Piacere, zero uno

di Gapman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: ribenvenuti ad Hawkins ***
Capitolo 2: *** Capitolo due: Halloween ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: Il numero tatuato col fuoco ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno: ribenvenuti ad Hawkins ***


Piacere, zero uno

Capitolo uno: ‘’Ri-benvenuti a Hawkins’’

Timeline: seconda stagione.


Martedì 30 ottobre, 1984


In quel - stranamente - soleggiato giorno di ottobre, Max varcava per la prima volta la porta della scuola media di Hawkins.
Libri nello zaino, broncio impostato e skateboard per far capire subito a tutti chi fosse. Si sentiva parte di un grande cliché, quello della ragazza nuova che fa la dura con tutti, e avrebbe mantenuto quel profilo con chiunque - anche con la ragazza, nuova arrivata come lei, che aspettava il preside al suo fianco. 
Lunghissimi capelli castano scuro, sopracciglia spesse, occhi scuri come perle nere. Non parlava, ma non sembrava una dura. Era impassibile come una statua.
Ciò che catturò di più l’occhio di Max fu la sedia a rotelle su cui sedeva, nella quale la giovane sembrava a suo agio. Non era imbarazzata dalla sua condizione, anzi, si muoveva con sicurezza e tranquillità. Sua madre l’aveva lasciata vicino alla porta della presidenza, salutandola con un forte abbraccio ed un bacio sulla fronte.
Sembravano molto vicine.
‘’Ciao.’’ Una voce sottile come una piuma raggiunse le orecchie di Max. Si voltò di scatto, vedendo la ragazza straniera con lo sguardo timidamente rivolto verso di lei; ‘’Sei nuova anche tu, e suppongo che saremo nella stessa classe.’’ 
Max la osservò un secondo, prima di rispondere.
‘’Già.’’ Fece una lunga pausa, cercando il coraggio di chiederle il suo nome; ‘’Come ti chiami?’’ 
‘’Vittoria. Tu?’’ Il suo nome suonò nelle orecchie di Maxine in maniera strana.
‘’Victoria intendi?’’
‘’No, no. Vittoria. E’ Victoria, ma in italiano.’’ Le rispose la nuova arrivata, con una calma esemplare.
‘’Io sono Maxine. Max, in breve.’’
Le due si scambiarono un sorriso accennato.
‘’Da dove vieni, Maxine?’’ Non appena sentì quella domanda, furono entrambe chiamate dal preside. 
Fecero un giro breve per la scuola, dove, da una parte, Max era più preoccupata per l’incontro coi nuovi compagni e non aveva ascoltato metà del discorso. Dall’altra, Vittoria fingeva di essere interessata. Di solito, adorava le lunghe spiegazioni, ma quella volta proprio no. Ormai, con tutte le scuole che aveva cambiato, non le interessava nulle.
Quando arrivarono di fronte alla nuova classe, le due si guardarono. Condividevano la stessa paura, e questo le rendeva abbastanza simili.
‘’Ecco, ragazze. Questa sarà la vostra classe di scienza con il professore Clarke. Conoscerete i vostri compagni e parteciperete alla vostra prima lezione!’’ 
La preside bussò alla porta ed entrò, seguita prima da Max, che con un po’ di riluttanza si presentò alla classe. Wow, viene dalla California. Bella la California - Pensò Vittoria.
Quando fu il suo turno, entrò dentro alla classe spingendosi sulla sedia a rotelle. Tutti la osservavano, stupiti, sbigottiti. Li vide anche parlottare, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine. 
‘’Incredibile, oggi abbiamo addirittura due nuove arrivate! Come ti chiami?’’
Le chiese il professor Clarke di scienze, un uomo di mezza età che già a prima vista dava l’idea di essere un gran appassionato di quella materia.
‘’Mi chiamo Vittoria. Vengo da Washington D.C.’’
In mezzo alla classe, disposti in un quadrato, sedevano Will, Lucas, Dustin e Mike. Tra tutti, erano quelli più in fermento. L’arrivo di Max li aveva elettrizzati perché, almeno a prima vista, sembrava una nerd. O meglio, MadMax, lo sconosciuto imbattibile della sala giochi. Mentre Vittoria era un po’ più strana.
‘’Non sembra il personaggio di qualche film horror?!’’ Sussurrò Dustin agli altri ragazzi, che annuirono estremamente stupiti.
Vittoria gli rivolse una occhiata abbastanza rassegnata.
‘’Silenzio, ragazzi!’’ Li ammonì il professore; ‘’Molto bene, finite le presentazioni direi che possiamo iniziare la lezione. Puoi sederti vicino a Dustin, visto che c’è un posto libero.’’
Non appena sentì questa affermazione, Dustin sgranò gli occhi e gli altri ragazzi si misero a ridere.




