Dovunque Lei Sarà

di Lady R Of Rage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogno E Realtà – I Tormenti di Impel Down, Inferno Ghiacciato ***
Capitolo 2: *** Tra Le Macerie – Le Memorie E Le Parole di Baby 5 ***
Capitolo 3: *** Un Banchetto Ghiacciato – L’Orgoglio Di Diamante, Gladiatore Rockstar ***
Capitolo 4: *** Promesse – Trebol, Un Uomo Libero ***
Capitolo 5: *** Sorelle, Figlie, Padri – Il Dolore Di Sugar E Un Sogno Di Baby 5 ***
Capitolo 6: *** Freddo Come Pietra – Il Tagliente Segreto Di Pica ***
Capitolo 7: *** Un Regalo Da Lassù – Cosa Accadde Alla Piccola Neonata Cinque ***
Capitolo 8: *** L'ultima Goccia – L'Onore Della Sadica Sadi-Chan ***
Capitolo 9: *** Tutto Per Tutto – Il Piano Disperato Di Baby 5 ***
Capitolo 10: *** "Andate, Dunque" – Un Ordine Del Padroncino Doffy ***
Capitolo 11: *** Verdetto Dagli Inferi – L'Ambizione Di Domino E La Spada Di Hannyabal ***
Capitolo 12: *** Vedere Il Mondo – La Battaglia dei Cancelli di Giustizia ***
Capitolo 13: *** Tramonto Sul Mare – Mr. Diamante Combatte Ancora ***
Capitolo 14: *** Stelle Di Cielo, Stelle Di Terra – La Fuga In Mare Dei Donquixiote ***
Capitolo 15: *** Mal Di Mare – La Lunga Notte Della Squadra Commando ***
Capitolo 16: *** Una Casa E Nulla Più – L'Isola Nel Mare Sporco ***
Capitolo 17: *** Un Gelido Inverno – Vivere Nascosti, Senza Far Rumore ***
Capitolo 18: *** Senza Guardarsi Indietro – Arriva Il Buster Call ***
Capitolo 19: *** Addio, Donquixiote – Due Milioni Per Baby 5 ***
Capitolo 20: *** Salita al Paradiso – l'Ancella, Il Trasporto E Il Giullare ***
Capitolo 21: *** Partenze E Ritorni – l'Inferno Di Marijoa ***
Capitolo 22: *** La Mente E Il Cuore – Il Nobile, Il Don E La Schiava ***
Capitolo 23: *** La Mente Del Mostro – La Decisione della Principessa Viola ***
Capitolo 24: *** Schiavi – Le Battaglie Quotidiane Di Una Famiglia Decaduta ***
Capitolo 25: *** L’Eroe del Colosseo – Kyros l’Inflessibile e Diamante Vestito Di Stracci ***
Capitolo 26: *** Senza Sonno – Gladius E Baby 5 In Attesa ***
Capitolo 27: *** ​Il Debito Di Myosgard – Le Stelle, Le Note, L’Amore ***
Capitolo 28: *** Libertà – I Protetti Del Nobile Myosgard ***
Capitolo 29: *** Camminare In Cerchio – Il Rancore Eterno Dei Liberti ***
Capitolo 30: *** I Demoni Celesti – Grande Ritorno A Mariejoa ***
Capitolo 31: *** Gli Uomini Senza Sguardo – Continua La Battaglia Di Marijoa ***
Capitolo 32: *** Tramonto Sulla Battaglia – Le Lacrime della Principessa Mansherry ***
Capitolo 33: *** Un Occhio – Schiavi In Giro Per Il Mondo ***
Capitolo 34: *** Dovunque Lei Sarà – Con O Senza Bisogno ***



Capitolo 1
*** Sogno E Realtà – I Tormenti di Impel Down, Inferno Ghiacciato ***


Sogno E Realtà – I Tormenti di Impel Down, Inferno Ghiacciato

"It is not clear why we choose the fire pathway
Where we end is not the way that we had planned
All the spirits gather 'round like its our last day
To get across you know we’ll have to raise the sand
Oooh, I will ask you for mercy
I will come to you blind
What you’ll see is the worst me

I'm not the last of my kind"
(LP, Muddy Waters)



C’è Sai, tra la folla.
I suoi occhi sfuggono ai suoi quando lo guarda. Mi dispiace, ripetono le sue labbra, ma le grida degli spettatori ricoprono la sua voce. Mi dispiace, ti ho amato, ma qualcuno ha bisogno di me.
Sarebbero stati una famiglia. Ci sarebbero stati un matrimonio e un funerale. Poi si era ricordata che una famiglia ce l’aveva già, ci stava bene. Non era giusto. E gli avventori dei bar ancora in piedi parlavano di una “camminata della vergogna”: uno spettacolo da non perdere se non li conoscevi e gli volevi male. Mi dispiace, Sai. Spero che Miss Uholisia sia gentile con te.
Qualcosa di viscido e freddo le colpisce la faccia. Si frantuma contro la sua pelle, sprofonda nei suoi capelli, le brucia gli occhi come acqua di mare.
Perché, Sai? Lasciami stare. Ha le mani bloccate dietro la schiena, l’agalmatite pesa come tutto il palazzo reale – non respira, Sai, ti prego, basta.
Inciampa nelle pastoie e precipita dentro il pavimento molle come fango. Giù, sempre più giù, verso il profondo dell’oceano. Aiuto, urla, e una scia di bolle scompare verso la superficie.
Padroncino, urla. Padroncino. Buffalo. Trebol. Diamante. Pica. Monet. No, Monet è morta, non può aiutarla, perché deve essere sempre così stupida. Qualcuno mi aiuti. Mamma. Mamma. L’agalmatite si serra sulla sua carne e la morde fino all’osso. Baby 5 urla un urlo muto, mentre le lacrime incendiano i suoi occhi.

Le catene risuonano nella stanza. La luce fioca di una candela proietta le ombre delle sbarre contro il legno, lunghe e sottili come dita pronte ad agguantarla e schiacciarla. Come la mano gigante di Pica che la punisce per il suo tradimento – mi dispiace, ha riso anche lui, so che ti fa male, ma aveva bisogno di me. -Vorrei che potessi capire.-
-Con chi stai parlando?-
La Marine seduta al tavolo si sfila un orecchino dai corti capelli corvini. -Sono cinque minuti che blateri da sola, chiedi aiuto a chissà chi.- Alza gli occhi al cielo, come un’insegnante delusa. -Stai svegliando tutti. Tornatene a dormire.-
Baby 5 annuisce, deglutendo. Sarebbe bello dormire, se potesse. La prima sera si è svegliata cinque volte, e cinque volte si è riaddormentata solo per piombare di nuovo in catene appresso a Buffalo, mentre il popolo scornato di Dressrosa le tira in faccia verdure e uova marce e le urla addosso baldracca del Fenicotteromostro assassino. Il sudore le scorre nei capelli, sul petto, sulla schiena. Eppure ha la pelle d’oca, e guarda con invidia la giacca in cui la Marine è avvolta.
-Non siate così dura. La ragazza è spaventata. L’hanno umiliata, ti ricordi?-
La seconda Marine siede accanto all’oblò, un fucile buttato sulle ginocchia grassocce. Ha i capelli verde pistacchio, ricci e spessi come quelli di Buffalo. Un fiocco dello stesso colore pende sopra la camicia fucsia, sotto la giacca con le mostrine. La mora le scocca uno sguardo sprezzante, quasi pietoso.
-È stato cinque giorni fa. Mi aspettavo di meglio da un’ufficiale di Donquixiote.-
La Marine dai capelli neri sorseggia qualcosa di fumante da una tazza, e la bocca di Baby 5 si riempie di saliva. Darebbe il suo Frutto del Diavolo per un sorso, e magari una bella sigaretta. La aiuterebbero a dormire.
-Non tutti sono come il capitano,- dice l’altra. -Molti sono orfani, raccattati da ambienti terribili. Il più giovane ha sedici anni. Sono tutti ridotti più o meno come questa.-
Sospira, appoggia la fronte alle dita. -Che gente. Anche questa è giovane. L’avranno presa da bambina, come minimo. Quanti anni hai, cara?-
-Ventiquattro,- grugnisce. -Avevo cinque anni quando mi hanno trovata.-
La mora scuote la testa. -Le ciurme dei pirati non sono un posto per una bambina. Dovremmo parlarne con la Viceammiraglia Tsuru. Sradicare la pirateria alla radice, è questo che ci vuole.-
-Voi non li conoscete,- ansima Baby 5. -Mi hanno dato un posto. Posso essergli utile.-
-Abbassate la voce. Ci sono altri prigionieri. L’uomo con il tutore dorme molto male.-
-Si chiama Diamante, ha un nome.-
La voce di Baby 5 è molto più sottile di quanto lei volesse. Si copre la bocca con le dita, arrossendo, e appoggia la guancia al pavimento. Le Marine si guardano l’una con l’altra.
-Diamante, quel disgraziato.- La donna dai capelli verdi guarda dall’oblò, verso la luna piena. -Sbava come un neonato e trema come un vecchietto. E pensare che prima faceva il gladiatore. Non augurerei un collo rotto al mio peggior nemico.-
-Ditemi che starà bene.- Baby 5 solleva la faccia dal pavimento. -Non ho potuto impedirlo, nessuno ha potuto. Stiamo andando a Impel Down. Quel Kyros l’ha fatto apposta, lo sapeva!-
Kyros, il guerriero con una gamba sola che ha sconfitto lei e Buffalo come fossero stati due insetti. Una volta ha sognato anche quello: Diamante cade all’indietro, precipita verso il palo nascosto tra i girasoli, sbatte la nuca e piomba in mezzo ai fiori con la testa piegata di lato. Una tomba triste, per una principessa di Dressrosa, ma sufficiente per una vendetta postuma. Sogna i denti serrati di Buffalo mentre Kyros gli torce il collo come a un porco, il sangue sul petto di Dellinger e sulla lama del demone che l’ha abbattuto, le fiamme che divorano Trebol e l’urlo stridulo di Pica che precipita tra i frammenti della statua di sé stesso. E gli occhiali del Padroncino in frantumi mentre sprofonda nel suolo di Dressrosa, sconfitto per ultimo come tutti gli altri.
-Non mi sorprende che abbiate paura. Impel Down non è un bel posto.- La mora beve un altro sorso e si pulisce le labbra con un tovagliolo. -Il tuo amico non può biasimare che sé stesso. Lo stesso vale per te. Disertare all’ultimo minuto: astuta quanto forte.-
-Non volevo. Lo amavo, ma sono tornata da loro,- ripete Baby 5, e sbatte le ciglia freneticamente. Vorrebbe essere forte come si confà a una vera Piratessa di Donquixiote; ci riesce di giorno, ma ad ogni nuovo risveglio se ne dimentica, e deve ricordare a sé stessa che ormai è andata.
-Torna a dormire, cara,- dice la Marine in verde. -Ormai è fatta. Pensa che il peggio non è ancora iniziato.-
Baby 5 si morde il labbro: non può piangere, non può urlare, eppure è tutto che preme per uscire. Si accuccia in mezzo all’agalmatite e nasconde il volto nelle braccia.

La cella è larga come una bettola, cinta da sbarre di agalmatite spesse come il suo braccio. Le mura sono bianche di ghiaccio, come tutto il resto. Solo un piano rialzato spezza la monotonia.
Le gambe di Baby 5 tremano nella neve, e afferra di scatto l’uomo in uniforme alla sua destra.
-Adesso potrai riposarti,- dice, ma non c’è affetto nelle sue parole. -Sadi-chan ci è andata forte, con te? Ti ha tagliuzzato da dentro e richiuso da fuori?-
Baby 5 mugugna un no, strofinando le mani contro le guance umide di neve. La diavoletta sembrava triste, mentre le slacciava i pesi dalle caviglie. -Speravo in un bel piagnisteo. Mi avevano detto che eri la più debole della compagnia.- Le avrebbe sputato in faccia, se avesse avuto saliva nella bocca. Poi avevano slacciato le catene ai suoi polsi e si era ritrovata a terra, rannicchiata in ginocchio come un pupazzo buttato via.
-Ecco qua. Tutti insieme appassionatamente.- La voce viene dalle sue spalle, ma Baby 5 non ha voglia di voltarsi. -Quaggiù potrete chiacchierare quanto vi pare. Nessuno vi sente. Nessuno vi asciuga le lacrime se piangete. Siete all’inferno, ragazzi: ma chi siamo noi per separare una così bella famigliuola?-
Non voglio, pensa Baby 5. Voglio andare via, io sono la promessa sposa di Don Sai della terra di Kano, e lui ha bisogno di me. Serra i pugni, come se avessero ricominciato a tirarle addosso spazzatura. Deve scegliere, a un certo punto – anzi, ha già scelto, ed è troppo tardi per recriminare.
Le sue gambe cedono di nuovo quando la porta viene aperta, e mani brusche e strette la afferrano, spingendola in avanti. La buttano sulle ginocchia contro la pietra, fredda abbastanza da bruciare attraverso la sua brutta uniforme a righe.
Baby 5 contiene l’urlo in uscita e striscia via dall’ingresso per far passare gli altri. Trebol ha le braccia strette attorno al corpo, le labbra e il mento sono striati da moccio secco e marrone. Machvise si volta sul fianco per passare dalla porta. Tiene sulle spalle Jora e Dellinger come fossero sacchi di patate, ma li depone contro il muro lentamente, uno di fianco all’altra. Lao G si copre il naso con la mano sinistra; il braccio destro giace sulla spalla di Gladius, che batte i denti ad ogni passo. L’acqua che gli gocciola dagli abiti si mescola sul pavimento al sangue che scorre dalle cosce di Buffalo. Diamante giace fra le braccia dell’uomo-elica, occhi chiusi, capelli impigliati nel collare cervicale e braccia strette al petto. Sugar piomba a sedere accanto alle sbarre: le maniche dell’uniforme scorrono oltre le mani, penzolando ad ogni suo respiro, e le gambe della tuta sono ripiegate attorno alle caviglie. Se
ñor Pink si regge la mascella con le mani.
Dovremmo essere tutti, pensa Baby 5; ma il guizzo di sollievo viene interrotto dalla voce di Gladius.
-Siamo in undici.- Starnutisce, e usa la manica per pulirsi il naso. Le mani di Diamante stanno tremando, persino più del solito. Buffalo lo appoggia contro il muro, e i lunghi capelli marroni ricadono sul suo volto sporchi e opachi.
-Dov’è Pica?- sputacchia il gladiatore liberandosi la faccia. La luce bianca della neve fa brillare più che mai i suoi occhi umidi. -Era con voi, che fine ha fatto?-
Machvise si guarda i piedi. -La donna con i pantaloni rosa lo ha fatto portare in un'altra stanza. Non l'ho più visto da allora-in.-
-Io però ho sentito lei. Ha detto “farò cantare questo soprano come si deve, o non mi chiamerò mai più Sadi-chan”.- Gladius gli appoggia una mano sulla spalla, scosso da un brivido. Baby 5 serra i pugni, i denti, e vorrebbe serrare anche gli occhi per non vedere Diamante, i suoi occhi lucidi, le braccia tremanti che si chiudono attorno al suo petto come se avesse ancora un mantello d’acciaio in cui avvolgersi.
-La ucciderò,- dice tra i denti. -Scharlett dovrà conschiderarschi fortunata.-
Serra i denti, contraendosi in una palla. Le mani, racchiuse nelle manette, premono contro il suo petto. -Uuh…-
-Non fare sforzi. Sta giù. Pica starà bene, è uno tosto. Lo conosci meglio di tutti noi.-
Come se Machvise non avesse camminato alle sue spalle, come se non avesse visto. Pica è roccia, ma non è invulnerabile: il Cacciatore di Pirati lo sa, e lo sa anche tutta Dressrosa dopo la camminata della vergogna.
Baby 5 scuote la testa. Andrà tutto bene. Siamo tutti insieme, e presto lo rivedremo. Siamo la Famiglia Donquixiote e nessuno ci butta giù. Vorrebbe dirglielo, ma non ha voce. Trema sotto la stoffa grezza che la copre, appoggiata alle sbarre.
C’è un silenzio strano, sbagliato, in quelle quattro mura, intervallato solo dai gemiti della sua famiglia bruciata e martoriata. La neve ricopre il paesaggio in lontananza, i contorni svaniscono nel bianco abbagliante, ma non un refolo di vento ne solleva i frammenti.
Gladius si stringe nelle braccia, scosso da un brivido. Senza maschera, la sua pelle è pallida come l’alabastro. Venuzze nere, spesse come la traccia di una matita, percorrono il suo volto.
-Cerchiamo di capire. Sugar, palmi ustionati. Dellinger, stessa cosa alle piante dei piedi.-
-Siamo fratelli di tortura!- Il ragazzo stringe il polso di Sugar e lo solleva verso il soffitto della cella. Sugar lo strappa dalla presa. -Muori ammazzato,- ringhia.
-Ma è vero!- Dellinger incrocia le braccia. -Guarda bene, Sugar, e vedrai che hai le mani come i miei piedi.-
-Te le metterei addosso, queste mani,- sibila Sugar. Un mucchio di neve giace al suo fianco come una borsetta: si arrotola le maniche e vi appoggia i palmi, serrando i denti. -E dopo tocca a quella maledetta Sadi-chan. Le tirerò il collo come la gallina che è.-
Gladius annuisce, tirando su col naso. Baby 5 non può biasimarlo: neanche a lei va di cominciare. Le pietre sono dure, fredde, ma dovrà dormirci.
-Poi hanno rotto il naso a Lao G, la mascella di Pink con la… come la chiamavano?-
-Pera dell’Agonia. Con la “G”.- Il vecchio da una pacca sulla spalla a Señor, e l’uomo più giovane lascia ricadere le spalle in un respiro rassegnato. Si batte il palmo sulla pancia, taglia l’aria con la mano, scrolla le spalle come se in fondo andasse bene così.
-Con Diamante hanno usato gli spunzoni ardenti,- continua Buffalo. -Pica… ho visto che lo frustavano, ma non sembrava: non ha fatto un verso.-
-Schtupido figlio mio, uhh.- Diamante serra le mani contro il proprio petto, dai denti serrati sfugge un gemito stridulo. Gliene mancano almeno tre – e gli manca Pica. Baby 5 deglutisce, pregando non si sa chi che il suo gigantesco fratello stia bene. Era entrato per primo nel calderone ardente (“sono pietra, non mi brucio, e qualcuno lo deve fare”) e ne era uscito livido e tremante, mentre i carcerieri si piegavano in due dalle risate e chiedevano ai superiori se Domino non avesse convocato un coro lirico per passare il tempo.
Come se non ci avessero già umiliato. Come se non volessero farci altro male dopo. Jora stringe il polso floscio di Diamante, lei che sola tra loro può immaginare cosa stia passando, e indica con l’altra mano le gambe.
-Mi hanno guastato le caviglie per bene-zamazu.- La vecchia si tiene Dellinger vicino come se non volesse lasciarlo mai più. -Poi ti hanno dato fuoco ai peli sul petto, e Baby 5?-
-I pesi…- sussurra. -Non è nulla, giuro. Passerà.-
-Passerà a tutti.- Gladius tira su col naso, pulendosi un filo di moccio dal naso adunco e bianco, e Trebol scuote la testa facendo dondolare i capelli unti. -Cosa fai, mi imiti? Ne, Gladius, io sono l’originale e il solo.-
-Ho il raffreddore, che colpa ne ho?- Colpisce il pavimento con un pugno e tira di nuovo su. -Sangue bollente nel calderone, acqua gelida con Sadi-chan, ed eccomi qua. In questo momento venderei la tua testa per una tazza di tè.-
-Ne!- Trebol tira fuori la lingua, tossendo. -Però non c’è il tè. C’è la neve, possiamo darti quella. Neve solida, sciolta o a metà strada. Quel che vuoi tu, behehehe.-
Si interrompe, in preda ai colpi di tosse. Ha la bocca spalancata, e si percuote il petto con la mano chiusa a pugno senza coprirsi con l’altra.
-Cosh’era?- biascica Diamante.
-Una cosa da niente. Torna a dormire, Diamante mio.-.
-Non sch…- il gladiatore emette un rumore gutturale, come un gatto che sputa una palla di pelo, -schtavo dormendo. E schei… troppo vicino.-
Trebol si pulisce la bocca con la manica e colpisce la spalla di Diamante con il palmo, il naso quasi incollato alla sua guancia. -Ne, dovresti. Io un sonnellino me lo faccio volentieri. Tanto cosa succederà, quaggiù? Non possono tornare a tirarmi le braccia con quell’affare, ne?-
Anche Baby 5 ha un “fratello di tortura”: e Trebol è scheletrico, curvo, dall’andatura ingobbita, non ha i muscoli sottili e la velocità che ha lei. Il minimo che può fare per essere utile, a questo punto, è non dare fastidio. È ancora troppo strano, troppo sbagliato, per fare davvero male.
-Se potessi dormire anch’io?-
-Dormi pure.- Lao G non si volta a risponderle. -Qui nessuno ti guarda, puoi fare quel che ti pare. Guarda, con…-
…con la “G”. Baby 5 forma un cuscino con le braccia, reclinandovi sopra la testa. Sono all’Inferno, e da qua non si scappa. Se non altro, magari il freddo terrà lontani gli incubi.

A.A.:
Ogni madre degenere sa che alla fine giunge il momento di andare fino in fondo. Eccomi dunque qui, pronta a sottoporre i Miei Figli ad ulteriori, irrinunciabili sofferenze. Impel Down è proprio il set giusto per un'opera del genere, ma sarà il tempo a decidere se e come la Famiglia più disastrata dei mari saprà cavarsela o no. 
Qualche appunto: 
- La storia nasce come sequel di La Leva Cala, one-shot in cui Doflamingo e la sua famiglia venivano puniti dal popolo scornato di Dressrosa con una camminata della vergogna in piena regola. Quello che si deve sapere anche senza leggerla è che 1. Baby 5, vedendo la sua famiglia in pericolo, abbandona Don Sai per salvarli, ma viene arrestata e sceglie di seguirli fino all'inferno restituendo Sai alla sua promessa sposa, e 2. Dopo il colpo subito dalla tomba di Scarlet, Diamante ha una grave lesione alla colonna vertebrale che gli causa tremori alle mani, perdite di bava e fatica nella parlata. Per questo porta un collare cervicale. (Ah, e ha un rapporto padre-figlio con Pica nonostante abbiano cinque anni di differenza, ma qui si vedrà come funziona esattamente la cosa). 
- Verranno sviluppati passati e rapporti di tutti i personaggi (cosa che Oda aveva intenzione effettivamente di fare, come era stato per Se
ñor Pink),  secondo la mia versione dei fatti. Tra gli altri ci sarà il rapporto di Baby 5, personaggio PoV designato, con il resto della ciurma, quello tra Sugar e Monet, e quello materno di Jora verso Dellinger. 
- Un ringraziamento speciale a Yellow Canadair, la cui Storie Dal Rifugio Di Pietra (angst di primissimo livello per i fan di Rob Lucci e del CP9) mi ha ispirato ad andare fino in fondo. Non ero sicura di voler pubblicare una storia troppo forte, ma vedere la tua, bellissima e piena di dolore, mi ha dato coraggio. Grazie davvero, sei dolcissima. 
- Pica se la caverà. Deve soffrire ancora assieme a tutti gli altri. 
Alla prossima. 
Lady R.

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Capitolo 2
*** Tra Le Macerie – Le Memorie E Le Parole di Baby 5 ***


Tra Le Macerie – Le Memorie E Le Parole di Baby 5


Quando la porta cigola, Baby 5 apre un occhio. Un’ombra svetta su di lei quando spalanca il secondo.
-Sveglia.- sussurra la voce nasale di Trebol. -Ne, sveglia, Didi. È tornato il figliol prodigo.-
Baby 5 si mette a gattoni in uno scampanio di ceppi, mentre Machvise e Buffalo allungano le braccia ammanettate verso il nuovo arrivato. Gocce di sangue scorrono dalle sue spalle fino alla punta delle dita. Geme ad ogni movimento, in ginocchio sul pavimento gelido, le mani incatenate serrate in due pugni grandi come palle di cannone.
Baby 5 si alza, reggendosi alle sbarre, e prende un respiro profondo per non urlare. Non ha mai visto tanto sangue sulla stessa persona. Gli gocciola dalla bocca, dalle gambe dell’uniforme, dal cuoio capelluto, e imbeve così a fondo la stoffa sulla sua schiena da mischiare le righe nere con quelle bianche. Le punte di carne sulle sue spalle sono state tagliate alla radice, cerchi di altro sangue – segni di lacci, senza dubbio – percorrono la lunghezza delle sue braccia.
-Schono qui.- sussurra Diamante, e stringe nelle proprie mani quei pugni enormi. -Va tutto bene. Ce l’hai fatta. È…- si strappa dalla bocca una striscia di saliva. -È tutto finito, pietruzza mia.-
Pica reclina la guancia umida contro le gambe incrociate dell’uomo più anziano, lascia andare le sue mani perché gli accarezzino, tremanti, i capelli sporchi e spettinati. Emette un “mh” amorfo, rauco, che ricorda il suono di un cigolio metallico. Diamante sposta una ciocca umida e marrone dal suo volto, gli percorre con l’indice la guancia dall’occhio fino al mento.
È così che saremmo potute essere, mamma. Baby 5 vorrebbe schiaffeggiarsi da sola per quel pensiero: ha bisogno di me, ricorda a sé stessa, l’hanno frustato come l’ultimo dei cani solo per la sua voce, sarà stato ore lì dentro. È un uomo enorme e un guerriero micidiale, ma anche una montagna va in pezzi con il giusto piccone. Ha gli occhi rossi, umidi sotto le ciglia, e denti rosa battono tra le mascelle squadrate.
Gladius spinge Baby 5 contro il muro e si china sulla schiena del suo ex comandante.
-Sdraiati sulla pancia, così. Lo so, è freddo. Ti abituerai.-
-Hanno usato una frusta dentata, guardate che roba.-. impreca Buffalo.
-Dobbiamo aprirgli la tuta.- tenta Machvise. -Si è incollata, aiutatemi.-
Sugar srotola la manica destra e infila la stoffa in eccesso fra i denti dell’uomo. -Mordi.- sussurra. -Puoi rilassarti, sai. Hai delle occhiaie grandi come me.-
La neve, la neve gli è utile. Dobbiamo pulirlo. Baby 5 sporge un braccio oltre le sbarre e ne raccoglie una manciata. -Ecco, usatela. Buffalo, hai le mani più grandi. Prendine altra.-
Spalmano la neve come un unguento, seguendo con le dita il mosaico della pelle lacerata. Le spalle dell’Ufficiale di Picche fremono, i denti stringono la manica di Sugar per un attimo prima di lasciarla.
-Tre unghie delle mani strappate.- indica fredda la donna-bambina. -Indici, e mignolo destro. Apri la bocca.- piega la testa. -Ha i denti spaccati, gli manca un canino qui. Nessuna sorpresa che non puoi mordere. E qui,- indica un punto sulla sua nuca, -mancano tutti i capelli. A quella megera premeva tanto sentirlo urlare.-
C’è una macchia rossa, gonfia, sulla pelle nuda e scura. Diamante sbatte le ciglia, con un indice scosso da tremiti copre il punto vuoto con le restanti ciocche.
-E tu h-hai urlato?-
Le ciocche di Pica spazzano le pietre mentre muove la testa. Dellinger batte una volta le mani. Lao G alza il pollice. Persino Diamante, per un attimo, smette di tremare.
-Ne.- Trebol si sistema contro il muro e accarezza i capelli insanguinati dell’altro uomo con una mano sorprendentemente pulita. -Quella schifosa dovrà cambiar nome.-
-Ha i capelli appiccicati alla schiena.- Jora prende da parte un pugno di ciocche lilla, macchiate di sangue fino alle punte. Nelle sue mani potrebbe trattarsi di un pennello, e allora non saremmo qui. -Mettili in ordine, Dellinger.-
Il ragazzo solleva appena il pugno. -E vai! Posso fargli anche le trecce? Eh, Pica? Picaaaa?-
Cenno di sì. Dellinger applaude, e striscia con le ginocchia fino alla sua testa. -Prometto di non tirarti. Sono bravo, vedrai. Non sentirai nulla.-
Baby 5 sorride, e per la prima volta da quando è laggiù sente caldo all’altezza del petto. L’Ufficiale di Picche geme contro il pavimento, stridulo, gli occhi furenti velati dalla fatica.
-Va tutto bene.- dice Baby 5. -Hai passato anche questa. Ci siamo noi. Puoi riposare.-
L’occhio sinistro di Pica, lucido come vetro, si volta verso di lei.
“Grazie.” formano le sue labbra, ma non ne esce alcun suono.

Quando hanno finito di pulirlo, Dellinger si siede al fianco di Pica e fa scorrere le piccole dita attraverso i capelli sudici. Il guerriero giace sul fianco, stretto in una palla con le ginocchia giunte al petto, la guancia reclinata sulle gambe di Diamante. Le mani tremanti del gladiatore gli carezzano le guance, come se non ne fosse mai sazio.
-Schei caldo.- sussurra Diamante. Una mano è aperta sotto il suo mento, pronta ad acchiappare qualunque goccia di saliva osi offendere ancora il volto di Pica. -Sho che hai male, ma prova a dormire. Fai come facevi da bambino.-
Il guerriero chiude gli occhi, respirando piano. Prima che Baby 5 se ne renda conto sta russando fiocamente, e stringe a sé le lunghe gambe di Diamante come se fossero un cuscino.
-Bravo, va tutto bene.-. Reggendosi a fatica sulle mani tremanti, l’Ufficiale di Quadri si china a baciargli la fronte. Usa la manica per pulire via la bava.
-Creschono tanto in fretta.- sospira. -Era un affarino tutto guance la prima volta che ha fatto coshì.-
-Quando l’hai tirato fuori da quella frana, ne?-. Trebol tira su col naso. -Probabilmente era già più grosso di te.-
Diamante annuisce, accennando un sorriso con le labbra lucide di saliva. -Era coperto di… d-di breccia, anche nei…-. Si pulisce di nuovo la bocca e sbatte la mano contro il pavimento. -Nei capelli. Come she fosshe nato lì, in mezzo alla roccia.-
-Però te lo sei tenuto.- sogghigna Buffalo. -Sette anni e già colmo di istinto paterno, eggià.-
-Ovvio, no? Ogni rockstar che si rispetti adotta un paio di marmocchi da viziare. Hai avuto il buonsenso di scegliertene uno che vale per due. Anche tre.-
Diamante non ride alle parole di Dellinger. -Mi baschta quello che ho.-. Strizza i polsini umidi di bava e gratta via una goccia di sangue dalla fronte di Pica.
Baby 5 chiude gli occhi. Immagina un Diamante di sette anni – cappello a tricorno, soffici capelli castani, bocca larga e tagliata – che tiene tra le braccia un Pica di due già grosso come se ne avesse il doppio. Diamante rassetta il bambino tra le braccia, lo avvolge più stretto nel mantello, gli stampa un bacio in fronte color fondi di vino – ogni rockstar che si rispetti non può fare a meno del rossetto – e lo conduce a lavarsi nel fiume che scorre oltre le macerie. Pica è grigio, imbevuto di pietrisco e ghiaia fin dentro la bocca, eccezion fatta per le guance rigate di lacrime. Si stringe al petto di Diamante come se lo conoscesse da sempre, e quando il bambino più grande lo depone a gattoni nell’acqua calma e tiepida, un argentino “pikyah-pikyah-pikyahrara” echeggia tra i palazzi diroccati. Diamante sorride, gli dà un buffetto sulla guancia, gli dice che andrà tutto bene e che lo terrà per sempre con sé, gli insegnerà a difendersi, gli darà da mangiare, saranno proprio come una famiglia vera.
È appena pronuncia quell’ultima frase che Diamante scompare. Dalle pieghe del suo mantello emerge una figura nera, scarna, con grandi occhi affamati e furiosi. Anche Pica non è più Pica: ha i capelli neri e la carnagione chiara, gli occhi di un altro colore, e porta uno straccio marrone che dovrebbe somigliare a un vestitino. Ed è una bambina.
La donna senza volto si piega sulla bambina, non più sporca di pietrisco ma altrettanto grigia, e la guarda come se al mondo non vi fosse nulla di più schifoso.
-Nessuno ha bisogno delle persone inutili.-
-AH!-.
Baby 5 solleva la testa dal pavimento, sbattendo le palpebre. Non ho una madre, non l’ho mai avuta. Le catene le si sono schiacciate contro il petto, e appena torna ad appoggiarsi al muro sente dolore poco sotto i seni. Diamante le scocca uno sguardo furente, ma Pica si limita a serrare i pugni. Baby 5 sospira di sollievo.
-Cosa c’è?- domanda Machvise. Baby 5 scuote la testa, ravviandosi i capelli. Sono viscidi, lasciano sulle dita una sensazione viscosa simile a salsedine. 
-Non è niente, ‘Vise. Sono solo un po’ agitata.-
Dellinger la saluta con la mano, sollevando una treccia grossa come una corda da ormeggio. -Vieni a pettinare Pica con me. Ha dei capelli bellissimi.-
-Passo.- sussurra lei, ma si avvicina comunque, accucciandosi di fianco a Buffalo. -Mi va bene guardare. Magari più tardi puoi pettinare anche me.-
Dellinger fa segno di sì, e solleva altre ciocche.
Era solo una visione, ricorda Baby 5 a sé stessa. Probabilmente non la vedrò mai più
Buffalo solleva la mano verso la sua spalla: fa cenno di no.
Tutto è normale, nella sua cheta desolazione. Gladius starnutisce, Trebol scatarra, Jora si massaggia le mani. Pica si contorce nel sonno in preda alla febbre e Diamante gli accarezza le guance. -I know nobody knowsch, where it comesh and where it goesh…- canta, ma un’altra goccia di bava gli scorre da sopra gli incisivi, e le sue mani tremanti si serrano di scatto in due pugni.
-Kyrosch.- sputacchia. -Io ti…-
-Tu non gli farai proprio niente, perché siamo a Impel Down.-.
La vena tesa sulla fronte di Gladius è confortante, in quel mondo strano e diverso. -Siamo intrappolati come pesci in un barile e da qui non ce ne andiamo più.-
-Smettila.-. Jora si soffia sulle dita. -Sei deprimente, e io non ho voglia di deprimermi.-
-Non c’è molto altro da fare.-. Gladius alza la voce, e Diamante gli scocca un altro sguardo glaciale. -È inutile che mi fissi. Non è messo meglio di noi. Neanche tu.-
-Non è modo di parlare del tuo ufficiale.- interviene Buffalo.
-Nee, lascialo parlare.- fa Trebol. -Si diverte, behehehe. Orecchio non sente, cuore non duole.-
-Duole eccome.-. sibila Gladius. -Guardate com’è ridotto, e questo è solo un assaggio. La camminata era solo un assaggio.-
Baby 5 serra le labbra. Piega le mani ad angolo retto, l’una verso l’altra, in modo che le punte dei medi si tocchino. Ha abbastanza spazio per farlo: anche quella camminata sarebbe stata meno lunga, così. Invece aveva le mani dietro la schiena, strette l’una all’altra da anelli congiunti, e piegare la testa non bastava a proteggere il suo volto dai lanci.
Ancora non sa se essere o meno grata che Sai non vi fosse stato. Forse lui avrebbe messo per loro una buona parola. Forse l’avrebbe coperta con un mantello, come volevano fare le spasimanti di Señor Pink. Forse l’avrebbe trascinata via, in salvo, senza darle il tempo di dire addio. Scuote la testa di nuovo. La sensazione viscosa delle verdure e delle uova se n’è andata una volta per tutte quando l’hanno gettata nel calderone: gli incubi meritano una fine simile.
-Ci frantumeranno come hanno fatto con lui. Ci taglieranno, tormenteranno, fustigheranno a sangue finché gli andrà. Queste sono le nostre vite, adesso.-.
-Sta zitto, Gladius, zamazu.-
-Non siamo in un carcere cittadino.-. Gladius gratta via residui di moccio dalla faccia. -Impel Down. Siamo a Impel Down. Livello cinque, Inferno del Gelo.- Scandisce le parole come se avesse davanti una bambina.
-Non chiamarmi “top model”, non è il momento.-. Il volto di Jora è rosso, e non solo per il freddo. -Dobbiamo solo capire l’ambiente. Siamo la Famiglia Donquixiote.-
-Eravamo la Famiglia Donquixiote. Ora siamo solo dodici disgraziati qualunque, che marciranno congelati assieme a tutti gli altri.-
-Io non voglio marcire congelato!- Dellinger solleva i pugni ammanettati davanti alla faccia. -I Pesci Guerrieri vivono in acque temperate. E poi mi diventerebbe blu tutta la faccia.-
-Peggio per te. Hai visto cosa hanno fatto a Pica, Dellinger? Guarda che roba.-.
Indica i palmi e i polsi di Pica. -Hanno usato le sue mani come puntaspilli. Quanto credi che durerà? Quanto credi che dureremo?-
-Per favore, basta!-
Baby 5 drizza il collo. La fissano tutti, non solo Diamante – si trascina all’indietro, il volto in fiamme nonostante il gelo. E adesso cosa faccio? Non è come a casa, non sono le truppe che lei comanda: sono la sua famiglia, quella che ha tradito per un bel guerriero senza neanche pensarci, quella che ha preso le botte dai gladiatori e dai pirati mentre lei sospirava appresso a Sai – quella che la guardava come un’estranea mentre i Marine le cingevano collo, polsi e caviglie con l’agalmatolite e le toglievano scarpe, grembiule, occhialoni e cuffia per gettarli in un cassonetto alle sue spalle. Un Marine giovane, con gli occhiali da sole, le aveva stretto la mano sul seno.
Perché devo essere sempre così ingenua? La mano di Buffalo si spiega di nuovo sopra di lei, come una coperta in cui rannicchiarsi, e stavolta Baby 5 non lo rifiuta. Sorride, per ringraziarlo senza parlare ancora. Buffalo è familiare, ed è di familiarità che lei ha bisogno là sotto.
-Intendo solo…-
-Hai qualcosa da dirci?- dice Sugar. -Avanti. Abbiamo tutto il tempo del mondo, possiamo sentire anche te.-
Baby 5 rivolge un ultimo sguardo alle mani di Pica, più grandi della sua faccia, striate di sangue tra un dito e l’altro. Tra le strisce rosse emergono solchi, lacerazioni spesse come le sue dita. Non sembrano freschi. Alcuni sembrano essere là da mesi almeno.
Qualche vecchia battaglia, qualche passante che ha riso: mi faccio troppe paranoie.
Deglutisce. -Quello che voglio dire,- si aggrappa alle sbarre e si mette in piedi, come se sotto di lei ci fosse un intero esercito in attesa di un discorso. -È che ci stiamo finendo tutti dentro. Non vi riconosco più, a litigare così. Probabilmente è per questo che ci hanno tenuti tutti insieme. Vogliono che soffriamo vedendoci a pezzi a vicenda.-
-Il Marine che faceva la guardia a me,- sussurra Sugar, -ha detto che la nostra camminata compare su tutti i giornali. Il mondo sa. Il nome “Donquixiote” è diventato uno zimbello mondiale.-
La presa di Buffalo attorno al suo fianco si tende. -Una bella informazione da consegnare così, dasuyan.-
Sugar corruga la fronte. -Quello lì mi trattava come una mocciosa stupida. Si è aggrappato alla giacca della Viceammiraglia Tsuru, in ginocchio. “Vi prego, almeno la bambina lasciatela andare”. Se non fossi stata ammanettata…-
-Ne, avrei voluto vederlo. Behehe.-. gorgoglia Trebol. Sugar sbuffa. -Giusto a te, può piacere una cosa del genere. Spero che tu muoia.-
-Quindi eccoci qua.- sussurra Machvise. -Inutile recriminare-in.
-Quando l’ho trovato,- Diamante percorre con la mano le due trecce di Pica. Dellinger le prende e le annoda una sull’altra come fossero sartie -gli ho, gli ho fatto una promesccha.-
Un bolo di bava schizza dai denti di Diamante, in faccia a Sugar. La donna-bambina si pulisce con la manica, a denti serrati.
-Gli ho detto,- Diamante ansima, le mani tremano attorno al corpo massiccio di Pica, -detto che… un giorno scharei schtato famosho…- inspira, espira, si pulisce la bocca con la maglia, -in tutto il mondo, e non avremmo shofferto… mai più.-
China la testa, come se si aspettasse un’ascia giunta a decapitarlo. Baby 5 e Buffalo si guardano negli occhi sgranati. Le labbra di Diamante tremano, le sopracciglia arcuate sembrano scavare nella sua fronte.
-Ne, non flagellarti.-. Trebol gli appoggia la mano sulla spalla, gocciolante muco. -Tutte le star sono pessime con le promesse, ne.-
Diamante allontana la mano con uno schiocco. -Ero una schtar, e ora parlo come un…-. Colpisce con un manrovescio il muro alle sue spalle. -Maledetto Kyrosch, mi hai rovinato.-
-E sei ancora una star. Non è qualcosa che ti si porta via.-.
Baby 5 si inginocchia al suo fianco, appoggia le mani sopra le sue come per placarne il tremito. -Troveremo un modo. È quello che il Padroncino vorrebbe. Quello di cui tutti abbiamo bisogno.-
-E tu sai tutto, sul bisogno.-
Di nuovo Gladius, di nuovo quel tono indisponente. Le lacrime premono negli occhi di Baby 5, le labbra tremano, il naso pizzica. 
-No.- sussurra. -No.- ripete a voce più alta. -Ma so un’altra cosa: fino a una settimana fa ero la moglie di Don Sai, Comandante del Naviglio degli Otto Tesori. Adesso sono una piratessa qualunque, e non mi sento più né le mani né i piedi.-
-Se fossi rimasta con loro non avresti di che lamentarti.- dice fredda Sugar.
-Ma non sono rimasta, sono qui. E quello che so è che non è finita, perché non finisce mai. Non puoi mai sapere come ti andrà. Eravamo in cima al mondo, e ora siamo a terra. Ma io ci sono già stata, a terra. Non vi ricordate?-
Nessuno ha bisogno delle persone inutili. La bambina corre tra gli alberi, urlando “mamma” fino a sgolarsi. I piedi sanguinano contro l’erba secca. I rami sono unghie, e lasciano graffi vermigli nella sua faccia bagnata. Mamma, mamma, ti prego. Ti sarò utile. Farò quello che vorrai. Morirò, se ti farà piacere. Baby 5 si ravvia i capelli, sfiorandosi il volto. Alla fine è veramente scoppiata a piangere, ma non è il momento di preoccuparsi. La sua famiglia ha bisogno di lei.
-No.- dice calmo Dellinger. -Non ricordo niente. Io non c’ero.-
-Avresti dovuto vederla,- sospira Jora. -Era così carina, con quel fiocco giallo nei capelli. Forse non l’abbiamo cresciuta così male, se è tornata.-
-Nee.- Trebol appoggia le mani sulle spalle di Baby 5, e lei si aggrappa a Buffalo per non cadere all'indietro. La faccia dell’Ufficiale di Fiori è a un palmo di distanza dalla sua, tanto che lei deve ritrarsi per evitare di sfiorare con la guancia le gocce di muco nel suo naso. -Ne, quelli hanno battuto me, Diamante e Pica. Avrebbero ridotto anche lei a brandelli, ne. E poi si è fatta la passeggiata, di che altro abbiamo bisogno? Behehehe.-
Gladius scambia uno sguardo con Jora, con Lao G, con Machvise – persino Señor Pink smette di accarezzarsi la mascella e sbatte gli occhi verso di loro.
-E se- domanda, -la scioccherella avesse ragione?-
Protrae le labbra come se avesse ancora il ciuccio in bocca. -Non si sa mai quanto in basso si può andare. O in alto. La vita è strana, così.-. Si accarezza la mascella, prende un profondo respiro. Muove le labbra a malapena, le sue guance sono livide. Baby 5 non sa quanto a lungo abbia dormito – né chiederlo cambierebbe qualcosa – e non vuole neanche immaginare quanto gli dolga parlare. Ma Señor Pink è sodo abbastanza da superare anche quello.
-Un attimo hai qualcosa di meraviglioso, e un attimo dopo lo perdi. Puff.-. Pink raccoglie un pugno di neve e lo soffia fuori dalle sbarre. -Oppure succede il contrario. Puoi trovarti davanti una cosa meravigliosa senza immaginare che sarà così. La vita è strana. Bisogna imparare a prenderla così, e staremmo tutti molto meglio.-
Succhia di nuovo l’aria, si tampona la faccia con un pugno di neve. Gladius apre la bocca, ma non risponde. “Grazie”, sussurra Baby 5, e Señor
Pink solleva il pollice.
-Solo qualcuno di sodo potrebbe ragionare così.-. Dellinger batte le mani – piano, perché Diamante lo fissa – e abbraccia Señor
Pink di scatto. -Io sono un Pesce Guerriero e rifiuto di mollare adesso.-
-Io sto con Dellinger.- dice Jora. -Sei carino a chiamarmi Miss Universo, tesoro, ma adesso faremmo meglio a risparmiare le forze.-. Indica il corpo immobile di Pica, a un metro da lei. -Questo disgraziato ha bisogno di riprendersi.-
Come se li avesse sentiti, Pica sbatte le palpebre e solleva la mano a incontrare il polso di Diamante. Il gladiatore si china verso il basso. -Ben shvegliato, pietruzza. Ce la fai?-
Cenno di sì con la testa. Reggendosi sui palmi, Pica si volta a sedere e si rannicchia al suo posto tra Diamante e Sugar. Dellinger si sporge in avanti: -Ti ho fatto lo chignon, ti piace?-
Le trecce sono appallottolate l’una sull’altra, in una sfera compatta e ben lontana dalla schiena insanguinata. Persino il buco nudo dove le ciocche sono state strappate non si vede più. Pica lo accarezza con i polpastrelli. 
“Sei carino”, pronuncia senza un fiato. Diamante scuote la testa. -Puoi parlare, ora.-
Pica fa cenno di no. Fa scorrere l’indice per traverso davanti alla bocca, come per chiudere una cerniera, e lo appoggia perpendicolare al centro delle labbra. Guarda per terra, verso la pietra sua simile, come se volesse tuffarcisi dentro e restarvi per l’eternità.
-Sei rauco?- domanda Buffalo. “No”, scandiscono le labbra di Pica. “Ho fatto il voto del silenzio. Nessuno userà la mia voce contro di me finché non avrò dismesso queste manette.”
Baby 5 e Buffalo si guardano. -Non fare il gioco di Sadi-chan.- sussurra lui. -Parla, coraggio. Noi non ridiamo, dasuyan.-
Pica scuote nuovamente la testa: “Sto bene così”. Diamante solleva il capo al cielo, per quello che il collare cervicale gli consente.
-Shadi-chan…-
-Lascialo fare.- gli sussurra Jora. -Gli passerà. Si sfoga a modo suo, come tutti. Presto torneremo a sentire il suo dolce timbro, zamazu.-
Chissà se è ancora arrabbiato con me. Prima mi ha detto grazie, forse mentre stava là dentro ci ha ripensato. -Parlavamo giusto di te.- dice Machvise. -Ti senti carico abbastanza da combattere con noi-in?-
Pica raccoglie un pugno di neve e si tampona la fronte con le dita umide. Congiunge i pugni, accoppiando pollici e indici, e storce i polsi verso i lati, come per spezzare un grosso ramo a metà.
-Silenzioso, ma eloquente.- commenta Lao G. -Mi piace.-
-L’ho allevato io, n-non si vede?-. Diamante sbatte le ciglia. -Io schto con lui, shempre.-
Anche Sugar alza il pollice, e Trebol tira su col naso con un rumore da pompa di sentina.
-Nee, alla fine qualcuno dice qualcosa di sensato.-
-Mi vedo in sottonumero.- dice freddo Gladius. -Spero ne valga la pena.-
Baby 5 fa cenno di sì. Si stringe più forte a Buffalo, e la sua enorme mano si stringe appena alla sua spalla. -Brava, dasuyan.-
Baby 5 si asciuga le lacrime. Andrà tutto bene. Possiamo farcela. Non potrei vivere con me stessa se fossi là fuori mentre loro languono qui.
La bambina siede contro il parapetto della nave-fenicottero, avvolta in una coperta di lana rosa. L’uomo biondo con la barba strabuzza gli occhi e tira fuori la lingua per farla ridere. La donna dalla chioma sgargiante la pettina i capelli con una spazzola d’oro massiccio. Il giovane con la maschera le porge una tazza fumante. L’uomo con il mantello e quello con le spalle grosse si scambiano uno sguardo serio.
L’uomo con il cappotto rosa si inginocchia di fianco a lei, sorridendo come a una sorellina. Le chiede come ti chiami. La bambina non lo sa; Neonata Cinque non è un nome, non può dire una cosa del genere ai signori carini che l’hanno salvata. Eppure gli risponde così, perché è scortese non rispondere alle domande, e a nessuno sembra dare alcun fastidio.

