Out Of Order

di lalluby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** New friend and new life ***
Capitolo 3: *** Stormy Sea And Calum Hood ***
Capitolo 4: *** You Can Stay In My Room ***
Capitolo 5: *** The Sun Also Rises ***
Capitolo 6: *** Just Do Me A Favor, Never Look Trough My Things Again ***
Capitolo 7: *** Margot, I'm trying to do something decent, for once. ***
Capitolo 8: *** He... He's Trouble ***
Capitolo 9: *** Touch Her Again, And I'll Fucking Kill You ***
Capitolo 10: *** Thank You, For Doing That, For Me ***
Capitolo 11: *** Stay Where You Are. Im Coming To Get You ***
Capitolo 12: *** What Are You Doing To Me? ***
Capitolo 13: *** Are You Sure You Want This? ***
Capitolo 14: *** She Deserves To Know ***
Capitolo 15: *** I Want To Be A Writer Like You and Dad ***
Capitolo 16: *** What Are You Doing Tonight? ***
Capitolo 17: *** Speaking From Experience? ***
Capitolo 18: *** I Hope You're Good Tonight ***
Capitolo 19: *** I Wanted To See You. I Need To See You. ***
Capitolo 20: *** It Makes Sense, Margot. More Sense Than You And Calum ***
Capitolo 21: *** It Was Better Like This. ***
Capitolo 22: *** The Calm After The Storm ***
Capitolo 23: *** It Would Burn You. Trust Me ***
Capitolo 24: *** Maybe I Was Afraid Of Everything ***
Capitolo 25: *** I'd Be So Ashamed If I Were In Here. ***
Capitolo 26: *** You Look Like You're Marching To Your Death ***
Capitolo 27: *** Get The Fuck Out ***
Capitolo 28: *** Is anyone giving you a hard time? ***
Capitolo 29: *** If You Dont Know ***
Capitolo 30: *** I'm Far From Dangerous ***
Capitolo 31: *** Just...somewhere that's not here. ***
Capitolo 32: *** But it would've been less dumb if you were there with me. ***
Capitolo 33: *** Baby, just spend the night ***
Capitolo 34: *** At 8:00 pm. ***
Capitolo 35: *** Gotta do what I have to do ***
Capitolo 36: *** I Want You With Me ***
Capitolo 37: *** What are we? ***
Capitolo 38: *** I Want You. Margot ***
Capitolo 39: *** Hello? ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


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'' A burnt child loves fire ''
O. Wilde



Prologue




Fin da quando ero bambina, non avrei mai pensato di lasciare per sempre la mia città natale. Certo, molto probabilmente perché stavo iniziando il college, ma c'era una parte di me che sapeva perfettamente che non sarei più tornata.

Appoggiai la testa contro il freddo finestrino e guardai il paesaggio che si presentava sotto la mia vista e le luci sembravano più lucenti più di quanto lo fossero in realtà.

Chiusi gli occhi per poi aprirli nuovamente.

Inspirai.

Guardai il bagaglio a mano, accanto ai miei piedi. Le cartoline e lettere  erano adagiate sul mio grembo, mentre le mie dita giocavano nervosamente con i bordi di esse mentre il mio sguardo seguiva le scritture disordinate scritte sopra.

Espirai.

Mi appoggiai nuovamente contro la finestra e guardai le strade illuminate, sembravano essere più vive dalla mia partenza facendomi desiderare di restare ancora in quella città in cui ero cresciuta. Ma sapevo che non lo avrei fatto, non dovevo.

 

- Quante ne hai fumate oggi? - Chiesi, annusando l'odore di nicotina ancora persistente nella sua pelle e nei suoi polpastrelli, mentre lo vidi accendersene un'altra sigaretta .

- Due pacchi - Disse guardando il cortile della casa in cui ero cresciuta - E sai cosa significa questo? -

- No -

- Significa che morirò, un giorno -

Guardò dritto in lontananza, la sua mascella definita contro la sua lunga colonna del collo che scompariva nella sua camicia morbida a quadri, arrotolata ai gomiti.

- Allora vuol dire che morirò anch'io -

Lui sorrise e si voltò verso di me, appoggiò le dita sotto il mio mento  guardandomi, i miei occhi verdi si persero nei suoi come avevano sempre fatto e come avrebbero sempre fatto.

- Non lo farai -

E gli credetti.

 

 

Ma adesso sorvolando la città in cui ero cresciuta mi sentivo affondare. Avevo una triste sensazione nel petto.I miei respiri diventarono sempre più veloci e sentii le lacrime iniziare a cadere. Non mi ero mai sentita così triste o così sola, era come sentirsi morire. Piccole lacrime cadevano lungo le mie guance e caddero anche sulle cartoline e lettere d'addio, bagnarono l'inchiostro, sfocando alcune delle parole scritte sopra.

Andrà tutto bene.

E so che sarà così. Conoscerò nuova gente e mi farò nuovi amici al college. New York è il luogo perfetto per perdersi e ricominciare, per lasciar andare via i brutti ricordi e andare avanti con la mia vita. Mi asciugai con il pollice le lacrime e dopo alcuni secondi, le lacrime smisero di scendere e io riuscii a respirare nuovamente.

Andrà tutto bene.

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Capitolo 2
*** New friend and new life ***


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New friends and new life.

 




Quando il taxi si fermò, ero ancora mezza addormentata. La luce del sole penetrava attraverso il finestrino polveroso. Tirai fuori la somma dal mio portafoglio per pagare il conducente e mi feci una nota mentale di non riprendere un taxi a New York.

Aprii lo sportello e mi guardai intorno, scendendo e trascinando dietro me il mio trolley. L'aria della tarda mattinata era ancora leggermente frizzante. In quel momento ricordai come mi emozionai quando ricevetti la mia lettera di accettazione per la Columbia, ma ora quell'emozione era stata sostituita da un senso ronzio di nervosismo e un groppo in gola.

Dopo l'orientamento, potrei dire che la Columbia University era tutto quello che pensavo fosse giusto per me. Gente che parlava o si ritrovava con gli amici davanti al college dopo la pausa estiva, trascinando valigie in palazzi signorili e incontaminati. Piccoli gruppi di persone erano sedute sul prato perfettamente curato, leggendo, parlando e ridendo. In quel momento incominciai a vedere la mia vita qui.

Un sorriso cominciò a crescere sul mio viso, ma si tolse rapidamente via quando notai tutte le altre matricole - come me - che abbracciavano i cari sorridenti con un volto rigato di lacrime. Ma non c'era un addio agrodolce per me. Tutto quello che possedevo era un lungo viaggio in aereo da sola e una valigia che avevo dovuto preparare tre notti prima.

-Cosa dovrei fare quando non sarai più qui?-

Deglutii cercando di mandare giù il groppo alla gola che mi si formò e aumentai la presa nel manico del trolley.

Non dovevo essere triste in quel momento, perché dopo tutto sapevo che da questo momento in poi si sarebbe aperto un nuovo capitolo della mia vita.

E un passo dopo l'altro mi feci strada verso il mio dormitorio.

 

* * *

 

Il palmo della mia mano era leggermente chiuso in bilico davanti alla porta di legno di quella che probabilmente doveva essere la mia stanza per quell'anno. Feci un respiro profondo prima, cercando di svuotare la mente e sbattei leggermente le nocche contro la lastra di legno.

La porta si aprì velocemente prima di trovarmi di fronte una ragazza dai capelli bruni e gli occhi cristallini, luminosi e pieni di entusiasmo.

- Margot, giusto? - Chiese, tenendo la porta aperta per poi scostarsi e facendomi entrare. La stanza era piccola, ma invitante. Una finestra dietro ad  ogni letto ad una piazza e mezza e una scrivania di fronte a questi.

C-Ciao - Balbettai per poi chiudere gli occhi per un secondo e poi aprirli nuovamente. Dipinsi sulle mie labbra il mio sorriso cercando di scacciare via i pensieri precedenti e pensando che il college era il mio nuovo capitolo di una nuova vita.

- Piacere di conoscerti- Dissi appoggiando la valigia vicino al muro e portandomi una ciocca rossa dietro all'orecchio.

- Sono Roxanne, ma chiamami pure Roxy - Disse afferrando il suo portatile e aprendo l'armadio. Si sentivano le risate e il chiacchiericcio degli studenti nei dormitori intorno a noi. Afferrai nuovamente la mia valigia, posandola sul letto, aprendola e incominciandola a svuotare. Ponendo le mie camice, skinnys e felpe sul piumino blu del letto.

- Da dove vieni? - Chiese a gambe incrociate sul letto mentre cercava di snodare le sue cuffiette.

- Georgia - Dissi passandomi una mano nei miei capelli rossi e guardando il mio telefono che non aveva suonato nemmeno una volta da quando avevo lasciato casa. Mi tolsi le scarpe aspettandomi un '' non sembra che provieni dalla Georgia '' ma lei mi sorrise solamente prima di alzarsi nuovamente e guardando fuori dalla porta rapidamente.

- Beh, benvenuta a New York. Tesoro -

Roxy fece un gesto indicando la finestra, e il mio sguardo seguii il suo gesto. Il cielo che si stava sfumando mentre i grattacieli dell'Upper di Manhattan facevano da sfondo in quel paesaggio tanto sognato.

- Sei di qui?- Chiesi.

- Si, ma non lontana da casa e da tutti - Mi fece notare in qualche modo, provocandomi una fitta allo stomaco. Ma la colmai, sorridendo verso di lei quando parlò nuovamente.

- Qui ho conosciuto la maggior parte delle persone più importanti. Alcune sono simpatiche, mentre altre invece...-

- Sono dei ragazzini viziati, privilegiate e marmocchi dell'alta elité - La interruppe ragazzo con tono secco e umoristico. Indossava  una giacca di pelle dove sotto si intravedeva una t-shirt nera i capelli mossi, biondi mentre si alzava i suoi occhiali da sole sopra la testa mettendo in mostra i suoi occhi color verdi tendenti al castano chiaro. Bussò e chiese di entrare dopo essersi già seduto sul bracciolo della sedia di Roxanne. Lei sorrise alzando gli occhi al cielo.

- Quello che intende dire è che questo college e frequentato da molti e molte figli e figlie di... Insomma, gente benestante e dell'alta elité di New York -

- Comunque io sono Ashton - Disse il ragazzo sorridendo e facendo apparire due fossette ai lati della sua bocca marcando il suo sorriso.

- Margot -

- Bel nome -

Sentii le mie guance sfumarsi lievemente mentre lui ridacchiò, si alzò in piedi e si tirò su le maniche della sua giacca per poi appoggiarsi al muro.

- Comunque stasera c'è una festa organizzata dai uno dei marmocchi privilegiati della classe superiore. Vuoi venire? - Mi chiese Roxanne mentre cercava di fare una linea perfetta con l'eyeliner.

Non ero la solita che al liceo andava a molte feste. Ma dopo tutto era il college , ed era il luogo ideale per provare nuove esperienze e provare nuove cose. Dopo tutto dovevo trovare un aggancio per poter aprire questo nuovo capitolo.

- Certo -

Il sorriso di Roxanne si illuminò subito dopo che dissi si. Ashton strinse le mani insieme appoggiandosi allo stipite della porta.

- Va bene. Ci vediamo dopo, allora? - Ci chiese, iniziando ad uscire dalla stanza.

- Sì, certo!- Urlò Roxanne entusiasta facendomi sussultare, rovistando poi nel cassetto della sua scrivania - E non essere in ritardo - Urlò ancora finendo col ridacchiare.

Guardai l'orologio al mio polso e vidi che mancava ancora un ora prima che mi preparassi. Mentre vidi Roxy alzare gli angoli del suo piumino alla ricerca disperata di qualcosa.

- Che cosa stai cercando?- Ridacchiai, mentre un sorriso si dipinse sulle mie labbra, Roxy in quel momento mi ricordava mio fratello.

- Il telefono - Smise di cercare sbuffando sconfitta, per poi voltarsi verso di me e iniziando a ridere - Non ti preoccupare, queste stronzate mi succedono ogni ventisette secondi, in pratica -

Scrutai la camera, prima di vederlo sotto un maglione buttato malamente sul suo letto. Mi avvicinai, sollevando il tessuto e prendere il suo telefono in mano. Ma prima di parlare dicendole che lo avevo trovato il suo telefono lampeggiò segnando un nuovo messaggio.

 

Da: Ashton

 

Hey, la tua compagna di stanza è single? Siamo tutti curiosi.

 

 

Sgranai gli occhi alla vista di quel messaggio, per poi nascondere la mia espressione prima di consegnarle il suo telefono.

- Trovato - Squittii voltandomi verso Roxy.

Sospirò in sollievo prima che le consegnai il suo telefono per poi essermi trovata avvolta in un suo abbraccio. Se c'era una cosa di cui Roxy era differente da me era che lei fosse un libro aperto. A differenza mia.

- Tu - Mi indicò una volta staccatosi dall'abbraccio sorridendo - Sei la mia salvatrice -

Risi, ritornando a sedermi sul letto, non sicura di cosa fare. Io non conoscevo nessuno della festa a cui sarei andata stasera e probabilmente dovevo contare un po' su Roxy e Ashton.

Roxy continuava a muoversi velocemente dal suo armadio alla sua valigia, alla ricerca disperata di qualche vestito di stasera. Quando si decise vidi posato sul suo avambraccio un abito verde scuro.

- Che te ne pare? - Mi chiese , estendendo il vestito in modo da farmelo vedere.

- E' davvero bello - Dissi non del tutto sicura su cosa rispondere, non ero un'esperta di abiti che si potessero indossare ad una festa di un college - Ti starà bene addosso -

Lei mi sorrise per poi iniziarsi a cambiare.

- Tu, cosa ti metti?-

Guardai i miei skinny neri e poi il mio maglione. Stavo pensando di indossare qualsiasi cosa mi sarebbe capitata una volta rovistato nella valigia ancora semipiena. Ma subito mi venne in mente che non avevo messo alcun vestito da festa nella mia valigia. Forse perché quando la stavo facendo quello era uno dei miei ultimi pensieri dato che il mio pensiero fisso era quello di andarmene e non ritornare più.

- Ti presterò qualcosa - Si offrì, tornando poi a rovistare nell'armadio e tirando fuori un vestito nero con delle sfumature rosse.

Quando mi guardai allo specchio con quel vestito, il nero con le sue sfumature rosse segnavano il netto contrasto con la mia pelle chiara e i miei capelli rossi. Passai una mano sul vestito per stendere le pieghe per poi infilarmi i tacchi. Mi voltai verso di lei dipingendo un sorriso nervoso, mentre lei mi sorrise entusiasta.

- Infrangerai un sacco di cuori stasera - Mi disse sorridendo, mentre io uscivo dalla nostra stanza e lei spegnava la luce per poi iniziarci ad incamminare nel lungo corridoio.

Alzai gli occhi al cielo ridacchiando.

- Probabilmente no - Dissi tenendomi nel corrimano della scale che portava al piano di sotto - Non è una buona idea in questo momento essere coinvolta in una relazione con qualcuno, in ogni caso - Finii con calma scendendo l'ultimo gradino.

Ed era vero, credo. In questo momento c'era troppo dentro di me e questo sarebbe stato il risultato per una ricetta disastrosa.

- Perché? - Disse Roxy mentre si riapplicava il suo mascara di fronte al vetro della bacheca degli annunci - Hai già il fidanzato? -

Sentii le mie guance arrossare, abbassai la testa cercando di nascondere le mie emozioni.

- No - Dissi per poi ridere.

Roxy si voltò verso di me sorridendo, per poi iniziare ad incamminarci nel piano di sotto. E quando aprimmo la porta del nostro dormitorio vidimo una macchina con tre ragazzi. E potevo distinguere vagamente che uno di loro era Ashton mentre gli altri due ragazzi seduti sul finestrino dell'auto che faceva casino, non sapevo chi fossero.

Camminando verso la macchina, vidi una sigaretta accesa nel buio. Ashton se la portò alle labbra, bruscamente inspirò ed espirò facendo fluttuare il fumo nell'aria. La portò per l'ultima volta davanti alla sua bocca per poi gettarla e spegnerla con i suoi anfibi neri.

- Margot, conosci già Ashton - Disse Roxy, mentre Ashton mi fece l'occhiolino, sedendosi poi al posto del conducente. - Questi due invece sono Will e Hucth -Finì Roxy indicandoli e aprendo lo sportello posteriore della macchina facendo scendere uno di loro che protestò contro la mia amica facendola ridere.

Sistemai il mio vestito e mi sedetti dietro con Roxy accanto al finestrino. Fino a quando un libro non catturò la mia attenzione.

- Jack Kerouac? - Chiesi, prendendo la copia di '' Sulla Strada'' tra le mie mani.

- Si, lui è fantastico - Ashton mi rispose sorridendo e guardandomi dallo specchietto retrovisore mentre una sigaretta era posata dietro al suo orecchio. Gli sorrisi e riguardai quel libro. Anch'io ne avevo una copia nella mia valigia, solo che la mia tra le pagine era piena di miei appunti e sottolineature.

- Era uno studente della Columbia anche lui - Affermò quello che credo si dovesse chiamare Will, facendomi annuire. Ashton accese la macchina per poi fare manovra e imboccando le strade in direzione della festa che sembrava conoscere a memoria.

Tutti parlavano e scherzavano nella macchina, passandosi tra di loro una bottiglia di Jack e tutto quello che feci fu guardare fuori dal finestrino e perdendomi nelle luci che scorrevano di fronte a me. Successivamente sorrisi al pensiero dei miei nuovi amici che mi ero fatta ed ero felice di andare finalmente a qualche festa. Perchè dopo tutto quello era pur sempre l'inizio del mio nuovo capitolo che a breve avrei iniziato a scrivere.

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Capitolo 3
*** Stormy Sea And Calum Hood ***


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Stormy Sea and Calum Hood

 





Vuoi un sorso? - Chiese Ashton allungando la bottiglia di Jack che si stavano passando, Hutch allungò la mano e la prese per me.

La radio che in quel momento trasmetteva ''Chocolate by The 1975'' era stata aumentata di volume. Ebbi una sensazione di vertigini forse causati dall'agitazione e paura. La bottiglia di Jack contenente il liquido ambrato mi lampeggiò davanti, chiusi e riaprii gli occhi velocemente prima di rispondere.

- No... no, sto bene. Grazie - Dissi spostandomi leggermente dal mio posto e iniziando a giocherellare con il libro di Ashton che era ancora nelle mie mani - Non bevo -

- Mai? - Roxy domandò voltandosi verso di me. La bocca di tutti si spalancò leggermente, mentre mi fissavano.

Scossi la testa, mentre l'attenzione di tutti era ancora rivolta verso di me, in quel momento avrei voluto sprofondare.

Espressero la loro sorpresa alzando le sopracciglia sorpresi e ridendo leggermente per poi ritornare a cantare, stonando '' Chocolate '', ma prima che la canzone finisse Ashton svoltò a destra fermando la macchina vicino ad un marciapiede.

Posai '' Sulla strada '' e mi slacciai la cintura di sicurezza prima di uscire sul marciapiede, ancora umido dalla pioggia estiva che era caduta. Mentre mi guardai intorno riuscii ad individuare piccoli elementi caratteristici dei miei nuovi amici. Ashton assomigliava molto a James Dean, '' tremendamente eccitato di vivere la sua vita '', si accese una sigaretta mentre rideva, camminando a ritroso nella strada.

Ma in tutta questa storia che stavo scrivendo, dov'era il mio posto?

Hucth mi spiegò che erano soliti a parcheggiare qui, quando il venerdì sera andavano a qualche festa e mi disse che avremmo dovuto camminar un bel po'prima di arrivare. Ma a dire il vero non mi importava. Si passarono per l'ultima volta la bottiglia di Jack ed a prendere l'ultimo sorso fu Will, che trasalì al gusto forte del whiskey, prima di gettarla nel cestino.

Mentre camminavamo, tutti e quattro parlavamo e ridevamo e in quel momento ne approfittai per conoscere gli altri due ragazzi.

Will era figlio unico, e proveniva da una città vicino Chicago. Con le luci della città riuscì a distinguere qualche sua caratteristica, i suoi capelli color castano chiaro erano sbarazzini e se lo guardavi da vicino vedevi la sua mascella ben definita. Frequentava la facoltà di antropologia, voleva diventare un professore. Will era più pacato rispetto ad Ashton, ma avevo un senso secco dell' umorismo, ovvero si apriva raramente ma quelle poche volte che lo faceva, tutti scoppiavano a ridere per la sua battuta.

E poi c'era Hucth. In verità il suo vero nome era Ethan Hutchinson, ma tutti lo chiamavano Hutch. Lui era un senior e a breve si sarebbe laureto nella facoltà di Letteratura, credo che Hutcth fosse il tipico ragazzo ''poeta'' che scriveva quartine su di te dopo averti incontrata anche per cinque secondi in una caffè.

- Tutto quello che sto dicendo e che è bella. Ma dubito che Amanda Ramirez alzi il suo sguardo dal tomo di chimica per guardare un ragazzo, per non parlare di amore, penso che non abbia mai avuto un ragazzo - Hucth disse ridendo all'affermazione di Will. Teneva una sigaretta tra le mani, mentre questa bruciava nel buio della notte per poi continuare a muovere la mano mentre parlava.

Hucth continuava a fare battute mentre prendeva tiri veloci dalla sua sigaretta, le sue mani si muovevano spesso, facendo dei piccoli ma decisivi gesti per sottolineare il punto, o per indicare il cambiamento di direzione del suo pensiero.

- Aspettate, chi è che ha organizzato questa festa? - Chiesi improvvisamente, dando voce alla domanda che mi gironzolava in testa per tutta la durata del viaggio.

- Quel tizio, Hood. Giusto? - Chiese Roxy, raddrizzandosi il vestito.

- E' un senior e suo padre è una delle persona più ricche degli Stati Uniti - Spiegò Ashton, roteando gli occhi - La sua famiglia è andata alla Columbia da sempre -

- Beh, diciamo che non è il più ben educato figlio di un miliardario di New York City -Notò Will distrattamente facendo ridere tutti, mentre apriva la porta a vetri di un grande edificio. La porta di vetro a doppio battente si aprì su una lobby grandissima in marmo con rifiniture in oro.

Andammo tutti verso l'ascensore, una volta dentro Ashton premette il pulsante per andare al piano superiore prima di avvolgere un suo braccio attorno alle mie spalle; iniziando a parlare con il suo tono pacato e sarcastico. Ma quando disse le parole successive, alzando l'altra mano e muovendola facendo finta che davanti a noi fosse apparso un titolo di un film, sentii una scarica di brividi inondarmi la schiena.

Margot, benvenuta nel mare burrascoso dove le brave ragazze affogano -



* * *


 

L'ultima festa vera e propria a cui avevo partecipato era stata in Georgia, subito dopo essermi diplomata.

C'era un piccolo porticato vicino alla riva del lago, circa a mezzo miglio dal bosco e dalla casa di un ragazzo di nome John Black. L'aria era calda, troppo calda. C'era gente che si tuffava nel lago o chi ballava freneticamente. John era il quaterback della squadra di football della mia scuola. Mi chiamava sempre bambolina, anche se devo ammettere che mi infastidiva quando mi denominava con quel nome. Si, è vero lui era il ragazzo perfetto e popolare di cui tutte cadevano ai suoi piedi. Era solito a dare queste feste nella nostra scuola, ma non questa. Perchè questa sarebbe stata davvero l'ultima festa liceale per tutti. Una volta finito il liceo, avremmo preso tutti strade diverse, chi sarebbe partito e chi sarebbe rimasto intrappolato nel passato per sempre. Stavamo crescendo e quella festa era la nostra ultima possibilità.

Ma riguardandomi indietro, non sarei mai dovuta andare a quella festa.

Questa festa era completamente differente, non c'era il lago, non c'era la foresta e non c'erano le persone che conoscevo fin dalle medie. Sembrava che io e Roxy fossimo le uniche matricole  qui, tutta l'altra gente che c'era sembrava senior o junior, due o tre anni più grande di me. In quel momento mi sentii completamente fuori posto. Giravo quell'attico mentre guardavo la gente che chiacchierava o ballava.

La musica era assordante e le luci praticamente erano spente, le uniche luci presenti erano quelle a led che illuminavano l'attico con una luce soffusa blu. Ma era pieno di gente che ballava, parlava o semplicemente beveva qualche alcolico dal suo bicchiere rosso o fumava qualche sigaretta o qualcos'altro. E durante tutta questa osservazione persi di vista Roxy e Ashton e mi persi in mezzo alla folla. Anche se mi sentivo terrorizzata e fuori luogo. C'era qualcosa che in questa festa che mi fece salire l'adrenalina.

Mi sedetti sul divano in pelle bianca e chiusi gli occhi per qualche secondo, cercando di calmarmi. In quell'attico c'era troppo fumo di sigarette che mi stava annebbiando la mente. Mettendomi ancora di più in una confusione totale. Ma non era il fumo che mi preoccupava così tanto, credo. Cercai di raccogliere tutti i miei pensieri mentre ero seduta sul divano bianco di fronte al televisore a schermo piatto.

Ma fu la scena che vidi che mi fece tremare.

Vidi un ragazzo prendere qualcosa da un sacchettino di plastica trasparente contenente, quelle che sembravano pillole. Se la portò alla bocca per poi avvicinare il suo bicchiere, contenente solo Dio chissà cosa, alle labbra e prenderne un sorso. I suoi occhi erano rossi dilatati e increspati ai lati mentre rideva a qualche battuta che avevano fatto i suoi amici.

Dov'era Roxy?

Mi sentii come se fossi stata gettata improvvisamente in una pozza di acqua ghiacciata come cavia per testare la temperatura. Mi alzai immediatamente dal divano e andai in un altra stanza dell'attico, cercando di allontanarmi il più possibile da quelle persone.

Mi sistemai il mio vestito nero, fin troppo corto mentre alcune ragazze ballavano nei loro vestiti di alta moda, e su un tavolino poco distante un gruppetto, invece, stava componendo delle striscia di polvere bianca con le loro carte di credito per poi fare a turno e tirare su col naso. Avevo bisogno di uscire, ma sapevo che era troppo presto.

Erano passati solo o forse trenta minuti da quando avevo messo piede a questa festa, ma mi sembrava invece che ci fossi da ore. Mi spinsi in mezzo alla folla e mi sentii mancare il fiato ed ero quasi vicino allo scoppiare a piangere. La musica riecheggiava per tutto l'attico, ma nella mia mente sentivo la sua voce.

- Mi dispiace, mi dispiace tanto -

Avevo bisogno di aria.

Ritornai nuovamente in salotto facendomi spazio tra la folla per poi dirigermi verso la grande porta finestra aperta che portava in balcone, feci un passo fuori e presi più boccate d'aria possibili.

Mi sentivo annegare. I miei polmoni sembravano come se fossero in fiamme, anche se adesso ero fuori, faticavo ancora a respirare.

- Stai bene?- Mi chiese un ragazzo con i capelli chiari e gli occhi chiari.

Annuii, puntando il mio sguardo oltre la porta finestra dove vedevo la gente che continuava a ballare.

- Sto bene - Lo rassicurai, passandomi una mano nei miei cappelli rossi - E' tutto pazzesco lì dentro -

Quando alzai il viso, vidi pienamente la persona di fronte a me. I suoi occhi erano di un azzurro limpido e i suoi capelli erano biondi come il grano, il suo labbro era perforato con un anellino. Al collo aveva una catenina d'argento mentre i suoi vestiti neri facevano risaltare maggiormente la sua carnagione chiara.

- Sono Luke -

- Margot - Risposi, raccogliendo i miei capelli e facendomi una crocchia disordinata.

- Vuoi un po' di acqua o qualcosa del genere? - Chiese, appoggiandosi alla ringhiera e sorridendomi timidamente, con un accenno di divertimento - Mi hai spaventato. Sei sicura di stare bene? -

Sorrisi annuendo per poi espirare.

- Si, mi piacerebbe avere dell'acqua - Dissi trattenendo una risata - Sto bene. Ho solo... Non sono mai stata a feste del genere -

Ridacchiò e mi fece un cenno con la testa verso la cucina che era dall'altra parte del balcone.

Aprì la porta finestra e mi portò in cucina, appoggiando dolcemente la sua mano dietro la mia schiena. Era un semplice gesto, ma quel gesto mi dava un po' di protezione, sentii una serie di brividi percorrere la mia schiena.

Quando camminammo dentro la cucina, questa era una delle più grandi che avessi mai visto. Il piano sia della cucina e dell'isola erano fatti di granito così come il tavolo mentre i lavandini era di un acciaio lucido.

Luke chiuse la porta della cucina, prima di appoggiare le sue mani sui miei fianchi sollevandomi e facendomi sedere sul piano dell'isola della cucina.

Il metallo del suo orologio Rolex, brillava sotto la luce della cucina e tirò l'anta dell'enorme frigorifero prima di tirare fuori tre bottiglie diverse. Guardandolo bene si vedeva lontano un miglio che lui era ricco, ma non agiva con ostentazione a tale proposito.

- Vuoi la Fiji, Voss o Veen? - Mi chiese indicandole e appoggiandosi con l'altro braccio al bancone vicino a me.

- Qualunque sia che ti piace di più?- Dissi, non sapendo cosa rispondere nel frattempo accavallai le gambe stando attenta, sistemandomi il vestito.

- La Voss è ottima - Ridacchiò sommessamente - E' norvegese -

Svitò il tappo per me e me la porse, l'afferrai portandomela alle labbra. Era incredibilmente liscia e rinfrescante e non c'era da stupirsi se costasse quattro volte di più della solita acqua.

Passai il tempo chiacchierando con Luke che mi chiese di me, facendo ogni tanto qualche battuta che mi fece ridere. Parlare con lui era facile e mi ero ritrovata a dimenticare che dietro a quella porta si stesse svolgendo una festa e che avevo perso i miei amici.

- Luke, dove cazzo sono le mie cartine? - Chiese improvvisamente un ragazzo moro entrando nella stanza, con un piccolo accenno di nervosismo che non pretendeva un '' non lo so'' come risposta.

- Oh, giusto. Mi dispiace amico, ma credo che le abbia finite tutte Michael. Oggi ha trovato davvero del fumo buono -

Alzai lo sguardo verso di lui , e vidi il Rolex che pendeva dal suo polso, la sua camicia a scacchi semi aperta facendo intravedere sulle sue clavicole due tatuaggi. Lui alzò gli occhi al cielo seccato, per poi passarsi nervosamente una mano trai suoi capelli corvini sfumati con alcune ciocche più chiare arruffandoli maggiormente.

- Chi è? - Chiese, mentre apriva l'anta del frigorifero, afferrando un birra per poi richiuderlo, voltandosi verso di me.

- Il mio nome è Margot - Dissi senza pensare, sentendo le mie guance arrossarsi leggermente sotto il suo sguardo duro.

Luke si schiarì la gola prima di presentarmelo.

- Margot, questo è Calum. Calum Hood -

 


 

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Capitolo 4
*** You Can Stay In My Room ***


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You Can Stay In My Room


 

Gli occhi color cioccolato di Calum mi scansionarono su e giù, per un breve tempo, prima di annuire e farmi un cenno con la testa in segno di saluto. Aprì con indifferenza la sua birra per poi appoggiarsi al banco di fronte e prendendo un sorso.

Voltò lentamente la testa verso la porta finestra che portava al balcone. Intravedendo dalla finestra di fronte come stava andando avanti la festa ma sul suo viso si dipinse una smorfia. Prese poi un altro sorso dalla sua birra.

Era agitato, socchiuse gli occhi quando finì la bottiglia di birra e la posò sul piano.

- Se c'è troppo casino la fuori e non riesci a trovare i tuoi amici, puoi restare qui -

Propose Luke, guardando il suo Rolex per vedere l'ora.

- No, no, no cazzo - Lo interruppe Calum, schiarendosi la gola.

Improvvisamente mi accorsi quanto fuori luogo fossi , stando lì su quel bancone con il mio vestito e con le lacrime di panico di prima seccate sulla mia guancia.

- Non abbiamo bisogno di una matricola piangente alla nostra portata - Tagliò corto Calum.

Luke lo fulminò con lo sguardo, gesticolando verso di me per avvertilo che io fossi ancora qui.

- No, va bene. Troverò la strada per il mio dormitorio - Mormorai, sorridendo forzatamente e mandando giù quel nodo che mi si era formato alla gola, inspirando cercando di non crollare. Non volevo pensare all'idea che sarei tornata a piedi o in metro al dormitorio solo perchè non sapevo dove fossero finiti i miei amici.

Per qualche strana ragione, pensai di chiamare mio fratello. Era tardi, ma non parlavo con lui da quando ero partita, anche se lui aveva solo otto anni. Lui era il tipo di persona che sapeva ascoltare. Ma dubito che accettasse la mia chiamata dopo essermene andata. Non dopo nel modo in cui avevo lasciato le cose.

- Perchè te ne stai andando? Non mi puoi lasciare così, per favore -

Presi il primo volo per New York senza guardarmi indietro e facendo uno scalo di quattro ore a Washington. Ero partita senza preavviso, senza più guardarmi indietro in quella casa che conteneva tutto. Ma mi ero fatto una promessa: in quella casa dove avevo trascorso tutta la mia infanzia non ci avrei mai più messo piede perchè al college sarei stata sicuramente felice. Ma adesso non sapevo se fosse realmente così.

- No, è tardi. Non mi piace che tu vada in giro da sola. Puoi restare qui - Mi rassicurò Luke, fissando Calum che era ancora lì in piedi, tirò dalla sua tasca posteriore dei suoi skinny neri un pacchetto di sigaretta, chiaramente disinteressato a questa conversazione.

Guardai lo schermo del mio telefono sperando che ci fosse qualche chiamata persa o messaggio, ma non fu così. Afferrai la mia pochette e guardai Calum che stava prendendo una boccata dalla sua sigaretta, l'odore della nicotina mi fece venire voglia di increspare il naso. Il pensiero di camminare tra le strade buie di New York mi spaventava, ma dovevo farlo. Soprattutto se l'organizzatore della festa non aveva nemmeno un briciolo di pietà.

- Cal, cosa sta succedendo? Noi tutti... -

Voltai la testa per l'interruzione di quella voce e mi trovai davanti una ragazza in piedi sulla soglia dove pochi minuti prima era apparso Calum. L'aria dietro di lei era in una condensa di fumo, immediatamente lei  chiuse la porta alle sue spalle.

Al collo di questa ragazza vi era un bellissima collana di diamanti, attorno a lei vi era il tipo di aura che irradiava ricchezza e bellezza. Sembrava una delle ragazza delle riviste che era solita mia madre a leggere quando ero piccola.

- Chi è questa?- Chiese guardandomi dall'alto verso il basso sogghignando.

- Amber questa è Margot - Mi introdusse Luke portandosi una mano tra i capelli, sospirando - Lei è della Gerogia è una matricola -

Amber mi guardò nuovamente dall'alto in basso ridacchiando.

- Perchè c'è anche lei qui? - Chiese come se non ci fossi nemmeno in quella stanza.

Mi guardai attorno, afferrando in fretta le mie cose. Improvvisamente mi sentii in imbarazzo. Amber mi guardava come se fossi una macchia sgradevole sul suo vestito più bello che potesse avere. Improvvisamente mi venne in mente che forse era stata una pessima idea venire qui stasera, perchè io non appartengo a questo genere di cose.

Nel mio petto sentii nuovamente quella sensazione famigliare , il cuore aveva ripreso a ribattere più velocemente. Un dolore alla bocca dello stomaco mi colpì provocandomi la nausea mentre sentii i miei occhi iniziare a pizzicare.

- Stai per piangere, tesoro? - Disse divertita alzando le sopracciglia.

Scossi la testa rapidamente.

- No, no, sto bene - Guardai Luke, la cui sua mano era appoggiata nella parte posteriore del collo, ovviamente stressato - Io... io in realtà me ne stavo andando via. Mi dispiace avervi disturbato. Buona notte -

Mentre avevo tra le mani le mie cose, spinsi forte la porta e mi ritrovai in salotto, inciampando in quello spazio pieno di fumo. La musica era così martellante che sentivo il pavimento quasi tremare sotto i miei piedi. Mi sentii in colpa per non avere chiuso alle mie spalle la porta, ma l'ultima cosa che volevo era che loro mi vedessero piangere.

Ero quasi alla porta quando sentii una voce richiamarmi sopra la musica.

- Aspetta! Aspetta! - Gridò avvicinandosi a me - Non andare - Disse frustato, afferrando il mio gomito e voltandomi verso di lui. Anche nel buio potevo capire che si trattava di Calum.

- Puoi ... - Chiuse gli occhi prendendo un respiro - Puoi dormire nella mia camera- Finì per poi aprirli.

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Capitolo 5
*** The Sun Also Rises ***


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The sun also rises




Mi piaceva l'idea di svegliarmi in posti che non conoscevo. C'era una sensazione quasi magica nello svegliarsi negli aerei, nel divano o nel cuore della notte. Quella sensazione momentanea di confusione e di avventura, forse, anche la paura, che mi prendeva.

Ma non avrei mai immaginato che il mio primo risveglio a New York fosse stato nel letto di un ragazzo di cui ci avevo si o no scambiato due parole. Il letto di un ragazzo di nome Calum, con un fisico tonico e i suoi occhi scuri che potevano far diventare anche i peccatori dei santi. Quando mi svegliai mi ritrovai ricoperta da un lenzuolo bianco con ancora addosso il vestito della notte precedente. Non ci fu nessuna sveglia che mi fece aprire gli occhi, semplicemente i raggi solari che penetravano dalle tende e che si riflettevano sul soffitto. Mi sistemai la crocchia riordinandola.

Lentamente mi alzai dal letto e sentii i miei piedi nudi sprofondare nella moquette morbida del tappeto, voltai la testa e vidi il balcone di ieri sera dove avevo incontrato Luke e tutti i ricordi della notte precedente mi salirono a galla. Quei ricordi mi colpirono velocemente, e furono così dolorosi che mi provocarono una fitta alla testa, afferrai velocemente la maniglia della finestra per tenermi.

Per fortuna, oggi non ci sarebbe stata nessuna lezione ma non cambiava il fatto che non sapevo dove fossero finite le persone con cui ero venuta alla festa.

Il cielo era velato e tetro, dei grandi nuvoloni grigi si estendevano sopra i grattacieli dell'Upper Side. Stava per piovere, ma non mi dispiaceva.

Svegliarmi nella camera da letto di un ragazzo che a malapena conoscevo era una nuova esperienza per me.

Aprii la finestra, feci un passo e mi ritrovai nuovamente in quel balcone. E in qualche modo, lì in piedi fuori con l'aria che odorava di pioggia, mi provocò un senso di famigliarità. E se avessi chiuso gli occhi mi sarei sentita nuovamente quella bambina di sette anni, spensierata dove niente era sbagliato.

Era quasi la fine di Luglio, circa un mese dopo il mio settimo compleanno.

Faceva caldo, ma se osservavi bene il cielo era grigiastro, mio padre mi disse che avrebbe iniziato a piovere da lì a momenti. E prima che ribattei, proprio come lui disse, sentii la prima goccia cadermi sul viso. Mio padre era in piede sulla soglia della porta, con una sigaretta tra le dita, ben presto da quella goccia ne susseguì un altra per poi finì con il piovere.

Quel giorno ero sull'altalena del nostro piccolo cortile e da dentro sentivo mia madre chiamarmi di venire dentro, ma non mi importava. Il caldo estivo mi aveva reso irrequieta e la pioggia per una ragazzina tranquilla come me, era l'unico modo per farmi perdere in me stessa. Mi sdraiai tra l'erba chiudendo gli occhi e godendomi l'ultima goccia di pioggia.

Non potevo smettere di ridere mentre la pioggia mi bagnava, così come mio padre. Se avessi potuto, avrei fatto di tutto per ritornare indietro a quel ricordo.

Mi piaceva il tempo di stamattina, mi ricordava quello. La calma prima della tempesta mi faceva sentire come se avessi ancora sette anni e sopratutto mi faceva sentire viva. Ma questa volta quando la prima goccia cadde, non restai fuori. Mi asciugai la goccia sulla mia guancia e tornai dentro, chiudendo la porta finestra del balcone.

C'era qualcosa che mi rendeva triste.

- Margot?-Sentii la voce di Luke chiamarmi da dietro alla porta e mi affrettai a rispondere, grattandomi la guancia e aggiustandomi il vestito, aprendo poi la porta.

Era in piedi di fronte a me, con una camicia a scacchi rossa e nera che aderiva perfettamente al suo corpo mentre i suoi capelli color del grano erano tutti arruffati.

- Buongiorno - Mi disse con voce bassa e roca mattutina. Mi sorrise, mentre vidi dietro di lui una cameriere che raccoglieva i bicchieri rossi e i piatti di plastica.

- Buongiorno - Risposi ricambiando il sorriso e giocando nervosamente con il braccialetto che avevo al polso.

- Calum deve incontrare suo padre per un meeting tra circa un'ora. E per andarci passa dal campus, così ti riporterà lui indietro. Va bene? -

Annuii con la testa e ringraziai nuovamente Luke per avermi aiutato ieri sera.

- Non c'è problema - Soffiai via, passandosi una mano tra i capelli e sorridendomi.

Feci per chiudere la porta, pensandomi di fare una doccia, ma Luke la bloccò.

- E a proposito, mi dispiace per Amber - Rise nervosamente - Delle volte sa essere così... -

Scossi la testa interrompendolo. La notte scorsa e stato un pessimo inizio per iniziare questo nuovo capitolo.

- Va bene - Gli dissi solamente sorridendogli, per poi chiudere la porta.

 

* * *

 

Mia madre una volta mi raccontò una storia greca su Persefone e Ade. Persefone, figlia innocente, vergine e figlia di una dea, venne rapita da Ade, il tenebroso dio degli Inferi, costretta a vivere negli Inferi con lui. Tutto perché lui si era innamorato di lei.

Lei riuscì quasi a fuggire, ma fu costretta a rimanere poiché Ade la sedusse a mangiare un frutto degli Inferi, quando lei non avrebbe dovuto. Bastò un solo seme di melograno e lei rimase lì intrappolata.

E adesso, per qualche ragione, io mi ritrovai in questa doccia lussuosa che profumava di bagno schiuma al melograno, mi portò in mente questa storia.

Quando uscì dalla doccia e mi asciugai i capelli con un asciugamano , potei capire perché Calum teneva in quel bagno del bagno schiuma da donna. Sentii un senso di nausea invadermi la bocca dello stomaco. Forse, perchè il pensiero che lui portasse differenti ragazze a casa sua per la notte, aumentò maggiormente la mia nausea. Forse era questa una delle ragioni per cui avesse nel bagno alcuni prodotti femminili.

Ma quando mi avvicinai al suo capezzale, fui sorpresa di vedere una copia de Il Sole Sorgerà Ancora mi chinai per prendere la copia e la vidi piena di scarabocchi o appunti sulle pagine. Lo sfogliai per qualche secondo, improvvisamente mi sentii in colpa, mi stavo intromettendo in una parte di Calum che non mostrava alle persone. Ma non fu l'unico libro delle generazioni perdute che vidi. Sul muro c'era una delle più grandi libreria che abbia mai visto, copriva interamente una parete di muro e piena di diverse raccolte di poesia e romanzi.

Passai il dito tra quelle copertine ma venni interrotta dal mio stato di trance quando sentì due tocchi secchi sulla porta.

- Sei quasi pronta? - Sentii una voce imbronciata e irritata con una nota di suggerimento - Me ne vado fra dieci minuti e non è stata una mia idea riaccompagnarti, ma di Luke -

- Sto arrivando - Gridai di rimando, misi in fretta il libro accanto al letto e risistemai le coperte. Sapevo che lui era abbastanza ricco da permettersi tutte le cameriere che voleva, ma questo non influiva il fatto che io avrei dovuto dare più lavoro di quanto già ne avesse la cameriera di prima. Perché, dopo tutto, la pulizia non era facile, sopratutto quando ti ritrovavi a pulire gli scarti di una festa data da un figlio di un miliardario.

Quando arrivai in soggiorno, vidi ancora delle persone stese sul divano, completamente collassate. Passai davanti al divano dove il sacchettino contenente quelle pillole era ancora lì, e sentii la pelle d'oca, cercando di scacciare via tutto quello che vidi ieri sera.

- Passi una buona giornata, signor Hood - Disse a voce alta la cameriera, pulendo rapidamente le strisce di coca che c'erano sul tavolino. Non mi disse nulla, ma quella cameriera mi guardò con sguardo triste sul viso, quasi come se fosse dispiaciuta per me. Come se lei sapesse qualcosa che io non sapessi.

- Vieni, andiamo - Mi disse Calum, sfiorando la sua mano contro il mio braccio conducendomi fuori dalla porta.

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Capitolo 6
*** Just Do Me A Favor, Never Look Trough My Things Again ***


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Just Do Me A Favor, Never Look Trough My Things Again​





Il tragitto in auto fu per lo più silenzioso, gli unici suoni udibili provenivano dai tergicristalli e dal mormorio della radio. Pioveva ancora, la pioggia forte batteva sull'auto di Calum mentre lui scorreva tra le strade della città.

Questa era una delle auto probabilmente più costose che avessi mai visto, non solo per come fosse fatta all'esterno ma anche per i suoi interni. Anche se non stavo ne bevendo o mangiando, avevo il terrore di poter rovinare o rompere qualcosa. Calum non sembrava una persona molto tollerante.

Ma io non lo conoscevo, com'era realmente.

- Vuoi qualcosa da mangiare? Mi sento come se fosse il minimo che potessi fare - Offrii, contando la piccola quantità di dollari che possedevo nel portafogli. Eravamo passati di fronte ad un sacco di caffetterie e io mi sentivo in debito sia con lui che con Luke, per avermi dato un posto su cui dormire.

Lui sbuffò guardandomi, mentre contavo le monetine nelle mie mani.

- No, sto bene-

Improvvisamente sentii le mie guance colorarsi, mortificata. Avevo appena i soldi per un muffin per me e per il figlio di uno degli uomini più ricchi d'America.

Ma lentamente l'imbarazzo si trasformò in rabbia e mi ritrovai ad aprire bocca prima che il mio cervello potessi fermarmi.

- So che non ho un sacco di soldi, ma non devi essere così maleducato -

Ci fermammo ad un semaforo e Calum mi guardò sorpreso, in silenzio tamburellò le mani su volante. Improvvisamente, l'interno di quella vettura lussuosa la sentii troppo stretta e calda e rimpiansi immediatamente quello che gli avevo detto. Calum si prese tra i denti il labbro inferiore, prima di girare la testa verso la strada e scuotendola leggermente.

- Nessuno fino ad ora mi aveva mai detto una cosa del genere -

Rimasi zitta.

Non potevo sapere cosa stesse pensando Calum e questo mi rendeva nervosa. Dovevo chiederli scusa? O dovevo stare attenta a quello che dicevo?

Il mio cervello era confuso, sembrava che contenesse solo tre vocaboli e non avevo idea di cosa fare e dire.

- Ascolta - Disse, interrompendo il mio treno di pensieri e svoltando l'angolo - Non intendevo in quel modo. Ed io sono c... Io ho solo... Non volevo venire fuori in quel modo - Disse nuovamente con quella nota di suggerimento, che mi faceva desiderare di alzargli il dito medio.

Passammo gli altri minuti in silenzio, nessuno di noi due sapeva cosa dire. Lo guardai , lui aveva il tipo di faccia difficile da dimenticare. Mascella delineata, zigomi alti, labbra rosee carnose e occhi di una tonalità di marrone scuro che non avevo mai visto prima d'ora.

Fissava rigidamente la strada davanti a se, la mascella tesa e gli occhi pieni di qualcosa che mi ricordava mio padre, per quanto strano potesse sembrare. Qualcosa di cui non potevo puntare il dito.

Lo stoicismo forse? Tenebroso e solitario, ma che cercava di non darlo a vedere nascondendo questi due aggettivi costantemente.

Mi voltai, una sensazione di disagio si fece strada in me, come se avessi trovato qualcosa che non avrei dovuto.

- Di dove sei?- Chiesi timidamente, cercando di rompere il ghiaccio, forse, sorpreso delle mie azioni.

Teneva gli occhi sulla strada, le sopracciglia aggrottate come se non fosse sicuro di cosa rispondermi.

- New York -

Mi morsi il labbro, chiedendomi se dovessi andare oltre.

- Ma il tuo accento non sembra... - Cominciai.

- Sono andato in un collegio in Australia - Spiegò seccamente, tagliando la conversazione. Ma io volevo che andasse più a fondo, perchè tutto era meglio fuorché il silenzio.

- Hai organizzato tu la festa? -

- Si - Rispose prendendo un respiro profondo e svoltando a sinistra.

- Grazie per avermi dato un posto su cui dormire stanotte -

Lui non disse nulla, si limitò ad annuire con la testa ed alzò le sopracciglia in senso di assenso.

- Ho notato che sul comodino hai una copia de '' Il Sole Sorge Ancora''. Non pensavo che ti piacesse Hemingway -

La sua mascella si strinse, e la velocità della vettura aumentò.

- E ho dato un occhiata alla tua libreria, e sono rimasta sorpresa dei libri che hai - Cominciai a farmi strada - Hai letto un sacco di romanzi? Chi sono i tuoi autori preferiti?-

-Fai sempre queste maledette domande? - Sbottò, la sua voce era roca e arrabbiata. Improvvisamente la macchina si fermò al semaforo rosso.

Ero stordita non avevo idea di cosa dire, e non avevo nemmeno idea di cosa avrei potuto dire per il resto del tragitto.

Rimanemmo in silenzio mentre lui guidava sulla strada che avrebbe portato al campus. Poi parcheggiò l'auto, tirando il freno a mano.

- Grazie - Mormorai, appoggiando la mano sulla maniglia dello sportello.

Lui annuì e io uscì dall'auto, afferrai la pochette e il mio telefono.

Mi dondolai avanti indietro sul marciapiede bagnato a due passi dal cancello principale, non sapevo cosa fare.

Feci un respiro profondo, per scusarmi ma velocemente tagliò corto.

Riposò la mano sul volante, i suoi occhi erano diventati più scuri e pieni di quello che poteva apparire come una furia.

- Solo fammi un favore la prossima volta. Non ficcare il naso nella mie cose-

Chiuse lo sportello, tirò nuovamente il freno a mano e guidò lungo la strada.

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Capitolo 7
*** Margot, I'm trying to do something decent, for once. ***


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Margot, I'm trying to do something decent, for once.


 

Calum probabilmente era una delle persone più scortesi che avessi mai conosciuto, pensavo mentre camminavo di nuovo verso il mio dormitorio quel sabato mattina nuvoloso.

Morningside Heights era una delle ragione per cui avevo scelto la Columbia. Il campus era assolutamente bellissimo ed era quasi come un piccolo rifugio nel centro della pazza e caotica New York.

Ma dopo aver camminato per ben quindici minuti, sotto la pioggia, con dei tacchi alti che mi erano stati prestati da Roxy, mi sentivo sul punto di scoppiare a piangere. Più mi avvicinavo e mi avvicinavo al mio dormitorio più ero sconvolta dell'idea di aver perso le traccia di Roxy, Ashton e gli altri.

Cercai qualcosa da dire una volta arrivata nella mia stanza, ma sembrava troppo lamentosa o troppo dura o troppo infantile. Quando arrivai davanti alla porta della mia stanza, avevo già un discorso pianificato mentre mi ripetevo mentalmente le cose che avrei detto.

Ma quando aprii la porta, trovai Roxy e Ashton sdraiati entrambi nel letto con la faccia rivolta verso il soffitto, mentre sul loro volto vi era dipinto un sorriso pigro e Roxy stringeva tra le dita quella che doveva sembrare una sigaretta. In quel momento tutti i miei pensieri evaporarono dalla mia mente.

- Ciao? - Dissi insicura e un po' preoccupata quando vidi Roxy passare la sigaretta ad Ashton. Quest'ultimo prese una lunga boccata,espirando poi il fumo verso la finestra.

-Cosa stai facendo? - Chiesi nervosamente, sperando che nessuno li sorprendesse a fumare in camera. Entrare alla Columbia era una delle cose migliore che mi fossero capitate ed quella di essere espulsa sarebbe stata la peggiore.

-Roxy, qual è il modo migliore di smaltire la sbornia e l'erba ? - Chiese seccamente Ashton con un pizzico di umorismo, spegnendo sul davanzale la sigaretta e infine camminò verso il cestino per spazzolare via le ceneri.

- Più canne - Disse Roxy, sorridendo e quasi ridendo tirandosi su, e mettendosi a sedere.

Sgranai gli occhi, se la scorsa notte era stata pazzesca questa mattinata non stava scherzando.

Roxy sembrava meno fatta di Ashton e una parte di me voleva disperatamente che lui se ne andasse in modo che potessi parlare con lei. Non stavo capendo niente di quello che stava succedendo.

Ashton mise il sacchettino di plastica vuoto nella sua tasca, in modo da buttarlo una volta uscito dal campus e lasciò il nostro dormitorio, correndo fuori prima che qualcuno lo potesse vedere.

Quando guardai l'orologio, rimasi stupita di vedere che erano solamente le 8.30 am. Mi misi la testa fra le mani, gemendo frustata. Sarebbe stata una lunga giornata.

- Dove diavolo sei stata ieri sera? - Mi chiese Roxy preoccupata, la mia frustrazione mi portò quasi a piangere per le sue parole, poichè ogni ricordo mi stava travolgendo. Ma poi c'era la parte arrabbiata di me che le avrebbe voluto fare la stessa domanda, ma mi morsi la lingua.

- Sono rimasta lì per la notte - Risposi a bassa voce, togliendomi le scarpe e appoggiandomi con la schiena contro il muro.

- Stai scherzando vero? - Mi chiese lei a bocca quasi aperta per la sorpresa - Sei ritornata a piedi? - Mi chiese guardando i miei capelli leggermente bagnati.

- No, no - Scossi la testa - Qualcuno mi ha accompagnato -

Non volevo nemmeno pensare a lui. Il solo pensiero di lui mi sconvolgeva. Non avevo mai incontrato una persona così fredda, o almeno così insensibile e sperai di non esserci attorno quando c'era lui e sopratutto quando c'erano le sue feste.

-Chi? -

-Calum Hood - Dissi piano che riuscì a malapena sentirmi io stessa.

Roxy era quasi vicino al perdere la testa.

- Oh cazzo! - Esclamò Roxy allontanandosi dall'armadio, sedendosi sul letto di fronte al mio - Com' è successo? Tu hai...? - I suoi occhi si aprirono ancora di più.

-Voi due avete scopato, è cosi! - Urlò portandosi la mano alla bocca mentre i suoi occhi erano ancora spalancati, un po' per lo shock e un po' per l'imbarazzo. Ma prima di poter parlare e di negare la sua originale '' ipotesi'' lei continuò.

- Non sei qui da neanche un giorno e già ti sei scopata il ragazzo più ricco del campus -

Lei mi guardò in soggezione, ma aprii immediatamente la bocca facendole un cenno e lei sembrò tranquillizzarsi.

- No, noi non abbiamo dormito insieme. Io non... Io non ho... -La mia voce si affievolì, sentendomi ancora di più in imbarazzo, ora.

- Sei vergine? - Chiese incredula.

Quella domanda secca mi lasciò troppo mortificata per rispondere. Feci un solo cenno con la testa, seppellendo poi la testa nel cuscino. Ero esausta e non avevo intenzione di avere questa conversazione con una ragazza che era davvero carina, e che avevo conosciuto ventiquattro ore fa.

Roxy si lasciò sfuggire un sospiro e mi guardò con simpatia.

- Va tutto bene. Non ti preoccupare, non c'è nulla di cui vergognarsi -

-No, no non mi vergogno - Dissi, giocherellando con il il bordo del mio vestito che avevo ancora addosso - E solo imbarazzante parlarne. Non dormirei mai, mai, mai con un coglione come lui -

Roxy rise alzandosi dal letto e prese il suo beauty case e un telo.

- Va bene, Margot - Sorrise rassicurandomi - Stai bene allora? Non so cosa sia successo ieri sera ma eravamo tutti preoccupati per te. La festa era pazzesca e mi dispiace che ti abbiamo perso di vista -

Anche se le sue intenzioni era buone, c'era qualcosa nelle sue parole che mi preoccupava. Non mi piaceva quando la gente mi trattava come una bambina. Lasciai andare Roxy a farsi una doccia e decisi di fare un breve pisolino, ero ancora esausta per gli eventi successi la notte scorsa per non parlare poi di questa mattina.

Tutto mi sembrava così surreale e mi sarei pentita mille volte per essere andata a quella festa. Ma in qualche modo, per quanto potesse sembrare strano, un piccolo, ma un incredibilmente piccolo frammento di me vorrebbe ritornare indietro. Stavo perdendo la testa.

Chiusi gli occhi e mi avvolsi sotto le coperte blu scuro, ma sentivo ogni secondo prima di essere svegliata dalla suoneria del mio cellulare.

Guardai l'ora con i miei occhi ancora assonati e scoprì che stavo dormendo da due ore.

- Pronto? - Risposi al numero sconosciuto.

-Ciao - La voce dell'altro capo era bassa, e con la mia stanchezza non riuscii a capire chi era.

- Chi è? - Chiesi, sedendomi e passandomi una mano tra i capelli nervosamente.

-Sono Calum. Calum Hood -

Trattenni di sospirare al telefono, volevo quasi riagganciare e bloccare il suo numero.

- Perchè mi hai chiamato? - Dissi, la mia voce risultò quasi arrabbiata, anche se non volevo che lo fosse. Anche se, in primo luogo io non pensavo di essere così sconvolta.

- Io, beh. Sono appena uscito dal meeting con mio padre circa un ora fa' - Osservò, le sue parole erano cucite di rabbia quando menzionava suo padre. Ora ero più che sveglia, mi sembrò di sentire quasi un insulto nella suo voce. Magari era solo la mia impressione, ma mi preoccupava.

-Calum, hai bevuto? -

-Ho bevuto solo un bicchiere, calmati cazzo -

-Calum, sono le 10:30 del mattino -

-E allora? Qual è il tuo problema? Dio, sei proprio come lui. Sempre preoccupata -

Proprio come chi?

-Come hai avuto il mio numero? -

-Luke -

Mentalmente maledì me stessa per aver dato il mio numero a Luke ieri sera. Ma il modo in cui parlava Calum mi metteva a disagio.

- Calum, perchè mi hai chiamata? -

-Credo, per volermi assicurare che tu stessi bene. Non avrei dovuto... Non avrei dovuto farti camminare a piedi da sola -

Le sue parole mi provocarono un brivido lungo la schiena, ma non mi dimenticai come fosse stato freddo stamattina.

-Sto bene -

Riuscivo ancora a sentirlo sulla linea, la pausa che incombeva su di noi era come un peso morto.

-Mi dispiace di aver messo il naso tra le tue cose questa mattina -

-Solo, non farlo di nuovo - Mi zittì in fretta con il suo tono duro - Guarda, lascia stare va bene? Se fosse stata la mia scelta, tu non saresti venuta alla mia festa, tanto meno restare a dormire -

Ci fu un'altra pausa piena di un silenzio imbarazzante e le sue parole mi ronzavano in testa. Non avevo mai incontrato nessuno così senza cuore e amaro nella mia vita.

- Perchè sei così? - Dissi senza pensare. Ci fu di nuovo silenzio dall'altro capo e poi lo sentii prendere un sorso da qualcosa di liquido - Che cosa mai ti ho fatto? Perchè mi odi così tanto? -

- Margot - Sospirò, dicendo il mio nome per la prima volta -Sto cercando di fare qualcosa di decente, per la prima volta -

Il suo tono suonava come una scusa, ma le sue vere scuse non arrivavano mai. Non sembrava il tipo di persona che avrebbe mai chiesto scusa.

In sottofondo sentii la voce di un'altra ragazza, gridava il suo nome e improvvisamente quel senso di nausea che mi invase la bocca del mio stomaco si rifece vivo.

- Solo, non venire mai più alle mie feste -

Le sue parole mi presero alla sprovvista, colpendomi come un pugno dritto allo stomaco.

- Tu non appartieni a quei posti, in ogni caso -

Prima che potessi rispondere, riattaccò, lasciandomi arrabbiata, confusa e ferita, proprio come prima. Il mio primo giorno qui era solo un giorno, ma mentre camminavo per la doccia e lasciai scorrere l'acqua calda sul mio corpo,non potevo far altro che pensare a niente, se non lui.

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Capitolo 8
*** He... He's Trouble ***


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He... He's Trouble

 

 

Calum's P.O.V
 

Erano passati tre mesi.

Ieri era l'anniversario, se si sarebbe voluto chiamare così.

Avevo sempre pensato che gli anniversari erano per cose stupide, come matrimoni o relazioni. Ma ora, in realtà, sapevo che non significavano nulla. Tutto ciò rappresentava solo il tempo che passava.

Mi avrebbe odiato se mi avesse visto come ero ieri. Ubriaco fradicio e sotto effetto di stupefacenti, e non ero nemmeno in grado di pensare in modo chiaro a niente. Forse, era per questo che mi devastavo così.

Dopo aver buttato giù qualche bottiglia di Jack e Bourbon e fumato qualche blunts ero così insensibile che non riuscivo a ricordare nulla. Era tutto fantastico fino a quando non riuscivo a ricordare più il suo volto o ricordare come fosse fatto. Il tutto era dato dalla combinazione del troppo tempo da quando lo avevo visto per l'ultima volta. Quando era andato via con il suo sacchettino pieno di fumo.

Mi ricordava lui. Forse per questo che l'avevo chiamata.

E forse per questo che mi sono devastato ancora di più dopo aver parlato con lei. Ed era forse per questo che ero andato fuori e avevo fatto rissa aggiungendo ancora merda che non avrei dovuto aggiungere.

Erano appena le cinque di mattina. Il cielo era ancora sfumato dai colori della notte misti con quelli del primo mattino. Quel cimitero era completamente silenzioso e abbastanza tranquillo per poter pensare a cosa fosse realmente la morte, solo freddi cadaveri in decomposizione nel terreno. Non tutto il bene che fanno le persone fuori può essere visto.

- E' in un posto migliore ora -

- Le nostre condoglianze -

- Siamo così dispiaciuti per la sua perdita -

Condoglianze. Saranno tempi difficili questi. Mi dispiace per la sua perdita.

Erano delle inutili scuse del cazzo che non servivano a nulla. Presi una sigaretta dalla tasca posteriore e l'accesi. I movimenti delle mie mani erano lenti dopo non aver dormito tutta la notte.

Mi venne quasi da ridere.

Se i ruoli fossero stati invertiti, chi sarebbe venuto ogni giorno per me a mettere dei fiori sulla mia tomba o qualsiasi altra merda.

Ma tutto quello che facevo era: ubriacarmi, venire qui e fumarmi qualche sigaretta.

Quando si trattava di stare qui, di fronte a questa tomba, non so cosa fosse peggio: l'oblio o il ricordo. Ed a questo punto, pensai, che forse non ne sarei mai venuto fuori. Perchè non ero riuscito a concludere nulla.

Mi allontanai dalla sua tomba e mi diressi di nuovo alla macchina, lasciando cadere la mia sigaretta a terra e spegnendola con il mio piede.



 

Margot's P.O.V

 

- Ecco qui - Disse il barista porgendomi la tazza del mio thè fumante, presi la tazza tra le mani cercando di riscaldarmi. Per essere Settembre, l'aria era più fredda di quanto pensassi e non sarebbe passato molto tempo prima che iniziassi a tirare fuori le mie felpe pesanti.

Il fine settimana era passato in un secondo e adesso mi ritrovavo a lunedì, il mio primo giorno di lezione. Ero altrettanto nervosa ed eccitata al pensiero di iniziare questo nuovo percorso di studi. Ma non mi aspettavo di avere ancora il pensiero di Calum persistere nella mia mente, nel mio primo giorno di college.

Per essere lunedì mattina, il campus straboccava di studenti. C'era gente che si affrettava a raggiungere la propria classe forse per occupare i posti migliori o quelli infondo e chi teneva in mano enormi tazze di caffè per svegliare il loro corpo ancora assonnato. Per qualche ragione, quella mattina mi ricordava le feste del mio quartiere o la festa del quattro Luglio.

Roxy continuava a lamentarsi di qualcosa di fastidioso che ieri aveva fatto Hucth, ma la mia mente era altrove. Mi guardai intorno nel nuovo ambiente e inspirai. Continuavo a ripetermi che questa non era la Georgia, e che non mi doveva mancare un posto che avevo voluto lasciare disperatamente.

- Margot, stai bene? - Roxy chiese pochi secondi dopo, avvicinandosi al cestino e buttando la sua tazza di caffè vuota.

- Si, sto bene. Scusami - Mi scusai, bevendo un sorso del mio thè, facendo attenzione a non bruciarmi il palato - Stavo pensando -

- A cosa? -

Vorrei aver voluto avere una risposta. Ma dalla festa di venerdì non avevo più risposte, avevo più domande che potessi chiedere nello spazio di tempo di tragitto tra il nostro dormitorio e la mia classe, letteratura inglese.

- Dimmi di più su Calum Hood -

Le parole che uscirono dalla mia bocca mi sorpresero, avrei voluto che qualcuno mi avesse detto di stare zitta.

- Lui è... Lui è una fonte di guai -Mi rispose Roxy evasivamente, aumentando però la mia curiosità.

- E cosa  mi dici di lui? - Sapevo che non avrei dovuto calcare maggiormente con le mie domande. Ma mi sentivo come tutti, in particolare come se Calum stesse nascondendo qualcosa. Roxy ha vissuto a New York per tutta la sua vita ed era a conoscenza di cose che io non sapevo. Mi sentivo un po' in colpa per aver fatto tutte queste domande, ma la curiosità mi stava mangiando per tutto il weekend.