Fuori da scuola


Poco dopo aver lasciato sua figlia davanti alla presidenza, la madre di Vittoria si infilò dentro alla macchina parcheggiata davanti alla struttura e si accese una sigaretta. Erano tante le ragioni per cui si trovavano lì, e Hawkins non era di certo il suo posto preferito. La riportava indietro a dei ricordi atroci, di cui portava ancora i segni evidenti: cicatrici, tagli, e soprattutto un piccolo numerino tatuato sul suo braccio destro. 01. Strinse forte la presa sul mozzicone e chiuse gli occhi, assaporando lo schifoso sapore del fumo.
In quel preciso momento, Joyce e Hopper arrivarono per prendere Will e portarlo ad una visita. 
Non appena uscirono, la donna spense la sigaretta nel posacenere e scese dall’auto. Ecco, proprio chi stavo cercando - pensò.
Fece finta di star semplicemente osservando la scuola e i foglietti attaccati alla bacheca, con il mero intento di farsi notare.
‘’Ha bisogno d’aiuto?’’ Joyce, nel vedere la donna visibilmente confusa, le si avvicinò con Will accanto. Hopper la stava aspettando vicino alla macchina, nervoso.
Lei si voltò con calma, sorridendo. Ma non era un sorriso gioviale, pareva soltanto educata.
‘’Oh, salve. Stavo soltanto guardando gli annunci. Mia figlia ha iniziato la scuola oggi, è nuova. Volevo dare una occhiata alle attività e ai vari club che avete.’’
Joyce notò subito l’accento straniero, contornato da un inglese perfetto e maturato. Le due incominciarono a parlare, avviandosi verso il parcheggio dove Hopper attendeva.
Mentre camminava insieme a quella donna, Will percepì qualcosa. Ebbe un flash veloce di diversi immagini del Sottosopra; niente di preoccupante, ma la cosa lo incuriosì. Tuttavia, la sconosciuta conosceva benissimo quel bambino e tutto ciò che gli era successo. 
‘’Jim, lei è Alma - sua figlia ha iniziato da poco la scuola e si sono trasferite ad Hawkins. Sta cercando lavoro, non è che potresti aiutarla?’’ Joyce era di una gentilezza disarmante, e questo stupì molto Alma.
Hopper la guardò dall’alto al basso, stranito. Era una ragazza giovane, molto alta, vestita con un certo riguardo. Camicia viola, infilata dentro ad un paio di pantaloni neri - presumibilmente da uomo. Capelli castani, talmente ricci che, probabilmente, costituivano gran parte della sua altezza. Sembrava una top model di qualche rivista, con un fisico perfetto e molto allenato. Era bellissima, ma questo non lo rassicurava per niente.
‘’Io sono lo sceriffo Hopper.’’ I due si strinsero la mano, freddamente; ‘’Ma… Cosa porta una donna così giovane a venire da Washington D.C. a Hawkins?’’ L’uomo gettò la sigaretta a terra, incrociò le braccia e si appoggiò contro la macchina. 
Joyce notò subito lo sguardo interrogativo di Hopper; ‘’Beh, dai, magari le piaceva il posto…’’
‘’Sì, Joyce, esatto’’ Rispose la donna, mantenendo uno sguardo fermo e tranquillo. Non era intimorita dallo sceriffo; ‘’Sono venuta qui perché mi piacciono i posti dove non succede niente. Devo averlo letto su qualche opuscolo dal dottore, forse. In ogni caso, come si può sentire dal mio accento, sono nata in Italia e i miei genitori anche. Siamo arrivati qui quando avevo circa… 8 o 9 anni.’’ 
Hopper non rispose, si limitò ad annuire. I dubbi lo attanagliavano, e in quel momento pensava solo alla visita che Will avrebbe fatto di lì a poco.
‘’Ora che ci penso’’ Intervenì Joyce; ‘’Dove lavoro io, cercano un’altra commessa. Prova a sentire lì, metterò una buona parola per te. Ora dobbiamo andare, purtroppo, mio figlio deve fare una visita molto, molto importante.’’
Alma notò la preoccupazione nello sguardo della madre. Una preoccupazione che aveva sempre conosciuto benissimo, e che si ritrovava a condividere pienamente.
‘’Visite e figli non vanno mai d’accordo insieme’’ Rispose, accennando un sorriso; ‘’Ci vediamo presto. Ah! Sicuramente passerò in negozio.’’


