shibuya e Aoyama, e quindi sulla non esagerata stupidità del secondo Kira. Magari non cercherà in tutti i modi di mandarmi fuori strada spedendomi dritto allo stadio per la partita dei Giants…Non sarebbe la prima volta che mostra di essere in linea con i miei pensieri, andando apparentemente contro i propri interessi solo per dissimulare il suo essere dalla mia parte ed il suo non essere Kira…
Quindi non sarebbe strano che mostrasse di condividere la mia ipotesi che la Amane voglia incontrarlo ad Aoyama o a Shibuya…

E poi Light, infatti, dissimulò perfettamente il suo accordo con Elle, anzi, si propose di andare con Matsuda ad Aoyama…
Ed Elle seppe che aveva avuto ragione, che sarebbe stato quello il luogo dell’incontro dei due feroci assassini…
Aoyama… Quindi il “quaderno” significa veramente qualcosa…
 
Emma guardava Elle, sicura di quello che gli aveva appena detto.
Una leggera folata di vento freddo spostò le ciocche ribelli dei capelli di Emma e quelle corvine e disordinate di Ryuzaki.
Lei si strinse nell’asciugamano.
Fece un passo in dietro, allontanandosi da lui «Si sono incontrati? Misa e Light, intendo. Hai permesso che si incontrassero? Hai imprigionato Misa?» gli chiese Emma a raffica, all’improvviso, partecipe, desiderosa di sapere, come sempre realmente curiosa e pronta a ragionare attivamente e combattiva… E con un briciolo di timore nello sguardo…
La paura che le cose fossero cambiate si riaffacciava. Il caso Kira si riaffacciava in tutta la sua sconcertante pericolosità…
«Sei particolarmente agguerrita e famelica. Hai paura?» le chiese serafico Elle.
«Sì che ho paura!» esclamò Emma.
«Ti ho già detto che la paura annulla la lucidità. Devo ripeterti che non commetterò determinati errori?» la rimbeccò lui, impassibile e serio, fissandola.
«Sì, lo so, lo so… Si sono incontrati o no? Oppure è successo tutt’altro? Perché devo sapere se è successo tutt’altro. Se le cose fossero cambiate, se il tuo intervento avesse cambiato le cose prima del tempo, io non potrei…»
Elle la interruppe in modo deciso «Adesso basta, Emma. Ragiona!»
Emma rimase immobile, raggelata.
Sì, doveva ragionare… Doveva abbandonare le sue paure e doveva ragionare.
Elle continuò, con la voce fluida e gli occhi di ghiaccio «Le cose che tu sai non “devono” cambiare. È così tremendamente ovvio che non debbano farlo. Veramente pensi che io abbia continuato ad agire considerando le cose che mi dicevi solo come un aiuto, senza calcolare questo? Veramente credi che le tue informazioni mi stiano servendo solo a risolvere prima il caso? Emma, ho deciso di comportarmi in un certo modo fin dal primo indizio che mi hai concesso apertamente. Ho deciso di comportarmi così perché mi era chiaro fin dal primo istante che tu conoscevi alcuni eventi. Poi ho potuto appurare che tutto ciò che dicevi era vero. Se io cambiassi gli eventi tu non sapresti più nulla. Credi che possa commettere un errore così grande? Se così fosse, il mio vantaggio sarebbe finito. E tu non mi serviresti proprio più a nulla.»
Il gelo per l’ennesima volta
Era verissimo.
Elle aveva ragione, come sempre.
Lei non gli sarebbe servita proprio a niente…
Emma ingoiò.
 
 
 
 
Credo di aver esagerato con gli interrogativi iniziali di Emma… Ho creduto fosse importante dilungarmi e adesso mi ritrovo a sperare che non vi abbiano annoiati…
Poi sono piena di altre speranze… Spero che sia tutto chiaro, che i cambiamenti nella vicenda, in fondo minimi in apparenza e per la maggior parte collegati ai pensieri dei personaggi, siano accettabili e non vi stufino…
Spero di essere riuscita a modulare la parte “investigazione/mistero” e quella “romantica”, andando incontro a tutti i gusti ed ai generi preannunciati di questa mia storia…
Spero che capiate la mia necessità di descrivere di questa ff, in alcune sue parti, anche solo dal punto di vista di Elle, perché del resto la protagonista non è solo Emma e mi sarebbe sembrata anche una mancanza di rispetto per il nostro Elle relegarlo a burattino e spalla di Emma nelle scene in cui loro fossero stati insieme… (tuttavia il descrivere lui mi crea l'opposta ansia di non rendergli giustizia...non c'è scampo per me ^^).
E spero tante altre cose che vi risparmio ^^
Sono dispiaciuta di aver interrotto anche questa volta un dialogo tra i due, peraltro un dialogo di una certa importanza, ma non era previsto, solo che mi sono lasciata andare la mano su altro ed il capitolo sarebbe stato lunghissimo, col risultato di una pubblicazione ancora posticipata…
I miei tempi di aggiornamento per il momento rimangono gli stessi, un po’ più lunghi insomma, per i problemi cui vi accennai l’altra volta…
Spero che potrete avere pazienza e comprensione (pesa anche a me questa situazione)…
Qui un altro meraviglioso disegno della bravissima Hanny, che ha uno stile tutto suo che amo!!! *__* Un altro che andrà a sostituire le copertine, quando avrò tempo di dedicarmici… ;D
Questa è Emma per Hanny e devo dire che è proprio Emma!!
Grazie Hanny!!!
E grazie a tutti!!! Comprendendo chi recensisce dandomi forza e gioia, che mi preferisce e continua a farlo, chi mi ha scoperto solo ora, chi mi segue dall’inizio, chi semplicemente legge quello che scrivo!!
Alla prossima

Eru

   

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Capitolo 32
*** 32. I ragionamenti paralleli ***


Eccolo!
Non mi dilungo, incrocio le solite dita di liquirizia…
Grazie di essere ancora qui e buona lettura ^^

 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

32. I ragionamenti paralleli

(Dal cap. precedente)
Elle continuò, con la voce fluida e gli occhi di ghiaccio «Le cose che tu sai non “devono” cambiare. È così tremendamente ovvio che non debbano farlo. Veramente pensi che io abbia continuato ad agire considerando le cose che mi dicevi solo come un aiuto, senza calcolare questo? Veramente credi che le tue informazioni mi stiano servendo solo a risolvere prima il caso? Emma, ho deciso di comportarmi in un certo modo fin dal primo indizio che mi hai concesso apertamente. Ho deciso di comportarmi così perché mi era chiaro fin dal primo istante che tu conoscevi alcuni eventi. Poi ho potuto appurare che tutto ciò che dicevi era vero. Se io cambiassi gli eventi tu non sapresti più nulla. Il mio vantaggio sarebbe finito. E tu non mi serviresti proprio più a nulla.»
Era verissimo.
Elle aveva ragione, come sempre.
Lei non gli sarebbe servita proprio a niente…
Emma ingoiò.
Ma non lo fece per il gelo e l’insensibilità opportunista con cui Elle aveva condito quell’ultima frase.
Quel ghiaccio, stranamente, non la raggiunse.
O perlomeno non la raggiunse apertamente. Se nell’intimo di quella giovane ragazza qualcosa si mosse, in seguito a quell’ultima affermazione tremendamente cinica ed insensibile, lei non lo seppe e forse non lo avrebbe mai saputo. Forse c’era una corazza spessa che ormai la proteggeva dagli “attacchi” di quel giovane duro e diretto.
O forse quella corazza non esisteva e non aveva motivo di esistere.
Forse semplicemente furono l’indole di Emma e la sua esperienza a farsi avanti. Fu viva la parte più profonda del suo essere, quella che le aveva permesso di avvicinare il grande Elle, di arrivare fin lì. La sua sensibilità inconscia e forte, sicura e prorompente nonostante tutte le insicurezze, aveva imparato a prevedere, a conoscere. Aveva imparato ad andare oltre, ad accogliere il detective ed il suo gelo con fermezza. Sì, con fermezza e con quel qualcosa che iniziava a somigliare all’abitudine…
Perché Emma, forse, adesso, dentro di sé sentiva e sapeva che il gelo di Elle non significava disprezzo, non significava mancanza di stima, di considerazione, di complicità.
Forse Emma non rimase ferita perché adesso, veramente, “conosceva” Elle o perlomeno “conosceva” una parte di lui.
Perché adesso, istintivamente, riusciva a sfiorare veramente qualcosa, oltre quelle spalle curve, lo faceva spontaneamente, percependo l’essere umano reale che si nascondeva dietro quel giovane uomo unico. E lo faceva senza più l’aiuto delle pagine in bianco e nero di un manga di successo, di un fumetto custodito gelosamente sugli scaffali polverosi di una stanza perduta in un mondo  dimenticato e smarrito chissà dove…
 
Vi chiedete perché, da qualche tempo, non vi riporto direttamente e pedissequamente i pensieri e i ragionamenti di Emma sulla “persona” Elle e sui suoi modi poco comuni e taglienti?
Perché su quel punto non ci sono elucubrazioni.
Perché, per l’appunto, Emma agisce per istinto, per conoscenza vera e diretta. E sull’istinto e la “familiarità”, spesso, c’è veramente poco da dire.

 
E il gelo che la colpì, infatti, derivò da altro.
Derivò proprio da quelle pagine quasi dimenticate in cui c’era un Elle di carta, disegnato, limitato e destinato irrimediabilmente a morire…
Derivò proprio da quell’istinto che le permetteva di vivere lì con lui, ma che nello stesso tempo le velava lo sguardo e le oscurava ciò che invece era stata sempre in grado di prevedere.
Come poteva Emma aver solo lontanamente pensato che “proprio” lui potesse commettere un errore così grande?
Come?
Non era forse lei l’appassionata di Death Note? Non era forse lei la ragazza che considerava quasi “inutili” i sentimenti, se rapportati a quel caso epocale, intricato e terribilmente delicato in tutte le sue parti, se rapportati ad un soggetto così particolare ed unico come Elle?
E invece ci era caduta in pieno. Era affondata nel marasma di paure ed emozioni che colpisce le persone innamorate ed aveva completamente perso la bussola, ottenebrata. Era arrivata ad avere timori e dubbi che mai avrebbe voluto e dovuto concepire se avesse invece continuato a tenere bene a mente l’indole della persona che aveva davanti e che la scrutava adesso con un’espressione seria e distaccata, in attesa di carpire qualcosa dal volto della sua interlocutrice.
Emma aveva un’espressione strana che vagava dalla confusione alla curiosità, dalla critica per se stessa al tentativo di raccogliere le fila del discorso.
Assottigliò gli occhi, come concentrata, come cercando di mettere a fuoco la situazione attraverso una nuova ottica, priva dei condizionamenti che l’avevano traviata fino a quel momento.
E con quello sguardo intento continuò a fissare gli occhi del detective, che colse il cambiamento in lei, capì che in Emma si era smosso qualcosa, che in quei brevissimi attimi era cambiato qualcosa.
Ed era quello che voleva. Anzi, era quello che sapeva. Perché, come sempre, la sua freddezza era naturale e diretta, ma era comunque finalizzata a qualcosa. Perché Elle non smetteva mai di mettere alla prova chi aveva davanti. Mai. Solo che in quel momento ed in quel frangente, per la prima volta, stava mettendo alla prova qualcuno aspettandosi una reazione ben precisa… stava mettendo alla prova qualcuno che conosceva…
Difficile dire perché lo stesse facendo…
E quindi il grande detective proseguì a parlare,  implacabile «Gli eventi non devono cambiare almeno finché non avrò in mano degli elementi chiari, inconfutabili e lampanti. Non devono cambiare almeno finché non sarò certo di avere in pugno tutta la situazione. Mi sto muovendo seguendo questa linea, avendo questo obiettivo.» si fermò, la guardò e riprese «E credo che questo ora ti sia chiaro.»
Emma corrugò la fronte.
Come? Come si stava muovendo? Come aveva fatto fino a quel momento?
Questo dicevano i suoi occhi famelici e ghiotti di informazioni, ma ancora scossi, dubbiosi, in confusione.
Elle accennò un vago sorriso sornione, leggendo le domande nella testa di Emma «Come? Vuoi sapere “come”? Ancora non riesci ad arrivarci da sola?» la provocò, ben sapendo che Emma stava in quel momento raccogliendo tutte le forze e stava ricominciando a mettere in moto la sua mente per cercare di seguire i ragionamenti di lui.
Faceva così. Aveva sempre fatto così.
Quella giovane ragazza sincera, agguerrita, riservata e nello stesso tempo spiazzante nella sua schiettezza senza peli sulla lingua, metteva sempre in moto il suo cervello alla ricerca di nuove risposte, anche quando le deduzioni a cui era giunta erano sbagliate. Non si perdeva d’animo. Ripartiva da zero, ricominciando a costruire la sua piramide dalle nuove e più solide fondamenta.
Ed era estremamente divertente osservarla mentre ragionava. Era divertente ed in qualche modo stimolante…
Lei non era esattamente come tutti gli altri “bambini” che circondavano Elle, rallentati e bisognosi di aiuto in ogni deduzione. Lei era un bambino di quelli che imparano in fretta, che danno soddisfazione, un bambino di quelli che hanno la mente fervida e perciò piacevole da osservare, da testare, da mettere alla prova. Un bambino di quelli che possono spiazzare, di quelli che possono far esclamare “Accidenti, questo ragazzino è incredibile, io non ci avrei mai pensato e ho molte più conoscenze di lui!”.
Esistono i “bambini” così, sono pochi ma esistono.
E sono pochi anche quelli che li scovano e li riconoscono, quei “bambini” lì…
E così Elle iniziò ad imboccarla, continuando «Te lo dirò io “come”. Tutto ciò che mi hai detto fa parte di un’indagine che sto compiendo da solo, al latere. E quindi nelle indagini ufficiali devo comportarmi come se non fossi a conoscenza di certe cose, cercando di far proseguire gli eventi secondo un binario diverso da quello che invece seguirei essendo in possesso di determinate informazioni.»
Emma abbozzò un’espressione accesa e gli occhi le iniziarono a brillare, assumendo una luce che ricordava il fervore …
Ed Elle proseguì «C’è una squadra investigativa che è all’oscuro di tutto. C’è Light Yagami che viene qui ogni giorno. Ci sono gli eventi che tu conosci che io “devo” far avvenire. Sto viaggiando da due mesi su due binari. Sto giocando due partite a scacchi contemporaneamente. Mi muovo su due livelli, indagando e ricostruendo di nascosto ciò che riesco e dedurre grazie alle informazioni che mi hai dato tu e pubblicamente agisco nel modo in cui credo mi sarei comportato se tu non ci fossi stata; compiendo parallelamente le azioni e le scelte che avrei adottato se fossi stato a conoscenza delle sole informazioni che mi fornivano il caso, l’indagine “originale”, chiamiamola così, e gli eventi senza la presenza di Emma. E tutti questi ragionamenti paralleli mi stanno assorbendo non poco. Questi ragionamenti paralleli mi servono proprio per mantenere identico lo stato delle cose, per non perdere il mio vantaggio, per sfruttarlo fino all’ultimo e nel modo più corretto.»
“Ragionamenti paralleli” a parte, la cosa più assurda era che questa volta Elle non le stava nemmeno dicendo una cosa nuova, una cosa alla quale lei non aveva pensato, un ragionamento che lei non aveva fatto…
Questa volta Elle le stava esplicitando ciò che lei stessa pensava e aveva pensato tante volte.
Gli eventi non dovevano cambiare.
Il grosso errore, la sciocchezza immonda, era stata proprio non fidarsi di lui…
E naturalmente il detective dagli occhi scuri non perse occasione di analizzare anche questo e proseguì fluidamente ed in modo impassibile «Pareva che il tuo problema iniziale fosse che io dovessi fidarmi di te. Ma ancora una volta sei tu che non ti sei fidata di me. Sei stata in grado di costruire un piano eccellente, che in parte ancora ignoro. Per un certo periodo di tempo sei riuscita a farmi fare quello che volevi, perché avevi previsto le mie possibili mosse ed io ho dovuto per forza adeguarmi, pur sapendo che stavo facendo il tuo gioco. Ed ora infatti sei qui proprio grazie alle tue considerazioni esatte. Che cosa succede ora Emma, non mi conosci più come prima?» le chiese duramente con fare provocatorio. 
Una follia!
Adesso Emma aveva gli occhi spalancati, presi e ardenti.
Ragionamenti paralleli…
Ragionamenti paralleli per non cambiare le cose, almeno apertamente…
Incredibile…
Elle è incredibile!

Con una sferzata improvvisa la mente di Emma venne liberata dalla nebbia che l’aveva ottenebrata.
Adesso percepiva Ryuzaki e coesisteva con lui, con le stranezze ed i modi di un ragazzo indecifrabile per i più, ma…
Ma dov’era finita la Emma calcolatrice che conosceva l’ “Elle investigatore” nell’intimo, che era stata in grado di prevedere, anche se con molti dubbi ed insicurezze, le decisioni del detective del secolo?
Fece un grosso respiro, riempì i polmoni dell’aria fresca della sera, gonfiò il petto e socchiuse gli occhi, sollevando il mento e distendendo le spalle, come a volersi liberare di qualcosa e nello stesso tempo acquisire nuovi pensieri, punti di vista, considerazioni…
Non si sentì colpita, offesa, impaurita.
Capì e basta.
In un attimo, con un colpo secco, il suo cervello ricollegò tutto e un fiume di nuove considerazioni, molto più logiche, ovvie e razionali, invasero la sua testa.
E questo provocò in lei una reazione tutt’altro che consueta.
Buttò fuori l’aria riaprendo gli occhi «E tu invece? Non mi riconosci se vacillo? Mi pare che fin dal primo momento la mia indole non sia stata sempre così ferma. Che c’è, ti manca la Emma che ti conosce? Sì, in questo momento mi sento una perfetta idiota. Ho sbagliato, non sono come te. D’accordo. Ricominciamo da capo. Adesso credo di poter seguire con un’altra ottica il tutto.» disse seria e secca, cercando di fare ordine nella sua mente, senza paura.
Era stato quello il punto della questione, la paura.
Elle la osservò in silenzio «Bene. Lo credo anch’io.» ribattè lapidario.
Anche lui aveva ottenuto quello che voleva. Le aveva aperto gli occhi, l’aveva riportata sulla strada giusta. Adesso Emma era di nuovo pronta. Poteva parlare con lui di nuovo. Poteva farlo veramente e costruttivamente.
«Quindi» proseguì Elle serio «Adesso dovrai confermarmi uno di questi ragionamenti paralleli in particolare.»
Emma rise appena, quasi imbarazzata, e si prese in giro da sola, osservando tutto quello che era successo come dal di fuori, in modo obiettivo «Ecco il motivo per cui sei qui ed il fine per cui mi sei anche venuto a cercare... E prima di arrivarci ci ho messo una vita… ci ho pure infilato uno stupido bacio… Ma ai “ragionamenti paralleli” non ci sarei mai arrivata… credo di aver raggiunto i livelli di Matsuda!» esclamò ridendo e scuotendo la testa. Poi riprese «Comunque… » rimuginò un attimo «Ecco perché non hai ancora fermato Misa Amane, anche se avresti potuto! Non l’hai ancora fatto perché se io non ci fossi stata non avresti mai potuto farlo!»
Elle la fissò «Perfetto. Sei di nuovo tra noi.»
Emma continuava a ragionare «…Ok… mi mancava qualcosa però… Senti, io ho sbagliato, mi sono lasciata traviare dalle mie ansie e non ho pensato che non avresti mai potuto sbagliare una cosa così banale. Però io non conoscevo tutte le cose che sai tu! Insomma, è un mese che non so più un tubo! Tu potevi confermare quello che io ti avevo detto con la realtà, potevi essere sicuro che certe cose stavano avvenendo, ma io no! Non sono nella stanza di controllo, quindi anche escludendo la paura, che non avrei dovuto avere, concedimi almeno il beneficio della mancanza di conoscenza. Insomma, se anche fossi stata certa che tu non avresti mai potuto sbagliare e che quindi stavi agendo perché le cose avvenissero proprio così come ti avevo detto io, concedimi che avrei comunque potuto essere curiosa, interessata e preoccupata che le cose non stessero in realtà avvenendo così! Io finora non avevo potuto confermare un bel niente, sono stata relegata in una stanza, e mi va bene, ma i miei unici contatti col caso Kira sono stati la tv e internet, quindi fatti due conti e vedi come sono messa!»
Elle si portò la mano a grattarsi la nuca, poi avvicinò l’indice alle labbra e alzò lo sguardo pensieroso «Uhm… Sì… » il terzo ragionamento parallelo era partito nella sua testa. Adesso stava ricostruendo le cose che sapeva Emma e quindi il punto di vista ignaro di lei. «In effetti ti mancavano dei pezzi… non mi sono curato di questo. Immagino di averlo fatto perché, forse, era assolutamente irrilevante per le indagini…» continuò con quel fare buffo meditabondo, ma comunque pungente dietro le righe. La provocava, continuava a provocarla.
Era in grado Emma di tollerare di essere messa continuamente, biecamente e insensibilmente al secondo posto senza un briciolo di attenzione?
Ma Emma non era una sciocca e in tutta la sua giovane vita non aveva mai pensato nemmeno per un istante che potesse esistere una “classifica”…
Era innamorata, certo, ma fino a quel momento aveva vissuto con la convinzione che i sentimenti riguardassero una sfera nettamente distinta da tutto il resto. Che le priorità si stabilivano al momento. Che la forza delle persone era data dall’individualità delle proprie sicurezze, dei propri traguardi personali, degli obiettivi che si volevano raggiungere e dei propri profondi interessi, e che a questo zoccolo duro si sarebbe aggiunta quella sfera di affetti, quella vita condivisa e piena di emozioni che avrebbe reso anche tutto il resto degno di essere portato avanti fino allo strenuo delle proprie forze…
Forse non era giusto, forse non era una visione condivisibile. Ma Emma era così. Era quella che, mondo parallelo o meno, probabilmente sarebbe partita per il Giappone comunque, per l’impegno e la passione che metteva nel suo lavoro. Era quella che lavorava per ore e non alzava mai lo sguardo. Era quella che si dedicava anima a corpo ad una professione che amava, che non avrebbe mai abbandonato per nessuno al mondo. Che si caricava la sacca sulle spalle e si andava ad allenare, anche in tarda serata, stanca e piena di pensieri, semplicemente perché amava ciò che faceva e perché mentre lo faceva era assorbita, perché se ne riempiva fino al colmo.
Era quella che, proprio grazie a questo, aveva superato quel mese di incertezze senza Ryuzaki.
E così… «Mettermi al corrente era “assolutamente irrilevante per le indagini”… Sì, lo credo anch’io.» ribatté Emma diretta  «Del resto io posso anche schiattare nel mio buco nero di paure per un mese, a te non è che cambi molto, l’importante è che le indagini proseguano.» e rise, sempre come guardando la situazione dall’esterno, senza pretese da stupida ragazzina, senza lasciarsi provocare né sentirsi colpita «Alla fine è giusto così. È dura, ma alla fine è così che deve essere».
Quello era il caso Kira. Le giornate e le notti erano pienamente dedicate a quello. Le occhiaie di Ryuzaki parlavano chiaro. Una volta che Elle aveva le redini in mano, una volta che i suoi complessi ragionamenti paralleli avevano raggiunto il loro scopo e per lui le cose andavano bene, poteva lui preoccuparsi delle eventuali paure e mancanze di Emma? Insomma, pensare che Elle avrebbe potuto farlo sarebbe significato avere un ego sconfinato. Emma non era remissiva, non era una “geisha” al servizio di nessuno. Ma aveva deciso lei di affiancarsi a quel soggetto difficile e strano, aveva deciso lei di aiutarlo. E adesso non aveva la minima intenzione di ribattere a delle sciocchezze inutili, di recriminare attenzioni che lui non avrebbe mai avuto, tantomeno in un momento come quello!
Non era una stupida.
O forse semplicemente era Emma. Giusto o sbagliato che fosse, lei in quel momento ragionò in quel modo, spontaneamente.
Elle la guardò, sempre con quell’atteggiamento innocuo e apparentemente interessato al suo stato «Immagino che avrei potuto farti sapere qualcosa.»
«No Ryuzaki. Finiscila di mettermi alla prova. Non avresti dovuto dirmi un bel niente! Alla prossima, se ci sarà, cercherò di evitare di farmi travolgere da ansie sterili e soprattutto mi fiderò di te. Punto. Però adesso puoi dirmelo come stanno le cose…» concluse con gli occhi accesi…
«Uhm…» mugugnò Elle e tolse il dito dal labbro ed i suoi occhi cambiarono, divennero quelli seri e freddi di sempre, puntati in quelli di Emma… «No. Prima ho bisogno di sapere qualcosa. Ho bisogno di saperlo subito.»
La piscina era deserta e ormai buia.
Emma ed Elle erano in piedi, uno di fronte all’altra, appena illuminati dalla luce bianca di uno dei lampioni che la costeggiava.
Emma annuì.
E il detective cominciò «Ieri sono arrivato alla conclusione che se non avessi saputo ciò che so, avrei deciso di far pedinare Light. Sono certo che l’avrei fatto. Perché il secondo Kira vuole incontrare il primo, questo è comunque evidente. E sono certo che avrei comunque continuato a sospettare di Light. E, per scovare il secondo Kira, il pedinamento del primo sarebbe stata l’unica mossa possibile. E questo pensiero si è dimostrato corretto. Misa Amane è andata a cercare Light Yagami oggi stesso, all’università. Evidentemente si erano già incontrati prima di oggi.»
«Sì. Lei è andata a cercarlo a casa sua. Si è presentata lì…» Emma iniziò a rimuginare sul fatto che a questo punto la storia degli Shinigami diventava impellente… In che modo avrebbe potuto spiegare ad Elle il “come” Misa aveva riconosciuto Light ad Aoyama, il “come” si erano rispettivamente riconosciuti come i due Kira? La faccenda “Dei della Morte” era ancora spinosa… Elle non le avrebbe mai dato retta… Doveva attendere prima di parlargli degli Shinigami. Doveva attendere il superamento del punto X… O perlomeno Emma credeva che fosse così…
Ma ad Elle per il momento la cosa non sembrava interessare, come sempre andava al sodo sul pratico contingente «Ok. Ciò che mi interessa sapere ora è altro, questo era solo un piccolo anello mancante. Diciamo che ciò che conta è che adesso posso fare i conti con Misa Amane, senza bisogno di nascondere la sua identità alla squadra anti-Kira. Nel preciso momento in cui Mogi ha visto che lei era con Light.» si fermò un istante «Ritengo superfluo doverti spiegare chi sia Mogi, certamente “conosci” anche lui.»
Emma annuì di nuovo.
Ed Elle riprese «In quel preciso momento ho deciso che certamente, senza altri elementi, avrei fatto perquisire l’appartamento di Misa Amane. E questo perché dal secondo nastro spedito alla Sakura tv la scientifica ha potuto isolare fibre di tessuti, tracce di cosmetici e peli di gatto. E quindi ho capito che queste erano le prove di cui mi avevi parlato tu. Quindi ho immediatamente ordinato la perquisizione e naturalmente ho fatto centro. Come lo avrei fatto senza di te. Entrambe le circostanze sono univoche, le avrei avute anche se tu non ci fossi stata: l’avvicinamento di Misa Amane a Light Yagami e le prove sulla busta arrivata alla Sakura tv. Questo, unito ad altre considerazioni che ho fatto con gli agenti e che non potevo utilizzare fino a questo momento, mi mette nella condizione di poter fermare Misa Amane apertamente, con l’accusa di essere il secondo Kira.»
Emma annuì di nuovo.
«Bene. Credo che tu mi abbia già risposto. Quello che volevo sapere era proprio questo. Ed il tuo annuire mi conferma che è il momento giusto di arrestarla. Prima di farlo dovevo essere certo che lo fosse. È piuttosto importante e non potevo rischiare di compiere mosse non conformi a ciò che tu sai. Dovevo avere la prova da te.»
Senza aggiungere altro sfilò immediatamente il cellulare dalla tasca e telefonò «Watari, possiamo organizzare l’arresto così come avevamo ipotizzato. Occupati di tutto. Chiama la squadra, falli venire qui, li metteremo al corrente della situazione. Da domani Misa Amane smetterà di farsi scattare fotografie.» e chiuse.
Lo stantuffo delle porte scorrevoli si impose.
Un gruppo di persone ben vestite approdò alla piscina e si incamminò chiacchierando al bancone del bar, dove ancora non era arrivato il barman.
Era l’ora del drink serale.
La piscina in breve tempo si sarebbe ripopolata di nuovo.
I clienti dell’albergo, profumati, eleganti, seri e formali, perfetti ed impeccabili, passarono affianco ad Emma ed Elle…
Affianco ad una ragazza che, in un albergo di lusso e a quell’ora della sera, era ancora in costume e si stringeva nell’asciugamano, con i capelli intrisi di cloro raccolti alla buona in cima al capo, e affianco ad un ragazzo pallido, emaciato ed assolutamente poco curato in tutto…
Li guardarono con supponenza e con un po’ di perplessità e li superarono…
Il barman nel frattempo raggiunse il bancone.
Non erano più soli.
Emma si strinse nell’asciugamano ancora di più. Non certo perché si vergognasse, ma perché probabilmente si era sentita invasa in quel momento. Era come infastidita dalla presenza di quelle persone.
Per la prima volta nella sua vita era stata infastidita dalla presenza di altre persone.
E questo perché affianco a lei c’era Elle. C’erano Elle ed il caso Kira.
Quindi sussurrò «…Credo che diventerò misantropa anch’io di questo passo… Non credevo mi sarebbe successo…»
«Non si tratta di questo. Si tratta di nascondere identità e fatti, si tratta di cautela, di piena libertà di azione e di parola. Si tratta di trovarsi costantemente alla ricerca delle condizioni ottimali. Per me è sempre così, Emma. E sei sufficientemente cauta, intelligente e riservata da aver capito e percepito questa necessità di segretezza proprio adesso che non ci sono le quattro mura di una stanza d’albergo a celare le nostre parole e la nostra vicinanza. Non è “fastidio” verso il resto del mondo. È un’esigenza. Se vuoi sopravvivere è un’esigenza.» le rispose lui con voce bassa e calma «Andiamo via.» e si voltò noncurante, placido, come sempre.
Era vero…
Emma si sistemò l’asciugamano, avvolgendolo intorno al busto incastrandone un lembo sul seno e lasciandosi le spalle scoperte, raccolse la sua sacca di tela e lo seguì.
Arrivarono insieme davanti all’ascensore, lo presero e rimasero in silenzio, come due sconosciuti qualunque.
Quando quello si fermò al piano di Emma, lei uscì e lo fece anche lui.
Lei rimase perplessa, ma non parlò, almeno finché le porte non si furono richiuse e le orecchie dell’addetto non furono sparite dalla loro presenza.
E allora Emma si fermò e lo guardò  «Ma… Perché sei sceso anche tu qui? La suite di controllo è nell’altra ala…»
Elle proseguì a camminare senza voltarsi a guardarla «Volevi sapere come erano andate le cose no? Tra poco nella suite di controllo arriveranno gli agenti, non posso rischiare che tu sia lì, né che loro ti incontrino ora da quella parte dell’hotel. Quindi parleremo nella tua stanza e poi io me ne andrò.» e si fermò davanti alla porta della camera di Emma, che naturalmente conosceva, anche se non ci era mai andato, perlomeno in quell’albergo.
Emma allora lo raggiunse, abbastanza dubbiosa e sospettosa «Ryuzaki…» iniziò a cercare la chiave magnetica nella borsa, affianco a lui e senza guardarlo «… non dirmi sciocchezze. A te non importa assolutamente nulla di mettermi al corrente di certe cose. Figuriamoci se toglieresti tempo alle indagini per farlo. Sei tu che hai bisogno di altro. E non farmi credere che lo fai per me, perché non ci crederò mai.» trovò la chiave e aprì, sempre senza guardarlo.
«Non ci crederai mai?» ripeté, come incuriosito dalle parole di Emma «Sì, ho bisogno di sapere altro. Questo è corretto.» continuò impassibile, entrò e raggiunse il salottino, rimanendo di spalle «Ma questa volta non sono completamente d’accordo con te. Quindi continua ad esserci qualcosa di me che evidentemente non conosci… Interessante…»
Cosa voleva?
Cosa era “interessante”?
Perché lo era?
L’istinto non la soccorse e non lo fece nemmeno la “conoscenza”…
Sì, c’era qualcosa che non sapeva di lui e che non riusciva ad intuire né ad assimilare come nota per familiarità …
Elle si voltò e la guardò intensamente, ma in modo temibile.
Emma seppe solo che conosceva quella faccia, che la “cosa” interessante ed il motivo per cui lo era  sarebbero rimasti a lei ambiguamente ignoti, perché stava per arrivare un altro colpo…
Ed Elle proseguì «Vuoi aiutarmi? Ora hai eliminato anche lo spauracchio che io potessi commettere un folle errore. E quindi? Cosa ti fa credere che continuando a darmi le informazioni una per volta le cose possano andare bene? Non ho molto tempo, ne avrò ancora meno in futuro credo. Dimmi come andranno le cose domani.» glielo ordinò.
Quanto era difficile.
Emma capiva, preveniva, ma lui pretendeva di più. Pretendeva sempre di più dalla sua mente già stremata.
E così gli rispose «Domani prenderai Misa Amane, alla Todai. Lei ti guarderà in faccia e conoscerà il tuo nome. Perché tu vuoi andare all’università, no? Perché è esattamente questo quello che faresti, giusto?» continuò Emma agguerrita, pronta a ribattere quel dannato modo di Elle, pronta a rendere il colpo grazie alle sue conoscenze «E adesso vuoi sapere da me se commetterai l’errore di andarci? Vuoi sapere se i tuoi ragionamenti paralleli sono corretti anche su questo, anche sulle tue mosse avventate? Sì, lo farai, è così che andranno le cose. Tu vuoi rischiare ancora. Domani sarai alla Todai. Tu vuoi essere lì per mettere direttamente Light in difficoltà e ci riuscirai. Perché Light è il tuo migliore amico. Mi sbaglio? Ma non sarà questo ad ucciderti. Se tutto continuerà così come sta andando, non sarà Misa ad ucciderti…»
Ryuzaki sorrise appena in modo beffardo «Light, il mio migliore amico… Già. Povero Elle, deve sentirsi molto solo senza amici…»
Si stava divertendo.
Emma aveva apertamente commentato il suo gioco, le sue bugie ed il suo cinismo. E lui si divertiva, in modo presuntuoso e distaccato. Come si era divertito, solo con se stesso, a prendere in giro tutti quando aveva affermato che Light era il suo unico amico.
Ed Emma rimase un attimo confusa… Elle stava veramente commentando quelle cose liberamente davanti a lei? Sembravano quasi i suoi pensieri quelli, i pensieri del detective del secolo esplicitati a lei, liberamente…
Ma Elle non proseguì su quella scia «Anche tu rendi i tuoi colpi e provochi. Vedo che i miei discorsi hanno fatto finalmente ritornare la Emma che si è tranquillamente e volutamente mostrata a me con una t-shirt bianca con su stampata una L nera…» la richiamò lui.
Già, la maglietta col simbolo di L e con la frase “blindata” che esprimeva la vera essenza del detective del secolo…
«…Quindi continua.» le disse placido, dirigendosi tranquillamente verso la poltrona…
Calma ristabilita.
Il momento era arrivato.
Lui sapeva che le cose dovevano andare in un certo modo e si era mosso riuscendo a far sì che queste avvenissero proprio come dovevano… Emma poteva stare tranquilla.
Elle la stava spronando a raccontargli tutto.
E lei ora poteva farlo…
Emma capì in quell’istante che una parte dell’attesa era finita. Una parte soltanto… Quella fino al punto X perlomeno era finita…
La questione Shinigami e tutto l’aspetto sovrannaturale della vicenda dovevano attendere…
Senza esserselo aspettato, Emma si ritrovò a rendersi conto che il suo piano stava incredibilmente proseguendo proprio come lei aveva voluto.
E questo era avvenuto grazie ad Elle e alle capacità che lui possedeva.
Finalmente…
Quindi sorrise, mutando di nuovo completamente atteggiamento e iniziò a parlare. Gli disse a raffica della cattura di Misa, del fatto che Light si sarebbe fatto imprigionare di sua spontanea volontà, che per tredici giorni le esecuzioni dei criminali si sarebbero arrestate e che poi sarebbero riprese. Che Elle avrebbe però trattenuto Light ancora a lungo, per circa cinquanta giorni, ma che durante quella prigionia Elle non avrebbe cavato nessuna informazione…
Ryuzaki portò il pollice sul labbro, scrutando Emma attentamente e concentrato «Tredici giorni?» chiese incuriosito…
Ed Emma di nuovo vacillò…
Non posso. Non mi crederà mai… L’aspetto sovrannaturale di tutta la faccenda non lo accetterà, è troppo pragmatico e razionale per poterlo fare… Non crederà a ciò che non può vedere… Dovrebbe essere ruzzolato dalla sedia sconvolto solo al sentire la parola “Shinigami”. Tuttavia i miei disegni potrebbero aver creato un precedente…
No. Prima deve “vedere” e poi potrò raccontargli veramente tutto… E forse, solo allora, potrò finalmente liberarmi, dirgli cosa mi è successo e il perché conosco quello che conosco… Solo quando avrà accettato definitivamente l’esistenza degli Dei della Morte e quindi di qualcosa la cui comprensione va oltre ogni spiegazione terrena e conosciuta, potrò rivelargli che il mio Elle, un tempo, era fatto di carta e china…

«Allora Emma?» la scosse Elle.
«Sì… tredici giorni… diciamo che il potere di Kira passerà a qualcun altro, che Light architetterà tutto questo per essere al di fuori di ogni sospetto, per non rischiare di tradirsi… Loro saranno diversi… I due Kira non ti sembreranno più loro… Ma lo saranno comunque, Elle! Ritorneranno ad essere due assassini esaltati!» aggiunse Emma alla fine con decisione.
Elle corrugò la fronte «Uhm… Il potere di Kira passerà a qualcun altro…»
E gli squillò il cellulare.
Con flemma Ryuzaki rispose e, dopo aver ascoltato la voce dall’altro capo del cellulare, si limitò a dire «Sto arrivando.»
Agilmente si alzò. Si reinfilò le scarpe e fece sparire il telefono nella tasca.
Poi ritornò con lo sguardo di ghiaccio su Emma «So perfettamente che continui ad avere un piano. So perfettamente che continui a non dirmi qualcosa. Suppongo che tu abbia dei buoni motivi per farlo.»
«Ryuzaki…» …il punto X… adesso o mai più… «…Ora dovrai credermi sulla parola, non dovrai chiederti perché, ma ti scongiuro di fare quello che ti dirò… Quando Light si sarà fatto imprigionare tu dovrai fare in modo di entrare in possesso del suo orologio da polso. Fallo solo quando saranno trascorsi i tredici giorni o quando ti accorgerai che in lui c'è qualcosa di diverso, che Light sembrerà un altro...Soprattutto fallo senza che lui possa sapere che tu l’hai fatto. Fai in modo che lui non sappia mai che tu l’hai preso. Questo è importantissimo! Poi, quando lo avrai tra le tue mani, dovrai far scattare la chiusura di sicurezza. All’interno dell’orologio troverai un piccolo pezzo di carta. Tagliane solo un minuscolo brandello, in modo che non sembri che ne manca un pezzo, e tienilo con te…» Emma ingoiò. Adesso arrivava la parte più difficile… «Poi fai in modo di far riavere l’orologio col suo contenuto a Light…» ed ecco il cinismo di Emma… ecco la sua “insensibilità”… Ridare il cronografo a Light con dentro il pezzetto di death note significava condannare a morte Higuchi…
No… Significava passare la scelta ad Elle…
Significava delegare a lui, ancora una volta, quella pesantissima decisione futura…
Solo lui, a quel punto, avrebbe saputo cosa fare…
Ed Emma era certa che con quel semplice indizio in più, Elle avrebbe capito…
E avrebbe deciso…
«Se tu farai questo, io ti dirò tutto… Ti prego, fidati per l’ultima volta.»
Ryuzaki non battè ciglio e non appena Emma ebbe finito, lui rimase qualche breve istante in silenzio e poi, come se lei non gli avesse detto nulla, parlò «Devo andare. Ciao Emma.» e si voltò, mise le mani in tasca e si avviò verso la porta.
Ma Emma senza pensarci nemmeno un istante gli corse dietro, lo superò e gli si parò davanti, a testa alta, col mento appena sollevato per guardarlo negli occhi scuri «Lo devi fare, capito? Dannazione, Ryuzaki! Anche tu non mi dici nulla! Io non so quando ti rivedrò! Sparirai di nuovo! Devi fare quello che ti ho detto!»
«Perché io dovrei dirti qualcosa?» le chiese lui candidamente «Adesso che sai che ho agito seguendo dei ragionamenti paralleli, adesso che sai che le cose sono andate come tu le conosci e riportando alla mente le informazioni che mi hai fornito tu, sei perfettamente in grado di ricostruire da sola le mie mosse dell’ultimo mese, senza che te le spieghi io. E saprai anche perché non ho avuto bisogno di te prima di oggi. Per me era tutto chiaro e definito fino a stasera. Quindi, te lo richiedo, perché dovrei dirti qualcosa?»
«Perché tu agirai da solo. Perché l’hai sempre fatto in passato e adesso che ci sono io puoi farlo anche in questo caso. Ed era quello che volevo. È quello che più mi piace di te.» glielo disse con una tranquillità disarmante «Ma io non saprò niente! E tu non devi morire!»
«Batterò Kira, Emma. Mettitelo in testa.» la trafisse con uno sguardo fermo ma irruente.
E lei rimase ferma, con le labbra socchiuse e trattenne il fiato.
Lui la fissò ancora per un istante, rimanendo in silenzio. Poi, lentamente, distolse gli occhi, fece un passo strascicato come per superarla, passandole di lato.
Ma poi le si affiancò, vicino… le sfiorò la spalla nuda con la propria…
Si fermò ancora un istante al suo fianco, senza guardarla e mantenendo appena quel contatto impercettibile.
Lei voltò il capo e gli osservò il profilo e poi scese sul collo candido e teso, fino alla spalla ampia e curva…
E poi Elle se ne andò e la lasciò di nuovo sola…


 

 

 
Prima di tutto: se non è chiaro il motivo della scelta di Emma, le questioni circa il famigerato punto X, l’orologio di Light, ecc. non preoccupatevi! Era previsto che fosse così, inizialmente poco chiaro ^^, Se invece avete già intuito o capito, be’, meglio così ^^
Sappiate che questo capitolo l’ho scritto a mozzichi e bocconi, aggiungendo ogni tanto un pezzo, rileggendo ogni volta e cercando di aggiustare ciò che rileggendo dopo giorni non mi suonava più bene come alla prima stesura… Insomma ci sono rimaneggiamenti e ripensamenti, nonostante le linee generali le avessi chiare da tempo… È stato un capitolo laborioso, preso e ripreso a causa della mia mancanza di continuità… Purtroppo, come già sapete, sono stata costretta a scriverlo così, in modo spezzettato, e sono certa che ve ne accorgerete, che il testo ne abbia risentito…
Vi prego di perdonarmi…
Spero che ci sia qualcosa di decente e che possiate comunque apprezzarlo almeno per qualcosa…
Il prossimo week-end mi tocca una sgobbata pazzesca per ripulire la mia nuova casa…
Quello che voglio dirvi è semplicemente che sarò ancora molto impegnata… Ma ci manca poco e forse, dopo il prossimo capitolo e da quello in poi, riuscirò a riprendere le pubblicazioni con una frequenza più decente, ma allora forse voi ve ne starete tranquillamente spaparanzati/e al mare a godervi le vacanze e di certo non starete a pensare a me e ad L ^_^
Adesso vi saluto e vi ringrazio per la pazienza dell’attesa, sperando di non avervi troppo deluso. Grazie per le recensioni che mi lasciate! Grazie a chi mi continua ad aggiungere nelle storie preferite e a chi mi concede l’onore di diventare addirittura un autore preferito (sentirmi “autrice” già da solo mi fa uno strano effetto onirico…figuratevi essere addirittura preferita da qualcuno in quel senso…)! Grazie a chi mi segue e a chi semplicemente legge!
Vi lascio con un altro bellissimo disegno di Hanny: Emma ed Elle nell’area archeologica, al loro primo incontro, tanto tempo fa, sotto gli abeti (a proposito, quella radura ombrosa esiste veramente, a Roma, sul Palatino, prima o poi gli farò una foto e la posterò ^^,)
Alla prossima!!


Eru

  

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Capitolo 33
*** 33. Emma ce la farà ***


Ce l’ho fatta! Non mi dilungo e buona lettura!
Grazie di esserci ancora…
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

33. Emma ce la farà

 
Dunque, dunque, dunque…
Cosa potrei raccontarvi adesso… e come…?
Ricordatevi che, come sempre, io vi racconto quello che ho visto e sentito dopo averlo metabolizzato. Ma non posso sapere cosa avverrà domani. In questa vicenda perlomeno non posso saperlo ed era esattamente ciò che volevo.
Diciamo che in genere dopo aver assistito a un po’ di eventi mi fermo, li assemblo e decido di riportarvene alcuni.
Uhm…
Be’, direi che ora posso proseguire direttamente dal momento in cui Elle è uscito dalla stanza di Emma…
E credo che lo farò descrivendovi il “dopo” di entrambi…
Sì, è sicuramente il modo migliore. Quanto mi piace essere libero!
Quindi iniziamo.

 
Elle chiuse la porta della camera dietro di sé.
E rimase lì, fermo, in piedi, come annientato, con le mani in tasca ed il mento chino, lasciando che le ciocche di capelli corvini gli velassero gli occhi scuri, grandi e impenetrabili…
Strinse solo appena tra le dita la fodera della tasca dei larghi jeans… lo fece per una manciata di secondi soltanto…
Poi deciso alzò impercettibilmente lo sguardo.
No.
E iniziò a trascinare le scarpe usurate sul tappeto del corridoio del grande albergo. La sua mente logica e impeccabile cominciò a ricostruire il suo puzzle…
Prendere l’orologio. Un pezzetto di carta. Carta. Foglio. Quaderno. Quindi pare che per “quaderno” si intenda effettivamente un quaderno e non qualcos’altro… Iniziano ad essere meno assurdi i pensieri che avevo fatto in proposito… Le cose tornano. Quaderno. Quaderno della morte. Scrivere il nome e uccidere. Il potere di Kira è collegato a questo “quaderno” di cui ancora non posso definire la reale essenza e il significato?
Quindi io dovrei entrare in possesso di un “pezzo” del potere di Kira?
Uhm…

Arrivò davanti alle porte lucide dell’ascensore e lo chiamò, premendo stancamente l’indice affusolato sul pulsante.
No. Le cose non tornano… ci sono ancora degli elementi nebulosi.
Il potere di Kira. Le sue facoltà omicide passeranno a qualcun altro…
Tredici giorni. Sono il periodo in cui Light Yagami sarà ancora in possesso del suo potere e quindi del presunto “quaderno”?

L’ascensore si fermò al piano e si aprirono gli scorrevoli di acciaio.
Elle entrò senza nemmeno guardare l’addetto «Reception, per favore.» gli disse in modo annoiato e sovra pensiero.
Che i giorni siano tredici o meno, Light perderà momentaneamente i suoi poteri. Tuttavia un frammento dell’ipotetico “quaderno”, se di questo si tratta, rimarrà sempre con lui nonostante questo…
Quindi secondo questo ragionamento il “potere” non sembrerebbe essere collegato alla presenza del “quaderno”…
Però…

Uno scampanellio avvisò che l’ascensore era giunto al piano della reception ed Elle varcò le porte con la solita calma e si avventurò nella hall dell’albergo, catturando come sempre gli sguardi indiscreti dei presenti che lo osservavano scettici, mentre lui, continuando a ragionare e senza nemmeno vederli, si dirigeva stancamente verso l’altra ala dell’hotel, come se fosse stato completamente solo in quel grande ambiente luminoso.
Le cose non tornano…
Ancora non tornano… Uhm…
Ma lo faranno.
Senza tutti gli elementi è inutile ora dedicare altro tempo a questo.

E chiuse i suoi incredibili ragionamenti sull’argomento, essendo arrivato in un baleno a delle deduzioni ed intuizioni oltre le quali ancora non poteva andare per mancanza di elementi.
Logico. Rapido. Efficace.
Non c’era altro da pensare su quel punto, quindi non era necessario arrovellarvisi ancora.
E quindi passò ad altro.
A quel qualcosa che aveva stonato nella sua testa al primo istante, ma che aveva tenuto al secondo posto perché i ragionamenti sulle ultime informazioni ottenute erano più importanti. Quel qualcosa però adesso meritava la sua attenzione.
Emma gli aveva detto di prendere l’orologio di Light.
E presumibilmente lo aveva fatto in quel modo cocciuto e con quella punta di preoccupazione perché quella mossa non era compresa tra i fatti che lei conosceva.
Cioè era una cosa che, a quanto pareva, Elle non avrebbe fatto senza la sua presenza…
Gli aveva quindi chiesto di fare qualcosa di diverso.
Il punto non era questo però, perché a dire il vero Ryuzaki di cose diverse ne aveva fatte non poche, sempre stando attento a che le linee generali non venissero modificate attraverso i suoi complessi ragionamenti paralleli.
Ed anche in quel caso sarebbe stato così, sarebbe stata una mossa segreta, visto che Light non doveva sapere del furto temporaneo del suo orologio…
La questione che incuriosiva e lasciava appena perplesso Ryuzaki era un’altra…
Prendere l’orologio… da questa mossa arriveranno altre informazioni ed Emma attende che arrivino…
Questa è una differenza, è un’azione che, a quanto sa Emma, io non avrei compiuto secondo la versione che lei sembra conoscere così bene…
Prendere l’orologio di Light.
Perché? Perché non avrei fatto una cosa così ovvia?
Finora le mie scelte parallele sono state corrette proprio perché ho sempre ragionato su quello che naturalmente avrei compiuto se lei e le sue informazioni non ci fossero state e infatti seguendo questo binario parallelo non ho mai sbagliato.
Perché io sono lo stesso Elle che sembra “conoscere” lei e quindi ragiono allo stesso modo, tant’è che Emma ha potuto pianificare molte cose in base a questo…
E adesso per la prima volta scopro che invece una cosa che certamente mi sarei sentito di fare comunque, Emma o meno, pare che non coincida con i fatti che lei conosce… E lei mi chiede di farla proprio per cambiare qualcosa degli eventi, per darmi ancora informazioni che altrimenti non avrei avuto…
Perquisire un indagato.
È la base.
È assurdo immaginare che io non perquisisca Light, che io non controlli accuratamente tutte le sue cose prima di metterlo in cella!! Tanto più considerando che, se Emma non ci fosse stata, avrei avuto ancora meno elementi e da qualunque dettaglio avrei potuto acquisire informazioni!
Non va…
Non ha senso…
Allora, partiamo dal presupposto che sono certo che avrei fatto perquisire Light.
Cosa sarebbe accaduto?
Avrei trovato questo fantomatico foglietto. Con tutta probabilità, ragionandoci bene, lo avrei privato dei suoi effetti personali apertamente, quasi di routine, quindi Light avrebbe saputo che avrei potuto trovare ciò che lui voleva invece nascondermi.
Ma di certo io non gli avrei detto cosa avrei trovato, almeno finchè non avessi capito di cosa si trattava.
Ma lui a quel punto, cauto ed intelligente com’è, avrebbe deciso di cambiare i suoi piani e presumibilmente le cose si sarebbero verificate in modo diverso rispetto a ciò che conosce Emma.
Ed Emma mi chiede infatti di perquisirlo di nascosto proprio perché le cose non vadano diversamente, proprio perché lui non dovrà sapere che io gli avrò sottratto l’orologio…
L’Elle che lei “conosce” sono veramente io?
In tutte le carceri, prima di entrare, si consegnano gli effetti personali. Pure quell’idiota di Matsuda ci arriverebbe!

Gli occhi di Elle assunsero una buffa espressione rassegnata… No, forse a Matsuda non sarebbe venuto in mente… prima di iniziare a dubitare di quell’anima pura di Light Yagami si farebbe ammazzare… E morirebbe contento e felice.
Giunse nell’altra ala dell’albergo e prese uno degli ascensori che erano fermi al piano.
Io non potrei mai commettere l’errore così superficiale di non perquisire un mio sospettato, neanche se quel sospettato si fosse fatto imprigionare di sua volontà.
Nei fatti che conosce Emma c’è per la prima volta qualcosa che stona.
L’Elle che conosce lei sembra abbia sbagliato in qualcosa.
E infatti morirà.
Uhm…

Giunse al piano della sua suite, la raggiunse ed entrò dalla porta secondaria.
I fatti che conosce Emma e il “come” li conosce. La mia incognita numero tre. Il caso Kira ha qualcosa in comune con essa: entrambi ruotano all’interno di una sfera soprannaturale che ancora mi sfugge.
Dall’interno raggiunse la porta della sala di controllo, dove lo aspettava la squadra anti-Kira al completo.
Emma mi dirà tutto, in un modo o nell’altro…
Ma non ora.
Adesso è il momento di Misa Amane.

E varcò la soglia.
Gli agenti si voltarono verso di essa contemporaneamente, abbastanza perplessi già da prima di non averlo trovato nella stanza, seduto come sempre davanti al pc.
Elle si diresse placidamente, senza guardarli e senza dire nulla verso la sua poltrona.
Solo quando si fu seduto ed ebbe preso da una coppa una ciliegia e solo dopo averla osservata, mentre la teneva sospesa per il picciolo in alto davanti al volto, disse lapidario «Domani cattureremo il presunto secondo Kira.»
Accuratamente e aiutandosi con le dita dell’altra mano, staccò il frutto scuro e polposo dal suo stelo e poi si lasciò cadere la ciliegia in bocca e iniziò a masticarla con gusto «Mogi ha seguito Light Yagami…» senza degnare di uno sguardo il preoccupato Sovrintendente avvicinò la mano alle labbra e con la punta delle dita prese il nocciolo spolpato. Un po’ sperduto si guardò intorno, alla ricerca di qualcuno che gli togliesse l’impaccio di dover buttare sia il picciolo che l’ossicino.
Gli agenti si guardarono un attimo fra loro, perplessi, ma meno del solito, perché ormai si erano abituati a scene di quel tipo.
Mogi arraffò la prima coppetta di cristallo che vide nella stanza e gliela mise sul tavolo davanti.
Elle allora buttò ciò che lo disturbava «Mogi, racconti agli altri i risultati dei suoi pedinamenti, per favore.»
E Mogi eseguì.
Quando l’agente ebbe finito Elle era alle prese con un’altra ciliegia «Le prove raccolte nell’appartamento della modella Misa Amane coincidono con quelle trovate sulla busta spedita alla Sakura TV. E Misa Amane era nell’elenco delle persone indagate e pedinate da Ukita, una di quelle che Watari non aveva ancora finito di controllare. Ma direi che ormai non c’è più bisogno di procedere su quel fronte.» e così, in un attimo, il grande bluff della morte di Ukita e dei suoi finti molteplici pedinamenti era finito.
Elle implacabile proseguì «E, come se non bastasse, Misa Amane frequenta Light Yagami. Ancora devo capire se questo dato incastri lei o lui… Immagino che aggravi la posizione di entrambi.» prese un’altra ciliegia, come niente fosse, mentre il Sovrintendente rimaneva turbato, scosso, ma in silenzio…
 
Credo che possa bastare.
Il resto non ha avuto nulla di interessante da riportarvi, almeno secondo me.
Prima o poi dovrò fare l’esperimento di raccontarvi le cose nel momento esatto in cui le vedo… Diciamo una cronaca in diretta, rischiando di incappare nell’errore di narrarvi qualcosa di poco importante o di superfluo…
Ma ora andiamo da Emma.

 
Emma rimase di spalle alla porta, col capo ancora voltato nella direzione in cui fino a poco prima Ryuzaki era rimasto fermo, accanto a lei…
E sospirò.
Era di nuovo sola…
Era sempre stata sola in tutta quella vicenda. Troppo sola…
Lui era l’unico col quale…
Scosse rabbiosamente la testa e strizzò forte gli occhi, come per scacciare un pensiero cui non voleva cadere.
No!
E iniziò a elucubrare su altro, dirigendosi verso il bagno.
Se tutto andrà come deve, Elle avrà un ritaglio del death note che tra poco finirà nelle mani di Higuchi…
Si infilò nella doccia e lì si tolse l’asciugamano ed il costume, poi alzando il capo verso il getto, chiuse gli occhi e aprì l’acqua che, fredda nei primissimi istanti prima di intiepidirsi, la fece rabbrividire.
Ma non è finita qui.
Dovrò ancora aspettare.
Da quando è iniziata questa storia non ho fatto altro!
E sono preoccupata comunque, nonostante quello che lui mi ha detto! Quando mi passerà quest’ansia, dannazione!
Quando sarà tutto finito…
Ricominciamo.
So di non potergli ancora parlare della faccenda Shinigami, perché sebbene ci sia la possibilità che i miei disegni abbiano creato un precedente, Elle non mi ha ancora detto nulla, non ha nemmeno mai accennato alla questione… Sì, ma questo non vuol dire niente… Devo continuare per la mia strada e fare come avevo pianificato: gli potrò parlare degli Dei della Morte solo quando lui avrà “visto”.
E “vedrà” solo dopo che saranno state messe le telecamere nella sala del consiglio della Yotsuba…
Cioè fra un sacco di tempo…
Quando Light sarà uscito dalla prigionia dei cinquanta giorni, che deve ancora iniziare; quando la squadra anti-Kira si sposterà al nuovo quartier generale; e ancora quando finalmente arriveranno a focalizzare le indagini sulla Yotsuba… e tecnicamente non dovrebbero arrivarci in breve tempo…
Ma quando lo faranno effettivamente? Se solo potessi conoscere i tempi del tutto! Calcolando che tra il test d’ingresso alla Todai e la cerimonia di inaugurazione sono trascorsi tre mesi, semplicemente saltati  nel manga, posso aspettarmi di tutto!
È sempre il solito problema della cronologia, è inutile insistere…
E non sarà ancora finita ugualmente…
Dopo che Elle avrà “visto” non sarà ancora finita, né Elle sarà in salvo…
Perché neanche allora dovrà intervenire, neanche allora dovrà fermare Light, perché il tutto deve continuare almeno finché io non avrò avuto modo di svelargli lo strano attaccamento che Rem nutre per Misa e che lo ucciderà…

Uscì dalla doccia e si avvolse in un ampio asciugamano asciutto e pulito.
Oddio… Quanto vorrei poter fare un salto avanti nel tempo per arrivare subito a quel momento… Come sembrano lunghi questi mesi…
E le variabili in gioco sono così tante e soprattutto così imprevedibili e non umane…
Devo farmi forza su di lui!
È Elle dannazione!
E sarà cauto, attenderà il momento giusto e perfetto, saprà quando e come fregare Light, senza fare sciocchezze, perché sta portando avanti dei ragionamenti paralleli, perché semplicemente è Elle! Devo stare tranquilla…
Meglio focalizzarsi sul capire i suoi ragionamenti fino ad ora, mi ha detto che potevo arrivarci da sola… fare questo forse mi aiuterà.

Il punto era proprio quello, il problema era proprio quello.
Emma, fino al momento in cui Elle non l’aveva scossa, si era fatta traviare da alcune ansie ingiustificate, temendo cose che non avrebbe dovuto temere, non solo perché era affondata nel marasma dei sentimenti, ma anche perché in quel mondo, per assurdo, era tagliata fuori. Lei ora non poteva “leggere” nella testa del grande detective semplicemente risfogliando le pagine del manga. Non poteva infervorare di nuovo la sua incredulità e la sua esaltazione di fronte alle mosse ed ai pensieri astuti del grande Elle semplicemente rileggendo una vicenda che amava. Non poteva riassaporare e quindi apprezzare e riscoprire sempre meglio un personaggio noto. Non poteva, ogni volta che voleva, andarsi a rileggere quelle parti della storia che sapeva le avrebbero nuovamente stimolato la suspance e la soddisfazione che quel personaggio fuori dal comune le comunicava.
Lei ora poteva solo cercare di ricordare quei passi. E poteva tentare di riportare alla mente i rari momenti in cui era stata con lui e le mosse investigative “nuove” che Elle stava attuando in quel mondo.
Ma i ricordi, si sa, non possono eguagliare la realtà.
E così, con ostinazione, tenacia e voglia di fare, iniziò a rimettere a posto da sola i pezzi del puzzle, per capire come Elle avesse potuto e dovuto chiederle aiuto e conferme solo in quel momento particolare e non prima.
Infilò una lunga t-shirt, frizionò con energia i lunghissimi capelli in un asciugamano, li lasciò ricadere sciolti e umidi lungo la schiena e arraffò un foglio.
Se non scriveva non riusciva fare mente locale.
Prima buttò nella mischia tutte insieme e caoticamente le informazioni di cui il grande detective era stato a conoscenza, sia quelle che gli aveva fornito lei, sia quelle riservate e relative allo svolgimento delle indagini che lei invece non aveva saputo, come tutti i comuni mortali che seguivano il caso Kira dai media. E poi le riordinò, con un schema logico, combinando i due tipi di informazione e ricomponendo i tasselli.
 
1)
• 22 maggio: Light è andato ad Aoyama (informazione riservata relativa alle indagini sul caso Kira)
- Light è certamente Kira (informazione che Elle ha avuto da me).
--> possibile deduzione di Elle: Light si è offerto di andare ad Aoyama perché, in quanto Kira, ha potuto dedurre dalle parole in codice che Misa ha inserito nella sua pagina di diario che quello era il luogo in cui lei sarebbe stata. Quindi Misa Amane ha presumibilmente potuto vedere in qualche modo Light ad Aoyama (sicuramente qui Elle avrà un punto interrogativo, perché non può sapere come lei lo abbia riconosciuto come Kira…).
 2)
• Sulla busta inviata alla Sakura TV ci sono tracce di materiali identificabili (informazione riservata relativa alle indagini sul caso Kira)
- Ci saranno le prove tangibili per incastrare Misa Amane (informazione che Elle ha avuto da me).
--> deduzione di Elle: tra poco dovrà presentarsi un’occasione buona per far fruttare le prove, per collegarle a Misa Amane e metterla apertamente nel sacco.
 3)
• Mogi ha seguito Light e lo ha visto con Misa (informazione riservata relativa alle indagini sul caso Kira).
- I due Kira si incontreranno (informazione che Elle ha avuto da me)
--> deduzione di Elle: fin troppo ovvia…
4)
•  Perquisizione dell’appartamento di Misa e coincidenza con le prove sulla busta (informazione riservata relativa alle indagini sul caso Kira).
- Elle catturerà Misa Amane (informazione che Elle ha avuto da me).
 --> deduzione finale di Elle: il puzzle è completo, è possibile incastrare la Amane.

 
E quindi è venuto a chiedermi la conferma che il momento e l’evoluzione degli eventi fossero quelli a me noti…
Tutto il resto già sapeva che andava bene…
Gli avevo dato gli elementi sufficienti per agire indisturbato. Elementi che a me sembravano scarsi…
E si è fermato per cautela nel momento in cui ha incastrato nella rete l’ultimo tassello che gli avevo fornito io. Oltre quello non poteva essere certo delle sue mosse, sebbene i suoi ragionamenti paralleli siano stati impeccabili…
E di certo lui avrà dedotto molto altro ancora che io non riesco ad immaginare e che sicuramente mi spiazzerà quando e se ne verrò a conoscenza, come sempre è successo…
È fantastico!

E sorrise, mordendosi il labbro, rincuorata ed elettrizzata allo stesso tempo.
Aveva ottenuto quello che voleva.
Aveva ricostruito lucidamente le mosse perfette di Elle e questo le aveva ridato il fervore e la fiducia totale che purtroppo a volte perdeva, non potendo avere il grande detective al fianco, né disegnato in bianco e nero, né vivo in carne ed ossa…
Aveva di nuovo ragionato così come aveva fatto nel momento in cui aveva architettato il suo piano, mesi prima, conoscendo Elle, la sua intelligenza, la sua cautela e tutto il resto.
E ora si sentiva come più serena e tranquilla.
Ed era stato Elle a spronarla a farlo.
Era stato lui a scuoterla.
Era stato lui a spingerla a fare qualcosa che naturalmente lei avrebbe fatto se non fosse stata ottenebrata: “sei perfettamente in grado di ricostruire da sola le mie mosse dell’ultimo mese, senza che te le spieghi io”, le aveva detto.
E ora lei l’aveva fatto.
Ed era di nuovo Emma.
Lo era grazie a lui.
Elle non l’aveva mortificata nell’intimo. L’aveva invece fatta risalire e ritornare se stessa, perlomeno quella se stessa preponderante che lei riconosceva, era e voleva essere.
Altri si sarebbero mortificati e abbattuti per le parole dure di Ryuzaki. A lei era capitato il contrario.
Emma sapeva stare sola, ma non era sola.
E forse uno come Elle, cioè semplicemente Elle, perché nessuno era come lui, era l’unica persona in grado di starle vicino…o lontano…
Ma per fortuna questo Emma non lo pensò, perlomeno a livello conscio, perché se lo avesse fatto probabilmente la sua paura di perderlo sarebbe stata immensamente più grande…
 
La squadra anti-Kira lasciò finalmente la suite di controllo, a notte fonda, dopo che erano state definite tutte le direttive per il giorno dopo.
Elle gattonò agilmente dalla poltrona ai divani e si appollaiò lì, davanti al suo portatile bianco, inserì una password e sullo schermo apparve il salottino della stanza di Emma, nella penombra.
Velocemente il detective cambiò la visuale e passò all’angolazione di un’altra telecamera.
Zoommò e sul monitor si stagliò netto il foglio con lo schema fatto da lei…
Elle portò il pollice sulle labbra e le sollevò, arrivando a premere sugli incisivi…
Iniziò a leggere.
E dalla prima riga i suoi occhi iniziarono ad assumere quell’impercettibile connotazione di soddisfazione…
«Ryuzaki…» lo chiamò la voce di Watari, che silenziosamente era entrato nella stanza e ora osservava lo schermo «…fra circa due mesi termineranno i lavori di costruzione del nuovo quartier generale…»
«Uhm.» bofonchiò quasi annoiato Elle, continuando a fissare lo schermo.
Velocemente smanettò sul pc e riportò la registrazione indietro, al momento in cui Emma aveva scritto quelle parole sul foglio.
Watari proseguì, continuando a guardare la registrazione che aveva fatto partire Elle «…hai già deciso come muoverti con lei… ? Io credo che…»
«Sì, ho già deciso.» lo interruppe lapidario Ryuzaki senza spostare lo sguardo «Non è cambiato nulla dalla mia prima scelta in proposito, Watari.»
Ci fu un attimo di silenzio e poi Elle ribatté anche alla perplessità che Watari aveva iniziato a sollevare, ma che lui non gli aveva lasciato il tempo di esprimere «Io credo invece che Emma ce la farà. Ne sono certo. Questa che vedi adesso scrivere è la stessa Emma metodica, tenace e razionale che, indipendentemente dalle paure e dalle conoscenze inspiegabili che possiede su me e questo caso, ha freddamente architettato un piano che ha funzionato e che sembra ancora incredibilmente funzionare. E lei non se ne rende nemmeno conto.»
Watari accennò un piccolo sorriso. Lo sapeva anche lui, ma a volte, dall’alto della sua esperienza e della sua età, gli piaceva stuzzicare il suo giovane e presuntuoso pupillo a farsi dire ciò che già sapeva, lasciando credere al suo Elle di non aver capito.
E poi Ryuzaki aggiunse «Ma io credo che tu questo lo sappia.»
Watari assunse un’espressione quasi divertita. Il giovane pupillo continuava a crescere e ad imparare e conosceva il suo Wammy come le larghe tasche dei suoi jeans enormi…
«Vado a fare del tè.» chiuse semplicemente l'anziano signore e lo lasciò di nuovo solo, mentre l’espressione concentrata e decisa sul volto di Emma si stagliava sullo schermo.
 
Direi che la prova la farò adesso.
Vi descriverò in tempo reale gli eventi.
Non lamentatevi se poi saranno poco interessanti. Non so nemmeno io cosa avverrà.
È la mattina del 28 Maggio, il giorno della presunta cattura di Misa…

 
Il laboratorio è illuminato dalla luce della mattina e un’aria leggera entra dalla finestra spalancata.
Emma è seduta alla sua scrivania nel laboratorio, col pc acceso, ed è sommersa dai volumi che sta spulciando attentamente.
Il silenzio dei tre archeologi al lavoro è totale.
Fuori il chiacchiericcio ed i passi degli studenti che raggiungono le aule sono un sottofondo noto e piacevole, tipico del periodo estivo in cui le finestre sono aperte.
Poi il chiasso aumenta… stranamente aumenta…
Emma rimane china sui libri, concentrata, alla ricerca di quel qualcosa che potrebbe chiarire un nodo spinoso della loro ricerca…
Si sollevano all’esterno i gridolini di alcune ragazze…
Kei si alza e rompe il silenzio interno della stanza.
Misao alza lo sguardo e osserva Kei con aria interrogativa.
Emma non accenna minimamente ad essersi accorta di nulla, assorta.
Il trambusto all’esterno aumenta.
«Ma che diavolo…» borbotta Kei affacciandosi alla finestra, seguito da Misao…
Osservano per un po’.
Poi il ragazzo giapponese sussurra dubbioso «Ma…Quella… Quella non è Misa Misa…? Sì che è lei!» alza il tono della voce sul finale.
Emma continua a stare china, come senza sentirli.
«E quello… Quello è…Emma!» esclama alla fine Kei.
Niente, come se nessuno avesse parlato.
Kei si volta verso la collega italiana e ci riprova squillante «Emma!»
Niente.
Poi si volta Misao «Emma!»
Finalmente Emma risponde, alzando una mano in richiesta di attesa «Un attimo, un attimo, ci sono quasi…»
«Ma Emma, c’è Ryuga insieme a Misa Misa!» esclama Misao.
E solo allora la giovane archeologa solleva lo sguardo, realizzando ciò che sta succedendo e uscendo dal suo mondo appassionante… «Ah…» non avrei mai creduto di essere così vicina... e mi sono anche tuffata su altro per non pensarci! E adesso darei qualunque cosa per potermi affacciare… ma è rischioso…«Ma sono proprio qua sotto?»
«Non proprio, sono sul viale e c’è un albero che li copre un po’, ma si vedono abbastanza bene. C’è pure il biondino niente male.» risponde Misao «Però adesso Misa se ne sta andando…»
«Accidenti! Già se ne va!» sbuffa Kei.
«Come se te ne importasse veramente qualcosa…» commenta Emma alzandosi e smascherandolo.
Ora conosce il suo nome…
Sbrigatevi a prenderla! Imbavagliatela subito! Oddio… Ma perché ho queste stupide paure… certo che la prenderanno… e poi lei rinuncerà al quaderno, dimenticherà tutto…
E se qualche cosa andasse storta?

E finalmente anche Emma sbircia fuori, tra le teste di Kei e Misao che le sono davanti.
I due fanno per spostarsi e lasciarla passare, ma lei blocca energicamente le braccia di entrambi«…Non voglio farmi vedere… Lo sapete che sono strana…» sussurra loro…
E così Emma vede la figura dinoccolata di Elle che si avvia per il viale, diretto verso l’edificio e da lontano quella di Light che si avvia nella direzione opposta…
Un cellulare trilla…
Elle distratto fruga nella tasca, estrae un telefono e se lo porta davanti al volto tenendolo sospeso per i ninnoli femminili che vi sono attaccati…
Light si blocca.
E poi Elle risponde, senza che la sua voce posata possa giungere a quella finestra aperta.
Emma allora si volta, sorridendo divertita ed emozionata, si stringe nelle spalle e si riavvia alla sua scrivania, lentamente.
Si siede di nuovo.
E poi le giunge il trillo di un altro cellulare, diverso dal primo…
Emma fa un altro sospiro.
Attende in silenzio per un interminabile minuto…
«Ma che diavolo ci faceva Ryuga con Misa Misa? Comunque se ne stanno andando, anche il biondino è lontano, non lo vedo più… com’è che si chiamava?» domanda Kei allontanandosi dalla finestra.
Tutto era andato per il verso giusto.
Emma solleva uno sguardo determinato «Si chiama Light, Kei. Si chiama Light Yagami.»
 
 
 
 
Cosa posso dire…
Un capitolo introspettivo che spiega alcune cose, va a fondo su altre e ne introduce altre ancora.
Un capitolo fermo, almeno apparentemente e sicuramente noioso.
Un capitolo forse diverso, sullo stile dei primi… Non lo so nemmeno io che capitolo è, ma sono certa che non vi avrà soddisfatto…
So che avete atteso tanto e che sarete delusi, ma non riesco e non posso cambiare ciò che avevo deciso, altrimenti molte cose saranno senza risposte, altre sembreranno campate in aria e senza basi… E invece voglio riuscire a far tornare tutto… Forse questa è una storia che andrebbe letta tutta insieme…
Posso solo dirvi che finalmente sono in vacanza da questo periodo infernale e che la prima cosa che ho fatto dopo l’ultimo giorno al lavoro, oltre a dormire abbondantemente per tentare di recuperare, è stata mettermi a scrivere… E non mi è sembrato vero potermi rituffare in questa storia e nella scrittura, che mi mancavano da morire!! *__*
Molti di voi sono in vacanza, molti magari avranno perso il filo della storia e al ritorno non vorranno più leggerla.
Sono consapevole che le lunghe attese si ritorcono contro di me e per questo sono ancora più mortificata, perché proprio non avevo altra scelta… Spero che almeno alcuni di voi possano perdonarmi…
Riuscirò a breve a guadagnarmi qualche giorno di mare, ne ho assoluto bisogno anche perché la mia “mozzarellosità” ha raggiunto i livelli di L ^_^ e credo che prima di ricominciare a lavorare avrò qualche giorno libero per continuare a scrivere, quindi penso che il prossimo capitolo non arriverà tardissimo. Non in una settimana, ma neanche dopo un mese!
E sarà un capitolo “estivo”… Mi rendo conto adesso che è la prima volta che preannuncio qualcosa… °__°
Va be’, sono i miei soliti deliri post chappy ^^
Un grazie immenso a tuttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!! A chi mi ha seguito finora e a chi avrà la pazienza e la voglia di seguirmi ancora!! Incrocio le dita, come sempre!
Vi lascio con uno schizzo dai tratti decisamente interessanti della affettuosissima MikuSama!!! Io lo trovo molto particolare e bello!!! Grazieeeeeeeeeeeeeeee Mikuuuuuuuuuu!!!
Si tratta di L che mostra ad Emma il disegno di se stesso fatto da lei…
Siete tutte fantastiche mie brave disegnatrici!!!!
Vi auguro un buon ferragosto e buone vacanze!!
Alla prossima
 

Eru

 

 

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Capitolo 34
*** 34. Giorni, ore, minuti, secondi ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 


 

34. Giorni, ore, minuti, secondi

 
Il silenzio e la quiete della stanza furono rotti dal trillo della sveglia del cellulare e dal suo fastidioso e rumoroso vibrare sulla superficie liscia e dura del comodino.
Erano le sette del mattino di una calda ed immobile giornata di sole.
Emma allungò pigramente e con gli occhi chiusi il braccio sul comodino, a tentoni afferrò il telefono e a memoria premette il tasto che avrebbe posto fine a quell’antipatico e noto risveglio o che vi avrebbe posto fine almeno per un po’.
Perchè tanto la sveglia avrebbe risuonato dopo cinque minuti. Era impostata così.
Emma l’avrebbe spenta di nuovo e dopo cinque minuti ancora il trillo avrebbe ripreso.
Lei allora l’avrebbe azzittita per la terza volta e quella avrebbe risuonato ancora, inesorabile, dopo i fatidici cinque minuti…
Il “massacro” sarebbe durato finché Emma non avesse deciso che le ripetizioni erano sufficienti, se non più che abbondanti, e si fosse finalmente alzata, con la convinzione di aver dormito un poco di più e di aver così addolcito il suo risveglio, attraverso più tappe.
La verità era che così quell’eventuale mezz’ora in più di sonno era uno stillicidio, un inferno tartassato dai continui e ripetuti intermezzi di una sveglia molesta che non mollava.
La cosa migliore sarebbe stata puntarla direttamente mezz’ora dopo e alzarsi subito.
Emma sapeva benissimo che la cosa più logica per riposare veramente meglio e di più sarebbe stata quella, ma le abitudini possono essere irrazionali e prive di logica e, soprattutto, se tali abitudini non ledono nessuno, ci si può anche permettere di perpetrarle senza indugio.
L’essere umano è dotato di una ragione, ma per fortuna non per questo è privo di irrazionalità, libertà o leggerezza. Caratteristiche, queste, che lo salvano a volte dalla pesantezza dell’ “errore” e dalle sue conseguenze. Se una consuetudine, anche illogica, ma tuttavia innocua, è congeniale a chi la perpetra, perché modificarla in nome di una razionalità obiettiva e assoluta?
La diversità degli individui è unica, fondamentale e prolifica. La diversità, l’ “anomalia” e l’“errore” possono essere un limite, ma a volte sono anche libertà ed evoluzione.
Emma pensava questo. E proprio per questo aveva sempre adorato Elle come personaggio e adesso lo amava ancora di più come persona…
L’essere più logico, razionale e disincantato che avesse mai conosciuto era pieno di abitudini e manie strampalate, assolutamente illogiche, insensate e incomprensibili. Consuetudini e vezzi personali che a prima vista magari sarebbero potuti apparire castranti e limitanti, propri di una vita destinata ad essere assoggettata ad essi e quindi non libera…
Ma non era così.
L’essere più logico che avesse mai conosciuto era anche paradossalmente il più libero. Era un ibrido affascinante di razionalità e irrazionalità.
Sdraiata in modo scomposto sul suo letto Emma iniziò a sentire caldo.
La finestra era spalancata e le tende leggere che vi erano davanti erano immobili ed in pieno sole. Non tirava un filo d’aria.
Durante la notte, da quando era arrivata l’estate con tutta la sua arsura, Emma aveva acceso l’aria condizionata, chiuso i vetri e tirato le tende pesanti e spesse che impedivano alla luce del giorno di filtrare e quindi di svegliarla, solo nei giorni in cui sapeva che avrebbe potuto dormire fino a tardi. Negli altri lasciava la finestra aperta e schermata soltanto dalle cortine leggere e trasparenti che permettevano  all’aria fresca della notte di invadere la camera, e non si preoccupava di essere per questo svegliata dalla luce e dal calore del mattino, dato che si alzava sempre poco prima che il sole, ruotando, raggiungesse interamente la sua finestra e scaldasse la stanza rendendola invivibile.
Ma in quel momento faceva stranamente caldo… ed i raggi del sole la colpivano in pieno, filtrati troppo poco dalla leggera tenda sottile…
Emma socchiuse gli occhi e li richiuse subito, accecata dalla luminosità…
Strano…
Il dubbio si trasformò lentamente in un timore, mano a mano che riacquistava un barlume di lucidità dopo il nulla del suo sonno…
Dannazione!
Si sollevò di scatto a sedersi sul letto, spalancò gli occhi e tenendoli poi socchiusi per il fastidio arraffò il telefono.
Era spento.
Al polso niente orologio.
In vacanza l’orologio era la prima cosa ad essere abolita. In vacanza.
Sì, perché Emma avrebbe dovuto alzarsi alle sette, o poco più tardi vista la sua intenzione di far suonare la sveglia più volte, ma non per andare al lavoro.
E adesso non aveva la più pallida idea di che ora potesse essere.
Scese di corsa dal letto e raggiunse il display del cordless dell’albergo…
Erano quasi le 8.30!
Cosa aveva combinato? Invece di premere il tasto della funzione “snooze” della sveglia sul suo cellulare, aveva irrimediabilmente premuto quello dello spegnimento e il telefono, ovviamente, non aveva più suonato.
Scherzi della stanchezza accumulata, del leggero abbandono delle vacanze e naturalmente delle libere abitudini irrazionali di cui sopra.
Riaccese l’oggetto di quell’inconveniente e telefonò subito a Misao, ancora stordita «Ohi…Siete già alla stazione? Domanda sciocca, certo che siete alla stazione… L’appuntamento era alle 8.45 al binario… Senti, io mi sono svegliata adesso e non ce la farò mai ad arrivare in tempo…» rapidamente acciuffò il costume e andò al bagno per indossarlo, «…ma non preoccupatevi di aspettarmi! Prendete il treno delle 9, come avevamo deciso, io cambierò il biglietto e prenderò il successivo… Ci vediamo direttamente alla spiaggia! …Scusatemi…» nella doccia si sfilò la conottiera con cui dormiva e gli slip, «…Ma no Misao, non ce n’è bisogno! Non c’è problema!» si mise il costume, poi uscì e aprì i rubinetto per lavarsi al volo «…Riuscirò a trovarla anche da sola, veramente, non preoccupatevi.» li salutò rapidamente e attaccò.
Si lavò di corsa, legò i capelli e acciuffò lo zaino dove buttò i primi indumenti che le capitavano e lo spazzolino da denti.
Mai bagaglio fu fatto con maggiore celerità.
C’era anche da dire che Emma era ormai abituata a fare i bagagli velocemente. Erano mesi che non faceva che spostarsi da un albergo a un altro… Motivo per cui non si era minimamente preoccupata di preparare la sua valigia la sera prima, certa che in breve tempo l’avrebbe fatta l’indomani mattina. C’era anche da aggiungere che Emma non aveva grosse esigenze dal punto di vista dell’abbigliamento, tanto più se doveva andare qualche giorno al mare…
Si infilò un paio di short di jeans scoloriti e usurati, che le stavano anche un po’ grandi, una canottiera e le infradito e poi schizzò fuori dalla porta della sua stanza.
Era il primo giorno della breve settimana di vacanza che la Todai aveva concesso ai tre archeologi. E loro avevano deciso di trascorrerne una parte tutti e tre insieme, a Kamakura, una piccola cittadina sul mare, nei dintorni Tokyo, una delle mete più famose per turisti di ogni genere, sia per le sue spiagge che per la storia che racchiudeva.
 
«E Ryuga, lo lasci tutto solo?» aveva chiesto Misao quando, sedute vicine al bancone del The old docks mentre Kei si era allontanato per prendere da bere, stavano decidendo di organizzarsi per partire tutti e tre insieme.
Emma aveva sorriso divertita «Ryuga? Ryuga sopravvive benissimo, da solo, fidati.»
L’amica allora aveva guardato Kei che faceva la fila davanti al barman,  lontano da loro, era rimasta un attimo in silenzio e poi… «…E tu invece…? …Tu come sopravvivi da sola?» le aveva domandato titubante, con una leggera preoccupazione nello sguardo…
Emma allora aveva fatto sparire la sua espressione divertita e canzonatoria e ne aveva assunta una intenerita… Misao si preoccupava per lei, ma lo faceva immedesimandosi.
«Misao…» aveva iniziato Emma dolcemente «Mi conosci… Non preoccuparti per me. Io credo che tu soffriresti molto se fossi al mio posto, se Kei non venisse insieme a noi… Ed è bello che sia così, lui è onorato e si riempie del fatto che sia così, che tu sia così. Ma per me è diverso, non so spiegarti perché, ma è diverso… Anche ora Ryuga non c’è, ma io non mi sento carente o sola. Il rapporto che c’è tra noi tre ed il nostro stare insieme non è collegato a lui. Se ci fosse anche lui ci sarebbe, credo, un valore aggiunto e quando infatti lui c’è stato io l’ho percepito e mi è piaciuto moltissimo. Ma è un’altra cosa. Noi tre siamo “noi tre” e il nostro stare insieme sarà sempre completo, noto, rassicurante e appagante. Voi fate parte della mia vita indipendentemente da Ryuga. Così come il lavoro. Fa parte di me e non mi sentirò mai sola o mancante di qualcosa finché farò qualcosa che mi appartiene… Sono fatta così…» e l’aveva abbracciata…
Misao aveva risposto calorosamente ed erano rimaste in silenzio per qualche istante, poi la piccola giapponese si era scostata e aveva guardato la solida Emma negli occhi «…Sai cosa penso? Penso che per una come te ci voleva solo un tipo stimolante, intelligente, ma anche strano, riservato e “solitario” come Ryuga… Credo che qualunque altro ragazzo “appiccicoso”, magari irrispettoso della tua vita, “irrispettoso” dal tuo punto di vista naturalmente, e bisognoso di sentirsi indispensabile, l’avresti mandato a quel paese in meno di una giornata!» e poi aveva riso.
E lo aveva fatto anche Emma, sebbene quell’affermazione di Misao le avesse impercettibilmente smosso un qualcosa nel profondo, un qualcosa che sarebbe dovuto rimanere lì, immobile, sopito e poco chiaro e che invece era stato appena scalfito perché ciò che aveva detto Misao era terribilmente vero… Elle era unico o, forse, l’ unico…
E questo Emma non lo voleva vedere…
Perché l’incubo della sua morte era stampato nella sua mente, sempre.
E quindi lei aveva solo percepito una sensazione di fastidio e angoscia appena accennata, ma non vi aveva indugiato. La sua mente, così facendo, l’aveva inconsciamente e istintivamente difesa «Comunque, a parte questi discorsi, Ryuga è molto impegnato… E poi, guarda, Ryuga al mare? Ryuga sotto al sole? Ryuga con i suoi piedini puliti in mezzo alla sabbia bollente e fastidiosa? Onestamente mi riesce più facile immaginare Ken Shiro in tutù!»
Ed era finita così.
 