- Perchè lo vuoi sapere? - Roxy mi chiese non con sospetto, ma preoccupazione - Margot, fidati di me, non è il tipo di persona con cui averci a ... -

- Mi ha chiamata -

La bocca di Roxy si aprì per un secondo, vorrei non averglielo mai detto. Dirglielo mi faceva sentire come se mi stessi scavando una buca, un pozzo con le quali pareti più si andava in basso più diventavano strette.

- Sembrava ubriaco e sconvolto. Mi ha chiamato chiedendomi e per assicurarsi se fossi arrivata in sicurezza al dormitorio dopo che mi ha scaricata -

- Questo è cos... Non è da lui - Roxy affievolì vagamente, facendomi preoccupare di più. Non mi piaceva e non avevo inclinazioni romantiche verso di lui in tutto ciò. Ma non riuscivo a dimenticare il modo in cui mi aveva parlato al telefono. Sembrava così distrutto e rigido e mi aveva spaventata.

- Senti, non so' di cosa si trattasse, ma stai attenta. Lui non è il tipico cattivo ragazzo ricco . Calum ha fatto e fa ancora... un sacco di cose -

Il modo in cui la sua voce risuonò mi sembrava come una scusa per la mia domanda, ma prima che potessi fare altro, mi sentii chiamare.

- Margot! -

Era Luke. Vederlo mi provocò la pelle d'oca , per nascondere le miei emozioni non feci altro che sorridere. Roxy sorrise strettamente, evidentemente a disagio e feci del mio meglio per darle un tocco rassicurante sul suo braccio che passò inosservato.

- Hei - Dissi prendendo un respiro profondo e cercando di non lasciare che la mia apprensione si mostrasse sul mio volto. Luke camminò verso di me, e mi diede un abbraccio, un leggero odore di cannella misto a quello di qualche colonia costosa era emanato dal suo corpo.

Mi confortai quando lo vidi da solo, ma quando vidi una figura tutta vestita di nero uscire dalla caffetteria dietro alle spalle di Luke, mi sentii come se il mio sangue che scorreva nelle vene fosse diventato improvvisamente acqua ghiacciata.

- Calum -

- Ciao - Mi mormorò bruscamente, tirando fuori dalla sua tasca posteriore dei suoi skinny un pacchetto di sigarette e mettendone una tra le labbra. Mi trattenni dall'alzare gli occhi verso il cielo, naturalmente lui era l'ultima persona che avessi voluto vedere  questa mattinata.

Sembrava esausto e afflitto. I suoi occhi erano stanchi e buttò fuori pesantemente il fumo della sigaretta al lato della sua bocca. I suoi occhi erano circondati da due profonde occhiaie viola e guardandolo potevo benissimo dire che stava cercando di smaltire la sua sbornia. La sua bocca era leggermente curvata in un sorriso a denti stretti, ma quel sorriso era privo di qualsiasi emozione.

Si portò nuovamente la sigaretta alla bocca, tenendola fra l'indice e il medio e notai qualcosa che non avevo visto prima mentre Roxy e Luke continuano a chiacchierare.

Le sue nocche erano spaccate e rosse con un paio di tagli e sul suo sopracciglio potevo vedere un piccolo taglio.

Aveva fatto rissa?

- Che specializzazione state prendendo voi due? - Chiesi Roxy, la sua espressione era più rilassata, penso che la caffeina che aveva preso stamattina avesse iniziato a fare effetto.

Calum esalò annoiato verso l'alto, la nuvola grigia di fumo da lui rilasciata fluttuò nell'aria colpendomi senza volerlo, sia le voci di Luke e di Roxy mi risuonavano ovattate, come se fossi sott'acqua.

- Scienze politiche - Rispose Luke facendo un cenno verso Calum.

- Economia finanziaria - Rispose brevemente.

Aveva senso. Anche proveniente da una piccola città, conoscevo la Hood Inc. , era una società non solo piena di milioni, ma centinaia di miliardi. E tutti sapevano che la famiglia Hood era la più ricca degli Stati Uniti. Se Calum era il loro figlio unico, una volta laureato sarebbe subentrato.

-Luke, vado ora. Ci vediamo dopo - Disse Calum, ignorando completamente la nostra presenza, prima di allontanarsi e lasciarmi bruscamente come venne.

Luke gli diede un rapido saluto prima di ritornare da noi.

- E voi due invece? - Chiese prendendo un sorso dal caffè.

-Stavo pensando di laurearmi in architettura - Rispose Roxy, spingendomi leggermente per ottenere la mia attenzione - Margot? -

- Oh... emh... Inglese, probabilmente -

Le parole mi uscirono con facilità e venni riportata con i piedi per terra. La mia prima lezione sarebbe iniziata fra dieci minuti o giù di lì.

-Emh, penso che dovrei andare. L'edificio in cui ho lezione si trova dall'altra parte del campus-

- Merda, dovrei iniziare ad incamminarmi anch'io - Disse Roxy aggiustandosi la borsa sulle spalle - Margot, non dimenticarti che abbiamo il pranzo con i ragazzi. Va bene? Ci vediamo dopo - Mi ricordò per poi iniziare a correre verso la sua classe - E' stato un piacere conoscerti Luke -

Lui rise e io timidamente lo salutai prima di dirigermi verso la classe del mio primo semestre al college.

 

 

* * * 

 



Tutti e sei eravamo seduti nel tavolo di un fast food nei pressi del campus, gli altri scoppiarono a ridere per qualcosa che aveva appena detto Ashton mentre io sorrisi solamente, contenta di aver trovato già un gruppo di amici in questa nuova scuola.

La maggior parte delle persone che Roxy mi presentava e perchè le conosceva grazie a suo fratello che si era già laureato, quindi era difficile non sentirsi piccola circondata da tutte quelle persone che erano più grandi di me. Ma la cosa non mi dispiaceva.

Ashton, Will, Hutch e Jerome avevano tutti ventun anni ed erano al loro ultimo anno. Mentre Aaron aveva quasi ventidue anni e faceva tirocinio in uno studio legale. Il braccio di Aaron era appoggiato languidamente sulla sedia dietro alla mia schiena e quando Will si voltò la conversazione andò a finire su di me.

- Allora dimmi, Margot, ti sei arresa alle grinfie dell'amore e sei già nella situazione complessa ragazzo e ragazza? -

- Scusami? - Chiesi sentendomi le guance avvampare con tutti i loro sguardi addosso.

- Vuole sapere se sei impegnata o in cerca - Disse Aaron accarezzando con il pollice il mio braccio, sussultai per quel tocco mentre un brivido percorse la mia schiena.

- Sta solo cercando... come lo state facendo anche voi. E Margot è un po' delusa di ciò che c'è in vendita - Saltò umoristicamente Roxy, facendo ridere i ragazzi al tavolo.

- Beh, forse non dovrei dirti questo, Margot, ma tu sei la materia di molti dibattiti. E ci sono scommesse sul risultato - Ashton mi disse sorridendo, facendomi l'occhiolino.

- E tu hai scommesso? - Chiesi, sporgendomi in avanti.

- Certamente, sto conservando il tuo privilegio verso il cuore. Non posso dire la stessa cosa per queste teste di cazzo -

Will gettò una patatina ad Ashton fingendosi offeso. Sorrisi sapendo che la scommessa era di buon carattere.

- Dovremmo andare - Feci notare, guardando l'ora sul mio telefono. Quel pomeriggio avrei dovuto altre due classi e poi la giornata si sarebbe conclusa.

- Vi offro io il pranzo - Offrì Aaron, chiamando un cameriere e porgendoli la sua carta di credito nera.

- Mio dio - Mi disse Roxy sorridendomi - Grazie per il pranzo, ragazzi -

Li ringraziai pure io, prendendo la mia borsa e il telefonino sul tavolo. Ashton, Hucht e Will si stavano dirigendo verso la porta, incominciai a seguirli prima che sentii una mano afferrare il mio polso e tirarmi. Aaaron.

Mi tirai indietro facendo si che il mio petto non si scontrasse con il suo, e lui si chinò avvicinando le sue labbra vicino al mio orecchio.

- Prenditi il resto del pomeriggio libero - Mi sussurrò, portando la sua maso sul mio fianco e stringendolo leggermente - Potremmo andare al cinema e vedere cosa c'è in programma? -

Voltai la testa allontanandomi da lui, con un sorriso stretto nonostante mi sentissi a disagio.

- Mi dispiace, ho lezione - Dissi gentilmente, aspettando che lui togliesse la sua mano dal mio fianco - No, grazie - Rifiutai, agitandomi e volendo uscire più presto possibile da questo posto.

- Margot? Stai bene? - Mi chiamò Roxy fuori dalla porta, io e Aaron ci allontanammo prima di iniziarmi a camminare verso di lei.

- Si sto bene - Dissi sorridendo falsamente e aggiustandomi la gonna, salutai ancora una volta gli altri compreso Aaron e tornai a piedi al campus.


 

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Capitolo 9
*** Touch Her Again, And I'll Fucking Kill You ***


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Touch Her Again, And I'll Fucking Kill You


 

-Vieni alla festa? - Mi chiese Roxy con una mano appoggiata allo stipite della porta, e nell'altra teneva il suo astuccio dei trucchi.

Ero sommersa dal lavoro dopo la prima settimana anche se avessi avuto il fine settimana per completare i miei saggi, preferivo finire il tutto entro stasera. Ma ancora in me giocava l'idea di uscire di nuovo, nonostante tutto quello che era successo una settimana fa.

- Di chi è la festa? -

- Calum Hood. Ma non è nel suo attico, credo -

L'immagine del 21enne logore e insensibile che incontrai una settimana fa si fece strada nella mia mente con una sigaretta tra la bocca, sentii un sapore amaro nella parte posteriore della gola.

-Solo, non venire mai più alle mie feste. Tu non appartieni a quei posti, in ogni caso -

Scossi la testa cercando di scacciare via quelle parole. Ad ogni modo ero occupata abbastanza per non pensarci.

-Sto bene. Ho molto da fare - Dissi, portandomi una ciocca rossa dietro l'orecchio e portando il mio evidenziatore sul testo di antropologia, abbozzando un sorriso.

-Beh, l'offerta è sempre valida - Rispose Roxy brillantemente - Ci saranno altre festa a cui andare -

-A proposito, come riesce a dare feste ogni fine settimana? - Chiesi, solcando le sopracciglia.

- Non sempre sono organizzate come questa - Disse ridendo - Ed è questo il punto, la gente si presenta. Circola sempre alcol e droga alle sue feste. Quando sei ricco sfondato come lui ti puoi permettere di tutto -

-Beh, divertiti - Sospirai e Roxy si diresse verso i bagni.

Il mio telefono vibrò, lo presi e declinai gentilmente l'invito simile da parte di Luke, indecisa prima se premere il tasto per la segreteria.

Mia madre e Jake, il mio fratellino, durante questa settimana mi avevano chiamato più volte e quello che avevo fatto era stato ignorare le loro chiamate.

Mi sentivo male per non averli risposto, ma era ancora troppo presto e non sapevo se riuscissi ancora a sentire le loro voci. Mi rendeva troppo triste e colpevole e mi mancava essere a casa, quando, invece, disperatamente non lo volevo. Sopratutto dopo tutto quello che era successo.

Una volta assicuratami che Roxy se ne fosse andata, mi sedetti sul piumino blu del mio letto iniziando ad aprire la mia segreteria. Il primo messaggio era di mia madre. La sua voce era fredda e dura, con una ferita cucita dietro ad ogni parola.

Non la biasimavo.

Il secondo era di Jake, sussurrava nel telefono di casa. Era arrabbiato e aveva tutte le ragioni per esserlo. Aveva solo otto anni e non poteva capire cosa stava succedendo o perchè tutti erano tristi o perchè li avevo lasciati così all'improvviso.

-Me lo hai promesso-

Quando successe, tutti avevamo cercato un modo per far fronte a quella situazione. Per Jake era rabbia, confusione e lacrime. Per mia madre era il silenzio. E io ancora non riuscivo a capire quello che stavo facendo.

Il terzo messaggio era ancora di Jake, e me lo aspettavo come quello di prima, in cui mi diceva che ero un'egoista per averli lasciati e per averlo lasciato solo laggiù.

Ma quando sentii nell'altra linea un minuto di pianto soffocato, tutto quello che feci fu stringere un cuscino mentre il mio respiro tremò, cercavo disperatamente di non scoppiare a piangere insieme a lui.

-Sei sicura di non voler venire? -Mi interruppe Roxy, chiamandomi dietro alla porta della nostra stanza, mi asciugai frettolosamente le lacrime con il palmo della mano che erano scappate prima che lei mi potesse vedere.

Fece capolino con la testa dietro alla porta, alzando un sopracciglio.

-Margot, sarà divertente! Non ti svaghi mai, tutto quello che fai è studiare, studiare e studiare -

Il suo sorriso era malizioso e ormai, sapevo che avevo perso questa battaglia. Inoltre, dopo aver ascoltato la mia segreteria avevo bisogno di uno svago.

-Ok, ok, ok - Gemetti, mettendo l'evidenziatore tra le pagine e chiudendo il libro.

Dovevo solo trovare un modo per evitare Calum e poi avevo anche comprato un nuovo vestito.

- Comunque non è vera la cosa che non mi svago mai. Lo faccio - Protestai, ridendo per la prima volta e slegandomi la crocchia.

- Fare le maratone di Scrubs e rimpinzarsi di caramelle gommose non è uno svago -

Alzai gli occhi al cielo divertita, mentre Roxy rise sapendo di aver centrato il punto.

Roxy si sedette sul letto tirando fuori il libro di architettura minimalistica tedesca mentre mi aspettava che mi infilassi dentro al mio vestito rosa pallido che avevo comprato un paio di giorni fa e mettendomi un paio di ballerine, dopo aver imparato la lezione di settimana scorsa con i tacchi.

Presi una forcina, tenendola con le labbra mentre iniziai a tirarmi i capelli indietro, per fare una coda di cavallo.

- Lasciali giù - Roxy suggerì, alzando il suo sguardo da una foto di una casa con le finestre dal pavimento al soffitto e un disegno geometrico - Dovresti divertirti ogni tanto -

Lasciai andare la coda di cavallo, facendo si che i miei capelli arrivassero al di sotto delle scapole. Stavo bene, ma ancora non me la sentivo di lasciarmi andare completamente, non ancora. Mi truccai e poi feci un sorriso a Roxy per farle capire che ero pronta, potevamo andare.
 

 

* * * 

 

 

Non ero mai stata ad un club prima d'ora e pensavo che non ci avrei messo piede fino a che non avessi compiuto ventun anni. Ma quando Roxy disse al buttafuori che eravamo qui per la festa di Calum Hood alzò immediatamente il cordolo di velluto rosso.

 

La festa era per un certo ragazzo di nome Michael che avrebbe compiuto ventidue o ventitré anni, non ero sicura. Ma sapevo che Calum aveva affittato tutto il club per la notte, una prodezza che gli sarebbe costata una fortuna.

Quando entrammo, mi sentii inizialmente travolta dalle masse di corpi danzanti, mi sistemai in fretta il vestito, sentendo la mano di Roxy sul mio braccio per assicurarsi che non mi fossi persa anche questa volta.

La sua rassicurazione mi diede conforto, ma venne spazzata via quando notai Calum in piedi e con le mani afferrava lo scorri mano della ringhiera di vetro di un balcone che si affacciava sulla pista da ballo. Le sue labbra formavano una linea dura e praticamente fissava solo me. Non mi sorprendeva che fosse irritato del fatto che ci fossi anch'io. Guardai altrove, prendendo un respiro profondo e sorridendo a Roxy, cercando di spazzare via quello che sembrava preoccupazione, nervosismo e la sensazione che lui stesse guardando ancora me.

Roxy mi portò in un divano circolare situato all'angolo dove sedevano Ashton e Hucth e altre facce sconosciute.

- Margot, questo è Jamal. Jamal, Margot - Ci presentò Ashton gesticolando tra me e il ragazzo con le braccia muscolose che era praticamente sdraiato sul divanetto, inalando profondamente da qualcosa che odorava di quello che imparai a riconoscere come erba.

Ashton la prese dalle mani di Jamal , portandolo alle labbra e prendendone una lunga boccata e tenendo il fumo in bocca più a lungo possibile prima di soffiarlo fuori e iniziare a parlare.

- Ashton questo è Spliff. Spliff, Ashton -

Jamal rise, alzandosi per prendere un drink.

- Margot, conosci Aaron -

Lo notai che era seduto alla mia sinistra e lo riconobbi anche perchè lo aveva già incontrato la settimana scorsa. Le sue gambe era incrociate e divaricate, mentre la sua caviglia era appoggiata sulla parte superiore del ginocchio e il suo braccio drappeggiato pigramente contro lo spazio del divano che si trovava dietro alla mia schiena

Cercai di nascondere quanto fossi a disagio, sorridendo calorosamente e accavallando le gambe tenendo ferma la gonna, la sala improvvisamente divenne troppo calda e affollata.

Ashton, Hutch e Roxy e qualcun altro andarono avanti nella loro conversazione e Aaron si rivolse a me. Era sicuramente un bel ragazzo, ma c'era qualcosa in lui che mi metteva a disagio.

- Vuoi qualcosa da bere? -

- Io non bevo alcolici - Sorrisi scusandomi, volendo allontanarmi il più possibile, ma subito capii che ero quasi oltre il bordo del divanetto.

- Cosa ti piace bere, allora? -

- Un sacco di cose? - Dissi nervosamente.

Aaron si appoggiò facendo in modo che le sue labbra fossero appena sotto il mio orecchio, mentre il suo respiro mi colpiva il  collo.

- Sei piuttosto carina, lo sai? -

- Grazie - Dissi a bassa voce, premendo leggermente la mia mano contro il suo petto - Ma per favore non farlo -

Aaron si appoggiò all'indietro, sorridendo e mordendosi il labbro come un lupo che aveva appena accerchiato la sua preda.

- Cosa, tu non hai un ragazzo - Disse ridendo.

- E' solo che... - Cominciai, ma venni interrotta dalle sue mani che percorrevano la mia coscia mirando al bordo del vestito.

- Andiamo, rilassati. Lo so' che lo vuoi anche tu -

La sue labbra si appoggiarono nell'incavo del mio collo e le sue dita erano già sotto la mia gonna e immediatamente mi alzai in piedi, barcollando.

- Ho bisogno di un po' d'aria - Dissi frettolosamente, allontanandomi dal divanetto e spingendo contro due serie di porte a doppio battente che portavano ad un vicolo.

Con la mia schiena premuta contro il muro e gli occhi chiusi, mi sentii come se potessi respirare di nuovo. La notte era fredda, provocandomi la pelle d'oca lungo le mie braccia chiare, ma non mi dispiaceva. Qualsiasi cosa era meglio che essere dentro.

Le mie mani tremavano e li portai alla mia fronte, respirando a pieni polmoni e spingendo indietro i capelli cercando di rilassarmi. Il mio impulso era come quello di una corsa ma che rallentò rapidamente. Ignorai il senso di trepidazione che mi avvolgeva stando ancora fuori. Quando mi sentii pronta per tornare dentro, chiedendo scusa a Roxy ed a gli altri avvisandoli che sarei ritornata al dormitorio.

I miei pensieri vennero interrotti da rumore della porta che si aprì ed un Aaron che uscì nel vicolo, con un sorriso largo e i suoi denti bianchi e lucenti anche al buio.

- Quindi era questo quello che volevi, eh? - Ridacchiò Aaron mordendosi il labbro. La sua voce era bassa quando soffiò contro il mio orecchio quelle parole per poi afferrarmi la vita, chiudendo così lo spazio tra di noi.

- No, non è questo quello che ho... Per favore. Fermo - Dissi premendo le mie mani contro il suo petto allontanandolo - Per favore non è quello che voglio fare - La mia voce e i miei respiri erano tremanti.

Aaron rise tornando verso di me.

-Forse sarebbe più comodo se andassimo a casa mia? - Le sue labbra erano sul mio collo, mentre le sue mani salivano sempre di più la mia coscia raggiungendo il bordo del mio vestito - Ti andrebbe questo? -

- No, per favore, per favore. Smettila - Protestai scuotendo la testa e spingendolo nuovamente via, la sua espressione da divertita si trasformò irritata.

- Andiamo, non essere una pressa del cazzo - Sputò irritato, avvolgendo la sua mano sul mio polso stringendolo e tirandomelo indietro.

- Mi fai male - Dissi cerando di togliere disperatamente il polso dalla sua presa, guardandolo negli occhi - Per favore, smettila -

- Nessuno mi dice cosa fare - Disse ridendo, portando la sua mano sulla mia coscia. Ma prima che potesse arrivare più in alto, delle mani lo afferrarono dalle spalle tirandolo indietro. Aaron si voltò verso la persona che non avrei voluto vedere quando arrivai qui.

Calum.

I suoi occhi castani erano penetranti e freddi, quasi neri, lo sguardo fisso su Aaron.

- Cosa diavolo pensi di fare? - La voce di Calum era profonda e dura, mi provocò un brivido lungo la schiena.

-Oh dai, andiamo. Io e Margot ci stavamo solo divertendo un po'. Giusto, Margot? - Aaron rise, presi una boccata profonda, le mie mani tremavano ancora ai miei lati.

Aaron si allontanò da me standomi ancora di fronte, portai il mio sguardo su Calum. Il suo sguardo era ancora saldamente impostato su Aaron.

I pugni di Calum erano serrati, fece un passo verso Aaron, non distogliendo il suo sguardo da lui nemmeno un secondo.

- Margot, vai dentro -

Non voleva farmi vedere, cosa stava per accadere. La guardai di nuovo nervosamente e preoccupata per quello che sarebbe successo una volta che me ne sarei andata.

Le mie dita tremavano e potevo sentire i miei respiri traballare come Calum guardava Aaron, la sua mascella era serrata con rabbia.

- Vai -

Lo assecondai velocemente, tornando verso la porta di uscita e stando in piedi nel breve corridoi che conduceva all'interno del club. La mia schiena era premuta contro le piastrelle fredde del muro, sentii un breve scambio di voci prima che il suono di un forte pugno contro un osso riecheggiò attraverso il vicolo.

Il corpo di Aaron velocemente si rovesciò all'indietro. Il pugno di Calum si collegò con la mascella del ragazzo facendolo inciampare indietro fino a che non fu contro il muro di mattoni opposti. Calum lo prese per la camicia pronto per colpirlo dritto in faccia, ma Aaron lo bloccò, portandosi il braccio di fronte alla faccia mentre il pugno di Calum colpì l'orologio.

Ma Calum lo recuperò velocemente, tirandoli un pugno dritto sullo stomaco e facendolo inginocchiare per il dolore, lo afferrò per i capelli e li tirò una ginocchiata sul naso. Lo scricchiolio nauseante rimbombò nel vicolo. Il sangue scorreva dal naso di Aaron. Calum continuava a tirarli pugni, mentre dalla bocca di Aaron usciva del sangue per ogni pugno che riceveva, accasciandosi a terra contro il muro.

Mi portai rapidamente le mani alla bocca, inghiottendo un sussulto quando vidi l'anfibio di Calum colpire la guancia di Aaron, continuando a colpirlo con pugni più volte, per poco non mi fece voltare per l'orrore che stavo vedendo.

- FERMATI! Lo ucciderai! - Gridai aprendo la porta.

Potevo dire che quella che attraversava il corpo di Calum fosse pura rabbia come se lui desiderasse togliergli la vita. Il sangue copriva le sue nocche, invece lividi, tagli e sangue coprivano il volto di Aaron.

- Calum, fermati! Per favore! - Lo supplicai, afferrando il suo braccio e tirandolo via dal corpo ormai contorto di Aaron con le poche forze di cui ero capace.

La sua forza era nettamente superiore alla mia, ma i suoi occhi penetranti si ammorbidirono immediatamente quando incontrarono i miei e si allontanò, appoggiando una mano sulla parte bassa della mia schiena, con fare protettivo, mentre guardava contro il basso.

- Toccala di nuovo, e io ti uccido, cazzo - Calum sputò fuori, cosi basso che solo Aaron lo poté sentire. Tuttavia, il modo in cui le parole lasciarono la sua bocca mi provocarono un sacco di brividi lungo la schiena.

Mi sforzai di non guardare indietro. Aaron gemeva contro il marciapiede e mi voltai verso Calum, che mi stava conducendo fuori dal vicolo. Un taglio era sulla sua fronte e il sangue di Aaron sulla sua camicia nera. Per non parlare del sangue che copriva le sue nocche.

Per quanto lui mi spaventasse e mi rendesse nervosa, non potevo negare il fatto che fosse venuto in mio soccorso. Volevo ringraziarlo, ma ero troppo stordita per parlare.

Calum analizzò rapidamente la strada deserta, vedendo un gruppo di uomini che camminavano lungo il marciapiede, probabilmente venendo in soccorso dopo aver sentito i guaiti di dolore di Aaron.

Calum avvolse delicatamente la sua mano sul mio polso e mi tirò verso la sua macchina che era parcheggiata dietro al club, facendomi segno di andare con lui.

- Cal... - Cominciai per ringraziarlo, ma lui mi interruppe, posò una mano sulla mia vita mentre con l'altra tirò lo sportello della macchina aprendolo.

- Margot, dobbiamo andare. Ora -



 

SPACE AUTHOR



Hi, my beautiful people!!!! So Im here again. YAAY
Finalmente sono iniziate le così ATTESISSIME VACANZE!!!
Ma tornando a noi, prima di tutto scusatemi se sono sparita per una settimana lasciandovi senza un misero aggiornamento e con la curiosità del prossimo capitolo. Praticamente mi sono barricata in camera a studiare per l'esame. Ma adesso finito tutto, proverò ad aggiornare più spesso.
Allora, vi avevo promesso che sarebbe successo qualcosa di GROSSO in questo capitolo, credo di aver mantenuto la promessa. HAHAHA
Come avrete letto Margot non vuole uscire, ma viene convinta da Roxy e ovviamente si ritrova imbucata nell'ennesima festa organizzata, anzi compleanno, da Calum.
E quando il ragazzo la vede, sembra arrabbiarsi.
Poi appare il nostro '' easy '' Ashton con il resto della ciurma e Aaron che nel capitolo precedente ci provava con Margot. 
E quando Margot vede che il ragazzo  prova a '' spingersi oltre'', lo respinge.
Ma Aaron sembra non mollare e ci prova una seconda volta, andando contro il volere di Margot. E quando la ragazza sembra aver bisogno di aiuto, si presenta Calum.
Diciamo che la scena tra Aaron e Calum è molto forte e d'impatto.  Voi ve lo sareste mai aspettato un Calum così violento?
Ma nel momento in cui Margot lo ferma dal pesteggio e prova a ringraziarlo, Calum le ripsonde che devono andare via da lì.
Perchè?
Comunque mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate di questo capitolo.
Ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: preferiti, seguiti e ricordati.
Grazie ancora e ci vediamo al prossimo capitolo.
See ya soon.
Baci Lalluby

 



 

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Capitolo 10
*** Thank You, For Doing That, For Me ***


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Thank You, For Doing That, For Me






Avevo visto un sacco di infortuni. Alcuni miei e alcuni delle persone che amavo. Avevo visto mia madre prendersi cura delle ferite e lividi. Alcune peggio e altre cattive. Innumerevoli volte. Ma vedere, il sangue sul taglio di Calum al sopracciglio mi provocava la nausea.

Calum era chiaramente il vincitore di quella rissa, ma non era uscito completamente illeso. I tagli e lividi che aveva alle nocche, anche prima di stasera, si erano riaperti e la sua camicia era coperta del sangue di qualcun altro.

Non potevo dire se questa fosse una cosa buona o cattiva.

Mentre guidava, ogni volta che chiudevo gli occhi, sentivo il suono delle ossa e dello scricchiolio nauseante della ginocchiata di Calum in collisione contro il naso di Aaron.

L'attico dove viveva Calum era altrettanto diverso dalla sua figura insanguinata che era di fronte a me, vestita di nero, e che aveva picchiato un uomo fino alla morte.

Per me.

Calum si tolse la camicia, sussultando aspramente per il taglio.

- Dannati anelli del cazzo. Io li odio -

- Lascia che ti aiuti -Mi offrii, seguendolo nella cucina ampia e luminosa.

-No, va bene - Si rifiutò ostinatamente, in piedi in mezzo alla cucina, a torso nudo che cercava cautamente di premere la camicia contro la sua ferita. Potevo solo immaginari i tagli e le contusioni che potesse avere Aaron. Al sol pensiero rabbrividii.

- Calum - Cominciai prendendo la camicia dalle sue mani. Avevo imparato abbastanza in situazioni come queste da mia madre per sapere cosa fare.

Aprii il lavandino, lasciandolo in funzione portando la camicia nera sotto il getto dell'acqua e guardai il mix del sangue di Aaron con l'acqua fredda prima che scendesse nello scarico. Calum si mise un' altra camicia nera come io strizzai quella vecchia, eliminando l'acqua in eccesso prima di sedermi sul piano della cucina.

- Vieni qui - Mormorai. Calum esitò un attimo prima si separare le mie gambe e prendendo posto tra di loro. Si trattava di una posizione incredibilmente intima, ma ancora il mio respiro tremava e aprii e chiusi velocemente gli occhi prima di tenere premuta delicatamente la camicia appallottolata contro il suo taglio, mentre la sua tempia era ancora sanguinante.

La mano di Calum era posta accanto a me. Mi chinai in modo da poterlo facilmente raggiungere, ma quando aumentai la pressione un po' di più per fermare l'emorragia, afferrò il tessuto del mio vestito.

- Merda - Imprecò, le sue mani insanguinate erano adesso sulla mia vita come uno sbocco per il dolore, piegò la testa verso il basso seppellendola nel mio collo, senza pensarci.

La sua presa sulla mia vita così come il suo viso sepolto nell'incavo del mio collo mi fecero quasi sussultare. Tenevo premuta ancora la camicia bagnata sulla suo fronte forse da venti secondi, sperando che la pressione arrestasse l'emorragia. Il taglio non era abbastanza profondo per aver bisogno di punti, ma di sicuro era abbastanza profondo da fargli male. L'anello di Aaron doveva avergli colpito la tempia mentre si stavano prendendo a pugni.

- Scusami -

Calum alzò la testa ritraendosi dal mio collo e lasciando la presa sulla mia vita e mormorandomi un semplice '' non fa nulla''.

- Hai qualche pomata o qualcosa da poter mettere sopra al taglio? - Chiesi sommessamente, guardandolo dalla mia posizione.

- Si, si, ci dovrebbe essere del Neosporin in bagno - Mi rispose pigramente indicando il bagno, mentre si appoggiò vicino alla mia gamba.

Dubbiosa annuii.

Presi la pomata afferrando anche una scatola di cerotti, delicatamente applicai strofinando la pomata sul suo taglio prima di mettergli un cerotto sopra. I suoi occhi furono chiusi per tutto il tempo e non potei fare altro che ammirarlo dalla mia posizione. Qualche accenno di barba sotto il suo mento e due piccoli nei sulla sua guancia.

-Ora, questi - Sospirai, sorridendo con rimorso e osservando i lividi che fiancheggiavano le sue nocche così come i tagli grezzi dall'aspetto che si erano riaperti.

- Grazie, per averlo fatto, per me - Dissi guardando verso il basso, cercando di concentrarmi sulle sue mani insanguinate. Lui non rispose, fece solo un segno di assenso e fece del suo meglio per farmi un piccolo sorriso, credo che quello fosse il primo sorriso che vidi su di lui.

Disinfettai con attenzione ogni taglio, lui irrigidì la mascella, cercando di non sussultare dal dolore. La mia mente lampeggiò rapidamente tornando al pugno di Calum che si scontrò contro l'orologio di Aaron e quest'ultimo che cercava di difendersi, senza successo.

Non era nulla ma mi provocò ancora i brividi lungo la mia schiena, fin troppo consapevole che in piedi tra le mie gambe avevo un ragazzo potenzialmente pericoloso e tenebroso e che mi stava permettendo di prendermi cura di lui.

- Come fai a sapere tutte queste cose? - Calum mi chiese, guardandomi, mentre mettevo del Neosporin sopra ogni taglio.

- Mia madre - Mi fermai, trattenendo un respiro mentre avvitavo il tappo della pomata - Me lo ha insegnato - Dissi a bassa voce, sperando che non mi facesse altre domande sulla mia famiglia. Tentai di mettere un cerotto sopra ogni taglio sulle sue nocche, consapevole che con il più piccolo del movimento si sarebbe staccato. Aveva bisogno di una fasciatura, ma questo era tutto quello che avevo trovato.

- Tua padre? - Chiese, chiusi gli occhi lentamente prima di aprirli.

- Mi dispiace, io... io non me la sento di parlare di questo -

Cadde il silenzio fra noi, ma in quel momento avrei desiderato di poter trovare coraggio di dirglielo. Ma era troppo presto e parlare di mio padre, mi portava un esito negativo. Era meglio spazzolare via il suo ricordo e poter solo dimenticare.

Prima che io lo sapessi, una lacrima rigò la mia guancia, rapidamente l'asciugai, sperando stupidamente che lui non mi avesse visto.

Ma Calum prese le mie mani tra le sue grandi mani ruvide e callose.

Lentamente, portò le sue mani sul mio viso, asciugandomi silenziosamente le lacrime e guardandomi negli occhi. La mia mente d'impulso accelerò come se stesse gareggiando contro qualcosa che non sapevo nemmeno io cosa. Il suo volto era vicino, cosi vicino al mio e potevo percepire il tempo rallentare, arrestarsi poi e continuare a riprendere mentre si appoggiò più vicino, chinandosi con il suo corpo tra le mie gambe. C'era un tacito accordo, entrambi stavamo cedendo per qualcosa di folle e che non ci saremmo mai aspettati che accadesse, e prima che mi resi conti, le sue labbra erano sulle mie e i miei pensieri andavano in tutte le direzioni nella mia mente, non in grado di stare fermi.

Il mio respiro si fece breve contro le sue labbra, lui approfondì il bacio. La tensione era crescente in modo esponenziale. Improvvisamente nulla mi importava più. In un secondo le sue mani erano sui miei fianchi, con una presa salda. Ma quando gemetti schiudendo le labbra, lui fece scivolare la sua lingua attraverso quel bacio facendolo diventare più passionale. Lasciò la presa sulla mia vita, mentre io avvolsi le mie gambe attorno al suo torso, afferrò le mie cosce sostenendomi e alzò la mia gonna in modo che fosse intorno ad esse.

Non sapevo come avrei potuto spiegare che avevo messo piede, volutamente, in un percorso che era così pericoloso. Ma con Calum, era come se le spiegazioni non servissero. Baciarlo era come accelerare in un tratto aperto di autostrada, senza limiti, senza una fine, solo una corsa di alta velocità ogni volta che le mie labbra si scontravano con le sue.

Non mi ero mai sentita e non ero mai stata così con nessuno prima, così vicino, così bisognoso, così tenebroso. E il sol pensiero mi spaventava. O forse ero solamente spaventata del Calum che avevo visto poche ore prima, tenebroso e violento. Ma in questo momento, come potevo essere spaventa dal Calum che si trovava tra le mie gambe e mi stava baciando tenendo le sue mani sulla mia vita?

- Calum - Piagnucolai disperatamente e mettendo le mie mani sul suo petto per poi premerlo, allontanandolo. -Dobbiamo smettere -

La sua presa sul tessuto della vita del mio vestito allentò, allontanandosi, appoggiò la sua mano sulla parte posteriore del suo collo e si passò una mano tra i capelli corvini, probabilmente per la confusione e frustrazione. O forse era solo il modo che stava usando per cercare di mettere insieme i suoi pensieri.

In quel momento mi sentii come se qualcuno stesse percorrendo la mia spina dorsale con un cubetto di ghiaccio provocandomi un sacco di brividi. Raddrizzai la gonna del mio vestito abbassandola, le mie mani andarono oltre alle macchie di sangue che lui aveva lasciato qualche secondo fa, per poi vagare su tutto il vestito, disperate di tirare il suo corpo vicino al mio ancora una volta.

- Mi dispiace io... Prenderò la metropolitana - Dissi, resistendo alla tentazione di passare le mie dita sul labbro inferiore, ricordando il fantasma del bacio che era ancora lì istanti prima.

- No, ti accompagno -

-Grazie per tutto. Ma credo che sia meglio che vada da sola-

Avevo bisogno di tempo per pensare. Iniziai a camminare, in procinto di correre fuori da quella cucina, ma lui chiuse la sua mano intorno al mio polso, attirandomi verso di se.

-Margot - Incominciò, ribattendo, ma poi si fermò, fermando anche il suo treno di pensieri - Chiamo il mio autista e ti faccio venire a prendere. Non mi piace l'idea di te, da sola, che prendi la metropolitana, va bene?-

Non sapevo come rispondergli, così lo ringraziai.

Calum fece una chiamata così io aspettai dieci minuti sentendoli come se fossero un ora, mentre ero seduta sul divano bianco di pelle costoso dell'attico di Calum, che per poco non aveva picchiato a morte un ragazzo per me. O il Calum che avevo appena baciato.

- L'autista è qui - Disse in piedi sullo stipite della porta, le braccia incrociate al petto e il suo corpo teso - Ti accompagno giù -

Nel corridoio non parlammo. Nell'ascensore c'era solo silenzio. Nessuno rumore provenne da entrambi quando camminammo fuori dalla lobby.

Il silenzio venne rotto solo quando lui andò a parlare con l'autista.

- Riportala a Morningside - Disse Calum, appoggiandosi al finestrino dell'autista con la macchina nera lucida.

Non dicemmo nulla sul bacio di prima, il silenzio pesava tra di noi come un peso morto.

Ma quella sera mi sorprese, per la seconda volta. Si chinò dalla sua altezza e portò la sua mano sul mio fianco, toccandolo delicatamente, premendo poi le sue labbra contro la mia fronte, indugiando per un attimo prima di staccarsi. Facendo così accelerare il mio cuore.

- Stai attenta -

Volevo dire la stessa cosa per lui.

Calum fece salire la sua mano lungo la mia schiena, mentre con l'altra mi aprì lo sportello, attendendo finchè non entrai dentro la macchina, per poi chiuderlo.

Lui era ancora in piedi sul marciapiedi con fermezza, quando la macchina era quasi alla fine della strada.

Era tardi quando tornai al dormitorio, tutti dormivano. L'unica luce che proveniva era quella del bagno, mentre io facevo mente locale di tutto ciò che era successo, cercando di lavare via la macchia di sangue sul mio vestito.

Non verrà mai via.








 

SPACE AUTHOR



Hi my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Indovinate che posta il nuovo capitolo ad orari improponibili? Ovviamente io!!! 
So che con lo scorso capitolo vi avevo lasciato con la cursiosità a mille e chiudo UMILMENTE PERDONO per avervi ''ucciso'' con questo capitolo.
Nessuno si sarebbe aspettato che Calum baciasse Margot, dato che tra i due non scorre buon sangue. Eppure è successo.
Voi ve lo sareste immaginato?
E in questo capitolo appare un altro lato di Calum, quello protettivo che si preoccupa di riaccompagnarla a casa. 
Ma la cosa più importante è: cosa succederà tra quei due dopo questo bacio?
Anche in questo capitolo, salta fuori qualcosa sul passato di Margot e salta fuori anche che non le piace parlare del padre.
Comunque ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: preferiti, seguiti e ricordati.
Vi ricordo che potete trovare la storia on Wattpad ( http://www.wattpad.com/130521917-out-the-order-c-h-prologue )
Grazie ancora e ci vediamo al prossimo capitolo.
See ya soon.
Baci Lalluby

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Capitolo 11
*** Stay Where You Are. Im Coming To Get You ***


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Stay Where You Are. Im Coming To Get You



Da: Calum Hood

Sei arrivata?

x C.

La vibrazione improvvisa del mio cellulare, che giaceva sul comodino mi fece spaventare un po' e quando vidi chi era i mie nervi vennero mandati al limite.

Le mie dita tremarono per tutto il tempo che sbloccai il telefono e digitando una risposta, chiedendomi in cosa mi fossi cacciata.

A: Calum Hood

Si, grazie.

Da: Calum Hood

Scrivimi la prossima volta che sei arrivata.
 

Digitai un veloce '' Va bene'' e aspettai. Riuscivo a vedere apparire la mia bolla di pensieri , per poi sparire, lui era il tipo di risposta che probabilmente avrei cancellato. Dopo pochi secondi il mio cellulare vibrò nuovamente.

Da: Calum Hood.

Buonanotte, Margot. 
x C.

Appoggiai il mio telefono sul petto, sospirando e sdraiandomi nel letto. Chiusi gli occhi e lasciai che i miei sogni mi portassero via, composti da un ragazzo con gli occhi scuri e le mani insanguinate.

 

 

* * *

 



Quella strana sigaretta che doveva essere molto probabilmente una canna, passò da Finn, un ragazzo che avevo appena conosciuto, a Will, poi ad Ashton ed infine ritornò ad Hucth. Mentre io ridevo divertita alle loro battute, masticando il mio panino.

 

- Ti sto dicendo che non mi sono mai sentito così ispirato in vita mia - Disse Hutch in stupore, tenendo la canna in mano e prendendo un altro sorso di Bourbon - Mille sogni dentro di me dolcemente bruciano - Finì Hutch tentando di alzarsi, ma cadde giù, schiantandosi contro il divano.

- Hutch ama citare Rimbaud quando è fatto - Mi spiegò Ashton voltandosi verso di me, facendomi ridere nuovamente. - Dov'eri ieri sera, in ogni caso? Eravamo preoccupati? -

- Io... E' complicato - Balbettai, non volendo parlare di questo argomento qui. E per qualche ragione, non volevo affatto parlare del bacio con Calum.

- Hai sentito cosa è successo a quel testa di cazzo, come si chiama? Aaron? - Disse umilmente Finn , interrompendo la nostra conversazione - Qualcuno ha dato fuoco alla sua auto la notte scorsa -

Il mio cuore iniziò a battere velocemente, cercai di nascondere le mie emozioni. Mentre Ashton si accese una sigaretta, solcando la fronte e tenendola tra l'indice e il medio.

- Quasi picchiato a morte, in precedenza nella notte. E poi è tornato a dargli un avvertimento, presumo -

Ashton inalò per poi buttare fuori il fumo.

- Porca puttana -

Mi sentivo come se la temperatura della stanza fosse scesa almeno di dieci gradi mentre la pelle d'oca iniziò a formarsi sulla mia pelle chiara. Sentii un formicolio quando capii chi potesse essere stato. La conversazione poi si spostò alla letteratura, come al solito, discutendo sui trascendentalisti, e anche se mi sarebbe piaciuto restare , dovevo schiarirmi le idee e pensare o essere da qualche altra parte. Da qualche parte che non fosse qui. Tutte le loro parole suonavano come voci ovattate, come se fossi lì, ma non realmente.  Sott'acqua che osservavo da lontano. I miei pensieri erano annebbiati da Calum, solamente Calum.

- Ashton, devo andare - Dissi sommessamente, in modo che mi potesse sentire solo lui, alzandomi dal divano del suo piccolo monolocale e sistemandomi la gonna del vestito.

- Hai detto solamente due parole da quando sei qui. Stai bene? - Mi disse Ashton, in piedi, con la sigaretta tra le dita e le braccia incrociate al petto con preoccupazione.

Tutti gli occhi erano su di me, sorrisi falsamente, rassicurandoli.

- Sto bene, sono solo stanca. E comunque, ho tonnellate di studio - Dissi aprendo la porta e mettendo il piede fuori per poi richiuderla subito dietro di me.

Ma prima di fare le scale che mi avrebbero portato giù, calmai il mio respiro. Ma non ci riuscii, così appoggiai la testa contro il muro di mattoni, il mio petto iniziò a farmi male mentre i miei respiri si fecero sempre più brevi. Sentivo le mie mani tremare e la gola seccarsi.

Ero in preda dal panico.

Sentivo ancora nella mia testa il suono delle ossa rotte, per poi invadermi la mente l'immagine con delle fiamme che stavano invadendo una macchina, il ghigno di Aaron e i suoi palmi sporchi che tentavano di raggiungere il sotto del mio vestito.

Tutto ciò che successe la scorsa notte mi offuscò. E il pensiero di quello che avrebbe potuto fare Calum ad Aaron mi terrorizzava. Quando arrivai alla Columbia, non avrei mai pensato che mi sarei imbattuta in qualcosa di simile in così poco tempo.

E poi c'era Calum.

Il mio flusso di coscienza roteava e ondeggiava verso il pensiero di lui, e delle sue labbra premute contro le mie. Stavo cercando di mantenere la calma pensando a tutte queste cose e non cercare di crollare a pezzi in mezzo a queste scale. Tutto quello che era successo mi stava colpendo solo ora, scioccandomi come se un camion da dieci tonnellate stesse scaricando il suo carico tutto su di me.

Il mio telefono squillò, pensai immediatamente che fosse mia madre o Jake o semplicemente una loro altra telefonata da ignorare. Ma invece era l'unica persona che non ero stata in grado di smettere di pensare da ieri sera. Dal momento in cui le sue mani afferrarono la mia vita al momento in cui le sue labbra furono sulle mie.

Calum.

Mi morsi il labbro decidendo se rispondere o no. Ma alla fine lo feci. Accettai la sua chiamata. Cercando di controllare la mia voce.

- Pronto? -

La mia voce era traballante ed echeggiò un poco quando scesi l'ultimo gradino della tromba di scale.

- Sono Calum - Disse con voce profonda e roca dall'altra estremità, chiusi gli occhi, sperando che non sentisse come mi sentivo.

- Ciao Calum - La mia voce si spezzò quando dissi il suo nome e mi sentii come se fossi sul punto di piangere, confusa e insicura di cosa stesse succedendo nella mia vita.

- Stai bene? - Disse umilmente quasi ridendo. Un singhiozzo soffocato premette contro la mia gola. Non so' se in quel momento avessi energia per fare qualcosa, ma ne avevo per cadere a pezzi.

- Non proprio - Ammisi sorprendendomi, cercando di non far cadere a pezzi ogni parte di me. Non solo per ieri sera, ma anche per quello che successe prima della mia partenza.

- Dove sei? - La sua voce risuonò come un'asta di acciaio, rigida e irremovibile. Potevo quasi sentire il suo stringere la mascella dall'altro capo.

-Calum - Provai, sperando di fermarlo e desiderando che non avessi detto nulla.

- Dove sei? -

A malincuore mormorai l'indirizzo, tirando le maniche del mio giubbino in jeans e asciugandomi rapidamente le lacrime che erano cadute dal mio precedente attacco di panico. Tutto successo proprio come ieri sera. Lui mi aiutava a calmarmi. Mi aiutava a sentirmi al sicuro quando nulla non lo era o tutto sembrava rompersi o impossibile da gestire.

-Resta dove sei. Ti vengo a prendere-


* * *


 

Oscar Wilde una volta disse che: '' Un bacio può rovinare una vita umana ''.

Per lungo tempo, pensai che questa frase fosse del tutto sbagliata. Un sacco di cose avrebbero potuto rovinare una vita umana. E io avevo visto la giusta quota di vite rovinate. E qualcosa come un piccolo bacio non poteva essere una di quelle.

Quando nacqui mia madre aveva solo diciannove anni.

Incontrò mio padre ad una festa l'estate prima, questa era stata organizzata in uno dei laghi della mia città da un loro amico. Mia madre era calma, prudente ed era quella che cercava di vedere il buono in tutto. Mio padre, invece, aveva ventitré anni, era uno scrittorie appassionato, fumava troppe sigarette, era tenebroso e aveva il gusto del rischio.

Tutta la loro estate divenne composta da baci rubati in quello stesso lago e probabilmente un centinaio di poesie che mio padre avrebbe scritto su di loro.

Oggi, quello stesso lago, in cui gli studenti delle scuole superiori vanno ad ubriacarsi.

Mi sedetti su una panchina del marciapiede, ancora un po' bagnata dalla pioggia di questa mattina. Trattenni le mani sulla mia giacca di jeans cercando di dare un senso a qualcosa. A qualsiasi cosa.

Ma ogni volta che ci provavo, sentivo il suono delle sue mani afferrare il mio vestito, macchiare il tessuto con il sangue delle sue mani. Tutto quello che potevo sentire erano le labbra di Calum sulle mie.

E quando provai a pensare ad altro, tutto quello che potevo vedere era un auto che si schiantava quasi contro una casa. Quell'immagine non sarebbe mai andata via. Una bambina di otto anni, con le gambe sottili che teneva in mano felice un pacchetto di caramelle che le aveva comprato suo padre, mentre adesso era il contrario. Un persistente fumo di sigarette e ospedali freddi.

Un uomo che poteva avere circa sulla quarantina mi guardava. Mi sorrise. Il suo sguardo indugiò sulle mie gambe, poi sul il mio corpo e infine incontrò il mio sguardo. Non sapevo perchè mi guardasse in quel modo, ma provai di nuovo quella paura che avevo provato ieri con Aaron. Forse mi guardava così, perchè avevo appena smesso di piangere e sul mio volto c'era ancora traccia di qualche lacrima. Forse perchè faceva un po' freddo ed ero con un vestito primaverile, una giacca in jeans con al piede delle semplici converse. O forse perchè non avevo un anello di fidanzamento al dito, ma sentivo crescere il senso di ansia misto al terrore che avevo provato pochi attimi fa.

E proprio quando pensai di essermi calmata, tutto mi travolse. Le mie mani fredde iniziarono a tremare, mentre il mio corpo mi diceva che avesse paura senza darmi un perchè.

'' Un bacio può rovinare una vita umana ''

Ora che ci penso, forse Wilde aveva ragione. C'era una pericolosa spirale di causa ed effetto. E un bacio poteva portare verso qualcosa di grande, facendo precipitare anche la persona più attenta in un abisso senza fine.

Ma forse, nel mio caso, il culmine degli eventi poteva rovinare una vita innocente, e un bacio era la prova per dimostrare quanto l'avesse rovinata.

E questo mi terrorizzava.

 

 

* * *
 



La macchina di Calum accostò al marciapiede pochi minuti dopo, il suo polso era appoggiato al volante e uno sguardo marmoreo dipinto sul suo volto.

 

Aprii la portiera e mi sedetti dentro, pensando a tutto ciò che nella mia vita mi avesse portato in questo esatto momento in cui mi sedevo nella macchina di un ragazzo quattro anni più grande di me che era una minaccia. Lui era tutto ciò che non ero io.

Le maniche del mio giacca in jeans erano strette tra le mie dita e i mie palmi, per poi trascinarle fin sopra ai miei polsi, non sapendo se fosse una buona idea dato che sarei potuta scoppiare a piangere nuovamente,

- Mi puoi dire cosa c'è che non va?- Mi chiese burbero Calum, guidando su una strada e arrivando in un luogo più appartato, le sue labbra erano serrate quando mi guardò.

Sospirai, scuotendo la testa. I miei respiri uscirono come frastagliati e rotti.

- Non è importante -

- E' importante per me -

Lo guardai, i miei occhi erano lucidi, annebbiati e arrossati, sentii una lacrima percorre la mia guancia leggermente arrossata per il freddo. Iniziai a piangere di nuovo, anche se disperatamente non lo volevo.

- Hei - Disse a bassa voce, in netto contrasto con la sua personalità tenebrosa e pericolosa - Cosa c'è che non va?-

E a quelle parole scoppiai a piangere lasciandomi andare. Tutto era dannatamente sbagliato. Portai le mie mani sul mio volto cercando di nascondere il mio viso e gli occhi rossi. Era raro che piangessi così, ma in questo momento tutto era troppo per me ed io non ero stata capace a gestirlo.

Calum mi spostò rapidamente dal mio sedile, tirandomi al suo grembo, tenendomi stretta e permettendomi di piangere sulla sua spalla. Eravamo un contrasto quasi perfetto. Lui vestito tutto di nero e io vestita di bianco. Lui pericoloso, a volte crudele e spietato per aver quasi ucciso un uomo solo picchiandolo e io la ragazza che aveva una visione innocente della vita con una costante paura di innamorarsi. 

Lui non disse nulla. Probabilmente perchè non sapeva cosa dire. Perchè, chi in casi come questi ne sarebbe stato capace? Ma il silenzio era confortante. Tutto era in silenzio. Si sentiva solo il suono dei nostri respiri e il ronzio dell'aria condizionata all'interno di questa macchina costosa.

I miei singhiozzi rallentarono, diventando respiri tremanti, accompagnati ancora da qualche lacrima, ma lui mi strinse più stretta a se, tirandomi maggiormente verso di se e appoggiando il suo mento sopra la mia testa. Lo sentii lasciare un bacio tra i mie capelli, lasciando poi un respiro profondo e mi accarezzò il fianco tracciando linee immaginarie con le dita. In qualche modo riuscì a farmi sentire bene, quando invece, tutto stava crollando.

Mi teneva solo stretta a se, in silenzio e facendomi dimenticare per qualche momento tutti i miei problemi a casa, qui, la scorsa notte, in questo momento. Tutto.




 
SPACE AUHTOR




Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora spiazziati con il capitolo precedente per il bacio tra i due, e sopresi con questo. HAHAHAH
Comunque, che ve ne pare?
Lo so che è un capitolo breve, ma mi serve come attacco per il prossimo capitolo e che ultimamente posto i capitoli ad orari improponibili.
Quindi vi chiedo SCUSA.
Dopo essere ritornata al dormitorio, Calum si preocuppa ancora per la nostra Margot e le manda dei messeggi per vedere se è ritornata al dormitorio.
Ed a pranzo del giorno successivo quando  la ragazza si ritrova a scherzare con i suoi amici, viene a scoprire per mezzo di Ash & co. che qualcuno ieri a pestato a sangue Aaron e incendiato la sua macchina. E Margot quando capisce chi possa essere stata a fare quest'ultimo gesto, ''scappa'' per la paura che loro potessero capire qualcosa e sopratutto perchè deve schiarirsi le idee per l'ultima notizia dell'incendio dell'auto di Aaron. Per poi essere spiazzata una seconda volta con la telefonata di Calum.
In un primo momento sembra il solito Calum, rude e tenebroso. Ma quando capisce che c'è qualcosa che non va nelle voce di Margot, salta fuori la sua parte protettiva e vuole sapere a tutti costi dove si trova. Ve lo sareste ma aspettato?
Comunque ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI; SEGUITI E RICORDATI. Davvero grazie.
Ah, dato che questo capitolo come ho detto prima era un'attacco per il prossimo, preparatevi perchè succederà QUALCOSA DI GROSSO nel prossimo capitolo.
Grazie ancora.
See ya soon,
Baci Lalluby

 

 

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Capitolo 12
*** What Are You Doing To Me? ***


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What Are You Doing To Me?


 



- Devo rispondere a questa chiamata - Disse con le sopracciglia aggrottate mentre guardava lo schermo illuminarsi. Eravamo di nuovo nel suo attico.

Le sue mani si tolsero dalle mie. Il mio sguardo andò sulle ombre di luce della tazza verde di tè caldo che tenevo tra le mani. Mentre lui scomparì nell'altra stanza con il suo telefono attaccato all'orecchio, chiudendosi la porta alle spalle.

Il cielo era ricoperto di sfumature rosa, lasciando posto alla notte. Presi la mia tazza di tè fumante. Mi appoggiai al bracciolo del divano guardando fuori dalla grande finestra che si affacciava sulla parte più ricca di Manhattan.

Da lontano, sentii la voce di Calum alzarsi di volume e poi abbassarsi ancora, aprendo poi la porta.

- Hei- Disse chiudendosi la porta dietro alle sue spalle, prima di camminare verso il divano, presi un profondo respiro, sorridendo verso di lui.

La scorsa notte, io mi ero presa cura di lui. Così ora, credo, che lui stesse facendo lo stesso per me.

- Ti senti meglio?-

Annuii, posando la tazza sul tavolino in vetro.

- Si, un po'-

Volevo scusarmi, ma sapevo che lui avrebbe voluto delle spiegazioni che io non ero pronta a dare. E non sapevo se ne fossi stata capace.

- Sei sicura?- La sua bocca si contorse in una smorfia, interrogandomi.

- Starò bene -Gli dissi con un falso sorriso a cui ero abituata ad indossare, sperando di rassicurarlo, ma il suo viso si contorse in una espressione accigliata.

- Non è un vero proprio sorriso - Disse diretto, socchiudendo gli occhi per poi alzarli al cielo mentre la sua espressione era irritata.

- Si lo è - Mentii guardando verso il basso - Sto bene -

- Bugiarda- Ribatté duramente. Dietro ai suoi occhi c'era insicurezza e io non sapevo cosa fare. Mi prese di sorpresa, muovendo le sue dita sui miei fianchi e facendomi il solletico, facendo così sfuggire dalla mia bocca una grande quantità di risate incontrollabili. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso quando mi vide ridere.

- Smettila!- Gridai, ridendo mentre il suo corpo si librava sopra il mio, entrambe le nostre risate riempivano la sala. Lui prese le mie braccia con una mano portandole sopra la mia testa e solleticandomi il fianco con l'altra, mentre  mi dimenavo ridendo sotto il suo tocco.

- Questo - Disse, guardandomi, il suo sorriso era raggiante differente dalla sua solita personalità, tenebrosa, scontrosa e impassibile. Chinò la sua testa premendo il suo naso contro il mio - E' un vero proprio sorriso-

Le sue labbra erano pericolosamente vicino alle mie, presto entrambi ce ne rendemmo conto. Le mie gambe erano avvolte attorno alla sua vita mentre lui era sopra di me e i nostri petti in movimento si toccavano a vicenda.

- Mi dispiace - Dissi a bassa voce. L'atmosfera nella stanza era completamente cambiata. Stavo per allontanarmi da lui, le mie guance erano arrossate dall'imbarazzo, ma invece, fermamente mi afferrò, mosse le mie gambe in modo che, le mie ginocchia fossero rivolte verso l'alto, abbassandosi maggiormente tenendo il suo peso corporeo con un gomito.

Il suo braccio si insinuò dietro la mia spina dorsale, facendomi inarcare la schiena, sgranai gli occhi quando sentii le sue labbra sopra le mie, provocandomi la pelle d'oca.

Sentii una sensazione di calore allo stomaco, come un piccolo fuoco, che si estese poi in tutto il corpo. Ero solo elettrizzata dal modo in cui le sue dita toccavano la mia pelle e come il suo petto si scontrasse contro il mio.

Cosa mi stai facendo? - Disse a bassa voce, le sue labbra erano appena contro le mie e il suo pollice si posò delicatamente sotto il mio mento.

Avrei voluto anch'io fargli la stessa domanda.

Lentamente, si sporse verso il basso fino a quando le sue labbra furono sulle mie e le sue mani mi accarezzavano i fianchi mentre tirò il mio labbro inferiore tra i denti, facendomi ansimare il suo nome, incoraggiandolo così ulteriormente.

Le sue labbra erano affamate contro le mie. Quel bacio mi stava lasciando senza fiato, annebbiandomi la mia mente e facendomi pensare a mala pena. I nostri corpi erano strettamente premuti l'uno contro l'altro. Le sue dita affondarono maggiormente nei miei fianchi, molto probabilmente lasciandomi dei lividi. Mentre io piagnucolai contro la sua bocca aperta, in parte per la sua rude presa e in parte per la nuova sensazione incredibile che mi faceva provare, ogni volta che faceva scontrare i miei fianchi contro i suoi. Non avrei mai pensato che una persona mi potesse coinvolgere così tanto, ma c'era quella parte di me che avrebbe voluto staccare la spina, facendoci fermare per quello che sarebbe venuto dopo.

Ma in quel momento, io ero la falena e Calum era la fiamma. Eravamo troppo attratti gli uni dagli altri per fermarci.

Le sue labbra viaggiarono lungo la mia mascella fino alla mia clavicola, persistendo sul mio collo e provocandomi una serie di scosse elettriche che percorrevano tutto il mio corpo.

In tutti questi movimenti disperati, le nostre labbra che combattevo contro un predominio, lui afferrò le mie cosce posizionandole attorno alla sua vita e digrignando i suoi fianchi contro i miei, marchiando la mia pelle con le sue labbra.

Le sue labbra tornarono sulle mie, mentre io fui sopraffatta dal sapore di menta e nicotina delle sue labbra e dal modo in cui muoveva le mani sotto al mio vestito. Le sue mani andarono giù e incominciarono a giocare con l'orlo del mio vestito bianco provocandomi altri brividi lungo la schiena. Lo volevo disperatamente, ma staccai le mie labbra dalle sue, fermandoci e cercando di schiarirmi le idee.

I suoi occhi si fecero più scuri, mi guardò e mi fece una domanda, suggellando così il mio destino.

- Vuoi questo?-

Si.

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Capitolo 13
*** Are You Sure You Want This? ***


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Are You Sure You Want This?








Annuii lentamente con la testa e lui fece scontrare nuovamente le nostre labbra, sganciando il gancetto del mio reggiseno, come aveva dover fatto un centinaio di volte.

- Aspetta Calum - Dissi, la mia voce uscì come un gemito, mentre le mie mani fecero una leggera pressione contro il suo petto tonico - Io non... non ho... - Confessai, guardandolo.

I suoi occhi si spalancarono per qualche secondo, e poi mi guardò, ribadendo la sua domanda precedente.

Sei sicura di volere questo? -

Tirai il labbro inferiore fra i denti, mordendomelo e annuendo. Presi un respiro.

Un sorriso ballò sulle labbra di Calum prima di tornare sulle mie labbra, con un fame furibonda che mi fece ansimare contro le sue labbra.

Le sue mani erano turbolente e quasi feroci, mentre spingeva la gonna del mio vestito facendo si che fosse raccolta attorno alle mie cosce e facendo avvolgere le mie gambe intorno alla sua vita. Appoggiò poi, una mano sotto la mia coscia e l'altra la portò sulla mia schiena.

Calum mi sollevò in modo che le mie gambe fossero avvolte ancora attorno alla sua vita facendomele incrociare dietro alla sua schiena. Mi trasportò su per le scale e poi per il lungo corridoio arrivando alla sua stanza, mi mise giù nel letto.

- Cazzo- Borbottò, la sua voce era profonda e roca. Quando mi posò sul letto, il suo sguardo scorreva lungo il mio corpo guardandolo mentre io avevo gli occhi su di lui. La gonna del mio vestito aveva le pieghe ed era stata spinta fino ai miei fianchi, quasi alla mia vita.

- Sei bellissima così-

Si posizionò tra le mie gambe, facendo scorrere la mano lungo la parte esterna delle mia coscia sinistra mentre le sue labbra erano sul mio collo, mordendo e succhiando la pelle, marchiandola.

La sua mano raggiunse l'interno della mia coscia, provocandomi dei brividi lungo la schiena, prima di toccare leggermente il mio intimo. Le sue labbra riempivano le mie, attutendo alla luce i piccoli gemiti acuti che cadevano dalla mia bocca, mentre sfregava le sue dita nella mia biancheria intima.

Con le sue dita mandò i miei pensieri fuori controllo, si appoggiò su un fianco, sussurrandomi nell'orecchio tutte le cose mi avrebbe voluto fare, aumentando la pressione delle dita.

Le sue labbra si ritirarono lungo il mio collo, una sua mano era tra le mie cosce e con l'altra mi accarezzava il seno, mentre le sue labbra si muovevano contro le mie come una fame feroce, facendomi girare la testa.

-Calum- Il suo nome cadde dalle mie labbra in un mezzo gemito, mentre un grugnito rauco lasciò le sue labbra, aumentando la pressione delle sue dita quando gemetti il suo nome.

Le sue dita scivolarono sul davanti della mia biancheria intima e gemetti sorpresa, dato che prima d'ora non ero mai stata toccata in quel modo. Sentivo come se delle scintille di energia elettrica percorressero il mio corpo, passando dalla bocca, allo stomaco e fino alla punta dei piedi. Le sue dita contro la mia intimità mi resero le gambe molli, facendole quasi tremare mentre lui strofinava il pollice contro il mio clitoride e le sue labbra erano sulle mie, non ero sicura se lo avessi fermato o no.

- Sei così bagnata - Si lamentò contro le mie labbra, facendo scivolare verso il basso il suo dito nel mio centro, prima di tornare a sfregare il suo dito attraverso il mio intimo, la frizione che mi provocò mi fece gemere.

Frastornata e con un bisogno quasi incontrollabile, il mio respiro si fermò quando lui spostò la mia biancheria intima di lato, disegnando piccoli cerchi immaginari, mentre le sue labbra erano sul mio collo che baciavano il marchio che mi aveva fatto prima.

Lentamente, sentii una pressione tra le mie cosce. Mentre Calum affondò un dito dentro di me, baciandomi ad ogni suo movimento. All'iniziò fu una sensazione scomoda, ma il dolore svanì rapidamente nel momento in cui tirò fuori languidamente il suo dito per poi arretrarlo dentro, spostando con un moto circolare il suo dito medio e strofinando il pollice contro la mia clitoride.

Lo sentii aggiungere un altro dito, un suono dolente cadde dalle mie labbra quando fece pressione con questo affondandolo in avanti. Sapevo che stava facendo attenzione, facilitando le sue dita con delicatezza, ma non mi impedii di seppellire la mia faccia nell'incavo del suo collo.

Le sue grandi mani, rudemente aprirono maggiormente le mie gambe e malapena riuscivo a parlare mentre lui prendeva il ritmo, spingendo le sue dita dentro e fuori di me, la sensazione era completamente estranea e nuova per me. Il mio corpo trasalì mentre lui arricciò le sue dita dentro di me, facendomi inarcare la schiena dal materasso.

- Ti senti così fottutamente bene- Gemette, muovendo più velocemente le sue dita, provocandomi più piacere. Catturò i miei gemiti contro le sue labbra, entrambi ubriachi e lussuriosi del bisogno e del volere e di tutto ciò che era pericoloso ed elettrico che una persona potesse sentire.

Riuscivo a mala pena parlare. Il mio labbro era tra i denti mentre lui muoveva le dita più velocemente. I suoni della pelle sulla pelle. Il suo respiro irregolare e i miei gemiti soffocati riempivano la grande camera da letto.