A.A.:
Le mie avventure da Madre Degenere continuano, in un capitolo che è un po' whump un po' comfort. Un capitolo diciamo di transizione, prima di tornare nel vivo dei casini. Con i dovuti chiarimenti, come da programma. 
1. Sì, tutta la Familia sa leggere il labiale. Bisogna saperle fare, certe cose. E con due labbra così enormi è anche abbastanza semplice. 
2. La Numancia Flamingo è la nave dei miei sogni. 
3. Pica non urla durante nessuna delle torture che subisce (anche se ha urlato, come si è visto prima, nel calderone di sangue), ma urla quando Zoro lo taglia. Ne consegue che un taglio di Zoro fa più male di ore di tortura. O i torturatori fanno pena. Ma propenderei per la prima, che mi pare più credibile. 
4. Señor Pink è d'accordo col discorso di Baby 5 per un motivo fin troppo chiaro a chi conosce la sua storia. 
5. Nella traduzione inglese di questa storia ci sarà un gioco di parole intraducibile (Trebol chiama Pica "prodigal stone" anziché "son"), in linea con la mia idea per cui a Trebol piace fare battute brutte, soprattutto se hanno a che fare con il suo nome. 
6. Comincio a rendermi conto che il difetto di pronuncia di Diamante può risultare sgradevole alla lettura. Cerco di farlo parlare il meno possibile, ma a volte ha qualcosa da dire che non può essere delegato. Spero non sia fastidioso, e se lo è sono pronta a suggerimenti su come renderlo meno irritante. 
7. La canzone che Diamante canta è Dream On. Non devo dire di chi. 
8. In questo capitolo sono anticipati due eventi futuri. Chissà se riuscirete a indovinare. 
Alla prossima e grazie.
Lady R. 

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Capitolo 3
*** Un Banchetto Ghiacciato – L’Orgoglio Di Diamante, Gladiatore Rockstar ***


Un Banchetto Ghiacciato – L’Orgoglio Di Diamante, Gladiatore Rockstar


La mamma aveva gli occhi rossi, quella sera, e un livido sul collo a forma di mezzaluna.
-Non rifiutare mai da mangiare, Neonata Cinque.-
I Neonati Uno, Due, Tre e Quattro giacevano dietro casa. Ogni tanto la mamma gli faceva visita, ma non le permetteva di avvicinarsi. Dalla sua finestra, Neonata Cinque vedeva le quattro croci di legno, e la mamma che ci si inginocchiava sopra sistemando i sassi disposti in cerchio. Ci sarebbe voluto qualche fiore, ma in quella zona non ce n'erano.
-Il cibo è prezioso. Tu mangi quello che ti porto senza storie. Se vedo di nuovo quella faccia schifata te ne do tante, che te ne ricordi per sempre.-
Il pane era grigio, duro abbastanza da abbatterci un albero – non che Neonata Cinque avesse mai visto un albero, perché la mamma non voleva che uscisse di casa. -Nessuno deve sapere che esisti. Accetta quello che ti porto e non provare ad andarmi dietro quando esco.-
Se la mamma sapesse cosa mi danno da mangiare, e che lo mangio senza fare storie, sarebbe fiera di me. Magari le darebbe anche un bacio: come Jora con Dellinger, o Diamante con Pica. Sembrano piacevoli, da ricevere. Quelli di Sai sarebbero stati altrettanto dolci.
La ciotola è di legno, grande come una pentola. Il riso tintinna quando vi viene versato.
-È congelato.- sibila Gladius. -Come facciamo a mangiarlo?-
-Questo c’è. Accontentatevi-
L’uomo in uniforme si soffia sulle pallide mani. -Se volete condirlo, controllate se a qualcuno non è rimasto del pomodoro nei capelli.-
Baby 5 si copre le guance arrossate con una ciocca di capelli. Hanno la consistenza di una catena da bicicletta, e nessun riflesso sulla superficie.
-Ci sono le vostre facce su tutti i giornali. A te avevano tirato il milkshake, non è così?- domanda il compagno. Più alto, carnagione scura come quella di Pica, capelli neri e corti. Porta gli occhiali da sole, come tutti i carcerieri, ma Baby 5 sa che gli brillano gli occhi mentre ricorda a Gladius, a tutti loro, quello che sono stati.
-Menta glaciale. Veniva voglia di leccartelo dalla faccia.-
-Quello invece è il tipo sodo?- il suo compare allunga un braccio oltre le sbarre, indicando Señor Pink. -È proprio lui. Il ciccione che si faceva proteggere da quelle cinque sgualdrine.-
Pink schiocca le labbra, succhiando un ciuccio che non c’è. -Queste volgarità non si confanno a un uomo degno del suo nome.- proclama, ma i due carcerieri si sono voltati dall’altra parte.
-E quei due, come non vederli.-
-Ignorali, pietruzza.- Diamante appoggia una mano aperta sulla spalla tonda di Pica. -Non sei in condizioni. Potrai frantumarli appena ce ne andremo.-
-Paparino, aiutami!- geme l’uomo più chiaro in falsetto. -Mi prendono tutti in giro perché ho la vocetta da soprano!- Porta i pugni al volto e simula il gesto di asciugarsi le lacrime. -Il ragazzo-pesce cattivo mi ha staccato le palle a morsi!-
-Tranquillo, tesorino di papà, posso sempre sbavargli addosso finché non se ne vanno.- sogghigna l’altro. Diamante prende un respiro profondo; Pica appoggia il palmo al pavimento, come se la pietra potesse reagire al contatto.
-Fatica sprecata, non funziona.- L’uomo più scuro prende un respiro profondo, senza smettere di sogghignare. -Nessun Frutto del Diavolo funziona. Siete voi i giocattoli, quaggiù.-
-Andate a insegnare le rokushiki ai Re del Mare.- Sugar emerge dalle braccia di Machvise e li guarda con occhi incandescenti. Ha il naso rosso, una goccia di muco trema sotto la narice destra. Si pulisce col dorso della mano. -Potreste sloggiare almeno adesso che mangiamo?-
-Abbiamo degli ordini.- dice quello più chiaro.
Machvise raccoglie la ciotola sulle ginocchia e la squadra come se dentro vi fosse un Poignee Griffe. -Rifatevi la bocca, ragazzi.-    
Trebol, appoggiato alla spalla di Lao G, si trascina al suo fianco. -Behehe, Dellinger, davvero hai morso…-
-Neanche se mi pagano.- taglia corto il ragazzo. -Non sono un pervertito, e sarebbe una morte idiota. Inoltre, se lo castrassi non si lascerebbe pettinare. Voglio fargli i codini. Ci staresti?-
Pica annuisce distrattamente, gli occhi rivolti all’ingrata ciotola. Più che chicchi di riso sembrano schegge di marmo. Lo stomaco di Baby 5 si rivolta, e il suo volto gela. Non rifiutare mai da mangiare, Neonata Cinque.
Buffalo storce la bocca, Señor Pink scuote la testa, Sugar simula un conato di vomito. -Ucciderei tutti voi per un acino d’uva: voglio che lo sappiate.-
Il cibo è prezioso, e Baby 5 non sarà più una mera bocca da sfamare. -Lasciatemi provare.- declama. C’è un cucchiaio di legno, dalla punta smussata, nel mezzo del riso marmoreo. Lo riempie fino all’orlo e se lo ficca in bocca ad occhi chiusi.
Spalanca la bocca di scatto: i chicchi di riso sono aghi, che le pungono il palato e le gengive, insipidi come cartone e così freddi da bruciare. Si copre la bocca con le mani un attimo prima di sputare. Piega la testa all’indietro, allarga e stringe le guance. Deglutisce; i chicchi le pungono la gola, i polmoni, la pancia, e là rimangono pesanti come piombo. Porta le mani al ventre e si piega in due, tirando fuori la lingua come un cane.
-Argh.- Undici paia di occhi sono fissi su di lei.
-È così cattivo?- domanda Machvise.
Il cibo è prezioso, Neonata Cinque. Baby 5 allontana i boccoli dalla faccia e accenna un sorriso gelido. -Si lascia mangiare.-
-Tradotto, una schifezza.- proclama Lao G. -Diamoci da fare, prima che perda tutti i denti.-
Prende una cucchiaiata e la manda giù d’un fiato. Contorce la bocca, tirando fuori la lingua. -Potrei inventare una tecnica a partire dal mal di denti. Gengive A Pezzi, con ben due “G”.-
Passa il cucchiaio a Pica, che manda giù la sua cucchiaiata come se il riso fosse purè. Tiene la posata tra pollice e indice, e guarda Diamante con aria interrogativa.
-Dammelo.- strascica il gladiatore. -Posso farcela.-
Le guardie all’ingresso ridono coprendosi la bocca con le dita. -Possho farshela!- lo imita quello chiaro. Schizzi di saliva, senza dubbio formata di proposito, piovono sulla neve.
Pica depone il cucchiaio nella mano aperta di Diamante. Le dita, scosse da tremiti, si chiudono appena sul manico prima che scivoli via e gli rotoli sulle ginocchia.
Diamante sgrana gli occhi. -Kyros.- biascica. Le dita si infilano sotto al cucchiaio, si piegano tremando.
-Diamante…- prova Machvise.
-Shh.-
La mano si solleva di un palmo, il cucchiaio scivola e atterra nella neve. Diamante ansima, come se avesse corso per centinaia di metri. Infila di nuovo le dita sotto il manico, facendolo scivolare tra pollice e indice. Stavolta, quando il cucchiaio cade, la sua mano è arrivata all’altezza delle costole.
-Diamante, posso aiutarti.- Baby 5 raccoglie il cucchiaio nelle dita arrossate. Diamante volge gli occhi verso di lei, di scatto.
-Posalo. Ci riesco.-
Baby 5 appoggia il cucchiaio nella neve e si fa indietro, trattenendo il respiro.
-Diamante, anche noi abbiamo fame.- impreca Sugar. -Fatti imboccare e non rompere.-
-No! Ci riesco.- Diamante si asciuga fronte e mento e si incurva ancora sul cucchiaio. Lo prende tra i palmi, schiacciandovelo, e dirige entrambe le mani sopra il piatto.
Il cucchiaio scivola fuori e piomba senza un rumore nel mezzo del riso.
-VAFFANCULO!-
Gocce di saliva gli schizzano dalla bocca, Machvise si sporge sulla ciotola con il proprio corpo. Si frangono contro la sua uniforme strappandogli un gemito.
-Lo vedi, adesso?- Sugar scuote la testa. -Fa il bravo ometto e lasciati imboccare.-
Diamante scuote la testa. Porta le mani al volto, accarezzandosi le guance come se non riconoscesse le proprie fattezze. -No…- biascica; si volta sullo stomaco e gattona verso il muro, reggendosi su gomiti che già sporgono dall’uniforme. Si appoggia al muro, premendovi contro i palmi, e trascina le gambe fino all’angolo. Là si rannicchia sul fianco, reclinando la testa sulle braccia. I capelli castani ricadono sul suo volto, avambracci e mani vi si chiudono sopra a formare un guscio.
-Ne?- chiama Trebol. -Didi? Hai paura del riso, ne?-
-Mi…- Diamante solleva la testa dal pavimento, passandosi il braccio sugli occhi. -Mi è passata la fame.-
Un brontolio sordo e prolungato si leva dal suo stomaco appena poggia la mano a terra.
Machvise raccoglie la ciotola dal grembo di Pica e ingolla la sua parte con un sospiro.

Un fondo di riso, poco più dei pugni congiunti di Baby 5, giace sul fondo della ciotola. Il riso ghiacciato ha fatto almeno cinque volte il giro di tutti i presenti, ma lei è pronta a scommettere che le loro dosi non superano di un chicco quella assegnata all’Ufficiale di Quadri.
-Se ti torna la fame non hai che da chiedere.- dice Señor Pink deponendo la ciotola al suo fianco. Diamante si appallottola ancora di più su sé stesso, le dita tremanti che sporgono dai capelli sozzi.
-Se non vuole farsi imboccare,- dice la guardia più scura, -può sempre mettersi a quattro zampe e mangiare come fanno i cani.-
-Ancora qui?- domanda Jora. -Non avete da lavorare?-
-Abbiamo degli ordini.- ripete la guardia più chiara. -Sadi-chan vuole uno di voi per giocare.-
Baby 5 si irrigidisce. I pesi erano a forma di campanaccio, grandi come un pugno. -Dieci chili alla volta. Vediamo quanto ci metti a urlare, donna-arma. Mmmh.- Anche chiudendo gli occhi, il suo sorriso la inseguiva. -Mi si strapperanno le braccia!- aveva gridato al quinto peso.
Una mano si stringe alla sua: Gladius. Sbatte gli occhi annebbiati, soffocando nel braccio un altro starnuto. Jora allarga il braccio davanti a Dellinger, Machvise deglutisce. Persino Señor Pink sgrana appena gli occhi.
Pica si mette in ginocchio e appoggia il palmo al pavimento per tirarsi su. Trebol gli scocca uno sguardo freddo abbastanza da far sobbalzare Baby 5. -Ne, fermo dove sei. Non lo reggi, un secondo giro.-
“Invece sì.” scandisce Pica. “Sottovaluti la mia forza. Sono pietra, sai.”
Trebol scuote la testa. -Non sei pietra, ne. Non sei più pietra finché porti quelle manette. Devi riposare, ragazzone: sei uno dei pochi che sanno combattere anche senza Frutto del Diavolo.-
Lui no, ad esempio. Le guardie all’ingresso si coprono la bocca e sghignazzano.
-Cosa succede? Mister Soprano ha smesso di gorgheggiare?-
-Inutile che lo nascondi, tutti sanno del tuo ridicolo falsetto. Magari stavolta riusciremo a sentire un concerto in privato.-
Pica si siede, serrando le labbra e i pugni. Non possono aspettare in eterno. Potrebbero portarne via più di uno se li facciamo spazientire.
-Posso andare io.- mormora Baby 5. -Avete bisogno di riposare.-
-Resta seduta.- Gladius le stringe la mano più forte. -Non è più il momento per queste scemenze.
-Bravo, dille le cose come stanno, ne.-
Trebol si aggrappa alle sbarre, si soffia il naso nelle dita e si pulisce sulle gambe. -Aaah, sì. Niente storie, ne? Vado io.-
-Sei sicuro?- domanda Jora.
-Ne, sono il comandante: ho delle responsabilità.-
Non un fiato segue quelle parole, e Baby 5 non se ne sorprende. Il Padroncino è recluso nel sesto livello, Diamante è debole e malandato, Pica è… beh, Pica. Di Trebol ci possiamo fidare, perché fu il Padroncino il primo a farlo. La guardia chiara apre la cella, fucile puntato. Trebol si trascina verso l’uscita. Potremmo buttarci fuori e farla finita. Sono in due contro undici, e siamo tutti guerrieri addestrati. Eppure le gambe di Baby 5 sono rigide come se anch’esse fossero ghiaccio. Gladius scrolla le spalle, stringendole dolcemente il polso. Anche lui sa che dell’inferno, a volte, fa più male ciò che non si vede.
Un cigolio metallico le annuncia che la porta è di nuovo chiusa. La guardia chiara stringe un collare di agalmatolite alla gola di Trebol, preme un pungolo dello stesso materiale nella sua coscia.
-Mi muovo, ne. Non sono più un giovanotto. Abbiate pazienza, ne-
Trebol porta il palmo alla bocca e manda un bacio verso l’angolo dove Diamante giace. -Ci vediamo dopo, Diamante mio! Fate in modo che mangi, behehe.-
Dal suo guscio di braccia e capelli, un sospiro sfugge dalle labbra tremanti dell’ex ufficiale. Dita scarne si sollevano e si piegano in un tremante saluto.
Baby 5 si guarda le mani: non può vederlo un’altra volta trascinato via in quel modo. Vorrebbe che la camminata della vergogna fosse un ricordo lontano, magari qualcosa di cui ridere una volta fuori dall’Inferno – perché esiste un fuori dall’Inferno e sarò il loro nuovo Padroncino finché non riavranno quello vecchio. Trebol è curvo sulla schiena, barba e moccio che pendono ai suoi piedi a ogni passo. Le guardie lo rivoltano, lo tengono ciascuno per un braccio.
-A dopo, miei cari! Behehe! You can't take me, for a ride,- canta l’Ufficiale di Fiori, -’cause I'm no fool now, so you better run and hide. I’m Trebol, yeah Trebol now, I’m Trebol y’all, I got Trebol in my town.-
Baby 5 lascia andare un respiro. Come se Trebol l’avesse sentita – lei, e forse qualcun altro – e avesse saputo esattamente cosa serviva. Dellinger ride, Machvise e Jora si producono in un applauso. Rannicchiato contro il muro,  Diamante si rivolta e si mette a sedere. C’è una pozza di bava accanto al suo ginocchio. Impiglia le dita tra i capelli e li libera d’un colpo dal collare cervicale.
-Tanto vale che mangi. Ci state ancora ad imboccare il vostro Diamante? Mh?-
Non è mai stato così freddo, nemmeno prima di uccidere qualcuno. Trebol e le guardie sono già scomparsi nel bianco abbagliante. Starà bene, si ricorda Baby 5. Deve chiedere se qualcuno conosce il testo completo di quella canzone.
Un giorno arriverà anche il suo turno, di tornare in quelle celle con Sadi-Chan. Pica non ha urlato, ma Baby 5 riconosce a malapena il suo granitico Ufficiale nei gesti affaticati e negli occhi stanchi dell’uomo in cella con lei. Ed è senza dubbio più forte di me.
-Arrivo, caro. Adesso mangerai anche tu.- Jora si appoggia al muro di fianco a Diamante, scivola fino a terra, gli imbocca una cucchiaiata di riso. Il gladiatore se lo tossisce addosso.
-Almeno fosse qualcosa di buono.-
-Ci sono delle posate speciali, per chi ha mani come le tue.- tenta Buffalo.
-Lo so, ma non quaggiù.- sospira Diamante. La seconda cucchiaiata va giù in gola, ma l’espressione di Diamante è una maschera di disgusto e bava.
-I marine non ti hanno forse imboccato?- domanda Gladius.
-Avevo le mani sh-sempre legate. Alla camminata, e in nave. Pregavo fosse per quello.- biascica Diamante. -In fondo era questione di tempo. Chi prendo in giro?-
Si copre la bocca con le mani per non sputare la terza cucchiaiata. -Kyros lo sapeva, lo sento.- La sua bocca si colma di saliva ad ogni “s”. -Quando mi sono svegliato, ho visto il tutore al mio collo e le mani che tremavano, ho ricordato tutto. Non riuscivo nemmeno a urlare.-
Jora sorride, gli libera la fronte dai capelli. Diamante ingoia la quarta cucchiaiata con un’espressione stoica in volto.
-Nella nave, un Marine si è offerto di uccidermi. Non potevo dormire, né parlare: solo piangere. Lui tirò fuori la pistola e mi disse che avessi voluto gli sarebbe bastato un colpo.-
Il cucchiaio trema nella mano di Jora, l'altra mano gli stringe il polso. -Però non l'ha fatto. Ci saresti mancato così tanto.-
Lo sguardo della vecchia passa da Dellinger a Machvise, e a Baby 5 stessa. Sanno quanto lei che anche adesso basta una parola di Diamante perché due mani grandi come macigni gli stringano gola, naso e bocca fino alla morte. Tutto sta a vedere se Diamante oserà pronunciarla.
-Già. Non potrei mai volerlo.- sussurra lui. -Ma ero una star. Mi applaudivano. Mi adoravano. Adesso…-
Prende un profondo respiro, sbattendo le palpebre, e contorce la faccia come se gli avessero dato un pugno al ventre. Baby 5 serra le labbra.
Una volta, al Colosseo, un gladiatore Braccialunghe gli aveva trafitto la spalla con una lancia. Era bastato un Vipera Glaive ben piazzato per farlo a fette, ma l'espressione comparsa sugli schermi era la stessa che in quel momento piega il suo volto lucido. Baby 5 è pronta a scommettere che Diamante preferirebbe rivivere mille volte quell’affondo che trovarsi dov’è adesso.
L’Ufficiale di Quadri leva gli occhi al soffitto, serrando i pugni. Machvise gli tiene la mano appena la schiude, Baby 5 gli prende l’altra: trema, ed è sudata abbastanza da gocciolare fra le dita.
-Adesso non importa. Un gladiatore è un gladiatore, anche vestito di stracci. Mi procurerò una cannuccia tempestata di diamanti.- Sogghigna alla sua stessa battuta. -Dellinger può truccarmi, se da solo non riesco.-
-O posso farlo io.- tenta Baby 5. Diamante la guarda di sottecchi. -Se ne hai voglia.- ritenta lei.
-Un gladiatore come si deve cade.- farfuglia Diamante. Senza le strisce rosse sul volto – lavate via a colpi di spugna, neanche fosse una fossa biologica – l’uomo è pallido come un cadavere. -Ma si… si tira sempre su. E io sono l’Eroe del Colosseo. Cosa mai mi trovo a dire?-
Sbatte le ciglia, si tampona il mento con la manica. -Sto bene. Mi è passato. Siete carini.-
-Di niente.- sorride Baby 5, e stringe quel palmo fradicio come un tesoro.

Diamante tira fuori la lingua, premendosi sullo stomaco una mano scossa da tremiti. La ciotola vuota giace al suo fianco, persino più triste che quando gliel’hanno portata.
-Ho ancora fame. Maledetti sch… schifosi-
-Abbiamo tutti fame.- soggiunge Lao G. -Non possiamo andare avanti così. Ci prosciugheremo, con la “G”.-
I suoi occhi sono infossati sotto le rughe, al punto da scomparirvi dentro, ma Baby 5 vi legge comunque il panico. Buffalo annuisce, gemendo un “dasuyan” stridulo tra i grossi incisivi. Sugar trema rannicchiata fra le braccia di Jora. Dellinger si morde le unghie.
Non è bene. Baby 5 allontana i capelli dal volto, si alza in piedi su caviglie scosse dai brividi. Darei il mio Arma Arma per un paio di scarpe. Una tazza di tè. Una sigaretta. Persino Gladius alza la testa dalle braccia per guardarla: prende un respiro profondo, squadrando tutti quanti con occhi annebbiati e doloranti. Potrebbe mangiarsi la neve, se questa la nutrisse.
-Qualcuno, molto tempo fa, mi ha detto che quando hai fame…-
Smettila di tormentarmi, Neonata Cinque. Stasera non si mangia. Trovati qualcosa da fare prima che prenda di nuovo la scopa, inutile mocciosa.
-…devi smettere di pensarci, e andrà tutto via.-
Silenzio. Torna a sedersi con un “oh”, coprendosi le guance rosse con le mani. Non dovrei sentirmi così libera, non dopo quello che ho fatto.
Due dita sfiorano le sue, si posano sul suo polso. La stringono per un attimo prima di scivolare via. Diamante sorride di nuovo, e stavolta è dolce. -Vedo che fai progressi. È bello riaverti tra noi, mia cara.- biascica, e le accarezza la spalla come un maestro soddisfatto.
-Ha ragione.- Baby 5 si morde la gengiva per far sparire quel maledetto rossore. Si volta verso Gladius, che ha preso la parola. -La Principessa Scarlett aveva commesso quell’errore. Ma noi siamo la Famiglia Donquixiote.-
Machvise si strofina le dita nella barba scarmigliata. -Ti va di cantarci qualcosa, Didi?-
Diamante lo guarda come se gli avesse pestato un piede. -Il soprannome “Didi” è riservato a pochi eletti.- Un eletto, in verità. -Ma ci sto. Aiutami a…-
Un braccio grosso come un albero maestro circonda i fianchi del gladiatore e lo solleva come una piuma sulle gambe tremanti. Gli tiene la mano fino in fondo ai gradini, dove lo guida a sedere.
-Grazie, pietruzza. Sei un tesoro.-
Diamante lascia cadere le gambe dal gradino di pietra, usa il braccio di Pica come schienale, un sorriso tirato sulle labbra più sottili che mai senza il consueto rossetto. Una goccia di sudore gli scende lungo il naso.
-Every time that I look in the mirror, all these lines on my face getting clearer.-
Come faccia a suonare così dolce, anche biascicante e sbavante, è un mistero che sfugge a lei come a tutti. -The past is gone, it went by like dusk to dawn.- Dondola le spalle, piega le mani tremanti come per suonare una chitarra immaginaria, tira fuori la lingua verso un pubblico che non c’è. È davvero un diamante: indistruttibile.
-Isn’t that the way,- anche Machvise ha cominciato a cantare, e Jora, e Buffalo, e Lao G. -Everybody’s got their dues in life to pay.-
Baby 5 si siede accanto a Señor Pink e agita le braccia a tempo. Avrà sentito quella canzone abbastanza volte da poterne scrivere il testo contro le pareti della cella. Forse è stato proprio Diamante il primo a cantargliela. Poco dopo la scomparsa di Law, durante una notte come tante. Non sa quanti anni avesse, allora: sa solo che voleva la mamma, e che Diamante la cullava con braccia ferme come se non avesse fatto altro tutta la vita.
-Dream on!- Non si era mai resa conto di quanto bene suonassero tutti in coro. -Dream on! Dream on! And dream until your dream comes true!- Dellinger solleva le dita indici e le muove avanti e indietro. Pica schiocca le dita a tempo, scandendo il testo senza parlare. Sugar appoggia la testa sui pugni, sdraiata pancia in giù. Se ci fosse anche Trebol sarebbe tutto perfetto, ma anche un quasi è sufficiente a Impel Down. -Sing with me, if it's just for today, maybe tomorrow the good Lord will take you away!-
Applaudono, mentre Diamante suona l’ultimo riff di tremiti sulla sua chitarra inesistente. Ormai suda persino dai capelli, ma a Baby 5 è mancato tanto quel sorriso largo e piatto.
-Fate silenzio, brutti stronzi! C’è gente che vuole dormire!- urla qualcuno dalla cella accanto.
Gladius porta le mani alla bocca. -Tappati le orecchie, perdente! Siamo la Famiglia Donquixiote e facciamo il cazzo che ci pare!-
Baby 5 sorride, anzi sogghigna. -Un altro giro?-


A.A.:
Torniamo a Impel Down, per qualche momento di dolcezza. Sono stata più che felice di scrivere così tanto su Diamante: dei Tre Ufficiali, nonostante non sia il mio favorito è il più maturo, carismatico, è uno showman fatto e finito, e il suo handicap offre potenziale per svilupparlo appieno. Con in sottofondo gli Aerosmith, perché la mia abitudine di infilare musica pop nelle mie fanfiction non morirà mai. Mi piace immaginarlo... non proprio come un padre per Baby 5 (anche perché di figlio ne ha già uno, ed è piuttosto abbondante), ma come qualcuno a cui affidarsi e su cui contare per una bambina spaventata. Quello che dei quattro Ufficiali, avendone cresciuto già uno, ha più esperienza di bambini. E anche poco rancoroso, perché le rockstar vivono così. 
1. Avevo anticipato già in La Leva Cala che, nonostante un handicap fastidioso e difficile da gestire, Diamante non chiederà mai di essere ucciso come Maggie Fitzgerald. Esistono effettivamente posate e altri strumenti disegnati per permettere a chi è affetto da tremori alle mani (es. il morbo di Parkinson) di mangiare senza problemi, e nulla dà da pensare che non esistano nel mondo di One Piece. Oppure potrebbe farsele da sé col suo Flap Flap. 
2. La canzone di Trebol è Trouble di P!nk col testo lievemente modificato. Quella di Diamante è sempre Dream On.
3. Non voglio immaginarmi Diamante senza rossetto. Lo vediamo senza trucco in faccia nei flashback, ma il rossetto c'è comunque. Non oso nemmeno pensarci. 
4. La storia di Baby 5 è un'espansione del canone. Con tutti i feels che ne conseguono. 
5. Didi non ha smesso di strascicare. Semplicemente mi sono resa conto che il suo continuo "sch" risultasse fastidioso in una storia lunga. In base a un commento della versione inglese di questa storia, ho deciso di omettere la scrittura del suo difetto di pronuncia, eccetto quando necessario, implicando che il pubblico già sappia come Diamante parla e lo senta parlare con la fatica del caso anche senza scriverlo. 
Ci vediamo nel prossimo capitolo.
Lady R. 