Ancora stordita e senza aver avuto il tempo di prendere il suo indispensabile caffè, Emma passò i tornelli affollati della metro e in men che non si dica si ritrovò in piedi, a reggersi traballante ad uno dei sostegni che pendevano dal soffitto del vagone, diretta alla stazione.
Solo venti minuti prima era nel letto.
Non aveva avuto modo di pensare ad altro che a sbrigarsi. Il treno successivo per Kamakura era alle 9:30 e se lo avesse perso avrebbe dovuto aspettare tre ore per prenderne un altro e la mattina al mare sarebbe andata in fumo, per non parlare del tempo perso ad annoiarsi in stazione nell’attesa…
Ma adesso era sulla metro e non c’era più bisogno di sbrigarsi.
E stava facendo mente locale.
Un risveglio devastante.
Fortunatamente era per andare in vacanza…
Sollevò distratta il capo verso i display luminosi della metro su cui scorrevano le notizie della giornata.
Martedì 10 Luglio 2007 h. 8.52 AM. Disagi sull’autostrada per Kyoto…
Il primo giorno di vacanza…
Martedì 10 Luglio 2007 h. 8.52 AM. Foto compromettenti per il presentatore della NHN…
Dovrei arrivare alla stazione fra una ventina di minuti, credo… Farò in tempo…
Martedì 10 Luglio 2007 h. 8.53 AM. La borsa ha aperto con un forte rialzo delle azioni della…
È quasi un mese e mezzo che non lo vedo.
Gli omicidi dei criminali sono ricominciati il 14 Giugno, quasi un mese fa.
Light in questo momento è nella sua cella. Il Light che adesso farebbe di tutto per catturare Kira…

Più i giorni erano trascorsi, più Emma si era abituata ad una quotidianità in cui il caso Kira era diventato un sottofondo perenne, ma quasi e stranamente normale…
Era stato così per tutti.
Martedì 10 Luglio 2007 h. 8.53 AM. Kira giustizia altri cinque criminali…
Da quando tutta quella storia era iniziata il mondo da principio aveva reagito esterrefatto e non aveva parlato d’altro, poi si era passati alla fase di panico collettivo, poi quel feroce assassino era stato anche esaltato e giustificato, anche ad alte sfere, infine lo si era accettato.
Lentamente la presenza di Kira era diventata un dato di fatto, una notizia come le altre…
Martedì 10 Luglio 2007 h. 8.53 AM. Oggi in uscita nelle sale il nuovo film di…
Kira faceva ormai parte di quel mondo, come le guerre, la morte, le malattie, le disgrazie…
Ogni giorno il pianeta era infestato da tante di quelle cose orribili a cui nessuno pensava mai quotidianamente, che la presenza di Kira era diventata soltanto una in più… Soltanto una brutta cosa esistente che si cercava di scansare e della quale si parlava solo quando si aveva la voglia di commentare le notizie dei media. E poi, in fin dei conti, Kira a chi dava fastidio? Forse agli onesti lavoratori che tutte le mattine prendevano la linea super-veloce della metro per andare in ufficio? Forse agli studenti che organizzavano i loro festival scolastici? O magari alle donne che andavano a fare la spesa con i bambini innocenti nel passeggino?
No. Per tutti loro la vita era rimasta la stessa. Non c’era nulla che la intaccasse o minacciasse, anzi…
Ognuna di quelle persone ora passeggiava in strada più serena.
Ed Emma aveva tentato di fare lo stesso. Tentato…
Tentato perché lei sapeva di più di tutti loro… Molto di più.
Avrà fatto quello che gli ho chiesto? Avrà preso l’orologio di Light? L’avrà fatto il 14 Giugno, quando i criminali hanno ripreso ad essere giustiziati, o prima, quando Light ha rinunciato al quaderno? In teoria dovrebbe aver percepito bene il momento in cui Misa e Light hanno dimenticato e con ciò che gli ho detto dovrebbe aver avuto degli elementi in più per essere certo del fatto che quella percezione fosse corretta…
 
«…Perciò Misa, rinuncia alla proprietà del Death Note e lascia che sia Light ad occuparsi di tutto…»
Le voce calda e rassicurante di Rem giunse come ovattata alle sole orecchie della piccola Misa, stanca, annullata…
Elle impassibile la osservava attraverso lo schermo, orrendamente legata, imbavagliata e cieca, sola, in una cella sconosciuta…
La giovane ragazza abbassò appena il mento, rassegnata e svuotata, ed una lacrima le scese sulla guancia, da sotto l’orribile maschera metallica che le copriva gli occhi e la fronte…
E poi, una ciocca bionda di capelli lentamente si sollevò nell’aria, in modo lento e armonioso, come dolcemente accompagnata da qualcosa di inesistente, per poi ricadere leggera, pesante e scomposta…
Elle allungò il collo e sgranò gli occhi…
Poi alzò lo sguardo vero l’alto e si osservò le ciocche corvine che gli si adagiavano scompostamente sulla fronte e parzialmente davanti agli occhi, soffiò verso di esse, osservandole bene. In un lampo se ne sollevarono alcune, veloci, che poi gli ricaddero subito dopo di nuovo davanti agli occhi.
No. Non è assolutamente questo quello che ho visto… Devo veramente ritenere che non sia sola lì dentro? Chi c’è lì con lei? O forse dovrei dire… “cosa”?
E poi Misa risollevò il mento… «Signor maniaco! Ehi, signor maniaco! Dove sei?» con una vocetta squillante, frivola e ignara.
Uhm… “I due Kira non ti sembreranno più loro…” Misa Amane non è più Misa Amane? No… Semplicemente Misa Amane non è più Kira…
 
Emma continuava a pensare, in piedi nella metro…
Ma l’avrà fatto? Avrà preso l’orologio di Light? Oddio, come ci ripenso mi assalgono mille dubbi… Ma sì che lo ha fatto! È Elle! E l’avrà fatto al momento giusto… Sì, deve averlo fatto al momento giusto, così come gli ho detto io!
Il punto X era fondamentale e su esso Emma aveva ragionato a lungo… Elle avrebbe dovuto prendere l’orologio a Light a sua insaputa, certo, ma avrebbe anche dovuto prenderglielo quando lui avesse rinunciato al possesso sul death note. Non si poteva correre il rischio che Ryuk vedesse o sapesse. Era certa che lo Shinigami se ne sarebbe fregato di aiutare o di fare sapere qualcosa a Light, ma non si poteva rischiare… Tutto doveva rimanere in apparenza esattamente identico a Death Note.
Per Misa, Light, Rem e Ryuk tutto doveva essere identico, almeno fino ad un certo punto…
 
Light Yagami era seduto a terra e col capo chino, in silenzio.
I secondi della registrazione scorrevano, sull’angolo in basso a destra dello schermo…
7/06/2007  h. 18:31:42
18:31:43…
18:31:44…

Ed Elle lo fissava imperterrito, in attesa.
18:31:45…
«Basta. Ci rinuncio.» Light ruppe il silenzio.
Elle portò il pollice sul labbro e si avvicinò interessatissimo allo schermo…
E poi, quello che non era più Kira sollevò il capo, mostrando a colui che continuava ad essere il più grande detective del secolo i suoi occhi grandi, innocenti, puri e veri… di nuovo veri…
Elle ebbe un impercettibile sussulto.
«…Lo so che sono stato io a volere tutto questo e a lasciarmi rinchiudere…Ma ora ho capito che è tutto inutile! Io non sono Kira! Fammi uscire!» gridò Light infervorato.
Questo è Light? …
“I due Kira non ti sembreranno più loro…”
“Il potere di Kira passerà a qualcun altro…”
“Dovrai fare in modo di entrare in possesso del suo orologio da polso. Fallo solo quando saranno trascorsi i tredici giorni o quando ti accorgerai che in lui c'è qualcosa di diverso, che Light sembrerà un altro... Soprattutto fallo senza che lui possa sapere che tu l’hai fatto”.
Adesso.

Light continuava a parlare in modo assolutamente diverso da come aveva fatto fino a quel momento… Ed Elle rispondeva…
«Tirami fuori, è solo una perdita di tempo!» disperato e arrabbiato.
«No. Non posso farti uscire.» gelido e lapidario.
«…Ma cosa gli prende a Light?» chiese Aizawa perplesso, avvicinandosi a Matsuda…
Mentre i due agenti parlavano e facevano le loro considerazioni alle spalle di Elle, Ryuzaki continuava a guardare lo schermo. Poi con tutta la tranquillità e il candore del mondo disse «Magari è affamato…» si grattò la nuca «…anche io ho fame…Watari, portagli da mangiare e da bere. Non ho intenzione di affamare nessuno. Per me invece del gelato…» 
Dagli altoparlanti del pc l’assenso di Watari fu noto a tutti.
Gli agenti avevano smesso di sconvolgersi troppo per le uscite di Elle.
Una giovane donna indifesa sospettata di essere quanto di peggiore potesse esserci, l’onesto e irreprensibile sovrintendente Yagami, distrutto per la posizione tragica in cui si trovava il primogenito, e suo figlio, sulla cui giovane testa gravava una lama ancora più affilata di quella che sfiorava la ragazza, tutti e tre erano brutalmente rinchiusi in una cella.
Gli omicidi dei criminali erano cessati proprio da quando loro erano stati incarcerati.
Ed Elle pensava che Light avesse fame e voleva per sé del gelato…
Poco dopo Watari, col viso coperto e senza parlare, entrò nella cella di Light e poggiò un vassoio davanti a lui. Yagami sollevò il mento, lo guardò e poi accasciò di nuovo la testa.
L’uomo col volto nascosto si inchinò e gli tolse lo scotch che gli legava i polsi.
Avveniva così a tutti i pasti.
Light non si mosse.
Watari allora gli avvicinò un po’ di più il vassoio, sempre senza parlare.
«Non ho fame…» sussurrò annichilito e angosciato quello che non era più Kira.
«Non mangiare e non bere non ti servirà a nulla, Light. Non è che se non lo fai Kira ricomincerà a giustiziare i criminali o io deciderò di farti uscire.» uscì la voce calma e priva di tatto di Elle.
Light sospirò e allungò la mano verso il bicchiere colmo d’acqua poggiato sul vassoio…
Lo avvicinò alle labbra…
E bevve…
Bravo Light. Così. Perfetto. Era esattamente quello che dovevi fare…
«Lascia il vassoio lì, mangerà se e quando vorrà. Lo scotch glielo rimetterai dopo. Puoi andare adesso.» disse Elle e Watari annuì e poi uscì.
 
Troppi salti?
Su su, mettete in moto il vostro cervellino che li potete sostenere benissimo. Siete perfettamente in grado di capire che si tratta di salti temporali, che sto andando ripetutamente indietro nel tempo, in momenti diversi, per rendervi participi di cose che non avevo voglia di raccontarvi in modo pedissequo una dopo l’altra e di cose che Emma non sa. O meglio, cose che Emma sa, ma con l’aggiunta di piccoli particolari.
Quindi torniamo un attimo da lei, in metropolitana, in quel martedì di Luglio…

 
Emma scese dalla metro, si incamminò nei corridoi sotterranei e risbucò davanti alle biglietterie.
E si ritrovò davanti Misao e Kei.
L’avevano aspettata.
Perché anche il viaggio insieme faceva parte della vacanza. Perché si sarebbero divertiti anche a fare quello. Perché sapevano che Emma sarebbe arrivata in tempo per il treno successivo e perché in vacanza la fretta doveva andare a farsi benedire.
Questo le dissero.
E così cambiarono tutti e tre i loro biglietti, presero posto sul vagone e alle 9:30 in punto partirono.
Mentre parlavano del gossip universitario e dei colleghi il treno passava ancora dentro Tokyo, a velocità ridotta. Emma guardò fuori dal finestrino e lo vide…
Vide un enorme grattacielo in costruzione, nella zona sud della città…
Lei non passava mai in quella parte della metropoli nipponica, né mai avevano alloggiato in qualche albergo che fosse lì…
Oddio…
«Chissà che ci faranno… È bello grosso eh? Non è che costruiscano grattacieli proprio tutti i giorni. Poi questo qui l’hanno tirato su in brevissimo tempo! Lo vedo semprei dalla sopraelevata quando vengo all’università, è cresciuto a vista d’occhio!» commentò Kei.
Il quartier generale… è il quartier generale…
Il quartier generale… Quando Light sarà liberato andranno lì… E non ci manca molto… E io? Ho cercato di scansare questo pensiero fino all’ultimo…
Be’, almeno ora so dov’è… Oh, accidenti! Sto ragionando come se io non dovessi mai mettere piede lì dentro, né dovessi saperne nulla… Certo che sto facendo così… Perché non ha senso che Elle mi porti anche lì e perché sono sicura che lui non mi dirà niente, ecco perchè…
È lì che inizieranno a indagare sulla Yotsuba e quindi è lì che Elle vedrà, finalmente, quello che deve vedere… Ma quando? Comunque dopo che Light sarà stato liberato… Dopo la “scazzottata”… ma quando?
Il quartier generale… E lì che potrò dirgli finalmente tutto… Ma se io non ci sarò…
Basta! Ho sempre pensato che Elle sa che ho da dirgli dell’altro e eventualmente troverà lui il modo! E alle brutte saprò comunque cosa fare!

 
“…È lì che Elle vedrà, finalmente, quello che deve vedere…”
È ovvio che questo qualcosa che Ryuzaki deve guardare è uno Shinigami, questo l'avevano capito anche le mosche ormai. Perché il vostro amato detective, toccando un frammento del death note, sarà in grado di vedere un Dio della morte.
Ma quale Dio della morte?
A questo Emma aveva dovuto pensare accuratamente, a suo tempo, quando aveva formulato il piano. E a me tocca dirvelo per evitare qualunque dubbio…
Da quale dei due quaderni, di cui Light era in possesso, lui aveva ritagliato il pezzettino di carta che aveva messo nel suo orologio?
Era stato piuttosto faticoso per Emma ricordarsi i vari passaggi e le regole del death note, anche perché la storia dei molteplici quaderni aveva decisamente ingarbugliato la sua mente già al tempo, e non solo la sua. Tutti i lettori erano ritornati indietro per capirne meglio tutti i passaggi.
Vi risparmio le sue elucubrazioni in proposito e vi do la risposta sintetica: Emma era arrivata alla conclusione che il ritaglio nel cronografo appartenesse certamente al quaderno di Light, cioè a quello che lui aveva avuto fin dal primo momento, con Shinigami Ryuk, e che in seguito ai vari scambi che lui aveva pianificato nel bosco era passato a Rem. Lo stesso quaderno che poi era andato ad Higuchi.
Vi basta?
Be’, se non vi basta andate a rileggervi il manga e le regole dei quaderni della morte o fidatevi di me e di Emma.
Ciò che conta è che lo Shinigami in questione è Rem.
E per vedere Rem… Be’, bisognerebbe aspettare che Light sia liberato e che inizino a indagare sulla Yotsuba…
È un bel po’ di tempo in effetti…
Eh eh eh…

 
Elle mangiava lentamente i pasticcini che aveva davanti.
E fissava lo schermo.
Light dormiva profondamente.
Gli agenti se n’erano andati. Era notte e non aveva senso che rimanessero ancora lì.
Watari, sempre col volto coperto, entrò nella cella. Guardò il vassoio col cibo appena toccato.
Non era importante che avesse o meno mangiato. Era invece fondamentale che avesse bevuto… E Light, infatti, aveva bevuto ciò che gli era stato portato…
Wammy si avvicinò lentamente, si chinò sul ragazzo addormentato e con cura e attenzione armeggiò per rimettergli lo scotch ai polsi.
Light non si mosse.
Era come sprofondato in un sonno irrecuperabile…
Era stato drogato da un sonnifero potentissimo a lento rilascio, mischiato nell’acqua che aveva bevuto.
Watari, con accortezza, trafficando ancora con i polsi di Light, fece attenzione a che il proprio corpo coprisse alla telecamera il suo finto e falso armeggiare con lo scotch e con facilità sfilò l’orologio, senza che nemmeno Elle potesse accorgersene, lo nascose sotto il polsino della propria maglia, si raddrizzò e si voltò verso la telecamera, mostrando il rotolo di nastro adesivo, come a far capire che non riusciva a metterlo.
Era il segnale.
La voce di Elle raggiunse la cella «Lascia stare, glielo rimetterai meglio domani mattina, tanto sta dormendo adesso ed io lo controllerò tutta la notte. Puoi andare.»
Watari annuì, prese il vassoio e se ne andò.
L’ennesima sceneggiata. Anche se era improbabile, non si poteva rischiare che qualcuno, riguardando magari quelle registrazioni, si accorgesse di quel piccolo furto temporaneo… Tutto doveva essere perfetto.
Light non è più lo stesso, non è più Kira…
Quindi da questo momento in poi non potrò più intuire nulla dai suoi comportamenti o dalle sue false parole. E per questo, da questo momento in poi, i due Kira sono fuori dal mio interesse e dalle mie indagini. Da questa assidua sorveglianza non verrà fuori nulla e rimarranno dentro per buona pace della squadra anti-Kira e perché le cose dovranno rimanere tali e quali a come le conosce Emma…
Cinquanta giorni di prigionia…
Cinquanta giorni “sterili” per le indagini…
Uhm…
A quanto dice Emma Light ha architettato qualcosa privandosi addirittura del suo potere, almeno temporaneamente, e l’ha fatto per essere sicuro di non tradirsi mentre sarebbe stato costantemente sotto il mio sguardo … Ma, a parte questo, dove vuole andare a parare in questo modo? Qual è l’obiettivo finale di questo suo piano?

E a questo punto la sua mente iniziò a viaggiare ancora più velocemente.
Non tradirsi mentre sarà in cella. Gli omicidi riprenderanno. Prova che Kira non è lui. Light scagionato. Emma: Light ritornerà ad essere Kira. Quindi il fine di Light non è concludere la sua “missione” definitivamente, ma solo ottenere prove della sua innocenza. O c’è anche dell’altro?
Mi mancano troppi elementi… Capire il piano di Light non mi è possibile attualmente. Devo passare ad altro.

E così Elle abbandonò immediatamente una pista che sarebbe stata sterile per passare a deduzioni forse più proficue e fertili.
“Il potere di Kira passerà a qualcun altro”…
Chi?
“Dopo tredici giorni le esecuzioni dei criminali riprenderanno.” Quindi il primo elemento è che, come mi ha detto Emma, anche questo qualcun altro ucciderà i criminali. E questo scagionerà apparentemente Light…
Si può parlare di un terzo Kira?
Direi di sì… Ed ecco la mia nuova eventuale fonte di informazioni…
Come posso arrivare a lui nel più breve tempo possibile…?
1. La sua comparsa è stata architettata da Light anche col fine di provare la propria innocenza.
2. Quindi presumibilmente Light ha “scelto” questo soggetto di proposito e secondo dei canoni che gli torneranno utili. E se lo ha scelto sa chi è.
Anche se fosse così e anche se lui fosse a conoscenza dell’identità di questo futuro e presunto terzo Kira, io so che Light “ora” non è più in possesso del suo “potere omicida” e, anche se ancora non so effettivamente cosa comporti questa assenza, so che essa è stata voluta da lui proprio per “non rischiare di tradirsi”. Quindi Light non parlerà. Non può essere una mia fonte da questo punto di vista, da lui non ricaverò nessuna informazione o intuizione circa l’identità del terzo Kira.
3. Sulla persona di quest’ultimo quindi ho tre possibilità.
a) Il terzo Kira è come Light, quindi è una persona con un forte e deviato senso della giustizia, che lo porterà a giustiziare solo i criminali, ed è molto intelligente. In tal caso le mie armi ed i miei metodi di indagine si limiteranno a quelli che ho avuto finora e sarà difficile scovarlo o produrre ipotesi sulla sua identità, così come lo è stato su quella del primo Kira.
Questa ipotesi è però la meno probabile…
Essa presupporrebbe che possa essere stato solo Light a scegliere il soggetto in questione. Scovare un invasato con velleità di presunta giustizia non è molto difficile, vista la eco che Kira ha avuto sul web. La cosa complessa sarebbe trovarne uno dotato anche di un’intelligenza superiore e fuori dal comune… Solo una persona molto brillante e dotata può giudicare a pieno il livello di intelligenza di una altrettanto abile…
E Light quanto tempo a disposizione avrebbe avuto per individuare un soggetto con entrambe queste caratteristiche?
La sua scelta di farsi imprigionare è seguita alla cattura di Misa Amane, che lui non poteva prevedere. Quindi sembrerebbe in apparenza una mossa imprevista, calcolata ed attuata all’ultimo momento e non programmata fin dal principio.
Misa è stata catturata il 28 Maggio. Light si è fatto imprigionare il primo di Giugno. In tre giorni Light può aver avuto il tempo per pianificare qualcosa di molto brillante, ma non quello per individuare un “sostituto terzo Kira” invasato ed intelligente.
Quindi presumibilmente Light non ha avuto il tempo di “scegliersi per bene” il terzo Kira.
Sempre che queste fossero le sue intenzioni e sempre che questa ipotetica ricerca di un “adepto” non fosse comunque nei suoi piani già da prima, indipendentemente dalla cattura della Amane, e che quindi ora non l’abbia sfruttata solo in modo diverso da come aveva pensato…
Ma questo non posso saperlo e fa parte delle variabili ignote che non posso considerare e che infatti non mi permettono di escludere del tutto questa ipotesi che quindi posso classificare solo come “meno” probabile.
b) Il terzo Kira è un invasato seguace del primo Kira con le sue stesse idee di giustizia, quindi ugualmente si limiterà ad uccidere solo i criminali, ma non è intelligente come lui. Anche in tal caso il tipo di indagine per scovarlo per me sarà lo stesso attuato finora, con la differenza che, essendo il soggetto in questione meno astuto e capace, potrà tradirsi o commettere degli errori. Quindi le possibilità per me di scovarlo saranno superiori, ma solo in teoria, perchè non è detto né certo che effettivamente questo presunto terzo Kira sbagli o si tradisca, è solo una probabilità più plausibile. Ed io potrò solo attendere che lo faccia continuando ad indagare allo stesso modo.
È probabile che il soggetto ipoteticamente scelto da Light sia di questo tipo. Tre giorni sono più che sufficienti per scovare un invasato di Kira con un’intelligenza media o bassa, internet ne è pieno. Ma in questo caso la scelta potrebbe essere stata effettuata anche da qualcun altro, perché non ci vorrebbe un genio per scovare un qualunque soggetto del genere. Ma chi potrebbe essere questo qualcun altro?
c) Il terzo Kira non ha nulla a che vedere col primo, ucciderà comunque i criminali, forse solo per copertura o per altri motivi che ignoro, ma soprattutto agirà anche per fini personali, quindi facendo fuori anche persone che ostacolino eventualmente la sua vita, il suo potere, la sua fama o ricchezza e quant’altro.
In questo caso le indagini dovranno vertere anche su altro, dovrò vigilare e puntare l’attenzione anche su eventuali morti sospette o attacchi cardiaci di gente comune, cercare di individuare un filo conduttore e quindi un unico “beneficiario” di tali decessi. E prima o dopo arriverò al terzo kira, cioè al colpevole, come avviene nei normali casi di omicidi seriali compiuti per interesse o follia…
Uhm…
Anche in questo caso la “scelta” del soggetto potrebbe anche non averla effettuata direttamente Light Yagami… Di persone senza scrupoli non ce ne sono certo poche, né si nascondono…
Però… c’è dell’altro…
4. Emma ha detto che “i due Kira ritorneranno ad essere due assassini esaltati”. Quindi Light e Misa riacquisteranno il loro potere omicida, anche se non so né come lo faranno né se per farlo avranno bisogno del terzo Kira…

Watari entrò nella stanza di controllo. Senza dire assolutamente nulla diede il cronografo ad Elle e rimase alle sue spalle.
Ryuzaki lo osservò bene, tenendolo sospeso in alto, per il cinturino…
Poi lo poggiò disteso sul tavolo che aveva davanti, toccò la corona, sollevò più volte le viti laterali e…
Click…
Si aprì un minuscolo scomparto…
Un ago…
Un ago e un pezzetto di carta…
Elle tirò fuori quest’ultimo, lo sollevò tenendolo tra il pollice e l’indice e lo guardò bene, alzando il mento…
A righe… Un pezzetto di foglio di un comunissimo quaderno a righe…
È un quaderno veramente…

«La mia fragile ipotesi che ci sia un collegamento stretto tra il potere di Kira ed un “quaderno” dove scrivere i nomi delle persone da uccidere è adesso più palpabile e meno assurda, qualunque cosa essa significhi.» poggiò il pezzetto di carta sul tavolo. Watari gli passò le forbici e lui ritagliò una minuscola striscia di carta, come gli aveva detto di fare Emma.
Questa era una precauzione che lei aveva voluto che lui compisse, perché non poteva sapere come sarebbero andate le cose, quali sarebbero state le scelte di Elle nel futuro, né che fine avrebbe fatto il quaderno e tutta quella faccenda… E la perdita della memoria era in agguato… In quel modo, perlomeno, ci sarebbe stato sempre un piccolo frammento di death note in circolazione…
Il “quaderno” è collegato al potere dei due Kira o comunque è un loro punto in comune.…Scambiarsi i quaderni, mostrarsi i rispettivi Shinigami
Non ce n’è uno solo… Ne hanno uno a testa? A giudicare dai disegni di Emma pare proprio che ci siano due dei della morte. Quindi, sempre in teoria e secondo questo ragionamento, dovrebbero esserci anche due "quaderni"...
E poi ci sarà anche un terzo Kira…
Anche lui connesso a questi quaderni e agli Shinigami? Per forza. Ma il terzo Kira nasce da una necessità di Light Yagami… Light Yagami può a suo piacimento sfornare quaderni a righe con poteri sovrannaturali e Dei della morte? È assurdo…
No.
Io credo che sia più plausibile che il terzo Kira “rimpiazzi” in qualche modo Light, anche perché Emma ha detto esattamente che “il potere di Kira passerà a qualcun altro”. Quindi si sostituirà.
Ergo Light, per riottenerlo, avrà bisogno del terzo Kira, lo dovrà trovare.
E se, secondo il mio ragionamento di prima, Light veramente “ora” non conoscesse più l’identità del terzo Kira che però lui stesso potrebbe aver scelto, è probabile che al momento della valutazione del soggetto più adatto abbia optato per quello che sarebbe stato il più facile da scovare per qualcuno che fosse ignaro dei fatti…
Io avrei fatto così.
Quindi l’ipotesi apparentemente più plausibile riguardo l’identità del terzo Kira è la terza, che è anche quella che mi porterebbe ora ad indagare anche su decessi diversi da quelli dei soli criminali…

Tutto questo avvenne nel giro di pochi secondi… «Watari, io credo che il terzo Kira sia una persona senza scrupoli che userà il potere omicida a suo vantaggio personale. Non ho elementi più solidi dei miei ragionamenti per accertarmi di questo, ma è anche vero che vederla così è l’unica chance che ho per ottenere eventuali nuovi dati.»
Watari guardava il suo pupillo in silenzio, cogliendo da solo i passaggi mentali che Elle ometteva… Del resto era stato il geniale inventore Wammy a scovare il futuro geniale detective Elle… Solo una persona veramente intelligente poteva giudicare la mente altrettanto brillante di chi aveva avanti.
Nei primi due casi infatti mi dovrei limitare a svolgere le indagini così come le ho svolte finora, nell’attesa di un colpo di sfortuna o di un errore del terzo Kira, intelligente o meno, ma comunque giustiziere di soli criminali. Nel terzo caso amplierei il raggio d’indagine e avrei quindi più probabilità di avere informazioni e, se queste non arriveranno, non mi resterà che scartare questa ipotesi, che ora invece mi sembra la più logica e probabile. Scartarla definitivamente mi porterà a ragionare con sicurezza solo sulle altre due senza sbagliare.
«Quindi dovremo concentrare le nostre indagini in questa direzione. Da quando le morti dei criminali riprenderanno ci concentreremo su questo fronte…» rimise accuratamente il pezzetto di quaderno nell’orologio, richiuse lo sportellino e lo ridiede a Watari «Domani mattina presto il sonnifero starà ancora facendo il suo effetto e prima che gli agenti arrivino, porterai la colazione al nostro Light… Gli rimetterai bene lo scotch ai polsi e gli restituirai il suo orologio…»
 
Il 10 Luglio del 2007 alle ore 11.30 Emma, Misao e Kei approdarono in spiaggia.
Light, Misa e il sovrintendente Yagami erano ancora nella loro cella, a Tokyo.
Higuchi si godeva la bella vita, col suo Shinigami bianco costantemente alle spalle.
Ryuk forse giocava a carte annoiato con qualche altro dio della morte e aspettava, contorcendosi, che il piano di Light procedesse e si pregustava le mele succose che avrebbe assaporato.
La squadra anti-kira osservava i monitor e continuava ad indagare sulle morti dei criminali che erano ormai ricominciate da tempo.
Watari, alla guida della Rolls-Royce, percorreva l’autostrada verso Tokyo.
Elle invece prendeva con le dita l’amarena che guarniva l’apice dell’enorme coppa di gelato che aveva davanti. La sollevava in alto e poi la faceva cadere sulla lingua. La assaporava e poi affondava languidamente e accuratamente il lungo cucchiaino nella panna spumosa, fin dentro la crema più solida che c’era sotto e tirava  su un boccone bicolore che faticava a stare in equilibrio… E lo ingoiava tutto insieme…
Poi alzava lo sguardo e osservava con fare disinteressato Emma, che ignara si tuffava in acqua, a capelli sciolti, schizzando così la povera Misao che invece tentava di entrare per gradi e di abituarsi alla temperatura fredda…
E poi, sempre arrampicato su una bella poltrona sotto un gazebo, il detective riprendeva a dedicarsi di nuovo al suo gelato, che piano piano si squagliava, al calore del sole di  Kamekura…
 
Com’è che ha detto la nostra archeologa? “Ryuga sotto al sole? Ryuga con i suoi piedini puliti in mezzo alla sabbia bollente e fastidiosa? Onestamente mi riesce più facile immaginare Ken Shiro in tutù!”
Mia cara Emma, l’essere più razionale che tu conosca è anche il più imprevedibile…
Eh eh eh



 

 
Ed eccomi qui…
Finite le vacanze e di nuovo a lavorare :(
E, sempre di sera tardi, ho sfornato un capitolo più lungo, che però di estivo ha poco, rispetto a ciò che mi ero prefissata… Immagino che il prossimo lo sarà di più… Che devo farci se poi quando vado a mettere nero su bianco diventa tutto più lungo?
Cooomunque, spero che i ragionamenti di L non siano noiosi o eccessivi, spero che comunque si smorzino con l’imprevisto di Emma e con l’aria vacanziera (che ho ancora nelle vene, ahimè), spero che tutto fili liscio… E spero che possiate perdonarmi l’attesa…
Onestamente se dovessi farmi una recensione non saprei cosa dirmi… E’ come se in questo capitolo io non riuscissi a trovare niente che sia degno di essere notato… Va be’… Sorvoliamo ^^
Il Cantastorie è poco carino riguardo le spiegazioni sul perché il ritaglio di quaderno dell’orologio sia quello del quaderno iniziale di Light e quindi quello collegato poi a Rem…
Il punto è che all’inizio avevo pensato di inserire i ragionamenti di Emma nel capitolo, ma poi mi sono resa conto che avrebbero appesantito ancora di più la narrazione (non esattamente leggera, specialmente in quest'iltimo chappy -.-), senza peraltro aggiungere nulla di nuovo a ciò che già sapete sulla trama di DN.
Però io non sono menefreghista come il narratore e se voleste avere la spiegazione per intero, ve la lascio qui di seguito e vi risparmierò quindi di andare a spulciare per conto vostro ciò che eventualmente potreste aver dimenticato (io l’avevo dimenticato… o.O)
Light, toccando in elicottero il quaderno di Higuchi, ricorda  tutto, ma per non dimenticare nuovamente deve continuare a toccare il quaderno che ha tra le mani, che è quello di cui era stato proprietario. Chi è stato proprietario di un quaderno della morte, se vi rinuncia e poi viene nuovamente in contatto con esso, deve continuare a toccarlo per continuare a ricordare; solo se ne diventerà di nuovo il proprietario ricorderà e basta, senza bisogno di averlo costantemente appiccicato. Quindi è solo scrivendo il nome Higuchi su quel foglietto tirato fuori dall’orologio che Light ridiventa il proprietario proprio del death note in questione, cioè di quello di Higuchi, che era stato il suo e da cui aveva staccato quel brandello. Insomma scrivendo su quel foglietto lui divento proprietario di quel quaderno. Ergo quel foglietto appartiene a quel quaderno.
Detto questo vi lascio (era ora!!!) con un altro bellissimo disegno di Hanny… La nostra Emma ed L col cielo di Tokyo…Mi dà i brividi!!! *__*
Grazie a tuttissimi!!
Spero abbiate pazienza ancora e mi continuiate a seguire… Oddio, eccomi che ricomincio!! Ma come devo fare??? ^^,
Alla prossima!!
 

Eru

 
 

  

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Capitolo 35
*** 35. Una brutta sensazione ***


Risorgo… Chiedo perdono e rimando ogni chiacchiera e spiegazione alle note finali…
Per chi mi segue ancora ed è qui, oltre al consueto e sacrosanto grazie, dico soltanto di fare attenzione alle date e ai momenti cronologici, non perché siano chissà quanto importanti, ma solo perché così sarà più chiaro il racconto e l’incastro degli eventi con i flash-back che il Cantastorie continua a proporre… ^_^

 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 

35. Una brutta sensazione…

 
Sotto un sole luminoso e a picco, in un cielo azzurro e lontano di Luglio, Emma, coll’acqua sotto al ginocchio, avanzava verso la riva, affondando i piedi nella sabbia morbida.
La bassa marea allungava a dismisura quella fascia di mare prima della spiaggia, estesa per metri e metri, piatta e poco profonda, impossibile da superare nuotando e noiosa da attraversare camminando.
Indugiare in quel tratto le aveva sempre dato fastidio, perché in genere quella camminata strascicata e ostacolata dall’acqua si trasformava in una specie di passerella da rimirare per quelli che stavano a riva e guardavano.
Chi esce dall’acqua dopo aver fatto il bagno diventa un punto isolato, è sempre oggetto degli sguardi di chi sulla spiaggia è protetto dalla schiera densa degli ombrelloni che creano un muro solido di impersonalità. Ed Emma non tollerava molto di essere oggetto delle attenzioni degli altri. Ovviamente non perché si vergognasse. Diciamo che era proprio il concetto di “passerella-sfilata” involontaria che non le si addiceva e che la infastidiva, non certo il fatto che qualcuno la potesse semplicemente guardare per qualunque motivo. Di quello se ne infischiava.
E così avanzava, seria, nella sua figura alta e sottile, atletica e tuttavia femminile in tutte le sue parti. Qualcuno avrebbe potuto ritenerla quasi algida, ma di certo non poco femminile e questo nonostante il seno ed i suoi fianchi contenuti, nonostante il due pezzi sportivo che indossava, a tinta unita, nonostante ciò che lei aveva sempre ritenuto di se stessa…
Stufa, fece più forza nelle gambe e aumentò l’andatura.
Finalmente raggiunse la riva, ancora qualche passo e si infilò nel muro di ombrelloni e asciugamani, e nel vociare confuso e indistinguibile.
La “sfilata” solitaria era finita.
Si sedette a gambe incrociate sul telo che aveva steso a terra e al sole e si strizzò i capelli, mentre Misao, che era uscita prima di lei, da sotto l’ombrellone si spalmava nuovamente e accuratamente la crema protettiva sulla pelle chiara. Kei invece era ancora in acqua.
Emma cercò nello zaino e tirò fuori una sigaretta. Dopo il bagno, con la pelle ancora fresca e gocciolante, fumare una sigaretta era una specie di rito.
«Ho una fame incredibile… Stamattina per la fretta non ho fatto colazione…» disse Emma inforcando gli occhiali da sole «…credo che andrò al bar a prendere qualcosa» e si alzò di nuovo.
«Ti raggiungo tra poco, finisco di spalmare la crema, mi metto il copricostume e arrivo.» rispose Misao.
Emma annuì, prese le infradito in mano e qualche yen e si avviò scalza, lasciando che la sabbia calda le accarezzasse la pelle dei piedi almeno fino alla pedana del bar. Si avviò così, senza indossare nemmeno una t-shirt…
La infastidiva fare la “sfilata” al momento di uscire dall’acqua, ma non le interessava assolutamente nulla di arrivare al bar senza un copricostume. Chissà perché lì la cosa non la infastidiva.
Stranezze e contraddizioni.
E così, con i lunghissimi e scuri capelli, sciolti e ancora gocciolanti sul fondo schiena, raggiunse il grande capannone di legno dell’area ristoro della spiaggia, gettò a terra le infradito, le indossò e affrontò quell’ampia area ombreggiata e attrezzata di tavoli, videogiochi, frigoriferi. Riuscì a guadagnare il bancone affollato, sospinta e divertita dalle urla dei bambini e dai gridolini degli adolescenti che facevano la fila per il gelato, mentre i ritmi veloci e vivaci dei tormentoni musicali  estivi tamburellavano allegramente dagli altoparlanti.
Ci vorrebbe una pizzetta rossa, di quelle unte, col bordino appena bruciacchiato… Ma qui è fantascienza…
E quindi ripiegò su una confezione di senbei, una specie di crackers salati al sesamo e fagioli neri,  molto graziosi esteticamente, nelle loro tante formine diverse e perfette, che mesi prima ad Emma sarebbe quasi dispiaciuto di mangiare. Ma in Giappone tutto era curato nei minimi dettagli e lei ci aveva fatto l’abitudine. Quindi aprì la busta e iniziò a sgranocchiare gli snacks senza nemmeno guardare che aspetto avessero, aspettando che Misao la raggiungesse.
Si allontanò un po’ e si arrampicò sulla staccionata che delimitava in alcuni punti il tavolato del capannone, sempre all’ombra, rivolta verso il bancone per non rischiare di non vedere Misao quando si fosse avvicinata.
«Ciao Emma.»
La voce le giunse alle spalle…
Le giunse all’improvviso, calma, profonda e con quella nota sfumatura sensuale…
Emma smise di masticare.
Non è possibile…
E si voltò lentamente, reggendosi saldamente alla staccionata.
E se lo ritrovò davanti.
Per l’ennesima volta era giunto alle sue spalle nel momento in cui meno se lo era aspettato.
E per l’ennesima volta la stava stupendo, facendosi trovare in un contesto in cui non sarebbe mai riuscita ad immaginarlo.
E invece lui era lì, fantastico come sempre.
Rimase così a fissarlo.
Era placidamente appollaiato su un divanetto bianco, all’ombra di uno dei piccoli gazebo riservati che circondavano tutto intorno il capannone centrale. I piccoli gazebo ombreggiati da teli candidi, forniti di divanetti e cuscini intorno ad un basso tavolo centrale, ambiti da tutti, ma che soltanto pochi potevano permettersi e soprattutto pochi riuscivano a prenotare se non con largo anticipo.
E naturalmente lui era lì, solo.
Con un’immensa coppa gelato davanti. Una coppa vuota, con le impronte delle ditate all’interno, perché Elle ci aveva sicuramente infilato le dita dentro per leccarsi ben bene gli ultimi residui di gelato.
Solo, con davanti una coppa di vetro vuota e due libri. Basta.
Cosa diavolo ci fa qui???!!!
Alla innegabile sorpresa, mista come sempre alla contentezza che l’aveva assalita nel primo momento, nel giro di pochi istanti si sostituirono nella sua testa decine di domande e ipotesi.
Ho una brutta sensazione…
Ingoiò finalmente il boccone ed insieme ad esso i dubbi e le paure che erano seguite.
Senza dire una parola scavalcò la staccionata e si avvicinò, mentre lui candidamente la guardava con quella faccetta buffa e infantile.
Falsamente buffa e infantile…
Forse che Emma iniziava a decifrare la trama delle sue espressioni e delle sue maschere, quando di maschere si trattava?
E così, la giovane ragazza dai capelli bagnati e scuri, continuando a guardarlo, raggiunse il divanetto e gli si sedette affianco con tranquillità, incrociando i piedi nudi e insabbiati sopra i cuscini bianchi, poggiò la schiena al bracciolo ritrovandosi così davanti il profilo rannicchiato di Elle, che col capo girato la guardava.
«Ciao Ryuzaki.» disse alla fine in modo misurato, senza entusiasmo, e poggiò le monetine sul tavolo.
Elle non si scompose minimamente per l’atteggiamento posato di Emma e proseguì a scrutarla con quell’espressione da bimbo… E la voce gli uscì limpida dalle labbra, tutt’altro che infantile, ma profonda, come sempre, sicura e vagamente provocatoria «È tanto che non mi vedi, credevo di esserti mancato.»
Emma non ribatté subito, ma rimase in silenzio. Scartò il viso di lato e lo guardò assottigliando lo sguardo, diffidente.
Poi parlò e gli sciorinò esattamente quello stava pensando «Dopo aver fatto mente locale su tutte le volte che sei comparso così alle mie spalle e su ciò che ne è seguito, adesso sto semplicemente cercando di non farmi prendere dalle mie solite paure, Ryuzaki, perché quando succede sappiamo entrambi che sono capace di fare parecchia confusione…» fece una pausa e un grosso respiro.
Elle si grattò la nuca «Paure?» le chiese in modo candido.
«Sì. Quindi… Cosa ci fai qui?» gli chiese diretta e salda «Direi di evitare qualunque altro tipo di approccio, visto che poi potrebbe farmi sentire una completa idiota. Non ti interessa assolutamente nulla di sapere se mi sei mancato oppure no, è irrilevante. Perciò direi che puoi dirmi subito il motivo che ti ha portato fin qui.» 
Le parole di Emma erano decise. Ma poi il tono della sua voce cambiò appena e si affievolì «…E deve essere un motivo considerevole…».
Elle sollevò lo sguardo e fissò serio un punto alle spalle di Emma e mormorò distaccato «Io credo che per questa volta il motivo debba attendere.» poi alzò il volume della voce e continuò in modo neutrale, sempre guardando alle spalle di Emma «Ciao Misao». 
«Ciao Ryuga!» rispose lei sorridente «È fantastico che ci sia anche tu! Come diavolo sei riuscito a prenotare il gazebo?»
«Un colpo di fortuna.» rispose lui lapidario, con le mani poggiate sulle ginocchia ed il mento sollevato a guardare la ragazza giapponese che era rimasta discretamente in piedi, al limite del gazebo, senza permettersi di avvicinarsi di più. Misao, la perfetta donna giapponese, come una volta l’aveva definita lo stesso Elle…
Sì, come no… Chiediamolo a Watari se è stato davvero un colpo di fortuna…
«Puoi sederti, Misao. Potete usufruirne anche voi ovviamente.» le disse lui in modo educato ed asettico.
«Grazie!» esclamò lei entusiasta «Allora lascio la borsa qui e vado a prendere qualcosa al bar! Ma quanto rimarrai?» aggiunse alla fine.
«Immagino almeno fino a domani.» le rispose lui serenamente.
Emma sussultò.
…Fino a domani??!!
Non riusciva a capire se doveva essere contenta e non sapeva cosa doveva aspettarsi…
Come Misao si allontanò, Emma afferrò il lembo basso della maglietta di Ryuzaki in modo irruente e gli si avvicinò al volto sgranando gli occhi «Fino a domani?!! Avresti potuto anche solo telefonarmi e invece sarai qui per una giornata intera! Ma cosa è successo? Light è ancora in cella? Hai preso l’orologio? Io…».
Elle si portò il pollice sul labbro e assunse un’espressione smarrita, ingenua ed incuriosita «…È davvero così strano che io sia qui…?»
Spiazzante un’altra volta.
Questa volta Emma non riuscì assolutamente a capire se lui stesse fingendo o se quell’atteggiamento fosse spontaneo… Quindi si arrese.
«… D’accordo… Sì, è molto strano che tu sia qui, mentre Light,  Misa e il signor Yagami sono in cella e mentre un terzo Kira è a piede libero e continuano a morire criminali. Ma mi pare evidente che sarai tu a decidere quando e come illuminarmi…» e gli lasciò docilmente la maglietta.
Elle sollevò lo sguardo verso l’alto, pensieroso «…Credo che prenderò un altro gelato con tanta panna…» questa fu la sua risposta…
Emma abbozzò un sorriso divertito e addolcito e scosse il capo con indulgenza. Nonostante tutto,  nonostante i dubbi e la curiosità, anche se non sapeva se quell’atteggiamento “tenero” e apparentemente incoerente di lui fosse una tattica o una sceneggiata, anche se non sapeva cosa doveva aspettarsi da quella giornata, i modi incontenibili di Elle e quelle sue uscite spiazzanti continuavano a farla sorridere e ad addolcirla. Le piacevano. E le piacevano tanto, anche se normalmente l’avrebbero irritata, se provenienti da qualunque altra persona…
È il mio punto debole…
Lui è il mio punto debole…
I suoi difetti insopportabili mi urtano ma nello stesso tempo mi fanno impazzire…

Inghiottì improvvisamente.
I suoi difetti insopportabili mi urtano ma nello stesso tempo mi fanno impazzire…
In un istante ciò che fino a quel momento era stato sepolto nel suo inconscio venne a galla. Affiorò quello che aveva sempre saputo ed affiorò perché aveva razionalizzato in modo distaccato su quanto stava provando in quel momento e lo aveva fatto come se si fosse trattato di un’altra persona e non di se stessa.
L’aveva sempre saputo, ma mai come in quell’istante l’aveva ammesso a se stessa, chiamando le cose col nome che dovevano avere.
Sono completamente e irrimediabilmente innamorata di lui.
Irrazionalmente e istintivamente innamorata di lui.
Non si tratta solo di ciò che lui pensa, della persona che immagino sia, delle cose che dice, della testa che ha, della sua logica e di ciò che razionalmente potrebbe farmi impazzire di lui… Si tratta di qualcosa che percepisco nell’addome e che approvo e adoro senza alcun ragionamento sensato… Si tratta dei suoi difetti e dei lati più insopportabili del suo assurdo carattere, che conosco e accetto e che amo nonostante tutto, anche se possono urtarmi…
Perché proprio adesso?

Adesso Emma non aveva più difese…
Adesso era pienamente esposta col suo fragile corpo e la sua mente a tutto ciò che il futuro le avrebbe riservato.
E non le sarebbe servito a nulla rannicchiarsi in posizione fetale, come Elle faceva sempre.
Sarebbe stato perfettamente inutile…
 
Cos’è, trovate che Emma abbia scoperto l’acqua calda?
Su, su, siate meno critici con lei. Sono certo che se ci pensate attentamente potrete capire molto bene cosa le sia successo.
Ammettere razionalmente e senza ombra di dubbio una qualche propria emozione o sentimento recondito e mai ufficialmente dichiarato è in genere un momento di crescita degli esseri umani. Un momento di conoscenza dopo la quale le cose cambiano, anche se magari solo dal punto di vista intimo e personale. Da quel momento in poi si osserva tutto con il filtro della consapevolezza che fino a quel momento non c’era stata e si è spesso molto più esposti.
Gli esseri umani, nell’incoscienza e nel timore che questo accada, continuano a dire: “Tizio mi piace parecchio…” oppure “Caio è proprio una persona interessante e affascinate, mi attira proprio…” o ancora “Ma sai che quando fa quella faccia mi fa impazzire?! Comunque lo adoro!” e così via…
E finché continuano a dire e pensare così, la piena è arginata…
Quando però nella loro mente si incastonano per la prima volta le lettere della frase “Sono innamorato…”, be’ allora non c’è più nulla da fare. Basta un istante, una volta soltanto, e i castelli fragili costruiti fino a quel momento, la capacità di proteggersi dalla sofferenza e dall’incognita del futuro crollano inesorabilmente sotto le acque impetuose di un fiume che devia definitivamente dal suo corso stabilito, invade le campagne senza controllo… E anche quando le acque di quel fiume rientreranno e si abbasseranno, anche allora si incanaleranno in un percorso diverso, in nuovi meandri appena formatisi…
Basta un attimo e tutto cambia, anche se gli altri potranno non rendersene conto.
Capita di continuo.
Se vi soffermate a pensarci sarete consapevoli che succede in ogni istante, anche adesso, mentre voi siete tranquillamente rilassati a leggere, c’è qualcuno che nel vostro mondo sta inesorabilmente raggiungendo quella consapevolezza e sta permettendo a quel fiume in piena di stravolgergli l’esistenza.
Ed Emma è solo una di loro.
Emma ora non potrà più difendersi dalla sofferenza, dalla mancanza, dal dolore.
E lo sa, lo ha capito.
Se Elle morirà sarà perduta.
Io lo avevo detto.
Solo che non immaginavo ci sarebbe voluto così tanto tempo… È più tosta di quanto credessi. E soprattutto è molto più simile ad Elle di quanto non avessi immaginato a prima vista…
Eh eh eh…
Anche io ho sempre qualcosa da imparare, nonostante la mia secolare conoscenza del genere umano. Ognuno di loro può stupirmi e piacermi più o meno, è normale che sia così.

 
E quella strana giornata trascorse.
Trascorse senza che il caso Kira potesse in nessun modo sfiorarla.
Elle rimase all’ombra del suo gazebo, sempre. Non sfilò mai la sua maglia, nonostante il caldo. La sua pelle non stillò nemmeno una goccia di sudore, mai. La persona più termoregolata che Emma avesse mai conosciuto. Forse anche le terminazioni nervose del suo corpo erano superiori, oltre a quelle del suo cervello, e reagivano perfettamente agli stimoli esterni adattandosi nel modo più consono e “logico” possibile alle temperature e al mondo…
Kei ed Emma fecero parecchi bagni, mentre Misao leggeva composta all’ombra, per paura di scottarsi e abbronzarsi troppo e perché era nella sua indole non scalmanarsi eccessivamente.
La presenza di Elle fu per tutti silenziosa, ma discreta.
Lui era lì, leggeva.
Con tutta probabilità lesse interamente i due libri che aveva portato.
Leggeva e aspettava… Cosa? Perchè si comportava così...?
Fece qualche telefonata.
Forse si annoiava anche. O forse no. Perché di certo nella sua mente c’erano pensieri, deduzioni e ragionamenti che né Emma né gli altri potevano conoscere.
Ogni tanto, quando Emma ritornava dai suoi bagni, assuefatta all’idea che quella giornata sarebbe trascorsa così, in quel modo strano, con quell’Elle fuori contesto, gli sedeva affianco e allora iniziavano a parlare, come era avvenuto altre volte prima. Come era successo alla festa di Misao o sotto l’abete nell’area archeologica, come in generale era accaduto prima che le carte di Emma fossero scoperte da lui, prima che Elle non avesse deciso di portarsela sempre dietro sotto stretta sorveglianza, prima quindi che la permanenza di Emma in Giappone si trasformasse radicalmente da un giorno all’altro.
Ad Emma sembrò di tornare indietro e si arrese a quei momenti, cercò di non pensare al fatto che tutta quella strana atmosfera doveva avere un significato ed un fine ben precisi…
Scacciò più volte la considerazione che non era possibile che Elle fosse sulla spiaggia, mentre il caso Kira era nel suo pieno svolgimento…
E che se questo stava accadendo, c’era da tremare, anche in rapporto allo strano e buffo atteggiamento di Ryuzaki…
E ricacciò in fondo quella brutta sensazione che non l’aveva abbandonata fin dal primo istante…
Cercò di godersi quel giorno di vacanza.
Vacanze che aveva deciso di trascorrere in Giappone, perché tornare in Italia per una settimana soltanto sarebbe stato massacrante, compreso il volo. Perché il viaggio di andata e ritorno in estate era costoso. Perché tanto sarebbe tornata a Roma sotto Natale e a spese della Todai, visto che comunque c’erano dei materiali dello scavo da studiare direttamente in Italia. Il suo contratto di lavoro con l’università nipponica aveva previsto fin dall’inizio la sua trasferta lì per un paio di mesi e il prof. Usui aveva optato per mandarcela sotto le feste di Natale, così avrebbe unito il lavoro alla rimpatriata in famiglia.
Ma Emma non era partita per l’Italia durante quelle brevi vacanze estive anche perché, nonostante la voglia di rivedere i suoi genitori, i suoi amici e la sua amata città, non aveva alcuna intenzione di lasciare Tokyo... Perché non le era nemmeno balenato nella mente di essere lontana… A dire il vero era anche preoccupata della sua lontana e futura partenza…
Natale.
I due mesi di lavoro a Roma sarebbero iniziati prima del Natale o dopo?
Il caso Kira a quella data si sarebbe concluso? E soprattutto, come si sarebbe concluso?
Un giorno che per altri rappresentava poco, per lei era invece molto.
Lo spartiacque di tutto era quel maledetto 5 Novembre… Ed il dubbio atroce di quello che sarebbe accaduto in quella data, che avrebbe condizionato tutti gli eventi a venire, continuava a opprimerla.
Emma non riusciva nemmeno a pensare all’ipotesi in cui avesse dovuto farsi forza, magari per intavolare un altro piano per far conoscere ai successori tutto quello che sapeva…
Era un pensiero che allontanava con tutta se stessa.
Perché il suo fine, fin dall’inizio, non era stato catturare Kira.
Il suo obiettivo era stato salvare Elle.
Ma se non ce l’avesse fatta, se lui fosse morto quel 5 Novembre terribile, lei avrebbe avuto la forza e il cuore di lasciare che Light imperversasse per i successivi quattro anni, creando un mondo di terrore in cui Kira avrebbe avuto la meglio, almeno finché Mello e Near non fossero cresciuti abbastanza?
Quando incappava in questi pensieri atroci e concatenati il suo cervello andava in escandescenza e angosciata si bloccava…
I pensieri di Emma, come al solito, erano sempre tanti, variegati e difficili da gestire…
Erano quasi le otto di sera e la fitta fauna umana che aveva occupato la spiaggia durante tutta la giornata si era rarefatta ed i pochi rimasti si godevano il sole basso e arancio all’orizzonte, chiacchieravano rilassati senza paura di scottarsi, senza sudare, placidamente seduti e rivolti verso il mare che ormai era piatto e fermo, senza le increspature e gli schizzi causati da chi vi aveva sguazzato rumorosamente tutto il giorno.
Misao era tornata in stanza già da un po’, a fare una doccia e a prepararsi per la serata.
Emma e Kei tornavano invece accaldati da una partita a beach-volley che li aveva impegnati nell’ultima oretta.
Giunsero al gazebo e trovarono Elle, solo, che sembrava non essersi mosso di lì…
«Io credo che adesso andrò in stanza a prepararmi.» disse Kei.
«Non avevo dubbi Kei, anche perché ti ci vorrà un bel po’…» ridacchiò Emma «Io invece credo che farò un ultimo bagno, adoro la luminosità di quest’ora e adoro quando l’acqua del mare è così piatta e calma…».
Elle continuava a leggere, senza curarsi né dell’uno, né dell’altra, almeno apparentemente.
Quando Emma ritornò, il sole era tramontato dietro la distesa grigia del mare, nonostante il cielo avesse ancora i riflessi rosati della sua luce che a breve sarebbe del tutto scomparsa.
E lei, avvolgendosi nell’asciugamano e rabbrividendo appena, cercò nello zaino la sigaretta-rito.
«Ryuzaki…» iniziò Emma mentre cercava «… avrei una curiosità…»
Lui con noncuranza alzò il capo e osservò Emma che gli stava in piedi, vicina, intenta a rovistare nel suo zaino. Lei volse lo sguardo su di lui, sentendosi osservata, e capì che poteva fare la sua domanda.
«…Hai mai fatto il bagno al mare?» era il tipo di piccole curiosità che si era presentato nella mente di Emma all’inizio, a cui poi lei aveva smesso di pensare, quando era stata fagocitata dal caso Kira, dai tanti alberghi e da tutto il periodo che ne era seguito.
Ma quella strana giornata le aveva risvegliato l’interesse…
«Da bambino.» rispose freddamente Elle, in modo asettico e disinteressato.
Emma ebbe una lieve amara sensazione… da bambino… forse con i genitori…
Elle inclinò il capo «Avresti forse voluto che facessi il bagno con te poco fa, Emma?» le chiese candidamente, ma sempre in modo del tutto impersonale.
Lei accese la sua sigaretta e la risposta fu immediata «A dire il vero non ci avevo proprio pensato. E tu smettila di giocare.»
«Uhm. È esattamente così: non ci avevi pensato.» ribatté Elle, che leggeva negli occhi di Emma e riconosceva benissimo le rare volte in cui mentiva «Tuttavia sembra quasi che tu non voglia, ad esempio, fare il bagno con me perché la cosa ti darebbe fastidio, proprio perché “non ci avresti mai pensato”, perché “sai” o comunque immagini che non lo farei e quindi il solo pensiero di una cosa del genere ti scombussola, come la mia presenza qui oggi.» continuò pensieroso, dopo averla scrutata dentro in modo perfetto, ancora una volta…
Emma rimase in silenzio a ragionare e poi iniziò senza paura «Sì… è così… Io ho un'immagine di te che finora la realtà non ha mai contraddetto e credo che come sempre tu abbia perfettamente ragione… Avresti fatto il bagno con me, poco fa?» gli chiese a bruciapelo con aria di sfida.
«Temo di no.» rispose lui lapidario e indifferente.
Emma sorrise, come soddisfatta. Quello era Elle «Visto che allora faccio bene a non pensare certe cose?»
Faceva bene e soprattutto non le interessava che lui non le facesse, quelle determinate cose. Le andava bene così. Anzi, le piaceva proprio perché era così.
Ormai era quasi completamente buio e il gazebo era illuminato solo dalle luci del capannone centrale, poco distante, che dopo avrebbe accolto l’orda di villeggianti in cerca di alcol,  divertimento e musica.
La spiaggia era deserta.
Emma si sedette al fianco di Elle, come aveva fatto anche altre volte durante la giornata e incrociò le gambe sui cuscini, sempre poggiando la schiena al bracciolo.
«Kei e Misao ci metteranno parecchio…» commentò Emma.
«Kei e Misao sono alquanto ben assortiti, direi. Ma io non sono la persona più adatta a giudicare questo genere di cose.» considerò Elle.
E poi, come niente fosse, con lo stesso identico tono di voce asettico e distratto di poco prima, guardandola negli occhi, continuò «Emma, adesso devi dirmi come morirò.»
Lei trasalì e sgranò gli occhi, allentando la presa sul filtro della sigaretta.
La giornata strana era finita.
O forse no…
Lui continuava a guardarla in quel modo asettico e freddo, ma non temibile, come invece altre volte era accaduto…
Ma perché? Cosa significa tutto questo adesso?!!!
E poi come faccio? Misa, Rem e il suo attaccamento a lei, gli Shinigami, la morte degli Shinigami, il piano di Light ad essi collegato… È troppo presto! Non prenderà mai sul serio queste cose o perlomeno c’è il rischio che non lo faccia, finché non vedrà Rem con i suoi occhi durante le riunioni della Yotsuba!
«… Ma… È terribilmente complicato dirtelo adesso… Ryuzaki… Perché ti interessa tanto saperlo adesso? Ho una terribile sensazione… Finora sembrava che la storia della tua morte non ti scalfisse nemmeno! …Tu non capiresti e non mi crederesti mai… Io non…» farfugliò Emma.
«Davvero io non capirei, Emma?» le disse incuriosito «Se io potessi veramente “non capire”, allora avrei potuto fare il bagno con te prima, non credi? Il fatto che io possa “non capire” qualcosa non ti stona altrettanto?» la provocò in modo presuntuoso.
«Non soppesare le mie parole poco corrette, Ryuzaki! Ovviamente non volevo intendere veramente che non potresti “capire”! …La verità è che non so come fare… » concluse Emma, che si era improvvisamente ritrovata in una situazione spinosa da cui non sapeva come uscire… «E il punto è che come sempre sono io quella che non capisce… E dato che sicuramente tu sarai mille miglia avanti a me ed io non voglio commettere l’errore che ho già commesso di non fidarmi di te e delle tue capacità, avrei solo bisogno…»
«Avresti bisogno del mio aiuto per capire, Emma?» la prevenne lui.
Lei sospirò «Sì… Ma è strano che tu sia così condiscendente…»
«Ma per te è strano anche che io sia qui, eppure ci sono. Quindi direi di non indulgere su questo che, come altre volte, ha l’aria di essere un discorso sterile.» la bloccò sul nascere, come sempre quando si trattava di parlare di se stesso e dei suoi comportamenti.
Emma non se lo fece dire due volte «Perché vuoi sapere proprio adesso come morirai?!» e lo guardò, diffidente e concentrata, pronta a cercare di cogliere ciò che le sfuggiva.
«Perché è l’ultimo tassello del puzzle che mi resta da inserire. L’anello che ancora mi manca per chiudere il cerchio.»
Conciso, senza colore, diretto al punto e destabilizzante.
L’ultimo tassello?!
Quindi…

Emma iniziò a ragionare velocemente… «L’orologio… Il foglietto che ci hai trovato dentro… Io credevo che tu non…» Emma corrugò la fronte, concentrandosi ancora di più nel tentativo di capire e raggiungere i passaggi che le mancavano.
«Hai paura di nominare gli Shinigami, Emma?» glielo disse come niente fosse...
Lei sgranò gli occhi.
Era la prima volta che Elle nominava gli Dei della Morte in sua presenza.
«Emma, ho già visto quello che dovevo vedere.»
La gelò…
 
Era notte inoltrata e la stanza era buia e solitaria.
Sul monitor del portatile di Elle c’erano diverse finestre aperte, piene di dati, diagrammi e grafici.
Elle, rannicchiato sul pavimento, osservava attentamente sullo schermo chiaro le curve di andamento dei titoli azionari di diverse compagnie e società quotate in borsa.
Uno ogni sette giorni a partire dal 14 Giugno… Ne è morto uno ogni sette giorni… E da circa una settimana i titoli azionari sono cresciuti… Uhm… La numero 3 sembrerebbe proprio la lista più interessante…
La voce di Watari uscì dagli altoparlanti «Ryuzaki, ho aggiornato la lista generale ora, con gli ultimi dati della giornata di ieri, la troverai sul server.»
Elle, senza rispondere, cliccò rapidamente su una di quelle finestre e gli si presentò davanti l’elenco completo dei decessi avvenuti nel Kanto nelle ultime quarantotto ore, che era per l’appunto la lista generale di cui aveva parlato Watari.
Aggiornò la pagina con i nuovi dati appena fornitigli.
E iniziò a spulciare, avvicinandosi vistosamente allo schermo col volto, portandosi il pollice sulle labbra, concentrato «Watari, del caffè e dei biscotti.» disse in modo assorto e distratto, senza scollare lo sguardo dal monitor.
«Certamente Ryuzaki» fu la risposta calda e gentile.
Ed Elle rapidamente iniziò a rimuginare su quei nomi, facendo sofisticate ricerche sull’identità delle persone a cui appartenevano, naturalmente utilizzando mezzi e accedendo a siti e dati riservati cui a volte nemmeno le forze dell’ordine potevano avere accesso senza consenso delle alte sfere... L’invasione totale della privacy. Una lente d’ingrandimento che scrutava nella vita di chiunque  senza problemi né alcuna remora. Un occhio amorale e contro la Legge. Un hacker senza scrupoli né limiti.
Il fine giustifica i mezzi.
E la Giustizia non coincide con la Legge…
Amuro Namie… ex operaio in pensione… No.
Endou Yutaka… avvocato di diritto societario… Uhm… va approfondito.
E subito copiò il nome e lo incollò in un’altra lista, quella dei soggetti su cui attuare ricerche più approfondite.
Continuava a leggere, muovendosi rapidissimo, spostando appena gli occhi sulle diverse porzioni di monitor in cui si aprivano le schede delle informazioni che cercava.
Nomi su nomi.
Vite su vite.
Fujiwara Kanemichi… dipendente delle poste… single… no precedenti penali… No.
Tatsuya Kawajima… dirigente… società sviluppo tecnologico… morto il 4 Luglio di attacco cardiaco... Uhm…

Smanettò ancora su di lui…
Eccolo…
E siamo a cinque.
Perfetto!

Spostò l’ultimo nome direttamente in una delle tre liste tematiche di decessi che aveva costruito.
È la lista numero 3…
19 Giugno: Kotaro Ashimoto
26 Giugno: Kenji Tanimi
27 Giugno: Roppei Tamiya
2 Luglio: Koji Aoi
E in ultimo…
4 Luglio: Tatsuya Kawajima…
Giovane dirigente meritevole, pragmatico e produttivo della sezione di sviluppo tecnologico…

Andò a sbirciare informazioni sull’azienda per la quale aveva lavorato quest’ultimo individuo fino al giorno della sua morte, cioè fino al giorno prima…
Le azioni della sua azienda erano in crescita… Quindi era un soggetto molto capace… nel giro di poco tempo la compagnia per cui lavorava sarebbe stata un problema per le altre… Stava bruciando parecchie tappe a discapito della…
Watari entrò nella stanza buia e muta e si avvicinò silenziosamente ad Elle, che sembrò non accorgersi della sua presenza discreta, né dei suoi passi.
«Watari. La lista da prendere in considerazione è la numero 3, come immaginavo. Si tratta certamente di omicidi collegati» disse Ryuzaki, che per l’appunto “sembrava” soltanto non accorgersi di ciò che lo circondava.
Da quando gli omicidi erano ripresi, Elle aveva lavorato su diversi piani.
Escludendo i delinquenti, la cui morte riguardava l’operato “canonico” del terzo Kira, prima di tutto aveva deciso di monitorare tutti i decessi che erano avvenuti nella sola regione del Kanto. Era arrivato a questa ulteriore restrizione del campo d’azione ragionando su una sua stessa deduzione: il terzo Kira presumibilmente scelto da Light avrebbe dovuto essere facilmente rintracciabile per Light stesso, una volta che lui non fosse più stato in possesso dei suoi poteri omicidi e quindi una volta che non fosse stato più Kira; quindi era quasi ovvio che il soggetto in questione avrebbe dovuto agire in un contesto più facilmente indagabile e “vicino” a Tokyo: più le notizie e gli avvenimenti sono prossimi, più le informazioni giungono veloci e complete. E quindi era quasi ovvio che il terzo Kira avrebbe agito nel Kanto. Sempre che le deduzioni di Elle fossero corrette, ovviamente…
E quindi, dall’elenco di decessi così ottenuti, Elle aveva iniziato a scartare quelli assolutamente poco interessanti, quelli “normali” e quelli che non erano omicidi o comunque che, da altre informazioni, sembravano essere avvenuti per “naturale” attacco cardiaco. Con quelli rimasti aveva effettuato degli incroci e aveva scoperto alcuni punti in comune che gli avevano dunque permesso di selezionare ulteriormente e di creare dei sottogruppi.
I denominatori comuni e gli aspetti che ad Elle erano sembrati associabili tra le varie morti non erano naturalmente affatto evidenti né immediati… Tutt’altro. Ma questo non dovrebbe stupire più di tanto.
In conclusione Elle aveva costruito tre liste di nomi di possibili omicidi concatenati, che monitorava costantemente in attesa di ottenere riscontri ulteriori.
Accanto a questo genere di indagine Elle si era mosso anche su un altro piano, anche se non era del tutto certo che potesse essere fertile: l’accurata analisi degli eventuali palesi benefici che un qualche soggetto o gruppo di potere poteva aver ottenuto in quei venti giorni di indagini. E naturalmente uno dei marcatori di questo secondo piano d’azione era il monitoraggio dei titoli azionari.
Il signor Wammy annuì silenzioso senza alcuna espressione particolare e poggiò il vassoio sul pavimento, affianco ad Elle.
Ryuzaki si versò nella sottile tazza il caffè appena fatto, osservandone attentamente il filino scuro e fumante che dal beccuccio ricadeva sul fondo bianco di porcellana «Delle altre due liste, la numero 1 posso ritenerla sterile a questo punto. La numero 2 passala alla polizia, che è molto lontana dal mettere in relazione quei delitti. Gli daremo un aiutino e magari risolveranno tre comunissimi casi di omicidio con una pista sola. In caso passane una copia anche a “quei due”…  Potrebbero trovare utile dargli uno sguardo e cimentarsi su casi elementari.»
Casi elementari.
Elle si era appena affacciato ad osservare i decessi di una limitata regione del mondo e per necessità  ed altri fini aveva dovuto metterne in relazione alcuni, individuando collegamenti tra morti che all’apparenza non sembravano omicidi e tra decessi che non sembravano avere a prima vista nulla da mettere in parallelo. E immediatamente aveva scovato una serie di “soli” tre omicidi probabilmente compiuti da una stessa persona, “facilmente” individuabile, a detta sua.
Era uno dei casi a cui il grande detective non si sarebbe mai nemmeno approcciato, che non lo avrebbe mai interessato, tanto meno in quel momento, e che era appannaggio della polizia soltanto.
Meno di venti omicidi.
Elementare.
Un “gioco” per due ragazzi giovani magari, due “discepoli” che dovevano ancora formarsi…
Tutto qui.
«I soggetti della lista 3 sono interessanti. Portano tutti ad un unico beneficiario, che guarda caso inizia a crescere in borsa…» tuffò la prima zolletta nel caffè «È la Yotsuba Watari.» la seconda zolletta, lentamente «Ed ho solo un modo per scoprire se ho ragione.»
 
Veramente credevate che Elle sarebbe arrivato alla Yotsuba nei tempi del manga, e cioè ad Ottobre e solo con l’aiuto di Light??
Ma insomma, Emma poteva anche cascarci nel dubbio, visto che non sapeva nemmeno se Elle avesse effettuato il furto dell’orologio, ma voi…
Voi avete anche seguito tutti i suoi ragionamenti. Sapevate pure che aveva deciso di iniziare ad indagare anche sulle morti sospette di coloro che non erano criminali e sui possibili benefici di queste morti su un ipotetico terzo Kira, che lui era arrivato alla conclusione fosse un soggetto privo di scrupoli che avrebbe ucciso anche per vantaggio personale…
Era ovvio che Elle sarebbe giunto nel giro di poche settimane alla soluzione e che avrebbe reso i giorni di prigionia di Light tutt’altro che sterili.
Non fate l’errore di sottovalutarlo anche voi.
In questa storia Elle è sempre Elle.
È ciò che lo circonda che è variato.
E lui si sta servendo biecamente di tutto, senza esimersi da nulla.
Questo è l’Elle che vi piace tanto. Prendetelo così com’è…
Eh eh eh…

 
Di fronte allo schermo, come sempre, Elle attendeva.
Solo.
Ultimamente mandava gli agenti a casa un po’ prima.
Proprio perché il periodo sembrava sterile per le indagini…
C’erano contemporaneamente quattro video sul suo monitor.
Le condizioni del Sovrintendente Yagami lo interessavano decisamente poco.
E quindi…
Light nella sua cella, accovacciato a terra.
Misa imbavagliata.
La stanza solitaria di Emma.
E la sala riunioni della Yotsuba, anch’essa deserta…
La figura alta e sottile di Emma rientrò allora nella sua suite, abbandonò la borsa del lavoro a terra e sospirò contenta e affaticata, guardando il soffitto.
Erano le otto di sera e da quel momento era in vacanza.
Il giorno successivo sarebbe partita per Kamekura.
E poi la porta della sala riunioni della grande azienda si socchiuse…
Elle ingrandì immediatamente l’immagine, riducendo le altre a minuscole icone in basso.
Aguzzò lo sguardo e iniziò a mordersi il pollice, con gli occhi sgranati.
Erano quattro giorni che quella stanza della Yotsuba era deserta e lui aveva iniziato a spazientirsi e ad annoiarsi. Aveva anche dubitato che quello fosse il posto più giusto dove mettere le cimici e le telecamere.
Ma del resto non aveva indiziati definiti all’interno della Compagnia e immaginava solo che potesse trattarsi di un pezzo grosso della stessa, quindi di qualcuno che fosse a piena conoscenza delle difficoltà dell’azienda e degli individui scomodi per essa. Quindi di un soggetto che avrebbe partecipato alle riunioni dirigenziali. Anche perché non poteva certo mettere sotto osservazione tutto l’edificio, visto che in questo caso il suo unico aiuto era stato Watari e non la squadra anti-kira al completo, che naturalmente non aveva la più pallida idea di cosa lui stesse rimuginando, né si immaginava che lui lo stesse facendo…
Le facce arroganti, curate e sicure dei dirigenti varcarono la soglia, placidamente e schiamazzando…
Elle non sapeva cosa aspettarsi. Anche perché quella era solo una riunione, dalla quale avrebbe anche potuto non ottenere assolutamente nulla, sebbene fosse la prima a cui assisteva.
E poi…
Mentre osservava il volto subdolo del dirigente del settore sviluppo tecnnologico che entrava in quel momento, il suo sguardo intenso venne attirato da qualcos’altro… dalla parete bianca della sala, intonsa…
Intonsa e vuota, almeno fino a quel momento…
Elle si immobilizzò all’istante.
I suoi incisivi smisero di mordicchiare improvvisamente l’unghia del pollice che rimase appena poggiata sulle labbra, come anestetizzata.
Bloccò il respiro istintivamente.
Un volto…
Un volto spento, che solo lontanamente ricordava le fattezze umane, affiorava lentamente e come inconsistente dal muro bianco.
E poi il collo.
E le ripugnanti ossa antropomorfe e tuttavia disumane del busto di qualcosa…
Grande.
Surreale.
Era ora nella stanza.
E la parete da cui quell’essere era passato era intatta…
Elle continuò a fissarlo senza respirare, senza muovere un solo muscolo, con gli occhi sgranati.
E anche lui, anche il grande detective del secolo, per un solo impercettibile momento, si ritrovò incredibilmente senza pensieri…
Come un bambino incredulo e senza esperienza che assista per la prima volta all’esplosione dei fuochi artificiali che non ha mai visto stagliarsi nel cielo blu e non ha idea di come quelle “strane stelle cadenti” possano muoversi, avere quelle forme meravigliose e quei colori fantastici… Magia.
E quel mostro avanzò nella sala, non visto e non sentito nella sua incredibile eppure innegabile presenza.
Fece il giro della tavola e si posizionò con quello sguardo spento e triste alle spalle di Kyosuke Higuchi, il dirigente della sezione sviluppo tecnologico della Yotsuba.
E allora i neuroni incredibili di Elle iniziarono improvvisamente a collegare tutto ciò che avevano inconsapevolmente incamerato in quell’ istante apparentemente senza pensieri.
Aveva già visto quel mostro…
Shinigami. “Rem=Shinigami di Misa”. Dio della “morte”. Potere di provocare la “morte”. Potere sovrannaturale. Uccidere scrivendo un nome. Un quaderno della “morte” a righe. Il “Death note” della cartella dei file di Emma. Quaderno di Misa Amane. Due quaderni. Quaderno=Shinigami. “Scambiarsi i rispettivi quaderni” e vedere i “rispettivi Shinigami”. Quaderno di Light Yagami. Orologio e frammento di quaderno. Vedere un Dio della Morte. Posso vederlo. C’è n’è un altro…
Il tutto avvenne nel giro di pochissimi istanti, e i tasselli di quel puzzle, fantascientifici e inconcepibili umanamente, si inserirono quasi da soli con una logica stringente, umana, razionale e ormai completamente padrona anche di cose che non avrebbe mai creduto di accettare…
Dov’è l’altro quaderno?! Dove l’hai nascosto Light Yagami?! E come farai a conoscere il mio nome, come farai ad uccidermi?
Il potere degli “occhi”. Uhm…

Mentre la riunione della Yotsuba iniziava mettendo sul piatto i nomi dei possibili fastidiosi rivali da eliminare, Elle continuava a ragionare incessantemente, senza smettere di fissare lo Shinigami bianco, che lugubre “proteggeva” le spalle del terzo Kira…
Quando Watari entrò nella stanza, Elle era ancora lì, immobile…
«Ryuzaki… » lo chiamò piano.
«Sì Watari.» rispose calmo Elle, facendo riapparire l’immagine della stanza di Emma sullo schermo. La osservò gelido e deciso mentre lei dormiva abbandonata «Prenota una stanza a Kamekura, per domani notte. Nello stesso albergo di Emma. Che sia tutto pronto per domani mattina. Devo essere lì. È arrivato il momento di farla finita.»
«Ryuzaki…» lo chiamò di nuovo il signor Wammy, osservando la giovane Emma nel monitor…
«Devo sapere, Watari. Devo sapere tutto e subito e sai anche il perché. Sapevi che questa era una delle opzioni contemplate. Mi conosci.» freddo, lapidario, calcolatore…
«Ryuzaki… Sei assolutamente certo che questa volta quello che vuoi fare non avrà alcuna ripercussione su di te…?»
Elle non rispose.
 
 
 
 
Eccomi qui, dopo tantissimo tempo…
Spero che almeno alcuni di voi abbiano letto il mio avviso sul profilo…
Sono veramente costernata…
Il ritardo è stato dovuto al fatto che mi sono trasferita nella mia nuova casa, che sono stata e sono incasinatissima per via delle mille cose che ho da fare ancora, oltre al lavoro (il trasloco non è assolutamente finito e non abbiamo ancora i termosifoni!! Aaaargh!!), che ho avuto telefono e connessione internet poco più di una settimana fa…
Ma non potete sapere quanto mi sia piaciuto scrivere questo nuovo capitolo tra le quattro mura della mia nuova casetta!!! *__*
Un capitolo molto più lungo del solito, perché a questo punto della storia ci sono moltissime cose da dire e avevo calcolato male i tempi, credendo di poterne dire una buona parte in questo capitolo, dove invece ho potuto sviscerane solo alcune. Il resto necessariamente avverrà nel prossimo che cercherò di non far arrivare in tempi biblici! Mi impegno in questo senso, anche perché VOGLIO scrivere, quest’ultimo periodo è stato atroce!
È un capitolo lento nella sua prima parte, forse perché dovevo metabolizzare l’atmosfera e dovevo almeno tentare di comunicarla a voi… Purtroppo avevo calcolato che avrei scritto questo chappy ancora in estate (io e i miei programmi inutili…) e invece mi sono ritrovata a scriverlo col diluvio, il freddo e le zucche di Halloween… o.O
Un capitolo enigmatico in tutte le sue parti e forse poco chiaro… Sono dispiaciuta, ma forse ho accusato il tempo di inattività nello scrivere… Non sarei riuscita a fare meglio di così e se non vi è piaciuto posso capirlo…
Conoscete ormai i miei mille dubbi e la mia totale incapacità di essere obiettiva e la mia predilezione ossessiva per l’autocritica feroce…
Quindi mi limito a sperare che dopo tutto questo tempo abbiate ancora un po' di voglia di seguirmi, che non mi abbiate abbandonata e che ancora qualcuno voglia accompagnarmi fino alla fine di questa lunga storia…
E ringrazio tutti coloro che calorosamente mi hanno recensito finora, i vecchi e i nuovi che mi hanno accolta con entusiasmo dandomi forza quando non avevo tempo di scrivere (e respirare), coloro che continuano a preferire questa mia storia e i lettori silenziosi!!!
Grazie infinite di tutto!!!!!
Ne approfitto anche per scusarmi con gli autori delle storie che sto seguendo: non sono morta, mi metterò in pari con i capitoli e recensirò, non sia mai che io non lo faccia, sto risorgendo su EFP!! ^_^
Vi saluto senza alcun nuovo disegno, perché qui a casa nuova ho solo il pc-nano, dove non sono salvati i disegni che vorrei pubblicare e farò la prossima volta!!
E dopo questo poema vi saluto e vi ringrazio infinitamente di essere arrivati fin qui!!
Alla prossima!!
 

Eru

 
 

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Capitolo 36
*** 36. I cubetti di ghiaccio e il silenzio ***


So di essere in tremendo ritardo. Sappiate solo che scrivere questo capitolo è stato un parto trigemellare… O_O
Grazie di essere ancora qui!

 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

36. I cubetti di ghiaccio e il silenzio

 
Emma iniziò a ragionare velocemente… «L’orologio… Il foglietto che ci hai trovato dentro… Io credevo che tu non…» corrugò la fronte, concentrandosi ancora di più nel tentativo di capire e raggiungere i passaggi che le mancavano.
«Hai paura di nominare gli Shinigami, Emma?» glielo disse come niente fosse...
Lei sgranò gli occhi.
Era la prima volta che Elle nominava gli Dei della Morte in sua presenza.
«Emma, ho già visto quello che dovevo vedere.»
La gelò…
 
Emma rimase in silenzio, ghiacciata dalla brevità e dal significato di quella risposta, mentre il tabacco della sua sigaretta continuava a bruciare, senza che lei pensasse minimamente di riaccostarla sulle labbra.
Un attimo. Era bastato un attimo e le prospettive che aveva avuto fino a quel momento si erano stravolte.
Elle aveva già visto.
E lei non aveva mai pensato a come si sarebbe sentita in quell’istante, a quali reazioni avrebbe avuto, a come avrebbe approcciato il discorso da quel momento in poi.
E ora invece, in un attimo, si ritrovava di fronte un Elle che aveva visto uno Shinigami, che aveva visto Rem, che lo aveva a quanto pare già metabolizzato e reso parte integrante delle indagini senza battere ciglio.
Spiazzante ed elettrizzante allo stesso tempo.
Una situazione che lei stessa aveva voluto e desiderato fortemente, ma che adesso non aveva la più pallida idea di come gestire, soprattutto perché non riusciva a capire come doveva sentirsi.
È innegabile che comunque, insieme alla sorpresa e alla curiosità di conoscere i pensieri del detective del secolo sulla questione, una delle sensazioni che la avvolsero fu un senso di liberazione unico…
Elle inclinò il capo «Ne deduco che non te lo aspettassi» ovviamente faceva riferimento al silenzio e allo sgomento palese di Emma «e che quindi, per quanto ne sai e secondo i tuoi piani, questo sarebbe dovuto avvenire parecchio più in là nel tempo.»
«Ovviamente è così.» rispose lei immediatamente, con un’intonazione pensierosa e poco chiara, perché poco chiari erano i suoi propositi in quel momento.
Elle si portò il pollice sul labbro con fare innocente «Ci sei rimasta male? Non era mia intenzione scombussolare i tuoi piani.»
Emma non sorvolò, naturalmente «I miei piani… Mi sento terribilmente “normo-dotata”, ma con quell’accezione fastidiosa che solo tu riesci ad attribuirgli. Smettila di divertirti con queste uscite candide e contrite.» ribatté diretta ma divertita, perché  ancora non sapeva da dove iniziare, ma non aveva perso la sua schiettezza né la sua capacità di lasciarsi trainare dai modi di Elle che, artificiosi o spontanei, candidi o presuntuosi, riuscivano incredibilmente a smorzare e alleggerire le situazioni delicate e serie.
Elle ribatté «Divertirmi. Be’ sì, in effetti temo di non poter negare che ci sia qualcosa che mi diverte.» e si avvicinò curiosamente al volto di Emma, pacato, protendendo il lungo collo e continuando a tenere il pollice appena poggiato sulle proprie labbra candide.
Lei non si spostò, ma assottigliò gli occhi diffidente, continuando a guardarlo.
Elle allora, con calma e con una faccetta tutta interessata e infantile, scostò la mano dalla propria bocca e poggiò l’indice sulle labbra di Emma, premendocelo appena. Ce lo lasciò qualche istante, senza muoverlo, come se avesse voluto controllare qualcosa, con gli occhi nerissimi e sgranati.
Lei continuò a non spostarsi, ma lo osservò sempre più perplessa e pensierosa, anche se iniziava a percepire un lieve formicolio nella pancia e lungo la schiena…
«Uhm.» mugugnò Elle riportando placidamente la mano affusolata sulle ginocchia «Sei fredda.» sentenziò.
E poi si avvicinò ancora, come niente fosse, e poggiò le proprie labbra su quelle della povera Emma che, pur continuando ad essere sospettosa, non poté fare altro che aumentare la tensione delle proprie spalle avvolte nell’asciugamano e chiudere spontaneamente gli occhi…
Già… Questa volta li chiuse, gli occhi. Forse perché era tutta la giornata che Elle si comportava in quel modo strano e condiscendente. Forse perché era in vacanza. Forse perché la rivelazione che lui le aveva fatto l’aveva liberata a priori da quell’imposizione delle informazioni in pillole che l’aveva attanagliata fin dal primo istante in cui tutta quella vicenda era iniziata. Forse perché era assurdo che, dopo quello che lui le aveva detto, le cose stessero andando in quel modo leggero e così poco “adatto” alla situazione. Forse perché, ancora una volta, Elle era assolutamente imprevedibile e proprio per questo non c’erano armi per controbattere. Perché l’imprevedibilità lascia spazio alla libertà e all’istinto, senza gli orpelli della logica e del pensiero.
Ma magari Emma chiuse gli occhi semplicemente perché non esiste un perché di determinati gesti ed è inutile questionare.
Ryuzaki lasciò per un istante la proprie labbra poggiate su quelle della ragazza, gliele inumidì appena, come se avesse voluto assaggiarle delicatamente. E lei non si mosse, si lasciò sfiorare la bocca senza fare nulla…
E dopo quel fugace “assaggio” lui si allontanò appena un po’. Emma sospirando riaprì gli occhi e si ritrovò ad osservare quelle pupille nere che la scrutavano curiosamente da vicino. Se lo avessero fatto anche nel brevissimo momento precedente, Emma non lo avrebbe mai saputo.
Elle inumidì le proprie labbra rumorosamente, come assaporando ciò che vi era rimasto sopra e spostò lo sguardo infantile e pensieroso verso l’alto «Sì, fredda. Fredda e salata.» disse infine placido e minimamente a disagio.
Emma scosse appena il capo, abbozzando un sorriso, perché nelle parole di Elle non c’era alcuna malizia, ma solo la semplice e secca verità di una costatazione, l’asettica  risposta ad un esperimento di scarsa importanza. Ma non sarebbe potuto essere altrimenti… Il problema era che questo a Emma piaceva moltissimo.
«Già… La risposta al test dice: “salata”» ribatté allora lei ironicamente, continuando a rimuginare.
«Test?» riprese lui con quella buffa espressione pensierosa «Uhm. Temo che, indipendente dall’acqua di mare, la risposta all’ “esperimento” non potrebbe comunque essere  diversa.»
Che strana conversazione…
«Uhm… E io invece “temo” - calcò appena la parola rifacendo il verso a Ryuzaki - che potrei infatti banalmente confermarti di non essere mai stata “zuccherosa”, sotto molti aspetti, e che non lo sarò mai. Ma questa sarebbe, per l’appunto e a modo suo, una risposta “zuccherosa”…» e si avvicinò al volto di lui con aria di sfida «…Tutto questo è decisamente alquanto incomprensibile per me e per quanto mi sforzi di non pensarci non posso non fartelo notare. Io non capisco.»
Elle ascoltò in silenzio e poi riportò candidamente lo sguardo su di lei «Uhm. Credevo sarebbe stato più semplice. Ma in effetti è interessante che non lo sia.»
Che?!!
Ma “cosa” doveva essere più semplice??!!!

Elle proseguì «E noto ancora una volta che c’è qualcosa che non “conosci” di me e che quindi non riesci a identificare. E questa è un’anomalia, visto tutto ciò che sai…» perse quell’aria infantile e assunse un’espressione indecifrabile, una sorta di sorriso appena accennato che era impossibile stabilire se fosse sincero o vagamente beffardo e provocatorio «…quindi sono decisamente curioso di capire il perché di questa anomalia.»
Entrambi volevano capire qualcosa. Con fini, modi, intenzioni e motivi differenti, ma volevano capire.
E poi il cellulare di Elle squillò, come era accaduto tantissime altre volte durante le loro conversazioni più criptiche.
Lui non allontanò minimamente lo sguardo dagli occhi di Emma, mentre sfilava svogliatamente il proprio telefono dalla tasca e lo portava all’altezza del volto. Solo allora ruotò le pupille scure per osservare il display ed in esse Emma riconobbe lo sguardo del detective del secolo. Lo sguardo delle indagini del caso Kira.
E poi lui ritornò ad osservare lei, senza parlare e senza ancora rispondere al telefono. Ed Emma gli disse semplicemente, seria e combattiva «Io vado a fare una doccia. Tu non provare a sparire dopo questa telefonata. Dopo questa giornata assurda, non pensarci nemmeno. Non aspetterò settimane o mesi prima di poterti rivedere e di sapere, questa volta non lo farò, dovessi anche ritornare a Tokyo a piedi! E ora rispondi al telefono perché non sopporto sentirlo squillare.»
«Non ho dubbi sul fatto che potresti farlo, Emma. Ma l’ho già detto, sarò qui almeno fino a domani. Se rimarrò di più dipende solo da te. E il telefono smetterà di squillare, senza bisogno che io risponda, è solo un avviso. Era previsto che io avrei potuto non rispondere e che avrei quindi richiamato. Ma a questo punto credo di essere ancora completamente libero di fare questa conversazione adesso. A dopo, Emma.» e il telefono smise squillare.
Elle svogliatamente si osservò i piedi, ne mosse le dita, e poi li fece scivolare dal divanetto, li affondò nella sabbia, a terra. Si alzò, aprì lo sportellino del cellulare e ricompose il numero, se lo accostò all’orecchio, e iniziò a camminare in modo annoiato, allontanandosi dal gazebo e da Emma.
Vince sempre lui! Non lascia cadere nulla, controbatte a tutto! È snervante. Uhm… Ma forse sono un po’ così anche io…
Mi potrò fidare? O questa è stata solo una delle sue bieche menzogne?
Be’, non è che io gli abbia ancora detto chissà che e già so che è qui perché ha in mente qualcosa, in quella sua maledetta testa… Anzi, è proprio questo “qualcosa” che mi spaventa… Cosa diavolo è venuto a fare fin qui?!

