Make your own kind of music

di vali_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wish you were here ***
Capitolo 2: *** Incandescent ***
Capitolo 3: *** Hurt ***
Capitolo 4: *** Looking at you ***
Capitolo 5: *** Everything burns ***
Capitolo 6: *** White lies ***
Capitolo 7: *** I just want you to stay ***
Capitolo 8: *** Please tell me who I am ***
Capitolo 9: *** Survive the storm together ***
Capitolo 10: *** Coming home ***
Capitolo 11: *** Not broken, just bent ***
Capitolo 12: *** Too painful answers ***
Capitolo 13: *** My weak side ***
Capitolo 14: *** Could you take care of a broken soul? ***
Capitolo 15: *** Impossible things ***
Capitolo 16: *** Everything must have an end ***
Capitolo 17: *** Just hold me now ***
Capitolo 18: *** Don't go breaking my heart ***
Capitolo 19: *** Marvellous in pocket, terrible masters in head ***
Capitolo 20: *** Nice to hear ***
Capitolo 21: *** Old life, new life ***
Capitolo 22: *** Secret garden ***
Capitolo 23: *** Saturn return ***
Capitolo 24: *** Protection ***
Capitolo 25: *** Goodbyes ***
Capitolo 26: *** Love and death ***
Capitolo 27: *** Not your fault, but mine ***
Capitolo 28: *** Don't let the sun go down on me ***
Capitolo 29: *** Missing you at Christmas ***
Capitolo 30: *** All of me ***
Capitolo 31: *** Brotherhood ***
Capitolo 32: *** Oh won’t you do this for me, son, if you can? ***
Capitolo 33: *** Roots ***
Capitolo 34: *** How bad we need each other ***



Capitolo 1
*** Wish you were here ***


Storia scritta senza scopo di lucro. Tutti i diritti di Supernatural e dei suoi personaggi descritti in questo racconto sono di proprietà di CW e Warner Bros. L'immagine utilizzata come banner è una fotografia trovata in internet, perciò appartiene ai rispettivi proprietari. 

 
Make your own kind of music


 
Capitolo 1: Wish you were here
 
How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year,
running over the same old ground. 
What have we found? The same old fears.
Wish you were here.

 
(Wish you were here – Pink Floyd)
 
 
Ascolta il ticchettio lento dell’orologio, un rumore continuo e costante in quella piccola stanza di motel, scricchiolante e uguale a tante altre di cui per un bel po’ di tempo aveva voluto rimuovere dalla mente i colori e soprattutto gli odori: quello della moquette maleodorante che è come fango sotto i piedi, talvolta, quando le cameriere non passano a pulire da un bel po’; quello di sigarette e di sesso fatto male e alla svelta; quello di cibo stantio – che forse è il peggiore di tutti – che aleggia spesso dal frigorifero che chissà che diavolo ci ha messo l’inquilino – se così si può definire – precedente per lasciare un tale tanfo.
 
Sam Winchester è sdraiato sul letto – cigolante e con un paio di molle proprio all’altezza della schiena che cerca sempre di evitare perché gli danno fastidio quando si gira e si mette a pancia in su –, gli occhi spalancati e fissi al soffitto ricoperto di crepe, una mano sopra la fronte e l’orecchio teso e attento a quel piccolo rumore proveniente dall’orologio che porta al polso sinistro che scandisce il tempo con dedizione, quasi fosse una condanna.
 
Non è la prima notte che si ritrova in questa posizione, ad ascoltare suo fratello russare e il tempo scorrere, mentre lui non riesce a chiudere occhio, la testa piena di pensieri scomodi e assordanti.
 
Spesso non ce la fa proprio a dormire, schiavo dei ricordi e dei sensi di colpa. Inevitabilmente, la sua mente va agli ultimi due anni, ai momenti in cui, nonostante la lontananza dai suoi cari, era felice. Anzi, forse lo era proprio per questo, perché Sam e suo padre non si sono mai capiti e Dean, per quanto Sam gli voglia bene, era diventato una presenza fastidiosa, pesante. Non tanto perché era sempre intorno ai suoi piedi, ma piuttosto perché era troppo ligio alla legge di John Winchester, troppo sicuro di voler inseguire la stessa via e cacciare lo stesso mostro, condannando a morte tutti quelli che nel frattempo incrociavano la loro strada. Oltretutto, non c’era verso di parlargli e lamentarsi di suo padre senza che lui non si mettesse a difenderlo, e questa cosa lo aveva esasperato così tanto da farlo allontanare anche da lui che era stato la sua unica vera guida fino a quel momento.
 
Sam era troppo stanco di tutto questo, troppo stufo della regola immutabile imposta da suo padre e di quest’infinita crociata contro mulini a vento [1] perché più passavano gli anni, più la cosa che aveva ucciso sua madre – di cui lui non ricorda neanche il volto – era più simile a un miraggio che a un’entità concreta da distruggere e Sam ne aveva abbastanza di maneggiare armi e portare la guerra nel cuore. Voleva studiare, costruirsi un futuro vero e solido, fatto di certezze, le stesse che invece gli sono state strappate via quando, insieme a un sacchetto di biscotti e un bigliettino pieno di parole dolci appoggiato sul ripiano della cucina del loro appartamento [2], ha trovato la sua ragazza che prendeva fuoco sul soffitto.
 
Non sa neanche dire cos’ha provato in quel momento, mentre le fiamme divoravano il volto della sua bella fidanzata, la persona che avrebbe desiderato sposare per mettere su famiglia e avere una vita sicura.
Sam non aveva mai bramato niente di meglio, niente di più che un tetto sopra la testa e un’esistenza serena, fatta di piccole certezze quotidiane e del sorriso caldo di Jessica.
 
La vita con lei era molto diversa da quella che aveva sempre avuto sulla strada, ma non per questo, a volte, poteva considerarla semplice. Finalmente poteva festeggiare le feste comandate, mangiare un enorme e profumato tacchino il giorno del Ringraziamento e rendere grazie non per essere vivo come faceva quando andava a caccia con suo padre e suo fratello, ma per le piccole cose che aveva conquistato con fatica, dei piccoli successi quotidiani. Poi c’era l’università, che era faticosa e snervante qualche volta, ma così soddisfacente e appagante, qualcosa dove Sam riusciva bene perché era sempre stato il suo sogno, quella che considera la sua vera attitudine. I primi tempi, gli sembrava quasi irreale leggere e studiare libri privi di illustrazioni spaventose, volumi che non parlassero di mostri e creature da uccidere e aveva così tanta voglia di imparare cose nuove, di apprendere il più possibile per raggiungere il suo obiettivo e iscriversi a legge per poi diventare un avvocato.
 
Aveva in tasca la chiave per realizzare tutti i propri sogni fin quando quel terribile incendio ha spazzato via ogni sua certezza, catapultandolo nuovamente nella vita da cui aveva sempre voluto fuggire. Quelle fiamme – alte e imponenti, un mostro impossibile da sconfiggere – che avvolgevano Jessica hanno portato a galla un nuovo desiderio di vendetta contro chi ha ucciso lei e la sua gioia. Perciò tornare a caccia con Dean gli è sembrata l’unica soluzione praticabile.
 
Certo, ogni tanto – più di quanto volesse, in realtà – pensava alla sua famiglia, a come potevano cavarsela e se stavano bene, ma era un pensiero scomodo, ingombrante.
A volte aveva la tentazione di chiamare Dean, che con suo padre non voleva parlarci neanche per telefono – perché è testardo e ammettere di aver esagerato quella notte in cui se n’è andato faceva troppo male –, ma alla fine trovava qualcosa per distrarsi e tornava allo studio o alle sue cose, scacciando ancora una volta il pensiero di suo fratello dalla mente. Non riusciva a parlarci non tanto perché ce l’avesse con lui, ma perché sicuramente Dean gli avrebbe chiesto di tornare, anche solo per fare una chiacchierata innocente e Sam non voleva niente di tutto questo. Voleva stare da solo, circondato solo dai suoi nuovi amici normali e dalle nuove certezze che stava conquistando con tanta fatica giorno dopo giorno.
 
Di certo è stata una sorpresa ritrovarsi nuovamente faccia a faccia con suo fratello quella notte di fine ottobre [3], quando si è intrufolato nel suo appartamento a Palo Alto come un ladro. Non si aspettava di vederlo e i giorni successivi che hanno passato insieme… beh, non sono stati tanto male. Ne sono venuti di peggiori.
 
Ormai è maggio inoltrato, quindi sono quasi sette mesi che viaggiano insieme e Dean, in fondo, non è cambiato. È sempre il solito, gli piacciono le stesse cose – la sua macchina, l’alcol, le donne, la caccia, forse non esattamente in quest’ordine –, ascolta la stessa musica – Sam gli ha anche detto di aggiornarsi, ma non c’è verso – e ha le stesse idee di sempre. Perciò no, non è cambiato affatto, e forse Sam lo sapeva fin dal principio e, in un certo senso, è qualcosa di rassicurante per lui. Anzi, forse è l’unica cosa davvero bella di tutta questa storia. Anche se in certe cose proprio non si trovano, ma in fondo è sempre stato così.
 
Osserva il letto vuoto al suo fianco, guardando l’orologio: è già l’una passata e Dean non è ancora rientrato. È voluto rimanere al bar in cui avevano cenato a tutti i costi, sfottendo Sam perché era stanco e voleva andare a dormire – sì, anche in questo è sempre lo stesso e cerca sempre di trovare un modo per prenderlo in giro –, e ha detto di volersi prendere un’altra birra, ma Sam ha fiutato l’inganno e ha deciso di lasciarlo a fare il comodo suo, pensando che sicuramente avrebbe voluto rimorchiare qualcuna come fa di solito in queste occasioni. Infatti, è tardi e ancora non si vede, perciò sarà sicuramente in dolce compagnia.
 
Sam – o almeno una piccola parte di lui – un po’ invidia questa sua capacità di svagarsi in ogni occasione, di trovare un modo per scrollare di dosso i pensieri. Sa che anche i suoi sono pesanti – sono già passati tanti mesi da quando papà è sparito e ancora non ne hanno trovato neanche l’ombra da nessuna parte perciò è preoccupato, anche se cerca di non darlo a vedere –, ma nonostante tutto riesce, in qualche modo, ad affievolirli, a renderli meno pesanti. È vero che questo processo generalmente comprende litri di alcol e belle gambe di donna che lo invitano a buttarsi là in mezzo se quel che vuole è un po’ di consolazione, ma sono entrambe cose che a Sam, almeno adesso, non interessano. Soprattutto la seconda, perché il ricordo di Jess è troppo fresco per poterlo sporcare, per potersi legare a qualcun’altra, anche solo per una misera e fugace notte.
 
Sospira forte, passandosi una mano su tutto il viso e sbatte le palpebre un paio di volte, tentando di scacciare quei pensieri.
Le ultime settimane sono state abbastanza pesanti, la strada da percorrere sempre infinita e Sam non era più abituato a questi viaggi lunghi, alle ore di sonno buttate al vento per inseguire una creatura malvagia nella notte scura, al tormento e alle immagini raccapriccianti che gli schizzano nella testa quando pensa alle sue vittime, ai mostri di ogni razza e specie che è costretto a macinare per sopravvivere. Negli ultimi due anni, i mostri più grossi che poteva affrontare erano gli esami e i professori, e quelli, se studiava, non facevano poi tanta paura.
 
Si accomoda meglio tra le lenzuola, mettendosi di lato e appoggiando la testa sul cuscino, ritrovando una delle due molle che gli punzecchia il fianco. Si sposta un po’, cercando di schivarla e sospira, chiudendo gli occhi. Vorrebbe cancellare l’immagine che riemerge dalla sua mente ogni volta che lo fa, quella nuvola di fuoco e sangue che esplode sopra la sua testa, mandando in fiamme la sua casa e la sua ragazza.
 
Si dice che il tempo riesca a curare le ferite, a lavarle via e a portarsi il dolore con sé, ma sono passati mesi e Sam sta sempre nello stesso modo e cova così tanta rabbia che a volte pensa che finirà per scoppiare. E la ricerca di quel maledetto che gli ha portato via la mamma e la ragazza non gli era mai sembrata più interessante, più importante. Forse è l’unica cosa che lo tiene vivo.
 
Sam ha convissuto con il ricordo di sua madre per tutta la vita, ma non ne ha uno davvero suo. Era troppo piccolo per poterla solo mettere a fuoco, per cui non ha nessuna memoria di lei, neanche un’immagine sfocata del suo sorriso. Gli unici che ha sono legati ad aneddoti che gli ha raccontato Dean – molto raramente e con non poca fatica –, che ha vissuto Dean, perciò non gli appartengono, come non gli appartiene la mamma. O almeno era così fino a qualche mese fa, prima di riprendere il sentiero della caccia al soprannaturale, quando tutto questo gli sembrava distante, quasi privo di significato.
 
Ce l’ha tanto con se stesso perché se avesse dato retta a quegli incubi che aveva ogni tanto, a quella sequenza di immagini che venivano a disturbarlo quando dormiva, forse non sarebbe successo nulla a Jessica, ma pensava che non fosse niente di importante, che fossero solo strascichi della sua vita passata. In fondo, non era mica la prima volta che sognava di cacciare qualcosa, che i mostri gli invadevano i pensieri e disturbavano il suo sonno, perciò poteva semplicemente essere la sua mente che collegava le sue “due vite” o qualcosa del genere. Non ci aveva creduto perché gli sembrava assurdo, invece avrebbe dovuto e Jessica sarebbe ancora viva, con quel calore che emanava il suo sguardo e tutte le attenzioni che aveva per lui, tutta la sua bontà. Lo guarderebbe ancora con quegli occhi limpidi e quel sorriso sicuro dentro il quale Sam si perdeva certe volte.
 
Era una ragazza semplice, gioiosa, una tisana calda nella vita fredda e costellata di ricordi dolorosi di Sam. Si è innamorato del suo sorriso la prima volta che l’ha vista, quando il suo amico Brady [4] ha pensato bene di fargliela conoscere, perché – parole sue – “ti ha notato a mensa qualche giorno fa ed è sicuro che andrete d’accordo”. Sam era un po’ incerto all’inizio, ancora schiavo delle parole di suo padre – “non ti sono permesse distrazioni: niente amici, niente affetti, puoi contare solo sulla tua famiglia” – o forse perché era semplicemente diffidente, ma Jess era riuscita a conquistarlo, in qualche modo. Da quella festa dove si erano conosciuti ad uscire da soli il passo è stato breve, perché Sam si era reso conto di stare davvero bene con lei, che gli piaceva farla sorridere e starle a fianco e dopo un anno e mezzo insieme era tutto come le prime volte e Sam s’incantava ad osservarla, in certi momenti, mentre si faceva bella per lui nel bagno del loro piccolo appartamento o quando lo prendeva in giro, sgridandolo in modo affettuoso perché non gli piaceva molto stare in mezzo a tante persone. L’ha fatto anche l’ultima sera che sono andati a dormire nello stesso letto, quando c’era da festeggiare – si fa per dire, perché per Sam non è mai stata una vera festa, o perlomeno non una bella – Halloween. [5]
 
Tira su col naso e si passa le dita sugli occhi stanchi, stringendosi di più sotto le coperte. Questi ricordi gli fanno male, soprattutto adesso che è da solo e che non ha modo di distrarsi e fare qualcosa, perciò chiude gli occhi disposto a provare tutti i modi possibili per farsi un bel sonno, anche contare le pecore se necessario.
 
*
 
Siede accanto a un tavolo isolato in un pub piuttosto anonimo ma forse messo un po’ meglio di altri che ha visitato in precedenza: i tavolini ben disposti e non troppo distanziati l’uno dall’altro, il bancone in legno, gli scaffali per le bibite ordinati e tirati a lucido, precisi, dove non sembra esserci neanche un granello di polvere tra le bottiglie di vetro riposte lì sopra.
 
Dean sorseggia piano dal suo bicchiere il whiskey rimasto, osservando la poca gente intorno a lui e riflettendo se farsi portare l’intera bottiglia oppure no. Stasera sente di averne quasi bisogno.
 
Ha avuto delle settimane pressoché terribili. Tutto è cominciato quasi un mese fa, quando una caccia finita male – per lui sicuramente, ma almeno il fottuto Rawhead che l’ha fatto quasi uccidere è sparito dalla circolazione – gli ha fatto passare tre giorni in ospedale per colpa di un grosso infarto; il medico ha detto a Sam che Dean aveva rimasto sì e no due settimane di vita, un mese ad essere ottimisti e per un attimo Dean ha pensato che andasse bene così, che era… giusto per uno come lui morire in una pozza d’acqua nell’angolo più brutto e buio di un vecchio magazzino, freddato da una potente scarica elettrica. [6]
 
Ha provato a dire a Sam di lasciarlo morire in pace, ma quel cocciuto d’un fratello non ha voluto sentire ragioni e, quando l’ha lasciato da solo per cercare un modo per salvarlo – perché i medici non sanno quello che sappiamo noi [7] –, Dean ha spento la tv posizionata sopra un ripiano fissato e collegato al muro tramite un’asta di metallo e sospesa a qualche decina di centimetri dalla sua testa e si è ritrovato a pensare, a riflettere sulla sua vita e sulle sue scelte.
 
Cosa avrebbe lasciato a parte una macchina? Niente, perché non c’è altro che Dean possieda da poter passare a qualcuno di caro quando esalerà l’ultimo respiro e quel pensiero aveva scavato molto a fondo nel suo animo, lasciando una traccia troppo amara e la sua mente era volata lontano, in cerca di tutti i momenti positivi della sua vita. Erano rari, ma c’erano, ed avevano a che fare con tre persone, quattro al massimo.
 
Primo fra tutti Sammy, che ha ritrovato da qualche mese ormai. Alla fine aveva fatto bene a fidarsi di Ellie e ad andarlo a prendere. Sicuramente avrebbe preferito che restasse con lui per motivi un po’ più solidi ma soprattutto più spontanei del desiderio di vendetta per la morte della sua ragazza, ma per ora sa di doversi accontentare. Per Sam, poi, è stata davvero una botta tremenda e Dean, mai come adesso, crede di poterlo capire, perché se fosse successo qualcosa di simile a Ellie probabilmente sarebbe impazzito. Anzi, c’è da dire che Sam la sta affrontando piuttosto bene e Dean non aveva tanti dubbi a riguardo, perché sa meglio di chiunque quanto è forte suo fratello.
A parte ciò, tra di loro non è proprio tutto come una volta, ma a Dean va bene così, perché in fondo, dopo aver passato due anni a rivolerlo indietro, quello che gli importa adesso è di averlo accanto.
 
Il pensiero di aver perso Jessica dovrebbe ancora torturarlo nel sonno, così come l’idea di averla lasciata da sola per andare con lui a cercare papà. Senza contare che aveva avuto una specie di visione a riguardo e non ci aveva prestato attenzione più di tanto – sì, perché a quanto pare Sammy è una specie di sensitivo e ogni tanto ha incubi che diventano realtà e Dean sta facendo di tutto per non preoccuparsi, o almeno per non dargli a vedere che non è così tranquillo per quanto riguarda questa faccenda. Anche se ultimamente sono parecchie le cose che lo impensieriscono.
 
Comunque sia, le cose vanno bene tra loro, per lo più. A parte quando Sam è praticamente scappato per andare a cercare papà da solo [8], ma poi tutto è tornato alla normalità.
Come un tempo, vedono parecchie cose in modo molto diverso: Dean è per uccidere tutto ciò che è malvagio, mentre Sam è più compassionevole, ma per il resto va tutto alla grande. Sicuramente meglio di quando non c’era, almeno per Dean.

Poi, nella sua lista immaginaria delle persone importanti, c’è John che sparisce lasciandoli da soli da quando Dean era un bambino, ma non era mai stato via tanto a lungo. Un paio di settimane al massimo, ma mai mesi.
 
Non ci sono state grosse novità su quel fronte da quando Sam è tornato. Papà ha chiamato una sola volta chiedendogli di smettere di cercarlo ed è stato poco dopo che Sammy ha dato di matto, partendo verso la California per cercarlo.
Dean ha pensato a lui così tanto, a tutto quello che ha fatto in tutta la sua vita e a quanto poco abbia ottenuto in cambio, a parte schiaffi e ordini, a quanto poco affetto e quanta solitudine ha ricevuto da lui, ma non lo ammetterà mai ad alta voce perché per lui John è un eroe, una specie di Batman con un pick–up per Batmobile che uccide mostri girando gli Stati Uniti e gli vuole un gran bene, anche se forse come padre poteva fare di meglio, almeno con lui.

Ha pensato anche a Bobby, colui che l’ha praticamente cresciuto e che non sente da più di un anno perché suo padre ci ha discusso pesantemente. Dean non ha mai saputo il perché, non glielo ha mai chiesto, e semplicemente non ha più chiamato quel burbero cacciatore. A volte pensa che dovrebbe farlo, ma di certo non in punto di morte; gli avrebbe solo dato un dispiacere.

E infine, ma non per ordine di importanza, c’era Ellie. Dean ha pensato al suo sorriso, ai suoi occhi blu sempre limpidi e sinceri, alla sua spensieratezza e al suo modo di bizzarro di affrontare la sua altrettanto bizzarra esistenza fatta di mostri e incubi ricorrenti. Ha pensato alle sue labbra morbide e a quanto avrebbe voluto stringerla un’ultima volta prima di andare all’Inferno – che ai piani alti non c’è posto per quelli come lui –, a quando l’ha vista sparire all’orizzonte.
Stavolta, però, Dean ha imparato la lezione, e negli ultimi mesi si sono sentiti parecchio.
 
Ricorda perfettamente la prima volta che le ha telefonato. Era in viaggio per Stanford ed era appena stato a cena in una tavola calda nei pressi di Carlsbad, New Mexico; c’era una cameriera bassina, i capelli castani e qualche lentiggine sparsa sugli zigomi che, per qualche strano motivo, gli aveva ricordato Ellie e si era ritrovato ad immaginarla col grembiule e la divisa a servire a un tavolo simile al suo in una tavola calda distante qualche miglio da lì. E forse era solo il pretesto che voleva usare per chiamarla, perché per tutto il giorno aveva pensato a lei, a quello che aveva fatto pur di ricondurlo dalla sua famiglia. Ha premuto il tasto verde dopo aver selezionato il suo numero dalla rubrica e gli si è scaldato il cuore a risentire quella voce allegra e squillante, un suono così armonioso e caldo.
«Ho pensato di usare quella cosa chiamata telefono per sapere come stai e dove sei, spero ti faccia piacere» aveva sentito Ellie sorridere a quelle parole e quello che proveniva da quell’apparecchio arrugginito era un suono così gioioso da allargare il cuore di Dean ancora di più, così tanto che la voglia di abbandonare capre e cavoli e raggiungerla era stata tanta, una tentazione pericolosa a cui negli ultimi mesi Dean ha faticato molte volte a resistere.
 
Si sentono abbastanza spesso, almeno un paio di volte a settimana, se è fortunato anche tre. Ogni volta Dean sente il cuore più leggero ad ascoltare quella voce che gli racconta le sue giornate e come passa il tempo ed è una sensazione strana per lui, qualcosa a cui non sa dare un nome – o forse non vuole – che però lo fa stare bene per qualche minuto.
Si chiamano negli orari più assurdi, principalmente di notte o comunque quando Sam non può ascoltarli, perché Dean non gli ha mai parlato di lei. Non per una ragione particolare, semplicemente non vuole farlo. È qualcosa di suo ciò che vive con Ellie, qualsiasi cosa sia.
 
Non aveva avuto modo di rincontrarla e le speranze di farlo si stavano esaurendo insieme a lui in quel misero letto di ospedale. Si era immaginato come sarebbe stato averla lì accanto e gli era quasi sembrato di vederla, gli occhi grandi e lucidi e la mano gentile e delicata sopra il suo cuore debole, un semplice gesto che le aveva visto fare altre volte, quando stretti l’uno all’altra provavano a dimostrarsi quello che non sapevano dirsi a parole, e, quando Dean si era accorto che tutti quei pensieri stavano quasi per farlo scoppiare a piangere come una dannata ragazzina, si è alzato dal letto, ha firmato i fogli di dimissione ed è uscito dall’ospedale, per passare almeno gli ultimi giorni che gli erano rimasti da vivere con l’unica persona che aveva accanto.
 
Ha deciso di non dire nulla a Ellie di quella storia, che telefonarle e comunicarle che stava per morire gli sembrava qualcosa di poco allettante e poi lei si sarebbe precipitata e non voleva che la sua morte imminente diventasse un pretesto per rivederla.
 
Quando ha raggiunto Sam nella stanza di motel che si erano presi per quel periodo, quello zuccone l’ha portato da un dannatissimo guaritore che era anche peggio di un santone, o meglio, sua moglie lo era. Lui, Roy Le Grange, un povero cieco che credeva di saper fare miracoli, non era altro che un disgraziato che non aveva nessun potere curativo di alcun tipo; non era Dio a guidarlo, solo sua moglie Sue Anne che, attraverso un incantesimo, era riuscita a mettere al guinzaglio un mietitore. Quest’ultimo ridava la vita a chi Roy decideva di curare e la toglieva ad una persona qualsiasi, qualcuno che non c’entrava assolutamente nulla con tutto questo ed è così che Dean si è salvato, perché Roy l’aveva scelto e, quando ha scoperto che un altro ragazzo è morto al posto suo, si è sentito così in colpa da voler morire davvero.
 
Chi è lui per meritare la vita più di altri? Più di quel tipo, o più di Layla, una ragazza malata di cancro che aspettava un aiuto divino da mesi? Ed è questo il pensiero che tortura Dean adesso, così a fondo da non riuscire a farlo dormire talvolta, da tenerlo lontano dalla stanza in cui probabilmente suo fratello sta fissando il soffitto, proprio come farebbe lui se ci tornasse, o sta ronfando beato, anche se Dean crede che sia più la prima opzione ad essere vera, perché più volte ha beccato Sammy a guardare la televisione in piena notte perché non riusciva a chiudere occhio.
 
Rigira il liquido nel bicchiere e beve l’ultimo sorso, prima di rendersi conto che la cameriera – mora, slanciata, una scollatura promettente e un paio di occhi da cerbiatta – è in piedi accanto al suo tavolo e lo fissa con un sorriso sornione.
«Scusa se interrompo la tua bevuta solitaria, ma stiamo per chiudere».
Dean si guarda intorno e nota che il locale è completamente deserto. Chissà quanto tempo è passato dall’ultima volta che ha dato un’occhiata in giro; la guarda piegando solo un angolo delle labbra «Ok, allora tolgo il disturbo».
Fa per alzarsi, ma la ragazza gli si avvicina un po’, piegandosi in avanti mettendo in evidenza tutto il ben di Dio che sembra voler esplodere fuori dalla maglietta nera scollata e allungando una mano per accarezzargli il braccio destro in modo molto sensuale «Se vuoi, però, ho una scorta di quel whiskey a casa mia. Così potrai passare un po’ di tempo in compagnia».
Dean allarga il sorriso, stringendo il vetro del bicchiere; un po’ di tempo fa, avrebbe accettato un’offerta simile senza neanche pensarci. «Un’altra volta, mmh? Per stasera ho bevuto abbastanza».
 
Sfila un paio di banconote dal portafogli e le appoggia sul tavolo per poi sorridere alla cameriera che, dall’espressione moscia che ha sulla faccia, sembra tutto fuorché entusiasta del suo atteggiamento.
 
Dean esce fuori dal locale e l’aria fresca di maggio gli accarezza la pelle del viso, facendolo rabbrividire appena. È notte fonda e fa un po’ freddo, così si incammina verso la sua macchina stringendosi nella sua giacca e si siede sul posto di guida mentre un mezzo sorriso si staglia prepotente sul suo viso.
 
Non è la prima volta che riceve avances in un locale come quello che ha appena lasciato o che lui stesso ci prova con una qualche ragazza o cameriera più o meno attraente e, se una volta posti simili erano i suoi preferiti per trascorrere una serata e rimorchiare, adesso è qualcosa che non gli interessa. Non come prima, almeno. Come stasera, ad esempio, che si è rifugiato lì solo per bere un po’ in solitudine, senza nessuna intenzione di uscirne accompagnato da una qualche sconosciuta da scoparsi.
 
Qualcosa gli dice che Sam ha questa convinzione, che quando sparisce così è per cercare compagnia e probabilmente continuerà a farglielo credere, ma in realtà non è stato con nessuna dopo l’ultima volta che l’ha fatto con Ellie. È consapevole del fatto che non stanno insieme, ma gli sembrerebbe di tradirla, in un certo senso. Sì, il sesso gli manca, ma di astinenza non è mai morto nessuno e attende di ritrovarla per… recuperare.
 
Scuote appena la testa, divertito da quello strano pensiero e, anziché mettere in moto, sfila dalla tasca della giacca – quella di pelle di suo padre – il suo telefono, fissandone il display e scorrendone la rubrica fino ad arrivare alla lettera E.
 
Sono tre settimane che, per qualche strana ragione, Ellie non gli risponde e davvero non ne capisce il motivo. Di solito trova la segreteria o gli squilla a vuoto, ma poi lei lo richiama quando ha un minuto libero, perciò è tutto ancora più strano.

Non c’è una regola nel loro rapporto, nessun tacito accordo in cui uno dei due deve chiamare prima l’altro o viceversa. Si sentono quando ne hanno voglia, non importa chi sia stato l’ultimo a farlo. Non stanno insieme, sanno solo di piacersi e di provare affetto l’uno per l’altra, fine, e se non possono vedersi, non c’è motivo per cui non possano almeno telefonarsi.
 
Qualche volta ha provato a chiederle di incontrarsi, quando erano a qualche miglio di distanza l’uno dall’altra e sarebbe bastato poco per ritrovarsi in un punto di mezzo, ma Ellie sembrava sempre un po’ schiva quando glielo proponeva, un po’… scostante. All’inizio, a Dean dava fastidio, perché gli sembrava che trovasse scuse per non vederlo, poi crede di aver capito: il fatto è che Ellie ha bramato per tutta la vita un rapporto più o meno normale con il padre – che alla fine è riuscita a raggiungere –, e ora che sembra averlo trovato – sembra, però, che Dean non ne è del tutto convinto – non vuole lasciarlo da solo neanche un istante.
 
Sì, perché a quanto pare – a parte all’inizio che Ellie sviava sempre l’argomento e rispondeva “bene” a mezza bocca quando Dean le chiedeva come stavano andando le cose tra lei e Jim – negli ultimi tempi sembrava più convinta, quel “bene” lo pronunciava con un tono più risoluto, e Dean aveva deciso di crederci, perché magari le cose stavano cambiando davvero e di certo era quello che le augurava.

Ricorda quando le ha telefonato dopo aver ritrovato Sam, qualche giorno dopo la morte di Jessica. Suo fratello era distrutto, non dormiva e se lo faceva era per poco e non c’era verso di fargli lasciare Stanford. Dean era nervoso e cercava di contenersi solo per aiutare Sammy che era in seria difficoltà e, in un modo o nell’altro, voleva davvero dargli una mano. Hanno cercato la cosa che ha ucciso quella povera ragazza per una settimana intera [9] e una sera, la prima in cui Sam era davvero riuscito a chiudere occhio, Dean ha preso il cellulare e le ha telefonato. Erano le due del mattino, ma cercava conforto e sostegno da una voce amica ed Ellie aveva risposto quasi subito e se l’era immaginata sdraiata sul letto con i capelli sciolti e la sua buffa maglietta con l’elefante con gli occhiali a rispondergli con la voce assonnata. Dean si è ritrovato a chiacchierare con lei per qualcosa come un’ora, a raccontarle quello che era successo e a parlare di qualsiasi cosa gli passasse per la testa e, nonostante tutto, si era sentito un po’ più leggero.
 
Ripensa anche all’ultima volta che Ellie gli ha risposto; era la notte tra il primo e il due maggio.
«Che bello, quest’anno ci sarai per il compleanno di tuo fratello! Avete intenzione di festeggiare?»
«Non credo. Da un po’ di anni a questa parte non lo facciamo mai e poi abbiamo un caso».
Ellie aveva atteso qualche istante prima di rispondere di nuovo. «Ma come? Nemmeno un dolce?»
«Sam non è amante dei dolci».
«E allora? Su, Dean, non fare l’orso e compragli una bella torta. O almeno una fetta. Mi raccomando, una di quelle buone con la panna e tanta crema. Non prendergli una crostata perché quello sarebbe un regalo per te, non per lui».
 
Dean aveva riso e aveva finito col rifletterci su. Non che non ci avesse pensato prima, ma effettivamente non sapeva come comportarsi perché Sammy è tutto fuorché un fanatico dei dolci; il giorno del compleanno, poi, è capitato casualmente – si fa per dire – in una pasticceria e ha comprato davvero due fette di una torta con della crema ai mirtilli e tanta panna. Quando è tornato al motel, Sam l’ha guardato perplesso, quasi non riuscisse a credere a quello che gli aveva portato suo fratello, ma ha mangiato tutto con gli occhi luccicanti.
 
Era una cosa che facevano da piccoli, in realtà. Dean per il compleanno del suo fratellino a volte gli comprava una torta e Sam in cambio, quando arrivava gennaio, gli saltava addosso come una scimmia per tirargli le orecchie e fargli gli auguri. Poi, però, sono diventati grandi e quell’abitudine è volata via; Sam è cresciuto e la panna la preferiva biologica se proprio doveva mangiarla – il tutto perché è uno scassa cazzo salutista – e poi c’è stato Stanford e il tempo delle torte era passato del tutto. Non che ora volesse riportare in vita quella tradizione, ma in fin dei conti l’ha visto come un modo per sciogliere il ghiaccio che a volte è ancora presente tra lui e suo fratello.
 
Ovviamente l’ha trovato cambiato, gli sembra diverso e non solo perché ha fatto crescere la frangia come una checca e ha le spalle più grosse di come se le ricordava. È cambiato il suo modo di vedere le cose, il suo stile di vita e Dean non sa se si riabituerà mai a quella che, invece, lui non ha mai smesso di condurre. Forse lo vedrà fuggire di nuovo, a un certo punto, sgattaiolare via e riprendere la strada che aveva cominciato a intraprendere da solo. A Dean non va molto a genio l’idea – anzi, è qualcosa che lo spaventa a morte – ma spera che almeno stavolta, in caso dovesse farlo, gli telefonerebbe ogni tanto.
 
Dean sospira ancora e si gratta sotto il mento, leggermente incerto sul da farsi. Può nasconderlo a tutti ma non a se stesso – non perché non voglia, ma perché non riesce più a farlo – e non sa cosa darebbe per avere Ellie con lui in questo momento. Sente la sua mancanza costantemente e più di una volta in questi mesi avrebbe voluto averla accanto anziché conversare con lei tramite una scatoletta metallica.
 
Preme il pulsante verde, porta il telefono all’orecchio ed è ancora la segreteria a rispondere per lei. Dean sbuffa ma non si trattiene e le lascia l’ennesimo messaggio. «Ellie, sono Dean. Non so più che pensare perché sei sparita e… non è che per caso ti sei cacciata in qualche casino? Non farmi stare in pensiero, chiama appena puoi».
 
Riattacca e decide di scendere dall’Impala e raggiungere il suo letto. Quando apre la porta della stanza che hanno affittato per questi giorni, trova Sam ronfare e Dean si toglie la giacca, la camicia, le scarpe e i pantaloni, cercando di fare il più piano possibile per non svegliarlo – per una volta che dorme –; si infila sotto le coperte e osserva il soffitto pieno di crepe sopra la sua testa.
 
Ripensa agli ultimi mesi, a quanto sia stata dura a volte, ma lui poteva contare sul fatto che Ellie ci fosse, sapeva che gli bastava prendere il telefono e chiamarla, per cercare un po’ di conforto o anche, più semplicemente, per fare due chiacchiere e passare il tempo. Adesso che non la sente da un po’ comincia a preoccuparsi, perché non è da lei sparire per tutto questo tempo ed è sicuro che sta succedendo qualcosa.
 
Sospira e chiude gli occhi, cercando di non pensare al peggio e si gira, avvolgendosi meglio nelle coperte. Scacciare tutta quella nuvola di pensieri non è semplice, ma alla fine ci riesce e si lascia andare alla stanchezza, addormentandosi come un sasso.
 
*

La cartina stradale è spiegazzata sopra il tettuccio nero e splendente dell’Impala e Dean osserva suo fratello tracciare con gli occhi il prossimo percorso da seguire. Le mani appoggiate lì sopra e gli occhi fissi sulla carta colorata, Sam sembra uno di quei bambini curiosi e attenti, quelli che cominciano a scoprire il mondo.
Non ha idea del perché suo fratello riesca sempre a sembrargli così infantile e adulto allo stesso tempo. Forse è perché l’ha praticamente tirato su e per lui sarà sempre un moccioso. O forse perché, dopo non averlo visto per due anni, gli fa strano pensare che sia cresciuto tanto.
 
Hanno fatto colazione da poco in una tavola calda qui vicino e Dean mugola soddisfatto mentre beve l’ultimo goccio di caffè rimasto nel suo bicchierone. Avere la pancia piena solitamente gli dà il buonumore, ma stamattina si è svegliato con un po’ di nervosismo addosso. Non c’è un motivo preciso, solo… non si sente se stesso. È un po’ teso e facilmente irritabile.
 
Hanno sostato per qualche giorno a Morrilton, Arkansas, per riposarsi un po’ e mettere a fuoco le idee per poi ripartire per andare a cercare papà.
 
Sam indica un punto preciso sulla cartina e alza gli occhi verso di lui «Allora, se facciamo questa strada possiamo arrivare prima in Pennsylvania [10]. Papà potrebbe trovarsi da quelle parti».
Dean gli ha spiegato qualche migliaio di volte che papà è affanculo per conto suo e che, se si sta comportando in questo modo, significa che non vuole essere scovato, ma la zucca di Sam è più dura del legno massello, quindi ha deciso che lo asseconderà finché non gli crolleranno i nervi. Questo ed altro per il quieto vivere.
 
Non è che lui non voglia ritrovare suo padre, ma piuttosto ha capito il gioco del suo vecchio e sa per certo che, quando vorrà farsi trovare, sarà lui a rintracciare loro e non il contrario.

Dean ascolta l’itinerario che gli sta illustrando Sam senza prestarci davvero attenzione, la testa altrove. Infila una mano nella tasca della giacca di pelle e controlla il telefono; la segreteria lo avverte che c’è un messaggio che non ha ascoltato e Dean compone il numero velocemente per poi appoggiare il cellulare all’orecchio, sperando di sentire proprio quella voce, ma rimane interdetto quanto riconosce quella di qualcun altro, una che non ascoltava da tempo.

«Ciao ragazzo. Spero che tu stia bene, è un po’ che non ti fai vivo. Non so se lo sai, ma… » il cuore di Dean perde un battito perché la pausa che segue quelle parole è troppo lunga e teme che sia davvero successo qualcosa di grave. «Jim è morto. Elisabeth è qui con me adesso, e… beh, credevo tu dovessi saperlo. Se vuoi fare un salto, sai dove trovarci».
 
Il mondo si blocca per Dean e la voce del fratello che gli parla si fa sempre più lontana, distante; non lo ha mai ascoltato davvero, ma ora passa proprio in sottofondo.
 
Gira intorno all’Impala, diretto al posto di guida «Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo fissa; non ha voglia di discutere, ma si rende conto di dovergli dare almeno qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque «Mi ha chiamato Bobby. Ora ho un problema più urgente da risolvere».
Sam stringe gli occhi e lo guarda storto «Più urgente di trovare papà?»
«Al momento sì, non farla lunga» apre lo sportello dell’Impala e si siede sul posto di guida, sporgendo poi il collo verso il finestrino opposto per guardare il fratello che è rimasto ancora impalato lì fuori come un idiota «Muovi il culo e vieni in macchina, andiamo».
 
Sam lo asseconda e sale con un muso lungo qualche chilometro, ma Dean cerca di non badarci e mette in moto, spingendo il piede sull’acceleratore e immettendosi nella carreggiata con un paio di sgommate.
 
Suo fratello potrà pensare ciò che vuole, ma il suo posto, adesso, è con Ellie, perché è sicuro che non c’è nessuna persona al mondo che abbia più bisogno di lui in questo preciso momento.

[1] Riferimento a “Don Chisciotte” e le sue famigerate battaglie contro i mulini a vento.
[2] Riferimento a una delle ultime scene del “Pilot” quando, dopo i due giorni passati con Dean a cercare John, Sam torna a casa da Jessica. 
[3] Dal “Pilot”: Dean va a prendere Sam a Stanford la sera del trentuno ottobre duemilacinque. 
[4] Nell’episodio 5x20 “The devil you know” spunta questo dettaglio sul rapporto tra Sam e Jessica: il fatto che a farli conoscere sia stato Brady, il migliore amico di Sam che poi è stato posseduto da un demone complice di Azazel.
[5] Altro riferimento al “Pilot”: Jessica e Sam, nelle prime scene, partecipano a una festa di Halloween.
[6] I fatti narrati sono quelli dell’episodio 1x12 “Faith”.
[7] Citazione di Sam dall’episodio 1x12 “Faith”: quando chiama John per avvertirlo che Dean sta male usa più o meno queste parole.
[8] Riferimento all’episodio 1x11 “Scarecrow”, quando Sam decide di partire per andare a cercare il padre a Sacramento dopo aver rintracciato la sua telefonata.
[9] Nell’episodio 1x02 “Wendigo” Dean afferma che lui e Sam sono stati una settimana a Stanford dopo l’incendio che ha ucciso Jessica per cercare il mostro che l’ha uccisa.
[10] Riferimento all’episodio 1x13 “Route 666”: in una delle prime scene, Sam dice a Dean di voler andare in Pennsylvania, ma poi cambiano rotta per andare da Cassie, l’ex fiamma di Dean. Visto che la trama di questa storia riparte praticamente da lì, ho pensato di prendere quella scena e modificarla a mio uso e consumo xD



Note: … Sono tornata! :D
Lo so, lo so, l’attesa è stata lunga e vi chiedo scusa per questo, ma non è stato affatto facile completare questa storia. Ci ho lavorato su tre anni e tra impegni vari, università (che mi ha risucchiato l’anima per un sacco di tempo ç_ç balls!) e l’ispirazione che spesso e volentieri si divertiva (solo lei, però) a giocare a nascondino con me, non ce l’ho fatta prima. In più, spesso ho anche avuto l’impressione di non stare andando nella direzione giusta, che la storia stesse prendendo un andazzo che non mi piaceva e questo ha rallentato ulteriormente il tutto. Ma l’importante è che io ce l’abbia fatta :) o no?
Introduzione a parte, eccomi qui a farvi leggere il proseguo delle avventure dei fratelli Winchester in un universo dove esiste una tipa stravagante e cocciuta di nome Ellie Morgan.
Per chi non lo sapesse e si affacciasse per la prima volta a questa storia, questo non è altro che il seguito diWash away”, che potete trovare nel mio profilo. Per chi avesse voglia di recuperarla, certo, altrimenti saltate pure questo “avvertimento”! XD
Questa nuova storia, composta di trentaquattro capitoli, si svolge durante la prima e la seconda stagione di Supernatural. Precisamente, parte da dopo l’episodio 1x12 “Faith”. Riprende alcuni degli eventi principali, altri li tralascia, altri li stravolge. Sicuramente non farete fatica a notare le differenze :) che, ovviamente, spero non vi dispiacciano e non rendano la storia noiosa o troppo distante – chiaramente nel senso brutto del termine – da quella originale. Non posso negare che le parti “comuni” sono quelle che mi hanno terrorizzata di più e spero di non aver fatto pastrocchi.
Come per “Wash Away”, ogni capitolo ha per titolo una canzone o una citazione di qualche illustre personaggio che ha lasciato un’impronta nel mondo; il titolo della storia, tanto per cominciare, è lo stesso della canzone “Make your own kind of music” dei Mama Cass Elliot, che è la stessa signora di “Dream a little dream of me” che dà il titolo alla 3x10 di Supernatural. La canzone, poi, come è successo per “Wash Away”, proviene dall’universo di Lost: apre la prima puntata della seconda stagione e introduce uno dei miei personaggi preferiti della serie. Qui la scena, se siete curiosi di dare una sbirciata :)
Come per la prima storia di questa serie, pubblicherò ogni mercoledì, così da riprendere quella vecchia – e bellissima ♥ – abitudine.
Dopo aver snocciolato tutte (spero) le informazioni utili per leggere questa storia – e aver fatto un po’ di pubblicità a della bella musica e a un bel telefilm, che non guasta mai XD – vi saluto con il cuore in gola e un timido sorriso.
La prima volta che Ellie si è affacciata in questo sito, non mi ha fatto pentire di averla fatta uscire “dal cilindro”. Spero che questo seguito confermi la mia precedente impressione.
Prometto che le prossime note non saranno così lunghe, ma prima di concludere vorrei ringraziare – anche se magari non passerà da queste parti, ma non ho altro modo o posto dove poterle fare – chi ha continuato a leggere “Wash Away” dopo tanto tempo dalla fine. È un’emozione bellissima vedere il contatore delle visite crescere ancora nonostante sia passato tanto tempo. Grazie di cuore! :D
Per finire, vi abbraccio fortissimo, sperando di trovarvi tra i commenti e, naturalmente, la prossima settimana. A presto! :’D
PS: Ricordo a chi se lo fosse perso che, in questi tre annetti di assenza, ho pubblicato un piccolo intermezzo tra “Wash Away” e questa storia (che potete trovare qui) e questa raccolta di missing moment.

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Capitolo 2
*** Incandescent ***


Note: Eccomi qui con un nuovo capitolo :)
Approfitto di questo piccolo spazietto per ringraziare dal profondo del mio cuoricino chi ha visto, letto, messo tra i seguiti questa storia, ma soprattutto chi si è preso un pochino di tempo per dire la sua. Grazie, mi fate sobbalzare il cuore di giUoia! :D *.*
Tra l'altro ho notato che nessuna di voi è particolarmente dispiaciuta per Jim, ma... beh, come biasimarvi? XD
Non vi ho detto che i capitoli di questa storia sono molto, molto lunghi… o meglio, ancora ci teniamo su standard abbastanza normali, ma andando avanti diventeranno più prolissi… spero non sia una pecca XD *si copre gli occhi*
Detto ciò, vi saluto e vi abbraccio forte; a mercoledì prossimo! :D

Ps: vi avevo avvertito che sarei stata più sintetica, poi non dite che non sono di parola! XD

Capitolo 2: Incandescent
 
She is incandescent. (…)
Those vast and fervent eyes took me by surprise.
 
(Samantha Peterson)
 
 
Il rombo dell’Impala risuona feroce nelle sue orecchie, come un richiamo lontano, qualcosa di primitivo, che è sempre appartenuto alla sua vita. Qualcosa da cui, fino a qualche mese fa, non voleva far altro che fuggire. E, forse, è una sensazione che prova ancora oggi.
 
Osserva il profilo del fratello con la coda dell’occhio, stando attento che Dean non se ne accorga.
Non gli è andato giù il fatto che abbia deciso di mollare la pista che avevano trovato e stabilito di seguire per cercare papà per andare da Bobby. Il motivo del viaggio e di tutta quest’urgenza, poi, gli sfuggono.
 
È qualcosa che non ha mai capito della sua famiglia. Fin da quando è piccolo, Sam ha sempre trovato il modo di agire di suo padre e suo fratello molto… strano, a volte quasi incomprensibile. Quello che proprio stenta a comprendere, poi, è il motivo per cui abbiano tutti questi segreti, perché parlino dei loro problemi solo se interpellati – e neanche sempre, perché Dean cerca continuamente di sviare le sue domande e, purtroppo per Sam, spesso ci riesce pure.
 
Tutti fanno fatica ad aprirsi, questo è comprensibile, ma quello che proprio non comprende è il costante alone di mistero che circonda le vite dei suoi familiari, come se i loro progetti e le loro idee dovessero rimanere sempre segreti.
 
La cosa che gli dà più fastidio in assoluto, comunque, è credere che Dean, in fondo, non voglia trovare papà. Sembra quasi nascondersi dietro all’idea che “si farà vivo quando vorrà farlo” e invece a Sam non va bene, non gli piace questa cosa soprattutto perché lui vuole far parte della grande caccia, vuole… vuole trovare il bastardo che ha ucciso Jessica e la sua mamma e farlo a fette. È l’unica cosa che lo tiene in piedi. Perciò tutta questa segretezza e questi continui cambi di programma gli danno sui nervi.
 
Storce il naso, seguendo il flusso dei suoi pensieri e pensa che, alla fine, non riuscirà a cavare di bocca una parola dal fratello se si pone male nei suoi confronti e, nonostante sia ancora un po’ arrabbiato per questa variazione improvvisa, decide di cercare di formulare nella sua testa le domande giuste e si propone di esporle con la dovuta calma, perché ne ha in mente tante e forse, se le farà nella sequenza corretta, potrebbe anche ottenere alcune delle risposte che cerca.
 
Volta la testa verso Dean «Papà ti ha mai detto perché ha litigato con Bobby?» è una delle poche cose che suo fratello gli ha raccontato del periodo che hanno trascorso lontani. Dean non ne parla mai – di come ha passato il tempo e di quello che ha fatto concretamente a parte cacciare – e anche Sam, almeno su questo punto, preferisce non porre troppi interrogativi. Sente che le risposte non gli piacerebbero.
Dean stringe le spalle senza guardarlo «No. So solo che, l’ultima volta che l’ha visto, Bobby gli ha puntato contro un fucile».
Sam sorride al pensiero che uno come papà – ben piazzato, la barba folta e lo sguardo affilato – se la sia data a gambe per un qualche avvertimento di Bobby che, però, in quanto a minacciosità quando ci si mette non scherza. È sicuramente la persona più burbera che Sam conosca. «E perché ti ha chiamato se non ci vede da anni?»
«Non vede te da anni. Quando non c’eri sono andato a trovarlo qualche volta, poi ha litigato con papà e non l’ho più sentito».
Sam aggrotta un pelo la fronte; non ha risposto alla sua domanda «E perché ti ha telefonato, allora?»
«Perché ha un problema che forse posso risolvere».
«Forse?»
«Sì».

Lo osserva con più attenzione: Dean è concentrato sulla strada, i muscoli del viso contratti, il volto teso e le spalle rigide; non capisce bene se è preoccupato, nervoso o se sta così perché si sta semplicemente preparando a schivare le prossime domande. Ciò che sa per certo è che non ha nessuna intenzione di mollare. «Quanto sei criptico».
Dean si volta a guardarlo, stringendo gli occhi con l’espressione di chi aspetta solo un altro quesito per aggredire definitivamente la preda e sbranarla. «Che vuoi sapere, Sammy? Non girarci intorno».
Sam incrocia le braccia al petto, fingendo di non provare fastidio nel sentirsi chiamare così. È un appellativo affettuoso, va bene, ma lo fa sentire così… bambino. Detesta quando Dean lo chiama in questo modo, soprattutto quando ha quella nota da presa in giro nella voce, ma sa che se si soffermasse su questo particolare Dean cambierebbe definitivamente discorso, perciò meglio non approfondire e andare avanti. «Ok, beh… vorrei capire perché sei così preoccupato, per esempio». Non riceve una risposta immediata e ne approfitta per chiedere di più. «O qual è il problema e perché forse lo puoi risolvere».
 
Dean deglutisce e stringe il volante più forte tra le dita. «Ti ricordi Jim Davis, l’amico di papà?» si volta a guardarlo per un istante e Sam annuisce. «Beh, non sono più così amici, ma lui è morto». Spalanca gli occhi per la sorpresa, ma continua a non capire cosa c’entri suo fratello con tutto questo. «E ha una figlia che… è rimasta da sola».
Sam stringe più gli occhi, perplesso, muovendo le spalle lungo il sedile per voltarsi di più nella direzione del fratello «Aspetta, ha una figlia?»
«Parlo una lingua che non conosci, per caso?» Dean fa una pausa, continuando a tenere gli occhi fissi sulla strada, lontani da quelli di Sam. «Sì, ha una figlia. Fino a qualche anno fa non sapeva neanche che esistesse, poi in pratica prima di morire la madre gliel’ha affidata dicendogli che dopo il suo passaggio aveva lasciato un regalino. Jim l’aveva salvata da un Wendigo anni prima».
Sam ci riflette per un lungo istante «E tu cosa c’entri con tutto questo?»
«Quando non c’eri, io e papà abbiamo passato del tempo con loro ed Ellie è un’amica. È da Bobby in questo momento, per questo mi ha chiamato».
Lo guarda arricciando le labbra in una smorfia divertita; forse, finalmente, ha capito qual è il punto. «Un’amica, eh?» Dean si volta per guardarlo in cagnesco e Sam alza le mani quasi a difendersi. «Scusa, è solo che mi sembri più preoccupato del dovuto, insomma più che per una semplice amica… e poi non me ne hai mai parlato».
«Il discorso non è mai venuto fuori prima».

Dean allunga una mano verso la manopola della radio e alza il volume, lasciando che gli AC/DC urlino più forte di ragazze che hanno ritmo [1], impedendo a Sam di replicare.
Lui, in risposta, sbuffa sonoramente, fregandosene del fatto che il fratello sia lì e possa sentirlo; riprende la cartina e la spiegazza velocemente, tracciando con gli occhi il tragitto da seguire.
 
La strada è lunga e il viaggio particolarmente silenzioso. Dean è concentrato sulla strada – apparentemente, almeno, perché in realtà Sam sa che qualcosa gli frulla per la testa e vorrebbe tanto capire cosa – e parla solo se è interpellato. Non è che abbia così tante cose da dirgli – più che altro perché sente di non potergli chiedere ciò che vorrebbe davvero senza rischiare il linciaggio – e dopo pranzo decide di mollare l’osso: appoggia la testa sul finestrino e, dopo qualche minuto, si addormenta. Stanotte non ha riposato a sufficienza – quando mai lo fa ultimamente? – e vuole almeno provare a recuperare qualche ora di riposo.
 
Stranamente dorme tranquillo, senza sognare niente di particolare – ma soprattutto niente di brutto – e quando si sveglia ritrova l’Impala ferma, parcheggiata in quella che riconosce essere l’autorimessa di Bobby a Sioux Falls. Sbatte le palpebre un paio di volte, cercando di passare dal sonno alla veglia il più velocemente possibile.
 
Dà un’occhiata all’orologio; sono le quasi le otto di sera e, facendo un rapido conto, si potrebbe dire che Dean, nel pomeriggio, abbia praticamente volato. Non crede abbia fatto altre pause a parte quella per il pranzo e ok che avevano preso degli snack all’autogrill dove avevano pranzato, ma di solito si fermano almeno un paio di volte durante un viaggio del genere, perlomeno per andare in bagno. A Sam balena l’idea che, in caso di bisogno, Dean possa aver accostato lungo la strada e aver fatto pipì su un cespuglio pur di sbrigarsi e arrivare più in fretta possibile; la cosa non lo stupirebbe.
 
Si volta nella direzione del fratello che gli sorride sghembo «Buongiorno bella addormentata».
Sam risponde con un grugnito e apre lo sportello, uscendo dall’auto e richiudendoselo alle spalle mentre si stropiccia gli occhi con le dita. Dean fa altrettanto e si dirige verso la porta d’ingresso di casa di Bobby.
È esattamente come Sam la ricordava: grande, grigia e apparentemente abbandonata a se stessa, con dell’edera che si arrampica su una parete e un sacco di erbaccia a fare da contorno.
 
Dean bussa alla porta con forza, sbattendo le nocche sul legno e Bobby gli apre poco dopo, il volto cupo e l’espressione un po’ accigliata. Anche lui è come Sam lo ricordava: gli stessi vestiti consumati, lo stesso berretto sciupato, ma soprattutto lo stesso sguardo caloroso che ha sempre riservato loro fin da quando erano bambini.
 
Sorride appena a quel brontolone che lo guarda sgranando un pelo gli occhi, quasi non riuscisse a credere a chi si sta ritrovando davanti. Allora è vero che Dean non ci parla da tanto, o comunque abbastanza da non dirgli che è tornato sulla carreggiata su cui la sua famiglia ha sempre voluto che marciasse.
Bobby abbozza un sorriso che entrambi ricambiano «Però, è bello vedervi ancora vivi», poi si rivolge a Dean «Hai fatto in fretta» e lui annuisce, facendosi più serio «Siamo venuti il prima possibile».
 
Sam continua a non capire veramente il perché di tutta quest’urgenza. Ok che Jim era un caro amico di papà – anche se a lui non è che sia mai andato tanto a genio, con i suoi modi poco accomodanti e il suo disprezzo apparentemente immotivato per i bambini e i più deboli – e va bene che sicuramente ci sarà dietro qualcosa di soprannaturale, ma tutto questo continua a sembrargli un po’… eccessivo. Ma magari è perché c’è qualcosa che ancora non sa.
 
Bobby li lascia passare senza aggiungere altro e li fa accomodare in cucina. Anche quell’ambiente ha un sapore familiare per Sam, troppo; avrà passato una miriade di pomeriggi seduto proprio a questo tavolo, da bambino, con le matite colorate in mano a scarabocchiare fogli bianchi tentando senza riuscirci di trasformarli in un bel disegno o a imparare a leggere o a scrivere le lettere dell’alfabeto. Sam ricorda quei tempi come spensierati e allegri perché, anche se non aveva una mamma e suo papà era sempre in viaggio e lo lasciava sempre con suo fratello a fargli da balia, quello che è venuto dopo – la caccia, gli inseguimenti e tutto il sangue che ha dovuto vedere – è stato decisamente peggiore. 
 
Lui e suo fratello si siedono l’uno di fronte all’altro, Sam che dà la schiena al ripiano dei fornelli e Dean alla porta dello studio, mentre Bobby prende un paio di bottiglie di birra per poi porgergliele. Dean ne afferra una, la stappa e la rigira tra le dita senza berla, gli occhi fissi sul vecchio cacciatore. «Allora? Che diavolo è successo?»
Bobby stringe le spalle «A dire la verità, so molto poco anch’io, ragazzo» fa una pausa, aggiustandosi il berretto sul capo «Non so se lo sai, ma io ed Elisabeth ci siamo sentiti almeno una volta a settimana nell’ultimo anno e mezzo. Spesso è stata per conto suo e volevo sapere come se la stava passando».
Dean annuisce «Lo so».
Sam stringe gli occhi e lo guarda perplesso. Come diavolo fa a saperlo? Ma Bobby riprende a parlare prima che riesca a interrogarsi ulteriormente «Allora saprai anche che per due o tre settimane è scomparsa e non c’era modo di rintracciarla. Poi, qualche giorno fa, mi ha chiamato Caleb [2] per dirmi che… » chiude gli occhi per un istante e sospira forte «Che era successo un casino e che Jim non… non ce l’aveva fatta».
«Che casino?» Sam guarda male il fratello che ha posto la domanda in modo poco garbato; sembra così agitato, ma che cavolo gli prende? Jim non piaceva tanto neanche a lui, a quanto Sam ricorda.
«Ti ho detto che non lo so. Caleb non mi ha detto molto, solo che… che è riuscito a portar via Elisabeth in tempo altrimenti si sarebbe fatta ammazzare anche lei per tentare di salvare suo padre e lei… lei non collabora sotto questo punto di vista» Bobby abbassa lo sguardo per un istante, scuotendo la testa.
Dean sospira «Da quanto è qui?»
«Un paio di giorni. Caleb mi ha telefonato perché voleva che la rintracciassi, visto che è rimasta con lui due o tre giorni e dopo è sparita. L’ho chiamata un’infinità di volte, ma era scomparsa e quando finalmente si è decisa ad accendere quel maledetto telefono ci è voluta tutta la mia pazienza a convincerla a venire qui. E solitamente non ne ho così tanta».
 
Dean si morde il labbro nervosamente e Sam continua a scrutarlo con la massima attenzione; sembra veramente preoccupato.
 
«Dov’è adesso?»
«Di sopra. Le ho detto di andare a dormire, non è… » Bobby storce la bocca in una smorfia dispiaciuta «Non credo sia tanto in vena di chiacchierare» pronuncia quelle parole con voce più bassa, quasi in un sussurro. Anche lui sembra molto angosciato.
 
Lo sguardo di Sam rimbalza da uno all’altro; Dean annuisce, visibilmente sconsolato, ma non fa in tempo a dire o chiedere niente che Bobby punta lo sguardo su Sam, osservandolo con attenzione.
«E tu? Da quanto sei tornato in carreggiata?»
Sam tira le labbra in una linea sottile; avrebbe dovuto immaginare che Bobby sapesse della sua “vacanza” dalla caccia, visto che Dean è stato qui quando lui non c’era, ma gli sembra comunque strano perché non lo vede davvero da un sacco di tempo «Qualche mese».
Bobby annuisce, l’ombra di un sorriso dipinta sulle labbra. «Ti trovo bene».
 
Sam fa spallucce e non ha il tempo di aggiungere altro perché sull’uscio della porta dello studio vede avvicinarsi lentamente una ragazza castana. Ha i capelli abbastanza lunghi e spettinati e gli occhi di un blu intenso visibilmente tristi, qualcosa che, però, forse cerca di nascondere, esibendo un debole sorriso. Indossa una lunga maglietta verde che le arriva quasi fino alle ginocchia con lo stampo di un elefante con gli occhiali disegnato al centro e un paio di pantaloncini gialli che scendono un po’ più in basso. La cosa che più salta all’occhio, però, è il grosso livido che ha proprio sotto l’occhio sinistro, così grande da coprirle quasi tutto lo zigomo, e il piccolo taglio sul labbro inferiore. Sembra anche molto stanca.
 
Sorride appena nella sua direzione e si appoggia allo stipite della porta, per poi bussarci su con le nocche della mano, attirando l’attenzione di suo fratello, che le dava le spalle, e di Bobby, che volta la testa nella sua direzione.
 
«Cristo santo!» Dean si alza dalla sedia con uno scatto e con un paio di falcate le è di fronte. «Chi cazzo è stato a ridurti così?»
Lei tira le labbra in una linea sottile «Ciao anche a te, Dean. Quanto tempo» dalla sua voce non sembra particolarmente contenta dell’accoglienza che le ha riservato suo fratello; abbassa lo sguardo, ma Dean non molla e allunga una mano verso il suo viso per accarezzarle la parte lesa. A Sam è chiaro che l’ha fatto assecondando un qualche istinto – qualcosa che non credeva possedesse, perlomeno non nei confronti di qualcuno che non sia di famiglia –, ma lei presto si scosta, le labbra strette.
«Non è niente di grave, è solo un taglietto».
«Questo lo chiami taglietto? Chi ti ha ridotta così? Che è successo?»
 
Lei abbassa nuovamente gli occhi, quasi voglia sfuggire alle domande che Dean ha pronunciato in modo senz’altro troppo brusco ed è Bobby a intervenire, forse per salvarla da un terzo grado imminente.
«Non eri a dormire tu, signorinella?» il vecchio cacciatore ha la mano appoggiata su un fianco come una donnina offesa e la scruta severo da sotto il berretto.
 
Lei alza le spalle, gli occhi appena più vispi mentre lo guarda quasi divertita – effettivamente Bobby in versione mamma preoccupata fa un po’ quest’effetto – «Non riuscivo ad addormentarmi e ho riconosciuto un rumore familiare» si volta verso Dean e accenna un debole sorriso «Riconoscerei quel rombo tra mille».
 
Dean le sorride, nonostante sia visibilmente inquieto; a giudicare da come la guarda, sembra non vederla da mesi, o addirittura da anni. Non sa perché, ma Sam ha la vaga idea che sia così.
 
Continua a scrutarli, curioso, perché ha l’impressione che questa ragazza sia una persona che potrebbe aver fatto compagnia a suo fratello per molto tempo. L’occhiata che si scambiano la dice lunga sul loro rapporto e i sospetti che per Dean sia di più che una semplice amica si fanno sempre più fondati. Lei gli sorride appena, ricambiando forse con meno slancio.
 
Sam si alza in piedi; crede sia giusto presentarsi, visto che è l’unico a non averla mai vista prima e a non sapere assolutamente niente di lei – che, dai discorsi che stavano facendo Dean e Bobby prima che lei arrivasse, ha capito che si chiama Elisabeth – che lo guarda e sembra davvero incuriosita da lui.
 
Lei gli si avvicina e continua a osservarlo senza dire una parola, un sorriso più spontaneo di quelli che ha rivolto a Dean e Bobby, meno di circostanza. Sam ricambia e le porge la mano destra «Ciao, io… io sono Sam».
Lei allarga un po’ il sorriso «Lo so chi sei» e quelle parole lo lasciano un po’ di stucco, ma cerca di non badarci; lei allunga la mano a sua volta e la stringe «Piacere, io sono Ellie».
 
Sam non le chiede altro, limitandosi a sorriderle appena. Lascia la sua mano e la guarda; a giudicare da come lo osserva, ha l’impressione che sappia molte cose di lui, non solo il suo nome o il grado di parentela che ha con Dean. 
 
Elisabeth – anche se lei si è presentata diversamente, gli fa strano chiamare una sconosciuta con un soprannome – gli rivolge ancora un piccolo sorriso e poi sposta lo sguardo anche su suo fratello «Avete cenato, ragazzi?» Dean fa per dire qualcosa, ma lei continua a parlare «C’è del pasticcio di carne avanzato in frigo, se volete—»
 
Dean la prende per un braccio e la trascina fino alla sedia di fronte a quella dov’era seduto prima con poco garbo, costringendola ad accomodarsi lì. «Sì, ho fame, ma prima ho bisogno di sapere che diavolo ti è successo, perciò ora ti siedi e me lo spieghi».
Lei aggrotta la fronte e lo guarda a mo’ di presa in giro mentre lui si siede davanti a lei «Quanto sei serio» ma Dean fa una smorfia irritata e lei accenna un sorriso praticamente finto; alza le spalle «C’è poco da dire, Dean. È la solita storia della caccia finita male, solo che io sono riuscita a scamparla e papà no».
 
Sam ascolta in silenzio, appoggiandosi al ripiano della cucina; c’è tanta tristezza nella voce di Elisabeth. Passa lo sguardo da Bobby – le braccia conserte e lo sguardo severo e al contempo preoccupato rivolto verso lei e Dean – a suo fratello, chino verso di lei, che si allunga un altro po’ nella sua direzione con i gomiti ben piantati sulle cosce, le sue mani che vanno a stringere quelle di Elisabeth «E perché non mi hai avvisato? Se avevi bisogno di aiuto, di qualcosa… cazzo, sono tre settimane che non mi rispondi al telefono, lo sai che avrei potuto darti una mano».

Sam guarda male il fratello; il suo tono – o meglio, quello con cui ha iniziato la frase – è dapprima troppo brusco ma poi si addolcisce un po’ e il suo viso è contratto in una smorfia preoccupata e solo dopo qualche secondo realizza che cosa le ha detto. L’ha chiamata? Per settimane? E quando, che Sam non si è mai accorto di niente?
 
Per di più, ha come la strana sensazione che dovrebbe lasciarli da soli, ma non lo fa, forse perché quella ragazza lo incuriosisce. Sicuramente il comportamento di suo fratello – che da quando è qui è diventato più strano del solito – lo intriga parecchio.
«Non mi andava. Sono state giornate pesanti, volevo stare da sola. E comunque sto bene».
Elisabeth si stropiccia gli occhi con le dita di una mano, lasciando per un istante quelle di Dean, e dà a Sam l’idea che sia veramente stanca, ma Dean non sembra aver intenzione di mollare l’osso. «E che è successo a Jim?»

Sam lo fulmina con lo sguardo – di nuovo – e lei china la testa, sospirando forte.
«Ascolta, non mi va di parlarne. Ho solo bisogno di dormire, è qualche notte che non riesco a chiudere occhio perciò, se non ti dispiace, vado di sopra. Ero solo venuta a salutarti e a conoscere Sam».

Batte una mano su quelle di Dean un paio di volte prima di lasciare la sua presa e si alza, si avvicina alla dispensa per prendere una tazza e riempirla con un liquido fumante e chiaro che era riposto in una vecchia teiera appoggiata sui fornelli – a giudicare dal colore dovrebbe essere camomilla o qualcosa del genere – e se ne torna di sopra senza dire più nulla.
 
Dean la segue con lo sguardo, l’espressione in volto di chi non capisce qualcosa. Sam comprende la sua preoccupazione: ha capito che ha un legame piuttosto profondo con quella ragazza, probabilmente anche corrisposto, e sa che quando fa così, quando insiste su qualcosa, è perché ci tiene a risolverla, però forse avrebbe potuto andarci più piano e darle un po’ più di spazio e di tempo per farsi raccontare quello che vuole sapere.
 
Bobby si avvicina a Dean, appoggiando una mano sulla sua spalla «Te l’ho detto, ragazzo. È stanca e non ha voglia di parlare, dalle un po’ di tempo» lui annuisce, le labbra tirate in un sorriso forzato. Non sembra neanche aver voglia di nascondere troppo quello che prova, la preoccupazione che sente. Anche Bobby pare essere molto dispiaciuto «Non l’avevo mai vista così. È… »
«Triste» Dean finisce la frase per lui e Sam continua a osservarli attento, quasi stesse guardando il suo film preferito, scrutando ogni piccolo movimento del viso di suo fratello e di Bobby. Nessuno gli aveva mai parlato di questa ragazza prima, ma da come ne stanno discutendo questi due è come se adesso la trovassero completamente diversa da come entrambi l’hanno conosciuta.
 
Sam si siede nuovamente e deglutisce «Lei e Jim erano… erano molto legati?»
Dean si volta a guardarlo, una smorfia sarcastica stampata sulla faccia «Oh, lei sì. Ha fatto di tutto pur di compiacerlo» c’è una nota critica nella sua voce, come se fosse… arrabbiato per qualcosa, rispetto a questo aspetto della faccenda «Jim non saprei» alza le spalle «Ellie mi ha detto che le cose andavano meglio ultimamente, ma io non c’ho mai creduto fino in fondo».
Sia Bobby che Sam aggrottano la fronte, ma è Bobby a parlare «Perché?»
«Beh, non ti ricordi come la trattava, prima? Sembrava che neanche esistesse per lui» scuote appena la testa «Ma… non so, forse è solo una mia sensazione» appoggia i gomiti sul tavolo e arriccia le labbra «Beh, ma… quel pasticcio di carne si può mangiare?» e Sam sa con assoluta certezza che questa non è altro che una scusa per non parlare più di questa storia. Almeno al momento.
 
Apparecchiano con un paio di tovagliette striminzite, piatti e posate; Bobby fa loro compagnia bevendosi una birra perché dice di aver già mangiato e li guarda mentre Dean sembra strafogarsi e Sam, invece, si gusta piano la sua porzione, trovandola piuttosto buona. Qualcosa gli dice che questo pasticcio di carne non è opera di Bobby.
«È ftata Ellie a cucinare, vero?» Dean parla a bocca piena – come fa praticamente sempre – e, a giudicare dalle sue parole, evidentemente anche lui ha avuto questo sospetto; Bobby annuisce e Dean sorride compiaciuto «Lo fapevo, è buoniffimo».
Sam sorride appena e manda giù il boccone «È brava in cucina?»
Stavolta è Bobby a rispondergli «Sì, molto. E in questi giorni non c’è verso di toglierla da lì. Dice che così non pensa. Ha cucinato… boh, per un esercito, anche se eravamo solo io e lei».
 
Il sorriso di Dean si trasforma in una smorfia amara. Da che è entrato, Sam ha notato che l’atteggiamento di suo fratello è cambiato, soprattutto dopo aver visto quella ragazza. Ora lo guarda e non fatica a notare quanto i suoi occhi brillino, proprio come le luci dell’albero di Natale la sera del ventiquattro dicembre – quello che a casa sua, se così può chiamare tutte le stanze di motel che ha frequentato nella sua vita, non è praticamente mai esistito –, uno sguardo molto diverso da quello che aveva nei giorni precedenti; qualcosa che, però, è minato da tanta apprensione.
 
Lo squillo di uno dei telefoni di Bobby interrompe il suo flusso di pensieri; il vecchio cacciatore si alza e Sam lo guarda dirigersi verso il salotto, nella solita postazione dove ricordava che tenesse almeno tre o quattro apparecchi.
Rimane in silenzio per un istante; ormai ha capito che questa storia tormenta parecchio suo fratello, abbastanza da fargli saltare in aria tutti i loro piani e farlo rimanere più a lungo a casa di Bobby, ma soprattutto lontano dalla ricerca di papà. Solo che vuole che glielo chieda, perché Sam può essere dispiaciuto per questa storia, sì, ma le sue priorità, al momento, sono ben altre.
 
Dean beve un sorso di birra e lo guarda, leccandosi le labbra. «Senti, Sammy… » rimane un attimo in silenzio, la bocca leggermente storta in una smorfia pensierosa «Ti dispiace se rimandiamo la caccia a papà? Almeno per adesso, io… » si passa una mano sul mento e Sam vuole evitargli lo “strazio” di concludere il discorso, tanto lo sa dove vuole andare a parare.
«Ok. Insomma, se ci tieni a rimanere… papà può aspettare per un po’». Dean annuisce soddisfatto e con quello sguardo – così sincero e luminoso – sembra quasi volerlo ringraziare. Questo, però, non impedisce a Sam di dirgli come la pensa. «A me, comunque, sembra solo una ragazza che ha appena perso il padre. È comprensibile che sia… schiva» e il suo è un chiaro riferimento al discorso che facevano Dean e Bobby poco prima.
Dean scuote la testa, deciso «Perché non la conosci» prende ancora una volta la birra in mano e ne beve un lungo sorso, evitando per qualche istante gli occhi di Sam. Comunque, sta di fatto che se uno come Dean – che è solito decidere per tutti – gli abbia addirittura chiesto se ha voglia di rimanere a tener d’occhio questa ragazza, vuol dire che crede che la situazione sia piuttosto grave. Anche se lei l’ha fatto passare come un incidente di caccia qualunque.
 
Tutto questo, però, ha acceso ancora di più la curiosità di Sam che, ahimè, non può più fare altre domande perché Bobby torna da loro, sospirando irritato. Si siede e sposta lo sguardo da Dean a Sam e viceversa «Allora, come ve la state passando?»
 
Chiaramente Bobby non conosce la loro attuale situazione – da quanto ha detto, Dean non ci parla da un po’ e Sam non è da meno – e spiegano velocemente la questione al vecchio cacciatore, snocciolando i fatti essenziali: papà è andato a caccia, è sparito, non si trova, bla bla bla. Bobby li ascolta con interesse, ma liquida la conversazione con un semplice «Beh, conoscete vostro padre… si farà vivo quando lo crederà opportuno» il che è un punto a favore di Dean che cela malamente – anzi, non ci prova nemmeno – il sorriso compiaciuto che gli si disegna sulle labbra, quasi a dire a Sam “vedi che ho ragione io?” come fanno i bambini piccoli. Ogni tanto Sam ha l’impressione che il cervello di suo fratello non sia poi così adulto – perlomeno non più del suo come dovrebbe essere – e questa è una delle occasioni.
 
Per tutto il resto della serata, i tre parlano di tutto e di niente, ricordando cacce passate e vecchi aneddoti. Un paio di volte Sam si estrania dai loro discorsi, pensando per qualche istante a come niente di questo mondo sembri appartenergli più. Bobby e Dean sono assolutamente a loro agio, parlano di fucili e uccisioni di mostri come se niente fosse, e invece a Sam sembra tutto così lontano, come quando progettava di andarsene a Stanford. Ascoltava i discorsi di suo padre e suo fratello e li percepiva come se fossero anni luce da lui, distanti e così differenti da fargli chiedere cos’aveva da spartire con quelle persone. Adesso che c’è ricaduto dentro, gli sembra come allora, anche se sono cambiate un sacco di cose.
 
Quella ragazza non si fa vedere per tutta la sera e Dean sembra nascondere bene il nervosismo di averla così vicina e non poterci parlare, qualcosa che Sam percepisce quando lo vede voltarsi un paio di volte verso le scale, come se avesse sentito un qualche rumore sospetto. Per tutto il resto del tempo, però, sembra tranquillo e spensierato come al solito.
 
Bobby ovviamente non si fa problemi ad ospitarli – d’altronde l’ha sempre fatto, fin da quando erano bambini – ed è la morra cinese a stabilire chi dei due dormirà sul pavimento e chi si beccherà il divano. Sam, che conosce fin troppo bene le mosse del suo avversario, straccia Dean senza sforzo, giocando prontamente sasso. Dean sbuffa sonoramente e borbotta qualcosa come «Il solito fortunato» prima di prendere una coperta e appoggiarla a terra a mo’ di materasso.
 
Sam si toglie la camicia e le scarpe e si stende sul divano, constatando immediatamente che il plaid è decisamente più caldo di quelli che si è messo addosso negli ultimi mesi passati in stanze rimediate di motel di passaggio.
 
Un po’ gli sembra strano essere a casa di Bobby. È l’unico luogo che sente di avere caro, in cui ha veramente dei bei ricordi – forse gli unici della sua vita da cacciatore. I ricordi davvero belli sono tutti bruciati insieme a Jess nella casa che condividevano a Palo Alto e talvolta gli sembrano lontani, confusi.
 
Stringe gli occhi tra il pollice e l’indice, deciso a scacciare via quei pensieri per poi chiuderli e lasciare che il sonno – dopo molto pensare – prenda il sopravvento su di lui.
 
La notte, però, non è così clemente con lui e Sam sogna ancora il fuoco e la carne calda di Jessica squagliarsi sul soffitto, un sogno così simile a quella che poi si è rivelata essere la realtà, qualcosa che Sam vedeva anche prima di quel maledetto giorno d’inferno.
 
Al mattino si alza di buon’ora, decidendo tacitamente che si sente più al sicuro fuori dal letto – o dal divano, in questo caso. Osserva Dean, sdraiato a pancia in su, che dorme beato – un braccio a stringere la coperta e a tirarsela al petto e la testa inclinata da un lato, verso la porta della cucina – e decide di non svegliarlo; è ancora presto.
 
In bagno si dà una lavata e indossa una camicia pulita a quadri nera e rossa per poi dirigersi in cucina dove trova quella ragazza, Elisabeth. È di spalle, ancora quella maglietta verde e quei bizzarri pantaloncini gialli addosso e ha i capelli raccolti in una coda storta; anche se qualche ciuffo sfugge al resto, è decisamente più pettinata di ieri sera.
 
È pensierosa e ferma davanti al frigorifero che tiene aperto con una mano; si volta quando sente il rumore dei passi leggeri sul pavimento e gli rivolge un sorriso.
 
«Buongiorno Sam» a guardarla sembra che almeno un po’ abbia dormito, pare più riposata di ieri. Sam si porta una mano sulla bocca per coprire il suo sbadiglio e la saluta con l’altra. «Hai dormito bene?»
Lui annuisce, anche se non è proprio la verità. «Il divano non è il posto più comodo di questa casa, ma c’è a chi è andata peggio» Elisabeth sorride appena, sicuramente capendo a cosa Sam sta alludendo; prende delle uova e richiude il frigorifero, appoggiandole poi sul tavolo.
 
Sam si siede, dando le spalle alla porta dello studio, e la vede indaffarata nel preparare la colazione e proprio non capisce come mai lei abbia attirato così tanta attenzione nel fratello. Insomma sì, è carina, molto semplice e graziosa, ma non si può certamente dire che sia il tipo di Dean. Sam l’ha visto saltare in molti letti e spassarsela con molte donne e sa quali sono più o meno i suoi canoni standard: di solito, sono tutte obiettivamente e incredibilmente belle, prosperose, visibilmente vogliose e questa ragazza, almeno all’apparenza, non sembra avere assolutamente nessuna di questa caratteristiche.
 
È decisamente carina, questo sì. Non è di certo al suo meglio, adesso, e magari vestita diversamente e più riposata farebbe tutto un altro effetto, ma porterà una seconda, al massimo una terza scarsa di reggiseno e pare essere tutto fuorché disinvolta in quel senso. Non che sia un male se suo fratello sia interessato per una volta a una ragazza più intelligente che bella, ma Sam trova questa cosa piuttosto bizzarra ed è decisamente un altro degli aspetti che più lo incuriosisce di tutta questa faccenda.
 
Lei appoggia il latte sul tavolo e quel piccolo tonfo riscuote Sam da quei pensieri. Sorride e una domanda esce fuori dalla sua bocca senza che riesca a frenarla in tempo «Cucini sempre così tanto?»
Elisabeth gli sorride appena «Quando sono ospite di qualcuno che ha una cucina agibile sì. Mi piace sdebitarmi con le persone e cucinare tiene la mia mente occupata».
Sam annuisce, pensieroso, riflettendo sulle parole di Bobby della sera prima. Forse è così che si è guadagnata il rispetto di quel vecchio brontolone: non restando con le mani in mano. Chiunque, al suo posto, dopo una tragedia di questo tipo, probabilmente avrebbe preferito passare tutto il giorno a letto a piangere, mentre lei sembra più… attiva, meno incline a questo tipo di comportamento. Anzi, forse farebbe bene a prendersi del tempo per sé per riposarsi, visto che deve aver passato dei giorni difficili e magari è qualcosa di cui ha bisogno.
 
«E lo… conosci da tanto?» lei alza ancora lo sguardo su di lui, perplessa «Bobby, intendo».
Elisabeth sembra pensarci qualche istante «Da un paio d’anni, più o meno» poi sorride, visibilmente curiosa «Perché?»
Sam si gratta la nuca, rendendosi conto di essere capitato in una specie di vicolo cieco. «Beh, sono… insomma, Bobby non è uno che lascia toccare le sue cose a chiunque. Ero solo… curioso, diciamo così».
Elisabeth lo osserva decisamente perplessa, poi annuisce «Mi ha aiutata più di una volta, quando mi sono cacciata nei guai e quando non avevo nessun altro a cui rivolgermi».
 
Sam si morde il labbro, pensieroso. Forse essere tempestata di domande non è esattamente quello di cui Elisabeth ha bisogno, perciò decide di smettere di fare indagini. Scoprirà quello che gli interessa pian piano, tanto Dean non ha la minima intenzione di smuoversi da qui presto, a quanto pare.
 
Continua ad osservarla mentre lei prende degli altri oggetti dalla dispensa, appoggiandoli poi sul tavolo: pane da imburrare, burro, succo di frutta, cereali e biscotti. C’è da chiedersi se si è resa conto che sono solo in quattro in quella casa e non in venti. Sembra stia apparecchiando per un reggimento di soldati affamati.
 
Si volta ancora per sbattere le uova su un pentolino e metterlo sul fornello «Tu, invece, sei il ramo sapiente della famiglia, giusto?»
Sam si riscuote dai pensieri ascoltando quelle parole e stringe le spalle «Così dice mio fratello» e vorrebbe tanto chiederle cos’altro le ha detto di lui, come mai ha l’impressione che sia a conoscenza di tante cose sul suo conto, ma non ne ha il tempo, perché una manata sulla schiena lo fa voltare e si ritrova davanti la faccia da schiaffi di suo fratello che gli sorride sghembo. Lo saluta con un cenno della testa e lo sguardo di Dean passa da lui a Elisabeth «State già facendo amicizia, vedo».
Sam fa spallucce e lo guarda avvicinarsi a lei e stringere il bordo di marmo del ripiano della cucina tra le dita di entrambe le mani, come se fosse indeciso su qualcosa; l’attira un po’ a sé poco dopo, mettendole il braccio sinistro intorno alla schiena. Lei lo guarda e quello che si delinea sulle sue labbra è un sorriso smorto; sono più i suoi occhi a sorridere a Dean che invece lo fa anche con la bocca e sembra così… tranquillo, al suo fianco, quasi che averla accanto gli provochi tanta serenità.
 
Dean continua a tenerla stretta – amica, sì… ma chi vuoi prendere in giro, fratello? –, ma lei si libera alla svelta della sua presa, allungando una mano per spegnere il fornello e poi mettere il pentolino con le uova strapazzate sul tavolo accanto al resto delle pietanze. Si siede di fronte a Sam e Dean si avvicina solamente, allungando una mano per rubare un biscotto dalla scatola e rimanendo in piedi dietro alla sedia di Elisabeth.
Sam si versa del caffè e li osserva: prima lei era più tranquilla, più rilassata, mentre ora, con Dean al suo fianco, sembra tesa come una corda di violino. Probabilmente anche suo fratello ha riscontrato qualcosa di insolito nel suo comportamento, perché la osserva con una certa… insistenza, quasi si aspetti che lei gli dica qualcosa.
 
Dean appoggia una mano dietro lo schienale della sua sedia «Sai Ellie, stavo… stavo pensando che ti devo ancora una gita qui a Sioux Falls» sorride appena nel dire quella frase, forse per convincersi a proseguire «E mi chiedevo se… se oggi ti andava di farci un salto. È una bella giornata, possiamo fare una passeggiata».
Elisabeth non si volta; afferra la sua tazza di latte e cereali tra le dita e sorride amara «Così puoi farmi meglio il terzo grado?»
 
Dean aggrotta le sopracciglia, visibilmente sorpreso da quella risposta. «Io non voglio farti nessun terzo grado. Voglio solo capire cosa ti è successo nelle ultime settimane».
«Non sono io ad averci rimesso le penne, perciò non c’è niente da raccontare. Se non l’hai ancora capito, non voglio parlare di niente. Non voglio parlare con te».
A Sam basta guardare il fratello per sapere come si sente: il suo sguardo è così dispiaciuto, ma anche arrabbiato e se c’è rimasto male per quella risposta di certo sta cercando di non darlo a vedere, ma i suoi occhi parlano per lui e quello che Sam ci vede dentro è qualcosa che non promette niente di buono.
Elisabeth riporta la sua attenzione sulla sua tazza e Dean stringe di più il bordo della sedia con le dita «È per questo che non mi hai risposto al telefono per intere settimane? Sarei venuto a cercarti se Bobby non mi avesse chiamato, perché sei sparita e non ti sei neanche degnata di farmi sapere che cazzo stava succedendo».
 
Lei si volta a guardarlo con uno scatto «E non ti è venuto in mente che forse non ne avevo intenzione? Che non volevo dirti dove stavo?» si alza in piedi sbattendo la tazza sul tavolo ed è furiosa, trasuda rabbia da tutti i pori e Sam ha l’impressione che Dean sia tanto sorpreso dal suo atteggiamento, almeno quanto lui.
 
Nessuno dei due sembra curarsi del fatto che lui sia lì e stia ascoltando ogni cosa «Ma che cazzo ti ho fatto?» il tono della voce di Dean è più alto, segno evidente che si sta arrabbiando sul serio «Mi sono precipitato qui non appena ho saputo, per non parlare di—»
«Ma nessuno te l’ha chiesto!» anche Elisabeth urla, furibonda «Devi smetterla di preoccuparti per me. Non sono una bambina, non devi entrare nella mia stanza di notte e mettermi la coperta addosso e non—»
Dean spalanca gli occhi «Allora eri sveglia!»
«Sì e volevo dirti di andartene perché non ho bisogno del maggiordomo. Me la cavo da sola, l’ho sempre fatto».
«Ma non capisci che sono qui solo per cercare di starti vicino? Tuo padre—»
«Mio padre non c’è più e non mi pare ti abbia mai detto di farmi da balia una volta morto, quindi lasciami in pace!» urla ancora e Dean ha gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia e lo stupore ma lei non sembra spaventarsi «Il fatto che siamo stati a letto insieme un paio di volte non ti dà il diritto di sorvegliarmi a vista e di farmi da baby-sitter. Se ti sei preso una cotta per me, fattela passare».
 
Non ha alcuna pietà nel dire quelle parole e Dean rimane immobile a guardarla allontanarsi e poi dirigersi al piano di sopra e sbattere con forza la porta di quella che dev’essere la stanza che le ha lasciato Bobby per questi giorni, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Aspetta qualche istante prima di puntare gli occhi verso Sam che neanche si sforza a cercare di far finta di niente.
 
Suo fratello si lascia cadere sulla sedia, la testa appoggiata a una mano e il gomito ben piantato sul tavolo, mentre con l’altra afferra il cucchiaio e lo butta nella sua tazza di caffè che gli schizza da tutte le parti finendo anche sul legno.
 
Sam non sa cosa dire; le certezze che cercava sulla natura del loro rapporto sono arrivate – anche se non ce n’era poi così bisogno, non dopo il comportamento ambiguo del fratello – anche se non capisce fino in fondo perché Elisabeth ce l’abbia tanto con Dean e ha l’impressione che non lo comprenda neanche lui.
 
Vorrebbe dire qualcosa, ma Dean si alza, prende la tazza di caffè e lo butta nel lavandino. Fa scorrere l’acqua per un po’ e poi comincia a togliere la sua roba dal tavolo. Non alza mai lo sguardo verso Sam, fa tutto quello che deve fare in silenzio e Sam quasi si sente in colpa perché, per la prima volta da che lo conosce, non sa davvero cosa dirgli. Quando trova il coraggio di farlo, Dean va verso il salotto senza rivolgergli né un’occhiata né una parola e Sam sospira forte, rendendosi conto che tutta questa storia è più complicata di quanto si aspettasse.

 

[1] “Girls got rhythm” è una canzone degli AC/DC contenuta nell’album “Highway to Hell”.
[2] Nella prima stagione, spesso viene nominato un cacciatore di nome Caleb, uno dei misteriosi amici di John che compare di sfuggita solo nell’episodio 1x21 “Salvation”. Ho pensato che anche Bobby potesse conoscerlo.

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Capitolo 3
*** Hurt ***


Note: Eccomi qua! Buon mercoledì a chiunque passi da queste parti! :D
Come promesso, ecco il terzo capitolo appena sfornato o meglio appena revisionato, che i refusi son sempre dietro l’angolo XD
So che forse, soprattutto chi ha seguito la storia dall’inizio si aspettava una chiusa diversa nel capitolo precedente, che… che le cose fossero un pochino – ino eh, che si sa che a me non piace la pappa troppo scodellata come si dice dalle mie parti xD – più semplici, ma prometto solennemente che a tutto c’è una spiegazione. Ve lo aaaassicuuuuro :D Conoscete un po’ tutti Ellie, ormai, e sapete che, per quanto sia una che se si arrabbia dice spesso cose che non pensa, non è una iena. Perciò a tempo debito esporrà le dovute spiegazioni.
Per il resto, approfitto ancora una volta di questo angolino per ringraziare tutti, ma proprio tutti quelli che sono passati da queste parti, anche i più silenziosi. Aspetto di sentire la vostra voce eh, che mi fa sempre piacere! :D Anche per dirmi che fa schifo eh, che un parere sincero è per me sempre qualcosa da cui prendere uno spunto di riflessione. 
Detto questo vi auguro un buonissimo proseguimento di settimana e vi aspetto alla prossima! Un abbraccione! :D


Capitolo 3: Hurt

It’s a lot easier to say you’re mad
 than to admit you’re hurt.
 
(Unknown)

 
Casa di Bobby è proprio come la ricordava: silenziosa, fredda e polverosa, eppure un posto tanto accogliente Sam non l’aveva mai visitato. Almeno prima di Stanford e di quel delizioso appartamento che condivideva con Jessica a Palo Alto.
 
Si guarda intorno curioso, cercando di individuare se ci sono o meno differenze da come se la ricordava: la carta da parati verde della cucina con disegnati dei fiori gialli, le finestre – una alle sue spalle e l’altra alla sua sinistra – dello stesso colore; il tavolo di legno al centro della stanza che una volta Bobby affiancava al muro, Sam se lo ricorda bene, e che ora che sono di più ha deciso di spostare; le mensole beige e il frigo bianco, il forno e i ripiani su cui sono installati fornelli e lavandino. Accostata alla parete accanto alla porta c’è una libreria, anch’essa di legno, su cui Sam può leggere i titoli più vari e, da quella porta scorrevole, può scorgere lo studio: il grosso tappeto persiano, la scrivania, il quadro posto al centro delle due lampade a forma di candela, un altro scaffale farcito di libri sulla sinistra, la carta da parati aranciata che ricopre tutta la stanza. [1] È tutto più o meno come lo ricordava, così in contrasto con la sua casetta di Stanford, piccolina e semplice, con un letto spazioso perché Jess diceva che Sam era troppo grande per entrare ovunque e una cucina e un bagno e tutto l’essenziale per vivere, che loro due non avevano bisogno di troppo per stare bene. Gli bastava stare l’uno accanto all’altra, condividere gli spazi e la quotidianità.
 
Sam si morde forte il labbro inferiore, grattando il bordo della tazza che ha poggiato sopra il tavolo con le dita; è difficile scacciare pensieri simili se ogni cosa lo riporta alla sua vita con Jessica, al loro stare insieme. Si dice spesso che gli passerà, prima o poi, che col tempo la ferita si rimarginerà ma è ogni giorno più dura nonostante siano passati diversi mesi.
Scuote appena la testa, cercando di non pensarci e si concentra di nuovo sull’ambiente che lo circonda.
Si aspettava qualche cambiamento più sostanzioso, visto che adesso c’è un’altra persona a condividere quelle mura con lui e Bobby e suo fratello, ma in realtà è tutto esattamente come si ricordava. Forse un po’ meno polveroso, visto che Elisabeth passa spesso un panno sui mobili, per togliere via il pulviscolo che vi si posa sopra.
 
Se c’è una cosa che Sam ha notato di lei è che è davvero instancabile: dopo aver preparato la colazione per tutti, passa le giornate a cucinare e a riordinare e pulire le varie stanze della casa. Ieri, ad esempio, ha cominciato a mettere lo zampino nello studio di Bobby che, dopo aver brontolato un po’, alla fine l’ha accontentata e le ha dato il permesso di occuparsi dei suoi libri e di metterli in ordine – “purché io riesca a trovare la mia roba poi, ragazzina!”.
 
Lei sembra tranquilla quando “lavora” o si tiene impegnata in qualche modo, molto di meno quando si ritrova Dean nella sua stessa stanza e deve condividere il suo spazio vitale con lui.
 
Sono ormai passati un paio di giorni da quando ha fatto quella sfuriata a suo fratello e Dean è diventato intrattabile: risponde a monosillabi quando gli si fa una domanda, ha sempre il muso, sta poco in compagnia e preferisce isolarsi ed è così irrequieto che la notte, quando Sam non riesce a dormire, lo sente rigirarsi sotto la sottile coperta prestatagli da Bobby, come se non riuscisse a trovare pace per prendere sonno. Gli pare strano, poi, perché l’ha sempre visto addormentarsi in qualsiasi modo e in qualsiasi posto, anche il più scomodo – come il pavimento del salotto di Bobby, appunto –, anche con i peggiori pensieri a ronzargli nella testa.
L’altra sera, ad esempio, ha avvertito le coperte muoversi e ha allungato un po’ la testa per sbirciare cosa stesse facendo, trovandolo con un braccio sopra la fronte e gli occhi spalancati, mentre osservava il soffitto con l’aria afflitta.
 
È evidente che uno come lui, che è tanto orgoglioso e che probabilmente ha collezionato più consensi che rifiuti nella sua onorata carriera di Don Giovanni, si sia sentito ferito dalle parole di Elisabeth. Lo sarebbe stato chiunque, ma è chiaro che l’ha presa proprio di petto.
Di solito è anche più restio a mostrare quello che sente e nasconde ogni magagna dietro un sorriso o una battuta più o meno spiritosa, ma stavolta non sembra averne alcuna voglia.
 
Sam l’aveva capito che c’era qualcosa che non gli stava dicendo. Non ci voleva di certo un genio, perché quando Dean parla a stento significa che ha qualcosa da nascondere e quando l’ha visto insieme a quella ragazza è stato facile fare due più due. Non capiva quanto a fondo si fosse spinto il loro rapporto, ma era palese che ci fosse un legame, perché lui era troppo preoccupato, forse più per lei che per la morte di Jim – a cui, a quanto si ricorda, non era chissà quanto affezionato. E poi avevano quel modo di guardarsi e chiunque avrebbe capito da lontano un chilometro che c’era qualcosa tra di loro. È bastata la sfuriata di lei, poi, a rispondere alla sua domanda, a fargli capire se il loro rapporto fosse puramente platonico o meno.
Certo, avrebbe preferito saperlo da suo fratello, ma sa com’è fatto perciò non è arrabbiato per questo. Non comprende tutta questa segretezza, il motivo di fondo per cui è rimasto tanto in contatto con una persona – perché, da quanto ha intuito, Dean ed Elisabeth si sono sentiti per molto tempo – senza accennargli nulla, senza parlargli di lei che dev’essere molto importante per lui, tanto da farlo precipitare qui come un pazzo e da farlo rimanere così male per le urla che lei gli ha buttato addosso.
 
L’altro giorno, dopo che è successo tutto quel casino, Dean non ha parlato più con nessuno. La mattina ha preso l’Impala, se n’è andato senza dire nulla ed è sparito per ore; è tornato che era ora di cena e puzzava di alcol da morire. Bobby ha provato a parlargli, a chiedergli qualcosa, ma Dean ha risposto a mezza bocca, strascicando le parole ed è andato a dormire quasi senza toccare cibo. Proprio lui che ha sempre fame. Tutto questo sotto gli occhi attenti e non troppo mortificati di Elisabeth, che non ha detto una parola e non ha neanche accennato a provare a scusarsi o a dirgli qualcosa.
 
Sam si è anche preoccupato quando non l’ha visto tornare neanche per pranzo e l’ha chiamato tre o quattro volte, ma aveva sempre il telefono staccato e poteva solo sperare che stesse bene. Ha tirato un sospiro di sollievo quando l’ha rivisto comparire, nonostante fosse in condizioni ben peggiori di quando era uscito.
 
In tutta questa storia, comunque, c’è ancora qualcosa che non lo convince, perché lei sta sulle sue, è vero, ma lo guardava in un modo particolare quando sono arrivati, con un certo… trasporto, uno sguardo che raramente altre donne hanno avuto per Dean che ha sempre concesso poco di se stesso alle signorine – per usare un termine carino, perché quello che sta pensando Sam è decisamente più offensivo – in cui si è imbattuto. Loro lo ricambiavano allo stesso modo, guardandolo con una lussuria che avrebbe fatto invidia a chiunque ed era questo che faceva girare la testa a suo fratello: l’idea di spassarsela per un’intera notte senza avere nessuna responsabilità nei loro confronti il mattino seguente. Questo, però, a giudicare anche da come ci è rimasto quando Elisabeth gli ha detto quelle cose, non vale per lei.
 
In un certo senso, comunque, Sam la capisce. Anche lui ha passato un brutto momento subito dopo la morte di Jessica ed è lontano dal passargli, perciò comprende la rabbia di quella ragazza e il suo desiderio di stare in solitudine, di non ascoltare domande e rotture di scatole. Lui, però, ha avuto Dean che gli è stato vicino in modo discreto per tutto il tempo, a volte beccandosi anche la sua rabbia e delle sfuriate che, se potesse, vorrebbe cancellare, ma la sua ragazza è morta bruciata su un maledetto soffitto e, cavolo, si sentiva autorizzato ad avercela col mondo intero, che nessuno poteva essere più arrabbiato di lui. O almeno era quello che pensava prima di incontrare Elisabeth, che sembra decisamente fuori di sé.
 
C’è qualcosa che stona nel quadro d’insieme, comunque, qualcosa che Sam ha l’impressione che Dean non abbia notato, disperato com’è, ma che a lui, invece, non è passata inosservata. Elisabeth potrà avercela con lui per qualsiasi motivo, perché è stato brusco quando l’ha vista o per qualsiasi altra causa che, per ridurla a trattarlo in quel modo, deve essere bella forte, ma c’è una cosa che la tradisce: i suoi occhi. Sam l’ha osservata tanto, sempre attento a non farsi beccare e a rimanere più in disparte possibile in tutta questa faccenda, ma ha notato che quando guarda Dean i suoi occhi sono diversi, più profondi. Forse è solo una sua sensazione e magari anche sbagliata, ma Sam è convinto che il sentimento di Dean non sia a senso unico, che anche lei, nonostante sembri il contrario, gli sia molto legata e provi un affetto molto profondo nei suoi confronti. Perlomeno questo è ciò che gli suggerisce il suo istinto.
 
Probabilmente è il dolore a offuscarle i pensieri e, davvero, è una sensazione che Sam conosce talmente bene che non riesce a giudicarla male, nonostante sia convinto che avrebbe potuto andarci molto più piano con Dean, soprattutto perché qualcosa gli dice che sapeva benissimo che ci sarebbe rimasto male. 
 
Sam li ha osservati molto in questo paio di giorni e non gli è sfuggito il gioco di sguardi che si rivolgono di nascosto, quando uno non si accorge che l’altra lo sta guardando e viceversa. Proverebbe anche a dirlo a Dean, magari in un momento in cui sono da soli, per cercare di tirargli su il morale – il suo interesse per quella ragazza è, per Sam, ormai più che palese –, ma ha paura che, anziché ottenere il risultato sperato, riuscirebbe solo ad accaparrarsi una serie di insignificanti borbottii e magari pure un “ma vai al diavolo” o peggio – anzi, sicuramente di peggio, visto che è di Dean che si tratta e che di solito, quando c’è da chiedere di non impicciarsi, usare la cortesia per farlo è l’ultimo dei suoi pensieri.
 
Sta di fatto che lui gira come un cane bastonato per tutta casa, forse in cerca di qualcosa da fare perché è chiaro che si annoia e probabilmente tutto quello che vorrebbe, invece, sarebbe parlarle e provare a capirci qualcosa. Potrebbe confidarsi anche con Sam e magari sfogarsi, ma non sembra intenzionato a farlo. Preferisce tenere il muso e Sam sa di non poterlo forzare. Con le domande farebbe solo peggio, ormai sa com’è fatto ed è l’ultima delle soluzioni praticabili per cavargli una qualche parola dalla bocca.
 
Afferra la sua tazza di caffè – anche se è metà mattina e ne ha già preso uno, ma la notte continua a dormire poco, perciò ne ha bisogno per provare almeno a tenersi sveglio durante il giorno – con entrambe le mani e la porta alle labbra, soffiando piano sul liquido nero e bollente. Alza la testa solo quando sente dei passi avvicinarsi e i suoi occhi incontrano quelli di Bobby, che entra in cucina con un paio di libri sottobraccio.
 
Gli rivolge un sorriso tirato «Buongiorno, ragazzo».
Sam lo saluta con un cenno del capo e gli sorride appena, osservandolo sedersi alla sua destra e aprire uno dei due manuali. «Lavoro arretrato?»
Bobby stringe le spalle «Più che altro mi hanno… “rubato” l’ufficio». Sam butta gli occhi oltre Bobby, puntandoli sulla porta che dà sul suo studio, dove riesce a scorgere Elisabeth in piedi davanti alla scrivania intenta a spostare dei libri.
Sam sorride appena «Ti va bene lasciarglielo fare?»
Bobby fa nuovamente spallucce, nascondendo gli occhi sotto il berretto «Se è l’unico modo per aiutarla a distrarsi, sì».
 
Il sorriso di Sam si trasforma in una smorfia comprensiva, le labbra tirate. Sa che quel vecchio brontolone è piuttosto geloso delle sue cose; non tanto della casa in sé, ma di ciò che tiene nel salone – qualcosa che custodisce gelosamente in una vecchia credenza – e tutti i libri del suo studio, opere praticamente millenarie che ha collezionato negli anni e che conserva con il massimo riguardo. Per questo si stupisce abbastanza di questo suo atteggiamento, di come lasci campo libero a Elisabeth.
 
Vorrebbe chiedergli se sa qualcosa in più di tutta la storia di Jim, qualcosa che lei potrebbe avergli detto appena arrivata qui. Bobby sa mantenere i segreti, ma stavolta la situazione è un po’ un’emergenza, perciò crede che, se davvero avesse saputo qualcosa in più, a Dean lo avrebbe già detto. Sembra tenere tanto a questa ragazza, quindi… sì, a Dean avrebbe dato altri dettagli, senza dubbio. Già il fatto che lo ha chiamato per farlo venire qui lo induce a pensare che non sa niente di più.
Convinto di questo, Sam preferisce non domandargli nulla a riguardo. Anche perché il rischio di ritrovarsi gli occhi arrabbiati di Bobby addosso e una predica è molto alto; meglio non rischiare.
 
Afferra ancora una volta la sua tazza di caffè, stringendone il manico rosso tra le dita e ne beve un lungo sorso, prima di incrociare lo sguardo di suo fratello, entrato in cucina proprio in questo istante.
 
Ha la faccia scura e imbronciata, due vistosi solchi sotto gli occhi – segni evidenti che la notte fa tutto meno che dormire – e si avvicina al frigo per prendere qualcosa.
Bobby segue i suoi movimenti con lo sguardo. «Che fai?»
Dean lo guarda e stringe le spalle, richiudendo lo sportello del frigo e avvicinandosi alla dispensa «Cercavo qualcosa da mangiare, che poi vado fuori. L’Impala perde un po’ d’olio, volevo darci un’occhiata».

Bobby annuisce e lo guarda, un po’ perplesso. Dean osserva a lungo lo scaffale ripieno di biscotti – le mani aperte su entrambe le ante del mobile bianco – ma, evidentemente non soddisfatto, torna al frigo e ne estrae una birra fresca; la stappa e se la porta alla bocca. Del fatto che è mattina e che non dovrebbe bere a quest’ora non sembra curarsene.

Fa per uscire di nuovo, la birra quasi piena tra le dita, poi si ferma e si volta ancora, guardando Bobby «Sai, mi… mi dispiace che non ci siamo più visti da quando tu e papà avete litigato. Non mi sembrava il caso, però, perché—»
Bobby lo interrompe subito, alzando una mano nella sua direzione «Non dire altro, ho capito» sorride sghembo e lancia un’occhiata anche a Sam «Vostro padre è un tipo difficile».
Dean sorride con un po’ più di convinzione «Così tanto da puntargli contro un fucile?»
«Assolutamente sì». [2]

Suo fratello sorride ancora e Sam fa altrettanto; qualsiasi sia stato il motivo del loro litigio, è convinto che papà se la sia un po’ cercata. Conoscendolo, la cosa non lo stupirebbe. E poi, per qualche strano motivo, Bobby e papà non sono mai andati veramente d’accordo. Forse è perché hanno un modo differente di vedere le cose, ma Sam ha sempre percepito un certo astio tra i due, qualcosa di apparentemente immotivato ma che, in realtà, potrebbe avere delle radici molto profonde.
 
Dean afferra con una mano lo stipite della porta, stringendo le labbra in una linea sottile. «Comunque sia, grazie per averci ospitato anche stavolta» fa una pausa, puntando gli occhi verso Bobby «Credo che ce ne andremo presto e—»
Il suo tono è rassegnato e il vecchio cacciatore lo guarda accigliato, senza lasciarlo finire «Perché?»

Sam osserva il fratello buttare gli occhi verso la porta vicina, quella da dove può sbirciare Elisabeth, di spalle, che sta togliendo tutti i libri dagli scaffali per appoggiarli sulla scrivania.
«Perché qui non sono d’aiuto. E Sam vuole cercare papà» lo guarda e Sam per un attimo si sente quasi offeso. Sì, è vero che questa storia di Elisabeth li sta rallentando nelle ricerche, ma lui non lo sta forzando a fare niente, anzi.
Se non gli risponde è solo perché non vuole infierire, perché si vede che è stanco e non ha alcuna voglia di discutere. Sarebbe come sparare sulla croce rossa.

Dean dà un’ultima sbirciata allo studio di Bobby e si avvia fuori, senza attendere una risposta. Il vecchio cacciatore sbuffa rumorosamente e fa per aprire uno dei libri polverosi che aveva in mano quando Elisabeth sfreccia verso di lui e lo guarda con attenzione. Sembra avere una certa urgenza di dirgli qualcosa.
 
Bobby alza gli occhi nella sua direzione «Tu che vuoi?»
L’espressione di lei cambia un po’, facendosi più cupa «N-niente, volevo… volevo solo chiederti se potevo prendere la Volvo».
Bobby stringe gli occhi «Sì, certo… ma che ci fai?»
«Vado a fare la spesa. L’acqua è quasi finita, e anche la carne e—»
«Sì, va bene. Prendila pure, anche se… » si gratta il mento, come se fosse indeciso se dirle qualcosa o meno e Sam è sicuro che, qualsiasi cosa sia, riguardi anche Dean. Poi, però, Bobby sembra ripensarci e sbuffa appena, soffiando aria dal naso. «Fa attenzione. E non riempirmi la dispensa come al tuo solito».
Lei sorride pimpante – o comunque molto più di altri momenti – e si dirige all’esterno dopo aver rivolto un mezzo sorriso a Sam.
 
Bobby sbuffa nuovamente e stavolta apre il libro, come aveva intenzione di fare prima che lei arrivasse, scuotendo la testa e Sam sa esattamente a cosa sta pensando. Sente quasi nelle orecchie la sua voce bassa dirglielo.
 
Lo scruta attento «Fanno sempre così?»
Bobby alza la testa e aggrotta la fronte, capendo immediatamente a cosa allude «In realtà la maggior parte delle volte vanno d’amore e d’accordo. Non so stavolta che gli è preso».
 
Fortunatamente per lui, Bobby non ha assistito alla furiosa lite che Elisabeth e suo fratello hanno avuto qualche giorno fa, ma ha ormai compreso che è successo qualcosa. Non che ci voglia molto, visto che ogni volta che stanno nella stessa stanza – tipo per mangiare – poco più che si guardano negli occhi, figuriamoci parlarsi.
 
«Spero gli passi presto, perché con questo atteggiamento stanno cominciando a seccarmi».
Sam ridacchia sotto i baffi, realizzando che a quei due non si può chiedere niente, ma a Bobby forse… «Quindi Elisabeth è una delle conquiste di mio fratello, dico bene?»
Il vecchio cacciatore piega un angolo delle labbra verso l’alto. «Quel testone non ti aveva detto niente di Ellie prima di venire qui, vero?» Sam scuote la testa e Bobby sorride più convinto «Io non ne so niente di queste cose, ma… quando non c’eri, Jim ne combinava di tutti i colori e Dean la portava qui e, beh… mi faceva tenerezza, perché era allegra, nonostante tutto. È la persona più frizzante che io conosca» fa una pausa, abbassando per un attimo il capo «Non guardare adesso che ha chissà quanti cazzi per la testa» si guarda intorno con aria sospetta, quasi avesse paura di farsi sentire da qualcuno «Detto tra me e te, tuo fratello era sempre da solo, che tuo padre non è che sia stato poi così presente, ma stare insieme a lei gli faceva bene, perché trovava sempre un modo per farlo ridere» sorride appena, forse al pensiero di un ricordo felice «Una volta l’ha ricoperto di farina. Sembrava un pupazzo ed era così arrabbiato che si sono rincorsi per tutta la cucina come due marmocchi di quattro o cinque anni» scuote la testa e sorride con più convinzione e anche a Sam viene spontaneo fare lo stesso. Non sa se riesce a immaginare Dean fare una cosa così. Bobby torna serio e lo guarda attento «Poi quello che gli è successo adesso io non lo so. Sta di fatto che si vogliono un gran bene e che… beh, non credo che per Dean sia una semplice conquista. Anzi, ne sono praticamente sicuro» poggia una mano sul suo braccio, quasi a rassicurarlo «Quando avrà voglia di parlartene lo farà, vedrai».
 
Sam espira – perché vorrebbe fare di più ma quel testone di Dean non gliene dà modo, mannaggia a lui – e annuisce, un movimento quasi impercettibile del capo. Non sa perché, ma è strano per lui capacitarsi del fatto che quella ragazza abbia fatto tanto per suo fratello in sua assenza. Ecco perché Dean le è tanto affezionato: aveva già compreso che con lei stava bene e ora sa anche che lo faceva ridere, una cosa piuttosto insolita per lui che è un tipo scherzoso e affabile, ma che è raro che rida col cuore.
 
«E tu, invece, come te la passi?» quelle parole lo riscuotono dai pensieri e Sam stringe le spalle. «Bene. Sì, bene, voglio dire… è strano riabituarsi a tutti i ritmi e mi manca studiare, ma—»
«No, testa dura» Bobby lo interrompe e Sam lo guarda, le labbra schiuse e un’espressione confusa dipinta sul volto «Quello che voglio sapere è come stai».
Sam abbassa lo sguardo, sospirando più forte; l’altra sera non gli hanno raccontato di Jess, si sono solo soffermati su tutta la storia di papà e Sam prende un bel respiro prima di tirare fuori il rospo. Gli parla dell’incendio, di Dean che l’ha tirato via quando lui sarebbe voluto rimanere lì, almeno per allungare un braccio e provare a salvare Jessica, a costo di rischiare la sua stessa vita. Bobby lo fissa con uno sguardo comprensivo per tutto il tempo e non lo interrompe mai e Sam non ha idea di quanto gli sia grato. Quando finisce il suo racconto, stringe le spalle «Perciò… cerco di tirare avanti. E vorrei ritrovare papà, così da… da metterci insieme sulle tracce di quel maledetto» guarda il vecchio cacciatore negli occhi per un lungo istante. «Cos’altro dovrei fare?»
Bobby fa spallucce, osservandolo con attenzione. «Nient’altro, Sam. Nient’altro».
 
*
 
I giorni scorrono lenti, pigri. Ne sono passati altri due e Sam comincia a non capire più le intenzioni di suo fratello. Prima voleva restare, poi partire, poi – forse, perché non è che con Sam parli così tanto – restare di nuovo. Sta di fatto che sono due giorni che passa il tempo a controllare il filtro dell’olio dell’Impala e a Sam questa storia puzza di scusa come non mai. Quando viene a mangiare, però, è sempre sporco di grasso e ha le mani nere come se le avesse infilate in un secchione pieno di pece, perciò vuole pensare che si è ritrovato con un problema più grosso di quello che credeva di avere.
 
Sam, invece, in mancanza di altro da fare, si diverte ad aiutare Bobby con le ricerche per i vari cacciatori che ne hanno bisogno. È il suo modo per sentirsi utile.
 
Si trova nella cucina di Bobby visto che Elisabeth non ha ancora finito di sistemargli lo studio e sta leggendo un paragrafo su una bestia dalle dimensioni di un piccolo orso con una fila di aculei che partono dalla testa alla coda [3] – che potrebbe essere proprio la creatura che ha attaccato il tipo che sta tartassando Bobby da ieri sera per avere informazioni – quando Dean spunta sulla porta con uno strofinaccio in mano e la maglietta a maniche corte verde oliva sporca di grasso.
 
Lo guarda serio «L’Impala ha bisogno di un giro di rodaggio. Vieni con me?»

Nei giorni precedenti, Dean sarebbe partito da solo, senza domandargli nulla, ma oggi forse ha voglia di un po’ di compagnia dopo intere giornate di solitudine e Sam non può che accettare. Annuisce nella sua direzione e con una mano lascia scivolare il libro verso Bobby, indicandogli il punto dove stava leggendo; lui punta gli occhi sulle pagine con attenzione e Sam si alza raggiungendo il fratello.

Sale in macchina e osserva Dean girare la chiave e mettere in moto, l’espressione seria e concentrata, per poi uscire dalla rimessa di Bobby e immettersi nella carreggiata.
«Hai capito che problema aveva?»
Dean stringe le spalle «Penso di sì. Dopo aver sistemato il filtro dell’olio mi sono reso conto che c’era un rumore strano. Se non lo fa più significa che ho risolto».
«Cosa lo provocava?»
«Una valvola. Creava uno strano brusio».
 
Sam annuisce, osservando ancora il fratello tendere l’orecchio e ascoltare con attenzione ogni più piccola sfumatura del rombo dell’auto a cui è tanto affezionato, per capire se ha ancora il difetto che crede di averle risolto oppure no.

Fa un bel pezzetto di strada, in silenzio. Sam pensa che arriverà fino a Sioux Falls per poi tornare indietro, ma rimane sorpreso quando, di punto in bianco, Dean sterza e accosta lungo la carreggiata, fermandosi in uno spiazzo isolato.
 
Apre lo sportello e scende senza dire nulla, senza neanche guardarlo; la portiera che si scontra con il resto della carrozzeria quando la chiude con forza è l’unica cosa che fa rumore e Sam lo segue con gli occhi, osservandolo appoggiarsi sul cofano e infilare le mani nelle tasche dei jeans.
 
È solo allora che Sam esce dalla macchina. Lo scruta perplesso mentre gli si avvicina lentamente, cercando di capire il perché di questo gesto così strano e gli siede accanto, osservandolo ancora mentre Dean ha gli occhi rivolti davanti a sé e non lo guarda.
 
Aspetta ancora qualche secondo prima di parlare «È vero quello che ha detto, sai» Sam aggrotta un pelo la fronte, confuso «Ellie. È vero che siamo stati a letto insieme» e ora gli è tutto chiaro: Dean non aveva bisogno di far fare nessun giro di rodaggio all’Impala, o almeno non era lo scopo principale della sua uscita. Vuole solo sfogarsi e Sam è ben contento di ascoltarlo, per una volta che ha deciso di aprirsi un po’.
 
Lo osserva fissare la punta dei suoi scarponi per un lungo istante prima di riprendere a parlare «Non ti ho detto una bugia, ho solo… omesso una parte della storia. Perché… boh, non lo so neanch’io il perché» si gratta la testa dietro la nuca, il capo ancora chino a guardare i corti e radi fili d’erba del terreno sotto i suoi piedi.
Sam sorride di fronte alle parole e all’evidente imbarazzo di suo fratello – qualcosa di così raro per lui – e lo guarda ancora, quasi potesse spronarlo a parlare con gli occhi, ma Dean continua a ignorare il suo sguardo.
 
Stringe le spalle «All’inizio eravamo veramente amici. Ellie è una persona particolare, un po’… strana. Ha tutto un suo modo di vedere il mondo e le cose ed era bello ascoltarla quando mi raccontava del suo passato e di quello che ha vissuto prima di conoscere Jim. Anch’io ogni tanto mi… mi confidavo con lei e mi piaceva il fatto che mi ascoltasse, che… che non mi giudicasse. Poi non lo so quando e com’è successo, non so come… come ho fatto, ma ho cominciato a guardarla con occhi diversi. Anche lei, credo, e… e poi è scoppiato un casino perché papà e Jim hanno litigato e per un po’ non ci siamo visti, ma tutta quella storia era solo un malinteso del cazzo e quando è tornata da me… non lo so, non era cambiato niente» fa una pausa, mordendosi il labbro inferiore e guardando la punta dei suoi scarponi. «Non lo so perché ce l’ha così tanto con me adesso, perché io non ho fatto niente di sbagliato stavolta, ne sono sicuro».
 
Sam si umetta le labbra, prendendo un respiro. «Magari è solo sotto shock per questa storia di suo padre, Dean. Chissà che è successo, voglio dire—»
«Se solo mi avesse dato retta… Ecco, l’unica cazzata che ho fatto è stata lasciarla da sola. Forse non sarebbe successo niente di tutto questo».
Sam riflette un attimo su quelle parole «Non… non sarà che sei stato un po’ troppo brusco, l’altro giorno?» Dean non risponde e lui ne approfitta per continuare il suo discorso, parlando con un tono calmo «Insomma, potevi aspettare prima di tempestarla di domande… »
Suo fratello stringe le spalle, gli occhi ancora bassi «Volevo solo sapere cos’era successo».
«Sì, Dean, però avresti potuto… non so, usare un po’ più di tatto. Ha appena perso suo padre, magari non voleva—»
«Parlava sempre con me, anche quando ne aveva meno voglia. Io… io l’ho vista ferita in quel modo e non ci ho capito più un cazzo. Non volevo essere brusco, non… non volevo farla fuggire via. Non volevo che si arrabbiasse così».
 
Suo fratello si passa una mano sulla bocca, la voce un po’ incrinata; Sam prende un grosso respiro prima di riprendere a parlare, realizzando pienamente quanto Dean sta male per questa situazione «Beh, ma… dalle del tempo. Vedrai che quando si sbollirà ti parlerà di nuovo».
Dean, per la prima volta da che ha cominciato a parlare, si volta a guardarlo, gli occhi pieni di rabbia «Cazzo, sono passati quattro giorni da quando mi ha urlato quelle cose. E anche se ce l’avesse con me per quella storia non credo sia il problema di fondo».
Sam lo scruta adesso, aggrottando la fronte «Sei sicuro che non le hai fatto nient’altro?»
Dean svia nuovamente lo sguardo, gli occhi rivolti all’orizzonte «Sì».
«Magari le hai detto qualcosa che le ha dato fastidio, o che l’ha offesa in qualche modo».
«No, Sammy. L’ultima volta che l’ho vista è andato tutto alla grande» Sam interpreta le ultime parole come ci ho fatto sesso quindi era tutto normale. «Negli ultimi mesi ci siamo sentiti parecchio e fino a qualche settimana fa andava tutto bene, poi ha cominciato a ignorarmi senza motivo. Non so più che pensare» si passa le dita sugli occhi e stringe le spalle. È così afflitto che Sam prova tenerezza per lui, perché si vede che sta provando con tutte le sue forze a capire dove sbaglia senza però trovare una soluzione. «Mi fa così rabbia… L’ha fatta passare come una scopata qualsiasi, come se fossimo stati insieme perché non avevamo di meglio da fare. Non è stato così» deglutisce, le spalle curve «Non è neanche la prima volta che lo fa, ora che ci penso, che sminuisce quello che abbiamo fatto. Se solo sapesse quanto ho lottato per trattenermi, quanto… » scuote la testa, sorridendo amaro «Va beh, non ha importanza».
«Invece sì» suo fratello si volta nuovamente nella sua direzione, un po’ perplesso «Dean, io sono convinto che le cose che ti ha detto non le pensasse fino in fondo. Succede a tutti a volte: ci arrabbiamo e parliamo senza riflettere. Lei ha fatto questo probabilmente, e tu non devi sentirti in colpa. A maggior ragione se sei convinto di non aver fatto nulla».
Dean ci riflette, stringendo le labbra; poi fa nuovamente spallucce e riabbassa gli occhi «So che forse dovrei lasciarla stare come mi ha chiesto e che dovremmo cercare papà, ma… non lo so, non mi va di lasciarla da sola, non un’altra volta. Soprattutto perché adesso è sola veramente».

Sam non vuole indagare oltre sul perché Dean continui a ripetergli che l’ha lasciata da sola, ma ricorda un articolo alquanto bizzarro che ha letto qualche ora fa a cui non ha dato importanza pensando che suo fratello volesse continuare a rimanere a Sioux Falls e gli viene un’idea. «Hai letto il giornale stamattina?» Dean si volta di nuovo a guardarlo, perplesso, e Sam sa che si sta chiedendo che diavolo c’entra questa cosa con il suo dramma. «Perché ho letto di un paio di strani attacchi, storie di aggressioni a Scottsbluff, in Nebraska, non tanto lontano da qui. Possiamo andare a dare un’occhiata e portarla con noi. È la figlia di Jim Davis, immagino che a caccia non sia tanto male».
Dean piega le labbra in una smorfia ironica «Non far troppo affidamento su questo dettaglio, Sammy. Quel figlio di puttana non le ha insegnato niente» Sam lo guarda con aria di rimprovero – non è proprio rispettoso appellare un morto con quelle parole –, ma suo fratello non si piega «E non guardarmi con quella faccia da fesso. Non sai quante gliene ha fatte passare. La mandava a caccia da sola senza averle insegnato neanche a tirare un calcio, perciò se è ancora viva e sa qualcosa è perché è stata brava a cavarsela da sola. Siamo stati io e Bobby a istruirla un po’, non quello stronzo».
Sam alza e abbassa le sopracciglia, un po’ perplesso. «Va beh, ma è comunque morto, magari potresti—»
«Non me ne frega un cazzo di portargli rispetto. Da vivo era un bastardo, punto. Mi dispiace solo per lei che ci sta male perché era suo padre e l’ha cercato tutta la vita».
 
Sam sceglie di lasciar perdere; non solo perché parlare di buone maniere con suo fratello è una battaglia persa, ma anche perché è consapevole del fatto che Dean ne sappia molto di più di quanto Sam possa immaginare. Lei deve sicuramente avergli confidato delle cose nel tempo che hanno passato insieme, o magari lui l’ha proprio visto con i suoi occhi ed è per questo che è così sicuro di quello che dice e di ciò che pensa. 
 
Decide di tornare al discorso principale «Comunque pensavo che, con la scusa che può darci una mano, se venisse con noi potresti tenerla d’occhio e magari chiarirti con lei». Dean ci riflette un attimo in silenzio, mentre si passa nuovamente una mano davanti alla bocca, un gesto che Sam identifica da sempre come sinonimo di nervosismo e si appresta a corrergli in soccorso, togliendogli un altro “disturbo”, quello che forse gli preme addosso almeno quanto tutto il resto. «E posso chiederglielo io, se hai paura che ti dirà di no. Il modo per parlarle, però, dovrai trovarlo da solo».

Dean lo guarda ancora e non dice una parola, ma sembra illuminarsi. Certo non è tranquillo, ma è visibilmente meno irrequieto di quando è sceso dalla macchina. Lo fissa e i suoi occhi parlano e per Sam non c’è alcun bisogno che esprima a parole quanto gli sia grato in questo momento perché lo comprende perfettamente. Dean tira le labbra in un mezzo sorriso e Sam vorrebbe dirgli che non gli garantisce niente e che Elisabeth potrebbe comunque dire di no quindi forse fa male ad entusiasmarsi tanto, ma decide di tacere. Non vuole strappargli via quella piccola speranza.
 
Lo segue quando Dean torna in macchina e non riesce a trattenere il sorriso da presa in giro che gli si disegna sulle labbra.
Dean chiude lo sportello e lo guarda perplesso «Beh? Che ti ridi?» e Sam proprio non riesce a smettere di sorridere «Oh, niente. Pensavo che se avesse detto quelle cose per ferirti, a quanto pare c’è riuscita». Dean scuote la testa e non risponde e Sam scoppia a ridere. Non vuole infierire, ma non è una cosa da tutti i giorni vedere suo fratello giù di morale per una ragazza e gli piace sfotterlo quando ne ha l’occasione. Almeno per ricambiare a tutte le volte in cui lui lo fa senza motivo, per il mero gusto di prenderlo in giro «Chi l’avrebbe mai detto, tu innamorato».
«Io non sono… » ha gli occhi ridotti a due fessure e lo sguardo minaccioso «Se dici un’altra volta una cosa del genere ti lascio a piedi. Capito?»
 
Sam smette di ridere solo perché Dean non è dell’umore e non ha intenzione di finire steso per terra con un labbro sanguinante e un occhio nero. L’ha già fulminato un altro paio di volte con uno dei suoi sguardi da se non la pianti all’istante ti uccido, perciò meglio lasciar stare, ma non riesce a togliersi il risolino divertito dalle labbra.
 
Quando tornano a casa di Bobby, trovano Elisabeth davanti ai fornelli – i capelli raccolti in una treccia, una maglietta arancione e un paio di jeans slavati addosso – e il padrone di casa di fronte alla sua postazione piena di telefoni, intento a dare a un disgraziato di cacciatore precise indicazioni su come uccidere la bestia a cui sta correndo dietro da un po’.
 
Dean, poco dietro a lui, gli dice che va a farsi una doccia e Sam annuisce senza prestargli troppa attenzione, diretto verso il suo obiettivo.
Si avvicina a Elisabeth, intenta a osservare con attenzione qualcosa che sta cuocendo in un pentolino. Distingue facilmente il rumore dell’olio sfriggere e, a giudicare dall’odore, a Sam sembra stia cucinando un hamburger. Elisabeth rigira due belle fette di carne e sì, ci ha preso.

«Non sono come quelli che si comprano, eh» lei alza lo sguardo dopo averli posizionati al centro del tegame e gli sorride appena «La carne macinata l’ho presa al supermercato. Non sarà di alta qualità, ma dovrebbe essere un po’ più buona di quella dei fastfood».

Sam le sorride «Non ti piacciono quegli hamburger?»
«Sì, ma… non sono sicura che sia tutto naturale quello che ci mettono».
Sorride ancora e Sam ne approfitta per andare all’attacco. Tanto girarci intorno è inutile; meglio andare immediatamente al sodo «Senti, ehm… io ho… credo di aver trovato un caso. Ho letto una cosa sul giornale e… si tratta di un paio di aggressioni in… in Nebraska, a poche ore di viaggio da qui. Non so dirti quanto, perché… beh, l’esperto in questo campo è Dean, ma mi chiedevo se avessi voglia di venire con noi».

Elisabeth rigira nuovamente le fette di carne, distogliendo gli occhi da Sam «Siete già in due, io a che vi servo?»
«Beh, Dean mi ha detto che non te la cavi malaccio e sei mani sono meglio di quattro».

Elisabeth posa il cucchiaio di legno sul marmo del ripiano, appoggiando una mano su un fianco e guardandolo negli occhi con uno sguardo strano, quasi… accusatorio, diverso da quelli che gli ha rivolto fino adesso. «Non voglio essere scortese con te, perché non mi conosci e capisco le tue intenzioni, ma non sono stupida e se mi chiedi questa cosa perché vuoi fare da messaggero a tuo fratello, digli anche che può venire a parlarmi da solo, se è questo che vuole. Non c’è bisogno che—»
«Mio fratello non c’entra niente» Elisabeth lo guarda seria «E non m’importa il perché gli hai detto quelle cose, l’altro giorno» in realtà un po’ sì – anche perché, da come ne ha parlato Dean, sembra avessero un rapporto non idilliaco ma neanche così incrinato come lo ha fatto intendere lei urlandogli addosso quegli improperi –, ma questo è bene che Dean lo scopra da solo e si chiarisca con lei una volta per tutte «Non sono affari miei. So solo quello che vedo, ovvero che sei arrabbiata e nervosa e lo capisco, perché anch’io ho perso qualcuno, di recente» fa una pausa, costringendosi a continuare perché non è semplice per lui parlare di quella storia, è una ferita ancora troppo fresca «Era la mia ragazza e… e non ho potuto fare niente per salvarla. Quindi… quindi capisco come ti senti, davvero, però… isolarti non serve a niente. Non ti aiuterà a superarla e a stare meglio» abbozza un piccolo sorriso «E le stanze da pulire finiranno, prima o poi, e dovrai trovare un altro modo per… tenere la mente occupata». Elisabeth lo guarda come se le avesse fatto una rivelazione sconvolgente, gli occhi blu grandi che lo scrutano a fondo, e Sam le sorride in modo appena più convinto. «Pensaci su. Noi partiamo nel pomeriggio».
 
Si allontana da lei che lo guarda per un altro secondo per poi rimettersi subito a controllare i suoi hamburger che prendono a sfriggere come impazziti nel piccolo pentolino.

Sam non sa se riuscirà ad ottenere il risultato sperato, ma è contento di averci provato.
 
Avrebbe volentieri fatto a meno di parlare di Jessica a una totale sconosciuta, una persona che, per quanto ne sa, è importante per suo fratello ma che per lui non rappresenta proprio niente. Di certo di usare questa carta non ci aveva pensato, prima. Gli è venuto spontaneo, è stata la prima cosa che gli è saltata alla mente di fronte a quello che si stava rivelando essere un rifiuto e ha pensato che, in queste situazioni, cercare di trovare empatia con l’interlocutore è l’unico modo per far sì che ti ascolti.
L’ha imparato sul campo, di fronte a chi ha perso persone care per via di qualche creatura del demonio. Sam ha sempre pensato che, in fondo, sono loro le vere vittime, quelle che dovranno convivere per sempre con il dolore della perdita. Un po’ come lui.
 
A pranzo, Sam racconta di quello che ha letto sul giornale a Bobby che ascolta attento tra un boccone e l’altro. «Fate bene ad andare a dare un’occhiata» beve un sorso d’acqua dal suo bicchiere e poi punta lo sguardo su Elisabeth «Tu vai con loro, sì?»
Lei si morde il labbro inferiore senza alzare la testa. Si limita a fare spallucce, ma non dice niente, concentrata a tagliarsi un altro pezzetto del suo hamburger.
Sam guarda suo fratello che la fissa accigliato, gli occhi ridotti a due fessure ed è incazzato, Sam non ha bisogno di un aiuto per capirlo – perché lo conosce meglio di chiunque altro e gli basta poco per comprendere cosa pensa. Infatti, neanche due minuti dopo, Dean finisce di mangiare in silenzio, poi sbatte la forchetta sul tavolo e si alza senza dire una parola.
Sam lo guarda «Dove vai?»
«A fare i bagagli. Tu sbrigati a finire, che poi andiamo» e sparisce oltre la porta senza aggiungere altro.
 
Bobby fa un rumoroso sospiro e guarda Elisabeth con una faccia che non promette niente di buono «Sentimi bene, ragazzina» lei alza lo sguardo, gli occhi tondi e visibilmente tristi «Qualsiasi cosa sia successa tra te e quel ragazzo non è affar mio, ma se hai intenzione di rimanere ancora qui per mettere a posto la mia casa e fare il pranzo e tutte quelle cose con cui ti tieni occupata, beh, sappi che stai facendo una grande cazzata» Elisabeth rimane in silenzio e deglutisce, come i bambini quando li sgrida la mamma «Me la sono sempre cavata alla grande con il mio disordine».
«Vuoi dire che ti ha dato fastidio quello che ho fatto finora?»
«No. So solo che devi muovere il culo e portarlo fuori da questa casa, respirare un po’ d’aria pulita e passare del tempo con quel disgraziato che si è fatto un sacco di chilometri solo per venire a vedere come stavi» fa un piccolo sospiro e il suo sguardo si fa più comprensivo «Sei sempre la benvenuta qui, lo sai, ma se ti dico queste cose è per il tuo bene».
Lei stringe nuovamente le spalle, la testa di nuovo bassa, per poi alzarsi, prendere il suo piatto e gli altri vuoti e sporchi e appoggiarli sul lavello.
Bobby sospira in modo più nervoso, ma lei non sembra badarci e gli dà le spalle, il viso rivolto verso il lavandino. 
 
Sam lancia un’ultima occhiata a Bobby che è visibilmente dispiaciuto – è chiaro quanto tenga a lei e che proprio per questo vorrebbe spingerla ad andare con loro – e toglie un po’ di roba dalla tavola, per aiutarla a fare prima.
 
Vorrebbe finire di sparecchiare, almeno per darle il tempo di prendere il suo borsone e le sue cose in caso cambiasse idea, ma la voce di Dean che gli intima con poca grazia – praticamente urlando – di fare in fretta lo induce a smettere di rendersi utile e a dirigersi nella sala dove ha dormito – si fa per dire – tutte le notti che ha passato qui per raccogliere le sue cose e metterle dentro la sua sacca.
 
Quando lui e Dean salutano Bobby, Elisabeth è in quella che in questi giorni è stata la sua stanza e non si fa vedere, non si affaccia neanche per fargli un saluto quando li sente andare via – perché è assolutamente certo che li senta, soprattutto perché ha usato un tono un po’ più alto del dovuto per dire ciao a Bobby, proprio per farle capire che stanno partendo veramente.

Si avviano fuori – Dean così nero in questi giorni non l’ha mai visto – e si avvicinano all’Impala per metterci i bagagli. A Sam dispiace per suo fratello del fatto che Elisabeth non ha nessuna intenzione di andare con loro; lui sicuramente ci sperava, ma Sam non poteva fare niente a parte parlarle. E anche Bobby non ha ottenuto il risultato sperato con quella specie di predica, perciò… forse non c’era davvero niente da fare, nessuno sarebbe riuscito a convincerla.
 
Infila il suo borsone nel bagagliaio e lo chiude – un tonfo secco si espande nell’aria quando la lamiera tocca il bordo combaciante – e fa per seguire Dean che ha già aperto lo sportello per potersi sistemare sul sedile di guida quando alle sue spalle sente dei passi veloci dirigersi verso l’Impala.

Si volta ed Elisabeth è lì, un giacchetto di jeans addosso, uno zaino sulle spalle e un borsone che tiene per entrambi i manici con le mani.

Punta gli occhi su Sam e si ferma, il respiro un po’ più pesante del normale «Posso… posso venire anch’io?»
 
Sam guarda il fratello che ha un braccio appoggiato sulla portiera aperta e il viso rivolto nella direzione di Elisabeth e, anche se non fa nessuna smorfia e non lascia che nessun muscolo del suo viso tradisca una sua emozione, ha gli occhi che brillano dalla contentezza e allora Sam le sorride e annuisce, facendo qualche passo verso di lei per aprirle il bagagliaio e lasciare che ci appoggi le sue sacche da viaggio.
 

[1] Le descrizioni di cucina e studio sono prese più o meno fedelmente dalla puntata 7x01 “Meet the new Boss”, episodio le cui inquadrature consentono di scorgere bene i vari dettagli della dimora di Bobby. C’è un piccolo dettaglio cambiato: la posizione del tavolo. Come scritto, nell’episodio – e in tutti quelli che mi ricordo, in realtà – è accostato al muro, mentre qui è al centro della stanza, per permettere a quattro persone di avere lo spazio necessario per mangiare.
[2] Questo dialogo prende spunto da quello che hanno Bobby e Dean in merito a John nell'episodio 1x22 "Devil's trap".
[3] L’essere su cui Sam si sta documentando è il chupacabra, animale leggendario che si dice mutili animali domestici e che beva il sangue delle capre.

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Capitolo 4
*** Looking at you ***


Note: Buoooonasera! :D
Stasera sono un po’ in ritardo sulla tabella di marcia e sono pure un po’ di fretta, quindi vi lascio il capitolo e un abbraccio grande così ^.^
Buon proseguimento di settimana :*


Capitolo 4: Looking at you
 
That's how it goes 
'Cause part of me knows what you're thinking 
Don't say words you're gonna regret 
Don't let the fire rush to your head 
I've heard the accusation before 
And I ain't gonna take any more 
Believe me 
The sun in your eyes 
Made some of the lies worth believing

 
(Eye in the sky – Alan Parson’s Project)
 

Spinge il piede sull’acceleratore, dando ancora un po’ di gas alla sua fedele e instancabile compagna di viaggio, gustandosi quel rombo agguerrito e pulito che gli arriva alle orecchie.
Ora che l’ha sistemata, l’Impala scorre sulla strada che è una meraviglia e macina chilometri come se schiacciasse formiche, come ha sempre fatto, rendendolo sempre fiero di lei.
 
Dean sorride appena, seguendo il filo dei suoi pensieri. Osserva con la coda dell’occhio suo fratello seduto sul sedile al suo fianco, il gomito appoggiato al bordo del finestrino e gli occhi rivolti al panorama che scorre là fuori. Gli fa ancora un po’ strano trovarlo lì quando gira la testa, nonostante sia passato già qualche mese da quando è tornato a cacciare con lui.
                                                                                                                                                 
Sono le sette di sera passate, il sole sta per tramontare – il cielo rosso vermiglio con delle belle sfumature di blu si stende davanti ai suoi occhi come un bel dipinto – e Dean sente un certo languorino allo stomaco. Si fermerebbe per mangiare, ma preferisce aspettare un altro po’ e che magari sia qualcun altro a proporlo, visto che le sue idee sono sempre prese male dalla signorina che siede sul sedile posteriore della sua macchina.
 
Si sono fermati solo una volta da che sono partiti, giusto per prendere qualche snack da mangiare durante il viaggio, e lei non è neanche scesa per andare in bagno. Dean glielo ha chiesto con gentilezza, nonostante abbia tanta voglia di prenderla per un braccio e sbraitarle che la deve piantare con questo teatrino e comportarsi normalmente – o almeno dirgli il perché si diverte a fare la stronza –, ma lei non l’ha neanche guardato in faccia per dirgli di no. Ha scosso la testa e basta.
 
Vorrebbe tanto capire che cazzo le ha fatto. È vero che a volte, nei mesi che hanno passato a telefonarsi, hanno discusso – a Dean non è andato giù che lei se ne sia andata per rincorrere quello svitato di suo padre, è proprio più forte di lui e a volte glielo rinfacciava e litigavano per questo – e magari ci stava che per qualche giorno, dopo, non si sentivano, ma nelle ultime settimane andava tutto a gonfie vele. Perciò proprio non riesce a capire cos’ha fatto di tanto sbagliato da indurla a comportarsi in questo modo. Lei non glielo dice, per cui può scervellarsi all’infinito, perché è sicuro che non troverà mai una soluzione da solo.
 
La spia dallo specchietto retrovisore e la trova a rigirare la punta della sua treccia tra le dita, gli occhi rivolti verso il finestrino.
 
Ha passato così la maggior parte del tempo. Ha scambiato due chiacchiere con Sam giusto perché è stato lui a interpellarla, non il contrario. E pensare che Dean ha sempre sostenuto che sarebbero andati d’amore e d’accordo, molto più di quanto facessero loro due. E forse sarebbe così se lei si comportasse normalmente, se fosse gentile come è sempre stata quando erano solo lei e Dean a spartire l’Impala e tutti gli spazi comuni.
 
Spesso – non tanto negli ultimi tempi in cui si sentivano, ma più quando litigavano – Dean si ritrovava a pensare se ne valesse la pena oppure no: le telefonate di nascosto, il tempo che passavano lontani… erano più incazzature che altro.
Non è mai stato un fanatico dei rapporti a distanza. Diciamo che non ha mai amato le relazioni stabili in generale, ma quelle a distanza ancora di meno. Non le crede possibili neanche quando le vede nei film e più di una volta si è detto che era meglio farla finita, per tutti e due. Se ne sarebbero fatti una ragione col tempo e avrebbero capito che lasciar perdere era la cosa migliore, ma poi Ellie chiamava di nuovo e ogni proposito svaniva nel nulla quando il suono della sua voce o della sua risata gli riempiva le orecchie.
A volte si era addirittura ritrovato a pensare che tutto quello che sentiva per lei, qualsiasi cosa fosse, era nato dalla sua solitudine, che l’aveva incontrata quando aveva più bisogno di qualcuno e che, adesso che era tornato Sam, gli sarebbe passata, ma poi si accorgeva che erano tutte balle, che quello che c’è – o c’era, Dean non lo sa più – tra di loro era più forte di queste cazzate e che sì, magari si era attaccato a lei all’inizio perché si sentiva solo, ma non era quello a tenerli ancora uniti. O forse non lo era mai stato, forse era solo tutta una fitta rete di bugie che Dean si era costruito per dare una spiegazione alla cosa folle e tremendamente coinvolgente che sente per lei, quella a cui si accontenta di non volerle dare un nome per non spaventarsi ancora di più; è abbastanza nella merda così, meglio non peggiorare la situazione.

Per questo sa che la sua non è una cotta come l’ha definita Ellie giorni fa. Magari lo fosse, cazzo. Gli sarebbe già passata da un pezzo. Invece no, non è una cazzo di cotta da liceali, è qualcosa di più forte, di più intenso.

Un altro motivo di litigio nasceva per vedersi. Quando intuiva che non si trovavano a una distanza troppo elevata l’uno dall’altra, Dean le chiedeva di fare anche metà strada a testa – sapeva che Ellie viaggiava ancora con la Volvo di Bobby –, di incontrarsi in un punto di mezzo per scambiare due parole guardandosi negli occhi invece di usare un cazzo di apparecchio telefonico, ma lei rispondeva sempre di no. Ogni volta con una scusa diversa, ma il succo era sempre quello e Dean si incazzava da morire. Poi ha capito – forse, perché non ne è mai stato tanto sicuro – che lo faceva perché non voleva far intuire niente a Jim di questa strana cosa che c’era tra loro. E questo Dean poteva anche comprenderlo, in fondo anche lui a Sam non aveva detto niente e mettere al corrente Jim della loro complicità sarebbe stato piuttosto imbarazzante, però… boh, ha sempre pensato che ci fosse qualcos’altro sotto, ma non è mai riuscito a capire cosa. Si è sforzato più volte di credere che la sua fosse solo una sensazione, ma non ne è mai stato tanto convinto.
 
La osserva ancora tramite lo specchietto retrovisore, stando attento a non farsi beccare. Il taglio sul labbro è quasi sparito; il livido sul suo zigomo, invece, è più sbiadito, meno violaceo e più marroncino, ma c’è ed è ancora molto evidente; ha notato che Ellie ci passa le dita ogni tanto o ci appoggia sopra il palmo per coprirlo.
Chissà come se l’è procurato, chissà chi è quel bastardo sputato dall’Inferno che l’ha ridotta così.
 
Ha notato che ora ha i capelli più lunghi di come li portava l’ultima volta che l’ha vista. Non sono com’erano quando l’ha conosciuta, ma forse li farà ricrescere in quel modo. A Dean piacerebbe, ma qualcosa gli dice che niente di quello che fa in questo momento è per compiacerlo. Anche se, in realtà, Ellie non l’ha mai fatto: non l’ha mai corteggiato, non c’ha mai provato espressamente, né a gesti né a parole, eppure a lui fa girare la testa lo stesso, molto più di quanto succede con donne più… intraprendenti.
 
Nei mesi che hanno trascorso lontani, ha immaginato mille volte come sarebbe stato rivederla e nelle sue fantasie c’era sempre un qualche contatto tra di loro. Forse troppo romantico o sdolcinato, per carità, ma Dean non riusciva ad immaginare la cosa diversamente. Perciò si aspettava un po’ di più del semplice saluto che ha ricevuto, soprattutto per come si erano lasciati l’ultima volta. E magari a lei non sarà sembrato il caso di baciarlo davanti a Sam e Bobby, ma Dean aveva tanta voglia di farlo, di baciarla con così tanto trasporto da farle dimenticare per qualche minuto tutti i brutti pensieri. Ellie, però, non glielo ha concesso neanche dopo, quando è andato nella stanza in cui ha dormito da Bobby, e Dean spera che almeno vorrà farsi perdonare in qualche modo, anche se non sembra tanto interessata a farlo in tempi brevi.
Non che avesse strane intenzioni, quella sera. Voleva solo parlarle senza altri occhi puntati addosso, darle un po’ di calore e conforto, ma si è limitato a metterle un’altra coperta addosso quando l’ha vista un po’ tremante sotto le lenzuola e basta, pensando seriamente che si fosse addormentata.
 
«Dean?» la voce di suo fratello lo riscuote da quei pensieri e Dean si volta nella sua direzione «Ci fermiamo da qualche parte? Mi è venuta fame».
Sam lo guarda con gli occhi mezzi chiusi per la stanchezza; ancora non riposa decentemente, Dean se n’è accorto. Anche perché, nonostante le motivazioni siano diverse, pure lui non è che abbia dormito granché negli ultimi giorni, la testa sempre piena di pensieri scomodi.
Gli sorride «Speravo che qualcuno me lo chiedesse».
 
Parcheggia nella prima area di sosta che incontra, lo stomaco che brontola ma il sorriso sulle labbra perché tra poco potrà finalmente calmare la fame.
 
Ellie va in bagno e, quando torna, ordina un toast semplice, con mozzarella e prosciutto cotto. La cameriera le serve quel piattino striminzito che a Dean fa venire tristezza a guardarlo. Dove cavolo è finito il suo appetito? Anche da Bobby aveva notato che non mangiava moltissimo, che spesso per sé faceva delle porzioni piccoline, ma non pensava che la situazione fosse così grave.
 
Si siede per primo su uno dei tavoli con le poltroncine rosse disposti accanto alle ampie vetrate del locale, ma è Sam a mettersi accanto a lui, quando vede che Ellie ha tutt’altra intenzione. Infatti, lei gli siede di fronte, un gomito puntato sul tavolo, il pugno appoggiato allo zigomo sano e gli occhi rivolti al suo minuscolo piattino posto al centro di quel vassoio troppo grande per quella singola portata.
 
«Sei a dieta?»
Ellie alza gli occhi per guardarlo. Sta per rispondere qualcosa, ma poi il suo sguardo finisce sul piatto di Sam, colmo di quell’immensa insalata con pollo e pomodori che sta mangiando con una voracità inaudita – per lui, soprattutto; doveva avere proprio tanta fame.
Dean addenta il suo doppio cheeseburger e la guarda mentre aspetta una risposta. «Non sono a dieta, solo… non ho fame» Ellie allunga un po’ il collo per osservare meglio il piatto di Sam «Tuo fratello mangia insalata. Perché lui non lo sgridi?»
«Perché lui non fa tefto» Sam lo guarda sottecchi «Anche quando dice di avere fame non mangia un caffo». Sam gli dà una gomitata e Dean si volta a guardarlo male. Deglutisce e appoggia per un istante il panino sul piatto «È vero, Sammy. Hai lo stomaco di un passerotto».
«E tu quello di un bisonte africano, solo che io non te lo faccio notare mai, Dean, al contrario di te che stai sempre a sottolineare quanto il mio menù sia… » Sam si interrompe da solo, forse perché gli occhi di Dean si sono fatti un po’ più grandi ad ogni parola che ha pronunciato. «Che c’è?»
Gli sorride sghembo «Niente, volevo solo vedere quando riuscivo a farti smettere di chiacchierare a vanvera».
 
Sam sbuffa e torna alla sua insalata e Dean sorride ancora di più per prenderlo in giro. Torna a guardare Ellie che li osserva con una faccia strana; Dean lo capisce che si sta trattenendo dal ridere, perché conosce la sua risata e quel modo sincero e spontaneo che ha di liberarsi, toccandosi la pancia e inclinando la testa all’indietro.
Non lo fa, purtroppo – a Dean vederla ridere manca davvero tanto –; si limita a mettere una mano davanti alla bocca abbassando lo sguardo e scuotendo appena la testa, nascondendo un risolino.
 
Le sorride «Perché ridi?» e lei lo guarda di nuovo, cercando di ricomporsi «Niente. Mi chiedevo se vi battibeccate sempre in questo modo».
«Ogni volta che Sammy fa qualcosa di idiota. Il che succede spesso».
 
Si volta ancora nella direzione del fratello e lo trova ad alzare gli occhi al cielo e Dean sorride più convinto, spiando con la coda dell’occhio Ellie che sta facendo lo stesso con gli occhi rivolti verso Sam, ed è già un gran passo avanti rispetto ai giorni precedenti. Peccato che dura poco, perché poi la piega delle sue labbra si affievolisce e lei torna a concentrarsi sul suo toast, prendendolo con le dita di entrambe le mani e stringendolo ai lati per poi portarlo alla bocca.
 
Dean riacciuffa il suo panino e lo divora in qualche boccone e, ancora affamato, si dirige nuovamente al bancone – riuscendo a far spostare Sam che nel farlo ha pure il coraggio di lamentarsi – e, quando torna, ha in mano un nuovo vassoio con ben tre coppette di gelato. Una a testa.
Fa spostare nuovamente Sam – stavolta senza farlo alzare, gli basta solo che muova il suo culo verso sinistra, in quello che prima era il suo posto – e appoggia una coppetta di fronte a entrambi i suoi compagni di viaggio.
Ellie la fissa perplessa e lo stesso fa Sam, ma Dean non dà il tempo a nessuno di parlare, prendendo con una mano il piccolo recipiente freddo destinato a lui e alzando con l’altra il cucchiaino bianco di plastica nella loro direzione «State zitti e mangiate. Offre la casa… che sarei io» Sam prova a replicare, ma Dean lo blocca di nuovo «Ci sta bene un po’ di grasso su quel tuo culo piatto, Sammy. Alle ragazze piacerai di più».
Suo fratello sbuffa aria dal naso e guarda Ellie «Faceva sempre così anche con te?» che però non fa in tempo a rispondere «No, perché una volta mangiava» Dean la guarda negli occhi, senza aver paura che lei possa rispondergli male o offendersi.
 
Conosce abbastanza quel corpo da sapere che non è esattamente come l’ha lasciato l’ultima volta. Ellie si lascia a malapena guardare quindi figuriamoci farsi toccare, ma gli è bastato stringerla una volta per realizzare che quello non è il corpo che ha abbracciato più volte. Ellie è più secca, un po’ troppo, e Dean pensa che non mangi, tanto è diventata esile.
 
Certamente non le ha portato il gelato per costringerla a mangiare perché la trova troppo magra o cazzate del genere, ma piuttosto perché lei lo adora, il gelato. Il suo vuole essere solo un gesto carino, nient’altro. E anche la salsa ce l’ha fatta mettere su apposta, perché qui hanno solo il fiordilatte, ma lei preferisce il cioccolato. Sono questi i motivi che l’hanno spinto a prendere una coppetta per uno – a prenderla a lei – e glielo direbbe volentieri se Ellie facesse qualcosa, se lo guardasse male o l’aggredisse, ma lei fa tutt’altro, infilando il cucchiaino di plastica nella salsa al cioccolato e mettendone un po’ in bocca, senza dirgli niente, neanche grazie. Non che Dean lo pretendesse, però… almeno quello potrebbe dirglielo. 
 
Finisce di mangiare il suo gelato praticamente in silenzio – Ellie non dice più una parola e Sam è troppo educato per parlare con la bocca piena, ma almeno sembra gradire la sua porzione di fiordilatte – e poi riprendono il viaggio, raggiungendo Scottsbluff in un paio d’ore.
Si fermano al primo motel che trovano lungo la strada ed Ellie non esita un istante a dirgli che si prende una camera per conto suo. Non che Dean si aspettasse qualcosa di diverso, ma è davvero stanco di questo suo atteggiamento. È troppo voler sapere cosa le prende e perché fa così con lui che vorrebbe solo aiutarla?
 
Quando entra nella stanza, dà un’occhiata all’arredamento prima di buttare il suo bagaglio lontano. Non è particolarmente differente da quelle che ha visto in precedenza: c’è il solito copriletto mangiucchiato un po’ ai lati, la carta da parati con qualche buco qua e là – coperto malamente da un quadro di dubbio gusto –, il divano, un armadio in cui lui e Sam non mettono mai un cazzo perché sono sempre di passaggio e il tavolino sbilenco con tre sedie intorno appiccicato alla cucina che sarà praticamente inutilizzabile. Questa volta la tinta usata è l’arancione.
 
Avrebbe tanta voglia di farsi una doccia e poi tuffarsi sul letto e dormire il più a lungo possibile, o almeno provarci, ma capisce immediatamente che non andrà così quando Sam appoggia il borsone su uno dei due letti e ne estrae un giornale e un altro paio di fogli.
 
Alza gli occhi nella sua direzione «Credo che intanto dovremmo… dare un’occhiata alle informazioni che abbiamo» Sam sembra quasi tentennante nel far uscire quelle parole dalla sua boccaccia; Dean continua a guardarlo e nota che lo sta osservando con la stessa titubanza con cui ha pronunciato quella frase: gli occhi grandi, esitanti, la bocca appena piegata in una smorfia strana e la fronte un po’ aggrottata.
Dean stringe le spalle «Se non hai di meglio da fare».
 
Sam fa una smorfia che lo fa sorridere – una di quelle scocciate che sembrano dirgli smettila di trattarmi come il secchione di turno, io voglio solo lavorare – e lo osserva incrociare una gamba sul letto per poi sedersi, prendere dalla tasca della giacca un altro ritaglio di giornale, aprirlo e mettersi a spiegare a voce alta di cosa si tratta.
 
«Da quello che c’è scritto qui, ad essere stati aggrediti sono un uomo e una donna, Matt Hamilton e Dana Frost. Nessuna relazione tra le due vittime, sono solo i protagonisti della stessa sventura, a quanto pare. Sembra che siano stati… stuprati».
Dean stringe un po’ gli occhi, perplesso «Questo è frequente che capiti alle donne, ma agli uomini… »
«Già, infatti è stato questo particolare a incuriosirmi. Soprattutto perché erano entrambi nel loro letto, quando è accaduto» Sam abbassa un po’ la testa per leggere quello che c’è scritto sul pezzo di carta che tiene in mano «Qui dice che i racconti sono un po’ confusi e gli inquirenti non sono riusciti a stabilire precisamente la dinamica degli eventi».
«Mmh… va beh, domani come prima cosa andremo a parlarci».
«Sì. Sono ricoverati entrambi al Regional West Medical Center [1] qui a Scottsbluff».
Dean appoggia il suo borsone sopra uno dei due letti «Ricevuto».
 
Abbassa lo sguardo, concentrandosi sul suo bagaglio per prendere una maglietta pulita e un paio di boxer. Ha tanta voglia di farsi quella doccia che sognava prima. Avverte il fruscio dei pantaloni di Sam strusciare contro il copriletto e con la coda dell’occhio lo vede voltarsi verso di lui, ma continua a tenere la testa bassa e a far finta di nulla, perché sa che, quando fa così, Sam vuole parlare di qualcosa di profondo. «Prima prendevate sempre una stanza insieme, vero?» Ecco, appunto. Avrebbe dovuto aspettarsi fin da subito il terzo grado non appena fossero rimasti da soli. «Hai cambiato faccia quando ti ha detto che ne prendeva una per sé».
Dean stringe le spalle «La maggior parte delle volte, sì. Ma non ha importanza».
«Sì che ne ha» è costretto ad alzare gli occhi adesso e a incontrare l’espressione compassionevole di Sammy: gli occhi aguzzi e pronti a indagare la verità, la bocca leggermente piegata verso il basso e la fronte appena corrugata. Per stasera ne avrebbe fatto volentieri a meno «Se ne vuoi parlare, io—»
«Non c’è niente da dire, Sammy» le mani si fermano a reggere i lati del borsone aperto «È chiaro che Ellie non mi vuole tra i piedi. Anzi, forse è stata una pessima idea portarla con noi».
«Io non credo» Sam espira «Per me è solo un po’… confusa dagli ultimi avvenimenti. Si vede che è una brava ragazza e che adesso ha tante cose per la testa».
«Sì, ma io non c’entro nulla».
«Ma forse lo fa perché non vuole parlare di quello che le è successo. Io non credo sia cattiva. Voglio dire, anche se ti ha detto quelle cose, per me—»
 
Dean alza una mano nella sua direzione, senza dargli il tempo di concludere «Davvero, lascia perdere, ok?» sbuffa aria dal naso, si avvicina velocemente alla porta del bagno e se la chiude alle spalle prima che Sam possa aggiungere qualcos’altro.
 
Non ha voglia di parlarne, per questo Sam non deve insistere. Lo farà quando – e soprattutto se – ne avrà voglia.
Come l’altro giorno, quando sentiva un macigno così grosso sullo stomaco, come un enorme masso, ed era convinto che se non l’avesse buttato fuori avrebbe finito col soffocare sotto quel peso enorme. E poi gli dispiaceva, perché gli sembrava di aver preso in giro suo fratello dicendogli che lui ed Ellie erano solo amici. Col cazzo. Hanno smesso di esserlo da un bel pezzo.
 
Glielo avrebbe detto, prima o poi. Probabilmente Sam se ne sarebbe accorto da solo – non è stupido e lo conosce meglio delle sue tasche, anche se a Dean a volte dispiace ammetterlo, perché talvolta si sente così… esposto, con lui – e quindi magari avrebbe anche evitato le parole, cosa che gli sarebbe andata benissimo, che di parlare di queste cose non gli piace mai – di parlare in generale, in realtà. Poi Ellie se n’è uscita con quella meravigliosa frase che a Dean rimbomba ancora nelle orecchie e preme sul suo petto come una lama incandescente e l’ha fatta passare come una qualsiasi storiella di sesso, come se avessero scopato un paio di volte perché non avevano di meglio da fare. Vaffanculo, Dean lo sa che c’è dell’altro. È ciò che fa la differenza da tutto quello che ha sempre avuto nella sua vita. Quello che gli rode, però, è che Ellie non solo gli ha rifilato quella balla colossale facendolo rimanere lì come un coglione perché da lei si aspettava tutto meno che quella sfuriata, ma l’ha pure sputtanato davanti a suo fratello. Proprio quello di cui aveva bisogno.
 
Ovviamente c’è rimasto di merda quando Ellie gli ha detto in quel modo. Sicuramente perché si aspettava di trovarla triste e depressa per la morte del padre, non così incazzata – con lui, poi, che non ha fatto altro che aspettare una sua telefonata per intere settimane. Per non parlare del resto.
 
Sapeva che solitamente quando Ellie e Jim avevano un caso per le mani, suo padre le faceva spegnere il telefono e chiudere tutti i contatti col mondo e ci sono almeno una decina di messaggi a confermarglielo. Ma poi dopo almeno una settimana si faceva sentire, anche con un semplice “sto bene, ti chiamo quando concludiamo questa caccia” che lo facevano stare tranquillo. Per questo dopo tre settimane di silenzio ha cominciato a preoccuparsi seriamente.
 
Comunque sia, una parte di lui – una buona parte, per fortuna – sa che quelle che Ellie ha detto erano balle, che le ha sparate fuori dalla bocca per rabbia e che non le pensava, ma c’è sempre quel piccolissimo margine di dubbio nella sua testa, quello che lo fa tentennare un po’ e credere che non voleva fare la stronza apposta, ma che era seria. E questo sarebbe peggio di tutto, ma poi pensa che comunque è venuta fin qui, perciò no, non gli pare possibile.
 
Quindi non è la stanza il problema o la discussione in sé a preoccuparlo, ma piuttosto il fatto che Ellie adesso è distante come non è mai stata, neanche quando aveva tutti i motivi per esserlo. Sam l’ha conosciuta ora e non quando era normale, perciò forse non capisce perché Dean se la prenda tanto. Poi, anche se fosse, non può fare niente per aiutarlo. Anzi, mi sa che ha già fatto tutto ciò che poteva.
 
L’acqua scorre sulla sua pelle, lenta come una carezza, mentre lascia scivolare entrambe le mani sugli occhi stanchi.
Di solito farsi una doccia lo rilassa, ma stasera non funziona neanche questo, a quanto pare. Ha tutti i muscoli del collo indolenziti e si sposta appena, in modo che il getto dell’acqua vi passi sopra. Rimane così per qualche minuto, il collo piegato in avanti, gli occhi chiusi e la mente che viaggia da sola fermandosi ad uno dei momenti in cui l’aveva chiamata per chiederle scusa, il telefono a fargli da terzo incomodo e al contempo ad aiutarli a comunicare.
 
«Pronto?» la voce di Ellie non era squillante come al solito quella sera, ma stanca, più fredda.
«Mi hai chiamato, ieri sera?»
«No, Dean».
Sapeva benissimo che non gli aveva telefonato. Non lo faceva da due giorni e la sua era solo una scusa con cui cominciare la conversazione. «Peccato, mi sembrava di sì. Credevo che la chiamata persa fosse tua».
«Non prendermi in giro, avresti trovato il mio nome sul display. Che vuoi?»
«Chiederti scusa. Io… mi fa solo incazzare il fatto che mi dici sempre di no quando ti chiedo di vederci. Cazzo, vuoi che continuiamo così all’infinito? Che… che parliamo le ore al telefono senza mai guardarci in faccia? Non mi sembra di chiedere niente di così impossibile». Ellie ci metteva sempre una vita a replicare quando facevano quei discorsi e anche quella volta Dean ne aveva approfittato per sfogarsi ancora un po’. «Sono mesi che andiamo avanti così. Io… io non capisco se non vuoi vedermi oppure se mi nascondi qualcosa e fai tutte queste scene ogni volta per questo».
Ellie aveva preso un grosso respiro, quasi dovesse decidersi a tirar fuori chissà cosa «È un po’ più complicato di così. Tu viaggi con tuo fratello e puoi inventargli la balla che ti pare, io no. Mi dispiace che pensi che io non voglia vederti perché non è così, è che non posso… allontanarmi da papà, non adesso».
 
La sua voce si era fatta triste, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro e Dean lo sapeva che poi non le succedeva mai, che riusciva sempre a trattenersi, ma non avendola al suo fianco non poteva capire quanto i suoi occhi minacciassero di straripare o meno, perciò aveva addolcito il tono chiedendole cosa stesse succedendo e dimenticando ogni proposito di litigio. Non era la prima volta che succedeva; per questo Dean ha sempre pensato che le cose tra lei e Jim non andassero poi così bene e che gli diceva il contrario per non farlo preoccupare.
 
A volte era tanto allegra, altre tanto strana. Sembrava lo chiamasse per non pensare ai suoi problemi o comunque per passare il tempo in modo piacevole. Spesso gli chiedeva di raccontarle la sua giornata e Dean la assecondava, sperando di riuscire a dirle qualcosa che la facesse stare meglio quando la sentiva particolarmente in crisi.
 
Per questo adesso proprio non riesce a capire dove ha sbagliato. Ha sempre cercato di starle accanto nonostante lei fosse a miglia e miglia di distanza; non l’ha abbandonata come avrebbe potuto fare, ogni volta era lì ad ascoltarla e a parlare di qualsiasi cosa e se avesse avuto bisogno di una mano si sarebbe precipitato, anche senza che lei glielo chiedesse, ne è sicuro.
 
Forse è per questo che quando stava per crepare non le ha detto niente. Forse aveva paura che lei, invece, gli avrebbe rifilato la scusa di quel figlio di puttana di Jim e l’avrebbe lasciato a marcire su un letto d’ospedale, ma poi si sente uno stronzo solo a pensarlo perché Ellie non gli ha negato il suo aiuto neanche quando se lo meritava di meno, perciò anche allora avrebbe fatto lo stesso.
 
Si passa ancora le dita sugli occhi, decidendo di uscire da lì che sarà più di un quarto d’ora che è dentro e ha fatto tutto meno che rilassarsi.
Chiude il rubinetto dell’acqua e ripensa che è stato proprio in una doccia simile a questa – le mattonelle celestine smaltate che coprivano una parte del muro bianco, la tenda in tinta e quel lampadario piatto e sgangherato appeso al soffitto – che erano stati felici l’ultima volta, dove avevano fatto pace dopo l’ennesimo litigio.
 
Ricorda ogni istante, gli occhi sinceri di Ellie che gli chiedevano di più mentre gli si stringeva addosso con gambe e braccia, le dita a scavare sulla sua pelle e la bocca a cercare la sua. La schiena appoggiata a quelle mattonelle chiare, si aggrappava al suo corpo e Dean – le mani sotto le sue cosce per sostenerla – la accompagnava con dei movimenti decisi e gli unici rumori erano sospiri, baci e lo scroscio dell’acqua ancora aperta. Ellie aveva i capelli bagnati appiccicati alle spalle, la pelle umida e le labbra rosse ed era così bella mentre si abbandonava contro di lui e avrebbe tanto voluto chiederle di restargli accanto, di mandare affanculo tutto e di rimanere così il più a lungo possibile. Dean non voleva nient’altro.
 
Decide di uscire dal box prima di immergersi ancora di più in quei pensieri fastidiosi – tipo che quella volta potrebbe essere l’ultima a giudicare dalla piega che adesso sta prendendo il loro rapporto – e si asciuga velocemente, teso e nervoso, infilandosi poi i boxer e la maglietta e dirigendosi in fretta a letto, trovando la luce spenta e Sam sdraiato e girato di schiena sull’altro letto.
Quando la mattina apre gli occhi dopo aver dormito sì e no tre ore – alla faccia che voleva andare a riposare il prima possibile –, si volta verso il letto alla sua sinistra e lo trova vuoto. E pensare che non sono neanche le sette.
Si stropiccia gli occhi, sbadigliando senza mettere la mano sulla bocca – tanto è da solo e nessuno può sgridarlo – e si gratta il petto, tentando di aprirli un altro po’. Sam rientra in camera poco più tardi vestito come al suo solito – la camicia a quadri rossa e un paio di jeans scuri un po’ sbiaditi – con un paio di bicchieroni di caffè in mano. Almeno gli ha evitato il tragitto fino al bar più vicino.
 
Gli sorride «Buongiorno» e si avvicina porgendogli uno dei caffè «Questo è per te».
Dean lo osserva e si tira un po’ su, mettendosi a sedere; prende il bicchiere e ne beve un lungo sorso, il gusto forte di quel liquido scuro che gli solletica il palato dandogli una bottarella di energia, qualcosa di cui aveva sicuramente bisogno «Niente colazione?»
«Intanto accontentati del caffè. La tua faccia fa schifo».
«La tua non è da meno» sorride compiaciuto all’idea di sfotterlo – è una delle cose che preferisce in assoluto – e che, se Sam voleva farlo per primo, di certo non l’ha trovato impreparato. D’altronde, è lui l’esperto in materia «Sei riuscito a dormire un po’ stanotte?»
Sammy stringe le spalle «Più o meno» e Dean sa che non è del tutto sincero – non lo è mai quando si tocca questo tasto –, ma decide di lasciar stare. Quando vorrà parlargli di che cazzo gli succede, Dean sarà pronto ad ascoltarlo, come fa sempre. «Ah, sono passato da Elisabeth per portarle il caffè, l’ho preso anche a lei. Era già sveglia».
Dean fa una smorfia «È molto mattiniera, è abituata così» riprende a sorseggiare il suo caffè prima che suo fratello possa chiedergli qualcos’altro e lo osserva andare verso la porta del bagno.
«Le ho spiegato a grandi linee cosa ho letto in quell’articolo e le ho detto di prepararsi che andiamo in ospedale».
 
Dean annuisce senza aggiungere nulla e osserva le spalle del fratello – grandi e ampie come un armadio a due ante – sparire oltre la porta del bagno. Fa un grosso sospiro e butta giù un altro sorso di caffè, riflettendo sulla lunga giornata che lo aspetta.
 
*
 
L’ospedale non è il posto che preferisce sul pianeta Terra. Anzi, si può dire che li odia tutti, con quegli orrendi corridoi asettici e infiniti, le pareti bianche, l’atmosfera fredda che si respira a ogni passo e l’odore di varichina e di dolore che sembra esalare da ogni muro. Quindi sì, gli fa obiettivamente schifo un posto del genere, ma su Ellie ha un effetto a dir poco… devastante.
 
Dean aveva già notato questa cosa quando hanno seguito quel caso in Louisiana e l’aveva mandata a interrogare quella ragazzina presa a botte dal suo amico. Aveva capito che non era a suo agio ad andare lì, ma non l’aveva vista di persona perciò credeva fosse solo una sua sensazione, non se n’era reso conto fino in fondo.
 
Gli cammina di fianco – ha i capelli sciolti sulle spalle, una gonna grigia che le arriva sopra il ginocchio e una camicia bianca aperta di un paio di bottoni sul davanti – ed è rigida come un pezzo di legno. Guarda sempre dritto di fronte a sé, fingendo una sicurezza e una fierezza che non le appartengono, e Dean lo avverte nel suo modo di camminare o nel portamento – le spalle troppo diritte e la schiena tesa – che c’è qualcosa che la turba. Non ha il coraggio di chiedere cosa, però.
Alla vecchia Ellie non avrebbe esitato un istante a fare una domanda. Con questa che ha di fronte adesso, però, è meglio trattenersi.
 
In macchina, Sam le ha spiegato tutti i dettagli del caso e insieme hanno poi convenuto che è meglio che lei si spacci per una psicologa dell’FBI, o comunque una consulente, più che un’agente, in modo da poter formulare domande più specifiche.
 
Ovviamente non gli ha parlato quando si sono incontrati fuori dalle loro stanze, tutti e tre vestiti di tutto punto e pronti per andare sul luogo stabilito e Dean ha deciso che si comporterà normalmente, nonostante la sua diffidenza. Ignorarla significa dargliela vinta, perciò ha pensato di adottare un’altra strategia, sperando che porti frutti migliori.
 
Bussano alla porta della stanza di Dana Frost che li accoglie con gli occhi spaventati e vuoti di chi ha subito una violenza. Glielo si legge in faccia cosa le è successo, anche se di segni sul suo corpo – almeno sul viso e sulle braccia scoperte – non ce ne sono molti. Giusto un livido all’altezza del polso destro e uno sotto il mento, per il resto non ha segni visibili, ma basta guardarla negli occhi castani per capire che le è capitato qualcosa di grave.
 
Da quello che è scritto sul giornale, Dana Frost ha una quarantina d’anni e fa la barista in un locale abbastanza frequentato qui a Scottsbluff.
Ha i capelli castani scuri e porta i ciuffi davanti più indietro con un gesto distratto della mano sinistra, guardandoli fisso.
«Buongiorno signora» Sam tira fuori la tipica espressione da cane bastonato con cui farebbe confessare anche i sassi dei loro più infimi peccati e, insieme a quella, anche il badge falso che porta nella tasca della giacca blu. «Io sono l’agente Scott e loro sono i miei colleghi, l’agente Wright e la signorina Hynde [2], la nostra consulente. Volevamo farle qualche domanda su ciò che le è accaduto».
 
La donna abbassa gli occhi e sospira forte, stringendo le spalle. «Non c’è niente da aggiungere, ho già detto tutto alla polizia».
«Il caso diventerà a breve di nostra competenza, signora… perciò dovrà fare un piccolo sforzo» è sempre Sam a parlare e usa quel tono che a Dean fa venire i nervi perché è pacato e tranquillo e fa cedere tutti – lui compreso.
 
Dana Frost si passa una mano dietro il collo, gli occhi ancora bassi, e fa un altro sospiro, chiudendoli subito dopo per un istante. «Era… era una serata normale, al bar dove lavoro. Un cliente si è… si è avvicinato al bancone per ordinare da bere e ha cominciato a farmi i complimenti sui miei… sui miei occhi. Io… i-io non le faccio queste cose, di solito, ma è… è un br-brutto momento per me e avevo… solo voglia di svagarmi un po’» si inumidisce le labbra ed esita qualche secondo a continuare; nessuno dei tre accenna a interromperla. «Non… non lo so cosa mi sia preso, ma sembrava così… c-così… a modo, educato e—»
«Gli uomini danno sempre quell’impressione all’inizio. È solo dopo che si rivelano per gli animali senza grazia che sono» è Ellie ad aver appena parlato e Dean volta la testa di scatto nella sua direzione e la guarda stringendo gli occhi, nervoso; lei, invece, punta i suoi su Sam «Senza offesa ai presenti».
 
Dean se ne sta zitto, ma dentro bolle di rabbia. È praticamente sicuro che Ellie dica queste cazzate per farlo innervosire e la cosa che gli dà più fastidio è che sembra divertirsi nel farlo. Quello che lo fa stare tranquillo è che sa che non ha niente da rimproverarsi almeno in questo, perché l’ha sempre trattata con i guanti bianchi sotto le lenzuola e ne ha avuta eccome di grazia. E ad Ellie è piaciuto, ogni singola volta, perciò può divertirsi quanto le pare, ma su questo fronte non può scalfirlo.
 
«Com’era il suo aspetto?» la domanda di Sam alla signora Frost lo riporta al presente.
«Era alto… moro e aveva una… una cicatrice… un segno sul braccio destro, sopra il polso. Non so se volete fare un identikit… »
Sam fa per prendere qualcosa dalla tasca della giacca con un’espressione decisamente titubante sulla faccia –disegnare non è una delle sue abilità, per cui Dean è sicuro che sta pensando che se non glielo chiedeva era meglio –, ma lo ferma con un segno della testa. «Lascia fare a lei».
Ellie si volta nella sua direzione e lo guarda negli occhi per un istante; Dean non ha idea di cosa significhi quello sguardo, dura troppo poco perché possa capirci qualcosa. Continua a guardarla mentre Ellie apre il suo taccuino e lascia che la donna le descriva nuovamente il volto del suo aggressore con più precisione per poi disegnarne i contorni e i lineamenti con una penna.
 
Non appena finisce, Dean ne approfitta per fare un’altra domanda a Dana Frost. «Le ha detto il suo nome?»
Lei lo guarda e tira su col naso «Ha detto di chiamarsi John».
«Ed era la prima volta che lo incontrava?»
«Sì. Non… non era mai passato al bar, prima di allora».
Dean annuisce «Potrebbe raccontarci qualche altro particolare? Sull’aggressione, per esempio… »
La donna abbassa lo sguardo «Era gentile, fino a un attimo prima di varcare la porta di casa mia. Poi… non so cosa… cosa gli sia preso. Mi ha… spogliata e… e… trattenuta con… la forza… troppa forza. Era… e-era come impazzito».
Dean decide che è meglio evitare di fare domande più precise sull’aggressione in sé, anche perché è chiaro cos’è successo – non solo per quello che è scritto sul giornale – e si volta per incrociare lo sguardo di Sam, che sembra del suo stesso avviso. Insistere su certe cose potrebbe solo indurre la vittima a chiudersi a riccio e non è questo che vogliono ottenere. Per questo motivo, Dean decide di porre la domanda conclusiva tenendosi sul vago. «C’è… c’è qualche altro dettaglio che ricorda?»
 
La donna arrossisce, girando il volto verso la finestra e passandosi ancora una volta la mano sul collo in un gesto incredibilmente nervoso. «La polizia… loro non… non credo mi abbiano creduto, ma lui aveva… aveva… » fa un altro sospiro forte prima di deglutire «Aveva un… un cosoparticolare, ecco».
Dean sgrana gli occhi e vorrebbe fare una battuta, vorrebbe tanto, ma si trattiene perché non gli sembra il caso. Anche se fa un’immensa fatica per farlo.
Per fortuna è Sam a schiarirsi la voce e a prendere la parola «Si spieghi meglio».
 
Escono da quella stanza quasi dieci minuti dopo, camminando a passo lento.
Dean ha gli occhi fuori dalle orbite. Ne ha sentite tante di stranezze, un’infinità, ma questa è nuova anche a lui perché Dana Frost – dopo numerosi tentennamenti – ha confessato che il coso, come lei l’ha definito, di questo misterioso molestatore era particolarmente ispido, come se fosse ricoperto di aculei o spine.
 
«Ora si spiegano i numerosi tagli sulla parete vagin—»
«Non continuare, dottor Kegel. [3] Se ti ci metti anche tu, il rischio di farmi vomitare aumenta» Dean allenta il nodo della cravatta, profondamente disgustato dall’immagine che è comparsa prepotentemente nella sua testa. «E poi dove le hai lette queste cose?»
«Ho dato una sbirciata alla sua cartella clinica mentre Elisabeth stava disegnando. Era in fondo al letto» Sam si porta i capelli all’indietro, un gesto che a Dean non fa sperare niente di buono. «Forse sono più profondi delle ferite che le donne riportano in un “normale” stupro. Che già in una cosa così di normale non c’è niente».
«Ecco, appunto, smettila di essere così tecnico» sbuffa sonoramente, passandosi le dita sugli occhi stanchi «Oltretutto non ho neanche idea di che razza di creatura potrebbe trattarsi».
«Neanch’io» Sam sposta gli occhi su Ellie che ancora non ha pronunciato mezza parola «Posso vedere che aspetto ha quel tipo?»
Lei annuisce e gli porge il suo taccuino. Sam guarda quel pezzo di carta con una certa ammirazione «Cavoli, sei davvero brava. A me sarebbe venuto uno sgorbio».
Ellie abbozza un sorriso mentre il taccuino finisce anche nelle mani di Dean, per niente stupito della sua abilità e del modo curato con cui ha tracciato il profilo dell’aggressore sconosciuto, raccogliendo tutti i dettagli forniti da quella donna e mettendoli insieme in un ritratto molto preciso, nonostante sia stato fatto a penna.
 
Sam tira un sospiro «Propongo di andare a interrogare l’altra vittima, Matt Hamilton, così da vedere cosa troviamo in comune».
Dean sbuffa aria dal naso, per niente allettato da questa proposta. «D’accordo, ma spero tanto per lui che non sia gay». Sia Sam che Ellie lo guardando strano «Mi sono fatto troppi film per oggi. Ci manca solo che viene fuori che quel mostro ha infilato il suo arnese pure nel—»
Sam alza una mano nella sua direzione «Risparmiaci i particolari dettati dalla tua immaginazione, Dean» che sorride compiaciuto all’idea di aver infastidito suo fratello almeno un po’.
 
*
 
Preme ancora il piede sull’acceleratore, aumentando la velocità per arrivare il prima possibile a destinazione. Dalle tre buste bianche appoggiate sul sedile sale un odore buonissimo, qualcosa che sa di pollo e di buono e che Dean non vede l’ora di assaggiare, per questo si sta sbrigando per tornare al motel il prima possibile con il suo bottino: la cena per lui, Sam ed Ellie.
 
Stasera è toccato a lui andarla a prendere per tutti e ha deciso che il cibo cinese – una bella porzione di pollo alle mandorle, per essere precisi – era quello giusto per inaugurare una serata che passeranno a fare ricerche sul mostro pieno di aculei nei punti più impensabili.
 
L’interrogatorio a Matt Hamilton non li ha portati a niente. La creatura deve avere il potere di cambiare aspetto o qualcosa del genere, perché al tipo si è presentato come una bellissima donna bionda e ammaliante. Nessun particolare sulla sua… “zona segreta”, per fortuna, o l’immaginazione di Dean non avrebbe retto. Ma l’ha descritta come una furia, a letto, e non di quelle eccitanti. Era come un’Amazzone incazzata: nella borsetta aveva delle corde con cui lo ha legato per poi fargli di tutto.
 
Incrociando le informazioni, finora sono arrivati a ben poco e, quindi, Dean ha deciso di andare a prendere la cena per avere un attimo di pausa ed evitare che i suoi occhi si squagliassero.
 
Non ha preso il cinese solo perché sa che piace ad Ellie. O almeno, non è questo il motivo principale – perlomeno è quello di cui cerca di convincersi. Sa bene di non volerla compiacere per forza, ma vuole provare ad essere gentile, a comportarsi come farebbe se la situazione tra loro fosse normale e forse questo può essere un inizio. Magari non lo porterà a niente, ma tentar non nuoce.
 
Se desse retta al suo istinto, la prenderebbe da una parte e le urlerebbe addosso tutta la sua frustrazione, ma probabilmente non servirebbe a nulla se non a far chiudere Ellie a riccio ancora di più, quindi preferisce non rischiare e percorrere la via della pazienza. Finché riuscirà a farlo, almeno, perché qualcosa gli dice che il suo punto di rottura è molto vicino.
 
Parcheggia l’Impala davanti al motel e prende le buste che sono calde ed emanano quell’odore buonissimo e invitante.
 
Chiude lo sportello e si avvia verso la porta della stanza sua e di Sam, ma si ferma quando trova Ellie seduta poco più in là sul marciapiede lì davanti con le gambe incrociate e lo sguardo – triste e spento – rivolto a terra. Ha un pugno appoggiato sotto la mascella e nell’altra mano tiene un bastoncino con cui fa degli strani ghirigori sull’asfalto. Ha l’aria di una bambina triste e Dean vorrebbe tanto sapere perché si comporta così. O meglio, una spiegazione potrebbe anche averla perché ha perso suo padre ed è normale che sia triste, ma non capisce perché non gliene parla.
 
Le si avvicina con cautela, quasi per paura che si spaventi a vederlo comparire lì o qualcosa del genere, e le sventola davanti i sacchetti del cinese. Lei alza la testa e li osserva con ben poco entusiasmo.
«Ho portato la cena».
Ellie punta gli occhi su di lui «L’hai presa al cinese?»
Dean stringe le spalle «È un po’ che non ne mangio e i panini mi hanno stancato». Le sorride appena, anche se un po’ controvoglia «Vieni dentro così mangiamo? Ho una gran fame».
Lei scuote la testa decisa, tornando a concentrarsi sul bastoncino e un paio di sassolini sparsi a terra «Io no. I crackers di oggi pomeriggio mi bastano, grazie».
 
Non mostra un minimo di entusiasmo nel pronunciare quelle parole; è quasi apatica, la sua voce piatta e priva di qualsiasi emozione.
 
«Un pacchetto di crackers non è un granché come cena».
Ellie prende un bel respiro e alza ancora la testa, un sorriso ironico e poco rassicurante dipinto sul viso «Te lo dico sinceramente, Dean: è inutile che fai il gentile e vai addirittura a prendere la cena che mi piace per dimostrarti carino con me. Lo so che vorresti prendermi a calci, non sforzarti a fare finta di nulla».
 
Il sorriso di Dean si spegne immediatamente. Sospira, stringendo le buste forte tra le dita e cercando di trattenersi ancora dall’urlarle contro «Non è per te».
Ellie sbuffa aria dal naso, ancora sarcastica «Come no. Anche il gelato ieri sera… davvero, Dean, sii te stesso. Almeno mi dai meno sui nervi».
 
A quelle parole, Dean decide di smetterla di frenarsi «Ma perché fai così? Che ti ho fatto?»
«Devi smetterla di starmi con il fiato sul collo. Non ho bisogno delle tue premure».
 
Ellie abbassa ancora gli occhi, infilando una mano nella tasca della giacca verde ed estraendo un pacchetto di sigarette. Ne tira fuori una e la accende con un piccolo accendino arancione, portandola alla bocca e Dean non riesce a credere ai suoi occhi. Non è per il fumo in sé, ma per il suo atteggiamento scontroso e totalmente diverso da quello che ha sempre avuto.
Ricorda la prima – e credeva ultima, ma a quanto pare si è sbagliato – volta che l’ha vista fumare: era il suo compleanno, due anni fa, l’unico che abbiano mai festeggiato insieme. Allora ce l’aveva con Jim, oggi il bersaglio è chiaramente lui.
Scuote la testa «Non sei più una ragazzina. Mi avevi detto che avevi smesso».
 
Ellie alza di nuovo gli occhi, la sigaretta saldamente stretta tra le dita, e lo guarda malissimo «Non ho mai cominciato e non ho ripreso adesso. Mi rilassa e basta». Dean rimane in piedi perché di sedersi non se ne parla; ha bisogno di muoversi. Ellie fa un lungo tiro, sbuffando poi una bella boccata di fumo. «Davvero, credi che non mi sia accorta di quanto… quanto ti sforzi ad essere gentile con me? Se vuoi dirmi qualcosa, fallo, invece di tentare di tenermi buona. Fai solo peggio».
Dean stringe i pugni «Io voglio solo sapere perché ce l’hai con me».
Lei sorride amara «Uno dei motivi? Che ti preoccupi per me invece di pensare che papà sia morto» si volta di nuovo verso di lui, lo sguardo tagliente come la lama di una spada e la sua voce calma ma decisa «Non te ne frega un cazzo, ti si legge in faccia».
Dean deglutisce «Non è vero che non mi dispiace, io—»
«Bugiardo» Ellie si alza in piedi, buttando la sua sigaretta praticamente integra e stando ben attenta a mantenere le distanze «Magari non vedevi l’ora, almeno potevi avere una scusa valida per portarmi insieme a te».
Dean la guarda e scuote ancora la testa, profondamente amareggiato «È vero, non sono mai stato particolarmente entusiasta del fatto che te ne sei andata da lui invece di rimanere con me, questo te lo concedo, ma non ho mai pensato una cosa del genere».
«Beh, non hai fatto altro che rinfacciarmelo in tutti questi mesi» incrocia le braccia sotto il seno, guardandolo con aria di sfida.
Dean non ce la fa più a trattenersi «Sì, è vero. Perché pensavo che stessi meglio con me che con quello stronzo e non mi vergogno di dire che tuo padre era una merda. Mi dispiace che è morto, mi dispiace per te e vorrei capire cos’è successo per aiutarti, ma ciò non toglie che Jim si è comportato di merda con te per tanto, troppo tempo» il suo tono di voce è troppo alto, ma se ne accorge quando ormai ha vuotato il sacco e quindi quando è già troppo tardi per rimangiarsi le parole «E se pensi che basti dirmi queste cazzate o quelle che hai sparato l’altro giorno per allontanarmi, ti sbagli. Questa non sei tu. Io non so che ti è successo, non so cosa… cosa ti ha fatto diventare così, se è perché stai male o perché io ho fatto qualcosa di sbagliato, non lo so, ma questa non sei tu».
 
Ellie stringe gli occhi, incazzata come forse Dean non l’aveva mai vista «Vedi che ho ragione? Non te ne importa niente» sembra stia per scoppiare a piangere, tanta è la rabbia con cui pronuncia quelle parole «Non mi hai neanche abbracciata quando mi hai visto da Bobby. Pensavo che ti vergognassi di farti vedere da lui e da tuo fratello, invece la verità è che non te ne frega niente. Che non hai rispetto per il mio dolore» ora abbassa un po’ la voce, ma sembra così ferita e Dean, in un altro momento, è sicuro che di fronte a quelle parole e al suo tono contrito avrebbe gettato l’ascia di guerra e avrebbe cercato di rimediare, perché è vero che da Bobby non le ha dato il conforto che lei forse cercava e sì, su quello ha sicuramente sbagliato, ma adesso è troppo nervoso e incazzato per abbassarsi e chiedere scusa. «E sì, io ci sto male. Cosa ti aspettavi, di trovarmi contenta? Era mio padre e tu meglio di chiunque altro dovresti sapere quanto… quanto ho sudato e lottato per trovarlo e passare del tempo insieme a lui. Ho aspettato la mia intera vita per conoscerlo».
Dean cerca di abbassare la voce, per quanto possibile «Certo che lo so, ma—»
«Ma niente. Tu non c’eri negli ultimi mesi, non sai nulla di… di quello che è successo e di com’era il nostro rapporto, perciò non ti permetto di giudicare».
«Vi ho visti molte volte insieme e non mi sto inventando niente. Se non vuoi ammetterlo è un altro discorso. Anche se non ne parlavi quasi mai l’ho visto con i miei occhi e anche quando non c’eri ho sempre avuto l’impressione che mi raccontavi un sacco di balle a riguardo. Perché sei fatta così, non hai mai vuotato il sacco del tutto quando si parlava di Jim».
Ellie sorride amara «Tu non sei da meno» stringe le labbra tra i denti per un istante «E dici così perché non ti fidi di me. Non l’hai mai fatto».
Dean aggrotta la fronte «Non è vero».
Ellie stringe i pugni e scuote la testa «Questa è l’ennesima dimostrazione. In tutti questi mesi ci siamo sempre sentiti al telefono e non ti sei mai fidato delle mie parole. È quello che hai appena detto, no? Per non parlare del resto: non ti fidi a lasciarmi a caccia da sola, di quello che ti dico… non ti fidi neanche quando si tratta di dividere il letto con me. Hai sempre paura che io sgattaioli via per qualche motivo. Quindi… perché vuoi che venga con te? Per controllarmi?»
Dean sorride sarcastico «Ho altro di meglio da fare che tenerti d’occhio. Non mi diverte neanche».
«Bene, allora falla finita con l’interrogatorio e con questo atteggiamento idiota e lasciami in pace. Non siamo amici da un pezzo, io e te. Ed io non voglio la tua compassione o la tua pietà».
«Io voglio solo starti vicino. È diverso».
Ellie si volta, gli occhi rivolti verso la porta della sua stanza «Non è questo il modo».
«E allora perché sei qui?»
 
Lei gira ancora gli occhi nella sua direzione per un istante, lo sguardo freddo come il ghiaccio. «Perché me lo ha chiesto tuo fratello».
 
Spalanca la porta della sua stanza e se la sbatte dietro le spalle prima che Dean possa replicare.
 
Lui prende un grosso sospiro, buttando la testa indietro e chiudendo gli occhi, la busta col cibo saldamente stretta tra le dita, anche se gli è praticamente passata la fame. Si sente così arrabbiato che la sfonderebbe a calci quella cazzo di porta.
La strada della pace e della pazienza, a quanto pare, non l’ha portato a niente se non a discutere di nuovo; di questo passo, tanto vale ignorarsi a vicenda come facevano da Bobby e Dean sospira forte al pensiero. Proprio quello che volevo.
 
Senza dubbio tutto questo è molto più grave di quanto pensasse e l’odio di Ellie per lui è qualcosa di profondo, che probabilmente ha radici in chissà quale avvenimento passato e crea come un muro che li divide. Dean non è tanto sicuro che riuscirà a superarlo, a scavare quella superficie di ostilità e ritrovare la vecchia Ellie. Solo che non ha alcuna intenzione di smettere di provarci, perché tutto quello che vuole adesso è riaverla indietro per come l’ha conosciuta. Non importa quanto ci vorrà e quanto dovrà sopportare per riuscirci. Spera solo che la parte di lui che ha già gettato la spugna non prenda il sopravvento.

 

[1] Il Regional West Medical Center esiste davvero a Scottsbluff: è l’ospedale cittadino.
[2] I primi due cognomi citati sono presi da ex componenti degli AC/DC, precisamente da Bon Scott e Phil Rudd, rispettivamente ex voce e batteria della famosa band. Hynde, invece, è il cognome della cantante e leader dei Pretenders Chrissie Hynde.
[3] Il dottor Arthur Kegel era un famoso ginecologo oltre che un professore associato di Ginecologia presso l’Università di Southern California.

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Capitolo 5
*** Everything burns ***


Note: Anche oggi sono piuttosto di corsa, ma eccomi qua con un nuovo capitolo.
Chi ha letto la storia precedente e conosce Ellie, sa che è nel momento più buio che possa aver vissuto da che è morta sua madre. Per questo è così… “lunatica” e scontrosa, a tratti pure cattiva. Spero che con questo capitolo, però, possiate comprendere un po’ di più il suo atteggiamento.
Vi saluto e colgo l’occasione per ringraziare chi segue, chi legge (anche silenziosamente) e soprattutto chi lascia un commentino. Fa sempre piacere leggere le vostre opinioni :D altrimenti non sarei qui.
Un abbraccione forte, a presto! :*

Capitolo 5: Everything burns
 
She sits in her corner
Singing herself to sleep
Wrapped in all of the promises
That no one seems to keep
She no longer cries to herself
No tears left to wash away
Just diaries of empty pages
Feelings gonna astray
But she will sing
‘Till everything burns
While everyone screams
Burning their lies
Burning my dreams
All of this hate
And all of this pain
I’ll burn it all down
As my anger reigns
‘Till everything burns.
 
(Everything burns – Anastacia feat. Ben Moody)
 
 
La notte è silenziosa, docile, una fedele compagna per chi ha bisogno di nascondersi dalla luce e dalle domande degli altri, che sono spesso inesauribili e talvolta così asfissianti.

Ellie siede sul letto, le gambe stese di fronte a lei e la schiena appoggiata alla testiera. Prende un’altra boccata dalla sigaretta che stringe tra l’indice e il medio della mano destra e sputa verso l’alto una nuvoletta densa e scura dopo qualche istante.
Non ne fuma più di una o due al giorno, perché non vuole prendere il vizio; il suo è solo un modo per scaricare i nervi e la tensione che ha accumulato nelle ultime settimane, che è tanta ed è come una matassa che le intreccia lo stomaco.

Passa così molte notti, incapace di prendere sonno e di sgombrare la mente da tutto quello che ci passa dentro. E i suoi problemi con Dean sono davvero all’ultimo posto nella lista dei suoi pensieri.
 
Molte delle cose che gli ha detto negli ultimi giorni non sono vere e non le pensa, ma lui non molla e non capisce che quello che vuole lei è solo che le stia alla larga e che non le faccia tutte quelle domande. Lo sa che non vuole farle un torto, che insiste perché vuole aiutarla, ma Ellie vuole stare da sola e parlare è l’ultimo dei suoi desideri. Lui che fa fatica a sputare qualsiasi cosa dovrebbe capirla, invece fa tutto il contrario.

Dà un ultimo tiro alla sigaretta e la spegne nel posacenere rimediato – un bicchiere di plastica con un po’ d’acqua al suo interno – che ha fatto quando è arrivata qui. Dentro ci sono altri due mozziconi delle cicche che ha consumato le ultime due notti in questo motel marcio e dismesso.

Prende un grosso respiro e tira a sé il suo laptop, acceso e appoggiato sul letto a poca distanza dalle sue gambe. Gira in tutti i siti dei giornali di quasi tutti gli Stati, soprattutto quelli nei pressi del Wyoming, cercando la più strana delle morti. Lo fa ogni notte, prima di rannicchiarsi sotto le coperte con la pistola sotto il cuscino e tentare di chiudere gli occhi e di trovare un po’ di pace – cosa che riesce a fare raramente, giusto quando è particolarmente stanca. Di solito lo fa con l’ausilio di qualche bicchiere di vodka liscia, di cui una bottiglia è appoggiata sopra al comodino accanto al letto.

Altrettanto raramente trova qualcosa di interessante, qualcosa che la riporterebbe a quella notte in quel capannone dismesso in quel bosco fitto e buio. Prenderebbe armi e bagagli se avesse una pista valida da seguire, abbandonerebbe tutto, anche questo caso, se trovasse anche una sola traccia, qualcosa, ma il mostro che gli ha portato via il papà si nasconde nell’ombra ed è losco e terribilmente difficile da stanare. 
 
Anche papà glielo aveva detto: se lo facciamo fuori siamo fortunati, perché potremmo perdere lui e le sue tracce per molto tempo. Quelle parole riecheggiano sempre nella memoria di Ellie, come un’instancabile mantra.
 
Ricorda quella notte come una delle più spaventose della sua vita. Ci sono stati tanti momenti in precedenza in cui si è sentita persa, in cui aveva avuto paura. Non tanto di rimetterci la pelle, perché quello faceva parte del gioco; Ellie lo sapeva fin dall’inizio, da quando papà le ha dato quella pistola, l’unico regalo che le abbia mai fatto. Sa che, un giorno o l’altro, potrebbe rimetterci la vita, e non è stato quello a metterle così tanta paura, ma più la consapevolezza di essere rimasta sola al mondo, di aver perso l’ultima possibilità che aveva di avere una famiglia.
 
Non che fosse facile, anzi. Con papà era tutto tranne che un’impresa semplice.
All’inizio è stata una guerra, nel vero senso della parola. Ellie l’ha combattuta a testa alta, ma ne porta ancora i segni addosso.
Si era presa un po’ troppa libertà e sapeva di rischiare, che cercare di imporre troppe regole – o di farsi rispettare e considerare almeno un po’, perché lei non voleva altro – l’avrebbe cacciata nei guai, ma ha tentato ugualmente, perché l’obiettivo era più importante di tutto il resto, anche di se stessa.
 
Poi non sa come le cose abbiano fatto ad aggiustarsi, non sa come sia riuscita a ottenere un equilibrio con quell’uomo tanto enigmatico e silenzioso, ma ce l’ha fatta; erano riusciti a costruire qualcosa, alla fine dei conti, ed era molto meglio del vuoto che sente adesso, questa grossa voragine in cui è finita e da cui non riesce a uscire.
 
Ricorda ogni istante dell’attacco di quel bruto, del modo in cui i suoi artigli si siano conficcati nella carne del suo papà e di quanto lui abbia urlato, dopo, cadendo a terra. Ricorda di essergli corsa incontro, di aver cercato di tamponare la ferita – così grande e completamente impregnata di sangue denso e vivo – con le mani come meglio poteva e di essergli rimasta vicino con le lacrime agli occhi, cercando di trattenerle il più possibile per non fargli capire quanto fosse preoccupata. Ricorda quel sorriso debole, quasi una piega invisibile sulle sue labbra, un movimento impercettibile che Ellie aveva imparato a riconoscere e ad apprezzare, a sentire quasi come un gesto d’affetto e i suoi arti farsi più molli e il calore del respiro flebile di suo padre spegnersi quando la vita l’ha abbandonato. L’ha stretto più forte tra le braccia, allora – le spalle di suo padre abbandonate contro di lei e la testa inclinata da un lato –, realizzando di non averlo mai fatto prima, perché lui non glielo aveva mai permesso e che non l’avrebbe più fatto, ora che non respirava più.
 
Ricorda quanto ha pianto, quasi sentisse un dolore fisico, come se un pezzo di carne si fosse staccato dal suo corpo, e quanto ha faticato, poi, a portare il suo papà in un luogo più sicuro di quel bosco folto e buio.
 
Caleb, l’amico di papà che ha seguito quella caccia insieme a loro, l’ha aiutata. Ha preso suo padre per le spalle mentre Ellie lo sollevava per i piedi, rischiando di cadere un paio di volte, un po’ perché le lacrime le appannavano la vista e non riusciva a vedere nulla e un po’ perché il sentiero era piuttosto scosceso e c’era serio rischio di inciampare.
 
In quei giorni, Caleb è stato molto gentile con lei, più di quanto lo sia mai stato John Winchester. Non solo l’ha aiutata a trasportare papà nella sua macchina, ma anche a costruire la pira di legno e ad adagiare quel corpo esanime lì sopra per poi potergli dare fuoco.
 
Aveva incontrato quell’uomo – alto poco più di lei, pochi capelli solo sulla parte posteriore della testa e un viso buono e gentile [1] – solo tre o quattro volte. Aiutava papà nelle cacce più impegnative, quando credeva che in due non ce l’avrebbero fatta – soprattutto con lei che, ai suoi occhi, era ancora molto inesperta. Quando lo aveva incontrato, Ellie aveva avuto l’impressione che quel Caleb non fosse un chiacchierone perché spesso non parlava con lei che era comunque abituata al mutismo dei cacciatori, perciò non se l’era mai presa. Si è rivelato gentile, quando lei ne ha avuto più bisogno e l’unico motivo per cui se n’è andata, dopo aver bruciato il corpo di suo padre, lasciandogli solo un misero biglietto con su scritto grazie è perché voleva stare da sola, lontana da chiunque potesse ricordargli papà per qualche motivo, da chi potesse farle qualsiasi tipo di domanda e da chi, come lui, avrebbe provato a parlare con lei che di voglia di chiacchierare non ne aveva affatto.
 
Ellie ha voluto dare a suo padre una degna sepoltura, quella tipica dei cacciatori – così simile a quella che gli antichi greci regalavano ai loro cari –, costruendo una pira di legno e cospargendo con del sale il corpo coperto da un lenzuolo bianco. Sicuramente era ciò che lui avrebbe voluto, essendo stato un cacciatore per buona parte della sua vita.
È rimasta a osservare il fuoco ardere per tutto il tempo, le guance rigate dalle lacrime che le scendevano silenziose dagli occhi appannati e le braccia che stringevano il suo corpo divenuto più esile che la felpa grigia che aveva addosso non scaldava abbastanza, realizzando quanto avessero ragione i Kansas ad affermare che siamo solo polvere nel vento [2].
 
Non ha voluto nessuno al suo fianco, in quei momenti. Caleb, mentre il fuoco ardeva docile e silenzioso bruciando la carne e le ossa di Jim Davis, è rimasto nel capanno in cui “alloggiavano”, lasciandole tutto lo spazio che gli aveva chiesto di avere. Il telefono, poi, era ormai spento da qualche settimana, da quando lei e suo padre si erano messi sulle tracce di quel gran pezzo di bastardo che glielo ha portato via.
Funzionava così con lui: non tollerava distrazioni durante una caccia, soprattutto se era una di quelle importanti. Per questo le chiedeva di spegnerlo e di concentrarsi e passare le notti a lavorare con lui poteva essere molto istruttivo, a volte.
 
Ellie lo osservava silenziosa, notando il modo in cui le piccole rughe che aveva intorno agli occhi diventavano più fitte quando era concentrato in qualcosa di davvero importante, come cercare i modi per uccidere ciò che stavano cacciando. Le chiedeva di dare un’occhiata in internet mentre lui scandagliava tutti i giornali che trovava negli archivi delle testate giornalistiche locali e nelle biblioteche per mettere insieme più informazioni possibili.
Solo osservandolo con così tanta attenzione aveva capito cosa intendeva davvero Dean quando diceva che suo padre era un genio: il loro modo di lavorare, quell’accuratezza nella ricerca di ogni dettaglio, anche quello apparentemente più insignificante, per avere un’idea più precisa possibile del quadro d’insieme, era ciò che faceva la differenza. Lei e Dean, quando seguivano un caso, avevano praticamente una buona parte di lavoro già fatta, visto che il grosso delle ricerche era sempre fatto da suo padre o da John ed Ellie l’ha compreso solo in quei momenti, in quelle notti lente e silenziose che trascorreva insieme a suo padre a cercare di imparare il più possibile dal suo modo di lavorare e di mettere insieme tutte le informazioni per arrivare all’obiettivo finale.
 
Non era solito condividere con lei molti dei suoi trucchi, ma si sa che gli occhi sono dei buoni ladri ed Ellie ha sempre cercato di captare il più possibile, tutto quello che le sembrava geniale e intelligente del suo metodo di lavoro.
 
Sa che quello che aveva con lui era un rapporto a metà. Lo è sempre stato e a volte aveva l’impressione di avere intorno un estraneo, una persona che non sapeva assolutamente niente di lei, ma negli ultimi tempi le cose andavano meglio ed erano quasi più… uniti, per quanto questa parola comunque non riuscisse a descrivere pienamente il loro rapporto. Erano molto lontani dall’esserlo veramente, ma ad Ellie quei piccoli passi che aveva fatto verso di lei, quel chiederle se stava bene dopo aver preso una brutta botta in una caccia, quel suo… preoccuparsi, anche se lievemente, sembravano dei segnali positivissimi.
 
Era molto diverso da quando avevano trascorso del tempo insieme prima che lei tornasse a Buckley, prima di quel brutto litigio. Anche se non troppo – o almeno non come lei avrebbe davvero voluto –, lui cercava di coinvolgerla di più, di spronarla a fare del suo meglio, magari con delle frasi pronunciate in modo un po’ troppo secco e senza tanto calore nella voce, ma ad Ellie sembravano comunque dei passi in avanti, visto che prima non le diceva mai niente e si limitava a sgridarla o a darle degli ordini che la tenevano sempre così lontana da lui.
 
Per questo sentiva che le cose stavano andando meglio, che finalmente stavano cercando di costruire un rapporto degno di essere chiamato tale, e proprio sul più bello lui se n’è andato, la sua vita spezzata da un colpo di artigli – così lunghi e affilati – di quell’orribile mostro a quattro zampe.
 
Ellie spera di ritrovarlo, adesso. Lo fa con tutte le sue forze, aggrappandosi ogni notte all’idea che prima o poi arriverà quella giusta, la notizia sospetta che la farà scattare come una molla alla ricerca di quel dannato animale.
 
Allunga il braccio destro verso il comodino, afferrando la bottiglia di vodka e bevendone un lungo sorso, cercando di non fermarsi solo perché è forte e la fa rabbrividire. Stringe gli occhi forte quando si stacca da quel recipiente, assaporando quel sapore intenso invaderle il palato e scendere giù nella gola.
 
Non vorrebbe più pensare a quello che è successo, a tutta la paura e il dolore che ha sentito in quella notte non così lontana, ma è qualcosa di inevitabile quando si ritrova da sola. Per questo vorrebbe che, almeno durante il giorno, non ci fosse nessuno a farle domande o comunque a guardarla con gli occhi di chi vuole sapere.
 
Non capisce perché Dean fa così. Sapeva che andando da Bobby anche lui sarebbe venuto a conoscenza di tutta questa faccenda – Bobby non avrebbe taciuto anche se non parlava con Dean da una vita, di questo era abbastanza certa – e sapeva che si sarebbe precipitato da lei, perché è il suo modo di fare, perché fa così quando ha a cuore qualcosa o qualcuno. Solo non pensava che fosse così accanito nel sapere cosa è successo. Sembra sia l’unica cosa che gli importa.
 
Per questo vuole che le stia lontana, perché quella è proprio l’ultima cosa di cui vuole parlare. È qualcosa di troppo doloroso e intenso e vivo nella sua memoria per riuscire a tirarlo fuori. Non è ancora pronta. È uno dei motivi per cui non l’ha chiamato, quando papà è morto.
 
Persino Sam, che non la conosce e forse non aveva neanche mai sentito parlare di lei – Dean non è esattamente il tipo di ragazzo a cui piace sbandierare di avere una “relazione” fissa con qualcuna –, ha più rispetto da questo punto di vista e sembra sgridare con gli occhi suo fratello quando lo vede insistere.
Non ha avuto ancora modo – e voglia – di parlare di più con lui, ma le sembra una persona interessante e aperta. Sarebbe stata così contenta di conoscerlo quando Dean gliene parlava col cuore in mano, elogiando la sua intelligenza con quel suo modo di prenderlo in giro – perché Ellie sapeva che sotto c’era tanta ammirazione –, ma adesso è tutto così diverso. Le dispiace che, in tutta questa storia, ci vada di mezzo anche lui, che non la conosce affatto e deve subirsi tutte le sue stranezze.
 
Ellie si siede sul letto e chiude il suo laptop, per poi rimettere dentro al suo quaderno dei disegni quei fogli sparsi che custodisce gelosamente lì dentro – schemi e appunti importanti su quel maledetto mostro che non saprebbe dove riporre altrimenti – e portarsi una mano sugli occhi, strofinandoli con le dita. L’orologio segna le tre e mezzo del mattino ed è ora di dormire se domani vuole combinare qualcosa per il caso che sta seguendo con Sam e Dean.
 
Si alza, andando ad appoggiare il computer sul tavolo, e va in bagno. Accende la luce e si mette davanti allo specchio. Il viola scuro del livido che ha sullo zigomo sinistro sta continuando a sbiadirsi, diventando sempre più marroncino. Ellie si sciacqua il viso per poi cospargerci su un po’ di pomata, una di quelle che la mamma le metteva sempre quando da bambina si sbucciava le ginocchia dopo una caduta dalla bicicletta.
 
Sospira forte a quel pensiero, serrando gli occhi per un istante e aggrappandosi con una mano al lavandino. Le manca tanto. Le manca nei momenti in cui sta bene, quando le viene spontaneo sorridere e ricordarsi di tutte le cose belle che le diceva, ma soprattutto adesso che avrebbe bisogno di qualcuno che la stringa forte al petto e le ricordi che si può stare meglio di così, che c’è sempre una via d’uscita. La mamma lo faceva sempre quando c’era qualcosa che non andava, quando a preoccuparla erano questioni più stupide – tipo quando da bambina i suoi compagni la prendevano in giro per qualcosa e lei ci rimaneva male – e quando, invece, si trattava di situazioni più serie e importanti.
 
Non le piace ammetterlo, perché crede sia giusto tenerlo a distanza in questo momento, ma vorrebbe tanto che Dean facesse lo stesso, che la stringesse forte e le dicesse qualcosa di bello, invece di tutte quelle domande e quella sua dannata voglia di capire cos’ha fatto di sbagliato. Vorrebbe solo un po’ di tenerezza e comprensione da parte sua. Nient’altro. 
 
Non hanno passato moltissimo tempo insieme con l’idea di essere una coppia, ma ad Ellie piaceva il modo in cui lui la stringeva a sé dopo aver fatto l’amore: era così caldo e protettivo e lei si coccolava nel suo abbraccio facendo altrettanto, stringendolo forte e tentando di dargli la stessa sicurezza che lui riusciva a trasmetterle. Entrambe le volte, ma forse di più la seconda, perché si erano appena ritrovati e il modo in cui l’abbracciava era più deciso, più sicuro e aveva un sorriso così bello mentre le parlava e le scostava i capelli dal viso mettendoglieli dietro le orecchie. Ellie, in quel momento, aveva pensato che nessuno si era mai preso cura di lei in quel modo, che ci stava così bene insieme che voleva durasse per sempre.
 
Ricorda bene quella mattina, l’ultima che hanno passato insieme prima di dividersi di nuovo, quando, con un misero asciugamano intorno al corpo e i capelli ancora bagnati, stava cercando di togliere i nodi con un pettine e Dean l’ha abbracciata stretta, baciandole il collo umido. Ellie si era guardata allo specchio pensando che, nonostante tutto – il fatto che dovevano prendere strade diverse e che quelli erano gli ultimi momenti che avrebbero passato insieme –, non aveva mai visto i suoi occhi brillare in quel modo.
 
Quando stava con Ben, qualche volta era capitato di dormire da lui quando i suoi genitori erano fuori. La mamma si fidava di lui e non era un mistero per lei che avevano rapporti, perciò la lasciava senza problemi. La mattina, quando si svegliavano insieme, Ellie pensava di aver trovato il Paradiso. Si stringeva tra le sue braccia e si lasciava coccolare, sentendosi al sicuro, ma poi si è resa conto – quella mattina di molti anni dopo più di sempre, forse – che tutto ciò non era nemmeno paragonabile a quello che sentiva quando stava con Dean e il sorriso che aveva sulla faccia in quel momento era così spontaneo e tranquillo che Ellie avrebbe volentieri mandato i suoi stessi piani al diavolo per rimanere ancora tra le sue braccia.
 
Le manca anche questo, a dire la verità, quella sensazione di pace che sentiva quando stavano insieme. Si sente un po’ incoerente quando ci pensa, perché dovrebbe comportarsi diversamente per tenerlo vicino, ma la verità è che Dean sembra avere tutt’altro per la testa al momento, che l’unica cosa importante sia sapere cosa diavolo è successo in quella notte maledetta. E forse è vero che ha paura di dividere un letto con lei; è una delle poche cose che pensa tra tutte quelle che gli ha detto, insieme al fatto che non deve permettersi di giudicare suo padre perché sono tante le cose che non sa, quelle che Ellie non aveva voglia di approfondire quando passavano le ore al telefono. E poi il suo non è migliore, anche se lui non sembra rendersene conto.
 
Lo sa che ha tanti difetti, ma ne abbiamo tutti, e lo perdonerebbe se le chiedesse scusa per questo suo atteggiamento idiota. Gli ha perdonato cose peggiori e… davvero, vorrebbe solo un po’ di comprensione e rispetto in un momento così particolare e delicato della sua vita.
 
Ricorda anche quella mattina in cui si sono svegliati insieme, quando le cose erano ancora confuse tra loro e non si aspettava davvero di trovarsi nel letto di Bobby stretta nel suo abbraccio. Era una sensazione così bella che Ellie aveva pensato che quello era proprio il posto giusto per lei. Peccato che adesso sia tutto così lontano e differente.
 
Spegne la luce del bagno e decide di stendersi a letto, di provare almeno a dormire. Stringe il cuscino tra le dita e chiude gli occhi, cercando di non pensare a quelle cose, a quanto la felicità che aveva sentito in quegli istanti gli sembri distante adesso che dormono in due stanze separate e che di rado si parlano senza sbranarsi. Sa di essere fortemente responsabile di tutto questo, ma non riesce a sopportare il suo atteggiamento e il fatto che sia così indifferente alla morte di papà. Non gli stava così simpatico, ok, ma lo conosceva da quando era piccolo, quindi perché è così menefreghista? Perché non comprende che, per quanto fosse stronzo certe volte, lei gli voleva bene e soffre per la sua scomparsa?
 
Tira su col naso, stringendo gli occhi più forte per un lungo istante. Non vuole piangere, perché è vero, papà le manca tanto, ma è convinta che vorrebbe vederla diversamente e anche la situazione con Dean, poi, per quanto sia incasinata e il suo atteggiamento risulti autolesionista, un po’ se la sta cercando e questa solitudine è ciò che si merita.
Forse doveva andare così anche prima, forse… forse volersi non è mai stata la soluzione. Ai cacciatori non è concesso di amare e loro due, qualsiasi cosa fossero, non sono così forti e uniti da sconvolgere questo “equilibrio naturale”. Lei, poi, non crede di meritare alcuna felicità, non in questo momento.
 
Allunga un braccio alla sua sinistra, sotto il cuscino di fianco al suo e ne tira fuori una camicia nera a maniche corte. La prende e la abbraccia, come se fosse una persona, stringendone forte il tessuto tra le braccia e portandolo al petto.
Era di papà. La metteva spesso, è… è la cosa che Ellie gli ha visto più addosso.
 
Sa benissimo che, nel lungo codice di regole di vita dei cacciatori, conservare le cose di un morto sia sbagliatissimo, perché se il suo spirito ci è rimasto “incastrato dentro” può tornare come fantasma maligno eccetera, ma Ellie se n’è fregata e, prima di bruciare tutto il resto della sua roba insieme a lui, ha voluto conservare questa, per stringersela addosso in notti come questa, quando nella sua testa regnano così tanti pensieri negativi.
 
Chiude nuovamente gli occhi, cercando di concentrarsi su quello che dovrà cacciare domani, ma soprattutto su ciò che è più importante, quello che attende più di ogni altra cosa, l’unica faccenda a cui riesce a pensare lucidamente: la sua vendetta.
 
*
 
Ha il gomito sotto il mento e li osserva silenzioso, seduto al tavolo della sua stanza di motel cosparso di fogli e un paio di laptop accesi, lo sguardo che va dall’uno all’altra quando non se ne accorgono.
 
Dovrebbero fare ricerche, ma oggi Sam ha tutto meno che voglia di impegnare le sue energie – che non sono tante, visto che anche stanotte l’ha passata a fissare il soffitto – per leggere di ipotetici mostri stupratori.
 
Punta gli occhi su suo fratello, sdraiato sul suo letto con lo sguardo fisso su uno dei fogli che sta leggendo con attenzione – o almeno così sembrerebbe a un occhio poco allenato. Sam lo conosce e sa che in questo momento sta puntando gli occhi su quel foglio, ma che ha la mente da tutt’altra parte e, in fin dei conti, non può neanche biasimarlo.
 
Ieri sera ha sentito la conversazione a dir poco spiacevole che Dean ha avuto con Elisabeth. Era sdraiato sul suo letto intento a fare ricerche – sul serio, però, non come ora – e li ha sentiti discutere, i toni meno accesi di quella volta da Bobby, ma comunque Elisabeth si è scagliata contro di lui ancora una volta.
 
Sam vorrebbe che la smettessero di comportarsi in questo modo – soprattutto di litigare quando lui è così vicino da poterli sentire – e chiarire civilmente i loro contrasti, ma la cosa non sembra possibile al momento.
Ora hanno ripreso a ignorarsi: Dean sdraiato sul letto e lei, invece, seduta davanti a Sam, ha gli occhiali sul naso, i denti a torturare il labbro inferiore e l’espressione concentrata – la sua veramente, al contrario delle loro – sullo schermo del suo computer. È l’unica che si sta impegnando sul serio in qualcosa di realmente utile, al contrario dei due fratelli, chiaramente persi in tutt’altri pensieri.
 
A Sam, solitamente, viene praticamente spontaneo concentrarsi sul lavoro o sulle cose da fare. Fa parte della sua natura. Di solito è Dean quello distratto, soprattutto nella parte delle ricerche che trova noiosa e poco esaltante.
 
In realtà, la cosa che preoccupa veramente Sam in questo momento è chiaramente scollegata al caso e non c’entra niente con la situazione di suo fratello con la sua ex o qualsiasi cosa sia.
 
Quello che vorrebbe davvero, adesso, sarebbe mollare questo caso e tutta questa storia assurda e andare a cercare suo padre. Sì, dannazione, è l’unica cosa che avrebbe senso fare per lui, se non fosse che suo fratello sembra aver di meglio da fare che concentrarsi su quello che è veramente importante.
 
Gli fa quasi rabbia guardarlo, mentre fa palesemente finta di essere attento, gli occhi che fissano lo stesso punto da troppo tempo per essere seriamente impegnati a leggere, le gambe accavallate tra loro e lo sguardo vuoto di chi ha tutt’altro per la testa.
 
Se desse retta al suo istinto, si alzerebbe in piedi di scatto e gli urlerebbe di prendere l’Impala e andare dietro a papà anziché girarsi i pollici e stare dietro alle puttanate che ha nella testa, perché qualcosa gli dice che se Dean parlasse chiaro a quella ragazza e gli dicesse davvero cosa pensa – qualsiasi cosa sia – la situazione tra loro si appianerebbe. O forse è veramente più complicata, ma la verità è che non gli importa perché non c’è una sola parte del suo cervello che trovi tutta questa faccenda rilevante o comunque così importante da sconvolgere tutti i loro piani.
 
Sa benissimo che non ragionerebbe così in un altro periodo della sua vita, ma ha fretta di arrivare alla verità, di trovare papà e una maledetta conclusione alla storia che lo sta torturando da tutta la vita e magari tornare a studiare poi, in quello che ha sempre voluto fosse il suo ambiente, lontano da pistole, mostri e preoccupazioni così complicate.
 
Dean non lo capisce perché ha passato tutta la vita dietro alle leggi del loro padre e per lui questo lavoro è tutto ciò che ha, ma Sam ha visto altro, ha conosciuto qualcos’altro di più colorato e meno cruento e gli piaceva così tanto che non avrebbe mai voluto essere strappato via da lì.
 
Osserva nuovamente Elisabeth, le labbra arricciate in una smorfia seccata, e si chiede perché continui a seguirli se l’unica cosa che vuole fare è levare le tende. Insomma, se non gliene frega niente e odia davvero Dean per qualche motivo, perché diavolo si ostina a lavorare insieme a loro? Che vuole dimostrare?
 
Sam non la trova antipatica, solo fredda e distante. E pensare che sia Dean che Bobby gliel’avevano descritta in modo totalmente diverso, come una persona solare e allegra. Chissà se è solo per la storia di suo padre o se c’è sotto qualcos’altro, qualcosa che magari ha paura di dire a Dean e proprio per questo si comporta così.
Le sue, però, sono solo ipotesi e Sam torna a concentrarsi sul suo laptop – o meglio, a fingere di farlo – quando Elisabeth scosta una ciocca di capelli portandola dietro l’orecchio. Con la coda dell’occhio la guarda arricciare ancora le labbra in un’espressione molto indecisa. Tace ancora, però, e Sam ne approfitta per sbuffare, stanco di tutto questo silenzio.
 
«Io non riesco a trovare nulla» sposta un po’ il gomito sul tavolo «Credo di aver cercato tra tutte le chiavi di ricerca che mi venivano in mente, ma niente» Elisabeth non gli risponde, così sposta ancora una volta lo sguardo sul fratello «Tu, invece? Hai qualche novità?»
Non si stupisce quando Dean scuote la testa deciso, buttando il foglio sul copriletto e stropicciandosi gli occhi con le dita. Gli girano così tanto che neanche si degna di rispondere a parole.
Guarda Elisabeth che stringe le labbra tra i denti ed espira dal naso «Mi sa che sono stata più fortunata».
 
Sam sgrana gli occhi e non solo perché sono le prime parole che dice dopo almeno un’ora di silenzio. Insomma, se aveva capito di essere sulla strada giusta, non poteva dirlo prima? Gli avrebbe risparmiato ore di noia infinita.
Guarda il fratello che non sembra particolarmente sorpreso da questa cosa. Si chiede se ci sia qualcosa che davvero lo stupisce di questa ragazza. Almeno dal punto di vista lavorativo, perché per il resto sembra essere parecchio sbigottito dal suo atteggiamento recente.
 
Elisabeth sposta il suo laptop verso Sam, permettendogli di leggere sullo schermo; lui aguzza gli occhi, finalmente impegnato a leggere qualcosa che gli interessa.
«Incubi, eh?» guarda per un attimo Elisabeth che annuisce, togliendosi gli occhiali. Anche suo fratello si alza dal letto per avvicinarsi e si mette alla destra di lei, in modo da poter vedere bene lo schermo del computer.
«A quanto è scritto qui, sono demoni che appartengono al folklore romano. Hanno aspetto maschile e trasmettono sogni cattivi oltre ad avere rapporti sessuali con le loro vittime».
 
Sam continua a leggere e sì, ha assolutamente senso, ma è curioso di comprendere come abbia fatto Elisabeth ad arrivarci. «E come l’hai intuito? Perché qualsiasi cosa che ho digitato mi ha portato fuori strada».
Lei stringe le spalle «Mi sono concentrata sui dettagli che ci ha dato Dana Frost e ho… ripensato a quello che ci ha detto verso la fine. Sull’aggressore, sul suo… » arrossisce un po’ e Sam capisce immediatamente a cosa si riferisce. «Insomma, quello».
Dean si piega un po’ in avanti, avvicinandosi di più a lei senza guardarla, gli occhi fissi sullo schermo «Eh già, quando si tratta di certe cose le ragazze sanno sempre dove andare a cercare».
 
Non sorride malizioso mentre lo dice, come farebbe in un’occasione normale, ma Elisabeth si volta verso di lui e Sam scommette che lo fa perché non è esattamente lusingata dalle parole che suo fratello ha appena sputato dalla sua boccaccia. Anche Sam lo osserva col cipiglio alzato, sperando che lui capisca che almeno questa poteva risparmiarsela – anche se ha compreso che era una risposta alla battuta di Elisabeth dell’altro giorno, ma questo di certo non lo giustifica. Non gli ha insegnato nessuno che, la maggior parte delle volte, l’arma migliore è il buonsenso? Non è che col dirle così risolve qualcosa, anzi.
Dean, però, non bada a nessuno dei due, continuando a rimanere concentrato nella lettura senza voltarsi verso di loro.
 
«E come si uccide?»
Elisabeth torna a fissare la pagina aperta di internet «Questo non c’è scritto» il suo tono è più freddo, scostante, addirittura più distante di come lo è stato negli ultimi giorni nei confronti di suo fratello.
 
Dean tira su la schiena e Sam lo guarda alzando la testa nella sua direzione. «Allora fate i bravi secchioni e cercate di scoprirlo mentre vado a prendere qualcosa da mangiare» si avvicina alla porta a passo svelto, prende la giacca senza voltarsi indietro e apre la porta. «Tu Sam vuoi qualcosa?»
«No» Sam non esita a dirglielo e lo guarda mentre Dean si sbatte la porta alle spalle. Butta gli occhi su Elisabeth che sembra non averli staccati dallo schermo e magari non ci è rimasta male per il fatto che Dean è uscito senza neanche chiederle se le andava qualcosa, ma Sam sì, perché sa che Dean qualche volta esagera e questa è una di quelle. In fondo, non perché non si parlano deve comportarsi male con lei e non essere gentile. Farebbe più bella figura e le mostrerebbe che tra i due è il più saggio, ma quando si arrabbia evidentemente scorda ogni accenno di buone maniere che ha.
 
Lei non dice niente, comunque, e qualcosa suggerisce a Sam che si aspettasse un atteggiamento del genere da parte di Dean, al contrario suo che invece lo vedeva ancora intento a crogiolarsi nella sua depressione cronica.
 
Lo sguardo che Elisabeth gli punta addosso lo distoglie dai pensieri «Dovremmo cercare come si uccide». Sam annuisce, facendo per tornare con la sedia verso il suo laptop, ma lei continua a guardarlo, come per fargli intendere che vuole dirgli qualcos’altro. «Possiamo guardarci insieme, se ti va. Quattr’occhi sono meglio di due, magari riusciamo a trovare qualcosa più velocemente».
 
Sam la guarda con attenzione e non trova un solo motivo nella sua testa per dirle di no, per quanto gli sembri un po’ strana quella piccola richiesta. Finché c’era Dean, non si è azzardata a chiedere nulla e ha continuato le sue ricerche da sola, mentre adesso, forse, vuole fare squadra, ma la cosa a Sam non dispiace. In fondo, non ci trova niente di sbagliato a fare amicizia con lei. Gli pare una persona a posto, una con la testa sulle spalle, e non perché con Dean non si capiscono al momento lui deve comportarsi in modo scontroso con lei che, invece, nei momenti in cui è più tranquilla sembra sempre voler scambiare due chiacchiere con lui, chissà per quale strano motivo.
Annuisce nella sua direzione e lei sorride appena, muovendo il suo laptop verso Sam.
 
*
 
La sera è scura e intensa. Le giornate si stanno allungando e giugno è alle porte, un mese che porterà con sé i primi sprazzi d’estate, ma Sam avverte questo momento della giornata come qualcosa di pesante e scuro su di sé, perché dopo arriva la notte e lui non riesce a riposarsi mai come dovrebbe da quando è morta Jessica, da quando la sua vecchia normalità gli è ricaduta addosso come un grosso macigno.
 
Dean gli ha portato la cena nonostante lui gli avesse espressamente detto di non volere niente. Non ha provato neanche a discutere con lui; tanto sa che è fatto così, che è testardo e quando decide una cosa è molto difficile fargli cambiare idea.
A volte gli sembra di essere tornati a quando erano due bambini spaventati che papà nascondeva nelle stanze dei motel più sfigati d’America, quando Dean gli preparava il cibo – o almeno, ci provava, che certe pietanze proprio non gli venivano bene – e lo forzava a mangiare, a volte, perché Sam cominciava a fare i capricci e gli diceva che era insopportabile quando faceva in quel modo.
 
La maggior parte delle volte, Sam ripensa a quei momenti con un sorriso, qualcosa che poi si trasforma in una smorfia amara dettata da una malinconia che lo sbigottisce, talvolta. Non tanto per Dean, che è sempre stato tutto per lui, soprattutto quando era un bambino e cercava l’affetto dei suoi familiari come se dovesse trarne vita, ma per suo padre che erano più le volte che se ne stava in giro che con loro a coccolarli e trattarli da bambini come meritavano. In fondo, che colpa avevano se la mamma era stata spazzata via da quell’incendio? Dovevano scontare loro tutto questo, tutto il dolore e la frustrazione di papà? Perché in realtà, ogni volta che lui se ne andava, non puniva le cose che si nascondevano nel buio, ma loro, colpevoli solo di essere troppo piccoli per difendersi.
 
Ci pensava anche quando era a Stanford a queste cose, a quanto suo padre facesse schifo con la gestione del dolore, perché lo scaricava su di loro e non era giusto. Neanche e soprattutto per Dean, che rimaneva lì, sulla soglia della porta, con quel fucile caricato in mano a guardare il loro vecchio fuggire per inseguire quello che poi Sam ha scoperto essere il mostro della settimana. Forse non avrà mai il coraggio di dirgli di quanto si sentiva male per lui, per loro, costretti a dover restare chiusi in quelle mura per non incappare in niente di brutto. Vorrebbe che Dean lo capisse da solo, che comprendesse quanto il loro padre sia stato egoista con loro, dandogli una vita così crudele senza concedergli la possibilità di scegliere e, anzi, arrabbiandosi in quel modo feroce quando uno di loro ha cominciato a decidere per sé, urlandogli contro quando ha fatto le valige e ha alzato i tacchi per andarsene.
 
Sam non ha mai chiesto a suo fratello che ne pensava. Ricorda quella notte sotto le stelle, la birra ghiacciata che ha scolato con troppa fretta per paura di non riuscire più a berla dopo il suo discorsetto. Ricorda di non aver aspettato una risposta dopo, troppo preso dal fatto di aver tirato fuori la sua verità con qualcuno, finalmente, di avergli confessato quello che gli premeva nel cuore da tanto, quel desiderio più importante di qualsiasi caccia.
Ricorda di essersi infilato nell’Impala e di aver sperato silenziosamente che nei giorni successivi Dean gli dicesse qualcosa. Anche un semplice perché gli sarebbe andato bene, qualsiasi cosa, ma Dean non l’hai mai fatto: non gli ha mai chiesto niente e l’ha guardato andarsene con gli occhi pieni di tristezza e rabbia, qualcosa che Sam ha sempre pensato fosse rivolta a lui.
 
Per questo, forse, non l’ha mai chiamato in quei due anni. Non voleva sentirsi rinfacciare la sua scelta, non voleva che Dean gliela facesse pesare come aveva fatto papà. Avrebbe voluto farlo, qualche volta, per sapere come stava, per assicurarsi che stesse bene, ma neanche Dean ha mai alzato il telefono per parlare con lui e, a quanto ha scoperto negli ultimi giorni, era anche in buona compagnia, quindi forse non ha sofferto la sua assenza così tanto.
 
Lo osserva mentre è sdraiato sul suo letto, le braccia incrociate al petto e l’espressione corrucciata. Dorme già da un po’, perché dopo cena ha detto di essere distrutto e si messo a guardare la TV, stufandosi dopo meno di un quarto d’ora di fare zapping e commentando il tutto con un borbottio che Sam ha interpretato come un che cazzo, non c’è niente da vedere stasera. Ora non sembra avere un sonno tranquillo, ma il suo russare sommesso costringe Sam a chiudere il diario di papà – ha pensato di dare un’occhiata anche lì, giusto per non lasciare niente di intentato –, le pagine che si incollano tra loro dopo un piccolo tonfo. Si è stancato di fare ricerche, soprattutto perché oggi non lo hanno portato a niente se non a innervosirsi.

Si alza in piedi ed esce fuori, intenzionato a prendere una boccata d’aria che con tutti i pensieri che gli ronzano per la testa può solo fargli bene, e, quando apre la porta, trova Elisabeth seduta sul gradino lì di fronte, le ginocchia piegate al petto e le braccia a stringerle verso di sé. Fissa un punto lontano e Sam decide di sedersi lì accanto, che se a lei non dà fastidio può farle un po’ di compagnia.
Quando si mette lì vicino, lei si volta a guardarlo, sorridendogli appena.

«Non riesci a dormire?»
Sam stringe le spalle «Non ci ho neanche provato, in realtà. Volevo… volevo continuare le ricerche, ma non… non ho trovato niente che facesse al caso nostro».
Elisabeth lo guarda con attenzione «Va beh dai, qualche passo avanti oggi l’abbiamo fatto».
«Già».

Lei distoglie lo sguardo per un secondo, una mano intenta a cercare qualcosa nella tasca della giacca verde. Ne estrae un pacchetto di sigarette e un accendino e torna a guardare Sam «Ti dà fastidio?»

Lui scuote la testa e quasi se ne pente quando la vede sfilare una sigaretta dal pacchetto e tenerla tra le labbra per poi avvicinare l’accendino alla superficie bianca, prendere una boccata di fumo e risputarlo lentamente poco dopo.
Sam non sa perché, ma c’è qualcosa che stona in quest’immagine, come se quella sigaretta fosse un elemento di disturbo nel quadro d’insieme.
Quella che ha davanti agli occhi è chiaramente una ragazza distrutta dal dolore, con le occhiaie che cerca di nascondere con un po’ di fondotinta e quel livido ancora piuttosto evidente sullo zigomo sinistro, un segno palese delle sue recenti sventure e quel pezzo di carta e tabacco stona con lei, sembra quasi rovinare la sua genuina aria da ragazzina triste, perché è questa l’impressione che Sam ha avuto sin dal primo momento.
 
Nel lavoro che gli ha insegnato suo padre – quello che si ostina a non chiamare suo perché non l’ha mai sentito tale – la prima impressione è fondamentale. Se qualcuno ti sembra cattivo è perché probabilmente lo è, perciò si fida del suo istinto, di quella sensazione che lo porta a dire che questa ragazza, a tratti così sola e triste, sia proprio come sembra.

Elisabeth lo guarda di nuovo, come in attesa di una nuova domanda e Sam capisce di non volerla mettere sotto pressione. Vuole bene a suo fratello e sa che se cerca un confronto è solo per aiutarla, ma non crede sia la strada giusta per avere un riscontro positivo, che sia quello di cui lei ha bisogno.

La guarda attentamente negli occhi che sono così opachi e spenti ma di un blu così bello che è un peccato vederli tanto tristi. Ricorda ciò che gli ha detto Bobby, di quanto fosse allegra e gioiosa, una presenza positiva nelle loro vite buie e inghiottite dalle tenebre e qualcosa gli dice che in quegli occhi, nei giorni privi di pioggia, ci sia tanta luce.
Sam è incuriosito da lei per come gliene hanno parlato Dean e Bobby e vorrebbe capire se c’è ancora qualcosa di quella ragazza in questo involucro apparentemente vuoto e distrutto.

«Cacci da tanto?»
Elisabeth stringe le spalle «Dipende dal punto di vista. Rispetto a te o Dean no, ma a me sembra tanto. Non so se mi spiego». Sam aggrotta la fronte e lei sorride appena «In pratica sono poco più di due anni che vado sul campo. Più o meno. Prima ho letto un sacco di libri a riguardo, ma papà non mi faceva mai cacciare».
Sam annuisce seguendo il filo del suo discorso, riuscendo a capire cosa intendeva inizialmente. Ha notato che a volte ci vuole un po’ per star dietro ai suoi ragionamenti e capire cosa intende dire. Le rare volte in cui parla, almeno. «E ti piace?»
Elisabeth fa nuovamente spallucce «Credo abbia i suoi pro e contro, come ogni lavoro, ma non è male. Non vorrei farlo per tutta la vita, ma… per adesso mi accontento».
 
Sam annuisce, chiedendosi se ha il suo stesso pensiero su questo argomento, però questo decide di tenerselo per sé. Non vuole che lei si faccia strane idee.
La guarda tirare un’altra boccata dalla sua sigaretta e non gli viene neanche in mente di dirle che lui una vita vera per un po’ l’ha avuta e che vorrebbe riprendersela. Non lo fa perché sa che lei ne è già a conoscenza, se lo sente.
Elisabeth sbuffa un’altra nuvoletta di fumo e poi si volta di nuovo a guardarlo, appoggiando la testa su un pugno chiuso, il gomito piantato sulla coscia. «A te piace cacciare?»
 
Ecco, questa era una domanda che Sam non si aspettava. Non tanto perché è arrivata dopo un discorso simile, ma perché le è uscita dalla bocca con una spontaneità tale da mettergli quasi i brividi. Forse fa bene a pensare che sono molte le cose che sa su di lui, ma è quasi come se volesse una sua opinione, se cercasse qualche conferma. A patto che lei e Dean abbiano veramente parlato di lui, poi, ovviamente.
Decide di essere sincero «Non molto, a dire la verità. A me piace studiare».
Lei sorride, curiosa «E cosa, esattamente?»
«Legge» e l’ho studiato per un po’ all’università, ma anche questo sono sicuro che lo sai già.
Lei sputa altro fumo dalla sua bocca, guardandolo positivamente impressionata, gli occhi grandi «Wow! Una roba tosta» toglie la sigaretta dalle dita per schiacciarne il mozzicone sotto la suola della sua Converse rossa per poi sputare l’ultima nuvoletta grigia dalle labbra «Ed eri bravo nello studio?»
Sam stringe le spalle «Ci provavo. Davo tutto me stesso perché mi piaceva… mi piaceva un sacco» la guarda negli occhi mentre lei gli sorride e realizza che sta parlando di qualcosa che non avrebbe mai pensato di tirare fuori dalla bocca con qualcuno. Non con Dean, almeno, che ogni volta che si nomina Stanford anche per sbaglio fa una faccia scura che non riesce a mascherare neanche col più disinvolto dei sorrisi. Gli sembra strano anche capacitarsi di essersi avventurato in questo discorso.
 
Solo una persona gli aveva chiesto se gli affari di famiglia gli piacevano, prima: era ai tempi della scuola – di una delle tante, a dire la verità, ma quella se la ricorda bene – e un professore di lettere gli aveva consigliato di seguire la sua strada [3], benché fosse completamente opposta a quella che papà aveva designato per lui e Sam gli ha dato retta, alla fine, scegliendo Stanford e gli studi e il suo desiderio di ottenere una giustizia diversa da quella dettata dalle leggi del sangue.
 
Adesso, di fronte a questa ragazza impaurita, Sam si sente come in quel momento, come davanti a quel professore dagli occhi buoni, una persona che si era sinceramente interessata alla sua carriera e che avrebbe voluto un futuro diverso per lui.
 
La guarda negli occhi e lei gli sorride, una piccola piega sulle sue labbra non troppo sottili «Qual’era la tua materia preferita?»
Elisabeth si morde il labbro, alzando gli occhi per un attimo «Inglese, forse, perché mi piace la letteratura. Ma in realtà la scuola non mi interessava granché. Non amo studiare, lo trovo noioso, però adoro leggere».
 
Sam allarga gli occhi a sentire quelle parole, cominciando a parlare dei suoi libri preferiti e delle cose che ha letto di recente, quando la caccia gli ha lasciato un attimo di respiro, ed Elisabeth lo ascolta contenta – un piccolo barlume in quegli occhi blu così intensi –, rispondendo al suo entusiasmo ed elencando gli ultimi libri che le sono piaciuti di più.
 
Il tempo corre veloce ma il sonno non arriva e Sam si ritrova a conversare di un po’ di tutto insieme a lei su quel gradino e parlano così a lungo che, dopo un po’, Elisabeth gli offre una birra per calmare la sete, andandola a prendere nel frigo della sua stanza.
 
Scopre che hanno la stessa età benché le avrebbe dato meno anni perché sembra più piccola e parlano ancora delle cose più disparate, dell’incubo che è stato per lei andare a scuola – a quanto pare i suoi compagni non l’apprezzavano molto, a parte una ragazza che le era molto amica e che, da come ne parla, sembra lo sia tutt’ora – e della vita che faceva a Buckley, la cittadina situata nello stato di Washington da cui proviene, insieme alla sua mamma che è morta quando era un’adolescente e che nomina con un sorriso a sessanta denti.
 
Sam l’ascolta attento, curioso e sinceramente interessato da quel piccolo racconto e, sebbene sia lui a condividere di più tra i due, parlando della sua esperienza scolastica – tutte le varie scuole che ha frequentato per colpa dei continui spostamenti di suo padre e i compagni che lo facevano sentire sempre come quello nuovo – trova la compagnia così piacevole che sono quasi le quattro del mattino quando si costringono ad andare a letto, decisi a dormire per almeno un paio d’ore per poter affrontare domani che sarà sicuramente un’altra giornata di ricerche.
 
Sam la saluta con un sorriso e comprende, almeno in parte, perché Dean tiene così tanto a lei: è una ragazza semplice, ma che sa ascoltare e questo Dean l’ha sempre apprezzato nelle persone. E chissà che non riescano ad appianare i loro contrasti, così che lei possa rimanere con loro un po’ più a lungo perché, al contrario di quanto pensava in precedenza, nei suoi occhi ha letto la voglia di restare, di condividere con loro di più della sua conoscenza di mostri e sciagure soprannaturali e, dopo questa intensa chiacchierata, Sam si rende conto che non dispiacerebbe affatto neanche a lui averla intorno un altro po’.

 

[1] Il cacciatore Caleb, nella serie, viene citato spesso nella prima stagione. Non ricordandomi il suo volto, me lo ero immaginato come un uomo bassino con un sorriso raro e un viso buono. Per questo, come presta volto, avevo scelto Enrico Colantoni, noto a molti per aver interpretato il padre di Veronica Mars nell’omonima serie. Facendo il rewatch dell’episodio 1x21 “Salvation”, mi sono ricordata che lì Caleb compare ed è l’unica volta in cui lo fa. Avendo ormai scelto il presta volto e notando che assomigliava molto “all’originale” – a parte per l’età: l’attore che interpreta Caleb nella serie sembra più giovane di Colantoni – ho lasciato le cose come le avevo scritte qui.
[2] Traduzione di un piccolo pezzetto del ritornello di “Dust in the wind”, famosa canzone dei Kansas.
[3] Riferimento all’episodio 4x13 “After school special”.

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Capitolo 6
*** White lies ***


Note: Eccomi qui! :D
Sono un po’ di corsa; è stata una settimana talmente piena che non sono riuscita nemmeno a rispondere alle recensioni al capitolo precedente. Chiedo scusa e cercherò di recuperare il prima possibile :D
Siamo all’epilogo del caso e… e niente, ‘sto capitolo per me è sempre una mattonata, quindi abbiate pietà. Anche se sono pronta al lancio di pomodori e oggetti contundenti *si fa scudo con un cuscino per non essere colpita* Mi farò perdonare, lo giuro! Lo sapete che mantengo le promesse... no? *sorride mentre una gocciolina di sudore le scende lenta dalla fronte*
Vi lascio… anche perché sento già l’odore delle uova marce e ho paura *chiede aiuto e comincia a correre*
Vi mando un abbraccione, a mercoledì! :*

Ps: per chi se lo fosse perso, ho pubblicato una cosina su Sam che potrete trovare qui.

Capitolo 6: White lies
 
I suppose everyone tells little white lies.
Quite often they’re necessary to make someone feel better
or prevent feelings from being hurt.
Whoppers? No, that’s dangerous and they’ll boomerang.
 
(Richard Chamberlain)
 
 
Ingrana la marcia e preme il piede sull’acceleratore, cercando di concentrarsi sulla voce frizzante e soprattutto incazzata che proviene dall’autoradio. Si sente un po’ come Brian Johnson che intona quasi con astio le parole di Back in black una dietro l’altra, anche se adesso è decisamente meno grintoso e carico di come invece l’autore si descrive nella canzone. Molto, molto meno.
 
Più che stanco, Dean si sente preso per il culo, così tanto che se solo ci pensa avverte il sangue scorrergli più velocemente nelle vene dalla rabbia.
 
Ce l’ha con Ellie, sì, come ormai d’abitudine, ma la cosa che gli rode di più oggi è che, in un certo senso, non dovrebbe neanche essere arrabbiato con lei, perché non ha fatto niente di strano a parte rimanere fin quasi all’alba a parlare con suo fratello fuori dalle loro stanze.
 
Li ha visti, ieri notte. Erano seduti sul gradino del marciapiede di fronte al motel e sembravano amici da una vita, tanta era la vicinanza tra di loro e i sorrisi che si scambiavano, quasi fossero due che si ritrovano dopo tanto tempo e parlano di tutto quello che si sono persi dell’altro negli anni.
 
Si era addormentato sul suo letto, ma non si era svestito e verso le tre si è svegliato perché sentiva caldo; gli è bastato dare un’occhiata intorno per capire di essere solo. Il letto di Sam era vuoto e in bagno non c’era, così ha pensato che fosse andato da qualche parte a fare un giro – per quanto fosse strano, visto il soggetto, ma ultimamente per Sam tutto sembra meglio che restare in un letto a dormire, quindi date le circostanze poteva essere un’opzione plausibile – e, proprio quando stava per aprire la porta per andarlo a cercare, ha sentito la sua voce all’esterno. Ha scostato le tende della piccola finestra che dà sul parcheggio del motel e li ha visti lì, appollaiati sul marciapiede come due uccelli canterini.
 
Sembravano molto in sintonia. Mentre Sam le parlava, Ellie lo guardava negli occhi con quel modo tutto suo di scrutarti a fondo mentre ascolta ogni singola parola che dici e a Dean è montata su una collera così grande che aveva tanta voglia di uscire e fargli una scenata come i genitori quando richiamano i bambini che escono a giocare con gli amichetti e tornano a casa troppo tardi.
 
Sapeva che, se si fossero incontrati, quei due sarebbero andati d’accordo. Hanno gli stessi gusti, gli piacciono le stesse cose e questo è fantastico, davvero, ma non capisce perché Ellie preferisca parlare con Sam che non la conosce affatto piuttosto che scambiare due parole con lui.
 
Non è geloso del fatto che si sono avvicinati un po’ e stanno approfondendo la conoscenza reciproca. In fondo sono costretti a passare molto tempo insieme per via delle ricerche e il caso che stanno seguendo e tutto il resto, quindi va benissimo che preferiscano parlare anziché ignorarsi – come invece fanno Dean ed Ellie. Oltretutto, è sicuro che Sam non la sfiorerebbe neanche col pensiero sapendo cosa c’è tra loro e poi la storia di Jessica è troppo fresca perché possa anche solo pensare di scoparsi un’altra, perciò davvero, la sua non è gelosia. È solo incazzato perché vorrebbe che Ellie lo considerasse di più, almeno quanto fa con suo fratello, che la smettesse con questo teatrino infantile e il suo continuo ignorarlo o rispondergli a cazzo. È tanto difficile avere un cazzo di confronto civile? Almeno per dirgli perché ce l’ha tanto con lui. Dean se lo farebbe bastare.
 
Gira a sinistra facendo un grosso sospiro, imboccando l’ingresso del parcheggio dell’ospedale di Scottsbluff. È dovuto venire qui perché una delle vittime, Dana Frost, l’ha chiamato dicendogli di dovergli parlare con una certa urgenza – le aveva lasciato il suo biglietto da visita, in caso avesse avuto bisogno di aiuto per qualcosa o ricordasse qualche nuovo particolare – e lui si è precipitato qui, lasciando suo fratello e la signorina scontrosa a continuare le loro ricerche per scoprire come uccidere il maledetto Incubo.
 
Ricorda perfettamente dove si trova la stanza di Dana Frost, così entra in ospedale e si dirige velocemente verso l’ascensore, pigiando il pulsante con su scritto il numero quattro. Si alliscia la cravatta – verde con delle righe bianche che gli sembrava s’intonasse bene con il completo grigio scuro che indossa –, un po’ nervoso, ed esce quando il piccolo blim che precede l’apertura delle porte dell’ascensore  gli conferma che è arrivato a destinazione.
 
Raggiunge la stanza a passo svelto, trovando Dana Frost con un aspetto addirittura peggiore di come l’aveva vista l’altra volta: ha due occhiaie ancora più evidenti, gli occhi scavati e vuoti e segni di lacrime asciugate da poco.
Dean si avvicina cauto «Signorina Frost, che cosa… »
«Salve agente» la donna tira su col naso, rigirando le mani in grembo «Mi scusi per… p-per averla fatta tornare. D-dovevo parlare con q-qualcuno». Dean ispira dal naso, avvicinandosi di più al bordo del letto. «L’ho… l’ho capito che lei e i suoi colleghi non siete semplici agenti. E non… non m’interessa s-sapere di più, voglio solo parlare con qualcuno che mi c-creda». Dean annuisce; comprende quello che Dana Frost vuole dirgli, il bisogno delle parole di chi sa. Forse lei l’ha intuito perché le hanno creduto quando ha parlato di aculei e spine in posti insoliti. 
«È in buone mani» Dean le sorride appena, cercando di infonderle un po’ di coraggio per farle confessare quello che le è successo.
 
La donna annuisce con forza, piegando le labbra in una linea sottile, quasi ricacciando delle lacrime negli occhi. Sospira forte «Stanotte quel… quell’uomo è venuto a farmi visita».
Dean spalanca gli occhi «Le ha fatto del male? Come ha fatto a scovarla?»
Dana Frost scuote forte la testa «Non era qui fisicamente. L’ho s-sognato» si inumidisce le labbra, puntando per un attimo gli occhi sulle sue mani intrecciate tra loro e poi nuovamente su Dean; è incredibilmente inquieta, anche più dell’altra volta «Aveva un aspetto mostruoso, era… era piccolo e… e peloso, aveva degli occhi incavati e… ed era s-sopra di me [1]. Ero s-sdraiata su questo letto e non potevo muovermi mentre lui rideva e squarciava le lenzuola» si passa una mano sugli occhi, scuotendo il capo. «Ha detto che sarebbe tornato. Che mi avrebbe trovato e sarebbe t-tornato da me».
 
Dean decide di intervenire per non farle rivivere l’orrore che deve aver provato. «È sicura che non si tratti solo di un brutto sogno? È stata attaccata di recente, potrebbe aver—»
«No, ne sono certa» la donna lo guarda decisa, gli occhi grandi «Non era un semplice incubo. Sembrava reale, era come se… come se mi stesse toccando veramente ed io… io sono sicura che c’entra qualcosa con quel pazzo. Ne sono sicura. La prego di credermi, io… io ne sono c-certa».
 
Quando Dean esce da quella stanza, per un attimo gli passa per la testa l’idea che Dana Frost sia solo una pazza visionaria che ha preso questa storia un po’ troppo di petto, ma aspetta di tornare dai secchioni per tirare le somme. Non nega che le due cose possano essere collegate, ma non vorrebbe che la signorina si sia fatta semplicemente influenzare dalla brutta esperienza che ha vissuto di recente e abbia interpretato malamente un semplice brutto sogno.
 
L’andata è più veloce del ritorno, complice il traffico praticamente inesistente e qualche limite di velocità superato di poco – quando si tratta della vita e della morte delle persone, le regole possono anche andare a farsi fottere – e, quando rientra nella stanza sua e di Sam, ritrova quei due come li ha lasciati: a tavolino, sommersi da fogli di tutte le grandezze. Ellie ha gli occhiali sul naso e sta leggendo qualcosa sullo schermo del suo laptop, mentre Sam ha la sua solita faccia concentrata – gli occhi che sembrano più vicini e corrono velocemente da una riga all’altra – su un pezzo di carta.
 
Dean si chiude la porta alle spalle, catturando l’attenzione dei due che alzano gli occhi quasi contemporaneamente nella sua direzione.
 
«Allora? Che è successo?» è Sam a domandarglielo e Dean si siede sul suo letto – il busto piegato leggermente in avanti e il viso rivolto verso di loro – allentando il nodo della cravatta e cominciando poi a raccontare la strana storia che gli ha riferito la signorina Frost.
Ellie lo ascolta in silenzio per tutto il tempo, togliendo gli occhiali e rigirandone l’astina tra le dita, poi, quando Dean dice che pensa si tratti della troppo fervida immaginazione della vittima, stringe un po’ gli occhi e storce la bocca. «No, io… io credo che sia proprio lui» digita qualcosa, muovendo rapidamente le dita sui tasti del suo laptop, e lo gira verso Dean. «Gli Incubi infestano i sogni delle donne con cui giacciono» Ellie legge ad alta voce quello che c’è scritto sullo schermo per poi voltarsi nuovamente verso Dean e guardarlo negli occhi. Ormai lo fa solo quando si parla di lavoro «Forse ha mostrato la sua vera natura nel sogno. Per questo lei si è spaventata così tanto».
 
Dean espira e alza le spalle «Probabile. Ma come… come si uccide questo maledetto affare? Avete trovato qualcosa?»
 
Sam annuisce, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio e coprendosi la bocca con la mano come i ragazzini educati. Vai a dormire prima la sera, fratellino, se poi non reggi questi ritmi. «In realtà, più che come ucciderlo, abbiamo capito come attacca» Dean lo guarda ed è tutto orecchie «In pratica, nel folklore romano, questi esseri erano solo degli animaletti molesti che, tramite i sogni, molestavano donne e uomini. O meglio… »
Sam guarda Ellie che risponde prontamente «I Succubi gli uomini e gli Incubi le donne» lo sguardo di Dean va da uno all’altra e viceversa. Sembrano due bambini che devono interpretare una parte – ognuno la sua – in una recita e non sa se questo teatrino gli piace. O meglio, forse gli piacerebbe di più in altre occasioni, non ora che è ancora incazzato per le loro uscite notturne. Gli sembra di essere tornato a quando papà e Jim lo ignoravano, solo che adesso fa decisamente più male, perché in un certo senso comprendeva il loro comportamento – anche se non completamente e gli faceva comunque rabbia. «In pratica i Succubi si preoccupano di andare a letto con degli uomini per prenderne il seme e gli Incubi, con quello stesso seme, molestano le donne per poi metterle incinte, perché è l’unico modo che hanno di riprodursi».
Dean spalanca gli occhi «Quindi Dana Frost sarebbe—»
Ellie stringe le spalle «Questo non lo so. Insomma… non è che queste cose vanno sempre a buon fine» guarda Sam come in cerca di una qualche sicurezza e lui annuisce.
«La leggenda dice questo, ma non c’è nessun caso al mondo di un figlio nato da questi esseri. O comunque non è documentato, quindi forse… forse non funziona esattamente come per le api e i fiori».
«Me lo auguro per quella poveretta» Dean si passa una mano sugli occhi «Comunque non ho ancora capito che avete scoperto di nuovo».
Sam scorre la rotella del suo mouse e dà un’occhiata veloce allo schermo prima di guardarlo nuovamente «Beh, siamo arrivati alla conclusione che questo essere non può vivere solo nei sogni, come lascia intuire il folklore. Voglio dire, non è un’allucinazione, o qualcosa che s’infila nel letto di qualcuno solo nella mente di quest’ultimo. È vivo e reale».
«Sì, a questo c’ero arrivato anch’io».
Sam lo guarda di traverso, ma non gli dice nulla e continua il suo discorso «Infatti abbiamo scoperto che ci sono dei particolari momenti dell’anno, quelli dove queste bestie hanno voglia di accoppiarsi, in cui prendono sembianze umane per mimetizzarsi e riuscire a molestare le loro vittime, che si dà il caso sia proprio questo: la fine di maggio e l’inizio di giugno [2]» muove ancora l’indice sulla rotella del mouse «Per questo suppongo che sia il momento migliore per ucciderli».
Dean deglutisce e ci riflette su «Quindi voi credete che si uccida come un qualsiasi essere umano?»
Sam fa spallucce «Non so, è possibile. Non c’è niente che ci smentisce, comunque, perciò… credo che una pugnalata o una pallottola al cuore o alla testa possano bastare».
 
Dean sfrega le mani tra loro – i gomiti appoggiati sulle ginocchia – e stringe le labbra. «Allora armiamoci di pallottole d’argento e sale e facciamolo nero. Ci sarà qualcosa, in tutto l’arsenale che abbiamo nel bagagliaio, che riesca a fottere questo figlio di puttana» né Sam né Ellie dicono nulla, perciò continua a parlare «Propongo di tornare in ospedale stanotte e trovare un modo per incastrare lo stronzo. Dana Frost ha detto che ha paura che ritorni, perciò ci appostiamo fuori dalla sua stanza e lo prendiamo alla sprovvista. Il disegno che ha fatto Ellie ci aiuterà a riconoscerlo. Lo stordiamo e poi lo portiamo via e lo ammazziamo da un’altra parte».
Sam lo guarda perplesso «Sì, ma… l’ospedale è un luogo pubblico, Dean, non possiamo portare via un corpo senza che nessuno se ne accorga».
«Ci travestiremo da medici e ruberemo una barella. Non è molto difficile. E se Dana Frost riuscisse a mantenere la calma… »
Ellie scuote la testa in modo deciso. «Non possiamo coinvolgerla. È sconvolta e debilitata e non è giusto metterla ancora in pericolo» fa una piccola pausa e Dean crede di aver già capito cosa sta per dire «Farò io da esca».
Ecco, appunto; piega le labbra in una smorfia seccata «Non se ne parla».
«Perché no? Di certo non puoi farlo tu, che con quelle spalle sembri tutto meno che una donna».
Dean aggrotta la fronte; non sa se prenderlo come un complimento o no «Allora ci andrà Sam. Con i suoi capelli nessun mostro stenterebbe a credere che sia una femmina».
Sorride sghembo mentre suo fratello lo guarda male – gli occhi più piccoli e la bocca piegata in una smorfia antipatica – ed Ellie scuote nuovamente la testa. «È troppo alto. E troppo… maschio. Magari non assomiglio così tanto a quella donna e non avrò il suo odore e l’Incubo mi riconoscerà comunque, ma lo inganneremo il tempo necessario per incastrarlo».
 
Dean la guarda negli occhi, scorgendovi qualcosa di nuovo, come una nuova consapevolezza. Sa che Ellie è brava in questo lavoro, che s’impegna tanto per dare il massimo e che quando c’è da uccidere il mostro di turno non si tira indietro, ma di solito è meno risoluta, prova meno rancore verso le creature da cacciare. Adesso, invece, sembra così decisa ad attuare questo piano ed è qualcosa di decisamente nuovo.
Chissà che c’entri qualcosa quello che successo a Jim, quello che lei si ostina con così tanta forza a nascondere.
 
Si volta per un istante verso suo fratello che lo guarda stringendo le spalle, ed espira forte, riportando gli occhi su Ellie «Ok. Ma non fare niente di azzardato» che scuote la testa. «Non lo faccio mai».
Veramente una volta l’hai fatto ed era proprio quando eri incazzata nera con me. Dean ricorda quell’episodio fin troppo bene – la paura che si facesse male, il terrore che Ellie aveva negli occhi quando quel maledetto Kendra l’aveva in pugno e gli spari, uno più assordante dell’altro – e per questo si impone di non fare lo stesso errore, di starle dietro e fermarla nel caso avesse voglia di fare qualche sciocchezza.
Vorrebbe dirle qualcosa, ma Ellie potrebbe vedere questa sua obiezione come una mancanza di fiducia nei suoi confronti, perciò decide di lasciar perdere, anche se ha così tanta rabbia in corpo che se non ci avesse riflettuto probabilmente avrebbe già messo su il piede di guerra.
 
Si alza in piedi ed Ellie fa lo stesso, chiudendo lo schermo del suo laptop e mettendolo sottobraccio. Si dirige verso la porta e si volta un istante prima di aprirla. «Vado a prepararmi».
Dean annuisce e la guarda uscire; avverte il fruscio dei vestiti di Sam quando si alza dalla sedia e fa un passo verso di lui. «Dean, ehm… sei sicuro che—»
Si volta verso di lui «Andrà tutto bene. Non è una sprovveduta e… e se la caverà» sospira forte. O almeno lo spero.
 
*
 
Entrare in ospedale e fingersi degli addolorati visitatori di una povera donna stuprata è stato semplice, un po’ meno convincere la suddetta donna a collaborare. Forse Ellie, in fin dei conti, non aveva tutti i torti a pensare che era meglio non coinvolgerla.
Era molto restia, ma Sam è stato così bravo – come al suo solito, che lui con le parole ci sa fare – a convincerla che era per il suo bene e che in questo modo sarebbe stata libera di tornare alla sua vita di sempre, senza paura di essere costantemente inseguita da quel maledetto.
 
Il piano adesso è semplice: Dean e Sam si sono portati dei camici da indossare per fingersi medici, insieme a un tesserino falso che attesta il loro impiego nell’ospedale. I due fratelli li stanno già indossando e, dopo aver scortato Dana Frost in una nuova stanza, stanno attendendo che Ellie, sdraiata nel letto al posto della vittima, faccia la sua parte, ovvero che stenda il presunto mostro trasformato in energumeno come Ariel da sirena a umana e li avvisi, così che loro, con una barella, possano scortare il suo corpo mezzo stecchito fuori dall’ospedale senza destare sospetti.
 
Dean muove la gamba destra in modo frenetico, per niente sicuro e convinto di questa faccenda. Davvero, non è che non si fida di Ellie, ma… cazzo, non poteva nascondersi nell’armadio come fanno tutti gli eroi del mondo in ogni fumetto o film che abbia visto e aiutarla quando il mostro farà la sua comparsa? Ha provato a dirglielo, ma lei non ha sentito ragioni, dicendo che probabilmente avrebbe sentito il suo odore. Non ha tutti i torti, ma che cazzo. Adesso non si ritroverebbe qui a fissare il display del suo dannato telefono con tutta quell’ansia addosso.
 
Non è che non si fida, davvero. Era migliorata tanto l’ultima volta che l’ha vista in azione, perciò in questi mesi che ha trascorso con suo padre avrà fatto ancora più progressi, ma si sentirebbe più tranquillo se potesse essere con lei. E poi è già passata più di mezz’ora e non gli ha fatto sapere nulla, porca puttana, che cazzo dovrebbe pensare?
 
Muove il piede più veloce, il gomito appoggiato sul ginocchio destro e il pugno chiuso sotto il mento. Un brontolio lo distrae e, quando si volta, trova Sam a fissarlo con la sua tipica espressione di disappunto – le labbra un po’ tirate e gli occhi più piccini –; Dean aggrotta le sopracciglia «Che vuoi?»
«Niente. Solo che la piantassi di muovere quel piede» lo indica con un cenno della testa e Dean si ferma, come colto sul fatto «Fai troppo rumore». Lui stringe le spalle, abbassando gli occhi, ma Sam non molla «Vedrai che sta andando tutto bene, stai tranquillo».
 
Dean neanche gli risponde perché proprio non riesce ad esserlo e il tempo passa lentissimo, ogni minuto gli sembra un’ora e non sa quanti ne sono passati quando suo fratello tira fuori il suo cellulare dalla tasca del camice, alzandosi poi velocemente. Si volta verso di lui, allarmato «Elisabeth mi ha fatto uno squillo. È andata. Dai, andiamo a prendere la barella».
Dean si alza, visibilmente perplesso «Scusa, da quando hai il suo numero?»
Suo fratello stringe le spalle «Me lo ha dato per le emergenze. Su, andiamo» e Dean lo segue, le mani ben strette a pugno.
 
Ellie non poteva chiamare lui che ha aspettato per tutto il tempo con una preoccupazione inverosimile addosso? Perché continua a fare la stronza così? Dean odia profondamente tutto questo e sa che non riuscirà ancora per molto a far finta di niente, perché ha così tanta collera addosso che butterebbe giù i muri di quest’ospedale a calci.
Prima o poi esploderà, erutterà come un vulcano in piena attività e ne verrà fuori un gran casino, ne è convinto.
 
Riescono a prendere una barella senza destare sospetti e s’infilano velocemente nella stanza dove c’è Ellie, trovandola seduta sul letto a fissare il corpo esanime dell’uomo che, a giudicare dalla descrizione che aveva fornito Dana Frost, è proprio colui che l’ha aggredita. È riverso sul pavimento, gli occhi chiusi; è a pancia in su ed Ellie si è premurata di legargli piedi e mani – poste davanti, proprio sopra il suo ventre – con dello scotch argento.
Scende dal letto e sorride furba «Spray al peperoncino. Fa miracoli su chi ha cattive intenzioni».
Sam le sorride appena. «Brava. Siamo sicuri che è lui?»
Ellie annuisce, abbassandosi sul corpo tirandogli su la manica della camicia blu che indossa per scoprirgli il polso destro, attenta a non liberarlo «Ecco la cicatrice di cui parlava Dana Frost. E per il resto, poi, la descrizione coincide perfettamente».
 
Sam sembra convinto a quelle parole; aiuta Dean che prende il tizio per le spalle mentre lui gli solleva le gambe e, insieme, lo caricano sulla barella. Lo coprono con un lenzuolo fino al collo in modo da non far capire a chi potrebbero incontrare nei corridoi che si tratta di un uomo legato e si avviano fuori, correndo come pazzi, come se si trattasse di un’emergenza vera.
Ellie indossa una nuova maschera, diversa da quella che porta tutti i giorni da quando è morto suo padre a questa parte: come stabilito in precedenza, si finge una fidanzata addolorata e apprensiva del ragazzo svenuto sulla barella che prega i medici di salvarlo. Dean deve dire che la sua interpretazione è anche troppo buona, visto che sta sbattendo gli occhi come se fosse in procinto di frignare come una di quelle donne melodrammatiche che si vedono nelle soap opera spagnole – non che Dean le guardi, ma ogni tanto gli è capitato di fermarsi a dare una lunga occhiata mentre faceva zapping – e riescono a portare il mostro fuori dall’ospedale senza farsi beccare.
 
Lo caricano sul bagagliaio dell’Impala, mettendogli dello scotch anche sulla bocca e scostando i bagagli che hanno preso prima di partire dal motel; partono, poi, sgommando sull’asfalto, in cerca di un luogo che sia abbastanza isolato da permettergli di ammazzare quello stupratore figlio di puttana.
 
Durante il tragitto, Sam si volta per congratularsi ancora con Ellie per come ha steso il presunto energumeno e Dean rotea gli occhi al sentirli chiacchierare come se fossero due amici di vecchia data che si scambiano trucchi su come rimorchiare le ragazze, anche se in questo caso l’argomento è come stendere mostri. Lo irrita l’atteggiamento di Ellie, il fatto che con Sam si comporti in modo quasi normale – quasi, sì, perché Dean la conosce davvero e sa che neanche adesso è al suo meglio – mentre a lui lo ignora totalmente e avrebbe così tanta voglia di fermarsi e mettersi a urlare; peccato che debbano preoccuparsi del bastardo legato nel suo bagagliaio, altrimenti lo farebbe volentieri.
 
Non ha alcuna intenzione di aspettare di trovare un magazzino isolato per svegliare il can che dorme – che nel suo caso ha le sembianze di un uomo sulla quarantina, moro e di bell’aspetto –, così si ferma poco fuori Scottsbluff quando trova un campo incolto. Accosta l’Impala lungo la strada, scende e apre il bagagliaio; Sam lo aiuta a spostare il corpo del mostro e lo guarda storto «Non è meglio farlo in un altro posto? Magari diamo meno nell’occhio» ma Dean neanche gli risponde, incazzato com’è. Vuole fare questa cosa il più in fretta possibile così da scappare, che è un miracolo se quelli che li hanno visti correre come dei pazzi in ospedale non li denuncino per essersi finti medici o robe del genere.
 
Portano il corpo in mezzo al campo e lo appoggiano a terra. Ellie li ha seguiti in silenzio, portando in mano una torcia per fargli luce, e Dean la trova lì vicino, gli occhi fissi sul quasi cadavere. Non sa se è una sua impressione, ma non sembra tanto dispiaciuta per quel mostro. Forse perché lo stupro non è tra i peccati che lei perdona a un figlio di puttana simile e, almeno in questo, non avrebbe tutti i torti.
 
Dean estrae la pistola dal retro dei pantaloni e punta al cuore dell’Incubo. Muori, pezzo di merda. Gli spara due volte, per poi mirare alla testa e sparare altrettanti colpi. Poi estrae una scatolina dalla tasca della giacca e cosparge il corpo ormai senza vita di benzina e gli dà fuoco con un fiammifero.
 
Tornano in macchina quando il falò è bello che consumato e Dean mette in moto, prendendo la statale per dirigersi verso Bayard, sempre in Nebraska, una cittadina abbastanza lontana da farli riposare almeno un giorno per poi ripartire nuovamente. Dean è troppo stanco per fare un viaggio più lungo di questo e crede che neanche Sam, che  sembra piuttosto stremato, non riuscirebbe a dargli il cambio per un numero di ore sufficiente a essere più lontani di così, perciò per ora si accontentano. Ripartiranno domani notte con calma.
 
Durante il tragitto, Sam ed Ellie scambiano qualche parola sul fatto che non riusciranno a trovare il Succubo che ha sicuramente aggredito Matt Hamilton, perché è nella prassi che scappino subito dopo aver donato all’Incubo il seme dell’uomo con cui sono stati. Non dicono molto altro, ma Dean tace per tutto il tempo, nonostante spesso senta gli occhi di suo fratello puntati addosso. Se ne sbatte e fa finta di nulla, comunque, perché qualsiasi parola possa uscirgli dalla bocca sarebbe sicuramente sconveniente visto che è così arrabbiato.
 
Trovano un motel che è quasi l’alba e, come al solito, prendono le solite due stanze, che scoprono essere particolarmente piccole: i due letti sono quasi appiccicati, c’è pochissimo spazio tra l’uno e l’altro e il comodino è unico, posto accanto alla finestra; l’armadio è striminzito e il bagno puzza di pipì oltre a essere grande poco più di un paio di metri quadri. Questa cittadina non sarà una metropoli, ma cazzo, potevano almeno spenderci due soldi per fare delle camere un po’ più decenti. Ne passerà di gente da queste parti ogni tanto.
Ovviamente Dean tiene le sue considerazioni per sé e va a letto praticamente vestito, tanta è la stanchezza che sente addosso. Sam continua a non chiedergli nulla e, davvero, va benissimo così.
 
Si alza il giorno dopo che è praticamente pomeriggio, irrequieto e scazzato. Il suo sonno è stato agitato e poco tranquillo, probabilmente per colpa di tutto il nervosismo che ha accumulato negli ultimi giorni, perciò non ha voglia di parlare con nessuno e non rivolge la parola neanche a suo fratello che ad un certo punto gli chiede che diavolo ha, ma Dean svia il discorso, dicendogli che sta bene e che non c’è assolutamente niente che lo preoccupa e, davvero, vorrebbe crederci anche lui, ma la verità è che sta di merda e sa benissimo che, se non tira fuori il rospo, finirà per scoppiare.
Non pretenderebbe niente da Ellie in questo momento, solo un po’ di considerazione. E una spiegazione, porca troia, una spiegazione decente che dia un senso al comportamento da stronza che sta avendo con lui nelle ultime settimane.
 
La vede che è ora di cena, dopo che Sam è andato a chiamarla per mangiare insieme. La va a prendere lui, però, la cena, e quando torna li trova seduti al tavolo e la scenetta è sempre la stessa: suo fratello le parla e lei sorride ogni tanto, non nel modo spensierato in cui lo faceva con lui, ma a Dean dà fastidio lo stesso. E sa che non dovrebbe, perché è un bene se lei e Sammy vanno d’accordo, ma è il fatto che ignora lui a dargli tremendamente sui nervi.
 