- Calum - Ansimai, inarcando la schiena dal materasso, mentre lui continuava con fervore a muovere dentro e fuori di me le sue dita più volte fino a quando le mie gambe non tremarono.

- Cazzo - Gemette, portando le sue labbra sul mio collo e poi sulle mie labbra, mentre il suo nome lasciava le mie labbra più e più volte - Vieni per me- La sua voce era bassa e esigente contemporaneamente strofinò il pollice contro il mio clitoride.

Inarcai la mia schiena, premendo il mio petto contro il suo sentendo una sensazione di accrescimento che mi attraversò tutto il corpo, fino a quando non mi portò al limite. Improvvisamente, mi sentii come se mi stessero ribaltando e quando finalmente venni, Calum fece rallentare le sue dita, separai la mia bocca dalla sua, gemendo contro le sue labbra.

Tutti e due avevamo il fiato spezzato, posando nel frattempo dei baci a bocca aperta. Mentre lui arrestò il movimento con le dita , lasciandomi esausta e incapace di pensare subito dopo a quello che lui mi aveva fatto.

- Brava ragazza- Disse con un sorriso, con voce bassa e roca.

Sbattei le palpebre velocemente e vidi Calum in bilico su di me, risistemò il mio intimo e poi baciò le mie labbra per un'ultima volta. Si sedette, appoggiando la sua schiena sulla testiera bianca del suo letto, mentre io rimasi sdraiata. Chiusi gli occhi cercando di calmare il mio respiro cercando di farlo ritornare regolare e sentendo la mia mente scivolare sempre di più nelle braccia di Morfeo.

Non avevo mai provato nulla di simile prima d'ora, chiedendomi in cosa mi fosse cacciata. Calum si mise vicino a me, lasciandomi posare la  testa sul suo petto.

E solo pochi minuti dopo la sua grande camera fu coperta dal silenzio, tranne per i suoni evidenti di Calum che si alzò e lasciò la camera da letto, in silenzio, chiudendo la porta alle sue spalle.

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Capitolo 14
*** She Deserves To Know ***


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She Deserves To Know
 



Quando mi svegliai, la prima cosa che notai fu che mi ritrovai nel letto da sola. Le soffici lenzuola bianche erano avvolte attorno il mio corpo. Aprii gli occhi ritrovandomi il panorama della grande finestra della camera.

La finestra andava dal pavimento al soffitto, ma era coperta da delle tende bianche che si aprivano sul panorama di alberi di Central Park e sulle strade dell'Upper West Side di Manhattan. Mi sedetti sul letto, facendo scorrere le mani tra i miei capelli e notando che la luce era spenta, e ad illuminare la stanza era la luce mattutina del sole che faceva capolino dietro la tenda.

Che ore erano?

Il mio telefono era in salotto, aprii facendo attenzione il cassettone del comodino, trovando il grosso e lucido Rolex di Calum. Lo presi in mano guardando il quadrante e come le lancette scandissero i minuti e i secondi fluidamente. Erano quasi le dieci e mi sorpresi di aver dormito così tanto. Semplicemente, non era da me. Risistemai l'orologio, chiudendo con attenzione il cassettone.

Aprii la porta della camera, guardando giù per il corridoio e affacciandomi alla ringhiera di vetro per vedere se ci fosse qualcuno in salotto, domandandomi dove fosse Calum. Non c'era nessun post it o qualcosa, solo il silenzio che era diffuso per tutto l'attico.

- Calum?- Tentai, ma non ebbi nessuna risposta, solo un'assordante silenzio. Credo, che fossi veramente da sola.

Non ero sicura se restare o andarmene. Avrei potuto prendere la metropolitana e tornare a Morningside, ma qualcosa mi diceva di rimanere. Il sol pensiero di dover parlare con Calum, mi provocava quella sensazione come se nelle mie vene non scorresse più sangue, ma dell'acqua ghiacciata.

Cosa dovevo dire? Cosa dovevo fare?

Il freddo del marmo del pavimento del bagno, mi era meno estraneo di quanto non lo fosse stato circa una settimana fa'. Mi sciacquai la faccia con dell'acqua fredda, rendendomi conto di quanto poco tempo fosse passato da quando arrivai a New York.

La prima festa a cui ero andata quando ero arrivata qui, la seconda di venerdì per il compleanno di quel ragazzo, Michael, in cui Calum quella stessa notte mi aveva baciata. Calum che nel tardo pomeriggio di sabato mi era venuto a prendere da Ashton, fino ad arrivare ad oggi. Domenica mattina, dove tutto era iniziato nove giorni fa.

I miei capelli rossi erano un disastro, passai nuovamente le dita tra i capelli cercando di pettinarli e sciogliendo i nodi. Non mi ricordai di essermi tolta il mio vestito la sera precedente e di essermi messa una delle camice di Calum. Ma quando tornai a letto, vidi il mio vestito, era ripiegato su uno dei comodini. Mi tolsi la camicia, indossandolo. Mi ricordai poi che il mio reggiseno era in salotto, ma decisi che lo avrei recuperato dopo.

Lentamente, il mio sguardo fu sulla grande libreria, della scorsa volta, che occupava tutta la parete della camera. Un ripiano era interamente occupato da libri, mentre gli altri ripiani avevano delle cianfrusaglie casuali e delle cornici. Alcune erano vuote, ma alcune contenevano delle foto. Immagini di Calum e Luke insieme ad un altro ragazzo che non conoscevo. Entrambi avevano in mano delle birre, Luke e l'altro ragazzo si sorridevano a vicenda mentre Calum era fermamente appena dietro di loro, la sua espressione dura, ma con un piccolo sorriso che ballava sull'orlo delle sue labbra.

In un'altra foto sembrava più giovane, era in piedi con la divisa del diploma e con quello che dovesse essere suo padre era al suo fianco con una mano sulla sua spalla e mi ricordai quando lui mi disse che fosse andato in un collegio in Australia. Probabilmente doveva avere diciotto anni in quella foto, quattro anni più giovane di adesso, ma non era molto diverso. Non era cambiato molto da allora. Forse era cresciuto un po', diventando più alto, e il suo corpo era più tonico mentre i suoi occhi erano più scuri. Dal loro castano scuro brillante pieno di gioia si erano dissolti ad un castano scuro, più penetrante.

Un'altra foto mostrava Calum, doveva avere più o meno la stessa età di adesso ed era in piedi accanto a Luke. Ed era una delle foto più felici che avessi visto. Luke aveva una maglia sgualcita, un capellino rosso sulla sua testa con la visiera indietro in cui fuoriuscivano delle ciocche bionde e indicava sorridendo Calum con il pollice. Mentre quest'ultimo indossava una camicia semi aperta che faceva intravedere i suoi due tatuaggi alle clavicole, i suoi capelli erano mossi quasi ricci disordinati e indossava un paio di occhiali da sole a specchio, sorridendo. Sotto alla foto c'era scritto '' Last Day Of Junior Year - Columbia '', sorrisi. Risaliva a pochi mesi fa.

I miei occhi scansionarono le altre foto, ragazze scarsamente vestite con piccole pillole bianche sulla loro lingua, in piedi con Calum nel mezzo. Una foto di lui e di un ragazzo che non conoscevo che avevano in mano delle buste di marijuana e coca, seduti al tavolo con le dita medie in su puntate verso l'obiettivo. C'erano anche un paio di foto di lui in piedi con sua padre, sembravano di qualche mese fa, il suo sguardo sembrava irritato ed era vestito in giacca e cravatta.

Ma ciò che catturò la mia attenzione fu una foto di Calum e Ashton, entrambi erano più giovani ed erano seduti attorno ad un falò con le sigarette tra le dita. La data in fondo alla foto risaliva a due anni fa, e pensai alle dure parole che aveva usato Ashton per descrivere Calum.

Forse i due erano stati amici?

Prima che potessi guardare altro, il mio sguardo venne catturato ancora dalla copia de Il Sole Sorgerà Ancora, accanto vi era Ultima Fermata A Brooklyn, Sotto Il Vulcano e Mattatoio Cinque. Il mio dito passò tra le copertine e sentii il mio cuore in gola, guardando tutti quei libri della vecchia generazione e delle diverse correnti letterarie, impilati uno accanto all'altro: Kerouac, Burroughs, Ginsberg e innumerevoli altri autori. Ma nel momento in cui nei afferrai una per tirarlo fuori, mi ricordai la voce di Calum e il suo sguardo penetrante. Rimisi immediatamente al posto il libro.

-Solo fammi un favore la prossima volta. Non ficcare il naso nella mie cose -

Sembrava così fuori dalla sua indole. E così come ieri sera, sembrava così fuori dalla sua indole, forse troppo. Avrei voluto chiedergli delle spiegazione, ma sapevo che se lo avessi fatto, lo avrei fatto arrabbiare come l'ultima volta.

Che cosa stava cercando di nascondere?

Il solo pensiero di Calum, di vedermi curiosare nelle sue cose e nel modo in cui me lo disse l'ultima volta mi fece indietreggiare dalla libreria, lasciai la stanza e camminai per il corridoio, scendendo le scale che portavano al salotto.

La cameriera non era ancora arrivata, ed ero contenta. Qualcosa nel modo in cui avevo pulito via le linee bianche insidiose sul tavolino con precisione, quasi come se fosse ormai da routine, mi provocò i brividi. Anche il modo in cui mi guardò l'ultima volta che ero stata qui, sembrava che volesse dirmi qualcosa e questa cosa mi stava portando al limite.

Presi il mio reggiseno dal divano, quasi incredula per quello che era successo fra me e Calum. Distrattamente passai le dita lungo le labbra e il collo, rivivendo ogni luogo e il modo in cui mi aveva toccata ieri sera. Sentivo ancora il suo tocco rude sui miei fianchi e quando ci pensai nuovamente, migliaia di brividi percorsero la mia schiena.

In cosa mi stavo cacciando?

Essere completamente sola in quel lussuoso attico mi diede l'opportunità per potermi guardare intorno, nel frattempo ritornando indietro nel lungo corridoio che sboccava nell'enorme e luminoso soggiorno cercai le mie All Star. Mentre percorrevo quel corridoio ricordi di persone che tiravano su, bruscamente con il naso la linea bianca sul tavolino, furono come un replay per la mia mente e mi sembrava quasi di sentire la musica assordante che rimbombava attraverso le pareti.

Notai che tutte le porte del corridoio erano aperte, tranne una. Si trovava alla fine del corridoio, ma fissandola ad occhio e croce doveva essere stata chiusa a chiave come se non volesse che si aprisse. Mai.

Improvvisamente sentii come se la mia mente fosse stata rimossa dal mio corpo, iniziai ad incamminarmi, fino a ritrovarmi di fronte , la mia mano era pronta ad aprire sulla maniglia oro. In quel momento sembrò che la temperatura scese maggiormente, le mie piccole dita avvolsero la maniglia, stringendola un po'.

Il metallo era freddo al tatto e lentamente ruotai la manopola, chiedendomi cosa ci potesse essere oltre a quella porta chiusa a chiave.

Ruotai la manopola in senso orario, senza far rumore, improvvisamente il mio respiro si fece breve. Ma sorprendentemente venni fermata dal suono del campanello.

La mia mente scattò nuovamente su quella porta, ma quando realizzai che il campanello stava suonando per la seconda volta e chi doveva essere alla porta era molto probabilmente irritato.

- Calum? - Qualcuno chiamò dietro la porta - Amico, sei qui? -

Ansimai rapidamente, lasciando andare la maniglia e sentendo il cuore battere rapidamente nel mio petto mentre mi allontanavo dalla porta che non avevo aperto completamente, pensando che forse non avrei dovuto aprirla.

Il campanello suonò ancora e sentii un'altra voce, acuta e irritata, chiaramente di pessimo umore.

- Calum, puoi portare il tuo culo qui e mettere giù la tua paglia, per tipo due secondi e aprire questa cazzo di porta?- La voce della ragazza mi suonava famigliare. In quel momento fui indecisa se aprire la porta o no.

Timidamente, camminai verso la porta e l'aprii rapidamente, trovandomi Amber, la ragazza che avevo incontrato alla prima festa a cui avevo partecipato di Calum. Mentre un altro ragazzo era accanto a lei e lo riconobbi per la foto che avevo trovato poco fa, dove stava in piedi accanto a Calum e Luke.

I capelli di Amber erano perfettamente lisci, di un castano chiaro, indossava un vestito di colore rosa pallido e i tacchi bianchi, le braccia erano incrociate e con posto all'incavo del suo gomito la sua grande borsa bianca.

Il ragazzo accanto a lei erano pù alto di lei di alcuni centimetri, aveva gli occhi di un verde lucente e indossava una giacca in pelle nera, al di sotto di quest'ultima si intravedeva una t-shirt bianca con su un logo di una band. Mentre in testa portava un capellino nero con la visiera portata all'indietro di cui fuoriuscivano alcune ciocche nere. La sua bocca si capovolse in un sorriso leggero.

Tra i due, il ragazzo si presentava come qualcuno che fosse molto gentile.

Perchè lei è ancora qui? -

Le parole pungenti di Amber risuonarono nella mia mente, feci un sorriso aprendo di più la porta, mentre mi sfiorò sorpassandomi e entrando nell'attico.

- Dove ci siamo incontrate?- Chiese, posando la sua grande borsa bianca sul tavolo di vetro del soggiorno mentre il ragazzo prese posto in una delle sedie.

- Di sfuggita - Dissi con calma, sorridendo - Ti ho visto alla festa di Calum la settimana scorsa -

- Qual è il tuo nome? - Chiese, incrociando le braccia al petto e alzando gli occhiali da sole dal suo viso, rivelando un paio di occhi chiari.

- Margot -

Il volto di Amber si illuminò immediatamente facendo apparire un sorrisetto, ma il suo sorriso non era per nulla cordiale.

-La matricola della Georgia, giusto? - Disse lei, allungando la sua mano perfettamente curata.

Alzai la mia mano facendo un segno di saluto e sorridendo timidamente.

Lo sguardo di Amber andò sulle mie All Star che stavo cercando, erano sparse accanto al divano, mentre fece apparire nuovamente quel sorrisetto e mi guardò con aria di sufficienza.

- Devi essere il nuovo giochino della settimana di Calum - Sottolineò.

Il mio sorriso vacillò un po', chiusi e aprii rapidamente gli occhi, assorbendo le sue parole.

- Scusami? -

- Amber, bel gioco - L'avvertì il ragazzo dall'altro capo della stanza.

Lei lo ignorò, voltandosi verso di me.

- Tesoro, sei così innocente e adorabile - Cinguettò, ridacchiando - Ah, comunque quello è Michael - Fece un gesto indicando il ragazzo, che ci guardò mentre le sue labbra erano in una linea severa - Mikey, questa è Margot, il nuovo giochino di Calum. Non è adorabile?-

- Amber... - Iniziò Michael, sospirando. Ma lei lo interruppe, voltandosi nuovamente verso di me.

-Cosa vuol dire '' il giochino della settimana ''? - Chiesi nervosamente, sperando che la mia voce non trasmettesse come mi sentissi.

- Tu sei il tipico esempio dell'ingenuità, tesoro - Disse, mentre gli occhi le brillarono e le sue parole avevano un fondo di veleno - Pensala come un se fossi il suo burattino. Ogni settimana Calum porta nel suo attico una ragazza differente. Regge le corde per un po' e poi taglia i fili, lasciandole cadere, trovandosene qualcun'altra. Magari l'ha già trovata -

Le sue parole furono come ricevere un pugno in pieno stomaco e improvvisamente volevo andarmene da quel posto. Non sentivo niente e odiavo questa sensazione, era come se fossi lì, ma non ci appartenessi. Come se appartenessi a qualcos'altro o ad un'altra cosa, ma non qui.

-Sai dove si trova, per caso? -

- Io...io... io non lo so. Mi dispiace - Balbettai, chiedendomi dove Calum potesse essere e del perchè Amber e Michael fossero qui.

- Non essere triste, però. A lui piacciono ragazze differenti , comunque -

- Cosa intendi? -

- Beh, tesoro... sei - Disse ridacchiando - Sei praticamente una bambina. Quanti anni hai? Diciotto? -

Annuii, ero troppo stordita per parlare o protestare.

- Calum ne ha ventuno. E proviene da una famiglia molto ricca - Disse, increspando il naso e guardandomi, togliendosi una ciocca di capelli e facendo tintinnare i suoi braccialetti che aveva al polso.

- Amber, smettila! - Saltò su Michael.

- Mikey, merita di saperlo. Margot, tu conosci Calum da un po' e nel girò di pochi giorni starà per un po' con la figlia del senatore, portandosela a letto. E tu non puoi essere stata nella sua stanza, me lo ha confermato lui settimana scorsa dicendomi: lei non appartiene a quelle feste. -

Ero completamente scioccata. Ma prima che potessi parlare o precipitarmi fuori dalla porta, quest'ultima si aprì facendo apparire l'ultima persona che volessi vedere in quel momento. Calum era in piedi sulla porta con addosso una t-shirt nera e i suoi skinny neri rotti al ginocchio, la sua mascella era tesa tra l'arrabbiato e il sorpreso.

- Margot-

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Capitolo 15
*** I Want To Be A Writer Like You and Dad ***


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I Want To Be A Writer Like You and Dad

 






-Margot -

Gli occhi di Calum erano così scuri e profondi, neri , sembrava che si stesse guardando all'interno di un pozzo senza fondo. Ma nel momento in cui mi guardò si ammorbidirono. Sembrava ancora più irritato che mai. Provai a sorridere, cercando di rassicurare sia lui che me, ma era così ovvio che fossi io l'ingenua e sperai disperatamente che le parole di Amber non fossero vere.

- Cosa ci fai ancora qui? - Disse con la voce che risuonava frustata, mentre guardò con più rabbia Michael e Amber. Le sue parole mi provocarono una fitta allo stomaco.

- Margot se ne stava andando, giusto Calum? -Dissi Amber sorridendo quasi trionfante e io guardai Calum per una traccia di rassicurazione. Ma tutto quello che fece fu stringere la sua mascella, distogliendo la sguardo.

Era freddo, spietato e completamente insensibile ed io ero disgustata da me stessa. Dovevo essere un'altra tacca da poter aggiungere al suo conto e mi stavo odiando per essere finita in questa situazione.

- Non pensavo che tu fossi ancora qui - Disse seccamente Calum, e sentii quel senso di nausea quasi di disgusto. In quel momento avrei voluto urlargli contro e dirgli che del ''io non chiedo mai scusa'' non significavano nulla quando si era vuoti come lui.

Ma io non ero quel tipo di persona che si sarebbe messa ad urlargli contro. Invece, me ne stavo in mezzo al salotto di quel sontuoso attico, guardando Calum senza dire nulla. Lacrime di rabbia e dolore mi pizzicavano negli occhi. Non mi sembrava vero che la stessa persona che ieri sera mi aveva sorriso, stretta a se mentre piangevo e baciato, adesso, era la stessa persona che era davanti a me voltata di spalle mentre si accendeva una sigaretta, si comportava come se non ci fossimo mai conosciuti.

-Puoi andare adesso, Margot - Esordì Amber alzando le sopracciglia segnando il suo suggerimento.

Ero arrabbiata con lui, ma di più con me stessa. Ero la persona più ingenua e tutti lo sapevano in quella stanza. Mi sentivo disgustata e mortificata. Ma più di tutto mi sentivo ingannata.

Presi un respiro e cercai di non pensare a come mi stesse guardando Amber, sorrisi falsamente e mi chinai per afferrare le mie converse in mezzo alla sala e indossarle.

Le lacrime minacciavano di uscire, presi la mia giacca in jeans e la borsa e mi diressi verso la porta, sperando di uscire da lì al più presto possibile. Ma prima che me ne andassi, Calum avvolse la sua mano attorno al mio polso, guardandomi negli occhi con i suoi occhi castani penetranti. La sua bocca si dischiuse, forse cercando di dirmi qualcosa, ma non mi interessava in quel momento. Avevo bisogno di andarmene.

Le sue mani tenevano saldamente il mio polso e la sua presa aumentò intorno al mio polso debole, ma mi strattonai, liberandomi e camminai dritta versa la porta.

Quando chiusi la porta dietro di me, sentii Amber ridere divertita. Qualche lacrima segnò le mie guance mentre le porte dell'ascensore si aprirono sulla hall in marmo con le rifiniture in oro. Le asciugai velocemente, incolpandomi per essere stata così stupida a pensare che qualcuno come Calum potesse desiderare di più che entrare nei miei pantaloni, invece.

C'era vento, l'aria era pungente sulle mie guance ancora umide mentre camminavo per il marciapiede in cerca della metropolitana.

Avrei voluto scoppiare a piangere e mi sentii soffocare, mentre faticavo a respirare. Ma invece, mi morsi il labbro inferiore mentre percorrevo la scala della metro, non permettendo a me stessa di piangere per qualcuno a cui non importavo per nulla



* * *



 

Era mezzogiorno quando arrivai al dormitorio e mi sentivo esausta. C'era una parte di me che avrebbe voluto restare nel letto per fare un pisolino, ma avevo lezione il giorno seguente e tonnellate di lavoro da completare.

Avevo bisogno di rivedere i miei appunti della lezione di letteratura e magari riscriverli ordinatamente, facendo in modo che tutto fosse ordinato e organizzato.

Alcune ciocche di capelli mi caddero davanti al mio volto mentre sfogliavo il mio block notes, sbuffai, slegandomi la crocchia fatta stamattina e mi feci una coda di cavallo.

Trascinai il dito sotto le parole che avevo scritto disordinatamente, facendo più attenzione alle parole che avevo cerchiato in rosso. Sia io, che mio padre e mia madre avevamo una scrittura quasi impossibile da leggere. Lettere frastagliate e rapidamente annotate di mio padre che ricoprivano carte su carte già piene di scritte e poi c'era mia madre con una scrittura tortuosa e metà in corsivo che usava quando prendeva atto dei generi alimentari che avevamo bisogno o che usava sui post it per dirmi che avrebbe fatto mezza giornata o che sarebbe andata lei a prendere Jake.

In qualche modo riuscii a decifrare la mia scrittura e a trascrivere gli appunti, la mia calligrafia era più ordinata rispetto a quella di mia madre.

Quel ricordo mi fece quasi sorridere istintivamente mentre impilavo insieme i miei appunti, pensando di portarli con me quando sarei andata in biblioteca. Ma quel sorriso era un sorriso stanco e dimostrava quanto mi facesse male pensare ai miei vecchi ricordi.

Mi sorpresi quando squillò improvvisamente il mio telefono, e lo presi, aspettandomi Roxy o Ashton, ma quando vidi quel prefisso mi bloccai. Sentii un tuffo al cuore scavato nel mio petto.

Il mio sorriso svanì, quando fissai ancora lo schermo illuminato. C'erano due possibilità: o era mia madre o Jake. Mia madre da quando avevo lasciato casa mi aveva chiamato solo una volta. Il suo tono era freddo ma con un fondo di dolore e mi ricordava costantemente, quanto odiassi me stessa per averli lasciati in quel modo.

Ma Jake mi chiamava ogni giorno e io ogni giorno ignoravo le sue chiamate.

Però, i messaggi che mi lasciava in segreteria li ascoltavo. A volte sembrava arrabbiato o confuso, altre volte triste, a volte era felice raccontandomi della sua giornata come se facesse finta che io fossi ancora lì con loro. Ma indipendentemente, dopo ogni suo messaggio scoppiavo a piangere.

La mia testa mi diceva di non rispondere, ma impulsivamente accettai la chiamata e presi un respiro profondo facendomi forza per chiunque ci fosse stato nell'altra linea.

- Pronto -

Sentii dall'altra parte un sospiro quasi sorpreso.

Margot? -

La sua voce fu come un ricordo, quella voce ancora da bambino ma un po' roca che aveva ereditato da nostro padre.

- Hei, Jake- Dissi a bassa voce, sedendomi sul bordo del letto e prendendo un respiro tremante.

-Pensavo che non avresti risposto - Sospirò e sentii una fitta percorrermi tutto il petto. Aveva solo otto anni e io ancora non sapevo come dirgli che fossi dispiaciuta.

- Lo so - Espirai, ascoltando i suoni provenienti dall'altro capo, il suo respiro e suono delle sue lenzuola di Spiderman del suo letto - E che sono stata molto occupata, ma avrei dovuto richiamarti -

Va tutto bene - Disse piano, me lo immaginai seduto sul letto a gambe incrociate , con il cuscino sopra alle sue gambe, assonato e che teneva il telefono di casa quasi più grande del suo volto.

Mi ricordai quando mia madre mi disse di aspettare Jake, erano le due del mattino, avevo forse dieci anni e mi ero seduta accanto a lei sul divano. Quella sera piangemmo per ore senza dirci una parola. E fu l'ultima volta che facemmo qualcosa come una famiglia.

- Come stai? -

Tipo ok - Mi disse, sentii il mio petto stringersi e in quel momento avrei tanto desiderato essere lì con lui e preparargli la colazione come ero solita fare ogni sabato mattina e aiutarlo a farlo sentire più che ok.

- Come va con la scuola? - Chiesi, tirandomi indietro, appoggiando la schiena al muro e portandomi le ginocchia al petto, tenendole in posizione con un braccio e tenendo il telefono con l'altra.

- Bene. Inglese è la mia classe preferita - Sorrisi, mentre mi sentii rompere dentro vedendo che lui era come me - Ogni mercoledì, la signora Dewitt ci fa scrivere una lettera per le persona della casa di cura -

- Vi rispondono?-

A volte. Alcuni, delle volte,rispondono con altre lettere, ma poi non lo fanno più. E mi rende triste questa cosa - Disse con voce un po' spezzata, avrei voluto essere lì per spiegargli e aiutarlo a capire la differenza tra le cose di cui lui sapeva troppo riguardo alle cose di cui lui non sapeva nulla.

- Ti piace scrivere? - Gli chiesi, immaginandomelo in classe seduto, che batteva la matita sul banco pensando a cosa scrivere, un po' come facevo anch'io alla sua età.

- Mmh - La sua voce è morbida un po' ovattata come se avesse appena tirato sul col naso - Voglio essere uno scrittore come te e papà-

I miei occhi si riempirono di lacrime e allontanai il telefono dall'orecchio, tenendolo contro il petto e pregai che non riuscisse a sentire i mie respiri rotti che lottavano contro le mie lacrime.

-Come sta la mamma? -

-Non parla molto. Sta in silenzio per la maggior parte del tempo, ma a volte piange. Ma suppongo di non saperlo, penso-

Si alzò il silenzio per un attimo e io malapena riuscivo a respirare, cercai di non fargli capire quanto distrutta fossi in quel momento.

Delle volte la sento che piange anche sotto la doccia - Si fermò - Ieri mattina era di fronte al tostapane e piangeva mentre aspettava che le fette si tostassero -

Le sue parole mi facevano desiderare di ritornare a casa, ma sapevo che fosse impossibile. Perchè ovunque era meglio tranne che a casa .

Ma la maggior parte del tempo sta seduta fuori in veranda o rimane nella sua stanza-

Jake è sempre stato un ragazzino maturo, sia innocente e maturo allo stesso tempo. Mi ricordava me.

Perchè ci hai lasciato così? Me lo avevi promesso - Le sue parole suonava più piene di dolore che di rabbia e mi fecero cadere a pezzi.

- Mi dispiace, Jake. Mi dispiace - Dissi con voce traballante, e mi augurai con tutta me stessa che avrei potuto spiegargli il perchè della mia partenza e del perchè io non fossi lì con lui o il modo che avrei potuto trovare per esserci.

Vorrei che tu potessi tornare a casa -

Non seppi come rispondergli, cercai di ricompormi, mentre i miei occhi erano lucidi e presi un respiro.

-Mi manchi - La sua voce era così spezzata e disperata, una lacrima scese sulla guancia e andò a finire sul mio ginocchio e mi portai la mano alla bocca cercando di soffocare il singhiozzo.

- Mi manchi anche tu , Jake -

- Ti potrò richiamare? -

- Si...Si, mi piacerebbe -

Risponderai? - Disse con voce più tranquilla.

Mi morsi il labbro e mi voltai verso la finestra, guardando il paesaggio al suo esterno.

-Ci proverò -

Entrambi ci mormorammo degli addii e riagganciammo, presi un respiro. Tenni ancora in mano il telefono mentre mettevo le pile di fogli nel raccoglitore. 

Feci una doccia, del tutto insensibile per ciò che successe la notte precedente e per quello che successe  questa mattina o prima di venire qui. Mi asciugai, per poi mettermi una felpa del college e un pantalone grigio di una tuta. Camminai nel corridoio del mio dormitorio e mi chiusi la porta della mia camera alle mie spalle.

Ma appena entrai nella mia stanza caddi a pezzi. Mi sedetti sul letto, stringendomi nella mia felpa, portai le ginocchia al petto e misi le mani tra i capelli, piangendo con singhiozzi soffocati.

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Capitolo 16
*** What Are You Doing Tonight? ***


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What Are You Doing Tonight?






Era strano pensare che fossero già passate due settimane da quando ero arrivata qui. Una parte di me sentiva questo arrivo come se fossero passati anni, mentre l'altra come se fossi alla Columbia da cinque minuti.

Giorni erano passati come niente, un guazzabuglio di ore trascorse in biblioteca, telefonate, voci ronzanti dei professori e parole trascritte sulla carta che la percorrevano come ragni.

Libertà ( Amartya Sen )

Processo Aspetto - Capacità di agire per conto di ciò che conta ( agenzie ); Istituzioni, movimenti.

Oppurtunità di Aspetto - reale possibilità di ottenere dei funzionamenti valutati, selezionati tra numerose buone possibilità ( capacità )
 

Mi misi le mani tra i capelli guardando con apatia i miei appunti. Se la mia mente non fosse in altri milioni di posti, sarei stata in grado di concentrarmi, ne ero sicura. Ma in questo momento, tutto era inutile.

Da tutto quello che era successo domenica, avevo fatto di tutto per tenermi occupata.

Per fortuna, ogni giorno era occupato tra lezioni e fotocopie di dispense. Ma la maggior parte del mio tempo lo trascorrevo in biblioteca,o nel mio dormitorio o nella caffetteria ed ero grata per questo dato che mi impedivano di pensare ad altro.

La mia iscrizione era stata coperta dalla borsa di studio. Ma avevo bisogno di avere un lavoro per dei soldi extra e lo avevo trovato nella piccola biblioteca in una delle residenze degli studenti, e in più avevo anche un posto per studiare. La maggior parte delle persone erano tutti studenti che venivano per studiare e il mio lavoro consisteva di dare un occhiata al posto e ogni tanto ai libri.

Avere una compagna di stanza come Roxanne che aveva collegamenti grazie a suo fratello, mi aveva aiutato per ottenere questo posto. Quindi mi dovevo ritenere più che fortunata, dato che altri studenti non possedevano una fortuna come la mia.

Jin che frequentava il mio seminario di Civiltà Contemporanea lavorava come cameriere, Victoria Nussbaum che frequentava l'altro seminario in cui mi ero iscritta di Antropologia lavorava nella grande biblioteca del campus.

La biblioteca era aperta dalle 6.00 fino alle 22.00 ed io avevo il turno solo di quattro ore quindi significava che quel giorno avrei smesso alle 20.00 e in tutto guadagnavo quaranta dollari.

Certo, non era una somma sufficiente per vivere a New York, ma non importava perchè alla fine la città offriva sempre dei piccoli modi per vivere con poco.

Anche se ero pienamente occupata tra lavoro e lo studio, non riuscivo a smettere di pensare a Calum e questa cosa non mi piaceva. Ogni volta che pensavo a lui, avevo la pelle d'oca. La risata di Amber e la crudele indifferenza di Calum, erano come echi incessanti nella mia mente e mi ricordavano quanto ingenua potessi essere. E tutto ciò che sentivo era dolore e illusione.

Roxanne mi aveva avvertito che Calum era una fonte di guai e lei aveva probabilmente ragione. Ma c'era quella parte di me fiduciosa che mi diceva che in realtà non fosse così.

Guardai l'orologio dietro alla scrivania della biblioteca e vidi che mancavano solo cinque minuti prima delle otto ed era quasi ora del mio cambio di turno con Stacey, la ragazza del secondo anno.

Mi rimisi le cuffiette mettendo in ordine i miei libri e i miei appunti, mentre la musica suonava morbida e ovattata dai miei auricolari.

-All Time Low?- Mi chiese una voce bassa e roca dietro di me.

Mi voltai sorpresa e sorrisi, stringendo al petto i miei libri e raccoglitori e facendomi più in la dal tavolo della biblioteca che stavo occupando.

-Si, io li amo-

-Sono Andres- Si presentò tendendo la sua mano verso di me, il suo accento risuonava spagnolo intorno alla sua voce.

-Margot - Dissi stringendogli la mano e cercando di nascondere la mia confusione - Lavori qui?-

Rise.

-Si, solitamente lavoro qui solo il fine settimana ma Stacey aveva un impegno ed eccomi qui- Disse affievolendosi alla fine e io sorrisi per la comprensione.

-Poppin Champagne?-

Lo guardai per un secondo perplessa, e poi mi accorsi che stava guardando lo schermo del mio telefono.

- Si - Dissi trattenendo una risata, staccando le cuffiette, arrotolandole e mettendole nella tasca della mia borsa. Era la canzone che io mio padre cantavamo in macchina quando delle volte mi accompagnava a scuola.

-Qual è la tua canzone preferita di loro?-

Mi morsi il labbro inferiore tra i denti, immersa nei miei pensieri e cercando di sceglierne una.

- Oddio - Mormorai, sorridendo - Probabilmente, Reckless And The Brave -

Il suo viso si illuminò immediatamente e mise il suo zaino sul bancone.

-Ottima risposta. Comunque non ti ho mai visto in giro, devi essere una matricola - Mi disse, mentre si rimboccava le maniche della camicia azzurra e facendo rivelare i suoi avambracci tonici - E tu? Ah, sono uno Junior faccio ingegneria e vengo dal Messico - Ridacchiò - Tanto vale coprire le basi alle solite domande di presentazione. No? -

Risi, mettendomi la mia borsa sulla spalla prima di camminare dall'altro lato della stanza, e appoggiandomi contro la grande porta a doppio battente della biblioteca.

-Sono una matricola, probabilmente mi laureerò in Inglese e vengo dalla Georgia. Ci vediamo in giro - Gli dissi sorridendogli lievemente, mentre lui si mise i suoi occhiali da vista e mi salutò con la mano.

-Piacere di conoscerti-

Spinsi la pesante porta a doppio battente con tutte le mie forze, mentre l'aria frizzantina notturna mi oltrepassò il tessuto del maglione e strofinai i palmi della mia mano su e giù sulle mie braccia, cercando di riscaldarmi un po'. Incominciai ad incamminarmi, sapendo che davanti a me mi si sarebbe presentata una lunga passeggiata per arrivare al mio dormitorio dato che mi ritrovavo dalla parte opposta del campus. Ma non mi importava. Quel silenzio era quasi una sensazione magica, mi faceva rilassare un po' prima di ritornare a studiare ancora una volta arrivata al mio dormitorio.

In biblioteca avevo finito la maggior parte del mio lavoro, ma mi sarebbe piaciuta l'idea di poter iniziare il mio saggio di filosofia che mi era stato assegnato la settimana scorsa.

-Margot Harris!-

I miei pensieri vennero interrotti da una voce che mi chiamò dall'altra estremità del cortile interno.

Alzai lo sguardo e vidi Ashton, Hutch e Will che camminavano verso di me. Sorrisi, ero felice di vederli.

-Cosa fai stasera? - Chiese Hutch, aggiustandosi gli occhiali sul naso e sorridendomi.

-Studierò come al solito - Ridacchiai - Sto solo ritornando al mio dormitorio -

-Roxy ci ha detto che sei stata praticamente in biblioteca tutto il giorno. Non hai finito di studiare? -

- Ah, beh in teoria si. Ma credo che portarmi avanti con lo studio non mi faccia male - Dissi mentre la mia voce si affievolì, sistemandomi la borsa sulla spalla - Voi, invece, che farete? -

Hutch sorrise, facendomi alzare gli occhi al cielo. Sapevo che mi stavano prendendo in giro scherzosamente in silenzio come erano soliti fare per il mio accento.

- Beh, Will è appena stato scaricato e quindi avevamo pensato di andare da me. E' sempre bello vedere Will ubriaco - Disse Ashton posando un braccio sulle mie spalle, trascinandomi verso l'uscita del campus. Risi, cercando di liberarmi dalla sua presa in segno di protesta - Ma ora che sappiamo i tuoi entusiasmanti progetti per la serata, è chiaro che bisogna intervenire, per entrambi -

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Capitolo 17
*** Speaking From Experience? ***


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    Speaking From Experience?






-Come diamine può andare a male una bottiglia di Pinot grigio? - Chiese Hutch, stappando la bottiglia di vino e mettendola sul tavolino, per poi afferrarla di nuovo e iniziando a versare nel suo bicchiere, poi in quello di Ashton e riempiendo fino all'orlo quello di Will.

- Bevi amico - Disse Ashton ridendo, facendo tintinnare il suo bicchiere contro quello di Will.

Da come mi avevano raccontato, Will si era  appena lasciata con una certa Regine che andava alla Northwestern. E secondo Hutch, scrittore eloquente e riflessivo, lei era '' fottutamente fuori ''. Da come capii la loro relazione era finita un'altra volta e Will era sconvolto per questa tragica rottura.

Hutch fece una smorfia, posando sul tavolino il bicchiere.

-Porca merda, questo vino è quasi aceto -

Ashton rise, alzandosi e svuotando il suo bicchiere nello scarico del lavandino, ma Will lo bevve tutto ad un fiato e quando ebbe finito simulò un conato di rigetto.

- Quindi questo è come intervenite ... - Dissi, Ashton mi sorrise ironicamente, prima di parlare.

- Per un cuore spezzato. Tanto alcol e tante stronzate -

- Ti piace New York fino ad ora? - Mi chiese Will, pulendosi la bocca con il dorso della sua mano.

Mi fermai un attimo per pensare.

- Mi piace - Dissi sorprendendomi della mia risposta. Nonostante tutte le esperienze terribili che avevo avuto qui, mi piaceva.

- Divertiti finchè dura - Disse stancamente Will.

- Andiamo, smettila di essere così cinico - Disse Ashton schiaffeggiandolo dietro alla testa, guadagnandosi delle risate da parte mia e di Hutch.

- Beh, ok... Ma è vero -

Ashton lo osservò dopo quel momento di riflessione, tirò fuori il suo pacchetto di sigarette, prendendone una e cercando per alcuni secondi l'accendino prima di scrollare le spalle. Tenne il filtro della sigaretta e avvicinò la parte rimanente contro la candela accesa sul mobile accanto al divano.

-New York è bella quando si soggiorna per una settimana e non si è mai stati in una grande città prima d'ora. Ma se hai vissuto qui per tutta la vita, alla fine tutto diventerà così tutto fottutamente noioso -

Ashton si alzò camminando verso l'altro lato del soggiorno del suo piccolo monolocale, gettando il fumo fuori dalla finestra che era aperta. Molto probabilmente aveva notato che mi desse fastidio il fumo.

- Un sacco di gente si perde qui quando si ha un po' di soldi, ma se sei come il resto di noi non è facile - Disse Will meditando ad alta voce e io fui d'accordo con lui. L'avevo imparato nel momento in cui avevo parlato con Amber per alcuni minuti.

-Attici, grattacieli, ragazzini ricchi con la loro cocaina, i taxi, le feste, i crimini, i ristoranti... sono tutte cose prive di senso - Ipotizzò Hutch, con una penna tra le dita.

-Tutto è più divertente se si è dei ricchi stronzi. Con il potere e la ricchezza, puoi avere tutto quello che vuoi -Ringhiò Ashton, quasi ridendo.

Stai parlando per esperienza? - Will suggerì con labbra sciolte per via dell'alcol che aveva consumato, facendo un sorrisetto, e pensai immediatamente alla fotografia di Calum, Luke, Michael e Ashton che vidi nella libreria di Calum.

-Tu e Calum Hood eravate amici?- Chiesi con cautela. Ma questo anticipava il fatto che io già sapessi la risposta, sorprendendo tutti, il volto di Ashton si dipinse con un'espressione di amarezza verso il ricordo della sua amicizia con Calum, mascherando il tutto con apatia e fastidio.

-Molto tempo fa. Sono contento che adesso non lo siamo più -

-Perchè? - Chiesi, sperando di ottenere delle risposte e di non essere troppo impulsiva.

-Lunga storia. Ma tutto sommato, lui non è il tipo di persona con la quale vorresti essere associata -

Se queste domande fossero state fatte prima del bacio che io e Calum ci scambiammo, avrei chiesto molto probabilmente scusa. Le macchie di sangue sul mio vestito mi ricordavano ancora il modo in cui Calum avesse quasi ucciso Aaron per proteggermi.

- Penso che ci sia del buono in tutti. Alcune cose... alcune persone, a lui importano -

Ognuno si preoccupava di qualcosa o di qualcuno. La questione era capire di cosa si trattava. E sapevo che tutti, anche Calum, sotto alla sua maschera che si era creato nascondevano qualcosa di buono.

Ashton mi guardò , prese un'altra boccata dalla sua sigaretta cercando il mio sguardo. Stava cercando la verità, sapendo che io, invece, la stavo cercando di nascondere. Ashton portò la sigaretta nel posacenere, schiacciandola contro di esso e guardandola per un attimo. Mentre i resti del fumo si propagavano verso l'alto.

Ad Hood non importano le persone. Lui le brucia -




* * *



 

-Flaming Serpent Style-

-Will - Sospirò Ashton, roteando gli occhi e prendendo un sorso dal suo bicchiere di vino che Hutch si era offerto di comprare al negozio all'angolo minuti fa.

In qualità di antropologo, Will aveva sempre studiato la storia del comportamento umano. E mentre era in biblioteca, per la ricerca dei suoi testi per poter finire la tesi, si era distratto finendo per sfogliare un libro di antiche posizioni del sesso Maya, conosciuto anche come Kama Sutra.

Hutch non riusciva a smettere di ridere, mentre io non riuscivo a smettere di arrossire.

- Te lo sto dicendo, amico. E' folle, solo centododici persone sono morte per quello - Disse Will ubriaco, Hutch gli riempì ancora una volta il bicchiere con il Chianti.

Ashton rise, il suo braccio si appoggiò tra il divano e la mia schiena.

-Sei un pezzo di merda -

- Tu sei un pezzo di merda - Ribattè Will alzandosi, presubilmente per dimostrare quello che aveva letto, facendomi mettere la testa tra le mani.

- E' esattamente quello che sembra. Guarda, praticamente bisogna mettere un liquido infiammabile sopra l'erezione...-

Hutch prese il libro e Ashton si lasciò quasi sfuggire un gemito per la frustrazione.

-Hai portato quel cazzo di libro con te? -

-Come dovevo fare per darvi delle citazioni dirette? - Chiese Will, prendendo il libro. Lo aprì e andò immediatamente sulla pagina che stava cercando di spiegarci.

Will era in mezzo alla stanza in piedi e teneva il libro davanti alla sua faccia come se fosse sul punto di recitare qualche verso di Romeo e Giulietta.

-Dopo aver quel liquido, bisogna dare due spinte nella banca del muschio... - Recitò Will, posando poi il libro a terra e alla cieca raggiunse il raccoglitore , strappò un foglio avvolgendo su stesso, imitando le due spinte con il suo cavallo nella carta cilindrica formata, che avrebbe dovuto rappresentare '' la banca del muschio''.

-... Dopo di che l'attrito tra carne e vapore dovrebbe causare nove orgasmi di fila -

Will stava reggendo il vino sorprendemente, ma forse perchè era la nostra compagnia che gli aveva dato il tempo: a) di superare il suo cuore spezzato b) di superare la sua imminente sbornia, ma non più di tanto.

-Il problema di questa posizione è che la gente non calcola mai il tempo, perchè dopo le due spinte, alcuni hanno avuto dei problemi con questa roba - Affermò Will togliendo la carta a forma cilindrica dal suo inguine e imitò un rumore di esplosione comica, facendoci scoppiare a ridere.

-Hei, cazzone, tu e Regine avete mai provato Flaming Serpent Style? -

Will strizzò gli occhi e appolottolò la carta, gettandola ad Hucth che la bloccò con l'avambraccio ridendo come un matto.

- Hei! Vaffanculo, Hutch!-

Mi allungai per raccogliere la carta che aveva usato Will per dare la sua dimostrazione, aggrottando le sopracciglia quando mi ricordai che proveniva dal mio raccoglitore.

-Will, quelli erano i miei appunti di filosofia - Mi lamentai, ma difficilmente ti arrabbiavi con Will, le sue buffonate erano troppo divertenti.

-Cazzo, mi dispiace -Disse con tono di scusa, raggiungendo in fretta il foglio, ma facendo cadere accidentalmente la bottiglia di vino sopra.

Ashton e io scoppiammo a ridere, poi lui si alzò prese l'ormai inutilizzabile foglio fradicio e lo gettò nel cestino.

-Non preoccuparti, posso aiutarti io con filosofia. Di cosa avevi bisogno? -Si offrì Ashton, sedendosi nuovamente e posando il braccio dietro alla mia schiena.

- Insegnale il Flaming Serpent style-

-Stà zitto Hutch. - Lo avvertì Ashton, guardandolo, e facendo un sorriso avvertendole che se avesse detto qualcosa in più si sarebbe ritrovato nei guai. Immediatamente sentii un calore insinuarsi tra le mie guance.

-Margot, vorresti prendere in considerzione il Flaming Serpent style con Ashton? - Chiese Will ubriaco, prendendomi in contro piede e facendomi sgranare gli occhi.

- Non hai bisogno di rispondergli - Disse Hutch aggrottando le sue sopracciglia e prendendo il bicchiere di vino nella mano di Will - Ne hai avuto abbastanza per stasera -

- O qualsiasi altra posizione. Perchè, beh... -

- Okay - Disse Hutch coprendo con le sue mani la bocca di Will, sapevo perfettamente cosa Will volesse intendere con quella frase, ma ancora una volta era riuscito a lasciarci senza parole.

Non che io non sapessi nulla di sesso, alcune informazioni mi erano state date dalle mie amiche del liceo, solo che non avevo mai fatto nulla. E il rapporto più intimo, se si volevo chiamare così, che avessi mai avuto era stato con Calum,  era anche stato la causa di una ricetta disastrosa. E mentre la maggior parte dei miei amici che vivevano qui o quelli del liceo non erano più vergini. Ma non ci badavo più di tanto. Non ho mai pensato che fosse una grande vicenda o solo un fatto ovvio, ma credo che alla fine lo sia. Stavo solo aspettando qualcuno di speciale, questo era tutto. Ma loro non lo sapevano.

- Così Flaming Serpant stasera per voi due, a quanto pare - Mormorò Will tranquillamente quando Hutch tolse la mano dalla sua bocca. Sorrisi seppellendo la testa tra le mani e Ashton sembrava pronto ad ucciderlo.

-Va bene Will, andiamo a prendere un bicchiere d'acqua e poi vai subito a letto. E' ormai evidente che sei cinque volte più ubriaco del solito - Disse Hutch, marciando fuori dalla stanza con Will e lasciando me e Ashton soli.

- Mi dispiace, per... - Disse Ashton ridendo un po'.

- Va tutto bene - Lo liquidai, chinandomi per raccogliere i bicchieri di vetro e metterli nel lavello. Aprii il rubinetto e li misi a mollo, sperando che uno dei ragazzi li lavasse così come il resto dei piatti sporchi.

Quando mi voltai, la mano di Ashton era appoggiata contro la parte posteriore del suo collo, mentre io mi stavo asciugando le mani contro la parte anteriore dei miei jeans.

- Probabilmente dovrei ritornare al campus - Dissi sorridendogli, raggiungendo il mio raccoglitore e la mia felpa che mi ero portata dietro in biblioteca per qualsiasi evenienza.

-Ti accompagno, allora-

Scossi la testa.

-No, va bene. Non devi farlo -

-No, non mi dispiace affatto - Mi disse mentre un sorriso si formava all'angolo della sua bocca e gridando ad Hutch di spegnere la luce una volta che fosse uscito.

-Andiamo?-

-Andiamo -

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Capitolo 18
*** I Hope You're Good Tonight ***


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Calum's P.O.V
 

Lei era proprio come lui e cazzo, io odiavo questa cosa.

Ma la cosa che odiavo di più, fu come mi guardò con il suo sguardo distrutto e fu lì che la vidi l'ultima volta.

Era un mercoledì notte e probabilmente non avrei dovuto essere ubriaco marcio come lo ero. Ma sinceramente non mi importava. Avevo un armadio pieno di liquori a casa mia, ma difficilmente mi ubriacavo come si deve seduto su quel divano bianco.

-Signor Hood, desidera un altro drink? -

Signor Hood. Probabilmente avrei riso per come suonasse il cognome di mio padre, avrei potuto benissimo ribattere. Ma invece feci una smorfia e ordinai un altro whiskey.

Questo club era solamente per le persone in giacca e cravatta. Ma ero solo l'unica persona rimasta, così allentai la mia cravatta di seta e aprii con difficoltà i primi bottoni della mia camicia bianca che probabilmente valeva più dello stipendio di questo cameriere.

Le mie azioni andavano bene e il Calum di qualche mese fa avrebbe speso la metà di queste azioni in droga. L'altra metà, invece, l'avrebbe usata per comprare altra merda e probabilmente mi sarei ritrovato nel retro di qualche Ferrari o Porche o Bugatti con Casey o Brooke o Traci.

Ma adesso, usavo la metà di quei soldi per investirli in altre azioni, proprio come il resto degli stronzi, assettati di denaro di Wall Street. Proprio come mio padre mi disse che avrei dovuto fare e proprio come Alec mi disse che avrei dovuto fare.

Non mi importavano quelle cose perchè ad un certo punto la società sarebbe stata mia, anche se fossimo stati classificati quarti nella lista: Fortune 500 Company, o che le nostre azioni di classe A fossero le più alte sul New York Stock Exchange a 175.565 milioni di dollari o addirittura che il networth della Hood & Co. Fosse più di 278.950 milioni di dollari.

Numeri inutili e informazioni che perforavano la mia mente.

Quando guardai il mio telefono vidi le due chiamate da mia madre, i tre messaggi di Luke e le sei chiamate perse di mio padre e una del suo assistente esecutivo Shayna.

Invece di rispondere, spensi il telefono e finii il liquido ambrato. Una leggera smorfia si dipinse sul mio volto quando posai il bicchiere sul tavolo di mogano e feci un breve cenno al cameriere dietro al bancone.

Armeggiai con le chiavi, nonostante consapevole del fatto che non avrei dovuto guidare in quelle condizioni.

Ero ubriaco ma la mia non era quel tipo di sbornia solita che ti prendevi quando ti divertivi con gli amici. Era la seconda, quella peggiore. Quella che mi portava alla rabbia, mi rendeva pericoloso e mi faceva causare delle risse.

Proprio come mio padre.

Ma anche se avessi avuto un incidente d'auto, probabilmente ne sarei uscito pulito, solo pagando la mia causa. Avevo imparato ad agire proprio come un adolescente, finire in mezzo ai guai e poi pagare per uscirne fuori. Ma ormai non ero più un adolescente.

Per quanto stupido sembrasse, avrei preferito spendere quei soldi per comprare un nuovo vestito a Margot, anziché usarli per tirarmi fuori dai guai. Sapevo di averle rovinato il vestito quella notte in cui lei mi aveva fasciato le mani e mi sentivo come se dovessi ripulire il casino che avevo combinato. Mi feci un appunto mentale di chiamare un personal stylist che avrebbe rimediato il danno che avevo fatto, ma lo avrei fatto in seguito. Ma probabilmente mi odiava e non la biasimavo.

Tutto ciò che Amber le aveva detto su di me era vero, lei a malapena scalpiva la superficie. Avevo combinato un casino, in seguito sarei dovuto restare lì con lei, invece di alzarmi dal letto e trattandola come qualsiasi altra persona.

Anche se dovevo finire degli affari e del lavoro, ma avrei dovuto almeno la decenza di farglielo sapere.

Io ero abituato al ''una e botta via'' o alle avventure che duravano un paio di giorni, ma non alle ragazze come lei che avevano compiuto appena diciotto anni e che davano fiducia in tutto quello che incontravano.

La mia mente ubriaca pensò di chiamarla, ma sapevo che lei non mi avrebbe risposto. E io non avrei dovuto. Io non ero buono ed entrambi lo sapevamo.

Ignorai la figura di qualcuno che camminava sul marciapiede verso di me. Salii in macchina e accessi il motore, sapendo esattamente quale fosse la mia routine. Guidare fino a casa, probabilmente distruggere qualcosa per la rabbia, bere l'ennesimo bicchiere e poi crollare.

Tutto tranne che chiamarla o pensarla.

Io ero come il fuoco e lei era quella con un corpo di carta e tutto quello che avrei fatto l'avrebbe bruciata.

 

 Margot's P.O.V
 

Hey darling, I hope you're good tonight...

Gli A Day To Remember crepitavano dall'impianto stereo del pick-up di Jhon Black e con difficoltà provai a non sentirmi a disagio. Jhon era un bravo ragazzo per il 40% del tempo. Ma quando aveva finito una serie di troppi bicchieri rossi contenenti solo birra, era difficile dire se fosse un bravo ragazzo o no.

-Mi ricordi un sacco una cosa, lo sai?- Mi disse con il suo impeccabile accento che allacciava la sua voce, cosa che io non avevo mai pienamente acquisito pur avendo vissuto in Georgia tutta la mia vita.

-Chi?- Chiesi, abbassando un po' il finestrino.

-Questa canzone-

Un sorriso si dipinse agli angoli della mia bocca, mentre lui si voltò, guidando più lontano dalla festa al lago e dirigendosi in direzione del negozio di liquori che distava a quindici minuti dove eravamo, per prendere altra birra dato che quella alla festa era finita.

Le sue braccia muscolose formate grazie alle sue ore di allenamento nella squadra di football, erano rilassate mentre con le mani girava il volante.

Then I swear come tomorrow, this will all be in our past ...

Il modo in cui mi aveva chiamato e incoraggiato a tuffarmi nel lago pochi minuti fa con la sua voce, echeggiava ancora nella mia mente. Sovrastando la musica degli A Day To Remember proveniente dagli auto parlanti.

- Perchè lo hai detto? -

Lui alzò le spalle.

-Sembra che parli di te. Sopratutto quando sei un po' triste -

- E quando sono un ''po' triste''? - Ridacchiai. Fra meno di tre settimane sarei partita per il college, in procinto di vivere il mio sogno. Perchè dovevo essere triste?

- Recentemente? Tutto il tempo -

Risposi con sorriso, roteando gli occhi, ma il mio sorriso vacillò quando mi voltai.

-Margot, bambolina... - Iniziò posando la sua mano sulla mia coscia.

- John... - Ribattei, non sapevo se avessi voluto che si fermasse, o se avessi voluto baciarlo, o se avessi voluto piangere oppure se avessi voluto che mi avrebbe buttato fuori dalla sua macchina.

Non avevo mai parlato con John Black, stella della squadra di football della mia scuola, prima di questa sera. E una serie di pensieri attraversavano la mia mente.

Perchè la sua mano era sulla mia coscia?

Perchè stavamo andando oltre il limite di velocità?

Perchè aveva appena sorpassato il negozio di liquori e non si era fermato?

Il paesaggio della scura foresta scorreva dal finestrino, mentre l'aria estiva soffiava all'interno del pick-up.

Il pollice della mano di Jhon che era sul volante era teso verso l'alto, mentre la vettura accelerò e vidi il fumo che si alzava sopra gli alberi a meno di un miglio da noi.

-Perchè sei triste? -

Non lo sapevo.

Then I swear we can make this last .
 

- Beh, l'estate prima della terza media, dopo aver lasciato il subborgo in cui sono cresciuto a Philadelphia, ci siamo trasferiti in Australia e siamo rimasti a Sydney per tre anni. E poi ci siamo trasferiti a New York per il mio ultimo anno di liceo - Disse Ashton prendendo l'ultimo tiro dalla sigaretta e buttandola nel marciapiede, spegnendola con il piede. Le luci e una canzone degli A Day To Remember proveniva da un pub, mentre noi camminavamo dall'alto lato buio della strada.

- Perchè la tua famiglia si è trasferita in Australia? - Chiesi, sfregando le mie mani lungo le mie braccia facendo attrito per tenermi al caldo in questa notte, stranamente fredda per la fine di Settembre.

Ashton rise seccamente, prima di rimboccarsi le maniche della sua camicia verde militare

- Credo, per la crisi di mezza età di mio padre - Si interruppe, raggiungendo con la mano la tasca posteriore dei suoi skinny neri - Ti dispiace se fumo?-

Mi portai una ciocca dietro l'orecchio e scossi leggermente la testa. Mio padre e da quando ero alla Columbia mi avevano insegnato ad abituarmi. Non che fossi contro il fumo. Ma l'odore del fumo mi faceva arricciare il naso, ma non era poi così male. Sopratutto quando si era all'aperto.

- No, tranquillo. Vai avanti -

Ashton tirò fuori il pacchetto e l'accendino dalla tasca dei suoi skinny, rivoltando la parte superiore dell'accendino prima di accorgersi che fosse vuoto e borbottare un imprecazione. E indicò pigramente la strada.

-Ne dovrò comprare un altro. Ci dovrebbe essere un negozio all'angolo a destra. Ti dispiace se ci fermiamo un secondo? -

Risi e gli risposi che non mi sarebbe dispiaciuto affatto e ci fu un momento di silenzio prima che si mosse improvvisamente dietro alle mie spalle e avvolgendo attorno alla mia vita le sue braccia, stringendo la presa delicatamente facendo in modo di farmi ridere nuovamente.

-Cos'era questo? - Chiesi e Ashton rise prima di mettersi davanti a me, lasciando che le sue mani si soffermassero sulle mie, quando lui le sfiorò.

-Volevo sentirti ridere di nuovo -Affermò semplicemente, camminando a ritroso davanti a me.

Mi morsi il labbro inferiore timidamente, prima di guardarlo.

-Perchè? -

Gli angoli della sua bocca si alzarono accennando un timido sorriso poi si voltò, continuando a camminare e cambiò argomento.

-Ottima domanda. Comunque, la ragione del perchè ci trasferimmo in Australia fu la crisi di mezza età di mio padre -

Sorrisi, alzando gli occhi al cielo e scossi la testa.

Cominciò di nuovo a riprendere il suo racconto, dove si era fermato -Entrambi i miei genitori sono Australiani. E credo che mio padre fosse stanco di vivere qui. Gli venne offerta un'opportunità di lavoro, e perchè no? -

Da lontano vidi l'insegna del negozio all'angolo e attraversammo la strada, cercando di non finire sotto i taxi e le auto che erano sempre presenti, anche all'una di notte, nella città che non dorme mai.

-Mio padre per mezzo dei suoi affari viaggia molto e va sempre a Cairns, è un posto bellissimo, e mia madre di solito va con lui. Così sono finito in un collegio maschile, Boarding School di Sydney per tre anni e poi ci siamo trasferiti qui a New York per il mio ultimo anno di superiori -

- E come fai a conoscere Roxanne?-

-Beh, andavamo nella stessa scuola e sopratutto conosco suo fratello. E' un anno più grande di me ed entrambi suoniamo la batteria e ci siamo ri beccati alla Columbia. In realtà lui si è laureato l'anno scorso-

-Suoni la batteria?-

Ashton sorrise, quasi imbarazzato.

-Si -

-Questo è fantastico - Dissi guardandolo e sorridendogli, mentre lui si voltò imbarazzato - Mi piacerebbe sentirti suonare -

- Forse si può fare, qualche volta -

Aprì la porta del piccolo negozio all'angolo, tenendola aperta per me. Il calore del negozio ci inghiottì, allungai le mie dita intorpidite per il freddo pungente della notte.

Ashton si avvicinò verso la parte posteriore del negozio posando la sua patente di guida al bancone e pescando delle banconote da un dollaro dal suo portafoglio.

-Marlboro Gold da dieci, grazie -

La luce fluorescente del negozio gli illuminava il mento e i risaltava il colore biondo dei suoi capelli mossi mentre sorrideva, facendo apparire le sue fossette, all'uomo dietro al bancone.

L'uomo sospirò e si voltò per prendere le sigarette, io mi presi un minuto per guardare le riviste di moda e di gossip che erano appoggiate vicino alle numerose confezioni di dolciumi.

Il mio sguardo vagava distrattamente sulle copertine di ''Ok!'' e quelle di ''People''. Ma fu la copertina della rivista ''Tatler'' a catturare la mia attenzione con il suo titolo in grassetto con seguito un sottotitolo '' Lo Spirito Dell'Alta Società ''

Tuttavia, non fu il titolo a spaventarmi , ma le foto che vi erano in copertina. Situata in una combinazione di colori argento, bianco e il castano scuro degli occhi di Calum e quelli che presupposi fossero i suoi genitori. E sotto a quella vi erano due sottotitoli:

'' Le Famiglie Più Influenti Di New York '' e '' Andando Avanti: The Hood Empire ''.

Il viso di sua madre era magro, ma delicato, seduta elegantemente mentre mostrava un sorriso verso l'obiettivo. Suo padre era con un contrasto più scuro. Ovvero, fermo e severo, con le mani incrociate sul vertice della sedia bianca in cui era seduta sua madre. I suoi occhi erano neri, i capelli anche loro scuri con un abito grigio scuro. Vestito in quel modo sembrava potente e intimidatorio. Tutto quello che ci si aspettava da uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti.

Calum guardava l'obiettivo apaticamente, quasi crudelmente. Non c'era traccia di un sorriso sul suo volto, ma per quanto potesse essere bellissimo, il suo sguardo era mozzafiato. Quando lo guardai più da vicino, però riconsiderai le mie parole. Il suo sguardo non era esattamente crudele e privo di emozioni. Sotto ai suoi occhi c'era un accenno di miseria, ma era fugace.

Il tipo di miseria che si sarebbe indurita e poi trasformata in pietra.

-Vuoi qualcosa?-

Le parole di Ashton mi presero di sorpresa e alzai immediatamente lo sguardo verso di lui, sorridendo e scuotendo la testa.

-Sicura?-

-Sì. Sto bene-

Ashton tornò alla cassa, mettendo i suoi soldi sul bancone.

-Solo le sigaretta, grazie-

Cercai di dare un ultima occhiata alla foto della famiglia di Calum, ma una rivista di gossip che normalmente non mi prendevo mai la briga di guardare, mi distrasse. Era di un rosa acceso e i il titolo '' Giovani, Ricchi E Famosi '' appariva al lato con seguito sotto un sottotitolo '' Gli Scapoli Più Ambiti '' e vi erano venti foto di ragazzi molto ricchi tra i venti e quarant'anni, e tra cui in una vi era Calum. Ragazzi che entravano in macchine lussuose, o chi si sistemava il Rolex al polso o chi lasciava il locale dopo una festa.

Il cassiere notò il cambiamento nell'aria e piegai leggermente il giornale, voltando pagina, vedendo un articolo intitolato '' Il Cattivo Ragazzo Di New York '' con una grande immagine di Calum, con altre foto di bassa qualità scattate dai paparazzi di lui assieme a qualche suo amico, con numerose ragazze attorno, con bottiglie di alcol in mano, mentre guidava diverse auto sportive, quando lasciava i locali al mattino e quando fumava qualche sigaretta con la mascella serrata.

-Andiamo?- Mi chiese Ashton tenendo la porta aperta, chiusi subito la rivista, prima di uscire e tornare a piedi al campus con Ashton

 

 

* * *



Quando tornai al dormitorio, Roxy dormiva con i suoi libri sparsi attorno a lei. Le tolsi gli occhiali da lettura dal viso e li posai sul comodino, così come i suoi libri, prima di coprirla con la coperta e mi feci una nota mentale che dovevo parlare assolutamente con lei.

 

Dormiva profondamente, fissai la sua sveglia per giovedì dato che lei mi aveva detto che venerdì avrebbe avuto il brunch in centro con i suoi.

Non sentivo esattamente New York ancora come la mia casa, ma mi sentivo però come se appartenessi a questo posto più di quanto io abbia mai fatto in Georgia. In ogni modo, se fossi tornata a casa i brutti ricordi per quello che successe sarebbero riemersi a galla, e la cosa migliore era rimanere lontano da tutti.

In un attimo mi lampeggiò il pensiero di Calum su quelle riviste, ma mi rifiutai a soffermarmi su di lui, erano le due del mattino e io avevo bisogno di dormire. E pensare lui non aiutava affatto il mio sonno.

Forse era meglio non pensarlo, probabilmente Amber aveva ragione ma anche se non l'avesse avuta, tra me e Calum non sarebbe successo o venuto fuori mai niente di buono.

Mi cambia, togliendomi la felpa e i jeans, mettendomi una canottiera e un paio di pantaloni grigi di una tuta per dormire. Cercai di non pensare a Calum, o Ashton, o alla scuola, o a casa.

Posai la testa sul cuscino e chiusi gli occhi, sentendomi sopraffare dalla stanchezza e incominciandomi ad addormentarmi. Ma quando fui sul punto di addormentarmi, sentii il suono acuto delle nocche di qualcuno contro la porta e aprii gli occhi.

Assonnata, dondolai le mie gambe oltre il bordo del letto e mi strofinai gli occhi per poi camminare senza far alcun rumore verso la porta.

Sentii nuovamente bussare, ma questa volta era più leggero, avvolsi le dita nella maniglia della porta, tirandola per aprirla e trovandomi di fronte l'unica persona che non mi sarei mai aspettata.

Calum.

Ero troppo sconvolta per parlare, la mia bocca si aprì come lo guardai senza che uscisse nessun suono . I suoi occhi erano rossi, il labbro era spaccato, mentre le sue nocche erano arrossate e piene di tagli, in piedi davanti alla porta.