Fine capitolo.





Note dell’autore:


Buonasera a tutti*! Avevo in mente una fanfiction di questo genere da tempo, ma la vera ispirazione mi è venuta all’improvviso durante la terza stagione… 
Come sempre, spero di riuscire a rendere al massimo le idee che ho. Non sempre è facile scrivere fanfiction con degli OC, ma mi piace aggiungere qualcosa di mio alle storie e spero piaccia anche a voi :)
Il prossimo capitolo arriverà tra pochissimo visto che questa è solo una introduzione breve dei personaggi. Intanto, se vi va, potete lasciarmi una recensione. P.s. mi fareste un grandissimo piacere votando Alexei nella lista dei personaggi da inserire visto che *spoiler* apparirà più avanti! https://efpfanfic.net/richieste.php?catid=3991

Un saluto,

Gapman

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Capitolo 2
*** Capitolo due: Halloween ***



Piacere, zero uno

Capitolo due: Halloween

Timeline: seconda stagione.



Le lezioni erano finite da poco, e i ragazzi della scuola media si erano tutti riversati nei cortili.
Vittoria era seduta da sola, davanti ad una panca, con un panino e un libro in mano. Si stava facendo i fatti suoi, come sempre. Dopo tutto ciò che lei e sua madre avevano passato, preferiva contemplare il silenzio e prendersi del tempo per sé stessa e fare l’unica cosa che le fosse sempre piaciuta: leggere, e scappare da quel mondo meschino.
Sentiva gli sguardi delle persone osservarla, ma mai e avrebbe pensato che qualcuno potesse davvero infastidirla. Infatti, poco dopo, due ragazzi più o meno della sua stessa età ebbero la brillante idea di strapparle il libro dalle mani e gettarlo a terra, ridendo.
‘’Ecco, ora alzati e raccoglilo! Ops… Scusa, è vero, non puoi alzarti!’’ Le urlarono contro, ridendo. Ma lei non era impressionata, o spaventata. Provava solo un immenso disgusto, tant’è che rispose soltanto sollevando il sopracciglio e tirando fuori un altro libro dallo zainetto.
‘’Ne ho talmente tanti che finirete per stancarvi di strapparmeli dalle mani.’’ Aggiunse, aprendo la sua Divina Commedia.
E si sa, i bulli amano le sfide, così strapparono dalle sue mani anche quel libro. In soccorso di Vittoria, arrivò Max in sella al suo skateboard e lo raccolse.
La rossa allontanò i due bulli, Troy e James, rimasti spazientiti dalle due ragazze e il loro modo di fare esageratamente stoico nei confronti dei loro affronti. 
Per loro, non c’era più gusto nell’infastidire due tipe del genere.
‘’Grazie. Se non fossi intervenuta tu, il giardino della scuola sarebbe diventato una libreria.’’ 
Max accennò un sorriso e si sedette vicino alla compagna, che da fuori sembrava chiusa e indifesa, cupa e triste. Ma la realtà non era così.
‘’Ti piace molto leggere, vero?’’ Le chiese la rossa.
‘’Già. Non mi piace fare nient’altro, diciamo. Come sta andando il primo giorno di scuola?’’ Vittoria non era bravissima a comunicare i suoi sentimenti o a fare amicizia. Le veniva più semplice accollarsi a frase fatte per iniziare una conversazione, e nulla di tutto ciò era molto spontaneo.
‘’Ho degli stalker che mi seguono. Li ho già beccati seguirmi un paio di volte.’’
‘’Chi sarebbero questi?’’
‘’Hai presente quei quattro nerd che siedono al centro della classe? Uno è anche tuo vicino di banco.’’
‘’Ah, sì. Quello che mi ha dato del personaggio horror’’
Max scoppiò a ridere. Era vero, in effetti. Sembrava un po’ una Mercoledì Addams; ‘’Beh, Maxine, tu sei una tosta. Scommetto che riusciresti a liberarti anche di loro. Sono facili da ingannare, basta un foglietto nel cestino in cui loro andranno a rovistare, e si spaventeranno a morte.’’
‘’Ottima idea. Sei un genio del male.’’
Le due scoppiarono a ridere. Si stava creando una certa complicità, dovuta forse anche alla loro situazione in comune: due estranee in un luogo completamente nuovo.
‘’Ora che ci penso, ho bisogno di te’’ Le rispose Vittoria, osservandola con fare pensieroso.
‘’Come..?’’ Max era sorprendentemente stupita dall’affermazione. Nessuno aveva mai veramente avuto bisogno di lei.
‘’Quei bulli ritorneranno. O almeno, nelle altre scuole facevano così. Prima che debba intervenire mia madre…’’
‘’Vuoi che ti faccia un po’ da scudo, giusto?’’
Vittoria annuì, con un leggero filo di vergogna. Non avrebbe mai valuto che sua madre intervenisse di nuovo, visto com’era finita l’ultima volta.
‘’Affare fatto, ma sappi che avrò ancora bisogno delle tue incredibili idee contro i bulli. E di una mano coi compiti, ma quello è scontato.’’