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Capitolo 4
*** Promesse – Trebol, Un Uomo Libero ***


Promesse – Trebol, Un Uomo Libero


Altri due giri. Poi tre, e poi quattro. Al quinto Diamante si stanca di sbavarsi addosso mentre canta: si fanno avanti Jora e Dellinger, con un repertorio di ballate teatrali da occuparci le ore. È sempre Jora a tappare le orecchie al ragazzo quando Machvise tira fuori le peggiori ballate da osteria che conosce. Buffalo e Baby 5 ridono come bambini. Le conoscono bene, loro.
Quando tutti quanti – eccetto Pica, che scandisce tutte le canzoni senza mai parlare – hanno avuto il loro giro, persino il vicino di cella ha smesso di imprecare. Baby 5 respira l’aria gelida, applaude con mani che non si sente più. I suoi piedi sono rossi, e spiccano sulla pietra azzurrina come sangue sulla neve.
-Direi che ci siamo divertiti.- dichiara Lao G. -Il Padroncino sarebbe fiero di noi.-
Saprà che ho tradito? Baby 5 si copre la bocca con le mani e vi alita sopra. Ha cantato con loro da quando lei e Buffalo si sono per la prima volta seduti al loro tavolo. Ogni volta è bella come la prima. Non ha mai neanche sentito Sai cantare. Forse è meglio così: non aveva una voce graziosa. Né era bello in modo particolare, né garbato nei modi. Un guerriero eccellente, senza dubbio, non serve chiederlo a Lao G: ma anche lei combatte, da quando era bambina, e se non avesse voltato gabbana forse…
-Pietruzza?- Diamante agita la mano tremula. -Mi aiuti ad alzarmi? Non posso fare il sonnellino di bellezza sui gradini.-
Silenzioso come un Pacifista, Pica offre all’uomo più anziano il suo enorme braccio e lo guarda camminare verso l’angolo dove ha giaciuto prima di mangiare. Si asciuga il sudore con il braccio e si sdraia sulla schiena, reclinando le braccia sotto il collare cervicale.
-Quando ti tolgono quel trabiccolo?- domanda Machvise.
-Devo portarlo per due mesi.- biascica Diamante. -Non so quanto sono due mesi quaggiù. Prude come un formicaio intero. In nave avevo un materass-scho speciale, ma qui…-
Emette un verso disgustato, un “pttsch” accompagnato da uno schizzo di saliva che gli ricade in faccia. Si pulisce con un gesto di polso. -Mmh. Non mi disturbate.-
Chiude gli occhi, lascia ricadere aperta la bocca. Forse non sta dormendo, pensa Baby 5. Forse vuole solo pensare, e ne ha bisogno. Diamante si inchinava come se gli applausi lo nutrissero, incoronato di petali, volteggiando su tacchi troppo alti anche per lei e sbattendo le volute del mantello come un paio d’ali. E adesso ha bisogno di un braccio per alzarsi. Spera che almeno, nei suoi sogni, il suo destino gli si confaccia.
-Adesso, Pica.- Dellinger si porta alle spalle del colosso seduto sui gradini, si stira le dita come se fosse pronto a combattere. -Mettiti comodo. Devo farti la riga in mezzo per i codini.-
-Avevi detto che avresti pettinato anche me.- esclama Baby 5 più forte di quanto premeditato. I due uomini si voltano di scatto, e il ragazzo-pesce si strofina l’indice sul mento.
-Ci stai ad aspettare, ragazzone?-
Cenno di sì, e Pica si alza a pugni serrati. Una goccia di sangue scorre lungo il suo polso.
-Scusami.- dice Baby 5. -Ti si è riaperta una ferita, là sul palmo.-
“Ma tu guarda”, scandiscono le labbra di Pica. Baby 5 si rassetta sul gradino e si massaggia le braccia intirizzite.
-Come fai a muovere le dita, con questo freddo?-
Dellinger percorre le sue ciocche, dal cranio alla punta. -Il mio spirito guerriero guida i miei gesti. Anche tu hai dei bei capelli, e li conosco bene. Cosa ti andrebbe, kyaah?-
-Lascio scegliere a te.- Baby 5 si guarda le ginocchia, imbarazzata. È tutto troppo facile, troppo familiare. Come se avessero dimenticato.
-Ci vuole una bella coda alta. Così potrai dormire comodamente, e potrai tenere d’occhio l’ambiente.-
Lui c’era, ha visto. Forse è un brutto scherzo a suo danno, e da un momento all’altro gliela faranno pagare.
-Oppure potrei fare anche a te le trecce e lo chignon. Poi le farò anche a Gladius e Buffalo, così l’Armata d’Assalto sarà coordinata. Peccato che Gladius non abbia i capelli.-
-Dellinger.- sussurra Baby 5. -Perché non sei arrabbiato con me?-
Il ragazzo lascia andare le ciocche. -Per cosa, per quella bazzecola col gladiatore? Nessuno è arrabbiato. Abbiamo dato segni di esserlo?-
-...Pica mi ha quasi schiacciata.- È un mormorio incerto, come se nemmeno lei fosse sicura di ciò che dice. Dellinger ridacchia.
-Ti sorprendi? Combatti con lui da prima che nascessi. Pica è fatto così. Buffalo mi ha detto che quando era bambino l’ha torturato quasi a morte per una risata, kyaah.-
-C’ero, quando è successo.- E ne avevano riso su, Buffalo per primo. Forse dovrebbe odiarlo, per lo scherzetto della macina di pietra. Se le avesse lasciato il tempo di spiegare…
Ma spiegare cosa? Baby 5 si stringe le mani sul ventre. Non sa nemmeno di dove sia, il Naviglio degli Otto Tesori. In compenso sapeva cosa fare quando Buffalo, incatenato davanti a lei, le aveva spiegato perché quella camminata già troppo lunga si era interrotta, e da dove venivano le risate che sentiva a decine di metri di distanza.
È caduto. No, non si sta alzando. Forse ha battuto la testa. Verrebbe da dire che piange, ma non ci credo. Insomma, tu l’hai mai visto piangere? Diamante ci sta parlando, magari lo sprona lui. Stanno ridendo tutti, lo indicano, gli tirano cose anche ora che è a terra. Non è carino, dasuyan.
-Esatto.- Dellinger le stringe appena la spalla. -Probabilmente non ci pensa neanche più. Se ci mettessimo a litigare fra di noi faremmo il gioco di chi ci ha fatto camminare.-
Baby 5 si rivede in catene, mentre i Marine che la tengono le strappano di dosso pezzi di sé. Il mio grembiule no, ce l’ho da quando ero piccola! Le scarpe sono un regalo di Dellinger, non potete. Li hanno spogliati non solo per umiliarli meglio, ma per cancellare ogni traccia di Famiglia Donquixiote anche addosso a loro. Vorrei farti camminare tutta nuda, aveva detto il Marine che le impastoiava i piedi. Ringrazia che non voglio farmi radiare. Eppure, con il suo abito da cameriera ridotto a uno straccio rosso come mille, Baby 5 non si era sentita meno spoglia.
-È bello essere tornata.- mormora. Dellinger le circonda la spalla con il braccio. Il suo corno le sfiora la nuca mentre strofina la sua guancia contro la sua.
-Allora? La coda di cava…-
La sua voce si strozza in gola, e si porta di scatto al fianco di Baby 5. Indica le sbarre.
All’inizio non riconosce la figura femminile che avanza verso di loro, due guardie a destra e una a sinistra. Due codini biondo miele dondolano sul suo petto ad ogni passo, la neve fresca si è accumulata sui fianchi snelli e spicca più che mai contro il nero della giacca imbottita. È quando la ragazza si ferma che Baby 5 vede le corna rosa, e la sua pelle si tende addosso a lei dal terrore.
Sugar alza gli occhi dal pavimento. Jora si avvicina a Dellinger e allarga il braccio davanti a lui. Persino Pica si ritrae contro il muro, e i pugni serrati tremano. Baby 5 cerca con gli occhi la frusta ai suoi fianchi. Non la vede. Non le piace.
La torturatrice si fa avanti. -Abbiamo uno spiacevole annuncio.-
-È già ora di cena?- sbadiglia Machvise.
Sadi-chan abbassa il cappuccio. -Si è verificato un fatto increscioso.-
Guarda in basso, come se si vergognasse. Forse ha una gemella, si sorprende a pensare Baby 5; ma c’è del sangue su quelle mani candide. Sadi-chan drizza la schiena.
-Il vostro compagno di cella, Donquixiote Trevor…-
-Trebol!- Diamante scatta in piedi, tremando sulle gambe snelle, sputando contro la pietra ghiacciata. -Si chiama Trebol! Cosa gli avete fatto?-
Sadi-chan prende un respiro profondo.
-Donquixiote Trebol è stato sottoposto alla tortura delle fiamme. Dopo dieci minuti qualcosa ha preso fuoco- deglutisce, -dentro di lui. Una densa componente mucosa.-
Scandisce le parole con fatica, come se la lingua non le rispondesse. Baby 5 porta le mani alle tempie. Il suo stomaco sprofonda, pesante come la prigione stessa.
-Non è possibile.- Gladius si fa avanti tremando, gli occhi lucidi dall’influenza. -L’agalmatolite…-
-…annulla i poteri dei Frutti del Diavolo, ma quel suo Colla Colla deve averlo compromesso da anni. L’esposizione prolungata alle fiamme ha aggravato le sue condizioni. In breve, aveva il muco fin nei polmoni. Il calderone non gli ha fatto bene, ma le fiamme sono state il colpo di grazia. Non si può fare niente. Gli restano pochi minuti.-
Parla a bassa voce, come se si vergognasse di ciò che dice. Un torturatore che uccide le vittime non è un torturatore capace, e Sadi-chan doveva essere la regina del settore. Anche il Padroncino era re di Dressrosa, e Riku Dold III prima di lui. I sovrani decadono. Baby 5 si accarezza il volto: non sente le proprie dita. Trebol sta morendo, mormorano le sue labbra.
-L’avete- la voce profonda di Lao G la fa rabbrividire, -ucciso.-
-È stato un increscioso incidente.- ribadisce Sadi-chan. -A Impel Down ci consideriamo professionisti. Le nostre torture sono fatte a regola d’arte per conservare ogni detenuto fino alla fine della pena.-
Se sta dicendo qualcos’altro, Baby 5 non lo sente. Si stringe nelle braccia, trattiene il respiro. Gli occhi pulsano e bruciano, come se le avessero immerso la testa nell’acido. Trebol era , c’era sempre stato, dacché Baby 5 può ricordare della sua famiglia. Cantava tranquillo fuori dalla loro cella giusto un attimo fa.
-Possiamo vederlo?- Jora ha la voce strozzata.
-Non è un bello spettacolo.- tenta la guardia alla sua destra. Sugar si alza in piedi, serrando i piccoli pugni. Anche i denti sono serrati, e le palpebre sbattono freneticamente.
-Non lo è mai stato. E ora portatelo qui. Ci manca solo che muoia da solo, come uno straccione.-
A un gesto del capo di Sadi-Chan, due delle guardie si allontanano verso il campo innevato.
Non può essere vero. Le gambe di Baby 5 sono rigide, mentre si alza. Dellinger si tira su un attimo dopo e porge la mano a Jora. Si alzano Machvise e Señor Pink, e quest’ultimo offre il braccio a Lao G. Si alza Gladius, a testa bassa. Si alza Buffalo, chiamandola a sé con un gesto. Si alza Pica, ginocchia tremanti e braccia strette al petto, e si inginocchia di fianco a Diamante e Sugar come se la sua schiena martoriata portasse il peso del mondo stesso.
Le guardie reggono Trebol su una lettiga, sdraiato supino. La sua uniforme da prigioniero è annerita sul petto e sulla pancia, i capelli sudici e le braccia coprono completamente il suo volto. Neanche il tempo di un addio, pensa Baby 5 – ma il suo corpo scarno si scuote appena la lettiga è adagiata a terra, e la mano scarna si solleva a pulire il sangue dalla bocca.
-Sloggiate.- Persino la sua voce suona fioca, distorta, come se stesse urlando dal fondo dell’oceano. -Ne, voglio – coff, coff – restare da solo con la mia famiglia.-
-Abbiamo degli ordini.- dice atona la guardia a sinistra di Sadi-chan.
Sugar colpisce con un pugno le sbarre di fronte a lei. -Sapete dove potete infilarveli!-
-Su, su. Coff. Non essere sgarbata, ne. Non è poi ‘sta gran cosa, behehehe.-
Anche la sua risata, gorgogliante e strozzata, non è fino in fondo sua. Il suo sorriso, però, è il sorriso di Trebol: beffardo, menefreghista. Disinvolto fino in fondo.
-Eccomi qua. In tempo – coff – per un bell’addio.-
Il moccio alle sue narici è rosso, i suoi denti rosa, le guance lucide e lattiginose. Le labbra spesse si torcono in un sorriso affaticato, circondato da una barba umida e molle.
-Ne, perché fate quelle facce? Non siete voi – coff – quelli ridotti così. Ma guardatevi, cosa siete.-
Trebol morirà da Trebol. Baby 5 si asciuga di fretta le prime lacrime, inginocchiandosi di fianco a Buffalo. Fa scivolare la sua mano in quella dell’amico: vi scompare dentro, ed è caldo abbastanza da riscuoterla. Si passa la manica sotto la narice, seguita da Gladius e Lao G.
-Ne! Vedo già un sacco di nasi che gocciolano. Bravi, bravi. Portate avanti la mia tradizione, behe – coff – he.-
-Come hai… hai potuto?-
Diamante collassa contro le sbarre, vi si avvinghia con i gomiti quando le mani vengono meno. La mano destra sporge dalle sbarre, si serra a quella di Trebol come a una sartia in mezzo a una tempesta. La sua schiena sobbalza in preda ai singhiozzi.
-Non puoi lasciarmi!- Ansima, spalancando la bocca. -Non qui!-
Trebol gli accarezza i capelli con l’altra mano. -Diamante mio… non puoi fermare l’inevitabile, ne.-
-Perché non gliel’hai detto?-
-Nee, non lo sapevo nemmeno io. Eh… bisogna conoscere sé stessi.-
Ride, e Diamante distoglie lo sguardo dal suo volto. -E adesso… che faccio?-
Trebol si copre la bocca con la mano, tossisce un bolo di sangue con un rumore gutturale, di raspa. Lascia cadere la mano sulle pietre senza un rumore.
-Sono tutti tuoi, Diamante. Ne, trattameli bene. Dì al padroncino che sono tanto spiacente.-
Diamante fa cenno di sì con la testa. Porta la mano insanguinata di Trebol alla bocca e stampa un bacio sulle sue dita.
-Ne, come sei stucchevole. Rockstar, tutte così. Behehe. Che figura fai con tuo figlio qui?-
Si raddrizza a sedere, abbracciato alle sbarre, e un fiotto di sangue gli riempie la bocca. -Pica.- sussurra tra i denti insanguinati. -Ne, come sei cresciuto.-
L’indice di Trebol solleva il mento di Pica, la sua mano scende e gli accarezza il collo, all’altezza delle corde vocali. Pica serra i denti, come se quelle dita fossero coltelli.
-Sii fiero, ragazzo. Nee…-
Parla, almeno ora, digli quello che vuoi che sappia: ma il guerriero scuote la testa e stringe la mano in quella che l’ha toccato, come per indicargli di chiudere la questione. Trebol distoglie lo sguardo, rivolge a Sugar un ghigno sdentato.
-Sarai contenta, ne. Finalmente schiatto.-
-VAFFANCULO!-. Sugar tira un pugno alla pietra ghiacciata. -Dovevi morire quando lo dicevo io!-
-Ne, non piangere per me, marmocchia. Vado a sparlare di te con tua sorella.-
Sugar si copre il volto con le mani. -Fottiti. Ti odio.- singhiozza.
Trebol tira fuori la lingua. Baby 5 singhiozza contro le sue dita mentre l’uomo chiede a Jora di preparargli un monumento funebre degno di lui (“voglio moccio vero nelle mie narici, behehe”), si gode un ultimo abbraccio da Machvise, pizzica la guancia umida di Buffalo e si complimenta con Lao G per aver retto più a lungo di lui.
-Lungo. Con la “G”.- mormora l’altro, rizzando la schiena come un ammiraglio di marina.
-Fanculo.- ripete Sugar nelle proprie braccia. -Fanculo. Come se Monet non fosse bastata.-
Dellinger si asciuga gli occhi con le maniche. -Buon viaggio, Trebolazione.-
-Behehe, che carino.-. Trebol sghignazza muco insanguinato. -Ne, visto? Lui ci arriva. Anche voi, non fate queste facce contrite. Behehehe, dovete fargliela – coff – vedere a quegli stronzi.-
-Così un uomo affronta la morte.- proclama Señor Pink. Trebol scuote la testa, si asciuga le lacrime con la punta dell’indice. -Behehehe. Ancora che te ne frega qualcosa? Ne, affrontatela come vi pare, basta che non mi diventate – coff — depressi.-
Si incurva sul fianco, tossisce ancora, ancora e ancora. Le dita della mano sinistra si serrano attorno a quelle di Diamante. La destra si agita nel vuoto, finché Pica non la prende nella sua.
-Baby- un altro colpo di tosse, più viscido degli altri, -5.-
Si irrigidisce, allungando il braccio come se uno dei fili del Padroncino la tenesse a sé. Non vuole sapere cos’avrà da dire a lei. Ha una sola possibilità di saperlo, e non è detto che le piaccia.
-Sono qui, Trebol. Respira. Siamo tutti qui.-
-Lo so, behehe.- Trebol rotea gli occhi e la guarda fisso. -Potrei essere l’ennesimo marito morto, per te. Si sarebbero già aperti i rubinetti.-
Baby 5 contorce le labbra. Non vuole parlare di quello: non vuole nemmeno pensarci, non con Trebol che sputa sangue ai suoi piedi. -Va tutto bene.- ripete atona.
-Fanculo. Vaffanculo. Non dovevi farmelo, questo.- singhiozza Sugar.
-Nee, ringrazia il cielo che ho detto di no. Non tutti sono così buoni. E per fortuna non lo sei nemmeno tu. Behehehe, fai la brava. Non deludermi.-
Le lacrime di Baby 5 si raccolgono sulla mano tesa di Trebol.  A denti serrati, tremando sul posto, gli sorride. -Promesso.-
Trebol è un Ufficiale di Donquixiote: non il suo ufficiale, ma avrà da lei il rispetto che merita. Raddrizza la schiena, lo guarda negli occhi. Gladius stringe la mano nella sua.
-Andrà tutto bene. Addio, Trebol. Diremo al Padroncino che hai lottato bene.-
-Coff, coff. Lo saprà già. Nee, venite qui. Non ve ne andate. Sento caldo.-
Trebol solleva gli occhi al cielo, luccicanti di lacrime. Lao G, Señor Pink e Machvise si stringono l’uno all’altro. Diamante stringe la presa sulla mano che tiene. Sugar affonda le dita nei capelli.
-Behe… coff, coff.- Il sangue schizza dalla bocca, dalle narici assieme al muco, si raccoglie sul suo petto in una melma marrone e lucida. -Behehe…- un tendaggio vermiglio gli ricopre il mento, si impiglia nella barba incolta. Le sue dita si allentano da quelle di Diamante e Pica. I colpi di tosse risuonano come tamburi di guerra.
-Trebol.- sussurra Sugar. -Aspetta.-
-Behe… heeeh.-
-Tre… Trebol.- La voce di Diamante è rauca, le dita tremanti si chiudono e aprono. Trebol leva gli occhi al cielo, spalanca la bocca in un “neeeh” sempre più sottile. Le sue mani scivolano via da quelle degli altri due Ufficiali, piombano nella neve con un fruscio.
La sua ultima risata: dovremmo ricordarlo così.
-Trebol.-
Gladius fa sporgere il braccio destro dalle sbarre e chiude gli occhi dell’Ufficiale di Fiori, il pugno del sinistro serrato fra i denti. Dellinger si getta fra le braccia di Jora e sprofonda il volto nel suo petto. Señor Pink ha una mano sulla bocca.
-Addio, amico mio. Stacci bene.- Machvise si copre gli occhi con le mani. Sugar picchia i pugni per terra. Buffalo singhiozza contro il braccio, rannicchiato alla parete. Lao G reclina la fronte sui pugni giunti, che si serrano ancora quando alza la testa verso Diamante.
-Vieni via, ragazzo. Ormai è andato. Devi essere forte.-
-Tre…- mugugna Diamante. Appoggia la fronte alle sbarre, spalanca la bocca in un urlo che non esce. Lacrime scendono lungo le sue guance, scompaiono nella neve accanto alle sue ginocchia. Pica appoggia una mano sulla sua spalla; l’altra giace sulla gola, dove Trebol l’ha toccato. Emette un respiro strozzato e si aggrappa alle sbarre per alzarsi. Cammina a testa bassa verso il muro e vi si rannicchia contro, reclinando la fronte sulle braccia conserte.
-TRE!- stavolta Diamante urla, e strappa i propri capelli dalle guance bagnate. Si tira su a metà, piomba di nuovo a terra sulle ginocchia tremanti. Sugar soffoca un urlo nelle mani aperte.
Il mondo è sfocato, silenzioso, bianco. Baby 5 deve ricordare a sé stessa cosa guardare e cosa sentire. -Lo deporremo in mare, come facciamo con tutti i pirati.- proclama una voce che non riconosce. Qualcosa di viscido le cola sulle labbra. Si pulisce il naso, sorridendo nel dolore.
-Diamante, devi venire via.- Buffalo singhiozza avvicinandosi all’uomo in ginocchio.
Diamante circonda la sua spalla con le sue lunghe braccia, si getta di faccia contro il suo stomaco.-Tre!- strepita. -Tre! Non lasc-lasch-lashhh-ARGH!-
Buffalo raccoglie Diamante in braccio come un manichino e lo conduce lontano dalle sbarre. Ha la faccia rossa come il trucco che un tempo portava, il mento viscido di saliva e moccio. Singhiozza nella propria maglietta, sprofondando il volto nella stoffa. Leva gli occhi verso le sbarre: Sadi-Chan e le guardie – e Trebol – non ci sono più.
-Nooooo! Trebol! Trebol!-
-Sono qui. Sono con te, Diamante. Ascoltami, dasuyan.-
Diamante strascica qualcosa che dovrebbe essere un “nooo”. Il suo naso gronda, e Baby 5 non osa guardarlo. È il dolore che parla: quando perdi chi ami non ragioni. Avrebbe potuto uccidere il Padroncino, al suo posto – per delle cottarelle che di Trebol non valevano la metà.
Non mi avrebbe sposata. Nemmeno lui era così infame – e lui e Diamante si volevano bene. Appoggia la sinistra sulla schiena dell’uomo, accarezzandola dall’alto verso il basso. Con la destra si asciuga gli occhi ad ogni nuovo tocco.
-Shh- dice, ma suona vacuo. Cosa si dice a una persona che ha perso ciò che adora di più? Non ansima, non muove le labbra, accarezza i capelli sporchi di Diamante con gesti ripetitivi. -Shh, shh.- Le sue lacrime bollono contro le guance e le dita gelide.
-Trebol.- strascica Diamante. -Tre… hah hah… Trebol.-
Buffalo lo fa sedere, Machvise lo regge semiseduto. Lao G e Señor Pink si avvicinano a passi lenti. Probabilmente non lo riconoscono, Ufficiale o non Ufficiale. Ha gli occhi sbarrati, la faccia tesa, le labbra tremanti. Su un palcoscenico farebbe solo pietà.
-Diamante, respira. Ti romperai il collo un’altra volta.- tenta Pink.
-Torna a dormire.-  Baby 5 volge uno sguardo disperato all’angolo della cella, ma Pica è immobile come un macigno nel suo guscio di braccia e capelli sciolti. -Sdraiati e chiudi gli occhi. Ti veglieremo.-
-Non voglio…- ansima Diamante. -Non voglio chiudere gli occhi. Non voglio addormentarmi. Sentirei solo la sua mancanza, Baby.- Gli occhi roteano, le mani si contraggono attorno alla gola. Ha il volto bagnato: Baby 5 non sa se si tratti di lacrime, sudore o bava, ma lo asciuga con la manica come se fosse un cimelio d’argento.
-È PER SCARLETT, EH?- strilla il gladiatore al soffitto. -L’HAI FATTO APPOSTA? VOLEVI FARMELA PAGARE E TE LO SEI PRESO!-
-Fatelo star zitto!- urlano da una cella lontana.
-Dategli una botta in testa!- grida qualcuno più vicino. -Stiamo di merda anche senza questo casino infernale!-
-Basta, Diamante. Basta. Sii forte.- lo prega Machvise. -Fallo per noi. Per Pica. Per te.-
Cinque pilastri aveva, la Famiglia Donquixiote. Per Vergo avevano pianto tutta la sera, fianco a fianco in balcone, e mai le braccia di Diamante erano state così accoglienti. Per Monet… Baby 5 doveva essere svenuta, perché i suoi ricordi si interrompono nella sala da pranzo e ricominciano in camera sua, sotto le coperte, con la testa in fiamme e gli occhi rossi. Pica si era chiuso nelle sue stanze fino al mattino seguente, e Sugar non aveva parlato per una settimana.
Diamante prende un respiro profondo, sbattendo le ciglia, gli occhi arrossati che rimbalzano tra uno sguardo e l’altro. Come se avesse dimenticato chi è e dove si trova.
-Vieni qui.- ripete Machvise, e l’Ufficiale di Quadri si lascia cadere tra le sue braccia senza un fiato.
Non sa quanto tempo sia passato, quando si addormenta. Lo cullano a turno – lei, Buffalo e tre quarti della Squadra Combattenti. Dellinger si stringe tra le braccia di Jora, tremando. La vecchia ha gli occhi rossi, le guance lucide, e ripete all’orecchio del ragazzo versi di conforto. Gladius accarezza i capelli di Sugar, rannicchiata tra le sue braccia, immobile come una bambola. Pica giace rannicchiato nel suo angolo, e non un fremito scuote il suo corpo massiccio.
Cinque pilastri aveva, la Famiglia Donquixiote. Ne restano due, e non dureranno a lungo così. Adagiano Diamante contro le pietre, Machvise gli regge la testa per non far piegare oltre il suo povero collo. Baby 5 gli prova la fronte: scotta.
-Lo veglio io.- sussurra Lao G. -Dormi, bambina. Te lo sei meritato.-
Quella notte – o quel giorno, in quell’inferno senza tempo – Baby 5 si dimentica di sognare.

A.A.: 
Charlotte Moscato? Pfft, nossignori. Fate largo al figlicidio dell'anno.
Sapevo che Trebol sarebbe morto dal momento che ho cominciato a pianificare una storia sui Donquixiote. Non è un personaggio adatto da portare a lungo termine, e con il suo essere il primo "vero" membro della Famiglia (secondo me Vergo era per Doffy solo un amichetto senza particolari ambizioni, trascinato da Doffy stesso nella perdizione dopo l'arrivo di Trebol, e Diamante e Pica sono arrivati poco dopo, nonostante Diamante avesse cominciato a crescere Pica da prima che Homing abbandonasse Marijoie) costituisce anche, passatemi il termine, il "collante" del loro legame. Però non ha potenziale di sviluppo – il moccio continuo non aiuta – e così si conclude la sua avventura nel mondo dei vivi. 
1. Con tutti sti "pietruzza" qui e "pietruzza" là, Diamante comincia a suonare come una madre campana. Il soprannome di Pica mi è venuto in mente per primo nell'edizione inglese di questa storia ("pebbles", letteralmente "sassolini") e non ho pensato che magari in italiano non rendeva. 
2. Sì, la battuta ovvia con I Don't Want To Miss A Thing l'ho fatta. Non me ne pento. 
3. Che Lao G non evidenzi la "G" in "lo veglio io" è voluto. È in lutto e non ha voglia di fare cose strambe.
4. Le ultime parole di Trebol sono "behehehe, ne". Non poteva essere altrimenti. 
5. Sugar ci penserà due volte, d'ora in poi, prima di augurare di morire alla gente. 
6. L'amore di Diamante muore, suo figlio subisce dolore e umiliazioni incessanti. Chissà a quale altro personaggio di Dressrosa è capitata una cosa simile...
7. Una traduzione inglese di One Piece, dal sito Mangapanda, traduce effettivamente il nome di Trebol come "Trevor". Include anche perle come "Peeka" – tanti saluti al tema "carte da gioco" – e "Kouros". 
8. Nella traduzione inglese ci vorrebbero essere altri giochi di parole con il nome di Trebol. Dellinger lo chiama "Trebolsome", e lui stesso dice "I won't trebol you no more". 
Nel prossimo capitolo prometto meno dolore e più calma, lo giuro.
Lady R.

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Capitolo 5
*** Sorelle, Figlie, Padri – Il Dolore Di Sugar E Un Sogno Di Baby 5 ***


Sorelle, Figlie, Padri – Il Dolore di Sugar E Un Sogno Di Baby 5

"Little Sister,
Playing hide and seek
Even though momma told you I'm really gone
If you miss me
Sneak a peek at my diary

Or read the peek-a-boo sky that lights the night"
(Indica, In Passing)



-Perché hai tutto quel moccio?-
La bambina ha le mani sui fianchi e un’espressione delusa da prima della classe. L’uomo la guarda dall’alto in basso, un ghigno sdentato sulla bocca larga e violacea. Due candelotti di muco verde dondolano davanti alle sue labbra, a un’unghia di distanza dalla barba incolta e nera.
-Ne, non c’è un perché. Mi piace così. Mi rappresenta.-
La bambina alza un sopracciglio. Non capisce cosa dovrebbe rappresentare, e solo guardarlo le dà la nausea. -È maleducazione. Ti dovresti soffiare il naso.-
-Ne, chi lo dice? Tu? Nee.- L’uomo tira fuori la lingua. -Behehehe: hai ancora molto da imparare, su come si sta al mondo. Se devi far parte di questa famiglia è necessario che impari come ci comporta.-
La sua faccia è quasi appiccicata a quella della bambina, quell’orribile moccio traballa fino a sfiorarle la pelle. La bambina rabbrividisce disgustata. -E come mi devo comportare?- sussurra. L’uomo si drizza di scatto, gocciolando altro moccio dai palmi e dalle vesti. Sembra una lumaca azzurra, grossa abbastanza da schiacciarla. Ma è solo una mano ossuta, dalle unghie piene di tagli e spacchi, che le pizzica la guancia fino a farle male.
-Come pare a te, ne. L’unica risposta valida.-
E si trascina via verso la cabina di poppa, con un rumore molliccio e persistente, mentre il suo “behehehe” si perde nel vento assieme ai gridi dei gabbiani.
Baby 5 ha gli occhi in fiamme, come se le avessero immerso la faccia in un secchio di sale, e le guance hanno una consistenza plastica quando le tocca. Le guardie appoggiano la sacca contro le sbarre e quella senza occhiali da sole tira un blocco di legno ai piedi.
-Che succede, bella ragazza? Hai freddo?-
Non sono gli stessi dell’ultima volta. Hanno entrambi le guance chiare, arrossate dal gelo, e le labbra coperte dai colletti dell’uniforme. Eppure il fischio che emettono si sente forte e chiaro.
-Vieni a scaldarti con noi, avanti.-
Baby 5 sbatte le palpebre. Forse hanno bisogno di lei: sarebbe così bello, se succedesse ancora. Prima che possa dire qualcosa la mano di Buffalo si stringe al suo braccio.
-Siete superflui, dasuyan.- Le scocca uno sguardo per traverso, ostile per uno come lui. -Baby 5 non è un pezzo di carne. Dovete meritarvela, per stare con lei.-
-Tanto poi ce la prendiamo. Ci sono poche ragazze, in questo carcere, e Sadi-chan è stanca di sentire urla tutte uguali.- La guardia tira un pezzo di legno – non è legno, Baby 5 realizza stropicciandosi gli occhi, è pane congelato – dritto in testa a Pica. Il colosso, rannicchiato nell’angolo dove si è piazzato dopo la scomparsa di Trebol, solleva gli occhi dalle braccia.
-Hai sentito? Ti farà strillare, prima o poi. Un bocconcino di leggero-castrato come te è il sogno della sua vita. Tieni in caldo l’ugola, d’accordo?-
Pica li squadra con disgusto e serra le labbra screpolate. Non si alza. Non solleva nemmeno le braccia. È come se fosse immerso fino al collo nell’acqua di mare.
-Secondo te sa parlare, quel coso?- domanda l’uomo con gli occhiali.
-Magari si è dimenticato come si fa. Dopo la botta in testa alla camminata…- solleva la mano e la abbassa di scatto con un fischio. -Giù, faccia a terra. Deve essere diventato scemo.-
-Immagina che bell’urlo. Chissà come si annoiano adesso, senza elemento comico.-
-Ehi, Mister Soprano, facciamo una gara di sguardi? L’ultimo che ride vince. Anzi, no: così hai vinto in partenza.-
Sghignazzano e lo indicano, tenendosi la pancia con l’altra mano. Baby 5 si copre gli occhi d’istinto, ma non una pietra si muove dal suo posto. Nessuno, a Dressrosa come a Spider Miles, si sarebbe permesso di dire qualcosa del genere senza intenzioni suicide. Una vena pulsa sulla fronte di Pica, i pugni vacillano, i denti scricchiolano tra le mascelle.
-Vi prendete troppe libertà.- esclama Buffalo. -Appena ci togliamo le manette, il mio Ufficiale vi schiaccia con un solo dito, dasuyan.-
-Su, lasciali stare.- interviene Gladius. -Come ti senti, piuttosto? Sei fermo lì da…-
“Male. Come tutti. Voglio stare da solo, vattene via.” Un rivolo di sangue scorre sulla mano sinistra, dall’incavo tra il medio e l’anulare.
-Ti si è riaperta un’altra ferita. A destra, la vedi?- insiste Gladius.
“Ho la pressione alta” sbuffa Pica senza un suono. “E quegli stronzi non mi hanno cauterizzato”.
-La pressione alta?- sibila Sugar. -Con questo freddo boia?-
“Ho detto che voglio stare solo. Lasciatemi in pace.” Abbassa di nuovo la testa contro le braccia, lasciandovi ricadere sopra i capelli. Ha divelto lo chignon e le trecce di Dellinger, in qualche momento e senza più nemmeno l’elmo a dargli una qualche forma, le lunghe chiome lilla paiono spesse e pesanti come stoffa grezza.
Se il ragazzo è offeso dall’attentato alla sua creazione, non lo da a vedere. Afferra al volo il suo pane congelato e lo adagia accanto a sé. -Posso fare qualcosa per tirare su il mio Ufficiale?-
Diamante prende un respiro profondo, strofinandosi la manica sugli occhi cisposi. -Sei un angelo, Dellinger. Mi pass-sherà. Devo lasciarlo chetare.-
Si asciuga la bava a piccoli gesti, come se avesse paura di farsi altro male. È pallido come la neve oltre le sbarre, le sue mani sono scosse da tremiti incessanti. Allunga le braccia per prendere al volo la sua razione, ma il pane congelato scivola tra le sue dita e rimbalza ai suoi piedi. Se le risate delle guardie lo offendono, non lo dà a vedere.
Baby 5 aspetta che i due energumeni si siano tolti dai piedi per raccogliere da terra la sua razione. Il pane è così freddo da farle male alle dita, acqua gelida le gocciola lungo il gomito appena stringe la presa. Lo stomaco ringhia, così vuoto da toccarle la schiena.
Il cibo è prezioso, Neonata Cinque. Azzanna la crosta umida con tutte le sue forze, finché gli incisivi non bruciano di freddo e dolore.
-Aghh!-
Piomba in ginocchio, sputando qualcosa di freddo e molliccio sulla pietra. Il pane le rotola via dalle mani e scivola fino a sbattere contro le sbarre.
-Comincio a rimpiangere il riso di ieri.- sospira Buffalo, ma Baby 5 lo sente a malapena. Una mano protesa – enorme, scura, familiare – la aiuta ad alzarsi.
-Ti è caduta. Vuoi mangiarla ancora, dasuyan?-
Baby 5 biascica un sì. Stringe la pagnotta al petto, nonostante il gelo pungente: le sue mani tremano troppo per reggerla ancora.
Si accucciano sui gradini accanto a Diamante, appoggiato con la schiena al muro. Gocce di sudore scorrono da sotto il collare cervicale. La Squadra dei Combattenti, la dimezzata Squadra con Poteri Speciali, la Squadra Commando senza comandante, siede attorno a lui come pecorelle attorno al pastore. Sorride, con quella che pare fatica titanica.
-Vorrei chiedervi scusa,- mormora, -per la crisi isterica di ieri. Sarò…-
Tutte quelle “S” gli tolgono il respiro. Diamante si strappa la bava dal mento con gesti secchi, come se volesse lacerare la propria stessa pelle. -Sarò il comandante che vi serve.-
Gli tremano le ginocchia, i polmoni sembrano volergli perforare il petto. Baby 5 abbassa lo sguardo verso il pane nelle sue mani. 
-Vieni, Diamante. Sdraiati qui. Appoggia la testa sulle mie ginocchia.-
-Ora sono io…- Diamante non sembra aver sentito le parole di Machvise. Leva il capo all’indietro, nei limiti consentiti dal collare cervicale. -Il comandante. Non voglio fallire. Non…-
Si irrigidisce, quando la mano di Machvise gli sfiora la fronte. Il lottatore serra i denti, ritraendo il braccio. -Diamante, sei un forno. Mettiti giù.-
-Oh… sì, si.-
Jora conduce l’uomo a sedersi e gli carezza la fronte come se fosse il piccolo Dellinger. Lao G stacca un pezzo di pane congelato – la mollica è una polpa, ma è soffice abbastanza da farsi mandar giù – e glielo mette in bocca.
-Il mio povero Ufficiale era un uomo di carattere. Nessuna sorpresa ti piacesse così tanto.- riprende Jora. Diamante sorride, lo sguardo perso nel soffitto.
-Trebol…- c’è un singhiozzo, sepolto in quella frase smozzicata. -Trebol ci ha salvati. Io e Pica vivevamo per strada, prima. Quando passavano i Nobili Mondiali in cerca di schiavi potevamo reggere per una settimana senza mangiare, nascosti nel nostro buco.- Storce le labbra. -La principessa Scarlett non ce l’ha fatta per tre. Ha avuto la fine che si meritava.-
-Avresti dovuto ammazzargli anche la figlia.- proclama Señor Pink. -Certi genitori non meritano di esserlo.-
-Mi avrebbe rotto anche altre ossa.- ansima Diamante con un fil di voce. Con la lingua, spinge un altro pezzo di pane giù per la gola. -Dovevamo difenderci da soli, allora. Se aves… aveste visto che bambino delizioso che era Pica, non avreste saputo dirgli di no.-
Baby 5 immagina un bambino squadrato, piccoli occhi furenti e sopracciglia aggrottate in un cipiglio scorbutico. “Delizioso” non è una parola con cui lo descriverebbe. Diamante straparla, si costringe a pensare. Forse è una cosa da genitore.
Serra le labbra. Nessuno ha bisogno delle persone inutili. Di genitori non sa niente e non pretende di sapere. Diamante sorride, estatico.
-Anche Trebol era bravo a nascondersi. L’ho conosciuto a dodici anni. Aveva già le catene ai piedi, sa-sapete?-
Baby 5 impallidisce. Non può, né vuole pensarlo. Se anche fosse successo, ripete a sé stessa, lo sguardo a terra lontano dagli occhi lucidi di Diamante, è stato molti anni fa. Non era ancora nata, allora, e ben pochi uomini al mondo sono stati più liberi del Trebol che ha conosciuto.
-In verità, non so perché le portasse.-
È la voce di Sugar, fredda come le mura attorno a loro. Lao G e Jora si aprono ad ala per farla passare. Il naso della donna-bambina è affilato, gli occhi arrossati, e si stringe nelle braccia come se non riconoscesse i volti famigliari.
-Però mi ha detto una cosa, al riguardo. La notte in cui portaste via me e mia sorella.-
Monet aveva un occhio nero, coperto malamente da una manciata di fondotinta giallastro. Le mancavano un canino e due molari, ma la sua voce era stata chiara. -Non bevete! Arsenico!-
Il padrone di casa l’aveva gettata a terra con uno schiaffo, l’aveva presa a calci sotto al tavolo mentre Padroncino e famiglia sputavano il vino che avevano in bocca. “Non la rivedi più, tua sorella!”, aveva ringhiato il capo dei lavoranti. Le aveva tirato almeno tre calci sul petto prima che i fili si tendessero. Vi prego – Monet piangeva, il sangue colava a fiotti lungo il suo mento – vi prego, ho una sorellina, la tengono rinchiusa nel ripostiglio, dovete aiutarci, non abbiamo dove andare, mamma e papà si sono suicidati dopo che è nata mia sorella, mi fanno lavorare e ci picchiano, vi prego, vi prego, vi prego.
-Ne, siete libere.- Monet si era stretta Sugar al petto, squadrando Trebol con orrore. -Siete libere, e lo sarete per sempre. Avete più palle di quei bastardi lì, behehehe. Se volevano delle schiave, potevano comprarsele. Questo è solo pietoso, ne.-
Baby 5 aveva sette anni, allora, ma sembrava una donna fatta paragonata al mucchio di ossicini che non si chiamava ancora Sugar. -Siamo libere, zuccherino.- aveva singhiozzato Monet, e Baby 5 non aveva osato farsi avanti, nemmeno per una carezza. Almeno, aveva pensato, io una madre l’ho avuta.
-Ci disse di guardarle.- Sugar drizza la schiena. -E ricordare per sempre le uniche catene che mai porterà. Spezzate. Legate al n-niente.-
Serra i piccoli pugni all’uniforme, spiegazzata attorno al corpo fin troppo piccolo. Tira di nuovo su col naso. -Sono fiera di essere stata parte dell’Armata di Trebol. Gli avrò detto mille volte di morire, e l’ha fatto proprio quando non lo volevo. Trebol era libero. È morto come tale.-
Il labbro trema, a pronunciare quelle parole. Sugar corre fra le braccia di Jora e si getta nel suo seno cascante come se di anni ne avesse dieci per davvero.
Quando solleva la testa, le guance hanno un lieve lucore.
-Ora rilassati, Diamante. Devi riguardarti, sai. Finisce che ci lasci anche tu.-
-Non provare a dirlo, neanche per idea.- Dellinger solleva il pugno, sgranando gli occhi alla maniera dei Pesci Guerrieri. -Ci hanno già preso Trebol. Dobbiamo trovare un modo per andarcene.-
-Ma quale? Se ci fosse, non l’avremmo già trovato?-
Quando Gladius tace, nessuno risponde. Dieci sguardi bassi circondano il suo. Solo gli ansiti di Diamante, e il rumore sommesso di dodici mascelle che masticano, spezzano il silenzio pesante.
Si mettono a dormire tutti insieme, in un accordo silenzioso che a Baby 5 va più che bene.