-Cosa ci fai qui?- Chiesi prendendo un respiro profondo e sentii il mio battito accelerare mentre guardai la sua figura slanciata con i lineamenti ben definiti, amaro e miserabile, mille volte peggio che della foto sul fronte del magazine.

-Volevo vederti. Ho bisogno di vederti-

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Capitolo 19
*** I Wanted To See You. I Need To See You. ***


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I Wanted To See You. I Need To See You.



-Volevo vederti. Ho bisogno di vederti-

Mi dondolai avanti e indietro sulle punte dei piedi, discutendo su cosa fare. C'era la stragrande parte di me che avrebbe voluto sbattergli la porta in faccia. Mentre c'era una piccola parte che mi diceva di farlo entrare nonostante tutte le ovvie ragioni che mi avessero portato a non pensarlo.

Un milione di domande attraversavano la mia mente, ma conoscevo già la risposta della maggior parte, ma avevo bisogno di tempo.

-Sono le due del mattino-

Distolse lo sguardo e mormorò un debole '' lo so '', la luce fioca del corridoio illuminava quell'accenno di barba che aveva sul mento. Probabilmente Amber aveva ragione su di lui e volevo odiarlo per il modo in cui si fosse presentato senza preavviso davanti alla mia porta. Proprio quando stavo trovando una parvenza di pace con i fatti che accaddero con lui la scorsa settimana.

Ma ancora una volta, non potevo odiarlo. Avevo visto il lato di lui in cui aveva lasciato tutto per venirmi a prendere quando io crollai a pezzi fuori dall'appartamento di Ashton. Ma conoscevo il lato di lui che usasse la gente come se fossero dei fiammiferi.

-Non sarei dovuto venire-

Sospirai guardandolo.

-No, va bene-

Mi trovai ad aprir bocca prima che potessi fare nulla al riguardo e lo condussi in bagno alla fine del corridoio. La mia mente andò in preoccupazione quando sentii un profondo silenzio da entrambi composto dall'opacità.

Si appoggiò al doppio lavandino  attaccato al muro di piastrelle bianche del bagno in comune tra i dormitori di questa sezione del piano. Le luci qui dentro erano più accese per motivi di sicurezza rispetto a quelle esterne del corridoio.

Grazie all'aumento della visibilità vidi tutto. Il suo sguardo leggermente lucido e arrossato sul suo volto, i tagli riaperti alle nocche, il taglio al lato del labbro, il livido scuro e sanguinante sotto il suo occhio.

Tutta questa situazione sembrava una infallibile routine, eravamo ritornati al punto di partenza, di nuovo. Nessuno di noi aveva parlato l'ultima volta e molto probabilmente sarebbe stato così anche questa volta. Ma mi sconvolgeva. Mi morsi il labbro inferiore e bagnai un fazzoletto di carta sotto il getto di acqua fredda del rubinetto.
-Hai intenzione di dirmi cosa è successo?- Chiesi in silenzio, tamponando con il fazzoletto bagnato il suo labbro inferiore.

La sua mascella si strinse.

-Non voglio parlarne-

Tirai via il fazzoletto bagnato dal taglio e lo strinsi nella mano, cercando di non essere turbata, ma fallii miseramente.

-Calum- Presi un respiro profondo prima di parlare nuovamente - Non puoi semplicemente presentarti qui e aspettarti che ti aiuti e non dirmi nulla. Non dovrei nemme...-

Venni interrotta dallo scricchiolio della porta che si aprì e sbucò una ragazza dai capelli rossi mezza addormentata in pigiama con delle infradito verdi.

Alzò il viso e guardò prima Calum e poi me, probabilmente sconvolta dal suo aspetto e dal fatto che Calum Hood '' Il ricco e famoso cattivo ragazzo'', il titolo mi fece venire voglia di alzare gli occhi al cielo, era in questo bagno nel cuore della notte.

-Mi dispiace- Squittì la ragazza, trascinando i piedi dall'altra parte della stanza raggiungendo le porte dei servizi.

Io e Calum guardammo ovunque, ma non ci scambiammo nessuno sguardo, aspettando che la ragazza se ne andasse. La porta dei servizi scricchiolò e la ragazza aprì la porta, dirigendosi verso il lavandino, passò la mani insaponate sotto l'acqua toccandosi le sue unghie blu elettriche e cercando di nascondere le occhiate che mandava a Calum.

-Hai finito?- Sbottò Calum burbero e duramente.

La ragazza lo guardò e chiuse immediatamente l'acqua, sapevo che quel suo perdere così tanto tempo per lavarsi le mani le serviva per racimolare informazioni.

Uscì frettolosamente e io mandai uno sguardo tagliente a Calum, facendogli capire silenziosamente che quello che avesse appena detto era scortese. Senza dubbio, stava perdendo tempo per assorbire ulteriori dettagli da aggiungere alla storia che avrebbe messo sicuramente in circolo domani mattina per il campus. Il pettegolezzo si sarebbe diffuso a chiazza d'olio, sopratutto se i nostri nomi sarebbero stati citati nella frase '' Erano in bagno assieme, ieri notte ''

Aspettai che quella fosse fuori portata d'orecchio e poi guardai Calum.

-Non è successo nulla-

Puntai il mio sguardo risoluto su di lui cercando di mantenere la mia posizione.

-Non mentirmi-

Ma le mie crepe vocali si sentirono, presi un respiro profondo e cercai di dare un senso a quello che fosse successo.

-Cazzo Margot- Si pizzicò il naso frustato e cercai di non tremare per come uscì il mio nome in modo raschiato e profondo dalla sua voce - Ero ubriaco, fottutamente stupido e ho fatto a botte-

-Perchè?-

-Mi sono imbattuto in uno degli amici di Aaron-

Sentii il suono tagliente della mia inspirazione e mi morsi il labbro, non rispondendo e costringendolo a continuare.

-Ha detto qualche cazzata e mi sono incazzato-

Subito tamponai con il fazzoletto bagnato dall'acqua fredda il suo labbro, sperando di alleviare il gonfiore. Avevo visto una sacco di labbra così ormai sapevo già cosa fare. E un fazzoletto bagnato non era un cubetto di ghiaccio o una bistecca congelata.

-Che tipo di cose ti ha detto?- Mi rammaricai una volta che le parole furono uscite dalla mia bocca, sapendo che mi avrebbero sconvolto.

Lui indietreggiò e solcò la fronte, premendo cautamente il fazzoletto bagnato contro le sue nocche.

-Cose su di te-

Sospirai e non dissi nulla. Non avevo bisogno di elaborare nulla. Potevo già immaginare il tipo di cose che avesse detto. C'erano due modi che si avvicinavano al punto di vista di Aaron: o che ero una puttana o una stronza per avergli detto di no. Ma molto probabilmente fu la prima la soluzione.

-Non hai bisogno di difendermi- Mormorai tranquillamente, concentrandomi sulle sue nocche insanguinate che erano davanti a me.

-Lo volevo-

Chiusi per un attimo gli occhi per poi aprirli nuovamente, applicando la pomata sopra ai suoi tagli.

Avevo portato con me il kit di primo soccorso e al suo interno ebbi la fortuna di trovare dei cerotti flessibili per le nocche. La scatola di quest cerotti era piccola, ma ce ne erano abbastanza per cinque dita e forse io ne avrei avuto bisogno solo per due o tre.

Calum chiuse gli occhi mentre gli applicavo con cura i cerotti e avvolsi con cautela l'estremità sotto il suo dito.

Il suo respiro rallentò forse dato dall'abbondante quantità di alcol in circolo nel suo sangue e anche perchè la stanchezza iniziava a prendere il sopravvento. Era in piedi, mezzo addormentato quando mormorai tranquillamente un '' finito tutto''.

Alzai i miei occhi verdi verso i suoi scuri e gli vidi annebbiati, stanchi e arrossati. Gli offrii l'unica cosa che potessi dargli in quel momento, un sorriso, ma lui non ricambiò. Non ero più sorpresa. Sembrava quasi che Calum non sorridesse mai.

Invece lui si chinò, premendo in silenzio le sue labbra appena sotto l'attaccatura dei miei capelli. Mi sorpresi per quel gesto e mi ritrovai a chiudere gli occhi, rilassandomi e immergendomi in ogni secondo di quel gesto, mentre le sue labbra indugiavano sulla mia pelle prima di tirarle via.

-Grazie- Disse piano, le sue parole e la tensione di quel momento ci avvolsero in un bolla. Una bolla di calore e pace che mi faceva sentire come se avessi il bisogno disperato di ritornare a terra.

Mi aspettai un '' scusa '' ma sapevo che dopo quella pausa non sarebbe mai uscita quella parola, non dalla bocca di Calum. Calum era il tipo di persona che non si sarebbe mai scusato. Anche quando c'erano così tante cose per cui chiedere scusa: per non esserci stato quella mattina quando mi svegliai nella sua stanza, per le parole che Amber aveva usato per prendermi in giro, per non avermi fermato quando stavo uscendo dal suo attico, mostrandomi solo in questo preciso momento quanto fosse irrequieto, infelice e ferito.

Una scusa per avermi usato? O forse Calum mi stavo usando?

Alzai lo sguardo verso di lui mentre le sue labbra si stavano allontanando dalla mia fronte, i nostri occhi si chiusero per qualche secondo, prima di chinare nuovamente la testa,  avvicinando le sue labbra con le mie. La sua mano era intrecciata alla mia e il suo petto tonico era schiacciato contro il mio.

Chiusi nuovamente gli occhi quando sentii le sue labbra che si sfioravano contro le mie. Erano ancora morbide nonostante il taglio che le segnava. Questo bacio era delicato e prudente e non era nemmeno paragonabile alla prima e all'ultima volta che ci baciammo, anche se mi sembrava di sentire un fantasma. Le sue labbra sulle mie. Non volevo nulla di meno che alzarmi sulle punte dei piedi e colmare quel divario, nonostante le mie inibizioni.

Perchè potevo dire che che entrambi eravamo così infelici, ma lui era anche ubriaco e c'erano un sacco di circostanze estranee e un milione di motivi per cui io non avrei dovuto baciarlo.

Così quando lo sentii avvicinarsi maggiormente a me e sentii le sue labbra nemmeno ad un centimetro dalle mie, con timore voltai il mio viso dal lato opposto, girandolo verso la sua grande e ruvida mano che era posata sulla mia guancia e resistendo alla tentazione di baciare il suo palmo. Un bacio che avrebbe significato un '' mi dispiace '' o un '' non posso ''.

I miei occhi erano ancora chiusi, quando mi allontanai da lui e pronunciai quelle esatte parole per poi aprirli e guardare i miei piedi.

-Va bene-

Quando alzai lo sguardo vidi che si passò la mano sulla mascella e poi dietro al collo.

-Io - Disse guardando l'ora sul suo telefono - Devo andare-

Senza dire una parole, Calum uscì dalla porta e scese giù per le scale fino a quando non sentii più il rumore dei suoi passi.

Feci qualche passo indietro, appoggiai la mia schiena contro le piastrelle fredde del bagno e inclinando all'indietro la testa, misi le mie mani sul viso soffocando un grido di frustrazione e sconfitta che uscì dalle mie labbra.

Guardai attraverso la finestrella del bagno e il cielo era ancora dipinto da un blu scuro e convinsi me stessa di aver preso la decisione giusta: allontanarlo. Ma mi sentivo come se avessi commesso un terribile errore


 

SPACE AUTHOR



Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Lo so che era da un po' che non aggiornavo questa famfiction, ma tranquille avevo bisogno di rivedere alcuni capitoli di questa storia. E poi sono stata anche impegnata  ( come molti di voi hanno putoto leggere) con le mie altre fanfiction.
In ogni caso, eccomi qui. Che ve ne pare?
Ovviamente da chi poteva andare Calum urbiaco e ferito se non da Margot?
Margot appena lo vede alla porta del suo dormitorio, per un primo momento vorrebbe cacciarlo per tutte le cose orribili che le ha fatto. Ma poi cede, medicandolo e ritornando allo stesso punto di partenza. Però quando la ragazza gli chiede il motivo dei suoi lividi, del labbro spaccato e delle nocche spaccate, Calum ovviamente si rifiuta.
Margot insiste, Calum cede dicendole la verità. E diciamolo dopo il modo in cui l'ha trattata ed usata nessuno si sarebbe aspettato che avrebbe fatto nuovamente a botte per lei, solo perchè si è imbattuto in uno degli amici di Aaron.Secondo voi è realmente così oppure sarà una bugia?
 Però quando Calum tenta di baciarla, Margot si tira indietro.
Ad ogni modo ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI E RICORDATI.
GRAZIE MILLE, davvero.
See ya soon & stay tuned,
Baci Lalluby



 

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Capitolo 20
*** It Makes Sense, Margot. More Sense Than You And Calum ***


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It Makes Sense, Margot. More Sense Than You And Calum




 

-Qualcuno ti hai mai detto che studi troppo, piccola Margot?- Chiese ironicamente Roxy prendendo un sorso dal suo caffè.

-Mmh.... si, circa un centinaio di volte - Alzai lo sguardo dal mio portatile e sorrisi, stiracchiandomi sperando che la stanchezza non si facesse avanti.

-Beh, ma lo fai lo stesso! Non puoi fare così Margot, sei esausta - Mi disse Roxy alzando un sopracciglio. Le avevo raccontato tutto della notte scorsa e dei fatti successi la scorsa settima e la sua opinione era stata relativamente chiara.

-Ho avuto una settimana stressante - Mi difesi.

-Mmh, certo - Disse Roxy conoscendomi e sorridendomi prima di prendere un altro sorso del suo caffè.

Da quando ero alla Columbia, questa caffetteria era diventata il luogo quotidiano di incontro tra me e Roxy. Era più costosa di Starbucks, ma era bella l'atmosfera ed era anche a cinque minuti a piedi dal campus.

Inoltre, la caffetteria era ottimo e i camerieri non ci mandavano occhiatacce quando occupavamo qualche tavolo per ore e ore.

-Guarda, Ashton è come un fratello per me. E poi è figo e gli piaci davvero, anche se delle volte può essere un idiota, sarebbe un ottimo ragazzo-

-Parlare di Ashton come mio potenziale ragazzo non è un po' prematuro?- Canticchiai, appoggiando la mia schiena contro lo schienale del divanetto e cliccando distrattamente sulla casella di posta elettronica, ritrovandomi alcune e-mail dai miei professori di corso e una da Andres che mi informava di aver trovato il mio astuccio sotto il bancone della biblioteca in cui lavoravo.

'' Ecco dove diavolo era finito '' pensai.

-Ha senso, Margot. Ha più senso di te e Calum-

Il suono del suo nome, mi provocò una sensazione come se qualcuno mi stesse gettando addosso un catino di acqua ghiacciata, ma cercai di spingere questa sensazione da parte.

-Non lo so, Roxy - Dissi. Non le avevo raccontato che Calum aveva quasi ucciso a botte un uomo per me, perchè a quel punto avrebbe cambiato idea. Ma credo che non avrei mai raccontato questo fatto a nessuno.Pensarci mi provocò i brividi e sentii quella sensazione di nausea al mio stomaco e parlarne con nessuno era insondabile.

-Margot, solo..- Roxy sospirò e guardò fuori dalla finestra - Hai fatto solo la cosa giusta a non baciarlo. Calum e tutto l'opposto del tipo di persona in cui si dovrebbe avere fiducia. E le cose che ti ha detto Amber, per quanto sia troia, sono vere. Calum ti vuole quando conviene a lui e usa le persone. Finirai con farti del male-

Presi fiato per parlare, ma lei mi interruppe.

-Fidati di me, va bene?-

Volevo essere d'accordo con le parole di Roxanne. Ma non ci riuscivo. Volevo dirle che avevo commesso l'errore più grande e che avevo solo paura di farmi male. Ma il mio istinto quella mattinata mi disse che lei avesse ragione. Essere coinvolti con Calum significava farsi male. Definitivamente.

Ma qualcosa dentro di me voleva rischiare questo rischio perchè, comunque, ne sarebbe valsa la pena.

-Promettimi che terrai a mente il mio consiglio?-

Ripensai a tutto il dolore e il male che mi provocò  Calum in così breve tempo. Era come se fosse molto di più di un breve tempo, nonostante fossi al college neanche da un mese. Forse Roxanne aveva ragione. Non avevo bisogno di incasinare maggiormente la mia vita.

-Non te lo posso promettere, Roxy. Ma dubito che vedrò ancora Calum o sentirò qualcosa di lui, in ogni caso. E anche se lo facessi... no- Mi fermai - Hai ragione -
Roxanne mi sorrise abbracciandomi, facendomi così sapere che fosse felice per me e che io stessi facendo la cosa giusta.

-Ora- Disse Roxanne allontanandosi dall'abbraccio e prendendo la parte superiore del mio cornetto, mettendoselo in bocca e sorridermi prima che io potessi protestare. Sorrise maliziosamente, mettendo una mano sopra il nostro programma di economia finanziaria, l'unico seminario del semestre che avevamo in comune - Ti prego di spiegarmi le cose di cui stava parlando il professor Sisman, perchè non ho letto nessuna delle sue letture e non ho idea di come cazzo appendermi per fare quei calcoli -


* * *


 

Non mi stavo addormentando. Non esattamente. Ma le mie palpebre ad un certo punto divennero sempre più pesanti mentre stavo studiando quel venerdì sera, la stessa sera in cui Calum avrebbe fatto una delle sue solite feste. Roxanne aveva efficacemente boicottato e io non avevo voglia di vedere Calum e avevo anche un sacco di appunti da riorganizzare, anche se ero da un mese nella mia esperienza universitaria.

Stavo cercando con tutte le mie forze di rimanere sveglia, quando il mio telefono inizò a vibrare in cima sulla scrivania.

-Pronto?- Dissi goffamente, prima di accettare la chiamata e guardando lo schermo. Avevo un evidenziatore in mano un post it attaccato sull'anulare del dito dell'altra mano. Armeggia per alcuni secondi prima di fissare il mio telefono tra la spalla e l'orecchio.

-Margot? Hei, sono Ash - La sua voce era roca dall'altro capo del telefono e distinto sentii un sorriso diffondersi sulla mie labbra mentre mi sedetti. Un piccolo frammento di me avrebbe voluto che fosse stato Calum, la parte stupida e ingenua, fu quello il mio pensiero, ma ero davvero felice di sentire Ashton.

-Ciao! Come stai?- Chiesi prendendo un sorso dalla mia tazza e incrociando le gambe , muovendomi un poco per trovare una giusta posizione.

-Sto bene - Rise sull'altra linea - Tu, come stai?-

-Bene, un po' assonnata e stressata. Ma sopratutto sto bene-

-Studi troppo-

Risi, appoggiandomi al muro.

-Me lo hanno detto-

-Se questo non è un buon momento, posso richiamarti più tardi- disse con cautela.

-Oh, no- Lo interruppi, aprendo la mia tenda per guardare le stelle che avevano appena iniziato a fare la comparsa nel cielo. Le giornate erano sempre più brevi e il cielo diventava sempre più scuro - Va bene. Sono felice che tu abbia telefonato. Forse hai bisogno di qualcosa?-

-Io, beh, ti avevo chiamato per dirti solamente: ciao- Potevo percepire che stava sorridendo e questo mi fece sorridere a mia volta.

Risi.

-Allora ciao, Ashton-

-Ciao- Rispose Ashton. La sua voce non era così profonda come lo era di persona, ma la sua risata era confortante anche attraverso la linea. Risuonava come se fosse sdraiato e l'immagine di lui disteso nel suo letto del suo piccolo monolocale lampeggiò nella mia mente.

-Ok, ok. Era una bugia. Non ti ho chiamato per dirti solamente ciao. Io... umh.. io tipo ti volevo chiedere una cosa-

Presi la penna che era sul letto e incomincia a giocarci.

-Certo, dimmi- Dissi, mentre la mia attenzione venne deviata.

-Beh, Hucth farà una lettura di poesie e mi chiedevo se volessi venire. Voglio dire insieme, con me-

Le sue parole mi fecero smettere di giocare con la penna e la posai. E se andassi con lui? Lui era carino, divertente, dolce e semplice. Si, dovrei. Ma la domanda era: Lo volevo?

Certo che volevo andarci con lui. Ma era come se ci fosse delle implicita dietro a quella frase: Uscire con Ashton. Risuonava più come un appuntamento. E significava molto di più da quello che io volessi. E nonostante il consiglio di Roxanne, non ero del tutto sicura se volessi essere più che amica con Ashton.

-... gli piaci davvero, anche se delle volte può essere un idiota, sarebbe un ottimo ragazzo. Ha senso, Margot. Ha più senso di te e Calum-

Roxanne aveva ragione. Tutto il male che mi aveva fatto provare Calum e adesso potevo beneficiare di una distrazione. Ashton era un ragazzo eccezionale, sicuro, semplice e che ti metteva a proprio agio e poi mi rendeva felice. Probabilmente non potevo chiedere di meglio.

Sospirai per la mia decisione. Sentendomi per la prima volta felice e orgogliosa della mia decisione e per aver fatto la cosa giusta.

-Mi piacerebbe molto, Ash- accettai- Per che ora?-






 

SPACE AUTHOR



Hi my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Prima di tutto vi chiedo perdono per non aver giornatao questa storia, ma tranquille non mi sono dimenticata. 
Ma tornando alla storia e a Margot e Calum.
Finalmente, Margot si ''apre'' e parla della situazione tra di lei e Calum con, Roxy. Che a quanto pare le suggerisce di provarci con Ashton e di lasciare perdere il moro.
E successivamente, oserei dire FINALMENTE, ASHTON FLETCHER IRWIN  invita Margot per una sottospecie di appuntamente. 
In un primo momento Margot ha dei ripensamenti, perchè ha paura. Ma poi ripensando alle parole di Roxy accetta.
Secondo voi, avrà fatto bene? 
Ad ogni modo, ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI E RICORDATI.
GRAZIE MILLE, davvero.
Ah, se vi va di passare, ho scritto uno nuova storia sui Cake e si chiama Eighteen ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3241055&i=1 ).
Grazie ancora.
See ya soon & Stay tuned.
Baci Lalluby

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Capitolo 21
*** It Was Better Like This. ***


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It Was Better Like This.


 

Calum's POV
 

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Guardai velocemente l'orologio prima di accelerare sulla strada. Mi sembravano essere passati secoli dall'ultima volta che ritornai a casa. E solo adesso mi ricordai quale fu la causa che mi rifece ritornare a casa l'ultima volta.

La casa della mia infanzia. La casa dei miei genitori. La ''residenza'' o ''villa '' estiva, aveva un viale quasi lungo un miglio, metà era occupato da boschi e l'altra metà vi erano distese di prati perfettamente curati. Era bellissima,  questo non lo potevo negare, ma tutta quella distanza non mi aiutava quando si era in ritardo di quindici minuti per incontrare mia madre.

Potevo quasi sentire la sua voce, squillante ma fastidiosamente gentile, che in un modo tra l'aggressivo e il tranquillo mi rimproverasse per il mio ritardo.

Le guardie riconobbero la mia macchina e mi aprirono il cancello dicendomi un rapido ''Bentornato''. Mi ricordai quando ero ragazzino ed ero in macchina con quel testa di cazzo di mio padre sentivo sempre un '' Bentornato signor Hood '' e adesso, cresciuto faceva un po' strano sentirselo dire. Sembrava il nome di un uomo con una moglie e una famiglia, che beveva Scotch e giocava a Golf durante il fine settimana. Era come se quel nome appartenesse a qualcun altro. Qualcuno che non fossi io.

Una volta sorpassate quelle distese di prato e guidato sul vialetto di ghiaia, parcheggiai la macchina nella parte anteriore della casa, misi le chiavi in tasca prima di camminare davanti alla porta e suonare il campanello.

Ci fu un breve momento di pace prima che sentii aprirsi il grande portone ritrovandomi mia madre, vestita con dei tacchi alti e un vestito color crema. Mi accolse nel foyer, abbracciandomi e baciandomi la guancia prima di andare nella grande sala da pranzo.

Rimanemmo nel foyer per alcuni secondi in silenzio, poi, lei aprì bocca per parlare, ma la fermai prima che iniziasse.

-Lo so. Sono in ritardo-

Mi fece un sorriso tirato, e mi sorprese che non replicasse ma rispose con un semplice '' Va bene '' . Posai le chiavi nel banco accanto alla porta e mi guardai attorno, nulla era cambiato. Qualche cornice contenente vecchie foto scattate sul bancone e un paio di nuovi dipinti al muro, ma tutto ero lo stesso.

-Volevi che ti passassi a trovare- Dissi trattenendo di alzare gli occhi al cielo. Mi sentivo così strano vestito con una t-shirt nera e degli skinny neri strappati al ginocchio, mentre parlavo con mia madre, la regina di Pristine.

-Oh si!- Disse eccessivamente cordiale come se si fosse dimenticati che io dovessi venirla a trovarla, ma in realtà è perchè lo voleva lei - Perchè non parliamo in salotto?-

La suola dei suoi tacchi color crema colpì il pavimento di marmo bianco, echeggiando nella stanza prima di sedersi sul divano.

-Come stai?- Chiese accavallando le gambe e appoggiando le mani sul suo grembo.

-Bene-

Con la coda dell'occhio vidi sul mobiletto lo Scotch che beveva mio padre e strinsi i pugni. Anche se fosse necessario per gli affari, in modo pratico, avevo sempre odiato quella bevanda. Invece mio padre amava lo Scotch e io odiavo mio padre. Quindi non era una sorpresa se odiassi ogni cosa che riguardasse quell'uomo.

-E Luke, Michael e Ashton? Ho pranzato con le madri di Luke e Micheal la settimana scorsa-

La mia mascella si strinse appena sentii menzionare il nome di Ashton, ma nascosi quell'azione con l'indifferenza.

-Stanno bene- Dissi toccandomi il piede, mia madre mi guardava con aria di rimprovero mentre fissava i miei skinny strappati e i cerotti sulle nocche.

-Perchè sono qui?-

-Speravo che potremmo fare una chiacchierata- Mi sorrise mia madre, ma dietro alla sua voce si nascondeva la menzogna.

Stronzate.

Mia madre poteva tentare di nascondere tutte le sue intenzioni con la vecchia moneta della gentilezza ma io ormai la conoscevo fin troppo bene.

-Non mentirmi-Le dissi categoricamente, ignorando come quella frase mi ricordasse Margot.

-Io non sto mentendo o nascondendo nulla, Calum-

-Già, come se nascondere le vecchie fotografie che avevamo prima nel foyer...-

-Adesso, Calum...-

-Non sono nemmeno passati due mesi, cazzo!-

Avevo bisogno di una sigaretta.

-Sono preoccupata per te-

Distolsi lo sguardo e mi presi il labbro inferiore tra i denti, per un breve tempo, prima di lasciarmi andare.

-Da quando...- Si fermò.

Da quando, cosa? Cazzo dillo.

-Tu non sei più lo stesso. Ho letto i tabloid, Calum. Un giorno prenderai in mano la società, tu lo sai. E tuo padre non vuole che il nome Hood si sporchi-

-Fanculo il nome '' Hood '' - Mia madre sussultò mentre io alzai gli occhi al cielo- Non è che tutto si sistemi su due piedi- Parlai con asprezza quasi ridendo, trovando dell'umorismo in tutto ciò.

-Forse ti sarebbe d'aiuto se incontrassi qualcuno. Amanda Von Hassmere dice che lei e suo marito ogni giovedì vanno da un meraviglioso terapista in città. Dovresti andarci-

-Prima tu- Dissi facendo una smorfia.

-Non ho bisogno di un terapista, Calum!- Mi disse.

-Oh certo, perchè io sono l'unico fottuto in famiglia- Sbeffeggiai.

Non avevo bisogno e non volevo sedermi in una fottuta stanza e parlare a qualcuno dei miei cazzutissimi problemi. Potevo gestirli da solo.

-Grazie, mamma. Ma sto bene- Mi alzai per andarmene e passai la mano tra i capelli per la frustrazione.

-Calum, almeno rimani a cena. I Callaways a momenti saranno qui e sono sicura che per lo chef non ci siano problemi ad aggiungere un'altra portata. Puoi restare qui a dormire e poi domani pomeriggio andare a Golf con tuo padre. E forse, anche a mezzogiorno potresti pranzare con il figlio di Peter Wintson, Isaiah, credo-

-Mamma- cominciai non volendo spezzarle il cuore, ma non ero disposto a trascorrere il weekend nella periferia di New York con il nostro circolo famigliare.

In ogni modo, avrei avuto da fare questo fine settimana, anche se avessi voluto non potevo.

-E' solo che è passato tan...-Lei si affievolì prima di fermarsi bruscamente e continuare - Non fa nulla, non era poi così importante. Ci vediamo-

Provai un frammento di simpatia per lei, ma poi mi ricordai tutte le cazzate che fece e che faceva. Le fotografie che erano nel foyer, ora non c'erano più.

Spazzolare tutto sotto il tappeto e fare finta che il problema non sia lì, come se niente fosse successo. Fingere fino a dimenticare, fino a quando si tratta di '' qualcosa che non si vuole parlare '' . Questo potrebbe essere uno dei motti di mia madre.

-Devo andare-

-Dì a tuo padre che lo saluto-

Le sue mani afferravano saldamente lo scorri mano del balcone e il suo sorriso nascondeva una patetica e falsa speranza e mi sentivo come se dovessi uscire fuori da quello casa prima che tutto mi offuscasse. E quasi mi faceva schifo e odiavo pensarla in quel modo. Mi fece un ultimo sorriso tirato prima che camminai di nuovo alla mia macchina e guidai via più velocemente possibile.

Ma mentre guidavo lungo la strada e sorpassavo i boschi che circondavano la mia casa e lungo la superstrada, l'immagine del volto di mia madre continuava a lampeggiarmi nella mia mente e sapevo di aver bisogno di rimettere in ordine le mie idee. Una volta che lo feci, abbassai il finestrino e presi un respiro profondo, rendendomi conto di quanto fossero bianche le mie nocche per come stringevo duramente il volante.

Tirai fuori il pacchetto di sigarette e l'accesi in fretta, espirando il fumo e cercando di portare la mia testa nel posto giusto.

C'era solo un nome che lampeggiava nella mia mente. Una persona che sentivo che potesse sistemare tutto e rendere il tutto un po' meglio. Ero completamente impazzito e non aveva alcun senso, ma impulsivamente presi il telefono e sfoglia tra quei dannati pochi contatti che avevo.

Il mio dito si librò sopra: sei lettere, due sillabe e una sola persona. Margot.

Portai la sigaretta alle labbra, inalando il fumo prima di soffiarlo fuori e sfiorai lo schermo, senza sapere il perchè avevo un disperato bisogno di chiamarla.

Ma proprio quando stetti sul punto di passare il mio dito sulla cornetta, ci ripensai meglio e bloccai il telefono, riemettendolo nella console centrale e uscendo con la macchina da quel parco, ritornando alla guida sulla superstrada.

Ed era meglio così. Non mi avrebbe risposto, in ogni caso.



 

Margot's P.O.V
 

 

-Margot-

-Mamma-

Era difficile parlare con mia madre. Ma prima non era così. Era quella che mi intrecciava i mie capelli e quella che mi faceva i toast alla francese ogni domenica mattina, che rideva dopo avermi sgridata perchè non riusciva ad essere arrabbiata con me e quella che mi gridava di rientrare dentro perchè si fosse fatto tardi.

-Come stai?- La sua voce suonava distrutta, ma felice di sentirmi. Era difficile per lei, soprattutto adesso che me ne ero andata ed ero rimasta sorpresa che mi avesse risposto. Ma non mi sarei sorpresa se non avesse voluto parlare con me di nuovo.

-Bene. Tu, come stai?-

-Sto bene-

Alle sei sarebbe passato Ashton, credo, e ancora non avevo nemmeno fatto la doccia. Ma mi sentivo il dovere di telefonare a mia madre, perchè sapevo che se non lo avessi fatto adesso, non avrei poi trovato più il coraggio.

-Va tutto bene?- Mi chiese, con la preoccupazione che allacciava la sua voce.

Presi un respiro profondo prima di tentare di risponderle

-Margot, che succede?-

Pensai di risponderle sinceramente, ma non lo feci. Non era quella la ragione per cui avevo telefonato e mia madre non aveva bisogno di preoccuparsi dei miei problemi.

In ogni caso, come potevo dire a mia madre, o a qualcuno, quanto a pezzi mi sentissi? Piangevo ogni giorno sotto la doccia o prima di andare a letto, quel pianto frequente che sembrava non finire mai, mi lasciava una sensazione di naufragio. Stavo iniziando a pensare che questi eventi del genere erano regolari e che dopo tutto, questa tempesta di depressione fosse normale, come la pioggia.

-Non c'è niente, sto bene. Non ti preoccupare-

Mi sedetti sulla sedia della scrivania, prima di riprendere la conversazione.

-Ti avevo chiamato per vedere come stessi. Mi preoccupo molto e parlo molto con Jake e...- Potevo vedere l'immagine che Jake mi aveva detto: mia madre che piangeva davanti al tostapane, mentre aspettava che il pane si tostasse. Era difficile per lei. Era sempre stato difficile per lei.

-Sto bene. Stiamo bene-

Mia madre e mio padre erano entrambi delle persone forti. Ma che erano stati usurati. Mia madre che non piangeva quasi mai quando il nostro conto in banca era quasi vuoto, ma le cui mani fredde come le mie tremavano sempre per la paura che quel conto sarebbe stato vuoto per sempre. Mio padre con la pelle olivastra e l'inchiostro tra le dita che si svegliava stanco, alle tre del mattino.

-Mi manchi-

-Mi manchi anche tu-

La mancanza era palpabile, la malinconia e la rabbia si mettevano in discussione e il dolore apparteneva a chi lo aveva sperimentato. Fiori, bigliettini e abbracci dai finti amici che non capivano, che non potevano risolvere il problema e l'unica cosa che poteva guarire tutto questo dolore accumulato sotto la cassa toracica, era il tempo. Solamente il tempo.

-Come va la scuola?-

-E' incredibile - Dissi quasi volendo piangere dal senso di colpa o di gioia.

-Sono felice che tu sia andata via di qui- Disse mia madre, sapendo che non lo avrebbe ammesso un'altra volta. Le mancavo e aveva bisogno di me e odiavo il fatto di averla lasciata, ma avevo bisogno di andare via da quella città. Andare via era la mia unica speranza. Altrimenti, mi sarebbe piaciuto annegare.

Non menzionai quello che mi disse, perchè sapevo che ci avrebbe distrutto maggiormente più di quanto lo fossimo già in quel preciso momento.

-Con il denaro?-

Sentii mia madre trattenere il respiro, non sicura di come rispondere. Il suo cuore era grande ma pieno di orgoglio.

-Non ti preoccupare-

-Mi preoccupo invece, mamma-

-Noi siamo a posto-

-Mamma-

Ci fu una pausa e una pausa, prima che mi rispondesse a malincuore.

-L'arbre ne tombe pas du pemier coup. Ma lo comprendo, lo faccio da sempre- Ci fu una scricchiolio e potevo affermare che lei fosse seduta sul dondolo della veranda -Margot, non ti preoccupare-

Ma mi preoccupavo, Jake mi aveva detto che quei venti dollari che li mandavo li aiutavano, ma adesso vedevo che non servivano più di tanto.

-Non parliamo di soldi-

Così esitante, le raccontai dell'università, del mio lavoro presso la biblioteca e di Roxanne e anche che avessi intenzione di andare ad una lettura di poesie. Ma in tutta questa discussione lasciai fuori Calum e Ashton, perchè tutto ciò l'avrebbe fatta preoccupare.

Ma alla fine, l'esperienze che imparai qui a New York, la resero triste e potevo sentire il suo pianto silenzioso dall'altro capo del telefono.

Mia madre, molto simile a me, aveva perso ormai quel sogno. Adesso, guardava sua figlia vivere la vita che avrebbe voluto lei.

Che risentiva quello che sua figlia aveva fatto, lasciandola da sola a raccogliere tutti quei cocci.

-Non puoi lasciarci così-

Sentii una calda lacrima percorrermi la guancia e avrei voluto implorarle al telefono tutti quei: mi dispiace, ti voglio bene e mi manchi. Ma sicuramente non avrebbero fatto nulla, non avrebbero cambiato la situazione.

Quindi non dissi nulla, ascoltai solo il suo pianto silenzioso attraverso il telefono, cercando di non piangere con lei.

Mia madre normalmente non piangeva spesso, anche nei momenti più difficili non si era mai lasciata abbattere, era sempre concentrata su come poter affrontare il problema e non le importava quanto piccolo o grande fosse. Ma dal momento che successe, non era più la stessa. Era difficile restare forti per così tanto tempo.

Quando smise di piangere, nascose quello che sapevo e pochi secondi dopo nascose anche i singhiozzi. E mi disse che quella notte le sarebbe aspettato il turno notturno e mi borbottò un rapido addio.

Ci fu un leggero '' clic '' e riagganciai il telefono, sentii una sensazione di dolore e confusione come se tutto ciò stesse crollando a pezzi.

Aprii la finestra della camera, cercando di prendere una boccata di aria fresca, afferrai la cornice della finestra mentre respiravo finché le mie nocche non divennero bianche per la forte presa. Ero troppo vuota per poter piangere, ma avevo la disperata voglia di parlare con qualcuno, dire tutto a qualcuno.

Per qualche ragione, ci fu una persona che mi venne subito in mente e impulsivamente afferrai il mio telefono, il suo nome riecheggiava nella mia mente, Calum.

Non avrei dovuto pensarlo, non quando c'era Ashton e altre mille opzioni più ragionevoli e meno avventate e stupide. Ma il pensiero era lì, sbloccai il telefono e andai sul suo contatto prima che ci potessi pensare troppo. Era come una corsa fino al bordo di una scogliera e speravi che quel movimento ti avrebbe portato oltre bordo, saltando.

Ma proprio mentre stetti per chiamarlo, una sensazione lancinante si diffuse per tutto il mio corpo. E tutto, compresa anche me, precipitò. Invece di sentire lo slancio per il tuffo dalla scogliera, mi sentivo come se i miei talloni fossero ancorati al suolo quasi vicino al limite per saltare.

Avevo bisogno di qualcosa di più sicuro, di qualcosa che non mi avrebbe fatto male. Tirai indietro il dito dal suo contatto e posai il telefono sulla scrivania prima di bloccarlo nuovamente e fare qualcosa di stupido. Ashton sarebbe arrivato fra un'ora.

Ed era meglio così. Non mi avrebbe risposto, in ogni caso.

 






 

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Hi my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Ho voluto mettere il sia il POV di Calum e Margot, per dei motivi.
Il primo è perchè si scopre qualcosina in più sul passato di Calum e il rapporto che ha con i suoi genitori e come avrete potuto leggere non è dei migliori, sopratutto con il padre.
Ma nel momento in cui sua madre menziona il nome di Ashton e di qualche specialista Calum si arrabbia. Secondo voi avrà a che fare con qualcosa successo?
E poi quando è sul punto di calmarsi e choamare Margot non lo fa.
E poi abbiamo Margot. Ed anche in questo capitolo si scopre qualcosina in più sul suo passato e sul rapporto con sua madre. 
Ringrazio come sempre chi ha messo la fanfiction nei: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE, davvero.
See ya soon & Stay tuned.
Baci Lalluby.

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Capitolo 22
*** The Calm After The Storm ***


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The Calm After The Storm

 

Si trattava di una parte della città in cui non era mai stata. La lettura di poesie si sarebbe tenuta a Williamsburg ed io non ero mai stata a Brooklyn. Ero rimasta sempre confinata a Manhattan e nelle zone attorno alla Columbia. Ma c'era qualcosa in questa parte della città, che ti faceva sentire più libera. Tutti ridevano di più. Tutti bevevano di più e tutti creavano di più.

Per i miei amici era come essere a casa, e forse per me, New York non sarebbe mai diventata la mia casa. Non del tutto. Non ancora. Ma quella sera mi sentivo più felice e meno stressata del solito. Sorrisi quando Ashton braccò le mie spalle con il suo braccio e mi attirò al suo petto.

-Ti sto dicendo, che Joyce era lo scrittore più influente del periodo modernista - Commentò Ashton dopo che Finn parlò di uno dei suoi libri preferiti.

-Hei, testa di cazzo, non dimenticarti di Virginia Woolf - Lo sfotté Roxy, puntandoli il dito contro.

-Woolf? Ma per favore, che mi imbocchi con il cucchiaio-

-E' meglio di Joyce- Canticchiò Roxy ridendo.

-Miss Dalloway e più noioso di guardare dei dipinti ad olio-

-Beh, non è come Ulysses ed è molto meglio!-

-Ulysses è un capolavoro-

-Ulysses sono settecento pagine piene di merda-

Finn rise sotto i baffi e io trattenni un sorriso mentre Roxanne alzò un sopracciglio trionfante.

-Ok, touché - Disse ridendo indicando Roxanne - Ma mi è difficile ascoltare l'opinione di chi pensa che La Campana Di Vetro sia meglio de Il Giovane Holden-

-Dai, La Campana Di Vetro non è un capolavoro. E' un classico-

-E' bello. Ma non buono come Il Giovane Holden-

-Esther Greenwood è riferibile a tutte le ragazze del mondo, Holden Caulfield è un fastidioso piscia sotto -

-Va bene, Margot darà lo spareggio-

Tutti gli occhi furono su di me e io sorrisi arricciando il naso, odiavo il confronto anche quando si scherzava.

-Ok, ok, ok. Sono d'accordo con Ashton. Mi dispiace, Roxy-

Ashton sorrise compiaciuto a Roxanne, prima di avvolgere le braccia attorno alla mia vita sollevandomi in aria e girando intorno prima di darmi un bacio sulla guancia.

-Questa è la mia ragazza-

Arrossii, non sicura di come mi sentissi. Ma sorrisi comunque.

Mi voltai verso Roxanne.

-Roxy, Ulysses è difficile da capire ma se tu leggessi Gente Di Dublino cambierai idea-

-Va bene, due contro uno. Bene, bene, bene- Cedette Roxanne ridendo e Ashton si mise una sigaretta alle labbra con uno sguardo fiero di sé.

-Cazzo, ho dimenticato il mio accendino. Hutch ne hai uno?-

Hucth che rimase in silenzio per tutto il tempo, probabilmente nervoso, passò silenziosamente l'accendino a Finn che lo porse a me.

I movimenti che compieva Ashton per accendersi la sigaretta erano identici a quelli di mio padre: una sigaretta tra le labbra mentre la teneva tra l'indice e il medio.

Mi prese l'accendino, guardandomi un attimo prima di far scorrere il pollice verso il basso nella rotellina metallica fino a quando la fiammella si appoggiò contro l'estremità della sigaretta. Era silenzioso e concentrato, fermo in piedi in mezzo al marciapiede e io ero in piedi di fronte a lui. Il mozzicone di sigaretta si illuminò al buio e sotto la luce del lampione, lo vidi inspirare e espirare dall'angolo della bocca prima di guardarmi.

-Pronta?-

-Si-

Teneva la sigaretta con un mano mentre con l'altra teneva la mia, posizionando le sue dita tra le mie.

-Hai le mani fredde- Mi sorrise come se fossimo le uniche due persone al mondo, resse la sigaretta tra le sue labbra e prese le mie mani sfregandole contro le sue.

Vidi l'insegna del caffè, mentre Ashton gettò bruscamente al suolo la sua sigaretta appena accesa, spegnendola con il piede per poi lasciarsi scappare un'imprecazione.

-Sai cosa dicono delle mani fredde?- Sorrise e alzai gli occhi mentre lui portò le mani vicino al suo volto, soffiando aria calda su di loro creando un po' di artitro per scaldarle un po'. Poi, prima di fare un passo per entrare dentro, mentre nessuno stava guardando, lui pose un bacio veloce sullo spazio tra i miei pollici che giacevano uno accanto all'altro, mentre le mie mani erano giunte.

Gli diedi uno sguardo tagliente e lui rise maliziosamente, con sempre presente quel sorrisetto compiaciuto che ballava agli angoli della sua bocca, mentre si tolse la giacca di pelle.

Tutti noi ci sedemmo e Ashton ordinò da bere per tutti prima di posare il suo braccio dietro alla mia schiena e lasciandosi andare indietro.

Le luci si abbassarono e un fascio di luce venne impostato sul palco mentre un uomo alto e una donna dalla pelle abbronzata e dai capelli neri come la notte lunghi fino alla schiena. I suoi occhi brillavano, fece un passo verso il microfono, lasciando coraggiosamente che le sue parole si riversarono dalla bocca per il pubblico.

Ero sbalordita e affascinata. Affascinata da ogni parola, e da ogni espressione del viso e da ogni strofa.

Col il tempo lei finì, ed ero in soggezione perchè a malapena mi ricordavo di che cosa parlasse il suo poema, tutto quello che mi ricordo è che fosse bello oltre le parole.

-Era incredibile-

Ci fu uno schiocco e tutti applaudirono e improvvisamente mi innamorai di questo posto e di questo quartiere e dell'intera esperienza.

Gli altri poeti passarono come una catena di montaggio. Alcuni erano incredibili, altri mediocri, qualcuno breve, alcuni lunghi, alcuni splendidamente complessi e alcuni meravigliosamente semplici. Prima che lo sapessi, fu il turno di Hutch, questo prese un sorso di birra e Ashton gli diede una pacca sulla schiena.

-Rendici orgogliosi, testa di cazzo-

Hutch rise prima di salire sul palco e Ashton si voltò verso di me.

-Ti stai divertendo?-

Sorrisi prendendo un sorso dal mio thé freddo, prima di canticchiare un si e lui sorrise.

-Bene-

-Questa sera è stata davvero incredibile.Grazie-

Ashton si piegò in avanti e guardò per un breve tempo il palco e poi guardò me.

-Dopo Hutch va. Che ne dici di uscire da qui? Il resto di loro dopo le letture, viene da me. E ho pensato che avremmo potuto avere un vantaggio e mi puoi aiutare a cucinare qualcosa di decente, perchè io faccio davvero schifo con tutto ciò che riguarda i fornelli-

Risi leggermente, mettendo da parte i mie nervi. Non che non mi piacesse passare del tempo con Ashton. Mi piaceva passare del tempo con lui, questo era sicuro. Ma sentivo come se sotto ci fosse qualcosa di diverso.

-Inoltre, potremmo avere un po' di tempo. Solo io e te, sempre se ti va- Si divagò e vidi con la coda dell'occhio Roxanne sorridere.

-Però, aspetta, prima ci dobbiamo fermare ad una festa ma per pochi minuti. E in più ti voglio portare a questa nuova gelateria che ha appena aperto dove abito io-

Guardai Hutch che salì sul palco, regolando il microfono alla sua altezza e guardandoci.

-Si-

Vidi Roxanne sorridermi felice, cercando di contenersi.

-Gli piaci veramente-

Mi morsi il labbro inferiore e trattenni un sorriso, ero nervosa. Ma sapevo che stavo facendo ciò che era giusto per me.

Ashton era dolce, divertente e buono per me, non mi avrebbe mai fatto male e a lui piacevo, credo.

-Si, mi piacerebbe- Dissi prima che Hutch fece un respiro profondo lasciando che le sue parole esplodessero nella notte.


* * *


 

-Ti prometto che staremo qui per un minuto e poi ce ne andremo - Camminò Ashton con la mano in tasca, dandomi una sguardo di rassicurazione, se si trattasse di rassicurare me o lui non lo sapevo.

Annuii silenziosamente e svoltammo in un angolo che non conoscevo. Era venerdì sera e Calum normalmente organizzava feste, ma eravamo ancora a Williamsburg e Calum era a Manhattan, così mi sentii un po' più a mio agio.

-Se vuoi stare un po' di più, tranquillo. Non ci sono problemi- Non volevo che per lui fossi come un'incombenza.

-No, va bene. Davvero, non ho bisogno di rimanere molto. Devo solo farmi vedere da una persona e poi andare-

Ashton teneva una confezione di birra da sei in mano e con l'altra suonò il campanello, appoggiandosi allo stipite della porta con indifferenza. Guardai la confezione da sei e fui colpita come lui non avesse nemmeno bisogno di un documento falso per comprarla. Questi erano gli amici di Ashton e io ero la più piccola qui.

La porta scricchiolò momentaneamente per poi aprirsi, rivelando un volto che avevo già visto prima.

Ashton sorrise.

-Allora, ho sentito che c'è una festa stasera e si faranno un mucchio di stronzate, così ho pensato di venire- Ashton sollevò la confezione da sei in alto -Perchè io sono un bravo ragazzo, ma ho anche sentito che chi ha organizzato la festa è un testa di cazzo e che il padre è un famoso regista e ha troppi soldi da buttare via-

Lui sorrise.

-Ashton Irwin, presuntuoso stronzo-

-Michael Clifford, pezzo di merda- Ashton sorrise e si strinsero la mano prima di chiudere il loro braccio sinistro intorno alla loro parte posteriore con le mani ancora giunte, battendosi più volte la spalla in un abbraccio.

-Mi conosci fottutamente troppo a lungo, amico-

-Merda, lo so-

-Questa è Margot- Sorrisi e mi presentai, anche se già lo conoscevo, implorai in silenzio che Michael non disse nulla riguardo all'ultima volta che ci vidimo a casa di Calum. Mi sorrise ironicamente, come se sapesse qualcosa e senza dire una parola mantenne il segreto che mi avrebbe potuto rovinare.

-Piacere di conoscerti, Margot-

Michael ci introdusse dentro, verso la cucina e l'aria era già praticamente densa di fumo, ma con un sacco di persone diverse, era un'ambiente differente pieno di risate.

E meno strisce bianche sopra ai tavolini da caffè.

Ashton si accese una sigaretta e si riempì il bicchiere mentre parlava con Michael del suo anno passato da Junior.

La risata di Ashton fu abbondante e piena, echeggiando per tutta la stanza per poi avvolgere il suo braccio attorno alla mia vita e attirarmi a se e accarezzandomi il fianco, tracciando linee immaginarie. Dopo tutto era felice e sarei potuta stare in quella posizione per sempre, con le sue braccia che mi tenevano saldamente. Ma la posizione delle sue braccia era scomoda e imbarazzante, e io non mi sentivo bene a differenza da quando lo aveva fatto Calum con la sua presa delicata come se avesse paura di ferirmi da un momento all'altro. E non sapevo per quale motivo ma Ashton e Michael continuavano a ridere e in quel momento mi sentii improvvisamente sola.

-Sei una matricola?-

Sbattei due volte le palpebre velocemente e mi sentii come se fossi appena riemersa da sott'acqua, ma sorrisi comunque. Era la prima volta che aprivo bocca da quando ero arrivata a questa festa.

-Si-

-Come sei finita a frequentare Ashton?- Mi chiese un ragazzo con i capelli alla Kurt Cobain e una felpa della New York University, riempiendosi il bicchiere di birra.

Riuscii a malapena a respirare, presi un sorso dal mio bicchiere prima di rispondere sorridendo - Amici in comune- . Mi portai una ciocca dietro l'orecchio e mi appoggiai maggiormente ad Ashton. Facendo quello che avrei dovuto fare e dicendo quello che avrei dovuto dire.

Questo era solo il primo appuntamento e già stavo svolgendo il ruolo della '' Ragazza che siede sulle ginocchia di Ashton 'mentre lui parlava animatamente con i suoi amici''. Riempiendo il ruolo di '' Ragazza di Ashton ''.

Avevo bisogno di un po' d'aria.

-Margot, stai bene? Hai parlato a malapena- Ashton sembrava preoccupato, e non era la prima volta che mi faceva questa domanda.

-Si, si, si sto bene. Devo prendere un po' di aria- Lasciai indugiare la mia mano sulla sua spalla e mi alzai in piedi , cercando di trovare qualche posto per poter pensare e stando attenta a non inciampare con i miei stessi passi.

-Non perderti- Rise Ashton scherzando, e guardando fuori per me come se non sapessi prendermi cura di me stessa.

Sorrisi, cercando di non essere infastidita e riderci sopra facendo finta che fosse divertente.

-Ci proverò-

Mi spinsi tra un gruppo di persone che bevevano, parlavano e fumavano, finchè non trovai un balcone.

L'aria fredda della notte colpì la mia faccia, mi sentii come se fossi stata immersa in una piscina di acqua ghiacciata quando vidi il volto della persona che volevo più o meno rivedere.

Era voltato di schiena e la felpa nera che aveva addosso lo faceva sembrare più rilassato del solito. Ma la sagoma della sua mascella serrata era sempre presente anche nel buio, si girò di lato con un gomito appoggiato sullo scorri mano mentre si portava alle labbra la sua sigaretta.

Calum.

Fui sul punto di fare dietrofront e andarmene velocemente come ero arrivata, ma lui non fece nulla per dimostrarmi che fosse turbato, così silenziosamente mi appoggiai alla ringhiera.

L'ultima volta che andai a prendere un po' d'aria ero sul balcone del suo attico dove si affacciava tutta l'Upper East Side, mentre adesso il balcone era più basso al suolo e la vista non era altro che una fila di edifici di mattoni, ed era confortante. Quasi più realistico.

E forse non erano solo gli edifici di mattone che mi facevano sentire così.

-Mi dispiace- Dissi tranquillamente, quasi sperando che non mi sentisse. Non ero nemmeno sicura del perchè stessi chiedendo scusa, per non averlo baciato o per non averlo mai incontrato.

Ci fu una lunga pausa prima che rispose.

-Anche a me- Facendo cadere bruscamente al suolo il suo mozzicone di sigaretta.

-A proposito di cosa?-

Bastava solo essere vicino a Calum per rendere le mie parole incaute, tutto di me diventava incauto.

-Mi dispiace che tu sia venuta stasera-

Sentii le mie guance arrossarsi e pungermi come se qualcuno mi avesse appena schiaffeggiato.

Feci un respiro profondo e mi morsi il labbro fino a soffrire.

-Sei mai davvero dispiaciuto per qualcosa?-

Calum mi ignorò.

-Perchè sei ancora qui?-

Deglutii con dolore, sentendomi confusa.

-Sono venuta con qualcuno.Un amico di Michael- Lasciai il fatto che si trattasse di Ashton.Io non sapevo cosa fosse successo tra i due e anche perchè io non avrei dovuto sapere nulla. Mi fermai-Perchè sei così?-

-Per esempio?- Tagliò corto.

-Sei stato orribile con me e non hai mai provato a chiedermi scusa. Calum, è come se fosse impossibile per te essere dispiaciuto per qualsiasi cosa. E poi, quando ti presenti davanti alla mia porta nel bel mezzo della notte, ti aspetti che ti bendi e ti baci?-

Ero così arrabbiata e lo odiavo. Stavo iniziando a piangere per quanto arrabbiata fossi. In quel momento volevo essere forte come mia madre o Roxanne.

-Beh, sei tu quella che si è messa a disposizione- Disse Calum non voltandosi verso di me- E poi cosa ti fa pensare che mi importi di te?-

-Sei disgustoso- Avrei voluto dire questo a me stessa e sapevo per certo che quello che stavo dicendo non era vero.

Calum torreggiava su di me, anche quando era incurvato e anche senza la differenza di altezza. Mi sentii più piccola di quanto non mi fossi mai sentita primo d'ora. Mi scrutò guardandomi. Le sue pupille erano nere, fredde e crudeli cerchiate dal rosso.

-Odio che tu mi faccia questo- Sussurrai.

-Anche a me- Disse, guardando dritto davanti a se -Margot, torna a casa-

-Oh, giusto. Perchè io non appartengo a queste feste-

Calum si voltò, con occhi penetranti di rabbia come se ne avesse abbastanza.

-Non lo sei. Cazzo, Margot. Non lo sei. Tu sei meglio delle feste che do'. Tu non appartieni a queste feste con gente vuota e drogata che in realtà non ti darà mai un cazzo. Sei meglio di tutto questo-

Ogni parola mi colpiva nel petto, mentre un leggere venticello soffiava attorno a noi.

-E io avrei voluto e potuto dimostrartelo sull'uscio della tua porta e che qualsiasi cazzo di cosa ci fosse si sarebbe risolta. Ma questo non sarebbe mai potuto succedere, non succederà mai-

Avevo bisogno di qualcosa per cui aggrapparmi.

-Allora se tu vuoi questo, smettila. Smettila di giocare con me. Non presentarti davanti alla mia porta e aspettarti che le cose vadano bene e poi più tardi, trattarmi come se fossi il nulla. Calum, non puoi avere entrambe le cose, e io... io non ce la faccio-

La mia voce si spezzò e le mie mani tremarono, mentre alcune lacrime si facevano strada sulle mie guance, non in grado di trattenere quello che volevo.

Il volto di Calum si ammorbidì quando vide le lacrime e fece un passo verso di me e mi strinse a sé e potevo dire che lui stava dimostrando le sue emozioni. Le sue braccia erano forti e io ero vicino al cadere a pezzi, ma lui non disse nulla.

Mi tenne stretta a sé fino a che non sentì più che stessi affogando.

-Non possiamo più fare così- Dissi, non sicura se volessi dire che non potevamo far finta di fermare questo o se volessi dire che non potevamo finire sempre in questo modo, l'uno nelle braccia dell'altro. Mi ricomposi, asciugandomi le lacrime sotto i miei occhi, cancellando l'evidenza del pianto.

Odiavo essere così e di sentirmi così, alzai la testa e presi un respiro profondo, prima di mettermi accanto a lui, entrambi guardavamo la strada sottostante.

La quiete dopo la tempesta.

-Non possiamo più fare così . Entrambi abbiamo solo bisogno di dimenticare tutto quello che è successo. Dimenticarci l'uno dell'altro.-

Guardò dritto davanti a se.

-Io non posso farlo-

Feci un respiro profondo, ma traballante e rabbrividii per il leggero venticello notturno.

La sua mascella si strinse e si accese un'altra sigaretta, riempiendo il silenzio con lo scatto dell'accendino e la fiamma prima di parlare.

-Vuoi dimenticarmi?-

-Non posso-

Guardai verso di lui, mentre Calum mi stava già fissando, nessuno disse nulla.

-Margot?-

Mi sentii come se fossi stata riportata alla realtà, la porta finestra che portava al balcone si aprì e la figura di Ashton davanti a questa. Il suono mi sorprese facendomi voltare nuovamente.

-Andiamo-

Calum si voltò ed entrambi, sia Ashton che Calum si guardarono con una sguardo pieno di rabbia.

Non dissi nulla, e in silenzio lo seguii, improvvisamente mi sentii come una ragazza differente. Il tipo di ragazza riservata che non disse nulla, ma che si limitava semplicemente a seguire Ashton e lasciare la festa, solo perchè anche lui la stava lasciando. Era un più seguire la sua ombra che la sua figura.

Calum si voltò, la mascella serrata e prese un altro tiro dalla sua sigaretta quando vide la mano di Ashton posarsi dietro la mia schiena e mi condusse via da lì. Appena arrivammo fuori, l'immagine di Calum bruciava nella mia mente come il suo mozzicone che teneva tra le dita.

Non gli avevo nemmeno detto addio.

 


 




 


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Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora cosa ve ne pare???
Ho voluto dividere il capitolo in due parti, perchè postare la prima parte e poi la seconda sarebbero venuti dei capitoli davvero brevi. 
Ad ogni modo, finalmente Margot e Ashton escono insieme, e qui non solo si vede che Ashton mostra molte attenzione a Margot ma ad alcuni amici la presenza come '' sua ragazza''.
Successivamente la festa a cui Margot e Ashton vanno e di Michael, e questo in un primo momento non dice nulla di conoscere la ragazza ma fa finta di niente. e poi c'è Calum che in un primo momento appare con il suo solito comportamento: apatico, duro e rude. Ma nel momento in cui Margot cede, Calum sembra ''addolcirsi''.
Ringrazio come sempre coloro che hanno messo la fanfictio tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE, davvero.
See ya sonn & Stay tuned.
Baci Lalluby

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Capitolo 23
*** It Would Burn You. Trust Me ***


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It Would Burn You. Trust Me





-Hei, grazie per essere venuta a darmi una mano- Disse Ashton, chinandosi alla mia altezza e appoggiando il mento sulla mia spalla destra. Avvolgendo le braccia attorno alla mia vita da dietro - Sono una merda con questa roba e probabilmente avrei bruciato tutto senza di te-

-Smettila, non è un problema per me- Sorrisi, spingendo via quel pizzico di disagio e lui baciò la mia tempia prima di voltarsi verso il sugo per la pasta.

-Sono sicura che non sia poi così male- Ribattei- Per un ragazzo che sa solo cucinare gli spaghetti. Scommetto che saranno buoni-

Lui rise e prese uno spaghetto dall'acqua bollente con una forchetta prima di gustarlo.

-Ok, ok, forse me la sarei cavata senza di te. Ma volevo vederti , quindi eccoti-

C'eravamo visti tutti i giorni la scorsa settimana. E adesso ci stavamo frequentando, mentre allora no. Lui non mi aveva mai proposto un vero e proprio appuntamento, ma io non mi lamentavo. Eravamo più che amici, questo ero sicuro. Con alcune persone mi aveva presentato come la sua ragazza. Riempivo un sacco di '' ruoli'' per lui.

Ma non mi piaceva, indipendentemente da quanto mi piacesse Ashton come persona. E sapevo di averlo detto un sacco di volte, iniziando a sembrare ridondante, ma non riuscivo a togliermi questa sensazione.

-Margot, stai bene?- Ashton mi diede un'occhiata, quando si accorse che non risposi. Mi limitai solamente a mescolare l'aglio nella padella con l'olio - Sembra che ci sia qualcosa che ti dia fastidio-

-Oh. No, no, no. Sto bene. Sono solo stordita. E... anche io volevo vederti- Dissi con un sorriso perplesso. Si asciugò le mani con un canovaccio prima di muoversi verso di me e posare l'indice sotto il mio mento.

-Ti stai comportando in un modo strano stasera. C'è qualcosa che non va?-

-Scusami. Non c'è ehm... niente. Assolutamente nulla- La mia voce mi tradì ma Ashton non se ne accorse, mi sorrise dicendomi -Bene-, come se annullasse tutto. Ma una voce nella parte posteriore della mia testa mi disse che lui sarebbe stato in grado di dire - Proprio come l'ultima volta- Sorrisi falsamente verso Ashton in modo che non sospettasse nulla.

Girai di poco la testa per guardare la pentola sul fuoco.

-Abbiamo un po' di tempo prima che arrivino gli altri. Vuoi qualcosa da bere?-

-Solo acqua-

-Sei sicura di non volere qualcosa di più forte? E' passato un po' di tempo dall'ultima volta che una ragazza inferiore ai ventuno avesse un appuntamento con me e sono sicuro che loro vogliono qualcosa di più forte che della semplice acqua-

Ridacchiai, ignorando la sensazione di come se qualcuno stesse schiacciando il mio petto.

-Sto bene- E poi in fretta, come se le parole fossero zampillate fuori dalla mia gola dissi - Non sono sicura che questo sia un appuntamento, visto che ti sto aiutando a cucinare-

-Beh, in realtà ero indeciso se cucinare o ordinare della pizza. Così ho trovato una scusa per passare del tempo con te. Cazzo, suona da stupido. E va bene, gli altri arriveranno fra una quindicina di minuti o giù di lì, ma abbiamo un po' di tempo da soli...- Si affievolì, incominciando a serpeggiare il suo braccio sulla mia vita e avvicinandomi a lui.

Risi nervosamente, prima di aggirarmi attorno al suo sgabello in cui era seduto e aprii il frigorifero.

-Dove tieni l'acqua?-

Lui rise, inclinando un sopracciglio. Mi misi in punta di piedi per aprire il piccolo l'armadietto in legno, ma raggiungevo a mala pena la maniglia.

-Vuoi una mano?- Chiese, camminando verso di me, cercando poi di mettere le mani intorno alla mia vita e cercandomi di issarmi.

-No - Dissi sorridendo, cercando di mascherare quanto vivacemente mi stessi comportando -Ce la faccio- Dissi prima di salire sul bancone e afferrando una bottiglia. Ashton me la tolse e si rimboccò le maniche della sua maglietta nera prima di aprirmi la bottiglia e versarla in un bicchiere di vino.

-Avresti potuto prendere un semplice bicchiere-

-Devo cercare di fare le cose con classe, se si tratta, più o meno, di un appuntamento-

-Grazie-

-Hei, parlando di comportamenti strani- Ashton bevve dal suo bicchiere di vino un sorso prima di mandarlo giù - Di che cosa stavate parlando tu e Calum Hood alla festa di Micheal settimana scorsa?-

-Oh, si quella- Ashton sembrava arrabbiato, entrambi lo erano. Ma non lo era stato finchè non aveva tirato fuori questo fatto ed io ero stata un po' riluttante ad affrontarlo. Praticamente mi rammaricavo per il giorno che sarebbe saltato fuori- Ehm era... era niente-

-Voglio dire, merda, io non sono geloso o niente. E solo che, beh, una volta eravamo amici e lui è un brutto fottuto caso-

Mi trovai a volerlo difenderlo, ma mi morsi la lingua.

-Cosa intendi?-

-E'... Il punto è che lui è un ricco stronzo e fondamentalmente lui è un buco nero e davvero, non dovresti averci a che fare -

-Ok, tutti voi non fate altro che dirmi che Calum fa tutte queste cose cattive. Che cosa ha fatto? Che cosa fa?-

-Beh, per incominciare è stato lui a bruciare la macchina ad Aaron per nessuna ragione. Lo sai?- Disse appoggiandosi al bancone.

-Come fai sapere che è stato lui?-

-Aaron sapeva che è stato lui-

-Beh, non pensi che forse abbia dato fuoco all'auto di Aaron per un motivo?- Le parole uscirono dalla mia bocca prima che potessi fermarle e potei sentirmi soffocare, quasi volendo vomitare quando pensavo alle circostanze di Aaron e all'ultima volta che lo vidi.