31 ottobre 1984 - Halloween


‘’Nessuno è vestito, a parte noi…’’ 
Lucas, Will, Mike e Dustin stavano camminando verso la scuola indossando fieramente i loro costumi di Halloween, quando si accorsero che erano gli unici ad essere vestiti. 
Risate, battute e prese in giro gli facevano da coro, ma essere vestiti da Ghostbuster ne valeva tutta la pena.
Si trovavano di fronte agli armadietti del corridoio a discutere riguardo quale fosse il Ghostbuster migliore, quando videro Max arrivare in lontananza, accompagnata da Vittoria al suo fianco.
Le due nuove arrivate giravano per i corridoi con una certa sicurezza, diversa dalla timidezza che trasparivano quando si trovavano da sole.
La cosa che i ragazzi notarono subito non appena le ragazza furono lì, davanti ai loro nasi, non era nient’altro che il costume di Vittoria: indossava una lungo mantello rosso, con uno strano cappello dello stesso colore e una corona d’alloro. 
‘’E tu da cosa sei vestita?’’ Esordì Dustin, guardandola con fare stupito.
Era felice del fatto che non fossero gli unici vestiti nell’istituto.
‘’Ho deciso di mimare l’abbigliamento del Sommo Poeta, Dante Alighieri. Ha scritto un numero enorme di opere e gettato le basi per la lingua italiana, ma viene principalmente conosciuto per la sua opera maggiore, La Divina Commedia.’’
Tutti i ragazzi la guardarono con fare stranito, come se avessero appena visto un alieno.
‘’E perché dovresti indossare il costume di un maschio?’’ Le chiese Mike, alzando un sopracciglio.
‘’Perché mi piace, tanto quanto a voi piacciono i Ghostbusters.’’ Nulla, niente e nessuno avrebbero mai fermato l’amore che Vittoria provava per la letteratura, e le piaceva manifestarlo nei modi più pazzi possibili.
‘’Quindi tu saresti una specie di nerd della letteratura.’’ Le rispose Dustin, incuriosito. 
‘’Già. Nerd della letteratura.’’ Adorava quell’appellativo - suonava familiare e sofisticato allo stesso tempo.
‘’Visto, stalkers? Non il personaggio di qualche film horror. E, per la cronaca, l’idea del bigliettino nella spazzatura era la sua.’’
Le due ragazze di scambiarono uno sguardo complice.
I ragazzi, a loro volta, si guardarono sbigottiti.
Quella alleanza improbabile li preoccupava non poco.
Ma Will era turbato da qualcos’altro, un presagio che gli era salito al cervello non appena Vittoria si era avvicinato a lui - una sensazione di allerta, paura. 