Hanno entrambi le guance chiare, arrossate dal gelo, e le labbra coperte dai colletti dell’uniforme. Eppure il fischio che emettono si sente forte e chiaro.
-Vieni a scaldarti con noi, avanti.-
Baby 5 si alza e volteggia attraverso le sbarre come un’ombra. Porge la mano a uno dei due, ridendo, rossa come un pomodoro al suo nostalgico calore. Buffalo urla il suo nome, e Gladius, e tutti gli altri assieme, in una cacofonia stonata che al suo nome non assomiglia più. Le manette rimbalzano sulla neve, tintinnando.
La neve si scioglie dalle pareti, gocciolando attraverso il pavimento. “Hanno bisogno di me”, pensa Baby 5, e mai opportunità di essere utile le è parsa più dolce. Ha trovato qualcun altro così’ presto, subito dopo aver perso Sai. Sarebbe stata una brava moglie, una brava madre, una brava… non sa che posizione gli abbia ceduto Don Chinjao, ma qualunque fosse merita una consorte come si deve. Non importa: anche Miss Uholisia saprà esserlo. C’è qualcosa di meglio che la attende.
-Su, fatti scaldare.- ripete una delle guardie – non sa dire quale, sono identiche come due gocce d’acqua. Sorride, arrossisce di nuovo, porge le spalle alle sue mani. Le sue dita tracciano cerchi sulle sue scapole tese, allontanano il freddo come nebbia al sole.
Baby 5 emette un sospiro di sollievo.
-Graz…-
Un strappo, e la sua uniforme da prigioniera scivola a terra. Il vento gelido le schiaffeggia fianchi e petto. Le stesse mani che la massaggiavano le cingono i polsi dietro la schiena, una terza mano le copre la bocca e gran parte della faccia. Dovrebbe scalciare, così l’hanno addestrata: ma le sue gambe sono immobili, pesanti come le pietre delle mura.
-Abbiano bisogno di te.- dicono tutti in coro.
Un altro strappo, un lampo di dolore rosso e profondo. Le torce alle pareti accendono di fiamme i suoi muscoli nudi. La mano che la zittisce si bagna di lacrime non meno calde.
Strappano le sue ossa, i suoi nervi, i capelli neri che Jora amava tanto acconciare. -Abbiamo bisogno di te.- ripetono, finché le parole non si mescolano in un turbine di versi. Baby 5 non può urlare, calcia e graffia l’aria con gambe che non sente più. Si frantuma come una bambola sul pavimento, mentre il calderone di sangue ribolle in attesa.
-Abbiamo bisogno di te.- Ma non c’è più nulla da prendere. Baby 5 non sa quanto di lei le rimane addosso: ha gli occhi fissi al soffitto e le sue mani tremano di febbre.
Scivola verso il calderone e sprofonda come un sasso, senza più la forza di urlare.

Un sogno. Un maledetto sogno. Baby 5 ha le guance calde, la pelle appiccicosa. I capelli paiono stringhe di fil di ferro quando vi passa dentro le mani. Sono in cella con la mia famiglia, nessuno aveva bisogno di me.
Quelle parole suonano ancora più orrende mentre si mette a sedere, premendosi la mano contro il petto. Il cuore picchia contro il suo petto, i polmoni stridono a ogni respiro. Degli undici corpi che la circondano, uno solo non è sdraiato, e svetta su di lei come una montagna. Due sottili occhi gialli la fissano nella penombra con fare indagatore.
“Baby 5?” Deve sbattere le palpebre per leggergli le labbra. “Cosa ti prende?”
Siede a gambe incrociate, le gigantesche mani raccolte in grembo, gli occhi fissi sui propri palmi. Le porge la destra per farla tirare su. Anche nel buio, Baby 5 può vedere due occhiaie gonfie come il suo pollice a deformare ulteriormente i suoi tratti sgraziati.
-Ciao.- mormora. -Stai bene? Perché non dormi?-
“Faccio il turno di guardia. Piuttosto, cos’è successo?”
Quale turno di guardia? Baby 5 allontana di fretta quel pensiero. Probabilmente l’hanno organizzato mentre dormiva, e con Pica a tenerli d’occhio devono sentirsi protetti. Anche senza più punte nelle spalle e con i polsi cinti di agalmatolite, pochi non sarebbero intimiditi dalla sua statura e dalle braccia enormi. Finché non lo sentono parlare.
-Nulla. Solo un brutto sogno.- Si ravvia i capelli, tormentandosi le dita. Non sa da che verso deve guardarlo, cosa si deve aspettare. -Tu- balbetta infine, -come stai?-
“Quale parte di ‘voglio stare solo’ non capite?” scandisce lui.  Baby 5 fa d’istinto un passo indietro. Non può fare niente, si ricorda – eppure è certa che quei pugni, nonostante le manette, potrebbero abbattere nudi una parete. Il palmo della destra è ancora teso, ma la sinistra è serrata.
Pica la squadra dall’alto in basso. Le sopracciglia aggrottate si rilassano. Espira dal naso.
“Ti interessa? Ti faccio contenta: sto un disastro.”
Baby 5 non avrebbe dovuto aspettarsi una risposta diversa – eppure quelle parole mute suonano sbagliate in quella bocca. Si rimprovera mentalmente: tutto è a rovescia, a Impel Down. Cinque pilastri aveva la Famiglia Donquixiote che l’ha accolta nelle sue ali morbide. Solo due ne rimangono, ed è sempre più difficile capire quale traballi di più.
-Se ti va di parlare, sono qui.- tenta. Pica la squadra di nuovo, come se facesse fatica a distinguerne i contorni. Inarca un sopracciglio.
-Ti ascolto.- ripete Baby 5. -Nel senso, ti leggo le labbra. Puoi sfogarti.-
“Vuoi essermi utile?” Anche senza una voce ad accompagnarle, Baby 5 percepisce il tono beffardo di quelle parole. Forse lo vuole davvero, essere utile all’Ufficiale che l’ha bollata come traditrice senza nemmeno una domanda; in ogni caso non vuole pensarci troppo. Sarà sempre meglio che tornare a dormire e farsi strappare via altri pezzi.
-Puoi vederla così.- sussurra. -Ma sono qui per te. Non dirò nulla a nessuno, se ti va bene.-
Pica le volta le spalle, scende i gradini e ci si siede. Raccoglie le braccia in grembo e inarca le spalle senza più punte come per fare scudo al proprio petto. Si volta a guardarla.
“Se potessi scegliere chi essere, chi saresti?”
Ancora quel linguaggio labiale, senza un fiato, per una domanda che non c’entra nulla con niente. Con lo stomaco in una morsa, Baby 5 sussurra un “non lo so” – non può dirgli “utile”, non può e non vuole reggere una delle sue sfuriate. Raccoglie le ginocchia in grembo e si mette comoda di fianco al suo Ufficiale. Pica guarda il soffitto, come per leggervi sopra qualcosa per guidarli.
“Io vorrei essere Trebol. Avrei voluto. A lui non importa mai niente di nessuno.”
Baby 5 non ha da eccepire, e una morsa le stringe lo stomaco a leggere il nome dell’Ufficiale di Fiori. Si avvicina di un palmo a Pica prima di ricordare che la pietra non fa carezze.
“Abbiamo mangiato i Frutti tutti insieme.” continua lui. “Io, Trebol e Diamante. Nessuno di noi lo voleva, il Colla Colla, finché non si è fatto avanti lui. Come se anche ricoperto di moccio, potesse essere comunque il migliore. Io non avrei accettato nulla di meno che perfetto.”
-Anche la tua abilità è ottima.- tenta Baby 5. -Ti si addice. Sai usarla molto bene.-
Pica sbuffa. “Potrei essere alto fin oltre le nuvole, e dovrei continuare a stare all’erta. Potrei sentire qualcuno che sghignazza anche da lassù. Trebol valeva mille volte più di me, e adesso è morto perché non ho avuto le palle di alzarmi e andare in quella stanza.”
-Ehi.- Baby 5 appoggia la mano sul suo polso enorme. -Non è stata colpa tua. Trebol- ha un groppo in gola a pronunciare il nome dell’Ufficiale che non c’è più, -non si è offeso. L’ha fatto per tutti noi, e tu eri debole e stanco. Ti hanno tenuto il doppio di noi in quelle stanze.-
“E mi hanno tenuto così tanto perché…” Pica solleva il palmo della destra, come a indicare di voler chiudere la questione. “Diamante mi ha cresciuto, ma Trebol era il nostro maestro. Da cui non ho imparato niente.”
-Non devi essere come lui. Nessuno è come Trebol.- Glielo diceva sempre, quando da bambina lasciava colare il moccio dalle narici per imitarlo. Baby 5 sente la sua voce risuonare tra le pareti della cella. “Cosa fai, mi imiti? Ne, Gladius, io sono l’originale e il solo”. Sospira. Ci è voluta una ferita interna, per levare di mezzo quel vecchio lumacone, perché nulla da fuori lo tangeva.
-Non so cosa stai provando- bisbiglia verso Pica, -ma volevo anch’io bene a Trebol. Manca a tutti quanti. Vorrebbe che tu fossi fiero, ricordi?-
Pica si volta di scatto, occhi sgranati e denti serrati. Guardava così il Cacciatore di Pirati, prima che le sue tre spade gli frantumassero l’elmo ancora in testa. Baby 5 serra le labbra, costringendosi a sostenere quello sguardo.
“Trebol si aspetta troppo”, scandiscono di fretta quelle labbra tese. “E anche tu. Non posso tollerare che tu sia carina con me, non dopo quello che ti ho combinato.”
Serra il pugno della sinistra, lo depone nella destra e lo stringe. Baby 5 ha la bocca secca, e respira per idratarsi. -Il passato è passato. Non ci pensare. Se fossi arrabbiata non sarei qui a parlare con te.-
“Baby 5.” Pica depone il pugno della sinistra al suo fianco e solleva la destra fino al volto, coprendosi gli occhi. “Sei dannatamente impossibile.” Piega il collo all’indietro, ritrae le labbra dentro la bocca. Come se qualcosa, dentro la sua gola, stesse premendo per uscire.
Sospira. Il suo volto è contratto quando torna a guardarla.
-Sai tenere un segreto?-
Baby 5 sbarra gli occhi, strisciando all’indietro. Si era dimenticata, in quei giorni senza definizione, quanto fosse fuori posto quella voce in quel corpo. Non ride, non ha la voglia né le forze, ma i suoi occhi sgranati devono essere difficili da non vedere.
Annuisce e abbassa la testa, pregando che i riflessi di Pica siano stati annebbiati dalla prigionia e dalla debolezza. L’uomo non la guarda più negli occhi: ha entrambe le mani aperte di fronte a sé, e gliele porge aperte come le pagine di un libro.
Baby 5 si fa all’indietro. -Pica.- ansima. -Cos’hai fatto?-
Rivoli di sangue gocciolano lungo la sinistra, dall’indice senza unghia al gomito.

A.A.:
Dopo la finaccia di Trebol, non potevo non dedicare un po' di spazio a lui. Spazio che è stato un po' "mangiato" dalla sottotrama seguente, ma mi premeva tanto arrivare là, perché non potevo non far interagire gli unici due membri della Famiglia cui importa qualcosa dell'opinione del prossimo. Spero che comunque sia valso la pena. Ormai Trebol è andato, e bisogna ricominciare come lui stesso vorrebbe. 
Come sempre le debite spiegazioni:
1. Sul passato di Monet e Sugar si sa poco, solamente che venivano da "un ambiente terribile" da cui Doffy & Co. le hanno salvate. La mia idea le vede non propriamente schiave (non portano collari, non sono state comprate...), ma serve trattate come tali di una ricca famiglia terriera. Dopo la morte dei loro genitori, suicidatisi per la miseria quando Sugar era ancora piccola, Monet è costretta dai padroni di casa a fare da serva, viene spesso picchiata o peggio, e non può ribellarsi perché i lavoranti e i padroni se la prenderebbero con la sua sorellina. I suoi carnefici sono tuttavia abbastanza superbi da pensare di far fuori la Famiglia Donquixiote con del banale veleno: onestamente c'erano quasi, non fosse stato per Monet. La ragazza coglie nei Donquixiote qualcosa di più di una ciurma normale, e decide di tentare il tutto per tutto salvandoli da una fine indegna, e trovando una famiglia come si deve per sé stessa e la sua sorellina. Dieci contro uno che, più avanti, Oda darà loro un passato canonico completamente diverso. 
2. Molti headcanon ipotizzano che le catene spezzate ai piedi di Trebol indichino che l'uomo sia stato effettivamente fatto schiavo in passato. Non volevo scendere a conclusioni così dirette, avendo visto questa idea anche in altre fanfiction, preferendo piuttosto un'interpretazione tutta mia. Madre degenere e anche hipster, andiamo benissimo. 
3. Un "tenore leggero" o "di grazia" è un registro maschile dal campo particolarmente acuto. Ne è un esempio Kellin Quinn, cantante degli Sleeping With Sirens. Crash Thompson, del canale YouTube The Rock Critic, lo descrive come "prendete un tenore qualunque, dategli quattordici calci nelle palle e iniettategli dell'elio direttamente nei polmoni in stile Pulp Fiction, e avete ottenuto un leggero". Cosa ne sanno di opera lirica le guardie di Impel Down... mi sfugge. Avranno fatto ricerca solo per fare i bulli con Pica. 
4. L'idea dell'incubo di Baby 5 mi è venuta di getto e ne vado fiera. Spero non sia troppo truculento, anche se solo un accenno. 
5. A qualcuno sarà già chiaro qual'è il segreto che Pica sta per confessare a Baby 5. Chi non lo sa, temo, dovrà aspettare il capitolo seguente. A chi lo sa, posso solo fare i complimenti per l'acume deduttivo, nella speranza di trattare con rispetto questa tematica. 
6. La battuta sulla gara di sguardi è mia. Mi è venuta guardando lo scontro tra Pica e Zoro, in una delle innumerevoli scene in cui si fissano vicendevolmente senza attaccare. 
Alla prossima.
Lady R.

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Capitolo 6
*** Freddo Come Pietra – Il Tagliente Segreto Di Pica ***


Freddo Come Pietra – Il Tagliente Segreto Di Pica

I've been ignoring this big lump in my throat
I shouldn't be crying, tears were for the weaker days
I'm stronger now, or so I say
But something's missing
Whatever it is
It feels like it's laughing at me through the glass of a two-sided mirror
Whatever it is, it's just laughing at me
And I just wanna scream

[RihannaWhat Now]


La cicatrice più grossa, uno squarcio color sabbia grosso come il dito medio di Baby 5, va dal mignolo al polso della mano sinistra. Un nugolo di punti tondi, spessi come una matita, punteggiano entrambi i palmi salendo fino alle dita. Bracciali di pelle schiarita, i più freschi, gli cingono i polsi, anelli identici percorrono la lunghezza delle sue dita. Una chiazza rosa e rigonfia, forse il segno di un’ustione, deforma i cuscinetti di carne sotto le falangi. Non ha mai visto, nemmeno tra i volti più truci del Colosseo della Corrida, mani ridotte così male.
-Cosa ti ha fatto, quella psicotica diavolessa?-
Le dita martoriate si chiudono, si riaprono. Pica ha lo sguardo basso e ne percorre con gli occhi ogni scriminatura.
-Questi.- Schiude le mani, rivolge i palmi tumefatti verso Baby 5. -Non me li ha fatti Sadi-chan.-
Lei allunga il collo, guardandole come se fino ad allora avesse dimenticato che Pica possedeva delle mani. -È successo prima, in battaglia? O quello spadaccino, deve essere stato lui.-
Pica scuote la testa, evitando il suo sguardo. Baby 5 si guarda intorno, neanche si aspettasse di trovare il colpevole tra la sua famiglia. Oppure, realizza con orrore, ce l’ho davanti.
“Hanno usato le sue mani come puntaspilli”. Un’immagine annebbia gli occhi di Baby 5: Jora sbatte la porta della sua stanza a Dressrosa, bestemmiando nel corridoio contro il figlio di brava gente che le ha di nuovo fottuto i ferri da calza. Baby 5 si ritrae, spalancando la bocca senza fiato. Se la vecchia avesse guardato in un’altra stanza, in fondo al corridoio, quella con le spade antiche appese al muro e il lampadario di cristallo di rocca, avrebbe riavuto indietro i suoi preziosi ferri – e con essi un segreto che fa male, proprio come le loro punte conficcate nei palmi dell’Ufficiale più silenzioso.
Baby 5 scuote la testa e sgrana gli occhi. Appoggia le sue mani, arrossate e ancora lisce, in quei palmi devastati. Dita grandi come il suo polso si piegano su di esse, tremando.
-Pica.- sussurra. -Da quanto tempo?-
-Da prima che arrivassimo a Dressrosa. Non lo sa nessuno. Nemmeno Didi. E se te lo chiedi sì, non c’è nessun turno di guardia. Sono rimasto sveglio perché volevo farmi male senza farmi scoprire.-
Finché aveva i guanti non si vedevano i tagli e i lividi, e gli bastava dire che il sangue fosse quello di un povero disgraziato che aveva riso. Probabilmente l’ha fatto. Quanto sangue hanno avuto addosso, quei guanti? E quante volte non era di nemici?
-Mi taglio. Mi pungo. Mi brucio. Mi schiaccio le dita.- Ha un tono monocorde, come una lista di acquisti. -A volte mi infilo in bocca il ghiaccio. Lo mastico, o lo succhio finché non si scioglie.-
Oppure lo chiedi a Monet. Il Padroncino non aveva fatto una piega quando i colpi di tosse di Pica continuavano a interrompere le sue istruzioni. Gola rossa come un pomodoro e gonfia come un suo pugno serrato: alla domanda del padroncino aveva risposto con un altro colpo di tosse. Diamante si era sfilato il mantello e gliel’aveva porto per coprirsi, ma Pica non sembrava averlo visto. Io e Monet abbiamo fatto un esperimento, aveva scritto alla lavagna. L’Arpia aveva scrollato le spalle: -Lo ritengo responsabile delle sue decisioni.-
-Una volta,- il sospiro di Pica spezza il silenzio, -ho anche leccato della polvere di vetro.-
-Hai rischiato di strozzarti, e noi abbiamo raso al suolo il ristorante. Ricordo.- Baby 5 sprofonda i palmi in un mucchio di neve per calmarsi. -Perché non ce l’hai mai detto? Diamante avrebbe potuto…-
-Didi mi sta addosso da decenni. Dovrei cavarmela da solo. Ora ha già abbastanza problemi per preoccuparsi di un soprano autolesionista.-
C’è del veleno, nella sua voce, alle ultime due parole. Baby 5 sgrana gli occhi. Vorrebbe dirsi che non sta bene, non è in sé, la febbre gli è risalita, ma la verità è molto più chiara e dolorosa. Non è necessario un pungolo, per farsi male da soli.
-Non fare così.- sussurra. Gli appoggia una mano sulle dita, ma Pica la allontana con un gesto secco. -Inutile che ti atteggi da carina. Lo so che mi odi. Sono stato orribile con te.-
-Io non ti…-
-So che qui non mi sopporta nessuno. Che il Padroncino mi teneva appresso solo per pietà. Che Didi mi ha dato tutto, e io per ricambiare l’ho chiamato patetico davanti a Kyros.-
Non c’era, lei, ma non ha bisogno di chiedere conferma. Decide di lasciar correre, anche se il suo stomaco si fa più pesante a ogni parola. -Sono solo brutti pensieri. Anch’io li ho. Più spesso di quanto immagini.-
La mano torna sulle dita del guerriero. -Sai aveva riso di te. Non lo conoscevo neanche, e gli sono andata appresso come un pesce nella rete. Forse siamo entrambi stati orribili. Non ha importanza. Devi chiedere aiuto, potresti farti molto male.-
-Non mi voglio ammazzare. È solo uno sfogo. A volte l’unico che mi basta.-
Pica si guarda la mano sinistra come se fosse ricoperta di sterco e sbatte le dita contro la pietra. Una scia di sangue schizza lungo i gradini.
Baby 5 gli afferra il braccio. -Basta, ti prego. Non farlo più.-
Pica la squadra, sovrastandola. -Non dirlo a nessuno, nemmeno a Didi. Non devono saperlo.-
Anche seduto accanto a lei, Baby 5 non gli arriva alla spalla. Non ha senso insistere, non con Pica, e quello sguardo granitico non la invoglia a continuare. Eppure l’Ufficiale di Picche non le allontana la mano, anzi, stringe appena le dita sulle sue. Si sta aggrappando a quello che trova.
Risponde alla stretta. -Perché l’hai detto proprio a me? Non volevi dirlo a Diamante, ma Trebol, il Padroncino, Jora. Qualcuno ti avrebbe ascoltato.-
-Tu sei l’unica- l’espressione di Pica si addolcisce, -a cui importa qualcosa di come le persone ti vedono. Gli altri non capirebbero. Nemmeno se ci provassero.-
Baby 5 accusa il colpo, rantolando. La lingua pare incollata al palato. Nessuno ha bisogno delle persone inutili come te, dice una voce, da un volto che vorrebbe coprire di baci e crivellare con un’Armorphosis fino a non lasciarne più traccia. Neanche si ricorda come si chiami. Non ha idea di cosa dovrebbe farsene, visto che di famiglia ne ha una nuova e migliore. Eppure non può non dedicare la propria vita a lei, torcendosi fino a farsi male da sola pur di piacerle. Anche se non le da niente. Anche se ogni volta fa sempre più male. 
Fino a quel giorno, non immaginava che qualcun altro potesse capire.
-Hai ragione. Mi piace aiutare la gente. Mi piace essergli utile.- Mama non sa neanche che è in prigione, probabilmente. Sarebbe già abbastanza delusa senza saperlo. -Oggi voglio aiutare te. Sei in famiglia. Tutti insieme possiamo aiutarti a non lesionarti più.-
-Sono stato debole già troppo. Le persone deboli…-
-Chiedere aiuto non è da persone deboli.- Ho interrotto Pica, pensa con un fremito, ma dalle sue labbra spalancate non sfugge un suono. -Significa che ti manca qualcosa che non puoi procurarti da solo. Diamante ti adora, lo capisco da come ti guarda. Tutti noi ti vogliamo bene.-
Pica scrolla le spalle, come se Baby 5 gli avesse appena detto che il cielo è verde. Baby 5 percorre il dorso della sua mano, scabro e ruvido come una pietraia, con il pollice.
-Ti prometto che andrà tutto bene. Domani glielo diremo insieme.-
-Una bella risata romperà la noia. Mister Soprano è qui per voi.-
-Pica.- Baby 5 gli stringe la mano più forte e lo guarda negli occhi. -Nessuno ride di te. Non qui. Siamo una famiglia e ti aiuteremo.-
Il guerriero deglutisce, un verso stridulo e stonato. Baby 5 non muove un muscolo della faccia. Pica serra all’uniforme la mano insanguinata e fa cenno di sì. Lo guarda con apprensione: non aveva mai visto paura, in quei piccoli occhi gialli.

È Dellinger il primo ad avvicinarsi.
-È per questo che non ti toglievi mai i guanti?-. Scuote la testa, sfiorando le mani escoriate di Pica come se fossero cristallo. -Mi dispiace. Hai delle unghie così larghe, ci tenevo tanto a farti lo smalto. Avevo imparato a fare l’effetto marmoreo per te. Volevo farti una sorpresa.-
Pica scuote la testa, ritirandosi nelle spalle. Ha le guance rosse. -Sei carino.- La mano tremula di Diamante, seduto al suo fianco, si stringe più forte alla sua.
-Avrei dovuto metterli sotto chiave, quei ferri da calza.- sibila Jora. -Se me ne fossi accorta…-
-Non im-importa.- Diamante serra i denti, livido, reggendosi alla mano di Pica come se senza non potesse stare in piedi. Ha gli occhi lucidi, sgranati. -Perché? Perché, pietruzza mia?-
-Mi dà sollievo. È l’unica cosa che mi calma quando sono così arrabbiato da voler urlare.- dice Pica freddo. -E per punirmi, come meritano le persone deboli.-
Gladius si fa avanti. -Tu non sei…-
-E allora come la spieghi questa?-
Diamante impallidisce mentre Pica, con un dito tremante e grosso come l’elsa di un pugnale, indica la propria gola. Scocca alla famiglia uno sguardo glaciale. -Dalle tempo, aspetta qualche anno e vedrai che cambierà.- scimmiotta. -Il tuo corpo è grande, deve adattarsi. Avrai un baritono come si deve prima di rendertene conto.-
Invece non è cambiato nulla, e la diavoletta l’ha torturato il doppio del nostro tempo solo perché trovava buffo il suo modo di urlare. Diamante porta la mano alla bocca. -È solo una vo…-
-Volevo esibirmi con te. Lottare con te. Ridere con te.- Pica sbatte le ciglia. -Invece non posso neanche parlare al lumacofono senza sentire le risatine dall’altra parte.-
L’unica volta che ci ha provato – avevano chiamato con urgenza dal confine, e il Padroncino era sotto la doccia – non è andata bene alla povera lumaca.
-Se fossi forte avrei già afferrato un chirurgo per la maglia e gli avrei fatto sistemare questo cazzo di falsetto una volta per tutte.-
-Non è un falsetto. È la tua voce.- Machvise parla in tono morbido, come per calmare qualcuno sull’orlo di un precipizio. -Sii fiero. Ricordi le parole di Trebol?-
-Fiero. Ha, ha. Una bella richiesta per Mister Soprano.-
-Smettila di chiamarti così.- sbotta Jora.
Pica sporge le labbra. -Picastrato ti piace di più? Oppure ne ho altri.-
Diamante apre la bocca, ma non ne esce alcun suono. I pugni di suo figlio tremano, come se anche le catene fossero troppo pesanti per lui. Strappa la mano alla presa del gladiatore e fa cadere tra le ginocchia, schizzando sangue sulla stoffa che copre le cosce. Le spalle sussultano. Diamante gli appoggia una mano in cima al braccio, e un nuovo sospiro sfugge dalle labbra del guerriero.
-Cosa ci troverà mai un diamante, in un mucchio di sassi?-
Muove appena le labbra, e quel tono flebile potrebbe essere la voce di un bambino. Per Diamante lo è: Baby 5 lo vede dai suoi occhi sgranati, dalle labbra che tremano mentre respira, dalle dita strette al braccio di colui che ha cresciuto.
-Anche i diamanti sono sch…- serra le labbra, -shass..-
-Sassi.- dice Baby 5, e Diamante fa un cenno d’assenso. Gli appoggia la mano sul petto, premendola appena. -Questa va bene. Tu vai b-bene.-
-Dovevo farmela abbassare.- ripete Pica. -Sul serio, non ficcandomi il ghiaccio giù dalla trachea. Potevo farlo. Ma è la mia voce. Sono io. Neanche nei miei sogni parlo in modo diverso.-
-Perché vai bene così.- sorride Jora, sollevandogli il mento con la mano unghiuta.
-Le persone deboli…-
-Tu non sei debole.- La voce di Gladius è perentoria, da farti dimenticare chi è l’Ufficiale e chi il subordinato. -Solo in modo diverso da come tu lo vedi. Anche così, con la faccia a terra, sei forte. Lo sei sempre stato. Se pensi che essere forte sia solo picchiare duro sei fuori strada. Ma sei forte. Su questo puoi contare.-
-Eppure a volte mi faccio così schifo che vorrei prendermi a schiaffi.-
-Cosa ti ha combinato, quella donna diabolica!- sibila Lao G. Baby 5 solleva il braccio davanti al volto di Pica, come se facesse qualche differenza nel proteggerlo. Sa trasformare sé stessa anche in uno scudo, ma non l’ha mai fatto dacché ha scoperto di poterlo fare. Gli scudi li lascio alle tartarughe, scherzava con Buffalo e Dellinger. Nella Famiglia Donquixiote si gioca duro
Le sembra un’altra vita, ormai.
-Non c’entra niente, Sadi-chan. È sempre stato tutto qui, e solo adesso lo lascia uscire. Si è accumulato. Sono anni che lo fa. Ha trovato la forza di…-
-Anni, pietruzza?- Diamante è persino più pallido del solito. -Non se n’è accorto nessuno.-
-Sono bravo a stare zitto, non si vede?- Il timbro di Pica è stridulo, ma il suo tono di voce è freddo da far irrigidire. -La pietra può nascondere sorprese inaspettate. A volte trovi l'oro. A volte trovi me.- 
Baby 5 non può tollerarlo, così sarcastico. Pica non è mai stato sarcastico, nei vent’anni che è cresciuta con lui Ma in quei vent’anni non aveva mai neanche pianto, eppure la camminata se la ricorda bene. Tutto è a rovescia, a Impel Down.
-Non sei di pietra, Pica. Sei di carne e di sangue. Smettila di scappare. Siamo qui, e ti aiuteremo.-
Di pietra si sente lei, piuttosto, forte come la montagna che l’aveva quasi schiacciata. È come se la ragazza spaventata che aveva paura di Pica e della sua macina fosse tutt’altra persona. In quel momento, Baby 5 brama che le sue braccia siano uno scudo e una spada, per proteggere il suo Ufficiale – il suo amico, il suo fratello, il suo insolito confidente – da qualunque cosa lo ferisca ancora.
-La prossima volta che vorrai farti del male da solo, dillo a noi.- Gladius si fa avanti. -Ti terremo occupato finché non ci penserai più. Anche se sto dormendo, svegliami e sarò da te.-
-Puoi parlare di come ti senti, oppure distrarti con qualche amenità. Anche piangere, se vuoi.- lo incalza Dellinger. 
Pica scuote la testa alle parole di Dellinger. -Ho già pianto a sufficienza. E poi non mi piace. Suono come un cucciolo che mugola.-
-Suoni come Pica, e va bene così.- Jora sorride, il suo tono è dolce come miele. -Ci piaci come sei, con la tua voce e il tuo caratteraccio. Forse non sei di pietra, ma sei di qualcosa ben più solido. Un’opera d’arte senza eguali. Chi non sa apprezzare non merita di conoscerti.-
-Tutto sta a te.- Machvise porge una mano aperta. -Dì una parola e potrai contare su di noi-in.-
Pica inspira, espira, accarezza i gradini con i polpastrelli tremanti. Si strofina sugli occhi il palmo della destra. Baby 5 trattiene il respiro. Non guarda nessuno in particolare, quando risponde.
-Per favore.- Non ti prego come alla camminata: non la supplica di un disgraziato, ma una richiesta famigliare e onesta. Le parole che seguono sono un filo di voce. -Aiutatemi. Ho bisogno di aiuto.-
Un silenzio che pare una sentenza: poi Buffalo si fa avanti, allarga le braccia finché le manette glielo consentono.
-Posso abbracciarti?-

Pica non piange. Non grida. Non contorce nemmeno la faccia. Stringe le braccia attorno al corpo di Buffalo, serrando le dita attorno alla stoffa del suo abito da prigioniero.
Diamante appoggia il palmo fra le sue scapole, sospirando.
-Ti- scandisce -v-voglio tanto b-. Serra i denti, prende un profondo respiro. -bene, pietruzza mia.-
-Anche io, Didi.- Pica reclina la guancia contro la spalla di Buffalo con quella che sembra fatica. -Grazie. Grazie di tutto.-
Baby 5 si alza e appoggia la mano sotto quella di Diamante. Gladius aggiunge la sua. Dellinger. Jora. Sugar. Machvise – e tutti gli altri, finché sotto i loro dorsi non rimane quasi traccia del sangue.
La mano di Baby 5 trema quando la allontana. Diamante sbatte le palpebre, lacrime scendono lungo le sue guance. -Vai avanti a lacerarti da anni, e io non me ne sono mai accorto. Che razza di padre ti sch-sei ritrovato.-
Un dito indice senza più unghia gli solleva il mento, un pollice spesso come una sartia le asciuga. -Un diamante di padre. Il migliore.-
Diamante si ritrae. -Smettila, su.- Si pulisce la bocca. -Mi fai sembrare u-un bravo padre.-
-Kyros potrebbe imparare due cosette da te.-
-Addirittura? Su, per… per favore. Non esagerare.-
Pica assume un’espressione pensierosa. -D’accordo. La smetto.-
-Oh, ci risiamo.- esclama Dellinger. Buffalo, Machvise e Baby 5 ridono sotto i baffi.
Diamante si illumina, allunga le braccia ormai scarne fino alle sue spalle. Sorride, ma non come faceva nell’arena. Un sorriso dolce, armonioso.
-Lo ammetto.- biascica. -Sono fiero di averti come figlio. Sei davvero cresciuto. Trebol ci ha preso co… come sempre.-
Non si aspettavano questo: né Baby 5 né gli altri, a giudicare dagli sguardi che si scambiano. Ma va bene così. E quando Diamante si incurva, le gambe debilitate che tremano sotto di lui, circonda con le mani le guance di Pica e gli stampa un bacio in mezzo alla fronte, Baby 5 dimentica di trovarsi a Impel Down.

Cosa si faccia dopo una crisi di questo calibro sembra sfuggire a tutti quanto sfugge a Baby 5. Siedono tutti presso alla parete, in cerchio, come se tra di loro vi fosse un fuoco a rinfrancarli. Lei sta rannicchiata comoda, fra Sugar e Señor Pink, la schiena appoggiata al muro e le dita intirizzite sotto le ginocchia.
Buffalo sorregge Dellinger da sotto i piedi. Le sue dita scorrono nei boccoli di Pica, rigidi e opachi, e li intrecciano l’uno sull’altro in una trama che Baby 5 non cerca di seguire. Il colosso sta incassato nelle spalle, i suoi occhi arrossati dardeggiano da un volto all’altro, e sulle proprie mani. Non sorride, ma non sembra triste. Baby 5 lo chiamerebbe “calmo”: prega che basti.
-Sono complicati, questi codini.- commenta atono.
-I codini te li farò un’altra volta. Ho in serbo per te qualcosa di speciale.- Dellinger fa passare una treccia sopra le sue orecchie e la lascia penzolare dietro la guancia. -Un guerriero come te merita un elmo, non trovi?-
Pica solleva la mano, e Dellinger la allontana con un gesto lento. -Non si tocca. Lasciami lavorare. Kyaah, mi dispiace solo che tu non abbia uno specchio per vederlo.-
Diamante sospira, stringendo con una mano tremante il polso del figlio. Il sudore gli gocciola fin sul collo. Persino il suo sorriso pare affaticato. Reclina la guancia sulla spalla di Pica, che lo assesta con il palmo della mano.
-Vi devo ringraziare. Tutti, ma Baby 5 in particolare.- L’Ufficiale di Picche parla a voce bassa, stringendosi alle ginocchia. Baby 5 piega la testa in segno di assenso. -Mi sento bene. Meglio, almeno. È ora che si veda quanto sono davvero forte.-
-In famiglia si fa così.- sogghigna Machvise. -Non farne un dramma. Tu ti rilassi, stai meglio, e noi ci teniamo la nostra pietra preziosa. Uno scambio equo.-
-Andate ancora avanti con questa cazzata della famiglia?- urla una voce dalla parete. -Non crescete proprio mai?-
-Ugh!- Jora rotea gli occhi. Señor Pink morde il suo ciuccio inesistente.
-Spero che il Padroncino non abbia vicini di cella così fastidiosi.- sbuffa Gladius.
Dellinger porta le mani a coppa alla bocca. -Hai qualche problema? Perché non vieni qui e non ce lo dici in faccia? Siamo arrugginiti, ma picchiamo ancora forte.-
L’uomo ride, una risata aspra e sgraziata. -Siamo a Impel Down, ciccini. Ciascuno deve pensare a sé, o se lo prende in un posto poco carino! Chiunque lo sa.-
-Noi non siamo chiunque!- urla Sugar. -E adesso lasciaci in pace, sfigato! Spero tu muoia!- Incrocia le braccia, sogghignando, al silenzio che la segue.
-Non hai perso la boccaccia. Così va bene.- sogghigna Jora. -Onoriamo quel poveretto, zamazu.-
-Se le mie minacce di morte hanno funzionato con Trebol, capace che quel disgraziato gli venga appresso. Quella caccola ambulante se lo lavorerebbe per bene, dovunque sia finito.-
Uno scroscio di risa ricolma la cella. Pica si copre la bocca con la mano libera, ma la sua peculiare risata scioglie un nodo nello stomaco di Baby 5. Si sente spossata, dopo quella confessione – ma felice, completa, come dopo una grande vittoria con il Padroncino.
Nessuno ha bisogno delle persone inutili come te, sussurra qualcuna dal profondo dentro di lei.  Baby 5 serra le labbra. Non è vero, vorrebbe urlare. Pica aveva bisogno di me. Ti sbagli, ti sei sempre sbagliata. Non ti voglio più vedere.
Gladius allunga il collo di scatto, con gli occhi sgranati. Baby 5 si volta di scatto verso Pica, ma l’ufficiale siede tranquillo, reggendo quattro nuove trecce sulla sommità del capo. Anche Jora si piega in avanti, e guarda lei con preoccupazione. -Cosa succede, bambina? Stai piangendo?-
Baby 5 si tocca la faccia, e ritrae un dito umido. Ha il volto così bollente da sorprendersi che le lacrime non evaporino.
-Vorrei che mia madre ci vedesse.- mormora. -Sarebbe così…-
Orgogliosa? Invidiosa? Curiosa? Non ci sono parole, sulla punta della sua lingua. Baby 5 si copre le guance con i palmi, sorride rigida senza uno straccio di risposta.
-Mi sembra- dice Sugar con calma, -che qualcun altro ha dei segreti da confessare.-

A.A.:
Da che mondo è mondo, i guanti indicano qualcosa da nascondere.
La tematica dell’autolesionismo è delicata, e merita rispetto. Dispiace che sia diventata un marchio di fabbrica delle fyccyne brutte. L'idea che Pica pratichi autolesionismo è emersa poco dopo che ho sviluppato l'headcanon di Monet che gli gela la gola. Sappiamo che Pica non è una cima, ma non mi sembrava stupido abbastanza da credere che coprirsi la trachea di ghiaccio gli avrebbe arrochito la voce. Purtroppo, le persone che soffrono fanno spesso cose avventate, anche senza sapere il risultato. 
Spero di essere stata in grado di trattare la questione con il tatto e la delicatezza necessari. Io non ho per fortuna mai praticato autolesionismo, non sono una psicologa e non ho lavorato a contatto con chi lo compie. Ho cercato di compiere una buona ricerca (ad esempio, aggiungendo forme di self-harm diverse dalla comune lametta sui polsi), e di inquadrare bene cosa abbia portato Pica a ripiegare su una tale pratica. Tra le cause più comuni registrate dell'autolesionismo vi è un forte senso di rabbia, di odio verso tutti e verso sé stessi, oltre a un senso di "soverchiamento" da una serie di dolori disparati, che spingono a rivolgersi contro sé stessi in disperata ricerca di un "focus". 
Accludo alcuni dei siti che ho usato per la mia ricerca. Vi raccomando di aprirli a vostra discrezione. 
Inoltre, l'atteggiamento di Pica contiene molti dei sintomi comuni: irritabilità, abbigliamento non consono alla stagione (come i guanti, completamente fuori posto nella sua succinta armatura d'oro), rabbia eccessiva o umore depresso, tendenza a isolarsi e difficoltà a formare legami. Spero di non essere comunque uscita troppo dal canone nel mostrare questo suo lato fragile. 