-Non sarei sorpreso se Calum lo avesse fatto solo perchè, lui può,cazzo. Aaron è un coglione, ok. Ma lui non ha fatto niente di male e non sarebbe la prima volta. Perchè proteggi Hood, comunque? Cosa ha fatto e di cosa avete parlato?-

Avrei voluto tanto dirglielo, ma non avevo il coraggio e non avevo quella capacità fisica per fare uscire fuori le parole, ebbi l'impressione quasi di svenire, il mio respiro iniziò ad essere corto e le mie mani iniziarono a tremare. Poi sentii l'odore d'aglio.

-Ashton, ehm...Sta bruciando l'aglio-

-Dannazione- Mormorò, prima di correre e versare la salsa nella pentola prima di abbassare la temperatura.

Girò velocemente il contenuto della padella, prima di pizzicarsi il naso e voltarsi verso di me.

-Mi dispiace- Disse prendendo un respiro profondo e chiudendo gli occhi per poi aprirli e abbassare la mano sul ponte del naso - E' solo che io e Calum ci siamo allontanati. L'ho conosciuto quando avevamo quindici anni e poi mi sono trasferito da New York e quando sono entrato alla Columbia abbiamo iniziato a uscire di nuovo insieme fino all'anno scorso. Lo conosco da un po', Margot. A lui in realtà non frega un cazzo di nessuno, va bene? È coinvolto veramente in molte brutte faccende e questo è quello che ti ho detto io. E se hai condotto una vita protetta associandola a lui, ti potresti bruciare. Fidati di me-

Ashton si rivolse a me tenendo la mia mano, sentii pizzicarmi gli occhi per la millesima volta. Volevo piangere, perchè io non ero quella che loro pensassero che io fossi. Nemmeno Calum. Nessuno sapeva quello che avevo passato e mi sentivo come se non lo avessi mai potuto dire.

-Margot, mi importa di te. E io non ti farei mai del male-

E con quelle parole decisi di buttare tutte le mie inibizioni dentro una scatola di ferro, sforzandomi a metterla da parte. Avevo bisogno di qualcosa di sicuro. Era l'opzione più razionale e Ashton era quell'opzione. Dovevo essere contenta perchè di fronte a me avevo qualcuno che non sprecava le opportunità e gli sarebbe importato di me.

-Solo non essere stupida-

Le parole mi scivolarono giù per la gola come veleno, avrei voluto sputarle indietro, sentendomi incredibilmente piccola.

-Vuoi assaggiare?- Ashton si voltò rapidamente, mescolando il contenuto prima di porgermi un cucchiaio.

Mi levai di dosso quella sensazione, e afferrai il cucchiaio, sorridendogli strettamente e prendendo un po' di sugo dalla padella prima di metterlo in bocca.

Era un po' insipido.

Ma non dissi nulla, mi limitai a mormorare un - Può andare-

Lui sorrise.

-Beh, non vorrei essere arrogante o altro ma - Disse appoggiando il suo braccio destro sul bancone di fianco a me- Sono contento che ti piaccia-

Poi le sue sopracciglia si solcarono improvvisamente.

-Aspetta un secondo, hai qualcosa sul tuo...- Lui puntò un piccolo residuo di salsa sul mio naso - Oh, eccolo-

Alzai gli occhi e scoppiammo a ridere prima di guardarmi negli occhi per qualche attimo e alzare il pollice fino a pulirla.

-Ecco fatto-

Guardai verso di lui prima di borbottare un leggero -Grazie-

Lui si avvicinò, chinandosi e appoggiando il dito indice sotto il mio mento, sollevandolo leggermente, proprio come prima. Solo che questa volta il suo viso si stava avvicinando sempre di più al mio viso, palmo a palmo, prima di chiudere la distanza e lasciare che le nostre labbra si incontrassero.

La sua bocca aveva un sapore più dolce, come il vino, ed era bello ma niente... niente era incredibile. Il suo dito indice si mosse velocemente fino a portare la sua mano sulla mia guancia e il suo braccio che era posto sul piano della cucina si mosse sulla mia vita mentre approfondì il bacio, portando i nostri corpi ancora più vicini e muovendo le sue labbra contro le mie.

Profumava di cannella e fumo, il mio corpo si avvicinò maggiormente al suo. Non c'era più spazio tra di noi e la mia schiena era premuta contro il bancone, mentre le nostre bocce si muovevano l'uno contro l'altra. La sua mano viaggiò lungo la mia schiena prima di passare le sue dita nei passanti dei miei pantaloncini e posando l'altra mano vicino la tasca posteriore, facendomi arrossire anche mentre ci baciavamo.

Ci fu un leggero tonfo come se qualcuno trascinasse qualcosa, ma lui lo ignorò. Si allontanò leggermente, lasciando un ultimo bacio sulle mie labbra e un ultimo sul mio naso. Ruppi il bacio e lui si allontanò, sorridendo. Mi morsi il labbro, trattenendo un sorriso, prima di essere interrotti dalle persone che aprivano la porta principale entrando in soggiorno che era collegato alla cucina.

-Hei Irwin! Portami una fetta!- Disse un ragazzo alto, con i capelli scuri scompigliati, ridendo dal soggiorno e guardando la posizione delle mani di Ashton con un braccio attorno alle spalle di Roxanne e un pacco da sei di Natural Ice che conoscevo fin troppo bene e non avrei voluto rivedere.

-Stai zitto- Ribattè Ashton ridendo, prima di tornare a me - Mi dispiace per... Lance- Disse lasciando un veloce bacio sul lato delle mie labbra prima di afferrare una bottiglia di vino.

C'era una sensazione di apprensione nella mia bocca dello stomaco e il nome di un'altra persona nella mia mente, ma cercai di non pensarci. Sorrisi indossando l'ennesima maschera come Ashton avvolse un braccio intorno alle mie spalle e raggiungemmo gli altri in salotto.

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Capitolo 24
*** Maybe I Was Afraid Of Everything ***


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Maybe I Was Afraid Of Everything
 



 

-Hei Irwin, dove cazzo è il vero alcol?- Lance urlò dalla cucina sopra il suono delle nostre risate.

Ashton si fermò a metà frase con la mano appoggiata sul divano dietro la mia schiena e si appoggiò indietro.

-C'è della vodka nel frigo, e anche della Tequila e del Captain Morgan in uno degli armadietti-

Sentimmo il suono dell'armadietti aprirsi e un tintinnio di bicchieri, dopo ci fu un minuto di silenzio. Lance uscì sorridente dalla cucina tenendo la vodka e i bicchieri nelle mani.

-Sapevo che eravamo amici per un motivo- Lance sorrise ad Ashton, mentre quest'ultimo rise, appoggiò la bottiglia sul tavolino e allineò i bicchieri. Erano cinque, eccetto per me, Ashton , Lance che avevo conosciuto un'ora fa, Hutch, Roxanne e Will.

-Ooh, vodka all'arancia! Non sapevo che tu, Ashton, fossi così di classe, cazzo- Roxanne rise, versando la vodka nei bicchierini.

Tutti bevvero posando bruscamente i bicchierini sul tavolino prima che Will ne versasse altra.

-Hutch, ti ricordi quando hai bevuto ventuno shots di fila per il tuo ventunesimo?-

-Non me lo ricordare, cazzo-

-Ero così ubriaco che non ero lì per vederti svenire dopo cinque secondi- Disse Ashton, sporgendosi in avanti e prendendo il suo secondo bicchiere.

-Hutch, pensavi veramente di essere Mr. Tengo Duro?- Dissi e un coro di ''ooh'' si sollevò con delle risate che echeggiò per tutto il salotto di Ashton.

-E tu, rossa? Che fine ha fatto la piccola, bella e dolce Margot?- Disse Hutch offeso con un lampo di umorismo nei suoi occhi.

-Oh, lei è ancora qui. Ma sarebbe difficile per chiunque non prenderti in giro, Signor Sciarpa Burberry - Commentò Ashton, facendo ridere tutti.

Hucth gemette, roteando gli occhi.

-Andiamo! E' successo solo una volta!-

-Ragazzi, mi metto la sciarpa Burberry perchè mi fa sembrare più affascinante- Disse Roxanne, imitando con il tono difensivo di Hucth.

-Anche Obama indossava quella fottuta sciarpa e mi sembrava ok- Disse imbronciato, mentre Lance prese un sorso di Vodka direttamente dalla bottiglia.

-Amico, Obama può. Tu invece con quella sciarpa eri ridicolo - Disse Ashton.

-Vaffanculo ragazzi. Niente più sciarpe Burberry, ho capito- Hutch bevve dal suo bicchiere prima di schiarirsi la gola- Stendiamo un velo pietoso-

Ashton passò la sua mano lungo la mia schiena, prima di alzarsi.

-Esco per fumare e per un po' di liquori-

-Che diavolo vuol dire '' esco per fumare e per un po' di liquori ''?- Sbeffeggiò Lance, restringendo i suoi occhi verdi- Puoi fumare qui-

Ashton alzò le spalle, mettendosi il cappotto prima di tornare vicino al divano.

-Beh, il motivo per cui esco è per comprare un po' di liquori dato che la bottiglia di vodka è quasi vuota, e in ogni caso la birra che hai portato è veramente una merda. E poi posso fumare tranquillamente mentre vado al negozio. Così prendo due piccioni con una fava-

-In più, Margot odia il fumo- Spiegò Roxanne.

Non era esattamente vero.

-No, non è così. Non mi importa se vuoi fumate dentro o fuori. E' solo...- Cinguettai delicatamente.

-Non ti preoccupare. Torno fra venti minuti- Disse Ashton, inclinando all'insù il mio viso con il suo dito indice sotto il mio mento, chinandosi e baciandomi rapidamente. Quell'accenno di barba che aveva sul viso toccò lievemente la mia guancia. - Vuoi che ti prenda qualcosa?-

-No, sto bene-

Dopo aver preso il portafogli e le chiavi, Ashton chiuse dietro di se la porta del suo appartamento. La bocca di Lance era praticamente spalancata, quando lo guardai. Feci per alzarmi per andare a prendere un'altro bicchiere d'acqua ma Lance mi fermò.

-Quindi sei la ragazza di Ashton?-

Fui presa da un momento di panico, quindi non risposi nè si nè no, ma accennai un sorriso per poi dirigermi verso la cucina.

-Hei Margot, dove vai?- Mi chiamò Roxanne.

-Sto solo prendendo un bicchiere d'acqua!- Urlai, mentre cercavo di raggiungere uno dei bicchieri nell'armadietto superiore.

Ruotai il tappo aprendo la bottiglia e versando l'acqua nel bicchiere, ascoltando i mormorii della conversazione che stava avvenendo in salotto. Ma quando feci per ritornare indietro mi fermai sentendo quello che stessero dicendo.

-Abbiamo già visto questo prima d'ora? Dio, lui è già così irritante- Disse Lance, roteando gli occhi e ridendo.

-Cosa c'è di sbagliato nell'essere irritante? E' dolce- Disse una voce risuonando come quella di Roxanne.

-E' nauseante- La interruppe Lance andando avanti come se io non fossi nemmeno qui.

-Smettila, è in cucina può sentirti-

-Sapremo tutti come andrà a finire. Ashton la soffocherà con le sue attenzioni, come sempre fa con le ragazze. Lei si stancherà. Ne consegue una rottura disastrosa. Fine- Lance continuò- L'unica differenza è che questa volta la ragazza è differente e praticamente più provocante...Quanti anni ha, sedici?-

-E' un problema se per voi finisco la vodka?- Chiese Hucth, divagando momentaneamente la conversazione.

-No , tanto c'è solo un goccio-

-Comunque, Margot è abbastanza matura per essere una matricola, lei è tranquilla. Smettila di essere così stronzo- Disse Hutch a Lance.

-Ok, io sono un po' ubriaco, ma... da dove viene... C'è nel senso il suo nome risulta molto europeo, da dove proviene la sua famiglia? Tu sei la sua compagna di stanza- Rispose Lance.

-Non parla mai della sua famiglia- Disse Roxanne- Ma penso che sia o francese o canadese o qualcosa del genere? L'ho sentita parlare in francese al telefono-

-Bene, solo.. Non è il genere di Ashton. Lo sai?-

-Dove vuoi andare a parare con questo?- Disse Will con tono interrogativo, sporgendosi in avanti. In silenzio lo ringraziai, preoccupata per quello che stesse per dire perchè poteva essere la spinta per qualcosa di peggio.

-No, non voglio dire in quel senso. Ok? Ashton è un bravo ragazzo e un ottimo fidanzato. Ma è stato con Sarah per quasi un anno e lei era.... era molto diversa da lei. Sta usando Margot per un chiaro esempio: e' l'esatto opposto di Sarah, non solo in apparenza ma anche per la personalità. - Disse Lance appoggiandosi con la schiena al divano.

-Dio, Sarah era fottutamente pazzesca- Disse Will- E questo proviene da un ragazzo che era insieme a Regine da quasi due anni-

-Si, cazzo. Era pazzesca in un cattivo modo... ma anche buono delle volte nell'altro modo - Scherzò Hutch.

- Stà zitto-

-Per farla breve, lei è, beh, non importa...Lei era differente dalle ragazze che frequentava solitamente, questo è tutto quello che posso dire. Almeno, dalle ultime ragazze con cui è uscito e non so'... non so se questa corda terrà. Non sarei sorpreso se ...-

-Se, cosa?-

-Forse lei se lo riprendesse indietro-

-Sono abbastanza certo che Ashton già si sia ripreso- Disse Hutch fra le risate.

-Stà zitto - Roxanne sembrava irritata e anche un po' imbarazzata.

-Magari è solo una fase. Onestamente, lo spero. Quella bambolina di Margot è così...-

Non volli nemmeno sentire finire la frase che chiusi gli occhi e mi voltai afferrando il lavandino.

-Qualcuno vuole un po' d'acqua?!- Urlai dalla cucina, nascondendo la tensione nella mia voce.

Feci un respiro profondo e andai in salotto con un sorriso sul mio volto, dissimulando e facendo finta che non avessi sentito nulla.

-Allora, Margot stai pensando di laurearti in Inglese?- Mi chiese Will.

-Si-

-Che libri stai leggendo?-

Indossai un sorriso finto sul mio viso cercando di respingere tutto quello che avevo appena sentito e cercare di affrontare il problema in un secondo momento. Era esattamente quello che cercavo di fare con tutto ciò che avessi a che fare, a quanto pare.

-Uhm, ho appena finito di leggere Colazione Dei Campioni di Vonnegut e ora sto leggendo il Volo Della Colomba di Alice Hoffman-

-Amo Vonnegut-

-Oh! E ieri sera ho riletto qualche capitolo di Holden. Non so se conta questo- Dissi improvvisamente imbarazzata.

-Il Giovane Holden?- Chiese Lance, appoggiando il braccio dietro alla schiena di Roxanne e spostando le gambe della mia amica facendo in modo che fossero sulle sue ginocchia.

-Si-

-Dio, odio quel libro-

-Perchè?-

-Non lo sopporto i narratori disonesti. Ricordo di averlo letto al liceo e ho pensato che fosse un pezzo di merda. Lo gettai nel cestino dopo il test-

Non avevo mai usato i testi che mi dava il mio liceo. Un'immagine della copia di mio padre che avevo dimenticato a casa, o beh la Georgia non era più la mia casa, nella fretta di lasciare tutto mi lampeggiò nella mia mente. Le sue pagine piegate nell'angolo superiore e degli appunti tra le righe e ai margini. Non riuscivo a buttare via quel ricordo.

-Io non ho nessuno problema con i narratori inaffidabili. Per esempio in Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ken Kesey, non è molto più di un narratore affidabile, ma io non riesco a vedere nessun altro raccontare la storia-

-E io che pensavo che ti fosse piaciuto Candy? Il narratore è strafatto dall'eroina per metà del tempo e il narratore è inaffidabile - Disse Hutch

-Cosa intendi?- Disse Roxanne facendo roteare gli occhi a Lance.

-Come capire Holden Caulfield . Lui dice che tutti sono degli ipocriti ed agisce in un modo così sconvolgente e pretenzioso, come se avesse visto tutto e fosse investito da tutto il mondo. Ma è ancora è un verginello del cazzo, il ragazzo-

-E' vero- Ammise Hutch.

-E tu lo vedi tutto il tempo in questa scuola, così tante persone qui sono al riparo ad essere onesti. E la cartina tornasole per ogni scrittore è l'esperienza sempre, sempre la loro esperienza- Si scagliò contro Lance. Si appoggiò all'indietro, allungando le gambe , prendendo un po' di spazio sul divano- Pensala in questo modo, se sei vergine non sei un buon scrittore-

Ci fu un attimo di silenzio, ma lentamente la maggior parte annuì in segno di assenso.

-Ho capito-

-E' vero. Io e Ashton stavamo parlando di questo prima- Disse Lance- Cazzo, i veri scrittori si ubriacano, sanno e sentono la reale disperazione-

Volevo dire che quello che stava dicendo non era giusto, ma ogni parola che diceva era come se fosse un'attacco indiretto su di me , e io mi sentivo troppo male ed insensibile per cercare di non essere d'accordo.

-Voglio dire, i veri scrittori sono i ragazzi e le ragazze cupe e rotti, non vergini che non bevono nemmeno un drink-

Guardai il mio bicchiere che tenevo in mano, stringendo la presa leggermente.

-Questo pensiero è strano. Ma credo di essere d'accordo- Affermò Hutch, facendomi venire voglia di soffocare- E onestamente, le peggiori ragazze sono quelle vergini, cazzo-

Lance rise, versandosi quelle poche gocce di vino rimaste nel bicchiere.

-Mai scopare con le vergini, dannazione-

Avrei avuto voglia di dire qualcosa, ma stesi in silenzio, avevo solo questi pochi amici e se avessero saputo, tutto sarebbe stato perduto.

-Vogliono solo andare agli appuntamenti, sono appiccicose, e le devi maneggiare con cura... Per non parlare di tutti i drammi del cazzo. Mai andare su questa strada-

-Io non capisco. Che cosa stai aspettando? Le verginità è per la scuola superiore. Cazzo, qui siamo al college. Siamo adulti.-

-E chi è che vuole come amico una puritana che non vuole scopare, bere o fare un cazzo. E come essere un baby-sitter- Continuò Lance per la sua diatriba.

-Mi ricordo che dissi una cosa del genere a Roxanne quando ci conoscemmo-

Tutti risero, il tipo di risata che si scatena quando si ricorda un ricordo in comune.

-Ricordi?-

-Io ricordo di averla incontrata a quella festa- Sottolineò Will.

-Oh, si! Nick il fratello di Roxy- Disse Hutch per chiarimenti, impegnandosi con me come se potessi essere attiva all'interno della conversazione - Lui l'aveva portata a questa festa e in un primo momento abbiamo pensato che era solo la sua sorellina-

-E poi, abbiamo scoperto che Roxanne è fondamentalmente la regina dei pompini-

-Mi dispiace dirlo, ma questo campo è cambiato-

-E adesso siamo amici, beh incredibile- Disse Will capendo di essere il più bello del gruppo.

Lance che stava schizzando veleno da tutta la serata, rise facendo scivolare le sue mani nei polpacci di Roxanne che erano posti sopra le sue ginocchi.

-Scherzi a parte, è una delle ragazze più sgualdrine che abbia mai incontrato-

Roxanne rise, ma vidi un po' di dolore nascosto nei suoi occhi, abbassandoli al suo grembo.

-Lance, smettila- Disse, cercando di non comportassi come se la sua battuta le facesse male.

-Oh, piccola, non essere così permalosa- Rassicurò la sua condiscendenza, strofinando una sua mano, sulla sua gamba- Potresti succhiarmelo per sentirti meglio?-

Lance rise praticamente da solo per la sua battuta. Mentre Hutch e Will risero a malincuore, Roxanne ancora meno. Ma lui non sembrava curarsene.

Improvvisamente, tutti noi sentimmo il suono delle chiavi stridenti girare nella toppa e vedere Ashton aprirla. Il naso era un po' rosso per via del freddo e due nuove bottiglia di vodka in mano, una per ora e una per dopo.

Mise le bottiglie sul tavolino, prima di lasciarsi andare sul divano, avvolgendo le braccia intorno alle mie spalle da dietro e rapidamente lasciarmi un bacio sul collo.

Non provai niente con quel bacio dopo le cose che aveva detto Lance e io ero più a disagio che mai.

-Di cosa stavate parlando?-

-Sesso e letteratura-

-Standard-

-Fondamentalmente, stavo spiegando la teoria che ti avevo già detto Ash. Che i vergini sono scrittori in genere di merda-

-Oh, giusto. Mi ricordo di questo- Disse, avvicinandosi a me e posando la sua mano sulla mia schiena. -Voglio dire che: non ho nessuno problema con uscire o essere amico di un vergine. Ma penso che non possano essere dei veri scrittori, per quanto strano possa sembrare- Disse Ashton aggiungendo la sua moneta- Quello che dico è, che non riescono a vivere la loro vita a trecentosessanta gradi e cercano sempre di stare al sicuro rimanendo in casa e non vedendo la realtà dei fatti. Questo è tutto-

-Sono un po' più radicale. Forse meno politicamente corretto, ma che importa. La verginità è un costrutto sociale e questo lo sappiamo tutti. Mantenere la tua verginità o qualsiasi altra cosa è solo essere infantili. I veri scrittori esperimentano tutto, cazzo. Sanno cosa sia la vera disperazione e sanno che è uno dei grandi piaceri del mondo. Non hanno paura-

Ogni parola mi bruciava e sentivo quella sensazione di nausea al mio stomaco, come se io non dovessi essere qui, come se non appartenessi a questo posto. E Lance lo sapeva.

-Vuoi davvero dire che un orgasmo è uno dei grandi piaceri del mondo?- Domandò Roxanne.

-Naturalmente, come puoi chiedere una cosa del genere- Mormorò Lance, roteando gli occhi e ridendo. Lui la guardò con condiscendenza come per metterla in guardia se avesse provato ad andargli contro nuovamente. Il tipo di sguardo che mi faceva stare male, il tipo di sguardo che conoscevo fin troppo bene e che avevo visto a John dare alle ragazze tutto il tempo.

-Fidati di me, è fantastico. Tu lo dovresti sapere, non è così?- Disse ubriaco e ridendo, citando così, cosa faceva Roxanne in passato.

Riuscii a vedere le sue lacrime al bordo dei suoi occhi cristallini, pieni dal traboccare di vergogna.

Io non lo conoscevo tanto bene, ma sapevo che Lance mi faceva schifo.

Roxanne rise, ma potevo dire che era ferita. Ashton mi strinse di più a se' come se avesse intuito qualcosa.

Stavo per darle uno sguardo di compassione, ma le continuava a fissare le dita di Ashton contro la pelle del mio avambraccio. Il suo era uno sguardo di tristezza che però, si trasformò rapidamente in nemmeno io so' cosa. Magari gelosia? Rabbia? Amarezza?

E poi fece qualcosa che non mi sarei mai aspettata.

-Aspettate. Eravamo sul tema della verginità , giusto? Facciamo che tutti parliamo della nostra prima volta- I suoi occhi da tristi si mutarono in cattiveria e potei sentire il battito del mio cuore accelerare- La prima volta che avete fatto sesso. Forza-

Hutch ridacchiò partendo, ma Roxanne lo fermò, voltando il suo sguardo su di me.

-No, piccola Margot. Inizia tu?- Alzò un sopracciglio e io che pensavo che avesse tenuto quel segreto per se. Tutto improvvisamente diventò più chiaro, che per qualsiasi motivo lei mi voleva fuori.

Mi sentii raggelare e sentii come se qualcuno mi stesse schiacciando con un enorme peso, la mia mente andò in sovraccarico, cercando di capire come mi sentivo, come uno del gran numero di cose che stavo cercando di nascondere della mia vita.

-Io...ehm...io non ho...non ho mai..- I miei palmi erano sudati e le mani iniziarono a tremare e tutto quello che sapevo era che volevo andarmene, adesso- Io, ehm, mi sono appena ricordata che ho un mucchio di cose da fare-

Will, gentile e ignaro, solcò le sopracciglia.

-Margot di cosa stai parlando? Non abbiamo nemmeno aperto la bottiglia di vodka- Disse ridendo.

-No, davvero va tutto bene. Ma devo andare- Mi alzai immediatamente, quasi facendo cadere il mio bicchiere nel processo, ma Ashton afferrò la mia mano, fermandomi di correre via.

-Andiamo, resta-

Non volevo rimanere. Non potevo rimanere. Ormai tutti lo avevano capito. E potevo vedere dallo sguardo irritato di Lace e dal  suo ghigno.

Non mi presi nemmeno la briga di rispondergli, troppo mortificata per parlare, quindi afferrai velocemente la mia borsa e camminai verso la porta. L'appartamento di Ashton sembrava andare in fiamme. Cosa che potrebbe anche essere.

Quando chiusi la porta alle mie spalle, Roxanne face una battuta facendo scoppiare a ridere tutti, e una lacrima solcò la guancia. L'asciugai velocemente con la mano per poi prendere un respiro profondo.

Roxanne lo sapeva. Perchè mai avrebbe voluto farlo? Grazie a lei, ora tutti sapevano tutto. Non importava quello che avevo vissuto, ero una bambina e una codarda, proprio come Lance aveva detto. Io non appartenevano a loro e non lo sarei mai stata.

Lance, di sicuro sapeva giusto una cosa di me. Tutti, compresa me, lo sapevano.

Forse Calum aveva ragione, io non appartengo a questo genere di posto e a questo genere di persone.

Forse avevo paura di tutto.





 

SPACE AUTHOR



Hi my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
First of all, chiedo PERDONO per non aver più aggiornato. Ma tra la scuola e i 23456780 impegni, non trovo più un buco per fare nulla.
Quindi scusatemi per avervi lasciato, come sempre in sospeso e con l'ansia.
Ma tornando alla storia: che ve ne pare del capitolo???
E anche questo capitolo appare una new entry: Lance.  Al primo impatto come vi è sembrato?
Diciamo che dal discorso tenuto da Lance, Will, Hitch e Roxy si è scoperto qualcosina, ma solo qualcosina in più sul passato di Ashton. E quanto pare a Lance, durante la discussione sugli scrittore cerca di ''attaccare'' anche se indirettamente Margot. Sarà per il discorso di prima?
E poi, credo che il colpo di scena sia dato da Roxanne. Insomma, è stata una vera infamata la mossa che ha fatto l'amica nei confronti di Margot, progendole quella domanda, e mettendola anche in ridicolo di fronte ad Ashton ed a li altri.
Ad ogni modo, ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
Davvero, GRAZIE MILLE.
E se avete Wattpad potete trovare la storia qui: https://www.wattpad.com/myworks/40147628-out-of-order-calum-hood-wattys2015-
See ya soon & stay tuned...
Baci Lalluby

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Capitolo 25
*** I'd Be So Ashamed If I Were In Here. ***


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I'd Be So Ashamed If I Were In Here.

 

 

Furnald Hall, era la sala del mio dormitorio, aveva la reputazione di essere un posto tranquillo. Anche se questo significava meno socializzazione, ma non mi dispiaceva affatto. Quel giorno, sentii su di me come un centinaia di sguardi e il silenzio era assordante.

La camminata lungo il corridoio del bagno al mio dormitorio la sentii più lunga del solita. E la mia mente vagava ancora nelle cose che erano state dette da Lance ed a malapena notai la precarietà di uno dei quattro libri che tenevo fra le braccia.

Ma prima che potei notare il loro stato di precarietà, uno di loro cadde, e naturalmente il rumore improvviso mi spaventò, facendomi cadere a terra tutto quello che aveva tra le mani, cercando di raccogliere il mio materiale maldestramente.

Un sacco di persone erano in corridoio, ma nessuno, non una persona mi aiutò. Ci fu un silenzio improvviso che cadde su ogni singola persona. Ognuno stava lì, a guardarmi, e con fatica raccattai le mie cose, senza dire una parola.

Appena mi alzai camminai velocemente, tenendo la testa china e stringendo al petto le mie cose, cercando di ignorare i deboli sussurri al mio passaggio.

-Nel bagno? Lei e Calum Hood? Quel Calum Hood?-

-Già,proprio lui-

-Come può conoscerlo? Io è da quando sono qui che cerco di andare alle sue feste-

Il mio polso accelerò e cominciai a sentire le vertigini. Naturalmente ero a portata d'orecchio e capii immediatamente che le voci fossero su di me. Era solo questione di tempo.

La mia mente lampeggiò a quella sera in cui Calum venne qui da me. La ragazza con le unghie dipinte di un blu elettrico che perdeva tempo a lavarsi le mani e che Calum la congedò con freddezza. Il pettegolezzo non si  diffuse così velocemente di quanto pensassi. Ma non ero sorpresa che avesse fatto notizia che '' la matricola e il ricco e famoso cattivo ragazzo: Calum Hood, erano in bagno insieme alle due del mattino''. Credo che nessuno ci avrebbe creduto in un primo momento.

Ogni sguardo che ricevevo era praticamente identico a gli altri. Un misto di incredulità, gelosia e disgusto.

Le mie mani incominciarono a tremare e improvvisamente mi sentii male. Una ragazza mi derise, quando per poco non mi vide accelerare il mio passo, sentivo le lacrime di ansia pizzicarmi dietro gli occhi e mi sembrava che le pareti di quel corridoio si stringessero sempre più attorno a me.

Appena arrivai davanti alla porta della mia stanza, presi un respiro profondo, e mi concentrai per aprire più rapidamente possibile quella porta ed entrare dentro. Ma nervosamente armeggiai maldestramente con la chiave tanto che la feci cadere.

Sentii una risata proveniente da qualcuno alle mie spalle. Feci del mio meglio per ignorarla e aprii la porta, chiudendomela dietro alle mie spalle.

La prima cosa che vidi appena fui dentro, fu Roxanne distesa nel letto a pancia in giù profondamente addormentata. I suoi capelli bruni erano un po' più chiari da quello che vidi e indossava ancora i vestiti di ieri sera.

-Roxanne...- Dissi, appoggiando i miei libri sulla scrivania e rapidamente cambiandomi in una felpa della Columbia grigia e degli skinny color magenta.

-Mmmh- Lei gemette, senza muovere un muscolo.

-Sei sveglia?-

-Lo sono adesso-

-Non hai lezione fra.... tipo dieci minuti?-

Ci fu un silenzio spaventoso.

Poi improvvisamente le coperte si alzarono e Roxanne saltò rapidamente giù dal letto, per poi dirigersi verso il suo telefono e simultaneamente togliersi i vestiti di ieri sera.

-Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo-

Ero ancora ferita e arrabbiata per come mi avesse trattato ieri sera, ma provai un po' di compassione per lei. Avrei voluto tirarla su di morale, ma non era il momento giusto. Anche se fosse stato il momento perfetto, non me la sentivo e io odiavo i litigi in generale.

-Merda, io sono così.... Avevo bisogno di essere in classe oggi. Merda, merda, merda... questo è così.... mannaggia-

-Sono sicura che puoi ancora farcela...-

-No- ci fu una pausa- Fanculo, non ci vado più- Disse Roxanne rimettendosi a letto.

-Va bene... ma ricordati che dopo la lezione dovevi andare a pranzo con i tuoi, mi pare?- Mi voltai verso lo specchio.

-Si, ma ho deciso di non andarci- La sua voce era dolce, soffocata dal cuscino.

-Hai deciso adesso?-

-No- Si voltò verso di me, la sua voce era più chiara adesso- Ieri sera, in realtà. Lance vuole che vada con lui e onestamente sarà più divertente di un noioso pranzo con i miei-

-Divertiti- Dissi mentre lei tornò a dormire e io me ne andai stringendomi nella mia felpa. Ero troppo arrabbiata con lei per fingerle anche un sorriso.

 

 

* * *

 

 

Andres mi sorrise appena varcai il portone a doppio battente della biblioteca.

 

-Ho dato l'esame di diritto privato!-

Risi, prima di appendere la mia giacca e posare la mia borsa.

-Ora sei libero-

Aveva bisogno che lo coprisse qualcuno quel giorno. Così io dato che non avevo nulla da fare mi offrii. Ed ero sicura che sarebbe andato a festeggiare, magari con qualche suo amico o con qualche suo parente per aver superato l'esame.

-Grazie, tra l'altro. Comunque, come ti va la vita, matricola?-

-Non male- Non era vero, ma per il bene della conversazione evitai.

-Penso che dopo l'anno da junior alla Columbia, credo di essermi fatto le ossa-

-Il tempo qui alla Columbia a quanto pare non è dalla mia parte-

-Margot, è solo il mese di Novembre. Farà più freddo, te lo prometto- Rise- Comunque come sta, Ashton?-

Ero quasi sorpresa.

-Ashton? Perchè me lo chiedi?-

-E' il tuo ragazzo, giusto? I pettegolezzi in biblioteca si espandono a chiazza d'olio- Sorrise.

Normalmente, sarei passata sopra a quella parola, ma qualcosa mi impose di dire ad Andres la verità.

-Non è il mio ragazzo. Ma è carino, tutto qui-

Andres alzò le sopracciglia dopo aver sentito la mia risposta.

-Beh, in entrambi i casi, sono contento che lui sia carino con te-

Parlammo di musica per un paio di minuti,ma alla fine lui guardò il suo orologio e raccattò frettolosamente le sue cose.

-Devo andare, ci vediamo in giro-

E quando se ne andò, rimasi nella biblioteca. Normalmente, durante i miei turni serali, tutto era silenzioso come una tomba. Ma il sabato pomeriggio tutto era ronzante e pieno di attività.

Tutti gli occhi degli studenti che erano seduti sui tavoli, mi riconobbero. Ignorai la maggior parte di loro, ma non furono  le loro occhiate il problema.

Alzai il viso dal mio libro e sul tavolo di fronte a me trovai un tabloid. E naturalmente, dato che la mia giornata non poteva andare meglio di così, c'era una immagine di me che salivo sopra alla macchina di Calum. Rimasi incredula per qualche secondo, prima che il terrore ricadde su di me.

Era un'immagini di qualche tempo fa', quando Calum mollò tutto e mi venne a prendere all'appartamento di Ashton. Ma in qualche modo quel tabloid era lì, aperto con le pagine lucide che riflettevano la luce delle lampade.

La ragazza che stava leggendo il tabloid mi guardò in un primo momento con uno sguardo come se fosse scioccata, poi la sua espressione del viso si trasformò in disgusto. Si voltò verso la sua amica e le sussurrò qualcosa, ma non capii cosa disse visto che mi allontanai camminando nervosamente.

Le mie mani iniziarono a tremare e il respiro si fece irregolare, pregai con tutte le mie forze che non venissero al bancone in cui ero. L'unica parola che riuscii a comprendere tra tutti quei sussurri fu '' scontata '', era un'altro modo per colpire indirettamente.

Ero troppo nervosa per concentrarmi sullo studio, e le mie mani tremavano troppo per sfogliare le pagine dell'Inferno di Dante.

Appena vidi le due ragazze alzarsi e iniziare a camminare, mi spaventai di mio ingegno così cercai di non pensarci. Molto probabilmente stavano lasciando la biblioteca senza dire nulla, mi dissi a me stessa.

Ma proprio quando iniziai a trovare una parvenza di rassicurazione, quella più alta delle due si avvicinò alla scrivania. E quella che prima stava guardando il tabloid era subito dietro di lei.

-C'è questo libro?- Mi disse facendo scivolare un pezzo di carta con il nome dell'autore e di un libro sulla letteratura spagnola.

Ero troppo nervosa per parlare. Cercai silenziosamente il nome nel database ma non saltò fuori nulla, nemmeno nei cataloghi cartacei.

-Non c'è. Però posso prendere nota e chiedere alla responsabile di ordinarlo per te. E' fuori città questa settimana, quindi non so' quando potrebbe arrivarti-

Lei non mi rispose, solo mi guardò con freddezza.

Così inizia a divagare timidamente.

-Però se mi dai l'e-mail posso mandarle un messaggio di ordinare il tuo testo, così quando verrai qui fra, credo, tre giorni, potrebbe esserci già il testo che ti serve-

Lei non mi rispose, come se stesse aspettando che le dicessi qualcosa in più. Non so' cosa aspettasse, quindi la guardai insicura fino a quando lei non disse qualcosa.

-Puoi farlo adesso? Ho bisogno di quel testo al più presto possibile-

Il tabloid era nella sua mano.

-Umh... certo-

Stavano ancora aspettando quando iniziai a battere l'e-mail al computer. Lentamente, quella bionda aprì il tabloid mentre aspettavano.

E naturalmente, lo aprì su quella pagina e cominciarono a parlare di ciò che c'era su quella pagina, come se io non fossi lì presente.

-Io sarei così imbarazzata se fossi qui- Disse la più alta.

-Sopratutto per una cosa del genere. Secondo te, perchè lei era nella sua macchina? C'è voglio dire, perchè mai una matricola di scarto come quella era in macchina con Calum Hood?-

L'altra ridacchiò.

-Probabilmente si sarà messa in ginocchio per lui-

L'amica ridacchiò prima di sospirare.

-Hei, questa è cattiva. Magari Hood le avrà fatto un favore-

Entrambe risero, non curandosene del fatto che anche io fossi lì.

Strinsi i pugni, chiudendo gli occhi e cercando di trattenere le lacrime. L'ultima cosa che volevo, era che quelle due mi vedessero piangere. Presi un profondo respiro e parlai.

-Ho mandato l'email- Finì facendole una falso sorriso, afferrando rapidamente le mie cose, sapendo che Stacey sarebbe arrivata fra pochi minuti. Non avrei dovuto essere così irresponsabile, ma non potevo stare in quella biblioteca un secondo in più. Mi diressi in fretta verso il grande portone, ignorando le loro risate pietose, e camminai fuori del grande portone.

L'aria fredda mi colpì il viso, certa che sicuramente le mie guance si sarebbero arrossate per lo sbalzo termico e andai immediatamente nel giardino anteriore della biblioteca, feci scivolare la mia schiena lungo la parete di pietra rossa della biblioteca e mi sedetti sull'erba umida. Il ronzio del traffico soffocò i miei singhiozzi e tutto il resto.

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Capitolo 26
*** You Look Like You're Marching To Your Death ***


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 You Look Like You're Marching To Your Death


Calum's P.O.V

 

Il cielo era più chiaro, e il freddo si faceva sentire. Lei era ancora nella mia mente. Ma non mi doveva importare. Non mi doveva importare un cazzo, promisi a me stesso questo. Controllai il mio pacchetto per vedere quante sigarette mi restassero.

Due.

Io, Luke e Michael stavamo camminando da qualche parte, Luke sapeva dove stavamo andando per pranzare. Normalmente prendevamo la macchina ma era abbastanza vicino. Ma non mi importava dove ci stavamo dirigendo. Ultimamente non mi importava di nulla. Ma questo non era il solito cambiamento.

Ci fermammo in un piccolo negozio di alimentari all'angolo della cento-quindicesima strada, perchè la ragazza di Michael di oggi voleva delle gomme da masticare, o qualcosa del genere. Lei era una chiacchierona. Una logorroica del cazzo.

-Che gusto le dovrei comprare, menta peperita o menta? Ma qual è la differenza? Solitamente a me piace di più la menta. Ma voglio qualcosa di più forte. Non saprei-

Lei era bellissima, certo. Proveniva da una famiglia ricca. Ma rimaneva una logorroica del cazzo.

-Prendi quelle che ti piacciono di più-

Luke guardò Micheal con un sorriso divertito, ridendo per poi distogliere lo sguardo. Ognuno qui dentro, sapeva cosa stava succedendo.

Ieri sera i due erano finiti a letto insieme. E ora lui non riusciva a sbarazzarsi di lei.

-E questo il motivo per cui non lascio mai che le ragazze si fermino a dormire da me- Borbottai, sospirando fingendo di guardare dei gratta vinci con una scritta scintillante '' Gratta e Vinci 2000 $ '' Solitamente vedendo un ammonto del genere mi entusiasmavo, ma per qualche motivo mi costernava. Per me quei soldi erano a portata di mano.

-Mikey? Oh mio dio, non è sorprendente! Sei in questo magazine e parla del tuo cortometraggio. E nella pagina successiva c'è Calum con una ragazza. Dice che il suo nome è Margot? E, oh mio dio - Rise- Beh, comunque non posso credere che voi ragazzi siate in queste riviste, è così sorprendente-

Al suono del nome ''Margot'' e ''magazine'' sentii il sangue raggelarmi.

-Aspetta un secondo come fai a conoscere questa ragazza?- Chiese masticando la sua gomma - Non sembra...-

Fui in silenzio per tutto il tempo che lei fu con noi. Ma improvvisamente, l'aggredii.

-Sai cosa sarebbe sorprendente? Se tu non parlassi. Non dire nulla. Chiudi quella cazzo di bocca-

Il suo viso diventò bianco come un lenzuolo e improvvisamente stese zitta.

-Cazzo, finalmente- Dissi voltandomi e andando a fumare.

Una sigaretta rimasta.

Irritato soffiai il fumo grigio fuori dalla mia bocca, godendomi la tranquillità, fino a quando Luke uscì fuori e si unì a me. Michael probabilmente era rimasto all'interno per consolare quella logorroica del cazzo.

-Che cazzo era quello?-

-Ero stanco di sentirla parlare-

-O riguardava Margot?-

-Perchè dovrebbe riguardare Margot? A malapena la conosco-

-L'hai baciata-

-E? Sai che faccio molto di più con le ragazze oltre che baciarle-

-Si, ma sappiamo entrambi che quel bacio non era un semplice bacio-

Non dissi nulla.

Luke sospirò.

-Bene, comportati da testa di cazzo al riguardo-

Aveva ragione. Luke era un bravo ragazzo, molte volte meglio di me. Ed io ero diventato un testa di cazzo per questa storia. Ma non mi importava.

-Io vado a casa. Ci vediamo. Chiamami- Disse la logorroica a Micheal. Ma sapevo che non l'avrebbe chiamata.

Micheal era differente da me, invece di usare le persone come fiammiferi e poi gettarli, come facevo di solito io, lui si teneva le ragazze attorno per un po' dopo che erano andati a letto insieme. Ma non più di un giorno o due.

-Beh, questo è un modo per allacciarsi a qualcuno e sciogliersi. Grazie amico- Disse con un po' di sarcasmo e io sorrisi ironicamente con la mia sigaretta ancora in bocca.

-Nessun problema-

Questa era tutto. Lontano dagli occhi e lontano dal cuore.

Camminammo lontano dal negozio all'angolo, per dirigerci verso il posto in cui saremmo andati per pranzo, ma Micheal probabilmente era ancora un po' incazzato.

-Ti ricordi cosa mi hai detto nel negozio '' E questo il motivo per cui non lascio mai che le ragazze si fermino a dormire da me '' ?-

-Si?-

-Mi viene in mente che tu una volta lo hai fatto-


 

Margot's P.O.V

 

 

C'era un piccolo negozio di alimentari all'angolo della cento-quindicesima strada. Quasi vicino al mio dormitorio dove io e Ashton ci eravamo fermati una volta, e dove vendevano sigarette, dolciumi e articoli scolastici.

Appoggiai il pacchetto delle penne nere sul bancone e controllai il mio telefono, pensando di mandare un messaggio ad Ashton, chiedendogli se stasera avesse progetti.

Ma immediatamente ci ripensai. Avevo altre cose da fare stasera, come parlare con Calum. Consapevole che mi avrebbe uccisa.

Dovrei odiare il suo coraggio e odiare tutte le storie su di noi, ma avevo bisogno di andare in fondo con questa storia. Avevo sentito che questo sabato sera nel suo attico lui aveva organizzato una festa, quindi sapevo dove lo avrei potuto trovare.

-2 $ - Mi disse la cassiere, facendomi risvegliare dai miei pensieri.

Presi il mio portafogli, cercando di reprimere la paura di andare da Calum, e di essere circondata dalle droghe e da tutte quelle persone più ricche di me, quando vidi dei gratta e vinci alla mia sinistra.

La sua scritta era scintillante '' Gratta e Vinci 2000 $ '', lo presi, ormai senza speranze e lo appoggia al bancone.

-Anche questo-

-Allora sono 8$-

-Certo perchè no- Mormorai, tirando fuori alcune banconote e cercando di non guardare il mio riflesso nella porta a vetri.

Il miei occhi erano ancora arrossati, mentre la mia felpa grigia della Columbia e i miei skinny sembrassero non essere sporchi.

Le porsi le banconote e misi le penne nella mia borsa e il gratta e vinci nella tasca della felpa, sperando che mi potesse portare fortuna e mi aiutasse a sopravvivere alla rabbia di Calum.



* * *


 

Erano due le metropolitane che servivano per arrivare all'attico di Calum. L'edificio in cui viveva doveva avere la massima sicurezza per la maggior parte del tempo, ma quando entrai nella hall a malapena il portiere mi diede una seconda occhiata.

Doveva essere difficile mantenere sotto controllo la situazione di chi entrava e usciva da quell'edificio quando c'era una festa in corso. In ogni caso, c'era qualcuno fuori dall'ascensore per assicurasi che io fossi un'invitata della festa.

La prima e l'ultima volta che fui qui, entrai grazie ad Ashton. Questa volta sarebbe stato difficile e dal modo in cui ero vestita si vedeva che non fossi nella lista degli invitati.

Ma premetti lo stesso il pulsante per il piano superiore. E quando le porte si aprirono sul piano in cui vi era l'attico di Calum, trovai ad aspettare l'ascensore, Luke.

-Hei- Mi disse, mentre un'espressione sorpresa era dipinta sul suo volto.

-Ciao Luke- Non sapevo cosa dire con tutto quello in cui c'era scritto su quei tabloid. Chi è che non mi avrebbe odiato?

-Cosa ci fai qui?-

-Io...ehm. Sto cercando Calum, in realtà-

-Seriamente?-

-Si-

-Sembra che tu voglia marciare per la tua stessa morte-

Sorrisi debolmente.

-A quanto pare, si-

-Beh, io stavo andando giù per prendere una boccata d'aria, ma posso farti entrare-

Pensandoci bene e come fossi vestita, Luke era la mia unica opzione.

-Non ho idea di dove sia Calum, però... Vuoi una giacca o qualcosa di caldo? Stai tremando Margot, sembra quasi che tu abbia la febbre.-

Ed era così, ma gentilmente declinai l'offerta. Se avessi accettato la giacca, era inevitabile che l'avrei dovuta restituire e questo significava ritornare nuovamente nell'attico di Calum.

-Resto solo per un paio di minuti-

-Certo, nessun problema-

Ci fu un silenzio imbarazzante e la mano di Luke esitò sulla maniglia per qualche secondo.

-Margot...So che sei...- Fece una pausa, incerto su come proseguire- Io solo... Se mai avessi bisogno di qualcuno con cui parlare...-

-Sto bene- Affermai. Stava cercando di essere carino e non aveva alcun senso preoccuparlo con i miei drammi. Calum e io appartenevamo a due mondi diversi e Luke era saldamente fissato in quello di Calum. Luke era un bravo ragazzo, ma non avevo bisogno della sua pietà. L'unica cosa che volevo era andarmene da qui al più presto possibile - Non preoccuparti, sto bene-

Giocherellai con il gratta e vinci nella mia tasca, lui mi aprì la porta e feci un passo nella fossa dei leoni.






 

Calum's P.O.V

 

Ormai, non avevo più bisogno di organizzare feste. La gente semplicemente veniva. E a me non me ne importava.

La metà del tempo della festa non mi facevo nemmeno vedere.

Ma stasera, mi sentivo autodistruttivo. Guardai il mio pacchetto di sigarette.

L'ultima.

Anche se mi sentivo in quel modo, stasera, non volevo interagire con le persone che c'erano in salotto. C'era abbastanza alcol in cucina per mantenere il mio interesse qui.

Accesi la mia ultima sigaretta senza troppi giri di pensieri.

Feci roteare con l'indice e il pollice per un po' il mio telefono, prima di prendere un'altro bicchiere. Mi sentivo come se fosse impossibile ubriacarmi, e mi sentivo anche troppo apatico per bere.

Anche se avevo organizzato io questa festa, mi sentivo più sobrio di quanto non lo fossi da un po'. Ero pronto ad andarmene quanto sentii il mio telefono vibrare. Due messaggi. Da due persone che non mi sarei mai aspettato.

Margot e Ashton.

Entrambi volevano parlare. Fui incauto, eliminai uno e chiamai l'altro.

-Pronto-

-Hei-

-Volevi parlare?-

-Si, in realtà sono già qui-

Alzai gli occhi per la sorpresa. Qualcuno era coraggioso.

-Bene. Sono in cucina-

Passarono solo un paio di minuti prima che qualcuno attraversò la porta.

 

Space Author


Hi my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Lo so' che vi sarete chieste dove diamine fossi finita. Ma la scuola sta occupando la maggior parte del mio tempo, e quel briciolo di tempo libero che mi è rimasto è davvero poco, anyway eccomi qui.
Allora che ve ne pare?
Ho deciso di dividere i vari POV per il semplice motivo di farvi capire cosa stesse succedendo a Margot e Calum in quella giornata.
Allora, Calum si ritrova a difendere Margot quando ''la ragazza'' di Michael  la menziona. E poi c'è Luke che sembra o cerca di far emergere i sentimenti di Calum con pochi risultati. E poi c'è finalmente Michael, che rinfaccia indirettamente le cose a Calum. Secondo voi a cosa si stava riferendo Michael con la frase ''Mi viene in mente che tu una volta lo hai fatto''?
Il POV di Margot, invece, quando arriva nel piano dove si trova l'attico di Calum per parlare incontra Luke. Quest'ultimo dopo essersi assicurato che stesse bene, si offre  per farla entrare alla festa  e poi fa un gesto inaspettato.
E il POV di Calum, dove quest'ultimo riceve un messaggio sia da MArgot e Ashton. Secondo voi, a chi avrà telefonato?
Ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE.
See ya soon & stay tuned.
Baci Lalluby
PS: Se volete seguirmi su twitter per parlare o chiedermi qualsiasi cosa riguardo alle mie storie sono @_Lalluby_

 

 

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Capitolo 27
*** Get The Fuck Out ***


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Get The Fuck Out


 

Margot's P.O.V

 

Aspettai per quasi quindici minuti e Calum sembrava introvabile. Certo, venire alla sua festa senza avere un piano non era la migliore idea che avessi mai avuto. Ma gli avevo mandato un messaggio, e sperai che lui mi avrebbe risposto.

Cercai di passare inosservata e non farmi notare, ma la cosa fu difficile dato che su ogni tabloid non si faceva altro che parlare di me e Calum.

Stavo cercando di passare in secondo piano, seduta sul gradino della scala e assorbendo la foschia della luce blu che cadeva nel grande salone, dando un accento di blu a tutto, una tonalità così fredda.

Quando quel salone cominciò a diventare inebriante, troppo pesante per via del fumo. Tirai fuori il gratta e vinci, lo osservai per qualche istante e poi iniziai a giocherellarci. Il frastuono diventò più tranquillo in qualche modo, e lucentezza dei corpi sudati brillava con la luce blu.

Per via di tutto quel fumo nebbioso, il riflusso della musica elettronica, la luce blu e la mia febbre, sembrava come se fossi sott'acqua. La gente ballava, alcuni si passavano pillole e altri se le passavano baciandosi. C'era un gruppo vicino al tavolino che stava allineando perfettamente con una carta di credito delle linee bianche.

Quella sensazione non durò a lungo, qualcuno aprì la grande porta finestra del balcone lasciando entrare l'aria frizzante notturna di New York. Improvvisamente, mi sentii un po' meglio.

Misi il mio gratta e vinci di nuovo in tasca e mi alzai pensando di andarmene e ritornare al mio dormitorio, fino a quando qualcuno non si avvicinò.

-Tu devi essere Margot Harris-

Il mio cuore si fermò per un secondo fino a quando non guardai il volto di chi aveva parlato.

Mi aspettavo lo stesso sguardo che avevo ricevuto oggi da alcuni studenti del campus, ma non fu così. Non avevo idea di chi fosse questa persona, ma era bello vedere un sorriso, per una volta.

-Si, sono io. Ci siamo già incontrati?-

-Non credo, ma è così bello incontrarti. Questo è pazzesco! Ma, vorrei presentarmi. Sono Jasmine, un'amica di Michael Clifford-

-Ah, so chi è Michael-

-Si, è super carino. Oggi ero con lui-

Non so cosa volesse intendere con ''super carino'', ma sorrisi comunque.

-Ehm, in realtà lo conosco solo di sfuggita. Sono andata ad una sua festa con, ehm... Il mio amico Ashton-

-Beh, allora dovresti conoscere le mie amiche! Abbiamo preso delle bottiglie di Schnapps e del D.O.M e siamo tutte insieme in una camera-

Non ebbi tempo di rifiutare che mi porse il braccio con un paio di bracciale al polso e la sua mano curatissima afferrò la mia e mi portò verso il corridoio, eccitata trascinandomi in una delle stanze.

-Guardate, chi ho trovato!-

Un gruppo di ragazze ugualmente bellissime e abiti altrettanto sorprendenti, aprirono la loro bocca sorprese prima di salutarmi con un'affetto frizzante.

-Non è carina?- Disse Jasmine tirandomi verso il letto e mi sedetti sulla trapunta con le gambe incrociate, sforzando un sorriso anche se mi sentivo un po' a disagio.

-Vuoi un po'?- Mi chiese una ragazza bassina porgendomi la bottiglia di champagne che le era appena stata passata, ma gentilmente declinai.

-Non essere timida! E' ottimo. E' Dom Perignon-

-Oh, no, no è solo che... non bevo-

A lato della stanza, vidi Jasmine chiedere a qualcuno se avesse visto Michael qui ma le rispose di no, rassicurandola che molto probabilmente l'avrebbe raggiunta.

-Ok, Margot, lascia che ti presenti tutte- Disse, indicando una bella ragazza con i lunghi capelli castani- Mia sorella Maddie. Questa è Layla- Indicando la ragazza bassina con i capelli neri che mi aveva offerto lo champagne- E questa è Jacqueline- Un'altra splendida ragazza con gli occhi azzurri.

-Ciao, sono Margot- Dissi timidamente.

-Oh, noi sappiamo chi sei- Mi disse Maddie sorridendo e prendendo un sorso di champagne.

Prima che potessi chiedere come mi conoscesse, il mio telefono squillò e vidi illuminarsi il nome Roxanne. Mi aveva mandato anche quattro messaggi.

-Scusatemi, ma è urgente- Dissi, facendo un passo fuori dalla porta e passando vicino alla porta chiusa a chiave che avevo visto l'ultima volta che fui stata qui. Mi appoggiai con la spalla alla finestra che andava dal soffitto al pavimento e guardai la città al seguito.

-Roxanne?-

-Margot? Grazie a Dio, sono così felice che tu mi abbia risposto- La sua voce suonava disperata, e all'improvviso tutto quello che sentii dall'altro capo fu un pianto.

-Hei, Roxy respira, è tutto ok. Cosa c'è che non va?-

-Tutto. Sono a Brooklyn e non ho idea dove mi trovo. Piove e non ho una cazzo di idea dove si trovi la metropolitana più vicina il mio portafoglio è rimasto nella macchina di Lance e ho il cellulare al 2%. Io... - Scoppiando a piangere più forte.

-Roxy, rallenta. Dove sei? Sai almeno la via?-

La sentii prendere un respiro profondo e poi parlare.

-Sono...Io... Io sono tra la Wilson Avenue e George Street. Penso di essere fuori da Williamsburg, forse, non lo so. Sto impazzendo-

Immediatamente contai quanti soldi mi erano rimasti nel portafoglio. Sicuramente non abbastanza per poter prendere un taxi. Avrei preso la metropolitana, come immaginai. Ma nonostante stessi ancora male per le cose che mi avesse detto ieri sera, lei era incagliata e aveva bisogno di me.

-Va tutto bene, Roxy. Verrò io, tranquilla-

La chiamata si spense, molto probabilmente perchè il suo telefono era morto, prima che potesse rispondere. Tutto quello che sperai fu che lei si trovasse nel posto in cui mi aveva detto, per poterla trovare facilmente. Appoggiai la testa contro il vetro freddo e misi il mio telefono nella borsa, prima di ritornare nella stanza. Stavo per aprire la porta della stanza e avvisarle che sarei dovuta andare prima che sentii la voce di Jacqueline.

-Dio, quell'aria che ha da ''finta innocente'' mi da sui nervi-

Sentii il mio cuore letteralmente sprofondare nel petto, mi appoggiai al muro.

La voce di Jasmine andò sopra di due ottave.

-L'ho vista su una rivista, quando era con Michael oggi. Ed è tutto quello che posso dire. E poi, non è che se appare su un tabloid ti puoi permettere di presentarti alla festa senza nessuno invito. Avete visto com'è vestita?-

-E' senza stile- Sogghignò Maddie, facendo ridere le altre.

-Ah- Disse Jasmine- Come può conoscere una come lei, lui? Calum era con me e Michael, quando ho visto quel tabloid e lui si è arrabbiato. Voglio dire non con me, ovviamente. Probabilmente con lei. Sarei imbarazzata se mi associassero ad una come lei, sopratutto se avessi la condizione sociale di Calum-

-Poverina, però. Calum probabilmente ha cercato di entrare nei suoi pantaloni e quella bambinetta del cazzo non le lo ha permesso e così lui se ne è liberato-

-Lei è così ingenua che probabilmente non si è accorta di quali fossero  le intezioni di Calum, finchè lui non ha raggiunto la sua gonna-

-Beh, almeno ci siamo fatte una risata-

Mi morsi il labbro, staccandomi dal muro, cercando di prendere un respiro. Naturalmente, ci sarei dovuta arrivare, era proprio come avevano detto. Io ero probabilmente la persona più ingenua alla festa. I miei occhi bruciavano, forse per via della febbre o delle lacrime che cercavano di uscire fuori, mi spinsi oltre alla folla e cercai di uscire da quell'attico più presto possibile.

Mi sentivo come se mi avessero dato un pugno in pieno stomaco, e cercai di ingoiare quel groppo in gola che mi faceva male premendo più e più volte il pulsante di chiamata dell'ascensore fino a quando le porte non si aprirono.

Questo tipo di situazione stava andando avanti da questa mattina, avrei voluto non fare mai quell'errore di essere andata più e più volte con Calum. Ma lui sembrava sempre arrivare nel momento in cui cadevo a pezzi. Avrei voluto nascondermi sotto le coperte e piangere. Ma non potevo.

Non mi importava dove stavo andando, questo era inevitabile. Così quando feci un passo fuori dalla lobby e mi strinsi nella mia felpa, cercando di capire dove fosse la stazione della metropolitana più vicina.


 

Calum's P.O.V 
 

-Non ti vedo da parecchio tempo-

-E per una buona ragione-

Ashton sorrise tristemente, la sua mascella era stretta. Si guardò intorno alla cucina vuota e poi guardò oltre alle sue spalle verso la festa.

-Sai, mi chiedo sempre cosa ti sia successo. Sei sempre una persona terribile, ma qualcosa è cambiato. E mi preoccuperei se effetivamente mi importasse-

-Non c'è niente di cui preoccuparsi. Smettila di sputare merda, non è tuo fottuto dovere-

-Non essere così permaloso- Disse Ashton alzando le mani.

Ci fu un attimo di silenzio e poi mi alzai dallo sgabello dell'isola, irritato.

-Aspetta, perchè te ne stai andando?- Mi chiese.

-Hai detto che volevi parlarmi. Ovviamente, non hai niente di cui parlarmi che valga la pena del mio tempo-

-In realtà, lo stavo per fare-

-Allora illuminami. Di cosa volevi parlare-

Ashton si fece serio.

-Ti devo parlare di due cose. La prima è: voglio sapere cosa c'è tra te e Margot. E la seconda è: voglio sapere perchè hai incendiato la macchina di Aaron-

Mi rimboccai le maniche della  camicia e risi.

-E perchè mai si tratterebbe di un tuo affare?-

-Perchè Aaron è mio amico e Margot è la mia ragazza-

Questa cosa mi fece ridere ancora di più.

-Ne sei sicuro?-

Ashton sbattè le palpebre più volte, insicuro.

-Come pensavo- Dissi, sorridendo e prendendo il mio bicchiere, in procinto di uscire.

-Hei! Non ho finito con te-

Sorrisi fermamente.

-Si, ma io ho finito con te-

-Margot è una ragazza bella, dolce e sta con me. Trovati un'altra puttana da scoparti-

-Tu non la possiedi- Sbeffeggiai.

-Ascolta, tutto quello che voglio sapere è cosa è successo tra te e lei. E non dirmi puttanate. Avete scopato o cosa?-

Flettei le dita formando i pugni lungo i mie fianchi.

-Non parlare di lei in quel modo-

-Stai parlando anche te allo stesso modo, stronzo- Ashton rise- Ad ogni modo, voglio dire, ero praticamente sicuro al 100% che lei fosse vergine, ma non mi importa più di tanto essere il secondo. Voglio solo sapere se lo avete fatto e se è finita o no-

-Ti ho detto che non devi parlare di lei in quel cazzo di modo-

Ashton sorrise.

-Non lo avete fatto è così! Wow, non sapevo che avrei colpito un nervo scoperto-

-Ashton, non incominciare con me-

-Wow, ti dovrai sentire una merda. Sapere che tu non potrai e io si. Ti devi fare pena, amico. Voglio dire, probabilmente lei è così fottutamente stretta- Stavo praticamente ribollendo di rabbia, lui stava crollando.- E quelle labbra carnose, cazzo. Non ti preoccupare, quando me lo succhierà per la prima volta ti manderò una letterata dettagliata per sapere cosa ti sei perso-

E prima che me ne accorgessi, il mio pugno si connesse con il suo volto.

Vidi che l'interno della sua bocca stava sanguinando, ma non mi interessava. Mi abbassai verso di lui, pronto a riempirlo di pugni, quando sentii la porta aprirsi velocemente e Luke e Michael correre dentro, mi allontanarono da lui il più velocemente possibile afferrandomi dalle braccia.

Me li scrollai di dosso, allontanandomi e mi alzai le maniche, fissando il pezzo di merda di fronte a me che era inginocchiato, cercando di alzarsi.

-Non parlare di nuovo di lei in quel modo-

Mi sentii come se volessi prenderlo a pugni nuovamente, ma non ne valeva la pena. Ashton sputò una boccata di sangue per terra, non in grado di guardarmi negli occhi.

Adesso avevo finito con lui.

-Porta il tuo culo fuori-



 

Margot's P.O.V

 

Sospirai guardando gli annunci della metropolitana che era praticamente vuota alle due del mattina.

Roxanne si era addormentata piangendo con la testa sulle mie cosce, e non la biasimavo.

Lei e Lance avevano litigato sulla via di ritorna per la casa di Lance a Williamsburg, la fece scendere dalla macchina, andandosene.

I suoi abiti erano freddi e umidi per via dei minuti sotto la pioggia, mentre io avevo preso la metro fino a Brooklyn e trascorsi quasi venti minuti sotto la pioggia battente cercando di trovarla, consapevole che mi sarei presa una polmite per via della mia febbre.

Entrambe eravamo infreddolite e bagnate, aspettando che la metro si fermasse alla fermata vicino ai nostri dormitori. Avevamo avute entrambe una giornata orribile.

E nonostante mi sentissi completamente senza speranze, qualcosa mi fece prendere il gratta e vinci nella mia tasca completamente bagnata, realizzando che quel pezzetto di carta fosse ancora lì. Dimenticandomi completamente che fosse ancora lì.

Non so perchè, ma scoppiai a piangere. E per la prima volta, stavo versando lacrime di tristezza.

E' tutto ciò era strano, perchè fu una giornata terrbile, forse la peggiore della mia vita. Era come se tutti fossero contro di me, per un motivo o per un'altro, capendo che la mia vita fosse un casino ed ero seduta sul vagone di una metropolitana di una città che avevo appena capito.

Ma quel pezzo di carta lo sentivo come l'unico frammento di fortuna che avessi. Un barlume di possibilità per le cose che andassero in meglio.

Quando uscimmo dalle metropolitana, andammo nell'unico ristorante cinese aperto fino alle tre del mattino.

-Pensi che dovrei rompere con lui?-

Gli occhi di Roxy non incontrarono mai i mie, come se si vergognasse. Vergognasse di avermi telefonato un sabato sera. Si vergognasse che la fossi venuta a prendere a alle due del mattino perchè il suo ragazzo l'aveva sbattuta fuori dalla macchina lasciandola a piedi.

I suoi capelli erano raccolti, ancora bagnati, dei cerchi viola sotto i suoi occhi e guardava verso il basso.

Era sconvolta. Entrambe lo eravamo.
 

-Che cos'è?-

Chiazze di vernice sulla camicia. Fumo di sigarette. Carnagione olivastra.Inchiostro sulle dita ruvide.

-Questo è qualcosa a cui sto lavorando-

Tre mesi prima. A Day To Remember. Ventiquattro punti. Troppe lacrime per poterle contare.

-Hei, perchè piangi?-

-Sono triste-

-Lo so, lo so. Ma non devi esserlo più-

Due giorni dopo. Pianto.Rottura. Porte sbattute. Poi il nulla. Cinque giorni. Cinque mesi. Nove anni. Nessuna spiegazione.

 

Ci fu silenzio, nessuno di noi alzò lo sguardo. Tante cose aspettavano di essere dette, che entrambe volevamo dire, ma non lo facemmo.

Così ascoltammo il ronzio del riscaldamento del ristornate cinese, guardando i nostri piatti, alla ricerca di un significato oltre a tutto il vuoto e le scuse non dette.

-No- Ripetè a bassa voce, la sua voce si strappò- Lance e io...Staremo bene...Starò bene-

E poi crollò, singhiozzando.