Lo osservò allontanarsi a piedi nudi sulla sabbia, curvo e annoiato, e lo vide sparire nell’oscurità della sera.
Elle a piedi nudi sulla sabbia… Ok… Posso aspettarmi di tutto… Anzi, con questi presupposti, è meglio che non mi aspetti proprio nulla! Sì… Sembra facile…
Osservò la sigaretta che teneva ancora tra le dita. Era rimasto solo il filtro, se l’era fumata il vento. La gettò nel portacenere sul tavolo che aveva davanti, sovrappensiero.
E poi perché si comporta così? Perché indossa la maschera dell’ “Elle infantile” e ingenuo?
Si alzò, raccolse il suo zaino e le infradito e si incamminò verso le stanze dell’albergo, affondando i piedi nella sabbia scura, ma ancora tiepida del sole che l’aveva scaldata per tutto il giorno.
È una maschera poi, oppure no? Perché mi avrebbe baciata? Cosa accidenti c’entra una manifestazione di questo tipo col caso Kira? Assolutamente nulla!!
La spiaggia era completamente deserta. Emma superò il grande capannone centrale e raggiunse la pedana adagiata sulla sabbia che, come un corridoio, si inoltrava tra gli alberi di una sorta di boschetto che costeggiava tutta la spiaggia e nascondeva in parte le stanze dell’albergo, che non erano altro che una serie di curatissimi bungalow identici, immersi nel verde e rivolti verso la battigia, uno affianco all’altro.
Un esperimento anche questa volta, solo che adesso non c’è Watari a farmi almeno tentare di capire cosa significhi!
Emma continuava a camminare, superava i piccoli giardinetti illuminati che, circondati da alte siepi,  precedevano ciascun bungalow.
Il vociare caotico degli occupanti e le luci accese nelle stanze rivelavano che erano tutti presi nel prepararsi per la serata.
Emma superò il cancelletto del giardino della stanza di Misao e Kei e raggiunse la propria, che era adiacente.
E poi non riesco proprio a far combaciare questo gesto del bacio con il fatto che Elle abbia visto Rem! Mi stona così tanto! Non riesco nemmeno a pensarle insieme, queste due cose! Accidenti, sarei la prima a storcere il naso disgustata se nella trama di Death Note avvenisse una cosa del genere! E quello che mi fa più arrabbiare è che mi è piaciuto, maledizione…
Emma mollò l’asciugamano insabbiato sulla veranda che precedeva la grande porta finestra scorrevole di accesso alla stanza e continuando a rimuginare si infilò sotto la doccia.
In meno di un quarto d’ora era pronta. Lanciò un avviso ai suoi vicini, per sapere a che punto fossero e poi si accoccolò a pensare su una delle poltroncine della veranda.
Già lo so che questa serata non mi passerà mai finché non ci capirò qualcosa… dannazione! Non riesco a pensare a niente senza farmi salire l'ansia o senza emozionarmi in qualche modo…
Se Emma pensava al fatto che Elle aveva visto Rem, le prendeva una specie di singolare esaltazione, collegata alla trama che lei conosceva… Se però andava avanti e rimuginava su cosa lui avrebbe fatto in seguito a questo, la assaliva una paura terribile delle conseguenze, di Light, dei risvolti sconosciuti e del destino che non sapeva se esistesse o meno… E quindi arrivava a figurarsi nella mente la scena della morte di Elle… Morte che infatti lui le aveva chiesto di raccontarle proprio adesso. Se, per sfuggire a questo, si soffermava sul significato del comportamento di Elle, finiva inevitabilmente ad ingarbugliarsi la mente con ipotesi assolutamente inconcludenti e si ritrovava a immaginarselo davanti con il formicolio nello stomaco. E poi c’era quella brutta sensazione… Questa volta aspettare la stava distruggendo più delle altre…
Misao si affacciò al cancelletto, ma Emma non se ne accorse, presa dai suoi pensieri, tanto che la ragazza la dovette chiamare e solo allora Emma sollevò lo sguardo e le sorrise, alzandosi e andandole incontro.
E allora Misao la osservò, da capo a piedi…
Una canottiera bianca e solo appena aderente le fasciava il seno ed il busto sottile e le faceva risaltare il lieve colorito dell’abbronzatura, sulla pelle morbida e profumata di crema doposole. Un paio di pantaloni verdi militare le si appoggiavano mollemente scesi sui fianchi sottili, lasciavano appena intravedere sotto le pieghe della canotta l’addome piatto e le ossa sporgenti del bacino e con grossi tasconi laterali si risvoltavano più volte appena sotto al ginocchio, lasciando così scoperti gli stinchi e le caviglie minute fino ai piedi che calzavano delle semplici infradito di gomma scura, senza alcuna traccia di smalto. I lunghissimi capelli neri le si adagiavano sciolti lungo la schiena e fin oltre il punto vita, umidi, perché potessero asciugarsi all’aria senza bisogno del phon, che Misao era certa che Emma non avesse nemmeno portato.
«Emma…» iniziò l’amica «… se Ryuga non ci accompagnerà durante la serata credo che in parecchi ti romperanno le scatole…» chiuse ridendo.
Emma sollevò le sopracciglia e si guardò confusa «…Che? Ma mi sono messa le prima cose che mi sono capitate tra le mani… A dire il vero non mi sono nemmeno specchiata…»
«Non ho dubbi in proposito.» rise Misao «Ma ti assicuro che non hai bisogno di farlo e che non potresti essere più bella. La semplicità e l’estate ti rendono più giustizia di quanto non lo possa fare qualunque altra cosa. Quando Kei sarà pronto chiederò un parere anche a lui…»
Emma era perplessa, ma lasciò che l’amica si crogiolasse in quel pensiero, che a lei in quel momento non interessava in nessun modo e che in generale non le interessava praticamente mai. La sua fortuna era quella di essere naturalmente e stranamente bella, per nulla appariscente magari, ma di certo bella, senza bisogno di orpelli, trucco, abiti sofisticati o attenzioni. Questa era una fortuna immensa e lei non lo sapeva e non le importava. Tantomeno in quel momento e in quel mondo…
E la serata trascorse, senza che Emma riuscisse a mollare i pensieri che l’avevano attanagliata e senza che Elle naturalmente comparisse all’improvviso da qualche parte.
Sotto il capannone centrale della spiaggia la musica vibrava, mentre Misao e Kei si erano tuffati nella bolgia del ballo.
Una serata passata ad arrovellarmi… Cosa diavolo ci sono venuta a fare in vacanza?! Cosa diavolo ci sono venuta a fare a Tokyo?! Perché mi è venuto in mente di salvare Elle?! E poi perché sono in questo maledetto mondo??!!!
Le erano addirittura risalite le ansie primordiali… Era decisamente al limite.
Poggiò con decisione il drink che stava bevendo sul primo tavolo libero che trovò e lo abbandonò.
Il ghiaccio tintinnò all’interno del bicchiere mentre lei iniziava a camminare decisa verso i bungalow.
Si allontanò dalla folla, si addentrò nella chiara oscurità della spiaggia deserta e illuminata dalla luce argentina della luna e poi nelle ombre degli alberi e delle siepi dei piccoli giardinetti che precedevano le stanze e si stagliavano scure in quel chiarore.
… E la musica assordante della notte e della vacanza era sempre più distante da lei. E lì, lontano, un cubetto di ghiaccio del suo drink abbandonato scivolò lentamente, disincastrandosi dagli altri…
Emma aumentò il passo.
L’aria umida e frizzante del mare la fece rabbrividire appena e si afferrò le braccia nude con le mani, continuando a procedere.
Quale sarà…
Tutte le stanze erano al buio, i loro occupanti dormivano o più probabilmente erano ancora in giro a divertirsi.
Sbirciò i giardinetti e la finestra di tutti bungalow che superava.
Passò davanti a quello di Kei e Misao.
E davanti al proprio…
E…
Avrebbe dovuto aspettarselo…
Dall’interno della stanza subito dopo la sua scorse una fioca luce bianca… Il chiarore asettico dello schermo di una televisione… o del monitor di un computer.
Sì. Avrebbe dovuto aspettarselo che il bungalow di Elle fosse vicino al suo.
… Il ghiaccio si assestò ancora nel bicchiere di quel drink abbandonato su quel tavolo lontano…
Emma fece un grosso respiro e aprì il cancelletto, che cigolò.
Elle sollevò lo sguardo.
Era nella penombra, appollaiato sul pavimento, come suo solito, davanti al suo inseparabile portatile bianco che gli illuminava il volto candido, proprio sul limitare della grande porta finestra scorrevole che affacciava sulla veranda. Un asciugamano gli copriva in modo disordinato il capo.
… Il ghiaccio nel bicchiere iniziava ad assumere un aspetto liscio e più trasparente, con gli spigoli arrotondati e non più aguzzi come quando era stato appena tuffato nel cocktail…
Emma si avvicinò. Lui la seguì attentamente con gli occhi, senza parlare.
E lei gli si fermò in piedi, davanti, e lo guardò dall’alto, mentre lui aveva il mento sollevato e gli occhi profondi continuavano a scrutarla accuratamente.
Ciocche scure di capelli sbucavano dall’asciugamano e gli si adagiavano sul collo, sulla fronte e parzialmente davanti agli occhi.
… I cubetti di ghiaccio galleggiavano nel bicchiere, liberi uno dall’altro…
Vederlo così era… era una calamita per gli occhi di Emma. Osservare quel volto candido così apparentemente spaesato in un momento semplice e quotidiano, la fece vacillare.
Così spostò lo sguardo altrove, nella penombra della stanza.
Sul pavimento, qua e là, erano disseminati e ammucchiati un paio di jeans, una t-shirt bianca, dei boxer e degli asciugamani. Una consistente scia di gocce usciva dalla vicina porta del bagno, sulle cui mattonelle c’era un lago d’acqua.
Il detective del secolo aveva tentato di farsi una doccia. Aveva tentato di farsi una doccia senza l’aiuto del signor Wammy che evidentemente doveva sempre seguirlo passo passo, raccogliendo gli abiti sporchi che il genio si toglieva distrattamente e asciugando l’acqua che lui incurante lasciava colare a terra.
Un bambino…
Un bambino che però in quell’occasione si era abbassato a cavarsela da solo. Un bambino che non si era minimamente preoccupato di imparare dal suo Watari come si facesse a sistemare quello che lui aveva “usato”. No, di certo aveva imparato semplicemente osservando distrattamente, ma, come tutti i geni, non aveva ripetuto ciò che aveva osservato perché in quel caso non era importante.
Fare queste brevissime considerazioni ridiede immediatamente ad Emma la sua grinta e la sua freddezza «Mi sono stufata.» esordì chiaramente e con una certa calma, mentre riportava lo sguardo su Ryuzaki «Allora. Sei venuto  fin qui. Mi hai detto che hai visto Rem come se avessi bevuto un bicchiere di acqua fresca. Poi hai fatto i tuoi soliti discorsi criptici. Mi hai baciata come un bambino che stacca freddamente la coda alle lucertole, per gioco ed esperimento. Ah, dimenticavo che in questo contesto assurdo io devo raccontarti i dettagli della tua morte come la favola di Pollicino!»
Elle continuava a guardarsela assolutamente inespressivo.
Ma Emma continuò senza remore «Ma naturalmente il problema non è nessuna di queste cose, che a modo loro sono assolutamente in linea con te ed i tuoi insondabili propositi e fanno parte del “gioco”. Il problema sono io, che mi sto annientando, che non faccio che pensare a cosa diavolo significhi tutto questo e da quando ti ho visto stamattina non riesco a scrollarmi di dosso una pessima sensazione!»
«Una lucertola. Uhm.» rispose lui serio «Comunque direi che anche questo tuo comportamento di adesso è assolutamente in linea con la tua indole. Era ovvio che mi saresti venuta a cercare e del resto me lo hai anche detto che lo avresti fatto, né io ti ho detto di non farlo. Quindi non vedo dove sia il problema.»
Questa volta e per un fugace istante Emma ebbe l’istinto di strozzarlo.
Ma si limitò a un ampio respiro e gli sedette al fianco, sul pavimento.
E lui abbassò lo schermo del portatile… Non voleva mostrarle qualcosa o perlomeno non voleva mostrargliela in quel momento.
E poi Ryuzaki continuò candidamente «Non ho mai staccato la coda alle lucertole. Tu sì?»
Proseguiva quello stillicidio incomprensibile.
Le si avvicinò appena e tirò su col naso, quasi annusandola, ma sempre come avrebbe fatto un bambino, senza malizia «Le lucertole non profumano di shampoo e di crema dopo sole.» constatò in modo asettico. Forse la provocava?
Le sollevò una ciocca di capelli dalle spalle, tenendola tra pollice e indice «È insolito che tu abbia i capelli sciolti.» sentenziò ancora senza colore e poi lasciò ricadere la ciocca.
Emma era alquanto perplessa «Vorresti farmi credere che noti questo genere di cose?!»
«Io noto tutto, Emma. Semmai il punto è quali cose io ritenga importanti tra tutte quelle che noto.»
Emma rimase in silenzio… Cosa sta cercando di provocare dicendomi questo…?
E poi ripartì «Ryuzaki, ho la sensazione che tu mi abbia detto questo solo per farti chiedere qualcosa di tremendamente scontato… Ma io in questo momento non ti domanderò mai se sia importante per te che io abbia o meno i capelli sciolti. Mi rifiuto. Ti chiederò invece perché diavolo volevi che io te lo domandassi e cosa c’entra questo col caso Kira!»
Elle abbozzò quell’espressione soddisfatta che altre volte aveva accennato con Emma e disse pensieroso «Sì, decisamente più difficile del previsto… E, come sempre, ragioni indiscutibilmente molto, in ogni momento.»
E solo allora lei, guardandolo negli occhi, intuì qualcosa da quelle parole e percepì immediatamente una nota sensazione nell’addome e gli disse, incredula, senza veli… «Tu… Tu ti aspetti che io ti baci…»
«Immagino che l’esperienza maturata finora mi abbia insegnato che tu potresti indubbiamente farlo. Diciamo che però devo ammettere che non mi sia ancora chiara la causa scatenante che ogni volta ti ha portato a farlo.»
C’era un limite alla solidità di Emma…
Non c’era modo di ribattere con fermezza alla razionalità e alla sincerità disarmanti di una risposta del genere. Non c’era modo di continuare a ragionare lucidamente su quelle parole. O perlomeno non c’era modo per Emma, in quel particolare momento, in quel particolare mondo e con il ragazzo di cui era innamorata davanti… Ci aveva provato e ci era riuscita fino a quell’istante, ma adesso, improvvisamente, aveva superato il limite labile della freddezza e percepiva con tutta se stessa quella tensione latente che sempre aleggiava quando lei e Ryuzaki erano insieme.
Lentamente sollevò la mano, afferrò un lembo dell’asciugamano che lui aveva sul capo e lo fece scivolare a terra. Una ciocca di capelli scuri scivolò davanti allo sguardo profondo di Elle.
Ed Emma lo osservò con altri occhi… con gli occhi con cui aveva cercato di non guardarlo prima.
I capelli umidi e scuri gli si adagiavano disordinati e più lunghi sul capo e gli si accostavano all’ovale magro del volto appuntito…
…Il primo cubetto di ghiaccio perse consistenza nel liquido colorato di quel drink abbandonato solo, su quel tavolo, in mezzo alla folla…
Emma sospirò appena e volse di nuovo lo sguardo altrove, cercando di reprimere quella piena che si avvicinava rovinosamente agli argini… E si ritrovò di nuovo ad osservare la stanza nella penombra.
Notò gli stessi dettagli che aveva notato poco prima. Gli abiti ammucchiati, l’acqua a terra… Elle semplicemente non si era curato di tutto ciò che lo circondava. Come lui stesso aveva appena detto, notava il resto del mondo, ma se e quanto esso contasse, questo poteva saperlo solo la sua mente inviolata…
Lo spostare brevemente l’attenzione da quel volto così incredibilmente seducente in quel momento non la allontanò da quella condizione poco lucida, come era accaduto poco prima e come lei aveva sperato, ma contribuì a gettarcela ancora di più.
Elle aveva ragione ancora una volta. Era difficile stabilire una causa scatenante…
Così Emma riportò lo sguardo su di lui.
Un uccellino, appollaiato e rinchiuso in se stesso sul pavimento di una stanza…
Un uccellino bagnato, che aveva però lo sguardo profondo, granitico e sicuro dell’uomo più enigmatico che lei avesse mai conosciuto.
Ed Emma vacillò «…Non… Non credo di conoscerla nemmeno io la causa scatenante…» le sue parole uscirono incerte, sebbene il loro significato, se fosse stato espresso magari con un’intonazione ed una verve combattiva, sarebbe potuto risultare anche agguerrito. Ma non risultò così.
«…E anche se la conoscessi, si tratterebbe sempre e comunque di un fuori programma…» continuò Emma ricordando parole che già erano state pronunciate da entrambi in un altro momento.
Gli sfiorò una ciocca di capelli «Sono ancora bagnati…»
Lui continuava a fissarla incessantemente con quello sguardo impossibile da comprendere.
«Sto per commettere uno sbaglio enorme, Ryuzaki… E tu non mi stai dicendo niente… Potresti parlarmi degli Shinigami, di Light, della Yotsuba… Potresti riportarmi improvvisamente coi piedi per terra, come hai fatto altre volte, ed evitarmi di apparire la solita sciocca…» le emozioni si affastellavano, si mischiavano, si azzuffavano nella testa di Emma «Perché non lo fai, accidenti?!» aggiunse alla fine con veemenza.
«Credi che la cosa ti inibirebbe?» le chiese lui pacatamente.
No…
E lasciò che tutti i perché si disperdessero… Lasciò che lo facessero silenziosamente, senza capire, senza pensare, semplicemente riempiendosi di qualcos’altro…
Senza parlare sollevò la mano e poggiò delicatamente il palmo sul torace di Elle.
Lo sentì respirare sotto il cotone della maglietta, sentì il suo petto che si ingrossava e si sgonfiava, a cadenze regolari.
E rimanendo così si protese in avanti, quasi toccandogli col seno le gambe rannicchiate e gli si avvicinò al volto. Ma non lo baciò.
Gli si accostò alle labbra. Ma non le sfiorò.
Si mantenne a quella minima distanza necessaria che le permettesse di continuare a guardarlo fermamente negli occhi, senza che l’immagine si sfocasse…
E quando gli fu così vicina, mentre il palmo della sua mano continuava ad assecondargli delicatamente il respiro, lui contrasse le dita sottili sulla stoffa dei suoi jeans, di poco sotto al ginocchio, ma lei continuava a scrutare quegli occhi profondi e inoppugnabili.
E lentamente portò anche l’altra mano sul suo torace. Rimase così per qualche istante e poi fece scorrere i palmi più in alto. E sorrise dolcemente sentendo che da lì iniziavano a incurvarglisi le ampie spalle. Sorrise perché riconobbe il suo corpo e la sua postura percependola al tatto, senza bisogno di guardare…
E lui la osservava, candidamente ed irresistibilmente inesperto, mentre continuava a stringere le pieghe dei suoi pantaloni sotto al ginocchio.    
Emma fece scivolare le proprie mani fino ai bordi della maglietta che gli si adagiava morbida sui fianchi, e li strinse, come tante altre volte aveva fatto e lo guardò appena intimorita, come chiedendo il permesso di qualcosa, continuando a non rompere quel silenzio che li avvolgeva.
E lui lasciò la stoffa dei propri jeans e semplicemente distendendo la mano arrivò a sfiorare la bretellina della canottiera di Emma e con delicatezza la strinse appena tra due dita, senza fare altro.
E lei sentì una scossa lungo la schiena ed ebbe la sua muta risposta.
Lentamente gli sfilò la maglietta, facendola scivolare sul busto sottile e sulle braccia, che lui sollevò mollemente, lasciandosi guidare e riportandole poi lungo i fianchi, abbandonate. Abbandonate e in attesa di qualcosa che stava conoscendo per la prima volta.
Quasi tremante Emma riportò i palmi delle mani sul torace nudo di Elle. Sentiva il suo cuore battere. Quanto velocemente battesse non le riuscì di percepirlo, tanto violento e rapido era il martellare del proprio nelle sue orecchie ovattate.
Sentiva la sua pelle liscia sotto le dita. Gli sfiorò la sporgenza dell’osso della clavicola e l’incavo dello sterno alla base del collo. Era magrissimo. Lo era anche senza guardarlo…
E solo allora poggiò le proprie labbra su quelle di lui e lo baciò, lasciando che si sgranasse l’immagine delle profonde occhiaie e di quegli occhi scuri che la osservavano grandi, imperscrutabili nel profondo, ma impreparati e curiosi di conoscere fino in fondo quell’esperienza nuova. Quell’esperienza nuova e umana. Perché, in fondo, anche Elle era umano, come lui stesso aveva detto una volta a Light Yagami, in un altro mondo, in un altro momento…
“Ryuzaki… Sei assolutamente certo che questa volta quello che vuoi fare non avrà alcuna ripercussione su di te…?”
… L’ultimo sottile cubetto di ghiaccio si dissolse nel drink abbandonato su quel tavolo lontano… E solo allora, mentre la bolgia della notte lentamente scemava, una cameriera lo notò e lo portò via.
 
No. Non vi dirò altro, non rimarrò ancora in quella stanza. Lascerò che la vostra immaginazione prosegua e crei tanti mondi in cui tante Emma diverse si comporteranno in modo differente. Ma su ciò che veramente è accaduto lì e sul come è accaduto, non dirò altro. Tanto lo sapete benissimo… Eh eh eh… Sappiate solo che il silenzio ha regnato sempre e che non avete perso altro, se non quello che vi aspettate sia accaduto…
Per quanto riguarda invece il vostro amato detective del secolo?
Vi dirò soltanto una cosa: non dimenticate mai che stiamo parlando di Elle.
Eh eh eh…

 
 


Ammetto che a volte io stessa ucciderei il cantastorie… o.O
So che questo capitolo non vi avrà minimamente soddisfatto. Ed il poema che segue mostra il mio tentativo di giustificarmi. L’ho scritto, riscritto, ho appuntato dialoghi che mi venivano in mente nei momenti più impensabili delle giornate di questi due mesi. Ho riletto quello che avevo abbozzato, l’ho eliminato e ho ricominciato da capo, presa da altri scioglimenti… e ogni volta scrivevo un po’, presa da chissà cosa, e poi per mancanza di tempo non riuscivo a proseguire quel filo iniziato e quando dopo giorni rileggevo, ero delusa. Questo è accaduto tante volte. Fino ad oggi, in cui sono potuta arrivare senza soste fino alla fine, che non avrei voluto fosse questa. Ci sono tante cose da dire ancora, cose che non ho potuto dipanare tutte in un momento, per la precisione altre 7 pagine di appunti solo sul seguito di questa fase che avrebbe dovuto essere un capitolo soltanto e che invece già sono diventati due…
Molti di voi saranno rimasti malissimo. Chi voleva scene più hard sarà rimasto con un palmo di naso. Altri avranno odiato questo risvolto pseudo-romantico della storia. Ne sono certa. Posso solo dire che andando avanti sarà tutto più chiaro… Avevo anche pensato di mollare questa mia scelta, intimorita dal giudizio negativo che ne sarebbe inevitabilmente scaturito. Questo capitolo è stato il più difficile che io abbia affrontato, quello che fin dall’inizio ho temuto più di tutti… Perché in un capitolo come questo, per quanto io mi sia sforzata, L non potrà mai risultare L, ed io devo arrendermi di fronte alle mie capacità. Ma nonostante queste paure non ho potuto eliminare questo passo. Questa serie di capitoli e questo in particolare sono nati insieme a questa storia. Quello che vi accade fa parte delle mie prime decisioni, così come quello che ne seguirà. Quindi ho stretto i denti e sono andata avanti. E ora sono qui. Mi basta che i pochi rimasti mi perdonino.
Un ultimo commento sul capitolo, per non deludervi o farmi attaccare anche su questo: sul DN 13 c’è un piccolo sketch con L, Light e Misa al mare, ho guardato bene le vignette e… L è a piedi nudi “veramente” sulla sabbia!! :D
Vi faccio in ritardo tanti auguri per il Natale che è passato e per l’anno che è appena iniziato!!!
Ringrazio chi ha e avrà ancora la pazienza di seguirmi e chi mi ha seguito finora!!!  Ringrazio ancora chi mi ha recensito! Risponderò a tutte le recensioni arretrate, perché sapete che lo faccio SEMPRE. Grazie a tutti, anche soltanto di leggermi!!
A questo punto non faccio previsioni sui tempi di pubblicazione del prossimo capitolo, perché tanto, anche quando credo di poterle fare, non ci prendo mai e mi succede di tutto… casa, lavoro, altre cose decisamente meno gratificanti da scrivere e da consegnare con scadenze… :( Sappiate che il rpossimo è parzialmente abbozzato e che sono consapevole che ci sono troppe cose in sospeso, cose grosse e piccoli dettagli, e che una pubblicazione ritardata andrebbe a discapito della comprensione e quindi della storia stessa e la cosa mi spaventa e non mi piace! Ribadisco che questa storia dovrebbe essere letta tutta insieme, sigh…
La finisco e vado a nanna, tardissimo come sempre... vi lascio con uno schizzo fatto al volo dalla tenerissima Eiji Niizuma che ringrazio sempre: il laboratorio di Emma, Misao e Kei è esattamente come l’ho sempre immaginato io ^^,
Grazie e a presto (non due mesi!!!)
 

Eru

 

 

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Capitolo 37
*** 37. Una comunissima alba ***


Be’… Due settimane sono meno di due mesi… Ho avuto qualche giorno più libero dal lavoro ed eccomi qui… ^_^
Questo capitolo è uscito praticamente tutto d’un fiato, è parecchio più lungo del solito e non ho modificato assolutamente nulla di quello che ho scritto la prima volta. Non ho idea del risultato…
Quindi incrocio le dita, come sempre del resto!
Grazie di essere qui!
 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

37. Una comunissima alba

 
La superficie del mare era distesa all’orizzonte. Si prolungava piatta e solo appena tremolante, mentre a riva il tenue andirivieni dell’acqua sulla sabbia scura accompagnava il silenzio e la pace degli istanti che precedono l’alba.
La spiaggia era ancora buia e nel cielo brillavano ormai fioche le stelle, stagliate su un azzurro appannato, che non era più il blu profondo della notte, ma era tuttavia ancora oscuro.
Lontano, lungo la linea dell’orizzonte, si intravedeva appena un esile e roseo chiarore che, basso e freddo nel cielo, si rifletteva ancora flebile sulla distesa bruna del mare.
La notte stava finendo.
Sotto il capannone le sedie erano sollevate sui tavoli e lo scivolare di una scopa sulle assi di legno del pavimento si univa a quello del fluttuare dell’acqua sul bagnasciuga.
Distanti arrivarono le isolate e smorzate risa di chi non aveva ancora poggiato la testa sul cuscino e che, infreddolito e stanco della lunga notte, adesso stava arrancando sulla sabbia verso le proprie stanze, ancora avvolte nell’oscurità.
E poi di nuovo il silenzio e quell’aria fredda, umida e salata.
Succede ogni volta: il sole fa attendere il suo inesorabile arrivo ovunque e sempre.
Quel momento e quella strana luminosità, come anche i suoi silenzi, sono sempre gli stessi, da sempre. Eppure possono essere unici…
Emma solo in quel momento sentì un brivido correrle lungo tutta la schiena e le spalle scoperte… Una leggerissima brezza entrava silenziosa dalla grande porta finestra aperta e le sfiorava la pelle nuda.
E lei la percepì solo allora.
Mano a mano che passarono i secondi, la mente di Emma iniziò a snebbiarsi dalle irruenti sensazioni che l’avevano travolta fino a pochi istanti prima e cominciò di nuovo ad acquisire la lucidità e la capacità di percepire anche il resto della realtà che la circondava.
Dal torace su cui era mollemente distesa, Emma distinse di nuovo il battito del cuore di Ryuzaki ed il suo respiro, che gradualmente si quietava…
Percepì solo allora i propri capelli lungo la schiena, mentre sul collo la solleticavano quelli ancora appena umidi di Elle.
Sciolse la tensione nelle dita che fino a poco prima avevano stretto convulsamente le ampie spalle di lui, adagiate sul pavimento di quella stanza.
Col capo abbandonato di lato, verso la camera, i suoi occhi videro di nuovo lucidamente ciò che la circondava.
Gli abiti sparsi e ammonticchiati sul pavimento, la finestra aperta sul giardino ancora nell’ombra e la tenue luminosità di un’alba che stava arrivando, lontana… e affianco a sé, sul pavimento, il braccio e la mano sottile di Elle, poggiata languidamente sulla maglia ammucchiata che lui doveva aver serrato fino a pochi istanti prima, così come Emma aveva fatto con le sue spalle…
Ed Emma non ebbe il coraggio di voltarsi verso di lui.
O forse semplicemente non volle farlo.
Sentì sempre più intensamente il freddo che le accarezzava la pelle…
Così scivolò lontana da Elle, sempre senza guardarlo, e si mise seduta sul pavimento. Allungò un braccio e tra gli indumenti sparsi per la stanza acciuffò alla rinfusa l’essenziale per coprirsi e l'infilò al volo. La maglietta che mise sapeva di bucato, di lui e di mare… Doveva essere quella che Elle aveva indossato sulla spiaggia durante il giorno e che, dopo la doccia, lui non aveva rimesso, sebbene fosse ancora palesemente pulita.
Poi Emma si afferrò le ginocchia e le avvicinò al busto e se le coprì fino alle caviglie con l’enorme maglia bianca di Ryuzaki e rimase così, di spalle, pensierosa e raggomitolata.
«Fa freddo.» disse soltanto, fissando un punto indistinto della stanza davanti a sè.
Che strana… Emma era proprio strana…
Era un comportamento imprevisto, che a chiunque sarebbe apparso freddo o distaccato e di sicuro bizzarro.
Definire quell’atteggiamento come timidezza però non sarebbe affatto corretto, né tantomeno si potrebbe parlare di mancanza di sentimento o coinvolgimento.
C’era invece in lei come una sensazione di vuoto.
Si sentiva come priva di pensieri, in uno stato apatico.
Per il momento erano come scomparse le ansie e i dubbi precedenti, così come tutta la situazione che l’aveva portata in quella stanza. In realtà non era scomparso nulla, solo che lei al momento viveva ogni cosa con una sorta di strano distacco.
Non c’erano più quelle emozioni, che prima l’avevano avvolta così violentemente, e questo era naturale, né tantomeno quella voglia di “coccole” che, secondo una consolidata tradizione, si dovrebbe provare in determinati momenti.
Ad Emma era sempre capitato così. Lei non riusciva a percepire nulla in quei determinati momenti lì.
Si sentiva come spenta. E questa sensazione di neutra leggerezza le creava a tratti un indistinto disagio nei confronti di se stessa e di ciò che provava.
Anche in quel momento si sentiva così.
Si sentiva così, anche se quella nota sensazione di leggerezza era pervasa adesso da una piacevole flemma e anche se, a differenza di quanto era avvenuto nel suo passato,  non avrebbe voluto essere in nessun altro posto, se non lì, in quella stanza, con Elle alle sue spalle, eventuale disagio compreso.
Elle ribatté pacato «Uhm. Temevo un qualche altro genere di comportamento, per adesso, anche se immagino che affrontarlo sarebbe stato alquanto difficile per me, in effetti.»
Emma lo sentì muoversi alle sue spalle.
«Però in questo caso temo di non poter parlare per esperienza diretta e assodata di queste determinate situazioni, mi affidavo più che altro a “tradizioni” generiche e zuccherose, che forse però non sono veritiere…» Emma lo sentì riabbottonarsi i jeans e trafficare con calma con gli abiti «…quindi pare che sul “dopo” sia tutto molto più semplice di quanto non avessi creduto.» commentò pensieroso e con un tono incuriosito.
Emma rispose tranquillamente senza voltarsi, un po’ disincantata «Ti è andata bene allora.»
Poi Ryuzaki gattonò e si appollaiò di fronte a lei e la guardò con quella sua bellissima espressione innocente «Credi che quindi sia sempre così per tutti?»
Emma sollevò il volto e sospirò, un po’ sconfitta «Intendi così freddo e diverso da quello che spiattellano nei film e cose simili? Be’… Come sia veramente per gli altri non lo so… Ma per me è così.»
Elle si grattò la nuca «Uhm… Freddo? Non saprei se possa dirsi freddo. Però è interessante.»
Emma sbuffò, poco convinta «Dici? Mah… forse hai ragione tu.» Tanto per cambiare! …Però, in fondo, non è male… è quasi divertente questo “dopo” qui…
Ad Emma uscì un sorrisetto divertito.
Divertente… e chi dice che non debba esserlo? C’è una regola forse? Se va bene a me e a lui, non vedo perché dovrei sentirmi a disag… Emma! Frena con i polpettoni romantici!!
Era decisamente incredibile.
Stavano parlando, con una libertà ed una tranquillità uniche, di ciò che era appena accaduto e del modo di Emma di vivere il “dopo”.
In realtà stavano parlando del modo di vivere il “dopo” di entrambi…
Poteva chiamarsi “intimità”? E se sì, in quanti e differenti modi può estrinsecarsi l’intimità tra due esseri umani?
«Hai la maglietta al rovescio.» disse Emma osservandolo.
«Uhm.» bofonchiò lui sovrappensiero, non occupandosi assolutamente di controllare se fosse vero «…Hai la mia maglietta.» continuò poi lui noncurante, mettendosi il pollice sul labbro e voltando il capo alla ricerca di qualcosa nella stanza… «…Suppongo sia perché fa freddo e tu avevi solo una canottiera.» proseguì, continuando a guardarsi intorno «Ah, ecco…» fermò lo sguardo verso un punto preciso della camera.
Iniziò a gattonare agilmente, si arrampicò sul letto intonso e afferrò i due cioccolatini che erano poggiati sui cuscini. Li scartò calmo, li ingurgitò uno dopo l’altro, gustandoseli, e poi si guardò le dita sporche appena di cacao, ma non le leccò… Scese agilmente dal letto e andò al bagno, mentre Emma lo seguiva attentamente con lo sguardo, continuando a rimanere raggomitolata a terra, senza dire una parola.
Dopo poco lui ritornò e senza degnare di alcuno sguardo Emma, si accovacciò di nuovo per terra, davanti al portatile, e sollevò il monitor che aveva invece abbassato prima… Emma allora si girò e si avvicinò a lui e allo schermo, incrociando le gambe.
Perché adesso mi permette di guardarlo, mentre prima sembrava voler nascondere qualc…
Non fece in tempo a finire il suo pensiero.
Quello che vide sul monitor era per lei in realtà un’immagine piuttosto nota, ma, come sempre le era accaduto, vedere “per davvero” certe cose non poteva non scombussolarla.
O forse vedere determinate cose dopo averne affrontate tutt’altre, avrebbe momentaneamente interrotto i pensieri di chiunque.
Misa barbaramente imbavagliata e legata… da giorni…
Non si poteva cambiare la realtà contingente di quel mondo, né si poteva pensare di cancellare l’identità del giovane uomo che Emma aveva davanti.
Ma lei questo lo sapeva benissimo e quasi naturalmente la sua mente si lasciò deviare su altri lidi e su tutto ciò che quei lidi significavano.
Oddio… è disumano…
E, chissà perché, chissà per quale inconscio collegamento, riaffiorò appena in lei quella brutta sensazione…
Ed è ancora più disumano ora, quando lui sa benissimo che non serve a nulla tenerla così… che non scucirà nulla da lei, che Misa è innocua in questo momento… La sta tenendo così per i suoi “ragionamenti paralleli”… il fine questa volta è solo una sceneggiata…
Elle poteva essere ancora più cinico di quanto già Emma non sapesse.
Il detective fece sparire quell’immagine cruda e comparire un’altra: una grossa stanza vuota, con una scrivania e uno schermo gigante davanti.
Ma Emma non la mise immediatamente a fuoco, continuando a ragionare sul fotogramma di Misa.
…E faccio ancora più schifo io, che lo sapevo, che lo so, che l’ho voluto, che non vorrei lui avesse agito in altro modo se non così…
Emma fece un grosso respiro.
Elle smanettò con i tasti del computer «Sensi di colpa, Emma?» le chiese calmo e distaccato.
Lei non fece in tempo a rispondere che partì la registrazione di un video.
In quella grossa stanza vuota c’era qualcuno adesso…
Emma mise a fuoco e si avvicinò allo schermo…
Ryuzaki mandò avanti il video velocemente e lo fece ripartire solo ad un certo punto, che lui evidentemente aveva già visto.
Adesso qualcuno era seduto su quella scrivania e stava scrivendo…
«Oddio!» sobbalzò Emma «Quello è il death note!!!» e poggiò il dito sullo schermo, puntandolo sul quaderno su cui Higuchi stava scrivendo… 
 
Vi sembra assurdo? Vi stona con ciò che è appena successo?
Vi sembra strano che Emma si sia lasciata andare? Che poi abbia avuto quella sua insolita sensazione nel momento successivo? Che ora, dopo qualche minuto e due cioccolatini, siano entrambi davanti ad un portatile a guardare il terzo Kira mentre giustizia i criminali?
…Voi vi sareste comportati diversamente…
Ma voi non siete Emma (e su questo so di affondare il coltello nella piaga… eh eh eh!).
…Magari, indipendentemente da questo, non vi piace che le cose stiano andando così…
Ma io descrivo quello che vedo e poi vi ricordo che, in ogni caso, non deve andare bene a voi. Deve andare bene a loro. Sempre che esista un “loro”… Eh eh eh…
E, a costo di dirvelo per l’ennesima volta, vi ripeto che la diversità tra gli esseri umani è una delle cose più uniche, sicure e meravigliose che essi possano possedere.

 
Quello era il death note.
Vero.
Con le sue semplici pagine bianche a righe, adesso quasi palpabili…
Quello era un oggetto diabolico che non faceva parte del mondo di Emma, del mondo che lei conosceva prima di essere catapultata altrove, né ne avrebbe mai fatto parte.
Come Elle del resto… Ma non era la stessa cosa, anche se a rigor di logica poteva sembrare un paragone simile.
Ed Emma ebbe paura.
Si portò le mani sulla bocca, continuando a fissare Higuchi, muta.
«Ti stupisce così tanto?» le chiese serafico Elle «Ne eri a conoscenza da molto prima di me, quindi non dovresti sconvolgerti fino a questo punto.»
Emma quasi non lo sentì, andando avanti coi suoi pensieri a voce alta «…Hai già messo le telecamere in casa di Higuchi…» poi si voltò verso di lui «…Che cosa? ... Come potrei non stupirmi? Il fatto che io sappia certe cose non vuol dire che queste siano normali o che non mi facciano effetto! Insomma, anche tu sei ruzzolato dalla sedia quando hai sentito nominare gli Shinigami nel video di…» si bloccò di nuovo, perché la sua mente aveva agganciato un altro pensiero «…Sta lì… adesso… Tu lo vedi…» farfugliò sgomenta, non sapendo, ovviamente, quale preciso punto del monitor guardare.
Elle osservò attentamente gli occhi di Emma vagare incerti sullo schermo e poi, con calma, le disse «Non smetterò mai di trovare degni di nota i tuoi comportamenti e le tue reazioni. Stai qui a ragionare rapidamente sul caso Kira. Fino a pochi minuti fa eri distesa sul pavimento con me, senza niente indosso.» glielo disse con una naturalezza disarmante e senza un filo di vergogna.
Potrei dire esattamente la stessa cosa…
«Ad ogni modo, facendo un po’ d’ordine,» continuò subito Elle «per prima cosa: le telecamere sono a casa di Higuchi da ieri sera.» forse era per questo che lui la sera prima aveva ricevuto quella telefonata-avviso e se ne era tornato in stanza, per vedere… «Poi, io non sono ruzzolato da nessuna sedia, anche se ammetto che il sentir nominare gli Shinigami mi abbia piuttosto sorpreso, sul momento. E comunque io non “sapevo”, come te, che gli Dei della  morte esistessero davvero. E in ultimo: sì, lo vedo, adesso. Rem. Sei piuttosto brava a disegnare…» si portò il pollice sul labbro «…e lo sei ancora di più dal momento che tu, invece, sembri non vederlo affatto.» la bocca gli si aprì nel suo sorrisetto beffardo e presuntuoso «… È alle spalle di Higuchi, Emma, in piedi alle sue spalle, nell’angolo in alto a destra dello schermo.»
Emma allora si voltò a guardare Elle «Credevi che potessi vederlo anche io…»
«Era un’eventualità, Emma, visti i tuoi disegni. Ma solo tu sai veramente cosa puoi e non puoi fare, cosa “conosci” e cosa non “conosci”. Io posso solo formulare delle ipotesi a riguardo.»
Emma annuì… Giusto… Non c’era modo per lui di capire anche questo… A volte mi viene d’istinto ragionare come se lui fosse nella mia testa e potesse sapere o comunque comprendere tutto…
Poi Elle si infilò uno mano in tasca «Vuoi vederlo anche tu?» le chiese candidamente e sfilò dai jeans una bustina trasparente chiusa ermeticamente. La aprì e tirò fuori un pezzetto piccolissimo di foglio a righe e glielo mise davanti agli occhi, appeso alle sue dite affusolate.
Emma ebbe l’immediato istinto di ritrarsi.
Elle inclinò il capo ingenuamente «È pericoloso?! Avrei giurato che non me lo avresti fatto toccare se lo fosse stato… Che strano…» sorrise appena ironico.
Emma sbuffò e allungò le dita sulla carta… «No. Toccarlo non è pericoloso.»
E poi si voltò verso il computer… nell’angolo in alto a destra dello schermo, e inghiottì subito dopo, muta.
Mentre Emma fissava ciò che non avrebbe mai creduto di poter vedere, Elle reincartò accuratamente il frammento di quaderno e se lo rimise nel fondo della tasca dei jeans «Quindi, a proposito di rischio… Forse sarebbe il momento di farmi sapere chi è che conoscerà il mio nome e lo scriverà su quel maledetto quaderno. Credo che potrebbe essermi utile, Emma. Perché è così che dovrei morire, giusto?»
Emma si riscosse nel sentire quelle parole.
Sì, adesso glielo poteva dire.
Ma prima voleva conoscere cosa aveva elaborato la testa di Elle, da sola… Era della sua testa che dopotutto si era innamorata, da molto prima che lui divenisse reale…
«So che un’idea te la sei già fatta e che da me vuoi una conferma…» gli disse allora Emma seria.
«Vuoi conoscere ancora una volta le mie deduzioni, Emma. Sembra quasi che ti infiammino più di altro.» e abbassò il mento, fissandola in quel modo diretto, terribilmente sicuro e disinvolto, mentre il chiarore dell’alba iniziava a illuminargli il volto.
La voce continuò a uscirgli calma e fluida dalle labbra ed Emma non poté non percepirla ancora una volta terribilmente sensuale… «Dici di non capire a volte. Ma credo che questo non capire ti piaccia moltissimo. Anzi, credo che tutto questo “gioco” ti piaccia moltissimo.»
Perché indulgeva ancora in quei discorsi che lui stesso avrebbe definito “sterili”? Perché continuava con quella condiscendenza, con quei modi a cui lei, soprattutto dopo ciò che era accaduto tra loro, non avrebbe potuto mai opporsi in modo fermo?
Elle proseguì «Quindi, vediamo un po’ di scioglierti i miei ragionamenti... Suppongo che potrebbe essere Misa Amane ad uccidermi, grazie ai suoi “occhi”. Ma tu mi hai detto che non sarà lei a farlo, il che in qualche modo mi conforta, perchè perdere la partita in maniera così poco dignitosa non mi esalta affatto. Un'altra opzione è che lei potrebbe aiutare Light nell'impresa. In alternativa credo che a farmi fuori sarà proprio uno Shinigami. Ma non sarà Light Yagami con le sue sole forze. A meno che anche lui non possa acquisire questo potere degli “occhi”. Ma se è furbo come credo e se non l’ha ottenuto finora, ho come la sensazione che non sia così semplice e indolore procacciarselo. Quindi non credo che lo avrà mai. E Light Yagami, senza questo potere e senza Misa Amane, finché sarò in vita, il mio nome non lo conoscerà mai.»
Era di ghiaccio.
Emma ingoiò…
…“Finché sarò in vita”… Oddio…
Le salì una sensazione che non sapeva se fosse rabbia o angoscia.
Ma Elle continuò, con quel fare pensieroso «Di queste ipotesi devo dire che quella che mi attrae di più è quella che riguarda gli Shinigami, sebbene quella di prendere in considerazione i due Kira potrebbe sembrare la più semplice… Ma al momento di scarcerare Light e la Amane prenderò delle precauzioni nei loro confronti e in merito al loro dubbio rapporto. E le avrei prese certamente anche se tu non ci fossi stata, anzi, soprattutto se tu non ci fossi stata.»
Le manette…
«E questo perché senza dubbio avrei continuato a sospettare lei di essere il secondo Kira e lui di essere Kira. Mi farei ammazzare in modo così stupido da loro, solo perché non sono stato abbastanza cauto? Mi rifiuto di pensarlo. Quindi, lo ribadisco, l’ipotesi che mi attrae di più e mi sembra più convincente è quella che riguarda gli Shinigami. Anche se in realtà è attualmente la più nebulosa, dato che mi sfugge il perché uno Shinigami dovrebbe uccidermi. Immagino che, in termini, l’unica occupazione di un Dio della “Morte” dovrebbe essere quella di far fuori gli esseri umani, senza alcuna restrizione nei poteri. E, in questo caso, la mia morte sarebbe, per l’appunto, solo una in più fra le tante. La questione è che la mia particolare scomparsa farebbe molto comodo a “qualcuno”. Quindi mi chiedo perché un Dio della Morte dovrebbe favorire i bassi, futili e temporanei interessi di un umano insignificante. Anche perché, se fosse stato così fin dall’inizio e se veramente tutti gli omicidi perpetrati da Kira fossero in realtà stati commessi fisicamente da uno Shinigami pilotato da un essere umano, io forse non sarei mai potuto arrivare a sospettare di Light Yagami e forse non ci sarebbe stato nessun quaderno della morte posseduto da nessun Kira e questo sarebbe stato un caso pressoché irrisolvibile. Ma tralasciando questo e considerando lo stato attuale delle cose ed il fatto che Light è Kira, se gli omicidi fossero stati commessi concretamente da uno Shinigami pilotato da lui fin dal primo istante, io ora sarei sotto terra a fare i vermi.
Tuttavia rimane un problema di fondo: tutte queste considerazioni potrebbero essere inficiate da una mia concezione distorta e per forza incompleta del concetto di “divinità”. Non potrebbe essere che così del resto, essendo io un essere umano.»
Era un’analisi perfetta e incredibilmente giusta.
E non poteva che essere così.
Elle non aveva alcun problema a fare considerazioni logiche su entità che però non rientravano affatto nella logica canonica, su entità sovrannaturali.
Gli unici elementi che a Elle mancavano erano naturalmente l’imprevedibile, l’eccezione, la variabile impazzita, l’anomalia di un sistema… In poche parole: il divertimento di Ryuk e l’“amore” di Jealous e di Rem. Cosa, se non queste tre anomalie, uniche e mai avvenute nel “sistema Shinigami”, aveva fatto scaturire tutto e, in ultimo, avrebbe portato alla morte di Elle?
«E quest’ultimo mio limite fisiologico mi impedisce di prendere in considerazione  l’“anomalia”, che scientificamente può presentarsi in ogni ordine, cosmo e sistema, ma che io, come semplice essere umano, non so se possa verificarsi anche in un essere come uno Shinigami. Tuttavia, il fatto che in circolazione ci siano ben due death note, mi farebbe quasi pensare che tale anomalia possa verificarsi anche fra gli Dei della morte…»
Meraviglioso, ineguagliabile, unico, Elle.
Emma non aveva mai pensato al fatto che tutta la vicenda di Death Note si era costruita sulla semplice eccezione a una regola. E se l’aveva fatto, non era di certo in questi termini che si era posta la questione. Ma lui aveva ragione, nonostante i dubbi: tutto era scaturito dal mondo degli Shinigami che, anche se sovrannaturale, sembrava seguire delle leggi universali e quasi scientifiche proprio per il fatto di aver potuto partorire delle “anomalie” come Ryuk, Jealous e Rem.
Emma fece un grosso respiro. Vederlo ragionare dal vivo non aveva assolutamente nulla a che vedere col vederlo fare sulla vignetta di un manga… «A quanto pare, quell’anomalia esiste, esiste sempre, Elle.» gli disse seria, chiamandolo con l’unico nome con cui avrebbe potuto chiamarlo in quel momento.
Lui abbassò il capo, il suo sguardo granitico si fece più profondo e scuro. Quelli erano gli occhi penetranti e immobili della pantera nel momento in cui individuava la sua preda ancora parzialmente nascosta dalle fronde.
Ed Emma non fece altro che scostare quei rami, lasciando che Elle potesse vedere e sferrare il suo attacco liberamente.
E gli raccontò della morte del detective del secolo, in quel terribile 5 Novembre, e lasciò che la mente di lui divorasse tutti i ragionamenti che quel racconto faceva scaturire in lui mentre lei parlava…
Elle non smise mai di fissarla durante quella dettagliata narrazione.
Solo quando fu detta l’ultima parola, lui tornò ad osservare Rem sullo schermo del suo portatile, in silenzio.
Rimase così per qualche istante.
«…Rem. Eccellente Light… Scacco matto!» Elle sorrise in modo strano.
Erano le modalità della sua morte quelle che Emma gli aveva appena raccontato e lui reagiva come se fosse dovuto morire qualcun altro. Anzi, continuava a parlare dell’argomento come fosse stata la perdita di un alfiere in una comunissima partita a scacchi.
Chissà se si sarebbe comportato così pure se Emma gli avesse detto che sarebbe morto anche Watari…
Avrebbe preso la cosa più seriamente allora?
«Ma proprio non ti fa paura per niente?!!» gli domandò a quel punto Emma, piuttosto sgomenta.
Lui se la guardò attentamente «Be’, non è che non vedo l’ora. Non mi va per niente di morire.» disse tranquillo.
Niente… Doveva sganciare la bomba sul signor Wammy per scuoterlo un po’…
«Non è che non mi importi,» riprese subito Ryuzaki con una certa calma «è che sono certo che non potrei mai morire così.»
Emma sgranò gli occhi.
Ed Elle iniziò «Testare il quaderno della morte, dimostrare quindi la falsità delle regole che Light ha fatto apporre sul quaderno ad hoc, per scagionare se stesso e Misa: questo li porterebbe direttamente sulla forca… Una soluzione ineccepibile, in sè. Ma tu mi stai anche dicendo che “annuncerò” di voler testare il quaderno. Che lo dirò davanti a tutti. Che lo dirò soprattutto davanti a Light Yagami, del quale voglio dimostrare la colpevolezza di cui quindi sarò ancora fermamente convinto. Light Yagami… Mi ha nascosto tutto in modo eccelso fin dal primo istante. Non c’è mai stata una volta in cui mi abbia detto la verità, se non per fini reconditi e precisi, con l’intenzione di raggirarmi. Ed io non mi sono fidato un solo istante di lui e lo dimostra il fatto che, nonostante tutto, la mia scelta sarà proprio quella di continuare a volerlo mettere nel sacco testando il quaderno. Mi hai detto poi che prenderò questa decisione avendo nei paraggi un Dio della morte, un essere soprannaturale del quale tuttora ignoro le leggi, il modo di agire e le inclinazioni. Un essere che però è strettamente legato al caso Kira, un essere che quindi per forza di cose è in relazione con Light, e di questo io sarò pienamente cosciente, anche se ignorerò la specifica natura di quel rapporto. In sintesi io, secondo te e indipendentemente dalla tua presenza, agirò tranquillamente in un contesto simile, pieno di variabili assolutamente ignote, infide, sovrannaturali e palesemente ingestibili… Ora… » fece una breve pausa e spostò lo sguardo pensieroso verso l’alto… «… Tu non credi che questo sia estremamente stupido? Insomma, l’idea di testare il quaderno mi sarebbe congeniale, senza dubbio, e potrebbe essere l’unica, vista la condizione in cui mi troverei e viste le limitate informazioni che avrei a disposizione senza di te. Ma le modalità non sono contemplabili… Rischiare grosso può essere stato un mio modus operandi in questo particolare caso. Ma rischiare in modo così poco intelligente, no.»
Riportò lo sguardo deciso su Emma «Al momento, senza avere ancora in mente alcun piano dettagliato basato sugli elementi che avrei a disposizione, posso dirti che se decidessi di testare il quaderno, lo farei e basta. In assoluto silenzio e in incognito. E anche così ci sarebbero dei grossi rischi che sarei comunque cosciente di correre… E poi, trascorsi i tredici giorni, a cose fatte e falsità rivelate, metterei le mie mani sicure su Light e Misa e per loro non ci sarebbe più nulla da fare. Né la mia morte potrebbe a quel punto salvarli.»
Emma era allibita… Era così assurdamente vero… Possibile che Elle fosse morto “stupidamente”? Per una sua scelta così sbagliata? E possibile che fosse proprio Elle a dirglielo, giudicando così “poco intelligente” l’operato di se stesso?
«Ok… Aspetta un attimo… Ho bisogno di ragionare un istante…» disse Emma tentennante e sgomenta «… Mettiamo che tu abbia ragione…» Elle sollevò le sopracciglia con sufficienza, fissandola. Ed Emma si corresse «… Sì, va bene, hai ragione. Ma non puoi sottovalutare Light, insomma, e comunque chi ti dice che Rem non capirebbe, che magari scoprirebbe il tuo sotterfugio o che comunque non intervenga nel momento in cui starai per mettere le mani su di loro!?»
Lui rispose serafico «Nessuno me lo dice. Ho già detto che ci sarebbero comunque dei grossi rischi. E ho già detto di non aver pianificato nulla di dettagliato in proposito. Lo farei se decidessi di agire in quel modo. E cercherei di costruire un piano il più “blindato” possibile e di prevedere delle mosse, come in una partita a scacchi. Ma al momento è inutile e dispersivo ragionare su questo. Piuttosto…»
A cos’altro stava rimuginando adesso. Emma stava assistendo in diretta ad una “puntata” incredibile…
Elle proseguì a parlare, ma lo fece quasi tra sé e sé, come pensando ad alta voce «…È la seconda volta che ciò che mi dici avverrà non è in linea con quello che io farei… Già… Anche la faccenda dell’orologio di Light nella cella mi aveva stonato… Sono io che non torno… La mia persona… Perché? Uhm…» alzò lo sguardo e continuò, questa volta rivolgendosi a lei e non a se stesso «Il soprannaturale, Emma. È questo che ti ha portata finora a non parlarmi degli Shinigami. Tu finora hai creduto che io non fossi pronto, che non ti avrei presa sul serio, perché la mia mente logica non sarebbe stata pronta a ragionare su qualcosa del genere. In linea di massima questo potrebbe anche essere stato corretto come ragionamento. Ma sei stata tu ad infilare quei disegni sul tuo pc. Sei stata tu a volermi fornire un precedente, oltre al fatto che questi esseri sarebbero stati nominati due volte nel corso della vicenda che tu conosci. Hai dunque creato tu la possibilità che io potessi accettarne l’esistenza prima, rispetto a quanto sapevi. Ma non ti sei fidata del tuo stesso piano. O non ti sei fidata di me, di quello che sapevi di me e di come speravi avrei reagito di fronte a quei disegni e di fronte al fatto che, con essi, c’erano troppi elementi che citavano gli Dei della morte da non portarmi a ragionare su di loro in modo più serio e costruttivo. Be’, sarei stato pronto a parlarne già svariato tempo fa, già alla fine di Aprile. E non solo per ciò che ti ho appena detto. Emma, è assolutamente ovvio che anche le cose che sai e il come le sai sono legate a qualcosa di soprannaturale… Non c’è alcuna altra spiegazione logica. Direi quindi che adesso possiamo affrontare la mia incognita numero 3…»  
Le labbra gli si incresparono appena ai margini, in un’espressione  sicura e  irriverente «Come sai tutto quello che sai, Emma?»

Beccato… Eh eh eh…
Ma non avrei scelto Elle né il suo mondo, se non avessi saputo che anche questo nodo sarebbe venuto al pettine, me compreso…
E adesso, Emma, come glielo dici che lui è il personaggio di un manga, eh?
Sempre più divertente…

 
Emma tentennò. Stava avvenendo tutto troppo in fretta. La sua mente non riusciva a ragionare sulle troppe cose che avevano affrontato in quelle ultime ore. Troppe cose e troppo diverse tra loro. L’intimità inaspettata. La figura mostruosa di Rem sullo schermo. La morte di Elle e le considerazioni di lui a riguardo. E ora quello.
Emma non aveva avuto nemmeno un attimo per soffermarsi su nessuna di queste cose. E ne avrebbe avuto bisogno invece, la sua mente non poteva accogliere tutte quelle informazioni e quelle novità contemporaneamente. O meglio, poteva accoglierle, ma in modo del tutto superficiale, sgomento a parte.
Lui stava portando avanti tutto con la sua velocità mentale. Aveva fatto rapidamente salti e ragionamenti, collegamenti ed exploi, ai quali lei invece avrebbe dovuto pensare a lungo. Ma lui non le stava dando il tempo, perché lui non aveva bisogno di quel tempo.
Perché lui era Elle e ora stava conducendo il gioco sul serio, palesemente e in modo prorompente, con i suoi ritmi, il suo interesse, i suoi fini poco chiari. E stava letteralmente travolgendo Emma. L’aveva travolta in molti sensi in quelle poche ore…
Emma, che adesso era stata catapultata all’improvviso su una questione che l’aveva riguardata direttamente e la riguardava ancora. Emma, che adesso non aveva alcun motivo per non rispondergli, alcuna scusa valida per non affrontare l’argomento. Emma, che non aveva mai pensato a come gli avrebbe detto una cosa del genere.
Sul momento ci penserò, si era detta una volta.
Quando arriverà sarò pronta per parlare, aveva creduto…
E adesso invece…
Partire da lontano? Ricordargli il discorso fatto su He e sulle dimensioni parallele? O le differenze, la I Bite e tutto il resto? I sogni? I manga in generale?
La mente le stava andando in fumo, tanto velocemente cercava di ragionare e scegliere, mentre Elle la osservava in silenzio.
Adesso basta! «Tu sei il personaggio di un manga e non dovresti essere reale!!!!»
Come partire da lontano con tatto e circospezione…
Elle si portò il pollice sul labbro «… di un manga come He
A dire la verità in quel frangente Emma non avrebbe saputo cosa aspettarsi da Elle, quindi tutto sommato quella reazione così tranquilla non le stonò più di tanto…
E quindi rispose, meno irruente «…di un manga migliore di He…»
«Uhm…» rimuginò lui iniziando a mordicchiarsi l’unghia del pollice «Vieni da un altro mondo?» le chiese candidamente.
«È questo qui, per me, l’ “altro” mondo… Ma come fai…? Come fai ad aver capito subito? Come fai a non essere sgomento? Come fai a credermi?!» gli chiese a raffica.
«Se mi conosci bene, anzi, se hai letto con attenzione il tuo manga nel “tuo” mondo, saprai che non mi sconvolgo facilmente e in tutta onestà, dopo aver visto uno Shinigami, credo che poche cose potrebbero sconvolgermi ormai. Emma, se posso credere ad una dimensione parallela in cui esistono gli Shinigami, un mondo degli Dei della morte, non vedo perché non dovrei credere al fatto che ne esistono molte altre, compresa una in cui io sarei un personaggio disegnato a china…» continuò a mordersi il pollice «…e naturalmente Light e tutto il resto sono parte di questo manga…»
«Death Note… il manga si chiama Death Note…» gli disse Emma, ormai incapace di fare alcuna resistenza, pensiero, ragionamento…
«…Uhm…titolo effettivamente appropriato e interessante… Il fulcro di tutto è il quaderno quindi… Uhm… Allora credo di intuire vagamente il motivo delle discordanze tra le azioni che effettivamente ho compiuto e compirei e quelle che tu invece conosci… Uhm… avevo ragione, sei stata una “spettatrice”… e avevo ragione anche su un’altra questione: c’era una parte di te che pensava che avrei potuto aiutarti, anche se questo non era il motivo predominante per cui mi sei venuta a cercare e hai architettato il tuo piano… era questa la cosa su cui forse avresti potuto chiedermi aiuto…» ragionava a voce alta, esplicitando solo parte di quello che gli frullava per la testa.
«…Ma come è possibile? Come è potuto succedere?» se ne uscì Emma a quel punto.
Elle portò il suo sguardo altrove «…Quello serve per fare il caffè?» chiese di punto in bianco, indicando flebilmente il bollitore sul comodino.
Stargli dietro non era umano… Ma Emma non aveva la testa per stupirsi più di nulla… E forse aveva bisogno di una pausa… così gli rispose naturalmente, annuendo «… sempre che ci siano le bustine e lo zucchero necessario…» aggiunse alzandosi per controllare dove potessero essere, perché sul comodino non ne vedeva.
Mentre lui la osservava curioso, le trovò, le prese, e gliele porse «Ci metti l’acqua, spingi il pulsante e aspetti. Quando bolle versi tutto nelle tazze, aggiungi la polvere del caffè solubile e lo zucchero. Anche io ne voglio uno. Anche se sono già abbastanza agitata e non sarebbe il caso, ma calcolando che stanotte non ho chiuso occhio, direi che ne ho un disperato bisogno.»
No, Emma non aveva istintivamente alcun atteggiamento tenero o protettivo nei confronti di Ryuzaki. A parte naturalmente il fatto che avesse sconvolto la propria esistenza per salvargli la pelle. Dettagli…
«Uhm.» bofonchiò lui.
«Io devo fermarmi un attimo. Devo stare in silenzio, sola, a ragionare per un po’… Così non riesco ad andare avanti. Vado a fare una doccia.» e senza aspettare alcuna replica si infilò nel bagno, e ricominciò da capo, mettendo piano piano le informazioni tutte insieme… E mentre si osservava i piedi con l’acqua che le scorreva sulla nuca, quella brutta sensazione iniziò a prendere una qualche vaga forma e a non essere più proprio soltanto una sensazione…
Uscì dal bagno avvolta nell’asciugamano, a testa bassa, senza guardarsi intorno, rimuginando con una lieve angoscia nell’addome… Raccolse automaticamente i suoi abiti, continuando a pensare. Si sedette sul bordo del letto per vestirsi e lo sguardo le cadde sul comodino. Affianco ad una tazza di caffè fumante, Emma riconobbe qualcosa che non vedeva da tempo…
Erano le chiavi del suo appartamento, del suo bilocale di Tokyo. Quelle che aveva consegnato a Watari nel giorno in cui Elle era andato a prenderla per portarsela dietro nei vari hotel, per sorvegliarla…
Fissò il mazzo di chiavi. E quella forma vaga che la brutta sensazione aveva assunto sotto la doccia non fu più vaga. Quella forma si ingigantì, assunse contorni definiti e netti, le arrivò dritta alla mente e al corpo… La invase.
Ed Emma capì.
Capì tutto…
Si alzò e si voltò lentamente.
La finestra era chiusa adesso, Elle era appollaiato su una sedia, affianco ad essa, e si guardava Emma.
Lei si portò entrambe le mani dietro la nuca, intrecciò le dita e le serrò «…Non era un fuori programma…» sciolse la tensione nelle dita e si fece scivolare le braccia lungo i fianchi «…Quello che è successo questa notte non era assolutamente un fuori programma!!» alzò appena il tono della voce…
«Perché sei ancora qui? Perché non te ne sai andato via mentre ero sotto la doccia?!» lo aggredì.
Elle la guardava con una calma colossale «Perché ero curioso di vedere il momento in cui avresti capito. E perché sono un bastardo, ma non un vigliacco. Questo il tuo manga non te lo diceva?»
Il sangue le arrivò al cervello. Lo avrebbe picchiato con tutte le forze che aveva in corpo.
«L’hai fatto apposta! Volevi che io ti dicessi tutto insieme perché hai deciso di rimandarmi a casa e dovevi sapere tutto! Mi hai provocato come il peggiore degli sfruttatori. Mi hai portata al limite. Hai permesso che mi lasciassi andare…»
Il tono di Emma altalenava, dall’aggressivo al tenue, dalla rabbia all’incredulità, dalla consapevolezza alla tristezza…
«Prima mi hai fatto passare una giornata normale e tranquilla, senza il caso Kira tra i piedi…Hai preparato il terreno… Volevi sapere tutto e subito perché io adesso devo sparire. Perché non posso essere al quartier generale! E non volevi perdere tempo. Perché forse tra poco dovrai liberare Light. Perché ti serviva di capire tutto, perché io dopo non ti sarei più servita!
Mi hai provocato fino al limite… Sapevi che sarei arrivata a quello! Sai che sono innamorata di te e che se mi fossi sentita così intima ti avrei detto tutto insieme, lo avrei fatto anche senza capire alcune cose, senza farti perdere tempo! Non potevi mica legarmi come hai fatto con Misa! E hai fatto questo! E mi ha trattato con condiscendenza… E adesso puoi lasciarmi andare perché sai tutto, perché non hai più bisogno di me… »
Elle la guardava gelido ed impassibile.
Emma si sedette sul letto, senza forze… «Quanto è da te tutto questo… Quanto si addice terribilmente ad Elle! Oddio… » e guardò fissa davanti a sé, continuando a pensare.
La voce di Elle partì calma «Vedo che lo stato confusionale in cui ti trovi non ti impedisce di ragionare in modo eccellente. L’ho sempre pensato che avessi una bella testa, Emma.»
Lei si voltò di nuovo verso di lui «Già, riesco finalmente a ragionare… E la cosa più terribile è che tutto questo era quasi scontato… Tu l’avevi anche proposto a Light! O meglio, glielo chiederai… Oh sì… Gli chiederai di sfruttare il debole che Misa nutre per lui per scucirle qualcosa… E Light ti dirà che non ha intenzione di farlo, perchè sarebbe una cosa ignobile… Il Light umano che ha dimenticato tutto ciò che ha fatto… Ma tu glielo chiederai. Glielo chiederai perché sei cinico, perché sei freddo, perché il fine giustifica i mezzi, sempre. Perché tu lo avresti fatto tranquillamente.
E lo hai fatto.
Lo hai fatto con me.
Oddio…»
E si portò le mani tra i capelli.
Consapevole, angosciata.
Quasi non riusciva nemmeno ad essere arrabbiata.
Se l’era cercata fin dal primo istante.
Sapeva che razza di persona fosse Elle, sapeva bene chi fosse…
«Ma… ma che bisogno c’era? Ti avrei detto tutto ugualmente!» gli chiese alla fine.
«Ne sei assolutamente certa?» le domandò lui di rimando.
«Oh, ma insomma! Cosa ti fa credere che non lo avrei fatto?»
«Sono sicuro che avresti parlato, prima o poi…Però… Dunque, tu fin dall’inizio non mi hai detto tutto per tre motivi. Uno, perché temevi che non ti avrei creduto e in questo sei stata molto cauta ed astuta nel darmi le informazioni in pillole, anche se a volte hai dubitato di me e delle mie capacità.
Due, per la tua paura che io non fossi pronto al soprannaturale. Ma adesso sai che lo sono e lo sono proprio grazie agli input che tu mi hai dato in più e che tu hai dubitato potessero essermi utili. Del resto non credevi che sarei arrivato ad indagare sulla Yotsuba molto prima di quanto tu non sapessi… »
Troppo.
Era troppo.
La stava sfidando a rispondergli in modo eccessivo…
Sembrava quasi cercare una nuova esplosione... sembrava quasi che volesse che Emma si lasciasse andare ancora, certo che lo avrebbe fatto, anche se forse in altro modo...
La voce di ghiaccio di Elle proseguiva il suo irritante e spietato discorso «E tutti questi tuoi dubbi e propositi, in fondo, sono stati perfetti, perché le tue rivelazioni si sono susseguite al momento giusto. Ma c’è un terzo motivo, recondito, che ti ha spinta a non dire tutto e che ti spinge ancora adesso ad essere reticente: volevi continuare a starmi affianco il più a lungo possibile. E finché io non avrei avuto tutte le informazioni, non ti avrei allontanata da me. Non sei fredda quanto me, Emma. Tu non sei me.» concluse con un sorriso beffardo «Vorresti picchiarmi adesso, vero? Avanti Emma, prova a picchiarmi! Che aspetti?! Fallo!» la incitò.
Quel tono… Quel tono aggressivo… Lei lo conosceva! Avanti Kira, prova ad uccidermi! Che aspetti?! Uccidimi!
«Io non sono Kira!!! Io non sono Light!!» gli disse Emma con rabbia «Perché mi stai sfidando?!!»
«Perché io adoro le sfide, Emma, e anche tu. Cos’è, i tuoi sentimenti ti stanno annebbiando? Sei così innamorata di me da non riuscire a colpirmi come si deve?» gelido...
Colpita violentemente, ancora una volta, nel suo punto più debole.
Ma Emma non affondò.
Quelle parole dette in quel modo neutro e distaccato la provocarono nella sua emotività e nel suo lato più infantile e battagliero.
Adesso basta! Sei solo un bastardo! E rese il colpo «Morirà anche Watari!» gli urlò contro.
Elle rimase immobile, ma in un istante i suoi enormi occhi neri puntati su Emma, divennero più intensi…
Emma inclinò appena il mento fissandolo seria, decisa e consapevole di aver rapidamente affondato il suo punto.
Era stata sottile, quasi cattiva… Aveva detto ciò che sapeva lo avrebbe toccato e aveva  colto nel segno senza fallire…
Elle era solo.
«Sei contento adesso? Sei soddisfatto?! …Tiri fuori il peggio di me… » concluse sussurrando.
Ryuzaki scivolò dalla sedia, a testa bassa, e infilò le mani in tasca, rimanendo in piedi, con le sue spalle appese nella sua maglietta bianca a rovescio. E senza che Emma potesse vedergli gli occhi coperti dai folti capelli neri, le disse con quella voce gelida e bassa «E adesso che ti sei sfogata e hai usato uno dei tuoi ultimi assi nella manica, puoi anche fornirmi tutte le informazioni che restano. Immagino che il modo più semplice sia darmi la chiave di quella cassetta di sicurezza della banca.»
E lei si arrese, completamente priva di armi.
Non l’aveva solo sfruttata per scucirle più tranquillamente tutto. Non era finita lì… Quando Emma non gli aveva ancora dato le chiavi della cassetta, che Elle sapeva benissimo contenere le ultime informazioni mancanti, lui l’aveva provocata ancora. Ma questa volta non più nei sentimenti che lei provava per lui, ma nel suo lato combattivo e di sfida. L’aveva portata a sferrare il suo ultimo colpo, perché dopo quello non avrebbe avuto nessun altro modo di difendersi o di opporsi.
Emma ingoiò il nodo che le era salito improvvisamente in gola, si inchinò sulla borsa che era ancora a terra dalla notte, cercò tentennante il suo portafogli, e tirò fuori la fatidica chiavetta.
Sollevò lo sguardo e tirò la chiave a Elle, che la prese al volo. E poi riabbassò gli occhi, consapevole…
Era rimasto, non perché non era un vigliacco o perché voleva vederla ragionare e capire.
Era rimasto perché voleva il resto, l’ultimo tassello mancante.
E lo voleva subito.
Era rimasto perché doveva attuare il suo ultimo bluff…
Il sole era ormai apparso in tutta la sua luminosità nel cielo azzurro della mattina. Il caffè era ancora fumante nella tazza sul comodino. Era l’alba inoltrata, una normalissima e comunissima alba di un’altra giornata estiva.
Ed Elle aveva vinto su tutta la linea.
Elle vinceva sempre.
 
 
 
 
 
Questo lungo capitolo mi ha svuotata completamente. Sono distrutta e non ho nemmeno la forza di esplicitare le mie paure sulla parte iniziale, su quella centrale e finale… Questa svolta era decisa dal primo istante e forse adesso capirete ancora meglio le mie ansie sul capitolo precedente. Mancava un pezzo considerevole… E' una svolta pesante e di certo non sarà apprezzata da molti... Io posso solo sperare che, nonostante questo, possiate concedermi ancora un po' della vostra fiducia...
Spero almeno che, al di là del fatto che possa esservi piaciuto o meno, sia tutto chiaro, che i ragionamenti di Elle non vi abbiano asfissiato, visto che sono stati moooolto presenti, e che mi possiate perdonare per aver palesato quelle considerazioni sulla sua morte… Ma non posso nascondermi dietro un dito, come direbbe il cantastorie, perché forse Elle ha ragione: è morto “stupidamente”… Ma non aggiungo altro in proposito.
Ho ancora qualche recensione in sospeso, ma ormai sapete che arrivo, quindi vi prego di avere pazienza… E vi sarete pure stufati ormai!! ^^
Chiudo brevemente, perché devo dormire, da domani e dalla prossima settimana ricomincerò a fare due lavori e non faccio previsioni o.O
Come sempre non sparirò e ce la metterò tutta, indipendentemente dai risultati!
Grazie delle meravigliose recensioni al capitolo precedente, che mi hanno dato tanto coraggio quando ero terrorizzata.
Quanto a questo… Per me non poteva che andare così, perché Elle è quello che è… Spero possiate apprezzare almeno un po’ la mia visione del tutto ed il mio modo di renderlo ^^
Grazie di avermi letto fin qui!
Adesso mi dileguo a riposarmi un po’, come mi ha saggiamente consigliato qualcuno.
Alla prossima,
 

Eru

 
 
 
 

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Capitolo 38
*** 38. Punti di vista ***


Grazie infinite a chi è qui adesso e mi segue ancora…
 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 38. Punti di vista

 
Il lieve brusio dei condizionatori, costante e artificiale, era l’unico rumore nella stanza dell’albergo.
All’esterno, il disco arancio del sole era basso e schiacciato, ma faceva ancora capolino all’orizzonte, intrappolato tra le alte sagome dei grattacieli, mentre il manto denso dell’umidità e del caldo pesava sulla grande capitale nipponica. Erano le otto di sera e il buio della notte non era ancora riuscito ad imporsi sul giorno implacabile, torrido e vincente della piena estate.
Erano trascorsi tre giorni da quando il detective aveva abbandonato le spiagge di Kamekura e ora lui era di nuovo solo, circondato dalla frescura innaturale di quell’anonima stanza d’albergo.
Sì, era di nuovo solo, momentaneamente lontano dalla squadra anti-Kira e rintanato nell’ala privata dell’enorme suite che accoglieva il quartier generale.
Solo, sotto molti punti di vista…
La luce radente e ancora calda dei raggi di luglio continuava a trapassare i doppi vetri della finestra e mano a mano che i minuti passavano si inclinava sempre più, finché, ad un tratto, non raggiunse tagliente e diretta gli occhi cerchiati di Elle.  
Lui scartò lo sguardo infastidito e, rimanendo rannicchiato sul pavimento, si voltò mollemente, ruotando su stesso e trascinandosi dietro il portatile che aveva di fronte, in modo da porgere le proprie spalle curve alla finestra e alla fastidiosa luminosità e continuare a ragionare davanti al monitor, da solo.
Perché in fondo quando era solo rimuginava meglio, senza le interruzioni, le domande e il chiacchiericcio degli altri. A questo proposito però non si può certo dire che la sua concentrazione o le sue capacità risentissero della presenza del mondo che lo circondava, dato che era perfettamente in grado di pensare e fare anche più cose contemporaneamente, né si può quindi affermare che il suo desiderio di solitudine fosse una necessità; semmai si potrebbe semplicemente suggerire che in alcuni casi esso fosse una semplice preferenza.
Sullo schermo campeggiava l’oggetto del suo interesse: un lungo documento di testo, fitto e articolato come una sorta di schema in cui, per ogni voce, comparivano descrizioni e narrazioni dettagliate di determinati eventi; in alcune parti erano anche riportati dei dialoghi, mentre alcuni commenti erano disseminati ai margini, qua e là. Si trattava di un racconto piuttosto complesso, che cercava di seguire una cronologia relativa, una sequenza di eventi in cui le uniche date ferme erano due: il 31 dicembre, giorno in cui Elle si era mostrato alla squadra anti-Kira, e naturalmente il 5 novembre.
Quel documento di testo era la trama di Death Note, dettagliata il più possibile e arricchita con quanto Emma era riuscita a ricordare e rimettere insieme. Quella era la storia che la ragazza aveva narrato meticolosamente e nella quale c’erano parecchie lacune di tipo cronologico, solo a volte colmate grazie alla logica e ad alcuni appigli. Al margine infatti la giovane archeologa aveva appuntato più volte la stesso commento, seguito da svariati punti interrogativi: quando precisamente????!!!
La definizione di una cronologia precisa è stata ovviamente una questione che l’ha stressata parecchio. Nei manga il tempo reale si dilata e si restringe senza che il lettore possa rendersene conto. Pensava freddamente Elle, osservando concentrato la frequenza con cui compariva quel quesito.
Quella era la trama che Emma aveva scritto prima che il caso Kira scoppiasse, la trama che lei non aveva più modificato e alla quale non aveva più avuto accesso. Quello era uno dei file salvati sul suo hard-disk esterno depositato nella cassetta di sicurezza della banca, un file che non era stato più aperto e al quale quindi nessuno avrebbe potuto aggiungere eventi a posteriori. Nessuno, Emma compresa, aveva mai richiesto di accedere a quella cassetta di sicurezza da quando era stata affittata. Quell’hard-disk era rimasto dimenticato per mesi, ma solo due giorni prima era giunto in banca un distinto uomo di una certa età, con un cappello scuro e dei modi eleganti e gentili…
Ma anche quest’ultimo dettaglio faceva parte del piano di Emma.
Piano che era ben sviscerato su un altro documento contenuto in quell’hard-disk e che Elle adesso spulciava insieme alla trama e alle scansioni degli altri ritratti che lei aveva fatto.
Quella memoria esterna e i documenti in essa contenuti erano un’altra prova. Emma si era costruita un’ultima verifica per dimostrare che conosceva gli eventi, con l’intento di mostrarla ad Elle quando ormai molti di quei fatti si erano verificati, con la sicurezza che lui avrebbe potuto controllare ogni dettaglio e avrebbe potuto constatare che quella trama e quel piano erano stati scritti prima che Light Yagami raccogliesse il quaderno. Perché adesso Elle sapeva che il giovane e intelligente fuoriclasse aveva raccolto il quaderno davanti alla sua scuola, così come sapeva che la prima mossa di Emma, il suo piano A fallito per il semplice ritardo di un treno, era stata quella di impadronirsi per prima del death note.
Una serie di altre prove: la trama, il suo piano e le scansioni di altri ritratti. Il tutto creato prima che il caso Kira scoppiasse. Una serie di altre prove, molto più dense di informazioni, ma esattamente identiche come tipologia a quelle che mi aveva già voluto fornire all’inizio, mostrandomi i disegni scansionati di me stesso, Misa e Light, con gli Shinigami rispettivi.
In pillole. Prima quelli e adesso questo.
Avevo ragione.
E lei aveva paura. Il suo timore più grande era che io non le avrei mai creduto e queste ultime informazioni dovevano perciò arrivarmi solo quando sarei stato pronto all’ “aspetto sovrannaturale” del tutto.
Aveva pianificato tutto.

Cliccò in basso e il ritratto a matita di Near comparve sul monitor. Elle lo osservò attentamente, per l’ennesima volta.
Su quel foglio scansionato non era appuntato nessun nome o soprannome, esattamente come non ce n’era alcuno sui ritratti di Mello e di Watari e come non ce n’era stato nessuno su quello che raffigurava Elle e che Ryuzaki aveva visto ormai parecchi mesi prima. Allo stesso modo, nella trama comparivano soltanto i soprannomi. Ma Elle era certo che Emma conoscesse benissimo i nomi anagrafici di tutti loro, perché qualunque manga che si rispettasse, col tempo, avrebbe svelato quell’incognita agognata e così importante, importante soprattutto se si considerava che “quel” manga basava tutto sui nomi delle persone e sul conoscerli o meno.
Tuttavia Emma non li aveva mai messi per iscritto da nessuna parte.
Era stata cauta. Emma era stata molto cauta. E aveva ragionato tantissimo. Come sempre. Sola.
Sola. Pare che anche la sua testa ragioni meglio quando non ha nessuno intorno. Non si confonde se non è disturbata dai collegamenti mentali di qualcun altro, corretti o scorretti che siano, superiori o inferiori ai suoi. Direi infatti che abbia ragionato più lucidamente prima, mentre costruiva il suo piano, sola in Italia, o mentre portava avanti le tappe iniziali di esso prima di incontrarmi qui a Tokyo, piuttosto che dopo. In questo senso quindi immagino di essere stato in qualche modo una sorta di disturbo per lei.
Emma continuava ad essere una cavia. Elle proseguiva a testare la sua intelligenza, le sue capacità e i suoi limiti e valutava ora il suo modo di agire e le sue scelte, esattamente come aveva sempre fatto fin dal primo istante. Solo che adesso aveva il quadro completo.
La testa albina del bambino con le cuffie tratteggiato a matita campeggiava ancora sul monitor.
Elle la osservò di nuovo e poi la iconizzò in basso, ritornando a spulciare la trama. I suoi occhi si fermarono su una delle tante battute di dialogo che vi comparivano:
Near: “Se non riesci a completare il puzzle…sei solo un perdente.”
Uhm…
Elle si portò il pollice al labbro e alzò lo sguardo verso l’alto, in modo infantile, non mostrandosi affatto turbato dalla freddezza di quella frase o dalla sua presunzione o durezza, né tantomeno dallo spirito di competizione e dalla sicurezza che trasudavano. E ovviamente non lo toccò minimamente il fatto che quella battuta fosse esplicitamente collegata alla sua morte.
Le ultime tessere di un puzzle. Quindi conta solo il risultato finale, la chiusura del cerchio. Uhm… In linea di massima potrei anche essere d’accordo… Però c’è qualcosa che non mi convince… Mettiamo che ci si trovi davanti un puzzle quasi integralmente costruito, da noi o da qualcun altro; diciamo che rimangano solo alcuni tasselli vacanti. Le ultime tessere sono in genere le più semplici da inserire. Non è forse molto più facile finirlo, questo puzzle, piuttosto che iniziarlo?
Prima o poi dovrò decidermi a parlarci un po’ e gliela dovrò proprio fare questa domanda, sarei curioso della sua risposta…

Elle inclinò il capo in modo buffo e poi ritornò con lo sguardo sul monitor.
Indugiò quindi un po’ sulla dettagliata descrizione del giorno della sua morte.
Morirò io.
Morirà Watari.
E poi…

Saltò una parte consistente del testo che aveva davanti per giungere ad un’altra fase della vicenda…
Moriranno Aiber e Wedy.
Morirà Soichiro Yagami.
Morirà Matt.
Morirà Mello.

Se Emma voleva farmi capire che la mia morte non converrà a nessuno e che anzi scatenerà una catena funesta di eventi che coinvolgeranno persone che mi circondano o che mi hanno circondato in qualche modo, be’, se Emma voleva questo, immagino che ci sia riuscita perfettamente.
E il punto è che voleva esattamente questo.
Voleva salvare soltanto me.
Perché allora avrebbe inserito nella sua trama anche tutta la vicenda dei miei successori senza però costruire nessun piano a riguardo? Perché l’ha inserita se non era sua intenzione fermare Kira, indipendentemente da me?
Non l’ha fatto per scrupolo o per caso. Neanche lei fa nulla per caso.
Ha descritto in modo dettagliato anche la trama successiva al 5 Novembre esclusivamente perché voleva che io la conoscessi e perché sapeva che mi sarei mosso di conseguenza.
L’ha fatto perché ha pensato che, trattandosi solo della mia morte, io avrei calibrato una certa dose di rischio, ma mi sarei invece fatto venire qualche scrupolo in più conoscendo anche la sorte degli altri. Non che io voglia morire o che non mi curerei di salvarmi la pelle, ma devo ammettere che, stando così le cose…
E lei voleva innescare esattamente questi miei pensieri.
Ha fatto delle scelte immaginando ciò che io avrei deciso.
Emma, ti sei azzardata a leggere nella mia testa e a prevedere le mie future mosse!
E ora, sulla base delle informazioni che mi hai dato, vuoi che sia io a costruire un piano che mi permetterà di salvarmi. Vuoi che sia io perché sai benissimo che soltanto io potrei idearne uno vincente.

Già.
Elle naturalmente aveva capito alla perfezione le intenzioni di Emma.
Lei aveva costruito un binario. Ma non era andata oltre, perché non sarebbe stata capace di farlo, perché quello per lui doveva essere solo una traccia da cui far scaturire qualcosa. Emma pensava, o perlomeno sperava, che quegli input avrebbero portato Ryuzaki a costruire un piano anche in funzione della propria salvezza. Un piano. Uno di quelli che solo Elle poteva ideare. Elle o Light…
Emma, il tuo disegno è fin troppo perfetto. Avevi stabilito tutto fin dall’inizio, prevedendo le mie scelte.
Di nuovo mi ritrovo a pianificare in base a quello che tu hai voluto e a seguire la traccia che tu hai stabilito, immaginando le mie mosse!

La porta si aprì silenziosamente e Watari entrò nella stanza, posò il leggero panama che indossava e si avvicinò a Ryuzaki, poggiandogli al fianco la confezione di pasticcini che aveva con sé.
Il detective non sollevò lo sguardo concentrato dallo schermo e il signor Wammy con calma si sedette su una poltrona lì vicino, leggermente affaticato dal caldo, e poi disse «Quindi?»
Elle allora trasferì la sua attenzione sulla confezione infiocchettata che Watari gli aveva portato e iniziò a scartarla lentamente, toccando i nastri e la carta alimentare con la punta delle dita. Quando ebbe finito, puntò flebilmente l’indice sul monitor «Leggi qui.»
Wammy si sporse appena per scorgere le righe che Ryuzaki gli aveva indicato.
Rem: “Light Yagami, se tu non salvi Misa sappi che io non esiterò ad ucciderti!”
Poi Elle fece scorrere rapidamente il testo fino all’ultima pagina, dove era riportata una serie di regole, tra le quali Elle ripescò quella che lo stuzzicava di più e la indicò, sempre per mostrarla all’attenzione di Watari…
Un Dio della morte morirà se userà il quaderno per allungare la vita a un essere umano per cui prova simpatia.
Riprendendo a scartare i pasticcini, Elle continuò «Quando ho catturato Misa Amane, Rem non mi ha ucciso. Quando l’ho imprigionata in quel modo, Rem non mi ha ucciso. Ma lo farà all’istante quando sarà ventilata la possibilità che lei finisca sulla forca… Tutto ruota intorno alla vita della Amane, che peraltro sarà dimezzata ulteriormente con un secondo scambio degli occhi. E questo Rem lo saprà…»
Wammy replicò «…Già. Ma se non sbaglio Miss Emma ti aveva parlato di questo dettaglio già a Kamekura e tu ne avevi tratto queste stesse conclusioni…»
«Sì. Ma in quel momento mi ero limitato a collegare ogni elemento soltanto al caso Kira e alla sua evoluzione e non ad Emma…»
Elle iniziò a disporre alcuni biscotti uno sopra l’altro, ordinatamente e lentamente «…Ma ora mi sono molto più chiare anche altre cose. Adesso capisco bene il perché di tutti quei discorsi sulla “pena di morte”…» aggiunse con delicatezza e cura un altro pasticcino sulla torre che oscillava precaria davanti ai suoi occhi «Ecco perché Emma si infervorava così tanto sull’argomento. Voleva sondare cosa pensassi a riguardo per insinuare qualcosa e per vedere se sarei stato recettivo a questo tipo di discorso».
Watari assottigliò lo sguardo, interessato forse più al suo Elle che a tutto il resto, perché aveva intuito dove il pupillo voleva andare a parare e la cosa lo incuriosiva «… Be’, Miss Emma è un’ottima pianificatrice…»
Elle posò un altro biscotto traballante sopra gli altri e i suoi occhi si fissarono sulla torre che aveva costruito, seri e con una strana luce sfavillante in quelle pupille enormi, nere e profonde.
Emma lo aveva scrutato dentro un’altra volta, per far procedere il suo piano di salvarlo. E in quel particolare frangente lo aveva fatto senza che lui lo sapesse o se ne potesse rendere conto.
O meglio, Elle aveva capito bene fin dall’inizio che nessun discorso di Emma era mai nato per caso, ma ricostruire adesso con tutti gli elementi quel suo piano così articolato e “manipolatore” risvegliava in Elle una condizione quantomeno singolare…
Di fronte a quel silenzio del detective, Watari proseguì «… Ma non mi stupirei più di tanto, sapevi che lei avesse una bella testa… Anche Light Yagami ha articolato piani complessi, dimostrandosi un calcolatore eccellente, proprio come te, ma questo in fondo ti ha sempre e solo stuzzicato, facendo nascere una competizione e una indubbia forma di “stima” nei confronti delle capacità del tuo rivale.»
Elle ribatté senza alcuna apparente inflessione nella voce atona «Non provocarmi Watari. Si tratta di tutt’altra situazione: sai benissimo che la partita con Light Yagami è ancora in corso. Nessuno dei due ha ancora battuto l’altro. Il che mi spinge a proseguire, perché il vincitore devo essere io.»
«Questo vorrebbe dire che la “partita” con Miss Emma invece è finita?» chiese con apparente ingenuità il signor Wammy, che voleva continuare quel discorso.
Elle si limitò a indicare altre righe di quel documento aperto sul monitor, in particolare si trattava di un commento di Emma alle regole del quaderno che lei aveva riportato.
Ci sono altre regole oltre a queste, ma io non le ricordo… Sono tantissime! Ce ne sono anche altre che non sono riportate nel manga e che forse solo gli Shinigami conoscono e anche loro possono essere carenti su questo (vedi Ryuk!)
ATTENZIONE!!!