Non c'è una cura precisa per l'autolesionismo. Di solito è esso stesso sintomo di un problema più vasto. In ogni caso, Pica non è magicamente guarito. Ha dei dubbi, si sta lasciando vezzeggiare in attesa di capire cosa fare, e tutti sanno che potrebbe avere una ricaduta. Per lo meno è in buone mani, e adesso che tutti sanno faranno quello che possono per tenersi il loro disastroso uomo di pietra. 
1. Sono riuscita a pubblicare così velocemente perché buona parte di questo capitolo era scritta da tempo, in un momento di maggiore ispirazione. Odio l'idea di lavorare alle fanfiction a pezzi e bocconi, ma non potevo lasciar perdere le espressioni migliori. 
2. Considero i baci sulla fronte una delle più belle espressioni letterarie di amore platonico. Affetto tra amici, tra sodali, tra maestro e allievo, o in questo caso tra genitore e figlio, come è spesso mostrato anche nelle opere classiche e antiche. *chu* Diamante ha già baciato Pica in fronte, mentre era svenuto dopo le torture, ma stavolta lo sente e lo vede. 
3. Anche se non ho praticato mai autolesionismo, ho comunque espresso molto di *me* in questo capitolo. Ho sentito immediatamente un'affinità con Pica quando è emersa la sua problematica delle risate. Sono stata vittima di bullismo e ancora oggi non posso tollerare che qualcuno rida di me. Ho limitato aspetti di me stessa, creativi e caratteriali, temendo nelle risa del pubblico. Sono anche irascibile, e spesso sono finita a prendermela con gente che mi vuole e a cui voglio bene perché in preda a un'emotività fuori controllo. Non potevo non dedicare a queste emozioni – che a molti fan non sono piaciute, ma che io ho sentito "mie" in ogni momento in cui Pica le manifestava – un capitolo di "sfogo". 
4. Non so se metterò altre canzoni ad aprire i capitoli. Mi piacerebbe farlo a cadenza regolare. Se mi verranno in mente bei brani per i capitoli precedenti li inserirò a posteriori. 
5. Diamante è padre. Diamante uccide una madre di famiglia, deride la sua morte con la di lei figlia, e pianifica di ucciderla per vendicarsi di suo padre. Diamante è un po' un ipocrita, ma a volte ci si dimentica che questi sono cattivi. 
6. Purtroppo non so quando pubblicherò il settimo capitolo, dato il periodo d'esame. Cercherò di massimizzare i tempi, ammettendo anche la traduzione in inglese.
7. Ci sono davvero un sacco di battute brutte sulla pietra. Lo stesso titolo inglese è "Stone Cold", che può significare sia, appunto "freddo come pietra" nel senso fisico e caratteriale, sia "dal cuore di pietra", "spietato". Se lo "spietato" sia Pica o qualcun altro... sta a voi dirlo. 
Alla prossima e grazie. 
Lady R.

 

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Capitolo 7
*** Un Regalo Da Lassù – Cosa Accadde Alla Piccola Neonata Cinque ***


Un Regalo Da Lassù – Cosa Accadde Alla Piccola Neonata Cinque


La mamma è appoggiata alla porta, stretta nel suo scialle come se volesse sparirvi dentro.
-Niente pesce, neanche oggi.- dice un uomo che non vede: dal buco della serratura della cassa non esiste mondo oltre le spalle della mamma: spalle che ora tremano, mentre un piede calzato in una pantofola grigia e logora calpesta il pavimento.
-Vorrei che gli cascasse in testa, quel cazzo di cantiere.- Neonata Cinque non potrebbe usarla, una parola così brutta. -Nel resto dell’arcipelago, invece?-
-Stessa identica cosa. Fango per miglia e miglia, e nemmeno una sardina in vista. Il raccolto è tutto quello che abbiamo.-
La mamma emette un urlo strozzato. -Non potresti sfamarci un pulcino, con quello. I Draghi Celesti pretendono che diventiamo contadini dal nulla?-
-Mi sorprenderebbe il contrario.- L’uomo ride freddamente. -Domani dovrebbero rientrare quelli della colletta. Fino ad allora, non posso consigliarti che di tenere duro.-
Non ha mai visto la mamma così tremante, Neonata Cinque. Si allontana dalla serratura e torna a rannicchiarsi sul fondo della cassa. Il naso le prude, c’è uno strato di polvere denso come stoffa sotto la sua guancia.  Neonata Cinque si tappa naso e bocca premendo le dita fino a far male.
La porta sbatte, il chiavistello scatta. -Esci fuori.- ordina la mamma. -Renditi utile, per una volta.-   
Al primo tentativo, il coperchio della cassa ricade addosso a Neonata Cinque in tutto il suo peso di legno e metallo. È alla terza spinta che la bambina se ne libera, gettandoselo alle spalle con uno strattone. Si aggrappa al bordo e si arrampica fino al pavimento. Là rimane a sedere guardando la mamma, i suoi occhi sbarrati e le sue dita magre e sudicie che si intrecciano l’una sull’altra.
-Cos’è una colletta, mamma?-
La mamma alza gli occhi al cielo. -È quando le persone mettono insieme quello che hanno e lo scambiano per qualcosa di più grosso. Noi dell’isola abbiamo messo insieme tutti i nostri soldi, e andiamo nelle isole vicine a scambiarli per qualcosa da mangiare.-
L’ultima parola, finalmente qualcosa che riconosce. Neonata Cinque si aggrappa al bordo del baule per alzarsi. -Noi abbiamo messo dei soldi?-
-Per fortuna sfacciata, sì. Ma devi padroneggiare la fame, Neonata Cinque. Non mangeremo fino a stasera, quando andrò alla mensa del villaggio.-
-Cosa mi porterai, stavolta?-
-Cosa ti aspetti mai? Ti porterò la solita pagnotta. Mi fai sempre la stessa domanda.-
La mamma si lascia cadere sull’unica sedia nella stanza e porta la mano alla fronte. È sempre più secca, come i cespugli che per miglia si estendono nella pianura deserta. Una volta Neonata Cinque ha provato a morderne uno. Era così amaro da rovesciare lo stomaco, da cui era fuoriuscita bile gialla e densa.
Un giorno Neonata Cinque la seguirà, vedrà questo posto meraviglioso in cui viene consegnato il cibo. Mamma non può tenerla dentro casa in eterno. Come può essere utile, in quelle piccole quattro mura, più di quanto non faccia già?
La ramazza è una manciata di fili senza colore, stretti forse per disperazione a un ramo secco e pieno di schegge. Col passare dei mesi, le mani di Neonata Cinque hanno levigato sulla superficie del legno due cilindri lucidi, e anche in quel momento, vedendoli, sente una punta di orgoglio nel profondo dello stomaco. Vuol dire che lavora, che si impegna, che la sua presenza in quella casa ha un senso e uno scopo.
La mamma si rattrappisce nel suo scialle e la guarda spazzare. I suoi occhi opachi brillano come brace da sotto i crespi capelli neri. Neonata Cinque passeggia fino a lei, scuotendo la scopa con più forza. Due setole si slacciano e galleggiano nell’aria fino al pavimento. Il legno gratta contro il legno.
-Non così forte, Neonata Cinque. Rovini il parquet. È l’unico che abbiamo.-
Neonata Cinque si nasconde dietro il manico di scopa, sollevando da terra setole e legno. Si distrae spesso, e non va bene. Un giorno comprerà una ramazza nuova, con il manico lucido e liscio e abbastanza setole da spazzare un deserto, e lavorerà con tutta la gioia che una bambina può avere.
Si stringe al manico come se fosse una colonna dietro cui sospirare. Forse, qualcuno al villaggio ha proprio la scopa che cerca. Aggrotta la fronte: la mamma ne ha bisogno, e lui non gliel’ha regalata. La fame rende egoisti, dice sempre la mamma, ma l’egoismo va punito.
“Non mangeremo fino a stasera, quando andrò alla mensa del villaggio”: la notte le fa paura, ma una bambina codarda è una bambina inutile. Da quelle parti non muore mai nessuno, se non di fame, e lei la fame sa padroneggiarla bene. Si porterà il coltello che la mamma usa per tagliare il pane. Potrebbe affrontare anche un leone – non ne ha mai visto uno, se non nell’enciclopedia ingiallita con cui la mamma le ha insegnato a leggere – pur di farla felice.
Sorride, reclinando la guancia contro il manico di scopa. Una bambina utile la tirerà senz’altro su.

Baby 5 stringe più forte la mano di Buffalo.
Volge al soffitto gli occhi umidi, per non guardare in faccia nessuno.
Neanche alla camminata, neanche nel suo sogno, si è mai sentita così nuda.

La mamma cade in ginocchio, solleva la ciotola davanti al volto. Neonata Cinque la imita senza un fiato.
-Una bambina.- dice una voce disgustata. -Perché hai dato alla luce una bambina?-
Il coltello le è caduto, ma non sa dove né come. La mamma era in fila con tante altre persone, vestite dei suoi stessi stracci marroni. Aveva in mano una ciotola piena di crepe, e ce n’era un mucchio su un tavolo nei paraggi. Neonata Cinque ne aveva presa una per sé: la mamma, senza dubbio, sapeva cosa fare.
-Sono inutili, ma mangiano un sacco.-
Inutile, ora lo sa. Non ha una scopa nuova e ha disobbedito. Non è carino che questa persona sconosciuta – ha pure in mano un bastone, come quello che usa la mamma per scacciare i cani dalla porta di casa – parli male di lei senza conoscerla, ma nella sua gola non c’è fiato per replicare.
Anche la mamma sta zitta. Guarda la sua ciotola, come se potesse salvarla da ogni male.
Neonata Cinque sbatte le palpebre. Presto si sveglierà sul suo sacco, e tutto sarà a posto. Deve essere forte, per la mamma. Soffre già abbastanza senza bisogno di lei.
-Dobbiamo ridurre le bocche da sfamare. Prendila e abbandonala in montagna.-
Il sangue gela nel suo volto, le labbra tremano. I volti delle persone sconosciute svaniscono dietro un velo di lacrime, e con loro quello della mamma. I suoi occhi sono nitidi, però: due vortici neri, frenetici, su una cornea lattiginosa e abbagliante.

Appena chiude la bocca, Baby 5 vorrebbe scomparire. Cancellare quegli ultimi cinque minuti, il malaugurato momento in cui è scoppiata a piangere sedendo in cerchio con la sua famiglia, qualunque parola abbia mai pronunciato sotto quel freddo cielo di pietra.
Neanche il petto di Buffalo, che tante volte l’ha accolta, sembra un posto sicuro dove scappare. Buffalo è dolce, ma non teme il dolore perché non lo comprende. Quando il suo dito paffuto raggiunge la sua guancia, asciugandola con un solo gesto di polpastrello, Baby 5 sente freddo.
-Mi dispiace.- È sempre Buffalo, e chi altro poteva essere? -Per quello che vale, i miei mi hanno scaricato nelle fogne. Neanche mi ricordo che faccia avessero.-
-Lo vorresti?-
-Niin, col cavolo! Mi darebbe solo noia. Sto bene dove sto. A te non va bene?-
Buffalo ride, e la stringe così forte da toglierle il respiro. Baby 5 prega che la tenga così per sempre, così da non dover guardare gli altri, da non doversi spiegare.
-Certo che, tanti pianti per una stronza del genere.-
Sta zitto, Dellinger. Sta zitto.
-Se Jora fosse così le avrei staccato a morsi tutta la faccia.-
Baby 5 giunge le mani, conficcandosi le unghie nelle nocche scabre. La sua pelle è coperta di croste marroni, dalla consistenza di piccole squame, e non le somiglia.
-Una stronza, e allora? È mia madre. Ho il sacrosanto diritto di…-
-Tua madre, Baby 5?-
Sugar scuote la testa. Serra i piccoli pugni, anch’essi screpolati dal freddo. -Mia madre e mio padre si sono svenati in una stalla. Neanch’io so che faccia avevano. Ci hanno lasciate sole a prendere le botte. Se me li ricordassi, gli farei fare un ritratto per tirarci le freccette. La mia famiglia di sangue finisce con mia sorella.-
-A mia madre hanno sparato in testa.- dice Machvise, come se fosse la cosa più normale del mondo. -A mio padre l’avevano rotta, la testa. Volevano prendermi come schiavo, ma ero troppo leggero per farmi acchiappare. Ho volato su tutta la città.-
-Non hai pianto?- mormora Baby 5.
-Sì, e neanche poco. Quelli là sotto l’avranno presa per pioggia. Ma ti assicuro, Baby 5: non avrei versato una goccia per una come lei.-
La pelle di Baby 5 ribolle. -Voi non la conoscevate. Smettetela di insultarla.-
-Dicci una cosa che ti piace di lei, allora.-
Il classico trabocchetto: Gladius ne sarebbe capace. Baby 5 si strofina il naso col dorso della mano. -Non lo so, non me la ricordo. Smettila!-
Conficca le unghie nel palmo delle mani e solleva lo sguardo. Il soffitto non ha occhi che la fissino: è pietra, tutta pietra, senza nemmeno il bagliore riflesso della neve. Di Don Sai non ha visto né madre né padre. C’era suo nonno, però, traboccante di orgoglio da sotto la barba bianca. Forse l’avrebbe condiviso con lei. Sarebbe stato come avere una famiglia vera.
Perché, la mia non lo è?
-Adesso basta.- abbaia Pica. L’acconciatura di Dellinger è completa: un’impalcatura spessa un dito, dalla forma a ciotola rovesciata, che mette in risalto i suoi occhi e ingentilisce la sua mascella squadrata. È come se gli avessero restituito le sue vere sembianze. -La state spremendo come un limone. Voi non avete mai avuto dei segreti?-
-Il tuo segreto è che non ti sono cresciute le palle, Mister Soprano.-
La prima guardia sbatte un’asta di agalmatolite contro le sbarre. La seconda bilancia sulla schiena una cassa di legno, e sogghigna alla battuta del collega.
-No, quello le palle ce le ha in gola.- Emette un rumore strozzato.
-Oppure è un Okama, o come si dice. Guarda che bella pettinatura. Te l’ha fatta la mamma, o le tremano troppo le dita?-
Pica apre la bocca, ma Diamante solleva la mano. -Se mio figlio volesse…- rabbrividisce di febbre, serrando la mano sull’uniforme. -…volesse cantare soprano sul… sch-sul serio, rapirei per lui u-un’orchestra. E n-non vi inviterei.-
-Che brava mammina, che sei. Le leggi anche le favole, tutte le sere?-
-Immagina che roba. Picastrato Nel Paese Degli Eunuchi.-
-Lasciatelo in pace. Cosa volete?-
Il tono di Lao G è meno solido di quanto Baby 5 sperasse. Una distrazione dalla questione di prima è tutto quello che le serviva – ma con quello che ora sanno di Pica, Baby 5 brama più che mai di essere Hammer Girl e fracassargli la testa. Il guerriero si accarezza i boccoli, vi conficca le dita, li lascia andare. Il Cacciatore di Pirati gli ha già rotto un elmo: almeno questo merita di tenerselo.
-Una consegna per voi.-
Sbattono la cassa sulla neve e sollevano il coperchio. Rovesciano: un mucchio multicolore, soffice, risplende contro il bianco della neve. Stoffa. Gladius allunga le braccia oltre le sbarre e ne prende un pezzo: un cappello a tricorno nero a scacchi dorati. Sbianca.
-Oh, santo cielo. Venite, venite a vedere…-
Dal mucchio emergono due bracciali d’oro, grossi come un anello da canestro, ricoperti di borchie sferiche. Un paio di guanti viola grandi come borse. Una mantella rosa bordata di pelliccia, con due orecchiette da orso ricamate sul cappuccio. Una cintura bianca, con una fibbia dorata a forma di “G”. Un copricapo da neonato, rosa caramella. Un foulard prugna a pallini bianchi. Un ciuccio dal manico consunto. Una maschera di pelle bianca, assieme a un paio di occhialoni tondi. Un berretto militare rosso mattone, dalla falda nera. Un paio di occhiali da vista dalle lenti triangolari. Una collana e un bracciale di perle rosa, grosse come ciliegie. Un grembiule da cameriera candido e una cuffia di pizzo bianco.
E sul fondo degli occhiali da sole neri, dalle piccole lenti ovali.
Li guardano in silenzio per un tempo che pare infinito. È Sugar ad allungare la mano oltre le sbarre, reggendoli nei piccoli palmi.
-Prendili, Diamante. È giusto che li abbia tu. Saprai averne cura.-
La mano di Diamante, scossa da tremiti, accoglie gli occhiali nel palmo arrossato. Si stringe su di essi, li avvicina al petto. Il gladiatore sorride a fatica.
-Mi manchi, Trebol.- strascica, e stampa un bacio sulle lenti nere.
-Che sdolcinato.- La guardia fa finta di vomitare. -C’è anche una lettera, se vi interessa.-
La busta è rosa pallido, tempestata di cuoricini di una tinta più scura. Anche l’adesivo che la tiene chiusa è un cuore rosa, con disegnato sopra un volto sorridente.
-Oh, no.-
Sugar passa la lettera a Señor Pink, che la tiene tra pollice e indice come se fosse uno straccio sporco. La guardia sventola la mano davanti alla bocca.
-Aspettate che me ne vada, prima di leggere. C’è già troppo zucchero, nell’aria.-
Señor Pink si massaggia la fronte. -Ancora quelle. Gli avevo detto con chiarezza di farsi una vita.-
-Ci hanno mandato questi, però.- Dellinger sporge la mano oltre le sbarre e raccoglie il suo cappello. -In fondo sono simpatiche, no? Gli piaci, ammettilo.-
-Non potrei negarlo nemmeno se ci provassi.-
-Dammi qua.- sogghigna Dellinger. -Vediamo un po’ queste confessioni d’amore, kyah.-
Il lottatore raccoglie in grembo cuffia, ciuccio e foulard, mentre il ragazzo-pesce spiega davanti agli occhi un foglio dello stesso colore della busta. Un penetrante odore di rose e violette fa prudere il naso di Baby 5. Con la coda dell’occhio vede la guardia svanire in lontananza.
“Caro Señor.” legge Dellinger. “E cari tutti gli altri, ma in particolare Señor.”
-Che gentili.- sibila Señor Pink, in un tono gelido come la loro cella.
“Vi scriviamo due righe per dirvi che stiamo bene. Viviamo tutte insieme a casa di Kyuin. Lei ha tutte le registrazioni delle performance della Squadra dei Lottatori, e ogni sera ce le guardiamo. Proviamo anche qualche mossa, ma non siamo brave come voi.”
Dellinger ammicca. -Kyah, che tesori.- Diamante sospira, gli occhi levati al soffitto. Machvise sogghigna. Lao G drizza la schiena. Señor Pink guarda la lettera con occhi febbrili.
-Avanti.- lo incalza Dellinger. -Sono simpatiche, no?-
-Come un chewing-gum sotto le scarpe buone.- ma il tono di Señor Pink è incerto. Avvicina il volto alla lettera, e Dellinger gliela porge senza commentare.
“Seguendo i suoi consigli, ci siamo tutte trovate dei lavori. La Fabbrica degli Smile è stata smantellata e trasformata in un rifugio per gli sfollati, e Kyuin fa le pulizie con il suo aspirapolvere. Emily fa la lavapiatti alla locanda La Rosa Di Dressrosa. Charlotte consegna pizze. Joanna pulisce le strade. Kari frigge salsicce all’angolo della piazza. Si guadagna abbastanza, ma non è eccitante come prima. Kyuin dice che alla fine ci si abitua. Non siamo sicure che sia vero, ma abbiamo bisogno di soldi e continueremo a lottare anche per voi. Ci manchi, Señor. Ci mancate tutti quanti. Ci dispiace che siate tutti bloccati laggiù, ma siamo certe che non smetterete di combattere neanche un secondo.”
Señor Pink prende un respiro profondo. “Vi mandiamo qualche ornamento da indossare. La Famiglia Donquixiote vive. Non smettete mai di essere quello che siete. Dopo la prova che avete dato alla camminata, nessuno dovrebbe più criticarvi niente.”
Il cuore di Baby 5 si serra nel petto, le sue guance si fanno tese. Gli occhi pallidi di Gladius sono lucidi. Pica guarda fisso di fronte a sé, massaggiando col pollice il braccio di Diamante.
“Vi salutiamo.” Il lottatore sbatte le palpebre, stringe la presa sulla carta. “Tenete Señor al sicuro per noi. State vicini. Non prendete troppo freddo. Fate vedere a quegli stronzi chi è il più sodo.
Con affetto – o con tanto tanto tanto amore, nel caso di Señor.
Kyuin, Emily, Joanna, Charlotte e Kari.”
Il tremito delle labbra di Señor Pink cristallizza l’aria di aspettativa. Piega la lettera in quattro, la carezza come fosse la guancia della persona che ama. Se la infila nell’uniforme, guardandola sparire sotto le righe bianche e nere. 
-Dovrebbe essere un uomo, a fare regali a una donna.- soggiunge, ma il tono è incerto. 
-Piantala con questa storia. Tratti quelle povere giovanotte come se ti avessero ucciso il cane, zamazu.- Jora incrocia le braccia. -I miei occhiali, le mie perle. Come hanno fatto? Me le hanno strappate di dosso prima della passeggiata.- 
-Devono aver frugato nei cassonetti, maledette avventate.- Señor Pink serra il pugno. -Hanno fatto così tanto, per me?-
-Per noi, razza di primadonna. E nessuno si sta lamentando.- Dellinger si drizza in ginocchio, reggendosi alle sbarre. -Beh, cosa aspettiamo? Vestiamoci e diamoci un tono.-
Infila il cappello in testa con un gesto secco, e le corna scivolano fluide nei buchi a loro preposti. Sugar si avvolge nella mantella come in una trapunta di lana, battendo i denti. Diamante accarezza a ripetizione il berretto sopra il suo capo. Pica fa scivolare i bracciali sugli avambracci – ma getta i guanti alle proprie spalle, appallottolati l'uno dentro l'altro. Gladius allaccia maschera e occhiali, e infiocchetta il grembiule sulla schiena di Baby 5. Non fa lo stesso effetto senza il vermiglio del vestito, ma quella sensazione stretta alla vita le strappa un sorriso. Anche la cuffia, un po’ ingiallita ma soffice come sempre, preme sul suo capo nel modo che deve. Baby 5 sospira di sollievo.
Señor Pink si infila la cuffia e annoda il foulard al collo con mani tremanti. Ne afferra un capo e lo squadra come se un uccello vi avesse defecato.
-Che cos’è questo? Un orlo? Chi ha detto a quelle scioccherelle che potevano maneggiare le mie cose?-
-Per la tomba di Gol D. Roger, sei proprio un ingrato.- lo rimbrotta Sugar. -Si sono impegnate anche per te.-
-Non gliel’ho chies…-
Señor sgrana gli occhi, esala un sospiro. Le dita percorrono la cucitura, vi grattano contro, scavano oltre i fili. -C’è qualcosa. Un pezzo di carta.-
Baby 5 gattona verso di lui. -Che cos’è?-
Tra le dita tozze di Señor Pink, il foglio pare piccolo come un filo d’erba. Pink strizza gli occhi, avvicinandolo alla propria faccia. Le dita si serrano attorno alla carta.
-Sono coordinate, e un numero di lumacofono.-
-Un posto dove scappare.- la voce di Gladius è un sussurro. Buffalo e Machvise si abbracciano. Sugar si copre la bocca con le mani.
-Ci sono altre sorprese.- proclama Dellinger. -Il mio cappello pesa.-
-Pietruzza, potresti…?- biascica Diamante. Pica prende il berretto del padre e lo rivolta. Annuisce. -C’è qualcosa qui.-
Le sue dita massicce scavano nelle cuciture, e tirano fuori due pezzi di cotone immacolato. Rettangoli più piccoli dei suoi palmi, con due ali ai lati percorse da uno strato di velcro. Baby 5 allunga il collo.
-E questi che sono, pezze per la polvere?- domanda Lao G.
-Dalle a me!- Baby 5 quasi urla quelle parole. Appena Pica glieli porge, li stringe a sé come i più bei tesori di ogni terra. Un biglietto è incollato su uno dei due, con un pezzo di biadesivo.
“Per Baby 5. Tra ragazze ci si aiuta.”
Jora le appoggia una mano sulla spalla, stringendola appena. -Sarà stata dieci anni fa, la mia ultima volta. Invecchiare ha i suoi vantaggi. Mi chiedevo come avresti fatto, povera cara.-
Il ciclo precedente era terminato poco prima di partire per Punk Hazard. Baby 5 percorre col polpastrello la lunghezza dell’oggetto. A malapena ricorda che facce avessero, quelle donne: eppure hanno pensato a lei, unica di tutta la famiglia ad avere quella necessità. Sbatte le palpebre, sospirando nel gelo. -Grazie. Grazie di cuore, a tutte voi.-
Sotto le borchie dei bracciali di Pica vi sono pillole di antibiotico. Nell’imbottitura del cappello di Dellinger sono nascoste delle garze e una bottiglietta di acqua ossigenata. Nella falda di plastica di quello di Machvise, una lima per unghie di plastica bianca, grande come il pollice del proprietario, un ago e una matassa di filo bianco.
-Potevano mandarci un filo di ferro.- Sugar nasconde le ginocchia sotto la mantella. Jora scuote la testa. -Con manette del genere non servirebbe a niente. Serve una chiave.-
-Se liberate me…- Diamante serra gli occhi, come se la luce stessa gli facesse male. -Potrei usare i miei- ansima, battendo i denti, -poteri e togliere le catene a tutti.-
Appoggia il palmo contro il volto livido di febbre, rabbrividendo, si rattrappisce sulle ginocchia e sulle mani incatenate.
-Abbiamo l’antibiotico. Apri la bocca, coraggio.- Dellinger si china su Diamante, strappa la bustina e riversa nelle sue labbra dischiuse la polvere giallastra. Il gladiatore si lecca le labbra, deglutendo.
-Forse serve anche a te, Pica. Posso sentire la tua fronte?-
Il guerriero resta immobile, porge il capo alla mano aperta del ragazzo. Dellinger ritrae il braccio come se la fronte di Pica fosse una graticola. -Stai andando a fuoco. Prendi, prendi subito. Credevo che avessimo una regola sul tenere nascosto il dolore.-
Il ragazzo rivolge uno sguardo indagatore all’Ufficiale di Picche. Pica ingoia l’antibiotico d’un fiato. -Sto imparando. Dammi tregua. La pietra non cambia forma in un giorno solo.-
-Nessuno vuole che ti tatui “amo la mia voce” in mezzo alla faccia. Prenditi il tempo che vuoi, ma non fare come se non fosse niente. Ti teniamo d’occhio.-
Pica accarezza l’intrico di treccine e boccoli che gli cinge il capo, spesso come una trama di lana e  certamente altrettanto morbido. Un suo vecchio elmo, quello dei giorni di Spider Miles, aveva quella forma. Alle occasioni formali, il guerriero indossava la bombetta sopra l’elmo. Baby 5 è pronta a scommettere che ne porta uno da quando era bambino.
-Ora che abbiamo dove andare, dobbiamo capire come andarci.-
Baby 5 si volta alle parole di Lao G. Nasconde i suoi tesori in un mucchio di neve e si copre le mani con il grembiule. Il freddo punge fin sotto la pelle, ma gli aghi si allentano sotto il cotone leggero.
-Non piacerà a nessuno, ma dobbiamo farlo. Sarà la nostra grande prova.- dice Machvise in tono incerto.
Gladius allunga il collo: -Cosa intendi dire?-
Il lottatore prende un respiro profondo, intrecciando la punta del dito nella barba ricciuta. -L’unico modo per uscire di qui sono le camere di tortura.-
Baby 5 gela, le sue mani si serrano contro il cotone. Uno schizzo di sangue insozza già la stoffa. Gli anelli delle manette scavano nei suoi polsi, i pesi cigolano alle sue caviglie, e Sadi-chan ride, ride, ride. Jora arretra verso il muro. -No. Ti prego, no. Non siamo in condizioni.-
-Io non posso reggerlo, un altro giro con quelli.- rincara Gladius. -Nessuno può. E Trebol…-
Trebol. Diamante e Pica si stringono l’uno all’altro. Baby 5 distoglie lo sguardo.
-Dobbiamo.- proclama Señor Pink. -È l’unico modo per uscire da questa cella. Che razza di uomo vanifica così l'impegno di una donna?-
-Uomo, donna, che differenza fa quaggiù? Potremmo andare all’ala medica.- tenta di nuovo Jora, ma Sugar scuote la testa. -Diamante è ridotto a un giocattolo dei miei, e non gli hanno dato nemmeno una pezza calda. Non c’è altro modo. Credi che io sia contenta che Trebol abbia preso fuoco? Ma dobbiamo andare. Dobbiamo tentare.-
C’è un bagliore, nei suoi occhi, che prima non c’era. Deglutisce.
-Andrò per primo, se volete.- Machvise drizza la schiena. -Il Padroncino sarà fiero di noi. Shiki il Leone Dorato perse le gambe, per scappare da qua dentro. Valiamo forse di meno?-
Jora stringe a sé Dellinger, Gladius solleva il braccio davanti a entrambi. Buffalo giunge le mani. Diamante chiude gli occhi, con aria sfinita. -No.- strascica. -No… mai. Doffy non vorrebbe.-
Sembra che stia per piangere. Pensa a Trebol, non serve chiedere per saperlo. Anche lei ha pianto, quando la camminata della vergogna l’ha portata via da Sai. Ma lei ha scelto: Diamante no.
Machvise stringe il polso del suo Ufficiale. -Resta a riposo, Diamante-sama. Abbiamo bisogno del  tuo potere. Vedranno di cosa siamo capaci noi gladiatori.-
Altro silenzio, e il sangue gorgoglia nelle orecchie di Baby 5. Come se avessero già deciso. Siamo dei pazzi, finiremo male. Anche a lei toccherà: il suo stomaco sprofonda al pensiero.
Posso andare io. Avete bisogno di riposare.” Se potesse prendere a schiaffi quella sé stessa… no, non andrebbe così in fondo. Se vuole farsi male c’è Sadi-chan. Ma dopo Sadi-chan c’è la libertà. Baby 5 accarezza la cuffia di pizzo, come se anche sul suo capo vi fosse un elmo di bronzo fatto su misura per lei.
Ne abbiamo bisogno.
Getta un altro sguardo al soffitto di pietra. C’era la luna, quella notte, grande abbastanza da abbagliare, così gonfia da cancellare le stelle. Tremava di terrore nel suo abito di stracci, guardandola. Adesso prega di sognarla. Si lecca le labbra, scabre come granito.
Ne ho bisogno.

A.A.:
In questo momento sto attraversando un periodo di crisi creativa, e non sono del tutto sicura di cosa sto realizzando. Mi sembra che manchi di maturità, soprattutto con questi discorsi sulla famiglia. 
In ogni caso ho concluso questo capitolo, che pianificavo da un po'. Anche qui ne sono poco convinta, mi sembra un'idea stucchevole. Spero che a voi piaccia di più. 
1. Cercavo di immaginare come mai il popolo dell'isola di Kuen non avesse saputo nulla di Baby 5 per almeno qualche annetto. Così ho visualizzato che sua madre la tenesse nascosta, insegnandose a infilarsi in una cassa per non farsi trovare. Poi, un giorno, la dolce bambina è riuscita a scappare allo scopo di trovare un regalo alla mamma, ed è finita come sappiamo. 
2. Ovviamente, l'Isola di Kuen è ridotta com'è per via dei Draghi Celesti. Volevo inizialmente collegare la situazione al ponte di Tequila Wolf, ma geograficamente non ha senso, dato che Kuen si trova nel Mare Settentrionale e Tequila Wolf nell'Occidentale. Ma i Draghi Celesti sono quello che sono, e a loro piace distruggere le vite degli altri in ogni luogo. 
3. Buffalo non riceve regali perché il suo outfit non lo permette. A lui non dà fastidio perché è Buffalo. 
4. Continuo a scrivere Charlotte, Kari, Joanna ed Emily OOC, poiché le fangirls del canone non sarebbero mai così astute e mature. In fondo sarebbero potute piacermi, con qualche modifica. Non serve essere una guerriera micidiale per servire a qualcosa in una scena d'azione. Per esempio così. Non penso che le avrei scritte così come ho fatto senza questo film. Kyuin già ci sta, perché prima del bacio di Franky sembrava una tipa cazzuta, e se è diventata a vent'anni manager di una fabbrica, forse qualcosa lo sa fare. 
5. Le battute IC di Pink fanno male da scrivere. 
6. Dopo il ritorno a casa di Violet e la fine di Monet, solo tre donne rimangono nella Famiglia Donquixiote: di esse Jora è certamente in menopausa e Sugar è incastrata in un corpo da bambina, facendo di Baby 5 l'unica ad avere le mestruazioni. Ne consegue che Kyuin e le ragazze dovrebbero comprendere il problema, e si sono adoperate per risolverlo dimostrando di aver anche loro lasciato alle spalle la questione moglie-di-Don-Sai. Non oso pensare a cosa avrà passato la povera Catarina Devon, priva di una tal cortesia. 
7. Nel flashback di Trafalgar Law vediamo una scena brevissima con Pica in completo elegante e bombetta... con l'elmo sotto. L'ho trovato molto divertente e ho deciso di omaggiarlo qui. Inoltre, riguardando quella scena, mi sono accorta che Pica non ha i guanti. Evidentemente era un periodo tranquillo... anche se li rimette nelle scena dopo, quando Doflamingo salva Baby 5 e Law da Wellington e durante il brindisi conclusivo. 
Questo è tutto. Spero che la mia crisi creativa si plachi presto. Vorrei essere in grado di alzare le tinte di questa storia, trattare le tematiche in maniera davvero adulta e meno stucchevole. Nel frattempo, siamo qui. 
Alla prossima e grazie. 
Lady R

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Capitolo 8
*** L'ultima Goccia – L'Onore Della Sadica Sadi-Chan ***


L'Ultima Goccia – L'Onore Della Sadica Sadi-Chan

"Feeling confined like I'm bein' force fed
My vision's blurry and I'm lost in regrets
It's overload, and I'm outta control (outta control)
So sick and tired of bein' so misused (bein' so misused)
You're taking me down with all your mental abuse
And I said, I gotta get you outta my head
"
[Christina Aguilera, Make Over]



Quando le guardie depositano un’altra razione di riso congelato fuori dalle sbarre, Machvise sui alza senza dire una parola, come se fuori da quella cella vi fosse il pubblico plaudente del Colosseo.
-Buona fortuna.- sussurra Buffalo nella sua direzione. Baby 5 lo saluta con la mano, e lui piega le dita in risposta. Appena scompare si getta tra le braccia del suo migliore amico e si lascia stringere nel suo abbraccio soffice. Forse anche Buffalo ha bisogno di conforto, pensa, e allunga le braccia attorno alla sua forma finché può.
-Il piano di farci massacrare di botte è suo.- commenta Jora senza alzare gli occhi dal pavimento. -Come minimo deve portarci una vasca idromassaggio, zamazu.-
-Su, Jora. Non avere paura. Ti proteggo io.- Dellinger solleva le mani dai capelli biondi della vecchia signora. Uno chignon rosso spicca sulla tempia sinistra. -Kyaah, gli staccherò a morsi quelle manacce da sadici.-
-Ragazzo temerario.- sorride, e gli spettina i capelli ormai giallo paglia.
Machvise ricompare trasportato di peso da sette guardie, e fiotti di sangue scorrono da sotto le sue ascelle. Ha gli occhi aperti, lucidi, arrossati.
Lao G, Señor Pink e Dellinger raccolgono manciate di neve e gliele infilano tra il braccio e il fianco. -Cosa hai scoperto?- domanda il vecchio. Le sue dita rugose spazzano i capelli sudici dalla fronte del lottatore.
Machvise sogghigna, inspirando. -La password dell’ascensore. L’ho visto che la digitava. Scrivetela da qualche parte prima che me la scordi-in.-
Ride, gonfiando le guance su cui scorrono lacrime gonfie. Mentre Baby 5 gli imbocca il riso congelato, Gladius cuce le lettere e i numeri all’interno della mantella di Sugar. L’ago gli cade cinque volte. Impreca nel proprio palmo.

È proprio la donna-bambina ad essere presa per seconda. Si alza drizzando la schiena, a denti serrati, e getta i capelli dietro le spalle. Consegna la mantella a Gladius, piegandola in modo da nascondere le cifre cucite.
-Se non ce la faccio, dirò a quello stronzo smoccicante un paio di cosette.-
Machvise si è ripreso abbastanza da sedersi, e fa un gioco con le sue dita insieme a Lao G: ma quella postura ingobbita, quel tremito di spalle, non se ne sono mai andati. In assenza di un calendario, sono le ferite a indicare il tempo che passa.
Quando Sugar ricompare, Baby 5 sta dormendo, ma la giovane prigioniera impreca così forte da svegliarla di soprassalto. Ha la faccia contratta, rossa, e il davanti dell’uniforme è annerito dal petto alle ginocchia. Buffalo le porge la mano: lei colpisce il pavimento con un pugno tremante
-Hanno usato le fiamme, come per Tré.- I suoi occhi lampeggiano. -Lo sapevano. Lo hanno fatto apposta, maledetti stronzi.-
Tré? Baby 5 trasale, gattonando fino a lei. -Vuoi un po’ di ghiaccio?-
-Ce n’è abbastanza, grazie tante.- La donna-bambina si asciuga gli occhi e singhiozza. -Gli dicevo sempre di morire. Lui cantava come se niente fosse, e loro l’hanno ammazzato. Potevano uccidere anche me. Ho avuto tanta paura… Baby 5!-
Sugar somiglia a una bambina, ma non lo è: non dovrebbe parlare così. Con un sospiro, la ex-assassina porge alla compagna due braccia da tenere. La solleva come una bambola, eccetto che le bambole non tremano così. Il volto di Sugar sprofonda in mezzo ai suoi seni, le sue piccole braccia le cingono il collo.
-Mi manca così tanto. E mi manca Monet. Non ho mai sofferto da sola, prima. Li odio tutti, devono morire.- Strofina la guancia contro il petto di Baby 5. -Tu sei soffice come lei.-
-Mancano a tutti.- sussurra Baby 5. Sugar piange contro il suo petto, e il calore delle sue lacrime è quasi piacevole. Aveva proibito ai camerieri di riordinare la stanza di Monet, aveva abbassato le finestre e prelevato tutte le chiavi. Chissà com’è bello avere una sorella. E com’è orribile perderla.
-Sai…- mormora Sugar, tirando su col naso come ad onorare l’Ufficiale che ha perso. -È da quando ho mangiato l’Hobby Hobby che non abbracciavo qualcuno.-

-Secondo giro, Mister Soprano. In piedi.-
Baby 5 non sa quanto sia passato da quando prendono l’uno o l’altro. Da quando Machvise è tornato dalla sua tortura, lei ha usato due volte gli assorbenti mandatile dalle amiche libere. Gli uomini formano una barriera con le loro schiene, dandole le spalle, mentre Sugar e Jora la aiutano a rivestirsi e posizionarli. Dopo ogni uso li pulisce con la neve, quasi fosse una lavandaia anziché una cameriera. A Dressrosa ne sarebbe stata disgustata. Qui le basta pensare alle altre prigioniere – persino alla famigerata Catarina Devon – per ringraziare di essere chi è e avere la famiglia che ha. Pica si alza senza parlare, drizzando la schiena. Fa cenno di no con la testa.
-Invece, mio caro Picastrato, stavolta gorgheggerai come si deve. Abbiamo in serbo per te una sorpresa elettrizzante.-
Lo riportano in cella con gli occhi gonfi, le spalle scosse da tremiti, i capelli di nuovo sciolti e fradici di sudore. La pelle dei polsi è nera attorno alle manette. Quando si china a sputare sangue, Baby 5 vede la sua lingua pendere, lacera sulla punta.
-Che strilli, che strilli! Tipo da calcio nelle palle, ma più acuti.- la guardia che chiude la porta si appoggia alle sbarre e si asciuga le lacrime. Il collega gli tira una pacca sulla spalla.
-Spero di esserci al prossimo giro, non ridevo così tanto da anni!-
Diamante se lo prende senza una parola, stringendolo tra le braccia tremanti. Pica si sbrodola sangue addosso, ringhia contro le guardie piegate in due. Quando sono scomparsi, però, si guarda i palmi delle mani. Diamante lo stringe più forte. I pugni si serrano.
-Ho dato una testata a Sadi-chan. E le ho sputato in faccia.- Non suona orgoglioso, mentre lo dice. -Ha solo riso più forte. Tutti ridono. Questo fanno. Ridono, ridono sempre. Mi voglio…-
Si guarda le mani, e Baby 5 sbianca. Machvise gli stringe il polso. -Mi dispiace. È stata mia l’idea. Puoi darmi un cazzotto, se ti fa star meglio.-
Pica scrolla le spalle. Si contorce con un gemito, ma si drizza stoicamente un attimo dopo. -Conosco la struttura di questo carcere. È granito del Mare Settentrionale. Molto più leggera di quella di Dressrosa. Le mura esterne sono spesse metri. Potremmo viaggiarci dentro. Posso farcela.-
-E lo farai. Adesso riposa. Hai combattuto bene.- Diamante gli stringe le mani come il suo bene più prezioso.