Mangia in silenzio mentre loro continuano a conversare, rannicchiato sul divano come se avesse vicino qualcosa che lo spaventa. Beve la sua birra un sorso alla volta, cercando di mandare giù con lei anche tutta l’amarezza che sente addosso ed è la voce del fratello che lo chiama a riscuoterlo dai pensieri, facendogli voltare la testa verso di loro che lo fissano in silenzio.
Sam gli sorride appena «Non stai scomodo? Qui c’è posto» indica la sedia accanto alla sua, ma Dean scuote la testa prontamente. «Sto bene qui».
L’espressione di Sam cambia dopo quella risposta, facendosi più seria e forse anche un po’ incazzata a giudicare da come stringe gli occhi, come se Dean avesse detto chissà che di sbagliato. «Ma si può sapere che hai?» Ecco, Sam non dovrebbe proprio farle queste domande. Soprattutto con Ellie nella stessa stanza. Dean stringe le spalle e svia lo sguardo; avverte suo fratello sbuffare «Io proprio non ti capisco» la sua voce è quasi un sussurro ma a Dean arriva fin troppo bene e alza nuovamente il capo nella sua direzione, guardandolo in cagnesco. «C’è qualcosa che non ti sta bene?».
Sam espira forte, guardandolo storto «Sì, che non ti capisco. Prima veniamo qui, ci occupiamo di un caso che non ci ha portato a niente se non a perdere tempo quando è di altro che dovremmo occuparci e lo sai benissimo e—»
Dean stringe gli occhi «Il caso l’hai trovato tu, io non ti ho chiesto niente e di papà, se ancora non l’hai capito, non c’è una cazzo di traccia. Se vuoi continuare a girovagare senza senso per trovarlo fa pure».
Sam arriccia le labbra in una smorfia seccata «Non è questo il punto. È che… è che mi sembra che non sei mai contento. Te ne stai lì col muso lungo quando siamo venuti qui praticamente apposta».
Dean sente il sangue corrergli veloce nelle vene, la rabbia che si scalda come il motore di una macchina appena accesa. È un discorso decisamente pericoloso quello che vuole affrontare Sam. «Che vuoi che faccia, eh? Che mi metta in ginocchio a chiedere scusa quando non ho niente da rimproverarmi? Soprattutto adesso che sono stato rimpiazzato, poi». Sam lo osserva perplesso, ma gli occhi di Dean si posano su Ellie che lo fissa arrabbiata. Non è stupida, ha chiaramente capito che è a lei che si sta riferendo. Si alza in piedi e si avvicina lentamente al tavolo, gli occhi fissi su quelli di Ellie che non accenna un attimo a spostare lo sguardo «Perché è così, no? Adesso è a lui che fai tutte le confidenze» lei continua a fissarlo mentre lo sguardo di Sam è ancora più confuso «Vi ho visti l’altra notte, fuori dal motel».
Sam rimane un attimo sbigottito «Oh andiamo, Dean, non sarai mica geloso. Stavamo solo chiacchierando, non penserai che—» prova a difendere lei e se stesso, ma Dean alza una mano nella sua direzione, impedendogli di continuare a parlare, gli occhi ancora su quelli di Ellie. «Con me però non ci parli. E che hai steso un maledetto figlio di puttana devo saperlo da mio fratello».
 
Ellie incrocia le braccia al petto, lo sguardo aguzzo. «Quanto sei paranoico. Ho telefonato all’ultimo numero salvato, tutto qui».
Dean sorride amaro «E certo, perché giustamente non mi chiami da una vita».
«Quello non c’entra niente, io—»
«Basta con queste stronzate!» Dean urla e non ci pensa neanche a provare a calmarsi «Falla finita. Tanto sono tutte balle, perché la verità è che non ti sta bene un cazzo di quello che faccio ultimamente. Se te la vuoi prendere con me perché Jim è morto, hai sbagliato persona, perché io non c’entro! Quindi piantala con questo atteggiamento di merda o quella è la porta».
Ellie deglutisce; sembra lievemente spaventata, forse per il tono che sta usando, anche se mantiene una postura che non lo lascerebbe intendere – la schiena dritta e le braccia ancora incrociate –, ma Dean glielo legge negli occhi.
 
Continua a guardarla ed è Sam a interrompere il silenzio «Va beh, Dean, ascolta—»
«No, non ascolto neanche te che non fai altro che difenderla. Mai una volta che mi dessi un minimo di ragione, cazzo».
Lo sguardo di Sam si indurisce «Perché posso capire come ci si sente».
Dean sorride nuovamente, sempre più amareggiato «Che stupido, dimenticavo che anche tu sei stato molto d’aiuto quando ce n’era bisogno. Che hai preferito levarti dal cazzo e fuggire dalle tue responsabilità piuttosto che rimanere a fare il tuo dovere».
«Io non sono scappato da niente. Volevo solo vivere la mia vita».
 
Dean scuote la testa, stringendo forte i pugni. Ormai è partito per la tangente ed è troppo tardi anche solo per pensare di potersi fermare, figuriamoci per farlo veramente. «La tua vita, come no. E chi hai lasciato a spalare tutta la merda che ti sei lasciato alle spalle?»
Sam stringe gli occhi, la mascella contratta «Te l’ho già spiegato. Volevo studiare e papà—»
«Chi le ha pagate le conseguenze?» Dean urla nuovamente; fissa ancora suo fratello e indica Ellie che ha sempre più terrore negli occhi «C’era solo lei quando avevo bisogno di qualcuno mentre tu eri a vivere la tua vita. E la mia? A me ci hai mai pensato una volta in tutto il tempo che sei stato via? Ti sei mai preoccupato se fossi vivo o morto?»
«Ma certo che sì. Voglio dire, sei mio fratello, ti pare che non—»
«E allora perché non mi hai mai telefonato una cazzo di volta?» fa una pausa, ormai in preda alla rabbia «Perché credi che mi sia attaccato tanto a lei, eh? Non sarebbe mai successo se ci fossi stato tu, ma era l’unica che mi è stata accanto, che almeno ci ha provato, mentre tu eri a fare la bella vita!» si ferma un attimo per riprendere fiato. Non pensa davvero quello che ha detto. Sa benissimo che probabilmente con Ellie le cose sarebbero andate come sono andate comunque, a prescindere da Sam, ma per una volta, dopo giorni in cui viene trattato da schifo, vuole ricambiare il favore, vuole essere lui a far del male ad Ellie che lo guarda delusa, ma a Dean non importa. Magari così riuscirà a capire come si sente lui ogni giorno da qualche settimana a questa parte. «Tu, che sei mio fratello, dov’eri ogni volta che papà spariva, ogni volta che avevo un problema, eh? Dove cazzo eri?»
Sam è chiaramente ferito da quelle parole, Dean glielo legge negli occhi, ma non per questo ha intenzione di fermarsi. «Papà mi ha detto di non tornare. Cosa dovevo fare, a parte prenderlo in parola? Ero arrabbiato, io—».
«E lo sai chi c’è andato di mezzo per una puttanata simile? Io!» fa per avvicinarsi ancora, ma Ellie è più veloce e si alza dalla sedia, spingendolo un po’ più indietro appoggiandogli le mani sul petto.
 
«Dai, basta. Se ce l’hai con me non prendertela anche con lui, non c’entra niente» è calma mentre lo dice, la voce appena tremante.
Dean si scosta più indietro perché per una volta non vuole neanche che lo tocchi, incazzato com’è. E, soprattutto, non vuole avere un briciolo di pietà, proprio come lei non ne ha avuta con lui negli ultimi giorni. «Tu pensa a farti i cazzi tuoi. Le cose della mia famiglia me le vedo da solo, hai già interferito abbastanza» lei lo guarda ancora, le braccia lungo i fianchi, visibilmente delusa. «Aveva ragione papà. Non avrei dovuto confondermi con te».
 
Lancia un ultimo sguardo di fuoco a entrambi prima di voltarsi e percorrere la stanza a ritroso per poi sbattersi la porta alle spalle.
 
*
 
Fissa per qualche secondo il legno scuro della porta chiusa per poi rilasciare un sonoro sbuffo, portando i capelli indietro con una mano.
Sam sapeva che sarebbe successo prima o poi, che la tensione tra Dean ed Elisabeth avrebbe indotto suo fratello a scoppiare. Ciò che non aveva previsto, però, è che la tempesta, poi, si sarebbe riversata su di lui.
 
Dean chiaramente soffre nel sentirsi trattare in un certo modo e sicuramente covava anche del risentimento verso di lui per la storia di Stanford, e Sam in un certo senso lo capisce perché lo sa che, almeno nei suoi confronti, avrebbe potuto comportarsi in modo differente, ma non è che Dean abbia fatto diversamente, perciò non comprende che senso ha ritirare fuori tutto questo adesso.
 
Guarda Elisabeth, ancora in piedi con gli occhi fissi sulla porta, le braccia abbandonate lungo i fianchi e i pugni chiusi. Non riesce a vederla in faccia, ma è sicuro che ci sia rimasta male, forse per l’atteggiamento di Dean in generale o per qualcosa che le ha detto. Se il suo obiettivo era smuoverla un po’, ci è riuscito alla grande.
 
Si volta verso di lui dopo lunghi istanti, passandosi le dita sugli occhi «Scusa, ce l’ha con me» si vede che è davvero dispiaciuta per qualcosa; sembra non riesca neanche a guardarlo tanto in faccia. Abbassa il capo e abbozza un sorriso minuscolo, giusto una piega smorta che di spontaneo non ha niente, è solo di circostanza. «Ci tiene un sacco a te e sicuramente non voleva dire quello che ha detto. Mi dispiace che abbiate litigato per colpa mia». Sam capisce dal tono della voce che è sincera, ma vorrebbe che la smettesse di trattare male suo fratello per non si sa quale capriccio ed è stanco di farsi da parte, di dover assistere continuamente ai loro litigi, delle occhiate furtive e di vederli sbranarsi. E non solo perché poi è lui a rimetterci.
«E tu? Tu ci tieni a Dean?» Elisabeth lo guarda, confusa «Perché se è così non è questo il modo migliore per dimostrarglielo».
 
Lei stringe le labbra in una linea sottile; sembra dover riflettere bene su cosa dire. Inclina leggermente la testa da un lato e lo fissa, gli occhi più piccoli «Posso chiederti una cosa?» Sam, anche se non capisce il nesso con la sua di domanda, annuisce «Cosa sapevi di me prima di conoscermi?» fa una piccola pausa «Voglio dire, Dean… ti aveva mai parlato di me?» Sam, colto in contropiede, stringe le spalle e scuote la testa. «Ecco, lo immaginavo. Perciò per favore, non farmi domande del genere».
A quella risposta, però, Sam non può non replicare «Parlo perché, vedendo come ti stai comportando, non mi sembra t’interessi granché. I tuoi problemi non sono affar mio e Dean può aver sbagliato in qualcosa, ma tu—»
Negli occhi di Elisabeth c’è pura collera «Io niente. Sai, c’è un’unica cosa giusta tra tutte quelle che ti ha detto: c’ero solo io con lui quando tu eri via, perciò posso sapere meglio di chiunque quanto ha sofferto per la tua lontananza» abbassa il tono della voce «So cos’è meglio per lui e non… non voglio metterlo nei guai. Per questo ho un certo atteggiamento nei suoi confronti. È meglio così».
 
Elisabeth abbassa gli occhi, forse per nascondere che le sono diventati lucidi, ma Sam non ha alcuna intenzione di lasciar perdere. «E ne sei proprio sicura?» lei rialza la testa, nuovamente confusa; la spavalderia che voleva mostrare qualche minuto fa è completamente sparita. «Ascolta, io… io non ne so nulla di quello che avete passato insieme. Dean non mi ha detto granché e hai ragione, non so niente di te. Non lo sapevo prima di conoscerti e probabilmente non lo so neanche adesso, però… però se sei venuta fin qui è per chiarire con lui. Altrimenti perché lo hai fatto?»
Elisabeth stringe le spalle, visibilmente dispiaciuta. «Qualsiasi cosa fosse, non ha più importanza».
«Invece ne ha» Sam si alza e fa qualche passo verso di lei «Conosco Dean e sono certo che ti perdonerà se gli spiegherai tutto quanto. Fa tanto il duro, ma ha un cuore grande» abbozza un sorriso, mentre lei continua a guardarlo sconsolata e Sam vorrebbe capire se è perché non crede a una parola di quello che le sta dicendo o se c’è dell’altro. «L’hai detto anche tu, no? Gli sei stata vicino quando lui ne aveva bisogno, perché non lasci che lo faccia lui adesso? Non vuole altro, io ne sono sicuro. Poi anche lui ha passato un brutto momento di recente e, anche se non lo vuole ammettere, magari ha bisogno di—»
«Che brutto momento?» la voce di Elisabeth suona piatta ma piccata e Sam stringe un pelo gli occhi; Dean gli ha detto che si sono sentiti parecchio prima che lei cominciasse un silenzio radio lungo settimane, perciò dà per scontato che sappia dell’incidente che Dean ha avuto con quel Rawhead che l’ha quasi fatto secco più di un mese fa. Forse lei non ha capito a cosa si riferisce, per questo ha questa faccia interrogativa.
«Che… beh, ha… ha avuto un infarto. Ci ha quasi rimesso la vita» a giudicare da come Elisabeth lo sta guardando – gli occhi sgranati e il viso più pallido –, Sam non ha più un dubbio «Aspetta, tu… tu non lo sapevi?» e non ha bisogno di vederla scuotere lentamente la testa per realizzare di essere in guai davvero seri.
 
*
 
Dean ha guidato per una buona mezz’ora senza trovare una meta precisa; si è fermato per qualche minuto in un piccolo market lungo la strada per prendere una bottiglia di scotch da scolarsi in solitudine e poi è ripartito, finendo nel parcheggio di un bar di passaggio, in caso gli venisse voglia di cercare compagnia. Per questo è ancora fermo lì, il motore dell’Impala spento e la radio accesa, o forse perché vuole solo un posto dove stare da solo senza sentire rotture di coglioni da nessuno.
 
Si stropiccia gli occhi con pollice e indice della mano destra e si allunga sul sedile della sua piccola, incrociando le braccia al petto, la schiena appoggiata allo sportello.
 
Porta la bottiglia alla bocca, mandando giù un bel goccio di whiskey. Si sente un coglione. Non tanto per aver sbraitato in quel modo, ma per tutto quello che ha fatto prima, per aver cercato di affrontare la situazione con calma, per tutte le volte che ha provato a capire senza urlare, ma è arrivato a un punto di non ritorno.
 
La rabbia gli scorre nelle vene come se fosse mischiata al suo sangue e, anche se è passata già un’oretta dalla sua sfuriata, proprio non riesce a farsela passare. Sarà che è davvero amareggiato, sia da Ellie che da suo fratello, anche se per motivi diversi, e non credeva che potessero deluderlo così tanto.

Non è per il loro fare comunella, che quella è stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso ricolmo di nervosismo accumulato negli ultimi giorni, ma per motivi diversi.
Pensava che con Sam avesse più o meno risolto, che si stava facendo bastare che fosse tornato e che fosse lì quando ne aveva bisogno, ma non ne hanno mai parlato apertamente, non hanno mai chiarito una situazione che forse rimarrà irrisolta ancora a lungo e questo deve aver influito parecchio. Infatti, al minimo cenno di arrabbiatura, Dean è partito alla carica contro di lui, ritirando fuori quella vecchia storia.
La verità è che non riesce ancora ad accettare l’idea che Sam se ne sia andato a Stanford lasciandolo da solo a badare a papà e a quella che doveva essere anche una sua responsabilità. Sa benissimo che dovrebbe smetterla di fare i capricci come un bambino e lasciar perdere, ma non gli passa. Magari andrà meglio col tempo, ma di certo non si pente di avergli detto quelle cose.
 
È stanco di lasciar correre tutto e questo vale anche per Ellie. Ha provato a parlarle con le buone senza ottenere l’effetto sperato ed ora non sa se con le cattive avrà qualcosa di meglio, ma è davvero stanco di questa situazione, così tanto che spera che sarà tornata nella sua stanza quando tornerà al motel per non vederla.

Vorrebbe che non gli importasse più di lei, che la notte dormisse tranquillo invece di stare a rimuginare su quello che Ellie gli ha detto o no e su quanto deve essere stato tremendo il modo in cui è morto Jim per ridurla così. Vorrebbe fregarsene e continuare per la sua strada, entrare in quel bar così vicino e scoparsi la prima donna che trova per colmare il bisogno e ricominciare da capo e odia il fatto che poi non saprebbe come guardare Ellie in faccia perché è questa la verità.
Non può tornare alla vita di prima, non adesso che ha assaporato la completezza di un rapporto non fine a se stesso, perché Ellie è questo per lui: lo fa sentire bene la sola idea di starle accanto, il solo ascoltarla parlare e guardarla negli occhi e, cazzo, lo sa che anche per lei è così. Lo era quando passavano intere giornate insieme, non vede adesso cosa sia cambiato.
Hanno passato dei bei momenti insieme, perché non possono riprendere tutto da dove l’avevano lasciato? Perché lei ha voluto alzare un muro così alto nei suoi confronti? Proprio con lui che, invece, vuole solo aiutarla.
 
Con Sam non fa così. Con lui sorride – anche se poco e raramente – e non è scontrosa, è gentile e Dean non ne capisce il motivo. È perché si conoscono poco, forse? O perché lui si è posto in maniera diversa?
 
Sbuffa, la bocca semiaperta e le palpebre strette. Si passa ancora le dita sugli occhi, pensando seriamente di entrare in quel bar, ubriacarsi e mandare a puttane mesi di astinenza per quella che considerava la persona migliore per lasciarsi andare a certe effusioni. Il problema – e probabilmente è l’unica cosa che lo frena davvero – è che ci ha già provato una volta, quando le acque erano decisamente più mosse e gli unici salvagente che aveva per non affogare in quel mare di merda erano l’alcol e del buon sesso. È servito a farsela passare, a dimenticare Ellie e andare avanti? No. Perciò non vede cosa cambierebbe adesso che è forse più invischiato di prima in questa storia.
 
Beve un altro sorso di whiskey, appoggiando poi la testa sul finestrino e chiudendo gli occhi, ascoltando la radio cantare. Passano un pezzo che ha decisamente qualche anno, un ritmo country dei Poco. Non è neanche il suo genere, ma Dean si ferma ad ascoltare le parole e si ritrova in quella melodia allegra che gli suggerisce di continuare a provare, di trovare un modo per appianare certi contrasti [3] ed è stanco di fare queste cose, di andare incontro a chi da lui sembra non volere niente, ma si ritrova a sbuffare ancora e ad addrizzare la schiena sul sedile, allungando poi le gambe sui pedali e girando la chiave per accendere il motore della sua adorata Impala.
Lui ed Ellie hanno avuto altri momenti bui e alla fine sono sempre riusciti a passarci sopra perciò non vede perché non possano farlo adesso. Certo, la rabbia non gli è ancora passata, e magari aspetterà ancora prima di riaffrontare il discorso, ma è sicuro che cercherà di aggiustare le cose.
 
Esce dal parcheggio per poi immettersi nella carreggiata e guida ancora fino a tornare al motel, rimanendo un paio di minuti buoni dentro la macchina a motore spento per riflettere sul da farsi.
Quando scende, si dirige verso la sua stanza, intento a ignorare quella di Ellie da cui filtra la luce dalle tende della finestra; è lì dentro ed è ancora sveglia, a quanto pare, ma non ha voglia di andarle a parlare. In fondo crede di non avere niente di cui doversi scusare.
 
Infila la chiave nella toppa – l’occhio ancora rivolto alla sua sinistra – e cambia idea quando scorge quelle della stanza di Ellie appese lì fuori. Sfila le sue e si avvicina curioso, per verificare che siano veramente lì ed è una cosa strana, perché la conosce bene e sa che è precisa in queste cose, che potrebbe entrare chiunque se non fa caso a queste piccolezze.
 
Si arma di coraggio e le gira per aprire la porta, intento a capire che succede, e quello che si trova davanti gli fa sbattere le palpebre un paio di volte per la sorpresa: Ellie è girata di spalle, i capelli legati in una treccia un po’ scompigliata, un paio di jeans scoloriti e una magliettaccia grigia di cotone a maniche lunghe addosso, di quelle un po’ sfatte che indossa quando vuole sentirsi comoda. Ha le mani impegnate a piegare velocemente un mucchio di panni che ha messo alla rinfusa sopra il suo letto per poi metterle nel suo borsone come una furia, come se avesse chissà quale fretta di partire.
 
Non si è neanche accorta della presenza di Dean che ne approfitta per guardarsi intorno: c’è fin troppa precisione in quella piccola stanza e questo è tipico di Ellie, ma c’è un dettaglio che stona paurosamente: una bottiglia di vodka pura è appoggiata sul comodino accanto al letto. È quasi vuota. Dean non vorrebbe immaginare perché è lì e quando l’ha consumata, ma ha visto troppe volte scene simili perciò fare due più due gli riesce fin troppo bene.
 
Si chiude la porta alle spalle e quel tonfo fa voltare Ellie; ha gli occhi rossi, forse anche di pianto, anche se Dean ne dubita. È più convinto che abbia bevuto e deglutisce a fatica di fronte a quell’immagine.
 
Prende fiato «Scommetto che non saresti passata a salutarmi» il suo tono è amareggiato mentre pronuncia quelle parole, ma gli dispiace davvero vedere questa scena. Ellie stringe le spalle senza rispondere, voltandosi nuovamente per tornare a piegare una camicia. «Perché vuoi andare via?»
«Perché non voglio più avere niente a che fare con te».
Bene, questa mi mancava. Ellie continua a buttare altre cose nel suo borsone, forse in modo addirittura più frettoloso, e Dean sbuffa. «Tanto ultimamente non ne faccio bene una, perciò illuminami: quale sarebbe il nuovo motivo per cui mi odi?» non sa davvero come riesca a fare dell’ironia in una situazione tanto disperata.
 
Lei si volta di nuovo, appoggiando una mano sui fianchi. «Perché forse ti sei dimenticato di dirmi qualcosa quando non c’ero. Un dettaglino insignificante come che stavi per morire su un letto d’ospedale perché hai avuto un infarto!»
Dean sgrana gli occhi; questa non se l’aspettava davvero. «Chi te l’ha detto?»
Ellie sorride sarcastica «Secondo te? È sfuggito a tuo fratello mentre esponeva un’arringa difensiva nei tuoi confronti» allarga le braccia e gesticola, tremendamente incazzata, forse più di come Dean l’abbia mai vista. E ce ne sono state di volte in cui è uscita dai gangheri.
Mannaggia a Sam e alla sua boccaccia. «Eri sparita, non ho—»
«Bugiardo. Ho fatto il conto, è successo più di un mese fa e noi ci sentivamo ancora» bene, Sam deve averle detto proprio tutto. Starsene zitto, evidentemente, era troppo complicato. «Sei stato tre giorni all’ospedale, perché non mi hai chiamato?» Dean deglutisce, senza rispondere «Non ci hai pensato? Di nuovo? Conto davvero così poco per te?»
Dean aggrotta la fronte, punto sul vivo «Ma senti chi parla, quella che mi ignora senza motivo!»
«Non rigirare la frittata! Mi hai rimproverata giorni fa, accusandomi di non essere stata sincera su papà e invece guarda tu quanto sei stato onesto! Non ti sei neanche degnato di dirmi che stavi per crepare!»
«Beh, sai che ti dico? Almeno saresti stata contenta di qualcosa, visto che non vedi l’ora di liberarti di me!»
Ellie lo guarda malissimo ed è davvero offesa, glielo legge negli occhi, ma a Dean poco importa «Non è vero. Avrei fatto il prima possibile per raggiungerti, io—»
«È facile a dirsi. E tutte le volte che stavo bene e che ti chiedevo di vederci? Allora però non hai mai pensato di precipitarti!»
«Non potevo farlo, te l’ho spiegato tante volte. C’era papà ed io—»
«Cazzate! Non c’era niente di male a dirgli che venivi da me, il problema era che tu non volevi vedermi! Non te ne fregava niente!»
Ellie lo fissa e sembra sempre più delusa dalle sue parole che sono taglienti e la feriscono, ma Dean è incazzato e stanco, soprattutto di far finta di nulla. «Hai pensato questo di me in tutti quei mesi? Che… che ti prendessi in giro?»
«Lo penso adesso, perché è quello che mi stai dimostrando con questo atteggiamento di merda».
«Scommetto… scommetto che è una scusa e che… che non mi hai detto niente per qualche altro motivo».
Dean sospira, passandosi le dita sugli occhi «Non è così. Volevo solo morire in pace con mio fratello, fine della storia».
Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, poi aggrotta la fronte «E certo, perché io non c’entro niente!» urla, in preda alla rabbia «L’hai detto anche prima: non c’entro con te, con la tua famiglia, con niente che ti riguardi. Non… non c’entrerò mai». I suoi occhi sono lucidissimi e pronuncia quelle parole con un dispiacere fortissimo nella voce, ma Dean sa che non scoppierà a piangere, perché riesce sempre a trattenersi, per questo di certo non cederà ora. La sua commozione è sincera, però.
«Non volevo dire questo e poi non è vero. Sei tu che non vuoi entrarci, che ti comporti come se io fossi l’ultimo essere vivente sulla faccia della Terra in grado di aiutarti. Notizia flash: mi sono precipitato da Bobby apposta non appena mi ha detto di tuo padre, mi sto facendo in quattro per provare a capire cosa ti è successo e con tutto questo tu non—»
«Infatti è proprio questo il problema. Tu non vuoi capire come sto, vuoi solo sapere che è successo. T’interessa solo questo». Scuote la testa voltandosi di nuovo verso il suo borsone e ricominciando a ficcarci dentro vestiti alla rinfusa «La verità è che tra noi le cose non funzionano, né quando siamo vicini né quando siamo lontani. Ho solo sprecato tempo, non ti fidi di me e non mi consideri sincera».
«Io? Vogliamo parlare di te che mi ignori da quando sei qui? E mi fai passare pure da stronzo!»
Ellie fa spallucce «È quello che sei».
 
Dean stringe i pugni forte ed ha così tanta rabbia addosso che non riesce più a controllare quello che dice; la guarda mentre lei continua a infilare cose a caso nel suo sacco «Ma sì, sai che ti dico? Vattene. Va via e rimani da sola se è questo che vuoi. Tanto non te ne frega un cazzo di me o del fatto che volevo solo provare ad aiutarti, a farti stare meglio».

La sua voce è ferma e decisa ed Ellie si blocca per un istante, la schiena dritta e le mani che tremano sopra quel borsone logoro, ma dura un attimo perché poi arraffa gli ultimi vestiti rimasti sul letto e chiude la zip, prendendolo per i manici.
Sorpassa Dean senza degnarlo di uno sguardo, la testa bassa, e lui la segue con gli occhi mentre prende la sua giacca dall’attaccapanni e uno zaino che mette sulle spalle. Apre la porta ed è solo allora che si volta, un sorriso amaro dipinto sulle labbra. «Vuoi sapere perché sono venuta qui?».
Dean la guarda truce «Sinceramente? No. Nessuno ti ha obbligata e adesso sei libera, vai dove cazzo ti pare. Così magari la smetterai di lamentarti».
 
Ellie non risponde e chiude la porta dietro di sé, lasciandolo lì da solo.
Dean fissa il legno per qualche istante prima di avvicinarsi al comodino e scaraventare giù la lampada e la bottiglia di vodka a terra con il braccio sinistro; gli oggetti cadono contro il muro, le schegge di vetro finiscono a terra e Dean afferra con entrambe le mani il bordo del mobiletto, appoggiandocisi con tutto il corpo e stringendo forte le palpebre. Butterebbe all’aria anche quello se desse retta all’istinto ma non lo fa e, anzi, ci si aggrappa più forte, piegando il capo in avanti e facendo un grosso respiro.
 
Non è per niente convinto di quello che ha fatto, anzi, tutto il contrario, perché così l’ha spinta ancora più lontano anziché provare a riavvicinarla e va beh che era quasi impossibile, ma adesso non la rivedrà più e la sensazione di solitudine che lo investe gli sembra ancora peggiore di quella che sentiva addosso quando Ellie lo ignorava.
 
Rimane così, immobile, sentendo gli occhi farsi lucidi e stringendo le palpebre più forte per impedire anche a una sola lacrima di uscire. Dovrebbe essere contento, adesso Ellie ha quello che ha sempre voluto da che l’ha ritrovata, adesso è libera, ma non sa che darebbe per avere il coraggio di ascoltare quella vocina che risuona nella sua testa che gli dice di ripensare al suo viso, all’espressione smarrita che aveva quando le urlava contro e che se ci è rimasta male anche solo un pochino vuol dire che ci tiene ancora, che non pensa a tutti gli sproloqui che gli ha detto, ma è la rabbia a prevalere su di lui che si aggrappa più forte al bordo del comodino, realizzando in fretta che stavolta l’ha davvero persa per sempre.

 

[1] La rappresentazione del mostro è un preciso riferimento al quadro “L’Incubo” del pittore Johann Henrich Füssli. In particolare, mi riferisco alla versione conservata al Detroit Istitute of Arts di Detroit (che trovate qui), dove è rappresentata una donna sdraiata e il mostriciattolo su di lei, girato verso destra. 
[2] In nessuno dei siti che ho consultato per la costruzione di questo caso ho trovato un modo per rendere i mostri in questione più “reali” e trovare un sistema per farli fuori, perciò i dettagli che riguardano il loro “diventare umani per riprodursi” e il periodo in cui sono soliti farlo sono frutto della mia fantasia. Mentre la storia dei Succubi e degli Incubi e il loro voler “portare” il seme dell’uomo in una donna per fecondarla proviene da fonti certe xD
[3] La canzone citata è “Keep on tryin’” dei Poco.

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Capitolo 7
*** I just want you to stay ***


Note: Buon pomeriggio a tutti! :D
Sono piuttosto di fretta (strano, vero? XD), ma ci tenevo a dirvi due paroline.
Innanzitutto ringrazio quelli che, durante questa settimana, si sono aggiunti alla lista di coloro che preferiscono/seguono/ricordano questa storia. È bello avervi a bordo, benvenuti! :D
In più, questa settimana non sono riuscita a rileggere il capitolo, perciò se trovate qualche errore vi prego di perdonarmi. Correggerò appena possibile, ma ho avuto poco tempo a disposizione per mettermi davanti al pc. Quello che ci ho messo a rispondere alle recensioni penso che la dica lunga su questo XD Ho avuto pure problemi di connessione, come se non bastasse, ma questa è un’altra storia.
Per il precedente capitolo, avevo paura di ricevere una marea di pomodori marci addosso, invece è andata bene *tira un sospiro di sollievo*. Spero di cavarmela anche stavolta XD
Mi auguro che il capitolo vi piaccia vi mando un grosso abbraccio, a mercoledì prossimo! :D :*


Capitolo 7: I just want you to stay
 
Everybody needs a little time away
From each other
Even lovers need a holiday
Far away from each other
Hold me now
it's hard for me to say I'm sorry
I just want you to stay
After all that we’ve been through,
I will make it up to you
I promise to
And after all that's been said and done
you're just a part of me I can't let go.
 
(Hard to say I’m sorry – Chicago)
 
 
La porta della stanza centoquindici si apre senza fatica, il piccolo tic della serratura che scatta automaticamente non appena infila la chiave nella toppa. Un paio di occhi si posano su di lui che abbassa lo sguardo immediatamente, neanche fosse un ladro che viene beccato a rubare.
Dean chiude la porta alle sue spalle e alza gli occhi nuovamente, trovando quelli del fratello – sdraiato sul letto con la schiena appoggiata al muro – a scrutarlo ancora, curiosi e attenti. Sam non sembra arrabbiato, ma neanche tranquillo. Il suo sguardo nasconde una certa ansia, qualcosa che, se nella sua testa sta pensando di nascondere, ci sta riuscendo molto male.
 
Tira su la schiena mentre Dean fa qualche passo, silenzioso.
«Mi dispiace, Dean, io… io non sapevo che non le avevi detto niente di quella storia, pensavo che—»
Dean, capendo dove vuole arrivare, solleva una mano nella sua direzione per farlo stare in silenzio e Sam si zittisce immediatamente. «Non c’è problema. La prossima volta, però, impara a farti gli affari tuoi».
Sam annuisce pensieroso, quasi fosse un bambino sgridato dalla mamma, e tira le labbra in una linea sottile. «Lei dov’è adesso?»
Dean si volta per sfilare la giacca e appenderla sull’appendiabiti dietro la porta, un pretesto perfetto per non guardare ancora suo fratello in faccia «Se n’è andata». Segue un momento di silenzio strano, troppo pesante e Dean si volta ancora, trovando negli occhi del fratello un dispiacere che non si aspettava di vedere. Stringe le spalle «Non voleva stare con noi… con me. E noi non facciamo la carità».
 
Si siede sul letto per poi togliersi le scarpe e sente ancora gli occhi di Sam addosso. «Peccato. Mi piaceva, è una ragazza in gamba. Se foste riusciti ad appianare i vostri contrasti… »
Dean alza gli occhi di scatto, guardandolo in cagnesco «Io ci ho provato. Ci ho provato, va bene? È lei che non vuole niente da me ed io non—»
«Le hai chiesto di restare?» Dean lo guarda negli occhi, senza rispondere; di certo non si aspettava quella domanda e Sam piega le labbra in una strana smorfia. «Allora non ci hai provato così tanto». Dean scuote la testa – perché Sam non capisce che Ellie non vuole rimanere con lui e non c’è davvero niente che lui possa fare per farle cambiare idea? – e lo guarda mentre suo fratello si mette a sedere, allungandosi un po’ verso di lui con un mezzo sorriso spento e stanco sulle labbra. «Quello che voglio dirti è che… » Sam riflette un istante in più prima di parlare, pensando che, nella sua vita, gli è capitato più volte di fare da spalla a suo fratello – quando gli è stato concesso e soprattutto quando Dean ha voluto confidarsi –, ma mai avrebbe pensato di doverlo consolare per una ragazza. Non per questo, però, ha intenzione di tirarsi indietro. «Secondo me dovresti lottare di più perché sono convinto che ne valga la pena. È una brava ragazza, ma sta soffrendo e—»
Dean aggrotta la fronte «Non illuderti di conoscerla solo perché ti ha fatto qualche confidenza».
«Non la conosco, infatti, ma vado a sensazioni. E poi non mi ha fatto alcuna confidenza» Dean stringe un po’ gli occhi e Sam abbozza un sorriso «Andiamo, pensi veramente che se mi avesse detto qualcosa su suo padre non te lo avrei detto? Abbiamo parlato di scuola, di libri e poco altro. Non riuscivo a dormire e l’ho trovata fuori dal motel, volevo solo farle un po’ di compagnia. Si vede che ne ha bisogno».
 
Dean stringe le labbra tra i denti, un pensiero che gli striscia velocemente in testa – coglione, l’hai lasciata andare, non hai capito niente.  
Cerca di ignorarlo, tornando a parlare «Ascolta, Sam, io… io sono convinto che lei non abbia la minima intenzione di stare con me, in nessuna sfumatura del termine. Non… non è quella di una volta. Anzi, probabilmente non ci ho capito una mazza neanche allora e magari è venuta a letto con me solo per farsi passare il prurito».
Sam lo guarda male «Non dire così. Non ci credo, non mi sembra il tipo».
Dean sorride amaro «Hai troppa fiducia nelle persone, Sammy».
«Andiamo, hai avuto quest’impressione allora?» lo guarda fisso, assolutamente sicuro di quello che sta dicendo e Dean è costretto a stringere le spalle e scuotere la testa in segno di diniego. Non sa neanche lui perché sta pensando certe cose; forse per sfuggire all’altro pensiero, all’idea che ha esagerato e l’unica cosa sensata che dovrebbe fare è andarla a cercare e riprendersela. «E allora perché dici così?»
Dean espira forte «Perché forse non c’ho capito un cazzo. Forse… forse ho interpretato male i suoi segnali e non… non gliene è mai importato niente e invece io sto qui come un coglione a dispiacermi».
«Non ci credo. Non sarebbe venuta con noi fino a qui se fosse come dici tu».
Sam è troppo insistente e la cosa gli dà vagamente sui nervi. Sbuffa più forte «Ma se non è rimasta con me neanche quando gliel’ho chiesto! Perché avrebbe dovuto farlo adesso?» Suo fratello lo guarda perplesso e Dean realizza di aver parlato troppo, ma ormai non può tirarsi indietro. Sospira «Chi pensi che mi abbia spinto a venire a Stanford per chiederti aiuto? C’era lei con me e mi ha detto che non… che non se la sentiva di seguirmi perché non c’entrava niente, che era giusto che io tornassi dalla mia famiglia. Peccato che non la vedevo da un anno perché avevamo discusso ed avrei voluto passare più tempo insieme. Lei, però, ha preferito correre da suo padre» stringe le labbra in una linea sottile per poi sorridere mesto «Come vedi non è la prima volta che rinuncia a me. Evidentemente non ci tiene così tanto».

Sam ci riflette qualche istante e poi scuote la testa, sorridendo comprensivo. «E tu vuoi davvero lasciarti scappare una così, che mette la tua felicità davanti alla sua?» sorride ancora, ma Dean non fa una piega; non è tanto convinto che la sua teoria sia fondata «Non pensi che forse avrebbe preferito stare con te invece che lasciarti andar via di nuovo? E cosa pensi che stia facendo adesso? Forse crede di essere di troppo, o di dover risolvere da sola il problema di suo padre… ma sono sicuro che non se lo sognerebbe mai altrimenti. E poi… andiamo, io mi sono accorto di come ti guarda».
 
Dallo sbuffo che esce dalle sue labbra, Dean non sembra essere convinto. «Mi guarda come se fossi un eroe dei fumetti, Sam. Come il fottuto Superman o Batman. Ha sempre fatto così, perché io salvo la gente ed è una cosa che ha sempre ammirato di me. Fine».
Sam scuote la testa deciso. «Allora non hai capito niente» Dean aggrotta la fronte, chiaramente confuso. «Ti guarda come se fossi l’unica persona che le è rimasta su cui contare». Sam gli sorride appena; lo pensa davvero: di tutte le donne incontrate di sfuggita con cui è stato Dean, di certo nessuna aveva quello sguardo per lui ed è un vero peccato che lui non riesca a vederlo. «È disperata, Dean. Ha perso suo padre… chi più di lei può avere bisogno di qualcuno in questo momento?» Dean distoglie lo sguardo, fissando un punto di fronte a sé, e poi abbassa la testa ritrovandosi a fissare il pavimento ricoperto di moquette. «Non la conosco molto e non ci ho parlato così tanto da capire cosa vuole davvero, ma… non credo che voglia stare da sola. Il fatto che adesso si comporta così e non ti parla se non per litigare non è un motivo valido per dirti che non ti vuole. Tutti hanno bisogno di una pausa, a volte. Dalle il tempo che necessita per stare meglio». Dean si passa una mano sulla bocca sotto lo sguardo attento di Sam che continua a guardarlo comprensivo. «Pensaci su» si alza e appoggia una mano sulla sua spalla per una manciata di istanti, un gesto che per Dean ha sempre significato sostegno, sia che l’abbia ricevuto da suo padre che da Sam.
 
In casa Winchester ci si danno pochi abbracci e praticamente non esistono le smancerie, di parole non se ne dicono tante – a parte Sam che è un’eccezione perché a lui piace un sacco chiacchierare –, ma quel gesto, per Dean, è a dir poco inconfondibile: significa che qualsiasi sarà la sua scelta, se deciderà o meno di tornare sui suoi passi e cercare di appianare le cose con Ellie, avrà il sostegno di suo fratello, che a lui la presenza di Ellie non dà fastidio. Le cose andranno nel senso completamente opposto, però; Dean ne è convinto.
 
Sam va in bagno e lui, anziché togliersi i vestiti e farsi una doccia come aveva meditato di fare in precedenza, si stende sul suo letto con uno sbuffo tra i denti e allunga il braccio sul comodino per prendere il telecomando e poi accendere la TV. Tanto non ha niente da fare e, più che di pensare, ha bisogno di distrarsi.
 
Suo fratello torna in camera qualche minuto dopo, si toglie camicia e pantaloni senza dirgli nulla e si infila sotto le coperte per poi dargli le spalle, sdraiandosi di lato. Dean abbassa appena il volume per non disturbarlo – e non discutere, che proprio non ne ha voglia – e sbuffa di nuovo, pensando che si è già stancato perché sta cambiando canale ogni cinque secondi e non c’è un cazzo da guardare.
 
Spegne la piccola lampadina sopra il comodino, così che neanche questa possa dare fastidio a Sammy che per una volta sembra aver intenzione di dormire – sono appena le undici e ne ha tutto il tempo fino a domattina, quando riprenderanno l’Impala e cambieranno aria perché questo posto a Dean comincia a dare sui nervi. E poi il caso è concluso e hanno sostato qui solo per riprendere un po’ di fiato, non perché abbiano altro da fare.
 
A parte alzare il culo dal letto e andare a cercare Ellie prima che se ne vada davvero.
 
Dean stringe le palpebre passandoci sopra le dita e allungando di più le gambe, portando poi il braccio sulla fronte e fissando il soffitto.
 
Stavolta Ellie ha toccato il fondo. Ha sparato tante cazzate negli ultimi tempi, è stata stronza con lui e l’ha trattato come l’ultimo pezzo di merda sulla faccia della Terra, come se non l’avesse mai aiutata o non volesse farlo quando Dean, invece, non voleva fare altro che starle accanto, in qualsiasi modo lei volesse. E Sam può dire ciò che vuole, ma la verità è che Dean non ha mai letto lo sguardo che lui ha intercettato – non sa come – nei suoi occhi. Sì, sicuramente mesi fa non avrebbe dubitato così tanto di essere importante per lei, almeno un pochino. Adesso, invece, non sa più niente, neanche se c’è rimasto un po’ di affetto per lui nel suo cuore pieno di dolore.
 
Dean capisce che sta male per suo padre, davvero. Nonostante fosse un pezzo di merda che raramente ha dimostrato di tenere a lei – stando a quello che dice a riguardo –, Ellie ci era attaccata e ci ha messo tutta se stessa per far funzionare il loro rapporto, per renderlo fiero di lei. Quello che Dean non capisce è perché se la prenda tanto con lui, che in tutto questo non c’entra niente e voleva solo confortarla. Solo questo.
 
Forse un po’ ha sbagliato a provare a starle addosso, all’inizio quando l’ha trovata da Bobby, quando magari quello che lei voleva era solo stare in pace, ma poi ha allentato la presa e ha cercato di essere gentile, ma lei è comunque rimasta della sua idea, cercando con tutte le forze di tenerlo lontano. Ed è stata più tenace e testarda di quanto Dean pensasse.
 
Ricorda quando era lui a volerla tenere a distanza, quando aveva capito che qualcosa stava cambiando tra loro, quanta paura aveva perché le cose si stavano facendo pericolose, quanto ha lottato contro se stesso per uccidere quel desiderio e quel sentimento genuino e forte pur di non mandare tutto a puttane. Adesso vorrebbe tornare indietro con la stessa forza e arginare tutto il tumulto di sensazioni che sente quando se la trova accanto, così da riuscire ad abituarsi una volta per tutte alla sua assenza, ma la verità – e gli fa un male cane ammetterlo – è che, dopo tutto quello che hanno vissuto insieme, darci un taglio e andare avanti sarà difficile, molto difficile. Non c’è riuscito in questi mesi e ci ha pensato tante di quelle volte di piantarla con questa storia che non li stava portando da nessuna parte, ma ogni volta si ritrovava a pensare che, anche se era a miglia di distanza, le giornate diventavano un po’ più colorate quando ci parlava, quando sentiva la sua voce al di là del telefono e pensare che adesso non ci sarà niente di tutto questo fa un male del diavolo.
 
Talvolta, nei mesi di lontananza, avrebbe voluto confessarle quanto gli mancavano le sue carezze, il vederla arrossire di fronte a certi gesti di Dean o a certe sue parole, la timidezza con cui lei ricambiava e il modo perfetto in cui i loro corpi combaciavano quando si sono ritrovati tra le lenzuola a confessarsi nell’unico modo che Dean conosce quello che sentivano l’uno per l’altra. Avrebbe voluto dirglielo, che forse così lei avrebbe capito quanto avesse bisogno di averla accanto, soprattutto nei giorni più bui.
 
Non ha mai trovato il coraggio di farlo sul serio, però, sempre troppo preso dal terrore di esporsi. Ellie, invece, un paio di volte gli ha confessato per iscritto che le mancava e che avrebbe voluto averlo con sé; è sicuro che una parte di lei avesse la stessa paura, o il timore che, una volta confessata una cosa così, Dean potesse spaventarsi, che le sfuggisse e invece aveva sorriso di fronte a quella piccola dichiarazione, senza però riuscire a dirle lo stesso. Parlare non è il suo forte e scrivere non è da meno.
Ricorda il messaggio che Ellie gli ha mandato per Natale, quando lui doveva pensare a come tenere in piedi Sam che era uno straccio più dei giorni passati. Gli ha scritto un poema su quanto le piacesse la neve che stava cadendo nel paese sperduto della Virginia dove si trovava e che, se lui fosse stato con lei, l’avrebbe ricoperto di neve e gli avrebbe fatto un sacco di scherzi. Lui, in quell’occasione, aveva pensato che fosse una pazza a scrivergli tutte quelle cose e che non sapeva come rispondere, ma anche che degli auguri così belli non li aveva mai ricevuti.
 
Sospira ancora nel buio di quella stanza, sentendo delle gocce d’acqua picchiettare con forza contro le finestre chiuse. Anche se è maggio inoltrato e il clima dovrebbe essere più temperato e mite, in questa parte del Nebraska i temporali a sorpresa sono piuttosto frequenti [1] e Dean non può non chiedersi come se la starà cavando Ellie là fuori, se avrà trovato un riparo e magari sarà sul primo treno o se è sotto la pioggia battente, bagnata e senza un posto sicuro dove rifugiarsi dalla tempesta.
 
I pensieri corrono velocissimi nella sua mente e ripensa a tutte le discussioni che hanno avuto negli ultimi giorni, da quando l’ha rivista da Bobby dopo mesi di lontananza, a quanto si è sentito ferito ogni volta che lei ha aperto la sua boccaccia per urlargli contro. Gli ha rinfacciato di tutto: di essere salito nella sua stanza, lì da Bobby, per metterle la coperta addosso quando, in realtà, avrebbe voluto rimanere di più, infilarsi sotto le coperte e abbracciarla per darle un po’ di conforto; di fregarsene che Jim è morto che sì, non è la persona che Dean ammirava di più in tutto l’universo, ma lo conosceva da quando era piccolo e di certo la sua morte non gli è indifferente e poi quello che è successo stasera.
Dean è proprio scoppiato quando le ha detto di andarsene, perché non ce l’ha fatta più a farsi trattare in quel modo, ed è profondamente convinto di avere ragione, che era impossibile trattenerla oltre perché lei non voleva il suo aiuto e ha fatto di tutto per dimostrarglielo, ma… ma perché gli sembra di aver esagerato?
 
E se Sam avesse ragione? Lui è stato con una ragazza per un anno e mezzo e conosce le dinamiche di una coppia meglio di Dean che l’unica volta che ha provato a costruire un rapporto vero con una donna è stato con Ellie e non è mai durata più di un solo giorno. Perciò, per quanto conosca bene lei, di certo se ne intende meno di suo fratello di queste cose… forse. E forse Sam nota sfumature che Dean, essendo nell’occhio del ciclone di questa faccenda, non riesce a scorgere e magari ha ragione su Ellie.
 
Si morde le labbra, nervoso. Odia tornare sui suoi passi, lo detesta perché se dice una cosa vuole che sia quella e non gli piace cambiare idea, ma qualcosa gli suggerisce che ha sbagliato, che ha esagerato perché si è fatto trasportare dalla rabbia e se avesse affrontato la cosa diversamente sarebbe andato tutto in modo differente e magari Ellie si sarebbe calmata e sarebbe rimasta, come aveva fatto quella volta a Westwego che pur di chiarire con lui dopo un litigio – l’ennesimo di quei giorni – si è chiusa nel bagno della sua stanza per fare la doccia anziché prendere le sue cose e fuggire via.
 
In fondo, Dean non voleva che Ellie se ne andasse, non l’ha mai voluto, e solo adesso si rende conto che dicendole quelle cose non ha fatto altro che assecondare il suo gioco e l’ha convinta a filarsela – di nuovo - e questo pensiero gli provoca una tremenda rabbia. Ha come la sensazione che Ellie l’abbia fatto apposta, che l’abbia spinto così in là per lasciarla scappare via perché vuole tenerlo lontano ad ogni costo per chissà quale assurdo motivo.
 
Sorride amaro scuotendo la testa, pensando che non ha alcuna intenzione di lasciarglielo fare; si siede sul letto con uno scatto, afferrando le scarpe che aveva appoggiato poco più in là e infilandole ai piedi velocemente. Si alza e con passi veloci raggiunge l’attaccapanni dietro la porta da cui recupera la giacca; la infila e ne alza il colletto e non fa in tempo ad aprire la porta che la luce della lampadina sul comodino che si accende lo ferma.
 
«Dove vai?»
Non sa per quanto tempo è rimasto a pensare a tutte quelle cose, ma di certo Sam non ne ha approfittato per provare a dormire: quando Dean si volta a guardarlo, la luce gialla che gli illumina la faccia mette in mostra due occhi spalancati che neanche una civetta in piena notte.
Stringe appena le spalle, un movimento quasi involontario. «A cercare Ellie».
Sam annuisce, le labbra strette in una linea sottile. «Vuoi che venga con te?»
Dean scuote la testa deciso «No. Devo chiarire questa storia una volta per tutte» continua a fissare il fratello per un lungo istante «Tu dormi» che quando torno faccio i conti anche con te che devi riposarti, cazzo. Apre di più la porta, realizzando che forse gli deve almeno un paio di scuse; in fondo gli ha urlato di tutto e Sam, quando è tornato, anziché tenergli il muso come aveva tutto il diritto di fare, ha preferito dargli una mano a capire cosa frulla nella testa di Ellie. Riaccosta la porta per evitare che dell'aria fredda arrivi dritta verso suo fratello e si volta ancora «E… Sammy?» lui lo fissa in risposta «Mi dispiace per prima. Mi sono fatto prendere dalla rabbia, io—»
Sam stringe le spalle «Ti capisco e… non fa niente. Pensa solo a riportarla indietro adesso» gli sorride appena e Dean è troppo teso per ricambiare, ma apprezza molto la sua comprensione. A volte dimentica quanto suo fratello sia empatico e paziente.
 
Si chiude la porta alle spalle mantenendo altri pensieri per sé – che di discutere dettagliatamente con Sam di certe questioni non è proprio il momento, anche perché è sicuro che se non cerca Ellie ora non lo farà più – ed esce sotto la pioggia battente. Si mette in macchina con l’idea di trovarla ad ogni costo, di non rientrare nella sua stanza prima di averla scovata, perché più passano le ore più lei potrebbe essere dovunque, perciò non ha un minuto da perdere.
 
Per sua fortuna, la cittadina non è tanto grande, ma questo non rende la ricerca meno difficile. Il GPS del cellulare di Ellie è spento – come previsto – e Dean spera che si sia affidata ai mezzi pubblici e non a una macchina da rubare in caso volesse lasciare Bayard, altrimenti le speranze di ritrovarla si ridurrebbero praticamente a zero.
 
Dà un’occhiata nei pub che incontra lungo la strada, in caso fosse andata a sbronzarsi – anche se questa è una cosa più da lui dopo una lite e lei aveva una chiara intenzione di fuggire più che rimanere a farsi un goccetto, ma tentar non nuoce – e poi passa alla stazione degli autobus. La biglietteria e l’ufficio informazioni sono chiusi, ma ci sono ancora pullman destinati a compiere viaggi lunghi, tipo da uno Stato all’altro, perciò c’è ancora qualcuno che aspetta e Dean chiede a chiunque incontra – vecchio, giovane e soprattutto autista in procinto di partire – se ha visto una ragazza castana alta così con gli occhi blu, ma nessuno sembra averla incontrata.
 
Si morde il labbro – dove cazzo sei finita? – e va nella stazione di autobus successiva, in periferia, ma non riesce ancora a trovarla. Decide di non darsi per vinto, però, e l’ultima spiaggia è la stazione dei treni che presto – grazie all’aiuto di un addetto alla sicurezza che incontra – scopre essere a Morrill, un paesino a qualche miglio da qui. 
 
Dean rimette in moto e sorride tra sé – nonostante la sua sia una smorfia pensierosa – all’idea che, comunque sia, per arrivare fin lì Ellie o ha fatto l’autostop o ha rubato un’auto perché a piedi di sicuro non ci è arrivata.
 
L’edificio della South Morrill Station [2] è a mattoncini rossi e mette una certa ansia così avvolto nel buio e illuminato solo da un paio di lampioni, sotto la pioggia battente. Entra al suo interno – il pavimento è di marmo bianco e, secondo il parere di Dean, stona con il rosso scuro dei mattoni dell’esterno e lo rende un posto freddo, quasi asettico – e si avvicina alla biglietteria scrutando le poche persone sedute nella sala d’aspetto.
Ci sono un uomo sulla cinquantina, vestito in giacca e cravatta e una ventiquattrore in mano che chissà cosa contiene, una famiglia di colore composta da papà, mamma e due bambini che dovrebbero essere in ben altro posto a quest’ora della notte, una signora spaesata e una coppia di fidanzati tatuati fin dentro le mutande – o almeno questo è ciò che scommette Dean guardando i loro tribali uscire dalle maniche delle t-shirt colorate – che sembrano aver deciso di venire a sbaciucchiarsi proprio qui di tutti i posti al mondo.
 
È proprio mentre scruta quelle persone che la vede: Ellie è rannicchiata in un angolo, seduta sul seggiolino accostato al muro, il suo borsone e lo zaino appoggiati lì accanto, a terra. Ha le ginocchia strette al petto e gli occhi vuoti che scrutano fuori dalla finestra e sembra non accorgersi di Dean mentre lui le si avvicina piano per non spaventarla. Man mano che si fa più vicino, scorge i jeans bagnati dalla pioggia, così come la maglietta, più nascosta dal giacchetto verde che Ellie è solita indossare. Anche i capelli sono umidi, sciolti e più mossi di come li porta solitamente ma un po’ meno voluminosi, sicuramente per colpa della pioggia.
 
Fa qualche passo in avanti e lei deve accorgersi della presenza di qualcuno, perché quando le è abbastanza vicino si volta, come se si rendesse conto di qualcosa di insolito. Lo guarda per una manciata di istanti – gli occhi così tristi Dean è sicuro di non averglieli mai visti – ed è chiaramente confusa e sorpresa a vederlo lì; glielo si legge in faccia.
 
Dean ha provato a crearsi una specie di discorso nella testa, qualcosa che suonasse plausibile, un modo semplice per riuscire a spiegarle perché le ha detto in quel modo prima e come mai si trova qui adesso, ad affrontare le tempeste improvvise del Nebraska e tutti i chilometri che ha macinato per arrivare fin qui, ma ora che se la ritrova davanti non si ricorda più un cazzo. Non che prima avesse preparato chissà quale sermone, ma almeno due frasette striminzite gli erano venute in mente. Adesso non ricorda neanche quelle.
 
Fa un altro passo verso di lei che gira nuovamente la testa con uno scatto, appoggiando il pugno chiuso sotto il mento e tornando a fissare il muro alla sua sinistra.
«Che ci fai qui?»
 
Dean stringe le labbra, constatando in fretta che a questa domanda non sa dare risposta. È lì per vedere se può riprendersela, forse. O per farle capire che stare da sola non è quello che vuole davvero.
Sorride sghembo, fingendo una tranquillità che ora non gli appartiene. «Che domande, sono venuto a prenderti».
Ellie scuote la testa, abbozzando un sorriso amaro che Dean scorge solo perché non gli dà completamente le spalle e riesce a vedere almeno gli angoli delle sue labbra. «Mi hai cacciata via, prima. Hai già cambiato idea?»

Dean sbuffa «Tu l’hai cambiata un milione di volte, non vedo perché non posso fare lo stesso» chiude le mani a pugno stringendo forte, le unghie affondate nei palmi; non è venuto fin qui per litigare, non deve assecondare le sue provocazioni. Schiarisce la voce e avanza un altro paio di passi, sospirando e rilassando le mani; alza e abbassa le braccia di poco, riportandole poi accanto ai fianchi. «Eri tu che volevi andare via. Io ho solo deciso che non mi sta più bene. Non è il modo giusto per affrontare le cose». Lei stringe più forte le gambe al petto con il braccio destro e continua a rivolgere lo sguardo verso il muro, ma Dean non ha intenzione di lasciarla andare di nuovo. Prende un grosso respiro e si fa coraggio, deciso a dirle quello che pensa fino in fondo «Ascolta, io… io ho sbagliato a non dirti che stavo male. Solo non… non volevo che facessi un viaggio a vuoto, non volevo che mi vedessi in quello stato».
Lei non si volta, ma stringe il pugno sotto il mento più forte «Potevi morire» lo dice a denti stretti, come se sentisse tanta rabbia addosso.
«Lo so e mi dispiace. Volevo solo che non ti preoccupassi per me, che non… facessi tanta strada solo perché costretta a darmi l’estrema unzione. Te l’ho chiesto tante volte di venire da me, non hai mai voluto farlo, io… io non volevo che tu venissi a trovarmi in punto di morte. E lo so che può sembrare una cosa stupida, ma… ma ormai è andata così». Stringe le spalle, ma Ellie continua a non guardarlo, il pugno più stretto e Dean capisce che forse dovrà essere un po’ più convincente se vuole che torni indietro con lui. «Prima ho esagerato, me ne sono reso conto. È solo che… che ti sei impegnata così tanto per farmi incazzare e sono convinto che tu l’abbia fatto apposta, per non avermi fra i piedi. E forse è per qualcosa che c’entra con Jim, ma qualunque cosa sia… smettiamola di farci male» fa un altro passo verso di lei, che però non batte ciglio; ormai le è praticamente di fronte «Non voglio che tu te ne vada, devi… devi smetterla di spingermi via. Io voglio solo aiutarti, anche perché… anche perché so che hai paura» si ferma e a quelle parole Ellie si volta immediatamente, lo sguardo confuso. Dean cerca di usare il tono più calmo e dolce possibile, deciso ad andare fino in fondo. «So che… che c’è qualcosa che ti spaventa e va bene se non vuoi dirmelo. Non fa niente. Però, qualunque cosa sia, possiamo… possiamo affrontarla insieme. Voglio solo questo».
 
Non sa da dove gli sono uscite quelle parole, ma è la pura verità e spera che lei lo comprenda.
 
Ellie continua a fissarlo – gli occhi grandi e lucidissimi –, poi si alza in piedi, facendo qualche passo incerto verso di lui. Dean vorrebbe aggiungere qualcosa, ma tutto quello che voleva dirle è riuscito a sputarlo fuori e la osserva a lungo finché lei si allunga nella sua direzione afferrando entrambi i lembi della sua giacca con un piccolo slancio – la presa forte e sicura – e nasconde il viso sul suo petto prima di scoppiare a piangere.
 
Dean rimane immobile, sorpreso da quell’atteggiamento, ma Ellie gli fa così tenerezza e gli sembra così piccola in questo momento, con la testa appoggiata al suo petto e il forte desiderio di nascondere tutto il dolore che porta dentro; quest’immagine gli fa dimenticare momentaneamente ogni proposito di litigio e tutte le cose che ha da rimproverarle e finisce col circondarle la schiena con entrambe le braccia, stringendola forte.
 
Ellie gli chiede scusa tra i singhiozzi, le braccia accartocciate contro il suo petto e le dita a stringere forte la giacca di pelle; Dean chiude gli occhi sussurrandole piano all’orecchio di calmarsi, ma il pianto di Ellie è talmente forte e disperato che non sembra neanche sentirlo e a Dean viene da chiedersi da quanto tempo non si sfoghi così, per quanto ha tenuto dentro tutta questa sofferenza.
 
Le accarezza i capelli con dolcezza mentre Ellie trema e la sua schiena si scuote al ritmo dei suoi singhiozzi. Vorrebbe dirle di andare da un’altra parte, magari un posto più tranquillo dove possono stare da soli, ma poi non lo fa perché crede che solo adesso Ellie si sia veramente arresa di fronte al suo dolore, che abbia ammesso – in un certo senso – di avere bisogno di aiuto. Così la stringe appena più forte, lasciando che si sfoghi ancora, fin quando lei non si scosta piano, gli occhi bassi mentre Dean la guarda e d’istinto allunga una mano verso il suo viso per accarezzarle una guancia umida di pianto. Lei non si ritrae a quel contatto, ma non alza gli occhi e Dean capisce che forse quello è un po’ troppo per lei in questo momento e non insiste. In fondo, di passi avanti già ne ha fatti tanti rispetto a due ore fa.
 
Ellie si scosta un altro po’, muovendosi all’indietro e asciugandosi le guance con il dorso della mano destra; Dean la guarda – i gesti così incerti che sembrano quelli di una bambina spaventata e sola, un’immagine che ha accostato a lei così tante volte – e si morde un attimo il labbro inferiore prima di parlare nuovamente. «Dai, torniamo al motel» non riesce a dire nient’altro, ma preferisce trovarsi un posto più tranquillo dove parlare, senza tutti quegli occhi addosso, ed Ellie, a dispetto del più piccolo sospetto che albergava nella parte più sfiduciata del cervello di Dean, accetta la sua offerta, muovendo appena il capo per dirgli di sì.
 
Ripensa per un istante alle parole di Sam – chi più di lei può aver bisogno di qualcuno in questo momento? – e forse non aveva tutti i torti, ma non vuole cantare vittoria troppo presto, perché Ellie potrebbe ancora cambiare idea.
 
La guarda mentre si volta per prendere il suo borsone e lo zaino, ma Dean è più svelto e si allunga lui per farlo. Mette lo zaino sulle spalle e tiene il borsone con la mano sinistra, mentre l’altra l’appoggia sulla schiena di Ellie per invitarla a camminare verso l’uscita. Lei obbedisce senza guardarlo; sembra tanto una bimba smarrita.
 
La pioggia non ha smesso di scendere dal cielo e picchia forte sulla strada e sul tettuccio dell’Impala. Ellie e Dean entrano in macchina in fretta – lui più di lei, che non sembra curarsi di bagnarsi o meno – e Dean mette in moto, dirigendosi di nuovo verso Bayard e il motel dove alloggiano.
 
Per tutto il tragitto Ellie non dice una parola; solo il tergicristallo che spazza via la pioggia che impedisce a Dean di vedere la strada emette un qualche suono. Lui non sa cosa dire e lei si limita a tirare su col naso ogni tanto ed è l’unica cosa che fa mentre osserva le gocce d’acqua che scivolano sui finestrini con aria assente, finché Dean non ferma la macchina nel parcheggio del motel, più di quaranta minuti dopo. [3]
 

Prende un respiro voltandosi nella sua direzione, ma Ellie apre la portiera e la chiude dietro di sé con un movimento secco e svogliato. Dean la segue, facendo lo stesso e allungando il passo fino alla porta della stanza di Ellie, rifugiandosi sotto il misero tettuccio di quell’edificio per non bagnarsi troppo.
 
Apre la porta – le chiavi le aveva conservate nella tasca della giacca per un motivo che gli era sembrato assurdo lì per lì, ma adesso pensa di aver fatto più che bene – e lei lo segue come un automa.
 
La stanza è proprio come Dean l’aveva lasciata, con le schegge di vetro e i resti della bottiglia e dell’abat-jour sparsi a terra. Vorrebbe dire che gli dispiace per quel casino, ma in realtà… beh, non crede che ad Ellie importi dei suoi attacchi di rabbia in questo momento. Tanto meno delle sue “vittime”.
 
La guarda sedersi sul letto – lo sguardo basso rivolto verso il pavimento ricoperto di moquette – e Dean fa altrettanto, mettendosi vicino a lei ma stando attento a non invadere troppo il suo spazio.
Stringe con le dita il bordo del materasso e prende fiato per l’ennesima volta in questa serata umida e fredda perché vorrebbe dire qualcosa per spezzare il silenzio, ma non gli esce niente di sensato.
«Non pensavo mi venissi a cercare» è Ellie a parlare per lui; è la prima cosa che dice dopo tutto quel silenzio e Dean fatica un attimo a capire il punto.
Si morde il labbro inferiore «Nemmeno io, a dire la verità. Me le hai fatte girare parecchio ultimamente» non vuole essere davvero duro, solo onesto.
«Mi dispiace».
Dean capisce che è sincera, anche se non lo guarda in faccia; lo comprende dal tono della sua voce, che è deciso nonostante sia flebile, spento, un po’ com’è lei in questo momento. «Anche a me. Per… p-per quello che ti ho detto prima e per non averti chiamata quando stavo male. Io… » si passa una mano dietro la nuca «Io non volevo tenerti fuori. È solo che—»
«Lo so, ho capito» Ellie continua a non guardarlo e Dean aspetta qualche istante prima di parlare di nuovo; dal tono della sua voce, comprende che non è offesa per quello, o almeno non più. Sembra solo tanto stanca. Forse di nascondere tutto il dolore che ha dentro. La guarda prendere un grosso respiro e incrociare le gambe «È solo colpa mia».

Dean aggrotta la fronte. Non si aspettava che quelle parole uscissero dalla sua bocca e qualcosa gli dice che non si riferisce a ciò che è successo tra di loro nell’ultimo periodo.
«Di che parli?»
«Di papà. È morto per colpa mia». Dean si inumidisce le labbra, stringendo un poco gli occhi. «Ed io non voglio parlarne».

Ora si volta a guardarlo e Dean si sente un verme, perché ha pensato più al suo problema con lei, che la sua fosse solo freddezza data dalla morte di Jim e non aveva minimamente riflettuto sul fatto che potessero esserci altre cause anche più profonde che potevano farla sentire così. «Io pensavo che—»
«Lo so. Ma non volevo dirtelo e non… non voglio che tu… che tu mi faccia domande. Sono stata scontrosa e stronza e mi dispiace, ma te l’ho chiesto in tutti i modi e tu non volevi ascoltarmi. Non ne voglio parlare, Dean». Lui la osserva in silenzio mentre scandisce quelle parole, notando che i suoi occhi sono nuovamente lucidi. «Non so più come fartelo capire».
Dean si passa una mano sulla bocca, sbuffando aria dal naso. «Non volevo forzarti. Volevo solo—»
«Aiutarmi, sì, ma non è quello il modo» lo guarda negli occhi in modo intenso mentre i suoi sono ancora più tristi.
«Nemmeno urlarmi addosso lo è» Ellie continua a fissarlo; Dean vuole essere sincero fino in fondo. «Non sono venuto a prenderti per discutere ancora, solo… solo mi dispiace che tu abbia frainteso».
Ellie stringe le spalle, voltando poi la testa nuovamente e passandosi una mano sugli occhi stanchi. Poi lo guarda di nuovo «Sei stanco».
 
Dean annuisce perché sì, è indubbiamente stanco di un sacco di cose, soprattutto di cercare suo padre e di rincorrere Ellie, ma forse dopo stasera andrà meglio. Il fatto che gli ha detto quello che è successo – anche se una piccolissima parte e senza aggiungere nessunissimo dettaglio – è già qualcosa e Dean vuole farselo bastare.
 
Quello, comunque, deve essere il suo modo di cambiare discorso, che probabilmente non ha più tanta voglia di parlare e Dean deglutisce mentre la osserva, gli occhi di lei scavati e tristi, il blu che li colora decisamente più opaco e spento.
 
«Anche tu mi sembri stanca» lei annuisce «Beh, allora… allora rimango qui finché non ti addormenti». È l’unica cosa sensata che gli viene in mente di dire ed Ellie dapprima lo guarda un po’ perplessa, ma poi fa cenno di sì con la testa e Dean pensa che gli è andata bene; poteva opporre più resistenza.
Ellie si alza in piedi, dandogli le spalle «Non sei obbligato a restare se non vuoi» la sua voce è poco più alta di un sussurro, ma stavolta Dean non vi percepisce alcuna cattiveria. Il suo sembra essere più un consiglio, come se pensasse di non meritare compagnia.
Dean le sorride appena, anche se lei non può vederlo «No, mi fa piacere». Avrei voluto farlo anche prima e vorrebbe tanto dirglielo, ma gli sembra che sia una frase che istighi il litigio – anche se le sue intenzioni sono ben altre –, perciò lascia stare per non fare casino.
 
Ellie stringe le spalle; si toglie le scarpe e scosta le coperte scoprendo il cuscino con la testa bassa, senza guardarlo. Non toglie neanche i vestiti prima di infilarsi nel letto e sdraiarsi di lato, il viso rivolto verso la porta.
 
Dean non dice niente e si alza a sua volta, premurandosi di spegnere la luce. Si siede sull’altro lato del letto e la osserva in silenzio mentre lei, nella penombra di quella stanza buia, è rannicchiata su se stessa, le gambe al petto e la schiena diventata più esile rispetto a un tempo.
 
Si passa una mano sulla bocca, realizzando che non ha la minima intenzione di tornare nell’altra stanza. Si toglie la camicia che appoggia su una sedia e poi gli scarponi, facendo attenzione a non fare troppo rumore e scosta le coperte infilandosi anche lui lì sotto, gli occhi sempre fissi sulla figura di Ellie.
 
Appoggia la testa sul cuscino e continua ad osservarla silenziosamente. È sicuro che lei si sia accorta che si è sdraiato, ma non ha importanza. Stanotte non ha la minima intenzione di lasciarla da sola. E non è perché non si fida, perché domattina potrebbe tornare qui e non trovarla più, ma perché stasera finalmente gli ha dato modo di dare una sbirciatina a quello che prova, di vedere e sentire il suo dolore – il suo pianto così forte e disperato – e, ora che ha compreso davvero, non può lasciarla da sola. Non adesso che lei sembra volergli permettere di starle accanto.
 
Continua ad osservarla – i capelli ancora umidi di pioggia sparsi sul cuscino e la schiena che si muove piano seguendo il ritmo del suo respiro – e rimane vigile finché non la sente tranquillizzarsi di più, finché non capisce che si è addormentata. Solo allora chiude gli occhi e lascia che la stanchezza travolga anche lui.
 
*
 
Si morde le labbra e poi le pellicine intorno alle unghie, ripetendo più volte questa specie di rituale mentre fissa un punto preciso a qualche centimetro da lei.
 
Sbuffa aria dal naso, spostandosi un po’ più verso la sua destra, andandogli più vicino. Dean è sotto le coperte ed è sdraiato a pancia in giù, la testa voltata verso di lei, le braccia a stringere il cuscino e le mani nascoste lì sotto, l’espressione sul viso di chi ha un sonno tranquillo.
 
Le labbra di Ellie si curvano in un minuscolo sorriso ad osservare quella scena. Dovrebbe essere arrabbiata, perché ancora una volta Dean non le ha dato retta: prima è andato a prenderla dopo che lei gli aveva detto di non voler più avere niente a che fare con lui ed ora si è anche intrufolato nel suo letto per restarle accanto. Se n’è accorta ieri sera, ma non ha detto nulla e poi pensava che sarebbe andato via dopo un po’, invece è rimasto.
La parte più cattiva di lei le suggerisce che l’ha fatto per controllarla e impedirle di fuggire in caso lei ci avesse provato di nuovo, ma decide di non ascoltarla. La verità è che ne è contenta: in tutti questi giorni, ha sperato silenziosamente che Dean si accorgesse del suo malessere e che la smettesse di fare lo stronzo impiccione, che pensasse a darle un po’ di conforto, ed è quello che ha fatto ieri sera.
 
Non aveva idea di dove andare. Aveva pensato a Sioux Falls, da Bobby, ma era sicura che poi lui le avrebbe fatto la ramanzina su Dean e sul suo atteggiamento perciò non voleva andare lì, ma non aveva neanche un’altra meta. Aveva pensato di trascorrere la notte in quella stazione desolata – che tanto se qualcuno avesse voluto farle del male sapeva come difendersi – e la mattina dopo avrebbe deciso il da farsi. Avrebbe trovato una strada. Forse sarebbe tornata sul luogo dove papà è morto, almeno per verificare se ci fossero nuove piste – il mostro è abitudinario e si nasconde a periodi alterni negli stessi posti –, ma poi è arrivato Dean che, con quello che le ha detto, è riuscito a smuoverla fino a convincerla a tornare indietro insieme a lui.
 
Ellie non riusciva più a piangere da un sacco di tempo. Non che lo faccia regolarmente, ma era così concentrata sulla sua vendetta e sulla sua rabbia che non aveva neanche più provato a sfogarsi. Ieri sera, tra le braccia di Dean, è stata una liberazione riuscire a farlo. Aveva accumulato così tanta tensione che quando lui si è mostrato così comprensivo è scoppiata senza riuscire a contenersi.
 
Osserva i suoi lineamenti, i tratti definiti del suo viso: le labbra leggermente schiuse, le palpebre abbassate e quelle ciglia folte, le piccole lentiggini sul naso e sugli zigomi e quel filino di barba appena visibile che gli incornicia le guance. Ellie l’ha osservato tante volte, ma negli ultimi giorni non l’aveva mai fatto con attenzione, presa da tutta la rabbia che aveva addosso. A volte non voleva neanche guardarlo.
Dean è bello in un modo particolare, il più bello di cui si sia mai invaghita, ma anche il più comprensivo, quello che più di tutti le è stato accanto nei momenti più difficili e le dispiaceva così tanto pensare che, in un’occasione terribile come questa, non cercasse di aiutarla.
 
Sa che è stata tanto orgogliosa negli ultimi tempi, che avrebbe potuto spiegargli con calma che non era con le domande che sarebbe riuscito ad arrivare a quello che voleva, ma era troppo arrabbiata e stanca per giustificarlo, per trovare la voglia di spiegargli a parole e non con le urla che non era quello l’atteggiamento giusto, quello di cui lei aveva bisogno. Adesso, però, a trovarlo così addormentato al suo fianco, si rende conto di non aver capito niente e che questa sensazione di pace – per quanto un po’ la spaventi perché così diversa da quello che ha provato ultimamente –, se avesse voluto, avrebbe potuto sentirla prima.
 
Quando hai un problema con un qualcuno, è sempre meglio parlarci e capire perché si comporta così; la mamma glielo diceva sempre. È un vero peccato che lei non possa essere qui per ricordarglielo, per darle uno dei suoi preziosissimi consigli, quelli che a Ellie mancano davvero tanto. Proprio come lei, che in ogni situazione riusciva a fare la scelta più giusta.
 
Si avvicina ancora un po’ a Dean, allungando la mano sinistra verso il suo viso sereno e rimanendo un attimo sospesa, incerta se questa sia o meno la mossa giusta; poi si fa coraggio e decide di andare fino in fondo e di ignorare la paura che sente, di essere più forte. Si allunga un altro po’, fino a sfiorarlo e lo accarezza dolcemente, muovendo piano il pollice sulla sua pelle appena ruvida per la barba lasciata lì da qualche giorno.
 
Dean si sveglia quasi subito: i suoi occhi si spalancano immediatamente, allarmati, e le sue mani vanno sotto il cuscino a stringere qualcosa che non sembra trovare. Ellie ritrae la mano di scatto, rendendosi conto di averlo spaventato, e forse lui capisce che va tutto bene quando la vede così vicina, perché lei percepisce un cambiamento: i suoi occhi si fanno meno spaventati, le sue spalle si rilassano e le sue mani si fermano. Sbatte le palpebre un paio di volte ed Ellie stringe l’angolo del suo cuscino sotto la sua testa, continuando ad osservarlo. 
 
Dean stira le gambe verso il basso e anche le braccia – probabilmente intorpidite dal sonno – accompagnando questi movimenti con un paio di grugniti e si volta mettendosi di lato, il viso rivolto verso Ellie. La guarda negli occhi senza parlare ed Ellie per un attimo non sa cosa dire o fare. L’ha svegliato per dirgli tutto, per chiarire una volta per tutte questa storia che li ha solo portati a logorare un rapporto già complicato e reso difficile dal tempo che hanno vissuto separati da miglia di distanza, ma adesso che è arrivato il momento sente un nodo formarsi velocemente all’altezza della gola.
 
Deglutisce, cercando invano di renderlo più sopportabile. «Sei rimasto a dormire qui?» e la sua voce suona impastata e insicura mentre pronuncia quelle parole.
Nonostante la domanda che ha appena posto sia davvero stupida – ma non le è venuto niente di meglio –, Dean annuisce senza fare una piega – il viso un po’ più rilassato degli ultimi giorni, ma non totalmente disteso –; continua a guardarla e il verde dei suoi occhi è un posto caldo dove nascondersi, dove cercare un po’ di serenità e per Ellie è una sensazione bellissima, qualcosa che non provava da tanto tempo. 
 
«Non… non volevo spaventarti» ovviamente allude al fatto che l’ha svegliato e Dean scuote la testa «Non fa niente» anche lui ha la voce assonnata, il tono calmo «Stai bene?»
Ellie abbozza un sorriso che ha ben poco di allegro «Ce l’hai una domanda di riserva?» sorride un pochino più convinta quando Dean fa altrettanto, muovendosi appena verso di lei.
 
Dean rimane a fissarla in silenzio, forse aspettando che lei dica qualcos’altro, ed è tutto troppo pesante e terribilmente intimo ed Ellie sente il profondo desiderio di accorciare le distanze e abbracciarlo per provare almeno a dirgli grazie, ma non lo fa. È come paralizzata. Lo guarda e deglutisce ancora e il nodo alla gola diventa un po’ più lento.
 
Prende fiato, inumidendosi le labbra «Ti devo delle scuse» si lecca il labbro inferiore, nervosa «Ho… ho esagerato negli ultimi giorni. Volevo tenerti a distanza perché tu mi chiedevi tutte quelle cose e non riuscivo a sopportarlo» lo guarda ancora, deglutendo nuovamente «E… e lo so che non lo facevi con cattiveria, ma… è troppo presto per le domande» allarga appena le labbra in un minuscolo sorriso, forse per dirgli che non è più arrabbiata, e Dean continua a guardarla e annuisce silenzioso, stringendo un pochino le spalle. Ellie abbassa gli occhi per un istante e deglutisce ancora per poi mordersi il labbro inferiore. Si sente tremendamente nervosa, perché la parte complicata del discorso non è ancora arrivata e gli occhi fissi di Dean su di lei non la aiutano a sentirsi meno agitata. Prende un bel respiro e torna a guardarlo «Ma c’è un motivo preciso per cui mi sono comportata così» torna seria e cerca di studiare i suoi occhi che sono limpidi e attenti, sicuri «Questa… cosa che è successa con papà mi ha fatto pensare un sacco. Mi ha fatto riflettere sui miei affetti» si avvicina un po’ a Dean, continuando a stringere il cuscino; il suo sguardo è così sicuro e desideroso di sentirla parlare ancora e lei quasi trema, tanta è l’emozione di riuscire a confessare quello che ha tenuto nel cuore per tutto questo tempo. «Io e papà non abbiamo mai avuto un rapporto meraviglioso, lo sai. Nell’ultimo periodo, però, era diverso, più attento e premuroso ed io l’ho perso. Succede sempre così: quando voglio bene a qualcuno, lui se ne va e sempre nel modo peggiore». Chiude gli occhi per un lungo istante, espirando; fa così fatica a parlare, ma Dean sembra comprenderlo e si avvicina un altro po’, appoggiando una mano sul braccio di Ellie. «Prima la mamma, ora papà, e tu… tu sei la persona più cara che mi è rimasta. Non voglio che ti succeda qualcosa per colpa mia».
Dean si inumidisce le labbra «Non mi accadrà niente, vedrai che—»
Ellie non lo fa finire «Quello… q-quello che è successo a papà è terribile e io… io lo so che quando sarà il momento tu vorrai aiutarmi e non… non posso chiederti—»
«Non mi stai chiedendo nulla» le sorride comprensivo, ma Ellie trema al solo pensiero «E certe cose non le devi neanche pensare».
«Invece sì. Io… io sapevo che saresti venuto a cercarmi se non ti avessi risposto e se avessi saputo quello che era successo e, se da una parte ci speravo, dall’altra ne avevo paura. Perché sapevo che avresti voluto conoscere la verità, che avresti voluto sapere tutto su me e papà ma soprattutto che avresti voluto renderti utile ed io… io non te lo posso permettere perché non… non puoi rischiare la tua vita per me».
 
Dean si avvicina ancora un pochino «E invece sì. Sono tornato sui miei passi apposta, per aiutarti. E farò tutto il possibile».
Lo guarda per l’ennesima volta e cerca di trattenere tutto quello che vorrebbe uscirle dagli occhi di fronte alla sua determinazione «Ti è sempre bastato uno sguardo per comprendermi e ci sono delle cose che… c-che sono successe quando papà è morto e come è morto di cui non voglio parlare. So che con il tempo lo farò perché tu hai la capacità di farmi raccontare le cose, però… non adesso» si ferma un istante, sentendo la bocca arida e asciutta, ma non riesce a fermare quel flusso di parole, non adesso che ha cominciato a parlare veramente. «Ma nello stesso tempo ho paura, perché succedono cose brutte alle persone a cui voglio bene e non voglio che tu sia il prossimo. Ho tanta paura di questa cosa, Dean».
 
Chiude gli occhi per un istante e Dean si fa più audace quando si avvicina ancora – il fruscio dei jeans contro le lenzuola – e la stringe in un abbraccio, le sue braccia calde e sicure che la avvolgono ed Ellie si sente a casa e non capisce come abbia fatto a rimanere lontana da tutto questo così a lungo, dalla sensazione di protezione e calore che sente. Trema ancora un po’ e stringe con le dita della mano sinistra la schiena di Dean che la accoglie – forte e sicuro, stranamente e totalmente a suo agio, in un modo che le mette ancora più i brividi.
 
«Anch’io ho paura» è quasi un sussurro quello di Dean ed Ellie si scosta a guardarlo, incontrando i suoi occhi che sono limpidi e sinceri. «Non volevo essere… invadente, e ti chiedo scusa, ma quando ti ho vista da Bobby ridotta in quel modo io… io non c’ho capito più niente». Ellie lo osserva e capisce che è davvero dispiaciuto. «Però non voglio perderti un’altra volta» e lei annuisce – il viso di Dean così vicino e le sue braccia a stringerla ancora al petto –, comprendendo cosa vuole dirle.
«Ho solo bisogno di un po’ di tempo. Tutto qui».
Dean le fa cenno di sì con la testa ed Ellie solleva appena il capo trovando rifugio nell’incavo del suo collo, la mano destra appoggiata sul suo cuore. Lui la stringe ancora e le posa un leggero bacio sul collo, minuscolo e innocente ed Ellie è convinta di non essersi mai sentita tanto piccola tra le sue braccia, di non aver mai vissuto niente di tanto intimo con lui prima, neanche il sesso. È assolutamente certa che per lui sia lo stesso.
«Smettila di trattarmi in quel modo, però. Tanto non mollo, non ne ho alcuna intenzione».
 
Stavolta è Ellie ad annuire e allunga di più il braccio sinistro per circondargli la schiena e stringerlo forte; il tono di Dean non è arrabbiato, ma sicuro e assolutamente sincero ed Ellie vorrebbe chiedergli scusa per essere stata così stronza ed egoista per tutto questo tempo, ma rimane in silenzio, perché ora davvero non riesce più a parlare. Avrà tempo per farlo, però. Adesso ne è sicura, perché non ha più intenzione di fuggire.
 
Dean si scosta appena e la guarda, i denti a stringere il labbro inferiore «Se mi avessi chiamato quando è successo quel casino… »
Lascia la frase sospesa ed Ellie capisce cosa vuole dire; scuote la testa «Non volevo parlare con nessuno. Non volevo dire che papà… » prende un grosso sospiro, abbassando gli occhi per un istante «Ho passato i due giorni successivi a piangere. E a tremare. Non avevo la forza neanche di mangiare e non riuscivo a chiudere occhio e avevo paura. Caleb è stato gentile, poi… poi ho preferito rimanere da sola. Anche Bobby ci ha messo un sacco a rintracciarmi e non volevo andare neanche da lui. Non volevo dire a nessuno cos’era successo, non volevo mettere nessuno in pericolo».
 
Dean annuisce e torna a stringerla, senza aggiungere altro. Ellie chiude gli occhi per un lungo istante, accoccolandosi di più tra le sue braccia e ascoltando il suo respiro più tranquillo mentre le sue mani le accarezzano la schiena con dolcezza.
 
È quasi paralizzata per tutto quello che sente, perché ha cercato di negarlo per tanto tempo, ma la verità è che le continue domande di Dean che la mettevano a disagio un po’ erano una scusa per non parlare di quello che sentiva veramente, perché aveva paura che lui non l’avrebbe più guardata in faccia dopo se gli avesse confessato quello che è successo con papà in quella notte infernale, invece la sua comprensione e l’idea che lui continui ad accettarla per quello che è come ha sempre fatto le mettono tanta sicurezza addosso. Aveva la sensazione che stavolta sarebbe rimasta sola davvero, che forse era quello che meritava dopo aver visto la morte della mamma e di papà – soprattutto per come se n’è andato, qualcosa che la fa sentire così in colpa –, ma adesso sa che non è così, che andrà tutto per il verso giusto.
 
Dean si scosta ancora e le sorride – le labbra che si distendono un poco fino a formare una piccola curva rivolta verso l’alto – e la sua mano lentamente si avvicina per metterle i capelli dietro le orecchie; il suo sguardo è pieno di fiducia, qualcosa che è convinta di non avergli mai letto negli occhi – o almeno non in dose così massiccia. Anche lui è sicuro che ce la farà a superare tutto quanto e questo le dà più coraggio.
 
Gli sorride e la domanda che le balena in testa le fa aggrottare la fronte «Sam lo sa che sei qui?» Dean scuote il capo ed Ellie sgrana gli occhi «Ma sarà preoccupato!» e Dean scoppia a ridere di fronte a quell’esclamazione, come se avesse detto la cosa più stupida dell’universo.
Le sorride appena ed Ellie lo guarda, perplessa «Sam non si preoccupa se dormo fuori» e, con quelle parole, Ellie capisce quello che deve capire.

Che Dean non sia esattamente un monaco non è una novità, e forse Sam è semplicemente abituato a non vederlo rientrare a volte. Magari lo faceva quando lei non c’era. Forse per parlare con lei – che non le telefonava nella stessa stanza dove c’era suo fratello l’aveva intuito – o forse per… «E poi l’Impala è qui davanti, sicuramente se lo immagina». Chissà perché ha sentito il dovere di specificarlo. Ellie annuisce, abbassando la testa per un istante, e liscia con la mano la sua maglietta. «Però me ne voglio andare. Questo posto mi dà sui nervi».
Si ferma ed Ellie alza di nuovo gli occhi per guardarlo; la domanda che vuole porgerle è praticamente sottintesa e lei gli sorride. «Va bene».
Ora Dean è visibilmente più tranquillo, gli occhi che luccicano come pietre brillanti e preziose. Si morde il labbro inferiore, sembra stia cercando di trattenere un sorriso «Ok, allora… allora vado a chiamare Sammy» ed Ellie annuisce, stringendo le labbra in una linea sottile.
 
Lo osserva scostarsi – gli occhi ancora fissi nei suoi, quasi a volersi assicurare che lei non cambi idea un’altra volta – e poi darle le spalle per recuperare gli scarponi e infilarne uno alla volta. Si rimette la camicia che aveva lasciato su una sedia e si dirige verso la porta, voltandosi ancora per un istante a guardarla. Lei gli sorride appena, e lui fa lo stesso, gli angoli delle labbra leggermente all’insù, e si chiude la porta alle spalle.
 
Ellie fissa il soffitto e sospira appena. Non sa se ha fatto bene a decidere di restare con Dean, ma sa che non l’ha fatto perché non crede di avere alternative.
Dean è sempre stato il suo porto sicuro da che lo conosce e poi tutti sbagliano. Lei di certo non può crocifiggerlo se non si era reso conto prima che non era di certo quello il modo di approcciarsi in un momento per lei così delicato. Ha fatto cose peggiori e gliele ha perdonate, perciò non vede perché non dovrebbe dargli un’altra possibilità.
 
Sono ancora tante le cose che deve dirgli e sa che non sarà facile, considerando anche con chi ha a che fare, ma Ellie spera di trovare in Dean la comprensione che cerca e soprattutto che lui le dia del tempo, ma se c’è una cosa in cui è sempre stato bravo è mantenere le promesse, perciò non ha alcun dubbio: andrà tutto per il meglio.

 

[1] Le informazioni meteorologiche sul Nebraska le ho trovate nella pagina di Wikipedia riservata a questo Stato.
[2] Per quanto mi faccia strano pensare che a Bayard non esista una stazione dei treni, l’unica che Google maps mi ha indicato è nelle vicinanze e si tratta proprio di quella descritta in queste righe situata, appunto, a Morrill, sempre in Nebraska.
[3] La distanza tra Morrill e Bayard non è inventata, è stata calcolata in un sito apposito.

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Capitolo 8
*** Please tell me who I am ***


Note: Qui le settimane passano alla velocità della luce, così tanto che siamo già all’ottavo capitolo O.o La strada da fare è ancora lunga, però :D
Salve a tutti e buon mercoledì! Come ve la state passando?
Io – strano a dirsi – sono di frettissima, ma come al solito ci tenevo a lasciarvi due paroline.
Il capitolo precedente ha appianato un po’ il “dramma” e spero che di questo ne siate felici :D non è tutto ancora rose e fiori, ma la tempesta grossa ce la siamo lasciati alle spalle.
Questo di oggi, invece, è uno di quei capitoli che mi mette un po’ in crisi, perché vengono citate delle robine che si sono viste nella serie e quindi ho sempre paura di dire troppo – o troppo poco, dipende dai casi XD spero che, leggendo, non avrete questa sensazione. Fatemi sapere comunque cosa ne pensate.
Detto questo vi auguro uno splendido proseguimento di settimana e una buona lettura! A mercoledì prossimo! :**


Capitolo 8: Please tell me who I am
 
There are times when all the world’s asleep
The questions run too deep
For such a simple man
Won’t you please, please tell me what we’ve learned
I know it seems absurd
But please tell me who I am.
 
(The logical song – Supertramp)
 
 
La tavola calda non è affollatissima, nonostante sia ora di fare colazione da un po’: c’è una coppietta che sembra abbastanza affiatata e che parla animatamente di qualcosa che pare interessare parecchio lei – i capelli biondi e un sorriso luminoso –, un po’ meno lui – brizzolato, lo sguardo stanco di chi stamattina aveva voglia di fare tutto tranne alzarsi; poco più in là, seduto su uno sgabello accanto al bancone, un signore anziano – i capelli ingrigiti dal tempo e la schiena curva, un bastone di legno chiaro appoggiato lì accanto – sfoglia distrattamente il giornale sorseggiando ogni tanto da una tazza bianca il cappuccino che ha ordinato.
 
Sam osserva quelle persone un istante prima di rituffare il naso tra le pagine del giornale aperto sul tavolino accanto al quale è seduto. Si accomoda meglio sulla poltroncina di pelle bordeaux e sospira appena, sfogliando un’altra pagina.
 
«Tu hai ordinato qualcosa?» la voce di Dean lo distrae e lo porta ad alzare gli occhi verso di lui, seduto lì di fronte.
Sam annuisce «Caffè e una brioche» e suo fratello spalanca gli occhi «E basta? Ma perché non avete mai fame voi due?»
 
Sam stringe le spalle e la domanda è posta ovviamente anche a Elisabeth, seduta accanto a Dean, che stringe le labbra in una linea sottile e non risponde, appoggiando poi il gomito sul tavolo, la mano aperta sulla sua guancia sinistra.
 
Non è che Sam abbia capito proprio bene come questi due abbiano fatto a fare pace.
Il mattino dopo quella furiosa litigata, Dean non era nella loro stanza e Sam stava per chiamarlo, temendo che gli fosse successo qualcosa o che avesse trascorso la notte sotto il temporale senza riuscire a trovare Elisabeth. Prima di farlo, però, si è affacciato alla finestra e si è accorto che l’Impala era parcheggiata fuori, deducendo che quindi Dean era nei paraggi e sicuramente con lui anche Elisabeth, altrimenti è sicuro che non sarebbe stato lì a quell’ora, che probabilmente avrebbe continuato a cercarla.
Dopo un po’, Dean si è presentato nella stanza comune con una faccia luminosa come mai nelle settimane precedenti e gli ha spiegato a mezza bocca che Elisabeth era tornata sui suoi passi e che sarebbe andata con loro, tutto qui. Ha aggiunto qualcosa sul fatto che gli ha chiesto scusa e che hanno parlato un po’ solo dopo che Sam ha cominciato a fargli domande, ma ovviamente ha smesso quando ha capito che non avrebbe avuto altre informazioni. Alla fine, quello che gli basta sapere è che Dean adesso è contento e lo sembra davvero.
 
Certo, il rapporto tra lui ed Elisabeth non è proprio rose e fiori e si vede che c’è ancora dell’irrisolto tra di loro, ma Dean pare molto più fiducioso di qualche settimana fa. Sì, perché ormai sono più di quindici giorni che hanno chiarito – almeno in parte – i loro contrasti e che è tornata insieme a loro e, nonostante lei sembri ancora molto rigida e un po’ fredda nei confronti di Dean, lui non pare aver intenzione di mollare. Non è che ci prova, solo cerca di fare di tutto per non farla rimanere da sola e per starle accanto e Sam potrebbe dirsi orgoglioso di lui in questa occasione. Almeno ce la sta mettendo tutta per farla tornare ad essere quella che lui dice di aver conosciuto, una persona completamente diversa da quella che è adesso, e questo è ammirevole.
 
Si è accorto di un certo cambiamento tra di loro: sono più rilassati, più complici ed Elisabeth lo guarda in modo diverso, più intenso, come se adesso fosse davvero convinta che Dean possa aiutarla. È qualcosa di nuovo, una piccola scintilla nel suo sguardo, e magari non vuol dire niente, ma Sam lo crede un buon inizio o perlomeno spera che sia così, sia per lei che per Dean che sembra tenerci ogni giorno di più.
 
Appoggia il giornale sul tavolo e si guarda intorno: sono i primi di giugno, l’aria fuori è già piuttosto calda e il sole filtra dalle ampie vetrate del diner, riscaldando le loro figure. Il locale è ben arredato e ordinato: i tavoli sono marroni e le poltroncine rosse sono in tinta con tutto il resto, soprattutto con le mattonelle quadrate del pavimento che, essendo una bianca e una rossa alternate, creano una specie di grossa scacchiera.
 
La cameriera – castana e sorridente, di bell’aspetto, i capelli raccolti per metà con una pinzetta colorata – che porta le loro ordinazioni attira la sua attenzione, facendo in modo che distolga lo sguardo dal resto della stanza.
Sam la guarda appoggiare i rispettivi piatti di fronte a loro – uno con un paio di pancake alle fragole per Elisabeth, la brioche per lui e i due piatti di Dean, uno pieno di bacon e uova strapazzate e l’altro di quattro o cinque pancake – e tornare dietro il bancone continuando a sorridere.
 
Scosta il giornale un altro po’, intento a portare il suo piatto più vicino a lui, e addenta la sua brioche. Non ha tanta fame, non mangerebbe neanche quella a dir la verità, ma è sempre meglio riempire lo stomaco di prima mattina.
 
Alza gli occhi un attimo e si ferma a osservare Elisabeth che, mentre mastica piano un piccolo pezzetto dei suoi pancake – che sono molto invitanti, tra l’altro, con quella bella fragola sporca di sciroppo e panna che capeggia sopra la pila di frittelle –, scruta con una certa curiosità il piatto di Dean, quello pieno di pancake che suo fratello ha già assaggiato prima di tuffare la forchetta tra le sue uova strapazzate accompagnate da belle strisce di bacon fumante. Dopo un po’ Dean deve accorgersi del suo sguardo curioso, perché alza la testa e la guarda. «Vuoi assaggiare?» le sorride appena «Li ho presi con lo sciroppo ai mirtilli».
Elisabeth sembra rifletterci un istante prima di annuire; prende la sua forchetta e ne taglia un piccolo pezzetto, per poi infilzarlo e portarlo alla bocca.
 
Finisce di masticare prima di dire qualcosa. «Buoni. Ci sta bene questo sciroppo».
Dean annuisce, mandando giù un pezzo di bacon. «Non sono male, ma mi piacciono di più i tuoi».
 
Il sorriso sul viso di Elisabeth che segue quell’affermazione non è solare e spensierato, è un po’ spento, triste. Dean non sembra badarci, però, e continua a mangiare come se niente fosse.
 
Fa così ogni volta che le fa una battuta o un complimento e lei non risponde come lui vorrebbe – perché Sam conosce bene suo fratello e non ha dubbi sul fatto che ricevere almeno un sorriso più convinto gli farebbe piacere. Quello che Sam non sa è se fa finta di nulla o gli sta bene veramente, ma sembra essersi abbastanza abituato alla freddezza di Elisabeth, al modo apatico in cui lei gli risponde certe volte. Forse ha finalmente capito che solo con la pazienza potrà arrivare a raggiungere un equilibrio con lei. Per questo Sam si può ritenere abbastanza orgoglioso del suo attuale atteggiamento.
 
Con Sam, invece, Elisabeth è sempre la stessa e la cosa lo rallegra, soprattutto alla luce di quello che è successo ultimamente.
 
Sospira al pensiero, mandando i capelli all’indietro con la mano sinistra mentre con l’altra porta nuovamente la brioche alla bocca per poi masticare il boccone quasi controvoglia.
 
Le ultime settimane per lui non sono state affatto semplici. Ha avuto un’altra visione, un incubo tipo quello in cui vedeva morire Jessica o quando ha visto che c’era qualcosa di strano a Lawrence; in questa vedeva un uomo morire nella sua auto, uno che apparentemente non c’entrava nulla né con Lawrence né con Jessica e tantomeno con lui.
 
Nonostante la diffidenza iniziale di Dean, si sono comunque precipitati a Saginaw, nel Michigan, per scoprire se era vero ciò che Sam aveva sognato ed effettivamente era successo tutto proprio come nel suo incubo, anche se loro sono arrivati a cose già fatte. Sono rimasti qualche giorno ad indagare, perché quello di Jim Miller sembrava un suicidio ma Sam era fermamente convinto che ci fosse sotto tutt’altro. Era una sensazione strana, ma non poteva farci nulla, se lo sentiva e basta.
 
All’incubo sulla morte di quell’uomo sono seguite un paio di allucinazioni – riguardanti altri due omicidi di componenti della famiglia Miller –, qualcosa che ha spaventato Sam a morte perché non capiva – e non lo fa tutt’ora – che diavolo gli stava succedendo e perché sognava e vedeva capitare delle cose che non riguardavano affatto la sua famiglia.
 
Pian piano, però, sono arrivati alla verità: il vero legame tra Sam e il caso era il figlio della prima vittima, Max Miller. Il ragazzo aveva dei poteri paranormali simili ai suoi, solo che lui riusciva a muovere gli oggetti con il pensiero. Era stato lui, dopo aver subito degli abusi da parte del padre e dello zio, entrambe vittime, a volersi vendicare e ad ucciderli, facendoli passare per dei suicidi.
 
A nulla è valso il tentativo di Sam di parlare con lui e provare a spiegargli le loro affinità: Max si è sparato un colpo in testa sotto gli occhi di tutti loro, compresa la sua matrigna che aveva già tentato di far fuori, credendola complice in qualche modo degli abusi dei due uomini.
 
Prima che morisse, però, Max Miller ha confessato che le sue capacità sono affiorate nello stesso periodo in cui sono emerse quelle di Sam e che anche la sua madre naturale è morta bruciata sul soffitto della sua cameretta quando lui aveva sei mesi, proprio come la mamma. Sam non riesce a capire ancora bene, ma crede che ci sia un legame più profondo tra di loro e che questo riguardi la cosa – che papà ha scoperto essere un demone [1] – che ha ucciso lei e Jessica. Ha questa forte sensazione.
 
È arrivato anche a un’altra conclusione: che lui e Dean sono stati fortunati con papà, molto. Sarebbero potuti finire come Max, carichi di odio nei confronti dei suoi cari per il male che gli avevano fatto, e Sam ha realizzato che, nonostante John certe volte sia stato tutto meno che un genitore modello, poteva andargli decisamente peggio.
 
Dean, comunque, tutta questa storia sembra averla presa bene. Pareva più preoccupato quando ha scoperto che gli incubi di Sam si avveravano. Le allucinazioni… mah, non sembra essere in ansia per quelle. O per le due cose insieme e neanche per il fatto che, dopo aver visto Dean morire in un’allucinazione, Sam sia riuscito a spostare un armadio che lo teneva prigioniero con la sola forza del pensiero, proprio come faceva Max. Neanche quello sembra averlo sconvolto tanto, o comunque non come si aspettava Sam, ma probabilmente è solo una facciata, perché di solito Dean cerca di sdrammatizzare sempre quando qualcosa di grosso lo impensierisce.
 
Gli ha detto che “finché lo avrà intorno non potrà capitargli niente di male” [2] e Sam crede fermamente nella sua buona fede, nella tenacia che ha nel volerlo salvare da ogni pericolo, ma la verità è che Dean non è un supereroe e che forse questa storia è più grande di lui, di tutti loro, anche di papà che Sam non vede decisamente l’ora di trovare, a maggior ragione dopo tutte le stramberie che gli accadono.
 
Anche Elisabeth non sembra essere scossa da tutta questa storia. Sam è certo che non ne sapesse nulla, perché la sua faccia era davvero sincera quando gli ha chiesto con vera apprensione nella voce che cosa gli stava capitando. Ricorda di aver guardato Dean che teneva gli occhi incollati sulla strada, proprio durante il tragitto verso Saginaw, e di aver puntato i suoi su di lei per raccontarle quello che era capitato durante la sua assenza. A quanto pare, Elisabeth era a conoscenza solo del fatto che lui e Dean erano dovuti andare a Lawrence per risolvere una faccenda soprannaturale che riguardava la loro vecchia casa, quella dove la mamma è bruciata [3], ma nient’altro. E non l’ha guardato in nessun modo strano quando le ha detto delle sue capacità paranormali. Sembrava solo… preoccupata per lui, niente di più.
 
Non ha idea del perché Dean glielo abbia nascosto, visto che, da quello che ha capito, si sono sentiti moltissimo nei mesi che hanno vissuto separati, quelli in cui Sam era con suo fratello ma era totalmente all’oscuro dell’esistenza di Elisabeth, ma a lei non sembra essere dispiaciuto molto. O forse non ha imparato ancora a decifrare bene le sue emozioni dal suo viso; in fondo, la conosce ancora poco.
 
Sam non sa come sentirsi a riguardo di tutta questa faccenda. Anche perché queste premonizioni vanno e vengono, spariscono completamente dopo essersi manifestate in modo tanto intenso, quindi non ha idea di come fare per poterci capire qualcosa e forse l’unica soluzione è aspettare un po’ e vedere cosa succede. Non ha molte alternative.
 
*
 
Le sue giornate, spesso, sono molto lente da quando è tornato a fare il cacciatore. A Stanford in qualche modo riusciva sempre a trovare una maniera per occupare il tempo, mentre adesso è un po’ più complicato.
 
Dopo aver fatto colazione, Sam, Dean ed Elisabeth sono tornati alle stanze di motel che hanno preso a Toluca, la piccola cittadina dell’Illinois dove alloggiano in questi giorni di calma. Elisabeth ne ha una per conto suo, come sempre da che Sam la conosce, e lui e suo fratello ne spartiscono una, anche se Dean non ci passa poi così tanto tempo.
 
Sam è disteso sul suo letto, cercando di pensare a qualcosa da fare per tenere il cervello occupato. La doccia di un quarto d’ora fa lo ha solo annebbiato di più, visto che per tutto il tempo non è riuscito a far altro che riflettere su tutta questa storia delle visioni e tutte le merdate paranormali che gli stanno piovendo addosso, così sta meditando sul da farsi, tentando di auto dissuadersi dall’idea di andare a dormire.
 
È ormai sera e Dean sta pulendo le pistole seduto sul letto accanto al suo; anche lui sta per lo più in silenzio, ma ogni tanto dice qualcosa, cercando di intavolare una qualche conversazione che però Sam non vuole continuare. Lo osserva silenzioso, notando quant’è concentrato mentre con quel panno praticamente grigio a causa dello sporco che c’era dentro le canne delle armi che ha lucidato in precedenza pulisce tutta la superficie degli strumenti che lo aiutano a uccidere i cattivi, e Sam riflette per l’ennesima volta su quanto fosse diversa la sua vita fino a qualche mese fa, quando il suo problema più grande era quello di passare un esame tosto all’università o cercare un modo carino per fare pace quando litigava con Jessica, anche se accadeva raramente per fortuna.
 
Espira appena dal naso, pensando che ha voglia di un po’ più di compagnia e forse anche Dean. Si alza dal letto e guarda il fratello «Vado… vado a chiamare Elisabeth».
 
Dean lo guarda e annuisce, stringendo le spalle. Sam esce, dirigendosi verso la sua camera che è a poche porte dalla loro.
 
Di solito a quest’ora, in serate così tranquille, se non ha nient’altro da fare Sam si mette a sfogliare il diario di papà, per imparare qualcosa di più sui mostri che ha cacciato o sulla sua vita passata, perché ha annotato un sacco di cose in quei fogli di carta e, tra una pagina e l’altra, compaiono anche delle note che lo riguardano più da vicino. Sono rare, ma molto interessanti. In fondo, trattandosi di un uomo così strano come John Winchester, c’è sempre qualcosa di nuovo da sapere.
 
Oggi, però, ha voglia di una compagnia in carne ed ossa e poi è sicuro che anche Dean ne sarà contento. Fa per avvicinarsi di più alla porta della stanza di Elisabeth per bussare quando questa si apre. Lei – i capelli legati in una treccia che tiene da un lato, un paio di jeans scoloriti e una maglietta in tinta unita celeste a maniche corte addosso – rimane sulla soglia, gli occhi visibilmente sorpresi, e gli sorride.
Sam si gratta la nuca e tira le labbra in una linea sottile; per qualche strano motivo si sente come colto sul fatto. «Ti stavo per bussare».
«Ed io stavo venendo da voi. E… cercavo proprio te».
 
Sam la guarda un po’ perplesso e lei si sposta per farlo passare, allungando una mano verso l’interno. Sam entra nella stanza, rendendosi immediatamente conto dell’ordine che vi regna. Da quello che ha capito in queste settimane, Elisabeth è una persona precisa, che ci tiene a mettere tutto a posto. Non sa come abbia fatto a dividere in precedenza il suo spazio vitale con Dean, che già è tanto se piega i pantaloni sulla sedia prima di andare a dormire. Di solito li lancia sul primo posto vuoto, un po’ come gli asciugamani una volta uscito dalla doccia.
 
Per il resto, la stanza è praticamente uguale a quella che hanno loro: il letto appiccicato alla parete destra – anche se loro ne hanno due –, l’armadio di fronte, la porta del bagno sulla sinistra e il tavolo addossato all’angolo sinistro della parete, accanto alla finestra. L’unica differenza vistosa è il colore della carta da parati: verde marcio il loro, celestino quello della stanza di Elisabeth che chiude la porta e gli si avvicina, allungando un braccio nella sua direzione. Nella mano stringe un libro che Sam afferra con un po’ di titubanza, quasi fosse qualcosa di pericoloso.
 
Lo rigira tra le dita e ne osserva la copertina, capendo senza leggerne il titolo di che libro si tratta: l’illustrazione mostra un albero con una chioma verdissima da cui spunta tra le fronde un grosso gatto sorridente ed una bambina voltata verso di lui, i capelli biondi ed un vestitino bianco e celeste, calze bianche e scarpette nere. [4]
 
Sam sorride e aggrotta un po’ la fronte tornando a guardare Elisabeth. «“Alice nel Paese delle Meraviglie”?»
Lei stringe le spalle. «Volevo dartelo da un po’, ma non riuscivo a trovarlo. Pensavo di averlo lasciato da Bobby o, peggio, in qualche motel chissà dove» butta un occhio sulla copertina «Non so se l’hai mai letto, ma… a me ha insegnato che la normalità è un concetto relativo e che tutti siamo un po’ matti, in fondo».
Sam la guarda e forse comprende un pochino ciò che lei sta cercando di dirgli, ma non completamente. Dean gli ha sempre detto che è strana, ma solo parlandoci Sam sta constatando che, a volte, gli ci vuole proprio un po’ per capire a cosa allude quando parla. Anche se poi i suoi ragionamenti sono sempre piuttosto illuminanti, per certi versi. «Beh, avevo… avevo chiesto a Dean di farmi vedere il cartone quando eravamo piccoli, anche se a lui non era piaciuto un granché».
 
Elisabeth sorride. «Lo so. Una volta mi ha guardata strano quando mi ha visto leggere questo libro, ma… beh, lui mi guarda sempre in quel modo quando leggo qualcosa. Dice che mi piacciono solo le cose strampalate».
 
Sam piega le labbra in un sorriso più convinto, guardandola negli occhi. Devono essere davvero poche le cose che lei non ha condiviso con suo fratello e viceversa.
 
Elisabeth si porta una mano dietro il collo, massaggiandolo piano. «Quindi… non so come ti era sembrato il cartone, ma a me il libro piace tanto. C’è tanta logica, molto più di quanto possa sembrare».
Sam annuisce, rigirando il piccolo volume tra le dita. «Sì, ma… non capisco cosa c’entra con me».
Lei tira le labbra in una linea sottile e lo guarda negli occhi «Perché credo che… che dopo la storia di Max Miller tu abbia bisogno di qualcosa che non ti faccia sentire un pazzo». Continua a guardarlo e gli sorride in modo più deciso. «Non ti conosco ancora molto bene, ma… non so, a volte ho l’impressione che tu non ti senta adeguato».
 
Sam la guarda sbattendo le palpebre un paio di volte. E credeva di essere lui quello che capiva le persone… come cavolo ha fatto lei a mettere alla luce così bene il suo disagio?
 
La guarda leccarsi le labbra «Non… non voglio sembrarti invadente o impicciarmi, io—»
Sam prende un respiro prima di replicare. «No, lo capisco, solo… solo non so cosa dire».
Lei sorride appena «Non devi dire niente, infatti. Devi prenderlo e dirmi se ti piace quando l’hai letto, tutto qui».
Continua a sorridergli e Sam annuisce, abbassando lo sguardo per un attimo. «Grazie». Elisabeth stringe le spalle e Sam decide di essere sincero, di condividere almeno un po’ dei pensieri che gli ronzano in testa. «Sai, io… dal primo momento ho avuto l’impressione che tu sapessi un sacco di cose su di me. Pensavo che Dean ti avesse detto anche questo».
 
Elisabeth scuote la testa, decisa. «È vero, Dean mi ha parlato molto di te, ma questo è più intimo, è una… cosa di famiglia. Giusto?» Sam la guarda e annuisce, comprendendo quello che lei vuole dirgli. «Ma tranquillo, a me non importa nulla. Qualsiasi cosa ti sta succedendo, tu e tuo fratello riuscirete a uscirne, ne sono sicura».
 
Sam stringe le spalle, quasi a dirle speriamo sia davvero così, e rigira ancora una volta quel libro tra le dita.
A guardarla adesso, Elisabeth sembra di buon umore, un po’ diversa da com’è stata anche negli ultimi giorni. O forse è solo qualcosa di momentaneo, ma quello che è davvero sorprendente è che parla di Dean. Sam ha notato che prima non lo faceva mai, mentre adesso ogni tanto lo fa quando lui non c’è. Di certo è una di quelle cose che gli farebbe piacere sapere.
 
Si gratta ancora dietro la nuca, cercando di sciogliere il silenzio che è calato tra di loro «Vuoi venire di là a farci compagnia? Dean è ancora sveglio» ma lei scuote la testa, decisa «No, grazie. Voglio farmi una doccia e poi mi sa che vado a dormire».
Sam annuisce e tira le labbra in una linea sottile, per poi dirigersi verso la porta. La apre e la tiene con una mano, guardando Elisabeth ancora una volta. «Allora… allora ancora grazie. A buon rendere». Lei gli sorride facendo cenno di sì con la testa. «Buonanotte, Elisabeth».
«Buonanotte» Sam fa per uscire, voltando la testa verso l’esterno «E… Sam?» si gira di nuovo, restando in attesa. «Ci tieni tanto a chiamarmi Elisabeth?»
Lui dapprima la guarda senza capire a cosa allude, poi sorride impacciato «No, affatto» sorride ancora, passandosi una mano tra i capelli e spostandoli dalla fronte. «Allora… buonanotte, Ellie».
Lei ricambia immediatamente il suo sorriso «Così va meglio».
 
*
 
In tutti i viaggi che ha fatto, Dean ha imparato che le stanze di motel non sono tutte uguali, per quanto talvolta lo sembrino. Alcune, ad esempio, sono talmente malandate da non avere neanche delle tende, mentre questa ne ha: sono bianche e piuttosto fine, consumate dal tempo e probabilmente dalla poca manutenzione e pulizia di questo posto.
 
Dean le osserva svolazzare piano, muoversi verso di lui senza riuscire a prenderlo. Fa caldo stanotte, così si è alzato poco fa per aprire un pochino la finestra e, da che l’ha fatto, si è incantato a osservare la danza di quella stoffa leggera che si muove seguendo il ritmo del vento.
 
Stira un po’ le gambe perché indolenzite sotto le coperte e si muove verso sinistra, sdraiandosi di lato e cercando di fare meno rumore possibile per non disturbare chi gli dorme accanto.
 
È notte fonda, ormai, e Dean sospira appena; si è svegliato perché aveva caldo, ma adesso, non sa come mai, non riesce a richiudere gli occhi e si ritrova un’altra volta così, come in chissà quante notti da un paio di settimane a questa parte, a osservare con attenzione l’esile schiena di Ellie che è lì, a qualche centimetro da lui, addormentata e apparentemente serena.
 
Sì, perché da quando hanno chiarito Dean non se l’è mai sentita di lasciarla da sola e si ferma a dormire da lei ogni volta che riescono a chiudere gli occhi. Ellie non glielo ha mai chiesto, ma non se n’è mai lamentata né ha mai mostrato di essere infastidita da questa cosa, perciò Dean continua a intrufolarsi nella sua stanza e lo fa praticamente ogni notte.
 
Non che non provi a dormire nella sua stanza insieme a Sam. Lo fa, tenta di addormentarsi ma poi si ritrova a rigirarsi nel letto e a pensare ad Ellie e non gli piace l’idea di essere così vicini – separati solo da un paio di porte – e non poterle stare accanto come vorrebbe così si alza, si riveste e sgattaiola via, cercando di fare il minor rumore possibile per non svegliare Sammy.
Oltretutto, di certo non ha la chiave di riserva per entrare nella stanza di Ellie, perciò si arma di “strumenti del mestiere” – forcine e affini, quelli che usa per scassinare le porte in caso di bisogno – e si intrufola lì dentro, sperando che Ellie dorma o che, se non lo fa, almeno non lo rimproveri.
 
In realtà, non gli ha mai detto nulla. È sicuro che almeno una volta – ma sicuramente anche più di una – lei si sia accorta di questa sua intrusione nella sua camera e soprattutto nel suo letto, che facesse solo finta di dormire, ma non gli ha mai detto niente. Nemmeno la mattina seguente.
 
Sono rare le volte in cui si fa trovare il giorno dopo. Non tanto nel letto, ma proprio nella sua stanza. Dean, ogni volta, si rannicchia tra le coperte per non svegliarla, cercando di non fare il minimo rumore, e rimane vigile a fissarla per minuti interi prima di addormentarsi, ma la mattina lei non c’è mai al suo fianco: o esce dal bagno dopo essersi fatta una doccia rigorosamente vestita e asciutta, senza neanche una gocciolina tra i capelli o se n’è già andata e torna poco dopo con la colazione o con Sam. A volte Dean ha l’impressione che necessiti della sua presenza per sentirsi a suo agio con lui, ma crede di poterlo sopportare. Almeno ora gli parla.
 
A volte si sente un intruso a infilarsi nel suo letto senza che lei gli abbia dato un esplicito permesso, ma gli sembra uno dei pochi modi che ha per dimostrarle quanto vuole aiutarla, perciò vivrà volentieri con i sensi di colpa. Ha fatto di peggio nella vita.

Stringe le braccia al petto, gli occhi ancora spalancati che proprio non ne vogliono sapere di chiudersi, rimanendo dalla sua parte e tentando di non accostarsi troppo ad Ellie.
Cerca sempre di non toccarla quando condividono lo stesso letto, neanche sfiorarla. Non perché non voglia farlo, anzi, ma preferisce farle sentire che c’è piuttosto che farle pensare che voglia in qualche modo forzarla. Le sue intenzioni sono ben altre.
 
Le ultime che hanno passato insieme sono state settimane difficili. Già le cose tra di loro – nonostante sembrino andare comunque meglio di com’erano prima di litigare in quel modo – non sono rose e fiori, poi ci si è messo in mezzo tutto il casino di Sam a cui Dean cerca di non pensare troppo per non uscire di testa. Ovviamente senza risultato, perché quando la notte non riesce a chiudere occhio i suoi pensieri sono sempre lì, a quello che potrebbe accadere a Sammy.
 
Era con Ellie la notte in cui suo fratello ha sognato la morte di Jim Miller. È venuto a chiamarlo di corsa – ancora ricorda i suoi occhi fuori dalle orbite, tremendamente spaventati e confusi – per dirgli che dovevano partire e Dean l’ha fatto, l’ha assecondato per quanto credesse che fosse una follia perché non gli sembrava possibile che suo fratello avesse incubi su una persona che non aveva neanche mai visto. Passi Jessica, che era la sua ragazza, ma quella volta non aveva senso. Poi hanno cominciato a indagare e la cosa si è fatta più pesante perché esisteva una sorta di legame tra Sammy e quel ragazzo, qualcosa che ha a che fare col demone che ha ucciso la mamma.
 
Dean fa finta di niente, che sia tutto a posto e che Sam non debba avere nulla di cui preoccuparsi, ma non è affatto tranquillo. Questa cosa si sta facendo seria e, per quanto al momento Sam sembri aver smesso di avere incubi di quella natura, non sa se o quando questa cosa si ripresenterà – ovviamente Dean spera di no, ma mai dire mai – e, in tal caso, non è certo di sapere come affrontarla.
 
Ha anche pensato di chiamare papà, ma non ha mai risposto a nessuno dei messaggi che gli ha lasciato in segreteria da che è sparito, anche quelli seri – tipo quando erano a Lawrence e avevano bisogno di aiuto o quando Sam l’ha chiamato per dirgli che il suo figlio maggiore stava per crepare in un insulso letto d’ospedale [5] – quindi non gli pare affatto il caso.
 
Si è ripromesso di non farle pressioni, ma vorrebbe tanto che Ellie la piantasse di prendere una stanza per conto suo così Dean potrebbe stare accanto a entrambi, ma lei non sembra volerne sapere e Sam gli ha detto di non farsi problemi, che se vuole stare con lei deve farlo perché lui sa badare a se stesso. Dean non è molto convinto, ma la mattina, quando gli fa il terzo grado e gli chiede se sta bene veramente, Sam è sincero e Dean lo capisce quando mente perché lo conosce come le sue tasche, perciò è davvero sicuro che non sia questo il caso.
 
Si sono uniti parecchio negli ultimi tempi e Dean non crede che sia solo perché è riuscito a spostare un armadio con la forza del pensiero per salvarlo. Forse è perché, nonostante tutti i casini e quel grosso litigio che hanno avuto un paio di settimane fa, adesso Dean è un po’ più sereno. È sempre preoccupato per un casino di cose, sì, ma l’idea che Ellie gli stia almeno concedendo di starle accanto lo rende un po’ meno agitato. O forse sono altri i fattori, non lo sa, ma anche Sam sembra un po’ meno nevrotico nonostante continui ad avere una grossa smania sul fronte “papà”. Lo capisce, altroché, ma vorrebbe fargli comprendere che John Winchester non si farà trovare finché non ne sentirà il bisogno per qualcosa. Dean sa che è così, lo conosce troppo bene.
 
Il fruscio della maglietta di Ellie che si muove velocemente sotto le lenzuola lo desta da quei pensieri.
Punta nuovamente gli occhi su di lei; gli è capitato più di una volta di svegliarsi e trovarla in preda agli incubi – a quanto pare è circondato da persone che ne hanno, ultimamente. Se ne accorge da quanto trema, dal modo in cui muove le gambe sotto le lenzuola o da come si rannicchia, portandole al petto e cercando di stringersi in se stessa il più possibile.
Di solito si limita a tirarle più su le coperte, aspettando silenziosamente che le passi, ma stanotte gli sembra più grave del solito, un incubo più spaventoso a giudicare da quanto la sua schiena sta tremando. La osserva ancora mentre si muove nervosamente, i brividi che le scuotono ogni parte del corpo mentre sbiascica parole che Dean inizialmente non capisce, mormorii e cose praticamente balbettate finché non riesce a comprenderne una, scandita meglio delle altre: papà. E il modo in cui la pronuncia – la voce tremante e spaventata – è tale da mettere i brividi a Dean che non ce la fa più a sentirla agitarsi così e di slancio si allunga verso di lei, le braccia a stringere il suo corpo scosso dal tremore e la abbraccia così forte da svegliarla.
 
Ellie apre gli occhi di scatto, respirando forte e Dean le sposta i capelli dal viso, stringendola ancora; oltre a scoprire che le sue guance sono umide, scorge piccole lacrime ad imperlarle le ciglia. Ellie si affretta a portare le mani sul viso per poi passarle su entrambe le guance, cercando di cancellare ogni traccia di pianto.
 
Dean ha notato che non le piace farsi vedere così. Certo, le volte in cui l’ha vista crollare si contano sulle dita di una mano, ma tende sempre a nascondersi e lui non ha di certo intenzione di costringerla a mostrare le sue debolezze se non vuole farlo.
 
Rimane in silenzio mentre Dean la stringe forte e la guarda; lei sembra non riuscire a smettere di tremare.
 
«Era solo un brutto sogno, calmati» Ellie annuisce a quelle parole, ma sembra non riuscire a farlo e Dean cerca di far aderire ogni parte del suo corpo con quello di lei, facendosi più vicino – il petto contro la sua schiena tesa, le braccia che le circondano il busto e le mani a cercare le sue – e provando a darle più calore possibile, come se dovesse tenerne insieme i pezzi, come se si stesse disintegrando. La tiene stretta a sé e lei sembra cominciare a calmarsi dopo un po’, nonostante tremi ancora. «Sta tranquilla, sei con me. Sei al sicuro».
 
Ellie tira su col naso e rimane ancora immobile, gli occhi spalancati. Non stringe Dean a sua volta; muove le sue mani solo per asciugarsi nuovamente le guance e gli occhi, ma non fa assolutamente niente per ricambiare l’affetto che Dean le sta mostrando.
 
Alza il viso per avvicinarsi un poco, ma Ellie non glielo permette e si fa più distante, scostando il braccio che la tiene stretta a lui e muovendosi verso il bordo del materasso per poi spostare le coperte e mettersi seduta. Afferra la bottiglia d’acqua – che fortunatamente ha rimpiazzato la vodka; non che Dean si scandalizzi per certe cose, ma non vuole che Ellie prenda i suoi stessi vizi – che tiene sopra il comodino con un gesto quasi rabbioso e la stappa per poi berne un lungo sorso – il collo piegato all’indietro e i capelli che le scendono un po’ di più lungo la schiena ricoperta dalla lunga maglietta blu con su disegnato un panda sonnacchioso, una di quelle con cui dorme di solito.
 
Dean la osserva senza dire nulla, preoccupato, chiedendosi ancora una volta quanto dev’essere stato terribile quello che è successo a Jim per ridurla così. Ellie appoggia nuovamente la bottiglia sul comodino – la plastica che si scontra con il legno che emette un piccolo tonfo e taglia il silenzio calato nella stanza buia – e abbassa la testa, stringendo con entrambe le mani il bordo del materasso, la schiena curva. La raddrizza un po’ prima di parlare. «È successo altre volte?» la sua voce è poco più alta di un sussurro.
Dean si muove leggermente, poggiando un gomito sul materasso per tirare su la schiena. «Cosa?»
Ellie gira appena la testa verso di lui, abbastanza da poterlo guardare con la coda dell’occhio. «Che ti sei accorto dei miei incubi». Dean annuisce. «Lo immaginavo». Sospira, voltando di nuovo il capo per poi passarsi una mano sugli occhi stanchi e sicuramente ancora lucidi. «Non sei obbligato a restare. Sto già meglio, perciò… »
«Io non mi muovo da qui».
Ellie sbuffa appena, incrociando le gambe. «Invece dovresti, perché io non posso darti ciò che cerchi».
 
Quelle parole sono come lame nel petto di Dean, dure e fredde come il ghiaccio, perché per una volta vuole solo aiutare, vuole dividere un letto con qualcuna senza pretendere nulla in cambio. Ha capito che questo è il suo modo di ferirlo, che Ellie pensa che così riuscirà ad allontanarlo e a restare da sola, ma Dean ha compreso il gioco quindi non si muove e resta, perché fuggire vorrebbe dire dargliela vinta. Si è ripromesso che non l’avrebbe più lasciata da sola, ed è quello che vuole fare nonostante lei continui a fare così, a volergli sfuggire quando il problema si accentua.
 
Si gira e si tira un po’ su, appoggiando la schiena alla testiera del letto, le mani appoggiate sul risvolto delle lenzuola e gli occhi addosso a Ellie che volta ancora il capo dopo una manciata di istanti, lo sguardo mortificato. «Scusa, non volevo dire che—»
«È tutto ok».
 
Ellie si muove ancora, piegando una gamba sul letto e voltando anche il busto verso Dean. Espira aria dal naso «No, mi dispiace. A volte parlo senza riflettere» si morde il labbro inferiore e fissa Dean che non risponde perché ha come l’impressione che lei voglia dirgli qualcos’altro. Disegna dei piccoli cerchi sul copriletto, apparentemente concentrata, con la testa bassa che poi alza ancora, in cerca degli occhi di Dean. «Ti chiedo scusa».
Lui fa spallucce, continuando a osservarla mentre lei si inginocchia sul materasso, gli occhi nuovamente bassi, come se fosse tremendamente dispiaciuta. «Senti, io… io non voglio sembrare quello che vuole sapere per forza come sono andate le cose, però… sei sicura di non volermi dire niente? O se pensi che io non possa capirti, prova a parlare con Sam. La sua ragazza è morta bruciata su un soffitto, magari può comprendere meglio di me come ti senti». L’ultima cosa di certo non lo farebbe sentire benissimo, perché sarebbe un po’ come preferire suo fratello a lui che ha condiviso così tanto con lei, ma è per il suo bene perciò lo accetterebbe, perché Dean crede davvero che dovrebbe parlare con qualcuno di tutta questa storia.
Il problema non si pone, però, perché lei scuote la testa decisa. «Non è una questione di comprensione. Con tutto il rispetto per tuo fratello e per il suo dolore, non me la sento».
«Ma rischi di impazzire così».
Ellie fa nuovamente segno di no con la testa. «Starò meglio solo quando avrò fatto fuori chi me lo ha portato via».
 
Dean abbassa gli occhi e annuisce, tentando di reprimere la sensazione che sente al solo pensiero che una come Ellie – una ragazza comprensiva e dolce, generosa e sempre sorridente – si sia ridotta in questo modo, a parlare così. Sa che sono rabbia e dolore a muovere la sua lingua, ma gli sembra comunque insolito e gli dispiace così tanto che debba provare una sofferenza tanto grande che non sa cosa darebbe per alleviare. Oltretutto, gli sembra di non fare abbastanza, perché nonostante lui abbia cambiato atteggiamento e le stia più vicino, lei continua a trincerarsi dietro silenzi e a uno scudo che ha costruito e che non sembra voler abbandonare.
 
Alza la testa solo quando avverte Ellie muoversi; la osserva con attenzione mentre lei gli si avvicina lentamente strisciando le gambe sul copriletto e restando in ginocchio. Si ferma solo quando è a qualche centimetro, gli occhi fissi sulle mani di Dean su cui poi appoggia le sue, fredde e ancora un po’ tremanti. Dean è sorpreso da questa sua nuova vicinanza, ma non fa niente per scostarla. Rimane immobile a osservarla, in silenzio.
«C’è una cosa che non capisco» alza la testa e lo guarda dritto negli occhi «Mi… mi chiedo perché rimani, perché non mi hai cacciata via. Io… io sono stanca e non voglio più stare male, ma quando chiudo gli occhi ricomincia tutto da capo e tu sei qui ogni volta anche se non me lo merito. Ti ho trattato male, ti ho urlato cose che ti hanno ferito e anche adesso ti ho risposto male e tu sei ancora qui. Non… non riesco a capire il perché».
 
Gli occhi le si fanno nuovamente un po’ lucidi – la voce quasi spezzata e profondamente triste – e Dean stringe a sua volta le sue mani, cercando le parole perché davvero non sa come replicare a quest’ammissione di colpe. È vero, Ellie ultimamente non è stata proprio gentile con lui, ma non per questo non merita aiuto ora che ne ha così bisogno.
Deglutisce e stringe le sue mani appena più forte, carezzando la sua pelle chiara con il pollice «È perché voglio aiutarti… starti vicino. Anche se ogni tanto mi sembra che tu non mi voglia neanche al tuo fianco».
Ellie lo fissa, mortificata «Non è così».
«Tu dici? Perché a me pare che a volte tu non voglia neanche lasciarti toccare» cerca di non essere brusco nel dirle queste cose, ma crede che se c’è un problema da affrontare è bene che lo facciano, altrimenti non riusciranno mai a ritrovare un equilibrio.
Ellie si morde il labbro inferiore e abbassa lo sguardo, la schiena curva. «È che ho… ho paura che tu desideri qualcosa che per adesso non… non posso darti» stringe le labbra per un lungo istante «Perché io… io vedo come mi guardi. So cosa vuoi».

In un altro momento, Dean avrebbe fatto di tutto pur di negare questa cosa. Avrebbe esibito il suo sorriso paraculo migliore e le avrebbe detto che si sta sbagliando e anche di grosso. Ma, arrivati a questo punto, perché negare l’evidenza? Perché fingere che non vuole di più, che gli basta andare a letto con lei una volta all’anno e poi vivere mesi separati da chissà quale catastrofe? Non serve a niente. Anche perché sa benissimo che, se mille incomprensioni e urgenze inderogabili non ci avessero messo lo zampino, avrebbe voluto stare con lei fin da subito, da quella maledetta mattina in cui non l’ha trovata al suo fianco dopo averci passato la notte insieme, a casa di Bobby. Riflette ancora un istante su questa cosa e… davvero, chi vuole prendere in giro? Lo voleva anche da prima. Era solo troppo testardo e convinto che lasciarsi andare fosse una colossale cazzata per ammetterlo.

Ringrazia il cielo che siano praticamente al buio perché si sente arrossire e almeno questo gli va di tenerlo per sé. La sua bocca si piega in un sorriso stanco «Perché, tu non vorresti lo stesso?» sente gli occhi di Ellie addosso ed è bello e terribilmente rassicurante vederla annuire in risposta.
Il suo sguardo è un po’ confuso. «È che ora… ora sento tutto in modo diverso e forse non hai voglia di aspettarmi ancora. L’hai fatto per mesi».
 
Dean sa che si riferisce al periodo che hanno trascorso lontani prima che Jim morisse. «Quando mi stancherò sarai la prima a saperlo» le sorride ancora; stavolta il suo intento è solo quello di sdrammatizzare un po’ ed Ellie sembra comprenderlo perché piega appena le labbra in una smorfia simile a un sorriso. Poi Dean si fa appena più serio, allungando una mano verso il suo viso per farle una carezza e la paura fottuta che sente all’idea che possa scansarsi non riuscirebbe a descriverla neanche a parole, ma fortunatamente Ellie non lo fa e Dean ne approfitta per accarezzarla con più decisione. «Non comportarti come se fossi ancora da sola, perché non è così. Non sei più da sola».
 
Ellie annuisce, la testa di nuovo bassa e i capelli a coprirle il viso. Scosta un po’ le lenzuola e si infila nuovamente lì sotto; non lo guarda mentre lo fa, neanche quando gli si avvicina e lo stringe, circondandogli il busto con le braccia sottili e appoggiando la testa sul suo petto. Dean rimane un po’ perplesso da quel gesto, da quell’abbraccio così sentito, ma fa finta di nulla e la stringe a sua volta, posandole un bacio sulla fronte. Poi Ellie si volta verso il comodino, allungando un braccio per raggiungere il cassetto da cui estrae il suo iPod. Ne srotola le cuffiette e ne porge una a Dean per poi accoccolarsi di nuovo tra le sue braccia.
Cerca qualcosa muovendo le dita su quei pulsantini minuscoli «Magari così riesco a dormire».
 
Dean annuisce e sbircia lo schermo finché Ellie non sceglie una canzone di Eric Clapton che parla di andare avanti e di lacrime versate in Paradiso [6] e Dean non è proprio sicuro che uno come Jim meriti un posto del genere, ma non sa neanche se esiste o no quindi va bene così. Ellie può immaginare ciò che vuole per suo padre, qualsiasi cosa la faccia sentire serena.
 
Si accomoda meglio sul materasso e la tiene ancora stretta e rimane vigile finché non sente il suo respiro cambiare e addormentarsi e solo allora lascia che la stanchezza abbia la meglio anche su di lui.
 
Il mattino dopo, però, Ellie non è nel letto accanto a lui. È uno strano tonfo a svegliare Dean che stiracchia le gambe e le braccia, sbuffando appena quando si accorge della sua assenza. Non poteva aspettarsi niente di diverso, in effetti, ma la speranza è l’ultima a morire e credeva che almeno, dopo aver capito che scoparsela è l’ultima delle sue prerogative al momento, Ellie sarebbe rimasta.
 
Si stropiccia gli occhi con le dita e si mette a sedere per un secondo per poi alzarsi, intento ad indagare sulla natura del rumore che l’ha destato. È ancora molto assonnato, perciò si muove lentamente; intorno al letto non c’è nulla, così si avvicina alla porta del bagno che è socchiusa. Bussa, pensando che ci sia Ellie e, quando non trova risposta, la apre piano e quello che si trova di fronte lo fa spaventare: Ellie è seduta a terra, appoggiata alle mattonelle del bagno tra il water e il lavandino, vestita con un paio di jeans e una canottiera rossa, gambe e braccia rilassate e la testa ciondolante da un lato, priva di conoscenza.
 
Dean si getta su di lei, gli occhi spalancati dalla paura, e prova a darle dei colpetti sul viso e a chiamarla, ma Ellie non si muove, pallida in viso. Dean si alza di nuovo e si precipita verso il suo comodino, afferrando velocemente il telefono che vi aveva appoggiato sopra e componendo il numero di Sam che gli risponde dopo un paio di squilli.
«… perché mi telefoni? Stiamo a un paio di stanze di distanza».
Dal tono che ha, sembra che Sam stia sorridendo, ma Dean non ne è assolutamente in vena adesso «Non è il momento di fare lo spiritoso. Nella tasca laterale del mio borsone c’è una bottiglia di scotch, portamela qua subito».
Riattacca prima di sentire la risposta e va ad aprire la porta della stanza per permettere a suo fratello di entrare per poi tornare da Ellie.
 
Sam compare dopo neanche un minuto, gli occhi fuori dalle orbite per la preoccupazione quando vede quella scena.
«Che è successo?»
«Non lo so, l’ho trovata così» gli prende la bottiglia di mano e la stappa velocemente. La sposta un po’, facendo in modo che si sdrai sul pavimento freddo. «Alzale le gambe». Sammy obbedisce e si abbassa per prenderle su le gambe fasciate da un paio di jeans scoloriti come il fratello gli ha ordinato mentre lui le si inginocchia accanto, sollevandole la testa con una mano mentre con l’altra le mette la bottiglia sotto il naso.
 
L’odore di quel liquido forte penetra nelle narici di Ellie che ben presto apre gli occhi, sbattendo forte le palpebre tre o quattro volte e guardando entrambi con aria spaesata.
 
Dean appoggia la bottiglia per terra e la scruta con attenzione, preoccupato. «Come ti senti? Stai meglio?»
«S-sì, credo» fa per alzarsi su, ma Dean scuote la testa deciso, spingendole appena una spalla verso il basso per non permettersi di alzarsi. «Col cavolo che ti alzi. Aspetta un pochino». Lei lo guarda, gli occhi grandi, ma Dean non la fa parlare nuovamente «Che è successo?»
Ellie sposta lo sguardo da lui a Sam che le appoggia le gambe nuovamente a terra e la guarda un po’ preoccupato. «Sono venuta in bagno e, dopo essermi lavata il viso, mi sono accorta che mi girava tutto e sentivo un gran calore qui» appoggia una mano sul davanti, tra il collo e il seno «Mi sono seduta per non cadere, ma non sono riuscita a rialzarmi».
«E ti è già successo altre volte?»
Ellie sbuffa appena «Perché mi fai sempre il terzo grado?» il suo tono non è arrabbiato, solo stanco.
«Perché non è stata una bella sensazione alzarmi dal letto e trovarti per terra!»
 
Ellie lo guarda e sembra un po’ mortificata, chissà per quale strano motivo. Dean si volta verso Sam «Hai già fatto colazione?» che scuote la testa. «Ok, allora ti dispiace… »
Sam lo interrompe prima di fargli finire la domanda. «Vado a prendere qualcosa da mangiare».
Dean tira le labbra in una linea sottile «Grazie fratellino. E… mi raccomando, prendi la cosa più grassa e calorica che esiste, una roba da diabete» sorride sghembo «Anche per te, naturalmente».
Sam rotea gli occhi prima di uscire dalla stanza, un gesto che fa allargare il sorriso divertito di Dean ancora di più.
 
Guarda nuovamente Ellie che se ne sta stesa per terra con le braccia incrociate al petto e un’espressione di finto disappunto dipinta sul volto; a vederla così, a Dean viene quasi da ridere. «Mi posso alzare adesso, papi
Dean la guarda male e sbuffa aria dal naso prima di alzarsi e riabbassarsi subito dopo verso Ellie per tenderle una mano che lei afferra per poi mettersi in piedi. Si avvicina al letto – i passi lenti e incerti – e Dean le cammina di fianco, gli occhi che non si staccano da lei che poi si siede, toglie le Converse rosse che aveva ai piedi e si stende. Chiude gli occhi per un attimo quando appoggia la testa sul cuscino, passandosi una mano sulla fronte.
 
Dean si siede sul bordo del materasso, proprio accanto a lei. «Ti senti meglio?» Ellie – gli occhi ancora chiusi – annuisce, ma Dean non ha intenzione di mollare e vorrebbe capire cos’è successo. Magari le è capitato altre volte. «Vedi, se non dormissi qui chissà quando saresti rinvenuta» cerca di metterla sullo scherzo; Ellie apre gli occhi – stanchi e un po’ opachi ma sempre così belli – e lo guarda, poi piega leggermente le labbra per fargli un piccolo sorriso e forse questo è il suo modo per dirgli che gli è grata per averla soccorsa. «Ti è successo altre volte?».
Lei fa spallucce. «Quando ero più piccola, sì. Era un po’ che non mi capitava, ma non è niente di grave» ma Dean continua a guardarla senza comprendere, perché per lui non è tanto normale svenire da un momento all’altro a meno che una persona non soffra di sbalzi di pressione o sia incinta e dubita fortemente che Ellie lo sia, considerando che adesso sarebbe una cosa piuttosto vistosa dato che l’ultima volta che l’hanno fatto risale a più di sei mesi fa. Ciò non toglie che potrebbe essere stata con qualcun altro nei mesi che hanno passato lontani ma, a differenza dell’anno che Ellie ha trascorso a Buckley, stavolta Dean non ha tante paranoie a riguardo. In fondo lei stava sempre con Jim, perciò… «È solo che sono stanca, Dean» la sua voce un po’ flebile interrompe il suo flusso di pensieri «Dormo e mangio poco e sono debilitata, semplicemente il mio fisico non ha retto, non c’è niente di cui preoccuparsi» Ellie gli sorride appena e Dean annuisce, senza comprendere fino in fondo cosa intende dire. «Sono solo arrivate nel momento sbagliato, è tutto ok».
Dean la fissa, ancora un po’ confuso. «Cosa?»
 
Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, forse per nascondere che ha allargato un pochino gli occhi, come colta da una qualche sorpresa; si mette una mano davanti alla bocca e non riesce a contenere una risata e Dean la guarda senza muovere ciglio e si sente un idiota ma non può farci niente se non ha capito a cosa allude.

«Le mestruazioni, Dean!» lei ride ancora un pochino e Dean sente le guance andare a fuoco. Beh, almeno non è incinta. «Ti facevo più perspicace».
Dean si passa una mano sulla nuca, sviando lo sguardo. «Non sono un ginecologo».
«Di donne però ne hai avute parecchie».
«Sì, ma non mi raccontano delle loro… va beh, parliamo di qualcos’altro per favore?» Ellie sorride di nuovo e annuisce, guardandolo divertita e a Dean non dispiace così tanto aver fatto la figura dell’idiota se quello che ci ha guadagnato è un sorriso così sincero, uno di quelli che Ellie ha mostrato raramente negli ultimi tempi.
 
Come anche altre volte, si sorprende a guardarle la bocca un po’ troppo a lungo e distoglie lo sguardo, prima che lei possa farsi strane idee. È una cosa che si è accorto di fare spesso, in realtà, e talvolta vorrebbe assecondare l’istinto e allungarsi il tanto che basta a raggiungerla, ma a frenarlo c’è la consapevolezza che forse lei non ricambierebbe. Non perché non vuole, perché, soprattutto dopo stanotte, sa che non è così, ma piuttosto perché Ellie gli ha chiesto un po’ di tempo e gli sembrerebbe di farle un torto a fare tutto il contrario.
 
Non fa in tempo a dirle altro che sente bussare; si alza in piedi e si avvicina alla porta per poi aprirla. Ovviamente è Sammy che ha portato la colazione. Suo fratello entra e si avvicina al letto; Ellie lo guarda e gli sorride e deve capire cosa vuole chiederle quando dice «Sì, Sam, sto meglio, grazie. Anche per la colazione».
Lui le sorride e le porge un bel bicchierone di caffè – infilato in uno di quei cartoni da sei insieme ad altri due – e un sacchetto bianco. Ellie sbircia al suo interno e ne estrae due belle brioche, di cui ne addenta una in modo davvero buffo e a Dean spunta un sorriso a vederla mangiare con appetito, per una volta, e non controvoglia. Un po’ come faceva quando l’ha conosciuta, che di certo non aveva problemi a ingurgitare grandi quantità di cibo come adesso.
 
Sam porge la sua colazione anche a Dean e, mentre toglie la sua brioche dal sacchetto, tira le labbra in una linea sottile e questo è segno evidente che deve dire qualcosa. «Io, comunque, avrei trovato un caso».
Appunto. Dean lo guarda, sorridendo sbieco «Allora dopo questa colazione da campioni partiamo» sposta lo sguardo su Ellie «Che ne dici? Te la senti?»
Lei annuisce e sorride appena, continuando a masticare soddisfatta la sua brioche, e un altro tassello nel mondo di Dean sembra tornare al suo posto all’idea che, ancora una volta, lei abbia deciso di seguirli.
Una volta lo avrebbe dato per scontato, ma ora le cose sono diverse e non si è ancora abituato all’idea che Ellie non sembra avere alcuna voglia di fuggire ancora, qualcosa che, al solo pensiero, lo riempie di speranza e che lo spinge a continuare a starle accanto e ad aiutarla, sperando che lei ne tragga più beneficio possibile.

 

[1] John comunica ai suoi figli che ha scoperto la natura della cosa che ha ucciso la loro madre nell’episodio 1x11 “Scarecrow”.
[2] Traduzione letterale della frase «As long as I’m around, nothing bad is gonna happen to you» che Dean dice a Sam proprio nell’episodio 1x14 “Nightmares”, di cui Sam riassume a grandi linee la trama nei paragrafi precedenti.
[3] Riferimento all’episodio 1x09 “Home”.
[4] La copertina descritta è della versione inglese illustrata da John Tenniel di “Alice’s adventures in Wonderland”, il primo libro su Alice di Lewis Carroll.
[5] Le telefonate a John riportate sono precisi riferimenti rispettivamente agli episodi 1x09 “Home” e 1x12 “Faith”.
[6] La canzone di Eric Clapton citata è “Tears in Heaven”.

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Capitolo 9
*** Survive the storm together ***


Note: Buonasera a tutti!
A un orario un po’ più tardo oggi, ma di corsa come al solito, eccomi qua! :D
Mi scuso per non essere riuscita a rispondere alle recensioni ‘sta settimana, ma queste feste hanno scombussolato un po’ la mia tabella di marcia e perciò mi è venuto più difficile organizzarmi. Rimedierò quanto prima! :)
Intanto vi lascio questo capitolo, che a me, insieme al prossimo, sta molto a cuore. Spero vi piaccia!
Vi mando un forte abbraccio, a mercoledì! E buon Halloween! :*
 
Capitolo 9: Survive the storm together
 
No relationship is all sunshine,
But two people can share one umbrella
And survive the storm together.
 
(Unknown quote)
 
 
A guardarla dal finestrino, la strada sembra scorrere veloce: gli alberi che la costeggiano sono macchie più o meno definite di verde e marrone mentre i palazzi – anche se alcuni più in lontananza – paiono più nitidi.
È una cosa che Ellie ha notato spesso nei paesaggi che ha attraversato per andare da uno Stato all’altro: i grattaceli scorrono più lentamente e i loro contorni sono sempre più definiti rispetto a quelli degli alberi o dei luoghi dove la natura è rigogliosa che, invece, si riducono a chiazze di colore. Chissà se è una percezione solo sua o se ce l’hanno anche altri quando osservano cosa c’è fuori dal finestrino di un’auto in corsa.
 
Ellie espira e dà un’occhiata al sedile su cui è seduta. Non le era mai capitato di viaggiare sulla parte posteriore dell’Impala prima di conoscere Sam, perché c’era solo Dean con lei che lo affiancava sempre, sedendogli accanto. Sicuramente erano queste le abitudini prima che il più piccolo dei fratelli Winchester andasse a Stanford: Dean al volante e Sam al suo fianco. Ora le cose sono tornate allo stato naturale e in aggiunta c’è Ellie che arricchisce – non sa ancora se in modo negativo o positivo – il quadretto, sedendo dietro.
 
Prima di salire, Sam le ha chiesto se voleva stare davanti, visto che non si era sentita bene poco prima, ma Ellie ha declinato l’invito scuotendo la testa e sorridendogli. È sempre così gentile con lei, sempre disponibile ad aiutarla in qualsiasi modo gli venga in mente ed Ellie, ora che lo conosce un pochino, capisce tante cose.
 
Spesso e volentieri, quando trascorreva tanto tempo insieme a Dean e lui le parlava – anche se molto poco – di suo fratello, Ellie provava a immaginarselo, a pensare al suo carattere e al suo modo di affrontare la vita e adesso che se lo ritrova di fronte vede che molte delle cose che aveva immaginato coincidono con la realtà: Sam è altruista, generoso, un ragazzo spigliato e semplice con il piccolo “difetto” – almeno per Dean – di non approvare tutte le parole e le leggi del loro padre. Non per questo, però, ha negato il suo aiuto a Dean e, anzi, sembra quasi più agguerrito di lui nel volerlo ritrovare.
 
Non ne parla molto – almeno non in presenza di Ellie –, ma lei ha capito che per lui è importante rintracciare John soprattutto perché vuole unirsi alla caccia del mostro che ha ucciso la sua ragazza e sua madre e di certo Ellie comprende benissimo questa sua esigenza, soprattutto adesso che anche lei vive una situazione simile.
 
Questo non è l’unico aspetto in cui Ellie sente di essere affine a Sam: entrambi amano leggere e più di una volta si sono confrontati su qualcosa che hanno letto – sotto lo sguardo un po’ perplesso di Dean che sembrava ascoltare ogni singola parola senza capire precisamente di cosa stessero parlando –; preferiscono pensare e poi agire, al contrario di Dean che segue alla lettera la legge prima spara poi fai domande e altre cose che Ellie ha solo intuito ma non vede l’ora di scoprire se è effettivamente così o no. Tipo che, da quello che ha capito, a Sam piace il cibo salutare ed Ellie avrebbe voglia di fargli assaggiare una marea di cose, perché le piace sdebitarsi con le persone e, dopo tutto quello che ha fatto per lei nelle ultime settimane, le farebbe piacere cucinargli una bella Caesar Salad o qualcos’altro di buono. Spera di trovare l’occasione, prima o poi, che cucinare in un motel non è proprio la cosa che preferisce al mondo.
 
Continua a guardare fuori dal finestrino, riflettendo su quanto l’Impala assomigli al suo padrone: lei è in grado di macinare chilometri con lo stesso entusiasmo con cui Dean mangia hamburger quando è molto affamato – cioè sempre. Vorrebbe cucinare qualcosa anche per lui e sa quanto ne sarebbe contento, perché ha sempre adorato ogni cosa che Ellie gli ha fatto assaggiare, soprattutto la sua torta preferita, quella con la panna e il cioccolato.
 
Volta il capo verso destra per osservare il suo zaino, dove accanto c’è una barretta di cioccolato. Dean gliel’ha comprata quando si è fermato al distributore per fare benzina, qualche miglio fa. Sa che lei ne mangiava sempre una durante o dopo un lungo viaggio e gliel’ha data senza dirle nulla, forse perché sapeva che Ellie avrebbe capito.
 
La osserva prima di afferrarla e scartarla – le labbra piegate leggermente in un qualcosa di così simile a un minuscolo sorriso –, leggendo la scritta a caratteri cubitali gialla e rossa sullo sfondo blu [1] e poi apre l’involucro, addentandone un pezzetto. Sa di cioccolata al latte e caramello e, nonostante l’abbia presa a caso, Dean ci ha azzeccato, perché le piace un sacco.
 
Mastica il boccone e alza gli occhi verso di lui che forse la stava spiando dallo specchietto retrovisore perché ha il collo leggermente alzato, come se volesse dirle qualcosa. Poi sorride «Ti piace?» ed Ellie annuisce, abbozzando a sua volta un sorriso. Vorrebbe dirgli qualcos’altro, tipo ringraziarlo per tutto quello che sta facendo per lei in questo periodo, ma non è stata mai brava a dire grazie a parole e Dean torna a guardare la strada senza darle la possibilità di approfondire il discorso.
 
È molto più silenziosa di com’era, Ellie lo riconosce, ma spera che sia solo una fase, che quando tutto questo casino sarà risolto sarà più tranquilla e più… se stessa. Adesso, però, per quanto si sforzi, non riesce a comportarsi diversamente. Crede di aver già fatto dei passi avanti, di essersi aperta un po’ soprattutto con Dean con cui aveva alzato un muro, ma sa che c’è ancora tanta strada da fare.
 
Lui si preoccupa un po’ troppo per lei, che quella di stamattina è stata una piccolezza e che va tutto bene, ma è il suo carattere e non crede sia tanto sbagliato lasciarlo fare, per una volta. Gli ha tarpato le ali troppo spesso negli ultimi tempi e forse è giusto farsi aiutare da lui senza imporgli paletti.
 
Addenta un altro pezzetto della sua barretta, mentre ascolta distrattamente i ragazzi chiacchierare. Spesso, nei momenti che hanno passato tutti e tre insieme, Ellie li ha osservati silenziosamente, cercando di studiare il modo in cui si relazionano l’uno con l’altro: Sam parla sempre chiaro, esponendo a parole il suo modo di vedere una certa faccenda, mentre Dean è più introverso e deve pensarci sempre un po’ alle parole del fratello ma poi, non si sa perché, alla fine gli dice sempre di sì, anche se continua a pensare che la sua idea sia folle. Per Ellie è strano, perché spesso e volentieri Dean è irremovibile su certi argomenti, soprattutto quando si parla di caccia, ma Sam sembra avere questo potere su di lui.

Si vede da come si osservano e come si parlano, comunque, che si vogliono un gran bene. Su Dean Ellie non aveva alcun dubbio, perché aveva già visto con quanta preoccupazione e dispiacere parlava del fratello quando lui era lontano, ma anche Sam – anche se a volte sembra tenerci a precisare che gli manca un sacco la vita di Stanford – è molto preso da suo fratello, sempre attento a quello che gli dice e alle sue perplessità, che sono senz’altro diverse dalle sue e forse è anche questo uno dei motivi per cui lui ci presta tanta attenzione.
 
Probabilmente parlano anche di lei; Ellie ogni tanto ha questa impressione. Non che ci sia niente di male se Dean chiede al fratello consigli su come comportarsi – anche se dubita che sia quello l’argomento, visto che sembra sempre molto sicuro di sé su queste cose – o magari se Sam gli chiede qualcosa su di lei mosso dalla curiosità, ma le fa comunque strano pensarci.

Per lei, tutto questo è nuovo, perché ha vissuto solo con la mamma – e con papà, ma per un tempo decisamente più breve – e, non avendo fratelli né sorelle, è affascinata dai loro comportamenti, da come si relazionano. È curiosa, poi, perché dopo tutto quello che Dean le ha detto su Sam – anche se non era poi molto – vuole scoprirne di più ora che ne ha la possibilità, ora che quei due sono di nuovo insieme.

Si vede che c’è stato un distacco, che entrambi sentono che c’è ancora qualcosa da aggiustare tra di loro e che le cose non sono proprio com’erano quando Sam ha deciso di fare i bagagli e cambiare vita, ma, col tempo e un po’ di pazienza, possono aggiustare tutto, soprattutto perché Ellie vede che c’è tanta volontà da parte di entrambi.
 
Da piccola, Ellie avrebbe voluto un fratellino o una sorellina. Quando andava a scuola e vedeva i suoi compagni lamentarsi dei loro fratelli – più grandi o più piccoli – li guardava con gli occhi di chi avrebbe tanto voluto essere al loro posto. Non perché le mancasse così tanto la presenza di un altro bambino in casa – se avesse potuto scegliere, di certo avrebbe preferito un papà a un fratellino –, ma perché lei e la mamma avrebbero avuto più compagnia.
La mamma, però, non frequentava mai nessuno: Ellie, quando era adolescente – soprattutto quando stava con Ben –, le diceva sempre di uscire con le sue amiche, che avrebbe trovato sicuramente un uomo che l’avrebbe guardata e apprezzata perché la mamma era bella da togliere il fiato, ma lei scuoteva la testa sorridendole, le carezzava dolcemente il viso minuto e le diceva che l’unico amore che avrebbe voluto per il resto della vita era lei, perché era sua figlia ed era il suo bene più grande. Ad Ellie vengono ancora gli occhi lucidi se pensa a quei momenti, a quanto era tangibile l’affetto che la mamma provava per lei.

La leggera vibrazione del suo cellulare – che Ellie riconosce nonostante questo si trovi nella tasca davanti del suo zaino – la distoglie da quei pensieri; apre la zip e lo afferra, leggendo il messaggio che compare sul display: “Ehi El, come butta? Quando hai un minutino libero dimmelo che ti chiamo. Ho un sacco di cose da raccontarti” ed Ellie non ha bisogno di leggere il nome del mittente per sapere di chi si tratta. È quella pazza di Janis, l’unica a chiamarla El o Ellisabeth, per qualche strano motivo, fin dai tempi del liceo. Di solito, quando fa così, è perché c’è qualche novità.

Ellie è molto fiera del rapporto che sta conservando con Janis, del fatto che spesso e volentieri passano le mezzore al telefono a parlare. Non sa come abbia fatto a trovare il coraggio di dirle che papà non c’è più, che anche lui l’ha lasciata da sola e Janis le è stata tanto vicina, nonostante Ellie lo permettesse poco anche a lei. Più volte, nelle settimane successive a quella notte infernale, Janis l’ha chiamata ed Ellie non le ha risposto perché non aveva minimamente voglia di parlare, neanche con lei che, per qualche strana ragione, capiva, perché quando vedeva che non le rispondeva le mandava un messaggio con scritto qualcosa del tipo “Quando hai voglia di parlare con la tua vecchia e stramba amica, sappi che lei è qui ad aspettarti insieme a Mufasa a cui manchi un sacco”. Ellie le rispondeva sempre dopo qualche giorno, quando se la sentiva.

In fondo Janis, oltre ad essere una sua vecchia amica, è anche la persona che più le è stata vicina nei momenti difficili della sua vita – compresa la morte di sua madre ed i mesi passati a Buckley lontano da papà, da Dean e dalla caccia – ed Ellie non può scordare quanto ha fatto per lei.

Quando se n’è andata da Buckley, più o meno sette mesi fa, sono state a pranzo insieme ed è stato difficile per Ellie spiegarle che doveva partire di nuovo, che doveva cercare quel padre che era l’unico straccio di famiglia che aveva.
Janis non ha faticato molto a comprendere – molto meno di quanto ci abbia messo Dean che a volte, anche mesi dopo, non esitava a rinfacciarle la sua scelta quando c’era da discutere su qualcosa – e ha deciso di tenersi Mufasa, come Ellie le ha chiesto. Non se la sentiva proprio di farlo tornare in strada e Janis ha capito anche questo e dicendole “credo che si sia affezionato un po’ anche a me” le ha fatto capire che era disposta a tenerlo con sé.

Da quel giorno non hanno mai smesso di sentirsi, anche se Ellie non le ha ancora detto che non è da sola nei suoi viaggi da uno Stato all’altro. Dovrebbe spiegarle troppe cose perché non le ha mai parlato di Dean, troppo presa dagli sviluppi sempre poco chiari oltre che parecchio problematici e ingarbugliati del loro rapporto, ed è convinta che al momento sia meglio lasciare le cose così. Col tempo, se resterà con i Winchester, gliene parlerà. Un passo alla volta.

Si sporge verso il sedile anteriore, entrambe le mani a stringerlo e gli occhi che prima punta su Sam e poi su Dean «Quanto manca?»
Lui dà un’occhiata all’orologio mentre Sam dispiega un po’ la cartina per percorrere con gli occhi la strada che devono ancora fare. «Un’oretta, più o meno» Dean la guarda attraverso lo specchietto retrovisore, un po’ allarmato «Perché? Stai male?»
Ellie scuote la testa mentre Sam si volta completamente verso di lei, visibilmente preoccupato. «No, è tutto ok. Volevo saperlo perché quando arriviamo se ho tempo chiamo Janis».
Dean sembra rifletterci un attimo mentre alterna lo sguardo dalla strada allo specchietto in alto «La senti ancora?» Ellie annuisce e lui sorride, puntando gli occhi sul fratello che lo osserva curioso «Questa tipa è una sua amica da quando frequentavano il liceo, viene dallo stesso posto in cui è cresciuta Ellie».
Sam si volta nella sua direzione e le sorride. «Sì, me ne aveva parlato» e anche Ellie lo ricorda: gli ha raccontato un po’ della sua storia quella notte che sono rimasti fuori dal motel di Scottsbluff, prima che Dean si arrabbiasse. «La senti spesso?»
Ellie annuisce, cercando di anticipare la prossima possibile domanda di Sam «Non ricordo se te l’avevo detto, ma ci siamo… ci siamo ritrovate circa un anno e mezzo fa, quando sono tornata a Buckley per un periodo» i suoi occhi corrono sulla figura di Dean che invece li punta sulla strada, la mascella contratta e le mani che stringono il volante «È una lunga storia, ma… diciamo che abbiamo passato un bel po’ di tempo insieme e sembrava che il tempo non fosse mai passato».
 
Sam annuisce e le sorride ancora prima di tornare a guardare la strada. A parte adesso che, a giudicare dallo sguardo diritto sulla carreggiata, probabilmente non gli andava di rivangare quella storia, Dean sembra sempre entusiasta del rapporto che Ellie ha con Janis. Ogni volta che gliene parla, lo percepisce dalla sua voce che ne è contento, che è felice per lei se conserva ancora un’amicizia speciale. Ellie non ne comprende bene la motivazione, ma è senz’altro contenta se Dean la vede così.
 
Appoggia nuovamente la schiena al sedile dietro di lei e vede il collo di Dean allungarsi nuovamente verso l’alto a cercare la sua immagine riflessa sullo specchietto retrovisore ed Ellie lo osserva, in attesa che le dica qualcosa. «Ma… Janis ce l’ha un fidanzato?»
Lei lo guarda perplessa «Sì… perché?»
Dean stringe le spalle «Dalla foto che ho visto mi sembrava carina… quella che tieni nel tuo quaderno dei ricordi» quella che tu non avresti visto se non avessi frugato tra le mie cose «Potevamo andarla a trovare e farla socializzare con Sammy» Dean si volta verso il fratello con un sorriso beffardo dipinto sulle labbra e Sam lo fulmina con gli occhi, divenuti piccoli e minacciosi.
«È meglio che non ti rispondo» e a vederli bisticciare in questo modo – come bambini alle prese con qualcosa di stupido – ad Ellie viene da ridere e non riesce a trattenersi. Entrambi la guardano – Dean nuovamente dallo specchietto e Sam che si volta totalmente. Non riesce a sorriderle come invece fa Dean; dice solamente «E tu non dargli corda, ti prego. Sennò non la smette più» ed Ellie annuisce ma non riesce a smettere di ridere, le mani a tenersi la pancia e non ricorda da quanto non lo faceva in modo così spensierato e sincero; di certo è una bella sensazione.
 
Le voci dei due fratelli che continuano a bisticciare – Dean che insiste che la sua era solo un’innocente offerta e che al più piccolo farebbe bene trovarsi una ragazza e l’altro che risponde a mezza bocca di farsi gli affari suoi – finiscono in sottofondo per Ellie, le orecchie piene del suono della sua stessa risata. Riesce a smetterla dopo un po’, quando i ragazzi non parlano più e scorge gli occhi di Dean sbirciare dallo specchietto alla ricerca dei suoi. Anche se non vede chiaramente le sue labbra, a giudicare da come la guarda Ellie sa che sta sorridendo e lei fa altrettanto finché lui non distoglie lo sguardo e punta gli occhi nuovamente sulla strada, alzando appena il volume della radio che passa “My Generation” degli Who con il pollice e l’indice della mano destra.
 
Non sa come andranno a finire le cose tra lei e Dean. Lui sta facendo di tutto per starle vicino: cerca di farla ridere – un po’ come adesso – e va a dormirle accanto sperando ogni giorno in un miglioramento più grande, e questa fase di assestamento tra di loro non è un male per come la vede Ellie. Magari riusciranno a capirsi, finalmente, e lei finirà per aprirsi come desidera, che tutto questo silenzio tra di loro e questo malloppo che si tiene dentro è un peso non indifferente, ma non può escludere la cosa inversa, che invece andrà tutto a rotoli quando gli dirà cosa è successo e tutto quello che non la fa dormire la notte. Non può prevederlo, però, perciò si limita a vivere giorno per giorno e a vedere cosa ne verrà fuori.
Per questo non sa se resterà con loro, alla fine. Una parte di lei continua a ripeterle che dovrebbe andare a cercare quel bastardo che ha ucciso papà e di farlo da sola, che continuando a stare con loro finirà per metterli in mezzo e non è giusto che loro rischino la vita per una cosa che riguarda solo lei, mentre l’altra si dice che non può rimanere da sola, che ha bisogno di qualcuno che le stia accanto perché altrimenti finirebbe solo col farsi del male.
 
Era questo a cui pensava in quella stazione di Morrill, quando stava fuggendo via da Dean. Una parte di lei si sentiva quasi sollevata all’idea di partire e scappare da lui, perché almeno avrebbe affrontato il problema che più la tormenta da sola e, anche se ci avesse rimesso le penne alla fine, almeno non avrebbe avuto sulla coscienza qualcun altro come è successo con papà. Si diceva che sarebbe stato più semplice, che il suo segreto sarebbe morto con lei e non avrebbe dovuto sentirsi mancare l’aria al solo pensiero di dover confessare a qualcuno – a Dean – tutto quello che era capitato, che andava bene così. Dall’altra parte, però, si sentiva una vigliacca, perché avrebbe preferito di gran lunga aspettare e sentirsi pronta per condividere il suo dolore, di appoggiarsi a Dean e lasciarsi aiutare, che chiudersi a riccio non la stava portando da nessuna parte. Quando lui ha fatto capolino in quel posto, poi, ha spazzato via ogni dubbio – come fa sempre, in qualche strana maniera – e si è resa conto che doveva dargli almeno la possibilità di starle accanto.
 
Solitamente, non si tira indietro quando sente di aver bisogno di aiuto. Anzi, talvolta è la prima a chiederlo, perché sa di avere dei limiti e non le sembra mai sbagliato domandare a qualcun altro che crede sia più capace. Adesso, però, le sembra tutto un po’ differente, per questo fatica molto a esporsi. Si dice che sarà una cosa temporanea, però, e che quando starà meglio tutto tornerà com’era. Magari anche con Dean.
 
Arrivano a Baraboo – un nome che fa sorridere Ellie, perché sembra inventato da un bambino –, nel Wisconsin, che è quasi mezzogiorno e decidono di prendere le solite due stanze al solito motel di passaggio per fare almeno il punto della situazione e cominciare a indagare.
 
Ellie appoggia il suo borsone nella sua a cui dà uno sguardo veloce prima di richiudersi la porta alle spalle per andare in quella di Sam e Dean: l’armadio è stipato contro il frigorifero bianco che è basso e piccolino; il ripiano della cucina è praticamente un quadrato di marmo con un lavandino e un microonde e la porta del bagno ha un paio di graffi profondi sul legno, come se ci fosse stato un lupo mannaro. L’unica cosa che sembra più decente è il letto, che è ordinato e rifatto con cura, ma dovrà salirci sopra per verificare se è anche comodo perciò decide di lasciar perdere e di raggiungere i ragazzi. A Janis ci penserà stasera o nei prossimi giorni; il caso, al momento, sembra più urgente, visto che ancora non ha chiesto niente a riguardo, presa dai pensieri che aveva in testa.
 
Bussa un paio di volte prima di farsi aprire da Sam che le sorride e la lascia passare.
Neanche la loro stanza pare un granché: forse è un po’ più grande, ma potrebbe essere solo una sensazione, perché i due letti sembrano particolarmente vicini per essere una camera doppia; i muri sono arancioni mentre quelli della sua sono colorati di un giallino smorto, ma per il resto sembra uguale; anche la cucina è un buco. Facevano prima a non mettercela.
 
Sam la invita a sedersi accanto al tavolo – situato addosso alla finestra in fondo alla stanza, quasi appiccicato a uno dei due letti – ed Ellie annuisce, obbedendo. Sam le porge il suo laptop e si mette lì accanto, muovendo le dita sul cursore per poi trovare il sito in cui ha letto la notizia sospetta. Il rumore dello sciacquone che proviene dal bagno è l’unica cosa che risuona in quella stanza mentre lei si mette gli occhiali per poter leggere cosa le sta mostrando Sam.
«“Ritrovato decapitato in un bosco nei pressi di Baraboo, Wisconsin… ” decisamente qualcosa che fa al caso nostro direi» alza gli occhi verso Sam che annuisce, lo sguardo fisso sullo schermo; lei torna a leggere. «“Nessuna traccia della testa. Sul luogo del delitto era presente solo il corpo ghigliottinato, che ora è custodito nell’obitorio cittadino”. Partiamo da qui?»
«Direi di sì. Magari ci viene qualche idea».
Ellie avverte un paio di mani stringere lo schienale della sedia su cui è seduta; si volta di scatto, presa alla sprovvista, e si accorge che c’è Dean alle sue spalle. Non si era accorta che era uscito dal bagno, tanto era concentrata nella lettura di quell’articolo.
«E farei una visitina anche ai familiari della vittima. Si chiama… » stavolta è Dean a parlare; si allunga verso lo schermo del computer di Sam, sporgendosi un po’ in avanti «Jacob Sutter». [2] Ellie si toglie gli occhiali e alza la testa per osservare i due fratelli che si guardano con attenzione. «Che dici, ci dividiamo?» Sam sembra rifletterci su un istante, poi annuisce. «Tu vai con Ellie dai parenti, io faccio un giro all’obitorio».
Dean sorride sghembo «Agli ordini, Capitan Sparrow» e, a giudicare da come Sam lo guarda in risposta, non deve aver gradito molto la sua battuta, anche se Ellie non l’ha capita, perché non ha idea di chi diavolo sia questo capitano di cui parla Dean che punta gli occhi su di lei e il suo sorriso si affievolisce, trasformandosi in una smorfia irritata; sicuramente ha capito che Ellie non ha la più pallida idea di chi sia questo tipo. «E tu devi assolutamente guardarti “Pirati dei Caraibi”. Non è possibile che non conosci neanche Jack Sparrow». Appunto.
 
*
 
«Almeno sai chi è Johnny Depp?»

Lo sportello dell’Impala si chiude con un tonfo ed Ellie guarda Dean un po’ accigliata, le labbra appena imbronciate. Ovviamente lui ha ripreso il discorso che avevano interrotto prima di andarsi a cambiare dopo aver lasciato Sam davanti all’obitorio cittadino; andranno a recuperarlo una volta finito con i familiari di Jacob Sutter, così da poter incrociare le varie informazioni.
 
«Certo che sì! Non sono così ignorante!» Ellie segue Dean lungo il vialetto fatto di grosse mattonelle incastrate sul prato di casa Sutter, una villetta singola a un piano verniciata di celeste con le finestre e lo steccato dipinti di bianco.
 
Dean si ferma e si volta nella sua direzione un po’ prima di arrivare al portone d’ingresso; il completo grigio topo che indossa sta a pennello con la camicia bianca che porta sotto, ma gli occhi di Ellie cadono sulla cravatta verde smeraldo in tinta unita che ha il nodo un po’ troppo lento per i suoi gusti. Strano, di solito Dean è sempre preciso quando si veste da federale. Forse non ci ha fatto caso.
La guarda con finta aria di sufficienza «Allora dovresti sapere che ha fatto questo film. E se non lo sai vuol dire che, quando abbiamo finito con questo caso, una sera ce lo guardiamo. Almeno ti fai una cultura e sarai pronta quando uscirà il seguito [3] se ti andrà di… che c’è?» ha gli occhi grandi, forse perché si è accorto che quelli di lei sono fissi da qualche istante sulla sua cravatta storta; Ellie non riflette troppo quando semplicemente ne approfitta per fare un paio di passi in avanti, avvicinandosi e allungando entrambe le mani su quel pezzetto di tessuto verde lucido che le sembra risalti tanto quello degli occhi di Dean. Stringe il nodo di stoffa con le dita, facendolo scorrere un po’ di più verso il suo collo e, quando ha finito, si allontana nuovamente facendo qualche passo indietro, abbozzando un sorriso.
Dean la osserva ancora, perplesso, ed Ellie sente il dovere di dire qualcosa «Il… il nodo era lento. Te l’ho messo a posto».
Lui continua a fissarla – è un’impressione o le sue guance sono leggermente più colorite di qualche secondo fa? –, poi ha nuovamente l’aria antipatica di prima «Hai capito quello che ti ho detto?»
Ellie rotea gli occhi, fingendosi irritata; fa qualche passo verso l’ingresso e sbuffa un sorriso «Sì. Risolto il caso guardiamo il film. E pensare che tempo fa dicevi di non volerne più vedere uno con me perché mi addormento».
Dean la raggiunge, un sorriso sornione dipinto sulle labbra «Ho cambiato idea. E poi questo ti farà ridere e mi hai fatto venire voglia di rivederlo».
 
Ellie fa spallucce e gli sorride appena, mettendo una ciocca di capelli dietro le orecchie, abbassando poi il capo per osservare il disegno raffigurato sul tappetino su cui ha poggiato i piedi: c’è una coccinella appoggiata su una margherita.
 
Dean si allunga nella sua direzione per suonare il campanello con l’indice della mano destra; Ellie alza la testa e si morde il labbro inferiore. Vuole approfittare di questo momento di silenzio per ringraziarlo per essere stato così premuroso e attento quando è stata male questa mattina. Lo è sempre, ma… magari è meglio partire dalle cose piccole. Un po’ alla volta riuscirà a ringraziarlo per tutto quanto.
Nessuno si affretta ad aprire il portone, perciò Ellie si fa coraggio – è più brava a dire grazie a gesti che a parole – e si volta verso di lui «Ti… ti volevo ringraziare per stamattina. Sei stato gentile, io… immagino di averti fatto prendere uno spavento, mi dispiace».
Dean le sorride – gli occhi luminosi, come se fosse contento di sentire quelle parole. «Non fa niente. Adesso stai bene?»
«Sì, grazie. Sto meglio, anche la cioccolata è stata d’aiuto».
Dean sorride sghembo «Si vede» ed Ellie non capisce perfettamente cosa intende, soprattutto perché lui ha quella faccia sorniona e aggrotta un pochino la fronte «In che senso?»
Il sorriso di Dean si fa meno malizioso e più convinto «Che sei meno pallida. Non sarà merito della cioccolata, però sei più… più colorita rispetto agli altri giorni. E più bella».
 
Ellie sbatte le palpebre un paio di volte e si sente così in imbarazzo – ha il viso caldo ed è sicuramente diventata di mille colori – che gira la testa di nuovo verso il portone di legno bianco, cercando di guardare di fronte a sé in attesa che qualcuno apra.
 
È stupita non solo perché pensava che Dean l’avrebbe rimproverata – come faceva quando seguivano i primi casi insieme – perché non è così curata come lui pretendeva che fosse in queste occasioni: non ha raccolto i capelli, fregandosene di voler sembrare più grande, e ha messo solo un filo di mascara e un rossetto rosa sbiadito. La camicia che indossa è celeste e leggermente aperta sul davanti, la gonna avvitata grigia è abbinata con la giacca e sì, è più agghindata del solito – sicuramente più degli ultimi giorni in cui girava in tuta o con un paio di jeans e una maglietta semplice senza la minima voglia di truccarsi e farsi più carina –, ma non pensava di ottenere questo risultato. E poi Dean non è uno che fa complimenti espliciti, anzi, quindi proprio non si aspettava niente del genere, tutt’altro.

Lo sente sorridere, ma non fa in tempo a rispondergli nulla, neanche un semplice grazie impacciato che la porta di fronte a loro si apre. Sulla soglia c’è una ragazzina – ad Ellie pare non abbia più di diciassette anni – asciutta, la pelle candida e i capelli neri – probabilmente tinti – con qualche ciocca colorata di rosso; stringe in mano un fazzoletto e pare aver pianto fino a un istante prima che si presentassero lei e Dean alla sua porta.

Lui estrae velocemente il badge falso dalla giacca, seguito da Ellie che fa altrettanto. «Ciao, siamo gli agenti Seger e Smith [4], FBI. Siamo qui per la scomparsa di Jacob Sutter. Tu… tu sei sua figlia, giusto?»
 
Prima di venire qui, Ellie, Dean e Sam hanno fatto un paio di ricerche veloci su Jacob Sutter, per trovare l’indirizzo ed hanno scoperto che viveva in questa casa insieme a sua moglie Lucy e sua figlia Katey [5] che ora annuisce, tirando su col naso prima di asciugarsi velocemente gli occhi – castani e lucidi di pianto – con il fazzoletto che ha in mano. «Mia madre non c’è, io… i-io non so se posso—»
«Vogliamo solo farti qualche domanda sull’accaduto. Se ne sai qualcosa e pensi di poterci aiutare» Ellie prende la parola al volo, senza riflettere, perché conosce quelle occhiaie e quello sguardo perso. Le hanno fatto compagnia molto spesso nell’ultimo mese.

La ragazza annuisce ancora e li lascia passare, spostandosi appena per poi chiudere la porta alle loro spalle. Non li fa accomodare come hanno fatto altri familiari di altre vittime in passato; li lascia lì, in mezzo al corridoio ed Ellie si guarda intorno, notando grossi mazzi di fiori sparsi in tutta la stanza: uno sopra il tavolino in legno posto proprio lì accanto, due sistemati in un paio di vasi trasparenti pieni d’acqua vicino a una panca – anch’essa di legno –, un altro ancora appoggiato a terra, forse in attesa di una collocazione più precisa.
 
«Ce ne hanno portati tanti, non… non sappiamo più dove metterli» la voce di Katey Sutter interrompe il flusso di pensieri di Ellie che la guarda, le labbra strette in una linea sottile e le basta scrutare un po’ nei suoi occhi per trovare la stessa disperazione che sentiva – e sente ancora quando si sofferma a pensare all’accaduto troppo a lungo – i giorni immediatamente successivi alla scomparsa di papà. La ragazza posa ancora un istante gli occhi su di lei e poi li punta su Dean. «Allora, in che… in che modo posso esservi utile?»
Si vede che non ha tanta voglia di chiacchierare e che vuole fare in fretta, che ha intenzione di liberarsi di loro il prima possibile, magari per tornare a sfogarsi e a piangere in un angolino della sua stanza; Dean si schiarisce la voce ed Ellie si affretta a prendere il taccuino su cui appunta sempre tutto dalla sua borsa. «Innanzitutto, quand’è l’ultima volta che hai visto tuo padre?»
«L’altra sera. Sono… sono uscita con i miei compagni di classe, lui aveva il turno di notte. Lavora… » scuote la testa, abbassando velocemente gli occhi «I-intendevo dire lavorava come guardia forestale e spesso doveva andare nel bosco per dare una controllata. Il notturno gli toccava spesso».
Dean annuisce «Era da solo?»
«No. Di… d-di solito c’era sempre un suo collega, Neal».
«Potresti dirci il cognome?»
«Franklin. È il partner di papà da un sacco di tempo, l-lavoravano spesso insieme».
Dean aggrotta le sopracciglia, guardandola un po’ perplesso; effettivamente, quel nome è del tutto sconosciuto per entrambi, perché nell’articolo che hanno letto non era minimamente menzionato. «Non ci risulta fosse presente. Sei sicura? O magari sai perché non c’era quando tuo padre è stato ritrovato?»
 
La ragazzina allarga gli occhi, come colta di sorpresa. «Io… io non lo s-so. Dovete chiederlo a lui, io… io non so n-niente».
Sembra spaventata ed Ellie sente il dovere di dire qualcosa. «Ehi, stai tranquilla. Noi siamo qui solo per aiutare te e la tua mamma a capire cos’è successo a tuo padre».
«Beh io non lo so» incrocia le braccia al petto; sembra terribilmente scocciata dalla loro presenza «Tornate quando c’è mia madre. Ve l’ho detto, non c’ero e non so nulla» i suoi occhi sono tremendamente lucidi ed Ellie ferma Dean quando capisce che sta per dire qualcosa – la bocca leggermente aperta e gli occhi fissi su Katey –, afferrandogli un braccio e scuotendo appena la testa.
Infila una mano nella tasca esterna della sua giacca e porge alla ragazza un bigliettino bianco «Qui c’è il mio numero di telefono, se hai bisogno di qualcosa o ti viene in mente—»
«Non vedo come potrei. Non so niente, ve l’ho già detto».
Ellie abbozza un sorriso «Ok, fanne ciò che vuoi. Torneremo quando c’è tua madre» gira i tacchi e tiene stretto il braccio di Dean che era rimasto lì, con gli occhi fissi su quella ragazza, la fronte aggrottata e le labbra imbronciate ed è bene tirarlo via prima che gli venga la strana idea di dirle qualcosa di sconveniente.
 
Percorrono il vialetto in silenzio, ma Ellie sa che, non appena saliranno sull’Impala, Dean smetterà di trattenersi.
Apre lo sportello e si siede «Che cazzo, che le abbiamo detto di sbagliato?» ecco, neanche il tempo di richiuderlo.
Ellie stringe le spalle «Non aveva voglia di starci a sentire».
«Sì, quello l’ho capito anch’io, ma perché è stata così scorbutica?» gira la chiave per mettere in moto «Non le abbiamo chiesto niente di strano».
«Lo so. Spero che avremo più fortuna con sua madre».
 
*
 
Fissa il suo piatto di insalata, scostando un paio di foglie con la forchetta che stringe con la mano destra, la sinistra chiusa a pugno sotto il mento.
 
Dopo essere andati a prendere Sam all’obitorio, si sono fermati in una tavola calda di passaggio – piuttosto anonima, piccola, con le crepe sui muri e quattro tavoli di conto, serviti da cameriere un po’ scontrose che non piacciono neanche a Dean, il che è tutto dire –, perché Dean stava morendo di fame e di solito quando fa così non si riesce a fargli cambiare idea. Non che per altre cose sia più semplice, ma quando si tratta di cibo non c’è proprio speranza.

Sam ha detto di non aver scoperto nulla di particolare, a parte che la testa del povero Jacob Sutter è stata tagliata di netto dal suo aggressore, con una precisione quasi chirurgica, e questo forse potrebbe restringere il campo delle possibilità, ma neanche così tanto.

Dean siede al suo fianco e ogni tanto, con la coda dell’occhio, Ellie lo vede sbirciare nel suo piatto, come a verificare se sta mangiando oppure no. Vorrebbe dirgli che sta bene e che non c’è alcun bisogno di controllarla, ma sa che non otterrà niente perciò sta zitta e lo lascia fare. Le ha anche offerto delle patatine e un pezzo della sua torta al cioccolato, ma Ellie non ha molta fame e pensa che si accontenterà della sua insalata con pollo, pomodorini e formaggio.

«Non ho idea del perché quella ragazzina ci abbia trattato in quel modo. Cristo, non le abbiamo chiesto niente di sbagliato, c’ha mandato via come se l’avessimo ammazzato noi suo padre» Dean non ha digerito quello che è successo a casa Sutter e non ha fatto altro che lamentarsi tra un boccone e l’altro – sì, perché Sam lo guarda sempre di traverso quando parla a bocca piena perché non capisce mai cosa dice; per Ellie è strano, perché a lei, invece, quando Dean fa in quel modo le viene sempre da ridere –, raccontando al fratello di quello che è capitato con la figlia della vittima. «Ora dobbiamo tornarci quando c’è la madre. Che poi… tu hai capito dove diavolo era?»
Ellie capisce che sta parlando con lei anche se non lo guarda e alza le spalle «Forse a lavorare. Non so, non gliel’ho chiesto».
«Ma le è appena morto il marito… mah, la ragazzina mi puzza. Non vorrei c’entrasse qualcosa».
Lei alza la testa di scatto, fissandolo accigliata «Ma che dici? Era suo padre».
«E allora? Fosse la prima volta che degli adolescenti cretini si mettono nei casini con la magia nera e poi ci scappa il morto. Quella volta a Westwego sarebbe successo di sicuro se non fossimo intervenuti in tempo, ti ricordi?».
«Sì, ma non era colpa di quella ragazzina se aveva per zia una pazza scatenata» Ellie sposta lo sguardo verso Sam, che chiaramente non sta capendo di cosa stanno discutendo lei e suo fratello e li guarda un po’ perplesso «Era un caso di stregoneria che abbiamo seguito insieme tempo fa».
 
Sam annuisce «Non so. Capita che a quell’età facciano delle cavolate, ma qui—»
«Non ci ha voluto raccontare nulla, era scocciata e distante e ci ha praticamente cacciati. Per me nasconde qualcosa».
Ellie non riesce a trattenersi «Per me sei un malfidato» Dean si volta nella sua direzione, l’espressione decisamente contrariata. Forse ha usato un tono troppo brusco, ma ogni tanto non riesce a moderarsi «Ha appena perso suo padre, pensi che abbia tutta questa voglia di chiacchierare dell’accaduto? Volevi che ci offrisse anche dei cioccolatini nel mentre?»
«No, ma almeno l’educazione potrebbe usarla. E poi perché la difendi?»
«Perché capisco la sensazione» Ellie lo guarda negli occhi «Essere riempiti di domande non è piacevole in certe circostanze» e lo sa che Dean comprende cosa vuole dirgli, perché si volta e torna a mangiare senza aggiungere altro.

Infilza la forchetta nuovamente nel piatto e porta il boccone alla bocca; osserva Sam muovere le dita della mano destra sul suo computer portatile grigio con un adesivo azzurro al centro del retro dello schermo [6] e prendere distrattamente con la forchetta un altro po’ della sua insalata – la sua è una di quelle classiche, con una salsina particolare che Ellie ha assaggiato da qualche altra parte, e l’ha fatta sorridere l’aria di disgusto con cui Dean ha osservato i loro piatti quando la cameriera glieli ha portati –, lo sguardo concentrato e attento, e Dean allentarsi il nodo della cravatta con le dita prima di afferrare un’altra patatina con la mano libera «Odio mangiare con questi completi da damerini».
 
Forse la sua è solo una frase per rompere il silenzio che si è momentaneamente creato tra di loro, ma Ellie vorrebbe dirgli che invece sta bene vestito così, un po’ come ha fatto lui prima, ma si vergogna e non solo per la presenza di Sam.
Lei e Dean hanno un sacco di confidenza – o almeno, ne avevano; adesso è un po’ tutto da rifare per colpa dei mesi passati a miglia di distanza e di questa storia di papà –, però non si sono mai fatti complimenti a voce alta, nonostante sappiano bene di piacersi – Ellie lo trova ancora strano, certe volte, perché le ragazze che solitamente attraggono Dean sono tanto diverse da lei – e ora che stanno cercando di ricostruire un rapporto che lei sa non tornerà mai al livello di amicizia che avevano, è tutto un po’ più complicato. Magari il tempo l’aiuterà a sciogliersi anche su questo fronte, un po’ com’è successo a Dean un’ora fa, quando le ha detto che era bella.
 
È una cosa sciocca, quasi da prima cotta, ma Ellie se ripensa a quel momento viene come risucchiata in una piccola bolla calda e le guance le cominciano a prendere fuoco. Glielo ha letto negli occhi che era sincero e che non glielo ha detto tanto per dire e sa di averci visto giusto, perché Dean è solito raccontare balle di ogni misura quando gli fa comodo, ma i suoi occhi non mentono mai. Ellie può cercare di scappare quanto vuole, ma sono queste le piccole cose che le fanno capire che l’effetto di Dean su di lei è sempre tanto forte e, anche se non se la sente ancora di abbandonarsi a questo sentimento che non ha mai smesso di crescere dentro di lei, sa che prima o poi finirà col cedere perché Dean ce la sta mettendo tutta per dimostrarle che ci tiene davvero e che vuole starle accanto in questo momento difficile. Forse avrebbe dovuto dargli l’occasione di provarglielo anche prima, ma era così arrabbiata, così presa da tutto quel dolore che non riusciva a dare spazio a nient’altro. Ci tiene a farsi perdonare, però, e prima o poi riuscirà a farcela. Lo spera tanto.
 
«Intanto, comunque, possiamo andare a parlare con quel collega della vittima, giusto?» la voce di Sam che la sta guardando la distrae dai suoi pensieri «Come avete detto che si chiama?»
«Neal Franklin».
Sam punta nuovamente gli occhi sullo schermo del suo portatile «Bene, cerco l’indirizzo».
 
*
 
La bifamiliare dove vive Neal Franklin è molto in periferia rispetto alla casa di Jacob Sutter, ma sembra modesta almeno quanto quella: la recinzione è bianca e il giardino è molto meno curato di quello della villetta precedente, pieno di piante incolte ma soprattutto di erbacce da estirpare.
 
Sam suona il campanello un paio di volte prima che un uomo sulla cinquantina – non tanto alto, con i capelli brizzolati radi sul capo – gli apra; estrae il badge dalla giacca e Neal Franklin li guarda con titubanza inizialmente, ma poi realizza chi ha di fronte perché spalanca gli occhi e l’istinto lo porta a tentare di richiudere il portone. Lo avrebbe già fatto se la mano poco delicata di Dean, aperta e decisa sul legno, non lo avesse già bloccato.
Gli sorride sghembo «Ha qualcosa da nascondere, signor Franklin?»
L’uomo rimane a bocca aperta, forse spaventato dal suo stesso atteggiamento. Si scansa emettendo un grosso sospiro e li lascia passare, tenendo con le mani la porta che poi richiude quando tutti e tre sono entrati.
 
Li fa accomodare nel suo salotto – completamente in disordine, pieno di scatoloni e pacchi – e li fa sedere sul divano malmesso, ma solo Ellie e Sam accettano il suo invito. Ellie, silenziosamente, riflette che almeno si è mostrato un po’ più gentile di Katey Sutter, nonostante stesse per chiudergli la porta in faccia.
Neal Franklin rigira le mani tra di loro, visibilmente nervoso, e tiene la testa bassa. È rimasto in piedi, accanto a Dean che lo guarda con un ghigno «Allora, ce lo vuole spiegare perché non sembrava gradire la nostra presenza fino a qualche minuto fa?» e si guarda intorno «E a quanto pare sta anche facendo le valige»
L’uomo alza il capo di scatto «No, quelli sono di mia moglie. Ci stiamo separando» emette un altro sospiro, gli occhi mesti «So che siete qui per Jacob. Per questo non… non—»
«Era con lui quando è morto, non è così?» Sam non si fa scrupoli a parlare chiaro e Neal Franklin, con non poca titubanza, annuisce. «Che è successo? Perché non l’ha soccorso quando è stato aggredito?»
«O forse l’ha ucciso lei. Non mi stupirebbe».
 
L’umorismo di Dean – che lo guarda con un sorriso da presa in giro – non fa per quell’uomo, a quanto pare, perché lo guarda con gli occhi spalancati e ora anche arrabbiati. «Assolutamente no! Non l’ho ucciso, io—»
«Allora ci spieghi com’è andata».
Il signor Franklin si morde il labbro, lo sguardo che vaga da Sam a Dean ad Ellie e ritorno. «Stavamo… s-stavamo perlustrando una zona del bosco, a nord–est della riserva, quando abbiamo sentito dei lamenti. O almeno, c-così ci sembravano» prende un grosso respiro, l’ennesimo, prima di continuare «Poi ci siamo resi conto che era il pianto di un bambino e ci siamo… ci siamo avvicinati».
 
Ellie segue tutto il racconto con attenzione; ci sono terrore e dispiacere sinceri nelle parole di quell’uomo.
 
«E poi che è successo?» non si volta verso Sam che ha posto quella domanda, continua a scrutare Neal Franklin che si appoggia al bordo del divano, le mani a coprirsi gli occhi.
«C’era… c’era un bambino a terra, avvolto in una c-coperta di lana celeste» fa un’altra pausa, togliendo le mani dagli occhi e abbassando il capo verso il tappeto logoro messo a terra «Jacob l’ha preso in braccio per poterlo portare in ospedale, era p-piccolo e aveva… b-bisogno di cure» Neal Franklin li guarda nuovamente uno ad uno «Camminavo davanti a Jacob per fare luce quando l’ho sentito urlare. Mi sono voltato e il bambino… il bambino era un mostro!» si copre nuovamente gli occhi con entrambe le mani, quasi a soffocare un singhiozzo.
Ellie cerca gli occhi dei ragazzi che sono piuttosto stravolti. Deglutisce «E… ed è scappato?»
Neal Franklin la guarda quasi in cagnesco «Cos’altro potevo fare? Aveva la faccia rugosa e aveva preso Jacob. Ormai era spacciato, p-potevo solo pensare a salvare la mia pelle!»
Ellie ricambia il suo sguardo di fuoco e si trattiene dal rispondergli a tono, forse perché le è rimasta l’educazione necessaria per affrontare idioti come quello che ha di fronte adesso.
 
Quando escono da quella casa sgangherata, Ellie sa cosa li aspetta. E spera di trovare il mostro–bambino il prima possibile per cercare di evitare che nessun altro faccia la stessa fine del povero Jacob Sutter.
 
*
 
Si aggiusta gli occhiali sul naso, spingendoli con l’indice più su per non farli cadere, e osserva le dita di Sam muoversi velocemente sulla tastiera del suo laptop.
«Un mostro che è un bambino… non dovrebbe essere tanto difficile da trovare» Sam parla a voce alta ma sembra stia solo dando voce ai suoi pensieri ed Ellie lo osserva ancora, il volto concentrato e quelle piccole rughe che gli si formano sulla fronte quando la aggrotta un po’, forse per concentrarsi meglio.
 
Usano un computer in due perché il suo ha la batteria scarica e Sam le ha detto di non andare a prendere il caricatore nella sua stanza, perché è convinto che non serva, perché non crede che abbiano bisogno di velocizzare i tempi, che sarà una cosa breve, ma Ellie non ne è tanto sicura.
 
Per quanto siano rari i mostri che hanno un aspetto da bambini a prima vista, Ellie non ha mai sentito parlare di niente di simile, neanche sui libroni che le dava papà quando era alle prime armi e le diceva che doveva conoscere tutte le creature della notte esistenti. Ellie, prima di allora, non aveva mai immaginato che fossero così tante.
 
Ormai è sera inoltrata, o forse sarebbe meglio dire notte visto che sono passate le undici da un pezzo. La cosa più logica ormai – a parte andare a interrogare la mamma di Katey Sutter, ma dopo aver parlato con Neal Franklin risulta abbastanza inutile – è fare ricerche per cercare di capire cosa si nasconde dietro la brutale aggressione alla vittima. E per agire prima che ce ne siano altre, ovviamente.
 
«Siete sicuri che abbiamo fatto bene a lasciar libero Peter Minus? [7] Io lo avrei portato alla polizia per… per omissione di soccorso» Dean, sdraiato su quello che dovrebbe essere il suo letto con le gambe incrociate e un vecchio libro di creature mitiche tra le mani, come al solito aveva un’idea molto chiara di come trattare quel verme di Neal Franklin. Ellie si volta nella sua direzione e lui la guarda negli occhi «E non dirmi che non sai neanche chi è Peter Minus».
Lei sorride appena «Sì che lo so! Ho letto “Harry Potter”!»
«Ma non hai visto il film?» quando Ellie scuote la testa, un po’ sconsolata, lui porta la sua un po’ indietro, ridendo di gusto «Ecco, lo sapevo… era troppo bello per essere vero!»
Ellie arriccia le labbra in una smorfia imbronciata e si volta verso Sam che, invece, la guarda con aria interrogativa «Mi prende sempre in giro perché non ho mai visto tanti film in vita mia. Mi fanno dormire, è raro che riesca a vederne uno dall’inizio alla fine».
Sam le sorride comprensivo e punta gli occhi sul fratello «Piuttosto mi stupisce che tu abbia visto “Harry Potter”» che lo guarda con finto disappunto «È stato tempo fa, una volta che mi annoiavo. Che c’è di male?» Sam stringe le spalle sorridendo ancora, divertito «E ho guardato solo questo, fratellino. Tu “Pirati dei Caraibi” l’hai visto?» e scuote la testa a quella domanda, perplesso, sicuramente perché gli sfugge il collegamento che invece Ellie ha capito perfettamente. Dean sbuffa «Che palle, fate schifo. Vorrà dire che lo vedrai con noi quando avremo finito con questo caso, Sammy. E non azzardarti a dire di no».
 
Ellie ha notato che Dean è molto più se stesso ultimamente: più spigliato, più rilassato e tranquillo. Fa spesso battute come un tempo, ride e scherza e lei è felice di vederlo così. Forse il fatto che l’aria tra di loro è molto più distesa gli fa bene. È sempre più sicura che era per quello che era tanto scorbutico prima.
 
Sam alza le mani in segno di resa e sorride, portandosi poi il ciuffo di capelli che ha sempre sulla fronte più indietro. «Comunque, non vedo cosa potevamo fare per quel vigliacco di Neal Franklin. Se lo consegnavamo alla polizia locale l’avrebbero preso per pazzo. Tanto vale lasciarlo nei suoi casini, che a giudicare da tutti quegli scatoloni e dal modo in cui parlava di sua moglie sono tanti».
Dean sorride divertito «Giusto, non ci avevo pensato. Una donna incazzata è un male peggiore della galera». Ellie sorride e avrebbe tanta voglia di rispondere alla sua battuta, ma lascia stare perché hanno troppo da fare per distrarsi ancora.
 
Si volta nuovamente verso Sam che è tornato a pigiare dei tasti con un sorriso divertito a ridisegnargli le labbra sottili; poco dopo allarga gli occhi «Fermi, ho trovato qualcosa». Ellie gli si fa più vicina, avvicinando la sedia un pochino alla sua per poter leggere meglio «Credo si tratti di un Tiyanak» sia Ellie che Dean – che nel frattempo si è messo a sedere sul letto – lo guardano con aria perplessa «È una creatura originaria delle Filippine. Qui c’è scritto che solitamente prende le sembianze di un bambino appena nato e piange per attirare i viaggiatori. Quando la vittima lo prende in braccio, rivela la sua vera natura e la attacca per poi decapitarla».
Dean guarda il fratello impressionato «Però, non male per un neonato. E c’è scritto qualcosa su come si fa fuori questo stronzo?» Sam scuote la testa «Allora andremo con l’argento, di solito non sbaglia mai».
 
Ellie non fa in tempo a rispondere che il suo cellulare prende a vibrare nella tasca dei suoi pantaloni. Lo sfila da lì e lo prende in mano per poi premere il tasto verde; il numero che appare sul display è sconosciuto «Pronto?»
Dall’altra parte, arriva forte e chiaro il rumore di singhiozzi «S-sono… sono Lucy Sutter. Mia figlia è scomparsa».
 

[1] Piccolo riferimento a Lost dove sono famose le barrette “Apollo”, che avevano proprio questo involucro: sfondo blu e la scritta “Apollo” gialla e rossa.
[2] Sutter è un cognome preso in prestito da Kurt Sutter, creatore di Sons of Anarchy.
[3] Il film “Pirati dei Caraibi: La maledizione del forziere fantasma” è uscito nelle sale americane il 7 luglio 2006. L’anteprima, però, è avvenuta il 24 giugno dello stesso anno, perciò suppongo che Dean possa essere a conoscenza dell’imminente uscita del film nei cinema (considerando soprattutto che questo capitolo è ambientato nei primi di giugno del 2006).
[4] I cognomi falsi questa volta sono presi in prestito rispettivamente da Bob Seger e Patti Smith.
[5] Piccolo omaggio a Katey Sagal, interprete di Gemma Teller-Morrow in Sons of Anarchy e moglie del già citato Kurt Sutter.
[6] Nella prima stagione, prima che andasse distrutto nell’incidente della 1x22 “Devil’s trap”, il computer che aveva Sam aveva questo aspetto.
[7] Peter Minus è un personaggio che compare per la prima volta in Harry Potter nel terzo capitolo della saga, “Il prigioniero di Azkaban”. Dei quattro maghi che avevano creato la Mappa del Malandrino, è il più vigliacco e viscido, così tanto da trasformarsi in topo per sfuggire alla morte.

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Capitolo 10
*** Coming home ***


Note: Eccomi qui! :D
Perdonate il ritardo, ma è stata una giornata a dir poco di fuoco e sono riuscita a farmi viva solo adesso.
Ecco a voi un altro capitolo a me molto caro.
Come ho scritto in qualche risposta a qualche recensione, spero di star facendo un buon lavoro con questa storia, soprattutto con Dean. Muoverlo in certi contesti è davvero difficile e mi fa sempre sudare freddo. Mi aspetto sempre di ricevere pomodori, prima o poi; per il momento non è successo, quindi già devo ritenermi fortunata XD
Ringrazio come sempre chi segue, chi commenta ma anche chi legge silenziosamente. Sappiate che, in caso vogliate dire la vostra, non verrete morsi dai cani rabbiosi, quindi fatevi pure avanti! XD
Scherzi a parte, ogni commento è prezioso e mi aiuta a migliorare e a farmi capire se sto andando nella giusta direzione. Non siate timidi! ;)
Vi mando un abbraccio stritolante e vi auguro un buon proseguimento di settimana. A mercoledì! :D

Capitolo 10: Coming home
 
But I know, no matter what it takes
I'm coming home
I'm coming home
Tell the world I'm coming home
Let the rain wash away
All the pain of yesterday

 
(Coming home (Part II) – Skylar Grey)
 
 
Non appena Ellie ha riferito della telefonata di Lucy, la moglie della vittima, ai ragazzi, tutti e tre si sono precipitati di corsa a casa Sutter per capire cos’è successo. Era sconvolta ed Ellie non riusciva a capire una parola di quello che stava dicendo, così hanno visto bene di prendere la macchina e recarsi direttamente all’indirizzo della sua abitazione.
 
La donna – asciutta e in forma per i suoi cinquant’anni, i capelli tinti di un castano scurissimo e il trucco nero sbavato sul viso – siede sul divano di fronte a loro, disperata, e sembra quasi faticare a stare ferma, le gambe che le tremano forte e non riesce tanto bene a stringere il fazzoletto che ha tra le mani, visto che anche quelle sono scosse vistosamente da forti tremiti.
 
Dean, vestito con i suoi soliti abiti e non da agente, così come Sam ed Ellie, si passa la lingua sulle labbra «Può spiegarci cos’è successo, signora Sutter?»
Lei tira su col naso e non lo guarda, le dita tremolanti della mano destra a sorreggerle la testa «Oggi sono stata a parlare con l’agenzia delle pompe f-funebri e dal… dal parroco della nostra parrocchia per adoperarci per il funerale di m-mio marito».
«Ha fretta di seppellirlo?» lo sguardo di fuoco che riceve sia da Sam che da Ellie sicuramente non gli fa pensare di essere stato indelicato, lei ne è certa.
Lucy Sutter, invece, non sembra curarsi troppo del suo sarcasmo «No, ma sono m-molto religiosa e ci… ci tengo che abbia una degna sepoltura» si porta il fazzoletto al naso per soffiarlo e poi riprende il racconto da dove l’ha lasciato «Katey doveva aspettarmi qui, ma q-quando sono t-tornata non l’ho trovata. C’era solo questo bigliettino» rigira tra le dita lo stesso rettangolino di carta bianca che Ellie le aveva consegnato stamattina per poi appoggiarlo sopra al divano, dove l’aveva posto prima di sollevarlo «Era sopra il tavolo della c-cucina e io ho p-pensato—»
«Ha pensato di chiamarci per avvisarci» Ellie prende la parola, tentando di mostrarsi gentile «Sua figlia non risponde, immagino».
La signora scuote la testa «Ho t-telefonato anche alle sue amiche, n-nessuna sa dove sia. Io sono… sono preoccupata perché questa cosa di suo padre… »
«Stamattina, quando siamo passati, era molto scossa. Non ha voluto dirci nulla».
La donna tira le labbra in una linea sottile, qualcosa che, a giudicare dalla lucidità dei suoi occhi, si trasformerà in pianto molto presto «E-erano molto legati. Spesso discutevano perché avevano lo stes-so carattere, m-ma si… si adoravano» porta il fazzoletto alla bocca «È davvero un brutto colpo per lei».
 
Ellie stringe i denti, facendosi forza in questa situazione che, per certi versi, le è fin troppo familiare. «Ha qualche idea di dove possiamo trovarla?»
Lucy Sutter scuote la testa ancora una volta, quasi stringendosi in se stessa, le gambe che continuano a tremarle vistosamente. La guarda negli occhi che sono marroni e pieni di disperazione «Riportatemela salva a casa, non vi chiedo a-altro» e quelle parole sono così intense e significative per Ellie, come un richiamo a un evento lontano e mentre guarda quella donna abbandonarsi alle lacrime non può non riflettere su come avrebbe reagito lei se fosse al posto di Katey Sutter. E proprio per questo sa esattamente dove trovarla.
 
*
 
La notte è densa e scura, una compagna fedele per chi ha bisogno di nascondersi. Ellie ne aveva tanto fino a qualche settimana fa, quando si sentiva così avvolta dalle tenebre che passava intere nottate a vegliare fin quasi all’alba, affacciandosi alla finestra per lunghi minuti per non farsi sfuggire neanche un istante di tutta l’oscurità che la circondava. Non era una sensazione piacevole, ma fuori c’erano tutte le sue responsabilità, tutta la pressione che sentiva su di sé e, quando aveva bisogno di una boccata d’aria, non c’era niente di meglio che aprire la finestra della stanza, accendere una sigaretta e osservare il cielo tetro finché non la finiva per poi riprendere il lavoro di ricerca – quella del mostro che le ha portato via il papà – da dove l’aveva lasciato qualche minuto prima.
 
«Come fai a essere così sicura che Katey Sutter si nasconda nel bosco?» la voce di Dean taglia il silenzio e i suoi pensieri come una lama, il suo tono asciutto ma leggermente irritato.
Sam, seduto con lui sul sedile anteriore dell’Impala in corsa, si volta nella sua direzione e la guarda con attenzione. Ellie fa un grosso sospiro «Non c’è un perché. Lo so e basta».
Dean rimane in silenzio per qualche istante, come ad assaporare quella risposta e a rifletterci su, ma Sam è più veloce. «È quello che faresti tu?» Ellie lo guarda, incerta sul da farsi – perché anche Dean la sta adocchiando dallo specchietto retrovisore e non è confortante avere tutti questi occhi addosso – «Per tuo padre, tu—»
«Sì, è ciò che farei io. Sono sicura che è andata lì, che… che sul luogo del delitto troveremo lei e il mostro che ha fatto fuori Jacob Sutter. Anzi, muoviamoci, prima che ci rimetta la pelle anche lei».
«E se ti sbagliassi?» la domanda di Dean è più che lecita, ma Ellie è più che convinta di avere ragione. «Fidati. Sono sicura» deglutisce e prende un respiro «E se mi sono sbagliata tanto meglio. Insomma… magari vuole solo stare da sola, non vuole farsi trovare e non corre alcun pericolo, ma ho il presentimento che sia l’esatto contrario».
 
Dean tiene gli occhi sulla strada e ingrana la marcia senza aggiungere altro; Ellie sa che la sua è un’idea potenzialmente sbagliata, ma è da stamattina, quando hanno interrogato quella ragazzina apparentemente arrogante e poco incline al dialogo con chi indossa un’uniforme, che ha la sensazione che qualcosa le accomuna e forse ora l’ha capito: l’attaccamento che avevano al loro padre defunto. Ellie sa quanto questo possa essere pericoloso, fin dove ci si può spingere per aiutare la propria famiglia, anche – e forse soprattutto – quando questa è divisa in mille pezzi.
 
Ricorda la sensazione che sentiva addosso quando è riuscita a rintracciare papà dopo quel litigio furioso.
Bobby l’ha aiutata in quell’occasione – una delle tante in cui Ellie ha avuto bisogno di lui e non gli sarà mai grata abbastanza per questo – e c’era una tensione particolare, qualcosa di così pesante da far sentire Ellie come un verme, da farle pensare di aver sbagliato tutto quando se l’è ritrovato davanti che la guardava con gli occhi furiosi. Ricorda le sue parole – sei qui perché ti sei stancata di fare la cameriera? – e il modo in cui la osservava, con una rabbia addosso che sarebbe uscita fuori da un momento all’altro ed Ellie tremava, tanta era la paura che l’avrebbe cacciata via di nuovo, perché poi non ci sarebbe stata nessun’altra occasione per riconciliarsi con lui. Ricorda anche quanto le facesse male quel pensiero e quanto è rimasta stupita quando, invece, papà le ha detto di restare, di vedere se aveva imparato qualcosa da tutta quella faccenda e quanto il suono di quelle parole fosse sembrato bello e armonioso, un toccasana perché credeva di non avere più alcuna speranza con lui. Anche se il suo tono era di tutt’altro avviso, ma Ellie non ci badava, fingendo che tutto andasse per il meglio perché convinta che era già un miracolo che l’avesse ripresa con sé; farsi altre domande equivaleva a buttare quell’occasione all’aria.
 
Ricorda anche quanto le ha fatto male vederlo in fin di vita, quando la stessa speranza che nutriva – che sarebbero diventati una famiglia perché si stavano unendo di più, perché parlavano al contrario di quanto era accaduto in quei tre anni che avevano vissuto da soli e quando chiedeva aiuto a John Winchester – è morta con lui, quando ha stretto il suo corpo senza vita tra le braccia con la consapevolezza che avrebbe voluto dirgli tante cose ma non ne aveva mai avuto il coraggio e non ne avrebbe più avuto la possibilità ora che il suo respiro era cessato e i suoi occhi erano vitrei e vuoti.
 
Per questo comprende il comportamento di Katey Sutter, per questo crede di aver capito dove si trova. E quella che ha in mente, comunque, è una delle ipotesi peggiori, perciò se quella ragazzina in realtà è a farsi un giro perché vuole stare da sola tanto meglio. L’importante è che non sia finita tra le fauci del mostro-bambino.
 
La strada è lunga fino alla riserva naturale ma Dean preme l’acceleratore il più possibile – forse si è convinto che Ellie possa avere ragione, chissà – e riescono ad arrivare velocemente a destinazione.
Smontano dall’Impala e Dean si fionda verso il bagagliaio, alzando il doppio fondo dove nasconde tutto l’arsenale di armi sue e di suo fratello e bloccandolo con un fucile per far in modo che non si chiuda. Ellie e Sam lo raggiungono in fretta e Dean allunga al fratello un machete e un fucile a pallettoni.
«Non abbiamo idea di che arma uccida il bastardo, giusto?» Sam annuisce «Allora prendiamo un po’ di tutto».
 
Dean prende un vecchio borsone e ci infila dentro tutto ciò che pensa possa essergli utile – un paio di fucili, coltelli con lame diverse di varia misura e un altro machete – e chiude velocemente il bagagliaio che con un tonfo raggiunge la lamiera combaciante.
 
Sam ha in mano la mappa della riserva – presa di nascosto da Dean da casa di Neal Franklin durante la loro visita –, così da potersi orientare, e cammina davanti insieme ad Ellie che tiene una torcia per fare luce; Dean parla per primo dopo molti istanti silenziosi «Non credo abbia senso dividerci. Anche perché… beh, se Ellie avesse ragione, troveremmo il mostro e la ragazza insieme, giusto?» lei annuisce «Ok. Chiaramente il lavoro sporco lo faremo io e Sam, tu occupati della ragazzina» ed Ellie ha un brivido a sentire quelle parole, così forte che la scuote interamente, perché quella situazione comincia ad esserle fin troppo familiare: il bosco, gli alberi fitti nella notte scura, il salvataggio, occupati tu del ragazzo e portalo al sicuro ed Ellie deve faticare parecchio a rimanere concentrata sul cammino da percorrere perché sente quasi la testa girarle a ricordare quella notte lontana eppure così viva nella sua memoria e si ferma un solo istante, chiudendo forte le palpebre e respirando a pieni polmoni. Si accorge che i ragazzi hanno fatto lo stesso quando non sente più il rumore dei loro passi; sente una mano afferrarle il braccio destro e scuoterla un po’ e non ha dubbi che sia Dean a farlo. Infatti, quando apre gli occhi lo trova lì a guardarla preoccupato.
«Che c’è? Che succede?»
Ellie scuote la testa, abbassando lo sguardo. Vorrebbe dirgli qualcosa, ma le parole non riescono a uscirle dalla bocca e, comunque, non ne ha il tempo: un grido squarcia il silenzio della notte ed Ellie guarda Dean allarmata solo un istante prima di cominciare a correre dietro di loro nella direzione da cui proviene.
 
È una voce femminile – l’ha sentita bene – ed Ellie non ha idea di quanto corrano e dei secondi che passano quando si trova davanti un’immagine piuttosto preoccupante: Katey Sutter è lì, in preda al panico con gli occhi spalancati, immobile con i piedi ben piantati a terra mentre guarda quell’essere deforme – rugoso, la pelle grigia e gli occhi rossi, i denti aguzzi e le unghie delle piccole mani che sono come artigli affilati, corte ma appuntite come le unghie dei gatti [1] – seduto a terra che le ringhia contro.
 
La ragazza urla ancora, indietreggiando con passi incerti ed Ellie corre verso di lei mentre i ragazzi si avventano sul mostro che li fissa, gli occhi iniettati di sangue. Ellie afferra una mano di Katey che si volta a guardarla, visibilmente impaurita, e sembra quasi che non sappia cosa fare, immobilizzata dalla paura che le paralizza le gambe.
Ellie la guarda negli occhi «Ce la fai a camminare?» e la ragazza è titubante nel dirle di sì ma poi lo fa ed Ellie la strattona, portandola più in là per rifugiarsi dietro a un albero.
Non se la sente di lasciarla da sola perché è spaventata e trema come una foglia mossa dal vento; la stringe a sé, cercando di darle calore e protezione ma soprattutto di non farle guardare lo spettacolo da cui invece Ellie non riesce a staccarsi: il Tiyanak che salta addosso a Dean, graffiandogli il viso, e Sam che glielo toglie di dosso con forza con entrambe le mani e lo butta nuovamente a terra. Il Tiyanak ringhia ancora – un suono stridulo e penetrante – e Sam gli spara ma questo non sembra fermarlo, perché il mostro gli si avvicina e lo guarda con quegli occhi di fuoco e attaccherebbe anche lui se Dean non fosse così veloce da dargli un calcio e farlo sdraiare sul suolo di foglie e tagliargli la testa con uno dei machete che aveva portato con sé.
 
Respira forte mentre fissa il mostriciattolo ormai tagliato in due «Ce l’hai fatta a crepare, brutto figlio di puttana!» Ellie lo guarda alzare gli occhi sul fratello; anche lui ha il respiro corto e lo osserva perplesso «Che c’è? I proiettili non sembravano funzionare, così ho pensato che gli piacesse morire nello stesso modo in cui lui ammazza la gente. Come vedi c’ho preso» Sam scuote la testa sorridendo e, a giudicare da come lo guarda – la fronte aggrottata e gli occhi più piccoli – Dean non sembra comprendere il perché del suo gesto.
Quel momento dura poco, comunque, perché poi entrambi si dirigono verso Ellie e Katey, ancora stretta a lei che le accarezza la schiena cercando di calmare i suoi singhiozzi.
«State bene?» è Sam a parlare ed Ellie annuisce mentre la ragazzina si scosta; ha gli occhi lucidi e gonfi di pianto e anche lei fa cenno di sì con la testa dopo qualche attimo di titubanza.
 
Dean le si avvicina – quattro lunghi graffi sanguinanti sulla guancia sinistra – e la guarda negli occhi «Dobbiamo occuparci del cadavere di questo… coso. Tu—»
«Porta la ragazza in macchina. Lo so» sorride amara – i ricordi sempre più vivi e pungenti nella sua mente –; Dean la osserva ancora ed Ellie ha la vaga idea che abbia intuito qualcosa, ma non è di certo questo il momento di affrontare il discorso.
 
Le porge le chiavi dell’Impala ed Ellie ringrazia con un sorriso mesto, poi appoggia una mano sulla schiena di Katey Sutter e la scorta fino alla macchina, facendola accomodare sul sedile posteriore; apre il bagagliaio e ne estrae la coperta che Dean ci tiene sempre. Lo richiude e va a sedersi accanto a Katey, avvolgendole il plaid addosso; la ragazza lo afferra per i lembi, le labbra ridotte a una linea sottile. Fortunatamente si erano muniti di una torcia in più, altrimenti avrebbe dovuto lasciare i ragazzi senza o viceversa.
 
La ragazzina ha gli occhi puntati verso la pelle del sedile, le guance rigate dalle lacrime ed Ellie si lecca le labbra prima di trovare il coraggio di dirle qualcosa. «Hai avuto paura?» a quella domanda, lei annuisce; non che avesse dubbi, ma Ellie proprio non sapeva come rompere il ghiaccio. «Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere quel mostro. Era un—»
«È stato lui a u-uccidere mio padre, v-vero?» Katey Sutter la guarda intensamente, gli occhi marroni annacquati da un mare di lacrime.
Ellie annuisce, le labbra strette «Perché sei venuta nel bosco? Tua madre era preoccupata per te».
«Volevo… volevo capire» la ragazza prende fiato, tirando su col naso «Papà è venuto qui centinaia di volte per lavoro e non… non riuscivo a comprendere come fosse p-possibile» scuote appena la testa, puntando lo sguardo altrove «A-abbiamo litigato quella sera, perché volevo u-uscire e lui… lui non… non voleva» tira nuovamente su col naso, aggrottando la fronte ed Ellie comprende che è nuovamente sul punto di piangere «Mi sento così… c-così in colpa, non sono n-neanche riuscita… a c-chiedergli scusa».
Ellie tira le labbra in una linea sottile «Capita di discutere. Non devi sentirti in colpa di nulla» la ragazza la fissa, gli occhi grandi «Può… può sembrarti una frase fatta, ma col tempo starai meglio. Te lo assicuro». Glielo dice anche se non ne è tanto convinta perché, nonostante per lei ne sia passato un po’, si sente ancora in colpa per suo padre. E non solo per non essere riuscita a salvarlo.
 
Katey Sutter continua a scrutarla intensamente ed Ellie è sicura che vorrebbe chiederle qualcos’altro, ma non ne ha il tempo perché entrambi gli sportelli anteriori dell’Impala si aprono e Sam e Dean si siedono puntando poi gli occhi verso di loro. Sam sorride a Katey «Ti portiamo a casa, va bene?»
Lei annuisce e Dean mette in moto. Il rombo gioioso dell’Impala si espande nell’abitacolo e Katey si sporge un po’ verso i ragazzi, osservando prima Sam poi Dean e viceversa. «Quindi voi… voi non siete dell’FBI, vero?»
Dean sorride sghembo «Non siamo neanche parenti con quegli stronzi, ma ogni tanto ci piace metterci nei loro panni».
 
*
 
Sono già passati un paio di giorni da quando hanno portato a termine il caso di quel mostriciattolo. Dean potrebbe giurare di non aver mai visto qualcosa di tanto orripilante; neanche il mostro spaventapasseri che lo ha attaccato qualche mese fa, che pensava fosse una delle creature più brutte mai incontrate [2], riuscirebbe a batterlo in una gara di bruttezza.
 
I segni sulla sua faccia non sono ancora spariti, nonostante li abbia disinfettati a lungo – e perché Ellie ha insistito, altrimenti avrebbe lasciato stare, in fondo sono solo graffietti –, ma è la cosa che lo preoccupa di meno, al momento.
 
Si trova in una videoteca a Cassville, una cittadina al confine tra il Wisconsin e l’Iowa, distante un paio d’ore da Baraboo – perché, per la solita regola dei cacciatori, hanno preferito spostarsi –, per noleggiare il famoso film da vedere insieme a Ellie e a suo fratello. Dean crede che se lo siano meritati, visto che hanno risolto brillantemente il caso del mostriciattolo dal nome impronunciabile in un solo giorno ed è una cosa da record. Aveva sempre pensato che avrebbero formato una grande squadra tutti e tre insieme e questa faccenda, oltre a inorgoglirlo un sacco, gli ha dato ragione, perché ognuno ha fatto qualcosa e tutti insieme sono riusciti a risolvere il problema nel minor tempo possibile. Magari non sarà così per casi più complessi, ma intanto è felice di questo risultato.
 
Quando hanno riportato Katey Sutter da sua madre, lei la stava aspettando a braccia aperte – Ellie e Sam avevano convenuto che era meglio avvertirla per telefono per dirle che sua figlia stava bene e che era tutto a posto per tranquillizzarla – e ha pianto di gioia quando ha visto la figlia scendere dalla macchina e andarle incontro con le sue gambe. Tra l’altro, in macchina Katey si è anche scusata con lui ed Ellie per l’atteggiamento scorbutico con cui li aveva accolti quella mattina e a Dean ha fatto piacere, visto che non gli dispiace mai quando qualcuno a cui salva il culo gli dice grazie.
Tutto sommato, ha dovuto ricredersi, perché Ellie aveva ragione: quella ragazzina era solo scossa per la morte del padre, il che è del tutto comprensibile. Poi Ellie ha raccontato a lui e a Sam di cosa avevano parlato mentre i fratelli chiudevano i due pezzi del cadavere in un sacco nero e gli davano fuoco e il tutto ha acquistato ancora più senso.
 
Dev’essere successo qualcosa che fatica a comprendere, però, perché invece Ellie è tutto meno che tranquilla. Da quando hanno risolto questo caso, è tornata a essere strana, fredda: è più taciturna, più schiva e Dean crede di aver intuito qualcosa ma non ne è sicuro e, per quanto vorrebbe farle delle domande, non ne fa, perché ormai ha capito che Ellie non le gradisce e che quando avrà voglia di parlarne lo farà da sola, ma ciò non toglie che è parecchio preoccupato.
 
Un paio di sere fa, dopo aver riportato la ragazzina a casa, i tre sono tornati al motel e i fratelli hanno deciso di riposarsi almeno due o tre ore – tra tutto si erano già fatte le tre del mattino – per poi fare i bagagli e partire alla volta di un posto nuovo. Sam ha invitato Ellie a rimanere con loro per la notte, che il tempo era talmente poco che non le conveniva andare di là e stare da sola, ma lei ha stretto le spalle – gli occhi spenti e lontani, distratti – e ha detto di dover andare in bagno. Così, è svicolata nella sua stanza, ma dopo tanto non tornava e Dean è andato a controllare, anche per congratularsi per come aveva risolto la faccenda e per aver avuto un ottimo intuito ma, quando lei gli ha aperto la porta, l’ha trovata stravolta e distrutta – il volto pallido, gli occhi bagnati di pianto e l’alito che puzzava di vomito – e gli ha rivolto sì e no la parola, dicendogli che era stanca e voleva mettersi a dormire perché non si sentiva bene. Ha provato a imbambolarlo con la storia delle mestruazioni, ma Dean non è nato ieri e sì, non sarà un ginecologo, ma già quando erano nel bosco, prima di trovare il maledetto Tiyanak, l’aveva vista vacillare, fermarsi e stringere le palpebre forte come se stesse per svenire o sentisse che qualcosa non andava e potrebbe dipendere dal fatto che non era nella sua forma solita, ma Dean ci crede poco. Il fatto che poi, per tutto il tempo in cui è rimasto sveglio, la sentiva singhiozzare – gli dava le spalle, sdraiata di lato in quel letto che, data la loro distanza fisica, a Dean sembrava enorme –, la schiena che tremava appena scossa dal pianto, ha confermato tutti i suoi sospetti. Dean avrebbe tanto voluto avvicinarsi e stringerla, come aveva fatto la notte in cui aveva avuto quel tremendo incubo, ma si è ricordato di come lei aveva reagito e si è limitato a tirarle su le coperte e a rimanere vigile finché non l’ha sentita calmarsi e dormire, come chissà quante volte da quando gli permette di dividere il letto con lei.
 
Ieri, poi, in macchina non ha detto niente per tutto il viaggio e quando sono arrivati si è rintanata nella sua stanza fino all’ora di cena quando ha deciso di farsi vedere e passare un po’ di tempo insieme a Sam e Dean, ma era sempre diversa dai giorni precedenti.
 
Dean sa bene che c’è ancora tanta strada da fare prima che Ellie torni a essere quella che era, la ragazza spigliata e allegra che gli ha rubato il cuore, ma gli sembrava che le cose andassero meglio ultimamente e questo brusco peggioramento del suo umore lo preoccupa. Spera che sia qualcosa di passeggero, che un qualche fantasma del passato – senza dubbio legato a suo padre – la tormenti solo per un po’ e che poi torni a essere se stessa, o che almeno ci provi. Si era quasi convinto che la tempesta stesse passando e ne era così contento, perché rivedere Ellie ridere – anche se era sempre per una manciata di secondi – era una gioia per lui.
 
Sospira forte e afferra il dvd di “Pirati dei Caraibi” che stava fissando probabilmente da un quarto d’ora avvolto in tutta quella nube di pensieri e si dirige verso la cassa, porgendolo alla commessa – bruttina e insignificante, con i capelli raccolti in una coda scompigliata e il naso adunco – insieme alla sua falsa Mastercard. E pensare che probabilmente non le restituirà mai neanche il dvd.
 
Trova Sam ad aspettarlo fuori dal supermercato a fianco alla videoteca con una busta di plastica in mano e l’aria irritata; erano d’accordo che lui sarebbe andato a prendere il film mentre Sammy faceva scorta di popcorn, patatine e tutte le schifezze necessarie per gustarselo. Sam allarga le braccia «Ma quanto ti ci è voluto?» e Dean stringe le spalle «L’avevano messo in uno scaffale in fondo al negozio, non riuscivo a trovarlo» mente e non gli importa se il fratello se ne accorga o meno.
 
Salgono sull’Impala e si dirigono velocemente al motel. Il supermercato era aperto fino alle nove e hanno cenato da un po’ – Dean e Sam perlomeno, Ellie ha mangiato un panino striminzito e neanche tanto farcito perché c’erano dentro solo quattro o cinque fette di salame e altrettante di formaggio – e gli sembra il momento più opportuno per vedere il film, così da andare a letto presto per una volta.

Tra il viaggio, il caso lampo e tutto il resto Dean si sente stanco, ma non ha intenzione di rinunciare alla serata “cinema fai da te” di casa Winchester, perché l’ha promesso a Ellie ed è convinto che il film possa piacerle. Magari l’aiuterà a distrarsi.

Sammy si schiarisce la voce dopo qualche minuto di silenzio. «Ho preso anche le caramelle gommose. Sai se ad Ellie piacciono?»
Dean stringe le spalle, gli occhi puntati sulla strada «Non lo so, ma credo di sì. Il dolce con lei va sempre bene».
Sente Sam sorridere «Bene, perché ho preso anche il gelato».
«Quello lo adora» si morde appena il labbro inferiore mentre un paio di pensieri gli corrono veloci nella testa e non riesce a tenerli per sé. «Grazie, Sammy. Per quello che… che stai facendo per Ellie. E per me» si volta un attimo nella direzione del fratello e lo trova a fissarlo con un’espressione interrogativa dipinta sul viso. Mette la freccia ed entra nel parcheggio del motel – il supermercato non era distante, avrebbero potuto andarci anche a piedi ma non ne avevano voglia – e posteggia la macchina davanti alla porta della loro stanza. Spegne il motore e si volta di nuovo a guardare suo fratello, prendendo fiato «Non ho dimenticato che dobbiamo cercare papà e, davvero, voglio trovarlo anch’io, però… però Ellie sta male e io… »
Sam tira le labbra in una linea sottile «È successo qualcosa, non è così? Durante il caso dell’altro giorno».
Dean annuisce, puntando gli occhi verso una delle porte perché al pensiero che Ellie sta così gli si aggroviglia lo stomaco e non ce la fa a reggere lo sguardo di Sam. «C’è qualcosa che non va anche se non ne parla e non so più come fare per aiutarla» scuote appena la testa, passandosi una mano sulla bocca «Ma mi dispiace se pensi che non m’importa di papà o di quello che è successo a te per la storia delle visioni e tutto il resto. Vorrei cercare di non scontentare nessuno, però—»
«Però lei ha la priorità per te in questo momento. Lo capisco» Dean si volta nuovamente, perplesso. Gli occhi di Sam sono buoni e comprensivi e il suo sorriso – seppur lieve – è rassicurante, com’è sempre stato fin da quando erano piccoli, quando Sammy era tutto il suo mondo. «Io non penso niente, non farti problemi. Pensa a starle accanto, ne ha più bisogno di me».
«Ma tu—»
«Io sto bene. Smettila di preoccuparti per me» glielo dice con un tono gentile e Dean capisce che il suo non è un rimprovero, ma aggrotta le sopracciglia, rimanendo comunque un po’ perplesso «Sei mio fratello, non posso smettere di preoccuparmi per te» e Sam gli sorride con un po’ più di entusiasmo «Ok, ma sta tranquillo. Pensa a lei adesso, ne ha più bisogno».
 
Dean annuisce ancora e vorrebbe ringraziarlo nuovamente, magari con più slancio, ma le parole non gli escono dalla bocca e preferisce optare per una battuta, che magari riuscirà a stemperare l’aria seria che si è creata nell’abitacolo; sorride per prenderlo in giro «Ellie ti è simpatica, eh? Scommetto che per un’altra non avresti fatto così. Mi avresti voluto tutto per te».
Sam scuote la testa roteando gli occhi «Sì, mi piace, perché è una cara ragazza. Per una volta ne hai scelta una con grazia».
Dean aggrotta la fronte, guardandolo con finto disappunto «Che vorresti dire?»
Sam apre lo sportello e mette una gamba fuori dalla macchina «Niente. Vai a chiamarla, dai, che intanto preparo da mangiare e metto su il film».
 
Anche Dean scende dall’Impala e chiude la portiera qualche istante dopo suo fratello – la lamiera nera e lucida che sbatte contro il resto della carrozzeria – e si avvia verso la stanza di Ellie mentre Sam entra nella sua e si chiude la porta alle spalle.
 
Dean bussa un paio di volte e, con sua sorpresa, non trova risposta. Bussa ancora, perplesso – perché Ellie sapeva che sarebbero andati a prendere il film per poi vederlo insieme e aveva detto che li avrebbe aspettati qui – e lei continua a non rispondere. Si allontana di qualche passo, guardando il bordo inferiore della porta per vedere se c’è luce, ma è tutto spento, come se non ci fosse nessuno all’interno.
 
Sospira forte e tira fuori il cellulare dalla tasca della giacca di pelle per chiamarla. Compone il numero – lo sa praticamente a memoria dopo tutte le volte che si sono sentiti nei mesi che lei ha trascorso con Jim – e alza gli occhi, lo sguardo rivolto al parcheggio del motel. Ascolta i vari squilli e non ottiene alcuna risposta, così tenta un’altra volta, gli occhi sempre fissi al parcheggio e questo gli permette di notare qualcosa a cui quando è sceso dalla macchina non aveva fatto caso.
Il motel che si sono scelti non dà proprio sulla strada, o meglio, prima del parcheggio, dalla statale si vede un piccolo pezzo di prato su cui è situata una panchina. È isolata e non darebbe nell’occhio se non ci fosse un lampione poco più in là a illuminare quel pezzetto di verde in mezzo a tutto quel cemento. Dean chiude la chiamata e si avvicina, scorgendo una figura seduta sulla panchina; da lontano sembra una ragazza che indossa una felpa rossa – la sera fa sempre fresco da queste parti nonostante l’estate sia sempre più vicina – e, man mano che si accosta, si rende conto che il suo intuito ha fatto centro.
 
Si avvicina ancora – i passi lenti e quasi incerti mentre rimette il telefono al suo posto – e riconosce la figura di Ellie e i suoi capelli sciolti e morbidi. Non capisce perché se il suo intento era nascondersi si è scelta proprio quel posto – che è di fronte al motel, quindi visibile –, ma forse, invece, si è messa lì per farsi trovare.

Quando è così vicino da toccarla rimane in piedi dietro di lei che ha la schiena curva e muove ripetutamente un piede sul terreno accanto alla panchina dove l’erba è più rada, tracciando dei piccoli solchi. Lì vicino, Dean nota un mozzicone di sigaretta e sbuffa, temendo sia di Ellie. È un po’ che non la vede fumare, sperava ci avesse dato un taglio.
«Credevo avessi smesso».
Lei si volta immediatamente a quelle parole; a giudicare da come lo guarda, sicuramente non si era accorta della sua presenza. Fissa il terreno, come a voler capire cosa Dean sta cercando di dirle, e quando vede il mozzicone si gira ancora e gli sorride appena «Non ho mai cominciato, Dean. E quello non è mio».
Lui decide di crederci – perché su questo Ellie non ha mai raccontato balle e non vede alcun motivo perché dovrebbe cominciare a farlo adesso – e le siede accanto, cercando di non andarle troppo vicino per non invadere il suo spazio. Vuole che sia lei a permettergli di starle più o meno a fianco, perché ha notato che ultimamente ha qualche problema con il contatto fisico.

Piega leggermente la schiena in avanti, i gomiti ben piantati sulle cosce e le mani congiunte di fronte a lui. «Non vieni a vedere il film?»
Ellie abbassa la testa e annuisce «Tra un attimo. Qui c’è una brezza fresca, mi aiuta a pensare».
Dean la osserva con attenzione; gli sembra di avere davanti una bambina spaventata e sola e quest’immagine gli fa così tenerezza che deve trattenersi davvero tanto per non cedere alla tentazione di allungare le braccia e stringerla forte al petto.

Decide di prendere fiato e farsi coraggio, perché Ellie non è più se stessa e ha sempre questo sguardo perso e spento, profondamente triste e Dean vuole fare qualcosa per aiutarla. È stanco di vederla così ed è convinto che il silenzio non l’aiuterà a riprendere in mano la sua vita. È vero che lui, quando ha qualcosa che lo preoccupa, preferisce tacere anziché scaricare i suoi problemi addosso ad altri, ma sa che Ellie è diversa – perché parlava, una volta, anche troppo – e non è convinto che continuare a far finta che il problema non esista la farà sentire bene. «Che succede, Ellie? Mi sembrava che stessi meglio».

Lei solleva le gambe e piega le ginocchia, i piedi sulla panchina umida, e le circonda con le braccia per portarsele al petto; sorride amara «Credevo anch’io. Forse mi sono sbagliata». Dean deglutisce ed Ellie appoggia il mento sulle ginocchia, osservando un punto lontano all’orizzonte, proprio di fronte a lei; torna seria e sospira «Mi sento molto ingiusta, sai?» si volta verso di lui «Perché stai cercando di aiutarmi e non ti do modo di starmi accanto come vorresti. Mi dispiace tanto per questo». Dean la guarda e lo sa che è sincera, glielo legge negli occhi. «Un paio di settimane fa, quando sei venuto a prendermi a Morrill e giuro di non aver ancora capito perché l’hai fatto, mi hai detto che ho paura di qualcosa. In realtà, ho paura di più di una cosa e se non fossi tanto determinata nel voler ritrovare quella merda che ha ucciso papà me ne sarei già tornata a Buckley a gambe levate. Me ne sarei fregata di tutto, anche di te» non c’è freddezza nella sua voce appena tremante, solo tanta rabbia e Dean ormai ha capito da un po’ che quando è arrabbiata dice cose che non sempre pensa. Inconsciamente, spera che questa sia una di quelle volte. La guarda serio, aspettando che finisca e che gli dica tutto prima di parlare a sua volta. «Perché ho paura di così tante cose e questa vita… Dio, non so davvero come abbiate fatto tu e Sam a crescere con tutte queste… queste idee, con il coraggio di affrontare tutti i casini soprannaturali di cui è pieno il mondo. Vi ammiro tanto, io… » tira su col naso e Dean si rende conto che in questi giorni non ha mai parlato così tanto, che adesso sta andando praticamente a ruota libera, perciò la lascia continuare, sperando che tiri fuori il vero nocciolo della questione e che si sfoghi sul serio. «Io non riesco a essere vigliacca e a far finta che queste cose non esistano, ma non… non so se avrò sempre la forza per affrontare tutto questo» scuote la testa e poi alza il capo verso l’alto, fissando il manto scuro sopra le loro teste. «Insomma, c’è tanta gente che ha bisogno di aiuto, ma mi chiedo quando qualcuno si renderà conto che ne abbiamo bisogno anche noi».
 
C’è rabbia nella sua voce, forse verso se stessa o l’universo o qualcosa di simile, ma Dean non pensa che sia verso di lui. O almeno lo spera. Prende fiato «Sei arrabbiata» non riesce a dire di più di questa semplice affermazione ed Ellie si volta di nuovo a guardarlo. «Sì. Perché ci meritiamo molto di più da questa vita del cazzo».
Dean si passa la lingua sulle labbra, osservandola ancora. Ha l’impressione che abbia bevuto un po’, ma non ne è certo, perché anche se sa riconoscere una persona ubriaca non gli sembra questo il caso. Ellie è diversa da come è stata negli ultimi giorni, però; forse è la rabbia a renderla così.
 
«Anche papà meritava di più. Non era un santo, è vero, e forse non è finito in Paradiso, ma… » sospira forte, passandosi le dita sugli occhi; poi sorride amara e abbassa la testa, poggiando i piedi a terra e stringendo forte con entrambe le mani il bordo della panchina e Dean, mentre la guarda, è certo che è in procinto di scoppiare. «L’ultimo caso che abbiamo seguito insieme era simile a quello dell’altro giorno. Un po’ più complesso, ma simile» dondola le gambe e non lo guarda, gli occhi bassi «Papà ci stava dietro da una vita. Ha chiamato Caleb per farsi dare una mano, perché diceva che avevamo bisogno di tutto l’aiuto possibile per uccidere quel mostro che era imprevedibile. Ci abbiamo messo una settimana abbondante per scoprirne il nascondiglio» prende fiato, continuando a guardare in basso «Aveva preso un bambino di undici anni che si era avventurato in un bosco. C’era una capanna abbandonata e noi… noi abbiamo fatto irruzione, una notte. Papà mi aveva detto di prendere il bambino e fuggire via, di aspettarli in macchina perché avrebbero fatto loro il lavoro sporco» tira su col naso e ora Dean capisce tante cose: il suo essere strana, quella specie di mancamento che ha avuto nella riserva l’altra notte… tutto torna. E c’aveva visto giusto, perché immaginava che il tutto avesse a che fare con la morte di Jim. «Il… il problema è sorto quando siamo entrati in quel capanno maledetto e c’erano più mostri, non uno solo come avevamo previsto. P-papà mi ha detto di attenermi al piano e io sono riuscita a liberare il… b-bambino e portarlo fuori, ma non… n-non potevo, io—»
«Sei tornata indietro?»
Ellie annuisce continuando a tenere la testa bassa, stringendo più forte il bordo della panchina con le dita «Sono anche caduta, perché il terreno era scivoloso, ma quando… quando sono tornata indietro, p-papà e Caleb erano riusciti a uccidere un mostro e a portare l’altro all’esterno e… e… e si è accorto che ero lì e… » stringe forte le palpebre, forse nel tentativo di non piangere, la voce più spezzata «E si è avvicinato troppo a quella b-bestia, f-forse per d-distrarla e… e… » si copre gli occhi con entrambe le mani, non riuscendo più a trattenere le lacrime e Dean non resiste più e le si avvicina di scatto per stringerla forte tra le braccia. Ellie lo lascia fare, abbandonandosi contro di lui e sfogandosi davvero, come non era mai riuscita a fare dopo quella notte alla stazione in Nebraska.
 
Dean le accarezza piano i capelli, tentando di darle sicurezza. «Non è stata colpa tua».
Ellie si muove e alza il viso verso di lui, gli occhi colmi di lacrime e le guance bagnate «C-come… come fai a d-dirlo? S-se non fossi t-tornata indietro lui… lui… »
«Non puoi saperlo. Magari sarebbe successo comunque, non… » le accarezza il viso, stringendo i denti per farsi forza di fronte ad Ellie che forse così triste non l’aveva mai vista «Non lo puoi sapere». Lei lo guarda come se non credesse neanche a una parola di quello che Dean le ha appena detto e forse è comprensibile, perché si vede che è ancora sconvolta e profondamente colpita da quello che è accaduto a suo padre e Dean, adesso, riesce a comprendere davvero tutto il suo dolore. Mancano ancora dei dettagli – tipo di che mostro si tratta –, ma ora come ora non sono importanti. La stringe ancora a sé, tornando ad accarezzarle i capelli. «Ti aiuterò a far fuori quel bastardo, te lo prometto».
 
Ellie non dice più nulla, piange forte per poi continuare a singhiozzare un po’ più piano e Dean la stringe un altro po’ prima che il suo telefono cominci a vibrare nella tasca della sua giacca di pelle. Non ci guarda neanche, perché non vuole rovinare questo momento e poi è sicuro che si tratti di Sam – potrebbe anche essere papà, ma ormai Dean ha smesso di sperare in una sua telefonata – che chiama perché non li vede tornare e magari si è preoccupato. Gli risponderebbe solo per chiedergli di aspettare altri cinque minuti, ma preferisce lasciar stare. Forse Ellie se ne accorge, però, perché si tira su ancora e lo guarda con quegli occhi grandi, così lucidi e confusi. «Il… i-il film. Dobbiamo—»
Dean scuote la testa, accarezzandole un braccio «Non lo vediamo se non ti va. Facciamo un’altra sera» ma Ellie si asciuga velocemente gli occhi con entrambe le mani, come se ora avesse fretta. «Mi va. Hai detto che fa ridere e poi Sam ci… c-ci sta aspettando».
Dean sorride appena – le labbra leggermente incurvate verso l’alto – «Allora andiamo» si alza e le porge una mano che lei afferra dopo qualche istante di titubanza; Dean gliela stringe e si incammina verso la porta della stanza sua e di Sam. Si volta un paio di volte per guardare Ellie che cammina con la testa diritta – le labbra arricciate in una smorfia imbronciata – e gli sembra così bambina in questo momento, come chissà quante volte da quando l’ha conosciuta. Solo che, al contrario di altre volte, adesso è molto più triste.
 
Le lascia la mano solo quando deve sfilare la chiave della stanza – che poi infila nella toppa -  dalla tasca della giacca; quando apre la porta – appoggiando una mano sulla schiena di Ellie per invitarla ad entrare per prima –, seduto sul divano c’è Sam che si alza di scatto, come se avesse appena preso la scossa e li guarda perplesso. «Dov’eravate finiti?»
Dean fa per dire qualcosa, ma Ellie lo precede «È colpa mia, scusa» la sua voce è flebile e Sam stringe gli occhi mentre la osserva, forse perché si è accorto che ha pianto, ma Dean – poco dietro di lei – lo guarda scuotendo la testa, la mascella contratta e lo sguardo deciso, sperando che Sam colga il messaggio e che non le chieda niente.
«Ah, ho capito. Vorrà dire che… » Sam sorride e si avvicina al frigo da cui estrae una vaschetta di gelato alla vaniglia che le mostra come se fosse uno di quei deficienti che vengono pagati per rendersi ancora più idioti nelle pubblicità «Che non ti sei meritata neanche un grammo di questo» le si avvicina sorridendole ancora; Dean gli è silenziosamente grato per aver capito che non doveva fare domande e si mette di fianco ad Ellie per guardarla. Lei fissa Sam con gli occhi a palla, come una bambina a cui hanno appena donato un bellissimo giocattolo nuovo. Le porge la vaschetta «Tieni. Dean mi ha detto che ne vai matta».
 
Ellie rimane immobile e lo guarda con un’espressione quasi incredula; poi di slancio si butta al collo di Sam che guarda il fratello con gli occhi sgranati, come se non si aspettasse minimamente quel gesto e chiedesse spiegazioni. Dean sorride «Ti sta dicendo grazie» e Sam rimane ancora un attimo titubante, ma poi la stringe un po’, le braccia intorno a quel corpicino esile, ed è buffo guardarli, perché Sammy è impacciato e cerca di tenerle la vaschetta di gelato lontano mentre Ellie sembra a suo agio. Quando si scosta, Sam la guarda e le sorride e a Dean si scalda il cuore a osservare quella scena, a vederli così. Sarà che ha desiderato averli entrambi al suo fianco per così tanto tempo che non gli sembra vero che adesso si conoscano e vadano così d’accordo. È una gioia guardarli.
 
Sam prende dei cucchiaini e uno ne passa a Ellie – impegnata ad aprire il gelato – mentre Dean apre la busta dei popcorn; fortunatamente ci ha pensato Sam a inserire il dischetto del film nel lettore dvd un po’ sgangherato di quella stanza. Quando ha finito, Sam è già seduto comodo ed Ellie sta prendendo delle sedie da mettere lì accanto, una per appoggiare i piedi e un’altra per posare il cibo quando non le andrà più. Dean si siede di fianco al fratello e pigia il pulsante play dal telecomando mentre Ellie fa altrettanto, sedendosi alla sua sinistra, non prima di aver spento la luce.
 
A Dean fa strano l’idea che siano lì, insieme, a guardare un film come se fossero persone normali, ma gli piace la sensazione, perciò sorride mentre osserva Ellie che, gli occhi fissi sullo schermo, prende una cucchiaiata di gelato ogni tanto e lo porta alla bocca e Sam che, a sua volta, afferra una manciata di popcorn, attento alle mosse di Jack Sparrow e della sua ciurma.
 
Dopo un po’, Ellie appoggia il gelato sulla sedia più libera e, quando torna indietro, si accomoda in modo diverso rispetto a prima, mettendosi un po’ più di lato e lo abbraccia senza guardarlo, come se fosse la cosa più normale del mondo. Dean la osserva: ha il braccio sinistro che gli circonda il busto e la testa appoggiata sul suo petto; è un po’ sorpreso da quel gesto e gli ci vuole qualche istante prima di ricambiare e metterle un braccio dietro la schiena per poi stringerla leggermente più a sé sotto lo sguardo di Sam che non nasconde il suo risolino compiaciuto e finisce per beccarsi una gomitata tra le costole.
Dean ci riflette un attimo; forse, questo è il modo che Ellie ha per ringraziare lui. Anzi, conoscendola, sa che è sicuramente così.
 
Come succede sempre, Ellie non ci mette molto ad addormentarsi; Dean sbuffa quando se ne accorge – il respiro di lei calmo e le dita della mano sinistra a stringergli la maglietta che porta sotto la camicia – e cerca di muoversi il meno possibile per non svegliarla, ma non riesce a nascondere il suo fastidio.
«Non riuscirò mai a trovare un film che non la faccia addormentare».
Sam sorride a quelle parole e si volta nella sua direzione, sbirciando il viso addormentato di Ellie. «È stanca» Dean annuisce mentre suo fratello torna a fissare lo schermo della TV «Ti ha parlato di quello che è successo?» Dean fa cenno di sì con la testa e aspetta che Sam gli chieda qualcos’altro, ma non lo fa e Dean continua a guardare la televisione senza aggiungere nulla. Quando ne avrà voglia e sarà il momento – tipo quando troveranno il figlio di puttana che ha fatto fuori Jim –, Ellie parlerà di questa storia anche a Sam, Dean ne è sicuro, perché ormai hanno un po’ di confidenza e non ci sarebbe niente di male se tirasse fuori il rospo anche con lui. Adesso… adesso Ellie ha solo bisogno di tempo per digerire tutto ciò che è accaduto. Dean vorrebbe averlo capito prima e averle fatto meno pressione; sicuramente si sarebbero risparmiati tanti litigi e le cose avrebbero preso fin da subito una piega diversa, ma non può tornare indietro e cambiare le cose, perciò s’impegnerà per aiutarla d’ora in avanti, come ha cercato di fare nelle ultime settimane.
 
I fratelli finiscono di vedere il film; Sam ha gradito la visione e ha sbadigliato solo verso la fine, ma per la stanchezza non perché si stesse annoiando. Quando compaiono i titoli di coda, Dean spegne la TV con il telecomando, accarezza la schiena di Ellie in modo deciso e la chiama piano, per svegliarla. Lei si muove dopo un po’ e si tira su; si stira un pochino le braccia, allungandole verso il basso e a Dean sembra una gatta a giudicare da come lo sta facendo, poi appoggia la schiena al divano e guarda i due fratelli con aria sorniona.
«Lo sapevo che mi sarei addormentata, ero stanchissima».
Dean la guarda storto «Per fortuna non ci scommetto mai dei soldi. Perderei ogni volta».
Ellie sorride appena «Sono sicura che un giorno riuscirai a trovare qualcosa che non mi faccia dormire» punta gli occhi verso Sam «A te è piaciuto?» e lui annuisce; ora si è alzato in piedi e si vede lontano un chilometro che ha sonno perché ha gli occhi piccoli e ogni tanto se li stropiccia, come i bambini quando non vedono l’ora che la mamma li metta a letto. «Allora ci ridarò un’occhiata. Magari quando sono meno stanca. Mi piaceva la storia della mia omonima con la zeta [3] ed ero curiosa, ma il sonno ha avuto la meglio».
«Come sempre» Dean sorride per prenderla in giro, poi aggrotta le sopracciglia, tornando serio «Aspetta, perché con la zeta?»
«Non lo sai? La mamma ha deciso di chiamarmi Elisabeth con la esse, non con la zeta. Ma non so il motivo… anzi, credo non ci sia, semplicemente le piaceva più così». 
 
Dean ci riflette un istante; crede di non aver mai letto il suo nome scritto su un foglio, per questo non aveva mai fatto caso a questo particolare. Lei sorride appena prima di sbadigliare ancora e Dean vede bene di alzarsi a sua volta – anche lui ha bisogno di dormire, comincia a sentirsi veramente stanco – e anche lei fa lo stesso. Dice al fratello che accompagna Ellie di là e lui annuisce; lei gli dà la buonanotte e lo ringrazia – forse per il gelato o forse, più semplicemente, perché ha passato la serata insieme a loro –; escono, si dirigono verso la stanza di Ellie e si fermano quando sono proprio di fronte. Lei tira fuori le chiavi dalla tasca dei jeans chiari «Mi dispiace che mi sono addormentata».
Dean fa spallucce «Te l’ho detto, ci sono abituato» non riesce a non sbadigliare ed Ellie infila le chiavi nella toppa per poi aprire la porta; si volta appena e lo guarda negli occhi mentre un piccolo sorriso si disegna sulle sue labbra. «Vuoi… vuoi dormire qui?»

Dean rimane un attimo perplesso a quelle parole, perché è la prima volta che Ellie decide di sua spontanea volontà di invitarlo a dormire nella sua stanza. Di solito era sempre il contrario, era lui a infilarsi nel suo letto senza neanche averle chiesto il permesso e sperando silenziosamente che le andasse bene, di interpretare nel modo giusto il suo silenzio. Ellie, però, adesso sembra decisa, molto più delle altre volte in cui se lo è ritrovato accanto forse senza volerlo davvero e Dean le sorride appena e annuisce senza pensarci due volte; lei ricambia e lo fa entrare.
 
Si preparano per dormire – lui si limita a togliere scarpe, camicia e pantaloni, mentre Ellie indossa i suoi calzoncini corti gialli e la lunga maglia rossa con lo scoiattolo intento a leggere un libro e si cambia in bagno, come se Dean non l’avesse mai vista nuda – e non proferiscono parola finché non sono entrambi sotto le coperte.
Ellie spegne la luce della lampadina sul comodino al suo fianco, sdraiandosi di lato con il viso rivolto nella sua direzione. Infila le mani sotto il cuscino «Grazie per avermi ascoltata, prima. Mi sa che avevo bisogno di sfogarmi».
Anche Dean si mette di lato e le sorride «Credo di sì. Stai meglio adesso?»
Avverte le coperte muoversi appena con Ellie che forse ha alzato le spalle, nel buio non riesce a riconoscere il movimento «Un pochino. Ma ho tanto bisogno di dormire».
Dean le sorride ancora e cede all’istinto quando si allunga a darle un bacio sulla fronte «Allora buonanotte». Andrà tutto bene, te lo prometto. Vorrebbe dirglielo ma non riesce, le parole che gli muoiono in gola.
Ellie chiude gli occhi, le labbra appena incurvate in un sorriso sincero, e si muove verso di lui fino ad abbracciarlo, il braccio sinistro a stringerlo sulla schiena e la testa incastrata nell’incavo del suo collo. Lui la stringe a sua volta e l’unica cosa che sente prima di addormentarsi è la sua vocina sottile dargli la buonanotte.
 
Il mattino dopo, quando la luce del sole filtra dalle tende chiare fino a colpirgli il viso e la musichetta fastidiosa della sveglia di Ellie – che lei spegne prontamente, perché non suona a lungo – gli arriva alle orecchie, apre gli occhi e sbatte le palpebre un paio di volte, come a capacitarsi di dove si trova.
È nel letto di Ellie – su questo non aveva dubbi – ma c’è qualcosa di insolito: è ancora sdraiato di lato e circonda con il braccio destro la vita di Ellie, sdraiata al suo fianco a pancia in su che lo guarda con un debole sorriso dipinto sulle labbra. A Dean non sembra vero il fatto che lei sia lì, che non sia sgattaiolata via come fa ogni mattina da più di due settimane a questa parte e realizza che forse era di questo che aveva paura: della vicinanza, di svegliarsi insieme e affrontare l’idea che c’è di più tra di loro, che l’alchimia che avevano e che si è un po’ logorata a forza di litigate e distanze non è mai svanita. Dean ormai c’ha fatto i conti e ha smesso di combattere contro questa sensazione, ma Ellie, in un momento in cui la sua vita è così piena di guerra e dolore, forse non aveva voglia di lasciarsi andare a questa serenità.
 
Sbatte le palpebre un altro paio di volte «Buongiorno. Stai bene?» Ellie annuisce e si volta verso di lui, mettendosi di lato; è così vicina che se si allungasse solo un po’ i loro nasi si sfiorerebbero, ma nessuno dei due accenna a spostarsi. Dean, dal canto suo, non si preoccupa neanche di spostare il braccio che le circonda il fianco.
Si guardano negli occhi per lunghi secondi senza parlare; lo sguardo di Ellie esprime pienamente quanto gli sia grata per essere rimasto ed è qualcosa che vale più di mille parole.
 
Accenna un sorriso più spento, allungando la mano sinistra verso di lui per poi accarezzargli la guancia e Dio solo sa quanto gli sia mancato un contatto così. «Quando ti stancherai di me?»
A quelle parole, Dean la guarda accigliato perché Ellie non sembra riuscire a capire che lui non ha nessuna intenzione di lasciarla da sola o di voltarle le spalle. Non ne ha mai avuta, ma mai come in questo momento delle loro vite ha sentito così forte il desiderio di starle accanto e di darle tutto l’aiuto possibile.
Si avvicina appena, guardandola dritta negli occhi «Tu ci sei stata quando avevo più bisogno e non c’era nessun altro a cui avrei potuto rivolgermi. Non vedo perché ora io non dovrei fare lo stesso».
 
Ellie lo fissa per qualche istante, visibilmente perplessa, poi gli sorride dolce; il suo respiro caldo batte sul mento di Dean e dopo lunghi secondi si sporge un po’, gli sfiora il naso con il suo e scivola verso di lui per poi appoggiare le labbra sulle sue. Le schiude quasi subito, aspettando che Dean faccia lo stesso e lui non esita un istante, il cuore più leggero.
 
È così che sarebbe dovuta ricominciare tra di loro: niente litigi, niente incomprensioni, solo la splendida sensazione delle labbra umide di Ellie sulle sue, la sua bocca forse un po’ più audace del solito.
 
È molto diverso dalla prima volta in cui l’ha baciato: non c’è titubanza nei suoi gesti, nel modo in cui schiude le labbra e lo bacia sul serio, intenta a esplorare ogni spazio, le labbra sicure e decise e Dean la asseconda senza esitazioni stringendosela più addosso, il cuore che gli batte forte all’idea che sta vivendo di nuovo tutto questo e va bene così, perché tutto quello che hanno affrontato nelle ultime settimane può andare a farsi fottere e ne è valsa la pena aspettare tanto.

I mesi che hanno vissuto lontani sono stati lunghi e freddi e Dean non ha cercato calore in nessun’altra donna, perché per una volta nella sua dannata vita era convinto che le cose con Ellie, prima o poi, avrebbero ripreso il loro corso, che avrebbero avuto l’occasione di passare altro tempo insieme e di approfondire tutto quello che avevano lasciato in sospeso. Poi è andato tutto diversamente e tutti questi casini hanno decisamente rallentato il corso degli eventi, ma a Dean, adesso, sembra di tornare a respirare aria fresca.
 
Ellie fa per scostarsi e allontana un po’ la testa, ma lui si avvicina di più, perché ha aspettato troppo questo momento per vederlo terminare così presto. La bacia a stampo un altro paio di volte prima di allontanarsi davvero e, quando lo fa, la trova a guardarlo con gli occhi luminosi e sorpresi, le guance e le labbra arrossate e un sorriso delizioso su di esse. Gli accarezza ancora la guancia, avvicinando un po’ le gambe alle sue sotto le coperte e lo guarda negli occhi in modo così intenso che Dean si sente quasi rabbrividire. «Scusa se c’ho messo tanto» continua ad accarezzargli la guancia destra e Dean le stringe un po’ di più la schiena con le dita.
Le sorride appena «Meglio tardi che mai».
Lei continua a guardarlo e il suo sorriso è così bello e luminoso che Dean non le resiste e la bacia ancora, attirandola un altro pochino più a sé. La bacia con tenerezza, senza nessuna intenzione di andare di fretta. Assapora il momento e le labbra di Ellie che sono così morbide, mentre la mano di lei scivola dietro la sua nuca e quella di Dean è lenta quando scende verso il basso, andando a intercettare un lembo di pelle sotto la sua lunga maglietta. Non vuole fare niente, in realtà, perché non crede sia giusto correre in una situazione ancora così delicata, ma gli manca il contatto con la pelle di Ellie che però scosta il suo braccio in modo gentile, distaccandosi nuovamente.
 
Abbassa lo sguardo per un istante e gli sorride. «Posso chiederti una cosa?» Dean annuisce e la osserva mentre alza la testa di nuovo e lo guarda ancora negli occhi. «Possiamo andarci piano stavolta?» lui la guarda senza comprendere ed Ellie sorride più convinta, quasi per prenderlo in giro. «È che vorrei… vorrei aspettare un po’» Dean spalanca gli occhi quando comprende veramente dove vuole arrivare e la guarda mordersi il labbro inferiore, gli occhi luccicanti. «Vorrei che fosse speciale. Le altre volte ci siamo lasciati andare subito ed è stato bello, ma per un motivo o per l’altro è durato sempre una sola notte ed io stavolta voglio di più». Il discorso di Ellie non fa una piega, ma Dean è Dean e quando una ragazza gli chiede di aspettare per il sesso lui un po’ si preoccupa. È nella sua natura di maschio passionale. «Lo so che tu sei più… frettoloso, ma… non so, prendila come una cosa scaramantica: le altre volte l’abbiamo fatto subito e non è andata, magari questa funziona. Chi lo sa».
Dean aggrotta le sopracciglia «Pensi veramente che fare sesso ci porti sfiga?»
«No, ma… voglio aspettare. È un problema per te?»
 
Fa finta di pensarci – in realtà gli basta stare con lei, tutto il resto può attendere – e annuisce. Lei sorride e gli prende il viso tra le mani, baciandolo a fior di labbra. Lui ricambia e l’abbraccia, il viso nascosto nell’incavo del suo collo sottile, e la sensazione che sente in questo momento – che le cose si possono aggiustare, che tra di loro andrà tutto bene – gli scalda il cuore così tanto da spingerlo a stringerla un po’ più forte.
 
Il peggio, ne è convinto, se lo sono lasciati alle spalle, ed ora spera che tutto possa andare per il verso giusto. In fondo, come ha detto anche Ellie ieri sera, un po’ di pace è quello che si meritano. 

 

[1] La raffigurazione del Tiyanak è un mix tra due immagini che ho trovato in internet (una è questa).
[2] Riferimento all’episodio 1x11 “Scarecrow”.
[3] Tra i protagonisti di “Pirati dei Caraibi” c’è una donna, interpretata da Keira Knightley, di nome Elizabeth Swann.

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Capitolo 11
*** Not broken, just bent ***


Note: Addirittura in ritardo di un giorno *si inginocchia sui ceci e chiede perdono*, ma eccomi qui! :D
Vi chiedo umilmente scusa, ma ieri non sono riuscita a pubblicare nulla.
Considerando i miei tempi che sono sempre piuttosto stretti e il fatto che arrivo sempre risicata al mercoledì, sto pensando di pubblicare una volta ogni due settimane. Non sono ancora convinta, quindi per la prossima settimana tornerò di mercoledì come sempre, ma ecco se ci saranno cambiamenti vi farò sapere :)
Detto ciò vi lascio con questo capitolo un po’ particolare; spero vi piaccia! Un abbraccio a tutti voi, buona continuazione di settimana! :D :*

Capitolo 11: Not broken, just bent
 
It’s been written in the scars of our hearts
We’re not broken just bent
And we can learn to love again
 
(Just give me a reason – Pink feat. Nate Ross)
 
 
«E adesso?»

Seduto sulla poltroncina imbottita della stanza di motel che si sono scelti per questi giorni, Sam osserva suo fratello piegare le sue camicie e infilarle nel suo borsone verde militare con una calma quasi innaturale.
Lo sa che lo sta facendo adesso apposta, per avere una scusa per evitare il suo sguardo mentre gli parla di quello che è successo con Ellie.
 
Dopo aver passato un paio di giorni a Cassville, Ellie ha chiamato Bobby per sapere come se la stava passando – Sam ha scoperto che si sentono abbastanza spesso – e lui li ha invitati ad andare a Sioux Falls per qualche giorno, visto che non hanno alcun caso all’orizzonte e che le ricerche per trovare papà sono a un punto morto. Sam ha visto bene di accettare quell’offerta, appoggiato anche dal fratello; magari Bobby può aiutarli in qualche modo a cavare qualche ragno dal buco, chi lo sa. È vero che John Winchester è capace di mimetizzarsi meglio di un camaleonte e far perdere facilmente le sue tracce, ma Bobby è più esperto di loro in queste cose e magari gli sarà utile. Sam lo spera tanto.
 
Nel frattempo, però, oggi si sono fermati in una cittadina nell’Iowa chiamata Lime Springs perché, a quanto pare, Dean se la vuole prendere comoda e di dormire in macchina, visto che sono in tre, non se ne parla. Almeno al momento, perché Sam sa che prima o poi arriverà l’occasione e che Dean non si farà tutti questi problemi, ma ancora non ha capito di preciso che cosa gli passa per la testa, perciò lo lascia fare, aspettando che torni “normale” – anche se non è esattamente l’aggettivo che gli verrebbe da usare per descrivere suo fratello.
 
In fondo, un po’ comprende la sua… “confusione”. Dopo la serata che hanno passato tutti insieme a vedere “Pirati dei Caraibi” – o meglio, lui e Dean l’hanno visto, Ellie ha dormito come un ghiro per buona parte del tempo –, Dean è rimasto a dormire nella stanza di Ellie – non che Sam avesse dubbi, ormai lo fa sempre da qualche settimana – e il mattino dopo, quando è andato da Sam per prendere qualcosa, forse il portafogli, sembrava avesse qualcosa da nascondere. Aveva una faccia strana, pareva sforzarsi a rimanere serio. Solo la sera è riuscito a tirare fuori il rospo – a modo suo –, dicendogli che le cose forse si stavano aggiustando e Sam ci ha messo un po’ a capire del tutto cosa volesse dirgli, anche se qualcosa aveva intuito: le occhiate complici tra lui ed Ellie oppure il fatto che si sorridevano di più rispetto ai giorni precedenti erano dei piccoli segnali che qualcosa stava cambiando tra di loro.
La conferma gli è arrivata la mattina seguente, quando li ha beccati a scambiarsi un bacio. Lo stavano aspettando fuori dalla sua stanza per andare a fare colazione ed evidentemente non si erano accorti che Sam era rimasto un secondo di troppo a togliere le chiavi dalla toppa perché non gli si sfilavano. Ellie, quando si è resa conto che era lì, ha scansato subito Dean mettendogli una mano sul petto, le guance che le sono diventate di un rosso quasi innaturale. Gli ha sorriso, dandogli il buongiorno e cominciando a parlare a raffica di qualcosa che Sam neanche ricorda, ma si vedeva chiaramente che era in imbarazzo e stava cercando di mascherarlo, mentre suo fratello era tranquillo, come se non fosse successo nulla di strano.
 
Sam, nella sua testa, stava letteralmente urlando al miracolo. Sarà che lui l’aveva capito da subito che quei due si piacciono alla follia, perché non aveva mai visto Dean preoccuparsi tanto per una ragazza e anche lei, nonostante lo ignorasse tanto all’inizio e gli rispondesse sempre male, si vedeva che era bloccata per qualcosa e Sam immaginava che, una volta superato lo scoglio che aveva nei confronti di Dean, sarebbe andato tutto liscio tra di loro. Magari aveva solo bisogno di sbollire un po’ della rabbia per la morte di suo padre.
 
Negli ultimi giorni, lui e suo fratello non hanno avuto tempo e modo di parlare di quello che è successo tra lui ed Ellie, ma adesso lei è nella sua stanza a leggere un libro, perciò hanno campo libero e Sam ne ha approfittato per porgere domande a raffica a Dean che ha cominciato a rispondere a grandi linee a ognuna di esse.

«E adesso vediamo come va» suo fratello lo guarda per un istante e poi rituffa gli occhi tra la stoffa della sua camicia a quadri marrone. «Non sono io l’esperto in relazioni stabili. Mi affido a chi ne sa più di me».
Sam sorride «Ellie ha avuto qualche ragazzo?»
Dean annuisce, gli occhi bassi «Uno, anni fa. Era piccola, frequentava il liceo».
Sam tira le labbra in una linea sottile, grattandosi la punta del ginocchio con le dita della mano destra «Giusto. Ogni tanto mi dimentico che Ellie non è nata cacciatrice».
«Già. A una parte di lei sono sicuro manchi quella vita».
«Come darle torto» Sam quasi si pente di aver detto quella frase, perché Dean ci rimane sempre un po’ male quando fa riferimenti o parla della sua vita a Stanford come se quelli fossero stati gli anni migliori della sua vita – anche se, forse, per certi versi è così. Non ha niente contro Dean – che ha prontamente alzato gli occhi verso di lui, lo sguardo molto tagliente – e non era da lui che stava scappando; chissà se suo fratello lo capirà mai. Cerca di cambiare discorso, prima di ficcarsi in uno che non vuole assolutamente affrontare. «Comunque, se può rassicurarti a me sembra che stia andando bene. Voglio dire, pare tu non riesca a levarle le mani di dosso e a lei non sembra dare fastidio» ed è vero, Sam l’ha notato. Probabilmente prima Dean cercava di trattenersi in tutti i modi, ma adesso – soprattutto considerando che Sam è a conoscenza della loro relazione – non se ne cura affatto. Non sembra essere ciò che si dice un fidanzato troppo affettuoso – perlomeno non quando c’è anche Sam –, ma le sue mani viaggiano spesso sul corpo di Ellie per accarezzarle le braccia o il viso o per stringerle la schiena. Si vede che non lo fa in modo malizioso, ma Sam ha notato che c’è molto contatto fisico tra di loro.
 
«Magari, Cristo» la voce di Dean lo riporta alla realtà e Sam lo guarda perplesso. Il suo tono – secco e deciso – non lascia molto spazio agli equivoci.
«Cioè non avete… »
«No» Dean stringe le spalle, fissando un paio di jeans «Dice che vuole aspettare un po’».
Sam sorride per prenderlo in giro «La cosa non mi stupisce. È una brava ragazza. Tu sei abituato a quelle facili, ecco perché ti lamenti».

Dean alza gli occhi su di lui, l’angolo sinistro delle labbra piegato in una smorfia maliziosa «Almeno vado sul sicuro».
«Beh, ma dal poco che ho capito in queste settimane lei è molto diversa dai tuoi standard, e non credo sia un male» suo fratello fa nuovamente spallucce «Poi con tutte quelle che ti sarai fatto negli ultimi mesi, non credo che ti farai tanti problemi ad aspettare un po’» Dean si ferma e si lecca le labbra, fissando suo fratello con uno strano sguardo. Sam stringe gli occhi, quasi a cercare di decifrarlo e li spalanca quando comprende. «Cioè tu mi stai dicendo che non hai—» Dean scuote la testa, mollando un lembo dei jeans che teneva in mano per grattarsi dietro la nuca. Sam spalanca ancora di più gli occhi, sporgendosi dalla poltrona per guardarlo meglio, i gomiti ben piantati sulle cosce. «E tutte le volte che tornavi alle quattro del mattino che cavolo facevi?»
Dean sorride furbo «Allora non dormivi, eh?»
«Non cambiare discorso».
 
Dean si fa più serio ma sembra sereno, le labbra tirate in un sorriso spensierato. «Parlavo con Ellie. Al telefono».
Non aggiunge altro e, anzi, svia nuovamente lo sguardo, ma per Sam è tutto chiaro. Si appoggia nuovamente allo schienale della sedia con un sorriso soddisfatto. Sei cotto, fratello mio. Cotto marcio.
«Allora dov’è il problema? Hai aspettato tanto».
«Appunto! Cazzo, sono un uomo, ho le mie esigenze!»
«E lei le sue. Magari vuole più sicurezze. È una ragazza, è comprensibile».
«Esatto, è una ragazza come te, per questo la capisci».
Sam stringe gli occhi e lo guarda male mentre Dean sorride sghembo. «Non scherzare, sono serio. Forse vuole… » si interrompe, mentre una domanda gli balena in testa, veloce come una freccia «Ma scusa, siete mai usciti insieme?»
Dean sbatte le palpebre un paio di volte «Sì, che domande. Stavamo sempre insieme, Jim e papà erano—»
«No, intendo come fidanzati
Dean lo guarda perplesso «C’è differenza?» e Sam sta per sbattersi una mano sulla faccia a sentire quella risposta. Suo fratello è proprio idiota quando vuole: fa sempre lo spavaldo dicendo di conoscere tutti i trucchi per conquistare una donna e poi cade su queste cose.
«Eccome» gli sorride «Dovete uscire insieme».
«Sam… »
«No, niente Sam. Se vuoi farla sciogliere un po’, devi darle l’idea che fai sul serio» si ferma un istante «È così, no?» Dean lo fissa «Fai sul serio, non vuoi solo… » e fa una smorfia disgustata «Certo che no!».
Per un’altra non avresti fatto ‘sta faccia «Ecco. Allora impegnati e portala a cena. Che sarà mai un appuntamento galante».
Lo guarda stringere le spalle e si rimette a piegare camicie «Sarà. Secondo me Ellie non è interessata a queste cose».
Sam fa una smorfia sarcastica «Tu chiediglielo. Te ne accorgerai dalla sua faccia se lo è oppure no».

*
 
L’aria di giugno è fresca e frizzante sulla pelle del suo viso e Dean si stringe un po’ di più nella sua giacca di pelle mentre cammina a passo svelto. L’escursione termica tra il giorno e la sera è ancora molta nonostante l’estate sia sempre più vicina.
 
Sfila le chiavi della stanza di Ellie dalla tasca della giacca – lei gliele ha date così da non costringerlo a bussare quando gli fosse venuta voglia di tornare – e le infila nella serratura, aprendo velocemente la porta.
 
Gli ultimi giorni sono stati un po’… particolari. Anche se forse non è la parola giusta per descriverli, in realtà.
Ellie si è aperta molto con lui. Certo, sono ancora lontanissimi dal livello di confidenza che avevano prima di tutto quel casino con suo padre – e Dean spera di ricostruire presto quel tipo di rapporto, perché ne sente molto la mancanza – e c’è ancora tanta strada da fare, ma apprezza molto lo sforzo che lei sta facendo per ridargli quella normalità a cui lui si era abituato prima di tutti quei casini.
Non è che gli abbia raccontato granché; più che altro qualcosa in più sul tempo che ha trascorso a Buckley quando avevano litigato, perché gli ha parlato molto di Janis e di quanto lei le sia stata vicina anche quando le ha confidato che Jim non c’era più. Dean prova molta simpatia per quella ragazza, nonostante non l’abbia mai vista, perché Ellie ne parla sempre con gli occhi che luccicano e a Dean fa piacere sapere che c’è una persona della sua vecchia vita che le vuole ancora bene. Non che sia possibile il contrario, perché Ellie ha un cuore così grande che è difficile non apprezzarla. Infatti Dean ancora non capisce come faccia papà a dire che non gli piace, così come Jim.
 
Di lui, Ellie non parla molto. Anzi, praticamente non lo nomina neanche. Quando era arrabbiata, gli aveva detto che Dean non sapeva come stavano davvero le cose tra di loro e che doveva credere a quello che lei gli aveva raccontato al telefono – che è un niente, perché non è mai scesa nei dettagli; si limitava a dire che andava tutto bene, solo ogni tanto gli chiedeva delle cose che gli suonavano un po’ strane, ma niente di che – perciò vorrebbe farle delle domande, saperne qualcosa di più su com’era diventato il loro rapporto prima che lui morisse, ma poi si rende conto che sono cose che Ellie deve tirare fuori da sola. Quando se la sentirà di parlargli – se mai ne avrà voglia – lo farà; magari Dean riuscirà a saperne di più quando la ferita sarà un po’ meno fresca. Adesso non è il caso.
 
La trova a leggere il suo libro, gli occhiali sul naso e lo sguardo concentrato sulle pagine. Alza la testa quando lo vede entrare e gli sorride.
Indossa la sua maglietta lunga verde e un paio di jeans, i piedi coperti da calzini bianchi e, a giudicare dal suo abbigliamento, è quasi pronta per andare a dormire. Dean sa che il suo momento preferito per leggere è la sera, stessa cosa per disegnare. Non sa perché, le abitudini di Ellie sono sempre molto strane e Dean non ne capisce molte, ma è contento che le abbia mantenute. Non avere distrazioni dalla sua tragedia la porterebbe a stare ancora peggio.
 
Ricambia il suo sorriso e si toglie la giacca, appoggiandola sulla sedia accanto al tavolo. Si avvicina un pochino, sbirciandone la copertina: è quasi in tinta unita ed è colorata di giallo, mentre sul bordo in basso a destra ci sono disegnati dei mattoni, sempre sulla stessa tonalità. In alto capeggia il titolo: “La bambina di polvere”. [1]
 
Dean fa una smorfia «Ancora questo libro?» glielo dice perché è un po’ che glielo vede sfogliare; solitamente – a parte quando si tratta di mattoni tipo l’Odissea – se ha tempo è piuttosto veloce a leggere, con questo ci sta mettendo di più.
Ellie stringe le spalle «Mi piace. È molto avvincente e ben scritto». Dean sorride all’idea che ogni libro per Ellie ha qualcosa di bello e si appoggia con la schiena al muro, guardandola con un sorriso. Lei gira una pagina «Parla di una bambina che vive negli anni di una guerra civile. Pensa che brutta situazione».
 