«Sai cosa significa questo?» chiese Elle in modo retorico, continuando a fissare la sua torre di biscotti «Significa che lei sapeva benissimo che io avrei letto questo documento da solo. Significa che questi commenti erano destinati a me. Significa che io dovevo essere al corrente dei dubbi e delle lacune che lei sapeva di non poter colmare. Era perfettamente cosciente del fatto che non avrebbe potuto dirmi di persona certe cose. Questi sono dei messaggi per me. Messaggi che io avrei letto da solo e ai quali lei sapeva che non avrebbe potuto aggiungere nulla, semplicemente perché sapeva che non sarebbe più stata in contatto con me. Tutta la storia dell’hard-disk nasce con questo intento e questa consapevolezza. Sapeva che, una volta costruito il quartier generale, non ci sarebbe stato spazio per lei: le telecamere ovunque, i controlli all’ingresso, le manette che mi legheranno a Light, lo Shinigami in giro a partire dalla cattura di Higuchi. Per me è stato fuori discussione fin dal primo istante che Emma non sarebbe mai potuta stare al quartier generale. Ed era fuori discussione anche per lei. Ed ecco l’utilità dell’hard-disk esterno.» prese un altro biscotto e lo sollevò per poggiarlo sopra gli altri.
«Quindi, senza saperlo, avresti agito secondo il suo volere? È questo che non ti va giù, Ryuzaki? Però tu ora sei libero di fare come vuoi…»
«Davvero?» Elle strinse il frollino che aveva tra le dita e lo frantumò «Sono libero di costruire il mio piano e di battere Kira a mio piacimento. Ma sono “libero” di farlo perché lei ha voluto che io lo fossi e perché naturalmente aveva piena fiducia nel fatto che avrei pianificato tenendo conto di quanto sapevo grazie a lei! Fin dal primo istante lei si è mossa in questo senso. Voleva salvarmi, ma voleva che da questo momento in poi fossi io stesso l’artefice della mia salvezza. Sapeva che le cose sarebbero andate in questo modo, che ci sarebbe stato un momento in cui mi sarei trovato solo e avrei fatto delle scelte basandomi sulla trama e sugli input che lei mi ha dato. Mi ha manipolato, conoscendo i fatti e la mia indole nei suoi lati più biechi. Ed io ora non posso che costruire un piano secondo quanto lei ha stabilito. È un binario, Watari. Mi ha costretto in un binario fin dal primo istante, indipendentemente dall’esito del caso Kira, che è un’altra partita ancora in corso. Ma il match con Emma è concluso. Io non ho scelta. Emma ha vinto!»
«Mi sembra che anche tu l’abbia manipolata a dovere e in modo definitivo a Kamekura, calcolando tutte le sue reazioni in base ai suoi sentimenti e alla sua indole e bluffando…» lo provocò ancora una volta Watari.
«Sì. Ma il punto della vittoria l’aveva già affondato lei, tanto tempo fa, costruendo il suo piano. Indipendentemente dal modo che io avrei usato per allontanarla, sapeva benissimo che l’avrei fatto. Tuttavia…» Elle prese l’ultimo pasticcino, quello che traballava in cima alla torre, e se lo ficcò tutto in bocca, voracemente in un solo colpo «…immagino che ciò che conti di più adesso sia la possibilità che lei mi ha offerto di battere Kira, indipendentemente dalle modalità con cui ha voluto raggiungere questo obiettivo e indipendentemente dalla sua “vittoria”.»
Come suo solito, Elle stava chiudendo il discorso “Emma”, che poteva di certo affrontare solo con Wammy, ma che tuttavia era durato fin troppo. Avrebbe dovuto e voluto dare a quell’argomento molta meno importanza.
Era sempre stato così. Elle dava valore solo alle cose importanti. O perlomeno lo faceva quando era nel bel mezzo di un caso. E in quel momento il fatto stesso di aver indugiato su quel discorso lo irritava inconsciamente, perché era quanto lui stesso avrebbe definito “sterile”.
Ma Wammy non voleva proprio abbandonarlo quel discorso… «Indubbiamente ora hai carta bianca. Miss Emma ti ha permesso di fare come vuoi, adesso.»
«Non vuoi mollarlo proprio questo discorso, vero? …Certo. Emma mi ha lasciato carta bianca.» disse con un vago sorriso di sarcasmo «Non si è presa, per esempio, la briga di dirmi di sostituire quel frammento di quaderno dall’orologio di Light. Quindi ha lasciato a me la piena “libertà” di scelta:  permettere che Light uccida Higuchi o no?» concluse caustico.
«Immagino sia perché in lei non alberga la tua stessa freddezza e perché non riesca a prendersi determinate responsabilità…» si intromise Watari.
«Esatto. Non può prendersi determinate responsabilità, ma se le scelte “immorali” e “sporche” le prendo io, le va benissimo e non le salta proprio in mente di opporsi. Watari. Miss Emma non è così “pura”.» ingurgitò un altro biscotto.
«Uhm…» mugugnò il signor Wammy «Mi era parso che questo aspetto ti piacesse di lei… So benissimo che hai fatto la tua scelta decisa su Miss Emma. E quindi mi chiedo se… Ryuzaki, ti dà veramente così tanto fastidio di aver “perso” con lei?»
Elle allungò le dita sottili verso un altro biscotto e, prendendolo, la pila di pasticcini vacillò e poi crollò davanti ai suoi occhi… Il detective, senza spostare lo sguardo dai frollini ora sparsi sul pavimento, rispose in modo glaciale «Watari, perché ci sei andato?».
 
Emma varcò l’uscita secondaria della stazione dei treni, quella meno affollata e meno nota, con lo zaino sulle spalle e il passo lento.
Sola.
A Tokyo faceva caldo. Erano le sei del pomeriggio, ma l’afa non avrebbe abbandonato le strade della città neppure la notte.
I suoi giorni al mare erano finiti, ma non la sua breve settimana di vacanza. Aveva infatti lasciato Kei e Misao a concludere le ferie a Kamekura, mentre lei se n’era tornata a Tokyo.
Questa era stata una sua scelta fin dall’inizio e aveva infatti prenotato l’albergo in funzione di questa decisione. Passare del tempo tutti e tre insieme era un desiderio condiviso, ma Emma aveva voluto anche che i suoi due amici potessero godersi la loro privacy, la loro vacanza di coppia, fatta di tutte quelle cose che solo a loro potevano piacere, senza l’intrusione di nessun altro a criticarli, a metterci bocca, a disturbarli o a prenderli in giro per le loro smancerie. Era sacrosanto che fosse così. Ogni coppia doveva poter vivere la propria vita a due come meglio voleva. E  per fare questo, ogni coppia doveva poter vivere determinati momenti in solitudine.
E così Emma se n’era andata, non senza doversi sorbire le lamentele dei suoi due amici, che fin dall’inizio le avevano detto che non sarebbe stato assolutamente necessario che lei andasse via prima.
Emma però di certo non avrebbe mai pensato che andarsene sarebbe stato così difficile. E non se lo sarebbe mai aspettato semplicemente perché non la spaventava minimamente stare da sola. Anzi. L’idea di starsene qualche giorno a Tokyo, in relax, senza l’impegno del lavoro, senza nemmeno la tentazione di dover uscire con gli amici, senza assolutamente nulla da fare, be’ quest’idea l’aveva stuzzicata parecchio. Era una vita che non aveva tempo di dedicarsi al “nulla”…
Ma le cose erano cambiate. Ed erano cambiate per colpa di Elle e di quello che lui aveva fatto, solo tre giorni prima.
Adesso stare da sola significava pensare tanto. Pensare troppo. E farlo senza possibilità di essere distratta dalle chiacchiere, dagli amici, dal mare…
Per questo ripartire era stato molto più difficile di quanto Emma non si sarebbe mai aspettata. Ma nonostante questo, il suo carattere rigido non le aveva permesso di cedere e, ai suoi amici che insistevano, aveva detto così, sorridendo «Misao, Kei, è proprio perché io me ne vado adesso che noi tre saremo sempre liberi di stare insieme con questa tranquillità.»
E così Emma adesso camminava lentamente lungo la strada, diretta verso una casa che non vedeva da mesi…
Camminava da sola.
La cosa paradossale era che in fondo era stata sola anche quando era ancora con Misao e Kei… Sola perché loro naturalmente non sapevano nulla di ciò che era successo. Sola perché nessuno dei due poteva minimamente immaginare il motivo dello stato d’animo di Emma, nonostante gli strani silenzi della ragazza italiana negli ultimi due giorni.
Forse le mancava Ryuga, aveva pensato Misao, percependo che qualcosa nell’amica non andava…
Questa era la cosa che faceva più male ad Emma.
Adesso, con la mente sciolta e libera di pensare senza alcuna distrazione piacevole, si stava rendendo conto di quanto fosse stata “sola” anche in compagnia, a Kamekura. E questo era terribile. Se non fosse ripartita non se ne sarebbe mai resa conto. Perché se non l’avesse fatto non avrebbe avuto la tranquillità e il tempo per pensarci.
E così ritornava al punto di origine: ripartire significava pensare e lei invece non voleva farlo.
La sua testa in quel momento era il suo peggior nemico ed era un nemico inarrestabile. E nessuno sapeva che lei stava combattendo quella lotta, perché nessuno sapeva cosa le era accaduto, né l’avrebbe mai potuto sapere. Quindi nessuno poteva perlomeno capirla o condividere quello che lei stava provando, anche stando semplicemente in silenzio.
Si accese una sigaretta.
Ciò che Emma aveva temuto inconsciamente si era rivelato in tutta la sua prepotenza.
Elle l’aveva presa in considerazione solo perché lei aveva letto Death Note.
Nei pensieri più reconditi della ragazza c’era sempre stata l’insoddisfazione di sapere che Elle, se anche incuriosito da lei, lo fosse solo ed esclusivamente per ciò che lei sapeva di lui. Semmai Emma aveva “stupito” o quantomeno interessato Elle, grazie alla sua capacità di comprenderlo in alcuni dei suoi lati più oscuri; semmai Elle si fosse reso conto del fatto che Emma non aveva avuto fin dal primo momento il minimo timore nell’avvinarsi a lui, a quel soggetto considerato strano ed inavvicinabile dalla maggior parte delle persone; semmai tutto questo era successo, non era stato merito del suo essere “Emma”.
I suoi amici l’apprezzavano per come lei era.
Elle l’avrebbe al massimo considerata una “persona” interessante solo perché lei aveva letto Death Note e perché sapeva più di quanto chiunque avrebbe mai potuto sapere.
Emma aveva barato.
Questo era stato uno dei suoi timori reconditi.
Ma ora il tutto era ancora più umiliante di quanto lei non avesse pensato.
Elle era stato interessato da Emma e la curiosità c’era stata per ciò che lei conosceva, cioè per aver letto Death Note. Ma con tutt’altro significato… Emma sapeva adesso che non era esistita alcuna approvazione, stima o curiosità nei confronti della “persona” Emma, aiutata o meno dalla lettura del manga.
Elle aveva solo avuto la necessità di sfruttare le conoscenze legate al caso Kira che lei aveva.
Chiunque ci fosse stato al mio posto, sarebbe stata esattamente la stessa cosa… Le persone non contano. Contano soltanto i fatti…
Emma non aveva versato nemmeno una lacrima. Non che avesse evitato di farlo, né che si fosse trattenuta, quando di notte rimaneva sola nella sua stanza al mare.
Non aveva pianto, anche se l’avrebbe voluto tanto. Quelle poche volte che si era ritrovata a pensare a quello che era successo, era stato come ragionare con un filtro.
Era come se una spessa corazza separasse la sua mente dalle sue emozioni. Era come se quei fatti la toccassero, ma non in prima persona. E allora sentiva la gola chiudersi e i muscoli del corpo irrigidirsi. Ma non saliva nessun singhiozzo e il peso che la zavorrava rimaneva nel suo stomaco, immobile e profondo e da tristezza si trasformava in angoscia.    
E nemmeno in quel momento pianse. Continuò a camminare sotto il sole basso di quel tardo pomeriggio di luglio e continuò a pensare.
Ogni cosa pensasse si ricollegava ad altro.
La umiliava anche il fatto di essersi fatta avanti ben sapendo che sarebbe stata sfruttata.
E con la chiarezza disfattista di quel momento, non poteva fare a meno di sentirsi esattamente come Misa…
…Aveva proprio ragione lui: Elle e Light sono alla pari su tutta la linea… Si sono trovati due perfetti assi nella manica. Anzi, se li sono trovati davanti senza nemmeno doverli andare a cercare!
E le salì la rabbia di nuovo.
Dannazione! L’ho sempre saputo che sarebbe andata così! E adesso mi lamento che Elle sia stato incuriosito da ciò che sapevo? Ma se sono stata proprio io a pianificare tutto in questo senso! Se sono stata io a sfruttare Death Note e ciò che conoscevo per avvicinarlo, essendo pienamente cosciente che solo qualcosa del genere l’avrebbe interessato!
Sapevo che sarei stata allontanata! Lo sapevo benissimo! L’idea dell’hard-disk nella cassetta di sicurezza non era nata soltanto perché Elle avrebbe dovuto avere altre prove solo quando sarebbe stato pronto! Quell’idea è nata perché lui ad un certo punto avrebbe dovuto avere tutte le informazioni indipendentemente da me! E così avrebbe costruito il suo piano. Io sapevo che sarei stata allontanata…

Forse però non immaginava che sarebbe stata allontanata in “quel” modo… O forse sapeva anche quello…
Sapevo con chi avevo a che fare. Un bastardo, cinico e senza scrupoli. Sono entrata nella piscina di uno squalo bianco con una ferita aperta… Cosa mi aspettavo? Che non mi avrebbe divorata?
E con chi me la posso prendere adesso? Con lo squalo? Forse gridare al mondo che lo squalo è un grandissimo stronzo mi farebbe sentire meglio?
E perché allora non riesco a smettere di pensarci… Perché ho ancora paura che lui muoia… Perché? Perché? Perché? Oddio!
Non voglio che muoia… Ma se lo avessi qui davanti adesso, lo picchierei senza pietà!

Gettò il mozzicone di sigaretta, strinse i pugni e voltò l’angolo, ritrovandosi nella solitaria via della sua casa. Quella dove Elle la era andata a prendere, praticamente sequestrandola, col suo consenso. Anche allora per la strada non c’era stato nessuno.
Emma raggiunse la porta e tirò fuori le chiavi.
«Miss Emma…» la raggiunse una voce nota e gentile alle sue spalle «…Ero venuto a prenderla alla stazione, ma non l’ho vista uscire, quindi mi sono permesso di attenderla qui. Credo sia importante farle subito presente che ci sono soltanto io…»
Emma si voltò e Watari le sorrise, sotto l’ombra del panama che aveva sul capo.
Ma lei non seppe rispondere nulla. Sentì solo una strana sensazione di liberazione nello stomaco. Le spalle contratte le si rilassarono improvvisamente e una bretella dello zaino le scivolò lungo il braccio.
Poi finalmente le parole le vennero «… Vogliamo entrare…? Fa così caldo qua fuori…» e si ritirò su la bretella del suo zaino.
Wammy annuì togliendosi il cappello e si avvicinò.
L’interno della casa era fresco e profumato di pulito. Tutto ciò che Emma aveva portato via per intraprendere le peregrinazioni nei vari alberghi era stato risistemato al suo posto.
«Mi sono permesso di prenderle qualcosa. Si tratta di sciocchezze, ma ho immaginato che sarebbe tornata accaldata o che avrebbe voluto stuzzicare un nonnulla.» riprese Watari col suo linguaggio forbito, british e appena un po’ antiquato.
Emma osservò il tavolo della cucina e vide che sopra c’era un enorme pacco di patatine.
«In frigorifero ci sono delle birre. Mi sembra che lei le gradisca parecchio.» continuò Wammy.
Emma avanzò come un automa verso il frigo e prese una delle birre gelate che c’erano all’interno.  
«Si accomodi… Le preparo un tè…» fu tutto ciò che riuscì a dirgli.
E poi si ritrovarono di nuovo seduti intorno a quel tavolo, in silenzio, l’uno sorseggiando il suo tè, l’altra la sua birra.
«… Grazie…» disse finalmente Emma «So che non è venuto qui per giustificare lui… Io credo che lei mi conosca bene e, anche se sa che non mi imbarazzerei, non credo che sia venuto per parlarmi di lui, perché lei sa che non approverei questo genere di cose…» poggiò la bottiglia sul tavolo e abbassò lo sguardo «… però non riesco a capire perché allora sia venuto qui da me…» e di nuovo quella sensazione di liberazione la assalì, arrivandole questa volta fino alla gola e strozzandole le parole.
«Sono qui perché lei sappia di non essere sola, Miss Emma.»
La giovane ragazza trattenne il respiro, rimanendo col capo chino sul tavolo, e Watari proseguì «Nessuno deve stare da solo. Anche chi non vuole parlare, anche chi si chiude in se stesso e non riuscirà mai a tirare fuori ciò che ha dentro, anche costui ha bisogno di sapere che c’è qualcuno che conosce la sua storia e che in silenzio può condividere quanto gli è accaduto. Possono essere sciocchi problemi quotidiani o sofferenze più grandi. Basta sapere che l’altro sappia, per non essere soli. E io ho sempre cercato di non lasciare solo nessuno. Ho tentato di stare silenziosamente al fianco di chi aveva perso quanto di più caro avesse al mondo ed era troppo piccolo per poter affrontare ciò che questo comportava. E quindi sono qui, perché lei non sia sola, perché io so cosa è successo, so che lei non può parlarne con nessuno, so che è sola.»
Emma chiuse gli occhi e finalmente le si sciolse il nodo nella gola...
Incrociò le braccia sul tavolo, si chinò su di esse e sommessamente iniziò a piangere.
Wammy con delicatezza le portò una mano sul capo scosso dai leggeri fremiti e rimase così, attendendo pazientemente che la giovane ragazza sfogasse tutto ciò che aveva tenuto dentro…
 
«Watari, perché ci sei andato?»
Il signor Wammy rispose calmo «Ryuzaki, credo che tu sappia benissimo il motivo per cui l’ho fatto. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Se la mia indole non fosse solita compiere azioni di questo genere, tu non saresti quello che sei, non saresti qui adesso, né io sarei al tuo fianco.»
 
 
 

Allora…
Prima di tutto grazie infinite a quelli che stanno leggendo queste righe e che dopo tutto questo tempo mi seguono ancora…
Inutile dire quanto io sia stata impegnata, perché il tempo trascorso parla chiaro. Le mie scuse quindi sono fondamentali, ma ormai quasi ridicole, quindi posso veramente solo ringraziare con tutta me stessa la pazienza e la fiducia di chi è rimasto.
Sappiate però che nell’ultimo mese il ritardo è stato dovuto ad una mia scelta precisa: ho pianificato, riletto il manga, stabilito tutti gli eventi precisamente e fino alla fine, con tutta la struttura narrativa annessa. E soprattutto ho scritto molto di più di questo singolo capitolo.
Non vi dirò quanti ne ho già scritti, né quanti ne mancheranno alla fine.
Ho dovuto fare questa scelta, prima di tutto perché l’ansia e il senso di colpa per l’inevitabile ritardo mi stavano stressando troppo, e poi perché la fase finale di questa storia è un po’ complessa e dovevo avere in ogni momento sotto mano tutti i singoli eventi che, disseminati nei diversi capitoli, porteranno all’epilogo. E non potevo rischiare, pubblicando, di dimenticare qualcosa di fondamentale per i capitoli successivi. Tutto doveva tornare (e spero che tutto torni e chi si capirà tutto… Ma non sono mica la Ohba, quindi Inshalla!! ^^)
Inoltre, data la trama un po’ articolata, non volevo che passasse troppo tempo tra un capitolo e l’altro, perché la memoria di chi legge avrebbe potuto così perdere colpi e cancellare qualche passaggio per via di ritardi biblici. Perciò, visto che a breve sarò di nuovo parecchio impegnata, ho voluto scrivere quanti più capitoli potevo, avvantaggiandomi in un momento relativamente tranquillo (sono due settimane che non faccio che scrivere in ogni momento libero…sono stremata ah ah ah!).
E ormai ho quasi finito. Credo che entro la prossima settimana concluderò.
Perciò, da adesso in poi potrò pubblicare ogni 10 giorni, fino alla fine, perché la maggior parte dei capitoli è già scritta. Dico 10 giorni perché dovrò lasciarmi il tempo per rileggerne ciascuno prima di postarlo (ho scritto abbastanza di getto e non si sa mai…).
Spero che possiate accettare questa mia scelta, spero che vi interessi e che chi mi segue ancora trarrà giovamento da questa mia decisione, che ha rallentato ulteriromente la pubblicazione di questo capitolo 38, ma ha ravvicinato tutte le successive…
Non voglio devastarvi con i miei soliti deliranti commenti su questo chappy appena postato, che in realtà potrebbe sembrare abbastanza a sé, ma in realtà racchiude delle cose importanti, anche per i futuri sviluppi…
So che è introspettivo, che sembra che non accada nulla, che sembra una sorta di capitolo cuscinetto… E dopo tutto questo tempo questi elementi non sono proprio il massimo, specialmente per chi ha aspettato tanto…
Mi dispiace, ma non potevo cambiare la trama… Non avevo scelta… :(
I prossimi comunque saranno parecchio diversi…
Spero che mi perdonerete e che chi è qui adesso possa averlo apprezzato!!
Grazie infinite a tutti!!
Torno a scrivere adesso ^_^
 
Un abbraccio e ci vediamo qui fra 10 giorni all’incirca (be’, voi non lo so, ma io di sicuro ci sarò ^^)

Eru

 
PS Per tutti: ho creato un account su Google+ per comunicare avvisi extra e quant’altro connesso ad EFP e a questa storia --->click (vi si accede comunque anche dal bottone in alto sul mio profilo)
Per Hanny: ho ancora due tuoi disegni da pubblicare qui, ma mi sono dovuta comprare il pc nuovo, perchè il vecchio mi ha abbandonata, e devo ancora copiare tutto il backup che ho fatto e quindi ritrovarli!! Col prossimo chappy li pubblicherò!!
Ciauuuuuuuuu

 

 

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Capitolo 39
*** 39. Sul filo del rasoio ***



Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

 39. Sul filo del rasoio

In uno degli ultimi piani di un grande e nuovissimo grattacielo di Tokyo, spuntato come un fungo nel giro di pochi mesi in mezzo al folto abitato della metropoli del paese del Sol Levante, si svolgeva una rappresentazione particolare, una sorta di teatrino strutturato così bene da sembrare a tutti gli effetti la realtà.
Era l’8 di ottobre e colui che tirava i fili di quelle marionette era molto attento e capace. Riusciva a muovere i suoi pupi senza che loro si accorgessero di essere tali.
Costui era un abilissimo dissimulatore…
«Ryuzaki, è arrivato un messaggio per Eraldo Coil: gli è stato richiesto di scoprire l’identità di Elle. È la Yotsuba che lo ha ingaggiato…» la voce di Watari uscì dagli altoparlanti, in presenza della squadra anti-Kira, disposta come sempre in piedi, alle spalle di Elle, che invece se ne stava comodamente rannicchiato sulla sua poltrona girevole, di fronte ad uno dei tanti monitor giganteschi di quella stanza.
Soichiro Yagami si incupì in volto… «Eraldo Coil è il famoso detective secondo solo ad Elle, ed è abilissimo nel trovare le persone… Ci mancava solo questa…»
Light si intromise, lievemente preoccupato «La Yotsuba vuole scoprire l’identità di Elle per ucciderlo…»
Ryuzaki spostò appena lo sguardo di lato, ma non si voltò «Non è un problema. Il detective noto come Eraldo Coil sono io.»
Elle non si girò per vedere le facce sorprese dei suoi collaboratori, dai quali fioccarono domande ed esclamazioni di stupore inevitabili, ma più contenute del consueto, dal momento che Matsuda non era lì presente, ma si trovava alle calcagna della “star” Misa Misa, in giro per set pubblicitari e cinematografici, e interpretava un ruolo che gli si addiceva forse più di quello di poliziotto…
Ryuzaki comunque, senza mai voltarsi, si limitò semplicemente a quietare i collaboratori presenti, spiegando con calma come stessero le cose e poi riprese tranquillamente il discorso che era stato interrotto dalla faccenda “Coil”.
Sì, rimase di spalle tutto il tempo. Ma del resto, dall’alto della sua posizione, nessun “puparo” vedeva mai i volti dei propri burattini mentre erano in azione, sul palcoscenico.
L’autostima di Matsuda dovrebbe essere al limite. Se non mi sbaglio potremmo quasi esserci…, pensava il grande detective, mentre alle sue “pedine” parlava di tutt’altro «…Dunque, per sfuggire al sistema di sicurezza, prima Aiber e poi Wedy dovrebbero…»
La sceneggiata ben ordita e magistralmente rappresentata da Elle era giunta al secondo atto, intitolato “Indagini congiunte della squadra anti-Kira sulla Yotsuba”. Nuove marionette erano state aggiunte e i fili sospesi tra le dita del detective aumentavano, mentre lui si districava perfettamente nella loro fitta trama, riuscendo a manovrarli tutti fluidamente senza che si ingarbugliassero, annodandosi irrimediabilmente tra di loro.
La voce di Watari interruppe di nuovo la riunione «Ryuzaki… Matsuda ha mandato un messaggio con la sua cintura… Il localizzatore dice che si trova all’interno dell’edificio della Yotsuba…»
Per l’appunto! È talmente banale che, se non lo avessi saputo, dubito che avrei mai potuto prevedere o intuire che Matsuda si sarebbe intrufolato lì dentro, da solo e per giunta con l’obiettivo di risultare perfino utile… Ma in fondo è comprensibile: le mosse dettate da un’istintiva ottusità possono risultare a volte completamente inaspettate e molto meno prevedibili di quelle guidate dalla logica e dall’intelligenza. Nella “Stupidità” c’è in effetti un “potere irrazionale” non indifferente…
Nel panico generale scatenato dalla “notizia Matsuda”, Ryuzaki iniziò ad agire come ci si sarebbe aspettati che avrebbe fatto, o comunque senza innescare alcun dubbio. Si adoperò quindi per organizzare il “piano di evacuazione” di quell’ingenuo del suo collaboratore.  Ma contemporaneamente rimuginava d’altro, solo con se stesso e la sua testa.
La data è perfetta, direi. Oggi è l’ 8 di ottobre. L’ultimo omicidio che abbiamo individuato come commesso dal terzo Kira a favore della Yotsuba è avvenuto il primo di ottobre. E infatti nella settimana passata non ho mai visto Higuchi scrivere sul quaderno i nomi dei “nemici” per la sua compagnia, ma solo quelli dei criminali divulgati dai notiziari. Considerata la confusione che si è scatenata adesso e la messinscena della morte di Matsuda, la “riunione ordinaria della morte” in corso adesso alla Yotsuba salterà, quindi non potrà essere stabilito alcun omicidio. E non ce ne sarà nessuno almeno fino al prossimo meeting segreto tra i dirigenti dell’azienda, che avverrà come di consueto fra una settimana, il 15 ottobre. In conclusione, a partire dal primo di Ottobre e per un minimo di 14 giorni, non si verificheranno omicidi di soggetti scomodi per la Yotsuba. Cioè Higuchi non scriverà sul suo death note nessun nome per favorire la sua compagnia.
Perfetto.
E questi giorni aumenteranno di molto, se si considera che a un certo punto i benpensanti Yagami, padre e figlio dall’alto della loro nobile morale, mi convinceranno a chiedere a Namikawa di sospendere le esecuzioni ordinarie della Yotsuba per un mese… Quando però precisamente questo avverrà non lo posso sapere con certezza. E pare sia stato anche uno dei problemi di Emma. Suppongo però succederà il 15 ottobre, visto che contatteremo Namikawa nel corso di una di queste loro assurde riunioni.
Ma per me 14 giorni sono più che sufficienti e non mi serve altro.
Devo solo risolvere la questione delle morti dei criminali che Higuchi continuerà a giustiziare. E questo è il momento che stavo aspettando per poter accendere la miccia… Perfetto.

«Watari,» nel trambusto dell’organizzazione per salvare la pelle a Matsuda, Elle interpellò il suo fedele braccio destro, come nulla fosse «dovresti iniziare ad occuparti della realizzazione di quello che abbiamo stabilito finora.» le sue parole non stonarono assolutamente con quanto stava avvenendo e si stava organizzando in quella stanza, né sembrarono riferirsi a qualcosa di diverso.
E naturalmente nemmeno la risposta di Watari sembrò fuori luogo «Ho già provveduto, Ryuzaki, mi sono occupato personalmente di far partire il tutto.»
Peccato che nessuno dei due intendesse veramente riferirsi all’organizzazione del piano per salvare Matsuda, ma a tutt’altro.
Meraviglie del teatro, del regista e naturalmente delle parole.
Ottimo. La mail ad Higuchi è stata appena inviata…
Ora inizia la vera partita.

 
Che c’è?
Non vi sta bene che vi abbia fatto fare un salto di quasi tre mesi?
Da luglio a ottobre…
Ma sì che vi va bene, nel manga non avete battuto ciglio quando vi hanno fatto scorrere sotto il naso mesi e mesi di “buco” semplicemente voltando una pagina. Sarà che forse allora non ve ne siete nemmeno accorti perché nessuno si è mai preoccupato di ricordarvi le date? Be’, se è così, errore mio che ve le rammento sempre, queste date… E io che invece lo faccio tanto per essere gentile e farvi un favore…
Che ingrati…
Su su, che tanto non è successo niente di interessante e, le eventuali cose che vi stuzzicavano nella trama che conoscete bene, potete benissimo andarvele a rileggere o rivedere altrove.
Credo che l’unica differenza evidente che vi posso suggerire è che al momento Aiber e Wedy sono molto più presenti al quartier generale di quanto non lo siano stati nella storia che conoscete. Ma si tratta di dettagli…
Comunque, dove ero rimasto?
Ah, sì, il volo di Matsuda dal balcone.
Be’, ha “svolazzato” come un ferro da stiro, si è “schiantato”. E si è salvato. Punto.
Quindi ritorniamo al quartier generale, a distanza di poche ore dal suddetto “volo”.

 
I grossi monitor illuminavano la sala delle indagini, che però era nella penombra.
Era notte inoltrata. Misa, Aiber e Wedy erano tornati da poco nei loro alloggi. Mogi se n’era andato a casa per qualche ora, con l’ok di Elle, mentre il signor Yagami e Matsuda, seduti sui divani intorno al tavolino, non mollavano e arrancavano stanchi e sottovoce su una serie di scartoffie, senza ottenere grossi risultati.
Era tardi ed erano tutti affaticati. L’orario e soprattutto lo stress accumulato durante l’intensa operazione di soccorso del povero Matsuda pesavano gravemente su tutti. Sia sul piano psicologico che su quello fisico.
Su tutti tranne uno, ovviamente.
Light si era steso su un divano e la sua mente brillante aveva ceduto senza volerlo alla spossatezza ed era piombata nel sonno profondo dei “Giusti”. Un braccio si abbandonava penzoloni da un lato, tanto che il polso ammanettato gli si poggiava scompostamente sul pavimento. Da lì, la catena si svolgeva morbida e proseguiva adagiata al suolo per un po’, fino a che, all’altezza della sedia girevole, non si sollevava da terra, per raggiungere il sottile polso di Elle.
Elle, che come sempre se ne stava raggomitolato davanti alla scrivania dei monitor, con le spalle alla sala e ai suoi occupanti, e che a differenza di loro non era minimamente scosso per l’accaduto né tanto meno affaticato, cercava con attenzione di costruire la sua piramide di zollette di zucchero, succhiandone rumorosamente una. E per posizionare i cubetti candidi uno sopra l’altro, sollevava in modo goffo e teatrale le braccia, facendo tintinnare di continuo gli anelli della catena che lo legava indissolubilmente al suo più temibile nemico.
Finita la sua piramide, il grande detective diede un colpetto con l’indice alla zolletta che era in cima e rimase fisso a guardarla mentre se ne cadeva a terra, con lo sguardo spento ed annoiato.
«Watari,» se ne uscì poi con una voce flemme e bassa «i miei videogames…»
Matsuda e Soichiro Yagami si guardarono, ma l’ex sovrintendente fece cenno di non commentare per non innescare qualche frivola discussione del suo sottoposto.
Il Signor Wammy assentì dall’altro capo del microfono e dopo qualche minuto arrivò nella stanza, coperto in volto, per precauzione, come era avvenuto ogni volta che c’era stato anche Light e come quindi adesso avveniva sempre. Adesso che Light stava appiccicato a Ryuzaki ventiquattro ore su ventiquattro.
Elle ruotò la sedia girevole, agguantò il portatile che Watari gli porse e se lo poggiò sulle ginocchia raggomitolate. E rimase così, rivolto adesso alla stanza e ai suoi occupanti.
Senza dire una parola iniziò a smanettare sul suo I bite.
Matsuda, osservando il logo della meletta mordicchiata del retro del monitor di Ryuzaki, a quel punto sussurrò «Videogames?! Elle? Non lo capirò mai…»
Yagami senior, poco stupito, non raccolse e fece cadere il discorso, anche se probabilmente pensò che Matsuda, con tutti quei “Misa Misa!” e quelle uscite da gossip di secondo ordine, fosse la persona meno indicata per commentare l’occasionale e manifesto comportamento poco serio di Elle…
Tuttavia, sebbene giocare con i videogames sarebbe stato del tutto in linea con l’indole bizzarra del detective del secolo, Elle stava spulciando tutt’altro su quello schermo, che infatti era rivolto volontariamente solo verso i suoi occhi, occultato alle telecamere e a tutti gli altri in un modo e con un’angolazione che però all’apparenza sembravano del tutto casuali e disinteressati.
Su quello schermo infatti c’era un videogame, ma c’era anche il video in tempo reale di ciò che accadeva nello studio della casa di Higuchi, che naturalmente per il momento non era ancora stata presa di mira dalle indagini della squadra anti-Kira al completo e quindi “ufficialmente” non era in nessun modo sotto controllo. Ergo, nessuno doveva accorgersi di quello che Ryuzaki stava facendo.
E così Elle passava il tempo, in attesa che il dirigente senza scrupoli della Yotsuba rientrasse nella sua villa e sperando che decidesse di controllare la sua posta elettronica quella sera stessa. Lo sperava anche perché il bluff del videogioco non avrebbe potuto ripeterlo in pieno giorno, con tutta la squadra sveglia e in attività e con Light al fianco… Certo, sapeva benissimo che per tutto il resto del tempo ci sarebbe stato Watari a controllare e che comunque le telecamere posizionate in casa di Higuchi avrebbero registrato ogni cosa. Ma il suo ego e il suo divertimento gli facevano desiderare di poter vedere in diretta e in prima persona ciò che accadeva.
Quindi aspettava.
E la sorte volle che la sua sete e la sua attesa fossero soddisfatte: il dirigente senza scrupoli della Yotsuba entrò finalmente nello studio con lo Shinigami al seguito e controllò la sua casella e-mail personale…
Elle aguzzò lo sguardo, sgranando gli occhi curiosi e protendendo il collo.
Higuchi lesse attentamente il messaggio che gli era arrivato e, mano a mano che andava avanti, il suo sguardo si faceva sempre più teso e preoccupato. Quando ebbe concluso, tornò all’iniziò e rilesse integralmente la e-mail. Lo fece più di una volta, con una evidente agitazione nei movimenti e nelle espressioni del volto.
Imprecò.
Poi però tentò di ragionare un po’ e infine sussurrò «…È tutto ancora sottocontrollo. Devo solo blindare questa casa al più presto, per precauzione e come avevo già pensato di fare, e studiare bene la situazione. Anzi, dovrei ringraziare di aver ricevuto questo messaggio…» e sghignazzò malignamente.
E così iniziò a cercare sul web, tra le notizie di cronaca, vecchie e nuove, tra le più sperdute e nascoste che riuscisse a scovare, tra quelle riportate in tutte le lingue che riuscisse vagamente ad intuire, da tutto mondo. Lo fece a lungo.
Poi chiese «Rem, se staccherò le pagine del quaderno utilizzate finora e le incendierò, mi succederà comunque qualcosa? Gli omicidi delle persone i cui nomi ho intenzione di scriverci sopra adesso avverranno anche se eliminerò i fogli su cui li ho scritti e avverranno nei tempi che io ho riportato?»
Lo Shinigami rimase un po’ in silenzio, perché doveva rispondere in base ad una delle due false regole del death note inserite da Light e dovette rimuginare su quali risposte gli convenisse dare. Si chiese se quell’avvenimento potesse essere nocivo per la salvezza di Misa e soprattutto se le cose stessero andando secondo il disegno di Light. Ma in fondo Higuchi non avrebbe mai lasciato il quaderno completamente inutilizzato per più di 13 giorni, perché per lui anche quella falsa regola era vera, e questo era l’importante. Era tutto apposto.
E così lo Shinigami scelse la sua risposta «La regola prevede che chi ha toccato il quaderno morirà se il quaderno sarà reso “inutilizzabile”, bruciandolo o disintegrandolo in qualche modo. Quindi distruggendone soltanto alcune pagine ma mantenendolo perfettamente servibile nella sua interezza, non ti accadrà nulla. E ciò che vi è stato scritto avrà il suo effetto in ogni caso. Dal momento in cui un nome compare lì sopra, non c’è modo di sfuggire alla morte.»
Ma brava Rem… Ti fidi del piano di Light, copri le sue false regole e gli reggi il gioco… pensò Elle dietro al suo monitor.
Quindi Higuchi prese il quaderno, lo aprì e iniziò a scrivere, fittamente e con attenzione… E quando ebbe finito, ne staccò tutte le pagine utilizzate e le arse con la fiamma di un accendino. Ne staccò poi un foglio, richiuse il quaderno e disse soddisfatto «Così, anche se lo dovessero trovare, questo per tutti sarà un semplice quaderno… E fra un massimo di 12 giorni, non mi resterà che scrivere, al sicuro e in un qualche luogo isolato, il nome di un altro criminale sperduto del mondo sul foglio che ho staccato e che brucerò un attimo dopo…»
Elle sorrise appena, Perfetto, ha sufficiente cervello per intuire e mettere in pratica la sottospecie di scappatoia accettabile ventilata nella mail. Ha mangiato la foglia, con tutto il ramo direi. È più stupido di quanto avessi sperato… La mail che ha ricevuto faceva acqua da tutte le parti… Del resto non sono tutti come Light Yagami.
Elle chiuse la diretta e tornò al suo videogame. Aveva visto ciò che doveva vedere e non aveva bisogno di altro Domani Watari toglierà le telecamere da quella villa, così, quando Higuchi vi installerà un sistema di sorveglianza superiore, la troverà pulita e il bluff sarà perfetto: secondo “copione”, a un certo punto Wedy proverà a mettere sotto osservazione la casa, non ci riuscirà proprio per via di quei sistemi di sicurezza articolati e la squadra anti-Kira non potrà mai intrufolarsi nella villa del nostro terzo Kira. Esattamente come recita il racconto di Emma. Esattamente come recita la sceneggiatura di Death Note.
E sorrise di nuovo, in quel modo sfuggente ed ambiguo, Sì, credo proprio che mi sarebbe piaciuto come manga…
 
Nel tardo pomeriggio del 4 di novembre…
 
Sì sì, un altro piccolo salto in avanti.
Devo ammettere che in questa occasione ho un po’ barato e ho tradito l’assunto dal quale ero partito quando ho iniziato a raccontarvi tutto e cioè il fatto che vi avrei riportato i fatti che avevo visto senza sapere io stesso gli avvenimenti che sarebbero seguiti. Insomma, mi mettevo lì a guardare cosa succedeva, poi a un certo punto mi fermavo e vi narravo il passato, ignaro del futuro…
Ma questa volta so perfettamente cosa accadrà domani.
Eh eh eh… Questa volta lo so semplicemente perché ho già dato una sbirciatina a quel fantomatico 5 novembre, avvantaggiandomi coi tempi rispetto a voi. E naturalmente ripromettendomi di raccontarvi tutto dopo, come farebbe un canonico e rispettabile Narratore che conosca quindi la conclusione della vicenda che sta narrando fin dal momento in cui ha iniziato a raccontarla.
Non ci state capendo nulla? Ma pensateci bene: in fondo cosa fa un Narratore se non osservare con attenzione una vicenda che si sta svolgendo in un’altra dimensione per poterla poi raccontare ad un avido uditorio nel momento in cui quella vicenda è ormai conclusa? Gli ascoltatori e i lettori sono sempre un passo indietro per il fatto stesso di essere tali e non possono farci proprio nulla, devono rimanersene nella loro ignoranza, sorbendosi la malignità e i tranelli del narratore con cui si trovano ad avere a che fare, che cercherà in tutti i modi di deviarli o comunque di affabularli con la sua abilità e dall’alto della sua onniscienza.
Trovate che il mio operato sia così diverso da quello che vi ho appena descritto e che è la normalità?
L’unica differenza in questo senso è consistita nei tempi: io semplicemente non ho atteso che la vicenda si concludesse prima di raccontarvela, a parte questa sbirciatina fuori programma. Be’, poi c’è la questione “Emma”, che ha aggiunto la suspance che cercavo a ciò che stavo osservando… Ma non vi tedierò oltre per il momento.
E dovreste ringraziarmi per la sbirciatina. Vi ho risparmiato così un sacco di eventi inutili.
Quindi…

 
Nel tardo pomeriggio del 4 di novembre, Elle era raggomitolato come suo solito su uno dei divani della sala operativa del quartier generale, davanti ad una coppa piena di macedonia sommersa di zucchero in attesa di essere gustata, e leccava con scrupolosità la vaniglia del cono gelato che teneva miracolosamente in bilico dal basso, solo col pollice e l’indice, fissando con lo sguardo annoiato lo Shinigami che aveva di fronte.
Light, o meglio, il “risorto” Dio del futuro Nuovo Mondo, si dava da fare con tutto se stesso per la prosecuzione delle indagini della squadra e per la realizzazione dei suoi fini di “Giusto Rinnovamento” e parlava, parlava, parlava… «…indagheremo su tutti i decessi avvenuti fino alla morte Higuchi, quindi… »
Già.
Elle aveva permesso che Light uccidesse il Kira della Yotsuba. E l’aveva permesso senza battere ciglio.
Aveva lasciato agire il suo rivale nell’elicottero, in modo indisturbato. E naturalmente il giovane Yagami aveva scritto “di nascosto” il nome di Kyosuke Higuchi su quel frammento di quaderno contenuto nell’orologio. Già, “di nascosto”…
Ma questo non scuoteva minimamente Elle, che proseguiva a passare la lingua sul suo gelato e sembrava percepire appena in sottofondo la voce di Light, che seguitava con i suoi propositi di indagine «… quindi indagheremo su tutte le morti avvenute nel Kanto dalla comparsa di Kira…»
Ryuzaki ingoiò placidamente la vaniglia cremosa «Mhm…» si leccò avido le labbra «…“su tutte le morti avvenute nel Kanto dalla comparsa di Kira”…» ripetè l’ultima affermazione di Light, mostrando così per l’ennesima volta di non essere affatto “assente” come voleva sembrare «…Light, ho liberato Misa Amane qualche giorno fa, scusandomi per tutto quello che entrambi avevate passato finora…» recuperò golosamente con la lingua un altro ricciolo di gelato «Ma sappi che se gli omicidi riprenderanno riterrò te direttamente responsabile.» concluse senza smettere di fissare Rem.
Il silenzio piombò nella stanza e tutti si voltarono verso il detective, che solo allora spostò lo sguardo sul suo cono e proseguì le operazioni intorno ad esso.
Matsuda fu il primo ad esplodere «Ma cosa stai dicendo, Ryuzaki??!! Cosa avrebbe a che fare Light con gli eventuali omicidi che riprenderanno? Sul quaderno c’è la regola dei tredici giorni che lo scagiona e anche tu eri d’accordo nel discolparlo completamente! E comunque, semmai, dovremmo dubitare di Misa Misa, è lei che è ritornata in piena libertà, mentre Light è sempre qui con noi!!»
Elle rispose «Matsuda, lei quindi ritiene che nel caso della Amane la regola dei 13 giorni possa essere in qualche modo aggirata solo perché la ragazza adesso è più libera di agire rispetto al nostro giovane Yagami e quindi in grado di commettere gli omicidi come Kira, mentre  pensa che nel caso di Light la stessa regola lo scagioni ancora del tutto…» si grattò la nuca come spaesato «Mi sta forse dicendo che quindi sospetta della Amane?» e ritornò con lo sguardo sornione e fermo su Rem.
Lo Shinigami fissò il detective del secolo con un’espressione indecifrabile sul volto tetro.
Mentre Matsuda tirò fuori una faccia presa alla sprovvista e imbarazzata «Ma no… Io non…»
E Ryuzaki proseguì «Misa Amane è una promettente attrice e modella, o quello che è, e col suo bel corpicino non posso negare che per qualunque uomo in possesso di una sana quantità di testosterone in corpo sia difficile accusarla. Ma indipendentemente da questo, la nostra idol di punta non ha comunque le capacità per essere Kira. Mi spiegherò meglio. È chiaro a tutti che ci sono due quaderni. Tuttavia, su quello ora in nostro possesso e utilizzato da Higuchi, sono state staccate delle pagine, evidentemente per precauzione del dirigente della Yotsuba. Non potendo controllare e confrontare la sfilza di nomi che in esso dovrebbero invece comparire, non possiamo stabilire a quale dei due Kira appartenesse questo death note.» Elle continuava a fare ragionamenti alternativi, inutili per le indagini “collettive”, ma fruttuosi soltanto per la sua realistica sceneggiata «Gli unici nomi che vi compaiono sono quello di Taro Matsui, lo pseudonimo di sicurezza di Matsuda, e quello dell’agente della polizia che aveva fermato Higuchi per eccesso di velocità durante la sua folle corsa in macchina per raggiungere la Sakura tv. Higuchi però in quel momento non poteva conoscere in nessun modo il nome del suddetto poliziotto che lo stava trattenendo, quindi immagino che fosse in possesso del potere di uccidere solo conoscendo il volto. Inoltre, il dirigente della Yotsuba non mi sembrava spiccare per l’eccelso acume della sua mente. Quindi, sempre che egli non fosse un terzo Kira, sono propenso a ritenere che potesse essere il secondo Kira, cioè quello meno sveglio e col potere di uccidere solo attraverso la conoscenza del volto. Perciò, per esclusione e secondo questa ipotesi… dovrei pensare che Misa Amane sia Kira? Intendo il “primo” Kira? No, lei al massimo è una succube pedina e non è Kira. O perlomeno…»
Light si infilò con pacatezza nella discussione, continuando la frase di Elle «… O perlomeno non è il Kira che conta, quello che tutti abbiamo voluto catturare fin dall’inizio, quello che regge i fili. Io credo che Ryuzaki volesse intendere questo, Matsuda. E penso che se io fossi al suo posto penserei la stessa cosa… Per questo ha detto che eventualmente non riterrà Misa come principale responsabile e che il suo obiettivo più importante sarà qualcun altro…»
I due rivali riuscivano incredibilmente a parlare la stessa lingua.
E infatti fu Elle a riprendere di nuovo il discorso e a completarlo «Sì, qualcun altro. E cioè tu, Light.»
Era un gioco sottile il loro, fatto di bugie, provocazioni, ambigue intese e competizione. Era una partita che nessuno, tranne loro due, poteva seguire, tanto meno l’irreprensibile ex-sovrintendente  Yagami, che, dall’alto della sua bontà e del suo puro senso della giustizia e dei sentimenti, non avrebbe mai potuto comprendere i fini ingannevoli di due carogne come Elle e Light.
E infatti fu proprio Soichiro a parlare «Light, non pensarle neppure cose del genere! E tu, Ryuzaki… tu… tu sospetti ancora di mio figlio, nonostante tutto e nonostante tu l’abbia liberato...»
Elle guardò allora il padre di Kira, con ingenuità «Non mettetemi in bocca cose che non ho detto.» disse come in imbarazzo «Io mi sono solo limitato a comunicare che i miei sospetti ricadranno su Light in un eventuale futuro e comunque solo “se” gli omicidi riprenderanno. Quindi non capisco tutta questa tragedia… La mia era solo una lontana ipotesi.» e riprese a leccare il suo gelato golosamente.
Ma Light continuò, rivolgendosi al padre «Papà, non temere… Io voglio andare fino in fondo…»  e intanto pensava… Avevo considerato che Ryuzaki avrebbe potuto insinuare questo tipo di discorso… Il piano A non è attuabile. Mi dedicherò al B... di sottecchi gli angoli delle sue labbra si sollevarono e gli occhi si affilarono in un lieve sorriso inquietante… mi basterà dire a Misa di non utilizzare per il momento i fogli del death note che ha dissotterrato nel bosco e di non uccidere assolutamente nessuno. Ci vorrà solo un altro po’ di pazienza. Ma il Nuovo Mondo è vicino… «… e non bisogna tralasciare nessun dubbio o stranezza. E in proposito stavo per dirvi qualcosa: nelle morti dei criminali giustiziati da Higuchi durante le sue ultime settimane di vita, c’è qualcosa di strano… Avevo iniziato a notarlo dall’inizio, ma con scarsa convinzione. Comunque, i decessi si sono in effetti spalmati nel tempo in modo equilibrato, a distanza di un massimo di sei giorni l’uno dall’altro, ma i soggetti sono sospetti… Devo ancora finire di studiarli caso per caso, ma per il momento sembra che il Kira della Yotsuba avesse deciso di cambiare il raggio d’azione, andando a colpire esclusivamente i malviventi estranei al Giappone. Da un certo momento in poi infatti, ha giustiziato solo i delinquenti del resto del mondo, andando a colpire in alcuni casi anche parti sperdute e sconosciute di esso. Fin qui non ci sarebbe nulla di sospetto, essendo Kira capace di uccidere chiunque. Però, non trattandosi di eventi vicini, quindi facilmente noti e rintracciabili, è più complicato per noi stabilire il momento in cui i nomi e i volti di questi criminali esteri siano stati resi pubblici per la prima volta sul web o sui notiziari del paese in cui il malvivente agiva… Insomma, non è chiaro perché Higuchi abbia agito così e soprattutto non so ancora dire se c’è la possibilità che questi omicidi siano stati premeditati tutti insieme e quindi magari scritti sul quaderno nello stesso momento. E naturalmente non sono in grado di stabilire questo ipotetico momento. Almeno per ora… Se quelle pagine non fossero state strappate, adesso lo sapremmo e non ci sarebbe alcun dubbio…» quel genio di Higuchi avrà avuto paura e si sarà voluto coprire le spalle e quell’idiota di Rem non avrà saputo tamponare la situazione perché non ne avrà compreso le implicazioni, ma fortunatamente questo non è un problema, anzi «…Ma credo che…»
Anche Light, naturalmente, si adeguava alla situazione e improvvisava idee brillanti e atteggiamenti veritieri di fronte agli avvenimenti che si stavano svolgendo in modo leggermente diverso da come aveva pianificato. Gestire egregiamente le variabili faceva parte delle sue superiori capacità.
Fu interrotto dal suono del citofono e dalle esclamazioni di tutti. La figurina di Misa era ora sullo schermo, ripresa dalle telecamere dell’atrio del grande grattacielo. Era venuta a trovare Light.
E ad Elle non poteva che andare bene. Perfetto. Proprio al momento giusto…
E mentre tutti incitavano il giovane Yagami a non far attendere le “signore”, Elle iniziò a rivolgersi con noncuranza a Rem «…Shinigami, mi dice perché ha dato il quaderno a Higuchi?»
Il Dio della morte fissava il monitor gigantesco con Misa che aspettava. E la sua bocca mostruosa si socchiuse appena, mostrando i denti appuntiti, mentre la sua mente sovrumana si turbava… Ryuk… Perché è insieme a Misa? Light Yagami… Lo scambio del quaderno tra Ryuk e me… Non può essere! Mi ha fregato! Bastardo… Misa ha di nuovo dimezzato la sua vita… facendo lo scambio degli occhi con Ryuk!
Light uscì dalla stanza per andare incontro alla sua biondina…
E mentre gli altri erano distanti e presi dalle chiacchiere e dai commenti per la visita della Amane, Elle si guardò bene la reazione di Rem e poi indisturbato continuò in libertà il suo discorso con lo Shinigami «…Dal suo silenzio immagino non possa rispondermi a questa domanda… Comunque…» sgranocchiò la cialda del cono «Questa storia del quaderno mi incuriosisce… Mi chiedo se possa dare la felicità… O perlomeno una felicità fittizia… Che senso avrebbe possederne uno se così non fosse…?»
Il Dio della morte si voltò verso il detective non appena sentì nominare la parola “felicità” connessa al quaderno…
Ryuzaki, masticando rumorosamente il cono, continuò imperterrito ad esporre a Rem le sue domande, che però sembravano più che altro ragionamenti a voce alta «…e poi c’è la questione della “possessione”… Chi tocca un quaderno ne è in qualche modo posseduto? Io l’ho toccato in effetti, però non mi sento affatto diverso da prima… Mhm… Light Yagami invece ha degli atteggiamenti appena diversi… A giudicare da come si comportava sinceramente e premurosamente con Misa prima e da come invece si comporta ora che l’ha toccato… Be’, io non sono la persona più adatta a giudicare certe cose, né posso dire che Light ora sia scontroso con lei, anzi… ma adesso c’è qualcosa di finto e freddo in lui…»
Lo Shinigami taceva e continuava a pensare Ma dove vuole arrivare? Sembra che non ne capisca nulla e stia facendo domande a casaccio, eppure pare insinuare qualcosa… Dovrei credere che, se non esistesse nessun quaderno, Light sarebbe più legato e attento a Misa, che la proteggerebbe con convinzione e sincerità, mentre ora che ha ricordato tutto la difende solo perché io l’ho minacciato di morte? A causa sua, lei si è dimezzata la vita di nuovo…
Ma Elle stava semplicemente lanciando in modo vago e completamente inoffensivo gli input che voleva far giungere al Dio della morte, cercando di fare perno contemporaneamente sulla sua intelligenza, la sua sensibilità e naturalmente anche sulla sua stupidità.
E facendo questo, rischiava…rischiava grosso…
Elle si stava muovendo su una lama sottile e affilatissima «…Su Misa Amane invece non posso fare grandi considerazioni: è follemente innamorata di Light, punto, e la sua felicità è stare con lui, immagino. E poi in verità lei non ha toccato il quaderno…Perlomeno non ha toccato questo quaderno qui, adesso. E quindi…Be’, è assodato ormai che il potere di un death note possa passare da una persona all’altra, perciò se ci fosse una sorta di “possessione” e se i ricordi svanissero una volta perduta la proprietà del quaderno… sarebbe veramente molto difficile ottenere una giustizia severa… Quando entra in gioco la perdita della memoria, legalmente ci si appella a una forma di incapacità di intendere e volere. Sarebbe difficile un qualunque processo contro un imputato del genere…»
Parla come se sapesse qualcosa e insinua cose strane… Cosa sta dicendo? Mi sta suggerendo che Misa se la caverebbe, che non morirebbe, che non sarebbe condannata a morte… Questo Elle non mi piace, è infido… Perché mi sta dicendo queste cose, a quale bieco scopo…?
Ma Ryuzaki proseguiva con i suoi collegamenti mentali a voce alta, o perlomeno a voce sufficientemente alta da essere sentita dal Dio della morte, ma non tanto alta da arrivare alle cimici della stanza e ai componenti della squadra anti-Kira, che lontani da quel divano continuavano a parlare tra loro, guardandosi la scenetta di Light e Misa di nuovo insieme nell’atrio del quartier generale.
Ed Elle continuava «…Suppongo che voi Shinigami non possiate aiutare l’essere umano cui siete collegati, insomma, che non possiate uccidere per lui, perché in tal caso non avrebbe senso che l’essere umano in questione abbia un quaderno tutto suo, perchè gli basterebbe avere voi ai suoi ordini… E dubito che un Dio possa essere agli ordini di un umano. Senza contare che a un Dio della “morte” non dovrebbe interessare assolutamente nulla della “vita” di un umano, quindi di aiutarlo a “vivere”, diciamo così. Giusto?» si chiese alla fine candidamente.
No, Elle, uno Shinigami non può uccidere una persona la cui morte allunghi la vita di un essere umano cui lui si è affezionato. Se lo farà morirà, come è accaduto a Jealous… e allora Rem parlò «Tu, umano, stai facendo domande e stai ragionando su cose che non potresti mai comprendere.»
Elle si grattò la nuca «Sì, temo di sì… Sono inguaribilmente curioso e interessato ai rebus difficili e senza dubbio la vostra forma di vita, se di vita si tratta, mi stuzzica parecchio. Tuttavia non sto “chiedendo”, sto solo pensando a voce alta… Però mi piacerebbe mostrarle qualcosa…» e si protese vistosamente in avanti, verso l’angolo del basso tavolino di fronte a lui, e arraffò un foglio che sembrava “casualmente” seppellito sotto una catasta di faldoni e di altri fogli simili «…e mi piacerebbe anche sapere una cosa: i colori contano qualcosa, voglio dire, il bianco e il nero sono collegati a qualcosa, per esempio al sesso? Insomma, ad esempio, lei, Rem, è uno Shinigami femmina, mentre lui è maschio o viceversa?» e spostò le pupille nere verso il monitor, su cui imperava l’imponente figura di Ryuk alle spalle di Misa abbracciata a Light.
Elle poteva vedere anche Ryuk…
Com’è possibile?
Elle non lasciò a Rem il tempo di pensare nulla e si affrettò a buttargli addosso il seguito del discorso «Questo che ho in mano è solo uno dei fogli che Misa ha portato via con sé e che appartengono al death note che lei ha disseppellito nel bosco questa mattina. Il death note è ancora lì, sepolto. A me è bastato accedere solo un’ora fa nel suo appartamento, scovarli e prenderne uno. Questo è uno dei fogli che lei ha staccato per volere di Light e che lui vuole che lei usi, da oggi in poi. Misa riprenderà ad uccidere i criminali. Farà le veci di Kira, attirerà su di sé tutti i sospetti, divenendo l’indagato numero uno, mentre lui se ne starà sempre qui, immune da ogni accusa o ombra. Questo è il disegno di Light, sempre che le mie parole di poco fa non gli abbiano fatto cambiare idea.»
Elle aveva posizionato dei localizzatori e dei microfoni all’interno dei cellulari di Misa ed aveva individuato il punto preciso del bosco in cui era stato seppellito il quaderno. Ma il detective aveva cautamente evitato di avvicinarsi a quella radura sotto il grande albero ed il quaderno era ancora lì, intatto e sepolto, almeno per il momento. L’importante era sapere dove fosse e che ci fosse…
È vero? È così? Sì… Elle può vedere Ryuk e quello è veramente un foglio del quaderno sepolto nel bosco! Maledetto Light Yagami! Cosa volevi fare? Forse che… forse che volevi che io uccidessi Elle per te, solo per salvare la vita di Misa che a causa tua sarebbe diventata la sospettata numero uno? Misa, che ha ancora pochi anni di vita davanti a sé solo per tua responsabilità! Però Elle prima ha detto che, in ogni caso, se gli omicidi sarebbero ripresi, lui avrebbe ritenuto responsabile Light… Ha anche detto che in ogni caso Misa non sarebbe stata condannata, che non avrebbe avuto un processo severo… Elle, piccolo umano calcolatore, cosa vuoi da me? Come fai a sapere queste cose? Qual è il tuo infimo obiettivo? Sembra che tu stia dalla parte di Misa, ma finora hai in mano delle prove che potrebbero far condannare soltanto lei e non Light! Quando hai intenzione di usarle? Adesso? Bastardo!
Sì. Elle stava rischiando grosso. Stava rischiando veramente troppo…
Ryuzaki bloccò l’inarrestabile e controverso flusso di pensieri di Rem, rivolgendolesi in modo molto diretto, abbandonando le formalità del “lei” e le parole accurate «Uccidermi non ti servirà a nulla. È tutto documentato, ci sono diverse copie delle prove che ho raccolto. Se non sarò io a incastrarla, sarà qualcun altro. Qualcun altro che tu non conosci. E questo qualcun altro la incastrerà qui, in Giappone, dove la pena capitale è perfettamente legale.» si infilò con cura nella tasca il foglio di quaderno che ancora teneva in mano «Ho posizionato le telecamere in modo che non abbiano ripreso questo punto della stanza. Nessuno potrà ricostruire questa nostra conversazione, Rem. E tra poco Light risalirà. Ragiona su questo: se io morirò, finirà male. Credi che la polizia giapponese o chi mi succederà penserà di tutelare la vita dei due Kira quando li prenderà? Pensi che qualcun altro, oltre me, penserebbe di giudicarli in modo poco severo? Potresti anche uccidermi in questo istante, ma la mia morte non allungherebbe la vita di Misa, perché non sono io che voglio condannarla alla forca. Anzi, si potrebbe anche dire che ammazzarmi accorcerebbe indirettamente la vita di Misa. Perché se non sarò io a prenderla, lei morirà. Potrai quindi scrivere il mio nome sul tuo quaderno liberamente, senza morire tu stessa. Ma facendo così, ti ritroverai a combattere con “nemici” diversi da me, che non penseranno proprio a tutelare la vita di imputati colpevoli, e così, se vorrai uccidere anche loro, a quel punto moriresti anche tu, condannando anche la tua piccola biondina innamorata. Sei libera di scegliere, Rem. Puoi fidarti di me o di Light Yagami. Uccidimi pure a cuor leggero, perché tu non morirai per questo e potrai restare al fianco della tua Misa fino a che non le metteranno il cappio intorno al collo.»
Come fa a sapere come uno Shinigami può morire? Se lo uccidessi non morirei, perché non allungherei la durata vitale di Misa Amane, anzi, la accorcerei perchè lui non ha intenzione di farla ammazzare, ma chi lo succederà sì… E dovrei fidarmi di uno come lui, di uno che ragiona allo steso identico modo di quel bastardo di Light Yagami? Questi due sono sulla stessa lunghezza d’onda! Mi sta mentendo… E poi perché mi sta dicendo queste cose? Sembra che sappia tutto, ma non può conoscere queste cose… Eppure… Se le cose andassero storte, se Misa venisse catturata e incolpata, sembra che Elle sia la mia unica garanzia per non farla condannare a morte, per non farla morire… Ma lui potrebbe incolparla già adesso!
Light Yagami e Elle, io non mi fido di nessuno dei due! Siete entrambi degli ignobili calcolatori capaci di qualunque cosa pur di raggiungere i vostri fini reconditi! Il disegno di quale dei due salverà veramente Misa dalla morte? Maledetti…

Rem si avvicinò all’improvviso al viso di Ryuzaki, che sollevò il capo per guardare in faccia l’enorme Dio che ora lo sovrastava.
Il movimento fece voltare i componenti della squadra che si allarmarono «…Ehi…Ma che…?» esclamò qualcuno, facendo qualche passo avanti.
E allora Rem, fissando negli occhi Elle, gli sussurrò brevemente in modo solenne «L Lawliet…» fece una pausa, fissando il nero profondo degli occhi di Elle, che non batté ciglio e rimase immobile, con quello sguardo glaciale e ardente al contempo, incatenato allo sguardo dello Shinigami.
Si fissarono intensamente.
Nessuno lo aveva più chiamato in quel modo, da ormai più di vent’anni.
E poi lo Shinigami continuò «Ricorda bene: i miei comportamenti non rispondono a niente e a nessuno, possono essere privi della logica o del buonsenso noti a voi umani, possono essere completamente irrazionali e folli. Perché io sono un Dio. E la follia di un Dio non è comprensibile. Mentre tu, Elle, sei soltanto un miserabile e abietto essere umano e non hai la più pallida idea di ciò con cui stai giocando. Fai molta attenzione.»
Il volto di Ryuzaki era di pietra e i suoi occhi scuri brillavano ed esprimevano in silenzio la rabbia e la lotta interna che lo smuovevano in quel momento. Quegli occhi sfidavano e nello stesso tempo rispettavano lo Shinigami.
Elle sapeva benissimo che si stava giocando tutto.
E lo sapeva proprio perché aveva a che fare con un Dio.
Lì, su quel campo, la sua logica non poteva vincere. E per questo era arrabbiato, perché la sua sfida era stata impari fin dal primo momento.
Lì, bastava una virgola o un alito di vento di troppo e l’irrazionalità ultraterrena avrebbe colpito e fatto inevitabilmente centro. E per questo aveva rispetto.
«Va tutto bene. Stiamo solo parlando. Vero, Shinigami?» disse infine Ryuzaki per calmare gli agenti.
Gli scorrevoli dell’ascensore si aprirono e Light avanzò nella stanza, con la sua andatura diritta e sicura.
E percepì per un istante la tensione che aleggiava, la tensione fra il detective e il Dio della morte…
Elle allora posò lo sguardo sulla coppa di macedonia che era poggiata sul tavolino davanti a lui e che non aveva ancora toccato.
Prese il lungo cucchiaino, sollevò uno spicchio di mela e lo ingoiò.
 
 
 
Noticina: i “pupi” sono le marionette siciliane ed il “puparo” è colui che ne tiene i fili. L’opera dei Pupi fa parte della tradizione siciliana e racconta le gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini.
 
Eccomi qui, solo stamattina sono riuscita a rileggere e correggere il capitolo nuovo, perché la settimana passata sono sempre tornata la sera molto tardi, sfinita… E adesso mi ritrovo a pubblicare senza nemmeno aver finito di rispondere alle recensioni del vecchio capitolo… :( Era una cosa che non avevo considerato e me ne dispiace tantissimo!! Accorciando i tempi di pubblicazione non avevo proprio pensato alle recensioni, che contro ogni mia aspettativa sono invece giunte bellissime e abbondanti (almeno per me), rendendomi felicissima e sgomenta!!! Grazieeeeeeee!!! *__*
Ho voluto comunque pubblicare, confidando nella vostra pazienza: sapete che vi risponderò!! Lo faccio SEMPRE! Adesso devo scappare, ma stasera cercherò di continuare a replicare ai bellissimi commenti rimasti in sospeso!
Per fortuna per voi non ho nemmeno modo di dilungarmi troppo con le mie paure ;D
Quindi, accantonando la rischiosa newentry dei pensieri di Rem (aaaargh °__°), so che questo è un capitolo senza Emma, come ce ne sono stati altri. So che ad alcuni sarà importato poco di questa assenza, mentre per altri essa sarà stata strana o deludente… Spero che abbiate comunque apprezzato questo capitolo “investigativo” e il suo modesto intreccio, spero che teniate a mente che la mancanza di Emma era inevitabile, anche perché la protagonista di questa storia non è soltanto lei. Nel mio continuo desiderio di voler omaggiare L, non avrei mai potuto relegarlo a mera “spalla” di un’unica nuova protagonista. L non è la spalla di nessuno, almeno secondo me, ed agisce da solo, da vero protagonista.
Spero che anche non essendo d’accordo possiate comprendere il mio punto di vista e spero soprattutto di non avervi deluso con una inevitabile pallida rivisitazione di un personaggio e di manga/anime che in sé sono perfetti e meravigliosi. Spero che almeno il tutto risulti dignitoso. Ho rischiato anche io, costruendo la vicenda così parallela all’originale, cosciente che in questo modo la mia modesta rivisitazione sarebbe stonata molto di più. Ma pazienza, corro il rischio e nel frattempo mi sono divertita, voglio vederela così ^_^
Adesso devo fuggire!!
Il prossimo capitolo potrà arrivare tra l’11 e il 13 di giugno, solo perché dalla metà della prossima settimana non sarò in Italia per qualche giorno. Non mancano esattamente 10 gg, ma ci siamo vicini ^^
Vista l’assenza di Emma, lascio qui un disegno che la ritrae. È stato fatto da Hanny parecchio tempo fa. Io lo trovo molto bello!!! *__*
Grazie Hanny!!!
E grazie a tutti coloro che mi leggono, mi continuano ad aggiungere nelle storie preferite, mi recensiscono!! Saprò rispondervi e ricambiare, non disperateeeeeeeeeeee!!!
Volo via adesso!
 
Per chi ci sarà, ci vediamo fra 10 giorni o giù di lì ^_^
 

Eru


  

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Capitolo 40
*** 40. Cinque novembre ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

40. Cinque novembre


(Dal capitolo precedente)
Gli scorrevoli dell’ascensore si aprirono e Light avanzò nella stanza, con la sua andatura diritta e sicura.
E percepì per un istante la tensione che aleggiava, la tensione fra il detective e il Dio della morte…
Elle allora posò lo sguardo sulla coppa di macedonia che era poggiata sul tavolino davanti a lui e che non aveva ancora toccato.
Prese il lungo cucchiaino, sollevò uno spicchio di mela e lo ingoiò.
E poi ricominciò il suo bluff, modulando pacatamente il tono della voce e assumendo di nuovo quella sorta di freddezza formale nei confronti dello Shinigami, e intraprese un discorso innocuo, innocuo rispetto ai precedenti «Questa pagina del quaderno omicida è stata strappata.» disse serio a Rem, prendendo accuratamente in mano il death note e conscio che ora tutti stavano prestando attenzione a lui, a differenza di poco prima «È possibile uccidere anche scrivendo su un frammento di esso?».
Il Dio della morte diede una risposta molto vaga. Ancora più vaga di quanto sarebbe stata se non fosse appena avvenuta quella incandescente conversazione “segreta” tra lei ed il subdolo detective.
Ora lo Shinigami era ancora più sull’attenti. Si trovava in una dubbia posizione. Stava nascondendo delle cose ad Elle e contemporaneamente ne stava omettendo delle altre a Light.
Entrambi i giovani umani calcolatori avevano un piano ben preciso ed entrambi, seppure con modalità e motivazioni differenti, tentavano di vincere e di salvarsi la pelle, cercando di usare lo stesso mezzo: ora non c’era più soltanto Kira, ora tutti e due volevano manipolare il Dio della morte per mezzo della loro intelligenza.
Quei due umani senza scrupoli avevano cercato di raggirare e portare dalla propria parte un essere che era immensamente più potente di loro.
E Rem era stata inevitabilmente portata da Ryuzaki ad avere i piedi in due staffe, a fare una sorta di doppio gioco.
Il detective si era insinuato ambiguamente nei pensieri del Dio della morte, in un particolare momento, facendo leva sulla reazione che lo Shinigami aveva avuto in seguito alla scoperta di quanto Light aveva previsto nel suo infido e ingannevole piano e quindi sfruttando la delusione, la tristezza e la rabbia che Rem aveva provato nello scoprire quanto Misa fosse stata danneggiata dal disegno senza scrupoli del suo stesso “amato”.
Quello che il detective aveva innescato ora nella mente ultraterrena e imprevedibile del Dio era una semplice e fondamentale domanda: quale dei due umani, alla resa dei conti, avrebbe “veramente” tutelato Misa?
E così nel giro di una diecina di minuti Elle era passato da nemico giurato e incontestato, da pericolo numero uno, ad eventuale e inaspettata ancora di salvezza…
Sebbene lo Shinigami non si fidasse affatto di lui, continuasse a considerarlo una minaccia e fosse perciò un’autentica mina vagante in grado di esplodere alla minima vibrazione della propria sensibilità e della propria intelligenza limitata, era innegabile che il nuovo punto di vista di Rem nei confronti del detective rappresentava una differenza fondamentale. Era un elemento che cambiava le carte in tavola.
E adesso bisognava solo osservare quale evento avrebbe scatenato nel Dio quella vibrazione, facendo pendere l’ago della sua bilancia da una parte piuttosto che dall’altra.
E la posta in gioco era la vita.
Elle si rivolse a Light, senza guardarlo e masticando «Hai fatto presto, Yagami.»
Light rispose gravemente «Il caso Kira non è risolto, Ryuzaki. Non posso essere dell’umore adatto per un appuntamento… Piuttosto, mentre risalivo in ascensore stavo pensando una cosa…» ed ecco che anche le pedine di Kira iniziavano a disporsi… «Chi ha ucciso Higuchi?»
Lo sguardo di Elle si fece profondo e si volse con lentezza verso il suo interlocutore.
E Light proseguì «Insomma, è assodato che ci sono due quaderni, quindi dobbiamo ipotizzare che Higuchi sia stato ucciso dall’altro “Kira” per precauzione, perché non parlasse… Ma chi poteva sapere che noi in quel momento lo avevamo arrestato?»
Elle era sempre più attento.
E lo era perché la miccia era stata innescata in tutti i sensi.
Quelle parole del suo rivale dimostravano senza ombra di dubbio che la trama del manga era cambiata e per la prima volta era cambiata “pubblicamente”.
E naturalmente Light si era adeguato alle nuove circostanze, con la sua mente superiore, modificando verosimilmente i suoi piani in modo arguto…
Adesso iniziava la vera partita. Adesso Elle si ritrovava di nuovo a combattere contro l’ignoto. Da quel momento in poi nessun evento sarebbe più stato “scritto” e ogni cosa avrebbe seguito un’evoluzione diversa.
Adesso si giocava di nuovo sul serio.
E quindi Ryuzaki si mise sulla lunghezza d’onda di Light e gli rispose «Se Higuchi era il secondo Kira, come credo possibile al 70%, ...» …naturalmente il gioco prevedeva anche una buona dose di menzogne… «…la prima ipotesi è che sia stato ucciso da Kira, intendo dal primo Kira. E riguardo l’identità di quest’ultimo, dobbiamo escludere i poliziotti che ci hanno aiutato nell’arresto del dirigente della Yotsuba, perché, sebbene all’inizio Kira abbia certamente attinto informazioni dal database della polizia e sebbene soltanto a noi e agli agenti presenti fosse noto l’arresto di Higuchi, i controlli fatti in passato hanno portato ad escludere qualunque coinvolgimento delle forze dell’ordine. Light, sai bene che il cerchio si chiuderebbe alla perfezione se Kira fossi tu, ma non mi va di ripetermi, né di venire di nuovo alle mani con te per questo discorso. Quindi la seconda ipotesi che vorrei chiarire è…»
Light si intromise «…È la stessa ipotesi che vorrei chiarire io. E nemmeno a me va di picchiarti di nuovo, Ryuzaki.» aggiunse in coda.
Elle continuò a guardarlo, portandosi alla bocca un altro pezzetto di frutta carico di zucchero «Vedo che come sempre andiamo d’accordo.»
Light non raccolse la provocazione e deciso si voltò verso lo Shinigami «La seconda ipotesi è che sia stato uno Shinigami ad uccidere Higuchi. Lei, Rem, crede che questo sia possibile? Insomma, perché un Dio della morte ucciderebbe un essere umano? Sappiamo che c’è un altro quaderno, che perciò c’è un altro umano che lo possiede, un “Kira”. Ma non dobbiamo sottovalutare che quindi c’è un altro Dio della morte in circolazione, simile a lei.»
Rem rimase spiazzata.
Non si era aspettata una domanda così diretta di Light. E non sapeva cosa rispondere. Di certo lui aveva un motivo ben preciso per essersi esposto con quel quesito e stava innegabilmente seguendo un disegno congegnato, aspettandosi una certa risposta.
Senza però poter comprendere cosa Light volesse, lo Shinigami temporeggiò «Agli umani che non siano possessori di un quaderno non è dato sapere questo genere di cose.»
Light affilò lo sguardo «Esatto. Quindi anche lei potrebbe aver ucciso Higuchi, per motivi ignoti a noi umani non possessori di un quaderno. O potrebbe essere stato l’altro Shinigami in circolazione…»
Il Dio della morte fissò il giovane Kira e rimase apparentemente inamovibile, cercando di definire cosa fosse più conveniente rispondere. E così Light alzò il tono della voce e si avvicinò al Dio con una “vera” esasperazione negli occhi «Oh, ma insomma! Cosa gliene importa a lei??!! Se anche fosse stato lei ad uccidere Higuchi, se anche fosse stato l’altro Shinigami a farlo, ma cosa crede di rischiare nel confermarcelo o negarcelo? Lei non può correre nessun pericolo, dannazione! Siete o non siete essere superiori!? La verità, voglio solo la verità!» concluse infervorato, “sinceramente” preso dalla situazione, mostrando un’espressione quasi esasperata e genuinamente vogliosa di sapere, per il bene di “tutti”.
Soichiro Yagami fece un passo preoccupato verso il figlio e tutti gi altri mostrarono un’evidente preoccupazione nel volto. Light si stava esponendo troppo, quello era un essere sovrannaturale e ai loro occhi non era affatto prudente trattarlo così…
Rem però si soffermò attentamente su quel comportamento in modo completamente diverso rispetto a quello che temevano tutti gli agenti: quell’insistenza, quegli occhi, le parole usate da Light… “nessun pericolo” e “verità”. Forse Yagami voleva veramente che lei rispondesse a quelle domande con sincerità. Forse anche questo faceva parte del suo disegno… e per il momento Light era nella stessa barca di Misa, sulla stessa parte della barricata, doveva difendersi esattamente come lei. Remare contro Misa avrebbe significato remare contro se stesso. Non avrebbe mai messo a repentaglio la propria copertura, semmai l’avrebbe favorita…
E quindi Rem decise di fidarsi, facendo pendere per quella volta l’ago della bilancia dalla parte di Kira, e rispose dicendo la “verità”, per l’appunto, sperando che questo non comportasse veramente “nessun pericolo” «Giovane umano, a nessuno Shinigami sarebbe interessato di uccidere Higuchi. A nessuno Shinigami interessa della vita o della morte di nessun essere umano.»
Gli occhi veri di Light si illuminarono per un impercettibile istante di un barlume di vaga soddisfazione. Rem aveva capito che doveva assecondarlo, così lui continuò con le sue domande «…D’accordo, ma nessun Dio della morte avrebbe potuto ucciderlo magari per caso, senza interesse alcuno o senza sapere nulla di lui? Non voglio sapere cose che non potrei mai capire, voglio solo la verità!»
La “verità”, di nuovo la “verità”…
E Rem assecondò di nuovo il disegno di Light «Un Dio della morte, dal suo mondo, non può uccidere nessun possessore di un quaderno, né scendere sulla terra per farlo. E Higuchi possedeva un quaderno. Quindi soltanto io, che custodisco il death note che lui aveva, avrei potuto ammazzarlo. Soltanto io ed eventualmente un altro Shinigami che si trovi sulla terra per vigilare su un altro quaderno. Ma, come ti ho già detto, a nessun Dio sarebbe interessato di ucciderlo. E questo ti basti.»
Un’altra regola.
Light allora si calmò e abbassò lo sguardo, con un atteggiamento quasi sconfitto. Bingo! Non pensavo che questa domanda avrebbe avuto dei risvolti così fruttuosi… Con essa intendevo solo aggravare la mia posizione agli occhi di Elle, escludendo l’ipotesi che fosse stato uno Shinigami qualunque ad uccidere Higuchi. E invece ho avuto un’informazione succulenta…: “un Dio della morte, se si trova nel suo mondo, non può uccidere nessun possessore del quaderno”. Così anche il mio piano B è perfetto. Quando sarà il momento potrò fare in modo che Rem se ne torni nel suo mondo, così non potrà uccidermi… E me la sarò tolta dai piedi ugualmente. Eccellente…
Elle era immobile ed i suoi occhi fermi ed intensi lasciavano percepire la profonda attenzione per quello scambio di battute e per i ragionamenti che la sua mente ne aveva fatto seguire.
Era serissimo e non scrollava lo sguardo da Light.
Poi quell’espressione granitica mutò appena e disse «Bene, Yagami. Pare che abbiamo eliminato l’ipotesi che possa essere stato uno Shinigami ad uccidere Higuchi. Hai avuto più successo di me nell’estorcere risposte a questo Dio della morte, i miei complimenti.» Rem si è fidata di lui e lui voleva proprio questa risposta… Fa parte del suo nuovo piano, costruito sulla base del fatto che sto puntando di nuovo l’attenzione su di lui… Ed è saltata fuori una nuova regola… «Peccato che quanto ci abbia detto escluda una possibilità che avrebbe potuto allontanare i miei sospetti da te. Ma il fatto stesso che sia così e che proprio tu gli abbia fatto questa domanda, potrebbe al contrario dimostrare la tua innocenza… Non te la saresti certo andata a cercare una verità così controproducente… O forse sì…»
Light non sollevò lo sguardo e disse a voce bassa e scoraggiata «Già… Vuoi rimettermi per caso le manette, Ryuzaki…?»
Elle ritornò con l’attenzione alla sua coppa di macedonia «Non esageriamo, Light. Non la farei così drammatica, ho già detto che non è il caso di inscenare una tragedia sulla base di semplici congetture per il momento non supportate.» e infilò il cucchiaino nella coppa.
Esatto, Elle. Solo che le tue congetture crolleranno completamente e definitivamente. Il mio piano B, costruito qualora tu avessi insistito nel puntare l’attenzione su di me, il mio piano B… alla luce di quanto ho appena saputo, è ancora più perfetto dell’altro… e sogghignò, senza che nessuno potesse notarlo. 
 