Alla prossima visita, quando si alza in piedi e dice “tocca a me”, Baby 5 non guarda in faccia nessuno.
Oltre ai suoi cicli, è il dolore a segnare il tempo. Le ferite di Machvise sono ormai due cicatrici a forma di “v” nascoste sotto le ascelle. Il petto, il ventre e le cosce di Sugar sono percorsi da macchie rosse simili a muffa, e anche allora si piega in due dal dolore quando respira troppo forte. La veste e i capelli di Pica si impigliavano continuamente nelle croste sulla schiena: il colosso è stato a torso nudo finché non si sono chiuse tutte, con le maniche annodate attorno ai fianchi e le chiome ben sorrette dai codini, dalle trecce, dagli odango e dalle crocchie di Dellinger. Cinque volte ha voluto ferirsi ancora: cinque volte lo hanno fermato. Ora siede a gambe incrociate, respirando a tempo con Lao G. -…due e tre: e adesso espira. Guarda me, con la “G”. Prova da solo, adesso.-
Diamante ha finito gli antibiotici, ma è ancora caldo come una graticola. Si lascia imboccare senza commenti, e ha dismesso il collare cervicale poco prima del secondo ciclo di Baby 5. Se riesce ad alzarsi prova passi di danza, piroette, e vocalizzi che non rendono le sue “s” meno strascicate. Quando le guardie bussano alla porta, Dellinger gli sta mostrando il suo Pistol High Heels. -I piedi non mi tremano, o sbaglio? Istruisch-imi, ragazzo.- 
Señor Pink legge ogni giorno la lettera delle sue ammiratrici, che tiene in una tasca cucita da lui stesso nella sua uniforme assieme al biglietto che indica la salvezza. Jora disegna murales contro il ghiaccio usando il cucchiaio del riso. C’è una piccola Dressrosa, incisa alle loro spalle, e un Padroncino che svetta sui palazzi grande abbastanza da coprire il sole. Sugar e Monet si abbracciano in un campo innevato. Señor Pink siede accanto a una donna che Baby 5 non ha mai visto, e tiene in braccio un bimbo altrettanto sconosciuto. Diamante balla nell’arena roteando il mantello. Dellinger nuota con un banco di pesci-guerriero. E c’è anche lei, che vola sulla schiena di Buffalo al di sopra dei palazzi, con le braccia aperte e un sorriso che non potrebbe replicare.
È sempre Buffalo a prenderla per mano, quando si alza. Riconoscerebbe quella mano enorme tra mille – tante volte l’ha stretta, in quell’inferno freddo, e tante volte ha massaggiato le sue.
-Lasciami. Devo fare la mia parte, come tutti. Tornerò.-
-Ti prego.- sussurra l’uomo-elica, e la stringe appena prima di lasciarla.
Quando è rinvenuto e non mi ha trovata con gli altri, ci sono voluti Sengoku e Tsuru insieme per farlo calmare. C’era anche quella foto sul giornale, di fianco a un Gladius che si tocca il cranio calvo con gli occhi sgranati dal terrore e la panoramica spettacolare di Diamante privo di sensi sul lettino operatorio. Due viceammiragli costretti a interrompere importanti deliberazioni per spiegare a un bamboccione di quasi sette metri che no, la tua amica non è morta, ma non la vedrai mai più in ogni caso. Non avrà il suo fianco a cui aggrapparsi, quando sarà nella cella.
Non l’hanno avuto gli altri, maledizione. Fai la tua parte e non essere codarda.   
La porta si chiude, la chiave gira nella toppa. Baby 5 sospira, ed inspira di nuovo, lasciando andare le spalle. Anche lei, come tutti, ha provato gli esercizi di Lao G. Il qi-gong è l’unico modo che hanno per scaldarsi, ma non si può distribuire a destra e a manca come fossero spiccioli.
Se mai avranno soldi, di nuovo, una volta che se ne andranno. Usano la lettera delle loro alleate per ricordarsi come si legge, come si scrive, come si pronunciano i loro nomi e quelli del Padroncino e dei tre Ufficiali che non sono più. Trébol, con l’accento acuto. Mone, la t è muta. Baby 5, scritto a numero e non a lettere. -È come nuotare,- assicura Dellinger, -non si dimentica.- Ma credere ciecamente a qualcosa non serve niente neanche fuori dall’Inferno.
Le piegano la testa verso il basso quando arrivano all’ascensore, e a ogni “bip” del tastierino Baby 5 ripete a sé stessa la password che Machvise ha trafugato. I corridoi di pietra sono uguali a come li ricorda e uguali tra loro, da chiedersi come facciano i suoi guardiani ad orientarsi senza una mappa. La spingono oltre una porta blindata, senza spioncino, e chiudono a chiave.
Mura di pietra grigia, come il pavimento e il soffitto. Baby 5 inspira di nuovo. Lei non è Pica, non saprebbe distinguere un marmo da un travertino – è una pietra, il travertino? – e quel tetto così pesante fa sembrare la sua cella un campo sconfinato. Potrebbe toccarlo, drizzando le braccia.
Sul muro opposto alla porta vi sono una cassettiera di legno, una scrivania ricoperta di fogli e una bacheca troppo lontana per vedere cosa vi sia scritto. Una terza guardia, appoggiata al muro , scrive in un taccuino. Gli altri due dirigono Baby 5 verso l’unico altro arredo, una sedia dello stesso legno, e ve la fanno sedere sopra.
-Stai comoda? Non vogliamo fare niente, non a una così dolce ragazza.-
Baby 5 arrossisce, ma il suo stomaco si tende a quelle parole. La terza guardia mette in tasca il taccuino e si china su di lei, ravviandole i capelli. Rabbrividisce al contatto con la pelle sudicia dei guanti.
-Sadi-chan non c’è?-
-È andata a prendere la posta. C’è un pacco per lei, il che significa che starà via per un bel po’.-
Il suo alito sa di sigaro, e di pessima qualità. Come le mancano, le sigarette di Dressrosa. -Possiamo divertirci da soli, in attesa. Ci sono vari modi per farlo.-
Baby 5 deglutisce. Il suo cuore si è fermato, per un attimo, e i polmoni sono freddi.
-Divertirci?- ripete come un’idiota. È fin troppo palese – e quando la seconda guardia le afferra il seno con una mano, strizzandolo dolorosamente, si irrigidisce. Si ritrae contro lo schienale. -Giù le mani. Aiuto!-
-Per favore, ti prego.- C’è un tono derisorio, nelle parole della prima guardia. Ha le spalle più grosse, le mani più larghe, ma il cappuccio marrone dell’uniforme non le dà un volto da identificare eccetto gli occhi azzurri. Quello che le ha stretto il seno le dà una pacca sulla spalla.
-Sii ragionevole, Baby 5. Abbiamo davvero bisogno di te.-
Spalanca gli occhi, piano. Non sentiva la parola bisogno da settimane, o forse anni. Secoli. Non lo sa. Per un attimo suona dolce come dovrebbe, e il freddo nei suoi polmoni si dissipa.
Allora perché non sta sorridendo? Perché non ha detto di sì? E quelle lacrime che spingono contro i suoi occhi sono tutto fuorché di gioia.
-Te l’avevo detto, fa così con tutti. Pensa che stava per sposarsi quel gladiatore lì, il nipote del vecchio con la testa a punta. Fino a un secondo prima volevano farsi fuori a vicenda.-
-Un gladiatore patetico, se si fa scappare una così. Almeno è arrivata fino a noi.-
Baby 5 deglutisce. Non piangerà per gente che neanche conosce. È bello essere utili, finalmente: non è più una bocca da sfamare, in mezzo alla neve come in mezzo al deserto. La mamma si sbaglia. Anche in prigione, anche all’inferno, può essere…
“Niin, col cavolo! Mi darebbe solo noia. Sto bene dove sto. A te non va bene?”
…ma ha paura, è legata e non le piace. Non le piacerebbe, se dicesse di sì. Non è giusto. Sono due mesi che soffre, che soffrono tutti insieme, e ne ha abbastanza.
“Certo che, tanti pianti per una stronza del genere.”
Non ha fatto che essere utile, sempre utile. Ha tradito il Padroncino e chi l’ha cresciuta per l’erede del Naviglio di Chissaché, nipote del grande pirata Comesichiama. Cosa avrebbe potuto darle, lui, eccetto sé stesso? In ogni caso non importa: non avrebbe potuto vivere là fuori senza la sua vera famiglia. Ha scelto, è con loro e soffre con loro, ma sa che non scegliere sarebbe stato ben più doloroso.
“Ma ti assicuro, Baby 5: non avrei versato una goccia per una come lei"
Non le ha neanche offerto di aiutarla a smettere. In quel momento si sente un oggetto, non meno delle armi che ancora una volta vorrebbe poter evocare. Forse lo è sempre stata, degno Frutto del Diavolo di una come lei. Sua madre non ha un nome, non ha un volto, non le ha mai detto neanche grazie. Non…
“Dicci una cosa che ti piace di lei, allora”
Non è giusto.
E Don Sai, maledetto a lui, neanche si ricorda che faccia avesse. Potrebbe essere uno di loro e lei non lo saprebbe. Serra i denti fino a sentire male. Adesso basta.
-NON VOGLIO! NO!-
Colpisce la faccia dell’uomo di fronte a lei con un calcio, e lui cade all’indietro con un grugnito. Se non fosse per quelle dannate manette… Un braccio si stringe attorno al suo collo, la tiene da dietro forte come una nuova catena. Una mano guantata, non sa di chi, le afferra le guance. Baby 5 morde alla cieca, e sputa quando la pelle conciata le allappa la lingua.
-Ingrata stronzetta!- Uno schiaffo brucia contro la sua guancia. La testa di Baby 5 si torce di lato. -Dammi qualcosa per chiuderle la bocca!-
-Ho detto no! No!- Baby 5 tira calci al niente: la cella è una massa grigia, sfocata. Ombre senza contorni convergono attorno a lei e gridano parole che non distingue. Due coppie di mani afferrano ciascuna gamba, le piegano le caviglie in direzioni opposte. -No! Non voglio!- La guardia del taccuino le infila un dito guantato tra i denti, stoffa grezza preme contro le labbra e fin dentro al palato. Un braccio muscoloso le cinge il collo da dietro. La sua stessa saliva le risale in gola, strappandole colpi di tosse soffocati. Suda ghiaccio, le catene scampanano alle sue spalle.
Un rumore metallico, di chiave nella toppa. Ce ne sono altri – Baby 5 gela, ma dietro le schiene delle guardie compare una macchia rosa. Una voce femminile, argentina, ridacchia.
-Mmmh, guardate che bella… eh?-
Baby 5 sbatte le palpebre. Sadi-chan serra tra le dita sottili un cavo ferrigno spesso come il collo di una vipera. Non le vede gli occhi, dietro la frangia, ma le labbra serrate non promettono nulla di buono. I due che le tengono le caviglie le reggono le gambe sospese a mezz’aria.
-Davvero bella.- l’uomo alla sua sinistra lascia andare la sua caviglia e si mette sull’attenti, dandole la schiena. -L’unica bellezza in quella famiglia di mostri. Finalmente è toccato a lei.-
Sadi-chan avanza, intrecciando il cavo attorno alle dita. -Parlavo della mia frusta nuova di zecca. Manico di betulla intagliato a mano, rifiniture in rame, pomolo di ematite, canapa intrecciata con fil di ferro per massimizzare il dolore. Vogliamo provarla? Chi di voi si fa avanti?-
-La prigioniera, no? È qui per questo.- La presa al collo di Baby 5 si stringe. Sadi-Chan sporge le labbra.
-E invece credo proprio che la proverò su di voi, se non lasciate stare la signorina e non sparite immantinente dalla vista.-
Il braccio alla gola di Baby 5 si allenta. Prende un respiro profondo, improvviso abbastanza da dolerle i polmoni. Sputa lo straccio che aveva in bocca contro il pavimento. Uno, due, tre respiri.
Che razza di carcerieri siete? Un po’ di rispetto per il mestiere.-
-La stavamo solo preparando.- è la voce quello con gli occhiali. La presa sui suoi polsi si allenta. Baby 5 tira, ma quelle dita paiono forti come acciaio. Se avesse mangiato, se non avesse quelle manette… Deglutisce. Voglio uscire di qui.
-Certo, e io sono una gigantessa. Risparmiatemi le ciance e levatevi dai coglioni. La prossima volta non sprecherò tempo a parlare con voi!-
La frusta sbatte contro la parete con uno schiocco assordante. Una fessura profonda un palmo si è aperta nella pietra. Le mani si staccano dalle braccia di Baby 5 all’unisono, passi fragorosi risuonano alle sue spalle, si allontanano verso l’uscita. La porta sbatte.
Baby 5 si morde il labbro inferiore, come per riaccendere il suo contatto col mondo. Quattro, cinque, sei… va tutto bene, sono andati via.
Una mano si schiude di fronte al suo volto, coperta da un guanto di pelle rosa caramella.
-Stammi lontana.- tossisce rauca. Finirà, a un certo punto deve finire. Sette, otto, nove, dieci.
Sadi-chan fa un passo avanti. -Su, su. Mi hai preso per uno di quelli? Mi deludi: dovremmo conoscerci bene, io e voialtri.-
Le mani della diavolessa percorrono le guance di Baby 5. Non vede i suoi occhi, coperti dalla frangetta biondo miele, ma può sentire il suo sguardo serpeggiare contro la sua pelle sudata. Serra le labbra, digrignando i denti. Vorrebbe piangere tra le braccia di Jora, di Buffalo, del Padroncino, persino Trebol le andrebbe bene. Trebol. Quello che l’Ufficiale di Fiori ha passato nelle mani della diavolessa è un segreto che ormai custodisce solo lei.
-Sono stata fin troppo carina con quei tre cani.- Sadi-chan serra i pugni. -Andrò a dargli il benservito quando avrò finito con te.-
-Vuoi torturarmi. Hai torturato la mia famiglia.-
Voleva suonare arrabbiata, ma la sua voce ha tremato – ancora. Sadi-chan sfila una catena dal fianco e le aggancia le caviglie alle gambe della sedia. Un’ondata di nausea travolge Baby 5. Atra agalmatolite: vorrebbe strappargliela dalle mani e tirargliela dritta in faccia. La rabbia distrae dalla paura, rende più nitido il mondo. Mi ha salvata, ma per poi darmi cosa?
-Sono una professionista.- Sadi-chan serra un lucchetto da qualche parte sotto di lei. Ma credimi, ti capisco. Non è facile per noialtre in questo mondo di stronzi. Non ti muovere, però.-
Ora è alle sue spalle. Un cassetto si apre di scatto, e un altro.
-Terrò la frusta in caldo per il prossimo. Voglio torturarti in una maniera che non ti costringa a toglierti i vestiti. Potrebbe entrare un altro di quei maiali, e sarebbe disdicevole guastare troppo personale. Siamo rimasti in pochi, dopo l’ultima evasione.-
Più di tutto, Baby 5 odia non vedere cosa stia facendo. Serra le dita allo schienale di legno, come se in qualunque momento una lama potesse staccarle di netto la testa. Conta i suoi respiri di nuovo, fino a dieci, e immagina il volto di Lao G fiero della sua ultima allieva. Ce l’hanno fatta gli altri, ce la farò anche io.
Eppure non sono i loro volti quelli che vede quando chiude gli occhi. Guance pallide, barba incolta, due candelotti di moccio dalle narici. Forse è morto proprio lì – pensiero stupido, realizza, non potrebbe mai starci un braciere in questa stanza. Forse anche lui ha subito attenzioni del genere.
-Hai già ucciso uno dei nostri. Come faccio a sapere che…-
-È STATO UN INCIDENTE!-
Sadi-chan ha schiaffeggiato un piano, abbastanza forte da far tremare la bacheca attaccata alla porta. Baby 5 si irrigidisce. Non sarebbe dovuta andare, ne è certa più che mai. Ma finirà, mi riporteranno in cella, e dopo…
E dopo la riporteranno indietro, ancora e ancora, finché di lei non resterà più nemmeno il nome.
-Credi che non mi vergogni, per quanto è successo? Io sono una torturatrice professionista. Mai uccisa una vittima in anni di onesto lavoro!-
-Era dei nostri! Gli volevamo bene.-
La torturatrice sospira. I cassetti si chiudono, una chiave gira. -Immagino che mi dispiacerebbe, se Magellan-kun facesse una fine del genere. O Domino, lei è tanto simpatica. Per il mio compleanno mi ha regalato una Pera dell’Agonia di platino. Mmmmh.-
Questa donna è pazza. L’ha salvata, ma solo per farle altro male. Non può perdonare quello che ha combinato – a lei stessa, a Trebol, a Sugar e a tutti gli altri – per un solo atto simpatizzante.
Eppure Sai l’avrebbe fatto per lei.
No. Sai non esiste, non più. Sarebbe finito come tutti gli altri suoi mariti, se Doffy l’avesse voluto. Avevano gli stessi sguardi di quelle tre guardie, quando le avevano chiesto di sposarla. Forse, mesi prima avrebbe maritato anche quei tre infami, tutti insieme. Ho detto di no, ho veramente detto di no. E vorrebbe ripeterlo altre mille volte, urlarlo alla famiglia e a tutto il mondo, finché anche Trebol, Vergo e Monet lo venissero a sapere.
-Ci credono delicate, a noi signorine, ma quando iniziano ad urlare cambia tutto. È così che si fa un lavoro ben fatto. Prometto che non ti ucciderò, simpatica ragazza. Sono una brava torturatrice, mi basta solo che urli. Poi tornerai dai tuoi cari e tutto finirà.-
Avanti, sciocca, sei qui per scoprire come andarcene. Guardati intorno. Un indizio. Qualunque cosa. Ma Sadi-Chan è di fronte a lei, e tiene in mano una siringa colma di un liquido lilla.
-Che cos’è? Stai lontana!-
Sadi-chan sorride. -Sei coraggiosa. Mi piaci. Le persone migliori danno le urla migliori-
L’ago affonda nella sua gola, silenzioso come i fili del Padroncino. L’urlo di Baby 5, invece, raschia contro la trachea e pulsa a ripetizione nelle orecchie.


A.A:
Anche qui mi ritrovo a trattare una tematica delicata, e con una certa apprensione. Due anni fa ho pubblicato una one-shot (ora cancellata) in un altro fandom, che trattava un tema simile, ed è stata ricevura in maniera molto negativa. Ho giurato a me stessa di non scrivere più uno stupro, e quello che succede qui con Baby 5 è il massimo a cui intendo arrivare in questo campo. Tuttavia vi invito ad essere onesti e farmi notare se tratto la questione con troppa leggerezza o superficialità. Da una parte, in un ambiente come Impel Down una situazione del genere è plausibile e tristemente realistica. Dall'altro, è sempre una questione importante che già troppi autori hanno insultato. 
Quindi vi prego: siate onesti, siate diretti, ditemi tutto quello che non va. Se si può sistemare lo sistemerò. Se non si può sistemare cancellerò il capitolo e tenterò un altro espediente. Mi assumo la responsabilità piena di quello che scrivo. 
Tolta di mezzo questa precisazione, passiamo al corpo della cosa. 
1. Machvise e Lao G fanno il gioco stupidissimo che si fa nelle scuole, in cui due persone si "eliminano" a vicenda toccando le dita dell'avversario. Non so come si chiami e non ho tempo di spiegare le regole, ma suppongo che lo abbiate presente. 
2. Quando nei manicomi del passato si praticava l'elettroshock ai pazienti prigionieri, essi tenevano in bocca un morsetto di gomma che gli impediva di mordersi inavvertitamente la lingua. Pica non ha avuto una tale cortesia, cosicché, dovendo tenere la bocca spalancata per preservare la propria lingua, si è visto costretto a urlare. Alla fine la lingua se l'è morsa lo stesso. Non fate caso ai suoi pucciosi – finalmente – codini: è incazzato.
3. Oppure Pica non ha affatto subito l'elettroshock. Magarli Sadi-chan e compagnia gli hanno solo fatto ascoltare questa meravigliosa canzone composta su di lui da un misconosciuto gruppo spagnolo. L'ho sentita in un film (la tentazione di infastidire la mia famiglia a cui One Piece non piace strillando "Diamà, sono nella doccia, smettila di chiamarmi!" era forte) e credetemi, farebbe urlare anche Jinbei. Sempre Sia Lodato Egli. 
4. So che una Sugar così fragile può sembrare OOC, ma la situazione è estrema e ipotizzo che anche lei non ce la faccia più. Il suo rapporto con Monet è una pagina bianca che posso scrivere a mio piacere. E a me piace che si soffra e ci si voglia bene, come anche con il buon vecchio Trebol. Ah, anche Vergo è morto. What is a Vergo? 
5. Mi è stato detto, su Tumblr, che facendo di lei un'assassina accidentale rendevo Sadi-chan fin troppo antipatica e cattiva. Qui ho cercato di darle del riscatto. Oltre all'atto di salvataggio verso Baby 5, c'è anche da ribadire che lei ha ucciso Trebol per errore e non si perdonerà mai per averlo fatto. In fondo anche il personale di Impel Down è un po' una famigliola – Magellan è il capofamiglia, Sadi stessa la sorellina che sta attraversando una fase, Domino la signora cazzuta, Hannyabal il fratellino fastidioso che si tollera perchè in fondo fa tenerezza, Saldeath l'uno-su-cinque sano e Shillew quello Di Cui Non Parliamo – e il lutto è una sensazione purtroppo universale. 
6. Non credo che il qi rappresenti un potere particolare nel mondo di One Piece, tuttavia le mie ricerche mi informano che il qi-gong può essere effettivamente usato per scaldare il proprio corpo. Se Lao G sa servirsene così bene, probabilmente può aiutare i compagni di cella a non gelare a morte.  
7. ...per caso, Tré Cool dei Green Day si chiama "Trebol"? 
Alla prossima, e grazie. Mi raccomando, siate onesti. Voglio essere certa di aver fatto bene. 
Lady R

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Capitolo 9
*** Tutto Per Tutto – Il Piano Disperato Di Baby 5 ***


Tutto Per Tutto – Il Piano Disperato Di Baby 5


C’è una fiamma in fondo al tunnel, che trema troppo lontano per sentirne il calore. Punge contro i suoi occhi abbastanza da urlare, ma nessun suono sfugge dalla bocca di Baby 5.
-Ben svegliata, mia cara. Mmmh.-
La sua faccia gocciola, la lingua brucia a contatto con il palato. Contrae le braccia, e l’agalmatolite risuona contro un pavimento solido e freddo.
-Tu non hai visto, né sentito niente, ma hai urlato che è una meraviglia.-
Sbatte le palpebre, spesse e burrose. La fiamma è in cima a una candela, su un tavolo che pare alto come una montagna. Accanto giace una siringa vuota. La sua pelle brucia, ogni respiro è un calcio nel petto.
-Ti chiederai perché non sei in cella. Non mi fidavo a lasciarti sola, con tutti questi porci che girano. Ti accompagnerò di persona. Te lo meriti, mi hai fatto proprio divertire.-
Sbatte di nuovo le palpebre, si guarda le mani e tutto il corpo: giace per terra, rannicchiata sul fianco, con i polsi ammanettati raccolti in grembo. Si asciuga la faccia con la manica.
Sadi-chan, appoggiata allo stipite della porta, avvicina all’orecchio la cornetta di un lumacofono.
-Domino, sei tu? Li hai portati dove di dovere?-
Dobbiamo andarcene di qui. Baby 5 si tira a sedere, allontana i capelli dalla bocca. Sono ruvidi come una rete da pesca, e altrettanto salati sulla sua lingua. Non vede la sedia cui l’avevano legata prima, e ringrazia: è venuta lassù per pensare alla fuga, non per soffrire ancora. Siamo sole, qui dentro, e se volessero farmi altro male mi proteggerebbe. Affezionarsi alla sua torturatrice – a colei che ha ucciso Trebol – ha persino meno senso che accettare di sposarsi uno sconosciuto, più di uno addirittura. Ma si tratta di sopravvivere, e ci si arrangia. C’è chi fa di peggio per quello.
-Mmmh, grazie, sei un’amica. Il tempo di una bella doccia, e poi gliela faremo pagare assieme. Dovremmo assumere più donne, in questo carcere. Anche Hannyabal è furioso? Mi sembra il minimo. Ti devo lasciare, è rinvenuta. Ti richiamo io.-
La diavolessa appoggia il lumacofono su una mensola, e si china su di lei.
-Finalmente è arrivato. Un composto speciale del Dottor Vegapunk: tutto il dolore che può infliggere un Pacifista, ma senza gli effetti fisici. Niente di rotto, nemmeno una misera appendicite. Ma fa male, eccome se fa male. Mmmh.-
Baby 5 prende un respiro profondo, come vorrebbe Lao G, ma i polmoni bruciano come se avesse appena inalato benzina. Tossisce, e piomba in ginocchio sulle gambe tremanti.
-Su, il pavimento non è posto per te.- Sadi-chan la afferra per le spalle e la strattona per tirarla su. Baby 5 geme contro i denti serrati. Punta i piedi nella pietra, per non cadere. Presto tornerà in cella. La accudiranno, come hanno sempre fatto, e le diranno che è tutto a posto e che ha combattuto bene.
Ma non ho trovato niente. La porta si apre, due guardie incappucciate battono i tacchi alla loro superiore. Hanno le stesse uniformi di chi l’ha assalita. Baby 5 deglutisce, perché se non lo facesse si vomiterebbe addosso. Vuole la sua famiglia, vuole riposare, e non vedere mai più quei cappucci marroni.
-Dobbiamo riportare la signorina in cella.-
Non è giusto, non ho ottenuto niente. Ha detto un “no”, forte e deciso, ma a quale prezzo? Deve pensare a qualcosa, anche così in fretta.
-E non fate brutti scherzi.- ripete Sadi-chan. -Ho una frusta nuova e non ho paura a usarla.-
Baby 5 si irrigidisce. È un’idea disperata, ma si adatta proprio così a Impel Down. Era una combattente, ma non lo è più: e alla gente piace approfittarsi di lei, nessuno sarà sorpreso che succeda una volta di più.
Strilla, allungando le mani ammanettate. La stoffa pare cilicio strusciando contro la sua pelle. -Lui! Lui era tra di loro!- indica la guardia di destra, a caso.
-Cosa? Non l’ho mai vista prima!- L’uomo sgrana gli occhi, ma la frusta di Sadi-chan si abbatte contro la sua faccia. L’altra guardia afferra il polso della torturatrice. -Vi prego, calmatevi! È stato di turno con me tutta la giornata.-
-Lasciami! Non provare a difenderlo!-
Sadi-chan strattona il proprio braccio, e l’altro uomo rimbalza sul muro fino a Baby 5. Le chiavi sono alla cintura, attaccate a un anello di metallo, pronte per essere acchiappate. L’uomo si è alzato e le dà le spalle, tira Sadi-chan per un braccio troppo forte per lui. Le dita tremanti di Baby 5 afferrano l’anello, conducono una chiave fino al moschettone e la fanno scivolare fuori.
Presto. Non sbagliare. Con la destra, spinge la chiave nella manica sinistra dell’uniforme. È fredda come la cella che la attende, e il pensiero basta a darle forza. Non sarà più sola, quando tornerà laggiù. E forse…
Si appoggia alla parete e si trascina fino al tavolo. La chiave scorre contro la sua pelle, lungo il fianco e giù dalla gamba sinistra. Baby 5 piega il ginocchio per non farla scorrere oltre. Sadi-chan si volta a fissarla. -Che fai?-
-Non mi sento bene…-
Si lascia cadere contro il tavolo, a peso morto. Il legno si inclina, si rovescia con un tonfo. E un rumore di vetri rotti, quello che Baby 5 aspettava. Si rivolta sul fianco, allunga la gamba sinistra. Il vetro punge come i denti di uno squalo. Se Dellinger mi avesse morsa… ma non ha voglia di pensare a Dellinger. Potrebbe essere lui, il prossimo. O Buffalo, o Gladius, o il povero Diamante. O lei stessa, peggio ancora se Sadi-chan non farà in tempo a proteggerla.
-Ecco, avete visto? Questo carcere è un covo di serpi!-
I due uomini si fanno indietro all’urlo di Sadi-chan. Baby 5 si strofina teatralmente una mano sulla fronte. -Signora, forse no. Non era lui. Non ricordo bene. Vorrei tornare alla mia cella.-
Si piega teatralmente sulle ginocchia, gemendo.
-Il piede! Mi fa malissimo. Non posso camminare.- Non è del tutto una bugia, il vetro deve averle lacerato la pelle a fondo. Se il piano fallisse si ritroverebbe con una signora ferita, e nella cella hanno finito da chissà quanto il disinfettante. La chiave è sotto la pianta del piede, e gratta contro i pezzi di vetro che vi sono conficcati.
-Vuoi che ti portiamo in braccio, principessa?- domanda una guardia al collega.
-Non ti ricordi? Questa il principe l’ha mollato. Feccia chiama feccia. Pirati, tutti uguali.-
Non esistono, non ascoltarli. Si passa un braccio sugli occhi, anche se non sta piangendo, e singhiozza.
-Lasciate che me lo fasci. Vi prego, solo un istante.-
Afferra la manica della sua veste e la strappa con tutte le sue forze. Un refolo freddo le morde il braccio nudo. Avvolge lo strappo attorno al piede ferito come fosse carta da pacchi, annodandolo attorno alla pianta e sulla caviglia. Il cuore martella contro il suo petto: la chiave è là, fredda come il ghiaccio su cui per chissà quanto ha dormito. Stringe le dita dei piedi su di essa. Il sinistro è avvolto nella stoffa fino alla caviglia. Sembra una di quelle buste di plastica in cui si avvolgono le scarpe quando piove.
-Lei non era del livello cinque?-
-Esatto. Deve essere suonata, col freddo che fa laggiù.-
Bisogna deviare l’attenzione, o potrebbero insospettirsi. -Tanto moriremo congelati comunque. Meglio prima che dopo.-
Cammina trascinando la gamba sinistra contro le piastrelle. -Che male, che male.- geme, e le guardie la tirano per i polsi. La chiave, legata stretta alla pianta del suo piede, non tintinna.
Il freddo la schiaffeggia quando la spingono fuori dall’ascensore, e brucia sul suo corpo ancora scosso da quell’iniezione. Baby 5 non ha idea di come facciano quei maledetti ad orientarsi in quelle celle tutte uguali. La stoffa che le avvolge il piede è bagnata, gelida, pesante come uno scarpone. Se si sciogliesse prima la riporterebbero indietro, o punirebbero uno degli altri per tormentarla ancora.
Il grido di battaglia di Dellinger risuona tra la neve. Poi un applauso tonante: Buffalo. Lao G urla la sua lettera favorita, Diamante ride strascicando. La rientranza che li racchiude, cinque lati di pietra ghiacciata e uno di sbarre di agalmatolite, è più piccola di quanto ricordasse vista da fuori. Non sente nulla dalla caviglia sinistra in giù, ma manca così poco, ormai. Appena si saranno tolti le manette, Lao G e Dellinger si libereranno della porta, e la Famiglia Donquixiote tornerà a solcare i mari. Ancora un po’, andrà tutto bene.
La guardia alla sua destra si ferma. Una mano guantata le strattona il braccio.
-Cos’hai lì?-
Baby 5 sobbalza. La cella è abbastanza vicina da distinguere le parole sussurrate degli occupanti. Gladius racconta a Jora e Señor Pink qualcosa sulla storia della cultura steampunk. Ma non importa, adesso: il nodo attorno alla caviglia si è sciolto, e la punta della chiave, lunga una spanna, sporge da sotto le sue dita.
-Brutta bugiarda! Avremmo dovuto saperlo!-
Non adesso, non così vicino. Baby 5 colpisce la chiave con un calcio, spargendo di sangue il pavimento bianco. Non sente il colpo contro la pelle, ormai fredda e rigida come il ghiaccio stesso. La chiave scivola sul ghiaccio, oltre le sbarre e nelle mani in attesa di Dellinger.
-No!- urla Sadi-chan. -Come hai potuto?-
-Maledetta bastarda!-
La guardia alla sua sinistra solleva la pistola. Baby 5 gli sferra una ginocchiata nel ventre: uno sparo, e un buco di proiettile fuma accanto al suo piede. Mani la afferrano per i capelli, la tirano e torcono e strappano. Baby 5 afferra con le dita rigide il cane della pistola, sospeso a un palmo dalla sua faccia, e lo spinge di lato. Lo sparo successivo la lascia sorda per un attimo, e la spalla destra sfrigola quando torna a sentire. Nuove lacrime le sfuggono dagli occhi, ma persino il suo volto pare freddo paragonato alla scapola, all’avambraccio, all’intero braccio destro su cui scorre a rivoli sangue di un rosso quasi nero. La bocca di fuoco della pistola preme contro la sua fronte in un bacio gelido e fin troppo familiare.
Ma nessun terzo sparo pone fine al silenzio.
Il cerchio freddo si allontana dalla sua fronte, le mani che la cingono scivolano via. -Che cazzo…?- impreca la prima guardia. Baby 5 spalanca gli occhi. Nelle mani dell’uomo, dove poco prima c’era la sua pistola, trema una forma verde pistacchio simile a una L rovesciata, dalle punte a spirale. Artistica.
La seconda guardia si divincola nella presa di una mano di pietra grande come un cancello. La porta di sbarre rimbalza contro la neve, oltre le loro spalle, e striscia sul ghiaccio fino a sparire dalla loro vista. Sadi-chan giace sulla schiena – Dellinger la sovrasta, il tallone a un palmo dalla sua faccia. La guardia che le voleva sparare rotola un pugno di metri oltre la torturatrice. Dove prima lei stava in piedi, ora si staglia Lao G, e il suo pugno alzato non lascia spazio a equivoci.
-Miei cari.- Dall’alto delle sue gambe, più lunghe dei suoi interlocutori, Diamante si china sui tre carcerieri. Si pulisce il mento coperto di bava con un polso privo di manette e sorride pietosamente.
-Parmi che il tavolo di gioco si sia girato.-
Baby 5 piomba in ginocchio. La spalla scoppia, la pelle brucia all’impatto col terreno. -AH!-
Gladius si inginocchia di fronte a lei. Non si vedono gli occhi, dietro gli spessi occhiali, ma le sue mani si serrano ai suoi polsi con impeto, e il suo respiro è affrettato.
-Va tutto bene.- sussurra. -Siamo tutti qui. Ce la possiamo fare.-
-Levati di dosso, palla di lardo! Mmmh!- strilla Sadi-chan. Machvise, sdraiato sopra di lei, appoggia il mento sulle mani. -Sono ventimila chili. Sei tosta, lo ammetto, ma lo siamo anche noi-
Le altre due guardie, strette ciascuno in una mano di pietra, urlano e scalciano. Due occhi gialli, grandi come piatti, li squadrano furiosi dal pavimento.
-Schiacciali, pietruzza. Schhiacciali come insetti.- Diamante si frega le mani tremanti.
-Avanti, falli fuori!- rincara Dellinger. -Non hanno fatto che percularti, se la sono cercata.-
I gemiti degli uomini si fanno più acuti, più striduli. Singhiozzano. A un uomo che aveva riso, un soldato in mezzo a mille altri, Pica aveva promesso una tomba di pietra, senza nemmeno un corpo da restituire ai suoi cari. Se c’è qualcuno che lo meriterebbe si trova senz’altro a Impel Down, dietro o davanti le sbarre.
Gli enormi occhi si chiudono, le palpebre di pietra ghiacciata svaniscono nel pavimento. Pica emerge dal suolo, di fronte a loro, dando la schiena a Baby 5 e agli altri. Sospira. -Non mi va.-
-Non ti va?- Gladius trasale. -Hanno riso di te.-
-Tutti ridono di me. Non cambierebbe nulla. Non starò meglio con me stesso facendo a pezzi il mondo intero.-
I due uomini sghignazzano tra le lacrime. Pica gli getta uno sguardo di sufficienza. Dalla manica dell’uniforme estrae i suoi guanti viola, appallottolati. Li sfila uno dall’altro, e li ficca di forza nelle bocche ridenti delle guardie.
-Lo faccio per me, non per voi.- Appoggia il dito indice sulle labbra. L’unghia strappata è ricresciuta, identica in tutto alle altre. Almeno cinque cicatrici più vecchie avvolgono le falangi, simili ad anelli. I guanti nascondevano quelle, le hanno nascoste anche al Padroncino. Potrà comprarsi guanti nuovi una volta libero, ma a Baby 5 piace pensare che non lo farà.
-Sei sicuro?- domanda Gladius. Pica scrolla le spalle. Le punte non sono ricresciute, e gli spallacci non basteranno a riaverle indietro. -Non posso nascondermi per sempre. Voglio essere fiero, come mi ha detto Tré.-
-Caracolicito…- Diamante sospira e sbatte le palpebre. -Se fosse qui… Gliel’hai fatta vedere, però. Bravo, davvero bravo.-
Buffalo alza il pollice. -Eggià! Nessuno prende per il culo Mister Soprano.-
Pica solleva il pugno serrato, percorso di cicatrici fino al polso. -Chiamami così un’altra volta e ti farò rimpiangere la sala di tortura.-
-Ehi!- Machvise picchia il pugno a terra. -Questa, invece? La ammazziamo?-
-Togliti di dosso!- Sadi-chan allunga il braccio verso la frusta, che giace a qualche palmo dalle sue dita. -Evasione! Direttore, direttore! Capocarceriera!-
-No. Lasciala a me.-
Sugar avanza verso di lei, stirandosi le dita. I palmi brillano di un rosa quasi rosso. Fu proprio Sadi-chan a farla ustionare, entrambe le volte. Baby 5 sa cosa sta per succedere e non lo impedirebbe nemmeno se volesse. Eppure fa un passo avanti sulle gambe tremule.
-Aspetta, Sugar. Solo un attimo.-
La donna-bambina si ritrae, perplessa. Baby 5 si china sulla carceriera, serrando i denti alla spalla in fiamme.
-Ti devo un grazie, nonostante tutto. Ma non pensare che possa perdonarti il resto.-
Deve essere una brava guerriera, se riesce a sopportare il peso di Machvise senza neanche una lacrima. Vederla sconfitta è quasi rassicurante: gli altri demoni del carcere faranno una fine del genere, e l'uscita pare già più vicina. 
Sadi-chan serra i denti. Baby 5 fa un passo indietro. -A te, Sugar.-
La donna-bambina si inginocchia di fianco alla torturatrice e solleva la mano aperta. Sadi-Chan si volta dall’altra parte. -Direttore! Capocarceriera! Magellan-kun! Stai lontano da me, mostro!-
-Questo è per Trebol, brutta stronza.-
Il rumore dello schiaffo echeggia tra le mura ghiacciate. Sotto il petto di Machvise si divincola una bambola di pezza, con boccoli di lana marrone e occhi ricamati.
-Che cosa mi hai fatto?- strilla dalla sua bocca di stoffa. -Mmmh, lasciami andare!-
-Adesso il contratto.- Sugar afferra la bambola per i capelli, -tu rimarrai in questo livello finché non ce ne saremo andati da Impel Down. Se chiederanno che fine abbiamo fatto, dì loro che siamo morti congelati e ci hanno gettato in mare.-
-Siete morti congelati e vi hanno gettato in mare.- ripete il giocattolo.
Machvise si mette in ginocchio, e la bambola si alza in piedi, spazzando la neve dai fiocchi e dai pizzi del suo abito rosa. Si incammina verso la parete e vi si siede contro.
-Dovrebbe bastare a guadagnare tempo.- Sugar si alza in piedi, sospirando. -Non è la stessa cosa, senza di lui.-
Jora le appoggia una mano sulla spalla. -Coraggio, togliamo le manette anche a lei. Ci ha tirato fuori, non vorremmo dimenticarcela-zamazu?-
-Kyaah. Brava, davvero brava.- Dellinger gira la chiave nella serratura, le manette tintinnano contro il ghiaccio. Baby 5 vibra, dai piedi insensibili alle punte delle dita, come se tutto il suo corpo si risvegliasse da un lungo sonno.
-Armorphosis?- sussurra. La sua mano si fa molle, si piega su sé stessa in un turbine verdastro, e si ricompone nella forma di un revolver.
Baby 5 porta alla bocca l’altra mano. -Sì! Sì! Finalmente!-, e abbraccia quella piccola pistola come il più bello dei tesori. Persino il bruciore alla pelle, ancora forte come mille schiaffi, e le fitte di coltello che le straziano la spalla e il piede, sembrano per un attimo una carezza affettuosa.
-Nuota! Nuota!- Señor Pink emerge dal ghiaccio come un delfino dalle onde. -Finalmente mi sento vivo. Grazie, Baby 5.-
La pistola si ritrasforma in braccio, senza un rumore. -Pre…-
Una fitta dolorosa, come uno stiletto conficcato nella sua spalla, la interrompe. Senza il braccio di Gladius a sorreggerla, Baby 5 sarebbe caduta in ginocchio. Il compagno d’armata rassetta la presa.
-È ferita.- esclama. -Le hanno sparato nella spalla, guardate.-
“Sto bene”, vorrebbe dire Baby 5, ma un’altra fitta, più forte della prima,  la zittisce. Porta la mano alla ferita, ansimando sui denti stretti.
-Sei stata fantastica.- proclama Diamante. -Adesso mettiti comoda. Pensiamo noi a tutto quanto.-
-Andiamo dal Padroncino?- biascica Baby 5.
Machvise la solleva tra le braccia, tenendola al petto come uno sposo farebbe a una sposa. Forse Sai l’avrebbe abbracciata così, se fosse rimasta. Ma quella stretta flaccida, contro un petto villoso al di sotto della stoffa, le piace ugualmente. Vi appoggia contro la testa, sospirando di sollievo.
-Andiamo a rilassarci un po’. Non possiamo liberare nessuno, ridotti così. Poi ci racconterai ben bene il tuo piano di fuga.-
-Un applauso a Baby 5!- proclama Buffalo. -Facciamole tutti un applauso-dausyan!-
-Gliel’hai fatta vedere, a quei bastardi.- Dellinger solleva le mani. Machvise batte le sue, rassettandola tra le braccia. Jora, Gladius, Señor Pink, Sugar, persino Lao G: le labbra di Baby 5 tremano troppo anche per un “grazie”. Spera che il suo sorriso basti come risposta.
-Applaudite anche voi, o ve la facciamo vedere.- Diamante solleva le mani tremule, come se fosse tornato al Colosseo. Pica stira le dita, in silenzio. I prigionieri battono le mani, ritirandosi tremanti verso le pareti.
-Come avete fatto?- esclama una voce inconfondibile dalla cella accanto alla loro. -Come vi siete liberati? Quasi nessuno scappa da Impel Down.-
-Lo scoprireste, se aveste una famiglia.- Il tono di Sugar è freddo come l’Inferno che li contiene. -Ma siete troppo cresciuti, per queste cazzate.-
Apre la fila, seguita da Señor Pink e Lao G. Baby 5 si stringe alle spalle di Machvise e getta un ultimo sguardo alla cella vuota, sempre più lontana. Dovrà raccontare tutto, quello che l’ha ferita e che ha affrontato, e quel piccolo “no” che risuona nella sua mente a intermittenza. Nell’Inferno del Gelo non ci sono lumacofoni, riusciranno a sgusciare via senza farsi vedere. Ogni respiro è una nuova coltellata alla spalla, ogni gesto una fitta profonda e acuta. Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo davvero fatta. Trema di aspettativa, e volge lo sguardo all’ascensore, vicino abbastanza da sovrastarla.
-Ci serviranno armi da fuoco, un Log Pose per navigare, un lumacofono, magari qualcosa per coprirci, e altre medicine da portare con noi.- conteggia un Gladius che non vede.
-Ci serve di rilassarci.- risponde dolcemente Diamante, appoggiato alla spalla di Pica. -Troviamo dove si mangia e ci rifocilliamo. Il Padroncino capirà.-
Baby 5 chiude gli occhi, lasciandosi cullare.