La sera di Halloween


‘’Se io sono Dante, tu dovresti essere Virgilio.’’
Max e Vittoria stavano camminando per i vialetti di Hawkins, gremiti di bambini e ragazzi pronti a fare scherzetto e dolcetto.
‘’Chi è Virgilio?’’ Le chiese la rossa, indossando una maschera da assassino e vestiti completamente neri. 
‘’Beh, può essere considerata una… guida?’’
‘’Che tipo di guida?’’
‘’Non posso mica dirti tutto. Altrimenti, niente sorpresa.’’
Le due ripresero a camminare, parlando del più e del meno, criticando i costumi e sparlando dei quattro nerd. 
La serata prese una piega inaspettata quando, all’improvviso, apparve la madre di Vittoria dal fondo della via. 
Indossava un lungo trench nero, molto simile a qualche strano mantello da Dracula, con l’unica differenza che Alma si vestiva quasi sempre così.
‘’Mamma! Cosa ci fai qui?’’ Vittoria la raggiunse, leggermente spazientita.
‘’Oh, Sommo Poeta!’’ La donna si avvicinò alla figlia e le sistemò la corona d’alloro.
Max notò la leggera somiglianza tra le due: Vittoria aveva preso dalla madre i colori mediterranei, con tratti molto più dolci. 
‘’Stavo facendo un giretto e ti ho vista da lontano. Guarda cosa ho preso al negozio di elettronica!’’ Alma tirò fuori dalla sua custodia una polaroid.
Era molto entusiasta di quell’acquisto, perché aveva sempre paura che ogni secondo della sua vita non sarebbe mai più ritornato - e la fotografia le permetteva di immortalarlo, per ricordarlo anche una volta che il ricordo s’affievoliva. E in casa, nascosto tra le riviste e le scartoffie di lavoro, teneva un album con foto molto significative.
‘’Tu sei… Maxine, giusto?’’ Alma le tese la mano, che Max strinse con tranquillità. In fondo, si trattava della madre dell’unica persona che la facesse sentire importante.
‘’Se vuoi, puoi avvicinarti a Vittoria e vi scatto una foto.’’
La rossa guardò l’amica e, vedendo il suo sorriso emozionato, non poté rifiutare.
In quel piccolo quadratino, due giovani ragazze erano state immortalate per sempre.


--


‘’Ah, eccovi!’’ 
Mentre parlavano tra di loro, Max, Vittoria e Alma furono interrotte dall’arrivo dei quattro nerd, i Ghostbusters, gli stalker.
‘’Max! Ci fai gli scherzi, poi sparisci?! Che razza di zoomer saresti?’’ 
Lucas affrontò direttamente la rossa, dopo essere stato terrorizzato da lei poco prima. 
‘’Già. E tu sei uno stalker fifone, per la cronaca.’’
‘’Bene bene… Hai anche chiamato i rinforzi. Vedo che c’è la nerd della letteratura, Vittoria!’’ 
Quest’ultima si avvicinò a Lucas, insieme a sua madre, che non appena la videro arrivare si congelarono.
No, non l’avrebbero mai chiamata nerd della letteratura se avessero saputo che qualche parente era nei paraggi, ma Alma non si arrabbiò e non disse nulla: sapeva che lo stavano dicendo in buona fede, senza intenzione di offendere.
‘’Quindi voi siete i nuovi compagni di mia figlia.’’
‘’Sì, signora…’’ Risposero, all’unisono, cercando un nome formale con il quale rivolgersi alla donna.
‘’Oh, chiamatemi Alma e bast- Oh! Will!’’
Dietro a tutti, in disparte, Will osservava la scena.
Quando Alma si avvicinò a lui per salutarlo, il ragazzino ebbe una visione.
Tutti attorno a lui erano spariti, e il Sottosopra si era inghiottito ogni cosa.
Ma una figura si ergeva all’orizzonte, in contrasto con il panorama circostante: trench nero, capelli ricci, sguardo serio.
Alma. 
Accanto a lei, di spalle, Will riconobbe Vittoria.
Dietro di lei, si ergeva una figura enorme, misteriosa, minacciosa.
No… Non ancora visioni… e perché.. perché voi siete lì? Perché? Chi siete?
Si ripeteva, nella sua mente. Non aveva mai avuto una visione di fronte ai suoi amici, e lo terrorizzava altrettanto come avrebbero potuto reagire.
Ma, poco dopo aver chiuso gli occhi un secondo, si risvegliò nella realtà.
Nessuno si era accorto di niente: era passata meno di una frazione di secondo, di attimo.
I suoi amici erano lì, Alma era lì, tutti erano presenti.
‘’Will? Tutto bene?’’ Gli chiese Mike.
‘’Ah, sì sì! Stavo cercando di capire dove avessi già visto la madre di Vittoria… Giusto. All’uscita, l’altro giorno.’’