E ancora una volta la sorte ha sorriso a Light. Senza volerlo è venuto a conoscenza di una regola del mondo degli Shinigami che lo aiuterà nel suo piano B, che secondo me non è niente male…
Comunque non c’è niente da fare, quel biondino non va mai sottovalutato e ha una fortuna veramente sfacciata, sembra quasi destino che debba essere così…
Ahi ahi… Tocco per caso un tasto dolente nominando il “destino”?
Be’, perlomeno adesso capite perché mi sono avvantaggiato. Come facevo a non sbirciare anche cosa sarebbe accaduto il giorno successivo?
Eh eh eh…
Be’, vediamo questo piano B di Light…

 
La mattina del cinque di novembre Emma scostò le tende della sua stanza e guardò fuori, col viso pallido e stremato.
Non era riuscita a chiudere occhio.
Il cielo fuori era grigio, non sembrava nemmeno che fosse mattina, che fosse giorno. E la pioggia sbatteva violentemente sui vetri, fitta.
Una grossa valigia era appoggiata alla parete. Dopo due giorni la giovane archeologa della Todai sarebbe partita per l’Italia. Come era stato definito nel contratto con l’università nipponica, avrebbe dovuto occuparsi dell’inventario dei materiali delle ultime due campagne di scavo che si trovavano a Roma nei depositi della Soprintendenza. Sarebbe rimasta lontana dal Giappone circa tre mesi, comprese le vacanze natalizie.
In una situazione normale sarebbe stata felice di poter rivedere la sua città, i suoi amici, la sua famiglia.
Sarebbe stata felice se fosse partita per il Giappone solo per lavorare e se la sua vita lì si fosse svolta come quella di un qualsiasi professionista impegnato all’estero.
Ma quei lunghi mesi si erano riempiti di molto altro e quella mattina Emma non sapeva come salvarsi dal suo stato di angoscia. Non sapeva proprio quale scappatoia trovare.
E le rivenne in mente il suo incontro con Watari.
Prese il cellulare e lo osservò. Si trattava del telefono che le aveva fatto avere Elle, per spiare ogni sua mossa, e che lei possedeva ancora.
Lo guardò e disse sottovoce «Quanto vorrei che lei potesse sentirmi, Watari… Quanto vorrei che le cimici di questo telefono fossero ancora attive in questo momento…»
Quel giorno, quando il Signor Wammy era andato da lei ed era riuscito a non farla sentire sola, Emma gli aveva voluto restituire il cellulare e lui le aveva detto «No, Miss Emma. Quel telefono è suo. Quel telefono è la prova che c’è qualcuno che sa, anche se quel qualcuno sarà lontano da lei.»
E lei aveva risposto «Ma quel qualcuno rimarrà lì dov’è, sempre lontano, per il resto della mia vita. Io non lo rivedrò mai più… E non credo proprio che allora la vorrò tenere, questa prova...»
Watari quindi aveva sorriso «Sì, è molto probabile che quel qualcuno rimarrà lì dov’è, lontano. Una volta però, in questa stessa stanza, parlammo del fatto che quel qualcuno sia in grado di imparare, che anzi questa sia la cosa che riesca a fare meglio di qualunque altra. Non dimentichi mai quanto detto. Oppure lo faccia, lo dimentichi, ma sapendo di volerlo fare.» e le sorrise, riprendendo subito dopo a parlare «È proprio per questo che il cellulare deve rimanere a lei, proprio perché lei possa essere libera di disfarsene in qualunque momento vorrà, magari con l’intento di dimenticare più facilmente e di cancellare quanto accaduto, se è questo ciò che desidererà. Ma dovrà essere lei a decidere e non qualcun altro. È giusto così.»
Emma aveva sospirato «…Certamente. Nessuno dovrebbe decidere per qualcun altro, giusto? La libertà è importante… È buffo che io ora sia ritornata libera, quando per mesi non lo sono stata affatto… E soprattutto quando non lo sono stata proprio per una mia personalissima e autonoma scelta iniziale. Ma funziona così per tutti…» si era fermata per qualche istante e poi aveva aggiunto «Signor Wammy… » era la prima volta che lo chiamava così, col suo vero nome «…lei non deve morire!» aveva esordito decisa e l’aveva abbracciato di colpo.
Watari era rimasto sorpreso nei primissimi istanti, non perché fosse turbato, anzi, quanto piuttosto perché semplicemente non se l’era aspettato. Ma del resto Wammy era anche abituato alle reazioni impulsive dei bambini e al fatto che lui aveva sempre ispirato in loro una fiducia ed un attaccamento tali da portarli spesso a reazioni di quel tipo.
E così, l’inventore si era fatto abbracciare e con affetto aveva accarezzato il capo di Emma, sfiorandolo appena, mettendo in quel semplice gesto la particolare forma di delicatezza che solo gli anziani possiedono. Quella delicatezza che ad una prima impressione potrebbe sembrare dettata dalla mancanza di vigore della loro età, ma che in realtà non è altro che rispetto e forse semplice paura di fare troppo forte, di scaricare sulle giovani ed inesperte anime che hanno davanti tutta la “pesante” vita che loro invece portano sulle spalle…
Ed Emma, accogliendo quelle carezze leggere e trovando serenità in esse, aveva fugacemente pensato … Questo è il modo in cui Watari è stato sempre al fianco di Elle... In lui deve esserci, perso da qualche parte, il seme di questo incondizionato affetto ricevuto...
E adesso si ritrovava con quel cellulare in mano, davanti alla finestra, in quel giorno tremendamente grigio, e non riusciva a sfuggire alla paura che la assaliva. Non riusciva più nemmeno a far salire la rabbia che aveva provato nei confronti di Ryuzaki per le sue mosse ciniche e ignobili.
Adesso aveva solo paura che il destino si compisse…
E forse, se quel funesto destino si fosse compiuto, sarebbe stata ancora più arrabbiata con lui, per tutte le parole non dette che sarebbero rimaste tali.  Qualunque sentimento, sia esso amore o rabbia, si mescola con il dolore e lo alimenta, perché rimane vivo e con il suo manifestarsi palesa brutalmente l’assenza, rammentando in ogni istante che la possibilità di essere comunicato è ormai svanita per sempre.
La pioggia continuava a cadere senza fermarsi ed Emma uscì.
Si avventurò sotto le gocce fredde, coperta da un ampio kway.
Prese la metropolitana.
Scese dopo parecchie fermate.
E poi di nuovo camminò lungo i marciapiedi, mentre la pioggia gelata le tamburellava il cappuccio gommato e un fiume d’acqua putrida scorreva al bordo della strada.
Camminò finché non giunse sotto la pensilina di una fermata dell’autobus. E da lì sotto, riparata dalle gocce insistenti, alzò il capo verso l’alto e percorse con lo sguardo l’imponente grattacielo che si ergeva di fronte a lei, stagliato nella foresta di edifici simili. Lo osservò lentamente, alzando il mento in modo graduale, soffermandosi a diverse altezze, fino a ritrovarsi a fissare il cielo plumbeo.
Il quartier generale.
Non c’era un motivo particolare che l’aveva portata fin lì.
Non aveva alcun obiettivo, né avrebbe potuto averne.
Era andata lì e basta. Perché le andava così.
Perché voleva essere lì, in quel momento, anche se comunque non avrebbe mai saputo cosa avveniva all’interno di quell’edificio blindato.
E così, come aveva fatto tante altre volte, attese.
Attese, anche se questa volta non sapeva cosa doveva attendere…
 
Il death note e una tazza di caffé colma e fumante erano poggiati sulla scrivania.
Elle, rannicchiato sulla sedia girevole davanti ad essa, sbocconcellava dei mini biscottini, facendoseli cadere in bocca uno per volta, dall’alto, come fossero state noccioline. Ma lo faceva in modo apatico, quasi e stranamente senza gusto. Dal suo volto trasudava un’espressione spenta, che avrebbe potuto essere interpretata come semplice noia o forse anche come velato malessere. Forse…
E Light osservava il suo nemico rannicchiato in se stesso, come sempre, anche se in quel momento quella posizione fetale e quel corpo magro sembravano quasi esprimere una qualche remota forma di fragilità.
«Ryuzaki…» esordì «…tutto bene?»
Il detective attese qualche istante prima di rispondere, guardò il death note, fece scorrere con flemma il polpastrello dell’indice sul bordo della bianca tazza piena di caffé che aveva davanti, passando poi ad osservarne attentamente il contenuto, e disse «…Credo che, nonostante il quaderno, ci troviamo ad un punto morto… Niente impronte da trovare, le pagine strappate, nessun nuovo omicidio da quando Higuchi è morto, cioè da più di una settimana… Sembra che Kira sia sparito. Ma io so benissimo che c’è un altro quaderno in circolazione e che il vero Kira è ancora in libertà. Potrebbe non uccidere mai più e allora sembra che lui morirà, secondo una certa regola. E comunque, anche se così non fosse, lui potrebbe aver dimenticato tutto. E allora non lo prenderemo mai… E non sono depresso, Light. Quindi ti pregherei di evitare discorsi che ci porterebbero ad accapigliarci di nuovo. Oggi non ne ho voglia…» mentì ancora una volta, con indolenza, ma la sua voce era bassa, quasi triste, mentre continuava a far ruotare lentamente l’indice sul bordo della tazza dal contenuto ancora intonso…
E Light continuava a studiarlo Sì…decisamente è depresso perché è ancora convinto che io sia Kira e adesso non ha modo di incastrarmi… Bene, va tutto come doveva andare… «Senti Ryuzaki, io credo che bisognerebbe insistere su questa faccenda dei criminali uccisi da Higuchi nel suo ultimo periodo. Ci sono molte cose che non tornano… E non voglio nascondermi dietro un dito. So benissimo che sospetti ancora di me, ma non ho paura di affrontare niente. Voglio solo la verità.»
«Mhm…» mugugnò Elle, iniziando con l’indice a tracciare circoletti sulla copertina nera del death note.
Ma Light non si fece intimidire da quello strano stato di Ryuzaki e continuò agguerrito «Allora, sappiamo che Higuchi non ha ucciso nessuno per conto della sua compagnia dal primo di ottobre: l’8 dello stesso mese infatti la riunione della morte ordinaria della Yotsuba è saltata per via di Matsuda. Nel meeting successivo, quello del 15, abbiamo telefonato a Namikawa suggerendo una tregua negli omicidi che infatti c’è stata. Per più di un mese quindi Higuchi non ha usato il quaderno per ammazzare individui scomodi alla sua compagnia. Riguardo i criminali invece la faccenda è molto più nebulosa. Sono morti infatti dei malviventi, ma come ho già detto il raggio d’azione è ampio e copre anche paesi e località sperdute e quindi risulta difficile comprendere precisamente quando la notizia possa essere stata diffusa e perciò quando effettivamente i nomi potrebbero essere stati scritti. E il Dio della morte dice che non ne sa niente… Quindi c’è la remota possibilità che Higuchi li abbia scritti tutti insieme, che insomma abbia pianificato in qualche modo il tutto. È poco probabile, perché anche lui conosceva la regola dei tredici giorni scritta sul quaderno e l’avrà temuta… Ma sappiamo anche che ci sono cose che uno Shinigami può dire soltanto al possessore di un quaderno e a nessun altro… Magari c’è una scappatoia a questa regola.»
Light era incredibile… Era veramente un peccato che fosse un assassino invasato e che la sua intelligenza andasse così sprecata…
Elle smise di far girare l’indice sulla copertina del quaderno e si fissò allora con lo sguardo di ghiaccio su un punto imprecisato della scrivania «E quindi, cosa proporresti di fare, Light?»
«Dobbiamo testare il quaderno.» rispose Kira lapidario e sicuro.
Elle non spostò lo sguardo, ma i suoi occhi si sgranarono.
Rem socchiuse la bocca e indietreggiò appena.
Mentre Soichiro Yagami esplose «Light! Ma cosa stai dicendo?! È sbagliato!»
E Light rispose gravemente «No, papà. È giusto così. Quello che vi ho appena detto riguardo le dubbie morti dei criminali all’estero volute da Higuchi lascia supporre la remota possibilità che la regola dei tredici giorni possa essere bypassata in qualche modo. Insomma, le prove e i fatti non sono così inequivocabili e certi come dovrebbero… Non possiamo essere sicuri al 100% che Higuchi abbia fatto trascorrere meno di tredici giorni senza scrivere sul quaderno. E invece questo dato dovrebbe essere inoppugnabile! Se veramente Higuchi avesse pianificato le morti e non avesse scritto nessun nome per un periodo superiore, cambierebbero molte cose. E la mia innocenza potrebbe essere messa di nuovo in discussione. E io mi sono stufato! So di non essere Kira, ma se veramente avessi dimenticato tutto? Io devo sapere! Devo! E l’unico modo è testare il quaderno per scoprire se quella regola è vera!»
Rem ragionava velocemente, presa da dubbi angosciosi Testare il quaderno significherebbe dimostrare che la regola è falsa, che quindi la colpevolezza di Light e Misa sarebbe rimessa in ballo… Ma Light non lo farebbe mai, non rischierebbe così tanto. Sta architettando dell’altro… Ha un piano!
Elle continuava a non parlare, mentre l’unico ad esprimersi fu di nuovo Soichiro Yagami«Ma Light, è immorale!»
Il figlio prediletto rispose «No invece. Lo testeremo facendo scrivere a un condannato a morte il nome di un altro condannato a morte. Useremo il quaderno al posto dell’impiccagione. Sarà solo il mezzo che cambierà. È legale! È la Giustizia!»
Light, col viso pulito e deciso nel frattempo elucubrava Perfetto… Rem sa che non remerei mai contro me stesso, nessuno lo farebbe se non con un preciso intento favorevole… E quindi si fiderà di me. Dovrò essere io a capeggiare l’impresa del test del quaderno e non Elle, perché solo così saprò il nome del condannato a morte che sarà usato come cavia, anzi, sarò proprio io a stabilirlo, quel nome… E allora, allo scadere dei 13 giorni, mi basterà scriverlo sull’altro quaderno che nel frattempo avrò dissotterrato dal bosco… Dopo 13 giorni di forzata inattività, il condannato cui è stato fatto usare il quaderno morirà, ma per mia mano, e la regola sarà completamente provata. Nessuno potrà più accusarmi… Mai più!
Elle, è arrivata la tua ora… Il capo devo essere io!
Una specie di ghigno gli comparve sulle labbra.
Soltanto allora Ryuzaki parlò «…Immagino che tu abbia ragione. Ma propongo di non testare il quaderno qui, perché temo che avremo molti problemi. Il governo giapponese è stato connivente, ha ostacolato le indagini della polizia e quasi ha accettato tacitamente Kira, temendolo e rispettandolo. I poteri istituzionali di questo paese hanno ingannato la popolazione, facendole credere che stavano facendo di tutto, mentre invece coprivano e avallavano l’operato di un assassino senza scrupoli, appoggiandosi ad esso, succubi di esso. Non dovremmo perciò chiedere a loro il supporto per l’operazione. Non che il resto del mondo rappresenti la Giustizia o l’incorruttibilità, tutt’altro, ma naturalmente i giochi politici internazionali sono biechi. L’eco di un supporto importante alla cattura di Kira renderà fama e favore mondiali al paese che lo concederà. La nazione che lo catturerà e punirà avrà la gratitudine di tutto il pianeta ed è su questo che dovremo puntare per ottenere il permesso di testare il quaderno. Sono semplici e cinici giochi di potere internazionale. Kira è stato l’“arma del Giappone” e gli altri paesi faranno a gara per dare smacco a questa supremazia che il paese del Sol Levante ha detenuto fin troppo a lungo.»
Nessuno in quel momento si curava di Rem, che nella penombra di uno degli angoli della stanza, seguiva attentamente quella partita e veniva sballottata da una mente calcolatrice all’altra In un altro paese…Perché vuole andare da un’altra parte? Elle mi ha detto che in Giappone Misa sarebbe giustiziata sulla forca… Ma se vorranno testare il quaderno altrove, dovrà comunque essere in un paese con la pena di morte… Anche lui ha un piano oppure Light lo sta incastrando? Ma come farà Light a scagionarsi a quel punto, quando sarà dimostrato che la regola dei tredici giorni è falsa??... Forse… Ho capito! Light vuole testare il quaderno e forse ha in mente di uccidere lui stesso con l’altro quaderno il condannato a morte che useranno come cavia! Però Elle sa dell’esistenza dell’altro death note e sa anche dove si trova, quindi…
Light ribatté alla proposta di Elle«Sì, Ryuzaki, è giusto, dovrai far testare il quaderno fuori dal Giappone.»
Elle replicò con aria interrogativa, mentre la minaccia si insinuava nella sua mente «… “Dovrò”?»
E Rem entrò in agitazione Ma se sarà Elle a far testare il quaderno, Light non potrà conoscere l’identità di colui che sarà scelto come cavia e non potrà ucciderlo, non potrà dimostrare la veridicità della falsa regola e lui e Misa saranno di nuovo accusati… Ma cosa…? Forse… Maledetto Light… Ho capito… Vuoi che io uccida Elle, perché tu così diventerai il capo, dirigerai tu l’operazione e sarai a conoscenza di tutto!
I pensieri di Light vertevano già altrove, rapidamente. Kira sapeva che Elle non era momentaneamente interessato a Misa, che anzi la riteneva una sorta di pedina. E le pedine, si sa, possono avere delle grosse attenuanti, perché è la mente quella che produce il male peggiore. Quindi il giovane fuoriclasse era perfettamente conscio del fatto che il detective stava puntando tutto su di lui. Voleva lui. Gliel’aveva fatto capire chiaramente. Quindi era soltanto Light, la mente, che con l’eventuale condanna rischiava di essere giustiziato per volere di una giuria imparziale.
Elle glielo aveva detto in diretta televisiva tanto tempo prima: “Kira, il giorno della tua condanna a morte è vicino!”
Questo era perlomeno il modo di ragionare di Light Yagami, che non aveva avuto troppi scrupoli a costituirsi come severa giuria per i peggiori criminali del mondo intero e che non si era preoccupato di mettere minimamente in dubbio che la loro pena dovesse essere la morte.
Se sarà Elle a sovrintendere l’operazione del test del death note, sarò soltanto io a rischiare la vita in seguito a una condanna. E credo che questo Rem l’abbia capito, viste le recenti “morbide” considerazioni di Elle su Misa. Si voltò fugacemente verso lo Shinigami, per scrutarne l’espressione confusa ma attenta e soprattutto per farle intendere qualcosa con quello sguardo …Ma se io fossi arrestato, quindi se io morissi in seguito ad una sicura condanna, Misa probabilmente potrebbe cavarsela a livello legale, ma sarebbe distrutta. La sua felicità diventerebbe una chimera irrealizzabile. E Rem lo sa benissimo… e proprio per questo in fondo penso che non mi ucciderà mai… Ma ucciderà Elle, per permettermi di essere il capo dell’operazione e quindi di salvarmi. Lo farà solo per la felicità di Misa e non per allungarle la vita, che non sarà comunque in pericolo nonostante l’eventuale condanna. E quindi Rem non morirà… Era il mio piano B, meno appetibile in principio, perchè non prevedeva la morte dello Shinigami, anche se il rischio maggiore di averlo tra i piedi consisteva nella possibilità che potesse tradirsi per la sua stupidità. Ed era comunque un rischio trascurabile, perché, morendo Elle e divenendo io il capo della squadra, avrei tenuto tutto sotto controllo e l’ipotesi che Rem potesse uccidere me sarebbe stata comunque lontanissima, visto ciò che Misa soffrirebbe per la mia perdita. Però, avrei dovuto continuare a preoccuparmi di quell’oca di Misa, senza la libertà di poterla ammazzare qualora la mia copertura fosse stata a rischio per qualche sua sciocchezza… Ma questo ormai è il passato…
Con quanto ho saputo da quell’idiota di Rem, anche il piano B è perfetto…

Light sorrise di sottecchi …Una volta che Elle sarà morto ed io avrò preso il comando della squadra, dissotterrerò il quaderno nel bosco, farò testare il death note che è qui, userò l’altro per confermare la regola dei tredici giorni e ricaverò così la mia totale innocenza. Poi mi basterà diventare il proprietario del quaderno disseppellito, facendo sì che Misa vi rinunci e dimentichi ogni cosa, con la scusa che per lei sarà un bene farlo. Infine brucerò il death note che è qui al quartier generale, dopo averne fatto una copia identica per bluffare tutti. Io non perderò i ricordi, perché sarò possessore di una altro quaderno e Ryuk rimarrà con me. Rem invece non avrà più motivo di essere sulla terra né potrà rivenirci, dal momento che non ci sarà più nessun quaderno da custodire, e dovrà tornarsene per forza nel mondo degli Shinigami.
E da lì non potrà più essere fra i piedi, né potrà uccidermi, poiché io sarò il possessore di un quaderno!

Ognuno disponeva i propri scacchi prevedendo le mosse dell’altro. E lo schema sulla scacchiera era ormai quasi completato.
E così Light posizionò il suo ultimo alfiere, chiudendo il cerchio e rispondendo a Elle «Sì, Ryuzaki.  Solo “tu” dovrai. Nessun altro di noi dovrà sapere. Non possono esserci fughe di notizie, né dubbi. Soltanto “tu” dovrai far testare il quaderno. È la cosa più giusta.» rispose lapidario e solenne Light.
Già…
Era la cosa più giusta… Nessuno avrebbe mai controbattuto a quella considerazione saggia e senza macchia.
Doveva essere Elle a sovrintendere l’operazione del test. Solo lui avrebbe dovuto conoscerne i dettagli…
Light sarebbe stato spacciato.
La felicità di Misa sarebbe divenuta un sogno irrealizzabile.
E Rem seppe che Light non le stava dando alcuna scelta.
E capì.
Ryuzaki rimase immobile a guardare il caffè nella tazza che aveva davanti. Non lo aveva ancora toccato e il liquido scuro era piatto e fermo nella bianca porcellana.
Frantumò con freddezza uno dei minibiscotti che aveva tra le dita.
Light Yagami… Scacco matto?
E non disse nulla, non si oppose a quella ineccepibile e “giusta” considerazione dell’acerrimo nemico.
Sì. Doveva essere lui a far testare il quaderno, soltanto lui…
Spostò appena lo sguardo e sul grande monitor che aveva davanti osservò il riflesso dell’imponente Shinigami che, indisturbato e celato nella tetra penombra di un angolo della stanza, stava fissando il detective…
Gli occhi enigmatici del “fragile” essere umano e quelli imperscrutabili del potente Dio della morte si incrociarono per un istante carico di significato.
Elle trangugiò finalmente il caffè che aveva davanti, rumorosamente. Poi disse «Watari, è ora di rifare il caffé…»
Il Signor Wammy assentì brevemente, nascosto dietro la W sullo schermo.
Ryuzaki smontò agilmente dalla sedia e col capo chino si avvicinò a Light, lentamente.
Rimase in piedi davanti a lui, con le spalle curve e l’ombra degli scuri capelli sugli occhi. Le dita dei piedi nudi uscivano appena dalle pieghe dei suoi larghi jeans.
Sembrava stanco. Troppo stanco…
Light non capiva. Come anche tutti gli altri componenti della squadra che guardavano perplessi la scena…
I secondi passavano lenti, senza che il volto del grande Elle assumesse alcuna espressione. Senza che i suoi occhi incrociassero quelli di Light. Quegli occhi erano fissi sul pavimento…
E poi, le ginocchia già piegate del detective del secolo cedettero all’improvviso, completamente…
Light lo afferrò d’impulso.
E il corpo abbandonato di Elle si accasciò pesantemente tra le vive e forti braccia di Kira.
I due ragazzi furono accerchiati dal panico e dalle grida di tutti, che però giunsero loro ovattate.
Elle ebbe appena il tempo di sollevare lo sguardo su Light, che adesso lo fissava con due tagliole affilate e malvagie.
E poi le palpebre scesero sui suoi bellissimi occhi scuri, grandi e misteriosi.
E il detective del secolo si spense…
All’improvviso scattò una sirena e sul grande monitor comparve un’enorme scritta lampeggiante su un inquietante sfondo rosso: All data deleted
Aiber afferrò il telefono e chiamò l’inutile ambulanza, con una rude determinazione, che poteva anche apparire come un modo di coprire il terrore che lo pervadeva e nello stesso tempo poteva invece essere reale risolutezza.
Wedy si precipitò alla scrivania di Elle e afferrò il death note che vi era poggiato sopra, lo aprì e controllò «…Nessuno ha scritto su questo quaderno… Ma che diavolo…? Watari… » con il quaderno ancora tra le dita si precipitò nella stanza dei computer, dove Wammy aveva la sua postazione e dove era accasciato, senza vita…
Light serrò le dita sulle braccia inermi di Elle e sollevò il capo verso il soffitto, stravolto.
Il terrore si impadronì completamente di quella stanza…
Mentre fuori continuava a cadere incessante la pioggia, da un cielo grigio e buio.
 
Le gocce precipitavano ancora sull’asfalto e i pochi pedoni che erano in strada si affrettavano a ripararsi nelle auto, nei taxi e sotto i cornicioni dei palazzi.
Il freddo di quella terribile giornata era entrato fin nel profondo della povera Emma, come anche il suo grigiore…
Mentre le nubi si incupivano sempre di più e anche la smunta luce del giorno veniva fagocitata dall’inevitabile buio del tardo pomeriggio autunnale, Emma sollevò di nuovo lo sguardo al grande grattacielo che aveva davanti.
Non c’era nulla che potesse fare.
Assolutamente nulla.
Le ore erano trascorse e lei si era logorata in un’attesa senza senso, dettata solo dalla sua angoscia e dalla sua paura.
E così, la giovane ragazza dai capelli lunghi e scuri si strinse nel suo kway e lasciò che la razionalità si rimpossessasse di lei.
Si girò e a capo chino si incamminò per la strada bagnata, sotto la pioggia, verso la fermata della metro. E non si voltò più a guardare quell’enorme quartier generale, nel quale non era mai entrata e non sarebbe mai entrata.
Imboccò l’ingresso della stazione, iniziò a scendere i gradini bagnati che la conducevano alle gallerie sotterranee della metro e la sua alta e sottile figura sparì dalla strada e non fu più sotto quel cielo carico d’acqua.
E solo allora due ambulanze voltarono l’angolo e si fermarono davanti all’immenso quartier generale.
 
Mentre tutti si agitavano nella stanza e cercavano di capacitarsi di quanto fosse appena accaduto, Light, col corpo spento di Elle tra le braccia, spostò finalmente lo sguardo sullo Shinigami, che continuava a starsene in disparte, nell’angolo, come se non fosse accaduto nulla, rimanendo fuori dagli sguardi e dall’attenzione delle menti di tutti. Nessuno lo aveva guardato, nessuno si era curato di lui. Lo Shinigami, occultato in quel cantuccio riparato e buio, negli ultimi minuti di quella giornata terribile, aveva deciso le sorti di molte persone. E nessuno se ne era accorto. Perché in quel mondo nessun Elle aveva richiamato l’attenzione sulla sua imponente figura.
È fatta! Ho vinto!
Rem… Non sei morta, come avevo immaginato, perché li hai uccisi per allungare la “mia” vita e per non rendere infelice quella di Misa, ma di me non ti importa nulla… Anzi, forse mi odi anche. Ma sarai costretta a stare al mio fianco ancora per poco.
Mi scongiureranno di prendere il posto di Elle. E io seguirò integerrimo e ligio le sue direttive. Sarò io a testare il quaderno.
E poi sarò finalmente libero di ricominciare a uccidere e moriranno tutti coloro che potrebbero intralciarmi e potrebbero sapere troppo, moriranno tutti i membri della Yotsuba, moriranno Aiber e Wedy… E io potrò dominare e plasmare un Nuovo Mondo Giusto!

E mentre Kira fingeva il suo sgomento, che altro non era se non soddisfazione, il corpo esanime di Ryuzaki gli venne portato via. I volti di quelli che erano stati Elle e Watari vennero rispettosamente celati e solo allora le due più celebri vittime della trama ordita da Kira furono date in consegna ai paramedici.
E così le ambulanze ripartirono sotto la pioggia, a sirene spente, perché per coloro che trasportavano non c’era fretta e non c’era nulla da fare.
Watari ed Elle si allontanarono per sempre da quel luogo funesto.
Nessuno li avrebbe più visti.
Nessuno avrebbe saputo chi erano stati e per cosa avevano combattuto.
Il più grande detective del mondo ed il suo fedele protettore sparivano così, in silenzio, in un giorno di pioggia, da soli, senza che nessuno potesse piangerli.
E Light aveva vinto.
 
Forse, dopotutto, era destino che Elle dovesse morire.
Era destino che Elle dovesse morire il cinque novembre.
Forse il fato esiste veramente in questo mondo ibrido, che non è altro che la strana commistione della realtà che conoscete e della fantasia di un abile mangaka…
O forse è solo il caso che fa apparire alcuni eventi come predestinati.
Ma io credo di non volere dire nulla.
Credo che il silenzio sia l’unico mezzo che io adesso possa adottare.
Se la totale indifferenza vi pervade, nulla che io possa aggiungere vi scuoterà.
E comunque, ciò che in certi momenti si può scatenare nell’animo umano è più forte di mille altre parole da leggere.
Io lo so, l’ho visto tante volte.
E quindi vi lascio soli.

 
 
 
 
 
 
Noticina importante da leggere: la nuova regola che viene citata da Rem non l'ho assolutamente inventata io, ma è vera e fa pare dell'intreccio originale. Compare con quelle stesse parole nel decalogo delle tante regole dei quaderni riportato sul Death Note 13. E' una della tante che la Ohba ha ideato, ma della quale non si è servita. Per questo ho insistito molto sul discorso che Rem dovesse dire la "verità". Dovevo precisarlo altrimenti sarebbe stato motivo di ulteriori ingrippamenti mentali per via della trama già complessa di suo...

Io credo che pochi potranno apprezzare…
Scrivere questo capitolo mi ha fatto male, ma non vi stresserò con le mie ansie, perché credo di voler seguire l’esempio della voce fuori campo… :(
E in silenzio continuo a sperare che, nonostante tutto, qualcuno di voi continui ad avere fiducia in me e in questa storia.
Mi limito a scusarmi enormemente con chi mi ha recensito e non ha ancora ricevuto una risposta… Come sempre sono mortificata… Non ho avuto tempo... Già da ora però inizierò a mettermi in pari ^_^
Grazie infinite a chi mi legge, a chi mi continua ad aggiungere tra le seguite, le preferite, a chi mi fa sapere ciò che pensa con la sua bellissima testa tramite un commento! Per me è tutto importantissimo, non sapete quanto!!! Grazie anche a chi mi ha scoperto solo adesso, ai nuovi lettori!!!
E dopo queste brevissime note finali prive dei miei deliri (forse per una strana forma di rispetto?), vi saluto e vi abbraccio ^_^
Ci vediamo come al solito fra una diecina di giorni (più o meno)!!
 
Eru

 

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Capitolo 41
*** 41. Gate ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 41. Gate

 
Emma era seduta su una delle poltrone del gate dell’aeroporto di Heatrow, a Londra. Erano le otto del mattino dell’8 di novembre del 2007.
Il suo volo era partito da Tokyo alle 23:00 del giorno precedente, aveva fatto scalo nella metropoli britannica e adesso era in ritardo nella tabella di marcia per via di problemi tecnici nel rifornimento di carburante.
Erano quasi quattro ore che la giovane ragazza vagava in quel luogo impersonale e fuori dal mondo, dove non si poteva fare altro che annoiarsi, aspettare e magari fumare sigarette in squallide teche di vetro maleodoranti. In quel luogo franco è contento solo chi sta per partire per una vacanza o chi torna nel proprio paese dopo una lunga assenza. E comunque tutti, con maggiore o minore gioia, con maggiore o minore aspettativa, non possono fare altro che attendere.
Emma non era riuscita a dormire sulle scomode poltrone dell’aereo e allora aveva letto, aveva visto la leggera commedia che avevano proiettato durante il volo e che lei tra l’altro già conosceva. E adesso era tanto stanca e annoiata.
E non riusciva ad essere contenta come sarebbe potuta essere in una condizione normale.
Le serrande dei bar interni avevano appena riaperto dopo la chiusura notturna, ma l’atmosfera era comunque ancora desolata e solitaria.
Una grossa televisione era stata accesa, in alto, vicino all’edicola, e sullo schermo due tizie si battevano a suon di ricette culinarie, in una delle tante trasmissioni del mattino.
Qualche poltrona più in là un bambino piangeva, stremato anche lui, e richiamava l’attenzione dei propri genitori sul suo evidente disagio.
Avrebbe pianto anche Emma, come lui. Perché la stanchezza, unita all’attesa e ad uno stato di generale ansia, fa a volte scaturire una strana forma di irritazione che può sfociare nelle lacrime.
Ma Emma era sola.
E naturalmente non pianse come quel bambino.
“Il volo Volitalia AZ…”
Finalmente gli altoparlanti chiamarono per l’imbarco del volo per Roma.
Emma, senza ormai sconvolgersi per gli strani nomi alternativi che quel mondo le proponeva continuamente, si alzò con flemma e raggiunse la fila che già si stava formando all’ingresso del gate.
In aeroporto la gente si metteva sempre in coda da subito, come se ci fosse stata una differenza abissale tra l’essere il primo della fila, e quindi l’attendere già seduti in aereo che anche tutti gli altri passeggeri fossero imbarcati, e l’essere invece l’ultimo di quella coda, e quindi l’aspettare seduti ancora in sala d’attesa che la fila per l’imbarco si sfoltisse.
Ma forse tutti si mettono subito in coda perché si annoiano. Perché almeno possono fare qualcosa, senza accorgersi che stanno comunque sempre inevitabilmente aspettando…
Questo pensò Emma in quel momento.
E lo fece anche lei. Si mise in fila.
Avanzava lentamente.
Poi la sigla di un telegiornale partì alle sue spalle, dalla televisione che era stata accesa poco prima.
Era un’edizione straordinaria.
“Pochi minuti fa è giunta ai network di tutto il mondo una sconcertante notizia.”
Le poche persone presenti, una ad una, iniziarono a rivolgere l’attenzione verso quello schermo.
“La dinamica degli eventi è ancora poco chiara, ma…”
L’edicolante uscì dal negozio e alzò il volume della tv.
“… siamo in possesso di un video incredibile che a breve vi mostreremo…”
La fila di Emma avanzava. Erano rimaste poche persone davanti a lei.
Nella diretta, alle spalle dello speaker,  campeggiava la nota L in stile gotico su fondo bianco.
Emma si bloccò a fissare lo schermo e lasciò passare avanti quelli che erano dietro di lei.
“…Ma prima di tutto vi dobbiamo annunciare che è stato pubblicamente reso noto che Elle, il famoso detective, è morto. Il suo ruolo è stato tuttavia rimpiazzato da qualcun altro, come a questo punto crediamo sia sempre accaduto. La figura finora sconosciuta del grande investigatore sembra quindi essere in realtà una sorta di organizzazione, capeggiata da soggetti diversi che ruotano e si alternano nel comando, piuttosto che un unico soggetto ignoto.
«Signorina…»
“Questa volta però i collaboratori di Elle, o meglio dell’ “Organizzazione Elle”, hanno voluto rendere pubblica questa verità e soprattutto hanno voluto comunicare la tragica scomparsa del precedente capo, cioè di colui che aveva seguito dall’inizio il caso Kira. La scelta è stata dettata dal desiderio di onorare questo grande personaggio, la cui identità rimarrà comunque ignota, ma la cui morte sarebbe altrimenti rimasta nell’ombra.”
«Signorina, la sua carta d’imbarco per favore…»
“…I collaboratori di “questo” Elle scomparso ed il suo attuale successore hanno voluto rendergli omaggio e far conoscere al mondo il suo sacrificio…”
Emma si sentì sfiorare la spalla «…Signorina, è rimasta soltanto lei…».
Si voltò come un automa, con lo sguardo fisso verso il corridoio del finger che aveva davanti.
«…Signorina, stanno aspettando…» riprovò la hostess del desk agli imbarchi.
“…Ma adesso veniamo al video, che parlerà da solo. Alcune immagini potrebbero risultare di forte impatto, quindi…
Emma allungò meccanicamente la carta d’imbarco e si avviò quasi barcollando verso il tunnel che la portava all’aereo, mentre l’audio del televisore le giungeva sempre più lontano. Ma lei sembrava quasi non sentirlo più, come se nulla fosse ormai importante.
“…Si tratta della ripresa di una telecamera fissa effettuata nell’…”
Erano le otto del mattino dell’8 di novembre del 2007.
Ed Emma, per la seconda volta, aveva avuto dal telegiornale una notizia che le aveva cambiato la vita…
 
Era la sera inoltrata del 7 di novembre e ormai quasi più nessuno popolava l’aeroporto internazionale di Honolulu, capitale dello stato delle Hawaii, USA.
I negozi del duty free erano chiusi, le serrande dei ristoranti erano abbassate e il personale era ridotto al minimo. Nessun volo partiva dopo una certa ora e le uniche attività erano gli arrivi ai terminal e i transiti per le altre destinazioni.
Le piccole sale d’attesa dei gates si affacciavano sulle piste e si disponevano in fila una dopo l’altra sul lato lungo di un largo corridoio, separate da questo e le une dalle altre da pareti trasparenti. Erano tutte quasi completamente deserte.
Nell’ultima di esse, in fondo, Light sedeva composto, con un abbigliamento casual che non dava nell’occhio. Il suo bagaglio a mano era costituito da un semplice zaino sportivo, che sarebbe risultato appetibile per pochi. E anche lui, come tutti, attendeva che i tempi morti dello scalo trascorressero.
Wedy era in piedi, in tailleur e tacchi a spillo, affianco ad un enorme specchio che occupava tutta la parete di fondo della stanza, e con noncuranza parlava al cellulare. Rimaneva a debita distanza da Light, fingendo egregiamente di non conoscerlo, e intanto controllava che la situazione fosse tranquilla e che nessuno si avvicinasse a lui con cattive intenzioni. Soprattutto teneva d’occhio lo zaino, perché lì dentro c’era una delle più potenti armi di distruzione di massa che il genere umano avesse mai posseduto.
Era stato infatti deciso che, a parte Misa, l’affascinante ladra sarebbe stata l’unica della squadra ad accompagnare il “nuovo Elle” nell’operazione del test del death note. Era stata scelta Wedy perché la sua identità era ben coperta, perché non rischiava di perdere la faccia, perché era molto abile, parlava correntemente parecchie lingue e perché era una donna. Le donne possono destare meno sospetti e alcune di loro possono riuscire a cavarsela con qualche moina e con la scusa del “sesso debole”. E soprattutto le donne, se sono molto belle, tendono ad attirare l’attenzione su di sé per motivi molto “umani” e semplici e riescono ad ottenere una condiscendenza sconosciuta alla maggior parte degli uomini. Il tutto se naturalmente sono di fronte ad un soggetto di sesso maschile, perché se al contrario si trovano davanti una rappresentante del loro stesso sesso, allora le cose si complicano. Ma in un mondo ancora maschilista come il Giappone c’era l’idea che ai livelli elevati di ogni organizzazione e soprattutto nelle postazioni di controllo di aeroporti, uffici e quant’altro, dovesse esserci necessariamente un uomo. E quindi, per gli ottusi e “maschi” componenti della squadra anti-Kira, Wedy era perfetta.
Era stata lei stessa ad offrirsi, proprio perché, conoscendo bene questa posizione basica dei colleghi nipponici, sapeva che la sua proposta sarebbe stata accettata. Certo, lavorare con uno come Ryuzaki era stato molto diverso, visto che tanto per lui, quando si trattava di spremere le capacità di una persona, non c’era alcuna differenza tra maschio o femmina. Lui dava valore alle attitudini, alle competenze e alle caratteristiche sfruttabili, spersonalizzando il soggetto con cui aveva a che fare, punto. Ma le cose ora erano diverse e quindi bisognava comportarsi in altro modo.
E lei sapeva di dover accompagnare Light in quel viaggio…
E Light naturalmente era stato il primo ad accettare la proposta di Wedy. Tanto avrebbe potuto mandare avanti il suo piano tranquillamente, avrebbe potuto usare l’altro quaderno in ogni momento, anche di notte. Ormai era libero e non più sorvegliato. Ormai era Elle… Nessuno lo aveva seguito quando era andato a recuperare il death note sepolto nel bosco. Nessuno. Nessuno di quelli della squadra anti-Kira si era sognato di controllare il suo zaino. Nessuno sospettava che, insieme al death note da testare, insieme alle scartoffie e agli altri blocchi di appunti sul caso che si era portato dietro, ci fosse un ulteriore quaderno della morte.
Un death note identico all’altro, ma impercettibilmente diverso per l’assenza di due semplici regole…
Ormai Light era diventato Elle e voleva scovare l’identità di Kira con tutto se stesso, a costo di scoprire di essere stato lui stesso Kira.
Questo aveva detto ai suoi collaboratori, gravemente.
E loro erano tutti così convinti della sua innocenza e del suo essere integerrimo, erano tutti ancora così sconvolti per la morte di Ryuzaki e di Watari, il loro odio verso Kira era così alle stelle, che avevano guardato con grande ammirazione la proposta di Light di seguire le indicazioni del defunto detective, di testare quindi il quaderno fuori dal Giappone e di fare tutto come lui stesso aveva proposto negli ultimi istanti della sua vita.
«Io non voglio sfuggire a niente.» aveva detto il figlio prediletto di Soichiro Yagamai «Faremo quello che Elle voleva fare. La sua morte non deve essere avvenuta invano!»
Sono una massa di idioti… Kira dominerà il mondo! Si sono lasciati fregare e manipolare perfettamente… aveva pensato Light, sprezzante e soddisfatto di se stesso.
E Rem aveva taciuto…
Rem, che non si era mai staccata dal possessore del quaderno, taceva anche in quel momento e in quell’aeroporto, sospesa a mezz’aria al fianco di Wedy.
Rem, che Light credeva non fosse morta perché il suo gesto di uccidere Elle e Watari non aveva compromesso la durata vitale di Misa, ma solo quella di Light stesso, per il quale naturalmente lo Shinigami non provava alcun tipo di sentimento.
Rem, che invece a quanto pareva era viva per delle motivazioni che Light ignorava e che Elle invece aveva spiegato: il detective non aveva avuto intenzione di far giustiziare nessuno dei due Kira e li avrebbe fatti giudicare in uno stato senza pena capitale. Quindi la morte di Elle non aveva allungato la vita di nessuno dei due Kira, perché nessuno dei due, nelle mani di Ryuzaki, avrebbe corso il rischio di finire sulla forca.
Misa, con Ryuk che incombeva sulla sua minuta figura, arrivò trotterellando verso Light, facendo ondeggiare la catena col crocifisso che aveva al collo, si guardò nella grossa parete a specchio sul fondo della stanza e poi disse «Lightino… Ma quando riparte questo accidenti di aereo? Che noia questo scalo… Ma perché non ci siamo fermati qualche giorno in più qui alle Hawaii…?»
La giovane idol era partita insieme a Yagami per copertura. Non sapeva nulla di ciò che doveva accadere, né dell’operazione in corso. O perlomeno a tutti risultava che lei non ne sapesse nulla…
Erano diretti ad Austin, nello Stato del Texas, che da solo era responsabile di un terzo di tutte le esecuzioni effettuate negli Stati Uniti e che come una inarrestabile macchina del­la morte respin­geva gli appelli e non si fermava neppu­re davanti a casi dubbi. Era stato quindi l’alleato più facile da convincere, quello con meno scrupoli e con il più alto numero di detenuti nel braccio della morte da usare come cavie…
Finalmente su uno dei tre grandi monitor che allineati sovrastavano il desk della saletta comparve l’avviso lampeggiante e iniziò così l’imbarco dei viaggiatori in transito di quel volo notturno.
Light e Misa attesero seduti che tutti gli altri scarsi passeggeri fossero imbarcati.
E poi, in ultimo, si alzarono, preceduti da Wedy, che faceva da apripista.
La scritta sui monitor continuava a lampeggiare. L’aereo sarebbe partito a breve.
Vennero staccati i ticket delle carte d’imbarco.
Misa prese Light per mano e insieme si avviarono verso il finger che era agganciato alla sala e che li avrebbe condotti direttamente nell’aeroplano.
Wedy si voltò, si specchiò un istante e lanciò poi un fugace sguardo al personale del desk, che lasciò subito la saletta ormai vuota. Poi varcò la soglia del finger, si girò di nuovo e rapida serrò le porte che lo mettevano in comunicazione con la sala. E si ritrovò ad osservare, al di là dei vetri trasparenti di quelle uscite ormai blindate, i volti sorpresi di Light e Misa tagliati fuori.
«Wedy, ma cosa stai facendo?» esordì Light con una lieve e stupita irritazione.
La donna si limitò a fare un sorrissetto ambiguo.
Light allora afferrò la maniglia, ma quelle erano chiusure antipanico, si potevano aprire solo dall’interno del finger e non dalla sala. Avrebbe potuto aprire soltanto Wedy.
«Dannazione, Wedy, apri questa maledetta porta!» continuò Light e la voce gli si incrinò appena.
La donna non si curò delle parole di Kira, ma continuando a guardarlo, con calma si sedette a terra, davanti ai vetri dell’uscita, e rimase lì a fissarlo, dall’altra parte di quelle porte.
Light allora si voltò di scatto, rivolse rapidamente lo sguardo all’entrata della sala d’attesa, quella che dava sul corridoio dalla parte opposta della stanza.
Era stata chiusa anche quella, dall’esterno.
E poi, i tre enormi monitor allineati sopra il desk si accesero, all’unisono.
E su tutti e tre partì un filmato…
Lo stesso identico filmato.
Sembrava la ripresa muta di una telecamera fissa posizionata dentro una qualche automobile… Posizionata dietro ai sedili anteriori di una qualche automobile non in movimento.
C’era qualcuno seduto davanti… Si vedevano soltanto le teste da dietro.
Sì, c’erano due persone, una al posto del conducente e l’altra al fianco, al posto del passeggero. Quest’ultima stava leggendo qualcosa…
Gli occhi di Light si affilarono nell’espressione del sospetto misto alla minaccia… Conosceva quelle immagini.
Quella non era un’automobile…
La visuale venne zoommata sulla figura del passeggero che sembrava leggere. Ancora di più. Adesso si vedevano le sue dita.
Si vedevano le sue dita che tenevano un libro.
Non era un libro, sembrava un quaderno…
Quelle dita iniziarono a trafficare sul polso.
Iniziarono a trafficare sull’orologio che quel passeggero aveva al polso.
No, quella non era un’automobile.
Quello era l’abitacolo di un elicottero.
Quelle stesse dita adesso tenevano un piccolo frammento di carta e con la punta di un ago tinta di sangue scrivevano su quel brandello di foglio il nome di Kyosuke Higuchi.
Light fu preso dal panico, si guardò intorno, spostò di nuovo gli occhi sulle porte che mettevano in comunicazione la saletta d’attesa col corridoio.
E a quel punto, gli altoparlanti dell’aeroporto gracchiarono…
“Se stai ascoltando questa registrazione significa che sono morto, altrimenti sarei stato lì con te. Ma il mio piano ha funzionato. Ti ho battuto, Light Yagami. Io ho vinto. Tu sei Kira. E adesso lo sa il mondo intero.”
La voce sintetizzata giungeva chiara e solenne.
Sui tre monitor si stagliò luminoso il bianco. Il bianco con la L gotica piantata nel centro.
Light urlò il suo odio e fuori di sé si precipitò verso la porta.
Ma la registrazione proseguiva imperterrita.
“…Sappi che non uscirai da questa sala. Wedy non aprirà quelle porte. Nessuno le aprirà. Almeno finché questa registrazione non sarà conclusa… Questi sono stati i miei ordini.
IO sono Elle, Light. Non tu! …Credo comunque…”
Light nel frattempo, con un’espressione stravolta e quasi folle, si portò le mani sulle tempie Perché la voce è sintetizzata…? Non ha alcun senso... Ma questo non ha valore adesso! I suoi pensieri divennero parole «…Deve esserci un modo…c’è sempre un modo per uscirne!!! Devo pensare, pensare, pensare, pensare in fretta!» si ripeteva nervosamente da solo, mentre quella maledetta voce sintetizzata continuava a parlare.
“…Credo comunque tu debba sapere che prima di tutto…”
Poi di colpo Kira sollevò il capo «Misa! Qual è il vero nome di Wedy? Dimmelo! Dimmelo!» e agitato aprì il suo zaino e iniziò a buttare a terra quello che c’era dentro, cercando.
“…Prima di tutto, entrambi i death note che hai nello zaino sono delle copie.”
Light si bloccò, stritolò fra le dita la copertina del quaderno che era riuscito ad afferrare e i suoi occhi divennero più cattivi di quanto non lo fossero mai stati. In essi si leggeva un misto di odio, malvagità e follia. Quello non era il volto perfetto e affascinante di Light Yagami…
Misa lo guardava atterrita, senza quasi riconoscerlo… Quello non era un essere umano. Non lo era più…
“Ho sostituito il death note che era al quartier generale e anche quello che era sepolto nel bosco. Tu quindi hai disseppellito un comunissimo quaderno, nel quale erano stati riprodotti fedelmente tutti i nomi e le caratteristiche dell’originale. E devo essere sincero nell’ammettere che questa idea delle copie mi è stata suggerita dalle azioni che avrebbe potuto compiere qualcun altro… Ma questa è un’altra storia che non potresti capire. Ad ogni modo, i death note originali, di cui tu e Misa siete ancora i proprietari, sono altrove. Quindi non potrai usarli, né adesso, né mai più. Ah, anche le pagine che hai detto a Misa di staccare dal quaderno nel bosco sono state sostituite con delle copie. E non umiliare la mia intelligenza cercando nello scomparto del tuo cronografo. Credo che dopo il filmato che ti ho appena mostrato, arriverai da solo a capire che in quell’orologio non troverai nulla che possa esserti utile.”
Light tirò fuori con rabbia i due inutili quaderni e li scagliò come un folle contro i monitor che continuavano a spiattellargli davanti alla faccia quella maledetta L.
“Ti stai chiedendo come faccio io, adesso, a sapere che tu avresti voluto usare il quaderno? Mi è bastato ragionare sulle possibilità che ti sarebbero restate. E vista la situazione, credo che l’unica soluzione sarebbe stata quella di manipolare Wedy col death note. Di farle quindi aprire le porte. Non so, magari di manipolare anche i piloti dell’aero per poi ammazzarli… Avresti pensato a qualcosa del genere, suppongo. E durante le ore di volo avresti definito il resto… Mi sbaglio, Light Yagami? Non hai pensato a questo? Pazienza, evidentemente sei preso dal panico più di quanto immaginassi e io ho appena fatto una brutta figura. Ma mi importerà relativamente, visto che quando tu ascolterai queste parole io sarò sottoterra.
Perché qui, alle Hawaii? È semplice: perché sarai arrestato qui, tra pochi minuti.
E qui sarai processato, senza alcuna possibilità di estradizione in Giappone. Del resto Kira non ha risparmiato nemmeno le Hawaii, alcuni dei criminali che ha ucciso appartenevano a questo luogo e quindi sei ricercato anche qui.
Ma non ho ancora risposto: sei qui perché io ho fatto in modo che il volo che avresti prenotato facesse scalo ad Honolulu; sei qui perché questo stato non applica la pena capitale.
Sei qui perché la tua punizione estrema non sarà la morte. Ritengo che la pena più feroce per te sarà quella di dimenticare tutto, di partecipare quindi al tuo processo, di vedere con i tuoi occhi di nuovo veramente innocenti le prove schiaccianti contro di te, di seguire tutti i tuoi diabolici raggiri, di essere pienamente cosciente di cosa sei stato in grado di fare. Col tuo senso della giustizia tutto questo ti distruggerà. Odierai te stesso. Ma continuerai a vivere, Light. Continuerai a portare questo fardello per il resto della tua vita. Continuerai a soffrire per aver fatto sì che Misa Amane si dimezzasse la vita un’altra volta.”
E allora Light si lasciò scivolare a terra, senza forze… Ecco perchè aveva tirato fuori quella balla di testare il quaderno fuori dal Giappone, con la scusa dei giochi politici internazionali… Ryuzaki, tu volevi portarmi qui… Avevi già pianificato tutto… Appoggiò il capo all’indietro, ai vetri della porta, e chiuse gli occhi per non vedere quella L… E Misa si accovacciò affianco a lui. Spaventata. Tanto spaventata.
Mentre la voce sintetizzata di Ryuzaki continuava a invadere implacabilmente e senza pietà quella piccola sala d’attesa.
“Ma forse, adesso, vuoi sapere come ho fatto. Del resto in una partita a scacchi i giocatori conoscono sempre le mosse dell’altro e il perdente è semplicemente quello che non è stato in grado di prevederle con sufficiente acume… Quindi, anche se la maggior parte delle cose le saprai al processo, ti devo almeno di spiegarti personalmente un dettaglio. Sono stato io a spingere Higuchi a commettere quegli strani omicidi di criminali. Ho fatto in modo che lui non avesse scelta e che si sforzasse di scovare criminali che agivano nelle parti più sperdute del mondo col fine preciso di rendere dubbio il momento in cui i nomi erano stati scritti. E quindi, in sintesi, col fine di far sì che le date incerte delle esecuzioni mettessero quantomeno il dubbio che lui potesse non aver rispettato la regola dei tredici giorni.”
 
Credo di potermi intromettere per un breve momento.
Non siete per niente curiosi di conoscere lo stratagemma che Elle ha utilizzato per manipolare Higuchi? Insomma, mica crederete che sia andato da lui e gli abbia detto “Ciao, io sono Elle, e tu adesso fai come ti dico io”?
Ma no, io so che avete capito benissimo e che ricordate. Quindi potrebbe divertirvi vedere la mail-bluff che il vostro Ryuzaki inviò a Higuchi, naturalmente sotto falso nome, e che quest’ultimo lesse in una notte di ottobre, mentre Elle lo osservava, fingendo di giocare ai video-game…

 

Oggetto: KIRA
Da: ERALDO COIL
A: KYOSUKE HIGUCHI
Data: 8/10/2007
 
Gentile Dott. Higuchi,
Non mi perderò in chiacchiere inutili.
Ho inviato questa mail solo a coloro che tra voi della Yotsuba sospetto di essere Kira. Il suo contenuto è identico per ciascuno di voi. Naturalmente non le dirò i nomi degli altri destinatari di questa mail e lei si limiti a non farne parola con nessuno della sua compagnia, così come nessuno degli altri che l’hanno ricevuta ne farà parola con lei. Sarebbe controproducente per ciascuno di voi, sia che lei sia Kira, sia che lei non lo sia.
Non tema, anche qualora dovessi comprendere chi di voi sia Kira, non ho alcuna intenzione di catturarlo. Io non sono un inutile paladino della Giustizia, per indole o per sport che sia. Ciò che mi stuzzica sono i misteri, la competizione e, soprattutto, il denaro che posso ottenere grazie alle mie capacità e ai miei interessi. Ma questo voi della Yotsuba lo avrete già certamente capito visto che mi state pagando profumatamente per scoprire l’identità di Elle. Tuttavia, un’altra cosa che mi interessa molto è l’integrità del mio nome che mi permette di accumulare sempre più ricchezze e di continuare a poter stuzzicare i miei interessi di cui sopra.
La avviso, se L arriverà a lei, non esiterò a spifferargli tutto quanto so sul suo conto, con la scusa che anche io in incognito stavo indagando sul caso Kira. Conoscendolo, se L scoprisse il coinvolgimento di un qualche dirigente della Yotsuba, c’è il remoto rischio che arrivi anche a me ed io sarei in qualche modo tirato in causa essendo connivente, essendo a conoscenza di determinati fatti connessi a Kira. Questo distruggerebbe il mio nome e il mio avvenire. Credo sia evidente.
Contestualmente allo scoprire chi sia veramente L, che è una delle cose che mi esalta maggiormente, soprattutto se sono profumatamente pagato per farlo, sono quindi del tutto intenzionato a non far saltare la sua copertura. Le consiglio quindi caldamente di ascoltarmi e di seguire i miei avvertimenti.
Temo che lei sia sotto indagine da parte di L, o che lo sarà a brevissimo. Non starò a sottilizzare sui motivi per cui ne sono certo, a lei basti sapere che due informatori fra quelli di cui L si serve sempre e di cui anche io mi servo, si sono dimostrati attualmente irreperibili. Quindi ho intrapreso delle indagini su di loro e ho scoperto che stanno svolgendo delle attività che portano a lei (e naturalmente anche agli altri dirigenti della Yotsuba che insieme a lei hanno ricevuto questa e-mail).
Se L è sulle sue tracce non impiegherà molto a individuare lei come uno dei possibili Kira, così come ho potuto fare io. Ricordi che L è considerato il migliore detective del mondo.
Entro breve lei potrà essere messo personalmente sotto controllo, in ogni momento, anche in casa sua.
Suppongo che abbia ancora un po’ di tempo prima che L giunga a lei, ma si ricordi che la sorveglianza che lui potrebbe effettuare su di lei non durerà poco. Se in questo periodo di controllo i decessi dei criminali continueranno ad avvenire, lei sarà inevitabilmente scagionato.
Quindi, se lei è Kira, qualunque sia il modus operandi tramite il quale riesce ad uccidere a distanza, la consiglio di premunirsi al più presto e organizzare le sue carte in modo da non compiere alcuna azione omicida nell’ipotetico periodo di sorveglianza, così da non essere attaccabile. Trovi una soluzione per fingere che l’operato di Kira non si interrompa, ma a breve cerchi di non effettuare materialmente alcuna azione che possa comprometterla. Non so, magari vada a pescare i criminali di un qualche sperduto paese ai confini del mondo… E naturalmente, se ce ne sono, elimini le eventuali prove del suo coinvolgimento.
Se lei è Kira, saprà certamente come muoversi.
Se non lo è, questo messaggio la interesserà fino ad un certo punto.
L’indirizzo IP da cui questa mail è stata spedita non è tracciabile, né risulterà mai che essa è stata inviata alla sua casella di posta elettronica e dato che, qualora le cose andassero male, essa potrebbe essere una prova contro di lei e contro di me, essa non sarà più leggibile trascorsa un’ora dal momento in cui lei l’avrà aperta.
Cordiali saluti,
 
Eraldo Coil

 

E così Higuchi aveva deciso di strappare le pagine del death note per eliminare ogni prova, esattamente come gli aveva detto Eraldo Coil, alias Elle, e aveva anche seguito il suo consiglio, pianificando i decessi di criminali pressoché sconosciuti in sperdute parti del mondo, in modo che nessuno potesse essere certo di quando la notizia e la conoscibilità di quel particolare criminale era stata resa pubblica. Naturalmente Higuchi non aveva violato la regola dei tredici giorni, ma in quel lasso di tempo aveva materialmente commesso un solo omicidio, di nascosto, scrivendo il nome di un altro criminale sperduto del mondo su un foglio volante del quaderno.
Elle sapeva bene che la mail faceva acqua in alcuni punti, ma sapeva anche che essa era sufficientemente logica da essere considerata come inattaccabile e soprattutto come scritta da una persona molto intelligente da parte di chi non lo era. In sostanza, Elle aveva giocato sul fatto che l’intelligenza di Higuchi non fosse esattamente eccelsa.
E l’arrivista dirigente della Yotsuba era stato sufficientemente sveglio da capire come muoversi, ma non tanto da capire che le sue mosse avrebbero comunque insospettito Elle. Elle o Light…
In conclusione Ryuzaki era certo che Higuchi si sarebbe bevuto quella balla colossale come un bicchiere di acqua fresca.
Ma torniamo alla voce del vostro amato detective, che fuoriesce gracchiante dagli altoparlanti di quell'aeroporto delle Hawaii…

 
“Devo dire che Higuchi è stato sufficientemente intelligente da riuscire a mettere in pratica egregiamente il mio consiglio appena accennato, anche se naturalmente non ha capito che i miei suggerimenti miravano a far sì che le morti dei criminali così concepite risultassero quantomeno nebulose e potessero soprattutto porre dei dubbi sulla falsa regola dei tredici giorni. L’ho indotto a fare questo proprio perché volevo che qualcuno si accorgesse di questa stranezza. Tu. Ero certo che avresti notato l’anomalia nei decessi e quindi nelle azioni di Higuchi, perché sei troppo intelligente per non notare un dettaglio del genere. Ero certo che l’avresti fatto presente alla squadra e a me. Ed ero certo che l’avresti sfruttato a tuo favore, specialmente da quando ti avevo fatto capire che, se anche le uccisioni fossero riprese dopo la morte di Higuchi, io avrei ritenuto te responsabile. Tu allora sei corso ai ripari e hai abbandonato l’idea di usare Misa. E hai fatto esattamente ciò che mi aspettavo avresti fatto. E se ora stai ascoltando queste parole registrate, vuol dire che tu stesso hai proposto di testare il quaderno, come avevo immaginato avresti fatto, ma significa anche che ‘un certo Shinigami’ ha scelto di avere fiducia in te piuttosto che in me e mi ha ucciso. Ma ti ho battuto lo stesso, perché le mosse del mio piano erano stabilite da tempo e sono state portate avanti ugualmente, con l’aiuto di Aiber e Wedy, anche se io e Watari siamo stati esclusi dalla partita prima che potesse concludersi. Stai tranquillo, il resto della squadra e tuo padre non sanno nulla di questo, lui non ti ha tradito, non l’avrebbe mai fatto. Piuttosto credo che ti avrebbe arrestato con le sue mani, preso dalla rabbia, dal dolore e dall’impulso, ma non avrebbe mai ordito alle tue spalle come ho fatto io.
Adesso però credo che andrò ad affrontarti. Per me oggi è il 5 novembre, Light. Ma per te, adesso, ciò che mi accadrà a breve è il passato.”
Gli altoparlanti si spensero.
L’aereo si era staccato dal finger e aveva iniziato il suo percorso per raggiungere la pista assegnatagli per il decollo.
Da lontano si sentirono i passi serrati di un gruppo di persone che si stavano avvicinando.
Light aprì gli occhi e attraverso i vetri delle tante sale affiancate intravide le figure degli agenti della swat che stavano venendo a prenderli.
«Light…» sussurrò Misa guardandolo negli occhi e tenendolo per mano «…Light… Mi hai fatto paura prima… Ma adesso i tuoi occhi sono così grandi, così limpidi, eppure così tristi…»
Eccolo.
Era tornato.
Quello era il giovane studente delle superiori, annoiato, che avrebbe voluto fare il poliziotto, seguendo le orme del padre, all’insegna della giustizia e della moralità.
Quello dagli ideali forti e veri, che andava tutti i giorni a scuola a piedi e che poi, per caso, dalla finestra della sua classe, aveva visto cadere qualcosa di nero dal cielo…
Quello che Misa aveva davanti adesso era come quel ragazzo lì, come quello che non aveva ancora toccato il quaderno. L’unica differenza era che quel giovane che adesso si lasciava tenere la mano dalla ragazza sapeva di averlo toccato, quel quaderno, e sapeva anche tutto quello che ne era seguito.
E la terribile pena di Light era così già cominciata, senza che nessun processo lo avesse ancora giudicato, senza che lui avesse ancora dimenticato… Perché la sconfitta schiacciante gli aveva forse riaperto finalmente gli occhi…
E allora risuonò la voce di Ryuk, che era appollaiato sopra i tre monitor adesso spenti «Il gioco è finito, Light. Pensavo sarebbe durato di più, ma mi sono divertito abbastanza grazie a te e la situazione chi si prospetta nel futuro invece mi annoierebbe. Non ho alcuna intenzione di dover restare qui, dietro a voi due “colombini”, sarebbe decisamente barboso. E visto come si sono messe le cose, non mi va nemmeno di farmi vedere da tutti gli umani che toccheranno il quaderno dopo che vi avranno arrestato. La notorietà non si addice agli Dei della morte.» si contorse buffamente, agganciando le mani artigliate alle proprie caviglie, da dietro, inarcandosi e avvicinandosi i piedi alle orecchie «Quindi non mi resta che chiedere gentilmente alla tua dolce metà di rinunciare al possesso del suo quaderno, così potrò tornarmene a mangiare mele che sanno di sabbia. Altrimenti, be’, ci vuole un attimo a risolvere…» in quella assurda posizione sfilò il suo death note dalla cintura.
La voce rauca di Rem giunse allarmata alle orecchie di Misa «Rinuncia, Misa! Rinuncia al quaderno o Ryuk ti ucciderà! Fallo e ti prometto che non soffrirai! Ti ho forse mai mentito?»
La piccola Misa, sballottata dai tanti avvenimenti, strinse la mano di Light e lo guardò. Lui annuì a sua volta, spento, senza riuscire neppure a fissarla negli occhi. E così lei, dopo aver avuto l’assenso del suo amato, con gli occhi gonfi di lacrime sussurrò «…Rinuncio…» e poi svenne.
Ryuk sollevò le spalle indifferente e con calma ripose la sua arma infernale «Be’. Questa è risolta. Quello che Rem vorrà fare di te sono affaracci suoi e non mi va proprio di impicciarmi.» il Dio della morte fece di nuovo spallucce e scaricando egregiamente il barile risolse la questione che lui stesso aveva creato. Light era il possessore del quaderno che Ryuk aveva preso a Shidoh, ma quel quaderno adesso era custodito da Rem… Gli eventi si erano quindi incastrati in modo tale che lo scanzonato Dio della morte se ne potesse lavare tranquillamente le mani, passando la patata bollente che lui stesso aveva surriscaldato. Meglio di così non poteva andare. Adesso erano affari di Rem «Addio, Light Yagami. È stato un piacere.»
La figura lugubre dello Shinigami spiegò le enormi ali, volò nella stanza e passò attraverso le pareti di vetro, uscendo. Si perse poi in alto, nell’oscurità del cielo della notte, allontanandosi dalle piste illuminate dell’aeroporto…
Il destino bizzarro si era preso gioco di tutti.
O forse si trattava di “caso”?
Light non era morto. Ma del resto, secondo la vicenda conosciuta da Emma, lui sarebbe stato ucciso da Ryuk ben quattro anni dopo.
Quindi, non potendo prevedere il futuro e l’eventuale decesso di Light Yagami proprio nel giorno in cui era scritto che lui sarebbe morto per mano dello scanzonato Shinigami che lo aveva accompagnato, né tanto meno potendo essere a conoscenza delle modalità e delle motivazioni venture che potrebbero portare a questo accadimento, è ancora alquanto dubbio stabilire se invece Elle sia morto per destino o per semplice caso…
Quando gli agenti della swat arrivarono in quella sala d’attesa, trovarono Light Yagami in uno stato indefinibile, di abbandono totale.
Mentre la giovane e bella Misa Amane era svenuta al suo fianco.
Quando la ragazza si risvegliò, apparve palese a tutti che non ricordava assolutamente nulla di tutto quello che era accaduto. Non riconobbe nemmeno l’affascinante e angosciato ragazzo biondo che aveva al fianco…
Rem non aveva mentito alla sua protetta, ma l’aveva difesa ancora una volta. Misa aveva rinunciato e aveva dimenticato tutti gli eventi collegati ai quaderni, ma questa volta con essi aveva scordato anche di aver mai conosciuto Light Yagami.
Quanto a quest’ultimo, dubbie indiscrezioni dicevano che, dopo poco, lui pure aveva mostrato di non ricordare assolutamente più nulla. E quando poi gli avevano mostrato di nuovo le immagini dell’elicottero, lui si era portato incredulo le mani alla faccia, come se quel filmato avesse riguardato qualcun altro…
Chissà, probabilmente Misa si sarebbe innamorata di Light di nuovo e all’istante, in un altro contesto che, anche se difficile, forse li avrebbe resi più uniti di quanto non lo erano mai stati.
 
 “E tutti vissero per sempre felici e contenti…”
Oppure: “Happy end for Light & Misa and love for ever and ever…”
Mah… tanto “happy” non direi e nemmeno tanto “for ever”, visto che Misa ci lascerà le penne fra pochi anni.
“Vivi”, almeno per adesso, magari sì.
Descrivervi scene “psudo-sentimentali” di personaggi che non ho voluto tanto seguire nel corso di questa storia non mi diverte. E non mi va nemmeno tanto.
Comunque, atmosfera rovinata o meno e sentimentalismi a parte, ormai mi sono intromesso.
Sono certo che abbiate ancora qualche dettaglio e dubbio da chiarire.
Ad esempio il come e il perché anche Light abbia dimenticato tutto…
Eh eh eh…
Ma andiamo avanti e cambiamo scenario.

 
Emma aveva Watari davanti e gli stringeva le mani. Erano in piedi, uno di fronte all'altra.
E sentiva una fastidiosa voce di sottofondo…
Avrebbe voluto spostarsi, cambiare posizione, ma era come bloccata.
Wammy le stava parlando «Miss Emma, lei adesso è sola…» e le sue labbra non si muovevano.
Le sue dita erano così gelide…
E poi ancora quella voce di sottofondo, che monotona la disturbava, da lontano “… Comandante del…”
E di colpo Emma percepì una sensazione bruttissima. Nitida. Ebbe la sensazione orrenda e quasi macabra di stare toccando qualcosa senza vita. Quel corpo non era niente. Quel corpo era stato Watari. Si era mosso, aveva manifestato ciò che la mente contenuta in esso aveva voluto. Ma adesso non era più niente. Come? Com’era possibile? La morte. Era la cosa più antica del mondo. Era l’unica verità irrimediabile. Tutti sapevano che c’era, che sarebbe arrivata, prima o poi. Ed era ovvio che fosse così. Era quasi banale. Anzi, era naturale.
E allora perché Emma soltanto adesso percepiva quella sensazione quasi disgustosa? Perché sentiva così forte l’incomprensibile orrenda magia che si celava dietro quel contatto?
Le dita che stava toccando non erano più niente. E nessuno avrebbe potuto farci nulla. Un attimo prima potevano muoversi. Adesso non più.
E poi c’era sempre quella maledetta voce che non se ne andava!
Doveva muoversi, doveva cambiare posizione…
E poi quella percezione orribile iniziò a svanire, a diventare nebulosa, e lei iniziò a distinguere le parole di quella voce…
“...stiamo iniziando la discesa su Roma. L’atterraggio nell’aeroporto di Fiumicino è previsto fra 15 minuti, per le 12:30 ora locale. La temperatura a terra è di 15 gradi centigradi.  Vi preghiamo di allacciare le…”
Ecco cos’era quella voce.
Emma aprì gli occhi.
E sentì subito un lancinante dolore al collo, che era malamente appoggiato all’oblò dell’aereo, immobilizzato in una posizione scomoda e alla lunga tremendamente dolorosa. Allora mosse piano il capo, raddrizzandolo un po’, ma le scoppiò un mal di testa feroce. E le bruciarono gli occhi. Le bruciarono tanto. Aveva pianto, sommessamente, prima di crollare in un sonno profondo.
Con lentezza fece ruotare la testa da una parte e dall’altra, reggendosi con delicatezza le tempie che le scoppiavano e così almeno il dolore al collo sembrò migliorare…
Ecco perché anche prima aveva sentito l’esigenza di dover cambiare posizione…
Evidentemente la realtà si era mischiata al sogno e…
Sogno?!
Emma si bloccò.
Erano circa 13 mesi che Emma non sognava più.
Ma cos’era allora quello che aveva appena vissuto, se non un sogno? Anzi, se non un incubo?
Sì, un incubo di quelli subdoli, privi di paura, mostri o altre finte immagini da film. Quello era un incubo di quelli in cui non succede quasi nulla, ma nei quali le fugaci sensazioni che si percepiscono sono angoscianti e orribili. Orribili e spesso impossibili da spiegare a parole.
Con la cefalea galoppante non riusciva a soffermarsi su niente…
Doveva pensare a quel macabro incubo, nel quale era evidente che il fulcro della questione e l’angoscia scaturita ruotassero intorno al concetto di “morte”, concetto così vivo nella mente della povera ragazza per via di ciò che era venuta a sapere poco prima di imbarcarsi su quel volo? O doveva forse concentrarsi sul semplice fatto di aver sognato?
… Non ce la faccio… Non ce la faccio… E se sognassi perché… oddio… no… se adesso fossi di nuovo nel mio vecchio mondo… Oddio… no…
“… ngraziamo per aver scelto Volitalia.”
L’annuncio finalmente finì.
Volitalia… giusto…
No… Sembra che io sia ancora qui…
…Ma perché allora ho ripreso a sognare?

 
 


 
Sono quasi le due di notte, mi sono messa a correggere il capitolo da pubblicare solo in tarda serata perché durante il week-end ho dormito parecchio e poi ho avuto parecchie pulizie arretrate da fare a casa… (aiutooooooooooo O.o)
Sapevo che durante la prossima settimana non avrei avuto un briciolo di tempo, né tanto meno la testa per farlo durante la sera (arrivo cotta), quindi mi ci sono messa ora (e spero ardentemente di averla avuta adesso, la testa…)
Io mi auguro che almeno un po’ di soddisfazione ci sia stata. Vi posso assicurare che mentre scrivevo il capitolo, ormai parecchio tempo fa, digitavo la tastiera con forza, tanto volevo vendicarmi di quel maledetto di Light, e scrissi la parte del discorso di L piuttosto ardentemente. Va da sé che le mie sensazioni non possano essere direttamente proporzionali alle vostre, anzi. Quindi mi auguro di essere riuscita a comunicarvi almeno un briciolo di quello che provavo io scrivendo.
Se anche così non fosse, spero almeno che la trama sia chiara. So che è piuttosto complessa e quindi mi fa tanta paura… Spero che non ci sia voluta troppa concentrazione e che il capitolo non sia risultato esageratamente pesante per questo motivo.
Mi rendo conto che il sogno di Emma risulti piuttosto nebuloso… Ma ho pensato che i sogni lo sono spesso, che forse così sarebbe stato più realistico… Va be’, la smetto, che mi sto infognando con strane giustificazioni e non so nemmeno io cosa voglio dire e dove voglio arrivare! Sono in pieno delirio prepubblicazione notturno!! +_+
Neanche a dirlo, chiedo ancora una volta perdono per le recensioni cui non ho ancora risposto (ma vedete che le risposte vi stanno arrivando, quindi abbiate fiducia, vi prego!!). Che mortificazione, finisco sempre così, sono un disastro! ^_^
Ma una cosa non potrò mai ometterla: Grazie infinite a tuttiissimiiiiiiiiiiiiiiii!!!
Grazie di essere ancora qui dopo la batosta e la delusione del precedente capitolo…
È incredibile che ci siate ancora!!!!
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!
Adesso però devo assolutamente andare a dormire, quindi come ogni volta incrocio le mie dita e vi saluto!
 
Ci vediamo come sempre fra una diecina di giorni (più o meno, a seconda di quando riesco a mettermi alla scrivania per correggere e rileggere il capitolo successivo!!)
 
Eru ^_^

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Capitolo 42
*** 42. Pensieri, attese e chiarezze ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 42. Pensieri, attese e chiarezze

 
Si sentiva solo il veloce tamburellare della pioggia. Le strade erano solitarie e il buio della sera non era affatto invitante.
Nessuno sarebbe stato in giro in una serata del genere.
Tutti erano in casa, al caldo e alla luce rassicurante.
Tutti però, al sicuro dietro le proprie finestre, avrebbero scostato le tende almeno una volta per sbirciare fuori e avrebbero allora avvicinato il naso ai freddi vetri per poter distinguere nel buio e dare un’occhiatina fugace a quel tempaccio. E così magari avrebbero anche goduto della piacevole sensazione di rabbrividire un po’ al pensiero di quanto là fuori fosse diverso da lì dentro.
E lì dentro, dietro una di quelle finestre su cui si abbatteva la pioggia, c’era il rassicurante chiarore di una lampada accesa, in un angolo.
Emma e Misao erano accoccolate su un comodo divano, avvolte da due colorate coperte, e guardavano prese la televisione, come due bambine, senza dire una parola, col fiato sospeso.
Sullo schermo si avvicendavano le immagini cupe di una delle puntate cult della trasposizione animata del loro manga preferito. E dire “preferito” sarebbe stato in effetti dire poco. Entrambe, probabilmente, l’avrebbero definito “Il Manga”, con la M maiuscola.
Quando partì la sigla finale, entrambe sospirarono.
Tutte e due già conoscevano fin troppo bene il triste e shockante epilogo di quella puntata, ma avevano comunque un’espressione sconsolata.
Misao, con la faccetta rammaricata, fu la prima a parlare «Ma perché mi fa sempre questo brutto effetto… Uffa… Credevo che adesso mi avrebbe colpita meno. E invece è incredibile… è assolutamente pazzesco… Questa è la seconda volta che vedo questa puntata. Ma non ha importanza, perché tanto comunque anche nella prima sapevo benissimo che lui sarebbe morto. Irrimediabilmente… Ma ogni volta, ogni sacrosanta volta, mi ritrovo incredibilmente a sperare che non accada! Ma perché?»
Era il 5 novembre del 2007 e le due amiche avevano deciso di fare una chiusa in casa per rivedersi tutto Death Note fino alla puntata numero 25, in “onore” e “memoria” del loro amato Elle.
Erano più che laureate, erano ormai professionalmente riconosciute per il loro lavoro ed erano due persone serissime in quello. Una delle due era felicemente fidanzata, mentre l’altra era fin troppo presa da se stessa e dalla sua indole rigida e bizzarra da non riuscire minimamente a mescolarsi con gli atteggiamenti leziosi della maggior parte del popolo femminile.
Ma tutto questo, tutta questa pesante serietà, tutta la professionalità che Misao ed Emma rappresentavano, be’, tutto ciò non esisteva dentro quella stanza calda e illuminata dal chiarore di quella lampada nell’angolo.
In quella serata uggiosa di Tokyo, Misao ed Emma erano due ragazzine che parlavano di cartoni animati, due ragazzine che tutti avrebbero ritenuto superficiali e immature. E che a tutti sarebbero indubbiamente apparse come le “solite femminucce” che parlano di sciocchezze.
Emma si strinse nella coperta. Nel suo mondo era anche così. Nel suo mondo, nelle sue semplici e umane nottate piene di sogni, nelle sue normali giornate trascorse senza assassini diabolici in possesso di poteri soprannaturali e senza quaderni della morte, Emma era anche così.
E quindi rispose alla sua amica, prendendo molto sul serio un argomento che oggettivamente non poteva esserlo così tanto, visto che stavano parlando della puntata di un anime «Credo che quello che hai appena detto sia collegato alla speranza… Non vorrei fare un paragone esagerato e mescolare il Sublime con l’Umano, diciamo così, però è un po’ come quando ogni volta speri che Romeo attenda un po’ di più, che aspetti solo qualche secondo in più, prima di uccidersi… E lo fai ogni volta. Lo fai tristemente, incredibilmente, impeccabilmente ogni volta, anche se sai che lui non aspetterà… Ma tu sì, invece, tu aspetti. Aspetti trepidante che i secondi non passino così veloci. Aspetti, come se quel tempo potesse dilatarsi. E lo fai inesorabilmente. Finché lui non si toglie la vita poco prima che Giulietta si risvegli dalla sua morte apparente.» poi sorrise all’amica «Ma Shakespeare è Shakespeare e quindi questo parallelo è decisamente azzardato e sbilanciato, senza nulla togliere a Death Note naturalmente. Però, insomma… mi hai capito, no? Posso continuare su questa linea senza essere fraintesa…?» concluse solo leggermente imbarazzata.
Misao rispose subito «Oh, Emma, ma certo che ho capito! Continua!»  
Emma sorrise contenta «Perfetto! Quindi… Allora, quello che volevo dire è che la prima volta che ho letto Death Note, dopo la morte di Elle ho continuato a sperare fino alla fine che lui comparisse di nuovo, che la sua immagine rifacesse capolino in qualche modo… E invece non è successo. E lo stesso è accaduto quando ho visto l’anime, perché non sapevo come avevano deciso di presentare la versione animata e così ho continuato a guardarla anche dopo questa maledetta puntata, proprio perché speravo che almeno lì lo mostrassero di nuovo, che ci fosse qualche misera e minima comparsa… Magari anche solo come accenno, come ricordo… E adesso, be’ anche adesso ho sperato come te che Elle non morisse, pur sapendo che non sarebbe mai successo e pur sentendomi stupida nel farlo. È la speranza. È irrazionale, ma è solo la speranza…»
 
La scena che vi ho appena descritto era solo una sbirciatina.
Vi siete spaventati? Siete scombussolati?
Eh eh eh…
State tranquilli, non si tratta dell’epilogo di questa vicenda, epilogo che peraltro, così, sarebbe piuttosto banale e scontato, lasciatevelo dire… Insomma, tutti conoscono Alice nel Paese delle Meraviglie!
Questo invece è stato semplicemente uno sguardo nell’altra dimensione, quella in cui Elle è e rimarrà sempre un personaggio disegnato a china, quella senza Shinigami e cose spaventose.
Che poi ci siano cose spaventose anche nella vostra dimensione, senza bisogno di ricorrere a quaderni e Dei della Morte, è un altro discorso…
Quella che vi ho descritto è la dimensione simile e al contempo profondamente diversa da quella che avete seguito finora; è quella in cui Emma è partita per il Giappone, ma per semplice lavoro, quella in cui lei passa le sue giornate in compagnia dei suoi amici, che si sono messi insieme lo stesso, Light Yagami o meno. Quella in cui i tre archeologi hanno risolto il loro rompicapo lavorativo senza l’aiuto di Elle, impiegandoci solo un po’ più di tempo.
Quella che vi ho descritto è la dimensione in cui Emma non è sola. Lì lei può condividere la passione per il personaggio Elle insieme alla sua cara amica e può lasciarsi andare alla leggerezza più totale, con serenità e appagamento.
Quella è la dimensione che non tiene conto della mia presenza, o meglio, che non tiene conto del mio intervento. In modo ancora più chiaro: quella è la dimensione scaturita solo ed esclusivamente dalle scelte che Emma ha fatto e dagli accadimenti naturali che l’hanno circondata.
Sapete bene che ci sono molte altre dimensioni parallele: quella ad esempio in cui lei potrebbe aver deciso di non partire per il Giappone, o quella in cui addirittura potrebbe aver scelto di fare un altro lavoro.
Ce ne sono migliaia.
Io vi ho mostrato adesso solo uno stralcio di quella più consona all’indole di Emma.
Ma quella in cui lei si ritrova a combattere contro Kira, l’unica che voi conoscete bene,  be’ quella non sarebbe mai e poi mai esistita senza il mio intervento.
Se io non avessi preso la vostra archeologa e non l’avessi catapultata nella dimensione di Death Note che lei ama tanto, quel mondo non ci sarebbe mai stato.
Vedo dei punti interrogativi sulle vostre facce…
Ancora non ci eravate arrivati?
Sì sì, sono stato io a scaraventarla di forza nel mondo di Elle.
E, detto tra noi, non mi passa proprio per la testa di toglierla da lì. E non è che non lo faccia per “umanità” e quindi perché la poverina non reggerebbe il colpo, non lo faccio perché, come ho già detto, sarebbe veramente troppo banale. E poi, soprattutto, non lo faccio perché non lo posso fare. La realtà ibrida “Emma - Death Note”, chiamiamola così, ormai esiste. È stata creata e plasmata e proseguirà il suo corso così com’è. Io al massimo potrei farvi lo scherzetto di non raccontarvi più nulla di essa.
E poi Emma in essa ha ricominciato a sognare… Questo è un dato fondamentale.
Non so quanto riuscirete a capirlo, visto che non siete in grado di percepire e vedere cose con le quali io invece combatto continuamente, ma proverò a spiegarvi in grandi linee e magari potrete almeno intuire.
I sogni, belli o brutti che siano, sono la materializzazione più forte della vostra immaginazione, delle vostre paure, di tutto ciò che vi ha colpito nella vita che conducete tutti i giorni. Essi sono pura creazione originale e, se anche ricorrenti, sono unici e irripetibili, nello spazio come nel tempo. Il “presente” del sogno vola esattamente come quello della vostra vita reale, è un battito di ciglia, e non torna più, come la realtà. I sogni sono perciò in tutto e per tutto dimensioni parallele create dalla vostra mente mentre la razionalità è completamente sopita, mentre vi allontanate dal vostro mondo reale, dimenticando di essere nel vostro letto e perdendo ogni contatto tangibile con esso.
Sognare rappresenta la vostra unica possibilità di saltare “veramente” in un’altra dimensione. Quando sognate siete convinti che quella sia la realtà, senza dubbio. E lasciate stare le volte in cui vi rendete conto di stare sognando, perché lì significa che vi state già svegliando, che la parte razionale di voi inizia a voler tornare all’attacco.
Anche leggere un libro che vi appassiona può farvi compiere un bel salto, senza dubbio, come credo di avervi già detto, ma per quanto potrete essere presi, ci sarà sempre quel qualcosa che vi terrà legati alla vostra realtà, per il semplice fatto che state leggendo, che state perciò compiendo un’azione in cui viene messa in moto la metà del vostro cervello deputata alle attività razionali.
Ma il sogno non è così. Il sogno è letteralmente una dimensione reale alternativa, che si nutre  del mondo concreto che percepite ad occhi aperti e che si annida in esso. Le due “realtà” si devono per forza alternare e non possono coesistere in nessun modo, proprio perché sono reali entrambe. È possibile sia vivere e agire nella vita quotidiana, cioè nella dimensione reale numero uno, sia vivere ed agire nei sogni, cioè nella dimensione reale numero due. Ma è possibile farlo in momenti diversi. L’una scaccia inevitabilmente l’altra e non possono coesistere, come la luna e il sole.
Questo è quello che succede a tutti, in una condizione normale.
Ora, se però qualcuno si ritrovasse a vivere ad occhi aperti in una terza dimensione ancora, sia di notte che di giorno, e ne fosse pienamente cosciente, se cioè sapesse benissimo e in ogni istante che quel mondo non gli appartiene e che ne ha lasciato un altro in sospeso, non credete che questa terza realtà scalzi via la sua possibilità di sognare, cioè la sua possibilità di vivere in un’altra dimensione ancora? Che insomma questa terza realtà non dia spazio alle altre due, nemmeno di notte e in sogno?
Parlando in termini più semplici: se siete angosciati, la vostra mente sembra non riesca a pensare ad altro. Se state leggendo un libro attentamente e siete fagocitati dalla dimensione creata dall’autore tanto che quasi vi sembra di essere lì e di partecipare della storia insieme ai suoi protagonisti, la vostra mente non riuscirà a creare altro e quasi dimenticherà la realtà contingente.
Ecco, figuratevi se state letteralmente “vivendo” in una dimensione parallela.
I vostri sogni non avrebbero alcuno spazio. Non potrebbero proprio esistere.
Quindi Emma, che stava vivendo in tutto e per tutto in un altro mondo, non poteva sognare.
O perlomeno non poteva farlo finché continuava a sentire quel mondo come estraneo a sè… Cioè finché quella dimensione era per lei “un altro mondo”, o “another world”, per dirla in termini più internazionali…
Eh eh eh…
Ma se lei ad un certo punto e per un particolare motivo, avesse iniziato a non percepire più questa estraneità…? Se lei adesso si sentisse pienamente parte di quella dimensione, soffrendo di essa, con essa e in essa, essendoci dentro fino al collo? Se il dolore per la morte di Elle l’avesse radicata con tutta la sua anima e la sua irrazionalità in quel mondo? Se lei adesso non pensasse più al mondo che ha lasciato? E, in conclusione, quella dimensione da “altra” fosse diventata invece la “sua” dimensione?
Be’, io so che in questo caso lei ricomincerebbe a sognare…
Questo è il massimo che vi posso dire e se non riuscite a comprendere bene, ma soltanto a intuire vagamente qualcosa, non preoccupatevi, perché è normale che sia così. Certe cose vanno accettate sulla base di un sentore, almeno per voi esseri umani, quindi fate quello che voi chiamate un “atto di Fede” e andiamo avanti, che ho ancora una cosa da dirvi e questa mia incursione rischia di diventare troppo lunga.
Quindi, riguardo il discorso che fanno Emma e Misao sulla speranza…
Mi rivolgo a quelli che non si sono sentiti chiamati in causa dalla breve conversazione delle due ragazze: non fate i superiori, fingendo di essere senza grilli per la testa. Voi non siete mica freddi come Elle.
Io so che anche voi avete sperato. Sperato e atteso.
No? Be’, pazienza. Evidentemente mi sono sbagliato. Siete freddi calcolatori. Per voi dal vaso di Pandora è uscita anche la Speranza, che sola soletta ha abbandonato il triste mondo degli uomini.
Per voi Elle muore. Il destino di Death Note si compie e avete accusato questo colpo. Lo avete subito e ora siete corazzati. Del resto anche le emozioni sono soggettive ed io non smetto mai di imparare cose nuove.
Uhm… Però mi viene solo un dubbio molto futile ed insignificante.
Per quale motivo state continuando a leggere queste parole?
Eh eh eh…
Scusate, forse Elle non c’entra nulla, forse state continuando a leggere per vedere che fine farà Emma, per chiarire alcuni punti oscuri dell’intreccio, perché sapete che ve li chiarirò, oppure lo state facendo solo per capire chi io sia.
In effetti non ve l’ho ancora detto. Ormai però dovrebbe essere semplice capirlo. Anche perché non sono nulla di più di quello che sembro…
Niente? Nessuna lampadina si è accesa?
Va be’, continuo a raccontare…

 
Quando Emma arrivò, trovò i suoi genitori a prenderla.
Dire che non li aveva mai visti così contenti era dire poco…
Era un anno che non la vedevano.
Ed era un anno che lei non vedeva loro.
E così, nonostante tutto, si sentì così emozionata nel poterli avere di nuovo davanti, nel poterli abbracciare, che mentre si stringeva alla mamma quasi le vennero le lacrime agli occhi, anche se non le era mai accaduto di commuoversi per cose del genere. Anche se non le era mai accaduto di commuoversi in generale. Ma forse, non le era nemmeno mai accaduto di affrontare in modo così violento degli eventi orrendi, quasi surreali. Forse non aveva mai ancora sofferto per la perdita di qualcuno. Forse non aveva mai sofferto per la vera perdita di qualcuno per cui aveva lottato tanto. E forse non si era mai sentita così fragile in tutta la sua giovane vita.
La semplice e quasi banale verità è che i genitori a volte, anche se non sanno cosa angusti i figli né quali siano i motivi precisi dei loro malesseri, riescono incredibilmente a placare quello stato confusionale con un semplice abbraccio. Le sensazioni tattili e fisiche sono così forti, sono così istintive e ataviche che anche un adulto riuscirà momentaneamente a calmarsi abbracciando un genitore anziano, perché il ricordo ancestrale di essere cullato tra le braccia ed essere placato dal pianto di quando era ancora in fasce rimane come un imprinting incancellabile.
E forse, così, Emma riuscì a fermare la sua mente, finalmente, poté trovare un po’ di pace… E nonostante tutto, nonostante ciò che le aveva detto Wammy, seppe che non era sola comunque, anche se sua madre e suo padre non avrebbero mai saputo nulla.
Non era sola perché era amata.
E solo allora volò in lei il fugace pensiero di quanto invece lo fosse inevitabilmente stato Elle.
Di quanto a lui fosse stato irreparabilmente precluso di poter ritrovare quella sensazione di pace atavica seguita al semplice abbraccio noto di chi lo aveva cresciuto quando era in fasce. Di quanto a lui fosse preclusa anche la semplice consapevolezza e speranza di poterlo avere, quell’abbraccio, perché a volte, per tranquillizzarsi, basta sapere che l’aiuto può arrivare, che c’è, che basta fare un passo per ottenerlo, anche se poi magari si deciderà di non andarlo a cercare.
E quindi Emma percepì il perchè Elle non lo avesse nemmeno mai voluto un abbraccio, da parte di nessuno…
Perché nessuno avrebbe potuto dargli quella pace.
Perché la delusione che ne sarebbe seguita sarebbe stata più dura della sofferenza.
O perché la paura della delusione era forse più grande della delusione stessa.
Riabbracciando la madre e il padre, Emma si rese conto di quanto ciò che lei era fosse dipeso da loro e di quanto essi contassero per lei, sebbene ne fosse stata lontana, conducesse una vita autonoma e naturalmente non dipendesse più da loro.
Ebbe come un fremito di paura, perché sentì che non sarebbe mai stata pronta a perderli. Sapeva di essere ormai un’adulta, di avere una sua vita, ma sentì che ancora non sarebbe stata pronta a fare a meno di loro…
Si sentì ancora tanto bambina…
E pensò ad Elle.
Pensò alla sua breve vita.
Lei non aveva la minima idea di quello che lui aveva passato, né di come la sua triste vicenda aveva influito sulla sua personalità e sul suo carattere. Poteva solo immaginarlo, figurandosi come lei stessa sarebbe stata se i suoi genitori fossero venuti a mancare in quel preciso momento.
Ma Emma aveva venticinque anni. E nonostante questo veniva colpita da un terrore incontrollabile al solo pensiero di perderli.
Elle invece era solo un bambino quando era entrato alla Wammy’s House…
Fu un attimo.
Emma in un battito di ciglia rimise insieme tante cose. Cose che forse aveva saputo e intuito da sempre, ma che solo allora furono chiare nella sua mente.
Ryuzaki aveva diligentemente, inconsciamente e meticolosamente costruito una corazza. L’aveva fatto per anni, crescendo. Quell’armatura spessa aveva iniziato a forgiarsi per mantenerlo distante e protetto, a un palmo dal resto del mondo.
Inizialmente forse si era trattato della semplice barriera innalzata da un animo troppo giovane e profondamente ferito, che non voleva essere colpito ancora nella viva carne scoperta. Ma poi, col manifestarsi sempre più vivo della sua incredibile intelligenza e con il suo diventare sempre più “inarrivabile” e incomprensibile agli occhi degli altri, sempre più lontano, sempre più unico, e quindi sempre più solo, era seguita in lui la triste consapevolezza dell’impossibilità di essere compreso.
Quel bambino aveva percepito che per lui non c’era possibilità di vera comunicazione col resto del mondo. Se anche avesse tirato fuori i suoi pensieri più profondi, nessuno lo avrebbe capito, perché lui era anni luce avanti agli altri.
Questo doveva essere ciò che l’esperienza gli stava insegnando. O perlomeno questo era ciò che la sua mente di bambino poteva percepire, a livello inconscio. Incomunicabilità a livello intellettivo uguale incomunicabilità a livello “sentimentale”. In sintesi, incomunicabilità e basta.
In realtà non era così, perché la sua barriera di difesa era del tutto normale in quel momento e la profonda sofferenza che covava dentro sarebbe stata al contrario comprensibilissima anche ai meno dotati, perché, a differenza dei suoi ragionamenti e della sua intelligenza, il dolore è semplice e universale...
E così quella barriera, invece di cadere e sgretolarsi, lentamente aveva messo radici sempre più profonde, divenendo parte del piccolo Elle, della personcina che era e dell’adulto che sarebbe stato.
Perfettamente in armonia col suo essere un genio, quella corazza si era ispessita nel profondo, era diventata un muro e aveva provocato la nascita di una serie di altri comportamenti che impedissero a chiunque di attaccarlo, quel muro. Perché se una città si munisce di una cinta muraria difensiva, è sempre meglio costruire anche un fossato esterno, così sarà più difficile raggiungere le mura stesse, che diventano allora l’ultima ancora di salvezza.
Ed Elle era diventato Elle.
Elle era così.
Come a chiunque altro si poteva dire che era simpatico, socievole o distratto “per carattere” e che questi aspetti facevano parte della sua indole, ad Elle si sarebbe potuto dire che “aveva una corazza”.
E col tempo perfino il suo corpo e le manifestazioni estrinseche di esso avevano iniziato a rendere evidente questa sua indole. “Evidente” naturalmente per chi era in grado di “osservare” e non semplicemente di “vedere”. Il corpo di ogni essere umano parla, basta saperlo ascoltare.
La sua voce calma, fredda e distaccata, propria di chi si sente sicuro e sa di essere inattaccabile per natura, per via di quei fossati, di quelle mura solide. O propria magari di chi, sempre “per carattere”, è abituato a voler dare l’impressione di essere sicuro e solido.
I suoi occhi grandi, le sue pupille dilatate, tese a cogliere qualunque comportamento o espressione possa far sollevare il campanello d’allarme.
Il suo collo proteso in avanti, affusolato e allungato per avvistare qualunque cosa si annidi dietro l’angolo, come quello di una sentinella che cerchi di scorgere nel buio il pericoloso arrivo dei nemici, al di là delle mura e dei fossati.
Il suo corpo rinchiuso in se stesso, raggomitolato in quella posizione fetale e primordiale di difesa.
Ma, in fin dei conti, tutto questo apparato così strutturato e radicato da cosa lo avrebbe dovuto difendere?
Da ciò cui fuggono tutti. Da ciò che rendeva Elle umano esattamente come tutti gli altri e anzi più degli altri, in modo così evidente da sembrare banale: dalla sofferenza.
Entrare in contatto col mondo significa soffrire. Soffrire tantissimo.
Naturalmente però significa anche gioire.
Ma come spiegare questo dettaglio fondamentale ad un bambino così piccolo? Ad un bambino i cui unici punti di riferimento ed affetto sono quindi potuti essere ancora soltanto i genitori, per via della sua tenera età, ad un bambino che non ha avuto il tempo di amare incondizionatamente nessun altro, ad un bambino che da questo amore spassionato e naturale, dall’unico rapporto interpersonale vero che ha avuto, non ha raccolto che un dolore immenso? Come si può spiegare a costui che il mondo non è solo un pericolo e che le persone cui ci si affeziona possono dare tanta gioia, se le uniche persone cui lui era legato gli hanno procurato così tanta sofferenza?
Forse, se non li avesse amati così tanto, non avrebbe sofferto così…
Forse, se fosse stato meno attaccato a loro, non sarebbe stato così male…
Forse è meglio avere un muro di gomma, non provare nessuna emozione.
E se poi questo bambino, crescendo, si fosse anche accorto che le emozioni tendevano a inceppare i suoi meccanismi logici mentali? Meccanismi che gli davano peraltro un piacere immenso? Meccanismi che lo tenevano per di più lontano da ciò che lo faceva soffrire?
Questo bambino sarebbe diventato Elle.
Semplice, logico, inevitabile.
Elle non era un alieno.
Era tremendamente e spudoratamente umano. Pieno delle sfaccettature, delle difese, dei meccanismi contorti e profondi che possono radicarsi solo nella mente evoluta di quei mammiferi che derivano dalle scimmie.
E più questo bipede in cima alla scala evolutiva è contorto, inarrivabile, incomprensibile e misterioso, più quei meccanismi gridano platealmente a tutti che lui è un uomo in tutto e per tutto.
Era così semplice e banale che Emma si stupì di come tutti, compresa lei stessa, potessero aver sempre pensato che proprio uno come Elle potesse essere un alieno…
E tutto questo volò veloce nella mente della giovane ragazza in pochi fugacissimi attimi, con una chiarezza disarmante.
Si strinse allora ancora più forte a sua madre.
Perché lui era un uomo.
E perché adesso quell’uomo difficile, solitario, cinico e bastardo, quell’uomo magrissimo, dalla pelle lattea e gli occhi neri infossati dietro due profonde occhiaie, quell’uomo solo e pieno di orribili difetti era morto, proprio come tutti i suoi simili.
Lui non c’era più.
Ed Emma non avrebbe più potuto dirgli niente.
Non avrebbe potuto dirgli quanto era arrabbiata con lui.
Non avrebbe più potuto dirgli tutto quello che pensava di lui.
Non lo avrebbe nemmeno potuto guardare in faccia con altri occhi, con la consapevolezza che le avevano dato i pensieri appena fatti su di lui.
Emma aveva capito troppo tardi e non poteva fare altro che stringere forte sua madre e nascondersi nell’incavo del suo collo, abbassando vistosamente il capo per farlo, perché era più alta.
«…Emma…» le disse la mamma dolcemente, con una punta di preoccupazione nella voce…
Il padre le accarezzò il capo, continuando ad osservarla mentre si stringeva alla madre «…Tesoro, ma che succede…?»
Loro capivano. Non sapevano, ma capivano che qualcosa non andava…
Ad Emma si strozzarono le parole in gola.
Avrebbe potuto omettere tutto ciò che sapeva.
Avrebbe potuto nascondere ogni cosa, ogni dettaglio e ogni sviluppo di quella vicenda incredibile di cui era stata protagonista.
Ma non avrebbe mai potuto tacere su “quello” che stava provando in quel momento «…Oddio… Io non avevo mai perso nessuno… Poco prima di prendere il volo ho saputo che è morta una persona che conoscevo molto bene… era giovane, aveva la mia età… oddio…»
I genitori di Emma sgranarono gli occhi «Oh, Emma, chi è?! Lo conosciamo?» erano colpiti e veramente addolorati. Quando viene a mancare una persona giovane, tutti rimangono profondamente impressionati, anche se non hanno mai nemmeno visto il volto di quel giovane. E in generale un genitore lo è ancora di più, si immedesima, pensa al figlio che ha davanti, vivo e in forze, e non può che soffrire per la funesta sorte che invece ha colpito l’altro, quello che non conosce…
Emma non si mosse, rimase col viso sprofondato nell’incavo del collo della mamma «…No, voi non lo avete mai conosciuto… E io non lo potrò mai più rivedere… Come si fa? Come si fa…? Come si fa…» la voce le si affievoliva sempre di più.
Il padre e la madre di Emma si guardarono mesti e angustiati, in silenzio.
La ragazza non aveva finito di dire quello che aveva da dire e loro lo sapevano «…Era pieno di difetti… Mi ha fatto stare male e l’ho odiato per questo… Ma…» e poi Emma si strinse ancora di più alla mamma e non parlò più.
Quel “ma” era stato sufficiente. Loro avevano capito che quel giovane uomo per lei era stato più di quello che la figlia aveva esplicitamente dichiarato.
Sapevano che forse non ne avrebbe più parlato.
Sapevano che avrebbe continuato a soffrire.
Non avrebbero mai saputo “chi” era stato quel giovane, né avrebbero conosciuto il suo nome, vero o finto che fosse.
Però loro adesso sapevano. Sapevano la cosa più importante.
E forse, come aveva detto Watari, per non essere soli c’era veramente bisogno che qualcuno sapesse. Bastava la consapevolezza che un altro fosse conscio del fatto che dietro una piccola verità svelata e condivisa c’era un mare di altri dettagli e vicende sconosciute ma immaginabili.
 