Incrocia le gambe, piegandole verso l’alto e molleggiandole un po’. Adesso sembra anche lei una bambina, forse non troppo diversa da quella descritta nel libro: in un certo senso, anche lei sta vivendo una guerra, sicuramente molto meno devastante di una fatta di bombe e gente che si ammazza, ma tant’è.
 
Continua a guardarla, incrociando le mani dietro la schiena per poi appoggiarle ancora al muro. «Perché non sei venuta di là?»
Ellie fa spallucce. «Stavi con tuo fratello, non volevo disturbarvi».
Dean aggrotta un po’ la fronte «Perché dovresti?»
Lei alza gli occhi verso di lui, le labbra strette in una linea sottile «Beh, volevo lasciarvi un po’ da soli. In fondo non ci stai mai con lui, sei sempre qui».
Dean sorride per prenderla in giro «E ti dispiace?»
«No, che c’entra» Ellie sorride a sua volta, arrossendo appena «Ma pensavo fosse giusto lasciarvi un po’ di spazio. Magari per chiacchierare delle sue cose o… o di vostro padre. E poi sono indietro con il mio libro».
 
Dean si morde le labbra, pensieroso. È vero, ultimamente il tempo che passa da solo con Sammy è risicatissimo. Non che gli pesi la presenza di Ellie, tutt’altro, ma effettivamente è difficile riuscire a dividersi, soprattutto per il fatto che continuano ancora a prendersi stanze separate. Non vuole mettere fretta a lei per questo, perché ha notato che un po’ si vergogna a farsi vedere da Sam quando sono in atteggiamenti intimi – come l’altra mattina, quando si è sporto verso di lei per darle un semplice bacio e lei, non appena si è accorta che suo fratello stava uscendo, l’ha scansato subito. A Sammy non sembra dare fastidio – anzi, glielo si legge in faccia che è contento per loro che stanno ritrovando un po’ dell’equilibrio perduto –, ma lei è di tutt’altro avviso e non vuole farle pressioni. Col tempo si abituerà a questa cosa.
 
Sono passati cinque giorni da quel bacio che si sono dati sotto le lenzuola di quella stanza consumata di Cassville. Se ne sono scambiati altri nei giorni successivi, alcuni goffi e per certi versi un po’ impacciati, un po’ come quello dell’altra mattina, altri più voluti e appassionati. A Dean era mancato tutto questo, la sensazione di stringere Ellie contro di sé e poterle dire almeno con i gesti quanto vuole stare con lei. In un certo senso, poi, è tutto diverso, perché adesso non è più una questione di “vivere il momento” e lasciarsi andare perché poi il giorno dopo potrebbe cambiare tutto, non c’è più quella paura costante che Ellie potesse non ricambiare o cose del genere. Ha ancora un po’ di timore che lei fugga via per qualche strano motivo, che cambi idea o che diventi nuovamente fredda, ma meno che in passato. E al momento, poi, lei non sembra di questo avviso.
 
La mattina gli si stringe sempre un po’ addosso quando la sveglia smette di suonare e lo guarda con gli occhi meno spenti dell’ultimo periodo, più luminosi. C’è ancora tanto da fare prima che tornino a essere quelli di un tempo, ma Dean crede che siano sulla buona strada e ha intenzione di impegnarsi al massimo affinché tutto torni com’era, per farla sorridere come faceva una volta. Gli mancano quei momenti, così come il suo modo buffo di scoppiare in una fragorosa risata, così spontanea e frizzante da contagiare anche lui, con quell’aria spensierata e quella mano sulla pancia che lo faceva tanto ridere.
 
Per questo motivo, è da quando è uscito dalla stanza di suo fratello che sta rimuginando sulle sue parole. Non crede che ad Ellie interessi veramente quello che ha detto Sam perché… insomma, le hanno già fatte certe cose, anche se, pensandoci bene, probabilmente ci stanno provando veramente solo adesso, quindi forse…
 
«Sai, stavo pensando una cosa» parla prima di poter riuscire a trattenersi ed Ellie alza di nuovo gli occhi, puntandoli nei suoi «Potremmo… potremmo andare a mangiare una pizza, una sera di queste. O un gelato. Insomma… uscire. Io e te».
Ellie allarga gli occhi e lo fissa come se avesse detto la cosa più strana del mondo «Sarebbe… un appuntamento?»
Dean annuisce e sorride quando vede il viso di lei illuminarsi in una smorfia allegra, le labbra schiuse e gli occhi blu più intensi e luminosi. Ok, forse Sam non aveva tutti i torti.
A giudicare da come lo guarda, il suo è chiaramente un sì. «Domani sera va bene?»
Ellie annuisce decisa, un sorriso gioioso stampato in faccia, ma qualche secondo dopo è già diversa, visibilmente pensierosa; storce un pochino la testa «E Sam?»
Dean le si avvicina, andando a sedersi sul bordo del materasso; un sorriso da presa in giro capeggia sulla sua faccia «Sam non è un bambino. Sa badarsi da solo».
«Sì, ma… non so, magari gli dispiace che ce ne andiamo per conto nostro».
Dean scuote la testa, divertito e al contempo incuriosito dall’atteggiamento di Ellie. «Qual è il problema? Perché io non ne vedo nessuno».
Lei si morde il labbro inferiore, sviando lo sguardo per una manciata di secondi. Chiude il suo libro e si mette a sedere, incrociando le gambe. «Infatti non ce ne sono, è solo che… che non vorrei che questa storia che stiamo… trascorrendo più tempo insieme possa dispiacere a tuo fratello. In fondo è giusto che stai con lui, io… io non voglio rubarti tempo che potreste passare insieme. Non vi siete visti per tanto».
A sentirla parlare così, Dean capisce il motivo di tutti questi suoi complessi, ma vorrebbe che non ne avesse, perché non ce n’è proprio bisogno.
«Anche io e te non ci siamo visti per tanto e a lui non importa, davvero» le sorride, avvicinandosi un po’ «Non farti problemi con mio fratello. Anche l’altra mattina, quando volevo darti un bacio, io—»
Lei si mette sull’attenti, la schiena diritta «Non l’ho fatto apposta. Mi è venuto spontaneo. So che non c’è niente di male, ma… » abbassa gli occhi, il viso visibilmente più rosso di qualche secondo fa; stringe le spalle «Ma un po’ mi vergogno».
Dean sorride e le alza il mento con l’indice della mano destra «Non devi. Ti fai troppe paranoie. Hai idea di quante sono le ragazze con cui Sam mi ha visto?»
Ellie lo fissa, un’espressione imbronciata sul volto. «Giusto. Grazie per avermi ricordato di essere l’ultima di una lunga, lunghissima serie».
Lui le sorride «Ma sei in cima alla lista» e lei ricambia dopo qualche secondo, distendendo appena le labbra, e Dean si allunga un po’ per stamparle un bacio sulla bocca. Un po’ troppo fugace per i suoi gusti, ma per ora crede di potersi accontentare. Toglie la mano da sotto il suo mento per poi appoggiarla sulle sue e stringerle appena «Davvero, non preoccuparti troppo. A Sam piaci, sei l’unica che mi abbia approvato finora» Ellie ride, le guance rosse. Dean non sa se lo fa per il tono che ha usato – un po’ derisorio verso Sam ma anche verso se stesso – o per qualche altro motivo, ma anche a lui viene da sorridere.
La guarda mordersi le labbra per un breve istante, per poi tornare quasi seria. «Ok. Mi hai convinta».
Dean sorride e la segue con gli occhi mentre lei appoggia il libro sul comodino e poi scende dal letto, prende i suoi pantaloncini da sotto al cuscino e si dirige verso il bagno. «C’è qualcosa che ti va da mangiare? O magari un posto carino che hai visto quando siamo passati… »
Ellie appoggia la testa allo stipite della porta e gli sorride appena «Non ho preferenze. Scegli tu, a me andrà bene qualsiasi cosa».
 
*
 
Avrebbe dovuto capirlo che questa storia dell’appuntamento era una fregatura. Mannaggia a Sam che gli ha messo la pulce nell’orecchio e mannaggia a lui che gli ha pure dato retta.
 
Dean sa benissimo che la meta finale del viaggio è Sioux Falls – perché è ora di schiodare questa storia di papà, anche se non è convinto che Bobby abbia la soluzione… cioè lo spera, ma non ne è affatto certo – e rimanere un giorno in più a Lime Springs rallenta – anche se di poco – tutti i piani, ma ormai ha promesso ad Ellie di uscire stasera e non vuole venire meno alla parola data. Peccato che, però, si sono verificati giusto un paio di problemi.
 
Innanzitutto, visto che gli ha dato carta bianca, è andato a fare un giro per la città, intento a cercare un ristorante dove poter cenare e, per questo motivo, si è ritrovato a girare tutta Lime Springs in cerca di un posto che faccia al caso loro: carino, non troppo economico ma neanche caro e, perché no, anche un pochino romantico, o che almeno ne abbia la parvenza. Alla fine è riuscito a scovare una piccola locanda con gli interni quasi totalmente di legno, carina, non troppo grande e che quindi non rischia di essere caotica e a Dean è sembrato il posto perfetto.
 
Non è pratico di queste cose, è vero, ma non voleva arrivare a stasera impreparato. Vuole fare bella figura.
 
È anche per questo motivo – e questo sarebbe il secondo problema – che è un quarto d’ora abbondante che, con un asciugamano intorno al corpo e i capelli ancora mezzi bagnati dalla doccia, fruga nel suo borsone senza sapere cosa mettersi, sotto lo sguardo divertito di Sam.
«Piantala di ridere, idiota. Ti vedo ma soprattutto ti sento, anche se metti le tue manone davanti alla bocca» sbotta, ad un certo punto, perché questa cosa lo fa innervosire, ma Sammy non sembra capire l’antifona, anzi, si mette a ridere più forte. Dean si volta nella sua direzione «Ma che cazzo ridi?»
Sam ci mette un po’ a tornare serio «Niente. Solo che fino a ieri sera non avevi neanche pensato di portare Ellie a cena e adesso sei in crisi perché non sai che metterti».
Dean aggrotta la fronte «Non è vero. Sono solo… indeciso».
«Appunto».
 
Sam – seduto sulla poltroncina imbottita su cui si diverte a giudicarlo – sfoglia un libro che Dean riconosce essere “Alice nel paese delle meraviglie”. «Parli tu, poi, che oltre ad essere un secchione rompipalle adesso ti sei messo anche a leggere libri per femminucce».
Suo fratello alza gli occhi; ha le labbra piegate in una smorfia seccata, la classica espressione da Dio, che fratello stupido che ho «Me l’ha prestato la tua ragazza. Sei tu che sei superficiale».
 
Se gli avesse fatto una battuta del genere un paio d’anni fa, Dean avrebbe cominciato a sentire la faccia andare a fuoco e, per difendersi, avrebbe preso a sbraitare, dando a suo fratello del cretino. Adesso, invece, si volta senza rispondergli nulla a parte un seccato «Gne, gne, gne. Quanto sei spiritoso», anche se quel la tua ragazza gli fa un po’ effetto perché gli sembra ancora assurdo se pensa che fino a qualche settimana fa si scannavano e non riuscivano a capirsi mentre adesso le cose sembrano voler andare nel verso giusto, come Dean desiderava da una vita. Non sa precisamente come ci si comporta in queste occasioni, se dovrebbe dire qualcosa ad Ellie o “ufficializzare” in qualche modo la cosa, ma per Dean queste sono tutte cazzate. La considera la sua ragazza senza bisogno di chissà quali cerimonie.
 
«Almeno hai un posto dove portarla o vai alla cieca?»
Dean sbuffa, afferrando una camicia a quadri verde e celeste «Non sarò un esperto di “appuntamenti galanti”, ma non sono uno sprovveduto. Certo che so dove portarla, che domande».
Sam soffoca un’altra risata e Dean comincia a pensare che sia la sua serietà a farlo così ridere. «Però, noto con piacere che ti sei organizzato. Bravo. Ed Ellie a che ora viene qui?»
«Alle otto. Ma conoscendola non ci sarà prima delle otto e cinque, otto e dieci».
 
Si avvia verso il bagno con i suoi vestiti puliti in mano e si chiude la porta alle spalle. Alla fine, ha deciso che opterà per la camicia che abbottona fin quasi all’ultimo, lasciandone un paio aperti sul collo. Sotto una delle sue magliette a maniche corte e un paio di jeans. Semplice, ma un po’ diverso dal suo solito look. In fondo è un appuntamento, non un galà di alta moda, e non c’è bisogno di mettere il completo da damerino per far capire a Ellie che ha intenzioni serie. Abbottonarsi la camicia, contrariamente a come fa sempre, è già un segno sufficiente.
 
Si asciuga i capelli velocemente con un asciugamano, realizzando che sono già le otto meno cinque, mette un po’ di profumo ed esce dal bagno, andando ad afferrare i suoi scarponi. Avverte lo sguardo di suo fratello addosso, ma cerca di non badarci.
 
Si siede sul letto, dandogli le spalle.
«Quanto manca da qui a Sioux Falls?»
Dean piega le labbra in una smorfia pensierosa «Due o tre ore, mi pare. Non è tanto distante» anche se non lo vede, immagina che Sam stia annuendo «Domattina partiamo sul presto, ok?»
«Per me sì. Tu pensa a non fare le ore troppo piccole».
 
Avverte nuovamente il risolino divertito di Sammy e stavolta è intenzionato a farlo smettere, perciò allunga il braccio verso destra per afferrare un cuscino e glielo lancia addosso, colpendolo in faccia.
Sammy lo guarda con uno sguardo arrabbiato «Idiota».
«Puttana» Dean sorride sghembo e prende in mano anche l’altro cuscino, voltando meglio il busto e lanciandogli anche quello con forza e per un attimo gli sembra di essere tornati bambini, a quando scherzavano e si facevano un sacco di dispetti.
 
Sam ha tutti i capelli sulla fronte arruffati e afferra a sua volta uno dei due cuscini posizionati accanto alla testiera del suo letto, scagliandolo contro il fratello e Dean non fa in tempo a rispondere con un altro attacco che sente bussare alla porta.
Si ferma e si volta verso l’uscio, avvertendo subito dopo qualcosa di morbido andargli addosso. Si volta: Sam gli ha tirato l’altro cuscino e lo fissa con un’espressione tra il divertito e il colpevole stampata in faccia. Dean, invece, lo guarda in cagnesco «Questo è sleale». Sammy sorride furbo, gli occhi vispi; Dean si alza per avvicinarsi alla porta «Non temere, riprenderemo questo discorso» rivolge lo sguardo al legno chiaro e afferra la maniglia per aprire. Quando lo fa, quello che si ritrova davanti agli occhi lo costringe a rimanere per un attimo senza fiato.
 
Sotto il solito giacchetto verde, Ellie indossa un vestito molto semplice, con una fantasia di piccolissimi e fitti fiori rosa, lilla e verdi su uno sfondo nero. Ha i capelli sciolti un po’ mossi, soprattutto sulle punte; il trucco sugli occhi non è troppo marcato e le sta molto bene, mentre le labbra sono colorate di rosa, un colore che le deve piacere molto. Porta una lunga collana che le scende fin sotto il seno e ai piedi ha le sue decolleté nere.
 
Sam parla prima che lui riesca ad aprire bocca «Cavolo, Ellie! Stai benissimo!» e lei gli sorride, arrossendo appena. «Grazie, Sam» poi lo guarda negli occhi «Tu sei pronto?»
Dean annuisce e si allunga verso l’appendiabiti per prendere la sua giacca di pelle. Si volta per un attimo verso il fratello «Ciao Sammy. Mi raccomando, non rimanere tutta la sera qui a leggere come una donnetta, esci e vai a divertirti» gli sorride in modo allusivo mentre lui scuote la testa mormorando qualcosa che assomiglia molto ad un fottiti e che Dean capisce benissimo anche se ha cercato di non farsi sentire. Si chiude la porta alle spalle sorridendo e punta gli occhi su Ellie che lo guarda divertita. «Che c’è?»
«Che non siete tanto normali».
Il sorriso di Dean è chiaramente una presa in giro «Senti da che pulpito».
 
Ellie sorride a sua volta e stringe le spalle; raggiungono l’Impala facendo pochi passi e vi salgono su. Dean mette in moto e realizza di non averle ancora detto che la trova particolarmente bella questa sera, ma non riesce a formulare una frase nella sua testa che non sia troppo d’effetto e soprattutto che non lo faccia sembrare un donnaiolo arrapato senza speranza, ma la serata è appena iniziata, perciò crede di avere tutto il tempo.
 
Non sa perché si sta facendo tutte queste paranoie. In fondo Ellie lo conosce bene e Dean non crede che ci sia davvero bisogno di atteggiarsi in maniera diversa da quello che è realmente, solo che… Dio, probabilmente se non dovesse tenere a freno l’istinto sarebbe tutto diverso.
Di certo non aspettava che Ellie tornasse quella di sempre – anche se ancora è molto lontana dalla meta – solo per andarci a letto, ma la verità è che questo “paletto” che lei ha voluto mettere tra di loro un po’ lo blocca. In fondo, è quello il modo con cui le ha dimostrato di tenere a lei in passato e magari è sbagliato, magari – anzi, sicuramente – le coppie normali non puntano tutto su quello ed Ellie ha ragione su questo aspetto, ma lui non sa come comportarsi, come essere se stesso e al contempo frenarsi e aspettare i suoi tempi che potrebbero essere anche piuttosto lunghi e, caspita, a Dean sembra una vita che non scopa e per uno come lui, abituato a rifocillarsi spesso per non sentire il mordente dell’astinenza, non è facile accontentarsi di baci e carezze. Se fosse stata un’altra a chiederglielo non avrebbe neanche provato ad adattarsi, ma Ellie si merita un po’ di pazienza da parte sua, perciò cercherà di resistere e di comportarsi normalmente.
 
«Sei nervoso?» la voce di Ellie lo distrae da quei pensieri; Dean si volta un attimo a guardarla e lei gli sorride appena, le labbra piegate un po’ all’insù.
Scuote la testa e torna a guardare la strada «No, perché dovrei? Insomma, ti… ti sembro nervoso?»
«Sì» la sente sorridere, il piccolo sospiro inconfondibile che segue le sue labbra schiudersi appena «Ma non preoccuparti, anch’io lo sono un pochino».
Dean aggrotta le sopracciglia «Perché?»
«Perché abbiamo passato tanto tempo a discutere, ultimamente, e adesso stiamo cercando di ricostruire quello che avevamo perso. O trascurato, come preferisci. Quindi… sì, sono un po’ nervosa» con la coda dell’occhio, Dean la scorge a rigirarsi le dita delle mani posate in grembo e ammira così tanto la sua sincerità, il modo tranquillo e posato con cui riesce a dire qualsiasi cosa, a non tenersi niente per sé. La invidia un po’ per questo.
Sorride sghembo, per cercare di smorzare un po’ il tono serio «Stai tranquilla, per stasera non ho intenzione di chiederti di sposarmi» Ellie gli dà una manata su un braccio e ride e Dean fa altrettanto, allungando la mano destra nella sua direzione per stringere quella di lei che ricambia la stretta e, anche se non può guardarla bene, è sicuro che il suo sorriso sia bello e luminoso, uno di quelli che Dean vorrebbe sempre vedere sul suo viso.
 
Parcheggia l’Impala di fronte alla locanda e spegne il motore, voltandosi verso Ellie che si è sporta un po’ in avanti – il collo allungato e alcune ciocche di capelli che le ricadono sul davanti –, curiosa «Dove… dove mi hai portata?»
Dean sorride orgoglioso «Mi avevi detto di scegliere, ho pensato di—»
«Non è un fastfood a caso di qualche strada di passaggio, vero?»
Dean, a quella domanda, si acciglia leggermente «Ma perché tu e Sam siete così malfidati? Mi hai detto di scegliere un posto, l’ho fatto, non capisco perché doveva essere per forza un fastfood».
Ellie volta il busto nella sua direzione; lo guarda negli occhi e, a giudicare da come lo fa, deve aver capito che un po’ se l’è presa «Scusami, non volevo offenderti, è che… sono piacevolmente colpita, tutto qui» Dean la guarda ancora un po’ imbronciato e lei gli sorride dolce «Vedi che anche tu sei un po’ nervoso?» si avvicina per poi dargli un bacio sulla guancia. «Dai, andiamo dentro che ho fame».
 
Apre lo sportello e Dean fa altrettanto, sospirando. Calma, cazzo, è un appuntamento come un altro… più o meno. Cerca di ripetersi quelle parole in testa, perché è vero che, anche se non ne comprende bene il motivo, è un po’ teso, ma deve darsi una regolata, altrimenti finirà per trasformare la serata in un completo disastro.

Lascia entrare Ellie per prima e una cameriera – la stessa con cui ha parlato oggi pomeriggio – gli si avvicina. Gli sorride gentile «Dovete chiedere?»
«Sì, sono passato oggi pomeriggio. Ho prenotato per due a nome Winchester».
Lei annuisce e gli sorride ancora «Vi mostro subito il tavolo».

Dean fa cenno ad Ellie – che ha smesso di guardarsi intorno non appena ha nominato la parola “prenotato” – di seguirla e lei – bassina, i capelli lisci e biondi raccolti in una coda di cavallo – gli fa strada fino al loro tavolo, situato in un angolo della sala.

Gli lascia due menù e Dean si siede guardando Ellie che fa lo stesso con un’espressione sorpresa stampata in faccia.
«Che c’è?»
Lei si morde il labbro, visibilmente contenta. «Hai… hai prenotato?»
Lui annuisce «Non volevo che ci soffiassero il posto» lei gli sorride e Dean non ha capito cosa ci sia di straordinario in questa cosa, ma è contento che Ellie gradisca.

Si guarda intorno: la tavola è apparecchiata con cura, con dei piatti bianchi decorati sui bordi, bicchieri di vetro, una tovaglia rossa e una candela accesa al centro – che non aveva richiesto, però. Va bene un minimo di romanticheria, ma questo gli pare un tantino troppo. Poi sente un odore strano e non vorrebbe che provenga da lì. Si avvicina con il viso per constatare se il suo sospetto è fondato e lo è, Cristo, perché profuma di vaniglia.
Quando alza la testa verso Ellie la trova a guardarlo perplessa. «Hai qualcosa contro le candele profumate?»
«Sì. Cioè no, solo che non ne capisco il senso».
Ellie sorride, forse per prenderlo un po’ in giro «Non ne hanno, servono solo a… ad abbellire l’ambiente».
«Ma è già carino così, non ce n’era bisogno».
Lei sorride ancora, afferrando il menù «Se lo dici tu».
«Beh, ma la luce c’è, non c’è mica bisogno di—»
«Creano l’atmosfera» lei scuote la testa, divertita «Il romanticismo non è il tuo forte, eh?»
Dean stringe le spalle e tuffa gli occhi sul menù, così da evitare di rispondere.

Non ci mette tanto a scegliere cosa vuole mangiare: una bella bistecca. Anche Ellie è dello stesso avviso perciò, quando la cameriera torna per le ordinazioni, ne chiedono due insieme a una porzione di patatine da dividere – non tanto per Dean che ne mangerebbe una intera senza problemi, ma per Ellie che è ancora nella fase acuta della sua strana “dieta”.

Quando la cameriera prende i menù e torna in cucina, Ellie si morde il labbro e inaspettatamente allunga una mano verso Dean per accarezzargli la guancia destra. È più di una carezza, però, perché Dean avverte le sue piccole dita strofinare piano la sua pelle. Poi toglie la mano e gli sorride «Non mi ero accorta prima, ti era rimasto il segno del rossetto».
 
Dean le sorride appena e cala uno strano silenzio subito dopo. Non di quelli imbarazzanti, ma strano, forse carico di aspettative.
 
Ellie torna a guardarsi intorno e lui ne approfitta per osservarla meglio. Prima, quando indossava la giacca, non si era accorto che il vestito fosse senza spalline. È molto semplice, non troppo scollato, e su di lei sta molto bene perché le modella le curve; il trucco sugli occhi – le palpebre colorate con un marrone chiaro che poi sfuma in uno più scuro, una riga nera a ridisegnarle il contorno e le folte ciglia nere – sembra fatto apposta per valorizzare i suoi occhi blu e Dean vorrebbe trovare le parole giuste per dirle tante cose, per spiegarle quanto è contento che le cose tra di loro stanno finalmente prendendo il verso che avrebbe voluto da tanto, che il fatto che lei sia rimasta al suo fianco lo rende felice, ma non riesce a dirle nulla, le parole incastrate in gola. Forse è perché è ancora un po’ teso, perché ci vuole un po’ di tempo per tornare alle vecchie abitudini, a quella confidenza bellissima che avevano e che faceva in modo che Dean parlasse anche senza volerlo.
 
Ellie si sporge un po’ verso di lui, il pugno chiuso sotto il mento, distogliendolo da quei pensieri e spezzando il silenzio. «Davvero non ti fa un po’… strano?» lui la guarda senza comprendere e lei deve accorgersene, perché sorride. «Che siamo a cena insieme».
Dean stringe le spalle, continuando a far finta che sia tutto normale. «No, perché dovrebbe? Non è mica la prima volta».
«Lo so, ma… voglio dire, le cose sono cambiate parecchio adesso. È tutto un po’ diverso».
A quelle parole comprende dove voleva arrivare. «Sì, beh… non hai tutti i torti» lei gli sorride ancora e Dean riflette un attimo tra sé e sé. L’ultima volta che sono stati a cena fuori da soli è stato quasi due anni fa, per il compleanno di Ellie. Poi le strade si sono divise e loro due si sono prima persi e poi ritrovati ed è buffo pensare che sia passato così tanto. Prima che suo papà e Jim litigassero, andavano spesso a pranzo o a cena fuori, poi è un’abitudine che hanno perso, ma Dean è convinto che abbiano tutto il tempo del mondo per recuperare. Senza dubbio lo spera. «Ti ricordi quand’è stata l’ultima volta?»
Ellie aggrotta un pochino la fronte, mordendosi il labbro inferiore; poi sorride appena «Il mio compleanno! Oddio, ne è passato di tempo».
Dean sorride «Già. Quant’eri ubriaca!»
Ellie ride e annuisce, portando un pochino la testa all’indietro. «Anche tu».
«Oh, mai quanto te. Volevi camminare senza scarpe, eri proprio fuori».
Lei ride ancora «Me lo ricordo» poi torna seria «Stasera non voglio bere, però».
Lo guarda intensamente negli occhi; i suoi brillano «Allora non bevo neanch’io».
 
La osserva e lei sembra così emozionata, come se questa serata fosse molto importante per lei. Non è serena come Dean vorrebbe vederla sempre, non come quando l’ha conosciuta che sprizzava allegria da ogni poro ed era impossibile starle dietro. Stasera, però, è visibilmente più luminosa e tranquilla e Dean è felice di averla portata fuori se questo è il risultato. Per questo decide di sbottonarsi un po’, di rivelare alcuni dei suoi pensieri. «In realtà, a me… a me fa strano questo appuntamento» lei lo guarda un po’ perplessa «Nel senso che… che di solito i miei incontri con le ragazze sono sempre più fugaci. E non implicano cene o discorsi profondi».
Ellie ride «Lo so. Me l’avevi detto una volta».
Dean non se lo ricordava minimamente, ma in fondo ha confidato più cose ad Ellie che a qualsiasi altra persona che conosce, perciò non se ne stupisce. «E tu? Com’erano i tuoi appuntamenti?»
«Con Ben, il mio ex, più o meno come questo. Cioè a lui… a lui piaceva portarmi fuori. In realtà, gli piaceva portarmi ovunque. Ad esempio, se doveva andare a comprare un paio di scarpe mi chiamava e mi chiedeva di andare con lui così gli davo dei consigli».
Dean spalanca un po’ gli occhi, sorpreso «E tu ci andavi?»
«Generalmente sì. A parte quando dovevo andare ad aiutare la mamma alla tavola calda. Se avevo da studiare non me lo chiedeva, invece, perché ci teneva che andassi bene a scuola».
«Pensa che palle» a Dean sfuggono quelle parole dalla bocca prima che possa solo pensare di rimangiarsele e guarda Ellie un po’ mortificato. «Scusa, tu ci stavi insieme, non volevo dire—»
Lei stringe le spalle «Non fa niente. Effettivamente era un po’ pesante qualche volta, ma lui studiava tanto e voleva che m’impegnassi almeno un minimo per raggiungere la sufficienza. Anche se diceva che era uno spreco, perché ero intelligente».
«Era un po’ come Sammy?»
«Peggio» lei sorride «Era un bravo ragazzo, ma avevamo obiettivi molto diversi».
 
Dean si rende conto di non sapere praticamente nulla della relazione tra Ellie e questo tizio – che proprio ora ha scoperto si chiami Ben –, ma stasera non vuole farle altre domande. Si accontenta del poco che sa, perché non gli sembra l’occasione adatta per investigare su questa storia.
 
La cameriera porta le patatine e le due bistecche che hanno un odore e un aspetto molto invitante. «Allora… buon appetito».
Ellie gli sorride «Anche a te».
 
Cominciano a mangiare e Dean allarga gli occhi quando mette un pezzo di carne in bocca e lo mastica piano, gustandosi il suo buonissimo sapore. Anche Ellie sembra gradire e gli sorride.
Deglutisce prima di parlare ancora «Prima, quando mi hai detto quella cosa sul matrimonio, lo… lo pensavi davvero? Insomma, io… io avevo capito che non avessi intenzione di sposarti».
Dean la guarda un attimo perplesso, poi stringe le spalle «Infatti era una battuta. È l’ultimo dei miei pensieri» taglia un altro pezzetto della sua bella bistecca e se lo porta alla bocca «Tu? Vorrefti fpofarti?»
Ellie sorride e Dean constata velocemente che non ha perso l’abitudine di farlo quando le parla con la bocca piena; la cosa, anche se non sa il motivo, lo rallegra «No. Non mi piace molto l’idea» Dean la guarda un po’ stralunato – forse perché lei aveva una vita normale prima di incontrare suo padre, quindi dava per scontato che fosse come una delle tante ragazze che sognano l’abito bianco – e lei deve accorgersene perché sorride appena «Nel senso che io ho sempre visto il matrimonio come una specie di rassicurazione. Qualcosa tipo “sposa l’uomo che ami perché in questo modo qualcuno dall’alto, un impiccione che io immagino abbia la barba lunga come Mago Merlino e una tunica bianca, possa proteggere la tua unione con questa persona e assicurarti che starete insieme per tutta la vita”. Non credo di aver bisogno di qualcosa del genere, della protezione di un terzo incomodo che non ha niente di meglio da fare che guardarmi vivere. Nessuno mi deve garantire che la mia relazione con la persona giusta durerà, perché lo saprò da sola» sorride ancora, stringendo le labbra «Non so se è una cosa fiabesca, ma io la vedo così».
 
Dean ci riflette un attimo prima di rispondere. «E chi ti garantisce che quella persona starà con te per tutta la vita?»
Ellie stringe le spalle «Nessuno, ma il matrimonio lo dovrebbe fare meglio del mio istinto? Voglio dire, i divorzi esistono».
Dean la guarda e sorride a sua volta, non solo per la convinzione che emanano le sue parole, ma anche per il modo buffo in cui le ha pronunciate. «Beh, io… io credo che ognuno abbia la sua visione delle cose. La tua non è male. A patto che ci sia qualcuno che ci guardi, poi».
«Già, neanche questo è così scontato».
 
Dean si tira un po’ su entrambe le maniche della camicia, arrotolandole sulle braccia, e appoggia il destro sul tavolo. Ellie presta attenzione a quel movimento, gli occhi puntati sul suo polso e poi sorride, il pugno chiuso sotto il mento. Allunga la mano sinistra verso la sua e Dean non si stupisce quando con le dita fa ruotare il braccialetto che gli aveva regalato sul suo polso, gli occhi fissi su quell’oggetto come se fosse qualcosa di terribilmente importante. Non è la prima volta che la vede fare questo gesto, che scorge la sorpresa nei suoi occhi nel verificare che lo porta ancora, che non lo toglie mai e Dean sorride, contento che quella sua abitudine la renda in qualche modo felice, perché è un suo regalo e capisce che lo ha apprezzato molto.
 
Lei sorride ancora per poi tornare ad appoggiare la schiena sulla sedia. Con la mano destra tira su il vestito, come se le stesse cadendo anche se non sembrava affatto così, e Dean sorride appena a vederglielo fare, puntando poi gli occhi sulla lunga collana che le pende dal collo. È molto sottile e lunga, le arriva fin sotto il seno e il ciondolo che vi ha infilato è color argento e a forma di cuore. Dean si sporge con il collo per dare un’occhiata ed Ellie lo guarda dapprima perplessa, poi sembra comprendere perché tira su il ciondolo e glielo fa vedere. «L’ho preso a Buckley, al mercato. Lo fanno sempre in estate» Dean si avvicina per osservarlo meglio e non si stupisce del perché abbia colpito l’attenzione di Ellie: tutta la superficie di quel cuore è ricoperta di fiori. È molto semplice ma molto particolare, un po’ come lei.
 
Finiscono di cenare affrontando svariati discorsi; Ellie chiede di Sam, se sta meglio e se le sue visioni sono una costante o solo qualcosa di sporadico – Dean non gliene aveva mai parlato prima di quella storia di qualche settimana fa – e lui le spiega brevemente quello che ha capito di quella storia, anche se è poco e non ha alcuna certezza.
 
Le offre la cena – nonostante Ellie lotti parecchio per pagare almeno la sua parte – e poi vanno a prendersi un gelato in un bar poco distante; lei opta per fragola e vaniglia, mentre Dean si butta sul cioccolato.
Camminano su una stradina di sassolini bianchi, costeggiando un piccolo parco dove ci sono anche giochi per bambini. Ellie suggerisce che sarebbe perfetto per un picnic e Dean non potrebbe essere più d’accordo.
Si siedono su una panchina poco distante, situata molto vicino a un lampione e parlano ancora del più e del meno; la tensione iniziale è meno pesante, Dean non la sente quasi più. Si è sciolto molto durante la serata e parla più liberamente di cose anche più serie, come del fatto che quest’assenza prolungata di suo padre lo preoccupa parecchio ed Ellie ascolta ogni cosa con attenzione, come ha sempre fatto. 
 
Siede alla sua destra e, una volta finito il gelato, Dean allunga il braccio verso di lei, stringendo il bordo della panchina; lei non ne sembra infastidita.
Ellie finisce il suo cono in silenzio e lui osserva ancora una volta quel vestito e realizza che non serve una frase ad effetto per dirle che le sta bene. Gli basterà solo essere sincero. «Stai davvero bene con questo vestito».
Lei gli sorride, arrossendo appena «Grazie».
«Dovresti indossarne più spesso».
Ellie sorride ancora, portandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie «I vestiti sono per le occasioni speciali».
Dean sorride ironico «Uscire con me lo è?»

Lei stringe le labbra in una linea sottile; sembra quasi esserci rimasta male per quella domanda. Si volta un po’ verso di lui «So di essere stata molto scontrosa con te negli ultimi tempi. Forse ti ho fatto pensare che non m’importava e non… non so più come chiederti scusa, ma… » afferra i lembi della sua giacca e li stringe forte; Dean non riesce a staccare gli occhi dai suoi «Tutto questo non è un capriccio per me. Tu mi piaci davvero, io… io non mi ero mai sentita così con nessun altro. Avevo bisogno di mettere le distanze perché mi sentivo sotto pressione, ma adesso va meglio, sono… sono riuscita ad aprirmi e sono sicura che d’ora in poi sarà tutto in discesa» sorride, ma si spegne subito dopo «Tu non credi?»
Dean le sorride, avvicinando il viso al suo, la mano sinistra ad accarezzarle la guancia. «Io lo spero».

Fa in tempo solo a vedere il sorriso comparire sulle sue labbra prima di baciarla. La attira un po’ più a sé con l’altro braccio e lei risponde con trasporto, stringendo un altro po’ i lembi della sua giacca.
Ellie sa di fragole e di speranze e Dean non si è ancora abituato alla sensazione delle sue labbra morbide, alla tenerezza con cui ricambia e come lo stringe, come se il bisogno che ha di lui fosse davvero profondo e realizza che lei non ha tutti i torti, che non devono correre perché hanno bisogno di riscoprirsi e che stavolta devono farlo pian piano, senza fretta.
 
La mano di Dean scivola sul suo collo; non c’è malizia nel suo gesto, ma sente Ellie freddarsi e allentare un po’ la presa. Ha notato anche in altre situazioni che a volte si fa più lontana, che è più schiva di quando tentavano di costruire qualcosa mesi fa, ma Dean cerca di non badarci mai. In fondo, sono solo all’inizio e lei ha detto esplicitamente quali sono le sue “condizioni”, perciò non se la prende e spera che col tempo lei possa sciogliersi ancora di più.
 
Ellie si distacca piano, guardandolo dritto negli occhi; i suoi stasera sono luminosi come due stelle brillanti, come non lo erano da tanto tempo e lui l’abbraccia forte, baciandola tra i capelli.
 
Rimangono a lungo su quella panchina abbracciati a parlare ancora e Dean scopre un lato di sé che aveva dimenticato di avere, che viene a galla solo con lei. Se ne accorge quando si ritrova ad accarezzarla con dolcezza, come se tenesse tra le mani qualcosa di raro e prezioso, mentre la ascolta parlare come lei non faceva da tempo, senza alcuna forzatura.
Si alzano solo quando comincia a fare freddo anche perché è tardi – tra tutto si è fatta già l’una – ed è meglio tornare al motel, visto che domani dovranno ripartire presto per andare da Bobby.
 
Prima di entrare nella stanza di Ellie, lei estrae le chiavi dalla borsa e lo guarda sorridendo appena. «Non far caso al disordine».
Lui allarga gli occhi «Tu disordinata? E da quando?»
Ellie sorride «No, è… è solo per stasera. Stavo facendo tardi e non avevo tempo di rimettere a posto».
 
Dean annuisce ed effettivamente, non appena lei apre la porta, si trova di fronte un bel po’ di caos, qualcosa di molto insolito per una precisina come lei. C’è un bel mucchio di vestiti sul letto – jeans, magliette, camicie e quant’altro, tutta roba colorata comunque – ed Ellie vi si avvicina velocemente dopo aver appoggiato la borsa su una sedia.
 
Lui sorride sghembo «Non mi dire… non sapevi cosa metterti?»
Ellie tira le labbra in una linea sottile e annuisce.
Dean sa quanto le ragazze si scervellino per vestirsi, darsi una sistemata e tutto il resto, ma è positivamente stupito dal fatto che Ellie si sia impegnata così tanto per farsi carina per lui. Non che dubitasse delle sue parole, ma adesso che ha le prove ne è ancora più lusingato. Ellie gli sorride «La cosa ti sorprende?»
«Un pochino» sorride a sua volta e le si avvicina per abbracciarla da dietro «Ma in modo molto positivo».
Le bacia il collo ed Ellie sorride gioiosa «Non dovrebbe, visto che anche tu ti sei cambiato per l’occasione» lei volta la testa e lo guarda sorniona mentre Dean la osserva un po’ perplesso «Pensavi non avessi notato che ti sei abbottonato la camicia, signor “non sono nervoso per questo appuntamento”?» lei sorride divertita e Dean fa altrettanto. «Non ti sfugge proprio niente».
«No, nulla».
Le bacia nuovamente il collo e la stringe un po’ più forte mentre la guarda sorridere ed è una sensazione così bella da scaldargli il cuore.
 
Si siede sul letto, poi, osservandola ripiegare tutti i suoi vestiti e quando comincia a sbadigliare decide di avviarsi sotto le coperte, intanto, che lei deve ancora andare in bagno e ne avrà per un po’.
 
Si stende aspettando che lei torni, il sorriso sulle labbra che non si affievolisce al pensiero di questa serata così semplice e al contempo così bella. Non stava così da un sacco di tempo, con la testa affollata solo da pensieri positivi e caldi come Ellie che torna dopo qualche minuto, il viso pulito dal trucco e la lunga maglietta rossa a farle da pigiama insieme a quei pantaloncini che a Dean stonano tanto; chissà perché li mette.
Lei gli sorride «Sì, lo so, adesso faccio tutto un altro effetto».
«A me piaci sempre» è la prima cosa che gli viene da dirle, ma è la verità: all’inizio, quando l’ha conosciuta, gli sembrava un po’ scialba, il viso sempre acqua e sapone e i capelli lunghi e spesso legati; adesso, invece, gli piace quando è più curata e più femminile con le sue gonne o i vestiti non troppo scollati, ovviamente, ma la trova bella anche quando è più al naturale, come adesso. Non sa il perché, è così e basta.
 
Ellie abbassa gli occhi, mordendosi le labbra per nascondere un sorriso; spegne la luce del lampadario grande e accende quella della lampadina situata accanto al comodino dalla parte di Dean, fa il giro intorno al letto – la testa sempre bassa, forse per nascondere un po’ il rossore delle sue guance a quel complimento spontaneo – e si stende alla sinistra di Dean che si volta verso di lei, le mani ad abbracciarle la schiena quando lei si fa vicina. Ellie gli sorride e gli bacia il naso «Sono stata benissimo stasera. Hai organizzato un appuntamento perfetto».
Dean sorride sghembo «Lo dici perché non ti ho portato in un fastfood» Ellie ride piano, divertita. «Anch’io sono stato molto bene. Dovremmo farlo più spesso».
Il sorriso di Ellie si affievolisce un po’, lasciando spazio a una smorfia meno convinta «Ti… ti aspettavi qualcosa di diverso? Non so, volevi un appuntamento più…  scoppiettante?» ha un’espressione tremendamente seria sul viso mentre dice queste cose e Dean non può far altro che scoppiare a ridere perché è troppo buffa. In risposta, riceve una manata su un braccio «Non ridere, sono seria» Dean la guarda ancora, cercando di smettere di ridere, ma quella che rimane sul suo viso è comunque una smorfia divertita «Dai, Dean, dimmelo».
Lui sorride «Ti ho detto che sono stato bene, perché mi fai tutte queste domande?»
Ellie alza le spalle, abbassando gli occhi per un momento. «Perché stavolta ci stiamo provando sul serio» tira le labbra in una linea sottile e lo guarda intensamente «Non vorrei… deludere le tue aspettative. Magari scopri che uscire con me è noioso e che non ti piaccio più».
«Smettila di pensare queste stronzate» Dean le accarezza il viso con dolcezza «Io sto bene con te. Tu… » fatica un po’ a tirare fuori certe cose, ma cerca di farsi coraggio e lo fa per rassicurarla e un po’ anche perché, dopo tutto ciò che di bello gli ha detto stasera, glielo deve «Tu riesci a farmi parlare, a far emergere il meglio di me».
«Anche il peggio» lei gli sorride «Quando litighiamo» e quando capisce che è una battuta Dean fa altrettanto. «Anche quello, sì. Però… non so, da quando ti conosco vedo le cose in maniera diversa. Non so se è un bene, ma… » sorride, guardando l’espressione stupita di Ellie – i suoi occhi più grandi e intensi –, e le accarezza il viso in maniera più decisa «Ma ciò di cui sono sicuro è che se, dopo tutto quello che ci è successo, neanche in questi mesi mi è passata, beh… dubito che succederà andando avanti».
 
Ellie lo guarda ancora un po’ incredula e non si scosta quando lui si avvicina per baciare il suo sorriso e per stringerla più a sé ed è incredibilmente bello tutto questo, la forza e la promessa celata dietro alle parole che si sono scambiati per tutta la serata. Dean percepisce la voglia che Ellie ha di stare con lui e, adesso che anche lui è riuscito a esprimere almeno una piccola parte di ciò che sente, avverte il suo cuore leggero come non accadeva da tempo.

 

[1] La copertina descritta è di un’edizione italiana del romanzo citato che parla di come la famiglia di una piccola ragazzina di nome Ruba si muove negli anni della guerra civile a Beirut, in Libano. L’autrice è Nathalie Abi-Ezzi. L’ho trovato nella biblioteca comunale vicino a casa mia e non ho la minima idea se un’edizione sia “emigrata” anche negli Stati Uniti, ma mi prendo questa piccola licenza, perché quando l’ho visto esposto ho pensato che ad Ellie sarebbe piaciuto leggerlo.

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Capitolo 12
*** Too painful answers ***


Note: Buonasera a tutti! :D
Perdonatemi per i miei continui ritardi, ma davvero, ultimamente non riesco a star dietro a nulla e, se lo faccio, mi perdo sempre dei pezzi per strada. Come avrete notato non sono riuscita nemmeno questa settimana a rispondere alle recensioni, ma mi piace sempre di farlo per bene e spesso non rientro nei tempi. Perdonatemi, davvero.
E spero che prima o poi queste note non cominceranno più con me che vi chiedo scusa di qualcosa XD accadrà, un giorno! XD
Comunque sia, stavolta almeno con il giorno di pubblicazione sono stata puntuale. Che non è poco! XD
Ne approfitto, come sempre, per ringraziare tutte voi persone bellissime che leggete/ricordate e soprattutto chi perde un po’ del suo tempo a lasciarmi un commentino. Siete preziose, per me <3
Vi mando un grossissimo abbraccio e spero di ritrovarvi numerosi la prossima settimana! A presto! :**


Capitolo 12: Too painful answers
 
When a person cannot answer directly to your question,
 it’s probably because the answer is too painful for you to know
or too hard for them to admit.
 
(Unknown)
 
 
«No, col cavolo!»
«Ma perché? Ti piacciono le cose che faccio, mi dici sempre che sono buone, qual è il problema? O… o mi prendi in giro quando mi fai i complimenti?»
«Ma no che non ti prendo in giro, ragazzina! È che non devi venire qui e cucinare ogni volta! Ti approfitti della mia cucina!»
«Approfitto? Ma se tu non la usi mai e fai arrugginire tutto!»
 
Tornare a casa di Bobby per qualche giorno di “vacanza” non è mai stato così piacevole. Dean e Sam, seduti rispettivamente su due sedie della cucina di casa Singer, osservano il vecchio cacciatore discutere con Ellie cercando di trattenere le risate, ma è dura, perché lei lo guarda con un’espressione imbronciata e lui ci prova a fingersi arrabbiato, ma non ci riesce e, anzi, si vede che si sta sforzando senza grossi risultati.
 
Ha quella faccia da quando li ha fatti entrare, quando ha visto Ellie con delle buste della spesa in mano – perché lei non ha sentito ragioni e ha voluto per forza fermarsi alla vista del supermercato che hanno incrociato lungo la strada; Dean si è convinto a darle retta solo quando gli ha promesso di fare la crostata.
 
Sa che Bobby le dice così perché vuole che si riposi, che non si metta in pista con pulizie e cucine varie, ma lo sa anche lui che contro Ellie è una guerra persa, soprattutto quando si tratta di cucinare.
 
Si fissano ancora, lì in piedi di fronte al lavello, mentre Sam e Dean continuano a guardarli dall’altra parte del tavolo. Ellie sbuffa «Andiamo, brontolone… perché vuoi negarmi il piacere di cucinare per una volta che posso farlo? Ho comprato un sacco di cose» allarga la busta e allunga le braccia verso di lui per mostrargli qualcosa al suo interno «Guarda, ho preso la pasta… scommetto che è un sacco che non la mangi».
Bobby continua ad osservarla con uno sguardo fintamente severo e Dean non può fare a meno di intervenire. «Dai, molla l’osso Bobby. Ha comprato mezzo negozio, falla contenta».
 
Sia Bobby che Ellie lo fissano; lei sorride appena, sicuramente contenta che Dean le abbia dato man forte, mentre il vecchio cacciatore ha uno sguardo truce che in altre occasioni lo farebbe rabbrividire «Tu dare ragione a me mai, eh?» Dean alza le spalle, sorridendo appena, mentre Bobby continua a scrutarlo «Almeno avete ricominciato a fare comunella, meno male».
Il sorriso di Ellie si incrina appena mentre Dean tira le labbra in una linea sottile e finge di non avvertire gli occhi di Sam puntati addosso che sicuramente lo sta fissando come a dirgli forse dovrete spiegargli un paio di cose e sì, lo farà presto, ma prima deve trovare le parole giuste.
 
Il viaggio fino a Sioux Falls è stato relativamente breve. Sammy ne ha approfittato per chiedere a entrambi com’è andata ieri sera ed è stata Ellie a rispondere per lui, cominciando a parlare a macchinetta di quanto sia stata bene, di quanto fosse carino il posto in cui l’ha portata a cena e tutte le cose raccontabili, senza accennare niente a ciò che si sono detti e quanti baci si sono scambiati fin quasi alle tre del mattino, quando le palpebre si erano fatte così pesanti da chiudersi senza che potessero bloccarle.
 
Per tutto il tempo del racconto, Dean ha tenuto gli occhi sulla strada, senza riuscire a evitare di sorridere ogni tanto ed è sicuro che Sammy l’abbia beccato ogni dannata volta che ha ceduto alla tentazione, ma ormai è palese anche a lui che è tremendamente fottuto da Ellie e da tutta questa situazione che però lo fa stare bene, cazzo, lo fa stare come non si sentiva da mesi, forse addirittura da anni.
Stare con Ellie gli ha sempre fatto bene, l’ha sempre fatto sentire vivo, ma adesso c’è una complicità diversa, adesso stanno cercando di far quadrare il cerchio e forse ora è tutto rose e fiori perché sono solo all’inizio e magari più avanti diventerà un casino, ma intanto Dean si gode questa sensazione di tranquillità che prova ogni volta che ce l’ha vicina, che gli dà un bacio o che parlano insieme di qualcosa.
 
Si sente un deficiente per la maggior parte del tempo, questo deve ammetterlo, ma riflettendoci ha deciso che non gliene importa niente e che vuole prendersi tutto ciò che di buono può ricavare da questa cosa che stava aspettando con tutto se stesso – nonostante faticasse solo a pensare di ammetterlo – e lasciarsi trasportare dagli eventi. O da Ellie, che forse sa meglio di lui come funzionano certe cose.
 
È stato strano sentir parlare Ellie di loro con Sam, visto come si è comportata nei giorni precedenti, ma forse ha capito cosa Dean voleva dirle l’altra sera – e cioè che non c’è niente di male a condividere con suo fratello un po’ della loro quotidianità – ed è stato piacevole ascoltarla, rivivere un po’ della serata attraverso il suo racconto.
Sam poi – che ogni tanto Dean sbirciava con la coda dell’occhio – lo guardava con un sorrisino sulle labbra che, però, più che di presa in giro sembrava di contentezza e lui non sa come interpretarlo, non sa se pensare che era perché è contento per lui o perché era fiero del fatto che avesse ascoltato il suo consiglio di uscire con Ellie. Qualsiasi cosa fosse, comunque, gli ha fatto piacere, così come il fatto che suo fratello ed Ellie vadano così d’accordo. È qualcosa che gli riempie il cuore di gioia, non solo perché, quando Sammy era a Stanford, lei glielo ha ricordato così tante volte con il suo modo di fare che spesso e volentieri Dean si era ritrovato a immaginare come sarebbe stato farli conoscere, ma anche perché c’è una tranquillità rara in questi giorni tra di loro, un’armonia che Dean non respirava da tanto e che lo rende tranquillo.
 
Chissà come andranno le cose quando papà tornerà perché lui, invece, Ellie non l’ha mai potuta vedere e con Sam ci ha litigato fin quasi a sbranarsi e non fa in tempo a concludere quel pensiero che, per fortuna, Bobby lo distrae mentre si dirige verso il suo studio – il logoro berretto in testa con cui cerca di nascondere il suo sguardo divertito, la camicia verde militare sgualcita e un paio di jeans un po’ strappati, di certo non per seguire la moda, addosso – e lo segue con gli occhi, pensando seriamente a come dirgli di lui ed Ellie. Il fatto che è convinto che una parte di Bobby l’abbia sempre sospettato rende le cose un po’ più facili, forse, ma non del tutto e s’inventerà qualcosa, ne è sicuro, e lo pensa anche mentre si alza e lo segue, lasciando Sam ed Ellie a mettere a posto la spesa – tanto ormai lei conosce questa casa, soprattutto la cucina, come le sue tasche e sa ritrovare tranquillamente il posto di ogni oggetto.
 
Bobby è dall’altra parte della scrivania e sbircia dei fogli, la testa bassa.
Dean sorride appena per mascherare il nervosismo, ma il vecchio cacciatore parla prima che lui possa farlo. «Nessuna notizia di John?»
La risposta di Dean non tarda ad arrivare «No. Abbiamo perso le sue tracce, non… non sappiamo più dove cercare».
Bobby alza gli occhi verso di lui «Non è una preda facile, tuo padre, ma sono sicuro che riuscirete a trovarlo prima o poi». Dean tira le labbra in una linea sottile e annuisce, anche se non troppo convinto. È sicuro che papà sia ancora vivo, ma questa caccia continua lo sta stremando e vorrebbe che fosse lì con loro anziché chissà dove a combattere un mostro più grande di tutti loro da solo. «E lei come sta?»
La voce di Bobby interrompe ancora il suo flusso di pensieri e Dean stringe le spalle, sapendo perfettamente a chi si riferisce. «Va ad alti e bassi. A volte meglio, altre peggio, ma non è ancora quella di una volta».
«Per quello ci vorrà un po’ di tempo» Dean annuisce, sospirando appena; Bobby infila le mani nelle tasche dei jeans «Al telefono mi è sembrata più serena, però».
«Sì, beh… io e Sam ci proviamo a farla stare tranquilla».
Bobby sorride in modo quasi impercettibile «Hanno fatto amicizia quei due?»
«Oh sì. Anche troppo» anche Dean sorride, perché non è mai troppo, anzi, spera che leghino sempre di più. Bobby riabbassa gli occhi su altre scartoffie e lui ne approfitta per schiarirsi la voce. Ora o mai più. «A questo proposito, io… io volevo dirti che se… se vedi cose strane è perché io ed Ellie… i-insomma noi due… »
Non riesce a concludere la frase, gli occhi di Bobby di nuovo addosso; ha prontamente alzato la testa e la cosa non lo rasserena granché «Ah, ti sei svegliato?»
Dean aggrotta le sopracciglia «In che senso?»
Bobby lo guarda con un’espressione quasi piatta «Non fare il finto tonto con me. Ho capito che ti piacesse secoli prima che tu l’avessi solo intuito. Era ora che ti dessi una svegliata» Glielo dice come se fosse una cosa normale e Dean si porta automaticamente una mano dietro la nuca, sviando lo sguardo. Bobby ha sempre questo modo di fargli le ramanzine che non è che gli piaccia poi tanto. Da un altro non si lascerebbe “sgridare” così «Ti avverto, però, razza di idiota» Dean lo guarda con gli occhi un po’ spaventati; quella di Bobby suona quasi come una minaccia «È una brava ragazza, ha la testa sulle spalle e sa quello che vuole. Se la fai soffrire ti ammazzo. Intesi?»
Dean si ritrova a deglutire «O-ok».
 
Per fortuna suo fratello arriva a interrompere la conversazione che sta diventando decisamente imbarazzante e lo guarda storto quando Dean avverte dei passi e si volta nella sua direzione; forse ha una faccia un po’ sconvolta.
«Tu che vuoi?»
A Sammy viene da sorridere «Niente, volevo solo parlarti di papà e chiederti un parere. Noi… non sappiamo più come cercarlo, magari tu sei più bravo».
 
Bobby annuisce e guarda entrambi con un’espressione strana, qualcosa che sa di dispiacere. Non perché gli hanno chiesto un aiuto che non gli ha mai negato, ma piuttosto – Dean ne è sicuro – perché sono costretti a vivere questa situazione del cazzo in cui John si dà alla macchia e loro dietro a cercarlo come segugi.
Cerca di mettere da parte quei tristi pensieri e si siede davanti alla scrivania seguito subito dopo da Sam.
Il vecchio cacciatore li osserva ancora «Allora, quand’è l’ultima volta che avete avuto tracce di vostro padre?»
 
*
 
La giornata, soprattutto il pomeriggio, è stata particolarmente intensa. Sam e Dean hanno raccontato tutto quello che è successo con molti più dettagli rispetto all’ultima volta, quando erano venuti qui per Ellie. Hanno parlato meglio di come papà è sparito e da lì tutto quanto fino all’ultima volta che lo hanno sentito, che è stata quando poi Sam se n’è andato a cercarlo per conto suo dopo essere riuscito a rintracciarlo, ed era a Sacramento. [1] Da lì, neanche mezza traccia, niente di niente.
 
Bobby gli ha detto che, se queste sono le premesse, trovare qualcosa sarà ancora più difficile, e Dean si è già praticamente lasciato andare allo sconforto – non che prima avesse grosse speranze, in realtà, è Sam ad averne troppe –, ma Sammy non si è dato per vinto, invece, perciò hanno cercato di incrociare più informazioni possibili sui viaggi che papà ha fatto prima di sparire e dando un’occhiata anche al diario, in caso ci avesse scritto su qualcosa.
Non sono arrivati a concludere molto, però – anzi, sarebbe meglio dire niente, ma Dean si trattiene solo perché Sam ci crede davvero che questa ricerca estrema li porterà a qualcosa di concreto –, e le parti preferite della giornata di Dean sono state il pranzo e la cena. Sì, perché per il primo pasto Ellie ha cucinato dei maccheroni al formaggio deliziosi, soprattutto in confronto a quelli che cucinava lui a Sammy quand’erano piccoli [2]; per cena, poi, ha fatto un vassoio di patate, prima lesse e poi cotte al forno con mozzarella e salsicce che era una roba da leccarsi i baffi, infatti ne è rimasto pochissimo e, per concludere, una bella crostata alla marmellata di fragole che Dean ha mangiato con gli occhi luccicanti. Anche quella era squisita e lui ha elogiato il tutto con parole molto lusinghiere, ma non è stato il solo: anche Sam, tra un boccone e l’altro, le ha fatto molti complimenti e quelli di Bobby erano solo borbottii per non dargliela vinta, ma si vedeva che anche lui aveva gradito molto.
 
Ora sono tornati alle loro ricerche mentre Ellie sta mettendo a posto – i capelli legati in una treccia che adesso le arriva più giù delle spalle, un grembiulino di un rosa sbiadito legato intorno alla vita che chissà dove ha trovato in quella casa piena di fucili e armamenti da cacciatore, un paio di jeans e una canotta celeste – mentre Dean si stropiccia gli occhi per la stanchezza; tra un po’ gli si squaglieranno con tutte le cose che ha letto da prima di pranzo.
 
Chiude con un tonfo il diario di papà e sbadiglia rumorosamente, sotto lo sguardo storto di Sam che siede alla sua destra. Si volta a guardarlo «Che c’è?»
«Perché hai chiuso?»
«Perché per oggi abbiamo fatto abbastanza, Sammy».
«Ma ancora possiamo cercare, possiamo—»
«Cosa abbiamo scoperto di nuovo? Che c’è un trenta percento di possibilità che papà sia stato in Ohio alla fine del mese scorso? O in Michigan? O in Minnesota? Non abbiamo un tubo, tanto vale proseguire domani».
Sam lo guarda strano, forse non capisce il suo nervosismo, e gli occhi di Dean si posano anche su Bobby che stringe le spalle. «Beh, effettivamente… voglio dire, non è un lavoro facile, ci vorrà qualche giorno».
«Bene, quindi possiamo continuare anche domani».
 
Il rumore di passi gentili gli arriva alle orecchie e Dean si volta, scorgendo Ellie vicino alla porta. Lei sorride appena «Brutto momento?» ma Dean scuote la testa. Lei si avvicina, mettendosi tra la sedia di Sam e la sua, e sbircia tra le varie scartoffie. Dean ne approfitta per spostare un po’ la sedia e tirarla a sé, prendendola per la vita e facendola sedere sulle sue ginocchia. Ellie sembra un po’ tesa – forse per la presenza di Sam e Bobby –, ma lui fa finta di nulla e la stringe, le braccia intorno alla sua vita.
 
«Allora? Rimandiamo a domani?» Dean guarda Bobby speranzoso mentre lo dice e lui stringe nuovamente le spalle; Sam sembra il meno convinto – il viso un po’ imbronciato – ma alla fine cede e Dean sorride, vittorioso. Appoggia il mento sulla spalla di Ellie «Trovatemi qualcosa da fare, è presto per andare a dormire e tardi per fare qualsiasi cosa che abbia a che fare con libri e ricerche».
Ellie infila una mano in una tasca e mette qualcosa sul tavolo «Beh, di là ho trovato questa e mi è venuta un’idea». Dean si sporge a guardare: si tratta di una carta che raffigura il tre di cuori. «Io non ho ancora imparato a giocare».
Bobby sorride appena, una smorfia rara sul suo viso barboso e stanco e Dean fa lo stesso «Ci sto. Ma vi prego, niente Burraco. Giochiamo a Bridge o a Poker, ma non quel gioco da mocciosi». Guarda Sam che lo sta osservando un po’ perplesso. «Una volta ho beccato questi due a giocare a Burraco. Il Poker era troppo difficile e per di più non avevamo il quarto giocatore perciò anche il Bridge era da escludere».
«Adesso però ce l’abbiamo» è Ellie a dirlo a suo fratello e, a giudicare da come Sam le sorride, immagina che lei stia facendo lo stesso.

Accetta di giocare e Bobby si alza per andare a prendere le carte e quando torna li guarda uno per uno «Mettiamo in chiaro una cosa: abbiamo una principiante che non sa neanche giocare a Uno, quindi a maggior ragione non si bara».
I suoi occhi sono fissi su Dean che aggrotta le sopracciglia «Perché guardi me? Io non imbroglio». Bobby e Sam fanno la stessa faccia, un’espressione molto incredula che lo fa sbuffare. «Va bene, ogni tanto lo faccio, ma stasera farò il bravo».
 
Dean sente Ellie sorridere, probabilmente divertita, e le stringe un braccio; le sue mani si spostano un po’ sul suo corpo mentre ascolta Bobby che le spiega le regole del Poker, un po’ per caso e un po’ perché deve cambiare posizione ogni tanto per non far intorpidire le gambe e si accorge che, ogni volta che lo fa, Ellie si irrigidisce un po’. Non c’è malizia nei suoi gesti, ma forse lei li sta scambiando per qualcos’altro e decide di lasciar stare, tornando ad abbracciarle la vita, per non creare malintesi.

Oltretutto, poi, per avere tutte le sedie e formare le squadre – Dean e Sam saranno insieme, visto che anche Sammy non è proprio un asso, ed Ellie con Bobby, per equilibrare il più possibile – si spostano in cucina per poter stare più comodi.
 
La serata scorre che è una meraviglia: di cinque partite, Sam e Dean ne vincono tre – il suo fratellino, poi, si è rivelato un po’ meno scarso di quanto sembrasse, forse ha imparato più di quanto pensasse quando Dean cercava di insegnargli  a giocare –, ma Bobby ed Ellie sono stati molto combattivi; lei ha capito la strategia, ma non essendo pratica è un po’ difficile applicarla subito e ha avuto qualche difficoltà. Bobby però l’ha aiutata con molta pazienza, chiarendole tutti i dubbi che aveva.

È molto calmo nei suoi confronti. Dean l’aveva notato quando passavano più tempo qui, ma anche adesso ne ha la prova e nota che c’è stato un ulteriore passo avanti nel loro rapporto, sono più affiatati. L’essere rimasti tanto in contatto, oltre a tutto l’aiuto che Bobby le ha dato nei mesi in cui è stata lontana da Dean, li ha di certo aiutati a imparare a conoscersi meglio.
 
Le undici arrivano in un battibaleno e i ragazzi decidono che, per una sera che possono farlo presto, è bene andare a riposarsi. Dean, per ovvi motivi, chiede a Sam di andare sul divano così che lui ed Ellie possano dormire di sopra, sul letto di quella che ormai è a tutti gli effetti la stanza degli ospiti – è loro, in pratica, perché Bobby non accoglie mai nessun altro nella sua casa – e sta per giocarsela a morra cinese quando, con sua sorpresa, Ellie propone un’alternativa. Considerando che dovranno stare qui più giorni, secondo lei è meglio fare un po’ per uno, come facevano lei e Dean quando passavano le giornate in questa casa e lui non è che impazzisca all’idea, ma non gli fa nemmeno così schifo e non fa in tempo a stabilire chi per primo si beccherà il divano che Ellie ha già deciso per lui: la prima sera toccherà a loro.
 
Irritato la segue dopo aver dato la buonanotte a suo fratello e, mentre lei si sistema il sottilissimo materasso che le farà da letto stanotte – dice che lei è più smilza e sopporterà meglio il pavimento – Dean la osserva con attenzione. Non appena ce l’ha a tiro, l’afferra per un braccio e la trascina a sedersi accanto a lui e, quando Ellie gli sorride prima di ricambiare il suo bacio, sa già che per stanotte gli toccherà dormire più stretto del solito. Non che la cosa gli dispiaccia.
 
È sdraiato su di lei adesso, le mani che le accarezzano i fianchi mentre la bacia dolcemente come ha sognato di fare per tutto il giorno.
Tra di loro, ormai, funziona così: durante la giornata, quando stanno con Sam, limitano le effusioni il più possibile, mentre la sera, quando si rinchiudono nella stanza di Ellie e si ritrovano da soli, si scambiano un sacco di coccole. Il fatto che Dean vorrebbe che fossero più… approfondite è tutto un altro discorso.
È vero che si è detto disponibile ad aspettarla e anche ieri sera, dopo il loro appuntamento, non gli è pesato non fare niente, però… però non può fare a meno di pensare a quanto a lungo ha desiderato di averla così vicina e, ora che lei è qui con indosso la sua lunga maglietta e quegli odiosi calzoncini, sarebbe davvero facile cedere alla tentazione e lasciarsi andare all’istinto. Non lo fa solo perché è l’unica cosa che Ellie gli ha chiesto e vuole continuare a rispettarla.
 
La bacia a stampo – le mani di lei tra i suoi capelli corti dietro la nuca – e la guarda un po’ imbronciato «Perché hai detto a Sam di andare di sopra? Saremmo stati più comodi».
Ellie lo guarda con gli occhi birichini «Perché ha le gambe lunghe e sul divano potrebbe stare stretto».
«Sì, ma noi siamo in due».
«Ma io posso dormire per terra».
«Col cazzo, scommetto che non ci pensavi neanche per sogno anche prima che ti dicessi di venire qui» a quelle parole, Ellie si mette una mano davanti alla bocca per non farsi sentire, ma la sua risata è così bella, un suono così contagioso che anche Dean sorride e una volta tanto si sente un ragazzino, uno alla prima cotta che passa la notte a pomiciare con la sua ragazza sul divano di casa. Dev’essersi proprio rincoglionito, cazzo.
 
Ellie riesce a smettere di ridere, gli occhi furbi, e Dean si sposta a baciarle il collo. Lei si limita a stringerlo per un po’, poi parla ancora. «Forse dovremmo smettere».
La sua voce è praticamente un sussurro; lui si scosta e la guarda perplesso «Perché?»
Imita la sua voce per prenderla in giro, ma lei se ne accorge e gli dà una manata che fa sorridere entrambi, poi torna seria «Non lo so, io… non vorrei che Bobby ci sentisse» lo accarezza dietro la nuca con la mano destra «Va beh che dopo che mi hai presa in quel modo, prima nel suo studio, penso che abbia capito qualcosa, ma… »
«Guarda che gliel’ho detto» Ellie lo fissa per un attimo, perplessa; effettivamente Dean si era dimenticato di dirglielo, oggi non hanno avuto modo di stare da soli perciò gli era passato di mente «Stamattina, quando siamo arrivati. Tu… eri con Sammy a mettere a posto la spesa». Si mette di lato ed Ellie fa lo stesso; la vede piuttosto in bilico, però – il divano non è che sia tanto adatto a due persone, considerando che già una non ci sta un granché –, perciò la abbraccia, stringendole la schiena con la mano per tenerla contro di sé. Sorride al pensiero della sua conversazione con Bobby «Mi ha detto che se ti faccio soffrire mi ammazza».
Ellie sorride, visibilmente divertita «Farebbe bene» ride e gli si stringe un po’ più addosso, baciandolo sotto il mento. «Però, che carino».
«Per te. Non sei tu quella che rischia grosso».
Lei sorride di nuovo «Ti ha praticamente cresciuto, non ti farebbe mai del male. Vuole un bene immenso sia a te che a Sam».
«Ne vuole anche a te» le sposta i capelli ora sciolti, mettendoglieli dietro le orecchie, e le sorride appena «Si vede che ci tiene, anche se preferirebbe farsi tagliare una mano piuttosto che ammetterlo».
Lei abbozza un sorriso «Beh, noi… noi abbiamo condiviso tante cose negli ultimi anni. Mi ha aiutata tanto, mi ha… ospitata quando ne ho avuto bisogno, mi ha trattata come se fossi sua figlia. Si è sempre interessato a dove stavo quando ero lontana, voleva che stessi bene e che non corressi alcun pericolo. E mi ha anche aiutata a cercare papà quando gli ho chiesto di farlo».
Dean allarga gli occhi, piacevolmente colpito «Davvero?»
Ellie annuisce «Non te l’ho detto?» lui scuote la testa e lei stringe le spalle «Mi sarà passato di mente, allora. Perché sai papà aveva un sacco di telefoni e non riuscivo a trovarlo da nessuna parte, così ho chiesto a Bobby. Non era proprio d’accordo, eh… perché gli avevo raccontato cosa mi aveva detto quando sono andata via e diceva che era una perdita di tempo. Ho insistito e alla fine mi ha dato retta, ma non è stato semplice». Si fa più vicina e muove le dita sul suo petto, tracciando dei disegni invisibili sulla sua maglietta grigia «È molto testardo».
«Lo so».
 
Dean le accarezza ancora la schiena e c’è un po’ di silenzio prima che Ellie alzi nuovamente la testa, guardandolo visibilmente impressionata, come se le fosse venuto un pensiero nuovo in testa «Comunque, io… io pensavo che non volessi dirlo. A parte a Sam, dico».
Dean aggrotta un pelo le sopracciglia e stringe le spalle quando capisce a cosa si riferisce «Perché no? Non ci dobbiamo mica nascondere».
«Sì, ma credevo che volessi aspettare. Che le cose fossero più stabili, forse, non lo so».
Dean le sorride ancora «Non c’è niente di cui devo essere sicuro» e vorrebbe dire qualcos’altro, davvero, ma le parole non gli escono dalla bocca e poi Ellie ha capito cosa intende perché gli sorride – in quel modo spensierato in cui lo faceva due anni fa, quando non erano ancora successi tanti casini – e si sporge a stampargli un bacio sulle labbra.
 
«È bello» lo guarda negli occhi e sorride ancora «Tutto questo. È quello che ho sempre voluto».
Il sorriso che le rivolge Dean è da presa in giro «Cosa? Passare le “vacanze” a casa di Bobby e dormire sul suo divano scomodo?»
Ellie allarga il suo sorriso un altro po’ «Te, stupido» e Dean non ha idea di cosa lo freni dal baciarla fino a toglierle il fiato. La guarda arrossire appena, le guance appena più rosse di qualche secondo fa «Gli ultimi due anni sono stati… terribili. Non solo per papà, ma per tutto quello che è successo. Sono stata così tanto tempo da sola, io… io credevo che non sarei più uscita da tutti i problemi e dalle mie paure. Adesso ti guardo e penso che tutto quello che mi spaventa lo posso affrontare perché ci sei tu con me e non sono più da sola. È come se stessi tornando a respirare dopo tanto tempo di apnea, non so come spiegarti» stringe con forza il tessuto della maglietta di Dean che non riesce a replicare, tanta è l’emozione di sentirla parlare così. «Ho sperato tanto e a lungo che le cose avrebbero ripreso a girare tra di noi, che saremmo riusciti a stare insieme ad un certo punto. E adesso che sta succedendo davvero sono felice come non mi sentivo più da tanto tempo» si morde appena il labbro inferiore, trattenendo un sorriso e allunga una mano verso il suo viso per accarezzargli una guancia «Quando ero più piccola, guardavo la mamma che era sempre da sola e lei mi diceva che, almeno per me, avrebbe voluto una vita diversa, con un uomo accanto, ed io speravo di incontrare qualcuno che mi capisse e mi volesse bene davvero. E tu… tu me ne vuoi. Tu mi rendi felice».
 
Dean è paralizzato da tutto quello che sente e per fortuna è lei a fare un passo, ad allungarsi con il viso verso il suo per dargli un bacio che è diverso da quelli che si sono scambiati fino a poco fa, è dolce e carico di tenerezza e Dean si chiede come abbia fatto a dubitare di lei in passato, a pensare di dover rinunciare a qualcosa di così bello e appagante, più di qualsiasi misera scopata.
La stringe forte, incapace di dirle qualsiasi cosa, neanche il più banale anch’io con te sono felice che preferisce non pronunciare perché non avrebbe alcun valore dopo le parole bellissime di Ellie e lascia che lei si addormenti tra le sue braccia, ripromettendosi di tenersela stretta, insieme alla sensazione del suo cuore battere all’impazzata nel petto e alla gioia che sente in questo momento.
 
*
 
Siede al tavolo della cucina di Bobby, le mani a stringere la tazza di caffè caldo appoggiata sul legno e i capelli ancora umidi appiccicati alla fronte. Sam ascolta il silenzio di quella casa, qualcosa di quasi irreale considerando quanto baccano fanno tutti i giorni da quando sono qui: Ellie con le sue pulizie e le sue cucine, i telefoni di Bobby che suonano e tutto il resto.
 
Ormai sono cinque i giorni che hanno trascorso qui dentro e non sono riusciti a cavare un ragno dal buco. Sam ci sperava un po’, perché Bobby è certamente un cacciatore più esperto di loro e magari avrebbe trovato una qualche maniera per rintracciare papà, ma lui ha spento il GPS ai tre telefoni che ha e non sono riusciti neanche a risalire ad una qualche carta di credito, perché più o meno Dean conosce i nomi che usa papà per questi trucchetti ma niente, di lui neanche l’ombra.
 
Ha provato a essere tenace – anche per Dean che si era dato per vinto praticamente in partenza e, conoscendo papà, sta cominciando a pensare che non avesse tutti i torti –, ma ormai si è praticamente convinto che suo fratello ha ragione e che papà si farà vivo quando ne avrà voglia, non riusciranno a trovarlo prima.
 
Sospira ancora, perché quel pensiero lo intristisce parecchio e sente una mano appoggiarsi sulla sua spalla; si volta, pensando sia Dean, invece si trova davanti la faccia barbosa di Bobby.
«Buongiorno, ragazzo». Sam lo saluta con un cenno della testa e lo guarda mentre gli si avvicina e sbircia nella sua tazza. «Hai fatto il caffè?»
Lui annuisce «Solo quello, però, sennò Ellie mi ammazza quando si alza. Ci tiene a preparare la colazione».
Bobby abbozza un sorriso «Ancora dormono?»
«Penso di sì».
 
Il vecchio cacciatore si avvicina ai fornelli e riempie un’altra tazza con del caffè fumante, poi va a sedersi accanto a lui. «Allora, come va?»
Sam stringe le spalle «Meglio di qualche mese fa, ma… » non sa perché, ma con Bobby si è sempre sentito libero di essere sincero, perciò non esita a parlare «Ma ho bisogno di trovare papà. Il fatto che non ci sia verso di rintracciarlo mi… mi fa rabbia. Troppa».
Bobby ha lo sguardo comprensivo, più di quanto John Winchester l’abbia mai avuto nei confronti di Sam o di suo fratello. «Lo troverete, prima o poi. È solo questione di tempo. John si rifarà vivo, ne sono sicuro».
Sam si passa una mano tra i capelli «Anche Dean lo dice, però… però lo stiamo cercando da otto mesi [3] e ancora non si è degnato di… di… » scuote la testa, abbassando gli occhi e portando la tazza bianca nuovamente alla bocca.
Bobby appoggia una mano sul suo braccio, le labbra tirate in una linea sottile. «Andrà tutto bene, stai tranquillo. John ha molti difetti, ma non gli è mai piaciuto separarsi troppo a lungo da te e da Dean». Sam annuisce, non troppo convinto. «A proposito di tuo fratello, perché non vai a chiamare quei due rammolliti? Io ho fame!»
 
Sam sorride a quelle parole e si alza, andando a sbirciare in salotto. Trova Dean con gli occhi ancora chiusi, steso a pancia in su sul divano con una mano intorno alla schiena di Ellie che gli dorme praticamente addosso, i capelli legati in una treccia, la testa appoggiata sul suo petto ed il braccio sinistro a stringergli il busto. Li osserva per un istante mentre loro, stretti in un abbraccio sotto quella misera coperta blu, continuano a dormire beatamente.
 
Da che sono arrivati qui, hanno sempre fatto una volta per uno con il letto della stanza al piano di sopra. Questo è ormai il sesto giorno che passano qui, perciò stasera il divano toccherà a lui.
Non si è fatto grossi problemi per questa storia dei turni; in fondo ha capito che Ellie glielo ha proposto per non farlo stare sempre sacrificato sul divano che per lui, data la sua spropositata altezza, è un pelino stretto. È stata gentile, anche se Dean era di tutt’altro avviso, ma Sam non si è offeso perché ne capisce bene le ragioni.

Non crede che abbiano fatto niente le due sere che gli è toccato il letto; Sam se ne sarebbe accorto perché conosce Dean da una vita – letteralmente – e si capisce quando fa sesso, anche perché non è che si impegni tanto a nasconderlo. Anzi.

Li osserva ancora un istante, sorridendo appena al vederli così tranquilli e sereni. Sam è contento per Dean, che ha lottato tanto per conquistarla e per lui è una cosa rara, perché di solito getta la spugna presto se vede che non è corrisposto e invece stavolta voleva che funzionasse e si sta impegnando sul serio, perciò se lo merita e anche per Ellie, che ha sofferto tanto nell’ultimo periodo e si vede che è più serena adesso, che con Dean sta bene davvero.

Il suo sorriso si spegne velocemente quando pensa che anche lui aveva tutto questo, che pensava che la complicità con Jessica fosse la cosa migliore che gli fosse mai capitata e invece…

Scuote la testa, decidendo di non pensarci e si decide a svegliare quei due dormiglioni. Si guarda intorno con l’intenzione di fare uno scherzo a suo fratello e scorge la sua camicia piegata sopra lo schienale del divano. La appallottola e la tira nella direzione del viso di Dean che, quando la palla di stoffa lo colpisce, di scatto tira su la schiena mettendosi seduto e si guarda intorno allarmato, portando Ellie con sé che stringe la sua maglietta, apre gli occhi spaesata e lo guarda. Sam scoppia a ridere e, quando Dean capisce che è l’artefice dello scherzo, lo guarda in cagnesco.
«Non è divertente, idiota».
Sam non sa come riesce a smettere di ridere «Buongiorno!»
«Vaffanculo». Dean si sdraia di nuovo e si stropiccia gli occhi con le dita della mano sinistra, mentre con il braccio destro continua a stringere Ellie che si nasconde il viso con una mano e sorride. «È già ora di alzarsi?»
«Sono quasi le otto».
Ellie spalanca gli occhi a quell’affermazione e sposta la coperta, mettendosi seduta. Si passa una mano sulle palpebre ancora un po’ abbassate per il sonno e si alza velocemente, dirigendosi in cucina.
Non si cura di cambiarsi e rimane con la solita mise per andare a dormire: maglia lunga e calzoncini corti. Sam ha notato che spesso gira così per casa, senza problemi.
 
La segue con il sorriso ancora sotto i baffi, contento del suo scherzo riuscito.
Bobby – seduto al tavolo con la tazza di caffè bollente ancora in mano – la guarda con le sopracciglia aggrottate. «Oh, ben alzata signorina» Sam si siede per gustarsi la scena che già immagina essere molto comica mentre Ellie si avvicina ai fornelli e abbozza un sorriso. «Ciao Bobby».
«Dì un po’, la sera si fanno le ore piccole e la mattina si dorme fino a tardi?»
Ovviamente il tono di Bobby è ironico e fintamente arrabbiato ed Ellie sbuffa con il sorriso sulle labbra prendendo un pentolino per poi romperci dentro tre o quattro uova. «È colpa di Dean. Ci mettiamo a chiacchierare e tiriamo fino a tardi perché mi fa passare il sonno».
«E certo, non fa niente tutto il giorno, ecco perché non è stanco».
Sam sorride ancora e anche Dean li raggiunge, vestito con un paio di jeans, una maglietta scura e la stessa camicia rossa che gli ha tirato qualche minuto fa. Si avvicina ad Ellie e la abbraccia da dietro mentre lei è intenta a sbattere le uova con una forchetta. «Non li ascoltare, sono solo invidiosi» le bacia una guancia e lei sorride più convinta. Va a sedersi accanto a Sam, non prima di avergli dato un cazzotto su una spalla; lui ricambia con un’occhiataccia.
«Ahia! Cretino!»
Dean si siede «Parla quello che mi ha tirato la camicia addosso!»
Il sorriso di Sam è da presa in giro «Dovevo darti un bacino per svegliarti come fa Ellie?»
Dean sbuffa e si volta verso di lei che ha la testa bassa sul suo pentolino che frigge; sicuramente è arrossita, ma Sam voleva solo prendere in giro suo fratello. Si diverte a farlo, anche se è davvero contento per come stanno andando le cose tra loro due.
«Dillo che ancora non ti è andata giù per quando ti ho messo la crema depilatoria nel barattolo dello shampoo [4] e che fai lo spiritoso perché vuoi vendicarti».
 
Ellie scoppia a ridere a quell’affermazione, la testa piegata all’indietro e il mestolo con cui stava girando le uova a mezz’aria. Dean sorride più convinto, la tipica faccia da culo che gli viene fuori quando riesce ad ammutolirlo e anche Bobby sorride un po’, sebbene in modo molto meno marcato.
«Ah, ah, ah. Sto morendo dal ridere» usa un tono ironico – il volto imbronciato e serio – e osserva Ellie ridere ancora mentre prende dei piattini e ci versa le uova. Li distribuisce a tutti loro, prende dalla dispensa un pacco di biscotti e una busta di latte dal frigo che appoggia sul tavolo e altre due tazze pulite prima di mettersi seduta accanto a Dean.
«Davvero gli hai messo la crema depilatoria nello shampoo?»
Lui le sorride sghembo «Vedessi com’era arrabbiato, era tutto rosso!»
Lo guarda con aria di sfida e Sam stringe le spalle, prendendo nuovamente in mano la sua tazza di caffè. «C’era una puzza tremenda in quell’affare, come diavolo fate voi donne a depilarvi con quella roba?»
«Pensa quanto sarebbe carino pelato, le ragazze impazzirebbero per lui!» Dean allunga una mano verso i capelli di Sam e glieli arruffa; lui si scosta per poi guardarlo ancora più in cagnesco mentre gli altri ridacchiano in modo più o meno vistoso.
 
Sam beve un altro sorso del suo caffè per poi rubare un biscotto dal pacco e portarselo alla bocca. Bobby li guarda con le labbra strette «Allora, che programmi avete per la giornata?»
Dean stringe le spalle «Io mi darei volentieri al dolce far niente. Trovare papà è impossibile, Cristo santo. Non ho idea di dove cazzo possa essersi cacciato, sul serio».
Stavolta Sam è dello stesso avviso «Ieri sera ho dato un’occhiata ai giornali locali e cercato in internet, ma non c’è neanche qualcosa di sospetto di cui occuparci. Siamo praticamente disoccupati».
Dean sorride, contento per qualcosa che Sam non comprende «Allora tutta vita!» appoggia una mano su un braccio di Ellie che si volta a guardarlo, la tazza bianca piena di latte tra le dita «Io e te dobbiamo ancora fare una gita a Sioux Falls… ci stai?»
Lei si morde le labbra, pensierosa, poi annuisce «Dopo pranzo, però. Che stamattina ho un po’ di cosine da fare».
 
Dean fa spallucce e Bobby si alza, dirigendosi verso il suo studio. Ellie finisce la sua tazza di latte e Dean la guarda con un sorriso divertito «Per colpa di mio fratello non mi hai dato neanche un bacio, prima» il suo tono è più basso, ma Sam lo sente e lo guarda sottecchi, sebbene abbia capito che si tratti di una battuta.
Ellie gli si fa più vicina e gli sorride «Allora te ne do due» e lo bacia a stampo un paio di volte prima di alzarsi e raccogliere i piatti sporchi per appoggiarli sul lavello.
 
Sam riflette su questa “gita” che vogliono fare nel pomeriggio e, a pensarci bene, non è la prima volta che ne sente parlare. Non ricorda il motivo per cui ne parlano da un po’, però «Non per farmi gli affari vostri, ma che dovete andare a fare a Sioux Falls?»
Dean stringe le spalle, appoggiando sul tavolo la sua tazza di caffè dopo averne bevuto un lungo sorso. «Un giro. Ellie ci è stata da sola una volta e… »
«Perché tu non mi ci hai voluto portare»
La voce di lei arriva forte e chiara mentre sta sciacquando i piatti e Dean, a giudicare dall’espressione che fa, sicuramente farà finta di non averla sentita «E le avevo promesso che saremmo andati insieme» ecco, appunto «Tutto qui».
«Ah… pensavo aveste una meta precisa dove andare».
Ellie si volta nella sua direzione, i capelli ancora un po’ scompigliati e le mani insaponate «Guarda che puoi venire anche tu, se vuoi».
Gli sorride, ma Sam scuote la testa, sebbene sia piacevolmente sorpreso dall’invito «Ma no, non… non è il caso, io—»
«Non è una gita romantica» Ellie gli sorride ancora e Dean si volta a guardarla, ma in modo quasi… ammirato, di certo non arrabbiato. È chiaro che non gli ha dato fastidio che lo abbia invitato a unirsi a loro. Suo fratello si volta ancora verso di lui, piegando le labbra in una smorfia «Sì… insomma, io l’ho detto solo a lei perché gliel’ho promesso da una vita, ma se ti fa piacere sei il benvenuto. Almeno qualcuno mi aiuterà a sopportare tutto lo shopping che vorrà fare» si morde le labbra e sorride divertito quando lei si allunga nella sua direzione per dargli una manata su una spalla con la mano destra ancora bagnata e piena di sapone.
Sam stringe le spalle e sorride a sua volta, contento «Ok, allora vengo volentieri».
 
*
 
Bobby è soddisfatto del fatto che se la siano filata per questo pomeriggio. Non perché gli dia fastidio la loro presenza, tutt’altro – infatti hanno passato tutte le sere insieme a giocare a carte o a chiacchierare con lui prima di andare a dormire e Sam non ha faticato a notare quanto quel vecchio brontolone ne sia stato felice –, ma piuttosto perché almeno escono un po’ di casa e prendono un po’ d’aria fresca e almeno così Ellie – a detta sua – starà lontana dai fornelli. Gli ha ordinato di portargli qualcosa di decente per cena e di tornare il più tardi possibile, in modo che lei non possa cucinare niente. Ovviamente si sa che Bobby scherza, che gli piacciono le pietanze che lei gli prepara sempre quando è a casa sua e ne ha l’occasione, ma è chiaro che glielo dice perché vuole che si riposi e che non si senta la sua domestica, anche se Sam ha capito bene che lei lo fa per sdebitarsi di tutta la disponibilità che Bobby ha nei loro confronti.
 
Il centro di Sioux Falls non è immenso, nonostante si tratti della città più grande del South Dakota [5], ma c’è un po’ di tutto: ristoranti di tutte le etnie, negozi di vestiti di molte marche diverse, librerie, bar e gelaterie ad ogni angolo.
Ellie si è voluta fermare spesso, tanto che Dean si è trattenuto un po’ ma poi ha cominciato a sbuffare e a dire che rimaneva fuori ad aspettarla. La cosa, comunque, non l’ha sconsolata.
 
È buffo vederli insieme. Camminano per la strada tenendosi per mano, come una coppietta modello, eppure per certi versi sono l’opposto. Sam non sa come si comportano quando lui non c’è, ovviamente, ma sono molto equilibrati: non stanno tutto il giorno appiccicati, cercano di mantenere i loro spazi e, anche quando sono insieme, non passano tutto il tempo a baciarsi e a scambiarsi effusioni. Poi lo faranno anche, per carità, ma almeno evitano quando ci sono altre persone e questo Sam lo trova molto rispettoso.
Dean, con le galline che gli piaceva conquistare prima che lui fuggisse a Stanford, era tutto l’opposto: non si vergognava di certo a sbaciucchiarsi quelle lì di fronte a una folla di persone – lui compreso –, come se dovesse far vedere al mondo che, almeno per quel momento, quella ragazza era roba sua, ma ora sembra riuscire a contenersi. Forse è l’effetto che Ellie ha su di lui, o forse perché di lei è sicuro e non deve mostrarla come un trofeo.
 
Si fermano in mezzo alla piazza dove delle ballerine vestite con dei pomposi abiti rossi danzano seguendo il ritmo del flamenco. Sam le guarda ammirato e gli occhi, poi, gli cadono su Ellie, in piedi accanto a lui che si muove appena seguendo la musica, il braccio sinistro di Dean attorno alle sue spalle.
Ad un tratto si volta e lo guarda con un sorriso «Sai ballare Sam?» lui scuote la testa, un po’ perplesso da quella domanda; poi lei guarda Dean «Tu?»
Anche lui fa cenno di no con la testa ed Ellie sbuffa divertita «Ma non sai fare niente! Non sai cantare, non sai ballare… che ci sto a fare con te?»
Ovviamente scherza perché sorride e Dean mette su un finto broncio «Perché, tu sai ballare?» lei scuote la testa «E allora che vuoi da me?»
Tornano a camminare, avviandosi verso una gelateria ed Ellie ride, stringendosi di più contro Dean «La mamma mi diceva sempre che dovevo trovarmi un uomo che m’insegnasse a ballare o un artista. Tu non sei né l’uno né l’altro» sorride ancora e Sam fa lo stesso, immaginandosi Dean che balla il flamenco come quelle signorine e trattenendo a stento una risata. «A lei piaceva un sacco».
 
Poco dopo si siedono a un tavolo davanti a una gelateria carina e apparentemente ben fornita con dei bei coni in mano. Hanno preso tutti dei gusti diversi: Sam pistacchio e vaniglia, Dean cioccolato e nocciola ed Ellie cioccolato e fragola. Lei appoggia il gomito sul tavolino di ferro, gli occhi concentrati sul suo gelato.
«Non ho capito una cosa: a tua mamma piaceva ballare o fare l’artista?» è Sam a farle quella domanda e lei lo guarda con un sorriso.
«Tutte e due. A ballare non era molto brava e più che fare l’artista le piacevano gli artisti. Ancora devo capire come ha fatto a finire a letto con papà visti i suoi gusti» sia Sam che Dean sorridono a quella battuta, forse perché entrambi conoscevano Jim e sanno perfettamente che aveva tutto meno che uno spirito artistico.
«Sarà stato il fascino del salvatore» è Dean a risponderle e lei fa spallucce. «Quando ero piccola, la mamma voleva iscrivermi a un corso di danza per farmi imparare, ma a me non piaceva. Infatti ho fatto nuoto» sorride e lecca il gelato al cioccolato «Nonostante questo, era sempre in prima fila quando poteva venire a vedermi. Io ci tenevo e lei veniva volentieri».
Dean sorride complice, sicuramente perché sa quello che Sam ormai ha intuito da un po’, ovvero che lei era molto legata alla sua mamma quando era in vita e, visto che sono in argomento, si permette di farle delle domande, cercando di essere il più discreto possibile. In fondo non sa niente della sua vita di prima, di quando viveva a Buckley e lei non sembra infastidita, anzi.
 
Gli racconta della sua mamma, della tavola calda che gestiva, un po’ della malattia che gliel’ha portata via ma senza andare troppo nei dettagli e Sam è contento, perché per un pomeriggio non ha pensato ai mostri e a tutte le faccende che devono affrontare e, inconsciamente, ringrazia Dean e la sua “svogliatezza” per avergli fatto trascorrere del tempo così piacevole insieme alle persone che, almeno in questo momento della sua vita, sente più vicine.
 
*
 
Il viso di Ellie profuma di qualcosa di buono e la sua pelle è liscia e delicata, probabilmente merito di tutte le creme che si mette la sera prima di venire a letto.
Stasera è il loro turno nella stanza “degli ospiti” e Dean non vedeva l’ora di stare qui, da soli.
 
La bacia piano, assaporando le sue labbra morbide e lasciandosi accarezzare dalle sue mani sottili che si insinuano delicatamente tra i suoi capelli corti.
 
Sono sotto le coperte, la luce del comodino accanto al letto illumina le loro figure e Dean la stringe un po’ più forte sui fianchi, nonostante la senta un po’ distante. Non perché non ricambia le sue carezze, ma avverte la sua tensione, come se avesse paura che le faccia chissà cosa.
 
Sarebbe un bugiardo a negare che nelle due sere che hanno già passato in questa stanza non abbia sperato di riuscire a farla cedere, che forse creando l’atmosfera giusta lei avrebbe mollato la presa e si sarebbe lasciata andare, finalmente, che a Dean dà un dolore quasi fisico sentire tutta quella stoffa che lo separa dal percepire il contatto con la pelle di Ellie.
Un paio di sere, poi – fortunatamente non questa, ma non è che la cosa cambi molto – si è accorto che, sotto quella lunga maglietta colorata, non portava il reggiseno, forse per dormire più comoda o chissà, e a Dean è andato il sangue al cervello per quanta voglia aveva di infilare la mano sotto il cotone e accarezzarla più a fondo.
 
Non è mai stato un fan del detto “l’attesa aumenta il desiderio”. Anzi, a lui l’attesa fa venire i nervi e basta, anche quando si tratta di aspettare qualcosa di molto meno importante e Dio solo sa perché le ha detto di sì quando lei gli ha chiesto di andarci piano, stavolta, che voleva fare le cose con calma. Una parte di lui – una parte molto più in basso del suo cervello – vorrebbe tanto averle detto di no, ma in fondo non è che avesse chissà quali alternative, anche se adesso quasi rimpiange quella decisione.
 
Le ha promesso di rispettarla, perciò sa che non farà niente proprio come non ha mosso un dito neanche le sere precedenti, ma pensava che almeno qui, che è il posto dove l’hanno fatto la prima volta superando l’imbarazzo e tutte le barriere che li separavano, si sarebbe lasciata andare, si sarebbe convinta. Che poi Dean mica ha capito perché si fa desiderare così. C’è qualcosa che gli puzza in questa cosa, non sa dire perché, ma… boh, i conti non gli tornano tanto.
 
A lui, poi, non piacciono le cose a metà. In nessun campo, figuriamoci quando si parla di sesso. Infatti, non ha mai apprezzato i preliminari se non accompagnati dalla portata più abbondante. Con Ellie ogni volta si sono dedicati subito al piatto forte e a Dean andava alla grande. Adesso, però, visto che di quello lei non sembra avere voglia, potrebbe pensare di farla rilassare un po’, di andare a piccoli passi. Il problema non è che poi non sa se lei lo ricambierebbe, ma il fatto che forse neanche infilarle una mano nelle mutandine risolverebbe tutto. Anzi, probabilmente Ellie lo scaccerebbe via dandogli del maiale stronzo e finirebbero per litigare.
 
Vorrebbe imparare a controllarsi ma con Ellie è così, non riesce a farci niente: il suo corpo reagisce alla vicinanza con quello di lei, soprattutto adesso che indossa dei miseri boxer e c’è così poco tessuto a separarli e potrebbe essere così semplice tornare ad essere intimi come sono stati anche qualche mese fa, anzi, perfino di più, perché la complicità che hanno adesso non l’hanno mai avuta prima, perciò potrebbe andare tutto anche meglio.
 
Le morde il labbro inferiore, tirandolo un po’ verso di lui e le sorride, ma Ellie è un fascio di nervi e non sembra esserci modo di riuscire a sbloccarla.
 
La stringe un po’ più forte, le mani ancora sui suoi fianchi; lei ricambia i suoi baci ma è rigida come un pezzo di legno, così tesa e quasi spaventata, soprattutto quando la mano di Dean scivola un po’ più in basso, sul tessuto dei suoi pantaloncini – che non ha ancora capito perché indossa per andare a dormire, prima non lo faceva mai –, sulla coscia sinistra. Vorrebbe rassicurarla e magari dirle che l’ultimo dei suoi pensieri è farle del male o forzarla in qualche modo, ma pian piano rallenta fino a fermarsi, perché forse Ellie preferisce smettere. Lo guarda un po’ perplessa quando Dean si distacca dalle sue labbra, gli occhi nei suoi; le bacia una guancia e poi si sdraia sulla schiena, appoggiando il braccio destro sul torace.

Ellie gli si avvicina e Dean si accorge che lo sta osservando attenta, ma non ricambia il suo sguardo e continua a fissare il soffitto; lo abbraccia e lui fa altrettanto con non poca titubanza, avvolgendo il braccio sinistro intorno alle sue spalle.

Il silenzio nella stanza è opprimente come un macigno, ma Dean non sa cosa dire ed Ellie è silenziosa e gli sembra così piccola tra le sue braccia, come se si stesse rifugiando da qualcosa di orribile e vorrebbe tanto sapere il perché, cosa le è successo di tanto terrificante da farla chiudere a riccio così.
«Scusa» la sua voce è quasi un sussurro e Dean volta la testa nella sua direzione trovandola a guardarlo con gli occhi quasi lucidi.
«Per cosa?»
«Per… per questo, perché non ci riesco».
Sembra se ne stia facendo una grossa colpa e Dean scuote la testa; in fondo non è una questione di vita o di morte, perciò non importa «Non fa niente, voglio dire—»
«No, a me dispiace. Lo vedo quanto ti trattieni, però io… non me la sento» Dean la ascolta e crede che questo forse c’entri con quello che è successo con Jim perché, anche se le due cose sembrano separate, in realtà lei è ancora molto lontana dalla ragazza spensierata e sorridente che era prima, quindi forse non se la sente per questo motivo e Dean non gliene può fare una colpa. Ci sono cose peggiori, in fondo.
Le accarezza il viso, cercando di trasmetterle più sicurezza possibile «Dai. Di astinenza non è mai morto nessuno». La bacia tra i capelli, però da un po’ ha il sospetto che c’è qualcosa che non quadra, che le cose non sono esattamente come Ellie gliele ha dette. Forse è un malfidato, ma… sì, decisamente qualcosa non gli torna. Le accarezza la schiena, cercando di usare un tono dolce «Se è per qualcosa che faccio di sbagliato, però, me lo devi dire».
Lei lo guarda e scuote la testa decisa «Non è questo».
«O se c’è qualcos’altro, qualcosa di cui non mi hai parlato».
Ellie lo stringe un po’ più forte e scuote ancora la testa, gli occhi altrove «No… è tutto ok».
Dean continua ad accarezzarle la schiena e sa che gli sfugge qualcosa, perché Ellie ci ha pensato troppo prima di rispondere e ha tentennato prima di dirgli che è tutto a posto, perciò non se la beve ma decide di spostare leggermente l’argomento per non insistere troppo. Anche se il suo atteggiamento aumenta chiaramente i suoi sospetti.
 
In fondo, anche se gli sta bene non fare niente finché lei non si sentirà pronta, vorrebbe almeno capirne il motivo vero. Perché va bene che vuole fare le cose con calma eccetera, ma ormai sono quasi due settimane che stanno insieme, perciò davvero non riesce a comprendere perché cerchi ancora di mantenere le distanze sotto quel punto di vista.
 
«Posso… posso sapere perché ti fai questi problemi, adesso? Prima non eri così».
Ellie lo guarda negli occhi «Mi sembrava di avertelo spiegato» si scosta e si tira un po’ su con la schiena, mettendosi poi a pancia in giù «Un po’ è perché non me la sento, ma anche perché… perché voglio un rapporto vero con te. Una relazione non è fatta solo di sesso».
«Questo lo so anch’io, ma… »
«Ma niente. Vorrei solo conoscerti un po’ di più e capire cosa vogliamo l’uno dall’altra».
«Che c’è da capire? Io voglio te» Ellie lo guarda dritto negli occhi dopo quelle parole, l’espressione seria. Dean non sa neanche come gli sia uscita dalla bocca una cosa così, soprattutto perché l’ha pronunciata con tanta convinzione. Forse perché lo pensa davvero. Le accarezza una guancia con dolcezza «Non fraintendermi, non voglio metterti fretta. Vorrei solo capire cosa ti frena» l’accarezza in modo più deciso, il pollice che scorre sul suo zigomo sinistro e le sorride appena. «Perché io… io vorrei solo sentirti più vicina, tutto qui».
Ellie si allunga un po’ verso di lui e gli sorride, il viso a qualche centimetro dal suo «Così non ti basta?» allarga un po’ il sorriso, piegando le gambe verso l’alto, poi si fa un po’ più seria «Non ti chiedo di aspettare un periodo tanto lungo, solo… solo un altro pochino. È tanto difficile per te?»
«No, ma… insomma, stiamo insieme, non capisco cosa ci sia di male a desiderarti. Mi guardi come se fossi un alieno» lei si sposta, sfuggendo alla presa delle sue dita sul viso e si gira per poi appoggiare la schiena alla testiera del letto; ha gli occhi bassi e non lo guarda e Dean si sente in dovere di dire qualcos’altro. «Davvero, io… io non voglio forzarti, ma mi sembra assurdo che tu non senti le stesse cose, le stesse… sensazioni che sento io quando siamo così vicini». Ellie si morde le labbra, le guance più rosse «E poi non sarebbe neanche la prima volta per noi, non capisco cosa ti blocchi».

A quelle parole, lei stringe le labbra; ora non sembra più tanto accondiscendente «Ecco, questo era proprio ciò che non volevo sentirmi dire» sembra davvero nervosa «Non me la sento. Non c’è niente di male, lo so, ma io non… non mi sento pronta, non posso farci niente».
«Perché? Sono quasi due settimane che continua questa cosa ormai, io—»
Ellie si volta di scatto, gli occhi aguzzi «Che cazzo fai, tieni anche il tempo?»
Dean la guarda perplesso «Ma perché ti scaldi così?»
«Perché non capisco la tua fretta. Ti ho chiesto di fare le cose con calma, di conoscerci più a fondo, di… di fare dei piccoli passi. Non hai fatto storie finora, invece adesso fai così».
Continua a non comprendere perché si sia innervosita, ma adesso non è più tanto calmo neanche lui. «Non è fretta, voglio solo capire».
Lei scuote la testa, in un modo che non promette bene «Me ne dovevo stare zitta, sapevo che non avresti avuto la pazienza necessaria per aspettare un po’».
Dean aggrotta le sopracciglia, sentendosi offeso «Stai parlando con quello che dorme nel tuo stesso letto da un mese e mezzo e che non ti ha mai chiesto niente» si rende conto che ha alzato un po’ il tono della voce, ma quest’ultima affermazione di Ellie gli dà altamente sui nervi.
«Lo so e l’ho apprezzato, ma ora come ora non c’è niente da capire. Il fatto che l’abbiamo già fatto non c’entra niente. Anche allora abbiamo avuto fretta, io… io ho sempre voluto qualcosa di più con te e quello forse ha… forse ha rovinato tutto».
Dean sospira forte; non voleva dire quello che ha detto in quel modo brusco, ma che cazzo, tutto questo discorso lo rende irrequieto, soprattutto il modo in cui lei si sta ponendo. «Beh, ma… insomma, le altre volte non volevo solo del sesso da te e non lo voglio neanche adesso, pensavo che avessimo superato quella stronzata».
Lei lo guarda un po’ mortificata «Non volevo dire questo, io—»

Il bussare frettoloso di qualcuno alla porta interrompe la loro discussione. Si guardano per un istante e poi è lei ad alzarsi; fa il giro del letto e apre la porta. Quello che si trova davanti è un Sam piuttosto sconvolto.
Dean, quando lo vede, salta su a sedere, preoccupato. «Che è successo?»
Sammy è pallido e sudato, gli occhi fuori dalle orbite «Ho avuto una visione».
 
*
 
Sam e Dean sono seduti al tavolo della cucina, incapaci di proferire parola. Ha detto che stavolta la visione riguardava un ragazzo giovane, che aveva più o meno la sua età, che è stato sventrato da una qualche bestia che Sammy non è riuscito a vedere. Sa solo che è morto, perché l’ha visto a terra con bocca e occhi spalancati e una pozza di sangue accanto al suo viso ormai sbiancato e freddo.
 
Dean lo guarda con attenzione: suo fratello è sconvolto, pallido come un cencio e si passa una mano tra i capelli, portandoli all’indietro in un gesto nervoso. «Io non capisco, cosa me ne faccio di queste visioni se poi non posso salvare chi è coinvolto?»
Dean stringe le spalle «Ne sei sicuro? Perché sennò ci vestiamo e partiamo, non è un problema».
Sam scuote la testa deciso «No. Sono certo che sia già successo. Non mi chiedere perché, è una sensazione».
 
Ellie, in piedi di fronte ai fornelli, toglie una bustina tutta bagnata da un pentolino che poco fa ha riempito con dell’acqua e fatto bollire per poi metterci l’infuso. Ne versa un po’ su una tazza che poi porge a Sam; ne esce un fumo denso e profumato di camomilla e lavanda.
«Tieni. È una tisana, dovrebbe aiutarti a distendere i nervi» si siede di fronte a Sammy «I primi giorni in cui sono stata qui dopo che è morto papà li ho passati a bere queste brodaglie. Senza non riuscivo a chiudere occhio».
Sam tira le labbra in una linea sottile a mo’ di ringraziamento e afferra in mano la tazza per poi soffiarci sopra. Dean lo guarda in modo apprensivo «Che vuoi fare? Hai idea di come cercare questo ragazzo?»
Suo fratello annuisce «Fa il fattorino, porta le pizze a domicilio. È stato aggredito in un vicolo mentre ne consegnava una. C’era… c’era una targhetta appiccicata al suo petto, c’era scritto Anthony».
«Beh, almeno è un punto di partenza. Dici che in qualche giornale si parlerà già della sua scomparsa?»
Sam stringe le spalle «Non so, forse. O forse no. Io… non credo di poter riconoscere il posto dov’è accaduto».
 
Degli scalpiccii interrompono il loro chiacchiericcio e i ragazzi si voltano, trovando Bobby sulla soglia della porta del suo studio, senza il suo solito berretto in testa e con uno sguardo preoccupato.
«Che state combinando?»
I due fratelli si scambiano un’occhiata complice. Dean non sa quanto sia il caso di mettere Bobby al corrente di questa storia, perché sono affari di famiglia e forse lui non dovrebbe entrarci, ma… Cristo, come cazzo la spiega la tisana che sta per bere suo fratello? Cerca di improvvisare «Niente, Sammy ha mal di pancia ed Ellie gli ha fatto la camomilla».
«È una tisana».
«È uguale» Ellie lo guarda di traverso e Dean capisce il motivo – che è certo essere totalmente diverso da quello per cui stavano litigando prima –, ma non è il momento di mettersi a battibeccare.
 
Bobby lo guarda un po’ perplesso e Dean non è sicuro che si sia bevuto la grossa balla che gli ha appena raccontato – anzi, ha tutta l’aria di non averla bevuta affatto –, ma al momento non ha importanza. Ha cose più urgenti da risolvere.
Lo sguardo di quel vecchio brontolone passa da lui agli altri e non batte ciglio quando dice «Se avete bisogno fate un fischio».
Dean annuisce, seguito anche da Sam che, un po’ sconsolato e per niente convinto, fa altrettanto.
 
Quando Bobby se ne va di sopra, presumibilmente nella sua stanza – sicuramente era impegnato con qualche cacciatore che voleva una mano per restare in piedi fino a quest’ora –, Dean punta nuovamente gli occhi sul fratello. «Hai qualche idea su dove possa essere accaduta questa cosa?»
Sam stringe le spalle «Non c’era niente di particolarmente rilevante».
«Ma notizie di questo tipo si diffondono in fretta» Ellie, una mano aperta sotto il mento, guarda Sam dritto negli occhi con un mezzo sorriso; sembra volerlo rassicurare «Possiamo cercare su internet. Entro domani sono sicura che uscirà fuori qualcosa».
«Sì, e domattina al massimo partiamo» Sammy lo fissa mentre Dean pronuncia quelle parole, visibilmente atterrito «Troveremo il figlio di puttana che ha ucciso quel ragazzo, non preoccuparti».
Sam chiude gli occhi per un attimo, passandoci su le dita e sospirando forte «Perché ho queste visioni? Che cosa significano? Dean, io… io continuo a non capire. Stavo meglio ultimamente, perché ora sono tornate?»
Dean fa spallucce, incapace di dargli una risposta. «Vedrai che scopriremo anche questo».

 

[1] Riferimento all’episodio 1x11 “Scarecrow”. I ragazzi, fino alla 1x16, da lì non hanno più tracce di John.
[2] Riferimento all’episodio 10x12 “About a boy” e alla conversazione tra Dean e la ragazza del bar poi tornata adolescente insieme a lui.
[3] In questo momento, siamo quasi a fine Giugno 2006. Dean non vede John dai primi di ottobre del 2005, quindi sono otto mesi che i ragazzi lo stanno cercando.
[4] Riferimento all’episodio 1x17 “Hell house”: all’inizio, Dean ricorda a Sam quando gli ha fatto quello scherzo.
[5] Sioux Falls è la città più popolata del South Dakota (Wikipedia docet), per questo ho pensato che fosse anche la più grande.

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Capitolo 13
*** My weak side ***


Note: Quasi fuori tempo massimo, ma eccomi! :D
Buonasera (o meglio buonanotte, visto l’orario) a tutti e bentrovati in questo piccolo spazio delirante. Sì, perché pubblicare questo capitolo mi mette un’ansia che non ne avete idea quindi sono qui, inginocchiata sui ceci della vergogna, a chiedervi pietà. Pietà per una povera anima che finirà comunque all’Inferno, perciò vi prego, almeno voi risparmiatemi! XD
Mi volatilizzo, prima che qualcuno mi faccia a brandelli… ehm, grazie per l’attenzione, a mercoledì prossimo (se c’arrivo viva)! *fugge lasciando una nuvola di fumo come nei fumetti*


Capitolo 13: My weak side
 
And if I show you my dark side
Will you still hold me tonight?
And if I open my heart to you
And show you my weak side
What would you do? (…)
Would you send me packing
Or would you take me home?
 
(The final cut – Pink Floyd)
 
 
Stringe le dita di entrambe le mani sul volante distanziandole un po’, premendo il pedale dell’acceleratore e continuando a tenere gli occhi sulla strada. Non sa da quanto tempo è solo la radio a cantare nell’abitacolo della sua Impala, ma gli sembra una vita che non apre bocca.

Sam, seduto al suo fianco, è muto come un pesce e pallido come un cadavere, un’accoppiata che non lo renderebbe attraente neanche agli occhi di una single disperata. Dean lo capisce, perché anche lui è preoccupato per questa storia che si sta facendo sempre più complicata, ma la sua paura è che Sammy si senta in colpa per non riuscire ad arrivare in tempo.

Dopo ore ed ore di ricerca su internet, con Ellie al computer e suo fratello che, con un mal di testa allucinante, le dava indicazioni, sono riusciti a scoprire che il ragazzo morto, Anthony Collins [1], viveva a Walden, nel Colorado. Dopo aver guardato in tutti i giornali locali degli Stati vicini al South Dakota, le ricerche si sono espanse a macchia d'olio fino ad arrivare lì, dove un giornale locale riportava la notizia come fresca di qualche ora.
 
Sam ha cominciato a interrogarsi sul perché ora le sue visioni arrivino a scoppio ritardato e non gli permettano di salvare la vittima e sia lui che Ellie hanno cercato di rassicurarlo in tutti modi senza riuscire però ad ottenere grandi risultati. Sono partiti che non erano neanche le cinque del mattino, salutando Bobby in fretta e furia, e sono ancora per strada.
 
Dean ha molte idee sul perché suo fratello se ne sta zitto: perché si sente in colpa, perché questa storia delle visioni sta diventando sempre più frequente e ne è spaventato, ovviamente, e sicuramente anche perché è concentrato a pensare a ciò che potrebbe aspettarlo una volta arrivato sul posto.
Vorrebbe dirgli di prenderla con più filosofia, ma si rende conto appena un attimo prima di aprire bocca che non gli conviene dirgli una cosa del genere perché è chiaro che Sammy si sente in qualche modo responsabile e che non c’è nulla che possa dirgli al momento che potrebbe alleviare i suoi pensieri.
 
Darebbe via un rene pur di capire che cazzo sta succedendo a suo fratello, perché ha queste visioni strane che non si capisce dove vogliano portarlo a parte a trovare persone che hanno a che fare con problemi soprannaturali che loro possono risolvere, ma purtroppo non possono far altro che continuare a “seguirle” e magari cercare di capire a cosa conducono davvero.
 
Il perché anche Ellie se ne sta zitta, invece, è tutta un’altra storia. Dean sa benissimo che ha a che fare con la discussione che hanno avuto ieri sera e anche con il fatto che lui non ha voluto rivelare a Bobby questa storia delle visioni di suo fratello. Per la seconda fatica un po’ a comprendere, ma in realtà sa bene che Ellie non è proprio arrabbiata per quello, perché Dean è libero di rivelare ciò che vuole a chi vuole; magari le sfugge la motivazione, ma è sicuro che, più che arrabbiata, è solo perplessa.
Non è che a Bobby non volesse dirlo, ma il fatto è che ancora è una situazione molto precaria e, sebbene Bobby sia più un padre che altro per lui e Sam, non se l’è sentita di dirgli nulla. Un po’ com’è stato con Ellie quando Sam gli ha confessato di avere delle visioni. Non glielo ha tenuto nascosto perché aveva paura che lei si spaventasse e che pensasse male di suo fratello o cose così, ma piuttosto perché non sapeva come affrontare l’argomento, come spiegarle che a volte anche agli esseri umani accadono cose paranormali come avere visioni.
 
Per l’altra situazione, invece… Dean sa che cercherà un confronto, che sicuramente ha esagerato e non doveva dirle in quel modo, ma tutto è degenerato quando lei se l'è presa ed ha cominciato ad alzare il tono della voce.
Non è la prima volta che succede e forse Dean doveva aspettarsi che non avrebbe gradito le sue domande, ma non pensava di fare niente di sbagliato se chiedeva alla sua ragazza perché non vuole andare a letto con lui. Soprattutto non capisce perché lei se la sia presa tanto quando le ha detto che non era la prima volta, visto che è un dato di fatto che le cose stanno così tra di loro. Non voleva essere invadente, era solo curioso, tutto qui. Ci sarà un motivo preciso se ha deciso di farlo aspettare, no? Qualcosa che va oltre il fatto che vuole qualcosa di serio. Anche Dean lo vuole con lei – per un motivo che va oltre la sua comprensione, tra l’altro –, perciò proprio non capisce cosa cambi nel quadro generale se fanno sesso o no.
 
Per di più questa sensazione che gli sta nascondendo qualcosa è sempre più pungente nella sua testa, sempre più reale ed è assolutamente interessato a scoprire di che si tratta. Certo non può passare per le domande classiche, perché se glielo ha tenuto nascosto finora di certo non si aprirà da sola alla sua prima banale richiesta, ma gli dispiace pensare che dovrà escogitare qualcosa per trovare la risposta.
Una volta Ellie gli diceva tutto, anche se faceva fatica e le si impuntava la voce talvolta, quando quello che aveva intenzione di confidargli si faceva più intimo e personale, ma adesso pensava che le cose si stavano appianando e che stesse tornando tutto come prima.
 
Forse le sue sono paranoie, ma Cristo santo sono troppe le cose che non gli tornano e vorrebbe davvero saperne di più.
 
Si volta verso la sua destra, guardando suo fratello che se ne sta zitto da un sacco con quella faccia da cadavere. Dean gli dà una botta con un braccio, catturando la sua attenzione; Sam lo fissa con gli occhi piccolini, visibilmente perplesso.
«Stai bene?»
Sam stringe le spalle, tornando a fissare qualcosa fuori dal finestrino. «Quanto manca?»
Dean guarda l’orologio, scoprendo che sono già le tre del pomeriggio. Per pranzo non si sono praticamente fermati, perché Ellie ha fatto dei panini per tutti e si sono mangiati quelli lungo la strada e già questo ha influito sulle ore di macchina e, considerando anche che Dean ha premuto sull’acceleratore un po’ più del dovuto per fare il più in fretta possibile, i tempi si sono ridotti abbastanza. «Un’oretta, più o meno».
Sam annuisce e torna a guardare fuori dal finestrino, esattamente come prima. Dean sbuffa aria dal naso, seriamente preoccupato per l’umore del fratello e punta gli occhi sullo specchietto retrovisore, incontrando la figura di Ellie. Anche lei sta guardando fuori, senza badare a lui che invece la scruta per qualche secondo buono, cercando di tenere sotto controllo la strada tra un’occhiata e l’altra.
 
Ellie sembra assorta in chissà quali pensieri, il viso imbronciato e lo sguardo perso. Ha dormito stamattina, stringendo le gambe al petto e faticando un po’ per trovare la posizione giusta, ma alla fine ci è riuscita e si è addormentata come un sasso. Stanotte non ha dormito nulla per via delle ricerche che hanno fatto al computer fino a poco prima di partire ed aveva bisogno di un po’ di riposo. Dean l’ha detto anche a Sam di farsi un riposino, che ne aveva bisogno, ma lui non ha voluto sentire ragioni. Anzi, voleva dargli il cambio per guidare e glielo ha detto più di una volta, ma Dean ha ceduto solo per un paio d’ore, giusto perché insisteva tanto e sembrava volesse farlo per distrarsi un po’.
 
Ha notato che il sonno di Ellie è ancora agitato, che non dorme tranquilla come le succedeva quando passavano un sacco di tempo insieme lontano dai loro padri. Spera che, quando troveranno il mostro che ha fatto fuori Jim, riuscirà a ritrovare un po’ di pace e magari farsi delle belle dormite più tranquille.
 
L’ora di viaggio rimasta passa veloce ed i ragazzi si sistemano sul primo motel che trovano lungo la strada, o perlomeno quello che gli sembra più agibile. Si prendono le solite due camere, una per Ellie e Dean e l’altra solo per Sam, e si sistemano, cercando di fare in fretta perché poi contano di andare sulla scena del delitto e a fare una visita ai parenti della vittima.
 
Dean ed Ellie si sistemano nella loro stanza, che trovano piuttosto pulita e in ordine. È un ambiente quasi accogliente rispetto a molti altri che hanno visitato in passato: la moquette è di un verde brillante, segno che la donna delle pulizie è passata da non molto, e ricopre tutto il pavimento; i mobili sono di un legno scuro e la carta da parati è verde chiaro, con dei disegni arancioni e celesti. Il letto è piazzato proprio al centro della stanza, accostato al muro; accanto ad esso giacciono un paio di comodini e la porta del bagno è situata di fronte, accanto all’armadio a muro che Ellie apre poco dopo essere entrata, per metterci tutte le sue cose come fa di solito.
 
Dean va a cambiarsi in bagno, sapendo benissimo che poi Ellie vorrà fare lo stesso e non ne uscirà finché non sarà truccata e in ordine, perciò si avvantaggia. Quando esce, la trova già vestita con una delle sue gonne attillate nere e una camicia bianca a cui sopra abbinerà una giacca che ora è appoggiata sul letto. È intenta a fissare una camicia celeste, tenendola con entrambe le mani per le spalle, come se fosse incerta che ci sia una macchia oppure no.
 
Lui si siede sul letto e la guarda con un sorriso «Non vai a finire di sistemarti?»
Ellie stringe le spalle «Ci metto poco, prima voglio finire qui» il suo tono è leggermente piccato. Non proprio arrabbiato, ma non è neanche quello di sempre. Piega le labbra in una smorfia incerta, poi si dirige verso l’armadio a cui ha lasciato aperte le ante per prendere una stampella e infilarci la camicia, anche se non ne sembra convinta fino in fondo. Torna verso il letto e rimette le mani nel suo borsone; Dean segue ogni suo movimento in silenzio, attendendo paziente che lei gli dica qualcosa perché lo sa che sta per scoppiare, la conosce e glielo legge negli occhi. Ellie afferra un’altra camicia – questa color carta da zucchero che si ricorda di averle già visto – e la controlla per bene prima di prendere un bel respiro. «Perché non hai detto a Bobby cos’è successo veramente a Sam?»
Eccola, puntuale come un orologio svizzero. Dean non sa come fa a trattenere un sorriso, perché la sua precisione lo diverte, ma lei è seria perciò lascia perdere; stringe le spalle «Non sapevo come l’avrebbe presa. E poi non ne ho parlato con Sam, non sapevo se era d’accordo».
Ellie annuisce, ancora un po’ contrariata «È per lo stesso motivo per cui non avevi detto niente a me?»
Dean stringe un po’ gli occhi e fa una smorfia irritata «Non mi sembrava ti avesse dato fastidio scoprirlo dopo».
«Infatti non m’importa. Sto solo cercando di capire come ragioni».
Tiene la testa bassa, frugando nel suo borsone, e Dean sa benissimo che non è il fatto che ha mentito a Bobby il motivo per cui fa così e crede che questo sia il momento giusto per approfondire l’argomento.
«Sei ancora arrabbiata per ieri sera?»
Ellie alza la testa e lo guarda «Non dovrei?»

Si alza in piedi e fa qualche passo verso di lei, prendendola per i fianchi. «Mi dispiace». Lei non si scompone, ma Dean non molla «Ho esagerato. È che… ci tengo».
Ellie volta la testa nella sua direzione e lo guarda negli occhi «Al sesso o a me?»

Dopo una risposta del genere, in altri momenti, Dean avrebbe cominciato a urlare e poi se ne sarebbe andato sbattendo la porta. Ora, però, visto che è convinto di voler far pace con Ellie, decide di lasciar perdere la parte feroce del suo animo e agire usando un po’ di pazienza e buonsenso.
«Al sesso con te» le sorride e si abbassa per darle un bacio sulla guancia.
Lei lo guarda, ancora imbronciata «Anch’io ci tengo. È per questo che ti ho chiesto di andarci piano, perché più che a quello tengo a te. Per questo mi fa innervosire il tuo atteggiamento».
Dean si passa la lingua sulle labbra, espirando «Non volevo dire niente di male. Ho solo fatto una domanda e tu ti sei scaldata subito».
Ellie sbuffa appena «Non… non mi è piaciuto il tono che hai usato. Io… » abbassa un attimo gli occhi, poi lo guarda nuovamente «Sono un po’ nervosa in questi giorni, Dean».
«Me ne sono accorto».
Lei sbatte le palpebre un paio di volte «Se… se ti dà fastidio dormire qui e non… non fare niente puoi stare con tuo fratello. Io non mi offendo, non c’è nessun problema».
 
Dean la guarda e ha sempre più l’impressione che gli stia nascondendo qualcosa di grosso, che ci sia una magagna pesante dietro a tutta questa storia, dietro i suoi freni. Gli sembra che abbia paura di qualcosa e vorrebbe tanto farle delle domande, chiederle cosa c’è che la spaventa tanto alla sola idea che possano unirsi nuovamente come hanno fatto mesi fa, lasciarsi andare l’uno all’altra e stare bene perché è di questo che si tratta, perché Dean sa benissimo quanto Ellie stava bene in quei momenti, glielo leggeva negli occhi. E adesso c’è qualcosa di più dietro al suo distacco, ne è sicuro, anche se non riesce a trovare un modo per capire cosa.
 
Le sorride, cercando di sdrammatizzare un po’, anche perché non ha alcuna intenzione di andare a dormire con suo fratello. Non che ci sia niente di strano, tutt’altro, ma se deve cambiare camera vuole farlo con lei; non vuole lasciarla da sola. «Non ci penso proprio. Sam russa e fa le puzzette» Ellie lo fissa ancora un po’ accigliata per qualche istante prima di sorridere, le labbra finalmente piegate all’insù in una smorfia allegra.
Poi torna più seria «Sto parlando seriamente».
«Anch’io» dice così ma sorride ancora e lei capisce che sta scherzando; le accarezza il viso e sorride più deciso «Senti, io… io non voglio forzarti a fare niente. Se ti ho dato quest’impressione ieri sera mi dispiace. Volevo solo capire un po’ di più perché sei così frenata. Voglio dire, in fondo mi conosci e non pensi che io voglia solo… » si morde le labbra, indeciso sulla parola da usare; quando non la trova stringe gli occhi «Hai capito, no?» lei gli sorride appena e annuisce «Ecco, quindi… la mia non è fretta, solo… curiosità» le accarezza la guancia in modo più deciso e lei non dice niente, continua a guardarlo con gli occhi grandi ed un’espressione quasi grata sul volto. «E voglio dormire qui, non importa quanto mi farai aspettare ancora». Vorrebbe dirle qualcos’altro, ma non gli esce niente di sensato dalla bocca e l’unica cosa che può fare è allungarsi verso di lei e stamparle un bacio sulle labbra. Non fa in tempo a schiudere le sue e ad attirarla più a sé per far durare il momento il più possibile, però, perché Ellie si scosta, voltandosi nuovamente verso il suo borsone senza rivolgergli più lo sguardo.
 
Dean non riesce a nascondere il suo dispiacere, ma non dice nulla e si allontana, prendendo le chiavi dell’Impala dalla tasca della giacca di pelle e avviandosi verso la porta.
«Ti… ti aspetto di là».
Ellie annuisce e la vede prendere in mano un astuccio – quello da dove Dean l’ha vista prendere dei trucchi altre volte – e dirigersi in bagno.
 
Chiude la porta alle sue spalle emettendo un grosso sospiro. Non ha idea di cosa le passi per la testa, sa solo di essere stanco di tutta questa incertezza, dell’idea che non possano vivere appieno questa relazione per qualcosa che le è capitato e che la tiene a freno perché Dean è convinto che si tratti di questo ed è intenzionato a far emergere il problema il prima possibile.
 
*
 
Lo spettacolo che gli si para davanti agli occhi è a dir poco raccapricciante: su un tavolo di acciaio è steso un ragazzo sulla trentina, con i capelli neri e gli occhi chiusi e le viscere completamente all’aria. Ha un buco all’altezza dello stomaco che è praticamente una voragine da cui fuoriescono, a parte un odore terribile, buona parte delle sue interiora.
Dean deglutisce e distoglie gli occhi da quell’orribile spettacolo, puntandoli sul coroner «Ci sono… tracce dell’aggressore?»
L’uomo – basso e un po’ tarchiato, i capelli radi e degli occhiali con le lenti rettangolari appoggiati sul naso – scuote la testa. «In pratica di lui sappiamo solo data e ora del decesso e il luogo di ritrovamento. Altri indizi non ci sono pervenuti».
«E ne verrà effettuata un’autopsia?» ora è Sam a parlare e Dean sposta lo sguardo su di lui, accorgendosi che è pallido e che sta faticando davvero tanto per sembrare il più professionale possibile.
Il medico legale quasi gli ride in faccia «Cosa c’è da analizzare? La causa della morte è piuttosto chiara, direi. È stato sventrato!»
 
Dean lo guarda male – che cazzo di risposta è? –, ma gli occhi gli cadono sulla figura di Sam che scuote la testa, quasi a dirgli di lasciar perdere e se ne sta zitto solo per questo.
 
Ellie finisce di appuntare tutto il necessario sul suo taccuino ed escono da quella stanza poco dopo, dirigendosi all’esterno.
 
Dean fatica davvero tanto a trovare qualcosa da dire «Beh… non so che idea vi siete fatti voi, ma il tipo che si è mangiato la pancia di Anthony aveva una gran fame».
Il suo tono non è scherzoso, perché stavolta non trova niente di divertente in una tragedia simile e sdrammatizzare gli viene male, considerando soprattutto che Sam è ancora pallido e non sembra aver voglia della sua ironia.
Lo guarda stringere le spalle «Credo anche che andare dalla famiglia sia inutile. Riempirli di domande non cambierà il loro dolore e non… non ci aiuterà a risolvere il mistero».
Sam tira le labbra in una linea sottile e Dean annuisce. «Forse i suoi colleghi possono darci una mano a ricostruire i fatti, almeno».
Sia Ellie che Sam lo guardano ed è lei a parlare «Questa mi sembra un’ottima idea».
 
*
 
“Anthony Collins: tipo vivace e sportivo. Gli piaceva fare passeggiate e sostare uscire con gli amici. Era socievole… L’ultima consegna che ha fatto è stata ad un cliente affezionato, Clint Douglas [2]. Non l’hanno più visto tornare”.
 
Dean, sdraiato sul letto con il braccio sinistro appoggiato dietro la testa, rilegge ancora una volta gli appunti di Ellie sul suo taccuino, cercando di cogliere una sfumatura diversa e magari di farsi venire una qualche idea brillante, ma non è così semplice.
 
Sono già le undici passate ed ha cominciato a sbadigliare già da un po’. Si sente molto stanco e non fatica a realizzare il perché, visto che sono praticamente due giorni che non dorme. Spera che Ellie, che è seduta accanto al tavolo e sta sbirciando tra i file della polizia da almeno un’ora e mezza senza riuscire a giungere a nessuna conclusione utile, abbia voglia di andare a dormire presto, perché a Dean stanno per chiudersi gli occhi da soli.
 
Si tira su, per evitare di addormentarsi con quel taccuino sul petto come gli studenti sotto esame, ma continua a leggere, cercando qualcosa di interessante.
 
Sono stati a trovare i colleghi della vittima subito dopo essere usciti dall’obitorio. Anthony Collins lavorava in un piccolo ristorante situato nella periferia di Walden, un posto chiamato “Burger, fries & stuff” [3]. A quanto hanno dichiarato i loro colleghi – un paio decisamente sconvolti dall’accaduto – era un lavoro provvisorio per lui, niente di serio, per mantenersi in attesa di qualcosa che gli piacesse di più. Tutto sommato, comunque, non è che gli facesse schifo e si trovava bene in quell’ambiente, ma attendeva ormai da un po’ un’occasione più allettante. In fin dei conti, era laureato e fare il cameriere non era esattamente la sua più alta aspirazione.
 
Quella sera è uscito dal retro, come faceva sempre, per prendere uno dei motorini messi a disposizione per le consegne per andare dal signor Douglas e portargli la sua pizza con peperoni, acciughe, mozzarella, mais e olive – nei suoi appunti, accanto alla descrizione della pizza, Ellie ha scritto tra parentesi un che schifo!!! a caratteri cubitali che ha fatto sorridere Dean quando l’ha letto – e, quando hanno sentito grida e rumori sospetti, chiunque abbia sventrato il ragazzo se n’era già andato e l’aveva lasciato lì, riverso sull’asfalto accanto al suo motorino e ai cassonetti maleodoranti.
Nessuno, quindi, ha visto il mostro attaccare il ragazzo, perciò anche quest’altra visita si è rivelata un completo buco nell’acqua.
 
Lui, Sam ed Ellie hanno visitato anche il luogo del delitto, poi, per cercare qualcosa di interessante, ma non li ha portati assolutamente a niente. C’era solo un mare di sangue cosparso sull’asfalto, ma nessuna traccia o impronta diversa da quelle della vittima. Perciò sono punto e a capo.
 
Poi hanno cenato insieme ed hanno discusso un po’ dei pochi progressi fatti, azzardando qualche ipotesi. Sam si è preso il diario di papà per leggerlo e controllare se c’è qualche indizio utile, mentre Ellie e Dean si stanno occupando della parte più “nuova”, ovvero di cercare qualcosa in internet e in qualche libro che conservano nei loro logori borsoni.
In realtà, è solo Ellie che sta lavorando, Dean si diverte – si fa per dire – a leggere le sue annotazioni.
 
Inevitabilmente scorre più indietro con le pagine, trovando anche appunti più vecchi, di casi che hanno seguito insieme più di un anno e mezzo fa.
Dean osserva la sua calligrafia, così precisa, le lettere tutte diritte accostate l’una all’altra. Immagina che Ellie abbia fretta, nei momenti in cui scrive qui, perché deve stare attenta a registrare in testa e poi a mettere su carta quante più informazioni possibili, ma da come ha scritto queste note sembra tutto il contrario: tranne in rari casi, dove c’erano molti errori, ci sono parole cancellate con una riga sopra ed il tutto, in generale, è molto preciso, le pagine sono ordinate e le righe grigie chiare lievemente disegnate aiutano Ellie ad andare diritta. Sorride sotto i baffi pensando che è tremendamente precisa anche in questo.
 
La osserva con attenzione: ha una gamba incrociata sotto il sedere e l’altra penzola dalla sedia, senza riuscire a toccare terra, i piedi nudi e i pantaloncini gialli orribili con cui va a letto ultimamente, una camicia celeste a maniche corte leggera sopra e i capelli sciolti sulle spalle. Ascolta le dita correre sui tasti e il tick che fa il mouse ogni volta che preme l’indice sul tasto sinistro per cliccare qualcosa e pensa che, nonostante non siano arrivati a nessuna conclusione, sia ora di andare a dormire anche per lei. Ha passato ieri notte ad aiutare Sam per cercare il luogo dove era avvenuta quest’aggressione ed ha galoppato tutto il giorno da un posto all’altro, fermandosi solo per cena; se lo merita un po’ di riposo, perciò si alza dal letto e le si avvicina piano, osservandola ancora. Ha la schiena diritta e gli occhi intenti a leggere sullo schermo del pc ed è così concentrata che neanche si accorge di lui finché non le appoggia le mani sulle spalle.
«Vieni a dormire?»
Lei annuisce e allunga una mano per afferrare quella destra di Dean; la sposta e la stringe forte, spingendolo a sedersi sulla sedia accanto alla sua. Prende anche la mano sinistra tra le sue – così piccole e quasi gelide nonostante faccia abbastanza caldo – e tiene la testa bassa, accennando un minuscolo sorriso. «Scusa per stamattina. Sono stata un po’ fredda, mi dispiace». Lo guarda negli occhi adesso, il sorriso un po’ più luminoso. «Non è colpa tua, è solo che… che sono un po’ nervosa per questo caso. Sai, ogni… ogni volta che salta fuori qualcosa di nuovo ho sempre un po’ di ansia che sia la cosa che ha ucciso papà. Non so se a te succede mai» Dean ci riflette e… no, non gli succede spesso. Più che altro perché non trovano tracce del maledetto demone che ha ucciso la mamma da anni ed ora che ce n’è qualcuna in più papà se ne sta occupando da solo, quindi è un po’ difficile avvertire il tipo di sensazioni a cui Ellie si riferisce. Scuote la testa e lei stringe le spalle. «Va beh, comunque mi dispiace, cercherò di… di essere un pochino più tranquilla nei prossimi giorni».
 
Dean tira le labbra in una linea sottile e annuisce. In fondo capita a tutti di essere irrequieti ed Ellie ultimamente è un fascio di nervi, perciò sì, le sue scuse possono decisamente essere accettate.
La guarda mentre lei spinge su gli occhiali e torna a concentrarsi sullo schermo del suo laptop, muovendo l’indice destro sulla rotellina del mouse per scorrere la pagina più giù. Dean le si avvicina di più, allungando il braccio sul legno della sedia.
«Hai trovato niente?»
Ellie scuote la testa «Prima di andare a dormire volevo continuare qui, ma sono a un punto morto».
Sembra quasi sconsolata e Dean le sorride «Lascia fare a Sam. È bravo, sicuramente troverà qualcosa».
Lei si toglie gli occhiali, li appoggia sul tavolo, si volta nella sua direzione e sorride sarcastica. «Vorresti dire che io non sono brava?»
Dean le sorride per prenderla in giro «No, ma vorrei che per stasera tu… ti preoccupassi di me e lasciassi il lavoro che piace tanto a Sam… a Sam. Perché rovinargli il divertimento?»
Ellie sorride e le sue labbra corrono dritte da quelle di Dean che risponde immediatamente. In fondo non hanno ancora fatto pace come si deve dopo stamattina, gli sembra più che giusto approfittare del momento.
 
Infila le dita tra i suoi capelli e l’attira a sé, facendola alzare. Ellie si muove incerta, ma Dean la tira ancora verso di sé fino a farla sedere su di lui; lei obbedisce anche se la sente un po’ rigida e titubante, ma divarica le gambe e si accomoda sopra di lui, le dita sottili tra i suoi capelli. Lo bacia con trasporto e Dean lascia scivolare le mani su di lei lentamente, cercando di metterla a suo agio il più possibile. È quello che fanno praticamente ogni sera, l’unica cosa che cambia è che non sono su un letto, quindi Dean non è preoccupato che Ellie possa scansarsi o fare storie.
 
Le accarezza la schiena e scende giù, fino alle cosce coperte da quei buffi pantaloncini gialli. Ellie ha le braccia incrociate dietro il suo collo e a Dean sembra troppo bello che si lasci baciare così, perché anche se la sente un po’ rigida gli sembra comunque più sciolta di altre volte, più a suo agio.
 
Scende ancora con le dita, scostando il tessuto dei pantaloncini leggeri ed infilando la mano sinistra sotto la stoffa, cercando di riprendere un po’ di confidenza con quel corpo che gli è mancato tanto quando lei era lontana. Ellie si irrigidisce un altro po’ e la sua mano destra si fionda sulla sua, forse per scansarlo, ma Dean non ci bada – non sta facendo niente di male, in fondo, perciò non vede perché dovrebbe togliersi e poi lei sta continuando a baciarlo, quindi è sicuramente tutto a posto – e risale la curva della sua coscia lentamente, cercando di non correre troppo in su per non darle l’impressione che voglia fare chissà cosa, ma si ferma quando scorge uno strano segno sotto i polpastrelli, sul lato destro. Ne accarezza i contorni con l’indice: è chiaramente una cicatrice ed è verticale, lunga almeno quattro o cinque centimetri. A Dean non sembra di avergliela mai vista.
 
Ellie si scosta velocemente, continuando a cercare di spingere via la sua mano; Dean ne approfitta per abbassare gli occhi e guardare con attenzione quella cicatrice ormai scoperta. Sembra ciò che rimane di un taglio piuttosto profondo e continua ad accarezzarla, cercando di ricordare se è un segno nuovo o meno.
«Questa come te la sei fatta?»
Ellie non risponde subito; è visivamente più rigida di prima e Dean cerca il suo sguardo per un istante per poi tornare a guardare quel segno. Lei gli scosta la mano in modo più brusco, cercando poi di rimettere la stoffa gialla al suo posto. «È solo una vecchia ferita. Non è n-niente, lascia stare».
«A me non sembra niente e poi non mi ricordo di avertela mai—»
«Ti ho detto che non è niente! Perché insisti sempre?» Ellie si scosta ancora, puntando le mani sul petto di Dean e facendo leva per mettersi in piedi e poi fare un paio di passi indietro. Ha gli occhi sgranati e sembra fuori di sé.
 
Dean si alza in piedi e le va incontro, ma Ellie indietreggia ancora e sembra sconvolta per un motivo che lui davvero non riesce a comprendere. Insomma, che sarà mai una cicatrice? Lui ne ha tante. Con il lavoro che fanno è facile procurarsene.
 
Le sorride, cercando di rassicurarla «Perché fai così?»
Lei si morde le labbra «Ti avevo già detto che non mi va, perché continui a—»
«Non volevo fare niente, Ellie. Davvero, io… » le parole gli muoiono in gola a vederla così impaurita e Dean non sa che fare, perciò la guarda impietrito mentre lei scosta il cuscino, afferra la maglietta blu con cui dorme ogni tanto e fugge in bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Se voleva farlo preoccupare di certo c’è riuscita. Dean sospira, fortemente impensierito dal suo comportamento. Ascolta l’acqua del lavandino scorrere mentre si toglie i pantaloni e la camicia e li appoggia sulla sedia su cui era seduto prima; lo fa lentamente, l’orecchio teso ad ascoltare i movimenti di Ellie che a un certo punto cessano, segno che si è fermata.
Si siede sul letto e aspetta paziente che esca, cercando di captare un qualche suono che però non arriva e alla fine si decide ad avvicinarsi alla porta e ad aprirla senza neanche bussare, preoccupato che le sia successo qualcosa.
 
La trova seduta a terra accanto al water, le ginocchia strette al petto e lo sguardo fisso rivolto a un punto del mobiletto verde chiaro sotto il lavandino situato di fronte a lei. Dean la guarda e non sa che cazzo fare, perché chiaramente ha toccato quello che per Ellie è un nervo scoperto e non sa che dire, non sa come trovare un punto d’incontro con lei che si è chiusa nuovamente nel suo bozzolo di paure e incertezze. L’unica cosa che gli sembra fattibile è sedersi lì accanto e lo fa; si mette tra lei e la porta, di fronte alla doccia situata accanto al lavello, trovando lo spazio per appoggiare la schiena al muro ricoperto da fredde mattonelle verdoline.
Ellie non dice nulla, continua a stringere le ginocchia con entrambe le braccia, la schiena in avanti; per Dean è difficile riuscire a prendere fiato e cercare qualcosa di sensato da dire in un silenzio così scomodo.
 
«Che… che ho fatto? Perché fai così?»
Ellie ci mette troppo a rispondere, un tempo così lungo che Dean teme di aver parlato a sproposito. «N-niente, Dean, io… ho solo ripensato a una cosa brutta, non è niente».
«A me non sembra affatto niente» appoggia una mano sulla sua schiena «Tremi come una foglia e sei fuggita via tutta impaurita. Che c’è che non va?» Ellie stringe le spalle e lui non ce la fa più a rimandare il discorso, a far finta che non ci sia un problema quando stasera è più evidente che mai. «Puoi parlare con me, puoi… puoi dirmi che succede».
Lei annuisce dopo qualche attimo di titubanza e continua a fissare un punto davanti al suo viso, senza guardare Dean. «Lo so, ma non… n-non voglio che ti arrabbi».
Dean deglutisce; se gli dice così, vuol dire che quello che sta per confessargli non gli piacerà affatto, perciò fatica terribilmente a restare calmo e a non saltare subito alle conclusioni. Cerca di farlo per lei, però, perché altrimenti non riusciranno a sbloccare questa situazione, a tornare quelli che erano ed Ellie non si libererà mai delle sue paure.
«Non… non mi arrabbio».
 
Lei si volta a guardarlo per la prima volta da che è entrato in quel bagno consumato dal tempo e dalla poca pulizia; ha gli occhi lucidi e lo scruta a fondo, come a voler verificare se le sue parole sono sincere o meno. Poi torna a guardare di fronte a sé, le braccia che stringono ancora le gambe; prende fiato e chiude gli occhi prima di trovare il coraggio di cominciare a parlare. «Quella… q-quella cicatrice è… è un ricordo spiacevole. Io… io non trovavo le parole per… per… » la sua voce trema ed Ellie scuote la testa, stringendo più forte le ginocchia al petto. «Sai, le… le cose con papà all’inizio non andavano bene. Lui aveva… aveva accettato le mie scuse, ma non era poi così contento che gli girassi di nuovo intorno e non si sforzava neanche di nasconderlo. Era come tornare ai vecchi tempi» Ellie sorride amara e tira su col naso «Ma io ero stanca di farmi trattare in quel modo. Avrei preferito la solitudine, allora, ma ero… ero così decisa e determinata e volevo che apprezzasse la mia compagnia, che fosse… non dico felice, ma almeno un po’ più convinto di avermi al suo fianco, che volesse conoscermi a fondo. Non mi sembrava una richiesta così assurda» espira appena, leccandosi le labbra «Mi dicevo che non avevo niente da perdere e per questo ero un po’ troppo brusca nel voler far sentire le mie ragioni, ma me ne sono resa conto tardi». Lo guarda come se sperasse che lui comprendesse cosa è successo dal suo sguardo, per non dover aggiungere altre parole che per lei sono così dolorose da tirare fuori, ma Dean non possiede il dono della chiaroveggenza ed Ellie dovrà sforzarsi un po’ di più se vuole fargli capire cos’è accaduto. La guarda prendere ancora fiato e si passa una mano sulla fronte in un gesto che trasuda nervosismo. «Litigavamo spesso perché… perché io non lasciavo perdere nulla e se vedevo che si comportava male con me mi arrabbiavo e glielo dicevo perché mi sembrava l’unico modo per far funzionare le cose».
Dean ci riflette un istante «Beh, cos’altro potevi fare? Se faceva lo stronzo hai fatto bene a farglielo presente».
Ellie tira le labbra in una linea sottile. «Lo pensavo anch’io, ma poi… poi ho cambiato idea» si passa una mano sul viso, prendendo un altro respiro «Una sera si è ubriacato. Non so se avesse un motivo valido per farlo o se semplicemente ne avesse voglia e basta, ma quando è tornato era irriconoscibile: b-barcollava e non si reggeva in piedi. Io mi sono avvicinata per aiutarlo, ma lui mi ha scacciato via con una mano e mi sono arrabbiata perché ero rimasta ad aspettarlo alzata dato che ero preoccupata perché era tardi e non si faceva vedere e… e lui ha reagito male» tira su col naso ancora una volta, muovendo le mani sotto gli occhi come a voler cancellare delle lacrime e Dean crede di aver già capito quello che sta per raccontargli, ma spera vivamente di sbagliarsi. «Era arrabbiatissimo, io… io non avevo previsto che si sarebbe scatenato così. Mi sono ritrovata con… con la schiena contro il muro quando ha sfilato un coltello dalla tasca dei pantaloni e… e mi ha t-tagliata dicendo che… c-che se non avessi smesso di fare la p-prepotente lui… lui avrebbe fatto di peggio. Premeva così… co-così forte che ho dovuto medicarlo per un’i-intera settimana, tanto era profondo». Stringe forte le palpebre «Vorrei aver avuto la f-forza di reagire, ma non… non ce l’ho fatta. Ero come pietrificata, perché lui… lui era m-mio padre e non… non avrebbe dovuto trattarmi in quel modo».
 
Ellie si ferma, forse perché non riesce più a parlare, e lo guarda con quegli occhi che sono lucidi e tremendamente tristi mentre quelli di Dean sono spalancati, tanto è lo stupore e la rabbia che sente.
Vorrebbe riesumare Jim per prenderlo a pugni fino a farsi uscire il sangue dalle nocche. Dannato bastardo figlio di puttana, come cazzo si è permesso di fare una cosa del genere a sua figlia? Il solo pensarci gli manda il sangue al cervello, porca troia. Suo padre ci sarà andato pesante qualche volta, ma mai così tanto, mai al punto da sfregiarlo come ha fatto Jim con lei che lo guarda con gli occhi sempre più lucidi.
«Ti prego dì qualcosa».
La sua voce è praticamente un sussurro, ma Dean non riesce a contenere la rabbia. Si passa una mano sulla bocca «Quando è successo?»
«Dean… »
«Quando?»
Il suo tono duro sembra quasi spaventarla e la guarda mentre si stringe più in se stessa, le braccia ad avvicinare di più le ginocchia al petto. «Q-quattro mesi fa».
 
Dean scuote la testa; è furioso e si alza in piedi perché non ce la fa più a rimanere in quel modo, seduto e immobile come uno stoccafisso. Spalanca le braccia «Perché non me l’hai detto?»
Ellie lo guarda con le lacrime agli occhi e si alza lentamente, strisciando sulle mattonelle. «Avevi detto che non ti saresti arrabbiato» lo dice con calma, la voce tremante e le lacrime che le rantolano giù sulle guance e gli fa una gran tenerezza, ma proprio non capisce perché non gli abbia chiesto aiuto.
Prende un bel respiro «Avresti dovuto chiamarmi» il suo tono è più tranquillo adesso, ma la rabbia è ancora lì, che gli scorre nelle vene come un fiume in piena.  
«L’ho fatto» Dean spalanca gli occhi. «La sera dopo ti ho chiamato. Papà mi ha… mi ha lasciata tutto il giorno al motel e mi sentivo sola, mi… mi faceva male la ferita e quando ti ho chiamato volevo dirtelo, ma non… non ho trovato il coraggio. Avevo bisogno di sentire la tua voce, ma non… non sono riuscita a dirti nulla».
 
Dean ci riflette un attimo, ma erano talmente tante le volte in cui la sentiva strana e in cui non voleva parlare di certe cose – perché Dean lo capiva da come cambiava il tono della sua voce e dal fatto che sviasse sempre certi discorsi – e decideva sempre di lasciar stare, per non essere invadente. Quindi, non riesce neanche ad immaginare quale delle tante sere in cui si verificava questa storia è quella a cui si riferisce Ellie. «Perché?»
Lei lo guarda con aria colpevole «Che potevi fare da lì?»
«Prendere la macchina, venirti a prendere e portarti via».
«E avresti voluto fargli male. Ti conosco, avresti fatto una sciocchezza». Dean scuote la testa «Poi eri con Sam, io… »
Lui spalanca nuovamente gli occhi; non è la prima volta che tira fuori una scusa simile «Basta con questa storia! Sam sarebbe venuto con me, o l’avrei lasciato dove stavamo, non faceva differenza».
«E invece sì. Hai sofferto tanto quando non c’era, io non volevo… non volevo essere un problema per una volta che avevi trovato un pizzico di felicità» si asciuga gli occhi e gli sorride in un modo così sincero che a Dean si stringe lo stomaco «E poi la situazione è rientrata perché non mi ha più toccata».
Dean la guarda con occhi di fuoco. «Non ci credo».
«È così. Non mi ha mai chiesto scusa a parole, perché era troppo orgoglioso, ma col tempo ha cambiato atteggiamento, è diventato meno… autoritario e più disponibile nei miei confronti. Più… gentile. So che può sembrare assurdo, ma è la verità. Io… io credo che sia successo perché si è reso conto di aver toccato il fondo. Qualunque cosa fosse, comunque, io l’ho perdonato. Sul serio. È stato un errore, ne facciamo tutti».
«Ma il suo è grosso! Se ti avesse picchiata di nuovo? Se ti avesse sfregiata da qualche altra parte o peggio, se—»
«Non dire così» abbassa lo sguardo e tiene gli occhi puntati sulle mattonelle, dondolandosi appena sui talloni, le mani incrociate dietro la schiena. «Io… ho solo bisogno di superare questa cosa. Poi andrà tutto bene» lo guarda negli occhi e gli sorride appena, le labbra piegate lievemente e Dean si chiede dove riesca a trovare la forza per farlo. «Tu hai ogni parte di me, Dean. Tutto, te lo giuro. E presto te lo dimostrerò, solo non stasera».
 
Dean le si avvicina e le prende il viso tra le mani. Vorrebbe mascherare la commozione che sente a sentirla parlare in questo modo ma non riesce a farlo, non dopo che lei gli ha raccontato una cosa così. Ellie lo abbraccia forte, nascondendo il viso sul suo petto e Dean la stringe, chiudendo gli occhi e cercando di smettere di immaginare tutta la sofferenza che deve aver provato in una circostanza simile.
«Dovevi darmi retta, cazzo. Dovevi venire con me, non sarebbe successo niente di tutto questo».
«No, Dean. Era mio padre, è… è stato giusto così. Non sentirti più in colpa» lo stringe più forte e poi alza il viso e lo guarda, allungandosi appena a dargli un bacio sul mento. «È passato, davvero. So che tu non mi faresti mai del male, che non faresti mai qualcosa che non voglia. Solo… solo non me la sento ancora. Ma andrà tutto bene, te lo prometto». Dean annuisce poco convinto. «Dai, andiamo a dormire» lo prende per mano e lo trascina nell’altra stanza.
 
Si infila sotto le coperte dopo di lei ed Ellie lo abbraccia, come se fosse lui ad aver condiviso il momento più doloroso di tutta la sua vita e non il contrario. Le accarezza i capelli e lascia che si accomodi al suo fianco; ci mette un po’ per addormentarsi, ma nessuno dei due ha il coraggio di dire altro e presto è la stanchezza ad avere la meglio su di loro.
 
*
 
Fa qualche altro passo fino a raggiungere la porta della stanza di motel di suo fratello, la numero centotto. Sospira pesantemente, stringendo di più la busta bianca che ha nella mano sinistra e cerca di trovare la forza di bussare.
 
Nella sua lunghissima carriera di donnaiolo incallito, è scappato da molti letti, ma non si è mai sentito tanto un ladro come stamattina. È vero che lui ed Ellie hanno solo dormito, perciò non è la classica cosa da “sedotta e abbandonata”, ma si sente allo stesso modo: codardo e vigliacco. Solo che stamattina proprio non ce la faceva ad aspettare che si svegliasse e cominciare la giornata con lei come se niente fosse.
 
Nonostante la tremenda stanchezza, ha passato buona parte della notte sveglio, con gli occhi rivolti al soffitto a ripensare alle parole di Ellie. La stringeva più forte ogni volta che si soffermava su quanta sofferenza abbia potuto provare in quei momenti, quanto dolore poteva sentire al solo pensiero che suo padre, quello che ha rincorso per tutta la vita e che ha sperato con tanta forza che fosse una persona degna e rispettosa, le avesse fatto una cosa così. Sapeva quanto Jim fosse stronzo, ma non avrebbe mai immaginato che si sarebbe spinto fino a quel punto, cazzo.
 
La mente, poi, continuava a vagargli e pian piano tutte le tessere del puzzle tornavano al loro posto: i pantaloncini che ora Ellie indossa per dormire quando prima non lo faceva mai, il tremore che le veniva ogni volta che Dean la toccava, anche senza chissà quali intenzioni, il fatto che voglia aspettare così tanto per lasciarsi andare con lui. Aveva paura di mostrargli quel segno, che lui se ne accorgesse e per questo è stata schiva per tutto questo tempo e Dean sentiva così tanta rabbia addosso all’idea che gli ha tenuto nascosta una parte così grossa e importante del suo soggiorno con Jim che ad un certo punto ha sentito l’esigenza di alzarsi e sgattaiolare via. Tanto comunque non sarebbe riuscito a prendere sonno, teso e agitato com’era, perciò si è vestito ed è andato a prendere la colazione per tutti.
Adesso, però, di tornare da lei proprio non se la sente, quindi si decide a bussare alla porta di Sam che gli apre dopo neanche un minuto.
 
«Buongiorno, Dean!» è un po’ troppo energico e radioso per essere normale; Dean piega un sopracciglio, perplesso «Stai bene?»
Il fratello annuisce e lo fa entrare.
Dean si avvicina al tavolo – le stanze, come spesso accade, sono praticamente uguali perciò non ha problemi ad adattarsi velocemente all’arredamento – e vi appoggia la busta ed i caffè, notando che lì sopra ce n’è un altro ed anche il thermos che usano di solito durante i pedinamenti. Lo prende in mano, constatando che è vuoto. Lo alza, sventolandolo nella direzione di Sam «Beh? L’hai svuotato?»
Lui annuisce «Ero agitato. Avevo bisogno di concentrarmi e stare sveglio perché sentivo che ero vicino, ma non capivo fino a quanto».
Dean muove la testa di lato «Sam… »
«No, niente Sam. Non siamo arrivati in tempo per salvare Anthony Collins, va bene, ma ciò non mi impedisce di usare tutte le energie che ho per scovare il prima possibile cosa l’ha fatto fuori».
 
Dean espira dal naso; comprende la fretta del fratello di voler trovare un colpevole, che si sente in colpa per la sua morte – anche se non dovrebbe – e per questo vorrebbe fare tutto nel modo più veloce possibile, ma per questo deve rimetterci la salute. Non fa in tempo a rispondergli, però, che bussano alla porta. Si avvicina allo spioncino e, senza troppa sorpresa, trova Ellie lì fuori. Le apre e tira le labbra in una linea sottile; lei indossa una felpa rossa – un indumento che le ha visto addosso altre volte – e un paio di jeans e non sembra molto contenta di vederlo. Ha i capelli legati in una treccia storta.
La fa passare; lei mette entrambe le mani nella tasca davanti della felpa, sorride a Sam per salutarlo e lo guarda un po’ perplessa quando lui le risponde con un sorriso troppo poco spontaneo «Che hai? Stai bene?»
Risponde Dean per lui «Troppa caffeina».
Sam lo guarda di traverso, poi sorride ad Ellie. Sembra essersi fatto di coca «Avrò dormito due ore scarse. Ero troppo su di giri, dovevo trovare quel maledetto».
«E ci sei riuscito, almeno?»
Sam sorride ancora «Credo di sì. Vado in bagno e quando torno condividerò i miei progressi!»
 
Entrambi lo guardano sfrecciare nel piccolo stanzino adibito a toilette, seguendolo con gli occhi e con la testa, e quando la porta si chiude Dean non sa già cosa dire. Non lo sapeva neanche prima, in realtà.
Ellie lo guarda perplessa «È normale che faccia così?»
Dean stringe le spalle «Veramente è una novità anche per me» la guarda annuire, le mani ancora intrecciate nella tasca della felpa e Dean si avvicina al tavolo, aprendo la busta e porgendogliela «Ho preso questi. Ce n’è anche per te».
Lei vi infila una mano un po’ titubante, estraendone una brioche alla crema spolverata con dello zucchero a velo. «Grazie» gli si avvicina, prima di addentarla, gli occhi grandi e persi. «Non mi hai aspettata per alzarti stamattina».
La sua non è una domanda, ma una constatazione e Dean stringe le spalle, riappoggiando la busta sul tavolo per evitare il suo sguardo. «Non riuscivo a dormire e sono… sono andato a prendere la colazione, tutto qui».
Lei continua a guardarlo senza battere ciglia «Di solito ti piace coccolarmi quando suona la sveglia. Non credere che io non l’abbia notato. Come il fatto che adesso non mi guardi negli occhi». Il suo tono è più ovvio che duro e Dean si lecca le labbra, colto in flagrante. «Ascolta, non… non volevo che lo scoprissi in quel modo. Volevo trovare le parole giuste per dirtelo, ma non riuscivo mai a prendere coraggio e a parlartene. Lo so, ho sbagliato, perché dovrei dirti tutto, ma non… non me la sono sentita. Mi dispiace se te la sei presa, io… io non volevo tenertelo nascosto».
Dean deglutisce e si volta a guardarla; proprio non ce la fa a non essere arrabbiato «Però l’hai fatto. Per mesi».
«Lo so, mi dispiace, ma… cerca di metterti nei miei panni, io—»
«Ci ho provato e l’unica conclusione a cui sono arrivato è che potevi chiamarmi e chiedermi aiuto».
 
Ellie fa per replicare, ma non ne ha il tempo perché Sam esce dal bagno, interrompendo suo malgrado la loro conversazione.
Si sfrega le mani e si siede davanti al suo laptop; a Dean sembra abbia bevuto alcol più che caffè.
«Allora… » sia Ellie che Dean si sistemano dietro di lui, puntando gli occhi sullo schermo. «Innanzitutto, frugando nel passato di Anthony ho scoperto qualcosa di interessante. Guardate» clicca un punto con la freccetta bianca e si apre una schermata dove compare la faccia di Anthony Collins – la foto, però, è decisamente antiquata a giudicare da quanto era piccolo – e tutta una serie di dati che lo riguardano «È nel registro della scuola che frequentava. Non c’è niente di particolarmente interessante, a parte la sua data di nascita».
Dean si avvicina e legge a voce alta «Otto marzo millenovecentoottantatre. Cazzo».
«Già. Ricordate Max Miller? Anche lui aveva la mia età e dei poteri paranormali come me. Forse eravamo tutti collegati, in un certo senso, e avevamo tutti questo tipo di poteri. Ricordate? Max poteva muovere gli oggetti, chissà che anche Anthony… »
 
Dean si estrania un attimo da quella conversazione perché un pensiero gli balena in testa ed è così veloce e potente che non riesce a trattenerlo o aspettare che Sam finisca di parlare per dirlo ad alta voce. Volta la testa verso Ellie «Anche tu sei nata in quell’anno» lei lo guarda, un po’ confusa; anche Sam lo fa, con la fronte aggrottata e gli occhi piccolini «Anche a te succedono queste cose? Visioni o strani poteri?»
Ellie continua a guardarlo strana, poi scuote la testa. Dean la fissa, cercando di scrutare a fondo nei suoi occhi per verificare la sua sincerità e decide di crederle perché sembra davvero onesta. Non sarebbe la prima bugia che gli racconta ultimamente, ma le altre Dean le aveva praticamente riconosciute, si era accorto che qualcosa non andava anche se non riusciva a capire cosa, mentre adesso… no, sembra sincera e decide di crederle.
 
«Ma che c’entra, Dean? Sua mamma non è mica morta in un incendio nella cameretta».
Dean torna a puntare gli occhi su Sam «Vuoi dire che anche la madre di Anthony… » s’interrompe da solo quando vede Sam annuire e cliccare su un altro riquadro.
«Nella cartella scolastica, c’era scritto anche che era orfano di madre, così sono andato a scartabellare negli archivi online di tutte le morti sospette ed ho trovato l’altro fattaccio: Anne Marie Ashby [4], trentasei anni, uccisa da un incendio nella cameretta del figlio. Non ti sembra sospetto?»
Dean ci riflette su «Quindi mi stai dicendo che tutte le visioni che hai avuto su gente che non c’entra apparentemente niente con noi e con la nostra famiglia nascono da questa… storia? Dal fatto che sono tutti ragazzi a cui è morta la mamma come la nostra e sono nati il tuo stesso anno?»
Sam fa spallucce «Per Max lo schema funziona. Infatti anche lui aveva dei poteri paranormali, ma Anthony… non credo che nessuno possa confermarci o smentirci nulla».
Per la prima volta da che Sam è tornato in stanza, stavolta è Ellie ad intervenire «Beh, forse la sua famiglia è a conoscenza di qualcosa. Questo a loro potremmo chiederlo».
«Sì, ma non… non credo che ci aiuterà a trovare chi l’ha ucciso». Sam si volta ancora verso il computer, muovendo il mouse per cliccare un’altra finestra e in questo momento sembra tanto un professorino altezzoso che sta facendo lezione ai suoi alunni. «Credo di aver capito che cos’è stato».
Dean lo guarda accigliato «Ma non potevi andare a dormire invece di ammazzarti di lavoro?»
«Mi sono gasato quando ho trovato tutto questo. Non sono riuscito a fermarmi». Dean scuote la testa. Che fratello idiota. «Comunque sia, ho pensato che questa bestia fosse piuttosto lesta per sventrare un essere umano in quel modo e poi volatilizzarsi in qualche secondo senza farsi beccare da nessuno. Voglio dire, non è roba per tutti» clicca un altro paio di finestre «Ho pensato che sia abituato a muoversi nel buio, che sia munito di artigli, o comunque di qualcosa che lo aiuti a scavare il più velocemente possibile».
Dean deglutisce «Vai al punto, signor Giles [5]. Sto per vomitare».
Sam fa una smorfia divertita, aprendo un’ultima finestra per poi voltarsi verso di loro con una faccia soddisfatta, le mani intrecciate ed i gomiti appoggiati uno sul tavolo e l’altro sul bordo della sedia «Ho incrociato tutte le varie informazioni e sono giunto a questa cosa».
 
Ellie fa uno scatto in avanti, poggiando la brioche mezza mangiucchiata sul tavolo e stringendo lo schienale della sedia saldamente tra le dita; a Dean è sembrata troppo lesta, come se avesse visto qualcosa di familiare e capisce di non aver sbagliato quando lei raddrizza la schiena, una mano che cerca e stringe il suo braccio e gli occhi fissi sullo schermo dove compare un animale orribile, raffigurato con i denti in fuori, la lingua lunga che guizza verso l’alto e dei grandi occhi arancioni, uno sguardo minaccioso, il corpo ricoperto di peli marroni. Sembra uscito da un cartone animato. [6]
«Que-quello è… »
«Lo chiamano Formichiere. È una bestia rara da scovare, si nasconde nei boschi dove—»
«Riesce a costruire una tana perfetta. Si nutre di umani di ogni età, li sventra e ne mangia le viscere e riesce a sopravvivere a lungo solo grazie alle sue riserve. Esce poco a cacciare, per questo è raro trovarlo e ucciderlo». Ellie ripete quelle parole come un mantra, come una poesia imparata a scuola a memoria e Dean la guarda perplesso.
«Come fai a sapere tutte queste cose? L’hai già visto?»
Quando si volta verso di lui, ha gli occhi pieni di terrore «Dean… q-quello è… quello è il mostro che ha ucciso papà».

 

[1] Piccolo (e credo piuttosto chiaro) omaggio a Misha Collins. Oltretutto, il suo cognome è uno tra i più popolari in America.
[2] Il nome Clint Douglas è spuntato alla mia mente unendo i nomi dei famosi Clint Eastwood e Michael Douglas.
[3] Il nome del ristorante è chiaramente inventato XD
[4] Ashby è un cognome preso in prestito da un paio di personaggi di Sons of Anarchy.
[5] Riferimento a Rupert Giles, il bibliotecario del liceo di Sunnydale e Osservatore di cacciatrici in Buffy l’Ammazzavampiri.
[6] La mia fantasia spesso mi stupisce perché la bestia in questione è veramente uscita – almeno per metà – da un cartone animato, essendo l’unione nella mia testa pazza di un vero formichiere e l’Idra che compare in Hercules.

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Capitolo 14
*** Could you take care of a broken soul? ***


Note: E anche stanotte… eccomi qua a darvi la buonanotte! XD
No, davvero, io ci scherzo su, ma è già tanto che io sia riuscita a essere qui adesso, nonostante l’ora tarda, quindi abbiate pietà di me XD
Questo capitolo mi rende un po’ più tranquilla del precedente, ma mi mette comunque una certa ansia. Credo di averlo detto in qualche recensione passata, ma non ne sono sicura, quindi lo specifico qui: il Formichiere è una bestiaccia di mia invenzione (nome compreso). Se fa schifo o vi sembra più sovrannaturale del dovuto, fate un fischio XD mi serviva un mostro particolarmente spaventoso e nessuno di quelli spulciati riusciva a incarnarne tutte le caratteristiche, quindi me lo sono inventato da sola XD spero non sia stata una cattiva idea.
So anche che il particolare su Jim rivelato nel capitolo precedente sia un po' forte, ma... mi serviva per quadrare il cerchio. Spero di non averla fatta troppo fuori dal vaso. E, se fosse, sono aperta a consigli e critiche costruttive in merito :) 
Vi mando un abbraccio fortissimo e vi aspetto mercoledì! Buon continuo di settimana e buona lettura a tutti :***

Capitolo 14: Could you take care of a broken soul?
 
Wrapped up, so consumed by
All this hurt
If you ask me, don't
Know where to start

Anger, love, confusion
Roads that go nowhere
I know that somewhere better
Cause you always take me there

Came to you with a broken faith
Gave me more than a hand to hold
Caught before I hit the ground
Tell me I'm safe, you've got me now

(Take me home – Jess Glynne)
 
 
«Dovete andare via… subito» la voce di Ellie trema e i suoi occhi sono così spaventati che Dean stenta a riconoscerli. Lei si scosta, lasciando il suo braccio, e si stringe in se stessa, le braccia attorno al corpo. «Quel… quel mostro è terribile, voi… voi dovete fuggire da qui. Non è sicuro, ve ne dovete andare».
 
Dean, a vederla così spaventata, d’istinto le afferra le braccia con entrambe le mani; si accorge immediatamente che non è solo la sua voce a tremare come una foglia e allarga appena gli occhi, impressionato dalla sua reazione. «Ehi, calmati».
«Non posso. Tu… tu non sai quanto è spaventoso. Cammina su due zampe e quelle anteriori sono… sono lunghissime e… e ha degli artigli affilatissimi. Non potete rischiare la vita, dovete andare via».
Dean stringe le mani più forte attorno alle sue braccia «Non esiste».
«Sì invece! T-tu non hai idea di quello che è in grado di fare!» lo sguardo di Ellie si fa ancora più spaventato «È tremendamente veloce, è… è difficile ucciderlo. Io non voglio avervi sulla coscienza».
«E fammi indovinare, lo vuoi affrontare da sola per questo? Scordatelo» lei fa per dire qualcosa ma Dean riprende a parlare prima che lei possa aprire bocca «Senti, facciamo che adesso ti siedi, ti calmi e ci parli di questo essere con tranquillità così possiamo pensare al da farsi».
 
Ellie non sembra avere tanta intenzione di dargli retta, ma alla fine lo fa; prende una sedia accanto a Sam – che nel frattempo ha smesso di avere il sorrisino compiaciuto sulla faccia quando si è reso conto che quello che ha detto l’ha spaventata a morte – e infila entrambe le mani nella tasca davanti della felpa, la schiena curva. Anche Dean prende una sedia e si mette tra lei e suo fratello che, a giudicare dalla faccia che ha, vuole chiederle qualcosa. «Ellie, come… come fai ad essere sicura che è lo stesso che ha ucciso tuo padre?» Ecco, appunto. «Magari ci sono altri esemplari in giro».
Lei sorride amara «Oh, sicuramente. Ma i Formichieri sono abitudinari nella caccia e noi ne abbiamo beccati due in Wyoming, che non è tanto lontano da qui. Non… non si muovono mai moltissimo e seguono la via delle montagne e dei boschi. Possono fare chilometri e chilometri in un solo giorno o sostare per intere settimane nello stesso posto».
«Ok… Quindi credi che… »
«Quello che papà non sapeva e che credo sia uno dei motivi per cui… per cui non c’è più è che queste bestiacce si muovono in branchi da due a sei. Viaggiano in coppie e se uno dei due muore, l’altro si discosta dal gruppo, se apparteneva ad uno, e brancola letteralmente nel buio, vaga… vaga più allo scoperto. Un po’ come i pappagalli inseparabili, che muoiono dopo poco quando lo fa il loro compagno. [1] Il Formichiere sopravvive, ma è perso e meno… meno attento di prima».
Dean la guarda, sorpreso dal suo corposo bagaglio di conoscenze «Tutte queste cose te le ha dette Jim?»
Ellie si morde il labbro inferiore, le mani intrecciate in grembo «Molte, ma poi io ho… ho continuato a fare ricerche quando lui è… è morto. Volevo trovare quel verme a tutti i costi e ho studiato bene tutte le sue carte più altre nozioni che ho trovato in internet e in alcuni libri che mi ha prestato Bobby». Dean abbassa lo sguardo a quelle parole; ovviamente era all’oscuro di tutto. Un classico, di questi tempi. Per fortuna Ellie riprende a parlare prima che lui possa fare una battuta acida «Ne avevo perso le tracce subito dopo che papà è scomparso. Ho cercato dappertutto se ci fosse qualche morte nei dintorni del Wyoming… come ho fatto a non accorgermi che questa era così sospetta… » si passa una mano sul viso, scostando poi i capelli e portandoli indietro. È come se stesse parlando da sola. «Walden non è affatto lontana dai boschi [2], avrei dovuto pensarci».
«Forse perché Anthony Collins è morto in un centro abitato» è Sam a parlare ed Ellie alza gli occhi nella sua direzione, come rapita dalle sue parole «Hai detto che si nasconde nelle foreste. Sicuramente non ti è saltato all’occhio per questo motivo».
 
Lei continua a guardare suo fratello, le labbra strette in una linea sottile. Dean sa benissimo che Sam le sta dicendo così per non farle pesare questa cosa, per non farla sentire in colpa a causa di questa piccola svista e sa che, con quello sguardo e quell’espressione del viso, gli sta dicendo quanto gli è grata per questa sua specie di… “arringa difensiva”. In fondo, capita a tutti di perdere un dettaglio e Sammy ha fatto bene a tentare di rassicurarla.
 
Ellie tira su col naso, prendendo un bel respiro «È strano che l’abbia ucciso subito, comunque. Di solito rapiscono le vittime e, quando ne hanno tre o quattro, le sventrano e sono a posto per un bel pezzo».
«Gli piacciono le ammucchiate, allora… chiamali scemi» Sam, stranamente, fa un mezzo sorriso alla battuta di Dean, mentre lei rimane più seria. «In sostanza sì. E non ne prendono mai uno alla volta… sì, dev’essere quello che ha ucciso papà, ha perso la bussola. È spaesato e confuso e agisce a seconda di quello che gli suggerisce l’istinto. Forse è arrivato in città e questo l’ha disorientato ancora di più».
È praticamente partita per la tangente; Dean la guarda e nei suoi occhi vede una sorta di luce, come se questa fosse diventata una sfida. Forse è il suo modo di mettere da parte la paura e affrontare la faccenda.
 
Sam le sorride appena «Vuoi fare altre ricerche?»
Ellie deglutisce e li guarda con fare colpevole «No, aspetta, non… non posso mettervi in questo casino, n-non è giusto coinvolgervi, io—»
«Ma ci siamo dentro anche noi» Sammy le sorride più convinto, allungando una mano per accarezzarle un braccio «Non siamo venuti qui per il mostro di Jim, ci siamo capitati per altri motivi e ci siamo trovati in questa faccenda. Di certo non ce ne andremo prima di averla risolta».
L’occhiata che Sam scambia con suo fratello è terribilmente eloquente; dura praticamente un attimo, ma Dean è totalmente d’accordo con Sammy e annuisce velocemente, cercando di fargli capire che ha ragione.
Sam lascia la presa su Ellie che piega le labbra in una linea sottile, poi stringe le spalle e annuisce più convinta «Ok. Allora… sì, cerchiamo qualcosa. Magari sei occhi sono meglio di due» e, a quelle parole, guarda Dean che però non fa una piega. Ha l’impressione che lo abbia detto apposta, perché per una volta vuole coinvolgerlo nelle sue cose. Non ne è del tutto sicuro, ma la parte di lui che non è arrabbiata – perché ancora gli girano e parecchio per la storia di ieri sera – gradisce questo tipo di premura.
 
*
 
È stata una giornata molto… impegnativa, in un certo senso del termine. Hanno passato tutto il tempo tra libri, computer e appunti, neanche fossero degli studenti modello.
 
Dean ha dovuto fare delle pause, ogni tanto, perché gli si stavano per liquefare gli occhi ogni tot ore. Ogni intervallo, però, è stato utile, perché è sempre andato a prendere da mangiare. Si è occupato di pranzo, cena e anche di un paio di merendine fuori pasto che male non fanno, anche se Sam se n’è lamentato – ogni tanto sembra tenerci a ricordare a Dean che non è altro che una donnetta isterica – perché ovviamente quando gli sembra di mangiare troppo deve rompere le palle sennò non è felice, ma Dean non ci ha badato molto.
 
Ci teneva soprattutto che fosse Ellie a mangiare, perché ultimamente le cose andavano meglio con il cibo e, anche se non ha ripreso il regime di prima, comunque s’impegna di più e vorrebbe che mantenesse questo andamento. La sua non è una fissa, ma devono affrontare una caccia importante e l’ha già visto che è molto presa, che si scorda anche gli orari dei pasti, tanta è l’agitazione e la frenesia di fare tutte le cose per bene per uccidere il bastardo che ha fatto fuori Jim il prima possibile, ma non per questo deve trascurarsi. Per i gusti di Dean, in passato l’ha già fatto troppo e, checché ne dica Sam, prendere qualche chilo non fa male a nessuno. Soprattutto per chi, come Ellie, ne ha persi tanti in seguito a una batosta grossa come la perdita del padre.
 
Per tutta la giornata, lei ha fatto finta che la loro litigata non fosse mai avvenuta e Dean, di conseguenza, ha fatto lo stesso, ma non gli è affatto passata la rabbia, anzi. Mentre ascoltava lei e Sam fare ipotesi più accurate su questo Formichiere – tutti e tre concordano sul voler trovare più informazioni possibili per non fare la fine di Jim, praticamente –, ogni tanto si estraniava da quei discorsi e la sua mente volava lontano, a cercare un motivo valido per il quale Ellie abbia deciso di non parlargli di tutto quel casino con Jim, della grossa cicatrice che ha sulla coscia destra.
 
Avrebbe fatto una sciocchezza se lo avesse saputo, questo è sicuro. Sarebbe partito in quarta, lasciando capre e cavoli dove stavano – Sam compreso, perché sicuramente non sarebbe stato in vena di spiegare tutti i particolari – e l’avrebbe raggiunta, di corsa. Avrebbe anche fatto male a Jim se ci fosse riuscito, anche di questo è certo, perciò da una parte capisce la volontà di Ellie di tenerlo all’oscuro di tutto. Un po’ perché lei è fatta così e, certe volte, ci mette proprio un sacco a tirare fuori il rospo. Poi lo fa, eh – al contrario di Dean che fatica il triplo e spesso neanche riesce a liberarsi come dovrebbe –, ma non sempre i tempi sono brevi. Eppure c’è ancora qualche tessera mancante, Dean ne è certo e proprio non gli piacciono le idee che gli ronzano in testa.
 
Una di queste è che probabilmente ha altri segni, che quel coltello l’ha marchiata da altre parti e che lei non glielo ha voluto dire per non avere nuovamente una reazione furiosa da parte di Dean. O che non fosse la prima volta che Jim la picchiava, o magari quella è stata la prima di una lunga serie e questo spiegherebbe perché, ogni volta che Dean le chiedeva di vedersi, lei rispondeva di no: non era per badare a suo padre, ma per non mostrargli i segni della sua benevolenza. Perché Dean ci ha pensato un milione di volte che se l’avesse vista a un certo punto sarebbero finiti in un letto – o che, perlomeno, lui ci avrebbe provato. Perché è con il contatto fisico che le ha sempre dimostrato di volerla e ne aveva così tanta voglia che era impossibile che non sarebbe successo niente. Non perché fosse il suo pensiero fisso, ma diamine… dopo mesi separati sarebbe stato più che normale. Quindi non è da escludere che una delle motivazioni per cui lei non aveva alcuna intenzione di incontrarlo era proprio questa.
 
A Dean fa così rabbia pensarci, cazzo. Possibile che Jim non fosse contento di averla al suo fianco? Che uno come lui, che per diciassette lunghissimi anni non era a conoscenza di avere una figlia poi l’abbia trattata come se non fosse sua? Come se fosse un pezzo di carne da macello a cui dare ordini e da minacciare e picchiare a sangue se disobbediva?
 
Anche papà sa essere cattivo quando vuole, è vero, ma non si è mai spinto così oltre, così in basso da lasciare segni sulla pelle dei suoi figli. Più che altro di Dean, poi, che Sam l’ha toccato raramente e mai come faceva con lui con cui è sempre stato più severo, perché era il più grande e doveva prendersi ogni tipo di responsabilità quando lui era via: stare dietro a Sammy – tra i doveri rientrava anche quello di cambiarlo quando era praticamente un neonato e Dean gli ha tolto e rimesso tanti di quei pannolini che ha perso il conto –, far da mangiare, non aprire a nessuno e tenere sempre a portata di mano un fucile in caso ci fosse bisogno di sparare a qualche malcapitato che volesse far loro del male.
 
Quando Dean disubbidiva, però, anche se di poco – tipo che lasciava Sammy da solo per un pochino perché aveva bisogno d’aria e papà se ne accorgeva –, se al suo vecchio girava male gliene dava di santa ragione. Spesso solo sculacciate o schiaffi, ma un paio di volte ha tirato fuori la cintura e Dean ancora ricorda quanto gli faceva male su quel sederino che si arrossava per giorni e il dolore sembrava non diminuire mai.
 
Per questo capisce la vergogna di Ellie, davvero. Perché lui a Sam non ha mai detto niente delle maniere forti di papà, il tutto per non sporcare la figura già parecchio vacillante del padre rigido ma amorevole. Quello che non capisce è perché tenerglielo nascosto. Sarebbe molto meno arrabbiato adesso se non l’avesse scoperto così, praticamente per sbaglio. Gli sarebbe piaciuto che Ellie gliene avesse parlato, almeno per fargli capire che anche quello era uno dei suoi freni, ma evidentemente non lo riteneva così importante.
 
Si siede sul letto della loro stanza – e stasera avrebbe quasi preferito dormire con Sam, anche se si sente uno stronzo a pensarla così – e ascolta lo scalpiccio di piedi di Ellie uscire dal bagno e avvicinarsi. Dean tiene la testa bassa, allungando un braccio per togliersi uno scarpone.
Lei rimane immobile al suo fianco; è piuttosto sicuro che presto gli dirà qualcosa «Sei stanco?» ecco, preciso. Annuisce senza risponderle a parole. Non è che oggi abbiano parlato tanto di qualcosa di diverso dal Formichiere, ma magari adesso è stanca e non ha voglia di discutere. Dean lo spera vivamente. «Sai, mi… mi dispiace mettervi in mezzo a tutto questo. Anche se ci siamo finiti per caso, io… io non volevo—»
Dean alza la testa di scatto e la guarda accigliato «Aiutarti è quello che volevo fare dall’inizio. Non pesa né a me né a Sam» ed è davvero assurdo che lei si faccia ancora tutte queste cazzo di paranoie a riguardo. Che ci sta a fare insieme a lui se ogni volta che devono collaborare è un cazzo di problema?
 
Lei si morde le labbra per poi sorridere appena. Dean torna a slacciare l’altra scarpa, la testa nuovamente bassa, e si scosta bruscamente quando si rende conto che Ellie si sta avvicinando di più. Non ha intenzione di giocare alla coppia di fidanzatini felici stasera, perciò ha bisogno di allontanarsi. Si alza in piedi e fa un paio di passi, la schiena diritta. La sente sospirare appena alle sue spalle. «Sei ancora arrabbiato?»
Dean si volta e la guarda «Certo che sì».
Lei tira le labbra in una linea sottile, rigirandosi le dita, le braccia lungo i fianchi. Sembra una bambina che sta per essere mandata in punizione e a Dean farebbe quasi tenerezza se non fosse tanto incazzato. «Credevo che ti fosse passata. Mi hai… mi hai parlato normalmente per tutto il giorno».
Gli sembra di tornare a quando la chiamava dopo un paio di giorni di silenzio dopo un litigio e faceva finta di aver ricevuto delle sue telefonate per avere una scusa con cui attaccare il discorso. «Abbiamo parlato di mostri. Non dei tuoi segreti».
Si rende conto di essere brusco, ma non può farci niente: è più forte di lui, è troppo nervoso per questa storia. Ellie abbassa gli occhi per un attimo. «Allora suppongo tu voglia sfogarti. Se è così… beh, fallo. Ne hai tutto il diritto».
 
Si siede sul letto, le mani intrecciate sulle gambe, e Dean sa benissimo che se non fosse così arrabbiato abbasserebbe immediatamente il tono perché gli fa tenerezza così un po’ rannicchiata su se stessa, con la testa bassa e le dita della mano destra che stringono le altre nervosamente. Sembra una bambina che sta per essere sgridata.
 
Dean incrocia le braccia al petto, cercando di non distrarsi e di tornare al punto della questione «Beh, io… io sono arrabbiato perché non capisco perché non me ne hai parlato. E… e soprattutto perché hai aspettato tanto e ho dovuto scoprirlo da solo, cazzo. L’avevo capito che mi nascondevi qualcosa, ma non… non pensavo fosse una cosa così».
«Io volevo dirtelo, solo… solo che non ho trovato il coraggio».
«E che stavi aspettando? Che me ne accorgessi da solo, come è effettivamente successo?»
Ellie stringe le spalle, la testa di nuovo bassa «Mi dispiace».
Dean inspira forte, sentendo un fiume di rabbia scorrergli addosso. «Cristo santo, mi stanno frullando così tante idee dentro la testa che… » fa una pausa, decidendo di sputare il rospo «Per esempio, mi… mi sembra assurdo che quel verme abbia sguainato il coltello di punto in bianco, che prima non l’abbia fatto scattare niente. Il che mi fa pensare che… » inspira dal naso, costringendosi a terminare il discorso «Che non era la prima volta che ti picchiava. Non è così?»
Lei sorride amara e scuote la testa «Dean… »
«Rispondimi e basta». La guarda mordersi le labbra, nervosa. Poi stringe le spalle e Dean scuote la testa; ora sì che gli girano sul serio. Allarga le braccia «Ecco, cazzo. Lo sapevo! Per quale cazzo di motivo non mi hai detto niente?»
Ellie incrocia le gambe e lo guarda negli occhi «Ti ho detto la cosa peggiore e hai reagito malissimo. Per questo ho omesso altri particolari».
Dean sospira «E quante volte è successo?»
Lei muove ancora le gambe, la testa nuovamente bassa «Tre volte» e Dean, a quelle parole, scuote il capo ancora una volta, amareggiato. Si sente davvero deluso. «Quindi mi hai preso per il culo per tutto il tempo».

Ellie alza gli occhi di scatto, l’espressione imbronciata «Non è vero!»
«Ah no? Vogliamo parlare di quando non volevi vedermi? Scommetto che era per questo, perché poi me ne sarei accorto, non è cosi?»
La vede boccheggiare per qualche istante «I-in parte è vero, sì. Ma non ti ho mai voluto prendere in giro, io—»
«E immagino sia anche uno dei motivi per cui non vuoi venire a letto con me».
La guarda stringere gli occhi, la fronte aggrottata «Scusa tanto se ho bruciato il corpo di mio padre da un mese e l’ultima cosa che ho voglia di fare è scopare. Se lo vuoi fare con un pupazzo gonfiabile fa pure, fuori puoi trovarne a migliaia, ma pensavo che ti fossi stancato di infilarlo in un buco qualsiasi e volessi qualcosa di serio con me».
Dean stringe gli occhi; non comprende bene cosa Ellie gli sta dicendo. «Che vuoi dire con questo?»
«Che adesso sarei come una bambola, perché non ci starei con la testa e non voglio che succeda così, va bene?» respira forte, come dopo una corsa veloce «Mi sembrava di avertelo già spiegato. Non è il momento adatto. Perché è l’unico problema che ti viene sempre in mente?»
«Non è questo. Guarda che—»
«Pensi che avrei cercato qualcuno se non ci fossi stato tu? Che dopo quello che è successo avrei tutta questa voglia di provare a costruire qualcosa con un estraneo, con una persona diversa da te? Tu sei speciale, per me. Mi sei stato accanto e io… io non ti ringrazierò mai abbastanza, ma sono… sono riuscita ad aprirmi perché abbiamo un passato insieme. Non l’avrei fatto con chiunque» fa una pausa, rigirando ancora le dita tra loro «Chi mi stava vicino quando la mamma ha cominciato a stare male non può dire lo stesso. Perciò… non ti dico di ritenerti fortunato, perché in questo momento stare con me è difficile e lo capisco. Però… però se lo vuoi fare davvero devi avere pazienza. Io ti ho chiesto solo questo, Dean. Nient’altro».
 
Dean si lecca le labbra. Non sa come abbiano fatto a passare dal discorso precedente a questo, già non se lo ricorda più, ma… beh, vederla così gli fa male. E parecchio. Forse però è l’unico modo per risolvere le cose, per non rovinare quello che di bello stanno cercando di costruire.
 
Ellie tira su col naso e riprende a parlare. «Se mi vuoi lasciare perché non… perché non riesci a superare questa cosa, o perché spesso sono nervosa ed ho bisogno di tante certezze per andare avanti… va bene, io non discuto. Ci rimarrei male, ma penserei che lo fai perché stai meglio così e mi andrebbe bene comunque. Però vorrei farti notare che quando non mi hai detto che stavi per morire io ti ho perdonato. Non so dire quale delle due bugie sia più grave, ma anche tu mi hai nascosto delle cose ed io ci ho sempre messo una pietra sopra perché ci tengo a te e quando stiamo insieme quello che mi dai supera tutto il resto» si morde il labbro, fissandolo intensamente «Io… io non lo so perché siamo finiti così. So solo che ci siamo nascosti delle cose, forse per non ferirci o per non darci preoccupazioni a vicenda, perché eravamo lontani e non potevamo affrontarle insieme. Ora che possiamo, mi piacerebbe che mettessimo da parte tutte queste sciocchezze e pensassimo a stare bene. Sempre se tu sei d’accordo e se lo vuoi. Sennò io faccio le valige e non mi vedi più».
Dean deglutisce; la sola idea lo spaventa a morte. Fa un passo verso di lei «Ellie… » che alza una mano nella sua direzione, come a volerlo fermare «Devi fare quello che ti fa sentire meglio, Dean. Non devi sentirti forzato e non devi sopportarmi per forza. Se pensi che staresti meglio senza di me va bene».
 
Ellie incurva le spalle e lui non ce la fa più a sentire questi discorsi. Certo, non sono così assurdi se pensa a come si sono messe le cose ultimamente, ma nonostante questo, anche se è ancora arrabbiato, di certo non ha alcuna intenzione di lasciarla. Quello che ha fatto non è così grave.
 
Prende fiato e si siede accanto a lei. «Questo non c’entra niente. Io non voglio lasciarti, ma vorrei che mi rendessi un po’ più partecipe di quello che ti succede. Voglio dire, non mi hai detto niente di Jim, del Formichiere… »
«Non pensavo fosse così interessante per te».
«… del fatto che hai continuato a fare ricerche da sola. Non m’interessa sapere tutto quello che fai. Non è importante, ma vorrei che mi parlassi, che mi mettessi al corrente delle cose» deglutisce mentre la guarda; lei fa altrettanto per qualche istante, gli occhi tristi. «Perché non mi hai parlato delle tue ricerche, per esempio? È una cosa importante, potevamo farla insieme».
Ellie abbassa la testa «Perché è pericoloso».
«E per te no?»
«Sì, ma… ne ho affrontati di mostri bastardi finora, ma questo è il più cattivo di tutti e non… non voglio che rischi la vita perché non… non voglio perderti. Non so se hai notato che non mi è rimasto molto altro» lo guarda intensamente con quegli occhi meravigliosi che adesso sono pieni di paura e angoscia «Preferirei che mi lasciassi e sopravvivessi piuttosto che vederti morire per mano di quel coso».
Dean fatica un po’ a rimanere serio, ma lo fa comunque. «Non mi accadrà niente».
 
Ellie stringe le spalle ed abbassa il capo; sembra pensarci su. Rimane in silenzio per una buona manciata di secondi, poi prende nuovamente fiato. «Non ti ho detto niente di quella storia di papà anche perché quando sei venuto da Bobby e hai visto il livido che avevo sulla faccia hai fatto una scenata» Dean sospira nervosamente ed Ellie stringe il bordo del materasso con le dita, tornando a guardarlo negli occhi «Non puoi fare niente per questa cosa. Non potevi prima e di certo non puoi adesso, visto che papà non c’è più».
«Avrei potuto aiutarti se me lo avessi detto, è questo che vorrei farti capire».
Lei aggrotta la fronte «Aiutarmi a fare cosa?»
«A scappare da quel maniaco, per esempio!»
Sorride amara «È tutto un po’ più complicato di così. E poi non era quello che volevo».
Dean la guarda, visibilmente perplesso «Ti piaceva farti picchiare?»
«Non ho detto questo» lo fissa, la fronte più aggrottata «Devi smetterla di sentirti in colpa per questa cosa. Sembra che il tuo unico pensiero sia quello di vendicarti di… di qualcosa invece che provare a starmi vicino. Voglio… voglio che tu sappia tutto di me e se non te ne ho parlato prima è perché avevo paura e non me la sono sentita».
Dean continua ad osservarla, perplesso «Di cosa avevi paura? A me sembra di averti sempre ascoltata».
Lei stringe le labbra in una linea sottile «Ed è così. Tu… tu sei una brava persona, davvero, e io sto bene con te, ma tendi ad arrabbiarti facilmente. E sapevo che lo avresti fatto ma io non… non… » prende ancora una volta un bel respiro, stringendo le spalle «Gli sono rimasta accanto fino alla fine perché, come ti ho già spiegato, ad un certo punto è cambiato. Non era un padre modello, è vero, ma… ma tu non sai cosa significa vivere gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza sapendo che hai un padre da qualche parte nel mondo e non poterlo abbracciare, o andare a scuola quando tutti i tuoi compagni hanno un papà che può andarli a prendere e tu spesso sei da sola o con la mamma. Lei era speciale e non mi ha fatto mai mancare niente, ma questo è sempre stato il mio pallino fisso e io… io volevo solo godermi il tempo insieme. Ho dovuto subire delle cose per raggiungere un equilibrio ed è stato… spaventoso, a volte, ma quando avevo paura prendevo il telefono e chiamavo te e mi sentivo un po’ meglio» gli sorride appena, gli occhi quasi lucidi «Forse non capirai mai quello che ti sto dicendo, ma non è della tua rabbia che ho bisogno in questo momento. Vorrei che tu comprendessi… o che ci provassi. E se proprio non puoi farlo, che almeno mi dessi un po’ di conforto».
 
Dean continua a osservarla. Non sa cosa risponderle, perché tutto quello che gli ha appena detto è vero e lui dovrebbe comportarsi diversamente. In fondo, questa dev’essere una magagna bella grossa per lei che ha vissuto per tanti anni con una madre a suo dire perfetta che probabilmente non l’ha sfiorata neanche col pensiero – o comunque non come ha fatto Jim, sfregiandola e facendole così male –, quindi sì, decisamente dovrebbe essere più comprensivo, ma adesso è ancora troppo arrabbiato per provare ad essere gentile. Gli ci vuole un po’ di tempo per digerire questa cosa, nient’altro. Lei gliene ha chiesto tanto per un sacco di cose, non si farà problemi ad aspettare un po’.
 
C’è così tanto da aggiustare tra di loro, così tante cose di cui parlare e da raccontarsi e lui, o almeno una parte di lui, è convinto che andrà bene, perché in fondo è sicuro che Ellie non gli ha mai voluto nascondere nulla troppo a lungo e, in fin dei conti, neanche lui è stato cristallino con lei in certe occasioni.
 
Si lecca le labbra e deglutisce «Io… io credo di aver bisogno di sapere cos’è successo, però. Se non te la senti adesso non fa niente, ma mi sta scoppiando la testa a forza di cercare di capire che altro ti ha fatto e mi piacerebbe saperlo da te».
Ellie alza il capo e lo guarda, poi stringe le spalle e Dean la osserva mordersi appena le labbra prima di ricominciare a parlare. «Quando… quando l’ho trovato io sono stata chiara fin da subito. Volevo che mi trattasse con rispetto e gli ho detto che se non ne aveva intenzione me ne sarei andata, perché doveva ascoltarmi e non ero la sua soldatessa personale. Lui all’inizio è stato d’accordo e mi ha detto che non mi avrebbe dato ordini come prima, poi… poi però ha fatto tutt’altro e io ero stanca di stare zitta, così… » fa una pausa seguita da un piccolo sospiro «Così ogni volta gli rispondevo e spesso lo facevo a tono, perché mi faceva rabbia il fatto che non capisse che avevo bisogno di essere trattata come una persona, non come un burattino. Soprattutto da lui che era mio padre. Ha resistito un paio di volte, poi… poi una volta mi ha dato uno schiaffo forte, sgridandomi perché secondo lui volevo imporre le mie idee in modo troppo autoritario e che mi avrebbe messo in riga a suon di botte se la mamma non aveva avuto la prontezza di farlo al momento giusto» prende fiato dopo aver detto tutte quelle cose velocemente, come se dovesse liberarsene il prima possibile. «Era solo uno schiaffo, ma… ma la mamma non mi aveva mai toccata. Mi sgridava quando le sembrava giusto, ma era convinta che con il dialogo io avrei capito meglio i miei sbagli e per questo non aveva mai avuto il bisogno di menarmi. Per lui, però, me le meritavo proprio» sorride amara, tirando su col naso «Io ci sono rimasta male e per… per un po’ sono stata buona perché avevo paura che lo rifacesse. È passato un po’ di tempo e mi… mi ha detto di andare a caccia da sola e lì non c’ho visto più, ma l’ho scontata di nuovo. Mi ha… mi ha guardata con così tanta rabbia che… che se ci penso mi vengono ancora i brividi» Ellie si sposta i capelli dal viso, portandoli indietro con una mano e stavolta ciò che segue è un grosso sospiro «Mi ha detto solo che doveva insegnarmi le buone maniere e mi ha fatta stendere sul letto, sdraiata a pancia in giù e mi ha sculacciata, dicendomi che ero come una bambina da istruire, che faceva così per questo. Ho passato tutto il tempo a pensare a cosa avrebbe detto la mamma se lo avesse visto, se mi… se gli avrebbe dato torto o ragione» tira nuovamente su col naso e rimane in silenzio per lunghi istanti «Il resto lo sai».
 
Dean non dice più nulla, sentendo come un grosso nodo al centro esatto della gola che gli impedisce di tirare fuori qualsiasi parola. L’attira a sé, mettendole un braccio dietro la schiena; le bacia una tempia e solo dopo Ellie si accoccola nel suo abbraccio, affondando la testa sul suo petto e stringendolo a sua volta. Lui lo fa un po’ più forte, cercando in un certo senso di darle forza e di rassicurarla il tanto che basta. Sa che non è molto e che, anzi, dovrebbe fare molto di più, ma non riesce, ancora troppo scosso dalle immagini che gli si sono affollate in testa.
 
Ora può smetterla di farsi film mentali. Ora sa che quello che è successo in realtà ad Ellie è quasi più spaventoso delle sue fantasie e la cosa non lo consola affatto.
 
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Butta fuori molta aria dal naso in modo nervoso prima di aprire gli occhi e accomodarsi meglio, appoggiando una mano sotto la sua guancia destra, tra la testa e il cuscino.
 
Si sente stanca, la testa pesante e sa che dormire un altro po’ le farebbe davvero bene, ma non riesce più a prendere sonno perciò si è arresa, convinta che aspettare pazientemente l’arrivo del mattino e il suono della sveglia sia la cosa migliore da fare.
 
Ellie si guarda intorno, cercando di osservare con attenzione la stanza in cui si trova nonostante veda tutto malamente a causa della poca luce: è molto simile a quella che avevano prima lei e Dean, i colori della tappezzeria sono quasi gli stessi, ma c’è un letto in più e questo cambia leggermente l’assetto dell’ambiente, rendendolo un po’ meno spazioso.
 
Sì, perché da quando hanno parlato, ormai tre giorni fa, Ellie ha chiesto a Dean di spostarsi e venire a dormire nella stessa stanza di Sam. Non ci ha girato intorno: è vero che i soldi cominciano a scarseggiare – sia i suoi che quelli di Dean, che però ha un modo più “efficace” di procurarseli perciò si lamenta di meno –, ma il problema principale – almeno per Ellie – è che forse hanno bisogno di mettere un po’ le distanze, di riassestare il rapporto in modo un po’ più equilibrato. Se avranno voglia di stare da soli di certo non gli mancherà il modo di farlo, come quella volta che sono usciti insieme e hanno trascorso una bella serata. In fondo, il fatto che si vedano ogni giorno e passino tutta la giornata insieme non è proprio un toccasana per un rapporto appena cominciato. Non lo sarebbe per nessuna relazione, neanche una avviata da una vita.
 
Dean non ha opposto resistenza. Ha capito le motivazioni di Ellie e neanche a lui è dispiaciuto così tanto, perché almeno può passare più tempo con suo fratello, soprattutto per la storia delle visioni. Poi, non è un segreto che Dean ci tenga a tenere d’occhio Sam e a passare del tempo con lui che, dal canto suo, non le è sembrato dispiaciuto di avere un po’ di compagnia, perciò tutto è filato liscio sotto questo punto di vista.
Tra l’altro, Ellie è sicura che Sam abbia captato qualcosa, ma non le importa. Sa che non è stupido e che gli sembrerà strano un cambiamento così dal giorno alla notte ma, davvero, per lei non ha alcuna importanza. Le interessa solo rimettere a posto le cose con Dean.
 
Sapeva che si sarebbe arrabbiato. Un po’ perché lo fa sempre quando Ellie si fa male – ancora ricorda la scenata che le ha fatto quando ha cacciato il suo primo lupo mannaro da sola –, ma a maggior ragione se il responsabile è Jim Davis che Dean non poteva vedere, soprattutto per come si comportava con lei.

Non voleva mentirgli. O almeno non voleva farlo così a lungo, ma non ha mai trovato il modo di parlargli apertamente. Non che non abbia avuto il tempo, perché ne hanno passato un sacco da soli nelle ultime settimane, ma era complicato perché aveva già previsto la sua reazione e non sapeva come prenderlo.

Parlare con Dean non è sempre semplice. A volte sì e, anzi, Ellie ancora si chiede come faccia a trovare il modo di sputare fuori certe cose con lui. Non sa come ci riesce, ma lui ha questo modo bellissimo e intenso di guardarla negli occhi che ad Ellie fa uscire di bocca quasi ogni verità. Altre volte, invece, è più complicato, come in questo caso, ed Ellie fa fatica ad escogitare il modo migliore per parlare apertamente. Per questa cosa, poi, l’ha trovato particolarmente difficile, proprio perché sapeva come avrebbe reagito Dean. Certo, facendoglielo scoprire da solo – anche se chiaramente non l’ha fatto apposta, tutt’altro – non ha migliorato la sua situazione, ma non è proprio riuscita a trovare le parole giuste. Non sapeva da dove iniziare, men che meno dove finire e ogni volta che Dean le chiedeva se c’era qualcosa che non andava, non riusciva a spiccicare una sola parola in merito.

Certo, adesso ha ragione ad essere arrabbiato. Anche se ad Ellie fa strano pensare che ci sta mettendo di più a perdonarla per questa storia che per quello che gli ha detto quando si sono rivisti e per il suo comportamento. Probabilmente è anche perché a Dean non piace essere messo in panchina e, con il suo silenzio, forse crede che Ellie gli abbia fatto questo, che l’abbia messo da parte. Non è così, e dovrebbe saperlo. Solo che è testardo e forse non vuole capire che Ellie l’ha fatto per proteggerlo, perché avrebbe fatto una sciocchezza e papà gliel’avrebbe sicuramente fatta pagare. Non voleva metterlo in pericolo.

Vorrebbe averglielo detto prima, aver sputato il rospo in tempi meno sospetti e avrebbe dovuto prevedere che lui aveva già intuito qualcosa in merito alla sua freddezza. Non ha mentito sotto quel punto di vista, comunque, neanche una volta. Perché è vero che non le sarebbe piaciuto farsi vedere nuda con una cicatrice di quelle dimensioni senza avergli spiegato nulla, ma è altrettanto vero che, a così poco tempo dalla scomparsa del suo papà, non se la sente di lasciarsi andare con qualcuno, anche se quel qualcuno è Dean e lo desidera tanto.
È inutile girarci intorno: Ellie lo vuole. Le manca tanto il contatto con la sua pelle calda e morbida, sentir scorrere le sue mani addosso e vederlo baciarla ovunque, i suoi occhi così rapiti da lei e da quello che sente quando sono uniti così nel profondo. Le manca tutto questo, ma non può fingere che il dolore che sente costantemente sia svanito, dissolto nel nulla. Sta meglio rispetto ai primi tempi, è vero, ma hanno ricominciato da zero e non se la sente di affrettare i tempi solo per accontentarlo e far cessare la sua astinenza. Non le sembra giusto neanche nei suoi confronti, perché è sicura che non ne sarebbe contento se la vedesse poco coinvolta in un momento così importante.

Ellie ci tiene tanto. Ci ha sempre tenuto, ma a maggior ragione adesso che sente di avere un rapporto vero con lui, che si stanno impegnando tanto per stare insieme e per costruire qualcosa di bello, quello che lei ha sempre voluto da che ha capito che poteva esserci di più tra di loro. Per questo vuole che sia speciale, che sia come una prima volta: romantica ed elettrizzante allo stesso tempo.
La prima volta tra di loro è stata un po’ così, ma c’era anche la paura – soprattutto da parte sua – di star correndo troppo o di rovinare tutto o che poi la mattina dopo si sarebbero resi conto che non avevano un futuro e che quindi era stata solo una notte fine a se stessa. Adesso è tutto ancora diverso, perché lei è sicura di quello che Dean prova per lei – anche se non lo ha mai ammesso espressamente, glielo ha fatto capire che ci tiene tanto –, perciò è solo questione di tempo e quando sarà il momento giusto andrà tutto a meraviglia. Ne è sicura.
 
Sospira forte, sbuffando aria dal naso e puntando gli occhi verso la finestra, situata oltre il letto di Sam.
Non dorme mai molte ore a notte. Spesso rimane in silenzio ad ascoltare Dean russare sommessamente – in queste ultime sere anche Sam –, con gli occhi spalancati che non hanno la minima intenzione di chiudersi. Anche adesso è così: le prime luci dell’alba si sono affacciate da un pezzo ed Ellie ha osservato il buio della notte lasciare spazio a una luce che, con il passare dei minuti, si sta facendo sempre più luminosa e intensa.

Dean continua a dormire tranquillo. L’abbraccia da dietro, tenendola stretta, un braccio attorno alla sua vita. Ellie lo sente sempre muoversi nel sonno, farsi più vicino, quasi avesse paura che lei dovesse sfuggirgli da un momento all’altro. Per fortuna con i gesti sa dirle ciò che sente meglio che a parole, quelle che a volte contraddicono quello che fa. Come in questo caso, che le ha urlato un sacco di cose in preda alla rabbia e adesso la stringe a sé come se volesse proteggerla. Forse non vuol dire niente, perché non ha badato molto a nasconderle che ce l’ha ancora con lei – non la bacia mai come prima, è meno “appiccicoso”, anche se lo è sempre stato pochissimo soprattutto in presenza di Sam, e non si ferma mai a chiacchierare troppo a lungo a meno che non si tratti di qualcosa che riguarda il Formichiere –, ma Ellie lo prende come un piccolo segno positivo, come se, in realtà, nel suo inconscio sapesse già che non è poi così tanto arrabbiato.
 
Pensava davvero che l’avrebbe lasciata, l’altro giorno. O comunque che avrebbe voluto tagliare i ponti per un po’. Per fortuna non è andata così e adesso, anche se non è tutto come prima, perlomeno è migliorato un pochino: è meno scattoso e nervoso quando parla con lei, meno imbronciato. Forse tra qualche giorno andrà meglio.
 
Le sarebbe davvero dispiaciuto se l’avesse lasciata. Sarà che sperava tanto in un loro riavvicinamento e adesso, in linea di massima, le cose vanno molto meglio di quando si sono dovuti separare l’ultima volta e non l’aveva mai sentito così vicino come negli ultimi tempi. Il modo in cui lui le sta accanto per tutta questa storia di papà… lo trova davvero dolce, anche se per certi versi questa parola non gli si addice. Nonostante tutto, però, non può evitare di ripensare al fatto che potrebbero fare anche di meglio se Ellie non si fosse bloccata così.
A volte, nelle notti che passa insonni come questa, pensa che forse basterebbe voltarsi e infilare una mano nei suoi boxer per far andare le cose per il verso giusto. Lui sicuramente ne sarebbe contento. Ogni tanto – ma negli ultimi tempi sempre più raramente – pensa che forse lui non aspetta altro, ma poi si pente sempre di quei pensieri, perché sa quanto le è stato vicino e quanto continui a farlo sempre, cercando di non farle pressione. Anzi, Ellie si è accorta spessissimo di quanto si trattiene, di quanto fatica a tenere le mani a posto e sa che non lo fa con cattiveria, che la sua non è solo la smania di portarsela a letto, ma è perché è fatto così, è sempre stato così. Lo sa da che lo conosce, quindi apprezza il fatto che, nonostante la sua “indole”, si stia trattenendo. Vorrebbe solo avere meno complessi e lasciarsi andare, per sentirlo ancora più vicino.

Non è per il sesso in sé, perché di quello può farne a meno. Prima di Dean, è stata senza farlo per tanto tempo – anni, perché dopo Ben non ha più avuto rapporti con nessun altro –, perciò non è quello il problema.
 
Questo non significa che non le manca, ma neanche che sente una grossa astinenza. Vuole solo… ritrovare un giusto equilibrio; prima di tutto con se stessa, e poi con Dean.

L’aveva scombussolata parecchio l’atteggiamento di papà, così tanto che quando è diventato più “normale” pensava che fosse una strategia per tenerla tranquilla e per non avere delle “ritorsioni”, perché le ha fatto male e non solo fisicamente. Il danno morale, per una come lei che non era stata mai malmenata neanche da piccola, è stato immenso. Per mesi – e tuttora non è che la cosa sia passata completamente, altrimenti non crede che avrebbe avuto così tanti problemi a parlarne anche con Dean – ha avuto un impatto colossale su di lei, tanto da farle pensare di essere sbagliata e fuori posto. Più di sempre, perlomeno, perché non è che abbia mai avuto una grande autostima.

Poco dopo che papà l’ha picchiata la prima volta, ha chiesto un parere a Dean. Ovviamente senza farsi capire.
«Secondo te… secondo te sono una brava figlia?»
Lui inizialmente era rimasto in silenzio, forse per trovare una risposta adeguata. O forse per sforzarsi a non mandarla al diavolo «Beh, vorrei ricordarti che dopo tutto quello che ti ha combinato sei ancora lì a cercare un punto d’incontro. Un’altra lo sai da quanto l’avrebbe mandato affanculo?»
Anche Ellie ci aveva riflettuto su prima di rispondere. «Quindi pensi… che mi sto comportando bene con lui?»
«Non vi vedo come prima, perciò vado a sensazioni. Ma il tuo atteggiamento non è cambiato, quindi… quindi sì, penso proprio di sì. E se Jim non ha ancora capito che gli è capitata la figlia più paziente e tenace del mondo vuol dire che è un coglione. E che non ti merita. Anche se questo, a dire la verità, io lo penso da un bel po’».
 
Ellie sorride al ricordo di quelle parole, spostando la sua mano per appoggiarla su quella di Dean che le stringe la vita. Non sa come cavolo avrebbe fatto senza di lui in quei momenti, perché anche se non gli diceva nulla di quello che papà le faceva, aveva sempre una parola di conforto, le diceva quello che lei avrebbe voluto sentirsi dire ed è sicura che non lo faceva tanto per, ma perché quelle cose le pensava veramente.
È davvero una bella persona ed Ellie è così felice di riaverlo nella sua vita che vuole fare tutto il possibile per tenerselo stretto. E spera tanto di donargli un po’ della serenità di cui lui ha bisogno, quella che regala sempre a lei.

Il suono della sveglia di Sam interrompe il flusso dei suoi pensieri. Ellie, di riflesso, chiude gli occhi, fingendo di dormire ancora. Dopo qualche istante la musichetta – una di quelle tranquille – cessa; evidentemente Sam ha allungato un braccio verso il comodino, posizionato alla destra del suo letto, per spegnerla.
Dean la stringe un po’ più forte con il braccio sinistro, grugnendo appena. Resta in quella posizione per un po’ ed Ellie rimane immobile; poi lui si scosta e lei lo sente sdraiarsi al suo fianco, probabilmente a pancia in su, anche se da quella posizione non può vederlo. Sbadiglia «Sammy che ore sono?»
«Le sette. La colazione oggi tocca a te» la voce di Sam risulta ovattata alle orecchie di Ellie, come se avesse nascosto la testa sotto le coperte o addirittura sotto il cuscino.
«Che palle» Dean brontola e, dopo qualche istante, Ellie si sente scuotere per un braccio. Si volta verso di lui, fingendo di essersi appena svegliata – gli occhi piccoli e infastiditi dalla luce – e lo trova a guardarla severo. Si stropiccia gli occhi «È già ora di alzarsi?»
«Sì. Dai, sveglia. Intanto vado a prendere la colazione».
 
Ellie annuisce e non ci pensa neanche ad allungarsi verso di lui per una coccola perché è già lontano, seduto sul bordo del materasso con le spalle curve e le mani a scompigliarsi i capelli per poi alzarsi e chiudersi in bagno.
Vorrebbe non rimanerci male ogni volta, invece è così. Da qualche mattina a questa parte, questa è la nuova routine e se si sveglia subito o finge di continuare a dormire non cambia nulla: Dean afferra con una mano il suo braccio e la scuote leggermente, le dà il buongiorno più o meno a mezza bocca e si alza, quasi senza degnarla di uno sguardo. A lei, invece, la loro routine mattutina manca: lo spegnere la sveglia e il sorridersi prima di scambiarsi qualche bacio insieme al buongiorno. Sono gesti insignificanti, forse, ma Ellie si era abituata a riceverli e ora ne sente la mancanza.
 
Quel che è più brutto, però, è che non può neanche reclamare le sue attenzioni o urlargli che la sta trascurando, perché sa benissimo che non è così e che, anche se fosse, Dean avrebbe tutte le ragioni per farlo. Deve solo aspettare che si sbollisca un po’.
 
Si mette a pancia in su, osservando un po’ meglio la stanza illuminata dal sole mattutino.
Prima o poi si abituerà all’idea del letto in più. Certo, quando erano solo lei e Dean ce n’erano sempre due, ma ora che dormono insieme la sua prospettiva è un po’ cambiata.

Si volta verso il letto su cui giace Sam; aveva ragione, ha proprio la testa sotto il cuscino. Sorride a quell’immagine buffa e gira ancora la testa quando la porta del bagno scatta e ne esce Dean. La guarda e lei gli sorride prontamente, anche se lui non ricambia. Si avvicina verso una sedia su cui ha appoggiato i suoi vestiti e afferra i pantaloni «Sam! Non rimetterti a dormire» Sam grugnisce appena in risposta e Dean infila i pantaloni e s’incammina verso il letto del fratello mentre si allaccia la cintura. Guarda Ellie e allunga un po’ il collo, facendole capire che vuole il cuscino accanto a lei che recepisce il messaggio e glielo lancia. Dean l’afferra prontamente e si morde il labbro inferiore, gli occhi furbi; si avvicina ancora al letto di Sam, facendo piano. «Sammy!» Lo chiama più forte e Sam alza la testa, riemergendo da quella nuvola di coperte. Non fa in tempo neanche a chiedere al fratello cosa vuole, però, perché Dean gli scaglia contro il cuscino e il povero Sam rimane immobile, con gli occhi mezzi socchiusi e un’espressione contrariata.
Mugugna indignato «Perché non mi lasci dormire in pace altri cinque minuti?»

Ellie si mette a ridere di fronte a quella scena – le piace sempre vedere i due fratelli scherzare in questo modo – e Dean rifà il verso a Sam, poi sorride.
 
Ellie s’incanta a guardarlo. Talvolta vorrebbe fermare il tempo per immortalare il suo sorriso: è così bello e luminoso ed è un vero peccato che spesso duri poco più di qualche attimo. Da quando c’è anche Sam, però, va un po’ meglio e Dean è visibilmente più rilassato, più felice. Non come Ellie vorrebbe vederlo sempre – anche perché John è ancora disperso chissà dove e questo incide moltissimo sul suo umore, per non parlare delle visioni e degli strani malesseri che Sam ha ogni tanto –, ma è sicuramente contenta di vederlo più tranquillo di quando suo fratello era lontano. La sua presenza gli fa davvero bene.
 
Lo osserva prendere la camicia a quadri marrone – anch’essa appoggiata sulla sedia – e infilarla sopra la maglietta nera. Si avvia verso la porta e mette anche la giacca «Prendo il solito, giusto? Cornetti e caffè. Fatevi trovare in piedi quando torno».
Ellie annuisce e si tira su con la schiena, appoggiandola poi alla testiera del letto. Si stiracchia appena, sentendo le gambe un po’ intorpidite e poi si mette a sedere, stringendo con le mani il bordo del materasso. Osserva Sam ancora raggruppato tra le coperte, si avvicina all’armadio per prendere un paio di pantaloni della tuta grigi e una canottiera verde chiaro e va in bagno, così da poterglielo lasciare libero dopo.

Si sciacqua il viso e si guarda per qualche istante, scrutando un po’ nei suoi occhi.
È stanca, e non sono solo le occhiaie a dimostrarlo. In questi giorni stanno facendo il possibile per cercare di trovare il Formichiere, ma non è semplice. Quel verme è maledettamente furbo, si nasconde nei boschi e nei luoghi più impensati e non ha fatto altre vittime, perciò sta diventando sempre più difficile rintracciarlo, ma Ellie non ha alcuna intenzione di perderlo un’altra volta.

Quando papà è morto, più di una volta è tornata in quel maledetto capanno per vedere se aveva lasciato delle tracce, se ci fosse modo di recuperarlo visto che era fuggito tra le fronde ed Ellie era troppo presa da papà e dal volerlo tenere in vita per inseguirlo nel buio.
 
Anche per questo si era allontanata da Caleb, per cercare quel maledetto da sola, ma non è arrivata comunque a nulla. Spera che almeno stavolta le cose vadano meglio, anche se ha una paura fottutissima che ci vadano di mezzo anche Sam e Dean che sono così testardi da non darle retta, anche se lei lo dice per il loro bene.
Da una parte Ellie apprezza tantissimo il loro aiuto, ma dall’altra spera tanto che non debbano rimetterci la vita. Non se lo perdonerebbe mai. 
 
Si toglie la maglietta lunga blu, infila il reggiseno e la canottiera e poi, seduta sulla tazza del water, toglie i pantaloncini gialli. Il suo sguardo corre sulle sue gambe velocemente, troppo, fino a fermarsi sul lato esterno della sua coscia destra dove spicca quel segno, quella striscia verticale di pelle leggermente a rilievo. Ellie ci passa su le dita quasi con timore, come se quel lembo di pelle fosse vivo e spaventoso sotto i suoi polpastrelli.

Anche se è ormai rimarginata, è una ferita che sanguina ancora tantissimo. Ellie probabilmente non dimenticherà mai l’umiliazione e lo sconforto che ha sentito in quegli istanti, la sensazione del sangue scivolarle giù da lì fino alle gambe e correre lento sulla sua pelle. Non era la prima volta che rimaneva ferita gravemente, ma questa aveva decisamente un altro sapore, considerando chi era stato l’artefice. Non un mostro, non un lupo mannaro come quando c’era stato Dean a salvarla o una qualsiasi altra creatura pulciosa, ma il suo papà, la persona che più di tutte avrebbe dovuto proteggerla. E questa era – ed è tutt’ora – l’idea più mortificante di tutte.

Ricorda i minuti immediatamente successivi a quella scenata come tra i più brutti della sua esistenza: la sensazione di dolore, le fitte e il panico, perché come si toccava si vedeva le mani sporche del suo stesso sangue e l’impotenza di sapere che l’unico a cui avrebbe potuto chiedere aiuto era lo stesso che l’aveva ferita.

Come faceva a dirlo a Dean? Come poteva spiegargli la vergogna e il panico che sentiva all’idea di dover curare il brutto taglio che il suo stesso padre le aveva procurato? Come faceva a parlargli di un momento tanto doloroso per lei? Lo credeva impossibile e non sa neanche come sia riuscita a buttare fuori la verità dopo tutto quel dolore. Forse – anzi, sicuramente – è l’effetto che ha Dean su di lei, ma questa era una magagna troppo grossa da espellere, troppo soffocante.

Avverte il rumore della porta d’ingresso aprirsi e questo la distoglie dai pensieri. Dean dev’essere già tornato. Si sbriga a mettersi i pantaloni e si guarda un secondo allo specchio per allisciarsi alla meno peggio i capelli un po’ arruffati con le dita. Li sistemerà meglio più tardi, tanto di sicuro non usciranno neanche oggi.
 
Esce da lì e trova Sam seduto sul letto con i capelli tutti sconvolti; gli sorride appena e si avvicina a Dean che è in piedi accanto al tavolo, gli occhi impegnati a sbirciare nei tre sacchetti bianchi che ha portato. Si mette al suo fianco e allunga un po’ il collo per provare a sbirciare, ma non riesce perché lui è più veloce e gliene passa subito uno.
«Stamattina ti ho preso il cappuccino» Dean le porge anche un bicchierone bianco con una fascetta verde scuro e lei sorride più convinta. È ormai qualche giorno che preferisce il cappuccino al caffè perché è leggermente meno forte – non che il caffè le faccia male, ma se può evitare di ingerirne in quantità industriali magari la notte riuscirà a dormire un pochino di più. In questi giorni non ha sortito l’effetto sperato, ma sempre meglio provare.
 
Si morde il labbro inferiore mentre stringe di più quel bicchiere con le dita; vorrebbe dire qualcosa in più di un semplice grazie – è una sensazione che ha spesso negli ultimi giorni, perché Dean continua a prendersi cura di lei nonostante tutto –, ma alla fine si limita a quello; lui neanche la guarda o le sorride. Si limita a prendere un altro sacchetto e lo lancia a Sam che afferra la sua colazione al volo con entrambe le mani mentre Dean si siede, aprendo il suo e scartando una bella brioche con la cioccolata. Ellie si pente ogni mattina di non prendere quella lì e di preferire quella alla crema, ma il bar che sforna queste delizie che hanno avuto la fortuna di scovare per il loro soggiorno qui a Walden ne fa di buonissime ed è difficile tradirle per un po’ di cioccolata.
 
Dean addenta la sua brioche «Beh, che faffamo oggi? Avete idee?»
Ellie si siede sul bordo del suo letto, stringendo le spalle «Di informazioni ne abbiamo a sufficienza, credo. Il problema è che scovare il nascondiglio di quel verme è complicato. Potrebbe essere ovunque».
Sam deglutisce e la guarda, un’espressione pensierosa dipinta sul volto. «Jim come aveva fatto?»
«Era riuscito a seguire le tracce del bambino. E di notte setacciavamo i boschi cercando qualcosa… poi abbiamo trovato un vecchio capanno abbandonato e abbiamo capito che era lì che lo teneva nascosto».
Dean espira forte «Ma noi non abbiamo alcun bambino da cercare».
Anche Sam è pensieroso «Potremmo metterci a esaminare i boschi vicini anche noi. Magari… magari salta fuori qualcosa».
Ellie stringe le spalle, ma Dean non sembra molto d’accordo «Ha attaccato in città ed Ellie ha detto che è sicuramente spaesato. Probabilmente si nasconde in qualche posto qui vicino, i boschi sono più distanti. Pensa a cosa faresti se ti sentissi braccato. Io cercherei prima un posto vicino per nascondermi e poi mi muoverei verso uno più lontano».
Lei sorride appena «Come a nasconditi e fuggi» e sia Sam che Dean la fissano in modo attento; ad Ellie è sembrato che abbiano mosso la testa nello stesso momento, ma forse si sbaglia. C’è da dire che, però, talvolta quei due sembrano sincronizzati. Li guarda, preparandosi a rispondere alla domanda implicita «È un gioco per bambini. Mentre uno conta, gli altri si nascondono in un posto a loro vicino, poi cambiano posizione quando pensano che nessuno li veda, allontanandosi ancora un po’ dalla base. [3] Poi ci sono altre regole… » i ragazzi continuano a guardarla un po’ spaesati e lei arriccia le labbra «Beh, è una variante del nascondino classico. E… e nemmeno io ci ho mai giocato, ma me lo ha spiegato papà perché quando era all’orfanotrofio—»
Le facce di Sam e Dean sono ancora più interrogative «Orfanotrofio?» lo domandano insieme ed Ellie fatica per un attimo a rimanere concentrata.
«S-sì. Ci ha… ci ha passato l’infanzia, perché i suoi genitori non lo volevano e l’hanno abbandonato» si ferma un attimo e li guarda aggrottando la fronte, riflettendoci su «Non lo sapevate?»
Entrambi scuotono la testa e Dean la osserva attento, come se questo nuovo particolare lo facesse riflettere su un qualche aspetto di una qualche faccenda mistica. Ellie dava per scontato che lo sapessero visto che lo conoscevano da molto più di lei che, invece, ne è venuta a conoscenza solo negli ultimi tempi, in una delle rarissime serate passate a fare due chiacchiere con papà. Non ricorda com’era venuto fuori il discorso, ma sapere cosa ha passato prima di diventare un cacciatore è stato interessante. E senza dubbio l’ha aiutata anche a comprendere certi suoi atteggiamenti.
 
Sam appoggia il suo bicchiere di caffè sul comodino e si mette seduto, le gambe penzolanti dal letto. «Allora proviamo a fare questo gioco con lui. Vediamo se riusciamo a prenderlo».
 

[1] Come su detto, i pappagalli detti inseparabili sono famosi per essere dei tipi fedeli in quanto si scelgono a vita e si dice che, quando uno dei due muore, l’altro, sentendosi solo, lo segue nel giro di breve tempo.
[2] La cittadina di Walden è praticamente circondata da riserve naturali e montagne; la più vicina è situata a poche miglia a sud ed è l’Arapaho National Wildlife Refuge.
[3] Non so se esiste realmente una “variante” del classico nascondino, ma ho pensato che i bambini in un orfanotrofio avessero abbastanza tempo e fantasia da creare un gioco simile per passare il tempo insieme.

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Capitolo 15
*** Impossible things ***


Note: Eccomi qua, di corsa come al solito ma almeno a un orario più decente delle altre volte! XD
Questi capitoli probabilmente vi sembreranno un po’ lenti, perché sono tutti in previsione del grande scontro con il Formichiere. Avevo previsto un capitolo in meno, ma poi i flussi di coscienza dei nostri simpatici protagonisti pensatori hanno preso più spazio del previsto e mi sono dovuta arrendere XD
Mi auguro che il capitolo vi piaccia e vi aspetto la prossima settimana! Un grosso abbraccio, a presto! :**

Capitolo 15: Impossible things
 
Difficult things take a long time,
Impossible things a little longer.
 
(Unknown)
 
 
Fissa per qualche istante il tavolo accanto al quale è seduto, cosparso di fogli più o meno sporchi di inchiostro e di appunti, su cui è appoggiato anche il suo laptop. Ormai lo accende un giorno sì e l’altro pure per via di tutte le ricerche che devono fare per cercare il Formichiere che ha fatto fuori Jim, perché gli indizi che hanno raccolto durante quest’ultima settimana hanno portato proprio a questa conclusione.
 
Negli ultimi giorni hanno cercato di restringere il campo di ricerca il più possibile, facendo anche delle perlustrazioni nei luoghi un po’ più “nascosti” di Walden: vecchi magazzini o casolari abbandonati, depositi in disuso e luoghi simili, senza riuscire però a trovare alcuna traccia del mostro in questione.
Dormono ormai pochissime ore a notte – quando ci riescono – perché sanno che il Formichiere possono stanarlo praticamente solo quando è buio, perciò sono ridotti a dei ritmi serratissimi e ogni tanto, durante il giorno, sono costretti a darsi il cambio e riposarsi a turno mentre gli altri due continuano a fare ricerche.
 
Infatti, Ellie in questi giorni è un fascio di nervi e non solo perché non riesce a riposare come dovrebbe: è molto scostante, ha dei momenti in cui sembra caderle il mondo addosso e altri in cui è talmente determinata che neanche mangia finché non ha trovato quello che cerca. Dean più volte ci ha “discusso”, invitandola a ragionare, ma spesso e volentieri lei non gli dà retta; Sam non la faceva davvero così testarda, pensava fosse molto più… amalgamabile, in un certo senso.
 
Ormai da un po’ dormono nella sua stanza e a Sam non danno di certo fastidio, anzi. In fondo, non sono appiccicosi e non passano le nottate intere a darsi un numero spropositato di baci – non che non capisca l’esigenza o sia invidioso, ma lo troverebbe imbarazzante – e non perché sono così stanchi da non riuscire neanche a muoversi l’uno verso l’altra o viceversa, ma perché quando c’è Sam sono rare le smancerie tra di loro e questo l’aveva constatato in precedenza, ma c’è qualcosa che gli sfugge.
 
Non crede sia un caso che abbiano smesso di prendersi una stanza da soli, anche se a lui Dean ha rifilato la scusa che non hanno così tanti soldi da potersi permettere una stanza separata e ci sta, perché è vero che non navigano nell’oro – anzi, sarebbe ora di fare un po’ di rifornimento, anche se Sam ha un po’ d’ansia nel volerlo dire a Dean perché sa che prenderebbe l’Impala e andrebbe nel primo bar a spennare qualche poveraccio a Poker o a biliardo invece di cercare di guadagnarsi gli stessi soldi onestamente –, ma li vede strani, diversi dai primi giorni. All’inizio si vedeva che erano entusiasti per la loro nuova situazione, bastava guardarli negli occhi per comprendere quanto fossero felici e avrebbero voluto urlarlo al mondo. Adesso Ellie se ne sta più per conto suo, sempre con la schiena curva su quelle carte o sul suo computer e Dean è più distaccato, la vede che è strana e nervosa ma non sembra comprensivo come Sam si aspettava che fosse. All’inizio sembrava non riuscire a toglierle le mani di dosso – nel senso più buono del termine, chiaramente – mentre adesso è più distante, apparentemente senza motivo, e si vede che a lei dispiace, perché talvolta lo guarda con gli occhi tanto tristi, come se sapesse che questo suo nuovo atteggiamento dipendesse da qualcosa che ha fatto, ma vorrebbe comunque provare a rimediare.
 
Sam non ha mai avuto modo di domandare nulla a suo fratello negli ultimi giorni perché sono sempre insieme, ma quando lo vede uscire dal bagno – vestito e sbarbato, con un paio di jeans e una delle sue camicie a quadri addosso – pensa che sia l’occasione giusta. Ellie è andata a prendere la colazione per tutti perché oggi era il suo turno, perciò è meglio sbrigarsi prima che torni.
 
Dean tira un asciugamano sul letto «È troppo tempo che stiamo in questo posto, è già la terza volta che dobbiamo far cambiare gli asciugamani alla tizia delle pulizie. Assurdo, non succede mai».
Sam sorride di sbieco «Già» cerca di non distrarsi però, perché altrimenti non riuscirà più a chiedergli nulla. «Posso sapere come mai tu ed Ellie dormite qui adesso?»
Dean stringe le spalle e si siede sul letto, allungando le mani sul pavimento per prendere i suoi scarponi «Mi pare di avertelo già detto: i soldi cominciano a scarseggiare per prendere due stanze diverse. Dividerne una in tre è più conveniente. E poi tu hai tutte queste strane visioni e—»
«Le avevo anche prima».
«Sì, ma la cosa sta degenerando».
«Non è vero. È sotto controllo, è tutto sempre uguale» Dean abbassa il capo e si ferma, le scarpe ormai allacciate, e Sam approfitta del suo silenzio per parlare ancora «Fai prima a dirmi che non me ne vuoi parlare, Dean. Non sono stupido, mi sono accorto che siete strani. Poi non mi date fastidio, come vi ho già detto, e non m’importa se volete dividere la stanza con me, ma non dirmi che è tutto a posto perché—»
«La picchiava» Dean stringe le labbra, le mani chiuse a pugno «Jim la picchiava e lei non mi ha detto un cazzo».
Sam allarga gli occhi, preoccupato «Te lo ha detto lei?»
«Me l’ha confessato perché le ho trovato un segno, su una coscia, ma non ha avuto il coraggio di parlarmene di sua spontanea volontà prima che me ne accorgessi. Quel pezzo di merda glielo ha fatto con un coltello e le ha lasciato la cicatrice per quanto ha fatto forza» fa una pausa, prendendo fiato per un istante «Capisci perché odio quel gran figlio di puttana? E mi fa rabbia pure lei che dice di averlo perdonato quando quello stronzo avrebbe potuto farle anche di peggio».
 
Sam ci riflette su qualche istante in silenzio. Comprende la rabbia di suo fratello e il rancore che nutre verso Jim, un uomo che, per come Sam lo conosceva, sicuramente ha mal digerito la comparsa di una figlia nella sua vita; quello che, invece, non riesce a capire è perché Dean ce l’abbia con Ellie.
Sbatte le palpebre un paio di volte «Anche se te l’avesse detto, tu cosa avresti potuto fare? Andare da Jim e dargliene di santa ragione?»
Gli occhi di Dean sono pieni di rancore e rabbia «Beh potevo portarla via, che quel bastardo non ha mai voluto prendersi cura di lei e me ne frego se dopo è migliorato. Così son capaci tutti».
 
Sam ci riflette ancora un istante. Dean è davvero affezionato – anzi, molto di più – ad Ellie e sa benissimo che le sue non sono solo parole, che si sarebbero trasformate in fatti se lei glielo avesse confidato. Sicuramente lei comportandosi così, invece, ha solo voluto proteggerlo e questo chiaramente Dean non riesce a capirlo. O ad accettarlo, forse, perché spesso e volentieri si preoccupa tanto di voler proteggere gli altri e poi non gradisce – o non vuole riconoscere – quando gli altri fanno lo stesso per lui. E, riflettendoci ancora, gli viene in mente un episodio preciso della sua infanzia: Dean che esce da un bagno strofinandosi gli occhi rossi con i pugnetti chiusi e che va a ficcarsi sotto le coperte, per poi sdraiarsi di lato con la faccia rivolta verso il muro. Era solo un bambino, avrà avuto sì e no otto anni, e Sam aveva provato ad avvicinarsi, a tirare le coperte per chiedergli cos’era successo, ma Dean non aveva detto nulla e poi c’erano state le mani grandi di papà a tirarlo via e a metterlo nel suo letto.
Solo anni dopo aveva realizzato cosa fosse successo davvero quella e chissà quante altre notti in cui papà tornava ubriaco e nervoso e se la prendeva con loro, soprattutto con Dean se aveva fatto qualcosa che lui riteneva sbagliato. In quei momenti, non capiva perché il fratello non gli dicesse mai nulla, ma adesso… adesso è tutto chiaro.
 
Deglutisce e prende un attimo fiato «Quante volte ti ha picchiato papà quando eravamo piccoli?»
Dean volta la testa di scatto «Cosa?»
«Hai capito benissimo» lo guarda e Dean rimane immobile; decisamente non si aspettava quella domanda. «Ero un bambino ma lo ricordo bene. Papà ti sgridava per qualcosa, poi ti chiudeva in bagno e continuava a urlare. Si zittiva per un po’ e quando ti lasciava uscire avevi sempre gli occhi rossi e non volevi mai farti guardare. Ti ficcavi sotto le coperte e ne uscivi il giorno dopo senza nessuna intenzione di parlare di quello che era successo. E non me lo hai mai detto in tutti questi anni». Dean riabbassa il capo, la schiena piegata in avanti e i gomiti sulle ginocchia. «Per questo, sinceramente, non capisco perché ce l’hai con lei, quando tu con me hai fatto lo stesso».
Dean prende fiato, leccandosi le labbra «Avrei… avrei potuto darle una mano».
Sam sorride, scuotendo appena la testa. «Per come la vedo io, lascia perdere. Così ferisci solo lei, la punisci per qualcosa che sicuramente la fa star male. Che colpa ha, in fondo? Quella di non averti parlato di qualcosa? Anche tu sei una tomba, quando vuoi. Cavolo, per cavarti di bocca le cose ci vuole tutta la mia pazienza e qualche volta neanche basta» fa una piccola pausa, continuando a guardarlo «Magari te lo ha dimostrato in modo molto contorto in passato, ma ci tiene a te, Dean, e se non te l’ha detto è perché forse non se la sentiva… vuoi davvero fargliene una colpa? È lei la vittima e si porterà addosso per tutta la vita un segno che le dà un dolore non solo fisico» suo fratello rimane in silenzio, gli occhi fissi sul manto di moquette «Forse non te ne rendi conto, ma voi due siete più simili di quanto pensi. Vi proteggete a vicenda: tu a gesti e lei dal darti dei dispiaceri, perché lo sapeva già che avresti reagito male e sicuramente non voleva che facessi sciocchezze. Perché andare da Jim e fargli del male lo era».
Dean scuote la testa deciso «Ma perché non capite che io—»
 
Non fa in tempo a finire di parlare, però, che la porta si apre ed Ellie compare sulla soglia, i capelli lunghi legati in una treccia che porta di lato, una salopette di jeans, una canottiera celestina addosso e le Converse ai piedi; in mano ha i soliti sacchetti bianchi e un cartone da sei contenente tre caffè. Sam le sorride appena e si alza, andandole incontro; sarebbe stato curioso di sapere la replica di suo fratello, ma è sicuro di avergli dato qualcosa su cui riflettere, perciò è contento così.
 
Ellie si chiude la porta alle spalle e gli sorride appena quando lo vede avvicinarsi; Sam l’aiuta a prendere i sacchetti e li distribuisce, dandone uno a Dean e mettendone un altro sul tavolo, accanto al posto che occupa lui, per Ellie che, nel frattempo, passa a Dean il suo bicchierone di caffè e si avvicina al tavolo per porgerne uno a Sam e poi mettersi seduta.
 
Lei con una mano afferra la cartina spiegazzata sul tavolo e con l’altra impugna la brioche e la porta alla bocca, gli occhi fissi su quel pezzo di carta colorata. Deglutisce «Abbiamo setacciato quasi tutta la città. Non vorrei che ci sia già sfuggito».
Sam prende fiato; ha pronunciato quelle parole con troppa preoccupazione e lo sa che una parte di lei si è arresa, o comunque che sta cercando di fare il più velocemente possibile perché ha paura che il mostro le sparisca da sotto il naso o che forse l’abbia già fatto. Sicuramente è uno dei motivi per cui si sta un po’ trascurando e ha fretta di portare a termine questa cosa.
«Se anche fosse, è qui intorno» è Dean a pronunciare quelle parole e la guarda comprensivo; almeno a gesti, in questi casi, dimostra di capirla.
«Sì, dai, non darti per vinta».
Ellie sbuffa appena «Apprezzo la vostra tenacia, ma abbiamo cercato dappertutto» Sam comprende benissimo la sua frustrazione; in fondo è più di una settimana che stanno girovagando nei posti più oscuri e remoti di Walden senza trovare una traccia del Formichiere. La vede indicare con le dita i punti in cui hanno messo delle X, quelli dove sono già stati. «Sono rimasti solo tre magazzini. E magari non è neanche lì» butta sul tavolo la cartina con un gesto secco, mettendo poi il pugno chiuso sotto la testa e sospirando prima di addentare nuovamente la brioche; Sam ha l’impressione che lo faccia più per rabbia che per fame.
 
Comprende il suo atteggiamento, il fatto che sia stanca di cercare e di imbattersi costantemente in vicoli ciechi. È convinto, però, che il mostro non sia lontano. Solo che è davvero bravo a nascondere le sue tracce, su questo non c’è dubbio.
 
Cala uno strano silenzio e Sam ne approfitta per dire la sua. «Lo troveremo presto. E poi possiamo sempre spostarci se capiamo che non è più qui a Walden. È spaesato, non può essere andato lontano».
Ellie sospira, appoggiando la sua mezza brioche sul tavolo «Vi sto facendo perdere un sacco di tempo. Potreste cercare vostro padre invece di—»
«Siamo venuti qui per la visione di Sammy, ricordi?» è Dean a interromperla; si alza e si mette dietro di lei, appoggiandole le mani sulle spalle «Va tutto bene. Finiamo questa cosa con calma e poi penseremo a papà». Ellie non risponde e fa spallucce e Dean prende a massaggiargliele piano con le dita; se è un modo per farla tranquillizzare un pochino, a giudicare dall’espressione di Ellie non ci sta riuscendo.
Lei tira su la schiena e stringe le labbra in una linea sottile dopo un piccolo sospiro «Ok, non ci diamo per vinti. Andiamo avanti con le ricerche».
 
Ed è quello che fanno per tutta la mattinata: cercare qualche altro posto che possa fare al caso loro, che magari gli è sfuggito nelle ricerche precedenti. Ellie segue la cartina del posto – che hanno comprato in un autogrill qualche giorno fa –, tracciando con l’indice della mano sinistra il percorso già fatto e ripercorrendo tutto passo dopo passo, e Sam fa ricerche in internet, scrutando le mappe che trova e sperando che siano più dettagliate.
L’unico a uscire è Dean; lo fa a metà pomeriggio e quando torna, quasi un’ora dopo, ha tutto quello che gli è stato ordinato di prendere.
 
Ellie è stata molto precisa: sa benissimo che il Formichiere non può essere avvicinato e non si uccide con i proiettili. L’unico modo per farlo fuori è conficcargli qualcosa nel cuore e l’unica arma che può ucciderlo è una lama di acciaio puro che, per fortuna, Ellie ha conservato dalle cose di Jim. È un’arma particolare, più che altro perché solitamente i mostri vengono fatti fuori con l’argento ma, a quanto pare, questo Formichiere è difficile da uccidere anche per questo motivo. In più, visto che non è avvicinabile perché con i lunghi artigli che si ritrova è facile che allunghi un braccio e ti porti via mezzo stomaco – così come dev’essere successo a Jim, anche se Ellie non glielo ha detto esplicitamente –, è necessario utilizzare un veleno o comunque un sonnifero in grado di stenderlo per poi potersi avvicinare e finirlo. Per questo, Dean è stato incaricato di andare a prendere un paio di pistole – Ellie ne aveva già due: una sua che le aveva dato Jim quando hanno cacciato il Formichiere la prima volta e la seconda che era di suo padre –, un fucile in grado di sparare siringhe e del veleno da inserirvi, così da poter stendere il mostro senza rischiare di farsi male. Per fortuna, questi sono strumenti utilizzati anche dai veterinari per il controllo di animali pericolosi o per la loro cattura [1], perciò non è stato così difficile trovarli.
 
Così, Sam ed Ellie sono rimasti da soli per un po’ durante la giornata e hanno avuto modo di chiacchierare, anche se poco. Lui ha provato a distrarla almeno un pochino, che in certi momenti era particolarmente strana, perché passava anche mezz’ora senza parlare, con quel dito fermo e ancorato sulla carta colorata della cartina e gli occhi fissi e speranzosi sullo schermo del computer, ansiosa di trovare qualcosa da un momento all’altro.
A Sam fa una gran tenerezza, soprattutto per il modo in cui i suoi occhi si incupiscono ogni volta che non riesce a scovare nulla, quando il barlume di speranza che aveva si spegne miseramente. È davvero determinata in questa caccia e Sam può capirla benissimo; ha solo paura che finirà con l’essere troppo stanca per affrontare il mostro, se questa si prolungherà ancora a lungo. Spera vivamente che non sia così, perché sente di essere vicino alla soluzione del problema, ma non può di certo prevedere nulla data la complessità del caso che si sono ritrovati di fronte.
 
*
 
I giorni sembrano scorrere più velocemente certe volte, mentre altre sembra non vogliano mai volgere al termine. È quello che potrebbe dire lui di questa giornata che è un miracolo che stia finendo, visto che è stata lunga e stancante.
 
Siede sul letto di suo fratello, la schiena leggermente curvata per affilare un coltello con una pietra cote [2] e il suono che produce è anche l’unico rumore che invade la stanza. Con lui c’è solo Ellie che gli siede di fronte su quello che invece è il loro letto; sta pulendo una delle pistole che ha comprato oggi.
Si è offerta lei di farlo. Sam voleva andare a controllare un posto che non avevano ispezionato così da anticipare un po’ di lavoro e ha preso l’Impala e lei, totalmente scoraggiata dopo un’altra giornata andata a vuoto, ha preferito rimanere qui per aiutarlo, dicendo che Jim le ha insegnato almeno un po’ a pulire le armi – o almeno, lei l’ha guardato farlo e deve aver captato più di qualche trucchetto. Non sembra più tanto in vena di fare indagini, anche se si tratta del mostro che ha massacrato suo padre e per cui era tanto accanita nel cercare una vendetta.
 
Non è da lei rassegnarsi, ma Dean capisce che dopo settimane di ricerca ad un ritmo così serrato la pazienza scappi a chiunque. Fortunatamente lui e Sam non si sono dati per vinti e sono convinti che quel mostro salterà fuori prima o poi e questo, almeno un po’, riesce a tirar su il morale anche a lei.
 
Dean l’ha osservata tanto questi giorni. L’ha fatto quasi senza avvicinarsi, cercando di sostenerla senza però darle l’illusione che la rabbia gli sia passata, perché non è affatto così.
Sa che non è stata colpa sua, che Ellie non si è meritata neanche una briciola della rabbia di Jim, che sia stato lui ad esagerare e non il contrario. Durante i mesi di lontananza, lei non gli ha mai chiesto consigli su come trattare suo padre, a parte quando gli domandava se secondo lui era una brava figlia e Dean non poteva che rispondere che sì, lo era eccome, e lo faceva senza esitare un istante, ponendo l’attenzione sul fatto che se Jim non riconosceva questo aspetto e i suoi pregi – la sua infinita pazienza, soprattutto con uno stronzo di quel calibro, il suo essere ordinata e precisa anche nelle indagini, il modo speciale in cui si prende cura delle persone e di come, ne è convinto, lo abbia fatto anche con suo padre, magari in una caccia difficile o se lui si fosse fatto male – era solo un pezzo di merda. Cosa che, in realtà, aveva dimostrato già di essere da prima che si riavvicinassero. Cercava di fare del suo meglio per convincerla che, se c’era qualcuno di sbagliato, di certo non era lei che si comportava anche troppo bene con quello stronzo, ma non sapeva neanche niente di tutta questa storia segreta, altrimenti non ci sarebbe andato così leggero.
 
È ancora un po’ arrabbiato, comunque, e gli dispiace di aver scoperto di tutta questa faccenda proprio in un momento in cui Ellie avrebbe più bisogno di sostegno, ma cerca di fare ugualmente del suo meglio, anche se non la riempie di coccole e attenzioni come avrebbe fatto se non fosse stato così incazzato.
 
Ormai è praticamente notte e per tutta la giornata ha riflettuto spesso sulle parole di Sammy. Certo, non ha tutti i torti, e forse è vero che non è con Ellie che dovrebbe accanirsi, perché davvero, Dean è convinto che non sia colpa sua e che lei ci stia di schifo, ma ciò non toglie che avrebbe potuto confidarsi, parlarne almeno con lui che ha sempre cercato di starle accanto, soprattutto per quanto riguardava quello stronzo di suo padre.
Quello che più lo ha fatto riflettere sulle cose che gli ha detto Sam è il fatto che lui, in un certo senso, ha fatto lo stesso, ma solo perché era più piccolo e non voleva guastare l’immagine già parecchio sbiadita e distorta del padre amorevole, quella che voleva che John incarnasse per Sam.
Quello che stona nel discorso di suo fratello, però, è che lui e Sam sono fratelli ed è logico che Dean volesse proteggerlo. È sempre stato il suo compito, in fondo. Tra Dean ed Ellie non c’è nessun legame di sangue, però, nessun obbligo di questo tipo e sì, di certo avrebbe reagito male a sapere una cosa del genere e non l’avrebbe lasciata tanto a lungo tra le mani di quel maniaco del cazzo, ma è anche vero che Ellie lo sapeva e conosceva benissimo il temperamento di Jim e sicuramente per questo ha preferito tacere, tenere per sé questo grosso segreto e soffrire in silenzio, perché è sicuro che c’è stata tanto male. Sì, forse ha ragione Sam e la sua rabbia è priva di senso perché è indirizzata alla persona sbagliata e… beh, visto che non può riesumare i morti per ammazzarli di botte, tanto vale provare a instaurare una conversazione con la vittima di tutta questa faccenda.
 
Si schiarisce la voce, alzando gli occhi verso Ellie e trovandola a strofinare velocemente il panno imbevuto di solvente sulla canna della pistola. «E quindi… quindi Jim è cresciuto in un orfanotrofio, eh?» lei alza la testa e lo guarda, gli occhi limpidi e sorpresi e in questo preciso momento Dean si sente una merda. Le ha rivolto sì e no la parola per giorni, ha cercato di evitare ogni contatto fisico sapendo benissimo che lei ci rimanesse male ogni volta che la mattina si svegliava e toglieva il braccio dalla sua vita senza degnarla di un’attenzione in più – almeno un paio di volte era già sveglia anche se faceva finta di non esserlo, se n’è accorto –, quando lei non ha nessuna colpa se quel verme le ha messo le mani addosso.
Ellie stringe le spalle «Pensavo lo sapessi. Non che papà ne parlasse volentieri, ma tu lo conoscevi da molto più tempo. Credevo gli fosse scappato almeno una volta».
Dean scuote la testa «No, mai» si passa la lingua sulle labbra, riflettendo bene su cosa dire «Non era un chiacchierone».
Ellie sorride debolmente «Oh, questo lo so bene».
Dean la guarda stringere nuovamente le spalle «E ci ha… ci ha passato l’infanzia in quel posto?»
Lei annuisce, puntando gli occhi sulla pistola per poi strofinare nuovamente il panno sulla canna «I suoi non li ha mai conosciuti. L’hanno… l’hanno abbandonato quando era in fasce. Credo fosse per questo che non… non gli piacevano tanto le famiglie e i bambini. E poi non aveva un buon rapporto con i ragazzini dell’istituto. Gli facevano un sacco di dispetti». Dean ascolta rapito il suo racconto, mettendo finalmente insieme tanti pezzi del puzzle.
 
Certo, è facile pensare che, dopo aver avuto un’infanzia disastrata, l’idea di farsi una famiglia non fosse tra le priorità di Jim – anche se ha sentito dire che per questi ragazzi orfani spesso è tutto il contrario, ma ognuno prende la vita a modo suo –, ma questo non gli dà una scusante per come si è sempre comportato con Ellie che, volente o nolente, era sua figlia. Poteva starci più attento quando è andato a letto con sua madre, piuttosto, perché è stato già fortunato a doversene occupare quando lei era già grande e sapeva cavarsela da sola e non quando poteva dargli più problemi e preoccupazioni.
 
Abbozza un sorriso, puntando nuovamente gli occhi su un altro coltello «Mi fa strano pensare che ti abbia raccontato questa cosa» e non lo dice con cattiveria, è sinceramente e positivamente sorpreso. Alza nuovamente la testa e la trova a stringere le spalle; a Dean balena in mente un’altra domanda «E scusa come… come è diventato cacciatore?»
«Dopo una cosa che è successa in orfanotrofio. Una notte ha visto un’ombra entrare dalla finestra e dare fastidio a un bambino. Chiaramente nessuno gli ha creduto, ma dopo quell’accaduto il bambino si è ammalato ed è stato a lungo all’ospedale e così altri ragazzi dopo. Lui se l’è vista brutta ed è scappato, ma ha capito che c’era qualcosa sotto e ha cominciato a documentarsi. Anni dopo ha scovato quella bestiaccia… era uno Shtriga, non so se—»
Dean annuisce deciso «Ne ho sentito parlare» e ricorda fin troppo bene il motivo per cui ha avuto anche a che fare con uno di quei mostri [3], ma non è di questo che vuole parlare adesso.
«Ecco. È… è nato tutto da lì. All’orfanotrofio non ci ha rimesso piede ed è diventato un cacciatore a tutti gli effetti».
Dean annuisce, pensieroso «E non ha… non ha provato a rintracciare i suoi genitori?»
Ellie sorride amara e annuisce «Sì, l’ha fatto, e ha scoperto che vivevano felici e contenti in Iowa senza di lui. Avevano una casa di proprietà, un bel giardino… e un mucchio di soldi. Non gli mancava niente, ma evidentemente non volevano figli e lui non ha voluto dargli la soddisfazione di fargli sapere che era vivo, così non si è fatto vedere. Voleva conoscere il loro volto, però, per questo è andato lì» si interrompe, forse rendendosi conto che ha parlato a macchinetta. Guarda Dean negli occhi per un lungo istante e stringe le spalle «So che non lo giustifica per quello che ha fatto a me, però… però non ha avuto una grande infanzia. Il suo racconto mi ha fatto capire tante cose».
 
Dean si limita ad annuire, gli occhi bassi. Ripensa a quando non credeva che Ellie avesse un rapporto migliore rispetto al passato con suo padre e solo adesso, dopo tutto questo resoconto, capisce quanto si sia sbagliato. Almeno su questo lei non gli ha mai mentito… che malfidato di merda.

Appoggia lo strofinaccio sul letto, insieme al coltello che teneva in mano e prende fiato «Senti, mi… mi dispiace per gli ultimi giorni. Ho esagerato».
Ellie scuote la testa «Non fa niente. Sapevo che l’avresti presa male, per questo avevo paura a parlartene».
«Ed io mi sono comportato da stronzo insensibile. Avrei dovuto confortarti».
Lei stringe le spalle «Non ce l’ho con te per questo. Come ho già cercato di spiegarti, non ti ho mai mentito quando eri via, ho solo omesso delle cose perché… perché sapevo che avresti fatto una sciocchezza. Pensavo avresti capito, in fondo anche tu hai fatto lo stesso, ma… ma la prossima volta te ne parlerò prima».
«Spero che non ci sarà una prossima volta» abbozza un sorriso per allentare un po’ la tensione «Però sì, avrei preferito saperlo da te che scoprirlo in quel modo» lei annuisce, gli occhi bassi e Dean va a sedersi vicino a lei, allungando una mano per stringere la sua, almeno per farla smettere di lucidare quell’affare; lei lo guarda confusa e Dean inspira forte, intento a parlare con sincerità «Ellie, io… io faccio sul serio con te. Sto… sto cercando di fartelo capire in tutti i modi e… e quella sera credo di aver esagerato, perché io non… non voglio forzarti in alcun modo. Il fatto è che sei… sei sempre così tesa e volevo solo farti rilassare un po’ e fare pace, visto che avevamo litigato. Non pensavo di darti così fastidio».
 
Ellie abbassa gli occhi, mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro. «Non è quello. Però… » fa una pausa, come se volesse scegliere con cura le parole con cui rispondere; ora lo guarda negli occhi. «Non so, ho sempre l’impressione che tu non sappia frenarti in quelle situazioni» si ferma un altro istante «Non offenderti, perché anch’io in passato ti ho sempre assecondato e quindi forse non… non ti aspettavi questo mio blocco, però… non lo so, è una cosa che mi fa paura in certi momenti. Quando siamo da soli» deglutisce «Capisco che per te possa essere difficile aspettare e che vuoi di più, lo capisco perché lo vorrei anch’io e… voglio dire, il tuo è un desiderio tutt’altro che assurdo, ma non… non me la sento. È troppo presto e mi rendo conto che sto facendo un discorso da verginella impaurita, ma vorrei tanto che non fosse così, te lo assicuro».
Il discorso di Ellie è un po’ contorto, ma Dean crede di aver capito cosa intende dire. «Mi dispiace averti dato quest’idea. Non posso negare di avere tanta voglia di… di stare con te nel senso più intimo del termine, ma l’ultima cosa che voglio è forzarti» accarezza il dorso della sua mano piano, cercando di metterla a suo agio il più possibile e stupendosi del fiume di parole che gli sta uscendo dalla bocca «Vedi, io… è vero, le altre volte è stato più semplice, ma l’altra sera non… non volevo fare niente di diverso dal solito. Ho capito che non te la senti e l’ultima cosa che voglio è obbligarti e fare qualcosa che non vuoi. Te lo giuro» Ellie lo guarda così intensamente da mettergli i brividi «È solo che… non so, pensavo che sarebbe stato tutto molto più semplice di così, ma… ma abbiamo tante cose da recuperare».
«Già. Per questo non volevo avere fretta» lei abbozza un sorriso, togliendo la mano dalla presa di Dean e tornando a lucidare la pistola «Comunque tranquillo, scuse accettate» non sembra molto convinta mentre lo dice e Dean sente il bisogno di distrarla dal lavoro almeno un altro po’ e magari di parlarle anche della sua esperienza. Forse così si sentirà meno in colpa per averla trattata tanto male negli ultimi giorni.
«Anche papà ci andava giù pesante» Ellie alza nuovamente gli occhi, perplessa «Soprattutto con me, quando ero piccolo. Non mi ha mai sfregiato, ma… ma è capitato che mi picchiasse se non facevo quello che diceva. O se lo facevo male» si passa la lingua sulle labbra, abbassando il capo per distogliere gli occhi da quelli di Ellie che sono troppo profondi e dispiaciuti «Era molto severo, perché dovevo badare a Sam e non potevo distrarmi un attimo. Il problema è che ero un bambino e… beh, non avevo sempre voglia di fare Mary Poppins» sorride appena, per allentare un po’ la tensione che sente addosso; lo sguardo di Ellie è tremendamente dispiaciuto ma c’è qualcos’altro, come se avesse appena realizzato che, essendoci passato anche lui, in un certo senso possa comprenderla.
 
Deglutisce, appoggiando una mano sulla sua coscia. «Mi dispiace, non… non me ne avevi mai parlato».
Dean abbozza un sorriso, stringendo le spalle «Non l’avevo mai detto a nessuno, veramente».
«E a Sam? Anche a lui è capitato che—»
«Qualche volta, ma più raramente. Lui era il più piccolo e poi… e poi se potevo mi prendevo io la colpa se combinava qualcosa. Ero più avvezzo alle sfuriate di papà» Ellie allunga la mano verso le sue, stringendo appena. È una ferita che ha smesso di sanguinare da tanto, ma la sua comprensione è un toccasana. In ogni cosa.
«Non so che dire. Sarà che la mamma aveva un atteggiamento così diverso con me… mi parlava sempre con dolcezza. E se facevo qualcosa di sbagliato mi rimproverava, certo, che non ero mica un angelo, ma aveva rispetto nei miei confronti. Invece—»
«Non è una questione di rispetto, Ellie» lei lo guarda, appena confusa «I genitori a volte perdono le staffe e si sfogano con noi figli. Papà con me l’ha fatto anche un anno fa. Semmai siamo noi che manchiamo di rispetto a loro, o almeno è questo che credono, e si accaniscono per ristabilire un equilibrio, una specie di… di gerarchia. Quello che non ammetto possibile è come Jim abbia pensato di “educarti” sfregiandoti. O malmenandoti in modo così pesante».
Ellie abbassa gli occhi e fa spallucce «Non lo so. Forse ero troppo indisciplinata per lui, o forse ero solo… arrogante» stringe le spalle nuovamente, le mani più strette intorno a quelle di Dean; lo guarda ancora «Ma perché John ti ha picchiato l’anno scorso? Cos’era successo?»
 
Dean boccheggia un istante, realizzando che non aveva riflettuto sul fatto che lei avrebbe fatto una domanda simile e che la risposta non le sarebbe piaciuta per niente; non si era neanche accorto di aver parlato dell’anno scorso, gli è semplicemente scappato di bocca. Che poi è stata una cosa piccola, c’è stato di peggio in passato, ma si rende conto velocemente di non poterle mentire a riguardo. E non solo perché lei se ne accorgerebbe immediatamente.
Stringe le labbra fra i denti «È stato dopo che… che io e te abbiamo litigato. Ho chiesto spiegazioni su quello che era successo tra lui e Jim e non gli è piaciuto sapere che io e te… insomma, non—»
Ellie lo fissa con gli occhi spalancati «John sa di noi due? Che… che eravamo stati insieme?»
Dean stringe le spalle, gli occhi bassi «Mi è scappato».
«E ti ha picchiato per questo?»
«È stato solo uno schiaffo e poi non… » tenta di formulare una frase coerente, ma l’unica cosa che ha in mente è perché cazzo non se n’è stato zitto. «Gli ho risposto male e non l’ha mandata giù, ecco perché ha reagito così».

Ellie scuote la testa, un sorriso amaro dipinto sulle labbra; si alza in piedi, fermandosi dopo un paio di passi e rimanendo tra i due letti, le braccia incrociate al petto. «Ma che stiamo facendo?» Dean la guarda confuso «Tuo padre mi odia. Se scopre che sono rimasta—»
«Non succederà niente» Dean si alza di scatto e fa un paio di passi verso di lei «Sono stato un idiota quella volta, ma questo non c’entra con la nostra situazione».
«Invece sì. Stai già rimandando troppo la caccia a lui per stare dietro a me, pensa se scopre che sono rimasta con voi e addirittura che stiamo insieme» si passa una mano sugli occhi e sul viso, sviando lo sguardo di Dean; il suo tono di voce è preoccupato e lui si maledice ancora per aver parlato troppo «Sarà stato così fin dall’inizio, probabilmente non mi voleva intorno neanche quando eravamo solo amici e mi aiutavi ad imparare a cacciare, immagina se lo viene a sapere adesso».
«Non me ne frega niente del suo giudizio» il tono di Dean è secco e aspro, perché lo pensa davvero: quando papà tornerà, perché prima o poi dovrà farlo, se ne fregherà delle sue opposizioni, perché non è mai stato tanto convinto di voler andare fino in fondo in qualcosa e non rinuncerà ad Ellie solo perché lui avrà da ridire.
Lei lo guarda accigliata «Non è vero. Tu ci tieni a lui, alla sua opinione».
«Non questa volta» si avvicina ancora un po’, allungando una mano per accarezzarle il viso. «Ti ho raccontato questa cosa solo per farti comprendere che non sei l’unica ad aver avuto questo tipo di problema, per… per dirti che avevo capito e che non voglio più discutere su questo. Non volevo fare peggio».
Ellie svia lo sguardo, gli occhi bassi «Non voglio che tu discuta con tuo papà per colpa mia. Non voglio essere d’intralcio, Dean».
«Non lo sei».
«Avevo ragione mesi fa, tu… tu devi cercare John con tuo fratello. Sono loro la tua famiglia, io devo smetterla di immischiarmi nelle tue cose e rovinarti la vita».
Non sembra averlo ascoltato «Non lo stai facendo» le prende il viso con entrambe le mani e la guarda intensamente, avvicinandosi ancora un po’ «Senti, le ricerche a papà non le abbiamo rimandate per questo caso o per aiutarti. È lui che non vuole farsi trovare, lo sai. L’abbiamo cercato ovunque avevamo una qualche indicazione della sua presenza e non abbiamo trovato neanche mezza traccia. Non è colpa di nessuno e non possiamo starcene con le mani in mano ad aspettarlo. Cazzo, potrebbe volerci un sacco di tempo. Per questo ci impegniamo a cacciare ciò che incontriamo lungo la strada… insomma, ce l’ha detto anche lui lasciandoci il diario [4]. Ne sono sicuro» Ellie non sembra ancora convinta «E tu non sei d’intralcio per me. Non lo sei neanche per Sam e me ne frego se papà la pensa diversamente. Io sto bene con te e non ho alcuna intenzione di lasciarti andare di nuovo, soprattutto se è perché lui si è fatto un’idea sbagliata su di te. Me ne sbatto di quello che dice».
 
Ellie continua a fissarlo un po’ incredula e Dean vorrebbe aggiungere qualcos’altro, ma preferisce attirarla a sé in un abbraccio che forse riesce ad esprimere meglio quello che vorrebbe dirle. Lei dapprima è un po’ titubante, poi affonda il viso sul suo petto e Dean la stringe un po’ più forte, le braccia a circondarle la schiena e il mento appoggiato sul suo capo.
Non è un segreto che lei abbia tanto bisogno di affetto negli ultimi tempi e Dean si pente sempre di più di averla trattata in quel modo, di averla ignorata per voler dar retta al suo orgoglio e a nient’altro. Ormai non può tornare indietro, però, perciò si ripromette di recuperare adesso, di mostrarle che insieme possono scacciare via anche questo fantasma così ingombrante.
 
*
 
Ascolta il rumore dell’acqua scorrere sul piatto della doccia, gli occhi fissi sullo schermo del computer, la mano sinistra aperta sul viso e le dita a picchiettare le guance ogni tanto, quasi a volersi tenere sveglio.
Sam sarà in questa posizione ormai da un’ora, intento a cercare ancora nei maledetti meandri di Walden un indizio, qualcosa che lo porti al bastardo che ha rovinato i suoi ultimi giorni, infestando i suoi sogni e seminando paura in Ellie che, da quando è spuntata fuori questa storia, è irriconoscibile: va avanti a bicchieroni di caffè e le ricerche più impensate, è sempre nervosa e non parla di nient’altro se non del Formichiere. Sam, dal canto suo, può capire perché ne è ossessionata: probabilmente lui si comporterebbe allo stesso modo se avesse vicino il demone che ha ucciso la mamma e Jessica pur di non farselo scappare.
 
Allunga le gambe, lo scroscio dell’acqua che gli arriva forte alle orecchie. Dean si sta facendo una doccia. Anche lui ha i nervi a fior di pelle negli ultimi giorni, un po’ per questa situazione, un po’ perché è preoccupato per le sue visioni – anche se non vuole dargli la soddisfazione di ammetterlo – e probabilmente anche per la storia di Ellie e il fatto che, nonostante tutto quello che Jim le ha fatto, si ostini ancora con così tanta determinazione a voler far fuori chi glielo ha ucciso.
 
Sam non sa se hanno riparlato di quella storia, se finalmente hanno deciso di mettere da parte la questione e pensare solo al nemico comune. Sa solo che Ellie è uscita poco fa, prima che Dean andasse a lavarsi, dicendo di voler andare a fare una passeggiata e Sam pensa che non sia un’idea tanto cattiva quando chiude il suo laptop e si alza in piedi, dirigendosi verso la porta prima di aver stiracchiato le braccia verso l’alto.
È stanco di queste ricerche che non lo stanno portando a niente se non a farsi venire un esaurimento nervoso e, sebbene sappia quanto sono necessarie – perché più informazioni riescono a raccogliere su questo mostro, più saranno preparati quando ci sarà da affrontarlo –, stasera ha bisogno di una piccola pausa, perché poi sa che stanotte dovranno tornare su libri e computer e cercare ancora, o peggio, prendere la macchina per poi comprare qualche litro di caffè per riuscire a tenersi svegli e andare a perlustrare i magazzini che non sono riusciti ancora a vedere, ma adesso ha bisogno di un po’ d’aria fresca e di fare quattro passi.
 
Uscito dalla porta volta a destra e fa qualche passo, dirigendosi verso lo spigolo dell’edificio. Certo, la vede dura fare una passeggiata qua intorno, visto che, a parte fare il giro del parcheggio, non c’è molta altra strada da fare a piedi – a meno che uno non voglia rischiare la vita andandosi ad avventurare lungo la statale che costeggia il posteggio del motel –, ma è sempre meglio di niente. Continua a camminare, i passi lunghi e decisi e s’incuriosisce quando scorge un paio di lunghe gambe femminili fasciate da un paio di jeans chiari stese sul pavimento. Si avvicina cauto, per non spaventare chiunque si stia nascondendo lì – perché, per sedersi proprio in quel posto, questo doveva essere l’intento di questa ragazza – e, quando riesce a scorgerne il viso, rimane un po’ perplesso, perché si tratta di Ellie. Non si è ancora accorta di lui e ha la testa appoggiata al muro, gli occhi rivolti verso il cielo stellato; sembra stia riflettendo su qualcosa di più grande di lei a giudicare dallo sguardo perso e piuttosto triste. Alla sua destra, poi, Sam scorge una nuvoletta di fumo salire lenta e non fatica molto a immaginare da cosa provenga.

Era tanto che non la vedeva fumare. Non ha mai capito se il suo fosse un vizio o solo una cosa così per distendere i nervi, ma era certo che avesse smesso.
 
Ellie sta per portare la sigaretta già un po’ consumata alla bocca quando si accorge di averlo affianco e, forse presa dal panico, tenta di nasconderla, portando la mano dietro una coscia. Poi, però, quando realizza che è lui, stringe le labbra in una piega minuscola e mortificata. «Scusa, pensavo fosse Dean».
 
Sam le sorride appena. Capisce cosa vuole dirgli: probabilmente suo fratello le ha fatto delle storie per questa cosa ed è per questo che ora lei si nasconde.
Dean è una brava persona e si vede che le vuole un bene dell’anima, ma Sam lo conosce, e riconosce che delle volte sa essere un po’ assillante. E… autoritario. [5]
La guarda mentre si riporta la sigaretta alle labbra con non poca titubanza. «Posso sedermi qui con te?»
Lei annuisce decisa e sorride «Certo che sì» si scosta un po’ con il sedere per fargli posto e Sam si accomoda lì accanto, guardando il fumo denso uscire dalla sua bocca, lo sguardo di lei fisso sulle grosse mattonelle rosse del pavimento.
 
Segue un lungo istante di silenzio e Sam ne approfitta per guardarsi un po’ intorno: è ormai arrivata la fine di giugno e l’aria è calda, così come il pavimento sotto il suo sedere che è addirittura bollente; il cielo è brillante e sereno, senza neanche l’ombra di una nuvola e sono visibili un mare di stelle. È proprio una bella serata.
 
Si volta verso Ellie quando lei parla nuovamente, distogliendolo da ciò che stava guardando. Lei ha gli occhi ancora bassi «Non mi piace nascondere le cose a Dean. Io… io non voglio avere segreti con lui, però… però sono sicura che mi farebbe storie e non—»
Sam sa cosa intende dire e la interrompe prima che lei finisca la frase «Tranquilla, non gli dirò niente». Ellie lo guarda quasi incredula e lui si sente in dovere di aggiungere qualcosa «Sarà il nostro piccolo segreto, non preoccuparti».
Lei annuisce, un piccolissimo sorriso che le si disegna sulle labbra. Fa un altro tiro alla sigaretta «Questo non è mai stato un vizio, per me. Non lo è neanche adesso, ma… ma prima ho trovato il pacchetto nel borsone. C’era solo questa dentro, l’avevo… l’avevo lasciata per le emergenze. E sono così nervosa, Sam… ne avevo così bisogno». La guarda lasciar andare la nuvoletta di fumo dalla bocca e poi appoggiare nuovamente la testa al muro e chiudere gli occhi. Si vede quanto bisogno ha di sfogarsi per qualcosa che forse Sam non comprende fino in fondo, ma non ha alcuna importanza. Sa solo di aver voglia di ascoltarla. Continua a guardarla mentre lei riapre gli occhi e fa l’ultimo tiro per poi buttare il mozzicone lontano. Butta fuori un’altra nuvoletta prima di parlare nuovamente «Sono stanca, lo siamo tutti, io… io a volte penso che sarebbe stato meglio se avessi fatto da sola, se non vi avessi coinvolto».
 
Sam aggrotta le sopracciglia «È una caccia difficile, come pensi che avresti—»
«Non ha alcuna importanza. Almeno non mi avreste tra i piedi ad incasinarvi la vita» tira su col naso per poi leccarsi le labbra «Avete tanti di quei casini da risolvere, dovete cercare John e—»
«E lo faremo quando questa storia sarà conclusa» Ellie si volta a guardarlo, gli occhi pieni di confusione e Sam capisce perfettamente cosa vorrebbe dirgli. Ormai ha imparato a farlo perché in questo tempo passato insieme ha compreso che il suo sguardo è capace di confessare tanti segreti, tutto quello che le parole non riescono a dire. In questo, per certi versi, è tanto simile a suo fratello. Si schiarisce un po’ la voce, mantenendo il contatto visivo «Ascolta, so che volevi tirarci fuori dall’inizio, che pensavi che fosse pericoloso e volevi affrontare tutto da sola, ma non è la soluzione più giusta. Ci rimetteresti la pelle».
«Non parlo di questo» Ellie si morde appena il labbro «Ma tutta la questione di vostro padre… avete messo tutto da parte per me».
«Non è così» fa una piccola pausa, rendendosi conto che quello che sta per dire non l’ha confessato a voce alta nemmeno a suo fratello e neanche intende farlo, ma Ellie ha questo modo naturale di farlo parlare, Sam l’ha notato da un po’. Chissà se per Dean è lo stesso, se riesce a sciogliersi con lei per questo motivo. «La verità è che mio fratello ha ragione. Non troveremo papà finché lui non avrà intenzione di farsi stanare, perciò… perciò tanto vale cercare di fare quello che ci riesce meglio» lei continua a guardarlo intensamente negli occhi «Non sentirti d’intralcio. È giusto che tu risolva le tue cose e poi… e poi a Dean fa bene stare con te. È più sereno da quando viaggi con noi».
Ellie abbozza un sorriso, arrossendo debolmente. «Beh, quello non è solo merito mio» allarga il sorriso e Sam pensa di capire a cosa allude. «Quando l’ho conosciuto non era così. Ci ha messo tanto ad aprirsi con me. Probabilmente se ci fossi stato tu le cose sarebbero andate diversamente».
 
Non aggiunge altro; rimane in silenzio, portando le gambe al petto e stringendole con entrambe le braccia e Sam ne approfitta per chiederle una cosa che gli ronza in testa da un po’. «Tempo fa, Dean mi ha detto che… che sei stata tu a convincerlo a venirmi a cercare a Stanford».
Lei annuisce, la testa bassa e un debole sorriso a disegnarle le labbra «Non voleva rovinarti la vita che avevi costruito lì, ma io credevo fosse giusto che tu sapessi di John. Non me ne pento, ma… ma capisco che possa darti fastidio. Spero solo che tu non mi odi per questo».
Sam sorride davanti alla serietà con cui ha pronunciato quelle parole «Assolutamente no. Non pensarlo neanche» ed è sincero. Nonostante non si parlassero da tempo, sapere che papà non si trovava non l’ha lasciato indifferente, perciò è partito con Dean quando lui gliel’ha detto. Lei lo guarda nuovamente, l’ombra di un sorriso appena accennata sul suo viso «Ma se eri con Dean potevi venire anche tu. Voglio dire, voi due—»
Ellie scuote la testa decisa «Non c’entravo nulla. Era una cosa che dovevate risolvere da soli e poi… e poi la situazione tra me e Dean era parecchio incasinata. Dall’inizio, cioè… beh, non abbiamo capito subito di piacerci. E poi è stata dura ammetterlo» stringe le labbra in una linea sottile, portando una ciocca di capelli dietro le orecchie «Poi quando siamo diventati consapevoli di quello che ci stava succedendo, un malinteso ci ha separato per un anno, quindi… non so, era diverso. Anche quando ci siamo ritrovati è stato diverso e corrergli dietro non era il caso. Non so, credo che ci stiamo provando seriamente solo adesso».
 