A.A.
CE L'HANNO FATTA. 
È ancora troppo presto per sapere se i Donquixiote eguaglieranno la prova di Shiki e di Luffy, ma sono fuori dalla cella, e questo aiuta. Questo venerdì ho completato il mio utlimo esame, a pieni voti peraltro, e oggi è stata un po' una giornata del tipo "tremate, mammina è libera". 
Comunque, Baby 5 ha compiuto l'azione. Dellinger e Lao G, che non usando Frutti del Diavolo non subiscono l'effetto debilitante dell'agalmatolite, hanno liberato rapidamente i compagni. 
1. Che Diamante blateri in spagnolo mi è venuto in mente a partire da questo blog, un RP blog del Barone Tamago, ma un tempo di Diamante. "Caracolicito" deriva da "caracol", ovverosia "lumaca". E sì, anche questo blog sembra apprezzare la Diamante/Trebol e considerare Pica (come anche Vergo e Doffy) come figliocci di Steven Tyler. VIGGIURO che è solo una coincidenza. 
2. Che Baby 5 riesca a fuggire nascondendo un McGuffin sotto al piede mi è stato ispirato dal film Blood Diamonds. Guardatela con discrezione, dato che è abbastanza forte. C'è anche un'ispirazione a partire dalla piratessa Olive, personaggio presente solo nell'anime, che tentò di evadere chiedendo a Hannyabal di voltarsi durante la spoliazione formale. Anche qui, Baby 5 utilizza a suo vantaggio la misoginia di fondo del mondo di One Piece. Semplicemente, anziché servirsi della seduzione, si presenta come una vittima fragile e impotente. Se ci fosse Sanji, come minimo esploderebbe. 
3. Siamo in una landa ghiacciata. Un personaggio forte ma insicuro, con un potere legato a un elemento naturale, decide di lasciarsi alle spalle i propri vecchi traumi e acquisire nuova consapevolezza di sé. Nel farlo si libera dei guanti, da sempre usati per celare il proprio segreto, simbolo di qualcosa tenuto nascosto e repressione. Pica è diventato Elsa? 
4. Col fatto che Baby 5 e tutti gli altri si sono dimenticati di Sadi-chan, Baby 5 ascrive solo a sé stessa il merito del suo primo e fermo "no". Inoltre, nonostante non odi particolarmente la sadica torturatrice, è stato meraviglioso scrivere lo schiaffo che le dà Sugar, volto a distinguere questa particolare trasformazione in giocattolo dalle molte altre che vediamo. Inoltre lei e Domino sono amiche, perché la Legge Delle Donne Che Litigano è uno dei problemi di scrittura misogina che One Piece NON ha (il bellissimo rapporto affettuoso tra Nami e Robin è solo un esempio) e io ne vado fiera. 
5. "Lo scoprireste, se aveste una famiglia. Ma siete troppo cresciuti, per queste cazzate." è una frase molto catartica, dal mio punto di vista. 
Spero di continuare presto, ché mi sento ispirata. 
Alla prossima. 
Lady R

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Capitolo 10
*** "Andate, Dunque" – Un Ordine Del Padroncino Doffy ***


"Andate, Dunque" – Un Ordine Del Padroncino Doffy


Lo sgabuzzino dove si trovano è così piccolo che per farvi entrare Machvise, Diamante, Buffalo e Pica, quest’ultimo ha scavato un ingresso secondario con il Pietra Pietra. Anche là, per non toccare il soffitto, devono stare seduti.
-Meglio così.- aveva commentato Machvise. -Non sospetteranno mai che siamo entrati qua dentro-in.-
Lo sgabuzzino è una scatola senza porta, perché il Pietra Pietra ha anche murato l’ingresso da cui sono entrati, cancellando la porta sotto un impercettibile coltre di sassi. Solo un’intercapedine sottile come un dito, per respirare, rivela che qualcosa è fuori posto: per il resto, gli undici evasi non possono essersi nascosti in una stanza che non esiste. Anche se Baby 5 ci resterebbe per sempre.
Gladius incolla l’ultimo pezzo di nastro adesivo sulla sua spalla, masticandosi addosso briciole di biscotto. Il braccio brucia ancora quando lo muove, ma il proiettile l’ha presa abbastanza di striscio da potersi dichiarare fuori pericolo. Era stato proprio dal braccio destro che aveva strappato la manica: non c’è stata stoffa insanguinata da tagliare, e anche di questo si sente grata. Sono tutti già abbastanza sfiniti senza darle premure in più. Per lo meno non deve tenere il braccio al collo, ed è ambidestra da che abbia lottato la prima volta.   
Piega la caviglia sinistra, guarda le sue dita tremolare al di fuori delle bende che le avvolgono il piede. Il dolore è quello di un ago che le punzecchia la pelle, nulla che non si possa ignorare. Forse riuscirà a camminarci.
Siamo fuori dalla cella. Presto rivedremo il Padroncino e scapperemo via. Non sa se il loro rifugio è davvero caldo, o pare così per via dell'orrore ghiacciato da cui sono fuggiti. Pare impossibile non avere più la pelle d'oca, e i fagioli e i sottaceti delle scatolette che si sono passati erano così saporiti, croccanti e morbidi da inumidirle gli occhi di piacere. Le dita di mani e piedi pulsano di dolore leggero mentre il sangue riprende a circolare.
Prende un biscotto dalla busta e lo mette in bocca tutto intero. Una galletta di grano integrale, senza glassa né cioccolatini, ma dolce come miele sulla sua bocca non più secca. Andrà tutto bene. Si volta, di nuovo, verso la porta che non è più. Basta un minimo errore, o anche solo un colpo di sfortuna, per cancellare tutto e ricacciarli nel profondo dell'Inferno, magari separati.
Jora si versa in bocca sugo rosso da una lattina aperta. La schiaccia tra le mani e la lancia con le altre vuote, che formano un mucchio più alto di Sugar. -Abbiamo mangiato abbastanza, non trovate?-
-Mi mangerei tutta la prigione,- sussurra Gladius. -Ci vorrebbe una bella torta salata, non trovate?-
Machvise si frega le mani. -O una fetta di pizza.-
-O della stramaledetta uva,- proclama Sugar.
O dei Baby Castella, da condividere in veranda come facevamo a Dressrosa. Tornare a mangiarne almeno uno, magari assieme a una sigaretta e una tazza di cioccolata.
Il pavimento freme, si piega come fango. La testa di Señor Pink sbuca dal pavimento. -L'ho preso.-
Con un gorgoglio, il resto del corpo emerge dalle pietre, coperto dalla testa alla vita da una mantella marrone da guardia. Due fucili e una pistola pendono sulla sua schiena, e una lumaca viola grande come un gatto si guarda intorno con grandi occhi curiosi nei suoi palmi. Una cornetta luccica sul suo guscio.
-Non ti hanno visto?- domanda Lao G.
-C’erano tre guardie.- Señor Pink schiocca la lingua, ciucciando l’aria. Depone la lumaca su una cassa. -Ma ipotizzo abbiate notato il tempo verbale passato.-
-Ooh, com’è sodo!- Dellinger sbatte le palpebre e porta i pugni al volto. Señor Pink storce la bocca, sfilando i fucili e la pistola dalla spalla. -Gladius, Sugar: a voi.-
Gli occhi della donna-bambina brillano mentre accarezza l’arma. Senior controlla il caricatore della sua e si toglie di dosso la mantella. Baby 5 sgrana gli occhi: la spiega verso di lei.
-E questa per te, Baby 5. Un abito più ampio potrebbe rassicurarti, dopo ciò che è successo.-
Baby 5 chiude gli occhi a quelle parole, come se fosse delusa da sé stessa. Il che è idiota, non è stata colpa mia e mi sono difesa. Dellinger le stringe la mano attorno al polso.
-Quegli stronzi devono ringraziare che io non fossi nei paraggi.-
-Avremmo dovuto sapere che l’avrebbero fatto.- Una vena pulsa sulla fronte di Gladius, e tutti si ritraggono. -Non dovevamo farti andare da sola.-
-Non voglio pensarci.- Baby 5 prende un profondo respiro e ingolla un sorso d’acqua. -Non è successo. Sto bene.-
-Presto saremo per mare assieme al Padroncino,- sussurra Jora. -Sarà solo un brutto ricordo. Chi proverà a farti una cosa del genere se la vedrà con noi e con lui.-
Baby 5 annuisce, coprendosi le guance rosse con la mano. La mantella è calda come il cappotto del Padroncino, così morbida che la sua uniforme da prigioniera pare al confronto una corazza di pelle. Ce la faranno, si ripete. Si sono scritti addosso il numero delle loro alleate con un pennarello indelebile, nel caso non riescano ad arrivare tutti là fuori. Quello di Baby 5 è sul polso, e le basta guardarlo per sentirsi più in forma e determinata.
Machvise sciacqua la lattina che ha appena svuotato e la appoggia nel palmo in attesa di Diamante. L'alluminio si piega in un foglio spiegazzato.
-Lock.- e si drizza nella forma di una scatola cubica. Baby 5 trasforma il suo dito in uno spillo e trafigge più volte il coperchio, lasciandovi una costellazione di forellini. Gladius fa scivolare l'animaletto dentro la scatola e la chiude.
-Ecco qui, piccolino. Tu sarai il nostro lasciapassare per la libertà.-
Infila la scatola nel sacco, e Sugar se lo infila sulle spalle come uno zaino.
-Direi che è ora di andare.- Diamante torna a sedere su una cassa, con le ginocchia raccolte in grembo. -Sei pronto, Pica?-
Il guerriero fa cenno di sì con la testa. La pietra ai suoi piedi si arrampica lungo le sue gambe, sul petto, fino a ricoprirlo completamente. Si appiattisce, svanendo sotto di loro. Il pavimento vibra, le casse tremano, Machvise regge lo scaffale della dispensa perché non cada. Lo stomaco di Baby 5 fa un salto, come se fosse in un ascensore.
-Sta spostando la stanza nella parete!- A Dellinger brillano gli occhi. -Kyaah, voglio cambiare armata! Prendetemi nella Squadra d’Assalto, avanti!-
-Giovanotto, ferisci i miei sentimenti.- mormora Diamante. Le torce fanno brillare di un giallo malaticcio il sudore sulla sua faccia.
Baby 5 non ha idea di come farà, ridotto così, a salire fino in cime alla prigione. Non possono portarlo a braccia, non nella frenesia della fuga. D’altra parte, se lasciato a sé stesso, sarebbe capace di offrirsi di correre come se niente fosse.
Deve essere bello, vivere così.
La stanza trema sui lati, le mura si assestano. Due occhi gialli si aprono sulla parete, e sotto di loro due spesse labbra. -Il sesto livello è sotto di noi. Non vedo Doffy. Controllo se la via è libera e vi faccio uscire.-
Il volto scompare; silenzio. Baby 5 si stira le dita, come in attesa di un duello.
Il muro si spalanca attorno a loro. Pica attende fuori dall’uscita, con i pugni serrati e gli occhi che dardeggiano da una cella all’altra.
-Dobbiamo trovare Doffy.- sussurra. -Qui è tutto uguale.-
-Dividiamoci.- propone Buffalo. Dellinger lo squadra con un’espressione tra il disgusto e l’ilarità: -L’idiozia del giorno l’hai detta, direi che siamo a posto così.-
Baby 5 solleva il braccio: -Fire Girl.- Il suo polso si piega, si riavvolge su sé stesso, e si solidifica in un lanciafiamme acceso. Lo punta di fronte a sé, e un fascio di luce rossa rischiara il corridoio di fronte a loro.
Buffalo, Dellinger e Lao G si mettono in retroguardia. Machvise e Jora si posizionano ai lati di Sugar. Poi Pica e Diamante alle sue spalle, mentre Señor Pink e Gladius aprono la fila, con i fucili imbracciati.
-Liberateci!- piange una voce sopra di loro. -Fateci uscire, vi prego!- stride un’altra. Baby 5 guarda fisso di fronte a sé: potrebbero replicare il piano di Marshall D. Teach, ma nessuno evade con un’idea già vista. I prigionieri che si sporgono dalle sbarre non utilizzano Frutti del Diavolo. Non sono il Padroncino, e non esistono fino a nuov’ordine.

I piedi di Baby 5 si sono fatti pesanti quando Señor Pink sobbalza e indica una cella alla sua sinistra. Corre alle sbarre, spegnendo il lanciafiamme.
-Padroncino.- ansima Gladius. -Finalmente…-
I capelli biondi luccicano come oro, sul fondo della cella. Baby 5 non vede il suo volto, eccetto un mento pallido e fin troppo aguzzo per essere il suo. Buffalo la solleva sui palmi come una bambina. Il cuore di Baby 5 ha un fremito: gli occhiali da sole sono ancora là, sui suoi occhi, come se a Dressrosa non fosse successo niente. Mentre scende dalle mani di Buffalo vorrebbe avere davanti gli infami che hanno osato incatenarlo così e crivellarli finché non smettono di gridare.
-Padroncino? Siamo qui.- sussurra Machvise nella tenebra.
-La vostra famiglia.- ripete Jora, e deglutisce. -Quasi tutti…-
Le catene scampanano, le viti stridono.
-So già tutto. Mi hanno detto di Trebol. Molte condoglianze, per un tipastro del genere.-
Baby 5 si stringe più forte a Buffalo, gettando un rapido sguardo alle spalle. Il corridoio è vuoto, nemmeno un topo a correre sulle pietre in penombra. Torna a guardare la cella del Padroncino, percorre il suo corpo dai piedi ai capelli e viceversa. Presto potrà abbracciarlo, sorreggerlo se non potesse stare in piedi, dargli da mangiare e rivestirlo con gli abiti che si confanno a un re. Di nuovo una famiglia, di nuovo per mare, in barba a chi ha osato strappargli via tutto.
-Fate silenzio. Apriremo la porta della cella e vi toglieremo le manette.- Gladius accarezza la serratura. Geme: deve essere agalmatolite. Non basterà.
-Vi porterò io, se non riuscite a camminare.- si fa avanti Buffalo.
Il suo tono entusiasta echeggia nella cella spoglia. Un altro rumore di ceppi – quelli ai polsi del Padroncino, che si tendono mentre si stira nella sua indegna posizione.
Solleva appena il collo: -Non fate nulla.-
Baby 5 sobbalza, e non sente il suo respiro sotto quelli degli altri. La presa di Buffalo si stringe al suo braccio, abbastanza da farle male. La allontana scuotendo la spalla. Sono tutti là fuori, per la prima volta da mesi in vantaggio, e lui è un re per natura. Come fa a non sentire la mancanza del mondo?
È Lao G a farsi avanti. -Padroncino, perché?-
Donquixiote Doflamingo ride, e persino le catene tacciono.
-Ho raccolto alcune tra le persone più speciali di tutto il Mare Settentrionale. Molti di voi li ho visti crescere, molti altri sono cresciuti con me. Avete passato il test, a pieni voti. È giunta per voi l’ora di andare.-
Test? Baby 5 si irrigidisce, afferra le sbarre come se potessero a loro volta stringerle le mani. Si volta di spalle: Diamante tiene la mano di Pica nelle sue, massaggiandole il dorso. Trebol tossiva sangue dietro le sbarre, e lo guardavano proprio così.
-Andare dove? Possiamo liberarvi, Padroncino.- Jora si aggrappa alle sbarre della cella.
Dellinger sporge da dietro al suo braccio. -Cosa vi hanno fatto quei demoni?-
-Nulla.- il Padroncino sospira. -Per quelli al mio livello anche la tortura è troppo poco. Ci lasciano ad aspettare, a guardare il soffitto in attesa che succeda qualcosa. E qualcosa succederà, presto o tardi. Qualcosa che vivrò da solo.-
-Se temete nell’ira di Kaido- si fa avanti Baby 5 -noi vi proteggeremo. Vi nasconderemo.-
Il Padroncino inspira, espira, rilassa la testa contro la pietra.
-Non dovete davvero sprecarvi. La Famiglia è sciolta, siete liberi. Potete anche sparpagliarvi, se vi fa piacere.-
Come se Bartholomew Kuma fosse tornato dalla guerra per vendicarsi di loro e dell’uomo che hanno servito. Niente più Ufficiali e Alti Ufficiali, niente più seggio di Quadri e di Picche – e due seggi da soli non reggono un castello – nessuna causa per cui combattere, un mondo da cui scappare come unico legame col passato. Come se fosse facile, vorrebbe urlare Baby 5. Lui stesso dovrebbe sapere cosa significhi abbandonare la vita che si conosce.
-Non capiamo…- biascica Diamante. Uscire di là sotto è stato il loro unico stimolo: non può chiedere di buttarlo via. Non a lui, non a Pica, non alla memoria di Trebol che deve avere ancora.
-La vita è strana.- il Padroncino parla con voce placida. -Un giorno sei in cima al mondo, e quello dopo sei sul fondo dell’oceano. Ci siamo passati tutti. Ma ho visto che siete capaci di camminare da soli. Andate, dunque. Io resterò qui. Vi sciolgo magnanimamente dalle vostre catene.-
Baby 5 vorrebbe strappare a mani nude quelle sbarre, chinarsi al capezzale del Padroncino e chiedergli perché, proprio in faccia. Non importa la differenza di rango, non finché non capisce che succede.
-Noi non siamo mai stati in catene!- Buffalo ha alzato la voce, e il suo pugno alle sbarre le fa vibrare. Sugar appoggia la faccia alle sbarre: -Vi seguiamo per un motivo, Padroncino.-
-Doffy, ti prego. Non riusciamo a capire.- Pica fa un passo avanti, con Diamante appoggiato alla spalla. Dalle gabbie dietro di lui, sopra, ai suoi lati, eruttano risa sguaiate.
-Ma è il prigioniero-soprano?- chiede una voce rauca. -Perché è qui?-
Nessuna pietra si sposta dal suo posto, e Baby 5 non gliene fa una colpa. È troppo: troppo improvviso, troppo forte, troppe cose da assimilare e subire tutte insieme.
Donquixiote Doflamingo si umetta le labbra con la lingua.
-So cosa mi aspetta. Non ho paura. Non ne ho mai avuta. Ma voglio che riguardi me. Se ancora mi chiamate Padroncino, dovete obbedirmi e volare via da qui. Se per voi non ho autorità, allora nulla più ci lega. Andate. Compite la seconda grande evasione da Impel Down.-
-Possiamo compierla insieme.- supplica Baby 5. Nessuno mette in catene Donquixiote Doflamingo, gli ultimi che l’hanno fatto marciscono da decenni sotto terra. Tutto è a rovescia, a Impel Down. Diamante è immobile, Pica è fragile, Sugar piange per Trebol, Baby 5 stessa pronuncia un fermo e deciso no. E Donquixiote Doflamingo lascia che le cose vadano come stanno andando.
-No, non possiamo. È divertente giocare con le vite degli altri, ma le vostre sono troppo preziose perché ci si giochi. Mi sono divertito a sufficienza da dirmi soddisfatto. Questi momenti di compagnia sono belli sporadici come sono.-
Quindi è finita. Che razza di famiglia si scioglie così, senza nemmeno un ultimo abbraccio. Ma ha la mano di Buffalo sulla schiena, deve concentrarsi su quella. È l’unica cosa che ha senso, in quella gabbia asfittica.
Diamante serra le labbra: -Cosa faremo, senza di voi?-
-Quello che vi pare. Restate insieme, o sparpagliatevi a piacimento. Probabilmente sentirò ancora parlare di voi. Se ci rivedremo, sarà il fato a dirlo. In questo momento, il posto migliore per la mia famiglia è lontano da me. Vi ordinerò di andarvene, se sarà necessario. Saranno tutti così confusi, quando sapranno che ho compiuto un gesto carino. Gli darò un bel grattacapo, fufufufu.-
Baby 5 darebbe tutto quello che ha mai posseduto per avere in mano un Dial e tenere quella risata sempre con sé. Ha la bocca aperta, ma non osa dire nulla. Né potrebbe: non si risponde al Padroncino. Buffalo la stringe più forte, e una lacrima si frantuma sul suo braccio, bruciando come il Calderone.
-Avanti, non piangete. Non vi riconosco più. Tanto non mi farete cambiare idea.-
-Padroncino…- tenta Lao G.
-Doffy…- mormora Pica.
-È una mia scelta. Sono capace di scegliere per me. Non costringetemi a farlo per voi.-
Nonostante tutto, si comporta ancora come se fosse un re.
-Cosa state aspettando, ancora qui? Andate là fuori. Probabilmente è una bella giornata di sole.-
È Jora la prima a voltarsi. Tiene Dellinger per il polso, e il ragazzo le carezza il dorso della mano. Poi Señor Pink, e Gladius, e anche lei si volta.
-Ci mancherete, padroncino.- sussurra Sugar.
-Lo so.-
Baby 5 vorrebbe correre senza guardare in faccia a nessuno, fino alla superficie, fino al sole, lontano da quella bugia che ha preso le sembianze del loro capitano. Forse è stata colpa sua – credere che fosse possibile tornare com’erano stati, arrampicarsi di nuovo su Dressrosa e riprendersi i loro seggi a forma di semi da gioco. Non con Kaido che infuria sopra le loro teste con la sua armata di bestie feroci, Trebol che giace in eterno sul fondo del mare, Caesar Clown scomparso e le urla di chi li ha umiliati ancora impresse nelle loro orecchie quando provano a dormire.
È finita. Non ti voltare, stupida, non ti voltare: ma piega la testa all’indietro e si tampona gli occhi umidi con la manica. Diamante e Pica sono due ombre immobili, rigide, e paiono piccoli come Tontatta di fianco alle sbarre che li separano da colui che li ha ispirati.
Si aspetta di sentire la voce del Padroncino – di Doffy, per loro – ricordare ai due ufficiali che sono inutili e nessuno ha bisogno di loro.

Si fermano davanti al primo muro portante che trovano, come se di fronte a loro vi fosse un cancello fortificato anziché la loro via di fuga. Baby 5 si lascia cadere in ginocchio, accarezzando il pavimento con i palmi aperti.
-E adesso?- Lao G si strofina l’indice sulla testa.
Sugar si asciuga gli occhi con i pugni serrati. -Niente Padroncino. Niente Monet. Niente Trebol. Tanto vale ammazzarmi quaggiù.-
Non fa storie quando Jora la prende in braccio, stringendola a sé come faceva con Dellinger da bambino. -Non dire sciocchezze. Non le voglio sentire-zamazu.-
-E allora che si fa?- ringhia Gladius. -Ce ne torniamo a Dressrosa con la coda tra le gambe? Sicuramente hanno ancora un sacco di verdure da tirarci in faccia.-
-Ovvio che non possiamo tornare lì,- sospira Buffalo -ma non sarebbe lo stesso. Il Padroncino non è più nella Flotta dei Sette. Siamo degli evasi. Abbiamo delle taglie-dasuyan.-
Anche Machvise sospira. -Ho passato tutta l’infanzia a scappare. Ho smesso quando è arrivato il Padroncino. E adesso mi tocca tornare a scappare. Che divertente-in.-
Diamante, reggendosi sulle ginocchia tremule, accarezza con una mano altrettanto scossa la guancia del figlio.
-Siamo di nuovo noi due, pietruzza mia. Così cominciamo e così finiamo.-
Pica annuisce. Prende il polso del gladiatore nella sua immensa mano, gli percorre il palmo con il pollice, lascia andare le spalle in un sospiro affaticato.
-E sia.- Dalla cella alle spalle di Baby 5 si leva un riso soffocato. Poi un crocchiare di pietre, e un urlo. -Voglio andare via, Diamante. Via da qui. Abbiamo passato tutto questo per niente?-
-Per noi, ragazzo.- Lao G incrocia le braccia. -Sono arrivato a cinquant’anni senza Padroncino. Non può essersene dimenticato, se ci ha lasciati andare così.-
-Buon per te: io sono qui da prima che cominciassi a parlare.- Dellinger serra i denti, come se avesse già le zanne in resta. -Pensi che possa mettermi a lavorare in un supermercato con la pinna e le corna? O in borsa? Io sono un gladiatore, lo sono sempre stato. Non posso essere altro.-
-Nessuno può.- Diamante è lapidario, nonostante il tono strascicato. -Ecco come siamo finiti insieme. Doffy è stata la nostra salvezza. Ci ha donato un sogno, un…-
Un brivido lo scuote, si lascia cadere contro il muro. Pica gli porge il palmo aperto. -Sto bene. Devo abituarmi anche a quess-chto.-
Prima Trebol, adesso il Padroncino. Sta perdendo tutto, eppure rifiuta di chiamare la resa. -Dobbiamo fare come abbiamo fatto sempre: trovare un altro posto. Siamo ancora ottimi guerrieri.-
-E dove lo troviamo?- la voce di Machvise trema.
Diamante prende un profondo respiro, stringe il polso di Pica, si strofina la manica sul volto umido.
-Non lo so. Ma non lo sapevo neanche allora.-
Baby 5 si ritrae ancora sul muro. C’era il sole, in quella foresta, ma era giallo e freddo e troppo lontano per scaldare. Stava tramontando, quando aveva smesso di correre. Gli occhi bruciavano dal tanto piangere, i piedi e le caviglie sanguinavano. Era la fine, aveva pensato la bambina. Non c’è posto dove andare, per lei.
E neanche adesso. Caesar Clown è scomparso, Kaido reclama i suoi Smile, Dressrosa e i regni vicini ricorderanno i loro volti in ogni dettaglio. È Doffy – sì, lo chiamerà così – che loro vogliono.
Forse è meglio così. Non ci sono Pirati di Donquixiote senza Donquixiote, e il mare è grande abbastanza per trovare un nascondiglio che li contenga tutti.
O forse mi hanno abbandonata per la seconda volta.
E anche se fosse? È già successo: non è morta, non l’hanno fatta schiava, e ha preso parte alla storia.
-Tu che ne pensi, Baby 5?- È sempre Diamante, e la sua voce sembra provenire da dietro una di quelle mura.
-Oh-eh?- Sono ancora laggiù, e una decisione va presa. Sbatte le ciglia, si irrigidisce, si ritrae contro il muro della cella alle sue spalle, ma pronuncia la risposta con lo stesso tono riservato alle truppe subordinate che non ha più.
-Io ho voglia di rivedere il sole. Mi basta questo. Voglio vivere.-
Non avranno un palazzo, un esercito, nemmeno una nave tutta loro. Nascondersi come topi, piegarsi alle leggi e lavorare, rischiare in ogni momento di tornare laggiù: non era il destino che aveva sognato, la sera in cui le porte del palazzo di Dressrosa si erano aperte a lei. Né quando aveva accettato di stare con quel… quel… non ricorda come si chiami, e non è una mancanza per cui soffra. Il Padroncino basta e avanza, in quel senso.
Ma saranno liberi. E la libertà – così proclama Jora serrando i pugni – è la cosa che in fondo bramano tutti. Vale almeno la pena tentare.


A.A.:
Un plot twist inaspettato, ma sempre necessario.
Se voglio che i miei bambini siano liberi, davvero liberi, devo togliere loro i fili. Una decisione sofferta, ma che mi ha fatto piacere scrivere. Dovranno scalare da soli verso la cima di Impel Down, senza il loro storico comandante.
Oltre ad altri dettagli.
1. Le Vivre Card ufficiali rilasciate da Oda rivelano il cibo preferito della Famiglia. Doflamingo: aragosta. Trebol: salsicce. Diamante: vino rosso (non mangia?). Pica: ishiyaki bibimbap (il bibimbap è un piatto tailandese, una ciotola di riso o altro cereale mescolato con verdure, carne, uova e altre delizie, mentre “ishiyaki” fa riferimento a una tecnica di cottura che usa una ciotola in pietra). Vergo: hamburger. Monet: gelato alla menta. Machvise: pizza. Lao G: bistecca d’agnello invecchiata. Jora: dessert artistici. Dellinger: melone. Sugar: uva, ovviamente. Gladius: torta salata (in realtà è scritto “pan quiche”, non so cosa si intenda di preciso con questa variante). Buffalo: gelato a tre gusti. Señor Pink: i pasti fatti in casa della moglie Lucian, e il liquore Gimlet, cui deve il nome il figlio defunto. Viola: Crema catalana. Baby 5: baby castella (il castella è un dolcetto giapponese, e le baby castella sono una variante piccola servita per strada).
2. Trovo l’immagine di Sugar con uno zainetto in spalla deliziosa.
3. Il discorso di Doffy è stata la prima cosa che ho scritto, e il resto ci ha girato intorno. Anche per poco, mi ha fatto piacere scrivere di nuovo la sua voce. Spero di averlo reso bene.
4. Doflamingo ha compiuto un gesto egoista, abbandonando la sua famiglia da sola al mondo? Oppure ha compiuto un gesto di altruismo, allontanandoli da una personalità pericolosa come la sua? No one shall know.
5. Baby 5 è ambidestra perché la vediamo spesso impugnare armi ad entrambe le braccia. Mi piace che sia capace nel corpo a corpo oltre che come cecchina e assassina a distanza. Il che significa che forse, in futuro... 
6. Sì, Pink ha ammazzato della gente innocente. Cattivi si diventa, non si nasce. 
…alla prossima, allora.
Lady R

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Capitolo 11
*** Verdetto Dagli Inferi – L'Ambizione Di Domino E La Spada Di Hannyabal ***


Verdetto Dagli Inferi – L'Ambizione di Domino E La Spada di Hannyabal

"I won't take no prisoners won't spare no lives
Nobody's puttin' up a fight
I got my bell I'm gonna take you to hell
I'm gonna get you, Satan get you
"
[AC/DCHells Bells]


La roccia si apre di fronte a lei, una brezza calda le carezza le guance.
-Sarà una grande prova.- Diamante preme la mano contro il muro di roccia. -Gliela faremo vedere.-
Baby 5 annuisce. Non combatte da mesi, e il suo corpo non è quello di un tempo. L’Inferno cambia davvero le persone: non in meglio, se è quello che hanno sperato gettandola là sotto.
-Siamo sopra il primo livello,- spiega Pica. -Dobbiamo passare da dentro, o finiamo dritti in mare.-
-Oppure potrete tornare nella vostra cella in un unico pezzo. Sempre che vogliate collaborare.
Domino regge un bazooka nelle mani guantate, file e file di guardie imbracciano i fucili alle sue spalle, fin oltre l’arcata. I Blugori formano un cerchio contro la parete alle loro spalle.
Baby 5 solleva il braccio, una gatling ben carica. Anche Gladius punta il suo fucile, e una nuvola di pensiero multicolore pulsa in mano a Jora.
-Pensavate di potervene andare a spasso nei muri in eterno?- Un uomo più alto, con in testa un nemes azzurro e bianco, sguaina una katana a doppia lama. -Sono io il direttore, adesso. Hannyabal! E sarò molto più bravo del mio predecessore Magellan. Non ci sarà nessuna evasione, non se lo dico io! Il direttore!-
Non va sottovalutato, si ricorda Baby 5. C’è troppo, in ballo, perché un errore cancelli la loro battaglia. Una fuga silenziosa sarebbe stata troppo bella, per gente come loro. Sarebbe una fine triste, se avessero qualcosa da perdere.
-Diteci almeno come avete fatto a trovarci.- ringhia Sugar.
-Anche una guardia carceraria può avere una certa ambizione.-  Domino fa un passo avanti. -Non ci sarà un’altra evasione, non stavolta.-
Non c’è bisogno di cercare una risposta sagace. Baby 5 fa un passo avanti, Señor Pink imbraccia il fucile, Dellinger si lecca le labbra affamato di sangue.
Se Domino è intimorita, non lo dà a vedere. -Saldeath sta portando qui i Guardiani Demoniaci. Non avete scampo, non contro di loro.-
-Siete circondati.- Hannyabal rotea la katana in una mano sola. -Deponete le armi e sollevate le braccia, se non volete una battaglia.-
-Squadra d’Assalto.- sussurra Gladius. -I Guardiani Demoniaci sono nostri. Lasciamo ai combattenti le formiche.-
Sugar si avvicina a lui e Buffalo: -Vengo anch’io. Jora può andare con i combattenti.-
-Mi va bene-zamazu.- La vecchia sorride, accarezzando la sua nuvola di pensiero come un cucciolo.
La luce alle spalle di Domino e della sua squadra proietta ombre lunghe come pali. È giorno, c’è il sole. Il Padroncino aveva ragione.