I giorni passavano.
E in tutti i notiziari non si parlava di altro.
Tutte le testate continuavano ad avere in prima pagina la clamorosa notizia.
Kira era stato arrestato.
E la sua identità non era più un mistero per nessuno.
Era stato arrestato ad Honolulu insieme alla sua giovane complice, manipolata, a quanto dicevano, dalla mente geniale di Light Yagami.
Il filmato shock era stato riproposto in tutte le salse. Nei telegiornali. Sugli speciali costruiti ad hoc. Su you-tube.
L’abitacolo di quell’elicottero era noto al mondo intero.
La morte di Kyosuke Higuchi per mano di Light era di dominio pubblico.
E tutti continuavano a chiedersi come fosse possibile.
Come poteva un uomo ucciderne un altro solo scrivendone il nome su un pezzetto di carta.
E uscivano articoli sulla vita di Light Yagami.
Intere trasmissioni erano dedicate alla giovane e bella Misa Misa e alla sua triste storia.
E naturalmente, non mancava chi cercasse di scoprire l’identità dell’Elle defunto, di quel detective che aveva sacrificato la propria vita e che nonostante questo era riuscito a mettere Kira nel sacco.
Provavano a scovare chi fosse stato e da dove venisse, ma con scarsissimi risultati. L’unica cosa che riuscivano a dire era che doveva aver avuto i capelli neri, perché dal filmato dell’elicottero si intravedeva, al fianco di Light e al posto di guida, una ciocca corvina.
Basta.
Nessuno degli agenti della squadra avrebbe mai parlato di lui.
E nessuno avrebbe mai parlato nemmeno di loro.
La loro identità sarebbe rimasta nell’ombra.
Le loro testimonianze erano state ascoltate dagli inquirenti in assoluta segretezza.
Wedy, Aiber, Matsuda, Mogi, Aizawa, Soichiro Yagami.
Già.
Soichiro Yagami. Il cui amore e la cui fiducia nei confronti del figlio erano stati tremendamente sconvolti. La verità aveva profondamente scosso il padre di Kira. Lo aveva ferito in modo irrimediabile. Ma non per questo la sua irreprensibilità e la sua onestà erano venute meno.
Aveva testimoniato.
E lo avrebbe fatto ancora, quando il processo sarebbe stato avviato.
Gabbato da Elle, si ritrovava adesso a soffrire ancora di più per la sua morte: il giovane detective aveva messo nel sacco il figlio senza coinvolgere lui, che ne era il padre.
Elle non gli aveva chiesto di partecipare alla sua cattura.
E il sovrintendente era rimasto ignaro delle trame di Ryuzaki fino all’ultimo.
E di questo, nella sua purezza di spirito, era grato.
Elle non lo aveva coinvolto in qualcosa che lo avrebbe distrutto.
Questo era il modo di Soichiro Yagami di vedere le cose. Egli leggeva in questa scelta di Elle una certa forma di attenzione nei suoi confronti. Ma in realtà le mosse segrete del detective probabilmente erano state dettate da tutt’altro motivo: con tutta possibilità egli aveva voluto togliersi dai piedi gli stupidi agenti e agire in piena libertà solo secondo i suoi piani.
Ma questo, Soichiro Yagami non poteva nemmeno pensarlo.
Lui poteva solo essere grato ad Elle, perché suo figlio non sarebbe stato condannato a morte. Perché il detective aveva fatto in modo che lui fosse arrestato in un paese forse più civile del suo. L’irreprensibile sovrintendente, nella sua cieca fiducia verso il primogenito, non aveva mai pensato alla possibilità che sarebbe potuto morire se giudicato e riconosciuto come Kira. Perché per lui Kira era qualcun altro, qualcun altro che “si meritava” di morire per mano di uno Stato Giusto.
Ed Elle era stato avanti a lui, come sempre.
E per questo Soichiro, adesso, lo ringraziava con tutto se stesso, nel silenzio della sua triste vita.
E non avrebbe mai saputo che quella scelta “civile”, quasi illuminata e veramente “giusta”, non era nata direttamente nella mente del geniale detective. Quella scelta proveniva invece dalle elucubrazioni di una giovane ragazza che il poliziotto giapponese non avrebbe mai conosciuto, della quale non avrebbe mai saputo il nome, di cui non poteva nemmeno immaginare l’esistenza.
Era lei che avrebbe dovuto ringraziare.
Perché se Elle aveva seguito quel binario da lei costruito, era stato solo per cercare di salvarsi la pelle, per evitare che Rem lo uccidesse ventilandole la visione di una pena contenuta per Misa Amane e Light Yagami. Visione che a quanto pareva era stata inutile, perché lo Shinigami, nella sua follia divina, lo aveva ammazzato ugualmente…
E quella giovane archeologa italiana, che probabilmente tutti avrebbero dovuto ringraziare, se ne stava invece dimenticata nel salotto dell’appartamento dei suoi genitori, sola, a guardare tutti quei programmi assurdi che parlavano di ciò che lei aveva toccato così da vicino e così fermamente fin dall’inizio.
E i giorni passavano.
Lei lavorava e tornava a casa in silenzio.
Dato che aveva lasciato per due anni il suo vecchio appartamento all’amica Viola, che adesso ci conviveva con il suo ragazzo, e dato che non aveva la minima voglia di vivere insieme a loro, era stato più che naturale che in quei tre mesi in Italia Emma sarebbe stata dai suoi genitori, nella sua vecchia stanza.
La cosa inizialmente non l’aveva esaltata, perché dopo ormai tempo che viveva da sola ritornare a casa non era esattamente il massimo.
Ma dopo tutto quello che era accaduto, la cosa non la disturbava più così tanto. Anzi, in un qualche strano modo la confortava.
Una volta sua madre, osservandole il volto pallido e stanco, le aveva detto «Emma… forse potresti condividere il tuo dolore con chi lo conosceva e lo amava… I suoi genitori sarebbero felici di vederti… Io, in un qualche strano modo, lo sarei se tu…» e si era fermata, addolorandosi ancora e immedesimandosi in quella terribile vicenda che la figlia stava vivendo.
Ed Emma aveva risposto con un mesto sorriso «…Lui non aveva genitori, mamma… »
Sua madre non aveva risposto. L’aveva solo guardata, comprendendo ancora.
Ma fu così che Emma, lentamente, iniziò a pensare che qualcosa poteva farla. Una soltanto.
Fu proprio grazie a quelle parole semplici e sincere di sua madre che Emma iniziò a pensare ad altro.
In principio fu un fugace e vago pensiero.
Poi iniziò a diventare un’idea più consistente, che le dava stranamente un minimo di conforto.
E mentre lei si aggrappava a questo pensiero, il grande processo tenuto nell’aula bunker della capitale dello stato delle Hawai era iniziato e procedeva a tappe forzate.
Ogni giorno mandavano in televisione immagini e notizie riguardanti quell’evento epocale. Ma la gente non riusciva a capire bene come si fossero svolti i fatti. E non lo avrebbe mai capito. Sarebbero sempre rimaste delle lacune e sacche dubbie avrebbero aleggiato. Durante le udienze molte cose venivano date per scontate e solo chi sapeva avrebbe potuto capire.
Ed Emma si rendeva conto che quella vicenda incredibile non poteva essere divulgata così facilmente al mondo e che solo chi stava partecipando direttamente poteva comprenderne ed acquisirne tutte le sfaccettature e le componenti tutt’altro che umane. Era fatto a posta.
E così, osservando le dirette, Emma scopriva che tutto il processo era un grosso bluff, architettato ad arte per il mondo, che non poteva sapere. Era una sceneggiata costruita egregiamente a tavolino perché al mondo qualcosa potesse giungere e placare in parte la curiosità, ma ogni dettaglio era stato rimaneggiato e aggiustato per innalzare una falsa verità. E lei sapeva più di ogni altro quanto le cose che venivano dette fossero delle balle.
Da ciò che veniva riportato sembrava che i due Kira avessero scritto i nomi di coloro che volevano giustiziare su due quaderni, che però erano presentati solo come una macabra lista di ciò che i due assassini avrebbero voluto fare, una sorta di programma costruito a tavolino che dimostrava le loro intenzioni.
I due death note diventavano così solo una prova del mostruoso piano, nient’altro.
Sembrava poi che gli effettivi omicidi fossero stati compiuti con modalità differenti ogni volta, attraverso la somministrazione di un certo farmaco letale che provocava arresti cardiaci. Sembrava che i due imputati in alcuni casi fossero riusciti a propinare direttamente il farmaco, ma che nella stragrande maggioranza essi si fossero serviti di una vasta rete di conoscenze che toccava capillarmente tutto il mondo. Sembrava che essi avessero allacciato questi contatti tramite il web e i siti che inneggiavano a Kira. Che quindi su internet i due avessero accolto una quantità incredibile di proseliti senza nome, annidati in ogni angolo del globo e appartenenti a ogni ceto, età e posizione economica. Proseliti che riuscivano quindi a raggiungere chiunque e a portare a termine quanto ordinato dalle due menti, che loro osannavano come Dei. Anzi, in realtà sembrava che la mente vera e propria fosse stata una soltanto. Light Yagami aveva potuto sfruttare le sue capacità e la sua vicinanza alla polizia.
In questa falsa ricostruzione c’erano parecchie sacche di mistero, ma la gente credeva che fosse normale, che magari si sarebbe dovuto seguire in modo più attento il processo, che la vera conoscenza venisse dal contatto diretto dei fatti.
Qualcuno invece si faceva più domande e inneggiava alla falsa informazione, alle notizie pilotate, al complotto.
Del resto, il mondo era stato pieno di complotti e segreti e in molti paragonavano indignati il caso Kira a tanti altri.
Qualche trasmissione di serie B trovava rocamboleschi contatti tra i due Kira e gli alieni dell’ “Area 51” o tra essi e le piramidi del Cairo.
E così scorrevano le prove.
I testimoni venivano interrogati. E davanti agli occhi increduli del mondo passavano le dichiarazioni di un anonimo giapponese autista di pullman, che aveva visto Ray Pember e Light Yagami sul suo mezzo quando uno squilibrato era andato fuori di testa e, dopo aver minacciato tutti, si era infine gettato sulla strada. E poi scorrevano le riprese di una telecamera fissa della questura di Tokyo, in cui si vedeva Naomi Misora al fianco di Light, che era quindi l’ultimo ad averla vista viva.
La gente continuava ad avere paura, o perlomeno continuava ad averne chi aveva compiuto qualcosa di scorretto.
“I due Kira sono stati presi, ma tutti i loro proseliti del web potrebbero continuare ad agire?” si chiedeva qualcuno.
“Il farmaco potrebbe ancora essere somministrato!” diceva qualcun altro…
“Qualche altra mente malata potrebbe prendere il comando di questo folle progetto e sostituire i due principali responsabili… In fondo è già successo con quel giapponese, Higuchu, Higacho, Higuchi, o come diavolo si chiama.” Borbottavano nei bar…
Il risultato era che i criminali rimasti continuavano a starsene buoni, terrorizzati all’idea che il loro incubo e giustiziere potesse tornare sotto altre spoglie.
E questo andava benissimo a tutti, naturalmente.
Ed Emma ragionava… Quella messinscena era praticamente perfetta. Era una impeccabile ricostruzione, fornita anche di quelle lacune che tutte le vicende torbide avevano sempre avuto nella storia del mondo. Era quindi perfettamente realistica sotto ogni punto di vista. Aveva sfruttato i punti deboli e la realtà contingente e conosciuta. Aveva fatto perno su tutto ciò che il mondo conosceva, compresi i lati più misteriosi di esso. E aveva anche ottenuto un certo timore da parte dei criminali, che ancora si guardavano bene dal commettere grossi delitti o scempi.
Era una sceneggiata perfetta…
Chi l’aveva architettata?
Chi era il nuovo Elle?
Chi era stato in grado di costruire quel castello perfetto, degno dell’Elle che lei aveva conosciuto?
Near? Near e Mello insieme? O qualcun altro?
E il suo pensiero continuava a crescere, diventando sempre più un chiodo fisso.
Emma sapeva che chiunque era succeduto a Ryuzaki, doveva essere a conoscenza della sua esistenza, dell’esistenza di quella insignificante archeologa.
E sapeva anche che quel qualcuno era alla Wammy’s House. E forse, lì, in quell’orfanotrofio di Winchester, lei avrebbe trovato le uniche persone che sapevano, che sapevano tutto. E grazie alle quali forse, come le aveva detto sua madre, avrebbe potuto condividere veramente…
Ad ogni modo comunque, nonostante le prove schiaccianti che quindi venivano addotte contro i due Kira, prove meticolosamente raccolte e consegnate alla Giustizia dal defunto Elle, pagine e pagine di perizie psichiatriche non facevano altro che dimostrare che i due giovani imputati si trovavano in una condizione che attenuava enormemente le loro colpe: la loro mente non era e non era stata in grado di distinguere il Bene dal Male.
In entrambi i casi i giornalisti, con il loro gergo poco tecnico e abbordabile alla maggior parte della gente, parlavano di una forma bizzarra di “schizofrenia”, di personalità multipla. I due Kira erano colpevoli. Ma le loro menti dimostravano ogni giorno di più che le loro azioni non erano state dettate da una reale consapevolezza dei fatti del mondo.
Così, quell’evento epocale, secondo forse soltanto al processo di Norimberga, si svolse rapidamente, impegnando a tempo pieno coloro che lo gestivano.
E in un tardo pomeriggio della metà inoltrata di dicembre, quando la maggior parte delle persone era nelle strade illuminate a festa per gli acquisti di Natale, Emma era davanti alla televisione, avvolta in una coperta colorata, in attesa che il giudizio del tribunale internazionale fosse espresso.
E quando la sentenza venne emessa, queste furono le parole del giornalista che la riassunse: Quello che è successo è unico e coloro che ne sono stati i fautori e maggiori testimoni pagheranno con una pena singolare per via della loro evidente “insanità mentale”. Vivranno per il resto dei loro giorni isolati in una struttura di igiene mentale sconosciuta al resto del mondo, soli, seguiti e studiati costantemente dai medici e controllati a vista. Ma le loro giornate non trascorreranno dietro le sbarre di un’umida cella, ma saranno pervase di una libertà fittizia all’interno di tale struttura sconosciuta. Light Yagami e Misa Amane vivranno insieme, in una sorta di limbo dorato e ristretto, costantemente controllati, senza più poter avere contatti con il resto del mondo, per sempre.”
Emma non sapeva come fossero veramente andate le cose, era stata all’oscuro di tutto, come tutti gli altri normali cittadini del mondo.
I notiziari dicevano che era stato lo stesso Light Yagami ad uccidere Elle, anche se non era ben chiaro quando ciò fosse accaduto, perché si era potuto vedere fin dall’inizio che la notizia della sua morte fosse stata una concessione della “Organizzazione Elle”. Ma lei sapeva che tutto quello che raccontavano era un bluff, lo sapeva più di tutti gli altri, più di tutti i presentatori delle varie trasmissioni di serie B che mandavano in onda.
Emma immaginava che il destino si fosse abbattuto sul grande detective e ne avesse provocato la morte per mano della stessa Rem. In fondo Naomi Misora era morta per mano di Light ugualmente, nonostante le diverse modalità. E lo stesso era avvenuto per Ukita.
Lei non aveva la più pallida idea di cosa fosse accaduto in quell’aeroporto delle Hawaii, né di come si erano svolti i fatti, ma era certa che tutto quello che aveva preceduto e seguito la morte di Elle era stato in qualche modo voluto e architettato da lui. Lo stesso arresto ad Honolulu e l’esito del processo gridavano che i discorsi sulla pena capitale che tanto l’avevano accalorata non erano stati vani. E come avrebbero potuto esserlo? Per Elle nessun discorso era stato vano, mai.
Non le era nemmeno affatto chiaro a cosa servisse la balla dell’ “Organizzazione Elle”, che le stonava parecchio.
Doveva conoscere gli ultimi attimi di vita di Ryuzaki e doveva sapere in quale modo egregio era stato incastrato.
Perchè Emma non poteva e non voleva credere che lui fosse morto stupidamente un’altra volta.
Si alzò dal divano, trascinandosi la coperta che aveva sulle spalle.
Raggiunse la sua borsa e prese il cellulare che un tempo le aveva fatto avere Elle e che Watari aveva voluto che lei tenesse.
Lo osservò per un po’. E poi lo accese.
E mentre osservava il messaggio di benvenuto della casa produttrice che non vedeva da tempo, disse «Mamma… Quanti giorni rimarremo dalla nonna a Londra per il Natale?»
La madre sollevò lo sguardo dal monitor della televisione «Mi pare circa un paio di settimane… Sì. Partiamo dopodomani e rimarremo fino al 6 gennaio. Perché?» le chiese.
Emma proseguì «... Io credo che tu abbia ragione. Devo andare lì dove c’è qualcuno che lo ha conosciuto. Credi che per voi sarà un problema se in quelle due settimane mi prenderò un paio di giorni per andare a Winchester?»
La mamma sorrise «Nessun problema, Emma. Non c’è proprio nessun problema…»
La Wammy’s House.
Solo lì, forse, potrò sapere e capire.
Solo lì sanno chi è stato Ryuzaki veramente…

 
 
 
 
 
Allora…
Non c’è una parte di questo capitolo che non mi terrorizzi. È così diverso, composto di parti differenti, spezza così tanto con i precedenti… Per la prima volta ho avuto difficoltà a trovargli un titolo!
Non sono convinta di nessuna delle sue parti. Lo trovo molto lento. Ma era tutto stabilito, come sapete ormai.
Riguardo tutta la prima parte, be’, perlomeno a chi era mancata la voce fuori campo non sarà dispiaciuto… (me lo auguro)
Per il resto, credo che sia scaturito sia dalla mia incapacità e dal mio timore di trattare il dolore in modo scontato e melenso, sia dalla mia necessità di ancorare i fatti in modo realistico.
Quindi questo è stato il mio modo di comunicare lo stato di Emma, senza perdermi in introspezioni strappa-lacrime, che non sono assolutamente in grado di realizzare (sempre perché ritengo, nel mio piccolo e per mio gusto, che per descrivere il dolore non ci siano tante parole o perlomeno io non ne ho…)
E poi c’è la noiosissima tirata pseudo-psicologica su Elle… Scusatemi e perdonatela (anche per tutte le sciocchezze che posso aver detto senza rendermene conto e senza essere una specialista), ma per me era indispensabile parlarne, perché forse sarebbe stato naturale per Emma pensarci, ma anche per tanti altri motivi che vi risparmio ^^
Insomma, che vi posso dire?
Questo capitolo spezza, ma dato che l’ho scritto tempo fa, insieme ai precedenti e ai successivi, tutti in blocco, mi rendo conto che letto da solo potrebbe lasciare l’amaro in bocca… ma era necessario.
Quindi chiedo scusa!!!
 
E chiedo scusa ancora una volta per le recensioni in sospeso, ma durante la settimana attualmente riesco a fermarmi solo la sera tardi e sono così stanca che non riesco a scrivere… Questo mese di luglio è molto intenso per me (e pare che mi tocchi iniziare anche un altro lavoro, insieme a quello che già sto portando avanti…per carità, sono contenta, ma vi assicuro che non vedo l’ora di andare in vacanza!! Comunque incrocio le dita e spero che il mio fisico regga ah ah ah ah! ^_^)
Ma vi prego di non smettere di avere fiducia, perchè come sempre risponderò a ogni vostra singola parola!!!
 
Per adesso vi saluto e vi ringrazio e per una volta almeno non è notte fonda ^^
Grazie di aver letto fin qui e di continuare a seguirmi numerosi! Nuovi lettori si sono aggiunti e mi hanno preferito e non voglio pensare al momento in cui avrò finito di postare questa storia, mi mancherete tantissimo…
 
Un abbraccio e ci vediamo fra 10 giorni (che poi diventano sempre 13 o giù di lì… +_+)
 
Eru

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Capitolo 43
*** 43. The last page ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
  

 43. The last page

 
Il cielo era bianco e compatto.
Non si scorgeva il suo noto azzurro, celato dietro una distesa densa di nuvole nivee.
E si percepiva quel particolare aspetto e quella luminosità fredda che appesantiscono l’aria.
Era un cielo che al solo guardarlo provocava una sensazione di gelo, anche se ci si trovava al caldo e al chiuso.
Erano le undici del mattino di una gelida e immobile giornata di dicembre.
Mancavano solo tre giorni alla Vigilia di Natale e il verde scuro delle lande e delle colline dell’affascinante campagna inglese definiva tutta la linea dell’orizzonte, che sfiorava quel bianco e freddo cielo invernale, carico e pesante di una neve che non riusciva ancora a cadere.
Emma aveva osservato quell’orizzonte durante tutto il viaggio in pullman, in silenzio.
E quel paesaggio così solitario e brullo era scorso davanti ai suoi occhi senza che nessuno potesse disturbarla.
Il bus di linea che la stava portando a Winchester era quasi vuoto.
A quell’ora e in quella particolare giornata erano pochi quelli che, come lei, si erano messi in viaggio.
Era venerdì 21 dicembre. Gli studenti in quel momento stavano trascorrendo il loro ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie. I lavoratori erano ancora impegnati nelle loro mansioni, almeno fino al primo pomeriggio.
Ma alle dieci del mattino, quando Emma era salita su quel pullman da Londra, in pochi erano saliti insieme a lei. Più tardi, forse, quella stessa linea sarebbe stata affollatissima di pendolari e di tutti coloro che ritornavano a casa per il Natale.
Ma in quel momento Emma era praticamente sola.
E guardando quel paesaggio dal finestrino, che si appannava ogni qual volta veniva raggiunto dal respiro caldo della ragazza che vi si avvicinava troppo, le sensazioni che pervadevano Emma erano molte.
Erano molte e poderose.
Erano quel tipo di sensazioni che non rimangono rinchiuse nella testa e che non si fermano al solo pensiero, ma appartenevano a quella categoria che riesce invece a valicare i confini della sola mente e a raggiungere il corpo. Erano di quelle che riescono a far contrarre l’addome, che fanno sentire quel formicolio sotto pelle, che invadono le membra di un’emozione forte. Ma del resto, forse, soltanto queste sono le vere “sensazioni”. Quelle in cui si “sente” qualcosa sulla pelle.
E così l’aspettativa di Emma era cresciuta di metro in metro, di minuto in minuto, di respiro in respiro.
Tutto la colpiva.
Nonostante un profondo senso di tristezza la appesantisse ogni istante, nel profondo, in quei momenti e durante quella breve ora che stava lentamente trascorrendo su quel pullman, era cresciuta in lei quella sensazione di attesa speranzosa, di singolare e travolgente desiderio di vedere, conoscere, sapere.
Era emozionata al solo pensiero di avvicinarsi sempre più al luogo che aveva osservato Elle fin da quando lui era bambino. A quel luogo che l’aveva visto crescere. Quel luogo che lui aveva conosciuto e le cui immagini, nonostante la proverbiale freddezza del detective che Emma aveva conosciuto, lui aveva probabilmente tenuto gelosamente dentro di sé, fino alla fine.
E poi Emma voleva vedere i volti di tutti coloro che lo avevano circondato.
Voleva ascoltare le voci che lui aveva sempre sentito, magari solo di sottofondo.
Voleva scrutare le facce vere di “quei due”, di quei due che lui aveva scelto.
Voleva imprimersi nella testa i paesaggi che lui aveva osservato.
Voleva sapere.
Voleva sapere tutto.
Voleva conoscere la verità.
Voleva andare oltre quell’insulsa menzogna mediatica dell’ “Organizzazione Elle”.
Voleva vedere chi era il nuovo Elle.
E voleva sapere come il suo Elle era morto…
E nel tempo che a Roma aveva trascorso ad aspettare che le sue londinesi vacanze natalizie iniziassero, nonostante la sua mente avesse creato mille aspettative e immagini diverse per il momento in cui sarebbe giunta a Winchester e alla Wammy’s House, prefigurandosi cosa sarebbe accaduto, solo su una cosa non aveva avuto alcun dubbio: non avrebbe permesso che nessuno le impedisse di sapere.
Emma non avrebbe tollerato che qualcuno le negasse nulla.
Lei aveva conosciuto Wammy e Ryuzaki.
Lei aveva fatto di tutto perché il detective potesse battere Kira.
Aveva fatto di tutto perché lui non morisse…
E adesso avrebbe fatto di tutto affinché coloro che sapevano chi era stato Elle riconoscessero quella giovane ragazza per quello che lei era.
E non si trattava di voglia di riconoscenza o della ricerca di un’inutile gratitudine.
Si trattava del profondo desiderio di Emma di far parte di qualcosa. O perlomeno del riconoscimento di averne fatto parte.
Questa era la sua speranza, la sua aspettativa più grande, la sua emozione maggiore, la sua presunzione egoistica.
La sua giusta e sacrosanta presunzione egoistica.
Anzi, questo era il suo nuovo inamovibile obiettivo.
E semmai Emma era stata determinata in passato, adesso lo era ancora di più, in modo duro, deciso, senza scampo.
La sofferenza che l’aveva pervasa, l’aveva anche indurita e resa ancora più intransigente. Emma adesso era come priva di ogni debolezza, timidezza, paura o dubbio. Perlomeno lo era su quel punto in particolare, che sentiva come fondamentale.
Stava sbagliando?
Avrebbe dovuto essere più morbida, cauta o remissiva nell’intimo?
No.
Assolutamente no.
Se pure stava commettendo un errore e stava peccando di presunzione, non gliene importava assolutamente nulla.
La risposta che si dava era sempre la stessa: non poteva sentire e comportarsi diversamente da così, no!
Questa granitica forza e la chiarezza della meta che voleva raggiungere a tutti i costi, unita alle potenti sensazioni che la pervadevano in quel momento, avevano rappresentato e rappresentavano ora il primo e l’unico motivo di vita e positività che le si fosse presentato nel corso di quei lunghi mesi bui.
Forse queste erano delle caratteristiche che ricordavano molto quelle del giovane uomo per il quale Emma stava soffrendo.
E forse lei stessa, nel suo inconscio e con quel suo proprio comportamento, rivedeva e ricordava Elle…
Così, con questa strana energia che la infuocava dal di dentro, i kilometri che la separavano da Winchester continuavano a scorrere, nel silenzio di quel pullman e nel paesaggio fermo e gelido che osservava.
Quando poi si ritrovò a scendere il gradino delle uscite di quel bus di linea e l’aria pesante si insinuò gelida nelle sue narici, facendole percepire un indefinito e indescrivibile profumo di neve, quell’emozione crebbe ancora.
E ancora, mentre iniziò a camminare per le strette e tortuose vie del centro medievale di quella piccola cittadina.
E ancora, mentre costeggiava i tanti edifici di mattoni rossi, con i lunghi comignoli allineati uno dopo l’altro.
E ancora, mentre percepiva il passato secolare di quel borgo trasudare da ogni angolo.
Tutto la scuoteva in modo superiore al normale.
Era come se la sua abituale percezione fosse alterata e ingigantita.
E osservare le testimonianze di quel passato la invadeva di un senso di nostalgia esagerato.
Forse ciò avveniva perché Emma, per via della sua professione, era naturalmente abituata ad osservare le tracce della storia e dei secoli, era attratta da esse.
Forse perché il pensiero del “Passato”, in generale, può scatenare una generale e inconscia forma di nostalgia, incontrollabile e non sempre dolorosa.
Forse perché in quel momento c’era qualcosa che Emma aveva irrimediabilmente perso, proprio in quel passato, di qualunque passato si trattasse.
E così, con il battito del cuore che non aveva smesso un attimo di tormentarla nell’addome e con il respiro che era stato sempre leggermente più accelerato del normale, arrivò a costeggiare i mattoni rossicci del muro che cingeva un parco.
Camminando alzò il capo e osservò le fronde degli alberi che dall’interno di quel giardino superavano il muro e si affacciavano sulla strada.
Il vapore le usciva fumoso dalle labbra mentre stringeva i pugni nelle tasche del suo solito ampio e lungo cappotto di lana scura.
E passo dopo passo giunse davanti al grande cancello chiuso.
Si fermò e un tremore quasi impercettibile disturbò e fece vibrare appena il suo respiro.
Si alzò una folata di vento pungente e le foglie brune si staccarono dalle fronde degli alberi, oltre le sbarre di ferro scuro che aveva davanti, nel grande parco deserto.
Un ampio viale di terra battuta si snodava diritto davanti al cancello e si inoltrava all’interno di quel giardino fino all’ingresso di un grande edificio costruito con i consueti mattoni rossi. E le finestre di quell’edifico erano illuminate.
Emma si fece salire tutta la determinazione che la sosteneva e suonò al citofono, sullo stipite laterale del cancello, sotto la targa metallica che recava l’iscrizione: The Wammy’s House.
E dopo poco risuonò la voce di una donna «Chi è?».
«Salve, ho telefonato qualche giorno fa. Mi hanno detto che oggi avrei trovato il signor Roger Ruvie. Quindi sono passata per vedere se avrei potuto incontrarlo.» rispose la ragazza, con il cuore che aveva accelerato ancora il suo battito.
Non ci fu risposta alla introduzione di Emma, ma solo un secco rumore meccanico, e la molla della serratura del cancello scattò.
Le avevano aperto.
Era naturale che l’avessero fatto. In fondo quella era solo una semplice scuola, anche se per orfani, e quindi non c’era motivo di essere sospettosi e bunkerati al suo interno. Il cancello era chiuso semplicemente perchè lì c’erano anche dei bambini piccoli che non potevano di certo uscirsene liberamente da soli.
E così Emma si incamminò lungo quel viale, mentre il vento gelido che si era alzato le smuoveva in modo piuttosto evidente le lunghissime ciocche di capelli che le fuoriuscivano come sempre disordinate dal morbido cappello di lana.
E l’emozione le saliva in corpo, sempre di più.
Iniziava a temere che non sarebbe stata in grado di spiccicare parola.
Davanti al grande portone che si ritrovò finalmente davanti, suonò di nuovo e le aprirono senza rispondere.
Lei entrò.
Si ritrovò all’interno di un grande atrio dai soffitti altissimi e dalle pareti completamente ricoperte di libri. L’immenso ingresso, sebbene illuminato, dava l’impressione generale di essere scuro, perché il pavimento era in grosse lastre di legno bruno e lucido. Lucido per l’usura del tempo e per la cera, il cui odore dolce e antico si percepiva appena nell’aria. Anche l’alto soffitto era cassettonato di pannelli di legno, così come scura e lignea era la grande scala che si apriva davanti a lei, con i grossi corrimano intarsiati, e che saliva verso un ballatoio largo, affacciato su tutta la superficie di quel grande ingresso. Era come un chiostro coperto.
E nell’angolo, sotto l’imponente rampa, si ergeva un gigantesco albero di Natale, così carico di diversi addobbi multicolore che a stento si riusciva a scorgere il verde dell’abete. Era il classico albero decorato senza troppa cura negli abbinamenti di tinta o ninnoli, era il classico albero agghindato in libertà, per opera e gusto dei bambini, di tanti bambini.
Mentre Emma si guardava intorno sempre con quella forte agitazione in corpo, una donna tozza di una certa età le si avvicinò con un’andatura un po’ irrigidita. Sembrava che non riuscisse a piegare bene le ginocchia.
La fissò dietro le lenti dei suoi grandi e spessi occhiali da vista. E solo dopo averla scrutata per bene nel suo aspetto algido, le disse «Il Signor Ruvie è nel suo ufficio, al piano di sopra. Chi devo annunciare?»
La tensione saliva nel corpo sottile della ragazza, ma la voce le uscì netta «Gli dica che sono Emma.» lapidaria. Lapidaria e presuntuosa. “Emma” doveva essere sufficiente.
La donna sollevò le sopracciglia, lievemente seccata, ma non replicò, si voltò ed Emma la seguì per le scale.
Del resto, quella donna doveva essere abituata a ben altri livelli di presunzione…
Arrivarono così al largo ballatoio del primo piano, superarono le porte chiuse di diverse aule che si affacciavano su questo e infine giunsero di fronte all’ufficio del successore di Quillsh Wammy.
La donna bussò, aprì uno spiraglio della porta e affacciò il capo all’interno, senza che Emma potesse vedere nulla della stanza «La signorina “Emma” desidera parlarle, Professor Ruvie.» disse in modo un po’ stizzito.
Dall’altra parte non ci fu un minimo di esitazione e la voce calda di un uomo di una certa età rispose «Falla entrare.»
La donna borbottò qualcosa tra sé e sè, contrariata, e poi spalancò la porta e si spostò «Prego.»
Emma se la guardò mentre si allontanava e la sentì bofonchiare sotto sotto «… Un’altra presuntuosa senza un nome completo da “normali cristiani”! Se li vanno a cercare tutti così qua dentro… Piccoli mostriciattoli!»
E poi “la presuntuosa senza un nome completo” entrò nell’ufficio di Roger Ruvie che, osservandola attentamente seduto dietro la scrivania, le disse «La scusi. La professoressa è una donna un po’ particolare, senza troppi peli sulla lingua. La sua è tutta una facciata burbera, ma è estremamente affidabile e preparata. Altrimenti non sarebbe qui ad insegnare, come del resto credo che lei sappia benissimo, signorina Emma. E poi la professoressa non poteva certo sapere “chi” Emma fosse, né poteva immaginare che noi la stessimo proprio aspettando, questa Emma.» e i suoi occhi stanchi sorrisero appena.
La stavano aspettando.
“Loro” la stavano aspettando…
Loro.
Ed Emma seppe che non avrebbe dovuto lottare affatto.
E così, al di là della sorpresa e delle domande che avrebbero potuto presentarsi nella sua mente,  la pervase solo una sensazione di grande sollievo, svuotamento e serenità.
Avrebbe dovuto aspettarselo.
Aveva già iniziato a condividere e non aveva ancora detto nemmeno una parola.
Non era sola.
Colui che aveva davanti sapeva tutto.
E lei non si stava rivolgendo ad uno sconosciuto.
Emma aveva cercato questo.
Era questo ciò che aveva voluto. Esattamente questo. E le era bastato fare un viaggio in pullman per ottenerlo, senza lottare.
Così, rimanendo in piedi, il volto algido e inizialmente teso della ragazza si sciolse e la sua consueta sincerità le fluì dalle labbra, che adesso si aprivano in un largo e spontaneo sorriso di conforto «…È stato più facile del previsto… Grazie di avermi fatto immediatamente capire che non dovevo lottare per ottenere questo. Grazie infinite.»
Roger si alzò e la raggiunse, in piedi di fronte a lei. Le strinse la mano e poi le disse «Mi segua.»
Ripercorsero in silenzio il ballatoio e mentre lo facevano scattò l’assordante trillo di una campanella.
Emma guardò l’ora. Era mezzogiorno e mezzo. Evidentemente le lezioni erano finite, in quel venerdì mattina prima della Vigilia di Natale.
Seguì un trambusto assordante e subito dopo si spalancò la maggior parte delle porte che davano sul ballatoio di quel primo piano e un profumo di matite invase l’aria.
Una miriade di ragazzini di diverse età si riversò su quel corridoio sospeso e sfrecciò giù per le scale, nell’ingresso tappezzato di libri, e poi ancora dietro le porte, fuori in giardino, ovunque.
Roger si rivolse ad Emma «È l’ultimo giorno di lezione, signorina Emma. Sono in vacanza adesso. E Dio solo sa che giorni turbolenti ci aspettano…» concluse sospirando e sollevando gli occhi al cielo, mentre continuava a camminare.
Una voce maschile lievemente strafottente e sicura raggiunse le spalle della giovane archeologa «…Emma, eh?»
Lei si girò e si ritrovò a fissare gli occhi azzurro ghiaccio di un ragazzino biondo che la guardava con un’espressione da schiaffi.
Lei non riuscì a parlare. Lo aveva riconosciuto. Come avrebbe potuto non farlo?
Ma fu lui a prevenirla, naturalmente, mentre iniziava a girarle intorno in modo impudente e ad osservarla con curiosità «Troppo alta. Troppo magra. Troppo “maschio”. Mi sarei aspettato di molto meglio.»
Emma scartò il capo e se lo guardò dall’alto, assottigliando lo sguardo. Poi gli rispose diretta, non trattandolo assolutamente come un ragazzino «Non è che per caso ti piacerebbe essere alto quanto me? In fondo, anche da grande, non è che raggiungerai livelli eccelsi di statura…»
Colpo reso.
Quel ragazzino col caschetto biondo smise di girarle intorno e diventò viola «Non credere di poter sfruttare anche con me le tue incredibili “conoscenze”! A me non la darai a bere come hai fatto con Lui!»
Emma sorrise appena «Ah no? A me invece sembra che tu ti sia appena infuriato per quello che ho detto. E non fingi nemmeno di nasconderlo. E comunque ti sbagli: a “Lui” non l’ho mai data a bere. Non ci sono riuscita nemmeno una volta. Perciò non farti prendere dalla competizione. A me non interessa essere in concorrenza con te, le tue forze utilizzale nei confronti di qualcun altro.»
Colto in pieno.
Colto in pieno nella sua proverbiale invidia, nel suo complesso di inferiorità e nel suo desiderio di essere scelto da Elle.
Mello sapeva tutto.
Sapeva chi era Emma e cosa aveva fatto.
Sapeva anche perché e come l’aveva fatto, grazie a quali incredibili “conoscenze”.
E dato che quella ragazza alta, troppo magra e troppo mascolina, era stata capace di interessare il mentore e il “mito” di quel ragazzino, dato che, alla resa dei conti, quella ragazza comune era stata capace di fornire al grande Elle le carte per vincere, nonostante la morte, e dato che era riuscita a insinuarsi con la sua mente in quella del grande e inarrivabile detective, adesso Mello non poteva che sentirsi in competizione con lei.
Lei era riuscita in qualcosa in cui lui evidentemente non era ancora riuscito.
O almeno questo lui pensava, guardandola.
Emma, invece, pensò che in verità era molto più facile sorprendere e colpire Mello. Altro era stato trattare con Ryuzaki.
Ma questo era normale in fondo.
Mello era ancora un ragazzino…
Ma in lui Emma riusciva a scorgere qualcosa di Ryuzaki, dell’uomo agguerrito che lui era stato.
E infatti il ragazzino la colpì di nuovo «Non potrei mai essere in competizione con te! Tu non sei una di noi!».
Roger si intromise severamente «Smettila, Mello! Avrai modo di parlarle più tardi e dovrai farlo molto più civilmente di così!»
Emma sorrise e basta e si voltò, lasciando così al ragazzino l’ultima parola, lasciandolo vincere, almeno apparentemente.
Anche per lui non c’era colpo che non rendesse.
E anche lui sapeva bene dove colpire, per ferire veramente e cinicamente…
Non sono una di loro… è vero…
E mentre Emma camminava dietro a Roger in silenzio iniziò a passargli per la testa che se Mello era lì, e per giunta così arrabbiato con lei, doveva esserci stata una qualche sua sconfitta, doveva essere stato escluso dalla scelta del nuovo Elle…
Giunsero infine davanti ad una porta, Roger la aprì con una chiave e poi le disse «Prosegua fino in fondo a questo corridoio. Salga le scale. È la prima porta a destra del secondo piano. È giusto che sia Lui a raccontarle tutto. Solo Lui può. Solo Lui ha potuto conoscere tutti gli elementi per farlo.» abbassò il tono della voce e la guardò negli occhi «Sì, signorina Emma, è stato Ryuzaki a volere così…»
Emma ebbe un tuffo al cuore.
Erano mesi che non sentiva pronunciare quel nome…
Il nuovo Elle. “Lui”…
Lui sapeva tutta la storia. Solo Lui conosceva ogni dettaglio perché Ryuzaki aveva voluto così.
Col cuore in gola Emma si incamminò nel corridoio, mentre sentiva che la serratura alle sue spalle veniva di nuovo chiusa a chiave.
Poi arrivò alle scale.
Non c’era nessuno.
E quando giunse davanti alla fatidica porta, fece un grosso respiro.
Avrebbe saputo tutto.
Avrebbe saputo chi era il nuovo Elle.
Near?
No, troppo piccolo… Però forse…
Appena aprirò questa porta, tutte le mie aspettative verranno soddisfatte… E poi? Poi cosa mi leverà questo senso di mancanza?
Oh, al diavolo! Io voglio sapere!

E allungò la mano sulla maniglia.
E fuori, finalmente, iniziarono a cadere i fiocchi di neve, ondeggiando, senza fretta né alcun rumore…
 
Nel fervore delle indagini, in un piovoso giorno dei primi di novembre, Light ribatté alla proposta di Elle di testare il quaderno fuori dal Giappone «Sì, Ryuzaki, è giusto, dovrai far testare il quaderno fuori dal Giappone.»
Ci siamo.
Esattamente come avrei fatto io… Questo è l’unico punto di vista che può avere Light, il suo solo possibile ragionamento, che mi aspettavo e che volevo: che proponesse lui stesso di testare il quaderno. È pienamente cosciente del fatto che il test lo farò io, perché sa che non mi fido di lui. Ma adesso sta addirittura platealmente spingendo perché questo avvenga… “Dovrò” testarlo io. Sa che, se sarò io l’unico a conoscere i dettagli dell’ operazione-test, per lui e Misa non ci sarà scampo. E sa che questo lo capirà anche Rem.
E io diventerò l’unico ostacolo alla felicità di Misa.
Lo Shinigami in questo modo non avrà scelta e mi farà fuori.
E adesso siamo nelle mani di Rem…

Elle replicò con aria interrogativa, mentre la minaccia si insinuava nella sua mente «… “Dovrò”?»
Poi lanciò un fugace e mesto sguardo verso il monitor con la W di Watari.
E per un istante, brevissimo, ebbe paura…
Il filo di quel rasoio lo avrebbe ferito, lo avrebbe ucciso? Stava rischiando troppo?
Sì, lo stava facendo. Ma era un rischio che aveva saputo di correre fin dal momento in cui aveva stabilito che il suo piano definitivo avrebbe potuto essere soltanto quello. Dopo aver disposto nella sua mente le tessere di quel puzzle in tutti i modi possibili, dopo aver cercato diversi piani attuabili, Elle era dovuto giungere alla conclusione che quella di coinvolgere Rem era la sola mossa ipotizzabile. Insinuare il dubbio nello Shinigami, renderlo partecipe, era l’unico modo. Per come stavano le cose, in qualunque maniera Elle si fosse intromesso per catturare Light e Misa, lo Shinigami sarebbe stato un’autentica mina vagante, pronta ad esplodere, sarebbe stato la variabile soprannaturale priva di controllo. Qualunque altro piano Ryuzaki avesse ideato, in qualunque momento fosse intervenuto in quella trama intricata, prima o dopo, il Dio della Morte avrebbe ribattuto per salvare la sua protetta e avrebbe agito contro Elle, comunque.
Elle quindi rischiava, ma aveva la piena consapevolezza che insinuare il dubbio in Rem, ventilarle che aveva un’altra scelta, sarebbe stato l’unico modo per poter avere la possibilità di salvarsi.
Il piano perfetto gli avrebbe permesso comunque di vincere.
Ma avere la fiducia di Rem sarebbe invece stato il solo elemento indispensabile per poter almeno contemplare la possibilità di non lasciarci le penne.
Se lei avesse poi scelto di ammazzarlo lo stesso, be’, Watari aveva preparato Aiber e Wedy all’evenienza. Ai due infatti erano state prescritte precise mansioni, da svolgere all’oscuro degli altri della squadra, e il piano sarebbe andato avanti ugualmente, anche se Ryuzaki e Wammy fossero morti sul serio.
Già, “sul serio”…
La voce decisa di Light frenò all’istante quelle profonde sensazioni e ricapitolazioni di Elle«Sì, Ryuzaki.  Solo “tu” dovrai far testare il quaderno. È la cosa più giusta.»
Già… Solo io dovrò conoscere i dettagli.
Light, vuoi mettere nella testa di tutti che sia giusto che sia soltanto io a far testare il death note, così allo Shinigami non resterà altra scelta che uccidermi.
Rem, di chi hai intenzione di fidarti?

Elle frantumò uno dei biscottini che teneva tra le dita, fissando il quaderno della morte poggiato sulla sua scrivania.
Light Yagami… Scacco matto?
Poi osservò la tazza di caffè che aveva davanti e mestamente rivolse gli occhi verso il monitor in cui si rifletteva la figura dello Shinigami, nascosto nell’angolo.
Fissò il riflesso dello sguardo di Rem che lo osservava gravemente.
E non replicò alla considerazione di Light.
Non provò a dire che invece avrebbero dovuto partecipare tutti a quel test.
Non si oppose a quel consiglio di Kira.
Sembrò assentire ad esso.
Sembrò abbassarsi alla considerazione di Light, che era perfetta, che era costruita per metterlo nel sacco, che era quella che lo avrebbe forse ucciso.
Non cercò di salvarsi da quelle parole di Kira. Parole che non volevano dare alcuno scampo a Rem.
Lo Shinigami fissò allora il detective negli occhi.
E capì.
Capì cosa c’era dietro quello sguardo fugace riflesso nel monitor.
Capì il silenzio di Elle e il suo apparente assentire alla proposta di Kira.
Capì cosa doveva fare.
E prese la sua decisione.
Light Yagami non ha intenzione di darmi scelta. Agendo in questo modo vuole manipolarmi biecamente e obbligarmi a fare ciò che lui desidera.
Light Yagami vuole che io ti uccida, Elle. È un essere indegno che vuole sfruttare addirittura un Dio per i suoi bassi e insignificanti comodi…
Il suo è un ricatto senza via d’uscita!
E tu lo sai, Elle.
Tu sai troppe cose…
Ma nonostante questo, non hai replicato alla proposta del tuo nemico. Non l’hai fatto anche se sai che questo potrebbe portarmi ad ucciderti. Ma non hai replicato lo stesso…
In questo modo vuoi forse farmi comprendere fino a che punto le mosse del tuo rivale siano tese a ricattarmi? Vuoi rendere palese quanto Light voglia lasciarmi priva di alternative? Vuoi farmi percepire come ci si senta ad essere senza scelta?
Elle, tu avresti potuto opporti. Ti sarebbe bastato dire che preferisci che tutti partecipino al test del quaderno e io non avrei avuto motivo di volerti uccidere, almeno per il momento. O comunque sono certa che avresti avuto mille altri modi vincenti per opporti.
Ma se lo avessi fatto, io non avrei visto fino in fondo “chi” è Light Yagami.
Opponendoti avresti di certo potuto incanalare gli eventi in qualche altro modo obbligato. Avresti magari costruito un altro ricatto per me. Un’altra pista senza scelta. Esattamente come ha fatto Light.
Avresti potuto fare in modo anche tu di pilotarmi, avresti potuto avere la folle presunzione di non voler lasciare alternative a un Dio.
Ma non l’hai fatto.
Tu non ti sei opposto e ora mi guardi…
Elle, a differenza del tuo rivale, tu mi stai dando una scelta. Me la stai dando perché forse non sei così presuntuoso da credere di poter controllare forze immensamente superiori alle tue. O forse lo stai facendo perché sei furbo.
Ma lo stai facendo. Stai abbassando il capo di fronte a me, consapevole.
Hai un piano preciso, costruito grazie ad una mente calcolatrice che non potrò mai capire fino in fondo. So che non lo stai veramente facendo per Misa, come nemmeno Light.
Ma omettendo qualunque replica a Yagami mi hai fatto capire che tu vuoi lasciarmi scelta.
Nella tua insulsa presunzione di essere umano, è come se tu mi stessi in qualche modo rispettando.
E io non ti ucciderò.
Non lo farò proprio perché tu, a differenza di Light, non ti credi un Dio e forse per questo farai veramente il mio volere e salverai in qualche modo Misa dall’infelicità.
Io non ti ucciderò.
Continuerò a guardarti…
E se la vita e la felicità di Misa saranno preservate, tu non morirai.
Ma basterà un alito di vento di troppo e non esiterò un istante a scrivere il tuo nome sul mio quaderno!
Per adesso, vivrai.

Elle distolse allora il proprio sguardo da quello tetro del Dio della Morte.
Lo Shinigami non si era mosso. Non si era allontanato in nessun’altra stanza. Non aveva estratto il suo quaderno…
Be’, dopotutto, dare l’impressione di lasciare una scelta e di abbassare il capo sembra una decisione saggia… L’unica possibile in un campo che non mi appartiene e che non potrei comunque controllare… Non mi resta che sperare che duri…
E fu così che Elle si conquistò, almeno per il momento, la fiducia di Rem.
Fu così che in questo mondo ibrido la mente geniale e presuntuosa del detective del secolo poté dimostrare di essere superiore a quella del suo rivale, perché aveva avuto la furbizia e l’astuzia di comprendere che nessun uomo poteva veramente vincere contro ciò che non conosceva, contro un Dio.
Forse Light ci era riuscito con Rem, in un primo momento, forse si era servito della complicità di Ryuk e della sua voglia di divertirsi e di mangiare mele succose. Ma poi, alla resa dei conti e alla fine della storia, Ryuk lo aveva abbandonato senza colpo ferire e lo aveva ucciso, dall’alto della sua grandezza e freddezza…
Ma in questo mondo ibrido, il futuro e funesto epilogo di Light Yagami Elle lo conosceva bene.
Il sovrannaturale vinceva. O comunque c’erano buone possibilità che potesse farlo.
E vinceva perché non era concepibile, perché era senza controllo, perché apparteneva a un mondo che nessun essere umano, per quanto intelligente potesse essere, poteva comprendere.
Non si giocava con gli Dei. E non si vinceva. Perlomeno non si vinceva in modo canonico.
E Ryuzaki, ovviamente, non aveva nessuna intenzione di perdere.
Elle in realtà non era rispettoso in senso religioso. Nulla sarebbe stato più lontano dalla sua indole.
Ma era furbo.
Era più furbo di Light.
E lo era forse soltanto perché non era il possessore di nessun quaderno.
Perché un death note, in qualche modo, traviava la mente del suo possessore. La cambiava. La imbeveva di potere e presunzione. La trasformava. La esaltava. E l’essere umano perdeva la cognizione della sua essenza e si convinceva del fatto di essere in grado di compiere qualunque cosa, di raggiungere ogni traguardo calpestando chiunque, di essere un Dio.
E la furbizia e superiorità di Elle consistevano invece nella piena consapevolezza della sua condizione “umana” e limitante. Forse proprio per questo non era mai stato attratto da argomenti o questioni “sovrannaturali”. Perché era sempre stato troppo intelligente per non capire che in quel campo lui non avrebbe potuto primeggiare, né avrebbe potuto spaziare completamente. Perché lì sarebbe sempre rimasto un cono d’ombra inarrivabile e inconcepibile.
E quindi, un po’ come Galileo che davanti ad una Chiesa sovrastante aveva saggiamente e convenientemente deciso di abiurare e rinnegare ufficialmente tutto quanto aveva detto solo con l’intenzione di essere libero di continuare i suoi rivoluzionari studi scientifici senza essere ostacolato, così Elle aveva astutamente abbassato il capo di fronte allo Shinigami, proprio per poter vincere e poter vincere veramente, senza lasciarci la pelle.
Alla resa dei conti forse anche Ryuzaki aveva sfruttato lo Shinigami e l’aveva portato astutamente dalla sua parte, ma l’aveva fatto dal basso della sua condizione, senza considerare se stesso alla pari dell’essere mostruoso, sovrumano e incontrollabile che aveva avuto davanti.
E quella che era stata sempre l’arma di Light, quel potere soprannaturale e superiore che Kira aveva avuto dalla sua parte e che l’aveva fatto vincere, almeno in apparenza, adesso era diventato il suo punto debole. Light, proprio per quel potere, aveva perso di vista la sua umanità, in tutti i significati che questa poteva avere, e questo dettaglio lo avrebbe portato alla sconfitta. E l’avrebbe fatto perché proprio questo dettaglio aveva condotto Kira a non calcolare con la giusta dose di razionalità e modestia la propria condizione e i propri limiti. E in sintesi, lo aveva portato semplicemente ad essere meno conscio della realtà che lo circondava. A Light mancavano delle variabili e gli mancavano perché, invasato dal potere, non riusciva nemmeno a vederle. E coloro che non riescono ad avere una visione d’insieme, col tempo, sono destinati a perdere colpi.
E questo adesso era chiarissimo a Elle.
Elle che invece non aveva perso nessun colpo.
Elle che adesso era superiore a Light proprio perché non possedeva alcun quaderno ad ottenebrargli la mente calcolatrice.
È strano come gli assi nella manica possano d’un tratto tramutarsi in punti deboli e viceversa.
È affascinante come la lucidità di pensiero possa ribaltare le situazioni e mostrarle sotto una luce opposta…
E così, dopo aver trangugiato tutto d’un sorso e rumorosamente il suo caffè ormai raffreddato, Ryuzaki disse «Watari, è ora di rifare il caffé …»
Quello era il segnale prestabilito.
Il Signor Wammy assentì brevemente, nascosto dietro la W sullo schermo, e mandò giù un bicchiere d’acqua a cui aveva precedentemente aggiunto un certo numero di gocce dal flacone etichettato di quello che sembrava un farmaco. Lo stesso che era stato già versato nel caffè non più caldo di Elle.
Si trattava di una sorta di inibitore neurologico e muscolare che provocava una specie di morte apparente e lo faceva nel giro di pochi istanti.
Eccola qui la miccia pronta ad esplodere.
Ryuzaki smontò agilmente dalla sedia e col capo chino si avvicinò a Light, lentamente.
Nel giro di una ventina di secondi il farmaco fu in circolo.
La vista di Ryuzaki iniziò ad appannarsi, mentre di fronte a Light continuava a guardarsi i piedi, in silenzio.
Continuava a guardarsi le dita nude e a sperare che lo Shinigami non smettesse di fidarsi di lui…
Ma in fondo, se anche Rem lo avesse ucciso in quel momento o poco dopo, insospettita da ciò che sarebbe accaduto a breve, lui non avrebbe sofferto, perché le gocce che aveva bevuto nel suo caffè lo stavano sprofondando in uno strano sonno inerme, nel quale non si sarebbe accorto di nulla, nemmeno di morire.
Le gambe gli cedettero.
Si sentì afferrare da Light, che lo guardò a quel punto con uno sguardo tronfio e malvagio.
Ecco chi sei veramente…
Rapidamente perse la percezione tattile delle braccia di Kira che lo sostenevano.
Il volto di Light divenne sempre più buio e sfocato.
Le voci e le grida di terrore che si impossessarono della stanza gli arrivarono sempre meno distinte, da lontano.
Si sentì sprofondare nell’oblio e anche le palpebre si adagiarono pesantemente sul suo sguardo, ormai spento.
Watari… Dopotutto, mi irriterebbe parecchio non risvegliarmi mai più…
E poi il buio, il nulla…
Ma la sceneggiata ordita da Ryuzaki doveva continuare.
La sirena allarmante si impose nella stanza e la scritta All data deleted fu visibile a tutti, contribuendo a costruire quel falso spettacolo. Falso perchè nessun dato, nessuna prova, nessun fatto era stato cancellato veramente. Niente era andato perduto. I files e le prove erano stati cancellati solo dal database del quartier generale, ma una intatta copia di tutto era stata accuratamente tenuta nascosta nell’I bite di Elle, che in quel momento era al sicuro altrove.
Aiber e Wedy furono scossi da un tremito. E si guardarono fugacemente. Era accaduto quanto di peggio gli era stato prospettato…
Watari aveva parlato ad entrambi ed aveva detto loro che, se le cose fossero andate storte, se Elle e Wammy fossero morti, loro avrebbero dovuto svolgere una serie di compiti. Perché, anche per il truffatore e la ladra, la morte di Elle doveva risultare vera…
Quella sceneggiata infatti era stata ordita per tutti, pure per quei due inconsueti collaboratori, anche se Ryuzaki li aveva ritenuti tanto affidabili da assegnargli alcuni compiti.
E questo perché il detective del secolo doveva scomparire dalla scena per tutti.
Nessuno di quelli che l’avevano visto in volto doveva sapere che lui non era morto, che dopo quel caso epocale era invece ancora vivo e avrebbe continuato a scrutare il mondo dietro lo sfondo bianco e la L nera del suo simbolo.
Watari aveva anche aggiunto ai due che, sempre se loro fossero morti, qualcuno li avrebbe poi contattati per ulteriori indicazioni e loro non avrebbero dovuto fare domande e sarebbero stati profumatamente ricompensati.
E quindi, secondo il copione prestabilito, dopo un primo momento di esitazione, Aiber afferrò il telefono e chiamò la finta ambulanza che avrebbe dovuto scortare Elle e Watari lontani da tutti, occultandoli alla squadra e al mondo.
Wedy, osservando la mossa di Aiber, si riscosse e iniziò a interpretare la sua parte. Si precipitò verso il death note che era poggiato sulla scrivania davanti ad Elle. Lo afferrò, lo aprì e ne sfogliò le pagine trepidante, per rendere il tutto più verosimile, e quindi constatò che non c’era stato scritto nessun nome. Poi si affrettò nella stanza dei computer di Watari, continuando a tenere il quaderno omicida tra le dita, come per disattenzione, per fretta, panico o qualunque altra umana emozione.
Come fu lì, si bloccò e osservò tristemente il corpo di Watari accasciato alla sua postazione e apparentemente privo di vita. Ingoiò e poi risoluta fece ciò che le era stato detto di fare. Si avvicinò al corpo di Wammy, lo tastò, fingendo di controllare le sue condizioni vitali, e trovò esattamente ciò che le era stato detto avrebbe trovato: nascosto nel panciotto dell’anziano inventore c’era un quaderno nero. Con scaltrezza sostituì il vero death note che aveva tra le dita con la falsa copia appena recuperata dal corpo di Watari. Lo scambio fu pulito, perfetto. Nessuna telecamera avrebbe mai potuto dimostrare che era avvenuto. Wedy era una ladra eccezionale...
Quindi , dopo aver accuratamente occultato il vero quaderno nel panciotto di Wammy, accarezzò con dolcezza il capo del gentile inventore e lentamente tornò col death note falso nella stanza in cui Light, all’oscuro di tutto e pienamente calato nella parte, si mostrava sconvolto per la morte del grande detective, che sosteneva ancora.
Rem, nel trambusto generale, continuava immobile a guardare il corpo di Elle nelle braccia di Kira, come pietrificata.
Leggo ancora le durata vitale sopra la sua testa!!
Non è morto!!
È un bluff…
Cosa diavolo ha in mente?
Bada bene, Elle… Hai molte più informazioni di quante non ne abbia Light. E non posso che continuare a fidarmi di te, perché sono certa che metterai comunque Light nel sacco, visto tutto ciò che sai e visto che lui non si aspetta minimamente di quante cose tu sia veramente a conoscenza…
Ma bada bene a ciò che fai, Elle…
Bada bene a non ingannarmi!

Quando le due ambulanze arrivarono, i finti paramedici ingaggiati da Aiber, abili truffatori professionisti che non facevano domande se ben pagati, constatarono in quattro e quattr’otto la morte e caricarono sulle loro vetture i due corpi dal volto già accuratamente coperto, nel triste silenzio di tutti.
Il loro compito era quello di guidare le ambulanze fino al parcheggio dell’aeroporto internazionale di Narita, Tokyo, di parcheggiarle lì e di andarsene, senza fare altro.
Dopo circa tre ore Watari ed Elle si risvegliarono da quella morte apparente.
In silenzio e completamente soli aprirono dall’interno i portelloni delle rispettive ambulanze. Si guardarono.
Elle attese che Watari ne uscisse e rimase lì, seduto rannicchiato ad aspettare. Wammy, con una certa spossatezza nelle membra, si sistemò gli abiti gualciti e con calma si diresse verso il deposito bagagli del grande aeroporto di Tokyo. Lì, aprì l’armadietto che aveva affittato, sicuro che nessuno sarebbe stato attratto dal suo contenuto: un quaderno nero, fogli di carta bianca a righe e un paio di scarpe da ginnastica, vecchie e consumate. Il quaderno naturalmente era il secondo death note, quello che lui stesso aveva disseppellito dal bosco poco tempo prima e che anche era stato sostituito con una copia identica, perché Light, quando sarebbe andato a recuperarlo, credesse di dissotterrare quello vero. I fogli erano appartenuti a Misa e Wammy li aveva trafugati e sostituiti dal suo appartamento, mentre lei e Ryuk erano altrove. Per quanto riguardava il frammento di quaderno che Light teneva nello scomparto del suo cronografo, Ryuzaki aveva ritenuto più saggio non rischiarne il recupero e bluffare con Kira al momento dell’arresto. Anche perché il frammento di vero quaderno nell’orologio sarebbe stata a posteriori una prova schiacciante, della quale non c’era in realtà bisogno, vista la valanga di accuse e prove che Elle avrebbe fornito, ma che comunque avrebbe potuto fare comodo.
Quindi Watari ritornò nel parcheggio, diede le scarpe ad Elle, che le infilò come sempre a mo’ di ciabatta.
E poi, con calma, raggiunsero insieme il gate da cui sarebbe partito il loro jet privato diretto ad Honolulu, nello Stato delle Hawaii, dove li aspettava l’ultimo atto di quella rischiosa e colossale sceneggiata…
 
 


 
Ehm…
Inizia a tornare qualcosa?
Lo spero con tutta me stessa…
E spero che col seguito tutti ritorni a posto in modo chiaro (sì, lo so, le mie ansie deliranti sono tristemente sempre le stesse, ma abbiate pietà di una povera ragazza che si sta squagliando dal caldo, che non riesce ancora ad andare in vacanza, che è più bianca di Elle e che quando ha un momento libero non riesce a fare altro che dormire… sigh…)
Immagino che immedesimarsi nella giornata fredda di dicembre in cui Emma arriva alla Wammy’s House sia difficile, anzi, impossibile… Per fortuna scrissi il capitolo un paio di mesi fa, in un giorno di pioggia, ma oggi a rileggerlo non riuscivo proprio a vederlo, quel cielo bianco, e il solo pensiero della lana del cappotto di Emma mi ha fatto venire l’orticaria… Quindi già so che c’è un punto in meno per questa cronologia sfasata ^_-
Spero che la parte introspettiva iniziale, magari un po’ troppo lunghetta (o_O), sia compensata da quella di “azione, chiamiamola così, della seconda parte. Spero così di essere andata incontro ai gusti di tutti…
Per non parlar dell'ennesima incursione nei pensieri di Rem... Di L e del suo piano... Ansiaaaaaaaaaaaaaaaa!! va be', basta così ^_^
Come il solito disco rotto mi scuso per il ritardo delle risposte alle recensioni che mi avete lasciato al capitolo scorso… Veramente, sono mortificata… Arrancando sono riuscita a portarmi un po’ avanti nelle risposte, ma questo week-end non ci sono stata… Però venerdì dovrei consegnare parte di uno dei miei due lavori e magari poi finalmente potrò mandare a quel paese qualcuno e mi potrò dedicare un po’ di più a me e a EFP!!
Molti di voi saranno in vacanza, magari a quest’ora staranno facendo un bel bagnetto pomeridiano… Divertitevi e rilassatevi tantoooooooooooo ^___^
Non so ancora bene quando partirò, né se nelle varie peregrinazioni avrò una connessione (da qualche parte dovrò pure averla!) quindi per il momento dico solo che mi porterò dietro i prossimi capitoli della storia e il pc portatile, senza promettere nulla e conscia del fatto che questo capitolo finisce moooolto a metà, a metà di tutto… (be’…poi c’è la mia vocina interiore che mi dice: Eru, ma chi vuoi che ci sia a seguirti anche in pieno Agosto??!!! +__+)
 
Ringrazio quelli che sono stati qui davanti al pc a leggermi (con questo caldo io soffro parecchio davanti al monitor…) e coloro che leggeranno questo capitolo quando torneranno dai loro viaggi estivi :D
 
Adesso vado a rispondere a qualcuno... ^_^
 
Vi auguro buone vacanze e a presto su questi lidi!!! (senza previsioni di giorni, come vi ho già accennato, ma con tanta speranza e buona volontà da parte mia ^^ Non potrà comunque passare tanto tempo, anche perché come sapete la storia e già scritta ;D)
 
 
Eru

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Capitolo 44
*** 44. The last page (seconda parte) ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 44. The last page (seconda parte)
 
Elle era appollaiato come suo solito e aspettava in silenzio che l’imbarco del volo di Light e Misa fosse annunciato.
Osservava placidamente le loro figure da uno schermo, rannicchiato nella penombra notturna della stanza di un albergo di Honolulu, e di tanto in tanto sorseggiava con flemma un po’ di dolcissimo tè. La quiete della camera era rotta solo dallo sporadico tintinnio della bianca porcellana della tazza che veniva riappoggiata sul piattino davanti a lui.
Le immagini che fissava nel monitor erano la ripresa in tempo reale di ciò che accadeva in quel gate: le telecamere erano posizionate dietro la grande vetrata a specchio sul fondo della sala di attesa dei due ignari Kira.
Non si sarebbe perso la diretta di quella scena per nulla al mondo.
Quello sarebbe stato il teatro della sua vittoria.
Con calma sfilò il cellulare e chiamò Wedy, che dall’altra parte delle telecamere e di quel vetro specchiato eseguiva ormai da giorni le direttive di colui che, dietro una voce sintetizzata, si era professato a lei e ad Aiber come il nuovo vero Elle. Già, il nuovo “vero” Elle, che per Aiber e Wedy era l’individuo sconosciuto che aveva rimpiazzato Ryuzaki, colui che “veramente” era il suo successore, all’insaputa del resto della squadra anti-Kira. La bella ladra e il truffatore infatti non avrebbero dovuto dire nulla, perchè per tutti il nuovo Elle doveva essere Light. Ma ancora per poco.
Ma in realtà, ovviamente, quel nuovo vero Elle non era altri che il “vecchio” Elle, Ryuzaki stesso…
Il bluff infatti era architettato a diversi livelli: per tutti Ryuzaki era indiscutibilmente morto; per la squadra anti-Kira il suo ruolo era stato ricoperto da Light Yagami; per Wedy e Aiber quel ruolo era ora ricoperto da qualcun altro ancora, che loro non conoscevano e non avrebbero mai conosciuto, come del resto era sempre stato per il detective prima del caso Kira. La verità che avrebbe sconvolto tutti era che Ryuzaki era vivo e vegeto, aveva gabbato tutti, era dietro quelle telecamere e si godeva la scena, attento, muovendo ancora una volta i suoi burattini a proprio piacimento.
E quindi, la voce sintetizzata del “nuovo” vero Elle giunse dal cellulare all’orecchio della elegante ladra «Tutto procederà come stabilito. La registrazione effettuata da Ryuzaki poco prima di morire partirà al momento opportuno. Grazie del contributo, Wedy.»
E poi Ryuzaki riattaccò, sorridendo sornione del fatto di dover parlare di se stesso  come di un morto.
Ma subito dopo, nel silenzio e nel buio di quella camera d’albergo, apparve la figura di Rem che trapassò solenne la parete…
Elle si voltò verso lo Shinigami e gli disse calmo «Sapevo che ti avrei rivisto…»
«Umano, io non ho mai smesso di tenerti d’occhio…» commentò tetro il Dio della Morte.
«Già…» rispose freddamente Ryuzaki.
«Io ho voluto fidarmi di te. Ti ho voluto dare una chance...» Rem si voltò verso lo schermo e osservò la figuretta di Misa che arrivava trotterellando davanti a Light, con Ryuk che incombeva alle sue spalle, e rimanendo con lo sguardo fermo su di lei proseguì con voce ferma «…Ma tu adesso devi dirmi cosa hai intenzione di fare.»
Riposò di nuovo il suo occhio sul detective e avvicinandoglisi in modo minaccioso lo fissò gravemente.
Elle rimase immobile e rispose con freddezza «Saranno catturati a breve. Ma non temere: lo Stato delle Hawaii è privo della pena di morte, non saranno giustiziati. Sono io che ho voluto che loro fossero arrestati qui. Ho rispettato ciò che ti avevo detto.»
Rem replicò gravemente «D’accordo, piccolo umano… A quanto pare Misa non morirà… Ma se le dovesse capitare qualc-»
Ryuzaki la interruppe «Rem, io credo di conoscere il motivo per cui non mi hai ucciso allora. Non è mio interesse dominare il mondo, né tanto meno imporre i miei ideali di Giustizia, qualunque essi siano.» e mentre diceva queste ultime parole ruotò le pupille su Light e fece una pausa osservandolo, mentre lo Shinigami taceva.
Poi riprese a parlare «Ma di certo non ho alcuna intenzione di essere ammazzato. Di certo non ho alcuna intenzione di essere ammazzato da te. So benissimo che se Misa correrà qualche pericolo solo lontanamente connesso a me e causato da una qualche mia azione, tu non esiterai un istante a scrivere il mio nome completo sul tuo quaderno. Non mi interessa che tu abbia una buona opinione di me, come credo a te non debbano interessare i motivi che mi hanno spinto a voler salvare le vite di Light Yagami e Misa Amane, perchè ciò che conta è il risultato, indipendentemente dalle intenzioni e dai mezzi. Tuttavia immagino di dover essere sincero e di voler parlare chiaro: non ho architettato questo piano per il bene di Misa o per un nobile ideale, l’ho costruito in questo modo esclusivamente per salvarmi la pelle, per salvarmi da te. E sono certo che tu, conoscendo il genere umano ed avendolo osservato dall’alto e da un punto di vista estraneo, sia perfettamente cosciente del fatto che non esistano motivazione e forza più grandi dell’istinto individuale alla salvaguardia della propria sopravvivenza. Gli uomini fanno cose ignobili pur di tutelarla. Ed io, come mi hai appellato svariate volte e con disgusto, sono solo un inutile e miserabile essere umano.».
Elle tacque per qualche istante, osservando lo Shinigami fermamente, senza il minimo disagio negli occhi, senza neppure l’ombra della vergogna o della umiliazione che qualunque uomo avrebbe provato nel riconoscere la grettezza, la meschinità o la viltà delle azioni e delle intenzioni dei suoi simili o di se stesso.
Elle era freddo, distaccato, disincantato e duro. Lo era sempre stato. Quella era la sua forza.
Rem lo continuò ad osservare seria, così Ryuzaki proseguì «… Tuttavia, se questo discorso non ti convince, se continui ad essere scettica e a temere un mio volta faccia, se vuoi che io costruisca grazie alle mie abilità di calcolatore un altro binario obbligato per te, comportandomi quindi come Light Yagami ha sempre fatto nei tuoi confronti, se vuoi perciò un’altra opzione, naturalmente non mi tirerò indietro e sarò io stesso a suggerirtela.» Elle non temeva di parlare chiaro, non temeva di mettere sul piatto ogni dettaglio, non temeva di fare allusioni all’operato di Kira, che aveva sempre voluto solo sfruttare Rem, un Dio della morte. 
E continuò «Perciò, ecco l’alternativa: se le cose non dovessero andare come ti ho assicurato, se a Misa dovesse capitare qualcosa di brutto, se non sarà tutelata, sappi che tu potrai comunque uccidere in ogni momento tutti coloro che sono stati coinvolti in questo caso, me per primo. Potrai eliminare tutti gli eventuali giudici al futuro processo. E potrai farlo manovrando le loro azioni prima della morte e in questo modo ottenere che tutte queste persone distruggano le prove della colpevolezza della tua protetta. Potrai far sparire i quaderni dalla terra e far così dimenticare a Light e Misa le loro azioni e forse loro due potranno costruirsi una vita normale insieme, per i pochi anni che restano alla tua giovane favorita: perché sappiamo benissimo entrambi che la felicità di Misa, a quanto pare, è stare insieme a Yagami. » si fermò un istante per osservare l’espressione di Rem, che tacque impassibile, e quindi continuò «In questo caso, tu stessa sai perfettamente che avrai bisogno di tempo per definire le dinamiche della morte di tutte le persone che vorrai eliminare e che credi ostacoleranno la felicità della Amane. Devi considerare inoltre che l’unico motivo per cui tu dovessi decidere di optare per questa soluzione sarà che io non avrò mantenuto la parola data e che quindi Misa rischierà di morire per una condanna a morte, differentemente da quanto io ti sto invece assicurando adesso. E quindi tu stessa, uccidendo tutti coloro che potrebbero accorciare la vita di Misa, moriresti subito dopo per avergliela voluta allungare e morirai appena un istante dopo che sarà avvenuta la prima morte da te pianificata. Perciò dovrai avere tempo per scrivere sul tuo death note prima di morire tu stessa. Ma se pianificherai il primo decesso lontano nel tempo, anche qualora tu dovessi morire in seguito a questo tuo atto, avrai tutto il tempo che vorrai per aggiungere nomi e date, finché per l’appunto non morirà questa prima persona che tu avrai deciso di giustiziare.»
Era un piano ineccepibile. Elle aveva calcolato alla perfezione ciò che avrebbe potuto fare Rem e le stava porgendo il proprio disegno su un piatto d’argento.
Solo a quel punto il Dio della morte parlò, mestamente «…Su una cosa hai perfettamente ragione, Elle: tu sei un ignobile umano, proprio come Light. Mi stai proponendo di uccidere persone innocenti…»
Elle inclinò il capo «Già… Anche se a te questo non dovrebbe interessare… La morale umana non ti riguarda. Tuttavia questo dovrebbe confermarti le mie parole iniziali…»
Lo Shinigami vedeva la freddezza calcolatrice del detective e il suo cinismo, che in quanto tale non faceva altro che dimostrare la dura verità e dunque la sua sincerità. Ma nello specifico Rem non sembrava non rendersi nemmeno conto che avrebbe potuto usare quell’alternativa, quel piano appena suggeritogli da Elle anche in quello stesso istante. Il Dio della Morte sembrava non capire che quella sarebbe stata la cosa migliore per tutti: per Light, per Misa, per lei stessa. Perché se l’avesse fatto in quel momento, se avesse deciso di fare fuori tutti coloro che ostacolavano la futura libertà di Misa e Light, lei stessa non sarebbe morta, perché Ryuzaki veramente non aveva alcuna intenzione di far giustiziare la Amane.
Elle però immaginava che Rem non ci sarebbe arrivata da sola e così continuò il suo discorso portandolo a suo favore «Potresti attuare in questo stesso istante il piano che ti ho appena suggerito e quindi ottenere il massimo risultato col minore danno possibile: infatti, se attuerai questo piano adesso, non morirai, perché, come ti ho già detto, io non ho alcuna intenzione di far uccidere Misa. Ma naturalmente mi rendo conto che per te non è così semplice, perché tu non puoi sapere con certezza se io sono sincero, perché non puoi fidarti ancora ciecamente di me. Quindi suppongo che tu debba tenere conto anche dell’ipotesi secondo la quale io vorrei gabbarti. Perciò, siccome tu non mi credi ancora fino in fondo e continui a temere che questo potrebbe accaderti anche adesso, cioè morire in seguito alle tue azioni volte a salvare la vita di un’Amane destinata ad essere giustiziata per causa mia; siccome temi che io ti stia mentendo e che potrei quindi voler condannare Misa alla forca, anche se ti sto dicendo il contrario; siccome secondo questa linea e possibilità, usando adesso il tuo quaderno per allungarle la vita, tu moriresti, be’, ti suggerisco di attendere. Tanto, questo piano è attuabile in ogni momento. E se comunque devi morire mettendolo in pratica, tanto vale aspettare e vedere se le cose si mettono a posto da sole senza bisogno di sacrificarsi…»
Non faceva una piega.
Lo Shinigami si impose allora «Questa tua opzione non mi interessa, piccolo umano. Essa non è stata altro che l’ennesimo ridicolo sfoggio della tua intelligenza. Ed esattamente come hai premesso, essa è stata un’alternativa degna dell’operato folle di Light Yagami, un’alternativa che hai voluto fornirmi nel caso in cui il tuo primo discorso non mi avesse convinto. Ma…se sei così intelligente, sai benissimo che se sei ancora vivo, se non ti ho ucciso in quel giorno di pioggia è proprio per quelle tue considerazioni iniziali, “umanamente” orribili, ma vere. Considerazioni che adesso hanno chiarito le mie profonde intuizioni su di te. Intuizioni che ti avevano salvato allora e che probabilmente lo faranno anche adesso.» era il Dio a parlare. Non c’era sentimento, non c’era ragione, non c’era umanità. Solo la superiorità inarrivabile «La tua ultima opzione ventilata mi fa sorridere, Elle: essa è stata solo dettata dalla tua paura. Sapevi che il tuo primo cinico discorso su te stesso e la tua debole umanità sarebbe stato vincente con me, ma la tua paura di morire, la tua paura di non riuscire e non potere controllare le mie azioni e la mia follia ti ha portato ad aggiungere quell’insulsa alternativa.» si fermò un istante a guardarlo negli occhi neri e cerchiati dalle profonde e livide occhiaie «Tu hai paura di me. Tu sei solo un piccolo uomo che ha paura di me.»
Ed Elle sentì sulla propria pelle la grandezza dell’essere che aveva davanti e la propria inferiorità. Conobbe l’ineluttabilità della decisione del Dio, che non aveva niente a che fare con la logica o la razionalità.
Rem stava facendo la sua scelta in base a qualcosa che andava oltre.
Era quel qualcosa che Ryuzaki aveva intuito e che l’aveva fatto agire in modo “rispettoso”. Era quel qualcosa in cui lui aveva sperato, temendo comunque di non farcela di fronte all’imperscrutabile Dio. Eppure l’aveva fatto ed aveva vinto.
Solo grazie alla sua intelligenza era stato capace di comprendere che quell’intuito da semplice uomo avrebbe potuto essere vincente.
Ma, al di là della sua capacità di sfruttare astutamente ogni elemento e dettaglio a proprio vantaggio, compresi i propri limiti e debolezze, ciò che alla resa dei conti l’aveva salvato era stato solo il suo essere cosciente nel profondo di essere solo un piccolo uomo.
E questo era ciò che Rem aveva capito. Anzi, era ciò che Rem aveva visto e percepito dietro le tante parole ciniche e dietro i silenzi del detective.
E quella sensazione di avercela fatta vibrò sotto la pelle di Ryuzaki per un breve istante.
Lo Shinigami poi voltò lo sguardo sulla piccola Misa intrappolata sul monitor e la sua espressione mutò. Non era più solenne e superiore, come era stata poco prima… La sua voce uscì ora triste «…Cosa le accadrà dopo l’arresto?»
Ryuzaki attese qualche istante prima di rispondere. Osservò quel Dio ora così diverso. Così umano in quella che sembrava tristezza. E poi Elle rispose «…Sarà giudicata da una Giuria internazionale, rispettosa dei diritti umani e delle leggi del luogo in cui è stata arrestata. Il processo sarà a porte chiuse e sarà sconosciuto al resto del pianeta. La gente non conoscerà la verità: verranno inscenate finte udienze e nessuno saprà che esistono quaderni della morte in grado di uccidere. Ma il caso particolare che la interessa, la presenza di un elemento soprannaturale, la salverà. Anche se io non parteciperò al processo, né è mio interesse farlo in nessun modo, ho già messo al corrente i Giudici di tutti gli elementi necessari. A occhio e croce Misa sarà giudicata incapace di intendere e volere al momento in cui compiva le sue scelte di morte e soprattutto non in grado di distinguere il Bene dal Male, a causa dell’influenza negativa del quaderno. Le responsabilità a suo carico saranno quindi immensamente ridimensionate e la pena sarà anomala e garante di questa sua situazione unica. Sarà certamente messa in condizione di non poter più fare del male, vivrà i pochi anni che le restano in una condizione di latente prigionia, ma di sicuro non sarà dietro le sbarre di una cella. Semplicemente rimarrà costantemente seguita e occultata al mondo. Ma sarà insieme a Light, che condividerà le sue stesse attenuanti.» e concluse le sue spiegazioni.
Poi, voltando anche lui lo sguardo verso il monitor, aggiunse «Puoi osservare adesso tutto quello che succederà.»
Rem non ribatté.
Era arrivato il momento.
Le carte di imbarco di Light e Misa erano state appena controllate.
Il personale del desk dell’aeroporto abbandonò velocemente la sala, come gli era stato detto di fare, e chiuse le porte che la collegavano al grande corridoio, senza che i due ignari ragazzi potessero accorgersene. Era ovvio che Ryuzaki, sotto le mentite spoglie del nuovo vero Elle, si era messo in contatto anche con i “Potenti” del Pianeta, i quali naturalmente gli avevano messo a disposizione l’Intelligence che stava supportando il piano del detective e che avrebbe portato a compimento l’azione di cattura.
Wedy sbarrò le porta di accesso al finger.
Il filmato shock dell’uccisione di Higuchi stava per partire davanti agli occhi del giovane Kira…
Ma prima che questo potesse accadere Elle disse «Stai a guardare, Rem, osserva tutto attentamente come hai fatto finora: finché questa storia non sarà conclusa, io non potrò ritenermi salvo. Sappi che accadranno cose che potrebbero farti vacillare nella scelta che stai compiendo nei miei confronti, che potrà ritenersi certa solo se tutto andrà come io ho stabilito. Quindi osserva. E poi uccidimi, se vuoi.» chiuse Elle.
Rem non replicò, solenne abbandonò la camera di quell’albergo e raggiunse rapidamente la sua Misa, in quell’aeroporto poco lontano.
E allora Elle si portò il pollice alla bocca e iniziò a morderlo mentre il filmato che avrebbe incastrato per sempre Light Yagami scorreva davanti ai due Kira.
E quando fu il momento, Ryuzaki scostò il pollice dal labbro, avvicinò a sé la base del microfono che era poggiato sulla scrivania davanti a lui, ne premette con flemma il pulsante dell’accensione e protese il lungo collo per approssimarsi ancora…
Perché quella voce sintetizzata, che Light, Misa, Wedy e tutti gli altri agenti dell’intelligence coinvolti avrebbero ascoltato in quella saletta d’attesa, non era affatto una registrazione.
Ryuzaki aveva bluffato tutti anche su quello.
“Se stai ascoltando questa registrazione significa che sono morto, altrimenti sarei stato lì con te. Ma il mio piano ha funzionato. Ti ho battuto, Light Yagami. Io ho vinto. Tu sei Kira. E adesso lo sa il mondo intero.”
Colui che parlava in quel modo sicuro era l’Elle vivo e in carne ed ossa, che in tempo reale guardava il suo rivale capitolare, parola dopo parola.
Quello che forse Elle non avrebbe mai saputo era che Light, nonostante il panico del momento e della sconfitta, stava intuendo che c’era qualcosa di strano. Si stava chiedendo, nella sua eccelsa intelligenza, per quale motivo Ryuzaki avesse avuto bisogno di distorcere la propria voce col sintetizzatore vocale… Se era morto, se nessuno avrebbe quindi potuto più fargli del male, che senso avrebbe avuto occultare la sua voce? Nessuno lo avrebbe più sentito parlare, nessuno lo avrebbe potuto riconoscere per questo… E se anche lo avessero riconosciuto, lui ormai era morto e lontano da ogni pericolo…
Ma forse Ryuzaki sapeva benissimo che Light avrebbe intuito qualcosa, ma probabilmente sapeva altrettanto bene che quel pensiero sarebbe stato fugace, perché ciò che sarebbe seguito avrebbe tolto qualunque importanza a quella acuta considerazione di Light.
E infatti così fu.
Light, sconfitto, ritrovò se stesso.
Egli, nella triste vita di rimorso che gli si prospettava, non si sarebbe mai più chiesto l’inutile perché della voce sintetizzata di quella registrazione, che registrazione non era…
Quando tutto si concluse, quando Misa ebbe dimenticato e Ryuk fu sparito nella notte, Elle aprì il suo cellulare bianco a conchiglia «Illustri rappresentanti dell’Interpol, è il nuovo capo dell’ “Organizzazione Elle” che vi parla. Ora potete mandare la swat a prendere i due Kira. Sono innocui. Per ennesima precauzione avvertite gli agenti di sfilare a Light Yagami il suo orologio da polso. Immediatamente dopo, divulgate ai media la verità sull’ “Organizzazione Elle” e su chi ne era a capo prima di me:  fate in modo che il mondo sappia che il precedente Elle è morto e che qualcun altro lo ha rimpiazzato a capo dell’ “Organizzazione”. Inviate alle reti televisive anche il filmato dell’elicottero, così come era stato stabilito. Il mondo deve conoscere la verità, o perlomeno parte di essa, e deve conoscere, se non l’identità, perlomeno l’estremo sacrificio di colui che ha conosciuto col nome di Elle.» e parlava di se stesso…
Ed era stato per queste parole di Ryuzaki che, a Londra, alle otto del mattino, era potuto andare in onda un notiziario in edizione speciale, da una televisione accesa sulla pensilina di un’edicola dell’aeroporto di Heatrow. Era stato per preciso volere di Ryuzaki che il mondo, e con esso anche una giovane ragazza anglo-italiana, era venuto a conoscenza della morte del più grande detective del mondo.
Elle riagganciò, controllò la mail e infine disse «Watari, possiamo procedere. Mi hanno appena comunicato che i Giudici hanno già acquisito le prove, hanno assistito alla scena, hanno toccato i due quaderni veri e quindi hanno visto gli Shingami nella sala d’attesa. Non devono essere convinti di nient’altro. Ora sanno. I due death note possono essere dati tranquillamente alle fiamme. Così anche Yagami dimenticherà tutto e suppongo che la sua pena sarà ancora più dura.» si infilò una mano in tasca, ne estrasse il frammento di death note che tanto tempo prima Emma gli aveva detto di prendere dal cronografo di Light e lo osservò «Immagino che durante le udienze del processo sarà sufficiente farlo toccare a Light, perché possa riacquistare la memoria, almeno momentaneamente, e quindi testimoniare. Chissà se per lui sarà peggio ricordare tutto, ma con la consapevolezza di aver sbagliato, o magari non ricordare nulla, ma con la mente pura avere davanti agli occhi le prove schiaccianti di ciò che è stato in grado in fare? …Mhm…»  mugugnò pensieroso con lo sguardo verso l’alto «Mah…Tutto sommato questo non mi riguarda proprio e in fondo non mi interessa, non sono io che dovrò giudicarlo.» chiuse freddamente e senza interesse, quasi annoiato.
E mentre Misa veniva presa in braccio da uno degli agenti bardati della swat e si risvegliava, non ricordando più nulla e sbraitando di non essere toccata, il cronografo veniva sfilato dal polso di Light, che si fece ammanettare senza battere ciglio e si lasciò poi trainare senza opporre alcuna resistenza, camminando a testa bassa, come un automa, sconfitto e consapevole.
Poi, ad un tratto, il giovane fuoriclasse sollevò il capo e sgranò gli occhi. Si guardò spaesato intorno e iniziò a gridare insistentemente che non era possibile, che lui non poteva essere Kira, che nonostante il filmato appena visto lui era assolutamente certo di non aver mai compiuto quelle azioni…
Il quaderno di cui era stato proprietario era stato appena bruciato e così anche lui aveva dimenticato tutto.
«Non ho mai scritto niente su quel foglietto! Nel mio orologio non c’è mai stato nessun foglietto! Io… Io… Io non ricordo di aver mai commesso quello che ho visto accadere in quel filmato… Io…» questo diceva Light Yagami, mentre la voce gli moriva strozzata in gola nel momento in cui i suoi pensieri iniziarono a dirgli che forse, dopotutto, anche se non ricordava nulla, quello che aveva visto su quel monitor era schiacciante e che la sua colpevolezza doveva essere collegata a qualcosa che non riusciva a spiegarsi…
Solo allora Elle sentì uno strano formicolio alle tempie, improvvisamente percepì l’esterno come ovattato e la voce di Rem raggiunse la sua mente, senza che la figura  dello Shinigami fosse effettivamente in quella stanza d’albergo. Rem, che forse era già in volo verso il suo mondo.
Ryuzaki si trovò come ad ascoltare i pensieri del Dio della Morte, che si rivolgeva a lui… «Hai fatto distruggere i death note… Lo so, ognuno di noi sa quando un quaderno viene distrutto. E così mi costringi a tornare nel mio mondo…»
Elle si portò il pollice alle labbra e iniziò a mordicchiarlo convulsamente. Non era sua abitudine che qualcuno potesse raggiungere con le proprie parole direttamente la sua mente.
Tuttavia si adeguò a quello strano scambio e poco dopo rispose, a capo chino, fissando le proprie ginocchia… «…Nessun altro deve possedere quell’arma infernale. E io non ho dubbi che tu, dal tuo mondo, continuerai a scrutare e proteggere la tua Misa. Ma immagino di non aver bisogno di parlare… »
La voce di Rem giunse triste nella testa di Ryuzaki «Già…Il quaderno non può dare la felicità… Io l’ho sempre saputo. La sua vita sarebbe stata infelice qualunque cosa fosse accaduta…Forse, sono stata io stessa la causa della rovina di Misa…»
Fece una lunga pausa e poi lo Shinigami riprese con un tono maestoso e grave, che invase la testa di Elle, quasi che la sua enorme e terrificante statura si fosse realmente eretta al di sopra del detective, annichilendolo come già aveva fatto un’altra volta «Tu sai che veglierò su Misa, sempre. E adesso io so che tu non agirai diversamente da come mi hai detto: sei troppo furbo per non capire che cercare di fregarmi si ripercuoterebbe contro di te…
L Lawliet, hai fatto i tuoi comodi, ma sei stato di parola. E non morirai.
È finita per tutti…»

E poi quella strana sensazione ovattata e totalizzante abbandonò il detective.
Sì, era finita…
Ryuzaki sbarcò dalla sua sedia, infilò le scarpe e disse annoiato «Possiamo andarcene, Watari. Voglio una fetta di cheese-cake e sono stufo degli alberghi…»
Il fedele Wammy uscì silenziosamente da una stanza che affacciava in quella di Elle e dalla quale aveva gestito contatti e informazioni fino a quel momento, e raggiunse il suo pupillo.
Elle iniziò allora a camminare in direzione dell’uscita, strascicando le sue scarpe sulla moquette della camera e disse con flemma e aria infantile «…Sai, quando abbiamo preso quel farmaco, mi avrebbe dato veramente molto fastidio non risvegliarmi più. L’idea di raccontarle tutto mi stuzzica parecchio.» si grattò la nuca.
Watari sorrise appena e disse provocatoriamente «E se lei non dovesse ritornare?»
Elle proseguì a camminare e a guardare davanti a sé, a capo chino, sollevò le sopracciglia con noncuranza, sicurezza e nessun disagio «Sono certo che tornerà. Tornerà per sapere.»
 