Sam ascolta attento; né questo né il racconto di Dean sono stati il massimo della chiarezza, ma si sa che lui non è tanto bravo a spiegare certe cose, soprattutto quando ci sono di mezzo i suoi sentimenti. Lei, invece, ha deciso di riassumere tutto anziché esporre la cosa nei dettagli, ma alla fine non ha poi così tanta confidenza con Sam – anche se ci stanno lavorando giorno per giorno – quindi va bene così. Lui le sorride, portando le gambe al petto «Però, che storia travagliata».
Glielo dice con un tono ironico che la fa sorridere «Degna di un romanzo» la sua battuta fa ridere Sam e anche lei, che si ritrova a chiudere gli occhi e buttare la testa indietro in una risata liberatoria che sa di spensieratezza e tranquillità. Erano giorni che Sam non la sentiva ridere così; sicuramente cambiare discorso le ha fatto bene.
Quando riesce a smettere di ridere lo guarda attenta e torna più seria, dondolando un po’ «Tu come stai, invece?» stringe le labbra in una linea sottile «Ultimamente sono così presa dalle mie cose che non te lo chiedo mai, scusami».
Sam fa spallucce; nota spesso che Ellie lo osserva molto ed ha sempre pensato che, in un certo senso, fosse quello il suo modo per chiedergli come se la passa. «Non fa niente» abbozza un sorriso che di spensierato non ha niente e sospira forte, appoggiando meglio la schiena al muro. Non può mentire, intanto perché Ellie se ne accorgerebbe e poi perché non gli va di farlo, non con lei che è stata così sincera e aperta nei suoi confronti. «Sto bene. Voglio dire, fisicamente sto bene, ma sono… sono preoccupato per queste visioni. Io… vorrei saperne di più, ma non esistono libri che svelino come curare un problema simile, quindi… quindi temo che dovrò scoprirlo a mie spese, a suon di mal di testa e brutti sogni» sorride, cercando di indorare un po’ la pillola amara che è costretto a dover ingoiare da un po’. Ellie lo guarda negli occhi, con quel modo dolce e terrificante allo stesso tempo che farebbe crollare le insicurezze di chiunque. «Scopriremo quello che legava Anthony a te, così come l’abbiamo capito per Max Miller. Ne sono sicura, Sam» appoggia una mano sul suo braccio a mo’ di rassicurazione, poi si alza in piedi e continua a guardarlo, lo sguardo pieno di gratitudine «Sono contenta di questa chiacchierata. Mi piace parlare con te».
Lui le sorride «Anche a me».
 
*
 
Un paio di flash illuminano la sua visuale per un paio di istanti senza però riuscire a distrarlo dall’immagine che gli si para davanti agli occhi: su un marciapiede di Cowdrey, una cittadina a nove miglia da Walden, è sdraiata una ragazza con gli occhi spalancati e vitrei, i capelli castani scuri e un’espressione terrorizzata ancora stampata su quel viso pallido. Ha la bocca ancora aperta e non è l’unica parte del suo corpo ad esserlo, considerando che è stata trovata con metà delle viscere e un buco al centro del torace.
 
A giudicare dagli abiti piuttosto succinti – una minigonna nera che già a chiamarla mini le si fa un complimento per quanto è corta e un top fucsia ricoperto di paillettes che le fasciava il seno abbondante e le lasciava completamente scoperta la pancia –, si trattava chiaramente di una prostituta. Nella borsetta non ha documenti e quello che a Dean viene in mente semplicemente guardandola è che sia capitata nel posto sbagliato nel momento più sbagliato possibile: in un vecchio vicolo puzzolente, passaggio perfetto per un mostro veloce, affamato e piuttosto confuso.
 
Si avvicina al coroner, lo stesso uomo basso e tarchiato che hanno incontrato subito dopo la scomparsa di Anthony Collins, e si lecca le labbra prima di parlare. A giudicare dal suo sguardo perso e fisso sul cadavere, è decisamente più sconvolto dell’altra volta. «Niente autopsia neanche stavolta, immagino».
Se fosse stata di un altro umore, Ellie – in piedi accanto a lui, gli occhi tristi e fissi sull’immagine di quella prostituta sventrata – lo avrebbe guardato male ad una battuta simile – piuttosto acida e risentita, ma dopo la superficialità con cui li ha accolti poco più di una settimana fa è il minimo che potesse fare –, invece non lo fa, non dice nulla e Dean pensa di saperne anche il motivo. Sam, invece, non perde l’occasione per tentare di insegnargli le buone maniere e lo guarda col cipiglio alzato. A Dean, comunque, poco importa.
Il medico legale si sistema gli occhiali sul naso con un dito e fa un grosso sospiro. «Temo che non ce ne sarà bisogno neanche stavolta, no».
Sam si schiarisce la voce «Qualche indizio sull’identità della vittima?»
L’uomo scuote la testa «Non che io sappia e, francamente, non è compito mio scoprirlo».
 
Si allontana da loro che non rimangono a lungo. In fondo, non ne hanno bisogno: sanno benissimo cosa ha attaccato quella prostituta anonima e perché.
 
Tornano alla macchina in silenzio; Ellie cammina a testa bassa, la coda di cavallo che ha fatto in fretta e furia un po’ scompigliata dal venticello che tira e il completo nero che le calza a pennello. Dovrebbe averlo preso da poco, Dean non ricordava di averglielo mai visto.
Si rivolge a Sam, anche lui vestito di tutto punto con un completo grigio scuro sopra una camicia bianca e una cravatta celeste «Che ne pensi?»
Suo fratello stringe le spalle «Che siamo arrivati tardi».
Dean sbuffa «Intendevo dire a parte le cose ovvie».                        
Sammy fa nuovamente spallucce «Beh… dev’essere parecchio spaesato per aver fatto una cosa così, per essersi nutrito di una ragazza praticamente in mezzo alla strada. Vero che era nascosta, ma… non so, mi sembra proprio fuori rotta».
Dean espira dal naso e si volta alla sua destra per guardare Ellie che cammina ancora a testa bassa. L’attira a sé, mettendole un braccio intorno alle spalle e continuando a camminare. «Hai visto? Te l’avevo detto che non ci era sfuggito».
Ellie tira su col naso «Sì, peccato che un’altra persona ci abbia rimesso la pelle».
Il suo tono è un misto tra il malinconico e l’arrabbiato, ma Dean non si lascia scoraggiare; la stringe un po’ più forte «Lo so, ma almeno sappiamo che è nei paraggi» le sorride appena nonostante lei non lo guardi e la bacia sulla tempia sinistra.
 
Sono passati un altro paio di giorni da quando hanno avuto quella chiacchierata, ma l’atmosfera è ancora abbastanza tesa tra di loro. Dean cerca di essere più affettuoso, più… se stesso – perché non si può dire che sia appiccicoso nei suoi confronti –, ma non ha ancora capito se questo “nuovo” atteggiamento faccia piacere ad Ellie o no. È sempre più nervosa, costantemente sulla corda e bisogna stare attenti a quello che le si dice perché potrebbe scattare come una molla, un po’ come faceva all’inizio, quando non voleva neanche rivolgergli la parola. Non sono più a quei livelli di non sopportazione, chiaramente, infatti Ellie non si scosta la sera quando Dean le si avvicina e la stringe sotto le coperte – anche se sempre con un po’ di titubanza, vista la situazione – e sembra capire che sta cercando di riportare un equilibrio tra di loro, che vuole starle vicino perché è ciò che merita di più.
 
Ha capito che non le è andato giù il discorso che le ha fatto, soprattutto l’idea che John se la sia presa in quel modo con lui “per causa sua”. In realtà lui voleva solo farle capire che questo essere un po’ violenti, anche verso i propri cari, è un po’ una parte stessa dell’essere cacciatori, soprattutto dei loro padri che hanno tanta di quella rabbia nei confronti di quegli esseri – soprattutto John – da volerla trasmettere anche ai loro figli.
Poi, in realtà, i due non ci sono riusciti poi così tanto: Ellie, nonostante sia più agguerrita e meno compassionevole delle prime cacce, non prova odio per i mostri e lo fa più per dovere che per rabbia o per un desiderio di vendetta – Formichiere a parte, chiaramente – che forse Jim non ha neanche provato ad inculcarle; Sam, invece, ha anche provato a scappare da questa vita e Dean talvolta pensa che vorrebbe ancora farlo. L’unico che ha assorbito di più questo tipo di insegnamenti di John è senza dubbio lui, che detesta qualsiasi essere malvagio si nasconda dalla luce del sole, sia che strisci o che cammini e forse – anzi, senza ombra di dubbio – è quello che riesce a comprendere meglio il padre e le sue attitudini. Per questo l’ha perdonato quando hanno avuto quello screzio, perché ha capito che il problema di fondo non era Ellie, ma il fatto di non avergli portato rispetto, una cosa a cui papà ha sempre tenuto. Non era lei il problema allora e vorrebbe farglielo capire, ma non sarà semplice per lui riprendere il discorso. Spera di farlo, prima o poi.
 
Certo, questo non significa che tutta questa faccenda non lo preoccupi – l’idea che ora Ellie sta insieme a lui e non è sicuro che papà la manderà giù quando tornerà –, ma non vuole pensarci ora. Ha problemi molto più grandi da risolvere.
 
S’incamminano verso l’Impala e si dirigono nuovamente al motel, riprendendo velocemente le ricerche. Ormai lo schema da seguire è a loro ben noto: cercare tutti i possibili posti dove il Formichiere potrebbe nascondersi – soprattutto magazzini, abbandonati e non –, evidenziarli sulla cartina e poi prendere la macchina e andare a perlustrare le zone segnate.
Ormai sono diventati esperti perciò si muovono come di consuetudine: Sammy fa una ricerca al computer, Ellie e Dean verificano che i luoghi trovati corrispondano a dei punti precisi sulla mappa – anche questa presa in un autogrill di passaggio – e li cerchiano con un pennarello rosso. Dean, poi, chiaramente si occupa di guidare quando si tratta di andare a vedere se il dannato mostro si nasconde in un dato posto.
 
Prima di pranzo – composto da un misero panino – sono già cinque le zone evidenziate e Dean non vede l’ora di andare in avanscoperta perché ha la netta sensazione che il mostro sia più vicino di quanto pensano.
 

[1] Cercando in internet, gli strumenti che ho trovato che usano i veterinari sono degli appositi fucili lancia siringhe. Non ho trovato né foto né notizie di pistole che hanno lo stesso utilizzo, ma se non esistono diciamo pure che mi sono presa una piccola licenza XD
[2] Utensile usato per affilare coltelli. Per le affilature a mano, solitamente si tratta di una lastra rettangolare.
[3] Riferimento all’episodio 1x18 “Something wicked” e al caso trattato in esso.
[4] Riferimento all’episodio 1x02 “Wendigo” e al discorso che fa Dean a Sam nel bosco, quando pronuncia il famoso “saving people, hunting things, the family business”.
[5] Piccolo riferimento alla discussione che hanno i Winchester nell’episodio 2x11 “Playthings”, quando Sam è ubriaco.

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Capitolo 16
*** Everything must have an end ***


Note: Eccomi qui!
Due paroline al volo: intanto spero che il capitolo vi piaccia. C’è tanta roba e c’ho messo tutta l’anima (e forse anche di più) per scriverlo. Spero che il risultato vi sembri soddisfacente. Io ho un’ansia che non vi dico *si nasconde*
Seconda cosa, la prossima settimana Ellie non ci sarà. Ha detto che deve fare l’albero e quindi sarà un po’ impegnata XD no, a parte gli scherzi, evito di ammorbarvi il giorno di Santo Stefano, quindi ci vediamo il mercoledì successivo, ovvero il 2 gennaio :)
Ne approfitto, dunque, per augurarvi buonissime feste! (spero di tornare prima del 2 con una cosina ma ancora non so, quindi mi avvantaggio XD)
Un abbraccio fortissimo, a presto! :**

Capitolo 16: Everything must have an end
 
And how you tried to make it work
Did you really think it could?
How you tried to make it last
Did you really think it would?

 
(Famous final scene – Bob Seger)
 
 
Siede sul divanetto della stanza che finalmente si sono decisi a cambiare, il gomito destro appoggiato sul bracciolo e la mano a sorreggere il cellulare che ha appoggiato all’orecchio. La gamba sinistra piegata su quella destra, ascolta attentamente le parole di Bobby, all’altro capo del telefono.
 
«Quindi non hai consigli? Non… non credi che ci sia altro da fare?»
La voce di Bobby gli arriva stanca, seguita da un grosso sospiro «Figliolo, cosa vuoi che ti dica? Io credo che stiate facendo ciò che è giusto… con una creatura del genere c’è poco da fare oltre ad andare per tentativi e fare appostamenti. Piuttosto, cercate di stare attenti quando lo troverete… Caleb me l’ha descritta come una bestia immonda».
«Sì, anche Ellie» i suoi occhi si posano su di lei che, seduta accanto al tavolo, lo guarda accigliata, le braccia conserte.
Non è stata d’accordo con questa sua scelta di chiamare Bobby e chiedergli un consiglio su tutta questa storia. Dean non ci ha visto niente di male, soprattutto considerando che l’ha fatto spesso anni indietro, ma Ellie non voleva coinvolgerlo e si è arrabbiata, molto più di quanto avrebbe dovuto.

È sempre più nervosa, a maggior ragione adesso che si sente a un passo dal far fuori quel maledetto.
Questo non ha fermato Dean dal chiamare Bobby, però, perché è convinto che abbiano bisogno di tutto l’aiuto possibile per portare a termine questa cosa che si è rivelata decisamente più difficile del previsto – almeno per lui.
 
Sbuffa aria dal naso, stringendo gli occhi con l’indice e il pollice della mano sinistra. «Va beh, se pensi che ce la stiamo cavando bene è già qualcosa».
«Vuoi che venga lì? Avete bisogno di una mano?» a quelle parole, Dean si volta nuovamente verso Ellie che è accigliata, il pugno chiuso della mano destra su cui appoggia la testa, il gomito sul tavolo, gli occhi rivolti su un foglio di carta e un’espressione sconsolata sul volto. Gli farebbe comodo una mano in più, senza dubbio, ma Dean teme che poi lei faticherebbe a perdonarlo se trascinasse Bobby ancora di più in questa cosa. Non si dà ancora pace per aver coinvolto loro, figuriamoci aggiungere un’altra persona a lei cara alla rosa di possibili morti ammazzati da quel mostro immondo.
«No, tranquillo. Ti faccio sapere quando lo facciamo fuori».
«Sì, tienimi aggiornato. E state attenti».
«Come sempre».
 
Chiude la chiamata, appoggiando il telefono sul divano, alla sua sinistra. Sammy, seduto accanto ad Ellie ma girato di spalle, si volta verso di lui «Che ha detto?»
Dean si passa la mano destra sulla bocca «Niente che non sapevamo già. Dice che… che dobbiamo continuare a cercare».
 
Ellie alza la testa e lo guarda male, come a rimproverarlo per averlo chiamato quando non gli ha detto niente di nuovo, ma non pronuncia una sola parola. Dean avrebbe tanta voglia di dirle che l’ha fatto per lei, per accelerare un po’ i tempi di questa caccia che li sta logorando, ma non lo fa quando vede Sam – ancora voltato nella sua direzione con le mani a stringere il bordo della sedia – scuotere lievemente la testa e guardarlo in modo strano per intimargli di non parlare.
Deve aver capito solo guardandolo che stava per fare una cazzata e non c’è da stupirsi: Sammy ha sempre avuto questi “poteri”. Il suo intento è chiaramente quello di non generare un’altra tempesta; effettivamente ne hanno già avute parecchie in questi ultimi giorni, meglio evitare di aggiungerne altre.
 
Ellie si è appoggiata molto a Sam in questi giorni e non solo per farsi aiutare nelle ricerche. L’altra sera, ad esempio, sono stati più di mezz’ora fuori a chiacchierare mentre Dean si faceva una doccia e chiaramente non può che esserne contento. Fortunatamente vanno parecchio d’accordo e stanno legando sempre di più e, sotto questo punto di vista, non poteva desiderare di meglio.
 
Dopo aver mangiato, sono tornati a Walden per riprendere le loro cose e si sono “trasferiti” qui, nel più piccolo motel che abbiano mai visto: è praticamente composto da un solo piano suddiviso in sei o sette stanze che, a giudicare dall’esterno, sembrano una più piccola dell’altra. Quando sono entrati in una di esse, la sensazione è stata pienamente confermata: appena l’ingresso, sulla destra c’è il divanetto su cui è seduto Dean adesso; di fronte, i due letti che sono quasi attaccati tra loro, tanto da fargli rischiare di doverli appiccicare per guadagnare un po’ di spazio. Più avanti, alla sinistra del secondo letto, c’è la porta per il bagno e, in fondo alla stanza, il tavolo di legno chiaro con quattro sedie intorno.
Non c’è neanche un armadio, perciò Ellie non ha potuto perdere il solito quarto d’ora abbondante per togliere tutti i suoi vestiti dal borsone e metterli a posto lì dentro, ma non pensa che l’avrebbe fatto, troppo presa dal provare a controllare le ultime cose prima di stasera, quando riprenderanno l’Impala e andranno a controllare nei posti segnati con le croci rosse sulla cartina. Sono tornati qui apposta.
 
L’atmosfera è parecchio tesa. In un certo senso, Dean si sente come in un film d’azione, quando si percepisce nell’aria che il cattivo è vicino. Forse sono le spalle concentrate di suo fratello a farglielo pensare – perché, a giudicare da come sta piegato in avanti, può già immaginare quale sia la sua faccia: cupa, gli occhi bassi e la fronte aggrottata – o il viso scuro di Ellie che Dean, per certi versi, non riesce a capire. All’inizio, paura a parte, era molto più agguerrita, più determinata a trovare il mostro che ha fatto a brandelli suo padre; ora, nonostante siano sempre più vicini, è più spenta, meno… reattiva di come dovrebbe essere. Dean vorrebbe parlarle e affrontare il problema, perché inizialmente era solo una sensazione che aveva addosso, adesso invece è molto più forte; evita solo perché non vuole un’altra sfuriata, un altro litigio. Non pensa che le faccia bene, soprattutto in un momento delicato come questo.
 
Le sei del pomeriggio arrivano in un battibaleno ed ora Dean è seduto al tavolo insieme a loro, tra Ellie e suo fratello. Osserva le carte sparse lì sopra: tutti gli appunti che aveva raccolto Jim durante le sue indagini, il diario di papà, i nuovi fogli scritti da Ellie, aggiunti alla pila di quelli del padre… è tutto lì, il lavoro di giorni e giorni e Dean, a fissare quelle carte, si sente ancora di più alla resa dei conti. Magari si sbaglia, ma ha questa sensazione addosso che gli dà una grande carica.
 
Guarda suo fratello che ha gli occhi fissi su un paio di fogli, i capelli castani che dalla fronte gli ricadono sul viso. «Che dite, andiamo a mangiare qualcosa? Così prendiamo un thermos di caffè e andiamo a cercare quel figlio di puttana».
Ellie stringe le spalle «Io non ho fame».
Dean la guarda un po’ sconsolato «Non ti fa bene saltare i pasti. E avremo una lunga nottata, non—»
«L’idea mi mette ancora meno fame» inspira forte e lo guarda un po’ mortificata «Non insistere, per favore».
Dean stringe nuovamente le spalle, le labbra tirate in una linea sottile; almeno non gli ha urlato contro. Il suo umore è un’altalena continua, ultimamente, e Dean spera che una volta risolta questa faccenda si torni alla normalità, perché non riesce a starle dietro.
Sicuramente adesso fa così perché, anche lei, non ha voglia di discutere ancora. L’hanno fatto troppo spesso di recente.
 
Segue un silenzio lungo qualche minuto ed è Sam a interromperlo con un paio di colpi di tosse. «Beh credo che dovremmo… pensare a un piano».
Ellie arriccia il naso, stringendo le spalle «Io l’ho già fatto» punta gli occhi su Sam, poi su Dean e viceversa. Prende fiato «La notte che… che papà… » deglutisce, abbassando lo sguardo per qualche istante per poi guardarli di nuovo dopo aver preso fiato «Insomma, noi… noi avevamo deciso di rinchiudere il Formichiere nel capanno del bosco dove vagava. Caleb avrebbe fatto da esca mentre io e papà avremmo aspettato lì per chiuderlo dentro. Poi io mi sarei occupata del bambino e l’avrei portato in salvo, come ho fatto. Anche se non ce la siamo cavata tutti come speravo» si morde le labbra; è visibilmente nervosa. «A parte un paio, i magazzini che abbiamo trovato sono tutti situati nei pressi della riserva [1], per questo ho pensato di procedere così: uno di noi si addentra nel bosco, un altro rimane fuori a chiudere la porta del magazzino per intrappolarlo e il terzo aspetta all’interno, così da cogliere il Formichiere di sorpresa e sparargli una prima siringa piena di veleno. Dobbiamo essere veloci, l’effetto non durerà a lungo».
Dean si lecca le labbra, pensieroso. Sembra un buon piano. Osserva suo fratello Sam, anche lui pare stia riflettendo su ciò che Ellie ha appena detto. Poi la guarda di nuovo «Non mi sembra una cattiva idea».
«Sì, infatti. Spareremo tutti e tre le siringhe. Più veleno avrà in circolo, più rimarrà addormentato» anche Sam è dalla parte di Ellie che annuisce, gli occhi bassi.
 
Dean continua ad osservarla, un’espressione seria dipinta sul volto; sa che quando Ellie fa così ha qualcosa da nascondere e ha paura di scoprire cosa non vuole dirgli.
La guarda alzare la testa, gli occhi ancora rivolti sul legno del tavolo. «Io… io andrò dentro il magazzino. Voglio essere pronta quando lo intrappoleremo e voglio… voglio essere io a farlo fuori».
 
Dean espira dal naso, le labbra strette in una linea sottile. Se lo aspettava, l’aveva capito dal primo momento che hanno intavolato questo discorso che sarebbe venuta fuori una cosa del genere e non sa se arrabbiarsi o provare a capire, perché sa benissimo che Ellie ha assoluto bisogno di avere vendetta e di portarla a termine da sola, ma non vuole che corra alcun pericolo.
Ellie lo fissa e Dean non può continuare a rimanere in silenzio. Stringe la mascella, nervoso, e deglutisce. «Non sono d’accordo».
Lei lo guarda negli occhi «Con cosa? Perché sul fatto che voglio farlo fuori di persona sono irremovibile. Voglio… voglio essere io a stenderlo».
Dean guarda Sammy che, in questo momento, ha la classica faccia da attento a come parli, fratello, perché potresti far scoppiare il finimondo. È d’accordo con lui, per una volta, perciò cerca di andarci piano, ma non può fare a meno di dire la sua perché è una faccenda importante. «L’hai detto tu che quella bestia è veloce e imprevedibile e per di più è fuori controllo. Non possiamo prevedere come si comporterà con—»
«L’alternativa è che io faccia da esca. Dimmi cosa preferisci» non c’è nessuna inflessione sulla sua voce, neanche un tremolio, nulla. È così decisa da mettere i brividi a Dean che deglutisce nuovamente, rendendosi conto che non riuscirà mai a convincerla a cambiare idea. Ellie si avvicina appena, gli occhi decisi nei suoi «Senti, ti… ti fidi di me?» lo guarda così intensamente che Dean si sente quasi tremare. Sposta lo sguardo su suo fratello che ora è più rassegnato che preoccupato e, anzi, ha la netta sensazione che si senta di troppo, perché Ellie lo guarda in modo così intenso, come se vedesse solo lui e nessun altro in questo momento, tanto che Dean si sente quasi in imbarazzo. Deglutisce e la guarda ancora; lei non si muove, ha lo stesso sguardo magnetico rivolto verso di lui che annuisce con decisione.
 
Sì, si fida. All’inizio non sapeva perché uno come lui – che ha sempre diffidato delle persone in generale, soprattutto quelle al di fuori della sua famiglia – stimasse tanto una ragazzina frizzante e stravagante che però sembrava capirlo fino in fondo. Non sapeva perché, ma sentiva che era giusto, che la fiducia cieca che nutriva nei suoi confronti Ellie se l’era guadagnata col tempo e che si meritava qualcosa di così importante e prezioso. Adesso, invece, il perché gli è più chiaro: gli è stata vicina nel momento in cui ha avuto più bisogno di qualcuno, ha saputo sostenerlo quando non c’era nessun altro a farlo e l’ha ascoltato quando Dean si sentiva fragile e solo, quando la mancanza di Sammy l’aveva ridotto allo stremo delle forze. Perciò sì, in un modo molto contorto e forse poco comprensibile, si fida davvero di lei che piega le labbra in un sorriso minuscolo, quasi impercettibile. «Allora… allora lasciami fare. Ho… ho pensato a questo piano da tanto e ho tutto sotto controllo. Non farò nessuna sciocchezza, te lo prometto».
 
Dean stringe appena le spalle; sa di non poterle impedire praticamente nulla: è la sua vendetta ed è giusto che sia lei a compierla, ma non riesce a non preoccuparsi.
Ellie lo guarda ancora, come in attesa di una sua obiezione che, invece, non arriva. L’unica cosa che aggiunge è «Allora sarò io l’esca» e lei lo fissa stralunata mentre Dean le sorride spavaldo, alzando una mano nella sua direzione prima che lei possa dire qualsiasi cosa. «E non accetto un no come risposta».
 
Non prenderà neanche in considerazione l’idea di ripensarci: non è per spirito di sacrificio o stronzate simili che ha preso una decisione del genere, ma piuttosto perché questo è il suo modo di rendersi utile, di proteggere due delle persone che ha più care al mondo. Che non sono molte di più, quindi a maggior ragione deve tenersele strette.
 
Sam prova a intervenire «Ma Dean—» e lui lo blocca subito «Senti, se è pericoloso per me, lo è anche per voi. Non posso sapere cosa farà quel figlio di puttana quando vi vedrà, almeno posso provare a limitare i danni» sorride sghembo, cercando di placare la loro preoccupazione «E poi corro più velocemente di voi schiappette». Nessuno dei due sorride; anzi, Ellie lo guarda più preoccupata di prima e Dean allunga una mano nella sua direzione, per stringerle il polso sinistro «Sammy lo sa e anche tu: ho ucciso cose più grandi di questa, me la caverò».
Il suo sguardo è puramente di rimprovero «Non fare il gradasso. Sei bravo, è vero, ma questa cosa ha fatto fuori papà e anche lui sapeva il fatto suo. Non c’è da scherzare, è pericoloso».
Sorride più convinto «Ce lo hai già detto».
«Sì, ma… ma io non voglio che voi ci rimettiate la vita. Se vi succede qualcosa—»
Dean stringe il suo polso un po’ più forte «Ne abbiamo parlato un’infinità di volte. Andrà. Tutto. Bene». Lei continua a fissarlo non tanto convinta, ma lo è lui per tutti e due. Andrà tutto bene davvero. Deve andare bene, perché se succedesse qualcosa a lei o Sammy sotto il suo controllo non se lo perdonerebbe mai.
 
*
 
La notte è arrivata prima del previsto per Dean. Forse perché, dopo il fatidico discorso tu ti occupi di questo e quest’altro e mi raccomando cerchiamo di uscirne vivi, lui e Sam hanno cenato e, insieme ad Ellie, hanno parlato di argomenti un po’ più leggeri. Innanzitutto per scaricare la tensione – o almeno provarci, che dalla faccia di Ellie si vede lontano un chilometro che è preoccupata perché sta per affrontare qualcosa di grosso – e per non focalizzare troppo l’attenzione su ciò che li aspetta. Si stanno preparando da settimane, deve andar bene per forza. Sanno più cose di quante ne sapeva Jim quando è morto, quindi Dean, in un certo senso, si sente sicuro. Nonostante la paura fottuta che sente alla sola idea che Ellie voglia uccidere quel coso con le sue mani – è vero che cercheranno di addormentarlo, ma non hanno idea di quanto potrebbe durare l’effetto del veleno e, data la velocità di quella bestia, corre un grandissimo rischio ad avvicinarsi tanto –, ha il sentore che ce la faranno. E spera seriamente di non sbagliarsi.
 
Sono partiti con l’Impala già da una mezzoretta. Fortunatamente, Cowdrey non è una metropoli, perciò non sarà difficile perlustrare le zone cerchiate di rosso in tempi utili.
Al suo fianco, come sempre, c’è Sam che, con la cartina spiegazzata in mano, lo guida e dietro Ellie che è rimasta in silenzio da che sono saliti in macchina. Il suo atteggiamento è strano rispetto al solito, ma Dean non può dirle nulla. Sa che è nervosa e che ha paura che finirà male – più per loro che per lei, Dean ne è certo. Spera solo che questo nervosismo non la induca a fare qualche sciocchezza, che sia ferma, risoluta e decisa come è stata nelle ultime cacce, dove Dean ha visto proprio una differenza nel suo atteggiamento nei confronti dei mostri da far fuori. Stanotte a maggior ragione dovrebbe essere aggressiva e non permettere alla paura di paralizzarla; spera vivamente che non succeda, che se la cavi al meglio. Vuole darle fiducia, la stessa che lei gli ha chiesto con quello sguardo sicuro e combattivo. E poi, se qualcosa dovesse andare storto, sarà ben felice di intervenire.
 
Cominciano dal posto più vicino al luogo dell’ultimo delitto. Dean chiude lo sportello alle sue spalle e si guarda intorno: il cielo è una cupola scura sopra le loro teste e il piccolo spiazzo di terra dove ha parcheggiato l’Impala si dipana davanti ai suoi occhi, trasformandosi in un piccolo sentiero che si inoltra tra gli alberi, per lo più alti abeti. [2] Alla sua sinistra, un vecchio capannone dismesso a qualche metro dalla macchina, con il tetto grigio pieno di buchi e la porta scorrevole spalancata che non si sa come faccia a tenersi sulle guide per quanto è malridotta. Un posto perfetto per far fuori un mostro pezzo di merda.  
 
Si dirige verso il bagagliaio e lo apre mentre Sam ed Ellie smontano dall’auto e lo affiancano, gli occhi di entrambi fissi sul doppiofondo aperto e tenuto su da un fucile. Dean apre un sacco marrone chiaro dove prima di partire hanno riposto tutte le armi di cui hanno bisogno e se le spartiscono in silenzio, sapendo già quale spetta ad ognuno. Sam e Dean, oltre alle pistole di sempre, tengono a portata di mano quella per il veleno e un fucile a testa già caricato; Ellie, invece, in più ha il coltello di suo padre che infila nello stivaletto destro. Lo sfoggerà alla fine, per colpire il cuore di quel maledetto e la sola idea gli mette tanta ansia. Non vuole darlo a vedere, soprattutto non vuole scoraggiare Ellie che è determinata a porre fine a questa storia una volta per tutte, perciò non le dice nulla mentre la guarda con la coda dell’occhio, il cuore che gli martella nel petto al pensiero di quanto stanno rischiando. Ricaccia indietro i brutti pensieri – o almeno ci prova – e passa a lei e a Sam le loro rispettive cartucciere piene di un numero imprecisato di siringhe.  
 
Mette il fucile a tracolla e si volta verso Ellie che ha la testa ancora bassa mentre allaccia la sua cintura e vi infila un altro paio di siringhe «Pronta?» lei annuisce senza guardarlo, gli occhi bassi, e Dean sposta lo sguardo sul fratello che lo guarda comprensivo. Ha già capito cosa vuole domandargli e infatti non fa storie quando Dean semplicemente gli chiede «Ti… ti dispiace darci un minuto?»
Sam non dice niente, si limita ad abbozzare un sorriso prima di allontanarsi un po’, accendendo la torcia e incamminandosi più avanti, alla ricerca di qualche traccia.  
 
Quando Sammy è abbastanza lontano da non poterli più sentire, Dean si volta verso di lei e la trova ancora nella stessa posizione, con la testa bassa e gli occhi fissi sul doppio fondo dell’Impala. Le si avvicina e allunga la mano destra verso di lei per sollevarle il mento e fare in modo che lo guardi. Ellie non oppone resistenza e Dean la osserva a fondo, scrutando nei suoi occhi che sono un po’ spenti, stanchi. Non sa cosa darebbe per vederli accesi e brillanti come un tempo, come quando era solo una ragazzina stramba e spensierata – anche se, sotto sotto, bolliva tutt’altro – il cui unico pensiero era quello di rendere orgoglioso quel bastardo del suo papà. Chissà se, una volta chiuso con questo maledetto mostro, tornerà quella di una volta. Dean lo spera con tutto il cuore.
 
Abbozza un sorriso, spostando la mano più su per accarezzarle la guancia sinistra. «Lo sai che andrà tutto bene, non è vero?» Ellie lo guarda senza rispondere, accostando più il viso alla sua mano, come una gatta alla ricerca di coccole. «Stasera o domani o quando sarà, faremo fuori quel pezzo di merda e andremo a festeggiare. Io, te e Sammy, perché filerà tutto liscio. Tutto quanto». Ellie sorride mesta a quelle parole e chiude gli occhi un lungo istante. Quando li riapre non è cambiato niente e continua a non rispondergli, a non dirgli nulla; si limita solo a guardarlo. Dean comprende che è tanto tesa e che l’ansia che sta sicuramente provando, così come la paura di fallire o, peggio, di non trovare proprio il Formichiere, non l’aiuta, così si fa più audace, cercando di trovare le parole giuste per scioglierla un pochino, per tranquillizzarla. Deve stare calma e concentrata se vuole portare a termine questa cosa. Fa un altro passo in avanti, gli occhi di Ellie addosso; le prende le mani tra le sue e le fissa, cercando di farsi coraggio e parlare di qualcosa che voleva dirle da un po’. «Ricordi quando… quando ci siamo scontrati da Bobby e mi accusavi di fregarmene della morte di tuo padre?»
Alza la testa per guardarla negli occhi e la vede annuire e schiudere le labbra per rispondergli. «Dean, ti sei già scusato, per questo e per le altre cose, non c’è bisogno di—»
«Fammi finire» accarezza il dorso delle sue mani con dolcezza, prendendo un bel respiro «Beh, ecco, non è proprio così. Jim non era una delle mie persone preferite al mondo, soprattutto quando ho visto come trattava te e… e di certo l’opinione che avevo di lui non è migliorata quando mi hai detto cosa ti ha fatto. Ed è vero, forse mi dispiace più per quello che stai passando tu che per lui, anche se lo conoscevo da tanto. Ma, se non stanotte, sono convinto che presto avrai la tua vendetta e… » prende ancora fiato, stringendo di più le sue mani, gli occhi di lei attenti e concentrati sul suo viso, le orecchie tese per captare ogni parola «E volevo dirti che ammiro molto quello che stai facendo per lui. E il fatto che tu sia riuscita a perdonarlo nonostante quello che ti ha fatto. Forse non riuscirò mai a capire come hai fatto, ma ti ammiro, davvero» sorride appena e vorrebbe aggiungere qualcos’altro, tipo ripeterle che non deve preoccuparsi perché non ci rimetterà la pelle e neanche Sammy, che staranno attenti e se la caveranno, ma non riesce, e non solo perché Ellie lo guarda intensamente, gli occhi fissi nei suoi. Deglutisce, cercando di allentare il groppo alla gola senza riuscirci e lei non dice nulla, semplicemente si avvicina e si alza sulle punte per poi stampargli un bacio sulle labbra. È il suo modo di ringraziarlo, Dean non ha alcun dubbio a riguardo.
 
Si scosta appena dopo un lungo istante e lo guarda, spostando le mani dalla sua presa e appoggiandole sul suo petto. Si morde le labbra e stringe entrambi i lembi della sua giacca di pelle tra le dita, mettendoli vicini e facendoli combaciare. Non lo guarda, la testa bassa, e a Dean non sfugge che è nervosa, le dita un po’ tremolanti sulla stoffa.
 
La vede sorridere appena «Anch’io devo dirti delle cose» si lecca le labbra «Innanzitutto, grazie per tutta la pazienza che hai avuto con me in questo periodo. Dopo tutto quello che ti ho fatto non meritavo niente, invece non mi hai abbandonata» alza gli occhi e il suo sorriso è un po’ più convinto adesso, ma non troppo «Grazie davvero».

Dean afferra le sue braccia e le stringe. Vorrebbe dirle che ne hanno parlato un milione di volte e che il dolore che sentiva è praticamente sparito adesso, rimpiazzato da qualcosa di più dolce e dal calore del suo affetto e delle sue carezze, che tutto quello che stanno passando insieme ha cancellato tutto, ma c’è qualcosa di strano nel tono di Ellie, nel modo in cui gli sta dicendo quelle cose ed è che vuole porre l’attenzione. «Cosa stai cercando di dirmi?»
Lei lo guarda e nei suoi occhi Dean legge un po’ di confusione, ma poi le si disegna un sorriso mesto sulle labbra «Non ti sfugge niente».
Dean scuote la testa «No, visto che mi stai parlando come se fossi convinta che è l’ultima volta che mi vedi».
Ellie si lecca nuovamente le labbra; il suo sorriso svanisce «Siamo arrivati alla resa dei conti… spero. Voglio far fuori quello schifoso» la sua voce è sicura e incazzata e Dean annuisce, stringendo le sue braccia più forte «E… beh, non so come andrà a finire. Perché voglio farlo fuori ad ogni costo».
Lui dapprima stringe gli occhi, cercando di capire con precisione a cosa sta alludendo, poi li allarga quando comprende quello che vuole dirgli. «No, non ci pensare neanche. Te lo lascerò far fuori, ma questo non significa che ci dovrai rimettere la vita perché farò di tutto per—»
Ellie appoggia una mano sulle sue labbra, zittendolo. «Lo so. C’è la possibilità che qualcosa possa andare storto, però» scosta la mano da lì, trasformando quel gesto in una carezza sulla sua guancia sinistra. «C’è sempre, Dean. Lo devi mettere in conto».
«Non stavolta. Andrà tutto bene e tu tornerai indietro tutta intera, con me e Sam».
«Potrebbe succedermi qualcosa. Fa parte del gioco».
«No, invece».
Ellie sorride appena, una strana tristezza traspare dai suoi occhi «Dean, quel mostro ha ucciso papà. Che speranza ho io di farla franca?»

Gli occhi le brillano di commozione e sbatte le palpebre più velocemente, come se stesse per scoppiare a piangere. Continua a non avere fiducia in se stessa quando ha affrontato cose altrettanto grandi da sola e ora ha chi può aiutarla, perciò deve solo stare tranquilla. Dean sa che questo mostro le fa particolarmente paura perché ha ucciso suo padre, ma ce la possono fare. Hanno fatto un sacco di ricerche e sanno come comportarsi e affrontarlo. È pericoloso, ma staranno attenti.
 
Le prende il viso tra le mani «Tuo padre era un grande cacciatore, è vero. Ma tu non sei da meno» Ellie fa per dire qualcosa ma Dean non la lascia parlare «Ricordi com’eri quando ti ho conosciuta? Sapevi tante cose, ma non avevi idea di come colpire un nemico o come uccidere qualcosa. Avevi tanta grinta, però, e non ti sei data per vita. Guardati adesso: sei brava perché hai dato il meglio di te e hai sputato sangue pur di migliorare e posso assicurarti che ci sei riuscita. Perciò per una volta fidati: non ci succederà niente».
 
Ellie lo guarda, gli occhi ancora lucidi e forse non è convinta al cento per cento, ma sentire quelle parole le ha fatto bene, Dean ne è sicuro.
Annuisce dopo un po’, tirando su col naso. «A prescindere da come finirà, però, io voglio che tu sappia due cose. La prima è che queste ultime settimane insieme sono state bellissime» gli sorride, sincera e un po’ commossa, e Dean sente la vista appannarsi perché glielo sta dicendo come se fosse un addio «Anche se abbiamo litigato qualche volta e gli ultimi giorni sono stati un po’ strani, io… io sto davvero bene con te. E ti sono grata per tutto quello che hai fatto per me. Avrei dovuto accorgermi prima che le cose potevano aggiustarsi se ti avessi parlato, ma ero troppo arrabbiata per ragionare lucidamente. Tu… tu sei una persona splendida, Dean. E sono così contenta che stiamo così, adesso». Sorride ancora e Dean non sa cosa risponderle. Vorrebbe dirle che deve piantarla con queste dichiarazioni da “Titanic [3], che può dirgli queste cose in un altro momento e che adesso deve solo stare zitta e dargli retta, ma è troppo emozionato per spiccicare una sola parola. «E la seconda è che se… se stasera dovesse andare male, devi portarmi dalla mamma» prende un bel respiro, gli occhi ancora più lucidi, e stringe forte i lembi della giacca di Dean tra le dita «Ho sempre pensato che quando arriverà il mio momento è giusto che io mi riunisca a lei. Non importa come, ma devo tornare da lei. È quello il mio posto».
Sta dicendo queste cose con una lucidità impressionante; chissà da quanto le pensava, da quanto ha nella testa queste maledette idee. «Smettila con queste stronzate».
Il suo tono è duro, ma lei non si scompone «No, Dean, è importante che tu lo sappia. Perché col lavoro che facciamo potrebbe succedermi in qualsiasi momento» è troppo calma e lui vorrebbe solo urlarle di smetterla «Devi portarmi dalla mamma e trovarmi un posto accanto a lei. E me lo devi promettere».
«Col cazzo. Tu uscirai da quel maledetto capannone tutta intera, con me e Sam».
«Promettimelo e basta. Per favore».
Dean distoglie lo sguardo, buttando fuori l’aria dal naso. Nonostante capisca la sua richiesta e ciò che gli sta chiedendo, non può farle una promessa del genere perché non può neanche pensare ad una simile evenienza e non fa in tempo a risponderle che i passi di Sam lo distraggono, facendogli alzare la testa nella sua direzione. Non è mai stato tanto felice di vederlo.  
 
Suo fratello ha un’espressione piuttosto enigmatica, ma tendente al preoccupato «Scusate, ho trovato una cosa… venite a vedere».
Dean si volta per un attimo a guardare Ellie che ha gli occhi sorpresi; chiude il bagagliaio, la prende per mano per infonderle un po’ di tranquillità e si dirige verso il fratello.
 
Ellie è al suo fianco quando, pochi secondi dopo, Sam illumina qualcosa a terra che Dean riconosce essere un’impronta: la forma scavata nel terreno è quella di una bestia piuttosto grande, con le unghie lunghe – tanto che se ne vedono le tracce sopra le quattro dita, un po’ come succede ai cani – e la pianta piuttosto larga. Seguono Sam che si allontana un altro po’, tenendo la torcia puntata sul terreno e ne illumina altre a qualche centimetro di distanza.
 
«Ne ho trovate altre più avanti. Credo si sia inoltrato nel bosco».
Sam lo guarda e nel suo sguardo c’è la stessa consapevolezza sua e di Ellie, qualcosa che cresce quando sentono un verso simile a un ululato risuonare tra gli alberi, come un lamento gridato. Ellie stringe la sua mano più forte e Dean fissa suo fratello, mordendosi le labbra.
 
Dopo tanto cercare, finalmente hanno fatto centro.
 
*
 
Cammina veloce senza badare troppo al rumore che provoca o a ciò che calpesta.
 
Con il lettore EMF stretto nella mano destra puntato di fronte a lui e gli occhi ben aperti, Dean si muove velocemente tra gli alberi, cercando di percorrere un sentiero che lo porti dritto tra le fauci del Formichiere. Si fa luce con la torcia che tiene nella mano sinistra e non si cura di spegnerla per dare meno nell’occhio.
L’idea è proprio quella di farsi trovare e di correre il più velocemente possibile, poi, per non farsi raggiungere. La pistola carica di una siringa piena di veleno è infilata nel dietro dei pantaloni e pensa che sarà utile per stordire il mostro inizialmente, così da farlo incazzare e, al contempo, da rallentarlo un po’, data la sua innata velocità.  
 
È un piano studiato troppo nel dettaglio perché possa fallire, c’hanno lavorato fino alla nausea, per questo Dean è convinto che le cose andranno bene, che ne usciranno tutti e tre sani e salvi.  
 
Continua a camminare, la torcia ben in vista che gli illumina la via e l’EMF che non dà segnali, segno che il Formichiere è ancora lontano.  
 
Ripensa alle parole di Ellie di poco fa che l’hanno spaventato abbastanza. Lei sarebbe pronta a sacrificarsi per onorare suo padre, per rendergli giustizia, e questo è un gesto nobile, davvero, ma Dean non ha alcuna intenzione di seppellirla. È ancora giovane, ha tutta una vita da vivere – possibilmente insieme a lui, anche se è un pensiero che lo spaventa un po’ e che non esprimerà mai a voce alta – e se l’è cavata altre volte, perciò lo farà pure stasera. Dean ci vuole credere, non vuole avere alcun dubbio a riguardo perché altrimenti si farebbe prendere dall’agitazione e sarebbe solo peggio.
La regola numero uno per ogni buon cacciatore che si rispetti è “mantenere la calma in ogni situazione”, soprattutto quelle più avverse perché è solo col sangue freddo che puoi uscirne più o meno illeso. Anche stavolta, quindi, è ciò che ha intenzione di fare: stare il più tranquillo possibile. E per fare questo, tra le altre cose, deve concentrarsi e non pensare che Ellie e Sam sono praticamente da soli ad aspettare un mostro veloce e incazzato. Fortunatamente lui arriverà insieme a quel coso merdoso e la cosa già lo tranquillizza il tanto che basta.
 
Al contrario di Ellie – che, nonostante sia molto migliorata dalle prime cacce, è comunque più inesperta –, Dean non ha troppa paura per Sam. Non perché non tema che si faccia male o non sia preoccupato, ma perché è praticamente cresciuto in questo mondo – anche se poi è voluto scappare per un po’ – e sa meglio come comportarsi. È meno probabile che agisca d’impulso, insomma. Di certo è quello che spera Dean, che non vuole assolutamente farsi prendere dall’ansia anche per lui in un momento simile.  
 
Sospira forte, intenzionato a scacciare quei pensieri, e cammina ancora a lungo, facendosi strada tra gli alberi. Cerca di seguire la direzione da cui proveniva quel lamento, ma non è affatto semplice. Forse di giorno si sarebbe orientato meglio, ma l’unico momento della giornata in cui è possibile cogliere di sorpresa quel verme e sperare di uscirne vivi è la notte, perché gli occhi del Formichiere vedono di meno al buio, perciò non avevano alternative.  
 
L’EMF non dà alcun segnale, è tutto morto, fino a quando si inoltra in un altro sentiero e le prime due lucine su cinque cominciano a illuminarsi di rosso, seguite dal solito suono di allarme.  
Dean sorride tra sé – Bingo – e cammina più veloce, seguendo la direzione che l’EMF gli indica con il suo gioco di luci rosse che si accendono o spengono a seconda se il nemico è più lontano o vicino. È un po’ come urlare acqua o fuocherello quando si cerca qualcosa. [4]
 
Va ancora avanti, il segnale che si fa sempre più intenso, pregando di ricordarsi almeno un po’ il sentiero percorso finora. Ha cercato di andare sempre nella stessa direzione, così da non rendere troppo complicato il ritorno, ma non è sicuro di averlo fatto bene e cerca di distrarsi da quel pensiero, arrivato nella sua testa quando il mostro è troppo vicino per rifletterci su. Se la caverà, in qualche modo. Prosegue ancora e deglutisce, cercando di riacquistare serenità e non fa in tempo a soffermarsi troppo a lungo a pensare che le cinque lucine sono tutte accese e la piccola sirena d’allarme diventa continua. Un lamento – molto più forte di quello che aveva sentito quando era ancora con Sammy ed Ellie – gli arriva alle orecchie e Dean alza la testa, fissando un punto di fronte a lui e trovandosi faccia a faccia con il bestione che prima d’ora aveva visto solo nella raffigurazione trovata da Sam. A poco più di un centinaio di metri da lui, gli occhi arancioni iniettati di sangue, due grosse zanne fuori dalla bocca, il naso simile a quello di un drago – o almeno come Dean ne immagina uno – e due piccole orecchie appuntite sopra la testa, il Formichiere lo fissa sbuffando aria dal naso, qualcosa che Dean percepisce come una piccola folata di vento, tanta è la forza che mette nel buttarla fuori.
 
Mette l’EMF nella tasca posteriore dei pantaloni lentamente, facendo qualche passo indietro. Sorride spavaldo, cercando di mascherare il nervosismo «Ehi, bruttone» afferra la pistola carica e la sfila dai pantaloni, continuando a indietreggiare lentamente per poi puntarla contro il Formichiere «Perché non vieni a prendermi?» spara e spera solo di aver mirato bene, proprio in mezzo a quegli occhi storti che si ritrova, perché non appena lo fa comincia a correre, sperando di aver acquistato con questa mossa almeno qualche secondo di vantaggio e di averlo rallentato un po’.
 
Continua a correre e mentre lo fa estrae un’altra siringa dalla cartucciera legata intorno alla vita per poi inserirla nella pistola, pronta a spararla in caso di necessità.
Un altro lamento gli giunge alle orecchie e Dean corre ancora, rendendosi conto velocemente che il mostro è già alle sue calcagna. Merda.
Si volta un istante solo per sparare ancora e va avanti, sentendo il petto alzarsi e abbassarsi furiosamente, il respiro terribilmente pesante. Non può permettersi neanche di pensare di fermarsi adesso, nonostante abbia corso così forte da sentirsi già quasi al limite, ma il suo spirito di sopravvivenza ha la meglio e Dean continua a correre come un pazzo tra gli alberi, riuscendo a sparare un altro paio di siringhe – una delle quali non riesce a centrare l’obiettivo, però – e a rallentare il Formichiere il tanto che basta per riuscire ad arrivare sano – anche se con mezzo polmone in meno – alla porta del capannone dove c’è Sam ad attenderlo.
 
Gli dà un’occhiata veloce: è in piedi accanto alla grande porta scorrevole, l’espressione concentrata di chi è pronto a qualsiasi cosa e Dean gli fa l’occhiolino prima di entrare e nascondersi sul lato destro dell’ingresso, appoggiandosi al muro e chiudendo gli occhi per una manciata d’istanti, cercando di ritrovare un minimo il respiro.
Quando raddrizza la schiena e li riapre, trova Sam sull’altro lato della parete, alla sinistra del grosso portone, nascosto in modo da non farsi beccare dal mostro così in bella vista; toccherà a lui chiuderli dentro, trascinando il grosso portone di ferro fino all’altro lato mentre Dean, ancora una volta, dovrà distrarlo così da permettergli di svolgere il suo compito. Cerca con gli occhi anche Ellie, che è in fondo al lungo stanzone praticamente vuoto, con la maggior parte delle finestre che ne costeggiano le pareti rotte e qualche vecchio strumento da lavoro parcheggiato agli angoli. È nascosta dietro a un paio di attrezzi arrugginiti: lo fissa con uno sguardo quasi incredulo, così pieno di sorpresa mista a gratitudine e Dean le sorride, tentando di rassicurarla e di dirle che sta bene.
 
Il tempo di rilassarsi non è molto, però. Dean carica nuovamente la pistola – e spera che le scorte di Ellie e Sam bastino, perché le sue non dureranno per molto se il mostro non avesse voglia di cedere – e si mette in posizione, perché, come previsto, nel giro di poco il Formichiere sfreccia all’interno del capannone, inseguendo l’odore di quella che crede essere una sua preda. È lui, in realtà, ad essere in trappola e Dean si muove verso il centro della stanza e gli si avvicina, un sorriso spavaldo a incorniciargli il volto.
«Cercavi me?» il mostro si guarda intorno e, quando lo trova, Dean allarga il sorriso ed è pronto quando il Formichiere scatta in avanti per aggredirlo. È più lento di quando l’ha incontrato nel bosco, il veleno deve aver fatto almeno un po’ di effetto, per fortuna.
 
Dean gli spara nuovamente e il Formichiere accusa il colpo, piegando quel brutto collo rugoso che si ritrova, ma non si ferma e, anzi, avanza, prima che un grosso tonfo – quello del portone scorrevole che Sammy è riuscito a chiudere – lo distragga nuovamente. È frastornato e visibilmente disorientato e il fatto che ora anche suo fratello ed Ellie siano usciti allo scoperto per sparargli a loro volta altre dosi di veleno non lo aiuta.
 
Dean sorride ancora, soddisfatto del risultato che stanno ottenendo e guarda Ellie che, a qualche metro di distanza da lui, ha la pistola alzata e gli occhi pieni di fuoco e rabbia, qualcosa di così intenso che non le aveva mai visto in volto.
 
Quando hanno litigato, suo padre John l’aveva criticata – tra le altre cose – perché era una debole, perché addirittura provava pietà per le creature che cacciavano. In parte, probabilmente, aveva ragione, ma a ripensare a quelle parole in questo momento Dean si rende conto di quanto Ellie sia agguerrita contro la bestia che gli ha portato via l’ultimo pezzo della sua famiglia. Non è così con tutti e, anzi, probabilmente quando smaltirà questa rabbia tornerà a dubitare di questo mestiere e ad essere attenta a cosa c’è da uccidere, ma in questo momento Dean non può che essere fiero di lei, perché ce l’ha messa tutta per arrivare fin qui e, finalmente, riuscirà a pareggiare il conto in sospeso che più l’ha tormentata.
 
*
 
Le labbra strette tra i denti e una rabbia cieca che le scorre nelle vene, Ellie fissa il muso del Formichiere e lo guarda negli occhi mentre gli spara un altro colpo. Ricarica velocemente la pistola inserendo un’altra siringa, spara ancora per un altro paio di volte e così fanno anche Sam e Dean finché quest’ultimo non le finisce e spiana il fucile, in caso ce ne fosse bisogno.
 
Fortunatamente non è così, perché il Formichiere cade a terra sotto gli occhi vigili di Ellie che lo fissa con orrore e odio. Vorrebbe non provare pietà per questa bestia, vorrebbe godere della sua disfatta proprio adesso che è lì, stesa al suolo apparentemente senza un minimo di forza e le sembra quasi troppo semplice quando estrae il coltello d’acciaio – quello di papà, colui che è morto per portare a termine questa missione quasi suicida – e si avvicina velocemente, approfittando dello smarrimento della creatura così imponente e in questo momento così fragile davanti ai suoi occhi.
Impugna il coltello con entrambe le mani e non riflette troppo a lungo quando, come un automa addestrato, alza le braccia e si sporge in avanti per bucare il petto del Formichiere colpendolo al cuore. Il mostro spalanca gli occhi ed Ellie lascia la lama lì per poi allontanarsi di qualche passo, fissandolo mentre si lamenta, in preda agli spasmi.
Il suo supplizio non dura molto: ha tanto di quel veleno in corpo che, unito alla ferita al cuore che gli ha dato il colpo di grazia, nel giro di pochi secondi smette di muoversi e si accascia definitivamente, gli occhi arancioni ora spenti e vitrei.
 
Ellie continua a fissarlo, le mani strette a pugno. Una mano le accarezza la spalla sinistra; sa che appartiene a Dean e che questo è il suo modo di congratularsi con lei, di dirle che ha fatto un buon lavoro quando lei, in realtà, raramente si è sentita più uno schifo.
 
Si allontana di qualche passo da Dean, avvicinandosi di più al cadavere per osservarlo meglio.
Ha desiderato per settimane questo momento, eppure è stato troppo veloce, troppo semplice, non così soddisfacente come sperava. Credeva che avere vendetta gli avrebbe riportato indietro un po’ della serenità perduta, ma non sente niente, nemmeno un briciolo di contentezza nel suo corpo stanco e spossato dalle lunghe giornate di caccia e ricerche.
Fa qualche passo in avanti, avvicinandosi nuovamente al mostro che ha appena fatto fuori e si abbassa per estrarre dal suo petto il coltello pieno di sangue. Si alza in piedi ma rimane a fissarlo e ne osserva ogni millimetro, cercando di imprimere nella mente tutti i dettagli, di mettere a fuoco ogni cosa del bastardo che gli ha portato via l’unica cosa che assomigliava a una famiglia, l’unico pezzo che le era rimasto.
Nessuno sa quanto ha faticato a farsi accettare da quell’uomo, a provare ad essere una figlia per lui e non un semplice sacco di pulci da portarsi appresso per dovere, per una promessa – se così la si può chiamare – fatta a una donna in fin di vita che si era scopato anni prima. Ellie non ha mai parlato di sua madre con lui, ma sapeva benissimo che era esattamente questa l’opinione che lui aveva della mamma, anche se per lei non aveva importanza.
 
Gli ha perdonato tutto, anche questo. Gli ha perdonato i silenzi, l’indifferenza, tutte le volte che l’ha lasciata con Dean perché si era stancato di averla intorno, perché Ellie sapeva che quei tre anni in cui l’ha tenuta sotto una campana di vetro servivano solo per farle imparare le basi di un mestiere complicato quanto imprevedibile. Non per affezionarsi a lei, a quella figlia perduta che non ha mai voluto; per quello Jim Davis non ne ha mai avuto davvero l’intenzione. E forse è successo, alla fine, quando è stato costretto a passare del tempo con lei che non voleva altro, solo farsi conoscere e apprezzare e voler bene da quel padre che aveva sempre desiderato avere nella sua vita.
Una parte di lei sapeva benissimo che le cacce con John Winchester erano ordinarie, niente di speciale, solo un modo per affidarla a qualcun altro, ma non le importava perché per una volta, dopo tante discussioni e attriti, aveva creduto di poter costruire qualcosa con quell’uomo schivo.
 
Gli ha perdonato anche quello, così come le botte, nonostante a volte, quando si passa le dita su quella cicatrice che le ha lasciato, senta la pelle bruciare al pensiero che l’uomo che più di tutti avrebbe dovuto proteggerla le ha lasciato quel segno, un marchio indelebile, qualcosa che si porterà addosso per tutta la vita, uno dei motivi per cui non riesce più a lasciarsi andare con l’unica persona che la faccia sentire viva davvero. Non ancora, almeno.
 
Sente la sua voce chiamarla in lontananza – così bassa e calda, la cosa che più ha il sapore di casa e affetto –, ma non ha intenzione di raggiungerlo, non adesso. È ancora troppo impegnata a fissare quel corpo inerte, senza vita, e a pensare alla sua, di esistenza, a tutto quello che quel maledetto gli ha portato via.
 
Ellie ha passato gli ultimi due mesi a cercare e sperare di ottenere vendetta, ma la sensazione che prova adesso a guardare quel cadavere non le dà nessun conforto, nessun appagamento, nessuna pace.
È stato diverso quando è morta la mamma: adesso aveva davvero qualcosa contro cui scaricare tutta la rabbia, ma ciò che è successo stasera non l’aiuterà a dimenticare, non le ridarà indietro quello che ha perduto per sempre.
 
Si chiede come facciano i Winchester ad aver sacrificato le proprie vite, tutto quello che avevano, per inseguire qualcosa che li porterà alla morte o che forse non troveranno mai. Si domanda se per loro è diverso, se riusciranno a trovare la pace che Ellie avrebbe voluto sentire. Non è mai stata una persona vendicativa, ma era così accecata dal dolore e dal senso di colpa – di non essere intervenuta in tempo e di averne perso tanto prezioso – da pensare che sarebbe stata meglio, poi.
Non è così, non adesso.
 
È stata fredda, spietata, più di quanto non sia mai stata da che ha intrapreso questa strada e pensava che fosse giusto, che avrebbe ottenuto un po’ di pace perché, sicuramente, questo è ciò che suo padre avrebbe voluto: finire il lavoro. È di questo che si è trattato, stanotte, di portare a termine qualcosa che lui aveva dovuto lasciare a metà a causa della sua dipartita. Niente di più.
 
Fa qualche passo verso quella figura esanime, il rivolo di sangue che gli scende dalla bocca e la colpisce con un piede, quasi per sbaglio. Il corpo del Formichiere non si muove ed Ellie lo colpisce di nuovo, stavolta con più convinzione, finché non comincia a farlo sempre più forte, a sferzargli calci sulle costole e sulle zampe e il mostro è morto e non può più farle del male, ma lei vuole farne a lui e vorrebbe odiarlo di più perché le ha portato via l’ultima cosa che poteva essere una famiglia per lei, l’unica persona che ne aveva più o meno le sembianze.
 
Alcune lacrime le scendono dagli occhi appannandole la vista, ma Ellie non le toglie nemmeno e si abbassa per sferzare pugni al muso di questa bestia facendosi anche male alla mano destra, ma non le importa niente del dolore fisico, perché l’unica cosa che vorrebbe sentire è qualcosa di appagante al centro del petto, la sensazione calda di aver fatto di più che aver semplicemente finito il lavoro.
 
Gli dà un altro paio di pugni finché un paio di braccia la prendono e la portano indietro. Ellie tenta di divincolarsi mentre lui la chiama, chiedendole di calmarsi – la voce ferma e pacata, una carezza sulla sua pelle. Non vuole ascoltarlo, però, e lotta con lui senza guardarlo perché non deve rimanere niente del figlio di puttana che gli ha ammazzato suo padre, neanche una briciola. Forse allora si sentirà davvero soddisfatta, forse troverà la pace che cerca.
 
Gli urla di lasciarla, ma Dean non cede e alla fine è lei a lasciarsi vincere e si abbandona contro di lui che la stringe forte – le mani ad accarezzarle il capo, la voce pari a un sussurro che la prega dolcemente di calmarsi. Si volta e si aggrappa alla sua camicia per poi nascondersi contro la sua spalla e lasciarsi andare a un forte pianto.
 
*
 
Il sangue non va via. Macchia le mani e rimane addosso anche per qualche giorno nonostante ci si passi l’acqua di continuo.
 
Ellie è davanti al lavandino da quasi un quarto d’ora, a cercare di togliere quelle macchie – e quell’odore, così fastidioso e nauseante – da sotto le unghie e dalla pelle.
Non si era neanche accorta di essersi sporcata così, prima. Quando è riuscita a calmarsi e a smettere di piangere, i ragazzi l’hanno esortata a liberarsi del cadavere del Formichiere, così da cancellare ogni traccia del loro passaggio come ogni volta. L’hanno cosparso di benzina e gli hanno dato fuoco, rimanendo poi a contemplare le fiamme ardere e quel corpo squamoso diventare cenere. Anche se, in realtà, neanche quello ha aiutato Ellie a sentirsi meglio.
 
Chiude il rubinetto e smette di sciacquarsi le mani. Adesso le sembrano più pulite e chiude gli occhi, appoggiandosi al bordo del lavandino sospirando forte. Si sente stanchissima, la testa pesante affollata da una miriade di pensieri.
 
Le è dispiaciuto farsi vedere in quel modo prima, in quel magazzino, ma non è proprio riuscita a trattenersi. Non le è mai piaciuto che gli altri la vedessero piangere; Dean, in fondo, un altro paio di volte si è imbattuto in una scena simile e con lui Ellie si vergogna di meno, ma con Sam non è così e non voleva fare la parte della frignona. Lui è stato molto carino, però: le ha chiesto più volte se aveva bisogno di un fazzoletto e ha cercato di parlare per tutto il viaggio di ritorno dal magazzino al motel per cercare di distrarla. Lei non ha risposto a tutto e per lo più è rimasta ad ascoltare lui e Dean parlare tra loro, ma ha apprezzato molto il gesto.
 
Dopo aver bruciato il cadavere di quel mostro, infatti, sono tornati qui. Ellie si è chiusa subito in bagno; voleva farsi una doccia, per distendere i nervi e togliersi l’odore di caccia di dosso, ma ha finito col provare a lavare via tutto con un po’ di olio di gomito.
 
Non si vergogna di quello che ha fatto, della crudeltà che ha riservato a quel maledetto sacco di pulci che gli ha strappato via il papà. Solo non pensava di riuscire ad essere tanto spietata, ma è stata la rabbia a guidarla fino a farle conficcare quel coltello sempre più a fondo, finché non è riuscita a strappare di netto la vita di quell’essere.
 
Non si è sentita forte o potente. Crede di aver fatto il suo dovere e questo le basterà per andare avanti. Vorrebbe solo pensarci domani, che adesso è troppo presto e non le va di rimuginarci su, ma non sta riuscendo tanto nell’intento.
 
Si guarda intorno: l’ambiente che la circonda non è esattamente il più pulito e grande che abbia mai visitato, ma deve accontentarsi, considerando che altre volte hanno trovato di peggio.
È più lungo che largo: la porta bianca alla sua sinistra, dietro di lei la vasca adibita anche a doccia, circondata da una tenda verde chiaro che stona un po’ con il color bottiglia delle mattonelle; alla sua destra il water. Di fronte, sopra il lavandino, uno specchio che evita di guardare per troppi secondi di fila. Non è sicura che l’immagine che vi è riflessa le piaccia, stasera.
 
Al di là della porta, qualcuno bussa un paio di volte. Ellie sa perfettamente di chi si tratta – Sam si è buttato sul suo letto non appena sono tornati; era davvero sfinito – e mormora un «Avanti» che viene accolto immediatamente, in quanto Dean entra nella stanza con un sorriso mesto e gli occhi pieni di preoccupazione.
Si chiude la porta alle spalle e le si avvicina; Ellie afferra un asciugamano e tiene la testa bassa mentre strofina le mani con forza, cercando di togliersi almeno quel fetore di dosso.
 
Le tocca una spalla e la spinge a voltarsi verso di lui. Ellie lo scruta velocemente, stanca; vorrebbe dirgli che va tutto bene e dargli qualche rassicurazione, così magari smetterebbe di guardarla in quel modo, con tutta quell’apprensione così percepibile nel verde meraviglioso dei suoi occhi, ma le parole non le escono dalla gola e si limita ad appoggiarsi con la schiena al bordo del lavandino, sviando lo sguardo.
 
Dean si posiziona di fronte a lei «Non vieni a dormire?» che annuisce «Tra cinque minuti».
Tiene la testa bassa, appoggiando l’asciugamano sul lavandino e portando istintivamente la mano sinistra su quella destra che le fa un po’ male – il muso del Formichiere era un po’ troppo duro e si è accorta del nuovo gonfiore da che è salita in macchina. Dean parla prima che possa farlo lei. «Stai bene?»
Ellie stringe le spalle «Volevo farmi una doccia, ma… ma non mi va. Sono troppo stanca» continua a massaggiarsi la mano quasi involontariamente e Dean deve accorgersene, perché allunga la destra verso la sua per afferrarla. Ellie alza lo sguardo su di lui per capire le sue intenzioni.
Dean la fissa attento, muovendo il pollice sul dorso dolorante «Ti sei fatta male?»
«Un po’. Adesso ci metto una pomata e poi vengo a letto».
 
Il suo è un invito a uscire e ad aspettarla fuori, ma Dean non sembra intuirlo o curarsene perché guarda sul mobiletto posto proprio accanto al lavandino e deve notare il piccolo astuccio arancione dentro il quale Ellie tiene gli strumenti per le medicazioni – garze, bende, la pomata per le contusioni e un rotolino di scotch per tenere le fasciature ferme – perché lo prende in mano e lo apre, rovistandovi dentro ed estraendovi la pomata.
 
Ellie lo guarda mentre lui apre il tubetto e lo spreme appena, facendo uscire la crema incolore dalla consistenza un po’ gelatinosa. La prende con l’indice destro e lo spalma delicatamente sul dorso della mano di Ellie che lo guarda ammirata, incapace di dire anche una sola parola.
Dean sorride appena «Per fortuna non ti sei tagliata. Avrei dovuto disinfettarti con l’alcol e non sarebbe stato molto piacevole. Chiedi a Sammy, a lui l’ho fatto un sacco di volte». [5]
 
Lei non riesce a replicare; si limita a osservarlo ancora, in silenzio.
Dean non è mai stato un chiacchierone. Anzi, da che lo conosce, l’ha sempre presa in giro perché è lei, tra i due, quella che non riesce a stare mai zitta. Ora, invece, sembra aver bisogno di dire qualsiasi cosa gli viene in mente, sicuramente perché vorrebbe dirle qualcos’altro e non sa come fare. Le labbra di Ellie si piegano in una minuscola smorfia divertita al pensiero. Ormai lo conosce bene.
 
Una volta finito, Dean chiude il tubetto della pomata, la ripone nel suo astuccio e alza la testa, guardandola negli occhi con un sorriso appena accennato sul volto. Ellie si sente così grata per il fatto che lui non l’ha abbandonata quando poteva benissimo farlo, per esserle rimasto accanto nonostante tutti i casini e tutta la forza con cui Ellie ha lottato per allontanarlo quando credeva di meritarselo di meno e per essere qui, adesso, e non ha idea di come dirglielo a parole, così si allunga verso di lui, gli prende il viso tra le mani e lo bacia, attirandolo a sé per sentirlo il più vicino possibile. Dean, preso un po’ alla sprovvista, afferra il bordo del lavandino per riacchiapparsi, ma poi risponde senza esitazioni, le sue mani che salgono ad accarezzare i fianchi di Ellie da sopra la maglietta.
 
Non si baciavano così da quella sera che hanno discusso e che Dean ha scoperto l’esistenza della sua cicatrice; non che non ne avessero avuto l’occasione, poi, ma quel litigio li ha allontanati, alterando l’equilibrio acquistato dopo tante incertezze ed è bello ritrovarsi adesso, riassaporarsi e riscoprirsi così. Era troppo presa dal mostro e dal cercare di far capire a Dean le sue ragioni per rendersi conto di quanto ne avesse bisogno.
 
Si scosta quando sente mancarle il fiato, la mano destra dietro la nuca di Dean che appoggia la fronte sulla sua e la guarda.
Ellie si morde il labbro inferiore prima di alzare gli occhi e incontrare i suoi. «So cosa stai cercando di fare, ma non… non ho voglia di parlare adesso. Non—»
Dean la guarda serio «Non voglio parlare, voglio solo sapere se stai bene».
Lei gli sorride appena «Sì. La mano è una cavolata, passerà presto» affonda il viso nel suo petto e Dean la stringe forte, carezzandole la schiena, le mani grandi e calde. Hanno così tante cose in sospeso, così tanti discorsi lasciati aperti, così tante cose da dire e di cui parlare, ma Ellie non desidera nient’altro che le sue braccia a stringerla e il suo calore addosso. Strofina appena la guancia sinistra contro il suo petto «Tienimi stretta stanotte».
Lo sente sorridere – un piccolo sospiro che segue le sue labbra schiudersi – e non ha bisogno di parole per sapere che lo farà.
 
Quando escono dal bagno e si infilano sotto le coperte, infatti, Ellie si ritrova sdraiata su un fianco a guardarlo. Dean le sorride, in quel modo semplice e genuino che la rassicura tanto e la stringe a sé, lasciandole un bacio sulla fronte e poi sul naso. Ellie si rifugia tra le sue braccia e si addormenta come una bambina, ascoltando il ritmico tu-tum del cuore di Dean nelle orecchie e realizzando ancora una volta che, a ritrovarlo, è stata davvero tanto fortunata.
 
*
 
«Quindi lei non era a conoscenza di nessuna… stranezza
 
Seduto su un divanetto sgangherato di un altrettanto malconcio salotto, Sam fissa attento l’uomo seduto sulla poltroncina di fronte alla sua, cercando di studiare le sue espressioni facciali per capire quanto di quello che gli sta dicendo è vero o no.

Si trova nel salotto – non molto spazioso e quasi angusto, arredato con mobili antichi color mogano – della casa che, durante la sua infanzia, è stata di Anthony Collins, la vittima del Formichiere a Walden, il caso che li ha portati qui.
Lui, Ellie e suo fratello sono venuti appena sono saltati giù dal letto stamattina, con i bagagli pronti e tanta voglia di fuggire da un posto che ormai li ha conosciuti fin troppo.

Ellie ha bisogno di cambiare aria, glielo si legge in faccia che necessita di un po’ di riposo e di andare il più lontano possibile da questo posto, ma Sam aveva bisogno di risposte, di provare a capire perché le sue visioni stavolta erano collegate a quel ragazzo morto ammazzato da un mostro violento. Per questo sono venuti qui, nell’umile dimora di Gil Collins, padre di Anthony, e di sua figlia Julie, più grande del fratello di un paio d’anni. Lei – i capelli tinti di nero con delle ciocche grigie, un paio di occhiali con la montatura colorata e addosso una salopette scura – è in piedi accanto al padre, come una specie di guardiano; lui, pochi capelli grigi sulla testa, fitte rughe intorno agli occhi e un’espressione contrita dipinta sul volto, Gil Collins stringe forte il bastone marrone scuro che dovrebbe aiutarlo a rialzarsi e scuote la testa per rispondere alla sua domanda.
 
Sam è sicuro che ci sia un legame tra lui e quel ragazzo, che non è stato un caso se tra tutte le persone che muoiono al mondo abbia avuto una visione proprio su di lui. È per questo che ha chiesto se gli fossero successi degli episodi singolari, un po’… oscuri. Ma il padre non ne era a conoscenza, a quanto pare.
 
Stringe le labbra in una linea sottile e si alza, avvertendo dal rumore che gli giunge alle orecchie che anche Dean ed Ellie, seduti sul divano dietro il suo, hanno fatto lo stesso.
Sono venuti qui spacciandosi per dei giornalisti intenzionati a scrivere un necrologio sul giornale locale. Gli sembrava un ottimo modo per estrapolare informazioni – il più veritiere ma anche positive possibili, a detta loro, per lasciare ai cittadini di Walden un bel ricordo del defunto – e per vestirsi sportivi, senza scomodarsi a mettere in giacca e cravatta.
È luglio e fa caldo, perciò ogni scusa è buona per non indossare robe pesanti.
 
Salutano il signor Collins e si dirigono verso l’esterno, ringraziando calorosamente anche se non hanno avuto nessuna delle informazioni che più gli servivano, perché del fatto che Anthony amasse i cani di piccola taglia e che avesse una collezione di tappi di bottiglie di birra non se ne fanno nulla.
 
Sam sospira forte mentre percorre il vialetto di quella tipica villetta a schiera americana, rassegnato, quando sente la porta d’ingresso scattare. Si volta, così come Ellie e Dean al suo fianco, e osserva sorpreso Julie Collins corrergli incontro.
Li guarda seria «Scusate, devo dirvi una cosa» Sam non risponde, aspettando che finisca di parlare «Non so perché ci abbiate chiesto delle stranezze di Anthony. So solo che… che non dovevo rimanere in silenzio, perché lui era a tanto così dallo smettere di farlo. Mi sono contenuta solo per non spaventare papà, che non era al corrente di nulla» la ragazza fa un grosso respiro sotto l’espressione accigliata – e terribilmente confusa – di Sam. Lo guarda ancora «Anthony aveva degli strani presagi, ultimamente. Ha sempre dato la colpa alla stanchezza, perché si sentiva spossato e spesso e volentieri aveva come delle… allucinazioni. Fissava un punto per qualche istante e vedeva succedere delle cose a delle persone. Che spesso finivano male, tra l’altro. Non voleva badarci più di tanto, perché come sbatteva le palpebre l’immagine spariva e tornava tutto come prima, ma ultimamente gli succedeva alquanto spesso. L’avevo quasi convinto ad andare da uno specialista, ma non ne abbiamo avuto il tempo» Julie Collins prende ancora fiato, toccandosi il polso sinistro con l’altra mano in un gesto nervoso. Si aggiusta gli occhiali sul naso «Non so se può esservi utile per tracciare un profilo o qualcosa, magari no, ma… ma era un bravo ragazzo. E non meritava di morire in quel modo».

Le ultime parole di quella ragazza suonano sincere alle orecchie di Sam che però è distratto, la mente concentrata su qualcos’altro. Guarda suo fratello che lo fissa con altrettanta insistenza e sa che anche lui ha capito, che non aveva torto a pensare che ci fosse un legame.
Un altro come me. E, proprio come quando era successo con Max Miller, non sa se esserne compiaciuto o terrorizzato.
 
 

[1] La parte di bosco a cui faccio riferimento appartiene alla “Medicine Bow National Forest”, una riserva naturale che si estende tra il Colorado e il Wyoming, situata a nord di Cowdrey.
[2] Guardando delle fotografie sulla riserva descritta, ho scoperto che la vegetazione più frequente è quella degli abeti, in grado di resistere al freddo degli inverni.
[3] Riferimento a una delle scene finali del film, quando Jack, comprendendo la sua fine, chiede alla sua amata Rose di vivere appieno la sua vita, anche se sarà senza di lui.
[4] Riferimento a un gioco che facevo quando ero bambina. Si giocava minimo in due: uno nascondeva un oggetto e l’altro doveva cercarlo. Per far sì che lo si trovasse, il primo dava indicazioni, usando acqua e parole derivate per indicare che era molto lontano dal trovarla o fuoco per dire che l’oggetto era vicino a lui.
[5] Piccolo riferimento all’episodio 7x02 “Hello, cruel world” e a tutte le altre volte in cui vengono mostrati i metodi poco ortodossi di medicazione praticati da Dean a scapito di Sam e viceversa.

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Capitolo 17
*** Just hold me now ***


Note: In ritardo come sempre, altrimenti non sarei io, ma eccomi qui! :D
Innanzitutto, mi auguro che abbiate passato delle splendide vacanze natalizie, che abbiate mangiato tanto ma non fino a scoppiare e che il vostro anno sia cominciato al meglio. E a questo proposito: tanti auguri, che ancora sono in tempo per farli :D
Ragionavo sul fatto che, con l’arrivo di questo capitolo, siamo esattamente a metà della storia. Il tempo vola quando ti diverti (cit).
Questo è uno dei miei preferiti in assoluto e per questo ho anche un po’ paura a condividerlo con voi. Spero che vi piaccia e che non siate troppo allergici allo zucchero (che, come al solito, mi auguro non sia troppo).
Vi ringrazio come al solito per la vostra attenzione e invito i più timidi a farsi avanti per dirmi quello che pensano: vi vedo tutti, io! XD
Buonanotte e buona lettura! A mercoledì prossimo! :*

Capitolo 17: Just hold me now

Baby you’re all that I want
When you’re lying here in my arms
I’m finding it hard to believe
We’re in Heaven
Love is all that I need
And I found it there in your heart
It isn’t too hard to see
We’re in Heaven
 
(Heaven – Bryan Adams)
 
 
Si asciuga la fronte con il dorso della mano, spostando il ciuffetto ribelle verso destra e cercando di riportarlo al suo posto, con il resto della frangia tenuta insieme da un paio di piccole forcine. Rilegge l’ordine – quattro porzioni di patatine, due cheeseburger con salsa piccante e tanto bacon – e prende le varie pietanze già incartate per metterle su uno degli appositi vassoi. Aggiunge quattro bustine di ketchup e afferra il tutto con entrambe le mani, avviandosi velocemente verso il tavolo numero quattro.
 
Si avvicina ai due – una coppia di ragazzi che, a quanto pare, hanno voglia di mangiare una grande quantità di patatine e smaltirla tra qualche giorno – e gli sorride. «Ecco a voi».
 
I due – entrambi piuttosto in carne, ma lei ha due occhi color ghiaccio che farebbero girare la testa a chiunque, i capelli neri e folti legati in una coda e un sorriso pulito; lui, i capelli ricci e scuri e la pelle olivastra, ha lo stesso sguardo voglioso di Dean quando vede arrivargli il pranzo – prendono ognuno il proprio piatto e la ringraziano calorosamente, aspettando che lei se ne vada per agguantare i propri panini e augurarsi un buon appetito.
 
Ellie – i capelli raccolti in una treccia e una divisa celestina da cameriera addosso – li osserva divertita per poi dirigersi verso un altro tavolo e porgere ai clienti lì seduti – due signore distinte vestite di tutto punto affiancate da due uomini altrettanto eleganti – il biglietto del conto in un apposito taccuino nero, rivolgendo anche a loro un sorriso.
 
È così che deve comportarsi in questo posto, come praticamente in tutte le altre tavole calde in cui ha lavorato che, specialmente nell’ultimo paio d’anni, sono state parecchie. Più sei gentile e ti fai vedere disponibile, sorridente e attenta alle esigenze dei clienti, più c’è la possibilità che le mance siano alte.
 
Torna dietro il bancone – l’odore della carne cotta che le arriva pungente alle narici –, per vedere se ci sono altre ordinazioni già pronte. Scruta i vari scontrini e poi sbircia nel carrello apposito, ma non c’è nulla e si ritrova costretta ad aspettare.
 
Di solito, all’ora di pranzo il ritmo è frenetico e bisogna sempre essere scattanti perché c’è un sacco di gente da servire, ma oggi c’è praticamente calma piatta. Sarà che ancora è presto – è passato da poco mezzogiorno – e forse il boom arriverà tra un po’, così Ellie si avvicina alla sua bottiglietta d’acqua – quella su cui ha scritto il proprio nome per evitare che i suoi colleghi la scambino con la propria – nascosta in un cassettone al di sotto del bancone e ne beve un lungo sorso, voltandosi verso l’entrata per guardarsi intorno.
 
Non sa se è perché la sala è interamente circondata da vetrate o perché è piuttosto raccolta, non immensa come altre in cui ha lavorato, ma questo ambiente le piace molto. È curato e sempre in ordine: un paio di grossi vasi pieni di fiori colorati ai lati dell’ingresso, i vetri sempre puliti – mansione che è toccata anche a lei, in qualche momento di calma –, le sedie sempre disposte in modo preciso intorno ai tavolini. Sì, perché oltre alle classiche poltroncine in pelle bordeaux che circondano i tavoli accostati alle vetrate, tipici delle tavole calde, ve ne sono due o tre più distanti, non troppo lontani dal bancone, dove, di solito, lei e le sue colleghe fanno accomodare le coppie o chi mangia da solo.
Davanti al bancone, che copre quasi tutta la parete orizzontale del locale, sono situati degli sgabelli; alla sua destra, in fondo, la porta della cucina e proprio davanti alla singola anta della porta saloon [1] che le cameriere utilizzano per uscire e servire il cibo, il bagno. Un ambiente spazioso e accogliente. 
 
Quando lei e i Winchester sono arrivati qui a Enid, in Oklahoma, è stato un caso che Ellie abbia visto l’annuncio. Stavano camminando in cerca di un posto dove mangiare – non è tanto lontano dal motel dove hanno preso una stanza – e, quando ha letto il cartello bianco con su scritto “cercasi cameriera”, non ci ha pensato su due volte.
 
È a corto di soldi, negli ultimi tempi, e, dopo quello che è successo con il Formichiere, sentiva il desiderio di prendersi una pausa dalla caccia, di staccare un po’. Nonostante ciò, ha comunque promesso a Dean che, semmai si affacciasse un caso o avessero notizie di John, si licenzierà all’istante e partirà insieme a loro. Il campanello da emergenza sovrannaturale non è ancora suonato, però, perciò Ellie continua a godersi questa specie di “ritorno alle origini”.
 
Un po’ le mancava lavorare in un posto come questo: l’odore della carne cotta sulla griglia, le corse ai tavoli quando il ristorante è pieno, i clienti simpatici che si fermano volentieri a chiacchierare… La tavola calda è il posto dove è cresciuta, dove passava tanto tempo fin da quando era solo una bambina con le trecce che girava dietro il bancone e s’impegnava a mettere paura ai clienti che si approcciavano alla cassa per pagare facendogli le linguacce e scherzando con loro. Poi, quando era un po’ più grande, la mamma le faceva segnare gli ordini su un blocchetto e fingeva di arrabbiarsi quando Ellie sbagliava o scriveva male le parole con la sua grafia pasticciata da bambina ancora piccola. Ellie si nascondeva in cucina, poi, dietro il grande grembiule del cuoco di allora e rideva forte quando la mamma la trovava e le ordinava di tornare dietro il bancone fingendo di fare la voce grossa.
 
Le mancava tutto questo, la sensazione familiare che sente ogni volta che indossa il grembiulino bianco e la divisa, quando mette attenta la spilla con il suo nome nel verso giusto. Certo, la caccia è la sua vita adesso e quando c’era papà preferiva andare con lui che passare le giornate nelle tavole calde di passaggio, ma perché si sentiva messa da parte, perché di certo lavorare non le ha mai messo pensiero e preferiva guadagnare dei soldi onestamente che ritrovarsi a dover pagare con carte di credito truccate perché non aveva una singola banconota in tasca.
Oltretutto, adesso sentiva il bisogno di un po’ di distacco dal mondo della caccia.
 
Nonostante tutto, però, si sente un po’ egoista al pensiero che le sue giornate siano piene tra un ordine e l’altro mentre quelle di Sam e Dean sono l’esatto contrario. Insomma, per quanto le piaccia tutto questo, il suo pensiero va spesso a loro, che passano ogni giorno ad aspettarla tornare. Anche per questo era combattuta, all’inizio: non voleva che, per colpa sua, si fermassero troppo a lungo, ma entrambi – soprattutto Sam – le hanno assicurato che non ci sono problemi a riguardo, ed Ellie si è sentita libera di agire come più le piaceva e di inseguire questa voglia e questo bisogno che sentiva crescere forte nel petto.
 
Dean non sembra averla presa tanto bene, nonostante Ellie abbia cercato di spiegargli in tutti i modi che non è per lui che lo sta facendo. Non è per tenerlo a distanza o perché non lo vuole tra i piedi: ha solo bisogno di ritrovare il suo equilibrio.
Pensava che le sarebbe successo dopo aver ucciso quel mostro bastardo, che la vendetta avrebbe spazzato via tutto il dolore e la sofferenza o che, perlomeno, gli avrebbe dato più senso. Invece papà è ancora morto e il suo ricordo torna costantemente alla mente di Ellie, provocandole tanta malinconia. Di certo non si aspettava di farlo tornare in vita, certo, ma almeno di trovare un po’ di pace, di sentirsi un po’ meno in colpa.
 
A volte sente ancora il sangue sotto le unghie, quello con cui si è macchiata quella notte. I primi giorni cercava di mettere dello smalto – rosso ciliegia o blu notte, gli unici colori che ha con sé che fortunatamente sono abbastanza scuri da riuscire a coprire bene le unghie – per distrarsi e non guardarci di continuo, per non ricercare quella che era solo una sensazione sgradevole e niente di più. Adesso che lavora qui, però, non è consentito per via delle severe norme igieniche, ma percepisce molto meno quel senso di sporco che le dava tanto fastidio. Forse perché ci pensa di meno.
 
Dean viene a trovarla spesso. Lui e Sam sono qui a pranzo o a cena, a seconda di quello che vogliono mangiare, e poi ogni sera, quando Ellie finisce il turno, Dean la va a prendere e fanno una passeggiata da qualche parte prima di riprendere l’Impala e tornare al motel, perché dice che con suo fratello ci sta tutto il giorno perciò gli basta e avanza. La verità – ed Ellie l’ha capito anche se lui non lo ammetterà mai – è che vuole stare un po’ da solo con lei e questo le dà tutto meno che fastidio.
 
Durante quelle lunghe passeggiate si raccontano le loro giornate; talvolta le sembra di essere tornata a quei giorni che hanno passato al mare ormai più di un anno e mezzo fa, quando ancora non stavano insieme e forse Dean neanche sapeva cosa provava per lei. Ellie stessa, in quel periodo, era molto confusa, ma le pare di aver migliorato quei giorni nell’Oregon, quando non c’erano state ancora ombre nel loro rapporto ed erano solo due amici che trascorrevano del tempo insieme per conoscersi meglio.

Certo, adesso almeno in questo le cose sono cambiate e l’amicizia cristallina di quei giorni si è trasformata in qualcos’altro, qualcosa di bello.
Dean la prende sempre per mano, le circonda la vita mentre camminano insieme e ad Ellie piace rifugiarsi tra le sue braccia, stringerlo con le sue e sentire il suo profumo e quello della giacca di pelle che indossa spesso arrivarle alle narici.

Un paio di sere sono andati a vedere le stelle su una piazzola isolata poco fuori da Enid. Da lassù, il panorama è bellissimo e milioni di luci risplendono in lontananza, sia sulla Terra che in cielo dove le stelle sembrano ogni sera più luminose. Vi hanno trascorso un sacco di tempo, finendo entrambe le volte a coccolarsi sotto quel manto bellissimo.
I baci – non solo in quelle notti, ma sempre più spesso ultimamente – sono più lunghi e intensi; Ellie si ritrova sempre a stringerlo forte e lui ricambia, le sue mani grandi e aperte sulla sua schiena che le infondono sicurezza e protezione. Ellie si è resa conto che ha voglia di sentirlo più vicino, certi momenti più di altri, e si domanda spesso come sarebbe abbandonare vestiti e paure, prendere la coperta che c’è dentro il bagagliaio dell’Impala e lasciarsi andare sotto un tappeto di stelle. Una volta stava quasi per dirglielo, ma si è trattenuta, perché era tardi e per qualche motivo non le sembrava il momento adatto.
 
È quasi sicura del fatto che difficilmente Dean farà un passo verso di lei in questo senso, non dopo quello che è successo qualche settimana fa, e probabilmente dovrà essere lei a fargli capire che si sente pronta, che vuole abbandonare ogni timore e andare fino in fondo.
Si dà quasi della stupida quando pensa a questa cosa, perché si sente così seriosa, quasi dovesse farlo per la prima volta. Forse perché pensieri simili non le erano affiorati in testa la sua prima vera volta, che ancora dopo tanti anni si chiede come abbia fatto ad essere così sciocca. Forse perché quel ragazzo, Thomas, era di una dolcezza disarmante, o perché ci sapeva fare così bene con le parole che, anche se non le aveva promesso nulla, Ellie aveva pensato che fosse la cosa giusta. Poi era stato tutto talmente veloce che non aveva avuto modo di cambiare idea. 
Adesso le cose sono totalmente diverse: Ellie è sicura di Dean, più di quanto non sia mai stata, e vuole condividere tutto con lui, ma non sa come trovare il modo giusto per dirglielo.

Una botta sul braccio destro la distrae dai quei pensieri; si volta, trovando al suo fianco una sua collega – Natalie, una ragazza castana scura con due occhi celesti bellissimi che lavora qui da un sacco di tempo. All’inizio ad Ellie aveva dato l’idea di essere solo un’impicciona pettegola perché le faceva un sacco di domande su da dove veniva e quanto restava e bla bla bla, tutte chiacchiere vuote, ma poi, a forza di parlarci, è finita col trovarla simpatica. È solo un po’ troppo curiosa.
 
«Oggi non hai visite?»
Ellie stringe le spalle, sapendo perfettamente a chi si riferisce «Non lo so, ancora è presto».
«Capito».
La guarda di sottecchi e non ci crede che glielo abbia chiesto tanto per. Anche perché ha capito che, di solito, quando fa una domanda è perché le interessa qualcosa. «Che vuoi sapere?»
Le sorride quando la vede arrossire appena e voltarsi subito dopo, dandole le spalle. «Niente, ma… » si sporge verso la cucina per controllare se c’è qualche ordine pronto, restando a bocca asciutta quando vede il carrello apposito vuoto «Beh, mi chiedevo… l’amico del tuo ragazzo… perché è il tuo ragazzo quello che viene sempre, vero?» Ellie annuisce, cercando di nascondere un sorriso; un po’ impicciona lo è «Insomma, lui… mi sembra un tipo a posto e… niente, facevo per chiedere».
 
Le sorride sorniona, ma non fa in tempo a risponderle che un ordine è pronto davvero e Natalie afferra le varie pietanze, le poggia su un vassoio e sguscia via verso il tavolo al quale deve portarle, le gote rosse e le labbra strette tra i denti.
 
Ellie ne approfitta per tornare al tavolo numero quattro con una brocca d’acqua in mano per chiedere ai due simpatici mangioni – che nel frattempo hanno spazzolato via entrambi i panini e buona parte delle loro generose razioni di patatine – se è tutto a posto e se hanno bisogno di qualcos’altro. Entrambi scuotono la testa, ma accettano volentieri che lei riempia nuovamente i loro bicchieri. [2] Al tavolo successivo, invece, hanno pagato il conto ed Ellie ringrazia con un sorriso prima di riprendere il blocchetto nero e sbirciare al suo interno una volta tornata al bancone, vedendo da parte una mancia che può considerare particolarmente generosa. Soffoca un sorriso mordendosi le labbra mentre ascolta un pensiero balenarle nella testa, uno di quelli che a volte sembrano sciocchi, ma che in un periodo come questo sono quasi un miracolo, qualcosa di bello a cui aggrapparsi.
 
Punta nuovamente gli occhi sulla cucina e prende dall’apposito carrello il nuovo ordine velocemente per poi portarlo al tavolo numero dieci.
La giornata è ancora lunga, ma qualcosa le dice che, se tutto va secondo i piani, l’attende una bella serata come ricompensa per il duro lavoro.
 
*
 
È steso sul letto, il telecomando tra le dita che muove ogni tanto sopra i tasti se si stanca di quello che sta guardando – il che accade ogni quattro o cinque minuti – e sbuffa appena quando lo spegne, buttando quell’inutile aggeggio nero sul letto.

Dean picchietta le dita su una coscia facendo poi degli strani versi con la bocca, quasi a richiamare l’attenzione del fratello che, seduto accanto al tavolo e immerso nella lettura del diario di papà, puntualmente alza la testa per guardarlo male; non si stupisce quando vede la sua espressione cambiare – gli occhi più piccini e le labbra strette – per dirgli di piantarla.
 
Sam arriccia le labbra «Che c’è?» e Dean stringe le spalle «Ho fame. Tu no?»
Osserva suo fratello guardare l’orologio – lui non ne ha bisogno: sa perfettamente che sono più o meno le sei di sera, ha controllato al massimo cinque minuti fa – «Beh… è un po’ presto per andare a mangiare, ma se non resisti… »
Dean sorride spavaldo, tirandosi su con la schiena «Fantastico. Andiamo da Ellie?» ma Sam, anziché alzarsi o comunque annuire per assecondarlo, incrocia le braccia al petto e lo guarda fisso, appoggiandosi allo schienale della sedia «Ci siamo stati anche ieri sera a cena. Ok che il cibo è buono, ma non ti sembra di esagerare? Lasciala fare il suo lavoro in pace».

Dean si acciglia un po’, cercando di non darlo troppo a vedere «Non sappiamo mai dove andare a mangiare perché questo paesino è un maledetto buco e ora ti lamenti per una volta che abbiamo un posto fisso? E poi quello non è il suo lavoro, anche se… beh, vederla con la divisa mi piace» sorride sornione, quasi a cercare di evitare una risposta da Sam, ma evidentemente non ci riesce perché lui alza le sopracciglia facendo quell’espressione da so-tutto-io che tanto lo irrita talvolta.
«Senti, ho capito che questa storia non ti è andata giù, ma è solo una cosa temporanea. Sicuramente presto avremo un caso e saremo lontani da qui. E poi che c’è di male se vuole guadagnare qualche soldo onestamente? Io te lo dico sempre che dovremmo farlo anche noi. E non ricominciare con la storia che è meglio il divertimento». [3]

Dean sorride di sbieco, un angolo delle labbra all’insù, poi abbassa lo sguardo mentre Sam torna a concentrarsi sul diario di papà.
È vero, è un po’ preoccupato per Ellie, perché gli sembra che questo lavoretto sia solo una scusa per tenerlo alla larga. Forse ha ragione Sam ed è lui a farsi troppe paranoie, ma ogni sera, quando la va a riprendere dopo che ha finito il turno, l’ultima cosa di cui vuole parlare è di quello che è successo qualche settimana fa con il Formichiere o del perché si vuole impegnare in questo impiego alla tavola calda e, anche se ha cercato in tutti i modi di giustificarsi le rare volte che il discorso è venuto fuori, Dean non è del tutto convinto.
Vorrebbe sapere come sta, perché crede che ammazzare quel coso l’abbia turbata parecchio. Forse un po’ troppo, ma Ellie è una persona particolare e ci rimane sempre male se uccide qualcosa con troppa violenza. Fa parte del suo carattere.
 
L’ha osservata tanto nei giorni successivi, quando hanno ripreso l’Impala per allontanarsi da quel posto di merda e trovare una momentanea isola felice, un luogo che riservasse pochi problemi e dove avrebbero potuto passare un po’ di tempo per riposarsi. Peccato che poi i giorni siano diventati settimane – tre, per la precisione – perché Ellie ha trovato questo lavoro e non sembra aver intenzione di mollarlo finché non avranno tracce concrete di papà o un caso urgente da risolvere.
 
Da una parte, è convinto che Sam abbia ragione e che quella di Ellie sia solo la genuina voglia di riguadagnare qualche spicciolo per metterlo da parte o usarlo al posto delle carte di credito truccate che tanto detesta; dall’altra, però, la cosa non gli quadra e sente che gli sta nascondendo qualcosa, o meglio che non gli parli di qualcosa.
 
Forse saranno solo paranoie, ma… se trovasse questo lavoro bello come un tempo e decidesse di abbandonare la caccia? In fondo, lei ora non ha nessun obbligo: l’unica cosa che la teneva attaccata a un qualche fucile era la voglia di vendetta per suo padre che adesso ha ottenuto. E se si fosse stancata? Se volesse tornare a Buckley e alla sua vecchia e tranquilla vita da cameriera? Dean non potrebbe di certo darle torto. Insomma, capisce che ormai Ellie non avrebbe più motivi di cacciare e di inseguire le bestie della notte, perché non è mai stata la sua priorità, perché non è cresciuta con l’odio che coltiva lui per quelle creature mostruose che sono così tante e sono ovunque.
 
Non avrebbe neanche un motivo per fermarla, se questa dovesse essere la sua decisione. Il fatto che stanno insieme non sarebbe abbastanza, visto che non lo è stato quasi un anno fa, prima che Ellie lo spingesse ad andare a Stanford per parlare con Sam e risolvere tutti quei problemi che erano rimasti troppo a lungo nascosti sotto al tappeto. E poi, davvero, perché dovrebbe fermarla? Non può mica costringerla a farsi andare bene questa vita, visto che fino in fondo non va bene neanche a lui. Vuole il suo bene, perciò sa che se lei gli dicesse che vuole andare via, non potrebbe mai dirle di no, ma… beh, stavolta ci soffrirebbe davvero tanto.
 
Non che le altre sia stata una passeggiata, ma prima si rifiutava di ammettere che tra di loro ci fosse qualcosa di speciale, qualcosa che ancora non sa come definire – e si ostina con tutto se stesso a non farlo – ma che è bello e che lo fa stare bene. Non si sentiva in coppia con lei prima, non come adesso che fanno tutto insieme, che sono complici in maniera del tutto nuova e diversa.
 
Si stringe nelle braccia portandole al petto, quasi sentisse freddo a pensare a tutte queste merdate e si guarda intorno, sbuffando forte. Questa stanza è un maledetto buco: di fronte ai letti c’è una lunga cabina armadio bianca – che rimarrà sempre vuota per metà, considerando che lui e Sam non ci mettono mai nulla –, alla sua sinistra il letto di Sam e, poco più in là, nell’angolo tra il muro e un pezzo d’armadio c’è il piccolo tavolo di legno scuro accanto al quale suo fratello passa buona parte delle sue giornate. La porta d’ingresso e quella del bagno sono praticamente una di fronte all’altra, la TV – o meglio, il cubetto nero posto su un piccolo comodino, talmente piccolo che Dean teme che Sam, dal suo letto, non riuscirebbe neanche a vederla – alla sinistra dell’armadio e proprio accanto al tavolino c’è una finestra non tanto grande.
Sarà che Dean, ormai, ne ha imparato a memoria tutti i contorni e saprebbe calcolare a occhio le distanze – tutte piccolissime – tra i vari oggetti della stanza, ma è così stufo di stare qui dentro che rischierà d’impazzire, se va avanti così.
 
Porta una mano dietro la testa, le dita dell’altra sulla pancia che si muovono seguendo un ritmo che gira nella sua testa quando la porta d’ingresso che si apre lo distrae. Ellie è sulla soglia – i capelli legati nella sua treccia di sempre e un sorriso decisamente più luminoso di quello dell’ultimo periodo, qualcosa di così raro ancora adesso che la vera burrasca se l’è lasciata alle spalle – e richiude la porta dietro di sé, stringendo la borsa nera sotto braccio.
 
Dean si mette seduto sul letto con uno scatto e la fissa incredulo. «Che ci fai qui? Non dovevi uscire stasera dopo le nove?»
Ellie stringe le spalle «Il capo mi ha dato la serata libera. Non c’era molta gente oggi».
 
Si avvicina a Sam che le sorride appena e appoggia la borsa su una sedia, insieme alla giacca. Dean si alza dal letto e le si avvicina con un sorriso stampato sulle labbra «Com’è andata? Ti hanno dato tante mance?»
Ellie lo guarda con gli occhi divertiti e sorride di slancio. «Abbastanza da potervi offrire da bere» punta gli occhi anche su Sam mentre Dean la osserva un po’ incredulo «Stasera, visto che non ho il turno, ho pensato che se vi va possiamo andare a farci una bevuta. Senza esagerare, solo… solo un drink».
Dean le sorride per prenderla in giro «Io anche due, visto che paghi tu».
Lei gli fa la linguaccia e Dean se la stringe addosso, una mano intorno alla sua vita. Ellie punta gli occhi su Sam che le sorride a sua volta «Per me va bene» e lei stende le labbra in un sorriso più convinto «Bene. Allora vado a farmi una doccia, così poi andiamo a cena» scioglie la presa di Dean e si muove verso l’armadio; vi fruga dentro, sicuramente in cerca di vestiti puliti. «Vi va il giapponese? Ne ho visto uno sulla strada per venire qui, è vicino».
 
Sam stringe le spalle e Dean sa che questo è uno dei tanti modi che ha per annuire – che diavolo, perché queste stramberie le approva sempre? – mentre lui arriccia le labbra in una smorfia un po’ disgustata, incrociando le braccia al petto. «Perché ti piacciono tutti quei rotolini di riso e pesce? E poi è crudo!»
Ellie si volta e lo guarda con un sorriso da presa in giro «C’è anche cotto se lo vuoi, ma se non ti va andiamo da un’altra parte».
 
Prende dall’armadio anche il beauty case dove tiene tutte le cose che le servono per il bagno che non siano shampoo e bagnoschiuma che lascia sempre dentro la doccia; almeno adesso che c’è Sam ha imparato a non intasare tutti i ripiani disponibili con creme e barattoli di ogni forma e misura.
Chiude l’anta e si avvicina alla porta del bagno e Dean le va dietro, afferrandole un braccio mentre un brutto pensiero gli attraversa il cervello con troppa velocità per tenerlo per sé. Lei lo guarda leggermente confusa «Perché… perché non mi hai detto che uscivi prima? Ti sarei venuto a prendere, come sempre».
Il suo tono, per un qualche motivo che neanche lui capisce, è più basso del solito; Ellie fa spallucce «Natalie si è offerta di darmi un passaggio, mi sembrava brutto non accettare» gli sorride ancora, liberandosi della sua presa e stringendo le sue cose anche con la mano ora libera «È tutto a posto, tranquillo. Decidi se vuoi il giapponese o no oppure scegliete un altro posto, per me è indifferente. Vado a fare la doccia che puzzo di hamburger e fritto».
Dean stringe le labbra, poi sorride malizioso «Mmh, un odore molto eccitante».
 
Ellie ride e ha gli occhi luminosi – come un tempo, come quando è tranquilla davvero – e il bacio fugace che gli stampa sulle labbra non è proprio il massimo perché Dean possa ritenersi soddisfatto di quella risposta, ma se lo farà bastare. Adesso è meglio se pensa a cambiarsi e a trovare un’alternativa per la cena prima che quei due scellerati lo costringano a mangiare qualcosa con quelle dannate bacchette che tanto detesta.
 
*
 
«Basta, mi arrendo. Mi hanno rotto il cazzo questi cinesi bastardi—»
«Sono giapponesi».
«È uguale. Siamo in America, Cristo, perché non si adeguano e mangiano come tutti noi con delle cazzo di forchette? Non è difficile!»

Ellie, che fino adesso ha cercato – a stento – di rimanere seria, scoppia a ridere, seguendo a ruota Sam che lo sta facendo da quasi cinque minuti.

Dean sbuffa e butta malamente le bacchette sul piatto con un gesto secco, poi piega leggermente le labbra in un piccolo sorriso divertito, incrociando le braccia al petto.
 
È seduto su un divanetto prugna situato accanto a uno dei tavolini del ristorante giapponese di cui gli aveva parlato Ellie – sì, perché alla fine sia lei che Sam erano favorevoli e non ha trovato altre scuse per evitarlo – e ci ha provato a prendere quelle maledette bacchettine e stringerle in modo tale da riuscire ad afferrare quel rotolino di riso e pesce, ma ce l’ha fatta a malapena a prenderne due, uno dietro l’altro, e ora si è rotto le palle. Andrebbe a fare protesta da quei musi gialli che non sanno mangiare dalla rabbia.
Quello che lo rincuora, però, è che, anche se lo stanno prendendo in giro, è riuscito a far ridere quei due.

Ellie, che gli siede accanto, stasera è così bella da togliere il fiato. Indossa una specie di camicetta a maniche corte panna con una fantasia di fitti pois blu notte con uno scollo a U non troppo profondo sul davanti; la particolarità sta nel fatto che, intorno allo bordo e alle maniche, è orlata con dei volant decorati con la stessa fantasia e sul dietro, dove è più scollata e lascia intravedere un pezzetto di schiena, si lega con un fiocco dello stesso colore dei pois. Porta una gonna, poi, anch’essa blu, molto semplice e non troppo ampia o stretta, tenuta su da una cinta marrone chiaro, e le arriva poco più giù di metà coscia. Ai piedi il suo paio di sandali bianchi con un po’ di tacco mentre il trucco è leggero e le risalta il blu intenso e bellissimo dei suoi occhi.

Si appoggia al suo braccio con entrambe le mani e con la testa, guardando Sammy – la camicia a quadri rossa che sembra fargli le spalle più grandi e i capelli spettinati sulla fronte – che ancora ride e Dean ora li guarda male, fingendosi arrabbiato.
«Oh, piantatela. Fate i gradassi solo perché siete capaci».
Ellie lo scruta – gli occhi birichini e furbi – e si allunga a dargli un bacio sulla guancia, poi gli sorride. «Abbi pazienza. Adesso te lo rispiego».
 
Dean sbuffa e si prepara alla nuova lezione di prendi in mano la bacchetta di merda e non farla cadere e fulmina con lo sguardo suo fratello che ha appena smesso di ridere e non vorrebbe che ricominciasse – anche se non lo vedeva farlo in modo così spontaneo da tanto, perciò probabilmente ricomincerebbe da capo a sbraitare pur di risentire ancora quel suono allegro – e osserva Ellie che prende nuovamente le bacchette in mano e gli mostra come le deve tenere. Dean riprende a sua volta le sue e imita il modo in cui sono sistemate le dita di lei. Poi allunga la mano destra verso un altro rotolino di riso, lo spezza e lo afferra con le bacchette, portandolo alla bocca quasi tremante, ma Ellie gli fa un applauso quando lo vede masticare soddisfatto e gli sorride contenta.
 
Non è la prima volta che mangia con queste dannate cose, è vero, ma ha sempre un po’ di difficoltà a usarle.
Mastica il boccone fiero di se stesso per essere riuscito nell’impresa e guarda i suoi compagni di cena fare altrettanto, riflettendo su quanto sia bello quando hanno questi momenti solo per loro e possono passarli così, insieme.
 
Sam ed Ellie, come Dean ha sempre pensato, vanno d’amore e d’accordo e lui non potrebbe esserne più contento. In fondo passano tantissimo tempo insieme e si sarebbe trovato a disagio altrimenti, ma per fortuna tra di loro si è instaurata una buona sintonia: parlano molto, si confrontano su tante cose e Sam sembra tranquillo e a suo agio con la presenza di Ellie tra di loro. All’inizio aveva paura che potesse dargli fastidio e che magari non diceva nulla per non dargli un dispiacere, ma col passare del tempo è sempre più convinto che, invece, Sam sia contento veramente di averla intorno e che si trovi davvero bene insieme a lei, che per lui non sia un problema.
Anche lei è a suo agio con suo fratello. È convinto che da tempo volesse conoscerlo, da quando Dean gliene parlava con tutta quella tristezza nella voce causata dalla sua lontananza, perciò ora è felice del rapporto che si è instaurato tra di loro. Glielo dice spesso.
 
Gli pare incredibile solo a pensarlo, ma stasera sembrano tutto fuorché un gruppo di cacciatori di mostri sputati dall’Inferno. Hanno solo l’aria di essere tre giovani stretti intorno a un tavolo che parlano del più e del meno, un po’ come stanno facendo Ellie e Sam adesso, che discutono su come gli pare più giusto tenere il pollice per mangiare con le maledette bacchette. Forse sembrano anche troppo normali. Loro due un po’ meno, ma Dean ormai c’ha fatto l’abitudine e lo sa che sono entrambi due perfettini, soprattutto Sam. Ellie è più… nascosta, diciamo. È solo abituata a fare le cose in un certo modo, con dedizione e precisione, mentre Sammy ricerca la perfezione ed è un rompiscatole, quindi la cosa è un po’ diversa. 
 
Quando cala il silenzio tra i due, Dean beve un goccio d’acqua e la manda giù mentre una domanda gli frulla in testa e non riesce a tenerla per sé. «Che si festeggia stasera?»
Guarda Ellie che si volta verso di lui, gli occhi limpidi. «Perché dovrebbe esserci qualcosa da festeggiare?»
Dean stringe le spalle «Beh, di solito è così quando si vuole offrire da bere a qualcuno. Io lo faccio ogni tanto quando risolviamo un caso».
Ellie si morde il labbro per un istante, poi sposta una mano dietro il collo per massaggiarsi la nuca. Punta gli occhi su Sam che la guarda aspettando che dica qualcosa, stessa cosa che sta facendo anche Dean. «Beh, io volevo… sì, volevo ringraziarvi per come… per come mi avete aiutata con… » fa un grosso sospiro «Con il Formichiere. Siete stati… fondamentali» sorride appena e Dean fa altrettanto, di riflesso.
Punta un attimo gli occhi sul fratello e poi su di lei «Il grosso del lavoro l’hai fatto tu».
«Non è vero. È stata una cosa di squadra e voi… voi avete fatto tanto per me».
 
Dean non sa cos’altro dire, perché Ellie lo guarda negli occhi con quello sguardo luminoso e attento che lo lascia sempre un po’ senza fiato e anche Sam rimane in silenzio, un sorriso appena accennato. Lei tira le labbra in una linea sottile e riprende a mangiare, afferrando con le bacchette qualcuno dei chicchi di riso che le sono scivolati nel piatto – una cosa che Dean non saprebbe mai fare, considerando che ha problemi anche a prendere le cose grandi con quei due stecchini del cavolo.
 
Quando finiscono di mangiare si dirigono a piedi in un pub poco distante e Dean osserva Ellie sorridere come non l’ha fatto per giorni mentre parla con lui o con Sam o mentre, qualche minuto dopo, alza in alto la bottiglia di birra che ha preso per sé, stringendola con la mano destra.
Li guarda con attenzione «Beh allora… allora brindiamo al mostro che non può più toccarci e… e a noi che siamo stati bravi a ucciderlo».
Lo dice in un modo buffo e impacciato mentre sorride con convinzione, aspettando che i due fratelli avvicinino le proprie bottiglie alla sua, ma prima di farlo Dean sorride di sbieco «Spero per te che tu non debba mai fare un discorso importante davanti a tante persone, perché sei negata».
Ellie gli dà una gomitata e Dean ride, seguito da Sam che fa altrettanto, scuotendo la testa come a dire quando mai imparerai a startene zitto, Dean. Lei li guarda male per gioco, ma smette quando entrambi alzano la propria bottiglia di birra – stasera anche Dean ha deciso di andarci piano; non ha nessuna intenzione di ubriacarsi per una volta che si sente bene davvero – e la avvicina a quelle dei suoi compagni, lasciando che un leggero tintinnio risuoni nell’aria prima di portarla alle labbra e bere un lungo sorso.
 
Il resto della serata lo passano a parlare di un po’ di tutto e sembrano evitare accuratamente l’argomento “caccia”, per qualche strano motivo. Non lo fanno neanche apposta, solo non esce fuori e Dean pensa sia meglio così.
 
Escono quando rimangono gli ultimi del locale, anche se a Dean sembra ancora presto. Osserva Sam che, non appena varca la soglia dell’uscita, mette una mano davanti alla bocca per sbadigliare e poi le infila entrambe in tasca. Punta gli occhi su di lui e poi su Ellie «Non so voi, ma io mi sa che vado a dormire».
Dean lo guarda male «Ma di già? E dai, Sam! È ancora presto».
Ellie sorride sotto i baffi e Sam lo osserva con una delle sue tipiche espressioni da sei proprio fuori dal mondo, Dean che allora tira su il braccio sinistro per sbirciare l’orologio e scopre che, in realtà, non è proprio così presto come pensava: è già mezzanotte passata.
Sam sorride divertito «Posso andare anche a piedi se non ti va di accompagnarmi, ma sono stanco».
Dean scuote la testa divertito. «Che femminuccia».
Suo fratello rotea gli occhi e li saluta con un gesto della mano per poi incamminarsi lungo il viale.
 
Dean lo guarda allontanarsi per poi voltarsi verso Ellie «Tu hai sonno?» che gli si avvicina e scuote la testa, un sorriso appena accennato sulle labbra. Lascia scivolare una mano fino ad afferrare quella destra di Dean e stringerla appena «Mi porti a vedere le stelle?»
Lui sospira appena e le sorride, annuendo. Stringe la sua mano e si avviano verso l’Impala.

*
 
È una cosa quasi di routine, ormai: quando Ellie finisce di lavorare, Dean la passa a prendere e insieme vanno a fare un giro in macchina o una passeggiata prima di tornare al motel. E per lui, quando riescono a stare un po’ da soli, è diventato il momento preferito della giornata.
Non sta male con Sam, ovviamente: è suo fratello e ha desiderato così tanto averlo intorno quando era a Stanford che adesso è un piacere immenso passare del tempo insieme a lui e scambiarci due chiacchiere o semplicemente guardarlo fare il secchione, steso sul letto con le sue lunghe gambe a leggere un qualche libro. Da quando sono arrivati qui, però, le giornate per lui sono un po’ tutte uguali, lunghe e apparentemente interminabili, e si annoia talvolta. Il tempo trascorso con Ellie, invece, è sempre speso bene.
 
La stringe un po’ più forte, seduto sopra il cofano dell’Impala, e la osserva, il suo viso rivolto verso l’alto a guardare le stelle. Lei gli circonda il busto con entrambe le braccia e sembra la persona più serena del mondo mentre fissa il cielo con l’espressione serena di chi è in pace con se stesso dipinta sulla faccia.
Ricorda quanto le fosse piaciuto andare a vedere le stelle quella volta in Oregon, quando sono stati al mare per qualche giorno, quanto l’aveva rilassata e come tutta l’amarezza che aveva addosso era scivolata via alla vista di quel manto luminoso. È per questo che l’ha portata qui la prima volta e poi un’altra quando si è accorto di quanto una visione così bella la facesse rilassare, le facesse distendere i nervi dopo una giornata di lavoro. Oltretutto, di conseguenza, Ellie lo coccola tantissimo e permette anche a lui di farlo.
 
La storia della stanza condivisa con Sam, anche se ha notevoli pro, ha per contro il fatto che non possono passare del tempo da soli, e a Dean manca un sacco questa cosa, ma deve ammettere che, in un certo senso, quel piccolo distacco ha fatto bene al loro rapporto: adesso si cercano di più, apprezzano di più i momenti da soli. Prima, anche se chiaramente non se ne rendeva neanche conto, Dean li dava un po’ più per scontati.
Certamente incide molto anche il fatto che Ellie abbia sconfitto la sua paura più grande, una cosa di cui lui, tra l’altro, è molto fiero. Certo, questo ha lasciato delle tracce profonde in lei e non è ancora uscita del tutto da quella situazione, ma ci sta lavorando e lui, in un certo senso, spera di essere riuscito ad aiutarla. Almeno un po’. 
 
Le posa un bacio tra i capelli e lei sorride, allungandosi un po’ verso l’alto per baciarlo sotto il mento. Lo stringe leggermente più forte, gli occhi puntati davanti a sé.
«Hai freddo? Sennò possiamo tornare al motel».
Ellie scuote la testa, sorridendo appena. «No, è troppo bello qui».
 
Anche Dean sorride e la stringe ancora, puntando nuovamente gli occhi verso il cielo. Non c’è neanche una nuvola e le stelle sono luminose e brillanti, risplendono nella notte scura. In più, la luna è quasi piena e la brezza leggera che li scompiglia un po’ ogni tanto non è affatto fastidiosa.
 
Poi Ellie si scosta appena e Dean si ritrova a guardarla negli occhi che stasera sono particolarmente luccicanti. Lei si morde il labbro inferiore e poi prende fiato, come se dovesse parlargli di qualcosa di estremamente importante; sembra quasi nervosa. «Devo… devo dirti una cosa».
Lo dice con un tono serioso e un po’ troppo basso, come se avesse paura di pronunciare quelle parole e a Dean pare di non riuscire più a respirare. Si scosta da lei quasi bruscamente e abbassa gli occhi, sviando lo sguardo, e tutte le paure che aveva cercato di sopprimere negli ultimi giorni sono improvvisamente in superficie, più forti che mai.
«Vuoi andare via?» non riesce a trattenersi anche se il grosso groppo che ha in gola fa sì che pronunci quella domanda in modo quasi strozzato, come se stesse sul punto di piangere. Non è così, ma il solo pensiero che Ellie possa volerlo lasciare di nuovo gli spezza il cuore. Il fatto che lei si sia fermata per guardarlo perplessa – la fronte aggrottata e lo sguardo confuso – non lo aiuta a calmarsi. «Ecco, lo sapevo. Adesso mi dirai che hai saldato il tuo debito e—»
«Perché dovrei?»
 
Dean si lecca le labbra, trovando non sa come il coraggio di continuare a guardarla negli occhi che sono confusi e spaesati «Perché… perché la caccia non è il lavoro che vorresti fare per sempre, non l’hai mai nascosto. Ora che hai ottenuto la tua vendetta forse non… non ti va più di… e poi hai… hai ripreso a fare la cameriera e… e non vuoi mai andare via da qui. Così io… io ho pensato che—»
Le dita di Ellie sulla sua bocca lo interrompono, il suo sorriso è sincero e genuinamente divertito «Ma che dici, sciocchino. Non ho alcuna intenzione di andarmene» la sua mano sinistra scivola più su per accarezzargli la guancia destra e Dean rimane ancora sospeso, senza sapere cosa rispondere «Volevo dirti che ho lasciato il lavoro, stasera» abbassa un attimo gli occhi poi lo guarda ancora; sembra mortificata per qualcosa. «Sono tornata prima apposta. Non volevo dirti una bugia, solo… solo non mi andava di parlarne prima, per questo non ho detto niente» si ferma ancora un istante e lo scruta a fondo, come se avesse bisogno di capire se Dean si sta arrabbiando o no «L’ho fatto perché non mi sembra giusto tenervi ancora qui».
Dean la fissa, confuso «Ma ti trovavi bene, perché non—»
«Perché non voglio sacrificare te e Sam» prende fiato, spostandogli i capelli corti dietro l’orecchio «È vero, questa storia di papà… sai, pensavo di trovare un po’ di pace una volta fatta fuori quella bestia, ma il dolore che sento non è svanito neanche un po’. Credo che solo il tempo potrà aiutarmi, la vendetta è inutile» tira le labbra in una linea sottile, continuando ad accarezzarlo piano «Spero che quando arriverà il tuo momento, quando avrai davanti il demone che ti ha portato via la tua mamma proverai qualcosa di diverso. Per me… per me non è stato così, ma… ma almeno posso pensare che non farà male a nessun altro». Dean annuisce, decisamente più sereno, ed Ellie si avvicina un altro po’, sorridendo «Non ci penso nemmeno a lasciarti o a fuggire via. Te lo giuro». Lo fa in modo più deciso, continuando ad accarezzargli la guancia e facendosi ancora più vicina, la fronte che quasi sfiora quella di Dean «Sto troppo bene con te». Le ultime parole sono un sussurro caldo sulla sua bocca e a Dean non viene proprio niente da dire mentre lei lo guarda con quel sorriso dolce e comprensivo, perciò di slancio riduce la distanza che li separa e la bacia nel modo più sentito possibile. Ellie ricambia, soffocando un sorriso e schiudendo le labbra, forse sorpresa dal suo impeto.
Se la stringe più addosso, ripristinando la vicinanza precedente e lei lo lascia fare, circondandogli il collo con le braccia e ricambiando i suoi baci e non c’è niente di meglio che rimanere così, stretti in quell’abbraccio caldo, le stelle brillanti a vegliare sulle loro teste.
 
*
 
Dean non sa dire come abbiano fatto a ritrovarsi sul sedile posteriore dell’Impala a baciarsi come due ragazzini che non hanno altro posto dove farlo; sa solo che Ellie, ad un certo punto, gli ha detto che aveva freddo, le gambe praticamente nude per colpa di quella gonna che non la copriva molto.
La cosa più naturale da fare sarebbe stata tornare al motel, ma avevano voglia di restare ancora un po’ da soli.
 
Ellie è sdraiata sotto di lui, le loro giacche sotto la testa che le fanno da cuscino, la sua mano dietro il collo che lo accarezza con quella dolcezza che è così mancata a Dean nei mesi in cui era lontana. La sente insinuare le dita sotto il colletto della sua camicia a scacchi verde e blu e rabbrividisce a quel contatto, le sue piccole mani infreddolite dalla brezza notturna. Abbassa un po’ le spalle per ritrarsi, facendo ridere Ellie che si scosta e lo guarda divertita per poi tornare a baciarlo.
 
In un altro momento, Dean avrebbe pensato che questa sarebbe stata l’occasione migliore per spogliarsi di vestiti e paure e lasciarsi andare; anzi, se ci fosse stata un’altra al posto di Ellie avrebbe organizzato tutto appositamente. Non sarebbe neanche la prima volta, ma con lei è tutto diverso e, anche se vorrebbe tanto seguire l’istinto, sta facendo di tutto per non cedere, perché le ha promesso di rispettare tutti i suoi tempi e lo farà, visto che è una persona di parola, ma comincia ad essere difficile resistere ora che è così vicina.
Appoggia la mano destra sul suo fianco e il tessuto della camicia di Ellie quasi gli fa prudere i polpastrelli, tanta è la voglia di scendere a esplorare quello che c’è sotto.
Per di più, l’atmosfera è perfetta: dal lunotto posteriore dell’Impala filtra la luce della luna, che è così accesa e brillante da illuminare il viso di Ellie quasi completamente.
 
Il preservativo per le emergenze sta da mesi nel portafoglio, in attesa di essere usato, e forse stasera potrebbe essere il momento giusto, Ellie potrebbe lasciarsi andare ed essere sua completamente.
Dean si è accorto che il suo non è solo un desiderio fisico, è qualcosa di diverso: è la voglia di colmare le piccole distanze che ancora li separano, di avere la certezza che lei possa essere davvero sua, fino in fondo. Forse non lo è mai stata davvero, neanche prima che si separassero per tanto tempo.
Si stupisce di se stesso: un pensiero simile non gli aveva mai attraversato la mente con nessuna delle donne che sono state con lui e in un certo senso ne ha timore. Non è una cosa nuova, in realtà, perché ha sempre paura di qualcosa quando Ellie è con lui: che possa fuggire ancora – anche se stasera gli ha giurato che non lo farà più –, che si faccia male in qualche caccia o che possa semplicemente sparire uscendo dalla porta e lasciandolo da solo. Sa che stavolta è diverso, ma talvolta non può fare a meno di pensarci.
 
È convinto che se Ellie avesse una vaga idea di quanto la desidera lo comprenderebbe di più, capirebbe il perché della sua “fretta”. Avrebbe tanta voglia di dirglielo, ma non se la sente, un po’ per non metterla in imbarazzo e un po’ perché non ha voglia di discutere ancora. Se Ellie prendesse male le sue parole potrebbe uscirne un altro litigio e non gli va di rovinare la serata.
 
Di riflesso la stringe un po’ più forte, seguendo il flusso dei suoi pensieri, e la mano sinistra di Ellie scivola sopra la sua, stringendo appena. Dean non pensa sia un buon segno e fa per toglierla, ma Ellie la stringe un po’ più forte, senza smettere di baciarlo con dolcezza; la sposta piano, scivolando sul tessuto della gonna per poi tornare su, costringendo la mano di Dean allo stesso movimento. Lo riporta nel punto dov’era prima, ma stavolta non c’è la camicetta a separarlo dalla sua pelle.
Ellie si scosta e lo guarda senza lasciare la sua mano; sorride appena mentre lo fa, gli occhi limpidi e meravigliosi.
«Fai l’amore con me» e la sua non è una richiesta, neanche un ordine, è un’affermazione così semplice, arrivata con una spontaneità tale da mettere i brividi a Dean che deglutisce, sbattendo le palpebre un paio di volte.
«Qui?» Dio, che domanda idiota. E pensare che di solito è lei a chiedere cose stupide.
Ellie annuisce, le labbra strette tra i denti a nascondere un sorriso. «La tua bambina si offende?»
Ora è Dean a sorridere «Non vedo perché dovrebbe» lei ricambia e allunga il collo verso di lui che però indietreggia, guardandola negli occhi. È una cosa stupida, davvero, perché l’ha fatto con chissà quante ragazze diverse e una cosa così non gli è mai capitata, ma sente le mani tremargli e la gola secca. È una sensazione talmente strana da immobilizzarlo, quasi.
Ellie riprende ad accarezzargli il collo, osservandolo attenta. «Ho detto qualcosa di sbagliato? Pensavo che tu volessi… insomma, io… »
 
Dean deglutisce «Sì, c-certo che sì, ma… » prende fiato, preoccupandosi di imprimere nella mente ogni istante di questo momento così intenso, il blu profondo dei suoi occhi, lo sguardo acceso e sicuro e assolutamente stupendo. «Non… non dobbiamo farlo per forza. Se ancora non te la senti va bene, non… »
Ellie scuote la testa decisa e lo guarda ancora intensamente. «Me la sento». La sua mano dal collo scivola un po’ più su, accarezzandogli i capelli corti; lo guarda in modo così dolce, gli occhi brillanti e un’espressione serena stampata sul viso. «Se ben ti ricordi, te l’avevo detto: volevo che fosse speciale. Io… io non ho mai mentito su questo, Dean. Ci tengo anch’io e… e lo voglio fare davvero. Solo… » abbassa lo sguardo per un secondo e Dean la guarda arrossire e mordersi il labbro inferiore, come quando le fa un complimento. «Solo fa piano. È tanto che non… insomma, l’ultima volta è stata con… con te».
 
Dean rimane in silenzio per qualche istante, sbattendo le palpebre un paio di volte. Non ha il coraggio di dirle che per lui è lo stesso, che per mesi ha atteso questo momento desiderando di averla vicina con questo ardore negli occhi, perciò si limita a sorridere, il solito gesto dietro cui è in grado di celare tutti i suoi pensieri e mostrare solo il suo lato spavaldo.
 
Le accarezza il viso con la mano destra «Questa è la cosa più carina che una ragazza mi abbia mai detto prima di farlo». Ride ed Ellie con lui, dandogli una pacca sul petto; la osserva ancora, il suo sguardo deciso e tremendamente sicuro mentre sposta nuovamente la mano dietro il suo collo. Dean abbassa la testa verso di lei per baciarla sulle labbra, mentre le dita di Ellie lo stringono sulla nuca e lo attirano più a sé.
 
È ancora teso, più che altro perché, anche se non può negare di aver pensato che questa sarebbe stata l’occasione perfetta per riprendere le cose da come le avevano lasciate mesi fa, non si aspettava che Ellie si sentisse pronta, che decidesse di lasciarsi andare, ma lei sembra davvero decisa e Dean non vede un solo motivo per non darle retta. Se ne convince soprattutto poco dopo, quando avverte le sue piccole mani scendere verso il basso, accarezzandogli lentamente la schiena per poi finire sul davanti. La guarda scostare un po’ il viso e abbassare lo sguardo, le dita sottili che arrivano fino alla fibbia della sua cintura per poi aprirla lentamente, insieme al bottone dei jeans.
 
Dean la osserva stupito; non è la prima volta che fanno sesso, perciò sa benissimo come lei si comporta solitamente e questo gesto è qualcosa di nuovo. Ellie è passionale, sa lasciarsi andare totalmente, ma era sempre un po’ tesa e impacciata le altre volte, come se avesse bisogno di prendere più confidenza per donarsi completamente. Forse adesso si sente un po’ più a suo agio, o forse questo è il suo modo di fargli capire che è davvero convinta che sia il momento giusto. 
 
Continua ad osservarla mentre lei si morde le labbra, la testa ancora bassa; è arrossita di nuovo e Dean sorride ancora prima di abbassarsi per baciarla nuovamente, nascondendo il suo risolino divertito.
 
Le piccole mani di Ellie lo aiutano poi a sfilarsi la camicia e le sue tremano ancora, non ha idea del perché; lei sembra accorgersene, ma non dice niente, sorride in modo spensierato tra un bacio e l’altro e i suoi occhi fanno lo stesso. Poi Ellie si tira un po’ su, sporgendosi leggermente in avanti, e lo fa sorridere il modo in cui si toglie la camicia, afferrandola per il bordo in basso e poi gettandola chissà dove nell’abitacolo con un buffo gesto della mano.
Lo guarda con gli occhi scintillanti e un sorriso divertito a disegnarle le labbra morbide «Il resto devi farlo tu».
Dean sorride a sua volta, compiaciuto dalla sua nuova audacia «Con piacere».
Ha sempre pensato che fosse pazza, per certi versi, ma non l’ha mai vista così disinibita e forse è solo una fase, è il suo modo di dimostrargli che è sicura, perché glielo legge negli occhi che anche per lei l’emozione è fortissima.
 
Le bacia il collo, le mani finalmente libere di accarezzarle la pelle chiara; dal suo fianco sinistro sale piano con la mano destra, accarezzandole la pancia piatta fino al bordo del reggiseno bianco decorato con dei fiori di pizzo e non gli sembra vero di poter stringere quel pezzo di stoffa e quello che c’è sotto, di avere il permesso di toccarla come desiderava fare tanto. Ellie sospira appena a quel contatto, le braccia intorno al suo collo.
 
Nonostante sia passato un sacco di tempo dall’ultima volta, non vuole avere fretta: vuole metterla a suo agio e assaporarla un pezzo alla volta, senza correre. Risale la curva del suo collo e la bacia nuovamente sulla bocca, per poi scendere sul mento fino all’incavo tra i seni. Si prende tutto il tempo del mondo, accarezzando la sua pelle chiara e morbida, mentre le dita di Ellie sono tra i suoi capelli e lo guarda con gli occhi intensi e decisi e quello sguardo gli dà la sicurezza di cui ha bisogno, perché sta ancora tremando un po’, talmente sopraffatto da un’emozione tanto intensa.
Per certi versi si sente come un ragazzino alle prime armi, ma ha così tanta paura di farle male che le direbbe di aspettare se gli occhi di Ellie non continuassero a suggerirgli che vuole lasciarsi andare davvero.
 
Lei gli stringe la schiena con dolcezza, le dita a scavare sulla sua pelle mentre la mano sinistra di Dean scorre più in basso, sotto la gonna scura. Le accarezza le gambe e sale un po’ più su finché non incontra quel brutto segno sulla sua coscia destra, la cicatrice che le ha lasciato quello stronzo di Jim ed Ellie si fa più distante mentre lui ne accarezza i contorni, terribilmente più tesa. Alza un po’ il capo per guardarla e la vede voltare di scatto la testa verso la sua sinistra, un’espressione seria dipinta sul viso e gli occhi rivolti verso il retro del sedile anteriore.
 
Dean comprende perfettamente che uno dei motivi per cui Ellie è stata tanto distante negli ultimi tempi è questa storia, ma non riesce a fare a meno di continuare a scorrere le dita su quel piccolo marchio e si rende conto di doverle far capire che non è un problema per lui, che non era sapere che lei avesse un segno così a farlo arrabbiare, ma ora è passato tutto, ora l’ha perdonata perché ha compreso il motivo per cui glielo ha tenuto nascosto e non vuole che se ne vergogni più.
Sa che è una ferita per lei ancora sanguinante e lo capisce anche perché non lo guarda più, gli occhi aperti e puntati altrove. Non lo ferma, lo lascia fare, ma non è tranquilla e Dean decide di farle capire a modo suo che gli piace tutto di lei, che le cose che le fanno più male possono affrontarle insieme se lei glielo permette, così allunga la mano destra verso il suo viso e glielo volta, facendo in modo che lei lo guardi. Non fatica a notare che i suoi occhi sono meno luminosi di poco fa e il suo sguardo è confuso.
 
Dean si tira un po’ su con la schiena; lo spazio nell’Impala è limitato e starebbero decisamente più comodi su un letto, ma arrivato a questo punto non crede che riuscirebbe a rivestirsi e andare da qualche altra parte e poi Ellie glielo ha chiesto con uno sguardo così intenso che, anche volendo, non avrebbe potuto dirle di no.
 
Le sfila la cinta marrone, afferra il bordo della sua gonna con entrambe le mani e lo tira verso il basso, lasciandola scorrere lungo le sue gambe lisce. Si abbassa ancora e la bacia sulla pancia fino a scendere più giù, lasciando una scia umida al suo passaggio; segue il percorso che lo porta fino all’elastico delle mutandine bianche per poi scendere ancora cambiando poi direzione, diretto a un punto preciso in quella mappa bellissima che è la sua pelle chiara. Lascia dei baci sulla sua coscia destra, andando sempre più in basso, finché non incontra quella striscia a rilievo, la piccola imperfezione che quando l’hanno fatto l’ultima volta non c’era. Ne bacia i contorni piano, alzando lo sguardo su di lei ogni tanto per assicurarsi che sia lì a guardarlo ed Ellie lo fa, gli occhi increduli e ancora un po’ confusi.
Non c’è niente che Dean non accetta di lei, nemmeno ciò che le dà più fastidio, nemmeno i segni che le fanno più male e non conosce altro modo per dirglielo, per farle capire che l’ha perdonata davvero.

Quando torna su – un po’ più velocemente, ma lasciando ancora baci qua e là –, Ellie lo guarda con gli occhi lucidi e lo attira a sé per baciarlo, le mani dietro la nuca per stringerlo più forte. Dean ricambia soffocando un sorriso, conscio che, in questo modo, sta cercando di ringraziarlo e realizza che aveva bisogno di lasciarsi alle spalle il fantasma di suo padre per poter arrivare fin qui con lui. Era anche questo a tenerla così distante e lei glielo aveva anche detto una delle volte in cui hanno litigato per quella fastidiosa storia della cicatrice, ma Dean era stato troppo sordo per ascoltare, troppo accecato dalla rabbia per capire. Ora, invece, sa che avrebbe dovuto crederle. Che dovrà farlo sempre, perché Ellie è la persona più sincera che conosca e, soprattutto quando si tratta di questo, non ha mai mentito.
 
La sente allungare le mani lungo la sua schiena mentre lo bacia ancora, riuscendo a tirargli su la maglietta con le maniche corte verde oliva fino a sfilargliela. 
 
Dean continua a guardarla: è così bella con i capelli un po’ sconvolti, le labbra rosse e umide e glielo dice tra un bacio e l’altro, non riuscendo a tenere quel pensiero per sé; Ellie sorride senza riuscire a replicare, le guance rosse e quel genuino imbarazzo è una delizia agli occhi di Dean che si abbassa a baciarla ancora fino a scendere nei punti dove la pelle è più sensibile mentre lei ansima piano, le dita a stringere forte le sue spalle.

I pochi vestiti rimasti finiscono a spasso per l’abitacolo dell’Impala da cui è impossibile guardare oltre i vetri ormai appannati, densi di umidità; nessuno dei due fa caso a dove, li lanciano lontano e basta. Ellie gli si stringe addosso e nasconde il nervosismo – perché Dean la sente ancora un po’ tesa e tremolante, non completamente rilassata – baciandolo dove riesce ad arrivare: sulla bocca, sulle spalle, sul collo e Dean chiude gli occhi lasciandosi andare alle sue carezze, al modo dolce in cui le sue mani si muovono sulla sua pelle accaldata e deve seriamente concentrarsi per non cedere alla tentazione di mettere l’acceleratore e fregarsene della sua richiesta. È in momenti come questo che si pente di prometterle certe cose.
 
Ellie è così decisa e tremante allo stesso tempo che Dean ha una paura fottuta che finirà col farle male se non si rilassa un altro po’. Capisce la sua emozione perché è la stessa che sta provando anche lui, in un certo senso, e forse ha un po’ di paura perché è tanto che non stanno insieme così, per questo cerca di essere più delicato possibile quando si guida in lei lentamente non riuscendo ad aspettare un minuto di più. Ellie si irrigidisce un po’, i muscoli più contratti sotto le sue dita, e stringe forte le palpebre come se sentisse dolore. Dean non accenna a muoversi finché non la vede riaprirle – cosa che succede qualcosa come un’eternità dopo, o almeno così sembra a lui – e annuire, rispondendo alla sua tacita domanda, il volto appena più teso di qualche secondo fa.
 
Dean le si avvicina di più, gli occhi preoccupati mentre lei lo guarda comprensiva e gli accarezza una guancia. «Va tutto bene, Dean. Non mi fai male» glielo dice con la voce un po’ affannata, quasi sussurrando, e Dean si perde nei suoi occhi per qualche altro istante prima che lei lo baci ancora. Comincia a muoversi lentamente, accarezzandole le gambe tese e le sue braccia lo stringono sulle spalle, i loro volti a qualche millimetro di distanza. Ellie non distoglie mai lo sguardo, gli occhi fissi nei suoi; pian piano si rilassa di più, i muscoli che si distendono mentre asseconda i suoi movimenti con più decisione.
 
Si muove piano come lei gli aveva chiesto e forse non l’hanno mai fatto tanto lentamente, ma gli va bene così, non gli importa di niente se non di averla nuovamente tra le braccia in questo modo. Continua a spingere piano, le mani che le accarezzano le cosce sempre più rilassate, finché Ellie gli va più incontro, cingendogli il bacino con le gambe ed è solo in questo momento che realizza quanto lei abbia faticato a riprendere in mano la sua vita, a cercare di tornare se stessa. Può vedere chiaramente crollare tutte le barriere, tutte le mura dietro le quali Ellie si era barricata, lasciando spazio a tutto il resto, liberandola della paura che le attanagliava il cuore. Solo per lui.
 
Dean non credeva di essere degno di tutto ciò, né di meritare qualcosa di buono in tutta la sua vita, ma questo è quanto di più bello e vero potesse mai desiderare di ricevere e sente il dovere di fare altrettanto, di donare tutto se stesso, di assecondare quella richiesta così semplice e fare l’amore veramente – una frase che prende davvero senso nella sua testa solo adesso –, come ha fatto solo con lei.
 
Ellie non dice più niente; sospira appena ad ogni spinta, le labbra schiuse e il respiro pesante. Dean appoggia la fronte sulla sua, i loro nasi a contatto; Ellie ha le braccia attorno alle sue spalle e le dita a scavare sulla pelle della sua schiena e lui la guarda ancora mentre continua a muoversi, aumentando leggermente il ritmo per assecondare l’eccitazione crescente. La bacia fino a perdere il fiato e lei lo attira più a sé, inarcando la schiena come se la colpisse una frusta e andandogli incontro. Trema e Dean la segue poco dopo stringendola più forte, tanta è l’emozione di vederla lasciarsi andare di nuovo tra le sue braccia.
 
Rimane immobile, le labbra schiuse e il respiro a puttane mentre Ellie non toglie gli occhi dai suoi: segue ogni suo movimento, anche quando lui si scosta appena, quasi a volersi nascondere, appoggiando la fronte sulla sua tempia, il respiro ancora affannoso, i muscoli ora più rilassati e distesi.
 
Ellie si sente stringere più forte, un altro paio di baci sulla sua guancia e sorride abbracciandolo, le braccia sottili intorno alle sue spalle. Vorrebbe dirgli tante cose, ma rimane in silenzio e allarga il sorriso, una lacrima silenziosa che le scende dagli occhi. È diversa da quelle che ha versato in precedenza e la lascia andare, insieme a tutte le paure e le incertezze che le impedivano di essere quella che è sempre stata.
Abbraccia Dean più forte e sorride ancora, consapevole di essere tra le braccia di colui che ha reso possibile questo piccolo miracolo. Lo attira a sé, la mano destra tra i capelli corti all’altezza della nuca e chiude gli occhi, assaporando la completezza di un momento così intenso e speciale.
Ripensa a ciò che gli ha detto tempo fa, quella sera che sono usciti insieme – Tu mi piaci davvero, io… io non mi ero mai sentita così con nessun altro. Sono sicura che d’ora in poi sarà tutto in discesa – e distende le labbra in un sorriso contento, realizzando che, per una volta, la sua previsione si è avverata e che è andato tutto per il meglio. E non potrebbe esserne più felice.

 

[1] Per “porta saloon” s’intendono le due ante di legno che si aprono nei due sensi tipiche delle entrate dei famosi Saloon.
[2] Quando sono stata in America, ho notato una cosa che mi ha colpita positivamente: nei ristoranti, per evitare gli sprechi d’acqua, non si acquistano le bottigliette, ma il/la cameriere/a la serve direttamente nei bicchieri, sempre piuttosto grandi. Non so se è un’usanza che vale in tutti gli Stati, ma in California, dove c’è molta siccità, è praticata nella maggior parte dei ristoranti.
[3] Riferimento alla conversazione iniziale tra i fratelli dell’episodio 1x08 “Bugs”.

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Capitolo 18
*** Don't go breaking my heart ***


Note: Buonasera a tutti! Tanto ormai l’avete capito che il mio accesso al computer avviene perlopiù in orari notturni, quindi insomma non vi stupite più XD
Sono contenta che abbiate gradito lo scorso capitolo e che non vi sia sembrato troppo stucchevole; questo è un po’ di passaggio, ma vede il ritorno di un “vecchio” personaggio… :)
Vi auguro una buona lettura e un’ancora più buona settimana! :**
 
Capitolo 18: Don’t go breaking my heart
 
And nobody told us
‘cause nobody showed us
And now it’s up to us babe
Oh, I think we can make it
 
(Don’t go breaking my heart – Elton John feat. Kiki Dee)
 
 
Stira appena le gambe verso il basso mugolando piano mentre una musichetta dolce – che presto riconosce essere quella della sua sveglia – le arriva alle orecchie. Avverte il braccio che le circondava la vita allungarsi dietro di lei e tastare qualcosa senza trovare nulla, ma la canzone finisce prima che Dean riesca a prendere il suo telefono – probabilmente ancora dentro la borsa buttata da qualche parte – e spegnerla.
Ieri sera si è chiaramente dimenticata di toglierla, presa da tutt’altro; non è la prima volta che succede. 

È sdraiata di lato e continua a tenere gli occhi chiusi, intenzionata a tornare a dormire perché ne ha davvero bisogno – in fondo, non sono molte le ore di sonno che ha accumulato stanotte –, ma la mano di Dean torna a stringerla e lo sente muoversi, spostarsi tra le lenzuola e dargli dei piccoli baci sulla fronte e scendere sul naso fino a baciarla a stampo sulle labbra. Ellie sorride, facendosi beccare. 

«Allora sei sveglia» Dean la bacia ancora – la pelle calda e la mano destra a stringerle e accarezzarle la schiena nuda – e cerca di approfondire un po’ quel contatto. Ellie lo sente sorridere e apre gli occhi per constatare se è così. È incredibilmente bello quando lo fa. Sorride a sua volta riabbassando le palpebre per un istante e si allunga appena per incontrare le stesse labbra che l’hanno praticamente svegliata. «Buongiorno».
«Ciao».
 
Lo guarda senza dire niente. Dean ha un sorriso stampato sul viso ed è rilassato e tranquillo, decisamente più dei giorni precedenti. E il suo sguardo è un po’ troppo… vispo per essersi svegliato da qualche minuto. Probabilmente è sveglio da un po’, ma Ellie non gli dice nulla e stiracchia un altro po’ le gambe prima di allungarsi ancora verso di lui, le sue mani a stringerle la schiena e le sue labbra a ricordarle che non ha mai avuto un buongiorno migliore di questo.
Aveva dimenticato quanto fosse bella e totalizzante la sensazione di svegliarsi con Dean dopo una nottata come quella appena trascorsa. O forse non l’aveva mai vissuta fino in fondo.
Chissà se per lui è lo stesso. È una domanda che Ellie si pone spesso, quando vivono insieme qualcosa di bello, e si chiede se avrà mai un qualcosa che somiglia a una risposta vera da lui, ma in fondo non è fondamentale. Le bastano le sue mani a dirle che è così anche per lui.
 
Ieri sera sono rimasti un po’ in macchina a parlare e a coccolarsi, ma poi Ellie aveva freddo ed era allettante l’idea di dormire su un letto. Un po’ per comodità – stare in due su quel sedile non sarebbe stato proprio il massimo – e un po’ per avere un posto dove lavarsi poiché, tra le altre cose, le scoccia far capire a Sam il piccolo miracolo che è successo loro stanotte. Anche se di certo lui ci arriverà ugualmente – già dal fatto che non sono tornati a dormire nella loro stanza, ad esempio –, ma Ellie, anche se non è quello che le importa di più, non vuole “spiattellarglielo” in faccia. È una cosa tra lei e Dean.
Così si sono rivestiti e hanno preso una stanza da soli e, molto prima che Ellie potesse anche solo pensare di aprire il rubinetto dell’acqua e buttarsi sotto la doccia, sono finiti col farlo di nuovo. La seconda volta, poi, si è rivelata anche migliore della prima, forse perché Ellie si sentiva meno tesa e non ha faticato a lasciarsi andare. Oltretutto Dean è stato così dolce da rendere impossibile il contrario.
 
La camera che hanno preso è un po’ diversa da quella che dividono con Sam: più piccola perché ospita un solo letto – che si trova a destra della porta – e poco altro. Non c’è neanche la cucina e l’armadio color noce conta una sola anta. C’è anche un comodino, situato alla sinistra del letto con sopra un abat-jour dai colori aranciati, in tinta con quelli della parete.
 
Affonda le dita sulla pelle della schiena di Dean e si fa più vicina, facendo aderire ogni parte del suo corpo nudo a quello di lui che mugola soddisfatto tra un bacio e l’altro, stringendola più forte.
 
Quando stava con Ben, pensava che i suoi baci fossero come le ciliegie: uno tirava l’altro ed era impossibile staccarsi da lui. Baciare Dean è ancora meglio. È qualcosa che Ellie ha realizzato fin dalla prima volta, quando era l’alcol a guidare i suoi gesti. Non saprebbe spiegarlo, ma è qualcosa di… travolgente. Lo è ogni volta e, come se fosse la prima, Ellie quasi se ne stupisce. La sua bocca è perfetta e, anche quando è più frenetico, sa essere delicato e coinvolgente.
 
Si scosta per baciarlo sotto il mento e sul collo e le piacerebbe tanto cominciare la giornata continuando a recuperare il tempo perduto, ma è costretta a cambiare idea quando avverte il telefono di Dean squillare. Lui mugugna indignato e sbuffa quando Ellie si scosta per voltarsi e allungarsi verso il pavimento alla sua sinistra per cercare i suoi pantaloni. Ieri sera non si sono di certo rimessi a riordinare, ma li trova presto, stropicciati sopra la sua gonna blu; cerca nelle tasche velocemente e riesce a trovare il cellulare prima che la suoneria – che non è altro che il riff iniziale di “Smoke on the water[1] – cessi. Lo passa a Dean che lo afferra e preme il tasto verde per rispondere senza guardare chi è.
«Sì?» Ellie gli rimane vicina, osservandolo con attenzione; è sicuramente Sam a giudicare da come alza gli occhi al cielo e lei ride mettendosi una mano davanti alla bocca quando Dean fa una smorfia irritata. «Ma che te ne frega? Sì, siamo nella stanza qui accanto… Sì, ho capito. Arriviamo fra un po’». Chiude la chiamata e appoggia il telefono sul comodino alla sua destra, poi si rimette le coperte addosso «È quel rompi cazzo di mio fratello, si chiedeva che fine avessimo fatto».
Ellie gli accarezza il petto, puntando gli occhi nei suoi «Dai, non dire così. Non ci ha visto in stanza, si sarà preoccupato».
Dean alza un pelo le sopracciglia e la guarda ironico «Due ragazzi di sesso opposto passano la notte fuori. Aveva bisogno di un disegnino per capire perché non siamo rientrati?» Ellie sorride, arrossendo appena «E poi, se si fosse fatto gli affari suoi, almeno avrei cominciato la giornata come Cristo comanda».
 
Un guizzo di malizia attraversa il verde brillante dei suoi occhi; Ellie sa che non è davvero arrabbiato con Sam, perciò le viene da ridere perché, da come parla, le sembra di sentire un bambino lamentarsi per qualcosa. Lo guarda e gli accarezza il braccio destro con i polpastrelli mordendosi il labbro inferiore «Dopo stanotte?»
Le parole le escono dalla bocca prima che possa rimangiarle e Dean le sorride malizioso «Specialmente dopo stanotte» le accarezza il viso con la mano destra e, a giudicare da come la guarda – gli occhi brillanti e birichini –, forse vorrebbe dirle qualcos’altro, ma non lo fa; si limita a darle un bacio leggero sulle labbra. Si ferma e indugia qualche altro istante, lo sguardo che passa dalla sua bocca ai suoi occhi, come se ne volesse ancora ma fosse costretto a resistere. Infatti si scosta – e lo fa visibilmente malvolentieri – dopo averla baciata un’altra volta e va a sedersi sul bordo del materasso. Volta solo la testa verso di lei per guardarla con la coda dell’occhio «Passami i vestiti così andiamo da Sammy. Ha detto che ci aspetta per la colazione».
 
Ellie annuisce; si mette seduta anche lei, raggiungendo l’altro bordo del letto, quello alla sua sinistra, e si morde il labbro inferiore mentre un’idea le balena in testa. La camicia di Dean è ancora sopra l’abat-jour del comodino al suo fianco ed Ellie la afferra, la indossa velocemente e ne stringe i lembi per evitare di perdere tempo ad allacciarla. Poi afferra i pantaloni di Dean e glieli lancia per poi sfrecciare come una saetta verso la porta del bagno, situata di fronte al letto. Lui arriva con qualche secondo di ritardo a capire quello che è appena successo, perché quando urla «Ellie!», realizzando che gli sta facendo uno scherzo, lei ha già la schiena contro la porta chiusa del bagno e ride a squarciagola. Si copre le mani con la bocca, sentendo bussare con insistenza «Ehi, ridammi subito la camicia!»
Ellie continua a ridere, cercando di frenarsi per riuscire almeno a rispondergli; ci riesce dopo qualche istante «No. Anzi, penso che potrei usarla come pigiama» ride ancora mentre abbassa gli occhi, osservando la stoffa colorata che le arriva sì e no a metà coscia.
«Non penso proprio» la voce di Dean è più divertita che arrabbiata ed Ellie sente i suoi passi allontanarsi, forse per andare a vestirsi. «E vedi di muoverti, che comincio ad avere fame».
«Anch’io ne ho. Ma prima devo fare la doccia».
Lo sente sghignazzare «E con cosa ti lavi che non hai neanche il bagnoschiuma?»
Ellie si volta, un ghigno divertito dipinto sul suo volto, e apre appena la porta. Si appoggia allo stipite «Se mi passi la borsa te lo faccio vedere».
Dean la guarda divertito, le mani impegnate ad abbottonarsi i jeans «Come tu mi hai passato i vestiti?» lei gli fa la linguaccia in risposta e lui sorride, dirigendosi verso la porta per riacciuffare la borsa appoggiata a terra.
 
Lo osserva mentre le si avvicina: indossa solo i pantaloni ed Ellie non può fare a meno di scrutarlo dalla testa ai piedi. Ha i capelli scompigliati – il che è tutto merito suo – e gli occhi assonnati – altro chiaro segnale di quanto poco abbiano dormito stanotte – che però brillano come due smeraldi. È terribilmente sereno. E straordinariamente bello.
 
Le passa la borsa ed Ellie rovista al suo interno, trovando velocemente una piccola boccetta di plastica bianca che poi gli mostra con un sorriso da presa in giro sulle labbra. «Eccolo qui il mio bagnoschiuma. È per le emergenze tipo questa».
Dean allarga gli occhi, facendo una smorfia fintamente impressionata e beccandosi così una manata sul petto. Ride prima di allontanarsi nuovamente «Va bene, sapientona. Io vado a fare la doccia da Sam, così accorciamo i tempi. Tu sbrigati» la guarda di sottecchi e lei annuisce, muovendo la testa prima di chiudere di nuovo la porta e appoggiarcisi nuovamente con le spalle.
 
Si morde le labbra, il bagnoschiuma stretto tra le dita, tentando di nascondere un sorriso, lo stesso che, in realtà, non riesce a togliersi dalla faccia da ieri sera. Stringe i lembi della camicia di Dean insieme con la mano libera e si sente una stupida liceale innamorata quando pensa che non se la toglierebbe mai solo perché ha addosso il suo odore che, per qualche strano motivo, le infonde una certa serenità.
 
È stata una notte importante. Forse più delle altre che ci sono state in passato.
C’è stato il sesso che è stato bellissimo e così intimo e completo, diverso dalle volte precedenti, forse perché più… consapevole, in un certo senso. Adesso c’è un legame differente: ore e ore di chiacchiere, un mese e mezzo di assidua frequentazione e la certezza che, comunque vada, quello che hanno insieme è saldo e sincero.
La prima volta, Ellie si era buttata perché si fidava, perché l’aveva desiderato tanto in silenzio e, nel momento in cui Dean aveva deciso di uscire allo scoperto, si era convinta ad assecondarlo, perché credeva che non ci fosse altro modo per fargli capire che voleva le stesse cose. Poi, quando si sono rivisti dopo un anno di distacco, hanno cavalcato la foga del momento, cercando solo di sentirsi a vicenda. E dentro la doccia era stato un po’ come dirsi addio e non avere il coraggio di farlo a voce alta. Ellie ricorda ancora gli occhi persi di Dean, quasi che la pregassero di restare senza riuscire però a farlo davvero, consapevole che lei, comunque, non l’avrebbe ascoltato perché non avrebbe potuto farlo. Gli avrebbe impedito di viversi il riavvicinamento alla sua famiglia, la facoltà di sistemare le cose nei modi e nei tempi a lui congeniali ed Ellie non se lo sarebbe mai perdonato.
Adesso, quindi, è tutto diverso. E, se possibile, anche più bello.
 
Stanotte hanno anche parlato un sacco, comunque. Nonostante l’abbiano fatto tanto in questi mesi, ad Ellie non sembra mai abbastanza. Hanno affrontato gli argomenti più disparati: cose passate, il loro rapporto e di come sia migliorato negli ultimi tempi; hanno parlato anche di Sam ed Ellie gli ha detto espressamente quanto sia felice del fatto che sembri trovarsi bene con loro, che non gli dia fastidio averla sempre intorno e che vada abbastanza d’accordo con Dean.
Potevano succedere tante cose, potevano discutere molto più spesso – anche per la presenza costante di Ellie, perché no – e invece le cose vanno piuttosto bene tra loro e lei ne è davvero contenta. Certo, essendo molto diversi, capita che ogni tanto abbiano delle discussioni, soprattutto per la caccia, ma poteva andare peggio per due che sono stati separati un paio d’anni e hanno una visione così diversa della vita.
Forse, quando Ellie non c’era, litigavano di più. Dean non le ha mai raccontato molto a riguardo.
 
Tra tutto si sono fatte quasi le cinque quando, in un momento di silenzio, si sono addormentati entrambi, l’una tra le braccia dell’altro, stanchi dalla giornata vissuta.
 
Sicuramente seguiranno altre notti, ci saranno altre occasioni per stare insieme così, ma Ellie è convinta che questa non la dimenticherà mai, proprio come non scorderà quanta tenerezza Dean ha messo in ogni singolo gesto.
È stato tremendamente dolce e delicato. Non che non lo sia stato le altre volte, ma stavolta le è sembrato ancora più attento. Forse perché, in un certo senso, è più preso da lei adesso, o perché aveva paura di farle male visto che lei era più tesa di quanto volesse o perché era tanto che non vivevano momenti così. Non saprebbe spiegare il motivo, sa solo che Dean ce l’ha messa tutta per metterla a suo agio.
 
Altre volte, soprattutto prima che scoprisse della cicatrice, Ellie lo sentiva pesante su di lei. Il peso del suo corpo la schiacciava ed era tutto meno che una sensazione piacevole. Stanotte, invece, ha provato tutt’altro. 
Quella volta da Bobby, per esempio, si sentiva come un pezzo di marmo: freddo e impenetrabile – in tutti i sensi. Faticava anche a ricambiare il coinvolgimento con il quale Dean la baciava: ricorda che le aveva morso il labbro inferiore, ad un certo punto, tirandolo un po’ verso di lui e le aveva sorriso, ma Ellie, pur avvertendo un brivido intenso scenderle giù per la schiena, non era riuscita ad abbandonare tutte le sue difese e a lasciarsi vincere.
Ieri notte, fortunatamente, è stato tutto diverso.
Sicuramente era un po’ agitata anche perché era passato un sacco di tempo dall’ultima volta e per questo non è riuscita a rilassarsi completamente all’inizio, ma poi è andato tutto per il meglio.
 
Quando sono venuti qui, invece, è andata molto meglio. Non che in macchina sia stato brutto, tutt’altro, ma qui si è sentita meno agitata. Dean chiaramente se n’è accorto, ma non per questo è stato più brusco… anzi.
Ricorda benissimo le parole che le ha sussurrato, la voce bassa e carica di desiderio – se ti faccio male me lo devi dire –, pronunciate in un modo che ad Ellie ha fatto quasi ridere, perché era così serio e convinto, come se stesse parlando con una ragazza vergine o alle prime armi. Certo, in confronto a lui Ellie si sente una principiante considerando che Dio solo sa con quante ragazze è andato a letto, ma il bello è che lui non glielo fa pesare. Non che le dia così fastidio, ma qualche volta in passato si è chiesta se Dean volesse di più, se si accontentasse della poca esperienza che lei può offrirgli, ma il tutto è fuggito via quando è arrivata alla consapevolezza che non è solo del sesso che Dean cerca, con lei. Perciò, anche se dovesse fare dei paragoni con le altre ragazze – cosa che probabilmente fa e magari non glielo dice per non metterla a disagio –, questo dovrebbe passare in secondo piano. E, per di più, è fermamente convinta che con il tempo riuscirà a sciogliersi sempre di più e tutto andrà ancora meglio.
 
Ieri notte, ad esempio, era sdraiata su quel letto con solo la camicia di Dean addosso e gli slip calati fin quasi alle ginocchia e lui, disteso di lato al suo fianco, le baciava il collo mentre con la mano destra la accarezzava tra le gambe, mandandole scosse d’eccitazione in tutto il corpo. Ed Ellie era lì che, tra l’emozione e il resto, tremava così forte che già era tanto se riusciva a stringerlo e a ricambiare i suoi baci. Poi, quando lui ha smesso, fermandosi prima che lei potesse ritenersi soddisfatta, i suoi neuroni hanno ricominciato a girare, soprattutto quando Dean le ha sorriso in modo malizioso e furbo, ben consapevole di essersi interrotto proprio sul più bello. È stato quello a farla scattare, a farla sorridere e a farle ribaltare le posizioni per cercare una specie di vendetta, di torturarlo a sua volta a suon di baci.
 
Certo, c’è tanta strada da fare su questo fronte, perché Ellie ha bisogno di prendere più confidenza con Dean per lasciarsi andare ancora di più e magari toccarlo senza provare vergogna, ma sa bene che questa è solo una questione di tempo e pratica. E quella, ne è sicura, dopo stanotte non gli mancherà di certo.
 
Sorride di fronte a questo pensiero buffo, sentendo il viso caldo e trovando conferma della sua espressione rossa e scema anche nel riflesso dello specchio che ha di fronte.
Il bagno è uguale a quello dell’altra stanza, perciò Ellie ha una certa confidenza con l’arredamento: più largo che lungo, lo specchio e il lavandino di fronte alla porta, il water a sinistra e la doccia sulla destra che si decide a fare prima di rischiare di fare tardi. Anche perché, poi, comincia ad avere davvero una certa fame, perciò le conviene sbrigarsi per raggiungere i ragazzi e andare insieme a riempire lo stomaco.
 
*
 
Si allaccia lo scarpone sinistro, facendo il nodo alle stringhe cercando di stringerlo il più possibile per non farlo sciogliere, e tira su la schiena, rimanendo seduto su quel letto ancora da rifare.
 
Si passa una mano sui capelli mandandoli indietro e sbuffa aria dal naso, battendo il piede a terra un paio di volte. Sam sta aspettando suo fratello ormai da un po’, lo stomaco in subbuglio per la fame. E pensare che quando ne ha lui bisogna muoversi altrimenti gli girano subito le scatole.
 
Non li aveva sentiti rientrare ieri sera, ma non se n’era preoccupato, visto che una volta tornato si è messo a leggere un po’ – ha ormai finito e restituito ad Ellie il suo “Alice nel paese delle meraviglie” e gli è anche piaciuto, cosa che ha fatto molto ridere suo fratello, perciò ha cominciato da poco un altro libro che lei aveva con sé, “Lezioni di volo per sonnambuli” [2] che sta trovando abbastanza piacevole – e poi è andato a dormire, immaginando che non sarebbero tornati tanto presto. Quando non li ha visti stamattina, però, non ha potuto fare a meno di preoccuparsi. È successo più volte in questo periodo che trascorressero molto tempo da soli dopo i turni al lavoro di Ellie, ma sono sempre rientrati, perciò gli è suonato un campanello d’allarme in testa e ha voluto assicurarsi che fosse tutto a posto. Per questo ha chiamato Dean, ignorando la parte di lui che gli diceva di lasciar perdere che era abbastanza chiaro il perché non fossero in stanza con lui e deve darle ragione quando alza gli occhi, sentendo il rumore della porta aprirsi e trovandosi di fronte suo fratello.
 
Lo osserva dalla testa ai piedi e deve seriamente sforzarsi per smorzare la risatina che sente crescere in modo prepotente in gola, salire su e arrivargli alla bocca.
Se Sam non conoscesse molto bene Dean, non saprebbe dire se il ragazzo che ha di fronte adesso sia stato a un incontro di wrestling o abbia fatto sesso: ha i capelli sparati in tutte le direzioni, lo sguardo luccicante nonostante le piccole occhiaie e l’espressione abbastanza stravolta. Sopra i jeans, indossa la vecchia giacca di pelle di papà e qualcosa gli suggerisce che, sopra la maglietta grigio topo sopra la quale spicca l'amuleto che gli ha regalato un Natale di tanti anni fa, non c’è la camicia a quadri che aveva addosso ieri sera. Sì, non ha dubbi su come abbia passato la serata – o forse sarebbe meglio dire la nottata, che il fatto che non siano rientrati a Sam suggerisce che sia stata una cosa anche piuttosto lunga – e un sorriso, però, non può proprio evitarglielo.

«Dalla tua faccia mi sembra di capire che la serata sia andata bene» Dean si chiude la porta alle spalle e lo fissa un paio di secondi buoni, gli occhi piccoli e piuttosto assonnati. Poi sembra comprendere a cosa Sam sta alludendo e si passa una mano tra i capelli, cercando di abbassarli e di dargli una sistemata. Sam sorride divertito «Non hai avuto neanche il tempo di pettinarti?»
«Ellie mi ha rubato il bagno» Sam non riesce più a trattenere una risata, una mano davanti alla bocca per cercare di nasconderlo «E non ridere, cretino» vorrebbe farlo, ma deve fare uno sforzo colossale per smetterla davvero, nonostante Dean lo stia guardando truce.
«Quindi adesso vai a farti una doccia?»
Dean si allunga verso il borsone appoggiato accanto al divano da cui estrae dei vestiti puliti «Sì e conto di metterci più tempo possibile» sorride per prenderlo in giro e Sam lo sa che gliela vuole far pagare per averlo deriso, così lo guarda male, ma Dean si dirige verso il bagno e si ferma quando è a un passo dall’aprire la porta, voltandosi nuovamente verso di lui. «Ah, Sam… » sorride in modo ironico «La prossima volta che non mi vedi rientrare e sai che sono con una donna, evita di telefonarmi». Sam stringe e poi allarga gli occhi; quella frase suona alle sue orecchie come un non hai idea di cosa hai interrotto, maledetto spilungone e non può fare a meno di roteare gli occhi.
«Andiamo, non sarai davvero così… » e gli basta lo sguardo fulminante di Dean a non fargli continuare la frase. Sbuffa «Guarda che, a parte preoccuparmi, ho pensato che Ellie dovesse andare a lavorare. Mi ricordavo che aveva il turno stamattina. Non è che—»
Dean si appoggia allo stipite della porta con la spalla sinistra «No, non… non va oggi. Non andrà più, in realtà» si gratta la nuca con le dita della mano sinistra, distogliendo lo sguardo per un attimo per poi guardarlo di nuovo «Si è licenziata».
Sam aggrotta la fronte, sorpreso «Perché?»
«Per… per non sacrificare me e te. Anzi, tra che mi aspetti raccogli le tue cose, così dopo colazione cambiamo aria» non aggiunge altro e sparisce dietro la porta, chiudendosela poi alle spalle.
 
Sam rimane immobile per qualche istante, gli occhi fissi sul legno chiaro. Questa non se l’aspettava e non tanto perché ad Ellie sembrava piacere parecchio quell’ambiente, ma è la motivazione del licenziamento a lasciarlo di stucco. Sapeva che aveva promesso a Dean che avrebbe lasciato stare tutto al primo segnale dato da papà o al primo caso importante che gli si parava sulla via, perciò si aspettava che prima o poi avrebbe appeso il grembiule da cameriera al chiodo per riprendere la pistola in mano e seguirli, ma ecco, è diverso sapere che, invece, l’ha fatto per loro, per non sacrificarli ancora. È davvero una ragazza speciale; spera che Dean se la tenga stretta.
 
Si alza, dirigendosi verso l’armadio accanto al quale ha posato il suo borsone e lo tira su per poi appoggiarlo sul copriletto.
Non vi aveva riposto moltissime cose – più che altro perché non ce l’ha per abitudine, anche se stavolta sono rimasti qui a lungo e avrebbe potuto farlo – e fa presto a rimettere in ordine, la testa affollata dai pensieri mentre lo scroscio dell’acqua della doccia gli arriva un po’ ovattato alle orecchie.

Ripensa a quando era piccolo, quando muoversi da un posto all’altro gli costava una fatica tremenda e se non ci fosse stato Dean a spronarlo a controllare ogni anfratto delle stanze puzzolenti in cui erano costretti a passare il tempo probabilmente avrebbe dimenticato anche delle cose. Tutto sommato, però, a volte pensava che non gli sarebbe dispiaciuto. Non ha mai avuto molti averi, senza dubbio molto pochi di valore – anzi, forse nessuno –, ma a volte pensava che anche scordare un calzino avrebbe significato lasciare una traccia del suo passaggio.
Si sentiva trasparente, certe volte. Invisibile, un ragazzino che viveva nel buio, nascosto nelle stanze dei pulciosi motel in cui papà li scaraventava e protetto da un fratello troppo piccolo e al contempo così grande, così responsabile. Troppo per la sua tenera età.

In queste settimane, invece, è stato diverso. Certo, si sente sempre braccato, in un certo senso, e assetato di una vendetta che non trova pace se solo pensa che fino a qualche mese fa aveva una ragazza al suo fianco e una vita che gli sembrava perfetta, qualcosa che, nonostante gli scheletri nell’armadio, si reggeva perfettamente in piedi, ma in questi giorni di stop ha avuto modo di riposarsi, almeno, di riprendere fiato. Ne aveva bisogno, soprattutto dopo l’ultimo caso che li ha decisamente stremati.
 
Hanno dormito praticamente un giorno intero dopo essersi spostati da Walden. Più per la stanchezza che per altro, che Sam aveva la mente fissa sulle parole della sorella di Anthony Collins e non riusciva a pensare a nient’altro. Ha dormito, però, complice appunto tutta la spossatezza accumulata nei giorni super frenetici precedenti. Anche Dean, ma non è del tutto sicuro che Ellie abbia fatto lo stesso. Quando ha aperto gli occhi, la mattina dopo, l’ha trovata sveglia, voltata verso di lui con lo sguardo perso nel vuoto. Dean la abbracciava da dietro e Sam le ha sorriso, riportandola alla realtà.

Hanno chiacchierato un po’ prima che Dean si svegliasse, ma lei non ha fatto accenno a nulla della notte precedente, solo al fatto che le faceva un po’ male la mano destra. Nei giorni successivi è stata un po’ schiva, poi ha trovato quel lavoretto che ha voluto afferrare al volo ed è per questo che Sam ieri ha insistito con Dean perché le desse un po’ di tregua. Si vedeva che aveva bisogno di staccare la spina ma soprattutto di distrarsi, di passare del tempo lontana da libri, ricerche su materiale esoterico e tutto ciò che riguardava la caccia. A maggior ragione adesso è impressionato dalla sua scelta di voler mollare tutto e tornare sulla strada perché, sapendo cosa ha passato, considera il suo un atto di coraggio e di profondo rispetto nei loro confronti che, invece, di abbandonare tutto questo non possono neanche permettersi di pensarci. Non adesso, perlomeno.

Il rumore della porta aprirsi lo desta da quei pensieri e si volta alla sua destra, esibendo un sorriso quando vede Ellie. Anche lei è visibilmente assonnata – nonostante sembra abbia coperto un po’ le occhiaie con del fondotinta – e ha l’aria stanca, ma è radiosa e ricambia immediatamente il suo sorriso in modo quasi entusiasta. Ha i capelli spostati sul lato destro del collo e indossa la gonna di ieri sera, la camicia di Dean che le sta piuttosto larga e, sopra, il suo giacchetto verde di cui stringe i lembi insieme, quasi a volersi coprire. Ai piedi, ha ancora le sue scarpe col tacco ed è chiaro che ha tutta l’intenzione di cambiarsi.
Si chiude la porta alle spalle «Buongiorno Sam» una piccola ciocca di capelli le sfugge e la mette dietro l’orecchio sinistro; sembra un po’ nervosa.
Lui le sorride «Buongiorno a te. Hai fame?»
«Sì, abbastanza» gli sorride e si avvia verso l’armadio dove lei, invece, ha poggiato praticamente tutta la sua roba.
 
Un momento che Sam ricorderà sempre di questi giorni è stato quando lui e Dean sono andati a lavare i vestiti sporchi alla lavanderia automatica qui a Enid. Ellie non è potuta venire perché aveva il turno alla tavola calda; aveva preparato a Dean un sacchetto con tutti i vestiti che doveva lavare e Sam stava morendo dal ridere quando suo fratello li infilava nella lavatrice facendo di tutto perché lui – che lo osservava con la coda dell’occhio, divertito – non vedesse le mutandine e il paio di reggiseni che ci stava mettendo dentro insieme agli altri vestiti. È convinto che sia anche diventato rosso durante quest’operazione, cosa che faceva ridere Sam ancora di più.
 
La guarda aprire le ante e rovistare al suo interno, forse in cerca di vestiti puliti. «Dean è sotto la doccia?»
Sam sorride e annuisce; si mette seduto sul letto, proprio dietro di lei, deciso a godersi la scena di Dean che, dopo poco, esce dal bagno e le va vicino dritto come una palla, rivolgendo a lui solo un’occhiata di sguincio. È vestito con un paio di jeans e una camicia a quadri marrone. L’affianca a sinistra, voltandosi nella sua direzione per sorriderle «Che fai?»
«Mi cambio, poi… poi faccio i bagagli».
«Bene» poi si volta verso Sam «E tu, scansafatiche? Non avevi fame?» che si acciglia un po’ «Veramente sto aspettando voi! Tanto vale prendersela comoda».
A quelle parole, Dean sorride sghembo «Mi sembra giusto. Allora intanto vado a caricare il mio borsone».
 
Si sposta e torna in bagno per prendere un asciugamano e poi passarselo tra i capelli umidi, poi lo lascia ad Ellie che, con delle cose acciuffate in mano, si muove velocemente verso l’ambientino e lo raggiunge in poche falcate, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Sam non riesce a togliersi il risolino dalla bocca. Non sa perché, davvero, ma trova questa situazione davvero comica. Dean lo nota e lo guarda male «La vuoi piantare?»
Sam lo guarda e stringe le spalle «Ah, l’amore… » e non riesce a finire la frase, trovandosi un cuscino in faccia. Quando se lo toglie, Dean è praticamente sparito e il rumore della porta d’ingresso che si chiude gli conferma che è andato a caricare le cose in macchina.
 
*
 
Chiude lo sportello del bagagliaio dell’Impala, un tonfo secco che rimbomba nell’aria per qualche istante. Si volta e vi si appoggia con la schiena, le mani nelle tasche dei pantaloni, fissando il pavimento asfaltato mentre un sorriso si staglia prepotente sul suo viso quando un pensiero gli attraversa la mente.
 
Dean è stato con chissà quante donne – ha perso il conto da un pezzo, ormai –, ma sa per certo che quella appena trascorsa è stata la notte più bella della sua vita. E non tanto per il sesso – cioè sì, ovviamente anche per quello –, ma la cosa senz’altro più memorabile è stato il modo in cui Ellie si è abbandonata a lui, com’è riuscita a far crollare tutte le sue difese.
 
Non saprebbe descrivere com’è stato rivederla lasciarsi andare in quella maniera in quella stanza, gli occhi sicuri e limpidi, cosa ha sentito mentre la osservava muoversi su di lui e guardarlo negli occhi in ogni istante, in quel modo così deciso tradito un po’ dal tremore del suo corpo teso. Era sicura di voler andare fino in fondo, lo voleva a tutti i costi e questo ha prevalso sulla sua paura, sul timore che aveva che qualcosa andasse storto.
 
Hanno parlato tanto, stanotte – ed è anche per questo che è stata importante – e Dean è venuto a conoscenza di cose che non sapeva di lei, di cui magari aveva solo un sospetto ma non la certezza. Una di queste, ad esempio, è il fatto che Ellie, in un certo senso, ha paura del sesso, o meglio, più che altro di un possibile abbandono successivo a una notte di passione. Questo deriva dalla sua prima volta, da quando quel tipo – di cui Dean non ricorda il nome e sicuramente per lui è una grande fortuna – se l’è portata a letto senza poi degnarla di uno sguardo il giorno seguente, quando Ellie l’ha rivisto a scuola. Proprio stanotte gli ha raccontato che avrebbe voluto parlargli e magari spiegargli che era stata con lui perché gli piaceva e che però avrebbe voluto conoscerlo meglio, ma si è frenata quando l’ha visto circondato dalle ochette della sua classe, interessato a tutto meno che a lei. Per colpa di quell’idiota, quindi, Ellie ha faticato molto a lasciarsi andare con il suo famoso ex fidanzato Ben – altro tipo di cui, Dean non sa perché, Ellie non sembra mai parlare volentieri – e forse è anche per questo che, quando sono stati insieme la prima volta, se l’è presa tanto quando Dean non l’ha chiamata: è stato un po’ come un déjà-vu, per lei.
 
Ne hanno dette, di cose, in una notte tanto lunga e Dean è riuscito un po’ ad aprirsi, a parlare di Sammy e delle sue paure su di lui, del fatto che è preoccupato che questa storia delle visioni sia qualcosa di grande e di ben più complicata di ciò che sembra, qualcosa legata al demone che gli ha portato via la mamma.
 
Ricorda con il sorriso ciò che gli ha chiesto in macchina, una volta sistemati dopo averlo fatto, stretti l’una all’altro su quel sedile non proprio largo per due.
Dean aveva gli occhi rivolti al tettuccio dell’Impala ed era silenzioso; lei, la testa sul suo petto, lo fissava dal basso.
È stata la sua vocina a rompere il silenzio «Lo so che è una domanda stupida, ma… a che pensi?» e Dean le ha sorriso guardandola in quegli occhi limpidi che brillavano come due zaffiri lucenti. [3] «Sinceramente? Che ne è valsa la pena aspettare» e lo pensava veramente.
È vero, ha insistito tanto – troppo, ma di questo se n’è accorto dopo – per avere un momento del genere insieme a lei, ma solo dopo si è reso conto di quanto quest’attesa gli abbia fatto bene, in realtà, di quanto abbiano assaporato meglio il momento e apprezzato la riconquistata vicinanza. E quello, in un certo senso, è stato il modo migliore in cui è riuscito a dirglielo.
 
Si dirige verso il posto di guida e si ferma prima di aprire lo sportello, scorgendo un ciuffo di stoffa bianca ricoperta di pois blu. Lo apre e sale in macchina per poi abbassarsi e allungarsi verso il poggiapiedi del posto del passeggero. Sorride e afferra ciò che aveva già riconosciuto essere la camicia di Ellie e trovandovi sotto anche il reggiseno bianco, sapendo esattamente quando e come siano finiti lì e comprendendo perché non riuscivano a trovarli.
Prima di prendersi la stanza – perché Ellie aveva freddo, la coperta era dentro il bagagliaio e a Dean non sembrava proprio il caso di vestirsi per andare a prenderla; tanto valeva trovare un posto più comodo – hanno ricercato i loro vestiti, ma era buio e dietro – a parte sotto il sedile dove hanno ritrovato praticamente tutti i vestiti di Dean, la gonna e le mutandine di Ellie – non c’era niente. Per questo Dean le ha prestato la sua camicia, dicendole che stamattina avrebbero ricontrollato, complice la luce del giorno che li avrebbe certamente aiutati. Poi, però, gli era passato di mente, perciò è una fortuna che se ne sia accorto prima che Sammy ci abbia appoggiato i suoi piedoni sopra. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante.
 
Esce dalla macchina, apre nuovamente il portabagagli e ha già la mano sulla zip del suo borsone per metterci dentro quegli indumenti quando avverte Ellie arrivargli accanto.
Lo guarda curiosa, il suo mega borsone tra le mani e lo zaino dietro la schiena «Che fai?»
Dean sorride malizioso. «Niente, mi preoccupo che mio fratello non trovi sotto le scarpe qualche souvenir» afferra il reggiseno e fa ruotare la spallina con le dita. Le guance di Ellie diventano rosse come due pomodori maturi mentre si allunga verso la sua mano per cercare di afferrare il suo indumento.
«E dai almeno mettilo dentro, se qualcuno ti vede… »
Dean sorride mentre alza più il braccio per impedirle di afferrarlo «Chi vuoi che mi veda?»
Ride ed Ellie riesce a prenderglielo dopo un po’, sorridendo imbarazzata. «Dov’era?»
«Davanti, insieme alla tua camicia».
«Ecco perché non li trovavamo» Ellie acciuffa i suoi indumenti e li mette dentro il suo borsone, poi lo appoggia insieme al suo zaino dentro al portabagagli che Dean è indeciso se lasciare aperto o no perché manca ancora il sacco di Sam.
«La mia camicia?»
Ellie gli sorride «È nel mio borsone. Anche se sono molto tentata di usarla come pigiama».
«Te lo scordi, tesoro» il suo tono è divertito e la guarda ridere, gli occhi luminosi. Sembra così serena… Dean ha voluto vederla così per talmente tanto tempo che sente il cuore scoppiargli di gioia «Mio fratello ha intenzione di arrivare o ci vuole mettere un’altra giornata?»
Ellie sorride ancora «È in bagno» poi si morde il labbro, come se stesse pensando a qualche piano diabolico, e gli si avvicina, gli occhi furbi. «E se gli facessimo uno scherzo?» Dean incrocia le braccia al petto e la guarda divertito, appoggiandosi alla macchina. Ellie gli va di fronte «Potremmo lasciargli la mia camicia davanti… te lo immagini? Tu metti in moto e quando se ne accorge diventa tutto rosso e comincia a brontolare. Già lo vedo a strillare: “Almeno non fatele negli spazi comuni queste cose!”» la guarda ridere forte e piegare il capo all'indietro, un risolino divertito sulle labbra. L’immagine nella sua testa di quell’imbranato di Sammy è esattamente la stessa che ha in mente Ellie, perché è convinto che si comporterebbe proprio come l’ha descritto lei. «Dai, facciamolo!»
Dean ride ancora, ma la blocca prima che possa farlo sul serio. L’afferra per le braccia e l’attira a sé, facendosi un po’ più serio «Per questa volta lasciamolo in pace, anche se lo meriterebbe… ma mi piace che fai così».
Lei gli sorride, gli occhi blu luminosissimi «Così come?»
Dean fa altrettanto, mettendole i capelli dietro le orecchie «Che inventi scherzi. Che mi rubi le camicie al mattino e ridi così».
Ellie gli butta le braccia al collo e lo guarda dritto negli occhi; i suoi brillano come due stelle. «Tutto merito di qualcuno che ha avuto taaaaanta pazienza con me».
«E di chi l’ha lasciato fare».
 
Ellie lo guarda un po’ sorpresa, ma Dean non ha dubbi a riguardo: se le cose tra loro stanno andando in una certa direzione, buona parte del merito è di Ellie che ha smesso di opporre resistenza e si è lasciata vincere, che si è fidata. Di lui e di ciò che avevano già vissuto insieme. Altrimenti, nulla di ciò che è successo finora sarebbe stato possibile. Vorrebbe che Ellie lo capisse e che si considerasse, almeno in parte, salvatrice di se stessa.
 
In tutta risposta, la guarda allungarsi appena per far combaciare la punta del naso con quello di Dean che le sorride e piega la testa per darle un bacio. Ellie non esita un istante a ricambiare e Dean si ritrova a pensare che, se prima ogni tanto gli risultava difficile tenere a freno l’istinto di baciarla così per via di Sam, dopo stanotte sarà ancora più complicato. A dargli ragione sono i brontolii di sottofondo che li interrompono un paio di minuti dopo. Dean si scosta da Ellie e si volta verso la sua destra, trovando Sam che si sta avvicinando all’Impala, lo sguardo interrogativo e il suo borsone in mano «Ma avete fame o no?»
Dean sorride «Io di brutto. Dai, dammi questo saccone che andiamo».
Sam lo appoggia a terra e Dean guarda Ellie sciogliere l’abbraccio e dirigersi ad aprire lo sportello posteriore. Le dà una leggera pacca sul sedere che la fa ridere, poi afferra il borsone di Sam e lo carica per poi avviarsi al posto di guida. Ha decisamente fame.
 
*
 
La tavola calda che hanno scelto stamattina è un posto che Sam conosce bene, perché è quella dove ha lavorato Ellie in queste settimane. Si guarda intorno, cercando di imprimere nella mente i contorni di un luogo che, in un certo senso, gli mancherà, perché era una specie di punto fermo, un posto in cui tornare e dove vedere persone più o meno conosciute. Anche se Ellie non ha mai fatto le presentazioni ufficiali, coloro che lavoravano con lei avevano capito più o meno che ruolo avessero nella sua vita – soprattutto Dean, per ovvi motivi –, perciò li facevano sentire sempre i benvenuti.
 
Quando sono in viaggio, di solito, non hanno un posto fisso in cui mangiare. O meglio, a volte sì, se ci si mangia particolarmente bene, altrimenti sono tutti luoghi di passaggio, perciò non è mai in grado di riconoscere facce o persone che per lui rimangono tutti volti sconosciuti. Qui, invece, potrebbe associare almeno un po’ di visi a dei nomi o a delle abitudini, perché spesso a pranzo o a cena ci sono le stesse facce, le stesse persone. Magari insieme a compagnie sempre diverse, ma Sam è in grado di riconoscerli.
 
Punta gli occhi di fronte a lui, poi, dove sono seduti Ellie e suo fratello. Parlano tra loro, il braccio sinistro di Dean dietro la schiena di quella che ormai è a tutti gli effetti la sua ragazza, e lo fanno ad alta voce, quasi aspettando che Sam si unisca alla loro conversazione.
 
Ellie è diversa stamattina, terribilmente: Sam la guarda conversare con Dean e nota velocemente che i suoi occhi brillano, che sorride più spesso di giorni fa ed è più spontanea, come se avesse ritrovato un pezzo di se stessa che aveva perso lungo la via.
Forse è così che l’ha conosciuta Dean e, a pensarci, non fa più fatica come tempo fa a comprendere il perché si sia innamorato di lei.
Anche lui è diverso: è più solare e sorridente e Sam non crede sia solo perché sono stati insieme. Dean non gli ha più detto nulla da quella volta che si è confidato – per così dire – quando si erano messi insieme da qualche giorno, ma Sam lo aveva intuito che non avessero fatto nulla. Non per qualcosa in particolare, semplicemente perché a Dean si legge in faccia se fa sesso. Ha proprio un’espressione diversa, sembra più… rilassato. Perché è vero che ha sempre una smorfia un po’ paracula stampata in faccia, ma è bravo a nascondervi dietro tutte le sue preoccupazioni, anche quelle più profonde. Quando si rilassa veramente, invece, quell’espressione è autentica, assolutamente sincera. Come stamattina, appunto.
 
La cameriera che porta le loro ordinazioni – Natalie, una ragazza con cui Ellie ha fatto amicizia – lo distrae dai pensieri. Appoggia le loro portate sulle rispettive tovagliette – uova strapazzate, bacon e pancake per Dean, pancake con fragole e gelato per Ellie e una porzione con i mirtilli per Sam – e stringe il vassoio vuoto tra le mani, gli occhi rivolti verso Ellie. «Allora hai proprio deciso? Vuoi andare via?» Ellie sorride e annuisce; Natalie, in risposta, stringe le labbra in una linea sottile portando il vassoio al petto «Beh, sarà dura senza di te» le sorride ancora ed Ellie fa altrettanto, il viso verso sinistra, nella sua direzione. Ha il collo teso e, nonostante abbia cercato di coprirlo con i capelli lunghi, Sam nota un paio di segni rossi e sorride sotto i baffi; non che gli servisse la prova per capire cosa hanno fatto lei e suo fratello, ma lo fa sorridere il fatto che lei si stia prodigando tanto a nascondere quei segni. Deve tenerci parecchio alla riservatezza.
 
Natalie lo fissa per una manciata di istanti prima di dirigersi nuovamente verso il bancone ed Ellie sorride guardando dritto verso di lui. «Ti sei accorto che hai fatto colpo?» Sam stringe gli occhi mentre lei allarga il sorriso, avvicinandosi un po’ come per confidargli un segreto «Natalie» il suo è un sussurro e Sam la guarda strano. Non che non ci creda, ma… beh, lui non ha colto segnali che glielo facessero pensare. Lei prende la sua forchetta e comincia a tagliare i pancake, un sorriso birichino sulle labbra «Non me l’ha detto espressamente… però l’ho intuito. Tu non te ne sei accorto?» Sam scuote la testa; effettivamente è sempre stata un po’… premurosa nei suoi confronti, ma non ci aveva mai riflettuto su. «Allora è un peccato che me ne sia resa conto solo ieri, altrimenti te lo avrei detto prima».
Porta un pezzetto dei suoi pancake alla bocca, gli occhi rivolti verso Sam che continua a guardarla un po’ confuso.
 
Aveva notato degli sguardi furtivi da parte di Natalie, un po’ come qualche secondo fa, ma non aveva capito niente. O forse non aveva voluto, che dopo Jessica la voglia di riaprirsi con qualcuna è sotto lo zero.
 
Suo fratello si volta verso il bancone e fa una smorfia per poi tornare a scrutarlo «È carina, avresti potuto farci un pensierino».
Ellie annuisce, gli occhi rivolti sul suo piatto «È un po’ strana, però è vero, è carina».
«Senti da che pulpito» a quelle parole, Ellie dà una gomitata a Dean che la guarda male; Sam accenna un sorriso divertito e non risponde, lasciando morire la discussione.
 
La verità è che se Ellie glielo avesse detto prima non sarebbe cambiato nulla. Sono solo pochi mesi che Jessica non c’è più e Sam non se la sente proprio di provarci con un’altra ragazza. Non ci sarebbe niente di male, ma sa come funzionano queste cose, ha visto suo fratello passarci spesso: un’uscita o due, si finisce a letto insieme e poi tanti saluti. Sam, invece, con Jessica ha avuto ben altro e non crede di potersi più accontentare di un’avventura di una notte o due. Neanche prima, ma adesso meno che mai dopo tutto quello che di bello ha vissuto insieme a lei.
Quello che avevano era un rapporto completo, vero. Non una delle conoscenze fugaci che la vita da cacciatore ti concede di avere tra una caccia e l’altra.
Lui, poi, non è come Dean. Ora si è sistemato – e Sam è davvero contento per lui –, ma se non lo fosse sarebbe costantemente alla ricerca di qualche pollastra solo per saziare i suoi bisogni fisici. Sam, invece, vorrebbe per lui qualcosa di molto, molto meglio, e adesso che Jessica – l’unica con la quale ne era valsa la pena costruire qualcosa – non c’è più, non ha senso provarci. Almeno per il momento.
 
Finiscono la colazione parlando di tutto un po’: di una probabile nuova meta, di papà che non sembra avere intenzione di smettere di darsi alla macchia ed è tutto piuttosto tranquillo finché il telefono di Ellie non squilla. Lei lo estrae dalla borsa, aggrottando la fronte quando legge il numero sul display. Lo apre e risponde «Pronto?» rimane in silenzio per un po’ «Sì… sì che mi ricordo» poi si alza in piedi ed esce fuori. Dean guarda suo fratello e fa una smorfia incerta con le labbra «Forse è Janis» ma non lo dice poi così convinto, perché Ellie avrebbe risposto in modo diverso se fosse stata la sua amica.
 
Non passa molto quando torna e si rimette seduta. Beve un sorso del suo succo di frutta, aspettando silenziosamente che Sam e Dean finiscano la loro colazione – hanno ancora le bocche piene di pancake –, ma le si legge in faccia che ha qualcosa da dire.
Quando Sam ha ingoiato il boccone, la vede mordersi leggermente le labbra. «Mi sa che ho trovato un posto dove andare». Sia lui che suo fratello la guardano curiosi; lei si volta verso Dean. «Ti… ti ricordi Jack Burke?» che aggrotta le sopracciglia, masticando il boccone e riflettendoci su «Il fecchione del mufeo?»
«Sì» Ellie si porta i capelli dietro le orecchie; Sam ha notato che ogni tanto lo fa quando è nervosa «Era lui al telefono. Mi ha detto che sta succedendo qualcosa di strano ad Orem, dove vive ancora, e… e mi ha chiesto se possiamo andare a dare un’occhiata. Pensa che potrebbe riguardarci».
 
Dean si scurisce in volto senza che Sam ne comprenda il motivo, ma preferisce concentrarsi su Ellie al momento.
«Scusa, Orem… dove?»
«Nello Utah».
Sam ci riflette su «Beh, c’è un po’ di strada da fare, ma se pensi che si tratti di qualcosa che possa fare al caso nostro… »
«Sì. Cioè, da quello che mi ha detto lo è. Magari ve lo spiego strada facendo».
Si alza velocemente, scostandosi un po’ dalla poltroncina; Dean finisce di masticare velocemente e fa altrettanto, ma non sembra entusiasta del nuovo piano. Non dice niente, però, e si avviano alla macchina silenziosamente dopo aver pagato il conto per poi immettersi nella carreggiata e raggiungere la statale.
 
Dean insiste per guidare, ma Sam riesce a convincerlo a fare il cambio, ogni tanto, perché li aspetta un lungo viaggio e si vede lontano un miglio che ha avuto una nottata intensa. Il fatto che l’abbia passata a divertirsi poco importa a Sam che, se può, ci tiene a fare qualcosa per aiutare suo fratello. Questo non gli costa poi tanta fatica, in fondo.
 
Per un bel po’, l’unica a parlare in macchina è la radio dove passa Bob Seger che parla di una ragazza di nome Janey e del suo correre insieme contro il vento con lui. [4] Dean ha alzato il volume perché la canzone gli piace, un po’ come gran parte della discografia di Bob Seger – una parte della quale giace tra la pila di cassette che conserva in uno scatolone [5] –, ma Sam ha intuito che c’è qualcosa che non va, perché è troppo silenzioso. Non canticchia nemmeno come farebbe di solito quando è tranquillo e, considerando la faccia che aveva stamattina appena rientrato in stanza, lo era sul serio, quindi avrebbe dovuto farlo.
 
Sam è curioso come una scimmia di natura e, considerando che ha un paio di idee su quale potrebbe essere il problema, si volta verso Ellie. «Come… come hai detto che si chiama il tizio che ti ha telefonato?»
Lei, la schiena dritta sul sedile di pelle e le dita intrecciate in grembo, tira le labbra in una linea sottile. «Jack Burke» Lui fa finta di pensarci su, ma Ellie parla prima che possa dirle qualcosa «Io e Dean l’abbiamo conosciuto un paio di anni fa. Anzi, anche di più. Ci stavamo occupando di un caso, di… una coppia di persone morte in un museo e Jack lavorava lì» si morde il labbro, arrossendo appena; con la coda dell’occhio, Sam vede Dean fissare la strada «Era una delle guide del museo e—»
«E aveva una gran voglia di portarti a letto».
 
Sam si volta verso suo fratello; è la prima volta che parla da che sono entrati in macchina, il tono acido e decisamente nervoso, e questo gli conferma che ci aveva visto giusto: è geloso per qualcosa.
 
Ellie si sporge in avanti, le mani che stringono la pelle marrone del sedile anteriore, l’espressione concentrata e il viso rivolto verso Dean che continua a guardare intensamente la strada «È vero che gli piacevo, ma—»
«Ma niente. Ci ha provato spudoratamente fin dall’inizio, c’è poco da obiettare».
 
Ellie rotea gli occhi e si rimette al suo posto, la schiena appoggiata al sedile e le braccia incrociate al petto. Lo sguardo di Sam, desideroso di dettagli, vaga da uno all’altra ed è proprio lei a saziare la sua curiosità «La storia è questa: piacevo a questo Jack e, per risolvere il caso, io e Dean avevamo bisogno della lista delle opere esposte al museo. Jack mi ha invitata a cena e, per averla, ci sono andata e sei stato proprio tu a spingermi a farlo» fissa Dean che però non le risponde, quindi torna a guardare Sam «Ma non è successo niente tra di noi. E oggi chiaramente non mi ha chiamata per quella storia, ha solo… ha solo bisogno di aiuto e non penso conosca tanta gente che fa il nostro mestiere».
 
Sam annuisce, conscio del fatto che Ellie ha ragione a dire così e di certo, dopo più di due anni di silenzio, questo Jack non l’ha cercata perché nutre ancora interesse nei suoi confronti. Magari potrebbe pensare di usarla come scusa per riprovarci con lei, ma Sam non crede che, in tal caso, Ellie cederebbe. È troppo presa da Dean anche solo per farci un pensierino.
Questa faccenda, però, spiega la stranezza di suo fratello che ha proprio cambiato faccia quando Ellie ha detto chi le aveva telefonato. Era chiaro che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa che a Sam sfuggiva. Conosce troppo Dean per non riconoscere quando gli frulla qualcosa di strano per la testa.
 
Il resto del viaggio scorre piuttosto lentamente a causa delle poche chiacchiere. Sam ed Ellie cercano di parlare a Dean come se niente fosse, in modo normale e tranquillo, ma lui rimane sulle sue.
È un viaggio lungo e Sam riesce a dare il cambio al fratello – convincerlo non è mai facile – che ne approfitta per dormire un po’. Anche Ellie si riposa, ma nei momenti in cui è sveglia parla molto con Sam e, tra le altre cose, snocciola i dettagli forniti dal suo amico sul caso: in pratica, nella cittadina dove abita questo tipo, è sparita una persona, una giovane donna sulla quarantina. Poteva sembrare un caso di omicidio qualsiasi se non fosse intervenuto un testimone che, invece, ha dichiarato di aver avvistato delle strane ombre aggirarsi per la notte, poco prima che la vittima venisse rapita e poi uccisa.
 
Arrivano a destinazione che è quasi mezzanotte. Hanno cercato di fermarsi il meno possibile – giusto per pranzo e per andare in bagno, mentre per la cena hanno preso un panino che hanno mangiato in macchina, cercando di sbriciolare il meno possibile perché Dean, come al solito, è geloso della sua piccola e non vuole si sporchi –, ma ci è voluto comunque molto tempo. [6] Lo stato dello Utah, da Enid, non era proprio dietro l’angolo.
 
Sam è anche convinto che Ellie si senta un po’ in colpa per aver “dettato legge” ancora una volta – dopo averli messi a freno per quasi un mese per lavorare alla tavola calda –, ma a lui, in realtà, la cosa non importa. Insomma, non è fondamentale chi trova un caso o come decidono di muoversi: viaggiano insieme e si decide insieme. Se per un paio di volte di seguito si sono ritrovati a seguire i “voleri” di Ellie, pazienza. Ne avrà abbastanza lei quando – e se, perché Sam comincia a pensare che non arriverà mai quel momento vista la latitanza di papà – dovranno occuparsi del demone che gli ha portato via la mamma e Jessica. Anche se, comunque, Sam sa già che non lo farà perché, oltre ad essere una persona molto paziente, ha molto a cuore Dean, perciò non si tirerà indietro e non le peserà aiutarli. Anzi, tutt’altro. Ne è sicuro.

Si dirigono subito all’appartamento di quel Jack Burke che ha chiamato Ellie e irritato tanto Dean, situato accanto a un grosso centro commerciale. A quanto pare, Ellie e suo fratello ci erano già stati, perché dicono immediatamente di riconoscere l’edificio che è semplice e non troppo grande, a mattoncini rossi.
Scendono dall’auto ed Ellie compone il numero del ragazzo, avvisandolo del loro arrivo. Lo aveva già avvertito che sarebbero arrivati in tarda serata e lui li aveva invitati a passare, per spiegargli meglio la questione e per comunicargli la via di casa sua che Ellie aveva dimenticato – per sua fortuna, perché se fosse stato altrimenti probabilmente Dean l’avrebbe sbranata.
 
Quando il ragazzo gli apre il portone principale con il pulsante del citofono apposito, Sam, Ellie e suo fratello salgono un paio di file di scale cercando di non fare troppo rumore data l’ora tarda e, una volta arrivati in cima, si trovano di fronte una porta aperta. Sulla soglia c’è un ragazzo alto e castano, con i capelli lunghi più o meno come i suoi messi di lato che gli coprono la fronte. Indossa i pantaloni di una tuta nera e una maglietta grigia a maniche corte; i piedi sono nudi, a conferma del fatto che probabilmente stava per andare a dormire. O comunque gli sarebbe piaciuto farlo se non avesse dovuto aspettarli.
 
I suoi occhi corrono subito su Ellie e le rivolge un caloroso sorriso. Per un attimo sembra incerto su cosa dire «Beh… ne è passato di tempo».
Lei stira le labbra in un mezzo sorriso «Direi di sì».
 
Lui le sorride ancora e si sposta per farli passare; l’attenzione di Sam vola su Dean che è decisamente nervoso: ha le sopracciglia lievemente abbassate, lo sguardo che guizza veloce da Ellie al ragazzo e viceversa, come se una qualsiasi mossa di lei ma soprattutto di lui potesse farlo scattare da un momento all’altro.
 
Una volta entrati, Sam si guarda intorno: il piccolo salotto che si trova di fronte, accanto al quale è situata una cucina, è molto semplice, arredato in modo spartano e informale. Il paio di quadri appesi alle pareti, poi – una delle “Composizioni” di Kandinskij [7], probabilmente una riproduzione, e l’altro sullo stile di Picasso – gli confermano che l’arte dev’essere una delle sue più grandi passioni. Non a caso, lavora in un museo.
Ciò che spicca, comunque, è la precisione: ogni oggetto – che sia il porta riviste di metallo posto alla destra del divano o la piccola felce sull’isola della cucina – sembra messo lì in modo studiato, con una cura quasi maniacale. L’ordine sembra essere piuttosto importante, per questo tizio.
 
Jack Burke si richiude la porta alle spalle, puntando nuovamente gli occhi su Ellie per una manciata di istanti. Sam può sentire il sangue di Dean ribollire e la cosa lo fa un po’ ridere, nonostante capisca la sua gelosia. Gli fa strano solo perché non è una cosa propriamente “da Dean”.
Lo guarda allungare una mano verso suo fratello e sorridergli appena «Ciao, tutto bene?» e Dean ci mette un attimo di troppo a ricambiare il gesto, ma poi lo fa. Stringe la sua mano – seppur con meno slancio e gentilezza del ragazzo che ha di fronte –, ma lo fa. Il suo sorriso è un po’ forzato «Non c’è male» lascia la presa e indica Sam «Lui è mio fratello Sam».
Jack Burke gli sorride di slancio e allunga la mano destra verso di lui che la stringe prontamente «Piacere, io sono Jack».
Sam gli sorride e il ragazzo li fa accomodare sul divanetto del salotto, accostato al muro e posto di fronte a un piccolo tavolino.
 
Si siede accanto ad Ellie, a sua volta di fianco a Dean, mentre Jack prende una sedia per sedersi davanti a loro.
Gli chiede se hanno fatto buon viaggio e dove si trovavano prima di partire, visto che Ellie, per telefono, gli aveva già confermato che continuavano a fare questo mestiere, anche se aveva omesso – per ovvie ragioni – la presenza di Sam.
Ellie, invece, gli chiede se lavora ancora alla galleria e Jack le sorride scuotendo la testa, dicendole che “dopo quello che era successo non se la sentiva più”. Sia lei che Dean sembrano capire e Sam ne deduce che questa presa di coscienza abbia a che fare con il caso che hanno seguito quando l’hanno conosciuto. Ora lavora in un altro museo, noto come il Sego Art Center di Provo, una cittadina non molto distante da Orem [8] e si occupa delle visite guidate.
 
Mentre gli parla, sembra che Ellie sia leggermente in imbarazzo; Sam non riesce a capire se è perché la situazione dev’essere cambiata parecchio dall’ultima volta che si sono visti – da quello che ha capito, lei e Dean non si piacevano nemmeno all'epoca, anche perché altrimenti non pensa che suo fratello sarebbe stato tranquillo a mandarla a cena con un altro – o perché la presenza di Dean “col fucile puntato” Winchester la metta un po’ in soggezione.
Non ha ancora capito se lei ricambiasse la sua – evidente – cotta per lei, ma almeno all’apparenza è un concorrente di tutto rispetto: è alto, ha un bel fisico – non che a Sam piacciano i maschi, per carità, ma sa riconoscere quando uno è ben messo e Jack Burke lo è, visto che è magro e asciutto – e il suo sorriso potrebbe catturare velocemente una ragazza semplice e genuina come Ellie. Forse l’ha fatto in passato.
 
Dopo essere rimasto in silenzio a lungo, Dean si sporge in avanti, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani congiunte, un sorriso irritato sul volto. «Scusate se interrompo la vostra rimpatriata, ma direi che non siamo qui per aggiornarci sulle nostre vite».
Jack stringe le labbra «Sì, hai ragione» e non sembra scocciato mentre lo dice. Si alza e prende un foglio di giornale dal ripiano della cucina per poi porgerlo a Dean che lo afferra e gli dà un’occhiata prima di passarlo a Sam che legge velocemente il titolo dell’articolo: “Ombre nella notte: il mistero della scomparsa di Luann Sonders”. «È stato questo a incuriosirmi» la voce di Jack Burke interrompe la lettura di Sam che alza gli occhi nella sua direzione. «La giornalista che ha scritto quell’articolo, Katy Ryan, è nota dalle nostre parti per essere una che non sa nascondere le… “stranezze”. Nessun altro giornale, infatti, ha parlato di quel testimone, solo questo. Se non l’avessi letto probabilmente non avrei mai pensato che ci fosse qualcosa di strano».
Dean stringe le spalle «Gli daremo un’occhiata approfondita».
Sam annuisce, concordando con le parole del fratello, e guarda il ragazzo davanti a lui «Conoscevi la vittima?»
«Sì e no. Abitava nell’appartamento di fronte a casa di mia madre, ma era una persona poco socievole, per cui neanche lei la conosceva molto. Niente marito, niente figli… solo tre gatti a cui spesso e volentieri piaceva andare a fare una visitina a mamma e lasciarle qualche… regalino». A quelle parole, Ellie sorride appena «Ma ecco, tutto sommato posso dire che non la conoscevo affatto».
 
Dean si alza in piedi, sbuffando aria dal naso «Bene, allora domattina andremo a fare un salto all’obitorio e vedremo il da farsi. Adesso ho bisogno delle mie quattro ore di sonno».
Anche Ellie e Sam si mettono in piedi, seguiti immediatamente da Jack che, nel farlo, esibisce un piccolo sorriso «Se volete potete dormire qui» allarga un po’ il sorriso «Questo appartamento non è molto grande, ma ho un paio di sacchi a pelo da qualche parte e poi c’è il divano, se—»
«Prendiamo una stanza, tranquillo» il tono di Dean è seccato ed Ellie volta la testa nella sua direzione per guardarlo male, ma lui non ci bada. Non che Sam avesse dubbi, si vede lontano un miglio che non vede l’ora di togliersi Jack Burke dai piedi.
Il ragazzo sorride appena «Come preferite».
 
Fa per accompagnarli alla porta, quando il suono di un cellulare lo ferma. È il suo. Lo prende dal ripiano dell’isola della cucina e preme il tasto verde «Sì?» a giudicare da come la sua espressione cambia, trasformandosi velocemente in una smorfia preoccupata, Sam capisce che c’è qualcosa che non va. Quando riattacca, infatti, li guarda avvilito «C’è stata un’altra vittima. Un’amica di mia madre, abitava nello stesso edificio di Luann».
Sam, Dean ed Ellie si guardano per un lungo istante. È lei a dare voce ai pensieri di tutti «Mi sa che di dormire, invece, non se ne parla».

 

[1] Nella seconda stagione ci sono un paio di scene dove il telefono di Dean squilla “intonando” le note di quella famosa canzone. Una di queste è nell’episodio 2x14 “Born under a bad sign”.
[2] Altro libro trovato nella biblioteca comunale di un paesino vicino al mio. Parla di un ragazzino di quindici anni che ha sole due settimane di vita da vivere. Non può dormire e vuole vivere alla grande il tempo che gli è rimasto. L’autore è Siôn Scott-Wilson.
[3] Battuta presa in prestito da Romeo degli Aristogatti.
[4] La canzone citata è “Against the wind” di Bob Seger.
[5] Riferimento allo scatolone pieno di cassette in cui rovista Sam nel “Pilot”.
[6] Il mio fidato calcolatore di distanze mi suggerisce che da Enid (Oklahoma) per arrivare ad Orem (Utah) sono necessarie sedici ore di macchina.
[7] Vasilij Kandinskij è uno dei più grandi esponenti del movimento artistico dell’Astrattismo. “Composizioni” è una famosa raccolta di opere (dieci, di cui le prime tre sono state perse durante la II guerra mondiale) legate alla musica che segnano un passaggio importante nello stile della sua pittura.
[8] Provo, la cittadina dove è realmente collocato il Sego Art Center, dista dieci minuti da Orem, dove vive Jack. Nonostante abbia fatto qualche ricerca, non ho trovato nulla sul tipo di arte esposta in quella galleria, così mi sono presa una piccola licenza e ho immaginato che, almeno, facessero delle visite guidate XD

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Capitolo 19
*** Marvellous in pocket, terrible masters in head ***


Note: Anche oggi è ormai notte, ma so che la cosa non vi stupisce quindi lascio stare i convenevoli XD
Buonaseeeera! :)
Nell’ultima settimana ho notato che le visite alla storia sono aumentate e la cosa mi fa molto piacere. E so che sono diventata monotona, ma davvero, se avete qualcosa da dire a riguardo, se la storia è bella, brutta, potevo fare di meglio eccetera sono qui ad ascoltarvi. Quindi non abbiate paura: a me leggere le vostre riflessioni non può che fare piacere, belle o brutte che siano :) è sempre da queste che si cresce e si migliora, nel bene o nel male.
Predica a parte, questa settimana è stata piuttosto intensa quindi non ho avuto modo di rileggere per bene il capitolo. Spero che sia comunque soddisfacente e che non ci siano errori sparsi in giro XD
Detto ciò vi saluto, augurandovi nell’ordine: una buonanotte, una buona lettura e una buonissima continuazione di settimana! A mercoledì! :***

Capitolo 19: Marvellous in pocket, terrible masters in head
 
Power and money are marvellous sources
If they remain in pocket,
But they are terrible masters
Once they entered the head.
 
(Unknown)
 
Siede sul divano dell’ennesima stanza di motel che ha visitato nella sua vita, una gamba accavallata sull’altra e gli occhi fissi sul foglio di giornale che gli ha dato il secchione l’altro giorno.
Questa ha di bello che è molto spaziosa: nonostante non abbia la cucina – a parte un piccolo frigo situato alla sinistra del divano –, è piuttosto lunga. Alla sua destra, invece, i due letti, separati da un comodino di legno scuro, e in fondo una finestra contornata da una tenda aranciata. Di fronte ai due letti – il primo di Sam, il secondo suo e di Ellie – un grosso comò, dello stesso colore del comodino, che ha abbastanza cassetti per contenere i vestiti di Ellie e, davanti al divano, la porta del bagno.
Diciamo che, anche se non è la suite di un grand hotel, poteva andargli sicuramente peggio.
 
Sono già passati un paio di giorni da quando sono arrivati ad Orem e hanno cominciato a indagare a questo nuovo caso. Sono stati sulla scena del crimine di Joanne Locke [1], la seconda vittima, e poi si sono diretti all’obitorio per dare un’occhiata al corpo della prima donna uccisa, Luann Sonders.
Non è venuto fuori granché, al momento: le due vittime sembrano essere morte d’asfissia, cosa che gli ha confermato sia il medico legale presente sulla scena del crimine che quello all’obitorio – di cui, tra l’altro, Dean ha gradito la visione, perché si trattava di una giovane donna mora, forse sulla trentina, con due occhi verdi da cerbiatta e una bella quarta di seno messa in mostra da una magliettina aderente sotto il camice.
In altre occasioni, non avrebbe perso tempo e ci si sarebbe fermato volentieri a chiacchierare, ma era chiaramente preso da ben altre cose per poter cedere al suo istinto animalesco. Inoltre, l’occhiata che gli ha lanciato Ellie quando ha notato che la stava guardando in modo un po’ troppo coinvolto gli ha fatto passare ogni voglia. Non che ne avesse davvero, ma… beh, diciamo che la vista era piacevole. E poi è stato divertente vedere Ellie ingelosirsi un po’, anche se poi non gli ha detto nulla.
 
Non ci sono segni di strangolamento in nessuno dei due corpi; le uniche cose che le accomunano – a parte l’abitare nella stessa palazzina – sono il sesso e la causa della morte, che è comunque strana perché non sembra essere causata da agenti esterni – come direbbe Sammy il super secchione – come il soffocamento da parte di una terza persona. Sarebbe bene verificare se l’appartamento, ormai sigillato dalla polizia, ha avuto qualche perdita di gas che, a lungo andare, avrebbe potuto causare l’asfissia della vittima.
È quello che vogliono fare oggi, una volta che Sam porterà loro la colazione.
 
Quello che è davvero poco chiaro di questa faccenda è cosa c’entrano le ombre viste dal testimone che la giornalista ha intervistato.
 
Sia Dean che Sam pensano si tratti di un qualche spirito, un fantasma probabilmente, qualcosa di cui devono ancora scovare l’identità, oltre alle ragioni della sua rabbia.
Hanno già parlato con la coppia che abitava nell’appartamento accanto a quello della prima vittima, i coniugi Harrison, e non hanno scoperto granché. Luann Sonders era una persona taciturna e riservata, un po’ schiva, ma non era molesta. E non c’è niente di male a farsi gli affari propri.
 
Hanno interrogato anche il “testimone chiave”, Louis Benson [2], colui che ha dichiarato di aver visto quelle ombre aggirarsi per la strada nella notte dell’omicidio di Luann. Dean ha avuto l’impressione che fosse un tipo ambiguo, per di più non particolarmente dispiaciuto per la morte di quelle due donne.
Non gli ha fatto una bella impressione. Non per qualcosa in particolare, era solo… strano, schivo. E l’esperienza gli ha insegnato che quando non si vuole parlare con un agente dell’FBI – di cui, tendenzialmente, si dovrebbe avere un certo timore – è perché si ha qualcosa da nascondere.
 
Dean rilegge l’articolo ancora una volta, cercando di capire a cosa potrebbero riferirsi queste dannate ombre. Ha già provato insieme a Sam a controllare sul diario di papà per vedere se il suo vecchio ci aveva annotato qualcosa riguardante un qualche mostro con queste caratteristiche, ma niente da fare. Devono scavare un po’ più a fondo.
 
Il programma di stamattina è quello di andare a fare una visita all’ex marito di Joanne Locke, tale Richard Dickson, per sapere qualcosa sulla vittima da lui e dai condomini delle signore morte; poi tornare qui, fare qualche altra ricerca e, in tarda serata/nottata, passare a dare un’occhiata agli appartamenti delle vittime. Non possono rompere i sigilli di giorno, chiaramente, soprattutto in un complesso di sei appartamenti come quello in cui vivevano le signore Locke e Sonders.
 
Vedere uscire Ellie dal bagno lo riscuote da quei pensieri. La osserva di sottecchi: ha i capelli legati in una treccia che parte dalla cima della testa e scende per poi ricaderle dritta sulla schiena.
Con i capelli corti come li aveva prima le veniva più difficile fare queste acconciature. Adesso che le sono ricresciuti – anche se non sono come quando l’ha conosciuta – le riesce molto meglio. A Dean piacciono molto come li porta ora e spera che non le venga nuovamente la malsana idea di tagliarli. Essendo matta come un cavallo non si sa mai, ma sembrano piacere anche a lei adesso.
Indossa una camicetta senza maniche bianca a cui ha lasciato un paio di bottoni aperti sotto il collo; in fondo, sotto l’ultimo bottone, c’è un piccolo fiocchetto ed è un po’ corta, le lascia scoperto un piccolo pezzetto di pancia. Sotto, un paio di shorts di jeans scuro, ai piedi le sue Converse rosse e, beh, fa decisamente la sua porca figura. È un caldo assurdo qui e, visto che oggi devono fingersi dei reporter in cerca dello scoop della vita – un po’ come fa quella Katy Ryan che ha scritto l’articolo sulle ombre –, non hanno bisogno di vestirsi troppo, né di mettere gli odiosi completi.
 
Si sono finti agenti solo per le scene del crimine, l’obitorio e Louis Benson, stavolta, perché avevano bisogno di mettergli un po’ di sana strizza. Cosa che, almeno secondo Dean, un po’ sono riusciti a fare, anche se non gli hanno estorto nulla come avrebbero voluto. Oggi, invece, possono volare un po’ più basso per intervistare tutte quelle persone. Non pensano di dovergli mettere tanta “paura”.
 
Dean continua a spiare Ellie, osservandola piegare la camicia che indossava ieri sopra il loro letto. Le farebbe anche un fischio di ammirazione se non gli girassero ancora fortemente le palle per tutto ciò che ha dato origine a questa faccenda.
 
Sì, perché il fatto che sono corsi qui per venire a soccorrere proprio Jack Burke, colui che ha corteggiato palesemente quella che ora è la sua ragazza proprio non gli va giù. Soprattutto dopo che Dean e la suddetta ragazza hanno finalmente ritrovato un equilibrio vero, che si sono lasciati andare completamente dopo tanto aspettare.
Lui ed Ellie non hanno avuto modo di parlarne, c’è sempre stato Sam nei paraggi – e qualche volta pure il secchione – e Dean non ha potuto affrontare l’argomento insieme a lei che sembra tranquilla, però. Lo è anche adesso che ha smesso di piegare vestiti e sta rifacendo il loro letto. Addirittura canticchia e a Dean dà quasi fastidio, perché a lui girano ad elica e lei non sembra essersene accorta. O comunque non gli dà l’importanza che lui pensa di meritare.
 
Si rende conto che la sua è un’incazzatura stupida e non vorrebbe che diventasse un caso di stato, ma non gli va giù l’idea che non hanno fatto neanche in tempo ad assaporare quello che hanno condiviso che sono dovuti subito venire qui a soccorrere la damigella in pericolo. Soprattutto quando la suddetta non perde l’occasione per provarci con Ellie che, però, fa finta di nulla. Non gli dà peso, risponde alle sue battute con naturalezza e questo gli fa pensare che quindi, probabilmente, non ha neanche intenzione di far presente a Jack la sua relazione con Dean.
È vero che il secchione ieri ha cercato di rendersi utile, aiutandoli con le ricerche e dandogli i nomi e gli indirizzi che gli servivano – e senza dubbio senza di lui ci avrebbero messo molto di più a raccapezzarci qualcosa –, ma Dean è convinto che lo faccia perché per lui ogni occasione è buona per provarci con Ellie. Non che non lo capisca, visto che per lui, nonostante abbia tentato a lungo di farlo, resisterle è stato impossibile.
 
Dean l’ha osservato bene, ha visto come ci prova: lo fa molto velatamente, però lo fa, tipo sorridendole sempre, o cercando di mettersi accanto a lei quando si siede da qualche parte o anche solamente cercando il suo sguardo e indugiando un po’ troppo con gli occhi su tutta la sua figura. È vero che Ellie non lo calcola, perciò lui non avrebbe nulla da temere, ma la cosa lo infastidisce lo stesso.
Ieri sera, ad esempio, era a tanto così dall’alzarsi e dargli un cazzotto quando si è messo a raccontarle – senza motivo, poi – di una volta che era andato in vacanza a Key West e aveva visto un paio di delfini nuotare insieme. [3] Non si è mosso solo perché Sam gli ha lanciato un paio di occhiate decisamente eloquenti, altrimenti se ne sarebbe fregato del bon ton e l’avrebbe pestato a sangue, soprattutto perché Ellie lo guardava estasiata. Non per lui, certo, ma perché Ellie adora l’oceano ed era davvero affascinata dal suo racconto. Dean, in quel momento, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere guardato in quel modo da lei. Gli costa tantissimo ammetterlo e di certo non glielo dirà mai, ma è così che si è sentito.
 
Non fa niente di male, per carità, ma a Dean lo infastidisce. E gli dà ancora più noia il fatto che Ellie non gli dica niente, che si limiti a non ricambiare le sue avances. Potrebbe essere sincera e dirgli che sta con lui, invece non lo fa – perché se l’avesse fatto e lui continuasse a provarci sarebbe da riempirlo di botte – e Dean non capisce il motivo.
 
Sarà che lui – anche se sa benissimo che devono lavorare – non vorrebbe far altro che tornare a un paio di sere fa, stringersela addosso e continuare dove Sam li ha interrotti la mattina dopo.
Ci ripensava anche mentre stavano venendo qui. Lo fa spesso perché è stato bellissimo, più di quanto si aspettasse. Ellie era perfetta e così bella quando, sul letto della stanza dove hanno deciso di concedersi un secondo round, gli stringeva le spalle, le braccia tese per sostenersi mentre si muoveva su di lui, la testa piegata all’indietro e le labbra schiuse. Dean la guardava con gli occhi sognanti, cercando di realizzare che non era un fottuto sogno e che stavano vivendo tutto veramente. Gli ha sorriso quando lui, qualche secondo più tardi, si è tirato su con la schiena per andarle incontro, per stringerla in un abbraccio e il suo sorriso si è allargato ancora di più mentre gli accarezzava i capelli lentamente, guardandolo spingere più a fondo in lei e stringerla più forte fino a portarla giù insieme a lui una volta finito. Sorrideva mentre gli baciava il petto prima di accoccolarsi al suo fianco, la fioca luce della lampadina sul comodino a illuminarle il viso.
Per una volta l’hanno lasciata accesa e l’hanno coperta con la camicia di Dean. È stata un’idea di Ellie che gli è piaciuta e che, in un certo senso, l’ha stupito molto.
È vero che la doccia a Westwego – fatta praticamente in pieno giorno – gli aveva permesso di superare il “tabù” del vedersi nudi nel senso più completo del termine, ma Ellie è molto riservata, s’imbarazza spesso ed è piuttosto timida sotto quel punto di vista. Forse è perché non ha ancora preso troppa confidenza con lui che invece la desidera così tanto da aver mandato affanculo tutto l’imbarazzo che poteva provare al pensiero di volersi fare quella che considerava essere solo una sua amica già dalla prima volta. Lei, invece, ci mette di più a lasciarsi andare, a far vagare le mani sul suo corpo soprattutto in particolari punti, Dean l’ha capito, perciò considera la voglia di giocare – o di provocarlo, chi lo sa – che aveva l’altra sera un modo nuovo per dirgli che lo desidera, per fargli capire che è disposta a sciogliersi. Non ne hanno mai parlato espressamente – anche se un paio di volte Dean avrebbe voluto farle una battuta, anche solo per il gusto di vederla diventare rossa –, ma sa che l’imbarazzo può essere un grosso freno in un rapporto sessuale, perciò spera che, pian piano, Ellie abbandoni tutte le sue paure, perché vuole sentire le sue mani ovunque. Già apprezza da morire i progressi fatti, comunque, così come l’idea che Ellie abbia deciso di tornare a donarsi a lui.
Per qualche strano motivo, però, vorrebbe più certezze. Sarà che lui è completamente fuori rotta, che il solo pensiero dei sospiri caldi di Ellie sulla sua bocca lo manda in estasi, tanto da fargli venir voglia di infilarsi una mano nei pantaloni o chiudersi in una stanza con lei e ricominciare tutto da capo, ma ecco, questa cosa di Jack l’ha messo un po’ in crisi e vuole essere più sicuro.
 
Si lecca le labbra cercando di rimuovere certe immagini dalla testa – stanno aspettando Sam che potrebbe tornare a momenti e non è il caso di scaldarsi in quel senso proprio adesso –, guardandola ancora canticchiare mentre tira i lembi delle lenzuola e della coperta per metterli poi sopra un cuscino.
Non ce la fa più a stare zitto «Perché canticchi?»
Ellie sorride, stringendo le spalle mentre fa il giro del letto per andare a coprire l’altro cuscino «La mamma mi raccontava spesso che mia nonna, la sua mamma, le diceva sempre che “si canta per amore o per rabbia”» si ferma e fissa il soffitto, pensierosa «Anche se, secondo me, lo si può fare anche per altri motivi» sorride ancora e alliscia la coperta arancione con le dita.
Dean la osserva, gli occhi piccoli. Non vuole più indagare il motivo del suo canticchiare se questo dovesse essere sintomo di qualche rabbia; basta la sua per entrambi.
 
La guarda mugolare ancora mentre prende qualcosa dal suo borsone, appoggiato accanto al comò; riconosce la canzone che sta mimando «Non capisco questa tua passione per Bonnie Tyler». 
Lei sorride ancora; sembra tranquilla stamattina, in un modo che a Dean dà quasi sui nervi visto che lui non lo è. «Non ho una passione… mi fanno ridere le sue canzoni» lo guarda e improvvisa un balletto a dir poco buffo sulle note “Holding out for a hero” per poi sculettare a ritmo del ritornello fino al bagno, un piccolo astuccio verde con delle coccinelle rosse in mano, quello che Dean riconosce essere dei trucchi. Ormai ha imparato dove tiene le sue cose… più o meno.
Deglutisce, intenzionato ad approfittare dell’assenza di Sammy per approfondire il discorso “secchione”. «Oggi Jack passa da queste parti?»
«Credo di sì» parla più forte per farsi sentire «Penso venga nel pomeriggio. Stamattina aveva una visita guidata al museo».
Dean sospira appena, le labbra storte in una smorfia ironica «Che fortuna, non vedevo l’ora».
La sente ridacchiare «Non fare l’orso, dai. È gentile, ci sta aiutando».
Dean sorride sarcasticamente «Oh, ma certo. È proprio ciò che vuole di più al mondo».
Lei fa una pausa «Che vorresti dire?»
 
Dean prende coraggio; ora o mai più «Beh, che… che non gliene frega un cazzo del caso… com’è giusto che sia, voglio dire non lo fa mica per lavoro. Vuole solo provarci con te».
Segue un altro piccolo momento di silenzio «A me non sembra».
Dean sbuffa aria dal naso; il fatto che lo stia negando lo fa innervosire di più. «Non fare la finta tonta. Ti gira sempre intorno, ti… ti guarda. In un modo che non mi piace» fa una piccola pausa, ascoltando un pensiero irritante sfrecciargli nel cervello a una velocità troppo elevata perché possa far finta di nulla «C’è stato qualcosa tra di voi?»
Un paio di passi ed Ellie è sulla porta, appoggiata allo stipite. Immagina che si sia affacciata per guardarlo in faccia e decretare se sta parlando sul serio o meno, perché lo sta guardando come se si stesse chiedendo che razza di domande fa «No, Dean. Mi ci avevi preso anche in giro, ricordi?»
La guarda con aria di sfida «È diverso adesso» deglutisce «Non è successo niente? Perché quando vi ho lasciato da soli al motel—»
«Oh, in quei tre minuti e mezzo non avremmo fatto in tempo neanche a toglierci i vestiti».
Glielo dice con un sorrisetto sulle labbra che lo fa innervosire ancora di più «Mi spieghi che cazzo hai da ridere?»
 
Lei, per niente spaventata dal suo tono minaccioso, sorride più decisa. Appoggia l’astuccio verde e rosso sul comò e si avvicina per poi sedersi accanto a lui che la guarda con attenzione: è serena, troppo per i suoi gusti e, come pensava, si è truccata leggermente. Il suo colorito è un po’ più scuro nonostante Dean riesca a scorgerle ancora le lentiggini sugli zigomi; le ciglia sono più nere, le labbra colorate di un rosa antico.
 
Appoggia un gomito sullo schienale del divano e si fa più vicina. Dean volta la testa nella sua direzione per guardarla meglio. «Non offenderti, ma… ma non capisco tutte queste domande. Quando ci hai lasciato soli quella volta non è successo niente. E, davvero, siamo stati da soli così poco che anche volendo… »
«Nemmeno un bacio?»
Ellie stringe appena le labbra «No» fa una piccola pausa e Dean ne approfitta per scrutare nei suoi occhi: non sta mentendo. Non lo guarderebbe così intensamente se lo stesse facendo «Mi ha solo detto che avrebbe voluto rivedermi e approfondire la nostra conoscenza, che se le cose fossero andate diversamente gli sarebbe piaciuto. Poi ci siamo sentiti solo un paio di volte e—»
Dean spalanca gli occhi e addrizza la schiena «E questo quando volevi dirmelo?!»
L’espressione di Ellie rimane sempre la stessa, molto pacata «Non c’era bisogno che lo sapessi. Mi ha solo chiesto com’era andato il viaggio e poi… e poi è successo qualche giorno dopo, ma non aveva alcun senso e abbiamo smesso di parlarci. È successo due anni fa, Dean. Non pensi che se mi interessava mi sarei impegnata di più?» si lecca le labbra, poi gli sorride appena e Dean sa che allude ai mesi che hanno passato al telefono. «All’epoca io e te eravamo solo amici, non volevo raccontartelo» prende fiato e gli si avvicina, un sorriso gentile sul viso. Gli accarezza la guancia sinistra «Perché sei geloso? Io sto con te».
Dean la guarda senza sapere cosa dire per un attimo – la gelosia non è un sentimento che gli si addice e poi non è geloso, diamine. È solo… preoccupato che quel secchione possa soffiargliela via, ecco. Inspira e si decide a parlare. «Beh, non… non mi piace che siamo corsi qui non appena ti ha chiamata».
Ellie lo guarda seria, togliendo la mano dal suo viso «Ma era per lavoro!»
«E ne dovrei essere felice? Non penso che se mi chiamasse una mia ex “per lavoro” tu ne saresti contenta».
Lei lo guarda dubbiosa «Tu non hai ex».
Dean aggrotta la fronte, perplesso. Effettivamente le sue non possono proprio definirsi ex, ma piuttosto… va beh, che differenza fa? «Ma che c’entra, non ti andrebbe bene comunque».
«Non è detto. Io sono più tollerante di te».

Dean la guarda e sbuffa. Lo sta irritando «Non fare la spiritosa e non cercare di cambiare discorso».
Ellie gli sorride, gli occhi furbi. Continua a fissarlo con quel sorriso sulle labbra e Dean sa che se continuerà così gli farà passare la rabbia presto, ma non vuole cedere. «Non voglio cambiare discorso, ma non capisco perché hai tutta questa paura. Te l’ho dimostrato in tutti i modi che voglio stare con te e lo voglio davvero, perciò… non capisco».
Dean abbassa gli occhi, mordendosi le labbra. Tanto vale essere sincero «Beh perché… perché ti piaceva… »
Lei stringe le spalle «Non così tanto. E poi, viaggiando in continuazione da un posto all’altro, non avrebbe mai funzionato».
«… e sei già scappata una volta».
A quelle parole, Ellie si fa finalmente più seria, capendo immediatamente a cosa Dean sta alludendo. Sbatte le palpebre un paio di volte, lo sguardo un po’ smarrito. «Non volevo farlo, lo sai. Non era per te, volevo solo che tu facessi la cosa giusta con la tua famiglia. Era l’unico modo per convincerti» si avvicina ancora, la mano destra che gli accarezza i capelli «Capisco che possa darti fastidio, ma io… io non do corda a Jack. Non m’interessa».
Dean alza la testa per guardarla, scostandosi dal suo tocco gentile «E allora perché non gli dici che stai con me?»
«Perché non ho bisogno di mettere i manifesti. Lo sanno le persone importanti e questo basta».
«Forse è bene che lo sappia anche lui. Almeno la smetterebbe di provarci sotto i miei occhi, cazzo».
 
Ellie apre la bocca per rispondergli, ma non fa in tempo a farlo che la porta si apre e Sam compare sulla soglia con in mano i soliti tre sacchetti bianchi e i bicchieroni di caffè. Se la chiude alle spalle e gli sorride; indossa una camicia a quadri celeste abbottonata fin quasi in cima e un paio di jeans. «Allora, pronti? Ci aspetta una lunga giornata».
Dean sbuffa. L’entusiasmo mattutino di Sammy gli dà sui nervi, ma è sicuro che non è la cosa peggiore che dovrà affrontare oggi.
 
*
 
Escono dall’appartamento di Joseph Booth [4], uno dei vicini di casa di Luann Sonders, con un nulla di fatto, già il secondo della mattina. Non hanno ricavato alcuna informazione utile… e pensare che vivono nello stesso palazzo, dovrebbero aver sentito qualcosa: un tonfo, uno schiamazzo, qualcosa… invece niente di niente. È come se fossero tutti sordi.
 
L’edificio dove vivevano le due donne uccise è un palazzo diviso in sei alloggi: le due occupavano rispettivamente l’appartamento a destra a piano terra e quello a sinistra al primo piano. Accanto a quello che era di Luann Sonders vive il suddetto Joseph Booth assieme alla moglie – che era al lavoro. Lui, un uomo sulla sessantina, ex guardia carceraria già in pensione, alto, brizzolato e di bell’aspetto, dice di non aver sentito nulla: nessun tonfo, nessun rumore sospetto, niente di niente. Nemmeno dall’appartamento sopra il suo, appartenente all’altra defunta Joanne Locke. Neanche la moglie – una donna che, dalle fotografie sparse per il salotto, sembra più giovane del signor Booth ed è castana e anch’essa di bell’aspetto – ha detto di non aver sentito nulla – anche se questo a loro lo ha riferito lui –, quindi Ellie, Dean e Sam sono usciti dalla sua abitazione abbastanza sconsolati.
 
Prima di lui hanno visitato l’appartamento degli anziani signori Teller [5], residenti nell’alloggio di fronte a quello di Joanne Locke. I due li hanno accolti in modo molto gentile – soprattutto la signora, la schiena un po’ gobba per qualche acciacco dovuto alla vecchiaia e un sorriso gentile e gioioso stampato sul viso –, offrendogli anche dei biscotti che Dean non ha saputo rifiutare – e quando Sam l’ha guardato di traverso per dirgli di non prendere il terzo Ellie stava seriamente per scoppiare a ridere, non sa come ha fatto a rimanere seria. Non è riuscita a fornirgli le informazioni che gli servivano, però. Sia lei che il marito, infatti, complice l’età che avanza, hanno bisogno di medicine per riuscire a dormire e ne fanno un uso un po’ spropositato per ottenere l’effetto che desiderano. Questo ha fatto sì che non si accorgessero né del primo né del secondo incidente.
 
Ellie crede più a quei due anziani signori che a Joseph Booth, ma di certo non possono costringerlo a parlare con la forza. Non hanno alcuna prova contro di lui, solo delle sensazioni, perciò devono lasciar perdere.
 
Siede su uno dei gradini dei tre che compongono le scale dell’ingresso del palazzo, aspettando insieme a Sam – che è in piedi di fronte a lei con gli occhi rivolti verso la porta d’ingresso – che Dean esca “dal bagno” di casa Booth. Ha usato la solita scusa per infilarsi nel corridoio dell’appartamento dove ci sono una camera da letto, un bagno e un ambientino adibito a stireria – così ha detto il signor Booth mentre spiegava a Dean la strada per arrivare al gabinetto – per controllare con l’EMF se c’è qualche stranezza, la presenza di un qualche spirito maligno.
Non l’hanno aspettato, perché Ellie aveva bisogno di un po’ d’aria – con queste temperature alte, soffre abbastanza il caldo da che sono qui [6] – e Sam le è andato dietro, dicendo che non vedeva l’ora di togliersi dalle scatole perché trovava irritante la sfrontatezza con cui Joseph Booth gli stava parlando. E per notarlo Sam, che solitamente è uno tollerante – a detta di Dean fin troppo –, significa che è irritante davvero.
 
Ellie porta le ginocchia nude al petto, stringendole con entrambe le braccia.
Forse ha esagerato con questo abbigliamento. Più che altro per i pantaloni che sono decisamente corti.
 
Voleva avere un’aria un po’ sbarazzina, da giovane reporter alle prime armi, la stessa che deve avere anche quella Katy Ryan, così sfacciata da pubblicare un articolo che lascia intendere una qualche presenza soprannaturale o di un assassino violento su un giornale di paese, quando invece la seconda vittima è stata ritrovata dal figlio maggiore dentro al suo appartamento, chiuso a chiave dall’interno.
Certo, per l’altra vittima potrebbe essere più plausibile, visto che è rientrata da sola – probabilmente tardi, considerando l’ora del decesso –, ma è stata comunque ritrovata dopo un paio di giorni perché anche lei è morta in casa. Ad Ellie già sembra grave il fatto che l’abbiano ricercata i colleghi di lavoro perché non aveva parenti prossimi che potevano accorgersi della sua assenza, ma questa è un’altra storia.
 
Tutti questi elementi, comunque, danno da pensare ad Ellie – e anche a Sam, che per primo ieri sera ha esposto ad alta voce questa teoria – che quella delle ombre sia una grossa balla, inventata dalla tipa del giornale per attirare l’attenzione su di sé. Sarebbe molto plausibile: per lanciare la propria carriera, certe persone sarebbero disposte a tutto.
 
Il rumore di passi alle sue spalle la distrae da quei pensieri. Si volta e trova Dean dietro di lei, lo sguardo rivolto verso suo fratello.
«Trovato niente?» lui, in risposta alla domanda di Sam, scuote la testa. «Allora saliamo di sopra e vediamo chi c’è».
A quelle parole Ellie si alza in piedi e si accosta a Dean, seguita da Sam che fa altrettanto.
 
Da quanto gli ha detto Jack, negli appartamenti al piano di sopra vivono un vedovo di nome Curtis Ellis e una famiglia composta da mamma, papà e due bambini piccoli.
Salgono nuovamente le scale ed è a loro che Sam suona per primo, senza però trovare risposta. Ellie l’aveva previsto, in un certo senso: è estate e i bimbi, visto che i genitori lavorano – Jack ha detto che sono entrambi commessi, il marito in un negozio di alimentari e lei in uno di abbigliamento – e non possono occuparsene durante il giorno, perciò li avranno portati dai nonni o in un posto dove possano divertirsi e stare al sicuro.
Jack li ha descritti come due genitori attenti. Chiaramente li conosce per la vicinanza di questo palazzo a quello della madre, che è situato a un paio di case da qui.
 
Una volta confermato che non c’è nessuno, si voltano e vanno a suonare all’altra porta, posta esattamente di fronte. Ad aprirgli, come previsto, è l’anziano vedovo Ellis.
Nonostante il cipiglio alzato e la stempiatura che fanno sì che incuta un po’ di timore – ad Ellie, perlomeno –, si dimostra gentile e apre loro la porta, invitandoli a entrare.
 
L’appartamento non sembra grande; anzi, forse è più piccolo di quelli che hanno visto stamattina. La cucina, perlomeno, è piuttosto minuscola: sulla sinistra, un lungo ripiano bianco con tanto di lavandino e uno scaffale dove sono appoggiati un sacco di mestoli; più al centro, un piccolo tavolino e, sulla destra, un divano rosso a tre posti e due poltroncine dello stesso colore a fianco. È ben arredato, per carità, solo non sembra molto spazioso.
 
Il signor Ellis li fa accomodare sul divano mentre per lui si prende una sedia e la piazza di fronte a loro, decidendo poi di sedersi.
Ellie lo osserva con attenzione mentre lo fa: quest’uomo ha la bellezza di più di ottant’anni, si muove per casa con un bastone di legno scuro e vi appoggia sopra entrambe le mani mentre ascolta Sam parlare e raccontargli della faccenda. Tiene gli occhiali sul naso e ha lo sguardo aguzzo, concentrato. È attento ad ogni parola, curioso di sapere dove vogliono andare a parare.
 
Una volta che Sam ha concluso, li guarda un po’ stralunato, le mani strette sul bastone; stringe le spalle «Beh, a me la cosa non stupisce così tanto. Era scritto che prima o poi quelle due c’avrebbero rimesso le penne».
Ellie, le sopracciglia e le labbra piegate in una smorfia perplessa, stringe la penna tra le dita della mano destra e il suo taccuino nella sinistra, cercando gli occhi di Sam e Dean che hanno più o meno la sua stessa espressione sul viso.
È il più piccolo dei fratelli a riprendere la parola «In che senso?»
Il vecchio esibisce un ghigno «Oh, non so con chi avete parlato, finora, ma effettivamente non è una cosa nota a tutti» si passa una mano sui capelli grigi, lisciandoli verso il basso. «È una specie di… diceria, diciamo. Ciò che so per certo è che Luann e Joanne erano cugine, figlie di fratelli». Ellie stringe gli occhi; questo, fino ad ora, non era mai uscito fuori. «E ce n’era un’altra, Mary Anne».
 
Curtis Ellis racconta la storia come se fosse una favola moderna, una di quelle che si narrano ai bambini prima di andare a dormire. O forse sarebbe meglio dire che è una di quelle storie che si raccontano in piena notte in montagna, davanti a grandi falò. Di quelle che fanno paura.
Sì, perché dalle sue parole viene fuori che questa Mary Anne, dopo un’infanzia felice in cui tutte e tre andavano meravigliosamente d’accordo, dopo la morte del padre, nonché zio delle altre due, smette di parlare alle cugine, accusandole di aver spartito male l’eredità del defunto. Mary Anne, poi morta in un misterioso incidente casalingo – una fuga di gas – dopo l’apertura del testamento del genitore, temeva di essere stata fregata dalle due cugine, che le avessero rubato ciò che le spettava.
 
I ragazzi lo ascoltano rapiti, scambiandosi occhiate furtive di tanto in tanto. È Sam a intervenire per primo «Questo spiegherebbe perché nessuno ci ha parlato del legame tra le due donne».
Il signor Ellis annuisce «Ma certo. Joanne e Luann non si parlavano da una vita, da quando Mary Anne è morta. I più cattivi, in paese, dicono che l’avevano ammazzata loro, per metterla a tacere e non farla ricorrere alle vie legali. Probabilmente Mary Anne aveva delle prove, avrebbe potuto denunciarle. Per questo motivo, dunque, poi avevano smesso di parlarsi. O almeno queste sono le dicerie».
 
Ellie sa che, in questo mestiere, molto spesso le leggende sono più che fondate e che i cosiddetti “pettegolezzi” sono le fonti più affidabili per risolvere un caso. Non si chiede neanche come l’anziano signor Ellis faccia a sapere tutte queste cose: in un paesino come questo, le voci corrono più veloci del vento e arrivano anche a chi non ha voglia di sentirle. Ellie, avendo vissuto in un posto piccolo come Buckley per tanto tempo, ne sa qualcosa.
 
Quando scendono le scale per uscire e tornare alla macchina, sono tutti e tre un po’ scioccati. Soprattutto Ellie che non riesce a smettere di pensare a quanto l’animo umano possa essere corruttibile, talvolta. Il denaro è capace di spingere le persone a compiere dei gesti davvero vili ed egoisti.
 
È Dean a smorzare il silenzio «Insomma, se quello che il signor Burns [7] ci ha detto è vero, siamo di fronte ad un comune fantasma». Ellie lo guarda, non riuscendo a cogliere la battuta – come ormai la maggior parte delle volte –, ma lui non fa altrettanto, gli occhi rivolti verso quelli del fratello che continua a camminare al suo fianco, annuendo a testa bassa.
«Per me sì. Ma dobbiamo essere sicuri, voglio dire—»
«Di che, Sammy? Sarà come dicevi ieri sera: quella pazza della giornalista si è inventata la storia delle ombre per avere un po’ di pubblicità. A questo punto è chiaro che questa Mary Anne abbia voluto vendicarsi di quelle stronze delle sue cugine. E, per come la vedo io, ha fatto bene».
Sam alza il capo e tira le labbra in una linea sottile, facendo la smorfia tipica di chi non è molto d’accordo su ciò che l’altro ha appena detto ed Ellie ci scommetterebbe la testa che è per le ultime parole di Dean. Non fa alcuna allusione, però. «Non fa niente. È meglio essere sicuri».
Scendono l’ultimo gradino e si avviano nel vialetto posto davanti alla palazzina; Dean stringe le spalle «Allora tu ed Ellie vi occupate di Rita Skeeter [8], io della cugina morta. E se avrò sbagliato mi sarò divertito a scavare una buca e a bruciare qualche vecchio osso».
Sam sorride di sbieco «Le tue citazioni da Harry Potter mi stupiscono sempre e… sì, direi che è un’idea. A te Ellie sta bene?»
 
Lei lo guarda e annuisce, abbozzando un piccolo sorriso. Capisce le sue intenzioni: le sta chiedendo se preferisce andare con Dean, ma non perché stanno insieme devono stare sempre appiccicati, per cui è contenta di aiutare Sam. Anche perché questa storia della giornalista la incuriosisce. Vuole vedere fin dove ha intenzione di spingersi una donna pur di fare carriera e le viene in mente che le due vittime, probabilmente truffatrici e interessate solo al denaro, avessero la stessa concezione della vita.
 
Pensa che Sam glielo abbia chiesto anche perché, al contrario di Dean, non ha dato per scontato che a lei andasse bene. Ha notato che spesso non è d’accordo con i modi del fratello che talvolta sono bruschi e un po’ autoritari. Ellie sa com’è fatto e, per la maggior parte delle volte almeno, non le dà fastidio, ma Sam sembra accettarlo di meno, soprattutto quando vuole decidere per tutti. Più volte Ellie ha notato che ha provato a riprenderlo per questo, ma Dean non ha cambiato rotta finora. Neanche una volta.
 
Camminano in silenzio – sono stati costretti a lasciare la macchina non proprio di fronte al vialetto, un po’ più avanti, perché c’era divieto di sosta e Dean non aveva alcuna intenzione di prendersi una multa – ed Ellie, alla destra di Dean, allunga la mano sinistra verso la sua, afferrandola e stringendogli appena le dita. Lui non ricambia la stretta immediatamente, ma poi lo fa, segno che non è poi così tanto arrabbiato per la storia di Jack.
 
Una parte di Ellie capisce le sue paranoie e ne è anche lusingata: ogni donna, di fronte alla gelosia del proprio ragazzo, dovrebbe esserlo – o almeno questo è il suo pensiero. Quello che non comprende è perché, alla luce di tutto quello che è successo – soprattutto ultimamente, quando Ellie gli ha mostrato più che mai il bisogno che ha di lui e di nessun altro – lui si faccia tutti quei complessi.
Non avrebbe parlato di papà se non fosse sicura di lui. Non gli avrebbe permesso di aiutarla a risolvere il problema, non avrebbe fatto l’amore con lui di nuovo. Perché è inutile girarci intorno: le altre volte è stato diverso. Ellie si fidava già da prima – in un modo in cui, ancora oggi, non riesce a capacitarsi –, ma non era qualcosa di voluto come adesso. Era stato inaspettato e bellissimo, per carità, ma il bello dell’ultima notte che hanno trascorso insieme, almeno per lei, è stato proprio questo: l’idea di aver aspettato e di averlo desiderato tanto. È ciò che ha fatto la differenza, rendendo il loro stare insieme ancora più bello e appassionante.
 
Per questo capisce fino ad un certo punto la gelosia di Dean. Insomma, di certo non ha voluto precipitarsi qui per rivedere Jack, tutt’altro: ha preso al volo l’occasione di questo caso per dimostrare sia a lui che a Sam che era pronta per rimettersi in pista, che la pausa era finita e che aveva tutta l’intenzione di tornare sulla strada insieme a loro per cacciare e seguirli ovunque volessero andare. Nient’altro. Sperava che Dean l’avesse capito, invece si è fossilizzato su questa storia di Jack che, davvero, per certi versi non ha né capo né coda. 
 
Ci riflette anche poco più tardi, quando si ritrova da sola sul sedile posteriore dell’Impala, gli occhi rivolti fuori dal finestrino ad osservare il paesaggio illuminato dal sole di luglio.
Aveva capito dal loro arrivo che a Dean questa storia non sarebbe andata giù facilmente, ma non pensava di dover spiegare a Jack come stanno le cose. Intanto perché sì, lei si è accorta delle sue premure – anche se è una parola eccessiva, considerando che si limita solo a cercare un po’ di contatto visivo e a parlarle più spesso che a Sam e a Dean –, ma lui non ha ancora fatto passi concreti, perciò non vede perché dovrebbe mettere i manifesti. E poi Ellie è una persona riservata, che ama tenere per sé anche le cose belle – soprattutto quelle, a dir la verità, tant’è che neanche Janis sa ancora dell’esistenza di Dean nella sua vita – e, considerando che non dà spago alle attenzioni – seppur velate – di Jack, non vede perché dovrebbe dirgli qualcosa.
 
Non è stupida e si è accorta del fatto che cerca sempre di parlarle, di avere un qualche contatto con lei anche se ci sono i ragazzi, ma essendo sicura di ciò che prova per Dean e del loro stare insieme non credeva fosse un problema. Certo, se una ragazza ci provasse con lui davanti ai suoi occhi le darebbe fastidio e probabilmente sarebbe gelosa, ma… boh, non capisce questa sua esigenza di marcare il territorio.
Forse la sua è una visione strana o troppo “chiusa” della cosa, ma le basta che lo sappiano Bobby e Sam – e, quando si deciderà a tornare, John, anche se ciò la preoccupa parecchio – che ne sono già a conoscenza, fine. Gli altri non c’entrano con loro. E a Janis lo dirà quando le sembrerà giusto farlo. Non l’ha fatto finora perché avrebbe dovuto spiegarle troppe cose, anche di quel periodo della sua vita in cui ha sofferto tanto a causa di Dean e del loro rapporto ridotto in macerie. Lo farà, perché è la più cara amica che ha e ritiene giusto che sia al corrente di ciò che le succede, ma a tempo debito. Non vede perché Jack dovrebbe costituire un’eccezione.
 
È un bravo ragazzo, ma Ellie sapeva fin dall’inizio che non avrebbe funzionato. Per questo non si è impegnata molto quando lui le ha scritto per sapere com’era andato il viaggio da Orem a una qualche altra terra di nessuno in cui alloggiavano suo papà e John. Non era neanche per Dean, che non era nella sua testa come adesso, perciò perché ora le cose dovrebbero essere diverse visto che sta con lui ed è felice?
 
Vorrebbe tanto che Dean lo capisse. Sembra sempre cadere un po’ dalle nuvole quando Ellie gli dice che è contenta con lui, che vivere appieno il loro rapporto era quello che desiderava fare da tanto.
Probabilmente, se lui avesse un po’ più di autostima, ne avrebbe più coscienza. Ellie ne è quasi sicura.
 
Si ripromette che, in caso Jack si farà avanti in modo più esplicito di come ha fatto finora, non esiterà a parlargli. Anche se una parte di lei non è d’accordo – proprio perché non vede l’utilità di questa “confessione” –, ma se Dean lo ritiene necessario farà questo “sacrificio”.
 
Capisce di non poter fare altrimenti quando è ormai sera e, seduta sulla panchina di plastica bianca situata a sinistra della porta della stanza di motel che hanno affittato per questi giorni, lo vede parcheggiare la sua Toyota e sorriderle. È fuori per prendere una boccata d’aria – anche se è abbastanza difficile, considerando che il clima di luglio è denso, caldo e umido sulla sua pelle – mentre aspetta i ragazzi che devono ancora cambiarsi.
 
Sapeva che sarebbe venuto una volta uscito dal museo per sapere i nuovi dettagli sul caso.
Ellie ha tenuto questa riflessione per sé, ma ha capito che quello che è successo quando lei e Dean sono stati qui due anni fa ha segnato Jack più di quanto lui stesso voglia ammettere. Ne hanno parlato un po’ in questi giorni – mai da soli, però, perché Dean è sempre sull’attenti a fare il cane da guardia – e ha detto che, dopo la loro partenza, si è documentato un po’. La biblioteca di Orem è grande e piena di libri antichi e lì Jack ha assetato la sua voglia di sapere, scoprendo che non ci sono solo oggetti maledetti, ma che il mondo è popolato di tantissime creature che vagano nella notte. 
È per questo, più che per la presenza di Ellie, che Jack gira sempre dalle loro parti. È incuriosito, così come lo era quando sono stati qui l’altra volta. Forse perché è un mondo che non conosce o chissà, ma Ellie su questo è sicura: non è come dice Dean, non è lei il vero centro del suo interesse.
 
Lo osserva mentre scende dalla macchina e le si avvicina: è più carino di come se lo ricordava. Lo trovava un bel ragazzo già un paio d’anni fa, ma ora è più… uomo, in un certo senso. Forse è quel filo di barba che ha lasciato crescere o il fatto che, al di là dei capelli sbarazzini e del suo modo di vestire sportivo al di fuori del lavoro, sembra più grande di quando Ellie l’ha conosciuto. Ha solo un anno in più di Dean che ad Ellie sembra un ragazzino in confronto. Non sa dire perché, è solo una sensazione. Forse il fatto che abbia un lavoro stabile e una vita decisamente più tranquilla di quella dei Winchester gli dà un tocco di responsabilità e lo rende più… adulto, in un certo senso. Dean, almeno nell’aspetto – perché Dio solo sa quanto è cresciuto in fretta –, invece pare più giovane, come se tra loro ci sia una distanza di anni più grande.
 
Quando è a un paio di passi da lei le sorride più convinto «Aspetti qualcuno?»
Ellie annuisce «I ragazzi. Si lamentano tanto che sono lenta, ma ci stanno mettendo una vita a cambiarsi».
Jack sorride ancora e si siede alla sua sinistra, gli occhi nei suoi. «Non penso sia semplice dividere una stanza di motel in tre».
Ellie scuote la testa «No. Soprattutto quando dobbiamo usare tutti il bagno» lo guarda annuire «La mattina, per esempio, abbiamo stabilito dei turni: un giorno a testa, uno di noi si alza per primo, va in bagno e poi esce a prendere la colazione, mentre gli altri due si svegliano e fanno a loro volta a turno. Altrimenti diventa impossibile spartirsi il bagno».
«Posso immaginare» Ellie lo guarda sorridere e il modo in cui indugia con lo sguardo sui suoi pantaloncini la convince del fatto che sì, ha decisamente esagerato a metterli così corti. Forse dovrebbe cambiarsi. «Allora, ci sono novità?» Ellie annuisce e gli spiega ciò che hanno scoperto di nuovo, dei risvolti portati a galla da Curtis Ellis – che Jack pensa essere plausibili – e del programma per la serata: il colloquio con la giornalista e la visita alla tomba di Mary Anne Sonders. Una volta finito, Jack stringe le labbra; sembra rifletterci un istante «Posso fare qualcosa per voi?»
«No, ti ringrazio».
Ellie sorride debolmente, cercando di risultare convincente, ma Jack non molla. «Non sarò uno scavatore di tombe, ma posso almeno tenere la torcia».
Neanche lei lo fa, però, soprattutto sapendo che Dean preferirebbe mille volte fare da solo «Non sarà necessario. E potrebbe essere pericoloso».
«Per te non lo è?»
Ellie fa spallucce «Io lo faccio per lavoro. E comunque non andrò con Dean. Vado con Sam a interrogare la giornalista».
«Ah, ok» sfrega le mani tra loro e sorride in modo un po’ tirato. Forse ci sta pensando un po’ su, ma non dice altro. Dopo qualche secondo di silenzio, le sorride e la osserva con attenzione «Allora, che hai fatto negli ultimi due anni?»
Non sa perché, ma Ellie se lo aspettava che cambiasse discorso. Da quel poco che lo conosce, ha capito che il silenzio non è il suo forte. È ben contenta, comunque, di rispondergli «Sono… sono quasi sempre andata a caccia. Mi sono fermata solo qualche mese, poi ho ripreso. E—»
«Sempre con Dean e suo fratello?»
«No… un periodo con mio papà, ma… ma è venuto a mancare un paio di mesi fa». Jack allarga gli occhi in un’espressione dispiaciuta, ma Ellie non lo lascia parlare «È uno dei motivi per cui sono con i Winchester, adesso» tira le labbra in una linea sottile, intenzionata a cambiare argomento «E tu? Che hai fatto di bello in tutto questo tempo?»
 
Jack stringe appena le spalle «Io te l’ho detto: ho cambiato lavoro, o meglio museo, visto che la mansione che svolgo è praticamente la stessa… e mi trovo bene. Anche con i miei colleghi che sono molto preparati. Vivo ancora nello stesso posto e ho avuto una… una relazione fallimentare con una tipa di un paio d’anni più grande di me» sorride un po’ imbarazzato sotto gli occhi di Ellie che lo scruta attenta «Ma non è durata a lungo. E nient’altro, credo. La vita qui non è esattamente un susseguirsi di esperienze emozionanti ed è difficile incontrare qualcuno che ti interessi davvero. O almeno, per me è così».
 
«Immagino» sorride appena, le labbra strette, e capisce di avere qualcosa che non va perché Jack la sta guardando un po’ troppo… concentrato. Come se si fosse accorto che ha la bocca sporca di zucchero a velo dopo aver mangiato un bombolone alla crema. Ed effettivamente deve essere qualcosa del genere, perché lo vede allungare la mano il tanto che basta a sfiorarle il lato sinistro del viso con le dita, portandole dietro al suo orecchio. Toglie subito la mano, probabilmente vedendola arrossire, e le sorride ancora «Avevi un ciuffetto fuori posto» le sorride ancora e continua a guardarla attento «Ti stanno bene i capelli acconciati in questo modo».
Ellie sorride appena, sentendosi un po’ in imbarazzo, la mano destra a massaggiarsi il rispettivo lato del collo. È la prima volta che le fa un complimento esplicito. Forse stava aspettando di stare da solo con lei per farsi avanti davvero.
Piega appena le labbra in un minuscolo sorriso «Grazie».
«Quando questa storia sarà finita, pensavo che se vuoi potremmo tornare in quel ristorante dove siamo stati l’altra volta. Mi sembrava ti fosse piaciuto».
Ellie si morde le labbra; non può tirare il discorso per le lunghe. «Sì, era… era tutto molto buono, ma—»
Jack le sorride «È un sì?»
Lei abbassa gli occhi per un istante; la “confessione” non può più aspettare «No, Jack, io… io non sono da sola».
«Lo so, sei con Dean e suo fratello, ma per una sera puoi—»
«Non hai capito» lo guarda negli occhi «Non è come due anni fa, io… io sto con qualcuno».
Jack sorride mesto e abbassa la testa «Certo, avrei dovuto immaginarlo» tira le labbra in una linea sottile e fa combaciare le mani, i gomiti sulle ginocchia «È Dean, vero?» Ellie annuisce e lui si prende qualche istante per rifletterci su. «Avrei dovuto immaginarlo. Ti guarda come se fossi… preziosa, in un certo senso» Ellie stringe le labbra in una linea sottile, arrossendo appena. «Almeno adesso capisco perché non mi ha mai potuto vedere».
«No, è che lui è… è diffidente per natura. Se fosse stato così, non mi avrebbe mai fatta uscire con te quella volta» sorride, per stemperare un po’ la tensione. «Non c’era niente tra noi quando ti ho conosciuto. Non c’è stato per molto tempo».
«E come—»
«Come vanno tante storie: un giorno da amici, il giorno dopo capisci che è cambiato qualcosa. Tra noi è andata così».
Jack annuisce, come a rifletterci su «L’importante è che sei felice» deglutisce «Lo sei?»
Ellie non ci pensa un istante a rispondere. Annuisce decisa e quasi le dispiace farlo davanti a lui che deve aver tentato nonostante il sospetto che non stesse da sola, ma il suo è un riflesso involontario: con Dean è felice davvero e non riesce a fare a meno di mostrarlo agli altri quando le viene chiesto.
 
Segue qualche istante di silenzio, ma Ellie cerca di smorzare un po’ la tensione cambiando argomento e chiedendogli del suo lavoro, delle opere esposte nel nuovo museo dove lavora. Jack ne parla con entusiasmo, soprattutto della parte dedicata all’arte egizia, la sua preferita. Le racconta dei reperti più importanti e della mostra speciale che fanno una volta all’anno che attira un sacco di visitatori [9] ed Ellie lo ascolta entusiasta, visto che da sempre è stata un’amante dell’arte e delle opere antiche.
 
Jack le sta raccontando di una mummia custodita in una stanza insieme alle sue suppellettili quando Sam e Dean escono finalmente dalla loro stanza, cambiati e profumati. Dean sicuramente che, almeno a detta sua, aveva seriamente bisogno di una doccia. Sotto la giacca di pelle, infatti, indossa una camicia rossa, diversa da quella a quadri marrone che portava fino a un’ora fa.
 
La guarda e nei suoi occhi Ellie scorge un guizzo d’ira quando al suo fianco vede Jack; lo vede correre veloce nelle sue iridi ed è stanca di queste scenette, soprattutto dopo che si è decisa ad accontentarlo e ha parlato con Jack – anche se lui questo ancora non lo sa. Più che altro non capisce questa mancanza di fiducia che ha nei suoi confronti e le dà sui nervi, ma cerca di non badarci per non litigare ancora.
 
Si alza in piedi e sorride sghemba «Ce ne avete messo di tempo».
Sam sorride appena, mentre Dean rimane impassibile. «Quello che ci voleva» sembra piuttosto stizzito; si porta una mano dietro al collo e si liscia i capelli corti dietro la nuca «Va beh, prendo l’Impala e vado al cimitero. Voi avete deciso come fare per—»
«Li accompagno io» Ellie si volta verso Jack che ha appena parlato; non si era accorta che si era alzato anche lui, perciò rimane un attimo perplessa quando se lo ritrova accanto. La guarda negli occhi «Hai detto che dovete andare da Katy Ryan. So dove abita e comunque… comunque vi ci posso portare io» stringe le spalle accennando un sorriso «Voglio rendermi utile, tutto qui».
Ellie si volta verso Sam e si scambiano uno sguardo d’intesa, poi i suoi occhi si spostano su Dean che dapprima non sembra molto propenso, poi storce la bocca in una smorfia meno contrariata. Fa spallucce; è il suo modo di annuire in una situazione così.
Ellie deglutisce e gli si avvicina appena, gli occhi dritti nei suoi «Sta attento» e Dean stringe nuovamente le spalle «Attento è il mio secondo nome».
 
Lo guarda dirigersi verso l’Impala e ricambiare il suo sguardo quando vi entra e mette in moto, prima di voltare la testa per guardarsi indietro e fare retromarcia.
In lontananza ascolta Sam e Jack accordarsi per la macchina e per la strada da fare ed Ellie sbuffa aria dal naso, fissando l’Impala nera finché non sparisce dal suo campo visivo. Spero che tu stia attento davvero.

 

[1] Il nome Joanne Locke è il corrispettivo femminile di John Locke, personaggio della serie televisiva Lost interpretato da Terry O’Quinn.  
[2] Il cognome Benson è preso in prestito da Amber Benson, interprete di Tara nella serie Buffy l’Ammazzavampiri. Ha recitato anche in Supernatural: era la vampira Lenore negli episodi 2x03 “Bloodlust” e 6x19 “Mommy dearest”.
[3] Key West è un’isola situata nel punto continentale più a sud degli Stati Uniti, in Florida. Fa parte delle Florida Keys, un arcipelago di circa millesettecento isole collegato alla terraferma dal viadotto Seven Miles Bridge. Facendo una piccola ricerca in internet, ho scoperto che vi si può nuotare con i delfini, per questo l’ho scelta come meta del viaggio di Jack.
[4] Seeley Joseph Booth è il protagonista maschile della serie Bones ed è interpretato da David Boreanaz, famoso ai più per essere stato il vampiro Angel in Buffy l’Ammazzavampiri.
[5] Teller è il cognome del protagonista di Sons of Anarchy, Jax Teller, interpretato da Charlie Hunnam.
[6] Il clima dello Utah è molto caldo e arido, soprattutto d’estate dove le temperature massime possono arrivare anche a trentotto gradi centigradi.
[7] Il signor Burns è il capo di Homer nel famoso cartone animato americano “I Simpson”. Mi sono immaginata Curtis Ellis proprio come lui, da questo nasce la battuta di Dean.
[8] Rita Skeeter era una giornalista ficcanaso della Gazzetta del Profeta in Harry Potter, presente dal quarto libro della saga.
[9] Le informazioni sulla “parte egizia” del Sego Art Center sono tutte di mia invenzione XD

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Capitolo 20
*** Nice to hear ***


Note: Buonasera!
Approfitto di questo spazio per scusarmi per il mancato aggiornamento di mercoledì. Ero strapiena di cose da fare e non ho proprio avuto modo di fermarmi al pc per rileggere tutto e pubblicare. La prossima settimana, però, prometto che sarò puntuale.
Volevo anche pubblicare una cosina sul compleanno di Dean ieri, ma sono riuscita a fare tutto oggi. Quindi mi beccherete due volte, olè! XD
Vi lascio con il nuovo capitolo, sperando che possa piacervi :*
Vi auguro un buon fine settimana, a mercoledì!
 
Capitolo 20: Nice to hear
 
No matter how sure you are of someone’s love,
It’s always nice to hear it.
 
(Mike Gayle)
 
 
La strada fino all’appartamento di Katy Ryan non è affatto lunga: Jack conosce il posto perché abita nel palazzo a sinistra di quello dove sta sua madre. Il che spiega perché sa dove vive. Va bene che Orem è un paese piuttosto piccolo, ma era strano che Jack conoscesse a menadito ogni abitante. Invece, abitando tutti intorno al palazzo di sua madre, devono essere facce più o meno conosciute, per lui.
Non essendo lontano dall’edificio dove sono morte le due donne, Sam riconosce la strada, notando che è la stessa che hanno percorso varie volte negli ultimi giorni.
 
Si guarda intorno. L’auto di Jack – una Toyota di quelle moderne e silenziose – è molto diversa dall’Impala di suo fratello: più piccola, con i sedili di stoffa “divisi” e un odore di vaniglia che invade l’abitacolo. Sam individua velocemente da dove proviene: dal Little tree [1] posto proprio sotto lo specchietto retrovisore. Dean non ne metterebbe uno simile nella sua auto nemmeno se lo pagasse.
 
«Ti dà fastidio l’odore?» La voce di Jack, che lo sta guardando con la coda dell’occhio, lo distrae dalla sua perlustrazione. Evidentemente si è accorto che stava fissando il piccolo alberello con un po’ troppo interesse.
Sam sorride appena «No. In realtà stavo pensando che non ne vedevo uno in un’auto da un po’. A Dean non piacciono».
«La macchina è sua?»
«Sì. Gliel’ha regalata nostro padre e ne è molto geloso. Perciò—»
«Perciò comanda lui, lì dentro» il tono con cui Jack lo dice – sereno e quasi scherzoso – fa capire a Sam che la sua è una semplice constatazione. Non ha ancora capito se Dean gli è simpatico – anche se sicuramente ha un’idea precisa di come funziona a parti inverse –, ma non sembra un tipo rancoroso. O che mostra le sue antipatie al mondo. O è una persona che ama farsi gli affari suoi oppure, per qualche strana ragione, non trova Dean antipatico, nonostante lui faccia di tutto per non rendersi piacevole ai suoi occhi. Anche se, in una certa misura, non ha torto, considerando che Jack ha un interesse più che palese verso Ellie. Lei, nel frattempo, è seduta sul sedile posteriore, le braccia conserte sotto il seno e gli occhi rivolti fuori dal finestrino. Non sembra mostrare particolare interesse alla loro conversazione. Anzi, probabilmente non sta neanche ascoltando.
Sam sorride appena nella direzione di Jack «Sì, esattamente. Certe volte mi tocca pregarlo anche solo per dargli il cambio».
Jack, gli occhi fissi sulla strada, piega appena le labbra in una smorfia divertita «Immagino. Mio padre è identico: ultimamente, si è comprato una Jeep. Guidarne una era il suo sogno da quando era ragazzino e, adesso che finalmente è nelle sue mani, già è tanto se mi fa salire».
Sam sorride ancora, realizzando in fretta che quel futile argomento di conversazione è solo un diversivo per impedire a lui ed Ellie di pensare. Perché sì, una cosa simile Dean l’ha fatta qualche migliaio di volte e sicuramente non è in pericolo, ma la cosa sembra comunque dare un minimo di preoccupazione a Ellie. Jack, in un certo senso, stava cercando di smorzare la tensione e dissolvere il silenzio imbarazzante che si era creato nell’abitacolo. Magari non ha ottenuto ciò che voleva, visto che Ellie sta continuando a non dire una parola, ma Sam gliene è comunque grato, in un certo senso.
 
Impiegano poco tempo ad arrivare, nonostante Jack non acceleri troppo nel tragitto.
Scendono dalla macchina e Sam osserva Ellie camminare qualche passo davanti a lui stringendosi nelle braccia, come se avesse freddo. Peccato che sia la fine di luglio e le temperature sono piuttosto alte. La sua espressione, per di più, è un po’ troppo pensierosa per i suoi gusti. Le poggia una mano sulla spalla mentre si incamminano verso la porta d’ingresso del palazzo a due piani che gli si para di fronte; lei si volta e lo guarda un po’ perplessa «Non preoccuparti per Dean. Vedrai che tornerà tutto intero».
Lei, in risposta, abbozza un sorriso un po’ forzato. Forse ha altri pensieri per la testa – lo sa da sola che Dean se la cava bene in situazioni come questa –, ma non pensa che cercare di rassicurarla sia una cosa brutta.
 
Qualche passo prima di ritrovarsi di fronte al portone d’ingresso, Jack si volta a guardarli «Katy è sempre stata un po’ superba, per come me la ricordo» suona il campanello, riconoscendo il nome sulla targhetta accanto al pulsante rosso. «Ha frequentato il mio stesso liceo, ha tre o quattro anni più di me» e anche questo, in un certo senso, spiega molte cose: il perché gli sia rimasto così impresso il luogo dove abita, ad esempio.
 
Katy Ryan abita al secondo piano e non li fa attendere molto prima di rispondere al citofono.
«Chi è?» la sua voce risulta squillante e un po’ acidula.
Jack si attiene al piano: presentarsi come un conoscente e presentarli come dei suoi colleghi che lavorano per un altro giornale. «Ciao Katy, sono… sono Jack Burke, ti ricordi di me?»
Lei ci mette un paio di istanti a rispondere «Sì… sì, come no».
«Ho un paio di persone qui che vorrebbero conoscerti, possiamo salire?»
Katy tarda qualche istante «Sì, perché no» e gli apre il portone dopo una minima esitazione.
 
Il suo sguardo è un po’ contrariato poco dopo quando, dopo aver salito le scale, si incontrano faccia a faccia.
 
Sam constata velocemente che è una bella ragazza: mora, la carnagione molto chiara e gli occhi di un bell’azzurro. Ha i capelli legati in una coda e tiene le mani serrate sulla porta, come se avesse già cambiato idea e stesse pensando di lasciarli fuori.
Le sorride e fa uno slancio in avanti, porgendole la mano destra «Siamo tuoi colleghi. Jack ci ha parlato molto di te e volevamo… volevamo chiederti un paio di cose su un tuo articolo. Quello sulle ombre».
Lo sguardo di Katy a quelle parole si fa più serio. Allunga la mano verso quella di Sam e la stringe forte, facendogli un sorriso. «Ok, venite pure».
 
Li fa passare, dunque, e li fa accomodare nella piccola cucina, arredata in modo spartano e semplice: un tavolo di legno chiaro attorniato da sedie al centro, una piccola TV sulla sinistra, fornelli e mensole marroni chiare sulla destra. Li invita a sedersi e lei lo fa dopo aver poggiato sul tavolo un piccolo vassoio colmo di biscotti. Nessuno dei tre la asseconda.
 
Katy Ryan sorride debolmente «Allora, Jack, come te la passi? È un po’ che non ti vedo da queste parti».
Jack alza le spalle «Lavoro spesso, talvolta anche il fine settimana».
Lei stringe le labbra in una linea sottile «Oh, capisco» e poi rivolge lo sguardo a Sam ed Ellie «Beh, accomodatevi, vi prego. Non vi ho mai visto in giro… per quale rivista lavorate?»
«Per nessuna» è Ellie a rispondere e Sam non la ferma. Non sono qui per bere il tè con i biscotti – anche se Dean sicuramente un paio gliene avrebbe scroccati – e di certo non hanno bisogno dei convenevoli. L’obiettivo era entrare in casa e ci sono riusciti; tanto vale arrivare al dunque velocemente. «Siamo solo interessati al tuo articolo fasullo».
Katy Ryan alza un sopracciglio, come scottata. «Come scusa?»
«Quanti soldi hai dato a quel tipo?» Sam esibisce un ghigno mentre pronuncia quelle parole «Il testimone. Non c’era nessuna ombra quella notte. Luann Sonders è morta in casa, c’era il gas acceso».
La ragazza aggrotta la fronte, guardando Jack «Ma chi diavolo mi hai portato in casa?» poi nuovamente loro «Chi siete?»
«Gente che capisce quando qualcuno mente» e quando vede il suo respiro condensarsi in una nuvoletta fredda davanti al viso dopo aver pronunciato quelle parole, Sam capisce di essere nei guai. «E che può salvarti la pelle».
 
Katy Ryan lo guarda perplessa, come si osserva un pazzo in pieno delirio, ma la luce del lampadario che comincia a tremare conferma a Sam i suoi sospetti: qui dentro c’è un fantasma.
Guarda Ellie che, a giudicare da come ricambia il suo sguardo, deve aver capito. Si fionda verso le mensole della cucina e comincia ad aprirle velocemente «Dove tieni il sale?» ma lo trova prima che la ragazza possa rispondere. Sembra spaventata e Sam non può biasimarla, soprattutto quando vede comparire una sagoma bianca di una giovane donna dai capelli lunghi. Non ha bisogno di rifletterci per capire di chi si tratta: Mary Anne Sonders.
 