 

Space Author




Hi, my beautiful people!!!! So Im here again. YAAY
Prima di tutto BUON ANNO!!!
Vi devo un enorme SCUSA per avvervi lasciato così con l'ultimo capitolo, ma per scusarmi è stato fatto il trailer di questa storia. Spero che vi piaccia.
Ma tornando a Calum e Margot: che ve ne pare?
Come avrete letto il capitolo è strutturato in due POV quello di Margot e poi quello di Calum.
Margot con l'intento di cercare Calum alla sua festa, si trova a passare la serata in un primo momento con la ''Logorroica'' (definita così da Calum) che sembra carina all'inizio per poi prenderla in giro, e poi c'è Roxanne che dopo essersi comportata davvero male con Margot, le chiede aiuto. Voi cosa avreste fatto?
E nel secondo POV di Margot viene svelato qualcosina in più sul suo passato.
Per quanto riguarda Calum, pensavate che la persona a cui avesse risposta era Margot, ma invece era Ashton. E diciamo che i due hanno una discussione molta accessa.
Per non parlare che salta fuori un altro lato di Ashton, ve lo sareste mai aspetto. E poi c'è l'intervento di Calum che difende Margot.
Ad ogni modo, ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI; SEGUITI E RICORDATI.
Grazie ancora.
See ya soon & stay tuned.
Baci Lalluby

 

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Capitolo 28
*** Is anyone giving you a hard time? ***


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Is anyone giving you a hard time? 



 

La mattina dopo Roxanne era già andata via quando mi svegliai e la febbre per qualche strano motivo si era abbassata.

Era solo l'inizio di Novembre ed era una solita domenica fredda con la giusta quantità di sole. Come se niente potesse andare storto. Come la quiete dopo la tempesta.

Ero seduta al solito caffè, appena fuori dal campus, era diventato ormai uno dei miei posti preferiti. Ero seduta in uno dei tavoli che io e Roxanne occupavano infondo al locale, con un libro aperto davanti a me, ma rapidamente venni interrotta dallo squillo del mio cellulare.

Risposi senza guardare chi fosse, sapendo che fosse Jake, dato che solitamente mi chiamava la domenica mattina.

-Pronto, Margot?-

La voce era un po' roca, ma invece di appartenere al mio fratellino di otto anni, apparteneva a qualcuno di più grande.

-Sono Calum-

Questa mattina era iniziata perfettamente, peccato solo che io avrei voluto parlare con lui ieri sera, e oggi lui rimaneva l'ultima persona a cui pensare.

-Calum, ciao- Ci fu una pausa- Perchè mi chiami?-

-Mi hai chiamato-

Giusto.

-Ieri sera-

Lasciai un lungo sospiro.

-Non è più importante-

-Cosa non è più importante?-

-Lascia perdere, per favore-

-No. Cosa era così fottutamente importante?-

-Perchè ti importa?-

-Dimmelo-

Non importava quello che diceva, mi stava facendo ribollire il sangue.

-Calum, non puoi far fare alle persone tutto quello che vuoi. E lo so che questo è il tuo modo di comportarti con la maggior parte, ma non per me. Io non voglio litigare-

-Maledizione, Margot. Mi hai chiamato ieri sera. Non avevo nemmeno voglia di chiamarti, ma sto cercando di restituirti la chiamata e di essere fottutamente ''gentile'', per una volta. Perchè è tutto così difficile, con te?-

-Con me?- Potrei urlare- Tu sei la persona più crudele e più arrogante che abbia mai incontrato! Guarda, ci si siamo spinti a vicenda l'uno nella vita dell'altro l'ultima volta che abbiamo parlato. Ed è meglio se rimaniamo così. Possiamo essere d'accordo almeno su questo-

Lui non rispose.

-Ogni volta che parliamo o siamo insieme o entrambi finiamo col l'arrabbiarci o farci del male. E io sono stanca, Calum. La cosa sta andando avanti ultimamente e io non so perchè, ma mi sentivo come se sentiss bisogno di affrontarla. Ma adesso non più, va bene-

-Che cosa?-

-Non ha importanza. Non so nemmeno il motivo per cui sentivo il bisogno di parlartene. Non è niente-

-Che cosa, Margot?-

Tirai fuori il tabloid dalla borsa e lessi il recente articolo su di me.
 

Chi è la misteriosa ragazza con Calum Hood?

Speriamo che lei sia solo un'amica.

Perchè se non lo fosse, non c'è persona al mondo che può risparmiare questa misteriosa ragazza dall'ira e gelosia delle ragazze di tutto il mondo, tutte desiderebbero stare con lo scapolo più ambito di New York City.

Calum Hood è pronto a prendere il trono della conglomerata multinazionale Hood Inc., quindi non è una sorpresa che le ragazze di tutto il mondo si ucciderebbero per la sua attenzione.

Proprio nel mese di Agosto, le azioni di classe A della Hood Inc. sono state vendute per 175.465 milioni di dollari, il che rende il prezzo più alto sul New York Stock Exchange. Per non parlare di una rapida ricerca in internet rivela il patrimonio netto della società, di essere un incredibile somma di 278.95 MILIARDI.

Non è raro vedere le immagini di Calum Hood, erede della multinazionale Hood Inc.

La maggior parte del tempo, queste immagini mostrano Calum Hood vivere fino in fondo la sua ricca reputazione da '' cattivo ragazzo '' - lasciando feste ( spesso con qualcuno), guidare auto da corsa, posare agli eventi aziendali della Hood Inc. e mettersi nei guai.

Ciò che è raro, tuttavia, è quello di vedere più foto di Hood con la stessa ragazza!

In primo luogo sono le immagini della notte del compleanno di Michael Clifford al The Electric Room a Chelsea. Le foto mostrano Calum Hood e la misteriosa ragazza per mano  lasciare la festa. E stando a quello che si dice i due sono ritornati nel suo edificio sulla Upper East Side. Le fonti dicono che l'autista di Hood abbia riportato a casa ( da sola ) la ragazza nelle prime ore del mattino.

In secondo luogo ci sono le foto della ragazza misteriosa e Hood , insieme, che salgono le scale di casa sua il giorno successivo.

E per ultimo ci sono le foto sempre della stessa ragazza misteriosa che lasciava la festa di Hood, proprio ieri sera!

Le immagine di loro due insieme si sono diffuse in lungo e largo, lasciando le persone con la domanda: Chi è quella ragazza?

Anche se solitamente è silenzioso sulle sue relazioni, Calum ha amesso al Tatler Magazine nella loro intervista nell'articolo '' Andando avanti: The Hood Empire'' che qualcuno stava occupando i suoi pensieri.

''C'è...C'è qualcuno. Forse'' Ammise il ragazzo a Tatler quasi un mese fa.

Calum si è rifiutato di dare ulteriori spiegazioni o informazioni '' C'è solo una persona a cui sto pensando da un po'. Ma niente in realtà''.

Alcune fonti vicine ai due ragazzi, hanno rivelato che questa misteriosa ragazza è una studentessa della Columbia University. E rispetto alle altre ragazze con cui usciva Hood, pare che questa ragazza sia la cenerentola della situazione. I social media si versano sulla ragazza, molti chiamandola : scontata, cenerentola e nessuno.

Anche se si hanno poche informazioni, probabilmente non sarà così a lungo. Presto, l'identità di questa '' misteriosa ragazza '' non sarà più un mistero e noi saremo i primi a saperlo.

Mi fermai per un secondo.

-Solo roba di tabloid. Immagini, articoli.... su chi sia e basta... Direi che mi riguarda-

Ci fu silenzio e sentii il suono di un botto su quello che suonasse come una parete o un tavolo.

-Cazzo-

Ancora silenzio.

-Va bene-

-No. Non va bene un cazzo, Margot-

-Non è come sembra e noi non siamo mai stati insieme-

-Eppure, avrei potuto risolverlo se me lo avessi detto in precedenza. Perchè non me lo hai detto?-

-Ho cercato di dirtelo! Sono venuta alla tua festa ieri!-

-Cosa?-

-Odio venire alle tue feste, ma ho pensato, non lo so, che forse avrei dovuto parlare con te di quello che fosse... è successo. Ma non mi hai risposto, non fino a questa mattina e...-

-Sia tu che Ashton eravate alla mia festa?-

-Ashton?-

-Sei venuta con lui?-

-No, Ashton era impegnato ieri sera. Non era nemmeno lì.-

Calum rise, con una risata profonda e roca tipo beffeggiando.

-Oh, lui era lì, va bene-

-Cosa intendi?-

-Beh, lui- Poi si fermò- Cazzo, Ho un meeting e presumo che dovrei andare-

Un grumo nacque nella mia gola e mi resi conto di essere solamente un peso.

-Ah, mi dispiace. Vado, ciao-

Chiusi la chiamata e appoggiai il telefono sul piano del tavolo, mi sentivo intorpidita. Come se non fossi sicura se mi sentissi meglio o peggio. Poi il mio telefono squillò nuovamente. Lo stesso numero.

-Calum?-

-Si, ciao- Fece una pausa- C'è qualcuno che ti sta creando problemi?-

Rimasi in silenzio per qualche secondo.

-No- mentii.

-Stai bene?-

-Si- mentii nuovamente.

-Va bene, bene- Disse seccamente, e sapevamo entrambi che avessimo bisogno di tirare su le nostre pareti di ferro dopo che le avevamo abbassate per un secondo.

-Ok, ciao-

-Ciao-

Riattaccai e improvvisamente mi colpii il fatto che avevamo appena avuto una conversazione. E questa era l'ultima volta che ne avremmo avuta una,  ne ero sicura. Poichè stavamo meglio entrambi quando non parlavamo.




* * *


 

Il suono del traffico sottostante si riversava dalla finestra aperta e feci del mio meglio per concentrarmi sul take-away giapponese del ristorante del piano di sotto e di quello che avevo di fronte a me. Il volto di Ashton. Avevo evitato di parlare di come si fosse fatto l'occhio nero. Qualsiasi cosa ma il fatto che lui mi continuasse a mentire mi innervosiva.

-Stai a malapena mangiando- Mi disse chiaro e tondo Ashton.

-Mi dispiace- Cercai di venire fuori con le parole, ma tutto quello che riuscii a fare fu aumentare il silenzio imbarazzante.

-Dovresti mangiare qualcosa. Hai preso, che cosa? Due morsi?-

-E' davvero buono! E' solo che non ho molta fame-

Il che era vero, ultimamente ero così al limite che praticamente avevo perso l'appetito.

-Certo, che non ne hai- Alzò gli occhi al cielo.

-Che cosa dovrebbe significare?-

-E solo... ti comporti in modo così strano. Come se fossi arrabbiata per qualcosa-

-Non sono arrabbiata per niente- Mentii, decidendo di non alzare un polverone e di dargli il beneficio del dubbio. Perchè mai dovrei fidarmi di quello che mi disse Calum, in ogni modo.

-Va bene. Allora, ti prego. Mangia qualcosa?- Chiese esasperato, sapendo che stavo camminando su una patina sottile di ghiaccio.

-Io... Non ho proprio fame- Dissi, giocando con le bacchette con il tonkatsu. Ma prima che potessi tentare di placare Ashton e non rovinare l'intera serata, il mio piatto venne rapidamente strappato via da me.

-Cosa...- Comincia, con gli occhi sbarrati, mentre lui camminava senza tanti complimenti verso la cucina con entrambi i nostri piatti in mano.

Lui non mi rispose e tutto quello che sentii fu il suono dei piatti che venivano fatti cadere amaramente nel lavandino, misi la testa tra le mani.

Senza dire una parola, Ashton tornò al tavolo e raccolse i bicchieri e tovaglioli.

-Questo era per?- Dissi alzandomi e seguendolo in cucina.

-Beh, non avevi fame- Disse con la schiena rivolta verso di me e girando la manopola del rubinetto, la sua voce era grondante di acidità.- E lo so che sei arrabbiata per qualcosa, quindi cazzo non mentirmi-

Mi venne quasi da ridere, non riuscivo a credere che fosse così ipocrita. Qualsiasi decisione avessi preso si dissolse e decisi che avrei dovuto affrontare l'argomento. Meritavo di sapere la verità e di sapere perchè mi avesse mentito.

-Vuoi parlare di mentire? Ieri sera mi hai detto che dovevi studiare, ma so che sei andato alla festa di Calum. Non volevo dirtelo perchè sentivo il bisogno di stare nel benificio del dubbio e perchè non desidero litigare. Ma ora ho bisogno di parlarne-

Rimase in silenzio così continuai.

-Dimmi come ti sei fatto quell'occhio nero. E per favore, dimmi la verità. Non sopporto che la gente mi menta-

-Sono andato alla festa di Calum e ci siamo azzuffati-

-Calum mi ha detto che eri andato alla sua festa, ma non mi ha detto che vi siete azzuffati. Perchè vi siete picchiati?-

-Calum ha parlato con te?-

-Si, non vedo...-

-Maledizone, Margot! Sai cosa provo per lui e sai che tipo di persona è. Perchè diavolo lo hai fatto?-

Ignorò quello che gli dissi.

-Ho capito che stava succedendo qualcosa da quando ti ho visto parlare con lui alla festa di Michael. Che cosa, scoperai con lui ma non vuoi scopare con me?-

-Come hai potuto dire una cosa del genere? Calum e io non abbiamo mai dormito insieme!-

-Davvero? Perchè invece questo e quello che dicono al campus e online-

-Sono solo voci, Ashton. Non avrei mai...-

-Non mi interessa. Voglio stare con te e tu vuoi stare con me e lui sta provando a fermarci. Voglio che non gli parli più-

-Non puoi dire agli altri di non parlarmi e dirmi con chi posso o non posso parlare. Non trattarmi come una bambina-

-Beh, allora smettila di agire come tale!-

Le sue parole furono come uno schiaffo in pieno viso e anche se lui sapeva che quelle parole mi facevano male, continuò.

-Dovresti essere grata che io volessi stare con te. E se non vuoi accettare l'offerta che ti è stata posta, allora è solo una tua perdita. Lance aveva ragione. Vuoi essere una scrittrice, Margot? Beh, stronzate. Pensi che, poiché sei alla Columbia e ti sei trasferita a New York, saresti stata in grado di iniziare a vivere. Ebbene, quello che stai facendo in questo momento, non è vivere. Hai sempre giocato sul sicuro e sono certo che tutta la tua vita è così. Continua a scrivere il tuo diario, pensando di diventare un'importante scrittrice, ma sai una cosa? Non sarai mai una vera scrittrice. Lance è un vero scrittore. Hutch è un vero scrittore. Sono persone che hanno realmente sperimentato il dolore e non hanno speso tutta la loro vita racchiusi in una bolla del cazzo. Che vivono in una città del sud perfetta con una famiglia perfetta e cercando di vivere indirettamente attraverso dei romanzi. Uno scrittore è tale con la somma delle sue esperienze e della realtà in cui vive, e tu non ne hai nessuna. Chiamami quando avrai fumato una sigaretta e smetterai di essere una puritana-

Ashton tirò con disinvoltura la birra dal frigo e l'aprì, prendendo un sorso. Ero così arrabbiata che sentivo le lacrime premere.

-Wow- Non avevo parole. Presi le mie cose, mentre un forte dolore acuto colpì il mio petto. -Pensi che la mia vita sia perfetta? Pensi che io non abbia mai provato il dolore vero? Tu non mi conosci affatto- Uscii dalla cucina, verso la porta e lui mi seguì, appoggiandosi al divano e gridandomi dietro.

-Non dimentichiamoci che ti abbiamo fatto interessare alle feste e ai club, in primo luogo. Fai un passo da quella porta e puoi dimenticarteli. Non pensare nemmeno di ritornare strisciando dall'unico ragazzo che ti ha trattato bene-

Tenni il telaio della porta con la mano e con la schiena rivolta ancora verso di lui. La mia mente lampeggiò a tutte le feste a cui ero andata con Ashton, sentendomi come se fossi la sua ombra, essenda nota come ''la ragazza di Ashton'' invece che Margot.

-Non mi hai mai trattato bene, Ashton. E tu non sei un bravo ragazzo- Dissi chiudendo la porta dietro di me.

 









 

SPACE AUTHOR


Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Cosa ne pensate?
Dopo la festa Calum telefona a Margot, apparendo (come sempre) in un primo momento il Calum spietato e senza cuore, ma nel momento in cui Margot non vuole dargli nessuna spiegazione, per poi cedere alla richiesta insistente di Calum, legge l'articolo. Ottenendo una reazione spietata da Calum, secondo voi: perchè?
Ma nel momento in cui c'è bisogno di dare delle spiegazione, Calum  le riferisce che anche Ashton era alla sua festa, portando a galla altre verità. Ma quando sta per finire la telefonata, Calum passa dallo spietato senza cuore ad importarsene di Margot.
E poi c'è Ashton, che a quanto pare la sua gentilezza e dolcezza nei confronti di Margot era soltanto una maschera. E nel momento in cui Margot chiede spiegazione ad Ashton, quest'ultimo le risponde in modo spietato presentandoli davanti la realtà dei fatti. Lo avrà detto per rabbia o per gelosia?
Ad ogni modo, ringrazio come sempre coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI RICORDATI.
GRAZIE MILLE, davvero.
See ya soon & stay tuned...
Baci Lalluby

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Capitolo 29
*** If You Dont Know ***


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'' Let's forget the past
I swear we'll make this last
Cos' I remember the taste of your skin tonight
And the way that you looked, you had those eyes
I remember the way I felt inside
And the name of the songs that made you cry
You would scream, we would fight, you would call me crazy
And I would laugh, you were mad but you'd always kiss me
In the shirt that I had that you always borrowed
When I woke, it was gone
There was no tomorrow.''


If You Don't Know - 5 Seconds Of Summer 

If You Don't Know 


 

Mi sentivo come se avessi perso ancora un'altra cosa da aggiungere alla mia lista di '' cose perdute ''. A questo punto, anche se mi sentivo un po' tollerata, era come se avessi perso tutto. Ashton aveva ragione, e i suoi amici erano anche i miei unici amici. Ma erano più amici di Ashton che i miei. Ed proprio così, la mia unica rete di sicurezza a cui aggrapparmi, era ceduta.

Tutto, letteralmente tutto, si stava sgretolando anche se ieri sentivo come se le cose fossero andate per il meglio, stavano solo peggiorando. Ero rimasta completamente sola e non c'era una sola persona che potevo chiamare. Rabbia, dolore e lacrime solcavano le mie guancie.

Ero venuta a New York sperando di avere indietro la mia vita ma questa città non stava facendo altro che masticarla e sputarla recedendola. Ero distrutta e tornare a casa avrebbe reso solo tutto peggiore.

Ero in piedi fuori dal condominio di Ashton e io ero un disastro ed era tardi, avevo bisogno di chiamare qualcuno.

Così scelsi Roxanne.

Dopo dieci squilli, lei prese la chiamata.

-Roxanne?- tirando su col naso, ero certa che la febbre era salita nuovamente- Ciao-

-Margot, ciao- Disse, senza fiato e sentii delle profonde risate di sottofondo. Mentre qualcuno le chiedeva ''chi è?''

-Roxanne, io...- Scoppiai a piangere, allontanando il cellulare in modo che lei non mi sentisse- Io e Ashton ci siamo lasciati, e credo che la mia febbre sia salita. Ho bisogno di qualcuno che mi venga a prendere e di qualcuno con cui parlare-

-Che cosa, Margot? Non ti sentoSentii il suono della sua risata e una voce che le diceva di ritornare a letto.

-Io non...-

-Lance, smettila....- Roxanne disse e qualcuno rise - Si...va bene, va bene, va bene...dammi solo un secondo- La sua voce era soffocata come se lei stesse cercando di coprire il suo capo del telefono, evitandomi di farmi sentire.

-Margot? Hei, mi dispiace tanto, ma possiamo parlarne domani mattina? Sono un po' occupata. Lance e io abbiamo fatto pace e lui è nella nostra stanza. Non puoi rimanere da Ashton? Solo per stasera. Ti prego? Grazie ancora- Poi si sentì il suono di una risata e la chiamata finì. Disperatamente provai a chiamarla di nuovo, ma rispondeva sempre la segreteria. Alla terza chiamata mi arresi.

Stavo trattenendo le lacrime e soffocando i singhiozzi, e per la terza volta in quella settimana c'era solo un'unica persona che mi venne in mente di chiamare.

L'unica persona che avrei dovuto chiamare.

 

 

* * *

 

 

 

Dopo essere scesa dalla metropolitana mi ritrovai davanti quell'edificio, la guardia di sicurezza della lobby mi aveva riconosciuto, ma nonostante tutto mi aveva fatto entrare non lasciandomi fuori al freddo.

La temperatura mi sembrava sempre più fredda, e io stavo tremando sempre di più. L'attesa in ascensore fu lunga e potei ammettere di essere proprio un casino, le guance arrossate e umide, gli occhi rossi e i vestiti un po' umidi per la leggera pioggia.

Le mie mani tremavano eccessivamente e a malapena riuscii a suonare il campanello. Mi aspettavo che non mi venisse ad aprire. Ma lo fece, era come se in quel momento per lui ci fosse una sola ed unica parola che avevo sempre cercato di spingere via fino ad oggi, scegliendo lui sempre, sopra ogni cosa. Lo avrei scelto anche sopra i vestiti macchiati di sangue, per le nostre vite passate e ancora segrete, per l'auto incendiata, per le parole  dette che mi avevano ferita come un coltello, per le promesse non mantenute e per il dolore.

Calum.

Avrei scelto Calum un migliaio di volte.

Feci un respiro profondo, cercando di tenermi insieme, ma era difficile.

-Ricordi... Ricordi quando stamattina mi hai chiesto al telefono se stessi bene e ti ho risposto di si?- Risi un po' amaramente, ma la mia voce si spezzò e sentii le lacrime premere sotto gli occhi- Ti ho mentito-

Ci fu silenzio e poi io crollai piangendo, perchè non sapevo più cosa fare e non sapevo più cosa stavo facendo o perchè per ogni cosa che non riuscii ad affrontare mi stava crollando addosso.

Come le cose stavano andando, non mi sarei sorpresa se lui mi avesse sbattuto la porta in faccia.

Ma non lo fece. Non mi disse nemmeno di ritornarmene al mio dormitorio.

Mi attirò a sè, avvolgendo le braccia intorno a me, tenendomi stretta a sè. Lui mi avrebbe sempre preso. Un migliaio di volte.


* * *



 

-Non è bellissima?-

-Si, lo è-

-Costance, come hai intenzione di chiamarla?-

-Margot-

-Perchè?-

-E' una lunga storia- Disse sorridendo. Alcuni regali erano destinati ad essere mantenuti tali e non condivisi.

-Beh, è un bel nome per la più bella bambina-

-Cosa pensi che diventerà?-

-Hei, forse diventerà un presidente-

Alzò gli occhi e rise.

-Tu n'as pas sa langue dans sa poche - Prese un lungo respiro - Non in questo paese-

Tutti risero.

-Beh, se non diventerà un presidente, lei diventerà qualcosa. Lei lo dovrà diventare. Per tutti noi-

-Lei non dovrà diventare nulla.. Tutto quello che voglio è che lei sia felice - Disse con gli occhi pieni di lacrime - Tu ed io, Margot. Va bene? Te lo prometto.-

 

Per un secondo, lì su quella soglia, entrambi lasciammo cadere tutto. Nulla mi avrebbe dato una rassicurazione cieca che tutto sarebbe andato per il meglio se non lui, con le sue braccia avvolte intorno a me.

Ma quando misi piede nel suo attico, ci fu insicurezza. Una sensazione simile a '' Dove saremmo andati da qui?'' Come se fossi stata appena svegliata da uno stato di trance, dovevamo affrontare il peso schiacciante della realtà.

Calum era in piedi, appoggiato ad una poltrona e io ero seduta di fronte a lui sul divano.

Improvvisamente parlai, rompendo il silenzio.

-Io non lo so perchè sono venuta qui, ho solo... Grazie... ma... dovrei andare-

-No, non devi andare via-

-Sono veramente dispiaciuta. Non avevo nessun posto dove andare e questa è stata una stupida decisione impulsiva e...-

-Non c'è bisogno che tu sia dispiaciuta-

-Lo sono, invece. Mi limiterò...Vado- Mi alzai immediatamente, pensando di ringraziarlo e lasciandolo come avrei dovuto fare, ma Calum afferrò rapidamente il mio polso, impedendomi di fare un'altro passo.

-Non andare-

Alzai gli occhi verso di lui e c'era una pietrosità in essi, come se stesse nascondendo qualcosa.

-Tu sei, ehm...- Si schiarì la gola - Sei tutta bagnata, tremi e non devi-

La sua presa sul mio polso si rilassò ma i suoi occhi castani scuro erano ancora bloccati nei miei e mi sentivo come se avessi bisogno di abbassare lo sguardo, ma non ci riuscii.

-Nilda, puoi portare una coperta a Margot?- Lui la chiamò dall'altra stanza, senza distogliere lo sguardo e silenziosamente la donna arrivò con una coperta in mano.

-Ecco- Calum prese la coperta prima di porla a me, la presi e me la misi sopra le spalle tenendo i lati rigidamente con le mani.

Nilda, la cameriera di Calum, la stessa della prima feste di Calum a cui andai, mi guardava dall'alto in basso con una preoccupazione quasi materna.

-Puoi prepararle anche un bagno?-

-Naturalmente- Disse in fretta correndo via.

Guardai Calum, insicura.

-Aspetta, un bagno?

-Si, stai praticamente congelando- Disse con la sua voce profonda, voltandosi e regolandosi l'orologio che aveva al polso.

-No, resterò qui ancora per qualche minuto... Non lo so, cercherò di rimettere insieme i miei pensieri per capire dove posso andare-

-Tu non hai un posto dove stare, stasera?-

-Non proprio- Guardai il pavimento, sperando che non mi facesse altre domande.

-Perchè semplicemente non rimani qui, stanotte?-

Sgranai gli occhi, inziando a tornare sui miei passi velocemente.

-No, no no. Non voglio darti fastidio. Davvero, non so perchè sia venuta qui stasera, ma no, non posso-

-Solo la notte. Stai tremando e io ho spazio più che sufficente. Nilda ti darà qualcosa per dormire e puoi avere un bagno caldo e un letto caldo. Non è un problema alla fine- Disse indifferentemente.

L'offerta era incredibile, ma sembrava troppo bello per essere vera.

-Perchè sei così gentile?-

Calum si morse il labbro inferiore, scuotendo la testa e sorridendo.

-Dio, è tutto così ingestibile con te. Non è vero-

-Non sono ingestibile-

-Si, lo sei- Disse sorridendo ed era così attraente.

-Non lo sono-

-Provalo-

Mi fermai per un secondo.

-Bene. Resterò qui per la notte- Dissi, asciugandomi i frammenti di lacrime rimanenti cercando di non crollare nuovamente -Vado a farmi il bagno, adesso-

-Ok- Lui disse annuendo prima di voltarsi e andare via.

 

 

* * *
 

 

-Per favore non lasciarmi, non in questo modo-

-Devo, non capisci. Mi dispiace-

-Me lo avevi promesso, per favore-

-Mi dispiace tanto-

-Per favore!-
 

L'orizzonte delle luci notturne dell'Upper East Side filtrava dalla grande finestra, flettendosi sul muro. Il pavimento sotto ai miei piedi era freddo, proprio come la prima volta.

Ma questa volta, mi svegliai nel cuore della notte per il solito sogno. E durante quel sogno avevo pianto nuovamente, mi asciugai la guancia con il dorso della mano prima di scendere in cucina, sperando di prendere un bicchiere d'acqua.

Tutto era buio, così strinsi nella mano lo scorri mano della scala e nell'altra il mio libro. Almeno avrei avuto un motivo in più per andare avanti con la lettura e cercare di prendere nuovamente sonno.

La camicia di Calum, che mi aveva dato Nilda, avvolgeva il mio corpo, ma ancora non riuscivo a fare a meno di rabbrividire per il freddo. Sperai tanto che il camino elettrico fosse acceso nel soggiorno ma prima che me ne rendessi conto il resto delle luci erano accese.

Calum era seduto sul divano, con il computer portatile accanto e un mazzo di carte disposte sul tavolino di fronte a lui, intento a prendere appunti su un block notes.

Cercai di fare meno rumore possibile, ma si voltò quando sentì un mio passo sul gradino di legno.

-Oh, hei. Sei sveglia-

-Scusami... Non riuscivo a dormire-

-Siamo in due-

-Ti dispiace se prendo un bicchiere d'acqua?-

-No, i bicchieri sono sopra in alto, vicino al frigo-

-Va bene, grazie- Borbottai goffamente prima di andare in cucina e riempire il bicchiere con l'acqua del rubinetto. Bevvi un sorso e presi un respiro profondo per cancellare quel sogno dalla mia mente prima di tornare in salotto.

-E' un problema se mi mettessi qui a leggere il mio libro?-

-Nessun problema-

Mi annidai in un angolo del divano bianco, crogiolandomi al bagliore del camino e piegando le mie gambe in modo che furono accanto a me sul divano.

Nel silenzio e con la luce soffusa, potevo osservare Calum e fui sorpresa di quanto sembrasse normale.

Era chino, con la lingua che sporgeva di poco tra le sue labbra carnose, concentrato. Indossava pantaloni della tuta e una t-shirt nera. Per un attimo, aveva quasi l'aspetto di un tipico studente universitario.

Distolsi lo sguardo prima che si potesse accoregere che lo stessi fissando e tenni gli occhi incollati sul mio libro per alcuni secondi prima di notarlo con la coda dell'occhio appoggiare il suo block notes e la penna.

Chiuse il portatile e si alzò in piedi davanti a me, chiedendomi.

-Ti va uno spuntino di mezzanotte o qualcosa del genere?-

Esitai qualche secondo prima di rispondere.

-Si certo-

Andò in cucina per un momento prima di ritornare con una mela, un coltello e due piattini.

Li appoggiò sul tavolino, tagliando la mele e dividendola tra i due piattini.

Proprio come era solita fare mia madre.

Esitai per qualche minuto, prima di parlare.

-Non pensavo che ti impegnassi così tanto per preparare la tua tesi-

Calum si rivolse a me.

-Si, lo faccio-

-E' la prima volta che ti vedo così...in veste da studente universitario-

Calum piegò leggermente gli angoli della bocca all'insù, scuotendo la testa.

-Beh, ogni tanto mi tocca-

Sorrisi, notando poi una scritta rossa delineata con l'oro dei pantaloni della sua tuta.

-Foxridge?-

-Cosa?-

-I tuoi pantaloni della tuta, che cos'è Foxridge?-

-Qualcuno ti ha mai detto che fai troppe domande?- Disse, sorridendo.

-Bene. Io ti faccio una domanda e tu ne fai una a me-

-Va bene- Ci fu un momento di silenzio- Onestà totale-

Esitai.

-... Bene. Cos'è il Foxridge?-

-E' il collegio in cui andai quando ritornai in Australia.-

-Sei andato in collegio in Australia?-

-Si-

-Aspetta, perchè?-

-Hei, hai detto una domanda-

Lasciai fuori un sospiro e lui sorrise, era una cosa che non faceva spesso, potevo dire.

Cedetti.

-Ok, era per chiarire eventuali dubbi-

-Perchè sei venuta qui, stanotte?-

Feci un respiro profondo. In realtà non volevo parlare di questo. Ma... onestà totale.

-Per un sacco di motivi. I media conoscono a mala pena il mio nome e mi stanno facendo a pezzi. Ashton e io ci siamo lasciati, se si potrebbe chiamare così quel rapporto. Roxanne fondamentalmente mi ha buttato fuori per la notte per trascorrerla con il suo ragazzo. Un sacco di... altri motivi- Non gli avrei detto il resto, ma lo avevo omesso che non era lo stesso di mentire.

-Tu e Ashton avete rotto? Che cosa è successo?-

Respirai profondamente.

-Eravamo a malapena insieme, ma... Hei, ha detto una sola domanda- Mi ricordai, imitandolo.

-Tecnicamente, hai....- La suoneria del telefono ci interruppe - Merda. Devo proprio rispondere-

-Oh, si, certo. Fai pure- Lo guardai mentre lui andò in cucina prima di ritornare all' Inferno.

Era da un po' che stava parlando al telefono e dopo dieci minuti sentii le mie palpebre farsi pesanti. Lentamente, le parole delle pagine si attenuarono e sentii i miei occhi chiudersi, mentre il sonno prese la meglio su di me.

 

Calum's P.O.V

 

-Che libro stai leggendo?- Inziai, spegnendo il telefono e camminando in soggiorno prima di rendermi conto che Margot fosse profondamente addormentata.

La luce del camino si rifletteva contro la sua pelle chiara, mentre i suoi capelli rossi brillavano maggiormente sotto la luce. La testa era appoggiata contro il bracciolo del divano e un suo braccio sporgeva fuori con il libro che toccava il pavimento.

Inferno di Dante.

Ricordai di aver letto quel libro al mio primo anno. Ma poi mi ricordai che lei era quasi quattro anni più piccola di me.

Sembrava esausta e io non volevo svegliarla. Ma si sarebbe presa un torcicollo se sarebbe rimasta lì a dormire.

Mi voltai verso il camino ormai spento e quindi senza ripensamenti, infilai il libro sotto il braccio, misi un mio braccio sotto le sue ginocchia e uno sulla sua schiena, sollevandola dal divano e portandola in camera.

Stavo aprendo la porta della camera degli ospiti del piano di sopra con il piede, quando le sue labbra si schiusero leggermente con gli occhi ancora chiusi.

-Calum?- La sua voce era lieve e leggermente ansimante, dandomi una percossa.

-Si-

Lei non rispose, pensando che forse stesse solo parlando nel sonno e probabilmente la mattina dopo non si sarebbe ricordata nulla. La posai nel letto tirandole le coperte sopra prima di accendere la lampada sul comodino e fare la mia strada verso la porta. Ma improvvisamente, proprio mentre me ne stetti per andare, parlò di nuovo.

-Ho paura che siamo dannosi l'un l'altro-

Beh, sicuramente lo eravamo.

-Si, anch'io-








 

Space Author




Hi, my beautiful people!!!  So Im here again YAAY
Allora che ve ne pare?
Diciamo che questo capitolo è davvero corposo, insomma, c'è troppo ma di tutto.
Finalmente Margot, ha capito ( troppo tardi ) che forse l'unico che può capirla e tenerla al sicuro è Calum, ma meglio tardi che mai. E poi ci sono quei brevi flashback che svelano ancora qualcosina sul passato misterioso di Margot.

Comunque, ringraziamo come sempre coloro che hanno messo la storia tra i : PREFERITI, RICORDATI E SEGUITI.
GRAZIE MILLE, davvero.
See ya soon & Stay tuned.
Baci Lalluby 

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Capitolo 30
*** I'm Far From Dangerous ***


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I'm Far From Dangerous




 

Non avevo mai visto vestiti come quelli se non sulle copertine di moda della parrucchieria di mia zia.

Ed ora, erano proprio di fronte a me.

Dovetti sedermi sul bordo del letto per elaborare il tutto. Pensavo che al mio risveglio avrei ritrovato i miei vestiti e poi avrei dovuto trovare un modo per ritornare al mio dormitorio.

Mi guardai intorno, pensando di attuare il mio piano, ma mi resi conto che non avevo nessuna opzione. I miei vestiti non erano nella stanza, molto probabilmente erano ancora a lavare. E l'unica opzione che mi rimaneva erano i vestiti di fronte a me.

Era un vestito semplice bianco e nero, probabilmente scelto da un personal stylist, affiancato da una sciarpa bianca e un cappotto nero. Riguardai nuovamente quei vestiti e improvvisamente mi sentii girare la testa. Tutto questo era troppo per me.

Ma non per i vestiti o per il gesto che avesse fatto Calum, era per lo più il fatto che lui mi avesse comprato quei abiti. Questa era la cosa più sconcertante.

Successivamente notai che accanto ai vestiti vi era riposto un piccolo fogliettino bianco, scritto frettolosamente sulla parte superiore con inchiostro blu. Era un mezzo-corsivo, mezzo-stampatello scarabocchiato da dei trattini. Ma diventava più decisa attraverso la ''I'' leggermente inclinata e la C.

Avevo un meeting questa mattina alle 7 al Plaza.

Ci incontriamo all'una per il pranzo. Va bene?

Il mio autista ti verrà a prendere.

-C.

 

 

* * *

 

 


-Abbiamo molto di cui parlare, signorina?- Mi disse Roxanne. Sorridendomi quasi con un sorriso ironico, quando entrai al nostro solito caffè. I suoi capelli scuri erano arricciati e lei era radiosa, lontana dalla ragazza distrutta che vidi nel ristorante cinese e in metropolitana nel bel mezzo della notte.

Oggi era radiosa, e il suo abbigliamento chiaro le faceva risaltare il colore dei suoi occhi cristallini.

Appena notò i miei abiti sgranò gli occhi, per poi sorridere.

-Wow, aspetta un secondo, sei bellissima. C'è oddio, sembri appena uscita da un rivista!-

Appena lei mi fece quei complimenti, sentii le mie guance sfumarsi, avrei voluto nascondermi. Non so' se avesse ragione, o dicesse quelle cose perchè le pensava veramente, ma io con quei vestiti mi sentivo a disagio. Perchè non ero io, non ero Margot.

-Margot, sei bellissima davvero. E ora noi due dobbiamo parlare di un sacco di cose- Disse ridendo.

Indipendemente da tutto quello che successe , Roxanne era la mia più cara amica qui, ma sapevo ancora che non potevo dirle nulla su Calum. Così feci un sorriso e un'alzata di spalle.

-Oh, bene comunque, quindi... tu e Ashton...-

-Io e Ashton?- Chiesi nervosamente, non sapendo se lei avesse già sentito parlare dello scoppio di rabbia.

Lei mi sorrise maliziosamente.

-Lo sai- Disse alzando un sopracciglio, guardandomi e sorridendomi beffardamente. Appena intuii cosa volesse intenedere con quella frase arrossii.

-Oddio, no. Non è successo nulla-

-Sul serio? Dai, era perfetto, come se le stelle fossero, non lo so, cazzo... state allineate per quello che dovesse accadere- Sospirò, prendendo la tegliera che ci era stata portata e versandosi l'acqua nella tazza.

-Che diamine avete fatto voi due tutta la notte, allora? Dormito? Guardato un film?-

-Io, ehm, in realtà... Non ho passato la notte da Ashton- Dissi a titolo di prova.

-Cosa? Perchè no? Avevi anche una scusa per passare la notte con lui, che io, la tua organizzatrice, ti ho dato! A causa mia e di Lance!-

Feci un respiro profondo.

-Si, in realtà, a tale proposito...-

Ma prima che potessi finire il mio intervento semi-preparato, lei intervenne.

-Va bene, lo so, mi dispiace davvero che fosse così poco preavvisato. E' solo che... sai... merda, pensavo che succedesse. Sai? Mi dispiace. Avevo solo pensato che non sarebbe stato poi così male se fossi restata da Ashton- Disse versandomi un po' di acqua calda nella tazza, mettendo dentro una bustina di thè e consegnandomelo- Perchè non sei rimasta da Ashton?-

-Noi, ehm, beh non eravamo esattamente insieme per cominciare, ma... ci siamo lasciati? Se si può anche dire così?-

-Oh merda-

-Si, era... era per questo che ti avevo chiamato-

-Margot, io...- Si prese un sorso di te- Mi dispiace, non ne avevo idea. C'è bisogno di un brownie. Andiamo, un brownie- E prima che potessi protestare. Roxanne afferrò il suo portafoglio, dirigendosi al bancone e comprandomi un brownie. Portandomelo poi al tavolo porgendomi la forchetta.

-Roxy, davvero, va bene-

-No, che non va. Wow, mi sento così una merda-

-E' ok-

-Dove hai passato la notte, allora?-

Raggelai, balbettando e scegliendo una compagna di corso a caso.

-Io... io ho passato la notte da Elise e Amy-

-Le conosco?-

-Si, si, sono due matricole-

Mi fissò con sguardo assente e poi fissò la mia tazza.

-Non credo-

-No, tu le conosci! Mmh... okay, vivono a Harley Hall. Elise porta una borsa tipo hippie e hai detto che era simpatica una volta-

-Va bene, ma non mi ricordo di aver mai conosciuto qualcuno che si chiami Elise. Che mi dici di Amy? Ne conosciamo tante-

-Il suo ragazzo si chiama Nick e quella che si veste sempre di rosso?-

-Aspetta la Amy, quella Amy?

-No, quella è l'altra. Lei ha una gemella, Ginger. La conosci-

-Ah, si, si, si le due gemelle! Oh, quelle due sono davvero graziose-

-Si, lei e la sua compagna di stanza Elise mi hanno ospitato per la notte-

-E' stato gentile da parte loro-

Ci fu un attimo di silenzio, un silenzio pesante.

-Mi dispiace, io avevo tipo, lo sai, ti ho buttato fuori-

Abbassai lo sguardo sulla mia tazza.

-Va tutto bene, credo che avessi solo bisogno di un'amica-

-Lo so, e mi dispiace davvero... Non sapevo di te e di Ashton e Lance e io....-

-Va bene, ho capito-

-Davvero?-

-Si, certo- Dissi, prendendo in silenzio un piccolo pezzetto del brownie di fronte a me con la forchetta-

Roxanne fece un sospiro di sollievo.

-Sono felice che tu capisca. Sono così stressata ultimamente, c'è così tanto da fare e non voglio che tu sia arrabbiata con me, e mi sento così orribile. Sei un'ottima amica, Margot-

Sorrisi debolmente.

Appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse leggermente, sorridendomi.

-Allora, com'è il brownie?-





* * *

  



L'autista di Calum mi mandò un messaggio chiedendomi dove mi dovesse venire a prendere, così gli dissi di venirmi a prendere a due isolati di distanza dal Caffè in cui ero con Roxanne, così quest'ultima non mi avrebbe visto.

Mi sentivo un'estranea, perchè tutto era troppo per me. Ma ero anche ansiosa, e sapere di vedere Calum, non mi aiutava affatto.

Quando misi piede dentro al ristorante, vidi le tavole ricoperte di tovaglie bianche, uomini in giacca e cravatta e un cameriere si offrì di prendermi il cappotto. Il mio stomaco si annodò, mentre le mie mani iniziarono a tremare appena vidi Calum seduto al tavolo, indossava un abito perfettamente su misura e guardava il suo cellulare. Vedere il volto famigliare di Calum fu confortante, ma mi sentivo ancora fuori luogo.

Quando mi vide, mise giù il telefono e si alzò in piedi.

-Ciao-

-Ciao- Dissi debolmente, sentivo come se le mie parole fossere fatte di metallo e non uscivano in modo corretto. Mi guardai intorno, la stanza era soleggiata e spaziosa e vidi alcune persone guardarmi al di sopra delle loro spalle.

-Come stai?-

-Sto bene- Sorrisi- Com'è andato il tuo meeting?-

-E' andato bene-

Il cameriere si avvicinò al nostro tavolo.

-Che cosa vi posso portare da bere?-

Calum parlò per primo.

-Per me dell'acqua -

-Certo signor Hood- Disse il cameriere sorridendo, mostrando una serie di denti bianchi, rivolgendosi poi a me- E lei?-

Esitai un momento guardando la tovaglia, per poi parlare.

-Dell'acqua, grazie-

-Subito- Disse annuendo prima di andarsene.

-Allora, com'era questo meeting?-

-Era ok- La bocca di Calum si capovolse un po' ai lati- Monotono-

Il cameriere tornò con le acque, successivamente Calum bevve un sorso. Notai una donna due tavoli distanti a noi darci un'occhiata e poi sussurrare qualcosa alla sua amica.

-Si, la maggior parte dei meeting sono abbastanza privi di scopo. I ricchi diventano sempre più ricchi e eccettera- Calum sorrise ironicamente e non potei fare a meno di sorridere nuovamente- E tu?-

-Io?-

-Si, tu. Tra l'altro, mi dispiace di essermene andato questa mattina-

-No, non esserlo- Presi un sorso d'acqua- Ho incontrato un'amica e abbiamo studiato un po'-

Vidi il menù di fronte a noi e lo presi, Calum seguì l'esempio. Il pranzo sembrava andare bene, ma il mio cuore ebbe un sussulto quando guardai il menù. Nemmeno una famiglia economicamente stabile poteva permettersi la cosa più conveniente su questo menù.

Sentii dei sussurri circondarmi mentre guardavo il menù, sentii il mio respiro farsi irregolare e le mie mani iniziare a tremare. Ero incredibilmente fuori luogo e tutti lo sapevano, sopratutto io. Io non appartenevo a questo genere di cose.

Guardai nuovamente il menù, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro.

-Hood!-

Sia io e Calum alzammo lo sguardo dal nostro menù, mentre un ragazzo che sembrasse avere circa l'età di Calum si avvicinò sorridente al nostro tavolo.

Calum si alzò ed entrambi si strinsero la mano.

-Isaiah Winston, wow, ehm, non ti vedo da anni-

-Non me lo dire- Disse ridendo- E passato un sacco di tempo. Come, cosa, tre o quattro anni?-

-Si, mi pare. Quando è stata l'ultima volta però?-

-Eravamo a St. Barts, oh no, era Aspen-

-Si, hai ragione perchè mi ricordo di averti fatto il culo su quella pista da sci-

Calum suonava come una persona completamente diversa. Lo guardai e poi guardai Isaiah Winston che portava avanti la sua conversazione, ignorandomi completamente. Ma fu meglio così, portai la mia attenzione sulla pioggia che iniziò a cadere fuori, mentre le loro voci si dissolvevano sullo sfondo.

-Ho letto che la società sta andando bene, tra l'altro. A proposito, sai, dovresti venire a nord dello stato più spesso. Siamo praticamente vicini di casa e tua madre ci invita sempre a cena, ma tu non sei mai lì-

-Sono molto occupato, ultimamente- Calum rise seccamente.

-Beh, prima o poi dovremmo andare a giocare a golf-

-Certamente-

-Aspetta, dove sono i miei modi? Chi è la ragazza che ti tiene compagnia?-

-Oh, è ehm, Margot- Calum sembrò teso- Margot ti presento Isaiah Winston-

-Piacere di conoscerti- Dissi timidamente, mordendomi il labbro inferiore.

-Non ti avevo mai visto prima, beh, oltre che sui tabloids- Lui rise- Voglio dire, la maggior parte delle ragazze di Calum le avevo già viste prima da qualche parte- Isaiah rise - Eri all'evento di George lo scorso fine settimana?-

-No, io... io non so chi sia George- Dissi nervosamente.

-Non eri all'evento di George? Allora devi provenire da fuori città... Come ti chiami? Scusa-

-Margot-

-Giusto, Margot. Margot di dove sei?-

-Sono della Georgia-

Isaiah rise divertito.

-La Georgia? Perchè della Georgia? Che cosa fanno i tuoi genitori?-

-Oh, loro, ehm...-

-Aspetta, chi sono i tuoi genitori? Forse conosco la loro società-

Tutti ci stavano guardando e io mi sentivo come se potessi vomitare da un momento all'altro. Il mio corpo sentiva il freddo e il caldo contemporanemente e le mie mani tremavano. Volevo uscire da quel locale al più presto possibile.

Ma non era un'opzione dato che l'intera stanza sembrava che stesse aspettando una risposta.

-La mia famiglia non possiede una società-

-Oh, davvero? Tuo padre è un senatore o qualcosa del genere?-

-No, mio padre non è un senatore-

-E tua madre?- Isaiah rise.

-No-

Isaiah ridacchiò come se mi divertissi a dargli quelle risposte.

-Sei misteriosa, non è vero. Bene, cosa fa tua madre?-

-Mia madre...ehm...- Tutti stavano ascoltando e sentii le lacrime agli occhi, ma non le lasciai cadere- E' una cuoca -

-Oh...- Ci fu una lunga pausa e nella stanza si sollevarono dei sussurri mentre Isaiah si sforzó di mantenere un'espressione seria - Interessante-

Mi sentii completamente mortificata e abbassai lo sguardo sul pavimento, mentre Calum e Isaiah si salutarono, prima che Calum si sedette nuovamente di fronte a me.

Feci del mio meglio per tenere gli occhi sul menù, ma non mi fu d'aiuto. Sapere che non sarei mai appartenuta a questo genere di cose, stava peggiorando la situazione. Calum si schiarì la voce e tamburellò le sue dita sul menù come il cameriere arrivò al nostro tavolo.

-Allora, sapete già cosa ordinare?-

Non appena le parole uscirono dalla bocca del cameriere, borbottai un '' Scusami, devo andare '', uscii in fretta dal ristorante prima che qualcuno potesse vedermi piangere.

La pioggia si fece  più insistente, per la millesima volta mi ritrovai fuori a piangere.

Mi sentivo così umiliata come se ci fosse uno squarcio sul mio petto che aspirasse tutta l'aria fredda. Come se si fosse rotto qualcosa all'interno. Un dolore acuto che sprofondava e scavava la sua strada nella mia gabbia toracica.

Rimasi in silenzio, soffocando i singhiozzi, senza fiato. Tutto quello che feci fu appoggiarmi contro il muro di mattoni accanto al ristorante e scivolare giù, guardando la gente passare e chiedermi perchè tutto dovesse andarmi storto.

Ripresi fiato, ma le lacrime continuavano a percorrere le mie guance arrossate mentre singhiozzavo. Quando vidi la porta a vetri del ristorante aprirsi di colpo e Calum uscire, guardando da un lato all'altro fino a quando non mi vide.

-Margot, cosa c'è che non va?-

Scossi la testa, guardando verso il basso.

-Che cosa c'è che non va?- Mi alzai e lo affrontai - E' tutto sbagliato, Calum. Non capisci? Non merito di essere qui- La mia voce si ruppe su ogni parola.

-Di cosa stai parlando?-

-Io non merito neanche questi vestiti, non capisci. Tu non capisci a cosa stai andando in contro. Solo per favore, lasciami in pace-

-Ti ho comprato questi vestiti, come diavolo non li meriti?-

-Calum, non posso. Tu e i tuoi amici provenite da delle ottime famiglie. Mia madre lavora in- Alzai gli occhi al cielo, cercando di fermare le lacrime- lavora in un misero ristorante ed è rimasta incinta di me quando aveva diciotto anni-

-Allora? Che cazzo, io voglio stare con te, Margot. Non me ne frega un cazzo della condizione sociale della tua famiglia-

Risi freddamente.

-Oh? Così adesso tu vuoi stare con me? E i tuoi amici? Tu sai bene di avermi come il tuo piccolo segreto da poter tenere nascosto sotto il tavolo, ma non appena ci sono altre persone è come se non esistessi. Hai fatto la stessa cosa la mattina dopo quella notte, quando Amber e Michael sono venuti a casa tua e non è molto diverso da ora-

-Margot, questo non è...-

-Come pensi che andrà finire? Non c'è alcun senso nemmeno per provarci fuori. Noi. Non. Funzioniamo.-

-Non importa, non importa-

Le mie lacrime avevano ripreso a scorrere.

-Calum, per favore. Odio questo. Odio sentirmi così. Io sono infelice-

-Perchè continuiamo a litigare!-

-Vengo umiliata. Ti vergogni di me, io mi vergogno di me stessa e tutti lo vedono. Tutti ne parlano-

-Margot, per favore, andiamo solo in macchina. Possiamo parlare di questo-

-Non ho nulla da dirti-

L'espressione di Calum diventò marmorea.

-Bene, non avrai nulla da dirmi. Ma sono sicuro che, dannazione, ho qualcosa da dirti, solo vieni e ascoltami-

Mi afferrò per mano e mi trascinò alla macchina che era parcheggiata al di fuori del ristornate.

Quando fummo seduti in macchina, Calum fu impossibile da leggere.

Quando io cadevo a pezzi, lui era di pietra, freddo e impassibile.

-Margot, tu mi fai impazzire. Dio, è come, è come se ogni cosa che tu faccessi è quella di posizionare un centinaio di candelotti di dinamite. Tu sei l'unica persona che mi tiene testa l'unica che mi fa provare qualcosa e l'unica che mi fa accettare qualunque cosa. E non potrebbe fregarmene un cazzo su Isaiah Winston. Non ti ho presentato perchè sapevo che avrebbe iniziato il suo interrogatorio e io volevo che ciò non accadesse. Non perchè mi vergogno di te, ma perchè non sono i suoi cazzutissimi affari. Cazzo, mi piaci, va bene? E io voglio provarci, anche se sei pericolosa, anche se sento che mi farai perdere la testa. Quindi, per favore, cazzo, per favore, non scappare, perchè noi non siamo ''giusti'' l'un l'altro o perchè gli altri dicono che non dovremmo stare insieme-

Non sapevo cosa dire, cercai di elaborare il tutto. Abbassai lo sguardo, sulle mie mani fredde arrossate, sul tappettino della macchina e sul mio vestito ma sentivo ancora di non appartenere a questo genere di cose.

-Io sono lontana dall'essere pericolosa- Dissi a bassa voce.

Rspirò, e mi sollevò il mento con la sua mano prima di farla scivolare sulla guancia e accarezzando lo zigomo con il pollice.

-Lo sei per me-

E poi in un modo o nell'altro, contro ogni ragione, ci baciammo .

Era il tipo di bacio che non avrei mai dimenticato, il tipo di bacio che scatenava una tempesta nel mese di Luglio, tenendomi a sé il più strettamente possibile.

Calum esternava raramente i suoi sentimenti. Era come un muro di pietra. E io non ero troppo differente, nascondendo il mio passato. Ma con le sue labbra contro le mie e il modo in cui potevo assaporare il suo battito cardiaco, mi sentii come se stessimo raccogliendo le scaglie di entrambi. Mettendo insieme frammenti e scorci di vicende e storie.

Per la prima volta dopo mesi, mi sentivo al sicuro, come se fossimo nell'occhio del ciclone, entrando in collisione sul sedile posteriore di questa vettura, tenendoci a vicenda, una miscela di labbra, lacrime e la ricostruzione di ciò che era andato in frantumi.

Con le sue labbra sulle mie, potevo assaporare la sensazione di necessità, ma questa volta, incautamente lascia che il flusso del sentimento scorresse nelle mie vene, senza pensare al danno che sapevo si sarebbe causato.

Non c'era modo di ritornare indietro, ed entrambi sapevamo questo.



 






SPACE AUTHOR

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora, come state?
Come avrete letto, diciamo che questo capitolo e' stato, forse inteso. Prima Calum che si fa (diciamo) ''perdonare'' facendole trovare dei vestiti sul letto e poi invitarla fuori a pranzo.
E poi l'incontro in caffetteria con Roxy, la quale Margot si dimostra più fredda e distaccata.
Ed infine, il famoso pranzo. Come sempre non è mancata l'opportunità di sminuire Margot, e Calum non ha fatto nulla.
Cosa ne pensate?
Ringrazio colo che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITi, SEGUITI E RICORDATI. 
Davvero, GRAZIE MILLE.
Ah, per i lettori della mia vecchia fanfiction Hold Onto me. Ho deciso di ripostare la storia, visto che me la stavate richiedendo in tanti, ma facendo alcune modifiche nei capitoli successivi.
Questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3390016&i=1
See ya soon & Stay tuned....

Baci Lalluby

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Capitolo 31
*** Just...somewhere that's not here. ***


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Just...somewhere that's not here.


 

 

Calum's P.O.V

Quattro mesi fa.

Quattro mesi fa, pugni in collisione con il muro, nocche spaccate, rabbia, imprudenza, troppa droga in circolo e fino a tarda notte ad accusarmi, comunicati stampa, cambiamenti di piani, stanchezza, follia e dolore senza una fine, quasi a non voler mai diminuire. La rabbia e il dolore che impari ad impacchettare da te stesso e che cerchi di spazzarlo via sotto un tappeto.

Ma questa era la conseguenza di spazzare via le cose sotto il tappeto. Esse non scompaiono. Sono ancora lì. Saranno sempre lì

 

-Vuoi andare da qualche parte-

Margot sembrava così fragile da qui, rannicchiata contro la portiera della macchina, tenendola come se potesse scappare via da me ancora una volta, le sue labbra appena sulle mie. Come se si potesse spezzare da un momento all'altro, frantumandosi in piccoli pezzi ancora più taglienti.

Anche se lei adesso sembrasse stare bene, aveva ancora sollevate le sue barriere. Sapevo che mi stava nascondendo qualcosa e che i singhiozzi di pochi minuti fa provenivano da qualche parte più profonda, un posto che non mi avrebbe mai mostrato.

Lei mi guardò per un piccolo frammento di secondo con i suoi occhi verdi limpidi, attenta, prima di annuire con la testa in silenzio.

Lei mi ricordava così tanto lui e c'era qualcosa che mi faceva fare tutto il possibile per non farla sentire così, per farla sentire di nuovo bene.

-Dove vuoi andare?-

-Solo... da qualche parte che non sia qui-

-Ok-


 

Margot's P.O.V
 

 

Calum si fermò al suo attico per permettermi di cambiarmi con i vestiti che avevo ieri, lavati e asciutti, prima di rimetterci di nuovo in strada, guidando per chissà dove.

Tutto quello che seppi, fu che fummo fuori città e tutto sembrava più dolce, più calmo, più in pace. I finestrini erano chiusi perchè fuori faceva abbastanza freddo, ma solo quando sfrecciammo davanti a degli alberi con ancora attaccate alcune foglie con i colori dell'autunno, rimasi a pensare.

Anche se fuori faceva freddo, il sole con i suoi raggi deboli, illuminava le foglie rosse e arancio mentre Calum guidava sull'autostrada.

C'erano ancora delle lacrime che premevano per uscire dai miei occhi, mentre alcune erano state asciugate dai raggi deboli che filtravano dai finestrini. Sentivo ancora le mie guance umide e arrossate come per ricordarmi la tristezza che mi segnò minuti fa.

Nessuno di noi due aveva ancora parlato, ma andava bene così. Eravamo in macchina forse da venti minuti e il silenzio che ci circondava era confortante in un certo senso, non era il genere di silenzio che ti obbligava a riempirlo.

Calum si schiarì la gola e fu lui a romperlo per primo.

-Se vuoi, puoi accendere la radio-

Ero appoggiata con la testa al finestrino, mi sedetti, guardando la console centrale in modo da poter accendere la radio.

Premetti il grande pulsante nero lucido al centro con l'orlo in argento, in silenzio e preoccupante del fatto che avrei potuto lasciare qualche ditata in questa vettura incredibilmente costosa. Ma non fu così, la radio si accese sulla stazione radio NPR.

Mi ero completamente dimenticata che fosse sabato e che la voce dello speaker, mi fece rendere conto che stava dicendo le novità musicali che dava ogni sabato su questa stazione. Mi ricordai ad un tratto che da quando me ne andai non avevo più ascoltato questo programma.

La mia mano esitò sul pulsante perchè non volli niente di meno che ascoltare anche se immaginavo che per Calum non fosse così. Ma lui mi dimostrò che mi sbagliavo.

Ero a pochi secondi di distanza per cambiare stazione, ma quando guardai verso di lui per un solo secondo, Calum era attento sulla strada, con una mano sul volante e gli angoli della sua bocca  piegati leggermente all'insù in un sorriso.



 

Calum's P.O.V

 

Eravamo quasi arrivati e lottai contro ogni stimolo per non guardare verso Margot ogni dieci secondi, quando la vidi con la coda dell'occhio sedersi pacificamente.

-Cos'è?-

-Niente, è solo, la vendita di qualcosa...credo zucche-

La guarda rapidamente notando un po' di nostalgia sul suo sguardo, mescolato con un piccolo frammento di felicità.

Era ancora a cento metri di distanza da noi.

-Ne vuoi una?-

Margot appoggiò di nuovo la sua testa contro il finestrino.

-Halloween è già passato e poi è troppo tardi-

-Questo non risponde alla mia domanda. Ne vuoi una?-

Lei mi guardò per un momento.

-Beh, si, forse. Magari una di quelle piccole ma poi dovrei tornare al campus e...-

Senza esitazione, misi la freccia e tirai al lato della strada, mettendo la vettura in sosta.

-Che stai facendo?-

-Ti sto andando a prendere una zucca- Dissi aprendo la portiera e calpestando l'erba che era quasi diventata gialla.

-No, Calum. Veramente, non ce ne bisogno-

-No, va bene-

-Ascolta, lo so che ti puoi permettere di tutto, ma in realtà, non è necessario- Uscì dalla macchina, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poi mettere le sue mani nelle tasche della felpa.

-Sarà solo una piccola zucca, Margot. Tu ne vuoi una, io te ne voglio regalare una-

E prima che potesse protestare, mi incamminai verso il piccolo stand di legno.

-Buongiorno, quanto vuole per una zucca?-

L'uomo seduto dietro le varie cassette di legno si alzò in piedi e guardò verso la mia macchina, spalancò gli occhi per la sorpresa e alzò le sue sopracciglia spesse. Le sue dita tozze e rugose aprirono un coperchio di una cassa grigia , sbirciando oltre le zucche arancioni luminose disposte nelle varie cassette di legno.

-Beh, le zucche sono a metà prezzo dato che Halloween è appena passato. Come la volevi?-

Vidi Margot vagare nel lato opposto, guardando l'uva nell'altra estremità dello stand.

-Solo una piccola. La più piccola che ha-

-Viene un dollaro, puoi scegliere quella che vuoi. Se la ragazza vuole dell'uva, puoi prendere quella cassetta per sei dollari-

Le parole di quell'uomo mi fecero guardare verso Margot per degli altri secondi, nuovamente.

-Ok, certo. Prenderemo anche l'uva- Guardai Margot che si voltò sorpresa, sgranando i suoi occhi verdi cristallini.

-Hmm?-

-Un cassetta di uva è abbastanza?-

Lei rise un po', mandandomi al tappeto.

-Calum, guarda che è una cassetta...E non c'è ne davvero bisogno di prendere l'uva-

-Se la vuoi provare, puoi prenderne qualche chicco- Disse l'uomo, sorridendo ad entrambi, mentre gli angoli degli occhi si incresparono- La stagione è quasi finita, quindi questo molto probabilmente è il mio ultimo lotto-

-Vedi? La stagione è quasi finita, Margot. Devi prendere la maggior quantità possibile di uva prima che questa sia finita per poi rivederla quest'estate-

Guardò in basso, portandosi una ciocca rossa dietro l'orecchio.

-Non mi piace che tu compri tutta questa roba per me. In primo luogo i vestiti e ora... tutto questa...frutta-

-Ti ho visto guardarli. E lo so che la vuoi-

Gemette lamentandosi, sapendo che avevo ragione.

-Cosa ci dovrei fare con una cassetta di uva?-

-Puoi mangiarla-

-Non posso mangiare una cassetta di uva, Calum- Sospirò, guardando l'uva e mordendosi il labbro inferiore.

-Ok, va bene, condivideremo la cassetta. Io ne prendo metà e tu prendi l'altra metà-

-Sei così irritante-

Sorrisi e allungai la mano con una banconota da dieci dollari prima di afferrare una cassetta.

-Ok, tu scegli la tua zucca e io porto questa alla macchina-

Anche se Margot sembrava frustrata, quando guardai verso di lei come portai la cassetta verso la macchina, potei vedere l'ombra di un piccolo sorriso arricciarsi nelle sue labbra.

 

 




SPACE AUTHOR

 

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Come state???
Vi chiedo perdono per non aver postato più nulla, comunque cosa ve ne pare del capitolo?
Finalmente vi è un piccolissimo estratto del passato di Calum. Ed inoltre, emerge anche un altro lato di Calum che fino ad ora non era merso.
E poi c'è Margot che ogni volta che le viene chiesto qualcosa sul suo passato dice sempre poco cambiando poi il discorso.
Ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI E RICORDATI.
Ah, per chi seguisse Hold Onto Me ho deciso di ripostare nuovamente la fanfiction dato che in tante mi avete chiesto che fine avesse fatto. Questo è link (  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3390016&i=1  )
See ya soon & stay tuned...
Baci Lalluby

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Capitolo 32
*** But it would've been less dumb if you were there with me. ***


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But it would've been less dumb if you were there with me.



 

-Quindi non hai intenzione di dirmi dove stiamo andando?-

-No- Calum guardò dritto davanti a se, mentre guidava lungo una strada sterrata.

Il sentiero era accidentato e stretto, si snodava tra gli alberi ad alto fusto di cui i rami ricadevano ad arco su di noi, creando un cielo di rosso e arancio. L'ombra delle foglie colorati con i colori dell'autunno accentuavano la luce dei raggi solari che filtrava tra un ramo e l'altro. Tutto quello che vidi davanti non furono più alberi, ma sembrava condurci verso in quello che sembrasse il nulla.

-Perchè no?-

-Perchè non so realmente dove stiamo andando-

Non potei fare a meno di guardare verso di lui, cercando di non sorridere e scuotendo la testa, osservai la sua mascella tesa, i suoi occhi scuri concentrati sulla strada e quel poco di accenno di barba che aveva sotto il mento.

Il GPS all'interno della sua auto non era nemmeno acceso, quindi tutto quello che potetti fare fu aspettare e osservare la strada davanti a noi.

Sorpassammo un cartello e cercai di capire le indicazioni, ma Calum guidava così velocemente che non feci in tempo a leggerlo. La macchina a malapena emetteva rumore, nonostante la velocità, scivolando sulle piccole pozze e immergendo solo leggermente di tanto in tanto. Immaginai che avrebbe guidato a lungo per questa strada, per ore. Fino a quando Calum si fermò ad un incrocio e si accertò che nessuno venisse da destra e mise il piede sull'acceleratore nel momento in cui svoltò. Guidando poi, lungo una strada ancora più stretta.

Infine, arrivammo davanti ad un piccolo cartello con una freccia che segnalava che la strada sarebbe finita, diventando ancora più stretta per far passare una vettura. Avremmo dovuto camminare.

-Ok, ora hai idea di dove stiamo andando?-

Calum sorrise ed era così bello. Improvvisamente, sentii un'ondata di brividi invadere tutto il mio corpo.

-Più o meno-

-E fammi indovinare, devo aspettare fin quando non saremmo arrivati?-

Lui annuì.