Emma era ferma davanti a quella porta.
La neve cadeva lentamente, mentre le grida entusiaste dei ragazzini arrivavano ovattate alle sue orecchie.
Poi finalmente allungò la mano verso la maniglia.
Ma una voce la fermò, giungendole alle spalle.
«Noto che aprire quella porta ti crea qualche ansia. Non è che in fondo sapere la verità ti fa paura, Emma?»
Quella  voce bassa e fluida.
Provocatoria, fredda.
Quel tono scanzonato e disinteressato, proprio di chi fa domande conoscendo benissimo le risposte. Proprio di chi le fa perché, per l’appunto, conosce benissimo le risposte e sa che facendole innescherà nel prossimo un meccanismo che lui si divertirà a studiare.
E poi quel modo noto e disincantato di pronunciare il suo nome…
Emma si portò entrambe le mani alla bocca.
Rimase così, con le labbra tappate dai palmi delle sue stesse mani, che vi premevano sopra con intensità.
Iniziò a sentirsi il sussurrare del suo respiro, che ora le usciva dalle sole narici, affannato.
Come se il tempo si fosse fermato per un breve istante, lo sguardo sgranato di Emma rimaneva attaccato alla superficie di quella porta scura e chiusa, porta che ormai non vedeva nemmeno più. La fissava, ma non la vedeva.
E poi, di scatto, si voltò, con gli occhi enormi e spalancati.
E lui era lì…
Con la pelle candida come sempre.
Con le solite evidenti occhiaie.
Con il costante sguardo impassibile.
E le spalle magre e curve.
Elle.
Bellissimo, come Emma lo aveva sempre visto…
Con gli occhi lucidi e sbarrati ed un’espressione indecifrabile, continuò a fissarlo come ipnotizzata.
In silenzio.
Poi, lentamente, allontanò le dita dalle proprie labbra.
E fece scivolare le braccia lungo i fianchi.
Portò giù le spalle.
Continuando a non staccargli gli occhi di dosso, sollevò il mento.
Si eresse diritta in tutta la sua altezza.
Poi, adagio, sollevò il braccio destro, mentre il respiro le tremava in petto.
E in un lampo, con una forza e un istinto improvvisi ma tremendamente determinati, la sua mano aperta fendette rapidamente l’aria e…
SCIAFF!!
… andò a colpire violentemente il volto di Ryuzaki.
Ci mise tutta l’energia che aveva nel corpo.
Lo prese in pieno.
E lo schiocco asciutto e compatto ruppe momentaneamente quel silenzio sospeso.
La violenza di quel potente schiaffo fece ruotare scompostamente il capo di Elle, il cui equilibrio vacillò per un istante. Ciocche di capelli scuri oscillarono davanti ai suoi occhi lavagna.
Un inquietante silenzio regnò subito dopo.
Ryuzaki si portò lentamente le dita affusolate sulla guancia appena colpita, a testa bassa.
Poi, con calma, ritornò a fissare serio Emma, ruotando lo sguardo deciso, rimanendo col volto di tre quarti e la mano sul volto schiaffeggiato.
Lei allora, rossa in viso, si sfilò il cappello di lana e lo gettò a terra con impeto, come se fino a quel momento le avesse dato un fastidio tremendo, come se fino ad allora lo avesse tollerato senza tuttavia riuscire a liberarsene. La lunghissima chioma nera che vi era raccolta dentro le ricadde pesante lungo la schiena, mentre singoli capelli, superficiali e sottili, rimanevano sollevati nell’aria, elettrizzati e leggeri, e faticavano ad  adagiarsi gli uni sugli altri, gradualmente.
E poi, le uscì una voce tremula, ma forte, nient’affatto stridula, che non era ben chiaro se trasudasse rabbia, gioia, contentezza, emozione, sorpresa estrema, amore o odio, o magari tutte queste cose insieme «Hai una vaga, lontanissima e pallida idea di quello che significa QUESTO??!! Sai cosa è stata la mia vita negli ultimi tre mesi??!! Sai cosa è diventata la mia vita a causa tua??!! Lo sai??!! No che non lo sai!! E non te ne frega assolutamente niente!! Perché tu sei morto!!! Sei sepolto?! Sei sottoterra?!»
Emma fece un grosso respiro per riprendere il fiato che la valanga di parole vomitate non le aveva permesso di prendere e quindi continuò urlando «Ryuzaki!!! VAFFANCULO!!!!!»
Poi fece un passo verso di lui, sollevò il dito indice davanti a quel volto pallido «Non provare a rendere questo colpo! Non provarci nemmeno!! Hai capito, Ryuzaki?!» glielo disse gridando con tutta se stessa, mentre col volto infiammato si avvicinava agguerrita alla faccia di lui «Questa è la mia risposta! Hai già abbondantemente colpito su di me! Ero io che dovevo rendere! È chiaro?? Ti è chiaro questo basilare concetto??!!» gridò ancora, mentre le lacrime le scivolavano silenziosamente dagli occhi grandi, grigi e infuocati.
Lacrime che non le impedivano assolutamente di esprimere chiaramente quello che voleva dire e che pensava. Lacrime che non erano affatto melensa manifestazione del suo essere ferita e debole. Tutt’altro. Quelle lacrime, che discretamente le rigavano il volto sottile e arrossato, la mostravano ancora più forte. Ancora più agguerrita. Ancora più alta. Ancora più Emma.
Elle la osservò bene, mentre i capelli sottili non le si erano del tutto ricomposti lungo la schiena e aleggiavano ancora elettrizzati dalla lana e dal freddo, facendola sembrare una specie di Gorgone «E questo basterebbe a metterti in pari?» le disse candidamente, massaggiandosi ancora la guancia «A giudicare dalla tua espressione direi che ci vuole ben altro che un potente schiaffo…» e sorrise appena, allontanando quindi le dita dal volto colpito.
Era lui.
Era vivo.
Era sfacciatamente, irreversibilmente lui.
Era irritante.
Era provocatorio.
Non era a disagio, nonostante la situazione.
Era Elle.
Emma gli afferrò con forza il lembo della maglietta, rischiando di strapparne il cotone, e lo avvicinò con veemenza ancora di più a sé «Mi hai fatto credere di essere morto!! Io fino a un minuto fa ero convinta che tu fossi morto!! Ma che “cosa” sei? Che razza di orribile persona sei??!! E non dirmi che “in fondo io lo sapevo”, non provare neppure a dirlo! Sì, Ryuzaki, io lo sapevo, sapevo bene “chi” sei! Ma adesso lo sai che cosa ti dico? Ecco: in questo momento me ne sbatto del fatto che lo sapevo! La ragionevolezza e il buon senso si fottano! Non può essere colpa mia, se anche lo sapevo! Ti dico che quello che hai fatto è solo colpa tua! Che se anche me la sono cercata, tu mi hai fatto più male di quanto puoi anche solo lontanamente immaginare! E adesso ancora di più di prima. Credevo che manipolarmi e portarmi a letto per scucirmi le informazioni il più rapidamente possibile fosse stata la peggiore azione che tu avessi compiuto nei miei confronti. Ma mi sbagliavo di grosso… Mi hai precipitata più di un mese nella disperazione più totale perché credevo che fossi morto! Perché non mi ci hai lasciata? Perché non mi hai lasciata con quella terribile bugia? E la vuoi sapere la cosa più assurda? Io ero disperata perché nonostante tutto ERO ancora innamorata di te! Ma cosa puoi capire tu, eh? Cosa puoi capirne di come sono stata? Chi te lo fa fare di provare a metterti nei miei panni? Anzi, cosa te ne frega di farlo, eh? E anche se volessi provare a farlo, snaturando la tua maledetta indole insensibile o magari per gioco, be’ non ci riusciresti, perché sei solo uno spregevole blocco di ghiaccio. Cosa puoi saperne tu della sofferenza?!» e si bloccò di colpo.
No. Quello che aveva appena detto non era vero.
O meglio, non era affatto vero se letto nella sua più immediata interpretazione, che faceva apparire quelle ultime parole di Emma come la più grande sciocchezza che avesse mai potuto dire!
D’impeto aveva vomitato qualcosa, ma ora sembrava che quel qualcosa potesse essere interpretato in modo completamente sbagliato.
Elle che non conosceva la sofferenza…Non lo pensava e non lo avrebbe mai potuto pensare.
Perché se l’avesse sempre pensato, non si sarebbe mai innamorata di lui…
Emma rimase immobile con gli occhi ancora lucidi. Si portò di nuovo il palmo della mano sulle labbra, fissando il giovane uomo che aveva davanti, scosse il capo, negando, come terrorizzata da ciò che aveva appena detto e da come sarebbe stato interpretato.
E lui, appeso alle magre spalle in quella maglietta troppo grande, restò in silenzio e a capo chino per qualche istante. Poi, senza alzare lo sguardo su di lei, le disse con voce ferma e bassa «Questo è il tuo vero colpo, immagino: il tuo disprezzo nei miei confronti gridatomi in faccia.»
Poi alzò appena il mento e la fissò con quello sguardo terribile e gelido che Emma conosceva bene «“Io non so nulla della sofferenza”. Forse intendevi che non ne so nulla di quella degli altri, perché non mi interessa condividere nulla. Giusto, Emma?»
Era così duro che Emma non riuscì a trovare le parole per rispondere.
Perché lui aveva capito… Elle non aveva affatto frainteso.
Emma rimaneva zitta e così Elle proseguì «O devo forse credere che sei diventata stupida tutto d’un tratto, Emma? Magari devo dedurre che quello che hai sempre saputo di me era esclusivamente dovuto al manga che hai letto. Oppure devo arrivare alla conclusione che le tue intuizioni sono sempre state casuali e che in verità sei una persona superficiale e poco intelligente. Forse devo immaginare che, per una volta, mi sono sbagliato, perché non sei come credevo fossi.»
Invece di sprofondare nel baratro per le pesanti allusioni che Ryuzaki le stava rivolgendo, Emma si infuriò ancora di più «Finiscila!! Finiscila di continuare a sfruttare il fatto che sono innamorata di te e che perciò temo tu possa pensare che io sia una persona insignificante! Smettila di sfruttare le tue capacità intellettive per colpirmi nelle mie debolezze! Smettila!! Basta! Ne ho a sufficienza! Te l’avevo detto che non avresti dovuto rendere il colp-»
«“Sono assolutamente certo che questa volta quello che voglio fare non avrà alcuna ripercussione su di me?”» la interruppe bruscamente Elle, con voce fredda e asettica.
Emma aggrottò la fronte, senza capire…
E lui continuò con lo stesso tono non curante «Questo è ciò che ho pensato a luglio, poco prima dell’alba e poco prima di “portarti a letto”. È “portarti a letto” l’espressione che hai utilizzato, giusto?»
 
 
 
 
 
 
Noticina: una delle regole del DN prevede che, se un quaderno della morte viene distrutto, il proprietario ne perderà i ricordi esattamente come se avesse rinunciato al suo possesso e lo Shingami connesso sarà costretto a ritornarsene seduta stante nel suo mondo. Ve l’ho ricordato solo perché così sarà più chiaro perché Light si sia dimenticato tutto e perché Rem se ne sia dovuta andare ;)
 
 
Come avrete capito o come avrete letto sul mio account di Google+, questa estate sono stata poco fortunata con la connessione internet. E quindi, anche se mi ero portata dietro il portatile, c’è stato poco da fare…
Però ora sono tornata ed eccomi qui.
Devo aggiungere però un’informazione e sarò molto sincera nel farlo: avrei potuto pubblicare anche qualche giorno prima, ma quando mi sono ritrovata a rileggere questo capitolo al volo per postarlo (l’avevo già rivisto), mi sono resa conto che non andava affatto bene… Non so perché, ma così come l’avevo scritto non mi piaceva, mi stonava troppo (cioè molto più del solito). Forse i giorni di vacanza mi hanno fatto staccare la spina e mi hanno reso più lucida su alcune cose, o forse il contrario. Magari era meglio prima. Non lo saprò mai, perché la precedente versione è persa nel buco nero delle correzioni dei documenti word e non potrò mai rileggerla per vedere le differenze (che sono enormi in alcuni punti, ve lo assicuro…) e fare una scelta più oculata.
Perciò, quello che avete letto è il frutto di ciò che ho prodotto oggi mescolato a quanto scritto mesi fa.
Il capitolo è parecchio più lungo, ma se mi fossi fermata con Emma ancora dietro a quella porta credo che almeno qualcuno sarebbe venuto di persona a strozzarmi (e anche così teoricamente ho troncato parecchio)…
Non voglio aggiungere altro, perché credo che i miei dubbi siano già abbastanza chiari, visto che praticamente ho riscritto tutto :P (va be’, è chiaro che la trama, le scelte narrative e la sequenza di eventi non sono cambiate affatto e che ciò che c’è scritto è stato affrontato diversamente in alcuni punti solo dal punto di vista di alcune scelte descrittive, esplicative, di dialogo o altro ^_-).
Comunque, mentre ero in vacanza in giro per l’Italia  ho risposto a qualche recensione di quelle che erano in sospeso, perché avevo salvato le più vecchie (mamma mia che vergogna) su un file word, così ho potuto rispondere. Le posterò quindi adesso tutte insieme. Le rimanenti purtroppo sono ancora in sospeso perché non potevo collegarmi a internet per rileggerle e per replicare… Sono stata anche in dubbio se rispondere a tutti prima di pubblicare, ma poi mi sono detta che forse era meglio aggiornare subito e confidare ancora nel fatto che dovete essere certi della mia risposta… Spero di non aver sbagliato…
Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto almeno un po’ o che perlomeno abbia chiarito tutti i punti in sospeso della parte di trama legata al piano di Elle, a Light, Misa, Shinigami e tutto il resto connesso con la vicenda Death Note.
Vi dico subito che non potrò postare il prossimo capitolo prima di due settimane, perché il prossimo week-end sarò impegnata e durante la settimana purtroppo, come sapete, non riesco a trovare mai tempo (e considerato che questo chappy l’ho praticamente rivisto in toto non oso immaginare cosa farò con gli altri ;P)
E dopo questo poema, vi saluto con tantissima gratitudine… Questa storia è agli sgoccioli e io non avrò mai le parole sufficienti per farvi capire quanto siate importanti per me!!! *___*
 
Per chi ci sarà, ci vediamo qui fra una quindicina di giorni ^_^
 
Un bacio grandissimo ^_^
 
Eru

 

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Capitolo 45
*** 45. La terra ***


 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

45. La terra
 
(Dal capitolo precedente)
«“Sono assolutamente certo che questa volta quello che voglio fare non avrà alcuna ripercussione su di me…?”» la interruppe bruscamente Elle, con voce fredda e asettica.

Emma aggrottò la fronte, senza capire…
E lui continuò con lo stesso tono non curante «Questo è ciò che ho pensato a luglio, poco prima dell’alba e poco prima di “portarti a letto”. È “portarti a letto” l’espressione che hai utilizzato, giusto?»
Emma trattenne il respiro e con le labbra socchiuse rimase a fissarlo.
Nella sua mente si affastellarono tanti pensieri diversi, discordanti e increduli.
Nel giro di pochi istanti ripeté silenziosamente a se stessa per almeno cinque volte quella frase: “Sono assolutamente certo che questa volta quello che voglio fare non avrà alcuna ripercussione su di me…?”. E ogni volta, esitante, la ricollegò alle successive parole di Ryuzaki e al loro significato. Significato che quasi non voleva vedere. Significato che le faceva paura…
E poi riemersero le immagini e le forti e vive sensazioni percepite in quella notte d’estate.
E rabbrividì appena.
Si sentì di nuovo nuda.
E in un battito di ciglia avvenne qualcosa dentro di lei.
Abbassò lo sguardo…
E poi, finalmente, mormorò «“Portarmi a letto”… Credevi forse di farmi vacillare?» aveva uno strano tono di voce, duro e amaro dietro un’apparenza sterile «È evidente che non mi sono espressa correttamente, se è solo questo che volevi farmi notare. È ovvio che non mi hai “portata” da nessuna parte. È ovvio che ho voluto tutto quello che ho fatto, che non sono stata vittima di nessuna spregevole violenza fisica. E lo stesso vale per te. Io parto dal basilare presupposto che una persona “adulta” e sufficientemente “matura” sotto certi punti di vista - calcò molto su queste ultime parole - sappia perfettamente che determinate cose si fanno in “due”. Ed è anche ovvio che l’atto in sé non abbia più valore di qualunque altra cosa, a differenza di quanto viene invece comunemente ritenuto: io penso che il rilievo sproporzionato che gli viene conferito da alcuni sia forse dovuto a una serie di convinzioni culturali e sociali di cui il mondo si è nutrito a lungo. E dal canto mio sono convinta che sia comunque un rilievo il cui differente peso dipenda da ciascuno di noi e dalle nostre diverse priorità, convinzioni ed esperienze di vita. Ma io non sono di certo più una ragazzina col mito della “prima volta” o del sesso come coronamento di qualunque rapporto. E non sono il tipo di persona che recrimina su queste cose. Sono arrabbiata, sì. Ma non per questo le mie parole andavano lette in questo senso.» aveva una voce calma e ferma, quasi gelida… «Quindi, ti pregherei di non dire sciocchezze, di non dirle più nemmeno per provocazione. È assolutamente inutile portare questo discorso sul piano della donna ferita, perché sedotta e abbandonata. Ho il voltastomaco al solo pensiero.» commentò con un lieve fremito di sdegno, mentre continuava a tenere lo sguardo fermo sul pavimento, calma «Perciò, per favore, se hai ancora intenzione di dire qualcosa, smettiamola di parlare del “nulla” e di questionare sul corretto significato delle parole. Credevo che avessimo passato questo stadio da tempo. E, ti ripeto, non portare la conversazione al livello della donna ferita nel suo intimo, solo perché raggirata e costretta a “concedere” il suo “tesoro più grande”, la sua “femminilità”, al suo aguzzino.» rise con fredda ironia nel pronunciare queste ultime parole e poi proseguì «Prima mi hai mordacemente chiesto se dovevi sul serio credere che io fossi una stupida ad aver pensato che tu non conoscessi la sofferenza. Bene, io ora ti chiedo se devo pensare che non sia tu, lo stupido: veramente non hai capito quello che ti ho detto e lo hai letto in modo così superficiale? Credi sul serio che io abbia voluto questionare sulla facciata di queste cose e, soprattutto, sei così perdente da volermi raggirare con questi discorsi approssimativi? Il punto non è certo fin dove mi sono spinta con te. La mia “femminilità”, e quindi il mio essere una persona, non è certo legata esclusivamente alla mia sessualità, riguardo alla quale non c’è proprio nulla da “concedere”, semmai si tratta di scegliere se seguire o meno un certo istinto e si tratta di rispetto, prima di tutto verso se stessi. E, al di là del fatto che questo tipo di sensibilità umana possa o meno interessarti e toccarti, se non sei nemmeno in grado di capirla, se i tuoi neuroni superiori non sono neppure capaci di leggere le mie parole nel modo corretto…» alzò lo sguardo su di lui e lo fissò con quegli occhi grigi e duri «…be’, allora tutto quello che ho provato per te, compresi il rispetto e la curiosità, svanirà in un istante, senza fatica, né dolore o dubbio, e questo accadrà semplicemente perché la mia stima già vacillante crollerà rovinosamente e in modo irreversibile. Non sono disposta né interessata a parlare con un uomo che non è nemmeno in grado di capire. Non sono curiosa di sapere niente di lui o dei casi che lo interessano. Crolleranno tutti i motivi che mi hanno condotta fin qui. Perché un uomo di questo genere non potrà mai attirare la mia attenzione, né potrà più dirmi nulla di interessante.»
Eccolo, il vero colpo.
Quello cattivo.
Quello che andava a infierire sull’intelligenza di Elle intesa nel senso di sensibilità. Quello che Emma era in grado di affondare sul serio, in modo vincente e senza paura.
La sua durezza era così evidente e a tratti presuntuosa perché la sua forza era reale, così come la sua superiorità.
Ryuzaki era un bambino. Un essere che dal punto di vista emozionale e relazionale era anni luce dietro a lei.
Forse, ciò che più li accomunava erano proprio la sgradevole arroganza e la totale mancanza di interesse nei confronti di coloro che scoprivano essere “indietro” rispetto a loro stessi, seppur sotto punti di vista diversi.
Sotto questo aspetto però l’unica differenza tra loro sembrava essere la presenza o meno di disprezzo: Elle si era sempre limitato a ignorare completamente i “normo-dotati”, senza nessun sentimento; Emma invece dimostrava palesemente di disprezzare, cioè di manifestare con calore il proprio totale menefreghismo verso chi non riteneva essere al suo livello riguardo determinate questioni. E questo forse accadeva perché odiava essere delusa dalle persone, da tutte le “altre” persone, cui lei dava un valore, ma che invece per il distaccato Ryuzaki non contavano niente a priori e dalle quali perciò lui non  rischiava di subire delusioni, barricato dietro il suo solido muro di freddezza.
Ma comunque entrambi, “colpendosi” a vicenda, avevano fatto esattamente la stessa cosa, cioè avevano gettato l’uno sull’altra la cocente allusione di ritenere l’altro non degno, attribuendogli ciò che per loro era la cosa più umiliante: la mancanza di intelligenza, intesa nel suo significato più ambiguo di sensibilità acuta mista a capacità di collegamento.
Quello che Emma non riusciva ancora a vedere era che dietro le parole di Ryuzaki nei propri confronti, dietro le sue trascorse lavate di capo, dietro tutti i suoi test e provocazioni e dietro le sue dure allusioni passate, c’era sempre stata una vaghissima irritazione, in alcuni casi più evidente, in altri magistralmente celata… Era come se, in tutte quelle circostanze, lui si fosse chiesto: “Emma, dannazione, possibile che non ci arrivi? Proprio tu?!”. Ed il punto era senza dubbio quel “proprio”. Quel “proprio” che sembrava aver trasformato Emma in una “persona”, una di cui essere deluso.
Questo era il dettaglio fondamentale che lei non aveva ancora messo a fuoco.
Ryuzaki non rispose subito, ma se la guardò attentamente, tutta, da capo a piedi, quella giovane donna alta e determinata. Per certi versi era molto più simile a lui di quanto non avesse immaginato. Ma soprattutto Emma si stava dimostrando per ciò che lui aveva sempre intuito, o magari sperato…
Tutte le provocazioni e i “test” di Ryuzaki, in fondo, non erano sempre stati tesi a capire “chi” lei fosse veramente? Quanto fosse in realtà ciò che sembrava?
E con tutta probabilità anche quella sua ultima considerazione provocatoria, quella che aveva portato Emma a dirgli determinate cose, era stata dettata istintivamente dal desiderio di sondarla ancora una volta.
Ma lei, come gli aveva già detto con altri toni, si era riccamente stufata di questionare sul “nulla”.
E quindi Elle, calmo, dopo averla osservata per bene, infine disse «Adesso siamo pari. Veramente.»
Poi portò le mani in tasca «…Quindi, effettivamente, ora possiamo parlare senza più fraintendimenti. Io non partirò dal presupposto che tu sia una sciocca e lo stesso farai tu.» si soffermò sui suoi occhi per qualche istante e poi continuò «E visto che il piano sarà un altro, è naturale che io debba dirti una cosa: hai tenuto lo sguardo basso per tutto il tempo. E di ciò che ti ho detto hai voluto affrontare solo una parte, solo quella del “portarti a letto”, con la quale volevo indubbiamente provocarti. E riguardo a questa mi hai chiaramente dimostrato che, con te, continuare su quella linea è ormai un errore. Però…» inclinò appena il capo «…ciò non toglie che tu non abbia voluto affrontare il succo del discorso. E proprio per questo hai abbassato lo sguardo. Lo fai sempre quando menti, perché non sai mentire e perciò non lo fai praticamente mai. Io credo che però, in questo caso, tu non l’abbia fatto perché stavi dicendo una menzogna, ma qualcosa di molto simile. Come tante altre volte, hai voluto omettere qualcosa puntando l’attenzione su altro, solo che stavolta ciò che hai omesso era più importante, ma ti fa paura. Così tanta paura da non volere che questo tuo timore trapeli dal tuo sguardo, esattamente come quando normalmente non guardi in faccia la persona alla quale stai mentendo perché temi che lei possa capire dai tuoi occhi la verità. In questo caso, non volevi che io percepissi la paura. Non volevi che io percepissi ciò che stavi omettendo.»
Quanto era vero.
Lo avrebbe quasi picchiato di nuovo per la facilità con cui riusciva a spogliarla!
E nello stesso tempo lo avrebbe abbracciato perché ci riusciva così bene…
Sensibilità e intelligenza.
Emma si appoggiò con la schiena al muro di quel corridoio, vi si adagiò, come stanca «Sì che ho paura… Quale altra terribile verità si nasconderà dietro l’affermazione che non eri certo delle ripercussioni che avresti ipoteticamente avuto “dopo” avermi sfruttata? A questo penso. Quale rivelazione ci sarà dietro? Quale altro significato oltre le più immediate apparenze? Quale raggiro che adesso non capisco, ma che poi invece mi sconvolgerà e mi farà del male?»
Elle abbassò il capo e con le mani nelle tasche sembrò quasi curvarsi di più di quanto già non lo fosse. Poi, le sue labbra candide si mossero impercettibilmente «Quale raggiro, eh?»
Lei osservò quella bocca e le ciocche di capelli scuri che coprivano lo sguardo di Ryuzaki e disse «Già… Cos’altro devo scoprire ancora?»
Emma si stava difendendo. Aveva paura. Aveva paura di dire ciò che aveva pensato. Aveva paura anche soltanto di pensare a ciò che la sua mente aveva vagamente elucubrato. Nella sua testa non riusciva nemmeno a formulare la domanda a se stessa. Per questo aveva impulsivamente deviato dalla questione più importante, così come le aveva perfettamente fatto notare Elle.
 
Esattamente come per lungo tempo Emma non era riuscita a formulare nella propria testa la semplice e basilare frase di “essere innamorata di Elle”, adesso non riesce a portare alla luce qualcos’altro. Ammettere a se stessi e con parole chiare determinate considerazioni può essere molto difficile.
E dato che lei non ci riesce, dovrò essere io a esplicitarvi quella domanda che Emma allontana, quella domanda che non vuole nemmeno contemplare.
In parole semplici, il quesito che emerge dai più profondi pensieri di Emma sarebbe questo: “Forse che Ryuzaki ha provato qualcosa per me e, per una volta, ha avuto paura di non essere immune alle conseguenze dei suoi comportamenti cinici e spietati?”
Be’, non era così difficile. E perché Emma non riesce nemmeno a pensarla, questa insulsa accozzaglia di parole?

 
La voce ferma di Elle continuò a filtrargli dalle labbra. Quella voce bassa e morbida e quella bocca erano un connubio irresistibile, ancor di più se i suoi occhi erano celati allo sguardo «Il proposito di ottenere le informazioni sfruttando i tuoi sentimenti in quel modo è sempre stata una delle opzioni che ho contemplato. Ho sempre saputo che se ce ne fosse stata la necessità avrei usato anche quest’ultima arma sbrigativa. È un pensiero che ho fatto fin dal primo momento in cui ho capito che eri coinvolta a livello sentimentale.»
Emma ingoiò e serrò i denti.
Era terribile. Sentirglielo dire era terribile.
Le stava svelando i suoi piani.
Ma questa volta conoscerli non risultava eccitante, né tantomeno divertente…
E Ryuzaki proseguì «Perciò, quando è arrivato il momento, ho fatto esattamente ciò che avevo previsto, agendo come tu stessa hai ammesso che ti saresti dovuta aspettare da me, come era logico che agisse Elle.» continuava a tenere il mento chino «Perché infatti non c’era nulla di nuovo. Anche in quel frangente non ho fatto altro che quello che ho sempre fatto.»
Poi alzò lo sguardo, sfilò le dita dalla tasca e andò a grattarsi la nuca, la osservò con ingenuità e le disse semplicemente, con la naturalezza di un bambino «Però il risultato non è stato esattamente come al solito. Qualcosa ha deviato dal consueto e credo di averlo capito proprio perché quel pensiero mi è balenato nella testa, inaspettato. È stata una situazione singolare…» ruotò le pupille enormi verso l’alto, pensieroso, in modo buffo, mentre continuava a massaggiarsi i capelli disordinati dietro la nuca.
Emma rivide davanti a sé l’Elle che aveva visto alla festa di compleanno di Misao. L’Elle buffo che aveva ingurgitato troppa crema di whisky e non sapeva come comportarsi di fronte ad una situazione nuova.
E vide l’Elle che aveva ingenuamente offerto una fetta di torta a Light.
L’Elle disarmante e candido nel suo essere senza filtri, nel suo essere effettivamente un bambino.
Lui era anche così.
Ed Emma trattenne il respiro.
Ryuzaki però non aveva finito «Insomma, io avevo deciso da tempo. Sapevo che, se tutto fosse filato liscio, dopo quella notte ti avrei rivisto. Lo sapevo anche se con la conclusione del caso Kira ho dovuto inscenare la mia finta morte. Ma avevo deciso da tempo che ti avrei rivista, non c’erano dubbi su questo. Eppure mi sono ritrovato a fare quel pensiero.» ritornò a guardarla con quegli occhi profondi, che in quel momento erano quelli di un bambino scobussolato perchè colto impreparato «Perciò temo di aver commesso qualche errore. Il mio piano non era perfetto… E non era perfetto a causa mia.»
In lontananza, si sentì una porta che si apriva.
Emma si guardò intorno, osservò la finestra sul fondo, da dove si vedeva la neve che continuava a cadere, e notò che il corridoio, a quell’altezza, faceva una curva e proseguiva ancora per chissà dove. E con lo sguardo vuoto rivolto da quella parte, non riuscì a pensare. Non poteva ragionare. Si sentiva avvampare e qualunque pensiero sfuggiva inesorabilmente e fugacemente, senza la minima possibilità di fermarsi e collegarsi agli altri.
Era incredula, spiazzata, a tratti percepiva come una sorta di felice eccitazione, ma era anche arrabbiata. Le parole appena pronunciate da Elle le scorrevano nella mente e lei non riusciva a capire dove focalizzare l’attenzione. Si rendeva conto che c’era qualcosa di nuovo, ma non riusciva a parlare e a replicare. Le volò poi nella mente che se anche quello che Ryuzaki le aveva detto fosse stato vero, ciò significava che lui aveva sempre e solo pensato a se stesso… E sulla scia di questa ultima volante considerazione disse  «Tutto riguarda sempre te… Se anche qualcosa era andato “storto” nel tuo ignobile piano, lo hai capito solo perché in te e solo in te c’era qualcosa di diverso…»
Poi però Emma si rese conto che anche quella era una cosa unica, che non poteva continuare a dargli addosso considerato quanto lui le aveva appena detto e che facendo così anche lei si dimostrava incapace di comprendere e percepire lo stato d’animo dell’altro. Pensò che anche lei stava osservando solo se stessa.
Il rumore di passi lenti giunse dalla parte del corridoio che voltava. Il legno scricchiolava sotto il peso di qualcuno che si stava avvicinando.
Ed Emma si ritrovò a pensare che però non poteva non dire quello che pensava, che in effetti Ryuzaki era stato polarizzato comunque solo sulla sua persona.
Quindi, con la mente sovraccarica di tanti e contrastanti pensieri, alzò la mano, in segno di richiesta di un time-out e riportò gli occhi su Elle «Basta così…A differenza tua, io non riesco ad essere lucida o abbastanza senza filtri. Anzi, in effetti potrebbero essere sbagliate entrambe queste due opzioni, perché qualunque cosa io dica, immediatamente dopo penso che potrebbe essere verosimile anche l’esatto contrario… Io non so cosa devo pensare, non so nemmeno più come replicare, non so nemmeno più cosa voglio sapere, a quali conclusioni voglio arrivare, cosa voglio chiederti e cosa vorrei sentirmi dire… Tutto quello che è successo dovrebbe avermi insegnato qualcosa, ma ora tutto si mescola e credo che quello che ho imparato mi stia in parte confondendo, in parte indebolendo, in parte rafforzando… Credo anche di aver innalzato, da qualche parte dentro di me, una specie di barriera… Ma ora non sono in grado di proseguire. Ora devo rimanere da sola. Ora ho bisogno di pensare a tante cose… Perché io non ti credo.»
O forse sì, ti credo? Pensò contraddittoriamente un istante dopo.
E dal fondo del corridoio, davanti alla finestra, comparve la figura di Watari.
Lei lo percepì e si voltò di scatto.
Anche lui era lì.
Quella figura solida le infuse un immediato senso di sicurezza.
Wammy si avvicinò a loro, osservò il volto di Emma rigato dalle lacrime, senza commentare in nessun modo «Miss Emma…» le accarezzò con gentilezza ed in modo paterno una guancia e poi sorrise «…Sono molto felice di averla qui tra noi. Ammetto di aver sempre desiderato di vederla tra questi corridoi. E se non fosse arrivata, se non avesse deciso da sola di intraprendere questo viaggio, sarei venuto a prenderla io personalmente.»
Ed Emma seppe che non doveva avere dubbi su quelle parole.
E capì che forse, se solo gliele avesse dette Ryuzaki, non si sarebbe sentita così.
Ma sapeva anche che, se lui gliele avesse dette in quel modo, lei forse non gli avrebbe creduto o forse, ancora peggio, non avrebbe riconosciuto l’uomo che gliele stava dicendo come Elle.
Forse che, in quel particolare caso, scoprire di contare qualcosa per lui significava essere delusa da lui? Era assurdo… Possibile che la sua mente fosse così contorta e infantile da amare solo l’Elle ignobile e freddo che aveva conosciuto nel manga?
Possibile che veramente fosse ancora così legata ad un’immagine mitizzata di lui, irraggiungibile e profondamente irreale, di plastica, tanto da non riuscire ad accettarlo e ad amarlo se lui diceva cose che lei non avrebbe mai creduto lui potesse dire?
Eppure era lui quello che gliele aveva dette. Erano i suoi notissimi modi infantili e ingenui quelli che aveva appena visto…
Doveva fermarsi. Doveva assolutamente fermarsi…
Watari si chinò a raccogliere il cappello che Emma aveva gettato a terra «È quasi ora di pranzo, Ryuzaki. E non è buona educazione né segno di una consona ospitalità lasciare Miss Emma infreddolita, ancora con il cappotto indosso, senza offrirle il calore di una casa. In più, credo che lei vorrà riposare un attimo e fare luce nella sua mente. Molte novità l’hanno accolta. Perciò, Miss Emma, spero che non le dispiacerà venire con me. La accompagnerò nella stanza che abbiamo sistemato per lei. Spero che vorrà farci il piacere di fermarsi qui da noi qualche giorno.»
«Io…» farfugliò Emma, portando le dita ad asciugare le lacrime dalle sue guance  «Sì…» assentì infine, comprendendo con quel “sì” tutto ciò che Wammy aveva detto e sentendosi improvvisamente salvata da quelle parole di cui aveva percepito il calore e il moto di comprensione.
Wammy sorrise ancora, porgendole il cappello «Vedo che non ha un bagaglio, ma naturalmente avevo immaginato che non ne avrebbe avuto alcuno, quindi ho provveduto per quanto nelle mie disponibilità, attingendo dalla lavanderia dell’istituto.»
«Grazie…» rispose soltanto così, non riuscendo a fare altro che mostrare la sua gratitudine.
«Ryuzaki, la cuoca ha preparato la cheese-cake per il dessert del pranzo, vuoi che ti porti una fetta in stanza?»
Elle, senza guardare né Watari né Emma, fece un passo verso la porta che era rimasta chiusa e che Emma avrebbe dovuto aprire. Poggiò la mano sulla maniglia e disse placidamente, in modo annoiato, come se fino a quel momento non fosse successo assolutamente niente «Sì. Per il momento una fetta può andare bene.» e sparì dietro l’uscio.
Wammy allora sorrise ancora alla ragazza, senza prestare attenzione all’atteggiamento di Ryuzaki, e disse «Bene, mi segua, cara».
Ed Emma si affilò dietro a lui.
Durante tutto il tragitto non fece che pensare a cosa fare e cosa dire.
Non si guardò neppure intorno…
Poi ad un tratto si fermò ed esordì «Signor Wammy… »
Lui si arrestò e si voltò, senza stupore, ed Emma proseguì «…Non so se sono in grado di farle capire quanto io sia felice che lei non sia…»
Sì, con lui non c’era altro che gioia, facile da mostrare, anche senza bisogno di trovare le parole corrette.
«… Io non so cosa pensare… Non so che cosa fare…» gli disse ancora.
«Non potrebbe che essere così, visto tutto ciò che è accaduto in passato e viste le rivelazioni di oggi.» rispose lui con calore «Con ordine, Miss Emma. Una porzione alla volta e riuscirà a fare luce su ogni cosa, compresa se stessa.»
Watari non provava mai a giustificare Elle. Non tentava di difenderlo agli occhi di Emma. Non l’aveva mai fatto, sebbene lui fosse il suo pupillo. Wammy parlava a lei, si preoccupava di lei senza mai cercare di mettere in buona luce Ryuzaki.
E così Emma gli chiese «… Perché nemmeno lei mi ha fatto sapere nulla…? Perché non mi ha avvisata prima del fatto che eravate ancora vivi…?»
«Nessuno più di me è consapevole di quanto lei abbia sofferto, cara… Ma lei, Miss Emma, doveva sapere bene cosa Ryuzaki fosse capace di fare a causa della consueta noncuranza e disattenzione nei confronti del prossimo; lei, purtroppo, doveva essere pienamente consapevole di dove la sua anomala condizione di giovane uomo solo lo potesse portare e di quanto questo potesse fare male. Io non avrei mai potuto camuffare o addolcire questo aspetto di Ryuzaki, aiutandolo di nascosto, evitandogli quindi di affrontare la rabbia e i dubbi che lei sta provando in questo momento. Se avessi fatto così, lei non avrebbe mai saputo fino in fondo. Su certe cose non posso intervenire. Certo, se stiamo lavorando, se c’è un caso delicato in ballo, se si rischia di far saltare i piani per via delle sue scelte ciniche, cerco di tamponare i suoi modi, non sempre con successo… » ed Emma, a questo punto, pensò immediatamente a quando, in Death Note, Watari aveva rivelato ad Aizawa che tutti gli agenti sarebbero comunque stati sostentati e pagati se avessero scelto di abbandonare il loro sicuro posto di lavoro in Polizia per seguire il caso Kira, soli insieme ad Elle; e poi pensò a quando lo stesso Wammy si era rifatto vivo nel laboratorio della Todai, quando Ryuzaki era sparito per giorni, dopo l’aggressione che lei e Misao avevano subito…
Ma Watari continuò «Ma non potevo assolutamente coprirlo in questo frangente. Perché se lei, Miss Emma, doveva sapere, anche lui doveva imparare a conoscere le conseguenze delle proprie azioni quando esse fossero ricadute pesantemente sulle altre persone. E soltanto se queste ultime hanno assunto per lui un valore, Ryuzaki potrà imparare veramente e sulla propria pelle. L’ignoranza, qualunque tipo di ignoranza, anche quella legata a certe scelte di vita o alle proprie esperienze, quella intesa nel senso di “ignorare”, non porta da nessuna parte. L’ignoranza non ha futuro.»
Questa era la pesante e difficile scuola di vita della Wammy’s House. Questa era l’impronta dettata all’istituto dal suo fondatore, un uomo profondamente intelligente, buono, capace di amare, giusto, ma proprio per questo anche molto duro. Una scuola che forse, Emma si chiese fugacemente, non tutti sarebbero stati tanto forti da riuscire a sostenere…
La ragazza però non si lasciò traviare da tali rapidi pensieri e titubante si focalizzò su ciò che Watari le aveva detto riguardo ad Elle «…Mi sta dicendo che lui mi ha trattata in quel modo e che non mi ha fatto sapere nulla del fatto che era ancora vivo semplicemente perché per abitudine porta solo avanti i suoi piani perfetti e non si cura del prossimo né delle eventuali reazioni di questo prossimo dato che esse normalmente non lo toccano…? Insomma, perché avrebbe dovuto preoccuparsi di me se non lo fa mai con nessun altro?»
«Esattamente.»
Emma abbassò il capo e mormorò quasi fra sé e sé «…Perché non sa fare diversamente…perché non sa nemmeno cosa significhi comportarsi diversamente…» risollevò il capo e rialzò il tono della voce «Immagino che questa sia l’interpretazione più chiara di quanto Ryuzaki mi ha detto poco fa…»
«Miss Emma, quello che le ho appena detto, l’interpretazione, come l’ha definita lei, è umanamente raccapricciante e lei deve conoscerla a fondo.»
Lo sguardo di Emma si addolcì «…Lei non ha cercato di coprire i suoi lati peggiori…»
«Non lo aiuterei, se lo facessi, e lui non imparerebbe. Ma io, conoscendo perfettamente cosa lui sia capace di fare e con la speranza, ogni giorno, che possa imparare anche ciò che ha sempre allontanato, ho scelto di amarlo e di accettarlo comunque...»
…E io invece? Si chiese Emma.
«…Ma io non ci sarò per sempre…» Watari le sorrise «Ma adesso la accompagno nella sua stanza. Invece di aiutarla a chiarirsi le idee, temo di averle ingarbugliato ancora di più la mente già scossa.» e si voltò.
Quando la salutò, sull’uscio della camera, le disse che se voleva mangiare stavano servendo il pranzo al piano di sotto, che se avesse invece voluto pranzare da sola, perché magari non desiderava stare insieme ad una bolgia di ragazzini scalmanati nel loro primo giorno di vacanza, lui le avrebbe fatto servire il pranzo in stanza. Aggiunse poi che di qualunque cosa avesse avuto bisogno, lo avrebbe trovato al piano terra, nella sala grande, adiacente all'ampio atrio d’ingresso. E le diede la chiave che separava quell’ala dell’edificio dal resto dell’istituto.
«…Io non lo so ancora cosa voglio…» rispose lei a tutte le opzioni che lui le forniva e Watari assentì senza commentare, lasciandola libera di fare qualunque cosa avesse voluto.
Emma si ritrovò da sola in quella grande e accogliente camera, calda, tappezzata di tappeti consunti dal tempo.
Si tolse il cappotto e lo adagiò su una poltrona piena di cuscini sistemata al fianco della finestra. 
La neve iniziava a depositarsi agli angoli dei vetri appena appannati, dietro le tende colorate.
Si avvicinò all’antico letto a baldacchino e sfiorò con le dita gli abiti e gli asciugami puliti che vi erano piegati sopra e che Watari aveva preparato per lei. Vi si accostò, per annusarli, e sentì quella fragranza nota di bucato, quella delle magliette di Elle.
E una forte stretta le attanagliò l’addome.
Gli odori riescono a imprimersi molto più delle immagini. Anche dopo anni, riassaporando fugacemente profumi percepiti in un passato lontano e dispersi nella memoria, riaffiorano netti i ricordi e i momenti di vita legati ad essi. E sembra quasi di riviverli, quegli attimi, in un istante, come se si fosse ancora lì.
Ed Emma, catapultata all’improvviso nel mezzo dei momenti in cui era stata più vicina a Ryuzaki, percepì di nuovo quei brividi che mai erano mancati quando gli si era accostata…
Quell’emozione era ancora vivissima.
Si sedette sul letto e sospirò.
Le emozioni le dicevano qualcosa.
La ragione gliene suggeriva altre, contrastanti però tra loro…
Lui era in grado di provare qualcosa?
Doveva credergli?
E se anche così fosse stato, le piaceva ancora quell’Elle?
O voleva il detective come sempre lo aveva visto, incapace di distruggere quella barriera costruita dal tempo? Lo voleva quindi freddo e cinico? Voleva continuare a soffrire, accettandolo così? O voleva che lui facesse crollare quelle difese? Le sarebbe piaciuto allo stesso modo?
E poi, era ancora così immensamente sciocca da amare solo un personaggio di plastica? Anzi, di carta?
E lui?
Il caso Kira era finito.
Il “gioco” era finito.
Quell’obiettivo, che era stato vivo per più di un anno nella sua testa, scalzando i suoi pensieri “sterili”, adesso era svanito. Anzi, era stato raggiunto. Elle era vivo, Light Yagami era stato arrestato e giudicato.
Nel corso di quei lunghi mesi quella meta così delicata e importante aveva sempre allontanato tutto il resto.
Non c’era più niente che giustificasse Emma e anzi la costringesse a tornare con i piedi per terra.
Adesso doveva affrontare di petto se stessa, e basta. Senza scuse, altri argomenti o priorità.
Era giunta alla Wammy’s House con il desiderio di avere delle risposte del tutto diverse da quelle che invece le si erano prospettate ora e che in fondo non sapeva nemmeno quali fossero…
Le iniziava a far male la testa, sopra gli occhi arrossati.
Il pianto e la rabbia fuoriusciti con veemenza stavano dando i loro frutti.
Si sentì esausta.
Si sdraiò sul letto.
Il fisico le stava dicendo che doveva fermarsi, su tutta la linea.
Forse dovrei solo seguire quello che sento, adesso… Non c’è niente di male… Forse devo provare a dormire, se è quello che mi verrebbe di fare, a fermarmi del tutto…
Si sfilò le scarpe e si rannicchiò sotto il plaid che era ripiegato ai piedi del letto, e poi chiuse gli occhi…
Quando li riaprì, le sembrò di riemergere da un abisso. La luminosità nella stanza era cambiata. Aveva smesso di nevicare e dal giardino provenivano le voci e le grida entusiaste dei ragazzini.
Si alzò e andò a sbirciare dalla finestra. Il parco era interamente ricoperto da un soffice manto di neve. Il cielo era ancora bianco e la luce di quel pomeriggio di dicembre iniziava a smorzarsi. Dozzine di bambini imbacuccati erano impegnatissime a lanciarsi palle di neve e a modellare incerti pupazzi.
Emma sorrise.
Poi, infreddolita cercò tra gli abiti che le aveva dato Watari qualcosa da poter indossare sopra il suo maglioncino di lana.
E così, dopo essersi rimessa le scarpe e con indosso una felpa azzurra con la stampa un po’ consumata della “S” di Superman, uscì dalla stanza, diretta alla porta dietro la quale avrebbe dovuto trovare Elle.
Il suo corpo aveva avuto ragione. Aveva avuto bisogno di dormire.
Adesso non era più confusa. I mille pensieri avevano cessato di affastellarsi, ma solo perché si erano placati.
Una cosa per volta. Senza fretta… Una domanda per volta, così come la mente e l’istinto mi suggeriscono al momento, senza ripensarci su…
Ma quando provò a bussare a quella porta, nessuno rispose.
Così Emma decise di andare nella sala grande. Scese le scale, aprì la porta chiusa a chiave e si ritrovò su quel ballatoio affacciato sull'atrio tappezzato di libri.
La sala doveva essere lì sotto.
E dopo poco infatti Emma varcò silenziosamente la soglia di una grandissima camera illuminata, con un ampio caminetto acceso. Rimase sull’uscio e ne esplorò l’interno, senza che nessuno si fosse accorto della sua presenza.
Al momento la sala era quasi deserta. I bambini erano praticamente tutti fuori a giocare. Seduto su una poltrona davanti al caminetto, Watari leggeva.
Sopra al tappeto era comodamente stesa sulla pancia una bambina di massimo otto anni, che agitava allegramente le gambe per aria, tutta intenta a disegnare e circondata delle matite colorate che le rotolavano intorno, sul pavimento.
In un angolo distante da tutti, sempre sul pavimento e dietro un’alta e perfetta torre di fiammiferi, era raggomitolato un ragazzino minuto, col capo chino e i folti capelli candidi. A primo impatto si sarebbe detto che non potesse avere più di dieci anni, ma in realtà ne aveva tredici.
Emma fece solo un passo all’interno della sala, quando la bambina esclamò soddisfatta «Ho finito!» e si alzò di colpo, sorridente e col foglio tra le mani.
Watari sollevò il capo.
Ma la bambina non lo degnò di uno sguardo, spostando invece l’attenzione verso il ragazzino nell’angolo, che naturalmente non si mosse, né mostrò di essere stato in alcun modo distratto, ma continuò a costruire la sua torre di fiammiferi a capo chino, completamente indifferente.
Così la bambina fece un grosso sospiro e le guance le si imporporarono appena. Sembrò farsi forza e piano si avvicinò a lui.
Quando gli fu davanti, allungò timidamente la mano che stringeva tra le dita il foglio col disegno, per porgerglielo. Con la voce un po’ tremante e gli occhi che brillavano, gli mormorò «…Guarda…Sei tu… L’ho fatto per te…»
Lui alzò finalmente il capo e due occhi gelidi e spenti si soffermarono sul foglio. Solo su quello e non su di lei. E poi, senza interesse, quegli occhi ritornarono alla torre. Non una parola.
Lei rimase col disegno teso davanti a lui «…Non lo vuoi…?»
E il ragazzino, sempre a capo chino, le disse con una voce glaciale, tremendamente passiva «È probabile che ti possa sembrare che siamo coetanei, visto che non sono molto alto e visto che sono qui a giocare, ma non lo siamo. È naturale che a me non interessino i tuoi mediocri disegni.»
Cattivo. Antipatico. Ma non perché volesse fare scientemente del male o provocare o sondare le capacità del prossimo. Quel ragazzino era distruttivo e basta, perché inutilmente sincero e privo di qualunque tipo di interesse che esulasse da se stesso.
La luce che fino a poco prima aveva brillato negli occhi della bambina si spense all’istante.
Wammy si alzò «Near…» disse con una lievissima punta di rimprovero nella voce, come per richiamarlo, come per ricordagli qualcosa di cui avevano già parlato tra loro e che quindi lui doveva sapere.
Il ragazzino allora alzò stancamente lo sguardo su Watari e poi si rivolse alla bambina, allungò le dita sul disegno e le disse in modo asettico «Grazie.»
Lei sembrò appena riacquistare un po’ di coraggio «…Ti piace?»
«Sì.» rispose Near lapidario e senza calore.
Allora la bambina sorrise felice, si chinò e lo baciò sulla guancia per poi trotterellarsene via.
E lui non si mosse, non si allontanò, non la scansò, ma soprattutto non ebbe alcun fremito di fastidio o disagio.
Quel gesto, quel contatto, non lo aveva raggiunto in nessun modo. Nemmeno in senso negativo…
Quel gesto non era stato niente.
Il volto di Watari si oscurò e poi si posò amaro su quello di Emma, che era rimasta lì dov’era.  
L’anziano inventore mormorò «…Per quanti semi o acqua si potranno gettare, nulla potrà mai germogliare senza terra…»
Emma corrugò la fronte, scossa da quell’affermazione così triste e in parte oscura.
Così Wammy, con calma, si avvicinò ad uno degli scaffali che occupavano una parete, prese un cd e lo inserì su uno stereo, in alto.
E le note di un organo riempirono la stanza.
Poi invitò gentilmente Emma ad entrare nella camera, si avvicinò a lei e con un tono di voce basso, ma udibile a lei, iniziò a fare luce su quanto aveva appena affermato «…Forse erroneamente, ho sempre paragonato i loro animi alla terra e ai suoi cicli…» si voltò verso Near e lo osservò per qualche istante mentre lui continuava a costruire la sua torre di fiammiferi, poi tornò a guardare Emma «…È stato cresciuto da sua madre, prima di giungere qui. Lei era incapace di provare e dare affetto a causa di una grave psicopatologia che, purtroppo, non fu riconosciuta prima che potesse fare danni al bambino che lei portava in grembo. Così, in lui, quel terreno immacolato che ogni essere umano possiede alla nascita e che, grazie a lei e al suo amore, avrebbe dovuto nutrirsi e crescere per poter diventare fertile ed essere quindi in grado a sua volta di far germogliare i suoi frutti, è stato lasciato morire, si è lentamente inaridito, seccato, ha perso tutte le caratteristiche che in potenza avrebbero potuto renderlo accogliente e prolifico. È diventato polvere. E poi è scomparso…E se non c’è terra che possa accogliere, non c’è seme che possa essere piantato, non c’è affetto che possa essere ospitato.»
Emma tentennò appena «… Perché mi ha raccontato questo…?»
«Perché lei, Miss Emma, non poteva saperlo.» rispose semplicemente Wammy.
 
 
 
 
 
 
Come sapete, questo capitolo non avrebbe dovuto essere pubblicato con questo ritardo, ma problemi personali e al lavoro mi hanno completamente staccata da questa storia e da voi e sono sparita ovunque, senza nessun avviso, apparendo arrogante, maleducata e ingrata. Me ne dispiace moltissimo, perché non sono così.
Non sono al mio massimo, anche se adesso va molto meglio, tant’è che sono qui, ma sono ancora meno capace di giudicare questo capitolo e la piega che sta prendendo la fine di questa storia. Ma devo lasciarla così. So per certo che a qualcuno magari piacerà e a qualcun altro no, che qualcuno la troverà noiosa e scontata, qualcun altro no (ormai “conosco” molti di voi e a volte mi ritrovo a ragionare su cosa non piacerà all’uno e cosa all’altro, indovinando o sbagliando clamorosamente). Forse ci sono troppi pensieri, troppe elucubrazioni, troppi psicologismi inutili, ridicoli e campati in aria. Ma per come sono fatta io, non c’era modo di affrontare la Wammy’s  ed L ed il loro impatto con Emma diversamente da così. Le dinamiche di relazione non sono mai facili, per nessuno, e in questa storia ogni cosa, liberata dal caso Kira, acquista un valore e un peso diverso. Ed è probabile che io per questo abbia perso di vista Death Note ed L, ormai fagocitata soltanto dalla mia storia e dalle mie personali interpretazioni. Se è così, spero possiate almeno apprezzare quel qualcosa di diverso che ho provato a esprimere, non so con quali risultati.
Chiedo scusa a voi, che tanto mi sostenete con meravigliose parole, e chiedo scusa al personaggio originale di L, che tanto amo.
 
Sono stata un po’ più concisa e seriosa del solito con queste note finali, ma sono sempre la stessa ^_^
 
Ci vediamo qui fra due settimane,
 
Un bacio grande e grazie,
 
 
Eru

 
 


 

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Capitolo 46
*** 46. Il solito Elle… ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
 46. Il solito Elle…
 
L’armonia dell’organo continuava ad aleggiare nell’aria.
Emma non aveva mai seriamente pensato a cosa dovesse significare occuparsi di bambini che non avevano i genitori, né si era mai chiesta quali potessero essere le loro difficoltà e i loro diversi caratteri, eccetto che per Ryuzaki. Ma stranamente ciò che le aveva appena detto Watari suggeriva che, riguardo a Near, il suo essere orfano non fosse la sola causa della sua complessa e triste condizione…
«Comunque Ryuzaki è in biblioteca, se è lui che stava cercando.» le disse poi affabilmente Wammy, tornando ad un tono di voce normale.
«No, sono qui.» arrivò la voce di Elle, che era fermo sulla soglia della sala, nella penombra, con le mani nelle tasche e i piedi nudi.
Near sollevò il capo solo allora.
Ma Elle lo ignorò.
Emma si chiese da quanto tempo Ryuzaki fosse lì, se avesse assistito alla scena del disegno o ascoltato la breve conversazione successiva, che probabilmente era udibile anche dalla vicina soglia, nonostante la musica e il tono basso che Watari aveva tenuto per evitare a Near di sentire.
«Deduco che tu sia giunta a qualche conclusione.» disse Elle, buttando una rapida occhiata asettica alla sua felpa azzurra con la S di Superman.
«No.» rispose Emma secca «Ho solo impedito al mio cervello di andare in tilt del tutto. Quindi ho intenzione di ricominciare da capo.»
«Mhm… Mi sembra accettabile.» si portò il dito sulle labbra e si guardò intorno «Ma io voglio dei biscotti.» si voltò con tranquillità e strascicando l’orlo dei suoi larghi e lunghi jeans sul pavimento andò a prendere un contenitore sferico di vetro pieno di frollini e poi si diresse verso il divano, mentre la musica continuava a imperversare nell’aria.
Watari osservò Emma, poi raccolse il suo libro e lasciò la stanza.
Emma seguì con lo sguardo Elle, senza dire una parola.
Poi gli disse «Voglio tutte le risposte, senza mezze verità o repliche vaghe.»
Elle commentò placidamente «Non ho motivo di non risponderti. Sei qui apposta. Sapevo comunque che saresti arrivata, prima o poi. Sapevo che avresti voluto sapere. E in particolare sapevo che stavi arrivando oggi. Ti avevo lasciato il cellulare proprio per poter seguire i tuoi spostamenti.»
Emma non replicò subito, ma lo osservò rannicchiarsi con noncuranza nell’angolo del divano. Near non gli aveva tolto gli occhi di dosso un istante, ma Elle continuava a ignorarlo.
Una volta seduto, Ryuzaki proseguì «E comunque non ho altro da fare adesso, ho parecchio tempo a disposizione. Dopo il caso Kira ce ne vorrà prima di potermi imbattere in un’indagine altrettanto stuzzicante…» e infilò le dita nel contenitore di biscotti che teneva sulle ginocchia «Ad ogni modo, alla felpa di Superman preferivo la t-shirt con la L.» aggiunse ingenuamente.
Emma si posizionò sul divano affianco a lui, a gambe incrociate, e lo guardò in silenzio senza replicare per alcuni istanti.
Gli aveva detto “niente mezze risposte”, ma non “niente uscite assurde”.
Ma dopotutto non erano quelle il problema… Quelle erano sempre fantastiche, anche se il più delle volte avevano la funzione di spiazzare e quindi di smorzare i toni. Il trucco era saperlo, rendersene conto, accettare di stemperare la tensione e quindi continuare a parlare. A pensarci bene, quelle uscite erano utili… Sì, utili per chi non era in grado come lui di mantenere la calma o la lucidità. Bisognava sfruttarle, punto.
E infatti Emma lo fece, sorrise appena e, determinata ma assolutamente tranquilla, pose comunque la domanda che avrebbe posto, anche se forse l’avrebbe fatto con un tono più severo se lui non l’avesse ammorbidita con quella frase ingenua sulla sua felpa «Mi hai lasciato il telefono apposta?».
Near abbassò allora lo sguardo e tornò alla sua torre di fiammiferi. Da lì non poteva ascoltare la conversazione e comunque essa non doveva interessargli affatto. Ciò che aveva interessato la sua mente di ghiaccio, con tutta probabilità, era solo ed unicamente Elle…
Ryuzaki si leccò le dita «Certo. Se ti risultava diversamente, sappi che Watari, qualunque cosa ti abbia detto a proposito del cellulare, ha deciso di lasciartelo di testa sua, perché io non gli avevo prescritto di fare nulla a riguardo, proprio perché lo conosco. Perché sapevo che te lo avrebbe lasciato comunque, per una sua visione del mondo, della vita e della libertà delle persone.» e sollevò lo sguardo dai biscotti per tornare a fissare Emma negli occhi «E comunque era funzionante solo il GPS. I microfoni erano stati disattivati, quindi non mi sono sorbito tutta la tua vita da luglio fino ad ora, stai tranquilla.»
«Sai cosa me ne sarebbe importato se anche tu avessi ascoltato la mia vita, ho trascorso mesi ad essere “spiata” e, per altre eventuali “rivelazioni piccanti”, tanto avevi capito i miei sentimenti da molto prima che io me ne potessi rendere conto. Comunque, per inciso, io condivido pienamente la visione della vita e della libertà che ha Watari. E anche tu la condividi. Sei cresciuto con lui e con le sue parole, quindi non parlarne come se fosse una cosa che non ti appartiene, perché con me non attacca più questa storia.» e gli sorrise placida.
Colpito.
Come al solito, il loro stare insieme era fatto di momenti molto diversi, che si alternavano nel giro di un battere di ciglia.
Dopo la conversazione di fuoco della mattina, sembravano tornati alle loro consuete dinamiche. E anche se Emma era stata invasa da un fiume in piena di pensieri contrastanti, le rimaneva la consapevolezza di ciò che aveva pensato di lui quando era rimasta sola e distrutta dalla notizia della sua morte: Elle non era un alieno. Ed era anche grazie a questa considerazione che adesso riusciva ad affrontarlo di nuovo, ad affondare meglio e a tenere a bada i suoi ancora mille dubbi. Perché, per quanto potesse farle paura scoprire un Ryuzaki in carne ed ossa diverso da quello di carta, di certo quella considerazione aveva già contribuito a rendere Elle, per lei, una persona “vera” più di quanto non lo fosse mai stata nei lunghi mesi delle indagini. Emma conosceva di lui un piccolo pezzetto in più, che certo non poteva svelare la complessa persona Elle, né lei poteva aggrapparvisi per sciogliere la matassa di insicurezze che l’avevano attanagliata la mattina, ma era comunque più di chiunque altro a quel mondo avesse mai conosciuto, eccetto Watari naturalmente.
Sì, decisamente dormire era stata la soluzione migliore…
«Ma la questione è un’altra.» proseguì Emma senza dargli il tempo di replicare «Hai architettato tutto in modo perfetto. Partendo dall’inizio, dando però per assodati i discorsi fatti stamattina: mi hai usata e “salutata” nel peggiore dei modi. E anche se sapevo benissimo che era assolutamente consono alla tua persona trattarmi così e non potrei quasi biasimarti, perché sono io che me la sono cercata e tu non puoi certo essere diverso da ciò che sei, era ovvio che sarei stata infuriata con te. Ma…» fece una pausa «… Ma il punto non è nemmeno questo. Perché hai detto al mondo di essere morto? Perché lo hai fatto credere anche a me, se poi ti aspettavi che sarei venuta qui?» a quest’ultima domanda Watari aveva dato una risposta importante, parlando di “ignoranza”, ma Emma aveva detto di voler ricominciare da capo e, soprattutto, si era imposta di fare le domande così come le sarebbero venute alla mente, senza ragionarci troppo sopra. Quindi, senza farsi problemi, proseguì «Hai architettato tutto così perfettamente che io, adesso, mi ritrovo a non riuscire nemmeno ad essere veramente arrabbiata come dovrei. Tu prima mi hai visto esasperata e infuriata, ma in realtà potrebbe essere molto peggio di così. Ryuzaki, tu mi hai fatto credere di essere morto! Io mi sono annientata per la tua falsa morte e non esiste uno stratagemma migliore di questo per indorare e addolcire l’amara pillola di essere stati trattati in modo indecente. E infatti mi sono ritrovata praticamente a perdonarti, mi sono ritrovata a rimpiangere con tutta me stessa il bastardo che sei, solo perché credevo che non ti avrei mai più rivisto.»
Elle si grattò la nuca pensieroso «Non l’avevo osservata sotto questo punto di vista… Però in effetti sembra essere stata una strategia ottimale anche su questo aspetto.»
«E certo che non l’avevi previsto, questo! Figurati se quando hai architettato tutto hai pensato a me! Ma guarda caso ti è andata liscia, perché se un ragionamento è vincente, incredibilmente esso risulta spesso vincente su più fronti, anche su quelli che non si erano preventivati, ancora di più se si tratta di te.»
«Mhm…» mugugnò Elle masticando un biscotto  «Sì, è corretto, in linee generali. Però ti stai dimenticando del fatto che ti ho lasciato il telefono e che sapevo che saresti venuta qui. Che anzi me lo aspettavo. Dovresti ragionarci un po’ meglio su questa cosa, con la tua testolina che macina piuttosto rapidamente, ma che tuttavia finge di non pensare a cose “sterili” e che le allontana, un po’ per natura, un po’ perché teme che io possa giudicarla una stupida per averle pensate.»
Emma rimase spiazzata un secondo.
Ancora una volta Elle stava leggendo dentro di lei.
Era vero…
Una domanda alla volta, un pensiero alla volta, così come la mente o l’istinto mi suggeriscono.
Già. Solo che, esattamente come le aveva appena detto Elle, erano proprio la mente e l’istinto che la spingevano ad allontanare quei cosiddetti pensieri sterili, perché la spaventavano, ma anche perché sapeva bene come lui li considerasse di scarsa importanza, se non inutili… E non c’era dubbio che lei stesse continuando a tenere la conversazione lontana dal punto cui si era fermata la mattina. Sembrava non volerla portare su quel piano che l’aveva destabilizzata.
Perché Emma non sapeva ancora cosa doveva fare. Perché non sapeva ancora cosa era disposta ad accettare. Non sapeva ancora cosa voleva.
Però, del resto, era verissimo anche che lui le aveva lasciato il telefono, scientemente, avendo ragionato sulla questione e quindi sul fatto che Watari stesso avrebbe scelto di lasciarglielo, di sua volontà…
Quindi, in qualche modo, si riponeva un’altra questione cui lei, inconsciamente, sembrava non voler pensare, ma cui lui continuava a ritornare: Emma era stata compresa nei calcoli di Elle? Nei suoi ragionamenti complessi, tra le sue mosse, era rientrata anche una qualche previsione futura che riguardava lei, proprio lei, indipendentemente dai motivi?
Al di là del dubbio se queste considerazioni fossero vere, il punto era che Emma non sapeva ancora come prenderle, cosa chiedere in proposito.
Il problema era che Emma non aveva ancora chiarito veramente l’elemento fondamentale.
Quindi rimase un attimo in silenzio, mentre lui la osservava, conscio che la sua testolina, per l’appunto, stesse rimuginando. Ma lei non replicò, col volto appena incupito.
Ryuzaki la guardò in silenzio per qualche istante ancora e poi le disse «…Ne vuoi uno?» e le porse candidamente un frollino, come niente fosse «So che detesti i dolci, ma so anche che questi li mangi. Sono butter cookies, e un po’ di zucchero potrebbe ritirarti su il morale…».
Come si poteva dirgli di no?
Come accidenti si faceva a dirgli di no?
Così Emma allungò la mano e prese quel biscotto, che al palato risultò così burroso da sembrare quasi salato. Forse era questo l’unico motivo per cui le piacevano solo quelli, di biscotti.
Quindi Elle, soddisfatto, riprese a parlare «Comunque, visto che non devo dare mezze risposte, credo che la prima delle tue domande fosse sapere il motivo per cui ho finto di morire. Be’, io dovevo sparire, Emma. Tutti coloro che mi avevano conosciuto, che avevano visto il mio volto e sentito la mia voce dovevano sapere che io e Watari eravamo morti. In questa indagine sono stato costretto a mostrarmi, ma tutto doveva ritornare come era prima. Nessuno, ancora una volta, deve conoscere il volto e l’identità Elle.»
Elle, dopo essere entrato “socialmente” nel mondo, aveva fatto in modo di uscirne di nuovo. L’aveva fatto per la salvaguardia della propria incolumità e di tutti gli esseri umani minacciati dai criminali, perché lui doveva continuare ad essere Elle, doveva poter proseguire ad indagare in nome della Giustizia.
Ed in nome di essa aveva abbandonato il mondo ancora una volta.
Ecco perché aveva inscenato la sua morte. Tutto era stato calcolato anche in funzione di quell’obiettivo, in modo del tutto verosimile.
E quindi, per tutti, Ryuzaki era morto.
Per tutti tranne che per la Wammy’s House naturalmente.
Tranne che per la Wammy’s House e per Emma.
Emma, ancora una volta, non parlò, ma continuò a guardarlo negli occhi, sgomenta e concentrata… Ma adesso io so che tu sei vivo… Lo so perché tu hai voluto che io lo sapessi… Soltanto io…
Ryuzaki sorrise sornione, leggendo le espressioni di Emma.
Ce la stava portando di nuovo, lentamente, ma ora lo stava facendo nell’unico modo che conosceva bene: attraverso i ragionamenti. E ce la stava portando senza dirglielo esplicitamente. Perché la logica non mente mai. La logica può essere controllata e prevista. Perché in questo modo Ryuzaki poteva immaginare e dunque controllare ciò che lei stava pensando.
Emma sospirò e chiuse gli occhi.
Non poteva credere ai ragionamenti che la sua mente le stava proponendo.
Non poteva ancora affrontare quello che lui la stava palesemente inducendo a pensare, con i suoi input apparentemente asettici.
Le veniva spontaneo bloccare di nuovo il fiume in piena e comportarsi senza cedere all’emotività. Si era prefissa di fare proprio quello che le veniva istintivo fare, in modo di non perdere il controllo e di capire. Ma ciò che l’istinto le stava proponendo in quel momento era dettato dalla paura e da una certa barriera che si era innalzata dentro di lei.
Fece quindi un altro sospiro e riaprì gli occhi «D’accordo… E allora, visto che le cose stanno così, visto che sono qui e che, a quanto pare, sono privilegiata nell’esserlo, adesso voglio conoscere ogni dettaglio del caso Kira.» e deviò la conversazione su qualcosa che la riportava con i piedi per terra, che ce l’aveva sempre riportata, su qualcosa che avrebbe reso Elle sempre il solito.
La mente umana è bizzarra…
Emma proseguì «Per ora mi è chiara soltanto la balla dell’ “Organizzazione Elle”, che hai architettato per giustificare un successore e per avvalorare la tesi che qualcuno potesse aver deciso di divulgare la notizia della tua falsa morte, che ti serviva di diffondere. E poi, così, in molti rinunceranno a scoprire la tua identità, perché si aspetteranno di trovarsi davanti un muro di persone che ti proteggono e soprattutto una schiera di individui pronta a prendere il tuo posto: così diventerà piuttosto inutile fare fuori il singolo “Elle” al comando. Perciò voglio il resto».
«Mhm…» mugugnò lui «A quanto pare cerchi sicurezza nel lato che più ti piace di me, quello che “conosci” meglio. E del resto devo ammettere che l’idea di raccontarti tutto mi ha sempre stuzzicato oltre misura. In effetti credo di averci pensato anche un attimo prima di svenire, nel dubbio se mi sarei mai risvegliato oppure no.» portò lo sguardo verso l’alto, pensieroso «Ma immagino di dover partire da molto prima perché tu possa capire.»
E quindi Elle le raccontò tutto, ogni passaggio di quel piano minuzioso, perfetto e rischioso che l’aveva portato a vincere, su tutta la linea.
Ed Emma, dopo aver ascoltato in silenzio e con attenzione e dopo aver ricomposto tutti i pezzi di quel complesso puzzle, disse «Nessun destino… Ukita e Naomi Misora sono morti ugualmente e nello stesso giorno per puro caso…»
Ryuzaki ribatté «E direi che questo in fondo poteva essere prevedibile, al di là del fatto che non credo nel destino.»
«Be’, mi farebbe piacere sapere perché era prevedibile, visto che per me, ovviamente, non lo era affatto.» commentò Emma.
«Mhm… Be’, innanzi tutto qualcuno non è morto così come tu sapevi, ad esempio i poliziotti fuori dalla Sakura TV nel giorno in cui Ukita è stato ucciso. Ma questo potrebbe non avere grande valore, visto che i poliziotti in questione non avevano un  nome né alcun rilievo nella trama del manga che tu hai letto. Quindi, a parte questo, c’è una cosa fondamentale che va presa in considerazione…» sbocconcellò un biscotto «Emma, chi è il protagonista del manga Death Note, nel tuo mondo?»
Emma arretrò col capo, confusa dalla domanda inaspettata e apparentemente non pertinente. Poi rispose «Be’…Direi Light, tu, Near, Mello e anche Misa naturalmente…»
Elle sollevò le sopracciglia con sufficienza «E io direi che ti sbagli. Io non ho letto il manga, per ovvi motivi. Ma ho letto la trama che hai scritto tu. E sono assolutamente certo del fatto che ti sbagli.»
 