Raduna sia Katy che Jack in un punto della stanza, verso l’ingresso, il posto più spazioso dove Ellie possa disegnare un cerchio di sale.
È accucciata a terra mentre gli ordina di rimanere lì dentro e cerca di fare il più veloce possibile. Sam estrae la pistola caricata a sale dal retro dei pantaloni e spara al fantasma, per renderle il compito un po’ più semplice; la sagoma, infatti, sparisce immediatamente.
Katy Ryan è aggrappata a Jack come una piovra, gli occhi fuori dalle orbite dalla paura. «C-cosa diavolo era quella… quella… »
Ellie, la scatolina di sale ancora in mano, salta nel cerchio e la guarda in cagnesco «Un fantasma, genio» poi guarda Sam «Non capisco perché sia qui, però».
Lui ci pensa su un istante, indeciso sulla risposta, ma è Jack ad anticiparlo. «E se volesse metterla a tacere?» col mento indica Katy che lo guarda trafelata, ma non molla la presa. «Pensateci: ha pubblicato un articolo che, oltre a dire il falso, porta a galla la sua storia, quello che ha fatto alle sue cugine. Magari era un’amante della riservatezza».
Ellie e Sam si scambiano un’occhiata «La menzogna… » una finestra si sgancia e una folata di vento rompe il cerchio di sale. Sam comincia a correre verso destra dove, in fondo a un piccolo corridoio, incontra altre stanze, seguito da Jack, la giornalista bugiarda ed Ellie che chiude la porta quando lui, il primo della fila, raggiunge la prima camera disponibile che si accorgono essere il bagno. Ellie sparge una fila di sale sull’uscio della porta e Sam fa da scudo, poggiandoci contro la schiena. Riprende a parlare «Ha senso» un paio di colpi forti contro la porta, Sam spinge più forte contro di essa. Ellie fa altrettanto «Le sue cugine l’hanno fregata per il testamento e le hanno mentito e, ora che lei ha ottenuto la sua vendetta, ecco la giornalista che spiffera una verità sbagliata». Continua a pensarci su, la schiena ancora incollata alla porta chiusa «Ma mi sfugge come abbia fatto a venire qui. I fantasmi si legano ai luoghi» poi guarda Katy «A meno che… »
«A meno che non abbia trafugato qualcosa di suo» Ellie si alza in piedi, andando di fianco a Sam per aiutarlo a bloccare la porta. Rivolge lo sguardo verso la giornalista «Hai rubato qualcosa alle cugine Sonders?» che la guarda con gli occhi spalancati.
Trema come una foglia esposta a un vento gelido e scuote la testa frettolosamente, rannicchiata tra le braccia di Jack «No, no!»
Ellie la guarda in cagnesco «Dì la verità! Perché sennò—»
«Aspetta un momento» i colpi alla porta continuano ancora e Sam, nonostante l’aiuto di Ellie, fatica sempre più a rimanere ancorato lì. Ellie lo guarda concentrata «Le fogne!» e poi perplessa, così Sam si spiega meglio «Il sistema fognario deve essere lo stesso perché il quartiere è lo stesso. Mary-Anne è passata per le fogne». [2] Ellie continua a guardarlo e deve avere senso anche per lei, perché annuisce mentre spinge la schiena di più verso la porta che continua a sbattersi.
«Maledizione, la striscia di sale non reggerà a lungo» Ellie fissa Katy, quasi implorandola di parlare, e lei sembra accontentarla perché sbotta furiosamente «O-ok, va bene» le botte contro la porta continuano mentre Ellie e Sam cercano di tenere duro, ma comincia a essere difficile «Ho pagato Louis Benson affinché mentisse. Lui ha problemi col mantenimento per la moglie e io… io avevo… avevo bisogno di un articolo potente, che… che impressionasse il mio capo. E sì, me lo sono inventata di sana pianta, ma… andiamo, qualcosa di strano c’era, no? I-infatti stiamo parlando di un fa-fantasma! Chi ne aveva visto uno prima, di solito vanno in giro con delle lenzuola addosso! La storia delle ombre aveva senso! Reggeva! No?» guarda Jack «No?»
 
A quelle parole, come per magia, i rumori cessano. La porta smette di traballare contro le loro schiene e Sam ed Ellie si scambiano un’occhiata. Aspettano prima di cantare vittoria, ma non si muove più nulla. La luce è al suo posto, non c’è un accenno di freddo in giro quindi… sì, il fantasma è scomparso.
 
Sam si volta verso Jack e Katy Ryan che spalanca gli occhi «Oh mio Dio! Ha funzionato! Ho detto la verità ed è tutto risolto!»
Ellie la guarda di traverso, gli occhi piccoli «Ci ha pensato qualcun altro a farlo sparire, idiota» poi sospira irritata «Ti do un consiglio: licenziati da quel giornale prima che qualcuno spifferi la verità» e punta gli occhi su Jack «E lascialo respirare quel poveretto. Il fantasma non ti darà più fastidio… » per poi rifilarle un’occhiata piena di sufficienza «Purtroppo».
 
Sam ridacchia divertito, rilassandosi contro il legno della porta. Non può proprio darle torto.
 
*
 
Ci sono un sacco di cose su cui lui e Dean non concordano, ma su una Sam non può che dargli ragione: una bella birra fresca è ciò che ci vuole dopo aver risolto un caso.
Lui, Ellie e Jack sono seduti intorno al tavolo della stanza di motel per riposarsi un po’ mentre aspettano il ritorno di Dean, che ancora non si è visto. Erano d’accordo che si sarebbero rivisti qui una volta finito tutto e Dean gli ha già confermato per telefono che ha fatto il cadavere arrosto – parole sue – e che tutto è andato nel migliore dei modi.
Tutto è bene ciò che finisce bene – almeno stavolta.
 
Ellie ride prima di prendere la bottiglia in mano e bere un altro sorso, la testa indietro e la bocca aperta, quando Jack si complimenta con lei per come ha risposto alla giornalista bugiarda.
Sam la guarda stringere le spalle, poi, un sorriso ancora sulle labbra. «Mi era antipatica. E il suo non era il modo migliore di fare carriera».
Jack sorride appena «Oh, no di certo. Mi chiedo come faccia ad avere la coscienza a posto… io mi sentivo uno schifo dopo che vi ho aiutati a rubare quel maledetto quadro. Maledetto in tutti i sensi».
Sam sa che si riferisce al fatto che, per colpa del caso su cui avevano messo gli occhi Ellie e Dean, ha rinunciato al suo posto in quel museo. Ellie glielo ha raccontato l’altro giorno e, nonostante Jack lo abbia detto come se fosse una cosa su cui ormai è passato sopra, come se fosse vecchia e superata, Sam si accorge di come, a sentire quelle parole, il suo sorriso si sia spento; la guarda allungare le braccia sul tavolo e stringere la bottiglia di birra tra le dita. Si lecca le labbra «Mi dispiace molto per quella storia, sai? Io… io non sapevo che tu—»
Jack alza la mano destra verso di lei, interrompendola «È acqua passata. E, più di quel lavoro, mi rende molto più felice sapere che nessuno si farà più male a causa di quel quadro».
Ellie non sembra molto convinta «Sì, ma… ti piaceva, quel museo. Ne parlavi con tanto entusiasmo».
Jack si ritrova a stringere le spalle «Anche quello dove lavoro ora mi piace. E faccio molte più visite guidate di un tempo».
Sembra volerla convincere ed Ellie abbozza un minuscolo sorriso, forse decidendo che non vale la pena insistere anche se è seriamente dispiaciuta, tornando a sedersi normalmente e riprendendo a sorseggiare la sua birra. 
 
Cala il silenzio nella stanza e Sam ne approfitta per osservare entrambi e si ritrova a pensare che, in fondo, Dean ha tutti i motivi per essere geloso. In questi pochi giorni passati insieme, si è reso conto che Jack potrebbe essere un valido partito per Ellie e non solo perché la guarda come qualcosa di unico, come se fosse convinto di non aver mai incontrato nessuno di simile e di altrettanto prezioso. Piuttosto è perché ha un buon lavoro, sembra un bravo ragazzo con un carattere forse più malleabile di quello di Dean – che, nonostante sia suo fratello e gli voglia molto bene, Sam non può dire che abbia un temperamento facile da gestire – e le potrebbe dare la stabilità che lui, considerando il lavoro che fa, non potrà mai darle. Eppure Ellie non ha occhi che per suo fratello e Sam se ne accorge maggiormente quando lo vede entrare dalla porta con un taglio sulla fronte. Ellie alza immediatamente la testa verso di lui e lo guarda in modo apprensivo.
 
Anche Sam lo osserva attento; Dean borbotta un «Sto bene» prima di avvicinarsi al tavolo con passi stanchi. Si tocca dove è ferito «Non è niente, ho… ho solo sbattuto la testa contro il bagagliaio» a Sam viene da ridere e osserva Ellie stringere le labbra tra i denti per impedirsi di farlo «E non ridete, cazzo. Era mezzo aperto, se l’avessi visto l’avrei evitato». [3] Né Sam né Ellie riescono più a trattenersi e si mettono a ridere sotto lo sguardo divertito di Jack che abbozza un sorriso e quello incazzato di Dean che non replica e si volta per andare a prendere una birra in frigo. Lo guarda sedersi di fronte a lui, tra Ellie e Jack. «Allora, com’è andata con quella stronza?»
 
*
 
«Ahi, fa piano!» sono le uniche parole che rimbombano da qualche minuto buono nella sua stanza, seguiti sempre dal risolino di Ellie che lo rimprovera dicendogli di non urlare e di smetterla di frignare.
Stringe i denti ancora una volta, ma il disinfettante su una ferita aperta, per quanto piccola, non è proprio il massimo e, anche se Ellie sta cercando di fare il più piano possibile, non è comunque una sensazione piacevole.
 
Jack se n’è andato un quarto d’ora fa – era ora, ma questo Dean ha evitato di dirlo a voce alta, visto che anche a suo fratello sembra stare simpatico –, Sam è sotto la doccia ed Ellie si è offerta di medicargli il taglietto sulla fronte, che è una scemenza, davvero, ma sanguinava ancora un po’ e alla fine si è lasciato convincere.
È accucciata davanti a lui, la schiena curva verso la sua figura, e sorride quando, all’ennesima volta che appoggia l’ovatta pregna di disinfettante sopra la ferita, sospira un po’ dolorante. 
 
«Dai, non fare il bambino, sto facendo del mio meglio» Dean sbuffa e lei, in risposta, sorride ancora. Un paio di volte appoggia la mano sinistra sul suo viso per fargli una carezza mentre con l’altra in cui tiene il batuffolo bagnato picchietta la ferita e Dean la osserva attento. Lo fa anche quando lei toglie l’ovatta e si volta per rovistare nella cassetta del pronto soccorso appoggiata sul tavolo.
 
Non sa perché, ma gli sembra un po’ troppo premurosa. Lo è di natura, eh, ma stasera gli sembra un po’… troppo. Hanno discusso, poi, e questo di solito la rende un po’ più scontrosa, meno… tranquilla. Tutto il contrario di com’è adesso, insomma. In più, prima ha notato che Jack le sta più alla larga e, per qualche strano motivo, è convinto che ci sia sotto il suo zampino, che magari ci ha parlato e gli ha detto qualcosa. Non ne hanno ancora discusso e non gli va di lasciare il discorso chiuso.
 
La guarda mentre lei, in piedi lì accanto, avvita il tappo al disinfettante. Si lecca le labbra «È una mia impressione o il secchione ti gira meno intorno?»
Ellie si volta e sorride appena. Lo rimette a posto «Ti deciderai mai a chiamarlo per nome? Perché per domani sera ci ha invitato a cena. Cerca di essere gentile».
Dean aggrotta la fronte «Perché? Vuole impressionarti? Perché ce l’ho ancora qualche dollaro per portarti a cena, non c’è bisogno che ci pensi lui».
Ellie sbuffa e rotea gli occhi. Ruota la sedia per mettersi di fronte alla sua e sedersi per poi allungare entrambe le mani verso le sue e stringergliele «Vuole solo passare un’ultima serata insieme prima che ripartiamo. È per ringraziarci per essere venuti qui e per averlo aiutato. Non fa niente di male. Se volesse farsi bello ai miei occhi avrebbe invitato solo me».
Dean la guarda attentamente; effettivamente non fa una piega, ma tutto quello che fa quel tipo lo irrita, perché gli sembra che ogni cosa che fa sia per impressionarla.
 
«Sarà così, allora» lo dice con un filo di voce, come se non volesse ammetterlo ed Ellie gli sorride divertita. Ciò non lo distrae dal suo intento e cerca di riprendere il filo del discorso precedente «Comunque, stavo dicendo che… che ho l’impressione che tu abbia combinato qualcosa, perché lui continua a fissarti, ma almeno lo fa in modo più discreto. E non cerca continuamente la tua attenzione» Ellie stringe le labbra e non risponde, cercando chiaramente di nascondere un mezzo sorriso «Hai fatto qualcosa, non è vero?»
Lei fa spallucce «Diciamo… diciamo che me la sono sbrigata a modo mio».
«E che gli hai detto?»
Gli sorride dolce e si alza per poi avvicinarsi e sedersi su di lui. Dean la guarda un po’ stupito quando allunga il braccio destro a circondargli le spalle, la mano che gli accarezza i capelli corti dietro la nuca «Che sei l’unico che voglio».
 
Continua a sorridergli mentre si avvicina; appoggia le labbra sulle sue, dapprima per stampargli un bacio, poi si scansa e lo guarda sorridendo prima di dargliene un altro, più lento e deciso. Dean è un po’ titubante all’inizio, ma cede presto, perché non riesce a non lasciarsi trasportare da lei e dalla sua dolcezza, dal modo sincero con cui gli si stringe addosso, le labbra morbide e sicure. Le accarezza la schiena con la mano destra, gli occhi chiusi mentre la stringe appena più forte, realizzando velocemente che Ellie è sua davvero e che, per qualche strana ragione, non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare.
I segnali c’erano tutti già da prima, da chissà quanto in realtà – in fondo è l’unico con cui si è aperta tanto e lo sapeva da prima che stessero insieme perché Ellie non gli ha mai nascosto che lui era il solo, dopo la sua mamma, a sapere così tanto della sua vita – e questa è l’ennesima dimostrazione che lei non ha alcuna intenzione di scappare. Neanche con uno che, almeno all’apparenza, ha tante qualità che Dean non potrà mai possedere, che potrebbe darle un appoggio sicuro e con cui lei potrebbe parlare di cose che le interessano davvero, come la letteratura o l’arte, ciò che l’appassiona tanto.
Lei e Dean non hanno tantissime cose in comune, nonostante per qualche strano motivo riescano comunque a parlare di tutto, ma a quanto pare a lei va bene così, perché continua a sceglierlo comunque.
 
Probabilmente un po’ di gelosia – per quanto gli pesi ammettere che si trattava di quello – Dean se la porterà dietro sempre, perché fa parte del suo carattere e non può evitarlo, ma può mettere da parte le sue paure: Ellie non ha alcuna intenzione di scappare via. Non stavolta.
 
*
 
Beve un altro sorso del suo cocktail al cocco, una manna dal cielo visto il caldo di questi giorni.
Ellie, seduta su uno dei quattro sgabelli che circondano uno dei tanti tavolini di un piccolo pub situato al centro di Orem, a quattro passi da casa di Jack, si gode la tranquillità e la spensieratezza di questa serata tranquilla. Sì, perché conoscendo Dean e i suoi scatti di gelosia, si aspettava molto di peggio. Invece è stato bravo e tranquillo e, anzi, sembra anche piuttosto “mansueto” con Jack. Non che abbiano scambiato chissà quante parole, ma almeno non è stato arrogante e si è comportato normalmente finora.
 
Jack li ha portati a cena in un posticino carino, anche questo in centro. Si poteva mangiare di tutto: dagli hamburger alla pizza che è stata la scelta di Ellie; non la mangiava da una vita. Sam, invece, ha preso una delle sue solite insalate, Jack una bella bistecca – Ellie si ricordava che gli piacciono molto – e neanche Dean si è smentito, prendendo un hamburger enorme con un’abbondante porzione di patatine. Per dolce non avevano una grande scelta e si sono presi una fetta di crostata a testa. Dean ne è stato entusiasta, ma ha sottolineato al primo morso – un po’ sinceramente, un po’, forse, per farle un complimento – che quella che fa lei è molto più buona. Ecco, forse è l’unico argomento che lui e Jack hanno intavolato: la bontà delle crostate artigianali rispetto a quelle del supermercato o di un qualsiasi ristorante, arrivando alla conclusione che non c’è paragone e che le prime battono le seconde a man bassa.
Lei e Sam si guardavano furtivi mentre parlavano di questa cosa, ridendo sotto i baffi; chissà, forse Sam ha urlato al miracolo per questa specie di “tregua”, proprio come lei.
 
Come aveva promesso, Jack gli ha gentilmente offerto la cena, ma sia i ragazzi che Ellie hanno pensato subito di ricambiare portandolo a bere qualcosa. È il loro modo di festeggiare la risoluzione di un caso e hanno pensato bene di coinvolgerlo. Per questo si trovano in questo locale un po’ eccentrico e spartano. È stato il primo a cui Jack ha pensato quando gli hanno proposto di farsi una bevuta.
È un posto molto tranquillo: poco caotico – forse anche perché sono venuti in una serata in mezzo alla settimana –, dove si può chiacchierare senza alzare troppo la voce, perché non c’è frastuono. Non c’è moltissima gente ed è un po’ vecchio stile: un jukebox che suona un po’ di musica che fa da sottofondo al chiacchiericcio, i tavoli di legno scuro e il bancone semplice, con dietro un lungo specchio dove, sopra delle mensole di vetro, sono riposte bottiglie piene di alcol. Il soffitto è molto alto e l’ambiente è piuttosto spazioso. Jack ha scelto bene. 
 
I capelli sciolti che ha fatto un po’ mossi arricciando delle ciocche in fondo con la piastra, Ellie indossa una canotta beige con delle pietre nere, argento e oro che scendono a cascata dalla scollatura a U – non troppo profonda – fino quasi in fondo e un paio di pantaloncini di jeans chiaro abbastanza lunghi da coprirle la cicatrice.
Anche se ha superato abbastanza tutta quella storia, non le piace mostrarla. È qualcosa di cui non va fiera e sa che è una stupidaggine, perché non ha colpa di quello che è successo – non in grossa parte, insomma –, ma non le piace che la guardino altre persone. La fa sentire a disagio il solo pensiero di occhi estranei addosso.
A sostenere i jeans, perché le scendono un po’ – li aveva comprati molto prima della morte di papà, quando aveva un filo di ciccia in più – una cinta marrone e ai piedi un paio di sandali bianchi. Forse non sono le scarpe che si abbinavano alla perfezione, ma sono più comode e ci stavano decisamente meglio del paio di decolleté nere che mette spesso.
Non ne ha altre per l’estate; le piacerebbe comprare un paio di zeppe, ma vuole risparmiare i soldi e poi non saprebbe dove metterle. Il posto nel borsone e nello zaino comincia a scarseggiare un po’. Dovrebbe lasciare un po’ di cose da Bobby, per stare più leggera, visto che non può comprarsi un altro borsone… altrimenti Dean comincerebbe a brontolare che non gli entra più niente in macchina e, davvero, non è il caso. Quando tornerà da Bobby sceglierà accuratamente cosa lasciare e cosa portarsi dietro, così da alleggerirsi un po’.
 
Anche i ragazzi sono vestiti in modo semplice. Sam indossa una camicia a quadri rossa, allacciata sul davanti, e un paio di jeans scuri; Dean, invece, stasera si è messo una delle sue magliette a maniche lunghe di cotone con tre bottoni che ha lasciato aperti sul collo. È di un bell’azzurro, ad Ellie piace molto. Jack, invece, porta una camicia celeste – rigorosamente abbottonata, anche se un paio ne ha lasciati aperti – e dei pantaloni nocciola, ha i capelli un po’ spettinati ed è proprio come Ellie se lo ricordava: informale, ma allo stesso tempo preciso, molto meno sportivo di come si vestono Sam e Dean. È un’altra cosa che li distingue.
 
Sembra trovarsi a suo agio con loro, stasera. Ellie ne è contenta e soprattutto è felice perché Dean non ha cercato di metterlo in imbarazzo o di fare il prepotente con lui. Aveva un po’ paura di questa cena, lo deve ammettere, ma è andata molto meglio di quanto sperasse.
 
Sorseggia nuovamente il suo cocktail dalla cannuccia e osserva Jack e Sam mentre parlano degli studi che hanno fatto all’università, delle materie che avevano in comune. Dean, al suo fianco, adesso sembra annoiarsi un po’. Punta gli occhi sui due ragazzi e forse sta anche seguendo per filo e per segno cosa stanno dicendo, ma è un po’ assente. Chissà a cosa sta pensando.
 
Ellie gli appoggia la mano destra sulla coscia, catturando la sua attenzione. Gli sorride e Dean allunga il braccio sinistro nella sua direzione, accarezzandole la schiena. «Sei stanca?»
«Un po’». Sono stati giorni un po’ frenetici e, nonostante si sia riposata oggi, si sente comunque un po’ spossata. È dura riprendere il ritmo dopo settimane passate a portare da mangiare in una tavola calda. Anche quello è faticoso, ma è senz’altro diverso.
Dean avvicina più la sedia alla sua, stringendola un po’ e attirandola a sé, permettendole di accoccolarsi contro di lui. «Che ne dici se… se torniamo al motel?» non parla a voce alta; sta praticamente sussurrando «I piccioncini, qui, ne avranno per un po’. Potresti approfittarne per mettere a posto le tue cose, così domattina ripartiamo presto. E per… riposarti».
 
Ellie stringe le spalle; effettivamente non le sembra un’idea malvagia, solo le dispiace “fuggire” così. Dà un’occhiata all’orologio: sono già le undici passate. È strano che Dean voglia tornare al motel così presto; o è particolarmente stanco – ma, a giudicare dalla sua faccia riposata, non le sembra – o ha altri piani per concludere la serata. Se fosse così, la cosa di certo non le dispiacerebbe, ma sarebbe piuttosto palese e non le va di farsi capire. 
 
Si scosta appena da Dean per dirgli che ne pensa, ma lui ha già il viso rivolto verso il fratello.
Gli sorride sghembo «Mi dispiace interrompere le vostre chiacchiere da studenti modello, ma volevo dirvi che io ed Ellie togliamo il disturbo».
Ellie deglutisce, imbarazzata. Detta così urla andiamo ad appartarci da tutte le parti. Si schiarisce la voce, cercando di risollevarsi. «Devo… devo fare i bagagli e sono piuttosto stanca. Domattina lui vuole partire presto».
Jack la guarda strano, cercando visibilmente di mascherare un sorriso; non sembra essersela bevuta, anche se le intenzioni di Ellie sono davvero pulite. Mannaggia a Dean. «Ma certo, capisco».
Dean si alza e Jack fa altrettanto, avvicinandosi per stringergli la mano. «Ti dispiace riaccompagnare la principessa a casa più tardi? Arrivare al motel a piedi non è una saggia idea».
Ellie si alza in piedi e vede che Sam lo guarda male per qualche istante; Dean non sembra accorgersene, o fa finta, perché continua a sorridere divertito. È un classico, è sempre così quando gli fa i dispetti.
Jack sorride a sua volta «Ci penso io» Ellie afferra la borsa e gli si avvicina con un sorriso che lui ricambia calorosamente, scoprendo la dentatura bianca. «È stato un piacere rivederti. Se ripassate da queste parti siete ben accetti e… e grazie ancora per l’aiuto».
 
Ellie gli sorride e stringe forte la sua mano. È un bravo ragazzo, ma spera per lui di non incontrarlo mai più, che viva la sua vita lontano dai mostri e dal terrore che si nasconde nel buio. Per il suo bene. 
Ricorda com’era il suo sguardo quando l’ha conosciuto – puro e ingenuo –, come i suoi occhi brillavano di meraviglia. Ora è diverso, è consapevole ed Ellie si augura che lo ritrovi, per quanto possibile.
 
Lascia la presa di Jack e saluta Sam con la mano destra prima di incamminarsi fuori dal locale.
Sam li segue con gli occhi, osservandoli uscire, prima di incontrare nuovamente quelli di Jack che lo guarda sorridendo sotto i baffi. «Tuo fratello è sempre così—»
«Palese? Sì, abbastanza».
Jack sorride prima di riafferrare il suo boccale di birra e berne un lungo sorso. Sam può solo immaginare l’agitazione di Ellie di fronte alle parole di Dean e al suo modo di “filarsela”: sicuramente non avrà gradito, essendo tanto riservata.
La sua attenzione viene catturata nuovamente da Jack che lo guarda con un mezzo sorriso disegnato sulle labbra. «Non ci avrei mai scommesso». Sam lo guarda confuso «Su lui ed Ellie».
«Ah» Sam sorride appena e fa spallucce, togliendo con il pollice e l’indice della mano destra le goccioline di condensa dal suo bicchiere di birra «Beh, io… io non c’ero quando si sono conosciuti e non so dirti precisamente come sono andate le cose, ma… ma sono molto complici».
Le labbra di Jack si aprono in un sorriso sincero «Sono contento per loro. Sai, io… non posso negare di avere un debole per Elisabeth. È una ragazza solare e intelligente ed è… raro incontrare una come lei. Perciò mi auguro che sia felice».
 
Sam lo osserva e le sue parole suonano sincere. Non sa precisamente come si sono svolte le cose fra lui ed Ellie – anche se non pensa che sia successo granché –, ma non sarebbe di certo stato semplice gestire una relazione a distanza, se si fosse instaurata. Ellie, sicuramente, se avesse voluto ci avrebbe messo tutta se stessa e probabilmente anche Jack, ma sarebbe stata una situazione difficile da gestire. Ellie, poi, con Dean ha avuto un assaggio di ciò che significa nei primi mesi in cui Sam è tornato da Stanford, ma pensa che le cose fossero assolutamente diverse, considerando che con Dean c’erano già dei precedenti e questo, in un certo senso, ha reso le cose appena più semplici. Tra Ellie e Jack, invece, sarebbe stato tutto totalmente diverso.
 
Sorseggia un altro po’ della sua birra e gli viene spontaneo chiedere a Jack del suo lavoro, per fare due chiacchiere e spostare l’argomento su qualcosa che lo affascina. L’arte non è mai stata uno dei suoi soggetti di studio preferiti – era più un mezzo per abbordare le ragazze [4] che altro –, ma trova interessante parlare con qualcuno del settore. Ha sempre pensato che riuscissero a vedere l’arte stessa in modo differente, proprio perché appassionati. È come se avessero un’attenzione più particolare e precisa.
Jack risponde a ogni domanda cordialmente e non sembra infastidito da questa specie di “interrogatorio”, anzi. Si vede che ha una grande passione per il suo lavoro. Parla anche del vecchio museo e delle opere che erano esposte lì. Sam ascolta quelle parole con un sorriso mesto.
«Immagino che ti sia dispiaciuto lasciare quel posto».
Jack fa spallucce «Sì, senza dubbio. Mi trovavo bene ed era un ambiente piacevole. Ma mi sembrava di aver rubato quel quadro io stesso».
Sam tira le labbra in una linea sottile «Posso capire la sensazione».
Jack lo scruta, forse cercando di capire cosa si cela dietro l’amarezza delle sue parole. «E tu? Perché hai lasciato Stanford? Insomma io… io immagino che eri lì, quando sono venuti Dean ed Elisabeth la prima volta».
Sam annuisce «Sì, ero lì» e stringe le spalle «Sono rimasto per un paio d’anni. Poi Dean aveva bisogno di me e per questo ho… ho smesso di studiare» decide di non snocciolare dettagli e rimane un po’ sul vago, parlando di Stanford e della sua passione per lo studio senza scavare troppo su papà e su ciò che l’aveva spinto lontano dagli affari di famiglia.
Jack ascolta ogni parola con interesse e racconta con più particolari anche la sua esperienza del college, parlando della sua carriera scolastica senza risparmiarsi nei dettagli. «Mio padre era abbastanza sicuro che non avrei fatto un passo scegliendo quel corso di studi: non avrei trovato lavoro e sarei stato a zonzo per tutta la vita. Invece, fortunatamente si sbagliava» sorride appena, prima di sollevare il calice di birra un’altra volta e portarselo alle labbra «L’importante è trovare il proprio posto nel mondo. Non trovi?»
Sam lo guarda confuso e sorpreso allo stesso tempo, alquanto impressionato dalla piega che ha preso il discorso. Annuisce, storcendo le labbra in un piccolo sorriso e realizzando che lui, nonostante tutto il tempo che ha passato a disprezzare la caccia, ora si trova in una via di mezzo: gli manca lo studio, ma non così tanto come quando è fuggito a Stanford. Probabilmente perché lui, a trovare il proprio “posto nel mondo”, ci sta ancora lavorando.
 
*
 
Piega con precisione la camicia color carta da zucchero e la infila dentro al borsone con cura, facendo attenzione a non sgualcirla. È questa la cosa che più detesta dei sacchi come quello che porta sempre con sé: che si spiegazzano e sono meno rigidi delle valigette. Tanta fatica per piegare per bene i vestiti e poi rischia sempre di trovarli tutti sgualciti.
 
Chiude la zip e lo appoggia vicino alla porta d’ingresso, facendo un piccolo sospiro.
Dean è in bagno da un po’ ed Ellie, nel frattempo, si è sbrigata il più possibile a mettere tutto a posto, così da poter andare a letto non tanto tardi. Si sente piuttosto stanca.
 
Il tragitto fino a qui è stato piuttosto silenzioso, perché la radio passava una canzone su una ragazza che urla al mondo come va [5] ed Ellie l’ha cantata a squarciagola, com’è solita fare quando è di buon umore. Dean, mentre lo faceva, la osservava divertito. Non la conosceva, altrimenti avrebbe sicuramente cantato anche lui.
 
Sospira appena, muovendo il collo a destra e a sinistra perché indolenzito e sente la porta del bagno aprirsi. Si volta in direzione di Dean, sorridendogli appena e lui le è subito dietro, le mani sulle sue spalle dove posa un bacio.
«Hai messo tutto a posto?» Ellie annuisce «Hai fatto presto» e lei sorride sorniona «No, sei tu che non uscivi mai dal bagno. È diverso».
Dean la stringe un po’ più forte con le dita «Sei stanca?»
Ellie fa spallucce e si volta verso di lui che la guarda con gli occhi che brillano, ma non come quando è felice: è un luccichio diverso, pieno di… malizia. Conosce quello sguardo, glielo ha visto più volte. Anche l’altra notte, in quel motel di Enid, con la sua camicia sopra la luce accesa. C’ha visto giusto, prima.
 
Lo guarda fare un mezzo passo verso di lei e appoggiare la mano destra sulla sua guancia sinistra. Le sorride ed Ellie si morde le labbra, gli occhi grandi che probabilmente non riescono a celare il piccolo moto di nervosismo che le è nato dentro. Ne ha sempre un po’ in queste occasioni. «Non troppo, no». Dean sorride più convinto, ma Ellie tenta di cambiare discorso «Siamo stati bene stasera, no?»
Lo guarda annuire, muovendo il pollice sul suo zigomo. «Il tuo secchione è stato gentile».
Ellie rotea gli occhi, appoggiandogli le mani sul petto. «Imparerai mai il suo nome?»
Dean ride «No» e abbassa velocemente la testa per baciarla. Ellie inizialmente non si scosta, circondandogli il collo con entrambe le braccia e alzandosi in punta di piedi per raggiungerlo meglio. Cambia idea quando sente le mani di Dean infilarsi sotto la sua maglietta.
Deglutisce prima di leccarsi le labbra; lo guarda negli occhi «E come la metti con tuo fratello?»
Sa che è una domanda apparentemente stupida, ma Dean sa cosa intende dire. Lo guarda fare un altro passo, il pollice destro che percorre il suo labbro inferiore da sinistra a destra. «Non mi sembrava avesse tanta fretta di tornare» il suo sguardo è così intenso, la luce nei suoi occhi è così meravigliosa che Ellie sa che non riuscirà a sottrarsi. Una parte di lei vorrebbe, perché Sam potrebbe tornare da un momento all’altro e le scoccia farsi trovare in certe situazioni, ma Dean sembra così sicuro, perciò non oppone resistenza quando si china a baciarla di nuovo, la mano destra che scivola dietro la sua nuca per attirarla più a sé.
 
Poco dopo sono già sul letto, le lenzuola scostate per potersi coprire quando non avranno più niente addosso.
Ellie lo aiuta a spogliarsi e osserva il suo corpo muoversi con il suo nella penombra, le linee sinuose dei suoi muscoli flettersi e distendersi.
 
Non crede si abituerà mai a quest’ondata di sensazioni, alla completezza che sente quando sta con Dean in questo modo. Non ha avuto tante esperienze, ma con nessun altro si era mai sentita così: sicura e leggera. C’è un feeling particolare tra di loro, qualcosa che si riflette anche sotto le lenzuola: Ellie si sente protetta e al posto giusto tra le sue braccia calde che la stringono e coccolano con una tenerezza di cui fino a un po’ di tempo fa non lo credeva capace.
Le piace la sua pelle, che è morbida e tonica allo stesso tempo, il suo odore e il modo in cui s’impegna per darle piacere, come il suo respiro diventa più affannato e veloce. L’affascina l’incastro perfetto dei loro corpi, il modo in cui si muovono insieme.
 
Gli accarezza la schiena nuda, stringendosi di più a lui che la bacia ancora, gli occhi chiusi e le labbra calde sulle sue.
Sa essere un po’ irruento – non hanno troppo tempo per prenderla per le lunghe, considerando che prima o poi Sam tornerà in stanza – e allo stesso tempo delicato mentre con le mani le accarezza i fianchi e risale la linea del suo corpo. Ellie si scosta per prendere fiato e lui ne approfitta per baciarle il collo, scendendo fino ai seni scoperti.
Dean non ha pudore con lei in queste situazioni ed Ellie lo invidia un po’ per questo, per il modo in cui riesce a darle piacere senza porsi dei limiti, accarezzandola in ogni parte più o meno intima. Lei, invece, è molto più impacciata da questo punto di vista, più… insicura e chiude gli occhi prima di prendere coraggio e allungare la mano destra verso il basso per poi insinuarla nei pantaloni aperti di Dean.
Non l’aveva mai toccato così prima e sente i suoi occhi addosso, forse stupito come lei da quel piccolo moto di audacia. Lo evita, però, per non distrarsi. Già sente il viso accaldato, non vuole peggiorare la situazione.
 
Si rende conto che è una cosa stupida, che dovrebbe essere naturale per due persone che fanno sesso arrivare ad un certo grado di intimità, ma a Ellie serve tempo. Non è semplice prendere così tanta confidenza per lei, così timida e impacciata le prime volte che si lascia andare con qualcuno. Con Dean era già successo, è vero, ma adesso è come se stessero riscrivendo tutto da capo, come se la loro storia fosse un foglio bianco da riempire di nuovo e non è facile. Non lo era stato neanche le altre volte, anche se aveva deciso di lasciarsi trasportare perché si fidava, ma adesso è tutto ancora diverso.
Vuole dimostrargli che ci sta provando, però, che vorrebbe sempre di più dal loro rapporto, che fossero intimi nel senso più bello e più completo del termine e, dal modo in cui lui reagisce alle sue carezze – il respiro più affannato sul suo orecchio e i baci più famelici – sembra gradire.
 
Lo osserva ancora mentre si toglie velocemente gli ultimi indumenti rimasti, guardandola negli occhi con uno sguardo carico di desiderio. Dean è bellissimo, soprattutto in questi momenti, quando si scrolla dalle spalle il suo fardello di sensi di colpa e sacrificio e si lascia andare a lei. La sua espressione è attenta, così… concentrata che è impossibile non guardarlo, non perdersi davanti a quegli occhi che luccicano di desiderio. 
 
Raramente cede il comando ed Ellie lo lascia sempre fare, perché si fida, perché è disposta a farsi prendere da lui nel modo in cui desidera. Sa che non le farebbe mai del male e anche adesso, stesa sotto di lui con le braccia intorno al suo collo mentre si dondolano su quel letto sfatto, sa che non potrebbe fare altro. Non può più, ormai, travolta dal sentimento così puro e grande che prova nei suoi confronti. È qualcosa di folle, che talvolta la spiazza, ma non ne ha più paura.
 
Dean non le dice mai niente quando si lasciano andare così – a parte l’altra notte –, ma i suoi occhi parlano e le dicono delle cose così meravigliose che Ellie ancora se ne stupisce. Probabilmente non smetterà mai di farlo. Forse perché, tra i due, è lui quello che ha più timore: che la cosa gli sfugga di mano, di non riuscire ad arginare ciò che sente per lei, di diventarne dipendente. Ellie vorrebbe dirgli che sbaglia a pensarla così, che non deve aver paura di niente, ma si limita a circondargli il collo con entrambe le braccia e tirarlo più a sé, baciandogli quella piccola porzione di pelle tra la mascella e l’orecchio tra un sospiro e l’altro.
Dean spinge più a fondo ed Ellie si lascia guidare dal piacere che sente, ascoltando i loro respiri farsi più pesanti. Lo stringe più forte, in un groviglio scomposto di braccia e gambe, gli occhi aperti per non perdersi nell’estasi. Le sue spalle larghe, per questo, sono un valido appiglio a cui aggrapparsi.
 
Si lascia stringere anche poco dopo, il braccio sinistro di Dean dietro la schiena. Le accarezza il fianco e le dà un bacio sulla guancia; ha la faccia di uno soddisfatto, che ha appena fatto la cosa che più gli piace al mondo e, beh, Ellie sa bene che in un certo senso è così.
Sorride, scostandosi per poi muoversi tra le lenzuola bianche fino a raggiungere il bordo del letto. Si siede e afferra la lunga maglietta blu da sotto il cuscino per poi mettersela addosso. Sente Dean rotolarsi tra le lenzuola, la sua mano che le carezza la schiena «Perché ti rivesti?»
La sua voce, bassa e calda, è un po’ impastata per la stanchezza. Ellie ha notato che quando fanno l’amore gli viene sempre un po’ sonno, dopo. Forse perché si rilassa davvero e non deve pensare a sgattaiolare via.  
Sorride appena, abbassandosi verso la moquette per cercare il suo paio di slip sepolto tra gli altri vestiti sparsi per la stanza. Si alza in piedi per indossarli. «Mi scoccia che tuo fratello ci trovi così». Volta la testa per guardarlo «A te no?»
 
Lui sorride con quell’aria maliziosa che ha sempre quando si parla di queste cose. «Ho vissuto con lui per quasi tutta la vita. Non l’ha scoperto ieri che faccio sesso». 
Ellie arrossisce appena, abbassando la testa per un secondo per non farglielo notare. Si china comunque a raccogliere i vestiti, sia i suoi che quelli di Dean, per poi appoggiarli su una sedia. Non pretende di mettere tutto in ordine, per carità, ma almeno di cercare di non spiattellare a Sam quello che hanno fatto. Già è stato abbastanza palese così, meglio non peggiorare la situazione.
 
Appoggia le mani sui fianchi e batte il piede a terra per poi guardarlo con aria di sfida; Dean sorride, poi rotea gli occhi e si volta, scostando le lenzuola per mettersi a sedere. Poi si alza, fa qualche passo e si china per acciuffare i suoi boxer, l’unica cosa che Ellie aveva lasciato in terra, e li indossa velocemente. Lo guarda divertita: vederlo girare nudo per la stanza le fa uno strano effetto. Sa di casa, di… confidenza. 
 
Torna a sdraiarsi e la guarda, le braccia conserte e un’espressione imbronciata sul viso «Sei contenta adesso?» la sta chiaramente prendendo in giro, ma Ellie fa finta di niente, avvicinandosi per poi sdraiarsi nuovamente al suo fianco, mettendosi di lato con il viso rivolto verso di lui. Dean la guarda – la schiena appoggiata al cuscino leggermente rialzato –, un mezzo sorriso ancora accennato sulle labbra. «Non capisco perché ti fai tutti questi problemi. Sam non è un bambino e poi noi due stiamo insieme, dormiamo insieme… insomma—»
«Sei tu che sei troppo disinvolto. Io sono solo riservata. Non mi va che gli altri sappiano come, quando e dove siamo intimi».  
Dean stringe le spalle «Mi faccio solo meno paranoie». 
«Sì, ma… » ci riflette un istante e un’idea che non le piace le balena in testa; incunea un braccio sotto la testa e lo guarda «Glielo hai detto?» Dean aggrotta la fronte, perplesso «Che volevi tornare prima per… »
Lui distoglie lo sguardo, intrecciando le dita di entrambe le mani «Beh… »
«Dean!» lo guarda male, scostandosi appena. Avrebbe dovuto immaginarlo: lui non preme mai per tornare presto quando escono la sera mentre Sam sì, ma non ne era affatto preoccupato stavolta. La cosa avrebbe dovuto sembrarle strana da prima, ma non li ha visti confabulare nulla, per questo non ci ha pensato subito.
 
Dean la osserva un po’ perplesso «Che ho fatto di male, scusa?» e lei si morde le labbra, puntando meglio il gomito sul cuscino. «Non… non mi va che tuo fratello sappia queste cose. Voglio dire, non… non perché dividiamo la stanza con lui deve sapere quando facciamo sesso». 
«Guarda che se ti dà fastidio possiamo prenderne un’altra, come facevamo prima». 
Ellie scuote la testa «Non è questo il punto e poi non ce n’è bisogno. Mi piace tuo fratello ed è giusto che stai insieme a lui. So che ti fa piacere». Dean arriccia appena le labbra a quelle parole; lei rimane seria «Ma non per questo deve capire quando stiamo insieme. Sono contenta che abbiate un bel rapporto e che vi confidiate, ma… ma questa è una cosa nostra e mi piacerebbe che la tenessimo per noi» si avvicina un po’, gli occhi nei suoi. Capisce di non poter essere troppo dura, perché Dean non ha mai avuto una relazione che si potesse chiamare tale prima di quella che stanno vivendo insieme e forse non comprende il tipo di privacy che Ellie gli sta chiedendo. Si lecca le labbra «Sai, io… io non ho detto a nessuno di noi».  
Dean la guarda perplesso «Nemmeno alla tua amica?» e lei scuote la testa «No. Dovrei spiegarle troppe cose e… e non mi va. Non è per cattiveria, ma è una cosa importante e voglio tenerla per me ancora un po’».  
 
Lo osserva mordersi appena il labbro inferiore e appoggiarsi meglio al cuscino. Ellie crede che capisca il suo ragionamento, visto che, prima che conoscesse Sam, lui non era neanche a conoscenza della sua esistenza. «Quindi neanche tuo padre… »  
Lei non lo lascia finire, scuotendo la testa decisa. «Non l’ha mai saputo».  
Dean sorride appena «Non credo l’avrebbe presa bene» e lei stringe le spalle «In realtà non penso gli sarebbe importato» per poi abbassare un attimo la testa e inspirare forte.
 
Ha sempre pensato che a volte papà la sentiva, quando la notte usciva di soppiatto dalla stanza per andare a parlare con Dean al telefono, che sospettasse qualcosa, ma non le ha mai detto nulla ed Ellie ha sempre preferito tacere.
Non ha comunque voglia di parlare di suo padre, adesso, perciò cerca di cambiare discorso prima che Dean faccia altre domande.  
 
A pensarci bene, c’è una cosa che vuole chiedergli da tanto «Posso farti una domanda?» 
Lui le sorride sornione «Sì. Anche se devo ammettere che mi piacevi di più quando non parlavi dopo il sesso».
Ellie gli dà una manata con la mano sinistra e gli fa la linguaccia. Dean ride e quel suono gioioso si espande per tutta la stanza, come una piccola onda. È così bello vederlo ridere. Dovrebbe farlo più spesso con questa serenità negli occhi, con questa… spensieratezza.
Prende fiato «Quando ero a Buckley, nell’anno in cui non ci siamo parlati, era… era così importante per te sapere se ero stata con qualcun altro?» Dean stringe le spalle ed Ellie abbassa gli occhi un istante, allungando la mano verso di lui per disegnargli dei ghirigori sul petto. Poi lo guarda di nuovo «Perché, effettivamente, qualcuno c’è stato». Lo guarda aggrottare le sopracciglia e sorride «Niente di che, insomma non… non era importante. Anzi» prende fiato, accomodandosi meglio tra le lenzuola «Era solo un tipo che voleva infilarsi nelle mie mutande».
Dean la guarda con un sorrisetto di sfida «E tu hai lasciato che lo facesse?»
«No» Ellie sorride al pensiero di quella serata; era davvero contenta del risultato. «Mi rompeva le scatole da un po’. Veniva alla tavola calda dove lavoravo e spesso faceva lo spiritoso con me. Avevo capito di piacergli, ma non era il mio tipo. E poi… » fa una piccola pausa, distogliendo per un attimo lo sguardo da quello di Dean «E poi stavo ancora male per com’era andata tra di noi» si morde le labbra e continua a non guardarlo «Una volta mi ha invitata a mangiare una pizza a casa sua e a vedere un film» sorride e adesso alza gli occhi per incrociare i suoi, divertita «E mi sono addormentata prima che potesse anche solo provarci».
 
Guarda Dean che scoppia a ridere, divertito dal suo racconto. «Un’ottima tattica per mandarlo in bianco e fargli capire cosa pensavi. Complimenti».
Ellie stringe le spalle «Sì, non si può dire che non abbia compreso» sorride ancora e Dean fa altrettanto.
«E non c’è stato nessun altro? Qualcuno che ti interessasse davvero, intendo».
Ellie scuote la testa «No. Te l’ho detto, non… non volevo conoscere nessuno».
Guarda Dean annuire e storcere le labbra in una smorfia pensierosa. «Beh, io… io non so perché volevo saperlo quando ci siamo visti. Cioè, sì, volevo capire se stavi con qualcuno, ma… ma non era così importante, alla fine. Forse perché poi sarei stato costretto a risponderti alla stessa domanda, non lo so».
«A me non interessava saperlo».
Dean la guarda un po’ perplesso «No?»
Ellie scuote la testa «E non perché so già la risposta» Dean si morde il labbro; forse ha capito dove vuole arrivare «Quando ti ho raggiunto a Westwego, ti ho… aspettato un paio d’ore fuori dal motel. Sei tornato alle tre ed eri un po’ strano, oltre che sbronzo». Fa una pausa «Nessun pub chiude a quell’ora».
Dean sospira forte «Non significava niente, non… non me ne fregava niente».
«Lo so» lui la guarda un po’ confuso «Ti conosco e non potevo pretendere che rimanessi buono ad aspettarmi. E poi, se mi fosse importato, non sarei rimasta quella sera… o i giorni successivi» si morde le labbra «E non ti avrei aiutato. Voglio dire… ci eravamo lasciati male, non potevi attendermi in eterno» abbassa gli occhi, stringendo le spalle «Poi ho fatto due più due e ho immaginato che quella non era stata neanche l’unica».
Dean non tarda a rispondere «No» deglutisce «Ce ne sono state parecchie». Prende fiato, come se volesse sforzarsi a parlare «Volevo solo… dimenticarti. Ero convinto che non saresti mai tornata. In realtà finivo sempre per fare peggio» si passa la lingua sulle labbra, gli occhi bassi.
Ellie non riesce a smettere di guardarlo, invece, e si allunga verso di lui a stringergli una mano, catturando nuovamente la sua attenzione. «Ti ho fatto male quando sono andata via in quel modo, quella volta» Dean stringe le spalle e si trascina giù, sdraiandosi sul lato sinistro per averla di fronte. Lei gli si avvicina per accarezzargli i capelli con dolcezza, muovendo le gambe per accomodarsi meglio «Ero così arrabbiata e delusa… solo dopo ho realizzato di aver esagerato. Ma ero troppo orgogliosa e ferita per tornare sui miei passi».
Dean fa spallucce «Anch’io ho la mia parte di colpa in quella storia».
«Sì, ma… sono stata frettolosa. Avrei dovuto darti il tempo di spiegarti».
Lo guarda stringere le labbra in una linea sottile «Mi sa che abbiamo un pessimo modo di gestire la rabbia».
Ellie sorride, allungandosi ancora un po’ per cingergli la vita con il braccio sinistro. «Mi sa di sì». Lo sente sorridere a sua volta prima di poggiarle un bacio sulla testa. «Non sono arrabbiata, comunque. Non lo ero neanche allora. Ci rimarrei male solo se mi dicessi che nei mesi in cui non c’ero sei stato con qualcuna. Quello sì».
Lo sente sorridere «Non l’ho fatto» ed Ellie si scosta appena per guardarlo quasi incredula. È vero, non le aveva mai dato modo di pensarlo – la maggior parte delle notti in cui non seguiva casi la passava al telefono con lei, perciò era difficile rimorchiare –, ma sentirselo dire fa tutto un altro effetto.
Si morde le labbra, cercando di nascondere un sorriso «Perché… beh, è vero che non stavamo proprio insieme, però… non so, avrei faticato a mandarlo giù. E sappi che se mi tradissi non riuscirei a perdonarti».
Dean sorride appena «È l’ultimo dei miei pensieri».
 
Lo stringe un po’ più forte, le labbra incurvate in un sorriso che stavolta non si azzarda a nascondere.
Non aggiunge altro, ma non ce n’è bisogno, in fondo, e Sam rientra poco dopo, aprendo la porta quasi in punta di piedi, cercando di essere il più silenzioso possibile.
Ellie stringe Dean più forte e lo ascolta divertita mentre prende in giro suo fratello per il suo innocente tentativo di fare piano per non svegliarli nel caso stessero dormendo. Sam mette il broncio e si chiude la porta alle spalle e non c’è niente di meglio della sensazione di familiarità e serenità che sente al solo guardarli scherzare e prendersi in giro.
Era tanto che non si sentiva così a casa.

 

[1] In America, gli Arbre Magique sono conosciuti come Little Tree, dal nome dell’azienda che li produce.
[2] Com’è stato detto più volte in Supernatural, i fantasmi, a meno che non siano ancorati a degli oggetti particolari, “vivono” nei luoghi che infestano e difficilmente riescono a spostarsi da un posto all’altro. Per questo ho pensato alle fogne, immaginando le tubature come un canale ottimale per un fantasma per muoversi. Vivendo le due donne uccise e Katy Ryan nello stesso quartiere, ho pensato al sistema fognario come collegato, in qualche modo.
Potrei aver preso un granchio, ma questa era la mia idea XD
[3] In un paio di bloopers (in quello della prima stagione sicuramente, non ricordo se anche in altri) ci viene mostrata una scena in cui Jensen sbatte la testa contro il portabagagli aperto. Mi sono ispirata a quella per descrivere questa, pensando che a Dean almeno una volta sia successo davvero XD
[4] Riferimento all’episodio 1x19 “Provenance”, quando Sam ammette di conoscere la storia dell’arte perché perfetta per abbordare le ragazze.
[5] La canzone a cui faccio riferimento è “What’s up” dei 4 Non Blondes, un gruppo rock statunitense attivo dal 1989 al 1994.

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Capitolo 21
*** Old life, new life ***


Note: Buonasera!
Oggi ho fatto la brava e sono puntuale. Sono quasi le dieci, è vero, ma almeno pubblico nel giorno giusto! XD
Questo mi ha reso impossibile rispondere alle recensioni, ma recupererò quanto prima. Ci tenevo a essere quasi puntuale, per una volta! XD
Ci stiamo addentrando dentro la selva dei capitoli infiniti. Questo continua a essere “corto”, sotto certi aspetti, perché ne arriveranno anche di più lunghi XD vi faccio i miei più sentiti auguri e, soprattutto, ringrazio chi è ancora disposto a leggere, perché davvero, ci vuole tanta pazienza e passione! XD :*
A questo proposito, io e i miei personaggi salutiamo calorosamente chi ha aggiunto la storia ai preferiti/ricordati/seguiti in questa settimana: *Ellie fa un balletto mentre suona delle maracas, ne porge una a Sam che è tentato ad accettare ma cambia idea quando Dean, che osserva la scena con le braccia conserte e un’espressione da ma davvero?, lo guarda male*… insomma… benvenuti! XD *tanti cuori per voi*
Vi lascio; vi auguro una buonissima settimana e un altrettanto buona lettura! Un abbraccio forte! :***


Capitolo 21: Old life, new life
 
Sometimes you have to accept the fact
that certain things will never go back to how they used to be.
 
(Unknown)
 
 
Siede su una delle sedie che circondano il tavolo in cucina di Bobby, sorseggiando piano del caffè caldo – forse anche un po’ troppo – dalla tazza rossa che ha in mano.
Dean respira a fondo gli odori della stanza – il profumo dei pancake appena fatti, quello del suo liquido bollente nero preferito, delle uova strapazzate e del bacon croccante – e distende le gambe ancora un po’ intorpidite dal sonno sotto il tavolo.
 
Non si è svegliato da molto. Quando ha aperto gli occhi – grazie alla simpatica sveglia del telefono di Ellie che ha prontamente spento, altrimenti avrebbe dormito molto volentieri un altro po’ – si è ritrovato sul letto della camera che Bobby gli fa usare quando vengono qui.
 
Sono arrivati ieri sera dopo settimane a dir poco frenetiche con l’idea di prendersi una pausa perché ne hanno tutti bisogno. Le vicende degli ultimi giorni, in particolar modo, li hanno stravolti particolarmente.
Per indagare sulla scomparsa di una giovane ragazza di nome Meredith fatta a pezzi nel suo appartamento a Chicago, nell’Illinois, si sono imbattuti in una persona decisamente strana: una certa Meg Masters, conosciuta da Sammy durante la sua fuga verso la California per andare a cercare papà. La stessa che, però, un paio di giorni dopo un furtivo e casuale – o almeno così sembrava – incontro in un bar, per poco non faceva fuori tutti e tre. Attirandoli in un magazzino, aveva sguinzagliato i suoi mostri, gli stessi con cui aveva fatto fuori quella povera ragazza: dei Daeva, demoni ombra che portano morte se vengono evocati. L’amichetta di Sam, quindi, era tutto fuorché una tipa raccomandabile e, quando suo fratello è riuscito a liberarsi dalle corde che lo tenevano prigioniero e rovesciare l’altare che la psicopatica aveva costruito per evocare quei demoni, questi si sono scatenati contro di lei, trascinandola via e gettandola dalla finestra del palazzo, togliendole la vita. Tutta questa scena era stata messa in piedi, a detta di Meg, per attirare Sam, Dean e soprattutto papà, che sarebbe dovuto giungere a salvarli, ma per fortuna non l’ha fatto. [1] Comunque, l’idea che una persona così meschina e viscida potesse aver orchestrato tutta questa faccenda, ucciso due esseri umani – Meredith e un’altra vittima, un ragazzo morto un mese prima nello stesso modo – di Lawrence per fargli pensare che fossero collegate al demone e tutto quello che ne è conseguito, li ha un po’ scossi e si sono decisi a prendersi una pausa. In più, avevano voglia di venire a trovare Bobby, visto che non lo vedevano da un po’ e hanno pensato di unire l’utile al dilettevole.
 
Per decidere a chi sarebbe toccato il letto di sopra per la prima sera, Dean ha voluto usare la morra cinese, ma stavolta è stata Ellie a giocare con Sam al posto suo, dicendo di essere più astuta. La cosa l’ha anche offeso un po’, però alla fine ha battuto suo fratello – ha giocato sasso e Sam forbici – e si sono presi il lettone. Peccato non averlo potuto sfruttare come si deve, perché erano stanchissimi e si sono addormentati molto presto. Ma ci saranno altre serate; in fondo non staranno qui un giorno solo.
 
Stamattina si è svegliato da solo, perché Ellie era già scesa di sotto per andare a preparare la colazione che ora si sta gustando con tutta calma. Poteva anche spegnere la sveglia, già che c’era, almeno lui non avrebbe sentito quella canzone terribile una volta aperti gli occhi, ma la perdona perché ha fatto dei pancake squisiti.
 
La guarda mentre legge una tabella sul bordo corto della scatola dei cereali – gli occhiali sul naso e i capelli legati in una treccia un po’ disordinata, con dei ciuffi che le ricadono ai lati – sotto gli occhi attenti di Sam.
Ellie alza la testa verso di lui e si toglie gli occhiali «Vorresti dirmi che ogni volta che vai a comprare qualcosa da mangiare leggi queste cavolate?»
Sam stringe gli occhi «Non sono cavolate. La tabella nutrizionale è importante. Tu ci fai la colazione ogni mattina quando puoi per farci mangiare in modo più sano, perché mi dici che—»
«No, io lo faccio perché mi fa piacere e perché le cose del supermercato alla lunga stancano».
«E perché non sono sane!»
«Ma non è la cosa principale! Sai quanto grasso c’è nei dolci che faccio ogni tanto?»
«Ma è più naturale, è diverso!»
 
Dean punta gli occhi su Bobby che li sta guardando come se venissero dalla Luna. È stato zitto finora, fissando prima uno e poi l’altra e viceversa, a seconda di chi stava blaterando qualcosa che aveva a che fare con grassi, carboidrati e diavolerie varie, ma adesso sembra proprio non farcela più a rimanere in silenzio. «La volete piantare?» sia Ellie che Sam puntano gli occhi su di lui che tira le labbra in una smorfia ironica, avvicinando nuovamente la tazza alla bocca «La mattina si fanno poche chiacchiere. Voglio gustare il mio caffè ipercalorico in santa pace, grazie».
 
Sam sbuffa mentre Dean sorride sotto i baffi. In realtà non stavano litigando, ma ogni tanto intavolano delle conversazioni che capiscono solo loro due, usando termini strambi e argomentando le loro teorie con così tanto impegno e dedizione che Dean si chiede se sia stato un bene farli incontrare. Poi o trovano un punto in comune, tornano a parlare tranquillamente e non smettono per una mezz’ora buona o continuano a discutere finché capiscono che non la vedono allo stesso modo e quindi cambiano discorso. Quando torna tutto alla normalità, Dean cambia idea ed è grato che siano entrambi con lui e soprattutto che vadano d’accordo, ma il panico lo assale quando cominciano ad affrontare questi temi pseudo filosofici. Anche perché lo fanno su qualsiasi cosa gli venga in mente, quindi il rischio di incappare in una discussione del genere è sempre molto alto. Per fortuna non hanno mai discusso animatamente su niente.
 
Ellie stringe le spalle e tiene la tazza tra le mani, gli occhi rivolti su Dean «Ho lasciato il mio telefono di sopra, vero?» che annuisce a bocca piena «Fì, la fveglia è fuonata come fempre».
Lei sorride appoggiando la tazza sul tavolo e allungando una mano nella sua direzione per accarezzargli la nuca; è calda e minuscola, una temperatura piacevole per il suo collo «Poverino, voleva dormire fino a mezzogiorno» il suo tono è troppo ironico e Dean manda giù il boccone per poi guardarla di traverso «Non fino a quell’ora, ma almeno un altro po’».
 
Ellie sorride ancora per prenderlo in giro e si alza per poi andare di sopra, sicuramente per prendere il suo telefono. Dean afferra con la forchetta un altro pezzetto di pancake con sopra abbondante sciroppo d’acero. Dio, è la fine del mondo.
Guarda Bobby che continua a sorseggiare il suo caffè, gli occhi puntati sul giornale fresco di stampa «Che fi dice a Fioux Fallf?»
Sam lo guarda male e Dean deglutisce, roteando gli occhi. La domanda è sempre la stessa, però, perciò non la ripete. Bobby stringe le spalle «Le solite cose, ragazzo. Niente di soprannaturale in arrivo per il momento».
«Meglio. Almeno ci riposiamo un po’».
 
Sam fa spallucce; sicuramente avrà intenzione di sbirciare in qualche vecchio libro di Bobby per trovare qualcosa che potrebbe interessargli prima o poi – sì, perché Sam, oltre ad essere un sensitivo, vorrebbe fare anche il veggente e prevedere cosa gli servirà nel futuro –, perché chiedergli di riprovare a rintracciare papà è praticamente infattibile.
Dopo averlo cercato in lungo e in largo ormai si sono decisi a seguire la sua volontà di non rincorrerlo… più o meno. Diciamo che sperano che si faccia vivo lui. Ormai è l’unica possibilità per non partire di testa.
 
Ellie scende dopo quasi dieci minuti – il tempo che Dean ha usato per mangiare altri pancake e finire il suo caffè –, la testa bassa; il sorriso che aveva prima sulle labbra non c’è più, ha le spalle un po’ curve. Le succede quando è triste. Gli si avvicina e lui la fissa, allungando una mano verso di lei per abbracciarle la schiena e tirarsela vicina.
«È successo qualcosa?»
Lei continua a tenere gli occhi bassi e a non guardarlo, il telefono stretto saldamente tra le dita della mano destra «Ho chiamato Janis, mi aveva scritto che c’era un’emergenza e che doveva parlarmi il prima possibile. Beh, è… » sospira forte «È morta una signora di Buckley che conoscevo molto bene. Vendeva i gelati al chiosco vicino al parco».
Dean muove appena le dita sulla sua schiena, ma è Sam a parlare per lui. «Mi dispiace. Era anziana?»
Lei alza gli occhi verso di lui per guardarlo «Non tanto. Aveva una settantina d’anni. Non vendeva più i gelati oramai, ma Janis mi ha detto che la incontrava ogni tanto quando andava a fare delle passeggiate».
«E com’è morta?»
«Un infarto. Il suo cuore non ha retto. Il funerale c’è dopodomani».
Anche Bobby la guarda «E immagino che tu voglia andarci».
Ellie fa spallucce «Con la mamma erano abbastanza amiche perché quando ero piccola mi portava sempre da lei a mangiare il gelato. Lo faceva buonissimo. E lei è venuta quando la mia mamma… » sospira forte e scuote appena la testa «Quindi penso di sì. Mi dispiace perché siamo venuti apposta a trovarti, ma—»
Bobby alza una mano nella sua direzione per interromperla «Non farti problemi. Puoi venire altre volte».
Lei gli sorride appena, le labbra tirate in una linea sottile.
 
Si divincola dalla presa di Dean, prende i piatti sporchi per poi metterli nel lavello, li pulisce e asciuga uno ad uno in religioso silenzioso. Nemmeno lui o Sam o Bobby si permettono di dire nulla e, una volta finito, Ellie si volta e guarda nuovamente il vecchio cacciatore «Vado a fare i bagagli… posso prendere la Volvo?» che annuisce deciso e lei sorride appena, una smorfia davvero triste sul suo viso; va di nuovo di sopra, il passo lento.
 
Dean si morde le labbra, pensieroso. Ellie gli ha sempre parlato di Buckley come un posto in cui fin quando era viva sua madre era bello vivere, dopo molto di meno. Capisce, però, il suo desiderio di tornare indietro adesso, visto che è venuta a mancare una figura importante nella vita cittadina ma soprattutto in quella di Ellie, che adora i gelati ora, figuriamoci quando era bambina e ci andava con la sua mamma.
 
Rimane un po’ con Bobby e Sammy, parlando insieme a loro di tutto e di niente. Quando esauriscono i pochi argomenti che avevano intavolato svogliatamente, si alza e se ne va di sopra anche lui, un pensiero che gli ronza per la testa.
 
Lui, Sam ed Ellie sono venuti qui perché avevano bisogno di riposo, ma per lui fare tante ore di macchina non è uno stress e non gli va di lasciare Ellie da sola con quel catorcio. È vero che già una volta l’ha portata fino alla Louisiana ed era un viaggio anche più lungo, ma… beh, stavolta non gli va.
 
Entra nella stanza e la trova di spalle, le mani impicciate a mettere dei vestiti nel suo borsone.
Le si avvicina, appoggiandole una mano sulla spalla. «Tutto bene?»
Ellie fa spallucce, la testa bassa, e Dean si siede sul letto, così da poterla osservare. Lei si ferma dopo qualche istante, uno sbuffo d’aria che le esce dal naso; stringe il labbro inferiore tra i denti «No. Sono stanca di vedere le persone morire». Dean deglutisce; la guarda scostarsi e voltarsi per sedersi sul bordo del letto. Lui fa altrettanto, sedendosi al suo fianco; poi Ellie alza la testa, gli occhi tristi. «Sai, in un paesino come Buckley, ognuno è un po’ un personaggio. Lei era per tutti “la signora dei gelati” perché aveva il chiosco in un angolo ben esposto del parco e ci passava chiunque. Poi era simpatica, stare al pubblico era la sua passione» sorride appena «È stata così gentile con me quando la mamma è morta… sarà stata alla veglia più di un’ora e mezzo per farmi compagnia. Papà andava e veniva, era come se non ci fosse».
Dean continua a osservarla mentre lei sospira profondamente e si alza di nuovo. Riprende a ripiegare magliette e pantaloni per rimetterli dentro il suo borsone in modo preciso e ordinato, in silenzio.
 
Fra tre giorni è il suo compleanno, che è anche uno dei motivi per cui avevano deciso di prendersi una pausa. Lei non è al corrente di nulla, ma per quella giornata Dean voleva organizzarle una sorpresa, o comunque una cosa carina per festeggiare. Sia lei che Sam hanno vissuto un brutto periodo ultimamente e Dean voleva approfittare dell’occasione per organizzare qualcosa che donasse serenità a entrambi. Suo fratello, per aiutarlo, magari si sarebbe distratto dai pensieri scomodi e lei avrebbe passato ventiquattro ore all’insegna della tranquillità.
A maggior ragione non gli va di lasciarla da sola e, anche se è l’aspetto meno rilevante dell’intera vicenda, è curioso di visitare Buckley, di vedere con i suoi occhi il posto dove Ellie è cresciuta. Per questo continua a guardarla, la schiena dritta e quel pensiero che si decide a tirare fuori. «Se vuoi ti posso accompagnare». Ellie si volta di scatto nella sua direzione, visibilmente sorpresa. «Se ti fa piacere».
Lei lo fissa, ancora perplessa «Pensavo volessi stare qui».
«Sì, ma tu hai quest’emergenza, quindi—»
«E Sam?»
Dean comprende che non sta ponendo quelle domande perché non lo vuole con sé, ma per capire come organizzarsi; le abbozza un sorriso. «Sam è grande e può decidere da solo se ha voglia di unirsi oppure no. Non penso ci siano problemi in caso gli faccia piacere… no?» lei scuote la testa, decisa, gli occhi grandi ancora un po’ increduli per un motivo che Dean davvero non comprende. «Ehi, se non mi ci vuoi basta dirlo» ovviamente sta scherzando ed Ellie sorride, avvicinandosi per poi stringergli le braccia al collo «Ma certo che puoi venire. Solo non mi aspettavo che me lo dicessi».
Dean sorride per prenderla in giro «Potrei mai lasciarti andare in giro con quel catorcio?»
Lei si scosta, le mani ancora intrecciate dietro la sua nuca, e mette su il broncio «Mi ha portato anche più lontano, se ben ti ricordi».
«Sì, ma la mia bambina ha una marcia in più».
Ellie si scosta di più e stringe le spalle, forse perché sa che è una battaglia persa. «Sarà» si avvicina all’armadio e ne tira fuori un paio di pantaloni lunghi e due magliette a maniche corte. «Dai, chiedi a Sam se vuole venire e fai i bagagli, così partiamo il prima possibile».
 
*
 
Ingrana la marcia e ascolta la sua bambina rispondergli e fargli le fusa, un ruggito fiero che gli fa uscire un risolino compiaciuto dalle labbra. La carreggiata è una lunga striscia grigia infinitamente dritta di fronte a Dean che si morde il labbro inferiore mentre ascolta Ellie che parla al cellulare.
«Sì, Janis. No, prima di domani mattina non ce la faccio ad arrivare».
Lo guarda con le labbra tirate e un’espressione mortificata sulla faccia che lo fa un po’ ridere.
 
È già mezzanotte passata e sono partiti che erano poco più delle nove, stamattina. Dean ha chiesto a Sam se voleva unirsi, ma lui gli ha detto di no, perché gli sembrava più giusto lasciarli da soli in una situazione un po’ delicata per Ellie. È rimasto lì, quindi, insieme a Bobby e Dean l’ha già chiamato un paio di volte per dirgli che era tutto a posto e per sapere se stavano bene.
 
Certo, gli sarebbe piaciuto se Sam si fosse unito a loro, ma non disdegna qualche giorno solo con Ellie. Una volta erano sempre loro due, adesso che devono dividere le loro giornate con suo fratello è un po’ più complicato ritagliarsi dei momenti per loro, ma a Dean non pesa, perché quando Sam era lontano stava di merda, mentre adesso che li ha entrambi con sé crede di aver raggiunto una buona stabilità. Per lui, almeno, che prima non sapeva neanche cosa volesse dire avere un equilibrio, tantomeno dove stesse di casa.
 
La strada è ancora lunga e Dean accelera un altro po’; ci vuole quasi un giorno per arrivare a Buckley da Sioux Falls ed hanno calcolato che, riposandosi un po’ questa notte, riusciranno ad essere lì per domattina. Si sono fermati solo per pranzo, mangiando dei panini che ha fatto Ellie prima di partire, e a cena in un fastfood, cercando di accelerare i tempi il più possibile perché Ellie, giustamente, vorrebbe passare un po’ di tempo insieme alla sua amica, ma Dean non ha ancora messo le ali all’Impala – e non ne ha assolutamente intenzione, vista la paura fottuta di volare che ha – quindi meglio di così non può decisamente fare.
 
La guarda sorridere con la coda dell’occhio «Sì, ok… Tu prendi tutti gli ingredienti così domani quando arrivo la faccio. Sì, va bene… ah, Janis? Il tuo divano esiste ancora, vero? Perché non sto venendo da sola… » aspetta un attimo prima di parlare ancora. «Si, beh perché… perché con me c’è… c’è il mio ragazzo».
Segue un attimo di silenzio e subito dopo Ellie scosta bruscamente il telefono dall’orecchio; la voce dall’altra parte dell’apparecchio arriva forte e chiara «E da quando ce l’hai?»
Dean sbuffa un sorriso, ricordandosi che Ellie gli aveva detto di essere stata molto riservata sulla loro relazione. Sbircia ancora mentre lei riporta il cellulare all’orecchio «Te lo spiego domani quando ci vediamo, va bene? Volevo solo dirti che siamo in due, ecco».
 
Ellie ascolta un altro po’ e lo guarda ancora; lui le sorride divertito.
È molto curioso di conoscere Janis. Ellie gliene ha parlato così bene che è davvero interessato a vederla in carne ed ossa. E poi è contento che Ellie potrà passare un po’ di tempo insieme alla sua amica. In fondo si sentono spesso al telefono e si tengono in contatto; gli sembra giusto che, dopo tanti mesi lontane, possano riabbracciarsi.
 
Con la coda dell’occhio la vede annuire ancora e salutare la sua amica, chiudendo la conversazione con uno sbuffo. «Oh, quando vuole è così sfiancante» scuote la testa sorridendo «Per dirmi che non c’erano problemi mi ha fatto sudare sette camicie».
Dean sorride a sua volta «È una che insiste?»
«Più che altro è molto curiosa».
Si morde le labbra, soffocando un sorriso divertito.
 
Si fermano in uno spiazzo isolato dopo un’altra ora di viaggio, sfiniti. I soldi che potevano spendere per un motel li hanno buttati tutti sulla benzina, perciò questa notte dormiranno in macchina. Pazienza se staranno più scomodi del solito, tanto ormai sono abituati a tutto.
 
Si sdraiano sul sedile posteriore; Dean si toglie la giacca e la camicia mettendoli dietro la testa e lascia che Ellie si stenda a sua volta, la schiena appoggiata al suo petto. Dean la stringe con entrambe le braccia, posandole un bacio sul collo e lei sorride, le mani che corrono a stringergli le sue.
«Sono davvero contenta che sei venuto» volta la testa verso di lui e gli sorride, guardandolo negli occhi. Si allunga a dargli un bacio sulle labbra e Dean ricambia, sorridendole subito dopo.
 
Ne approfitta per farle delle domande e ne fa tante in modo totalmente casuale: su Janis, su com’era la sua vita quando c’era ancora la sua mamma e andava a scuola, quando era una ragazzina come tante altre che cresceva in una cittadina piccola e poco affollata e lei risponde a tutto, sorridendo quando gli racconta qualcosa di piacevole e tirando le labbra in un’espressione più mesta quando si tratta di ricordi più tristi.
Scopre che Janis è un anno più grande di Ellie. Si sono conosciute in seconda superiore, quando Janis è stata bocciata e inserita nella sua classe di letteratura. Ellie glielo ha raccontato un sacco di volte che i suoi compagni non la potevano vedere mentre Janis ha provato subito una simpatia per lei, senza alcun motivo in particolare. Si sono sempre piaciute – nel senso platonico del termine –, fin dall’inizio, e questo senza dubbio le ha aiutate a legare.
 
Pensava che Ellie gli avrebbe fatto un sacco di raccomandazioni su come comportarsi. Sarà che nei film succede sempre quando in una coppia uno dei due deve presentare l’altro a famiglia o amici: ne nascono dei teatrini inverosimili su cosa dire o no in presenza di altre persone a lui estranee. Invece, l’unica cosa che Ellie gli ha detto è che Janis sa che Jim era un mercante d’arte e che lei ha proseguito il suo lavoro anche ora che lui non c’è più. Dean deve solo dire di fare lo stesso e, considerando che mentire fa parte del suo lavoro di sempre, non lo trova poi così difficile.
 
Ben presto a entrambi viene sonno e si addormentano stretti l’uno all’altra, cambiando un po’ posizione perché in quella era impossibile riuscire a chiudere occhio.
 
Al mattino si svegliano di buon’ora e riprendono il cammino da dove l’avevano interrotto. Fanno colazione in un autogrill di passaggio e il cornetto di Dean fa davvero schifo, ma lo mangia lo stesso perché fermarsi da un’altra parte è un’opzione piuttosto impraticabile. Prima devono arrivare, perché Ellie ha energie da vendere stamattina – si è mangiata due toast e ha bevuto del succo di frutta perché si sentiva agitata e iperattiva e col caffè sarebbe solo peggiorata. Forse è perché è contenta di rivedere Buckley, ma è più plausibile che sia l’idea di riabbracciare Janis a renderla così.
 
Sono quasi le dieci quando accanto alla strada principale scorgono un’enorme pietra sbeccata con su scritto “Benvenuti a Buckley” [2] e ben presto, grazie alle indicazioni di Ellie, Dean parcheggia davanti a casa di Janis.
Quando scende dalla sua auto, si guarda intorno curioso: la casetta, situata in un complesso di villette simili e all’apparenza pure un po’ più grandi, è bianca con il tetto di mattoncini rossi. Di fronte, c’è un piccolo vialetto dov’è piantata la cassetta delle lettere su cui capeggia un’etichetta bianca con su scritto “Johnson” che Dean ricorda essere il cognome di Janis.
 
Ellie si avvia a passo svelto lungo il vialetto, aprendo la staccionata bianca e dirigendosi davanti alla porta. Aspetta di avere Dean al suo fianco prima di suonare il campanello ed è un ragazzo alto più o meno quanto lui ad aprir loro la porta qualche minuto dopo.
 
È magro come un chiodo, ha i capelli neri, corti e ricci, un filo di barba a incorniciargli le guance e un sorriso gioioso gli si apre sulla faccia quando vede Ellie.
«Morgan, quanto tempo! Finalmente sei tornata da queste parti!»
Lei gli sorride «Ciao David» e si allunga verso di lui quando lo vede spalancare le braccia, abbracciandolo a sua volta. È un gesto veloce, ma sentito e il ragazzo la prende per le spalle quando si distacca, guardandola con un sorriso. «Cavolo, quant’è che non passi di qui? Era ora che tornassi a fare una visita!»
Lei si scosta appena, portando un ciuffetto ribelle dietro l’orecchio destro «Sì, beh, è passato un po’ di tempo».
«Janis mi ha detto che rifarai la torta al cioccolato».
Ellie lo guarda con una smorfia seccata «Ah, è per questo che sei contento di vedermi! Per la torta!» il ragazzo si mette a ridere e lei fa altrettanto, sotto lo sguardo di Dean che li guarda curioso. Si vede che c’è una buona confidenza tra di loro a giudicare da come scherzano e si sorridono; crede di aver sentito parlare di lui che, se la memoria non lo inganna, dev’essere il fidanzato di Janis.
 
David punta gli occhi su di lui, il sorriso ancora stampato sul viso; gli tende la mano «Ciao, mi chiamo David» e lui ricambia la stretta «Dean, piacere».
Il ragazzo lascia la sua mano, un sorriso furbo dipinto sul volto «Janis mi ha parlato tanto di te».
A quelle parole, Dean guarda Ellie che ha la fronte aggrottata e lo sguardo perplesso. «Veramente fino a ieri sera non sapeva esistesse».
David le sorride sghembo «Appunto. Da quando hai chiamato mi ha fatto una testa così perché hai avuto il coraggio di fidanzarti senza dirle nulla».
Il suo sorriso si trasforma presto in una risata; Ellie scuote la testa divertita «Che scema» e David stringe le spalle «La dovevi sentire, era imbufalita… ma forse riuscirai a farti perdonare con il dolce, tranquilla» sorride ancora, poi guarda alternativamente sia lui che Ellie «Beh, accomodatevi. La pazza si sta facendo la doccia. Non vedeva l’ora che arrivaste».
 
Li lascia passare e Dean si guarda intorno, incuriosito. L’ingresso è molto spartano: c’è un tappeto rotondo variopinto al centro e lì di fianco, sulla destra, un paio di poltroncine, una accanto all’altra, situate di fronte alla TV; a sinistra una poltrona più grande sopra alla quale è appeso un grosso quadro che rappresenta un paesaggio autunnale, un lungo viale sul quale è cosparso un tappeto di foglie morte; a lato della strada, infatti, c’è una fila di alberi ingialliti dalla stagione. È un po’ malinconico, ma suggestivo. Alla sinistra della poltrona c’è un bancone e dietro di esso Dean intravede fornelli e un lavandino. Di fronte a lui, poi, c’è un corridoio che dovrebbe portare a un piccolo ambiente adibito forse a sala perché intravede un tavolino con quattro sedie. Sembra tutto molto accogliente, confortevole.
 
David si chiude la porta alle spalle e guarda entrambi; punta gli occhi su Ellie e le sorride «Allora, come te la passi?»
«Non mi lamento, grazie. E tu?»
«Anch’io. Janis mi ha detto che sei sempre in giro». Ellie annuisce «Viaggiate insieme?» e Dean fa lo stesso. Poi David li fa accomodare sulle poltroncine sulla destra e tutti e tre si siedono, cominciando a conversare del più e del meno.
Siede alla sinistra di Ellie e la guarda parlare con David che interpella anche lui, evitando di lasciarlo fuori dalla conversazione. È molto gentile e, contrariamente a come pensava una piccola parte di lui, Dean non si sente a disagio o di troppo.
 
David gli sta parlando del suo lavoro – si occupa della contabilità di un piccolo magazzino che vende prodotti agricoli fuori Buckley – quando vede Ellie muovere la testa, gli occhi fissi sul pavimento di fronte alla poltroncina. Quel movimento attira Dean che si volta e la trova a sorridere a un gatto di media grandezza, con il pelo liscio colorato di rosso e qualche macchiolina nera sulla schiena. Dean ricorda bene dove l’ha già visto.
«Mufasa!» Ellie lo dice forte e si alza in piedi per andargli incontro. Si inginocchia accanto a lui e il micio strofina la testa contro il suo palmo mentre lei lo accarezza con dolcezza, un sorriso contento stampato sul volto.
 
Dean aveva visto solo una foto del gatto di Ellie e di spalle, con il muso rivolto verso la finestra, ma non aveva fatto caso al fatto che, sul davanti fino al naso, il micio fosse bianco. Il manto rosso e le macchie nere, infatti, vanno da sopra la testa fino alla coda. Era troppo concentrato su altro, quella volta, per poter notare tutte queste sfumature. «Come ti sei fatto bello, micione» Ellie gli sorride mentre gli dice quelle cose, come se quel povero ammasso di pelo e ciccia potesse risponderle. Lo accarezza ancora e dopo un po’ si tira su e lo prende in braccio per poi avvicinarsi verso Dean con un sorriso sul viso. «Guarda, lui è Mufasa, il mio ex gatto».
Non fa a tempo a dirle che è bene che glielo tenga lontano se non vuole che cominci a starnutire di continuo a causa della sua allergia [3] che una voce che proviene dal corridoio riscuote lui e gli altri. «È ancora tuo se lo rivuoi» Dean si volta verso la sua destra e, appoggiata allo stipite della porta che divide l’ingresso dalle altre stanze, vede una ragazza castana scura, con gli occhi verdi e un sorriso furbo stampato in viso. Ha le braccia incrociate al petto ed è appena uscita dalla doccia: indossa, infatti, solo un accappatoio celeste e ha i capelli completamente bagnati. Dean la riconosce immediatamente.
 
Ellie sorride nella direzione della sua amica, senza lasciar andare il gatto «Ti dà fastidio? È sempre stato buono, ma se ti fa i dispetti—»
Janis le sorride sorniona «No, è calmo ed educato, ma se ti decidessi a tornare non esiterei un istante a ridartelo indietro» le si avvicina ed Ellie le sorride ancora, lasciandola accarezzare la testa a Mufasa per qualche istante.
 
Sia Dean che David si alzano in piedi e gli occhi di Janis ricadono subito su di lui. In quel momento, il suo sguardo cambia: è meno docile e più divertito, quasi malizioso. «Ora capisco perché questa simpaticona ti ha tenuto nascosto… » con la coda dell’occhio Dean vede Ellie roteare gli occhi; forse ha capito qualcosa che a lui, invece, per una volta sfugge. Le si avvicina e allunga una mano verso di lei che prontamente fa altrettanto «Janis, molto piacere».
«Dean. Ho sentito molto parlar—»
«Di me? Oh, sì, me lo immagino! Peccato che io non possa dire lo stesso».
Si volta nuovamente verso Ellie con un’espressione tra l’irritato e il divertito sul viso; si vede che sta cercando di provocarla e lei alza gli occhi al cielo, il micio ancora stretto al petto. «Hai intenzione di rinfacciarmelo ancora a lungo?»
Janis stringe le spalle con un sorriso da presa in giro «Dipende da come fai il dolce».
Rivolge un sorriso a Dean prima di voltare le spalle e dirigersi nuovamente verso il corridoio. Ellie guarda David che, sottovoce, le dice qualcosa del tipo «Che ti avevo detto?» e le fa l’occhiolino che lei ricambia con un sorriso divertito.
C’è una bella armonia tra loro e questo mette Dean molto a suo agio.
 
David segue Janis ed Ellie ne approfitta per avvicinarsi verso di lui e porgergli il micio. Gli sorride «Fagli una carezza, ha il pelo morbidissimo».
Dean fa un passo indietro stringendo le labbra in un sorriso evasivo «No, non è il caso».
Ellie glielo avvicina di nuovo «Perché? Gli piacciono un sacco le coccole e poi era tanto che te lo volevo far vedere, è—» ma non fa in tempo a finire la frase che Dean starnutisce forte e si allontana di un altro paio di passi, una mano davanti al viso. Lei tiene ancora Mufasa stretto al petto e lo guarda perplessa «Sono allergico ai gatti. È meglio se mi sta lontano».
Stringe gli occhi «Non me l’avevi mai detto» e non lo dice a mo’ di rimprovero, ma con un tono curioso e sicuramente vorrebbe saperne di più se non fosse per Janis che, accanto alla porta da cui è spuntata precedentemente, richiama la sua attenzione.
«Avete già fatto colazione, El?»
Ellie, dopo che il micio comincia a scalciare, si abbassa per farlo scendere e annuisce in direzione dell’amica «Sì, ma… ma se hai qualcosa da mangiare non la rifiutiamo di certo» sorride a Dean «Vero?» che annuisce deciso. Il viaggio è stato lungo e, nonostante non si siano fatti mancare nulla, ha comunque un certo languorino. E il suo cornetto faceva schifo, quindi mettere qualcosa di davvero commestibile sotto i denti non gli farebbe schifo.
 
Janis sorride nella loro direzione e suggerisce a David di mettere a tavola delle tovagliette per la colazione, posate e qualcosa che ha messo nel frigorifero mentre lei va a cambiarsi. Ellie si muove verso di lui per aiutarlo e Dean ne approfitta ancora un po’ per guardarsi intorno.
 
La casetta, piccola e di un unico piano, è arredata in modo spartano. Non ci sono troppi fronzoli, è essenziale ma accogliente, come Dean aveva constatato appena entrato. La sala, nascosta oltre il corridoio, come aveva pensato, non è molto grande: al centro, c’è un tavolino quadrato circondato da quattro sedie; appesi al muro un altro paio di quadri che raffigurano dei motivi etnici, tra cui uno che cattura la sua attenzione. Rappresenta un albero piegato verso destra, presumibilmente dal vento, su uno sfondo blu e azzurro. Non saprebbe spiegare il motivo, ma lo trova suggestivo.
Sul lato lungo di fronte alla porta, vi è un finestrone che si affaccia sulla veranda esterna, accanto a un piccolo giardino dove scorge un barbecue di ferro e un tavolo bianco di plastica, mentre alla sua destra c’è un’altra porta che probabilmente porta al bagno o alla camera di Janis.
 
David, tra un viaggio e l’altro dalla cucina alla sala per portare le tovagliette e metterle in tavola, lo invita a sedersi e Dean lo fa, ma in cucina, su uno dei due sgabelli posti dietro il bancone, così da poterli osservare un po’ armeggiare con i piatti e le posate.
 
La cucina è un buco, praticamente: dietro al bancone, c’è una piccola isola, dove ci sono fornelli, un lavandino e un piccolo ripiano dove poter cucinare o appoggiare qualcosa. Sopra sono posizionati quattro sportelli di legno chiaro accanto al frigorifero, posto vicino al corridoio, e sotto Dean intravede una lavastoviglie. Forse è il punto più piccolo e raccolto della casa, ma Janis vive da sola ed evidentemente questo spazio le è più che sufficiente.
 
Sorride di fronte alla familiarità con cui Ellie prende varie cose, come se conoscesse l’ambiente a menadito. Non se ne stupisce, però: chissà quante volte è stata qui.
 
Quando Janis torna dal bagno – o dalla sua stanza – non indossa più l’accappatoio, ma un paio di pantaloncini corti di jeans e una canotta nera molto semplice con uno scollo a U. È di qualche centimetro più bassa di Ellie, ha un fisico asciutto e non è molto formosa – porterà una seconda di reggiseno –, ma ha un bel viso e due begli occhi verdi. È più carina di come appariva nella foto che ha Ellie con sé. In più, Dean aveva dimenticato che portasse un piercing al naso: glielo aveva visto in quella fotografia che aveva trovato nel quaderno dei ricordi di Ellie, ma aveva rimosso questo particolare. È a forma di anello.
È l’ultima a sedersi a tavola e, prima di farlo, prende dal frigorifero un vassoio di bignè ricoperti di zucchero a velo. Hanno un aspetto buonissimo.
«Prendetene quanti ne volete. Li ho comprati alla pasticceria preferita di Ellisabeth».
Lei sorride «Quale onore».
 
Dean allunga il braccio per prendere un bignè e gli dà un morso: è ripieno di crema chantilly ed è veramente buono. Un ottimo spuntino di metà mattina, decisamente.
 
Si accorge che Janis, seduta di fronte a lui, lo osserva con attenzione. In fondo la capisce: Ellie non le aveva detto nulla di lui e comprende la sua curiosità, ma cerca di non badarci troppo. Si limita ad ascoltare Ellie che risponde a David che le ha chiesto di com’è andato il viaggio. Lo fa normalmente, dicendo che sono dovuti partire da Sioux Falls dove si erano recati per una mini vacanza da trascorrere a casa dello zio di Dean – che è tentato a sorridere per il modo in cui Ellie ha apostrofato Bobby, perché è solo una persona buona che li ha presi a cuore e sono tutto meno che parenti, ma deve trattenersi – e Janis passa lo sguardo da lei a Dean a intermittenza, posandolo più spesso su di lui. Con la coda dell’occhio la vede ingoiare il boccone, probabilmente per prepararsi a fare ciò che Dean si aspettava facesse da un momento all’altro: cominciare con le domande. «Quindi… lavorate insieme?» Ellie annuisce nella sua direzione, le labbra tirate in un sorriso. Janis ha la bocca sporca di zucchero a velo, in faccia l’espressione più buffa del mondo. «Fico! E viaggi ancora con quella Volvo scassata?» Dean la guarda per un attimo e proprio non ce la fa a rimanere serio; scoppia in un risata fragorosa e lo sguardo di Ellie si sposta da lui a Janis che a guardarlo ridere – la bocca aperta e quel suono gioioso che si espande nella stanza – sorride a sua volta «Era un catorcio, non è così? Io glielo dicevo sempre».
Ellie guarda storto entrambi «Che stronzi».
Janis stringe le spalle e sorride furba «È la verità».
David fa lo stesso «Veramente mi sembra di aver visto un’altra macchina fuori… una nera» ed è Ellie a rispondere «Sì, è di Dean. Siamo venuti con la sua».
«Effettivamente mi sembrava messa un po’ meglio di quella che avevi tu. Senza offesa, eh» Ellie fa un finto broncio, come a dire ti prego non ti ci mettere anche tu e David le fa l’occhiolino. Chiaramente la sta prendendo in giro.
 
Parlano ancora un po’, della signora che è venuta a mancare e del programma per la giornata. «Pensavo che potremmo fare il dolce adesso, poi andare da Molly dopo pranzo visto che è possibile accedere alla veglia per tutto il giorno e stasera… boh, possiamo cucinare qualcosa e stare qui. Che dite?»
Sia lui che Ellie annuiscono. «Il funerale è domattina?»
«No, domani pomeriggio».
Ellie stringe le labbra in una linea sottile «Allora domattina possiamo andare a fare un giro» e si volta verso Dean «Così ti faccio vedere Buckley».
«Uuh, questa grande metropoli» Janis si alza e sorride nella direzione di Dean, facendogli l’occhiolino «Per me va bene, ma credo che dovrò abbandonarvi… ho già preso il pomeriggio di domani per il funerale. Domattina dovrò lavorare. Il lunedì [4] dovrei fare tutta la giornata, è già un miracolo che mi abbiano sostituito».
Ellie si alza in piedi e la aiuta a sistemare i piatti sporchi e a rimettere i bignè avanzati in frigo «Ok, allora andremo da soli. Hai preso tutto per fare il dolce?»
Janis annuisce e Dean continua ad osservarle curioso, attirato dalla loro complicità. Si vede che hanno molta confidenza, che c’è un feeling, un legame che nonostante la lontananza non si è spezzato.
Così, decide di dargli del tempo per parlarsi un po’ da sole – Janis, sicuramente, per come gliel’ha descritta Ellie, vorrà saperne di più di loro – e invita David a vedere l’Impala. Il ragazzo accetta di buon grado – forse proprio per lo stesso motivo, per dare spazio alle ragazze e lasciarle chiacchierare in pace – ed Ellie li guarda alzarsi entrambi.
Dean fa il giro del tavolino per andarle vicino «Faccio vedere l’Impala a David poi chiamo Sammy per dirgli che siamo arrivati».
 
Lei gli sorride e lo guarda uscire insieme al ragazzo di Janis che, vedendoli allontanarsi, la affianca. «Sammy? Ha un fratellino piccolo?»
Ellie la guarda e l’ingenuità con cui ha posto quella domanda la fa sorridere divertita «Veramente ha la mia età, ma lo chiama così da quando erano bambini» Janis alza le sopracciglia e quell’espressione – un misto tra incredulità e divertimento – la fa sorridere. Poi, però, le dà una botta su un braccio ed Ellie aggrotta la fronte, guardandola di traverso. «Adesso che ho fatto?»
Gli occhi di Janis sono grandi e il suo sguardo deciso «Ancora me lo chiedi? Ti fai scopare da uno così e non mi dici niente?»
Ellie allarga gli occhi «Janis!»
«Perché, non scopate?» Ellie non risponde, ma sa già che le si legge in faccia, visto che sente il viso caldissimo «Ecco, bene. Un tale ben di Dio non va lasciato ad ammuffire per la vecchiaia».

Arriccia il naso e sospira scuotendo la testa «Va beh, mi fai fare questo dolce o no?»
Janis sorride sorniona passandole una ciotola pulita dove poter montare la panna. Si mette seduta su uno sgabello, il braccio destro piegato sul bancone e il pugno chiuso a sostenere la testa «Sì, pupa. Ma mentre lo fai mi racconti ogni cosa».
 
Ellie versa il cartoncino contenente la panna nel recipiente di plastica, fa un grosso sospiro e alza gli occhi sull’amica che le siede di fronte.
Le racconta la storia dal principio: le parla della loro amicizia – e Janis già la sfotte perché non gli è saltata addosso fin da subito –, di quel bacio ubriaco e la confusione che ne è derivata dopo; della notte insieme seguita da quel malinteso che l’ha riportata da suo padre e poi qui, a Buckley. Le parla anche del loro riavvicinamento, dei mesi che ha passato con papà lontana da Dean e del loro sentirsi al telefono, di quello che ha fatto per lei quando papà è morto, di quanto le è stato accanto, riuscendo a sciogliere tutte le sue riserve e facendo sì che si lasciasse andare di nuovo, che cedesse.
Janis ascolta il racconto con un sorriso divertito sul volto, qualcosa che, nel suo linguaggio, significa contentezza ed Ellie quasi si pente di aver aspettato tanto per parlarle di Dean, ma non può farci niente: non voleva spiegarle queste cose per telefono. E non poteva farlo nemmeno l’ultima volta che è venuta qui, quando aveva appena chiarito con Dean ma non aveva la più pallida idea di che piega avrebbe preso la loro relazione.
 
Janis la conosce e sa che non le piace appendere i manifesti quando le succedono le cose, perciò non è arrabbiata davvero. E lo dimostra il fatto che non ha aspettato nemmeno di assaggiare il dolce per sorriderle e ascoltarla.
Alla fine del racconto si lecca le labbra «Quindi da quant’è che state insieme davvero
Ellie continua a mescolare la cioccolata fusa «Quasi due mesi, ma ci conosciamo da… » si ferma e ci riflette un attimo, poi riprende a girare il cucchiaio «Due anni e mezzo. Più o meno».
Janis sorride maliziosa «Ecco perché hai mandato in bianco quel tipo che ti girava intorno quand’eri qui. Avevi in testa qualcun altro».
Ellie stringe le spalle «Quello era un idiota a prescindere».
«È vero, ma inizialmente non volevi neanche dargli una mezza possibilità!» sorride, forse al pensiero di quanto ha insistito senza sapere che non aveva nessuna opportunità di convincerla fino in fondo «Va beh, l’importante è che adesso stai bene. È così, no?» Ellie annuisce decisa «Ecco, è quello che conta di più. A parte il fatto che fate una vita… »
«Da vagabondi, sì».
«Non ti pesa mai?»
Ellie fa di nuovo spallucce; decide di essere sincera, nonostante la necessità di omettere i dettagli “soprannaturali”. «A volte… ma sono stata fortunata ad aver trovato una persona che fa il mio stesso lavoro. Altrimenti sarebbe stato un problema».
«Senza dubbio» Janis allunga il gomito sul bancone «Sembra un bravo ragazzo, comunque».
«Lo è».
«Anche se ha l’aria da mascalzone».
Ellie ride «Un po’ lo è. Ma più di tutto gli piace sembrarlo».
Anche Janis sorride «Per aver aspettato così tanto di starci insieme deve piacerti parecchio». Ellie si sente arrossire di nuovo; tiene la testa bassa e stringe le spalle. Non le piace mettere in piazza i suoi sentimenti, ma Janis la conosce bene e, sicuramente, le legge in faccia l’attaccamento verso Dean. A maggior ragione ora che sa tutta la storia. «Immagino sia stato con altre ragazze».
«Anche troppe» Janis sorride «Niente di serio con nessuna, però… ci andava solo a letto» e allarga gli occhi «Oh, beh, la cosa non mi stupisce troppo. Si vede che sa il fatto suo» Ellie non risponde «La cosa ti dà fastidio?»
Stringe ancora le spalle, spostando un ciuffetto di capelli dietro le orecchie «Lo faceva prima di stare con me. Spero non lo faccia adesso».
«Se ti guarda sempre come faceva prima, non avrei alcun dubbio a riguardo» Janis sorride sorniona «Sembra molto preso. Nemmeno Ben ti guardava in quel modo».
 
Ellie le volta le spalle, apre una delle ante e ne tira fuori un’altra ciotola.
Non le piace parlare di Ben con Janis, perché lei ha un’idea ed Ellie tutta un’altra e sa già che arriverà una discussione che non vuole affrontare.
Ben e Janis erano amici. Andavano nella stessa classe prima che lei venisse bocciata ed era una delle poche persone con cui andava d’accordo. L’ha aiutato ad avvicinare Ellie quando gli piaceva ed è stata contenta quando si sono messi insieme, perché li considerava… compatibili, in un certo senso. Ha sempre rispettato le scelte di Ellie, però, perciò non ha mai detto nulla quando si sono lasciati – anzi, quando lei l’ha lasciato – ed è l’unica con cui Ellie ne abbia parlato davvero. Non riusciva a svicolare le sue domande.
 
Si volta per poggiare la terrina sul tavolo e riprendere a cucinare; tiene la testa bassa, ma sente gli occhi della sua amica addosso «L’ho rivisto, sai?» a quelle parole, Ellie alza lo sguardo «Ben. È tornato qualche mese fa, per Natale».
Sorride mesta, abbassando nuovamente gli occhi verso la ciotola ripiena di cioccolata. «Non me l’avevi detto».
«Non era importante».
«Lo è adesso?» si rende conto di aver alzato un po’ il tono della voce, perciò ispira forte e si prende una pausa prima di rispondere nuovamente. «Sta bene?»
«Sì. Era tornato a trovare i suoi». Ellie annuisce, un gesto molto meccanico «Perché questa cosa ti innervosisce tanto? Voglio dire… Dean lo sa? Che—»
Ellie espira aria dal naso «Sa che Ben esiste. E che l’ho lasciato quando la mamma ha cominciato a stare male».
Janis la fissa con una smorfia delusa «Andiamo, Ellie… è passato».
 
Non le piace mai quando la chiama Ellie, perché è l’unica persona che usa soprannomi diversi. Quando lo fa, vuol dire che vuole rimproverarla per qualcosa.
 
«Lo so, ma io… io non voglio parlarne» aggiunge le uova e lo zucchero per poi sbatterle insieme «L’ho fatto soffrire, è stato… è stato un calvario per me uscire da quella relazione. Dio solo sa quante volte mi ha chiesto di rimetterci insieme, quante volte mi ha pregato di dargli un’altra possibilità. Adesso è una cosa che voglio tenere per me» prende il latte e l’olio e li versa nella terrina «Dean non ha mai insistito. Vuol dire che non gli interessa».
«È qui che ti sbagli, tesoro» Ellie la guarda nuovamente; Janis le sorride furba «Sembra che agli uomini non importi nulla di quello che hai fatto prima di conoscerli, ma la verità è che sono più pettegoli di noi donne. E scommetto che, se tu decidessi di parlargli di come sono andate le cose con Ben, di certo non si tirerebbe indietro dall’ascoltarti».
«Non ho detto questo. Dico solo che se lui non mi forza non vedo perché dovrei dirglielo».
Janis sorride comprensiva «Perché è una sciocchezza e non ha senso nascondergliela» allarga il sorriso, allungandosi verso di lei che rimane un po’ ferma a guardarla «Senti, io ti conosco e lo so che se non mi hai parlato prima di questo Dean è perché ci tieni davvero. Se ti sei imbarcata in una relazione seria come penso, è giusto che lui sappia cosa ti è successo prima di conoscerlo. Non deve esserne geloso, ma gli servirebbe per capire meglio le cose, perché sei in un certo modo con lui» si zittisce, guardandola negli occhi con un sorriso luminoso. «Pensaci su».
Ellie fa spallucce; aggiunge farina, cacao e lievito al suo composto e continua a mescolare. [5] Sorride sghemba «Da quando sei diventata dispensatrice di consigli amorosi?»
Janis si tira su dritta con la schiena e le fa una smorfia «Da quando non ci sei più tu a darmene» sorride mesta, ma dura solo un attimo «E devo tenermeli stretti anche per me! Dovrò pur trovare un modo per sopravvivere con quel disgraziato!»
 
Ellie ride sonoramente e Janis con lei.
Si fa raccontare della sua vita qui, di come procede la sua storia con David che va a gonfie vele e quindi si lamenta a vanvera – come fa spesso, perché le piace stuzzicare quel santo che la sopporta – ed è tremendamente piacevole passare del tempo con lei. Lo è sempre ed Ellie non se ne era resa conto, presa dalla frenesia della sua vita di cacciatrice, ma non le ci vuole molto a realizzare quanto le era mancato stare insieme alla sua amica di sempre.
 
*
 
La giornata è volata via velocemente. Dean ha portato David a fare un giro con l’Impala, così da fargliela vedere e dare un po’ di spazio alle ragazze che, dopo tanti mesi lontane, avevano bisogno di chiacchierare un po’ dei fatti loro. Quando sono tornati, infatti, erano entrambe più rilassate, segno che il tempo insieme gli ha fatto bene.
 
Hanno pranzato a casa; ha cucinato Ellie – e per questo lei e Janis hanno un po’ discusso, perché ogni volta che vieni a casa mia non mi fai far niente e mi fai dubitare di saper cucinare! –, ma in fondo lo sa anche lei che è fatta così e che è più dura del legno: se si mette in testa che vuole fare pranzo e cena per sdebitarsi dell’ospitalità ricevuta, non c’è nessuno che possa farle cambiare idea. Anzi, Dean è stato lieto di constatare che neanche Janis ha questo potere.
 
Dopo pranzo – composto di un’abbondante Ceasar salad –, nel pomeriggio si sono recati alla veglia della “signora dei gelati”, il cui vero nome era Molly Brown. I familiari – i due figli, perché da qualche anno era rimasta vedova – hanno allestito la veglia nella casa che era della signora: hanno riempito l’intero salone – quasi tutto in legno, con il parquet scuro e i mobili dello stesso colore – di fiori e al centro hanno posizionato la bara aperta. La donna – che portava discretamente bene i suoi anni – era vestita con un abito a fiori – che Ellie ha detto essere la cosa che preferiva di più dopo i gelati – e giaceva con un’espressione serena in quel feretro di legno chiaro, come se fosse in pace con la sua nuova condizione. I figli – due maschi di una quarantina d’anni, più o meno – non sembravano dello stesso avviso: erano a dir poco distrutti. 
 
Hanno incontrato un sacco di persone e la maggior parte – tranne un paio di scorbutici coniugi che si sono limitati a salutare con uno striminzitissimo buon pomeriggio – ha salutato Ellie con entusiasmo. Molti le hanno chiesto come le vanno le cose e come mai manca da Buckley da così tanto e lei ha risposto a tutti con un sorriso e un’invidiabile pacatezza. È stata gentile con tutti e alcuni – forse i più pettegoli – hanno avuto l’audacia di chiederle chi fosse Dean ed Ellie non si è tirata indietro neanche allora, presentandolo velocemente come il suo fidanzato, una dicitura che gli avrebbe fatto venire la pelle d’oca fino a qualche tempo fa e con cui ancora fa un po’ a cazzotti, ma molto meno di prima.
 
Dopo la veglia – a cui sono andati con l’Impala che anche Janis ha apprezzato, rendendo Dean orgoglioso come sempre –, sono passati a prendere il gelato per stasera e poi sono tornati a casa di Janis. Le ragazze si sono messe a cucinare per cena mentre lui e David, in attesa dell’ora di cuocere un po’ di carne sulla brace, si sono messi a giocare alla Playstation.
Dean non l’aveva mai fatto in vita sua e l’ha trovato molto divertente, nonostante i brontolii di Janis che continuava a dire a David di smetterla perché lo stava traviando. Chiaramente la sua era una presa in giro verso il suo ragazzo e la cosa ha fatto ridere sia lui che Ellie.
Hanno giocato per un po’ con un gioco di macchine da scontro e, nel frattempo, lui e David hanno fatto due chiacchiere. È un bravo ragazzo: si impegna molto nel suo lavoro e, da come parla, sembra avere anche intenzioni molto serie con Janis che, nonostante sia un po’ la brontolona della coppia, si vede che gli vuole molto bene. Ad esempio, David gli ha confessato che rompe tanto le scatole perché gioca alla Playstation, ma in realtà tiene la TV in casa solo per farcelo giocare.
 
Dopo aver cotto delle belle bistecche – cottura alla quale Dean ha assistito più che partecipato, perché ha voluto fare tutto David – si sono messi tutti e quattro a tavola: Dean ed Ellie uno accanto all’altra e, di fronte, Janis e David. Per “antipasto”, Ellie aveva anche preparato una specie di pizza con pasta sfoglia ripiena di zucchine, mozzarella e pomodori, anche questi comprati al volo al supermercato. Era davvero buona e sfiziosa e Dean, per farle onore, ne ha prese tre fette. Poi è stato il turno della carne – anch’essa buonissima e ancora di più se insaporita con le solite salsine che prepara Ellie quando cuoce le bistecche – e anche il dolce è andato a ruba.
 
Sono ancora a tavola, a chiacchierare. David tiene il braccio sinistro attorno alla schiena di Janis che si lascia coccolare mentre sorride a ciò che Ellie le sta dicendo. Stanno ricordando degli aneddoti sulla signora dei gelati.
«E ti ricordi quella volta che le ho chiesto il gelato al lampone fritto?»
Ellie ride, la testa all’indietro; è così bella stasera e lo è perché è spensierata, tranquilla e assolutamente serena. Si vede che non ha un pensiero in testa e Dean è contento che questa rimpatriata con i suoi amici le faccia questo effetto. Ha legato i capelli in una treccia di lato e indossa un paio di pantaloncini corti di jeans e una canotta arancione semplicissima, eppure è bella da togliere il fiato.
Quando si riprende, lo guarda, le labbra ancora curvate in un sorriso divertito «La signora Molly scherzava sempre. Se ti incontrava per strada diceva sempre qualcosa che faceva ridere, ma quando faceva il suo lavoro non voleva dispetti. Invece Janis glielo faceva apposta e chiedeva i gusti più strani».
«Sì e… e ti ricordi quella volta che ci ha provato anche tua madre? Molly stava per mandarla a quel paese!» Ellie ride ancora e annuisce «Dio mio, quella donna era una forza della natura. Il lunedì diventava il mio giorno preferito quando venivo a cena da te».
«Mi ricordo!» il suo sguardo – luminoso, tremendamente luminoso – passa da lui a David continuamente «Quando avevamo le verifiche o dovevamo studiare, Janis veniva da me. Era il giorno che la mamma teneva chiuso il locale e la invitavamo a cena».
«Sì, faceva gli hamburger più buoni del mondo! Non credo di aver mai mangiato bene come a casa tua» sorride «Era una donna speciale».
 
Ellie sorride e annuisce ancora. Non dice altro, però, e il discorso muore lì. Dopo qualche minuto, si alza «Ti aiuto a sparecchiare, poi se vuoi—» ma non riesce a concludere che David la guarda storto «Dovevamo giocare a Domino!»
Lo dice con un tono da bambino a cui è stata appena tolta una caramella che fa scoppiare a ridere le ragazze. Ellie gli si avvicina quando riesce a smettere «Va bene, allora intanto facciamo una partita poi aiuto Janis».
Dean decide di intervenire «Posso aiutarla io» ed Ellie gli sorride prima di abbassarsi verso di lui e stampargli un bacio sulla guancia. È il suo modo di dirgli grazie.
 
Anche David si alza e insieme si dirigono all’interno della casa. Dean punta gli occhi su Janis che gli sorride appena «Prima ho bisogno di una sigaretta» e si alza, entra per qualche istante e raggiunge l’ingresso per poi tornare verso di lui e sedersi nuovamente con un pacchetto e un accendino giallo in mano. «Ne vuoi una?»
«No grazie, non fumo».
Lei stringe le spalle «Buon per te» prende una sigaretta dal pacchetto, la mette in bocca e vi avvicina l’accendino per accenderla «Io non riesco a smettere» fa un lungo tiro e lo osserva un po’, un sorriso furbo dipinto sul volto e la sigaretta tra l’indice e il medio della mano destra. Sposta lo sguardo verso l’interno per un misero istante prima di concentrarsi nuovamente su di lui «Non la vedevo così serena da prima che si ammalasse sua madre».
A quelle parole Dean si volta, anche se comprende perfettamente cosa Janis sta cercando di dirgli. Trova Ellie seduta di fronte a David mentre gli sorride, intenta a fare una mossa probabilmente vincente, a giudicare da come lo fa. Sembra una bambina contenta. Dean sorride a sua volta di fronte a quell’immagine, una piega praticamente accennata delle labbra, poi si volta nuovamente e guarda Janis negli occhi. «Beh, non è tutta opera mia, se è quello che stai pensando. Ha una grande forza di volontà, si è… si è praticamente rialzata da sola».
«Oh, di questo ne sono sicura, ma se qualcuno le ha teso la mano per aiutarla c’è da elogiarlo».
Gli sorride ancora, portando nuovamente la sigaretta alla bocca, e Dean si sente un po’ in imbarazzo sotto quello sguardo attento e pieno di ammirazione. Stringe le spalle «Ho cercato di fare del mio meglio».
Janis sbuffa una nuvoletta grigia dal naso mentre lo guarda ancora «Quella di suo padre è stata una bella batosta».
Dean sorride amaro «Altroché».
«Tu lo conoscevi bene, immagino… vero?» Dean annuisce «Perché a me ha sempre dato l’impressione che fosse uno stronzo». Era anche peggio di così, ma questa riflessione Dean se la tiene per sé. «Lei l’ha sempre avuto tanto a cuore, invece. Io l’ho visto solo quando sua madre è venuta a mancare… ma ciò che mi ha sempre stupito è che lei non ne parlava mai male. Nemmeno quando l’ha mandata via ed è venuta qui ha mai osato proferire una parola di traverso su di lui quando, secondo me, probabilmente qualcuna se ne sarebbe meritata» fa un altro tiro alla sigaretta e sputa il fumo velocemente prima di acciaccarla nel posacenere «Già non le aveva dato la sicurezza di un tetto sulla testa, perlomeno avrebbe potuto tenerla con lui, non mandarla via per uno stupido litigio di cui so poco e niente e francamente neanche m’interessa di conoscere i dettagli» il suo tono è arrabbiato e Dean la capisce: anche lui si è incazzato tanto con quella testa di cazzo di Jim, ma non è servito a molto, tanto meno a convincere Ellie che fosse tale. «Non si è preoccupato minimamente di dove andasse. Se ci fosse stata sua madre… Dio, l’ho pensata così tanto quando è stata qui» sorride mesta, forse al ricordo della mamma di Ellie «Sarah si è fatta in quattro per crescere Elisabeth da sola. Era una donna forte, era… era un vulcano sempre in piena eruzione. Le ha insegnato un’educazione ferrea oltre che un immenso spirito di sacrificio, ma ha cercato di non farle mai mancare nulla, tantomeno l’affetto. El era tutta la sua vita, era la sua principessa» sorride ancora, gli occhi appena lucidi «Quando era qui, invece, le mancava sempre qualcosa. Non aveva neanche l’accappatoio per farsi la doccia. Tante volte mi sono chiesta cosa avrebbe detto Sarah se l’avesse vista in quelle condizioni».
 
A quelle parole, Dean aggrotta la fronte e la guarda strano; non è il dettaglio dell’accappatoio ad averlo incuriosito – Ellie non ce l’ha ancora adesso e nemmeno lui; è troppo ingombrante –, ma piuttosto che Janis abbia detto che è stata qui. Se ci pensa solo un istante, ha senso: Ellie gli ha detto di aver preso un appartamento in affitto nei mesi che ha trascorso qui a Buckley, ma forse all’inizio aveva bisogno di un appoggio e si è fermata qui. Spiegherebbe, tra le altre cose, perché conosce perfettamente la collocazione di ogni utensile della cucina. Ci sarà stata un sacco di volte, per carità, ma non avrebbe imparato così bene se non avesse vissuto qua dentro.
 
Non nasconde la sua sorpresa «È stata… è stata qui?»
Janis lo guarda perplessa «Sì… per un paio di mesi» aggrotta la fronte «Non lo sapevi?» e Dean scuote la testa, un po’ amareggiato. Certo, nel periodo che Ellie ha passato qui loro due non si parlavano, ma dopo ne hanno discusso qualche volta, anche recentemente, e… beh, poteva dirglielo. Perché omette sempre dei dettagli? Lo trova… snervante. Janis lo guarda comprensiva «Pensavo di sì, ma… non è così rilevante. In fondo, ormai devi aver capito che Elisabeth tende sempre a tenere per sé le cose molto belle o molto brutte. Infatti di te non sapevo nulla» gli sorride appena «Mentre credo che trasferirsi qui sia stato un duro colpo all’inizio per lei. Non tanto per me, che l’ho accolta volentieri nonostante avessimo passato anni senza vederci o sentirci e, se dovesse ricapitare domani, la ospiterei di nuovo, ma per lei… era come se stesse rinunciando alla sua indipendenza. Non so spiegarti, ma non appena ha potuto se n’è andata, perciò… sì, tutto mi porta a questa conclusione».
 
Dean stringe le spalle, non sapendo bene cosa rispondere.
 
Dopo un paio d’ore si ritrova sdraiato a pancia in su sul divano dell’ingresso. Fissa il soffitto bianco mentre Ellie, sdraiata al suo fianco, gli parla con entusiasmo, raccontandogli di come, su tre partite a Domino, ha battuto David una volta sola perché lui è molto bravo e trova sempre un modo per fregarla. Dean, però, non riesce a condividere la sua esaltazione.
Lo stringe forte, il braccio sinistro che gli circonda la vita «Non vedo l’ora di farti vedere Buckley domani. E sicuramente al funerale incontreremo un sacco di persone che non ti ho ancora presentato e mi chiederanno di te… certo, non è l’occasione migliore, ma devo accontentarmi» fa una piccola pausa e Dean sente i suoi occhi addosso, nonostante non si volti a guardarla. «Mi stai ascoltando?» Dean si gira nella sua direzione e annuisce, ma è distratto ed Ellie se ne accorge a giudicare da come lo osserva, la fronte aggrottata e un’espressione perplessa dipinta sul viso. «Che c’è?»
Dean inspira aria dal naso e la scruta a fondo. Non ce la fa a tenersi questa storia per sé «Perché non mi hai detto che hai vissuto qui per un po’?» Ellie lo guarda strano «Prima di prendere l’appartamento da sola» poi stringe le spalle, gli occhi bassi «Non mi sembrava importante».
«Invece sì. Perché mi… perché c’è sempre qualcosa che non mi dici?»
Ellie sbuffa appena «Non sapevo da chi andare, volevo solo tornare qui e… e Janis era l’unica persona a cui potevo rivolgermi, fine della storia» tira su col naso prima di abbassare un po’ il tono «Non… non c’è molto altro da aggiungere, davvero. Non avevo i soldi per prendere un appartamento in affitto e Janis mi ha dato una mano. Avrebbe fatto anche di più se l’avessi lasciata fare, ma… ma avevo già disturbato troppo. Tutto qui».
 
Dean annuisce, un po’ sconsolato. Sa che non può fare più niente in merito, ma pensa a quel periodo sempre con molta tristezza. E non solo perché stava da schifo e nemmeno scoparsi qualsiasi ragazza respirasse gli aveva fatto dimenticare Ellie, ma ciò non gli impediva di chiedersi costantemente dove fosse e se stesse bene. Sapere che non se la cavava splendidamente come una parte di lui sperava – nonostante fosse tremendamente suscettibile al pensiero che qualcun altro avesse preso il suo posto e che la trattasse molto meglio di come aveva fatto lui – non lo fa sentire meglio.
 
Ellie appoggia la testa sul suo petto, stringendo appena più forte il tessuto della sua maglietta grigia. Sospira appena, come a volersi fare forza per dirgli qualcosa.
«Lo so che non è stato un bel momento per nessuno dei due, ma… ma non devi fartene una colpa. Abbiamo sbagliato entrambi, avremmo dovuto… anzi, io avrei dovuto cercare di chiarire diversamente» fa una pausa, stringendo di più la sua maglietta «Quando sono venuta qui, avevo litigato da poco con papà. Ero confusa e non capivo se stavo facendo la cosa giusta, se tornare a Buckley fosse la soluzione, ma mi sembrava di non avere alternative» prende un attimo fiato «Janis è stata attenta con me, fin troppo, e siamo state molto bene, ma… ma ogni sera, prima di addormentarmi su questo divano, fissavo il soffitto e speravo che tu stessi bene. Chiedevo solo questo: che dovunque tu fossi, tu stessi bene».

Dean la stringe un po’ più forte, le labbra strette tra i denti. «Ti giuro che se potessi tornare indietro—»
Ellie alza gli occhi di scatto «Lo so, ma ormai è passato, è… è tutto a posto» gli stringe di più la vita con il braccio sinistro «Sono stata una stupida a non darti il tempo di spiegarmi, l’ho capito troppo tardi e ne ho pagato lo scotto. Adesso sei qui e non voglio pensare più a quel periodo di merda».
 
Dean le posa un bacio sulla testa prima di zittirsi, comprendendo che non ha più voglia di parlare di quel particolare momento della sua vita, ma neanche di parlare in generale, perché presto sente il suo respiro calmarsi e regolarizzarsi. Alza la testa per osservarla e, come aveva immaginato, la trova addormentata e approfitta per chiudere gli occhi e tentare di fare lo stesso. La scorsa notte è stata lunga e ha guidato un sacco; ha decisamente bisogno di riposarsi.
 
Quando Dean riapre gli occhi è già mattina e non può fare a meno di chiedersi da quanto non faceva un sonno così lungo. Probabilmente da un bel po’.
Il divano di Janis non è il massimo della comodità, ma è decisamente meglio di quello di Bobby che è un po’ più stretto e cigolante.
Stringe le palpebre e fa per stirare le gambe, ma non riesce perché sente un peso su di esse che glielo impedisce. Alza appena la testa e riapre un pelo gli occhi per verificare cosa c’è di strano, ma quello che vede glieli fa spalancare: proprio sopra ai suoi piedi, acciambellato comodamente, c’è il gatto di Ellie. Nel caso in cui se ne fosse accorto prima, Dean l’avrebbe sicuramente scacciato via, ma ora sta lì, raggomitolato su se stesso e tranquillo, il muso rivolto verso di lui. Russa beato e Dean non può fare a meno di starnutire, facendo ridere Ellie che evidentemente non dormiva affatto e ha visto bene di godersi la scena mentre aspettava che si svegliasse.
Dean si passa una mano sugli occhi «Non potevi mandarlo via?» e, al sentirla ridere più forte, non ha più dubbi: l’ha decisamente lasciato lì apposta.
 
*
 
Poco prima di varcare il cancello del cimitero di Buckley, Dean realizza che accompagnare Ellie qui è stata davvero un’ottima idea. E non tanto perché ha finalmente visto con i suoi occhi il posto nel quale ha vissuto tanto a lungo, ma proprio perché l’ha resa contenta.
Dean glielo legge negli occhi: per tutto il tempo – soprattutto stamattina, quando sono stati da soli e hanno visitato la cittadina insieme – le brillavano dalla contentezza e non c’era bisogno di chiedere per sapere quale fosse il motivo. E Dean, senza dubbio, è stato felice di averla accompagnata se è questo l’effetto ottenuto.
 
Il suo umore, comunque, è mutato velocemente quando si è cambiata per andare al funerale, così come quello di Janis che invece, negli altri momenti, è sempre stata gioviale. Si vede che entrambe erano attaccate alla figura di quella che Dean immagina come una signora con i capelli raccolti, fintamente bacchettona ma in realtà scherzosa e allegra e capisce il loro dispiacere per ciò che le è successo. 
 
Hanno salutato Janis e David non appena il funerale è terminato; entrambi dovevano tornare al proprio turno di lavoro e non hanno potuto trattenersi più a lungo.
Janis si è detta felice di aver passato del tempo con loro e di aver conosciuto Dean che, dal canto suo, non può che dire la stessa cosa. Gli ha dato l’impressione di essere una ragazza indipendente e fiera, ma molto attaccata al fidanzato; di meno alla famiglia che, invece, non ha nominato mai. Ellie gli ha raccontato che non ha un ottimo rapporto con sua madre e questo è uno dei motivi per cui se n’è andata di casa non appena ne ha avuto la possibilità. 
 
Hanno passato dei bei momenti tutti insieme e a Dean farebbe piacere tornare, un giorno, ma adesso è arrivato il momento di fare ritorno alla vita di sempre.
Anche Ellie lo sa e gli stringe la mano più forte mentre gli cammina a fianco, diretta verso un punto preciso all’interno del cimitero.
Dean immaginava che sarebbero finiti qui, ad un certo punto, perché era una tappa imprescindibile.
 
Ellie si muove velocemente, con un passo più affrettato del solito – qualcosa di invisibile agli occhi di chi non la conosce molto, ma che a lui non sfugge di certo –, come se avesse urgenza di arrivare a destinazione il prima possibile. Si ferma solamente di fronte a quella pietra semplice, con le scritte in argento e quella fotografia colorata che spicca al centro. Dean, di riflesso, stringe la sua mano più forte e la guarda: gli occhi di Ellie sono fissi su quella figura sorridente con i capelli biondi e un vestito azzurro di cui lui ha già visto delle fotografie nel suo quaderno dei ricordi.
La vede sorridere appena «Ciao mamma».
Si separa dalla presa di Dean e si abbassa per lasciarle un paio di gerbere gialle che ha comprato al botteghino dei fiori piazzato di fronte all’entrata del cimitero. Si accuccia lì davanti e Dean si sente di troppo e non solo perché, da quando è qui, non lo considera più, ma perché comprende che è un momento troppo intimo per lei, così tanto che decide di lasciarla da sola.
 
Allunga una mano per stringerle una spalla e lei volta la testa di scatto, come non si aspettasse di essere interrotta bruscamente dal fare chissà cosa. Le sorride appena «Ti aspetto all’entrata» e lei fatica per qualche istante a comprendere – gli occhi così persi e lucidi –, ma poi annuisce e torna a guardare la fotografia della sua mamma, sedendosi meglio a terra così vicino alla lapide che Dean si sente stringere lo stomaco per quanta tenerezza gli provoca vederla così.
 
Si allontana in silenzio, le mani nelle tasche dei jeans, e riflette che, in realtà, era strana già da questa mattina, da quando hanno fatto il giro dell’accogliente cittadina che a lungo è stata la sua casa. Il suo sorriso era mesto quando gli ha mostrato i posti che frequentava di più, la scuola che odiava, l’edificio dove sua mamma aveva la tavola calda, la vecchia casa dove vivevano insieme e l’appartamento dove ha passato quei mesi di vento e burrasca con lui e con suo padre. Era strana già in quei momenti, ma Dean non ci aveva badato troppo, pensando che si trattasse di un po’ di nostalgia e godendo invece della sua compagnia e del fatto che gli stava mostrando un pezzetto del suo passato, qualcosa che Ellie espone sempre di rado anche a lui con cui condivide praticamente tutto. Forse era quello ad accenderle lo sguardo: l’idea che, finalmente, anche lui potesse vedere dov’era stata per tanto tempo, non l’idea di tornarci.
 
La vede ricomparire a passo lento dopo quasi dieci minuti e l’avrebbe aspettata anche per più tempo se ne avesse avuto bisogno. Si stringe nelle braccia come se avesse freddo, gli occhi bassi finché non lo raggiunge. Poi gli si avvicina e lo guarda, gli occhi così lucidi da fargli dubitare che abbia pianto. Dean rilascia le spalle e non fa in tempo a muoversi che Ellie gli butta le braccia al collo, sollevandosi appena sulle punte dei piedi per farlo bene. Dean la prende per i fianchi e la guarda mentre Ellie punta il mento sul suo petto e lo osserva attentamente. Sembra una bambina che sta per chiedere qualcosa che soddisfi un suo capriccio ai genitori, ma i suoi occhi sono molto più tristi.
Sorride mesta e lo guarda «Portami via da qui» e Dean annuisce, sorridendole appena.
Ellie lo lascia andare e Dean le circonda le spalle con un braccio, incamminandosi verso l’uscita e mentre percorrono insieme quel viale di terra e ghiaia sa che, al contrario di come credeva, è ancora presto per tornare alla vita di sempre. Per una volta, la caccia e tutto ciò che li coinvolge possono ancora aspettare.  

 

[1] Quella riassunta brevemente è la trama dell’episodio 1x16 “Shadows”. Alla fine, al contrario di quanto detto qui, torna a fare un saluto ai suoi ragazzi John Winchester, venuto per salvarli da quella psicopatica di Meg e dai suoi Daeva. In questa storia, però, ho deciso di cambiare quell’elemento, per riassumere brevemente ciò che era successo nell’episodio e non analizzarlo dettagliatamente e, soprattutto, consentire lo sviluppo di eventi successivi.
[2] L’insegna esiste sul serio.
[3] Nell’episodio 8x15 “Man’s best friend with benefit” scopriamo che Dean è allergico al pelo dei gatti.
[4] Nel “mio” calendario per questa storia, ho immaginato che il 13 agosto – data della partenza di Dean ed Ellie da Sioux Falls – venisse di sabato, così che il giorno seguente potessero passarlo interamente con Janis e David. Il giorno del funerale della “signora dei gelati”, quindi, cade di lunedì. Nella realtà, invece, il 13 agosto 2006 era una domenica.
[5] Gli ingredienti e la preparazione si riferiscono alla ricetta per la Torta Pinguì – il dolce preferito di Ellie – che ho trovato nel sito “
Ricette della nonna”.

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Capitolo 22
*** Secret garden ***


Note: E a giornata finiiiita… arrivo io! Buonasera/buonanotte! :D
Come sempre, ci tengo a ringraziare tutti coloro che seguono/preferiscono/ricordano questa storia. È davvero molto importante, per me. :) Soprattutto, un grazie infinito a chi commenta: oltre ad arrivare in fondo alla pagina, che è già di per sé una fatica vista la lunghezza dei capitoli, vi mettete d’impegno a dirmi cosa ne pensate dei miei deliri di onnipotenza, e questo mi fa sentire gratificata e appagata. È un grande regalo, per me, e per questo vi ringrazio con tutto il cuore *manda cuori* <3
La scorsa settimana non vi ho detto che il capitolo precedente è uno dei miei preferiti di questa storia. Questo, se possibile, per certi versi lo è ancora di più, quindi… beh, spero che piaccia a voi almeno quanto piace a me.
Vi auguro una buonissima lettura e vi abbraccio fortissimo! A mercoledì prossimo! :***

Capitolo 22: Secret garden
She’ll let you in her house
If you come knockin’ late at night
She’ll let you in her mouth 
If the words you say are right
If you pay the price 
She’ll let you deep inside
But there’s a secret garden she hides (…)

She’ll let you in her heart
If you got a hammer and a vise (…)

 
She’ll lead you down a path
There’ll be tenderness in the air
She’ll let you come just far enough
So you know she’s really there
She’ll look at you and smile
And her eyes will say
She’s got a secret garden
Where everything you want
Where everything you need
Will always stay

A million miles away
 
 (Secret garden – Bruce Springsteen)
 
 
A Dean non è mai interessato del suo compleanno. Da bambino sì, quando c’era la mamma o quando Sammy era diventato abbastanza grande da saltargli addosso e fargli gli auguri nel modo più fastidioso possibile – anche se, a dire la verità, a lui faceva solo piacere, ma non si è mai azzardato a dirglielo. Poi, invece, è cresciuto e ha smesso di ricevere auguri e abbracci stritolatori, perciò preferisce senza dubbio i compleanni degli altri e, soprattutto, rendere speciali quelli delle persone a cui tiene. O perlomeno provarci.
 
È per questo che, da quando sono ripartiti da Buckley ieri pomeriggio, è in viaggio verso una meta sconosciuta per colei che gli siede di fianco. Non che lui abbia proprio un luogo preciso dove andare, ma sa cosa vuole trovare, perciò è diretto verso un punto abbastanza preciso della carta geografica.
Tutto questo perché oggi è il compleanno di Ellie che, seduta accanto a lui con i capelli sciolti e un vestito leggero con lo sfondo bianco tappezzato di fiori colorati, ha gli occhi rivolti fuori dal finestrino da quando sono partiti, intenta a scoprire la meta segreta verso la quale Dean è diretto. Lui, dal canto suo, non ci pensa proprio a dirle nulla. Tanto lo scoprirà tra poco, visto che ormai sono quasi vicini.
 
Gli occhiali da sole sul naso e un sorriso furbo sulle labbra, Dean la osserva con la coda dell’occhio: sembra una bambina curiosa, con le dita aggrappate al finestrino aperto dell’Impala, la testa mezza fuori e i capelli scompigliati dal vento.
La trova tremendamente buffa e un sospiro divertito gli esce dalle labbra, un piccolo rumore di cui lei si accorge e che la costringe a voltarsi, la fronte aggrottata e un’espressione imbronciata sul volto. «Smettila di ridere. Non è divertente».
«Sono d’accordo, per te non lo è».
Sorride ancora ed Ellie gli dà una manata sul braccio destro prima di tornare alla sua posizione precedente, rivolgendo nuovamente tutta la sua attenzione verso il paesaggio.
 
Oggi Dean ha deciso di festeggiare rimandando il ritorno da Bobby per portarla in uno dei posti dove l’ha vista più felice: vicino all’oceano. Ha un gran bisogno di un po’ di spensieratezza e se lo merita, soprattutto dopo tutto quello che ha passato.
È stato un periodo pieno di brutte notizie per lei, perciò non vede cosa ci sia di male a concedersi un giorno di vacanza, soprattutto se si tratta del suo compleanno.
 
Vuole farle una sorpresa, però, per questo ha cercato di prendere tutte strade che non le suggerissero che è il mare la meta finale del viaggio, ma quando finalmente un pezzetto di blu scorge all’orizzonte la vede drizzare la schiena e guardare fuori con più attenzione, come se non riuscisse a credere a ciò che vede, per poi voltarsi un paio di volte verso di lui con un’espressione incredula e un sorriso stupito sulle labbra. Non gli dice nulla, si limita ad avvicinarsi e ad allungarsi verso di lui per stampargli un bacio sulla guancia destra. Dean le sorride di riflesso, divertito dalla sua reazione, conscio del fatto che questo è il suo modo di dirgli grazie. Ha sempre fatto così, glielo ha sempre detto con dei gesti piccoli ma decisamente più significativi di mille parole.
 
Ellie torna a guardare fuori dal finestrino, le mani nuovamente ancorate allo sportello e lo fa finché Dean non parcheggia accanto a una spiaggia nei pressi di Westhaven-Moonstone, una cittadina a nord della California. La giornata sembra calda ed è una fortuna, considerando che solitamente in queste zone è sempre fresco anche in estate. [1]
Scendere più a sud voleva dire andare incontro al caldo ma metterci più tempo e passare più di mezza giornata in macchina, per questo Dean ha optato per questo posto. È il primo dove gli è venuto in mente di fermarsi perché particolarmente vicino al mare, ma se avesse dovuto percorrere altri chilometri lo avrebbe fatto volentieri. Tutto, pur di vedere Ellie sorridere.
 
Aveva smesso di notare quanto fosse forte l’ascendente che ha su di lui, l’idea che potrebbe fare qualsiasi cosa se fosse lei a chiederglielo, ma in realtà sono molte le cose di cui ha deciso di non preoccuparsi più. E, per qualche strana ragione, gli va bene così.
 
Ci tiene particolarmente a festeggiare questa giornata e rendere il suo compleanno un giorno speciale, come due anni fa, quando la serata che hanno passato insieme ha dato una forte scossa al loro rapporto. Ellie glielo ha ricordato ieri sera, quando è scattata la mezzanotte e Dean le ha fatto gli auguri. Gli ha sorriso a mo’ di presa in giro, guardandolo con gli occhi furbi di chi ti sta per fare una battuta strana. Infatti, poco dopo, gli ha chiesto se l’avrebbero dovuto considerare come una specie di anniversario perché, proprio quella sera di due anni prima, si erano scambiati il loro primo bacio. Dean ci aveva già pensato – non è un romanticone e tantomeno un fanatico delle ricorrenze, ma questa è impossibile dimenticarla – e ha riso, ben sapendo che Ellie glielo ha detto apposta per vedere la sua reazione.
 
Una volta scesi dalla macchina la prende per mano e l’espressione di Ellie è quella di una bambina contenta mentre si avvicinano a un botteghino di legno situato accanto alla spiaggia, qualcosa che, a giudicare dalla merce esposta fuori – palloni colorati per giocare sulla sabbia, ciabatte e uno stand pieno di vestiti – somiglia tanto a un negozietto di souvenir e cose utili per stare al mare.
Entrano e trovano quasi subito ciò che fa al caso loro: un paio di costumi e un telo per potersi sdraiare. Quello che scelgono di prendere ha lo sfondo bianco con disegnati sopra dei fiori di pesco; la fantasia non fa impazzire Dean, ma è abbastanza grande per tutti e due ed è ciò che fa la differenza con gli altri, perciò decidono di comprarlo. Sbirciando tra un altro paio di stand trovano anche dei costumi ed Ellie sceglie senza esitazioni, puntandone uno blu molto semplice, con il reggiseno con le spalline strette, il bordo delle coppe contornato da piccoli volant dello stesso colore e le mutandine con dei fiocchi ai lati. Per Dean, prenderebbe un paio di pantaloncini a scacchi blu e verdi, giustificando la sua scelta dicendogli con un sorriso da presa in giro che “con quelli non si discosterebbe troppo dal suo stile abituale”, ma lui sbuffa divertito e, anziché darle retta, opta per qualcosa di molto più tranquillo: un paio in tinta unita rossi, con un laccetto bianco sul davanti che è lì più per bellezza che per stringere davvero.
 
Escono da lì con, oltre al telo e ai costumi, un tubetto di crema solare – a quanto pare Ellie non vuole scottarsi – e un cappello di paglia con un fiocco beige che lei porta in testa; l’ha comprato apposta, perché le piaceva e perché ha le idee più strane che Dean abbia mai sentito, ma l’unica cosa che conta davvero, adesso, è il sorriso che ha sulla faccia, che è uno dei più luminosi che le abbia mai visto fare. È contenta e Dean lo è ancora di più se è riuscito a farle una sorpresa che l’ha resa felice.
 
Si incamminano verso la spiaggia di Moonstone, famosa da queste parti perché è libera, senza alcun stabilimento balneare. È una distesa di sabbia che dà sull’oceano. [2]
Si cambiano nel modo più spartano che conoscano, mettendosi in disparte e reggendosi a vicenda un asciugamano per far sì che nessuno li veda mentre si tolgono i vestiti per infilare dei costumi. Dean, durante quest’operazione, si becca anche una manata per aver cercato di dare una sbirciatina a Ellie che si toglieva il reggiseno.
 
Si incamminano sulla spiaggia subito dopo e la sabbia è rovente sotto i loro piedi, tanto da farli sobbalzare quando stendono il telo a terra e si tolgono le scarpe.
 
La spiaggia è piena di gente; sono già quasi le dieci e, con questa bella giornata in cui il sole è alto e non c’è una nuvola a disturbare il suo cammino nel cielo azzurro, sono in tanti ad aver scelto di passarla qui.
C’è un po’ di tutto: famiglie con bambini più o meno piccoli, un paio di gruppetti di amici e due amiche solitarie che sono stese sui rispettivi teli a prendere il sole.
 
Dean, sdraiato con le gambe incrociate e il busto un po’ sollevato, i gomiti che reggono il peso del suo corpo, osserva Ellie che, in piedi, si mette la crema solare, notando come quel costume le modelli le forme e come sembri seriosa, la fronte aggrottata e un’espressione concentrata mentre se la spalma sulle braccia. Si accorge di essere osservata, dopo un po’, perché lo guarda perplessa. Ha legato i capelli in una treccia e si vede che è un po’ stanca – soprattutto dalle piccole occhiaie che ha sopra gli zigomi –, ma ciò che risalta di più è la luce che emanano i suoi occhi.
«Che c’è?» Dean non le dice nulla e si alza per poi togliersi la maglietta. Non aveva avuto voglia di farlo prima. Ellie lo guarda con una smorfia corrucciata, le labbra strette. «Non metti la crema?» Dean scuote la testa «E se ti scotti?» e fa spallucce con un’espressione divertita sul viso prima di toglierle il tubetto dalle mani e buttarlo a terra.
La coglie di sorpresa quando la prende in braccio e comincia a correre fino alla riva del mare. Ellie, a parte lo stupore iniziale, non protesta, non gli urla di metterla giù: si aggrappa alle sue spalle e abbandona ogni freno scoppiando a ridere. Lo fa così forte che Dean è costretto a fare lo stesso, a farsi travolgere da lei e dalla sua risata contagiosa e bellissima. Vorrebbe vederla sempre così.
 
Corre fino all’acqua e lei si aggrappa più forte quando ci si butta, scontrandosi contro le onde che fuggono verso la distesa di sabbia alle loro spalle. Ellie ride ancora ed è solo l’acqua gelida a fermarla quando è costretta a immergere la testa, l’indice e il pollice della mano destra a stringere il naso per non farci entrare l’acqua salata. Dura solo un istante, però, perché la serenità che porta nel cuore oggi è così grande che niente può impedirle di ridere e Dean non può che fare lo stesso con lei, contento e soddisfatto alla sola idea di averla portata lontano da ciò che la fa star male e di averla resa felice.
 
*
 
Il sole di mezzogiorno picchia forte sulle loro teste, caldo e agguerrito. La spiaggia, adesso, è abbastanza affollata: ci sono un sacco di ragazzi che fanno il bagno o passeggiano sulla battigia davanti a loro, seduti poco più indietro sul telo comprato un paio d’ore fa.
 
Ellie e Dean si stringono, la pelle ancora bagnata. L’altra volta non avevano fatto il bagno, perché lei si vergognava a farsi vedere in costume da lui, ma adesso è tutta un’altra storia: la loro confidenza – non solo sessuale – è alle stelle ed Ellie non prova più quell’imbarazzo che sentiva addosso ormai più di due anni fa.
 
Si lascia accarezzare le braccia, ora, la schiena appoggiata al suo petto e fissa l’oceano di fronte a lei: la distesa d’acqua è di un blu intenso che si schiarisce con l’avvicinarsi alla riva dove le onde si infrangono sulla sabbia umida, come a riscrivere una storia sempre nuova su di essa. Osserva il cielo, dove stormi di gabbiani volano dalla terra fin sopra all’oceano e scruta con attenzione quello che le sembra un paradiso sconfinato. Gli occhi non le bastano per arrivare fino in fondo, per scoprire dove finisce tutto quel blu e ricomincia la terraferma, dove il cielo incontra qualcosa di un colore diverso da quell’azzurro intenso.  
 
È bellissimo qui ed è così grata a Dean per avercela portata che gli si stringe più addosso, indietreggiando appena.  
Lui le sorride, avvicinando il viso al suo per posarle un bacio sulla guancia sinistra «Hai freddo?»
Ellie scuote la testa e si fa più vicina, i capelli bagnati solleticano la pelle di Dean che la stringe a sua volta. «Ti immagini a vivere ogni giorno così?»   
Dean fa spallucce. «Sinceramente no» Ellie si volta a guardarlo, perplessa «Nel senso che non… non so, faticherei a farlo a lungo. Credo. Non sono abituato a stare troppo senza far niente».  
Ellie sorride mesta «Alla pace ci si abitua presto». Appoggia meglio la testa alla sua spalla destra e gli accarezza il braccio che le circonda le ginocchia. Lo fa distrattamente, i pensieri altrove e lo sguardo fisso rivolto alla linea azzurra dell’orizzonte.  
 
È brutto da dirsi in un momento così, ma da quando ha parlato con Janis – che le ha inevitabilmente messo la pulce nell’orecchio – non riesce a smettere di pensare a Ben. Non che non sia felice con Dean, perché davvero, non potrebbe esserlo di più, ma… sarebbe lo stesso se sapesse come sono andate le cose con il suo ex? La guarderebbe allo stesso modo? Ellie crede che sì, probabilmente non cambierebbe nulla e, anzi, Dean sarebbe contento di saperne di più del suo passato. Una parte di lei, però, non ne è certa, perché nonostante tutto quello che hanno trascorso insieme, il loro rapporto è ancora agli inizi, è… è in un equilibrio instabile, per certi versi, e non vorrebbe rovinarlo per qualcosa che è finito e sepolto da tanto. D’altra parte, però, si sente un po’ in colpa. È sempre stata sincera su questo argomento con Dean, non ha mai nascosto le sue vecchie “scappatelle”, quando c’è stata occasione di parlarne… perché dovrebbe farlo proprio ora?  
 
Le braccia di Dean che la stringono più forte e il suo viso di nuovo vicino al suo la riportano alla realtà. Le sorride «A che pensi?»
Ellie si lecca le labbra, facendosi coraggio. Non ha senso tenersi questi pensieri per sé, non ne ha alcuno. Volta appena la testa per guardarlo negli occhi; i suoi sono di un verde intenso, più belli del solito. Non vorrebbe di certo rovinare la sua serenità, ma… beh, non può tacere a lungo.
Sospira appena «A una cosa che non ti ho detto» stringe le labbra, fissando Dean che aggrotta lievemente la fronte, un movimento quasi impercettibile – ma che non le sfugge; è un libro aperto per lei, ormai – che nasconde una lieve preoccupazione. Ellie torna a guardare l’oceano, stringendo appena le sue mani. «È colpa di Janis. Mi ha messo una pulce nell’orecchio perché… perché mi ha detto che… che ha rivisto Ben».
Dean ci mette qualche istante a rispondere «Ben il tuo… ex?» 
Ellie annuisce «Sì. E mi sono resa conto di non averti mai parlato abbastanza di lui» si lecca nuovamente le labbra, abbassando un po’ il capo.  
Lo sente stringere le spalle «Non sei obbligata a farlo se non vuoi».
 
Ellie piega la testa, sbuffando aria dal naso. Potrebbe far finta di niente, è vero, ma decide di farsi coraggio. Non ha più senso nascondergli una cosa così. «No. È… è giusto che io te ne parli» deglutisce, muovendo il pollice sulla pelle di Dean. «Io e Ben ci siamo… ci siamo conosciuti nella biblioteca della scuola, quando passavo i pomeriggi a leggere invece di fare i compiti» sorride appena e Dean con lei «La prima volta che l’ho visto era seduto a un tavolo accanto al mio. Non l’avevo neanche notato. Non… non era un buon periodo, per me. Dopo quello che era successo con… con quel ragazzo ci andavo molto cauta. Anche troppo, forse» lo guarda sperando che lui capisca a cosa allude e, a giudicare da come ricambia il suo sguardo, Ellie comprende di non dover aggiungere nulla «E non mi andava di conoscere nessuno. Non… non ne sentivo l’esigenza. Non l’ho mai sentita, in realtà, perché penso che l’amore non si cerca, ti viene addosso quando meno te lo aspetti. A sedici anni, poi, avevo ben poco da cercare» prende un piccolo respiro, stringendosi di più tra le braccia di Dean «Lui mi ha corteggiata molto. Poi era amico di Janis, anche se questo io l’ho scoperto un po’ dopo. Veniva spesso in biblioteca, come ti dicevo, ed è lì che ci siamo parlati la prima volta» sorride appena, ricordando quei momenti e quanto fosse impacciata «Era un bel ragazzo: alto, moro, occhi chiari… aveva un anno più di me. Era andato in classe con Janis prima che lei venisse bocciata, si conoscevano per questo. Lui, al contrario mio, studiava un sacco. Voleva andare in un’università prestigiosa e si impegnava con tutto se stesso per prendere sempre il massimo dei voti. Diceva anche a me che avrei potuto fare di più e meglio, ma io avevo altri interessi. Per il resto, andavamo d’accordo praticamente su tutto. La prima volta che siamo usciti insieme mi ha portata a mangiare un gelato e poi a fare una passeggiata al parco. Ricordo che lo guardavo con gli occhi sognanti di quelle ragazzine che pensano di aver trovato l’uomo della loro vita a sedici anni» sorride ancora «Non lo so, aveva qualcosa. Non tanto perché era bello, ma perché mi trasmetteva sicurezza. Era… era estremamente comprensivo, con me. Pensa che una delle prime volte che siamo usciti insieme mi ha portata a vedere un film al cinema» abbassa la testa e la scuote appena, sorridendo «Non so quante volte mi sono scusata quando mi sono addormentata». 
«Perché non gli avevi detto che—»
«Perché ero timida. E stupida. Lo conoscevo appena e non… non volevo sembrare scortese» Dean scuote la testa divertito e lei fa altrettanto, ripensando a quei tempi. Il sorriso le si spegne subito dopo, però, trasformandosi in una smorfia un po’ più triste. «Presentarlo alla mamma è stato semplice, quasi… quasi naturale. Lo adorava. Coglieva ogni occasione per invitarlo a casa, a pranzo o a cena e… beh, si divertiva a mettermi in imbarazzo». 
 
Dean sorride appena «Perché?» 
Ellie si accomoda meglio, l’aria fresca che le solletica la pelle ormai quasi asciutta «Gli raccontava delle cose… tipo di quando ero piccola e combinavo qualche pasticcio e lui rideva e mi guardava mentre diventavo tutta rossa e la sgridavo… che impicciona» sorride a quel ricordo; pensare alla mamma le fa sempre quest’effetto. Poi stringe le labbra, scuotendo appena la testa «È stato un bel periodo, nonostante tutto. Ben era sempre affettuoso e gentile e stavo bene insieme a lui. A volte c’era un po’ di imbarazzo, ma pian piano è passato. Eravamo abbastanza complici ed era bello passare il tempo insieme». 
«Allora cos’è che non è andato?»  
Ellie abbassa appena la testa, leccandosi le labbra «Che andando avanti mi sono accorta che piaceva più a mia mamma che a me» lo guarda negli occhi «Che ci stavo bene, ma non riuscivo ad aprirmi completamente. Non litigavamo mai, filava tutto liscio… troppo liscio, non so se mi spiego» prende un attimo fiato «A lui andava sempre tutto bene. Anche quando mi chiudevo in me stessa e non gli parlavo per giorni per chissà quale motivo. Stavo bene, ma al contempo non ero felice come avrei dovuto essere. Non è una bella sensazione quando credi di essere tu il problema, quando ti rendi conto che ti va tutto bene ma non ne sei contenta. Avrei voluto dirgli tante cose a volte, spiegargli il perché delle mie stranezze, ma lui diceva che era tutto a posto e ogni mio proposito moriva sul nascere» sospira appena, appoggiandosi meglio a Dean «Ha sempre creduto di essere stato il primo. Non sono mai riuscita a dirgli che non era così». 
«Avevi paura che ti giudicasse?» 
«No, ma non… non mi veniva spontaneo. Non è stato facile lasciarmi andare e lui ha sempre pensato che fosse perché ero vergine e mi ha lasciato tutto il tempo del mondo per essere pronta. È sempre stato molto dolce, lui… lui stravedeva per me. Non era colpa sua, non faceva niente di sbagliato, era solo troppo… perfetto. Troppo accondiscendente, troppo tollerante ed io lo odiavo per questo. Perché era una persona speciale e non lo apprezzavo quanto avrei dovuto». Si morde le labbra nervosamente. «Il resto lo sai, la mamma si è ammalata». 
Dean aspetta un attimo prima di replicare «E non l’hai più visto?» 
Ellie sorride mesta «Sì. Veniva a trovare la mamma in ospedale, i primi tempi, quando era peggiorata. Era il suo modo di starmi vicino. Mi ha pregata molte volte di rimetterci insieme, dicendomi che… che mi avrebbe aiutata, che mi sarebbe stato accanto. Non gliel’ho mai lasciato fare» stringe le labbra, non riuscendo a trattenere un sospiro «L’ultima volta che è venuto dalla mamma mi ha detto che era stato ammesso ad Harvard e che sarebbe partito poco dopo. Io ero davvero contenta per lui. Per il funerale della mia mamma, poi, non è riuscito a tornare» deglutisce «È stato meglio così. È stato uno dei giorni più brutti della mia vita».
 
Sente gli occhi di Dean addosso, ma stringe le labbra prima di voltarsi a guardarlo. Il suo sguardo è comprensivo e attento, com’è sempre quando Ellie gli racconta qualcosa di così personale. Piega le labbra in un minuscolo sorriso, piccolo e mesto. Janis aveva ragione: non è cambiato niente.
 
La guarda ancora «Perché non me ne hai parlato prima?»
Ellie stringe le spalle, gli occhi rivolti all’orizzonte azzurro; vuole essere sincera «Non voglio che pensi che farò lo stesso con te».
Anche Dean fa spallucce «Perché dovrei preoccuparmi? Non ci manca modo di litigare».
Ellie sorride e lo guarda; lui fa lo stesso. «Non fare lo stupido» sbuffa aria del naso, facendosi seria «Potrebbe… potrebbe succedere che tu nutra dei dubbi su di me. O io su di te. La nostra storia è stata travagliata, finora, e probabilmente lo sarà anche in futuro, ma stiamo insieme da poco e… e anche se ci siamo voluti tanto potrebbe… potrebbe succedere» deglutisce e lo guarda ancora; gli occhi di Dean sono incredibilmente attenti, sembra quasi in allerta «Quello che voglio dirti è che con te… con te è diverso. Insomma, anche… anche quando mi va di meno di parlare, alla fine le parole vengono fuori da sole. Tu cerchi di spronarmi sempre e insieme a te riesco anche ad affrontare le cose di cui ho più paura. C’è un legame che non ho avuto mai con nessun altro» stringe le labbra «Potrebbe finire, ma se succederà non sarà perché mi sono stancata di te. O perché non abbiamo parlato abbastanza».
Dean abbassa gli occhi; non sembra molto convinto delle sue ultime parole. «Non puoi esserne sicura».
Ellie sorride, voltandosi appena per accarezzarlo sotto il mento, catturando la sua attenzione «Ti ricordo che siamo stati un anno senza parlarci. Per me non era cambiato niente nonostante tutto quello che era successo e… beh, a giudicare da come sono andate le cose, neanche per te» gli sorride e anche lui piega appena le labbra in una piccola smorfia consenziente «Ecco. Credo che sia una prova abbastanza sufficiente». Dean sorride più convinto e la stringe più a sé, lasciandole un bacio tra i capelli. Ellie si accoccola contro il suo petto, sorridendo gioiosa. Si prende un momento prima di parlare ancora, tornando seria. Fissa le sue mani «Ora sai tutto di me» e lo guarda, le labbra piegate appena in un minuscolo sorriso. Non si è mai sentita tanto forte e tanto fragile come in questo momento, ora che non c’è più nessun segreto a dividerli.
 
Dean le sorride appena, abbassando la testa per nascondere il viso. Ellie non capisce se è in imbarazzo o se non vuole ribattere perché lui, magari, di cose da svelarle ne ha ancora tante.
Non è un chiacchierone, Ellie lo sa molto bene, e di certo non vuole forzarlo a dire nulla se non vuole farlo, ma sa anche che, quando vuole, è un libro aperto con lei. Perciò, ne è sicura, presto anche lui potrà dirle lo stesso. E se non dovesse essere così, ad Ellie andrà bene lo stesso: non sarebbe la prima volta che lo capisce senza che lui apra bocca. È allenata abbastanza per poterlo fare.
 
Sorride appena, seguendo il filo dei suoi pensieri e lasciandosi stringere ancora un po’, sentendo lo stomaco cominciare a brontolare spazientito. L’ora di pranzo dev’essere decisamente vicina.  
 
*
 
Alza le gambe e le incrocia in aria, le ginocchia a contatto con il tessuto morbido del telo e i piedi ancora bagnati a contatto con l’aria fresca.
Sdraiata a pancia in giù col braccio sinistro a sorreggerle la testa, Ellie impugna la sua matita con la mano destra, fissando uno dei fogli bianchi del suo quaderno dei ricordi.
 
Ha fatto un giro qui intorno, dopo pranzo. Lei e Dean sono andati in un piccolo ristorante non troppo distante dalla spiaggia, molto economico e spartano. L’importante, almeno per lei, era che fosse qualcosa di diverso dai soliti fast-food, un posto dove non poter mangiare esclusivamente un panino. Ne mangiano un’infinità, per una volta le andava qualcosa di un po’ più genuino. Non a caso ha optato per un piatto di pasta; Dean, invece, non ha resistito al richiamo di una bella grigliata mista.
 
È collassato sul telo, poi, con la pancia piena. Entrambi i viaggi, sia per Buckley che fino a qui, sono stati molto lunghi ed è chiaro che ha del sonno arretrato. Ne ha sempre, figuriamoci quando guida tanto a lungo. È molto rilassato, oltretutto, il che fa sì che riesca ad addormentarsi un po’ ovunque, come su questo telo steso sopra la sabbia fina.
 
Ellie si era allontanata un attimo per andare a fare una passeggiata lungo la battigia, così da poter sentire l’acqua fresca accarezzarle la pelle. Di fare il bagno non se ne riparlava perché era troppo presto, ma almeno poteva osservare l’oceano muoversi e venirle incontro e l’azzurro mischiarsi a quello del cielo, meraviglioso poiché privo di qualsiasi nuvola. Non si aspettava al suo ritorno di ritrovare Dean steso a pancia in giù con un braccio piegato accanto alla testa che russava leggermente. L’immagine, tra l’altro, l’ha fatta pure un po’ ridere.
È sicura che, soprattutto ora che si è addormentato così, finirà con lo scottarsi la schiena, ma non lo sveglia. Tanto la crema non la metterebbe comunque, quindi è inutile anche solo destarlo per dirglielo. Meglio che si riposi.
 
Lo osserva ancora prima di appoggiare la matita sul foglio per tracciare delle leggere linee curve.
Vuole disegnare il suo viso, fargli… un ritratto. Qualcosa che probabilmente terrà per lei o che, magari, gli mostrerà, un giorno, per dimostrargli quanto conta nella sua vita.
È sempre stato questo che ha messo nel suo quaderno: le cose importanti. La mamma, che ha avuto e avrà sempre un posto speciale nel suo cuore, Janis che è l’amica più bella e speciale che potesse mai desiderare di avere e Dean che, in un modo molto particolare, si è infilato nella sua vita e la rende più bella giorno dopo giorno da un po’ di tempo a questa parte.
 
Sorride appena al pensiero che prima di andare a pranzo l’ha costretto a fare una foto insieme. L’ha guardato negli occhi e, senza tanti giri di parole, gli ha fatto notare che non ne avevano una e che, per questo, dovevano assolutamente farla. Dal suo zaino ha estratto una macchinetta fotografica usa e getta comprata tempo fa che si porta sempre dietro, in caso avesse bisogno di scattare qualche foto di qualcosa per qualche caso o perché le piace particolarmente e ha chiesto a due ragazze che stavano passando lì di fargliela.
Dean ha protestato un po’, inizialmente, ma alla fine l’ha accontentata. Le due ragazze – molto gentili e sorridenti – gliene hanno scattata più di una ed Ellie spera che siano venute bene. Sarebbero un bel ricordo per questa giornata trascorsa insieme.
 
È una cosa stupida, se ne rende conto, ma non aveva niente di Dean se non quel disegno a matita su quel foglio stropicciato dalla rabbia e vorrebbe avere qualcos’altro, qualcosa da aggiungere al suo quaderno dei ricordi.
Per questo la foto. È anche il motivo per cui approfitta di questo momento in cui lui non possa guardarla per ritrarre il suo viso con delle linee grigie e morbide ma al contempo decise. Da sveglio non glielo avrebbe mai permesso e poi… beh, Ellie non ha intenzione di produrre una grande opera d’arte che richieda che il soggetto si metta in chissà quale posa artistica. È un disegno, solo per lei.
 
Stringe appena le labbra, osservandolo ancora prima di tracciare un’altra linea leggera con la matita. Passerebbe intere giornate a guardarlo. È di una bellezza rara, Dean. Alto, muscoloso, anche se ciò che colpisce di più – almeno per Ellie – sono i dettagli del suo viso: l’intensità del suo sguardo, le linee marcate della mascella, le piccole lentiggini sugli zigomi, le labbra definite e piene, ciò che cerca di riprodurre il più fedelmente possibile su quel foglio di carta.
 
E pensare che non è stato il suo aspetto a incantarla… a volte le viene da ridere al pensiero. Ci sono ragazze che farebbero carte false per finire a letto con uno come lui ed Ellie, invece, quando l’ha conosciuto non se ne curava minimamente.
È stato molto altro ad attrarla davvero: la gentilezza che aveva nei suoi confronti, quell’attenzione costante e quel modo di guardarla che la faceva sentire speciale, apprezzata. Non le capitava da quando la mamma non c’è più. Né papà prima né John poi le avevano mai dimostrato quel minimo di gentilezza in più che con Dean ha fatto la differenza, che le ha permesso di entrare nella sua vita.
È stato quasi semplice accorgersi che le cose erano cambiate. Quasi naturale. Per Dean sicuramente no, considerando come si è comportato i primi tempi dopo quel bacio rubato fuori da quel motel, ma per Ellie… beh, è stato molto più difficile farglielo capire – anche perché aveva tanta paura: di non essere ricambiata, di rovinare tutto, di compromettere la bella amicizia che era nata tra loro. Il tempo, per fortuna, insieme alla sua grande pazienza, ha fatto in modo che le cose andassero per il verso giusto e i problemi che si sono susseguiti dopo è stato un miracolo che siano riusciti a risolverli. Ellie, di questo, non potrebbe essere più felice.
 
Una volta abbozzate le linee principali e disegnato lo scheletro del viso di Dean in maniera accurata, Ellie chiude il quaderno e lo rimette nello zainetto per poi estrarne il cellulare per guardare l’ora. Quando si accorge che sono già quasi le quattro, si volta verso Dean con un sorriso. Non si è mai svegliato da che è tornata qui per mettersi a disegnare, quindi è bene che ci pensi lei o da solo rischia di non farlo prima di stasera.
Ripone al suo posto il cellulare e si mette si lato, allungando il braccio sinistro verso il suo viso per accarezzargli i capelli. Lo chiama piano, avvicinandosi di più, finendo col dargli un bacio sulla guancia un po’ ispida per la barba lasciata crescere da qualche giorno. Dean mugugna indignato, stringendo le palpebre forte. Ad Ellie sembra un bambino stranito dal sonno e il pensiero la fa sorridere.
«Dai, sono quasi le quattro. Se vogliamo rifare il bagno è bene che ti svegli».
Dean, le palpebre ancora abbassate, allunga il braccio destro verso di lei, mettendoglielo intorno alla schiena. «Quanto ho dormito?»
«Boh, abbastanza. Ho fatto una mini passeggiata un’ora fa e quando sono tornata già russavi». Lo guarda sorridere, gli occhi ancora chiusi. La stringe appena più forte, le dita ad accarezzarle la pelle coperta di salsedine. «Poi non so che programmi hai per la giornata… Insomma, se vuoi ripartire… »
«No» le parole gli escono dalla bocca a mo’ di verso lamentoso «No, voglio portarti a cena. E affittare una stanza e dormire qui. Domattina si vedrà che aria tira».
Ellie gli sorride «Va bene» si allunga verso di lui per baciargli il naso «Mi piace l’idea del compleanno in trasferta».
Dean sorride malizioso e apre appena l’occhio destro prima di avvicinarsi e baciarla sulla bocca. Sa di sabbia e acqua salata.
 
Non trascorrono molto altro tempo sul telo. Rifanno il bagno, si asciugano velocemente quando si accorgono che sono quasi le sei ed Ellie ha i capelli ancora umidi quando riprendono l’Impala.
 
Sono costretti ad attraversare il paesino di Westhaven per trovarsi un motel dove poter intanto appoggiare le cose e farsi una doccia ed Ellie chiede a Dean di fermarsi quando vede delle bancarelle lungo una via. Lui non sembra entusiasta, ma a lei non importa molto; sa che la accontenterà comunque. Oggi, almeno.
Quando scendono girano un po’, curiosando tra i vari stand. Ellie decide di comprare una gonna a fiori rosa, blu e verdi su uno sfondo nero, una specie di “auto-regalo”. La indosserà stasera.
 
Tiene Dean per mano e lui la segue tra uno sbuffo e l’altro, facendola ridere per questo suo atteggiamento brontolone. L’ha sempre fatto quando Ellie lo ha costretto a girare per negozi, perciò non se ne stupisce.
Ci sono altre cose che le piacciono, come un paio di orecchini a forma di cuore o un bracciale molto semplice formato da una treccia di pelle marrone chiaro con un gufetto d’argento per ciondolo, ma non si lascia tentare. Non ha tantissimi soldi da parte, è bene razionarli e tenerli per cose più serie.
 
Continuano a girare tra le bancarelle fino ad arrivare all’ultima ed Ellie sorride serena mentre un pensiero gioioso le attraversa la mente: la giornata non è ancora conclusa, ma a prescindere da come finirà, questo è sicuramente uno dei più bei compleanni che abbia mai vissuto.
 
*
 
Siede su una poltroncina di pelle rossa posta accanto a un tavolino di legno chiaro piuttosto vecchio apparecchiato con delle tovagliette di carta, piatti di ceramica e bicchieri di vetro fine. Dean afferra il suo, già pieno di vino rosso, e lo alza in direzione di Ellie, seduta di fronte a lui.
Le sorride «Allora… buon compleanno» e lei fa altrettanto, mordendosi il labbro inferiore prima di far toccare i due bicchieri creando un leggero tintinnio.
 
Il ristorante che hanno scelto è un po’ distante da Westhaven, dove hanno sostato oggi; si trova a Trinidad, una cittadina un po’ più grande a dieci minuti di distanza. Sono venuti fin qui perché non riuscivano a trovare uno straccio di motel che potesse ospitarli e, alla fine, hanno deciso di fermarsi da queste parti anche per cena.
Dal poco che hanno visto, anche questo è un paesino piuttosto piccolo, ma un po’ più “fornito” di Westhaven che è praticamente un ciuffo di case posto su un piccolo cucuzzolo che dà sull’oceano. Trinidad, invece, oltre ad essere più a livello del mare, sembra anche più… vivo, in un certo senso.
 
Si sono fermati in questo ristorante che è a due passi dal pontile perché Ellie aveva voglia di pesce che, non a caso, è la specialità di questo posto. Certamente poi ha anche influito la posizione e l’ambiente, che ha l’aspetto di un vecchio diner, ma con un qualcosa di elegante. La sala dove si trovano è in parte rivestita in legno mentre i muri sono quelli tipici dei vecchi casolari di campagna, “decorati” con dei grossi sassi.
Il cameriere – un ragazzo moro con gli occhi azzurri e un’espressione gioviale dipinta sul volto – gli ha trovato un posto accanto alle grandi vetrate poste in fondo alla sala, così che possano ammirare il paesaggio fuori che è davvero bello e suggestivo: si vede sia il pontile che l’oceano e i grossi massi rocciosi che costeggiano la spiaggia. [3]
 
Guarda Ellie negli occhi mentre beve un altro sorso del suo vino rosso, lo sguardo luccicante e un delizioso sorriso che le contorna le labbra.
Ci ha messo poco a decidere cosa mettere stasera: una canotta nera con le spalline larghe e la gonna che ha comprato a quelle bancarelle. Indossa una collana che Dean le aveva già visto un’altra volta, lunga con un ciondolo a forma di cuore, e ai piedi porta le sue solite décolleté nere. I capelli li ha lasciati sciolti, arricciando solo le punte per renderli un po’ mossi, mentre il trucco è leggero, come sempre: una riga nera disegnata sulle palpebre, appena sopra le ciglia, un po’ di mascara e il suo rossetto rosa antico. Inutile dire quanto Dean la trovi bella anche così. E pensare che quando l’ha conosciuta gli sembrava solo una scialba ragazzina sciatta… è incredibile come la percezione che ha di lei sia cambiata nel tempo.
 
Lui, invece, non è discostato molto dal suo solito abbigliamento: scarponi marrone scuro, jeans… l’unica cosa differente è la camicia che è nera e abbottonata, a parte per i primi due bottoni sotto il collo che ha deciso di lasciare aperti. Finirà anche col tirarsi su le maniche, ne è sicuro: fa molto caldo qui dentro. Sicuramente finirà con l’averne ancora di più.
 
Hanno già ordinato: una frittura mista di pesce per entrambi, una zuppa di scampi per Ellie e un salmone arrosto per Dean che spera vivamente che le porzioni siano abbondanti. Questa gita verrà a costare un patrimonio alle sue misere tasche da squattrinato, ma almeno la cena la paga Johnny Taylor. Le carte di credito fasulle sono la sua salvezza in situazioni come questa.
Sa che non può permettersi troppi lussi e, anche se questa giornata è stata comunque all’insegna del risparmio – la stanza di motel che si sono presi, ad esempio, è un fottuto buco –, di certo non può pensare di fare altre gite così troppo spesso. È contento di aver fatto questa, però: vedere Ellie felice, il suo sorriso radioso e sereno, è stata la più bella delle ricompense.
 
La vede allungare una mano verso di lui e stringere appena la sua. Gli sorride «A che pensi?»
Dean stringe le spalle «Alla nostra giornata».
Ellie sorride ancora «Sei stato bene?»
«Io sì… tu?»
«Anch’io. Dovremmo farlo più spesso» si morde appena le labbra «Venire a vedere il mare, intendo. O… o passare delle giornate così».
Dean sorride malizioso «Io mi accontenterei anche solo di rifare la doccia».
Ellie ride e gli dà una manata sulla mano prima di ritrarre la sua, finendo per nascondere le gote arrossate – sia dal sole che dall’imbarazzo – dietro al bicchiere pieno. Anche lui si ritrova a ridere, divertito dalla reazione di Ellie. Soprattutto per averla provocata perché, beh, era proprio quello che voleva.
Non appena hanno preso la stanza, si sono fatti subito una doccia. Avevano troppa salsedine addosso e cominciava a dargli fastidio. Solo che… beh, è durata un po’ più del previsto.
 
L’unica pecca della doccia è che, purtroppo, ha portato a galla un piccolo problema: un vistosissimo rossore sulla schiena di Dean con conseguente bruciore. Ellie non ci ha nemmeno girato intorno per comunicargli la diagnosi: si è scottato. Ci ha spalmato su un bel po’ di crema, rimproverandolo ancora per non aver voluto mettere quella solare, e un po’ di dolore è passato, ma quando si muove troppo e le pieghe della camicia combaciano troppo a lungo con la sua pelle rischia di mettersi a urlare.
 
Porta anche il suo bicchiere alle labbra, appoggiandolo poi nuovamente sul tavolo dopo aver sorseggiato un po’ del buonissimo vino che contiene. Si piega appena di lato per infilare la mano destra nella tasca della giacca di pelle, scovando subito ciò che gli serve. Lo stringe tra le dita e tira su il braccio; è bene darlo ad Ellie prima che il vino la offuschi troppo. Non è una novità che non regge molto l’alcol.
Pone il piccolo involucro di carta nera e grigia accanto al suo piatto pulito e le sorride «Questo è per te» e la guarda sgranare gli occhi, stupita.
Vede che fa per dire qualcosa, ma si ferma, alzando gli occhi un paio di volte nella sua direzione prima di afferrare il pacchetto e strappare un pezzetto di carta per poi aprirlo interamente. Sorride quando riconosce il piccolo oggetto: è il braccialetto che ha visto a quelle bancarelle, il cordino marrone di pelle intrecciato e il ciondolo a forma di gufo.
Passa gli occhi da lui al braccialetto «Grazie, mi… mi piace un sacco. Non dovevi» Dean le sorride e allunga le mani per prenderglielo e allacciarglielo al polso destro, accanto a quello della sua mamma. Ellie sorride facendolo scorrere sul braccio con le dita della mano destra.
 
Dean non aveva pensato di farle un regalo. In fondo l’aveva già portata qui, ha intenzione di offrirle la cena… le sembrava già questo, un regalo. Quando ha visto la sua indecisione davanti a quel braccialetto, però, non ha resistito: ha approfittato di un momento in cui sia lei che il venditore ambulante erano distratti per prenderlo e infilarlo in tasca. Nessuno se n’è accorto, fortunatamente, e per incartarglielo ha aspettato che andasse ad asciugarsi i capelli, servendosi di un pezzo di carta di un vecchio giornale che teneva nel borsone chissà da quanto tempo.
 
Non è la prima volta che ruba. Anzi, ha perso il conto di tutte le volte in cui è stato costretto a farlo, perché non aveva i soldi e, se lui e Sammy volevano mangiare, era l’unico “rimedio” da considerare. Per questo è stato quasi naturale, per lui, prendere quell’oggetto senza pensare di pagarlo. Non ci ha neanche pensato su più di tanto: piaceva a Ellie, non poteva comprarlo perché già aveva preso la gonna, non se la sentiva di spendere di più nonostante costasse pochi dollari e lui l’ha preso per lei. Quello che non si aspetta è lo sguardo che Ellie ha quando alza gli occhi poco dopo. Si lecca le labbra «Scusa, ma… quando l’hai preso?» Non gli va certo di dirle che l’ha rubato anche se, in un certo senso, non ci vede niente di male. Non gli lascia neanche il tempo di rispondere «Sei… sei stato sempre con me» lo dice più come una constatazione che come domanda e, a giudicare dalla sua espressione, questo non promette niente di buono. «L’hai… l’hai rubato?»
 
Dean abbassa lo sguardo e stavolta è il cameriere che porta il loro abbondante piatto di frittura a impedirgli di rispondere. Quando se ne va, però, la guarda negli occhi; negare è impossibile «Io… io volevo solo farti un regalo. Ti piaceva, ho pensato—»
«Ed io ti ringrazio per questo» Ellie stira le labbra in una linea sottile prima di allungare nuovamente una mano verso di lui per stringere la sua «Solo non… non dovevi. Era già un regalo essere qui, per me, non… non dovevi rubare». Carezza il dorso della mano con dolcezza; ha la stessa faccia che aveva Sam quel Natale di tanti anni fa quando ha rubato i regali della ragazzina in fondo alla strada del motel dove alloggiavano per fargli credere che era tornato papà. [4] La sua espressione, però, nonostante ci sia comunque un po’ di rimprovero, così come nella sua voce, è meno dura, più… dolce. «Insomma, se ti avessero beccato—»
Dean tira le labbra in un sorriso finto «So il fatto mio. Non sarebbe successo».
Ellie stringe le spalle; Dean sa che vorrebbe dire qualcos’altro, ma rimane in silenzio, prendendo la forchetta per infilzarci un anello di pesce fritto. Forse non ha voglia di discutere.
 
Una parte di Dean sa che ha ragione perché… beh, non è che abbia bisogno dell’ennesima lezione sul “non rubare” per sapere che è sbagliato. Il problema è che, con la vita che fa, attenersi alle regole è difficile e forse più pericoloso del non rispettarle.
 
Dopo qualche momento di silenzio e un po’ di imbarazzo che Dean si premura di spezzare con una frase di apprezzamento sulla frittura mista, la serata riprende tranquillamente. La cena è deliziosa e presto si ritrovano a parlare delle cose più disparate: di Janis che Ellie è stata molto contenta di presentargli e di come si è trovato a suo agio con lei e David, di Sam e del fatto che le comincia a mancare – considerando che ce l’hanno sempre intorno è più che normale; anche per Dean è lo stesso, ma di certo non lo dirà ad alta voce – e di Bobby che, data la fretta con cui sono dovuti partire, vorrebbero tornare a trovare presto.
 
Dopo cena decidono di andare a fare una passeggiata in spiaggia, per non perdere gli ultimi momenti che possono vivere vicino all’oceano. Domattina sarebbe complicato prendersi un po’ di tempo per farlo; la strada da fare per tornare a Sioux Falls – a patto che è lì che dovranno andare – non è così breve.
Ne scelgono una lì vicino, alla destra del pontile; prima, però, tornano all’Impala, per prendere la coperta per coprirsi. L’escursione termica serale comincia a farsi sentire e la brezza marina è piuttosto forte.
Si siedono accanto a un mucchietto di rocce, gli occhi rivolti all’oceano che si infrange sulla battigia, la coperta che gli circonda le schiene. Dean cinge Ellie con il braccio sinistro mentre lei, in risposta, si accoccola di più al suo fianco, la testa appoggiata all’incavo della sua spalla. Dean non ha troppo freddo, ma Ellie ha solo un misero giacchetto di jeans sopra la canottiera e la brezza serale non è affatto calda. Anche se non crede che il fatto che sente freddo sia il motivo principale per cui lo stringe così.
È stata davvero bene oggi, glielo si legge in faccia.
 
La bacia tra i capelli e la attira più a sé, la mano sinistra che le accarezza il fianco di quel corpicino ormai non più esile come quando l’ha ritrovata.
Ha ripreso qualche chilo ultimamente; niente di eccessivo, ma è decisamente meno… gracile. È quasi com’era quando l’ha conosciuta.
A volte, quando ci riflette su, realizza che, anche se non sembra – perché il tempo scorre velocemente e spesso non realizza che sono successe così tante cose in soli due anni – in realtà è cambiata molto: quando si sono incontrati, Ellie era una ragazzina curiosa che voleva diventare una cacciatrice per rendere orgoglioso suo padre. Con lui ha discusso, si sono riappacificati dopo che ha vissuto quasi un anno da sola, poi è morto ed Ellie non è più quella che si affacciava alla sua stanza per fargli compagnia quando Sam era lontano. È più adulta, più conscia del valore che ha la caccia per lei e in fondo è sempre stato così, Ellie è sempre stata più matura della sua età e, all’alba dei suoi ventitré anni, a Dean è più chiaro che mai.
 
Ascolta il rumore delle onde che si infrangono contro la battigia ed Ellie si muove un poco, voltandosi più verso di lui. Lo bacia appena sotto la mandibola e sorride, lasciando scorrere la mano sinistra sul suo petto. Infila l’indice sinistro tra un bottone nero e l’altro della sua camicia, scoprendo un pezzetto di pelle.
«Mi piace questa camicia» lascia scorrere il dito tra i lembi, leccandosi la labbra «Forse finalmente riuscirò a sbottonartene una».
Dean sorride malizioso; gli piace quando è brilla: è più... disinvolta, in un certo senso, più libera di dire e fare ciò che vuole. La stringe appena più forte «Ti piace sbottonare le camicie?» e lei annuisce, i denti affondati nel labbro inferiore e le guance rosse; sorride ancora «Buono a sapersi». Ellie non aggiunge altro, una smorfia sorniona dipinta sul viso mentre stringe la stoffa della camicia. Dean ci riflette un attimo; non è difficile per lui pensare a cosa risponderle «A me… a me invece piace sfilarti le gonne».
Lei alza il capo per guardarlo negli occhi; i suoi brillano di alcol e felicità «Allora stasera è andata bene anche a te». Ridono prima che le loro labbra si tocchino per un bacio veloce. Poi Ellie si accoccola nuovamente come prima, stringendolo un po’ più forte e Dean ha la vaga impressione che voglia dirgli qualcosa. «Vorrei che le cose restassero sempre così» si stende più contro di lui, la testa bassa «Insomma anche… anche quando tornerà tuo padre». Dean sbuffa aria dal naso e deglutisce; bingo. Ellie alza la testa per guardarlo, le labbra strette in una linea sottile. Effettivamente non hanno mai parlato di questa cosa a voce alta, ma entrambi lo sanno benissimo: John non approverà il loro stare insieme, o comunque l’idea che Ellie sia rimasta con lui e Sam. Dean ha sempre preferito non pensarci e non dirle nulla, perché è un tasto ancora dolente dopo la pesante discussione che hanno avuto lui e Jim e tutto quello che ne è conseguito, ma sa che non è stupida e che anche lei ci ha riflettuto su. «Io… io ci penso, ogni tanto» la guarda prendere un piccolo respiro «E… non so, spero che vada tutto bene, ma soprattutto che tra noi rimanga tutto uguale. È la cosa a cui tengo di più».
 
Dean si prende qualche istante prima di rispondere. È vero, suo padre non ha mai tollerato Ellie, la vede come una distrazione per lui, come qualcuno da cui stare alla larga perché portatore di guai. Dean vorrebbe spiegargli quanto è felice, invece, con lei, quanto stanno bene insieme. Sa che non potrà farlo, però, perché John Winchester non è uno che ascolta, ma che agisce, che analizza la situazione nel minor tempo possibile e difficilmente riesce a cambiare idea. Quello che conta per Dean, però, è riaverlo indietro. Ormai sono molti mesi che è fuggito e gli manca, perché anche se era distante facevano tutto insieme e sente la sua assenza gravargli addosso ogni giorno di più. Per questo non vuole preoccuparsi per la sua storia con Ellie: qualunque sarà la sua reazione quando tornerà, Dean lo affronterà di conseguenza. Ciò che conta, è che torni il prima possibile. Soprattutto perché, sapendo che ha già fatto di tutto pur di trovarlo, spetta a lui farsi vivo.
Le stringe il braccio con la mano sinistra, attirandola più a sé. Appoggia la testa sulla sua ed espira aria dal naso «Vedrai che andrà tutto per il meglio» e lei, a giudicare dal modo in cui gli si stringe più addosso, sembra crederci.
 
*
 
Apre gli occhi che non è ancora giorno, tant’è che non prova fastidio quando, dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, alza appena la testa, voltandola verso la finestra. Filtra poca luce dalle tende chiare, perciò immagina che sia presto e la conferma gli arriva quando alza il braccio per controllare l’orologio nero che porta al polso sinistro: sono quasi le sei del mattino. Non è abituato a dormire più di quattro ore a notte e, evidentemente, il suo “orologio mentale” ha rimesso la sveglia per lui, considerando che è andato a letto poco dopo le due che, per lui, è praticamente presto.
 
Dean volta di nuovo la testa, finendo con l’allungare di più il braccio verso destra e stringere ancora il corpicino profondamente addormentato al suo fianco. Ellie è sdraiata a pancia in giù, la schiena nuda e la mano destra nascosta sotto il cuscino. Ha il viso girato dall’altra parte e i capelli sparsi sul guanciale, il che è una cosa buona: almeno se si sveglierà non si renderà conto che la sta guardando dormire.  
Nonostante ormai stiano insieme da un po', Dean a volte si vergogna di questi gesti, del fatto che ogni tanto si sofferma un po’ troppo a lungo a osservarla, ma cerca di farlo sempre quando lei non se ne accorge. Il che talvolta lo fa sentire più deficiente, ma non crede di poter fare nulla in merito.  
 
Le posa un bacio sulla spalla e si volta nuovamente verso sinistra, intento a prendere il cellulare che ha sopra il comodino. Ieri sera l’ha lasciato qui da prima di andare a fare la doccia e poi si è dimenticato di portarlo con sé quando sono usciti, ma tanto meglio, almeno nessuno gli ha rotto le palle.  
Lo afferra e lo apre, trovando un paio di chiamate da Sam, un messaggio in segreteria e uno scritto. Compone il numero e porta il telefono all’orecchio per ascoltare il primo. Non si stupisce quando, dall’altra parte, trova proprio la voce di Sammy. 
«Ho provato a chiamarvi, ma anche Ellie ha il telefono staccato. Volevo dirvi che forse ho trovato un caso… Ti ho mandato una foto, fatemi sapere che ne pensate».
  
Dean si tira su a sedere, la schiena appoggiata alla tastiera del letto, e si stropiccia gli occhi con le dita della mano sinistra per controllare bene il contenuto dell’SMS inviatogli dal fratello. C’è la foto di un articolo di giornale, sicuramente preso da internet perché l’immagine è piena di quelle righe orizzontali che la fotocamera cattura quando fotografa uno schermo. È comunque leggibile e l’articolo riporta la morte di un uomo, Daniel Elkins, fatto a pezzi nella sua casa di Manning, Colorado.  
Aggrotta la fronte, continuando a scorrere tra le righe del testo. La prima ipotesi era quella dell’attacco di un orso, ma poi sono state trovate tracce di furto. [5] Sicuramente per questo il caso ha insospettito Sam. Quello che non torna a Dean, invece, è il fatto che quel nome gli dice qualcosa, ma non si ricorda cosa di preciso. L’unico posto dove può guardare per vedere se ha ragione è il diario di papà ed è quasi sicuro di averlo lasciato dentro il borsone quando è partito – non sa bene perché, forse per abitudine. Si siede sul materasso e si alza; cammina fino al lato sinistro della stanza, schivando i vestiti di ieri sera sparsi a terra, e si accuccia di fronte al borsone.
 
La stanza che si sono trovati non è un granché. Anzi, probabilmente non potevano trovarne una più piccola. Non ha neanche il tavolo, c’è solo un mini frigo, un letto alla destra della porta che è quasi addossato al muro e il bagno proprio lì accanto. È vero che sono abituati a tutto, ma questo è ciò che di peggio hanno trovato da parecchio tempo.
 
Apre il borsone quasi sbuffando – stava decisamente meglio a dormire – e afferra il diario che, come previsto, era proprio lì. Torna a sedere sul suo lato del letto per aprirlo e sfogliarlo. Lo fa rapidamente, perché crede di sapere dove andare a cercare e, infatti, lo trova velocemente. Si tratta di una lista di numeri di telefono, tra cui uno segnato accanto a un nome: D. Elkins. Chiama Sam dopo aver sbuffato di nuovo – è già ora di tornare alla normalità, a quanto pare – senza considerare neanche che è presto e che suo fratello potrebbe ancora dormire ma, in realtà, non attende molto prima di trovare una risposta.
 
«Già sveglio?» 
Dean sorride sghembo. «Potrei farti la stessa domanda».
Sente Sam sorridere «Immagino tu abbia sentito e visto i miei messaggi».  
«Già. Quel nome mi suonava familiare, quel… Elkins. Ho controllato: era sul diario di papà».
Suo fratello attende qualche istante prima di replicare «Pensi sia lo stesso?»
«Accanto c’è un numero che ha il prefisso del Colorado». 
«Mmh… penso valga la pena controllare».
«Me lo auguro, non mi faccio più di mezza giornata di viaggio per niente» si passa il pollice e l’indice della mano libera sugli occhi «A proposito, forse è meglio se ci vediamo tipo a metà strada… da Trinidad, a occhio e croce, ci vorrà un bel po’».
«In realtà no, Dean. Con un paio d’ore ve la dovreste cavare». [6] 
Dean si sofferma un attimo sulle parole del fratello e, quando capisce a cosa allude, quasi gli viene da ridere «No, non siamo in Colorado… siamo in California».
«Beh pensavo che foste già sulla strada del ritorno, per questo… aspetta, in California? A fare che?»
Il tono con cui Sammy pone la domanda – curioso, quasi provocatorio – lo irrita un po’, per un motivo che neanche lui comprende. Decide di stroncare la conversazione velocemente «Non è importante adesso. Allora ci vediamo da qualche parte, decidiamo strada facendo… intanto mettiti in viaggio. Ti chiamo quando partiamo».
 
Chiude la telefonata senza neanche attendere una risposta, abbassando il braccio sinistro con cui teneva il telefono e ritrovandosi a fissare il pavimento ricoperto di moquette sotto i suoi piedi.  
Non dovrebbe succedere, ma sempre più spesso apprezza i momenti che passa senza caccia, quando sta da solo con Ellie e riescono a chiudere il mondo in una stanza lontana della loro mente e a godersi un po’ della spensieratezza che dovrebbero ancora portarsi dietro alla loro età. Ieri sera, ad esempio, sono stati benissimo: erano un po’ alticci perché il vino della cena era delizioso e hanno riso e scherzato come due ragazzi normali, due che non hanno sulle spalle il peso di chissà quale famiglia o problema. Sa che è sbagliato, perché la caccia è la sua vita e crede che non ce la farebbe a separarsene, ma questi momenti con Ellie, questi giorni passati a confidarsi e a stare insieme in molti modi ultimamente sono diventati più belli e appaganti di qualsiasi caccia. Dovrebbero prendersi pause come questa più spesso.  
Si ricorda quando erano stati al mare, ormai più di due anni fa. Era stato benissimo anche lì e anche quella volta, nei giorni successivi, sentiva il peso della routine addosso e gli mancava la salsedine e il sorriso spensierato di Ellie che fissava le onde dell’oceano infrangersi sulla sabbia, ma adesso è diverso. E tornare alla normalità sarà ancora più difficile.  
 
Sta ancora stringendo il telefono tra le dita quando avverte dei movimenti sul materasso e le lenzuola spostarsi un po’ e presto si sente avvolgere da un paio di braccia. Stringe la mano che gli accarezza il petto e si volta verso sinistra, incontrando il viso assonnatissimo di Ellie.  
Le sorride «Buongiorno dormigliona».
«A te» lei gli posa un bacio sulla spalla sinistra e gli sorride.
«Non volevo svegliarti».
Ellie capisce subito a cosa allude «Non fa niente. Che succede?» 
«Il lavoro ci chiama» sorride amaro «Dobbiamo andare in Colorado». 
«Mmh, lontanuccio» appoggia la testa sulla sua spalla – davvero non si può prolungare un altro po’ questa vacanza? –, i capelli spettinati che le ricadono sulla schiena. «Immagino che non ci sia tempo per una doccia». 
Dean si volta di più e sorride malizioso al vederla arrossire. Sarebbe “solo” la terza volta in meno di ventiquattro ore; non che gli dispiaccia. Di certo sa bene che, se non approfittano adesso che sono da soli, dovranno aspettare un po’ per farlo di nuovo. «Non ti accontenti mai, eh?» 
Ellie disegna dei ghirigori sulla sua spalla con l’indice, sviando lo sguardo e facendo spallucce «Con uno come te è difficile» sorride «Soprattutto dopo quattro giorni così». Si tira più su per appoggiare il mento sulla sua spalla e poi si sposta, andando a sedersi sulle sue gambe e no, questo è troppo, lo sa che non riuscirà a resisterle adesso perché è decisamente una visione troppo bella perché lui si senta in dovere di tenere a freno i suoi istinti. La guarda allungargli le braccia dietro al collo, le mani che gli accarezzano la nuca. La luce tenue che proviene dall’esterno disegna un gioco di ombre sul suo corpo nudo. Non si muove così per provocarlo, è solo in cerca di coccole e Dean la trova irresistibile. La osserva avvicinare la punta del naso al suo e gli sorride spensierata, gli occhi luminosi – è felice cazzo, proprio come lui che ha passato dei giorni da favola e non riesce a fare a meno di chiedersi perché debbano tornare alla solita routine di merda – «Sono stata benissimo questi giorni, Dean. Ne avevo bisogno».
  
Il modo in cui lo bacia toglie a Dean ogni dubbio. Non che ne avesse – glielo si legge negli occhi che le sue parole sono sincere –, ma ora non ne ha più alcuno. Neanche sulla tabella di marcia.  
Si distacca appena e la guarda sorridendole e spostandole i capelli dietro le orecchie. «È ancora l’alba… direi che una doccia veloce ci sta».
Elle ride quando Dean la solleva di peso e la porta in bagno, godendo del calore della sua pelle sulla propria. Il getto dell’acqua è gelido sulla schiena che brucia ancora, ma bastano i baci e le mani di Ellie sul suo corpo a scaldarlo ed è sicuro di non aver mai avuto niente di più bello e appagante in tutta la sua vita.
 
*
 
Seduto al tavolino in fondo alla tavola calda che ha scelto per fermarsi a mangiare un boccone, il viso rivolto verso la porta d’ingresso, quando li vede entrare Sam non ha più dubbi sul perché Ellie e suo fratello si trovassero a Trinidad, stamattina.
Ellie, un paio di pantaloncini neri corti e una canottiera arancione addosso, ha il viso arrossato dal sole che le ha tinto un po’ anche la pelle scoperta delle braccia e del petto. Anche Dean, qualche passo dietro a lei con i suoi jeans strappati e la giacca di pelle sulla camicia verde oliva, ha il volto più colorito di qualche giorno fa. Non ci vuole molto a fare due più due: è chiaro che sono stati al mare.
 
Ellie gli va incontro quasi correndo, il passo affrettato e veloce; Sam non fa in tempo neanche ad alzarsi per salutarla che lei lo abbraccia non appena lo raggiunge, le braccia intorno al suo collo. Lo stringe forte, sorridendogli non appena si scosta e si alza su. Dean, un po’ più dietro di lei – il passo lungo ma più lento di quello di Ellie – fa altrettanto, anche se con meno slancio.
Lei fa un passo indietro e lo guarda entusiasta, gli occhi luccicanti «Stai bene? Ci sei mancato».
Dean, alle sue spalle, non esita a rispondere «Parla per te» ed Ellie si volta immediatamente, guardandolo male. Sam sorride alle parole del fratello – lo conosce bene e sa riconoscere quando scherza o no – e si alza, allungando poi una mano per dargli un’amichevole botta sulla spalla. Botta alla quale, però, Dean reagisce con una smorfia di dolore «Fa piano… mi sono scottato tutta la schiena».
Sam lo guarda perplesso ed è Ellie a rispondere per lui che si mette a sedere per primo. «Non ha messo la crema e si è addormentato al sole» stringe le spalle prima di sedersi, cercando di nascondere malamente lo stesso sorrisino divertito che spunta sulla bocca di Sam al solo pensiero. Gli verrebbe da dire che chi è causa del suo mal pianga se stesso, ma è meglio lasciar stare. Dean adesso – con la schiena sicuramente in fiamme – è troppo suscettibile per questo tipo di battute.
 
Si mette a sedere anche lui, incrociando le mani sul legno del tavolo.
Alla fine, come punto di mezzo dove incontrarsi, hanno scelto Heber City, una cittadina dello Utah a una mezz’oretta da Orem – ironia della sorte. Sam, dopo essersi fatto mille scrupoli, alla fine si è fatto convincere da Bobby – che l’ha addirittura accompagnato e “guidato” nell’impresa – a rubare una macchina a Sioux Falls. Gliene avrebbe prestata una, ma poi sarebbe diventato complicato viaggiare con due veicoli – non hanno di certo i soldi per mandare avanti a benzina e olio due macchine, anche se per un periodo breve – e poi non sapeva quando avrebbe potuto restituirgliela.
Ha lasciato il catorcio “preso in prestito” – una vecchia Peugeot nera – a un paio di isolati da qui, per poi incamminarsi a piedi fino al primo ristoro disponibile.
Inizialmente non era molto d’accordo; non è un fanatico del furto di auto, come di tante altre piccole truffe che deve compiere per campare, ma a mali estremi… diciamo che è certo di aver fatto cose peggiori.
 
Il posto che ha scelto per cenare è abbastanza piccolo e piuttosto anonimo: un lungo corridoio che separa i tavoli – tutti addossati alla vetrata – dal bancone, le pareti dipinte di giallo e qualche pianta d’arredamento sparsa qua e là per abbellire l’ambiente. Ha visto posti migliori, ma ha di bello che, non essendoci più di una decina di tavoli, dà l’idea di essere accogliente.
 
Guarda i suoi compagni di tavolo: Dean ha gli occhi fissi sul menù – da quello che ha capito, non hanno cenato per arrivare il prima possibile e sono le nove, perciò il suo stomaco deve brontolare parecchio –, mentre Ellie lo guarda fisso negli occhi, lo sguardo contento. È particolarmente radiosa; sicuramente questi giorni di stacco le hanno fatto bene.
Sam le sorride «Allora, siete stati al mare?»
 
Si accorge, con la coda dell’occhio, che Dean lo guarda sottecchi, come se avesse detto qualcosa di sbagliato e volesse rimproverarlo, ma decide di non badarci molto. Anche perché non ne capisce il motivo.
 
Ellie gli sorride in risposta «Sì. Dean mi ha fatto una sorpresa per il mio compleanno» gli occhi le brillano di contentezza mentre gli racconta della spiaggia in cui sono stati, del tempo che era splendido e di quanto le sia piaciuto il posto. Sorride ancora, spostando dietro le orecchie un ciuffo dei suoi lunghi capelli mossi «Saresti dovuto venire. Siamo stati davvero bene» ma Sam non si pente della sua scelta: passano più tempo con lui che da soli, era giusto che si prendessero un paio di giorni per loro. Lui, poi, immaginava che non sarebbero rientrati proprio ieri; era il compleanno di Ellie, era normale che Dean volesse organizzare qualcosa. Non gliene fa una colpa, hanno fatto bene a prendersi un giorno di libertà. Per come stanno messe le cose con papà e il resto, poi, sarebbe cambiato davvero poco. Ellie continua a guardarlo negli occhi «Tu, invece, che hai fatto?»
Sam stringe le spalle «Niente di che. Ho aiutato Bobby con le ricerche, letto qualcosa sul folklore anglosassone, cercato qualche caso interessante… le solite cose».
«Sempre il solito secchione» Dean alza la testa dal menù e sorride sghembo; stavolta è chiaro che lo sta prendendo in giro.
Ellie annuisce, ignorandolo «E Bobby sta bene?»
«Sì… sì, vi saluta».
 
Ellie sorride ancora. Non dice nient’altro per un po’, gli occhi concentrati sul menù; a giudicare da come lo legge, anche lei deve avere una certa fame. Sceglie presto cosa mangiare e quando arriva la cameriera – piccolina di statura, con un caschetto moro e due occhi brillanti – sono entrambi decisi su cosa prendere: Dean un doppio cheeseburger con bacon e un’abbondante cascata di patatine fritte – come al solito – ed Ellie un hamburger più semplice, con petto di pollo, insalata e pomodoro.
 
Quando la cameriera se ne va, i loro occhi tornano nuovamente a fissare Sam. È Dean a parlare per primo «Allora? Novità su quel Daniel Elkins?»
Sam incrocia le mani «Ho chiesto a Bobby. Il fatto che tu l’avessi trovato nel diario di papà mi ha fatto pensare che avesse qualche relazione con altri cacciatori, anche se… anche se non siamo sicuri che sia lui. Ci ho provato comunque e, beh, mi ha detto di averlo sentito nominare. Era come noi». [7]
Dean allarga gli occhi «Ah».
Sam abbozza un sorriso «Ecco. La cosa fa decisamente al caso nostro, direi».
Anche Ellie li guarda impressionata e si volta verso la sua sinistra quando si accorge che la cameriera ha le loro portate. Gliele appoggia davanti e, mentre Dean si precipita ad afferrare il suo panino e ad addentarlo, Ellie prende il suo ciotolino di patatine e gliele offre. Sam sorride, rifiuta – ha mangiato prima che loro arrivassero, mentre li aspettava, e si sente pieno – e la ringrazia; lei, in risposta, stringe le spalle e ne afferra una per poi portarla alla bocca.
 
Sta proprio bene, stasera. Questi giorni devono essere stati davvero belli per lei. Dean, invece, sembra un po’ più nervoso e Sam non ne capisce il motivo. O hanno litigato – cosa che dubita; Ellie non sarebbe così radiosa se così fosse – o c’è qualcos’altro che lo turba. Non gli sembra il momento di indagare; lo farà a tempo debito.
 
L’unica cosa che dice è che vorrebbe mettersi subito in viaggio per arrivare a Manning, ma sia Ellie che Sam convengono sul fatto che non conviene; hanno guidato tutto il giorno e sono stanchi. Tanto vale partire direttamente domattina, visto che, comunque, hanno un po’ di strada da fare per raggiungere la meta.
 
Dopo aver finito di mangiare, Dean ed Ellie fanno per alzarsi dal tavolo, ma Sam rimane seduto. «Aspettate un attimo» e quelle parole catturano l’attenzione di entrambi, soprattutto di Ellie che lo guarda curiosa. Sam abbassa gli occhi, rovistando nello zaino che aveva poggiato alla sua sinistra. Non ha bisogno di cercare molto e, quando trova il pacchetto incartato alla meno peggio con la carta di un vecchio giornale e un fiocchetto rosso trovato da Bobby chissà dove, glielo porge con un sorriso. «Penso che non sia troppo tardi. Ancora auguri».
Ellie lo guarda stupita «Non dovevi, Sam… io—»
Sam le sorride più convinto «È una sciocchezza. Dai, aprilo».
Quelle parole la convincono e afferra il pacchetto, sedendosi nuovamente per farlo meglio. Lo scarta, premurandosi di strappare la carta e, quando la toglie tutta, la sua bocca si apre in un sorriso bellissimo. Lo guarda con gli occhi luccicanti «“The sun also rises” [8] il libro—»
«Che piaceva a tua mamma. Mi avevi detto che non ritrovavi più la sua copia e che volevi leggerlo e… beh, ora puoi farlo».
Ellie non dice altro; lo guarda con gli occhi contenti e si alza per poi avvicinarsi. Lui fa lo stesso e si lascia abbracciare forte, le braccia di Ellie intorno alle spalle e il libro stretto tra le dita. Quando si scosta, gli sorride «Grazie».
Lui fa altrettanto e guarda anche Dean farlo dietro di loro, mentre osserva la scena con un sorriso tirato, ma sincero e soddisfatto.
 
Anche se non avrebbero passato la giornata insieme, a Sam dispiaceva non farle un regalo. Ha deciso immediatamente di optare per un libro, per andare a colpo sicuro e, una volta in libreria, non ha dovuto faticare molto per trovare quello che faceva al caso suo.
Lui ed Ellie hanno parlato di libri innumerevoli volte. Lei legge di tutto mentre Sam è più selettivo, più accurato nella scelta e predilige dei generi – quello storico, ad esempio – più di altri, anche se poi, alla fine, leggerebbe qualsiasi cosa. Ellie, invece, è più orientata sui romanzi e sulle vicende che prendono in considerazione dei personaggi, delle storie. Gli aveva parlato di questo libro e della sua voglia di leggere qualcosa di Hemingway, questo in particolare perché piaceva alla sua mamma e ne aveva smarrito la copia quando ha dovuto vendere l’appartamento dove vivevano prima che lei si ammalasse. A giudicare da come lo guarda e lo rigira tra le dita, Sam pensa di aver fatto centro.
 
Decidono di rimanere a dormire in macchina e di intraprendere l’altra parte del viaggio domattina. Hanno già affrontato un tragitto piuttosto lungo e arrivare all’alba a Manning non servirebbe a nulla; tanto vale riposarsi un po’ e ripartire con calma in mattinata.
Sam lascia ad Ellie e Dean il sedile posteriore – di prendere una stanza per poche ore non se ne parla – per permettergli di stare più comodi, per quanto possibile.
Quando il mattino dopo ripartono, Dean è piuttosto silenzioso, mentre Ellie è la solita chiacchierona e parla per buona parte del tempo. Chissà che gli frulla per la testa.
 
Non appena arrivano a Manning, affittano una stanza in un motel – così da poter appoggiare le loro cose. Non hanno molto tempo per osservarla bene, ma Sam capta il necessario: le pareti celestine, una piccola cucina alla sinistra della porta – che giace incassata in un piccolo arco – e di fronte una finestra, un paio di letti matrimoniali posti uno di fronte all’altro e, in fondo, un piccolo tavolinetto. Sicuramente non è una suite, ma probabilmente è la stanza più decente che hanno avuto negli ultimi tempi. [9]
 
Aspettano la sera per andare a fare una visita nella casa dove viveva Daniel Elkins, un posto angusto – una vecchia baita di montagna rivestita interamente di legno – e decisamente in disordine. A parte suppellettili che confermano che era un cacciatore – sale disposto ad anello sul pavimento, un diario come quello di papà, una scatola di legno dove custodire proiettili –, sembra solo essere la dimora messa sottosopra dai suoi assalitori. È Dean a trovare qualcosa di davvero interessante: dei graffi sul pavimento di legno. Calca su un foglio di carta i segni con una matita e si accorge che è un messaggio. Insieme capiscono immediatamente di che si tratta: un fermo posta, come quelli che usa papà. Sono il luogo e la combinazione di una cassetta di sicurezza.
Trovano l’indirizzo e nella cassetta designata trovano una lettera sul cui dorso ci sono delle iniziali: J.W.
Sia Sam che suo fratello pensano subito che siano quelle di papà; non è difficile pensarlo dopo tutti gli indizi che proprio dal diario di John Winchester li hanno condotti fin qui.
 
Quando Dean sfila le chiavi dalla giacca per rientrare in stanza, sono tutti e tre un po’ stanchi. E perplessi, soprattutto.
Il primo a proferire parola è Sam, in piedi alle spalle del fratello. Non riesce più a tenersi dentro ciò che pensa, non come hanno fatto nel tragitto di ritorno dal ritrovamento della cassetta di sicurezza. «Dean, tu pensi che… che quelle iniziali stiano per John Winchester?»
Osserva Dean infilare la chiave nella toppa e stringere le spalle. «Non ne sono certo, ma sono troppe le cose che ci hanno collegato a papà e ci hanno portato qui» fa una piccola pausa «Dovremmo chiamarlo, forse. Magari per esserne più sicuri» un’altra pausa, stavolta più breve «A patto che risponda».
 
Sam stringe le labbra in una linea sottile senza rispondere; non c’è niente da aggiungere, in fondo. Ha solo dato voce ai suoi pensieri e probabilmente anche a quelli di Ellie, che se ne sta al suo fianco con le braccia conserte e lo sguardo perplesso. Anche lei è sicuramente della stessa idea.
 
Dean gira la chiave, apre la porta e fa un paio di passi in avanti per poi fermarsi di botto. Sam, proprio dietro di lui, non ci mette molto a capire il perché: sulla sinistra accanto alla finestra, di spalle, c’è un uomo alto, le mani nelle tasche della giacca.
«Ehi!» la voce di Dean echeggia nell’aria mentre Ellie si appresta ad accendere la luce e Sam a estrarre la pistola dai pantaloni. L’uomo si volta con lentezza, in modo tranquillo; sembra tutto fuorché minaccioso. Si gira piano, mostrando il suo viso alla luce: la barba incolta, gli occhi tristi che Sam ha visto così tante volte nei suoi sogni nelle notti che ha passato a Stanford e un sorriso tirato e commosso.
 
È ancora la voce di Dean a rompere il silenzio. «Papà?»

 

[1] Il mio soggiorno nella “bassa” California – a Santa Barbara, per la precisione – è stato caratterizzato da un clima caldissimo, soprattutto quando sono stata a Los Angeles, che si trova nell’entroterra. Al Nord, però – e le mie ricerche per scrivere il capitolo mi hanno dato ragione – il clima è completamente diverso e fa molto più fresco anche in estate (Wikipedia segnala una media di 18° ad agosto). Per non allontanarmi troppo da Buckley e quindi per non incorrere a tempi di percorrenza lunghissimi, ho optato per una “particolarmente afosa” Westhaven. Viva le licenze poetiche! XD
[2] Per scrivere questo capitolo mi sono rivolta a Google Earth e all’accuratezza delle sue immagini satellitari. Per questo ho scelto proprio questa spiaggia per la gita dei due piccioncini: le foto parlavano da sole e quelle dei visitatori erano altrettanto allettanti. Con Street View, poi, si vede benissimo che si tratta di una distesa di spiaggia libera.
[3] Il ristorante non è una mia invenzione: si chiama “Seascape Restaurant” ed è davvero situato a pochi passi dal pontile di Trinidad (grazie Google Earth! *occhi a cuore* XD). L’ho scelto proprio per la sua visuale suggestiva, di cui potete ammirare alcune foto se sbirciate in internet, e per il menù. La scelta del posto è stata dettata anche dal fatto che a Westhaven non trovavo uno straccio di motel e mi sono dovuta spostare. XD
[4] Riferimento a una delle scene finali dell’episodio 3x08 “A Very Supernatural Christmas”.
[5] Il caso a cui mi riferisco è quello trattato nell’episodio 1x20 “Dead’s man blood” e gli elementi descritti sono gli stessi che legge Sam nell’articolo che trova in internet all’inizio della puntata.
[6] Oltre al paesino della California descritto in questo capitolo, esiste un’altra Trinidad, situata in Colorado che dista davvero un paio d’ore da Manning.
[7] So bene che nell’episodio a cui comincio a fare riferimento in questo capitolo, “Dead’s man blood”, Bobby non era ancora presente. Nella serie, infatti, i ragazzi lo incontrano nella puntata 1x22 “Devil’s trap” ed è lì che chiariscono con lui. Qui, invece, la cosa è successa molto prima e Sam alloggiava da lui per qualche giorno, perciò non potevo non includerlo XD
[8] “The sun also rises” (in italiano conosciuto come “E il sole sorgerà ancora” o “Fiesta”) è il primo romanzo di Ernest Hemingway.
[9] La stanza a cui faccio riferimento è quella che s’intravede nell’episodio 1x16 “Shadow”, a cui ho aggiunto degli elementi come il tavolo e la finestra che nella scena citata non si vedono.

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Capitolo 23
*** Saturn return ***


Note: A pochi minuti dalla mezzanotte eccomi qua, puntuale come un orologio rotto! XD
Purtroppo durante la giornata mi è difficile mettermi al PC e rileggere tutto e, essendo i capitoli discretamente lunghi, mi ci vuole un po’ di tempo – e soprattutto parecchia concentrazione.
Qui cominciano una serie di capitoli in cui rivisito un po’ alcuni episodi di Supernatural della prima stagione. Spero di non aver fatto troppa confusione o copia incolla XD lo trovo fastidioso in una storia “originale”, ma mi servivano dei pezzi e non potevo fare diversamente. Inserire Ellie in alcune vicende, poi, non è sempre semplice.
Spero come sempre che il capitolo vi piaccia e vi ringrazio se avrete la voglia e la pazienza di arrivare fino in fondo. Non lo do mai per scontato, sappiatelo :D
Vi abbraccio fortissimo e vi auguro un buon proseguimento di settimana! Buonanotte e a mercoledì! :**


Capitolo 23: Saturn return

Saturn return is just the return of your planets
To the original position.
 
(Billy Corgan)
 
 
Non sono molti gli episodi in cui Ellie si ricorda di essersi sentita a disagio con Dean. Anche quando non stavano insieme, poteva capitare che discutessero o che ci fossero delle cose su cui proprio non andavano d’accordo, ma non si sentiva mai fuori posto. Mai, tranne quando insieme a loro c’era anche John Winchester. Per questo, è proprio così che si sente adesso: terribilmente a disagio. Non lo era da parecchio tempo.  
 
Guarda Dean allungare il passo e raggiungere il padre per abbracciarlo forte e le viene da sorridere, perché sia lui che Sam ci sono stati così male e l’hanno cercato così tanto che ritrovarlo era quello che si meritavano di più al mondo. Al contempo, però, non può non sentirsi un po’ male per lei che, probabilmente, finirà per venire rimproverata nuovamente o, peggio, dovrà prendere il coraggio a due mani e scomparire dalle loro vite.
Non vuole essere troppo pessimista, perché in tutto questo tempo John potrebbe aver cambiato idea su di lei – anche se ne dubita – e accettare la sua storia con Dean, ma sa bene che, per quanto possa sforzarsi, John Winchester non approverà mai una cosa così per suo figlio e tutto ciò avrà delle conseguenze.
Nonostante questo, però, per ora non riesce a fare altro che essere felice per i ragazzi. Per Dean, che ama suo padre più di se stesso, e per Sam, che lo avrebbe cercato per mari e monti pur di potersi unire insieme a lui alla caccia al demone che gli ha portato via la sua mamma e Jessica.
 
Appoggiata allo spigolo a destra della porta, Ellie li osserva con le braccia conserte, un lieve sorriso dipinto sulle labbra. Dean ha gli occhi che luccicano dalla contentezza e anche Sam – che gli si è avvicinato più lentamente, con meno slancio –, sebbene sia meno sorridente, è visibilmente emozionato. John le dà le spalle; probabilmente non si è neanche accorto della sua presenza.
Lo vede puntare gli occhi sul figlio minore «Ciao Sam».
«Ciao papà» la sua voce è quasi un sussurro, un po’ tremante.
John continua a puntare lo sguardo su di lui finché Dean non gli parla, distraendolo. «Avevamo pensato di chiamarti. È morto un cacciatore e abbiamo trovato—»
«Sì, lo so. Sono venuto per Daniel. Ho letto della sua scomparsa e… e vi ho visti perlustrare la sua casa». Sam e Dean si guardano «Siete stati bravi a coprire le vostre tracce».
Dean sorride appena «Abbiamo imparato dal migliore».
La voce di John suona incrinata alle orecchie di Ellie; sembra molto commosso. Continua a guardare Dean «Avremo tempo e modo di discutere di Daniel. E del demone» che parla di nuovo «L’hai trovato?»
John stringe le spalle «Ancora no, anche se quel figlio di puttana sa che sono vicino. Ve ne parlerò a tempo debito» poi si volta verso Sam «Ascolta, Sammy… l’ultima volta che ci siamo visti abbiamo litigato di brutto».
Ellie osserva Sam fissare il padre. Ha gli occhi lucidi, ma il tono di voce con cui gli risponde «Sissignore» è pieno di rabbia.
John abbassa la testa per poi guardarlo di nuovo «È bello rivederti. È passato tanto tempo».
Sam stringe i denti «Troppo» gli sorride appena – una piega davvero piccola sul suo viso, quasi invisibile – e gli fa un cenno con la testa, quasi a chiedergli di avvicinarsi. John non si lascia pregare e, con un paio di passi lenti, lo raggiunge, stringendolo a sé in un forte abbraccio.
 
Ellie sorride ancora, commossa dal modo in cui quei due si stringono. Sam non gliene ha mai parlato apertamente, ma più volte Dean le ha descritto il rapporto litigioso tra John e suo fratello e vederli adesso mentre fanno pace dopo così tanto tempo che non si vedono è toccante. Lo è anche per Dean che li guarda con gli occhi lucidi, incapace di nascondere un sorriso che poi rivolge a lei, voltando leggermente la testa nella sua direzione. Ellie ricambia ed è quando Sam e John si scostano l’uno dall’altro che quest’ultimo si accorge della direzione in cui Dean sta posando gli occhi, finendo per voltarsi. E non appena vede il sorriso commosso di John sparire e lo sguardo farsi appena più duro – qualcosa di quasi impercettibile, piccolissimo poiché affogato nella gioia e nella commozione dell’aver riabbracciato i suoi figli –, Ellie sente nuovamente quella sensazione di disagio salirle alla bocca dello stomaco.
«Oh, ci sei anche tu».
A quelle parole, Ellie deglutisce, nervosa. Sente anche gli occhi dei fratelli puntati su di lei e tentenna quando Dean le fa cenno con la testa di farsi avanti. Lo fa poi, accogliendo il suo invito ad andargli vicino.
Dean guarda il padre in modo fiero «Papà, lei… lei è rimasta sola e—»
John non lo fa neanche finire di parlare «Sì, ho saputo di Jim» e la guarda nuovamente, con quell’aria di sufficienza con cui l’ha sempre squadrata, come se fosse una cosa, un soprammobile brutto e ingombrante in una collezione di porcellane finissime. «Mi dispiace» ma dal suo tono è chiaro che non lo pensa veramente, o che, anche se fosse, non vuole farlo notare ed Ellie fatica molto a fingere di farsi andare bene quelle parole, che non le brucino più di quanto dovrebbero.
 
È vero, John non l’ha mai trovata simpatica e probabilmente non gli è mai andato a genio fino in fondo neanche il fatto che suo figlio avesse legato tanto con lei – a maggior ragione faticherà a digerire come stanno le cose adesso –, ma con papà c’era un’amicizia e le fa male il pensiero che, benché avessero litigato, John abbia dato così poco rilievo alla sua scomparsa.
 
Finge che sia tutto a posto, comunque, mandando giù un cumulo di parole amare e improperi. È per Dean e Sam che si sforza tanto: hanno appena ritrovato il loro padre, non è bene cominciare con lei che gli si avventa contro.
Fa cadere il discorso, quindi, e stringe le labbra. Nessuno aggiunge nulla – nonostante Dean la stia guardando con un po’ troppa insistenza, quasi volesse premurarsi di sapere se va tutto bene. Non è così, ma non vuole darlo a vedere.
 
I ragazzi convincono il padre a sedersi e si mettono tutti intorno al tavolo, John tra i suoi figli ed Ellie di fronte. Li osserva attenta: si guardano tra di loro come se non credessero di essere davvero qui, insieme, come se volessero dirsi tutto e niente allo stesso tempo.
Ellie conosce bene la sensazione: quando ha ritrovato papà dopo i mesi passati a Buckley è stato lo stesso, per lei. Papà è sempre stato taciturno – con lei, almeno – ed Ellie faticava a mettere due parole in fila per dirgli quello che sentiva. Non era mai stato semplice rapportarsi con lui, meno che mai a mesi di distanza dall’ultima volta, con lui che la guardava come se fosse un’aliena. Si erano incontrati accanto a una vecchia strada, in uno spiazzo – che Dio solo sa come Ellie abbia fatto a trovarlo – ed era così tesa e papà non faceva niente per renderle il compito più semplice. Si limitava a guardarla e a rispondere a una frase ogni tre. John, almeno, sembra molto più spigliato di com’era Jim Davis, stasera. È già una buona cosa.
 
Finiscono a parlare di caccia, ovviamente. Ellie non aveva poi molti dubbi: è il terreno dove tutti e tre si muovono meglio. John e Dean sicuramente; Sam, probabilmente, sarà propenso a cambiare argomento, tra un po’.
I ragazzi chiedono a John di Elkins, del legame che aveva con lui e del perché su quella lettera che hanno trovato in quella cassetta di sicurezza ci sono le sue iniziali. John confessa che lui e la vittima si conoscevano da lungo tempo, che Daniel Elkins era una brava persona e che gli aveva insegnato molte cose sulla caccia, ma non si vedevano più da anni perché avevano avuto una discussione piuttosto violenta – ma che strano – e gli consegnano la lettera quando il padre gliela chiede.
Ellie lo osserva scorrere velocemente con lo sguardo quelle righe – gli occhi più stretti e concentrati sulle parole impresse sul foglio – e leggere a voce alta «“Quando leggerai questo, io sarò già morto”… » tiene gli occhi bassi, continuando a leggere «Che bastardo, l’ha sempre avuta lui».
Sam lo guarda perplesso «Cosa?» e John alza nuovamente lo sguardo sui suoi figli «Quando avete perquisito la sua casa, avete per caso trovato una vecchia pistola? Una revolver Colt».
Dean dà un’occhiata veloce al fratello e poi a suo padre «In effetti c’era una custodia, ma era vuota».
John sbuffa aria dal naso, un’espressione contrita dipinta sul volto «Ce l’hanno loro».
«Quelli che l’hanno ucciso?» a intervenire è nuovamente Dean e John annuisce «Dobbiamo assolutamente trovarla».
Sam continua a guardarlo un po’ perplesso «Perché è così importante? E… e noi non… non sappiamo con chi abbiamo a che fare. Insomma, non abbiamo idea di chi lo abbia ammazzato».
«Io penso di saperlo» i ragazzi allargano gli occhi, Ellie compresa «Le creature che cacciava Daniel Elkins: i vampiri».
Dean arriccia le labbra, visibilmente confuso «Esistono? Pensavo di no».
John lo guarda negli occhi «Anch’io. Ero convinto che fossero estinti, che Daniel Elkins e altri cacciatori come lui li avessero sterminati, ma mi sbagliavo». [1] Dean è visibilmente stupito da quelle parole e ascolta il padre che riprende a parlare. «Molte delle cose che si dicono sui vampiri sono leggende o frottole: la luce del sole non li uccide, men che meno un paletto nel cuore e di certo una croce non è in grado di allontanarli. Ciò che è vero, è che hanno bisogno di sangue umano per nutrirsi e hanno le sembianze degli esseri umani, per questo è difficile riconoscerli». [2]
 
Sia Dean che Sam lo guardano particolarmente colpiti. È il più piccolo a interrompere il silenzio «E tu vuoi trovarli e ucciderli, immagino».
«Sì, è questo il piano» lo guarda negli occhi e gli sorride appena; è solo una piccola smorfia, un semplice incurvamento delle labbra, ma ad Ellie sembra un gesto carico di dolcezza, qualcosa che non ha mai visto in John, tantomeno per i suoi figli. Per Dean, in particolare, perché è la prima volta che lo vede rapportarsi con Sam.
 
A giudicare dalla sua espressione – non completamente distesa, ma meno sull’attenti, in un certo senso – forse non è più così propenso a parlare di caccia. Si guarda intorno «Da quanto siete qui?»
È Sam a rispondere «Da stamattina».
 
Lo sguardo di John si sofferma sui due letti disposti uno accanto all’altro ed Ellie lo osserva con gli occhi ridotti a due fessure: è strano che lo attirino tanto. In fondo, quella dove si trovano è solo una stanza di motel come tante altre. Eppure c’è qualcosa che le sfugge, perché quando torna a guardare i suoi figli la sua espressione è già diversa, quasi… cupa. O delusa.
 
«E dove eravate? Daniel è stato ritrovato ormai un paio di giorni fa».
Ellie osserva i ragazzi scambiarsi un’occhiata e poi guardare lei e, in un certo senso, tutto le è chiaro: non è la disposizione dei mobili nella stanza ad aver attirato l’attenzione di John, ma qualcosa di più particolare. Il numero dei letti. Ce ne sono solo due – ovviamente, lei e Dean dormono insieme da diversi mesi ormai – quando, di regola, dovrebbero essere tre. Ellie deglutisce, capendo dove John ha intenzione di arrivare. Non che ci volesse tanto a fare due più due, ma l’idea che l’abbia fatto così in fretta la terrorizza.
 
Sam – che non c’era e non ha la più pallida idea di cosa è successo, qual era il vero motivo per cui Ellie e Dean non si sono rivolti la parola per un intero anno – non si fa problemi a parlare per primo «Io ero da Bobby, Dean—»
«Io ed Ellie eravamo in California. Ci siamo incontrati a metà strada con Sammy e—»
Lo sguardo di John è freddo, impassibile. Guarda Dean come se fosse un nemico «E perché mai?»
«Perché gliel’ho chiesto io» Ellie sente tutti gli occhi puntati addosso dopo aver pronunciato quelle parole, ma le sono uscite praticamente da sole. Il teatrino a cui sta assistendo è ridicolo: dopo tutto questo tempo che hanno passato a cercarlo, Sam e Dean non dovrebbero rendere conto di quello che hanno fatto al loro padre, ma se è così, Ellie non ha di certo intenzione di mandare questa storia per le lunghe. «Era il mio compleanno e gli ho chiesto di portarmi al mare. Per un solo giorno. Se c’è qualcosa che non ti sta bene, sappi che devi avercela con me».
Lo guarda negli occhi e non sa come faccia a non avere paura di quello sguardo affilato, schivo. È come se John fosse sul punto di attaccare da un momento all’altro.
 
Non lo fa, però: la fissa per qualche altro istante, poi torna a guardare i suoi figli. «Va beh, non ha poi così importanza» si alza in piedi e Sam e Dean con lui, di riflesso. «Dobbiamo trovare quei bastardi. E ucciderli» si lecca le labbra «Domattina, a mente fresca, ci ragioneremo con calma».
Sam e Dean tengono le braccia lungo i fianchi, come dei bravi soldatini «Sissignore» parlano in coro e ad Ellie vengono i brividi, perché sembrano due militari anziché due figli che hanno appena ritrovato il padre. E la colpa è solo sua, che li tratta da tali. 
 
Lo osservano silenziosamente mentre li saluta ed esce per prendersi una stanza. Il silenzio regna anche dopo, quando si ritrovano da soli a riflettere su quello che è appena successo, su John che è tornato e che sta cercando qualcosa. Perché quello che è trapelato è proprio questo: più che il desiderio di vendetta per chi ha ucciso quello che, presumibilmente, era un suo amico, John Winchester vuole recuperare una pistola, un’arma che Daniel Elkins custodiva piuttosto gelosamente nel suo arsenale.
Ellie osserva Sam cercare più volte gli occhi del fratello senza riuscirci e andare a dormire, poi, forse un po’ sconsolato. Non che tra lei e Dean ci sia chissà quale scambio di parole: le chiede solo se può mettergli la crema dietro la schiena, perché gli bruciano ancora le spalle. Ellie annuisce e lo fa, massaggiando poi delicatamente la parte arrossata usando un’abbondante noce di lozione profumata. È silenzioso e non le dice nulla, neanche quando si sporge verso di lui per posargli un piccolo bacio tra la spalla sinistra e il collo per poi dirgli che ha finito. È pensieroso e distratto ed Ellie non chiede niente, ma si accorge che la stringe più forte quando si ritrovano sotto le coperte. Si sdraia su un fianco, la schiena appoggiata al suo petto e il braccio di Dean che le circonda la vita e la tiene vicino, come se avesse paura che fuggisse da qualche parte. Hanno superato da tempo questa sensazione, la paura che Dean aveva che Ellie potesse scappare via, ma c’è dell’altro, qualcosa che lei immagina e di cui non ha chiesto nulla per non mettere altra legna su quel fuoco già rovente che sicuramente divampa nella sua testa. Si limita a stringere il suo braccio, sperando di potergli almeno garantire che, se ha voglia di parlare, sa dove trovarla.
 
Il mattino dopo il risveglio non è dei migliori. È fatto di bussa forti alla porta e da Sam che scivola fuori dal letto e la apre, rivelando che è cercarli è John. Dice di aver intercettato la radio della polizia: c’è un cadavere sulla superstrada ed è sicuro che siano stati i vampiri. Quando Sam chiede come faccia a saperlo, però, il padre non dà altre spiegazioni. Spinge solo a mettergli fretta per alzarsi dal letto e Sam lo ascolta, facendo uno scatto e ritrovandosi in breve tempo già vestito e pronto, così come Dean ed Ellie che, anziché tentare di agghindarsi come cerca di fare sempre in occasioni come questa e vestirsi in modo consono, infila un paio di jeans e una camicetta a maniche corte celeste sotto il giacchetto.
 
Sono sul posto non molto dopo; è una strada che costeggia il bosco, un luogo perfetto per qualsiasi mostro per attaccare. Ellie e i ragazzi rimangono in disparte mentre John si incammina per andare a parlare con i poliziotti. Sam, i capelli appiccicati alla fronte e un’espressione contrita e piena di disappunto sul viso, è appoggiato al cofano dell’Impala e sembra aver un grosso bisogno di protestare.
Non a caso, non tarda molto. «Non potevamo andare con lui?»
Dean non nasconde il suo fastidio nel sentire quelle parole: piega leggermente la testa all’indietro, le mani dentro le tasche della giacca di pelle. «Non cominciare, ti prego».
Sam lo guarda confuso «A fare che?» ma il fratello non fa in tempo a rispondergli e si alza in piedi quando vede tornare John verso di loro. Ellie, dal canto suo, continua a rimanere seduta sul cofano dell’auto.
«Sono stati i vampiri. Sono diretti verso ovest, ma qui non si passa. È bene cercare un’altra strada».
Sam non sembra volersi dare per vinto «Come fai a saperlo?» Dean lo ammonisce nuovamente, guardandolo di traverso, ma lui non molla «Voglio solo sapere se è la pista giusta» e torna a fissare il padre con aria di sfida.
John, in risposta, tira fuori qualcosa dalla tasca del suo giaccone di pelle marrone scuro. «Ho trovato questo» lo porge ai suoi figli – Ellie, ovviamente, non è la benvenuta e non è neanche tenuta in considerazione nella conversazione – e Dean lo prende in mano. Ellie allunga un po’ il collo per vedere: si tratta di un dente. «È una… zanna di vampiro, giusto?»
John lo ammonisce immediatamente «Non zanna, dente. Quando attaccano ne esce una seconda fila» poi guarda di nuovo Sam con aria minacciosa «Altre domande?» Sam, in risposta, deglutisce e abbassa gli occhi. John sembra molto indispettito «Bene, allora andiamo. La luce del giorno è preziosa» si incammina verso il suo pick-up nero, puntando lo sguardo sull’Impala parcheggiata alla sua sinistra «Dean, sistema questa macchina prima che cada a pezzi. Se avessi saputo che l’avresti ridotta così, di certo non te l’avrei data».
 
Gli occhi di Ellie cadono subito su Dean: lo vede seguire il padre con lo sguardo e poi nascondere l’amarezza dietro un sorriso che rivolge al fratello che, dal canto suo, lo guarda stralunato. Ellie si alza e affianca Sam – oggi, per qualche strana ragione, l’ha spuntata e Dean lo farà guidare –, le mani strette a pugno.
Trova tremendamente scorretto il trattamento che John sta rivolgendo ai suoi figli: l’hanno cercato per mesi, senza sosta, e questo è il suo modo di ringraziarli?
 
Fa un passo in avanti, stringendo il pugno più forte e non sa dove trova il coraggio di aprire la bocca. «Sei ingiusto».
John, in piedi accanto allo sportello del suo pick-up, si volta a guardarla. «Come dici?»
«Hai capito benissimo» prende fiato «Questi due ti hanno cercato per mesi e tutto ciò che sai fare è rimproverarli per come tengono la macchina o perché fanno troppe domande?»
Avverte una mano afferrarla per il polso sinistro da dietro, ma si scosta, cercando di non voltarsi e di mantenere il contatto visivo con John che continua a guardarla impassibile.
È Dean ad afferrarla, chiaramente, che non molla e la prega di smetterla, ma Ellie non ne ha intenzione. Non finché non avrà ricevuto una risposta almeno coerente. John, dal canto suo, sbatte le palpebre un paio di volte, serafico «Come tratto i miei figli non è affar tuo».
Ellie deglutisce «Forse no, ma non è giusto» continua a fissarlo e John ricambia con un certo disprezzo, con… sufficienza. Non replica, però, e distoglie gli occhi presto, voltandosi e salendo nella sua macchina. I ragazzi, più spenti e sconsolati, fanno altrettanto, montando sull’Impala.
 
Per i primi minuti c’è silenzio di tomba. Dean, nonostante sieda sul posto del passeggero, non si volta mai verso Ellie che siede silenziosa dietro, le mani in grembo e le dita che si torturano l’un l’altre.
È sicuramente arrabbiato perché non gli ha dato retta e si è scagliata contro John senza ascoltare la sua richiesta di smetterla, ma c’è un limite a tutto, dannazione. Dean tratta questa macchina quasi meglio di lei, Sam sono mesi che non desidera altro che far parte della caccia al demone che gli ha portato via due persone importanti come la sua mamma e la sua fidanzata e John non condivide con loro neanche il perché crede che stiano andando nella direzione giusta o perché questa pistola è così importante. E questo non è giusto.
Forse loro – Dean, perlomeno; Sam è già diverso – sono abituati a questo modo di fare e non ci fanno caso più di tanto, ma ad Ellie dà estremamente fastidio.
Forse ha sbagliato a parlare, per carità, ma a volte sono meglio parole fastidiose che un assordante silenzio. L’ha imparato quando è tornata con papà dopo Buckley.
 
Anche Sam è taciturno; ha un’espressione crucciata e scommette che non sia davvero concentrato sulla strada. Sembra distratto.
La fa un po’ ridere, tra l’altro, perché a causa delle sue gambe lunghe è costretto a guidare quasi sdraiato.
 
Le prime parole che escono dalla bocca di Dean, molto tempo dopo la partenza, riguardano i vampiri. Sta leggendo informazioni su un vecchio manuale.
«“I vampiri si uniscono in gruppo da otto a dieci e quelli più piccoli si procurano il cibo. Le vittime di solito vengono portate nel loro covo e lasciate sanguinare per giorni o settimane”. Forse è ciò che è successo alla coppia che è sparita». La sua voce non è tanto tranquilla; sembra… stanca, spenta. Probabilmente anche delusa.
«Magari secondo papà è così. Sarebbe carino se ci dicesse ciò che gli passa per la testa».
Ellie rimane in silenzio, ma sente Dean sospirare forte. Lo guarda voltarsi verso il fratello «Si può sapere che avete voi due?» si gira anche verso di lei per qualche istante, gli occhi colmi di rancore, poi torna a guardare Sam «Abbiamo cercato papà per mesi, ora è finalmente con noi e già cominciate a dargli addosso?»
Ellie deglutisce, ma rimane in silenzio; è Sam a parlare «Beh, ma in fondo Ellie non ha tutti i torti» Dean sbuffa, ma lui non molla «Voglio dire, io sono contento che sta bene e che lavoriamo di nuovo insieme. È solo che ci tratta come dei bambini» Dean scuote la testa «Ci dà continuamente degli ordini e pretende che li eseguiamo senza fare nessuna domanda… sempre con questa storia che non dobbiamo sapere mai niente».
«Sam, lo fa per una valida ragione».
Ellie osserva Sam voltarsi verso il fratello con aria stizzita «E quale sarebbe?»
«Per il nostro lavoro: non c’è tempo per le chiacchiere, non c’è margine di errore. Lui lavora in questo modo».
«Poteva funzionare quando eravamo piccoli, ma ora non più. Con tutto quello che abbiamo passato noi due… »
Dean continua a tenere gli occhi sul fratello e sospira «Senti, ci sono delle cose che non mi stanno bene, ok? Ma papà è appena tornato e non voglio cominciare subito col piede sbagliato».
«E ti va bene obbedire senza fiatare e lasciare che decida tutto lui?»
Dean non risponde subito; poi stringe le spalle, gli occhi ancora sul fratello «Beh… se necessario sì».
 
Sam riprende a guidare senza rispondere, lanciandogli un paio di occhiate e scuotendo la testa; Ellie, invece, si lecca le labbra senza proferire parola.
È proprio qui che sbagli.
 
*
 
È stata una notte strana, quella appena trascorsa, carica di una tensione che non sentiva nell’aria da tempo.
Dean siede sull’erba secca, le gambe piegate e le mani conserte sulle ginocchia. È a qualche metro da Sam e suo padre che, con le schiene e le teste basse per non farsi vedere, spiano un vecchio capannone che, a detta di papà, è pieno di vampiri. Quello che stavano cercando. È ancora l’alba e papà suggerisce di attaccare quando il sole sarà alto. Che poi, più che di attacco sarebbe meglio parlare di furto: papà non è intenzionato a ucciderli. Vuole solo approfittare del momento in cui loro dormono – perché, a quanto pare, è vero che lo fanno durante il giorno, anche se la luce del sole può provocargli al massimo una bruciatura e non li uccide come allude qualche leggenda o telefilm romanzato – per entrare nel loro covo, liberare la coppia rapita – se sono ancora vivi, chiaramente – e prendere la pistola. Pistola di cui, finalmente, papà si è deciso a parlare: si tratta di un’arma fatta da Samuel Colt per un cacciatore che ha consumato sei delle tredici pallottole che lo stesso Colt aveva fabbricato per l’arma prima di sparire nel nulla. Si dice che la pistola possa uccidere qualsiasi cosa, di natura soprannaturale e non. Per papà trovarla è fondamentale, perché gli consentirebbe di uccidere il demone. Non mandarlo solamente all’Inferno, ma proprio sterminarlo, farlo fuori e costringerlo a non tornare mai più. La sola idea è musica per le orecchie di Dean.
Per questo papà è così interessato alla morte di Elkins e a questa caccia: per una volta, il suo obiettivo non è far fuori il cattivo, ma recuperare una cosa molto preziosa.
 
È certamente un passo da giganti quello fatto da papà: dopo anni di nulla, l’idea di farlo fuori una volta per tutte è più che allettante. Tuttavia, però, Dean ha altri pensieri per la testa, qualcosa che lo tiene distratto da una notizia così importante.
Stanotte, quando papà gli ha detto che strada prendere perché convinto che li portasse ai vampiri senza spiegare il perché lo sapesse, Sam ha fatto una scenata: ha accelerato con la macchina fino a sorpassare papà e, una volta finitogli davanti, ha inchiodato ed è sceso dall’Impala incazzato nero. Lui e papà hanno litigato, rinfacciandosi il fatto che papà non dice loro mai niente e che devono parlare di un mucchio di cose, che Sam se n’è andato e che papà era arrabbiato con lui perché non poteva più controllarlo ed le urla erano così forti che Dean a un certo punto non capiva più da chi provenissero. È riuscito a separarli a malapena prima di tornare in macchina dove era rimasta Ellie che, immobile sul sedile posteriore, fissava la scena con gli occhi spauriti di chi ha l’impressione che il peggio non sia ancora arrivato. O che stia per scoppiare qualcosa di grosso.
 
Dean capisce Sam, davvero. Soprattutto perché è andato via per gli stessi motivi per cui ha litigato con papà qualche ora fa. L’unica cosa che vorrebbe è che sia lui che Ellie si calmassero e che gli facessero vivere almeno i primi momenti del ritorno di papà in santa pace. Ciò che sa per certo è che ha trovato un buon pretesto per non far più guidare a Sam la sua piccola, questo è poco ma sicuro.  
 
Il rumore di passi provenienti dalla sua destra lo riscuotono da quei pensieri; si volta in quella direzione, trovando Ellie sorridergli appena, in piedi lì accanto. Era tornata all’Impala, parcheggiata non molto lontano da qui, perché voleva prendere il giacchetto.
Dean non le dice nulla e abbassa il capo, mentre lei gli si siede accanto. «Sei stanco?» stringe le spalle senza risponderle. La sente sorridere «Sei arrabbiato con me, non è così?» Dean alza la testa e si accorge che il suo è un sorriso amaro, dispiaciuto.
Fa nuovamente spallucce e punta gli occhi su suo padre e suo fratello; sono abbastanza lontani da entrambi, nessuno dei due riuscirà a sentirli. «Sapendo cosa ha detto di te non potevo aspettarmi niente di differente» si lecca le labbra, voltando la testa per guardare dritto di fronte a sé «Speravo solo che… che fosse tutto un po’ diverso, tutto qui. Che foste almeno civili. Speravo che lo fosse anche Sam con papà». 
Ellie rimane in silenzio e Dean si volta a guardarla, trovandola con le labbra strette tra i denti e la testa bassa «Mi dispiace» e, dal tono della sua voce, sa che è sincera. «Avrei dovuto contenermi, ma… ma non sopporto come ti tratta, Dean. Come vi tratta. È più forte di me. Dopo tutto quello che avete fatto per lui—»
Lui stringe nuovamente le spalle «Non ha importanza. Ci sono abituato, non mi aspettavo niente di diverso».
Ellie abbassa nuovamente la testa, leccandosi le labbra. «Non credo sia giusto, ma… non fa niente, non ci metterò più becco. Te lo prometto» stringe le labbra in una linea sottile, sconsolata «Però… però forse è meglio che io mi faccia da parte per un po’» la guarda alzare gli occhi e puntarli nei suoi; sono grandi e pieni di confusione. «Voglio dire, non è neanche tornato e già abbiamo cominciato a sbranarci. Non mi sopporta, è evidente, e mi dispiace che ci rimani male se discutiamo. Forse è meglio se vado da Bobby per un po’ e vi lascio da soli. Così risolvete le vostre cose di famiglia senza che io sia d’intralcio».
Dean deglutisce; la sola idea di tenerla a distanza per questa storia lo mette a disagio. «Nessun intralcio. Tu stai con me».
«Sì, ma… »
«Niente ma. Sei la mia ragazza, prima o poi si abituerà all’idea». La guarda mordersi le labbra e stringersi nella sua giacca verde. Effettivamente, fa fresco. Il sole ha fatto capolino da poco ed è ancora rigido. Sorride amaro nella direzione di Ellie «Scommetto che i genitori del tuo ex ti adoravano».
Lei lo guarda un po’ perplessa, le labbra arricciate in una smorfia confusa. Poi stringe le spalle «In realtà, il papà di Ben lo vedevo poco, era sempre in giro per lavoro. L’avrò incontrato due o tre volte nei mesi in cui siamo stati insieme. Sua madre invece era gentile e simpatica, era contenta quando andavo a casa loro» si interrompe quando vede Dean guardarla in modo strano «Non… non dovevo rispondere?»
Dean sorride appena «Non volevo saperlo davvero».
«Ah… » Ellie abbassa nuovamente gli occhi, stringendo le gambe al petto «Scusa, non avevo capito fosse una battuta». Dean sorride più convinto, conscio del fatto che, anche se è ancora amareggiato e non gli è passata del tutto, almeno è riuscita a strappargli un sorriso.
 
La voce di suo padre che li chiama all’attenzione lo distoglie immediatamente. Si alza velocemente, seguito da Ellie che fa lo stesso. Il sole è abbastanza alto per attaccare e tutti e quattro si armano di machete, l’unico strumento in grado di far fuori un vampiro che, a quanto pare, muore solo se decapitato.
Si avvicinano al capannone in modo circospetto, cercando di non farsi beccare.
Il piano è semplice: mentre papà si occupa di recuperare la pistola, i ragazzi hanno il compito di liberare la coppia rapita.
Entrano di soppiatto per una finestra che apre John, la stessa che poi chiude Dean, che è l’ultimo a passare. Si muovono silenziosi, attenti a non fare il minimo rumore.
 
Il covo è grande: trovano la maggior parte dei vampiri a dormire su delle amache posizionate a una certa distanza le une dalle altre. A giudicare dal suo aspetto, dal modo in cui è costruito – con assi di legno tutte uguali ed equidistanti tra loro – probabilmente è un vecchio granaio. [3] Chissà se il padrone è diventato uno di loro.
 
Si muovono circospetti tra un’amaca e l’altra, facendo in modo di non svegliare nessuno dei vampiri. Dean osserva Ellie e suo fratello camminare piano davanti a lui, guardandosi intorno. Quando arrivano in fondo alla stanza, si rendono conto che, legata ad un palo, c’è una ragazza mora, addormentata. Ha la camicetta bianca sporca di sangue sopra una canottiera blu e Sam si muove subito verso di lei, abbassandosi al suo fianco per liberarla. Poco più in là, Dean scorge una gabbia fatta di ferro e legno. Vi si avvicina ed Ellie lo segue. Al suo interno, trovano altri ostaggi di diversa età e sesso, tutti con le mani legate e un pezzo di nastro adesivo grigio sulla bocca. Dormono anche loro.
Con un grosso gancio, Dean tenta di aprire la gabbia; nel farlo fa rumore e sia lui che Ellie si guardano intorno rimanendo immobili, controllando se qualcuno dei vampiri se ne sia accorto. Fortunatamente non è così.
Dean riprende il suo lavoro ed Ellie lo affianca e gli sembra passino solo una manciata di istanti quando sente un urlo femminile provenire alle sue spalle. Si volta e trova immediatamente la risposta che cerca: è stata la ragazza che Sam stava liberando a urlare. La sua voce acuta sveglia tutti i vampiri nel giro di un secondo e, da lì, è una questione di attimi: Sam, Dean ed Ellie, incoraggiati anche dalla voce di John, cominciano a correre verso l’esterno, seguiti dall’orda di vampiri che li segue. Sam e Dean corrono l’uno affianco all’altro e Dean si volta per vedere se Ellie è dietro di lui, continuando a correre quando la vede qualche passo lì dietro. Si muove velocemente fino a uscire fuori e raggiungere le macchine ma, quando arriva, c’è solo Sam al suo fianco.
 
Dean deglutisce, il petto che si alza e si abbassa per la corsa e per l’agitazione. Chiama sia lei che papà a gran voce e guarda Sam che non dice niente, ma ha negli occhi la stessa paura.
Pochi secondi dopo – qualcosa che Dean percepisce come intere ore – vedono ricomparire solo suo padre. Dean spalanca gli occhi «Dov’è Ellie?»
John ha il respiro grosso per la corsa «L’hanno presa» e a Dean si gela il sangue nelle vene «Ho solo visto con la coda dell’occhio che la afferravano, non sono riuscito a tornare indietro. Avrebbero preso anche me». Dean deglutisce e segue l’istinto, facendo un paio di passi in avanti con decisione, affondando gli scarponi nel terreno, ma il padre gli mette una mano sulla spalla per bloccarlo «No» Dean lo fissa senza dire niente «Non tornare indietro, sono troppi, finirebbero per prendere anche te».
«E cosa devo fare, lasciare che la ammazzino?»
«No, torneremo a prenderla» Dean scuote la testa e suo padre stringe la sua spalla più forte «Hanno percepito il nostro odore, non abbiamo scampo» fa per dire qualcosa, ma la serietà di John, il modo deciso in cui gli parla gli fa pensare che abbia già un piano. «Ho un’idea».
 
A quelle parole, Dean si rincuora, almeno un po’. E non solo perché c’è una speranza concreta di poter riprendere Ellie – perché si fida ciecamente di suo padre e sa che, se ha in mente un piano, non fallirà –, ma anche perché, in fondo, ancora una volta può dire di conoscere il suo vecchio meglio di chiunque altro.
 
*
 
Ha la gola secca, le gambe che le tremano appena e i polsi che le fanno male a forza di tirarli per provare a liberarsi dalle corde strette. Ellie è seduta a terra, le braccia dietro la schiena tenute insieme da una corda spessa ed è legata a   un palo che arriva fino al soffitto. Osserva i suoi rapitori, in piedi davanti a lei. Nei loro volti è dipinta un’espressione saccente e un ghigno poco rassicurante.
«E tu, piccolina, cosa ci facevi con quei tre energumeni?» a parlare per primo è un gigante fatto di muscoli, la pelle scura e i capelli rasati a zero. [4]
«Si farà scopare da uno dei tre, è così evidente!» a rispondergli è un altro, più basso e apparentemente più anziano. «Potevano almeno insegnarle a correre più veloce».
«O darle un’altra spinta!» i due ridono divertiti dalle loro squallide battute quando un terzo, poco più dietro di loro, li zittisce.
«Smettetela voi due» Ellie non riesce a vederlo finché non le si avvicina: ha i capelli alla James del Team Rocket – Pokémon era uno dei pochi cartoni che Ellie guardava sporadicamente; un po’ glielo ricorda [5] –, la pelle molto chiara e l’espressione di chi è stanco di guardare a vista un branco di babbei. A giudicare da come gli ha parlato, poi – il tono scocciato e secco –, Ellie crede di averci preso. Lo osserva mentre si abbassa verso di lei che lo scruta con le sopracciglia abbassate e le labbra tirate in una linea piatta. Lui le sorride di sbieco «Tranquilla, non ti faranno niente. Non ti faremo niente» dalla voce non ne sembra così convinto ed Ellie non fatica a capire che non ha alcuna intenzione di liberarla. Dovrà farlo da sola, o sperare che Sam e Dean riescano a tornare a riprenderla.
 
Lo osserva allontanarsi e rivolgere un ghigno che ha ben poco di rassicurante prima di voltarsi e afferrare per un braccio con una stretta brusca il tipo che l’ha presa – spalle larghe e due braccia che sono il doppio di quelle di Dean, tanto che quando l’ha afferrata non è riuscita a liberarsi –, scortandolo verso un punto del capanno in cui lei non li possa sentire. 
Molto presto anche gli altri vampiri lo seguono; tra tutti, anche una ragazza mora con i capelli lisci e lo sguardo assetato di sangue e gloria.
 
Ellie espira forte, tirando i polsi verso di lei per cercare di allentare la corda che glieli tiene stretti. Sospira, la testa piena di pensieri scomodi. Non ha realizzato ancora come abbiano fatto a prenderla: un attimo prima correva veloce, cercando di star dietro a Sam e Dean per non farsi prendere, e quello dopo quell’energumeno l’aveva afferrata per le braccia e l’aveva trascinata via. Non è riuscita nemmeno a urlare, la bocca tappata da quel bruto e Sam e Dean, dopo aver controllato che fosse dietro di loro poco prima, sono giustamente andati avanti, cercando di salvarsi la pelle. Spera di riuscire a rivederli; non è molto sicura del fatto che questi brutti ceffi la lasceranno andare. O che non le faranno un graffio.
 
Piega leggermente la testa indietro e chiude gli occhi, lasciando uscire dalla bocca un altro sospiro esausto.
Era semplice: correre il più velocemente possibile per sfuggire ai cattivi di turno, una cosa in cui, invece, ha fallito. E ciò che le brucia di più è che è avvenuto proprio sotto gli occhi attenti e accusatori di John Winchester, che già una volta l’ha criticata pesantemente davanti a suo padre fino a mettere a repentaglio il loro rapporto. Ora non vedrà l’ora di farlo pubblicamente davanti ai suoi figli, coloro che sono stati i suoi compagni di viaggio dalla morte di papà a oggi e che l’hanno sempre protetta. Soprattutto Dean.
Ellie sapeva che sarebbe successo a prescindere, perché il disprezzo che John prova per lei è sempre più palese, ma adesso è sicura che non scenderà a un compromesso per il bene di Dean. Sicuramente non dopo quest’ultimo episodio, dopo che è stata lenta e non ha avuto i riflessi pronti per stendere un energumeno alto il doppio di lei e largo quattro volte. Le esce dalla bocca un sospiro amaro al solo pensiero.
 
Abbassa la testa e riapre gli occhi quando sente dei passi andare verso il portellone del capanno. A muoversi sono proprio l’energumeno e la ragazza mora; a seguirli, il tizio con i capelli da femmina. Li osserva con attenzione: lui la guarda come se fosse la cosa più importante e lei ricambia, allungandosi verso di lui per baciarlo in modo decisamente poco casto. Poco importa se, intorno, c’è un’intera squadra di vampiri – lei ed Energumeno compresi – che li stanno fissando. Ellie li guarda scostarsi e salutarsi mentre lei segue il mascellone sotto gli occhi attenti di Capelli Da Femmina che, pochi istanti dopo, si gira a guardarla. Le rivolge un sorrisetto sghembo quando i loro occhi s’incontrano ed Ellie ci scorge dentro una strana luce, come di voglia di una qualche vendetta. O forse potrebbe essere una fame esagerata, chissà. Ciò che è certo è che Ellie spera tanto che i Winchester abbiano un piano d’attacco e, soprattutto, che stavolta vada a buon fine.
 
*
 
Fa freddo, stanotte. L’escursione termica giorno-sera si fa sentire particolarmente e Sam si stringe nel suo giubbotto nocciola, le mani chiuse a pugno dentro le tasche. Si trovano nel bel mezzo del bosco e, nonostante abbiano acceso un fuoco proprio al centro di un cerchio di alberi, non lo useranno per scaldarsi.
Osserva suo padre tendere a Dean un sacchetto «Buttalo nel fuoco: zafferano, simplocarpo e trillium [6] copriranno il nostro odore e il suo finché non saremo pronti. Vi basterà spargere le ceneri sui vestiti e non vi individueranno». Suo fratello lo afferra e lo lancia sul fuoco quasi senza guardarlo, gli occhi bassi e fissi sulla legna che arde. Si limita a eseguire l’ordine senza dire nulla [7] e si muove per andare vicino a Sam, un’espressione contrita e agguerrita in volto.
L’ha osservato per tutto il giorno: è un fascio di nervi, gli si legge in faccia che è preoccupato per Ellie. Non può dargli torto, anche lui lo è. Soprattutto perché a quest’ora i vampiri potrebbero averle fatto di tutto: potrebbero averla trasformata, proprio com’è successo a quella ragazza che erano andati a salvare e che ha rovinato tutto con le sue urla, o magari le hanno fatto del male. Sam spera ovviamente di no, ma quelli sono vampiri e non si può di certo stare tranquilli.
 
Il piano di papà, comunque, per ora sembra funzionare, il che gli dà sicurezza.
È molto semplice: quando è andato a prendere la pistola, l’ha trovata nella “stanza” di quello che pensano sia il “capo” della banda e una donna, la stessa che adesso è legata e appoggiata a un albero, stordita e mezza assonnata.
Gli hanno teso una trappola: sapendo che sarebbero andati a cercarli per farli fuori e conoscendo molto bene il loro odore dopo che sono stati sorpresi all’interno del capanno, hanno approfittato di questa loro debolezza per attirarli e trarli in inganno. Il caso ha voluto che a volerli prendere ci fosse proprio lei, la fidanzata del capo. Papà dice che i vampiri si legano per la vita e che lei è addirittura più importante della pistola per il suo amante, perciò, dopo aver finto un guasto all’Impala e averla attirata nella trappola, papà l’ha infilzata con una freccia imbevuta di sangue di uomo morto, ciò che ha detto essere veleno per i vampiri. Lei, infatti, non appena la ferita ha cominciato a espandersi e il sangue a mescolarsi con il suo, ha accusato un mancamento. Secondo papà, con l’intruglio che ha dato a Dean riusciranno a mascherare il loro odore, così da poter tornare al capanno indisturbati e liberare le persone che hanno dovuto lasciare nella gabbia, insieme ad Ellie, ovviamente. Papà, invece, si occuperà di portare la donna lì accanto, così che i vampiri sentiranno il suo odore e gli correranno dietro per liberare la loro compagna. Sulla carta sembra un piano brillante, spera che lo sia anche nei fatti.
 
John si avvicina a lui e a Dean, in piedi al suo fianco «Non avete molto tempo. Il malessere le passerà presto».
Sam annuisce «Dovremmo farcela in mezz’ora».
«Come fai a essere sicuro che non porteranno Ellie allo scambio?» Sam si volta verso il fratello e lo trova a fissare il padre con aria quasi rabbiosa; è davvero teso.
John non fa una piega «I vampiri sono istintivi. Quando il capo sentirà l’odore della sua compagna premerà verso gli altri affinché mi blocchino e se la riprendano. Non penso si metteranno a pensare di portarsi dietro anche la tua ragazza».
Il tono di papà, soprattutto nel pronunciare le ultime parole, non è dei più gentili. Dean sembra aver voglia di insistere «E se lo facessero?» e dalla sua voce traspare rabbia e Sam non comprende se è rivolta verso il padre o verso la situazione che di certo non è delle migliori.
Papà lo guarda con meno accondiscendenza «In quel caso ci penserò io, a lei. Stai tranquillo» ma non c’è voglia di trasmettere serenità a Dean nelle sue parole. È come se glielo avesse detto per dargli il contentino.
Sam stringe le labbra «Tanto poi dopo ci… ci incontreremo, no? Quando avrai la pistola la useremo insieme». Lo guarda abbassare il volto e non rispondergli. Sorride amaro, conscio di quello che accadrà dopo stanotte. «Tu vuoi lasciarci di nuovo… vuoi andare a caccia del demone da solo» scuote la testa, profondamente amareggiato dalle intenzioni del padre. «Io non riesco a capirti. Non hai il diritto di trattarci così».
John finalmente lo guarda, l’aria severa «Così come?»
«Come bambini».
«Sono preoccupato per voi. Sto cercando di mettervi al sicuro».
 
Sam lo osserva con attenzione: crede veramente a quello che dice, ne è convinto e questo forse è anche peggio, perché vuole lasciarli fuori un’altra volta e, soprattutto dopo tutto quello che hanno passato, non possono permetterglielo.
 
Fa per aggiungere qualcosa, ma Dean lo precede «Scusa, ma secondo me questa è una stronzata papà». Sia lui che John lo guardano strano; non è da lui parlare in questo modo a papà, non l’ha mai fatto e Sam non capisce davvero cosa gli stia passando per la testa. O almeno, non riesce a farlo in questo momento. Guarda suo padre stringere gli occhi senza riuscire a replicare «Non abbiamo rischiato finora? Andiamo, ci hai mandato a caccia tu stesso. Prima non eri preoccupato e ora sì».
Papà lo scruta severo «Ora non è la stessa cosa».
Dean allarga un po’ le braccia, la giacca che si apre seguendo quel movimento «Spiegami perché. Perché non possiamo combattere insieme?»
John inspira «Questo demone… è un figlio di puttana. Non riesco a ragionare lucidamente se devo preoccuparmi di proteggere voi».
Dean non sembra voler mollare la presa «Continuo a non capire la differenza» e Sam stenta quasi a riconoscerlo. Una volta, se ci fosse stato lui al suo posto, lo avrebbe sgridato per delle risposte del genere a papà. Dio, l’ha fatto anche ieri, quando si sono messi a urlare in mezzo a quella strada buia e deserta. Non capisce che cos’è cambiato adesso per comportarsi così. Comincia a pensare che non sia solo per la storia di Ellie.
Punta gli occhi su papà; non sa se l’ha mai visto così serio e preoccupato prima d’ora. Anche se sta cercando di mascherarlo bene, la sua ansia è percepibile, visibile sotto gli occhi sicuri e stanchi, sotto le rughe sopra gli zigomi. «Sentite… io non so se uscirò incolume da questa battaglia» lo guarda prendersi una piccola pausa «Vostra madre è morta e io ci sono andato vicino. Non posso veder morire anche i miei figli. Non voglio».
«E se morissi tu?» è Dean a intervenire di nuovo «Se avessimo l’occasione per salvarti? Io… io penso che Sam stavolta abbia ragione. Uniti siamo più forti, lo sai anche tu».
John deglutisce, ma non sembra volersi smuovere. «Stiamo… stiamo solo perdendo tempo. Fate come vi ho detto e allontanatevi in fretta» deglutisce «È un ordine» poi s’incammina verso la strada, dandogli le spalle.
 
I fratelli si scambiano una lunga occhiata prima di sospirare appena, decidendo di andare verso l’Impala e fare ciò che gli è stato ordinato. Non è giusto e lo sanno entrambi, ma non possono fare altrimenti. Almeno per il momento.
 
Salgono in macchina e Sam osserva Dean guidare, le sue spalle tese e gli occhi fissi sulla strada, la mascella contratta e il volto preoccupato di chi crede di star andando incontro a qualcosa di molto brutto.
Piega le labbra in una smorfia rassicurante, immaginando cosa sta passando per la testa di suo fratello. «Andrà tutto bene. Riusciremo a recuperare Ellie, vedrai».
Dean non ha reazioni apparenti a quelle parole; continua a fissare la strada. «Non è l’unica cosa che mi preoccupa».
Sam espira aria dal naso; la smorfia sul suo viso è sparita, cancellata da una più mesta. «Lo so. Papà ha la testa dura».
«Dovrebbe almeno darci la possibilità di provare ad aiutarlo, cazzo. Non siamo più ragazzini».
Sam si morde le labbra a quella risposta, osservando Dean ingranare la marcia con un gesto secco, quasi rabbioso. Non riesce a contenersi «Da quando metti in dubbio i suoi ordini?» fa una pausa mentre continua a fissarlo «Di solito lo faccio io».
Dean lo guarda con la coda dell’occhio per un misero istante. «Non ho messo in dubbio niente. Papà è un grande cacciatore e lavora in questo modo, ma stavolta c’è di mezzo Ellie».
Sam sorride per prenderlo in giro «Ah, ecco qual è la differenza».
«Non fare l’idiota. Per te avrei fatto lo stesso». Il suo tono è sicuro, non c’è un filo di esitazione; Sam lo guarda e Dean fa lo stesso per un lungo istante prima di riprendere a guardare la strada. «Dico sul serio».
 
Sam tira le labbra in una linea sottile, riflettendo tra sé. Ripensa alle parole del padre di poco prima, al modo in cui ha risposto a Dean e a come ha apostrofato Ellie, chiamandola la tua ragazza in modo strano, quasi dispregiativo. Lui ha chiarito con papà quando Dean era all’obitorio a procurarsi del sangue di uomo morto: hanno parlato di Stanford e della sua scelta di andare via, del perché era così ostico ad assecondarlo, ma è come se ci fosse qualcosa di irrisolto tra Dean e papà, qualcosa che non gli piace. Ripensa al modo in cui gli ha risposto Ellie, a come l’ha attaccato quando ha parlato malamente dell’Impala e gli è tutto più chiaro. Come ha fatto a non pensarci prima?
 
Si lecca il labbro inferiore, gli occhi puntati nuovamente su Dean «Ma… perché papà ed Ellie non si sopportano tanto?» che si volta e lo guarda con una smorfia ironica «Che dici? Si adorano».
Sam sorride, ma non ci casca. «E dai, rispondi».
Il suo sorriso si smorza poco dopo; deglutisce «Va beh, è vero. Non si prendono granché. Perché… » sospira appena «Perché papà una volta ha detto che Ellie era… era un peso e non era capace a fare il nostro lavoro. Lei l’ha presa male. Poi era il periodo in cui voleva a tutti i costi compiacere Jim, quindi… »
Sam scuote la testa «Papà e la sua assenza di tatto» guarda il fratello che non replica «Non si dice così a una persona».
«Non dirlo a me. Non ci siamo parlati per un anno per una stronzata simile».
Sam aggrotta la fronte «Perché?»
Dean continua a non guardarlo «Credeva che la pensassi come papà. Non era così, ovviamente».
 
Sam si lecca le labbra, riflettendo tra sé. Ripensa alle parole di entrambi quando gli hanno raccontato – seppur a grandi linee – i loro trascorsi, soprattutto quelle di Ellie, quando gli aveva detto che un malinteso li aveva separati per un anno. Adesso è tutto più chiaro: è stato questo a dividerli, l’idea che, per Dean, Ellie non fosse abbastanza brava, che fosse di troppo. A pensarci bene, non se ne stupisce: ha notato da un po’ che le piace fare le cose per bene, che è precisa e che ci tiene a svolgere un compito nel miglior modo possibile. Non dev’essere stato facile scendere a patti con una cosa così, per quanto falsa. Forse non se n’è neanche resa conto subito, per questo hanno faticato prima di riappacificarsi. Chissà.
 
Butta fuori aria dal naso, passandosi una mano tra i capelli per scostarli dalla fronte «Papà sa essere tremendamente ottuso, quando vuole. È un peccato, perché Ellie è brava, se la sa cavare».
Dean sorride amaro «Oh, vai a spiegarglielo ora che si è fatta prendere da quei figli di puttana» deglutisce di nuovo prima di stringere le spalle e lasciare che un sospiro stanco gli esca dalle labbra. «Il fatto è che… che sono entrambi importanti, per me. Sapere che non si sopportano non è piacevole. Adesso che è tornato le cose saranno complicate».
«A patto che resti, dopo stanotte».
Dean si lecca le labbra prima di rispondere «Già» e non emette più un fiato per tutto il tragitto.
 
Una volta giunti a destinazione, entrare nel capanno è semplice. Passano per la stessa finestra che hanno usato stamattina e, mentre Sam fa fuori un energumeno di colore alto più di lui e largo il doppio, Dean non ci mette niente a tagliare la testa al vampiro che avevano lasciato di guardia. Lo stende con un colpo alla testa e poi gliela mozza esclamando un fiero «Una testa di cazzo succhia sangue di meno in circolazione» prima di affiancarlo e attendere che accenda una torcia per vedere meglio.
Una voce in lontananza – che deve aver sentito il rumore della colluttazione con i vampiri – li chiama ed entrambi accelerano il passo, ritrovandosi presto nella “stanza” – se così si può chiamare il posto dov’è situata la gabbia con altri ostaggi – dov’erano stati stamattina. Ad aspettarli, trovano Ellie che gli sorride. È legata a un palo, le mani intrappolate dietro la schiena e tenute insieme da una corda spessa. Dean le si avvicina velocemente, i passi più celeri e sicuri, e la prima cosa che fa quando è a un solo passo da lei è inginocchiarsi, metterle le mani sul viso e stamparle un bacio sulle labbra. Ellie risponde con un sorriso, gli occhi contenti.
La osserva intensamente «Stai bene?» e lei annuisce. «Non mi hanno fatto niente. Hanno solo lasciato un paio di tipi di guardia e sono andati… boh, non ne ho idea in realtà».
Dean le gira intorno per slegarle i polsi ed è Sam a risponderle «C’entra papà. Abbiamo rapito la fidanzata del capo e l’abbiamo stordita. Io e Dean abbiamo coperto il nostro odore per non farci trovare e siamo venuti fin qui».
Ellie annusa l’aria e fa una smorfia, come se avvertisse qualcosa di sgradevole «Effettivamente non emanate un buon odore». [8]
Dean storce la bocca e stringe gli occhi a mo’ di presa in giro «La prossima volta farò il bagno nell’acqua di colonia prima di venire a prenderti, principessa» ed Ellie gli dà una manata prima di sorridere mostrando la dentatura bianca.
Anche Sam sorride prima di riprendere il discorso da dove l’aveva lasciato «Papà confidava sul fatto che ti avrebbero lasciata qui».
«E c’ha visto giusto» Dean parla quasi con rammarico, come se si fosse reso conto che la scenata che ha fatto prima, per certi versi, non aveva senso di esistere.
Si tira su, i polsi di Ellie ora liberi dalle corde; Sam la guarda alzarsi e voltarsi verso di loro, gli occhi colmi di riconoscenza mista a un qualcosa di più triste. «Mi dispiace per essermi fatta fregare. Quel bruto mi ha stretta forte e mi ha tappato la bocca, non sono riuscita a urlare e avvisarvi. Avrei dovuto correre più veloce».
Dean la guarda stringendo le spalle «Non fa niente» e Sam le sorride «L’importante è che stai bene. Hai visto chi ti ha afferrata?»
«Sì. Era un brutto ceffo alto e largo come un armadio a due ante, calvo e con la pelle scura».
Dean sorride sghembo «Ah, allora ha già pagato: Sammy gli ha staccato la testa dal collo».
Ellie sorride «Bene, uno in meno a cui pensare» si tocca il polso destro con la mano sinistra, massaggiandolo appena. «Adesso che facciamo, raggiungiamo John?»
 
Dean rivolge a Sam una lunga occhiata che lui ricambia. Non possono lasciare papà da solo ad affrontare un branco di vampiri; potrebbero prenderlo alla sprovvista e fargli del male o peggio. È bravo, è vero, ma non è Dio.
Prima di rispondere, Dean si avvicina alla gabbia piena di ostaggi. «Prima liberiamo loro» e Sam non ha bisogno di ulteriori spiegazioni per sapere qual è il piano ora.
 
Infatti, una volta liberate le persone che stavano all’interno della gabbia, Sam, Ellie e Dean partono nuovamente. Il rombo dell’Impala si espande gioioso nell’atmosfera notturna e umidiccia mentre ripercorrono la strada a ritroso, ragionando insieme su cosa fare.
Durante il tragitto, presto trovano un piccolo “ingorgo”. Scorgono il pick-up di papà e, prima di raggiungerlo, decidono di nascondere l’Impala e procedere a piedi. Si armano di machete, una specie di arco per lanciare delle frecce imbevute di sangue di uomo morto e s’incamminano verso il punto dove papà e gli altri vampiri sono raccolti. Avvertono dei rumori poco piacevoli, che sanno di colluttazione, e si muovono più velocemente, cercando di far meno rumore possibile. Quando scorgono la figura di papà stesa a terra accanto al suo pick-up, Sam si volta indietro a guardare Dean ed Ellie. Basta uno sguardo per capirsi e Dean si alza, inserendo una freccia nell’arco e puntandola verso una vampira vestita da cowboy con tanto di cappello. Nemmeno la guardano cadere a terra: corrono verso la strada, uscendo allo scoperto, e Dean tira un altro paio di frecce, colpendo altri due vampiri. Sono tanti, però, e un altro sorprende Sam e riesce a buttarlo a terra con un colpo veloce.
 
Sam si ritrova con la schiena per terra e il colpo è troppo grande affinché possa alzarsi immediatamente. Viene afferrato dal capo dei vampiri, infatti, che, prima che Ellie e Dean possano sguainare i propri machete, gli mette il braccio destro intorno al collo e gli intima di fermarsi.
«Se non li mettete giù gli spezzo l’osso del collo». Sam, entrambe le mani a cercare seppur invano di staccare il braccio del nemico dal collo, osserva Ellie arrendersi quasi subito, gli occhi pieni di preoccupazione. Abbassa il machete e, con un gesto gentile, appoggia una mano sul braccio di Dean che, nonostante abbia gli occhi fuori dalle orbite dalla rabbia, dopo poco cede e fa lo stesso, alzando la mano sinistra per chiedergli di non fargli del male. Il vampiro non sembra intendere, però, perché stringe il collo di Sam più forte, tanto da farlo gemere di dolore. Gli alita sul collo «Ci tormentate, ci cacciate… perché non ci lasciate in pace? Abbiamo diritto di vivere anche noi».
«Io non credo» la voce di papà tuona minacciosa alle loro spalle e il vampiro si volta, costringendo Sam a fare lo stesso movimento.
 
Non ha molto tempo per realizzare: papà, con la Colt in mano, spara un colpo e colpisce il vampiro proprio in mezzo agli occhi. Uno schizzo di sangue gli cola sulla guancia sinistra e Sam, una volta libero dalla sua presa più lenta, si scosta, lasciandosi afferrare dal fratello, guardando il vampiro cadere a terra con un buco in fronte e gli occhi spalancati, esanime.
Scruta quel corpo e poi suo padre, che osserva il cadavere con uno sguardo stanco ma tremendamente fiero. Lo stesso che rivolge agli altri vampiri che, tra urla – della fidanzata, soprattutto – e panico fuggono via all’interno delle loro auto. Poi incrocia gli occhi di Sam e Dean, che si guardano e fissano il padre, un sorriso sul viso che non gli vedevano da tanto, qualcosa che sa di soddisfazione e orgoglio.
 
Per una volta, Sam può capirlo perché, oltre ad aver verificato che la leggenda della Colt era esatta, ora hanno un vero asso nella manica, un’arma che può spedire il demone che ha ucciso la mamma e Jessica nell’oltretomba. Per sempre.
 
*
 
Apre gli occhi e mugola controvoglia quando un raggio di sole glieli colpisce direttamente, voltandosi dall’altra parte. Dormiva di peso e questa seccatura è pure peggio della sveglia di Ellie, che è rumorosa e snervante, ma almeno non acceca.
Dean allunga un braccio verso sinistra, convinto di trovarla ancora addormentata al suo fianco – ieri sera era stanchissima quando sono riusciti a tornare e a mettersi a letto –, ma apre gli occhi quando si rende conto che, invece, di lei non ce n’è neanche l’ombra. Dà un’occhiata anche al letto di Sam, anch’esso vuoto, e si guarda intorno, mettendosi a pancia in su e strisciando i gomiti sul materasso per alzarsi un po’ con il busto e per sostenersi. Tende l’orecchio, gli occhi ancora assonnati, cercando di capire se almeno uno dei due è in bagno, ma il silenzio regna sovrano nella stanza perciò no, nessuno dei due è presente.
Ellie, che è matta come un cavallo, potrebbe essere andata a fare una passeggiata e aver coinvolto anche Sam che, per queste cose, è particolarmente condizionabile, ma intorno al motel non c’è assolutamente nulla, neanche una strada da percorrere a piedi, perciò pensa che la risposta giusta è che entrambi si siano svegliati presto e siano andati a prendere la colazione. Che siano da papà è alquanto improbabile. Sam forse, ma Ellie… lei no di certo.
 
Si stropiccia gli occhi con le dita – la nottata è stata lunga ed è più il tempo che ha passato fuori dal letto che dentro – e si decide a sedersi sul bordo del materasso. Tanto non riuscirebbe comunque a riprendere sonno finché non li vedrà tornare.
La porta, in realtà, si apre qualche minuto dopo, quando Dean è appena uscito dal bagno e sta per indossare una felpa blu leggera. Si volta verso l’ingresso e trova solo il fratello che lo guarda e abbozza un sorriso. «Buongiorno e… e ben alzato».
Dean si sistema il bordo della felpa e lo guarda richiudersi la porta alle spalle e appoggiare un paio di sacchetti bianchi e un cartone con quattro bicchieroni di caffè sul tavolo. «Dov’è Ellie?»
Sam abbassa gli occhi e stringe le spalle «Non l’ho vista. Cioè, sì, ma non è venuta con me a prendere la colazione. Oggi era il mio turno».
Dean continua a guardarlo, alzando le sopracciglia. Non è che creda molto alle sue parole «E dov’è andata, scusa?»
Suo fratello alza la testa, un’espressione fintamente incerta dipinta sul volto «A… a fare una passeggiata. L’ho vista di sfuggita, ma… ma ha detto che sarebbe tornata presto».
Dean scuote la testa e si incammina verso la porta, i passi lunghi e decisi. La apre e vi appoggia una mano prima di voltarsi e guardare Sam con un sorriso da presa in giro sulle labbra «Per la cronaca, sei un pessimo bugiardo» se ne va sorridendo prima che il fratello possa rispondergli e s’incammina sul piazzale sterrato, il sorriso che si allarga al vedere Ellie seduta sul posto di guida della sua Impala.
 
Ha la portiera chiusa e, man mano che si avvicina, la vede con la testa bassa, un’espressione concentrata sul volto, e quando si accorge che ha in mano una penna accelera il passo, temendo che stia facendo qualcosa di strano alla sua macchina.
Apre la portiera di scatto e lei si volta altrettanto velocemente, gli occhi spalancati «Dean! Mi hai messo paura».
La guarda negli occhi «Che stai facendo alla mia piccola?» e la vede sorridere «Niente di devastante, tranquillo» sorride ancora, abbassando lo sguardo sul volante. Dean fa altrettanto, notando che vi ha attaccato sopra un piccolo post-it celeste. È posto proprio al centro, in una posizione perfetta affinché chi guida potesse notarlo. «A quanto pare Sam non è riuscito a guadagnare tempo».
Dean sorride divertito, piegandosi un po’ in avanti e allungando una mano verso il post-it che riesce a staccare. Indietreggia, vedendo che Ellie fa per scendere dalla macchina, e lo porta più vicino per leggere ciò che c’è scritto. Riconosce la sua calligrafia precisa “Scusa se a volte esagero, ma volevo ricordarti… ” Dean alza gli occhi su di lei, in piedi lì davanti che lo guarda con gli occhi di una bambina emozionata. Le sorride «Volevi ricordarmi cosa?»
Ellie si morde appena le labbra – i capelli sciolti che mette dietro le orecchie – e tira fuori dalla tasca del suo giacchetto verde un cartoncino per poi porgerglielo. Dean lo prende in mano e l’immagine raffigurata gli fa spuntare un sorriso. Il cartoncino – che, in realtà, è della semplice carta fotografica – ha su stampata la loro foto, quella che si sono fatti scattare qualche giorno fa a Westhaven-Moonstone, sulla spiaggia. La volta, pensando che lì dietro ci sia la risposta alla sua domanda, e infatti la trova subito, leggendo nuovamente la scrittura minuta di Ellie. “… i nostri momenti felici insieme”.
 
Alza gli occhi verso di lei che lo guarda un po’ imbarazzata, le guance rosse. «Ok, lo so che è una cosa sdolcinata e probabilmente non ti sarebbe neanche piaciuta, ma… ma era per chiederti scusa per come mi sono comportata con tuo padre, l’altro giorno» fa una pausa, appoggiando entrambe le mani sul suo petto «Sono stata impulsiva. E mi è dispiaciuto che ci sei rimasto male, voglio dire—» Dean l’afferra per le braccia prima che possa finire la frase, entrambe le mani appoggiate sulle sue spalle. Ellie lo guarda con gli occhi grandi «Ho parlato troppo veloce?»
Le sorride «Sì, ma non è per questo che ti ho interrotta». Tira le labbra in una linea sottile, stringendo appena più forte le sue spalle. «Non ti devi scusare. Papà non è stato affatto gentile con te ed è… è comprensibile che tu abbia agito d’istinto. Non posso pretendere che lo tratti con rispetto quando con te non ne ha avuto alcuno» si lecca le labbra e deglutisce «Capisco che è frustrante condividere tempo e spazio con qualcuno che non ti apprezza, perciò… mi dispiace, davvero. Solo che… che vorrei solo che tu… che tu avessi un po’ di pazienza con questa nuova situazione. Che stringessi un po’ i denti. C’è già Sam che lo attacca di continuo, non ce la faccio a starvi dietro se tutti e due gli date addosso» guarda Ellie negli occhi che annuisce, decisa. «Se proprio non ci riesci non ti dirò nulla, però… però provaci. Per favore».
Ellie gli sorride «Va bene, te lo prometto».
«Grazie» la guarda abbassare lo sguardo e poi rialzarlo, il labbro inferiore tra i denti. Stringe i cordini del cappuccio della sua felpa, gli occhi di nuovo bassi «Posso baciarti?»
Dean sorride divertito «Che fai, mi chiedi il permesso?»
La osserva fare spallucce e sorridere «No, è che… mi scoccia se passa tuo padre e ci vede».
Dean stringe le spalle, la mano destra ad accarezzarle la guancia. «A me no».
 