Fine capitolo.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre: Il numero tatuato col fuoco ***


Piacere, zero uno

Capitolo due: Il numero tatuato col fuoco

Timeline: seconda stagione



Giovedì 1 novembre, 1984


Per Will, i corridoi non erano mai sembrati così infiniti: le pareti erano ormai ricoperte di radici violacee, e l’aria s’era fatta pesante. Talmente pesante che ogni passo di corsa sembrava un centinaio di passi veloci.
E lo sentiva, dietro di sé, il mostro. Lo stava raggiungendo, sicuro, come se avesse già puntato la preda da lungo tempo. Infatti, quella crisi così potente non era nient’altro che il risultato di ciò che gli era successo un anno fa, e a piccole gocce nei mesi prima.
E correva, urlando, sperando che fosse tutto un sogno e si sarebbe risvegliato sulla sedia dove per la penultima volta da persona normale aveva giocato a D&D. Così, non avrebbe mai frequentato gli ospedali di Hawkins o non avrebbe mai visto sua madre in preda alla disperazione più atroce.
Tuttavia, il mostro era più veloce di lui, ma non più forte.
Gli vennero in mente le parole che Bob gli aveva riferito quella mattina, riguardo le paure.
Doveva fermarsi ed affrontare il mostro, comandargli di andarsene.
E così fece.
Fuori da scuola, nel Sottosopra, smise di correre. Si voltò e lo vide là, trionfante, sopra al mondo.
Gli urlò così forte che i suoi stessi timpani rimbombavano, ma nulla. Il mostro era più forte, e in men che non si dica lo sentiva ovunque, dentro di sé. Nella sua mente, nelle sue ossa, nel suo corpo.
Il mostro si stava prendendo possesso di Will.
Poteva sentire la flebile e lontana voce di sua madre e i suoi amici richiamarlo alla realtà, eppure non vedeva nulla. Sarebbe morto.
Ma qualcosa apparve all’orizzonte, una voce più forte, un tono familiare.
Si accorse che la voce di Vittoria non era fuori dal Sottosopra, ma lì con lui.
Stava chiamando sua madre, a gran voce, e all’improvviso l’influenza del mostro incominciò a placarsi, fino a sparire completamente.
Will tornò alla realtà.
La prima cosa che vide fu il volto di Joyce, i suoi amici, e infine le due nuove arrivate: Max, e Vittoria, che rimaneva in disparte.
Vide una gocciolina di sangue scenderle dal naso, che prontamente fu asciugata via dalla ragazza, come a volerla nascondere.
Sì, Will era tornato nel mondo, ma qualcosa in lui era di troppo. 
Non era più solo nel suo corpo, e Vittoria lo sapeva. Lo aveva visto.
E perché stava chiamando sua madre, come se fosse lì?
Poco prima di risvegliarsi, aveva sentito qualcosa afferrarlo per spalle, per gettarlo a terra. La presa delicata di una donna, ma con una forza spaventosa. Quel gesto gli permise di non soccombere, di non morire, ma chi era stato?


Venerdì 2 novembre, 1984


‘’Dopo quell’episodio di ieri… Will non si è più fatto vivo, e tu fai finta di non sapere niente, Vittoria!’’ Mike sbatté con violenza il pugno sul tavolo. Era furioso. Attorno a lui, discutevano Dustin e Lucas, mentre davanti a sé osservava la scena Vittoria. Conosceva tutte le realtà di cui chiedevano, ma erano segreti che si era tenuta dentro per tredici anni, per tutta la sua vita. Cose incredibili, assurde: la sua storia.
‘’Dannazione, Mike! Te l’ho detto! Era solo un goccio di sangue, e non so cosa ti abbia detto Will riguardo me e mia madre… Qualsiasi cosa, non è vera! Fate i seri per una volta e mettete da parte queste stupidaggini fantascientifiche!’’ Urlò la ragazza, faccia a faccia con Mike; ‘’E soprattutto, fate entrare Maxine!!’’ La rossa sbatteva ripetutamente i pugni sulla porta della stanza: i quattro di trovavano dentro alla sede dell’AV club per discutere della scomparsa di Will dopo l’episodio del giorno prima, e la loro pista migliore era proprio Vittoria stessa. 
Dopo un’ora di discussione, Mike e lei arrivarono ad una conclusione: Maxine sarebbe entrata nell’AV club e Mike avrebbe incominciato a trattarla decentemente, mentre Vittoria avrebbe rivelato parte della verità una volta giunti a casa di Will.
Tanto, pensò la ragazza, ormai tutti sanno la verità. E quando il mostro del Sottosopra si manifesterà, io e mia madre dovremo mostrare le nostre vere identità, i nostri veri poteri.
La realtà era che non ne poteva più di tenersi dentro ogni singola, piccola, insignificante cosa di qualcosa così grande.