Eh eh eh…
Non avevo dubbi che lo avrebbe capito.
Non avevo proprio alcun dubbio sul fatto che lui avrebbe preso in pieno il nocciolo di questa questione.
Eh eh eh…
 

Emma assottigliò lo sguardo, non riuscendo a capire dove Ryuzaki volesse arrivare, e lo osservò in modo interrogativo, senza ribattere, ma attendendo semplicemente che lui continuasse a parlare. Sapeva bene che Elle lanciava sempre affermazioni lapidarie e da principio poco chiare, solo per poterle spiegare poi, dopo essersi goduto la reazione sorpresa del suo interlocutore.
E così il grande detective proseguì «I soli e unici protagonisti di Death Note sono il quaderno della morte e Light Yagami, Emma.»
Ryuzaki iniziò a leccarsi la punta delle dita per carpire le briciole di biscotti e lo zucchero vanigliato che vi erano rimasti appiccicati sopra «Il titolo la dice lunga in proposito e scommetto che la copertina del primo volume ha una bel disegno a colori di Light. Mi scoccia ammetterlo, ma è così, senza ombra di dubbio. E tutto ciò ha a che fare con quello che tu chiami destino, ma che io chiamerei in un altro modo. Nella vicenda del manga che tu hai letto, il mio personaggio muore perché era deciso che dovesse morire, perché era “scritto”. Ma non c’entra nulla il destino: si tratta della semplice volontà dell’autore che ha ideato la trama. Questo autore ha costruito una vicenda interessante, molto intricata ed avvincente, ha inventato dei personaggi e li ha fatti muovere sulla carta. Ma ciascuno di questi personaggi, più o meno importanti, ruotava intorno all’unico protagonista: Kira, che in quanto tale rappresenta sia il death note che Light Yagami. Io, in quella storia, sono stato un mero co-protagonista, una spalla, uno strumento.»
Emma lo guardava incredula «Una spalla?! Tu, una spalla?! Ma se metà dei lettori ti ha adorato, l’altra metà ti ha comunque rimpianto e una certa parte non ha nemmeno proseguito a leggere, perché tanto tu non ci saresti più stato! È vero che indubbiamente la tua morte è stata funzionale ad aumentare l’odio nei confronti di Light, che da quel momento in poi perde ogni speranza di redenzione agli occhi di molti lettori, ma tu sei un protagonista assoluto! Ma quale spalla?! Il personaggio “letterariamente” meglio riuscito di tutto il manga sei tu, senza dubbio, al di là dei gusti o delle inclinazioni personali pro-Kira o pro-Elle!»
Ryuzaki fece un vago e sicuro sorrisetto di soddisfazione «Lasciando da parte il fatto che tu sei un po’ troppo di parte, temo che tu abbia perfettamente ragione. Ed è proprio questo il punto della questione: alla resa dei conti sono risultato essere il personaggio riuscito meglio, da un punto di vista “letterario”, come hai detto tu, ma sono comunque rimasto un co-protagonista. E non è che la cosa mi entusiasmi, ma è un dato di fatto. Ed è questo il motivo che ha scatenato confusione.»
Era fastidioso accettare questa affermazione.
Era fastidioso perché Emma stessa sapeva che purtroppo era giustissima e verissima. E l’aveva sempre saputo, a modo suo. Come forse l’aveva tacitamente saputo ogni fan di Elle, aggrappandosi a tutto pur di non ammetterla.
Ed Emma finalmente capì dove Ryuzaki voleva andare a parare… E le piacque molto ciò che intuì, anche se era assurdo. Sebbene fosse un pensiero presuntuoso, ad Emma piacque da morire lo stesso, forse proprio perché era così. Solo Elle avrebbe potuto pensare una cosa del genere.
E così Emma sorrise con una punta di divertita furbizia «Mi stai dicendo che chi ha ideato la trama ha commesso un errore?»
«Più o meno. Sto dicendo che il mio personaggio, così ben articolato e tratteggiato, è sfuggito di mano all’autore stesso. Sto dicendo che dopo avermi creato e costruito in modo così perfetto, dopo avermi attribuito un’intelligenza fuori dal comune ed una capacità di ragionamento superiore, l’autore si è perso dietro alle esigenze della trama, ha dato priorità a quelle, volendo naturalmente esaltare le capacità di Light, che era il vero protagonista. Non succede forse così anche con tutti gli altri personaggi? Non è forse questa la funzione di Naomi Misora che, sebbene molto intelligente, nella storia a china si ritrova assurdamente e stupidamente a spifferare il suo vero nome a un ragazzino come Light, in modo decisamente poco credibile per un esperto e guardingo agente dell’FBI? La sua vicenda non è forse solo l’ennesimo modo dell’autore di dimostrare le capacità e l’eloquenza subdola di Light, dell’unico vero protagonista? Ma in fondo la Misora non ha grande rilievo, è appena tratteggiata come personaggio e offre il fianco ad essere mortificata senza problemi, senza che nessuno ci ragioni troppo sopra. E così, nelle battute finali l’autore ha trasformato anche me in una marionetta e non si è reso conto che l’ “Elle” che lui stesso aveva costruito con tanta cura non avrebbe mai potuto commettere l’errore così stupido che lui gli ha fatto invece compiere. Quindi sì, ha commesso un errore, ma non nel senso che quell’ “Elle” non sarebbe dovuto morire. Non è questo il punto: l’autore ha semplicemente commesso l’errore di non aver rispettato la coerenza caratteriale del personaggio che lui stesso aveva creato. E credo che questo possa accadere con una certa facilità, viste le pressioni di lavoro cui sono costretti i mangaka e vista la complessità della trama architettata intorno a Light. Ma questo non cambia la questione: io non avrei mai fatto le scelte che compie quell’ “Elle”, ergo, l’autore ha sbagliato.»
Come contraddirlo nella sua presunzione e soprattutto nel suo essere?
Chi meglio di lui poteva commentare le stupide scelte del suo stesso personaggio?
E in effetti non faceva una piega…
Ecco perché l’Elle del manga era morto stupidamente.
Era accaduto perché l’autore non si era soffermato a sufficienza sull’assunto di rispettare coerentemente le caratteristiche di un personaggio che nella sua visione generale della storia era e rimaneva solo un co-protagonista, anche se di tutto rispetto.
Insomma, Elle era un personaggio ben riuscito e il pubblico lo aveva adorato. Quindi la sua morte avrebbe smosso gli animi dei lettori ed avrebbe ottenuto ciò che l’autore voleva: odio puro e nessuna possibilità di scuse per Light Yagami, quindi voglia di divorare il resto per leggere l’epilogo con una sperata vendetta oppure, a seconda dei casi, voglia di vedere come Light se la sarebbe cavata una volta morto il suo più acerrimo nemico.
E fin qui nulla da ridire.
Il problema era che, secondo il “vero” Ryuzaki, quel castello non era costruito ad arte: Elle, nel contesto della sua morte, semplicemente non era stato Elle. Non era sembrato lui. Tutto qui.
Questo ruotava nella testa di Emma a tutta velocità.
Solo il vero Elle avrebbe potuto tirare fuori una considerazione così semplice e al contempo così presuntuosa. Solo l’Elle in carne ed ossa avrebbe potuto dire che di certo quello che era morto ammazzato per mano di Rem e per via delle sue stupidissime mosse non era lui.
E quell’ Elle in carne ed ossa proseguì «Come ti ho già detto, io non avrei mai fatto le scelte che tu hai descritto nella tua trama dettagliata. Non nego che qui, nella mia realtà e con il mio piano, ho rischiato di morire e ho viaggiato sul filo del rasoio, ma è indubbio che l’Elle che muore nel tuo manga non sono io, o perlomeno non lo sono fino alla fine. Inizialmente, quando mi hai raccontato della mia morte, avevo avuto dei dubbi perché la cosa mi stonava, così come la faccenda dell’orologio che, nella storia a china, non avevo preso a Light, il quale entra in cella senza essere stato perquisito e senza che i suoi effetti personali gli siano stati confiscati. Ho però iniziato a capire quando mi hai detto il titolo del manga, che mi ha instradato sul protagonista della vicenda. Ma ho compreso veramente tutto solo dopo aver letto la trama integralmente, quando cioè ho avuto la visione d’insieme dei fatti e ho appurato che effettivamente il protagonista non era io. A dire il vero, alla prima lettura, ci sono rimasto un po’ male...» si grattò la nuca ingenuamente «Da ciò che mi avevi raccontato tu, a voce, avevo percepito di essere anche io un vero protagonista della storia e di certo non avevo immaginato di essere stato mortificato e così stravolto nelle mie capacità e indole. Ma del resto tu hai una visione tutta tua della vicenda quindi, nel raccontare a voce senza tutti gli avvenimenti in fila, mi avevi comunicato qualcos’altro. Immagino che tu abbia fatto parte di quella categoria di lettori che non ha accettato la mia morte, proprio perché mi vedeva come protagonista. Quindi, a differenza della trama che hai scritto, dove necessariamente era riportato ogni singolo evento al di là del tuo modo di vederlo, il racconto frammentario che mi avevi fatto a parole è stato invece falsato dalla tua indole, dai tuoi gusti, da ciò che tu avevi percepito e volevi comunicarmi. È sempre così. Una stessa storia può risultare diversa a seconda di chi la racconta, così come una stessa storia risulta diversa a seconda di chi la legge e di cosa ci vuole vedere.» si fermò un attimo, come per rimuginare, poi si portò il pollice alle labbra e la guardò con quella maledetta aria infantile, sgranando gli occhi «Emma, eri innamorata anche del mio personaggio disegnato a china, vero?»
Non sarebbe mai cambiato. Per fortuna, in quel mondo, Elle non sarebbe mai cambiato, avrebbe continuato a uscirsene in quei modi diretti e incredibilmente ingenui, semplici e senza veli.
Emma tentennò un istante «Ehm…» poi però ci pensò su, anche piuttosto seriamente, e proseguì «“Innamorata”… be’… Non so se sia il termine adatto in effetti… Ma qualunque sia quello corretto, l’ho condiviso con tante di quelle ragazze che tu non hai nemmeno idea…»
Elle protese il collo verso di lei, continuando a mordicchiarsi il pollice «Davvero?» chiese innocentemente, un po’ incredulo.
Lei inclinò il capo, per rimirarselo bene, e annuì con un sorriso delicato «Sì, davvero. Imparandoti lentamente a conoscere, la fauna femminile del mondo dove ho vissuto fino all’anno scorso ti ha letteralmente adorato. Per tutte loro, anzi, per tutte noi, tu sei diventato incredibilmente affascinante. E direi anche molto sensuale… Anche Misao stravedeva per te.»
«Misao?» ripeté Ryuzaki con ingenuità e con gli occhi grandi spalancati.
«Uhm, uhm» annuì Emma, sempre con quel sorriso.
Elle si grattò di nuovo la nuca.
«E stai certo che se lei si fosse trovata nell’assurda condizione in cui mi sono ritrovata io, be’, stai certo che anche lei avrebbe tentato di salvarti, come lo avrebbe fatto qualunque altra ragazza avesse letto Death Note…» concluse Emma scivolando su queste ultime parole, mentre il sorriso lentamente le moriva sul volto asciutto…
Ryuzaki assunse di nuovo un’espressione enigmatica e tuttavia curiosa «E credi che Misao, o chi per lei, sarebbe riuscita nell’impresa?»
Questa era di nuovo una domanda della quale lui conosceva la risposta…
Emma sospirò «…Suppongo di sì… Basta non essere degli analfabeti per leggersi un manga e ricordarselo. E calcola che di Death Note è stato realizzato anche l’anime… E poi non ci vuole molto a prendersi una cotta per te.» e fece un sorriso un po’ amaro.
Sembrava una bambina anche lei in quel momento. Si erano scambiati i ruoli.
«Mhm.» mugugnò Elle «…Sì, forse molte ci avrebbero provato.» andò alla ricerca degli ultimi pezzetti di biscotti sbriciolati che erano sul fondo del contenitore di vetro trasparente, tirandone fuori una manciatina raggruppata tra le dita, la osservò e poi se la lasciò scivolare in bocca, sollevando il mento «…Ma quante mi avrebbero manipolato nel modo in cui hai fatto tu e ci sarebbero riuscite?»
Emma rimase spiazzata e non ribatté in nessun modo.
Masticando e guardandosi le dita piene di briciole, Elle proseguì placidamente «A primo impatto la cosa mi ha profondamente irritato. E tuttora mi lascia un po’ di fastidio. Ma ti sei resa conto del fatto che io ho dovuto compiere esattamente ciò che tu avevi preventivato fin dall’inizio?» disse continuando a rimirarsi le dita unticce del burro dei biscotti «Ti basterebbe dare una riletta al tuo piano per renderti conto che tutto è andato esattamente come avevi stabilito.»
Emma non aveva avuto ancora il tempo né tanto meno la testa di ragionarci su, perché fino a poche ore prima per lei Elle era morto…
Ryuzaki riportò lo sguardo su di lei, continuando a tenere davanti alle labbra le dita sospese, in attesa di essere leccate, e continuò come niente fosse «Emma, non è forse vero che io sono vivo e che ho vinto la partita grazie a te?»
Aveva appena detto che la cosa lo aveva irritato e che tuttora gli dava “fastidio”, ma dalle sue parole asettiche e tranquille quel fastidio non trapelava affatto… Era sempre lo stesso solido blocco di granito oppure, più semplicemente, non gli interessava di dire liberamente ad Emma ciò che gli passava per la testa, come del resto era sempre accaduto.
Lei continuò a non rispondere, mentre nella sua mente montavano assurdamente pensieri poco felici.
Elle proseguì serio «Con tutta la logica e l’intelligenza, non posso non essere cosciente del fatto che non sarei mai potuto venire a conoscenza di certe cose se tu non me le avessi fatte sapere. Senza il contributo “sovrannaturale”, chiamiamolo così, che tu mi hai dato, Elle non avrebbe mai potuto vincere. E infatti nel tuo manga è morto da perdente, a detta di Near. Questo era il volere dell’autore di Death Note: egli ha fornito a Light una marcia in più che io non avrei mai dovuto avere, e per questo era comunque “scritto” che io non fossi il vincitore. A proposito…»
Elle ruotò il capo e sembrò considerare solo in quel momento che Near era accovacciato a terra nell’angolo lontano del salone, solo e disinteressato a loro.
All’esterno il sole freddo di dicembre iniziava a calare, mentre le grida vivaci dei ragazzini continuavano imperterrite. La musica aveva smesso di aleggiare, il cd era finito, e ora nella stanza c’era solo il crepitio della legna che ardeva nel caminetto
Ryuzaki si alzò in piedi sul divano e curvo camminò agilmente sui cuscini, scavalcò le gambe incrociate di Emma che gli era seduta affianco e poi oltrepassò leggero il bracciolo, approdando coi piedi nudi sul pavimento, nella direzione del ragazzino che era nell’angolo. Lo raggiunse placidamente e quando gli fu davanti, sovrastandolo, a mento chino iniziò a osservarlo dall’alto con un’espressione curiosa e buffa al contempo, mentre teneva “appesa” al polso e accuratamente lontana dal corpo la mano con le dita unticce e sporche di briciole e portava il pollice dell’altra alle labbra.
Near aveva mollato la torre di fiammiferi e adesso si stava dedicando ad inserire le ultime tessere di un puzzle completamente bianco.
Elle si accovacciò al suo fianco, tolse il pollice dal labbro e allungò la mano pulita per raccogliere da terra una delle tessere che non erano ancora state posizionate. Solo allora Near alzò il capo e lo guardò, smettendo di giocare. Ma Ryuzaki non lo fece, non lo guardò negli occhi, continuò invece a fissare le tessere rimaste e il rettangolo bianco cui mancavano ancora pochi pezzi. Con calma proseguì a inserire tasselli, mentre Near continuava ad osservarlo. Poi Elle fece aderire l’ultima tessera rimasta e chiuse la sagoma della piccola L nera, che era l’unica immagine in quel quadretto candido ormai completo.
«Finito.» sentenziò con tranquillità il detective, sempre con la mano unticcia rigorosamente tenuta lontana  da sé e appesa «Ho vinto.» e solo allora alzò lo sguardo sul ragazzino albino.
Near ribatté apatico «Il puzzle era praticamente già finito. Dubito che a vincere sia stato tu.»
Elle inclinò il capo ingenuamente «Ma è il risultato finale che conta. Il vincitore è colui che chiude il cerchio, gli altri sono solo perdine, sono perdenti.»
Il ragazzino rimase con la stessa espressione gelida e impassibile «Ritengo sia molto più difficile iniziare e poi tracciare in modo corretto il 90% dell’orbita del cerchio, piuttosto chiuderne la percentuale rimanente, che a quel punto diventa un semplicissimo esercizio di stile.»
Ryuzaki sollevò il capo verso l’alto, come osservando il soffitto pensieroso, e poi disse «È un ragionamento interessante… Quindi io avrei solo ben sfruttato ciò che tu avevi già fatto e, in fondo, il vincente rimani sempre tu, anche se non hai inserito l’ultima tessera.»
«Sì.» rispose lapidario il ragazzino, senza alcuna enfasi e con gli occhi spenti.
«E il mio ruolo quindi quale sarebbe stato, nello specifico?» chiese ingenuamente il detective.
«Quello della pedina. Della pedina capace, in grado di comprendere il sistema complesso innescato e proseguirlo senza difficoltà.» ribatté Near.
«Uhm…» mugugnò Elle pensieroso «Un punto di vista interessante, che potrei anche condividere… Perciò le pedine contano, giusto?»
«Solo se viene meno la mente o magari per aiutarla. Ma le pedine non sono in grado di lavorare da sole e di ottenere il massimo risultato individualmente. Non sarebbero pedine altrimenti.»
«Già, in effetti le “pedine” sono tante, anche in termini…» commentò buffamente Elle e poi si alzò con calma e si allontanò da Near.
Aveva reso il colpo. Aveva reso il colpo che in effetti non aveva mai ricevuto direttamente né veramente, perlomeno in quel mondo. Aveva reso in modo infantile un colpo di cui aveva solo sentito parlare, ma che evidentemente doveva avergli bruciato ricevere, specialmente perché quel colpo era stato sferrato senza che nessuno potesse renderlo. Perché quando Near aveva affondato, non c’era stato nessun Elle a replicare.
«È probabile che tu già la pensassi così, esattamente come me.» la voce asettica di Near, che ancora osservava le spalle curve di Elle allontanarsi da lui, risuonò ancora una volta nella stanza lasciando ben intendere di aver capito il fine delle domande di Elle.
Ryuzaki non si voltò, ma con voce calma e annoiata rispose «Probabile. O magari sei tu che, soltanto adesso e a partire da questo momento, hai iniziato a pensarla come me. Non saprei.»
Near abbassò il capo e lentamente iniziò a disfare il puzzle…
Già. Elle aveva voluto rendere il colpo. E aveva vinto, per l’ennesima volta, mostrando la sua superiorità. E, vincendo, aveva forse voluto insegnare qualcosa a quel ragazzino geniale e presuntuoso.
Sì, geniale e presuntuoso, ma mai quanto il suo mentore.
Mai.
E a quel punto, Near si alzò e, tenendo per mano e strascicato lungo il fianco un robottino di plastica, si dileguò verso l’uscita.
Emma lo seguì con lo sguardo e poi ritornò con gli occhi su Elle, che ormai l’aveva raggiunta e la guardava dall’alto in basso, in piedi di fronte a lei.
«Se la meritava tutta.» esordì Emma commentando secca quanto appena avvenuto.
«E tu, a quanto pare, te la sei goduta.» replicò lui tranquillo.
«Non avrei potuto fare diversamente da brava fan pro-Elle quale sono sempre stata.»
«Naturalmente.» ammise lui «Comunque…Tornando al discorso interrotto e al fatto che, per forza di cose, agli occhi della maggior parte delle persone sono risultato perdente per la mia morte e tralasciando il fatto che in realtà lo sono effettivamente stato solo per una stupidità che mi è stata erroneamente appioppata dall’autore del manga e non certo per il fatto di non essere stato io a chiudere il cerchio, a questo punto diventa ovvio quanto ti avevo detto tempo fa, a proposito di He e delle tue domande a riguardo, che allora giudicai sterili essendo all’oscuro di tutto: questa dimensione non è la tua, naturalmente, ma non è nemmeno quella originaria del manga o dell’anime, dove a quest’ora io sarei morto per via di esigenze di una trama ferrea e legata alle decisioni di un essere umano. Questa è una terza dimensione ancora, dove non esiste destino, dove gli eventi si susseguono con reazioni di causa ed effetto, dove ogni variabile determina conseguenze imprevedibili, seguendo una teoria che scientificamente viene detta “teoria del caos”, ovvero a variazioni infinitesime delle condizioni di contorno corrispondono variazioni finite in uscita: il fumo di più fiammiferi accesi in condizioni macroscopicamente molto simili, quali ad esempio la stessa pressione, temperatura o corrente d'aria, segue traiettorie di volta in volta molto diverse, per via di differenze minime e impercettibili. E da ciò scaturisce l’imprevedibilità del sistema, di cui non si può indovinare in anticipo l’andamento su tempi lunghi. Una farfalla sbatte le ali in una qualche parte del pianeta e causa, magari nell’altro emisfero, la pioggia invece del sole. Con la tua presenza la variabile è stata decisamente più sostanziosa del battito d’ali di un qualunque insetto e quindi, qui e adesso, è bastato aggiungere l’elemento “sovrannaturale” anche a me. È bastato concedere anche a me un asso nella manica, come quello di Light. E questo, tu lo hai saputo fin dal primo istante. E soprattutto, con il tuo piano tu hai previsto le conseguenze delle tue azioni e della mia intelligenza: io ho fatto ciò che volevi e grazie alle mie capacità, su cui tu facevi affidamento e sulle quali era anche basato il tuo piano, le cose sono andate come volevi tu.» e iniziò a grattarsi il polpaccio strofinandovi il piede sopra e rimanendo perciò in bilico su una gamba sola, sempre davanti a lei.
Emma sussurrò «… Variabile “sovrannaturale”…Ryuzaki…» e poi partì «Come? Com’è possibile che io sia finita in questo mondo? Come può essere accaduto? Da quando sono qui avevo smesso di sognare, ma ora ho ricominciato a farlo… Cosa vuol dire tutto questo? Rischio di sparire da questa dimensione in modo altrettanto inspiegabile? Rischio di svegliarmi un giorno e ritrovarmi con i volumi di Death Note in bella vista sugli scaffali di casa mia?» concluse con uno sguardo terrorizzato.
«Mah…» iniziò Elle sollevando le spalle «Onestamente credo sia impossibile capirlo, oltre che controproducente. Ammesso che sia scientificamente valida la teoria di buchi o varchi che deformano le dimensioni spazio-temporali e ammesso che filosoficamente comunque ogni essere umano è in grado individualmente di viaggiare con la mente e dunque di spostarsi, in qualche modo, in forza della propria immaginazione o quant’altro, credo che in questo caso siamo ancora lontani dal poter arrivare a comprendere il “come”. Credo che dovrò accettare la cosa così come ho accettato l’esistenza degli Shinigami e di un loro mondo… Tutto ciò che riguarda le dimensioni parallele è alquanto dubbio. C’è chi ne sostiene l’esistenza in modo perentorio, chi ne parla a livello teorico, citando magari i sogni come dimensioni reali. Del resto, anche la lettura trascina chi legge in altri mondi, senza bisogno di risalire a spiegazioni fantascientifiche. E comunque, a proposito dei sogni che hai ripreso a fare, credo sia tutto connesso al fatto che ormai fai pienamente parte di questa dimensione, che ti piaccia o meno. E onestamente non ho alcun dubbio sul fatto che ti possa inavvertitamente capitare di tornare nell’altro, cioè, in quello che era il tuo: a mio avviso è assolutamente impossibile che questo accada. Ormai questa dimensione è reale, è forgiata e tu ne fai parte. Potresti sparirne solo morendo. L’idea di un tuo ritorno nel tuo mondo è molto intrigante, ma la vedo molto da serie televisiva di secondo ordine o da film di fantascienza anni ‘80… Alle domande più complesse, del tipo: sono nato prima io o il personaggio del manga che parla di me? Be’, a questo è piuttosto difficile rispondere, a meno da non lanciarsi in discussioni pseudo-filosofiche, dove ogni teoria è valida quanto la sua opposta. Ed io non sono attratto da queste tematiche. So soltanto che esisto e che sono vivo. Come so che esistono gli Shinigami, da qualche parte. Quante volte, durante la tua quotidianità, ti chiedi il perché della tua esistenza? Quante altre ti chiedi cosa significhi morire? Non credo che tu lo faccia in ogni momento. Né tanto meno credo che la tua vita trascorra nel continuo tormento per la mancata risposta. Quindi, io direi che adesso hai solo un’altra domanda  per la quale non sembra esserci una soluzione certa e univoca, una domanda che col tempo diventerà come le altre, una a cui pensare solo ogni tanto. Però…» si soffermò un attimo «… Però, non so perché non riesco a smettere di pensare che quello che ti è capitato abbia tutta l’aria di un’interferenza… di un gioco di qualcuno che si annoiava. Qualcuno che non è di questo mondo e che non conosceremo mai. Qualcuno che in fondo non ho alcuna voglia di conoscere, almeno per un po’…»
 
L’intuito degli uomini… è favoloso…
Eh eh eh…
Elle, ma tu mi conosci. Mi conosci dal preciso istante in cui hai imparato a leggere,  solo che non hai ancora capito e mai potrai farlo. Però sei perdonato, perché “tu” non hai avuto tutti gli elementi che io invece ho fornito a “loro” e, nonostante questo, hai intuito molto più di quanto avrebbe potuto fare chiunque altro…
Chi sono “loro”? Ma siete “voi”, naturalmente, voi che state leggendo. Se il vostro Elle avesse letto questa storia, avrebbe già capito tutto.
Ma non sentitevi umiliati: io so benissimo che voi non potete essere Lui e quindi vi osservo semplicemente per ciò che siete.
Eh eh eh…

 
 
 
 
Eccomi qui. Scusate, ma anche se avevo finito di dare una forma più completa al capitolo già domenica sera (ehm…diciamo domenica notte…), non avevo la lucidità per rileggerlo e correggerlo, col rischio che ci sarebbero state sviste clamorose (molte più di quante non ce sono ora). La mia giornata di ieri è stata un massacro, ma ora mi sono ricavata un’oretta in cui la lucidità sembrava ancora assistermi e così sono riuscita a evitare di pubblicare nel prossimo fine settimana…
Tutto capitolo sembra apparente distante dal precedente, ma segue un’evoluzione dei fatti e nulla di quanto detto nel precedente è stato da me dimenticato. Come sapete, col tempo cerco sempre di chiudere il cerchio, sperando di riuscirci decentemente (anche se non mi sento affatto vincente nel farlo, a differenza di qualcun altro ^_-).
Dato che non riesco nemmeno a respirare, devo correre ai ripari e quindi, in attesa di rendere il sacrosanto peso a tutte le vostre meravigliose parole di commento attraverso una mia risposta adeguata e sentita, ho preso la decisione di ringraziare intanto tutti i lettori che non hanno ancora ricevuto risposta, ma che continuano a farmi sapere cosa pensano nonostante i miei ritardi, nonostante in alcuni casi ci siano in sospeso anche due recensioni…
Grazie a Ace86, al suo supporto costante e alla sua amicizia (mi ha fatto tanto tanto piacere il tuo messaggio e saprò risponderti degnamente).
Grazie a Kaname97, che riesce ad avere una forza ed una determinazione non comuni e grazie a queste sue qualità mi ha dato tanto, essendoci sempre, ma veramente sempre!
Grazie a Lulosky, che sarà convinta io sia una delle solite autrici con la puzza sotto al naso, che non si prende la briga di rispondere alle parole meravigliose e fondamentali che lei le ha lasciato… Mi dispiace tanto, perché non sono cosììììììììì!!! Ma rimedierò!
Grazie a Midna87, che imperterrita e seria continua a farmi sapere ciò che pensa, sempre con molto acume e profondità.
Grazie a MikuSama, che incredibilmente mi segue ancora, senza dubbi e con il consueto e fantastico rimuginare su tutto!
A Newdark che mi travolge col suo entusiasmo da sempre, da ormai due anni!
E grazie a Rama, perché riesce a farmi sentire che lei c’è e che è in grado di comprendere molto più di quanto io riesca ad esprimere, in ogni circostanza…
E naturalmente grazie a Saretta, senza la quale questa storia non sarebbe mai stata pubblicata…
A Shane_92, che mi ha dimostrato la sua stima e comprensione in svariati modi!
A Shinkai96, con le sue esclamazioni e i suoi commenti critici e ponderati!
Grazie a Zakurio con la sua testolina piena di ragionamenti fantastici e portatrice di un flusso di coscienza che io leggo sempre con un sorriso ebete sulle labbra…
E grazie anche per il favoloso messaggio privato di una lettrice di cui non farò il nome, per rispettare la sua privacy: nulla di ciò che mi hai detto potrà mai essere un disturbo…
E naturalmente, grazie alla mia KiaraNana (per me rimarrai sempre KiaraNana), cui non ho bisogno di dire nulla!
 
E naturalmente grazie anche a tutti coloro che hanno sempre recensito e che non cito qui solo perchè con loro non ho recensioni in sospeso ;) Con un grazie anche a tutti coloro che continuano a seguirmi e preferirmi, vi saluto con tanto affetto.
Qualcuno mi aveva chiesto di comunicarvi quando sarebbe arrivato l’ultimo capitolo: be’, il prossimo sarà l’ultimo…
Adesso torno a lavorare e lascio tristemente (e con un po’ di fretta e ansia) la schermata di EFP… :(
 
Grazie di tutto e ci vediamo qui fra quindici giorni ^_^
 
Eru
 
PS La scenetta “intermezzo” L-Near? Scusate, ma dovevo prendermi le mie soddisfazioni! E in questo caso posso dire che le parole di Emma siano proprio le mie, lì lei sparisce e parla Eru. Scusate se mi sono intromessa in quel piccolo dialogo tra loro :D

 

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Capitolo 47
*** 47. Un lontanissimo 12 ottobre ***


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

47

47. Un lontanissimo 12 ottobre

 

A volte capita di ascoltare per caso le conversazioni che gli altri fanno accanto a voi. Magari momentaneamente vi divertite anche a carpire storie o intrighi di vite sconosciute. Se invece la conversazione verte su argomenti di attualità, può incuriosire l’idea di conoscere l’opinione della gente. Perché gli altri, quando se ne ignora l’identità, diventano automaticamente la "gente".

Alcuni cominciano anche ad immaginare la vita di quella gente, oltre le parole di quel momento.

Poi arriva l’autobus o si paga il conto o arriva il vostro turno della fila in banca e quei discorsi svaniscono nel nulla, come anche la vostra curiosità.

Se si potesse scegliere un discorso da ascoltare tra quelli di gente comune, non quelli a porte chiuse sui segreti di stato, quale sceglieremmo? Quale quello potenzialmente più invitante? Diciamo di non voler invadere eccessivamente la privacy, quindi non ci metteremo a tavola con nessuno. Anche perché sarebbe fin troppo facile. Diciamo che si debba scegliere tra le persone che camminano in strada.

Prima si dovrebbe scegliere un luogo, poi una zona specifica e quindi concentrarsi dove si vede più gente.

Roma. Magari il centro di Roma, in mezzo alla settimana, perché nel week-end ci sono tante persone che passeggiano in compagnia, ma spesso si fermano semplicemente a guardare le vetrine, poi entrano, fanno i loro acquisti… niente da sentire.

Quanti sono al telefono… Quello lì col giubbino grigio mantiene un tono di voce alto, urla senza essere arrabbiato. È di quelli che vogliono far sentire gli affari propri agli altri. Chissà cosa faranno mai poi… Non è interessante.

I due in giacca e cravatta davanti al bar? No, parleranno sicuramente di problemi al lavoro. Noiosissimo.

I due ragazzini in tuta… forse forse… no, sono ancora troppo piccoli, ci sono le mamme davanti.

Oh! Ecco... Trovato... Laggiù, dall'ingresso della biblioteca, stanno uscendo due ragazzi abbondantemente sopra i vent'anni.

Uhm… ridono… E dopo una giornata in biblioteca cosa si può fare se non ridere? Jeans, scarpe da ginnastica, zaino e borsa. Ci saranno i computer dentro. Un ragazzo e una ragazza. Non hanno l’aria della coppietta. Avranno una conversazione eterogenea, non prettamente femminile, né esclusivamente maschile… Forse ho trovato ciò che cercavo…

 

«… Il problema è che non ne posso più di questo pc. Alla fine bisogna formattarlo troppo spesso... Io non ho voglia di imparare a farlo e quindi ogni volta devo portarlo al centro di assistenza. Se non fosse che dovrei ricominciare da capo e dimenticare quelle quattro cose che so, inizierei a pensare che forse, in cambio di un rene, potrei comprarmi un portatile Apple.» disse la ragazza, sistemandosi meglio la lunga tracolla.

«Eh… Emma, ci ho pensato spesso anche io… In biblioteca ci sono parecchi che ce l’hanno e devo ammettere che li guardo con invidia…» commentò sospirando il ragazzo, mentre insieme si avvicinavano alla fermata dell’autobus.

«Be’, oddio, invidia no… Però mi piacerebbe averne uno… Ma tu sei abbastanza esteta dal volerlo anche solo perché è molto bello… Mi sbaglio, Pietro?» insinuò ironicamente Emma, con un sorriso stanco sulle labbra.

«Sì, in effetti sono abbastanza fissato dal farmelo piacere solo per quello…» borbottò pensieroso Pietro.

Emma rise di quell’atteggiamento sincero «…Che poi, a quest’ora e con una giornata del genere sulle spalle… Accidenti, l’autobus!!» iniziò all’improvviso a correre verso la fermata «Ci vediamo domani qui, alla solita ora?» gli gridò correndo «Scusa, ma se non prendo questo ci farò mattina ad aspettare il prossimo!!»

Pietro alzò il braccio per salutarla bonariamente e annuì per risposta, senza minimamente stupirsi. E così Emma salì sull’ autobus trafelata e poi, da dietro i vetri delle porte, si sbracciò per salutarlo ancora mentre l’autobus si allontanava.

Con calma si avvicinò ad uno dei posti liberi a sedere e si accasciò sul sedile, srotolò le cuffiette del suo mp3 e allontanò dalla mente tutto ciò che l’aveva accompagnata in quella giornata di lavoro, incantandosi a guardare attraverso il finestrino le luci di quel tardo pomeriggio della metà di ottobre.

E iniziò a pensare ad altro…

Una bella doccia… Cosa c’è in frigo? Ah sì… Poi telefono a Viola… Chissà se hanno caricato on-line la seconda puntata subbata di Death Note… Chissà in quale puntata lo faranno comparire… Chissà che voce gli avranno dato… Forse Misao ha finito col convegno e magari già può darmi l’anteprima… Saranno stati fedeli al manga…? Magari non lo fossero stati! Magari non lo facessero morire!

 

 

***

 

 

Ed è proprio a questo punto che iniziai a pensare che forse potevo divertirmi…

Eh eh eh

Cos’era questo?

Questo era semplicemente l’incipit di una storia qualunque, che aveva il suo principio in un banale giovedì 12 ottobre. Questo era l’inizio di qualcosa che avrei raccontato, come avevo sempre fatto, osservando i fatti e narrandoli poi.

Quel giorno, come sempre, avevo quindi deciso di osservare il vostro mondo alla ricerca di una storia comune da seguire, che fosse abbastanza decente o che avesse comunque il potenziale di esserlo.

E naturalmente non c’erano limiti a ciò che avrei potuto osservare. Vi ricordo che posso viaggiare in tutte le dimensioni esistenti. Posso raggiungere tutti i mondi possibili. Posso guardarli dal vivo e vi assicuro che sono tutti reali, tutti veri, tutti tangibili. Posso andare nel passato. Posso leggere nelle menti di ogni essere umano e posso coglierne l’immaginazione, le fantasie e i sogni.

Se l’essere umano a cui ho deciso di dedicarmi ha una vita sufficientemente interessante già nel vostro mondo, mi limito a seguire quella e il racconto che ne esce una volta terminato di osservare è una storia realistica, di attualità, in genere socialmente “impegnata” e magari anche di un certo spessore culturale.

Se invece nella vita “vera” di quell’essere umano non trovo nulla di interessante, mi faccio un giretto nella sua testa alla ricerca di una qualche fantasia intrigante o magari solo di uno spunto. E a partire da quello, posso individuare la dimensione di quel suo sogno o di quel suo desiderio e quindi mi sposto in essa, vedo cosa vi accade, la seguo e poi la racconto. E in questo caso la storia che ne viene fuori può rivelare una vasta gamma di generi e approcci, del tutto imprevedibili: dal sovrannaturale alla favola, dal romantico all’azione, dal drammatico all’onirico, e così via…

Non so fare altro che questo.

Non faccio altro da millenni.

E tutti voi mi conoscete benissimo. Tutti voi avete avuto a che fare con me centinaia di volte, se non migliaia, a seconda della vostra età e della diversa voracità nella lettura.

A volte mi avrete scorto appena, nascosto dietro un protagonista che narrava in prima persona tutta la vicenda, e la mia voce si sarà confusa con la sua; in alcuni casi invece mi avrete individuato come una voce fuori campo ben distinta dalla storia che stavate leggendo, una voce che alla fine avrete magari scoperto essere appartenente ad uno dei personaggi di sfondo che mai avreste pensato si sarebbe preso la briga di raccontare tutto; altre volte ancora mi avrete appena percepito dietro le righe della narrazione onnisciente del libro che stavate leggendo, nel quale non era importante l’identità di colui che raccontava, né aveva valore il fatto stesso che esistesse un’identità del narratore.

Il Narratore.

Qualcuno mi ha chiamato Cantastorie, qualcun altro Trovatore, altri ancora mi hanno appellato come Bardo o, ancora più indietro nel tempo, sono stato chiamato Aedo.

Qualunque di questi nomi preferiate o qualunque altro ne troviate, io rimango sempre lo stesso.

Io sono Colui che racconta.

Perché sono Colui che Vede, anche oltre.

Lo sapevate che l’antico termine greco “Aedo” deriva dal verbo “aeidéin”, che in quella lingua sepolta significa “cantare” nel senso di “narrare”?

“Cantami”, o Diva, del Pelìde Achille

l'ira funesta, che infiniti lutti

addusse agli Achei… eccetera eccetera

Lo sapevate che proprio questo verbo “aeidéin”, che significa “cantare - narrare”, fu generato, linguisticamente parlando, dalla forma passata del verbo “vedere”, cioè “avere visto”? E lo sapevate che, nella stessa lingua, questa forma passata del verbo vedere si traduce semplicemente nel verbo “sapere”?

“Avere visto”, quindi “sapere”, quindi “raccontare”…

Be’, barbose ed elementari nozioni storico-linguistiche a parte, io non faccio altro che questo: ho visto, quindi so, quindi racconto.

L’ho sempre fatto, fin dalla notte dei tempi.

Ho Visto le vicende di leggende e miti. Le ho viste nelle menti delle popolazioni che le avevano create per giustificare eventi più grandi di loro, da quelle menti mi sono spostato e quindi ho Visto e assistito a quegli avvenimenti da vicino, nella dimensione in cui quelle fantasie sono reali, vere. E le ho raccontate.

E ogni volta Vedevo migliaia di mondi diversi, in cui accadevano le cose più normali e quelle più incredibili.

Il mio Vedere è diverso dal vostro. Io Vedo oltre. Non a caso l’antica figura dell’Aedo è cieca, cieca secondo i vostri standard di occhi e vista, ma in grado di Vedere oltre e di tradurre in modo comprensibile al mondo ciò che solo lui può osservare.

Il Narratore dunque può Vedere le centinaia di miliardi di dimensioni parallele esistenti.

Come ho già detto, ogni sogno, desiderio o immagine della mente umana dà vita a una dimensione parallela reale, che voi non riuscite a toccare fisicamente, ma che potete al massimo conoscere. Potete però conoscere solo una piccola parte di tutti i mondi esistenti, solo quella minima percentuale che il Narratore ha ritenuto sufficientemente valida da essere raccontata. E quindi voi, sotto la guida di Colui che racconta, potete scorgere solo quella manciata di dimensioni che si sono tramutate in storie, sottoforma di libri, fumetti, film, quadri o quant’altro…

Quindi io chi sono?

Come vi ho detto ormai altre volte, non sono nulla di più di ciò che sembro: sono il Narratore. Punto.

Siete delusi?

Vi aspettavate qualche rocambolesca soluzione fantascientifica?

Magari si sarebbe potuto scoprire che ero un vampiro alieno con poteri psichici e con la pelle violacea, un vampiro che voleva sfruttare il potenziale di Elle per i suoi comodi e, perché no, che voleva il sangue della povera Emma per rinascere a nuova vita e diventare più potente (perché il sangue di un essere umano che ha viaggiato in un’altra dimensione è indubbiamente più magico di qualunque altro…). Sì, sì, magari vi aspettavate una cosa del genere…

Eh eh eh!

Ma insomma, vi ho imbottito la testa con questa storia delle dimensioni parallele, dei libri, del leggere, del viaggiare attraverso la lettura… Non è che forse avreste dovuto aspettarvi una risposta del genere?

Se qualcosa non vi quadra, tornate pure indietro, andate a rileggere se volete: vi accorgerete che non vi ho mai detto nulla di diverso e, se per caso sono stato un po’ misterioso e ambiguo a riguardo, be’, ormai mi conoscete e dovreste sapere che mi piace prendermi un po’ gioco di voi e delle vostre prodigiose fantasie, che peraltro sono il mio pane quotidiano e non si può mai sapere dove possano portare… Hai visto mai che mi venga voglia di infilarmi nella vostra testa, di sbirciare un po’ meglio una qualche vostra bella storiella mentale, che non decida di spostarmi nel mondo in cui quella esiste e che non opti di Vedermela per bene e raccontarla a tutti…?

Eh eh eh

Tuttavia, tra tutto ciò che ho detto, non sarei onesto se cercassi di non porre l’accento su un’ovvia conclusione, che tuttavia potrebbe passare sottogamba: siete voi che siete capaci di Creare tali dimensioni grazie alla vostra mente, soltanto voi.

E questo vostro potere è veramente immenso…

Smisuratamente superiore al mio.

Be’, in quel giovedì 12 ottobre del 2006, mentre Emma usciva dalla biblioteca, io stavo cercando un protagonista in mezzo alla folla. Ero un po’ annoiato. Capirete bene che dopo una vita passata a Vedere e raccontare si possa anche esserlo.

Comunque, non avevo voglia di storie pesanti di vita vissuta né di fiabe per bambini. Quindi la mia attenzione era rivolta a soggetti che spaziavano dall’età adolescente a quella medio-adulta. Così, mi ritrovai a dare un’occhiata alla vostra Emma e, guarda un po’, vidi che nei suoi pensieri aveva largo spazio un controverso personaggio dei fumetti: il vostro adorato detective del secolo. Così, andai a dare un’occhiata veloce al mondo di lui, quello di Death Note, tanto per rinfrescarmi la memoria in merito. Poi tornai indietro, al mondo di Emma e cioè al vostro, e sbirciai se tra le fantasie della ragazza c’era qualcosa di interessante a riguardo. E scovai vaghe immagini di se stessa nell’auto di Elle o alla Wammy’s House e altre labili fantasticherie di questo tipo… Insomma, la sua immaginazione ancora infantile e viva le aveva permesso di “viaggiare” e di “avvicinarsi” a lui in qualche modo, ma la sua razionalità, la sua logica e la sua vita adulta iper impegnata le avevano impedito di creare rocambolesche e inverosimili storie e quindi il tutto si riduceva a vaghe immagini sbiadite, anche piuttosto scontate, come è naturale che avvenga in questi casi. I sogni spesso sono banali, sono clichè. Motivo per cui sono molti quelli che non li esternano, quelli che non vogliono sembrare “stupidi” nell’avere sogni del genere. Come se la mancanza di originalità fosse necessariamente sinonimo di stupidità o inferiorità… bah…

Emma però sarebbe potuta diventare un “personaggio” valido… Aveva ottime potenzialità!

Insomma, in termini narrativi, sarebbe stato uno spreco lasciarla andare!

E fu a quel punto che qualcosa stuzzicò la mia curiosità…

Emma sembrava intelligente, accurata, attenta e nello stesso tempo bambina.

E così decisi di fare una cosa che non avrei dovuto fare, discostandomi sensibilmente dalla consueta attività del Narratore.

Anche io volli provare l’ebbrezza di Creare qualcosa, anche se a modo mio e senza quell’immenso potere di cui siete dotati voi.

Stufo di osservare le dimensioni delle vostre fantasie, mi dissi: e se io,  invece di limitarmi a sbirciare le vicende della dimensione scaturita dalla “banale” immaginazione di Emma, adesso prendessi proprio lei, proprio Emma, quella del vostro mondo, e la scaraventassi dall’altra parte, cioè nella dimensione di Death Note? Insomma, se inserissi un intruso “vero”?

E quindi mi decisi: presi la Emma “reale”, quella che aveva letto il manga Death Note, e la piazzai in quella dimensione che lei aveva tanto amato. Per farlo mi dovetti andare a cercare il mondo dell’anime, che era posticipato rispetto al fumetto e correva, cronologicamente parlando, parallelo alla vita reale di Emma, cioè il 2006. Se non avessi fatto questo, la poverina si sarebbe trovata all’improvviso tre anni indietro e state certi che lo scoprire di essere nel 2003 anziché nel 2006 l’avrebbe mandata al manicomio molto più di quanto l’abbia fatto il rendersi conto che la Apple aveva ormai un altro nome…

E comunque, così facendo, Creai una terza dimensione, l’ibrido di cui tante volte vi ho parlato: lo stesso arrivo di Emma in quel mondo infatti cambiò istantaneamente le carte in tavola, presuppose l’esistenza di molte altre cose che nella dimensione originaria di Death Note non erano state descritte, ma che avrebbero potuto tranquillamente esserci, come ad esempio la città di Roma, la famiglia di Emma, i suoi amici e in generale tutto ciò che faceva parte di lei. Solo che questo “tutto”, essendo nato lì, apparteneva a quel mondo e seguiva naturalmente le sue regole e le sue realtà contingenti, come He, la I bite e quant’altro. Regole che invece Emma, estranea, non poteva conoscere.

Insomma, per una volta e per gioco, sono stato io e non voi a favorire la nascita di una dimensione alternativa che, una volta Creata, ha proseguito a vivere autonomamente. Si trattava di una dimensione che aveva un’intrusa, della dimensione ibrida “Emma - anime di Death Note”, come credo di avervela appellata svariate volte ormai.

Quanto alla storia originale, essa resta lì dov’è e non è cambiata di una virgola naturalmente, perché appartiene ad una dimensione già scritta, che non può essere toccata, ma solo conosciuta, quindi state tranquilli: lì Elle è morto e sepolto, come Light Yagami del resto.

E la Emma del vostro mondo? È sparita? Se io l’ho presa e portata da un’altra parte lei deve essere per forza sparita dalla sua dimensione, giusto?

No, lei è ancora lì, ignara, perché sono stato molto attento e ho agito con cognizione di causa.

Dopo aver deciso quello che volevo fare, in quel giovedì 12 ottobre, tornai indietro nel tempo di un paio di settimane. È superfluo ribadire che anche il passato sia una dimensione in cui posso tranquillamente spaziare e che posso liberamente osservare come fosse il presente. Anche il passato è un mondo parallelo che, come tutti gli altri, segue un suo percorso: a ogni azione corrisponde una reazione, punto. All’interno di una stessa dimensione nulla può modificare il presente scaturito da quel preciso passato, che dunque è immobile e non modificabile. Si può intervenire e cambiare ciò che è già avvenuto solo ed esclusivamente creando un’altra dimensione. Vi farò un esempio: nel vostro mondo, il soggetto X si trova a dover scegliere tra l’opzione a o b e tra queste predilige la a; gli effetti di questa decisione si sviluppano e il soggetto X ha un determinato presente a, un corso della vita dettato da questa univoca scelta passata. Non c’è modo di cambiare le cose: la dimensione del soggetto X comprende la scelta a, egli avrà un presente a. Si può però creare la dimensione parallela alternativa, attraverso la fantasia: il soggetto X effettua la scelta b che fa scaturire un’altra dimensione, la b, in cui le cose andranno diversamente. Ci sono quindi due dimensioni del presente: quella determinata dalla scelta a e quella determinata dall’opzione b, ma nessuna delle due è inficiata da ciò che succede nell’altra, perché ognuna è a sé a partire dal momento della scelta tra a e b, che è dunque un bivio da cui si biforcano due strade distinte che non si toccheranno mai. Il nostro caso è leggermente diverso, ma segue le stesse dinamiche: il soggetto X naturalmente è Emma, solo che non è stata lei ad immaginare una sua possibile scelta diversa, ma sono stato io a creare il bivio. Come dicevo, sono tornato indietro di un paio di settimane in quella stessa dimensione e ho preso quella Emma lì, quella del passato, e l’ho portata da un’altra parte, creando da quel momento in poi la biforcazione. In questo modo, il suo presente a, quello “reale”, è rimasto intatto e la Emma che vi vive non si è proprio spostata.

Quindi ho buttato la Emma di due settimane prima nella dimensione dell’anime Death Note, causando la nascita del mondo b.

L’incipit di questa storia, quello che avete letto all’inizio di tutto, quel giovedì 12 ottobre, era dunque il presente b, quello della dimensione ibrida da me creata e quello che si è poi evoluto in questa storia. La pagina che avete letto qualche riga sopra è invece l’incipit della storia mai raccontata del presente a, quello della vostra dimensione, in cui la Apple è rimasta la Apple.

Io ho iniziato a narrarvi tutto solo a partire proprio da quel giorno di ottobre perché a partire da quel momento lei ha iniziato a dare molto più peso a ciò che le stava accadendo e perché a partire da allora è iniziata la prima ed unica storia che io abbia contribuito a Creare. Così ho deciso di raccontarla per gradi, di godermela, di vivere la suspance e l’incognita del comportamento di una persona catapultata veramente in un altro mondo.

Ho deciso di raccontarla ignorando il futuro e l’epilogo della vicenda stessa che stavo osservando.

È stato un esperimento.

Come ho fatto a raccontare le cose giuste al momento giusto? Com’è possibile che un semplice spettatore in tempo reale - perché in fondo quello sono stato - sapesse riconoscere gli avvenimenti giusti da narrare se neanche lui era a conoscenza della fine?

Ma io posso leggere nelle menti e carpire quindi verità molto più corrette.

Ma, soprattutto, io sono il Narratore, ho un’esperienza millenaria. Volete che non sia in grado di rendermi conto di cosa potrà essere importante e di cosa non lo sarà? Volete che non sappia riconoscere gli eventi determinanti al primo sguardo?

Su su, basta con le spiegazioni contorte, che vi fornisco solo perché voi, come amanti di Death Note, do per scontato siate avvezzi ai ragionamenti cervellotici.

Se non avete capito, pazienza, posso accettarlo: in fondo siete solo esseri umani…

Comunque, dove ero rimasto?

Ah sì, Elle si strofinava svogliatamente un polpaccio con il piede e, con le dita ancora unticce del burro dei biscotti che aveva spazzolato, stava dicendo ad Emma che in fondo la questione della dimensione parallela non poteva essere più di tanto sviscerata e che quindi era inutile ragionarci troppo sopra, senza contare che aveva incredibilmente intuito come il tutto fosse scaturito dalla mia noia… Eh eh eh

 

Emma rimase zitta qualche secondo di fronte alle spiegazioni e alla tranquillità con cui Ryuzaki parlava di ciò che le era capitato e poi gli disse «…Sì, naturalmente ha senso… Però mi riesce difficile essere serafica quanto te… Suppongo che per parecchio tempo ancora le domande senza risposta mi assilleranno più del dovuto…  Però, sì… ho ripreso a sognare perché ormai sono infognata con tutta me stessa in questa dimensione… E non c’è pericolo che io possa tornare nell’altra… Ma se quel Qualcuno che ha voluto giocare decidesse di farlo di nuovo?» gli chiese ancora un po’ preoccupata.

«Uhm…» mugugnò Elle smettendo di grattarsi il polpaccio «Sì, è una remota possibilità, ma si tratterebbe comunque di un’altra interferenza: il nostro sconosciuto e annoiato Qualcuno, ammesso che esista, dovrebbe creare un’altra dimensione ancora e ho la sensazione che non ne abbia voglia… E comunque, a questo punto, tanto vale chiedersi anche se domani ti cadrà una tegola in testa.»

A Emma venne da ridere.

Ryuzaki aveva un potere: riusciva a smontare le sue ansie e i suoi dubbi in modo così semplice che lei non se ne rendeva nemmeno conto; la logica di Elle e soprattutto la sua tranquillità disincantata erano tremendamente contagiose, perlomeno su alcune questioni. Stare vicina a lui era molto difficile e poteva essere irritante ed estenuante, ma nello stesso tempo era fonte di una certa serenità, perché la sicurezza del prossimo, se questo prossimo è vicino e se si è recettivi, può rendere tranquilli: una persona oggettivamente in grado di calmare, di tranquillizzare e di smontare le ansie inconcludenti altrui, senza sforzo o magari solo in virtù della natura di un solido carattere senza paure o velleità, può diventare un porto sicuro e ambito per molti.

E così, con poche parole e in tutta calma, Elle aveva liquidato la questione che aveva ossessionato Emma per più di un anno.

E fu così che Elle aiutò Emma, anche se diversamente da come lei aveva sempre sperato e immaginato. Infatti, al di là del caso Kira e dell’intento di salvare il detective, la ragazza aveva sempre saputo che solo lui sarebbe potuto venire a capo della questione che l’aveva interessata. E se anche quel suo venirne a capo era stato diverso da quanto lei si era aspettata, la risposta che Ryuzaki aveva dato era comunque risultata risolutiva, anche se imprevedibile.

A quel punto Elle sembrò ricordarsi della mano unticcia e quindi iniziò a leccarsi il polpastrello del pollice «Comunque, tegole in testa a parte, ti faccio notare che con le domande sul tuo salto dimensionale hai deviato nuovamente dall’argomento che stavamo affrontando. E siamo a quota due da stamattina… Io però non l’ho dimenticato, quindi, a proposito delle lettrici di Death Note del tuo vecchio mondo, c’è un’altra questione da definire.» passò rumorosamente a leccare l’indice «…Quante di quelle lettrici di Death Note, dopo essere eventualmente riuscite a salvarmi, sarebbero qui, in questa stanza, adesso?»

Emma, invece di essere contenta per quest’ultima affermazione, riprese a infognarsi. Riprese a rimuginare sempre di più a quel discorso che l’aveva ossessionata da quando tutta quella storia era iniziata.

E quindi solo a quel punto sbottò «Ryuzaki, io ho barato!» e si alzò dal divano, trovandosi davanti a lui, in piedi, in quella sala deserta e silenziosa, mentre fuori l’imbrunire iniziava a incombere sul parco innevato.

«Ho barato e mi stupisce che proprio tu non ponga attenzione a questo dettaglio fondamentale! Ma insomma, che merito posso avere? Parliamoci chiari: a modo tuo, tu mi stai dicendo che sono qui perché in qualche modo sono riuscita a interessarti, a incuriosirti. E correggimi se sbaglio. Mi stai dicendo che sono qui perché io, in quanto Emma, conto in qualche modo per te?» come riuscisse a dire quelle cose con tale freddezza e autocontrollo, viste le remore avute fino a quel momento, Elle lo capì poco dopo «Ebbene, io, Emma, non sarei stata niente nei tuoi confronti se non avessi letto quel maledetto manga! Se qualcosa ti ha interessato di me, è accaduto solo perché io sapevo e semmai perché sono stata in grado di innescare nel modo giusto quelle conoscenze. Ma insomma, Ryuzaki, se io fossi stata semplicemente Emma, se io avessi ignorato la tua identità e il caso Kira, tu non avresti neppure fatto caso alla mia inutile esistenza, non avresti mai sollevato lo sguardo e la tua attenzione su di me!»

Elle le disse candidamente «Butter cookies a parte?»

Emma si irrigidì ancora di più «Finiscila. Se anche veramente tu non avessi compreso quello che ti ho appena detto, e ne dubito fortemente, il problema rimarrebbe! L’Elle che conosco io non avrebbe posto la sua attenzione su nessuna inutile persona se questa non avesse saputo chi lui era senza aver mai avuto la possibilità di conoscerlo, senza le conoscenze che io avevo solo grazie a ciò che ho letto. Io non ho alcun merito personale!»

Gli occhi di Elle si fecero seri d’un colpo, seri e freddi «Mhm. Dunque il punto è davvero questo?» mugugnò in modo secco.

Poi la fissò e le disse duramente «Sì. È ovvio che sia così. Tuttavia il discorso può essere rovesciato, naturalmente. Ti pregherei di tornare lucida e di analizzare la questione in modo oggettivo. Sei assolutamente in grado di farlo senza che io mi debba sgolare con inutili spiegazioni. Perciò, falla finita tu, Emma.»

Lei si bloccò.

Dove aveva sbagliato questa volta?

«…Sì, il punto è questo, o perlomeno è uno dei tanti. E temo proprio che tu debba sgolarti per spiegarmelo. Ti ricordo che non sono come te.» disse lei e poi aggiunse titubante «…Cosa… cosa vuol dire che il discorso può essere rovesciato…?»

Elle replicò immediatamente, ovviamente senza sgolarsi, ma mantenendo un tono piatto «Vuol dire semplicemente che devi guardare la questione da diversi punti di vista, compreso il mio, senza rimanere fossilizzata solo sul tuo. Se invece lo hai già fatto, ne devo dedurre che tu sia certa del fatto che quella Emma di cui tu parli si sarebbe avvicinata a me anche se non avesse letto quel manga. Devo dedurne che quella Emma si sarebbe comunque seduta sul prato, vicino a quel tronco e a me. Devo dedurne che mi avrebbe offerto comunque i biscotti. Insomma, devo dedurne che quella Emma, ignara di Kira e degli Shinigami, mi avrebbe comunque dato immediatamente modo di raffrontarmi con lei, senza che nei suoi occhi si leggesse il consueto e noioso disagio della gente nei mie confronti, se non la disapprovazione. Ne deduco che sei certa che quella Emma avrebbe intavolato una conversazione in modo naturale. Ne deduco che sai quindi che quella Emma, naturalmente e comunque, avrebbe parlato con me senza il disagio che, qualora invece ci fosse stato, io non mi sarei mai sognato di rompere, né avrei mai avuto curiosità, interesse o voglia di rompere.»

Emma rimase di sasso.

No… Era certa che quella Emma non l’avrebbe fatto… Sapeva che quella ipotetica Emma, quella che non aveva la più pallida idea di cosa fosse Death Note, non avrebbe mai dato confidenza a quel ragazzo strano e bianco come un cadavere, a quel ragazzo scheletrico e a piedi nudi, che sembrava un pazzo dissociato dal mondo, a quel ragazzo appollaiato bizzarramente su un tronco, con due occhiaie da fare paura e due pupille dilatate da tossicodipendente…

«No, Ryuzaki… Il tuo sarcasmo è adatto, perché in realtà sai benissimo che non sono certa di questo… Al contrario… Quella Emma non avrebbe mai fatto tutto quello che ho invece fatto io… Ma, mi… mi… mi stai dicendo che per te è lo stesso, che se io non avessi letto Death Note, tu…» disse Emma poco convinta.

«Ti sto dicendo che se tu non avessi letto quel manga non ti saresti mai avvicinata a me, semplicemente vedendomi, perché la mia sola presenza ti avrebbe messo a disagio. E quindi, spostando l’ottica dal mio punto di vista, io non avrei mai avuto alcun motivo di spingerti a distruggere quel disagio, perché non mi sarebbe importato assolutamente nulla del fatto che tu l’avessi. Né tanto meno mi sarebbe saltato in mente di sforzarmi per farmi conoscere e accettare per quello che sono, perché, come credo tu sappia benissimo, ciò che pensa la gente di me mi lascia completamente indifferente. Perciò, il fatto che tu abbia letto quel manga ha facilitato le cose anche a me. E, se devo essere sincero, la cosa non mi dà fastidio, né mi crea problemi. È solo un dato di fatto e non mi perderei in ulteriori considerazioni inutili su questo punto. Dubito che il “come” abbia un valore. I “mezzi” non hanno importanza se osservati in funzione del risultato.»

Un ragionamento impeccabile.

Impeccabile, pratico e basico. Basico nel senso di semplice e senza i fronzoli paranoici e inutili che si era fatta Emma.

Lei aveva letto Death Note e questo le aveva permesso di avvicinarsi ad Elle e di interessarlo e nello stesso tempo le aveva consentito di rivolgersi a lui con una spontanea naturalezza alla quale lui non era abituato. Dal canto suo invece, Ryuzaki non aveva dovuto fare proprio nulla, perché Emma si era precedentemente pappata ben 7 volumi di manga, che le avevano lentamente permesso di adorarlo senza che il “vero” Elle dovesse fare il minimo sforzo, sforzo che peraltro lui non avrebbe nemmeno mai fatto, visto il totale disinteresse che in generale nutriva verso un certo genere di dinamiche e verso le persone in generale.

In parole semplici: non avevano “rotto il ghiaccio” grazie a loro stessi, ma con l’aiuto di qualcos’altro. Tutto qui.

Anche lui era partito in vantaggio, anche lui avrebbe potuto pensare che Emma, senza manga, non si sarebbe mai avvicinata a lui, esattamente come lei aveva la certezza che Elle non si sarebbe mai interessato a lei senza Death Note.

Erano alla pari.

Erano partiti col vantaggio entrambi. Punto.

Dov’era il problema?

Elle, che in questo era molto più maschio di quanto non avrebbe mai immaginato, non si poneva proprio il problema del “come”.

E, naturalmente, per lui ciò che contava erano i fatti.

E in quattro e quattr’otto smontò le paranoie, tutte femminili, di Emma.

Emma che ancora non riusciva a credere a quello che lui le aveva appena detto.

Ci pensò un po’ su prima di replicare e poi finalmente disse la sua «Insomma…» tentennò un po’, ma poi si riprese e assunse un’espressione inaspettatamente divertita «Insomma, il fine giustifica i mezzi anche in questo campo. Avrei dovuto supporlo che per te fosse così…»

Il buio del pomeriggio invernale era calato.

La porta dell’ingresso si spalancò e il trambusto dei passi di un’orda di ragazzini eccitati e imbacuccati si riversò nell’atrio.

«Fermi! Asciugate gli stivali! Cappotti, cappelli e sciarpe sull’attaccapanni!» squillò la voce severa di una donna di una certa età, che Emma riconobbe per quella della professoressa che le aveva aperto la porta. Passi disordinati che tornavano indietro e borbottii e sbuffi vari arrivarono distintamente.

«Ti piace davvero, allora? Lei ti piace?! Lei??!!» Mello era comparso sulla soglia e immobile guardava quei due giovani che parlavano in piedi, uno di fronte all’altra, vicini. E li guardava con un’espressione arrabbiata e sconvolta, con ancora il cappotto indosso e gli stivali di gomma inzaccherati di terra mista a neve.

Ryuzaki ruotò lentamente il capo verso il ragazzino biondo, che rimaneva immobile sulla soglia «Ovvio. Sono un essere umano anche io, dopotutto.» gli disse con una semplicità e una tranquillità quasi annoiate, come se quella fosse stata la domanda più stupida e inutile che avesse mai ricevuto.

Il ragazzino sgranò gli occhi.

«Mello!!» la voce severa della professoressa giunse dall’atrio e poi la sua figura tozza sbucò appena sulla porta, alle spalle di lui. La donna prese Mello per il cappuccio del cappotto «Ho detto di levarsi il cappotto e asciugare e pulire gli stivali prima di entrare! Guarda cos’hai combinato qui per terra?!» lo tirò indietro e giunse poi solo la sua voce «Fai quello che ti ho detto e poi fila immediatamente a prendere uno straccio dalla sala della lavanderia e asciuga questo schifo!! Non sarà certo qualcun altro a riparare i tuoi danni! Di corsa!!! Tutti gli altri: andate alle docce e cambiatevi gli abiti.»

Il rumore dei passi sulle scale e il borbottio bisbigliato tipico del momento successivo ad una lavata di capo subita da qualcun altro fecero da sottofondo al silenzio che regnava nella sala dove erano Emma ed Elle.

Gli piaccio…gli piaccio… gli piaccio…gli piaccio…

Pretende che io sia in grado di osservare le cose dal suo punto di vista. Ma lui è in grado di immedesimarsi in me, in quello che mi ha fatto passare? Come può non esserlo? Come? Come può essere così incapace?

Gli piaccio…

Gli piaccio…

E poi Emma parlò «Ryuzaki, tutto questo discorso a quale considerazione finale dovrebbe portarci?»

Elle inclinò il capo e rispose con semplicità «Forse al fatto che una persona, per riuscire ad interessare Elle sotto un certo punto di vista, doveva arrivare da un altro mondo?»

Lo disse con un’ingenuità disarmante e con quella consueta ironia, che però stavolta era rivolta verso se stesso. Elle conosceva se stesso e i suoi limiti e difetti meglio di chiunque altro…

E ad Emma non poté che venire da sorridere.

Lui alzò lo sguardo verso l’alto e si portò il pollice sul labbro «Be’, l’Elle del manga del tuo mondo, da come lo hai descritto tu nella trama che ho letto, non avrebbe mai fatto queste considerazioni. Come del resto non le avrei fatte io, fino all’anno scorso. Ma io mi sono ritrovato in una situazione differente dalla sua, con una variabile in più, quindi le cose sono andate diversamente su vari fronti, sempre per la “teoria del caos”. E non ci vedo nulla di strano. È logico. Azione e reazione. Ma in questo senso capisco anche tutta la tua remora ad avvicinarti a me in un certo modo: c’era un lato di me che non “conoscevi” e non eri abituata a vedermi in determinati contesti, come non ero abituato io. Solo che io, poi, ci sono stato in quei contesti, li ho vissuti. E stranamente, ogni volta, il tutto risultava a te più assurdo e inverosimile di quanto non sembrasse a me. Era così perché tu avevi un’immagine di me che non andava affatto d’accordo con quanto avveniva… E oggi lo hai fatto ancora, di continuo: stamattina sei fuggita dopo le parole che ti ho detto a proposito del mio comportamento di quest’estate, e poi hai allontanato il discorso in altri modi.» si grattò la nuca e riportò gli occhi su di lei «Forse che ti piace di più l’Elle del manga, Emma, quello per il quale tu non esisti? La tua presenza in questo mondo continua a stonarti così tanto con la mia persona, tanto da fuggire?» le chiese in modo disarmante.

E così crollò l’ennesimo immenso castello costruito da Emma fin dal primo istante in cui si era ritrovata in quel mondo. Ryuzaki aveva perfettamente centrato anche il punto di quella situazione.

E lei non sapeva cosa dirgli… «Come fai…? Come fai ad essere così libero e sicuro? Come riesci a sondare così bene ogni circostanza? Come fai a capire le persone e le situazioni in questo modo…?»

Lui sollevò appena le spalle, con noncuranza «Forse perché ho un’intelligenza superiore al normale.»

Emma si avvicinò a lui, fissandolo intensamente «È vero! È tutto tremendamente giusto e vero! Ho sempre avuto paura di scoprirti diverso dall’Elle che avevo conosciuto, dal detective di carta… Ho sempre avuto il terrore di rimanere delusa… Il problema sono io… Ho sempre pensato che se fossi stato diverso non mi saresti piaciuto allo stesso modo…»

Elle le chiese «Ed è successo?»

E a quel punto Emma trattenne il respiro.

E con un filo di voce gli rispose «No…»

No, perché quello che aveva davanti era lui.

No, perché non c’era nulla che stonasse con lui.

No, perché quella era la sua voce.

No, perché quelli erano i suoi occhi, quelli erano i suoi ragionamenti, i suoi modi, le sue sicurezze, le sue stranezze.

No, perché quello era Elle e non c’era nulla che non andasse in lui.

Nessuna delusione…

Le andava bene?

Elle le stava indubbiamente dicendo, a modo suo, che lei contava qualcosa per lui. E nulla stonava con la sua persona.

Nulla.

E se il suo fosse stato solo un capriccio passeggero, un’infatuazione fisica, una fisiologica e umana pulsione sessuale? Del resto, da quel punto di vista lui era come un adolescente inesperto. Se Elle non fosse stato in grado di amare, al di là delle pulsioni fisiche, esattamente come Near?

Se, come diceva Watari, lui non aveva minimamente calcolato quanto lei avrebbe sofferto in seguito alla notizia della sua falsa morte solo per abitudine, per ignoranza, incapacità di agire diversamente da come aveva sempre fatto? Quindi solo perché l’aveva considerata alla stregua del resto del mondo e, in sintesi, solo perché non sapeva cosa significasse amare?

…Lo avrebbe baciato con tutta se stessa, in quell’istante.

Il cuore aveva iniziato a batterle violentemente nella gola.

Se solo non l’avessero ossessionata tutte quelle domande!!

Ryuzaki assecondò il silenzio di Emma, poi la scrutò con attenzione «Vuoi baciarmi, vero?» le chiese candidamente.

Emma ingoiò «Sì, vorrei…» e poi gli disse, con la voce palpitante dall’emozione e dai battiti accelerati del cuore che le arrivavano in gola e che tradivano la sua voglia di contenersi «…Hai finalmente capito la causa scatenante?»

«No.» rispose lui secco «L’esperienza accumulata mi ha solo permesso di capire esattamente quando devo aspettarmelo. È semplice: lo fai o vorresti farlo ogni volta che lo voglio anche io.»

I battiti del cuore di Emma esplosero. Quelli non poteva proprio contenerli.

«E… perché… perché non lo starei facendo adesso…?» la voce le tremava sempre di più.

«Perché hai paura del contatto. Perché adesso hai paura del contatto. Perché con me l’esperienza ti ha insegnato a evitarlo, perché il fatto di avermi avvicinato e toccato in passato ti ha fatto stare molto più male poi. Perché ti ha causato più dolore. Perché hai costruito una barriera, molto labile, ma pur sempre una barriera.» e poi, con calma, spostò lo sguardo in basso, e si osservò il bordo della maglia…

Era verissimo tutto, ancora una volta…

Sei in grado di immedesimarti allora! Oddio…

Emma seguì la direzione di quegli occhi profondi e si ritrovò a fissare le dita di Elle che stringevano e stropicciavano convulsamente il bordo della maglietta candida che indossava.

Le palpebre di Emma si sgranarono.

E capì.

Finalmente.

Un’esplosione illuminò l’animo di quella giovane donna.

Ryuzaki aveva compreso così bene perché anche per lui era così.

Si era osservato le dita che si stringevano in modo incontrollato attorno alla maglia per farle capire qualcosa, per farle capire che lui faceva esattamente la stessa cosa. E l’aveva sempre fatto, nonostante i toni e l’aspetto asettico.

Paura del contatto!

Elle aveva capito così bene perché per lui era lo stesso! Esattamente come Emma aveva pensato tanto tempo prima…

Solo che nel caso del detective la barriera era immensamente più grande e profondamente connaturata al suo Io.

E nella mente di Emma si presentò l’immagine del gelido Near, irrimediabilmente perduto nella sua immensa e irreversibile carenza. Rivide la totale assenza di una qualunque reazione di fronte al bacio che gli aveva schioccato la bambina.

Polvere…

Ryuzaki non l’aveva mai fatto.

Nemmeno una volta!

Ryuzaki sentiva.

Sentiva più degli altri. E anche per questo non voleva che nessuno lo toccasse…

Perché al contrario della freddezza che comunicava, in realtà il contatto lo sconvolgeva ormai più di quanto non accadesse a un qualunque essere umano emotivamente maturo.

Dopo aver passato gran parte della sua giovane esistenza a costruire un muro che lo difendesse dalla delusione e dalla sofferenza di ricevere un abbraccio che non sarebbe mai potuto essere quello di una madre o di un padre, si era volutamente ritrovato così a digiuno e così privo dell’abitudine di essere anche solo sfiorato, che il semplice tocco di qualcuno lo sconvolgeva innaturalmente. Le cose nuove o anche quelle che non si fanno da molto tempo provocano sempre quel brivido in più…

E ora, qualunque contatto lo toccava così tanto da portarlo a rabbrividire, sebbene questo sconvolgimento fosse evidente da piccoli e spesso inosservati gesti. Gesti che lui camuffava magistralmente, mantenendo una compostezza nella voce e nello sguardo che ingannava chiunque.

E un torrente impetuoso di immagini travolse Emma.

La figura tremante di Elle che stropicciava i jeans, mentre Aizawa lo scrollava, dopo la drammatica morte di Ukita. E le sue parole, “Aizawa, si calmi… Posso capire quello che sta provando…”

“Posso capire… posso capire…”

Anche l’Elle di carta sentiva…

E poi il ricordo vago delle mani di lui che si irrigidivano tormentate, le volte in cui lei lo aveva baciato.

E ancora lo stesso gesto, quando erano in quella stanza, in una tardissima notte estiva…

E così Emma osservò ancora più intensamente quelle dita lunghe e sottili, che anche in quel momento si serravano contratte al cotone della maglietta… In quello stesso preciso momento. Lei non lo stava toccando adesso, ma lui sentiva lo stesso. Sentiva lo stesso per quello che le aveva detto. Per quello che le aveva detto a proposito della paura del contatto…

La terra!

C’era! In lui c’era!

Era solo rimasta rinchiusa e protetta dal muro che lui aveva alzato, ma lì dietro, nelle buie profondità di quell’animo solo, quella terra esisteva, fertile, perché nutrita in un’infanzia lontana da chi lo aveva amato come la cosa più importante al mondo, un figlio…

Ryuzaki era stato amato.

Proprio perché era stato amato e aveva sofferto così tanto per la perdita insostituibile di quell’amore, adesso si difendeva così…

Ecco perché Watari aveva voluto dire ad Emma tutte quelle cose… Perché lei capisse la fondamentale differenza tra il ragazzino dai capelli candidi, perduto per sempre, e Ryuzaki

E nella mente le risuonarono ora nettamente la voce di lui e le sue parole, tutte quelle affermazioni pacate che erano seguite ogni volta che lei lo aveva baciato e alle quali Emma non aveva mai voluto pensare troppo.

“Non mi ha dato fastidio.”

No, quel bacio non gli aveva dato fastidio. Dopo aver temuto il risultato di quel contatto, esso non lo aveva fatto soffrire…

“Credo che questa sia una cosa scorretta e lo è perché non credo di volerla gestire, non credo di poterla gestire…ora. E temo accadrà di nuovo. Temo avverrà inaspettatamente come è avvenuto finora.”

No, non poteva gestire quel cambiamento, quella scoperta, in quel momento… Perché la priorità era, allora, un’altra…

“Tutto questo è un gioco pericoloso, Emma. Tutto questo non è mai avvenuto.”

Già. Non era mai avvenuto.

Era così semplice, così incredibilmente semplice nella sua complessità.

E ancora le rivennero in mente tutte le volte che era stato lui a cercare un contatto, anche se minimo e delicatissimo, senza tremore, o anche se strano e sottoforma di bizzarro e insopportabile test.

La normalità di averla accanto, l’abitudine ad averla accanto e ad essere sfiorato, avevano di volta in volta ridotto quello sconvolgimento e quel timore che fino a poco prima avevano attanagliato Elle di fronte a qualunque comune e innocuo contatto.

Emma sentì l’istinto di abbracciarlo forte a sé e, a differenza di quanto sarebbe accaduto mesi prima, non ebbe più alcuna paura nel farlo.

Così, inaspettatamente, gli gettò le braccia intorno al busto asciutto e si strinse a lui con tutta la forza che aveva, sentendo di nuovo quel noto profumo di bucato della sua maglietta bianca di cotone.

E lui, ritrovandosi d’un tratto col capo di Emma poggiato e appiccicato nell’incavo sotto il suo lungo collo, sgranò gli occhi.

Ed Emma sentì il grattare dei polpastrelli e delle unghie mangiucchiate di Elle che strofinavano ora la ruvida stoffa dei jeans.

E mai come allora si sentì felice di quel gesto. Percepì violentemente tutto quello che provava nei confronti di quel “bambino” così solo e incapace di ricevere un abbraccio solo perché lo aveva sempre allontanato, solo perché erano anni che non ne riceveva uno, solo perché aveva troppa paura di quello che sarebbe accaduto dopo averlo ricevuto.

E il “piccolo” Ryuzaki, allora, convulsamente allungò le dita sottili e afferrò il lembo della felpa azzurra di Emma e lo stritolò.

Lentamente sul volto del giovane detective comparve quell’espressione ingenua e infantile, quella di quando mostrava di non essere preparato, di essere fuori dal mondo, di essere inesperto e tremendamente semplice di fronte ad alcune dinamiche del mondo…

E con quell’espressione, adagio e delicatamente, appoggiò appena il mento sul capo di Emma, che era rannicchiata sotto il suo collo, perché lui era più alto.

Un gesto così tenue e apparentemente insignificante, eppure così importante e vero.

Le dita di Ryuzaki gradualmente strinsero il lembo della felpa di lei in modo sempre più solido, ma sempre meno convulso…

Rimase così, col mento semplicemente e leggermente poggiato sul capo di lei, in silenzio, mentre quella giovane ragazza lo stringeva e si azzardava ad abbracciarlo. Abbracciarlo con tutte le emozioni che aveva in corpo. Abbracciarlo dopo averlo schiaffeggiato violentemente e con rabbia, dopo aver evitato per tutto il pomeriggio qualunque argomento riguardasse il loro rapporto, i suoi sentimenti, dopo aver fuggito ogni pensiero che potesse riguardare quella sfera.

Emma.

Emma era più forte di lui.

Emma vinceva…

Emma, che rimanendo col capo sprofondato nel cotone profumato di quella maglietta, mentre percepiva tutti i minimi cambiamenti nel corpo che stringeva, gli disse «… Tu sei più umano di qualunque altro uomo io abbia conosciuto… è vero, sei gelido, cinico, inavvicinabile… Ma adesso mi chiedo come io abbia potuto solo lontanamente pensare, come io abbia potuto essere così stupida e cieca da pensare che tu non fossi così come ti sento adesso… Io non ero mai riuscita ad abbracciarti… Non ci ero mai riuscita perché non avevo capito niente… Credevo che non te lo avrei mai potuto dire!!»

E non gli disse perché lo aveva pensato, quali erano stati tutti i ragionamenti sul passato di lui che l’avevano portata a intuire quell’importantissima verità, quella unica e certa sensazione di solidità. Non glieli avrebbe mai detti, perché non era nella sua indole e perchè con Elle certe cose potevano benissimo non dirsi. Perché lui capiva. Perché lui avrebbe capito benissimo. Perché, a differenza di quanto mostrava al mondo, Elle conosceva benissimo se stesso, conosceva tutte le proprie stranezze, tutte le proprie bizzarre e fredde dinamiche di approccio. Sapeva perfettamente il perché era così e il perché era diventato così. Semplicemente si accettava. Non poteva essere diverso.

Ed Emma lo aveva capito. Lo aveva capito benissimo.

E adesso glielo aveva detto.

E solo allora, Ryuzaki parlò, con quel tono calmo e pacato, che sempre risultava sensuale, qualunque cosa dicesse «Come sempre, le tue reazioni sono alquanto controverse. E come sempre non mi è chiara la causa scatenante…»

Emma sorrise appena, senza che lui potesse vederle il volto sprofondato sulla sua spalla. Sorrise perché sapeva benissimo che non era così, perché quella era una bugia, perché Elle rimaneva un bugiardo: perché sapeva benissimo che era stato proprio lui la causa scatenante, che era stato proprio lui a voler provocare quella sua reazione, era stato lui a testarla ancora una volta, era stato lui che aveva voluto vedere quanto lei potesse capire. Era stato il semplice sguardo di Ryuzaki alle proprie mani tormentate che l’aveva portata a capire… Elle aveva ascoltato la conversazione tra Emma e Watari riguardo Near. E così aveva fatto e detto ciò che sperava avrebbe permesso ad Emma di comprendere tutto, ciò che sperava avrebbe risvegliato la vera indole di Emma e l’avrebbe portata a vincere. A vincere su di lui…

E Ryuzaki proseguì, continuando a rimanere col mento poggiato sul capo di lei «Ma pare che alcuni tasselli tu li abbia ricomposti. Pare che quel qualcosa che non “conoscevi” di me e che non potevi sapere, be’, pare che quel qualcosa tu adesso lo conosca.»

Ed Emma ricompose nella sua mente anche tutte le volte che lui aveva ambiguamente constatato che, nonostante tutte le sue “conoscenze”, esisteva qualcosa di lui che Emma non conosceva…

«…Conoscere…?» chiese flebilmente lei.

Poi delicatamente mosse il capo e lui percependolo la assecondò, sollevando appena il mento, così Emma poté alzare la testa e guardarlo negli occhi «… No, non “conoscere”… Forse, solo “intuire”… Ma non conoscerò mai fino in fondo… »

«Mhm.» mugugnò lui come incuriosito.

Poi la osservò con espressione ironica e vagamente provocatoria «Pensi forse di volerne sapere di più?»

Lei sorrise, rivedendo l’impassibilità e il cinismo che facevano meravigliosamente parte di quel giovane uomo, ma che, se non l’avevano mai allontanata e anzi l’avevano attratta, di certo l’avevano sempre inibita. Ma non più, non in quel momento. I modi fermi e distaccati di quel giovane erano veri, reali, spontanei, terribilmente affascinanti, ma quello stesso giovane uomo le stava stringendo il lembo della felpa. E le due cose non cozzavano tra di loro. Al contrario… Erano vere entrambe.

E così, continuando a cingerlo con le braccia, morbidamente e in modo disinvolto, Emma rispose, guardandolo negli occhi  «… No, Ryuzaki… Anzi, forse intuire mi piace ancora di più di conoscere. Intuire va oltre la conoscenza… O perlomeno, in determinati campi, va oltre…»

Sì.

Emma vinceva.

Emma su quello vinceva.

Lui aveva posto una domanda per metterla alla prova.

Ma lei aveva vinto, un’altra volta.

E non lo sapeva.

«Mhm.» mugugnò di nuovo lui, che invece era pienamente cosciente del fatto che lei avesse vinto, che avesse superato un’altra volta il test.

Emma lentamente fece scivolare le braccia dal busto di lui e giunta in fondo gli afferrò tra le dita il bordo della maglietta e in quel gesto che sempre l’aveva avvicinata a lui, fece un breve passo indietro e lo guardò decisa.

«Mi hai voluta qui, adesso. Mi hai fatto delle cose orribili, ma mi hai voluta qui. Se questo è vero, se è vero tutto quello che hai cercato di dirmi oggi, devi sapere una cosa: io non accetto mezze misure da te. Pretendo dalla tua intelligenza che tu ti renda conto, anche solo razionalmente, di ciò che mi hai fatto solo perché non sei abituato a preoccuparti delle conseguenze delle tue azioni sul prossimo, solo perché te ne sei sempre e soltanto fregato del prossimo e di quello che la gente potesse pensare o soffrire.

E te ne sei fregato anche se sei perfettamente in grado di capire nel profondo cosa la gente provi.

Ma io non sono la gente.

Continua a fare come ti pare col resto del mondo, continua a non considerare le opinioni che le persone hanno su di te né le loro reazioni, perché questa è una delle tante assurde cose che mi piacciono di te.

Ma io non sono le persone.

E non fare i tuoi conti con quanto accaduto in quest’ultimo anno, con la Emma che hai conosciuto: io avevo costruito il mio piano per salvarti e quindi avevo accettato di essere usata e trattata come tu tratti la gente, ma mi sono comportata così soltanto perché sapevo che questo era l’unico modo, che tu non avresti potuto fare altro, perché sapevo che, come il resto del mondo, non avrei mai contato nulla nella tua vita solitaria. L’ho fatto perché allora ero convinta di essere la gente. Ero convinta che per te potesse esistere solo la gente.

Non è così? Mi vuoi? Soltanto me, proprio me, Emma?

E allora deve sempre interessarti cosa io possa pensare di te. Deve sempre importarti cosa io possa fare a te. Deve sempre essere anche affar tuo il come io possa reagire a una qualunque tua azione nei miei confronti.

Mi vuoi?

Allora io non sono come il resto del mondo e non puoi trattarmi come se lo fossi, solo per disattenzione, abitudine e ignoranza. Io non accetto ignoranza da te. È l’unica incapacità che non potrò mai accettare, perché è l’unica vera incapacità alla quale si può porre rimedio.

E bada bene, non ti disprezzerò mai né recriminerò mai per il tuo cinismo e la tua narcisistica fredda sicurezza, al contrario. Ti voglio così.

Ma devi imparare a gestire la fondamentale distinzione che c’è tra me e tutto il resto del mondo. Distinzione che non sei capace di gestire, per ignoranza, ma che tu stesso hai operato, altrimenti io non sarei qui.

Io sono Emma. Io non sono il resto del mondo.»

Continuando a tenersi l’uno con l’altra per il bordo delle maglie, Elle le disse con un tono calmo e leggero «Trovo sempre più irragionevole il fatto che tu ti ritenga priva di sicurezza. E trovo che tu sia sempre più presuntuosa: mi stai dicendo che sei unica.»

«Perché lo sono.» rispose lapidaria lei.

Perché quell’uomo di granito che aveva sempre accusato ogni colpo, quel giovane detective per il quale tagliarsi era stato impossibile, quel giovane ragazzo che non conosceva paura ed era sempre rimasto di ghiaccio, quell’uomo ora sapeva che se lei se ne fosse andata, lo avrebbe lasciato ferito.

Elle sorrise appena, soddisfatto e vagamente divertito «Ad ogni modo, imparare qualcosa non è un problema. Non lo è mai stato. È ciò che so fare meglio.»

Fuori ricominciarono a cadere leggeri i fiocchi di neve, nell’oscurità di quel pomeriggio di dicembre che si trasformava in sera.

All’interno i vetri delle finestre si appannarono appena ai bordi, mentre il fuoco crepitava nel camino.

E quel 12 di ottobre, trascorso da poco più di un anno, adesso sembrava perduto in un passato troppo lontano.

 

Io credo di potermi fermare qui.

Credo che il resto sia noioso.

Se nelle storie non c’è mai il resoconto del “dopo”,  ci sarà un motivo.

Come faranno?

Come vivranno?

Io so soltanto che entrambi, imparando qualcosa di nuovo, rimarranno ciò che sono, perché sono perfetti così. So che nessuno dei due abbandonerà mai il proprio appassionante lavoro, che anzi entrambi, nel rispetto della loro indole, si arricchiranno l’uno dell’attività dell’altro, l’uno della vita dell’altro.

E Watari?

E i genitori di Emma che lo davano per morto?

Be’, come risolveranno queste cose sono affari loro, sono problemi di vita che onestamente non mi interessano. Dopo tutto questo tempo a stare dietro a loro ho un gran voglia di cambiare aria, genere, soggetti, dimensione.

L’esperimento è finito, in lieto fine per giunta (be’, tralasciando il dettaglio degli svariati morti ammazzati…).

Io mi sposterò da qualche altra parte e voi mi rincontrerete presto, molto presto. Magari anche fra pochi minuti, quando aprirete il vostro libro da comodino. Magari non vi sembrerò io, magari il mio linguaggio sarà superiore a quello di questa storia, come anche le tematiche, magari vi sembrerò più serio e attendibile, magari non parlerò con voi e fingerò di non riconoscervi.

Ma io sono lì, sempre. Sono sempre lo stesso e sempre continuerò a fare ciò che ho sempre fatto.

A volte ciò che vi racconterò potrà piacervi e coinvolgervi fino alle lacrime.

Altre volte invece, no.

A volte vi sembrerò bravissimo, altre volte mediocre.

A volte vi mancherò tremendamente e vi sembrerà di aver perso una persona cara dopo aver finito di leggere l’ultima riga del vostro libro.

Ma sempre, ogni volta, mi lascerete con la speranza che ci sarà un’altra volta.

Perché non c’è limite alle dimensioni che la vostra creatività è in grado di plasmare. Non c’è limite a ciò che io posso Vedere. E ci sarà sempre una storia che vi coinvolgerà.

Perciò, salutandovi in attesa di rivedervi a breve, mi dileguo da questa dimensione ibrida, nella quale il sole continuerà a sorgere e tramontare, giorno dopo giorno, nella quale gli eventi continueranno a scorrere, le persone a nascere e morire, nella quale i vostri due protagonisti continueranno a vivere e a esistere.

Avete ancora qualche dubbio in proposito?

C’è un mondo in cui esiste Elle.

C’è un mondo in cui esistete voi.

C’è un mondo in cui esistono Emma ed Elle insieme.

Sì. Loro due, da qualche parte, esistono.

Io li ho Visti.

Io lo so.

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

È molto difficile per me scrivere queste note, perché so che sono le ultime che scrivo.

È stata dura anche decidermi a postare il capitolo, e non solo per la mia ormai nota mancanza di tempo. È stata dura perché pubblicare questo capitolo significa chiudere qualcosa e, per quanto io possa sentirmi felice di essere riuscita a completare questa lunga storia, mettere la parola fine è tremendamente triste. E per questo ho deciso anche di cambiare il colore delle note, così non mi viene la nostalgia, perché l’ultima volta che ho scritto col verde non sapevo che fosse l’ultima (ooook…sono contorta, sì, lo so… :D)

Non credo che possiate sapere quanto questa storia sia stata importante per me. Forse a qualcuno di voi l’ho scritto nelle risposte alle recensioni, ma qui non l’ho mai detto in modo chiaro: io non avevo mai scritto nulla prima di questa fan-fiction e non avevo la più pallida idea di cosa significasse scrivere, di quanto questa meravigliosa dimensione potesse darmi, di quanto io potessi sentirmi a mio agio in essa, indipendentemente dai risultati. Non lo sapevo, ma con tutta probabilità lo intuivo, perché l’idea della dimensione parallela è stata la prima cosa che pensai.

Ora che sapete ogni cosa (e spero che più o meno sia tutto chiaro…) posso quindi dirvi che questa storia nacque come omaggio a Elle, che avevo amato, perché volevo continuare a sapere di lui, perché volevo continuare a vederlo. Ma soprattutto nacque perché volevo salvarlo.

Volevo un Elle vivo.

Volevo anche una cosa banalissima: una donna adatta a lui (e questa impresa è stata tutta in salita… +_+).

Volevo almeno cercare di rivivere ogni momento di Death Note, ma con una trama diversamente intrecciata.

Volevo una storia che si adattasse a queste esigenze poco originali e ai miei comunissimi sogni.

E così ho scritto semplicemente quello che avrei voluto leggere (i gusti sono gusti ^_-).

Ho scoperto un modo nuovo di viaggiare in un’altra dimensione, un modo più potente e travolgente: scrivere.

Perché per me scrivere qualcosa è stato come leggere un libro appassionante. Anzi, è stato incredibilmente più irresistibile.

Quindi, questa storia non è nata solo come il mio omaggio a Elle, ma anche come il mio personale e modestissimo omaggio alla Lettura e alla Scrittura, con tutte le miriadi di dimensioni che queste ultime contribuiscono a creare e nelle quali noi possiamo viaggiare.

Vorrei avere la sicurezza del nostro Narratore, la sua spavalderia, ma non ce l’ho.

E a questo proposito vorrei dire qualcosa: alcune di voi mi hanno chiesto se il personaggio di Emma fossi io, be’, come ho risposto allora, posso dire che vorrei tanto essere al suo posto ^_-

Scherzi a parte, in Emma ci sono alcuni lati del mio carattere, ma solo alcuni. Sono convinta che ciascuno di noi sia timido, estroverso, socievole, orso, freddo, sensibile, presuntuoso, insicuro, avventato, pauroso… Credo che in ognuno di noi ci sia un po’ di tutte queste contrastanti caratteristiche. La differenza è nelle percentuali, per dirla in “ellese”. Perciò, il timido sarà certamente timido al 99%, ma nella parte più profonda del suo io egli conosce la sicurezza (quel micragnoso 1% rimanente), o perlomeno è in grado di figurarsela. Quindi in Emma ci sono anche caratteristiche che io possiedo, ma le percentuali sono differenti, profondamente differenti, col risultato che io e lei siamo diverse, veramente molto diverse…

Quindi, forse, se proprio dovessi trovare il mio vero alter-ego, lo troverei nel Narratore, proprio perché lui dice tutto quello che io non direi mai, ma che forse vorrei avere la sicurezza di dire, chissà ;D

Ooook, la faccio finita con le confessioni (ma nessuno di voi ha ancora alzato gli occhi al cielo con la bolla al naso???)

Io non so se quest’ultimo capitolo e in generale la fine di questa storia siano stati di vostro gradimento, so soltanto che ero e sono molto preoccupata e che non avrei saputo fare meglio di così…

So anche che dovrei staccarmi da questa tastiera e finirla qui, ma sono già nostalgica…

E sono nostalgica di voi.

Voi che mi avete accompagnato per così tanto tempo.

Voi che mi avete seguito, voi che mi avete preferito, voi che mi avete dato così tanta fiducia da eleggermi addirittura a vostro autore preferito, voi che mi avete semplicemente letto, silenziosamente. Voi che siete arrivati fin qui, adesso. Voi che state leggendo ora queste parole, quando magari questa storia sarà stata pubblicata e conclusa da tempo e l'avrete scovata chissà come in mezzo al mucchio di storie vecchie e dimenticate del sito... Spero tanto che questo accada...

Voi che mi avete incoraggiata, attesa, incitata.

Voi che mi avete aiutato tantissimo!!

Con i vostri consigli, le vostre critiche o approvazioni, le vostre considerazioni mi avete fatto vedere tante cose che io non vedevo. E io piano piano mi correggevo, imparavo, mi arricchivo.

Se non ci foste stati tutti voi io non avrei mai finito questa storia, che probabilmente sarebbe rimasta ferma al capitolo 9, persa in una cartella dimenticata dell’hard disk del mio computer.

Mi mancherà Elle, mi mancherà Emma, mi mancherà il Narratore, mi mancherete voi e anche l’ansia di rispondere ai vostri commenti!!!

Sono egoista nel dirlo, ma il fatto di avere ancora in sospeso tante recensioni a cui rispondere mi dà ancora un po’ di tempo per continuare a tenermi in contatto con voi.

Non so se scriverò ancora su Death Note, forse per ora mi butterò in qualche altra dimensione, ma di certo non dimenticherò mai Elle, grazie al quale ho iniziato a scrivere e grazie al quale non ho alcuna intenzione di smettere (e siete autorizzati a dirmi un sonoro “ ‘sti cazzi” :D)

 

Credo di dover smettere davvero…

Vi ringrazio davvero tutti, singolarmente, con tutto il mio cuore!

 

Eru

 

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