-Hai centrato il punto-

Calum fece inversione ad u, per poi parcheggiare la macchina. Si slacciò i gemelli della camicia e rapidamente allentò la cravatta prima di toglierla e gettarla nei sedili posteriori. La macchina ronzò per qualche secondo prima di spegnersi del tutto. Quando si spense, Calum tolse le chiavi non prima di aver tirato il freno a mano. Aprì lo sportello, uscendo per prendere la cassetta di uva sul sedile posteriore. Si rimboccò le maniche e potei vedere le vene sulle sue braccia, mentre sollevò la cassetta, tenendola poi con un braccio.

Non potei fare a meno di ridacchiare, guardandolo ed incrociai le braccia al petto, stringendomi nelle spalle.

-Cosa ti serve l'uva?-

Iniziò a camminare verso il sentiero e alzò le spalle come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

-Per mangiarla-

Ci addentrammo lungo il sentiero, l'unico suono fu lo scricchiolio delle foglie sotto i nostri piedi, e incominciai a chiedermi dove Calum mi volesse portare fino a quando non vidi davanti ai miei occhi una distesa blu di acqua, circondata da una radura di soffice terreno, ombreggiato da degli alberi dietro di esso.

Il percorso si apriva verso un piccolo lago, l'acqua torbida e alcune imbarcazioni di legno legate ad un piccolo molo. Non c'era nessuno, dando al lago una sensazione di serenità e solitudine, ma in senso buono. L'acqua probabilmente era troppo fredda, ma a giudicare delle barche attraccate ai vari pali del molo di fronte a noi, avrei scommesso che sarebbe stato un luogo perfetto per andare durante l'estate.

-Come facevi a conoscere questo posto?-

-Ho visto un cartello- Camminò lungo il molo e impostò la cassetta verso il basso, puntando poi dove aveva parcheggiato la macchina- Là dietro mentre eravamo in autostrada-

Non sapevo cosa dire, così mi sedetti vicino alla cassetta a bordo del molo, incrociando le gambe e guardai la distesa di acqua blu limpida che si presentava davanti ai miei occhi. Calum fece la stessa cosa, sedendosi mentre le sue gambe oscillavano oltre il bordo. Alzai gli occhi verso il cielo bianco, il quale sembrava essere stato dipinto con degli acquarelli grigi per via delle nuvole. Avrei dovuto portarmi una giacca, ma l'aria frizzante autunnale non era poi così male.

L'unica parte di New York in cui ero stata, erano l'Upper East Side e l'Upper West Side. Ma era bello essere fuori dal trambusto cittadino, a volte.

Raggiunsi la cassetta, staccandomi un piccolo grappolo d'uva.

-Mia nonna dietro casa sua aveva un vigneto- Dissi guardando davanti a me, sorpresa che in reltà stessi dicendo qualcosa sulla mia vita prima di venire qui.

-Davvero?- Chiese Calum prendendo un piccolo grappolo di uva e guardando davanti a se.

 

Calum's P.O.V


 

Margot continuò a parlare, fui sorpreso che in realtà mi stesse rivelando qualcosa su di lei.

-Si, a mia madre ed a mio fratello non piace l'uva. Mentre io e mia nonna, si-

-Non sapevo che avessi un fratello-

-Si, più piccolo-

Margot staccò un chicco prima di mangiarlo.

-Quanti anni ha?-

-Otto-

-Cosa gli piace?- Chiesi, sperando di provare a conoscerla il più possibile prima che si chiudesse nuovamente in se stessa.

I suoi occhi verdi si illuminarono e li chiuse per un attimo, come se stesse ricordando qualcosa di doloroso o qualcosa di meraviglioso, non potevo dirlo.

-E' un po' come me- Poi prese un'altro chicco dal suo piccolo grappolo e cambiò argomento - E' deliziosa questa uva-

-Si, lo è-

-Sono sorpresa che in realtà la stesse vendendo. Non è fine estate la stagione dell'uva?-

-Io, in realtà, non lo so. Forse-

Lei annuì.

-Beh, pensavo che la stagione fosse fino ad Ottobre. Quindi, credo che questa debba essere l'ultima del raccolto, forse è per questo che era così a buon mercato-

-Può darsi-

Margot guardò verso il lago ed entrambi ci godemmo il silenzio. Le sue piccole mani chiare, leggermente arrossate presero un'altra chicco dal suo grappolo per poi sospirare.

-Sembra di essere a casa-

Chiuse gli occhi e le sue ciglia riposavano contro la pelle chiara, accenando un lieve sorriso e facendo apparire delle fossette nelle sue guance leggermente arrossate. Era così bella ed io ero ipnotizzato da lei.

Poi parlò di nuovo.

-Allora, cosa hai fatto per Halloween?-

-Luke ha organizzato una festa-

-Ti sei travestito?- Chiese voltandosi verso di me e mettendosi un chicco in bocca.

Presi un chicco dal mio grappolo, probabilmente il secondo.

-Cazzo, no- Dissi con la frutta in bocca e lei rise.

-Perchè, no?- Mi disse sorridendo, facendo apparire ancora le sue fossette sulle guancie.

-Non lo so. Halloween è stupido-

Rimase in silenzio.

-Amo Halloween-

Improvvisamente, mi sentii malissimo.

-No, è solo... Non volevo dire che Halloween fosse stupido. E' solo che da bambino non l'ho mai festeggiato. Quindi per me non ha molto senso come festa-

-Quindi non sei mai andato a fare dolcetto e scherzetto quando eri piccolo?-

-No, mai-

Spalancò gli occhi e si voltò verso di me.

-Io amavo andare a fare dolcetto o scherzetto da bambina-

-Davvero?-

Alzò gli occhi, si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e pose le sue mani sulle gambe incrociate, come se stesse per fare un discorso importante o come se non avesse voluto parlare.

-Si, amavo travestirmi- Fece una pausa - E mi divertivo un sacco ad andare di casa in casa , non so, sentendomi come una bambina normale, per una volta-

-Quando è stata l'ultima volta che sei andata a fare dolcetto o scherzetto?-

Margot abassò lo sguardo.

-Probabilmente quando avevo dieci anni-

-Perchè non sei più andata?-

-Noi, ehm, ci siamo trasferiti lontano dal quartiere dove abitavamo prima, penso per questo-

-E perchè non sei andata a fare dolcetto o scherzetto nel nuovo quartiere dove abitavi?-

Strappò un altro piccolo grappolo di uva e iniziò a giocherellare con un chicco.

-E' complicato- Disse staccando il chicco - Possiamo parlare di qualcos'altro?-

E all'improvviso fu come se Margot avesse rialzsato le sue pareti di ferro, altrettanto rapidamente come furono salite furono scese. Ma non la biasimai, entrambi avevamo queste pareti di ferro.

-Si, certo-

-Scusami- Disse a bassa voce.

-Va bene, Margot-

-Com'è stata la festa da Luke?- Chiese portandosi il chicco alla bocca.

-E' stata divertente. Si è travestito da supereroe- Sorrisi tra me e me - Ed era così ubriaco che ha deciso di sedersi nel piano della cucina ed addormentarsi-

Margot sorrise.

-Deve essere davvero grande il piano della sua cucina-

E per la prima volta dopo un po', risi come se non avessi riso da molto tempo.

-Si, lo è-

Lei sorrise, ridendo successivamente.

-Avresti dovuto esserci- Dissi, senza sapere il perchè le lo stessi dicendo.

-Davvero? Non lo so-

-Beh, la festa era abbastanza stupida- Guardai di fronte a me, verso il lago - Ma sarebbe stata meno stupida se tu fossi stata lì con me-

Mi sentii così stupido per averle detto questo, avrei dovuto tenere la bocca chiusa, ma lei non rispose. Abbassò leggermente lo sguardo, sorridendo, prima di guardare davanti a sè il lago che era di fronte a noi.

 

 

* * *

 

 

 

Quando decidemmo di ritornare indietro, il cielo stava diventano un po' più scuro. Eravamo seduti in macchina, mentre io guidavo lungo l'autostrada e guardai verso Margot, per chiederle qualcosa.

Ma quando guardai verso di lei, mi resi conto che era profondamente addormentata, le sue palpebre erano chiuse e il suo respiro era calmo e lento.

Il cielo adesso era molto più scuro di prima, l'ultimo accenno di luce solare si nascondeva dietro gli alberi. Mentre alcuni deboli raggi illuminavano il volto e i capelli di Margot, dandole un colorito radioso.

Il viaggio di ritorno fu lungo e tranquillo, ma non mi dispiacque.

 

 

* * *

 

 

 


Era buio pesto quando tirai fino al campus e misi la macchina in sosta vicino al marciapiede.

-Hei, siamo arrivati-

Sbattè le palpebre per qualche secondo prima di aprire gli occhi, mentre un lieve sorriso le dipinse le labbra.

-Siamo arrivati?-

-Si-

-Bene-

Si passò le dita tra i capelli, prendendo poi la sua borsa e la sua piccola zucca prima di aprire la portiera della macchina ed uscire nel freddo della notte. Spensi la macchina e uscii anch'io, mettendo le mani in tasca.

-Vuoi l'uva?-

Lei rise, scuotendo la testa e spostando il suo peso su un piede.

-No, grazie. Puoi tenertela-

Tolsi una mano dalla tasca e la poggiai sulla parte posteriore del collo, non sapendo cosa dire. Ma prima che potessi darle la buona notte, sentii un dolore acuto al mio dito indice che non notai prima.

-Ahi, cazzo-

-Che è successo?-

-Niente- Mi affievolii, guardando attentamente il dito prima di sospirare - Cazzo, ho una scheggia- Risi esasperato.

-Devi essertela presa al molo-

-Si, probabilmente. Dio, le odio e non ne ho avuta una da tanto. Non riesco mai a farle uscire-

-Davvero? Fammi vedere-

-Margot...- Iniziai sospirando, ma mi fermai quando afferrò la mia mano ed esaminò il dito.

-Aspetta- Disse, si focalizzò, stringendo verso l'alto con le unghie la scheggia, fino a quando questa non fece capolino. Poi con le unghie, cercò di tirarla fuori e ci riuscì - Fatto- Disse sorridendo leggermente. La guardai e fu come se tutto si mosse a rellentatore. Margot aveva la capacità di incasinare la mia testa, semplicemente con sorriso. Quando notò il mio silenzio, alzò lo sguardo verso di me arrossendo.

-Scusa...- Disse, guardandomi timidamente, il suo naso era arrossato per il freddo.

-No, va bene- Dissi in fretta- Hai sistemato un casino, grazie-

-Ti fa ancora male?-

-Si, ma è solo una piccola ferita-

Margot sorrise scuotendo la testa.

-Sei un disastro, Calum Hood-

Alzai il mio sguardo, incontrando il suo. Improvvisamente la vidi arrossire nuovamente e guardare altrove.

-Margot- Dissi richiamandola.

-Si?-

Non potei fare a meno di sorridere. E per qualche ragione, mi venne una voglia improvvisa di baciarla. Non sapevo il perchè, ma tutto quello che volevo fare era posare le mie dita sotto il suo mento, mettendo le mie labbra sulle sue. Era troppo per me, ed io sapevo che ero solamente un male per lei, ma non mi interessava.

Senza pensarci, mi chinai e la baciai. Le sue labbra erano dolci. Margot ricambiò il bacio, anche se fu breve. E credo che quel bacio volesse significare buonanotte, ma avrei voluto che fosse durato di più.

Quando entrambi ci staccammo dal bacio, Margot fece un passo indietro , mordendosi il labbro inferiore e sorrise.

-Grazie per oggi, mi sono davvero divertita-

-Si, anch'io-

E dopo che ci demmo la buonanotte, camminò verso il suo dormitorio e io ritornai dentro alla macchina, per poi guidare verso casa

 





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Hi, my beautiful people!!! So Im here again, YAAY
Allora, come vi pare il capitolo?
Finalmente Margot sembra aprirsi ancora con Calum, sempre però limitandosi e alzando sempre i suoi muri ogni volta che svela qualcosa di se.
Mentre, ancora una volta appare quel lato di Calum che raramente emerge. Pronto ad esserci per Margot e pronto ad ascoltarla.
Ringrazio coloro che hanno messo la fanfictio tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE, davvero.
Ricordo come sempre per coloro che seguivano quest'estate HOLD ONTO ME,  ho deciso di ripostarla nuovamente dato che molte di voi ne hanno fatto richiesta e questo è il link
(http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3390016&i=1)
See ya soon & Stay tuned,
Baci Lalluby

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Capitolo 33
*** Baby, just spend the night ***


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Baby, just spend the night




Da: Calum, 05:12 pm.

Hei, stasera hai qualche impegno o sei troppo impegnata ad essere una nerd?

A: Calum, 5:15 pm.

Si,il mio livello di nerdaggine sta crescendo ultimamente.

Da: Calum, 5:16 pm

Ho come l'impressione che tu viva in biblioteca, invece che in un dormitorio.

A: Calum, 5:17 pm.

Che sembrerebbe proprio così.

A: Calum, 5: 17 pm.

Aspetta, perchè non sei mai in biblioteca? Non hai da lavorare ad una tesi di laurea?

Da: Calum, 5:18 pm.

Ho la mia biblioteca.

Da: Calum, 5.20 pm.

Una biblioteca che dovresti preferire.

A: Calum, 5:21 pm.

E dovrei venire?

Da: Calum, 5.21 pm.

Forse...

A: Calum, 5:22 pm.

Devo finire un sacco di letture...

Da: Calum, 5:23 pm.

Non ti distrarrò, devo finire del lavoro anch'io.

A: Calum 5:25 pm.

Non lo so...

Da: Calum, 5:35 pm.

Beh,questo è terribile, ho alcuni libri di Dickens nella mia biblioteca che aspettano di essere letti. Ed è un peccato non poterlo fare dato che è lo scrittore preferito di qualcuno...

A: Calum, 5.37 pm.

...Sei insopportabile, arrivo.

 

* * *

 

 

- Non hai idea di quanto tu sia fortunato ad avere queste edizioni-Dissi, mentre i miei occhi scansionarono la libreria di Calum che andava dal pavimento al soffitto. Quando venni qui la prima volta, vidi solamente la libreria della sua stanza. E rimasi colpita. Ma questa era incredibile. Le pareti della stanza erano ricoperti di libri e alcuni quadri, mentre al centro della stanza vi era un piccolo salottino con un tavolino da caffè.

Questa stanza era accogliente, rispetto al resto dell'attico definito con design minimalista di Calum, e non potei fare a meno di continuare a guardare la biblioteca.

Calum era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto, guardandomi divertito.

Alzai lo sguardo. E i miei occhi si illuminarono quando lessero il titolo di una delle mie opere preferiti di Dickens: Grandi Speranze.

-Non ci credo- Espirai, alzandomi sulla punta dei piedi e cercando di prendere il libro.

Calum si fece avanti, solcando le sopracciglia. Ma mi prese in tempo nel momento in cui stetti per perdere l'equilibrio e sorrise come se niente fosse. Successivamente, si appoggiò contro la libreria adiacente, scuotendo la testa mentre io provai nuovamente ad alzarmi sulle punte per cercare di prendere il libro.

-Dio, Margot- Disse Calum, scuotendo la testa e ridendo con una risata che risultò tra l'affetto e frustrazione.

Anche se ero ancora in punta di piedi tenendo in mano il libro, lui torreggiava su di me.

-Non ho intenzione di cadere nuovamente, non ti preoccupare-

Calum alzò le sopracciglia, silenziosamente disse un ''Si, certo''

-Beh,ok, forse ero sul punto di cadere, ma non l'ho fatto! E' questo ciò che conta. Posso controllarmi- Ribattei indignata.

-Non dubito di questo- Disse sinceramente, sorridendo ironicamente- Beh, in molti aspetti-

-Molti aspetti?-

-La maggior parte. La stragrande maggioranza- Sogghignò pieno di sé.

-La stragrande maggioranza? E che ne dici del resto?-

-Beh, sei venuta qui per studiare. Giusto?- Fece un passo più vicino a me e mi appoggiai contro la libreria.

-Si-Dissi a bassa voce, non capendo dove volesse arrivare con questo.

-Ma cosa farai quando farò questo?- Calum si avvicinò ancora di più in modo che i nostri corpi si toccassero appena, i nostri volti erano a pochi centimetri di distanza.

Mi spinsi ulteriormente contro la libreria.

-Io...devo studiare- Dissi, prendendo un breve e superficiale respiro, rimanendo relativamente composta, desiderando di non collassare.

Alzò la mano, le sue dita si muovevano furtivamente sulla mia vita, prima di spingersi in avanti in modo che le sue labbra furono a pochi centimetri di distanza dal mio orecchio.

-Che dire di questo?-

Deglutii.

-Io, ehm, dovrei... devo... devo studiare-

Il mio cuore iniziò ad accelerare, stavo cedendo completamente. Sentii un brivido percorrermi la schiena.

-E...- Si chinò - Questo?-

Riuscii a malapena ad respirare, come sentii le sue labbra sfiorare l'incavo del mio collo. Il suo corpo si premette contro il mio, i miei occhi si chiusero di propria iniziativa mentre i brividi alla schiena si fecero più intensi.

Tutto quello che sentii in quel momento, fu il battito del mio cuore.  Ero a corto di parole, figuriamoci di pensieri.

I miei occhi rimasero ancora chiusi e potei sentire il ronzio della sua voce mentre le sue labbra sfioravano il mio collo.

-Devo dire...- Disse, aprii gli occhi - Hai un eccellente...- Muovendo le labbra più in basso, mentre le sue mani si mossero appena sotto il tessuto della mia maglietta -...Autocontrollo- Mormorò con voce bassa e roca come sfiorò le sue labbra contro la mia pelle e sollevò l'orlo della mia maglietta. Le sue labbra dolorose salirono lentamente fino alla mia mascella, facendomi sciogliere. Le sue mani erano un'allettante tortura e lentamente mi avvicinò sempre di più a se per creare contatto.

-...Ma - E poi all'improvviso, sentii il suo corpo muoversi bruscamente e l'aria intorno a me diventare meno calda. I miei occhi erano ancora aperti, quando misi a fuoco e vidi che aveva il libro che tenevo fra le mani con un sorriso compiaciuto sul suo volto.- Ma, tu lo sapevi già-

E poi posò il libro che teneva tra le mani su una delle poltrone e si sedette di fronte a questa, lasciandomi completamente senza fiato.

 

 

 

* * *

 

 


La tensione tra di noi poteva essere tagliata con un coltello. Avevo un sacco di letture da completare e lentamente stavo finendo la maggior parte delle letture assegnate, sempre sbirciando oltre il mio libro e guardando Calum sulla poltrona di fronte a me.

 

Indossava la sua felpa della Columbia e dei pantaloncini da basket neri. I suoi occhi scuri e penetranti erano incollati sul suo taccuino, sfogliando i suoi appunti pieni di elenchi puntati e grafici.

Erano appena passate le undici, sentii le mie palpebre incominciare a farsi pesanti e avrei preferito fare altro che finire queste letture. Proprio come girai pagina, Calum chiuse il suo taccuino silenziosamente si alzò dalla poltrona, lasciando il suo taccuino e documenti vari in una piccola pila sul tavolino.

Respirò un sospiro di soddisfazione e i miei occhi si bloccarono immediatamente su di lui mentre si passò le dita tra i capelli. Ma Come si voltò a guardarmi, immediatamente portai il mio sguardo sul mio libro trattenendo un sorriso.

Capii che avesse finito e avrei voluto chiedergli dove stesse andando. Ma prima che potessi farlo, vidi con la coda dell'occhio che lasciò tranquillamente la stanza.

Scossi la testa, abbozzando un sorriso.

Quando finii di leggere mi alzai in piedi, chiusi il libro e lo rimisi dentro la mia borsa, appoggiando quest'ultima sopra la poltrona di pelle.

Diedi un ultimo sguardo alla biblioteca per poi chiudere la porta alle mie spalle, percorsi il soggiorno seguendo il dolce profumo di quello che sembrava burro sfrigolante.

Entrai in cucina, vedendo Calum voltato di spalle, sbirciando poi oltre le sue spalle per vedere cosa stesse combinando.

-Vuoi qualcosa da mangiare?- Chiese, tenendo gli occhi sul burro sfrigolante nella padella.

-Cosa stai facendo?-

Fece un cenno verso la ciotola contenente un composto liscio e omogeneo.

-Pancakes-

-Può andare- Dissi a bassa voce, sistemandomi una ciocca dietro l'orecchio e raggiungendo Calum per vedere meglio.

-Hai fatto tu la pastella? -

-No, sono un fottuto disastro in cucina. Nilda aveva preparato la pastella, devo solo fare in modo di non bruciare i pancakes -

Calum si spostò, ritrovandoci fianco a fianco.

Vidi la fiamma impostata al massimo e non potei fare a meno di ridacchiare.

-Beh, impostare la fiamma al massimo è già un buon inizio-

Rise anche lui e gli dissi di impostare la fiamma media come avrebbe dovuto essere. Posai una mano sul granito, aspettando.

-Ecco, così, ora prendi con il mestolo un po' di pastella-

-Proprio così?-

Lui mi guardò e io guardai verso di lui.

-Proprio così-

Prese un po' di pastella con il mestolo, versando velocemente la pastella e facendo schizzare fuori un po' di burro, feci immediatamente un passo indietro non volendomi bruciare con gli schizzi di burro bollente.

-No! Non così in fretta- Feci un passo avanti a lui e ridacchiando per la deformazione del pancake.

Mi porse il mestolo e presi dell'altra pastella, versandola lentamente nella padella, disegnando dei piccoli cerchi con il mestolo appianando la pastella nella padella.

-Devi farlo...lentamente. Vedi? Così- Presi un altro po' di pastella con il mestolo e disegnai con cura nuovamente dei piccoli cerchi. - Ci vuole tempo-

Gli occhi di Calum erano bloccati nei miei e non potei fare a meno di sorridere.

-Allora, come fai a sapere quando il pancake è pronto per essere capovolto?-

-Beh, inizia a gorgogliare la parte superiore. Ma devi avere pazienza- Dissi mettendo il mestolo nel lavandino- E devi aspettare il momento giusto-

Ne capovolsi uno lentamente con la spatola, mentre Calum si appoggiò contro il piano in granito dell'isola della cucina.

-Credo, che questo possa essere capovolto da te- Indicai il pancake deformato che aveva fatto prima Calum e ridacchiò.

-Quattro pancakes sono sufficiente per uno spuntino di mezzanotte, giusto?-

-Si,vanno bene. Vuoi capovolgere gli ultimi due?-

-Certo -Disse, gli porsi la spatola guardandolo come lui mi guardò e poi delicatamente capovolse il pancake senza combinare disastri ed esultò prima di delineare i bordi del pancakes con la spatola. Alzai gli occhi divertita e risi.

Aspettammo un paio di minuti e poi Calum mise i pancakes nel piatto, tirando fuori dal frigo il burro e lo sciroppo d'acero, appoggiano il tutto sul piano in granito dell'isola.

-E tada, pancakes-

Cercò di mettere una noce di burro per decorare la pila di pancakes, ma questa iniziò a sciogliersi. Alla fine, si arrese sbuffando. Mi porse la bottiglia di sciroppo d'acero e ne versai un po' sopra alla pila.

Quando chiusi la bottiglia mi porse una forchetta e condividemmo lo snack, mangiando in silenzio. Beh, fino a che lo schermo del mio cellulare si illuminò iniziando a vibrare.

Era un messaggio, da parte di Ethan, un ragazzo della mia classe di civiltà contemporanea

 

Da: Ethan, 11:41 pm.

Hei, tu e Calum state insieme? Tutto il campus ne parla, ma ho pensato di chiedere direttamente alla fonte.

 

Avrei voluto alzare gli occhi al cielo. Ma poi mi resi conto che probabilmente avrei potuto chiedere anch'io la stessa cosa. Non avevo idea di ''cosa'' fossimo io e Calum.

Tutto quello che sapevo fu che non avevo voglia di dire cosa fossimo realmente io e Calum, ci bastavano già le varie voci che circolavano su entrambi. E non sapevo come avrei potuto reagire se tutti avessero avuto la conferma della nostra relazione. Così feci finta di niente e Calum non lo notò, fortunatamente. Sapevo che lui fosse a conoscenza di queste voci da prima di me. Ma potevo dire che la cosa che lo infastidiva maggiormente era quando io ne venivo a conoscenza.

In seguito ci fu silenzio. Un silenzio confortante.

-Mi piace questo silenzio- Dissi con calma, tagliando con la forchetta il pancake.

-Anche a me-

Calum mi guardò e non potei fare a meno di sorridere.

Continuammo a mangiare in silenzio e quando finimmo, misi il piatto nel lavandino ed iniziai a lavarlo.

-Aspetta,vieni qui-

-Cosa?No, devo finire di lavare il piatto-

-Vieni qui-

Mi voltai e lui raggiunse la mia mano, afferrandola e tirandomi più vicino a lui così i nostri corpi furono perfettamente allineati, appoggiati l'uno contro l'altro.

-Ho aspettato tutta la serata per fare questo-

Alzò la mano e la poggiò sul mio collo, mentre il suo pollice giaceva contro la mia mascella, alzandomi il viso. Non riuscii a togliere il mio sguardo dal suo. Serpeggiò l'altro braccio sulla mia vita. Mi teneva stretta a se con l'avambraccio, appoggiato alla base della mia spina dorsale, facendomi inarcare lievemente all'indietro la schiena.

E poi, le sue labbra, furono sulle mie. Mi catturò in un bacio nei migliore dei modi. Il suo tocco mi provocò un calore piacevole che si diffuse in tutto il  corpo. E mi chiesi se sentirsi in questo modo fosse essere felice dopo tanto tempo, e volere niente di meno che baciare qualcuno che fosse capace di farti provare quel tornado di emozioni.

Mi ritrovai al alzarmi in punta di piedi per approfondire il bacio, godendo del modo in cui la sua bocca si adattasse contro la mia. Feci serpeggiare le mie braccia, allacciandole dietro al suo collo e lentamente lasciai che le miei dita si intrufolassero trai i suoi capelli.

Calum chiuse qualsiasi frammento di spazio tra di noi con un bacio ancora più passionale che quasi mi lasciò senza fiato, tenendo ancora appoggiato il suo avambraccio alla basa della mia spina dorsale e poi lasciò viaggiare l'altra mano sulla mia schiena fino a che questa non fu alla base della mia spina dorsale.

Lasciai le mie dita tracciare la sua nuca e lo sentii emettere un breve e basso gemito contro la mia bocca prima di tirarsi via di poco e borbottare un rapido -Aspetta-.

Fece scorrere le sue mani nella parte anteriore delle mie cosce, alzandomi e facendomi sedere sul piano di lavoro dell'isola.

Ridacchiai contro la sua bocca come lui chiuse lo spazio che ci divideva. Afferrò nuovamente le mie cosce per far agganciare le mie gambe intorno alla sua vita e lo tirai più vicino a me. Il bacio era bisognoso abbastanza, lento e dolce. Fu tutto quello di cui avevo bisogno. Calum mi attirò maggiormente a se e mi sentii come se avessi perso traccia dello spazio e del tempo, prima che mi staccassi dalle sue labbra. Confusamente cercai di raggiungere il mio cellulare. Inarcai la schiena come  iniziò a baciare appena sopra la mia clavicola e improvvisamente sentii come se tutto fosse offuscato come guardai l'ora sul mio cellulare.

12.35 pm.

- Calum, devo andare- Dissi, la mia voce uscì normalmente, intrappolata tra un sospiro ed un gemito.

-No, resta-

Le sue labbra viaggiarono lungo la mia spalla e la sua mano percorse la mia coscia per poi infilarsi sotto la maglietta, facendomi girare la testa quando la nostra pelle si toccò e non permettendomi di scendere dal piano della cucina.

-Sono a piedi e poi sono eccessivamente in ritardo-

- Tesoro, passa qui la notte-

Mi sorprese, mi attirò più vicino a sé, facendo sussultare il mio cuore.

Mi lasciai andare quando fece scontrare nuovamente le sue labbra contro le mie. Facendomi quasi cadere a pezzi. Ma non potevo, dovevo ritornare al campus. Se avessi passato la notte qui, i paparazzi che quotidianamente erano fuori dall'ingresso del palazzo di Calum per vedere tutte le ragazze che entravano e uscivano , avrebbero ottenuto terreno.

-Mmmh, no, non posso-

Non so come arrivammo a questo punto, dove io sentivo il bisogno di essere trattenuta da lui così tanto. Tutto si stava muovendo troppo velocemente, ma non mi interessava.
- Vorrei, ma.... puoi la gente continuerebbe a farci domande-

E sconfitto, lui lentamente si allontanò. Si rimboccò le maniche della sua felpa, esasperato appoggiò la mano sulla nuca.

-Cazzo, hai ragione- Il modo in cui lo disse sembrava come se si stesse scusando. Nessuno di noi due voleva più queste voci, quindi era questo quello che dovevamo fare - Hai ragione- Sospirò.

Scivolai dal piano dell'isola e tornai in biblioteca mettendomi il capotto e afferrando la borsa prima di incontrarlo presso il foyer, guardandolo mentre si appoggiava allo stipite del portone

-E' tardi. Vuoi che chiami il mio autista?-

-No, posso camminare. Starò bene-

-Sicura?-

-Si, ne sono sicura-

-Ok- Mi attirò verso di lui baciandomi un ultima volta, persistendo prima di tirarsi via.

Mi accompagnò fino all'ascensore, aspettando con me fino a che non arrivò. Quando feci per entrare dentro una volta che le porte si aprirono, Calum afferrò velocemente il mio polso, attirandomi nuovamente a se e lasciandomi una bacio sulla fronte indugiando per qualche secondo.

-Devo andare- Mormorai staccandomi lentamente e appoggiando una mano sulla sua guancia, strofinando il mio pollice sul suo zigomo. Calum chiuse gli occhi, sospirando. Feci per togliere la mano, ma lui aprì i suoi occhi scuri e afferrò velocemente la mia mano lasciando un bacio tra le mie nocche.

Quando Calum lasciò andare la mia mano indietreggiai entrando nell'ascensore, lo guardai mentre i nostri sguardi si scontrarono per l'ultima volta quella sera.

Una volta che le porte si furono chiuse, mi appoggiai con la schiena contro il lussuoso ascensore in marmo. Per la prima volta mi sentii davvero felice. Tutto sembrava perfetto, ma ancora non riuscivo a togliere via quel messaggio dalla mia mente.

Tu e Calum state insieme?

Non lo sapevo. Sapevo solamente che mi piaceva passare del tempo con lui, baciandolo pur sapendo che tutto questo era insano per entrambi. Mi sentivo a mio agio con lui che con chiunque altro. Ma la cosa che mi spaventava maggiormente era: come avremmo fatto a stare insieme se tutti e due avremmo tenuto troppi segreti nascosti  l'un l'altro?








 

SPACE AUTHOR
 

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Come state?
Nuovo capitolo, che ne pensate?
Insommma, con questo appare una sfumatura differente di Calum. Non più il solito personaggio scontroso e cupo, ma più sensibile e comprensivo.
Mentre Margot è preoccupata però di cosa potessero pensare gli altri e del loro passato che è ancora nascosto per entrambi.
Ringrazio infinitamente coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE, davvero.
See ya soon & Stay tuned...
Baci Lalluby

 

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Capitolo 34
*** At 8:00 pm. ***


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At 8:00 pm.


 

Mi stavo dirigendo verso la lezione successiva quando notai sul mio telefono una chiamata persa da Calum. Beh, forse non era del tutto persa, non perchè non avessi a portata di mano il mio cellulare. Ma ogni volta che sentivo vibrare il mio telefono, vedendo che si trattava di Calum anche se avessi potuto rispondere, non lo facevo.

Era passato una settimana da quando lo avevo visto l'ultima volta. Fino a che non vidi la serie di sue chiamate perse. C'era una parte di me che fosse sicura che lui mi avesse dimenticato, andando magari con un'altra ragazza. Ma l'altra metà, sapeva che non era così. La parte migliore di me sapeva che la causa per cui non ci fossimo più sentiti fosse solamente mia.

Avevo paura. Ogni tanto, avevo la sensazione come se delle scosse elettriche pulsavano alla bocca del mio stomaco. Ricordando la serata al suo attico. Ricordando come mi fossi sentita quando ci baciammo nella sua cucina o il sapore delle sue labbra quando incontrarono le mie. Ricordando come le sue dita sfiorassero la mia pelle. Ricordando come ci si sentisse ad avere le vertigini, ad essere spaventati ed a vivere ogni secondo in cui eravamo insieme.

Ogni volta che ci vedevamo, era notte. Ma ripensando a tutte le emozioni che Calum mi faceva provare, era come vedere sempre uno spiraglio di luce in tutto quel buoi che ci circondava.

Nei miei ricordi non eravamo come quei segreti che le persone tengono per la notte. Eravamo più un lento, delirante e delizioso susseguirsi di mattine e di verità confessate tra due persone.

Tutto sembrava perfetto in questo momento, ma sapevo che non sarebbe durato per molto. E la parte più assurda di tutta questa storia, era che: dopo le litigate e il dolore che mi aveva causato Calum, io volevo lui e avevo bisogno di lui come una falena che vola verso la fiamma. Ma poi c'era quella parte insicura dove tutti si chiedevamo cosa fossimo realmente io e Calum e cosa sarebbe successo più avanti tra di noi.

Due giorni fa non gli avevo risposto e lui provò a chiamarmi il giorno successivo, ottenendo lo stesso risultato: nessuna risposta.

Osservai lo schermo del mio cellulare anche se la mia testa mi impedì di rispondergli, gli risposi, espirando e sentendo dall'altro capo una confusa interferenza.

-Hei,sono Calum-

Non riuscii a trattenermi dal sorridere mentre camminavo per il cortile dal campus raggiungendo la classe successiva.

-Hei-

-Ne è passato di tempo-

Ci fu un lungo sospiro. Sapevamo entrambi il perchè.

-Si,lo so. Mi dispiace-

Lo spazio che avrei voluto riempire con un ''mi sei mancato'' fu occupato solamente dal silenzio.

Calum portò avanti la conversazione, come questa mattina che fu l'ultima volta che parlammo.

-Come stai?- La sua voce al telefono risuonò più roca e profonda.

-Sto bene.Tu?-

-Ehm....si,sono stato bene-

-Bene-

-Già- Si fermò - Allora, sei libera stasera?-

-Umh,credo di si. Perchè?-

-Beh,bene, se non vuoi, lo capisco. Ma c'è questo... incontro. Vuoi venire?-

-Un incontro -

-Si, beh, è più simile ad una festa. Io non sono davvero sicuro chi ci sia. Ma dovrebbe essere di basso profilo -

-Sono sorpresa che tu ci vada. La gente difficilmente ti vede alle tue feste- Sorrisi.

-Beh,ci vado perchè sono socialmente obbligato-

-E Calum Hood deve rispettare tali obblighi sociali- Dissi molto seriamente e lui rise.

-Ok,in realtà non era necessario che ci andassi. Ma ci sarà della musica dal vivo. E io ci voglio andare. Con te-

Sentii dei brividi percorrermi la schiena per diversi ragione.

-Non lo so...-

-Pensalo come un favore. Dovrei portare qualcuno. Queste feste sono abbastanza convenzionali e servono per la società-

-Non saranno come le feste dei tuoi amici, giusto?-

-No, sarà completamente diverso, te lo prometto. Ti piacerà. Staremo lì per un'ora, massimo-

-Non lo so, Calum. Perchè non porti qualcun'altro?-

Fece una pausa.

-Non voglio portare qualcun'altro-

Ora fu il mio turno di fare una pausa. Mi fermai e tirai via il cellulare dall'orecchio, alzando lo sguardo e chiedendomi il perchè io fossi così stupida per contemplare di dirgli di sì. Ma c'era qualcosa di Calum che mi diceva di accettare.

-Ok,vengo-

-Grazie. Ti mando un e-mail per i dettagli. L'evento in se' non ci dovrebbe richiedere molto tempo, davvero. Ti riporterò al dormitorio verso le 10.00-

-Aspetta,aspetta! Cosa dovrei indossare? Formale o...?-

-No, no. Indossa un abito o qualcosa di simile. Qualcosa di bello-

Presi un momento pensando di chiedere qualche aiuto a Roxanne.

-Va bene...Cercherò di mettere o trovare qualcosa da mettere insieme-

-Ottimo. Il mio autista passerà a prenderti alle 8.00 pm-

 

 

* * *

 


Misi in disordine l'intero armadio di Roxanne e i miei vari cassetti per cercare qualche accessorio che andasse bene con il vestito che Roxanne mi aveva gentilmente prestato.

 

Mentre cercavo, armeggiando con i vari vestiti che avevo buttato sul letto per la mia folle ricerca, quando mi voltai vidi una scatola in un piano del mio armadio.

Sorrisi consapevole di cosa contenesse. Dopo tutto non avevo dimenticato i ricordi più importanti in Georgia.











 

Calum's P.O.V

 

-Hei,dov'è il tuo accendino?- Michael mi chiamò dalla cucina.

-Uhm, dovrebbe essere sul piano dell'isola-

-Trovato-

Michael ritornò in soggiorno mentre io osservavo il completo in giacca e cravatta che Nilda aveva disposto sul divano.

Michael fece scorrere il pollice verso il basso nella rotellina metallica fino a quando la fiammella si appoggiò con l'estremità della canna che teneva tra l'indice e il pollice.

-Allora, le lo hai chiesto?-

-Si,l'ho chiamata-

-Che cosa ti ha detto-

-Lei ha detto di sì-

Michael espirò e rise.

-Seriamente?-Borbottando sottovoce- Pensi che imparerà-

-Cosa intendi?- Chiesi.

-Lascia perdere- Prese un altro tiro e gesticolò verso di me, chiedendo se ne volessi un po'. Rifiutai e lui si appoggiò contro il bancone -Questa idea è così fottutamente stupida-

-E' solo un evento di beneficenza. Non significa assolutamente un cazzo-

-Si,come no-

-Vado e la gente non ha bisogno di vedere con chi sia venuto. Vedono che sono venuto con qualcuno, faccio due chiacchiere con i colleghi di mio padre e me ne vado-

-E cosa farà il tuo nuovo piccolo giocattolo? Ti aspetterà al tavolo mentre tu cerchi di fare il lecca culo e fare più soldi?- Michael rise e prese un'altro tiro prima di iniziare parlare nuovamente -Oh, giusto. Dimenticavo. Lei non ti aspetterà al tavolo. Farai il lecca culo e più soldi con lei tra le tue braccia-

-Non è così- Giocai con l'accendino- Sai una cosa? Cazzo, passami quella canna-

Michael me la passò, la guardai un momento prima di portarla alle labbra ed espirare ed espirare fuori il fumo.

-Mezz'ora e sarà tutto finito. E' solo un evento di beneficenza non ci saranno ne fotografi e paparazzi. Margot rimane il mio piccolo segreto, per la maggior parte. Nessuno si farà male. Tutti, compresi i miei genitori saranno felici-

-Stronzate- Michael armeggiò con il suo orologio, lo stesso che sia io e Luke abbiamo - Margot non sarà mai il tuo piccolo segreto. Questa cosa, non mi riferisco solo a stasera, voglio dire anche in generale... portala avanti. Voi due sarete quelli che si faranno più male -









 

Margot's P.O.V



 

Mi sedetti sul bordo del letto, guardando lo schermo del mio telefono per controllare l'ora. Sentii l'apprensione alla bocca del mio stomaco, ma anche un senso vertiginoso di paura.

Il mio nervosismo era al limite, ma non mi interessava.

Afferrai il lucidalabbra mettendolo nella pochette, sperando che questa sera andasse tutto per il meglio. E per la prima volta da quando ero qui a New York, mi sentivo bene.

Finalmente una festa che non sarebbe stata come le altre. Lo sapevo che non era un bene idealizzare, ma quella sensazione che sentivo allo stomaco forse questa serata con Calum sarebbe andata bene.

Forse sarebbe stata la notte dove io e Calum non ci saremmo circondati da tutte quelle persone vuote. Una festa che forse, sarebbe stata più tranquilla e non come le altre in cui mi sentivo un'estranea come se mi fossi dispersa e avessi preso l'uscita sbagliata di un'autostrada, ritrovandomi in un posto sconosciuto.

Diedi un'ultima occhiata all'orologio sul mio cellulare e sperai nuovamente che questa serata non sarebbe andata fuori controllo.
 

-Mamma!Guarda cosa ho fatto-

Le mostrai il piccolo fiore bianco che disegnai con la glassa su uno dei vassoi. Il suo sguardo era stanco, ma non il suo sorriso che mi diede prima di lasciarmi un bacio nei capelli.

-E' davvero carino, Margot. Ma dobbiamo spostare questo vassoio stanno arrivando degli ospiti-

Erano appena le cinque e non sapevo il perchè di questa festa. Ma prima che le lo potessi chiedere le amiche di mia madre, le uniche altre persone francesi qui, stavano facendo il loro ingresso dalla porta con un'ondata di sorrisi e abbracci.

La nostra casa era appena una casa, ma era qualcosa. Mi madre mi aveva detto più volte che ci saremmo trasferite in una casa migliore non appena mio padre avrebbe venduto il suo primo libro. O quando avremmo vinto alla lotteria.

Ma per ora, lei spostò il tavolo della cucina facendosi aiutare da mia zia nella veranda sul retro. Non prima di aver spento la televisione della cucina e tutte le parole inglesi furono sostituite da quelle francesi.

Era buio, quasi ora di andare a letto, ma sapevo benissimo che mi madre non mi avrebbe fatto andare a dormire non quando veniva a trovarmi mia zia. Ero seduta sulle ginocchia di mia madre ascoltando i loro discorsi. Mia zia e le amiche di mia madre erano sedute attorno al tavolo parlando e ridendo di qualcosa.

-Hei, Costance, dov'è Joel?-

Mia madre si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, lo stesso vizio che avevo ereditato anch'io. Mi guardò per qualche secondo.

-Lui...ha del lavoro stasera-

Ci fu un momento di silenzio finchè la conversazione non cambiò argomento ritornando l'atmosfera allegra che c'era pochi attimi fa.

-Margot, vieni con me dobbiamo togliere fuori dal freezer la torta- Disse mia zia Adele, mi afferrò per mano e mi portò in casa nuovamente. Mi prese in braccio facendomi sedere sul piano della cucina, mentre lei tirava fuori la torta e vi dispose sopra delle candeline.

-Quelle candeline sono per?- Chiesi in francese , guardando mia zia.

-E'il compleanno della tua mamma. 3 Luglio, cancro- Lei sorrise,mettendo altre candeline sulla torta.

-Che cos'è cancro?-

-E'il segno zodiacale di tua madre- Fece una pausa, pensando come spiegarmelo- Beh, a che fare con il periodo in cui nacque tua madre-

-Se la mamma è uno cancro, lo sono anch'io? Anche papà?-

-No,tesoro. Tu sei nata a Giugno, sei un gemelli. E tuo padre e dei pesci-

Annuii,senza capire esattamente cosa significasse.

-Aspetta,se il compleanno della mamma è oggi, quanti anni ha? Sette, come me?-

Mia zia rise.

-No,petit Margot. Ne ha 25-

-Quanti anni aveva quando sono nata io?-

-Hmmm....1997,quindi lei aveva 19 anni-

-Sarò mamma anch'io quando avrò 19 anni?-

-No,petit- Disse avvicinandosi a me e tenendo le mie piccole mani tra le sue - Quando avrai 19 anni avrai già finito il liceo, andrai al college ed avrai degli amici con cui andare alle feste. Indosserai un bel vestito e tutti i ragazzi vorranno ballare con te, come in Cenerentola-

-Mi piace Cenerentola-

-Sarai la più bella di tutte Margot- Sorrise malinconicamente, ma ancora non conoscevo quel sentimento- E poi, scriverai tutte le belle cose che ti saranno successe quando tornerai a casa-

Sorrisi,e mi baciò la fronte.

-Solo,promettimi di scriverci quando sarai ritornata a casa. Non dimenticarci-

Non capii cosa volesse dire, ma le feci capire che lo avrei fatto quando sarei diventata più grande.

-Va bene, non vi dimenticherò-

-Sono quasi le 08:00, tua madre è nata a quest'ora. Dobbiamo accendere le candeline-

Tirò fuori un piccolo accendino dalla sua borsa e accese una per una tutte le candeline, prima di uscire nella veranda con la torta.

Quando io e mia zia uscimmo con la torta, gli altri iniziarono a cantare la canzone di auguri.

Mia madre si coprì il volto con le mani sorridendo come mia zia posò difronte a lei la torta. Quando tutti finirono di cantare scoppiò un applauso e nel frattempo mia madre spense le candeline, chiudendo gli occhi ed esprimendo un desiderio. La luce della luna rifletteva sul suo viso mentre in lontananza si sentivano il frinire delle cicali ed il soffio leggero della brezza estiva.

Dopo aver espresso il suo desiderio, aprì nuovamente gli occhi e spense il resto delle candeline.

Sorrise più che poté, per tutto il tempo che ci riuscì. Cercò di non vacillare, ma alla fine crollò, scoppiando a piangere.

Invece di dirle auguri, mia zia e le uniche sue tre amiche che avesse qui,rimasero in silenzio circondandola, mettendo le braccia intorno a lei.

-Costance...va tutto bene, va tutto bene.-

-Tornerà,Costance. Va bene-

Fu tutto quello che sentii.

Ero troppo piccola per capire cosa stesse accadendo realmente e perchè piangesse. Tutto quello che sapevo e che erano le 08:00 ed era ora che io andassi a letto. Gli ultimi rumori che sentii prima di addormentarmi furono i singhiozzi  insistenti e una torta di compleanno che non aveva più il sapore di felicità.







 

Author Space

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora come state?

Dopo avervi lasciato con il bacio tra Margot e Calum, eccomi di nuovi qui. YAAY
Che ve ne pare ?
Come sempre il capitolo si apre con il punto di vista di Margot, dove si trova ad accettare questa volta l'ennessima telefonata da parte del moro. E anche se Calum al telefono appare come sempre freddo e insensibile, invita Margot ad un evento. Inizialmente Margot rifiuta, ma successivamente quando chiede spiegazioni a Calum del perchè la voglia, questo si limita a risponderle che la vuole con lui. Secondo voi cosa potrebbe succedere?
E poi c'è il p.o.v di Calum che è un po' particolare da come avrete letto. Non solo perchè appare Michael, ma anche perchè quest'ultimo sembra prima prendere in giro Margot per quanto fosse facile da prendere in giro e successivamente mette in guardia Calum da qualcosa.
Infine, si concluce con il p.o.v di Margot dove anche qui viene rivelato un'altro po' del suo passato.
Ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI E RICORDATI.
GRAZIE MILLE.
See ya soon & Stay tuned...

Baci Lalluby

 

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Capitolo 35
*** Gotta do what I have to do ***


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Gotta do what I have to do

 

 

Stavo camminando a buon passo arrivando fino alle porte del mio dormitorio e non riuscivo a smettere di sorridere. Riuscivo a vedere il riflesso delle luci della città riflettere sulla carrozzeria lucida nera dell'auto che mi stava aspettando pazientemente a lato del marciapiede. Non era la solita vettura argento sportiva che guidava Calum, questa era molto più elegante.

Il marciapiede era leggermente bagnato per la pioggia di questo pomeriggio e non riuscivo a capire se stessi tremando per via del freddo o dal nervosismo, quando Calum tirò giù il finestrino,proprio come nei film.

-Ciao-

La sua voce era così profonda, mentre dei brividi percorsero il mio corpo.

Non riuscii a smettere di sorridere.

-Ciao a te-

Calum aprì la portiera, uscendo e tenendola aperta per me. Scivolai dentro e mi guardai intorno prendendo confidenza con l'ambiente, chiedendomi cosa dire e guardando i sedili color crema in pelle e la bottiglia di champagne che era posta nella parte centrale dei due sedili dove vi era un piccolo frigo-bar.

-Champagne?-

Calum chiuse lo sportello e indifferentemente sollevò la bottiglia, come se nulla fosse.

-Uhm ,si , Veuve Cliquot... Ne vuoi un po'?-

Improvvisamente mi sentii in imbarazzo per avergli posto quella domanda, per la maggior parte delle persone che conosceva Calum, conosceva quel tipo di champagne.

-No, sto bene-

-E' ok, il servizio auto mette sempre una bottiglia a disposizione quando si tratta di qualche evento speciale. Puoi averne-

-Davvero, sto bene così-

-Beh, se cambiassi idea ci sarà un sacco di champagne all'evento di beneficenza-

-Beneficenza? Pensavo che questo fosse un incontro di basso profilo?-

Calum si aggiustò i suoi gemelli della camicia.

-Beh, è un incontro-

Percepii le mie mani iniziare a tremare.

-No, Calum, un evento di beneficenza è diverso da un incontro di basso profilo-

-Non sarà come le mie feste. Sarà un po' soffocante, si, ma è un evento filantropico. Niente più che dello Scotch. Te lo prometto-

-Non sono preoccupata per l'evento, Calum. Sono preoccupata del fatto che non sia vestita nel modo adeguato-

Calum si spostò un po' dal suo sedile, avvicinandosi e mi sistemò una ciocca di capelli dietro al mio orecchio.

-Vestita nel modo adeguato? Di cosa stai parlando? Guardati, sei splendida-

Abbassai lo sguardo verso il mio vestito, ero così contenta quando Roxanne mi propose di indossarlo per questa serata. Ma adesso non ne ero più certa.

Calum guardò velocemente fuori dal finestrino.

-Siamo arrivati-

Portò la sua mano sotto il mio mento e mi diede un veloce bacio rassicurante. Aggiungendo al mio fascio di nervi, uno sciame più fitto di farfalle al mio stomaco.

-Sei bellissima, non preoccuparti. Va bene?-

-Va bene- Mentii, cercando di non perdere le staffe.

-Trenta minuti al massimo-

Annuii nervosamente, cercando più che altro di rassicurare me stessa.

Prima che lo sapessi, Calum aprì la mia portiera e una raffica di flash si riversò verso la macchina. Mi ritrassi indietro, prendendo un respiro.

Quando alzai lo sguardo, Calum era in piedi fuori dalla vettura e la sua mano era tesa. La gente afferma che in momenti come questi, il tempo sembra rallentare. Ma non è esattamente così. Non per me. Tutto sembrò accelerare. Il mio cuore batteva troppo velocemente ed ero certa che fossi quasi vicino ad avere uno dei miei attacchi di panico.

Inspirai ed espirai.

Afferrai la sua mano, facendo un passo fuori e sentii l'altra sua mano posarsi sulla mia schiena. Mi condusse rapidamente verso la grande porta in vetro a doppio battente, entrando dentro e guidandomi dentro in una vita di cui non sapevo assolutamente nulla.

 

 

* * *

 


-E' stato tre quarti fa, non è vero?- Disse Calum, lui e i suoi conoscenti misuravano il tempo in modo diverso.

 

Grandi sorrisi, gioielli troppo prestigiosi e completi in giacca e cravatta perfettamente su misura.

La mano di Calum non aveva mai lasciato la mia schiena e gli ne fui grata. Mi sentivo come se avessi le spalle al muro e avevo il disperato bisogno di uscire da qui il più presto possibile. Non era un posto per me ed ogni singolo minuto che passava, mi sentivo inadeguata.

E questa sensazione mi portò al ricordo di come quando ti trovi in classe alle elementari o alle medie, e sbagli a leggere una determinata parola in una lingua straniera. Quella parola che la prima volta leggendola, non azzecchi completamente l'accento. Ma quando la pronunci ad alta voce, senti le risatine ed i sussurri dei tuoi compagni che ti mettendo in chiaro che quella stupida in quel momento fossi tu. E successivamente il professore ti corregge gentilmente, ma ormai è troppo tardi.

Ecco, questa serata io la sentivo proprio come quel momento, amplificato mille volte.

-Margot? E' Margot, giusto?- Mi chiese l'uomo che prima parlava con Calum. Mi sentii come se avessi avuto già questa conversazione.

Giocai nervosamente con l'anello al mio dito.

-Si, sono io-

-Il tuo nome è Margot, no?-

-Si, Margot-

-Qual'è il tuo cognome?-

-Harris-

-Non ho mai incontrato un Harris a New York, prima d'ora-

Non ero sorpresa.

-Dove l'hai trovata questa, Hood?-

Questa.

Calum turbinò il drink nel suo bicchiere.

-Margot...in realtà va alla Columbia-

Bryan, l'uomo che fino pochi attimi fa' aveva chiesto conferma del mio nome, mi sorrise consapevolmente.

-Fammi indovinare... matricola?-

Annuii, cercando di rimanere più calma possibile. Cercando di non far trasparire la paura e il timore dal mio sguardo.

-Si, matricola-

Bryan alzò un sopracciglio verso Calum.

-Rubata dalla culla, eh, Hood? -

Calum era più grande di me di quattro anni, mentre io non avevo mai tenuto in mente questo particolare. Improvvisamente, diventai iper consapevole. Era più facile approfittarsi di qualcuno quattro anni più piccolo di te. Ma forse ero solamente io che stavo diventando paranoica.

-Beh, almeno sembra che tu sia sulla strada per sistemarti, Calum. Mia madre mi ha detto che ti ha visto due volte nella sezione ''rumors'' del Tatler Magazine. La stessa ragazza, tre volte. Questo è estremamente insolito per te, Hood-

La parola ''sistemarsi'' mi terrorizzò. Cercai di resistere alla tentazione di sfuggire.

Bryan continuò a parlare ed io sentivo come se avessi bisogno di uscire da questa sala da ballo sontuosa. Ma non potevo scappare ancora come avevo fatto l'ultima volta a pranzo. Dovevo farmi forza e resistere. Almeno per un po'.

-E' bello vederti più... docile, però. Nessuno vorrebbe stimare le azioni di una società gestita da un Jolly-

Jolly?

Qualcuno chiamò il nome di Calum dall'altra parte della stanza. Calum gli fece un cenno con la testa all'altra persona dell'altra parte della stanza e poi diede un saluto piatto a Bryan, chiaramente non molto interessato alla conversazione per cominciare. Ad ogni modo, sembrava che Calum fosse altrettanto riluttante di essere qui come lo ero io. Ma se lui non voleva venire, allora perchè mi aveva portato?

-Ci vediamo più tardi, Hood-

Calum strinse la mano di Bryan con fermezza e ci sedemmo al nostro tavolo, ascoltando la musica proveniente dalla band che stava suonando sopra il mormorio delle conversazioni di offerte di affari.

Calum mise il braccio dietro la mia sedia ed anche se eravamo vicini fisicamente, non l'avevo mai sentito più distante.

-Ti stai divertendo?-

Presi un lento sorso d'acqua.

-Suona bene la band-

Con la coda dell'occhio, vidi un gruppo di donne in vestiti da ballo, tenendo in mano i loro flutes di champagne e guardando verso la nostra direzione.

Tutti sapevano che qualsiasi ragazza al fianco di Calum era quella di turno. Pensando che forse quello fosse stato il suo scopo: fare bella figura con qualcuna al suo fianco e alla fine gettarla via come se nulla fosse.

-Scusami, ho bisogno di prendere aria- Mormorai piano e mi alzai prima che Calum mi potesse fermare per assicurarsi che stessi bene, uscendo dalla sala e dirigendomi verso i bagni vicino alla hall.

Entrai dentro il bagno. Sembrava che ci fossi solamente io qui dentro. Disperatamente, misi la sedia di pelle contro la porta, sperando di avere qualche minuto di pace e tranquillità.

Mi appoggiai al lavandino, con i palmi appoggiati sul piano in marmo, chinando la testa e prendendo un respiro profondo per poi rialzarla ed osservare il mio volto.

Il mascara era leggermente sbavato mentre il mio sguardo era stanco e triste.

Mi venne quasi da ridere. Prima che arrivasse Calum, ero felice mentre ora la situazione si era ribaltata, nettamente.

Un silenzioso, singhiozzo sfuggì dalla mia bocca. Ero stanca di piangere. Stanca di sentirmi debole. Stanca di essere sempre l'inadeguata della situazione. Stanca di potere sperare che forse mi potrei adattare al mondo di Calum. Stanca di dover deludere sempre le aspettative degli altri e stanca di dover spingere continuamente verso il basso il mio passato.

Le lacrime si incominciarono a formare agli angoli degli occhi, alzai lo sguardo verso il soffitto. Non dovevo più piangere. Ma proprio quando cercai disperatamente di trattenere un'altro singhiozzo, mi bloccai sentendo un colpo di tosse seguito poi da un conato di vomito.

Maledì me stessa per non aver controllato bene il bagno e vidi in fondo nell'ultimo bagno un paio di tacchi Louboutin e delle gambe.

Seguirono altri conati di vomito.

-Tutto bene?- Chiesi cautamente.

Ci fu un sospiro e poi si sentii lo scarico del gabinetto.

-Sto bene- Disse una voce stancamente ma ancora profonda e sensuale.

La porta si aprì e fece un passo fuori una splendida ragazza dai capelli lunghi e castani, con un vestito da ballo rosso. La tipica ragazza con cui molti ragazzi sarebbero voluti andare a letto. Tutto in lei trasudava sesso, ma c'era ancora qualcosa di fragile in lei.

-Sicura?-

-Starò bene- Sospirò. Prese un fazzoletto di carta e se lo passo sotto gli occhi prima di sciacquarsi la bocca e mettersi in bocca una gomma da masticare -Lasciami in pace e corri dai tuoi amici a dirgli che mi hai visto vomitare in bagno-

-...Perchè dovrei farlo?-

Lei mi derise.

-Sul serio? Hai intenzione di fare la finta tonta?-

Mi fermai.

-Non sto facendo la finta tonta. Non so nemmeno chi sei-

Alzò gli occhi.

-Tu non sai chi sono?-

-Non ne ho idea-

Tirò un sospiro di sollievo, appoggiandosi al piano in marmo dei lavandini.

Mi mossi verso di lei.

-Sicura di stare bene? Sei davvero pallida-

-Sto bene, sono solo nausee mattutine. Non sono più mattutine, credo-

-Sei...?-

-Incinta? Si. Fantastico-

La reazione attesa dalla maggior parte delle persone sarebbe stata di gioia. Ma non per me. Ogni volta che sentivo qualcuno dire che era incinta, era un brutta notizia. Capivo.

-Mi dispiace-

-Non ho bisogno della tua pietà- Cominciò a mettersi il mascara- Almeno non indosso un vestito di H&M al più grande evento di beneficenza della stagione autunnale-

Le parole pungevano ed entrambe potevamo dire la stessa cosa. Lei si voltò lentamente, in tono di scusa.

-Scusami-

Respirai profondamente.

-Non ti preoccupare- Improvvisamente mi venne da ridere- Almeno io non sono incinta-

Lei sorrise, rivelando una serie di denti bianchi perfetti e poi rise.

-Mi piaci. Come ti chiami?-

-Margot.Tu?-

-Elizabeth. La gente da dove provengo io mi chiama Liz. Ma la maggior parte delle persone qui, mi chiama Beth-

-Liz-Feci un respiro profondo di sollievo- Sei probabilmente la persona più reale che abbia incontrato in questo evento-

-Sei adorabile-

-Grazie-

Liz guardò la sedia che avevo usato per bloccare la porta e rise.

-Stanca della festa?-

-Potresti dirlo anche tu-

-Con chi sei qui?-

-Ehm....Calum Hood-

I suoi occhi si spalancarono.

-Quindi tu sei la ragazza di cui tutti parlano. Gomma da masticare?- Mi offrì porgendomi il pacchetto.

-Certo- Dissi prendendone una -E tu? Con chi sei qui?-

-Mi piacerebbe dirtelo, ma poi dovrei ucciderti- Lei sorrise e mi venne da ridere. Tutti avevamo dei segreti da proteggere o da nascondere. E per certo anch'io sapevo questa cosa.

-Quando lo hai scoperto?-

-Di essere incinta?-

Annuii.

-La scorsa settimana, probabilmente-

-Il... padre lo sa?-

-No, lui non sa della sua ultima ''botta e via'' ed ho intenzione di mantenere il tutto così-

-Come mai?- Chiesi. Ero certa che lei fosse economicamente stabile per poter mantenere le spese che avrebbe dovuto affrontare con l'arrivo di questo bambino.

Elizabeth si morse l'unghia, ed anche sei lei sembrasse avere la stessa età di Calum c'era qualcosa nel suo sguardo che la rendeva ancora un po' un'adolescente.

Alzò gli occhi.

-Non posso permettermi di trovarmi in quella posizione. Non posso permettermi di essere indipendente- Rise- Sono molto come te, Margot. Vengo dal niente- Parlò e nella sua parlato sentii un debole accento del sud. Come il mio.

-Che intenzioni avrai con questo bambino?-

Elizabeth guardò verso il soffitto per qualche minuto e poi sorrise ironicamente.

-Farò quello che dovrò fare- Una lacrima percorse la sua guancia ma sembrava non curarsene.

Guardare Elizabeth era come guardare uno specchio.

Vidi altre sue lacrime solcarle le guance e prima che lo sapessi, la raggiunsi abbracciandola, lasciando che si sfogasse.

La sua corporatura era tormentata dai singhiozzi ma si compose rapidamente. Tirò su col naso ricomponendosi ancora una volta.

-Scusami-

-Nessun problema-

-Dio, sei così buona e... innocente. Mi ricordi me.- Lei deglutì- Tu non sai nemmeno la metà di quello che c'è in serbo per te se stai in questo mondo, non è vero?- Fece una pausa e poi si tolse in fretta i suoi tacchi - Ecco, prendi queste-

-Che cosa?- Guardai verso i tacchi.

-Trentotto può andare?-

Mi fermai, in soggezione della coincidenza.

-Si, ma... non posso accettare-

Lei mi sorrise.

-Si che puoi e poi ne ho altre venti uguali a casa-

-Davvero, non posso-

-Userò io le tue ballerine. Tu usi le mie...e poi io sono anche incinta. Per favore-

Il suo per favore mi spezzò il cuore. Quindi, senza sapere il perchè lo feci, presi i suoi tacchi e le passai le mie ballerine, prima che mettessi i suoi tacchi.

Lei mi guardò.

-Sei davvero bella- Mi sorrise.

-Grazie-

Elizabeth saltò giù dal piano in marmo ed indossò le mie scarpe, prima di portarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, guardandomi ancora sorridendo.

-Sai Margot, la donna è più vicina ad essere nuda quando è ben vestita-

E prima che potessi replicare, scostò la sedia ed uscii dal bagno.Ormai, un gruppo di persone si era riunito li fuori, chiedendosi chi stesse bloccando la porta del bagno.

Non appena uscì anche Elizabeth, sentii dei sussulti collettivi e dei sussurri.

- Oh mio Dio-

-CEO-

-L'amante-

Guardai Elizabeth che mi sorrise nostalgicamente con una punta di vergogna. E poi mi ripetè le stesse parole che mi ripeté in precedenza camminando verso l'uscita.

-Farò quello che dovrò fare-







 

Space Author

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY.
Come vi sembra il capitolo?
Finalmente Margot e Calum sono usciti insieme e come sempre non sono mancati i giudizi e le male lingue delle persone che appartengono al mondo di Calum. E anche da questa uscita, sembra emergere qualcosa del passato di Calum con la semi chiacchierata con Bryan, dove salta fuori qualcosa.
Inoltre, in questo capitolo appare un'altro personaggio Elizabeth che da come affermato da Margot sembra la persona più vera che abbia mai incontrato da quando si è trasferita a New York. che ve ne pare di questa new entry?
Ad ogni modo, ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI  e RICORDATI.
GRAZIE MILLE.

See ya soon & stay tuned.
Baci Lalluby

 

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Capitolo 36
*** I Want You With Me ***


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'' Everything is grey
His hair, his smoke, his dreams
And now he's so devoid of color
He don't know what it means
 And makes me blue'' 
Colors by Halsey

 




I Want You With Me



 

Quando vidi Calum dall'altra parte della sala da ballo, lui sembrava quasi una statua di marmo. Durante le conversazioni che aveva avuto con gli altri uomini, Calum era un pragmatico e informale uomo d'affari. Ma sotto, c'era qualcosa in lui, qualcosa di palpabile che lo faceva sembrare freddo e distante per tutti, così spietato a ogni bordo.

Mi ricordai quando lo conoscevo a malapena e lui sembrava così insensibile, a sangue freddo e senza cuore. Quella impassibile apatia era ancora lì. Ma in qualche modo, sembrava essere alla base di tutto ciò che potesse contenere al suo interno il lato sensibile. Quel suo lato, lo avevo visto solo in piccoli frammenti. Quando mi ritrovavo nelle sue braccia, quando eravamo seduti in riva al lago con la cassetta d'uva tra di noi e quando gli avevo insegnato a fare i pancakes.

Ma ancora non riuscivo a capire come far emergere ancora di più quel suo lato. Non sapevo nemmeno se sarei mai appartenuta al suo mondo, per cominciare. E non sapevo se gli fossi stata attorno così a lungo per veder emergere quel lato.

Quando mi sedetti accanto a lui, i sussurri delle altre persone erano ancora presenti, ma cercai di ignorarli. Volevo dimenticare questa notte.Volevo tornare a casa.

-Vuole un po' di champagne, Miss?-

Mi voltai ed esaminai per un secondo. Vidi un altro uomo e la sua ragazza avvicinarsi a questo tavolo, probabilmente volendo parlare con Calum. Forse la ragione per cui sto precipitando e ardendo stasera è perchè sono troppo ansiosa. Tutti qui stavano bevendo qualcosa, e senza pensare, annuii e presi il flute di champagne.

Calum non stava guardando, era in piedi e si aggiustava i gemelli della sua camicia.

Anche se io non avevo mai bevuto, volevo disperatamente sentirmi a mio agio. Era solo champagne. Non potevo permettere che il mio passato mi avrebbe giudicato e mi impedisse di sperimentare cose.