Mike e Vittoria si diressero a casa di Will poco dopo la clamorosa discussione.
Lui non poteva aspettare un secondo di più, doveva scoprire la verità sul suo amico, mentre lei si stava innervosendo sempre di più. Mike la trattava come se fosse un suo dovere dire vita e morte della sua famiglia, come se ogni causa dei mali del mondo fosse la sua.
Quando Joyce Byers aprì la porta, visibilmente scossa, si ritrovò davanti un quadro interessante: i due ragazzi tenevano entrambi un broncio quasi comico.
‘’Oh… Mike, ciao. E tu sei..?’’
‘’Vittoria. Sono una… conoscente… di Will.’’ Rispose Vittoria, sospirando.
‘’Siamo qui per sapere come sta Will.’’ Aggiunse Mike.
‘’Non è proprio un bel momento… Non sta benissimo.’’ Gli disse Joyce, cercando di liquidare in fretta i due.
‘’Joyce, ci sono delle cose che devi sapere.’’
Vittoria guardava il pavimento. Qualcosa, dentro di lei, tremava dalla paura.
Poco dopo, i tre erano seduti a tavola con un tè caldo davanti.
‘’Se tu o tua madre sapete qualcosa di ciò che sta succedendo a Will, vi prego… Aiutateci.’’ Joyce era disperata. Rivedeva davanti a sé quello che le era successo un anno fa, e che sperava non si ripetesse mai più.
La ragazzina non rispose. Era come concentrata su qualcos’altro.
‘’Parla, Vittoria!’’ La esortò Mike, scuotendole un braccio.
‘’Lo so che è dura, ma mio figlio…’’
‘’E’ il Sottosopra’’
Improvvisamente, Vittoria parlò.
‘’Partendo dal presupposto che io mia madre siamo qui perché abbiamo avvertito il pericolo, sappiamo chi siete e cosa vi è successo - abbiamo accesso al Sottosopra e possiamo vedere cosa succede all’interno di esso. C’è un mostro che disperatamente cerca di entrare nel nostro mondo, e in Will ha trovato… diciamo… l’ospite.’’
‘’Q-Quindi… Il mostro è in contatto con mio figlio?’’
Joyce era sconvolta.
‘’Sì, purtroppo non siamo riuscite ad interrompere il collegamento in tempo. Perché, vedi Mike, quando mi è scesa la gocciolina di sangue che tanto ti preoccupa, è stato perché mi trovavo con la mente nel Sottosopra. E mia madre era lì a sua volta, e ha salvato Will. Se no, sarebbe diventato un mostro o sarebbe morto.’’
In realtà, ora tutti e due erano sconvolti. Avevano ricevuto una risposta, che si era portata dietro altre mille domande.
‘’Quindi tu e tua mamma siete come Eleven?’’ Chiese Mike, sperando che sapessero qualcosa su di lei.
‘’Chi è Eleven? Un altro numero?’’
‘’Cosa intendi per un altro numero?’’
‘’Un altro esperimento.’’
‘’Sì.’’
Silenzio in stanza. Vittoria s’incupì.
‘’Io no. Ma mia madre… Sì. Sa fare cose incredibili, che non vedi nemmeno nei fumetti più fantasiosi. Tuttavia, il prezzo che ha dovuto pagare è stato salatissimo. Non ne ha mai parlato, non vuole parlarne. Qui, nel laboratorio di Hawkins, ha subito le torture peggiori… per così tanto tempo che nemmeno si ricorderà. Io posso solo entrare con la mente nel Sottosopra.’’
Joyce, presa da un forte istinto materno nel vedere la ragazzina così a disagio, le strinse la mano. Si chiese, per un secondo, chi fosse suo padre. Ma forse era meglio non chiedere.
‘’Tornando a noi e Will, ha disegnato questi strani disegni rappresentati delle radici, o qualcosa di simile’’
La donna porse ai due ragazzi una pila enorme di fogli, tutti sparpargliati per terra come se fossero un puzzle. 
‘’Hopper pensava fosse una mappa, qualcosa sotto Hawkins, così è andato a controllare. Tu, Vittoria, ne sai qualcosa?’’
‘’Mamma sa qualcosa e già stamattina stava razzolando in giro. Era molto concentrata. Quindi, ovunque sia questo posto, ci starà sicuramente andando ora. Ed è meglio che si sbrighi, perché Hopper è in gravissimo pericolo. Posso percepirlo.’’