Si abbassa verso di lei che gli sorride prima di stampargli un bacio sulle labbra. Si scosta appena e lo guarda negli occhi per poi allungarsi di nuovo e lasciarsi andare con più convinzione, gli occhi chiusi e le mani ancora sul suo petto. Dean la stringe in un abbraccio – le mani in basso sulla schiena, la foto e il post-it stretti nella destra –, cercando di godersi il più possibile questi istanti di intimità. Non ne hanno mai molta, ma quando litigano e hanno voglia di fare pace questo è sicuramente il modo migliore per riconciliarsi. In fondo, Dean comprende che per lei la situazione non è affatto semplice: mentre Sam l’ha accolta a braccia aperte ed è stato disposto fin da subito a farlo, con papà la storia è totalmente diversa.
 
Si scosta e le sorride, facendo un passo indietro per poi metterle davanti agli occhi la foto e il post-it, un sorriso da presa in giro sulle labbra «Allora volevi… volevi imbrattarmi la macchina per chiedermi scusa?»
Ellie sorride «Sì. Quando mi sono svegliata stamattina, Sam era già seduto sul letto e gli ho chiesto se, quando andava a prendere la colazione, mi poteva portare a stampare una cosa. [9] Doveva cercare di trattenerti dentro, ma—»
«Sammy non sa mentire a me. Gli veniva da ridere. Più che altro perché gli piace prendermi in giro» Ellie sorride ancora «Ma apprezzo lo sforzo».
 
Dean ricambia il suo sorriso, che stamattina è limpido e radioso. È bello vederla così.
 
Rientrano poco dopo, gli stomaci di entrambi brontolanti e desiderosi di essere riempiti con una buona colazione.
Sono ancora intorno al tavolino posizionato davanti ai due letti quando sentono aprire la porta. Dean, seduto con gli occhi rivolti verso la finestra, si volta e trova suo padre, con le mani nelle tasche e il cipiglio alzato.
«Buongiorno» li osserva uno a uno, poi punta gli occhi su Ellie «Vorrei parlare con i miei figli… da solo».
Lei, seduta tra Sam e Dean, non dice nulla; tira le labbra in una linea sottile e annuisce. Si alza, prende il suo bicchiere di caffè ancora pieno e s’incammina fuori, schivando John e chiudendosi la porta alle spalle senza voltarsi indietro. A Dean già sale il nervoso: c’è modo e modo di chiedere le cose e il tono che ha usato con Ellie – apatico e perentorio – non è dei migliori.
 
Si volta meglio e lo guarda fare qualche passo verso di loro «Allora, ragazzi… avete disubbidito a un mio ordine».
Sam risponde immediatamente «Sissignore», ma Dean stavolta non ha intenzione di chiudere la discussione in fretta «Sì, ma ti abbiamo salvato la vita».
Suo padre lo scruta e sente anche gli occhi di Sam addosso, ma non si dà per vinto. Ciò non toglie che questa tensione gli incute un po’ di timore, perciò deglutisce, cercando – invano – di scacciarla via.
John lo fissa ancora «Hai ragione» abbassa il capo per un istante, per poi guardare sia lui che Sam negli occhi. «Questa situazione mi terrorizza. Siete tutto quello che ho, ma è vero: uniti siamo più forti. Perciò ho deciso: daremo la caccia a questo demone insieme».
La risposta sua e di Sam arriva nello stesso momento «Sissignore» ed entrambi guardano il padre; Dean, in questo momento, si sente particolarmente fiero. Non tanto di sé, ma per essere riuscito a convincere quella testa dura di papà che Sam aveva ragione. Ne ha sempre avuta su questo.
 
Il fatto che John lo stia ancora fissando, tuttavia, non promette niente di buono. «Vorrei parlare anche di un’altra cosa, però» continua a guardarlo, gli occhi di ghiaccio e il tono privo di qualsiasi inflessione positiva «Di quello che è successo al covo dei vampiri ieri mattina».
Dean sospira, sapendo perfettamente a cosa si riferisce «È stato un incidente. Poteva capitare anche a me».
«Andiamo, Dean. Non prendiamoci in giro: quella ragazza non è adatta a cacciare».
«Non è vero» Sam si intromette e Dean si volta a guardarlo, sorpreso «Il tipo che l’ha afferrata era lo stesso a cui ho tagliato la testa quando abbiamo preso la fidanzata del capo-vampiro. Era grosso come un armadio ed Ellie non ce l’ha fatta a liberarsi. Se avesse stordito uno di noi sarebbe successo lo stesso» lo guarda fissare John con un po’ di astio, lo sguardo sicuro «Non partire prevenuto con lei perché è una ragazza o perché non ha gli stessi anni di esperienza che abbiamo alle spalle io, te o Dean. Sa il fatto suo».
«Sì, papà» Dean si volta nuovamente verso il padre che continua a fissarlo; il suo sguardo è privo di qualsiasi affetto «Ha ucciso il mostro che ha ammazzato Jim da sola. È migliorata molto, è—»
«Tutto questo non significa nulla».
Dean aggrotta le sopracciglia «In che senso?»
«Qualsiasi cosa lei faccia, rimane quella che è: un’intrusa, una persona che non è nata cacciatrice, che prima o poi vorrà fuggire da questa realtà» fa un passo verso Dean che deglutisce, immobile «Una persona che tu non avresti dovuto far entrare nella tua vita. O almeno non in questo modo».
Dean sospira forte, senza preoccuparsi di nascondere la sua irritazione «Ne abbiamo già parlato, io—»
«Non m’interrompere» a queste parole tace, schivando per qualche istante lo sguardo duro del padre «È un’altra persona di cui devi preoccuparti. Ti sei visto, qualche ora fa? Eri ansioso, ti saresti buttato nella fossa dei leoni pur di riprendertela».
«Avrei fatto ciò che era giusto fare».
 
Lo sguardo di suo padre è carico di astio e rabbia; lo stesso che aveva la sera che hanno litigato dopo che Ellie lo aveva abbandonato più di un anno e mezzo fa, lo stesso con cui gli ha detto senza mezzi termini che non si sarebbe dovuto affezionare a lei. Dean ne ha quasi paura, ma di certo non ha intenzione di mollare.
 
«Ed è sbagliato».
«È giusto per te e Sam e per lei no? Cosa c’è di diverso?»
Non riesce ad abbassare il tono della voce, infastidito da quello basso e duro di suo padre. Spera solo che Ellie non senta, che sia lontana abbastanza da non udire quest’ennesima umiliazione nei suoi confronti. Guarda John deglutire, gli occhi di ghiaccio «Noi siamo la tua famiglia. Sei ancora giovane e capisco che alla tua età questa situazione sia allettante, sotto molti punti di vista».
Dean alza le sopracciglia, capendo a cosa suo padre sta cercando di alludere «Se fosse stata una questione puramente sessuale, ti assicuro che non l’avrei tenuta con me tanto a lungo» per quanto andarci a letto mi piaccia parecchio, ma questo è bene tenerselo per sé.
John, però, non sembra averlo ascoltato «Ma lei, prima che tu te ne accorga, pretenderà molto di più da te, molto più di qualche carezza o il conforto per aver perso suo padre» infatti non l’ha fatto. Fa una pausa, le mani strette nelle tasche dei jeans «Il solo fatto che avete passato dei giorni insieme lontani dalla caccia non ti dice nulla?»
Dean stringe le spalle, sorridendo amaro. «Era il suo compleanno. Non abbiamo fatto niente di male».
Suo padre si lecca le labbra prima di replicare «Prima le gitarelle fuori porta in stile luna di miele, poi arriverà la voglia di abbandonare tutto, di farsi una famiglia. Tutto ciò che tu non hai mai voluto» Dean continua a guardare suo padre e deglutisce, le gambe che gli tremano appena «Tu sei un cacciatore, Dean. Non puoi offrirle niente di tutto questo. Spero che tu te ne renda conto prima che sia troppo tardi» lo guarda ancora negli occhi, prima di voltarsi e incamminarsi verso la porta. La apre e, prima di uscire, volta appena la testa verso lui e Sam. «Fate i bagagli. Ce ne andremo presto».
 
Dean abbassa il capo senza rispondere, il tonfo della porta chiusa nelle orecchie e le parole di suo padre che gli rimbombano in testa. Sente lo sguardo di Sam addosso, ma non si volta né dice nulla, si limita ad alzarsi e a trascinarsi verso l’armadio per fare le valigie, eseguendo l’ennesimo ordine che gli è stato impartito con un solo pensiero in testa: se suo padre voleva fargli pesare l’unica scelta di petto che abbia mai fatto nella sua vita, c’è riuscito alla grande.

 

[1] Il dialogo riportato qui è stato modificato, ma è praticamente lo stesso che hanno i fratelli e John nell’episodio 1x20 “Dead’s man blood”. Ho cercato di adattarlo alla situazione, poiché ho deciso di saltare il primo incontro dei fratelli con John, quello che avviene nell’episodio 1x16 “Shadow”.
[2] Nell’universo di Supernatural, i vampiri compaiono proprio nell’episodio citato. Le parole riportate sono più o meno le stesse che John dice ai suoi figli quando gli parla di queste creature.
[3] Questa è solo una mia deduzione: nell’episodio preso in considerazione non c’è alcun indizio che ci lasci dedurre la vera natura di quel posto.
[4] L’energumeno a cui faccio riferimento è lo stesso a cui nell’episodio viene mozzata la testa quando i Winchester riescono a colpire lui e la fidanzata del “capo vampiro” con frecce imbevute del sangue di uomo morto.
[5] James è uno dei cattivi del “Team Rocket” nei Pokèmon, andati in onda per la prima volta negli Stati Uniti nel 1998. Ellie, in quell’anno, aveva quindici anni.
[6] Il simplocarpo è una pianta particolare, che attira le mosche – anziché le api come molte altre – attraverso un odore maleodorante, qualcosa che somiglia alla carne in putrefazione, per riprodursi. Il trillium, invece, è un fiore ornativo che viene coltivato per di più negli Stati Uniti; è poco diffuso in Europa.  
[7] Nell’episodio rivisitato in questo capitolo, Dean risponde a John e allude al fatto che, il sacchetto che gli ha dato, puzza. Qui ho dovuto modificare la scena, tagliandone un pezzetto.
[8] Come detto nella nota precedente, nell’episodio 1x20 “Dead’s man blood”, prima di bruciare le tre piante in grado di coprire l’odore dei ragazzi, Dean afferma che “questa roba puzza”. Cospargendosi le ceneri di quel trito di erbe addosso, né Sam né Dean dovrebbero aver avuto un buon profumo XD
[9] Quando sono stata in America, ho scoperto che esistono dei posti, simili a delle copisterie, dove sono a disposizione delle stampanti e dov’è permesso portare i propri file (foto, documenti ecc) in una chiavetta USB e stamparli a basso prezzo. Ho pensato che Ellie possa essersi servita di un posto simile per “sviluppare”/stampare le proprie fotografie.

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Capitolo 24
*** Protection ***


Note: Buonasera!
Questa volta sono più in ritardo del solito, perché non è mercoledì. Chiedo umilmente perdono, ma non ho avuto il minimo tempo di rileggere il capitolo durante la settimana e sono rimasta indietro. U_u
Questi capitoli prendono molto spunto dagli episodi 1x21 “Salvation” e 1x22 “Devil’s trap”, come troverete scritto anche nelle note. Molti dei dialoghi sono attinti da lì, a parte qualche rivisitazione personale. Spero che non sia un problema e che non vi sembri troppo di leggere una cosa già vista; ne ho sempre avuto il terrore.
Fatemelo comunque sapere, in caso fosse così, perché si può sempre migliorare :)
Saluto i miei lettori fidati e quelli nuovi *manda cuori a tutti* e vi lascio alla lettura. Spero che il capitolo vi piaccia e di essere più puntuale la prossima settimana.
Un abbraccio fortissimo, buonanotte! :***

Capitolo 24: Protection
 
With all the crap that’s going on around the world,
You kind of want to do what you can
To protect the ones you love.
 
(James Wan)
 
 
Si accomoda meglio sulla sedia sulla quale è seduto, la mano chiusa a pugno sotto la testa, il gomito destro appoggiato sul legno del tavolo che, negli ultimi giorni, hanno adibito a scrivania e l’altra che l’aiuta a portarsi alla bocca la penna a cui sta mordicchiando il tappino, consumato da altri “rosicchiamenti”. Sam ha gli occhi puntati su un foglio di carta che gli ha dato papà, un vecchio articolo su cui è riportata la vicenda dell’incendio di una villetta in cui viveva una famiglia in Arizona. Risale a una decina di mesi fa e parla della testimonianza di una giovane donna, madre di una bambina di sei mesi, che è riuscita a sopravvivere insieme alla sua piccola scappando dalla sua casa andata in fumo assieme al marito di qualche anno più grande. [1] Papà glielo ha mostrato perché stanno parlando del demone, tanto per cambiare, e degli indizi che l’hanno portato a pensare che stava tornando allo scoperto.
 
Alza gli occhi su di lui che sta fissando l’orologio al suo polso «Quindi colpisce le famiglie con i bambini?»
John lo guarda come scosso; probabilmente non si aspettava che parlasse. «Sì. S-sì… la notte in cui il bambino compie sei mesi».
Sam sgrana gli occhi «È successo così anche a noi? Io compivo sei mesi?»
Papà si accomoda meglio sulla sedia, appoggiandosi allo schienale. «Sì, proprio così».
Sam scuote la testa, irrequieto «Quindi è accaduto per questo? La mamma e Jessica sono morte perché il demone è venuto a prendere me?»
John abbassa gli occhi, rivolgendoli alla matita che rigira tra le dita di entrambe le mani. «Vorrei avere delle risposte, Sammy. Purtroppo non le ho ancora».
 
Sam storce la bocca e non dice altro, tornando a puntare gli occhi su quell’articolo.
Si sono spostati, alla fine. Non di molto, perché sono arrivati a Eastonville che per papà era anche troppo vicina a Manning, ma erano stanchi e non occorreva muoversi troppo. L’importante era coprire le proprie tracce, come sempre.
Sono qui da quasi dieci giorni e hanno avuto modo di aggiornarsi sulla caccia di papà al demone che gli ha portato via la mamma e Jessica. Ora Sam si trova nella sua stanza, che è più piccola di quella che si sono presi lui, Ellie e Dean, posizionata proprio accanto a questa. C’è solo un letto, proprio dietro a dove siede Sam, un tavolo che papà ha adibito a scrivania di fronte; alla sua sinistra la porta del bagno e alla destra quella d’ingresso. È tutto concentrato in pochi metri quadrati di moquette blu notte.
Alla parete posta di fronte a lui, quella dietro il tavolo, John ha appeso una marea di mappe, foto e pezzi di vari giornali e a Sam fa quasi paura la mole di roba che ha collezionato suo padre nel tempo. È incredibile constatare quanto sia stato dietro a quel maledetto mostro.
 
Alza nuovamente la testa quando lo sente sbuffare e lo ritrova a controllare l’orologio. Lo osserva silenziosamente «Ma Dean quando pensa di tornare?»
Sam dà un’occhiata all’ora: è quasi mezzanotte. Lui ed Ellie sono partiti da qui che non erano neanche le dieci, ma non pensa che torneranno a breve. Anzi, conoscendoli probabilmente non lo faranno prima di domattina. Osserva nuovamente il padre «Non lo so, papà. Forse più tardi o forse—»
«O forse domattina» Sam lo guarda sbuffare aria dal naso; è visibilmente irrequieto «E lo fa spesso?»
«No» ed è sincero: quei due potrebbero passare la maggior parte delle serate da soli dopo aver trascorso tutta la giornata insieme a lui, ma lo fanno raramente. Di solito preferiscono fargli compagnia.
«Da quanto dura questa storia?»
Sam stringe le spalle «Due o tre mesi. Ellie viene con noi da quando è morto Jim, ma credo… credo che lei e Dean fossero in contatto da prima». Guarda suo padre scuotere la testa in segno di disapprovazione. Tira le labbra in una linea sottile, aggiustando la sedia per accostarsi di più al bordo del tavolo. «Perché ce l’hai tanto con Dean per questa cosa, papà? È grande, sa badare a se stesso. E anche Ellie».
John lo scruta in modo severo «Non è per lui. Io mi fido di Dean, so che sa il fatto suo. Non mi piace che stia con quella ragazzina» stringe le labbra «Ho messo solo un paletto alle sue avventure: tutte, ma non quella lì. Neanche un mese dopo c’era già andato a letto» scuote la testa e sbuffa appena. «Non avrei mai dovuto dar retta a Jim. Non avrei dovuto lasciarli soli troppo tempo… a Dean piacciono troppo le ragazze, avrei dovuto immaginare che—»
Sam sorride ironico «Perché, lei ti sembra il tipo di ragazza che solitamente piace a Dean?» suo padre lo fissa senza rispondere «È graziosa, ma non è bellissima, né particolarmente prosperosa e soprattutto non è una facile» si lecca le labbra «Quindi non capisco perché dici così. È una brava ragazza, gli vuole bene. Tanto. Non avevo mai visto nessuna guardarlo con la stessa attenzione e la stessa ammirazione con cui lo fa lei».
«È una distrazione, per tuo fratello. Hai visto cosa è successo, l’altro giorno? Se non l’avessi fermato sarebbe tornato indietro a riprenderla in mezzo ai vampiri».
«Lo avrebbe fatto anche per te. O per me. Dean è un impulsivo, è… è uno che spara prima di pensare. Proprio come gli hai insegnato tu. Vuoi biasimarlo per questo?» lo guarda negli occhi; il silenzio di papà è più eloquente di mille parole «Senti… capisco che sia strano per un cacciatore come lui o come noi portarsi dietro la fidanzata, ma quei due hanno legato tanto quando io non c’ero. E, da quello che ho capito, c’eri poco anche tu» fa una pausa, continuando a guardarlo «Dean era da solo e in lei ha trovato un appoggio. Non è una ragazza qualunque, una delle tante con cui Dean è andato a letto. Non è perfetta nella caccia, è vero, ma se la sa cavare bene e… e Dean è felice con lei. Non c’è niente di male se la porta con noi, io… io credo che si siano trovati e sono fortunati ad avere l’un l’altra. Perché non li lasci respirare?»
 
Sorride appena e osserva suo padre abbassare lo sguardo, rigirando ancora una volta la matita tra le dita. Più che convinto sembra rassegnato, ma è già un piccolo passo avanti: di certo non riuscirà a cacciare Ellie facendo la guerra a lei o a Dean. Anzi.
 
Non ha potuto fare più di tanto quando papà gli ha parlato in quel modo sfrontato, giorni fa, ma adesso che ne ha l’occasione ha pensato di cercare di rimediare, considerando che Dean ha accusato il colpo più di quanto Sam pensasse. È da quel giorno che è più scontroso, più… pensieroso, cupo. Anche Ellie se n’è accorta; si vede da come lo guarda, come se volesse fare qualcosa per capire cosa gli sta succedendo senza però riuscirci. Sicuramente Dean non le ha detto niente per non mettere più zizzania e ha fatto bene: già ce n’è troppa tra lei e papà. Gettare acqua sul fuoco non farebbe che alimentarlo e Dean, da sublimatore seriale qual è, sicuramente preferisce tenersi tutto dentro. Gli fa un male cane, perché Sam lo vede che questa situazione di certo non lo fa stare bene, ma preferisce di gran lunga fare così e Sam, in un certo senso, non può dargli torto. Così, visto che non si sfoga neanche con lui, cerca di dargli una mano come può.
 
John abbassa gli occhi sulla matita che sta rigirando ancora tra le dita e gli spunta un piccolo sorriso, una smorfia che Sam non si aspettava di vedere, soprattutto perché carica di affetto. Lo guarda alzare lo sguardo su di lui «Mi sembra di capire che sei contento per tuo fratello».
Sam lo studia per qualche istante; non pensa di aver capito a cosa allude. «Ha trovato una persona che gli vuole bene, quindi sì… non vedo perché non dovrei».
«Hai parlato di fortuna, poco fa» Sam continua a fissarlo e ora pensa di aver capito a cosa si riferisce: al fatto che quello che aveva lui, ora, non c’è più. E quando gli chiede «Ti manca la tua ragazza?» non ha più alcun dubbio.
Non vede perché dovrebbe dirgli una bugia, perciò preferisce essere sincero «Ogni giorno» e guarda il sorriso di suo padre arrotondarsi appena in una smorfia più determinata. «Allora vediamo di farle giustizia».
Sam, a quelle parole, stira le labbra in un sorriso amaro «Sissignore».
 
In fondo, per Jessica ormai non può fare nient’altro.
 
*
 
I sedili posteriori dell’Impala non sono di certo il posto più comodo del mondo e nemmeno il più caldo, ma sicuramente rientrano nel podio della classifica di quelli dove si è sentita più amata e desiderata nell’intero universo. Almeno hanno un odore familiare – di pelle e casa – e non un cambio di lenzuola sempre diverso.
Ellie, sdraiata su un fianco con la testa appoggiata sul braccio sinistro di Dean e il viso rivolto verso di lui, gli si stringe più addosso, circondandogli la vita e allungandosi verso di lui per baciarlo sotto il mento.
 
Sono qui da un paio d’ore, ormai. Quando sono usciti, pensava che volesse portarla da qualche parte, magari a bere qualcosa o a vedere le stelle, invece non ha voluto perdere molto tempo in chiacchiere: ha parcheggiato l’Impala su questo spiazzo fuori da Eastonville, l’ha spenta e si è voltato a guardarla. L’ha lasciata chiacchierare un po’ – di cose futili come quello che le ha detto Janis nell’ultima telefonata a proposito di Mufasa – e poi, quando gli argomenti si sono esauriti, non ha perso altro tempo, cercando le sue labbra nel buio, le dita che correvano veloci a sbottonarle la camicetta celeste.
 
Sono giorni che è strano. Ellie già un paio di volte ha provato a chiedergli che c’è che non va, ma Dean l’ha sempre liquidata con un niente secco e sbrigativo e non è riuscita a spillargli una parola.
È quasi sicura che si tratti di suo padre. È strano da quando John l’ha fatta uscire per parlare con i suoi figli ed è altamente probabile che le cose siano collegate. Ha provato a chiedere anche a Sam, una volta, ma nemmeno lui ha voluto dirle nulla, il che l’ha insospettita ancora di più sulla natura di ciò che lo fa stare così. Sicuramente John l’ha rimproverato per qualcosa che la riguarda, magari gli ha detto che è un’imbranata e che non deve portarla con lui e Dean, per non scatenare altre bufere, si sta tenendo tutto dentro. Tipico.
 
Si stringe un po’ di più al suo corpo, qualche brivido di freddo che la scuote appena. La coperta che si sono messi addosso per coprirsi un po’ stasera non sembra fare al meglio il suo dovere: è la fine di agosto e lo sbalzo termico tra il giorno e la notte comincia a farsi sentire molto di più rispetto a qualche settimana fa.
 
Dean le accarezza la schiena distrattamente, i polpastrelli che percorrono un disegno invisibile sulla sua pelle. Ellie lo osserva, notando come il suo sguardo sia perso nel vuoto.
Non le ha detto nulla, come fa sempre in queste occasioni. Si è limitato a chiederle se le andava, all’inizio, quando Ellie ha fatto un po’ di storie quando si è vista togliere la camicia – non perché non ne avesse voglia, ma preferiva parlare, visto il broncio perenne che ha negli ultimi giorni – e, quando gli ha risposto di sì, non le ha fatto neanche finire la frase, limitandosi a dirle «Allora lascia che ti spogli», le dita sotto la spallina sinistra della canottiera nera.
 
Anche il sesso è stato diverso. Ellie capisce quando c’è qualcosa che non va anche da questo, perché Dean diventa un po’ più frettoloso, più veloce e irruento. Sembra quasi sfogarsi ed Ellie se n’è accorta soprattutto quando l’ha visto distogliere lo sguardo e affondare il viso sul suo collo, in modo da non incrociare i suoi occhi.
Ha anche la vaga impressione che domattina, quando si guarderà allo specchio, si ritroverà il lato destro pieno di succhiotti. Anche questo è strano, perché Dean non la marchia mai tanto a fondo, le lascia solo qualche segno ogni tanto, ma senza esagerare. Stavolta, invece, non ha fatto altro che morderla su quel punto, sotto l’orecchio, ed è convinta che troverà almeno un paio di segni più evidenti.
Non gli ha detto nulla, perché Dean l’ha sempre trattata in modo speciale e se per una volta è stato un po’ meno attento non ha importanza. Ellie sa che non le farebbe mai del male, che se ne accorgerebbe e tornerebbe indietro, chiedendole scusa con una carezza gentile, e non l’ha fatto neanche stavolta, quindi non vede un motivo valido per fargli pesare questo atteggiamento. È altro a preoccuparla.
 
Un altro paio di brividi la scuotono ancora e si tira su con il busto, allungandosi verso il sedile anteriore per recuperare la giacca di pelle di Dean – più grande della sua e sicuramente più calda – per poi mettersela sopra mentre si sdraia di nuovo. La spinge anche verso di lui e lo guarda mentre la stringe un po’ più forte «Hai freddo?»
Ellie fa spallucce «Un po’, ma con questa dovrebbe andare meglio».
Lo osserva leccarsi il labbro inferiore «Volevo restare qui a dormire, ma se senti freddo torniamo in stanza» e scuote la testa «Non ce n’è bisogno, davvero». Gli accarezza la guancia destra delicatamente. «Stai bene?»
Dean le sorride «Adesso sì».
Ellie fa lo stesso, divertita. «Non mi riferivo a quello, stupido» lo guarda ridere, cercando di rimanere concentrata sul suo discorso «Parlo sul serio».
«Anch’io».
 
Lo scruta mentre le lascia un bacio sul naso, asciutto e veloce, e un altro sulle labbra, più lento e umido, mentre con la mano destra le accarezza il viso dolcemente. Ellie comprende dai suoi gesti che non ha voglia di parlare e sa che non può insistere più di tanto.
 
Si accosta di più al suo corpo, abbracciandolo e incastrando la testa sull’incavo del suo collo. Se non guardarlo negli occhi lo aiuterà a lasciarsi andare a qualche confidenza, Ellie è disposta ad assecondarlo. Qualunque cosa pur di farlo stare meglio. «Se non vuoi parlare va bene… anzi, l’ho capito da sola che non vuoi farlo. Ma non… non tenerti tutto dentro».
Gli lascia un bacio sul collo, leggero e delicato. Dean la stringe un po’ più forte «Non ha senso star male in due» e quelle parole le tolgono ogni dubbio: John gli ha detto qualcosa di lei, qualcosa che gli ha fatto male. Qualcosa che non vuole condividere per non peggiorare l’equilibrio precario che stanno cercando di mantenere da quando è tornato. Ellie non può biasimarlo per questo, ma le dispiace che tutta questa situazione gli stia ricadendo addosso un’altra volta. Vorrebbe dire qualcosa, ma Dean la precede «Ho solo bisogno di sapere una cosa» si scosta appena per guardarlo negli occhi, in attesa «Se non stessi con me, dopo aver vendicato tuo padre avresti continuato a cacciare?»
Ellie stringe un pelo gli occhi «Che domanda è?»
«Tu rispondimi e basta» e si trova costretta a obbedire, il tono di Dean duro e deciso. «Io non… non posso saperlo… Forse avrei smesso o forse avrei continuato a farlo più sporadicamente… magari avrei passato più tempo da Bobby per dargli una mano con le ricerche anziché cacciare in prima persona, ma non… non lo so. Voglio dire, cacciare da sola non sarebbe stato semplice». Lo vede abbassare gli occhi, come se fosse scottato dalle sue parole. Gli accarezza il viso, la mano che si muove fino al mento per alzarglielo appena e permetterle di farsi guardare «Non voglio mettermi in mezzo e mi dispiace che tu viva questa situazione, ma… non farti condizionare da ciò che dice John. Io sono qui e non desidero di meglio. Non posso sapere quello che avrei fatto se tu non ci fossi stato o se non avessi voluto seguirti, perché l’ho fatto e penso che non avrei potuto fare una scelta migliore».
«Sì, ma non vorresti altro per te? Un tetto sulla testa, qualcosa… qualcosa di diverso da questa vita».
Ellie gli sorride «Ti ho già risposto: io sono felice solo con te» e si avvicina al suo viso, sfiorandogli il naso con la punta del suo per poi dargli un bacio e accoccolarsi di più tra le sue braccia.
 
Certo, non che non desideri per lei e Dean una stabilità, qualcosa di più concreto che viaggiare a destra e a manca per gli Stati Uniti, ma stanno insieme da troppo poco tempo per avanzare pretese simili. Oltretutto Ellie non si sogna minimamente di togliere a Dean la possibilità di cacciare: è il suo lavoro da sempre e non sarà di certo lei a dirgli di smetterla. Sicuramente non finché il demone che gli ha portato via la mamma non avrà fatto la bruttissima fine che merita.
 
Dean non le dice più niente ed Ellie si accomoda meglio la sua giacca sopra, stringendosi più al suo corpo per sentire meno freddo possibile. Sarà una notte lunga considerando che il sonno, con tutti i pensieri che le frullano per la testa, si farà attendere.
 
Il mattino dopo, il risveglio non è dei migliori. Ellie non è riuscita a dormire molto e, a giudicare da quanto si è mosso Dean durante la notte, non deve averlo fatto tanto neanche lui. Non gli ha chiesto nulla, però, per evitare di sentirsi dire l’ennesima bugia di questi giorni.
 
Si vestono velocemente, dunque, e tornano alla loro stanza che è mattina presto. Non trovano Sam e, immaginando che sia da John, si fanno una doccia veloce – non come quelle che si sono concessi a Trinidad un paio di settimane fa, quando le cose sembravano più semplici – e si vestono – Dean con una camicia di jeans che lascia aperta come al suo solito e una maglietta grigia sotto, l’amuleto che gli ha regalato suo fratello in bella vista; Ellie, invece, indossa una maglietta a maniche lunghe di cotone bianca e un paio di jeans sopra le Converse rosse – per poi andare da John. Ha ancora i capelli umidicci quando Dean bussa alla porta di suo padre e ad aprirgli è proprio Sam che gli rivolge un caloroso sorriso. È meno acceso quello di John, che li scruta dall’alto in basso come se avessero commesso chissà quale grave reato. È seduto su una sedia posta al di là del tavolo, i gomiti appoggiati su di esso. Indossa una camicia grigia scura sotto la quale spunta una maglietta verde oliva.
Fissa Dean «Ti aspettavo, ieri sera. Pensavo tornaste a un orario decente, volevo fare il punto della situazione» che non tarda a rispondere «L’avevamo già fatto ieri pomeriggio. Credevo avessi finito col riassunto delle puntate precedenti e che avremmo parlato del resto stamattina».
 
Glielo dice con un certo astio ed Ellie vorrebbe sotterrarsi per quanto si sente in colpa. È vero, non è stata lei a costringere Dean a uscire, come non gli ha chiesto di portarla a Buckley e poi al mare giorni fa, nonostante abbia mentito di fronte a John per coprirlo, ma tutto questo si sta facendo pesante. John è severo e pretende una certa condotta dai suoi figli ed Ellie, anche se involontariamente, non permette a Dean di seguirla. Pensare che lo sgridi perché ha voglia di stare con lei da solo – perché il problema, a questo punto, non è quando sono con Sam e svolgono il loro lavoro – la fa sentire in colpa. Forse dovrebbe davvero considerare l’idea di andarsene da Bobby per un po’, almeno finché non si saranno calmate le acque e Dean avrà chiarito la questione con suo padre che, paradossalmente, a questa provocazione non risponde. Continua a guardarlo, gli occhi severi e scrutatori di chi è a tanto così dall’alzarsi in piedi e cominciare a urlare, ma non dice nulla.
 
Riprende a parlare dopo qualche istante di silenzio «Come dicevo a tuo fratello ieri sera, il demone colpisce le famiglie, proprio come ha fatto con noi. Per tanti anni non ho trovato una singola traccia, fino all’anno scorso, quando sono partito. Ne ho trovate in Arizona, nel New Jersey e in California» fa una piccola pausa «Purtroppo, non sono mai arrivato in tempo per salvare nessuno». Ne fa una più lunga, la mano destra sulla bocca e lo sguardo perso nel vuoto. Ellie, di fianco a Dean, lo guarda osservarlo in modo comprensivo, meno duro di come ha fatto prima.
«Dobbiamo riuscire a trovarlo prima che attacchi qualcun altro». Pronuncia queste parole con tono fermo, deciso e gli occhi di John si posano su di lui.
Annuisce «Ci sono dei segnali» si alza in piedi, facendo il giro del tavolo e appoggiandovisi, infilando le mani nelle tasche dei jeans. «Ci ho messo un po’ a capire, ma i giorni precedenti agli incendi accadono delle cose strane: bestiame morto, sbalzi di temperatura, temporali elettromagnetici». Un’altra pausa «Sono tornato a controllare».
Lo sguardo di Dean si fa acuto, più attento. «Tutto questo è accaduto a Lawrence?»
John annuisce nuovamente nella sua direzione «Sì, quando è morta tua madre» poi si volta verso Sam «E anche a Palo Alto, quando è morta Jessica» si ferma un istante, scrutando il figlio minore «In più, questi fenomeni stanno cominciando di nuovo».
«Dove?» la voce di Sam è aspra e determinata mentre lo chiede.
«A Salvation, nell’Iowa».
 
Ellie osserva i tre Winchester guardarsi tra loro e non deve certo chiedere per sapere quale sarà la prossima tappa.
 
*
 
Fare i bagagli, stavolta, è stato semplice. Ellie non aveva praticamente avuto il tempo di tirare fuori nulla. La stanza, oltretutto, era così piccola per tre persone che non avrebbe avuto neanche posto nell’armadio, perciò non ha potuto fare la solita cernita.
 
Hanno impiegato un po’ meno del previsto ad arrivare a destinazione. Forse Ellie ha avuto questa percezione perché ha cercato di dormire – non è che ci sia riuscita molto a lungo, ma un paio d’ore si è riposata –, ma dovevano impiegare qualcosa come dodici ore [2], invece se la sono cavata con meno. John, in queste occasioni, non si fa scrupoli ad accelerare più del dovuto e Dean nell’andargli dietro non ha problemi.
 
Una volta arrivati a Salvation, hanno preso un paio di stanze, buttato i propri bagagli al loro interno e si sono incontrati nuovamente in quella di John – che si è riservato per sé il solito buco con un letto, un armadio minuscolo e un tavolino addossato al muro – per fare il punto della situazione.
Nella contea dove si trova Salvation, ci sono due ospedali e un centro sanitario. L’idea è quella di cercare tutti i bambini che entro la prossima settimana compiranno sei mesi. Potrebbe rivelarsi una cosa lunga, come giustamente ha puntualizzato Sam – beccandosi anche un «Hai un’idea migliore?» al limite tra lo scocciato e il sarcastico da suo padre –, ma è l’unico modo per partire con le ricerche. Restringere il campo sarà difficile, ma almeno, intanto, possono stilare una lista.
 
Per velocizzare il tutto, hanno deciso di dividersi: John e Dean nei due ospedali, mentre Ellie e Sam si sono diretti al centro medico. Si presentano come agenti federali in borghese per evitare la divisa; da quello che ha capito, John non ne fa molto uso. E Dean, essendo poco amante dei “completi da pinguino”, come li chiama lui, non ha esitato a dargli ragione. [3]
Le cose vanno parecchio per le lunghe – nonostante non sia una città immensa, tra la periferia e il centro le cartelle dei pazienti da controllare non sono poche – e sono costretti a tornare anche la mattina dopo.
 
Ellie divide il suo taccuino con Sam ed entrambi vi segnano i dati che più li attraggono dei vari certificati di nascita.
È un lavoro piuttosto lungo, ma a fine mattinata riescono a controllare tutti quelli che gli interessano. Escono da lì con l’intenzione di chiamare John e Dean per chiedere loro come sono messi. Ellie prende in mano il telefono, componendo il numero di Dean.
«Ci pensi tu a chiamare tuo padre?»
Si rivolge a Sam che annuisce, gli occhi rivolti sul taccuino «Sì, tranquilla» poi la guarda e le sorride appena «Sei… sei gentile a darci una mano. Ti ringrazio molto».
Ellie gli sorride «Non devi dirlo neanche per scherzo. Dopo tutto quello che avete fatto per me, è davvero il minimo che io possa fare. E finora non ho fatto niente di diverso da quello che faccio di solito».
«Beh, questo non è un caso come gli altri… almeno, non per me».
«Lo so. Appunto, non sto facendo niente di… » s’interrompe, quando vede Sam chiudere gli occhi. Stanno camminando e si ferma quando lui fa altrettanto, premendo la mano destra sulla fronte. «Sam stai bene?» appoggia una mano sul suo braccio destro «Sam?» ma lui non le risponde per qualche istante, la mano ancora sulla fronte. La preme forte, come se sentisse una fitta tremendamente intensa. Ellie ha paura che si tratti di una nuova visione e ne ha la conferma quando lo vede aprire gli occhi di colpo.
La guarda, gli occhi quasi ridotti a due fessure «Ho… ho una visione».
Ellie lo osserva preoccupata «Lo immaginavo. Vuoi… vuoi che chiami tuo fratello?»
Sam scuote la testa; sembra piuttosto deciso «No» richiude gli occhi per una manciata di istanti, entrambe le mani sulle tempie. «No, dobbiamo… dobbiamo trovare questa casa».
«È quello che vedi?»
Lo guarda annuire «Sì. E una… una ragazza, con una bambina piccola in una culla. Nella sua cameretta, come… come è accaduto a me» le dà il taccuino per poi mettersi a rovistare nella tasca davanti del suo zaino verde. Ne tira fuori una piccola mappa e la fissa per qualche istante prima di ripiegarla rapidamente. «C’era un treno» comincia a camminare più velocemente ed Ellie gli va dietro.
 
Camminano per un paio di isolati; Ellie non sa se Sam sta seguendo l’istinto o cosa, ma si fida. Oltretutto, ci tiene a stargli vicino perché continua ad avere delle fitte: lo vede dal modo in cui ogni tanto si ferma e chiude gli occhi, stringendo forte le palpebre o addirittura portando la mani alla testa quando il dolore è più intenso.
 
Si fermano quando si trovano davanti a una villetta bianca a due piani, il tetto grigio scuro. Dev’essere una bifamiliare, considerando che ha due portoni d’ingresso differenti, ma Ellie vede Sam puntare gli occhi sulla parte destra della casa, come se gli ricordasse qualcosa di familiare.
«È la casa della tua visione?»
Sam annuisce e punta gli occhi sulla finestra al piano di sopra: è grande e dà sulla strada dove cammina una ragazza con un passeggino. Ha l’ombrello grigio aperto e saluta qualcuno che passa con la macchina; ha un sorriso gioioso e sembra tranquilla, spensierata. Sam le si avvicina velocemente ed Ellie lo segue.
Si fermano proprio davanti alla ragazza che, con la mano sinistra, è intenta a spostare l’ombrello. È Sam a parlare «Salve!» lei lo guarda strano, ma gli sorride e Sam tende una mano verso di lei «Aspetti, la aiuto io» per poi apprestarsi a tenerle il passeggino «Così può chiudere l’ombrello».
La ragazza gli sorride ancora e, con l’aiuto di entrambe le mani, riesce a chiudere il suo ombrello. «Grazie» sorride a Sam che fa altrettanto, gli occhi puntati sulla bambina. In testa ha un cappuccio rosa chiaro e gli occhi fissi verso destra mentre con la mano si porta un giocattolo variopinto alla bocca. Ellie sorride a sua volta; è davvero bella.
«È sua figlia?» è ancora Sam a parlare e la ragazza annuisce, riprendendo a camminare; lui ed Ellie, chiaramente, le vanno dietro, camminandole di fianco. «Mi scusi, mi chiamo Sam e… » punta gli occhi verso Ellie mentre porge la mano alla ragazza «E lei è mia sorella Elisabeth. Ci siamo appena trasferiti qui».
Gli occhi della ragazza si posano prima su Sam, a cui stringe la mano, poi su Ellie che fa lo stesso gesto, ricevendo una stretta gentile. «Piacere, io sono Monica» punta gli occhi sulla bambina «E lei è Rosie» sia Ellie che Sam sorridono alla bimba «Allora benvenuti nel quartiere».
«Grazie» Sam osserva ancora la bambina, ora con gli occhi rivolti verso la strada. Poi guarda la madre «È molto buona».
«Sì, è vero. Non piange mai, ma osserva e scruta tutti attentamente. A volte, quando ti guarda, sembra che ti legga nel pensiero».
Per quanto la frase sia stata pronunciata con leggerezza, a Ellie fa venire i brividi. Anche Sam aggrotta la fronte «E lei, Monica, abita qui da molto tempo?»
La ragazza indica una casa, proprio quella che Sam ha visto nella sua visione «Io e mio marito abbiamo comprato quella casa prima che nascesse Rosie».
«E quanto ha la bambina?»
«Compie sei mesi proprio oggi».
 
Ellie deglutisce, cercando di mascherare la preoccupazione con un piccolo sorriso verso la ragazza. Sam, invece, aggrotta la fronte; forse sta cercando di sforzarsi allo stesso modo, ma con meno successo.
Salutano la ragazza e si allontanano, osservandola accelerare il passo per andare verso il marito. Sam si ferma nuovamente poco più avanti, portando entrambe le mani a coprirsi gli occhi e gemendo appena per il dolore. Ellie stringe le labbra, afferrando con la mano destra il cellulare che aveva riposto nella tasca della giacca. «Chiamo Dean».
 
*
 
«E cosa hai visto?»
Sam, seduto su una sedia accanto alla “scrivania” – se così può chiamare il piccolo tavolo che vi hanno trovato dentro – della loro stanza, continua a premere le mani sulla testa e sugli occhi. Ellie, appoggiata al muro accanto alla finestra in fondo alla camera, osserva la scena con le braccia conserte, in silenzio, un po’ in disparte. Dean e suo padre, invece, sono seduti ognuno su un letto e lo scrutano con attenzione, soprattutto quest’ultimo che ha un’espressione particolare sul viso, che oscilla tra l’incredulo, il sorpreso e l’arrabbiato. E forse l’ultima è quella che prevale di più.
 
Hanno deciso di venire qui, anziché andare da John, perché la stanza è sicuramente meglio di quella minuscola che lui si è preso per sé: è abbastanza grande e spaziosa per essere una camera di motel. Accanto alla porta d’ingresso c’è un piccolo “angolo cucina”, che consiste in un ripiano con un rubinetto e, di fronte, un tavolino con tre sedie. Più avanti, oltre a una specie di separé, ci sono i due letti – posizionati entrambi contro la parete destra –, accanto ad essi un paio di comodini con sopra delle eleganti abat-jour color magenta e, sulla sinistra, la porta del bagno, che non è immenso ma è accettabile. In fondo, un’altra finestra, coperta da un paio di tende beige e bordeaux. L’unica pecca è che dalla moquette non proviene esattamente un ottimo odore, ma sono stati abituati ad ambienti peggiori. [4]
 

Osserva Sam stringere con l’indice e il pollice della mano destra la parte superiore del naso «Il demone. E poi quella donna che bruciava sul soffitto».
Il tono di John è duro «E credi che succederà alla ragazza che hai incontrato?»
Sam si volta verso di lui «Di solito le cose succedono esattamente come nella visione».
Dean si alza «Prima erano incubi notturni, poi ha cominciato ad averli anche da sveglio» si muove verso l’angolo della cucina per riempire una tazza vuota con del caffè.
Sam torna a toccarsi la fronte «Non so come mai, ma più mi avvicino alle cose che… coinvolgono il demone, più forti sono le visioni».
John, le mani giunte e i gomiti sulle ginocchia, continua a fissare i suoi figli in modo sempre più arrabbiato. «E quando pensavate di dirmelo?»
Dean si volta verso di lui, un po’ perplesso «Non ne conoscevamo il significato» ma John non sembra voler mollare «Appena sono cominciate queste visioni avreste dovuto alzare il telefono e chiamarmi».
Dean sbatte la tazza sul ripiano prima di voltarsi nuovamente verso suo padre, un’espressione dura dipinta sul volto. «Chiamarti? Mi prendi in giro?» gli si avvicina, fermandosi quando è tra Sam e il primo letto, quello dove è seduto suo padre «Ti ho telefonato da Lawrence e Sam lo ha fatto quando stavo morendo. È più facile vincere alla lotteria che comunicare con te».
 
John lo guarda in silenzio ed Ellie si morde le labbra, irrequieta. La situazione, già di suo, non è delle migliori, e sicuramente questo non aiuta, ma non aveva mai visto Dean così spavaldo e spontaneo nei confronti di suo padre. Se lo ricordava quasi remissivo, sempre attento a renderlo orgoglioso a costo anche di farsi mettere i piedi in testa. Adesso, invece, è diverso: è più sicuro delle sue scelte, più deciso nel voler difendere ciò che pensa. Le sembra un notevole passo avanti, per quanto magari potrebbe moderare un po’ il tono. Sembra sempre troppo arrabbiato quando si rivolge a lui, ultimamente. 
 
John sbuffa aria dal naso prima di rispondere. «Hai ragione» a giudicare dal modo in cui Dean alza appena la testa e rilascia le spalle, Ellie scommette che è stupito dalle parole del padre. «Anche se non mi piace il tono che hai usato, hai ragione. Vi chiedo scusa».
«Comunque, a parte le mie visioni, sappiamo che il demone verrà questa notte» Sam riprende a parlare e lo fa in modo molto pragmatico «E questa famiglia dovrà passare lo stesso inferno che abbiamo vissuto noi».
«No, invece» gli occhi di John sono sicuri «Non stavolta. Mai più» il suo sguardo è incredibilmente determinato ed Ellie capisce la sensazione: quando si comprende di essere così vicini alla cosa che ti ha portato via un pezzo fondamentale della tua famiglia, è la rabbia a farla da padrona, la sensazione di essere finalmente a un passo dallo schiacciare lo scarafaggio che ti ha rovinato la vita.
 
La suoneria di un telefono interrompe il suo flusso di pensieri. È quello di Sam che si appresta a rispondere.
«Pronto?» segue qualche istante di silenzio «Chi parla?» un’altra pausa, più lunga, poi i suoi occhi si spalancano per lo stupore «Meg?»
 
*
 
Osserva silenziosa la porta d’ingresso del negozio di antiquariato di Salvation, l’unico che sono riusciti a trovare su internet, le dita incrociate sperando che possa fornire a Dean quello che cerca. Accarezza la pelle del sedile anteriore dell’Impala quasi alla ricerca di una sicurezza, qualcosa di così precario in questo momento particolarmente difficile.
 
Meg, la ragazza pazza volata dal settimo piano del palazzo dove li aveva intrappolati qualche settimana fa, è in realtà viva e vegeta e tiene in scacco John: sa che ha la Colt e che è vicino a far fuori il demone, perciò l’ha minacciato di far fuori tutte le persone che l’hanno aiutato negli anni se non gli consegna la pistola. Il primo a rimetterci – proprio mentre parlava con lei – è stato Caleb [5], lo stesso che ha aiutato Ellie a costruire la pira per papà quando il Formichiere l’ha ucciso. Ellie non ha preso bene la notizia: non solo perché leggerla dagli occhi di John – distrutti dal dolore – mentre si passava una mano sul viso è stato abbastanza terrificante, ma soprattutto perché Caleb era stato così gentile con lei, così delicato quando le chiedeva se stava bene e se poteva fare qualcosa e le dispiace sapere che è morto, per di più in modo così ingiusto.
Ora la situazione non è affatto delle migliori: John si dovrà recare a Lincoln, nel Nebraska, e consegnare una finta Colt a Meg – che, essendo sopravvissuta a un volo del genere, temono sia un demone, o comunque che sia posseduta da uno di loro – e lasciare l’originale a Sam, Dean ed Ellie, incaricati di far fuori Occhi Gialli stasera stessa, quando si verificherà la visione di Sam.
 
I ragazzi non sono molto convinti della validità del piano di John; più che altro hanno paura che, se Meg scoprisse l’inganno, lui non riuscirebbe a farla franca. Per questo Ellie è venuta a fare compagnia a Dean per prendere la finta Colt: ha notato che è parecchio preoccupato e vuole cercare di infondergli un po’ di speranza. O almeno provarci.
 
Si sporge verso l’ingresso del negozio, al piano terra di un palazzo in pietra, e lo vede uscire poco dopo per poi dirigersi verso l’Impala. Apre lo sportello e si siede, richiudendoselo alle spalle. Ellie lo guarda «Tutto a posto?» e Dean annuisce, infilando la mano destra nella tasca interna della sua giacca nera e tirando fuori un piccolo cartoccio di carta marrone. Glielo consegna ed Ellie lo afferra, scoprendone il contenuto: la pistola è davvero simile alla vera Colt, praticamente identica all’originale. Stringe le labbra in una linea sottile «Beh, non sarà semplice riconoscere la differenza con quella vera».
Dean si riprende la pistola e la ripone nella tasca interna «È quello che mi auguro».
 
Lo guarda mettere in moto e immettersi nella carreggiata, la testa dritta e gli occhi fissi sulla strada. Il punto d’incontro con Sam e John è vicino a un vecchio ponte un po’ fuori da Salvation; non ci vorrà molto per raggiungerli.
Ellie si sporge appena verso di lui, poggiando la mano sinistra sulla sua coscia destra. Dean non le dice nulla ed Ellie si sente libera di parlare. «Andrà tutto bene, Dean» non glielo dice tanto per dire: vuole crederci davvero. La situazione è complicata, è vero, ma spera con tutto il cuore che le cose vadano per il meglio. È ciò che Sam e Dean si meritano e la stessa cosa vale anche per John che ha sacrificato tutta la vita dietro a quel bastardo di demone. È più che giusto che ottenga finalmente giustizia.
Dean appoggia la mano destra sulla sua ed Ellie ne intreccia le dita con dolcezza, appoggiandosi un po’ a lui, la testa piegata sulla sua spalla.
Lo guarda, ma Dean non fa lo stesso e non solo perché sta guidando. Ormai lo conosce bene e si accorge che vorrebbe dire qualcosa ma che è allo stesso tempo frenato dal farlo. «Ho un brutto presentimento».
«Lo capisco, però… però cerca di stare tranquillo. Tuo padre—»
«È una trappola, una fottuta trappola. Lo sa anche lui eppure… eppure va lo stesso».
Ellie si morde appena il labbro inferiore, stringendo la sua mano più forte «Tu non avresti fatto la stessa cosa?» Dean si volta a guardarla per un istante «Voglio dire… ci stanno andando di mezzo le persone che lo hanno aiutato, a cui tiene. Persone come Caleb» lo guarda e Dean fa altrettanto prima di tornare a fissare la strada. I suoi occhi sono pieni di indecisione, sono spaventati ed Ellie può capirlo perfettamente. «La loro morte sarebbe ingiusta, perché non hanno niente a che vedere con tutto questo. Io… io sono convinta che tu avresti fatto lo stesso, al suo posto» fa una piccola pausa e appoggia la mano destra sul suo braccio, cercando di dargli ulteriore conforto. «È in gamba, sa il fatto suo. Tornerà tutto intero».
Dean si limita a stringere un altro po’ la sua mano. «Speriamo» e non pronuncia un’altra parola fino a che non arrivano a destinazione.
 
La strada non è asfaltata e Dean rallenta appena prima di fermarsi sullo stesso spiazzo dove Sam e John stanno sistemando qualcosa dentro il grosso armamentario che John tiene dietro il suo pick-up.
Ellie si scosta, perché sono arrivati e perché un po’ non le va di farsi vedere abbracciata a Dean da suo padre. La mette in imbarazzo.
Dean ferma la macchina a qualche metro da quella di John e apre lo sportello velocemente per poi scendere. Lei fa lo stesso.
Si guarda un po’ intorno: la strada appena percorsa – fatta di fango e pozzanghere – è continua e costeggia un lungo ponte di legno, forse una ferrovia abbandonata o qualcosa di simile. Sulla destra, invece, vi è una fitta vegetazione, un piccolo boschetto di alberi praticamente secchi.
 
Sia John che Sam, vicini dietro il pick-up nero, guardano Dean. È John a parlare «L’hai trovata?»
Ellie affianca Dean che, proprio come ha fatto prima con lei, estrae la pistola dall’involucro di carta marrone e la porge al padre dopo averlo guardato negli occhi. Non è convinto che sia la mossa migliore, Ellie glielo legge in faccia, ma lui stesso sa che non avrebbe potuto fare altrimenti. Lo guarda leccarsi le labbra mentre John osserva attentamente la pistola «Lo sai che è una trappola, vero?» Dean lo fissa, ma gli occhi di John sono fissi sull’arma. «Per questo Meg vuole che tu vada da solo».
John alza lo sguardo su di lui, sorridendo ironico «Posso farcela. Ho un arsenale completo: acqua santa, amuleti… » ma Dean lo interrompe «Papà» e John lo guarda ancora, la sua espressione cambiata, più… risoluta. «Che c’è?»
Dean esita un istante ma, nonostante l’espressione titubante che ha dipinta sul viso, Ellie sa che non riuscirà a tenere ciò che pensa per sé. «Promettimi una cosa» fa una piccola pausa, le braccia lungo i fianchi; lo guarda negli occhi «Se le cose si mettono male, non fare l’eroe. Non farti ammazzare: da morto non puoi aiutarci».
Ellie ha l’impressione che vorrebbe dire qualcos’altro, ma Dean tace, continuando a guardare suo padre che abbassa la testa prima di puntare nuovamente gli occhi su lui e su Sam. «Lo stesso vale per voi». Lo guarda estrarre la vera Colt dalla tasca della sua giacca, gli occhi bassi. «Ascoltatemi: la pistola è caricata con proiettili speciali. Ne restano solo quattro. Senza quelli è inutile» il suo sguardo vaga da Sam a Dean che sospira appena. «Usateli con molta attenzione».
Stavolta è Sam a rispondere «Sissignore».
John riprende a parlare, guardando i suoi figli negli occhi «Sono molti anni che aspetto questo momento e, adesso che è arrivato, non ci sarò. Ora tocca a voi, ragazzi» abbassa la testa per poi tornare a guardare prima Dean poi Sam «È la vostra battaglia, finitela voi» fa una pausa, gli occhi pieni di determinazione «Finite quello che ho cominciato».
Sam si limita ad annuire mentre Dean, le spalle tese e la testa dritta, non dice nulla. John gli consegna la pistola e Dean la rigira tra le mani, in silenzio. È Sam a parlare ancora: «Ci vediamo presto, papà» e nei suoi occhi Ellie scorge un quantitativo spropositato di speranza, qualcosa di così massiccio che è impossibile non notare.
John gli sorride appena; guarda Dean per lunghi istanti, poi Sam e il suo sorriso si allarga. «Sì, ci vediamo presto». Gli poggia una mano sulla spalla e s’incammina verso il pick-up, dandogli un’ultima occhiata prima di entrare e mettere in moto.
Sam si volta a guardare la macchina partire, alla sinistra di Dean e quello che segue è un silenzio carico di parole non dette, di ansie e di paura. Per loro, che dovranno affrontare il loro incubo peggiore senza il loro padre che è la loro guida e per John, che sta andando verso una trappola altamente mortale.
 
Dean tace a lungo; poi, fissando l’orizzonte, stringe la mano di Ellie, quasi in cerca di un po’ di forza. «Sta attento» [6] e la sua voce è poco più alta di un sussurro, carica della stessa speranza e preoccupazione che ha Sam negli occhi.
 
*
 
I momenti che precedono un agguato sono lenti e sembrano non passare mai. È quello che ha imparato sul campo in questi ultimi anni: non importa quanto si è preparati e quanto si è desiderato arrivare a questo momento, ma sarà il più lungo di sempre, pieno di ansie e aspettative.
 
Ellie è seduta sul sedile posteriore dell’Impala, le braccia appoggiate allo schienale di quelli anteriori, in mezzo tra Sam e Dean. Gli occhi dei tre sono rivolti verso la casa di Monica, la ragazza che lei e Sam hanno incontrato stamattina. La tenda della finestra che dà sulla strada è scostata e possono vedere bene cosa succede: Monica e suo marito sono intenti a cenare. Stanno aspettando un segno, qualcosa che gli indichi che il demone ha fatto il suo ingresso nella casa. O di trovare una scusa che regga per fargli evacuare la casa.
«Potremmo dire che c’è una fuga di gas e farli uscire per qualche ora».
È Sam il primo a rompere il silenzio; Dean lo osserva perplesso «Sì, e quante volte ha funzionato per noi?»
Sam storce le labbra «Già» Ellie si sporge un po’ di più per guardarli meglio e vede Sam fare una smorfia indecisa con la bocca, portandone gli angoli all’ingiù «Potremmo dire loro la verità» li osserva guardarsi negli occhi e scuotere entrambi la testa «No, lo so. Hai ragione. È solo che sono… preoccupato per quello che succederà».
Dean stringe appena le spalle «Abbiamo una sola possibilità: aspettare che il demone si faccia vivo e prenderlo… prima che prenda loro».
Sam sospira appena dopo qualche istante di silenzio «Chissà come sta papà».
Ellie osserva Dean puntare gli occhi sulla strada di fronte a lui, sviando lo sguardo del fratello, il tipico gesto con cui tenta di nascondersi. «Sarei molto più tranquillo se fossimo con lui, se potessimo dargli una mano».
Le labbra di Sam si piegano in una smorfia mesta «Mi sentirei meglio se lui fosse con noi a darci una mano». Dean lo guarda e non dice niente; torna a controllare fuori e Sam, dopo qualche attimo di silenzio, parla ancora. «È una sensazione strana, non trovi?» Dean si volta di nuovo, un’espressione perplessa sul viso «Dopo tutti questi anni siamo finalmente qui. Non mi sembra vero».
Dean svia nuovamente lo sguardo «Dobbiamo essere lucidi e fare il nostro lavoro come sempre».
«Sì, ma questo non è come sempre».
Dean lo guarda di nuovo «Hai ragione» e Sam stringe le labbra in una linea sottile.
 
Ellie rimane in silenzio, ascoltandoli conversare. Quello di cui stanno discutendo è qualcosa di molto personale, una battaglia che stanno vivendo da tutta la vita e, sentendosi arrivati alla resa dei conti, è normale voler tirare le somme. Sam, infatti, sembra avere molta voglia – oltre che bisogno – di esternare ciò che pensa. Dean, invece, è più taciturno ed Ellie crede che abbia la testa piena di pensieri. Chissà di quale natura. Sembra… distratto. O forse vorrebbe sviare certi argomenti che suo fratello potrebbe voler tirare fuori.
 
«Dean… » Sam sospira appena, catturando nuovamente l’attenzione del fratello «Ti voglio ringraziare» che lo guarda perplesso «Per cosa?»
«Per tutto. Tu mi hai sempre coperto le spalle. Tutte le volte che ero in difficoltà potevo contare su di te e ora… volevo solo che lo sapessi. Nel caso… »
Dean non lo lascia finire, voltandosi meglio nella sua direzione. «Non cominciare con questi discorsi d’addio. Perché pensate sempre che quando c’è un ostacolo più grande, un mostro diverso dagli altri, voi dobbiate rimetterci la vita?»
Ellie si morde le labbra, sapendo perfettamente a cosa si riferisce Dean. Sam, invece, lo guarda confuso «Voi chi?» ma Dean lo ignora «Mettitelo bene in testa: stanotte morirà solo quel figlio di puttana di demone e nessun altro, mi hai capito?»
Il suo tono è duro e irremovibile; Sam lo osserva perplesso e alla fine annuisce, mettendo fine alla discussione.
 
Nessuno parla più per un po’. Il tempo scorre anche più lento di prima e Dean, dopo qualche minuto, si appresta a chiamare John che però non gli risponde.
La tensione è alle stelle, Ellie lo percepisce, ma qualcosa cambia nei loro occhi quando Sam sente un rumore alla radio, qualcosa che gli fa drizzare le orecchie e alzare il volume. Il segnale è disturbato e tutti e tre si guardano negli occhi; quelli di Sam e Dean sono pieni di adrenalina e terrore, consci che il momento tanto atteso è arrivato. Forse non ci credevano neanche, forse gli sembrava comunque un miraggio nonostante la sua visione parlasse piuttosto chiaro.
 
I momenti che seguono sono estremamente veloci, al contrario di quelli passati: loro tre che escono dalla macchina di corsa, aprono il portone della casa di quella ragazza e per poco Dean non si becca una mazzata in testa da parte del marito. Si susseguono urla, Ellie e Sam che si lanciano sulle scale per salvare la ragazza e la bambina e la ritrovano a mezz’aria contro la parete, il demone in piedi accanto alla culla; Sam che, dopo un attimo di titubanza, si decide a sparare e il demone che sparisce in un batter d’occhio, Monica che cade a terra ed Ellie che prende la bambina prima che il fuoco cominci a divampare nella piccola cameretta mentre Sam scorta fuori la ragazza in pieno panico. Dean gli corre incontro quando sono sulle scale e si volta non appena si rende conto che sono tutti al sicuro. Fuggono fuori mentre le fiamme continuano a divampare e ritrovano il marito di Monica che tace quando lei gli dice di farlo, giustificandoli per aver salvato lei e la bambina che Ellie le dà in braccio, lasciando che la coccoli.
Ellie sente il cuore schizzarle nel petto, ancora di più quando, alla finestra, scorgono la sagoma del demone e diventa tutto ancora più veloce: Sam che vorrebbe rientrare e Dean che lo afferra di peso per le spalle, impedendogli di fare una cosa simile perché sarebbe un suicidio e di morire così non ne vale la pena.
 
Di certo, Ellie ha imparato una cosa nuova, questa sera: Sam sarebbe disposto a farsi uccidere pur di ottenere la sua vendetta e Dean, ora che l’ha visto con i suoi occhi, dovrà sforzarsi più di quanto abbia fatto finora per impedirgli di farsi fregare dall’istinto, di fargli fare delle sciocchezze. Uno sforzo, data la determinazione di Sam nel voler uccidere il demone, tutt’altro che semplice.
 
*
 
Siede sul letto di Sam, al suo fianco, le mani tra le gambe e le labbra strette tra i denti mentre osserva Dean camminare da una parte all’altra della stanza con passi lunghi, il telefono all’orecchio. Sam, invece, ha la testa bassa e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Sembra pensieroso. O arrabbiato, Ellie non sa dirlo.
 
Sono tornati qui, nella loro stanza di motel, subito dopo l’arrivo dei pompieri, dopo essersi assicurati che Monica, il marito e la piccola Rosie stavano bene. Uscire di scena era inevitabile: in caso arrivasse la polizia o altre forze dell’ordine, non avrebbero saputo spiegare il loro intervento. Era meglio dunque stare alla larga.
Sam non ha detto una parola per tutto il viaggio di ritorno; anche Dean ha parlato poco, premurandosi di chiamare ripetutamente il padre per avere una qualche notizia. John, però, non ha mai risposto. Sarebbe prassi, in circostanze normali, ma erano d’accordo che, una volta che tutto fosse concluso, si sarebbero sentiti per telefono, e il fatto che non risponde non è un buon segno.
 
Ellie continua a osservare Dean che guarda il cellulare e preme un bottone. Sospira forte «C’è qualcosa che non va» si volta a guardare Ellie che ricambia il suo sguardo con una forte preoccupazione e su Sam che, invece, rimane immobile. «Mi stai ascoltando?»
Il fratello risponde a denti stretti «Se mi avessi lasciato entrare lì dentro, avrei posto fine a tutto questo».
Ha la testa ancora bassa e Dean gli si avvicina di qualche passo, gli occhi fissi su di lui «Sarebbe finita soltanto la tua vita, Sam» ed è allora che il più piccolo lo guarda. Ellie, seduta alla sua destra, non riesce a vedere la sua espressione, visto che le dà le spalle «Questo non lo sai».
Dean continua a guardarlo negli occhi e gli si avvicina ancora «Quindi sei disposto a sacrificarti?»
Sam, in risposta, si alza in piedi, facendo qualche passo verso di lui «Sì, è proprio così».
«Beh, questo non accadrà mai, non finché ci sarò io».
«Ma che diavolo stai dicendo?» il tono di voce di Sam è più alto e aspro «È tutta la vita che cerchiamo questo demone, è l’unica cosa di cui ci è mai importato».
Dean lo scruta seriamente «Sam, anch’io voglio ucciderlo. Ma non vale la pena di morire» scandisce bene quelle parole e fa una piccola pausa «Sta zitto e ascoltami: se cacciare questo demone vuol dire farti ammazzare, allora… allora spero con tutto il cuore di non trovarlo mai».
«Quel demone ha ucciso Jessica. E ha ucciso la mamma».
Lo sguardo di Dean si fa più cattivo «Una volta l’hai detto anche tu: non importa quello che facciamo, sono morte. E non torneranno più».
 
È un attimo: a quelle parole, Sam afferra Dean per il colletto della camicia di jeans che indossa e lo scaraventa contro il muro. Ellie, di scatto, si alza in piedi, spaventata dalla furia con cui Sam ha compiuto questo gesto. Si ripromette di non intervenire, però, a meno che Sam non alzi le mani su Dean. Non perché pensa che abbia ragione o altro, ma sono cose di famiglia, quello su cui stanno discutendo, ed è bene che lei si faccia da parte. A meno che la situazione degeneri. Di certo non vuole vederli picchiarsi.
 
«Tu non puoi dirlo!» Sam urla, furioso «Dopo tutto questo, tu non puoi dirlo!»
«Sam… » la voce di Dean è più flebile; lo guarda negli occhi intensamente, senza paura.
«Come ti sentiresti se ci fosse la tua ragazza al posto della mia, eh? Cosa faresti?» la voce di Sam è carica di rabbia «Scommetto che se Ellie fosse morta non la penseresti così!»
Dean non fa una piega a quelle parole; continua a fissarlo e rimane calmo, deciso «Ascoltami… tu, papà e… » sbuffa aria dal naso «E lei siete tutto ciò che ho. Sacrificarsi non… non ne vale la pena. Quel demone ci ha già portato via tutto, non possiamo dargliela vinta».
A quelle parole, Sam allenta la presa sulla camicia di Dean e abbassa la testa. Si allontana, un po’ pentito, le dita della mano destra a stropicciarsi gli occhi.
 
Ellie stringe le labbra in una linea sottile. Questa situazione non è facile, non lo è per nessuno e in un certo senso capisce il punto di vista di entrambi: quello di Dean, che tiene più alla sua famiglia e a mantenerla unita dopo tanto lottare che alla morte del demone e di Sam che, invece, ha una perdita più fresca alle spalle e un carattere diverso da quello del fratello maggiore, molto più simile a quello di John di quanto lui non creda. Forse è per questo che passano la maggior parte del tempo a discutere.
 
Non ha tempo nemmeno di realizzare cosa ha detto Dean sul suo conto che osserva Sam voltarsi nuovamente verso il fratello «Prova a chiamare di nuovo papà, dai. Avrebbe già dovuto farlo lui» che annuisce, riprendendo il cellulare in mano e ricomponendo il numero. Porta il telefono all’orecchio e rimane in silenzio per secondi che sembrano ore, tanto sono lunghi e carichi di aspettativa. Ellie lo vede irrigidirsi, poi, gli occhi fissi su Sam.
«Lui dov’è?» da quelle parole, Ellie intuisce immediatamente che non è stato John a rispondere. Probabilmente Meg. La conferma arriva quando chiude la telefonata senza rispondere altro, gli occhi fuori dalle orbite, pieni di terrore. Si avvicina a Sam «Hanno preso papà».
Ellie affianca Sam, le braccia lungo i fianchi. La loro preoccupazione era più che fondata. «Era Meg?» Dean annuisce «Che ti ha detto?»
La voce di Sam è piena di rabbia; Dean, al contrario di pochi minuti fa, è visibilmente agitato. «Niente, solo che l’hanno preso» si porta la mano destra sugli occhi e poi sulla bocca, nervoso. Lo sguardo, poi, gli cade sulla Colt, appoggiata su un comodino. La prende in mano e la infila dietro ai pantaloni prima di avvicinarsi al borsone, prenderlo e metterlo sul letto.
Sam lo guarda perplesso «Che stai facendo?»
«A te che sembra? Dobbiamo andarcene».
«Perché?»
«Perché il demone sa che siamo a Salvation, perché sa che abbiamo la Colt e perché ha preso papà. E noi saremo i prossimi».
Sam gli parla fiducioso «Bene, abbiamo ancora tre pallottole. Che venga!»
Dean lo scruta con rabbia «Stammi a sentire: non siamo pronti, non sappiamo quanti ce ne sono e da morti non serviamo a nessuno. Quindi ce ne andiamo. Adesso» ed Ellie non ricorda di aver mai sentito il suo tono così perentorio e deciso.
 
Nonostante Sam non sembri tanto d’accordo, sia lui che Ellie assecondano Dean e preparano le valigie in un tempo brevissimo, forse il più breve di sempre.
Saltano in macchina e i ragazzi litigano ancora durante il tragitto. Dean pensa che gli serva un piano, che devono trovare il posto dove nascondono John e poi scambiarlo con la pistola, mentre Sam insiste sul fatto che ce la potrebbero fare da soli e che il loro padre, per quanto lo tormenti il solo pensiero, potrebbe essere morto, considerando anche che Meg non ha fatto alcun riferimento ad alcuno scambio. Alla fine, Dean mette a tacere la discussione e prende le redini della situazione – come ha già fatto in queste ultime ore – e decide che hanno bisogno di una mano. Sia Sam che Ellie sanno che allude a Bobby.
 
Arrivano a destinazione la mattina successiva, dopo sei ore abbondanti. [7] Il viaggio è silenzioso, carico di tensione, qualcosa che c’era già prima ma che è aumentata a dismisura quando Sam ha osservato che John potrebbe essere morto. Non che Ellie non ci avesse pensato e probabilmente l’aveva fatto anche Dean, ma dirlo ad alta voce l’ha reso quasi più possibile, più plausibile. O almeno questa è stata la sensazione che ha provato Ellie.
Né lei né Sam sono riusciti a chiudere occhio. Ellie non ci sarebbe riuscita nemmeno a pensarci e Sam ha provato a chiedere il cambio a Dean per guidare, ma non ha insistito quando lui non glielo ha ceduto. Probabilmente era il suo modo per scaricare un po’ della tensione accumulata.
 
Bobby li accoglie con il solito entusiasmo celato dietro al suo berretto vecchio e logoro e una smorfia sulle labbra, la cosa più simile a un sorriso che Ellie gli abbia mai visto fare. Qualcosa che cambia notevolmente quando i ragazzi gli raccontano quello che gli è accaduto negli ultimi giorni, del demone e soprattutto del fatto che hanno preso John.
Il vecchio cacciatore offre a Dean una sorsata di whiskey e si mette a sedere di fronte a Sam che, seduto su una delle sedie del suo studio, è più incuriosito da un disegno in grado di scacciare i demoni raffigurato su un vecchio libro polveroso che dall’alcol.
 
Sembrano già entrambi un po’ più tranquilli. Aver raggiunto Bobby è stata un’ottima idea, probabilmente gli dà un po’ della calma necessaria per affrontare la situazione con più lucidità.
 
Bobby allunga gli occhi verso il libro che ha in mano Sam «Quella è la chiave di Salomone. Se ci fai entrare un demone, per lui è finita: perde tutti i poteri. È come… una specie di trappola per topi». Sia lui che Sam si sorridono. Ellie si avvicina e si mette accanto a Bobby per vedere quel disegno: una stella a sei punte all’interno di un ettagono a sua volta contenuto in un cerchio. Lo guarda sospirare appena «Questa storia è pericolosa, ragazzi. Non prendetela sottogamba».
Sam lo guarda dubbioso «Davvero? Perché?»
«Di solito, in un anno, ci sono tre o al massimo quattro persone possedute dai demoni. Quest’anno, invece, sono ventisette, fino adesso» Ellie lo osserva puntare gli occhi sia su Dean che su Sam «Capite cosa intendo? Ogni giorno sempre più demoni camminano in mezzo a noi. Molti più di prima».
«E sai il perché?»
Bobby stringe lievemente le spalle «No, ma tutto questo non mi piace per niente. Quel che è certo è che sta per arrivare una tempesta e voi ragazzi, insieme a vostro padre, siete proprio nell’occhio del ciclone».
 
Uno strano silenzio avvolge le sue ultime parole, ma non dura a lungo: la porta che dall’esterno porta allo studio si spalanca, grazie a un poderoso calcio di Meg che la sfonda ed entra trionfale, seria in volto. Dean prova a buttarle addosso dell’acqua santa, ma viene scaraventato lontano, in mezzo a una pila di libri. Ellie rimane immobile, per quanto muoia dalla voglia di andare a vedere come sta Dean, mentre Sam fa scudo a Bobby – più vicino rispetto a lei – con il suo corpo.
«Adesso basta con le stronzate» il tono di Meg è fermo e perentorio; ha gli occhi fissi su Sam che si muove, stringendo la manica della maglietta di Bobby per portarlo con sé «Voglio la Colt, Sam. Quella vera. E la voglio adesso».
«Non l’abbiamo con noi. L’abbiamo seppellita».
Meg sogghigna «Ho detto basta con le stronzate. Ti consiglio di non prendermi in giro. Ho sentito delle cose su voi Winchester che mi hanno molto delusa» Sam continua a spostarsi e Bobby con lui; Meg, ovviamente, gli va dietro e quando lasciano la stanza per muoversi verso quella adiacente, Ellie si sente libera di andare a vedere come sta Dean. Lo trova sdraiato in mezzo a pile di libri, gli occhi aperti. Sta bene ed Ellie lo aiuta ad alzarsi, porgendogli entrambe le mani. Meg, nell’altra stanza, continua a parlare e può udirla distintamente. «Prima John cerca di rifilarmi una pistola falsa, lasciando quella vera nelle mani di due imbecilli come voi e quella sciacquetta… un’idea davvero geniale». Ellie e Dean sbirciano la scena dalla porta: la stanza dove sono finiti è il salotto dove vengono d’inverno, quello con il camino; Meg continua ad avanzare mentre Sam e Bobby indietreggiano fino a che il muro gli impedisce di farlo ancora. «Ma ragazzi, pensavate davvero che non vi avrei trovati?»
Dean le dà un leggero colpo su un braccio e le indica il soffitto, su cui Ellie trova dipinto un disegno familiare: una chiave di Salomone, proprio come quella che indicava prima Bobby a Sam nel libro. Lo guarda ghignare alle parole di Meg «Veramente, è quello che speravamo» guarda in alto, Meg dopo di lui e così anche Sam: lei si trova proprio sotto al disegno. È in trappola come un topo. Dean le sorride beffardo «Presa».
 
I ragazzi la legano a una sedia mentre Bobby ed Ellie si occupano di mettere il sale alle finestre, in modo da impedire ad altri eventuali demoni di entrare, e di preparare un paio di bottiglie di acqua santa. Giusto per rinfrescarle la memoria. Ellie le consegna a Sam che, appoggiato allo stipite della porta, guarda la ragazza con disprezzo, qualcosa di comunque non paragonabile all’odio che sprigiona Dean dagli occhi.
Le gira intorno, camminando in cerchio vicino alla sedia «Dicci dov’è nostro padre».
Lei sorride beffarda «Non me lo hai chiesto per favore».
«Dicci dov’è nostro padre, stronza».
Meg si finge stupita «Oh, che cattivo. Baci la tua mammina con quella bocca?» poi sorride «Dimenticavo, non c’è più».
«Ti assicuro che non sto scherzando! Dov’è? Che gli hai fatto?»
Dean urla e lo fa in modo furioso, ma Meg non sembra scomporsi. «È morto implorando e urlando. L’ho ammazzato io con le mie mani».
 
Ellie deglutisce; non ci crede, pensa che lo stia dicendo solo per provocarli, ma ha comunque paura: di questa situazione, del fatto che sia tutto precario e che non hanno certezza di nulla, tantomeno della vita di John.
Dean è fuori di sé, tanto che non ci mette niente a mollare uno schiaffo a Meg, così sonoro da girarle la faccia. Ellie sussulta: non l’aveva mai visto così.
 
Meg, ancora una volta, non sembra ferita; anzi, continua a sorridere. «Vedo che ti eccita picchiare una ragazza» la guarda negli occhi «Forse a te piace di meno saperlo così violento, dolcezza. O fa così anche con te?»
Dean nemmeno si volta verso di lei. Continua a fissare Meg con profondo disprezzo, le mani appoggiate sui braccioli della sedia e la schiena curva in avanti «Piantala con questi giochetti. E poi… e poi tu non sei una ragazza».
La voce di Bobby che lo richiama lo fa voltare. Si muovono tutti verso lo studio accanto, disponendosi a cerchio.
Sam lo guarda comprensivo «Sta calmo».
«Non è morto, sta mentendo», ma Bobby lo ammonisce «Dean, non prendertela con lei, non farle del male».
Il suo sguardo è duro e freddo come il ghiaccio «Perché?»
«Perché lei non c’entra niente» sia Ellie che i ragazzi lo guardano perplessi. «È solo una povera ragazza posseduta da un demone».
 
Dean si volta verso Meg, come se non credesse a quelle parole. A Ellie vengono i brividi. Immagina quanta sofferenza può provare la sua anima, torturata da un’altra, più nera e perversa, e quanto possa essere forte il demone per tapparle la bocca e non permetterle di uscire fuori. Come possa sentirsi ad aver ucciso delle persone senza averlo fatto davvero, a essere come un burattino mosso da tanta cattiveria. Le fa male anche pensare che, ormai che è nelle mani di Sam e Dean, non avrà lunga vita, perché faranno di tutto – soprattutto Dean e questa è forse la cosa che le fa più male – pur di trovare il loro padre. Anche passare sul suo cadavere.
 
Dean torna a guardare Bobby «Quindi è una vittima innocente anche lei?» che annuisce. «Questa è una buona notizia» ed Ellie non capisce come faccia ad esserlo finché non vede Sam tirare fuori dagli scaffali di Bobby un libro di esorcismi.
Tornano nell’altra stanza; Sam inizia a leggere un salmo in latino e Meg, tra un insulto e l’altro, comincia a tremare. Ellie non ce la fa a vedere la scena, soprattutto ad osservare Dean risponderle per le rime, senza nessuna pietà per quell’involucro di carne che sicuramente perderà la vita una volta che il demone l’avrà abbandonato. Si reca nello studio non appena capisce cosa sta succedendo, la schiena appoggiata al muro freddo.
 
Ascolta ogni cosa: Dean che le urla contro e che incita Sam a leggere ogni volta che Meg dice qualcosa di spiacevole, i suoi lamenti strazianti, le domande che i ragazzi continuano a porle. Scoprono che John è a Jefferson City, in Missouri, ma non ha notizie né del demone né del luogo preciso in cui è tenuto nascosto. Nonostante tutto, Dean non ha pietà e ordina a Sam di finire di leggere. Non lo ferma neanche sapere che la ragazza, dopo che è caduta dal settimo piano, ha tutte le ossa rotte ed è il demone a tenerla in vita. Viene esorcizzata comunque: il mostro abbandona il suo corpo dopo l’ennesimo urlo ed Ellie accorre con lo stomaco in tumulto e il cuore in gola.
 
La trova con il capo chino in avanti, un piccolo rivolo di sangue che le esce dalla bocca. I fratelli e Bobby la stanno fissando, come se fossero increduli di quello che vedono o che hanno fatto ed è Ellie ad andare verso di lei prima che muova la testa. Ha il naso e tutta la bocca sporca di sangue, le ciglia imperlate di lacrime e le piange il cuore a vedere una persona ridotta così, a maggior ragione sapendo che il carnefice è stato proprio Dean.
Da un certo punto di vista dovrebbe capirlo: c’è suo padre di mezzo ed Ellie sa che quando c’è da fare scelte difficili e ci sono di mezzo le persone che si amano l’impulsività prevale sempre. Quello che le fa più male è sapere che Dean non ha avuto la minima pietà o perplessità, lasciando che andasse a finire in questo modo.
 
È lui a chiedere a Bobby di chiamare un’ambulanza quando la vede muoversi, ad accovacciarsi accanto ad Ellie per aiutarla. Sam le sussurra di non dire niente ed entrambi la stendono a terra per evitare che si faccia più male, nonostante lei strilli ancora di dolore. Ellie si alza per trovarle un cuscino e un bicchiere d’acqua e lo prende dal salotto, per poi portarglielo velocemente. Quando torna, trova Dean a chiederle se stava dicendo la verità su John e Sam ammonirlo. Ellie si abbassa per porle il cuscino sotto la testa e sostituirlo alle mani dei ragazzi senza dire una parola.
La voce di Meg è tremendamente flebile. La aiutano a bere e non la smettono di farle le domande. Ellie sa che è necessario, ma le dà così fastidio che gli chiederebbe di farla finita se solo non fosse tanto importante. Non è la sua caccia, però, e non è suo padre quello chissà dove tra le mani di un demone potente, perciò preferisce tacere.
Meg rivela che il demone che stanno cercando non è uno solo, ma che sono molti e che nascondono John vicino al fiume e fa in tempo ad aggiungere un’unica parola, Sunrise, qualcosa che pare totalmente privo di senso prima di emettere l’ultimo respiro.
 
Ellie la osserva con un nodo in gola; stringe le labbra e le posa le mani sulle palpebre per chiudergliele. Non solo perché non riesce a guardare quello sguardo vitreo. Alza gli occhi e osserva sia Sam che Dean che sembra sentirsi terribilmente in colpa, tanto da non riuscire a staccare gli occhi di dosso da quello che è ormai il cadavere di quella povera ragazza.
L’ambulanza è ormai inutile e Bobby, che forse aveva capito prima di tutti quale sarebbe stata la sua fine, fortunatamente non l’ha chiamata. [8] Avrebbero solo avuto problemi a spiegare le dinamiche dell’accaduto.
 
Li lascia a discutere sul da farsi mentre se ne va di sopra, nella “sua” stanza. Porta il suo borsone con sé; ha bisogno di un cambio di vestiti e per fortuna aveva già lasciato qui qualcosa.
È di spalle, il sacco sul letto e un mucchietto di vestiti sparsi lì sopra quando sente la porta aprirsi. Non si volta; sa che è Dean e ne ha la conferma quando se lo vede accanto, le gambe che gli dondolano appena contro il bordo del letto. È visibilmente nervoso.
 
«È tutto ok?» Ellie stringe le spalle, la testa bassa. «Sei silenziosa, da quando hanno preso papà».
Fa di nuovo spallucce, in mano una camicetta sporca che non ha bisogno di essere piegata, così la ripone sul letto insieme alle altre. «Non ho molto da dire».
Dean rimane un attimo in silenzio prima di aggiungere qualcosa. «Lo sai che i tuoi consigli mi sono d’aiuto, vorrei che—»
Ellie lo interrompe «E sai che quando ne avrai bisogno sarò qui per dartene, ma tuo padre è una questione su cui dovete discutere tu e Sam e comportarvi come meglio credete».
 
Lo guarda annuire con la coda dell’occhio, le labbra strette tra i denti. Non è che non vuole dirgli ciò che pensa, ma… non gli sembra il momento giusto. In fin dei conti, John è ancora disperso ed è la priorità, al momento. Poi verranno le sue “prediche” su come trattare ragazze possedute da demoni bastardi.
 
La sua voce la distoglie da quel pensiero. «A questo proposito, volevo dirti che… che io e Sam andiamo a Jefferson City».
Ellie si volta di scatto verso di lui; capisce che, dal tono e dalle parole che sta usando, c’è qualcosa di strano «Sono solo venuta a prendere un cambio di vestiti, vengo anch’io».
Continua a guardarlo e Dean scuote la testa, evitando i suoi occhi «No» Ellie aggrotta la fronte, ma lui si ostina a non guardarla «È troppo pericoloso».
«Non ha importanza, voglio aiutarti».
È solo a quelle parole che Dean alza gli occhi su di lei «Non hai sentito Meg?» alza la voce, in un modo che ad Ellie non piace. Odia quando lo fa: sembra sentirsi il padrone del mondo invece è un povero stronzo come lei e tanti altri. «È pieno di demoni, sono ovunque e non abbiamo idea di cosa ci stia aspettando. Voglio che rimani qui».
«E io voglio venire con te. Tu e Sam non siete dei supereroi e una mano in più può farvi comodo» ma dall’espressione che ha Dean in volto sa che non è riuscita a convincerlo. Non ha alcuna intenzione di stare calma «Perché fai così? Sono sempre venuta ovunque».
«Lo so, ma stavolta è diverso e non voglio che ti fai male».
«Non è mai diverso, è sempre pericolo».
Lo guarda passarsi le dita sugli occhi e prendere un respiro. «Non mi va di discutere. Ti ho detto che per questa volta non ti voglio tra i piedi e non intendo cambiare idea».
Ellie lo scruta, delusa «Ah, è questa la considerazione che hai di me? Allora non aspettarti di trovarmi al tuo ritorno». Cerca di suonare il più realistica possibile nel pronunciare quelle parole, ma Dean non si spaventa: anzi, stringe le spalle e le labbra prima di sporgersi verso di lei che, però, si scansa. «Dico sul serio».
Dean sorride di sbieco «Anch’io» e non aggiunge nulla. Si limita ad avvicinarsi alla porta e a rivolgerle un sorriso triste prima di chiudersela alle spalle, lasciandola lì come una stupida, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e sul viso l’espressione di una bambina abbandonata.
 
Qualche secondo più tardi, il rombo dell’Impala che lascia la rimessa di Bobby le conferma che no, Dean non scherzava affatto e che ha fatto la scelta più egoistica di tutte: lasciarla fuori in una storia che riguarda la sua famiglia.

 

[1] All’inizio dell’episodio 1x21 “Salvation”, John fa un resoconto ai suoi figli su ciò che ha scoperto su Occhi Gialli, parlando di segni che ha visto a partire dall’anno precedente dall’Arizona fino a Palo Alto, dove si trovava Sam. Ho pensato che questo caso di mia invenzione potesse essere uno di quelli che hanno incominciato a insospettirlo e a farlo mettere sulle tracce del demone in solitaria.
[2] Salvation è una località immaginaria. La distanza l’ho calcolata da Eastonville a un posto situato vicino a Iowa City, non troppo lontano dalla capitale Des Moines.
[3] Nell’episodio 1x16 “Shadow”, Dean confida a Sam che lui e papà “ce l’hanno sempre fatta senza ridicoli costumi” (cit. XD) Nella puntata 1x21 “Salvation”, infatti, tutti e tre si presentano nei vari ospedali e centri sanitari con il distintivo o comunque un falso badge di riconoscimento, ma senza divise.
[4] La stanza descritta è quella che si vede nell’episodio 1x21 “Salvation” e all’inizio del successivo “Devil’s trap”. 
[5] Il primo a rimetterci le penne nell’episodio 1x21 “Salvation”, in realtà, è stato il pastore Jim, ma considerando che il padre di Ellie è “ispirato” a quel personaggio, ho omesso quel dettaglio e fatto morire il povero Caleb al suo posto.
[6] In questa scena dell’episodio 1x21, Dean dice «See you later» ovvero «Ci vediamo più tardi», praticamente la stessa risposta che dà Sam a John nel vedere il padre partire. In italiano, invece, dice «Sta attento». Ho preferito lasciare la frase in italiano perché credo esprimesse meglio la preoccupazione e lo stato d’animo di Dean in quel momento.
[7] Anche questa distanza è stata calcolata e approssimata, considerando che Salvation è una cittadina fittizia. 
[8] Nell’episodio preso in esame, 1x22 “Devil’s trap”, Bobby invece chiama l’ambulanza e invita i ragazzi ad andarsene prima del suo arrivo per fargli evitare domande scomode.

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Capitolo 25
*** Goodbyes ***


Note: Buonasera! Vi sto scrivendo prima di mezzanotte e nel giorno giusto, sto per urlare al miracolo! *sventola pon-pon in aria per fare festa*
Scemenze a parte, anche questo capitolo è incentrato sulle vicende del telefilm, o meglio, su di esse riscritte con Ellie in mezzo. Spero che la cosa non sia un assurdo minestrone di nonsense e che vi piaccia.
Mando un forte abbraccio a tutti coloro che stanno leggendo e seguendo la storia. Mi sembra che stiate aumentando e la cosa può farmi solo piacere.
A mercoledì prossimo, buon proseguimento di settimana! :***

Capitolo 25: Goodbyes
 
 The most painful goodbyes are the ones
That are never said
And never explained.
 
(Bilal Nasir Khan)
 
 
Il cielo è particolarmente azzurro, quest’oggi. Un po’ troppo, nonostante sia un primo pomeriggio di fine agosto e non trova giusto che non se lo stia godendo nel modo in cui vorrebbe, sorseggiando una birra fresca in un parco o in qualsiasi altro posto che non sia pieno di pozzanghere e tralicci della corrente.
Dean osserva uno dei suoi borsoni aperto davanti a lui dentro il bagagliaio dell’Impala, anch’esso spalancato. È quello pieno di armi e ne ammira la forma mentre, con la mano appiccicata all’orecchio, attende per l’ennesima volta che al di là del telefono che tiene stretto tra le dita compaia una voce amica. Sospira rumorosamente quando realizza che non è così ed è costretto a chiudere il cellulare per la centesima volta in questa lunga giornata.
 
È da poco dopo che sono partiti che prova a chiamare Ellie e lei non ha risposto neanche una volta. È arrabbiata e una parte di lui lo comprende perfettamente, ma allo stesso modo non capisce perché se la stia prendendo così tanto. Non sanno in che razza di posto è tenuto papà, tantomeno in che condizioni lo troveranno o quanti demoni ci saranno ad aspettarli. Era un rischio che non voleva farle correre.
È vero che lei ha fatto tutt’altro, quando si è trattato di sistemare la faccenda “vendichiamo Jim”, ma qui è completamente diverso. Non poteva di certo affrontare quell’energumeno di mostro da sola in mezzo a una foresta, mentre lui ha Sam e insieme riusciranno a cavarsela. Se a entrare in un edificio pubblico fossero in tre desterebbero troppi sospetti, mentre così è più sicuro. Insomma, erano molto più i pro che i contro, per questo l’ha lasciata a casa di Bobby, dove almeno è al riparo da qualsiasi problema. Quel posto è il più sicuro che Dean conosca e, anche se qualcosa dovesse minacciare la casa, Bobby ne sa una più del Diavolo e riuscirebbe a proteggerla senza alcun problema.
 
Sono qui da quasi dieci minuti. Si tratta di uno spiazzo un po’ fuori città, posto vicino a un ponte con dei grossi piloni di cemento armato e un luogo che, a giudicare dall’aspetto – pieno di carretti con sopra mucchi di sassi e ghiaia – potrebbe essere un cantiere. O una vecchia fabbrica edilizia, qualcosa di simile. [1] Ci sono anche un paio d’alberi, ma è essenzialmente deserto.
L’idea è quella di lasciarci la macchina, così da avere un posto sicuro dove tornare e avvicinarsi più di soppiatto al luogo indicato da Meg. Hanno già controllato la cartina: non è tanto lontano da qui.
 
Fissa il cellulare, indeciso sul da farsi, quando la voce del fratello gli arriva alle orecchie. «Sei silenzioso» Dean stringe le spalle, gli occhi ancora bassi «Ellie non ti risponde?»
«No. Mi sa che l’ho fatta incazzare sul serio» si gratta dietro la nuca, un po’ in imbarazzo – lo è sempre quando si trova a parlare di Ellie con Sam –, ma gli viene in mente un’idea. Gli si avvicina – Sammy sta leggendo il libro che gli ha dato Bobby prima che partissero da quando sono scesi dalla macchina – e lo guarda negli occhi «Mi dai il tuo telefono?»
Sam lo fissa con aria di rimprovero «Dean… »
«Beh, che c’è? Se pensa che sei tu a chiamarla magari risponde».
Suo fratello lo guarda con aria di sufficienza, come a dirgli che la sua è l’idea più idiota che abbia mai avuto «Non è stupida. L’hai chiamata finora, tu pensi che non capisca che—»
«Mi fai provare o no?»
 
Magari è stato troppo brusco, lo riconosce, ma non ha voglia di tante moine: è nervoso per papà, per questa storia di Ellie che ce l’ha con lui e per un sacco di altre cose che la riguardano e mettersi a discutere con suo fratello è proprio ciò che vorrebbe evitare con tutto il cuore. Oggi non è un buon momento per farlo.
Sam rotea gli occhi prima di consegnargli il suo cellulare. Dean compone il numero – ormai lo sa a memoria – e lo appoggia all’orecchio, ascoltando il suono familiare degli squilli e finalmente, dopo tre di questi, arriva una risposta.
«So che sei tu, Dean. E sai che ti dico? Se avevi così tante cose da dirmi mi avresti portata con te!» e Dean non fa in tempo neanche a risponderle che Ellie ha già riattaccato. Sbuffa sonoramente borbottando un «Che cazzo» appena udibile all’orecchio di Sam che, invece, lo osserva divertito. Gli restituisce il telefono e lo guarda di traverso «Non è un buon momento per prendermi in giro, Sam».
Suo fratello piega le labbra in una smorfia pensierosa, poi sorride appena. «Non essere così nervoso. Andrà tutto bene con papà, vedrai. E anche con Ellie». Dean stringe le spalle, puntando gli occhi sulle armi nel borsone che ha già provveduto a preparare, per niente convinto delle parole del fratello. Sente ancora gli occhi di Sam addosso, però. «Anche se lei, effettivamente, non ha tutti i torti».
Alza la testa, guardandolo male; ci avrebbe giurato che avrebbe voluto dire la sua. «Si, invece. Ha torto marcio».
«Io dico di no» Dean continua a guardarlo storto, ma Sam non si scompone. «È sempre venuta con noi, perché stavolta è diverso?»
«Perché stiamo andando da papà ed è pericoloso».
Sam sorride sarcastico «Quale delle nostre ultime caccie non lo era?» Dean si morde il labbro, abbassando nuovamente gli occhi sul borsone. «Ormai lei è di famiglia. Lo è per me, immagino lo sia anche per te e… beh, credevo che la cosa ti facesse piacere».
Alza la testa sbuffando aria dal naso «Ed è così. Sto bene con lei e sono contento di come stanno andando le cose. Anche se ogni tanto litighiamo… »
Sam stringe le spalle «Quello è normale».
«Ma papà… »
Dean guarda il fratello sgranare appena gli occhi «Non l’hai voluta portare con noi per questo? Perché a lui non piace?»
«No, non è questo. È… è che le cose che capitano a lei io le so gestire. Non voglio che si faccia male per qualcosa che riguarda solo noi».
Sam ci riflette un attimo «Non la ritieni in grado? Perché credo che se ti sentisse si offenderebbe tantissimo».
«No, assolutamente. È brava in questo lavoro e si impegna tanto per dare il massimo. Solo… solo non voglio che si faccia male per papà che di lei non ha nessuna stima. Non se lo merita».
Sam stringe le labbra in una linea sottile «Se lo dici tu» e torna a sfogliare le pagine del libro che gli ha affidato Bobby, lasciandolo a riflettere. Dean è nervoso, però, e decide di rovistare nel borsone e ricontrollare tutte le armi che vi ha riposto.
 
Non pensa di avere torto. Non stavolta. Ellie è così testarda, quando vuole, e ci tiene a far valere le sue ragioni, ma stavolta non ha ragione. Non del tutto, almeno.
Sospira appena, sbuffando aria dal naso. Può prendere in giro Sam e anche lei, ma sa benissimo che c’è dell’altro dietro il suo complesso ragionamento, qualcosa che ha a che fare con papà. Sa che adesso la priorità è trovarlo e portarlo da Bobby – che ha promesso di non sparargli se lo vede e già questo gli sembra un grande risultato –, ma non riesce a non pensare a quello che è successo nei giorni scorsi. Perché è vero che la missione è particolarmente pericolosa, che in due saprebbero gestire il tutto meglio che in tre e tutto il resto, ma la verità è che aveva una paura fottuta che, dopo averlo aiutato, papà le avrebbe comunque dato contro. È una cosa stupida, ma lo conosce e sa che non cambierà idea su Ellie, non dopo essere stato così categorico nei suoi riguardi. Non voleva leggere altra delusione nei suoi occhi, non dopo che si sarebbe esposta in prima persona per aiutarlo.
 
Sono giorni che ci pensa, da quando papà gli ha parlato in quel modo. Sa che Ellie è totalmente sincera quando gli dice che è felice di stare con lui e della loro vita insieme, è sicuro delle sue parole perché gli ha dimostrato le sue intenzioni più volte e la sua voce è sempre così vera e colma di emozione che gli mette i brividi ogni volta. Tuttavia, però, non riesce a smettere di pensare che quello che gli ha detto papà, in fondo, è vero. Non tanto la parte in cui Ellie ad un certo punto comincerà a pretendere tutte quelle cose che ha elencato – una famiglia, un tetto sulla testa eccetera –, ma per il fatto che lui, con la vita che fa, non potrà mai darle niente di tutto questo.
È una bugia quella che si racconta spesso: non è vero che non vorrebbe una famiglia. Non si sarebbe mai sognato di mettere la testa a posto, quello sì, ma non può negare – almeno a se stesso – che l’idea di una donna con cui condividere la vita e un branco di marmocchi intorno non gli dispiacerebbe. Ma è altrettanto vero che non potrebbe mai fargli vivere quello che ha vissuto lui, imbracciare un fucile a quattro anni per proteggere un bambino più piccolo da tutto quello che c’è fuori e istruirlo come ha fatto papà. Così come non può sperare di poter vivere in una casa se non nel modo in cui fa Bobby, continuando a cacciare. E visto che non ha un dollaro in tasca tanto vale continuare a fare quello che fa e spostarsi di continuo, l’Impala l’unico tetto sicuro a cui far ritorno.
Per questo è preoccupato, perché più ci pensa più si sente un egoista. Dovrebbe volere per Ellie un futuro migliore, più luminoso e promettente di quello che può dargli lui che è fatto di sangue e fatica non ripagata, di sudore e notti insonni passate tra vecchi libri e appostamenti infiniti anziché come dovrebbero passarle, appiccicati l’uno all’altra a godere del loro stare insieme. Ellie si merita molto, molto di più.
 
È cattivo da pensare, ma a volte spera quasi che lo lasci per non trascinarla con lui. Ci pensava spesso, nell’anno in cui non si sono parlati. Si ripeteva che era meglio così e una parte di lui sperava fortemente che fosse lontana da tutto quel casino e di non ritrovarla, perché lontano da lui e da Jim avrebbe condotto un’esistenza normale, sarebbe stata fuori da quella merda. È contento di come sono andate le cose, poi, perché è un egoista e gli piace averla con sé, sapere che l’ha scelto e che è disposta a fare tanti sacrifici per stare con lui. Se fosse più altruista troverebbe il coraggio di lasciarla andare, ma ogni volta che la guarda pensa che è rimasta da sola e che deve proteggerla.
 
Con la coda dell’occhio vede Sam avvicinarsi e ciò lo distrae. Si volta leggermente a destra e lo vede pulire l’angolo del bagagliaio aperto dell’Impala e disegnarci sopra con una matita bianca.
Gli si avvicina velocemente, la fronte aggrottata «Che stai disegnando sulla mia macchina?»
Sam continua imperterrito, fregandosene del suo monito. Ha fatto un triangolo dentro il quale vi è un cerchio in cui sta disegnando una stella a cinque punte. «È una Trappola del Diavolo. I demoni non possono attraversarla».
«E allora?»
Sam si sposta, andando vicino all’altro angolo della portiera. «Trasformo il bagagliaio in una cassaforte».
Dean sfuma un lato del triangolo con le dita, assicurandosi del fatto che questo sgorbio andrà via quando deciderà di toglierlo. Continua a guardare Sam dubbioso «E allora?»
«Allora» Sam toglie la polvere dall’angolo del bagagliaio e riprende a disegnare lo strano simbolo «Ci nascondiamo la Colt mentre prendiamo papà».
«Sei impazzito? La Colt ce la portiamo».
«Non possiamo, Dean. Ci sono rimaste solo tre pallottole. Non possiamo usarle per dei demoni qualsiasi, ma per quel demone».
«No» si avvicina al fratello «Dobbiamo salvare papà, Sam, e per farlo dobbiamo usare ogni mezzo».
Lo guarda chiudere il librone e alzare gli occhi su di lui «Sai quanto si incazzerebbe se usassimo tutte le pallottole? Non vorrebbe che portassimo la pistola».
Dean alza la voce «Non m’importa, Sam! Non m’importa quello che vuole papà e poi… poi da quando importa a te?»
Sam lo guarda dritto negli occhi «Io voglio uccidere questo demone. Un tempo lo volevi anche tu! Insomma, sei tu quello che è venuto a cercarmi all’università» Dean sbuffa un sorriso amaro, abbassando lo sguardo «Tu mi hai trascinato in questa situazione, io voglio solo farla finita».
Scuote appena la testa, alzando gli occhi sul fratello «Tu e papà vi somigliate più di quanto pensassi. Entrambi non vedete l’ora di sacrificarvi per la causa, il che è lodevole, ma poi sarò io a dovervi seppellire!» Sam non gli dice niente, lasciandolo libero di sfogarsi «Ti sembro egoista, eh? A te invece importa solo della vendetta».
Sam scuote la testa «Questo non è vero» e Dean fa una smorfia ironica «Io voglio salvare papà, ma loro si aspettano che portiamo la pistola e quando ce l’avranno ci uccideranno tutti» Dean abbassa gli occhi di nuovo «Quella Colt è la nostra unica speranza e tu lo sai bene. Non possiamo portarla» sente ancora il suo sguardo addosso, fisso e insistente.
Sbuffa aria dal naso e alza gli occhi «D’accordo».
«Dico sul serio».
«Ho detto d’accordo!» sfila la Colt dal taschino interno della giacca e la mostra a Sam prima di poggiarla nel bagagliaio. Suo fratello lo scruta per qualche istante, poi gli gira intorno e si allontana. Non lo controlla più e a Dean non ci vuole molto a riprendere l’arma e infilarla velocemente nel retro dei pantaloni prima di chiudere la portiera del bagagliaio. Sorride tra sé: è stato come rubare le caramelle a un bambino. 
 
Sam sarà anche bravo a voler giocare d’astuzia, ma a Dean poco importa. L’unica cosa che gli interessa è salvare papà e per difendersi vuole essere pronto. Sapere di avere un asso nella manica da usare all’occorrenza, poi, è tutto meno che sconveniente.
 
*
 
Siede su una sedia malandata della cucina di Bobby, la gamba destra incrociata sotto l’altra che, invece, sta a penzoloni, oscillando ogni tanto da destra a sinistra e viceversa. Il braccio sinistro sotto la testa piegata di lato, Ellie segue la matita muoversi sul foglio di carta pulito del suo taccuino mentre disegna il profilo di una bambina che annusa una margherita. Il telefono, a pochi centimetri dal suo viso, ha smesso di squillare neanche dieci minuti fa.
 
Sta facendo di tutto pur di ingannare il tempo. Bobby la fa facile: «Trovati qualcosa da fare», le ha detto, ma a parte fare il pranzo e cucinare una bella crostata con la marmellata di pesche che ha trovato al banco quando stamattina è andata a fare la spesa, al momento non ha trovato di meglio. Ci sarebbe da pulire di là, che lo studio è di nuovo un disastro e ci sono pure macchie di sangue di Meg sparse in un paio di punti, ma c’è mister parlo con tutti i cacciatori del mondo e devo fare ricerche che gli ha severamente vietato l’accesso e quindi non può fare nulla.
Deve aspettare che la crostata sia cotta, poi, perciò ne ha approfittato per prendere il suo taccuino e fare dei disegni, ma non è ispirata né tantomeno concentrata quindi è finita a cercare di riprodurre una delle foto che le aveva scattato la mamma quand’era piccola, ma il risultato non è eccellente. Ha cancellato la linea del naso almeno tre volte perché le era venuta storta… è che proprio non ci sta con la testa.
 
È così arrabbiata con Dean. Si sente messa da parte, scansata nel momento in cui lui poteva avere più bisogno di una mano in più. Le ha fatto tante di quelle storie quando si è trattato di uccidere il Formichiere e vendicare suo papà e, adesso che lui è nella stessa situazione, la lascia fuori. Ad Ellie non lo avrebbe mai permesso, avrebbe fatto di tutto pur di aiutarla e a lei, invece, non è stato riservato lo stesso trattamento. Tutt’altro.
È stupido litigare prima di una caccia così importante. Ovviamente spera che tutto andrà per il meglio, ma potrebbe succedergli qualcosa – a lui, a Sam o allo stesso John – e potrebbe passare del tempo prima di rivederlo e ad Ellie dà fastidio litigare e non averlo vicino per poter fare pace quando la rabbia le passa. È una cosa infantile, forse, ma crede che sia più semplice porre fine a una lite guardandosi negli occhi e, non avendo questa possibilità ora che Dean è lontano, teme che durerà troppo per le lunghe e sarà difficile sanarla. Più tempo passa e peggio è; o almeno, questa è la sua idea.
 
Ricorda quando litigavano quando erano lontani, nei mesi precedenti alla morte di papà. I motivi potevano essere i più svariati, da una stupidaggine a una cosa più seria, come quando Dean si lamentava perché non riuscivano a vedersi, e passavano giorni prima di richiamarsi. Un paio di volte Ellie era arrivata a pensare che Dean non lo avrebbe fatto più. Il fatto che sono entrambi molto orgogliosi non li aiutava di certo a chiarirsi in fretta.
 
Sospira appena, seguendo il filo dei suoi pensieri e lo fa più forte quando il telefono ricomincia a squillare. Osserva il nome di Dean comparire di nuovo sul display.
«Se non la pianti di lasciar suonare il cellulare a vuoto, la prossima volta rispondo io».
Ellie alza la resta e di fronte a lei trova Bobby, accanto allo stipite della porta che separa lo studio dalla cucina con una mano poggiata su un fianco. Il solito abbigliamento da cacciatore – camicia, gilet marrone e un paio di logori jeans – e gli occhi piccoli seminascosti dal solito berretto, lo guarda e sbuffa sonoramente «Ti prego, non ti ci mettere anche tu. Almeno la prossima volta imparerà a non lasciarmi qui».
Bobby fa una smorfia «Oh, vedo che ti fa proprio piacere passare un po’ di tempo con questo povero vecchio».
La sua voce fintamente arrabbiata le strappa un sorriso. «Non è per questo. Anzi, se potessi, con te ci starei di più».
«E allora cos’è che ti ha fatto arrabbiare tanto?»
Il telefono smette di suonare ed Ellie si lecca le labbra. Appoggia le braccia sul tavolo e intreccia le dita di entrambe le mani tra loro «Il fatto che non mi ha voluto portare con loro. Cavolo, quando dovevamo uccidere il Formichiere ha fatto tutto il contrario di ciò che gli avevo chiesto, ha insistito così tanto per venire con me e ora che glielo chiedo io, che voglio dargli una mano in una cosa che è importante per lui e Sam, mi lascia qui».
Bobby sembra rifletterci su, ma la piega che prendono le sue labbra le fa capire che ha già in mano la risposta. Incrocia le braccia al petto e la guarda negli occhi «E tu, se avessi potuto, non avresti voluto lasciarlo qui o in qualunque altro posto che fosse lontano dal pericolo?» Ellie si morde il labbro inferiore senza rispondere. L’avrebbe fatto, sì. E non se ne sarebbe pentita. Non fa in tempo a rispondergli che il telefono ricomincia a suonare «Dai, muoviti a rispondere che se sono a Jefferson City non potrà chiamarti ancora a lungo. E questa canzoncina mi dà sui nervi».
 
Lo guarda tornare nell’altra stanza come niente fosse, un sorriso da presa in giro dipinto sulla faccia barbosa, e sospira rumorosamente prima di afferrare il cellulare e premere il tasto verde per poi appoggiarlo all’orecchio.
«Pronto?» la voce di Ellie è mesta e bassa, indecisa. Una parte di lei vorrebbe aver ignorato anche questa telefonata.
Dall’altra parte, invece, un sospiro veloce le fa capire che Dean le ha appena sorriso «Finalmente, cazzo… pensavo non volessi rispondere più».
Ellie stringe le labbra in una linea sottile «Ero molto tentata. Te lo meriteresti perché sei uno stupido».
Lo sente sorridere di nuovo, più deciso; gli sembrerà una bambina arrabbiata, ha pronunciato quelle parole come se avesse il broncio per un capriccio. «Ellie… »
«No, niente Ellie. Perché non mi hai voluto portare con te? E non dirmi che è perché è pericoloso perché riattacco».
Lo sente sospirare forte «Era meglio così. Non so in che condizioni troveremo papà e—»
«Allora è per questo? Per tuo padre? O perché pensi che io non sia in grado?»
«Per nessuno di questi motivi. È solo che non voglio che corri rischi inutili».
Il suo tono è calmo, troppo, ed Ellie aspetta un po’ prima di rispondere «Ma quante volte abbiamo discusso su queste cose e quante volte ci siamo promessi di non lasciarci fuori? Mi fai pensare che credi che per te io non sia abbastanza… tosta».
Lo sente sorridere di nuovo «Oh, invece lo sei, tesoro».
Aggrotta le sopracciglia e riflette un attimo sul tono con cui ha pronunciato quella frase, troppo malizioso per essere serio, e sospira appena «Non sto parlando di sesso, Dean. Dico sul serio».
«Anche quella è una cosa seria».
«Dean!»
Lo sente sorridere ancora «Va bene, ho capito. Però non cambia la sostanza del problema. Insomma io… io voglio solo proteggerti».
«E io guardarti le spalle. Me lo devi lasciar fare, però».
Lo sente sorridere nuovamente, sospirando appena «Va bene, ho capito. Abbiamo finito con la ramanzina?»
«Forse» Ellie fa una piccola pausa, mordendosi l’indice della mano sinistra prima di parlare ancora «Dove siete adesso?»
«A Jefferson City».
«Avete trovato il posto dove è nascosto John?»
«Non ancora. Stiamo costeggiando il fiume a piedi, speriamo di trovarlo al più presto. Se Meg non ha mentito, non dovrebbe essere tanto lontano da qui».
Ellie si lecca le labbra «È impossibile che l’abbia fatto, Dean. Dopo quello che gli abbiamo fatto… »
Lo sente borbottare qualcosa, forse in risposta a qualcosa che gli ha detto Sam. «Aspetta, penso che ci siamo» fa una piccola pausa «Quel Sunrise di cui parlava Meg. È un complesso di appartamenti. Il figlio di puttana è molto furbo».
Ellie ci riflette un attimo «Se possono possedere la gente… »
«Possono farlo con chiunque, esatto».
Avverte la voce di Sam in lontananza «E quindi farci aggredire».
Si passa la mano libera sulla fronte «Sarei molto più tranquilla se potessi essere lì con voi a darvi una mano».
«Io lo sono sapendo che sei da Bobby, invece» non glielo dice con un tono arrabbiato, ma pacato, protettivo. «Dai, ti chiamo quando troviamo papà. Te lo prometto».
Ellie sbuffa aria dal naso «Ok».
«Ci sentiamo più tardi».
«Ciao… Dean?»
«Sì?»
Ellie sospira di nuovo «Sta attento» e lo sente sorridere «Come sempre».
 
Chiude la telefonata e appoggia il cellulare sotto il mento, riflettendo sulle parole di Dean e sperando con tutto il cuore che vada tutto per il meglio.
 
La sera stessa, è passata da poco la mezzanotte quando Dean le scrive un messaggio: “È tutto a posto, papà è salvo. Torniamo presto”.
Ellie, nel letto della sua stanza che non gli è mai sembrato così grande e vuoto, tira le labbra in un sorriso. Gli risponde velocemente, dicendogli di riposarsi e non prova vergogna nello scrivergli che le manca. È vero, sono passate solo poche ore da quando l’ha visto e non è come quando sono stati dei mesi interi senza vedersi, ma Ellie ormai è abituata alla sua presenza. Passano le giornate intere insieme, condividendo qualsiasi cosa e, adesso che è lontano, le sembra di non vederlo da un sacco.
Sa che non riceverà risposta, perché Dean non è uno sdolcinato e probabilmente starà anche ridendo di lei, ma non ha importanza. Voleva solo che lo sapesse.
 
Si addormenta abbastanza tranquilla, quindi, cullata dall’idea che è tutto a posto e che una volta stabilito come comportarsi con il demone agiranno di conseguenza. Magari tornando qui per delle ricerche o proseguendo da qualche altra parte per provare a stanare quel bastardo, chi lo sa. Ellie, comunque, al momento non se ne preoccupa. L’importante è che stiano tutti bene e che Dean torni presto ad abbracciarla.
 
*
 
Bobby è sempre stato un padre in fondo. Anche se nessuno glielo ha mai detto, anche se è scappato dal volerlo diventare davvero quando ne ha avuto l’occasione. [2]
Eppure si è ritrovato ad accudire due bambini non suoi, a cercare di farli giocare con le palle da baseball anziché con le pistole, perché di quelle e di armi e fuoco ne avevano già abbastanza. Ha cercato di trattarli come bambini e non come soldati e quando è arrivata anche lei, quella ragazzina con le trecce e il viso pulito, non ha potuto non affezionarsi. Anche se non ammetterebbe a nessuno dei tre, neanche sotto tortura, quanto gli vuole bene. È una cosa da vecchi imbecilli.
 
Sa con certezza che un bel pezzo del suo cuore stanco e arrugginito ha fatto un sonoro crack quando Sam lo ha chiamato poco fa, dicendogli che hanno avuto un incidente e che Dean sta male, che è in coma e che rischia la pelle.
Sam gli ha chiesto di incontrarsi per rimorchiare l’Impala e portarla tra gli altri rottami di casa sua. Ha acconsentito, ovviamente, ma non sa come affrontare Ellie, che è in cucina e non sa ancora niente.
Ieri sera l’aveva vista abbastanza tranquilla. Non del tutto, ovviamente, perché è chiaro che avrebbe preferito andare con Sam e Dean e vedere la situazione di persona, ma il messaggio di quel testone le aveva dato un po’ di serenità.
Era di sopra, nella sua stanza, ma è corsa giù a dirglielo come una furia, pensando che anche lui volesse sapere come andavano le cose. Bobby, chiaramente, ha apprezzato il gesto.
 
Entra in cucina titubante, non sapendo bene come riferire ciò che è accaduto. Sam l’ha pregato di farlo al posto suo e Bobby non credeva davvero che il compito fosse così arduo.
 
La trova con un piatto in mano, intenta a metterlo a posto insieme agli altri che ha trovato nella lavastoviglie che ha mandato ieri sera. Gli sorride «Ehi brontolone, che fai?»
Bobby tira le labbra in una linea sottile. Non sa dove trovare le parole «Mi ha… mi ha chiamato Sam. Devo—»
Lei lo guarda allarmata «Oh, stanno bene?»
Deglutisce «Non esattamente. Dobbiamo… dobbiamo andare in un deposito per le auto vicino Columbia, in Missouri». [3]
Ellie abbassa le braccia, il suo sguardo confuso e spaventato «Che è successo?»
Bobby si lecca le labbra; cerca di non allarmarla ulteriormente «Hanno avuto un piccolo incidente e… e devo rimorchiare l’Impala fino a qui».
La guarda deglutire «Si sono fatti male? Stanno bene?» non attende neanche che Bobby le risponda e parla ancora «Ma Dean… perché ti ha chiamato Sam? Dov’è?»
Bobby si lecca nuovamente le labbra, sbuffando aria dal naso «In ospedale» non riesce a dire altro, troppo consumato dall’angoscia e dalla preoccupazione che sente. L’unico suono che proviene da lei è il rumore del piatto che le scivola dalle dita, infrangendosi a terra in mille pezzi.
 
*
 
Osserva il panorama fuori dal finestrino, gli alberi scorrere veloci accanto alla strada, il sole alto in cielo che illumina tutto il paesaggio mentre qualche nuvola gli passa a fianco, senza sfiorarlo. Ellie si morde le labbra, prima di controllare che ore sono: quasi le tre del pomeriggio. Sono in macchina da più di sei ore e il maledetto deposito che gli ha indicato Sam sembra ancora lontano.
 
Per il lavoro che fanno sono costretti a spostarsi molto, ma ad Ellie un viaggio non era mai sembrato tanto lungo. Si è mordicchiata tutte le unghie e tutte le pellicine intorno ad esse; non le capitava da quando la mamma stava male. È così tesa che si metterebbe a urlare ed è convinta che neanche quello le darebbe poi così sollievo.
 
Bobby non ha detto molto. È silenzioso, nervoso anche lui e, per qualche strana ragione, non si prodiga neanche a nasconderlo. Ellie riesce a comprendere bene la sensazione. Dev’essere dura per lui, che ha visto quei due ragazzi crescere. È come se fossero i suoi figli e sapere che stanno male non dev’essere una passeggiata.
 
Ellie ha chiamato Sam subito dopo che sono partiti. Poi l’ha rifatto un paio d’ore dopo e avrebbe telefonato ancora, un’altra volta almeno, se Bobby non le avesse detto di non farlo. Non ci aveva pensato, ma effettivamente non aveva torto: chiamare in continuazione in una situazione tanto delicata non avrebbe fatto che allarmarlo. Ha preferito dargli un po’ di pace.
Durante la prima telefonata, Sam le ha detto che di quello che è successo ne avrebbero parlato a voce, ma che in pratica dopo l’incidente Dean ha riportato ferite al fegato e ai reni oltre a un trauma alla testa, chiaramente la cosa più preoccupante. Ellie non sa come sia riuscita a trattenere le lacrime, dopo aver sentito quelle cose. John, invece, se l’è cavata con un braccio rotto.
 
Capisce che sono arrivati dopo un po’, quando Bobby mette la freccia a sinistra verso l’entrata di quello che ha tutta l’aria di essere un deposito di auto. Ci sono una fila di macchine, molte ammassate su altre, a destra e a sinistra di una stradina sterrata, una specie di piccolo capanno costruito con della lamiera, probabilmente la rimessa per gli attrezzi, e un altro più grande più avanti, verso il fondo.
Ellie guarda Bobby parcheggiare il suo vecchio camioncino sul lato destro della stradina e sfreccia fuori, vedendo Sam poco distante. È in piedi con le braccia lungo i fianchi; sembra distrutto.
Si chiude lo sportello alle spalle e gli corre incontro. Quando gli è di fronte, lo guarda negli occhi con fare apprensivo; i suoi sono molto tristi. Ha lo zigomo sotto l’occhio destro gonfio e violaceo e qualche taglietto qua e là sul viso, uno sul naso, un altro sotto l’occhio destro e un altro ancora sul labbro inferiore. Ellie gli poggia una mano su un braccio, facendogli una piccola carezza, e lo guarda preoccupata «Come stai? Che è successo?»
Bobby li affianca e Sam stringe le spalle, sospirando appena «Un casino, Ellie. È successo un casino». Le sue parole sono piene di amarezza e dispiacere; si lecca le labbra e prende fiato. «Dean si è accorto che c’era qualcosa di strano, in papà. Pensavamo di essere attaccati e papà voleva la Colt, ma lui ha capito che c’era qualcosa di insolito e gliel’ha puntata contro. Aveva ragione, perché papà era posseduto da un demone… da quel demone» Ellie sgrana gli occhi «L’acqua santa non funziona con lui, per questo non ce ne siamo accorti. Ci ha incollati al muro e ha torturato Dean. Ha smesso quando papà ha avuto la meglio con lui e per qualche minuto è riuscito a dominarlo. Mi ha chiesto di sparargli per uccidere il demone, ma io non… »
Ellie incrocia le braccia al petto «Non te la sei sentita. Avresti ucciso anche lui» Sam annuisce senza proferire parola e lei deglutisce, nervosa. Può solo immaginare cosa abbia provato in quei momenti. «Io avrei fatto lo stesso».
Lo guarda fare nuovamente spallucce «Il demone è fuggito, ovviamente, e… e noi abbiamo ripreso l’Impala per scappare. Un camion ci ha travolti. Lo guidava un uomo posseduto da uno degli scagnozzi di Occhi Gialli. Ero l’unico cosciente e, quando ho chiamato i soccorsi, ci hanno caricato su un elicottero e ci hanno portato all’ospedale».
Ellie annuisce, pensierosa. È Bobby a parlare al posto suo «Tuo padre come sta?»
«Poteva andargli peggio. Se l’è cavata con un braccio rotto. Quello che sta peggio è Dean». Ad Ellie si stringe lo stomaco a sentire quelle parole; Bobby deve notarlo, perché sposta l’argomento di conversazione «Andiamo a vedere l’Impala, dai».
 
Ellie annuisce e lo segue; Bobby fa altrettanto.
Tra tutte quelle macchine ridotte in pessimo stato, all’Impala non va di certo meglio, purtroppo: la trovano poco più in là, posta accanto ad altre ridotte anche peggio. Ha la parte destra schiacciata verso l’interno, il tettuccio piegato verso il dietro e il cofano spostato di diversi centimetri dall’assetto originario. Ellie rabbrividisce al solo vederla così, pensando a quanto dispiacerà a Dean quando la vedrà in queste condizioni.
«Oh, accidenti» la voce di Sam è abbastanza svilita «Dean non la prenderà bene».
Ellie sospira appena. Già.
Continuano a camminarle intorno «Senti, Sam» Ellie guarda Bobby scuotere la testa «Non vale la pena ripararla» alza il cofano che si stacca con facilità, come se fosse un foglio di carta preso dalla metà di un quaderno, e lo abbassa nuovamente «Io direi di svuotarla e venderla come ferro vecchio».
Sam recupera dal sedile posteriore il suo computer e guarda Bobby negli occhi «No» la parte superiore si stacca, proprio come il cofano dell’Impala, mentre i tasti sembrano saltati in aria. Sospira appena «Se lo facessi Dean mi ucciderebbe».
Ellie annuisce in direzione di Bobby. «Sì, sì… quando starà meglio l’aggiusterà» e la sua sembra quasi una preghiera, perché Dean tiene troppo a questa macchina per volerla distruggere. Non possono fare una cosa simile.
Bobby continua a dire ancora la sua «Non c’è niente da aggiustare» gira intorno all’auto «La carrozzeria è andata e il motore è distrutto. Non c’è neanche un pezzo che si può salvare».
Sam, dall’altra parte dell’Impala, tiene la testa bassa. «Ascoltami, Bobby» alza gli occhi in direzione del vecchio cacciatore; è estremamente serio «Anche un solo pezzo da salvare è sufficiente. Non rinunceremo a recuperarla».
 
Ellie stringe le labbra in una linea sottile, trattenendo un piccolo sorriso. Il tono orgoglioso e serio con cui Sam ha pronunciato quelle parole è per lei motivo di grande orgoglio. Vorrebbe tanto che Dean fosse qui per provare la stessa sensazione.
 
Bobby lo guarda intensamente «Va bene, ho capito» ed Ellie tira un sospiro di sollievo a sentirglielo dire. «Cosa posso fare per te?»
Sam stringe le spalle «Papà mi ha chiesto di liberare il bagagliaio, ma lo possiamo fare anche quando verremo a riparare l’Impala. Mi serve solo il borsone con i vestiti di Dean per quando uscirà e… e la Colt». Ellie aggrotta le sopracciglia e Sam ricambia il suo sguardo «Me lo ha chiesto papà. Dice… dice che ci serve per difenderci dal demone, nel caso ci attaccasse». Ellie annuisce e lo guarda: neanche lui sembra molto convinto delle sue stesse parole. Lo osserva infilare una mano nella tasca sinistra della sua giacca marrone e porgere qualcosa a Bobby. Si tratta di un foglietto «Papà ha chiesto di prendergli questa roba».
Bobby lo scruta, visibilmente perplesso «Ma che ci deve fare?»
«Si protegge dal demone» la voce di Sam ancora una volta non suona pienamente convinta e l’espressione che ha sul viso conferma il pensiero di Ellie: ha gli occhi piccoli, la fronte lievemente aggrottata… fa così quando non è totalmente sicuro di qualcosa. Bobby lo guarda qualche istante negli occhi, poi li riabbassa a leggere il foglietto. «Che c’è?»
Ellie guarda il vecchio cacciatore scuotere la testa nervosamente «Oh, niente, solo—»
«Bobby» ora la voce di Sam è più decisa, gli occhi aguzzi «Che succede?»
Il vecchio cacciatore stringe le labbra in una linea sottile; sembra alquanto nervoso. «Beh, io… non credo dovrei—»
«Bobby, parla» è chiaro che Sam non è intenzionato a ricevere un no come risposta; Ellie osserva Bobby sbuffare aria dal naso. «È che non mi sembrano gli ingredienti per un incantesimo di protezione. Tutto qui».
Sam aggrotta le sopracciglia «E a che diavolo servono?» mentre l’altro abbassa gli occhi e tace per un lungo istante; Sam stringe i pugni «Sono per evocare il demone?» Bobby stringe le spalle ed Ellie potrebbe giurare di sentire il sangue di Sam ribollirgli nelle vene. «È incredibile: neanche il fatto che Dean sta morendo frena il suo desiderio di vendetta».
 
Ellie stringe le labbra tra i denti mentre un brivido le percorre la schiena. Sam glielo aveva detto al telefono che la situazione è molto delicata, che la cosa che preoccupa di più il dottore è il trauma alla testa, perché ci sono tracce di edema cerebrale, ma non vuole pensare neanche per un istante che Dean ci rimetterà la pelle. E non dovrebbe farlo neanche Sam… devono essere speranzosi.
 
Ci è già passata con la mamma. L’ha vista lottare con tutte le sue forze fino alla fine, aggrappandosi alla vita con le unghie e con i denti. Poi lei non ha avuto la meglio, ma Dean è forte, e andrà tutto bene. Deve essere così.
 
Decidono di recarsi in un posto che conosce Bobby dove riusciranno a trovare gli ingredienti che ha richiesto John; anche se è sicura che Sam vorrebbe strozzarlo in questo momento, gli ha comunque chiesto una cortesia. Lo affronterà a tempo debito. Poi, Bobby rimorchierà l’Impala e tornerà a Sioux Falls mentre Ellie e Sam si recheranno da Dean.
 
Va con Sam, che ha rubato un’auto per venire qui dall’ospedale. Dice che non è molto lontano.
Salgono in macchina – una vecchia Ford station wagon che Sam ha promesso di rimettere al suo posto quando avrà finito con Bobby; neanche lui, come Ellie, è un fanatico di questo genere di cose – e lo guarda mettere il moto facendo combaciare un paio di fili, lo sguardo concentrato. Si toglie il ciuffo ribelle dalla fronte quando sente il motore rombare e fa retro marcia, immettendosi poi nella carreggiata.
 
Ellie si morde le labbra e non riesce a trattenere per sé il pensiero che le ronza in testa. «Sam, io… io vorrei chiederti una cosa».
Lui non si volta, gli occhi sulla strada «Dimmi».
Intreccia le mani in grembo, nervosa «Vorrei… vorrei sapere se Dean mi ha detto una bugia. Mi ha scritto ieri sera, mi—»
«Lo so» si volta appena un istante, le labbra piegate in una smorfia minuscola «L’ho visto scrivere un messaggio di tutta furia. Immaginavo che fosse per te. E… no, non ti ha mentito se ti ha detto che andava tutto bene. Era così: non sapevamo ancora che il demone possedesse papà. Era tutto a posto… per quanto possano definirsi “a posto” le nostre giornate. O le nostre vite in generale».
La smorfia che si dipinge sul viso di Ellie è un misto tra l’amareggiato e il disilluso. «Prima o poi andrà meglio».
 
*
 
Ellie odia gli ospedali. Sa che è una sensazione che appartiene a molte persone, che è un rifiuto che vive nella mente di molti, ma è sicura che in pochi detestano quel posto tanto quanto lei: i muri bianchi, la troppa igiene e quell’odore di candeggina e disinfettante che le dà il voltastomaco. Tutto in questo posto ha un non so che di asettico, di apatico.
Si ferma un secondo davanti all’ingresso, aspettando che le porte automatiche le scorrano davanti. Nonostante l’ospedale di Buckley sia a miglia e miglia di distanza da questo, è triste constatare che questi maledetti posti siano tutti identici: la stessa disposizione dei mobili, la reception, perfino le infermiere le sembrano le stesse. Pare di essere risprofondati nello stesso incubo.
 
Ellie si incammina seguendo Sam in silenzio. Sale una fila di scale, si guarda intorno.
Ricorda ancora il giorno preciso in cui ha cominciato a odiare questo luogo. Era maggio e fuori il sole picchiava forte. La mamma era lì per il primo check-up dopo che le era stata diagnosticata la malattia e lei aveva insistito per accompagnarla perché non voleva lasciarla da sola. L’avevano fatta spogliare e sdraiare su un lettino e, quando è tornata a casa, Ellie ha vomitato anche l’anima dopo quello che aveva visto, per quello che avevano detto alla mamma. Non ricorda di aver provato una sensazione tanto brutta, dopo.
 
Sam entra in una stanza ed Ellie prende fiato e si fa coraggio, perché deve essere forte come allora, come lo è stata per la mamma. Lo segue e la visione che le si para davanti le blocca il fiato.
Trova Dean sdraiato su un letto, le mani appoggiate sul grembo e gli occhi chiusi. Ha un tubo sul naso, un altro sulla bocca tenuto su da un laccio bianco ed è circondato da macchinari.
Ellie deglutisce, appoggia il borsone con i vestiti di Dean accanto alla porta e gli si avvicina, appoggiando le mani sul bordo del letto. Continua a guardarlo: ha un taglio sulla fronte e uno sulla guancia, più qualche graffietto qua e là sul viso.
 
Sbatte le palpebre un paio di volte cercando di resistere all’istinto che le suggerisce di accucciarsi in un angolo e piangere forte. Il solo vederlo lì, steso e immobile come una statua di sale, le porta a galla troppi ricordi dolorosi. Se ci aggiunge che è Dean a essere ridotto così potrebbe seriamente scoppiare a piangere.
Sam le si mette accanto, tirando su il borsone pieno degli ingredienti che ha richiesto suo padre. Ellie si volta appena verso di lui; è abbastanza provato. «Ti dispiace fargli compagnia mentre vado da papà?»
Stringe le labbra in una linea sottile. La sua proposta non la fa impazzire, perché ha già affrontato la perdita di qualcuno a lei caro da sola e non vorrebbe che la cosa si ripeta. È anche vero che Sam andrà a due passi da qui e non può tenerlo legato a lei. Tornerà presto, oltretutto.
Annuisce «Certo che sì. Vai pure, io… io ti aspetto qui».
Passerà a vedere come sta John più tardi, per educazione e per il rispetto profondo che nutre nei confronti di Sam e Dean, ma adesso vuole stare un po’ con lui.
 
Sam le rivolge una smorfia piena di gratitudine e si volta, dirigendosi verso la stanza di suo padre. Ellie si siede accanto a Dean sul letto, cercando di non occupare troppo spazio anche se a lui non può dare fastidio perché non può sentirla. Lo guarda con attenzione: se non fosse per quegli orribili tubi, sembrerebbe che sta dormendo.
Si sporge appena con il viso e gli posa un bacio sulla fronte, accarezzandogli poi i capelli chiari. Lascia che la sua mano scenda sulla sua guancia un po’ ispida per la barba lasciata lì da qualche giorno e gli sorride appena, sentendo gli occhi un po’ più lucidi.
 
È assurdo vederlo così, con gli occhi chiusi e incapace di muoversi. Dean è un ragazzo attivo, pigro solo quando si tratta di fare ricerche e leggere vecchi manuali polverosi e saperlo ridotto in questo modo, pieno di graffi sul viso e privo di conoscenza, le provoca una grande tristezza.
Spera con tutto il cuore che si riprenda presto. Non può neanche pensare all’idea di perderlo.
 
Si scosta quando si rende conto che sta per scoppiare a piangere – di solito, quando gli sta così vicino, lui le parla e il solo fatto che adesso non possa farlo la intristisce – e si alza, scorgendo dall’altra parte del letto, accostata alla parete, una sedia su cui sono stati appoggiati dei vestiti.
Era talmente tanta la foga di vedere come stava Dean che non si è nemmeno guardata intorno. La stanza, per essere quella di un ospedale, non è orrenda. Anzi, probabilmente nei motel ha visto di peggio. Le pareti sono tinteggiate di un azzurro particolare, su quella di fronte alla porta c’è una finestra, con le tendine rigorosamente abbassate, per evitare che filtri troppa luce, e su quella alla sua destra, in fondo, c’è una specie di comò, alla destra del quale c’è una piccola abat-jour mentre alla sinistra c’è la sedia. Ellie le si avvicina e dai colori – grigio topo e jeans – capisce a chi appartengono quei vestiti. Dean non si era cambiato prima di partire da Bobby e, a quanto pare, non ha avuto né tempo né modo di farlo neanche dopo.
 
Afferra la maglietta grigio topo che Dean indossava sotto la camicia di jeans e la trova, oltre che sporca di sangue, tagliata in più punti, più o meno sopra la pancia. Ellie tira su col naso: dev’essere il regalo che gli ha fatto il demone quando l’ha torturato. [4] La ammucchia insieme, si dirige verso il cestino posto accanto al tavolo di fronte al letto e ce la butta dentro. Il sangue va via, i buchi sul cotone no. E se Ellie può disfarsi di tutto ciò che l’ha portato in questo letto, lo fa ben volentieri.
Si muove nuovamente verso la sedia, intenta a mettere a posto anche la camicia di jeans e i pantaloni, quando un rumore familiare le arriva alle orecchie. Alza la testa: Dean è immobile, ma le macchine che lo controllano suonano impazzite, in un concerto di bip fin troppo familiare per Ellie che sente il cuore scoppiare, tanta è la paura che sente. Si avvicina velocemente al bordo del letto e preme il pulsante d’emergenza dal filo che pende dietro la testiera, così forte da rischiare di romperlo.
Quel suono le rimbomba nelle orecchie e presto si aggiunge alle urla di alcune infermiere che accorrono veloci chiedendo ad altre di sbrigarsi, circondando poi il letto di Dean.
 
Ellie le guarda spaesata e quello che si sussegue è troppo veloce perché possa realizzarlo fino in fondo: le infermiere che sollevano le lenzuola e la maglietta bianca di Dean e le chiedono di andare fuori, l’arrivo di Sam che deve aver sentito, Ellie che lo raggiunge e si lascia stringere, il braccio sinistro di Sam attorno alla schiena che trema e lei con lui, le lacrime che non riesce a trattenere e gli occhi fissi su infermieri e dottore che tentano con un paio di ferri e il massaggio cardiaco di riattivare il cuore di Dean che non dà segni di vita. È tutto così veloce, così frenetico, ogni suono è ovattato ed Ellie riesce a sentire solo il suo cuore accelerato dalla paura e il respiro a bocca aperta di Sam, spaventato e confuso tanto quanto lei.
Non riesce a capire se ciò che si sussegue sono secondi, minuti o addirittura ore, la paura è così grande che non riesce a quantificare nulla. Guarda i dottori praticare il massaggio cardiaco a Dean che infine riesce a riprendersi, il suo battito torna regolare e lei sente quasi mancare il respiro dal sollievo che sente.
 
Sorride commossa, le guance rigate dalle lacrime e alza la testa verso Sam che la stringe più forte, ma fissa il vuoto. Sembra turbato, come se avesse visto o sentito qualcosa di strano. Ellie, se solo si sforzasse, potrebbe udire le rotelle del suo cervello arrovellarsi in cerca della risposta a una domanda che lei, invece, non si è nemmeno posta, troppo lieta di ascoltare i dottori esclamare che il cuore di Dean batte ancora.
 
È presto per cantare vittoria e questo lei lo sa, ma la forza con cui Dean sta cercando di sopravvivere è di certo un buon carburante alla speranza che nutre ogni istante di rivederlo sorridere.
 
*
 
Siede sulla sedia alla sinistra del letto di Dean, abbastanza vicino da poter visualizzare bene il monitor della macchina posizionata alla destra del letto che tiene sotto controllo il suo cuore e per potergli stringere la mano sinistra, ora adagiata sul lenzuolo bianco.
 
Sono passati diversi minuti dalla crisi che ha avuto, ma ai dottori risulta stazionario. Nessun miglioramento, ma nemmeno nessun peggioramento che, viste le sue condizioni, è meglio di nulla.
Ellie sa bene come ci si sente in queste situazioni: un non miglioramento è molto meglio di un peggioramento, perciò cerca di vedere il tutto con un po’ di ottimismo. Non aiuterà Dean a stare meglio, ma i suoi nervi sicuramente sì.
 
Sam è appoggiato allo stipite della porta, le braccia conserte e gli occhi fissi su Dean. È da quando ha avuto quella crisi che è strano.
Il suo sguardo si fissa su di lei «Non hai sentito niente, prima?»
Ellie lo guarda aggrottando la fronte «Prima quando?»
«Quando Dean stava male, prima che il suo cuore riprendesse a funzionare regolarmente».
Lei stringe le spalle «No, io… io non ho sentito niente» storce la bocca in una smorfia confusa «Perché?»
Sam si lecca le labbra «Un… un eco. Tipo un grido, qualcosa che sembrava un “Stai lontano”, ma in lontananza. Mi sembrava fosse la voce di Dean» Ellie allarga gli occhi e, inavvertitamente, stringe la sua mano appena più forte. «Lo so, forse è una pazzia, ma… ma prima, quando ero da papà, stavamo litigando e… e a un certo punto il bicchiere pieno d’acqua che stava sul suo comodino è caduto a terra e si è rotto. Da solo. Come… come se qualcuno l’avesse spinto».
Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, assorbendo le sue parole e cercando di dargli un senso. «Quindi tu credi che lo spirito di Dean sia qui da qualche parte?»
Sam stringe le spalle «Non lo so, è un’ipotesi. Potrei anche essermelo immaginato».
Abbassa gli occhi e sorride appena, una piega minuscola che le increspa le labbra. Intreccia le dita a quelle di Dean e accarezza con il pollice il dorso della sua mano «Un bicchiere che s’infrange da solo non è un’allucinazione. Soprattutto se lo avete visto in due».
 
In fondo, tutto tornerebbe: Dean odia vedere Sam e John litigare. Se avesse assistito fisicamente alla scena, sicuramente avrebbe fatto del suo meglio per farli smettere.
 
Sam piega le labbra in una linea sottile, la cosa più simile a un piccolo sorriso che gli abbia visto fare da che è qui. «Allora pensi che valga la pena indagare».
Ellie annuisce «Credo di sì».
Lo guarda appoggiare una mano allo stipite della porta «Vado… vado a dirlo a papà» lei annuisce di nuovo, ma a giudicare da quanto ci sta impiegando Sam a incamminarsi, capisce che vuole dirle qualcos’altro. Infatti, non tarda a farlo «Scusa se ti lascio da sola, ma non—».
Ellie gli sorride appena «Non preoccuparti. Fai quello che devi» e Sam stavolta le rivolge un sorriso appena più convincente, le labbra leggermente piegate all’insù, prima di sparire oltre il corridoio.
 
Ellie capisce come si sente, la sensazione di vuoto e spaesamento che si provano in momenti come questo. Lui sta cercando di superarla dandosi da fare, cercando di non stare con le mani in mano e di capire cosa sta succedendo al di là delle condizioni di salute di Dean.
Non gliene fa una colpa, chiaramente. Anzi, tutt’altro: Sam non è uno che si dà per vinto e questo è il suo modo per aiutare suo fratello.
 
Rimane a lungo da sola, in silenzio. Osserva Dean, le linee definite del suo viso e la cascata di piccole lentiggini che gli imperlano gli zigomi, le lunghe ciglia che penzolano dalle palpebre chiuse e i capelli corti sopra la fronte. Gli accarezza la mano sinistra, la pelle del dorso tosta e morbida e quella dei polpastrelli un po’ più ruvida per colpa di qualche callo dovuto alle armi che Dean impugna continuamente.
Ad Ellie piacciono tanto le sue mani: sono grandi e sempre calde al contrario delle sue che sono spesso fredde. Dean a volte la prende in giro per questo, perché anche adesso che è estate – anche se è quasi giunta al termine – le ha spesso ghiacciate e ride, dicendo che le manca la circolazione. Succede soprattutto quando fanno l’amore: quando è in procinto di togliergli i vestiti o di abbracciarlo, a volte lui si scosta, brontolando perché gli fa venire i brividi se lo tocca con quelle manine gelate. Gli dà fastidio soprattutto quando gli sfiora il collo o lo accarezza in basso sulla schiena, allora Ellie lo fa apposta, per vederlo ridere.
Sorride appena seguendo quel ricordo, ritrovandosi a tirare su col naso. Osserva tutte le linee del suo palmo con attenzione e la porta alla bocca, posandoci sopra un lieve bacio.
 
Inevitabilmente, molte idee le affiorano alla mente. Per quanto si sforzi di non farlo, proprio come faceva con la mamma, una parte di lei non riesce a non pensare al peggio. Forse perché c’è già passata e, visto com’è finita, sperare non le è servito a niente. Vuole essere forte e non farsi abbattere da sciocchi pensieri, ma non può fare a meno di immaginarsi la sua vita senza Dean e avverte immediatamente un pizzicore agli occhi, insieme alle mani tremarle.
 
Negli ultimi mesi, la sua presenza è stata fondamentale: è stato Dean a rimetterla in piedi dopo la morte di papà, a insegnarle a fidarsi di se stessa e del suo istinto e a proteggerla, ogni volta che lo ritenesse necessario. È stato lui a rimettere insieme i pezzi quando era distrutta, a tenerla stretta la notte quando gli incubi la attanagliavano e a farla parlare quando lei non voleva farlo con nessuno. Le ha insegnato a tirare calci e pugni e a difendersi dai mostri della notte e l’ha stretta forte al petto quando non c’era nessun altro a farlo e lei si è sentita più viva e forte tra le sue braccia, più sicura. E adesso non può accettare di poter perdere tutto questo, di dovervi rinunciare per colpa di un fottuto demone e non può fare a meno di tirare nuovamente su col naso, lasciando che qualche lacrima le esca dagli occhi. Stringe più forte la mano di Dean e piange sommessamente, la mano libera a coprirle la bocca, come se lo disturbasse quando è fin troppo consapevole che lui, in realtà, non può nemmeno sentirla.
 
Non vorrebbe pensare al peggio, ma non riesce a non accostare l’immagine che ha di fronte – Dean pieno di tubi inerme su un letto – a quella della mamma, quando stanca e piena di speranza le stringeva la mano come sta facendo con lui adesso.
 
Si sfogherebbe ancora, rilasciando lacrime e la tensione che ha accumulato nelle ultime ore se non si trovasse la figura di John Winchester sulla porta.
Si asciuga velocemente le guance e lo guarda da capo a piedi: la barba lunga di qualche giorno un po’ brizzolata gli incornicia i tratti duri del viso, gli occhi stanchi e i capelli spettinati. Ha un taglio sul labbro e indossa la “divisa” tipica dell’ospedale: maglietta bianca e pantaloni azzurri. Sulle spalle, una specie di vestaglia celeste che non può indossare completamente per colpa della fasciatura al braccio destro, tenuto su con un tutore.
 
John la guarda negli occhi prima di posarli su Dean «Come sta?»
Ellie stringe le spalle «È stazionario. Non migliora, ma almeno non peggiora».
Lo guarda aggrottare appena la fronte «E questo ti sembra positivo?»
Il suo tono non è arrabbiato o derisorio, ma piatto. Ellie decide di rispondere usando la stessa intonazione «Sì. L’ho imparato quando stava male la mia mamma». John la fissa senza rispondere. Si appoggia meglio allo stipite della porta, portando la mano sinistra sul braccio ferito. «Come stai?»
Lo osserva fare spallucce «Un braccio rotto non è il peggiore dei mali».
Ellie annuisce «Vuoi sederti?»
«No, sono… solo passato a vedere come sta Dean».
 
Stringe le labbra in una linea sottile. Non rimarrà a lungo e lei non sa se provare rabbia o sollievo. Non si sente mai a suo agio quando John è nei paraggi, ma la irrita la sola idea che non starà per molto qui, con suo figlio, che sta rischiando la vita su un letto d’ospedale.
 
Rimangono in silenzio per un po’. Ellie non sa cosa dire: non ha mai avuto un vero dialogo con John e, per quanto si sforzi a dimenticare, le parole che ha detto a suo padre su di lei le rimbombano nella testa ogni volta che se lo ritrova davanti. A giudicare da come la guarda, poi, non pensa abbia cambiato idea sul suo conto, perciò a maggior ragione trova difficile instaurare un qualsiasi tipo di conversazione.
 
È lui a farlo qualche minuto dopo. «Com’è morta tua madre?»
Ellie lo osserva un po’ perplessa. Non si aspettava parlasse, né tantomeno che le facesse una domanda così «Aveva un tumore. Allo stomaco» John la guarda come se volesse saperne di più «Me l’ha portata via in meno di un anno» poi annuisce, pensieroso. «Perché me lo chiedi?»
Stringe appena le spalle «Tuo padre me ne aveva parlato, un paio di volte».
A quelle parole, Ellie allarga gli occhi, stupita. «Ma davvero?»
John annuisce «Ti sembra strano?» e lei sorride ironica «Beh sì, considerando che a me non ha neanche mai detto cosa ricordasse di lei. O cosa gli era piaciuto tanto da indurlo ad andarci a letto».
 
John piega le labbra in un sorriso divertito ed Ellie quasi si stupisce: è abbastanza certa di non averlo mai visto ridere. Sicuramente non a una sua battuta, almeno.
 
La guarda negli occhi «Tuo padre era fatto così, penso che tu lo sappia. Non era un gran chiacchierone».
«Con me non lo era affatto».
«Nemmeno con me lo era moltissimo. Ma eravamo due persone piuttosto taciturne, i discorsi si smorzavano in fretta. Forse era per questo che andavamo d’accordo: condividevamo lo stretto necessario».
«Fino a che non avete litigato».
 
Ellie lo guarda dritto negli occhi. A questo punto, visto che sono entrati nel discorso è intenzionata ad arrivare fino in fondo. Tanto di qualcosa devono pur parlare.
 
John sospira appena, portando una mano sul braccio ferito «Eravamo arrivati a un punto in cui le nostre strade dovevano dividersi: io dovevo cercare il demone e lui doveva prendersi le sue responsabilità e occuparsi di te. Era tuo padre, era suo dovere» e fin qui… «A lui non è stato bene e se l’è presa. Se avesse capito le mie esigenze, non saremmo arrivati a questo punto. Questo è sicuro».
«Ti sarebbe dispiaciuto di più quando è morto?»
 
John la guarda in modo più freddo dopo quelle parole, quasi deluso, ma Ellie non può farci niente, perché non riesce a trattenersi: è più forte di lei. Ha mandato giù troppi bocconi amari per troppo tempo per colpa sua.
 
John la scruta a fondo «Il fatto che io non abbia pianto sulla sua tomba non significa che non mi sia dispiaciuto per lui. Era uno dei miei più cari amici. Ed era un grande cacciatore. Lavorare con lui era piacevole, nonostante a volte avevamo un approccio diverso». Sembra molto sincero nel pronunciare quelle parole ed Ellie decide di credergli. In fin dei conti, probabilmente avrebbe storto il naso anche se le avesse telefonato, considerando com’è diffidente nei suoi confronti. «E comunque, in un certo senso ti capisco: anch’io spesso mi faccio la stessa domanda che tu ti poni su tuo padre e tua madre, quando penso a te e Dean».
Ellie storce il naso, sorridendo amara. Doveva aspettarsi un contrattacco da parte sua «Beh, so da sola di non essere perfetta. Soprattutto di non esserlo per Dean, ma a lui vado bene così e questo è ciò che conta di più. O no?»
John fa una smorfia strana, per quanto cerchi di nasconderla. «Non fraintendermi: io non vorrei questa vita per i miei figli. Preferirei di gran lunga che avessero un tetto sulla testa e fossero al sicuro, non con il fucile sempre spianato e il terrore addosso che un mostro li colpisca quando meno se lo aspettano. Ma ormai è questa la nostra vita e ho paura che tu non sia in grado di reggerla a lungo».
Ellie sorride sghemba; doveva aspettarselo, ma deve apprezzare che almeno ha trovato il modo e il coraggio di dirle ciò che pensa in faccia. Non è poco. «Pensi che io non sia tosta abbastanza?»
«Non ho detto questo» prende una piccola pausa ed Ellie pensa che sta cercando le parole giuste per dirle che è una fallita. «Non ho potuto vederlo con i miei occhi, ma Sam mi ha detto che sei brava. Non eccellente, ma brava» sgrana gli occhi: stenta a credere che le stia dicendo queste cose «E, anche se non ci credo al cento percento» ecco, era troppo bello per essere vero «Mi fido di più del giudizio di Sam che di quello di Dean, che è ovviamente più di parte».
Ellie sorride amara «Ovviamente».
«Ma quello che voglio dirti è che non ho paura di te perché non hai abbastanza esperienza, ma piuttosto per la tua…  “natura”. Perché non sei nata cacciatrice e tutto questo, prima o poi, ti stancherà. E vorrai trascinare Dean con te».
Si lecca le labbra, guardando John dritto negli occhi «Quando ho conosciuto Dean, sapevo chi fosse. E non ho mai voluto cambiarlo. Nemmeno quando… » quando ho capito di essermene innamorata. Ellie stringe le labbra tra i denti di fronte a quel pensiero – così spontaneo e prepotente –, sforzandosi di tenerlo per sé. Chiude di più il pugno, stringendo appena più forte la mano di Dean e sospira appena di fronte a un’ammissione tanto bella in un contesto così doloroso. Era così evidente che non comprende come abbia fatto a realizzarlo solo adesso, nonostante fosse sotto il suo naso da così tanto tempo: basta pensare a quante cose ha fatto solo perché è stato lui a chiederglielo, a quanto si è aperta e quanto è stato semplice farlo. Era chiaro, forse anche a lei, da tanto tempo. Eppure l’ha realizzato fino in fondo solo ora. Incredibile come la paura di perdere qualcosa o qualcuno riesca a smuovere tanto le coscienze. Prende fiato, cercando di concentrarsi nuovamente su John «Nemmeno quando le cose tra di noi hanno preso una piega diversa. Non vedo perché dovrei farlo ora o in futuro».
 
John la scruta a fondo, rimanendo in silenzio. Forse vuole capacitarsi se gli sta dicendo o meno la verità, ma Ellie non è mai stata tanto sincera: ha sempre saputo che Dean è un cacciatore e che la caccia è la sua vita e mai si è sognata di cambiare la sua natura o di trascinarlo in un contesto diverso. Anche quando è andata a lavorare, quel periodo dopo aver ucciso il Formichiere, alla fine è stata lei a tornare sui suoi passi e a voler riprendere la caccia. Perciò… davvero, a meno che Dean non volesse fare il contrario, Ellie non si sognerebbe mai di cambiare la sua natura o di costringerlo a fare un’altra vita. Nutre troppo rispetto nei suoi confronti per fare una cosa simile.
 
Non capisce se John le creda o meno; ciò che è certo, è che una risposta del genere non se l’aspettava. Lui si muove, si scosta dallo stipite della porta e la guarda nuovamente prima di girare le spalle. «Torno di là, sono stanco. Tienilo d’occhio».
Ellie annuisce, convinta che non le avrebbe mai detto nulla di simile in un contesto differente. Lo osserva sparire oltre la porta e stringe più forte la mano di Dean per poi accucciarsi su di lui, la testa appoggiata a entrambe le braccia e gli occhi rivolti verso il suo viso. Lo scruta in silenzio, desiderando segretamente di trovarsi in una stanza diversa e di poter avere i suoi occhi fissi nei suoi. Stringe più forte la sua mano mentre ascolta il bip delle macchine che lo tengono sotto controllo farsi ogni tanto più intenso, gli occhi colmi di speranza e la testa carica di aspettative. Ti prego tieni duro.
 
*
 
Sam è di ritorno dopo una mezz’oretta. Ha con sé una busta di carta marrone e, dopo aver posato gli occhi su Ellie – ora seduta composta sulla sedia –, guarda Dean. Sospira appena «Io credo che tu sia qui da queste parti» e poi la scruta «Se fosse così, ci prenderà in giro per questo, ma… è il solo modo per parlarci».
Lei lo osserva curiosa e, quando Sam estrae dalla busta una Tavola Ouija, di quelle che si usano per comunicare con gli spiriti. O almeno, è questo che si dice a riguardo.
 
Ellie sorride appena: se Dean fosse davvero qui, come crede Sam, di certo non esiste modo migliore per scoprirlo e “parlare” con lui.
Si alza in piedi e lo osserva aprire la scatola e sedersi a terra per poi estrarre la tavola, un pezzo di cartone con su disegnate le lettere dell’alfabeto, accompagnate in alto dalla scritta “Sì” o “No”.
Ellie si siede accanto a Sam e, quando vede muovere l’apposito aggeggio di plastica con un buco in mezzo, spalanca gli occhi dalla sorpresa, insieme a lui che sorride. «Oh, lo sapevo».
Il sorriso, però, si spegne velocemente sul viso di entrambi: Dean gli parla di una caccia che sta conducendo all’interno dell’ospedale, di qualcosa che prende le persone che indica con il suo nome: un mietitore. E quando alla domanda “È venuto anche per te?” Dean risponde con un secco “Sì”, Ellie percepisce le mattonelle bianche e nere sparire e la terra mancarle sotto i piedi.
 
Sente in lontananza le parole di Sam che ragiona tra sé e si alza per poi uscire, forse intento a cercare il padre nell’altra stanza, la mano sinistra a coprire gli occhi e la sensazione netta e intensa di una mano appoggiata sulla sua spalla destra.
 
Non si può sconfiggere la morte, soprattutto quando questa avviene per cause naturali. Ellie ci è passata con la mamma e lo sa: se il male che hai dentro è più forte di medicine e cure, non c’è niente che possa fermarlo. Ma Dean non ha una malattia ed Ellie è a conoscenza di molte più cose rispetto a quando c’era la mamma in queste condizioni, perciò anche lei si alza in piedi, facendo leva sulle cosce. Va incontro a Sam e, quando entra nella stanza dove sa essere ricoverato John, lo trova lì accanto, gli occhi sgranati sul letto vuoto.
Ellie alza lo sguardo verso di lui e lo guarda comprensiva. Sam ha i pugni chiusi e, in qualche modo, lei comprende la rabbia che sente. «Mi aveva promesso che non avrebbe cacciato il demone. Non finché Dean non sarebbe stato bene». [5]
Gli accarezza il braccio sinistro, stringendo le labbra in una linea sottile. «Non pensarci, adesso. Preoccupiamoci di tuo fratello».
Guarda Sam stringere il pugno più forte prima di annuire, deciso. «Sì. Lui ha la priorità». Si allunga verso il borsone di suo padre e ne estrae il diario, per poi fare rotta nuovamente verso la stanza di Dean, seguito da lei. Si siede sul letto accanto a suo fratello e apre quel vecchio quaderno, cercando tra le pagine ciò che gli interessa. Ellie gli va vicino, interessata a leggere e lo osserva fermarsi su una pagina che parla di mietitori. Sia lui che Ellie – e, probabilmente, anche Dean – leggono tutte e tre le pagine dove John ha annotato con cura ogni notizia sui mietitori, ma non trovano nulla che possa fare al caso loro ed Ellie sente sbriciolarsi un altro pezzetto del suo cuore.
 
*
 
Siede sulla sedia accanto al letto, quella su cui, nonostante la notte sia stata tremendamente lunga, non riuscirebbe a riposare neanche se ci provasse.
 
Sam chiude il diario con un tonfo secco dopo averlo letto da cima a fondo. Si alza dal letto di Dean e gli gira intorno, guardando il fratello come se potesse rispondergli. «Sei qui, Dean?» Ellie tira su col naso; sa che si riferisce al suo spirito, lo stesso con cui prima hanno parlato attraverso la Tavola Ouija, ma non può evitare di pensare che vorrebbe che parlasse con Dean in carne ed ossa, che fosse lui a rispondergli. Lo guarda sospirare appena e farsi più vicino a lei che stringe la mano di Dean quasi di riflesso. «Sai, non ho trovato niente» parla in prima persona, sicuramente si sente terribilmente responsabile. «Non so come aiutarti… ma continuerò a provare. Continueremo a farlo» guarda Ellie che ricambia il suo sguardo, annuendo decisa. «Ma anche tu devi lottare» fa una piccola pausa, portando le mani ai fianchi «Insomma non puoi… non puoi lasciarci soli con papà. Lo sai che ci scanneremo» sorride appena ed Ellie con lui, le lacrime agli occhi; per quanto si sforzi, sa che non riuscirà a trattenerle a lungo. E non è la prima volta, oggi, ma è così provata da tutta questa situazione che non riesce a non lasciarsi andare. Anche Sam è molto emozionato. Ellie lo guarda sospirare forte «Dean tieni duro. Non puoi andartene, non ora… proprio ora che ci siamo ritrovati». Fa ancora una pausa «Mi senti?» ma né lui né Ellie ricevono un segno della sua presenza, qualcosa che gli faccia capire che Dean è insieme a loro.
 
Rimangono in silenzio per un po’; Ellie intreccia le dita della mano sinistra di Dean, calde lacrime che le rigano le guance. A lungo sono solo i suoi singhiozzi e il continuo tirare su col naso di Sam a riempire la stanza ed è un rumore improvviso dopo un tempo indefinito, poi, a cambiare tutto: Dean, dapprima immobile e privo di conoscenza, spalanca gli occhi ed emette un profondo sospiro, come se tornasse a respirare dopo ore di apnea, per poi cominciare a tossire, infastidito dai tubi infilati sul naso e sulla sua gola. Ellie si alza in piedi, gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa, e chiama i dottori a gran voce insieme a Sam, stravolto quanto lei, pregandoli di aiutarli.
 
Fortunatamente, questi accorrono in fretta: chiedono a Sam ed Ellie di farsi da parte, mandandoli in un angolo della stanza, e rimuovono tubi e macchinari a Dean, controllando tutte le funzioni respiratorie e ciò che lo teneva in quelle condizioni.
Il dottore parla chiaro: gli organi maciullati sono a posto, l’edema cerebrale è sparito e tutti i parametri sono ottimi. È come se Dean avesse ricevuto un miracolo.
 
Una volta uscito, Sam ed Ellie si accostano al suo letto. Non le sembra vero di riuscire a parlargli di nuovo, di poter sentire nuovamente il suo sguardo su di lei.
Lui sembra strano, però. Ellie se ne accorge subito: è come se… come se non fosse contento. O disturbato da un pensiero scomodo.
Ha il braccio destro sopra il ventre e si è tirato su, la schiena appoggiata ai cuscini rialzati. Ellie lo guarda voltarsi verso il fratello «È venuto un mietitore per me?»
«Sì».
Dean lo guarda perplesso «Che ho fatto?»
«Non lo so… Dean, davvero non ti ricordi niente?»
«No» ed Ellie pensa che sia un peccato: la sua memoria avrebbe potuto far luce sul suo misterioso – e miracoloso – risveglio improvviso, ma alla fine è più importante che stia bene del resto. Non desiderava nient’altro. Dean stringe gli occhi, toccandosi con la mano destra il ventre, sotto lo sterno «Ho solo qualcosa… che mi blocca lo stomaco» deglutisce, guardando ancora il fratello «C’è qualcosa che non va». Sam lo guarda perplesso, ma non fa in tempo a replicare. Dean allunga una mano verso Ellie, stringendole la sinistra. Le sorride appena; non è il sorriso luminoso che le rivolge spesso, ma vederglielo fare già le riempie il cuore. «Mi sembra di non vederti da una vita» ma Ellie aggrotta la fronte, stringendo le palpebre «Stronzo».
Dean spalanca gli occhi, fingendosi offeso «Sto cercando di dirti una cosa carina e mi dai dello stronzo?»
Lei stringe le labbra in una linea sottile «Beh, sì. Considerando che mi hai detto che andava tutto bene e invece ti ho trovato in un letto d’ospedale».
Lo guarda sbuffare aria dal naso, mentre Sam sorride divertito «Pensavo ti fosse passata».
Ellie stringe le spalle, abbassando gli occhi sulla mano di Dean «Sì, ma… ma mi sono presa un bello spavento. Insomma, ti preoccupavi tanto per me e guarda com’è andata a finire».
 
Dean vorrebbe replicare, ma il bussare alla porta gli fa distogliere l’attenzione. Ellie alza gli occhi e vede John che gli sorride. È vestito, stavolta, con una camicia grigia scura e un paio di jeans scoloriti. È visibilmente stanco, come sempre, ma il suo sorriso è il più radioso che Ellie gli abbia mai visto fare da che lo conosce.
 
Punta gli occhi su Dean «Come ti senti figliolo?» che ricambia il suo sguardo con un’espressione piuttosto serena «Bene, credo. Sono vivo».
John sorride ancora «Questa è la cosa importante».
Sam, invece, lo guarda duramente «Dove sei stato ieri notte?»
John si prende un momento prima di rispondere «Dovevo occuparmi di alcune cose».
«Puoi spiegarti meglio?» il tono di Sam non ammette bugie come risposta, tanto che le repliche di Dean che lo prega di lasciar stare non servono a niente. «Hai inseguito il demone?»
«No».
«E come mai non riesco a crederti?»
John fa qualche passo in avanti, avvicinandosi ai suoi figli. Guarda Sam negli occhi «Possiamo non litigare?» che lo osserva confuso «Sai, la metà delle volte non so neanche perché litighiamo. Ci massacriamo» sorride «Senti, Sammy, io ho fatto degli sbagli… ma chi non li fa?» il suo sguardo passa da Dean a Sam «Non voglio litigare più, d’accordo?»
 
Ellie deglutisce. C’è qualcosa di strano in John, è troppo… accomodante, troppo sorridente. Per carità, sarebbe un bene se lo fosse sempre, ma proprio perché solitamente non lo è fa pensare che ci sia qualcosa di strano, sotto. Anche Sam, a giudicare da come lo guarda – la fronte aggrottata e gli occhi stretti –, ha la stessa sensazione. «Papà ti senti bene?»
John sorride ancora «Sì. Sì, sono solo un po’ stanco. Anzi, ti dispiacerebbe andare a prendermi una tazza di caffè?»
Sam lo fissa perplesso «S-sì… sì, certo» e ad Ellie non sembra il caso di rimanere nella stessa stanza con Dean e suo padre che, a giudicare da come lo guarda, forse vorrebbe rimanere da solo con lui, perciò lascia la presa sulla sua mano e segue Sam fuori dalla porta, lasciando John e Dean da soli.
 
Ellie e Sam raggiungono il bar in silenzio. Lei lo guarda ordinare un caffè alla barista, una ragazzina bionda con i capelli lunghi legati in una coda di cavallo, gli occhi castani e il viso gentile, e prova a rompere il ghiaccio. La testa di Sam, a giudicare dal suo sguardo perso nel vuoto, sembra un groviglio di pensieri.
Gli sorride appena «Tu credi che… che Dean starà bene?»
Lui la guarda un po’ distratto. «Sì, io… io penso di sì» si morde appena il labbro inferiore «Perché me lo chiedi?»
Ellie stringe le spalle «Non lo so. È che è successo tutto così in fretta: prima stava per morire e ora è come nuovo… non so, ho solo paura che sia troppo bello per essere vero».
Sam annuisce senza rispondere e non dice più una parola. Ellie fa altrettanto e non solo perché il caffè è pronto e devono tornare su per darlo a suo padre prima che si freddi, ma perché ha la vaga sensazione che non abbia tanta voglia di parlare.
 
S’incamminano verso la stanza di Dean, percorrendo il corridoio principale, quello che Ellie spera di abbandonare presto. Vorrebbe non vederlo mai più.
Cammina spedita dietro a Sam che la precede e si blocca quando è anche lui a farlo. Lo vede voltare la testa verso la porta di una stanza situata sulla destra, come catturato da qualcosa, ed Ellie si affaccia, curiosa. Spalanca gli occhi, però, non appena lo fa: John è riverso a terra, il braccio sinistro verso l’alto e una macchia scura al centro del petto.
 
Tutto, nuovamente, riprende ad andare con l’acceleratore: Sam lascia cadere il caffè, gettandosi sul padre e chiamando aiuto, mentre Ellie corre a chiamare Dean che la guarda con gli occhi sgranati e pieni di paura quando lei lo raggiunge; lo aiuta ad alzarsi e ad andare nella stanza dove dottori e infermieri stanno tentando di rianimare suo padre.
Fanno stare Sam e Dean sulla porta, ma a nulla valgono gli sforzi del personale medico: il cuore di John Winchester si ferma alle dieci e quarantuno.
 
Ellie, più indietro rispetto ai ragazzi, chiude gli occhi, uno sbuffo d’aria le esce dal naso. Per quanto lei e John non si siano mai sopportati granché, una cosa così non l’avrebbe mai augurata neanche al suo peggior nemico. E questa, di certo, non era la fine che sperava per lui.

 

[1] Il luogo descritto è quello che s’intravede nell’episodio 1x22 “Devil’s trap”. Non sono riuscita ad aggiungere chissà quali dettagli, perché la telecamera è – giustamente, direi – per la maggior parte del tempo puntata su Sam e Dean, perciò questo è il meglio che ho potuto fare XD
[2] Riferimento alla storia di Bobby che ci viene raccontata nell’episodio 7x10 “Death’s door”.
[3] In un sito dove sono catalogati tutti gli episodi di Supernatural, ho trovato scritto che l’episodio 2x01 “In my time of dying” si svolge nel Nebraska, nella Contea Sioux. Considerando che, però, questo posto è situato a molte miglia da Jefferson City, che è la città dove Sam e Dean trovano John, ho modificato un po’, cercando un posto più vicino. L’incidente è accaduto a Shiloh, nell’Illinois, e ho scelto Columbia perché più vicina della Contea Sioux. Ok che hanno trasportato via i ragazzi e John in elicottero, ma anche per il trasporto dell’Impala credevo fosse meglio un luogo meno distante da quello dell’incidente.
[4] Riferimento a ciò che accade verso la fine dell’episodio 1x22 “Devil’s Trap”.
[5] Riferimento all’episodio 2x01, precisamente alla scena in cui Sam confida a John che pensa che lo spirito di Dean sia con loro.

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Capitolo 26
*** Love and death ***


Note: Ma sono o non sono stata brava anche oggi a pubblicare ad un’ora decente? *guarda il pubblico aspettandosi applausi* Non ci fate l’abitudine eh, che potrebbe essere solo un miracolo passeggero XD
Innanzitutto ciao a tutti e buon mercoledì :D volevo dirvi due cose: la prima è che sono davvero contenta che questa storia stia riscuotendo un discreto successo. Ci ho messo l’anima e mi ci sono buttata a corpo morto per scriverla, quindi mi fa piacere constatare che la fatica è ripagata :D
La seconda è che in questo capitolo – e un po’ anche nel prossimo, in realtà – troverete miste un po’ di vicende tratte dalla serie, in particolar modo avvenute negli episodi 2x02, 2x03 e 2x04. Riconoscerete sicuramente qualche dialogo o qualche scena e sappiate che sì, le ho prese e modificate a mio piacimento XD spero che la cosa non vi disturbi.
Detto questo vi mando un fortissimo abbraccio, vi ringrazio per il costante affetto e vi auguro una buonissima lettura! A mercoledì! :**

Capitolo 26: Love and death
 
Death leaves a heartache no one can heal,
Love leaves a memory no one can steal.
 
(Unknown)
 
 
Stringe la mano destra di Dean più forte, facendosi più vicina mentre, di fronte a lei, si consuma un’immagine tristemente familiare: una pira di legno su cui un cadavere avvolto in un lenzuolo brucia lentamente.
Ellie ormai conosce la prassi: ogni cacciatore che si rispetti vuole un trattamento simile dopo la morte, essere cosparso di sale e fatto ardere su quello che si può considerare una specie di altare. Sam e Dean, a cui ha dato una mano, ne hanno costruito uno in un campo fuori Columbia non appena ha cominciato a calare la sera. Hanno trovato dei legni e li hanno accatastati uno sopra all’altro, formando una pira. Poi, non senza sforzo, vi hanno poggiato sopra il cadavere di John e gli hanno dato fuoco. Ora, come vuole la tradizione, stanno aspettando che si estingua.
 
Sam è distrutto: tiene le mani in tasca, il suo viso ancora ferito – il taglio sul naso è ancora fresco e anche l’occhio è abbastanza pesto – è bagnato di lacrime. Dean, invece, è più contenuto: c’è solo una lacrima a rigargli la guancia destra mentre fissa il fuoco ardere e quel lenzuolo che avvolge suo padre che tra un po’ diventerà cenere, proprio come lui, che è stato una colonna portante nella sua vita e al quale Dean era così attaccato che sta faticando notevolmente a dirgli addio. Non che Ellie si aspettasse qualcosa di diverso: conoscendo lui e il modo in cui affronta certe cose, non poteva di certo prenderla bene, anche se sta facendo di tutto per non darlo a vedere.
 
Appoggia la mano destra sul braccio di Dean e stringe più forte; alla sua sinistra, Sam tira su col naso. «Ma prima di… prima di… » Ellie allunga la testa verso di lui che fa una pausa, singhiozzando piano «Papà non ti ha detto niente?» Dean volta appena il capo senza guardarlo, l’orecchio teso per ascoltarlo. «Proprio niente?»
Ellie lo guarda riportare gli occhi sulla pira infuocata e rifletterci qualche istante «No» fa una pausa mentre Sam si volta per osservarlo «Niente». Una nuova lacrima silenziosa gli scende giù dall’occhio destro ed Ellie non è convinta che sia del tutto sincero perché ci ha riflettuto un po’ troppo e non ha guardato Sam in faccia, ma di certo non gli dirà nulla. È troppo sconvolto da tutta questa storia e non è il momento adatto per affrontare certi discorsi. A patto che il suo dubbio sia fondato, poi. Potrebbe essere solo una sua impressione, perciò a maggior ragione è meglio tacere.
 
Sono passati due giorni da quando John li ha lasciati. I medici hanno parlato di un attacco di cuore, qualcosa di improvviso e imprevedibile oltre che inarrestabile, tanto da non riuscire a salvarlo. Sam ha reagito scoppiando in lacrime, in un pianto silenzioso ma continuo mentre Dean, invece, è rimasto a fissare il vuoto a lungo, incapace di dire o fare qualsiasi altra cosa. A nulla sono valsi i tentativi di Ellie di farlo tornare a letto, visto che era ancora in piena convalescenza; più che riposare, quantomeno avrebbe dovuto coprirsi, ma non c’è stato verso. L’unico modo per farsi ascoltare è stato portargli una maglia, la più pesante che aveva, e mettergliela sulle spalle.
 
I dottori hanno dimesso Dean quasi subito, dopo la morte di John. I parametri erano ottimi e non c’era alcun motivo per trattenerlo ancora. Così, hanno atteso che gli restituissero il corpo e poi sono venuti qui, in periferia, per dare al vento i suoi resti.
 
Ellie sta cercando di stare accanto a entrambi come può. Non è semplice: Sam parla, almeno, ma è scosso, mentre Dean si è chiuso dietro un muro e non si sfoga neanche sotto tortura. A volte passano ore prima che dica anche solo una parola, come adesso, che non si sa quanto sforzo deve aver fatto per aprire la bocca e rispondere a suo fratello.
 
Stringe appena più forte la sua mano, seguendo il filo dei pensieri, una stretta che Dean non ricambia. Non se la prende, sapendo che non sarà semplice scalfire il muro e far sì che le permetta di aiutarlo, di confortarlo. Lei ci è passata non tanto tempo fa e sa bene come ci si sente: impotenti, soli e abbandonati da una delle persone che più di tutti al mondo dovrebbe proteggerti. Papà non era stato tanto in grado di adempiere questo compito, ma John, a modo suo, l’ha fatto e per i suoi figli la sua mancanza sarà molto, molto dura da digerire. Soprattutto per Dean che ha trascorso tanto tempo con suo padre, fino a cucirsi sotto pelle e sul cuore ogni suo insegnamento.
 
Una volta che il fuoco è arso completamente, s’incamminano verso la macchina, rifacendo la strada che hanno percorso all’andata.
Hanno dovuto rubare un’auto per venire fin qui: ne avevano bisogno usciti dall’ospedale per andare in un motel dove hanno prenotato una stanza per questi pochi giorni di permanenza e per giungere fino a qui. L’Impala, oltre a essere ridotta malissimo, è nella rimessa di Bobby a Sioux Falls e il pick-up di John, che gli sarebbe potuto essere utile, è probabilmente rimasto in Nebraska, dove l’ha lasciato prima che Meg lo rapisse. Sarebbe bene cercarlo e recuperarlo, almeno per riprendersi le armi che nascondeva nel bagagliaio, ma non è di certo questo il momento per pensarci.
Montano sull’auto e il tragitto fino al motel è silenzioso: ci sono solo i singhiozzi di Sam a scandire i secondi che passano lenti. Ellie, seduta dietro, gli passa un fazzoletto di carta e gli poggia una mano sulla spalla, in segno di conforto. Non è molto, ma spera che possa almeno suggerirgli che è lì per aiutarlo.
 
Dopo essere rientrati, Ellie si guarda velocemente intorno. La stanza che si sono trovati è davvero piccola, ma non ci resteranno a lungo, perciò non ha molta importanza. È tutto stipato: i due letti quasi appiccicati addossati alla parete destra, la porta del bagno di fronte e un armadio a un’anta pure mezza rotta sulla sinistra. È un miracolo pure riuscire a passare, per quanto è stretto lo spazio tra un mobile e l’altro.
 
Appoggia le sue cose vicino alla porta d’ingresso e lascia il bagno libero a entrambi; quando tocca a lei, cerca di fare tutto velocemente. Spegne la luce e s’infila sotto le coperte, raggiungendo Dean che è sdraiato di lato e le dà le spalle. Non tentenna un istante quando lo abbraccia, il braccio destro attorno alla sua vita e la mano a cercare la sua. La trova e la stringe forte, posandogli un bacio tra le scapole. Dean non risponde, non la stringe nemmeno a sua volta, rimane immobile ed Ellie lo sa che è sveglio e che probabilmente ci rimarrà a lungo, ma non dice nulla.
Non tagliarmi fuori, permettimi di starti accanto. Non fare come ho fatto io. Vorrebbe tanto dirglielo, ma almeno per adesso sa che è meglio tacere.
 
Non dormirà neanche stanotte, ne è sicura. Le due notti precedenti le hanno passate a vegliare sulla figura di John, disteso con gli occhi chiusi, inerte, nella camera mortuaria dell’ospedale su una di quelle fredde lamine d’acciaio su cui distendono i cadaveri per effettuare le autopsie. [1]
Almeno stanotte Dean dovrebbe provare a riposare, ma Ellie lo conosce bene e sa che non riuscirà a trovare vero riposo a lungo. Questa storia lo terrà sveglio per molto tempo.
Lei, invece, non riesce a resistere e si lascia sopraffare dalla stanchezza dopo averlo stretto appena più forte. Ancora una volta senza essere ricambiata.
 
*
 
Una settimana è trascorsa in fretta. Più di quanto Ellie si aspettasse.
Sono da Bobby da ormai cinque o sei giorni. Ha già perso il conto. In fondo, non è che queste giornate siano state tanto diverse l’una dall’altra: da quando sono arrivati, Bobby studia le sue cose e aiuta vari cacciatori come al solito, Dean è impegnato ad aggiustare l’Impala e Sam passa il tempo a leggere delle carte di suo padre o a gironzolare da una stanza all’altra, senza una meta precisa. A volte aiuta Ellie che sta approfittando di questi giorni di “vacanza” – se così li può chiamare – per rimettere un po’ a posto il casino che c’è costantemente in casa di Bobby. Quell’uomo è in grado di lasciare pentole sporche nel lavello per una settimana intera; è sempre bene fare un po’ di ordine. Perlomeno per ricambiare il grosso favore che gli fa a ospitarli.
 
È rimasto in silenzio quando Ellie l’ha chiamato per dirgli che si stavano dirigendo da lui dopo che John era morto. E anche quando sono arrivati lì, qualche ora dopo, ha detto poco e niente. Ha chiesto com’era successo – a lei, i ragazzi erano entrambi visivamente scossi – e nient’altro. Nei giorni successivi si è mostrato normale, più o meno… dispiaciuto, ma normale. In fondo, poi, non è mai stato un chiacchierone, perciò Ellie non si stupisce del suo atteggiamento. Come di quello degli altri: Dean, che nel mutismo ci sguazza, non dice una parola se non interpellato mentre Sam, che ha bisogno di parlare di qualsiasi cosa anche solo per distrarsi, è raro che stia in silenzio. Almeno, fa un po’ di compagnia ad Ellie che ha passato troppi momenti da sola in questi giorni.
 
È di nuovo mattina quando lo trova davanti al finestrone che si affaccia sulla rimessa delle auto. [2] È appena scesa dalle scale che la portano al piano di sopra – stanotte è stato il turno suo e di Dean sul letto – ed è diretta a preparare la colazione, ma vederlo lì con una tazza di caffè in mano e gli occhi fissi verso un punto fuori dalla finestra le fanno cambiare idea. Almeno per qualche minuto. Sapendo che si è svegliata da sola anche oggi, poi, non fatica a capire cosa – o forse sarebbe meglio dire chi – sta spiando Sam.
Gli si avvicina; lei ha ancora la sua maglia blu lunga che usa per dormire addosso, lui è già vestito con tanto di camicia a quadri rossi e neri e jeans scuri. Chissà da quanto è in piedi.
Sam percepisce la sua presenza e si volta; il livido intorno all’occhio non è ancora guarito del tutto, nonostante Ellie gli abbia dato una crema da metterci ogni sera. Lo guarda abbozzare un debole sorriso nella sua direzione «Buongiorno».
«Buongiorno Sam. Hai dormito bene?»
Lui stringe le spalle «Ho passato notti peggiori. E tu?»
«Anch’io».
 
Abbozza un sorriso e si volta a guardare fuori dalla grossa finestra: come aveva previsto, fuori c’è Dean che, con una maglietta a maniche corte grigia sporca di grasso addosso e un paio di jeans slavati, si sta occupando della sua adorata macchina.
 
Ascolta Sam sospirare appena «Non so come parlarci». Ellie stringe le labbra in una linea sottile, riflettendo sulle sue parole. Da che sono qui, Sam non aveva mai tirato fuori il discorso: nonostante sia sotto gli occhi di tutti e due che Dean non se la stia cavando un granché bene con questa storia, hanno aspettato a pronunciarsi. E non perché non ce ne sia stata occasione. Forse, più semplicemente, speravano che questo momento passasse più in fretta, ma Dean ha un carattere chiuso e scostante e per superare uno shock simile ci vorrà un tempo piuttosto lungo. Ellie deglutisce, aspettando che Sam dica qualcos’altro. «È scontroso, è strano, non so davvero come affrontarlo».
Sorride appena e lo guarda «Lo dici a me? Non mi dà neanche un bacio quando si alza la mattina» Sam si volta nella sua direzione ed è perplesso, forse perché non si aspettava quell’uscita nel bel mezzo di un discorso tanto serio, ma poi capisce che è il suo modo di sdrammatizzare. «È la verità, prima lo faceva sempre».
Lo osserva leccarsi le labbra «Ok, ma—»
«Ho capito cosa intendi dire» adesso è più seria, la voce più ferma. Lo guarda negli occhi «Per carità, potresti provare a parlarci se è quello che vuoi fare. Forse a te dà più ascolto. Con me non parla. O forse… » sospira appena «Forse dovremmo solo lasciarlo stare per un po’».
Sam storce le labbra «Non credi che l’abbiamo lasciato fare abbastanza? Insomma, da che siamo qui non fa altro che lavorare a quella macchina. Non pensi che—»
«Quello può aiutarlo» lo guarda ancora «Quello che voglio dirti, Sam, è che ho imparato a capire quando Dean ha voglia di parlare e quando proprio non gli va. Adesso è uno dei momenti in cui non gli va e non… non penso sia il caso di forzarlo. Ma se credi di riuscire a sbloccarlo fai bene a provare» gli sorride debolmente, una smorfia alla quale Sam ricambia stringendo le labbra in una linea sottile.
«È solo che… che è così evidente che ci sia il demone dietro tutto quello che è successo a papà che non… non capisco perché lui si stia ostinando a non affrontare questa cosa».
 
Sam gliene ha parlato, una delle tante volte in cui ha preferito darle una mano che girovagare per casa senza far nulla. Non è stato difficile fare due più due: quando hanno ritrovato John privo di sensi, si sono anche accorti che la Colt era sparita e nessuno a parte il demone poteva essere interessato ad averla. È chiaro che Sam, che è più incline a volersi sfogare quando c’è qualcosa che non va, abbia voglia di parlarne con suo fratello. Per lui, è la cosa più naturale e semplice da fare, perciò Ellie comprende il suo stato d’animo e la sua voglia di condividere i suoi pensieri su questa storia, su John che non c’è più e di cui sente terribilmente la mancanza – basta guardarlo per rendersene conto – e di una vendetta che desidera compiere da molto prima di quest’ultima scomparsa. Solo che Ellie non pensa che riuscirà a parlarne a Dean tanto facilmente, tutto qui.
 
Lo guarda negli occhi e stringe le spalle «Non lo so, Sam. Provaci, se ti fa stare meglio. Solo non aspettarti grandi cose».
Lui le risponde tirando nuovamente le labbra in una linea sottile per poi voltarsi e andare in cucina, portando la tazza di caffè alla bocca e lasciarla vuota sul tavolo.
Ellie non si muove e osserva la scena dal finestrone: Dean che è sotto la macchina, poi ne esce e risponde a Sam che gli parla prima con calma poi alzando di più la voce, tanto che lei può sentirlo parlare di vendetta e risposte.
 
Sospira appena e distoglie gli occhi da quella scena per andare a preparare qualcosa da mangiare per colazione. Non le piace immischiarsi nelle faccende tra Sam e Dean: se si tratta di dare un consiglio, come glielo ha chiesto Sam prima, non si fa problemi, ma altrimenti non le piace né origliare né tanto meno dire la sua quando non è richiesta. Soprattutto quando si tratta di quei due, poi, è meglio farsi i fatti propri.
 
In cucina trova Bobby, seduto a capotavola con il berretto bianco e verde in testa e il giornale aperto. Ellie gli sorride appena «Buongiorno» e lui le risponde con un cenno della testa.
È diventata ormai pratica della casa: sa dove sono gli utensili e gli ingredienti e non fatica a trovare quelli che le servono per fare dei pancake. Prepara anche la marmellata di fragole che le piace tanto, quella ai mirtilli che amano Sam e Bobby e la crema di nocciole che invece preferisce Dean e appoggia tutto sul tavolo prima di dare le spalle a Bobby per mettersi a sbattere le uova, lo zucchero e la farina con una frusta. «Oggi ti dispiace se faccio un paio di lavatrici? Vorrei approfittarne prima di rimetterci in viaggio… quelle a gettoni non sono tutte buone».
 
È un’abitudine che ha preso da quando ha litigato con papà prima di andare a Buckley: ha scoperto che, dietro una porta di legno, c’è una rampa di scale che porta a un piano sotterraneo dove c’è una piccola stanza in cui Bobby, tra le altre cianfrusaglie, tiene una lavatrice. [3] Da allora, quando viene qui e ha qualcosa da lavare – quindi praticamente sempre, considerando che ogni volta aspettano di avere un carico di vestiti cospicuo prima di andare a farla da qualche parte – gli chiede se può utilizzarla e Bobby quasi si offende quando la sente chiedergli il permesso.
 
Come adesso, che, non ricevendo una risposta, Ellie si volta e lo trova ad alzare gli occhi dal giornale per rivolgerli verso di lei con misurata lentezza. «Mi casa es tu casa, te l’ho detto un milione di volte. Fai quello che ti pare, l’importante è che non me lo chiedi». Ellie sorride in risposta e torna a fare i suoi pancake. «Quei due sono fuori?» a quella domanda, annuisce senza voltarsi «Come va?»
Ellie fa spallucce, un sorriso mesto dipinto sulle labbra «Come vuoi che vada… come con due persone che hanno appena perso il proprio padre» sospira appena, aggiungendo del latte al composto e continuando a mescolare. «Ma non mi lamento. Quando è successo a me, loro hanno subito di peggio».
Bobby aspetta qualche secondo prima di rispondere «Ognuno reagisce a certe situazioni a modo suo» fa una piccola pausa «Non fartene una colpa se sei stata fredda nei loro confronti quando è toccato a te. E non farti mettere i piedi in testa perché soffrono» Ellie si ferma un istante, tendendo un orecchio per ascoltare bene le sue parole «Sono dei bravi ragazzi e sei parte della famiglia, per loro, ma tu non meriti di… » si interrompe e sicuramente vorrebbe aggiungere altro, ma non ne ha il tempo perché Sam e Dean rientrano ed è costretto a tacere.
Ellie torna a mescolare il composto come se niente fosse, incuriosita, però, da ciò che Bobby voleva dirle. Spera proprio che ci riesca, magari più tardi, anche se più o meno crede di aver compreso dove voleva arrivare.
 
I ragazzi si siedono e attendono i loro pancake e, quando Ellie si volta a guardarli, glielo può leggere in faccia che hanno discusso. Sam è cupo e pensieroso e Dean, che solitamente riesce a nascondere meglio quello che sente, sta fissando un punto immaginario, la testa persa in chissà quali pensieri.
Ellie rigira un paio di pancake nel pentolino, sospirando appena. Sam ci sta mettendo tutte le sue buone intenzioni, ne è sicura, ma non è semplice scalfire il muro che ha tirato su suo fratello. Prima riuscirà a capirlo, prima smetterà di rimanerci male.
 
La colazione trascorre piuttosto silenziosamente: Bobby ha messo il giornale da parte, borbottando che non c’è nulla di strano su cui porre l’attenzione, ultimamente. Finiscono presto ed è Sam ad alzarsi per primo, che dice di voler andare a leggere delle cose di John – probabilmente una delle cartelle colme di fogli che hanno recuperato dalla sua macchina quando sono andati a prenderla e l’hanno portata qui [4] – , seguito da Bobby che si rintana nel suo studio senza dire nulla. Dean è l’ultimo a finire di mangiare e, quando si alza, Ellie sta già lavando la pentola e i piatti sporchi. Dean le si avvicina per appoggiare il suo nel lavello, affiancandola a destra, e lei volta il viso verso di lui, le labbra distese in un piccolo sorriso.
«Torni fuori?» Dean annuisce senza guardarla, poggiando una mano sul bordo del lavello. «Come procede il lavoro?»
«Lentamente».
 
Ellie tira le labbra in una linea sottile. Ogni giorno, da che sono qui, Dean si piazza fuori ad aggiustare l’Impala, ridotta praticamente a una carcassa, e almeno una volta al dì lei lo va a trovare mentre lavora, per portargli una birra fresca – il sole picchia forte anche se l’autunno è alle porte e fa caldo – o per vedere i suoi progressi. Deve ammettere che, anche se a lui sembra di aver fatto molto poco, è stato bravo: ha già rimesso a posto buona parte della carrozzeria esterna, riparando anche la grossa bozza che l’auto aveva su un fianco. Chiaramente non è un lavoro semplice, né tantomeno veloce, considerando che la sta praticamente rimettendo a nuovo, ma ce la sta mettendo tutta e i risultati sono già evidenti.
 
Si volta anche con il busto, allungandogli le braccia al collo, cercando di tenere le mani umide lontane dalla sua schiena per non farlo bagnare. «Ci vorrà il tempo che ci vorrà, ma sono convinta che ti verrà come nuova» si allunga appena, alzandosi sulle punte, per stampargli un bacio sulle labbra. Lo guarda con attenzione: anche lui porta ancora i segni dell’incidente addosso. Il taglio che aveva sulla fronte, ad esempio, sembra non volerne ancora sapere di sparire.  «L’importante è che non ti stanchi troppo».
Dean sbuffa aria dal naso «No. Sto facendo ciò che posso, io—»
«Lo so» Ellie stringe le labbra in una linea sottile «Ma non… non strafare».
Lo guarda roteare gli occhi e spostarsi un po’ indietro per prendere le distanze, irritato «Sono guarito, è tutto a posto. Mi è successo un fottuto miracolo e non ho bisogno di tutte queste premure» Ellie stringe gli occhi e Dean, forse rendendosi conto che ha alzato il tono della voce e che le ha parlato in modo un po’ troppo aspro, sospira appena. «Senti, non… non voglio discutere. Ma ti sarei grato se non mi trattassi come un malato terminale».
Ellie si morde le labbra. Non vorrebbe dirlo, ma non resiste «Ma lo eri, fino all’altro giorno» lo guarda con gli occhi persi; appoggia le piante dei piedi a terra e lascia scivolare le mani sul suo petto – totalmente incurante di averle ancora bagnate –, appoggiandone una proprio sopra al suo cuore «È stato come vivere un incubo, Dean. Ho avuto tanta paura».
Dean deglutisce amarezza insieme a un grumo di saliva «Sto bene adesso».
 
Ellie lo scruta a fondo; ha gli occhi stretti e piccoli, lo sguardo mesto un po’ perso ed è come se stesse cercando di convincersi di stare bene davvero, ma entrambi sanno che non è così. Il suo non è un male fisico, ma un dolore che gli attanaglia il cuore e gli fa tremare le ossa. Ma se non è pronto per esternarlo, lei non vuole forzarlo in nessun modo.
 
Stringe le labbra e lo asseconda «Meglio così» gli sorride appena e si scosta, lasciandolo libero. Dean si volta, dirigendosi verso l’altra stanza dove c’è la veranda da cui può uscire ed Ellie lo ferma, ricordandosi di dovergli chiedere una cosa. «Ah, Dean?» lui si volta a guardarla «Hai qualcosa da lavare? Faccio almeno un paio di lavatrici dopo che ho finito qui».
Lo osserva piegare le labbra in una smorfia pensierosa «Credo di sì. Ci dovrebbe essere una busta accanto al borsone, di sopra in camera. Mi sembra di averlo lasciato dentro l’armadio».
Ellie gli sorride «Ok, grazie» e lo guarda allontanarsi dalla sua vista. Sospira appena – se stai così quando stai bene, finora hai sempre finto – e torna alle sue cianfrusaglie da lavare.
 
Poco più tardi, dopo aver finito, chiede anche a Sam, rintanato nel salotto a “studiare” le carte di suo padre sul demone, se ha dei panni sporchi e lui glieli prende subito, porgendogli una piccola busta bianca.
Anche per questa mansione, solitamente fanno a turni: quando il mucchietto della roba da lavare di ognuno diventa abbastanza grande, giocano a morra cinese per decretare a chi tocca, perché non si ricordano mai chi è stato l’ultimo ad andare. Spesso, quindi, a meno che qualcuno non si offre volontario, tocca a Dean fare le lavatrici, perché è quello che perde più spesso, ma c’è di bello che non ha problemi. E così anche Sam. Ellie è contenta di questo: sono due ragazzi praticamente autonomi e per questo non si approfittano di lei. Certo, sarebbe stato meglio – per loro, soprattutto – se avessero imparato l’arte della sopravvivenza per altri motivi, perché si trasferivano lontano dai genitori, ad esempio, e non perché costretti a girovagare senza fissa dimora, ma si accontenta.
 
Prese tutte le buste, compresa quella dei suoi indumenti da lavare, Ellie scende di sotto e le appoggia sopra la lavatrice. L’ambiente non è dei più belli al mondo: è disordinato, pieno di attrezzi e cianfrusaglie messe malamente qua e là su una scaffalatura di metallo appoggiata al muro. È come un grande garage in disuso e sarebbe da mettere a posto, ma Ellie non pensa che Bobby glielo approverebbe, perciò non ha mai chiesto.
La lavatrice è posta all’angolo destro della stanza, quasi attaccata al muro grigio. Quando è rimasta qui per un po’, ha preso uno stendino per stendere i panni e l’ha poggiato lì accanto. Così è più comodo; di sopra, infatti, non c’è molto posto per metterne uno.
 
Apre le buste e sparpaglia i panni sopra la lavatrice, cominciando a dividere quelli bianchi da quelli scuri e così via. Si accorge dopo poco, però, che il suo cellulare ha preso a vibrare, così lo afferra dalla tasca per rispondere. Sul display compare un nome familiare e sorride prima di premere il tasto verde «Pronto?»
«Ciao, El. È un po’ che non ci sentiamo… anche se mi piacerebbe dirti che ho ricevuto così tanti messaggi che non sapevo da quale cominciare per risponderti».
Ellie si morde le labbra, sentendosi un po’ in colpa. È vero: da quando Dean è stato male, di tempo per sentire Janis ce ne è stato poco. Avrebbe voluto chiamarla, ma è stata alquanto impegnata, tra una cosa e l’altra.
«Hai ragione, io… sono stata impicciata, ho… ho avuto delle giornate un po’ difficili» e ti avrei chiamata, se solo non dovessi ogni volta filtrare le informazioni.
Janis stenta un attimo prima di rispondere «Che ti è successo, tesoro?» ed Ellie sospira appena, prima di cominciare a raccontare ciò che può: le parla dell’incidente, giustificando la sua assenza dicendo che era rimasta dallo zio di Dean perché aveva un po’ d’influenza e lui l’aveva costretta a rimanere a letto. Le racconta della paura che ha avuto e di Dean, che è riuscito a sopravvivere per miracolo, al contrario del padre che, invece, è venuto a mancare. Janis ascolta in silenzio il suo racconto prima di parlare nuovamente «Oddio, mi dispiace. Ma com’è successo?»
Ellie si umetta le labbra. Odia mentire a Janis «Ha avuto un malore. Improvviso» si morde appena il labbro inferiore. Sa che è una balla, perché – anche se non ne ha parlato nemmeno con Sam e non intende farlo al momento – la successione degli eventi è stata fin troppo strana: prima il risveglio di Dean, poi John che viene attaccato, molto probabilmente dal demone, e ci lascia le penne… c’è qualcosa che non le torna. Ma è un pensiero che, almeno al momento, ha deciso di tenere per sé. «Eravamo già in ospedale, ma i medici non hanno potuto fare niente per salvarlo».
«Capisco» Ellie sente Janis sospirare dall’altro lato del telefono «E Dean come l’ha presa?»
«Malissimo. Era… era molto attaccato a suo padre. Era come un eroe, per lui».
«E scommetto che non ti permette di stargli vicino».
Ellie sospira appena, appoggiandosi alla lavatrice. Nessuno la sente, essendo di sotto, e si sente libera di parlare «Non molto, ma posso capirlo: io… io ho fatto di peggio, quando è morto mio padre. Però anche le cose tra noi erano differenti, era tutto più confuso. Adesso, invece—»
«Non fare affidamento su quello» Ellie si zittisce, ascoltando attenta le parole della sua amica «Se ha un carattere chiuso, gli risulterà difficile aprirsi proprio con te che lo conosci bene. O con suo fratello».
Sospira, rassegnata «E cosa devo fare, allora?»
«Vuoi il mio parere? Portare pazienza. Sperando che basti» fa una pausa ed Ellie attende che continui a parlare «Insomma, non… non farlo sentire diverso da prima, come se provassi compassione per lui».
«Sto cercando di non farlo, io—»
«Lo so, ma… ma quando hai dubbi su come comportarti, pensa a come ti sentivi tu quando è venuto a mancare tuo padre. Non avresti voluto essere trattata normalmente? Senza favoritismi di alcun tipo?» ci riflette per un istante e, beh, sì, era ciò che le sarebbe piaciuto di più in una situazione tanto delicata. «Questo tuo silenzio mi fa pensare che ho ragione».
Ellie abbozza un sorriso «Sì, è così».
«Bene. Allora cerca di fare lo stesso con lui: trattalo come faresti sempre. E spera che funzioni».
 
Parla ancora un po’ con la sua amica, finendo per affrontare anche altri argomenti. Janis dice di stare bene, che con David stanno cominciando a pensare a una convivenza ed Ellie pensa che sia giusto: da quello che le ha raccontato, sono più le volte che dormono insieme che quelle in cui stanno ognuno a casa propria e, vivendo entrambi da soli, tanto vale dividere le spese e vivere sotto lo stesso tetto. Lavorano entrambi, ma non navigano nell’oro, e stare insieme, almeno secondo Ellie, sarebbe un grande giovamento, perciò incoraggia questa scelta, dicendole che David è un ragazzo eccezionale e che sarebbe una decisione più che giusta.
Chiude la telefonata con un sorriso appena accennato sulle labbra: non si era accorta di quanto avesse bisogno di parlare con qualcuno di estraneo a tutto il caos che l’ha circondata negli ultimi giorni, di parlare con Janis. È un pensiero egoistico, forse, ma tutti, in una situazione più o meno difficile, sentono la necessità di staccare un po’, almeno per qualche minuto, spostare l’attenzione su problemi diversi. Ed Ellie ne aveva, sebbene non se ne fosse resa conto.
Anche Janis, probabilmente, era sulla stessa barca: sicuramente voleva un consiglio, anche se non glielo ha chiesto espressamente. È una ragazza molto sicura di sé, ma quando si parla di vicende di cuore è molto più… titubante. Ha sempre avuto paura di affezionarsi e parlare d’amore la metteva in difficoltà e anche adesso, nonostante le cose con David vadano a gonfie vele, ogni tanto ha dei vacillamenti, sicuramente per paura che, un giorno, potrebbe perderlo.
Qualsiasi sia stato il motivo della telefonata, comunque, è sempre un piacere sentirla e parlare con lei.
 
Ellie infila il telefono in tasca e torna a occuparsi delle sue cose, tenendo a mente la conversazione con la sua amica per tutto il giorno. I consigli di Janis sono sempre preziosi e, così, decide di cercare di metterli in pratica la sera stessa.
È il turno suo e di Dean sul divano di Bobby e si ritrova sdraiata su di esso un po’ prima di altre sere: Dean dice di essere stanco presto e lei lo segue senza tante cerimonie, anche se non ha affatto sonno. Si sdraia di lato, la coperta addosso e il volto rivolto verso di lui che le abbraccia la schiena con il braccio destro. Più per non farla cadere che a mo’ di carezza. Ellie, anche se si accorge della differenza, non si dà per vinta e fa come aveva deciso: gli bacia piano il collo prima di salire su e farlo sulla bocca. Lo fa con tenerezza, piegando la testa di lato e chiudendo gli occhi, le labbra schiuse desiderose di un po’ di affetto. Gli accarezza i capelli dietro la nuca mentre Dean è un po’ rigido, quasi freddo. Risponde ai suoi baci, ma senza quel trasporto a cui Ellie è abituata. Non gliene fa una colpa, però: quando è morto papà per lei era lo stesso. Anzi, forse era pure peggio, perciò capisce come si sente. Per questo non vuole fare niente di scabroso: non è solo perché il divano di Bobby non è di certo il luogo adatto, ma soprattutto perché sa che non se la sente. Vuole solo un po’ di intimità, regalargli un po’ di tenerezza.
Se lo aspetta, comunque, quando Dean si scosta, indietreggiando con la testa e stringendo le labbra, gli occhi bassi. Ellie lo bacia a stampo per poi scostarsi immediatamente, cercando di essere il più naturale possibile, sorridendo appena.
 
Gli si stringe un po’ più addosso, carezzandogli il fianco destro con la mano sinistra.
Rimane in silenzio per un po’, riflettendo sul fatto che forse non dovrebbe giustificarlo troppo per la sua mancanza di voglia di avere un po’ di intimità con lei, anche se minima. Ed è sicura che non sia la stanchezza a tenerlo a freno. O perlomeno non solo.
 
Sono stati insieme una volta, nell’ultima settimana. Dormivano di sopra e per Ellie è stato abbastanza inaspettato: si era quasi appisolata quando Dean le si è avvicinato e l’ha stretta forte, cominciando a baciarle il collo e infilandole una mano sotto la maglietta. Era venuto a dormire e non aveva detto una parola ed Ellie non l’aveva forzato, come ha sempre cercato di fare in questi giorni. Ma lui neanche in quel momento aveva tanta voglia di parlare.
È stato diverso da come Ellie era abituata con lui: più frenetico, frettoloso. Dean era furioso e sfogava la sua rabbia tra le lenzuola insieme a lei che, quando le veniva bene farlo, lo guardava senza dire niente, sospirando appena a ogni sua spinta. Sì, perché Dean la teneva a distanza, nascondendosi contro il suo collo sottile ed Ellie, la schiena contro il suo petto, si allungava come poteva verso di lui per baciarlo ma, anche se l’assecondava, poi si trincerava dietro alle palpebre chiuse o alla sua pelle candida, mascherando qualsiasi emozione.
 
Ellie forse sarà troppo sentimentale, ma generalmente non preferisce farlo così, senza la possibilità di guardare l’altra persona negli occhi, qualcosa di fondamentale per lei, quasi più eccitante del rapporto stesso. Per questo cercava di stringere forte le mani di Dean, di sentirlo più vicino possibile, malgrado lui, invece, tentasse di fare tutt’altro.
 
Si è detta più volte, nei giorni successivi, che era stata una stupida, che avrebbe dovuto cercare di parlargli anziché lasciarsi usare così, ma Dean l’ha abbracciata forte, poi, tenendola stretta al petto, un gesto che per Ellie significava solo una cosa: era il suo modo di chiedere sostegno e forse anche un po’ perdono, rendendosi conto della differenza con il modo in cui l’aveva sempre trattata in precedenza.
 
Dean, più che un chiacchierone, è una persona molto fisica: non gli piace parlare dei suoi problemi e preferisce celare i suoi malesseri dietro a un sorriso o a una battuta scherzosa. Talvolta anche dietro al sesso. E dietro a ogni suo bacio famelico e alle sue spinte serrate e veloci c’era tanta rabbia. La stessa che, quando si è ritrovata nella medesima situazione, Ellie ha voluto sfogare diversamente. Per questo non gliene fa una colpa se si è comportato così: ognuno reagisce a modo suo quando si ha a che fare con eventi del genere. In fin dei conti, non le ha fatto né male né l’ha costretta in nessun modo. Poteva fermarlo, se non le andava, invece l’ha lasciato fare perché ha capito. Perciò non può prendersela.
 
Non crede che ricapiterà, comunque. Dean non è stupido e, anche se lei non gli ha detto nulla, dev’essersi accorto che Ellie era un po’… distante, subito dopo, perché si sentiva usata e non desiderata come in precedenza. Ci ha ragionato su dopo, su quale fosse il problema, e non è riuscita a mascherare l’amarezza. Crede quindi che Dean, che ha un grande rispetto nei suoi confronti, se ne sia accorto, anche se non le ha detto nulla. Ellie avrebbe tanto voluto parlargli, chiedergli di sfogare con le parole la sua rabbia, ma è rimasta in silenzio. L’unica cosa che riusciva a chiedersi era se prima di conoscere lei le trattava tutte così, le altre ragazze, o se quello che le era toccato era un “trattamento speciale fidanzata affettuosa”. Non ha potuto fare a meno neanche di pensare a cosa le aveva detto Meg quando, prima di esorcizzarla, Dean le ha dato quello schiaffo. Forse a te piace di meno saperlo così violento. O fa così anche con te? Quelle parole le rimbombavano nelle orecchie come se le stesse sentendo in quel momento per la prima volta ed era difficile ignorarle. Alla fine, però, ha deciso di non domandarselo più e di non cercare neanche una risposta dal suo atteggiamento: si è detta che è la rabbia a dettare certe scelte, il più delle volte, e non c’è consigliera più cattiva.
 
Si morde appena il labbro inferiore, osservando le linee marcate del suo viso. Ha gli occhi chiusi e, a giudicare dal suo respiro regolare, si è già addormentato. Doveva essere davvero stanco stasera. Nell’ultima settimana sono state poche le volte in cui può dire che si è addormentato prima di lei.
Ellie si accoccola un po’ di più al suo fianco, stringendogli la vita. Chiude gli occhi e sospira forte, cercando di lasciare andare tutti i pensieri negativi e, anche se non troppo velocemente, lasciandosi andare anche lei al sonno.
 
*
 
Tiene gli occhi socchiusi fissi sulla strada, il volante della sua piccola ben stretto tra le dita e un’espressione contrita sul viso «Sam, ti prego, è stupido».
È sicuro che suo fratello stia facendo una smorfia perplessa con quella boccaccia che si ritrova. «Perché?»
«Andare sulla tomba della mamma?» Dean si volta appena a guardarlo e sì, è decisamente perplesso. «Non ha neanche una tomba. Dopo l’incendio di lei non è rimasto niente».
«Ha una lapide».
Sam gli parla con quel tono ovvio che gli dà tanto sui nervi. «Messa da suo zio, un uomo che non conosciamo» lo osserva ancora con la coda dell’occhio «Vuoi salutare un pezzo di granito piazzato lì da uno sconosciuto? Ma dai».
«Non è questo il punto» ora siamo passati alla donzelletta ferita e Dean si volta a guardarlo un’altra volta; Sam lo sta fissando «E allora illuminami, Sam: qual è?»
«Non si tratta di un corpo o di una cassa da morto, ma del suo ricordo» Dean rotea gli occhi «Dopo che papà è morto, mi sembra una cosa giusta da fare».
Si volta un altro paio di volte a guardarlo, gli occhi piccoli e pieni di rabbia.
 
Sono in viaggio da diverse ore, ormai. Sono passati altri dieci giorni da quando Dean, Sam ed Ellie si sono piantati da Bobby e non c’era l’ombra di un caso neanche a pagarlo. Ora, invece, sono nuovamente sulla strada perché finalmente – per Dean, almeno, che proprio non ce la faceva più a stare rinchiuso – è spuntato fuori qualcosa di interessante all’orizzonte e Sammy vuole sprecare ore preziose di viaggio perché vuole andare a tutti i costi a trovare la mamma. Il problema è che quella tomba è vuota e Dean vorrebbe solo che la smettesse con questa cosa stupida e che si convincesse a lasciar perdere.
 
«A me sembra una buona idea».
La vocina di Ellie spunta dai sedili posteriori e Dean la guarda in cagnesco dallo specchietto retrovisore, trovandola a osservarlo a sua volta con lo sguardo deciso. Sicuramente ora sarà più difficile far cambiare idea a Sammy, visto che lei ha deciso di schierarsi dalla sua parte.
Stringe il volante più forte «No, non lo è. È irrazionale».
«Io non credo» la sente avvicinarsi, le mani strette sulla pelle del sedile anteriore. Si rivolge a Sam «Anzi, dovresti portarle dei fiori» avverte il fruscio dei vestiti di suo fratello mentre si volta verso di lei «Alla mia mamma piacevano tanto, per questo gliene porto sempre un mazzo quando vado a trovarla a Buckley. Ti ricordi, Dean? Anche quando ci siamo andati insieme le ho—»
«Certo che sì» sbuffa «Ma io non capisco. Tu sai che c’è un corpo sotto quella pietra, ma la nostra mamma non è lì, è bruciata, non c’è niente di lei là sotto».
«E allora? Se a lui fa piacere… io non ci vedo niente di male» Dean scuote la testa, ma Ellie non sembra arrendersi «Te li vado a prendere io dei fiori se vuoi, Sam. Così puoi stare di più dalla tua mamma».
Con la coda dell’occhio, Dean vede suo fratello annuire e sorriderle ed Ellie ricambiare per poi riaccomodarsi con la schiena contro il sedile posteriore, gli occhi rivolti fuori dal finestrino.
 
Gli sembra di essere tornato ai vecchi tempi, quando lui ed Ellie non si parlavano: non che generalmente le cose vadano diversamente, ma adesso lei e Sammy si spalleggiano sempre. È incredibile: sono sempre d’accordo su tutto, soprattutto quando si tratta di andargli contro e suggerirgli di essere calmo e gentile quando Dean, invece, vorrebbe spaccare tutto ciò che lo circonda dalla rabbia che prova.
 
Una cosa buona è che, almeno, con la tregua che gli hanno dato le creature soprannaturali, ha avuto tutto il tempo di aggiustare la sua piccola [5]: l’ha rimessa in sesto completamente, riuscendo a riportarla alla sua natura di guerriera di strada. Ci sono voluti tanto tempo, sudore e pazienza, ma il solo sentirla rombare in risposta al suo piede che spinge sul pedale apposito chiedendole di accelerare un po’ gli suggerisce che ne è valsa la pena.
 
Sono diretti a Burlington, nel Vermont. Non tanto nei paraggi visto che sono partiti da Sioux Falls, ma è meglio di niente.
Sul giornale locale online della zona, Sam ha trovato qualcosa che potrebbe fare al caso loro: una ragazza di ventiquattro anni, Casey Williams, è stata ritrovata senza vita sulle sponde del Lago Champlain, famoso per il mostro che vi abita, un lumacone chiamato cordialmente Champ. [6] Proprio pochi giorni prima dell’accaduto, sono stati riportati sui giornali locali degli avvistamenti della creatura e si fa presto a fare due più due.
Gli sembra troppo semplice, eh, ma sicuramente non se ne lamenta. Anzi, se fosse così, per una volta ben venga. L’importante era uscire da quella casa che cominciava a stargli stretta. Non per Bobby, chiaramente, che l’avrebbe ospitati in eterno, ma proprio perché gli dava sui nervi la sola idea di stare fermo. In più, ha decisamente voglia di fare a brandelli un qualche mostro.
 
In questi giorni, Sam ha studiato un po’ le carte di papà sul demone. [7] Si è fatto aiutare anche da Bobby, ma non sono riusciti a scoprire niente di nuovo, a parte il fatto che papà era un fottuto genio e si era inventato un buon metodo per scovare Occhi Gialli: “inseguire” tempeste e fenomeni naturali anomali perché presagi dell’arrivo di un demone. Assolutamente geniale. Ma questo Dean lo sapeva da un pezzo.
 
Dopo un’altra ora di viaggio, giungono a destinazione, precisamente al cimitero di Greenville, Illinois. Sam – e anche Ellie, in parte – l’ha costretto a fare questa sosta che gli allungherà il tragitto di almeno tre ore e prima di domani non ce la faranno ad arrivare alla vera destinazione. [8] Il tutto si riduce, quindi, a un incredibile spreco di tempo ed energie preziose per nulla. Più si sforza e meno li capisce, ma non ha più intenzione di discutere, per cui non dice niente.
 
Parcheggia l’Impala su un lungo viale accanto a una striscia di lapidi; poco più avanti ne segue un’altra e così via.
Rimane in disparte mentre Sam va a cercare la tomba della mamma – o meglio, il pezzo di pietra su cui hanno scritto il suo nome – ed Ellie il baracchino dei fiori.
Si chiede perché mai questo zio – anche se fatica davvero tanto a chiamarlo tale – abbia avuto un’idea così poco brillante. Non l’ha fatta mettere neanche a Lawrence, dove la mamma è morta, ma qui, in un posto che non ha niente a che vedere con lei. Certe scelte non riuscirà mai a comprenderle.
 
Ellie gli passa davanti con un piccolo mazzolino di fiori che porta a Sam, accucciato davanti a una lapide poco più in là. Si abbassa appena per porgerglieli e Sam la ringrazia con un sorriso; lei, poi, si allontana, tornando verso Dean, interessato alla lettura dell’iscrizione sulla tomba posta non tanto lontano dall’Impala. Vi è un uomo, sotto quella pietra: si chiamava Liam Clayston ed è passato a miglior vita all’età di cinquantaquattro anni. Più o meno come papà. Chissà cos’è passato in convento, per lui, e cosa l’ha portato qui sotto.
 
I passi di Ellie che gli si avvicina lo distraggono dalla sua lettura. La guarda: oggi, sotto il suo giacchetto verde, indossa una camicia celeste e un paio di jeans scoloriti. Ha i capelli legati in una treccia spostata a destra del viso, le Converse rosse ai piedi e lo osserva con lo sguardo interrogativo.
«Preferisci osservare la lapide di uno sconosciuto piuttosto che salutare la tua mamma?» non glielo dice con un tono di rimprovero, è solo… curiosa.
Dean, invece, nel risponderle è più severo «È solo un pezzo di pietra. Lì sotto non c’è la mamma, c’è della terra e nient’altro».
Ellie stringe le spalle «Sarebbe cambiato qualcosa se ci fosse stata lei?» Dean allarga appena gli occhi, colpito da quella domanda. O dalla pacatezza con cui lei gliel’ha rivolta. La guarda avvicinarsi e appoggiargli una mano sul petto per poi lasciarla scivolare un po’ più giù, a mo’ di carezza. «Io lo so che… » abbassa gli occhi per una manciata di istanti, forse in cerca delle parole giuste «Che queste cose ti mettono… non proprio a disagio, ma che… insomma, che non ti va. Però… però per Sam è diverso» Dean fa una smorfia scocciata per poi allontanarsi e dirigersi verso l’Impala, appoggiandocisi con la schiena. Ellie gli va dietro come un cagnolino, guardandolo perplessa. «A me… a me sembra che ce l’hai con lui, ma non ne capisco il motivo».
 
Dean svia il suo sguardo, abbassando la testa. Non ha tempo di rispondere, perché c’è Sam di ritorno, ma pensa che non l’avrebbe fatto comunque. Se c’è qualcosa di cui proprio non vuole parlare ora più che mai è ciò che riguarda la sua famiglia. Né di Sam né tantomeno di papà.
Lo guarda di sottecchi mentre Ellie gli sorride appena: Sam ha gli occhi lucidi e le labbra strette in un sorriso tirato, ma Dean non prova alcuna compassione. Non tanto perché è voluto venire qui per forza, facendogli perdere un sacco di tempo prezioso che avrebbero potuto dedicare al nuovo caso, ma per tutto il resto.
 
È da quando papà è morto che Sam fa così: ogni cosa che fa, sembra volerla fare per papà. Cercare vendetta, andare sulla tomba della mamma… persino il caso di cui ha deciso di volersi occupare. Dean pensava che volesse rimanere ancora da Bobby per cercare qualcos’altro sul demone perché, a detta sua, ancora non aveva finito di fare ricerche, doveva controllare altre fonti, e invece ha cambiato idea, preferendo venire qui. E alla domanda – secondo Dean tremendamente lecita – «Perché sei voluto partire? Non volevi continuare a cercare il demone?» ha risposto con una stretta di spalle, aggiungendo «Penso che papà avrebbe voluto così». E a Dean sono saltati i nervi, perché Sam per tutta la vita ha sempre cercato di fare l’esatto contrario di quello che diceva papà e ora che lui non c’è più si comporta da perfetto soldatino obbediente. E poi era lui quello che “non metteva mai in discussione ciò che diceva”.
 
Il resto del viaggio è piuttosto silenzioso: Ellie, dopo un po’, si addormenta, rannicchiata sul sedile posteriore e anche Sam che, quando riapre gli occhi, insiste per dargli il cambio per guidare. Dean cede solo perché si sente un po’ stanco dopo quasi venti ore che guida. Altrimenti col cavolo che gli avrebbe dato la sua piccola rimessa a nuovo: si sente così orgoglioso di averla sistemata che, se possibile, ne è ancora più geloso.
 
Arrivano a destinazione al mattino, con poche ore di sonno addosso e ancora meno energia. Considerando che il viaggio gli ha portato via più di un giorno intero, si dirigono subito all’obitorio cittadino, per farsi un’idea di cosa possa essere accaduto a quella ragazza.
Si fingono agenti dell’FBI – il travestimento più facile per queste situazioni – e trovano immediatamente la ragazza, adagiata su uno dei tavoli freddi di una stanza altrettanto asettica. A spiegargli ciò che è successo alla vittima c’è una ragazza sulla trentina, slanciata, occhi verdi da cerbiatta e i capelli castani raccolti in una mezza coda. Dean, al solo guardarla, pensa che sia un peccato che abbia a che fare con i morti e che sia ormai praticamente accasato con Ellie, anche se, tra le due, è la cosa che gli dispiace di meno. Di certo, però, se non lo fosse stato, dei morti che tocca ogni giorno se ne sarebbe fregato e avrebbe cercato di verificare personalmente come se la cava con i vivi. Su questo non ci piove.
 
Dà un’occhiata al cartellino appeso al camice che riporta il suo nome: dottoressa Angela Murphy. La guarda inforcare un paio di occhiali dalla montatura colorata e sgargiante e prendere una piccola cartellina su cui è scritto il referto. «Allora, vediamo: Casey Williams, ferita su gambe e addome» scosta il lenzuolo che giace sulla ragazza e lo spettacolo che gli si para di fronte fa contorcere a Dean tutte le budella: la pelle delle gambe della vittima risulta bruciacchiata, in parte addirittura mangiucchiata, stessa cosa per l’addome. Sulle braccia, per di più, ci sono dei lividi, più o meno vistosi e intorno al collo c’è un cerchio violaceo, come un segno di qualcosa che l’ha stretta. Una corda, o un laccio. La dottoressa riprende a parlare «Le cause della morte sono ancora incerte. Visti i morsi sulle gambe e sull’addome, si può pensare a un animale. Non si spiegano, però, i lividi».
«Forse erano precedenti» azzarda Sam e la dottoressa lo guarda stringendo le spalle «È possibile. Sono tante le ipotesi, ma non ce n’è una certa per il momento».
 
Sam chiede se possono essere lasciati soli e la ragazza lo asseconda ed esce. Dean lo osserva girare intorno al cadavere, studiandolo come se fosse per lui un’opera di profondo interesse. Anche Ellie gli si avvicina, il taccuino su cui è solita prendere appunti tra le dita, ma la sua espressione è più schifata di quella di Sam che, invece, è più fredda, quasi clinica.
Dean stringe le labbra in una smorfia piuttosto disgustata «A che pensi, Woods? Vuoi chiedere a questa donzella com’è stata uccisa?» [9]
Sam lo guarda di sottecchi prima di tornare a puntare gli occhi sul cadavere. «Ai segni sul collo. Mi sembra assurdo che un mostro di quel genere possa afferrare una ragazza così».
Dean fa spallucce «Perché no? In fondo, non sappiamo neanche che aspetto ha, solo che esiste».
«Chi l’ha visto, o almeno crede di averlo fatto, lo ha descritto come un serpentone con le corna. Non penso abbia le mani per metterle addosso a una ragazza».
Dean fa una smorfia perplessa. Effettivamente non fa una piega, ma l’idea del lucertolone lo intriga, in un certo senso, perciò “punta” su di lui. Ci sta, in fondo: una bella ragazza cammina lungo le sponde del lago, lui la vede, gli prende un qualche raptus e si avvicina per poi farla a pezzettini. O almeno ci prova, visto che una parte del suo corpo sembra mangiucchiata. Magari poi si è stancato e l’ha lasciata lì, quasi integra. Un mostro volubile, perché no.
 
Si tiene le sue ipotesi per sé per il momento e, insieme a Sam ed Ellie, esce dall’obitorio qualche minuto dopo. La prossima tappa è la casa della madre della vittima, una signora di nome Sandra Cain. Poi forse un altro colloquio con qualcun altro, poi ricerche… si prospetta una giornata molto lunga, per Dean, ma spera che il premio finale, stanotte, sia tagliare la testa a quel mostro bastardo. Ne ha proprio bisogno.
 
*
 
Stende le braccia verso il basso come se le stesse sgranchendo nella perfetta imitazione di un gatto che si stiracchia mentre dorme, un sorriso compiaciuto dipinto sul viso. «Bene, direi che stasera andiamo a far fuori lo stronzo».
Sam fa una smorfia delle sue, una di quelle che è sinonimo di io non canterei vittoria tanto presto, la classica da secchione qual è.
 
Sono appena usciti dall’appartamento di Sandra Cain, la mamma della ragazza scomparsa. La donna – una signora sulla cinquantina, secca e atletica, con i capelli lunghi e il viso segnato dalla sofferenza per la recente perdita – vive da sola, in un appartamento di pochi metri quadrati poco fuori dal centro di Burlington.
Dopo essersi presentati come agenti federali, li ha accolti in casa e ha risposto – con non poca fatica – alle domande che i ragazzi le hanno posto. In particolare, è emerso che la vittima adorava passeggiare lungo il lago Champlain quando aveva qualcosa che la turbava, qualche pensiero scomodo o una situazione strana da risolvere. La aiutava a pensare. Questa parte del racconto ha dato modo a Dean di aggiungere la tessera del puzzle mancante: il motivo per cui la vittima si trovava nei pressi del lago. Avrà avuto qualche brutto pensiero in testa e, mentre faceva un giro, Champ si è fatto uno spuntino. Niente di più facile.
 
La fastidiosa voce di Sam interrompe il suo flusso di pensieri. «Beh, ancora non è detto che sia stato lui».
Dean rotea gli occhi «E che ti serve per capirlo? Un’ammissione di colpa scritta? Perché non credo che quel lucertolone sappia scrivere. O parlare».
Sam sbuffa appena «Certo che no, Dean. Ma non ti sembra troppo… facile?»
Lui stringe le spalle «Ben venga, per una volta», ma suo fratello scuote la testa «No, non sono convinto».
Sospira e si volta verso Ellie, che cammina alla sua destra. «Tu che dici?»
Lei fa spallucce «Penso sia presto per parlare, ma sembra un po’ troppo semplice anche a me» ecco, ti pareva che desse ragione a Dean per una volta. «Credo, però, che fare due chiacchiere con il fidanzato ci aiuterà a capirci qualcosa».
 
Sì, perché Sandra Cain, durante il loro colloquio, ha parlato espressamente di un ragazzo, Andrew Malloy, con cui la vittima aveva una relazione da almeno un paio d’anni. Per questo, adesso, sono diretti da lui, per cercare di estorcergli qualche informazione. In queste situazioni tutto fa brodo e non bisogna mai dare nulla per scontato, è vero, ma Dean è abbastanza deciso sul fatto che, se si deve trattare di un qualche mostro, c’entri per forza quel lumacone di Champ.
 
Si dirigono prima nel negozio dove lavora Andrew Malloy – una ferramenta situata fuori Burlington – ma, come sospettavano, uno dei suoi colleghi – un uomo alto e stempiato, sulla cinquantina – gli riferisce che si è preso dei giorni di stacco per digerire l’accaduto. In fondo, la sua ragazza è morta due giorni fa, c’è da comprenderlo. Il tipo è così gentile da dargli l’indirizzo di casa sua – Sandra Cain non ne era a conoscenza – e, dopo averlo ringraziato, si dirigono lì, seguendo le indicazioni sulla mappa di Burlington trovata in un autogrill lungo la strada.
 
Andrew Malloy vive in un appartamento completamente diverso da quello della signora Cain: situato in un quartiere più centrale e più elegante di quello visitato in precedenza, è posto in un complesso residenziale moderno, le mura dipinte di bianco e delle ampie vetrate a circondare ogni alloggio. Anche il portone d’ingresso, al centro, ha una vetrata colorata – un mosaico privo di significato – e i ragazzi vi si mettono davanti per suonare il campanello, ma una donna con i capelli castani corti con un bambino piccolo in braccio esce dal portone e li lascia passare.
A Dean non sfugge il sorriso genuino che Ellie rivolge al bimbo. Non che sia la prima volta che lo faccia: questa cosa, in un certo senso, ha sempre catturato la sua attenzione.
 
Dopo una rampa di scale, trovano la porta di Andrew Malloy e Sam bussa, aggiustandosi la cravatta celeste ben abbinata col vestito grigio chiaro.
Ad aprirgli, poco dopo, è un ragazzo sulla trentina, moro, i capelli ricci e la barba di almeno dieci giorni. Ha gli occhi annacquati – più probabilmente dall’alcol che dal pianto; Dean sa riconoscere la differenza – e li guarda con un’espressione che è un misto tra lo stralunato e il confuso.
Si gratta sulla testa; Dean ha l’impressione che si sia svegliato da poco. «Chi siete?»
Tutti e tre mostrano i loro finti tesserini «Agenti Collins, Rutherford e Banks. [10] Siamo qui per farti qualche domanda su Casey Williams».
Il ragazzo storce la bocca in un’espressione contrita e stringe appena le spalle prima di farli passare. Dean non capisce se la sua è indifferenza o antipatia per le forze dell’ordine. La prima, considerando che la vittima in questa faccenda è la sua ragazza, sarebbe discretamente preoccupante.
 
I tre entrano mentre Andrew Malloy chiude la porta alle loro spalle. Dean si guarda intorno: al contrario dell’aspetto esterno, quest’appartamento sembra abitato da un gruppo di profughi. Il salone è piuttosto grande: TV al plasma e divano foderato di blu alla sua sinistra, un tavolo da sei di fronte alla porta d’ingresso, dietro una delle grandi finestre che si vedeva anche da fuori. Un muro divisorio non permette a Dean di sbirciare oltre quella che dovrebbe essere una piccola cucina, ma gli basta scorgere un paio di bottiglie vuote di Jack Daniel’s e vodka sul tavolo per comprendere che la sua intuizione, prima, non era affatto sbagliata.
Sopra il divano c’è una coperta grigio topo spiegazzata, nemmeno messa in ordine, e Dean, anche a giudicare da come Andrew Malloy è vestito – i pantaloni di una tuta nera stropicciata e una t-shirt a maniche corte grigia chiara –, non ha dubbi su come abbia passato la serata di ieri.
 
Il ragazzo si passa una mano sugli occhi e li guarda stralunato. «Allora, che volete?» il suo accento è spiccatamente inglese.
Dean lascia parlare Sam «Volevamo chiederti qualche informazione su Casey Williams» glielo aveva già detto, ma a quanto pare è duro di comprendonio, il ragazzo. O ci sono ancora l’alcol e il sonno ad annebbiargli i sensi. «Non so, l’ultima volta che l’hai vista, se—»
«Io e Casey non ci vedevamo da un po’» Andrew Malloy pronuncia quelle parole con un tono piatto. Fin troppo. «Ci eravamo presi una pausa».
Ellie, penna e taccuino in mano, alza gli occhi per poi riabbassarli velocemente, visibilmente perplessa. Sam, invece, non si premura di nascondere la sua sorpresa. «Ah sì?»
«Sì. Da un paio di settimane».
«Ah… beh, perché… perché sua madre ci ha detto—»
«Sua madre non sapeva nulla di questa storia» stringe le labbra in una linea sottile per poi portare le braccia al petto, in una chiara postura di difesa. «Non andavamo granché d’accordo, ultimamente. Così abbiamo deciso di non vederci per un po’».
«Non mi sembra tu te ne sia fatto una ragione» stavolta è Dean a parlare; con un piccolo cenno della testa, indica le bottiglie vuote sul tavolo dietro di loro, così che anche Sam ed Ellie – in caso non l’avessero fatto – possano farci caso.
Andrew Malloy non si scompone. «L’abbiamo deciso insieme, ma… ma il fatto che lei non ci sia più mi fa pensare che avrei dovuto insistere di più per tenerla con me».
«Ne eri molto innamorato?» Sam gli pone questa domanda con la sua classica espressione mortificata, da cucciolo abbandonato che fa sciogliere chiunque.
Infatti, Andrew sospira appena, abbassando gli occhi per qualche istante «Quello non conta. Non davvero» li rialza, fissando Sam «La verità è che quando ami qualcuno devi volere il suo bene. E se certe cose non coincidono più, bisogna lasciarlo andare» stringe le spalle, abbandonando la postura rigida «Vorrei solo aver avuto più tempo per passarlo con lei».
 
Quelle parole, per un motivo che vorrebbe gli sfuggisse, restano incastrate nel cervello di Dean creando un ronzio fastidioso, perciò perde un po’ di ciò che Sam gli domanda dopo, quando chiede conferma delle abitudini di Casey descritte da sua madre e altre domande random sul loro rapporto.
 
Se ne vanno dopo non molto e il tragitto fino al motel è piuttosto silenzioso; Ellie lo passa a rileggere i suoi appunti e Dean la spia dallo specchietto retrovisore di tanto in tanto, vedendola concentrata su quei foglietti. Ha un’espressione corrucciata e seriosa, come se avesse la sensazione che qualche tessera del puzzle non fosse al suo posto e stesse cercando di ricontrollare.
 
Anche Sam è taciturno e Dean non capisce se è perché non è convinto sul caso o per qualche altro motivo.
Quando rientrano in camera, il silenzio continua a regnare sovrano per un po’. Dean rientra per ultimo e dà un’occhiata in giro: la stanza non è tanto diversa da tante altre. È appena più grande, forse, ma con una disposizione di mobili che la fa sembrare tremendamente stretta: la porta d’ingresso addossata a un armadio posto alla sua destra, di fronte la porta del bagno, sulla parete sinistra il divano, quella davanti ai due letti e a destra, sotto la finestra, un tavolino addossato al muro e tre sedie. Per fortuna, pensa che dovranno rimanerci per poco.
Con la coda dell’occhio si accorge che Sam sembra più inquieto, come se dovesse dire qualcosa ma non sapesse come fare. Lo osserva togliersi la giacca e buttarla sul secondo dei due letti, quello posto più vicino alla finestra. «Sei ancora convinto che c’entri Champ, dopo aver ascoltato quel tipo?»
La domanda è sicuramente diretta a lui che, con le dita al nodo della cravatta, intento a scioglierlo, si volta nella direzione del fratello. Si trova di fronte all’altro letto e lo guarda un po’ perplesso. Stringe le spalle «Io sì. E penso che adesso ci riposiamo, facciamo qualche ricerca e stasera andiamo ad accopparlo».
 
Gli occhi di Sam si fanno più stretti e aguzzi, segno evidente del fatto che non è d’accordo. Ellie, che rientra con il borsone in mano, osserva la scena perplessa mentre si chiude la porta alle spalle.
«Beh, io non la penso così. A parte che non ci sono prove che quel mostro esista veramente… »
Dean sorride sghembo «È stato avvistato da più di una persona, anche recentemente. Che altre prove ti servono?»
«… e poi non credo che sia il responsabile della morte di Casey Williams».
Sam non sembra averlo ascoltato e Dean lo guarda perplesso «E chi sarebbe, allora?»
Ellie poggia il borsone sul letto e non apre bocca, mentre Sam sbuffa aria dal naso, pronto a parlare ancora «Andrew Malloy».
Dean lo guarda e gli viene quasi da ridere per quell’assurdità. Non riesce a trattenersi, infatti, e uno sbuffo divertito gli esce dalle labbra prima di poter evitare di esternarlo. «E questa come ti è venuta in mente?»
«A te è sembrato sconvolto?»
Dean piega le labbra in una smorfia pensierosa «Discretamente, sì».
«Beh, a me no. E non credo affatto alla storia della pausa di riflessione, perché non sta in piedi. Sandra Cain ce ne avrebbe parlato se fosse stata vera, e poi lui che ne sa che non era al corrente di nulla se non vedeva Casey da un po’?»
Dean si puntella i fianchi con entrambe le mani «Che stai insinuando?»
Sam stringe le labbra «Che Andrew Malloy l’ha uccisa. L’ha strangolata, magari per gelosia o perché lei l’ha lasciato. E che, se così fosse, questo non è un caso per noi».
Dean intreccia le braccia al petto, aggrottando la fronte «Mi stai dicendo che avremmo fatto tutta questa strada fin qui per niente? Che dovremmo andarcene?»
Sam fa spallucce, mentre Ellie continua a rovistare nel suo borsone in silenzio. «Forse sì».
Dean gli sorride ironico «Non se ne parla».
 
Sam allarga gli occhi «Pensaci un attimo: i segni sul collo, i lividi sulle braccia… quella ragazza è stata picchiata e forse a farlo è stato proprio Andrew». Dean continua a sorridere; effettivamente la sua teoria non è tanto stupida, ma il solo pensiero di dover lasciare il caso alla polizia lo irrita. E poi quel ragazzo gli è sembrato davvero provato, non stava facendo finta. A giudicare da come lo sta guardando suo fratello, però, forse non sta apprezzando il suo sarcasmo. Anzi, probabilmente gli stanno girando le scatole «Tu ti sei fissato con questa storia di Champ perché lo vuoi far fuori. Perché hai bisogno di qualcosa da uccidere. Ma devi guardare in faccia la realtà, Dean: non ci sono prove che quel mostro l’abbia ammazzata».
Il sorriso sul viso di Dean si spegne immediatamente. Ora non ha più tanta voglia di scherzare. Non che prima ne avesse a iosa, ma adesso non ne ha più di certo. «Quindi io avrei bisogno di qualcosa da uccidere?»
Sam rimane immobile «Sì. Perché sei arrabbiato, perché papà è morto ed è l’unico modo che ti viene in mente per esorcizzare la cosa» Dean lo guarda respirare a pieni polmoni, come se, insieme all’aria, cercasse di immagazzinare anche un po’ di coraggio. «Potresti anche parlarne, invece di fare così. Non devi gestire tutto da solo» respira ancora «Insomma, sappiamo tutti cosa provavi per nostro padre e—»
Questo discorso si sta allargando un po’ troppo e soprattutto sta andando decisamente troppo sul personale, perciò a Dean non resta altro da fare se non difendersi. «Perché, pensi che tu la stai affrontando meglio?»
Guarda Sam stringere gli occhi «Che vuoi dire?»
«Che non te la stai cavando bene. Affatto».
«Neanche tu».
«Almeno io non nutro un improvviso rispetto nei suoi confronti come stai facendo tu. Tutte quelle storie su “cosa papà voleva che facessi”… Hai passato tutta la vita a litigare con quell’uomo, è un po’ troppo tardi per sistemare le cose» lo dice praticamente urlando, ma non ce la fa più a contenersi, troppo incazzato e offeso dalle accuse di Sam che lo scruta stralunato, come se stesse cercando di mettere insieme ogni pezzo.
«Perché mi dici queste cose?»
«Perché devi essere onesto con te stesso, prima di scaricare la tua rabbia su di me. Non mi sto inventando nessun caso, so fare il mio lavoro… »
«Io non ho detto questo—»
«… e sto affrontando la morte di papà. Tu?»
 
Sam lo fissa con gli occhi vuoti e lucidi, colmi di tristezza. «Vado a prendere il pranzo» dice, e lo fa a denti stretti prima di voltarsi e aprire la porta per poi sbattersela dietro.
 
Ellie continua a rimanere in silenzio, tirando su la schiena. Si aspettava qualcosa del genere da quando ha visto che Dean continuava a insistere sul caso. In più, aveva capito che ci fosse un problema di fondo, tra i due, perciò è rimasta in disparte senza dire nulla e continuerebbe a farlo se solo non sentisse lo sguardo di Dean addosso.
Volta il viso nella sua direzione e lo guarda «Beh, non dici niente?»
Ellie sospira appena; forse Dean avrebbe bisogno di appoggio, in questo momento, che lei gli dica che ha ragione, ma non può farci niente se vede la cosa diversamente e decide di essere sincera. «Sai che non mi piace immischiarmi nelle cose della tua famiglia» fa una pausa, sempre più conscia di non riuscire a tenere il suo pensiero per sé. «Però… però credo che tu debba andarci piano con Sam». Lo guarda negli occhi e vi legge una certa delusione, ma non si pente di aver parlato. Non lo ha mai fatto finora, cercando di far placare il dolore di Dean, ma lui sembra voler scaricare tutto sul fratello – o su di lei, anche se in modo molto diverso – e questo non è giusto. Non trovando risposta, decide di proseguire «È vero che magari adesso si sente in colpa perché è stato via per due anni, però—»
«Poteva pensarci prima, quando io e papà avevamo bisogno di lui e lui era a fare il secchione» il suo tono è abbastanza aspro; Ellie espira, ma Dean non la lascia parlare «E poi sono solo stato sincero» distoglie lo sguardo, puntandolo sul nodo della cravatta che cerca di sciogliere con le dita. Ellie sa bene che è un tentativo per cercare di sfuggirle. «Lui e papà non sono mai andati d’accordo. Adesso che è morto vuole compiacerlo e mi sembra un po’ tardi, cazzo».
«Ognuno sente il dolore in modo diverso, Dean. Per me dovresti essere un po’ più comprensivo. Soprattutto considerando che Sam sta vivendo la stessa cosa che stai affrontando anche tu. Non sei l’unico ad aver perso qualcuno» si prende una piccola pausa e solo adesso capisce davvero cosa voleva dirle Janis con il suo consiglio. «E almeno lui ammette di non stare bene».
Dean si volta adesso, gli occhi rabbiosi e stanchi e le dita impegnate a slacciare i primi bottoni della camicia. «Io. Sto. Bene. Non chiedermelo più».
Ellie stringe le spalle «Se lo dici tu».
 
Abbassa la testa, prende dal suo borsone il suo beauty case pieno di creme, spazzole, shampoo e bagnoschiuma e si dirige in bagno, lasciandolo solo con i suoi pensieri. È sicura che abbia bisogno di schiarirseli.

 

[1] Considerando che nella serie non ci viene mostrato il momento in cui il cadavere di John viene “restituito” dall’ospedale ai ragazzi, ho pensato un po’ alla procedura italiana, che prevede che il corpo rimanga nella camera mortuaria per almeno un paio di giorni e che, passati questi, si possa fare il funerale. Per questo ho pensato che i ragazzi possano aver passato i primi due giorni dopo la scomparsa di John a vegliare il suo cadavere disteso su una barella d’acciaio di quelle che si usano in quelle sale.
[2] Non mi sembra che esista un finestrone che dà sulla rimessa delle auto, ma me lo sono inventato per rendere il dialogo tra Ellie e Sam un po’ più scenico XD
[3] La stanza a cui mi riferisco è quella che compare nell’episodio 6x04 “Weekend at Bobby’s” dove Bobby rinchiude un demone per estorcergli il vero nome di Crowley. La disposizione dei mobili e soprattutto la presenza della lavatrice, ovviamente, sono una mia invenzione XD
[4] Nell’episodio 2x02 “Everybody loves a clown”, si parla di vecchie carte di John e dei suoi telefoni, probabilmente recuperati dalla sua auto una volta usciti dall’ospedale. Non viene fatto accenno a questo fatto nella serie, ma l’ho menzionato perché è probabilmente avvenuto, sebbene non ci sia stato mostrato. Altrimenti Sam e Dean non avrebbero potuto accedere a quelle carte, non avendo John una fissa dimora dove nasconderle.
[5] Nella serie, Dean aggiusta la macchina nell’episodio 2x02 “Everybody loves a clown” ed è pronto a rimetterla su strada in quello successivo. Qui, considerando che ho saltato quei casi per non essere ripetitiva e gli ho dato più tempo per rimanere da Bobby, le cose vanno in maniera leggermente diversa.
[6] Quella del Lago Champlain è una leggenda metropolitana: si dice che nel lago viva questo mostro, Champ, ed è molto simile alla storia del Lago di Lochness. Vi sono stati avvistamenti nelle cittadine di Burlington e Plattsburgh, entrambe situate nel Vermont.
[7] Riferimento all’episodio 2x02 “Everybody loves a clown”, quando i Winchester mostrano ad Ash una cartella piena di fogli di giornale e altre scartoffie e dicono che è tutto il lavoro fatto da John nell’ultimo anno per trovare Occhi Gialli.
[8] Calcolando il tragitto con Google Maps, da Sioux Falls, South Dakota, per arrivare a Burlington, nel Vermont, sono necessarie più di ventitré ore in macchina. Facendo una sosta a Greenville, nell’Illinois, impiegano tre ore in più, per un totale di più di ventisei ore di viaggio.
[9] Alexx Woods è il medico legale fino alla sesta stagione nella serie CSI: Miami. È interpretata da Khandi Alexander. La particolarità del suo personaggio era quella di “parlare” con i cadaveri.  
[10] I cognomi usati sono quelli dei componenti dell’ultima formazione dei Genesis, rispettivamente di Phil Collins, Mark Rutherford e Tony Banks.

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Capitolo 27
*** Not your fault, but mine ***


Note: Dopo essere stata quasi puntuale per due settimane di fila, dovevo tornare alle vecchie abitudini… o no? Ma ancora non è mezzanotte, quindi mi ritengo in tempo XD
Buonasera! O meglio, buonanotte, visto che l’orario è quello in cui la palpebra cala pesantemente XD
Scusate per il ritardo e, soprattutto, scusate se non ho risposto alle ultime recensioni. Non ho avuto un minuto negli ultimi giorni, ma lo farò appena possibile.
Non ho avuto nemmeno tempo di revisionare il capitolo, quindi se ci sono castronerie siete pregati di segnalarle, le correggerò quanto prima :)
Detto questo, non mi dilungo oltre e vi lascio con il capitolo. Buona lettura e buon proseguimento di settimana, a mercoledì! :***

Capitolo 27: Not your fault, but mine
 
Rate yourself and rake yourself
Take all the courage you have left
and waste it on fixing all the problems
That you made in your own head

 
But it was not your fault but mine
And it was your heart on the line
I really fucked it up this time
Didn’t I, my dear?

 
(Little Lion Man – Mumford & Sons)
 
 
Fissa il foglio di giornale che tiene dritto davanti a sé reggendolo con la mano destra, soffermandosi a osservare con un’attenzione eccessiva la consistenza della pagina e il suo colore smorto, totalmente diverso dal bianco brillante della carta comune, insieme a ciò che c’è scritto sopra.
Il suo compito, in questo momento, dovrebbe essere quello di prendere un bel libro, uno di quelli pesanti che Sam si porta dietro con tanto orgoglio, sfogliarlo dalla prima all’ultima pagina e tentare di trovarci dentro qualcosa di interessante, che possa aiutarlo a scovare il colpevole dell’assassinio di una povera ragazza innocente. Invece, preferisce stare fisso su questo foglio di giornale e rileggere l’articolo che parla della sua scomparsa. Che è un po’ come ricominciare tutto da capo, in fondo.
 
È sdraiato sul letto della stanza di motel che divide con Ellie e Sam. Entrambi sono seduti di fronte a lui accanto al tavolo, gli occhi di lei dietro le lenti degli occhiali a leggere qualcosa sul suo pc e quelli di suo fratello, nascosti dalla frangia che da un po’ sta cominciando a scostare per vederci meglio, immersi in uno dei suoi volumi da collezione.
Loro stanno facendo ricerche, cosa che dovrebbe fare anche lui che, invece, preferisce ripartire da dove è cominciato tutto, per tentare di cogliere le sfumature che gli sono sfuggite.
 
Sul caso non hanno fatto particolari progressi. Né lui, che ha deciso di riprendere tutto dall’inizio e fare mente locale, né Ellie e Sam, che lavorano in coppia da ieri e procedono praticamente per conto loro, parlando a voce alta in modo che lui possa sentirli, anche se, in realtà, non è che gli presti così tanta attenzione. È abbastanza sicuro che, molto probabilmente, ne siano anche consapevoli, ma non sembrano intenzionati a cedere.
Non sono andati a stanare Champ, come lui avrebbe voluto, e non sono nemmeno più usciti dalla stanza del motel se non per andarsi a prendere la cena ieri sera e la colazione un’ora fa.
 
Da quando hanno discusso, Dean non ha parlato più con nessuno. Né con Ellie, né tantomeno con suo fratello. Non è sicuro al cento per cento di avere ragione, ma la sua è una questione di principio. E di orgoglio. Lo stesso che, solitamente, lo frega.
Che poi, quello con Ellie non è stato neanche un litigio, in fondo. Hanno solo due opinioni diverse dello stesso problema, ma Dean si aspettava un po’ più di sostegno, forse. O che, almeno per una volta, Ellie si schierasse dalla sua parte. Che poi non è un gioco di “alleanze” e quella che stanno affrontando non è una guerra, ma Dean è stanco di questo atteggiamento: protettivo nei confronti di Sam e accusatorio nei suoi, quando Sam non è un cucciolo da difendere e lui non è la bestia feroce. Vede solo le cose in modo diverso e, visto che ogni tanto ci prende, potrebbero anche dargliene atto, una volta tanto. Almeno lei. Perché è chiaro e piuttosto evidente che Sam sia diverso, ultimamente. E sì, probabilmente lo è anche lui che, però, almeno sta tentando di affrontare la cosa. O perlomeno così gli sembra.
Sta di fatto che Sam dovrebbe smetterla di stare ore e ore a pensare a quello che papà avrebbe voluto che lui facesse e comportarsi come sempre, perché questo atteggiamento di certo non glielo riporterà indietro. E non lo farà sentire meglio.
 
Almeno su una cosa Ellie ha ragione: Dean sa cosa sta passando e proprio per questo pensa di poter essere libero di potergli dire come la pensa. Fino a prova contraria, essere sinceri non è un reato e Sam, per di più, non è più un bambino a cui indorare una pillola amara. È adulto e intelligente e deve affrontare le cose per come sono.
 
Si volta verso la sua sinistra, dove ha appoggiato un altro paio di giornali. Stamattina, quando è andato a prendere la colazione, ha fatto la scorta e ha comprato tutti i quotidiani che parlavano di questa storia. Magari gli è sfuggito qualcosa, o non ha colto una sfumatura importante. Succede anche ai migliori, soprattutto considerando che, di solito, di questa parte noiosa se ne occupano Sam o Ellie.
 
Sa benissimo che sta agendo per orgoglio, ma anche per “amore della verità”, in un certo senso. Non riesce ad accettare l’idea di essersi fatto imbambolare da un ragazzino anche se, in realtà, in parte deve ammettere che, se fosse, un po’ è anche colpa sua. Si è distratto, mentre lo ascoltava parlare, perché ha detto una cosa che gli è rimasta particolarmente impressa: quando ami qualcuno devi volere il suo bene e, se le cose non coincidono più, devi lasciarlo andare. Quelle parole gli si sono incastrate dentro con più forza di quanto avrebbero dovuto, con talmente tanta insistenza da essere rimasto a rimuginarci parecchio anche stanotte, quando hanno deciso di concedersi qualche ora di sonno per essere un po’ più riposati stamattina e lavorare meglio. Dean, anziché dormire, ha speso quel tempo per pensare: alla sua vita, a Ellie – che gli dormiva accanto e gli dava le spalle mentre lui era steso a pancia in su, gli occhi rivolti al soffitto – e alle parole di suo padre, che scavano ancora dentro di lui come se gliele avesse dette ieri e non più di un mese fa.
È più forte di lui: non riesce a smettere di pensarci e, quando mette tutte le cose insieme, ciò che ne esce non è un quadro edificante.
 
Per quanto sia preso da Ellie e sia felice della loro storia – che, nonostante gli alti e bassi, peraltro tipici di qualsiasi rapporto, procede meglio di quanto si sarebbe mai immaginato –, non riesce a non pensare che, se volesse, Ellie potrebbe avere molto di più. È un dato di fatto: Dean è un cacciatore, butta tutto se stesso nella caccia perché è la cosa che conta di più, dopo la sua famiglia, per lui e lei non dovrebbe sorbirsi tutto ciò, tutta la sua rabbia per quelle bestie che gli hanno rovinato l’infanzia e che per lei, avendo ottenuto la sua vendetta, dovrebbero non essere più un problema.
 
Non è mai stato un segreto: Ellie ha cominciato a cacciare per affiancare Jim, per stargli vicino e per costruire un rapporto con lui, la cosa più simile a quello che aveva con sua madre, per quanto impossibile considerando com’era Jim – anche se lei, soprattutto inizialmente, non poteva saperlo. Ora che lui non c’è più e che Ellie ha avuto ciò che voleva – una vendetta, anche se comunque non è stata appagante come aveva desiderato –, sarebbe dovuta uscire da questo giro, cambiare aria e tornare a condurre una vita normale, quella che aveva. Glielo ha detto anche lei – per quanto abbia cercato di porre l’accento su altro, la notte in cui glielo ha chiesto – che cacciare da sola non sarebbe stato semplice e che probabilmente avrebbe cercato un’alternativa, se non avesse avuto Dean al suo fianco. E lui si sente di tenerla in gabbia, in qualche modo, di tenerla legata a sé e di non darle la vita che probabilmente vorrebbe se avesse a fianco un ragazzo normale, che fa un lavoro normale e che non vaga di notte per andare a stanare i mostri che si nascondono nell’ombra. Non è giusto trascinarla in una cosa del genere, non più. Anzi, forse non lo era neanche prima, a dire la verità, e adesso se ne sta convincendo giorno dopo giorno.
 
Si era arrabbiato tanto quando suo padre gli aveva detto in quel modo, dopo che Ellie era stata rapita da quei vampiri. La verità, però, è che l’aveva colto nel vivo.
 
Prima di conoscerla, il futuro per lui non era un problema: ogni mattina si alzava con la consapevolezza che una pallottola, prima o poi, gli si sarebbe conficcata nel cranio e che non sarebbe arrivato a invecchiare. Non era una grande aspettativa di vita, per carità, ma aveva imparato a conviverci. E gli piaceva pure, in un certo senso: nessuna preoccupazione per il futuro, nessuna aspettativa. Ora che c’è Ellie, invece, non può fare a meno di preoccuparsi per lei, di pensare al domani come un qualcosa da affrontare. Anche per Sam era così – Dean è il più grande e ha sempre dovuto badare a lui, è sempre stato una sua responsabilità, perciò non poteva permettersi di venire a mancare –, ma adesso è ancora differente, soprattutto perché Sam è adulto e sa badare a se stesso mentre Ellie è rimasta sola al mondo, non ha che lui – e Bobby, ma non è la stessa cosa – e in Dean si è stabilito un meccanismo che lo induce a volerla proteggere sempre, in ogni situazione.
 
Per questo le parole di Andrew Malloy gli sono entrate tanto dentro. Perché ci si è rivisto, in qualche modo, ci si è specchiato e ha trovato qualcosa che potesse assomigliare a una soluzione al suo problema.
Non che l’idea lo entusiasmi. Anzi, tutto il contrario, e dovrà rifletterci ancora a lungo, perché vorrebbe trovare altre strade, qualcos’altro a cui aggrapparsi perché lasciarla andare stavolta vorrebbe dire perderla per sempre e non crede di essere pronto a qualcosa di tanto drastico. Intanto, però, può ragionarci su.
 
Non sono le parole di suo padre ad averlo fatto arrivare a questa conclusione; non è diventato come Sam, che prima disprezzava lui e i suoi ordini e ora rincorre il suo ricordo tentando così di poter fare ammenda. La verità è che lui aveva capito che il problema si sarebbe presentato, prima o poi. E, considerando come vanno le cose nella sua testa, adesso, può dire che non aveva tanto torto.
 
Non è il solo pensiero a tormentarlo, in realtà. Non ha detto niente a nessuno, men che meno a Sam, ma papà gli ha detto una cosa, prima di morire. Una cosa che gli fa venire una serie di brividi lungo la schiena al solo ripensarci. Una cosa che Dean, in un modo o nell’altro, dovrà portarsi nella tomba, perché mai e poi mai potrà anche solo pensare di compiere ciò che suo padre gli ha detto di fare con le lacrime agli occhi e la voce che era quasi un sussurro. Non potrebbe farlo mai. E non vorrebbe mai dirlo a Sam. Non solo perché ha promesso di tacere, ma anche perché il solo pensiero di lasciargli intuire che suo padre abbia detto una cosa simile lo farebbe sentire uno schifo. La stessa cosa che prova anche Dean al quale, in un certo senso, sentirgli pronunciare quelle parole gli ha fatto male quasi quanto vederlo morire.   
 
Anche se è tremendamente lontano dall’ammetterlo a voce alta, è stata una brutta botta per Dean. Se lo poteva aspettare quando papà ha affrontato Meg a muso duro, quando lui e Sam l’hanno trovato su quel letto con braccia e gambe spalancate, che Dean sentiva il cuore scoppiargli dal petto quando non riusciva a sentire il suo battito [1], ma non se lo aspettava adesso. Non ora che suo padre aveva ripreso le forze e il massimo che aveva era un braccio rotto, un niente per uno come lui. E indagare il come sia potuto succedere gli fa ancora più male, considerando che la risposta che si dà è più dolorosa di una coltellata al centro del petto.
 
Si distrae da quel pensiero fastidioso – qualcosa che cerca di fare spesso, ultimamente – prendendo un altro giornale, muovendo le pagine velocemente – il fruscio della carta che riempie il momentaneo silenzio della stanza – fino ad arrivare a quella che gli interessa. Scorre l’articolo con gli occhi, trovandolo per molte parti uguale agli altri, ma si sofferma su un punto più avanti, quasi in fondo alla pagina: il ritrovamento della ragazza morta. Il giornalista incaricato – un tale John Scott – ha riportato un dettaglio in più rispetto ai precedenti: Casey Williams è stata rinvenuta sì sulla riva del lago ma, da ciò che è emerso dagli ultimi controlli della polizia, sembra che sia stata spostata fino a lì, come se qualcuno ce l’avesse portata. Il tutto sarebbe emerso perché sono state rinvenute delle tracce di scarponi non molto lontano da dove è stata ritrovata la ragazza. Evidentemente il suo assassino – perché, ormai, chiaramente di questo si tratta –, per la fretta e la paura di essere scoperto, ha dimenticato di cancellare tutte le sue orme.
 
Se il cadavere è stato trasportato sulla riva del lago, questo esclude automaticamente Champ dalla rosa degli indiziati. E la restringe a… un solo sospettato.
Dean sospira forte, passandosi le dita sugli occhi. Stenta a credere di essersi fatto infinocchiare così.
 
Ha bisogno di un’altra conferma, però, di una prova concreta, qualcosa che gli dia la certezza assoluta che Andrew Malloy ha davvero ucciso Casey Williams. Non fatica molto a realizzare dove trovarla, così appoggia il giornale che aveva in grembo accanto agli altri, lasciandoli lì alla rinfusa, e si alza per poi dirigersi verso l’appendiabiti e prendere la giacca di pelle.
 
«Dove vai?» la voce di Ellie lo scuote appena, facendolo voltare nella sua direzione. La trova a guardarlo con gli occhi confusi e Dean storce la bocca in una smorfia mesta «A fare un giro». Si volta di nuovo e, senza aspettare una risposta, esce dalla stanza e si sbatte la porta alle spalle. Non ha tempo né voglia di condividere le sue intuizioni. Non adesso.
 
Si avvia all’Impala, monta e mette in moto, dirigendosi fuori dal parcheggio antistante al motel con una velocità piuttosto sostenuta, tant’è che le ruote dell’auto fanno un fischio quando si immette sulla carreggiata. Dovrebbe andare più piano, ma ha una discreta fretta di sapere qualcosa di più, di capire.
 
Arriva velocemente a destinazione e parcheggia di fronte alla struttura dell’obitorio. Scende e attraversa la strada per poi entrare e chiedere della dottoressa Angela Murphy, il medico legale che gli ha mostrato il corpo di Casey Williams l’altro giorno. Quando la segretaria – bruttina, con i capelli raccolti in una coda storta e un cardigan prugna che non avrebbe indossato nemmeno sua nonna – gliela chiama, pensa che, per una volta, Dio ha buttato un occhio verso il basso e, vedendolo così trafelato, ha deciso di dargli una mano. Se così fosse sarebbe davvero una bella novità, sicuramente la migliore della mattinata.
 
La vede comparirgli di fronte poco dopo con un sorriso smagliante sul viso. «Agente Banks, che piacere rivederla… mi dica».
 
La dottoressa Murphy sotto il camice indossa una maglietta celestina con uno scollo a V, un paio di jeans attillati e gli sorride come se lo conoscesse da tempo. Dean si limita a ricambiare, seppur con meno slancio, pensando che se non fosse così arrabbiato probabilmente avrebbe fatto del suo meglio per essere gentile con lei. Molto gentile, al punto di farle girare la testa fino a farle perdere il contatto con la terra ferma. Ma non è questo che vuole e non perché ora sta con Ellie. O meglio, non solo. La verità è che è incazzato perché suo padre è morto e anche se cerca di distrarsi, di lavorare e di tenere la testa occupata per non pensarci, non riesce a farlo, non riesce a tenersi alla larga dal come sia morto, qualcosa che lo fa sentire così in colpa perché ha capito che non c’è solo il demone dietro alla sua scomparsa, c’è qualcos’altro, una volontà forte e uno spirito di sacrificio che non si merita e tutto ciò lo fa stare da cani. È questo il vero motivo per cui non ci proverebbe con questa bella ragazza che continua a sorridergli in modo gentile e questo solo pensiero gli fa provare una sensazione così sgradevole tra il petto e lo stomaco, qualcosa di tremendamente fastidioso a cui, però, non vuole dare troppo peso. O almeno non adesso.
 
Scuote appena la testa, cercando di togliersi quei fastidiosi pensieri di dosso. Sorride alla dottoressa Murphy cercando di celare ogni amarezza che porta nel cuore. «Volevo… volevo sapere se c’erano notizie dell’autopsia di Casey Williams».
La dottoressa arriccia il naso, stringendo le cartelle colorate al petto «Sì, ci sono… mi segua».
 
Dean annuisce e le va dietro, osservandola camminare fino al suo ufficio. Lei fa il giro della scrivania e poggia le cartelle per poi prenderne un altro paio e aprirle, forse per individuare quella giusta.
Ne approfitta per guardarsi intorno: l’ufficio è piccolo, ma non per questo poco accogliente. Alla sinistra della porta c’è la scrivania su cui sono disposti in modo ordinato il computer e una pila di cartelle colorate. Probabilmente di vecchi casi. A destra, accanto al muro è posto un armadio con una vetrina su cui giacciono dei raccoglitori ad anelli grigi sul cui dorso sono poste delle etichette. In fondo alla stanza, di fronte alla porta, una finestra aperta e a terra una pianta di quelle con le foglie lunghe e appuntite. Tipo delle palme in miniatura; Dean non sa di certo come si chiamano e non gli interessa nemmeno saperlo, al momento.
 
«Oh, ecco qui» la voce della dottoressa lo riporta alla realtà e Dean la guarda, donandole la sua completa attenzione. Lei legge dalla cartella «Ecco qua» fa una pausa e lo guarda negli occhi «La ragazza è stata chiaramente aggredita e abbiamo accertato che è morta per soffocamento». A Dean si gela il sangue «A colpo d’occhio, i morsi che ha riportato su entrambi gli interno coscia ci hanno depistato, ma sì, è chiaro che sia quella la ragione per cui—»
«E da chi sono stati causati?» La dottoressa lo guarda confusa «I morsi, intendo».
«Questo non è ancora chiaro. L’unica certezza che abbiamo è che sia stata uccisa con qualcosa di sottile, come un cordino o un filo di ferro teso».
Dean deglutisce, stringendo i pugni. Maledetto bugiardo figlio di puttana. Abbozza un sorriso nella direzione della dottoressa «Bene, la ringrazio».
Fa per uscire quando la sua voce lo richiama «Non sapevo che gli agenti dell'FBI girassero in borghese quando sono in servizio».
Dean si volta appena nella sua direzione. Non si è cambiato perché aveva fretta e perché poi Ellie e Sam l’avrebbero seguito, cosa che non voleva accadesse. «Ero già in giro e non sono tornato indietro a cambiarmi. È un problema?»
La dottoressa gli sorride «No, affatto. Mi chiedevo solo se fosse una cosa di prassi».
«No. È solo l’eccezione che conferma la regola».
La osserva ridacchiare, mettendo una mano davanti alla bocca. «Credo che mi piacerebbe conoscerla, questa regola. Magari davanti a una tazza di caffè» stringe una delle sue cartelle tra le dita, sembra leggermente nervosa «Sa, qui di agenti ne passano tanti e mi piacerebbe… saperne di più, diciamo così».
Dean sorride a sua volta, lusingato e al contempo un po’ in imbarazzo. «E alla mia ragazza glielo dice lei?»
 
Il sorriso convinto di Angela Murphy sparisce immediatamente dal suo bel viso, sostituito da un’espressione più mesta. Dean stringe le labbra in una linea sottile e le fa un cenno con la testa prima di voltarsi ancora e sparire oltre la porta.
 
Per quanto gli sarebbe piaciuto approfondire la conoscenza della bella dottoressa – o medico legale che dir si voglia –, non potrebbe mai fare una cosa simile a Ellie. Mettendocisi insieme ha deciso di esserle fedele e di non voler tradire né lei né tantomeno la sua fiducia, perciò va bene così. In fin dei conti, quando è capitata una cosa simile a parti inverse – con quel tizio che lavorava al museo di cui non ricorda mai il nome – Ellie gli ha dimostrato che di lei si può fidare, perciò non ha motivo di non dover fare lo stesso.
 
Esce dall’obitorio più incazzato che mai, deciso a farla pagare a quel figlio di puttana. Dopo la spiegazione della dottoressa, la faccenda gli è molto più chiara: probabilmente Casey e Andrew si sono visti per parlare, lui non ha gradito ciò che lei gli ha detto e l’ha fatta fuori. Poi l’ha portata in riva al lago, per farlo passare per un incidente, come se qualche malavitoso potesse aggredire una ragazza così giovane e lasciarla lì come un vecchio sacco dell’immondizia. E questo Dean non lo perdonerebbe a nessuno, ma soprattutto a uno che lo aveva preso in giro con un’espressione serafica e pacifica, che si era preso gioco di lui. E sì, forse la sta prendendo un po’ troppo sul personale, ma non può farci niente. Sa anche che, a questo punto, il caso non dovrebbe più competergli, ma ormai è in ballo e non vuole di certo lasciare le cose per aria. Ha preso a cuore la faccenda e non intende lasciarla in sospeso.

Monta nuovamente sull’Impala e mette in moto, diretto all’appartamento di Andrew Malloy. Fortunatamente si ricorda piuttosto bene la strada, perciò non ha bisogno di prendere né la cartina né altro per orientarsi e trova la palazzina abbastanza velocemente.
Smonta dall’auto e si avvia al portone d’ingresso che trova aperto. Altra botta di fortuna della mattinata. Segno che, probabilmente, la fregatura è dietro l’angolo. Gli viene spontaneo pensarlo, soprattutto considerando che lui, di fortuna, non ne ha mai avuta tanta nella vita. Men che meno ultimamente.
Sale le scale e, una volta arrivato di fronte alla porta dell’appartamento di Andrew, bussa un paio di volte in modo deciso, due colpi sicuri sul legno chiaro. L’attesa non è molto lunga e qualche secondo dopo Dean si ritrova davanti il viso scavato e segnato – forse dal dolore, più probabilmente dal rimorso – di Andrew Malloy che lo osserva con un’espressione interrogativa in volto.
«Agente Banks? Che… che ci fa qui?»
Dean tira le labbra in un sorriso di circostanza «Volevo assicurarmi che stessi bene. Ieri mi sei sembrato piuttosto provato» si passa una mano sotto il mento «E porti un altro paio di domande. Posso entrare? »
Andrew stringe appena le spalle, un movimento quasi impercettibile, e si sposta per farlo passare. «Prego».
 
Dean s’incammina all’interno dell’appartamento, guardandosi intorno. A parte il caos che c’era anche l’altro giorno, c’è una cosa diversa che non può fare a meno di notare: la valigia aperta poggiata accanto al divano. Non c’era, l’ultima volta che è stato qui. Ne è praticamente certo.

Guarda Andrew negli occhi «Sei in partenza?»
Lui annuisce «Sì. Questa città mi ricorda troppe cose».
«Immagino» si muove circospetto, fissando la stanza per cercare qualche altro dettaglio significativo. La voglia di fuga è un altro punto a suo sfavore. «Non credo di avertelo chiesto ieri, ma… dove ti trovavi la notte in cui è morta Casey?»
Andrew, in piedi accanto al tavolo, lo fissa in modo strano. «Qui, a casa».
«Da solo?»
Dean lo guarda stringere le spalle «Sì. Ho visto un film e poi sono andato a dormire».
Lo osserva circospetto. Mai rimanere a casa da soli nella notte di un delitto, è l’alibi più fasullo del mondo. «Ti ricordi quale fosse?»
Andrew storce la bocca in una smorfia indecisa. Ci stai pensando troppo «“Forrest Gump”» e hai appena detto la prima cazzata che ti è venuta in mente. Sorride appena, in modo spaesato e innocente. «Perché tutte queste domande?»
Dean fa spallucce. Gli si avvicina, l’angolo sinistro delle labbra in su a formare un ghigno. «Perché è il mio lavoro. E mi piace farlo bene».
 
Il pugno che colpisce Andrew in pieno viso lo coglie impreparato, tanto che cade immediatamente a terra come una pera cotta. Cerca di reagire, poco dopo, provando a tirare su le braccia per alzarsi in piedi, ma la botta che gli dà Dean in testa serve a dargli il colpo di grazia. Lo osserva dall’alto, lo sguardo greve e cupo. Adesso mi servi incosciente.

Mezz’ora dopo, Andrew Malloy è seduto su una sedia, le mani legate dietro la schiena e le gambe ben ancorate alle zampe della stessa con uno spesso nastro isolante grigio. La testa gli ciondola verso il basso e sulla guancia sinistra spunta un bel livido violaceo.

Dean lo osserva, i pugni chiusi e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Ha picchiato e ucciso tanti di quei mostri nella sua vita che non ne conta più il numero da un pezzo, ma un essere umano… non c’è mai stata una prima volta. E non vuole che accada oggi, con questo ragazzo poco più che ventenne che ha sbagliato e deve pagare in altri modi le conseguenze di ciò che ha fatto. Certo è che avrebbe una discreta voglia di fargli del male, di sfogare su di lui quella rabbia che porta dentro. Sarebbe perfetto come sacco da boxe.

Il senso del dovere gli impone di fare diversamente, purtroppo, ma quando gli molla una sberla in pieno viso per destarlo, sicuramente uno sfizio se lo toglie. Lo guarda riacquistare i sensi e boccheggiare, gli occhi spalancati e spaesati.
«Non voglio farti del male» si limita a precisare, scrutandolo dall’alto «Voglio solo sapere perché hai ammazzato quella ragazza».
Andrew, visibilmente sconvolto dalla sua dichiarazione – o da quello che ha appena supposto, Dean non può dirlo –, lo guarda stralunato «Ma che si è fumato? Io—»
«Non fare il finto tonto con me. Mi hai fregato una volta, non pensare che sia semplice farlo di nuovo» lo scruta a fondo: nei suoi occhi c’è perplessità e smarrimento, ma nemmeno l’ombra di pentimento. Si lecca le labbra con meditata lentezza, mentre infila la mano sinistra dentro la rispettiva tasca della giacca, cercando con il pollice il bottone giusto del piccolo aggeggio grigio che ha comprato qualche tempo fa, pensando che prima o poi sarebbe potuto essergli utile.
Si tratta di un piccolo registratore, di quelli portatili con le cassette. Non l’aveva mai usato fino ad ora, ma stavolta pensa sia la volta buona. Tocca il bottone per cominciare a registrare e guarda Andrew negli occhi «So che sei stato tu. Vi siete visti, avete litigato… non sei riuscito ad accettare l’idea che ti stesse lasciando e l’hai fatta fuori. Poi l’hai portata in riva al lago, sperando che avrebbero accusato qualcun altro. O che Champ se la sarebbe mangiata».
A quelle parole, lo sguardo di Andrew Malloy diventa affilato come una lama. Guarda Dean con gli occhi piccoli, le palpebre ridotte a due fessure. «Non è andata così».
«E allora dimmelo tu, com’è andata. Ma non puoi negare di esserci dentro fino al collo».
Dean guarda Andrew cercare di allentare il nastro adesivo che gli tiene imprigionati i polsi. «Erano due settimane che non mi parlava. Mi evitava, non rispondeva alle mie chiamate e si faceva negare quando andavo a cercarla a casa. Stavo impazzendo. Pensavo vedesse qualcun altro» scuote la testa, un ghigno dipinto sul volto «Poi finalmente è venuta da me e mi ha parlato. Mi ha detto che non voleva più stare con me e che aveva smesso di amarmi. Io non c’ho visto più e—»
«E l’hai picchiata».
Andrew lo guarda stralunato «Mi stava dicendo delle cose assurde».
Dean sbuffa «L’hai fatto per questo?»
«No. Non volevo farle male. È stato… è st-stato un incidente».
Dean sorride sghembo «Certo, come no. E immagino che lo sia stato anche ammazzarla».
Andrew Malloy scuote la testa, dispiaciuto «No, io—» ma non fa in tempo ad aggiungere nulla che un paio di colpi alla porta distraggono sia lui che Dean che si volta di scatto. Rimane per qualche istante in attesa, in silenzio. L’idea che sia un parente o magari un complice di Andrew Malloy, intento a farlo scappare, un po’ lo spaventa. Non che non sia in grado di affrontarlo, se così fosse, ma è una complicazione che sarebbe meglio evitare. Poi i colpi riprendono, ma stavolta sono accompagnati da una voce che conosce.
«Dean!» è Sam a chiamarlo per nome, bussando ancora una volta forte contro il legno della porta. È certamente sollevato, da una parte – meglio loro che qualcuno che l’avrebbe potuto mettere nei guai, come un parente del ragazzo o la polizia –, mentre dall’altra significa che anche loro sono arrivati alla sua conclusione. La stessa che, però, lui ha raggiunto senza dirgli nulla. «Dean!» la voce risuona ancora al di fuori della porta, insieme a un altro paio di colpi un po’ più decisi e Dean si decide ad avvicinarsi e ad aprire la porta.
 
Appena lo fa, ciò che si trova di fronte è la faccia scura di Sam – che sembra incazzato nero – e quella preoccupata di Ellie, che lo guarda con gli occhi mesti. Chissà che sta pensando di lui a vederlo così.
Sorride sghembo, fingendo che sia tutto a posto. «Ecco i miei rinforzi» ma né Ellie né Sam sembrano voler stare al suo gioco. Sam, dal canto suo, entra nella stanza scostandolo con una sonora spallata che Dean incassa stringendo i denti. Da quando suo fratello è diventato così forzuto?
 
«Che è successo qui?» Ellie lo chiede quasi sottovoce, guardandolo negli occhi mentre supera la porta. Dean se la chiude alle spalle e posa lo sguardo altrove, verso la figura di Sam che sta esaminando con accuratezza – fin troppa – il modo in cui è ridotto il viso di Andrew.
Si lecca le labbra, provando a mettere in piedi un discorso sensato. «Sono stato dal medico legale. Mi ha detto—»
«Che Casey è morta per strangolamento» è Sam a finire la frase per lui. «Ci siamo stati anche noi» lo guarda dritto negli occhi, incazzato come un puma.
Dean sbuffa, irritato dall’atteggiamento del fratello. Soprattutto quando lo vede continuare ad analizzare con un po’ troppa cura il volto di Andrew Malloy. «Piantala di fare la crocerossina. Non gli ho fatto niente di che. Anzi, se non si muove a confessare allora sì che potrei diventare cattivo». Guarda il ragazzo smuoversi sulla sedia. «Andiamo. Lo sappiamo tutti e quattro che sei stato tu ad ammazzare Casey. Nessun altro avrebbe avuto lo stesso motivo per farlo e l’hai detto tu stesso che le cose non andavano bene tra di voi».
«Sì, è vero. Ma non l’avrei mai sfiorata se mi avesse dato un’altra chance».
«Probabilmente, invece, te ne ha data una di troppo» Dean lo guarda in cagnesco «Non è così?»
Osserva Andrew rilassare le spalle e sospirare afflitto. Ormai è nelle sue mani «Ci eravamo lasciati in malo modo, l’ultima volta che ci eravamo visti. Volevo che mi desse un’altra possibilità, avevo estremo bisogno di parlarle. Le ho chiesto un incontro e ho dovuto insistere un po’ perché accettasse. Alla fine, l’ha fatto. Mi aspettavo un po’ di apertura da parte sua, visto che aveva accettato di vedermi, invece mi si è scagliata contro, dicendomi che non voleva saperne di tornare insieme, che dopo quello che le avevo fatto non sarebbe tornata indietro. E lì proprio non c’ho visto più» sospira ancora, la testa ciondolante da un lato. «Avevo un pezzetto di filo di ferro in tasca e gliel’ho messo al collo e non mi sono fermato finché—»
«Finché non ha smesso di respirare» Sam conclude per lui, sbuffando aria dal naso in modo afflitto. «E l’hai portata al lago per non destare sospetti».
«Sì. Era un luogo in cui andava spesso quando aveva bisogno di pensare, chiunque la conosceva ne era al corrente. E io stesso più volte le avevo chiesto di non andare la sera tardi, per via dei barboni e di Champ» sorride appena, come divertito da chissà cosa. «Anche se è solo una leggenda, qui in molti ci credono. Pensavo potesse essere una storia buona per i giornali: “Giovane studentessa aggredita dal mostro del lago”. Sarebbe stato plausibile».
Dean spegne il registratore. Ormai ha tutte le informazioni che gli servono. «Per chi non caccia i mostri di mestiere forse sì» Andrew lo guarda perplesso, ovviamente senza comprendere la sua battuta. «Ma ti è andata male» estrae il registratore dalla tasca della giacca e ne rimuove la cassetta, per poi appoggiarla sul tavolo, in un posto abbastanza lontano perché Andrew non possa raggiungerla e rovinarla in nessun modo nel remoto caso in cui riuscisse a liberarsi. «Chiama la polizia, Ellie».
Sam lo osserva con una faccia scura «Come scusa?» e Dean lo fissa, impassibile, indicando il nastro sul tavolo. «Qui c’è la sua confessione. Non voglio fare il lavoro degli altri: ora ci penserà chi di dovere».
 