Così mi tuffai a capofitto e mandai giù l'intero flute prima di chiederne un'altro. Non era così dolce come pensavo che fosse stato. Ma il gusto dello champagne non era il punto. Il punto era quello di rilassarsi.

Calum mi guardò, come posai il bicchiere ormai vuoto sul tavolo, alzò le sopracciglia e tese la mano mimando silenziosamente - Solo un'altra conversazione -

Annuii, afferrando la sua mano e domandandomi quale fosse il mio scopo questa sera. Ma scacciai via quel pensiero dalla mia mente, forse per merito dello champagne.

Bevvi metà del secondo flute prima di alzarmi, non sentendo quasi più nulla.

-Stai bene?-

Sorrisi, cercando di non farfugliare.

-Si, sto bene-

Sicuramente non era solamente il pianto del bagno.

Calum mi guardò, portò la mia mano vicino alle sue labbra e lasciò un bacio sulle mie nocche.

- Un'altra e poi ce ne andiamo - Disse poi, la sua voce ritornò distante, iniziando a camminare in avanti con me al suo fianco.



* * *



Vidi attraverso la vetrata della hall l'autista di Calum tirare fino al marciapiede e sentii improvvisamente una fitta alla mia testa.

Da un'ultima conversazione eravamo finiti con una seconda e lo champagne non mi aveva fatto pesare la situazione. La prima conversazione che sostenni non era stata così male come le altre, ma comunque imbarazzante. Con la seconda invece, mi ero sentita più a mio agio, più disposta a sorridere ed a prendere parte della conversazione.

Ora invece eravamo solamente io e Calum, però, tutto era stato portato via. La felicità, l'imbarazzo e il panico spariti. Mi sentivo confusa e fuori posto come all'inizio di questa serata.

Forse tutto questo era un segno. Forse avrei dovuto lasciare tutto questo prima che sia troppo tardi.

Non sapevo più a cosa pensare.

-Pronta?-

Annuii e il fattorino dell'hotel aprì la porta in vetro per noi. La raffica di flash mi spaventò un po', non solo perchè le luci, i suoni e le grida erano schiaccianti, ma anche perchè sapevo che domani, tutti avrebbero visto queste foto.

La mano di Calum restò sulla mia schiena guidandomi fino alla macchina e gli ne fui grata. Tutto quello che potei fare fu di guardare il marciapiede.

Scivolai sul sedile in pelle color crema della vettura nera. L'aria di Novembre fece in modo di creare una condensa sul vetro, appannando così i finestrini.

Calum si sedette dall'altra parte ed io stancamente appoggiai la testa contro il finestrino chiudendo gli occhi.

Sentii Calum inspirare e poi espirare. Si spostò, inspirò nuovamente, aprii gli occhi ma non lo guardai.

-Stai bene?-

Guardai fuori dal finestrino. Me lo aveva chiesto un mucchio di volte questa sera.

-Sto bene-

Espirò e poi ci fu un lungo silenzio. Un silenzio che trascinò lo spazio fisico ed emotivo che c'era tra di noi in questa macchina.

I secondi passavano lentamente come la macchina zigzagava tra il traffico di New York . Calum premette il pulsante accanto al suo finestrino e il divisorio in vetro oscurato tra noi e l'autista salì lentamente.

-Margot- respirò - Margot, perchè ti sei chiusa nel bagno?-

Rabbrividii e sentii il mio petto stringersi, il modo in cui lo disse fece sembrare quello feci come qualcosa di infantile.

Continuai a guardare fuori dal finestrino, ma non lui.

-Mi avevi detto che ti stavi divertendo-

Lentamente mi voltai a guardarlo.

-Perchè ti interessa Calum?- La mia voce suonò così rotta.

-Beh, pensavo che ti stessi divertendo. Mi hai detto che ti piaceva la musica e... Poi ho sentito questo, voglio dire - Si affievolì- La gente parla, Margot-

La testa iniziò a farmi male e sentii gli occhi pizzicarmi, cercai di tenere insieme me stessa. In qualche modo quello che mi aveva detto mi face arrabbiare.

-Pensi che non lo sappia?- Risi amaramente scuotendo la testa, sentii una calda lacrima solcarmi la guancia - So che parlano di me. Lo vedo dal modo in cui mi guardano e dal modo in cui mi giudicano -

Calum sospirò.

-Beh, la gente con cui abbiamo parlato...a loro piacevi-

Non sarei mai piaciuta a quella gente se avessero saputo chi realmente fossi. Ogni volta che qualcuno chiedeva la mia condizione sociale familiare, cambiava argomento.

Quasi lo derisi.

- Non fare il finto tonto -

Ci stavamo avvicinando all'edificio in cui abitava Calum, non al campus. Non dissi nulla. Potevo tornare al mio dormitorio da sola , in ogni caso. Non avevo bisogno di altra gente che mi giudicasse perchè fossi arrivata al campus con un auto del genere o con Calum Hood.

- Non capisco perchè tu mi abbia portato, Calum. E' come... da una parte, io fossi uno dei tuoi gioielli più preziosi, ma dall'altra, è come se fossi in imbarazzo a stare al mio fianco -

La macchina rallentò, accostandosi al marciapiede di fronte alla vetrata della hall del suo palazzo. Aprii la sportello, afferrando le cose e uscii sul marciapiede.

- Margot, cazzo, puoi aspettare solo un secondo - Disse rudemente, seguendomi dopo aver lasciato una mancia all'autista.

Lo champagne mi stava facendo girare la testa, ma ora la stava anche ferendo facendo prendere il sopravvento dall'emozioni. Ero ancora un po' brilla e triste, non capendo davvero come mi sentissi.

Anche se non mi piaceva piangere davanti agli altri, solo con Calum succedeva. Mi sentivo così ridicola appena sentii le lacrime solcare le mie guance.

- Margot, parla con me -

Soffocai una risata, più simile ad un singhiozzo.

Calum sospirò e portò le sue mani sulle mie guance, accarezzandomi con i pollici gli zigomi.

- Margot, mi devi lasciar entrare o mi farai diventare un fottuto matto -

Era difficile aprirsi, era davvero difficile.

- Margot. Per favore -

Potevo contare su una mano il numero di volte che Calum mi disse ''per favore'' . Così obbedii ed entrammo nell'edificio dirigendosi verso il suo attico a finire il pasticcio in cui ci stavamo immergendo entrambi a capofitto.



***



Eravamo nel suo attico e dopo aver pensato, riuscii a calmarmi. Ma era così difficile.

Respirai profondamente. Ma senza volerlo cedetti.

Le parole uscirono dalla mia bocca.

-Calum, questa cosa non funzionerà. Non posso farlo-

Sentii l'interno del mio petto crollare, come se tutto dentro mi facesse male.

Lui rimase in silenzio per qualche secondo, rigido e silenzioso come una statua. Si sorresse con le braccia appoggiando le mani sul granito dell'isola e mi guardò con quegli occhi neri, freddi e penetranti.

-Allora hai intenzione di rinunciare?- La sua voce era profonda, arrabbiata e fredda intorno ai bordi.

-Mi dispiace- Soffocai fuori, arretrando all'indietro ed allontanandomi da lui.

-Noi possiamo...-

-No, noi non possiamo- Ero così frustrata e stanca - Lascia che accada, questa cosa non avrebbe mai funzionato, comunque-

-Non dire queste cazzo di cose- Era arrabbiato adesso.

-E ' la verità! Lo sai tu e lo so' anch'io- Alzai lo sguardo fermando le lacrime - Guarda, ti stai liberando di me. Ero la ragazza per questa serata e nessuno parlerà di questo e non potrà mai capire chi fossi veramente. Siamo in grado di finire tutto ciò che è questo prima che vada fuori controllo, minimizzando così i danni. Non devi più vergognarti di me-

-Non me ne frega un cazzo di quello che pensano gli altri. Non mi vergogno di te- Disse.

Ero così frustrata che avrei potuto urlare, adesso.

-Perchè mi vuoi ancora, Calum? Ho sempre sentito parlare delle altre ragazze che uscivano con te e io non capisco. Voglio dire, sono un disastro, non ho un'ottima condizione sociale e non sono nemmeno vicino alla persona con cui tu dovresti stare. Io solo... Perchè me? Perchè ti importa?-

-Non c'è nessun'altra persona con cui vorrei stare se non te. Mi rendi migliore, Margot. E io non capisco come. Ma mi rendi migliore - Prese un respiro - Mi rendi migliore, maledizione, e la cosa mi fa impazzire. Quindi solo...- Fece un passo verso di me.

-Calum, no. Non ti rendo migliore-

-Tu non capisci...-

-No! Perchè mi hai portato all'evento di beneficienza con te, stasera? Per far vedere che fossi il tuo nuovo giochino? E per deridermi come se fossi una cosa da niente? -

-Sai benissimo che non è per questo-

-Allora dimmi perchè-

-Perchè ti voglio con me-

Presi un respiro profondo. Calum camminò verso di me e avvolse le sue forti braccia intorno alla mia vita, avvolgendomi nel suo profumo di acqua di colonia e fumo.

-Ti voglio con me. Ti voglio con me-

Appoggiai la testa contro il suo petto, respirandolo. Io ancora non lo capivo. A volte Calum era tutto ciò di cui avevo bisogno e poi delle volte sapeva essere così freddo e crudele, facendomi sentire come una matta per stare al suo fianco.

Calum era quel libro che avevo voglia di leggere. Ma era un libro in cui le pagine erano con inchiostro offuscato, un libro con bruciature, strappato con pagine mancanti.

Le sue mani arrivarono fino alla mia faccia, posandole sulle mie guance ed asciugando con i pollici la traccia delle mie lacrime. Vedevo la sua mascella ben definita così i suoi zigomi, l'arco definito del suo naso, le labbra rosee e piene, i due nei che gli segnavano la sua guancia, i suoi capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi, le cicatrici quasi andate via delle sue risse. Rigido intorno ai bordi, il dolore e la rabbia che lo attraversavano.

Non capivo come andassimo bene insieme. O del perchè fossi così attratta da lui, camminando verso la fiamma. Perchè, infondo, io ero disposta a stare con lui. Era come trasferirsi in una casa che stava lacerando e bruciando.

-Ti voglio con me - Mormorò profondamente con voce rauca - Resta. Per favore-

Non aveva alcun senso. Ma forse non doveva averne. Così, contro ogni ragione, restai.









 

Space Author

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora che ve ne pare del capitolo?
Da come avrete letto in questo capitolo le cose tra Margot e Calum non sono tutte rose e fiori. Non solo per i loro passati ancora segreti e ma anche per via di tutti i pettegolezzi che nascono nell'elite dell'Upper Side. E quest'ultima discussione salta fuori nel momento in cui Calum chiede delle spiegazioni a Margot.  All'inizio lei non vuole dare nessuna spiegazione a Calum ma nel momento in cui emerge ancora una volta il lato non rude del ragazzo lei cede. 
E dall'ultima parte del capitolo  emergono le paure di Margot dove ammette a Calum che questa cosa di loro due non possa andare a buon fine, ma emerge un Calum differrente.
Ringrazio, come sempre, coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE.
See ya soon & Stay tuned...
Baci Lalluby

 

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Capitolo 37
*** What are we? ***


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What are we?



Calum's P.O.V


Sabato, 9.25 a.m.

Margot fece la sua apparsa scendendo l'ultimo gradino delle scale e camminò verso la sala da pranzo, con addosso una felpa del mio vecchio liceo e un paio di calze grigie. I suoi capelli rossi le incorniciavano il viso, facendo risaltare i suoi occhi verdi.

La mia felpa era quasi qualche taglia in più, ma nonostante ciò le arrivava a metà coscia era innegabilmente provocante, ma in un modo senza pretese. Margot si accorse che la stavo guardando e sorrise, timidamente tirò giù la felpa prima di sedersi sulla sedia difronte a me nel tavolo da pranzo.

Guardò fuori dalle ampie vetrate con vista sulla città che circondavano la sala da pranzo, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e appoggiò i gomiti sul tavolo.

-Hai dormito bene?- Mi chiese.

Raramente riuscivo a dormire sonni tranquilli.

-Si, bene. Tu?-

Lei mi sorrise, annuendo.

-Si-

Mi schiarii la gola.

-Sicura di aver dormito bene? Avevi freddo?-

-No, dormo sempre bene quando vengo qui- Abbassò lo sguardo, sorridendo. Potevo dire che fosse in imbarazzo – E mi dispiace essere sempre qui-

-No -Scossi la testa - Mi piace averti qui-

Ci fu un breve silenzio, ma lo interruppi.

-Sicura di aver dormito bene?-

-Si, Calum- Rise – Ti prometto che ho dormito bene-

-Ok- Presi un sorso di caffè e poi guardai verso di lei- Oh, giusto. Cosa vuoi da mangiare?-

-Fai tu- si morse il labbro inferiore- Ma non crearti problemi-

-Nessun problema. Che cosa vuoi? Cereali? Frutta?- Mi alzai e mi morsi il labbro inferiore per il nervoso. Considerando che avrei fatto qualche cazzata - Ti avrei fatto preparare dei pancakes o qualcosa di simile ma oggi Nilda si è presa il giorno libero-

Lei scosse la testa ardentemente.

-No,sul serio. Non vorrei crearti problemi o niente. La frutta va benissimo -

Camminai verso lo scaffale dei vini della cucina, dirigendomi poi sul lato opposto e raggiunsi il frigo. Fortunatamente quando lo aprii, trovai la macedonia che Nilda aveva preparato ieri sera. Ne presi qualche cucchiaiata, mettendola dentro una ciotola bianca e una forchetta in esso, sperando che fosse ancora buona.

-Vuoi qualcosa da bere?- Chiesi dalla cucina, a voce abbastanza alta in modo che mi potesse sentire.

-Umhh... del succo va bene-

Presi un bicchiere e lasciai la cucina portando il tutto con me. Passai la ciotola con la macedonia a Margot e le posai il bicchiere di fronte. I suoi occhi si illuminarono e mi ringraziò, sistemandosi sulla sedia, sedendosi a gambe incrociate prima di afferrare la forchetta.

-Wow, sembra buona- Disse portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di prendere la forchetta e raccogliendo un pezzo di ananas - Mi piace- alzò lo sguardo e mi sorrise- Questa è guava?-

-Umh, credo di si. Penso che ci sia dell'ananas, guava, fragole e mango-

-E' buona- Mi sorrise, mettendomi fuori ogni volta.

Bevvi un sorso del mio caffè scrutandola da sopra l'orlo della tazza. Non avevo mai avuto modo di stare con lei la mattina dopo. Ogni volta che lei dormiva qua, io non c'ero quasi mai la mattina.

Margot stava mangiando mentre io bevevo il caffè osservandola, ed anche se eravamo in silenzio, questo momento era così perfetto da far male.

Mi faceva male, ogni frammento di quel momento. Margot mi beccò ad osservarla, si morse il labbro inferiore, sorridendo. Nessuno di noi due avrebbe detto nulla, entrambi ci stavamo godendo la mattinata ed era questo il nostro modo di stare seduti uno di fronte all'altro.

Ogni volta che mi guardava, la sua pelle chiara e i suoi occhi verdi che sembravano diventare più luminosi quando il sole li rifletteva, sentivo il mio cuore essere strappato e il petto farmi male. Perchè il suo sorriso era troppo contagioso da poter essere ignorato, ed era troppo bella per esistere e tutto questo era troppo bello per essere vero.

Margot non faceva altro che farmi bene, ma io ero anche il tipo di persona che avrebbe mandato tutto a puttane e lei non meritava tutto questo.

Prese un'altra forchettata dalla sua macedonia e guardò fuori dalla vetrata, e non feci altro che continuare a fissare le sue labbra. Non riuscivo a smettere di guardarla e ogni singolo sguardo lo sentivo come un passo verso la fine, quando lei sarebbe stata strappata via da me.

Margot era entrata nella mia vita come un colpo di fortuna, un evento casuale, qualcosa fuori dal mio controllo e sapevo che lei mi avrebbe lasciato in questo modo.

Bevvi un sorso dal mio caffè e lei andò verso la grande vetrata, appoggiandosi contro vetro e ammirando il panorama della città sottostante alla vetrata. Gli alberi colorati di arancione e rosso, la vivace città che conoscevo fin troppo bene.

-Non è bellissimo?- Chiese

Non stavo nemmeno guardano la vetrata, i miei occhi erano solo su di lei.

-Si lo è-

E poi i miei pensieri vennero interrotti dal suono metallico del mio cellulare che segnava un messaggio.

Da: Michael

Ti stai godendo il tuo week-end da una botta e via?

Compiaciuto pezzo di merda. Scossi la testa, quasi ridendo e rapidamente gli risposi scrivendo un '' vaffanculo '' prima di bloccare il mio telefono.

-Che cos'era?- Margot chiese.

Rimisi il cellulare nella tasca dei miei pantaloni della tutta grigia.

-Niente-

Mi alzai e andai verso la vetrata, avvolgendo le mie braccia intorno alla sua vita da dietro.

-Cosa ti piacerebbe fare oggi?-

Sospirò prima di canticchiare pensierosa.

-Nulla-

Sentii il suo corpo contro il mio e immediatamente pensai che c'era sempre stato qualcosa di autodistruttivo in me, forse che distruggeva anche tutte le persone che mi stavano attorno. E quando l'avevo vista la prima volta avevo voluto che mi stesse lontano, e ancora adesso lo facevo. Ma più cercavo di allontanare Margot, più fallivo.

Così mi chinai e bacia la parte superiore dei suoi capelli.
-Allora completiamo questo nulla insieme-



* * *

 

Margot's P.O.V

 

 

Calum ed io eravamo entrambi sdraiati nel suo letto in direzioni opposte, leggendo.

Tenevo una matita nella mano, pronta ad annotare o sottolineare qualche passo importante. Per Scienze Umanistiche, leggevamo quasi un libro ogni settimana, anche se era drenante mantenere questo ritmo di lettura, ma non mi dispiaceva. Avevamo iniziato con i grandi classici della letteratura greca e ora eravamo a quella latina. Dopo la lettura dell'Inferno di Dante di qualche settimana fa, il professore aveva deciso di tornare indietro e farci leggere alcuni libri della letteratura latina, solamente per guadagnare più basi culturali. E successivamente, avremmo affrontato la letteratura moderna.

Afferrai la mia penna per sottolineare una frase particolare e notai quanto fosse bello Calum dall'altra parte del letto: i suoi capelli scuri disordinati, i suoi zigomi definiti mentre il suo sguardo era attento alle lettura che stava facendo.

Non era la prima volta che dormivo nella stanza di Calum. Ma anche se avevo familiarità con l'ambiente spazioso della sua stanza circondata da grandi vetrate e composto da lenzuola bianche, comodini in legno e una libreria piena di foto e libri, vedere qui Calum dava un'aspetto diverso. Mi sedetti e lo guardai, era seduto appoggiato contro la testiera del letto che leggeva attentamente.

Aveva una penna tra le mani e non potei fare a meno di sorridere quando vidi quello che stava leggendo: Il Cardellino. Qualche settimana fa', gli avevo detto con disinvoltura che avevo finito di leggere quel libro e mi era piaciuto moltissimo.

Vedendo poi la sua biblioteca, sapevo che era un topo di biblioteca, ma adesso potevo averne conferma.

Stuzzicandolo, scivolai verso l'altra estremità del letto.

-Cosa leggi?- Chiesi innocentemente, prima di fare un sorrisetto e strappando il libro dall sue mani. Guardai la copertina e vidi gli appunti presi sulla pagina con la sua calligrafia disordinata, prima che si riprendesse il libro.

-Il Cardellino...-Riflettei ad alta voce- Sai, ricordo di aver detto a questo ragazzo moro che anch'io lo stavo leggendo. Ma non pensavo che gli importasse veramente...-

Calum sorrise e si passò una mano tra i capelli scuri scompigliandoli maggiormente, prima di mettere il libro sotto il cuscino dietro di lui. Tuttavia, poteva essere più forte di me, ma io fui più veloce. Mi avvicinai maggiormente a lui allungando le braccia per poi afferrare il libro, tenendolo poi dietro la mia schiena.

-Qualcosa da nascondere?- Chiesi sorridendo e mi chiesi che cosa avesse appuntato sulle pagine.

I raggi del sole riflettevano sull'adesivo Premio Pulitzer e, dopo un paio di tentativi da parte di Calum per riprendersi il libro, ci rinunciò sbuffando per poi sorridere.

Lentamente, aprii il libro fino ad arrivare alla pagina che stava leggendo, ignorando le sue proteste, il mio sguardo andò a finire sulla sottolineatura che aveva fatto.

''Certe volte vogliamo ciò che vogliamo sebbene sappiamo che sta per ucciderci.'''

Ma quando vidi la piccola nota che fece al margine, alzai lo sguardo verso di lui, per poi riportarlo su quella nota tracciando il dito sulle lettere prima di guardarlo nuovamente.

-Perchè hai scritto ''Margot'' accanto a quella frase?-

Calum guardò le sue mani, ancora segnate e coperte da tagli alle nocche. Il ricordo di quello che lui aveva fatto per me.

-Calum, perchè hai scritto il mio nome accanto a quella frase?-

Prese un respiro e poi mi guardò.

-Perchè mi ha fatto pensare a te-

E in quel secondo capii. Capii e diventai iper-consapevole di dov'ero, non ero solamente in questa stanza, ero dentro a questo mondo. Ero la ragazza che si era trasferita in questa grande città su un pianeta in rapida rotazione, che girava intorno al Sole, che faceva parte di un piccolo sistema solare all'interno nella confusione caotica delle galassie, delle stelle e della materia oscura.

Ero semplicemente una ragazza in una grande città e leggendo il mio nome su quelle pagine di quel libro che entrambi avevamo letto, pensai immediatamente al mio passato e al mio presente, sentendo una fitta al cuore.

-Cosa c'è che non va?- Mi chiese Calum con voce roca, appoggiando la sua mano contro la mia guancia.

Chiusi gli occhi e scossi la testa.

-Niente-

Quando aprii nuovamente gli occhi, vidi Calum guardarmi intensamente, cercando di trovare qualche risposta.Alcuni frammenti di verità che tenevo nascosti.

-Non c'è niente di sbagliato- Presi un respiro profondo e sorrisi, tinto ai lati con la tristezza. Abbassai lo sguardo, leggendo nuovamente la frase e poi il mio nome - Niente solo... solo baciami-

Dopo un attimo di esitazione mi ritrovai a cavallo sul suo grembo e mi baciò. Tutto sembrò rimmettersi a posto. Cominciò ad allontanarsi indeciso, ma lo fermai tenendolo vicino mentre le mie mani raggiunsero il suo viso e delicatamente strofinai i miei pollici contro la sua mascella, assaporando le sue labbra contro le mie.

Il mio corpo era contro il suo, cercando di essere maggiormente più vicina a lui, cercando di adattare me stessa contro di lui. Era così spietato intorno i bordi, ma sentivo come se lui fosse tutto ciò di cui avevo bisogno e non volevo che questo momento si arrestasse.

Sospirai e Calum approfondì il bacio, portando le sue mani sulle mie guance prima di spostare una verso il basso, facendola scorrere lunga la mia schiena e spingendomi maggiormente contro di sé.

Mi allontanai da lui per poter respirare, e poi subito dopo come un viaggio di ritorno, Calum mi baciò nuovamente.




 

Calum's P.O.V

 

Tutto quello che sapevo era che le labbra di Margot sapevano di frutta. Come ogni cosa dolce che potesse mai esistere. Il libro aveva ragione, Margot sarebbe stata la mia morte, ma non riuscivo averne abbastanza.

Allontanai le mie labbra dalle sue, spostandole sul suo collo e sentii il modo in cui lei rispondeva al mio tocco, sciogliendosi come zucchero.

Le mie labbra raggiunsero l'incavo del suo collo, e poi la sua clavicola e lei sussurrò il mio nome.

-Non voglio che questo finisca- Disse, strattonando così il mio cuore e facendolo svoltare nel mio petto.

Le sue mani erano fredde, ma la sue pelle era così calda e così profumata e non riuscivo nemmeno io a capire come una persona potesse farmi impazzire così.

Margot era come quell'aria tarda primaverile nel mese di metà Maggio. E non riuscivo ancora a capire cosa mi stesse facendo, strascicai le mie mani portandole lungo la parte superiore delle sue cosce, sfiorandole delicatamente l'osso delle anche prima di passare alla vita. Margot gemette ma coprii la sua voce facendo scontrare nuovamente le mie labbra contro le sue, assaggiando ogni po' di lei.

Mi faceva sentire come se lei fosse stata la migliore cosa che mi fosse capitata e io avevo bisogno di lei.

-Toglila- Borbottai contro le sue labbra, ero impaziente, ma non mi interessava.

Raggiunsi i lembi della mia felpa che stava indossando e le la sollevai, guardandola come fosse splendida nella mia felpa e un disperato bisogno di sentire la sua pelle contro la mia. Per poi baciarle avidamente le labbra.

-Cazzo, ho bisogno di te- Mormorai contro le sue labbra, molto probabilmente un po' rudemente. Tirando giù le spalline del sue reggiseno e slacciandolo, successivamente.

La tirai verso di me, baciandola, prendendo tra i denti il suo labbro inferiore, tirandolo leggermente e afferrando la sua vita come se fosse l'unica cosa che mi tenesse ancorato in questo mondo.

Margot si lasciò sfuggire un gemito quando feci scontrare i miei fianchi contro i suoi, lasciai dei baci lungo il suo collo. Era difficile da credere che prima stavamo solamente leggendo nel mio letto, mentre adesso lei si trovava tra le mie braccia, gemendo a ogni mio tocco.

Oltre a quella volta sul mio divano, sapevo che non aveva mia fatto nulla di simile prima, quindi sapevo che dovevo stare attento. Ma Margot era così inebriante e le mie mani era come se sentissero il bisogno di esplorare ogni centimetro della sua pelle , ed era anche difficile perdersi in tutto ciò che Margot mi faceva provare anche solamente standomi accanto.

Trascinai le mie labbra lungo il suo collo, baciando poi la sua clavicola, la sua spalla e ritornando infine sulle sue labbra mentre muovevo le mie mani fino a dove la sua pelle liscia incontrava l'elastico dei suoi slip.

La sollevai, facendola mettere in ginocchio, ancora a cavallo tra il mio grembo e raggiunsi con la mano la parte inferiore dei suoi slip. Gemette quando sentii quanto fosse bagnata, non potendo fare a meno di sentirmi teso contro i mie boxer.

Approfondii il bacio e andai un po' più lontano, sfregando il mio pollice contro il suo clitoride e lei gemette, facendomi quasi sorridere come facilmente potesse esaurirsi.

Ma proprio mentre stavo per andare un po' oltre, scosse la testa e allontanò le sue labbra dalle mie.

-Cosa c'è che non va? Vuoi che mi fermi?-

Si morse il labbro e mi guardò timidamente.

-Beh, è solo che... voglio ricambiare- Disse sedendosi contro i miei boxer.

-Merda -Borbottai e Margot sgranò gli occhi quando sentii l'erezione sotto di se.

-Oh mio Dio, scusami-

Risi, giocando con le cuciture dei suoi slip prima di baciare leggermente la sua spalla.

-Sai, la maggior parte delle ragazze non avrebbe nemmeno chiesto scusa-

Lei sorrise timidamente per poi toccarmi attraverso i boxer con il palmo della sua mano. Insicura, mi guardò timidamente.

-Davvero però, voglio ricambiare. Che cosa, umh, che cosa vuoi che faccia?-

Sorrisi.

-Beh, ci sono un sacco di cose che mi piacerebbe che tu faccia  e ci sono un sacco di cose che mi piacerebbe farti, ma..-

Margot rise, zittendomi poi con un bacio.

Ridemmo e poi lentamente cadde il silenzio. Prese un respiro profondo, guardandomi negli occhi.

-Non ho mai fatto nulla di tutto questo prima- Disse piano.

Presi un respiro. Poi la baciai rassicurandola.

-Lo so- Mi sedetti e portai la mia mano sulla sua guancia, accarezzando con il pollice il suo zigomo – Una cosa alla volta, va bene?-

Lei annuì e poi le dissi cosa avrebbe dovuto fare, notando come i suoi occhi assunsero una tonalità di verde più chiaro.

Lentamente un po' nervosamente, tirò giù i miei boxer e avvolse la sua mano intorno a me. Come le dissi, sputò nella sua mano e delicatamente, fece scivolare la sua mano su e giù, mordendosi il labbro.

Margot mi guardò, mentre la sua mano si muoveva.

-Così va bene?- Chiese innocentemente.

Annuii e la baciai in risposta, ma quando sfiorò con il pollice sopra la punta, non potei fare a meno di approfondire il bacio, gemendo.

-Ho fatto qualcosa di male?- Chiese, togliendo la mano.

Risi e la tirai più vicino a me.

-No, andava bene-

Margot avvolse nuovamente la sua mano intorno a me, muovendola su e giù. Normalmente, ritenevo che le seghe erano da adolescenti, ma con Margot era diverso. Era qualcosa di più profondo e personale.

La baciai di nuovo prima di prenderle il viso tra le mani, le mie dita erano sulle sue guance mentre il mio pollice destro tracciava le sue labbra. Le sue labbra rosa erano gonfie e morbide ma come feci per togliere il pollice dal suo labbro inferiore, lei lo catturò tra le sue labbra.

Provai a spostare la mia mano, ma Margot mantenne tra le sue labbra il mio pollice, mentre la sua mano si muoveva ancora contro di me.

Era stato un gesto inaspettato e mi piaceva. Sembrava così innocente,dolce e bellissima, ma allo stesso tempo, così sporca.

Vedendola così, mi fece pensare a tutte le cose che avrei voluto farle. Volevo prenderla lentamente, ma allo stesso tempo, non potevo fare a meno di pensare a tutti i modi in cui la volessi.

Non aveva idea dell'effetto che lei aveva su di me, e vederla in questo modo faceva aumentare il mio desiderio. Vederla in questo modo faceva salire il mio desiderio di prenderla da dietro e di sentirla gemere il mio nome.

Ero così vicino, mentre un gemito roco di piacere lasciò le mie labbra e Margot accelerò il movimento con la mano contro di me. Mentre mi avvicinavo al limite, la tirai più vicino a me formando a malapena uno spazio tra di noi. Tolsi il mio pollice dalle sue labbra in modo da poter strascicare le mie mani contro la sua pelle. Mi sentivo così bene, meglio di quanto mi sia sentito con le altre ragazze e incominciai a perdere il controllo, morsi e succhiai la pelle del suo collo.

Margot gemette  e all'improvviso, venni spinto oltre il limite, rilasciando tutto sopra la sua mano e gemendo contro il suo collo.

Margot boccheggiò sorpresa ed io strinsi tra le mani le lenzuola bianche accanto a me, rabbrividendo prima di espirare profondamente.

-Tesoro- Gemetti raucamente come mi calmai, abbracciandola come iniziai a baciare la pelle della sua spalla.

Lentamente, aprii nuovamente gli occhi ed espirai contro la sua pelle.

-Calum, io...- Iniziò timidamente.

La fermai baciandola dolcemente.

-Andava bene- Dissi baciandole la guancia arrossata- Ok?-

Timidamente, lei annuì e sorrisi guardandola.

-Ti prendo un asciugamano- Dissi, baciando ancora una volta le sue labbra prima di alzarmi e camminare verso il bagno.

Quando tornai con un asciugamano umido, il volto di Margot era radioso. Amavo il modo in cui si presentava. La testimonianza del mio orgasmo era ancora sulla sua mano e c'era dell'altro po' sul suo basso ventre e cosce.

Segretamente, non potei fare a meno di amare come sembrasse su di lei. Era così primordiale, come un segno.

Asciugai il tutto prima di baciare dolcemente il palmo della sua mano, poi la sua fronte e poi le sue labbra. Margot sorrise chiudendo gli occhi e tenendoli ancora chiusi dopo il bacio.

 



Margot's P.O.V
 

-Cosa c'è che non va?- Calum mi chiese, guardandomi, cercando il mio sguardo.

Aprii gli occhi e sorrisi, scuotendo la testa.

-Niente-

-Ti sei pen...-

Risi.

-No, no- Dissi poi mordendomi l'interno del labbro inferiore, imbarazzata– E' stato davvero...- Mi affievolì, sorridente- No, questo no-

-Allora cosa c'è che non va?- Calum posò il suo pollice sotto il mio mento, facendomi così guardare verso di lui - Mi devi lasciar entrare qualche volta, va bene?-

Era difficile. Ma dovevo farlo perchè era giusto, dovevo aprirmi con lui . Inspirai. Espirai.

-E' solo... ci stiamo prendendo in giro? Voglio dire, che cosa siamo?-

Calum rimase in silenzio e sentii il mio cuore in gola. Poi, prese un respiro profondo prima di prendere il mio viso tra le sue mani.

-Sono tuo- Disse raucamente – Sono tuo, se mi vuoi ancora-

Presi un respiro e lo guardai negli occhi.

Io non ero sicura di come tutto questo era accaduto e come avrebbe dovuto avere senso. Non riuscivo ancora a capire i come e i perchè, non ero in grado ancora di capire chi fosse Calum. E questo era contro ogni ragione, eravamo entrambi consapevoli.

-Va bene-

E sapevo che questo sarebbe stato soltanto l'inizio.





 

Space Author

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Cosa ve e pare del capitolo?
Oltre ad aver strutturato il capitolo in vari POV's, accadono una serie di fatti.
La prima è quella dove sappiamo qualcosina in più su Calum e dei pensieri che gli passano per la testa, dato che fino adesso è stato un mistero. E poi salta fuori un'altro aspetto di Calum, ovvero più chiuso in se stesso nel momento in cui Margot gli chiede il perchè abbia messo il suo nome accanto a quella frase. 
Mentre il resto del capitolo parla da solo.
Ad ogni modo, ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE.

See ya soon & stay tuned,
Baci Lalluby

 

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Capitolo 38
*** I Want You. Margot ***


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I Want You. Margot


Calum's P.O.V

 

Mi svegliai quando sentii le punte delle dita di Margot tracciare la mia mascella. Attraverso le tende chiuse, potevo vedere che il cielo fuori era di un grigio intenso. Le tende scure non lasciavano filtrare molta luce, ma la lampada sul comò illuminava debolmente la stanza. 

Passarono un paio di minuti prima che mi svegliassi completamente per portare via quella nebbia di pensieri nella mia testa creati dal sonno. Sollevai la testa per vedere Margot a cavallo tra il mio corpo, tracciando con le sue dita i miei tatuaggi sulle clavicole.

Sorrisi intontito e la mia voce uscì roca per via del sonno.

-Potrei abituarmi a questo, lo sai- Dissi, Margot sorrise affondando il suo viso nell'incavo del mio collo.

-'Giorno dormiglione- Disse. E improvvisamente mi sentii dentro in un sogno.

I suoi capelli ramati erano raccolti in una coda disordinata, mentre alcune ciocche le incorniciavano il viso. Indossando ancora la mia felpa come questa mattina. Guardai l'orologio, erano le quattro e mezza.

-Come mi sono addormentato?-

Margot sorrise di nuovo e saltò fuori dal letto per aprire le tende, lasciando entrare la luce argentea di un giorno piovoso di Novembre. 

-Sono andata a fare la doccia dopo che...beh- Sorrise timidamente - E quando sono uscita, ti ho trovato addormentato con il tuo libro sopra il petto-

Devo aver dormito per almeno tre ore.

Improvvisamente sentii aleggiare un debole profumo di cibo cucinato.

-Hai cucinato qualcosa?-

Margot sorrise e tornò a letto, sedendosi a cavalcioni sulla mia vita come mi sollevai appoggiando la mia schiena contro la testata del letto.

-Sì, ed è quasi pronto- Disse, mentre i suoi occhi verdi si illuminarono per poi baciarmi.

Non l'avevo mai vista così felice e nella luce soffusa della stanza, sembrava così bella da far male.

-Come mai sei così sorridente?- Le chiesi.

Margot si chinò in avanti, le sue labbra erano ad un centimetro di distanza dal mio orecchio, sentendo il suo respiro caldo accarezzarmi il collo.

-Sei adorabile quando sei addormentato- Sussurrò, ridacchiando come finì la frase.

Poi si ritirò indietro, ancora seduta a cavalcioni su di me.

Divertito, ribattei.

-Ah, così tu pensi che io sia adorabile?-

Lei sorrise.

-Mmmh...- Iniziando ad armeggiare innocentemente con il colletto della mia camicia - Ed è divertente, perchè quando sei sveglio, sopratutto quando ti ho incontrato la prima volta e quando ti vedo in giro con le altre persone, sei così misterioso ed intimidatorio, così spietato intorno ai bordi-

Ma non riuscivo a togliere via dalla mia mente le sensazioni che mi faceva provare solo toccandole la pelle. Il modo in cui mi sentivo a tracciare con le mie dita la sua schiena nuda, il modo in cui gemeva quando le mie labbra sfioravano il suo collo o quando sfioravo le sue clavicole.

Languidamente, alzai la felpa per rivelare il suo reggiseno nero che contrastava perfettamente contro la sua pelle chiara.

-Calum- Rise, ma riuscii a zittirla facendo scontrare le nostre labbra. La volevo. Adesso.

Margot ricambiò, spingendosi maggiormente contro di me e facendo scontrare i nostri petti mentre continuavamo a baciarci.

Lentamente tirai giù le spalline del suo reggiseno mentre le nostre bocce erano ancora unite, allontanandomi per ammirare ogni centimetro della sua pelle.

Ma prima che lo facessi, Margot si coprì nervosamente dopo che il suo reggiseno cadde giù. Scossi la testa e poi la baciai di nuovo, sussurrando -Non ti preoccupare-  contro le sue labbra mentre lei abbassò le braccia lungo i fianchi. Cautamente, feci scivolare una mano sul suo fianco e l'altra sulla sua schiena, attirandola contro il mio corpo. Mentre ci baciavamo, sentii solo per un istante i suoi seni morbidi contro la mia camicia prima che inarcasse il suo corpo contro di me.

Approfondii il bacio come abbassai le mie mani dalla sua vita facendole scivolare lungo i suoi fianchi per poi afferrare la parte posteriore delle sue cosce.

-Dannazione- Gemetti, non in grado di avere abbastanza di lei ed ogni curva del suo corpo. Margot rise contro la mia bocca ed io invertii le posizioni, ritrovandomi sopra di lei e posizionando il mio corpo sopra i suoi fianchi. Diventò, per me, sempre più difficile contenermi come lei inarcò la sua schiena verso l'alto in modo che potei sganciare il reggiseno, gettandolo sul letto.

Quando mi ritrassi indietro, ancora a cavalcioni su di lei, ammirai i suoi seni. Mentre Margot si coprì il volto con le mani, arrossendo.

-Che c'è?- Sorrisi osservandola.

-E' imbarazzante...?- Si scoprì il viso e non potei fare a meno di ridere, chinandomi in avanti e baciando velocemente le sue labbra sorridenti. Dopo averla baciata, anche se sorrideva ancora, potevo dire che era nervosa quasi come sei lei fosse diffidente che la rifiutassi.

Il mio sguardo scivolò verso il basso per i suoi seni. Erano morbidi, pieni e si inserivano perfettamente nelle mie mani.

-Calum io..- Mormorò a bassa voce.  Sembrava così giovane e innocente e non potei fare a meno di sorridere.

-Siamo solo io e te, va bene?- Mi chinai verso il basso, lasciando un bacio sulla parte superiore del suo petto, prima di lasciare una scia di baci lungo la sua valle tra i due seni.

Feci scontrare nuovamente le nostre labbra, mettendo a tacere qualsiasi sua protesta e la sentii lentamente sciogliersi contro di me, inarcando la schiena e annullando ogni spazio tra di noi. Sentii i suoi capezzoli indurirsi contro la mia camicia e vedendola in questo modo, sotto di me, era abbastanza da farmi perdere il controllo.

Con solo due strati di vestiti che ci separavano, strusciai il mio bacino contro il suo, sentendo i suoi gemiti delicati contro la mia bocca come premetti la mia erezione contro di lei. Margot era ancora un'adolescente, ma io non lo ero, ed era folle pensare che stavamo facendo cose da adolescenti.

Non volevo affrettare le cose per il bene di Margot, ma vederla così, era difficile non poter immaginare come avesse gemuto il mio nome se si fosse trovata sopra di me, prendendo il tutto e per tutto. Inconsciamente, incominciai a tirare giù gli slip di Margot, ma mi fermai. 

Invece, premetti di più me stesso contro di lei, baciandola avidamente e mordendole il labbro inferiore quel tanto che bastava per farla sussultare e farle inarcare i fianchi verso i miei.

Ero teso contro i miei boxer e lei lo percepì. Ma ancora dovevo trattenermi. Raggiunsi i suoi slip, facendo poi scivolare la mano dentro, sentendo quanto fosse bagnata e sfregando il pollice contro il suo clitoride, facendole inarcare la schiena. Quando ripetei il gesto per la seconda volta, ansimò contro la mia bocca, quasi piagnucolando.

Anche con un solo dito dentro di lei , era così stretta e mi stava facendo impazzire.

Sfregai il mio pollice contro il suo clitoride, Margot gemette ed inarcò la schiena contro di me, volendo di più. Deglutii ogni gemito che tentava di scappare dalla mia bocca e mi spostai in modo da poter ottenere un migliore accesso, sdraiato accanto a lei e allargandole le gambe facendole divaricare.

Sembrava così sporca, ma era innocentemente bellissima in questo modo. Lentamente, aumentai l'intensità, i miei movimenti diventarono più veloci e grezzi fino a quando lei non gemette il mio nome contro le mie labbra, arricciò le dita dei piedi e piegò le gambe  in modo che le sue cosce fossero intorno alla mia mano.

La sentii pulsare attorno al mio dito mentre venne inarcando la schiena e la baciai,  mantenendo il mio dito dentro di lei come appoggiò nuovamente la schiena contro il materasso rilassandosi.

Dopo un po', aprì nuovamente gli occhi e la baciai prima di togliere la mia mano dai suoi slip.

Le sue dita mi tolsero via alcune ciocche more che mi ricadevano avanti. Portai la mia attenzione al viso di Margot. Mi guardava molto più rilassata rispetto a prima e mi diede  gioia vedere che non aveva più quel dolore che perseguitava i suoi occhi . Successivamente le sue dita percorsero i miei lineamenti dalla fronte alla guancia, posai leggermente la mia testa sulla sua mano e chiusi gli occhi.

Improvvisamente me la ritrovai a cavalcioni sulla mia vita, chinandosi e facendo scontrare le nostre labbra. Questa volta ero ancora più vicino al limite, afferrai i suoi fianchi, probabilmente più rudemente di quanto avrei dovuto, e incominciai a farli muovere contro di me con solo due strati di indumenti tra di noi.

Non ci volle molto tempo prima che facessi un casino nei miei boxer, stringendola e gemendo raucamente contro le sue labbra.

-Cazzo, tesoro- Dissi, come mi calmai, tracciando la sua schiena nuda con il dito e giocando poi con l'orlo dei suoi slip. 

Margot nascose la testa nell'incavo del mio collo, lasciando poi un bacio sulla mascella.

Mi sdraiai nuovamente, stordito, mentre il suo respiro caldo accarezzava la mia pelle.

-Dannazione- Non potei fare a meno di stringerla maggiormente, baciandole la fronte come ricompensa, praticamente.

-Da quando la brava ragazza è diventata cattiva?- Dissi, trascinando le mie mani verso il basso, dal suo costato fino ai fianchi.

-Da quando sono con te-

 

 

* * *

 

 


Feci una doccia veloce , impiegandoci solamente tre minuti, solo per sciacquare via il sudore e mi cambiai con una nuova t-shirt e dei pantaloncini da basket.

Margot uscì dal bagno, i suoi capelli erano ancora umidi raccolti in una coda disordinata proprio come oggi, iniziando a cercare con lo sguardo la mia felpa che aveva indossato prima. Come allungò il braccio per afferrarla, la tirai sul letto così che fosse a cavalcioni sulla mia vita.

Ero stato con un sacco di ragazze prima, ma c'era qualcosa in Margot che mi faceva impazzire. Non avevamo mai scopato prima, ma quelle piccole cose che avevamo fatto erano abbastanza per farmi volere sempre di più.

Non riuscivo a toglierle le mani di dosso o i vestiti su, lei rise contro le mie labbra quando la baciai e strascicai le mie mani dalla sua schiena nuda fino ad arrivare all'orlo dei suoi slip.

-Calum- Gemette- Ho appena fatto la doccia- Raggiungendo la felpa che era sul letto, ma io ero più forte e più grande di lei, la trattenni.

Lei rise di nuovo e si sciolse contro di me mentre mi chinai la testa verso il basso premendo le mie labbra sotto il suo orecchio.

-Calum- Gemette.

-Margot- Mi venne da ridere.

-Non possiamo, mi metterai nei guai- Disse tra un gemito e una risata -Stavo cucinando e ho dei saggi da finire-

Premetti un rapido bacio contro la sua spalla.

-Va bene- Dissi lasciandola andare.

Raggiunse nuovamente la felpa, pronta ad afferrarla ma parlai fermandola.

-No, siamo solo noi e mi piaci così, toglila per un po'-

Margot sospirò e scosse la testa.

-Sto incominciando a pensare che non hai intenzione di farmi vestire di nuovo-  Disse ridacchiando, alzandosi  poi dal letto e porgendomi una mano - Andiamo, ho preparato qualcosa-

Afferrai la mano, passando il pollice sopra le sue nocche per poi lasciare la mia stanza insieme e camminare lungo il corridoio.

Margot girò l'angolo della cucina e sollevò il coperchio della pentola per verificare il contenuto, prima di accendere nuovamente il fuoco.

-Quando mi sono svegliata, stavo progettando per noi di mangiare subito...ma- Si fermò, mentre il suo accento veniva marcato sulle parole ogni volta che rideva.

Avvolsi le braccia attorno alla vita di Margot.

-Che cosa hai preparato?-

- French toast, come li fa' mia madre- Disse, rivelando un piccolo frammento di informazione sulla sua vita a casa che raramente ne sentivi arrivar parlare - E poi ho scaldato gli avanzi di salmone-

-Oh si, Nilda lo ha comprato da Dean and DeLuca-

-Ooh, ragazzo ricco- Mi prese in giro.

-Guarda che...- Alzai gli occhi.

Margot alzò il sopracciglio e mi guardò per un secondo, notai che faceva quell'espressione quando sospettava di qualche stronzata.

-Ok, va bene. Forse è un supermercato di lusso- Dissi e lei rise, afferrando un piatto e porgendomelo.

Presi una forchetta prendendomi una porzione di salmone e afferrando qualche toast, di tanto in tanto dando qualche occhiata verso Margot.

-Andiamo a mangiare in camera da letto?- Suggerii, ma Margot scosse la testa mentre nei suoi occhi si posò un velo di tristezza.

-No, mangiare nel letto mi fa sentire come se fossi in ospedale- Si accorse  che la guardai preoccupato e titubò - Ma hai ragione la sala da pranzo è troppo formale-

-Possiamo mangiare sul pavimento del salotto?-

Lei sorrise.

-Si, va bene-

Posammo i nostri piatti sul tavolino da caffè del salotto e accesi il finto camino per rendere la stanza più calda.

Margot si sedette a gambe incrociate di fronte a me, ma sapevo che sentiva freddo, così gli feci un gesto di sedersi accanto a me.

-Mmmh?- Chiese non comprendendo il gesto. Così presi il suo piatto che teneva nella mani e la tirai verso di me, facendola sedere tra le mie gambe mentre la sua schiena era appoggiata contro il mio petto.

-Ecco-

Margot sorrise e mangiò in silenzio. Quando mi complimentai con lei per i toast, mi sorrise malinconicamente, dicendo che era merito di sua madre. Volevo chiederle qualcosa in più sulla sua vita, ma non lo feci. Quel giorno era troppo perfetto per essere rovinato.

Quando finì, avvolsi le mie braccia attorno a lei e afferrai una coperta quando vidi dei brividi formarsi sulla pelle delle sue braccia nude.

Rimanemmo in un comodo silenzio per alcuni secondi, finchè Margot si voltò verso di me.

-Allora, hai qualche talento nascosto?-

-Che cosa?-

-Talento nascosto, hobby?- Chiese, appoggiandosi contro il mio petto - Beh, voglio dire, non siamo mai andati ad un appuntamento, quindi non abbiamo mai fatto due chiacchiere e mi sento come se non sapessi nulla su di te - Si spostò - Beh, a parte il fatto che sei molto ricco, sei figlio unico e ti piace l'uva-

Feci un sorrisetto, evitando la domanda

-Onestamente, hai praticamente coperto tutte le basi- Margot sorrise - Qual è il tuo talento nascosto? Oltre ad essere in grado di farmi venire-

Margot si voltò e mi schiaffeggiò il petto, ridendo.

-...Smettila-

-Ti mostro il mio se tu mi mostri il tuo- Dissi scherzosamente, come se fossimo due bambini al parco o nel cortile della scuola.

Margot ridacchiò.

-Beh... ehm... So' tutti i presidenti degli Stati Uniti?-

-No, merda-

Margot rise.

-No, merda-

-Non ci credo-

-Davvero, li so'-

-Mostramelo. Tutti i quaranta-quattro presidenti degli Stati Uniti, vai-

Margot sorrise e poi iniziò -George Washington, John Adams, Thomas Jefferson, James Madison, James Monroe, John Quincy Adams, Andrew Jackson, Martin Van Buren, William Henry Harrison, John Tyler, James K. Polk, Zachary Taylor, Millard Fillmore, Franklin Pierce, James Buchanan, Abraham Lincoln, Andrew Johnson, Ulysses S. Grant, Rutherford B. Hayes, James A. Garfield, Chester Arthur, Grover Cleveland, Benjamin Harrison, Grover Cleveland again, William McKinley, Theodore Roosevelt, William Howard Taft, Woodrow Wilson, Warren G. Harding, Calvin Coolidge, Herbert Hoover, Franklin D. Roosevelt, Harry S. Truman, Dwight D. Eisenhower, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, Richard Nixon, Gerald Ford, Jimmy Carter, Ronald Reagan, George Bush, Bill Clinton, George W. Bush, Barack Obama-  Entro la fine stava ridendo, mentre le sue guance si cominciarono a sfumare leggermente.

Mi fermai per un secondo, ammirando quando fosse bella. Poi, scherzando, roteai gli occhi.

-Secchiona-

Arricciò il naso e rise di più, poi bevve un sorso d'acqua.

-E' il tuo turno-

-Il mio turno?-

-Si. Il tuo talento nascosto, forza-

-Hmmm, bene- Riflettei a voce alta -Vieni qui-

Feci voltare Margot così che mi fosse a cavalcioni di nuovo sulla mia vita.

-Posso fare questo- Dissi lasciando un bacio sulla sua clavicola e lei alzò gli occhi - E questo- Dissi premendo un bacio sotto l'attaccatura dell'orecchio, rise e si sciolse contro di me -E questo- Finalmente dissi baciando le sue labbra e approfondendo il bacio, portando le mie mani sulle sue guance per poi farle scivolare verso il basso, tirando giù le spalline del suo reggiseno.

Mi misi a spostare i piatti sul pavimento e la feci sdraiare sul pavimento ricoperto dalla coperta, ma poi improvvisamente sentii un rumore metallico provenire dal mio telefono.

-Merda- Margot si rialzò ed io mi rimisi in piedi, guardando il telefono - Merda-

-Cosa c'è che non va?-

-Ho un meeting fra quindici minuti e poi devo...merda-

-Poi devi, che cosa?-

-Devo andare-

-Oh, va bene- Disse  Margot a bassa voce.

-E' davvero una cazzata, lo so, tesoro-

-No, capisco-

Mi precipitai di nuovo in camera da letto e subito mi cambiai in giacca e cravatta, armeggiando con i gemelli delle camicia.

Margot tornò dentro e scivolò nuovamente nella mia felpa, non prima di avermi aiutato con i gemelli.

-Grazie- Le diedi un rapido bacio sulla guancia e poi mi precipitai fuori dalla camera prendendo il mio telefono in modo da poter chiamare il parcheggiatore del palazzo per avere la mia auto.

Chiamai, sapendo che sarebbero passati quindici minuti prima che la macchina fosse pronta. Cazzo, cazzo, cazzo.

-Questo meeting è per...?- Chiese Margot a bassa voce, seduta sul divano e guardandomi mentre non mi davo pace e guardavo con rabbia il Rolex sul mio polso.

-E' un...-

-Aspetta, Calum, calmati- Si alzò e mi fece sedere sul divano.

-E' un meeting con alcuni colleghi, c'è un'affare su cui l'azienda sta lavorando-

-Beh, forse farai dieci minuti di ritardo, non c'è bisogno di essere così arrabbiato. Va bene?-

-Non sono incazzato per il ritardo, sono incazzato perchè volevo trascorrere l'intera giornata con te-

-Va tutto bene-  Disse come se quasi stesse chiedendo scusa.

-No, che non va tutto bene. Ti prometto che avremo tutta la giornata di domani per non fare nulla. Ok?- Portai una sua ciocca ramata dietro l'orecchio.

Margot sorrise, inclinando di lato la testa.

-Cosa ti rende così sicuro che io sia ancora qui domani, figuriamoci passare la notte?-

Restrinsi gli occhi, anche se sapevo che mi stava prendendo in giro, la tirai facendola sedere a cavalcioni sul mio ventre ma questa volta eravamo sul divano. Davvero non riuscivo a tenere le mie mani lontano da lei.

-Beh, se ho qualcosa da dire in proposito, si- Dissi, correggendo e facendo finire un po' duramente le ultime due parole.

Margot alzò il sopracciglio e mi stuzzicò.

-Prepotente-

-Sono serio, però. Ci sono voluti quasi tre mesi per arrivare dove siamo- Passai le mani lungo le sue cosce nude, prima di lasciare una scia di baci sul suo collo- Permettimi di essere un po' indulgente, almeno per questo fine settimana-

Continuai a baciare il suo collo, mentre appoggiai le mie mani sulla sua vita.

-Se fosse completamente per me, non avresti nemmeno bisogno di vivere in quei dormitori angusti. Ti avrei nascosta da qualche parte, in un palazzo senza ascensori, con la cucina di uno chef per te e per cucinare tutto quello che vuoi, una libreria piena di libri e un armadio pieno di vestiti che non indosseresti mai quando sarei in giro...-

Ma Margot si ritrasse velocemente.

-Nascosta?- Chiese.

La guardai con aria interrogativa.

-Cosa, preferiresti che ti mostrassi a tutti?-

Mi aspettavo questo discorso dalla maggior parte delle ragazze in cerca di status, ma non da Margot.

Margot scosse la testa e si morse il labbro inferiore.

-No, no, no. Mi piace che questa cosa sia solo tra di noi, privata. E' solo; non voglio essere il piccolo e sporco segreto di nessuno. Ho bisogno di essere indipendente, Calum. Non voglio essere legata. So' cosa succede-

-Cosa intendi?-

Margot guardò la mia camicia, ancora seduta a cavalcioni su di me. Poi, a bassa voce riprese a parlare.

-Io non voglio essere conosciuta come il giocattolo di Calum Hood, erede della società Hood, che continua a nascondermi. Voglio essere io, Margot. Non dipendente- Mi guardò per qualche secondo, abbassando nuovamente i suoi occhi, come se avesse paura di rivelarmi qualcosa, o di farmi entrare. Poi, si portò una ciocca dietro l'orecchio, come faceva quando è nervosa o triste - Tu cosa vuoi?-

-Non voglio un giocattolo. Ne ho avuti un sacco di quelli- Margot rabbrividì e guardò verso il basso, le sollevai il mento - Ti voglio. Margot-

Poi il mio telefonò trillò nuovamente, facendomi capire che il parcheggiatore era qui.

-Farò tardi, va bene, quindi non mi aspettare sveglia. Ordina qualcosa da mangiare, quello che vuoi, la mia carta di credito è in fondo al cassetto dello studio-

-Non userò la tua carta di credito-

-Non discutere con me su questo- Dissi, afferrando le chiavi,  il portafoglio e il cellulare.

Alzai gli occhi, baciandole la fronte e poi le labbra. Le diedi un rapido saluto, uscendo dalla porta e lasciandola con la mia felpa nel mio attico.

Sembrava a posto quando la lasciai, ma come fui dentro all'ascensore non potei fare a meno di pensare al mio mondo e preoccuparmi in procinto, probabilmente a cosa sarebbe stata sottoposta. 

 


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Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora, come state?
Era da un po' che non entravo qui, ma ultimamente sono successe tante cose. Allora, che ve ne pare del capitolo?
La prima parte del capitolo credo che sia chiara a tutti. HAHAHA
Mentre nella seconda quando i due provano a far emergere qualche cosa del loro passato, prontamente si rialzano i loro muri non facendo trapassare nulla. O se non qualche scorcio di passato. Ma come avrete anche notato emerege qual lato più dolce di Calum che mostra solamente con Margot. Secondo voi, Perchè?
E infine, il capitolo si chiude con la preoccupazione di Calum del cosa succederebbe se Margot venisse incontatto col mondo dell'alta elité di New York.
Ad ogni mordo ringrazio come sempre coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI E RICORDATI.
Grazie ancora.

See ya soon & Say tuned.
Baci Lalluby

 

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Capitolo 39
*** Hello? ***


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Hello?



Calum's P.O.V


 

-Mio padre vuole perseguire questo affare con Bergström Diamonds. Sono in una posizione vulnerabile e se colpissimo ora, saranno suscettibili alla vendita- Dissi agli altri due dirigenti al tavolo, cliccando la mia penna con irritazione.

Sembrava crudele ma era ciò che doveva essere fatto.

-Beh, sono più o meno una società di famiglia e c'è stata qualche resistenza...-

Mi pizzicai il ponte del naso.

-Dovranno cedere alla fine. Guardate, non mi importa se qualcuno deve recarsi fino nella fottuta Svezia per finire l'affare-

Mi alzai da dietro la scrivania, segnalando che avevo finito con questo meeting. Ma la verità era, l'affare era stato già finito prima che loro ancora avessero iniziato.

-Mio padre era all'ultimo minuto- Cercai le parole, mantenendo il mio viso privo di emozioni - Indisposto-

Alcolizzato del cazzo.

La voce nella mia testa mi diceva che fossi un ipocrita, ma la ignorai.

-Ma questo affare è già in progresso. Lui vuole che lo portiamo avanti, quindi faremo questo. Facciamo si che questo avvenga-

Gli altri uomini si alzarono dal tavolo come bene e ci demmo una stretta di mano prima di separarsi. Non appena lasciarono la stanza, presi un respiro profondo. Un incarico svolto. Rimaneva solamente un'altro meeting a cui dovevo andare, lontano dall'ufficio.

Guardai l'ora e feci una rapida chiamata al portinaio dell'albergo al mio attico.

-Pronto Allen, sono Calum Hood-

-Buonasera, signor Hood. Che cosa posso fare per lei?-

-Buona sera. Mi piacerebbe sapere se c'è stata qualche consegna al mio attico-

-Ehm, no signore. Non c'è ne è stata nessuna-

Era un po' tardi. E se Margot avesse voluto ordinare qualcosa sarebbe arrivata adesso. Sorrisi con me stesso e scossi la testa, naturalmente si era rifiutata di usare la mia carta di credito, avrei dovuto aspettarmelo.

-Va bene allora. Grazie, Allen-

-Nessun problema, signor Hood-

Quando terminai la chiamata lasciai l'edificio e raggiunsi a piedi il ristorante italiano dall'altra parte della strada. Mi ricordai che Luke fece una consegna una volta lì.

-Posso effettuare un ordine per una consegna?-

-Si, naturalmente-

Guardai il menù per alcuni secondi prima di raggiungere il mio portafoglio, tirando fuori due nitide banconote.



 

Margot's P.O.V

 

Soggiornare da Calum durante il fine settimana era un po' come quelle vacanze primaverili in qualche isola tropicale dove non eri mai stato.

Non guardavo effettivamente il mio cellulare da Venerdì sera e sapevo per certo che la suoneria delle notifiche si era ammutolita Sabato mattina. La probabilità erano: o che il mio cellulare fosse morto o fosse da qualche parte, ma non mi interessava nemmeno.

Tutto sembrava caldo, anche se ormai le foglie erano cadute ma molto probabilmente questa atmosfera in parte era data dal caldo bagliore del camino. Ero sul letto di Calum circondata da alcuni libri, mentre cercavo di studiare.

Guardai fuori dalla grande vetrata, era come se il cielo fosse una parete scura e il chiarore della luna e delle stelle fossero la finestra. Come per voler riflettere la tranquillità che circondava il tutto.

Tutto ad un tratto, il telefono in camera iniziò a squillare e venni riportata alla realtà. Mi arrampicai sul letto e lo presi, quasi per riflesso. Ma non appena misi la cornetta al mio orecchio, maledì mentalmente me stessa. Calum avrebbe voluto che avessi risposto al suo telefono?

Merda.

-Pronto?-

Merda, merda, merda.

-Pronto?-

Riaggancia, riaggancia, riagg...

-Margot Harris?-

Che cosa?

-Pronto, ehm... Si sono Margot? - Dissi, alzando inconsciamente il mio tono di voce alla fine come se fosse una domanda e io non sapessi il mio nome.

Ci fu una risata dall'altra capo.

-Salve signorina Harris. Sono Allen, il portinaio, c'è una consegna per lei. Le volevo fare sapere che qualcuno si occuperà di portargliela-

Consegna? Non ne avevo fatte... e poi alzai gli occhi al cielo.

-E' stato Calum, non è vero?-

Ci fu un'altra risata.

-Si, il signor Hood ha fatto la consegna-

Sospirai.

-Va bene, grazie Allen-

Riagganciai il telefono. Naturalmente Calum avrebbe fatto quel gesto sapendo che non avrei preso nulla con la sua carta di credito. Da una parte fu un gesto dolce. Ma dall'altra, mi sentivo in debito con lui... o qualcuno.

Qualche fattorino poco dopo suonò alla porta, trasportando più di tre sacchetti di carta, contenenti scatole e vari contenitori di cibo.

Provai a spingere via il terribile disagio che provai in questo momento, indicando la strada verso la cucina al fattorino, per poi una volta aver depositato tutto andarsene.

Il profumo del cibo sembrava delizioso, ma quando vidi le borse sul ripiano in granito della cucina, sgranai gli occhi. Chi nel mondo avrebbe mangiato così tanto cibo?

Aprii la busta più grande e vedi uno stazionario della Hood & Co. all'interno.

Non ero sicuro quale fosse il tuo piatto preferito così ne ho scelti fra i più diversi.

A dopo.

-C

Sorrisi scuotendo la testa. Tirai fuori i vari contenitori di plastica, vedendo i vari tipi di pasta in essi contenuti.

Nella borsa più piccola, la quarta, vi era un contenitore con posto sopra un'altro stazionario, era scarobocchiato con la scrittura di Calum, angolarmente: I miei preferiti.

Presi sguardo di tutto quel cibo che c'era sul bancone e per lo più iniziai ad odiare Calum per essere così dispendioso ed edonistico. Sapevo che lo stava facendo in bene, ma mi sentii per la maggior parte mortificata e frustrata.

Vedendo tutto quel cibo, mi si era chiuso l'appetito, ma sapevo che se non avrei mangiato, avrei dovuto resistere alla tentazione di curiosare e guardare dietro la porta sempre chiusa che notai l'ultima volta che restai qui.

Era la porta alla fine della sala. Non sapevo se fosse ancora chiusa o meno. Ma ero stata vicino all'aprirla l'ultima volta. Ma era l'unica porta dell'attico di Calum che rimaneva sempre chiusa in ogni momento, la curiosità che avevo ereditato da mia madre mi stava sollecitando a dare un'occhiata all'interno.

Ma sapevo che non avrei dovuto. Calum aveva un sacco di segreti, ne ero sicura, ma anch'io e dovevo rispettare ciò che lui continuava a tenere lontano.

Per quanto ne sapevo, il mondo fuori da questo attico stava correndo troppo velocemente, lasciando me e Calum trascorrere questo Sabato a baciarsi ed aggrovigliarsi l'un con l'altro. Cedere a ciò che entrambi conoscevamo ma che avremmo dovuto prendere in considerazione.

Tutto si stava muovendo così velocemente, ma era come stare in una giostra di cui non si vuole scendere.

Ci stavamo girando intorno a vicenda, un miscuglio di baci segreti e rubati e frammenti di piccole verità portati a galla.

Io ero qui mentre lui era da qualche parte. Ma lo avrei sempre aspettato.



 

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Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora, che ve ne pare del capitolo?

Nella prima parte del capitolo vi è il P.O.V di Calum, dove lo troviamo non solo nelle vesti del solito sgorbutico e rude Calum ma che sta portando a termine un affare. 
E poi, emerge nuovamente la parte di Calum dolce, in cui sembra preoccuparsi per Margot, tanto da telefonare al portinaio per chiedere se sono stai fatti effettuati ordini nel suo attico per poi ordinare qualcosa per lei.
Insomma, Calum con i suoi atteggiamente non smette mai di stupire.
Invece, nella seconda parte Margot, non solo trova da un parte dolce il gesto di Calum, ma si sente anche in debito. E poi i suoi pensieri vanno a quella stanza dell'attico sempre chiusa, chiedendosi cosa potrebbe nascondere Calum. Secondo voi, cosa potrebbe nascondere?
Ad ogni modo, ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATI.
GRAZIE MILLE.
E infine, volevo dirvi che ho postato una nuova fanfiction su Luke, Goner. Ebbene sì, dopo SDOS e NLYG sono ritornata con una nuova storia su di lui perchè a dire il vero mi mancava scrivere su di lui. Ci tenevo a dirvi che questa storia tratta di una tematica molto delicata e importante ai giorni nostri e mi farebbe molto piacere che passaste, magari a dare un occhiata: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3519187
See ya soon & Stay tuned.
Baci Lalluby.

 

 

 




 

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