1959, laboratori di Hawkins


Lo scienziato ordinò ai suoi sottoposti di chiudere la bambina in uno sgabuzzino buio, assicurandosi che rimanesse lì e non cercasse di scappare, a costo di usare le maniere forti.
La trascinarono, tirandola anche per i lunghi ricci, all’interno della struttura. Lei urlava, si dimenava, e graffiava. 
Una manganellata le arrivò dritta in volto.
Aveva nove anni, e i suoi genitori la vendettero ai laboratori di Hawkins che non aveva ne aveva compiuti nemmeno quattro. 
Si chiamava Alma, e per lei ogni giorno era un susseguirsi di esperimenti che, se terminavano in un fallimento, comportavano una punizione che era sempre la stessa. 
Era stordita, troppo stordita per potersi ribellare, ma sentì benissimo la porta pesante chiudersi alle sue spalle.
Si svegliò dopo qualche ora a causa del sapore acre del suo sangue.
Niente luce, niente cibo, niente acqua. Aveva freddo.
Si mosse in giro, alla ricerca di qualche appiglio. Trovò un piccolo pezzetto di carta. Si chiese se potesse fare qualcosa con esso, qualsiasi cosa. Lo osservò, lo toccò, pensò. Poi, mentre lo osservava, incominciò a pensare più intensamente. Sempre di più, finché la testa non incominciò a farle male. Poteva sentire il calore salirle sulla pelle, e le vennero in mente tutte le torture, tutti i dolori. Rabbia. Avrebbe voluto bruciare vivi quelle persone, quegli scienziati, i suoi carnefici.
E fuoco fu.
Il pezzo di carta si incendiò, generando una fonte di luce che rischiarò l’intera stanza.


Hopper era andato alla ricerca dei canali sotterranei disegnati da Will, ma non sapeva che dietro di sé lo stava seguendo una silenziosa auto a breve distanza.
Era Alma. 
Sapeva benissimo che per proteggere lo sceriffo dall’essere troppo curioso per cose su cui non era preparato, l’unica via sarebbe stata seguirlo.
Era appoggiata sopra la sua Ford parcheggiata vicino all’auto di Hopper, e mentre guardava l’orologio capì che forse era rimasto intrappolato da qualche parte. Troppo tempo stava passando.
Si calò giù nel buco legando una corda all’auto, in modo da poter risalire tranquillamente. Aveva imparato questo trucchetto durante i suoi anni di addestramento.
Le vie sotterranee non erano tanto diverse a quanto era stata abituata nel Sottosopra: sembrava una malattia che infetta tutto ciò che attorno.
Ma non aveva paura. Quel posto era stato casa sua per moltissimi anni.
‘’Hopper! Dove sei?’’ 
Incominciò a camminare per il Sottosopra alla ricerca dell’uomo.
Fortunatamente, si era prima portata dietro una maschera antigas rubata dal vicino di casa complottista e le spore non potevano avvelenarla.
Camminò poco, davvero poco. Quello stolto di Hopper era steso per terra, ricoperto da tralci, svenuto. Se fosse arrivata anche solo qualche minuto dopo, sarebbe morto.
Alma toccò le radici. Il suo cuore perse un battito: le vennero in mente ricordi lontani un decennio.
Però, in quel momento doveva salvare lo sceriffo e non poteva indugiare.
In un attimo, diede fuoco alle basi delle radici in modo che ritirassero la presa senza bruciare il corpo.
La dolce e violenta fiamma illuminò tutto il paesaggio cupo, risvegliando quasi subito Hopper grazie al calore.
Quando la vide, indietreggiò stupito e scioccato. Sapeva che quella italiana aveva qualcosa a che fare con il Sottosopra, ma non pensava fosse dalla parte dei buoni.
E non aveva con sé niente che potesse creare una fiamma così forte.
‘’Ma che cazz…?’’ Esordì lo sceriffo.
‘’Sì, immagino anche io. Cosa cazzo pensavi di fare qua sotto da solo?! E’ pericoloso!’’
‘’Speravo di trovare delle risposte! Non ne ho trovata nessuna, anzi…’’
Alma sospirò, roteo gli occhi e si avvicinò all’uomo. ‘’Tanto, ormai…’’
La donna alzò la manica della camicia, rivelando un piccolo numerino tatuato al centro dell’avambraccio.
01.
‘’Piacere, Jim Hopper. Sono zero uno.’’



 

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