Si muove verso la porta e la apre per poi uscire dalla stanza, inspirando profondamente. Finalmente può mettere una pietra sopra questo caso che, per quanto non gli abbia tolto la voglia di menare le mani, almeno si è risolto per il meglio, con il cattivo di turno al fresco – presto, almeno – e un problema in meno sulla coscienza.
Non fa in tempo a rilassarsi, però, che si sente afferrare per entrambe le spalle e si ritrova nel giro di qualche secondo con la schiena contro il muro e lo sguardo minaccioso di suo fratello a un palmo dal viso.
«Che ti è saltato in mente?» Sam è decisamente fuori dalla grazia di Dio: ha gli occhi fuori dalle orbite, lo tiene saldamente per le spalle con entrambe le mani e Dean è sicuro che, se potesse, lo sbranerebbe come farebbe un leone affamato con una povera gazzella. Dietro di lui, Ellie osserva quella scena con gli occhi pieni di preoccupazione.
Dean fa comunque finta di non sapere quale sia il suo problema. «Di che parli?»
«Lo sai, benissimo: venire qui, architettare tutta questa messa in scena… Che ti è saltato in mente?»
Stringe le labbra tra i denti «Niente di insolito. Sono solo andato a verificare di persona che—»
«Che sei un idiota. Potevi parlarne con noi e ci saremmo venuti insieme, invece sei un orgoglioso del cazzo» lo guarda con gli occhi pieni di rabbia «Ti sei offeso perché ti ho detto in quel modo e non me la volevi dare vinta».
Dean sbuffa aria dal naso «Andiamo, Sam, non ho cinque anni».
«Ma sei altrettanto testardo, maledizione» sbuffa appena, ancora irritato «Quel tizio là dentro poteva essere pericoloso, poteva farti del male».
Sorride sghembo «È un essere umano. Non è che—»
«Un essere umano che ha ammazzato una persona a mani nude! Perché con te avrebbe dovuto fare un’eccezione?» Dean boccheggia un istante senza trovare la risposta «Ecco» guarda il fratello sospirare e allentare appena la presa sulle sue spalle. Il suo sguardo si fa un po’ più comprensivo «Siamo una squadra, dannazione. Non puoi fare il cazzo che ti pare da solo. Cioè, potresti, ma sarebbe meglio affrontare queste situazioni insieme. Come abbiamo sempre fatto». Dean non risponde, in qualche modo colpito dalle parole del fratello che sbuffa appena. «Devi smetterla di fare così, soprattutto di fare cose avventate» lo guarda dritto negli occhi «Lo so che c’entra papà. E che molto dipende da quello che è successo, ma—»
A quelle parole, Dean lo fulmina con lo sguardo, senza lasciarlo finire. «Piantala con questa storia perché ti giuro che—»
«No, piantala tu. È chiaro a tutti noi che ti sta uccidendo. Non parli con me, non so se parli con lei» indica Ellie alle sue spalle «Ma ti rifiuti di dire come stanno le cose. Sebbene non ci voglia un genio a capirlo». Deglutisce, abbassando lo sguardo per un attimo per poi riportare gli occhi su di lui «Avevi ragione su di me, l’altro giorno: quello che sto facendo ora è troppo poco. E soprattutto è troppo tardi. Per quello che ne so, papà è morto pensando che lo odiassi» deglutisce nuovamente, gli occhi quasi lucidi «Ma almeno ho le palle di ammettere che non sto bene. [2] Siamo sulla stessa barca, Dean: perché vuoi affondare da solo?»
 
Ancora una volta non riesce a rispondere, profondamente colpito dalle parole di Sammy. Lo guarda allontanarsi e lasciare la presa su di lui prima di voltarsi e incamminarsi a passi svelti verso l’uscita. Punta gli occhi su Ellie che lo guarda fisso, l’espressione quasi mortificata di chi ha sentito una conversazione intima, più che spiacevole.
Dean sa bene che non le piace troppo immischiarsi nei problemi suoi e di Sam, perciò sicuramente si sente quasi in colpa per essere stata costretta ad ascoltare tutto.
 
La guarda stringere le labbra in una linea sottile e avvicinarsi, ma Dean le dà le spalle prima che possa dirgli qualcosa, incamminandosi anche lui verso la rampa di scale che lo porta fuori dal palazzo.
La sente andargli dietro e telefonare alla polizia per mandare una segnalazione anonima, proprio come lui le aveva ordinato. Il caso, dunque, almeno per loro, è ufficialmente chiuso.
 
*
 
Beve un sorso della sua birra ghiacciata e fissa l’orizzonte davanti a lui, posando gli occhi sulle insenature più o meno piccole che può vedere anche da quella distanza. È seduto su una panchina di fronte al lago Champlain, gli occhiali da sole sul naso e la bottiglia stretta tra le dita della mano destra.
Sono quasi le nove del mattino ed è presto per cominciare a bere, ma oggi gli gira così.
 
Dean posa lo sguardo sul giornale poggiato sul legno della panchina, alla sua sinistra. Il titolo in prima pagina è chiaro: “Scovato l’assassino di Casey Williams: era il fidanzato”.
L’ha letto da cima a fondo due volte di fila, nonostante ci fosse scritto quello che lui sa già molto bene, avendo assistito a tutta la scena: che Andrew Malloy ha mentito alla polizia, che è stata una ragazza con la voce un po’ contraffatta – Ellie aveva messo la mano davanti alla bocca per camuffare la sua il più possibile – a fare una soffiata anonima e che è stato trovato un nastro nella casa dell’assassino dove c’era la sua intera confessione. Ciò che non sapeva è che Andrew ha provato a denunciarli perché lo avevano aggredito e legato come un salame, ma la polizia sembra avergli dato poco ascolto. In fondo, si tratta della “confessione di uno squilibrato in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi per uscirne pulito”. O almeno è questo quello che scriveva John Scott, il giornalista ancora una volta incaricato di parlare della vicenda.
Certo è che gli aggressori sono chiaramente ricercati, poiché è chiaro a tutti che qualcuno deve aver legato Andrew Malloy e costretto a confessare, perciò stamattina è bene che se ne vadano.
Dean, però, ha già fatto i bagagli – come al solito, toglie poche cose dal borsone, perciò aveva poco da fare – e se n’è andato per lasciare a Sam e ad Ellie lo spazio per mettere a posto le loro cose. In più voleva prendere un po’ d’aria e per farlo, qui a Burlington, non c’è posto migliore della riva del lago.
 
Osserva il panorama: l’acqua placida, l’erba smossa appena dalla brezza, una piccola imbarcazione che parte dal pontile poco più distante, alla sua destra, e si muove verso l’orizzonte e non può fare a meno di pensare quando è stata l’ultima volta che si è seduto di fronte a un posto così. Se lo ricorda bene: era un paio d’anni fa e c’era lui, disperato per la mancanza di Sammy, e al suo fianco quella che considerava una ragazzina, all’epoca, col suo gelato in mano, sulla testa un berretto buffo e sulla bocca tante parole di conforto per lui.
 
Non ha dormito granché stanotte, la testa affollata da pensieri scomodi. Ellie gli dormiva accanto, come ogni sera; gli dava le spalle e Dean ha passato buona parte del tempo a osservare la sua schiena, il suo braccio sinistro incuneato sotto la testa e i capelli sparpagliati sul cuscino. Ha ascoltato a lungo il suo respiro tranquillo, un suono quasi ipnotico.
Avrebbe voluto allungare una mano e farle una carezza, toccare quella pelle chiara e morbida, ma si è trattenuto per evitare di svegliarla. Dormiva così tranquillamente che era un peccato disturbarla.
 
In quei momenti, non ha potuto fare a meno di pensare a tutto quello che è cambiato da quando lei è entrata nella sua vita, a quanto sia diventato tutto così semplice: dormire insieme, svegliarsi la mattina e trovarsela addosso, avere il suo profumo tra le narici… sono piccole cose a cui Dean non era abituato e che ora sono diventate pane quasi quotidiano, una costante nella sua vita, qualcosa che la rende migliore. Certo, non cancellano il sangue dei mostri e il dolore che si porta sulle spalle come un macigno, ma aiutano. E vorrebbe essere meno egoista, lasciarla vivere lontano dal rumore degli spari e dalla paura costante di lasciarci le penne, ma la sua compagnia è la cosa più bella che la vita gli abbia donato e non se la sente di rinunciarci. Per quanto, ultimamente, non può negare di pensarci spesso.
 
Ha pensato molto anche a Sam, questa notte, e a quello che gli ha detto. Non è una novità che sta male per papà: anche se non lo dice, pensa sia piuttosto evidente. Ammira suo fratello, però, che è in grado di parlarne liberamente. Lui no. Lui preferisce seppellire tutto il dolore sotto una grossa coltre di arroganza, sotto la sua faccia di bronzo e il sorriso beffardo che tira fuori quando proprio non gli va di parlare. Lui è diverso, lo è sempre stato, e Dean ammira il suo coraggio, se così può chiamarlo.
È conscio del fatto che dovrà parlargli e risolvere la faccenda, ma deve ancora pensarci. Anche perché, semmai dovesse farlo, non crede che riuscirà a nascondergli ciò che pensa sulla morte di papà.
Non vorrebbe dargli questo dolore, la quasi certezza che per lui si è trattato di tutto fuorché di un incidente, ma probabilmente è meglio che questa cosa la affrontino insieme. Anche perché, tenersi tutto dentro finora non l’ha aiutato granché a risolvere il problema. A patto che ci sia un modo per farlo.
 
Finisce l’ultimo sorso di quella birra che ormai non è più tanto ghiacciata – a forza di rimuginare è passata quasi un’ora – e si alza per poi dirigersi verso la sua amata Impala, che lo attende docile dietro di lui.
Dà un ultimo sguardo al lago e ai suoi contorni: l’acqua è quieta, quasi ferma, e non sa se le piccole onde che vede incresparsi sulla superficie sono un effetto ottico, la brezza leggera che gli accarezza il viso stanco o il mostro che vi vive sotto che si muove verso l’alto.
Questa volta ha avuto torto e non ha potuto farlo allo spiedo come avrebbe voluto. E forse non lo farà mai. Ma in cuor suo sa bene che, se dovesse tornare da queste parti per risolvere un caso, saprebbe già a chi dare la colpa.
 
Monta sull’Impala e si dirige verso la sua stanza di motel, cercando di scacciare i pensieri fastidiosi.
Quando rientra, trova Sam sdraiato sul letto, la schiena appoggiata alla testiera ed entrambe le mani impegnate a sorreggere il diario di papà.
Lo guarda un istante per poi tornare a fissare quel vecchio taccuino, sviando lo sguardo. Sicuramente si sta trattenendo dal chiedergli dov’è stato e forse è meglio così, perché Dean non vorrebbe di certo rispondergli. L’unica cosa di cui ha bisogno è un po’ di tregua. Fortunatamente suo fratello sembra leggergli nella mente, perché lo accontenta, rimanendo in silenzio.
 
Si toglie la giacca per poi appenderla all’attaccapanni posto dietro la porta d’ingresso e si guarda intorno, notando velocemente che manca qualcuno. Lo scroscio dell’acqua che dal bagno gli arriva alle orecchie gli suggerisce che Ellie è lì dentro.
«Ellie è sotto la doccia?»
Sam annuisce senza rispondere a parole. Chissà che passa per quella testa piena di capelli.
 
Dean si avvicina al tavolo per poggiarvi sopra le chiavi e la sua attenzione viene catturata da un quaderno aperto lì sopra. Lo riconosce subito: è il taccuino dei ricordi di Ellie. Si avvicina velocemente, chiedendosi perché mai è lì e non nel suo borsone, dove lei lo custodisce gelosamente, e ancora una volta non riesce a resistere alla tentazione di dargli un’occhiata. Stavolta, poi, si sente quasi autorizzato: Ellie l’ha lasciato lì, in balia di chiunque avesse voglia di sfogliarlo, quindi non si sente in colpa. Perlomeno non come la prima volta che l’ha fatto senza chiederglielo.
 
È aperto su una pagina dove sono raffigurati dei disegni di sua madre. Dean la riconosce immediatamente: i tratti gentili del viso, i capelli biondi e mossi, il sorriso luminoso. È ritratta mentre sorride, la bocca aperta che mostra la dentatura bianca. Il disegno è solo a matita, così come quello successivo, che invece raffigura una bambina che impara a camminare appoggiando i piedi sopra quelli che Dean riconosce essere maschili. Quell’immagine lo intristisce, perché rappresenta tutto ciò che Ellie non ha mai avuto: un padre presente che le insegnasse a muovere i primi passi nel mondo.
Volta pagina, cercando di non soffermarsi troppo sui dettagli di quei piedini piccoli che cercano sostegno, e l’immagine che viene dopo lo spiazza un po’. Si tratta del primo piano di un ragazzo apparentemente sdraiato, con il viso rivolto verso destra. Ha le labbra schiuse, le palpebre abbassate e sembra stia dormendo a pancia in giù, le spalle rilassate e l’espressione tranquilla di chi sta bene davvero. Dean si riconosce subito in quello schizzo a matita e allarga gli occhi, piacevolmente sorpreso. Nella pagina a fianco, ci sono un paio di foto, tra cui quella che ha anche lui e che conserva gelosamente nella tasca a lato del suo borsone: la stessa che hanno scattato nella giornata che hanno passato insieme al mare. Sotto, c’è una scritta in corsivo: “Il miglior compleanno di sempre” e il cuore gli si blocca in gola al solo leggere quelle parole scritte dalla calligrafia di Ellie, così minuta e precisa.
 
Rimane immobile mentre un sorriso gli increspa le labbra, facendolo rimanere imbambolato per qualche istante. Ellie custodisce gelosamente tutte le cose più preziose in questo quaderno, dai ricordi di sua madre a quelli che ha con Janis e sapere di esserci finito dentro gli procura una sensazione di calore allo stomaco, di gioia. E di certo, per qualche strano motivo, non se lo aspettava.
 
Si morde il labbro inferiore e chiude il taccuino, accarezzando la pelle del dorso superiore. Non può aspettare che Ellie esca dalla doccia per parlarle, deve farlo adesso. Anche perché non può farlo davanti a suo fratello.
Si volta e lo guarda di nuovo, trovandolo ancora assorto nella lettura del diario «Ellie è dentro da molto?»
Sam alza la testa e fa una smorfia indecisa con la bocca «No».
 
Questo gli suggerisce che ne avrà ancora per un po’, così si dirige quasi a passo di marcia verso la porta del bagno e mette la mano destra sulla maniglia, tirandola verso il basso. Non si cura minimamente di bussare – si tratta di Ellie, non di una sconosciuta: è certo di non essere di disturbo – e apre finalmente la porta per poi richiudersela alle spalle, appoggiando entrambi i palmi sul legno chiaro. Ellie è sotto il getto dell’acqua, la schiena rivolta verso di lui e i capelli lunghi che le cadono bagnati sulla schiena. A sentire il rumore della porta aprirsi e chiudersi la vede voltare appena la testa verso sinistra e coprirsi i seni di riflesso con entrambe le mani, per poi lasciar andare le braccia quando lo vede. Tira le labbra in un sorriso minuscolo «Ah, sei tu» si sposta appena dal getto dell’acqua, che ora le bagna solo le spalle.
 
Dean si morde le labbra; improvvisamente non sa più cosa dire. «Sì, dovevo… dovevo dirti una cosa».
Ellie sorride appena «E non potevi aspettare che uscissi dalla doccia, immagino». Lui scuote la testa «Ok, tanto… tanto ho quasi fatto».
«Ti aspetto qui, allora». Si appoggia alla porta, non trovando chissà quanto altro spazio per farlo.
Il bagno di questa maledetta stanza la rispecchia in pieno per quanto è piccolo: il lavandino di fronte alla porta, la doccia con le porte di vetro alla sua sinistra e il cesso subito di fronte. Tutto questo stipato in uno spazio di pochissimi metri quadrati. E, a guardare i sanitari e le mattonelle color melanzana, non c’è nemmeno niente di nuovo, tant’è che lo specchio posto sopra al lavandino – anch’esso stretto e lungo quanto un foglio A4 – è sbeccato sull’angolo in basso a destra. Ciò che lo consola è che, almeno dopo stamattina, non sarà più un loro problema.
 
Si distrae quando si accorge che Ellie chiude il rubinetto e sposta i capelli da un lato, strizzandoli con entrambe le mani «Mi passi un asciugamano?» Dean annuisce e si allunga a prendergliene uno per poi porgerglielo quando Ellie apre la porta in vetro e allunga una mano per afferrarlo. «Grazie» gli sorride appena, si volta dandogli nuovamente le spalle e si avvolge l’asciugamano addosso, prima di uscire dalla doccia e infilare i piedi nelle sue ciabatte rosa con un gatto marrone disegnato sopra – qualcosa per cui Dean l’ha sempre presa in giro. Per quanto sia concentrato su ciò che deve dirle, non riesce a fare a meno di osservare la linea diritta che le divide la schiena e le goccioline che muoiono contro l’asciugamano. Poi gli occhi di Ellie sono di nuovo su di lui e lo distraggono da quei pensieri. La guarda spostarsi nuovamente i capelli bagnati e sorridergli appena «Allora? Che volevi dirmi?»
Dean le si avvicina di un paio di passi e deglutisce, trovando difficile anche mettere due parole in croce. «Beh, io… volevo… volevo chiederti scusa. Per come mi sono comportato negli ultimi giorni» deglutisce ancora, sentendo la bocca asciutta. «È che… sono un po’ nervoso e do più retta all’istinto che al mio cervello».
Ellie lo guarda fisso per qualche istante, poi sorride sorniona «Non è a me che dovresti chiedere scusa» si avvicina, afferra i lembi della sua camicia e si alza sulle punte per dargli un bacio sotto al mento. «Ma apprezzo lo sforzo». Dean abbassa la testa, sviando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore. Sa benissimo che Ellie sta alludendo a Sam. Stringe le spalle e lei gli alza il mento con le dita; sorride appena quando Dean incrocia i suoi occhi «Non mi sono offesa, l’altro giorno. Davvero. Capisco che è un momento difficile per te, ma ti ho detto come la pensavo e non me ne pento. È quello che sto facendo anche adesso».
Dean stringe le labbra in una linea sottile «Sono solo stato sincero. Lui pensa che… che ho fatto quello che ho fatto solo perché ce l’ho col mondo. Io, invece, volevo solo fare il mio lavoro» si lecca le labbra, stringendo appena l’inferiore tra i denti. «È ciò che so fare meglio».
Ellie si avvicina ancora, allungando una mano per accarezzargli il viso. Le sue dita ancora bagnate dalla doccia lo fanno quasi rabbrividire. «Sai fare tante altre cose, Dean» gli sorride appena mentre lui la guarda un po’ incredulo, non comprendendo completamente cosa sta cercando di dirgli. «Ci sta che vedi tutto nero, ma non… tu sei molto migliore di come credi di essere. E sono convinta che Sam non volesse mettere in dubbio le tue capacità sul tuo lavoro».
 
Il suo sorriso mesto e corto non lascia dubbi a Dean, che capisce immediatamente dove Ellie vuole andare a parare: gli sta dicendo che Sam era preoccupato per lui, non per il modo in cui si stava comportando. O forse sì, in parte, ma non era di certo il punto fondamentale della sua “sfuriata”, se così può chiamarla. La cosa, in un certo senso, lo rincuora, ma soprattutto gli dà uno spunto di riflessione. Anzi, più di uno.
 
Fa una piccola pausa, ma riprende quasi subito «Anche perché, su una cosa di sicuro aveva ragione: andare da solo da quel pazzo non è stata una grande idea. Spero che non te ne venga più una simile. Mi hai fatto preoccupare parecchio».
 
Dean, a quella osservazione, non risponde. Sa benissimo che potrebbe trovare un argomento valido per farlo, ma in fondo capisce la sua apprensione: se ci fosse stata lei al suo posto, Dean avrebbe dato di matto. Perciò, per certi versi, non può darle affatto torto. 
 
La guarda stringere la bocca in una linea sottile per poi arricciare le labbra in un sorriso un po’ più convinto e scostarsi appena, voltarsi e allungarsi a prendere un altro asciugamano per poi passarselo sui capelli bagnati, strofinandolo bene sulle punte. Piega la testa da un lato e lo osserva come se aspettasse che lui uscisse da un momento all’altro, ma Dean si rende conto di doverle dire ancora qualcosa.
 
«In realtà, c’è anche un’altra cosa per cui dovrei scusarmi» Ellie raddrizza il capo, gli occhi aguzzi e attenti e, a guardarla così, si chiede che cazzo gli sia preso quella sera. Perché non sa come, ma è di questo che vuole parlare, del sesso da bottega che ha condiviso con lei quella notte da Bobby.
 
Ci stava pensando da un po’ perché si sente meschino, così… stronzo con lei che merita solo gentilezza e, davvero, non si capacita di come abbia fatto a lasciarsi andare in quel modo, senza sapersi porre alcun freno. Ricorda solo le sue mani su di lei, la destra che le stringeva forte il seno e la sinistra sulla sua femminilità mentre spingeva in lei con rabbia e forza. Troppa rabbia e soprattutto troppa forza, che Dean ancora si chiede come lei non si sia messa a urlare o, peggio, non sia fuggita via a gambe levate.
 
Si umetta le labbra, cercando di togliersi quelle immagini dalla testa e di trovare le parole giuste. «Per… per quella sera, da Bobby».
La guarda sbattere le palpebre un paio di volte, poi le sue pupille si dilatano, a un certo punto, piene di comprensione. «Oh».
A giudicare da come lo guarda, non si aspettava una cosa così. Dean ne è praticamente certo. «Ecco. Io… non so, sono stato troppo… brusco. E ho avuto la sensazione che tu abbia passato notti migliori con me». Il modo in cui Ellie si lecca le labbra – nervoso e scattoso, come se stesse lottando con tutta se stessa per non dirgli nulla che potesse in qualche modo offenderlo – è una risposta più che sufficiente alla sua ultima affermazione. «Potremmo rifarlo, se vuoi. Quando… quando ti andrà. Cercherò di essere più… attento».
Ellie stringe le spalle «O-ok».
Di fronte alla sua faccia stupita, Dean abbozza un sorrisetto divertito. «Che c’è, ti ho lasciata senza parole?»
La guarda fare nuovamente spallucce «Beh, un po’ sì. Diciamo che… che pensavo volessi far finta di niente».      
Dean storce le labbra in una smorfia «Non sono stupido. E non sono un animale. Forse mi sono comportato come tale, quella sera, ma visto che penso di averti abituato a un trattamento diverso, volevo… volevo dirti che non succederà più».
 
La osserva abbozzare un sorriso, le labbra distese in una smorfia più serena. Gli si avvicina di nuovo per poi allungargli le braccia intorno al collo quando è a un solo passo da lui. Le narici di Dean sono invase dal profumo del suo bagnoschiuma – quello che ormai è anche di Ellie, visto che glielo ruba quasi sempre – misto a quello di frutti tropicali dello shampoo con cui ha lavato i capelli. La guarda sorridergli ancora per poi allungarsi sulle punte per baciarlo a stampo sulla bocca.
Dean le avvolge le braccia intorno alla schiena, leccandosi le labbra «Mi hai rubato il bagnoschiuma. Di nuovo» Ellie annuisce, un ghigno divertito a disegnarle le labbra morbide «E hai lasciato il tuo taccuino sul tavolo».
La guarda mordersi il labbro inferiore, intenta a nascondere un sorriso soddisfatto «E scommetto che ne hai approfittato per dare una sbirciatina. Di nuovo».
 
Dean si accorge che gli ha appena fatto il verso, ma la scruta un po’ perplesso, perché è qualcos’altro che ha catturato la sua attenzione: Ellie non è arrabbiata, né tantomeno sorpresa, e ciò lo induce a pensare che quel quaderno lo ha lasciato lì apposta, perché lui lo vedesse. Sapeva che non avrebbe resistito alla tentazione, proprio come è successo la prima volta, e magari era l’unico modo per mostrargli quel disegno a matita, il ritratto che gli ha fatto. Per fargli capire quanto contava per lei. Questa consapevolezza gli fa stringere lo stomaco in una morsa. Sta diventando tutto troppo: troppo intimo, troppo coinvolgente, troppo profondo e intenso. In un modo che spaventa Dean. E non tanto perché lui ha sempre avuto paura dei sentimenti – cioè sì, ma con quello da quando sta con lei ha imparato a conviverci –, ma perché sono successe troppe cose nell’ultimo periodo e il modo in cui è morto suo padre ha cambiato di parecchio la sua prospettiva sulle cose.
 
Decide di togliersi questi pensieri dalla testa, però. Ellie è ciò che di più buono e positivo la vita ha deciso di regalargli e ha intenzione di goderselo. Almeno per un altro po’.
 
Le sorride «Se me lo chiedi così vuol dire che sai già la risposta». Ellie annuisce con il sorriso stampato sulle labbra, stringendosi più al suo collo. Dean la scruta, gli occhi nei suoi. «A volte davvero non capisco cosa ci trovi in me». Quel pensiero gli esce dalle labbra senza pensarci troppo, in modo talmente spontaneo da mettergli i brividi. D’altronde, con Ellie è sempre stato così. Fin dal primo giorno.
Il suo sorriso si affievolisce un po’, ma non si spegne. Lo guarda dritto negli occhi. «Potrei farti la stessa domanda, sai?» Dean aggrotta la fronte, sinceramente perplesso. Stringe le labbra in una linea sottile, accarezzandolo dietro la nuca. «Non sono cieca: lo vedo come guardi le altre ragazze, ogni tanto» abbassa lo sguardo per un attimo, senza smettere di toccarlo. È abbastanza sicuro che si riferisca alla dottoressa Murphy «E so che non rispetto i tuoi… “canoni” e probabilmente non mi trovi bella come la metà delle ragazze con cui sei stato—»
Dean la guarda sorpreso «Davvero pensi queste cose?»
Lei stringe le spalle «Solitamente no. Quando ti becco a guardare il culo o la scollatura a qualcun’altra sì. Tipo quella tizia all’obitorio».
Bingo. La osserva leccarsi le labbra, un po’ in imbarazzo e Dean le sorride, stringendola in basso sulla schiena. «Non ci proverei mai con un’altra, non quando tu mi dai tutto quello di cui ho bisogno». Ellie si morde le labbra, rimanendo in attesa, mentre lui sorride sghembo «Ma mi fa piacere constatare che ogni tanto anche tu sei gelosa».
Ellie arrossisce appena e stringe le spalle, la smorfia che ha sulle labbra che si trasforma in un sorriso da presa in giro. «È solo perché devo stare attenta. Sei uno pericoloso».
Dean sorride divertito «Non più» e non resiste quando si sporge verso la sua bocca per darle un bacio. Lei risponde schiudendo le labbra, le mani dietro la nuca ad accarezzargli i capelli corti. Se la stringe più addosso, i polpastrelli che prudono sotto il cotone bianco dell’asciugamano.
 
Se di là non ci fosse suo fratello e se non sentisse questo peso sullo stomaco, avrebbe sicuramente approfittato di questo momento in solitaria, avrebbe chiuso la porta a chiave e avrebbe rimediato a modo suo a tutto ciò che di sbagliato ha fatto negli ultimi giorni, ma non sono da soli e Dean ha troppa rabbia in corpo per lasciarsi andare a troppe tenerezze.
 
Sa bene che potrebbe parlarne con lei. Ellie c’è passata prima di lui, è vero – e anche se così non fosse lo ascolterebbe comunque –, ma non ha idea del mostro che gli ruggisce nel petto, di quanto sia grande la collera che prova verso quello che è successo e verso se stesso. Forse non ha senso aspettare, ma adesso proprio non se la sente. Lo farà a tempo debito.
Si scosta e la abbraccia forte, cullandosi nella piacevole sensazione di essere ricambiato con la stessa intensità.

*

Stringe le braccia al petto facendo un grosso sospiro mentre osserva Sam e Dean seduti sui sedili anteriori dell’Impala, muti e fermi nelle loro posizioni. 
La tensione è palpabile: Sam ha gli occhi rivolti al finestrino e non guarda nemmeno la strada mentre Dean è rigido e composto, le mani saldamente ancorate al volante e la testa diritta.

Sono partiti da un quarto d’ora abbondante e ancora non si sono rivolti la parola. Se non fosse per la radio che canta una canzone degli AC/DC di cui Ellie non ricorda il nome, ci sarebbe un silenzio tombale. Sbuffa aria dal naso: pensava di aver fatto qualcosa di buono a parlare con Dean per cercare di convincerlo delle buone intenzioni di Sam, ma a quanto pare non le è venuto bene come sperava. Forse se non ha ancora chiarito col fratello è perché non è convinto di quello che gli ha detto, o chissà.
 
Non le piace quando litigano. Diventano tristi, si ammutoliscono e si respira una brutta aria, piena di tensione, inquinata e nera come lo smog delle grandi città. Non che Ellie ne abbia viste tante, ma immagina che l’aria a Los Angeles o New York abbia la stessa consistenza di quella che inspira lei quando quei due non si parlano.
In più, le dispiace per questa situazione, perché proprio ora che stanno vivendo un momento così particolare dovrebbero aiutarsi, non farsi la guerra.
Lei, che è figlia unica, ha dovuto affrontare da sola un dolore del genere per ben due volte, senza nessuno che la capisse fino in fondo come solo un fratello che divide sangue e genitori con te può fare. Per loro è diverso: stanno attraversando la stessa tragedia, nonostante la stiano vivendo in maniera diversa. Ma quello è normale, fa parte dei loro caratteri – più aperto e incline al dialogo Sam, chiuso e introverso Dean – e su quello non discute, perché ognuno reagisce in modo differente ed è libero di affrontare cose così brutte come meglio crede. Quello che non le piace è quest’atmosfera belligerante, come se fossero entrambi sul punto di prendersi a pugni. Lo trova stupido. E controproducente.
 
Sono fuggiti non appena Ellie ha finito di asciugarsi i capelli, praticamente. Hanno caricato i bagagli in fretta e in furia in macchina per poi partire come razzi. In fondo, stavano aspettando solo Dean.
 
Ellie non gli ha nemmeno chiesto dov’è stato: probabilmente non glielo avrebbe detto. Ha deciso che vuole lasciargli i suoi spazi, le sue libertà. È un momento decisamente complicato per lui – lo sarebbe per tutti al suo posto, ma a maggior ragione per lui che ha praticamente dedicato la sua vita a suo padre. È bene lasciarlo sfogare per un po’. A meno che non abbia intenzione di fare qualche scemenza: in quel caso, Ellie non ci metterebbe un istante a cercare di imporsi per farlo ragionare, ma per il resto, sta cercando di non stargli troppo addosso. Per il suo bene.
 
Il rumore del motore che decelera la desta da quei pensieri. Stanno passando per un sentiero asfaltato costeggiato da un bosco di conifere, la strada è libera e non capisce perché mai Dean stia rallentando, ma poi lo vede accostare lentamente sulla sinistra e fermarsi in un piccolo spiazzo ricoperto di ghiaia.
 
Spegne la macchina, tira il freno a mano e apre lo sportello per poi scendere, senza guardare in faccia nessuno. Ellie lo guarda chiudersi la portiera alle spalle e passarsi una mano sulla bocca, il tipico gesto dietro al quale nasconde nervosismo e inquietudine. Vorrebbe seguirlo e chiedergli cosa lo turba, ma capisce che forse questo, in un momento così, è il suo modo di fermarsi e provare a mettere i pezzi al loro posto. Per questo allunga una mano verso Sam e gli stringe una spalla, costringendolo a voltarsi. I suoi occhi sono confusi e la sua bocca è piegata in una smorfia perplessa. Ellie gli sorride appena «Vai tu. Credo che voglia parlare con te».
Sam stringe le labbra in una linea sottile e fa per dire qualcosa, ma poi cambia idea e si gira, apre a sua volta la portiera ed esce, mentre Dean si siede sul cofano dell’Impala.
 
Ellie può sentirlo distintamente chiedergli cosa succede e lo vede piegare la testa nel farlo, gli occhi fissi sul fratello, ma Dean parla piano e non riesce a sentire più nulla. Non fa niente, però: per una volta, crede sia giusto lasciargli un po’ di spazio per loro, per chiarirsi senza averla intorno. È vero che si sente ormai parte integrante della “famiglia Winchester”, nel senso più ampio che loro danno al termine, ma ci sono comunque cose di cui devono parlare da soli, in cui lei non deve entrare. Questa è una di quelle e rimane a scrutarli intanto che Sam si siede sul cofano accanto a Dean e lo guarda mentre lui, invece, per la maggior parte del tempo parla fissando un punto impreciso di fronte a lui. Alla fine, però, quando si decide a voltarsi e a guardare il fratello negli occhi, Ellie è quasi sicura di scorgere un paio di lacrime solcargli la guancia destra. [3]

 

[1] Riferimento all’episodio 1x22 “Devil’s trap”, quando Sam e Dean trovano John nel posto indicatogli da Meg.
[2] L’ultima parte del discorso di Sam è ispirata da ciò che dice a Dean negli episodi 2x02 “Everybody loves a clown”, a pochi secondi dalla fine, e 2x04 “Children shouldn’t play with dead things”, dopo che Dean ha fatto una scenata al padre di Angela, la ragazza zombie.
[3] La scena a cui faccio riferimento è l’ultima dell’episodio 2x04 “Children shouldn’t play with dead things”.

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Capitolo 28
*** Don't let the sun go down on me ***


Note: Buonasera! :D
Sono di corsa (strano, eh? XD), ma ci tenevo a dirvi un paio di cose.
La prima è un grazie infinite a chi legge, segue (anche in silenzio) e a chi commenta. Vi vedo tutti e siete preziosi per me, perciò vi ringrazio di cuore <3
La seconda (non meno importante) è che ho un po’ di paura per questi capitoli che verranno perché sono un po’ più… veloci degli altri, diciamo. Faccio sempre passare un po’ di tempo tra un capitolo e un altro, tempo che equivale a episodi di Supernatural che avete visto e che non mi va di descrivervi di nuovo. Mi sembrava una ripetizioni. Le cose importanti vengono riassunte e… e niente, spero che la mia non sia una brutta gestione del tutto. Ho preferito fare meno capitoli e concentrarmi sulle cose che contavano (trentaquattro sono comunque un buon numero XD) e non ammorbarvi con altro. Già i capitoli sono belli lunghi e densi così XD
Detto questo vi mando un forte abbraccio e vi auguro una buonissima continuazione di settimana. Un abbraccio! :***

Capitolo 28: Don’t let the sun go down on me
 
I can’t light no more of your darkness
All my pictures seem to fade to black and white
I’m growing tired and time stands still before me
Frozen here on the ladder of my life

(…) Don't let the sun go down on me
Although I searched myself, it's always someone else I see
I'd just allow a fragment of your life to wander free
But losing everything is like the sun going down on me

 
(Don’t let the sun go down on me – Elton John)
 
 
Stringe appena il pugno, le braccia lungo i fianchi, mentre esce dal portone d’ingresso in legno scuro dell’ennesima casa dopo aver risolto l’ennesimo caso dell’ultimo periodo.
«Grazie, davvero… senza di voi a quest’ora quella bestia mi avrebbe ridotto in brandelli» a ringraziare lui ed Ellie, in piedi al suo fianco con gli occhi fissi rivolti verso il vialetto, è un uomo sui quarantacinque anni, i capelli lunghetti biondicci tirati indietro e un’espressione finalmente serena che gli spiana le rughe intorno agli occhi. Si chiama Evan Hudson e, grazie al loro aiuto, è appena riuscito a scampare all’assalto di cani demoniaci, gli stessi che vengono a sbranarti dopo dieci anni dal tuo patto col diavolo.
Il caso si è trattato proprio di questo: Evan Hudson, come alcuni altri, ha stretto un accordo con un demone dell’incrocio che, dopo dieci anni, ha mandato i propri segugi infernali – delle bestie feroci invisibili a chi non ha stipulato il patto – a riscuotere. L’accordo è semplice: in cambio della tua anima e di dieci anni di vita, hai ciò che desideri. Alla fine, però, paghi la tua scelta a un prezzo altissimo.
 
Sam sorride appena ad Evan Hudson, il più fortunato della lunga lista di avventori del Lloyd’s bar, una vecchia baracca situata su un incrocio in aperta campagna di Greenwood, in Mississippi. Molti altri – un architetto di nome Sean Boyd che si è gettato da un palazzo costruito da lui stesso, un’avvenente dottoressa di nome Silvia Growman e l’aspirante pittore George Darrow – sono stati decisamente più sventurati e sono finiti tutti e tre sbranati dai cani. Evan Hudson, invece, grazie all’aiuto di Sam ed Ellie che sono rimasti con lui durante l’assalto dei segugi e di Dean che è andato all’incrocio designato per giungere a un accordo con il demone che deteneva il suo contratto, è riuscito a sopravvivere.
Mentre gli altri cercavano la fama – la dottoressa desiderava diventare un chirurgo, il pittore ha chiesto il talento e l’architetto era diventato improvvisamente un genio nel campo –, Evan aveva chiesto al demone di salvare la propria moglie, malata di cancro. E mentre Sam, in un certo senso, ha avuto una certa compassione di lui – probabilmente al suo posto avrebbe fatto lo stesso o, almeno, avrebbe cercato di fare di tutto per salvare la propria compagna –, Dean si è un po’ arrabbiato, dicendogli in faccia che era stato un egoista. Poi, però, ha deciso di aiutarlo, andando all’incrocio per evocare il demone. [1]
 
Ellie non ha preso questa sua decisione molto bene. Come Sam, d’altronde, che ha cercato di opporsi perché considerava questa mossa pericolosa, ma Dean non ha sentito ragioni ed è partito come un razzo verso l’incrocio designato. Ancora non si è visto ed è per questo che se ne stanno fuori, per vederlo tornare.
 
Sam ha capito perché Dean ha il dente avvelenato per questa storia: riguarda papà e la sua teoria su come sia scomparso. Dean gliene ha parlato dopo il caso del lago Champlain, quando ha accostato l’Impala ed è sceso come una furia: secondo lui, papà ha fatto un patto con Occhi Gialli, barattando la sua vita in cambio della sua. E quasi sicuramente anche della Colt, che da quel giorno è sparita e non sono più stati in grado di trovarla.  
Sam non può negare di averci pensato. Insomma, fare due più due sarebbe stato semplice anche per il più sprovveduto, ma una parte di lui, in un certo senso, non accettava quest’ipotesi.
Non che non lo credesse possibile. Sa che papà, per quanto gli abbia dimostrato il contrario mentre Dean era in ospedale, avrebbe fatto di tutto per salvare suo fratello, ma non credeva che potesse arrivare a tanto.
Gli è tornato subito alla mente come si è comportato quel giorno: il fatto che l’incantesimo serviva per evocare il demone e non a proteggerli da lui, che era sparito per tutto quel tempo chissà dove, che quando è tornato gli ha chiesto di non litigare… tutto aveva finalmente un senso. Perciò sì, le cose non possono essere andate altrimenti.
 
È rimasto in silenzio quando lui gli ha confessato questo suo sospetto per poi dirgli che non può saperlo con precisione, che magari non è così, ma Dean non è un idiota e sa di avere ragione. Sono troppe le connessioni, troppe le coincidenze. Papà deve aver fatto qualcosa.
Non lo ha detto a Dean alla fine, però. È già abbastanza sconvolto per tutti i sensi di colpa che questo pensiero gli provoca, non voleva dargli il colpo di grazia. Perché, senza ombra di dubbio, è questo che lo ha mandato più in tilt: l’idea di avere una colpa se papà è morto, che si sia sacrificato per lui e questo dev’essere quasi peggio della sua stessa dipartita.
 
Non ha ben capito perché si sia lanciato nel fuoco per aiutare Evan Hudson, però, e questo è ciò che lo spaventa di più. Ha una certa idea: che sia andato di persona per saperne di più su patti e stregonerie simili e, beh, probabilmente anche lui avrebbe fatto lo stesso al suo posto. È chiaro che sta cercando delle risposte e sicuramente un demone che di mestiere incontra gente agli incroci e ci stringe dei patti è la “persona” – se così si può definire – che meglio di tutti può rispondergli.
 
Osserva Ellie, immobile in piedi con gli occhi rivolti all’orizzonte e le braccia strette al petto. Anche per lei non deve essere un buon periodo: ovviamente vive di riflesso tutto ciò che sta capitando a loro. È preoccupata, sia per Dean che per lui a cui, come sempre, le grane non sono mancate nemmeno ultimamente.
 
C’è stato un altro caso, dopo quello del lago Champlain: era in un bagno – uno dei peggiori in cui è mai stato: c’era muffa ovunque – a lavarsi il viso quando ha avuto una visione che li ha portati a Guthrie, in Oklahoma. La visione parlava chiaro: un uomo di colore sulla cinquantina andava a comprare un fucile per poi spararsi un colpo in testa di fronte al commesso, sporcando di sangue il soffitto. Da lì sono partite le loro ricerche e si sono imbattuti in Andy Gallagher, un ragazzo dotato di poteri soprannaturali come lui. A differenza di Sam, lui è in grado di controllare la mente delle persone e “costringerle”, in un certo senso, a fare ciò che gli dice. Era addirittura riuscito a convincere Dean a lasciargli guidare l’Impala, ad esempio, che spesso non fa toccare neanche a lui. Era impressionante l’effetto che aveva sulle persone. Tranne su Sam che, per qualche strano motivo, ne era immune.
 
Il modo in cui sono andate a finire le cose, comunque, lo ha destabilizzato abbastanza: lui, Dean ed Ellie pensavano che ci fosse Andy dietro alla morte del tipo col fucile e di un’altra donna che si era data fuoco, ma la verità è che l’autore dei delitti era Webber, il suo gemello “cattivo”. Era lui a costringere le persone a uccidersi, come il tizio della visione di Sam. A detta sua, in più, era proprio Occhi Gialli, il demone che ha ucciso la mamma, a guidarlo.
Per salvare la loro vita e quella di Tracy, una ragazza con cui era stato insieme per un periodo, Andy ha ucciso il suo gemello, chiudendo col sangue la già lunga catena di morti che ha caratterizzato l’intera vicenda. [2]
 
Tutta questa faccenda l’ha fatto riflettere molto e le domande che gli sono passate per la testa non sono state poche: succederà anche a lui? Passerà al lato oscuro se il demone arriverà a fargli gli occhi dolci? Il male affascinerà anche lui, tanto da indurlo a cambiare squadra, prima o poi?
Non lo sa, non può saperlo ed è questo che lo spaventa maggiormente.
 
Un paio di fari che illuminano il vialetto di casa Hudson lo distraggono da quei pensieri. Si volta a guardare Ellie che osserva quella luce con entusiasmo e speranza, lo sguardo che si illumina ancora di più quando si accorge che è l’Impala ad emanare quel fasci di luce.
Sam sorride appena nel vedere che Dean è finalmente tornato e lei gli corre incontro non appena parcheggia e scende dall’auto tutto intero, abbracciandolo e nascondendo la testa sul suo petto.
Dean, a giudicare dalla sua espressione – tesa, la fronte contratta –, è evidente che sia un po’ in imbarazzo, ma lo è sempre quando lei si mostra carina in pubblico, perciò Sam non ci fa caso più di tanto. Nota di più il fatto che, dopo avergli chiesto se sta bene e aver ricevuto una risposta affermativa, quando Ellie alza il volto e si sporge verso di lui, probabilmente per dargli un bacio, Dean si scosta, dissimulando il tutto stringendo un braccio intorno alla schiena di lei e avviandosi verso Sam ed Evan. È stato qualcosa di quasi impercettibile e, davvero, magari è solo frutto dell’imbarazzo che prova quando si tratta di fare smancerie in pubblico, ma a Sam non è sfuggito. E probabilmente neanche a Ellie, che cammina al suo fianco con un’espressione appena imbronciata sul viso.
 
Sono un po’ strani, ultimamente. O meglio, Dean è strano con lei che, invece, si comporta sempre allo stesso modo, cercando di essere gentile e amorevole nei suoi confronti come sempre. D’altra parte lui è sempre piuttosto scostante, schivo, e Sam è sicuro che la stessa Ellie lo abbia notato. Magari fa finta di nulla per non aumentare i problemi, ma non le è di certo sfuggito. Non sa se glielo ha fatto notare, questo no, ma a giudicare dal modo in cui lo ha guardato quando lui si è scostato da lei, ci è rimasta male. E probabilmente non è neanche la prima volta.
 
Sam non sa nemmeno se Dean l’ha informata della sua teoria riguardo la morte di papà. Forse sì, ma quella volta che ne ha parlato con lui Ellie non è scesa dalla macchina per lasciargli un po’ di privacy – un gesto che gli è rimasto impresso, perché segno lampante del profondo rispetto che Ellie ha nei confronti di Dean e del suo rapporto con Sam – e poi Dean non ne ha più parlato, né da solo con lui né in presenza di Ellie, perciò non ci ha capito nulla.
Sono usciti solo una sera in solitaria e sono tornati piuttosto presto, perciò forse gliene ha parlato in quell’occasione. Sa solo che Dean è strano con lei, ultimamente, e non riesce a comprenderne il motivo.
 
Insomma, Ellie non sarà perfetta, ma a Sam sembra che si stia prodigando parecchio per aiutarlo, che gli stia molto, molto vicino. O almeno che ci provi. Non è facile stare dietro a Dean perché è una persona particolare già nei suoi momenti tranquilli, figuriamoci in un periodo così cupo e angoscioso, ma gli sembra che Ellie stia facendo del suo meglio. Aveva notato già in passato che sapesse come prenderlo nei suoi momenti di nervosismo, come calmarlo e farlo ragionare, perciò probabilmente riuscirà a farsi capire se c’è qualcosa che Dean non ha gradito del suo comportamento. Ne è sicuro, ma… boh, ha la sensazione che ci sia qualcosa che non va. Spera di sbagliarsi, ovviamente: ormai per lui Ellie è diventata parte della famiglia, perciò gli dispiacerebbe se qualcosa dovesse andare storto.
 
Vedere Dean ed Ellie fermarsi ai piedi delle scale del vialetto della casa lo distrae da quei pensieri. Suo fratello punta gli occhi su Evan Hudson «Tutto bene?» che stringe le labbra in una linea sottile e annuisce. Lo guarda «Andiamo?»
Sam fa cenno di sì con la testa e si volta verso Evan che prontamente allunga la mano destra che lui stringe. I suoi occhi sono pieni di riconoscenza «Grazie di tutto, davvero. Mi avete salvato la vita».
 
Ellie stringe le labbra in un piccolo sorriso e lo stesso fa Sam mentre Dean lo liquida ancora più alla svelta, facendo un cenno con la testa per salutarlo per poi voltarsi e dirigersi nuovamente verso l’Impala.
 
Sam lo scruta a fondo: Dean è pensieroso e cupo e l’espressione mesta che ha in faccia e che non riesce a nascondere è un chiaro presagio che c’è una burrasca all’orizzonte. Il demone deve aver detto qualcosa che lo ha impensierito.
In cuor suo, spera che almeno lo condivida con lui ed Ellie perché, visto che sicuramente c’è di mezzo papà, questa storia riguarda entrambi e Sam ha tutto il diritto di sapere di che si tratta.
 
*
 
«È stata colpa mia».
«Di che parli?»
«Papà» aveva i denti affondati nel labbro inferiore, gli occhi bassi e le mani che tremavano «Non penso ci voglia un genio a capirlo: prima ero spacciato, poi poco dopo il mio risveglio lui muore e la Colt sparisce. Fare uno più uno è fin troppo semplice» la lingua sulle labbra e il pomo d’Adamo andava su e giù velocemente, un movimento rapido, sintomo di forte nervosismo «Non so come sono andate esattamente le cose e forse non voglio neanche saperlo. Ma i miracoli non esistono, Ellie, e se io sono vivo è grazie a papà».
 
Deglutisce, gli occhi puntati fuori dal finestrino bagnato da gocce di pioggia che ha deciso di cadere imperterrita sul vetro dell’Impala che sfreccia lungo una strada rettilinea, così nera che se non fosse per i fari accesi non si distinguerebbe nemmeno la linea bianca tra le due carreggiate. È notte fonda e fuori c’è un temporale, di quelli che non si placano finché la pioggia battente non ha quasi allagato le strade, e non c’è un lampione. L’unica fonte di luce è qualche lampo che illumina il cielo ogni tanto. Sembra di essere finiti in un enorme buco nero.
 
Ellie, il pugno sinistro chiuso sotto la guancia e il braccio a sostenerle la testa, osserva la pioggia cadere sul finestrino, ma sarebbe più opportuno dire che fissa il vuoto, tanto è il buio che c’è fuori.
Non che una bella visuale l’avrebbe distratta dalla nuvola di pensieri che le occupa la testa. È così da quando Dean le ha parlato.
 
È successo un paio di settimane fa. Dean era strano – anche se ultimamente lo è sempre – e, quando le ha chiesto di andare a fare un giro con la macchina, Ellie ha acconsentito senza pensarci due volte, anche perché era un sacco che non stavano da soli e si è detta contenta della sua iniziativa.
Pensava, ingenuamente, che sarebbe stata una di quelle serate in cui lui aveva voglia di stare insieme nel senso più intimo del termine. Le sembrava strano, ma visto che ultimamente non capisce quasi mai cosa gli passa per la testa, era un’opzione più che plausibile, soprattutto dopo il discorso che le ha fatto quella volta, a Burlington. Invece le voleva parlare di come è morto John e, se possibile, questo l’ha lusingata ancora di più. È bello sentirsi desiderati, per carità, ma in una situazione tanto delicata, Ellie ha preferito mille volte un confronto verbale al sesso. È sicuramente molto più utile. Per lei, almeno, per Dean non l’ha capito, ma è comunque contenta che abbia deciso di aprirsi e parlargliene.
 
Era arrivata alla stessa conclusione, quando John è morto. La coincidenza era troppo precisa, troppo strana e sospettava che John Winchester avesse fatto qualcosa di inconsulto per salvare il figlio in fin di vita.
In un certo senso, non lo trova nemmeno così “anormale”: anche la sua mamma lo avrebbe fatto per lei, in una situazione simile. Ci metterebbe la mano sul fuoco. Questo non lo rende giusto e infatti può comprendere lo stato d’animo di Dean, che è a dir poco distrutto – anche se, come al solito, cerca di fare il possibile per non ammetterlo e soprattutto per non darlo a vedere.
 
Mentre le raccontava questa cosa, non l’ha guardata mai negli occhi. Nella penombra dell’abitacolo dell’Impala, Ellie poteva scorgere le sue mani tremare, ma non ha potuto incrociare il suo sguardo. Le sue parole, oltretutto, erano fredde, misurate: era come se si stesse sforzando a non lasciarsi troppo andare, a tenere a freno le emozioni che sentiva dentro. Una cosa non così nuova, per Ellie, ma non aveva mai la sensazione così netta che si stesse trattenendo.
 
Ha cercato di essere il più delicata possibile nel dirgli il suo pensiero. Non ha negato che ci aveva pensato anche lei – nonostante avrebbe tanto voluto, ma non voleva assolutamente prenderlo in giro; avrebbe sminuito la fiducia che lui le stava donando raccontandole qualcosa di tanto intimo –, ma ha cercato di parlargli con delicatezza, dicendogli che, se John ha fatto una scelta del genere, il suo è stato un gesto da padre.
 
«Probabilmente qualsiasi genitore lo avrebbe fatto al posto suo se ne avesse avuto l’occasione, Dean. La tua situazione era parecchio complicata, tu… tu stavi molto, molto male e forse non ha visto altra via d’uscita. John non mi dava l’idea di uno che riponeva la sua fiducia nei dottori e nella medicina. Sicuramente ha preferito fare a modo suo».
 
Dean non ha risposto a quelle parole. Non l’ha guardata neanche. Ha fatto un lungo sospiro, si è passato una mano sulla bocca e ha aggiunto solamente «Peccato che non potrò mai chiederglielo».
 
Quella sera non sono rimasti a dormire nell’Impala e, quando sono tornati al motel dove alloggiavano, era tardi e Sam probabilmente dormiva da un pezzo. Ellie ha stretto forte Dean sotto le coperte, cercando di infondergli più calore e comprensione possibile. Ancora oggi si chiede se ci sia riuscita.
 
Dean si è tenuto dentro questo malloppo per tantissimo tempo. Ellie è convinta che ne avesse parlato con Sam, quella volta che si sono chiariti dopo il caso sul lago Champlain, ma è passato un mese e mezzo da quel giorno e con lei si è deciso a parlare solo poco tempo fa.
Non gliene fa una colpa, anzi. È più che giusto che ne parli con suo fratello: John era il padre di entrambi e, se c’è qualcosa da affrontare, è buona cosa farlo insieme. Lei, quando si tratta di queste faccende familiari, viene dopo.
Certo, sicuramente non le sarebbe dispiaciuto scoprire un po’ prima cosa gli frullasse per la testa, ma ha cercato di non fargli nessuna pressione: non le avrebbe detto nulla nemmeno in un momento tranquillo, se avesse insistito, figuriamoci in uno così. Per questo ha deciso di aspettare che Dean facesse il primo passo e il tempo, per fortuna, le ha dato ragione.
 
Anche Sam ha subito un bello strattone, a parte la morte del padre. Infatti, dopo il caso del lago e un altro dove hanno dovuto sporcarsi le mani – si trattava di un lupo mannaro piuttosto incazzato col mondo –, si sono imbattuti in un ragazzo come lui e quello che è venuto fuori – ovvero che è stato costretto a far fuori il gemello per salvarli, facendo uscire il suo “lato oscuro” – lo ha scosso non poco. Una cosa così avrebbe fatto riflettere chiunque, a maggior ragione lui che, chiaramente, ha subito pensato che potrebbe capitargli la stessa sorte.
 
Dean l’ha rincuorato – o almeno ci ha provato –, dicendogli che a lui non accadrà e che non deve preoccuparsi, ma qualcosa le dice che Sam non ne era molto convinto.
 
Dopo tutto questo trambusto, si sono fermati per un paio di settimane da Bobby, per riprendere un po’ di fiato.
Sia Dean che Sam, nonostante la preoccupazione, si ostinano a nascondere al vecchio brontolone ciò che sta accadendo al più piccolo, ma Ellie non ha fatto domande, sebbene non ne capisca il motivo – in fondo, Bobby è uno di famiglia, se sapesse probabilmente troverebbe un modo efficace per aiutarli, o comunque ci proverebbe. Non vuole intromettersi in una cosa tanto delicata per Sam a meno che non venga interpellata. Non vuole essere invadente. Nel caso in cui le chiedano qualcosa, sicuramente dirà ciò che pensa, altrimenti preferisce farsi gli affari suoi.
 
È piuttosto sicura che Bobby si sia accorto che ci fosse qualcosa di strano. Non ci voleva di certo un genio a capirlo: Sam era abbastanza silenzioso, perso nei suoi pensieri e, nonostante cercasse di comportarsi normalmente, era alquanto evidente che non fosse il solito Sam, quello propositivo e attivo che vuole fare ricerche e documentarsi, che scherza con suo fratello e si lascia deridere per cose stupide. Bobby, però, non ha chiesto niente né a lei né a loro, quindi è rimasta in silenzio, proprio come si era prefissata di fare.
 
Ellie, in quei giorni, ne ha approfittato per fare una piccola cernita e lasciare lì un po’ di cose. Quelle estive, almeno, che adesso di certo non le servono. Nella stanza in più che gli lascia sempre, c’è un armadio spazioso praticamente vuoto, così, dopo aver chiesto il permesso a Bobby – che glielo ha dato brontolando che poteva fare ciò che voleva senza domandargli nulla –, si è messa all’opera e ha fatto parecchio spazio nel borsone. Ha anche lasciato un po’ di libri, così da portarsi dietro meno peso.
 
Nemmeno in quell’occasione Dean si era deciso a vuotare il sacco su ciò che lo stesse preoccupando. Le sere che hanno passato in quella che ormai quando vanno lì considerano la “loro” stanza sono state abbastanza tranquille: hanno parlato poco – Dean non ne aveva mai una grande voglia e se c’era qualcuno che voleva chiacchierare quella era sempre Ellie che cercava di allentare la tensione a modo suo – e si sono sempre addormentati in tempi più o meno brevi.
Non sono più stati insieme nel senso più intimo del termine e a Ellie non è dispiaciuto: meglio aspettare un po’ che affrettare le cose.
Solo una volta sono stati svegli un po’ più a lungo: Ellie aveva voglia di tenerezza e ha provato a coinvolgerlo, dicendosi che non sarebbe rimasta male se a lui non fosse andato. Invece, con sua grande sorpresa, Dean era della stessa idea e ha preso a baciarla e accarezzarla in punti più o meno sensibili. Con le sue mani sotto la maglietta colorata che porta sempre per dormire, Ellie si è sentita a casa dopo tanto tempo. È vero, lei in primis ci ha messo tanto tempo per concedersi dopo che papà era morto, ma in lei c’era anche la paura che Dean scoprisse quella sua cicatrice, il segreto più oscuro e profondo che si portava dentro. Per lui, invece, è diverso: è come se non riuscisse a controllare la rabbia, come se ne fosse schiavo e tutta quella che porta dentro uscisse fuori in questi momenti. Quando è sceso più in basso, prima di infilarle le dita nelle mutandine l’ha guardata negli occhi, chiedendo tacitamente un consenso che Ellie gli ha donato annuendo, le braccia intorno al suo collo e il cuore che batteva a mille nel petto. Poi lei ha fatto lo stesso, lasciando scivolare una mano dentro i suoi boxer. E Dean è stato così delicato e dolce, proprio come Ellie lo aveva sempre conosciuto tra le lenzuola, che non le è importato se si sono fermati lì, se dopo essersi dedicati l’uno all’altra non hanno fatto sesso nel senso più completo del termine, se si sono comportati come due ragazzini vergini che hanno paura di andare oltre. Ciò che le è importato di più è che sono riusciti a sentirsi, a stare vicini come non gli capitava da un po’.
Probabilmente è stata la cosa più bella dell’ultimo mese e mezzo. L’unica.
 
Per il resto, Dean è sempre molto scostante, soprattutto con lei: è schivo, poco incline al dialogo, men che meno ai sorrisi e alle smancerie. Ellie lo sente distante – tutto il contrario di com’era quella sera –, lontano come non era mai stato e si chiede se in qualche modo sia colpa sua o se dipenda solo da ciò che è accaduto a suo padre. Ovviamente spera che la verità sia la seconda, ma qualcosa le dice che, in parte, per qualche motivo Dean ce l’ha anche con lei. Solo che non ne comprende il motivo.
 
Lo osserva adesso, le sue mani rigide e tese sul volante e gli occhi fissi sulla strada. I tergicristalli fanno avanti e indietro sul vetro in un movimento quasi ipnotico mentre Sam, alla destra del fratello come sempre, lo scruta di tanto in tanto, come se lo tenesse d’occhio. Probabilmente ha qualcosa da dirgli.
«Qualcosa non va?» è proprio la voce di Sam a irrompere nel silenzio dell’abitacolo altrimenti spezzato solo dal brusio di sottofondo della radio che canta. La previsione di Ellie, a quanto pare, era giusta.
 
Dean stringe le spalle. A giudicare da quanto ci sta mettendo a rispondere, probabilmente vorrebbe negarlo. Ellie lo osserva inspirare col naso e trattenere il respiro per qualche istante prima di sbuffare sonoramente. Non sembra avere tanta voglia di dire cos’è successo ma sa che, quando fa così, è perché vuole sputare il rospo. È uno dei poteri di Sam: farlo parlare anche quando non ne ha intenzione. Per fortuna anche Ellie riesce a farne buon uso, ogni tanto, altrimenti con un tipo silenzioso come Dean sarebbe spacciata e destinata al silenzio perenne o quasi.
 
Si passa una mano sulla bocca. Non è un buon segno «Ho fatto due chiacchiere con quella demone. O meglio, lei si è dilungata a chiacchierare con me. E mi ha detto un paio di cose che quasi quasi era meglio non sapere». Ellie allarga gli occhi e si sporge in avanti, le mani a stringere la pelle dei sedili anteriori, mentre Sam, immobile sul posto, volta il viso verso il fratello, restando tutt’orecchie. «Mi ha detto che è tutto vero. Quello che pensavo su papà, intendo: è vero che ha fatto un patto per salvarmi. Che si è sacrificato per me e che… che poteva farlo tornare, se avessi voluto» Sam spalanca gli occhi ed Ellie fa altrettanto, stringendo più forte la pelle del sedile tra le dita. «Avrei solo dovuto fare la stessa cosa: un patto con lei. In cambio, mi avrebbe dato dieci anni. Con voi e papà» Dean deglutisce, gli occhi fissi sulla strada. «Io sono… sono riuscito a imprigionarla con una trappola per i demoni e ho chiesto la liberazione di Evan dal patto in cambio della sua. Alla fine lei ha accettato. Prima di… prima di lasciare il corpo di quella ragazza, mi ha detto che papà è all’Inferno e che avevo… avevo sbagliato terribilmente a lasciarlo laggiù».
 
Immediatamente cala il silenzio, denso di malinconia e consapevolezza. Lo sapevano, lo sapevano tutti e tre che era andata così, ma averne la certezza è tutta un’altra storia. Ellie può solo immaginare quanto questo pensiero faccia male a Dean.
 
È Sam a parlare per primo. «I demoni fingono sempre, lo sappiamo. Forse stava mentendo».
Dean sorride amaro, una smorfia appena accennata. «Andiamo» lancia un’occhiata al fratello «Lo pensi davvero?» a quelle parole, Sam abbassa gli occhi; è chiaro che lo sta dicendo solo per non farlo stare male. «Come ha potuto farlo».
«L’ha fatto per te».
«Appunto» Sam si volta a guardarlo «Come posso vivere sapendolo?» Dean scuote appena la testa, gli occhi fissi sulla strada. «Il pensiero di lui, ovunque sia adesso… ha passato tutta la sua vita a cercare quel figlio di puttana… sarebbe dovuto morire lottando. Doveva essere questo il suo lascito. Non accordarsi con lui… non così».
È Sam a parlare ancora «Quante persone avrà salvato papà, in tutto?»
«Non è questo il punto».
Sam punta gli occhi verso di lui «Evan Hudson è al sicuro grazie a quello che ci ha insegnato. Questo è il suo lascito, Dean. Noi siamo ancora qui, quindi dobbiamo andare avanti. Per lui».
 
Ellie espira forte, i denti a torturare il labbro inferiore. Sam ha ragione: per un cacciatore come John, che ha sempre messo la vita delle persone da salvare al primo posto, il fatto che loro continuino la sua strada è più importante di tutto. Il problema è che Dean, al momento, non la vede così. E forse Ellie al posto suo farebbe lo stesso, perciò non può dargli tutti i torti.
Come le accade spesso ultimamente, preferisce rimanere in silenzio. È una cosa che riguarda John e la loro famiglia, non vuole immischiarsi.
 
Sam rimane un attimo in silenzio, poi abbassa gli occhi prima di guardarlo di nuovo. «Senti… » si prende un momento prima di continuare «Mentre stavi intrappolando quel demone non eri… » si lecca le labbra «Insomma, era tutto un trucco, vero? Non hai mai pensato di fare un vero… accordo, giusto?» [3]
 
Lo sguardo di Sam è carico di speranze e anche Ellie rimane in ascolto, tremendamente interessata alla risposta di Dean che, però, non arriva. Lo osserva voltare leggermente la testa di lato e rimanere in silenzio per una buona manciata di istanti per poi allungare la mano destra verso la manopola della radio e alzare il volume, mettendo una delle sue amate canzoni hard rock a tutto volume.
 
Questa risposta è più eloquente di mille parole ed Ellie rimane un attimo gelata, cercando di capacitarsi di quello che Dean ha appena “non” detto. Anche Sam è rimasto interdetto: Ellie fa in tempo a vedere le sue labbra leggermente schiuse e i suoi occhi spalancati prima che volti appena la testa verso la strada, in silenzio.
 
Lei indietreggia, poggiando la schiena sul sedile posteriore dell’Impala, gli occhi fissi su un punto invisibile. Può capire il dolore, la difficoltà di andare avanti con la propria vita con un pensiero simile in testa che, unito a quello di non avere più il proprio padre accanto, dev’essere terrificante, ma questo no. L’idea di morire e sacrificarsi per riportarlo indietro non può comprenderla.
C’è passata con papà. Sa bene cosa voglia dire averlo accanto un secondo prima in forze e quello dopo trovarlo a terra privo di vita. Sa che è destabilizzante ed è un dolore terribile, atroce, ma non ha mai pensato di riportarlo indietro o di sacrificarsi lei per farlo. Nemmeno una volta. E questo le fa profondamente rabbia. Perché Dean sarebbe pronto a buttarsi nel fuoco senza riflettere su cosa ne pensano gli altri, a come starebbero se lui lo facesse. E questo lo trova intollerabile.
 
Rimane in silenzio per tutto il resto del tragitto, che dura all’incirca un’oretta.
Dopo la risoluzione di un caso, come al solito, è meglio spostarsi da lì e si fermano solo quando Dean si dichiara troppo stanco per continuare a guidare. Decidono dunque di sostare in un motel lungo la strada che porta a Yazoo City, collocata a sud di Greenwood.
 
La stanza, situata al primo piano, non è meglio di altre in quanto a pulizia e igiene – c’è un odore di sigarette che stenderebbe chiunque –, ma almeno è spaziosa: a sinistra, proprio all’angolo, c’è un tavolo di plastica con quattro sedie e sulla destra, addossati al muro, i due letti matrimoniali; in fondo una finestra con delle tende color bianco sporco e alla sua destra, accanto a una porta che dovrebbe portare al bagno, un armadio di legno chiaro, piccolo e con un’anta quasi a penzoloni. Di fronte alla porta d’ingresso, proprio sotto alla finestra, un divano malconcio con un copridivano dai colori un po’ nauseanti – si passa dall’arancione al giallo ocra al verde rancido, in un guazzabuglio senza senso – mentre le pareti sono tinteggiate di un giallino smorto. Hanno dormito in stanze peggiori, per carità, ma anche in altre un po’ più decenti.
 
Poggiano i bagagli accanto alla porta e vanno in bagno a turno, come ogni volta. Vorrebbero farsi una doccia ma sono esausti – sono quasi le quattro del mattino e le giornate precedenti non sono state tanto leggere –, perciò l’idea è quella di lavarsi velocemente a turno – come fanno sempre in queste situazioni – e mettersi a dormire per almeno otto ore filate.
 
Ellie posa il suo borsone sopra il divano e ne tira fuori l’occorrente – la maglietta con lo scoiattolo, i pantaloncini gialli che Dean odia tanto e un paio di calzini; stanotte farà freddo – e il beauty case dove tiene tutte le cose del bagno. Lo appoggia sul divano in attesa del suo turno – adesso è quello di Sam – e si dirige verso l’armadio. Ne apre l’anta sana e vi trova quello di cui aveva bisogno: una coperta. È slavata, di un colore simile alla cacca, ma è ciò che le serviva per stanotte. È novembre inoltrato e comincia a fare abbastanza freddo, soprattutto di sera.
Prende la coperta e la poggia sul divano per poi togliervi anche il borsone e metterlo a terra lì accanto. Poi una mano le accarezza un fianco e si volta, trovando Dean a guardarla, uno sguardo smorto e un’espressione mortificata in viso.
«Vieni a dormire?»
 
Ellie sa benissimo che, se si lasciasse andare alla pietà, gli risponderebbe di sì senza pensarci due volte. Ma stasera non le sta bene, perché deve fargli capire in un modo o nell’altro che il suo era un pensiero sbagliato, che non può buttare la sua vita così.
 
Lo guarda accigliata «No. Stasera dormo sul divano». Dean aggrotta la fronte, ma Ellie non gli dà nemmeno il tempo di parlare. Si scosta appena, schivando la sua presa «Non mi è piaciuto quello che hai detto in macchina, prima. Che avresti fatto quel patto. Cioè, non l’hai detto proprio espressamente, ma non ci voleva un genio a capire e non… non mi piace. Non mi piace che tu voglia buttarti via così».
«Buttarmi via?»
«Come lo chiami darti in pasto a un cane rognoso? Io e Sam lo abbiamo visto, stasera da Evan Hudson. [4] È stato terribile, io—»
L’espressione sul viso di Dean diventa più dura, cupa. «Non l’ho fatto, quel patto. E comunque ci avremmo pensato tra dieci anni».
«Che ti sembrano lunghi, adesso, ma non lo sono».
Dean si passa la lingua sulle labbra e sbuffa, nervoso. «Non capisco di che ti preoccupi. Ti ho detto che non ho fatto nessun patto».
«Mi preoccupa che hai pensato di farlo. Che hai pensato di… di gettare la tua vita nel cesso e che potresti pensarci ancora».
Dean si allontana di un paio di passi, sorridendo amaro. «Sarei morto, se non fosse per papà. Ci ho già guadagnato».
«E vuoi disfarti del dono che ti ha fatto così?» lo guarda intensamente, cercando di fargli comprendere il suo punto di vista. «Lo so che è dura e che è doloroso, soprattutto se vieni a conoscenza di una cosa simile, ma non per questo—»
Dean non la lascia nemmeno finire: alza una mano per fermarla e scuote la testa. «No, tu non capisci».
 
Ellie allarga gli occhi, sbalordita da quelle parole. Può comprendere la rabbia, il dolore e il fatto che la consapevolezza di una cosa così gli faccia un male cane, ma non questo.
 
Sente la rabbia scorrere nelle vene come un fiume in piena, uno che proprio non può arginare. «Ah, è così? Vorrei ricordarti che ho seppellito mio padre più o meno sei mesi fa. Ho bruciato i suoi resti da sola in un maledetto campo» lo guarda stringere gli occhi, ma non lo fa parlare. Ha i piedi piantati a terra e le mani strette a pugno e non si è mai sentita tanto incompresa «I miei genitori sono morti e quando è successo ho dovuto affrontare tutto da sola» si rende conto che sta urlando, ma non le importa. «Tu hai me e tuo fratello. E nonostante questo vuoi buttarti via così».
 
Dean la osserva perplesso, la fronte aggrottata e gli occhi socchiusi, come se non si fosse reso davvero conto di ciò che ha detto fino a che lei non ha ribattuto in questo modo. Ma Ellie è stanca di tutto questo, di stargli vicino nel modo più gentile possibile e di venire trattata a pesci in faccia. È davvero, davvero stanca.
 
Lui scuote la testa «Senti, perché non… perché non ne parliamo domani? Siamo stanchi e io non volevo dire che—»
«Non ha importanza ciò che volevi o non volevi dirmi. Conta quello che hai detto».
«Ok, ma ora andiamo a dormire. Domani—»
«Io ci vado da sola» si volta per prendere il suo beauty case e lo stringe sottobraccio. È sicura che Sam stia tardando a uscire dal bagno perché ha sentito tutto, ma Ellie è stanca anche di discutere e vuole andare a dormire. «Tanto non ho paura dei mostri e poi devo abituarmi, visto che tu vuoi farti ammazzare».
Dean sbuffa aria dal naso, così forte che Ellie riesce a sentirlo anche se non lo guarda in faccia «Io non voglio suicidarmi!»
Si volta verso di lui «Ah no? Farti sbranare dai cani cosa pensi che sia? Una festa? Non so se a tuo fratello sta bene, non m’interessa, ma a me no. E visto che non ti capisco tanto vale che me ne sto da sola».
 
Non aspetta nemmeno che lui dica qualcosa; si gira e si dirige verso la porta del bagno, i passi svelti e decisi. Bussa forte e Sam apre qualche istante dopo con in mano la sua roba. Sicuramente, non è uscito perché ha sentito che stavano discutendo e non voleva impicciarsi, ma Ellie avrebbe continuato a dire il suo pensiero anche con lui presente. Ormai Sam dovrebbe saperlo: se è arrabbiata, dice ciò che pensa anche con i testimoni. Ha poca rilevanza chi c’è nella stanza, l’unica cosa che conta è che il diretto interessato sia all’ascolto.
 
Lo supera senza guardarlo negli occhi e si chiude la porta del bagno alle spalle, appoggiandocisi poi con la schiena. Anche il bagno è uno schifo – è piccolo, il water è praticamente appiccicato alla doccia e lo specchio sopra il lavandino è scheggiato in più punti –, ma ha vissuto in condizioni peggiori. Ciò che la preoccupa decisamente di più è che la convivenza, in questi giorni che si presentano lunghi e burrascosi, sarà piuttosto difficile. E affrontare notti insonni a rimuginare su troppe cose non sarà una passeggiata.
 
*
 
«Però, hai un letto davvero piccolo».
«Infatti l’abbiamo appena fatto sul pavimento». Lo guarda ridere mentre si accoccola di più tra le sue braccia. La testa appoggiata sul suo petto, Ellie allunga un po’ il braccio sinistro per stringergli la vita mentre Dean le dà un pizzicotto su un fianco, facendola sorridere ancora. Effettivamente, il letto dove sono sdraiati è singolo, per questo è molto piccolo per starci in due. «Quando mi capitava di dormire da Ben, avevamo lo stesso problema: il suo letto era strettissimo» evita lo sguardo di Dean, trovando improvvisamente più interessante disegnargli un fiore sul petto «Ma… beh, io conoscevo casa sua a menadito. Tu pensavo ti spingessi almeno oltre la cucina».
«Infatti sono arrivato in camera da letto».
Ellie gli dà una manata, facendolo ridere di nuovo «Sì, ma non ho fatto in tempo a farti vedere nulla che mi sei saltato addosso».
«Mi premeva di più vedere qualcos’altro» alza gli occhi e lo sguardo di Dean luccica, carico di desiderio, mentre un sorriso sornione gli si disegna sulle labbra. Ellie non finirà mai di stupirsi del costante desiderio che prova per lei. È qualcosa che la spiazza sempre. Lo guarda allungarsi per darle un bacio veloce, a fior di labbra, prima di accarezzarle il viso con la mano destra. «Hai tempo per farmi vedere casa tua».
«Quanto ti fermi?»
«Un paio di giorni, credo».
Ellie arriccia le labbra in una smorfia imbronciata «Troppo poco».
Dean stringe le spalle «Lo so, ma è meglio di niente, no?» le accarezza ancora il viso «Avevo tanta voglia di vederti».
Ellie sorride «Anche tu mi sei mancato» e non fa in tempo ad allungarsi verso di lui che un suono lontano cattura la sua attenzione, facendole voltare il viso verso destra.
 
Apre gli occhi e lo scenario che gli si para di fronte è totalmente diverso da quello che aveva davanti qualche secondo fa: è stesa sul divano della stanza di motel in cui vivono da qualche giorno, da sola, coperta con un misero plaid. Sbuffa aria dal naso, portandosi una mano sulla fronte e scostando i capelli verso destra.
 
Ha fin troppo chiaro ciò che ha appena sognato: lei e Dean nella sua stanza del suo appartamento a Buckley.
Le era già capitato di fare un sogno simile: una volta quando avevano discusso, i primi giorni in cui stava in quel posto da sola; un’altra volta subito dopo che avevano fatto pace e un’altra ancora prima di andare a trovare Janis ad agosto. Per tanti mesi ha considerato quella come casa sua, perciò forse le viene facile associarla nel sonno a Dean.
Quando sono stati a Buckley glielo ha fatto vedere solo dall’esterno – era già stato riaffittato –, invece nei suoi sogni lui entra sempre all’interno e lo scruta più o meno velocemente. La prima volta ha sognato che bussava alla sua porta con in mano sei lattine di birra, un girasole e un’espressione in faccia che urlava da tutti i pori ti prego perdonami. [5] Un po’ troppo sdolcinato, forse, e sicuramente poco realistico – soprattutto considerando che Dean non è affatto un tipo da mazzo di fiori –, ma tant’è. Un’altra volta, invece, l’aveva sognato accanto alla finestra vicino a Mufasa. Altro evento improbabile, visto che è allergico al pelo dei gatti. E stavolta gli apriva la porta, accogliendolo con un sorriso e non faceva in tempo a mostrargli nemmeno la cucina, tanta era la sua fretta di fare l’amore. Una fretta tale da farli sdraiare sul pavimento.
 
La realtà, però, è completamente differente: oggi è già il quinto giorno che non si parlano. Ellie è rimasta a dormire sul divano da che hanno discusso, sopportando meglio il fatto che è tutto meno che comodo con quel paio di molle che escono dalla fodera e quel plaid che non scalda nulla piuttosto che dormire con Dean e dargli l’idea di averlo perdonato.
Perché è questo il punto: quello che ha fatto arrabbiare Ellie non è che lui abbia pensato di fare quel patto, perché, alla fine, è in qualche modo comprensibile visto l’attaccamento che aveva al padre e quanto soffre perché lui sia vivo al suo posto. Quello che le dà fastidio è che lo avrebbe fatto senza pensare alle conseguenze, senza valutare il grandissimo dono che John gli ha fatto sacrificandosi e senza minimamente ragionare su come l’avrebbero presa lei e Sam. È questo a farla infuriare. Sapere, poi, che non si sente compreso è stata la ciliegina sulla torta. Anche se lo ha detto in un momento di rabbia – e questo Ellie potrebbe capirlo benissimo: anche lei dice tante cose che non pensa quando si arrabbia –, le ha fatto molto male sentirselo dire. Per questo non sta cercando in nessun modo di fare pace, perché deve essere lui a fare il primo passo stavolta.
 
C’è rimasto male che lei se la sia presa così tanto. Deve imparare a pesare le parole, però, perché Ellie ce la sta mettendo tutta per stargli vicino e dargli conforto e, da quello che le ha detto, ciò che risulta è tutto il contrario. In più, poi, a lei è sempre sembrato l’opposto e, anzi, il fatto che lei si sforzasse di comprenderlo e ci riuscisse – per quanto talvolta fosse davvero difficile – è stato fin dall’inizio una base del loro stare insieme. 
 
Ancora non ha fatto un passo verso di lei, ma Ellie ha capito che questo distacco gli pesa. Un po’ anche per abitudine, probabilmente, visto che da che si sono messi insieme non hanno mai dormito separati, ma anche perché – o almeno Ellie lo spera – gli dispiace di questa situazione. Magari non sa come chiederle scusa o… o forse non vuole. Questo ancora non l’ha capito, a dire la verità.
 
Ciò che ha compreso è che Dean non sta bene. Glielo legge in faccia: lo intuisce quando la guarda di sottecchi mentre parla con Sam o mentre la osserva leggere un libro con lo sguardo smarrito e arrabbiato di un cucciolo abbandonato. E vorrebbe passarci sopra, davvero, ma è troppo presto, perché non ha smaltito nemmeno un po’ la rabbia che sente addosso al solo pensiero che avrebbe preferito morire, dare la sua preziosa esistenza in pasto a un demone piuttosto che vivere e affrontare la vita giorno per giorno.
 
Ellie ha avuto a che fare spesso con la morte negli ultimi anni: ha visto sua madre spegnersi come una candela in pieno inverno di fronte a una finestra aperta e la vita di suo padre venire stracciata da un colpo di artigli affilati. Entrambi, però, sono morti senza volerlo. Non l’hanno cercata. Non come Dean, che talvolta sembra provare piacere nel farsi del male nei modi peggiori.
 
Ci ha pensato spesso nelle ultime notti, quando si ritrova a fissare il soffitto senza riuscire a prendere sonno. Perché, anche se cerca di mantenere il punto con tanto orgoglio, Dean le manca. Le manca nel senso più completo del termine, perché vederlo ogni giorno e non parlargli e non stringerlo in nessun modo è snervante.
Per questo non riesce a dormire. Perché pensa a quello che è successo, al modo brutto in cui gli ha detto ciò che pensava e, anche se non si pente di averlo fatto, non riesce a non starci male. Era da tanto che non litigavano più in quel modo feroce, che non sentiva la rabbia accendersi dentro come una fiamma e brillare furiosa.
Al contempo, però, non vuole fare il primo passo. Non vuole essere lei a scusarsi, perché sa di non doverlo fare. Non stavolta. Nonostante tutto vorrebbe che fosse tutto a posto, perché le manca sentire Dean vicino, svegliarsi la mattina e trovarlo accanto, le mancano le sue carezze e il modo in cui la guarda, con quella scintilla in fondo agli occhi e quel modo apprensivo e dolce. Per questo spera che si sbrighi, che si faccia un esame di coscienza e rimetta le cose a posto.
 
La notte spesso e volentieri lo sente rigirarsi nel letto, come se non riuscisse ad addormentarsi e lo prenderebbe a schiaffi perché potrebbe venire da lei e dirle qualcosa, invece che stare lì a rimuginare su ciò che lo fa stare male. È stupido. Poi si dice che lei sta facendo lo stesso e che se non tenesse il punto sarebbe tutto più semplice, ma non ha intenzione di mollare.
Una sera è uscito dopo che hanno cenato, da solo. È tornato un paio d’ore dopo e si vedeva da lontano un chilometro che era piuttosto sbronzo. Non ha detto nulla: è andato in bagno e poco dopo si è ficcato a letto, ignorando le domande di Sam sul suo umore e sul che avesse combinato – era chiaro come il sole anche a lui, evidentemente – e buttandosi sotto alle coperte da cui è emerso il mattino dopo anche piuttosto tardi. Ellie vorrebbe tanto sapere che gli passa per la testa.
 
Si stropiccia gli occhi e si tira su mettendosi seduta e lasciando uscire un piccolo sbuffo dalle labbra. Alzarsi è peggio ogni mattina, considerando che dorme poco e male.
Oggi è il suo turno di andare a prendere la colazione ed è evidente perché Sam, che di solito si sveglia l’ultimo secondo e scatta come una molla dal letto per non fare tardi, è ancora girato verso il muro e dorme come un sasso, entrambe le braccia intorno al cuscino. Dean, invece, è sveglio, gli occhi spalancati rivolti al soffitto e le mani intrecciate in grembo. A giudicare dalla sua espressione, sembra che stia ragionando sul senso della vita o qualcosa del genere.
Quando si accorge che è sveglia, si volta verso di lei e la guarda negli occhi, come se non si aspettasse che si alzasse tanto presto. Forse non si è accorto di che ora è, o forse è in quella posizione da talmente tanto tempo che non si è reso conto del tempo che è passato.
Lo guarda stringere le labbra in una linea sottile «Ciao» ed Ellie risponde con un cenno della testa, scostando la coperta per poi alzarsi dal divano. Raggiunge l’armadio dove ha messo buona parte dei suoi vestiti e prende un paio di jeans e un maglioncino celeste. La mattina fa piuttosto freddo qui.
 
Raggiunge il bagno e, dopo essersi sciacquata il viso, si veste. Prima di uscire, si guarda allo specchio; si avvicina e si passa due dita sotto gli occhi: ha un paio di occhiaie tremendamente vistose. Sbuffa aria dal naso e si decide a truccarsi un po’, almeno oggi. Non tanto per chi la vedrà a prendere la colazione – di cui, francamente, non gliene frega proprio nulla –, ma piuttosto per non far preoccupare Sam e non dare da pensare a Dean che capirebbe ciò che combina la notte. Non vuole dargli questa soddisfazione.
Apre la porta per andare a prendere l’astuccio dei trucchi – anch’esso ficcato nell’armadio – e si trova davanti Dean che la guarda un po’ imbarazzato. Anche lui ha un paio di vistose occhiaie – e, a quanto pare, lei non riuscirà a nascondergli le sue – sotto gli occhi e la barba lunga di almeno quattro o cinque giorni, se non di più.
Stringe le labbra in una linea sottile «Posso… posso entrare?» e lei fa spallucce «Sì. Io ho quasi finito».
 
Si scosta e lo fa passare per poi andare a prendere la sua roba. È sicura che Dean stesse per bussare o che, comunque, sia lì per dirle qualcosa. Non è solito dividere il bagno con lei, a maggior ragione quando c’è anche Sam, perciò probabilmente vuole parlarle in un posto dove suo fratello non possa sentirlo. E magari per non svegliarlo, ma questo crede che sia il minore dei suoi problemi. Spera almeno che abbia buone intenzioni.
 
Ne approfitta per mettere le scarpe – il suo caro paio di Converse – e rientra in bagno chiudendosi la porta alle spalle. Lo trova seduto sul water, le mani sulle ginocchia e gli occhi stanchi. Indossa una delle sue magliette a maniche corte grigio topo e un paio di boxer neri e, nonostante l’aria sbattuta e assonnata, è comunque una bella visione per Ellie, che cerca di concentrarsi sul trucco e distrarsi il meno possibile.
 
Comincia a mettere il correttore mentre attende che Dean le dica qualcosa; deve aspettare qualche secondo prima che lo faccia. «Ti… ti sei svegliata presto, stamattina».
Ellie si guarda oltre le crepe dello specchio e sfuma il prodotto marroncino chiaro con le dita «Potrei dirti la stessa cosa». È di questo che ha intenzione di parlare? Dei miei orari giornalieri? «E poi è il mio turno per la colazione».
«Ah, già. Me ne ero dimenticato». Suona buffo detto da quello che non ricorda mai quando tocca a lui. Ellie proprio non capisce perché sta portando avanti questo stupido teatrino, davvero. Se vuole dirle qualcosa perché non lo fa e basta? Si spalma il fondotinta sul viso e osserva il risultato: il peggio è nascosto, proprio come voleva. Lo sente sospirare appena alle sue spalle. «Vuoi che ti accompagni?»
Ellie scuote la testa «No, non ce n’è bisogno, grazie» ed è vero: il bar dove hanno preso la colazione negli ultimi giorni è a pochi metri dal motel e le fa bene fare una passeggiata. Lo fa molto di rado; da che sono qui forse un po’ di più, ma solo perché vuole evitare Dean. Sennò passa la maggior parte del tempo a leggere o a disegnare sul divano. Non sono giornate particolarmente proficue.
 
Non si aspetta ciò che accade nei secondi successivi: si ritrova voltata bruscamente, la schiena contro il bordo del lavello e una mano di Dean che stringe forte il suo braccio destro. È tremendamente arrabbiato.
«Vuoi almeno guardarmi in faccia mentre ti parlo?» urla, in preda a una rabbia cieca. «Ma che ti ho fatto di così grave?»
Ellie prova a strattonare il braccio «Mi fai male» ma lui non sembra nemmeno ascoltarla «Non l’ho fatto quel patto. Non ho fatto niente se non parlare con una puttana che mi ha detto che mio padre si è sacrificato per me. Hai una vaga idea di come questo mi faccia sentire?»
Ellie si passa la lingua sulle labbra, cercando di rimanere calma. Non si aspettava di certo una reazione simile. «Questo non significa che—»
«E poi tu dovresti capirmi visto che ti saresti fatta uccidere dal Formichiere se questo voleva dire vendicare tuo padre».
Lo guarda dritto negli occhi «Quando ho affrontato quell’essere, avevo paura che lui mi facesse fuori. Non mi sarei data a lui spontaneamente come volevi fare tu con quel demone. Sono due cose diverse».
La presa di Dean sul suo braccio si fa ancora più forte ed Ellie cerca di liberarsi invano «Non è così differente. E—»
Il dolore diventa più forte «Lasciami, mi fai male».
«E non capisco, perché ti sei comportata in un modo finora e adesso—»
«LASCIAMI!» è solo quell’urlo a interrompere il suo vomito di parole [6] e Dean la guarda negli occhi, lasciando immediatamente la presa sul suo braccio, come se si fosse accorto solo adesso di quello che ha fatto. Ellie sospira forte, passandosi una mano sul punto che le fa male e stringe un labbro tra i denti prima di fissarlo con astio. «Non mi piace come sei adesso. Capisco la rabbia e il dolore, ma non la violenza. E tu sei violento con me».
«Io—»
Ellie non vuole nemmeno ascoltarlo «Mio padre mi ha picchiata. Più di una volta e tu» picchietta l’indice della mano destra sul suo petto, facendolo indietreggiare di un paio di passi «E tu lo sai bene, ma evidentemente voi cacciatori siete tutti uguali» lo scruta con aria di sfida e scuote la testa, delusa «Aveva ragione Meg. Non mi piace saperti così perciò finché non ti dai una calmata noi due non abbiamo niente da dirci».
 
Lo guarda un’ultima volta prima di scostarlo di più appoggiandogli una mano sul petto e fugge via, uscendo dal bagno con un passo molto veloce. Afferra la borsa e apre la porta per poi chiudersela alle spalle con un tonfo secco. Non le importa dell’eventualità di aver svegliato Sam; le urla dovrebbero averlo già fatto.
 
Cammina a passo svelto, la mano sul polso arrossato e dolente e gli occhi appena appannati da rabbia e dispiacere. Si sente tremendamente offesa: non tanto perché hanno due visioni diverse o non si sono capiti, perché quello può capitare a chiunque. Piuttosto perché, ancora una volta, è stata il bersaglio della sua rabbia. E di questo Ellie è proprio stufa.
 
*
 
Fissa la sua ciotola di Caesar Salad, scostando alcuni ciuffetti di insalata con la forchetta per verificare quanta ne manca per arrivare al fondo. Non ne ha mangiata neanche la metà e già non le va più.
È l’ottavo giorno che passano qui a Yazoo City e non ci sono miglioramenti su nessun fronte: nessun caso, nessun chiarimento con Dean, niente di niente. E ha la sensazione che le molle del divano a darle fastidio siano diventate un paio anziché una sola come i primi giorni.
 
Oggi sono venuti a pranzo in una tavola calda non molto lontana dal motel. Non c’erano mai stati prima d’ora: di solito si fermano in un posto poco distante dove servono hamburger e patatine fritte a volontà, ma oggi avevano voglia di qualcos’altro. Ellie, infatti, ha optato per un’insalata – non ha molto appetito ultimamente – e anche Sam ha fatto lo stesso. Dean, invece, non si è scostato molto da solito, ordinando un burrito con pollo, insalata, pomodoro e una quantità di salsa e cipolla da far venire il mal di stomaco. Ellie a volte si chiede come faccia il suo organismo a reggere un simile accumulo di grassi. Non perché lei sia una salutista – non come Sam, almeno –, ma ogni tanto si chiede dove mette tutte quelle porcherie. E come faccia a digerire tutto senza mai un problema. Bah, buon per lui.
 
Il locale è piuttosto piccolo: ci saranno sì e no una quindicina di tavoli, la maggior parte da due o quattro persone. Chissà come se la sbrigano quando gli arriva un gruppo di gente. Le mattonelle del pavimento sono quadrate e sembra di camminare su una grossa scacchiera, essendo bianche e nere alternate. Alle pareti bianche sono appese innumerevoli insegne incorniciate – manifesti di concerti di band famose o pubblicità – mentre le poltroncine vicino ai tavoli sono rosse. [7] È un ambiente molto accogliente.
 
Prende un’altra forchettata di insalata e se la porta alla bocca, masticando velocemente.
Lei e Dean non si sono più parlati se non con parole di circostanza. E, a dire la verità, sono state pochissime anche quelle.
A quanto pare, ognuno vuole rimanere nella propria posizione e a Ellie, per il momento, va bene così. È stufa di subire un trattamento simile e vuole che Dean lo capisca. Evidentemente, era il caso di farglielo comprendere con le cattive, visto che le buone non hanno funzionato per la maggior parte delle volte in cui si è presentato il problema.
È per il suo bene, in fondo: non è giusto che si butti via ed è ancora meno giusto che lo faccia portando Ellie con sé. Non può permetterglielo.
 
Anche se si nasconde dietro una maschera di rabbia – le sopracciglia sempre basse e l’espressione incazzata perennemente stampata in volto – è evidente che Dean si senta in colpa. Ancora più di prima, probabilmente: è arrabbiato per come lei gli ha risposto, sicuramente, ma al contempo è rimasto male del suo stesso comportamento – aggressivo e scostante – e se ne dispiace. Forse non sa come chiederle scusa… o forse, dopo quello che è accaduto l’altra mattina, non vuole. Fa di tutto per dimostrarle che è arrabbiato: stamattina, ad esempio, quando si è alzata per andare a prendere la colazione – era di nuovo il suo turno – era sveglio – le braccia incrociate al petto e lo sguardo rivolto alla finestra –, ma non l’ha degnata né di sguardi né di parole. In realtà, però, Ellie sa che è dispiaciuto e che, probabilmente, non si aspettava nemmeno di reagire in quel modo. Glielo ha letto negli occhi quando si è allontanata.
 
Potrà dire quello che vuole, ma Dean è un libro aperto per lei. È difficile che non riesca a decifrarlo, anche se ultimamente deve ammettere che fa un po’ fatica.
 
Continua a mangiare la sua insalata controvoglia, gli occhi rivolti sulla sua ciotola ancora mezza piena. Non poteva prendere la porzione più piccola? Sta davvero faticando a finirla.
 
Un colpetto di Sam sul suo braccio le fa alzare il capo, destandola dai pensieri. Siede di fronte a lei – Dean, invece, è alla sua destra, a debita distanza – e le sorride appena. «Hai visto il cartello?» Ellie scuote la testa e Sam glielo indica con l’indice della mano destra, proprio a fianco alla cassa. C’è scritto Cercasi cameriera a caratteri cubitali. «Potresti farci un pensierino» le sorride in modo più ampio «Non troviamo un caso da un po’ e Occhi Gialli è sparito nel nulla. Magari ti interessa».
 
Ellie si morde il labbro inferiore, riflettendo tra sé. Effettivamente sarebbe un bel modo per passare il tempo. Il suo gruzzoletto è in via di esaurimento e finirà con l’impazzire se continuerà a stare tutto il giorno rinchiusa in quella stanza senza scambiare una parola con nessuno.
 
Gli sorride appena «Sì, ci penserò» e con la coda dell’occhio avverte che Dean si è voltato verso di lei, quasi di scatto. Di riflesso si ritrova a fare lo stesso movimento, incrociando il suo sguardo. Lo trova a fissarla con un’espressione accigliata, cupa, quasi offesa, ma i suoi occhi dicono ben altro: sono tristi, confusi, spaesati. Con molta probabilità ha paura che Ellie possa abbandonarlo, proprio come è successo dopo che ha ucciso il Formichiere.
 
Distoglie lo sguardo e torna a concentrarsi sulla sua insalata, pensando che, forse, per una volta mettere un po’ di distanza tra loro potrebbe essere un bene.
 
*
 
Tira su un altro po’ la coperta cercando di portarsela almeno sopra alle spalle, le gambe strette al petto. La notte fa sempre più freddo e non pensa che riuscirà a resistere a lungo con questo misero plaid addosso, ma non vuole nemmeno chiedere asilo nel letto di Dean quindi si adatterà e basta, come è abituata a fare.
Stringe le palpebre più forte ed è convinta di essersi addormentata quando sente un paio di mani che le accomodano la coperta. Apre le palpebre di scatto, quasi spaventata, e trova Dean accanto a lei, gli occhi spalancati per la sorpresa e le braccia protese verso di lei. Si scosta quando si accorge che è sveglia e lei fa altrettanto, in un gesto quasi involontario, indietreggiando fino al bordo interno del divano.
Dean stringe le labbra in una linea sottile, tirandosi su «Scusa, non volevo spaventarti» il suo tono di voce è calmo e basso, quasi un sussurro ed Ellie non fatica a comprenderne il motivo: il russare sommesso di Sam le suggerisce che dovrebbe essere notte fonda. «Mi sono alzato per andare in bagno e ti ho vista tutta rannicchiata, così ho pensato di andarti a prendere la coperta in macchina. Pensavo sentissi freddo».
 
Ellie si tira un po’ su, stropicciandosi gli occhi con la mano destra. Si accosta un po’ allo schienale del divano e Dean deve prenderlo come un invito a sedersi – anche se non lo era, in realtà – perché dopo poco lo fa, mettendosi proprio sul bordo, quasi avesse paura a starle troppo vicino.
 
Lo guarda; sembra davvero esausto. Si passa la lingua sulle labbra prima di parlare. «Non riesci a dormire?»
Dean stringe le spalle, abbassando gli occhi. «Vuoi farlo davvero?»
Ellie aggrotta la fronte «Cosa?»
«Quel lavoro. La tavola calda».
Ellie si morde appena il labbro inferiore. Non può dire di averci ancora pensato seriamente, anche se una parte di lei sarebbe tentata. «Non lo so. Se ci fermiamo ancora un po’ potrei pensarci».
Continua a tenere la testa bassa, senza rivolgerle nemmeno un’occhiata, gli occhi fissi sulle sue mani che muove appena sopra la coperta. «P-perché?»
«Perché ho bisogno di soldi e—»
«Vuoi allontanarti da me? Perché io non ho… non ho f-fatto apposta l’altro giorno, ho… ho esagerato ma n-non volevo… io… » Ellie lo osserva con attenzione e sembra tremare mentre stringe il pugno, il plaid tra le dita «N-non volevo farti m-male ma tu… tu non mi ascoltavi e io… io ne avevo bisogno e non… n-non ci ho visto più. Ma mi dispiace» Ellie non crede ai suoi occhi quando vede distintamente una lacrima solcargli il viso «Mi d-dispiace t-tanto» e non resiste all’istinto di avvicinarsi verso di lui e spalancare le braccia per stringerlo al petto.
 
Lo ascolta piangere sommessamente ed è sicura che la storia del lavoro alla tavola calda sia stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di dispiacere e dolore. Dean è tutto orgoglio, ma in realtà è molto fragile su molti aspetti – specialmente quello affettivo – e ultimamente sono crollate molte delle sue certezze: in primis la morte del padre che l’ha messo quasi KO, poi tutta la storia del patto che ha fatto per lui e, infine, l’idea che lei potesse allontanarsi l’ha svilito definitivamente. Ellie aveva capito che stava male, ma non credeva fino a questo punto e le dispiace molto di non essersene accorta. Se può servire a farlo sfogare, però, è contenta di averlo fatto. Nonostante sia profondamente convinta che una parte di Dean si vergogni a mostrarsi così fragile ai suoi occhi, è anche consapevole che gli faccia bene buttare fuori un po’ del suo dolore. A maggior ragione se non lo fa neanche a parole.
 
Lo stringe forte, le mani ad accarezzargli la testa, e la sua voce è un sussurro quando lo prega di sfogarsi, di lasciarsi andare e lo sente aggrapparsi alla sua maglietta, le dita che artigliano il tessuto sottile.
Ellie non l’aveva mai visto così fragile e insicuro, così spaventato e, per qualche strana ragione, questo lato glielo fa piacere ancora di più. Dean è tremendamente umano, nonostante preferisca celare questo suo lato dietro uno scudo di durezza e parolacce, ma è ciò che ha sempre amato più di lui.
 
Lo guarda scostarsi appena, ancora senza alzare il capo, e gli accarezza i capelli con dolcezza, sorridendogli appena. «Vieni… v-vieni con me?» e lei risponde prendendolo per mano e alzandosi, costringendolo a fare lo stesso. Dean le stringe la mano ma cammina avanti come un automa, muovendo le gambe in modo quasi meccanico e cercando di non farsi guardare ed Ellie lo rispetta, anche dopo, quando si sdraiano sul letto e Dean nasconde il viso nell’incavo del suo collo, stringendola a sé. Ellie gli accarezza la schiena cercando di calmarlo e ci riesce, dopo un po’, avvertendo il suo respiro più tranquillo e la sua stretta meno forte.
 
Non gli dice più nulla e Dean fa altrettanto ed è quasi sicura che si addormenti, dopo un po’, quando sente la presa su di lei più lenta. Si scosta appena per guardarlo, sdraiandosi più di lato, e lo trova con gli occhi chiusi, il respiro tranquillo e pacato. Ellie gli si stringe più addosso, chiudendo gli occhi a sua volta, realizzando che adesso, finalmente, non sente più freddo.
 
*
 
Tiene gli occhi chiusi e sorride appena, il naso sotto le coperte che gli coprono buona parte della testa. È sdraiato di lato, il viso rivolto verso la finestra e verso Ellie che, stesa al suo fianco, gli stringe la vita con il braccio destro. Sbuffa aria dal naso, le dita a stringere il tessuto della sua maglietta colorata.
Non gli sembra vero che Ellie sia qui con lui. Non che dormire nello stesso letto fosse la cosa più importante, ma finalmente può risentirla vicina, come non è stata nell’ultima settimana abbondante. Saperla così distante era una delle cose che gli faceva più male.
 
Sa di aver sbagliato. Si è comportato male con lei e non ci sono giustificazioni per quello che le ha detto e fatto. Deve imparare a gestire meglio la rabbia, che purtroppo è una compagna costante ultimamente. Ne ha sempre avuta tanta addosso, ma da quando è morto papà le cose sono peggiorate in modo evidente.
 
Si vergogna un po’ per come ha reagito, ieri notte. Lui ha visto Ellie piangere più di una volta, ma a lei non era mai successo – non solo perché Dean lo fa raramente, ma anche perché non si era mai mostrato tanto fragile – e si sente un po’ in imbarazzo se ci ripensa. Ma era davvero tormentato al pensiero che lei potesse sfuggirgli via dalle dita così, senza dargli la possibilità di spiegarsi e di farsi capire e non è riuscito a trattenersi.
Tutto ciò gli conferma ancora il forte ascendente che Ellie ha ormai su di lui, quanto sia importante. Perché di certo non si sarebbe sbottonato così con una qualunque, né si sarebbe esposto tanto per riprendersela. E, se possibile, lo fa sentire ancora più in colpa per quello che ha fatto qualche giorno fa, quando c’era la vita di Evan Hudson sul piatto e la sua relazione doveva passare necessariamente in secondo piano.
 
La stringe appena cercando di non pensarci. Ispira forte e gli odori che gli arrivano alle narici sono tutto ciò che gli piace: il profumo della pelle di Ellie, quello di frutti tropicali dei suoi capelli… tutto ciò che gli mancava.
 
Apre gli occhi e la trova a osservarlo, le labbra piegate in una smorfia pensierosa. A giudicare da come lo guarda, non si è svegliata da molto.
Dean di slancio le sorride appena «Buongiorno» e, sebbene sia un po’ titubante, si allunga a darle un piccolo bacio sulla bocca. Ellie non si scosta, il che gli fa pensare che non è più così arrabbiata con lui.
La guarda allungare il braccio destro un po’ più in alto, per accarezzargli i capelli. A Dean era proprio mancato il suo tocco delicato, il modo gentile in cui lo sfiora. «Buongiorno» gli sorride appena «Hai dormito bene?»
«Stanotte sì… tu?»
Ellie fa spallucce «Anch’io» e Dean le sorride divertito «Il letto è un po’ più comodo del divano, immagino».
La guarda stringere ancora le spalle sviando lo sguardo, segno che non vuole dargli soddisfazione, e questo lo fa sorridere ancora di più. Si allunga a baciarle la guancia, per poi scendere fino al collo. Ellie non oppone resistenza e Dean non può fare a meno di chiedersi da quanto tempo non era così contento di svegliarsi al suo fianco.
Lei continua ad accarezzargli i capelli «Sam è andato a prendere la colazione?»
 
Dean si scosta da lei, voltandosi verso il letto del fratello, alla sua sinistra, e trovandolo vuoto. Non provengono rumori dal bagno, perciò sì, non c’è dubbio che sia andato al bar qui vicino per prendere qualcosa da mangiare.
 
«Penso di sì» torna a concentrarsi sul suo collo, lasciandole una piccola scia di baci fino alla mascella. «Che… che vuoi fare oggi?» ha quasi paura di chiederlo, visto che potrebbe non aver cambiato idea sul fare un colloquio per quel lavoro alla tavola calda. Non esiste una candidata migliore di Ellie: con tutti gli anni di esperienza che ha alle spalle, il suo posto è praticamente assicurato. E questo, sebbene da un lato sia motivo di contentezza – per lei, ovviamente –, dall’altro lo preoccupa un po’, perché ciò vorrebbe dire passare nuovamente giornate intere a girarsi i pollici in attesa del suo ritorno.
Ellie lo guarda stringendo le spalle «Non so… forse andrò a fare un paio di lavatrici. Ho finito i calzini» e questa risposta è ciò che di meglio poteva sentirsi dire. «Tu che vuoi fare?»
Dean le accarezza una guancia «Quello che fai tu» si allunga a darle un altro bacio e le sorride «Mi piaci quando smetti di fare la preziosa e torni quella di sempre».
Ellie lo guarda, fingendosi offesa. «Preziosa io?»
«Sì. Quando non mi parli per qualche giorno e fai la sostenuta».
Si fa appena più seria «Veramente cerco di farti capire come si potrebbero affrontare le cose» si lecca le labbra «E che… che per quanto sia grande il dolore, non puoi lasciare che ti sopraffaccia. Soprattutto se intorno a te ci sono persone che ti vogliono bene che potrebbero farne le spese».
Dean stringe le labbra in una linea sottile «Me ne ricorderò» la guarda negli occhi, il pollice ad accarezzarle piano lo zigomo destro. «Perché hai così tanta pazienza con me?»
 
Il suo è quasi un sussurro, ma è una cosa che si è chiesto più e più volte: Ellie è così paziente e amorevole con lui, così… comprensiva che non può fare a meno di stupirsene ogni volta. Anche dopo come l’ha trattata negli ultimi giorni, è qui ad ascoltarlo e a dargli consigli.
 
Ellie lo guarda intensamente, la mano destra tra i suoi capelli. «Perché tu ne hai avuta, quando si è trattato di me. Perché quando si sta insieme ci si deve aiutare a vicenda e… » sorride appena, le guance un po’ più rosse gli occhi dritti nei suoi. «E perché ti amo».
 
Quelle due parole scivolano fuori dalla sua bocca con una naturalezza disarmante e Dean allarga appena gli occhi, rimanendo in silenzio. Continua a fissarla, il cuore che batte più forte dentro il petto, ma Ellie non dice nulla – anche se è certo che si sia accorta di questo piccolo cambiamento –, continuando a sorridergli con la mano ferma sulla sua guancia. Vorrebbe risponderle qualcosa, qualsiasi cosa, ma non glielo aveva detto mai nessuno e ha come un nodo al centro esatto della gola e non riesce a dire nulla. Poi la porta d’ingresso si apre ed Ellie alza la testa, distogliendo lo sguardo, e per una volta Dean è grato del fatto che involontariamente Sammy li abbia interrotti.
 

[1] I fatti illustrati per sommi capi sono tratti dall’episodio 2x08 “Crossroad blues”.
[2] Riferimento agli avvenimenti dell’episodio 2x05 “Simon said”.
[3] Il dialogo è quasi interamente estrapolato dall’episodio 2x08 “Croassroad blues”.
[4] Riferimento alla scena dell’episodio 2x08 “Crossroad blues” in cui Sam cerca di proteggere Evan Hudson dal cane che vuole ucciderlo, mentre Dean intrappola il demone per costringerlo a revocare il patto.
[5] Riferimento a una scena dell’episodio 6x08 di Lost, dove un personaggio si presenta davvero all’appartamento di una ragazza con sei lattine di birra e un girasole in mano.
[6] L’espressione “vomito di parole” è presa in prestito da Cady, personaggio interpretato da Lindsay Lohan in “Mean Girls”.
[7] L’arredamento della tavola calda prende spunto da quello della catena di ristoranti “America Graffiti”.

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Capitolo 29
*** Missing you at Christmas ***


Note: … non c’è bisogno che dica nulla, vero? Tanto ormai sapete già tutto! XD *si copre gli occhi con le mani*
Sono più di corsa che mai perché sono stanchissima ed ho un sonno allucinante. Vi lascio due paroline giusto perché il nostro è un appuntamento settimanale e mi va sempre di scrivervi un paio di righe prima di lasciarvi al capitolo.
So benissimo di essere fuori stagione, ma… ma mi andava proprio di scrivere del Natale di Ellie e Dean. Il primo davvero insieme, insomma. Mi sembrava una cosa carina *.* Questo capitolo, poi, oltre ad essere particolarmente lungo, contiene anche il maggior numero di note mai scritte. Abbiate pietà, ma non potevo non lasciarle XD
E spero che questi continui “salti temporali” non siano noiosi o brutti. Se me lo fate sapere, ve ne sarò grata :)
Detto ciò, vi saluto e vi auguro una buona lettura e una buona continuazione di settimana.
Un grosso abbraccio a tutti voi, a mercoledì! :**

Capitolo 29: Missing you at Christmas
I wish that I could talk to you
There’s so much I would say,
Life has changed so very much
Since you went away. (…)
 
I’ll always feel you close to me
And though you’re far from sight
I’ll search for you among the stars
That shine on Christmas night.
 
(From the Christmas poem “Missing you at Christmas”)
 
 
Siede alla scrivania di Bobby, un paio di grossi libroni davanti a lui sopra ai quali ha posizionato il diario di suo padre, aperto nelle prime pagine mentre la luce fioca della lampadina che le illumina le fa sembrare più gialle di quanto siano.
Sbuffa aria dal naso, la testa china sulla carta e sbadiglia, coprendosi la mano con la bocca anche se non c’è nessuno con lui a cui dovrebbe chiedere scusa. È una questione di abitudine.
Sam stropiccia gli occhi e dà un’occhiata all’orologio che porta al polso destro: sono le tre del mattino e, anche se ha tutta l’intenzione di andare a dormire, sa benissimo che come poggerà la testa sul letto – o per meglio dire sul divano, visto che stasera è il suo turno – comincerà a fissare il soffitto senza riuscire a chiudere occhio.
 
È stato così nelle ultime settimane, da quando Dean ha finalmente tirato fuori il rospo. Sì, perché a quanto pare papà prima di morire non era stato così silenzioso come gli aveva fatto credere, tutt’altro.
Si stavano scolando una birra lungo un fiume nei pressi di Rivergrove, in Oregon. Avevano appena concluso un caso – una strana storia di streghe [1] – e, dopo aver passato l’intera mattinata a dormire per recuperare un po’ del sonno perduto, si stavano godendo un pomeriggio di sole, una volta tanto. Il panorama era bellissimo: davanti a loro, il letto del fiume, alla loro sinistra l’Impala parcheggiata e alla destra un sentiero d’erba ricoperto di foglie secche. C’era un grosso albero lì accanto, insieme a una fitta vegetazione che circondava loro e il fiume, e una leggera brezza, un clima insolito per essere a fine novembre, ma ovviamente non se ne lamentavano, per una volta che potevano godersi un po’ di tranquillità all’aperto.
Lui ed Ellie erano tranquilli, parlavano e scherzavano come sempre, ma Dean era un po’ pensieroso e Sam gli ha chiesto cosa c’era che non andava. È vero, suo fratello è sempre stato un po’ strano da che è morto papà, ma era proprio… cupo, assorto. Da lì, prima ha cercato di sviare un po’ il discorso, ma quando Sam ha insistito, ha cominciato a dire di essere stanco e di volere una pausa, di andare a vedere il Grand Canyon o Hollywood, tutto pur di allontanarsi dalla caccia per un po’. Il che ha fatto capire a Sam che ci fosse qualcosa che non andava, qualche… peso che portava sulle spalle e voleva aiutarlo a farlo e, anche se non lo voleva dire perché aveva promesso a papà che non lo avrebbe fatto, alla fine Dean ha parlato di cosa lo turbava. E una parte di Sam vorrebbe tanto che non lo avesse fatto, vorrebbe non averla fatta così lunga. Sicuramente la sua salute mentale ci avrebbe guadagnato.
 
In pratica, poco prima di morire, papà ha detto a Dean che doveva prendersi cura di lui e che avrebbe dovuto… salvarlo, in un certo senso. Se non ci fosse riuscito, avrebbe dovuto ucciderlo.
 
Sam è rimasto pietrificato da quelle parole. Si è arrabbiato, gli ha urlato che avrebbe dovuto dirglielo e se papà aveva detto o sapeva altro, e perché mai Dean avrebbe dovuto fare una cosa simile. Il suo primo pensiero è stato che papà avesse una qualche congettura in mente, che magari era al corrente del piano che Occhi Gialli aveva per lui, ma Dean ha giurato di non sapere nulla e, almeno a questo, Sam ha creduto. Ci vuole poco a capire se è sincero: i suoi occhi non mentono. Ed era davvero sconvolto da quello che papà gli aveva detto, tanto da sperare che non lo avesse mai fatto.
Dean è un tipo taciturno, uno che se vuole mantenere un segreto non dice nulla nemmeno ai sassi o a chi ritiene estremamente fidato, ma se ha parlato vuol dire che proprio non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. E, a giudicare da come lo ha fatto – con gli occhi fuori dalle orbite e un enorme carico di tristezza nella voce –, Sam è sicuro che gli ha davvero detto tutto ciò che sapeva.
 
Da quella forte discussione, Sam ha voluto fare delle indagini – nonostante Dean lo avesse pregato di non farlo perché aveva bisogno di un po’ di tempo per pensare – per avere delle risposte ed è arrivato fino a Lafayette, nell’Indiana, per cercarle. È stato guidato da una morte sospetta: quella di Scott Crey, un altro ragazzo come lui che, a detta del padre – con il quale Sam si è finto un ex compagno di classe delle superiori per avere informazioni –, si curava presso uno psichiatra perché aveva degli strani incubi ed era cambiato molto da un anno a questa parte. Con una scusa, Sam è riuscito a infilarsi nella sua stanza e a trovare, oltre a un armadio con un insieme di foto di occhi tremendamente gialli, molto simili a quelli del demone, un contenitore pieno di medicine prescritte dal dottor Waxler, lo psichiatra di cui gli aveva parlato il padre di Scott.
Ad aiutarlo c’è stata una ragazza, Ava Wilson, che l’ha trovato perché ha avuto una visione su di lui. Probabilmente senza di lei non sarebbe mai riuscito a rubare la cartella clinica di Scott dal dottor Waxler per avere più informazioni: infatti, mentre lui era intento a farlo, Ava si prestava a chiedere un consulto al dottore che, ignaro dell’imbroglio, l’ha ascoltata con attenzione.
Ava, che possiede i suoi stessi poteri psichici, aveva visto Scott morire in una visione e, il giorno dell’arrivo di Sam a Lafayette, l’ha sognato nella stanza di motel dove alloggiava, intento a leggere qualcosa. Temendo che fosse in pericolo come Scott che poi ci ha effettivamente rimesso la pelle, si è precipitata da lui – riconoscendo il motel dopo averne sognato l’insegna – e l’ha convinto a farsi aiutare.
 
In poco tempo, Sam ha scoperto che fine ha fatto Scott – che riusciva a fulminare gli oggetti e questa cosa lo aveva spaventato a tal punto da dover andare in cura da uno psichiatra –, ma ha risposto a una chiamata di Bobby, completamente ignaro del fatto che fosse un tranello e finendo quindi col farsi trovare. Si è fatto fregare dal fatto che quel vecchio brontolone non gli telefona se non per le emergenze, perciò ha ingenuamente risposto, temendo che ci fosse qualcosa che non andava. Bobby, però, era d’accordo con Ellie e Dean a cui, dopo aver rintracciato il luogo da cui Sam rispondeva, ha prontamente comunicato la sua posizione. [2]
Gli ha chiesto scusa, quando qualche giorno fa è arrivato qui. Gli ha parlato a bassa voce, in modo da non farsi sentire da Dean ed Ellie, e gli ha fatto tenerezza quando, col berretto calato in testa e gli occhi bassi, gli ha detto «Non so perché te ne eri andato per i fatti tuoi e non mi interessa saperlo, ma Ellie mi ha detto che era per il tuo bene e… beh, sai che non riesco a dire di no a quella ragazzina». Sam ha accennato un sorriso; in realtà, non era mai stato arrabbiato con lui.
 
Prima che Dean ed Ellie lo trovassero, Sam ha salutato Ava che, dovendosi sposare a breve, doveva giustamente tornare a casa dal suo fidanzato. Per assicurarsi che stesse bene, però, Sam le aveva lasciato il suo numero e le aveva dovuto promettere che l’avrebbe chiamata per dirle che era tutto a posto. Quando l’ha fatto, però, non ha ottenuto alcuna risposta. La cosa l’ha fatto preoccupare e, insieme a Dean ed Ellie, è andato a casa sua per controllare che stesse bene. Quello che ha trovato nella piccola villetta situata alla periferia della città dove viveva, invece, è stato il cadavere del suo fidanzato, nel suo letto in una pozza di sangue, e l’anello di fidanzamento di Ava a terra. Di lei nessuna traccia.
 
La cosa l’ha scombussolato fortemente, tanto che, durante il caso che hanno seguito subito dopo – una storia di bambole inquietanti e il fantasma di una bambina [3] –, alla morte di un signore nell’albergo dove alloggiavano – che era, appunto, infestato – ha reagito malissimo. Si è addossato la colpa, temendo che fosse per causa sua che le persone che lo circondano muoiono, e si è preso una sbronza colossale.
Ricorda distintamente che è stato Dean a metterlo a letto e di avergli chiesto di promettergli di ucciderlo, se Occhi Gialli lo avesse portato dalla sua parte rendendolo malvagio. Il tutto sotto gli occhi di Ellie che, in disparte, osservava silenziosamente la scena.
 
Sam ha sempre ammirato la sua profonda discrezione. In tutti questi mesi in cui hanno viaggiato insieme, raramente si è intromessa tra lui e Dean: non lo ha fatto né quando hanno litigato, né in altre occasioni, quando c’erano di mezzo le cose della loro famiglia.
È sicuro che non fosse al corrente nemmeno di ciò che papà ha detto a Dean prima di morire. Ne è certo perché, mentre suo fratello glielo raccontava, aveva un’espressione sorpresa e preoccupata in viso, tipica di chi sta ascoltando qualcosa che lo scuote per la prima volta.
Ellie non chiede, non fa domande che non la riguardano e nutre un profondo rispetto per lui e per Dean. È anche estremamente delicata nel dare consigli, cosa che Sam ha sperimentato ancora una volta una sera di poco tempo fa, prima di venire qui da Bobby. Erano da soli perché Dean era andato a prendere la cena e Sam si è confidato con lei, confessandole la sua paura riguardo a tutta questa situazione. Ellie lo ha ascoltato in silenzio, per poi dirgli alla fine «Non preoccuparti, Sam. Sei troppo buono per passare al lato oscuro. Non ti compreranno nemmeno con dei biscotti, visto che non sei molto goloso». [4] Lui, a quelle parole, non ha potuto far altro che mettersi a ridere. E apprezzare profondamente la sua tendenza a sdrammatizzare.
 
Non ha capito come stanno andando le cose tra lei e Dean. Dopo il pesante screzio che hanno avuto il mese scorso, non li ha più sentiti litigare. Allo stesso tempo, però, non li vede affiatati come un tempo. O meglio, Dean non lo è: non la coccola come faceva prima, è più schivo, più… distaccato.
E pensare che Sam, quando li ha trovati nello stesso letto una delle ultime mattine che hanno passato a Yazoo City, ha provato una grossa tenerezza per lui: la stringeva a sé come se fosse la cosa più preziosa del mondo, come se… come se avesse una paura fottuta che lei fuggisse via.
 
È convinto che Ellie non solo sia consapevole di questo distacco e si stia interrogando sul motivo, ma che ne sia anche impaurita. La vede, talvolta, mentre lo guarda di sottecchi, con gli occhi di chi non sa come custodire un bene prezioso che sente scivolargli via dalle dita. Sa che probabilmente è colpa di tutti i pensieri che ha in testa se la trascura, ma prima o poi dovrà parlare con Dean. Non deve mettere in pericolo il loro rapporto, ma soprattutto non può rischiare di perdere una ragazza così speciale.
 
Ultimamente, però, nemmeno tra lui e Dean le cose sono rose e fiori. Da quando gli ha parlato della storia di papà – più o meno un mese fa – sono un po’ più distanti. Hanno fatto pace e non è che ci sia stato un vero e proprio litigio da quando è scappato a Lafayette, ma sono comunque un po’ distaccati. Il fatto che gli ha dato più fastidio è che Dean non gli aveva detto nulla. In tutto questo tempo, non aveva mai avuto un momento di debolezza, mai un tentennamento prima di quel giorno sulla riva del fiume a Rivergrove. E tutto per una stupida promessa fatta a papà che non c’è più e pure da morto vorrebbe dettare legge.
 
È per questo che sta fino a quest’ora della notte a cercare nel suo diario. Sa che, qui dentro, papà conservava tutto, anche i suoi pensieri e le sue paure [5] e magari vi ha appuntato anche qualcosa su di lui. Ma non ha trovato niente finora e non sa più dove andare a cercare le risposte di cui ha tanto bisogno.
 
*
 
«Devo… devo dirti una cosa».
Apre gli occhi nel buio, il suono di quelle parole che le rimbombano nella testa. Ellie sbatte le palpebre due o tre volte, fissando il soffitto bianco sopra di lei. È sdraiata a pancia all’insù, le mani intrecciate sopra il risvoltino delle coperte e un braccio non suo attorno alla vita. È quello di Dean che, sdraiato al suo fianco, dorme beato, gli occhi chiusi e il respiro regolare. È voltato verso di lei, la testa praticamente sopra al suo cuscino, e le stringe appena la maglietta, il braccio sinistro intorno a lei e non le è mai sembrato così ingombrante.
 
Sono da Bobby da ormai una settimana e le cose non vanno un granché bene. Sia tra Dean e Sam – che si parlano poco e si rispondono per di più a monosillabi – sia tra lei e Dean che, la prima sera che sono stati qui, le ha rivelato una brutta verità, qualcosa che l’ha lasciata con l’amaro in bocca e la gola secca, qualcosa su cui non riesce a smettere di rimuginare, tanto da svegliarcisi la notte.
 
Aveva appena messo la sua maglietta per dormire ed era pronta a mettersi sotto le coperte accanto a Dean quando lui, a letto da un po’, le si è avvicinato, la testa bassa e le ha preso le mani tra le sue, come se dovesse farle la più grande delle confessioni.
Infatti, dopo il classico esordio con tanto di balbettio, se n’è uscito fuori con una verità piuttosto scomoda. Ellie ha ancora tutte le sue parole stampate nella testa: «Ti ricordi quando… quando sono andato a fare il patto con quel demone, per Evan Hudson? Beh, io… per salvarlo ho dovuto… ho dovuto baciarla. Quella ragazza. Il demone, insomma, era… era una ragazza e mi ha baciato e io… io non sapevo che per stipulare l’accordo avrei dovuto baciarla. È una specie… una specie di… di firma, ecco. Scusa, io… io te lo dovevo dire. Anzi, forse ho sbagliato a non averlo fatto prima. È stato solo lavoro, io… io non l’avrei mai fatto altrimenti. Te lo giuro».
Ellie è rimasta pietrificata, gli occhi sgranati e la fronte contratta. Che il demone di quel patto fosse una ragazza lo aveva capito dal discorso che aveva fatto Dean – ricordava perfettamente che l’avesse apostrofata con degli aggettivi femminili, chiamandola pure puttana, a un certo punto –, ma non pensava che con la puttana in questione ci fosse scappato un bacio. Tantomeno che lui glielo dicesse, visto che ormai era già passato un mese da quando era accaduto.
È rimasta di sasso, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. Non sa nemmeno dire se fosse delusa o amareggiata, solo… confusa. Tremendamente. L’unica cosa che le è uscita dalla bocca è stata «Se succede un’altra volta non mi vedi più» e lo pensava sul serio.
Almeno ha capito perché si era scansato, quando lei aveva cercato di baciarlo fuori da casa di Evan Hudson. Non che sia una giustificazione valida, ma quantomeno deve ammettere che forse era il suo modo di portarle rispetto. Un po’ tardi, ma ha avuto almeno la decenza di non fiondarsi sulle sue labbra dopo averlo fatto su quelle di quella lì.
 
Ellie ha sempre avuto un’idea molto chiara sul tradimento, ritenendo che fosse una delle cose più meschine che si possa fare all’altra persona. Se non stai bene con qualcuno lo lasci, anziché mancargli di rispetto stando col piede in due scarpe. È squallido e orribile.
Per questo ha verificato che Dean non la stesse prendendo in giro, cercando nello studio di Bobby articoli e libri che parlassero dei patti con i demoni e, effettivamente, Dean aveva ragione: un patto del genere si suggella con un bacio. [6] Perciò ha deciso di perdonarlo, ma ciò non significa che le cose siano come erano. Anche se, a dire la verità, non lo sono da quando John è morto e quando Ellie gli ha confessato i suoi sentimenti non sono migliorate.
La pace, quindi, è durata davvero poco: il tempo di svegliarsi insieme quella mattina. Non è che abbiano discusso, successivamente a quell’episodio, ma è come se ci fosse un alone di gelo a circondarli.
Ellie aveva notato subito il cambiamento dalla sua espressione, dal fatto che ha allargato gli occhi ed è rimasto in silenzio come il peggiore dei deficienti.
 
Lì per lì, si è quasi sentita in colpa per averglielo detto, dandosi della stupida perché magari lui non era pronto e si è sentito chissà quale responsabilità addosso, ma poi, ragionandoci su, si è resa conto che non ha senso fare tante recriminazioni. Glielo ha detto perché le è uscito dal cuore, perché non ha saputo trattenersi e non pensa ci sia qualcosa di male in questo. Anzi, pensava di rassicurarlo, di fargli capire che non è solo al mondo e quanto è importante per lei, ma a quanto pare non ha sortito l’effetto desiderato.
 
Tutto è quindi tornato come prima della discussione sul patto col demone: Dean è scostante, freddo e distante, soprattutto con lei. Apparentemente senza un motivo valido.
L’unico momento in cui lo sente un po’ più vicino – e neanche sempre – è di notte, quando per qualche motivo abbandona i suoi freni e le si avvicina fisicamente. Come adesso.
Non hanno più rifatto l’amore – anche se questo Ellie continua a considerarlo un bene, visto com’è andata l’ultima volta – e a malapena la bacia. A volte passano giornate senza che neanche si sfiorino, perché tendenzialmente è lei ad avvicinarsi. Difficilmente accade il contrario, cosa che prima, invece, era all’ordine del giorno e della notte.
Non sa cosa ha fatto di sbagliato e soprattutto è stanca di non sapere come riuscire a colmare la distanza, a scalfire questo spesso muro di ghiaccio che Dean ha innalzato nei suoi confronti.
 
Si volta con la testa verso di lui per guardarlo, mettendosi sul lato destro. Osserva le sue lunghe ciglia, le palpebre chiuse e ascolta il suo respiro tranquillo, insieme al suo russare sommesso.
È ancora arrabbiata, in un certo senso, perché non capisce il perché le abbia nascosto questa cosa e, ancora di più, non comprende il perché gliene abbia parlato ora. Così come non riesce a capire il suo comportamento, così altalenante, qualcosa che la manda in confusione. Eppure non può fare a meno di volere che torni tutto come prima, perché è stanca di tutto questo, di questi malintesi e del gelo che c’è tra di loro.
 
Butta un occhio sul suo braccio destro, che le circonda ancora la vita. Stringe le labbra in una linea sottile, sbuffando aria dal naso. Ti piaccio, ma non mi ami. O forse non sai come dirmelo.
Lo ha pensato spesso negli ultimi tempi: più e più volte si è interrogata sul perché non le avesse risposto, perché si fosse… spaventato, in un certo senso, alla sua dichiarazione. Da una parte lo capisce: Dean è sempre stato restio a costruire un rapporto più profondo con una donna per paura di impegnarsi, per non doverci mettere troppo cuore. Per non rimanere male quando tutto finisce. Perché sì, è vero, anche il suo lavoro è un grosso freno, ma è sempre stata una scusa per nascondere le sue vere paure, i suoi timori più profondi. Quindi da una parte capisce che lui possa aver avuto paura, ma pensava che un po’ l’avesse superata. Che stando con lei da un bel po’ di tempo avesse… avesse messo da parte tutto questo. Invece forse ancora non è convinto o forse… o forse non prova la stessa cosa.
Le sembra strano, in realtà. Non per vanità o altro, ma perché gli occhi di Dean sono quelli di un ragazzo innamorato, quelli di chi farebbe di tutto per la sua ragazza. Quando la guarda – che siano sdraiati su una superficie orizzontale o no –, nei suoi occhi c’è un mondo, uno sguardo così bello e dolce, come se stesse guardando la cosa che ha più cara al mondo.
Anche se, effettivamente, il suo comportamento tradisce un po’ quegli occhi pieni d’amore per lei, perciò forse si sta sbagliando. O, più semplicemente, Dean non le ha risposto perché non sa come dirle ciò che prova. Non che Ellie se ne stupirebbe: non è mai stato bravo con le parole. O forse c’è ancora un’altra opzione, qualcosa di cui lei non tiene conto e che le sfugge. Chissà. Con tutte le sue ultime stranezze, non riesce proprio a capirlo.
 
Lo osserva ancora con attenzione e inconsciamente ripensa alle parole che le aveva detto qualche tempo fa, quando lei gli aveva parlato dei suoi dubbi, quando non capiva cosa gli piacesse di lei: «Non ci proverei mai con un’altra, non quando tu mi dai tutto quello di cui ho bisogno» e non può fare a meno di chiedersi se avesse mentito o meno. Si era sentita così rassicurata da quelle parole, così… tranquilla, e non ritrovare più quella certezza le mette un po’ di angoscia, oltre a farle franare la terra sotto i piedi.
 
Sbuffa forte, cercando di scacciare quei brutti pensieri dalla testa, e butta un occhio all’orologio sul comodino: sono quasi le quattro del mattino del ventitré dicembre. Stringe le labbra tra i denti mentre un’idea le sfreccia veloce nella testa. Guarda ancora Dean e sorride, pensando che sì, quello che sta pensando le piace molto. E già non vede l’ora che arrivi l’indomani per metterlo in pratica.
 
*
 
Sospira appena, il naso sotto le coperte e le palpebre che non hanno alcuna intenzione di aprirsi. È così stanco che non si alzerebbe nemmeno per tutto l’oro del mondo.
Allunga una mano verso la sua destra, conscio del fatto che non c’è già più nessuno al suo fianco. Ha sentito Ellie alzarsi più di mezz’ora fa, nonostante lei abbia fatto di tutto per fare piano, ma ha il sonno talmente leggero – più del solito – che l’ha sentita distintamente e da lì non è più riuscito a riaddormentarsi.
 
Ha la testa stracolma gli pensieri. Nell’ultimo mese ne sono successe di tutti i colori: la fuga di Sam, la sua preoccupazione per le parole di papà e per la scomparsa di quella ragazza, Ava… è stato un periodo pieno di problemi.
 
Sostanzialmente è per scoprire dov’è Ava che sono da Bobby: hanno cercato in lungo e in largo, ma non c’è stato verso di trovarla e Bobby, come al solito, è la loro ultima possibilità di successo. Al momento, però, non c’è nulla di positivo su questo fronte: sembra essersi volatilizzata nel nulla.
Sam non si dà pace. Si sente tremendamente in colpa e Dean, da un certo punto di vista, non può biasimarlo, ma non è la prima cosa che accade lontano dai loro occhi perciò non può crogiolarsi su questa storia per sempre. Deve reagire, per quanto non sia semplice, soprattutto con la batosta che ha preso tra capo e collo nell’ultimo periodo.
Dean non poteva più tenersi dentro un peso simile. Era esausto. Il pensiero lo logorava, tenendolo sveglio anche di notte, e covarlo ancora era diventato quasi impossibile. Per questo non ha potuto far altro che cedere, quando Sam ha insistito per saperlo.
Si è anche un po’ pentito, in un certo senso, perché tutta questa storia ha scatenato una reazione a catena e Sam l’ha presa malissimo, perciò… perciò era meglio farsi i cazzi suoi. Ma ciò che avrebbe preferito di gran lunga sarebbe stato non saperlo mai.
Papà era certo che Dean avrebbe sempre protetto Sammy. Perché lo ha sempre fatto. Perché è sempre stato più importante della sua stessa vita difendere quella del fratello. Non doveva dargli un peso simile, soprattutto conoscendo il suo carattere e la sua attitudine a tenere Sam al sicuro a qualsiasi costo.
 
Non era riuscito a dirlo nemmeno a Ellie. Era stato tentato quella sera che gli ha parlato di com’è morto papà: lei era stata così premurosa e comprensiva, gli accarezzava le mani e le stringeva appena tra le sue e Dean ci aveva pensato se fosse il caso o meno di parlargliene, ma alla fine aveva lasciato perdere. Si chiede se sfogarsi con lei avrebbe alleviato – anche se di poco – il suo dolore, ma ne dubita: è stato troppo scosso da quella dichiarazione, fin troppo conscio del fatto che papà sapesse molto di più di quanto non gli abbia fatto credere.
 
Nemmeno con lei le cose sono rose e fiori: da quando gli ha confessato ciò che prova – anche da prima, in realtà, ma ora la situazione è un po’ peggiorata –, Dean si è chiuso a riccio nei suoi confronti.
Sa bene che non dovrebbe, perché col tempo non poteva che essere altrimenti, ma l’istinto lo ha portato a fare un ulteriore passo indietro.
 
La verità è che Ellie è sempre stata la più coraggiosa tra loro due. Si è sempre buttata per prima nel loro rapporto: Dean non si sarebbe mai esposto, la prima volta che si sono baciati, se lei non avesse fatto il primo passo. Non l’avrebbe fatto neanche quando sono stati a letto insieme la prima volta, non si sarebbe buttato se lei non gli avesse confessato quella cosa – una frase che Dean ha stampato nel cuore e nella testa per quanto se la ricorda bene. E anche dopo, quando gli ha chiesto del tempo, è stata lei poi a fargli capire che era pronta a riprovarci, stavolta sul serio.
Quando Dean trova un equilibrio insieme a lei, non ha il coraggio di esporsi e sconvolgerlo. È sempre lei a farlo, a osare e a chiedere di più, a volere di più dal loro rapporto.
 
Stare con lei è ormai un’abitudine, una di quelle belle, tra le poche che possiede: svegliarsi insieme la mattina, guardarla negli occhi e farla ridere, coprirle le spalle durante una caccia e svicolare via da Sam per fare altro, rimanere abbracciati per ore una volta finito e ricominciare tutto il giorno dopo. A Dean piace questa specie di routine che ogni giorno è stravolta dagli spostamenti e dalle cose brutte che uccidono, ma gli imprevisti fanno parte del gioco. Con lei sta bene e si sente libero, libero di poter immaginare un futuro con lei accanto, di confidarle le cose che vuole condividere, di farlo anche per due o tre volte di fila senza dover sgattaiolare via dal letto la mattina dopo. Anche Ellie si sente libera ed è tutto come quando erano solo due sconosciuti che cercavano di capirsi e conoscersi. Solo un po’ meglio di com’era prima. Anzi, molto meglio.
 
La tempesta Ellie se l’è lasciata alle spalle ed è molto più spensierata di qualche mese fa. È come l’ha conosciuta: è lei nella sua sincerità estrema nel dirgli le cose, nel modo in cui lo mette in imbarazzo talvolta, quando parla del loro rapporto senza girarci intorno, quando gli dice che a volte, quando fanno l’amore – un termine che Dean non pronuncia neanche per sbaglio e solo a pensare a quando glielo dice lei gli mette un po’ di soggezione – crede che il loro sia un incastro perfetto, qualcosa che devono conservare gelosamente perché non tutti sono fortunati ad avere. E ovviamente non parla soltanto dell’atto in sé, ma di tutto quello che hanno insieme.
Ecco, anche quando gli dice così Dean entra un po’ in crisi, perché Ellie è molto più in pace con i suoi sentimenti di quanto lo sia lui, probabilmente di quanto potrà mai esserlo. Lo completa anche per questo, perché è onesta senza essere troppo sdolcinata o stucchevole.
È anche un po’ invidioso di questa sua capacità, del modo sincero in cui gli dice certe cose – scegliendo le parole con una cura da fargli venire i brividi – senza aver paura che lui si spaventi o che la allontani per le sue stupide paranoie. Se avesse un lato simile probabilmente un mese fa non sarebbe rimasto a guardarla come un coglione senza sapere cosa rispondere.
 
Non può fare a meno di ripensare alle parole di papà: “Qualsiasi cosa lei faccia, rimane quella che è: un’intrusa, una persona che non è nata cacciatrice, che prima o poi vorrà fuggire da questa realtà… una persona che tu non avresti dovuto far entrare nella tua vita. O almeno non in questo modo”. Una parte di lui sa che aveva ragione: Ellie è una ragazza qualunque che ha condotto una vita normale finché sua madre non si è ammalata e ha deciso di affidarla al padre cacciatore. Dean ne è sempre stato consapevole, così come ha notato più volte che lei, nonostante cerchi sempre di “mimetizzarsi” e di abituarsi al loro ritmo di vita, spesso tenta di distinguersi da loro, “accusandoli” di certi atteggiamenti da lei considerati sbagliati perché diversi dai suoi. Però non ne ha mai fatto un dramma, perché è normale: Ellie ha avuto delle esperienze di vita diverse dalle sue e non può che esserne contento. Insomma, una vita come quella che ha vissuto – a correre dietro ai mostri e a guardare un fratello più piccolo a vista fin da quando era un bambino – non l’augurerebbe nemmeno al suo peggior nemico. Non può fare a meno di pensare, però, se Ellie volesse di più, se… se questa consapevolezza di sentimenti possa cambiare le cose.
 
È anche per questo che l’ha tenuta distante, ultimamente. È confuso, non tanto da quello che sente, ma da quello che vuole e si chiede se sia giusto per Ellie. Si sente un egoista: in fondo, lei ha fatto tanto per lui e per stare insieme, mentre a Dean sembra di tenerla al guinzaglio.
 
Anche quando le ha detto di aver baciato quella demone – cosa che ha fatto esclusivamente per salvare Evan Hudson, perché era tra le clausole del patto, non perché avesse un qualche interesse nei suoi confronti –, pensava che lei reagisse molto, molto peggio. Sapeva che Ellie non sopporta i tradimenti, glielo aveva detto chiaro e tondo tempo prima, eppure non gli ha detto quasi nulla. Sì, è rimasta di sasso e gli ha risposto con una voce fredda e tagliente come la lama di un coltello affilato, ma poi è finita lì: non ha urlato, non l’ha insultato né tantomeno l’ha lasciato. È rimasta, come ha sempre fatto da che stanno insieme. E questa è forse la cosa che Dean ha trovato più spiazzante.
 
Non che l’abbia fatto apposta a baciare quella tipa – per stipulare il patto non poteva fare altrimenti –, ma sicuramente dirlo ad Ellie è stato voluto. Insomma, poteva far finta di nulla, invece… è stato onesto con lei. Un po’ perché si sentiva in colpa – in quei giorni avrebbe dovuto dividere con lei la stanza di Bobby a sere alterne e, se fossero stati vicini, non voleva farlo così; gli sarebbe sembrato di prenderla in giro – e un po’ per cercare uno scontro che, invece, non è avvenuto.
Sì, Ellie è un po’ più fredda nei suoi confronti e meno affettuosa, ma in sostanza è quella di sempre.
 
Dean non può che ammirare la sua pazienza e la sua tenacia nel voler tenere in piedi il loro rapporto, ma al contempo… al contempo vorrebbe tanto che pensasse a se stessa, a tutte le occasioni che sta sprecando per corrergli dietro.
Vorrebbe tanto capire come si fa a lasciarla andare, perché più ci prova, più ricade nello stesso errore e finisce per rivolerla indietro.
 
Si stropiccia gli occhi e si tira su a sedere, intenzionato a smetterla con questi pensieri. Non fanno che peggiorargli l’umore e non è il caso cominciare di prima mattina.
L’orologio segna le otto e un quarto e Dean si alza con uno scatto, realizzando che è piuttosto tardi per i suoi standard.
Si veste con un paio dei suoi soliti jeans, una maglietta a maniche corte nera e una camicia rossa che lascia sbottonata. Scende di sotto e in cucina, seduto al tavolo con il giornale davanti al viso barbuto, il berretto calato in testa e una tazza di caffè nero in mano, trova solo Bobby. È così concentrato nella lettura che probabilmente non si è nemmeno accorto del suo arrivo.
«Buongiorno» gli parla mentre si muove verso il ripiano per prendere una tazza vuota e riempirla con del caffè.
«Ciao, ragazzo» Bobby tiene sempre gli occhi puntati sul giornale «Stai bene?»
Dean annuisce, sorseggiando un po’ del suo caffè. Si guarda intorno: scorge Sam seduto accanto alla scrivania dello studio di Bobby – il posto dove l’ha visto più spesso da quando sono arrivati qui –, ma di Ellie non c’è nessuna traccia. «Ellie dov’è?»
Il vecchio cacciatore stringe le spalle «Credo a fare la spesa. Ha fatto il caffè in fretta e furia, ha scritto qualcosa su un foglietto di carta e mi ha chiesto la Volvo».
Dean ci riflette su: non gli aveva detto che aveva intenzione di andare al supermercato – di solito, quando vuole andarci, è solita chiedergli un passaggio e una mano a portare le buste –, ma avrà voluto lasciarlo dormire un altro po’. È piuttosto tipico di Ellie.
 
Sorseggia il suo caffè piuttosto pensieroso, finendo con l’andare nello studio di Bobby con la tazza ancora in mano, gli occhi fissi su Sam che, come al solito, è sepolto nei libri.
Non fa altro da che sono qui: è ossessionato da questa storia di quella ragazza, Ava Wilson, e Dean teme che non si darà pace finché non sarà riuscito a trovarla. O ad avere delle risposte sul perché papà ti ha ordinato di uccidermi. Quanto vorrebbe che non l’avesse mai fatto.
Infatti, lo trova a leggere il diario di papà, come da un paio di giorni a questa parte. Che cosa spera di trovare gli sfugge, ma non ha poi così importanza. Se ne ha per Sam, va bene così. Non può fare a meno di sfotterlo, però.
Gli arriva alle spalle per poi affiancarlo, sbirciando su quello che sta leggendo «Ancora qui?» Sam alza la testa nella sua direzione per qualche istante per poi ritornare a leggere, giusto il tempo per far notare a Dean che ha un paio di grosse occhiaie. «Ma vai a dormire la notte, almeno? Insomma, sei libero di fare quello che vuoi, per carità, ma potresti—»
«Ci sono andato presto, stanotte» Sam gira una pagina, le spalle curve sul vecchio taccuino «Ma non riesco a riposare bene».
Dean sbuffa aria dal naso, appoggiandosi allo spigolo del tavolo con gli occhi rivolti verso di lui e verso la porta che dà sulla cucina. «Puoi fare quello che vuoi, ok? Ma non devi stancarti così. Se troviamo un caso e ci arrivi in queste condizioni poi sarà difficile—»
«So badare a me stesso, grazie» non glielo dice arrabbiato o scocciato, ma con un tono secco e deciso che fa capire a Dean che, se non vuole discutere, è bene lasciar perdere. Perciò fa un bel respiro e lo lascia fare, optando per un cambio di argomento. «Almeno hai scoperto qualcosa di interessante?»
Lo guarda rilassare le spalle e appoggiarsi con la schiena alla sedia, gli occhi ancora bassi «Non proprio» sbuffa aria dal naso «Papà, almeno fino a dove sono arrivato a leggere, non ha scritto niente di che. E non è la prima volta che leggo questo diario e se non ci ho mai trovato nulla non penso che stavolta sia quella buona. Ma mai dire mai, magari mi è sfuggito qualcosa».
Dean sorseggia un altro po’ del suo caffè prima di parlare ancora «E su Ava hai trovato niente?»
«No» Sam si passa le mani sugli occhi «Ho fatto il giro di tutti i database federali, di Stato e locali, ma non ho trovato nulla. E non so nemmeno come altro fare. Non so, la stiamo cercando da un mese e non abbiamo trovato niente. Mi sa che Bobby è rimasta l’unica speranza» sbuffa aria dal naso, alzando finalmente gli occhi verso Dean che vorrebbe aggiungere qualcosa ma non ne ha il tempo, sentendo sbattere qualcosa nell’altra stanza. Guarda Bobby che si alza dalla sedia per andare verso l’ingresso e, d’istinto, gli va dietro, seguito anche da Sam.
 
Si ritrovano tutti all’ingresso dove c’è anche Ellie, con due grosse buste in una mano e un’altra a terra. Ha gli occhi puntati su Bobby «Non volevo far tutto quel rumore, ma questa mi è caduta… spero non si sia rotto niente». Lui brontola qualcosa di poco udibile – il che, forse, è una fortuna… o un’occasione mancata di farsi una risata, chi lo sa – e se ne torna in cucina, il manico della tazza stretto bene tra le dita. Ellie – i capelli legati in una treccia che le ricade sulla spalla destra, al collo una sciarpa color panna e in testa il suo cappello peruviano, quello che porta sempre con tanto orgoglio, un paio di jeans slavati e una felpa azzurra sotto il solito giacchino verde – poggia le buste a terra e puntella i fianchi con entrambe le mani «E tu mi abbandoneresti così? Ho comprato un sacco di cose!» lo guarda allontanarsi e sbuffa un «Uffa» sicuramente non udibile a Bobby che è già nell’altra stanza.
Sam fa un passo in avanti «Dai, ti aiuto io» e lei gli sorride raggiante, come non l’aveva vista fare negli ultimi giorni. Osserva suo fratello afferrare la busta che le era caduta e prendergliene un’altra e la porta sul tavolo del salone, seguito da lei che tiene la terza con la mano destra. Sembra pesarle un po’. «Ma quanta roba hai comprato?»
Ellie gli sorride radiosa «Un po’. Parecchio è cibo, ma ho preso anche delle cose più interessanti» si muove verso una delle tre buste e la apre; Sam sgrana appena gli occhi e quell’espressione incuriosisce Dean, che si avvicina. La osserva allungare la mano verso l’interno della busta e ne estrae una palla colorata, di quelle che si appendono all’albero di Natale. «Ci ho speso quasi tutti i miei risparmi. Avrei voluto prendere più cose, ma… già è tanto se Bobby mi farà mettere qualche decorazione qua e là».
 
Dean deglutisce, rimanendo in silenzio. Deve aver perso completamente la cognizione del tempo per non realizzare che tra un paio di giorni sarà Natale. Sì, è vero che ha visto gli addobbi da qualche parte prima di rinchiudersi qui dentro – cosa che ha fatto da almeno una settimana –, ma non aveva minimamente capito che fosse così vicino. E la sola idea gli blocca lo stomaco in una morsa dolorosa.
Esce dalla stanza e torna in cucina, poggiando la tazza di caffè ormai vuota sul lavello. Tiene gli occhi bassi, la testa piena di pensieri e sgattaiola fuori, sentendo le voci di Sam ed Ellie avvicinarsi e gli occhi di Bobby puntati addosso. Cammina a passo svelto, senza sapere precisamente dove andare; sa solo che gli manca il fiato e deve prendere un po’ d’aria, stare lontano da tutti loro.
 
Si ritrova vicino all’Impala e non saprebbe spiegare nemmeno come ha fatto ad arrivarci, tanto ha camminato veloce. Si ferma a osservarla, carezzandone la carrozzeria lucida con la punta delle dita. Uno dei tuoi regali. Forse l’unico.
 
Dean sa bene cos’è che lo ha turbato a tal punto da dover fuggire: l’idea del Natale. È vero, i suoi venticinque dicembre non sono stati mai memorabili: papà si è fatto vedere ogni Natale solo finché Sam ha avuto otto anni, poi averlo con loro quel giorno è stato sempre più sporadico. È mancato quando Sam ha scoperto tutto – il suo segreto di cacciatore e com’era morta la mamma –, due anni dopo, quando Dean aveva quindici anni e si cimentava a fare gelatine ai mirtilli per rendere il Natale del fratello un po’ meno freddo e solitario, e sempre più spesso negli anni successivi, quando i suoi figli non credevano più a Babbo Natale da un pezzo e gli affari di caccia erano più impellenti che trascorrere una sera tutti insieme. Ma Dean non ha dimenticato la ghirlanda che gli aveva portato un anno, quella che aveva rubato a un negozio di liquori. Era fatta con delle lattine di birra ed era la cosa più figa che Dean avesse mai visto. [7] Quindi sì, non può dire che le feste per lui siano mai state una goduria, ma per Dean era una giornata piena di speranza, quella di riveder comparire il padre alla porta, di poter stare insieme anche solo per quella sera per parlare o guardarsi una partita.
 
È sempre stata una festa molto sofferta, in un certo senso. Ricorda dei venticinque dicembre particolarmente bui, come quelli senza Sam, quando era a Stanford, che ha passato entrambi tra le gambe di una qualche sconosciuta. Il secondo se lo ricorda un po’ meno bene – era troppo ubriaco per farlo –, ma ha ben stampato in mente il suo risveglio: tra le lenzuola, nudo come un verme, alla ricerca di un corpicino familiare e di aver trovato, invece, le labbra ancora rosse di una che con Ellie, di cui sentiva così tanto la mancanza da rotolarsi con qualunque ragazza trovasse a tiro su qualsiasi superficie orizzontale disponibile per provare a passare oltre, non aveva proprio niente a che fare.
 
Quindi beh, non è che abbia una particolare passione per il Natale. A maggior ragione quest’anno, in cui non potrà veder arrivare suo padre da nessuna porta. 
Le altre volte, anche se ci stava male quando non lo vedeva comparire con un pacchetto da sei birre in mano, il suo sorriso stanco e gli occhi appannati – talvolta dalla stanchezza, più spesso dall’alcol, perché il Natale era una ricorrenza che faceva schifo anche a lui; Dean non glielo ha mai chiesto, ma ha sempre creduto che fosse per la mancanza della mamma –, era rincuorante sapere che fosse da qualche parte nel mondo, a cacciare mostri e salvare qualcuno che avesse più bisogno di lui. Non che fosse semplice accettarlo, visto che Dean non chiedeva altro che un po’ d’affetto e una pacca sulla spalla in un giorno speciale, ma si accontentava lo stesso. Quest’anno, invece, è tutto diverso: non sarà a caccia, né a sbronzarsi da qualche parte al ricordo dei Natali felici con sua madre Mary, né altrove. È solo un mucchio di cenere sparsa dal vento.
 
Lo stomaco di Dean si stringe in una morsa dolorosa al solo pensiero. Non vuole festeggiare questo Natale. Non può perché suo padre non c’è e gli sembra di mancargli di rispetto. E soprattutto non può perché il solo pensiero di non potergli dire dov’è e aspettarlo fino a tardi su un divano con la testa ciondolante dal sonno – come ha fatto tante volte negli anni – lo divora. E non vuole neanche pensarci un minuto di più, lo ha già fatto abbastanza.
 
Riprende a fissare la carrozzeria della sua Impala tirata a lucido, bella e scattante come una pantera. Le cammina di fianco fino ad arrivare al cofano che apre, dando un’occhiata rapida ai componenti che tengono in vita la sua amata macchina. C’è sicuramente da rimettere l’olio, dare un’occhiata alle candele e forse cambiare un faro, che ha notato essersi abbassato un po’ ultimamente, così decide di mettersi al lavoro con lei, che non può permettersi di tenerla sotto al culo troppo a lungo senza avergli dato una controllata.
Probabilmente nessuno si è accorto del suo disagio di prima, altrimenti lo avrebbero già seguito. Soprattutto Ellie o Sam. Non ha alcuna voglia di chiacchierare e condividere i suoi pensieri, con nessuno di loro, perciò è bene che al momento gli stiano alla larga.
 
Passa tutta la mattina a sistemare la sua macchina. È una bella giornata di sole e, nonostante il freddo che c’è – è il ventitré dicembre e si sente: l’aria è frizzantina sul viso e le previsioni mettono neve per i prossimi giorni –, stare all’aria aperta è un piacere. Proprio quello che gli serviva.
Rientra che è praticamente ora di pranzo, quando lo chiama Sam. Trova la tavola già imbandita – non si è minimamente reso conto del tempo che è passato; è stato fuori per un sacco, a quanto pare – e si siede di fronte a Bobby, posizionato sulla stessa sedia dove l’ha trovato stamattina appena sveglio. Sam si siede dopo di lui, alla sua destra, mentre Ellie è ai fornelli e toglie una grossa teglia dal forno – in mano delle presine per non scottarsi – per poi metterla al centro della tavola. Il piatto è davvero invitante: si tratta di polpettone con le patate arrosto.
La osserva sorridere soddisfatta «Era un po’ che non lo facevo, mi andava proprio. Poi è un piatto natalizio». Appoggia le presine sul ripiano, prende coltello e forchetta e si fa passare i piatti, per poi mettere su ognuno una bella fetta di carne e una buona manciata di patate. Dean nota subito che, al centro della fetta, c’è un cerchietto tutto bianco. «Ho provato una variante con la scamorza. [8] Spero che vi piaccia, così in caso lo preparo anche per domani sera».
Lascia la teglia in mezzo alla tavola e si siede anche lei, augurando a tutti un buon appetito. Dean prende il primo boccone di carne e, beh, deve dire che è davvero buona. Ellie è una cuoca eccellente.
Sam glielo fa subito notare «È buonissimo, brava» e lei gli sorride contenta.
Bobby, invece, punta l’attenzione su altro «Mi spieghi che ti sei messa in testa?»
Ellie lo guarda un po’ imbronciata, la forchetta in aria «Non ti meriteresti di saperlo, visto che non mi hai aiutato nemmeno a mettere a posto la spesa» tira le labbra in una linea sottile, sforzandosi di non ridere «Beh, niente, ho pensato che… che visto che siamo qui potrei organizzare qualcosa per domani sera. Magari ceniamo insieme e facciamo qualcosa… potremmo giocare a carte o… guardare un film».
«Ti addormenti ogni volta che ne guardiamo uno» Dean lo dice senza guardarla, gli occhi bassi sul suo piatto.
«Va beh, è un’idea… non dobbiamo farlo per forza» infilza la forchetta sul piatto e continua a parlare «Metto a posto di là il salone, che c’è un po’ di disordine, e apparecchio lì».
«Possiamo cenare anche qui, se non vuoi—» è Bobby a interromperla, ma lei riprende subito «No, faccio di là. Così ne approfitto per dare una pulita… ce n’è veramente bisogno» fa una piccola pausa per prendere un altro boccone «Oggi farò le pulizie e metterò un po’ di addobbi. Avrei voluto comprare l’albero… ma oltre ad averci pensato un po’ troppo tardi, non avevo nessuno che mi aiutasse. Così ho preso altre cose».
«Sì, ma… » Bobby la interrompe ancora; sembra un po’ perplesso «Sai bene che puoi fare ciò che vuoi, ma… perché vuoi fare il cenone domani e non il giorno di Natale come tutte le persone normali?»
Ellie rimane un momento in silenzio e Dean alza lo sguardo su di lei, trovandola con un sorriso appena accennato sul volto. Sposta i capelli dietro l’orecchio sinistro con la mano libera. «Con la mamma facevamo sempre così. Visto che lei il giorno di Natale a volte lavorava, perché teneva aperta la tavola calda, facevamo la cena il ventiquattro, così potevamo stare insieme. Era una nostra tradizione».
«Chiudeva la vigilia e lasciava aperto a Natale?»
«No, era aperta entrambi i giorni generalmente. Magari solo per la colazione. La sera della vigilia, invece, chiudeva prima e cenavamo insieme. Così, il giorno di Natale era la giornata dell’asporto: non avevamo voglia di cucinare e mangiavamo qualche schifezza o ordinavamo al cinese. Era l’unico giorno dell’anno in cui riuscivo a farle mangiare il loro cibo».
«Allora potremmo fare così anche noi» Sam le sorride debolmente nel pronunciare quelle parole «Se vuoi tenere viva questa tradizione» e Dean davvero non capisce perché la asseconda. Si è dimenticato che ha sparso le ceneri di papà da soli tre mesi?
Ellie fa spallucce «Da quando è morta, non ho più festeggiato il Natale. Con papà ero sempre in giro e lui non… non era attaccato alle feste. Nemmeno ai compleanni. Non era un amante delle ricorrenze in generale» prende un altro boccone «Quindi sarebbe come… come ricominciare da capo con… con la mia nuova famiglia» gli sorride debolmente «Se a voi fa piacere».
Sia Sam che Bobby ricambiano il suo sorriso mentre lui riabbassa il capo, concentrandosi sul cibo che spazzola via velocemente.
 
Per il resto del pranzo, li ascolta conversare, decidere dove mettere questo o quell’altro addobbo e come sistemare la tavola della festa. Bobby, anche se fa di tutto per non farlo capire, sembra entusiasta dell’idea e lo stesso Sam, anche se Dean proprio non ne comprende il motivo. Sente gli occhi di Ellie puntati addosso di tanto in tanto, ma non si volta a guardarla, non fino a quando lei gli appoggia una mano attorno al polso. Alza gli occhi e la trova a guardarlo con un debole sorriso «Ti va di aiutarmi, dopo? Dovrò spostare un po’ di mobili e—»
«Ho da fare con la mia piccola, fuori» e non attende nemmeno che lei gli dica altro: scosta il braccio dalla sua presa e si alza, dirigendosi verso la macchina.
 
Non sa cosa spera di ottenere con questo atteggiamento. Forse che tutti loro capiscano che è infastidito da questa voglia di festa e lascino perdere ma, in realtà, non sortisce affatto l’effetto voluto, anzi. Quando rientra in casa – non sa come, ma ha trovato il modo di passare tutto il pomeriggio fuori o nella rimessa delle auto [9] tra piccole migliorie all’Impala, giri di rodaggio e pulizia delle armi che ne avevano bisogno da un po’ –, trova Sam ed Ellie mentre puliscono con l’aspirapolvere dietro a un vecchio mobile e Bobby nel suo studio che, quando lo incrocia in corridoio, ha pure il coraggio di chiedergli perché non dà una mano agli altri due. Pure.
 
Per buona parte della cena rimane in silenzio; parla solo se interpellato – quindi raramente, per fortuna – e passa la serata a guardare la televisione, stappando un paio di birre una dietro l’altra. Nemmeno questo fa capire a Ellie o a suo fratello che non ha alcuna intenzione di festeggiare un bel niente e che dovrebbero smetterla con questo inutile tran tran e, alla fine, decide di dire ciò che pensa. Senza peli sulla lingua.
Lo fa quando è ora di andare a dormire. Ellie è appena tornata dal bagno, i capelli sciolti e sempre più lunghi – ormai le arrivano a metà schiena –, la camicia rossa con le maniche lunghe della sua mamma e un paio di pantaloni grigi di una vecchia tuta di Dean che lui non mette da un po’. Deve tirargli il filo per stringerla in vita più di quanto Dean non abbia mai fatto, ma almeno ci sta calda e, per le notti che passano qui sul divano – stasera è il loro turno –, non rischia di sentire freddo e prendersi una polmonite.
 
È abbastanza sicuro che non ci sia nessuno in giro – Sam è di sopra da un po’ e anche Bobby non si vede da almeno una ventina di minuti – e questo gli dà un po’ di coraggio. Ellie si toglie le ciabatte e si avvicina al suo borsone, appoggiato accanto alla porta, da cui rovista un po’ per poi prendere qualcosa che Dean non vede subito, poiché lei lo stringe tra le dita. La guarda sorridere sotto i baffi e poi sedersi sul divano senza dirgli nulla. Lui stringe le labbra prima di parlare «Dovremmo… dovremmo trovare un caso».
Ellie alza gli occhi, sorridendo debolmente «Ma è Natale, Dee, e—»
«E non dovremmo essere qui» il suo tono di voce è secco, deciso. «Dovremmo avere qualcosa da fare molto diverso dal decorare una casa che non ci appartiene per festeggiare qualcosa che non mi piace».
La guarda leccarsi le labbra, perplessa. «È solo un’occasione per stare insieme, Dean. Rimpinzarci di cibo e passare una serata insieme, non voglio fare niente di così strano, solo—»
«Ma perché non mi dai mai retta?» alza la voce, guardandola dritta negli occhi «Ti sto chiedendo di lasciar stare. Per favore».
Ellie lo fissa con un’espressione che è un misto tra la paura e l’incertezza «Ma perché? Se c’è qualcosa che non va, perché non… insomma io… io non capisco cosa sto facendo di male».
Dean stringe i denti «Perché papà non c’è. E non c’è un cazzo da festeggiare». L’espressione di Ellie non fa una piega: rimane a guardarlo, perplessa e non sa perché ma questa cosa lo fa uscire dai gangheri. «Credi che mi faccia piacere?»
Ellie stringe le mani in grembo, mordendosi nervosamente il labbro inferiore «No, Dean, però—»
«Però quando Jim era morto da poco non ti si poteva toccare che t’incazzavi come un riccio, adesso tu puoi fare quello che vuoi senza nemmeno interpellarmi?»
Ora lo guarda arrabbiata, gli occhi più piccoli e la fronte aggrottata «Quando stavo male per papà, era una cosa diversa. E oggi… oggi perché non hai detto niente? Per quanto avessi capito che c’era qualcosa che non ti andava, non leggo la mente e visto che ultimamente ogni cosa che dico o faccio non ti piace, io—», ma Dean poco più che l’ascolta «E non potevi chiedere, anziché sgobbare in lungo e in largo? È questo il rispetto che hai per me?»
Ellie lo fissa; adesso è davvero arrabbiata «E tu, che ti sei baciato con quella e me lo hai detto dopo un mese, che rispetto hai di me?» Dean sgrana gli occhi «Non pensare che non mi bruci solo perché te l’ho fatta passare liscia. Perché non è così» tira su col naso e deglutisce, appoggiando entrambe le mani sul divano, qualcosa ancora stretto tra le dita della sinistra. «Non so perché fai così, ma ultimamente ti comporti da bambino viziato. Ogni scusa è buona per litigare, per te, e… e mi sono stancata. Soprattutto perché quello che sto facendo è… è per te» Dean rimane in silenzio, perplesso. Aggrotta la fronte; Ellie sorride sghemba «Per chi credi che lo faccia? Insomma, pensi che a me piaccia il Natale?» rimane in silenzio un paio di istanti, gli occhi fissi nei suoi «Fino a che la mamma non si è ammalata, ho passato ogni maledetto venticinque dicembre a sperare di vedere papà aprire la porta e venire ad abbracciarmi. Ogni volta. E ogni volta sono rimasta delusa» sbatte le palpebre velocemente, come se stesse sul punto di piangere «Per questo con la mamma cenavamo insieme la vigilia. Sapeva che per me il venticinque era un giorno terribile e mi lasciava stare. Avevamo fatto questo patto. E adesso… adesso volevo solo regalarti una giornata diversa con… con le persone a cui vuoi bene. Per cercare di stare in pace, io e te. E anche con Sam, che ultimamente siete sempre strani tra di voi. Ma se non ti importa niente, vorrà dire che avrò fatto uno sforzo inutile» si alza in piedi «D’altronde non è la prima volta, però prima di parlare a me di rispetto guardati allo specchio» e si dirige verso la cucina, senza dare a Dean alcun modo per replicare alle sue parole.
 
Dean che, ovviamente, c’è rimasto di merda e non si aspettava minimamente che fosse tutto organizzato per lui, per fargli passare una giornata diversa. Come poteva pensarci? Non gli ha neanche detto nulla, è… è tornata dalla spesa con quella che doveva essere una bella “sorpresa” e non pensava che dietro ci fosse una buona intenzione. Anche se, in realtà, conoscendo Ellie doveva immaginarselo, ma… ma ultimamente tende più a vedere il marcio anche dove non c’è. Che coglione.
 
Vorrebbe parlare con lei, ma rinuncia presto e si mette sul divano, non sapendo come spiegare che ha visto le cose sotto una luce ben diversa da quella che era veramente.
Ellie torna quasi un’ora dopo; non ha idea di dove sia stata, ma quando gli si mette a dormire accanto, è sicuro che se avesse avuto un altro posto dove andare non avrebbe esitato a farlo.
 
La mattina dopo a farlo sentire una merda ci pensa pure Sam, che non manca mai quando si tratta di compiere i suoi oneri da fratello rompipalle. 
Sono in giro a fare compere come due ragazzine con un mese di paghette da spendere. È stato Sammy a volerlo: gli ha chiesto se poteva prendere la macchina e, piuttosto di lasciargliela, ha preferito andare con lui. In fondo, non aveva nemmeno niente di meglio da fare, perciò è stato contento di poter passare un po’ di tempo con il fratello.
Con la coda dell’occhio lo vede guardare fuori dal finestrino, gli occhi puntati sulla sua destra «Hai visto che bel lavoro che abbiamo fatto io ed Ellie nel salone?»
Dean sbuffa aria dal naso. Non vorrebbe litigare anche con lui, perciò si sforza di usare un tono neutro «No» anche se sa che è inutile, perché se Sam si è messo in testa di affrontare l’argomento “Natale”, nessuno potrà fargli cambiare idea. Tantomeno lui.
«Beh, dovresti darci un’occhiata. Siamo stati bravi» lo guarda sorridere appena con la coda dell’occhio. «Ah, tra l’altro potresti lasciarmi in quella videoteca vicino alla lavanderia? Voglio prendere un film per stasera».
Dean rotea gli occhi «Non ha senso neanche sforzarsi a sceglierlo, Sam. Ellie si addormenterà dopo un quarto d’ora».
«In realtà ne ho in mente uno che potrebbe tenere viva la sua attenzione» fa una piccola pausa «Ormai l’ho presa come una sfida».
Dean lo sente sorridere divertito e sbuffa, irrequieto. «Io davvero non capisco tutta questa vostra smania per il Natale. Soprattutto la tua» si ferma per guardarlo un istante, trovandolo con gli occhi rivolti verso di lui «Insomma, abbiamo bruciato il corpo di papà da qualche mese e tu—»
«Pensi che me lo sia dimenticato?» Dean si ferma; non si aspettava una sua risposta tanto celere «Perché non è così. E non ho tutta questa voglia di festeggiare, ma Ellie ci sta mettendo così tanto entusiasmo che mi sembra un peccato smontarle tutto. E poi, alla fine, è solo un pretesto per passare la serata tutti insieme. Penso che con Bobby non vediamo un film da… boh, una vita» io ne ho visti un paio con lui ed Ellie, quando tu non c’eri, ma questo preferisce tenerselo per sé per evitare di discutere e di interromperlo. «Non ci trovo niente di male». Dean rimane in silenzio, le dita strette attorno al volante e gli occhi fissi sulla strada. «E sinceramente non penso che passare una serata a guardare il soffitto o in silenzio in una muta veglia per papà possa farci stare meglio. O in pace».
Dean sorride sghembo, scuotendo la testa «Sei proprio strano» e con la coda dell’occhio può scorgere Sam accigliarsi e guardarlo cupo. «Non ho scordato papà. E non lo farò mai. Ma voglio preoccuparmi dei vivi, una volta tanto. Soprattutto se si dimostrano gentili e fanno di tutto per farmi stare meglio» Dean si lecca le labbra, ancora in silenzio «E poi non penso che Ellie abbia dei bei ricordi, riguardo al Natale. Non li abbiamo neanche noi. Perché negarci di godercelo un po’, per una volta?»
 
Dean non aggiunge altro – anche perché ha la sensazione di avere torto e, diamine, perché ogni volta che lui e suo fratello parlano di qualcosa che non gli sta bene di Ellie finisce sempre col sentirsi un coglione? – e Sam fa lo stesso, rimanendo silenzioso per buona parte del tragitto. Gli dice solo dove deve andare e dove deve fermarsi, aggiungendo poco altro se non una pila di buste sul sedile posteriore dopo ogni sosta.
Dean non scende praticamente mai. Un po’ perché Sam glielo vieta – da quello che ha capito, questo giro di Sioux Falls è per prendere anche dei regali, tra cui probabilmente anche il suo – e un po’ perché non ha assolutamente voglia di scendere a ogni parrocchia. Stamattina Sam sembra una maledetta cheerleader alla ricerca del vestito per il ballo della scuola, che diamine.
 
Ne approfitta per guardarsi intorno, però. Non c’è un angolo di Sioux Falls in cui non appaiano lucine colorate – seppure spente perché è ancora mattina – e festoni sui colori del rosso, dell’oro e dell’argento. Davanti a ogni casa c’è almeno un addobbo, che sia una ghirlanda sulla porta o qualche filo di luci intorno a un qualche albero, e Dean si chiede come potrebbe essere l’atmosfera di sera, quando tutto è acceso. Dovrebbero venire domani a fare una passeggiata, per vedere com’è respirare un po’ d’aria natalizia, ma si pente quasi subito di questo pensiero: non vuole farsi contagiare. Porta un peso troppo grosso nel cuore per lasciarsi coinvolgere.
 
Stanno in giro praticamente tutta la mattina. Al loro ritorno – quasi a mezzogiorno – non c’è nemmeno Ellie. Non l’ha vista neanche quando si è svegliato: si era alzata molto prima e lui non l’ha sentita, segno che stava dormendo profondamente. Quando è andato a fare colazione, poi, Bobby gli ha detto che era andata via presto, subito dopo aver fatto il caffè. Dean ha anche pensato di incontrarla a Sioux Falls – sicuramente è in giro a fare compere –, ma non è stato così. Meglio, da una parte, perché con Sam nei paraggi sarebbe stato un po’ imbarazzante, considerando che, conoscendola, adesso non vorrà neanche parlare con Dean.
 
Da un certo punto di vista, non ha torto, perché lui ha sicuramente sbagliato ad alzare la voce in quel modo e a pretendere rispetto quando, ultimamente, è stato il primo a non portarglielo. È solo che… che vorrebbe che Ellie provasse a capire come si sente, solo questo.
 
Lei torna che è quasi l’una. Prima di passare in cucina e appoggiare sulla tavola quattro buste di carta marrone con il pranzo per ognuno – composto di hamburger e patatine fritte –, passa nel salone e vi poggia qualcosa. Forse le buste con dei regali. O con nuovi addobbi, diversi da quelli che Dean si è rifiutato di vedere, da bravo cafone qual è. Lei quasi non lo guarda in faccia: fa così per tutto il pranzo, prima di sparire di nuovo nel salone ad aggiustare chissà cosa per poi legare il grembiule al collo e immergersi in cucina.
 
Così, nel pomeriggio, Dean si decide a uscire e a fare qualche giro per negozi. Da solo. Perché anche se lo spirito del Natale lo rattrista, quello che gli ha detto Sam lo ha fatto riflettere. E, per una volta, può “piegarsi” al volere di chi da che lo conosce ha sempre fatto qualcosa di buono per lui, compreso oggi.
 
*
 
Nonostante i tanti giorni di Natale passati sulla strada, nello squallidissimo motel di turno o in macchina a scoparsi la prima che capitava per soffocare in un fiume d’alcol e un corpo caldo e ansimante la solitudine, Dean non aveva mai invidiato quelli che avevano la “fortuna” – a detta loro – di passare il cenone in famiglia, seduti a quelle lunghe tavolate dove la metà degli invitati magari sono parenti lontani che ti stanno pure sul cazzo. Davvero. Perché, per lui, se il Natale devi festeggiarlo così, allora meglio che ognuno stia a casa propria, invece di fare un’abbuffata di cui, una volta tornati a casa, ci si ricorda solo delle battutine acide degli altri commensali. Perciò, davvero, se c’è qualcosa che invidia a coloro che vivono una vita normale, lontano dalla caccia e dal sangue dei mostri, non è di certo il cenone di Natale.
Stasera, quindi, non è che stia facendo i salti di gioia. Soprattutto perché, nonostante la sua sia una famiglia piccola e nessuno dei suoi “parenti” gli stia sul cazzo – a parte Sam, ogni tanto, quando fa troppo il saputello –, si sente terribilmente a disagio. Non tanto per Bobby e suo fratello, che gli parlano normalmente, ma per Ellie, che poco più che lo guarda in faccia.
 
Non capisce perché fa così. Cioè da una parte sì, ovviamente, non è mica stupido e sa di meritarselo, ma dall’altra vorrebbe solo metterci una pietra sopra e comportarsi come se niente fosse, ma forse è tanto da chiedere visto che lei non gli ha dato nemmeno la possibilità di chiarirsi.
Stamattina non si sono visti, a pranzo non gli ha rivolto la parola e nel pomeriggio, quando Dean è tornato dai suoi giri a Sioux Falls, è stata tutto il tempo in cucina e, quando si è accorta della sua presenza, non si è nemmeno voltata a salutarlo. Non hanno nemmeno avuto occasione di stare da soli e parlare, è vero, ma lei si è chiusa nel suo silenzio e sembra non volerne sapere di affrontare con lui nemmeno una parvenza di dialogo.
 
In più, un altro motivo per sentirsi a disagio è dato, oltre dalla quantità di leccornie che Ellie ha cucinato per cena – da sola, senza chiedere aiuto né a lui né a nessun altro –, a come ha addobbato il salone di Bobby, quello che non usano praticamente mai. [10] Oltre a pulirlo da cima a fondo – cosa che una volta avevano fatto insieme ma questa, vista la sua stranezza nei confronti suoi e del Natale, c’è stato Sam a darle una mano –, ha appeso un paio di ghirlande orizzontali, fatte con degli abeti a cui sono stati aggiunti dei fiori bianchi, bacche rosse e delle piccole pigne, in una decorazione più grande al centro e via via più piccola ai lati. Le ha fissate sulle pareti laterali della stanza. Poi ha appeso qualche pallina colorata qua e là, prevalentemente rosse, con dello scotch – segno evidente che non aveva niente di meglio con cui attaccarle – e anche la tavola è addobbata con i colori natalizi: la tovaglia bianca, i tovaglioli rossi, una decorazione a centro tavola anch’essa fatta con foglie di abete e pigne, e un paio di candele rosse accese.
Dean, a guardare tutto questo lavoro che si è svolto lontano dai suoi occhi, non può fare a meno di sentirsi una merda. Avrebbe potuto aiutare, invece che pulire armi di cui adesso non ha bisogno e fare il Grinch [11] della situazione. Non è nemmeno venuto a vedere nulla, ieri sera, quando ne aveva l’occasione e anche stamattina, quando Sam gli ha chiesto se aveva dato un’occhiata al bel lavoro che avevano fatto non si è degnato di dare una sbirciata, preferendo rimanere ancora in disparte col muso lungo.
 
Sbuffa appena seguendo il filo dei suoi pensieri, infilzando nuovamente la forchetta nel piatto. Ellie ha fatto nuovamente il polpettone con la scamorza e, se possibile, stavolta le è venuto pure più buono. A questo ha abbinato della salsa Cranberry, del purè di patate e, come antipasto, la torta alla zucca con l’immancabile panna montata da mettervi sopra. [12] Ha detto che lei e sua mamma la facevano sempre come “antipasto”, perciò ha voluto mantenere la tradizione.
L’unica cosa un po’ fuori dagli “schemi” natalizi è il dolce: Ellie ha preparato una New York Cheesecake alle fragole, che chissà da dove vengono per averle trovate al supermercato in questa stagione. Quando fa le porzioni, Dean prova a prenderla in giro, per stemperare un po’ l’atmosfera. «E la cheesecake che c’entra con il Natale?»
Glielo dice col sorriso, perciò è chiaro che stia scherzando, ma Ellie rimane fredda, gli occhi sul coltello con cui sta tagliando un pezzetto di torta per Bobby. «È bianca e rossa. I colori sono giusti. E poi l’ho cotta nel forno, non è quella fredda». [13]
 
A quella risposta Dean, che non sa neanche la differenza tra questa e quella a cui lei allude, stringe le labbra in una linea sottile e mangia in silenzio quando gliene offre uno spicchio, prendendone poi subito un altro perché, come tutte le cose che ha preparato, è troppo buona. Anche Bobby e Sam, ovviamente, le fanno i complimenti e ne prendono un altro pezzetto a testa. È veramente deliziosa.
 
Una volta che hanno finito di mangiare, Ellie si alza per raccogliere i piatti da tavola e appoggiarli sul lavello. «Vicino alla porta del salotto, Sam ha fatto un alberello bellissimo e sotto ho poggiato i regali che ho preso per voi. C’è sopra un post-it con il vostro nome. Se volete, potete fare lo stesso con i vostri. Sempre se ne avete. Poi li scartiamo insieme».
Si volta senza attendere alcuna replica e si dirige verso il lavello con altre cose. Dean si alza e le va di fianco, appoggiando entrambe le mani sul ripiano. «Quando puoi, vieni di là in salotto. Vorrei dirti una cosa».
Ellie rimane con la testa bassa sull’acqua che scorre e non lo guarda, ma alla fine annuisce. Lo prende come un buon segno: almeno è aperta al dialogo.
 
Si dirige fuori, verso l’Impala, e ne apre il bagagliaio per prendere le buste con i regali che ha fatto a ognuno. L’aria è fredda e, se continua così, probabilmente arriverà un bel po’ di neve entro domattina.
Chiude la macchina e torna in salotto e, proprio come annunciato da Ellie, a destra della porta trova un minuscolo abete, con tanto di lucine, qualche pallina qua e là e una sfilza di Little Trees colorati appesi ad esso. Sorride appena: si vede che è opera di Sam [14], perché Ellie sarebbe stata più precisa e forse avrebbe abbinato meglio i colori degli alberelli a quelli delle palline, ma è molto carino. E originale, senza dubbio. 
L’alberello è stato piazzato su una sedia e, al di sotto di esso, spuntano già tre pacchetti: sono tre buste di carta, di quelle con i manici, di differenti dimensioni e ad ognuna è abbinato un post-it rosa con il nome della persona a cui sono destinati. Dean scruta anche il suo, ma non lo tocca né lo apre. Vuole che sia Ellie a consegnarglielo di persona, proprio come lui farà con il suo. Così, appoggia i due pacchetti per Bobby e Sammy sotto l’albero e il terzo lo tiene con sé, nascondendolo dietro la schiena quando si siede sul divanetto di fronte alla TV.
 
Aspetta più di cinque minuti e, quando Ellie compare sulla soglia, ne approfitta per scrutarla con attenzione.
Nonostante passino la serata in casa, ha deciso di truccarsi un po’ e mettersi carina per l’occasione. Tutto rigorosamente sui colori natalizi. Indossa una maglietta bianca a maniche lunghe, semplice, con un ampio scollo sul davanti e una gonna rossa che le arriva all’altezza delle ginocchia. Al collo ha la sua collana lunga con il cuore argento e ai piedi le decolleté nere, mentre i capelli sono un po’ mossi, le punte arricciate in onde morbide. Il trucco sugli occhi è leggero: una riga nera sulle palpebre e le ciglia scure, ma l’unica cosa più vistosa è il rossetto che ha sulle labbra, di un bel rosso, un colore che Dean non le ha praticamente mai visto addosso. Di solito ne mette di meno evidenti, sulle tonalità del rosa e, anche se dopo che ha mangiato si è sbiadito un po’, è ancora evidente.
 
La osserva scrutare tra i regali e prendere in mano una delle buste e, quando si volta, gli si avvicina con passo abbastanza veloce, per poi rimanere in piedi di fronte a lui. Gli porge la busta con il suo nome scritto sopra «Questo è il tuo regalo. Anche se non te lo meriti».
Dean sorride mesto «Ti ringrazio per la sincerità» e allunga la mano verso di lei per afferrare il sacchetto. Non c’è alcun bigliettino a parte quello con su scritto il suo nome, perciò lo apre e ne tira fuori un ciuffetto di pelle. Poggia la busta a terra e realizza che Ellie gli ha regalato un giacchetto di pelle nero, con le chiusure a zip sui polsi e sul davanti e un paio di bottoncini per chiuderlo sul collo. [15]
Con la coda dell’occhio la vede stringere le labbra in una linea sottile «Quello che hai ti sta grande. Lo so che era di tuo papà, ma ho pensato che… che è lungo e questo è corto, e poi è di un altro colore e—»
Dean la guarda negli occhi e le sorride appena, decidendo di interromperla «Mi piace molto, grazie».
Lei sorride mesta, una piccola smorfia sul suo bel viso. «Magari misuralo, prima di togliergli l’etichetta. Se non ti sta bene possiamo cambiarlo» stringe la mano sinistra intorno al polso destro, muovendo appena il bracciale di sua madre e quello che le ha regalato lui con il gufetto. Dean non aveva notato che aveva messo lo smalto, rosso anche quello, e ora capisce cosa stringeva tra le dita ieri sera, da prima che cominciassero a discutere. «Ho pensato che avresti potuto metterlo per uscire, più che per la caccia. Anche se ultimamente non lo facciamo mai, ma… ma così potresti essere un po’ diverso dal solito».
Dean incassa la frecciatina stringendo le labbra in una linea sottile «Veramente avevo pensato che… che potremmo andare a fare un giro a Sioux Falls, domani sera».
Ellie sgrana gli occhi, fingendosi sorpresa «Addirittura… e come mai proprio domani sera che è Natale e potremmo stare tutti intorno al fuoco a deprimerci?»
 
Sia dal tono di voce – stizzoso e aspro – che dal modo in cui lo guarda, Dean non fatica a capire che sia ancora arrabbiata con lui. E non può darle torto eh, per carità, ma vorrebbe che abbassasse la guardia. Almeno un po’.
Poggia il giubbotto alla sua destra e le fa posto sul divano, invitandola a sedersi. Ellie lo fa e Dean la guarda negli occhi «So di essere stato uno stronzo ieri notte—»
«Il fatto che te ne rendi conto è già un buon passo avanti».
Sbuffa aria dal naso «Mi fai parlare?» ed Ellie arriccia le labbra in una smorfia accigliata prima di stringere le spalle. Deve essere davvero molto arrabbiata. «Lo sai che non sono bravo con le parole. Ieri sera ci sono rimasto male, io—»
«Pensa io» Dean la guarda male per averlo interrotto nuovamente e lei alza una mano nella sua direzione. «Scusa, vai avanti».
«E io non… non mi aspettavo che fosse per me. Insomma, non… non ci avevo pensato» si gratta dietro la nuca con la mano destra, sentendosi un po’ in imbarazzo. «E lo so che è stupido, perché avrei dovuto immaginarlo, ma… ma ultimamente è dura e a volte non capisco se mi si vuole fare un torto o meno».
Ellie, dopo aver aspettato qualche secondo ed essersi assicurata che aveva davvero finito di parlare, lo guarda dritto negli occhi «Non ti farei mai un dispetto di così cattivo gusto. Tantomeno in questa circostanza» e Dean non può replicare perché ha ragione, perciò rimane in silenzio e sospira appena, per poi prendere il pacchetto che ha dietro la schiena con la mano destra e porgerglielo. Si tratta di una scatola incartata di rosso con un fiocchetto argento sopra ed Ellie la guarda con gli occhi quasi sgranati, spostando lo sguardo dal pacchetto a Dean e viceversa. «Per te» le sorride appena «Mi sono reso conto di non averti mai fatto un regalo. Uno vero, insomma. E credo che… che questa sia una buona occasione per cominciare».
Lei lo fissa, visibilmente sorpresa. Forse, vedendo solo cinque pacchetti sotto l’albero improvvisato di cui tre erano i suoi, pensava che non le avesse comprato nulla. «Mi hai dato il braccialetto, per il mio compleanno… »
«L’avevo rubato, lo sai».
«… e quando mi porti a mangiare fuori mi paghi sempre la cena».
Le sorride appena «Ma quello non è un regalo vero» e le avvicina di più la scatola. «Dai, apri».
 
Ellie obbedisce, seppure un po’ titubante. Afferra il regalo e lo apre, prima togliendo il fiocchetto e poi rompendo le righe di scotch e la carta. Osserva la scatola blu e la apre, trovandovi dentro un orologio. A Dean, quando l’ha visto in quel negozio, è parso perfetto: il cinturino di pelle blu, i contorni del quadrante e le lancette oro e come sfondo un cielo pieno di stelle. Le stesse che tante volte guardano insieme. Gli era sembrata una cosa azzeccata.
 
Ellie alza gli occhi su di lui, fissandolo incredula «Tu devi essere impazzito» e Dean ride, a quella reazione. Chissà che avrebbe detto se le avesse regalato il bracciale d’argento che aveva visto esposto sulla vetrina: costava un occhio della testa, altrimenti ci avrebbe fatto un pensierino. «Tutt’altro, in realtà. Il tuo orologio si è rotto da poco e… e ho pensato di comprartene un altro. Magari non portarlo di nuovo a caccia, sennò fa la stessa fine». È successo da non molto: durante una lotta, Ellie ha sbattuto a terra e al suo vecchio orologio si è spaccato tutto il vetro, rendendolo inutilizzabile. Per questo ha pensato di prendergliene un altro.
La guarda scuotere la testa e toglierlo dall’apposito contenitore per poi indossarlo, stringendolo intorno al polso sinistro. Si ferma ancora un secondo ad osservarlo; dalla sua espressione è chiaro che proprio non se lo aspettava. Forse perché Dean si è impegnato con tutto sé stesso a comportarsi da Grinch per tutto il tempo o perché sembrava fuori di testa, ieri sera. La guarda allungarsi nella sua direzione per dargli un bacio sulla guancia sinistra, il suo modo per dire grazie. Dean le sorride e le toglie i capelli dal viso, accarezzandola poi con dolcezza. «So che il mio spirito natalizio fa schifo, ma… spero di essermi fatto perdonare».
Ellie stringe le spalle «Vedremo. Dipende da come ti comporti prima della fine della serata».
 
Dean le risponde con un sorriso prima di seguire l’istinto e allungarsi verso di lei per baciarla sulle labbra. Ellie non ne sembra entusiasta: è fredda e non risponde con lo slancio che lui sperava, ma alla fine si sbottona e si lascia andare, schiudendo le labbra e avvicinandosi di più al suo corpo, la mano sinistra a stringergli il lembo della camicia.
Baciare Ellie è indescrivibile: non ha niente a che fare con qualsiasi altra ragazza, umana o demone che sia, che Dean abbia mai sfiorato in precedenza. La sua bocca ha un sapore inconfondibile, che non ha nessun’altra. Sa di buono, di casa. Quella che Dean non ha mai avuto. Tanto che non può fare a meno di chiedersi se è proprio questo il motivo che lo spinge ad approfittarsi, ad essere egoista e a non lasciarle vivere la sua vita come dovrebbe fare. La stringe appena più forte, seguendo il flusso dei suoi pensieri, la mano che si avventura tra i suoi capelli lunghi e l’avvicina più a sé.
 
È un brontolio leggero a interromperli; Ellie, come scottata, si scosta velocemente e nasconde gli occhi nell’incavo del suo collo mentre Dean la stringe più a sé, tenendola vicina. Alza la testa, ma non aveva dubbi che il rumore provenisse da quel rompipalle di Sam, che sta sulla porta e li guarda con un sorriso furbo disegnato sulle labbra. «Avete finito con le effusioni?»
Dean lo guarda male «Stavamo solo facendo pace». Lo dice apertamente, tanto lo avevano capito tutti che non si parlavano.
 
Sam sorride a mo’ di presa in giro – che stronzo – e toglie il braccio sinistro da dietro la schiena, mostrando tre pacchetti. Ne porge uno a Dean, un altro ad Ellie – che riemerge dal suo “nascondiglio” con le guance ancora della stessa tonalità del suo rossetto – e l’ultimo a Bobby, dietro di lui. Ellie mostra dove ha messo i suoi regali, così come Dean, e il vecchio cacciatore dà a ognuno un pacchetto incartato con della carta di giornale.
Dean sorride al vedere tutti aprire i propri doni. Scarta per sé un mucchietto di pallottole di sale – fatte da Bobby anche a Ellie e Sam perché, a detta sua, lui è andato sulle cose utili – e una cintura nuova da parte di Sam. Ellie riceve da Sam un libro – “I pilastri della terra” di Ken Follett, un altro mattone da aggiungere alla collezione di cui lei, però, sembra entusiasta – e suo fratello scarta un portafoglio nuovo da parte sua – quello che aveva era un po’ consumato – e da parte di Ellie un maglione di lana di quelli pesanti molto natalizio, bianco e rosso con una bella renna disegnata sul davanti, perché a detta di Ellie era bellissimo e ci vedeva Sam proprio bene. Lui, per fortuna, la prende come una battuta divertente e ci ride su. Infine Bobby, che è vistosamente sorpreso nel ricevere tutti questi regali, scarta un berretto nuovo da parte di Ellie, un gilet da Sam e un caricatore per cartucce da Dean e ringrazia tutti con un brontolio poco comprensibile ma colmo di affetto.
 
Dopo aver riposto le varie cartacce e i regali, si posizionano sul divano: Ellie alla sua destra – che, prima che cominci il film si accorge che gli ha stampato un po’ di rossetto sulla guancia e sulla bocca e lo pulisce con le dita con un gesto affettuoso –, Sam alla sua sinistra e Bobby su una sedia alla sinistra del divano, dove riesce a vedere meglio la TV. Il film che ha scelto suo fratello è “Braveheart” e dubita seriamente che Ellie possa rimanere sveglia per tutto il tempo, ma è curioso di vedere.
Comincia ad avere dei dubbi quando lei gli accoccola di fianco, verso la metà del film, così la osserva spesso, quasi sfidandola a rimanere sveglia. Con sua immensa sorpresa, però, Ellie rimane vigile per tutto il tempo: gli occhi incollati allo schermo, segue le vicende di William Wallace e dei suoi fino alla fine, sorridendo contenta quando passano i titoli di coda. E il risolino di Sam, che incassa la soddisfazione di aver trovato un film che non la faccia addormentare, è un po’ irritante, considerando che Dean, invece, ha collezionato solo una serie di tentativi falliti finora, e sa che sarà un motivo per sfotterlo a lungo, ma per stasera è contento così.
Non lo ammetterà mai ad alta voce, ma effettivamente quella di Ellie non è stata una cattiva idea. Hanno bisogno di stare un po’ da soli e in pace, di tempo senza mostri e drammi e questa è stata un’ottima occasione per ricordarsene.

 

[1] L’episodio a cui faccio riferimento è il 2x09 “Croatoan”. Per motivi di intreccio e soprattutto per non rendere troppo lungo e noioso – dato che è già stato visto nel telefilm – il racconto di Sam, che si concentra sulla parte finale dell’episodio e su quella iniziale del successivo, il 2x10 “Hunted”, ho omesso la parte del caso, ovvero del virus e della visione di Sam riguardante Dean, quella che dà inizio alla puntata. Mi sono concentrata solamente sul dialogo finale, trovando un escamotage – diverso da quello dell’episodio che, appunto, coinvolgeva il caso trattato – per cominciare a parlarne. La cittadina citata, Rivergrove, è la stessa della 2x09.
[2] Nell’episodio 2x10 “Hunted”, Ava trova Sam per avvertirlo che è in pericolo di vita poiché lo ha visto morire nella sua visione, ma qui, non avendo introdotto il personaggio di Gordon Walker, ho dovuto modificare qualche dettaglio – come che, ad esempio, lei lo trova perché ha sognato l’insegna del motel, non la carta da lettere che mi sembrava un dettaglio troppo vago. La stessa cosa vale per la fonte da cui Sam viene a conoscenza della morte di Scott Crey: nell’episodio è grazie ad Ash ma, non avendo inserito né lui né i personaggi della Roadhouse, ho improvvisato. XD Infine, per lo stesso motivo, ho dovuto far telefonare Bobby anziché narrare l’arrivo di Dean com’è avvenuto nella puntata.
[3] Riferimento all’episodio 2x11 “Playthings”, sbronza di Sam compresa.
[4] Riferimento alla celebre frase “Passa al lato oscuro, abbiamo i biscotti”.
[5] Nel libro “John Winchester’s Journal”, scritto da Alex Irvine, si evince che nel suo diario John non scrivesse solo di mostri e cacce, ma anche della crescita dei suoi figli. Vi sono annotati anche dettagli di cui nella serie non si fa riferimento – come il fatto che Dean, dopo l’incendio, non ha parlato a lungo.
[6] Nell’episodio 2x08 “Crossroad blues”, il demone dell’incrocio, dopo aver baciato Dean, alla sua domanda del “perché lo aveva fatto” risponde che era per “sealing the deal”, ovvero sigillare il patto. Infatti, in ogni accordo successivo, ognuno viene concluso con un bacio appassionato.
[7] Alcuni dei ricordi menzionati da Dean sono estrapolati dall’episodio 3x08 “A very Supernatural Christmas”, in particolare la ghirlanda fatta con le lattine di birra e il fatto che John, fino agli otto anni di Sam, il giorno di Natale non è mai mancato – il flashback della puntata, infatti, è ambientato nel 1991 e Sam ha già compiuto nove anni. 
[8] Il polpettone con cuore di scamorza è venuto fuori perché, cercando delle foto su internet per avere un’idea, mi sono imbattuta in 
questa variante proposta dal sito Giallo Zafferano e, sapendo che Ellie adora sperimentare nuove ricette, non ho resistito XD
[9] Per rimessa delle auto intendo quella specie di sgabuzzino aperto dove passano del tempo Bobby, Sam e Dean in due o tre occasioni, in particolare negli episodi 5x21 “Two minutes to midnight” e 6x12 “Like a virgin”.
[10] Il salone a cui faccio riferimento è quello che si vede nell’episodio 5x15 “Dead men don’t wear plaid”, quando torna in vita Karen, la moglie defunta di Bobby.
[11] Il Grinch è un personaggio tratto da libri e fumetti creato dallo scrittore e fumettista statunitense Dr. Seuss. È un essere antropomorfo dalla pelle verde che vive come un eremita in una caverna con il suo cane Max ed è scorbutico, schivo e burlone. Detesta il Natale e qualunque cosa abbia a che fare con questa festività. È inoltre il protagonista di un noto film, dove viene interpretato da Jim Carrey.
[12] Le pietanze nominate – a parte il polpettone, al posto del quale solitamente c’è il famoso tacchino arrosto – sono per gli americani prettamente natalizie. Anche se, in realtà, essendo il pranzo di Natale un po’ il bis di quello del Ringraziamento, festa ben più sentita, sono un po’ le stesse in entrambe le occasioni. In particolare, la salsa Cranberry solitamente accompagna il tacchino al forno e la torta alla zucca non è altro che crema di zucca speziata con chiodi di garofano, cannella, zenzero, noce moscata, il tutto mescolato e steso su della pasta frolla e servito con sopra un ciuffetto di panna.
[13] Per chi non lo sapesse, esistono due tipologie di Cheesecake, il tipico dolce americano a base di biscotti, frutta o marmellata e formaggio spalmabile: una senza cottura, che si può preparare e lasciar freddare in frigorifero, e un’altra che si cuoce nel forno.
[14] Riferimento al mitico alberello di Natale fatto da Sam nell’episodio 3x08 “A very Supernatural Christmas”. I Little Trees sono i nostri Arbre Magique, rinominati diversamente negli Stati Uniti e in altri Paesi, come avevo precisato in un’altra storia natalizia scritta in precedenza.
[15] La giacca di pelle che Ellie regala a Dean è la stessa che ha indossato Jensen alla VegasCon del 2017, quando ha cantato per la prima volta “Brother” dei Needtobreathe.

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Capitolo 30
*** All of me ***


Note: Buonasera a tutti!
Vi lascio due parole prima di fiondarmi tra le braccia di Morfeo (anche se con l’orario poteva andare peggio, visti i precedenti XD).
Innanzitutto, vi avviso che questo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto. Solo per questo, se arriverete in fondo vincerete una medaglia all’onore. No, non è vero, ma insomma se vi sembra infinito è perché lo è XD
Secondo: è uno dei miei preferiti (che mi ha anche fatto pensare di dover cambiare il rating della storia, ma questo è un altro paio di maniche XD). Il che significa che me lo dovrete trattare bene XD io spero solo di non aver esagerato con lo zucchero (canzone iniziale compresa XD)
Terzo: non ho avuto modo di rileggerlo questa settimana, ma vi assicuro che l’ho fatto un centinaio di volte. Semmai dovrebbero esserci errori, però, siete pregati di farmelo notare XD
Quarto ed ultimo: ho notato che l’ultimo è stato visualizzato/letto da un sacco di persone. La cose mi rende tremendamente felice, grazie mille a tutti coloro che sono passati a dare una sbirciata :D :*
Vi ringrazio ancora, come sempre, per tutto l’affetto e il supporto. Spero sempre di esserne degna :)
Vi mando un abbraccio fortissimo, a mercoledì! :***

Capitolo 30: All of me
 
What would I do without your smart mouth?
Drawing me in and you kicking me out
Got my head spinning, no kidding
I can’t pin you down
What’s going on in that beautiful mind?
I’m on your magical mystery ride
And I’m so dizzy, don’t know what hit me
But I’ll be alright

My head’s underwater
But I’m breathing fine
You’re crazy and I’m out of my mind

Cause all of me loves all of you
Love your curves and all your edges
All your perfect imperfections
Give your all to me
I'll give my all to you
You're my end and my beginning
Even when I lose I'm winning
'Cause I give you all of me
And you give me all of you, oh oh

 
(…) Cards on the table, we’re both showing hearts
Risking it all, though it's hard

 
(All of me – John Legend)
 
 
Apre la porta del bar e gira a destra, incamminandosi verso quella che da ieri è la sua stanza.
Tre buste bianche strette nella mano destra e un cartone con sopra tre bicchieroni colmi di caffè fumante, Sam non deve fare molta strada per arrivare a destinazione, poiché il motel è a pochi passi a piedi dal bar da cui è appena uscito.
 
Si trovano a Nevada, Iowa, poiché hanno concluso un caso – una storia di un fantasma che appariva ogni anniversario dalla sua morte dovuta a un incidente stradale e di uno spirito che non riusciva a trovare pace dopo essere morto allo stesso modo quindici anni prima [1] – proprio ieri. È stata una cosa piuttosto insolita, e per dirlo Sam che alle stranezze è abituato, era strana davvero.
Hanno deciso di rimanere qui, per almeno un altro paio di giorni. Non hanno altri casi per le mani al momento, su Occhi Gialli tutto tace, perciò non pensa sia sbagliato prendersi un momento di riposo.
 
Dopo aver passato le feste di Natale da Bobby, si sono rimessi in viaggio. La sera di Capodanno, Ellie è riuscita miracolosamente a trascinare Dean a vedere i fuochi d’artificio. Erano ancora a Sioux Falls, dove avevano organizzato una cosa semplice, una cena in un locale famoso da quelle parti e poi i fuochi, ma Dean non è voluto uscire per cena. Sono usciti solo per mezzanotte, nella rimessa delle auto di Bobby, e hanno guardato un po’ e proprio lui è stato il primo a rientrare. Ellie ci è rimasta un po’ male, ma Sam è sicuro che non gliene abbia fatto una colpa. Come la maggior parte delle volte.
 
Sono passate già un paio di settimane da quella sera, ma la situazione non è cambiata molto. Dean, per quanto tenda a mascherare molto bene il tutto, è sempre un po’ scontroso, schivo, soprattutto con Ellie. Un paio di volte li ha sentiti discutere e ha cercato di far finta di niente, ma ha notato subito che gli occhi di Ellie erano particolarmente tristi. Vive molto male – giustamente – questo distacco da parte di Dean e Sam proprio non riesce a capire cosa stia frullando nella testa di suo fratello.
Ellie si è comportata molto bene con loro dopo che il loro padre è morto: ha cercato di stare vicina sia a Dean che a lui, è stata sempre attenta a non “urtare” la sensibilità di nessuno dei due – a parte quella volta che Dean era tentato a fare il patto con il demone per riportare John indietro, ma lì, Sam ne è sicuro, ha forzato la mano per smuovere un po’ suo fratello – e ha sempre cercato di distrarli, di portare l’attenzione su qualcos’altro per non farli pensare, ma Dean non sembra apprezzare nulla. Proprio come la sera della vigilia di Natale, quando Dio solo sa come ha fatto a rinsavire, alla fine. E quella piccola “magia” è durata poco, giusto la sera successiva, quando tutti e tre sono andati a fare una passeggiata a Sioux Falls per vedere il centro illuminato dalle lucine natalizie, idea stranamente proposta da Dean. Per il resto, poi, tutto è tornato alla triste normalità e i risultati si sono visti già a Capodanno.  
 
Fa un altro paio di passi e riesce a scorgere la porta rossa della loro stanza del motel, un edificio a un piano tinteggiato di un verde un po’ troppo acceso per i suoi gusti. Oggi era il suo turno di andare a prendere la colazione, per questo si è alzato un po’ prima di Dean ed Ellie ed è andato a fare la fila al bar qui vicino.
Non fa in tempo ad avvicinarsi ancora, però, che vede la porta della stanza spalancarsi. Ne esce un Dean furioso che se la sbatte alle spalle con un gesto secco e si dirige verso l’Impala a passo svelto. Sam aggrotta la fronte e accelera per raggiungerlo e capire che succede, ma non ne ha il tempo, perché Dean monta in macchina come una furia e neanche si accorge della sua presenza: mette in moto e, dopo una bella sgommata, parte di corsa.
 
Sam, dopo aver osservato la scena piuttosto perplesso, allunga il passo e si dirige alla porta della stanza. Appoggia per un istante i caffè a terra per sfilare le chiavi dalla tasca della giacca e infilarle nella toppa. Rimette la chiave al suo posto, si china per riprendere il cartone pieno di caffè ed entra nella camera, trovandola vuota. È strano: Dean è partito come un razzo, ma Ellie dovrebbe essere dentro. Appoggia il cartone e i sacchetti bianchi sul tavolo posizionato all’angolo destro della stanza e tende l’orecchio: è tutto in silenzio, ma può riuscire a distinguere chiaramente il suono di alcuni singhiozzi. Ascolta attentamente: provengono dal bagno – situato alla sua sinistra – e Sam vi si avvicina cautamente. Trovando la porta socchiusa, bussa leggermente; a rispondergli, trova solo un assordante silenzio. Apre, allora, e si volta verso destra trovando Ellie seduta a terra, accanto al water. Ha le braccia incrociate sulle ginocchia e la testa nascosta lì in mezzo.
 
Si spaventa un po’ e le si avvicina velocemente, appoggiandole una mano sulla spalla ed è solo allora che Ellie alza la testa: lo fa di scatto, come se quel gesto le avesse messo paura e lo guarda con gli occhi colmi di lacrime.
Sam sbatte le palpebre un paio di volte «Che succede? Stai male?»
Ellie scuote la testa e tira su col naso per poi asciugarsi la guancia sinistra con una mano. «No. No, ho… ho litigato con Dean. Di nuovo».
 
Sam stringe le labbra in una linea sottile. Doveva immaginarlo: suo fratello è andato via con una furia tale che non poteva essere altrimenti.
 
La guarda asciugarsi anche l’altra guancia e mettere i piedi vicini, la testa bassa. A Sam sembra una bambina smarrita e prova una profonda tenerezza per lei in questo momento. «L’ho visto uscire di corsa. Non mi ha neanche visto».
Ellie stringe le spalle «Non lo avrebbe fatto nemmeno se gli fossi andato a sbattere contro. Vede solo la sua rabbia e il suo dolore, da quando è morto John» tira su nuovamente col naso e Sam deglutisce, pensando che ha ragione: ci sono dei momenti in cui Dean è davvero intrattabile. Ellie sbuffa forte «Non litigare sta diventando impossibile. Per quanto io mi sforzi a stare calma, mi… mi fa cadere le braccia certe volte» si passa una mano sugli occhi «Non… n-non so più che fare».
La sua voce è incrinata; sembra che stia per scoppiare di nuovo a piangere. Sam le si avvicina e si inginocchia sul pavimento freddo, appoggiandole nuovamente una mano sulla spalla sinistra. «Dai, non ti abbattere» Ellie lo guarda di nuovo, confusa e spaesata, e Sam le sorride appena per infonderle un po’ di conforto «Dean è un osso duro. Vedrai che—»
«Cosa? Io… io ho provato in tutti i modi a farlo ragionare: ho tentato con le buone, con le cattive, quando mi sono arrabbiata per via del patto che voleva fare con quello stronzo di demone. Gli ho perfino detto che… che… » Sam rimane in ascolto, guardandola passarsi nuovamente una mano sugli occhi stanchi e lucidi; poi sospira afflitta «Va beh, non ha importanza. Sta di fatto che ultimamente è difficile anche solo chiedergli che vuole mangiare per colazione».
 
Sam sbuffa aria dal naso, le labbra strette in una linea sottile. Ellie non ha tutti i torti: Dean, soprattutto certi giorni, è davvero scorbutico. È difficile stargli accanto quotidianamente, perché è uno che parla poco e spesso non è facile decifrare cosa pensa e perché si comporta in una certa maniera, ma ultimamente è ancora più complicato, perciò capisce lo stato d’animo di Ellie che s’impegna tanto per stargli accanto e spesso viene trattata male per questo.
 
La guarda stropicciarsi ancora gli occhi e gli viene un’idea. «Non… non voglio farmi gli affari vostri, ma da quanto è che non state da soli?» Ellie lo guarda confusa; forse non capisce dove vuole arrivare e Sam decide di spiegarsi meglio. La conosce, ormai: sarebbe in grado anche di dirgli da quanto tempo non vanno a letto insieme se ha interpretato la domanda in quel senso. Meglio specificare. «Voglio dire, da quanto non uscite solo voi due?»
Ellie sorride amara, stringendo le spalle «Boh… non ne ho idea. So solo che è un sacco di tempo».
«Ecco, allora fatelo» lei lo scruta attenta «Uscite una sera e schiaritevi le idee».
La guarda arricciare le labbra in una smorfia dispiaciuta. «Ma a Dean non va mai. Gliel’ho detto un paio di settimane fa e… e non c’è stato verso di convincerlo. Nemmeno se venivi anche tu».
«E allora trova una scusa… non so, non avete una data speciale, un… anniversario?»
Ellie sorride sarcastica, passandosi una mano sugli occhi «Dean non sa neanche cosa sia» poi sospira, arresa «E dubito che se ne avessimo uno se lo ricorderebbe».
«Beh, allora inventatelo» le sorride per incoraggiarla «Trova una ricorrenza che faccia al caso tuo e costringilo a uscire». A quelle parole, Ellie lo guarda perplessa. «L’hai detto tu, no? Se aveste un anniversario non se ne ricorderebbe… fingi che uno di questi giorni sia il vostro e organizza qualcosa. È una bugia a fin di bene».
Ellie stringe le labbra in una linea sottile «Ci penserò».
Sam le sorride appena «Bene. E adesso vieni a fare colazione... altrimenti il caffè diventerà una brodaglia fredda».
Si alza e le porge la mano destra che lei prontamente afferra; le sue labbra si tirano in un sorriso minuscolo, qualcosa che sa di un grazie. Uno di quelli che Ellie dice con gli occhi.
 
Sam le sorride nuovamente e cambia discorso, pensando che non le faccia bene rimuginare ancora sulle cazzate di Dean. In più, non vuole farla sentire più a disagio, anche se è abbastanza preoccupato per questa situazione.
Non sono affari suoi, è vero, ma ormai si è affezionato a Ellie e vederla soffrire gli dispiace molto. Anche perché, oltre ad essere una ragazza molto in gamba, sta facendo davvero di tutto per Dean, per dargli il conforto necessario. Non si merita di essere trattata così.
 
Dean torna un’oretta più tardi. È visibilmente nervoso e scazzato e non parla con nessuno.
Passano la mattinata a fare ognuno le sue cose: Ellie si legge un libro sul letto che Sam le ha gentilmente prestato, Dean stravaccato con le braccia conserte a guardare la televisione e lui su una sedia che ha posizionato accanto alla finestra situata in fondo alla stanza con un libro sui demoni tra le mani.
Quando è ora di pranzo, è Ellie ad alzarsi per andare nel fastfood accanto e prendere qualcosa da mangiare. Una volta che ha chiuso la porta alle sue spalle, Sam si ferma a guardare suo fratello: ha gli occhi fissi verso la televisione, le braccia conserte e l’espressione sul viso di chi si sta annoiando a morte ma è troppo incazzato per ammetterlo.
Sam decide di approfittarne. Perciò chiude il libro con un tonfo e guarda il fratello che, invece, non gli presta attenzione.
 
Lui non demorde, però. «Che succede tra te ed Ellie?»
Dean stringe le spalle dopo qualche secondo di esitazione, gli occhi fissi rivolti allo schermo della TV. «Niente».
Sam fa una smorfia seccata «Non prendermi in giro. Stamattina sei uscito come una furia da qui, ti ho visto».
Dean sorride in quel modo spavaldo che dà tanto sui nervi a Sam «Che fai, mi spii?» che lo trova davvero irritante quando fa così quindi si alza, mettendosi davanti alla televisione. Dean lo guarda male «Ma che diavolo—»
«Smettila di fare lo stupido» si volta e spegne la TV «Non sei un bambino: ti sto parlando, gradirei che mi ascoltassi».
Il suo tono di voce è piuttosto alto e Dean lo guarda stralunato «Lo stavo facendo. Ma stavo anche pensando che quello che succede tra Ellie e me non è un tuo problema».
«Invece lo è. Quando sono rientrato stamattina l’ho trovata in bagno a piangere perché aveva litigato con te» a quelle parole, Dean si fa più attento, la fronte lievemente aggrottata. Anche se è qualcosa di appena visibile, non sfugge di certo ai suoi occhi. «Non mi ha detto perché avete litigato e francamente nemmeno mi importa, ma ultimamente succede spesso e non vorrei che—»
Dean lo scruta, serio «Fatti i cazzi tuoi» e Sam risponde altrettanto seriamente «No. Devo almeno dirti quello che penso».
«È la mia ragazza».
Il tono di Dean è più duro, ma Sam non molla «Sì, ma è anche una mia amica e mi dispiace vederla in quel modo. Voglio dire, è da quando è morto papà che sei strano con lei. E va bene, stai passando un brutto periodo» lo guarda roteare gli occhi «E ci sta che sei nervoso. Ma lei che c’entra? È stata già fin troppo paziente a sopportare le tue stramberie, un’altra se ne sarebbe andata da un pezzo e poi… » Sam riflette sulle sue stesse parole, mentre osserva suo fratello deglutire, gli occhi fissi nei suoi. «Tu vuoi questo, non è così? Vuoi farla stancare, vuoi che vada via?» lo guarda abbassare gli occhi e il suo silenzio gli fa pensare che ha ragione. Stringe gli occhi, perplesso «Perché?»
«Perché non è più la sua vita, Sam» Dean rialza lo sguardo; è cupo e triste. «Perché fa quello che fa solo per stare con me e non è giusto. Non deve sacrificarsi tanto e io non glielo posso più chiedere».
Sam ci riflette su e improvvisamente tutti i tasselli sono al loro posto. «Pensi che papà avesse ragione quella volta. Che non hai nulla da offrirle».
Dean alza la schiena, scostandosi dalla testiera del letto e si porta le mani al petto «Guardami, Sam. Sono uno squattrinato che caccia mostri e rischia il culo ogni giorno, uno che oggi c’è e domani chissà. Non ho niente se non una vecchia macchina e una taglia sulla testa. Che futuro posso darle?»
Sam lo guarda dritto negli occhi. «Non tutto ciò che diceva papà era oro colato, Dean. Questa, ad esempio, era una stronzata. Lei sta bene con te a prescindere da chi sei. Se facessi l’imbianchino, l’idraulico o l’astronauta, per lei sarebbe lo stesso. Non è il tuo lavoro a definire chi sei. Non per lei».
Lo osserva scuotere la testa, deciso. «Non è per quello che ha detto papà. È un semplice dato di fatto: non sono la persona giusta, quella con cui dovrebbe stare veramente» fa una pausa, leccandosi le labbra «Lei è… è la persona più bella che io conosca. Non sarà nata per fare la cameriera, ma nemmeno la cacciatrice. Non tutta la vita, almeno. Il suo posto non è qui con noi. È là fuori da qualche parte, con un tetto sulla testa e una paga mensile… non è fatta per tutto questo, per le truffe, i motel e tutto il resto» sospira forte, tornando ad abbassare gli occhi. «Se non fossi così codardo, l’avrei già lasciata. Solo che… che con lei sto bene e non ce la faccio».
 
Sam stringe le labbra; da un certo punto di vista, capisce cosa Dean sta cercando di dirgli. Se lui avesse allontanato Jessica, forse lei non sarebbe morta. Anzi, sicuramente. Ma Ellie sa difendersi, è una ragazza in gamba – non che Jess non lo fosse, ma non sapeva niente né del suo mondo, né del suo passato, qualcosa che Sam, però, non si rammarica di non averle detto – e ha dimostrato più di una volta di sapere il fatto suo. Poi sì, questa storia della caccia può pesargli, per carità. Insomma, pesa a lui che è praticamente nato cacciatore, ma non sembra che abbia intenzione di mollare, perciò non capisce perché Dean voglia “costringerla” a farlo. Perché lasciandola farebbe proprio questo.
 
Lo guarda attento e serio «L’ultima volta che è fuggita, sei andato a prenderla perché volevi stare con lei. Perché stavolta non dovresti fare lo stesso?»
«Perché sono io a deciderlo» Dean sbuffa, passandosi una mano sugli occhi «Senti, troverò una soluzione. In qualche modo».
Sam lo scruta a fondo; non c’è bisogno dello psicologo per sapere che non è affatto convinto di ciò che dice, ma in un certo senso sembra ostinato a voler andare fino in fondo. Stringe le spalle, un’espressione contrita dipinta sul volto «A me sembra un’idea stupida».
«Non lo è» Dean lo osserva serio, gli occhi nei suoi «Devo… devo solo rassegnarmi».
«Ellie è la cosa migliore che ti sia capitata, Dean, io credo che—»
«Lo so» Dean lo guarda male e incrocia nuovamente le braccia al petto «Lo so, ma ci farò l’abitudine. Non è lei che deve rimetterci. E adesso spostati, voglio fare un po’ di zapping».
 
Sam lo osserva ancora, ma gli occhi di Dean e la sua espressione sono insistenti, perciò alla fine obbedisce, seppure non ne sia per niente convinto. Lo guarda spostare lo sguardo sul televisore e premere un bottone sul telecomando per accenderlo, rivolgendo tutta la sua attenzione a quell’aggeggio, mentre lui riprende la sua lettura in modo molto, molto più distratto, la testa piena di pensieri sconnessi.
Per quanto da una parte riesca a capire ciò che pensa e lo consideri un bel gesto, non lo trova giusto per Ellie perché è sicuro che non è ciò che lei vuole. E pensa che lei, alla fine dei conti, abbia decisamente voce in capitolo.
 
*
 
Parcheggia l’Impala di fronte alla porta della loro stanza di motel, il motore che docile si spegne quando gira la chiave per poi toglierla dal cruscotto.
Dean ha guidato in silenzio dal posto in cui sono stati a cena – un localino in centro dove cucinavano delle belle grigliate miste di carne, una cosa che non mangiava da una vita e che gli andava proprio di assaggiare – fino a qui. Ma anche il resto della serata, in realtà, è scorso in maniera piuttosto silenziosa.
Lui ed Ellie non si sono rivolti la parola. L’unico a parlare un po’ è stato Sam, che chiacchierava con l’una o l’altro a seconda dell’argomento che gli veniva in testa. Anche se perlopiù parlava con lui, in realtà. Ellie, per la maggior parte del tempo, ha mangiato a testa bassa – e neanche tanto, a dirla tutta – senza dire molto.
 
Lo sa che è arrabbiata con lui. Dopo la sfuriata che le ha fatto stamattina, è anche più che comprensibile. É tutto molto teso tra di loro e Dean è talmente fuori di testa per tutti i pensieri che lo disturbano che non fa che esagerare. Soprattutto per delle cazzate. Come stamattina, ad esempio. Tutto è cominciato perché Ellie aveva tolto il suo shampoo da dentro la doccia, dato che pensava che fosse finito, e Dean ha dato di matto, dicendole che non deve mettere le sue cose dove le pare e che deve farsi gli affari suoi. Sembrava una donnetta isterica ed Ellie deve averla presa parecchio sul personale per reagire così. O forse è semplicemente stanca di sentirsi dire certe cose, il che è comprensibile: ultimamente, tra loro, è tutto un continuo fraintendimento. Dean ne è consapevole e sa che dovrebbe fare qualcosa di meglio per recuperare, ma è confuso da ciò che sarebbe giusto e ciò che vorrebbe davvero e questo lo porta a comportarsi in modo piuttosto contraddittorio, qualcosa che, sicuramente, confonde anche lei.
Sarebbe tutto molto più semplice se la smettesse di farsi tante seghe mentali e cercasse di darle più certezze, se le dicesse che è spaventato perché gli sembra di “costringerla” a cacciare e ad andargli dietro, di tarparle le ali e di impedirle di fare ciò che desidera veramente. E lo sa che è un’idea che gli ha messo in testa papà e che magari non ha neanche un fondamento – Ellie, infatti, non sembra particolarmente propensa a mollare la caccia e non ha mai fatto nessun commento a riguardo. Sicuramente non negli ultimi tempi.
 
Ripensa all’ultima sera in cui sono stati bene insieme, quella della vigilia di Natale, a quando, dopo aver finito di vedere il film ed essersi fatti gli auguri una volta passata la mezzanotte, erano saliti in camera e stavano per mettersi a letto. Dean – già con la sua tenuta per dormire, fatta di una maglietta a maniche corte e un paio di boxer – ha aspettato che tornasse dal bagno e, quando è rientrata – anche lei con la sua maglietta con lo scoiattolo lunga fino alle cosce e poco altro addosso –, l’ha stretta in basso sulla schiena, sorridendole appena.
«Mi sembra che stessimo facendo un discorso, prima che qualcuno ci interrompesse» le ha detto, ma Ellie gli ha poggiato una mano sul petto, tenendolo un po’ a distanza, gli occhi bassi rivolti al pavimento.
«Com’era quella ragazza?» Dean la fissava perplesso, gli occhi piccoli. «Quella demone».
Lui ha scosso la testa «Che importanza ha? Non ha significato niente».
«Era bella?»
«Ellie… »
«Non ti piaccio più?»
Dean le ha sorriso «Stai scherzando?» le ha preso il viso tra le mani, sollevandoglielo per farsi guardare negli occhi. «È stato solo lavoro».
Ellie si è scostata, liberandosi della sua presa «Questa è una stronzata. E grossa anche. Non sei un attore di Hollywood, Dean, e non baci la gente perché devi recitare una parte».
«Sì, ma Evan Hudson non si sarebbe salvato da solo e quel patto mi è servito a questo. A salvargli la vita».
Ellie è rimasta in silenzio per un po’, le labbra strette tra i denti. «Perché me lo hai detto dopo tutto quel tempo?»
«Perché non ce la facevo più a tenermelo dentro. Volevo essere sincero e… e trasparente con te». 
«E perché non l’hai fatto prima?»
Dean si è leccato le labbra «Perché… perché non… non sapevo come farlo. Ma non ha significato niente, te lo giuro. Io—»
Ellie lo ha guardato dritto negli occhi, in un modo che gli ha messo quasi paura «Se c’è un problema tra di noi, ne parliamo e lo risolviamo insieme. Se non sei più convinto, se… se c’è qualcosa che non va me lo devi dire».
Ricorda di aver deglutito a quelle parole. Non poteva affrontare questo discorso con lei, non fino in fondo. Così ha scosso la testa e le ha sorriso appena, cercando di sembrarle più deciso possibile «No, è tutto a posto».
 
Ricorda di essersi sentito più verme di quanto non si sentiva già, di averla stretta nel buio e di aver ragionato a lungo su quanto le stesse facendo male. Gli aveva confidato le sue paure, poi, il suo timore che a Dean piacessero altri tipi di ragazze, e questo non poteva che aggravare il suo stato d’animo, chiaramente.  
 
Sa benissimo che tutte le sue paranoie vivono solo nella sua testa e, per quanto sia conscio del fatto che dovrebbe parlarne con lei e affrontare questo problema insieme, preferisce non dirle nulla. E sa che probabilmente sbaglia, ma non può farci niente. Parlarle di questa cosa vorrebbe dire rivelarle che a suo padre la sua presenza non è mai davvero andata giù e metterle in testa altre idee e, dopo tutto quello che hanno passato e considerando il tempo in cui questo li ha divisi, non ha intenzione di ricaderci nuovamente.
 
Per qualche strano motivo, però – qualcosa su cui aveva smesso di indagare tempo fa –, non riesce a starle lontano e, quando una volta tornati al motel la vede scendere dall’Impala e seguire Sam intento a rientrare, allunga il passo per andarle incontro e le afferra un braccio, costringendola a voltarsi. Lei lo guarda confusa e Dean non fatica a comprenderne il perché: non si sono parlati per tutto il giorno, ma ora vuole almeno chiarire ciò che è successo stamattina. Glielo deve.
 
La guarda negli occhi «Posso parlarti un attimo?»
Ellie sospira appena – senza curarsi di nasconderlo, cosa che per Dean è un pugno dritto allo stomaco – e stringe le spalle mentre Sam, che deve aver già capito l’andazzo, infila la chiave nella toppa e apre la porta della loro stanza per poi scomparire dietro di essa. La osserva voltarsi completamente verso di lui e Dean lascia il suo braccio, abbassando lo sguardo per un attimo. «Volevo dirti che mi—»
Lei incrocia le braccia al petto «Se mi vuoi chiedere scusa per stamattina ti prego di lasciar perdere» Dean rialza gli occhi e la guarda, sorpreso dalle sue parole. «Lo hai fatto troppe volte nell’ultimo periodo senza poi impegnarti a comportarti diversamente. Perciò smettila. Non ci faccio niente con le tue scuse, soprattutto se non sono sentite».
Il suo tono è calmo e pacato, ma nasconde una certa stizza. Dean non può darle torto: ultimamente si è comportato davvero da schifo con lei. «Ok. Hai… hai ragione. Ma mi dispiace davvero per quello che ti ho detto. Io—»
«Non volevi dirlo davvero, lo so. Scommetto che non volevi dire soprattutto la parte in cui mi hai fatto notare che, da quando ci sono io, non sei più libero di mettere le tue cose dove ti pare, che sto sempre in mezzo ai piedi e non ti lascio respirare. Non volevi dirlo, ma l’hai fatto comunque».
Dean la guarda abbassare gli occhi, dispiaciuta. Si morde le labbra, cercando di pensare a qualcosa di sensato da dire. «Andiamo, io… io non lo pensavo veramente. E poi è venuto tutto fuori per una stupidaggine, voglio dire—»
«Sì, ma credo che il tuo discorso avesse radici più profonde» Ellie sospira appena, allontanandosi di un passo «Senti… non ho bisogno delle tue giustificazioni. Finora sono state sempre inutili. Se ti vuoi scusare davvero, vieni… » si ferma un istante e prende fiato, come se dovesse dirgli qualcosa di estremamente importante. «Vieni a cena con me, domani sera. Per il nostro anniversario».
Lui la guarda, aggrottando la fronte «Un anniversario implica che ci sia almeno un anno di fidanzamento. E noi stiamo insieme da meno».
Ellie arrossisce appena «Lo so, ma… ma domani sono tre anni che ci conosciamo».
Le sorride di slancio, sorpreso «E come fai a ricordartelo?»
Lei stringe le spalle «Perché… perché quando ho segnato il tuo compleanno nella mia agenda ci ho anche scritto il giorno in cui ho iniziato la mia prima caccia. Ci siamo conosciuti quattro o cinque giorni prima e, beh, fare il conto non è stato difficile».
Dean fa una smorfia ammirata «Complimenti per la memoria», ma Ellie non sembra dargli molto peso «Beh, io… io sarei contenta di uscire e di… di stare un po’ insieme. Da soli» fa una piccola pausa, stringendo il labbro inferiore tra i denti «Se va anche a te». Dean non le risponde, si limita a guardarla e lei si allontana ancora un po’, le labbra strette. «Pensaci su».
Non aspetta una risposta: si volta e gira la chiave nella toppa per poi dirigersi dentro la loro stanza a passo lento.
 
Dean sospira rumorosamente, passandosi una mano sulla bocca e poi dietro la nuca. Considerando che è intenzionato ad allontanarla, uscirci insieme non è il massimo, ma non riesce neanche a pensare di dirle di no. E non perché tiene all’anniversario – non si è mai curato di queste cose e non solo perché non ne ha mai condiviso uno con nessuna – o per un’altra ragione particolare, ma perché il solo rimuginare sulla sua espressione delusa gli fa stringere il cuore in una morsa. Dirle di no sarebbe l’occasione perfetta per respingerla e allontanarla ancora di più, è vero, ma non gli sembra il caso. 
 
Un’ultima serata insieme e poi ognuno per la sua strada. Il pensiero, per quanto non lo convinca fino in fondo, lo martella finché non si fionda dentro le coperte, quasi mezz’ora dopo. Ellie gli dà le spalle e dorme su un fianco e Dean non le si avvicina, limitandosi a guardarla a lungo e a desiderare di poterla toccare.
Passa un’altra notte quasi in bianco riflettendo bene sul da farsi e convincendosi alla fine che, comunque andranno le cose poi, la serata di domani dovrà essere tutta per loro.
 
*
 
Si abbassa per appoggiare un piccolo oggetto a terra, molto simile a quello che vi ha depositato accanto poco fa e si alza, sospirando appena. Si siede sul letto, ammirando il lavoro svolto appena concluso: addobbare un’intera stanza per una serata romantica.
 
Non è da Ellie fare queste cose. Non è nemmeno il tipo da aspettarsele, ma per stasera è decisa a fare tutto come si deve. O almeno era perché, a dir la verità, non ne è convinta fino in fondo.
 
Stamattina Dean le ha detto che gli va di andare a cena da qualche parte, per festeggiare “l’anniversario”. Lo ha fatto in un modo un po’ più entusiasta di come le parla ultimamente, guardandola negli occhi e dicendole che – testuali parole – gli farebbe piacere andare a cena insieme.
Ellie ha accolto la notizia con una stretta di spalle e un sorriso tirato. Sarà che ultimamente l’ha trattata talmente da schifo che non ha più la voglia nemmeno di gioire quando torna quello di sempre. O quasi.
 
Manca ancora un po’ all’ora X, quella in cui si sono prefissati di uscire, ed Ellie ne ha approfittato per venire qui e prendere questa stanza in cui venire dopocena. Se tutto il resto va a buon fine, ovviamente. Ha finto di andare a fare una passeggiata ed è andata al supermercato qui vicino, ha preso ciò che le serviva e ha prenotato la stanza per poi disporre tutto nel modo migliore.
 
Non è molto convinta che finiranno qui, stasera. Così come non è sicura che l’idea di Sam servirà a mettere le cose a posto tra lei e Dean. Probabilmente gli ha dato retta perché è così disperata da non riuscire a trovare una soluzione differente.
 
Ci ha riflettuto spesso negli ultimi giorni: qualsiasi cosa frulli nella testa di Dean, è chiaro che ce l’abbia con lei. Con Sam, per quanto non lo tratti come al solito, è comunque più normale e pacato, perciò non ha dubbi che il problema sia lei. E questo la mette ancora più in crisi, perché negli ultimi tempi ha cercato di fare di tutto per dargli conforto, per stargli accanto dopo che suo padre era morto. Ci è pure finita a letto insieme, nonostante sapesse benissimo che Dean non voleva fare l’amore ma solo sfogare la rabbia. Non è più riaccaduto da quella volta, ma è una delle cose che ha fatto con più sacrificio per il suo bene che le è rimasto impresso a fuoco nella mente, perché se c’è una cosa che ha sempre preteso da lui – una delle poche – è stato il rispetto che lui, invece, quella volta le ha mancato. E, davvero, con tutto quello che ha passato ultimamente per questa storia, non crede nemmeno di meritarlo, un comportamento così. Eppure è qui, seduta su un letto consumato da altri, a tentare di capire qual è il problema e a sperare di risolverlo organizzando una cena e una serata speciale. Più ci pensa, però, più realizza che il loro rapporto si tiene in equilibrio su un filo sottilissimo e basta un passo falso a farlo spezzare. È da troppo poco tempo che stanno insieme – poco più di sette mesi, anche se le sembra di più perché passano insieme giornate intere – e, per quanto si conoscano da molto di più e ne abbiano passate tante, sente che sarà dura superare anche questa tempesta. Perché mentre prima non dipendeva da loro o da ciò che provavano l’uno per l’altra, ora Ellie teme che basti un’altra folata di vento per far crollare tutto. Il loro rapporto è troppo acerbo per resistere, come una mela poco matura che cade dal ramo per la troppa pioggia o perché scossa da una corrente d’aria troppo forte.
 
Tutto questo le fa sentire la terra che le frana sotto i piedi, perché non ha più certezze quando si parla di Dean che, invece, era l’unica che aveva.
 
Sente come se dovesse riconquistarlo ed è frustrante oltre che spaventoso. Anche perché, in realtà, lei non l’ha mai corteggiato: tra di loro è nato tutto in maniera estremamente spontanea, naturale. Non ha neanche idea di dove cominciare, o cosa fare. Dovrebbe sedurlo? Le altre ragazze con cui è stato – anche se per poco – hanno fatto questo? Perché Ellie non è su quello che vuole puntare. In parte sì, per carità, perché crede che ritrovare un po’ d’intimità potrebbe fargli solo bene, ma non vuole focalizzarsi solo su quello.
 
È un po’ confusa, oltre che poco speranzosa.
Strofina i piedi tra loro, guardando a terra e sbuffando aria dal naso. Non è da lei essere così pessimista, ma a giudicare da come sono andate le cose ultimamente, considera la serata che l’aspetta proprio come l’ultima spiaggia. E non può far altro che sperare col cuore gonfio e carico di aspettative che li porti a qualcosa di buono.
 
*
 
«Non pensavo saresti venuto».
 
Seduti al bancone più strano che abbia mai visto, Dean contempla un piatto di sushi che gli scorre davanti, ma che non gli ispirava granché.
Quando ha detto di sì ad Ellie per questa serata, non pensava che sarebbero finiti in un posto come questo: è un ristorante particolare, una specie di… bar. O almeno, per come è fatto, Dean l’avrebbe scambiato per tale. C’è un lungo balcone con un rullo che scorre su cui sopra sono appoggiati diversi piatti, tutti rigorosamente giapponesi. Ci sono anche dei tavoli, dietro di loro, ma Ellie ha preferito sedersi qui, così da sperimentare una cosa diversa. Un’altra delle sue stranezze: invece che farsi servire, per una volta ha detto che vuole fare da sola, anche se a cucinare non è stata lei. Un discorso un po’ contorto e, appunto, strano, ma Dean non si stupisce più di nulla quando si tratta di lei.
Quando hanno parcheggiato qui, stava per rifiutarsi di entrare. Poi ha pensato che, avendole lasciato organizzare la serata, le aveva dato carta bianca anche sulla cena, quindi non poteva fare scenate. Non è che non gli piaccia la cucina giapponese, poi. È solo che detesta mangiare con quelle bacchette e quando il cibo non è comodo diventa anche meno appetibile, o almeno questa è la sua filosofia. Insomma, deve faticare tanto per sopravvivere, non capisce perché farlo anche quando mangia.
 
Si volta verso sinistra e la trova a guardarlo negli occhi, in attesa di una risposta. Le sorride appena, facendo spallucce «Perché non avrei dovuto?»
Ellie stringe le labbra in una linea sottile, abbassando la testa per fissare il suo piatto «Perché ultimamente sei sempre strano» alza gli occhi nella sua direzione «Con me». Guarda di nuovo in basso, spostando qualche chicco di riso con le bacchette. «Sembra che lo fai apposta».
Dean si fa più serio. È vero che Ellie non aveva detto una parola da che erano usciti dalla stanza – a parte le indicazioni per arrivare fino a qui –, ma non pensava che tirasse fuori il discorso tanto presto. «Non è così».
«E allora com’è? Perché io c'ho provato a capirlo, davvero… ma non ce la faccio» sorride amara «E pensare che una volta ci riuscivo così bene».
Dean si lecca le labbra, un po’ infastidito «Pensavo che fossimo usciti per metterci una pietra sopra».
Ellie lo guarda seria «E come faccio a farlo se non ci chiariamo mai?» lo fissa così intensamente da permettere a Dean di leggere quanta tristezza c’è nei suoi occhi ed è così tanta da farlo sentire in colpa più di quanto non vorrebbe «Noi parlavamo, prima. Ultimamente non lo facciamo più e—»
Dean sbuffa appena «È solo un brutto periodo. Dammi solo un po’ di tempo… e un po’ di tregua» glielo dice in modo calmo, ma fermo. E ci crede davvero: a prescindere da qualsiasi decisione lui possa prendere alla fine, ha bisogno di un po’ di spazio e di schiarirsi le idee.
La guarda stringere le spalle e riabbassare gli occhi sul suo piatto «Se lo dici tu» afferra con le bacchette qualche chicco di riso sparso e poi lo guarda. Gli ci vuole poco a capire che ha appena notato che non ha ancora messo nulla sotto i denti. «Perché non hai preso niente? Pensavo che ti piacesse» gli sorride appena, cambiando completamente espressione «Sai, stasera, per il dopo cena, ho pensato che potessimo fare qualcosa che piace a te. Così per la cena ho pensato di portarti qui… ma credevo che il cibo non ti facesse schifo. Anche se fatichi a mangiare con le bacchette».
Dean stringe le labbra; sicuramente quella di Ellie è stata un’idea carina. «È così, ma non è ancora passato niente di interessante» e non ci sono stato poi così attento, essendo preso dal tuo discorso. Ma questo se lo tiene per sé, anche perché Ellie allunga il collo verso il nastro che gira e comincia a guardare ogni piatto che scorre. Lo fa come se avesse una fame da lupi o ne valesse della sua esistenza, tant’è che, dopo poco, allunga un braccio e afferra un piatto per poi metterglielo sotto al naso. È costituito da una fila di rotolini di riso tenuti insieme dall’alga nera; assomigliano al sushi, ma sono più colorati di rosso. «Tieni, questo dovrebbe essere buono» gli sorride, in quel modo spontaneo e dolce con cui riesce a scioglierlo sempre un po’. «Dentro ci sono gamberi e maionese. Ho visto che c’è anche con il salmone, se ti piace di più. Puoi metterci sopra questa salsa oppure mangiarlo senza nulla, ma ti consiglio di provarla. A me piace tantissimo». Dean decide di assecondarla, prendendo la salsa che lei gli porge – di un marrone scuro, un colore piuttosto simile al caffè –, scrutandola un po’ titubante. Con la coda dell’occhio, la guarda stringere le labbra in una linea sottile «È salsa teriyaki. Starebbe meglio con altre cose, ma ti assicuro che non ci sta male». [2]
 
Dean decide di fidarsi e, dopo aver preso su – non con poca difficoltà – il triangolino di riso e gamberi e averlo intinto nella salsa, lo porta alla bocca, masticando piano per far attenzione al sapore. Spalanca gli occhi sorpreso quando lo sente arrivare al palato ed Ellie sorride appena, soddisfatta di avergli trovato qualcosa di suo gradimento.
Torna a guardare il nastro che gira e per lei prende una barchetta di sashimi che mangia assieme a della salsa di soia.
 
Il resto della cena scorre piuttosto normalmente; entrambi parlano del più e del meno senza più entrare nel discorso ostico iniziale e Dean, in un certo senso, già si sente meglio. Capisce che Ellie voglia chiarire: fa parte del suo carattere ed è sempre stata così, ma non avere il fiato sul collo di dover affrontare quella storia per forza gli dà un po’ di tranquillità. E, soprattutto, dà anche un risvolto più positivo alla serata. In fondo, si sono ripromessi di festeggiare il loro stare insieme, non i loro litigi.
 
Quando escono da lì, ha la pancia più piena di quanto pensasse. Non ha mangiato molto all’apparenza, ma quei rotolini riempiono lo stomaco più di quanto sembra, tanto che quelli con il salmone – per quanto fosse curioso di provarli – non li ha nemmeno assaggiati.
 
Ellie gli cammina di fianco, stringendo la borsa tra le dita. Dean non lo aveva notato prima che si alzasse in piedi per rimettersi la giacca verde, ma è vestita in modo un po’ diverso dal solito: indossa una camicia di jeans scuro piuttosto lunga, che le arriva quasi fino alle ginocchia. È una specie di vestito, con i bottoncini bianchi e un paio di tasche sia a destra che a sinistra all’altezza del seno. Una cinta sottile di pelle marrone a stringerle la vita e, al posto della solita gonna o delle calze – forse fa troppo freddo per metterle –, indossa un paio di leggins neri che le fasciano le gambe lunghe e toniche. Ai piedi, un paio di stivaletti neri che non le aveva mai visto, dei tronchetti con qualche centimetro di tacco. Il trucco sugli occhi è leggerissimo, sembra non esserci nemmeno e le labbra sono colorate di rosa.
Chissà perché ha deciso di vestirsi in modo diverso, stavolta. Forse perché fa più freddo dell’ultima che sono usciti da soli – che Dean non si ricorda nemmeno a quando risalga, visto che è passato davvero parecchio tempo – o perché non si sentiva in “dovere” di compiacerlo. In cuor suo, spera che sia la prima opzione, perché la seconda gli mette un po’ di tristezza. Per quanto non dovrebbe, in fondo, visto che se le cose vanno così è solo colpa sua.
 
Anche lui ha optato per un abbigliamento abbastanza ordinario: camicia a quadri aperta, maglietta a maniche corte sotto, jeans scuri e scarponi. Non sapeva se mettere una camicia più scura e allacciarne i bottoni, ma poi gli sembrava un invito a finire la serata su un letto – visto che sa bene quanto le piace – e ha lasciato perdere. Non vuole forzare la mano e non gli sembra nemmeno il caso di pensarci, soprattutto alla luce di come sono andate le cose tra loro negli ultimi tempi.
 
Si passa una mano sulla bocca e osserva Ellie girare intorno all’Impala per poi affiancarsi allo sportello. La guarda negli occhi «E adesso dove andiamo?»
Lei si morde le labbra, come indecisa se parlare o meno. «Mi fai guidare?»
Dean allarga gli occhi «No!» mentre lei curva le labbra in una smorfia scocciata «E dai! Voglio che sia una sorpresa, se mi fai guidare almeno non—»
«Lo sarà comunque se è un posto in cui non sono mai stato» le sorride per prenderla in giro ed Ellie rotea gli occhi, prima di salire sul posto del passeggero.
Sbuffa, appoggiando il gomito sul bordo inferiore del finestrino «Quando fai così sei davvero antipatico».
Dean sorride ancora sghembo, conscio di non averla offesa davvero. Ci vuole ben altro per farlo.
Mette in moto e la guarda con la coda dell’occhio «Allora, dove devo andare?»
Ellie sbuffa per poi voltare la testa verso di lui per guardarlo e incrociare le braccia al petto. «Ti guido io».
 
È davvero fintamente arrabbiata e lo dimostra il fatto che gli indica la strada da fare senza tornare sull’argomento, finendo col sorridere quando Dean parcheggia sul lato opposto di una via su cui, proprio all’angolo, è collocato quello che sembra essere un grosso cinema. Lo riconosce dall’insegna luminosa: in alto capeggia la scritta Rialto in giallo bordata di rosso, mentre sotto ce n’è un’altra con lo sfondo bianco e le scritte rosse, di quelle che si cambiano quando c'è un film nuovo da vedere. [3]
 
Dean si volta verso di lei, perplesso, e la trova a guardarlo con le labbra tirate in un timido sorriso. «Ho pensato che… che questo posto potesse piacerti. Invece di andare nel solito pub, ho… ho visto che davano “Il buono, il brutto e il cattivo” e mi sono detta che… che ti sarebbe piaciuto sicuramente» Dean si volta nuovamente verso la sua sinistra, puntando gli occhi sulle scritte rosse per verificare di aver capito bene. Effettivamente, Ellie ha ragione: stasera danno “Il buono, il brutto e il cattivo”. «Non so se lo hai visto. C’è Clint Eastwood, ho pensato che potesse piacerti» la sua voce gli arriva quasi in lontananza, ovattata, ed è troppo emozionato per dire qualsiasi cosa, in realtà.
 
Perché sa che ad Ellie non piace vedere film – o meglio, quando lo fa si addormenta sempre sul più bello, quindi non è una delle cose che preferisce al mondo – e invece l’ha portato qui, per farlo contento. Proprio stasera. Probabilmente il fatto che c’è questo film che gli piace è stata una casualità, forse lo avrebbe portato qui comunque, ma non ha importanza, perché è il pensiero che l’ha spinta a scegliere il cinema al posto del “solito pub”, come l’ha definito lei, a fare la differenza.
 
La mano che lo afferra per il gomito e lo scuote lo riporta alla realtà e Dean si volta di nuovo verso di lei, incontrando i suoi occhi limpidi pieni di confusione. «Che c’è? Ho sbagliato? Non… non ti piace il film?»
 
Dean la guarda e, per qualche strano motivo, ne rimane quasi incantato: osserva il suo sorriso indeciso, gli occhi così intensi e quell’espressione un po’ genuina e bambina che gli è sempre piaciuta di lei e di slancio, anziché risponderle a parole, si allunga a baciarla, la mano destra che corre a stringerle la vita.
Ellie rimane un po’ rigida, all’inizio. Sicuramente non se lo aspettava – anche perché, ultimamente, c’è stato spazio solo per le urla e pochissimo per le tenerezze –, ma poi lo asseconda, schiudendo le labbra e lasciandolo fare, allungando la mano sinistra verso di lui per accarezzargli il viso.
 
Dean si perde come gli accadeva le prime volte: il suo profumo alle narici, la naturalezza con cui Ellie si lascia baciare, donandogli ogni più piccolo anfratto della sua bocca, e non può fare a meno di pensare a quanto gli mancherebbe se la allontanasse. Le sue premure, il modo gentile in cui gli ha trovato da mangiare e il film e come si è posta prima, al ristorante, reclamando delle semplici attenzioni e qualche spiegazione doverosa che, invece, Dean non può darle. Perché le farebbe troppo male, così come è successo la prima volta, e si farebbe convincere che si è fatto un pensiero sbagliato, che va bene così e questa cosa può continuare all’infinito e non è giusto. Per lui sì, forse, perché è così preso da lei che farebbe di tutto pur di tenersela stretta, ma non per lei, che merita una vita diversa. Quella che lui non può donarle.
 
Si scosta appena, la fronte su quella di Ellie e i loro nasi a contatto. Ha il fiato corto mentre lei lo guarda stupita, senza riuscire a capire fino in fondo il perché del suo gesto. Dean le sorride, allungando la mano verso il suo viso per farle una carezza. «Sì, l’ho visto il film. Ma lo rivedo molto volentieri» muove il pollice sul suo zigomo, guardandola sorridere appena. «È un bel pensiero. Grazie» e a quelle parole Ellie sorride con più slancio, come se le avesse fatto un complimento.
Dean ricambia e le posa nuovamente un bacio sulle labbra prima di uscire dall’auto. Attende che lei faccia lo stesso e, quando lo affianca, la prende per mano per poi incamminarsi verso l’entrata del cinema. Ellie stringe le sue dita con forza e Dean non fatica a capirne il perché: un contatto, per quanto semplice come questo, le è mancato, un po’ come è successo a lui. E pensare che, prossimamente, ne sentirà la mancanza spesso, gli provoca un dolore più forte di quanto credesse.
 
*
 
Stringe tra le dita la stoffa della giacca di Ellie, tirandosela un po’ più addosso con la mano destra. La sente sorridere contro le sue labbra mentre la bacia ancora, il suo braccio destro dietro il suo collo.
 
Ha parcheggiato da qualche minuto davanti alla stanza del motel, ma nessuno dei due sembra aver ancora intenzione di scendere. Non stavano così bene da ormai troppo tempo.
Il film era bello proprio come Dean lo ricordava, ma la cosa più interessante è stato vedere come Ellie si sforzasse di rimanere sveglia, tenendolo anche un po’ a distanza di sicurezza ed evitando di appoggiarsi a lui per non finire KO. Infatti, quando Dean le ha messo un braccio intorno alle spalle e se l’è tirata addosso – un po’ per sfidarla e un po’ perché voleva sentirla vicina –, Ellie non ha resistito a lungo. Anzi, poco dopo aver appoggiato la testa sulla sua spalla si è addormentata come una bambina. Dean ha sorriso a quella scena, immaginando poi quanti “capricci” avrebbe fatto quando si sarebbe svegliata. Cosa che, infatti, è avvenuta: si è scusata in tutte le lingue, ma Dean non si è offeso affatto. Anzi, per farle capire che non aveva nulla da rimproverarsi, prima di tornare qui si è fermato a una gelateria ancora aperta nonostante l’ora un po’ tarda – erano già le undici e mezzo – e le ha offerto un cono gelato. Lei sembra aver capito cosa volesse dirle, perché non ha più riaperto il discorso. Ora, comunque, Dean capisce perfettamente cosa intendeva quando gli raccontava di uno dei suoi primi appuntamenti al cinema con il suo ex fidanzato.
 
È stata una bella serata, nonostante l’inizio. E per Dean è un vero peccato che sia già giunta al termine.
 
Continua a baciarla piano, assaporando la sua bocca dolce.
Sente il bisogno di allungare le mani e toccarla sotto i vestiti, sentire i polpastrelli contro la sua pelle morbida – il cavallo dei pantaloni un po’ più stretto del normale e il desiderio di farsi toccare lì in basso che sente crescere – ed ha la vaga sensazione che Ellie glielo lascerebbe fare, a giudicare dal modo in cui gli si stringe addosso, ma non gli sembra giusto. Hanno appena ripreso un po’ di confidenza dopo settimane intere di litigi e incomprensioni, non è il caso di forzare la mano.
 
La sente stringergli i lembi della giacca con la mano sinistra per poi scostarsi piano. Dean la lascia fare, non prima di averle stampato un ultimo bacio sulle labbra, qualcosa che la fa sorridere appena nonostante sembri un po’ pensierosa.
Le accarezza una guancia, quasi sopra pensiero. «Tutto ok?»
Ellie annuisce, gli occhi fissi su una delle asole della sua giacca di pelle. «Sì, è che… avrei preparato qualcos’altro, per te» Dean allarga gli occhi, ma lei continua a non guardarlo «Solo che… che devo finire una cosa e temo che dovrai aspettarmi qui».
La guarda un po’ stralunato «O-ok» e lei sorride «Ci metterò poco. Intanto… » si toglie la sciarpa dal collo per poi stenderla e avvicinargliela al viso «Dovrei bendarti con questa», ma Dean si tira indietro in modo istintivo. Per quanto la cosa possa essere erotica – anche se non è certo che stia andando verso quella direzione – non gli piace perdere il controllo. Non così tanto, almeno. Lei gli sorride, avvicinandosi un poco «Non voglio farti niente di male. Poi te la tolgo. È solo perché… perché non devi vedere cosa devo fare».
 
A quel punto Dean stringe le spalle, dandole un muto consenso. Allora Ellie si avvicina ancora, appoggiandogli la sciarpa sopra gli occhi delicatamente per poi legargliela con un nodo dietro alla testa. Istintivamente, a Dean viene da pensare che non l’avrebbe lasciato fare a nessun altro. Forse neanche a Sam.
 
Avverte le labbra di Ellie sulle sue per un misero istante, seguite da un risolino divertito «E non sbirciare». Dean sorride furbo e rimane in attesa, la schiena appoggiata contro il sedile di pelle dell’Impala.
Il rumore dello sportello che si apre è inconfondibile, per quanto Ellie stia cercando di farlo il più piano possibile. Aspetta qualche secondo – qualcosa che a lui sembra un minuto abbondante – e poi sbircia, alzando il bordo della sciarpa e ritrovandosi Ellie di fronte alla macchina, con le mani sui fianchi e una smorfia divertita sul volto. Dean alza le mani, sorridendo dopo essere stato colto in flagrante, e si riabbassa la sciarpa, coprendo nuovamente gli occhi. Sbuffa, incrociando le braccia al petto, e spera solo che Ellie faccia presto, a questo punto, perché è terribilmente impaziente di sapere cos’ha architettato.
 
Gli sembra passata un’eternità quando lei finalmente torna. Anche stavolta se ne accorge perché la sente aprire la portiera, un rumore inconfondibile. Ma stavolta non è quella del passeggero, ma quella del guidatore.
«Eccomi qui. Puoi scendere».
Dean alza un sopracciglio «Posso togliere la sciarpa?»
«Ancora no. Dai, vieni».
Gli prende entrambe le mani tra le sue, piccole e un po’ tremolanti, ma Dean non cede. «Ma come faccio a vederci qualcosa?» 
«Ti guido io» tira appena le sue mani e lui decide di seguirla, anche se non sa bene come visto che non ci vede niente e si sente un po’ impedito. Lo fa scendere dalla macchina – stando attenta a non fargli battere la testa – e lo fa aspettare un istante, per chiudere la portiera e infilarvi le chiavi. Dean lo capisce perché riconosce il rumore della chiusura, ma non ha la minima idea di quando gliele abbia rubate. Che furbetta.
Sorridendo – perché Dean riconosce il piccolo sospiro che precede le labbra schiudersi – lo porta probabilmente fino a un ingresso, perché a un certo punto Ellie si ferma e la sente armeggiare con altre chiavi. Gli fa fare qualche altro passo, poi chiude una porta e si ferma dietro di lui. «Eccoci».
 
Gli scioglie il nodo fatto con la sciarpa e Dean finalmente realizza dove si trovano: non è la loro stanza, quella che dividono con Sam. È più piccolina, il letto matrimoniale al centro e un paio di comodini ai lati, un comò alla sua sinistra e un’altra porta sulla parete adiacente, che probabilmente porterà a un piccolo bagno, e la finestra coperta da una tenda rosso bordeaux di fronte a lui, ma ciò che salta più ai suoi occhi è il modo in cui è stata arredata. Sia i comodini che il comò che la parete a destra e a sinistra della porta del bagno sono coperti di candele. Piccole, bianche e rosse, tutte accese e sono le uniche cose che illuminano la stanza. E non perché non ci sia il lampadario sul soffitto, ma perché Ellie – che è chiaramente l’artefice di tutto questo – ha voluto così.
Dean deglutisce, incapace di proferire parola. Annusa l’aria, ma non viene a contatto con nessun odore in particolare; vuol dire che le candele sono senza aromi.
 
Sorride tra sé, ripensando a ciò che gli aveva detto davanti al nastro pieno di sushi: per il dopo cena, ho pensato che potessimo fare qualcosa che piace a te. Ora gli è chiaro lo “schema” della serata: il giapponese perché piace ad Ellie, il cinema per Dean. È chiaro dall’inizio che abbiano dei gusti diversi, ma hanno sempre cercato di venirsi incontro. Proprio come stasera. E il motivo per cui è stata addobbata così questa stanza, però, non c’è alcun dubbio che piaccia a tutti e due.
 
Si volta alla sua destra e osserva Ellie lì accanto che lo guarda con occhi speranzosi e limpidi.
Dean si lecca le labbra «Vuoi scopare o darmi fuoco?» [4]
Lei sorride appena «Forse entrambe le cose» e si fa immediatamente seria, stringendo le labbra in una linea sottile. Punta gli occhi nei suoi con una certa… insistenza. «Dean, io… io sono stata bene stasera. E anche tu, perché l’ho visto. Quello che mi chiedo è… è se sarà così anche domani e il giorno dopo e quello dopo ancora» prende fiato, abbassando gli occhi per un attimo «Ho sempre voluto questo con te da quando ho capito che mi piacessi, ma tu forse no, o meglio non più, e… e magari adesso ti sei stancato e non sai come dirmelo».
Dean la guarda perplesso. Non pensava che avrebbe ripreso quel discorso. «Perché mi stai dicendo queste cose?»
«Perché… perché ho bisogno di sapere che è tutto a posto» continua a fissarlo, gli occhi appena più lucidi «Perché mi sembra di essere a tanto così dal perderti e questo… questo mi fa stare male e ho paura e—»
Dean la afferra per le braccia, costringendola a fermarsi. La guarda negli occhi e deglutisce «Mi… mi dispiace se ti ho dato modo di pensare queste cose. Davvero. Ho solo… » non può dirle tutta la verità, non vuole vederla stare peggio di così – già il suo sguardo perso lo fa sentire uno schifo, tanto da sentire il sushi che ha mangiato per cena navigare in un vortice di sensi di colpa –, ma qualcosa deve dirle. Non può farne a meno «Ho solo il timore di starti trascinando in una cosa più grande di te, in qualcosa che non vuoi davvero». Ellie tira su col naso e lo guarda perplessa; non gli risponde, il che lo induce ad andare avanti, a trovare non sa dove il coraggio di continuare a parlarle «Insomma, io… io sono convinto che se le cose non fossero andate in questo modo, tra di noi, tu avresti lasciato la caccia da molto tempo e—»
«Ma che t’importa?» Ellie lo guarda quasi implorante, le braccia basse e gli occhi colmi di lacrime «Che t’importa di cosa avrei fatto? Non interessa a me, perché tu ci pensi così tanto?» alza le braccia per poggiargli le mani su entrambi i fianchi e, a giudicare da come lo guarda, non mentiva, prima: ha davvero tanta paura che le cose possano andare male. «Importa solo quello che ci è successo davvero. Ne abbiamo passate tante, perché vuoi fermarti per un pensiero stupido, per qualcosa che non ti porterà a niente se non a distruggere ciò che di bello abbiamo costruito?» una lacrima sfugge al suo controllo, scivolandole giù dagli occhi e Dean si sente morire a vederla così. Non riesce a reggere quello sguardo perso, così insicuro e smarrito.
Le prende il viso tra le mani «Perché m’importa di te. E voglio che tu… che tu abbia il meglio».
Ellie si scosta, mettendo una piccola distanza tra loro. «Allora lasciami decidere da sola. Dopo tutto quello che ho passato, credi che non sappia qual è il meglio per me? Perché lo so. E bene anche».
 
Ha gli occhi tristi e disillusi, quasi imploranti. Dean deglutisce – odia vederla così e soprattutto odia essere la causa del suo dispiacere – e la afferra per le braccia. Lo sa cosa sta cercando di dirgli: che è lui il meglio che vuole per sé, che non desidera nient’altro perché ciò che cercava lo ha già trovato e Dean si sente così piccolo di fronte a una consapevolezza tanto grande, così ingrato e superficiale, perché ora capisce che ciò che ha pensato fino adesso non lo ha fatto per lei, ma per lui. Per non avere sulla coscienza un ulteriore rimorso, quello di averla trascinata con sé “a forza”, di essersela portata appresso senza averle mai dato la possibilità di scegliere. Quando lei, invece, la scelta l’ha già fatta e ha preferito lui a tutto il resto.
Questo pensiero lo fa sentire così riconoscente che l’attira più a sé, guardandola dritta negli occhi. Vuole farle capire che gli dispiace, così si abbassa e appoggia la fronte sulla sua e capisce di essere fottuto quando piega la testa di lato e la bacia, incapace di spiegarle a parole che è un coglione che non la merita. Il solo modo in cui è andata questa serata – la stessa che nella sua testa sarebbe dovuta essere l’ultima che dovevano passare insieme – gli ha fatto capire che Ellie ha ragione: deve smetterla di pensare a ciò che è giusto o sbagliato e lasciarla decidere da sola. Se non vuole rovinarle la vita come si è prefissato di fare, il primo passo per farlo è non allontanarla. Finirebbe solo col farle più male e lo stesso vale per lui.
 
Ellie si scosta per guardarlo dritto negli occhi, quasi a cercare qualche conferma e deve trovarla, in qualche modo, perché poi lo bacia di nuovo, decisa e lasciva. Dean la lascia fare e lei lo attira più a sé, liberandosi della sua presa per stringergli le braccia intorno al collo mentre Dean la abbraccia forte, entrambe le braccia a stringerle la schiena. Il sapore salato di qualche lacrima si mischia alle loro bocche unite, ma è così tanta la foga con cui Ellie lo bacia che Dean non ci bada, limitandosi a stringerla più forte in una tacita promessa di non lasciarla mai.
 
Non la sentiva così sua da troppo tempo. Tutto quello che ha perso a sentirsi inadeguato, a guardarla e ad aver paura di avere trovato in lei una scappatoia, qualcosa che lo rendesse felice davvero in una vita dove non c’è spazio per esserlo.
 
Si lascia sfilare la giacca e la camicia insieme ed entrambe scivolano sul pavimento ricoperto di moquette scura. Un attimo dopo, le braccia di Ellie sono di nuovo intorno al suo collo mentre, con i piedi sollevati, incolla nuovamente le labbra alle sue.
È terribilmente frettolosa, stasera, tanta è la voglia di sentirlo vicino come non faceva da tanto. Dean non se ne fa un problema e, anzi, la asseconda e la lascia fare, lasciandosi trascinare fino al bordo del letto.
Scioglie la cintina di pelle che le stringeva la vita e sfila i bottoni della camicia dalle asole, uno alla volta, per poi sfilargliela velocemente. Ellie lo spinge a sedere e Dean ne approfitta per afferrarle il bordo dei leggins e trascinarlo giù, fino ai suoi piedi che lei alza prima uno e poi l’altro, tenendosi alle sue spalle per non perdere l’equilibrio.
 
Ormai può dire di averla vista in innumerevoli situazioni, viste tutte le volte in cui l’hanno fatto, e se c’è una cosa che ha imparato di lei è che raramente indossa un completino intimo coordinato. Lo fa quando è sicura che la serata li porti in quella direzione e infatti, stasera, ne ha uno color blu acciaio, il reggiseno leggermente imbottito decorato con una fitta fantasia di fiori di pizzo e le mutandine bordate con un fiocchetto al centro, per niente trasparenti. Dean non può fare a meno di trovarla molto, molto sexy. Non che questo particolare cambi la visione che ha di lei in questo momento, ma gli fa capire che ci teneva, in un certo senso, che la serata finisse così.
 
La attira più a sé e c’è qualcosa di disperato nel modo in cui la stringe, le braccia che la circondano in basso sulla schiena, ma non gli importa, perché se c’è una persona al mondo che l’ha davvero visto nudo – non in senso letterale, quello possono vantarlo in molte – è Ellie. Le bacia la pancia e risale su, seguendo la linea della stoffa del reggiseno e lei non dice nulla, non lo ferma, gli accarezza i capelli dolcemente e quando Dean alza la testa per guardarla vede chiaramente una donna che lo ama – sì, perché ha visto così tante cose brutte nella sua vita che sa riconoscere quelle belle, anche se spesso le scambia per miraggi – nonostante il male, il senso di colpa e tutto quello che di brutto Dean si porta addosso, ma lei vede solo il bene, solo la bellezza che lui non ha mai creduto di possedere.
 
La luce soffusa delle candele rende l’atmosfera molto più intima e raccolta; Dean la guarda e lei, nonostante i suoi gesti siano più veloci del solito, continua ad accarezzarlo con dolcezza, qualcosa di così raro nella sua vita da doverlo considerare estremamente prezioso. Si siede su di lui e gli sfila la maglietta a maniche corte prima di prendergli il viso tra le mani, lasciando aderire il suo corpo a quello di Dean. Lo bacia in modo frenetico, veloce, e le mani di Dean indugiano sulla sua schiena, raggiungendo il gancetto del reggiseno per poi aprirlo con facilità. Lascia scivolare quel pezzo di stoffa tra di loro per poi gettarlo lontano ed Ellie, di riflesso, gli si stringe ancora più addosso, le gambe intorno alla sua vita.
 
Il respiro di Dean si fa più veloce tra un bacio e l’altro; vorrebbe saltare tutto questo cercarsi e arrivare all’ultimo punto, per sentirla fino in fondo e le morde una spalla di riflesso, quasi a volerle far capire le sue intenzioni, ma Ellie lo frena, scostandosi appena e appoggiando la fronte sulla sua. «Piano» la sua voce è appena più alta di un sussurro. «Lasciami fare».
Un brivido gli percorre la schiena. Decide di assecondarla, lasciandosi baciare ancora finché lei non lo spinge a sdraiarsi sul materasso e Dean può finalmente guardarla in tutta la sua bellezza e semplicità, lasciando scorrere la mano dalla pancia fino ad arrivare a stringerle entrambi i seni tra le dita, le piccole punte dure sotto i palmi e un piccolo sospiro che fuoriesce dalle sue labbra morbide e lucide come ciliegie mature.
 
Ellie si abbassa a baciarlo sulla bocca e poi sul petto, una mano che scende lenta dal collo ad accarezzargli tutto il corpo. Dean chiude gli occhi, lasciandosi cullare dalla sensazione che, seppur familiare, aveva cominciato a dimenticare, troppo concentrato sul suo dolore. Li riapre quando avverte Ellie togliergli i pantaloni e la aiuta a sfilarglieli, facendoli scivolare lungo le gambe, insieme ai boxer che fanno la stessa fine poco dopo. La osserva mentre lo bacia sulla pancia, la mano destra che lo accarezza più in basso e geme non appena la sente toccare il suo sesso, le labbra schiuse e la testa leggermente inclinata all’indietro. La sente fermarsi a baciarlo sempre più in basso e alza la testa quando la mano viene sostituita dalla sua bocca che scende lenta ma decisa su di lui. Deglutisce, spostando appena le gambe per farle più spazio, e si appresta a fare leva sugli avambracci per tirarsi un po’ più su con la schiena, la mano destra che corre a spostarle i lunghi capelli dal viso e la schiena scossa da forti brividi di eccitazione.
 
Ha fatto sesso con Ellie innumerevoli volte e spesso è capitato che fosse lui a farla godere con la bocca, ma non era mai successo il contrario. Gli piace donarle piacere – e, a giudicare da come si muoveva e ansimava, è qualcosa che piace anche a lei e il solo pensiero di quando è successo gli provoca brividi ancora più intensi –, ma Dean non le ha mai chiesto di ricambiare, pensando che non se la sarebbe sentita. Non avrebbe nemmeno preteso che Ellie prendesse l’iniziativa, ma a giudicare da come si muove, dal modo sicuro in cui lo tratta, è evidente che per lei questa non sia una prima volta.
È una cosa che ha capito qualche tempo fa: Ellie è stata il tempo necessario con il suo ex per acquisire una discreta esperienza, ma non la mette in pratica finché non si trova davvero a suo agio. Non che non lo fosse le altre volte con lui, ma forse le mancava quel pizzico di confidenza e di necessità in più.
Anche se, in realtà, la cosa non ha poi così importanza. Conta di più il perché lo sta facendo, il modo in cui ha deciso di donarsi, facendogli capire che è disposta a fare l’impossibile pur di renderlo felice, se ha intenzione di permetterglielo. E Dean non ha più alcun dubbio a riguardo.
 
Non lo guarda negli occhi, come se si vergognasse, in un certo senso, ma è sicuro di non averla mai vista così disinvolta tra le lenzuola. Segno che è davvero decisa a fargli capire che non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare.
 
Quando si sente al limite, si tira su con la schiena e le afferra il viso, facendola sollevare appena e trascinandola verso di lui quando lo guarda negli occhi. Si sdraia sul materasso portandola con sé, baciandola sulla bocca e stringendola forte, cercando di trasmetterle tutta la sua comprensione e la sua gratitudine.
Ellie sorride appena tra un bacio e l’altro, le guance rosse per il leggero imbarazzo e lo bacia con trasporto, i seni schiacciati contro il suo petto e il sapore amarognolo di Dean in bocca. Allunga le mani per sfilarle le mutandine, le stesse che Ellie allontana scalciandole con i piedi per poi alzarsi un po’ con la schiena, posizionare il bacino sul suo e guidarlo in lei con una mano. Sospira appena nel farlo, cominciando a muoversi piano su di lui che la afferra per i fianchi, dettando un ritmo lento ma deciso. Allunga il braccio destro accanto alla testa di Dean, in modo da far aderire i loro corpi il più possibile, mentre appoggia la mano sinistra sulla sua guancia destra e lo guarda negli occhi, in un modo così intenso che Dean si sente tremare. Spinge il bacino verso di lei, lasciandosi sopraffare dalla sua intraprendenza e la bacia ancora, entrambe le mani a stringerle la schiena.
 
Chiude gli occhi per un lungo istante, cercando di concentrarsi sul meraviglioso mix di sensazioni che sta provando e solo adesso si rende conto di quanto si sarebbe sentito perso senza di lei nell’ultimo periodo, di come il suo sostegno e la sua presenza siano diventati fondamentali. Dio solo sa come possa avergli attraversato la mente un pensiero così stupido, come possa aver pensato di lasciarla. Si sente un tale idiota.
 
Ellie lo bacia lungo le spalle e lo tiene così stretto che Dean è quasi costretto a rivedere il concetto di vicinanza nella sua testa, perché è abbastanza sicuro di non averla mai sentita così vicina.
Le labbra di lei che poi si muovono sul suo collo lo destano da quei pensieri e Dean apre le palpebre, aumentando un po’ il ritmo delle spinte. Ellie geme appena più forte, aggrappandosi al suo braccio destro.
 
Si tira su con il busto e Dean fa altrettanto, andandole incontro e abbracciandole la schiena. Ellie lo guarda in estasi, avvolgendo le gambe intorno a lui e guardandolo dritto negli occhi in un modo così intenso, intimo. Dean abbassa la testa per baciarla sul petto e sul seno, ma lei gli tira su il viso, prendendoglielo tra le mani. Continua a muoversi e appoggia la punta del naso sul suo, baciandolo poi sulle labbra e per un attimo Dean dimentica tutto quanto, tutto quello che di brutto gli è successo negli ultimi mesi, sentendosi così in pace che la stringe più forte, ricambiando il suo bacio con più trasporto.
Scende più in basso, a baciarle il collo e stavolta Ellie lo lascia fare, acconsentendo tacitamente alle sue carezze. Affonda il viso tra i suoi seni, baciando ogni piccolo centimetro di pelle ed Ellie continua a muoversi, abbracciandogli la testa e le spalle e Dean non può fare a meno di chiedersi quando mai ha trovato una tale sintonia con un’altra persona tra le lenzuola. Ogni gesto, ogni carezza, ogni volta è tutto così perfetto che non può non meravigliarsene.
Si ferma a un millimetro dal suo orecchio e Dean può sentire distintamente i suoi sospiri, lunghi e carichi di eccitazione. «Ti amo. Per favore non lasciarmi» la sua sembra quasi una supplica e glielo dice accorata, come se da quelle poche parole dipendesse il suo futuro e Dean la stringe più forte, incapace di ricambiare a parole ciò che sente.
 
Quando alza la testa per guardarla ancora, Ellie continua a tenerlo stretto, respirando a mezzo centimetro dalle sue labbra, gli occhi luccicanti e il respiro totalmente a puttane e non dice niente, neanche quando Dean la prende su con il braccio destro e si gira, facendola finire con la schiena contro il materasso.
 
Gli piace quando è lei a prendere l’iniziativa – come stasera, in cui ha fatto di tutto pur di sentirlo fino in fondo, come non succedeva da un po’ –, ma gli piace anche adesso, mentre docile come una gattina che fa le fusa si lascia guidare, aggrappandosi al suo collo con entrambe le braccia, gli occhi sorridenti e luccicanti, quel bagliore intenso che emanano ogni volta che stanno insieme, ogni volta che si lascia andare così.
 
Dean spinge ancora, la mano sinistra su un suo fianco mentre l’altra l’accarezza più in basso ed Ellie stringe le labbra tra i denti, inarcando la schiena, le unghie conficcate nella pelle di Dean che appoggia la fronte sulla sua, la mano che dal fianco sale sulla sua guancia destra. La bacia forte sulla bocca prima di sfilarsi da lei frettolosamente, scostandosi appena, e riversarsi su di lei e sul copriletto. Respira con la bocca aperta, guardando Ellie con gli occhi confusi e il cuore che gli batte a mille nel petto mentre lei ispira ed espira velocemente, la fronte e la pelle imperlati di sudore. Gira appena la testa, sviando lo sguardo e allentando la presa sul collo di Dean che immediatamente le volta il viso con la mano destra, costringendola a guardarlo. Nei suoi occhi c’è paura e speranza, qualcosa che Dean non sa decifrare ma che sa come scacciare via: abbracciandola forte. Ellie ricambia titubante, le braccia che scendono a stringerlo sulla schiena, ma poi lo fa più convinta. E Dean è di nuovo a casa.
 
Poco dopo sono sdraiati sotto le lenzuola, in silenzio. Le candele ancora accese creano una luce soffusa e sembrano rendere la stanza più calda, più… familiare. Ellie è alla sua destra, praticamente su di lui, la testa appoggiata sul suo petto e Dean la abbraccia nel modo più sentito e sincero possibile. La osserva mentre disegna degli strani ghirigori all’altezza del suo cuore senza dire una parola, né tantomeno guardarlo. Non è sicuro di sapere cosa le frulla per la testa, ma è certo che tutto questo silenzio è troppo opprimente e sente il bisogno di dire qualcosa, anche a costo di sembrare stupido.
«Hai notato che ogni volta è sempre meglio?»
A quelle parole, Ellie si ferma e alza la testa, scrutandolo perplessa. «Cosa?»
«Il sesso».
La guarda sorridere appena, le labbra piegate verso l’alto «Non è poi così strano: col passare del tempo, tra di noi cresce la confidenza e anche l’intimità ne risente».
Dean si lecca le labbra e si sente un idiota; ha davvero detto la cosa più stupida del mondo «Giusto. È solo che io… io non sono mai andato a letto tante volte con una stessa persona».
Ellie si morde le labbra, quasi a trattenere una risata, ma poi sgonfia le guance e l’unica cosa che le esce dalla bocca è un secco e atono «Già».
 
Cala di nuovo il silenzio, Ellie riprende a fare i suoi disegni immaginari senza più guardarlo e Dean lascia uscire un piccolo sbuffo dalle labbra appena schiuse, capendo che, se vuole chiarire davvero la situazione, deve andare fino in fondo e fare un po’ meglio di una riflessione idiota. «Mi dispiace» Ellie alza nuovamente la testa, guardandolo negli occhi. «Per l’ultimo periodo. Per essermi comportato male e per non averti trattata come meriti» si morde appena il labbro inferiore e deglutisce, un po’ nervoso. «Il tutto è dipeso soprattutto dal fatto che… che mio padre è stata la figura più… più importante della mia vita. E odio pensare che sia morto per colpa mia».
Ellie si tira su con le spalle, la mano destra aperta sul suo petto «Non dire così».
«È la verità. Ha fatto quel dannato patto per salvare me».
La guarda avvicinarsi e tirarsi un po’ più su, gli occhi pieni di comprensione. «È stata una sua scelta. Tu non hai colpe per quello che fanno gli altri».
«Sì, ma è stato per me».
«Lo so» sospira, accomodandosi un po’ meglio. «Credimi, so come ti senti. O almeno, posso provare a immaginarlo. Quando è morto papà, non ho fatto altro che credere che fosse colpa mia. L’ho fatto per mesi, ma c’eri tu a sostenermi e con il tempo la ferita è guarita. Non del tutto, ma sto meglio. Tu… tu hai bisogno di tempo, come tutti».
Dean espira, riflettendo sulle sue parole. «Volevo farlo, quel patto. Sarebbe stata la cosa giusta» Ellie scuote la testa, scostandosi un po’. Si sdraia sul lato sinistro e lo guarda senza dire nulla. Dean ne approfitta per continuare il suo discorso. «Pensaci. Mi avrebbe dato dieci anni e li avrei passati con te, Sammy e papà. Sarebbe stato perfetto».
«E come avremmo fatto tutti noi a vivere tranquilli sapendolo?» lo guarda dritto negli occhi, senza alcuna esitazione. «Ho letto abbastanza articoli su patti con i demoni per sapere che non è tutto rose e fiori. Ed io voglio vivere con te il più a lungo possibile, senza nessuna scadenza».
 
Dean piega l’angolo delle labbra in un piccolo sorriso. Non è del tutto convinto che abbia ragione, ma sentirle dire queste parole lo rincuora un po’. Ci ragionerà su, adesso vuole solo godersi ciò che resta di questa bella serata. Si stende sul lato destro, la mano sinistra che le accarezza la schiena. «Grazie per stasera».
Ellie sorride appena, stringendo le spalle. «Non volevo niente di troppo sdolcinato, altrimenti pensavo mi avresti preso a calci. Volevo solo creare un po’ d’atmosfera. Avevo pensato anche di mettere la musica, ma ho lasciato perdere».
Dean le sorride divertito «E che canzone avresti scelto?» Ellie arrossisce, le guance che le prendono fuoco. Abbassa la testa, come a nascondersi, e Dean le solleva il viso mettendole due dita sotto al mento, sorridendo furbo. «Che fai, ti vergogni di dirlo a me?»
Ellie fa spallucce, cercando di distogliere lo sguardo «No… o forse un po’ sì». Dean scoppia a ridere, come non faceva da chissà quanto, e lei alza gli occhi per guardarlo mentre lo fa. Sembra come incantata, lo sguardo luminoso e le labbra strette. «Ho paura che mi prendi in giro».
Le sorride, continuando ad accarezzarle la schiena e attirandola un po’ a sé. «Non lo farò».
Ellie storce le labbra, poi sbuffa appena. «Me lo prometti?» Dean annuisce e lei sembra tranquillizzarsi. «Ok… Beh, in realtà ero indecisa. Avevo pensato a “I’ll stand by you” dei Pretenders perché voglio starti sempre accanto, oppure a “Heaven” di Bryan Adams perché… perché credo sia quella che ci rappresenti meglio. Io cercavo un po’ di amore e l’ho trovato proprio qui» appoggia una mano all’altezza del suo cuore «E tu non lo credevi possibile. Anzi, forse non lo credi nemmeno adesso. Però siamo qui e… non lo so, aveva senso nella mia testa prima».
 
A Dean viene da ridere, ma cerca di trattenersi per non farla arrabbiare. Non che la sua idea fosse stupida o cattiva, tutt’altro, ma ha fatto bene a lasciar perdere. Le canzoni che avrebbe scelto erano troppo da film romantico per i suoi gusti.
Ellie ha sempre avuto un lato più romantico, in realtà. Non è troppo sdolcinata, ma a volte le piace essere sentimentale con lui che, invece, non lo è neanche un po’. Spera che a lei basti il fatto che lui la assecondi, talvolta, come nel caso delle candele di stasera. Ma le canzoni no, non pensa avrebbe potuto reggerle. Non per la musica in sé, ma per quelle che gli sarebbero toccate.
 
Le accarezza la spalla destra in modo quasi distratto, sorridendo divertito. «Potremmo farlo, qualche volta. Ma la musica la scelgo io».
Ellie fa una smorfia tra il divertito e l’offeso «Perché, le canzoni che ho proposto sarebbero state tanto brutte?»
«No… più che altro poco adatte».
Ellie sbuffa e cambia posizione, voltandosi e mettendosi a pancia in giù, il busto appena sollevato e gli avambracci puntati sul materasso. «E cosa c’è di più adatto di una canzone romantica per due persone che stanno facendo l’amore?» lo guarda negli occhi e Dean si trova un po’ a disagio di fronte a quella domanda. Spalanca gli occhi inavvertitamente, sentendosi ridicolo di fronte all’espressione divertita di Ellie. «Non fai più lo spavaldo adesso?» sorride, il che gli fa capire che sta scherzando, ma l’ha comunque punto nel vivo, in un certo senso.
 
Lei è così spigliata, nonostante le guance rosse parla di amore e sentimenti come se fosse la cosa più normale del mondo, mentre Dean non si è ancora deciso a dirle che la ama.
Si è sempre rifiutato di dare un nome a ciò che sente per lei, ma non può chiamare altrimenti la sensazione di pace e conforto che prova quando stanno insieme. Qualcosa di cui, ormai, è convinto di non poter più fare a meno.
È da tanto tempo che sente di provare qualcosa di tanto profondo per lei ed ha sempre voluto negare quale fosse la sua natura perché ne ha paura, perché talvolta non sa come gestirlo, tanto è forte e prepotente. È qualcosa che lo risucchia e lo destabilizza, qualcosa che non può più respingere.
 
Sorride, cercando di nascondere l’imbarazzo e le stringe la schiena con il braccio sinistro, posandole un bacio su una spalla. «No, stavo solo riflettendo» la guarda sorridere e scuotere la testa, come se pensasse che sta sviando l’argomento, e un po’ effettivamente è così. «Pensavo che… sì, forse c’è di meglio. Potrei stupirti». Ellie rotea gli occhi mentre sulle labbra le si disegna una smorfia divertita. Dean le posa un altro bacio sulla spalla. «Sul serio, potremmo farlo. Ho già un paio di idee» sorride malizioso «E come sai io sono uno che mantiene le promesse». Ellie si volta a guardarlo, visibilmente confusa. «Beh, te l’avevo detto che mi sarei fatto perdonare dopo quella sera da Bobby, no? Stasera l’ho fatto» le accarezza ancora la schiena, disegnando delle linee immaginarie sulla sua pelle liscia. «Sono un uomo di parola». Ellie sbuffa un po’ d’aria dal naso e abbassa la testa. Il sorriso sparisce dalle sue labbra e tutt’un tratto diventa cupa, pensierosa. Dean la stringe appena più forte «Che c’è? Che ho detto?»
La guarda fare spallucce, gli occhi bassi «Niente. È solo che… che non riesco a crederti fino in fondo» Dean la guarda perplesso, lasciandola continuare «Lo avrei fatto tempo fa, ma… a giudicare da come ti sei comportato finora non… non sembra che tu abbia le idee così chiare. Non come stasera, insomma» sorride appena; una smorfia triste. «Non vorrei che le cambiassi nuovamente».
Dean le si avvicina istintivamente, azzerando la distanza tra di loro, accarezzandole la schiena con più decisione. «Non succederà».
Ellie sorride amara, piegando il braccio sinistro e puntando il gomito sul materasso, la mano aperta a sorreggerle la testa. «Lo spero, perché io non ho mai avuto così tanta paura di perderti».
 
Lo guarda negli occhi, nel modo più intimo e sicuro possibile, come se volesse leggergli dentro e Dean sa che, in un momento così, non potrebbe mai mentire. Non con lei, che gli ha donato tutta se stessa ogni giorno da che stanno insieme, in particolare stanotte. Lo ha fatto spesso negli ultimi mesi, ripetendosi che fosse la cosa giusta, ma stasera si è reso conto che è solo a se stesso che ha mentito, perché non ha alcuna intenzione di lasciarla andare via.
Per questo si sporge verso di lei, la mano destra dietro la sua nuca, e la bacia sulle labbra con dolcezza e prepotenza, reclamando quello spazio. Ellie risponde con naturalezza, accarezzandogli i capelli con la mano sinistra e quando lui si scosta lo guarda un po’ perplessa, come se non riuscisse a capire il perché del suo gesto.
 
Dean strofina la punta del naso con la sua e le sorride appena, spostandole i capelli dal viso e mettendoglieli dietro le orecchie. Capisce di non poter più rimandare il momento che ha temuto tanto a lungo, di dover ammettere a voce alta quello che sente crescergli nel petto da chissà quanto tempo, perché è forse l’unico modo per farle capire che non vuole farsela scappare. «Ti amo» lo dice quasi in un sussurro, come se fosse un segreto. Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, le pupille dilatate piene di stupore. Dean si lecca le labbra e sorride appena, cercando di celare il nervosismo – anche se pensava che sarebbe stato più difficile – e di trovare le parole giuste. «Credo di averlo capito da un po’, in realtà. Solo che non lo volevo ammettere» abbassa lo sguardo per un attimo, gli occhi di lei puntati addosso come due fari. «Perché… perché è qualcosa che mi coglie alla sprovvista. Come te. Tutto quello che facciamo insieme, il fatto che sei… che sei rimasta con me e che non hai intenzione di andartene mi… mi spiazza, sempre. Proprio come quello che provo per te. E tu sei… sei così a tuo agio con queste cose. Io invece no e non so mai come—»
Ellie lo interrompe prima che possa continuare il suo discorso sconclusionato. Si sporge verso di lui con un sorriso da far perdere la testa e gli occhi lucidi e lo bacia sulla bocca, togliendogli il fiato. Dean la stringe forte a sé, ricambiando con passione e sorride quando lei si scosta, guardandolo dritto negli occhi. «Non devi dirmelo tutti i giorni, se è questo che stai cercando di dirmi. L’importante è che tu lo senta davvero». Dean annuisce e le accarezza la guancia destra, sicuro. Lei gli sorride contenta, posandogli un altro bacio sulle labbra «È l’unica cosa che conta» gli prende il viso tra le mani e lo bacia ancora «E anch’io ti amo, Dean. Tanto».
Si accoccola di più tra le sue braccia e lo stringe forte, le mani ad accarezzargli la schiena. Dean sorride e si sente un ragazzino alla prima cotta, ma non gli importa. Non gli importa più di nulla se non di stare con lei. Le labbra gli si piegano in una smorfia divertita mentre si gira nuovamente, appoggiando la testa alla testiera e la schiena sul materasso. Le accarezza i capelli lunghi «Non credevo ti emozionassi così per questa cosa. Insomma, pensavo… pensavo che l’avessi capito».
Ellie lo guarda divertita. «Sì, ma lo hai ammesso. E poi è bello sentirselo dire».
Dean ci riflette un istante e, sì, effettivamente non fa una piega. Sorride ancora, stringendola più a sé, e le posa un bacio tra i capelli mentre con il pollice le accarezza la pelle chiara. «È questo che fanno le persone normali?»
Lei lo guarda confusa. «Abbracciarsi ed esternare sentimenti?»
«No, festeggiare gli anniversari».
 
La guarda, in attesa di una risposta, ed Ellie fa qualcosa che lui proprio non si aspettava di vedere in questo momento: abbassa il viso, come a doversi nascondere, e poi scoppia a ridere di gusto, piegando la testa all’indietro. Quel suono è talmente bello e spontaneo che a Dean si scalda il cuore a risentirlo di nuovo, anche se non ha idea del perché stia ridendo così. Poi lei lo guarda con gli occhi limpidi e birichini e capisce che ha combinato qualcosa.
 
«In realtà ti ho detto una bugia». Dean aggrotta la fronte e stringe un po’ gli occhi. «Non… non c’è nessun anniversario. Era una scusa per stare insieme».
Dean si mette a ridere. «E non potevi semplicemente chiedermelo?»
Ellie stringe le labbra in una smorfia più triste. «Non saresti venuto. Te l’ho chiesto tante volte ultimamente e non hai mai voluto. Dovevo inventarmi qualcosa». Dean si morde il labbro inferiore e, effettivamente, deve riconoscere che Ellie ha ragione. In condizioni normali, molto probabilmente non l’avrebbe fatto. Lei gli si avvicina di più, riscuotendolo da quel pensiero. Gli accarezza le guance con entrambe le mani «Sei arrabbiato?» Dean scuote la testa «Perché io l’ho fatto a fin di bene. Volevo solo stare un po’ con te».
Dean le sorride e si muove ancora, ribaltando le posizioni e portandola sotto di lui. «Ti sembro arrabbiato?» muove appena il bacino contro il suo, facendole capire che ha tutt’altre intenzioni e lei stringe le labbra tra i denti, quasi a nascondere un sorriso. «No, affatto».
«Ecco» si morde le labbra, compiaciuto dal suo sguardo attento e luccicante «Ma parli troppo» le sorride, abbassandosi a baciarle il collo «Anche se fortunatamente conosco un modo per farti stare zitta».
 
Ellie ride divertita e si lascia baciare ancora, stringendogli le braccia intorno al collo. È finalmente serena e contenta e lo è anche Dean. Una vocina dentro la testa continua a dirgli che è un fottuto egoista, ma Dean decide di ignorarla e di ascoltare solo i soffici gemiti di Ellie e il suo respiro caldo contro la pelle. Per una volta, ha deciso di meritarselo.

 

[1] Riferimento al caso dell’episodio 2x16 “Roadkill”.
[2] La pietanza a cui faccio riferimento si chiama Onigiri. Si prepara dando una forma triangolare al riso, farcendo a piacere con pesce, carne o verdure e rivestendolo con una foglia d'alga secca. Quella che Ellie sceglie per Dean, in particolare, si chiama ebi mayo. La salsa che invece gli consiglia è la famosa salsa teriyaki, composta da salsa di soia, mirin (sakè dolce), zucchero e sakè.
[3] Il cinema Rialto compare nel film “La La Land” ed è da lì che ho preso l’ispirazione per il nome. Conosciuto più precisamente come "Pasadena Rialto Theatre", è stato costruito nel 1925 e chiuso nel 2007. Situato a Los Angeles, era l'ultimo teatro con un solo schermo rimasto nello Stato della California. Ho preso ispirazione da questo in particolare perché nel film Mia e Sebastian, i due protagonisti, ci vanno per vedere un vecchio film.
[4] Battuta presa in prestito da Debra Morgan, sorella del serial killer Dexter nell’omonima serie tv.

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Capitolo 31
*** Brotherhood ***


Note: Lo so, lo so… sono in tremendo ritardo ç_ç ma vi assicuro che queste settimane sono davvero terribbbbili.
Non sono nemmeno riuscita a rispondere a tutte le recensioni, ma prometto che recupererò quanto prima.
Siamo quasi alla fine di questa storia (T___T) e questo è un capitolo molto, molto importante. Spero di non aver combinato qualche cavolata; vi giuro che sono eccitata e spaventata allo stesso tempo nel pubblicarlo. Abbiate pietà di me *si copre la faccia in attesa dell’arrivo dei pomodori*
Vi mando un grosso abbraccio e vi saluto, a mercoledì prossimo! (Sperando di farcela davvero a pubblicare il giorno giusto, stavolta) :***

Capitolo 31: Brotherhood
 
Brotherhood means
I will always come for you,
No matter the cost
 
(Unknown)
 
 
Siede su una delle poltroncine rosse di una tavola calda, l’ennesima delle ultime settimane. Davanti a lui, un grosso piatto d’insalata che probabilmente stenterà a finire e, dall’altra parte del tavolo, Ellie e suo fratello, che si mangiano un panino a testa – quello di Dean ovviamente abbonda di patatine e cipolla, mentre quello di lei è decisamente più contenuto.
 
Sono in viaggio, come al solito. Si sono appena lasciati alle spalle un caso di scambi di corpi e stregoneria, una cosa che li ha riguardati fin troppo da vicino – almeno secondo i gusti di Sam, ma è sicuro che anche Dean sia della stessa opinione – e ora sono in giro, al momento senza una meta precisa.
 
Sono passati un altro paio di mesi e per una volta può dire che le cose vanno bene… più o meno. Non hanno ancora trovato Ava, tantomeno Occhi Gialli, ma per il resto tutto scorre quasi tranquillamente, il che è un miracolo, considerando come se la passavano fino a poco tempo fa.
Hanno viaggiato molto, negli ultimi tempi, passando da un caso all’altro quasi senza sosta. Infatti, non hanno avuto modo di tornare da Bobby e praticamente non lo vedono da Natale. Lo sentono spesso, come sempre, sia per qualche caso che per sapere come se la passa, ma per il resto non hanno fatto altro che cacciare e, quando prendevano un po’ di respiro, erano troppo lontani per raggiungere Sioux Falls e spesso e volentieri Dean non aveva voglia di arrivare fin lì. O magari trovavano subito un altro caso e non avrebbero avuto nemmeno il tempo materiale per fare un saluto. Un peccato, ma avranno modo di recuperare.
 
Sono dalle parti di Hays, in Kansas, e si sono fermati solo per cena. Ripartiranno presto, anche se non sanno ancora per dove. Forse potrebbe essere l’occasione buona per andare a trovare Bobby, chissà. O forse continueranno a vagare fino al prossimo caso.
 
Sam osserva fuori dalla grande vetrata. Sono quasi le sette di sera, ma il cielo è abbastanza chiaro, almeno rispetto a un paio di settimane fa quando a quest’ora era già buio da un pezzo. La primavera è alle porte [1] e non solo per i piccioncini che ha di fronte che, finalmente, sembrano aver ritrovato un po’ di serenità.
 
L’aveva vista brutta dopo che aveva parlato con Dean. Aveva capito che non fosse convintissimo di lasciare Ellie, tutt’altro, ma con lui non si può mai sapere. Anche perché era ben determinato a cambiare le cose, quello sì. Invece, poi, fortunatamente ha cambiato idea.
 
Sam ricorda ancora la loro conversazione, la mattina dopo il loro fatidico appuntamento. L’Impala era parcheggiata sul piazzale e il fatto che nessuno dei due fosse tornato in stanza per la notte lo faceva ben sperare. Quando ha visto Dean – che è rientrato quasi con la coda tra le gambe, gli occhi bassi e un’espressione furtiva sul viso –, Sam l’ha osservato bene: era vestito, ma aveva i capelli un po’ spettinati, anche se la cosa più evidente era senza dubbio la rosa di succhiotti che aveva sul collo.
Ricorda di avergli sorriso di sbieco «A giudicare dalle condizioni del lato destro del tuo collo, tu ed Ellie avete fatto pace».
Dean aveva portato una mano sulla parte indicata dal fratello, massaggiandola appena, gli occhi bassi velati di un sincero imbarazzo. «Sì, si è… si è data piuttosto da fare, stanotte».
Sam, che non voleva assolutamente sapere nulla delle sue performance e tantomeno di quelle di Ellie, si è fatto più serio. «Quindi hai cambiato idea. Non vuoi più lasciarla».
E lui ha scosso la testa, senza guardarlo negli occhi. Sam sa bene che non ha evitato un contatto visivo perché gli stava raccontando una bugia, ma piuttosto perché, dopo la discussione che avevano avuto, ammettere che aveva ragione era troppo. Tipico di Dean, ma Sam non se l’è presa: l’importante è che le cose siano andate per il meglio e che lui sia contento. E, a giudicare da come l’ha guardata quando sono usciti dalla stanza – lei stava aspettando accanto alla macchina –, lo era eccome e lo è ancora adesso. Doveva solo rendersi conto di quello che avrebbe perso a farla andare via e, anzi, forse questa discrepanza lo ha aiutato a capire di più il valore che lei ha nella sua vita.
 
Ellie, invece, in un momento in cui erano da soli – Dean era a farsi una doccia –, lo ha ringraziato tanto. L’ha fatto a modo suo, prestandogli un libro che Sam voleva leggere da un po’ e dicendogli grazie guardandolo dritto negli occhi. «Senza il tuo aiuto sono sicura che Dean ed io ci saremmo lasciati, in un modo o nell’altro. Non so se saremmo riusciti a recuperare. Invece adesso stiamo bene di nuovo e volevo ringraziarti per l’aiuto. È stato davvero prezioso». Sam non credeva di aver fatto tanto e le stava per rispondere che non c’era niente per cui doveva ringraziarlo, ma il suo sguardo era così sicuro e deciso che ha stroncato le sue intenzioni sul nascere. È una ragazza d’oro ed è contento che Dean non se ne sia dimenticato e abbia continuato a tenerla con sé.
 
Hanno anche festeggiato il compleanno di Dean, quest’anno, cosa che non succedeva da un pezzo, se la memoria di Sam non lo inganna. È stata una cosa sobria, ma è capitato in una di quelle giornate in cui non avevano un caso per le mani ed Ellie ha insistito parecchio affinché facessero qualcosa. È stata una sorpresa, per Dean, organizzata da lei e Sam in stretta collaborazione, ma stavolta è stata una cosa gradita. Insomma Dean sta ancora male per papà, è più che evidente, così come anche lui soffre per la sua mancanza, ma adesso la cosa è meno accentuata. Chissà, forse ha capito che le persone che lo circondano non sono lì per infastidirlo o forzarlo a distrarsi, ma quello che fanno è per il suo bene.
 
Hanno anche ripreso a uscire, sebbene non spessissimo. A volte è anche Sam che spinge per lasciarli da soli – tipo se vanno a cena fuori, magari finge di avere sonno per tornare presto al motel e lasciarli liberi di stare un po’ tra loro –, ma anche Dean, ogni tanto, ha qualche slancio in questo senso – cosa che non aveva più da un po’ – e la invita a cena o dopo per andare a fare una passeggiata da qualche parte. Poi trascorrono la notte fuori o tornano che è quasi mattina, ma questo succede di rado perché hanno sempre il timore che Sam possa avere qualche visione. Non glielo dicono, ma ha capito che è così.
 
Non è più ricapitato, in realtà. È un po’ che non gli succede, ma quando accade sta davvero male per qualche minuto e sia Dean che Ellie ci tengono a stargli vicino e di questo non potrebbe essergli più grato.
 
Insomma, Dean ci sta provando a essere un fidanzato attento e presente ed Ellie sembra nuovamente contenta. Lo nota anche adesso, quando Dean per farle un dispetto le ruba una patatina dal piatto e lei lo guarda male e gli dà una manata su un braccio, fingendosi arrabbiata. Poi ride e gliene prende due e gliele mangia davanti agli occhi, non prima di avergli fatto la linguaccia. «Così impari».
Sam li osserva divertito. È bello vederli così in sintonia.
 
Poi qualcosa distrae suo fratello: lo vede voltarsi alla sua sinistra, in basso, e abbassarsi per poi raccogliere da terra qualcosa di colorato. È una piccola trottola giocattolo, di quelle che i bambini lanciano con una specie di cordino di plastica. Dean si guarda un attimo intorno e, poco dopo, arriva di corsa un bambino castano. Avrà tre o quattro anni al massimo, indossa una tutina blu e rossa e guarda Dean con gli occhi speranzosi di chi è certo che tu abbia qualcosa di suo e sia pronto a restituirglielo.
Dean lo guarda un po’ stralunato «È tua questa, ragazzino?» e il bambino annuisce, un sorriso furbo stampato sul viso paffutello. Appoggia le manine sulla coscia sinistra di Dean ed Ellie si sporge a guardarlo, una mano poggiata al braccio destro di suo fratello e gli occhi grandi e così attenti che Sam non può fare a meno di chiedersi cos’è che la attira tanto in quella scena. Dean non fa in tempo ad aggiungere nulla che dietro il bimbo compare una donna che, a giudicare dal modo in cui si affanna a correre verso di loro, è decisamente la sua mamma.
«Scusate» chiosa non appena li raggiunge. È alta, i capelli neri raccolti in una coda di cavallo e due begli occhi verdi. Avrà sì e no trentacinque anni, o giù di lì. «Corre dietro a questa trottola come una furia ed è difficile stargli dietro».
Afferra la manina del bimbo e Sam osserva Ellie sorriderle «Non si preoccupi» mentre Dean con un sorriso gli restituisce il suo giocattolo.
Il bambino afferra il giochino, visivamente contento, e la mamma gli stringe la manina appena più forte. «Beh, come si dice?»
Il sorriso timido e sdentato del bimbo fa sorridere appena anche Sam «Grasie» e, mentre lo guarda allontanarsi con la sua mamma che ringrazia con un sorriso decisamente più sicuro e riconoscente, con la coda dell’occhio nota lo sguardo luccicante di Ellie, che sembra aver appena assistito alla scena più bella del suo film preferito. Ha ancora la mano appoggiata sul braccio di Dean e i suoi occhi seguono quelle due figure fino al loro tavolo, posizionato in fondo alla sala.
Sam sposta lo sguardo da lei a Dean – che ha ripreso a mangiare le sue patatine come se niente fosse – e le sorride appena «Ti piaceva la trottola o il bambino?» Ellie lo guarda un po’ perplessa «Lo hai fissato per tutto il tempo. Mi chiedevo se—»
La guarda scostare la mano dal braccio di Dean e arrossire appena. «Oh, il bambino».
Sam le sorride incuriosito «Ti piacciono i bambini?»
«Sì, molto. Sono pieni di vita e sono l’espressione della spontaneità e della spensieratezza» lo dice con gli occhi luminosi e sinceri, come se parlasse della cosa che più la emoziona al mondo. «A te piacciono?»
 
Sam inizialmente stringe le spalle. Fondamentalmente, non ci ha mai riflettuto più di tanto. Oddio sì, quando stava con Jessica sognava di sposarla e mettere al mondo insieme a lei almeno un paio di marmocchi, ma è un pensiero così lontano adesso che non sa propriamente cosa risponderle. Ma crede che sì, a prescindere che lui voglia farne o no – che è al momento la cosa più lontana nel suo mondo – gli piacciono.
 
Annuisce nella sua direzione e lei gli sorride, tornando alle sue patatine. Dean, dal canto suo, non dice nulla: continua a mangiare senza proferire parola. Non sembra nemmeno stupito di quest’affermazione di Ellie; segno che, molto probabilmente, ne era già a conoscenza, come buona parte delle stranezze e dei suoi gusti. Il fatto che fossero amici prima che fidanzati è stato sicuramente un buon modo per conoscersi meglio.
 
Per il resto della cena, Sam osserva Ellie in silenzio e nota che, in più momenti, i suoi occhi blu sono puntati sul bambino e sulla sua mamma. Anche quando escono dalla tavola calda, lei non distoglie lo sguardo finché non li vede uscire. Devono piacerle davvero molto.
 
Riprendono la strada poco dopo aver finito di mangiare e si dirigono verso ovest, in cerca di qualcosa di interessante. Si fermano un paio d’ore dopo; Sam ha nelle orecchie la voce di Ellie che canta a squarciagola “I wanna dance with somebody” di Whitney Houston che passa alla radio e il brontolio di Dean che ha ancora fame – come se non avesse mangiato come un lupo affamato a ora di cena. Si ferma a una specie di tavola calda per questo motivo, quindi; si trovano vicino a Leoti, ancora in Kansas [2] e il fortunato estratto a dover scendere dalla macchina, ahimè, è proprio Sam.
«Mi andrebbe un bel cheeseburger, con delle… cipolle. Sì, una marea di cipolle».
«Le hai già mangiate a cena, Dean. Poi non ti si sta vicino» il tono di Ellie è piuttosto uggioso, ma Dean non ci bada; prende un paio di banconote dal suo portafogli, le infila tra l’indice e il medio della mano destra e le porge a Sam. Osserva Ellie che, dietro di lui, si sporge verso di loro, le mani ancorate alla pelle dell’Impala. «Ti dispiace prendermi della cioccolata? Una barretta va bene, qualunque trovi» gli sorride «Ti do i soldi, asp—»
«Faccio io» Dean la interrompe prima che lei possa prendere la borsa ed estrarne il portafoglio, infilando di nuovo l’indice e il medio nel suo. Lo guarda negli occhi «Tu vuoi qualcosa?» Sam scuote la testa e a quel punto Dean gli dà solo un’altra banconota. «Mi raccomando le cipolle extra».
Sam sbuffa appena «Ha ragione Ellie, però: poi dobbiamo viaggiarci noi con le tue cipolle» ma Dean gli sorride sghembo e divertito, totalmente incurante di questo dettaglio, perciò non ci sarà verso di fargli cambiare idea. Sam sbuffa ancora aria dal naso e apre la portiera, per poi uscire dall’auto.
Sente distintamente Ellie ringraziare Dean per offrirle la cioccolata e lui alzare la radio e si dirige verso l’ingresso del piccolo autogrill.
 
È una serata come tante e anche altre persone hanno scelto la loro stessa meta per fare una sosta, a giudicare dalle macchine parcheggiate accanto all’Impala. S’incammina verso la porta d’ingresso, situata sul lato destro dell’edificio dalle pareti celestine e tre finestre che danno sul lato stradale, bordate da una cornice bianca. La scritta sul tetto recita “Cafe” scritto a caratteri cubitali, mentre quella posizionata sulla finestra centrale, è un neon rosso con su scritto “Aperto”. Si sono fermati qui proprio perché, come scritto sul cartello posto sul lato sinistro della strada [3], sono aperti a tutte le ore del giorno, il che è un toccasana per la fame continua di Dean.
 
Sam chiude un po’ di più i lembi della giacca prima di entrare. Ha piovuto molto qui e sta continuando a farlo seppur più lentamente, gli alberi sono pieni di goccioline d’acqua e non fa affatto caldo. Cosa che non vale, invece, per l’interno del piccolo locale, dove viene subito invaso dal chiacchiericcio dei clienti e da una temperatura diversa, decisamente più accogliente di quella esterna.
Si guarda velocemente intorno: il bancone attorniato da sedie alte di pelle marrone sulla destra, le poltroncine di pelle bicolore accanto agli altri tavoli sulla sinistra. È un ambiente piccolo, ma carino e ben sistemato.
Infila la mano destra in tasca e fa un sorriso alla cameriera – bassina, di colore con i capelli neri raccolti in una coda bassa, che indossa una camicia bianca che le mette in mostra le forme non proprio esili – che gli si avvicina. Sam fa solo in tempo a ordinare il cheeseburger per Dean quando vede la luce del lampadario tremare appena. D’istinto alza gli occhi: l’elettricità va e viene a momenti, la luce da intensa diventa più fioca e viceversa, ma quando si rende conto di cosa sta accadendo è già troppo tardi.
 
Si risveglia su delle assi di legno scuro, circondate da foglie secche sparse a terra. Si alza velocemente in piedi, capendo di trovarsi in un luogo completamente diverso dalla tavola calda di prima.
Fa qualche passo e si guarda intorno, frastornato e confuso. Tutto ciò che lo circonda è una landa desolata. Gli sembra di essere stato catapultato in qualche vecchio film western, di quelli che piacciono tanto a Dean: tutto ciò che vede sono una serie di vecchi edifici, tutti in legno, alcuni anche dismessi, posti uno accanto all’altro.
 
Fa qualche passo, continuando a girare gli occhi per cercare di orientarsi, senza ovviamente riuscirci. Si tocca le tasche dei jeans, riuscendo a trovare il cellulare. Lo prende in mano e, con profondo rammarico, si accorge velocemente che non c’è campo, perciò le speranze di chiamare Dean o Ellie e farsi dare una mano sono praticamente nulle.
 
Rimette il telefono in tasca, continuando a guardarsi intorno, completamente disorientato. La strada su cui poggia i piedi è sterrata, alla sua destra c’è un edificio che sembra un vecchio Saloon, con una specie di terrazza al primo piano – sempre rigorosamente di legno – e le pareti dipinte di rosso bordeaux. Poi una vecchia ruota, posta su delle assi di legno per non si sa quale motivo e altri edifici alla sua sinistra, uno dipinto di bianco e l’altro rosa.
 
Il posto sembra deserto e Sam comincia a perlustrarlo, partendo dall’edificio alla sua sinistra. Si avvicina, sbircia dalle finestre ma non c’è nulla, è completamente vuoto. L’unica cosa che scopre è che era il negozio di un calzolaio [4], ma l’informazione non è esattamente utile alla sua ricerca. Fa per avvicinarsi a un’altra porta, quando avverte distintamente un rumore. Si volta verso sinistra, in allerta. Trova una vecchia asse di legno alla sua destra e la prende tra le mani, sollevandola verso sinistra e tenendola ben alzata, avvicinandosi piano allo spigolo dell’edificio. Tiene le braccia tese, tutti i sensi in allerta e, quando è a tanto così dal girare l’angolo, è già pronto a colpire quando gli compare davanti un ragazzo. Si ferma appena in tempo quando si accorge che, davanti a lui, c’è un ragazzo che conosce: magrolino, non molto alto, capelli castani e due occhi spaventati. Lo riconosce subito: è Andy Gallagher, uno dei ragazzi speciali che ha incontrato negli ultimi mesi.  
Lo guarda indietreggiare spaventato e Sam lo guarda perplesso, l’asse di legno ancora tra le mani «Andy?»
Lui addrizza la schiena e gli si avvicina, preoccupato e confuso quanto lui «Sam… che ci fai qui?»
«Non lo so».
«E anch’io che ci faccio qui? Dove ci troviamo?»
Sam getta l’asse di legno a terra «Andy, calmati».
Il ragazzo sbraita, le mani sulla testa che poi si passa sugli occhi con un gesto nervoso «No, no, non posso calmarmi, mi sono appena svegliato in un posto che non conosco!».
Sam inspira forte, cercando di usare la calma. «Qual è l’ultima cosa che ricordi?»
Andy poggia di nuovo le mani sulla testa «Veramente… mi ero appena fatto quattro canne, non ricordo quasi niente». Lascia le braccia, guardandolo negli occhi «È stato strano… a un certo punto ho sentito un odore forte e intenso, come di… »
«Zolfo?»
«Sì, come lo sai?»
Sam rilassa le spalle «Dean—»
«Anche tuo fratello è qui?»
Sam si guarda intorno, perplesso e sconsolato «No… non so dove sia, anche se penso che—»
 
Un urlo lo interrompe. Dalla voce pare essere una ragazza; Sam e Andy si guardano intorno, seguendo quelle grida che non si placano e chiedono aiuto. Si muovono sulla strada sterrata, uno affianco all’altro, fino ad arrivare di fronte a una porta di legno chiusa da un lucchetto arrugginito.
«Ti facciamo uscire subito» Sam glielo dice per rassicurarla e si guarda intorno, trovando un grosso sasso lì accanto. Lo sbatte contro la serratura che si rompe in fretta e la toglie per poi aprire la porta e trovarsi di fronte Ava. È proprio come se la ricordava: la carnagione chiara, i capelli castani scuri, due occhi celesti grandi come due pianeti e tanta di quella paura dentro da mettere in crisi chiunque. La fissa, perplesso e lei corre ad abbracciarlo. Sembra piuttosto sconvolta e si mette a piangere; Sam la stringe a sé. Può solo immaginare cosa abbia passato per tutto questo tempo.
«A quanto pare vi conoscete» è la voce di Andy a interromperli e Sam molla la presa su di lei.
Annuisce e fa per dire qualcosa, ma lei lo blocca «Come avete fatto? Voglio dire, io come ho fatto a—»
Sam la prende per le braccia «Sei stata qui tutto questo tempo?»
Lei lo guarda confusa «Ma no, che dici, mi sono svegliata lì dentro mezz’ora fa».
«Sei scomparsa da quattro mesi [5], ti abbiamo cercata dappertutto».
Ava sorride «Non è possibile, io ti ho visto solo due giorni fa».
«Non è così, mi dispiace».
Lei sembra davvero sconvolta dalla notizia: comincia a farsi aria con le mani, un’espressione imbronciata sul viso. «Tutto questo non ha senso… e il mio fidanzato Brady sarà preoccupatissimo, dobbiamo avvisarlo» e Sam – forse per fortuna, forse no – non fa in tempo a risponderle che lei ha già un’altra domanda per lui. Lo guarda dritto negli occhi «Che sta succedendo?»
«Non lo so ancora. L’unica cosa sicura è che noi tre abbiamo una cosa in comune».
 
I suoi compagni lo guardano, smarriti e confusi, ma ancora una volta è un grido a farlo voltare, interrompendo il suo discorso. Si volta verso destra, incuriosito da quella voce che cerca altre persone. Tutti e tre si muovono quasi di corsa verso l’edificio vicino al quale proviene quella voce e trovano altri due ragazzi: uno è alto, di colore, i capelli neri e due occhi scuri e accesi che indossa una divisa militare; l’altra è mingherlina, bionda e dalla carnagione chiara, le braccia conserte e uno sguardo spaventato.
Sam li guarda negli occhi «State bene?»
A parlare è il ragazzo «Credo di sì».
«Io sono Sam».
«Io sono Jake. E lei è Lily».
«C’è qualcun altro?»
 
Jake e Lily scuotono la testa in segno di diniego. Parlando con loro, Sam scopre che entrambi si sono svegliati qui dopo essersi addormentati in posti diversi – Jake ieri notte era in Afghanistan, mentre Lily a San Diego – e che, oltre ad avere ventitré anni, hanno dei poteri, proprio come lui, Andy e Ava. Jake ha una forza sovrumana, mentre Lily può far fermare il cuore di una persona solo toccandola. Sam proprio non la invidia: per quanto sia fastidioso avere visioni e derivanti mal di testa, è sicuramente peggio sentirti responsabile della morte di qualcuno. C’è passato più volte – anche se in modi e per motivi diversi – e sa quanto è spiacevole, perciò di certo capisce la sua frustrazione.
L’unico che sembra essere piuttosto a suo agio con il suo potere è Andy che afferma di essersi allenato: ha fatto della meditazione e ora riesce anche a far vedere delle immagini a qualcuno. La cavia è stato un tizio che gli stava antipatico e, a giudicare dal suo racconto, si è anche divertito a metterlo in imbarazzo, mostrandogli delle immagini pornografiche mentre faceva le cose più disparate.
 
Alle domande dei suoi compagni su chi possa averli portati in quel posto, Sam risponde con fermezza: senza dubbio è stato il demone. La vera questione è perché si è scomodato a riunirli tutti insieme in un posto così. Non ha idee al momento, ma spera che Dean ed Ellie, che hanno sicuramente più strumenti a disposizione per scoprirlo, si siano già messi all’opera.
 
*
 
Ascolta il rombo del motore acceso, le orecchie tese e gli occhi rivolti verso la strada, lunga e diritta. È ormai l’alba, il sole è spuntato all’orizzonte e ha tinto il resto del cielo di un celeste chiaro, tenue, appena coperto da una scia di nuvole grigie. Punta gli occhi fuori dal finestrino: intorno c’è una distesa di campi, qualche albero solitario e altri più fitti.
 
Lei e Dean sono in viaggio da più di quattro ore. Sono partiti che era notte fonda dopo aver cercato dappertutto intorno a quella dannata tavola calda dove hanno trovato un mare di sangue: i clienti e le cameriere erano tutti morti, sgozzati come bestie con le teste sopra i tavoli o a terra accanto al piccolo bancone. Tutti, tranne Sam. Il che ha portato sia lei che Dean a pensare – per quanto possibile – a un’ipotesi migliore della morte. Poco consolatorio, per carità, ma almeno hanno un po’ di speranza in più di trovarlo vivo.
Un altro elemento che li fa “ben sperare” – anche qui, si fa per dire – sulla sua salute è il fatto che, su uno dei due ingressi laterali, hanno trovato tracce di zolfo. Il che gli ha fatto pensare immediatamente a Occhi Gialli e, da quello che hanno capito, Sam è troppo prezioso per lui per liberarsene, quindi probabilmente l’ha rapito, l’ha portato nel suo covo demoniaco o in qualsiasi luogo può nascondersi quel maledetto. E quello che stanno cercando di scoprire è proprio dov’è collocato.
Per questo si stanno dirigendo a Grand Island, in Nebraska, dove si incontreranno con Bobby per farsi dare una mano. Ellie l’ha chiamato, stanotte, prima di mettersi in viaggio. Gli ha spiegato a grandi linee cos’è successo, gli ha solo detto che Sam è stato rapito e le tremava la voce mentre gli parlava, tanta era la preoccupazione per quello che ormai può considerare come un fratello. Bobby ha capito l’antifona e hanno deciso di incontrarsi a metà strada, per questo hanno scelto questo posto. Le ha dato un riferimento abbastanza preciso – un vecchio motel lungo la strada [6] prima di entrare nella cittadina – e non dovrebbero essere molto lontani.
 
Sia lei che Dean sono tesi come due corde di violino. Non hanno praticamente parlato per tutto il viaggio se non per scambiarsi informazioni tecniche, tipo dove svoltare a un incrocio o che strada prendere per raggiungere la meta. Ellie ha in mano una cartina stradale – grazie alla quale può fare da navigatore a Dean – e nell’altra il cellulare, nel caso Sam riuscisse a telefonarle o Bobby chiamasse per qualche motivo. È in silenzio da che sono partiti, però, e così quello di Dean.
 
È strano stare in macchina senza Sam. Ellie ormai si è abituata alla sua presenza: sono state rare le occasioni in cui non si sono mossi insieme per andare da un posto all’altro – forse solo quella volta che lei e Dean sono andati a Buckley e poi al mare – e, mentre prima era strano che ci fosse dopo aver viaggiato tanto tempo senza di lui, adesso le sembra di occupare un posto che non le appartiene, di essere seduta dove non dovrebbe e questo le provoca una profonda tristezza.
 
Spera con tutto il cuore che stia bene. Che in qualsiasi posto si trovi sia al sicuro o perlomeno che se la stia cavando al meglio delle sue possibilità. È un cacciatore in gamba e, in caso fosse prigioniero di Occhi Gialli o in un qualche luogo ostile, sa che ha tutte le carte in regola per farsi valere e per combattere ciò che quello stronzo gli metterà di fronte, ma è comunque preoccupata. E così anche Dean che è estremamente teso, le mani rigide sul volante e gli occhi sulla strada, mentre il piede spinge forte sull’acceleratore.
 
Si sente anche un po’ in colpa, in un certo senso. Se fosse andata con lui a prendere da mangiare, forse non sarebbe successo nulla. O forse saresti stata rapita anche tu o peggio, saresti finita come quei poveracci con la gola tagliata come ha tenuto a precisare Dean. Potrebbe avere ragione, è vero, però… comunque le sembra di aver mancato, in un certo senso.
Si sono accorti che c’era qualcosa che non andava perché la radio ha cominciato a gracchiare. Fino a poco prima stavano scherzando, Dean si era voltato verso di lei che lo stava rimproverando – per così dire – sulla quantità di cipolle che aveva fatto inserire da Sam nel suo hamburger ed è stato quel rumore a interromperli. Dean si è voltato immediatamente, dando dei piccoli colpi alla radio per farla riprendere, ma poi ha smesso quando ha capito che c’era qualcosa che non andava. E quando sono entrati nella piccola tavola calda, i passi svelti e gli occhi attenti, era già troppo tardi.
 
Sospira appena, persa nel suo flusso di pensieri. È stato un periodo un po’… strano. Non tanto per le varie cacce che si sono susseguite, qualcosa a cui ormai è abituata, ma per lei e Dean.
Dopo quella serata che hanno passato insieme, è stato come ricominciare tutto dall’inizio, in un certo senso. Ellie dapprima faticava un po’ a fidarsi, perché nonostante lui le avesse detto che la ama – ed era tremendamente sincero, di questo gliene ha dato atto fin dall’inizio –, il suo è stato un cambio repentino. Infatti, da quella sera è tornato quasi il Dean di sempre: premuroso, affettuoso, protettivo e a tratti anche dolce. Solo che il suo cambiamento è stato un po’ troppo… improvviso, per i suoi gusti, e questo le ha fatto storcere un po’ il naso. Poi ci ha ragionato su e ha capito che questo era il suo modo di farle capire di essere pentito e di chiedere scusa, ma ci ha messo un po’ a convincersene. Poi le cose sono tornate alla normalità, per fortuna, ed Ellie si è sentita ancora più vicina a Dean, finalmente.
 
Da quella sera, comunque, la passione si è un po’ riaccesa tra loro. Non che fosse la cosa più importante, ma Ellie di certo non se ne dispiace. Passano più tempo da soli e, la maggior parte delle volte, finiscono sdraiati l’uno sull’altra a scambiarsi baci e carezze più o meno intime. Ed è stato proprio in quei momenti che Ellie ha potuto constatare davvero la sincerità di Dean. Lui le ha parlato a cuore aperto, facendole capire di essere davvero dispiaciuto per quello che le ha fatto passare. Le ha chiesto ancora scusa guardandola negli occhi ed Ellie ricorda quel momento con molta tenerezza: erano in macchina, nudi, stretti l’uno all’altra sotto la coperta che Dean vi tiene sempre. Ellie era accoccolata contro di lui, appoggiato con la schiena contro lo sportello, e lei aveva notato un atteggiamento strano poco prima – quando era dentro di lei sembrava che volesse dirle qualcosa, ma poi era stato zitto – e glielo aveva chiesto, alla fine.
«Che volevi dirmi, prima?»
Dean l’aveva guardata in modo strano «Quando?»
Si sentiva un po’ in imbarazzo a confessargli questa cosa – era sicuramente rossa in viso, a giudicare dal calore che emanavano le sue guance, ma per fortuna era buio –, ma alla fine la curiosità aveva avuto la meglio. «Prima, mentre… insomma… a un certo punto mi guardavi in modo strano e… e hai cominciato a tremare. Non era quando… voglio dire… beh, sembrava volessi dirmi qualcosa, ma… ma sei rimasto zitto».
Dean si è umettato le labbra, abbassando per un attimo lo sguardo. «Volevo chiederti scusa» ha fatto una pausa, sotto il suo sguardo perplesso. «Ci ho riflettuto parecchio e mi sono accorto di essere stato davvero una merda con te, quando tu mi sei rimasta accanto nonostante tutto. Non te lo meritavi e mi dispiace davvero. Per quella volta che ti ho scopata senza nemmeno chiederti se ti andava o meno, per aver baciato quella puttana e avertelo confessato dopo che tu mi avevi parlato dei tuoi sentimenti per me. Per… per tutte le volte che mi sono avventato contro di te come se avessi chissà quale colpa quando non ne avevi alcuna. Ti ho scaricato addosso la mia rabbia e non dovevo. Mi dispiace sul serio».
Ellie l’ha guardato negli occhi e gli ha sorriso, incapace di dire niente se non un piccolo «È tutto a posto» che era quasi un sussurro. Ma lo era davvero, perché Ellie gli ha perdonato ogni cosa, soprattutto in quel momento, mentre con un filo di imbarazzo si abbassava a chiederle perdono ancora una volta. E da lì, ha deciso di credergli fino in fondo.
È convinta che ci sia ancora qualcosa che non le dice, una piccola parte di verità che molto probabilmente terrà dentro di sé, ma non ha importanza. Se vorrà farlo, Ellie lo ascolterà come ha fatto altre volte, altrimenti si farà bastare gli innumerevoli passi in avanti che ha fatto nei suoi confronti.
 
Si distrae da quei pensieri quando si accorge che l’Impala rallenta fino a fermarsi di fronte a quello che riconosce essere il vecchio camioncino di Bobby.
Quando li vede comparire, il vecchio cacciatore scende frettolosamente dal veicolo e lo stesso fanno anche Ellie e Dean. Lei si stringe nelle braccia, sentendo qualche brivido di freddo. Il cielo ha cambiato notevolmente aspetto: adesso, non c’è nemmeno una traccia di azzurro, solo grigio di nuvole che minacciano pioggia.
Sorride appena a Bobby – una smorfia veloce e nervosa – che, invece, è molto serio in volto. «Mi spiegate che diavolo è successo?»
Ellie si morde le labbra, rendendosi conto che sono davvero molte le cose di cui devono rendere conto a Bobby, oltre alla scomparsa di Sam. Per fortuna è Dean a rispondere anche per lei «Sammy è stato rapito».
«Ma da chi? Come?»
«Non lo so, cazzo. Ci siamo fermati a una tavola calda vicino a Leoti, in Kansas. È andato a prendere da mangiare, poi la radio ha cominciato a sfarfallare e, quando abbiamo capito cos’era accaduto, era già troppo tardi» Dean prende fiato; per quanto si stia sforzando di rimanere calmo, è evidente che sia parecchio agitato. «Credo che dietro a questa storia ci sia Occhi Gialli. Sulla porta abbiamo trovato tracce di zolfo».
Bobby lo guarda confuso «Ma perché proprio Sam?» e a questo punto Dean non può temporeggiare oltre. Ellie lo osserva silenziosa mentre il suo sguardo si posa su di lei per poi tornare a Bobby che è immobile, in attesa di una risposta. «Perché… forse perché Sam ha delle… visioni. Lui e altri ragazzi che hanno vissuto la nostra stessa situazione quando è morta la mamma hanno… hanno dei poteri psichici. Sammy ha delle visioni, un altro che abbiamo incontrato può costringerti a fare quello che vuole col pensiero e—»
«E questo quando pensavate di dirmelo?»
Dean si morde le labbra e abbassa lo sguardo con fare colpevole. «Hai ragione, mi dispiace. Solo che non… non volevamo coinvolgerti. Voglio dire, se… se avessi potuto non avrei messo in mezzo nemmeno Ellie e—»
«La famiglia non finisce col sangue, ragazzo. [7] Io e questa ragazzina abbiamo il dovere di impicciarci. Quindi adesso smettila con queste fandonie e pensiamo alle cose serie. Insieme».
«Sì, ma—»
«E basta ciance. Non è con le chiacchiere che riusciremo a trovare Sam». Dean obbedisce e annuisce senza aggiungere altro.
 
Ellie non può biasimarlo, perché in fondo lo capisce. Quando è toccato a lei con la storia di papà e del Formichiere, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di tenere lui e Sam lontani dal pericolo. Ora che è lui a doverci fare i conti, comprende la sua volontà di proteggere lei e Bobby.
Avverte qualche goccia di pioggia caderle sul viso e si stringe ancora di più nel giacchetto, sollevando il cappuccio per ripararsi il capo.
 
«Ti ho portato quello che mi hai chiesto» il vecchio cacciatore estrae da una tasca interna della sua giacca un foglietto che poi Ellie scopre essere una cartina colorata degli Stati Uniti. La appoggia sul cofano dell’Impala e sia lei che Dean gli si avvicinano per vedere. «Qui sono indicate tutte le manifestazioni demoniache degli ultimi mesi».
Ellie osserva con attenzione la mappa, notando velocemente che non c’è alcun segno. Ancora una volta è Dean a parlare. «Qui non c’è segnato niente».
Bobby stringe le spalle, guardandolo negli occhi. «Esatto».
Dean scuote la testa, nervoso «Andiamo, stai scherzando Bobby? Non è possibile che non sia successo assolutamente nulla!»
«Mi dispiace, ma è proprio così: è tutto calmo».
«E come cazzo facciamo a trovare Sam? Mettiamo un dito a caso?»
 
Lo guarda sbuffare forte e infila entrambe le mani nelle tasche, stringendo forte i pugni. Si sente tremendamente frustrata: non hanno un indizio, qualcosa da cui iniziare e tantomeno su cui fare affidamento e questa mancanza di certezze la fa sentire spaesata, come se la terra le franasse sotto i piedi. Quella in cui si trovano è una situazione particolarmente fragile ed Ellie spera con tutto il cuore che la mano di Bobby sia la chiave per risolvere il mistero, ma qualcosa le dice che ci vorrà ben di più per poterci capire qualcosa.
 
*
 
Spiegare agli altri ragazzi che i demoni esistono è stata dura. Ancora di più provare a far capire a delle persone “normali”, che non hanno avuto niente a che fare col soprannaturale per gran parte della loro vita, che sono stati scelti per combattere una guerra per conto di uno di loro, che questo arrogante stronzo li considera dei suoi soldati. Sam ci ha provato con pazienza e tenacia, ma non sono bastate le parole a far capire la situazione. Ci è voluto un esempio concreto: un Acheri, un demone con le sembianze di una bambina, con cui si è imbattuto Jake mentre era intento a cercare un modo per fuggire da questo dannato posto. Questo episodio è stato utile, alla fine, perché ha aperto gli occhi ai suoi compagni di viaggio e, soprattutto, ha fatto trovare a Sam un dettaglio interessante che gli ha fatto capire dove si trovano: una campana, posizionata sopra una specie di pozzo, con un albero inciso su di essa. Non ricorda in quale libro l’aveva vista, ma è sicuro che sia situata a Cold Oak, in South Dakota, una città abbandonata dagli uomini per via degli spiriti e dei fantasmi che la infestano.
Lily ha supposto di andarsene, ma a Sam non è sembrata la scelta più saggia, considerando che ci sono da attraversare migliaia di chilometri di foresta. Ha provato a tranquillizzarla, dicendole che sono tutti molto provati da questa situazione, dal fatto di ritrovarsi soli con degli sconosciuti in un contesto ostile e che l’unica soluzione plausibile è restare uniti. Sembra essersi convinta, per il momento, e ora sono alla ricerca di provviste e arnesi utili per combattere gli spiriti. Il solo modo per tenersi al sicuro, per quanto possibile.
 
Sam cammina davanti, mentre gli altri gli stanno dietro. Si muovono verso uno degli edifici più isolati «Servono argento, ferro, sale… ogni arma è utile».
Jake sembra il più curioso «Il sale è un’arma?» e Sam accenna un sorriso, stringendo nella mano destra il paletto di ferro con cui ha fatto scappare l’Acheri. «Benvenuto nel nuovo mondo».
Andy cerca di stemperare la tensione «Speriamo che in questo nuovo mondo ci sia da mangiare!» ma non riceve risposta da nessuno dei membri del gruppo.
Anche Ava sembra affamata; poco dopo, infatti, mentre sono a frugare in quell’edificio abbandonato, Sam la coglie a massaggiarsi le tempie, come succede a lui spesso quando è in preda a una nuova visione, ma lei ammette che «L’unica visione che ha è quella di un sandwich». Ed è quando Andy lo richiama entusiasta per aver trovato due sacchetti di sale e si ritrova riunito anche a lui e Jake che si rende conto che Lily non è con loro.
Si guarda intorno, in allerta «Dov’è Lily?» anche gli altri si voltano a destra e a sinistra per cercarla e cominciano a chiamarla a voce alta, senza però trovare risposta. Quando escono fuori a cercarla, la trovano con una corda appesa al collo, attaccata ad una grande ruota di legno.
Ava vorrebbe andarsene, così come Andy, ma stavolta è Jake a dare man forte a Sam. Considerando che proprio Lily che voleva fuggire è finita così, probabilmente facendo lo stesso anche a loro toccherà la stessa sorte. Ancora una volta l’unica mossa intelligente è cercare di attrezzarsi per la notte, coprire le finestre di sale e restare uniti.
 
Sulla soglia della porta, Sam sospira afflitto, le mani nelle tasche della giacca. Andy lo affianca e Sam si ritrova a pensare ad alta voce «Non posso fare a meno di pensare a quanto sarebbe utile l’aiuto di Ellie e Dean in questo momento. Non sai che darei per avere un telefono».
«Posso provare ad aiutarti io» Sam si volta a guardarlo, perplesso «Non ho mai provato, ma magari il mio nuovo potere funziona anche con le lunghe distanze. Hai un oggetto di Dean o della sua ragazza? Qualcosa che uno dei due abbia toccato?»
Sam fruga nelle tasche della giacca e dei jeans, dove trova un vecchio scontrino che è sicuro sia del fratello. Lo porge ad Andy «Ho solo questa ricevuta… basta?»
«Sì» il ragazzo lo prende in mano e butta un occhio sulla firma, in basso. Alza la testa, fissandolo perplesso «D. Hasselhoff?» [8]
Lui lo scruta convinto «Sì, è la firma di Dean» e, non potendo ammettere che è uno dei tanti nomi falsi che lui, suo fratello ed Ellie sono costretti a utilizzare per vivere, quando Andy lo osserva con un risolino divertito, quasi a dirgli di smetterla di prenderlo in giro, lo liquida velocemente dicendogli «È… difficile da spiegare».
Andy sorride sotto i baffi «Certo», torna a scrutare il bigliettino e Sam spera con tutto il cuore che questa sia la chiave per mandare a Dean ed Ellie un segnale concreto per riuscire a localizzarlo.
 
*
 
Siede accanto al tavolo di una delle due stanze del motel di fronte al quale hanno lasciato le macchine qualche ora fa. [9] Il pugno chiuso sotto il mento e il gomito puntato sul tavolo di legno scuro, osserva attentamente la cartina degli Stati Uniti mentre Bobby e Dean, in piedi lì accanto, fanno lo stesso.
È ancora giorno, ma fuori ha cominciato a piovere e hanno deciso di fermarsi qui, per raccontare a Bobby la storia delle visioni di Sam dall’inizio e fare il punto della situazione. Non avendo praticamente niente in mano a parte il luogo della sparizione di Sam, è davvero difficile prevedere dove si sia andato a cacciare, se non addirittura impossibile.
 
Sbuffa aria dal naso, ascoltando distrattamente i discorsi dei suoi compagni. Non può fare a meno di chiedersi cosa stia facendo Sam, come se la sta cavando. Una parte di lei è sicura che dovunque si trovi sta bene, perché è un ragazzo sveglio e in gamba che solitamente risolve al meglio qualsiasi situazione, ma non può negare che ha paura. Di non arrivare in tempo ad aiutarlo, di non riuscire a trovarlo, di non vederlo più. Rimane in silenzio, però, conscia del fatto che per Bobby e Dean è sicuramente peggio. Per Bobby, che ha quasi cresciuto questi due ragazzi come se fossero figli suoi e adesso ha paura per l’incolumità di Sam, e per Dean che, neanche a dirlo, è spaventato a morte che sia accaduto qualcosa a quel fratello che è sempre stato tutto per lui.
L’unica cosa che la rende fiduciosa è il fatto che Sam è un tipo in gamba, che sa cavarsela in ogni situazione, perfino quella più ostile. E confida che questa sua abilità lo stia aiutando a rimanere a galla, a non soccombere ovunque si trovi.
 
Cerca di lasciare da parte i brutti pensieri e si concentra sui suoi compagni di stanza, che hanno gli occhi ancora rivolti alla mappa.
Dean tira su la schiena, passandosi una mano sulla bocca. È terribilmente nervoso. «Come cazzo facciamo a trovare Sam? Non abbiamo un solo indizio, potrebbe… potrebbe essere ovunque».
Bobby sembra un po’ più risoluto «Lo troveremo» ed Ellie non capisce cosa gli dia questa convinzione, considerando che non hanno davvero la minima idea di dove Occhi Gialli o chi per lui possa averlo portato, ma è contenta che ci sia almeno qualcuno tra loro che abbia un po’ di speranza in più. In momenti così, è davvero essenziale. Bobby, poi, che ha attraversato le situazioni più assurde più e più volte nella sua lunga carriera di cacciatore, ha una buona capacità di rimanere a sangue freddo, cosa che, invece, manca un po’ a lei e Dean – forse per la circostanza in cui si trovano o proprio perché è Sam a essere coinvolto –, quindi il fatto che ci sia lui a bilanciare il tutto la rende un po’ più tranquilla.
 
Lo osserva accennare un sorriso e vorrebbe dire qualcosa, magari una parola di speranza, di incoraggiamento, ma non ne ha il tempo perché si accorge che Dean non sta bene. Accade in un attimo, ma se ne accorge subito: lo vede chiudere gli occhi e portarsi la mano destra sulla fronte, come in preda a un dolore lancinante. Ellie lo fissa con gli occhi sgranati; lo chiama, ma lui non risponde, scuotendo la testa per poi portarsi entrambe le mani sul capo. Si alza di scatto, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla schiena, aspettando che le dica qualcosa. Anche Bobby lo fissa, confuso e perplesso, e sembra preoccupato. È lui a parlare «Che ti prende?»
Dean scuote di nuovo la testa, come a voler scacciare un moscerino o una brutta sensazione. Sospira appena; sembra molto sofferente. «Non lo so, ho mal di testa».
Bobby continua a guardarlo perplesso «Hai spesso questi mal di testa?»
«In realtà no… » si passa una mano sugli occhi ed Ellie rimane alla sua sinistra intenta a non perdere un movimento, preoccupata. Lui sorride appena, come a voler stemperare la tensione «Sarà lo stress» poi stringe le labbra in una linea sottile «Giurerei di aver visto qualcosa».
Stavolta è Ellie a parlare, gli occhi sgranati «Hai una visione? Come quelle di Sam?»
Lui si volta a guardarla, stralunato. «No!»
«Guarda che puoi dirlo» Bobby lo incalza, ma Dean sembra risoluto nel negare. Ellie è sicura che vorrebbe aggiungere qualcos’altro, ma non lo fa, poiché preso da un’altra visione o quello che è. Se ne accorge subito: si porta la mano destra sulla testa e chiude gli occhi, per poi accasciarsi quasi sul tavolo. Ellie lo stringe per un braccio, ma ha paura e non sa che fare di più, perché per quanto Sam ne abbia avute diverse non è mai riuscita ad aiutare nemmeno lui e si sente impotente. Anche Bobby gli si avvicina di più, preoccupato, e gli appoggia una mano sul collo, quasi a tenerlo ancorato alla realtà. Ellie lo chiama ripetutamente e Dean sembra ascoltarla davvero solo quando riapre gli occhi dopo un tempo che a lei è sembrato infinito, una mano aperta sul legno e la testa appoggiata lì sopra. Ha gli occhi sgranati e sembra aver corso una maratona, tanto è il fiatone che ha.
«Va tutto bene?» Ellie glielo chiede con la voce appena tremante, ancora densa di paura.
«Sì, credo di sì» Dean chiude gli occhi per un istante e sospira forte «Ho visto Sam» e lei sorride appena, per quanto sia ancora troppo preoccupata per farlo in modo più gioioso. Lo osserva alzarsi facendo leva sul palmo aperto sul tavolo.
«Era una visione?» Bobby, mentre lo chiede, toglie la mano dal suo collo e si allontana di un paio di passi, mentre Ellie rimane ancorata al suo braccio, quasi senza accorgersene.
Dean si tira su completamente «Già… non so come, ma l’ho visto» continua a tenere entrambe le mani sul tavolo, come a tenersi su «È stato un dolore tremendo. Intenso e fortissimo».
«Cos’altro c’era?»
Dean sembra pensarci «Una campana. Era bella grossa e… e sopra aveva una specie di incisione».
Bobby non ci riflette neanche un secondo «Era per caso un albero? Una quercia?»
Ellie lo guarda perplessa e così anche Dean che annuisce «Esatto».
Li guarda dritto negli occhi, sicuro e deciso «Ho capito dov’è Sam». A quelle parole, Ellie stringe il braccio di Dean un po’ più forte e non sta nella pelle perché la consapevolezza di Bobby vuol dire solo una cosa: finalmente hanno qualcosa di concreto, finalmente possono mettersi in strada e andare a prendere Sam.
 
*
 
Siede su una delle assi di legno traballanti di quella stanza fredda, a terra, come il peggiore dei barboni. In confronto le camere di motel che condivide con Ellie e Dean sono hotel extra lusso. E pensare che se ne lamenta tanto, quando ha l’occasione di passarci del tempo.
Sospira appena, seguendo il flusso dei suoi pensieri. Chissà che staranno facendo quei due, chissà se… se il segnale che ha mandato a Dean gli sia arrivato, se sono diretti qui. Se quello che ha fatto Andy funziona anche a grandi distanze. La speranza è l’ultima a morire, certo, ma non può negare di essere un po’ in pensiero. Questa è una situazione in cui non avrebbe mai pensato di potersi trovare e si sente solo, nonostante pensi di aver trovato dei buoni compagni di avventura, se così può chiamarli. Quelli che sono rimasti, almeno.
 
Ha avuto modo di scambiare due chiacchiere sia con Ava che con Jake. A lei è stato costretto a rivelare la dipartita del suo fidanzato, una notizia che l’ha rattristita molto. Mentre con Jake ha avuto modo di parlare della sua straordinaria forza, con la quale è riuscito a spezzare un grosso asse di ferro battuto da una vecchia ruota che hanno trovato in un fienile qui vicino. Jake l’ha addirittura ringraziato per come si sta comportando, per come sta cercando di far mantenere la calma nonostante si veda da lontano un chilometro che la situazione sta mettendo a dura prova anche lui e che ne è terrorizzato. È così, è vero, ma dare di matto non servirà a risolverla, perciò tanto vale tentare di mantenere il sangue freddo e rimboccarsi le mani per non soccombere. O almeno è questo quello che si ripete.
 
Si guarda intorno: è ormai notte fonda, fuori, e non è che sia un gran caldo. Lui è appoggiato a un asse di legno che arriva fino al soffitto; alla sua destra, una finestra adornata con tende strappate sul cui davanzale hanno buttato una bella manciata di sale per evitare che gli spiriti entrino e, alla sua sinistra, una porta, anch’essa di legno, davanti alla quale Jake si occupa di fare la ronda. Al centro, un vecchio tavolo sul quale hanno acceso delle candele e dove Andy si è addormentato e Ava, che siede poco più in là, fissa il vuoto, con le braccia incrociate al petto e un’espressione corrucciata sul viso.
 
Sam apre e chiude le palpebre un paio di volte, quasi sopra pensiero. Si sente stanco, gli occhi pesanti e rischia di addormentarsi lì, in quella posizione scomoda se solo si lasciasse andare alla spossatezza. È stata una giornata lunga e frenetica e di certo ora che si è fermato e che l’adrenalina sta un po’ scemando si sente abbastanza fiacco. E deve stare sognando per forza quando alza gli occhi sulla porta e, proprio dietro a Jake, gli compare la figura di un uomo che, dalla posizione in cui si trova, gli sembra abbastanza alto [10], con i capelli corti e due occhi gialli che brillano come due fari accesi nella penombra. Non ha certo bisogno di presentazioni per capire chi sia e quei due fanali gialli, in più, se li ricorda fin troppo bene: al posto di quelli di suo padre, quando è stato posseduto prima dell’incidente. [11]
 
«Salve Sam» indietreggia a quelle parole, gli occhi del demone fissi nei suoi «Che ne dici di andare a farci una passeggiatina?» e lui, a quel punto, non può far altro che alzarsi in piedi e andargli dietro, almeno per capire che diavolo vuole da lui e il perché di tutta quest’assurda messinscena.
 
Escono dall’edificio e Sam lo osserva, mentre gli cammina di fronte. Non è alto come sembrava quando stava seduto e pare una persona qualsiasi, se non fosse per quegli orribili occhi gialli. Crede di non aver mai odiato tanto nessuno in vita sua e non sa che darebbe per mettergli le mani intorno al collo e strozzarlo, stringendolo con tutta la forza che ha in corpo. Peccato che questo sia solo un sogno e che comunque strozzare un demone non gli permetterebbe di ucciderlo; sarebbe solo fatica sprecata, ma gli darebbe una grande soddisfazione.
 
Lo sente sghignazzare «Sei terribilmente silenzioso, Sam. Non sarai arrabbiato con me».
Espira furiosamente «Ti farò a pezzi, lo giuro—» ma il demone ridacchia alle sue parole «Già, quando ti sveglierai darai il meglio di te».
Continua a camminare, Sam dietro di lui con fare circospetto, attento a ogni suo passo. «Dov’è mio fratello?»
«Smettila di preoccuparti di Dean. Mi preoccuperei di più di te, adesso».
Sam si ferma «Perché? Vuoi uccidermi?» spalanca le braccia, in attesa di una sua mossa e il demone si volta verso di lui, sorridendo tranquillo «Sto cercando di aiutarti. Ecco perché stiamo parlando, io faccio il tifo per te».
Il demone riprende a camminare e lui gli va dietro, osservandolo con la fronte aggrottata. «Che vuol dire?»
«Benvenuto al concorso Miss America per demoni. Secondo te perché ti trovi qui?» Occhi Gialli si volta nella sua direzione, guardandolo dritto negli occhi «Questa è una competizione» alza un dito verso il cielo e sorride fiero «Solo uno di voi, uno solo di voi prescelti riuscirà ad andarsene vivo da qui».
Sam deglutisce, nervoso «Non dovevamo essere—»
«I soldati della guerra che verrà? Esatto, è vero, ma c’è un particolare» Occhi Gialli gli si avvicina lentamente «Non ne servono tanti» e lo aggira, andando poco più avanti. «Mi serve un soldato. Me ne serve uno solo».
Sam lo fissa, continuando a non capire il punto. «Perché?»
«Tutti voi siete i prescelti, quindi voglio che ognuno creda di avere la possibilità di combattere, ma ciò che mi serve… è un leader».
«Per guidare chi?»
«Io ho già il mio esercito. O, almeno lo farò presto, comunque».
Sorride sghembo e Sam arriccia il naso, arrabbiato. «Sei un figlio di puttana».
«Onestamente, sono sorpreso che tu non abbia capito. Voglio dire, perché pensi che così tanti bambini siano morti? Come Max Miller e il fratello di Andy. Non erano abbastanza forti. Sto cercando il migliore e il più capace della tua generazione».
Sam stringe gli occhi «La mia generazione?»
«Beh, ce ne sono anche altre, ma ora preoccupiamoci della tua. Ecco perché sono qui, Sam. Perché voglio darti un piccolo aiuto» Occhi Gialli gli si avvicina di nuovo con fare ammiccante. «Tu sei coraggioso, sei intelligente, sei ben addestrato, grazie a tuo padre. Sam… Sammy, sei il mio preferito».
Lui lo fissa con odio «Tu mi hai rovinato la vita. Hai ucciso tutti quelli che amavo».
Occhi Gialli lo guarda con aria fintamente dispiaciuta «È il costo di ogni impresa, purtroppo. Voglio dire, la tua dolce Jessica… doveva morire. Eri troppo determinato a sposare quell’angioletto biondo, a diventare un avvocato e a fare due marmocchi, io invece volevo che ti facessi le ossa, Sam, sulla strada, che affilassi i tuoi doni. Tutte le tue qualità».
«E invece mia madre?»
Occhi Gialli abbassa gli occhi «Uno spiacevole incidente» poi lo guarda «È entrata nella stanza, non doveva. Posto e momento sbagliato».
Sam stringe gli occhi «Che cosa vuoi dire?»
«Non ero lì per lei, ma per te. Ero interessato soltanto a te».
 
Non riesce a credere alle sue orecchie. Insomma, sua madre sarebbe… sarebbe morta per niente? Per un… incidente? Lo fissa ancora, incredulo «Cosa?» e il demone sembra pensarci su, prima di leccarsi il labbro superiore e mostrare un ghigno divertito «Beh, va bene. Voglio essere generoso: te lo mostrerò» e quando schiocca le dita Sam si ritrova in un posto di cui non ha ricordi – era troppo piccolo quando la casa è bruciata per ricordarsene –, ma che percepisce immediatamente come la sua vecchia cameretta: una culla con un bambino piccolo al centro, le finestre adornate con tende colorate, le pareti azzurre, alla sua destra uno scaffale pieno di pupazzi. Tutto quello che, da quando la mamma non c’è stata più, non ha più avuto. Una parte della sua vita di cui non conosce praticamente nulla.
 
Osserva la scena sbigottito: il bimbo che piange, un uomo alto nella penombra di cui non riesce a vedere il viso che lo fissa e sua madre – che tenta di chiamare, invano – così bella, i capelli lunghi e biondi e una camicia da notte bianca che si affaccia alla porta e gli parla, pensando si tratti di John. Poi il demone fa un piccolo taglietto al polso e fa scorrere il sangue che fuoriesce e lo fa finire sulla bocca del bambino. Poche gocce, ma quando sua madre torna sull’uscio e prova a fermare il demone è già troppo tardi: il piccolo ha già leccato buona parte del liquido rosso.
 
Non fa in tempo nemmeno a capacitarsi fino in fondo di cosa questo significhi, perché Occhi Gialli gli risparmia la visione di sua madre che brucia sul soffitto e poco dopo c’è solo un forte scossone che lo sveglia: la mano di Jake che gli strattona il braccio.
Sam alza gli occhi su di lui e lo guarda un po’ confuso, ancora scosso dal sogno e da ciò che ha scoperto grazie a esso. Riconosce nuovamente la casa abbandonata di Cold Oak e guarda il compagno un po’ stralunato. Jake lo fissa «Sam, svegliati. Ava è scomparsa».
 
Lui deglutisce, senza avere il tempo di riflettere su nulla. Si alza con uno scatto, prende un pezzo di ferro in caso lo spirito Acheri lo attacchi e si precipita dietro a Jake fuori dall’edificio abbandonato. Si guarda intorno, ma è difficile capire cos’è meglio fare: è notte fonda e non gli viene nessuna idea brillante. Si volta verso Jake che lo guarda deciso «Io guardo nel granaio e all’hotel. Tu controlla dentro le case».
Sam annuisce «Va bene. Ci vediamo qui tra dieci minuti».
 
S’incammina verso la casa di fianco a quella dove avevano trovato rifugio, un leggero mal di testa a scombinargli il turbinio di pensieri che lo tormenta. Non ha tempo di pensarci adesso, ma è tutto troppo devastante perché possa ignorarlo completamente. La mamma è morta per colpa sua? Perché il demone aveva messo gli occhi su di lui? Perché? Perché è così importante? Che cos’ha di così speciale da interessare un demone in modo così morboso, tanto da sceglierlo in mezzo a tanti altri bambini come lui? E quel sangue che gli ha fatto bere, è questo che gli fa avere le visioni? È così potente da aver scatenato una cosa così grande dentro di lui?
 
Non ha altro tempo per ragionarci sopra, un urlo femminile attira nuovamente la sua attenzione verso l’edificio dove si erano rifugiati. Corre lì dentro, trovando nella stanza che avevano scelto come riparo Ava in piedi, con le lacrime agli occhi e visibilmente sconvolta di fronte al cadavere di Andy, riverso a terra in una pozza di sangue. Sam osserva la scena con gli occhi sgranati: come diavolo è accaduto?
 
Lei lo chiama a gran voce «L’ho trovato ridotto così» e lui sposta gli occhi su Ava, perplesso. «Cos’è successo?»
«Io non lo so!»
«Come ha fatto a entrare qui?» si guarda intorno in maniera sospetta, poi punta di nuovo lo sguardo su di lei. «Dov’eri finita?»
Lei lo guarda negli occhi «Sono solo andata a prendere dell’acqua al pozzo. Sono stata via al massimo due minuti».
Continua a piangere, una mano di fronte alla bocca. Sam le si avvicina di un paio di passi «Non saresti dovuta uscire. Dovevamo restare tutti qui» continua a guardarsi intorno, notando che la striscia di sale sul davanzale della finestra è stata aperta, sicuramente da qualcuno. Di certo non è stato l’Acheri a farlo. «E questo chi l’ha fatto?»
Ava scuote la testa, apparentemente sconvolta. «Non so, Andy—» ma Sam ha già sentito troppe chiacchiere «Andy non l’avrebbe mai fatto. Quella linea non era interrotta quando sono uscito» e ne è certo: per quanto il tempo sia stato poco per realizzare cosa fare quando lei è sparita, è assolutamente sicuro che fosse tutto a posto quando si è precipitato fuori da questa stanza.
Ava sembra tremare «Non penserai che sia stata io».
Sta evidentemente cercando di fargli pena, ma Sam la fissa rabbioso; ora è tutto chiaro. «Ho capito: quattro mesi. Sei stata l’unica ad avere il tempo per organizzarti».
Lei lo guarda sconvolta «Cosa stai cercando di dire?»
«Che ti è successo?»
«Niente!» lei trema ancora sotto il suo sguardo convinto e sicuro, accusatorio. Sam non ha dubbi: è stata lei a evocare il demone Acheri, lei a far aggredire Lily e poi Andy. Non può essere altrimenti. Le linee di sale non si rompono da sole, soprattutto non in modo tanto netto. Sotto il suo sguardo duro, alla fine lei si piega: il suo labbro smette di tremare mentre abbassa gli occhi sulla finestra. «Oh» fiata, un’ultima lacrima che le solca il viso. Poi sorride sghemba «Sono riuscita a ingannarti, vero?» si asciuga gli occhi con aria di sufficienza. «È da tanto tempo che sono qui. E nemmeno da sola. La gente non faceva che comparire. Ragazzi come noi, anche gruppi di tre o quattro alla volta».
Sam deglutisce, inorridito. «Li hai uccisi? Tutti quanti?»
Ava lo fissa con uno sguardo crudele e sorride fiera. «Sono campionessa imbattuta di pesi massimi».
Lui scuote la testa, schifato e terribilmente deluso. «Come hai potuto?»
 
Lei stringe le spalle «Non avevo nessun’altra scelta. O io o loro. Dopo un po’, è stato facile. Addirittura divertente. Ho solo smesso di combattere».
Sam stringe gli occhi «Combattere cosa?»
«Ciò che crediamo di essere, Sam. Se la smettessi di resistere alla tua vera natura e ti lasciassi andare, non hai idea di tutto quello che potresti fare con le tue potenzialità» schiocca le dita «È pazzesco! È come se si accendessero tanti interruttori» ride come una pazza indemoniata e a Sam fa quasi ribrezzo. «Ed è incredibile che sia iniziato tutto con dei semplici sogni» sorride ancora, fissandolo negli occhi «Sai cosa riesco a fare ora?»
Sam deglutisce «Controllare i demoni».
E lei gli sorride «Ah, ah. Vedo che impari in fretta» appoggia entrambe le mani sulla testa, all’altezza delle tempie e velocemente un fumo nero si infila nella fessura aperta della finestra, facendo mettere Sam in allerta. La guarda, sperando in qualche modo di ottenere un qualche briciolo di pietà, forse, o perché è ancora così scioccato da non credere ai suoi occhi. Alza il pezzo di ferro e la guarda mentre lei gli sorride sghemba «Mi dispiace, Sam, ma è finita».
 
Sam si volta, pronto a scacciare il demone con il palo di ferro, ma si gira ancora quando sente un altro rumore, trovando Jake con le mani sul collo di Ava mentre glielo torce senza il minimo sforzo. Lei, priva di forze e di vita, cade a terra come un sacco di patate, esanime, mentre il fumo sparisce prima di riuscire a entrare dalla finestra.
Sam fissa Jake piuttosto sconvolto, mentre lui non fa un verso: rimane impassibile, gli occhi nei suoi. Sembra turbato da quello che è appena accaduto, ma fino a un certo punto. Che diavolo è successo? Come hanno fatto i suoi compagni spauriti a trasformarsi in spietati assassini nel giro di qualche ora? Andy e Lily a parte, s’intende, che non hanno fatto in tempo a diventarlo.
 
S’incamminano silenziosamente fuori dall’edificio, Sam che cammina avanti quasi a passo di marcia. È stanco di questo posto di merda: è ora di levare le tende.
Scende le scale velocemente, guardandosi intorno circospetto. «Forse ora riusciremo ad andarcene».
«Ma quel demone, Acheri?»
«No, era Ava a evocarlo. Non tornerà più ora che lei è morta» cammina spedito, veloce. «Dobbiamo andare».
Avverte Jake fermarsi dietro di lui. «Sì, ma non insieme». Sam si volta a guardarlo, perplesso. «Solo uno di noi lascerà questo posto, mi dispiace».
Sam lo fissa incredulo «Cosa?»
«Ho avuto una visione. Quel demone dagli occhi gialli o qualunque cosa sia mi ha detto tutto».
«No, non devi dargli ascolto, credimi».
«Lui non ci lascerà andare via insieme, ma da soli. Dobbiamo ubbidirgli o ucciderà entrambi. Io non ho nulla contro di te, ma cerca di ragionare. Non ha nessun senso morire insieme. Io posso cavarmela da solo e se si avvicina lo posso anche uccidere».
«Allora vieni con me, lo uccideremo insieme».
Jake non sembra convinto «Chi mi dice che non mi tradirai?»
«Non lo farò» ed è terribilmente sincero. Insomma, a che scopo uccidere un suo compagno? Non vuole fare il gioco di Occhi Gialli, non l’ha mai voluto. Così come non ha mai voluto far parte di tutto questo.
Jake lo fissa, serio «Non posso saperlo».
Sam lo guarda negli occhi «Va bene, aspetta» alza le mani in segno di resa e mostra a Jake il vecchio coltello che teneva nel risvolto dei pantaloni per poi buttarlo a terra. «Vieni con me, Jake. Non farlo, non fare il suo gioco».
 
Il ragazzo ricambia il suo sguardo fisso, buttando poi a terra il pezzo di ferro con cui si aggirava per difendersi. Sam gli sorride appena, sollevato, ma il pugno che lo fa ritrovare con la schiena a terra gli lascia velocemente intendere che forse Jake non ha intenzione di usare armi per liberarsi di lui, ma fuggire insieme non rientra sicuramente nei suoi programmi.
 
*
 
L’Impala sfreccia veloce sulla strada sterrata mentre costeggia un sentiero deserto, contornato da alberelli e arbusti secchi. È ormai notte fonda e fuori è buio pesto, ma sembra che ormai siano arrivati: Ellie lo capisce quando Dean svolta a destra, parcheggiando la macchina su uno spiazzo isolato. La spegne e sia lei, seduta sul sedile posteriore, che Dean e Bobby, posizionati invece davanti, scendono, dando un’occhiata veloce intorno a loro.
Il paesaggio è praticamente spoglio, pieno di arbusti dai rami secchi. È praticamente una terra di nessuno.
 
Il viaggio è stato piuttosto lungo: ci hanno messo quasi sei ore per arrivare fin qui [12], nonostante Dean abbia viaggiato a una velocità sostenuta per cercare di fare il prima possibile.
Il vecchio cacciatore sospira appena «Credo che dovremo fare il resto della strada a piedi» e si dirigono tutti e tre verso il bagagliaio.
 
La lista di armi che potrebbero servire è infinita, considerando che non sanno cosa aspettarsi, così optano per qualcosa che va bene per tutte le occasioni: Bobby imbraccia un fucile, mentre Dean ed Ellie ne prendono uno a canne mozze a testa, insieme a un cospicuo numero di cartucce e una torcia per uno, per riuscire a vedere bene dove camminano.
 
Dean chiude il bagagliaio con un gesto secco e comincia a camminare di fronte a sé, chiedendo loro tacitamente di seguirlo. Ellie lo osserva silenziosa, procedendo alla sua sinistra a passo svelto. Vorrebbe dirgli qualcosa, che andrà tutto bene e che è convinta che Sam se l’è cavata alla grande, che ne è sicura, ma c’è Bobby e in più non sa come esprimere a parole tutto questo, perciò si limita a far scivolare le dita della mano destra tra quelle della sua sinistra, libera dall’impiccio del fucile. Dean sembra capire, perché stringe con forza le dita intorno alle sue, quasi a volersi prendere tutta l’energia e la forza di quella piccola stretta.
 
Camminano a lungo, uno accanto all’altro, quasi senza proferire parola. Lei e Dean cominciano a chiamare Sam a gran voce, dopo un po’, e lo fanno più forte quando cominciano a intravedere degli edifici. Si tratta all’apparenza di vecchie case abbandonate, un paio addirittura somigliano a dei saloon, e presto riescono a intravedere una grossa piazza. O almeno quello che ne rimane.
 
La voce di Dean riecheggia nell’aria, la stessa che a Ellie manca per un istante quando, incerto e sorridente, intravedono Sam venire verso di loro, il braccio sinistro poggiato su quello destro come a sostenerlo.
«Sam!» la voce di Dean è più debole, ma ora suo fratello può sentirlo, tanto è vicino ed Ellie sorride, contenta di vederlo in piedi, mentre si muove verso di loro.
«Dean» la sua voce è squillante e un po’ commossa, come se non gli sembrasse vero di vederli lì, ma non fanno in tempo a rilassarsi troppo che si accorgono di qualcosa che si muove dietro di lui.
 
Ellie aguzza gli occhi, in allerta, e allunga il passo, inquadrando bene la scena: alle spalle di Sam, un ragazzo di colore alto vestito con una divisa militare sta per scagliarsi contro di lui con qualcosa in mano, forse un coltello o comunque un oggetto tagliente. Intravede solo questo da quella distanza, ma non riesce a proferire parola. Così, mentre Dean intima al fratello di stare attento, Ellie d’istinto alza il fucile, lo punta verso il ragazzo e gli spara. Un colpo lo manca, ma il secondo lo ferisce alla spalla e lui che, ahimè, riesce a ferire Sam alla schiena, non fa in tempo ad affondare meglio il coltello perché indietreggia, come scottato, una mano a premere sulla spalla sinistra.
 
Sam cade a terra, sulle ginocchia, e Dean ed Ellie corrono verso di lui per soccorrerlo mentre Bobby si allontana, per inseguire il ragazzo ora in fuga. Dean afferra il fratello per il bavero della giacca beige e lo chiama più e più volte, sostenendolo mentre Sam si accascia un po’, stordito e sorpreso dall’attacco di quel ragazzo. Ellie gli gira intorno, inginocchiandosi accanto a lui per constatare la natura della ferita. Quel pezzo di merda lo ha trafitto sulla schiena e i vestiti gli si sono già macchiati di sangue, ma fortunatamente non sembra grave. Poteva andare decisamente peggio.
 
Osserva Dean stringere e accarezzare il viso del fratello con amore e delicatezza mentre Sam non risponde, forse sotto shock o chissà ed Ellie si guarda intorno, prima di realizzare cosa ha fatto. E, prima di avere anche solo il tempo per capire la portata di ciò che è accaduto, la voce di Dean la riporta alla realtà, mentre la guarda con occhi imploranti. «Dobbiamo andare alla macchina. Di corsa».
 
*
 
Siede su una sedia sgangherata posta accanto al tavolo del salone illuminato della vecchia casa in cui hanno trovato rifugio a Wanblee, a un’oretta a ovest di Cold Oak. [13] Una bottiglia di birra stretta tra le dita che sorseggia ogni tanto, Dean contempla la stanza in cui si trova, trovandola spaziosa e arieggiata. Forse un po’ troppo, a dire la verità: l’ampia vetrata di fronte a lui, il tavolo zoppicante sopra al quale sono distribuite bibite più o meno aperte e un cartone di pizza ai quattro formaggi avanzata di ieri sera. Non sa perché, ma tutto questo spazio vuoto gli mette un po’ d’ansia. Forse perché è abituato a quello stipato delle stanze di motel. Eppure è il rifugio migliore che potessero sperare di trovare nel raggio di chilometri.
 
È mattina già da un po’, sono quasi le dieci ormai. Bobby è andato a prendere qualcosa da mangiare qui vicino mentre Sam ed Ellie dormono su due vecchi materassi lerci – e, a giudicare dall’odore che emanano, pure pieni di muffa – posti accanto al muro.
 
Sono qui da ieri, più o meno da quando sono spuntate le prime luci dell’alba. Una volta che Dean è riuscito a tirare su Sam e a portarlo alla macchina, aiutato anche da Ellie e Bobby, si sono apprestati a medicarlo nel modo migliore possibile, cercando di suturare la brutta lesione alla schiena. Se n’è occupato Bobby, da sempre più bravo di lui in queste cose. Fortunatamente la ferita non era particolarmente profonda, ma ha dato parecchio filo da torcere a Sam che non ha fatto che lamentarsi per tutto il tempo. Ellie era pallida come un cencio mentre teneva la torcia sollevata con quelle manine minuscole. Dean temeva che svenisse da un momento all’altro, ma alla fine è stata brava.
Da lì, si sono spostati e sono finiti qui, in questo posto sperduto che però è accogliente e per ora è dove meglio possano auspicare di stare. Sam è un po’ debole, la ferita gli brucia parecchio e, prima di fare chilometri e tornare verso Sioux Falls – casa di Bobby continua a essere il posto più sicuro del mondo, soprattutto in questo momento –, deve riacquistare un po’ di forze.
 
Ieri gli ha raccontato a grandi linee ciò che è successo da che è sparito: Occhi Gialli ha rapito lui e altri ragazzi tra cui Ava e Andy Gallagher; gli unici a non essere morti sono lui e quel figlio di puttana che l’ha pugnalato alla schiena che, ahimè, è riuscito a scappare. Doveva rimanerne solo uno e Sam non sa spiegarsi come abbiano fatto a fuggire senza che Occhi Gialli li abbia in qualche modo placcati, ma per Dean ciò che conta è che lui stia bene e nient’altro.
 
Pensa di non aver mai avuto tanta paura come quando l’ha visto inginocchiarsi a terra, ferito da quel coltellaccio. Se non fosse stato per Ellie – che è stata fredda, lucida, così brava nello sparare a quel Jake nel momento in cui lui sicuramente se lo aspettava di meno –, probabilmente gli avrebbe squarciato la schiena, facendo in modo di tagliargli il midollo spinale. Lo avrebbe ammazzato come un cane e Dean sarebbe stato troppo distratto, troppo preso dall’aver ritrovato il fratello per fare qualcosa per fermarlo. Fortunatamente lei si è avvicinata il tanto che è bastato per colpirlo nel punto giusto, in modo da fargli lasciare la presa su Sam.
 
Uno scalpiccio di piedi lo distrae da quei pensieri. Alza gli occhi e sulla soglia compare proprio Ellie, con i capelli arruffati e gli occhi piccoli. Deve essersi svegliata da poco. Indossa un paio di pantaloni di una tuta grigia e una felpa rossa con la tasca davanti e non sembra aver fatto il migliore dei sogni.
Lui le sorride «Buongiorno» e lei risponde con un cenno della testa, le mani strette nella tasca della felpa.
Si avvicina al tavolo «C’è qualcosa da mangiare per colazione?»
«Ancora no. Bobby è andato a fare un po’ di scorta».
Lei annuisce, visibilmente sopra pensiero – tanto che non ha nemmeno notato la sua birra, altrimenti sicuramente gli avrebbe detto qualcosa –, e si muove verso la finestra per dare un’occhiata fuori. Sembra una bella giornata, a giudicare dai raggi caldi che irradiano la stanza.
 
Non hanno avuto modo di parlare di ciò che è successo, del fatto che abbia sparato a Jake e di tutto quello che è seguito dopo. Dean non gliene fa una colpa, non potrebbe mai, ma ha come l’impressione che ci sia qualcosa che la turba, perché è strana da quel momento: più silenziosa, cupa, come se nella sua testa ci fosse un groviglio di pensieri scomodi.
 
Si alza e le si avvicina per poi abbracciarle la schiena, ma lei non ricambia e, anzi, sembra quasi sul punto di respingerlo. Non lo fa, però, e Dean ne approfitta per lasciarle un piccolo bacio sul collo e stringerla un po’ di più a sé. Sorride, prima di poggiare la bocca al suo orecchio. «Tu non hai idea della voglia che ho di farti stendere sulla prima superficie orizzontale disponibile e scoparti fino a farti urlare».
Ellie sbuffa aria dal naso, le guance rosse. «Immagino che dovrei prenderlo come un complimento».
Dean sorride malizioso, stringendola appena più forte e mordendole l’orecchio «Direi di sì».
La guarda stringere le labbra in una linea sottile «E a cosa devo questa struggente dichiarazione d’amore?»
Le dà un altro bacio sul collo, un po’ più languido «Per aver salvato la vita a mio fratello. Insomma, non che non ne abbia voglia abitualmente, ma… quando fai cose così belle mi sembra giusto ricompensarti come si deve». Ellie deglutisce in modo nervoso e non risponde e questo dà modo a Dean di approfondire un po’ il suo stato d’animo visibilmente poco sereno. «Stai bene?»
Ellie rimane immobile un secondo, poi si lascia andare a un sospiro rumoroso. «Non proprio» appoggia le mani sulle sue, gli occhi ancora rivolti fuori dalla finestra. «Stavo per ammazzarlo». Dean stringe le labbra tra i denti, ma prima che possa dire qualcosa lei parla ancora «Stavo per passare il confine, quello… » prende fiato, abbassando il capo per un istante e stringendo di più le mani di Dean «Quello è un essere umano. Bastardo quando vuoi, ma una persona».
«Una persona che stava per ammazzare mio fratello. Se non fosse stato per te—»
«Sì, ma a quale prezzo?» Ellie si volta, gli occhi lucidi «Stavo per ucciderlo».
«Forse avresti fatto bene» lei lo guarda severa «È la verità».
La guarda accigliarsi «Chiunque tocca tuo fratello in modo sbagliato merita di morire?»
Dean la osserva, imbronciato «Guarda che vale lo stesso per te» lei abbassa lo sguardo, ma lui non gliene dà modo, prendendola per le spalle e voltandola per poi alzarle il mento con le dita «Nessuno deve torcervi un capello. Né a te, né a lui».
Lei deglutisce «Questo non giustifica un’azione sbagliata».
Dean la guarda negli occhi e le prende il viso tra le mani, cercando di farle capire quanto ha apprezzato il suo gesto, la sua determinazione in quel momento così frenetico, per quanto sbagliato in altre occasioni. «Volevi difendere Sam. E poi l’hai colpito di striscio».
«Sì, ma l’istinto mi diceva di mirare dove potevo fargli più male e questo è sbagliato!» si scosta da lui per quanto possibile, passandosi una mano sugli occhi stanchi. «C’è differenza tra cacciare e uccidere. È una linea sottile, ma c’è, lo sai anche tu. È una delle poche cose che mi ha insegnato papà».
Dean deglutisce. Non ha tutti i torti, ma non è questo il caso di prendersela così tanto considerando che c’era di mezzo la vita di suo fratello e non di uno stronzo qualsiasi. «Sì, ma Sammy è vivo grazie al tuo sangue freddo. Questo ripaga tutto quanto» lei lo guarda e sembra ancora confusa, quasi spaventata «Non ti ringrazierò mai abbastanza per come hai gestito la situazione. Sei stata brava… davvero».
 
Ellie sospira appena, liberandosi definitivamente dalla sua presa. Si passa una mano sugli occhi stanchi «Non lo so. Ho… ho bisogno di schiarirmi le idee».
Dean la osserva e annuisce «Se vuoi vengo—» e non fa in tempo a finire la frase che lei scuote la testa e stringe le labbra in una linea sottile «No, ti ringrazio. Ho bisogno di stare un po’ per conto mio». Si sporge verso di lui per lasciargli un bacio umido sulle labbra senza dargli la possibilità di replicare ancora e si scosta, facendo qualche passo verso la porta che dà sull’esterno. Lui annuisce, mentre la guarda prendere il suo giacchetto, fare qualche altro passo, aprire la porta e uscire silenziosamente, sentendola più distante che mai.
 
Gli fa male saperla così dispiaciuta per qualcosa di cui, invece, Dean è tanto orgoglioso. Non è la prima volta che accade, che lei si crogiola nei brutti pensieri per aver fatto del male a quello che considera essere un innocente o quasi, e Dean pensa che sia parte del suo carattere, perché l’ha sempre vista dispiacersi così, ma stavolta… stavolta è diverso. Forse perché non le era mai capitato con un essere umano, o forse perché… perché non le piace mai passare il confine. A volte è capitato che ci andasse vicino, ma stavolta è stata a tanto così dall’oltrepassarlo e questo forse è quello che più la spaventa di tutta questa storia.
 
Il rumore di alcuni passi dietro di lui lo distrae da quei pensieri. Sam lo affianca e gli sorride appena dopo aver fatto un lungo sbadiglio. Anche lui è visibilmente sveglio da una manciata di minuti: ha gli occhi piccoli e la camicia bianca tutta stropicciata. Ha anche saltato un paio di bottoni mentre se l’allacciava. «Tutto ok?»
Dean stringe le spalle. Questa storia di Ellie lo preoccupa un po’ e, per di più, è un po’ che c’è qualche altro pensiero a tormentarlo e, forse, è venuto il momento di cominciare a parlarne con qualcuno. Arriccia le labbra in una smorfia pensierosa, sbuffando aria dal naso «Quando tutta questa storia sarà finita, io e te dobbiamo fare due chiacchiere».
Di fronte al mutismo di Sam, Dean si volta nella sua direzione, trovandolo con un’espressione imbronciata e perplessa dipinta sul volto. «È una cosa grave?» Dean scuote la testa, deciso «E allora perché non possiamo farlo adesso?»
 
Prende un respiro e lo guarda negli occhi; Sam ha ragione: non ha senso rimandare «Troviamo un posto più tranquillo, allora».

 

[1] Secondo la tabella degli eventi che ho consultato in internet, gli episodi 2x21 “All Hell breaks loose (Part 1)” e 2x22 “All Hell breaks loose (Part 2)” sono ambientati a Maggio 2007. Per non sfasare troppo la mia tabella di marcia, però, il cui ultimo evento precedente a questo capitolo è collocato a Gennaio dello stesso anno, ho deciso di ambientare questi capitoli a metà Marzo 2007, quindi un paio di mesi prima rispetto alla collocazione originaria del telefilm.
[2] Nell’episodio 2x21 “All Hell breaks loose (Part 1)” non viene specificato il posto dove si trovano Dean e Sam quando quest’ultimo viene aggredito da Occhi Gialli, perciò l’ho scelto io a mio piacimento XD
[3] All’inizio dell’episodio 2x21 “All Hell breaks loose (Part 1)”, si vede un cartello che recita “All day breakfast, lunch & dinner” insieme al nome della tavola calda.
[4] Sopra una porta dell’edificio descritto compare la scritta “Cobbler” che in italiano significa “Calzolaio”.
[5] Nell’episodio 2x21 “All Hell breaks loose (Part 1)” si evince che Ava è scomparsa per cinque mesi anziché i quattro citati, ma qui le tempistiche sono un po’ diverse, per questo ho cambiato questo dettaglio.
[6] Nella scena dell’episodio 2x21 “All Hell breaks loose (Part 1)” a cui faccio riferimento si intravede proprio un motel con una scritta al neon dietro le spalle di Bobby.
[7] Famosa citazione dello stesso Bobby dall’episodio 3x16 “No rest for the wicked”.
[8] David Hasselhoff è un attore statunitense, famoso soprattutto per aver interpretato Michael Knight nella serie TV Supercar e Mitch Buchannon in Baywatch.
[9] Nell’episodio 2x21 “All Hell breaks loose (Part 1)”, Bobby e Dean si spostano dal luogo in cui si sono incontrati per andare alla Roadhouse, dopo che Dean ha ricevuto una chiamata da Ash, trovandola distrutta. In questa storia, però, non ho inserito né la Roadhouse né i personaggi che ci girano intorno, perciò ho fatto sì che Ellie, Dean e Bobby rimanessero nei pressi del posto in cui si sono incontrati per parlare ed escogitare insieme un modo per trovare Sam.
[10] L’attore che interpreta Occhi Gialli, Frederic Lehne, è alto 1,78 m che è un’altezza ben differente dai 1,93 m che conta Jared Padalecki, ma essendo quest’ultimo seduto a terra in questa scena la percezione che gli arriva è un po’ diversa.
[11] Riferimento all’episodio 1x22 “Devil’s trap”.
[12] Cold Oak è una città immaginaria, inventata dagli autori di Supernatural per ambientarci l’episodio 2x21 “All Hell breaks loose (Part 1)”. Perciò, la distanza è calcolata da Grand Island, Nebraska, a Scenic, una città del South Dakota realmente esistente e realmente abbandonata, priva di abitanti e lasciata alla rovina.
[13] Nell’episodio 2x22 “All Hell breaks loose (Part 2)”, la casa abbandonata dove Bobby e Dean portano il corpo di Sam non si trova a Cold Oak, ma il luogo non viene specificato. Per questo, ancora una volta ne ho scelto uno io XD

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Capitolo 32
*** Oh won’t you do this for me, son, if you can? ***


Note: Eccomi qua! Buonasera a tutti! :D
La paura che avevo per il capitolo precedente è triplicata per questo perché, rispetto alla serie, cambia di parecchio le carte in tavola. Spero di non aver fatto disastri *si copre gli occhi in attesa di uova marce e pomodori*.
Vi prego di essere sinceri fino in fondo. Ero indecisa fino all’ultimo, ma… ma spero di aver fatto un buon lavoro. Se avete qualche perplessità, ricordatevi che mancano ancora due capitoli XD 
Vi auguro una buona notte e aspetto le vostre impressioni.
Un abbraccio fortissimo, a mercoledì! :****

Capitolo 32: Oh won’t you do this for me, son, if you can?
 
Mama told me when I was young
“Come sit beside me, my only son
And listen closely to what I say
And if you do this it will help you some sunny day
(…)
And be a simple kind of man
Be something you love and understand
Baby be a simple kind of man
Oh won’t you do this for me, son, if you can?”
(…)
All that you need is in your soul
And you can do this, oh baby, if you try
All that I want for you, my son, is to be satisfied”
 
(Simple Man – Lynyrd Skynyrd)
 
 
Siede al tavolo della cucina di Bobby, una tazza di caffè in mano mentre gli occhi gli scorrono veloci su un vecchio libro polveroso.
È sveglio da più di un’ora e non è che abbia dormito chissà quanto bene quelle due o tre che si sono concessi per riposarsi.
Si passa le dita della mano destra sugli occhi, stropicciandoseli appena e stira un po’ la schiena, avvertendo immediatamente quel doloretto in basso, quasi in fondo, dove uno stronzo gli ha conficcato un coltello nella carne.
 
Sono passati una decina di giorni da quando è successo. [1] Da che Dean, Ellie e Bobby sono andati a recuperarlo a Cold Oak, non hanno avuto pace e hanno passato giorni e notti intere a documentarsi e fare ricerche per scoprire le intenzioni di Occhi Gialli e di quello che Sam pensa sia ormai a tutti gli effetti il suo scagnozzo, Jake. Per farlo, però, si sono spostati a casa di Bobby a Sioux Falls, che Dean crede sia il luogo più sicuro al mondo soprattutto in questo momento – Sam non ne è tanto convinto, ma si fida di suo fratello perciò va bene così –, per evitare che il demone o chi per lui li attaccasse. In più, essendo preoccupato per la sua salute, da brava mammina qual è ha cercato in tutti i modi di farlo mettere a riposo, per farlo riprendere il meglio possibile da quel brutto taglio. Sam ha accettato storcendo un po’ il naso, ma lo ha fatto di buon grado: in fondo, deve riprendere le forze se vuole affrontare Occhi Gialli. E i primi giorni, con quel taglio che buttava sangue di continuo e gli faceva un male tremendo, di certo non sarebbe stato tanto in grado di farlo. Almeno gli è concesso di fare ricerche, che tanto è l’unica cosa che possono fare al momento, visto che in mano hanno poco più di un pugno di mosche.
 
È stato piuttosto male, all’inizio. La ferita gli doleva e, anche se Bobby – che ha le mani d’oro per questo, per quanto talvolta sia un po’ manesco quando usa il disinfettante su di lui, fingendo di non sentire quando ha dolore e lasciando il panno imbevuto d’alcol un po’ troppo a lungo sulla sua pelle – è stato bravo e ha fatto del suo meglio, i primi giorni sono stati un po’ difficili. Ora va molto meglio, però. Anche Ellie gli ha fatto qualche medicazione e Dean si è sempre preoccupato delle sue condizioni, cercando di dettare legge come sempre. Per fortuna c’è Ellie che lo tiene un po’ a freno.  
 
Sam ha i suoi dubbi sul fatto che qualcuno verrà a cercarli: Occhi Gialli gli ha detto senza tanti mezzi termini che, tra tutti i pretendenti alla corsa per diventare il suo braccio destro, lui era il suo preferito e, per quanto la cosa lo disgusti, gioca a loro vantaggio: sicuramente non verrà a stanarlo per farlo fuori. A patto che sappia che è ancora vivo, anche se dubita che non si sia accorto di nulla.  È troppo furbo e scaltro per lasciarsi sfuggire un dettaglio simile.
 
Sbuffa appena, seguendo il filo dei suoi stessi pensieri. Sono anche questi a tenerlo sveglio per buona parte del tempo.
Non ha ancora parlato con Dean di tutto quello che gli ha detto Occhi Gialli. Non solo perché non ne ha avuto il modo, ultimamente, ma anche perché non sa come spiegargli che dentro di lui scorre del sangue demoniaco. Come potrebbe? Non riesce nemmeno a immaginare la reazione di suo fratello. O forse non vuole. E poi, da quello che ha capito l’altro giorno, quando gli ha chiesto di parlargli, ha altre cose per la testa in questo momento. Oltre a quelle che riguardano anche lui, s’intende.
Sta di fatto che, al momento, l’obiettivo è trovare quel bastardo e farlo fuori. Fermarlo, perché sicuramente ha in mente qualcosa di terrificante, e poi farlo a pezzi. Dopo tutto quello che ha fatto alla loro famiglia, è quello che si merita.
 
Lo scalpiccio di alcuni passi lo distrae da quei pensieri. Alza la testa, trovando Ellie in piedi sulla porta. Le fa un sorriso che lei ricambia con una smorfia appena accennata, dirigendosi prontamente verso i fornelli e la caffettiera.
 
Non hanno avuto modo di parlare in questi giorni, ma ha notato che è un po’ strana: schiva, silenziosa… tutto il contrario di com’è di solito. Sam non pensa che dipenda da Dean: non li ha più sentiti discutere e ultimamente è lampante che vadano piuttosto d’accordo. Per fortuna, oserebbe dire, visto che quel periodo che non facevano altro che litigare si alternavano urla a una manciata di giorni tremendamente silenziosi. Non era una situazione piacevole.
Perciò non pensa che c’entri Dean, però… però lei non è la Ellie di sempre. C’è qualcosa che non va.
 
La osserva con attenzione mentre prende una tazza dalla piattaia sopra la sua testa, i capelli legati in una coda lenta, una vecchia tuta grigia chiara addosso, i piedi appena sollevati per arrivare meglio dove deve e un’espressione seria e pensierosa in viso. Sembra triste.
 
Si riempie la tazza di caffè e poi si volta nella sua direzione, tenendola saldamente tra le dita e appoggiando la schiena al pianale del lavello. Lo guarda negli occhi «Come stai oggi?»
Lui le sorride «Benino. Va meglio ogni giorno» e lei ricambia con una piccola smorfia contenta. «Mi fa piacere sentirtelo dire. Più tardi ti medico la ferita, Bobby avrà sicuramente da fare con le ricerche».
Sam annuisce e la guarda portarsi la tazza di caffè alle labbra. «Hai dormito stanotte?»
Lei stringe le spalle «Un po’. Tu?»
«Anch’io un po’» la osserva leccarsi le labbra e tornare a bere un sorso del suo caffè e gli viene in mente che non l’ha mai ringraziata per quello che ha fatto per lui. Non tanto perché non ha trovato il tempo, in mezzo a tutto questo via vai di ricerche, ma non si sono mai trovati da soli a fare due chiacchiere. Adesso, invece, che Bobby è nel suo studio e Dean è sotto la doccia, pensa che sia arrivato il momento giusto per affrontare il discorso. Appoggia la sua tazza sul tavolo e le fa un sorriso «Credo di… di non averti ancora ringraziata» lei alza la testa, lo sguardo di chi sta ragionando su cosa sta cercando di dirgli. «Per quando siete venuti a prendermi, a Cold Oak» Ellie si morde le labbra, abbassando velocemente la testa «Insomma, hai avuto prontezza di riflessi, io—»
«Non devi ringraziarmi, Sam» tira su col naso e lo guarda negli occhi; i suoi sono appena più lucidi. «Ho fatto il mio dovere».
Sam aggrotta la fronte, pesando bene le sue parole. È questo il problema: si sente in colpa. Le sposta la sedia accanto alla sua dal tavolo e la invita a sedersi con la mano sinistra; lei accetta di buon grado, avvicinandosi con la tazza tra le dita e gli occhi bassi. Sam si lecca le labbra, cercando le parole giuste «Non era il tuo dovere. O meglio, non penso che tu l’abbia fatto per quello. Io e Jake abbiamo lottato, prima che voi arrivaste, e ho avuto l’occasione di ucciderlo ma non l’ho fatto».
Lei stringe le spalle, sorridendo amaramente «Evidentemente io non sono come te».
«Ma se tornassi indietro forse lo farei». Ellie alza gli occhi di scatto, guardandolo intensamente. «Voglio dire, tu non hai fatto niente di male. Hai cercato di difendermi e ci sei riuscita, perché ti senti così in colpa?»
Lei stringe le labbra e fa un grosso sospiro «Perché se avessi dato retta all’istinto fino in fondo avrei mirato al cuore» tira su nuovamente col naso, mordendosi il lato destro del labbro. «Lo sappiamo tutti e due che è sbagliato. Quello è un essere umano».
«Lo so, ma c’era la mia vita in ballo. Tu hai fatto una scelta».
A quelle parole, lei alza di nuovo lo sguardo, gli occhi blu nei suoi «Non fraintendermi, Sam: sono orgogliosa di aver provato a salvarti e, se potessi tornare indietro, probabilmente lo farei di nuovo. È solo che… »
«Che il prezzo da pagare era la vita di un’altra persona».
Lei annuisce e abbassa di nuovo la testa, fissando il liquido nero e bollente della sua tazza. La accarezza piano, modellandone i contorni. «Tu, Dean e Bobby siete una famiglia per me. Prima avevo solo la mamma e avrei dato la vita per lei se questo fosse servito a salvarla, a tenerla in vita. Te lo giuro, quando stava male lo avrei fatto. Sono figlia unica e non so cosa significa avere un fratello, ma io ti voglio bene come se lo fossi. Quello che mi spaventa è fin dove posso spingermi per salvarvi la vita».
 
Sam annuisce, immagazzinando bene le sue parole nella sua testa. Adesso riesce a capire fino in fondo cosa voleva dirgli Dean quando hanno parlato e, in cuor suo, sebbene non condivida pienamente il suo discorso, non può che ammirarlo e realizzare quanto tutta questa storia lo abbia cambiato.
 
Allunga la mano sinistra verso il suo braccio e glielo afferra, muovendo il pollice su e giù per farle una lenta carezza. «Dean mi ha fatto un discorso simile, una volta» lei lo ascolta attenta, gli occhi fissi nei suoi. «È successo quando abbiamo salvato papà da Occhi Gialli, prima di accorgerci che fosse posseduto. Quando non c’eri» piega le labbra in una linea sottile; ricordare quei momenti gli mette un po’ di malinconia, ora che papà non c’è più. «Quando siamo scappati da quel residence, dei demoni ci hanno aggrediti. Erano come Meg ed erano persone possedute. Dean ne ha ucciso uno per salvarmi: gli ha sparato con la Colt e… e quando eravamo da soli, al riparo, mi ha confidato che si sentiva un po’ in colpa per aver spezzato quella vita, così come quella di Meg [2]» gli occhi di Ellie sono pieni di incredulità e stupore, come se avesse appena realizzato una cosa bella. «A quanto pare, siete più simili di quanto sembra».
Lei sorride appena «Beh, dovrà pur esserci qualcosa che ci tiene insieme» ride e Sam con lei, ma quella smorfia contenta dura poco.
Sam le accarezza ancora il braccio in modo più deciso. «Quello che voglio dirti è che a volte questo lavoro ci costringe a fare delle scelte difficili, ma quello che ho imparato è che l’importante è che siano giuste per coloro che ti stanno intorno e che ti vogliono bene. E per me, la tua è stata la migliore che potessi fare». Lei stira le labbra in un minuscolo sorriso, gli occhi lucidi e smarriti «Spero che questo ti rincuori».
Stende di più la bocca, mostrando appena la dentatura bianca. «Un po’».
 
Le sorride e non fa in tempo a dirle altro che Bobby compare sulla soglia e li guarda con la fronte aggrottata, chiaro segnale che ci sono guai in vista. «Dov’è Dean?»
Ellie risponde prima che lui possa aprir bocca «Di sopra a farsi una doccia. Dovrebbe venir giù a minuti».
«Ok, perché dovete vedere una cosa».
 
Si dirigono nel suo studio, ma aspettano che arrivi Dean per parlare. Ellie lo chiama e lui scende giù velocemente, tant’è che ha ancora i capelli umidi e la camicia a quadri celeste mezza sbottonata. Si siede accanto ad Ellie, poggiandole una mano sulla coscia destra – anche se lei non gli dà molta considerazione – e tiene gli occhi fissi su Bobby, in piedi di fronte a loro.
È lui a parlare per primo «Allora, che hai scoperto?»
«Beh, ho trovato qualcosa, ma… non sono sicuro di che accidenti significhi».
Sam aggrotta la fronte «Di che si tratta?»
«Omen demoniaci. Colpiscono come un’enorme ondata: bestiame morto, tempeste di fulmini… all’improvviso, dal nulla. Guardate» gli pone davanti una cartina degli Stati Uniti, piegata sul tratto continentale dove compaiono il Wyoming e gli Stati ad esso confinanti. Lo indica con le dita «In tutto questo territorio, tranne che qui: nel Wyoming meridionale».
Dean lo guarda stupito «Wyoming?»
«Sì. Quella zona è totalmente pulita, senza macchia. È quasi come se… come se i demoni gli girassero intorno».
È ancora Dean a parlare «E non sai perché?»
Bobby scuote la testa; la cosa non lo conforta molto «No, non sono riuscito a trovare assolutamente niente, ma possiamo lavorarci insieme. Quattro teste sono meglio di una, anche se le vostre non sono un granché».
 
Sam sorride a quella battuta, mentre Dean fa una smorfia divertita.
 
Nelle ore successive, si immergono totalmente nella lettura di qualsiasi cosa gli capiti a tiro: libri, volumi alti e pesanti, tutto quello che hanno pur di cercare di capire perché mai un’ondata di demoni dovrebbe attaccare dovunque tranne che in quel minuscolo – a confronto dell’intero Wyoming, s’intende – fazzoletto di terra.
 
È Ellie a trovare qualcosa di interessante diverse ore dopo: si tratta di un gruppetto di chiese, cinque per l’esattezza, posizionate ai vertici del piccolo territorio. [3] Non ha idea di cosa significhino, ma trova questo dettaglio particolare, una coincidenza singolare, perciò segna con delle X fatte con un pennarello nero dove sono collocate su una grossa cartina che pongono al centro del tavolo e continuano a lavorare, finché non è Bobby a interromperli di nuovo.
«Non posso crederci» cammina dalla cucina verso di loro, sorpassando la porta, in mano un grosso volume polveroso.
Sam lo affianca alla sua sinistra, curioso «Hai scoperto qualcosa?»
«Molto di più, figliolo» si appoggia con i pugni sul tavolo, indicando una a una le X nere sulla cartina. «Queste chiese sono state tutte edificate nella metà del diciannovesimo secolo da Samuel Colt».
Dean, seduto alla destra di Bobby, allarga gli occhi «Quello della pistola?»
«Esatto. E c’è di più: costruì una linea ferroviaria privata che collegava tutte le chiese» gira la cartina, ne traccia la lunghezza con l’indice della mano destra e prende il pennarello nero «E unendo i vari punti guardate cosa viene fuori» Sam osserva Bobby stapparlo e tracciare delle linee, andando a formare una stella a cinque punte. Dean spalanca gli occhi e lo stesso Ellie, seduta alla sua sinistra con un pugno chiuso sotto il mento.  
E' suo fratello a parlare per primo «Non riesco a crederci» seguito da lui «E' una trappola per demoni» punta gli occhi su Dean che si passa una mano sulla bocca, pensieroso. «Di oltre cento chilometri quadrati». 
«Geniale. I demoni non possono attraversare le linee di ferro. Non ne avevo mai sentito parlare».
«Nessuno lo ha mai fatto».
«E dopo tanti anni pensi che le linee li blocchino ancora? Insomma, che siano intatte?»
Sam lo guarda «Sì, certo» e Dean lo guarda un po’ incredulo «Che ne sai?»
«Queste orde di Omen demoniaci di cui parlava Bobby ci girano intorno, ma non riescono a entrare».
«Beh… ci stanno provando».
Ellie si allunga con la schiena, osservando attentamente la cartina «Perché? Cosa c’è dentro?» ed è Dean a risponderle «È quello che stavo cercando. Apparentemente non c’è nulla, eccetto un vecchio cimitero proprio qui» allunga il braccio sinistro per poi puntarlo nel mezzo della stella disegnata da Bobby, nei pressi di Granger. [4] «Al centro».
Sam osserva un attimo la cartina prima di rispondere «Che ci sarà mai di così importante in quel cimitero che Colt voleva proteggere?»
Dean sembra pensarci su e così tutti gli altri. «Beh, forse… forse non gli interessava allontanare i demoni, ma voleva trattenere qualcosa all’interno».
Ellie lo osserva incerta «Pensi che per noi sia meglio?»
Lui sospira appena, sbuffando aria dal naso «Non lo so».
Sam si rivolge a Bobby «Secondo te i demoni ce la faranno? Potrebbero entrare?» e lui scuote la testa «Quella barriera è così potente che ci vorrebbe una bomba per distruggerla. Non c’è modo per un demone di attraversarla».
 
A quelle parole, a Sam è tutto molto più chiaro: i ragazzi speciali, la competizione, il più forte a guidare un esercito. Non è di quello che aveva davvero bisogno Occhi Gialli: gli serviva un essere umano che gli aprisse la porta.
 
Fissa la cartina «No» e poi guarda Dean negli occhi «Ma so chi può riuscirci» e dallo sguardo che gli lancia suo fratello – deciso, privo di incertezza – è chiaro che anche lui, ora, ha capito. E adesso non gli rimane nient’altro da fare che dirigersi in quel cimitero e risolvere il problema una volta per tutte.
 
*
 
Sbuffa aria dal naso, la mascella contratta e le dita che stringono l’impugnatura bianca della sua fidata pistola, la stessa che maneggia ormai da troppi anni, ma che adora perché, tra le altre cose, non ha mai fallito un colpo. [5] Tiene le orecchie tese, attento al minimo rumore, la schiena appoggiata al marmo freddo della colonna scura che ha scelto come scudo.
L’idea è quella di stanare Jake non appena arrivi, perché sicuramente è questo che farà: verrà qui per compiere la missione che Occhi Gialli gli ha assegnato. È per questo che l’ha scelto, per attraversare la barriera di ferro che lo tiene lontano da qui.
 
Sono tutti appostati come lui: Sam, Bobby ed Ellie. Dean sospira appena a questo pensiero, lasciando fuoriuscire dal naso un piccolo sbuffo che diventa velocemente denso come un cumulo di nebbia.
Dopo quello che si sono detti nel casale abbandonato, quando sono fuggiti da Cold Oak, non c’è stato molto modo di parlarle. Oltre al tempo che scarseggia, c’è che lei è tremendamente scostante. Sembra non abbia voglia di tornare sul discorso e Dean, anche se a stento, ha cercato di lasciarla stare, ma non è che sia molto contento del risultato.
Una sera, ad esempio, mentre lei era a fare la doccia, è passato per caso di fronte alla porta del bagno e l’ha sentita singhiozzare forte. Era un suono sordo, forte, che ha avvertito distintamente nonostante l’acqua che scrosciava sul piatto della doccia e non sa come abbia fatto a resistere all’impulso di aprire la porta e correre ad abbracciarla, rischiando anche di bagnarsi tutti i vestiti e di prendersi un bel vaffanculo per aver violato il suo momento di sfogo. Si è trattenuto, però, con la fronte appiccicata alla porta del bagno, gli occhi chiusi e il cuore in gola mentre il suono di quei lamenti gli scoppiava dentro le orecchie, ed è rimasto finché non ha smesso, almeno cinque minuti dopo.
Gli fa male vederla così. Sta cercando di far finta di niente e di non pressarla, di darle il suo tempo e il suo spazio, ma in fondo crede che si stia solo facendo del male. È lui l’esperto della sublimazione, lei ha bisogno di tirare fuori ogni problema e parlarne, parlarne fino a che non le si secca la lingua e quello che sta facendo ora è tutto il contrario e non ne capisce il motivo. Forse per non dare a Dean troppi pensieri, anche se di solito è un atteggiamento che contraddistingue più lui che lei. O forse sono tornati a com’era quando è morto Jim, quando Ellie era tutta strana e non se la sentiva di dirgli nulla. Forse è il senso di colpa che la fa sentire così.
 
Lui sta cercando di comportarsi normalmente, nonostante tutto. Per darle un po’ di serenità, per non farle capire che è in realtà è preoccupato eccome, ma lei talvolta è addirittura fredda.
 
Il fatto è che non capisce fino in fondo perché si senta così in colpa. È vero, è capitato altre volte che, in situazioni simili, si ammutolisse per qualche giorno e rimuginasse su quello che aveva fatto, ma mai così tanto, mai così a lungo. Forse perché il bersaglio stavolta era un essere umano e non un demone più docile degli altri o una bestia per cui provava pietà, ma quello che vorrebbe farle capire è che, per la vita di Sam, lui avrebbe fatto anche di peggio. Se avesse avuto i riflessi pronti, s’intende. Anche se una parte di lui ha pensato che fosse proprio questo il problema: spingersi un po’ troppo in là per salvare qualcuno a cui vuoi bene. E questo, dati anche episodi passati che lo hanno riguardato da vicino, lo comprende eccome, ma ciò non toglie che è piuttosto stanco e soprattutto dispiaciuto di vederla così. Non se lo merita, soprattutto per quel testa di cazzo che stava per ammazzare Sam.
 
Anche lui lo preoccupa un po’: la ferita non era profondissima, ma non era neanche un taglietto ed è decisamente presto perché torni sul campo a briglie sciolte. Anche perché, oltretutto, è tremendamente agguerrito e questo lo rende, in un certo senso, pericoloso, in quanto quando fa così si butta anima e corpo nella battaglia e questo non fa molto bene al suo taglio e alla sua salute. Dean, in tutta questa situazione, può solo augurarsi con le dita incrociate e il cuore gonfio di speranza che vada tutto per il meglio.
 
Il rumore di passi incerti che si muovono verso di lui lo fanno riscuotere dai pensieri. Tende l’orecchio, stringendo di più l’impugnatura della pistola tra le dita. Avverte distintamente una figura camminare verso di lui e si posiziona su un altro lato della colonna, puntando gli occhi alla sua destra. Tra i fili d’erba ancora verdi ce n’è un po’ secca e Dean avverte le suole delle scarpe poggiarsi e aderire sul terreno, come in un momento a rallentatore di un film. Le tombe di quel cimitero abbandonato – poste disordinatamente sul terreno –, poi, sono delle lastre di pietra di varie forme – alcune a forma di crocifisso, altre rettangolari che poggiano sul lato corto – e Dean riesce ad avere una panoramica precisa di quello che sta accadendo.
Da lì a qualche istante, gli compare davanti la figura di un ragazzo di colore, alto, che indossa un giacchetto chiaro e si sta dirigendo in fondo al cimitero, verso quella che lui e gli altri hanno capito essere una specie di porta magica fatta di ferro, eretta su un lastrone di pietra grande quanto l’entrata di un grosso centro commerciale che si aziona con una qualche chiave. Non ha dubbi che sia Jake: ha impresso troppo bene nella testa la sua faccia da cazzo.
Lo osserva avvicinarsi ancora alla porta per poi intravedere Sam che esce dal suo nascondiglio per andargli incontro e solo a quel punto fa lo stesso, seguito anche da Ellie e Bobby.
 
«Come va, Jake?» la voce di suo fratello rimbomba in quel silenzio e il ragazzo si volta, trovandoli tutti e quattro con le pistole puntate contro di lui.
Li guarda con gli occhi sgranati «Immaginavo che veniste qui» e si rivolge a Sam «O almeno che lo facessi tu».
La voce di Bobby suona quasi rassicurante «Ti consiglio di stare calmo, ragazzo», ma Jake non sembra volerlo ascoltare «E se non volessi farlo?»
«Non ci provare!» tuona Sam e la sua voce suona talmente minacciosa che Dean ha quasi paura per Jake. Non ha mai sentito pronunciare parole con una cattiveria simile e la cosa un po’ lo frastorna, ma cerca di non badarci. Non è il momento per farlo.
Jake lo guarda con aria di sfida «Che c’è, sei diventato un duro? Che vuoi fare, uccidermi?»
«Ci sto riflettendo» e Dean è sicuro che dietro quelle parole ci sia una parte di verità.
«Hai già avuto la tua occasione e l’hai sprecata».
«Non farò due volte lo stesso errore».
Jake gli ride praticamente in faccia e a Dean dà sui nervi «Che cos’hai da ridere, figlio di puttana?»
Il ragazzo lo guarda di sbieco, per poi puntare gli occhi su Ellie «Oh, mi ricordo bene di te… sei la stronzetta che mi ha fatto male alla spalla» Dean si volta di scatto a guardarla e la trova tesa con gli occhi fissi su di lui, la pistola puntata verso il centro dei suoi occhi. Ellie ha un’ottima mira e Dean sa che se volesse riuscirebbe a colpirlo dove gli fa più male, ma è certo che non lo farà. Purtroppo. «Vediamo se ti piace la sensazione: perché non ti punti quella pistola alla testa?» gli occhi di Jake luccicano per un istante e nel giro di pochi secondi Ellie si ritrova con la mano sinistra che impugna l’arma che sembra muoversi da sola, andando a puntare alla sua tempia. Dean sgrana gli occhi e così fanno gli altri. Quelli di Ellie sono pieni di paura, ma non fa una grinza: non dice nulla, non replica, rimane in silenzio con quell’arma puntata contro e Dean ha più paura che mai, per quanto cerca di nasconderlo per non darla vinta a quel figlio di puttana che osserva la scena sghignazzando. «Aveva ragione Ava: se ti affidi al male scopri che la tua mente può fare un sacco di bei giochetti».
Sam rinforza la presa sulla pistola «Lasciala andare!»
Jake ride ancora «Vi consiglio di stare attenti a quello che fate: prima che possiate toccarmi, lei si spappolerà il cervello. Proprio come voleva fare con me». Li osserva uno per uno «Ora abbassate tutti quanti la pistola» e sorride guardando Ellie «Eccetto te, tesoro». Dean la guarda, indeciso sul da farsi, ma è costretto a dar retta a quello stronzo, proprio come Sam e Bobby. «Molto bene, grazie» sorride ancora nella loro direzione e poi scatta all’indietro, correndo a infilare la Colt nel buco che apre la complessa serratura di quella porta blindata.
 
Dean e Bobby si fiondano su Ellie, allontanandole il braccio dalla testa e fanno giusto in tempo a farlo prima che le parta un colpo, ovviamente pilotato da Jake. Per fortuna non la colpisce nemmeno di striscio, visto che la pistola era puntata verso l’alto e tirano un grosso sospiro di sollievo vedendola reagire.
Sam, invece, si dirige verso Jake e Dean lo capisce quando avverte il rumore degli spari. Sono tanti, troppi, forse addirittura una decina, e quando si avvicina Jake è già a terra, gli occhi vitrei e una serie di buchi che lo fanno sembrare un colapasta. Punta gli occhi su Sam, che gli interessa decisamente di più in questo momento: ha lo sguardo fisso, cattivo, gli occhi puntati sul cadavere di quel ragazzo che voleva farlo fuori e un paio di goccioline di sangue che gli sporcano il viso, qualcosa che Sam pulisce prontamente, senza degnarlo di uno sguardo.
 
Dean lo osserva qualche istante, ma è costretto velocemente a puntare gli occhi su qualcos’altro: la Colt ha avviato un meccanismo che si blocca quando forma una stella a cinque punte e sembra sul punto di scoppiare, poi, come se dietro ci fosse una grande forza che spinge per farla aprire. Bobby osserva il tutto con preoccupazione ed è Ellie a chiedere «Che cos’è?»
La sua risposta lascia poco spazio all’immaginazione: «L’Inferno» e Dean fa in tempo solo ad allungare un braccio per prendere la Colt prima che la porta si spalanchi, lasciando uscire una nuvola densa, nera come la pece.
 
Si riparano dietro le tombe, osservando da lontano l’orda di demoni uscire da quella porta spalancata. Dean guarda Bobby, poco più in là «Che diavolo sta succedendo?»
«Quella è un’entrata dei demoni, una porta dell’Inferno» lo osserva impugnare la sua pistola «Muoviamoci a chiuderla» [6] e si alzano tutti e quattro, correndo veloci verso la porta di ferro.
 
Dean, però, si ferma dopo qualche passo, osservando la Colt che tiene saldamente nella mano destra. La osserva velocemente, aprendone il caricatore per controllare se c’è ancora la pallottola che vi aveva lasciato. Sorride appena notando che sì, è ancora lì, e ragiona, pensando che se il demone ha dato questa a Jake vuol dire che è nei paraggi e non fa in tempo a rifletterci di più che un paio di passi minacciosi dietro di lui lo fanno voltare di scatto. L’uomo alto che gli sorride arcigno che si trova davanti è proprio il demone: lo riconosce dai suoi occhi gialli, così simili a quelli di un serpente velenoso. Gli punta subito l’arma contro, pronto a sparare, ma lui gliela strappa di mano con un ghigno dipinto sul viso. «I bambini non dovrebbero giocare con le armi» e lo scaglia lontano, tanto che Dean finisce contro una lapide.
Il dolore alla schiena, spiaccicata contro il suolo, è forte, per non parlare di quello alla fronte dove dovrebbe avere un taglio: sente qualcosa scorrergli giù sul viso e ne ha la prova quando si tocca su quel punto, constatando velocemente che si tratta di sangue.
 
Guarda Occhi Gialli voltarsi dietro di lui e affermare «Sarò da te tra un minuto, ragazzo, non mi hai deluso» e, a giudicare dalla fierezza nella voce, probabilmente sta parlando con Sam, ma Dean non riesce a vederlo perché il demone lo tiene schiacciato con la schiena contro la lapide e questo gli impedisce di muoversi. Lo guarda voltarsi verso di lui, gli occhi gialli e intensi nei suoi e quel maledetto sorriso da presa per il culo stampato sulle labbra. Abbassa la mano e gli si avvicina con passi lenti e decisi per poi accovacciarsi al suo fianco. «Sapevo che voi guastafeste sareste venuti qui, stanotte. Ma è una buona cosa, dopotutto».
Dean digrigna i denti come un cane rabbioso; prova ribrezzo solo a guardarlo. «E perché mai?»
«Perché ho sempre preferito Sam a Jake. È forte, addestrato… il cavallo giusto su cui puntare».
«Lascia stare mio—»
«Oh, il piccolo Sammy sa da solo qual è la sua strada» Dean aggrotta appena la fronte, provando una fitta di dolore proprio vicino al taglio fresco. Sente scorrere il sangue fin sotto l’occhio sinistro. «Non hai visto quello che ha fatto a Jake? Ha della stoffa, il ragazzo» Occhi Gialli sorride, un ghigno orgoglioso che gli taglia la faccia in due «Non ti sei mai chiesto perché io gli abbia messo gli occhi addosso? Perché è così… importante che lui viva? Avrei potuto fermarvi, trovarvi e uccidervi tutti, eppure non l’ho fatto. Sam mi piace, è una perla rara. Se si lasciasse andare un po’ potrebbe solo migliorare».
Dean sente ribollire il sangue nelle vene «Sta zitto!» ma lui non sembra badarci «Oh, ma tu non sarai comunque qui ad assistere. Quindi è inutile discuterne» ride ancora, lo stronzo, e si alza in piedi «Ti ho tenuto in vita abbastanza» prende la Colt e gliela punta contro «Adesso non ha più senso farlo, perciò… sayonara» [7] sorride ancora e Dean ha davvero paura che sia arrivata la fine.
 
Cerca di divincolarsi, ma non ha via di scampo, quel pezzo di merda lo tiene ancorato a quella maledetta pietra. Lo guarda stringere l’indice della mano destra sul grilletto ed è sicuro che lo premerebbe se non comparisse un’ombra dietro di lui, qualcosa che lo blocca, prendendolo per la vita e trascinando via la sua essenza demoniaca, lasciando il corpo umano esamine a terra. Dean osserva la scena con gli occhi sgranati e riconosce immediatamente quella figura: suo padre John. Lo guarda provare a scagliare via quella nuvola nera, ma si sente un po’ più libero dalla morsa che lo costringeva a rimanere incollato alla lapide e allunga un braccio fino a strappare di mano la Colt al corpo esanime di Occhi Gialli prima che papà perda la presa che aveva sulla nuvola nera e che quest’ultima torni nel corpo del poveraccio che il demone ha scelto come contenitore. Lo guarda alzarsi di fuga e sgranare gli occhi, incredulo, quando Dean preme il grilletto e punta la pistola dritta al suo cuore, liberando l’ultimo proiettile di quell’arma prodigiosa. Lo colpisce in pieno, sotto gli occhi increduli dello stesso demone che cade a terra, un paio di lampi che lo incendiano dall’interno e gli occhi che tornano umani, limpidi, sebbene ora siano vitrei.
 
Riesce ad alzarsi anche se un po’ a fatica, ora che il demone è morto, e avverte il tonfo della porta dell’Inferno che si chiude in lontananza, ma non ci bada, troppo preso dalla figura di suo padre poco distante. Gli va incontro, i passi un po’ incerti e lo sguardo insicuro e commosso, e quasi non gli sembra vero quando suo padre fa lo stesso. Sussulta, quando gli poggia la mano sinistra sulla spalla e lo guarda con gli occhi lucidi, orgoglioso ed emozionato, conscio come lui e Sam – che è lì, alla sua sinistra, arrivato così velocemente che Dean non se n’era nemmeno accorto – che la battaglia più grande che abbiano mai combattuto sia finalmente finita.
 
Papà si volta a guardare anche Sam e una lacrima gli scende giù dall’occhio sinistro mentre gli sorride. Non dice nulla, ma non ce n’è bisogno: tutti e tre hanno idea della portata di quello che è appena avvenuto, di quanto sia importante e, guardando la figura di suo padre dissolversi in una luce chiara, realizza fino in fondo tutto il suo sacrificio e quanto gli sia costato ma è sicuro che lui direbbe che ne è valsa la pena.
«La caccia prima di tutto, figliolo. Quel mostro la deve pagare per averci portato via la mamma». Dean ha tenuto quelle parole nel cuore e nella testa per tutta la vita, ripetendole come un mantra quando le cose si facevano difficili. E adesso, anche se è diventato grande e più consapevole di tante cose, è sicuro e fiero di aver portato a termine il compito più difficile della sua intera esistenza.
 
Si sposta di qualche passo e fissa il cadavere di quell’uomo che ha rincorso insieme al padre da che aveva quattro fottuti anni, ne scruta i contorni del viso e della figura, i vestiti logori e gli occhi vitrei che non gli fanno più paura, che non possono più fargli del male. È una sensazione talmente bella che gli sembra di stare a qualche centimetro da terra, tanta è la gioia che sente dentro.
Alza la testa per guardare il fratello, in piedi di fronte a lui con le braccia lungo i fianchi e uno sguardo pieno di commozione e fierezza. Sorride, pensando tra sé e sé, la Colt ancora stretta tra le dita della mano destra «Direi che questo possiamo toglierlo dalla lista delle cose da fare prima di morire».
Sam sorride appena prima di guardarlo «Ce l’hai fatta. L’hai fatto davvero».
«Sì, ma non da solo».
Suo fratello si lecca le labbra; sembra sconvolto, ma in modo positivo. «Credi che papà sia… sia risalito dall’Inferno?»
Dean stringe le spalle «Beh, si era aperta una porta, e… e se c’era uno testardo al mondo, quello era lui».
Sam annuisce, visibilmente commosso «E dove pensi che sia ora?»
Scuote la testa «Non lo so» e si sente triste al pensiero che probabilmente non lo vedrà più, stavolta sul serio, ma il sorriso gioioso del fratello lo distrae. «Io non riesco ancora a crederci, Dean. Per anni ci siamo preparati a questo e adesso io… » lo guarda negli occhi; i suoi sono pieni di gioia e soddisfazione «Io non so cosa dire».
Dean ghigna appena e non ci pensa neanche un istante, soddisfatto «Io sì» si accuccia di fianco al demone; adesso non gli fa davvero nessuna paura. «Ho vendicato la mamma, brutto figlio di puttana» e si sente così libero che se potesse lo griderebbe al mondo intero.
 
Si alza in piedi e subito viene raggiunto da Ellie, seguita da Bobby, che gli corre incontro, gli occhi blu fieri quando vede Occhi Gialli a terra. Guarda lui e poi la Colt che tiene in mano e deve capire velocemente quello che è successo perché gli prende il viso tra le mani e si alza sulle punte dei piedi per baciarlo sulla bocca. Gli sorride e il suo sguardo commosso e sincero sembra dirgli sono tanto, tanto fiera di te. Lo abbraccia, poi, e si rivolge a Sam «Tu stai bene?»
Suo fratello annuisce «Tu?»
«Anch’io. Ho avuto un po’ di paura quando Jake mi ha fatto puntare quella pistola alla testa, ma adesso sto bene». Dean le accarezza un fianco, guardando Bobby. Anche lui osserva il cadavere del demone al suolo e poi si rivolge a tutti loro «Occhi Gialli è morto finalmente, ma altri hanno attraversato la porta».
Dean pensa a voce alta «Quanti saranno?» ed è Sam a rispondergli «Un centinaio, forse duecento. Un esercito… ha liberato un esercito».
Bobby sbuffa appena «Spero che voi, ragazzi, siate pronti. La guerra è appena iniziata».
 
Sam lo guarda negli occhi e Dean sa perfettamente ciò che vuole dirgli, lo sa con precisione, ma non può rispondergli adesso. Ha bisogno di riprendere un po’ il fiato, di stapparsi una birra e discutere prima con lui faccia a faccia, da soli, che ha in mente un paio di cose che gli ha detto Occhi Gialli che gli ronzano ancora in testa, qualcosa che può approfondire solo con lui.
 
Decidono di seppellire il cadavere del pover’uomo che conteneva il demone [8] e lo fanno senza tante cerimonie: prendono un paio di pale in macchina, scavano una buca e ce lo buttano dentro. Sono in un cimitero, oltretutto: non c’è luogo migliore per sotterrare un uomo morto.
 
È notte fonda e hanno bisogno di un posto caldo dove nascondersi, perciò decidono di uscire dal camposanto e riprendersi le auto, Dean l’Impala e Bobby il suo furgoncino sgangherato. Con la scusa che ci vuole qualcuno che lo tenga sveglio, convince Ellie a salire con Bobby – che brontola, dicendo qualcosa come «mi ha davvero preso per un vecchio rincoglionito», ma Dean fa finta di niente e lo lascia perdere –, mentre Sam si siede al suo fianco, prendendo quello che è sempre stato il suo posto da che Dean si è impossessato di quell’auto, l’unico tetto fisso sulla testa che ha avuto per tanto tempo.
 
Sono diretti a Sioux Falls, ma sicuramente sosteranno da qualche parte per la notte. Sono più di dodici le ore che si separano dalla meta [9] e sono piuttosto stanchi.
 
Il primo tratto di viaggio è piuttosto silenzioso, ma quando Dean vede Sam leccarsi le labbra con la coda dell’occhio, capisce che il tempo del silenzio è bello che finito.
«Immagino che tu voglia dirmi qualcosa».
Dean sorride sghembo, una smorfia appena accennata sulle sue labbra «Cosa te lo fa pensare?»
«Beh, il fatto che hai mandato Ellie in macchina con Bobby, per esempio. Penso che al momento io sia l’ultimo dei tuoi pensieri… almeno stanotte».
Ora si fa più serio, un po’ infastidito da quelle parole «A lei penserò a tempo debito. Prima ho bisogno di chiederti un paio di cose».
Sam si ammutolisce un istante, poi lo vede fare spallucce con la coda dell’occhio «Ti ascolto».
Dean deglutisce; un po’ gli mette pensiero affrontare questo argomento, ma non può fare altrimenti. «Quando Occhi Gialli mi è venuto vicino, prima, mi ha fatto un discorso che mi ha fatto riflettere» osserva per un istante Sam che lo guarda concentrato per poi puntare nuovamente gli occhi sulla strada. «Mi ha parlato di te in modo entusiastico, mi ha detto che… che hai della “stoffa” e non ti nascondo che il tono che ha usato mi ha fatto pensare. Insomma, che avesse dei progetti per te era chiaro, lo sapeva anche papà, ma… ma tu? Sai qualcosa che non so?»
Sam aggrotta la fronte «In che senso?»
Dean sbuffa, irrequieto «Non ci sono molti sensi in questa frase, Sammy: lo sai o no?»
 
Lo osserva leccarsi le labbra con la coda dell’occhio e non ha dubbi: la risposta alla sua domanda è e non può fare a meno di chiedersi perché mai suo fratello glielo abbia tenuto nascosto. Anche se una parte di lui pensa di sapere già la risposta e la cosa non gli piace per niente.
 
«Quando… quando mi è comparso in sogno, mi ha fatto vedere quello che… quello che è successo quella notte, nella mia cameretta».
Dean sgrana gli occhi e lo guarda fisso «E?»
«E guarda la strada» Dean obbedisce, realizzando che stava tenendo il volante un po’ troppo a sinistra e la macchina stava facendo lo stesso, così addrizza il tiro, ma continua comunque a tenere le orecchie ben tese. «E c’è un motivo per cui ho questi poteri. In pratica mi ha… mi ha fatto bere del sangue demoniaco. Credo che lo abbia fatto anche con gli altri bambini».
Dean non riesce a credere alle sue orecchie, ma soprattutto non capisce perché il fratello se lo sia tenuto per sé. Insomma, non poteva dirglielo? Hanno avuto modo di parlarne, di rimanere da soli e affrontare l’argomento, perché nasconderglielo?
«E perché me lo dici adesso?»
«Tu come hai fatto con quella storia di papà?»
Dean sbatte le palpebre un paio di volte; non riesce a capire il nesso. «Ma che c’entra? Io a papà lo avevo promesso, tu invece—»
«Io invece non me la sono sentita» lo vede abbassare la testa con la coda dell’occhio, i capelli che gli vanno a coprire il viso stanco «Avevo paura che mi giudicassi».
«E perché avrei dovu—»
«Maledizione, Dean, ho sangue demoniaco dentro di me!» [10] sbotta, alzando il tono della voce «Non è che ci sia molto di cui parlare. Non posso nemmeno andare da un dottore e dirgli “Salve, mi scorre dentro del sangue di demone, come posso fare per guarire?” perché non c’è medicina, né cura» Dean lo vede passarsi una mano sugli occhi e sbuffare aria dal naso, come per cercare di calmarsi. «Per questo non ti ho detto niente. Avevamo altre cose a cui pensare, dovevamo liberarci del demone e… e comunque non puoi farci niente. E nemmeno io» si passa la lingua sulle labbra «Mi servirà del tempo per capire quello che vuol dire, che effetti ha su di me, se… se avrò altre visioni e cosa comporterà tutto questo. Considerando, poi, che non ho neanche più nessuno a cui chiederlo, perché quelli come me sono tutti morti, probabilmente sarà un po’ più difficile».
Dean deglutisce; crede di sapere perfettamente dove sta cercando di arrivare suo fratello «Che significa?»
Lo sente sbuffare aria dal naso, piano «Significa che per il momento, se hai intenzione di fare ciò che mi ha detto, dovrai farlo da solo».
Dean stringe i pugni sul volante, nervoso «Oh, andiamo Sam, come pensi che faccia a—»
«Ho ragionato su quello che mi hai detto e… ed è giusto che segui una strada, Dean. Prendi quella che ritieni migliore, per una volta senza badare a me».
 
Dean stringe il labbro inferiore tra i denti, sforzandosi a rimanere in silenzio. La verità è che avrebbe voglia di picchiarlo, di dargli tante di quelle botte da riempirgli la faccia di lividi, perché è stato il primo a cui ha parlato del suo piano proprio perché credeva di trovare un appoggio in lui, che gli desse una mano. Invece, non ha trovato altro che un muro di parole ostili e un rifiuto dalla persona su cui sperava di poter contare di più.
 
Alza il volume della radio che suona un pezzo dei Metallica e si acciglia, la bocca cucita e la fronte aggrottata, mentre con la coda dell’occhio osserva Sam che lo guarda stupito, come se si aspettasse una reazione tremendamente diversa. Dopo un po’ si volta anche lui, però, gli occhi verso il finestrino e Dean si permette di alzare di più il volume. Tanto, da qui a quando arriveranno a destinazione, sa già che non hanno altro da dirsi.
 
*
 
Siede sul cofano dell’Impala, gli occhi al cielo e poi alla bottiglia di whisky che stringe tra le dita e porta alla bocca ogni tanto, in un gesto annoiato. Non ha neanche voglia di bere, per quanto l’alcol sia un valido compagno in questa notte tanto solitaria.
È quasi mezzanotte ed è qui da almeno dieci minuti. È partito presto, dopo cena: è andato a fare un giro nei dintorni, si è fatto una bevuta e poi è tornato, pensando di rientrare in casa presto, invece si è messo a pensare e non l’ha ancora fatto.
 
Sono da Bobby ormai da un paio di giorni. La notte in cui hanno ucciso Occhi Gialli hanno dormito a Rawlins, nel Wyoming, e sono ripartiti la mattina dopo per poi venire qui. Non hanno idea di dove andranno, ma per il momento hanno deciso di fermarsi, per riprendere un po’ di fiato e capire come muoversi d’ora in poi.
 
Dean aveva le idee chiare, ma dopo aver parlato con Sam non ne ha più nessuna. Per questo ha preferito prendersi una serata “di svago”: per analizzare la situazione da solo e capire il da farsi. Non che ci sia riuscito molto, anzi, ma almeno può dire di averci provato.
 
Ellie l’ha chiamato un paio di volte da che è uscito, ma non le ha risposto.
L’altra sera era felice come Dean non la vedeva da un po’: non aveva potuto vederlo mentre uccideva Occhi Gialli, troppo impegnata a cercare di chiudere la pesante porta dell’Inferno insieme a Bobby, e per questo si è fatta raccontare dopo tutti i particolari. Dean ha snocciolato i più importanti, senza andare troppo in profondità sui discorsi che ha fatto quel figlio di puttana. Era seduta sopra le sue ginocchia, le braccia intorno al suo collo e lo guardava con gli occhi pieni di ammirazione, fieri. Per Dean è stata la soddisfazione più grande.
Quella notte, sotto le coperte, quando Sam – che dormiva sul letto di fianco – non poteva sentirli, gli ha raccontato di John, del suo intervento e del modo in cui lo guardava e lei, con gli occhi lucidi e un sorriso che le andava da un orecchio all’altro, prima di baciarlo gli ha sussurrato «Tuo padre è sempre stato orgoglioso di te, Dean. Solo che non ha mai saputo dimostrartelo» e mai come quella volta Dean si è sentito di darle ragione.
 
È stata una bellissima sorpresa, per lui, se così può chiamarla, trovarlo lì in quel momento. Il fatto è che hanno lottato per anni e anni uno di fianco all’altro per ottenere questa grande vittoria e averlo lì a guardarlo mentre faceva fuori quella feccia di demone è stata la più grande delle soddisfazioni. E non ha dubbi sul fatto che Sam possa dire lo stesso.
 
Sbuffa aria dal naso e stringe le labbra tra i denti. Poggia la bottiglia di whisky sul cofano dell’Impala e abbassa lo sguardo, l’occhio che gli cade sul braccialetto di pelle che non toglie mai. Lo sfiora con l’indice della mano sinistra, facendogli fare un giro intorno al suo braccio. Ellie glielo aveva regalato per il suo compleanno quando non erano ancora niente se non due ragazzi che passavano del tempo insieme mentre i loro padri avevano dei progetti comuni, quando si conoscevano appena. Dean non l’ha più tolto, nonostante non sia più nuovo come un tempo ma ci è affezionato, perché è stato il primo regalo di Ellie quando le luci dei lampioni che costeggiavano la strada della sua vita erano completamente spenti.
Adesso sono cambiate tante cose, non sono più quei due ragazzi smarriti che cercavano a tutti i costi l’approvazione dei loro genitori e Dean sta seriamente pensando che forse si meritano di meglio, ma è un pensiero confuso e precario, qualcosa che lo tiene sveglio la notte, ma che è meglio cercare di tenere a bada. Anche se non sa quanto a lungo.
 
Afferra nuovamente la bottiglia e beve un altro sorso del suo whisky, avvertendo qualche passo veloce dietro di lui. Si volta di scatto e si ritrova di fronte il viso preoccupato di Ellie che lo scruta, la treccia un po’ scompigliata e il cellulare stretto tra le dita della mano destra.
Lo guarda dritto negli occhi «Finalmente» e gli si avvicina, per poi prendergli il viso tra le mani. «Dove sei stato? Ti ho chiamato e non mi hai risposto».
Lo stringe forte con le dita e Dean accenna un sorriso, appoggiando nuovamente la bottiglia sul cofano della macchina e accarezzandole la mano destra con la sua «Sono stato a fare un giro, niente di che».
Ellie si imbroncia un po’ «Potevi almeno rispondermi. Mi hai fatto preoccupare» non glielo dice a mo’ di rimprovero, ma sembra comunque un po’ dispiaciuta. Si scosta, togliendogli le mani dal viso e afferra il lembo della sua giacca di pelle, abbassando la testa «Mi… mi dici che hai? Da quando siamo qui sei strano, pensieroso. Posso sapere perché?»
 
Alza gli occhi verso di lui; sono quasi imploranti, confusi. È vero: da che sono a Sioux Falls, Dean si è comportato in maniera strana, o meglio insolita per uno che ha appena ammazzato il mostro che gli ha rovinato la vita e dovrebbe essere felice, col sorriso stampato in bocca dalla soddisfazione dalla mattina alla sera. È solo che la discussione con Sam l’ha stravolto, incidendo profondamente sul suo umore.
 
Allunga una mano verso il suo viso e le mette un ciuffetto di capelli dietro le orecchie, una smorfia triste che gli disegna le labbra. «Per spiegartelo dovrei dirti tante cose» ed è così: dovrebbe partire dal principio, snocciolare i dettagli, anche e forse soprattutto i più dolorosi, e parlarle senza filtri.
 
Lei lo guarda negli occhi, decisa «Se vuoi cominciare adesso, io ti ascolto».
 
Dean sbuffa aria dal naso e sa che stavolta non può fuggire: deve dirle la verità. E deve cominciare dall’inizio, da ciò che ha lasciato indietro, da quello che le ha nascosto per non farla soffrire. È inevitabile, ormai: deve essere sincero fino in fondo se vuole dare una svolta e stavolta è pronto a prendersi le sue responsabilità.
 
Sbuffa appena e annuisce, prendendole entrambe le mani tra le sue. «Sarà una cosa lunga, però, e fa freddo. Entriamo in macchina».
Ellie lo guarda perplessa «Perché non in casa? Stasera siamo sul divano, potremmo—»
«Appunto, non è il caso».
 
A quelle parole, lei stringe le spalle e annuisce, girando intorno all’Impala per poi sedersi sul sedile del passeggero. Dean fa lo stesso, sedendosi sul posto del guidatore accompagnato dal tonfo della portiera che si chiude dietro di lui.
Abbassa la testa e le prende le mani, poi sbuffa ancora aria dal naso e si fa coraggio, ripetendosi che non può fare altrimenti. Non più.
 
Comincia dal principio, da quando suo padre gli ha fatto quella ramanzina, quella che le ha sempre nascosto. Le parla senza mezze misure, senza sconti, riportando le sue parole come se fosse lui stesso, in quel momento, a schiaffargliele in faccia. Come ha fatto lui con Dean quel giorno.
Lei lo guarda rattristata, ma non è afflitta. Sicuramente sapeva già tutto, o meglio, se lo era immaginato per tutto questo tempo.
La osserva stringere le spalle, infatti, la testa bassa «Lo immaginavo, Dean. Anche quando stavi male, all’ospedale, tuo… tuo padre mi ha detto senza mezzi termini che non capiva perché andassimo a letto insieme, cosa ci vedevi in me» si lecca le labbra e Dean stringe di più le mani intorno alle sue; che suo padre non fosse un gentiluomo lo aveva capito da un pezzo, ma lo pensava un po’ meno stronzo. Chissà perché Ellie istigava in lui tutta questa freddezza. «Ma non devi preoccuparti per questo, io… io ormai c’ho fatto l’osso. Mi dispiace solo per te che ci sei stato male».
Dean stringe le spalle e lei alza gli occhi verso di lui per guardarlo, un’espressione un po’ dispiaciuta dipinta sul viso. «Sarei un ipocrita se ti dicessi che non mi ha scosso. Io ho… ho sempre cercato la sua approvazione, in ogni cosa che ho fatto nella mia vita. Ho sempre voluto renderlo orgoglioso e quando mi ha detto che quello che stavo facendo era sbagliato io… insomma, sebbene sapessi che quando stavo con te stavo bene e non volevo lasciarti—»
«Il pensiero di farlo ti è venuto».
Dean la guarda dritta negli occhi; non c’è rancore nelle sue parole, né tristezza, solo una completa e profonda comprensione, qualcosa che lo spiazza completamente. Annuisce, sbattendo le palpebre un paio di volte e abbassando gli occhi sulle sue mani. «Ma non era tanto per lui. O meglio, non solo, io… insomma, quello che mi ha detto mi ha dato un po’ da pensare. Anche e soprattutto sul futuro. Voglio dire, io… io vorrei che tu fossi felice, che tu abbia la vita che desideri. E questo lo pensavo anche da prima, ma… ma è come se quelle parole avessero tirato fuori questo pensiero, come se gli avessero tolto la polvere e lo hanno portato a galla».
Lei gli alza il mento con le dita, sorridendo appena «Te l’ho detto tante volte: la vita che voglio è questa, non devi pensare che—»
Dean le sorride tristemente «Non è vero» mentre lei lo guarda perplessa, confusa «Hai sempre detto che non vuoi fare la cacciatrice per sempre, che… che era solo un lavoro passeggero per stare vicino a tuo padre» si prende una piccola pausa per osservarla con attenzione: è attenta, in attesa, concentrata. «Non è mai stata una scelta che hai fatto perché la sentivi, ma per seguire qualcuno».
Ellie stringe le spalle e abbassa il capo; sembra piuttosto pensierosa «Beh, che c’è di male?»
«Niente, ma è diverso… per questo non credo sia giusto che tu lo faccia per sempre» allunga una mano verso il suo viso per accarezzarle una guancia e lei alza di nuovo la testa, guardandolo negli occhi «Non me lo hai mai detto, forse per non farmelo pesare, ma io credo che prima o poi tu vorrai una famiglia, dei figli… una stabilità. Non adesso, ma un giorno… un giorno sì».
Ellie si morde le labbra, nervosa. Dalla sua espressione, più che dire una cosa ovvia sembra che Dean abbia appena scoperto che ha fatto una marachella e la stia sgridando, come fa un papà con una bambina piccola. «Sì, ma—»
Le sorride, per tranquillizzarla «Non devi giustificarti. Non con me. È normale che tu voglia tutto questo e credo che, al contrario di quello che sosteneva mio padre, lo è a prescindere dalle tue origini e dalla vita che hai vissuto prima di trovarti in questa. Pensi che per me sia tanto differente?» la guarda allargare gli occhi, sorpresa «Per quattro anni ho avuto un tetto sulla testa e una mamma che mi voleva bene. Tanto. Pensi che non mi manchi quella sensazione, quel… quel calore? E anche a Sam, che ci è fuggito a Stanford pur di avere una cosa così».
Ellie abbassa gli occhi, sospirando aria dal naso. «È vero, ma io… io non te lo posso chiedere. Non te lo chiederei mai».
 
Lui sorride appena, un moto di orgoglio che gli corre veloce dentro il petto. È proprio per questo che la ama tanto, che darebbe la vita e tutto quello che ha – anche se è poco – per lei: perché non glielo avrebbe mai chiesto. Sacrificherebbe qualsiasi desiderio personale di una vita decente e senza sangue e dolore per stargli accanto, senza domandargli di più se non un po’ d’affetto e di rispetto. È proprio qui che papà si è sbagliato: lei preferirebbe rinunciare a tutto pur di stare insieme, anche ai suoi desideri più profondi.
Ha ben stampato in mente il suo sguardo luccicante ogni volta che vede un bambino per strada o in una qualche tavola calda, come quella volta che sono andati al mare e ogni volta che passava un bimbo gli occhi blu le si illuminavano, diventando colmi di meraviglia. Ricorda fin troppo bene quando ne hanno parlato, in spiaggia, quando non stavano ancora insieme: in quell’occasione aveva pensato che, tra qualche anno, sarebbe potuta essere una bravissima mamma. Dean ha tenuto alla larga questo pensiero a lungo, cercando in tutti i modi di evitare di pensarci, ma non può negare l’evidenza: Ellie desidera fortemente una vita normale, fatta di una casa, un lavoro stabile che le dia un sostentamento e di una famiglia. Magari non tra un anno o due, ma prima o poi sentirà quest’esigenza e non farà niente per assecondarla perché non vuole rompere le uova nel paniere a Dean che, invece, ha sempre avuto un obiettivo diverso. Per questo, adesso, deve essere lui a fare una scelta.
 
La guarda negli occhi, le labbra piegate in un timido sorriso «Non lo stai facendo, infatti. Non l’hai mai fatto. Sono io che te lo sto chiedendo». Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, forse senza comprendere, poi spalanca gli occhi e Dean le sorride un po’ più convinto. «Prima di conoscerti, pensavo di non essere in grado di voler bene a nessuno. Pensavo di non… di non saperlo fare bene. Mio fratello se n’era andato e mio padre preferiva stare in giro a sfogare la rabbia piuttosto che passare un po’ di tempo con me e io mi sentivo solo e abbandonato a me stesso. Poi sei arrivata tu e non solo mi hai fatto capire di meritare qualcosa di bello nella mia fottuta vita, ma anche di poter voler bene. Di non essere vuoto. Di poter amare. Mi hai fatto un dono immenso e io vorrei ricambiare allo stesso modo» le sorride ancora, leccandosi le labbra. Non sa come sta facendo a trovare il coraggio di dirle tutto questo «Per tutta la vita ho pensato a quello che voleva mio padre. Ma da quando ho vendicato la mamma, mi sono reso conto di non essermi mai soffermato a lungo a pensare a quello che avrebbe voluto lei. Cosa direbbe se fosse qui adesso, a vedermi inseguire i mostri e uccidere i cattivi? Vorrebbe questo per me? Io non credo» prende fiato ed Ellie lo guarda concentrata, forse sta cercando di capire dove vuole arrivare. «Io… ho vissuto tutta la vita come cacciatore, ho imparato tutto da mio padre e ho fatto del mio meglio per portare avanti il suo lascito» accarezza il dorso delle mani di Ellie, prendendo un altro respiro. «Mi sono concentrato su quello l’ho fatto al meglio delle mie possibilità, ma ora… ora sono stanco. Di rischiare la pelle, del sangue, di vederti star male quando i sensi di colpa per qualcosa che hai fatto ti fanno a pezzi. Per questo credo che… che sia ora di pensare a fare altro, di guardare avanti. Non so se lascerò la caccia per sempre, probabilmente no, ma non voglio che pesi più sulla mia vita come adesso. Non so se sono bravo a essere una persona normale, che si sveglia la mattina e fa un lavoro normale e dorme per più di quattro ore a notte in una bella casa con tanto di giardino e steccato bianco, ma so che voglio provarci. Con te».
 
Ellie deglutisce, continuando a fissarlo «Quanto hai bevuto stasera?»
Dean scuote la testa e le sorride «Non così tanto. Anzi, penso di non essere mai stato tanto lucido in vita mia» le sposta i capelli portandoglieli dietro alle orecchie «È un po’ che ci penso. Forse non volevo ammetterlo, ma… ma il tempo che passiamo insieme lontano dalla caccia è quello che mi piace di più. Me ne sono accorto da quando siamo stati al mare a Westhaven» ed è la verità: ricorda più che bene le risate che si sono fatti, la spensieratezza e quanto gli abbia dato fastidio quando Sam li ha richiamati all’ordine, trovando il caso di Daniel Elkins. Si era quasi arrabbiato per il tono che aveva usato con lui, quasi fosse stupito che fossero arrivati tanto lontani, quando Sam, invece, gli aveva solo fatto una semplice domanda, peraltro lecita, ma questo lo ha capito solo dopo. Lei continua a guardarlo con gli occhi pieni di meraviglia e se non dovesse dirle ancora dell’altro probabilmente lascerebbe andare ogni freno e comincerebbe a baciarla come desidera fare da che sono entrati in macchina «Per questo penso che sia la cosa giusta da fare. Abbiamo fatto i vagabondi per una vita, è giusto… è giusto staccare. Pensare a costruirci un futuro diverso».
Ellie si morde le labbra «E tutti i demoni che sono usciti da quella porta l’altra notte?»
Sa che non avrebbe mai pensato di dire in tutta la sua vita quello che sta per dire, ma non può trattenersi. «Non siamo gli unici cacciatori in circolazione; ci penserà qualcun altro».
Lei continua a guardarlo fisso; ha un’espressione confusa e sorpresa, ma i suoi occhi dicono ben altro: emanano una luce senza eguali, brillano come due diamanti al sole. «E Sam?»
 
Dean le toglie la mano dal viso e abbassa lo sguardo, leccandosi le labbra. Sapeva che questa domanda, prima o poi, sarebbe arrivata, e forse era la cosa che lo spaventava di più.
 
Sospira appena, accarezzando il dorso della mano sinistra di Ellie quasi sopra pensiero «Con Sam ne ho già parlato. Gli ho chiesto se vuole venire con noi e lui… lui non ne vuole sapere» alza gli occhi per guardarla; sembra molto perplessa «Io… io pensavo che dopo la morte di Occhi Gialli i nostri doveri primari fossero quantomeno diminuiti, ma… ma lui la pensa diversamente e io non so cosa farci».
Lei lo fissa, un po’ allarmata «E vuoi abbandonare lo stesso? Insomma, vuoi… vuoi prendere una strada diversa?»
 
Nel suo tono non c’è rimprovero e Dean capisce cosa sta cercando di dirgli: sarebbe disposto a fare un passo in una direzione diversa da quella di suo fratello? È la domanda che lo ha tenuto sveglio nelle ultime notti, ma adesso crede di sapere la risposta.
 
La guarda negli occhi «Stavolta sì. Gli voglio un bene dell’anima, ma… ma per una volta che sono stato io a chiedergli qualcosa, lui ha reagito così. Quando era lui a volere una vita normale, ha fatto le valigie e tanti saluti, senza chiedermi nulla né soffermarsi a sentire il mio parere in merito. Ora forse è il momento di fare lo stesso».
«Ma—»
Dean le poggia una mano sulla bocca e lei lo guarda ancora negli occhi «Lo facevo anche per lui, che con quello che ha passato penso si meriti un po’ di normalità, ma evidentemente ha ancora bisogno di tutto questo. Io so solo che voglio tutto con te. Voglio una vita normale, svegliarmi con te la mattina e guardarti senza preoccuparmi del pericolo che corri a stare con me. Voglio darti la serenità che forse fino ad ora non ti ho mai concesso. Voglio provare ad essere un bravo compagno per te che sei perfetta e sei quanto di più io abbia mai pensato di meritare».
 
Le toglie la mano dalla bocca e la osserva mentre lei lo fissa, talmente incredula da non riuscire a battere ciglio. Poi quell’espressione si scioglie in un sorriso, uno dei più belli che le abbia mai visto fare, e gli si avvicina di scatto, intrecciando le braccia dietro al suo collo. Lo stringe forte e Dean fa altrettanto, ascoltandola ridere. È un suono cristallino, puro e così denso di gioia che lui è costretto a fare lo stesso, a seguirla in quella sua risata folle e felice. Poi lei si scosta per guardarlo e fa scontrare le labbra con le sue, nel suo modo migliore di dire grazie. Dean non si tira indietro: allunga la mano destra dietro la sua nuca, intrecciando le dita tra i suoi capelli e la bacia con tutta la passione che ha dentro, scostandosi ogni tanto per guardarla ridere, sorridere di una gioia che le illumina il viso e gli occhi di una luce nuova, bellissima, qualcosa che non avrebbe mai creduto di vederle addosso.
 
Ora l’eco di quelle lacrime sotto la doccia è lontano, rimpiazzato dal suono ben più dolce dei baci che Ellie gli sta dando dappertutto, sulle guance, sulla bocca, sul naso. Ovunque.
E mentre si lascia travolgere, facendola sedere a cavalcioni su di lui e infilandole le mani sotto i vestiti per spogliarla velocemente, totalmente incurante di essere nella rimessa delle auto di Bobby e che o lui o suo fratello potrebbero venirli a cercare, Dean ripensa a tutto quello che lui ed Ellie hanno trascorso insieme, a quanto hanno lottato per arrivare fino a qui. Riflette su quanto è cambiato, più che convinto che se qualcuno un po’ di tempo fa gli avesse chiesto se avrebbe mai fatto un sacrificio così grande per qualcuno gli avrebbe risposto di no senza pensarci due volte. Dopo tutti quelli che lei ha fatto per lui, però – in primis seguirlo in capo al mondo ma poi tanti altri, tra cui sopportare suo padre e suo fratello che, per quanto sia più mansueto, gli è stato intorno per tutto il tempo a dispetto di come andava prima tra loro –, glielo doveva. E non vede l’ora di cominciare a scrivere insieme questo nuovo pezzo della loro storia.  
 
[1] Nell’episodio 2x22 “All Hell breaks Loose (Part 2)”, non viene precisato il numero di giorni che passano tra la morte di Sam e quando torna in vita grazie al patto di Dean, ma sia Bobby che il demone degli incroci parlano di “doverlo seppellire prima che cominci a puzzare”. Per questo, ho pensato di sfruttare lo stesso numero di giorni (che ho immaginato fossero almeno una settimana) per dar tempo a Sam di riprendersi un po’, considerando che nell’episodio lo aveva fatto velocemente poiché era tornato in vita ed era immediatamente guarito.
[2] Riferimento all’episodio 1x22 “Devil’s trap”, quando Dean confida a Sam di essere spaventato dalla facilità con cui si butta nel fuoco quando si tratta di salvare il padre e il fratello.
[3] Nell’episodio 2x22 “All Hell breaks Loose (Part 2)”, è Ellen a portare a galla questo particolare: quando riesce ad andare da Bobby, ha con sé una cartina geografica dove sono segnate queste chiese. Questo particolare, però, ho dovuto modificarlo a causa della sua assenza in questa storia.
[4] Nella puntata 2x22 “All Hell breaks Loose (Part 2)”, non è specificato il luogo dov’è situato il cimitero, per questo ho guardato la cartina del Wyoming e ne ho scelto uno di testa mia XD
[5] Riferimento all’episodio 3x03 “Bad day at Black Rock”, dove Dean afferma che la sua pistola non si inceppa mai.
[6] Questo paio di battute, anziché da Bobby, nell’episodio sono pronunciate da Ellen.
[7] Parola giapponese che significa “addio”.
[8] Nell’episodio non viene mostrato il momento della sepoltura del cadavere di Occhi Gialli, ma dubito fortemente che l’abbiano lasciato lì, quindi l’ho aggiunto io di mia spontanea volontà. XD
[9] Da Granger, nel Wyoming, per arrivare a Sioux Falls, South Dakota, ci sono da fare all’incirca dodici ore di viaggio.
[10] Riferimento all’episodio 4x04 “Metamorphosis” e al litigio fuori dall’Impala tra Sam e Dean.
 

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Capitolo 33
*** Roots ***


Note: Ebbene sì, siamo arrivati al penultimo capitolo di questa storia. *raccoglie fazzoletti e tira su col naso*
Io sono sempre in ritardo, ma se non lo fossi stata anche stasera non sarei rientrata nella norma quindi va bene così XD
Sono felici che abbiate accolto i due precedenti capitoli con entusiasmo. Ero veramente preoccupata perché si è trattato di un cambio di rotta radicale e non sapevo bene come poteva andare a finire. Sono felicissima, dunque, di non averla fatta grossa… o almeno non troppo insomma XD
Il prossimo capitolo sarà un epilogo, quindi mooolto più corto dei capitoli precedenti – compreso questo. In più, ho pensato di pubblicarlo giovedì anziché mercoledì perché a) è il primo maggio e sarete tutti a far baldoria ma soprattutto b) giovedì è il compleanno di Sam e mi va di fargli quest’omaggio.
Detto ciò, vi auguro una buona notte e vi aspetto numerosi per il gran finale… che non sarà grande ma, va beh, la frase aveva un suo perché XD :***

PS. in questo capitolo è presente un salto temporale un po' più lungo dei precedenti; spero che risulti tutto comprensibile. 
 

Capitolo 33: Roots
Some are born to spread their wings,
And others to spread their roots.
 
(Jen Fountain)
 
 
«Non avrei mai pensato di dirlo, ma voglio… voglio andare a vivere con Ellie».
«Scusa, ma… non ci vivi già? Insomma—»
«No, intendo in una casa. Una vera. Sono stanco di tutto questo».
 
Osserva con sguardo distratto fuori dal finestrone di casa di Bobby, l’eco di quelle parole impresse nella mente. 
Ricorda bene quando l’auto di suo fratello era parcheggiata qui davanti, quando era un rottame dopo l’incidente dove stavano per morire e Dean l’ha rimessa in piedi.
Adesso l’aria è totalmente diversa: fa più caldo – complice la calda stagione ormai avviata, visto che è fine Agosto –, il sole picchia forte sulla terra bruciacchiata e non ci sono né suo fratello né l’Impala fuori.
 
Sam sbuffa appena, scostando la tenda per poi rimetterla al suo posto.
Sono passati più di cinque mesi da che Dean gli ha confessato il suo grande desiderio: che voleva cambiare vita, trovare una casa con Ellie e costruirsi un futuro con lei. E l’ha fatto, alla fine: si è caricato lo zaino sulle spalle, l’ha guardato negli occhi e se n’è andato. Non prima di avergli rifilato un bel pugno in faccia per non aver fatto a modo suo.
Sì, perché Sam ci ha pensato se lasciare la caccia o meno, se andargli dietro. Lo ha fatto a lungo, ha rimuginato sulle sue parole fino a impararle a memoria una per una, ma alla fine è arrivato alla conclusione che non vuole fare questo passo, perché non è il momento giusto. Peccato che questo li ha portati a discutere e per questo sono quasi tre mesi che non si parlano.
 
Sam aveva capito che Dean non si sentiva a suo agio. Era troppo combattuto tra la volontà di dare a Ellie una vita più sicura e quella di far fuori il mostro che ha ucciso la mamma ed è chiaro che, una volta che ha fatto fuori Occhi Gialli, si sia sentito libero di prendere una decisione più consapevole, di sbloccarsi e dare una svolta a tutta la situazione.
 
Non che abbia sbagliato a prendere questa via. Sam non è suo padre e non l’avrebbe mai spinto a mollare Ellie – anzi, ha fatto tutto il contrario quando ce n’è stata l’occasione – e tantomeno lo ha scoraggiato quando Dean gliene ha parlato per la prima volta.
Si ricorda bene di aver aggrottato la fronte, un po’ perplesso – e, considerando com’era Dean prima di stare con Ellie, non ha potuto che stupirsi, ma di quello non pensa di doversene fare una colpa – e di avergli chiesto «È incinta?». Dean ha scosso la testa, confuso «No, perché dovrebbe esserlo?»
«Perché per fare tu un discorso del genere… »
«Non posso voler andare a vivere con la mia ragazza?»
«Sì, certo, ma… ma scusa come… come la metti con il lavoro? Con Occhi Gialli?»
«Lo farò solo quando la questione del demone sarà archiviata, quando avremo vendicato la mamma e sarà tutto a posto. Poi tutto il resto può andare a farsi fottere». Glielo ha detto guardandolo negli occhi, con un tono così serio che Sam aveva capito che volesse andare fino in fondo, ma Dean era così attaccato alla caccia e al mondo che era sempre stato suo e di papà che, in un certo senso, Sam non pensava potesse fare sul serio. Non davvero. Lo ha guardato negli occhi, infatti, ancora più perplesso, ma l’ha lasciato continuare «Sono stanco di questa vita, di avere il peso del mondo sulle spalle… basta. Cazzo, ci sono tanti cacciatori, ci penseranno loro ai problemi con i mostri e i demoni. Io se ne avrò voglia darò una mano quando posso, per il resto… »
Sam si è accigliato a quelle parole, pensando anche al suo trascorso «Io non ti capisco. Quando ero io a dire queste cose ero un egoista che se ne fregava di quello che voleva papà, adesso tu—»
Dean l’ha guardato dritto negli occhi ed era così sereno e tranquillo, così… sicuro «Perché vorrei che venissi anche tu, con me» gli ha sorriso di sbieco, qualcosa di appena accennato sul suo viso stanco. «Non penserai che ti lascerò cacciare da solo». Sam ha sgranato gli occhi, perplesso, e Dean ha continuato a guardarlo con un sorriso – così genuino e sincero, luminosissimo – «Andiamo, Sam. Lo sappiamo entrambi che non è questa la vita che volevi per te. Me lo hai detto anche quando abbiamo incontrato Meg, ricordi? Me lo hai detto guardandomi negli occhi: “Io non farò per sempre questa vita”, che non avresti voluto vivere così ancora a lungo. [1] Perciò… beh, sarebbe un’occasione anche per te, per tornare a fare quello che ti piace, per… per essere libero. Io non ne posso più di tutto questo, di preoccuparmi che né tu né Ellie vi facciate male o della mia ragazza che si sente un mostro quando supera appena il limite. Sono stanco. E penso che, se tutto andrà bene, ci meritiamo una tregua. Una vita diversa».
 
Sam ricorda di averlo guardato un po’ spaesato, confuso, perché a parlargli non era uno qualsiasi, ma suo fratello Dean, il playboy per eccellenza che finalmente si era deciso a mettere la testa a posto. E se da un lato era tremendamente felice per lui, dall’altro si sentiva un po’ in bilico tra quello che aveva sempre voluto – una vita normale, fatta di sacrifici e un sudore diverso da quello che si butta fuori cacciando mostri – e quello che aveva adesso, un nuovo dubbio da risolvere e una domanda martellante in testa. Non poteva nemmeno parlarne con Dean, in quel momento, perché si trattava di quello che gli aveva confidato Occhi Gialli e non voleva caricargli ulteriormente la testa di altri pensieri.
Erano nel casolare in cui si erano rifugiati per sfuggire al demone dopo che lui era stato ferito da Jake. Ellie si comportava in modo strano – e solo dopo Sam è riuscito a comprenderne il motivo –, Dean aveva voglia di parlare e Sam lo aveva ascoltato, anche se tutto questo discorso lo aveva lasciato un po’ interdetto. Gli ha anche detto che Ellie non sapeva ancora nulla delle sue intenzioni e Sam era rimasto in silenzio, in attesa, proprio come lui gli aveva chiesto. Il tutto si era concluso poi con un «Pensaci su» da parte di Dean e Sam ci ha riflettuto tanto, davvero, e quando le cose sono andate per il meglio – ovvero quando Occhi Gialli ha finalmente tirato le cuoia –, Dean gliene ha riparlato a cose fatte, quando Ellie era già al corrente e aveva accettato la sua proposta di una nuova vita lontano dalla caccia. C’era anche Bobby con loro e Sam non ha fatto parola del suo pensiero in quel momento, conscio che avrebbe dovuto parlarne da solo col fratello e che non erano di certo quelli il luogo e il momento adatti.
Poi l’occasione di parlarne da soli è arrivata. Era un pomeriggio di tre mesi fa; Dean ed Ellie avevano già trovato casa e lei e Bobby erano andati a fare un giro a Sioux Falls per prendere delle cose. Sam era nello studio di Bobby a fare ricerche, cosa che fa fin troppo spesso ultimamente, e Dean gli si è avvicinato con una bottiglia di birra in mano. Non ci voleva un genio a capire dove volesse arrivare e Sam non ce l’ha fatto girare intorno, dicendogli che quella che stavano intraprendendo loro due non era la sua strada e che voleva continuare a cacciare, senza voltarsi indietro. Aveva già avuto l’occasione di uscirne ed era andata male e non ne voleva un’altra, andava bene così. Glielo ha detto pacatamente, ma Dean gli si è scagliato contro, dandogli dell’egoista che fa ciò che gli pare senza pensare minimamente a quello che interessa agli altri e hanno discusso di brutto. La stessa cosa è successa il giorno che lui ed Ellie hanno fatto le valigie: Dean gli ha dato un ultimatum, chiedendogli per l’ultima volta se aveva cambiato idea e, quando Sam ha risposto di no, gli ha dato un cazzotto così sonoro che per poco non lo stende per terra. Poi, senza aggiungere altro, se n’è andato e da lì Sam non l’ha più visto né sentito.
 
Gli dispiace di tutta questa situazione, non può negarlo. Nell’ultimo anno abbondante le cose tra lui e Dean si erano appianate e adesso sono di nuovo da capo. Per una scemenza, poi, perché se solo Dean accettasse il fatto che lui ha voluto una strada diversa per sé sarebbe andato tutto bene. Invece così non è stato.
 
Sospira appena, seguendo il filo dei suoi pensieri. Se ci ripensa la guancia gli fa ancora male, non tanto per una questione di dolore fisico. Fin da quando erano bambini, Dean ogni tanto ha usato il pugno di ferro con lui. Sam ha capito il perché solo da grande: Dean era un bambino obbediente – fin troppo – e odiava essere sgridato da papà. E quando questo accadeva per colpa di Sam, che era più piccolo e capriccioso, Dean a volte finiva per prendersela con lui. Soprattutto da adolescenti a volte se le sono date e di brutto. Ma adesso è diverso, perché non sono più due ragazzini, anche se Dean continua a sfogare la rabbia su di lui in questo modo poco ortodosso.
Sam l’ha già perdonato e non è quello che gli ha dato più fastidio, quanto piuttosto il suo silenzio dopo quel litigio. Non è la prima volta che passano mesi senza parlarsi; anzi, quando è stato a Stanford per due anni non si sono nemmeno scritti un messaggio, perciò non dovrebbe essere una novità, ma Sam ne sente la mancanza. Cerca di fare finta di nulla e non vuole abbassarsi, perché comunque si sente grande abbastanza per sapere meglio di chiunque che direzione far prendere alla sua vita, ma è comunque dispiaciuto per tutta questa situazione. Molto.
 
Ormai si era instaurata una normalità, una routine: il viaggio nell’Impala, un nuovo motel, una nuova caccia, i turni per la colazione, le ricerche, l’uccisione del mostro e via, si ricominciava da capo. Era stancante, a volte anche terribilmente pesante, tipo quando Ellie e Dean non andavano d’accordo per qualcosa e non si parlavano per un po’, ma nei giorni di calma o, meglio, in quelli di stallo, quando non correvano dietro al demone di turno, era terribilmente piacevole. E Sam non può fare a meno di sentirne la mancanza.
 
Adesso si trova da Bobby – che comunque lo sta trattando come un figlio e di questo non può che essergli grato –, da solo, con delle ricerche che non lo stanno portando a niente e una lontananza che gli pesa sul cuore come un macigno.
Non ha intenzione di chiedere scusa o di cercarlo per primo, però, perché Dean deve capire che non possono andare sempre a passetto. Deve farsene una ragione: sono sì fratelli, ma hanno due teste differenti da cui nascono idee diverse, hanno storie differenti – Sam non ha una fidanzata che lo aspetta o che si preoccupa per lui, ad esempio – perciò non può pretendere nulla. È contento per lui se vuole sistemarsi, ma non può fare sempre da terzo incomodo. Soprattutto se sente di avere una missione che vuole portare a termine.
 
La vibrazione del cellulare che tiene in tasca lo distrae da quei pensieri sconnessi. Lo prende in mano e dà un’occhiata al piccolo monitor; il messaggio che vi legge lo lascia con un nodo in gola.
 
Ci vediamo?
 
Sbatte le palpebre un paio di volte, il nodo all’altezza del pomo d’Adamo che non accenna ad allentarsi. Fa un grosso respiro, conscio del fatto di non poter rispondere altrimenti, e preme velocemente le dita sui tasti, il pollice tremante su quello d’invio.
«Allora? Andiamo a dare un’occhiata?» la voce di Bobby che lo chiama lo spinge a rispondere velocemente. Da che si è alzato dal letto, gli ha detto di avere un caso per le mani e che devono andare a Mamou, in Louisiana, a controllare. Non sa neanche con precisione di cosa si tratti, ma va bene tutto pur di uscire da questa casa, lavorare e respirare aria fresca, di quella che ti pulisce le idee da tutta la merda che c’è sopra.
«Sì, arrivo» Sam gli risponde distratto, concentrato a rileggere il piccolo messaggio.
 
Dimmi tu quando”.
 
Preme invio e sospira ancora prima di rinfilare il telefono in tasca, deglutendo. Comunque andrà quest’incontro, spera solo che non getti altro sale su una ferita che, per i suoi gusti, continua a sanguinare in modo troppo, troppo copioso.
 
*
 
Respira a pieni polmoni, il naso sotto il lenzuolo e la luce del sole che filtra dalle tende chiare e gli arriva fino agli occhi, svegliandolo da quella piacevole sensazione di torpore.
Dean rilascia tutta l’aria e sorride appena, avvertendo un paio di braccia sottili che lo stringono sulla schiena e una bocca che si muove sul suo viso fino a raggiungere la sua lasciando una scia di baci.
«Buongiorno» sbiascica le parole, la bocca impastata dal sonno, ed Ellie gli sorride tra un bacio e l’altro «Ciao dormiglione».
Dean la stringe appena più forte, le mani ad accarezzarle la schiena «Se non sbaglio oggi è domenica. Ne ho tutto il diritto».
La guarda sorridere, gli occhi ancora socchiusi, e si lascia baciare in modo lascivo.
 
Sono rare le mattine in cui non si sveglia cosi: con il sorriso sulle labbra e quelle di Ellie sulle sue in un groviglio di mani e braccia sotto un paio di lenzuola che sanno di pulito, di fresco, di casa. La sua. Non pensava che potesse piacergli così tanto.
Spesso ripensa a una cosa che gli aveva detto Ellie tanto tempo fa, quando erano andati al mare per il suo compleanno: «Alla pace ci si abitua presto». Allora non aveva capito fino in fondo che intendesse dire, mentre adesso è tutta un’altra storia. E può dire ad alta voce che aveva ragione.
 
Si rende conto di aver fatto un cambio drastico. Proprio lui, che era votato alla caccia costi quel che costi e che avrebbe fatto tutto il necessario per combattere il male e salvare altre persone. Si è reso conto, però, che non poteva continuare a essere egoista: Ellie si stava sforzando di farsi piacere quella vita, anche se non lo avrebbe mai ammesso per non farglielo pesare, ma non ne era contenta. Glielo aveva detto che non avrebbe voluto fare la cacciatrice per sempre, da prima che potessero anche solo piacersi. Se non fosse stato per suo padre probabilmente non l’avrebbe mai fatto.
È stata molto brava a nascondere il suo “malessere”: probabilmente nemmeno lei si è accorta che c’era un problema finché non si è presentata quella storia di quel pezzo di merda che ha ferito Sammy. C’è rimasta troppo male per quello che è successo, tanto che si è chiusa in se stessa come quando è morto Jim ed è questo che ha fatto suonare un campanello d’allarme nella testa di Dean, che l’ha fatto scattare.
Non che non ci stesse pensando da un po’, a dire il vero. Il pensiero gli aleggiava nella testa già da qualche tempo, in particolare da quando hanno fatto pace. A quel punto, le alternative erano due: andare avanti su quella strada sapendo che prima o poi gli sarebbero tornati i dubbi, perché comunque stava continuando a metterla in pericolo, oppure cambiare completamente, crearsi qualcosa di nuovo che le desse sicurezza, protezione. Sapeva anche che Ellie non glielo avrebbe mai chiesto ed è per questo che ha dovuto tirare fuori le palle, prendere la situazione in mano e decidere da solo.
Un grosso aiuto a farlo glielo ha dato anche la sua incredibile stanchezza: non si sono mai riposati da che papà è morto e si sentiva spossato, soprattutto di dover sempre pensare a stare attento ad Ellie e Sam.
 
Un’altra cosa che ha accelerato molto la sua decisione, infatti, è stato quello che è successo a suo fratello. Non pensa di aver avuto mai tanta paura come quando quel figlio di puttana l’ha pugnalato, quando l’ha visto cadere sulle ginocchia e se l’è stretto al petto. Eppure tante volte Sam gli ha fatto prendere un qualche spavento: da bambino, quando si faceva male, o quella volta che è fuggito e l’ha ritrovato a Flagstaff in un appartamento con un cane [2], ma in quella situazione ha provato proprio terrore. Di perderlo, che gli morisse tra le braccia, tanto era frastornato e dolorante. Per fortuna la ferita non era tanto profonda e di questo deve solo ringraziare Ellie che ha avuto il sangue freddo necessario di sparare a quel figlio di puttana, ma quell’episodio l’ha fatto pensare. Tanto, forse troppo, ma sicuramente ha messo l’acceleratore su quello che era nato come un pensiero random sul suo futuro.
 
Stringe Ellie appena più forte, seguendo il flusso dei pensieri. Non vede Sammy da quando si sono trasferiti qui, da che hanno cominciato questa nuova vita. Non sa se sia giusto tenere il punto, ma gli fa rabbia l’atteggiamento di suo fratello, troppa. Se n’è andato a Stanford per avere la possibilità di vivere la normalità e ora che lui gli ha fatto la stessa offerta l’ha rifiutata per la caccia, per rispondere a delle domande che, sebbene importanti, non lo porteranno a niente se non ad invischiarsi ancora di più nelle faccende losche del mondo.
Sam non ha mai voluto quella vita per sé, mai, soprattutto quando c’era papà, e ora che Dean gli ha proposto un’alternativa la sua risposta è stata un secco e discutibilissimo no. E allora vaffanculo.
 
Non si dispiace per come l’ha trattato l’ultima volta che l’ha visto, per avergli detto che è uno stronzo egoista. Soprattutto non gli dispiace di avergli dato un pugno, perché se l’è decisamente meritato.
Non può negare che gli manca, però. Mica sempre, che Ellie gli riempie le giornate come nessun altro, ma sono sempre stati insieme a parte la parentesi californiana e studiosa di Sam e avevano recuperato parecchio, ultimamente. E questo è un altro dei motivi che gli ha fatto girare di più il cazzo per la sua risposta alla sua proposta. Roba che, tra l’altro, aveva pensato anche per lui perché non avrebbe mai voluto lasciarlo da parte. Infatti, la sua idea di perfezione era avere sia lui che Ellie sotto lo stesso tetto, ma le cose sono andate diversamente.
 
Cerca comunque di non pensarci e di prendere tutto il meglio che può ricavare da questa situazione. Quando non riesce a passarci sopra, affoga i pensieri nell’alcol: la credenza che tengono nel piccolo salone, infatti, è ben rifornita e ogni tanto fanno una nuova scorta. C’è del whiskey più o meno invecchiato, qualche buona bottiglia di vino, un po’ di tequila e della Grey Goose [3], una roba che Dean non beve molto ma che piace ad Ellie. Quando si sono ubriacati insieme, infatti – cosa che è successa almeno due o tre volte da che sono qui –, a lei sono bastati due o tre bicchieri di quella per partire per la tangente. L’ultima volta gli ha confessato che ogni tanto la beveva suo padre e che la fa pensare a lui, ma Dean ha cercato di non tirare troppo per le lunghe il discorso. Sa che non le fa mai troppo piacere parlarne. È anche convinto che, se non fosse stata tanto ubriaca, probabilmente non glielo avrebbe neanche detto, perciò andava già bene quello che gli aveva confessato.
 
Sperava che, vedendolo incazzarsi e allontanarsi in quel modo, Sam avrebbe cambiato idea. Che avrebbe scelto la sua famiglia – o almeno quello che ne è rimasto –, ma non è stato così. Per quello che ne sa è rimasto da Bobby, ma non ha fatto molte domande in merito. Sapere più dettagli gli farebbe più male, probabilmente. L’unico motivo per cui potrebbe farne altre è se sapesse che Sammy stesse male o se gli fosse successo qualcosa; Bobby glielo direbbe, ne è certo, perciò non gli è accaduto nulla – fortunatamente –, altrimenti lo avrebbe saputo e sarebbe corso in suo soccorso, nonostante tutto. È pur sempre suo fratello, non gli negherebbe mai il suo aiuto.
 
È abbastanza convinto che Ellie ci parli ancora, che lo senta al telefono. Non ne ha la certezza, perché lei non gli ha mai detto niente a riguardo, ma ha questa sensazione. Non che si arrabbierebbe: quei due hanno legato tanto e, non perché loro hanno discusso, il loro rapporto deve cessare.
 
La avverte scostarsi e questo lo distoglie dai pensieri; la guarda negli occhi, spostandole i capelli lunghi dietro le orecchie e lei gli sorride «Dai, vado a preparare la colazione».
Dean aggrotta le sopracciglia; di solito se la prendono comoda quando non lavorano e, considerando che nei boxer il suo amichetto è sull’attenti da un po’, sarebbe utile approfittarne e pensare dopo alla colazione. «Che fretta hai? È domenica».
Ellie stringe le spalle «Appunto» gli passa una mano sul petto nudo, lentamente, in un modo che a Dean fa venire i brividi. Lo guarda con gli occhi furbi «A questo possiamo pensare anche dopo. Ora ho troppa fame» e a Dean viene quasi da ridere. Effettivamente il suo ragionamento non fa una piega – a pancia piena si scopa sempre meglio, anche se uno spuntino dopo non ci sta mai male –, quindi non può che aspettare.
 
La guarda sorridergli ancora e stampargli un altro bacio sulla bocca per poi voltarsi e sedersi sul bordo del letto.
Mentre lui dorme con solo i boxer addosso – fa troppo caldo adesso per indossare qualcos’altro –, Ellie ha sempre lo stesso “pigiama”: una delle magliette che le aveva regalato la sua mamma e un paio di mutande. La cosa che più gli piace al mattino, però, è vederla mettersi il reggiseno. È qualcosa che gli sa di familiare, di casa. Una sensazione nuova e bellissima.
Quando dormivano nei motel, era sempre costretta a cambiarsi in bagno per via di Sam. Adesso, quando si svegliano presto e riescono a fare un po’ più con calma, Dean si diverte a osservarla, a guardare con attenzione il modo in cui gli dà le spalle, si toglie la maglietta e afferra gli altri indumenti per poi indossarne uno a uno e gli verrebbe sempre voglia di spogliarla di nuovo se solo non dovesse alzarsi.
 
Ora che hanno una casa e una dimora fissa, Ellie non se l’è sentita di portare avanti i giochini delle carte di credito. E in parte anche Dean, ad essere sinceri: in fondo, vivere una vita tranquilla in una cittadina di provincia e poi farsi perseguitare per truffa non gli sembrava un granché. Così, prima di prendere casa, Dean ha giocato una lunga serie di partite a biliardo e ha racimolato una bella cifra in modo che il guadagno fosse – più o meno – onesto e, da lì in poi, si sono trovati un lavoro più serio.
Dean si è ritrovato a fare il meccanico. Lavora in un’officina fuori da Brookings, la cittadina del South Dakota dove abitano, ed è un operaio in regola che aggiusta le macchine a chiunque si fermi al garage con un problema da risolvere.
Ha ancora un altro sogno nel cassetto, ma intanto si accontenta. Gli piace il mestiere, poi, gli è sempre piaciuto e gli permette di avere una vita dignitosa. Questi primi tre mesi sono stati un po’ risicati, perché sono stati più attenti al risparmio per poter comprare i vari mobili ed elettrodomestici utili, ma andando avanti andrà meglio, ne è sicuro. Non faranno i barboni per sempre.
Anche Ellie ha un lavoro. Fino a un paio di settimane fa faceva la cameriera in una tavola calda qui vicino, ma non si trovava bene e alla fine ha trovato qualcos’altro. Col suo curriculum, per lei è più semplice: ha fatto la cameriera praticamente ovunque e, con la sua esperienza, solo un pazzo si rifiuterebbe di assumerla. È la persona più indicata per quel mestiere e per di più lo fa con passione, il che è la combinazione perfetta.
 
Incrocia le braccia sotto la testa mentre la osserva andare di sotto fischiettando la canzone che piaceva alla sua mamma, i lunghi capelli che le ricadono sulle spalle e ancora il “pigiama” addosso.
Non c’è un cazzo da fare: è più serena da quando vivono questa vita, più tranquilla. Gli occhi le brillano in continuazione, ogni volta che lo guarda c’è una luce bellissima nel suo sguardo, qualcosa che non le vedeva da un sacco di tempo; il sesso è addirittura più appagante e non hanno quasi mai litigato da che sono qui. A parte le rare volte che parlano di Sam, ma non è che discutono proprio: lui dice la sua e si sfoga, lei tendenzialmente gli dà contro, ma lì finisce. Non stanno ore e giorni senza parlarsi come succedeva un tempo.
Magari è solo per il magico effetto della nuova aria che respirano, o il fatto che non si vedono tutto il santo giorno come accadeva prima, ma stanno meglio. Sono più sereni; Dean riesce addirittura a distinguere i giorni della settimana, cosa che non gli capitava da una vita… è tutto diverso. Nuovo. E per una volta non in modo negativo.
 
È sicuro che sia cominciato tutto da quella notte nella rimessa di Bobby. Ricorda perfettamente quei momenti, un’emozione così intensa che pensa sia impossibile da dimenticare.
Erano sul sedile anteriore dell’Impala, Dean con la schiena appoggiata allo sportello ed Ellie sdraiata lì vicino, di lato, la mano sinistra ad accarezzargli il petto e la testa poggiata su di lui. Sorrideva come una bambina, felice come Dean non la vedeva da una vita. Così tanto che non sembrava credere che lui volesse fare una cosa del genere, mollare tutto e darle una vita normale, che fosse il più serena possibile.
«Dovremmo trovare un posto dove andare, se… se veramente cambiare vita è ciò che vuoi. Un posto dove… dove prendere un appartamento o qualcosa del genere» le sue parole hanno rotto il silenzio e Dean ha sorriso, accarezzandole la schiena «A quello c’è un rimedio veloce». Ha tirato su la schiena, sporgendosi verso il portaoggetti dello sportello del passeggero trovando velocemente la cartina e una torcia. Poi si è sdraiato di nuovo, aprendo la mappa e accendendo la torcia per fare luce su di essa. «Scegli tu. A me andrà bene qualsiasi cosa».
Ellie l’ha guardato con gli occhi pieni di meraviglia «Dici davvero?»
«Sì. Tranne Lawrence, dove non voglio tornare, un posto vale l’altro. Quindi puoi anche chiudere gli occhi e puntare il dito a caso, per quanto mi riguarda».
Ellie si è morsa le labbra, quasi a voler nascondere un sorriso, uno di quelli belli da morire. Si è accomodata meglio e Dean l’ha lasciata fare, guardandola appoggiare la schiena al suo petto e impugnare la cartina con sicurezza per poi puntare gli occhi su di essa e stringere le labbra in una linea sottile. «Nemmeno io voglio andare a Buckley. C’era la mia vita con la mamma e tornarci adesso mi sembrerebbe troppo strano. Ma c’è un altro posto dove, invece, potremmo andare» Dean ha guardato il suo indice puntare un nome a lui molto conosciuto e ha sgranato appena gli occhi, guardandola perplesso. «Se dobbiamo mettere radici, che sia vicino a dove abbiamo la famiglia» e a Dean è sembrata la cosa più sensata e giusta che potesse fare da lì in avanti.
 
È così che hanno deciso di stabilirsi nel South Dakota. Un’intuizione banale, in fondo, ma Ellie aveva ragione: perché spostarsi più lontano se qui avevano un punto di riferimento, il più solido che conoscevano? E così hanno fatto.
Il problema, almeno per lui, è stato dirlo a Bobby. L’hanno fatto un paio di giorni dopo quella notte, di mattina. Non ce la facevano più a tenersi dentro una cosa così grossa e cominciava ad essere impellente svuotare il sacco prima di fare danni e di lasciarsi sfuggire qualcosa senza volerlo.
 
Le rare volte in cui aveva pensato a questa svolta non come a un sogno irrealizzabile ma come qualcosa di concreto, aveva immaginato quel momento come ansioso e angosciante. E, effettivamente, per molti versi è stato così: pieno di agitazione, tanto che gli sudavano le mani e sentiva un qualcosa in gola che non andava né su né giù, nonostante deglutisse continuamente quantomeno per alleviare il fastidio.
 
Avevano dormito sul divano quella notte ed Ellie era già in cucina. Stava preparando la colazione, ma si vedeva che anche lei era nervosa: spostava il peso del corpo da una gamba all’altra mentre aspettava di dover girare i pancake nel pentolino e sembrava in attesa di una notizia importante quando, in realtà, stava solo attendendo che lui entrasse e facesse il suo bel discorso a Bobby e a suo fratello. Soprattutto a Bobby, in verità, perché a Sammy lo aveva già accennato.
Avevano discusso su cosa dire e Dean si era anche preparato una specie di discorso in testa, ma quando ha varcato la soglia della cucina non si ricordava più un cazzo, come uno scolaretto il giorno di un esame per il quale non aveva studiato abbastanza.
Ricorda di averlo detto di botto, lì, in piedi vicino alla porta, mentre Bobby era seduto con in mano una fumante tazza di caffè nero e Sam sistemava le tovagliette sul tavolo. «Io ed Ellie vogliamo andare a vivere insieme». Ricorda il silenzio che ha seguito quell’affermazione, gli occhi bassi di Sam, quelli di Bobby – piccoli e un po’ increduli – nei suoi e il voltarsi di Ellie dopo aver spento il fornello, le mani congiunte e le labbra strette in una linea sottile. «Non è stata lei a mettermi quest’idea in testa, sono… sono io che ho preso questa decisione. Sono stanco della caccia e di dover vivere espiando una colpa che non mi appartiene. Sicuramente non adesso che ho ammazzato quel figlio di puttana. Perciò noi… noi ne abbiamo parlato insieme e abbiamo… abbiamo pensato che, per come stanno le cose adesso, è la cosa giusta da fare».
Bobby è rimasto in silenzio qualche altro istante, la mano destra stretta intorno al manico della tazza, poi ha guardato Ellie «Sei incinta?» e Dean ha aggrottato la fronte, perplesso per aver ricevuto la stessa domanda di Sam «No! Ma perché lo pensate tutti?»
«Tutti chi?» Dean ha ignorato sia la domanda – peraltro lecita – di Ellie che il risolino divertito di suo fratello, continuando il suo discorso rivolgendosi a Bobby. «Ellie non è incinta e io non mi sono fumato niente di strano. Voglio solo… cambiare vita. Avere un futuro diverso e non dovermi preoccupare per l’incolumità della mia ragazza e di mio fratello» lo ha guardato mentre pronunciava quelle parole, ma lui non ha nemmeno ricambiato, continuando a tenere gli occhi bassi.
Bobby, dopo averlo fatto parlare, lo ha guardato dritto negli occhi «Dimentichi solo una cosa, ragazzo» Dean è rimasto in ascolto, in silenzio «Io non sono tuo padre e se vuoi fare una scelta diversa da quella che è stata fatta per te quando eri solo un ragazzino, sei libero di farla. Per te e per chi ti sta a cuore». Ricorda di aver sorriso appena a quelle parole, una smorfia accennata sul suo viso stanco. La sincerità e l’affetto di Bobby gli hanno davvero solleticato il cuore.
Peccato non aver avuto lo stesso riscontro da parte di Sam, che se n’è rimasto in silenzio per tutto il resto del tempo, mentre il vecchio cacciatore faceva domande e si interessava su quella che lui ed Ellie volevano che fosse la loro futura dimora.
 
È grazie a lui se vivono in questa casa. Da quando gli hanno detto che sarebbero voluti rimanere nel South Dakota – cosa che, anche se non ha detto niente, gli ha fatto molto piacere a giudicare dal nuovo luccichio del suo sguardo –, si è adoperato subito per dargli una mano. Ovviamente le loro finanze non erano abbondanti – anzi, tutt’altro – e Bobby ha dovuto scavare un po’ prima di riuscire a trovare qualcosa che facesse al caso loro, finché non gli è venuta un’idea.
Si tratta di una villetta a schiera fuori Brookings, a un’oretta da Sioux Falls [4]. È una bifamiliare di cui loro occupano la parte destra e sono riusciti ad averla perché apparteneva a un vecchio cacciatore. Quest’ultimo, tale Adam Green, viveva lì da tempo, in pratica da quando si era ritirato dalla caccia per andare “in pensione”. Non gli è dato sapere come se l’era procurata, se l’aveva ereditata dai genitori o altro; Bobby lo conosceva per quello che era: un burbero cacciatore in pensione. Un po’ come lui. Sta di fatto che il tizio, una volta morto – cosa accaduta più di un annetto fa –, ha lasciato scritto in un testamento che la casa doveva passare a Bobby. Col fatto che non aveva eredi, né figli né nipoti o affini, che potessero ereditarla, ha pensato di lasciarla a “colui che meglio di tutti avrebbe potuto accudirla”. O almeno questo è quello che c’era scritto nel testamento.
Bobby crede che, la sua, fosse una specie di “ricompensa”: Adam Green non era un’aquila nella caccia e molto spesso si era ritrovato a salvargli il culo. Per questo, forse, alla fine ha pensato di essergli riconoscente in questo modo.
 
Comunque sia, chiaramente Bobby non sapeva che farsene di due case – soprattutto visto che spesso e volentieri fatica a mandarne avanti una, non stando affatto dietro a pulizie e manutenzioni varie – e ha deciso di donarla – letteralmente, con tanto di passaggi di proprietà, atti notarili e tutto il resto [5] – a lui e ad Ellie. Entrambi hanno opposto un po’ di resistenza, all’inizio – era proprietà di Bobby e doveva farne quello che voleva, anche venderla se lo riteneva necessario e tenersi il gruzzolo per la vecchiaia –, ma lui non ha voluto sentire ragioni. «Godetevela ora che siete giovani» gli ha detto consegnandogli le chiavi «Mettetela a posto e fatene ciò che meglio credete. Serve molto più a voi che a me» e così hanno fatto: hanno pulito gli ambienti a fondo, tolto le cose vecchie, quelle che erano proprio inutilizzabili, ridato una tinteggiata alle pareti e comprato il minimo indispensabile per una coppia di ex barboni decisi a fare di quella vecchia catapecchia il loro nido. E pensa che ci siano riusciti.
 
C’è ancora del lavoro da fare, ovviamente, ma Dean può già ritenersi soddisfatto. Soprattutto perché, a vedere Ellie così serena e tranquilla, non ha alcun dubbio di aver fatto la scelta più giusta.
 
*
 
Si guarda intorno con aria distratta, la brezza calda che gli accarezza il viso stanco. È stata una caccia più complicata del previsto e quel vampiro gli ha fatto sudare sette camicie. Forse perché era più fiacco del solito. O perché, come Bobby ci tiene a ricordargli – perché è sempre bravissimo a mettere il dito nella piaga –, forse era un po’ meno concentrato del solito. L’importante, comunque, è che l’abbiano fatto fuori.
 
Osserva i tavolini accanto al suo: sono tutti di ferro battuto, disposti a una media distanza l’uno dall’altro e non ce n’è uno vuoto. È estate e la gente ne approfitta per stare all’aria aperta e passare del tempo insieme a qualcuno a cui vogliono bene, cosa che Sam non fa da un sacco di tempo.
Era già stato in questo posto, con Ellie e Dean. Se lo ricorda bene perché erano qui quando lei gli ha raccontato della sua mamma e di come quella brutta malattia gliel’avesse portata via. Sam lo rammenta come un ricordo molto bello, così come ogni confidenza che gli ha fatto Ellie, perché le veniva così… spontaneo, naturale. Lo guardava negli occhi e, anche se magari faticava a dirgli qualcosa, lo faceva col cuore in mano, perché sapeva che lui lo avrebbe ascoltato. Aveva una grande fiducia in coloro con cui parlava e non si apriva così con tutti, per questo ogni volta che lo faceva con Sam lui lo considerava un bellissimo atto di stima.
 
Si morde le labbra, nervoso, e sbuffa, perché gli dispiace parlarne al passato, come se fosse una persona con cui ha discusso o che non c’è più. Invece non è così, lui paga lo scotto di aver litigato pesantemente con Dean e per questo non ha più rapporti con Ellie. O almeno non come prima, perché a volte si sentono. Lei lo cerca – più di quanto faccia lui, in realtà, e di questo gli dispiace, ma non vuole che lei passi dei guai per colpa sua con Dean, perché è quasi certo che suo fratello non sappia niente del loro scambio di messaggi. A Sam, però, fa bene e fa piacere sentirla, quindi gli va bene così.
 
Sospira appena, buttando un occhio sull’orologio, ed è una voce che lo chiama a fargli alzare nuovamente lo sguardo.
«Ciao Sam» sorride a quella voce cristallina, in un modo spontaneo e gioviale, come si fa con un vecchio amico. È a pochi passi da lui, le braccia lungo i fianchi, gli occhi luminosi e un sorriso che le illumina il viso dolce incorniciato da un paio di ciocche ribelli che escono dalla sua treccia laterale.
Sam si alza in piedi e le va incontro con un paio di falcate, guardandola negli occhi con un sorriso che gli arriva fino alle orecchie, ma non se ne cura di nasconderlo. È davvero felice di vederla. Ellie si sporge per abbracciarlo e lui la stringe forte, scostandola poi con entrambe le braccia per osservarla meglio, tenendola per le spalle. Indossa un vestitino senza maniche a righe orizzontali bianche e nere molto semplice, un filo di mascara sugli occhi e un paio di sandali bianchi ai piedi e, a guardarla, è l’immagine della serenità. Gli sorride ancora «Ti trovo bene».
Lui stringe le spalle «Anch’io».
Ellie annuisce e scosta la sedia per mettersi seduta, aspettando che Sam faccia altrettanto per parlare «Sì, non mi lamento. È un po’ più dura, adesso che ho cambiato lavoro, ma sto bene».
«Ah sì? E che lavoro fai?»
«Sto in una pasticceria. Per ora mi occupo di sistemare il bancone, ma spero di poter essere più… operativa presto. Preferisco sempre cucinare».
«Pensavo ti piacesse di più la tavola calda».
«Oh sì, in generale non mi dispiace e lo so fare bene quindi mi diverto, mi ricorda la mia infanzia. Però per ora ho trovato quest’alternativa e, sai, non è male. In pratica devo sistemare i dolci e allestire la vetrina, ma è solo perché sono entrata da poco. Ho appena finito la prima settimana».
«È una catena o—»
«No, è un negozietto in centro a Brookings, non tanto lontano da casa» Sam sorride amaro, di riflesso, soffermandosi su quell’ultima parola, casa. «Prima, in quella tavola calda dove lavoravo, il capo era uno stronzo. E va bene che avevo bisogno di soldi, ma non potevo rimanere a lungo. Non ho avuto la pazienza necessaria. Di solito ne ho tanta» si sposta un ciuffetto di capelli dal viso portandolo dietro alle orecchie «Forse perché è stato un periodo pieno e un po’ stressante, ma alla fine sono comunque contenta perché ho trovato questo lavoro nuovo che mi stimola molto. Quindi… quindi sono soddisfatta, almeno per il momento. E spero continui così» sorride nella direzione di Sam e poi verso il cameriere che gli si avvicina per chiedere cosa desiderano ordinare. Ellie si prende una bella coppa gelato, mentre Sam opta per una un po’ più piccola. Quando il ragazzo – non molto alto, castano con gli occhi chiari e i capelli corti – si allontana, Ellie torna a guardarlo negli occhi e gli sorride ancora. «Tu, invece? Che mi racconti?»
 
Sam la osserva con attenzione: ha la pelle luminosa, appena abbronzata perché è un po’ più scura di come se la ricordava, e i suoi occhi brillano come due diamanti al sole. È davvero, davvero serena e Sam non potrebbe essere più felice per lei. Se lo merita.
 
«Io… solita vita, lo sai» s’interrompe, aspettando che il cameriere, tornato con i loro gelati sopra un vassoio d’argento, li serva e se ne vada per continuare «Caccio, aiuto Bobby, faccio qualche ricerca… »
Ellie si avvicina di più al tavolo e prende un cucchiaino di gelato per poi portarlo alla bocca «Hai scoperto qualcosa di interessante?»
Sam scuote la testa «No. Nemmeno Bobby sta facendo progressi, io non… non so più dove cercare, sono sincero» sorride amaro, battendo il cucchiaino sul bordo della sua coppa di gelato «Ma siamo stati a caccia, l’altro giorno. Abbiamo fatto fuori un vampiro e… forse è un periodo un po’ strano anche per me, perché Bobby è stato più scattante di me».
Ellie sorride appena e stringe le spalle «Va beh, l’importante è che il lavoro sia stato portato a termine e che il vampiro non sia più un problema. O no?»
 
Sam annuisce e le sorride, mangiando un po’ di gelato. Abbassa gli occhi sulla sua coppetta, raschiando bene la punta del gelato e portando il cucchiaino nuovamente alla bocca, e decide di tirare fuori l’argomento spinoso di sua spontanea volontà. Perché sa bene che, per quanto Ellie potesse aver voglia di vederlo, non l’ha di certo chiamato per parlare delle sue novità o di come gli vanno le cose. O almeno, non solo per quello.
 
La guarda negli occhi, deciso «Posso… sapere a cosa devo il tuo messaggio?» lei non risponde il che lo induce a continuare «Perché anch’io avevo voglia di vederti e sono contento che tu mi abbia scritto, davvero, ma qualcosa mi dice che tu voglia dirmi qualcosa».
Ellie stringe le labbra in una linea sottile e appoggia il suo cucchiaino sulla coppetta ormai vuota; doveva avere fame, l’ha spazzolata nel giro di pochi minuti. O forse è per il nervosismo: Ellie è brava a nasconderlo, ma a Sam non sfugge il fatto che la sua gamba sinistra, accavallata su quella destra, si sta muovendo un po’ troppo velocemente da un paio di minuti a questa parte. «Volevo dirti se ti andava di venire a vedere casa». Glielo dice tutto d’un fiato, guardandolo negli occhi. «È quasi a posto, ora. Io e Dean abbiamo tinteggiato le pareti e… e abbiamo sistemato quasi tutti i mobili. Mancherebbe la lavastoviglie in cucina, ma per ora non ce la possiamo permettere e abbiamo solo un fornetto piccolo perché quello grande costa troppo. Per il resto con gli elettrodomestici siamo a posto e… e mi faceva piacere farti vedere il nostro lavoro e dove abitiamo. Non sei mai venuto e—»
«Non sono mai stato invitato».
«Lo sto facendo io ora» continua a guardarlo negli occhi, sicura e determinata «Mi farebbe molto piacere che tu venissi».
Sam deglutisce; aveva pensato che il vero motivo del loro incontro ruotasse intorno a suo fratello, ma non pensava si trattasse di questo. «Dean lo sa?»
Lei non si scompone «No. Non sa che sei qui, né che ci sentiamo ogni tanto, anche se penso che l’abbia capito».
«E sarebbe contento? Insomma, voglio dire—»
«Non è importante. È anche casa mia, quella lì, posso invitare chi voglio. E io ho piacere che tu venga a trovarmi».
Sam sbuffa aria dal naso, scostando la schiena dalla sedia e avvicinandosi di più a lei «Non dispiacerti, Ellie, ma io non credo che Dean sarebbe d’accordo visto che non vuole vedermi né parlarmi da mesi. Io—»
«Ma questa cosa è stupida» Sam la guarda dritta negli occhi; ora sono colmi di dispiacere «Non è giusto che non vi parliate per questa storia. Anche a me dispiace che non sei più intorno a noi come prima, ma Dean ci sta male e sicuramente anche tu e non è giusto che non provate a chiarire».
Sam si lecca le labbra. Sa che può essere sincero con lei e decide di esserlo fino in fondo «Io ho apprezzato tanto che Dean mi abbia chiesto di trasferirmi insieme a voi, te lo giuro, perché poteva fregarsene e lasciarmi indietro e invece non l’ha fatto. Ma non può pretendere che io scelga la sua stessa strada. A un invito si può anche dire di no».
«Sì, ma… » arriccia le labbra in una smorfia pensierosa, come se stesse pensando a come dire qualcosa di scomodo senza offenderlo. «Tu sei… l’hai detto anche tu, no? Non hai trovato niente sul… sul sangue di demone che hai dentro. E poi voglio dire, che cambia fare questo a casa di Bobby o a casa nostra? Anche tu hai messo radici». Sam stringe le spalle e capisce cosa vuol dire, perché è vero che da che è venuta fuori questa storia non si è più spostato come prima e per di più è rimasto da Bobby, ma non fa in tempo ad aggiungere nulla che lei parla ancora «Io non voglio costringerti e non sono nemmeno d’accordo con quello che dice Dean, ma non capisco quale sia la differenza. Non stavi più bene con noi?» Sam scuote la testa, deciso, perché non ha passato male un solo giorno con loro, nemmeno quando litigavano. Ellie l’ha trattato sempre come un fratello. «E allora perché? Voglio dire, che cambia? Puoi fare comunque ciò che vuoi con noi, non devi lavorare per forza. Devi fare ciò che è più giusto per te».
 
Sam sbuffa aria dal naso, pensando che, in fondo, Ellie non ha tutti i torti, ma… ma non si può fare. No, perché loro vogliono una vita normale, lontana dalla caccia e Sam non è sulla stessa lunghezza d’onda, quindi… quindi no, non vuole rovinare la loro nuova serenità. Non è giusto.
Osserva Ellie e fa per dirle qualcosa, ma si trattiene, notando nei suoi occhi un profondo dispiacere, qualcosa di così radicato in lei e si morde appena le labbra, pensieroso. Comprende il problema, però, e deve fare del suo meglio per porre rimedio. Glielo deve.
 
«Non funziona così e lo sai, ma… ma al di là di tutto, quello che mi preme dirti è che… che non devi sentirti in colpa» Ellie lo guarda con gli occhi sgranati, le orecchie tese all’ascolto «Non è per colpa tua che io e Dean non ci parliamo. Lui… sai com’è fatto, per lui è o bianco o nero, non esistono vie di mezzo ed è così anche con me. Lo è sempre stato. Perciò non fartene una colpa».
Lei stringe le spalle, abbassando lo sguardo «Non volevo portartelo via».
 
Sam tira le labbra in una linea sottile. Ha sempre ammirato una cosa di Ellie: il suo straordinario senso di rispetto nei confronti di Dean e di tutto ciò che riguarda la sua famiglia. E quello che gli ha appena detto è un’ulteriore conferma di quanto lei sia speciale.
 
Le sorride appena «Non lo hai fatto» lei alza di nuovo lo sguardo, fissandolo con aria perplessa «Dean ha fatto una scelta, ma l’ha fatta di testa sua, non l’ha obbligato nessuno, tantomeno tu».
«Lo so, ma… ma speravo che le cose andassero diversamente. Quando Dean mi ha detto che voleva una vita normale, io… io non posso negare di essere stata felice. Perché… perché ha fatto un grande sacrificio e lo ha fatto per me. Non ti nascondo che da una parte ho un po’ paura, perché una convivenza è una cosa grande… cioè lo era anche prima perché stavamo tutto il giorno insieme, ma non avevamo niente di concreto e se uno dei due si fosse alzato una mattina e avesse fatto le valigie sarebbe stato semplice. Adesso abbiamo una casa e, se le cose non dovessero andare, è più… difficile uscirne. Io sono contenta e convinta, ma non so se Dean reggerà a lungo. Per il momento mi sembra felice, poi… poi si vedrà» stringe le spalle e fa un profondo sospiro. Sam capisce intende: Dean ha fatto una vita completamente diversa e se si pentisse e volesse tornare a cacciare – cosa che Sam dubita fortemente; è troppo attaccato a Ellie per fare retro front, ma giustamente nella sua testa il dubbio può esserci, è naturale – tra di loro il tutto s’incrinerebbe fortemente. «Però… però mi dispiace che fa così con te. Ho tentato tante volte di parlargli e di farlo ragionare, ma… ma è abbastanza irremovibile, come puoi immaginare» si lecca le labbra ed è visibilmente dispiaciuta «E mi dispiace di essere stata la causa di tutto. Io non glielo avrei mai chiesto, Sam, mai, e avrei fatto quella vita per sempre pur di assecondarlo. Non so se è sbagliato, ma… ma la caccia era tutto per lui e non mi sarei mai imposta per volere una vita diversa. A costo di soffocare tutte le mie perplessità. Te lo giuro».
«Lo so» Ellie lo guarda sorpresa, come se avesse detto qualcosa che proprio non si aspettava «Io non l’ho mai pensata come papà. So che tu nutri un profondo rispetto per Dean e per noi e non ho mai avuto alcun dubbio. Anche se, sinceramente, penso che avresti avuto tutto il diritto di avanzare qualche pretesa».
Ellie stringe le spalle «In una coppia normale forse sì. Ma io… io vi devo tutto. Quello che avete fatto per me da quando è morto papà, quello che Dean ha fatto prima, quello che mi ha insegnato sulla caccia… non avrei mai potuto mettere becco su come viveva la sua vita, su come la vivevi tu. Era un passo che doveva fare da solo se voleva. Io non glielo avrei mai potuto chiedere» si lecca le labbra e Sam capisce perfettamente il suo discorso. Passa le dita sul vetro della sua coppa di gelato, portando via un po’ di condensa. «Se poi parliamo di vie di mezzo… ce n’è una che invece Dean sta superando, ultimamente. Sai, lui non… non ha davvero smesso di cacciare. O almeno, non definitivamente» arriccia le labbra in una smorfia pensierosa «Ha seguito solo un paio di casi, cose brevi e semplici e io l’ho lasciato fare perché la caccia è sempre stata la sua vita e la sua è stata una chiusura troppo di netto per essere davvero definitiva. Però ci è andato da solo e questa cosa mi ha messo un po’ di agitazione» fa una piccola pausa, sbuffando un po’ d’aria dal naso «È tornato tutto intero, per carità, però… però volevo dirti che questa storia del bianco e del nero è relativa, quando si tratta di lui. E tu sei una delle pochissime persone sulla Terra per cui farebbe un’eccezione» lo guarda negli occhi e gli sorride contenta «Perciò… perciò insisti, se vuoi. Non buttare tutto all’aria perché vuoi fare qualcosa di diverso. A patto che vuoi farlo davvero, poi» lo fissa, in silenzio, e Sam è costretto a deglutire perché sente un nodo alla gola piuttosto stretto, qualcosa che non capisce fino in fondo ma che gli dà fastidio, come se non riuscisse a deglutire bene. «Lui ti adora, anche se non vuole ammetterlo, soprattutto quando ce l’ha con te. E… e tieni a mente il mio invito, perché sarei davvero contenta se venissi a vedere casa nostra».
 
Gli sorride ancora e Sam fa altrettanto, contagiato dal suo senso di serenità. È davvero felice, glielo legge negli occhi che brillano e non potrebbe essere più contento per lei.
Non può prometterle nulla, perché quello che gli ha detto Dean gli risuona ancora forte nelle orecchie e non sa se si sente pronto per lasciarselo alle spalle, ma quello che è certo è che ci farà un pensierino. Quello sì.
 
*
 
Si passa l’asciugamano tra i capelli umidi, chiudendo l’acqua della doccia che aveva lasciato scorrere sul piatto per rimuovere i residui di shampoo e bagnoschiuma.
È stata una bella giornata oggi. Lui ed Ellie sono stati al Larson Park [6] oggi pomeriggio e, dopo aver sudato al sole come bestie al pascolo, aveva bisogno di una bella doccia. Ellie l’ha già fatta ed è di sotto, a riordinare il piccolo salotto. Attende ospiti: tra non molto dovrebbero arrivare una mamma e il bambino al quale dovrebbe fare da babysitter.
Ha messo l’annuncio al supermercato da un mesetto, ormai: per arrotondare un po’, vorrebbe tenere un bambino o due, la sera, incastrarlo tra i suoi impegni per avere un po’ di grana in più che fa sempre comodo. È la prima volta che la contatta qualcuno, speriamo dia i suoi frutti. Ellie è molto brava con i bambini; deve solo conquistare la mamma.
 
Butta l’asciugamano sul lavandino ed esce dal bagno, dirigendosi giù per le scale fino ad arrivare in salotto. Trova Ellie a mettere a posto il divano, lasciato un po’ in disordine da ieri sera. Hanno fatto le ore piccole: era sabato e Dean aveva voglia di bere. Alla fine si sono ritrovati addormentati sul divano come la prima volta che si sono ubriacati insieme, dopo la prima caccia andata bene. Anche se stavolta erano un po’ più abbracciati e meno vestiti.
 
Le sorride prima di appoggiarle una mano sulla schiena, reclamando la sua attenzione. Ellie ha la pelle rossa, baciata dal sole settembrino, e gli sorride in modo genuino. Ha i capelli lunghi sciolti e ancora un po’ umidicci dalla doccia – che per ragioni di tempo, purtroppo, non hanno potuto fare insieme – e indossa una salopette di jeans sopra una maglietta bianca a maniche corte. A giudicare da quanto le sta grande, probabilmente è la sua.
Le sorride e lei lo squadra un po’ «Perché sei ancora così?»
Dean stringe le spalle; effettivamente, non è nella sua mise migliore: indossa una vecchia vestaglia da camera grigio topo [7], una cosa lunga fin sotto alle ginocchia e calda che lo fa sentire estremamente comodo. «Ho deciso che questo è il mio… completo da casa post doccia».
Ellie arriccia le labbra in una smorfia imbronciata «Ma dai, non vorrai farti trovare così quando arrivano la signora Crimson e suo figlio».
Dean le sorride per prenderla in giro «Ti ricordo che sei tu che devi fare colpo sulla signora Crimson, non io», ma Ellie non sembra volersi piegare alla sua ironia «Sì, ma vivendo insieme può capitare che—» non fa in tempo a finire di parlare, interrotta dal suono del campanello. Dean la guarda spalancare gli occhi «Oddio, è già arrivata. Devo finire di mettere a posto qui… puoi andare ad aprire tu?»
Lui ride, divertito dal suo senso del dovere – seppur giustissimo, ma gli piace prenderla in giro. «Sì, certo».
 
Si dirige verso la porta d’ingresso e butta un occhio sull’orologio; la tizia è in anticipo, ma non ci bada più di tanto. Allunga il passo fino ad arrivare alla porta e, quando la apre, ciò che si trova davanti lo spiazza: a guardarlo stralunato tanto quanto lui non c’è una madre carina e amorevole col suo figlioletto, ma uno alto due metri, con due spalle grosse come un armadio a due ante, i capelli castani più lunghi di come se li ricordasse e gli occhi colpevoli di chi pensa di essere nel posto sbagliato in un momento davvero sbagliatissimo.
 
*
 
Lo sapeva che era una pessima idea. Ne era certo perché, checché ne dica Ellie, Sam conosce suo fratello come le sue tasche ed era sicuro che non avrebbe gradito una sua visita a sorpresa. Infatti, a giudicare da come lo guarda – con gli occhi spalancati, incazzato nero – non è poi così contento di vederlo.
 
«Chi ti ha dato l’indirizzo?»
Effettivamente la domanda è lecita: la prima volta che Dean ed Ellie sono venuti a vedere questa casa insieme a Bobby, Sam non si è unito e anche dopo, quando ha litigato con Dean, non ha mai voluto sapere, né da Bobby né da nessun altro, dove abitasse. Non lo avrebbe saputo nemmeno adesso se Ellie non glielo avesse scritto in un messaggio che gli ha mandato la sera che si sono visti.
Sospira appena, sconfortato dall’espressione cupa del fratello «Dean—»
«Ti ho fatto una domanda» lo guarda negli occhi e Sam pensa che forse sarebbe dovuto venire quando era certo che Dean non fosse in casa, ma è assurdo e stupido pensare una cosa del genere del proprio fratello e boccheggia un istante, alla ricerca di una risposta coerente, ma non fa in tempo a dire nulla.
«Sono stata io» una voce femminile rompe il silenzio e Sam osserva il fratello voltarsi verso Ellie, alle sue spalle, e guardarla con occhi di fuoco. Lei non si scompone «Mi faceva piacere che Sam vedesse la nostra casa e l’ho… l’ho invitato io».
Sam osserva Dean sbattere le palpebre un paio di volte, in silenzio. Poi lo guarda con occhi di fuoco «Scusa un momento» e gli chiude la porta in faccia. Sam alza gli occhi al cielo e scuote la testa, le mani nelle tasche della giacca marrone. Adesso metterà in croce pure quella poveretta di Ellie.
 
Può immaginare perfettamente la faccia che le sta rivolgendo: incazzata, cupa, persino furiosa.
Dean, infatti, una mano appoggiata alla porta chiusa e una sui fianchi, guarda Ellie con occhi di fuoco. «Che cazzo significa che l’hai invitato tu
Lei deglutisce, ma non cambia espressione. «Quello che ho detto».
«L’avevo capito che vi sentivate, non sono idiota, ma addirittura invitarlo qui? Perché?»
«Ci siamo anche visti, una volta» Dean allarga gli occhi; non è geloso, ci mancherebbe altro, ma perché glielo ha tenuto nascosto? Non avrebbe potuto parlargliene? Non le avrebbe mai negato di vederlo, mai. Vorrebbe dirglielo, ma Ellie non lo lascia parlare «E gli ho detto di venire perché mi faceva piacere. Perché io e te abbiamo fatto dei sacrifici per costruire quello che abbiamo adesso e voglio che lo veda con i suoi occhi. Perché è un amico oltre che tuo fratello e tu dovresti piantarla con questa scenetta da bambino capriccioso» lo guarda dritto negli occhi, senza alcuna paura. Fa un passo avanti, poggiando la mano sulla maniglia della porta «Devi smetterla di pensare che ti ha voltato le spalle di nuovo. È grande, deve scegliere da solo e—»
«E non ti sei mai impicciata dei cazzi nostri, perché adesso?»
Ellie si acciglia «Non mi sto impicciando. Ho invitato un mio amico a casa nostra».
Dean spinge la mano sulla porta più forte, quasi a impedirle di aprirla «Un amico che è un fottuto egoista. Voglio dire, che diavolo pensa di ottenere? Non è papà, non caverà un ragno dal buco da solo e poi chi cazzo se ne frega se dentro ha del sangue diverso dal suo, io—»
Ellie lo guarda dritto negli occhi in modo diverso, adesso, quasi avesse una qualche verità in tasca «Ah, e quando ti decidi a dirglielo?» Dean boccheggia un istante, spiazzato, senza essere in grado di replicare «E nemmeno tu sei tuo padre. Hai una bocca e un cervello pensante, usali con tuo fratello anziché fare la mogliettina offesa e digli ciò che pensi. Questa mi sembra un’ottima occasione per farlo, ad esempio. E adesso sposta il braccio e fammi aprire questa cazzo di porta».
 
Lo fissa senza dargli possibilità di replica e Dean si ritrova costretto a obbedire, togliendo la mano dal legno e lasciando che lei giri la maniglia e apra a Sam che è ancora lì, in piedi con una faccia da morto e due occhi che sembrano implorare pietà. Gli fa quasi tenerezza. Quasi, però.
Lo guarda alzare le mani, come in segno di resa «Senti, Dean, io… io non voglio creare problemi. Sono venuto e volevo solo… io—»
 
Sam non sa che dire, ha la bocca impastata e sente gli occhi pizzicargli dal dispiacere che prova: in un certo senso si sente quasi cacciato via, ma Ellie gli sorride dolce, facendo un passo verso di lui e poggiandogli una mano su un braccio. «Non c’è nessun problema, Sam. Ci mancherebbe. Vieni» lo afferra e lo stringe forte con le dita, gli occhi ancora fissi e quasi imploranti su di lui che alla fine è costretto a cedere e a fare un passo avanti, sotto lo sguardo nero di suo fratello. Ellie gli stringe il braccio finché non chiude la porta – stavolta alle sue spalle – e poi guarda Dean «Per favore, potresti finire di mettere a posto di là? Ci sono ancora un paio di bottiglie in giro. E cambiati, che non mi va che la signora Crimson pensi di portare suo figlio in una spiaggia».
 
Sam prima non aveva avuto modo, ma gli basta un’occhiata per focalizzare quello che Dean sta indossando: una bruttissima vestaglia da camera color grigio topo. Sicuramente non l’abito più consono se stanno aspettando visite.
 
Dean la guarda ironico «È una vestaglia».
«È uguale. Dai, sbrigati». Suo fratello lancia un’occhiataccia sia a lui che a lei prima di avviarsi verso quella che da lontano sembra essere la cucina e dargli le spalle. Lei lo guarda dolce «Aspettavamo una signora con il suo bambino. Sai, per… per arrotondare un po’ vorrei fare la babysitter. Qualche volta, almeno. Spero di piacerle».
Sam si sente ancora più mortificato; si morde le labbra nervosamente e scuote la testa «Dovevo chiamarti, prima di venire qui. Non sapevo avessi un appuntamento, ho… ho deciso all’ultimo, vedi—»
Ellie allarga il suo sorriso, poggiando nuovamente una mano sul suo braccio, quasi a rassicurarlo «Non c’è problema, davvero. Finché non arrivano posso farti vedere. E poi Dean può sempre intrattenerli per un po’». Lo guarda con gli occhi di chi pensa di aver ritrovato qualcosa di speciale e poi gli sorride ancora, stringendolo appena più forte con la mano. «Sono davvero contenta che tu sia qui» e Sam, a quelle parole, non può fare a meno di sorridere.
 
Ci ha messo tanto a convincersi e a decidersi. Temeva la reazione di Dean – a ragion veduta, a quanto pare –, ma dentro di sé sapeva che non poteva dire di no a Ellie. Un po’ perché con lei i rapporti non sono mai cambiati, il che l’avrebbe indotta sicuramente a offendersi se avesse rifiutato il suo invito, e poi perché anche a lui faceva piacere. In fondo, hanno passato un sacco di tempo insieme e Sam voleva vedere il loro nido. Voleva capire. A costo di trovarsi il cazziatone di suo fratello ad attenderlo.
 
Ellie lo guarda con un sorriso genuino stampato sul volto. «Allora vieni. Ti faccio vedere».
Sam annuisce e la segue, cominciando a guardarsi intorno.
 
L’ingresso – a cui dà un’occhiata veloce – è piccolino: c’è un tappeto colorato al centro del pavimento ricoperto di parquet e uno specchio, sull’angolo di destra, incastonato in una bella cornice di legno. Alla sua destra e alla sua sinistra, sul lato corto, ci sono due porte aperte.
Ellie gli sorride appena mentre si dirige verso quella a sinistra «Qui c’è la cucina. Non è molto grande, ma siamo in due, non abbiamo bisogno di chissà quale spazio».
Sam annuisce sopra pensiero, seguendola e guardandosi intorno. Sì, è vero, l’ambiente non è immenso, ma è essenziale: sull’angolo sinistro sono disposti un mobile in legno chiaro, messo a mo’ di isola, dove può intravedere un forno con un rivestimento argentato. Ci sono anche dei pensili dello stesso colore e appesi al muro vi sono tre mestoli di legno con dei fiorellini ricamati sul manico. Ellie sorride quando lo vede osservarli «Quelli li avevo presi al mercato a Buckley, nell’anno in cui ho vissuto da sola. Anche se non mi servivano più, li ho sempre portati con me, nascosti dentro a una tasca interna del borsone. Li ho tenuti per ricordo, pensando che non mi sarebbero più serviti se non in situazioni di emergenza… adesso, invece, mi fanno comodo».
 
Sam sorride a quelle parole che lo fanno riflettere sull’imprevedibilità della vita e su quanto spesso, a quanto gli ha raccontato, le sia cambiata negli ultimi anni e continua a guardarsi intorno. Al centro della cucina, c’è un piccolo tavolino contornato da quattro sedie; anch’esso è in legno di una tonalità un po’ più scura di quella dei mobili, ma sempre chiaro.
Si accorge che Ellie lo sta osservando, in trepidante attesa di un parere, e le sorride «È carina. Essenziale, ma carina».
La guarda stringere le spalle «Sì, beh… mancano un sacco di cose, anche di decorazione perché è un po’ spoglia, ma abbiamo tempo per quelle».
Sam annuisce «Certo, quello verrà dopo».
La guarda voltarsi e dirigersi verso una porta chiusa alla sua sinistra «Qui c’è il bagno, ma è piccolino». La apre e tocca un interruttore sul muro per accendere la luce. Sam fa un paio di passi e sbircia al suo interno: è vero, è piccolino, ma è ben arredato. Di fronte a lui uno specchio rettangolare grande, senza cornice; sull’angolo di destra, c’è una piccola lampadina bianca e sul soffitto c’è una plafoniera chiara con dei disegnini azzurri che riprendono il colore delle mattonelle del bagno. Sulla destra, invece, c’è il water e di fronte una piccola doccia un po’ sgangherata; sul pavimento, un piccolo tappeto rotondo di colore blu. In alto, proprio sopra il water, una piccola finestrella rettangolare.
«Era già un bagno quando ci viveva Green?»
«Sì, ma era sporchissimo. E mancavano lo specchio e la luce, li abbiamo aggiunti noi» Sam annuisce, come a registrare quell’informazione nella sua testa. Ellie gli sorride ancora e preme di nuovo il dito sull’interruttore della luce per spegnerla. Si volta e si dirige verso un’altra porta, posta di fronte al tavolo della cucina «Di qua, invece, c’è il salotto».
 
Sam la segue e si trova di fronte a una stanza piuttosto spaziosa e, soprattutto, ordinata: un grande tappeto marrone con dei disegni dai toni caldi al centro, sopra un tavolo di legno più grande di quello della cucina contornato da sei sedie, mentre a destra, rivolto verso il muro, c’è un divano bordeaux, in tinta con i colori del tappeto. Di fronte, una piccola televisione.
 
«Questa, invece, era del signor Green. Credo che non l’accendesse da diverso tempo, ma almeno funziona» Sam annuisce e sorride ancora, ammirato. Hanno fatto proprio un bel lavoro. «Adesso ti faccio vedere di sopra, vieni».
 
Non tanto lontano dal divano, infatti, c’è una fila di scale che porta a un piano superiore, mentre a destra c’è un grosso finestrone, lo stesso che dà sulla strada. Prima di salirle, però, nota una piccola pianta con dei fiori rossi e bianchi, molto particolari. «Che cos’è?»
Ellie abbassa lo sguardo seguendo la direzione di quello di Sam per poi sorridere. «Si chiama gloxinia. Ce l’hanno portata Janis e David quando sono venuti a trovarci». Sam deglutisce involontariamente, sentendosi una merda. Hanno visto questa casa Janis e il suo ragazzo che vengono da Washington prima di lui che sta a poche miglia… non che sia una gara, ma è proprio assurdo pensare a dove lo ha portato l’orgoglio. Anzi, li ha portati, che Dean non si è comportato mica tanto meglio. «Sono venuti il mese scorso. Era ancora un casino, ma erano in ferie e Janis ha insistito tantissimo per poter vedere la nostra casa. Prima o poi te la farò conoscere, è matta da legare».
 
Sam storce le labbra in un sorriso amaro prima di seguirla al piano di sopra. Scopre che le scale sono seguite da un lungo corridoio non molto illuminato. Ci sono un paio di chiodini appesi al muro bianco; forse ospiteranno dei quadri in futuro. O delle fotografie. A destra ci sono due porte, entrambe chiuse, così come un’altra posta di fronte a loro.
 
Ellie entra nella prima a destra, in quella che, senza bisogno di spiegazioni, è chiaramente la loro stanza: il letto al centro, con un copriletto rosso leggero – evidentemente è un colore che a Ellie piace molto –, un paio di comodini di legno scuro da entrambi i lati, un armadio dello stesso materiale alle sue spalle e sulla destra un comò dove sopra campeggia una fotografia di Ellie e Dean. Sono ritratti abbracciati e sorridenti e, a giudicare dallo sfondo, erano al mare. Sui comodini ci sono due lampadine che riprendono lo stile del lampadario appeso al soffitto: un po’ classico, con dei ricami chiari sul vetro trasparente, ma carino. Probabilmente hanno ereditato anche questo dal vecchio Green e non si sono ancora scomodati a cambiarlo. Giustamente, visto che hanno – e hanno avuto – sicuramente spese più impellenti. Appoggiato all’abat-jour del comodino di sinistra, Sam scorge una fotografia. Non ha bisogno di avvicinarsi troppo per riconoscerla: Dean non se ne separava mai da bambino. Lo ritrae insieme alla loro mamma che lo abbraccia da dietro, bella e sorridente, coi capelli lunghi e biondi che le incorniciano il bel viso. Dean era un bambino, avrà avuto tre anni, ed è buffo con quel caschetto biondo che arriva quasi a coprirgli gli occhi. [8]
 
«Ha detto che vuole incorniciarla» Sam si volta verso Ellie e la trova a osservarlo con un tenero sorriso, le mani nelle tasche della salopette. «Si potrebbe anche farne l’ingrandimento e metterla in una cornice più grande, ma non penso che Dean sia d’accordo. Quella lì, invece» indica la foto che Sam ha scorso qualche minuto fa sul comò «L’abbiamo fatta quando siamo andati al mare per il mio compleanno. Il portafoto è d’argento e ce lo ha regalato Janis insieme alla pianta. Ci ha portato troppe cose». Sorride ancora e poi si volta, tornando verso il corridoio. Sam la segue ancora; Ellie si affaccia alla seconda porta sulla destra, che ospita un altro bagno. È più grande di quello situato al piano inferiore. «Qui ci abbiamo rimesso la vasca che era totalmente da rifare e abbiamo aggiunto il mobiletto a fianco allo specchio». Sam si guarda intorno mentre l’ascolta: il lavandino bianco, lo specchio e il piccolo mobile bianco di cui lei parla alla sua sinistra, la vasca – visibilmente nuova – che fa anche da doccia [9] coperta da una tendina a fiori bianchi e verdi, accanto una piccola lavatrice e il water di fronte. Una finestra in fondo, proprio di fronte alla porta.
Sam sorride appena «Beh, vi siete sistemati bene, dai. Sono contento» ed Ellie ricambia, mordendosi appena il labbro inferiore.
«Vieni, ti faccio vedere l’ultima stanza».
 
Escono dal bagno ed Ellie si dirige verso l’ultima porta rimasta, quella di fronte alle scale. La apre e quello che vi trova Sam lo lascia un po’ interdetto: è piuttosto spaziosa, ma è totalmente incasinata. Ci sono scatoloni dappertutto, un asse da stiro, uno stendino per i panni, una finestra un po’ rovinata – dal tempo sicuramente – di fronte a lui e, alla sua destra, un materasso singolo.
 
Ellie si mette di fronte a lui e sorride appena, le mani intrecciate tra loro «Lo abbiamo trovato qui e non ce la siamo sentiti di buttarlo. Dovremmo comprare il letto su cui poggiarlo, ma… beh, è qui. Per te». Sam ascolta interdetto, sbattendo un paio di volte le palpebre senza sapere cosa dire. Lei sorride più convinta «C’è sempre posto per te, Sam» e adesso capisce il vero motivo per cui l’ha invitato a casa sua: più che fargli vedere tutte le stanze e il modo in cui lei e Dean l’avevano arredata, Ellie ci teneva a mostrargli questa, a fargli capire che, qualora cambiasse idea, farebbe ancora in tempo a venire qui. Il suono del campanello la distrae, facendole voltare la testa verso destra di scatto. Aspetta qualche istante a dire qualcosa, il tempo di avvertire la porta d’ingresso aprirsi e Dean chiamarla a gran voce. Sam la osserva girarsi di nuovo e guardarlo con un timido sorriso «Io devo… devo andare di sotto, ma puoi rimanere, se vuoi. Puoi restare anche a cena, ti cucino qualcosa volentieri».
Sam scuote la testa «Non offenderti, ma non mi sembra il caso. Davvero, Dean—»
Lei stringe le spalle «Lascialo perdere. Gli passerà, ne sono sicura. Ma… » infila entrambe le mani nelle tasche della salopette «Ma comunque fai come vuoi, io non mi offendo di certo» gli sorride ancora e si sposta verso la maniglia della porta, rivolgendogli ancora uno sguardo «Puoi aspettarmi qui, o di sotto se preferisci. Sarei contenta di salutarti un po’ meglio, perciò se attendi che finisco con la signora Crimson mi fa piacere».
Sam le sorride «Questo posso farlo» e guarda i suoi occhi brillare prima di dargli le spalle e dirigersi verso il corridoio.
 
Continua a guardarsi intorno – la lampadina che penzola dal soffitto, il materasso appoggiato al muro e il paio di scatoloni pieni di libri di Ellie posti dall’altro lato – e un piccolo sorriso gli si forma sulle labbra all’idea che sia lei che Dean abbiano pensato a questo posto per lui. In fondo, non erano obbligati, soprattutto dopo che lui gli aveva detto di no. Eppure… Scuote la testa, deciso, senza lasciare che quel pensiero s’impossessi pienamente della sua mente. Ha fatto una scelta e deve essere coerente con essa.
Ha ripensato spesso alle parole di Ellie: che in fin dei conti anche lui si è stabilizzato, decidendo di rimanere da Bobby, e che potrebbe fare lo stesso qui, a casa loro. Ma non crede che sia una buona idea, non adesso. Non vuole macchiare il loro futuro.
 
Esce dalla stanza e si muove lungo il corridoio, continuando a guardarsi intorno e cercando di metabolizzare quella sensazione di estraneità. Non lo fa apposta, ma è più forte di lui: è difficile pensare che Ellie e suo fratello siano riusciti nel loro intento e che vivano davvero qui. È contento per loro, ci mancherebbe, ma è una sensazione… strana. Diversa. Non saprebbe nemmeno spiegarla, a dire la verità.
 
Scende le scale – non con poca difficoltà: sono a chiocciola e lui è costretto ad abbassare la testa per non sbatterla da qualche parte –, attraversa il salotto e si ritrova in cucina. Si muove quasi circospetto, osservando attentamente ciò che lo circonda, e quasi sobbalza quando trova Dean ad attenderlo. Lo trova al di là dell’isola della cucina, con un boccione pieno di caffè in mano.
Almeno, adesso si è cambiato: indossa una maglietta a maniche corte nera e un paio di jeans scuri strappati sulle ginocchia.
Lo guarda dritto negli occhi «Ho finito la birra e fino a domani non abbiamo modo di andare a fare la spesa. Ti va un caffè?»
Sam annuisce «Volentieri».
Dean tira le labbra in una linea sottile e lo versa su un paio di bicchieroni di quelli che utilizzavano quando facevano colazione sul primo bar che gli capitava a tiro. Probabilmente lui ed Ellie ne hanno conservati alcuni in attesa di comprarne di migliori e quell’immagine fa quasi tenerezza a Sam. Non che avesse dubbi sulla veridicità delle parole di Ellie, ma è evidente anche da questo che hanno qualche problema economico. Spera che pian piano riescano a mettere da parte qualcosa, quantomeno per garantirsi un futuro.
 
Si distrae da quei pensieri quando vede il fratello porgergli un bicchierone e invitarlo a sedersi al tavolo con un segno della mano. Sam accetta il caffè e si siede di fronte a lui, dando le spalle all’isola della cucina.
Osserva Dean accarezzare con le dita di entrambe le mani il bordo del bicchiere, gli occhi fissi sul tappo. È ancora bollente, evidentemente l’ha fatto da poco. Stringe le labbra in una linea sottile «Allora, ti piace?»
Sam sorseggia un sorso di caffè, ma è sicuro che Dean non stia parlando di quello. «Sì. È accogliente, carino. Poi Ellie l’ha arredato bene»
«E chi ti dice che io non le abbia dato una mano?»
 
Sam boccheggia per un istante. Conosce Dean meglio delle sue tasche e sa benissimo che questa sua battuta è un modo per attaccare briga, ma non gli darà la soddisfazione di cedere. Per come si sono messe le cose – ed è convinto che Ellie avesse previsto anche questo –, vuole un confronto, non un litigio. Di quelli ne hanno già fatti abbastanza.
 
Stringe le spalle, tranquillo. «Forse perché lei ne ha già avuta una, mentre per te è la prima volta» non lo fa apposta a essere acido, è solo che, soprattutto dopo come lo ha trattato prima, gli viene naturale. Sbuffa aria dal naso, cercando di darsi una calmata. Dean lo osserva di sottecchi, piuttosto arrabbiato, e Sam capisce che non ha senso tenere il punto. «Senti, Dean—»
«No, sentimi tu» lo guarda bere un altro sorso di caffè e poi lasciare il bicchierone sul tavolo, le dita di entrambe le mani che continuano ad accarezzarne i contorni. «Non siamo più bambini. Non ha senso tenersi il muso» deglutisce, gli occhi ancora rivolti al bicchiere «Mettiamola così: io ti ho spiazzato con questa storia della casa e della vita normale. Tu, invece, mi hai scioccato quando non hai voluto appoggiarmi».
Sam scuote la testa, deciso. Questo non è mai stato un problema «Ti sbagli, io—»
«Fammi parlare» Dean lo guarda negli occhi; se avesse potuto fulminarlo l’avrebbe già fatto, Sam ne è certo. «Pensavo di farti un piacere: hai sempre voluto una vita normale. Cristo, sei fuggito a Stanford per averla, nonostante papà e tutto il resto. E adesso non ti va più. Va bene, mi fa strano, ma va bene. Mi viene difficile accettarlo, ma ci proverò. Ma vorrei che mi spiegassi come potevo fare altrimenti» afferra il bicchiere con la mano destra e lo stringe, gli occhi fissi su di esso «Ellie non mi ha chiesto niente, né si è mai lamentata di qualcosa, ma non sono cieco. Soprattutto dopo quello che è successo con Jake, dopo quanto è stata male per aver sparato a quella testa di cazzo. Che sì, per me ha fatto bene, perché ti ha salvato la vita, ma lei c’è stata da cani. E come potevo ignorare la sua contentezza le rarissime volte che trascorrevamo del tempo lontani dalla caccia? Quando siamo andati al mare, o… o quando uscivamo la sera senza tanti impicci per la testa. Il giorno che abbiamo visto questa casa per la prima volta, mentre il notaio ci spiegava le varie clausole e tutte quelle puttanate, lei mi stringeva la mano così forte che quasi mi faceva male. L’ha fatto per tutto il tempo, tanto era contenta» alza lo sguardo e lo fissa, gli occhi nei suoi «Quindi dimmi, Sam, come potevo ignorare tutto questo?»
«Nessuno ti ha detto di farlo» Dean lo fissa, visibilmente perplesso «O meglio, io non l’ho mai fatto» prende fiato, cercando di misurare bene le parole. «Dean, io non sono papà. E per quanto le sue parole possano rimbombarti nella testa e farti pensare che tu abbia sbagliato qualcosa, non è così. Hai fatto una scelta, hai rinunciato alla caccia per… per darti la possibilità di avere una vita normale con una persona a cui tieni e ti fa onore. Quello che dico io è che—»
«Hai una vaga idea di quante volte mi sveglio la notte con le parole di papà nelle orecchie?» Sam deglutisce, stringendo le labbra in una linea sottile. Chi meglio di lui potrebbe capirlo? «È come un… un ronzio, nella mia testa. Ellie non sa un cazzo, si… si sentirebbe in colpa anche se non ne ha alcuna. I miei sono solo pensieri e poi non… non voglio turbarla. È così felice» tira su col naso e a Sam non passa inosservata la velocità con cui abbassa lo sguardo sul caffè per poi berne nuovamente un sorso. 
 
Capisce cosa sta cercando di dirgli: Dean ha fatto un grande sacrificio per dare a Ellie la serenità che desiderava e lo ha fatto in modo consapevole, sapendo di stare andando esattamente nella direzione che papà aveva tracciato per lui. E questo lo tormenta, perché è sempre stato ligio alle sue parole, le stesse che continuano a confonderlo un po’. In più, probabilmente aveva bisogno di sfogarsi, visto che a Ellie non vuole dare preoccupazioni.
 
Si umetta le labbra, cercando le parole giuste. «Sai che mi ha detto papà una volta che tu ed Ellie non c’eravate?» Dean rialza gli occhi verso di lui, attento «Che quando siamo nati, ha aperto un conto per noi e vi ha messo cento dollari. Lo ha fatto per ogni mese, finché non è venuta a mancare la mamma. Era un fondo per l’università» sorride ripensando a quelle parole, al sorriso genuino con cui gli parlava papà, qualcosa che non ha rivisto più sul suo viso. «Quando sono andato via, era preoccupato per me perché aveva paura che mi sarebbe successo qualcosa. [10] Probabilmente con te ha fatto lo stesso». Stringe appena le spalle, bevendo un altro sorso di caffè. «Comunque sia, per quanto io senta la sua mancanza, pensa che non è qui a giudicarti. Così come non lo è nessun altro».
«Tu sì, però».
Sam scuote la testa, deciso. «Se pensi questo ti sbagli e pure di grosso» lo guarda dritto negli occhi «Non ho mai detto che hai fatto una scelta sbagliata. Anzi, non l’ho mai nemmeno pensato. Quello che non trovo giusto è pretendere che io faccia lo stesso».
«Ma quanto ti ci vuole a capire che io l’avevo fatto anche per te?» tiene la voce bassa ma a giudicare da come lo fissa – gli occhi sgranati e un’espressione incazzata dipinta sul volto – sembra sul punto di mettersi a urlare «Eri tu quello che sognava la normalità. Che voleva tornare a studiare, riprendersi la sua vita. Pensi che mi abbia fatto piacere preoccuparmi in ogni fottuta caccia per la tua incolumità? Che mi sia piaciuto vederti stramazzare al suolo quando quel bastardo ti ha colpito alla schiena? Se non fosse stato per Ellie probabilmente saresti morto, cazzo. Cosa pensi abbia messo l’acceleratore sulla mia decisione? Pensi davvero che avrei rinunciato alla caccia se non ne valesse davvero la pena, se portarti qui con me non fosse nei miei piani?»
«Però lo hai fatto lo stesso, alla fine».
Le parole di Sam sono volutamente taglienti, ma non sembrano scalfire Dean. O almeno, non più di tanto. «Sì, perché sei un fottuto egoista».
Sam fa una smorfia ironica «Io, eh?»
«Sì, proprio tu. Perché non ho scelto una casa per me, ma principalmente per te e per Ellie. Mi sarei tenuto la mia stanchezza e avrei continuato a cacciare se non ci foste stati voi di mezzo. Lei l’ha capito e quantomeno è riconoscente, tu col cazzo» scuote la testa, passandosi una mano sulla nuca «Ma sai che ti dico? Discutere è piuttosto inutile» deglutisce e si prende una pausa «Come hai visto, di sopra una stanza per te c’è, se dovessi cambiare idea. Penso che Ellie ci tenesse a farti vedere la nostra casa anche per questo» si passa una mano sulla bocca, un gesto che solitamente indica nervosismo. Lo guarda dritto negli occhi «Ricordi la prima volta che abbiamo incontrato Meg? Quando mi ha accusato di portarti con me come una valigia? [11] Beh, forse l’ho fatto in passato, seppur senza rendermene conto, ma adesso sei grande e sei libero di scegliere. Devi trovare la tua strada, qualunque essa sia e… se pensi che sia la caccia, almeno sta attento. Io non sono papà e, per quanto mi riguarda, per te la porta sarà sempre aperta. Altrimenti, se… se rimarrai della tua idea… beh, adesso sai dove abitiamo».
 
Sam sorride amaro e annuisce, le mani intorno al bicchierone di caffè e la testa stracolma di pensieri. Capisce cosa Dean gli sta dicendo: farsi la guerra non li ha portati a niente, perciò, anche se le strade dovessero rimanere divise – idea che comunque lo amareggia moltissimo, è evidente dall’espressione cupa del suo viso e, conoscendolo, è più che comprensibile – tanto vale vedersi ogni tanto. In fondo, sono sempre fratelli e darebbero la vita l’uno per l’altro. Non ha senso portarsi odio per puttanate simili. Con questo discorso, però, Sam è consapevole del fatto che Dean lo sta lasciando andare e sebbene dovrebbe provare una forte sensazione di libertà – da quella famiglia che l’ha fatto sentire a lungo oppresso, da quel padre autorevole e quel fratello che, seppur in modo del tutto innocente, l’ha sempre tenuto un po’ troppo stretto a sé –, all’idea si sente quasi soffocare. Deglutisce un paio di volte per allentare quel nodo opprimente e fortunatamente la voce di Ellie che saluta qualcuno poco più in là lo rinsavisce da quei pensieri. Evidentemente i suoi ospiti se ne stanno andando. La vede tornare dopo poco, infatti, gli occhi bassi e un’espressione mogia sul viso.
 
Osserva Dean sorriderle «Com’è andata?»
Ellie stringe le spalle e gli va incontro, mentre Dean si sposta dal tavolo per farla sedere sulle sue ginocchia. Sembra una bambina sgridata dalla mamma. Lo guarda negli occhi, sbuffando aria dal naso. «Secondo me male. La signora Crimson non… non mi è sembrata molto entusiasta. Mi ha chiesto cose molto tecniche, tipo se… se potevo andare a riprendere a scuola suo figlio o se… se il giovedì potevo fargli la cena quando lei e suo marito sono fuori, ma alle mie risposte mi guardava un po’ schiva, come se fossi una stupida e dicessi cose ovvie».
Sembra davvero dispiaciuta. Dean la stringe appena con le dita sulla schiena «Ne troveremo un altro».
«Era un’entrata che poteva farci comodo».
«Sì, ma Brookings è grande, non penso che quella sia l’unica donna con un figlio a cui badare».
 
Ellie fa di nuovo spallucce, quasi a convincersi delle parole di Dean. È strano, perché già lo erano parecchio, ma a vederli insieme adesso sembrano ancora più affiatati: si vede dal modo in cui si guardano. Tutto questo tran tran, insieme al fatto che non stanno appiccicati tutto il giorno come prima – anche se quello non era per scelta, ma erano costretti facendo lo stesso lavoro – gli ha fatto bene.
 
La vede appoggiare la testa sull’incavo del collo di Dean e lo guarda negli occhi «Sei sicuro di non volerti fermare a cena? Io ho fame».
Sam stringe le spalle e, di riflesso, guarda suo fratello che fa una smorfia piuttosto indifferente. «Se vuoi rimanere… posso ordinare una pizza».
Ellie lo guarda sottecchi «Oppure posso cucinare qualcosa io. Non penso che da Bobby mangi cose genuine, quel vecchio brontolone comprerà tutto in rosticceria».
 
Sia Dean che Sam ridono ed è spaventosamente bello ritrovarsi attorno allo stesso tavolo, a ridere e scherzare come un tempo. È vero, c’è ancora un alone di freddezza che circonda lui e Dean, come uno spesso muro di ghiaccio, ma forse si può sciogliere. Almeno un po’.
In fondo Ellie ha ragione: litigare e tenersi il muso non sta facendo bene a nessuno. Soprattutto a lui e a Dean.
 
Le sorride, allora, le labbra strette e la voce che trema appena nel dire «Ti aiuto ad apparecchiare, però» e quello che gli dà lei in ricambio è come il più caloroso degli abbracci: un sorriso così genuino e sincero da fargli ridere il cuore. Lui fa altrettanto, cullandosi nella sensazione che ormai gli mancava da un po’: quella di sentirsi a casa, tra le persone a cui tiene. Qualcosa che gli scombussola lo stomaco e, ancora una volta, mette in discussione tutte le sue scelte più recenti.
 
È da egoisti pensare che tutto possa tornare com’era. Loro hanno fatto una scelta, se ne sono tirati fuori, e non è giusto trascinarli di nuovo nel baratro. Ma per quel misero, minuscolo istante non desidera altro che la loro compagnia, la stessa che nelle giornate di caccia e fatica passate insieme era un toccasana per il suo cuore e per il suo umore.

 

[1] Citazione di Sam e riferimento al suo discorso a Dean nell’episodio 1x16 “Shadow”.
[2] Riferimento all’episodio 5x16 “Dark side of the moon” e a uno dei bei ricordi di Sam in Paradiso, quando era fuggito a Flagstaff per due settimane.
[3] Grey Goose è una marca francese di vodka, creata nel 1997 a Cognac, in Francia.
[4] Per la precisione, secondo Google Maps, Brookings dista 57 minuti di macchina da Sioux Falls.
[5] Non so come funziona esattamente la legge americana in materia di case, donazioni e vendite, ma ho pensato di rifarmi un po’ a quella italiana, che prevede la redazione di atti notarili per il passaggio di proprietà di una casa da un padrone a un altro.
[6] Il Larson Park è uno dei parchi verdi di Brookings.
[7] La vestaglia è chiaramente la stessa che Dean indossa nel bunker dall’ottava stagione in poi, quando lui e Sam si “appropriano” della tana dei Men of Letters.
[8] Riferimento all’episodio 8x14 “Trial and error”, quando per la prima volta entriamo nella camera che Dean ha messo a posto per sé nel bunker degli Uomini delle Lettere.
[9] Durante il mio piccolo viaggio negli States, ho notato che vanno molto “di moda” le vasche che si possono utilizzare anche come docce. Per questo, ho voluto mantenere questa tradizione XD
[10] Riferimento al dialogo avvenuto tra Sam e John nell’episodio 1x20 “Dead men blood”. 
[11] Riferimento all’episodio 1x16 “Shadow” e al dialogo al bar tra Meg, Sam e Dean.

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Capitolo 34
*** How bad we need each other ***


Note (Parte 1): Ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo. T_T
Come già anticipato, è un epilogo, per questo è moooolto più breve dei precedenti.
Vi aspetto in fondo per le note finali :) (ç____ç)
 

Capitolo 34: How bad we need each other
 
Life is too hard to walk alone
You can't do it on your own
It's like bare hands digging through stone

And if things go down much deeper hills
Even money won't pay these bills
And time will show
That people gonna be OK
Storms never come to stay

They just show us how bad we need each other
How bad we need each other
And the trials of today
They are signs along the way
to remind us how bad we need each other
How bad we need each other

 
(How bad we need each other – Marc Scibilia)
 
 
«Ti piace?»
Dean fissa quel pezzo di stoffa e sorride appena. Si appoggia meglio allo stipite della porta della stanza, osservando con attenzione il risultato.
«Sì, molto. L’unica cosa che non capisco è perché hai preso le lenzuola rosse» Ellie ride a quelle parole, gli occhi luccicanti.
 
È stata a far compere, oggi pomeriggio. E a quanto pare ha svaligiato il negozio di biancheria.
Dean osserva con attenzione la loro stanza – qualcosa si apre al centro del suo petto solo ascoltando questo pensiero, a sentirne il suono così caldo e accogliente; è così ogni volta che ci pensa – e guarda con attenzione il letto: grande e davvero comodo – niente a che vedere con quello dei motel –, ma quel piumone bianco con i fiori rossi e lilla un po’ stona alla sua vista. Per non parlare delle lenzuola rosso bordeaux che ne sbucano fuori e delle federe dello stesso colore che ricoprono i cuscini.
Ellie gli circonda la vita con le braccia e lo stringe, la testa inclinata a guardarlo. «Quelle dei motel erano sempre bianche. Mi sono stancata di quel piattume» Dean le accarezza i capelli e pensa che, in fondo, non ha poi tutti i torti. Questa spiegazione gliele fa piacere senz’altro di più. «Volevo cambiare. Le ho prese anche blu e verdi, per l’inverno. E se non ti sta bene la prossima volta vieni anche tu».
 
Dean sorride divertito e la abbraccia forte, puntando ancora gli occhi su quel letto rifatto con cura. A pensare che hanno passato i primi giorni in questa casa a dormire sul materasso buttato per terra perché non avevano neanche una rete su cui piazzarlo, in confronto adesso gli sembra di vivere un’altra vita. «Ti ricordo che ero a lavorare, io» lei scuote la testa, come a fargli il verso, e Dean storce un angolo delle labbra. «Quando le inauguriamo?»
Ellie alza il mento, guardandolo perplessa. «Stasera, no?» La sua espressione è così innocente che Dean non sa se scoppiare a ridere o mettersi a urlare.
Tira le labbra in una linea sottile, sbuffando aria dal naso «Non pensavo di dormirci… voglio dire, non subito».
Ellie si morde le labbra nascondendo un piccolo sorriso – lo sguardo acceso e birichino – «Aaah… »
Dean piega le labbra in un sorriso malizioso e trova la mano di Ellie per poi intrecciarne le dita, trascinandola con lui qualche passo più avanti.
 
Adesso, almeno secondo Ellie, mancano qualche quadro sul muro, uno specchio e un paio di tappeti su cui poggiare i piedi quando scendono dal letto, cose di cui hanno potuto fare a meno fino adesso in vista di spese più grosse, ma non hanno fretta.
 
Gli occhi di Dean cadono sul pavimento, dove scorge qualcosa di nuovo: un paio di ciabatte a forma di gatto. Sono grigie e pelose, con tanto di musetto e baffi di micio disegnati sopra e solo a guardarle a Dean viene da starnutire, per quanto sia ovviamente cosciente del fatto che non siano fatte con del pelo di un gatto vero.
Piega le labbra in una smorfia storta. «E queste?»
Ellie sorride, visibilmente divertita «Sono le mie ciabatte nuove! Ti piacciono?»
«No!»
Lei lo guarda negli occhi, mettendo su un finto broncio. Si scosta dalla sua presa e si abbassa per prenderle in mano «Ma dai, sono bellissime! Un po’ invernali, ma mi piacevano. Mi ricordano un po’ Mufasa. Ti ricordi, no? Che Janis sarebbe d’accordo se volessimo andare a prenderlo e—»
Dean stringe le labbra in un sorriso ironico «E ti ricordi che ti ho già detto che non se ne parla, no?»
 
Per quanto Janis sia gentile e accomodante, l’idea di trasportare un gatto da Buckley a qui che sarà almeno a millecinquecento miglia di distanza [1] non è esattamente geniale. Il problema è che Ellie si è messa in testa che le piacerebbe avere un micio, come quando viveva da sola – anche se stavolta non lo è – e sarà dura farle cambiare idea. Per fortuna Dean è allergico al pelo di gatto, altrimenti sicuramente ne avrebbero già uno in casa. È poco ma sicuro.
 
Ellie incrocia le braccia al petto e sbuffa appena «Uffa»; fa così ogni volta che parlano di adottare o meno un animale domestico. «Comunque, dicevo, queste le ho trovate al supermercato… sono calde e comode, le avevo molto simili quando ero bambina».
Dean stringe gli occhi «Appunto! Sono da bambina!» e lei sorride con quel fare innocente che lo manda sempre su di giri «Sono belle per questo!» per poi fargli la linguaccia.
 
Sorride e sta per dirle qualcosa, quando un leggero toc toc alle sue spalle lo costringe a voltarsi.
A guardarlo con gli occhi di un bambino felice c’è un sorriso genuino e limpido, sereno, incorniciato da una cascata disordinata di capelli castani.
«Abbiamo fatto un ottimo lavoro, non trovi?»
 
Dean stringe le spalle, cercando – invano – di mantenere un’espressione tipica della sua faccia da schiaffi. «Sì, ma potevate fare di meglio… tipo evitare di comprare lenzuola fosforescenti».
Ellie gli dà una manata su un braccio «Anche lui le ha prese colorate: gialle e blu».
«Oh, lo immaginavo. Perché è una femminuccia come te» e anche Sam, la spalla destra appoggiata contro lo stipite della porta, sorride, dopo aver roteato gli occhi col suo solito modo di dirgli che è un cretino.
 
Vive anche lui qui, adesso. Da un paio di settimane circa.
Dopo quella sera che hanno passato insieme qui, a mangiare pizza cucinata da Ellie e a bere birra fino a quasi le due del mattino – in un’atmosfera che era a dir poco serena, quasi innaturale dopo tutto quello che era successo –, Sam è tornato spesso a trovarli. A volte li avvisava – tipo la prima volta che è venuto a fargli visita, arrivando dopo cena per portargli un pensierino: un orologio da muro; lo hanno appeso in cucina –, mentre altre si presentava a casa all’ora di cena con qualcosa preso d’asporto – per lo più hamburger – o improbabili sformati di patate fatti da lui. A volte, a dire la verità, non erano nemmeno molto commestibili – tra i due, è sempre stato Dean che se l’è cavata meglio tra i fornelli, il che è tutto dire –, ma sia lui che Ellie hanno sempre apprezzato il gesto. Soprattutto lei, che al solo vederlo entrare dal portone di casa le si illuminavano gli occhi.
 
Dean ha sempre fatto finta di niente, seppellendo l’ascia di guerra e trattando il fratello con il massimo rispetto e riguardo – consigliato anche da Ellie, che se c’è una che l’ha sempre tenuto a freno in queste situazioni sicuramente è stata lei. Poi una sera, di punto in bianco, Sam ha tirato fuori il rospo: le sue ricerche su Occhi Gialli e sul sangue che gli aveva messo in corpo non lo stavano portando da nessuna parte, che tutti gli amici di papà su cui fare affidamento erano morti e che si era stancato di rincorrere un fantasma – per una volta nel senso figurato del termine. Più che lavorare, gli sarebbe piaciuto tornare a studiare; magari non a Stanford, ma dalle loro parti, così da poter rimanere al fianco della sua famiglia – testuali parole, roba che a Dean stava per venire un infarto dalla contentezza – e aiutarli in caso di bisogno.
Ricorda ancora ogni singola parola, perfino l’espressione del suo viso e il tono con cui le stava pronunciando, per quanto ne era entusiasta: «Ho cominciato a pensarci sul serio quando sono stato qui la prima volta e ho visto la stanza vuota, quella che… che sarebbe stata mia nel caso avessi accettato di venire con voi. Ne sono rimasto sorpreso e… e ho pensato che mi piacerebbe tanto occuparla, quella stanza. Sempre se è ancora disponibile».
 
Il cuore gli si è bloccato in gola in quel preciso istante ed è rimasto lì, immobile, a fissare il fratello come uno stoccafisso. Ricorda lo sguardo di Ellie addosso, quel luccichio negli occhi tipico di quando è felice, e il suo correre incontro a Sam e stringerlo in un abbraccio. Ha stampato in testa il suo sorriso, dopo, mentre con le sue grandi braccia le stringeva la schiena.  
 
Ha ben in mente anche le parole che Sam ha detto poi, dopo che Ellie ha smesso di fare il koala e lui ha recuperato un minimo la salivazione. Ha cambiato espressione, cercando di mascherare l’enorme sorriso che gli era affiorato sul viso – sicuramente dovuto alla contentezza che ha generato in loro il suo annuncio: uno come lui, che si è visto sbattere la porta in faccia da papà, sa bene cosa significa essere accolti. «L’unica cosa che non voglio è sentirmi di troppo. Non voglio fare il terzo incomodo e non voglio che cambiate le vostre abitudini per me. Mi conosco e probabilmente continuerò a fare delle ricerche, saltuariamente, perché voglio arrivare alla verità, ma… ma la cosa non deve toccarvi. Se avete chiuso con la caccia, non voglio essere io a ributtarvici dentro».
Ellie ha stretto le labbra a quelle parole, rimanendo in silenzio, e a quel punto è stato Dean a parlare, confessando che lui, a caccia, qualche volta ci va ancora – più per aiutare Bobby che perché ne sente una vera e propria mancanza –, anche se è comunque fermo nella sua idea, ma che Sam era libero di fare quello che voleva. E le ricerche, come le faceva da Bobby poteva farle lì, quindi sicuramente non gli avrebbe dato fastidio. «C’importa solo che vuoi venire a stare qui con noi» e non ha aggiunto altro, ritenendosi anche troppo melenso per i suoi standard di uomo integerrimo.
 
Da lì, Sam ci ha messo poco a traslocare: il tempo di tornare da Bobby e prendere le sue cose per lui e quello di dare una sistemata a quella che sarebbe diventata la sua stanza per tutti e tre. Ellie doveva rinunciare al suo angolo da stiro e riporre lo stendino da un’altra parte, ma lo avrebbe fatto – e lo fa tutt’ora – più che volentieri.
 
Sam non ha ancora ben chiaro cosa vuole fare “da grande”, se trovarsi un lavoro vero o uno che possa mantenerlo negli studi, a patto che si deciderà a riprenderli – anche se Dean pensa che propenderà per questa ipotesi, alla fine –, ma va bene così. In fondo, è arrivato da poco, ha tempo per ambientarsi e decidere.
 
Lo guarda adesso, mentre suo fratello sorride in modo nuovo, sereno e tranquillo: Dean lo percepisce e cazzo se ha passato tutta la vita a sperare di vederlo sorridere così. Svia lo sguardo per non farsi beccare e torna a guardarsi intorno, osservando ancora quel letto ben fatto.
Avverte lo sguardo di Ellie su di sé e sospira appena. «Va beh, dai, diciamo che potevate fare di peggio con queste lenzuola. Però la prossima volta forse è meglio che vengo anch’io, almeno eviti di comprarti cose stravaganti».
 
Ellie si mette a ridere e Dean la guarda raggiungere Sammy, prenderlo a braccetto e raccontargli che le ciabatte che hanno scelto insieme sono bellissime ma non piacciono a Dean mentre si avviano al piano di sotto; Dean ascolta il loro chiacchiericcio diventare sempre più lontano e si siede sul letto con un sorriso stampato sulle labbra.
 
Gli viene automatico ripensare alla sua vita, a quanto è stato difficile a volte tirare avanti nonostante tutte le ferite che si portava nel cuore e nel corpo e non pensava che sarebbe riuscito ad essere così felice e sereno, un giorno.
Lo fa spesso, ultimamente, quando si ritrova a chiedersi perché il pensiero di suo padre ogni tanto torni a tormentarlo, nelle rare, rarissime volte in cui ha qualche dubbio sul passo importante che ha compiuto. Poi ripensa ai giorni in cui aveva il cuore a pezzi, perché dopo la partenza di Sam per Stanford si sentiva come una barca priva della sua ancora, incapace di attraccare al porto; allo stesso padre che lo voleva ancora schiavo della sua vita da cacciatore ma che non c’era mai e le rare volte in cui era presente era solo per dargli degli ordini o rimproverarlo di qualcosa. A quando è arrivata Ellie, che pian piano ne ha rincollato insieme i pezzi e l’ha aiutato a leccarsi le ferite – e non solo quelle, ma questa è un’altra storia.
In poco tempo, lei ha stravolto tutto quanto: il suo modo di vedere le cose, il suo presente e soprattutto il suo futuro. È rimasta a combattere al suo fianco quando aveva già sconfitto i suoi fantasmi, ha portato dolcezza nella sua vita amara e oggi, ancora una volta, gli ha riportato indietro suo fratello. Di questo Dean le sarà sempre terribilmente grato.
Per questo non può avere dubbi: solo la speranza di vivere in quest’isola felice che qualcuno a cui deve andare parecchio a genio ha deciso di donargli il più a lungo possibile.
 
Si guarda nuovamente intorno e sorride più convinto, lo sguardo lucido di chi ha ancora tanto da fare ma sente di poter riuscire a costruire qualsiasi cosa con poco sforzo, perché è così appagato da quello che ha che non lo affatica nulla.  
 
A distrarlo c’è il dlin dlon del campanello che suona e non ha bisogno di sentire quella voce calda e bassa provenire dall’ingresso per sapere che si tratta di Bobby. E quella di Ellie che si lamenta del fatto che si è presentato con un vassoio pieno di pizze fumanti quando poteva cucinare lei lo fa sorridere più convinto al pensiero che certe cose sono davvero destinate a non cambiare mai. E, per una volta, ci tiene che sia così.
 
Si alza scuotendo la testa e pregando che continui a lungo, che certe abitudini è bene mantenerle, e si decide a lasciare la stanza e a scendere di sotto per raggiungere la sua famiglia, coloro che sono sempre riusciti a tenerlo in piedi e a restargli accanto qualunque cosa accadesse.
 

[1] Per andare da Brookings, situata nel South Dakota, a Buckley, nello Stato di Washington, sono sufficienti quasi ventiquattro ore di macchina. La distanza azzardata da Dean è giusta: secondo Google Maps, la strada più breve – per così dire – misura 1527 miglia. 
 
 
Note (Parte 2): … beh, che dire… stavolta è davvero dura concludere. Sarà che questa storia è più lunga della precedente, che ci ho messo anni a scriverla o non so, ma so che ne sentirò particolarmente la mancanza, ora che è davvero conclusa.
Ho in mente vari spin-off, cosine brevi e alcune un po’ più lunghe (non così tanto, state tranquilli XD), ma ahimè la vita vera ultimamente sta risucchiando più dell’85% delle mie energie e non so quando riuscirò a buttare giù qualcosa. So solo che Ellie passerà ancora da queste parti, di questo potete stare certi :) Ci sarebbe anche un mezzo seguito nella mia testa, chissà che io non riesca a metterlo su carta, prima o poi.
Spero di non aver trasformato il miracolo di Wash Away in qualcosa di stucchevole e troppo banale. Non volevo dare un finale brutto o triste, perché ci tenevo che i protagonisti vivessero un percorso di crescita e che arrivassero a questo punto non perché costretti dagli eventi (com’è successo a Dean e a Lisa, per esempio), ma perché lo volevano fortemente. Dean ha subito un notevole processo di maturazione, in questa storia, è cambiato molto, ma spero di essere riuscita a conservare la sua vera natura.
Io non posso far altro che ringraziare tutte le persone che mi hanno seguito con tanto entusiasmo, che mi hanno scritto le loro impressioni e con cui è sempre nato un dialogo costruttivo e appagante. Ringrazio chi mi ha esposto le sue perplessità e chi si è preso la briga di commentare capitolo per capitolo, scrivendo con novizia di particolari idee, paure e desideri. Non saprei come avrei fatto senza tutti voi.
Grazie anche a coloro che si sono solo affacciati alla storia, che l’hanno letta e che sono rimasti nell’ombra: siete tutti preziosi, per me.
Vi mando un forte abbraccio e vi ringrazio ancora tantissimo. Spero di rifarmi viva presto, da queste parti. Magari con Ellie insieme a me.
Vi abbraccio fortissimo,
Vali :)

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