Minorinoceros morde l’aria, le funi di pietra in cui Pica l’ha cinto scricchiolano e crepitano. L’esplosione acceca Baby 5 per un secondo, Buffalo traballa sotto di lei. Gladius sfila il fucile dalla schiena e crivella di colpi la testa della bestia tramortita. -Punc Bala!-
-Sickle Girl!- Si getta a tuffo dalla schiena del compagno e conficca le lame delle braccia negli occhi di Minozebra. Il sangue schizza sul suo petto e appesantisce l’uniforme a righe.
-Pulpostone!- I tentacoli di pietra schizzano sopra la testa di Baby 5 e imbrigliano il collo di Minozebra. La bestia si strappa la pietra di dosso, e colpisce con lo zoccolo il muro di pietra dove gli occhi di Pica sbattono. Quando ritrae la zampa, una voragine larga come uno scudo piega il muro portante.
Non sono animali, ricorda Baby 5 a sé stessa. Sono utilizzatori di Zoo Zoo, che hanno risvegliato i loro Frutti del Diavolo e probabilmente non ricordano nemmeno chi sono. Chissà che aspetto avrebbe lei, se il suo Arma Arma si risvegliasse. Forse è meglio non saperlo: non vorrebbe mai assomigliare a quelle bestie stupide.
Hanno dolci occhi scuri, cinti da ciglia lunghe, ma non sembrano guardare da nessuna parte nemmeno quando vibrano i loro colpi. E i loro nasi gocciolano: intollerabile.
-FIRE GIRL!- È Minotauros il più vicino, e il tonfo alle sue spalle la avverte che Buffalo le ha letto nel pensiero. -Dasuyan!-
Il vento – una brezza leggera per un attimo, poi una tempesta – le solleva i capelli. Si impigliano nelle sue ciglia, nella sua bocca, sotto il suo mento. Il fuoco è giallo accecante, uno schiaffo di calore che si era dimenticata esistesse. Minotauros muggisce, si divincola sotto i lacci di fuoco. Un’onda bollente, che fa tremare l’aria e le pareti. Le guance di Baby 5 pulsano di sangue.
Il lanciafiamme si ritrae, le gambe ritornano gambe – Minotauros giace sulla schiena, e un filo di fumo emana dal suo corpo nero.
Le gambe di Baby 5 tremano. Sono stanchi, denutriti, disabituati. Se stanno combattendo è perché non è rimasto altro da fare. Gladius si appoggia al muro ansimando, e persino i colpi di Pica sono meno furenti che a Dressrosa.
C’è il sole. C’è il vento. Non è questo, che tutti vogliono?
-Buffalo, attento!-
L’uomo-elicottero si volta di scatto verso Gladius. Il pugno scatta davanti agli occhi di Baby 5. Buffalo rotola sulle pietre, sbatte contro il muro con un boato di pietra. Minokoala abbassa la zampa: sangue gocciola dal tirapugni!-
-Dasuuu…- l’urlo di dolore di Buffalo si perde verso il muro.
Non lui! Giace riverso sulla schiena, una goccia di sangue gli scorre lungo il naso. Minokoala avanza nella sua direzione, ha il pugno serrato. Non c’è tempo da perdere.
-Gatling G…-
Dita ruvide si serrano alla sua gola e si stringono attorno al suo collo. C’è un angolo di canapa marrone che gratta contro la sua pelle. Baby 5 piomba in ginocchio, ansimando contro la corda. Il pugno di Minokoala si leva, Buffalo rantola, tremando sulle braccia.
Baby 5 stringe le dita sulla canapa. -K-knife girl!-
Minokoala abbassa il pugno. Scappa, Buffalo – ma il suo amico sputa altro sangue e solleva le braccia davanti al volto. Le dita di Baby 5 grattano contro la corda, la canapa scatta. Twang.
Baby 5 non ha tempo di respirare di sollievo. Corre attorno a Minokoala, i capelli che le frustano il volto, e si tuffa davanti a Buffalo. Le ginocchia fremono di dolore.
-Shield girl!-
Ha la voce roca, e non suona come la sua. Si drizza su un solo ginocchio un attimo prima che il pugno chiodato di Minokoala sbatta contro lo scudo che ha al posto del braccio sinistro. La bestia spinge con la forza di una tormenta, la spalla di Baby 5 pulsa e trema. Il braccio destro gratta e brucia contro le bende mentre lo allunga. -Gun girl!-
Si strappa i capelli dal volto, scuotendo la testa. Ci sono sei buchi, rossi e gocciolanti, nella pancia di Minokoala. Lo scudo e la pistola scompaiono, e Baby 5 si pulisce la bocca impolverata.
-Ehi.- sussurra Buffalo alle sue spalle. -Grazie. Mi hai s-salvato.-
Si alzano insieme. Minochihuahua lacera l’aria con le unghie: Buffalo si leva in volo, reggendo Baby 5 per il braccio sano. L’artiglio la manca di un buon braccio. Una pallida mano di bambina sbuca da dietro la sua zampa posteriore e lo schiaffeggia.
Baby 5 non sta a guardare la trasformazione. Gocce di sangue scorrono sotto le fasce sulla spalla, le solleticano la pelle e si frantumano sulla pietra. Appena Buffalo la posa a terra stringe le bende con le mani tremanti della sinistra, e si tampona il volto umido con la manica.
Ancora un po’. Solo un po’. Non ha preso a calci quella gente per nulla.
Solleva la testa: un cane a molla di legno, alto come il vagone di un treno, azzanna il collo di Minozebra con denti di metallo che paiono punte di lancia. Sugar siede sulla sua testa, aggrappata alle orecchie di stoffa floscia. -Mangia, cucciolo! Ce n’è a sufficienza.-
Minotauros e Minokoala si divincolano in lacci di pietra: Gladius si gonfia come un pallone sotto i loro musi. Buffalo veleggia a un palmo della mazza di Minorinoceros e fa roteare l’elica dei suoi capelli verso la sua faccia.
-Baby 5!- il sangue schizza sulla sua faccia, e si copre con le braccia. -Ci siamo quasi-dasuyan!-
Qualcuno urla, dalla mischia delle guardie. -Il pesce ha morso!- strepita una voce maschile. L’in di Machvise risuona come una campana di morte mentre si lascia cadere contro tre file di fucilieri. -TON-TON! Dieci tonnellate!-
-Dov’è il Vicedirettore Magellan?-
Il Direttore Hannyabal schiva un calcio di Lao G e rotea la sua katana a doppia lama: i proiettili del fucile di Señor Pink rimbalzano contro il metallo e tintinnano sulla pietra.
-È dov’è sempre: in bagno. Dobbiamo farcela da soli.- Domino si volta verso la guardia alla sua destra. -Ricarica!- ringhia. Un carceriere al suo fianco le porge un caricatore, e assieme lo inseriscono nel suo bazooka.
Il proiettile schizza sopra la testa di Baby 5. Un pugno di pietra emerge dal soffitto: vi sbatte contro con un boato di frana. Quando il fumo si dirada, del pugno di pietra non rimane che il polso.
-Lo radierei, se non fosse così divertente saperlo mio sottoposto. Sono io il Direttore, adesso. Posso farlo!-
Lui, Domino, Dellinger e Lao G paiono piccoli come cucchiaini, ma le strida di Hannyabal pungono contro l’orecchio di Baby 5. Esclama un “grazie” verso la parete di pietra e si lancia verso le gambe di Minotauros. -Cleaver Girl!-
-Serve l’Unità Bazooka!- urla Hannyabal. -Le reti di agalmatolite!-
-Army Bandera!- la voce di Diamante è strascicata, ma risuona sotto le pareti come tutte le altre. Un’altra voce stride da sopra le urla e i gemiti dei Blugori. È il diavolo pallido, con la testa grossa. -Capocarceriera Domino! L’Unità Bazooka non può colpire. La vecchia ha trasformato in arte astratta tutti i nostri fucili!-
-Idioti, devo fare tutto io? Ricarica!-
Il rombo del bazooka fa tremare di nuovo l’aria, ma Baby 5 non vede dove atterra: la mannaia sprofonda nella pancia del bovino, e ricompare rossa fino all’avambraccio. Minokoala stride di orrore, stretto nella pietra. Un urlo risuona tra le guardie: Jora.
-Stasera filetto di Pesce Guerriero!- sghignazza Hannyabal. Dellinger giace oltre il ponte di pietra che sovrasta il Primo Livello. Señor Pink stringe il collo di una guardia con le braccia, Lao G colpisce la testa di un altro con un calcio. Jora strappa il fucile a un uomo a terra. -Dellinger! Spostati, Dellinger!-
Il ragazzo tossisce, sposta i capelli dal volto. Un colpo di bazooka così vicino avrebbe potuto uccidere lei, ma un Pesce Guerriero ha doti inaspettate. Andrà tutto…
Hannyabal rotea la katana sopra la sua testa, accendendo di fuoco le lame, e vibra un fendente di fiamma verso il collo del ragazzo.
-DELLINGER!- strilla Baby 5. È troppo lontano per un mitra, troppo vicino a Dellinger per un fucile, e neanche serve pensare al resto. Dellinger si volta di scatto, sollevando le braccia.
Uno scatto, un guizzo di sangue, e qualcun altro rotola di fianco al ragazzo a terra. Gli occhi di Pica nella pietra, grandi come finestre, si sgranano.
-DIAMANTEEEE!-
Hannyabal rotola oltre l’uomo a terra, si volta sulle ginocchia e solleva la spada sopra di sé. Dellinger si rialza, sollevando i pugni tremanti. Jora strappa il fucile dalle mani di una guardia e gli spara nel collo, correndo verso i due compagni.
Un fiotto di sangue scorre sulla pietra. Eppure Diamante, con la guancia appoggiata ancora a terra, sorride.
-Adesso… cosa?- Hannyabal strepita guardandosi il pugno. -Cos’hai fatto alla mia Succhiasangue?-
La spada pende tra le sue dita, floscia come una sciarpa. Hannyabal scuote il braccio, frustando l’aria con la lama ormai inutile. Diamante sghignazza, reggendosi sui gomiti. -Se questa fosse una corrida, saresti durato meno di un minuto.-
I lacci di pietra che cingevano Minokoala si allentano e si ritirano nelle pareti e nel pavimento. -Raggiungi Diamante!- esclama Baby 5 a Gladius. -Lo prendiamo noi, questo!-
-Avanti, fagliela vedere!- strilla Sugar dall’alto della sua cavalcatura. Il cane a molla si erge sulle zampe posteriori, e con quelle anteriori tiene spalancata la mascella di Minozebra. Minorinoceros giace riverso contro il muro, Minotauros trema supino sul pavimento.
Baby 5 stringe la fascia alla spalla: -Sei pronto, Buffalo?-
-Come ai vecchi tempi-dasuyan!-
Prima quello muore, prima vedrà cos’è successo a Diamante. Forse non è grave, forse quel sangue non era così tanto. Ma era già ferito, e l’urlo orripilato di Pica risuona nel suo cervello mentre le sue gambe si trasformano nella fida mitragliatrice.
Buffalo la tiene per le braccia e rotea su sé stesso. Baby 5 spara, e i proiettili sono un arabesco di metallo che tintinna contro i tirapugni di Minokoala. Ringhia. Voglio uscire di qui. Voglio andare a casa. Una casa vera, che le appartenga. Non la baracca di fame e polvere dove è nata, non il castello di carte di Dressrosa, non la bella vetrina di Don Sai: un posto vero, che abbia sopra il suo nome. Minokoala tira una zampata verso Buffalo: l’uomo-elica rotea su sé stesso e la lancia verso terra. Baby 5 tiene il braccio destro nel sinistro e scivola sulle ginocchia coperte dalla stoffa.
Uno sguardo alle spalle: Hannyabal strilla e scalcia, preso in una mano di pietra grande come una scialuppa. La mano lo lancia per terra, strappandogli un urlo stridulo. Lo raccoglie, lo lancia ancora e ancora. Baby 5 perde il conto dei lanci dopo il quinto.
-Dobbiamo… che fai? Lasciami!- Domino colpisce la faccia di Señor Pink con una gomitata, ma il lottatore non molla la presa attorno alle sue braccia. -A te, ragazzina!-
Baby 5 schiva un’altra zampata, gettandosi contro il muro. Buffalo placca il bestio alle spalle, lo spinge faccia a terra contro i sassi.
-Gatling girl!- Baby 5 appoggia la bocca dell’arma – il suo piede – sul collo del Guardiano Demoniaco. Chiude gli occhi, sentendolo ringhiare e piangere. Chissà chi era. Minozebra giace accanto ai compagni, un anello di tagli rossi tra collo e scapola.
Un burattino di legno rosso, con un caschetto moro scolpito sulla testa tonda, corre verso le scale. Sugar si erge ora sopra a Hannyabal. Lividi ricoprono il volto dell’uomo, sangue scorre dalle sue labbra spaccate. La donna-bambina gli appoggia la mano sulla guancia, e Baby 5 può vedere il terrore nei suoi occhi socchiusi.
-Non abbiamo tempo da perdere!- Sugar solleva l’orsacchiotto di pezza ai suoi piedi e lo lancia alle proprie spalle. -Dobbiamo andarcene. Diamante ha preso una brutta botta.-
Señor Pink e Pica emergono dalla pietra al suo fianco, Dellinger si china sul suo volto. Baby 5 corre verso di loro, reggendo il braccio al collo nella mano dell’altro. Gli occhi lucidi dell’Ufficiale di Quadri dardeggiano da un volto all’altro, i denti si serrano nella larga bocca. Machvise gli porge il braccio, perché si sieda. Il taglio sulla sua schiena va da sotto le spalle a oltre il bacino, e gocciola sangue fin oltre le cosce.
-Sto bene.- strascica Diamante. -Ho solo…-
Pica solleva il palmo aperto, e Diamante tace. L’Ufficiale di Picche solleva tra le braccia il padre e lo tiene stretto al petto. La mano sinistra sotto le cosce, il braccio destro gli cinge le spalle. Non tocca l’area ferita, ma il gladiatore geme e serra i pugni. Sta piangendo.
-Stavolta,- sussurra Pica rassettandolo nella sua stretta, -non ti abbandonerò.-
Solleva la testa e la scuote per liberarsi dai capelli. -Statemi tutti vicini. Ho bisogno che mi copriate.-
Baby 5 annuisce. Buffalo le porge la mano, e vi si aggrappa. Le guardie e i Blugori corrono giù dalle scale, si accalcano in ascensore, si buttano fuori dal portone d’ingresso. Mura di roccia si sollevano ai loro fianchi, pinnacoli più alti anche di Buffalo. Pica ansima. -Dobbiamo andare, prima che Didi…-
La frase si ferma là, e le mura che li circondano si muovono con i loro passi. C’è il sole, c’è vento, e andremo via. Il Padroncino ha scelto, e presto smetteranno di dispiacersi per lui. Neanche Dressrosa le mancherà, non con tutto quello che hanno pagato per vivere. Trebol, il Padroncino, le ferite sui loro corpi sfiniti. Se non crollano in ginocchio è solo per disperazione.
Ma qualcosa – qualcuno – avanza di fronte all’ingresso, e il bagliore del giorno scompare dietro alle sue ali nere. L’ombra delle sue corna sfiora il piede di Baby 5: lo ritrae d’istinto, come se solo quella potesse farle male.
È alto abbastanza da svettare su Pica e Diamante. Le corna luccicano come gemme, i suoi denti sono affilati come quelli di uno squalo, e i suoi occhi bruciano come le fiamme dell’Inferno che vogliono lasciare,
-Vicedirettore Magellan!- piange qualcuno tra le guardie. -Salvateci, almeno voi!-
Il braccio di Baby 5 è di nuovo una pistola, ma non potrà servirsene se non smette di tremare.

-Siete competenti,- tuona Magellan, -se siete riusciti ad arrivare fino a qui. Ma la vostra fuga si conclude. Arrendetevi adesso, o morite nell’agonia dell’inferno.-
Manca così poco, non adesso. Magellan ha mangiato il Frutto del Diavolo Doku Doku, può controllare ogni tipo di veleno: non è un Guardiano Demoniaco, non può tagliarlo. Dietro le sue spalle soffia il vento e splende il sole.
-Proteggilo.- Pica porge Diamante alle braccia di Buffalo. Il gladiatore geme. -Pietruzza, as-aspetta.-
-Te lo affido. Abbine cura, fratellino.-
Buffalo annuisce, e stringe Diamante a sé. Il guerriero svanisce sotto di loro in un turbine di pietra. Il pavimento trema, si spacca, le rocce si scompongono come acqua e si levano in una montagna alta fino al soffitto.
Magellan sorride. -La tua stridula voce mi diverte, assimilatore di pietre. Ma non puoi fermare l’inevitabile.-
-LA VEDREMO!-
Non è che un modellino del colosso di Dressrosa, ma un solo pugno è grande come una torre e si abbatte su Magellan con un rombo. Il demone alza appena la testa. Un’onda viola, mefitica, si frange contro la roccia. Pica stride, le spalle colossali fremono di dolore.
-Stronzo!- Il pugno che ha colpito si frantuma con un rombo. Baby 5 gli altri si coprono le orecchie. -Gatling Girl!- urla nel frastuono. Anche Gladius, Señor Pink e Jora sollevano i loro fucili, e il braccio rimasto del gigante Pica si abbassa di nuovo.
Magellan scuote la testa. -Hydra!- Dal palmo della sua mano emerge una bocca dentata, occhi sottili, corna come le sue: un volto rettile, e nella sua bocca i proiettili scompaiono in polvere. Un altro drago, grosso come un tronco di quercia, azzanna la mano di pietra di Pica. Le rocce piovono attorno a Magellan e sfrigolano sul suo corpo velenoso. L’odore di cadavere, di marcio, strappa colpi di tosse a Baby 5 e ai suoi compagni.
-Cane a molla, staccagli la testa!- strilla Sugar. La bestia latra e avanza in uno scampanio stonato.
Magellan solleva la mano destra. I serpenti avvolgono il corpo legnoso della creatura come lazo, e un guaito stridulo perfora le orecchie di Baby 5. Magellan lo solleva sopra la testa come fosse uno straccio e lo scaraventa contro il muro. Là rimane.
-Charlestone!- urla Pica. -Ishiusu!-
Spuntoni di roccia circondano Magellan. Due mura pietrose sorgono ai suoi lati, costellate di stalattiti lunghe come rostri, si stringono su di lui in una morsa che Baby 5 conosce bene.
-Un combattimento divertente: mi è mancato.- Magellan si asciuga una lacrima. -Venom Road.-
Un altro serpente di pietra emerge dal suo corpo, grosso come il braccio del gigante Pica. Gli spuntoni rocciosi si piegano come fili d’erba, la morsa si affloscia come fango. Il pavimento stesso trema ai movimenti delle sue curve. E Magellan galleggia nella sua testa, snudando i denti affilati.
La bestia si leva fino al soffitto e spalanca le fauci al colosso di pietra. Il suo volto affonda nel suo petto, lo squarcia, lo frantuma in macigni grandi come elefanti.
Baby 5 stringe i pugni, serrando gli occhi.
-¡MI BEBÉ!- strepita Diamante. La statua di pietra romba collassando, la polvere si mescola al veleno e soffoca. Pica precipita tra i detriti e rotola fino ai loro piedi. Una pozza di sangue si allarga sotto la sua testa.
-NO-ah!- Diamante emette un gemito strozzato. Solleva una mano tremante verso l’uomo a terra. -No! N-No!-
Machvise si china su di lui, gli accarezza i capelli. -È svenuto. Aiutatemi.-
-Attenti!- esclama Sugar. Il serpente guizza oltre la pietra, avanza verso di loro sospeso a mezz’aria. Una zaffata acida soffoca per un attimo Baby 5. Machvise e Señor Pink trascinano Pica vicino agli altri.
-Broken-fu Art!- piange Jora. Un turbine arancio prende forma tra le sue mani. Gocce di veleno traboccano dalle fauci del serpente, sempre più vicine, e lasciano sulle pietre un sentiero fumante.
Sta giocando con noi. Gli piace se siamo spaventati.
Jora lancia il turbine come una palla: Magellan si piega in avanti, il serpente carica verso di loro attraverso l’aria. La nuvola viola si frange sulla sua faccia. Il veleno gocciola, il suo volto si raggrinzisce. Si ritrae, e giace a terra senza un suono.
Allora un modo c’è. Baby 5 si asciuga il sudore e sospira. Jora serra i pugni. -Bastardo!-
Pica, in ginocchio, allontana i capelli dal volto. Si strappa il sangue dalla fronte con la manica.
-Gujarrito…- rantola Diamante. Il guerriero si fa indietro, gli accarezza il volto con la mano impolverata. Buffalo glielo rimette in braccio senza un commento: le sue maniche sono lucide di sangue.
Non può essere, non ora. Non come a Dressrosa. Magellan fa un passo avanti.
-So cosa provate. Il fallimento è qualcosa che conosco fin troppo bene. Proverei dispiacere per voi, se non foste quello che siete.-
Prende un respiro profondo: -Doku Gumo.-
Espira, e l’aria è viola attorno alla sua bocca. Il gas si allarga come un’onda, li sovrasta, cancella  il colore del soffitto. Gli occhi di Baby 5 lacrimano. Persino Caesar sarebbe ammirato da qualcosa del genere. Si copre la bocca con le mani, stringendosi al muro di pietra accanto a lei.
Buffalo solleva le mani, piega la testa tra le lacrime. Baby 5 si concentra sul ronzio delle eliche. La nuvola violacea si piega, si disperde verso l’uscita. C’erano altre guardie, a proteggere il cerchio d’acqua attorno alla prigione. Forse Magellan ci ha fatto un favore: ma non vuole aggrapparsi a qualcosa che non è ancora successo.
-Ho promesso a me stesso che nessuno più scapperà da Impel Down.- Magellan serra il pugno, e gocce di veleno sfrigolano contro la pietra. -E così sarà. Proclamate la resa, ipocriti, e vi risparmieremo.-
-Ipocriti?- esclama Gladius. -Voi ci dichiarate ipocriti?-
-Siamo semplicemente giusti. I primi ad essere spietati, ad annullare chi vi sbarra la strada, siete voi. Vi fate beffe della mia prigione, tormentate un’isola per dieci anni, servite un burattinaio persino più crudele. E credete di disinfettare i vostri peccati autoproclamandovi una famiglia.-
Anche la sua voce è velenosa. Baby 5 digrigna i denti. Là fuori splende il sole, soffia il vento. Di battaglie ne hanno già perse troppe.
-Tu cosa ne sai, di famiglia?- sibila.
-Non devo saperne. Né dovreste voi. I pirati non meritano qualcosa di così bello. Avete tormentato a sufficienza gli innocenti di quella povera isola. Il mio veleno sarà la condanna meritata.-
Hanno preso Trebol, hanno tolto al Padroncino la voglia di lottare, hanno tormentato tutti noi finché non ne abbiamo potuto più. Non le serve guardare Gladius, Buffalo, Sugar, Lao G, Dellinger, per capire che il suo pensiero è come i loro.
-Abbiamo imparato una cosa, Magellan.- Gladius stringe la mano alla sua spalla. -A volte le cose non vanno come ci si aspetta.-
Un’altra nuvola di colore prende forma nelle mani di Jora. Pica stringe Diamante a sé. Buffalo rotea le sue eliche, Dellinger solleva il piede. Si vince, o si muore: ci proveranno ancora.
-Gatling Girl!-


A.A.:
Un intero capitolo – due, in verità – consistenti in una lunga scena d'azione. Mi piace giocare d'azzardo. 
Sono abbastanza soddisfatta di come sta uscendo questa battaglia. Non soltanto adoro scrivere Baby 5 che duella, ma tutta la Famiglia è una vera e propria squadra assassina con uno stile tutto suo. Inoltre Magellan e Hannyabal sono personaggi che adoro. Sono cattivi, ma complessi e con un fondo di realismo, e il tema demoniaco offre loro grandissimo potenziale antagonistico. Spero tuttavia di aver scritto un duello coerente, e non essermi persa dei pezzi per strada. Ogni tanto mi succede. 
1. Ho accennato alla possibilità di Baby 5 di trasformarsi in uno scudo nel capitolo "Freddo Come Pietra". Qui Baby 5 sviluppa di nuovo questa abilità per il bene di Buffalo. 
2. Preferisco il pop al rock, ma ho ricominciato ad ascoltare Back In Black (uno dei dischi-marchio di fabbrica di mio padre) dopo essermi accorta che il ritornello della canzone omonima ricorda la risata di un certo compianto Ufficiale. Hells Bells è *la* canzone di Magellan, non accetto dilazioni. 
3. Per l'arma di Domino ho scelto un bazooka: non mi andava di darle una frusta come a Sadi-chan, e non mi venivano in mente altre armi a tema. 
4. Inoltre Domino possiede l'Ambizione della Percezione. Qualcuno deve pur nobilitare questi personaggi femminili che non fanno un tubo per tutta la trama. 
5. Se Pica vuole tanto bene a Diamante, perché l'ha deriso quando Kyros l'ha sconfitto e lo ha abbandonato anziché portarlo al sicuro, magari da Mansherry? Lo vedremo. 
6. Che l'arte di Jora sia immune al veleno di Magellan mi sembra plausibile: lo è la cera di Galdino, eccetto al Giudizio degli Inferi, e sia lui che Jora sono artisti. 
7. La ragione per cui mancano la Manticora e la Sfinge è semplice: non passano dalla porta. 
Alla prossima, e grazie come sempre.
Lady R

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Capitolo 12
*** Vedere Il Mondo – La Battaglia dei Cancelli di Giustizia ***


Vedere Il Mondo – La Battaglia dei Cancelli di Giustizia

"I was born in a thunderstorm
I grew up overnight"
(SiaAlive)



Magellan solleva il braccio, e gocce di veleno purpureo sfrigolano contro il terreno. Baby 5 deglutisce, fa un passo indietro e le sue gambe tremano.
L’ombra cornuta del demone si arrampica sul suo petto, sul suo volto e oltre la sua testa. È lunga braccia intere. Presto il sole sarà tramontato.
-Nessuno sopravvive al mio Giudizio degli Inferi.- Magellan serra il pugno, schizzando veleno contro le pietre. -Qualunque cosa vi succederà da questo momento in poi sarà colpa vostra.-
Lo stesso vale per lui: suona falso, anche solo pensato. Un passo di Magellan fa tremare il pavimento, il veleno dei suoi palmi frizza e toglie il respiro. Una folata di vento fa danzare i suoi corti capelli.
Baby 5 incontra lo sguardo di Buffalo: due occhi scuri, luccicanti, mai così grandi accanto alle guance scavate dal digiuno. La gamba gatling si ritrae e torna una gamba umana – magra, realizza con orrore, ma attaccare a caso non li porterà da nessuna parte. Magellan è un guerriero micidiale, ma loro sanno qualcosa che lui non sa.
E anche se non fosse, meglio morire sulla terra che vivere all’Inferno.
Pica si inginocchia sulla pietra, reggendo Diamante con un braccio solo. Il braccio del gladiatore accarezza il pavimento, il palmo aperto si schiude.
-B-Bandera…-
-…Stone!- urla Pica in risposta. Magellan serra le labbra soffocando un risolino. Un attimo dopo sgrana gli occhi. Baby 5 fa un passo indietro.
Il pavimento si piega, si gonfia come una vela. Le pietre sono un mare in tempesta che si solleva, si abbassa, si allarga di nuovo in direzione del Vicedirettore. Onde alte come alberi, che sventolano come stoffa, ma con tutta la durezza della pietra che le fa. La grazia di Diamante unita alla robustezza di Pica – un attacco nuovo che valeva la pena vedere.
Magellan abbatte un pugno velenoso contro la massa rocciosa, schegge lunghe come spade schizzano e crepitano contro il muro e il soffitto.
-Jirai Punc!- esclama Gladius, e appoggia la mano sul pavimento. Magellan percuote un’altra onda di pietra, e un’esplosione acceca per un attimo Baby 5. Massi grandi come barili piovono sopra di loro, Baby 5 si stringe più forte a Buffalo.
-Kyahaha, non funziona!- Uno scatto a mezz’aria, e i detriti si frantumano in polvere e ghiaia. Dellinger atterra al fianco di Pica e Diamante e si pulisce la bocca col dorso della mano. -Guarda che terremoto! Abbiamo due Edward Newgate e non lo sapevamo!-
-Continuate!- esclama Machvise. -Lanciami, Lao G.-
-Vola leggero, ‘Vise! Con due belle "G"!- Il vecchio solleva il compagno di squadra sopra la testa, lo scaglia con una mano sola attraverso l’aria e sopra la testa di Magellan.
-Te lo do io, l’Inferno. Ton-ton! Diecimila tonnellate!-
Machvise precipita sopra l’uomo di veleno, perfora l’aria con un fischio. Jora si fa avanti, nuvole di pensiero ondeggiano fra le sue dita. -Broken-fu Art!-
Magellan piega la roccia tra le dita venefiche. -Hydra!- ringhia, e le bocche di serpente si aprono  avide verso Machvise. Baby 5 serra i pugni, conficca le unghie nel palmo. La nuvola svanisce contro il corpo del lottatore, in un arcobaleno di scintille. Da dietro le pietre risuona l’urlo di Magellan, in un crepitare di pietra, mentre il pavimento trema da far girare la testa.
-Niin, adesso lo finiamo!- Baby 5 non deve guardare dove saltare: la schiena di Buffalo è dietro di lei e lo sa, perché quell’attacco l’hanno provato migliaia di volte e non c’è il tempo di preoccuparsi delle possibilità astratte. Traballa quando atterra su un ginocchio. Ha fame, di nuovo fame, eppure avranno mangiato un’ora prima.
Pace: la fame la conosce, e non può farle più male di quanto gliene abbia già fatto.
Señor Pink emerge da sotto la roccia, afferra Machvise per la maglia e lo conduce a nuoto lontano da Magellan. Il diavolo afferra la roccia tra le mani venefiche e la frantuma come se fosse gesso.
Le onde pietrose si chetano, il pavimento si abbassa. Magellan si pulisce le mani: -Credete che…-
-FIRE GIRL!-
-DASUYAAAAN!-
Già prima dell’Inferno, Fire Girl era bollente abbastanza da lasciarla senza fiato. Accanto al ricordo di quel gelo che non vuole più conoscere, nemmeno nei sogni, nemmeno nei ricordi, le fiamme che emanano dal suo corpo paiono calde abbastanza da scioglierle la pelle. Eppure le soffia con tutte le forze che ha, senza neanche guardare Magellan, ma la luce alle sue spalle.
Buffalo ruota di fronte a lei i capelli ad elica. Emette un basso ronzio al di sotto del sibilo del lanciafiamme, ma tutte e due svaniscono quando Magellan urla.
Neanche il veleno brucia così – Baby 5 si gode quelle urla come una dolce canzone. Tutti i pirati del Nuovo Mondo sanno chi è Magellan e di cosa è capace, e persino l’ultima invasione non aveva osato andare fino in fondo.
Ma noi non siamo chiunque. Magellan si divincola sotto le fiamme, le sue mani gocciolano veleno schiaffeggiando inutilmente le vampate. Non è infiammabile come sperava, ma va bene così. Visto, Dressrosa? I Riku e i gladiatori e tutta quelle gente che applaudiva e acclamava Cappello di Paglia. Anche noi possiamo scappare da Impel Down.
Con un rumore umido, il suo corpo torna umano. Si asciuga il sudore con la manica e salta giù dalla schiena di Buffalo, fino a terra.
Magellan è in ginocchio, e una goccia di sangue gli scorre dalla bocca. Il volto è violaceo, gli occhi sgranati. Può un demone avere paura, se sta all’Inferno? Le sue gambe tremano mentre si alza, i pugni sono serrati. Si pulisce la bocca col dorso della mano e si strappa di dosso l’uniforme fumante. Una pozza mefitica si è formata attorno ai suoi piedi.
-Demone di Veleno.- Avanza di un passo, scalciando il veleno, e i denti affilati luccicano come spade appena forgiate. -Giudizio degli Inf…-
Uno schiocco, come una corda che si spezza, e una capra di peluche si guarda intorno nel mezzo della pozza di veleno.

Sugar serra il pugno della destra, ansimando. Ha i denti serrati, i capelli sono una massa verde marcio che le deforma la testa. Il suo viso è lucido al bagliore del tramonto.
-Non so chi sei stato, ma te ne do atto: ci hai fatto penare. Adesso buttati in ma…-
La capra le scalcia contro il petto, buttandola a sedere, e corre scalpitando verso le scale.
-Lasciatelo stare.- geme Sugar. -Non può fare niente se resto sveglia, e non so quanto tempo lo sarò.-
Ovvero? La pietra del pavimento trema, le gocce viola scompaiono come risucchiate da fango, e al loro posto emerge comunissima roccia marrone. Pica si tiene Diamante stretto mentre avanza con gli altri fino alla donna-bambina.
È Machvise ad accorgersene per primo: -Sugar, cos’hai…-
Le dita della mano destra sono viola fino alle falangi, gonfie da far sporgere le vene al sotto la pelle. Sugar scuote la testa, serra le labbra. Si drizza sui piedi per alzarsi, ma piomba di nuovo in ginocchio prima di drizzare le gambe.
-Sugar, che cos’hai fatto?- Jora è pallida come un lenzuolo. Le porge la mano, ma la donna più giovane non la prende.
-Mi ero promessa una cosa, prima di trasformare quella persona: non fermarti davanti a nulla se il veleno ti colpisce.-
-Quale veleno?- domanda Dellinger.
-Non lo so, il veleno e basta. Ho usato la sinistra per un motivo.-
Sugar si asciuga le lacrime con la sinistra, e porge la sinistra congestionata a Baby 5. -Tagliala. Meglio quella che tutto il resto. Io non muoio.-
Il gonfiore viola si è espanso fin oltre al pollice. Se va così veloce non ci sarà nessuna Sugar nemmeno quando – quando, non se – saranno scappati. Deve volerlo, se ripete le parole di Trebol: eppure Baby 5 non osa muoversi. Ha tagliato decine di arti, ma nessuno era di famiglia.
-Sei certa…-
-Fallo, Baby 5. Fallo. Io non muoio.-
Non c’è altro modo, si ripete Baby 5. Si morde le labbra, e un sapore amaro le riempie la lingua, quando la lama di Chainsaw Girl si abbassa, rapida come un battito d’ali, sul polso di Sugar. Non c’è altro modo. Sugar serra il pugno della destra, morde la stoffa che tiene tra i denti. Non c’è altro modo. Lighter Girl percorre il moncherino con la sua fiamma, e Sugar strepita nel palmo di Gladius, premuto contro la sua bocca. Appena la mano si allontana, si pulisce il naso con la manica.
-Non chiedermi scusa.- singhiozza. -Non ti azzardare neanche!-
-Inseguiteli!- urla qualcuno dalle scale. Pica stringe a sé Diamante; un muro di pietra si solleva dal pavimento e sale fino al soffitto, come se dietro di loro non ci fosse un carcere da cui scappare.
Baby 5 serra il pugno Basta, vorrebbe urlare. Basta. Non ce la faccio.
Eppure il sole è così vicino, il vento è fresco e leggero. Deve essere il tramonto: la sua ombra è lunga e stretta come un palo della luce.
-Pink! ‘Vise! Delly! Andate a prendere una barca!- urla Jora. -Buffalo e Gladius, sapete cosa fare!-
La vecchia si china su un uomo privo di sensi e gli strappa di dosso la giacca. Sugar si asciuga le lacrime con la mano rimastale e si lascia avvolgere, sollevare sulle spalle come in un sacco. Stringe la mano attorno alla spalla di Jora.
-Armata coi Poteri Speciali. Facciamogli vedere chi siamo-zamazu.-
Con la coda dell’occhio, Baby 5 vede Machvise fluttuare oltre l’uscita, i piedi di Señor Pink che scompaiono nella pietra, Dellinger che si tuffa di testa oltre il pontile, verso il mare.
-Buffalo! Sono qui!- urla Gladius. Un ronzio di elica copre per un secondo il rumore delle urla.
-Reggiti-dasuyan!- L’uomo-elica la sovrasta in volo, il braccio di Gladius sporge da dietro al suo fianco.
-Gatling Girl!- si volta verso l’uscita. Il mare è blu plumbeo e luccica alla luce del tramonto. Cinque Marine accorrono verso di loro coi fucili puntati: Baby 5 punta verso di loro la gamba-mitragliatrice, e questi si tuffano in acqua come un sol uomo.
Lao G spara a un plotone di guardie-arte, un altro plotone fugge senza un ordine preciso di fronte al Charlestone di Pica. Jora la supera correndole accanto. I proiettili fischiano, le guardie gridano.
I Cancelli di Giustizia sono sfocati, un quadratino dietro un lago tremante e tempestoso, ma se il compagno di avventure riuscirà ad abbatterli, avrà – avranno – compiuto un’impresa degna di Shiki il Leone Dorato, e dello stesso Cappello di Paglia che li ha umiliati e trascinati laggiù.
Le navi della Marina formano un semicerchio attorno alla loro.
Gli stipiti di pietra si chiudono l’uno verso l’altro, rombando e tremando, finché la porta non è scomparsa nella parete. Pica allontana la mano dal muro della prigione e si asciuga la fronte con la manica. Gli basta l’altro braccio a reggere Diamante, immobile come un manichino.
-Presto!- Señor Pink agita le braccia dal parapetto della prima barca di fronte a loro. Il vento le scompiglia i capelli, l’aria salmastra le pizzica dolcemente il naso. Il cielo è grigio di nuvole, gonfio di tuoni, più bello di tutti i quadri del Palazzo Reale di Dressrosa.
Pica corre verso il pontile con Diamante in braccio. Le pietre si sollevano ai suoi piedi in un pinnacolo che si incurva a ogni suo passo. Si arresta a un braccio oltre il parapetto della nave, immobile nella forma di un ponte ricurvo – Pica salta giù verso la barca, atterra su un ginocchio, svanisce sotto coperta stringendo a sé l’altro Ufficiale.
I Cancelli di Giustizia si gonfiano come una vela. Dellinger schizza dall’acqua come un siluro e atterra sul ponte di una corvetta a tribordo della loro. Una manciata di uomini si tuffa in altra, e un corpo arrossato vola oltre il parapetto.
Manca poco, così poco. Non importa se non sanno dove andare, non importa se nessuno gli aprirà mai una porta. Non importa se non hanno un Padroncino e non portano di diritto il cognome Donquixiote. Non importa che di vivere, e sentire l’aria almeno una volta ancora.
Io voglio vivere. Voglio vivere. Voglio…
Il tempo rallenta, si immobilizza come un affresco.

Il mondo è fermo. Eppure è vivo, e il suo battito pulsa nelle sue orecchie e sulla sua pelle. I proiettili dei fucili, le urla e gli ordini dei marine, gli alberi maestri delle loro navi: tutti hanno un suono, uno spazio, che si compenetra attorno a Baby 5 con un incastro perfetto. C’è una fregata a tre alberi di fronte alla nave con cui fuggiranno. Ne vede i contorni, sfocati e minuscoli, eppure è così vicina da toccarla con un dito.
-Missile Girl!-
Settantacinque sono I pallettoni che vorrebbero colpirla, e sfrecciano lenti verso di lei mentre va a schiantarsi contro l’albero maestro della nave dei bastardi. Ottantasei marine urlano nel vederla atterrare, mentre i frantumi del missile che era si ricompongono in sembianze umane. Sessanta baionette sono spiegate e sparano solo dopo che si è levata di nuovo in volo – Missile Girl! – verso la prossima nave. Ogni proiettile ha un suono, è sospeso attorno a lei, e allo stesso tempo si muove in una direzione che conosce. E non la colpirà, perché si sarà già spostata di fianco.
Un altro albero maestro va in pezzi, e le schegge di legno che accarezzano il volto di Baby 5 sono leggere come vapore.
-Fuoco! Fate fuoco!- urla la capitana bionda alle sue spalle.
Il prossimo fucile sparerà da destra, e due soldati scelti corrono verso di me con le sciabole alzate. Sinistra, poi in alto. -Missile Girl!- La nave dei suoi compagni non può partire finché Gladius e Buffalo non hanno finito, e i Cancelli di Giustizia sono gonfi come la cupola di un tempio. Sarà una grande prova per l’Uomo-Esplosione, ma il Gladius con cui è cresciuta non ne avrebbe mai timore. I Marine che gli puntano addosso i moschetti precipitano in acqua in uno sprazzo di sangue, la risata di Dellinger si perde tra gli schizzi salati. Altre cinque corvette si piegano come creta e si accendono di arcobaleno. Jora urla uno zamazu trionfante e lancia un’altra nuvola di pensiero.
E tutto questo, pensa Baby 5 abbattendo il terzo albero maestro, succede insieme.
-Missile Girl!- Se darà un calcio al timone mentre ci passa accanto, la nave andrà a schiantarsi contro altre due e le risparmierà un bel po’ di lavoro – e il crocchiare del legno contro il legno scompare quando Missile Girl esplode alla base del quarto albero.
Un boato assordante fa tremare l’aria attorno a lei: ventisei proiettili di fucile e dodici di bazooka la mancano, mentre i Marine che hanno sparato gridano di terrore. Gladius ce l’ha fatta, i Cancelli di Giustizia sono esplosi. Buffalo lo tiene tra le braccia e vola verso la loro nave. C’erano tre fregate, accanto ai cancelli: due hanno preso fuoco nell’esplosione, ma l’equipaggio della terza punta cannoni e fucili ai due uomini in fuga.
-Missile Girl!-
Stavolta abbatte tre alberi in contemporanea, e la vela sopra di lei divampa di fiamme. Due soldati mi caricano spade alla mano, il comandante ha sfoderato una sciabola. Le lame sbattono contro lo scudo di Shield Girl, e Scythe Girl lacera tutte insieme le loro pance.
È come vedere il mondo per la prima volta, in un mosaico di dettagli che pulsano e si rimescolano.  Può distinguerli uno alla volta, contarli, descriverli nelle loro differenze nello spazio di un secondo. Missile Girl decolla di nuovo, Buffalo si piega per atterrare con Gladius in braccio. Sugar e Diamante giacciono su dei letti nelle cabine, Jora ha preso il timone, e adesso anche io…
Urla – Missile Girl scompare, e l’aura del mondo assieme a lei.

La prima cosa che sente del suo corpo umano è la spalla, che brucia sotto la stretta di denti di fuoco. Vi serra l’altra mano e grida di nuovo, perché lo stomaco le è saltato in gola e lei sta precipitando verso chissà cosa. Poi il ponte di una nave scorre al suo fianco, e capisce che ad attenderla sarà il mare.
Non mi hanno colpito, pensa Baby 5 mentre l’acqua si infrange sotto di lei. È la mia vecchia ferita che torna a far male. I proiettili tornano proiettili, i detriti sono legno immobile che galleggia sopra la sua testa. Le urla e gli spari si acquietano sotto il silenzio del mare.
La superficie è un vetro plumbeo attraversato da sprazzi dorati, pesante come le mura da cui la sua famiglia potrà scappare. Il sapore salato del mare strappa un conato di vomito alla sua gola disabituata. Le sue ossa crepitano, i muscoli sono rigidi come ferro, le orecchie pulsano e fremono come se degli spilli fossero conficcati nei suoi timpani.
Non voglio morire.
Se ci sarà un fondale ad accoglierla non lo vedrà. Vorrebbe sollevare il braccio, un gesto d’addio per le uniche persone da cui vorrebbe essere pianta, ma il suo corpo non le appartiene più. Il freddo la morde da ogni lato – il freddo che ha conosciuto nella cella, e un urlo muto si trasforma in una colonna di bollicine sempre più lontane.
-Ambizione della Percezione,- mormora chiudendo gli occhi. Ce l’ho fatta, a ottenerne almeno una. Come il Padroncino, come gli Ufficiali. Morire in battaglia annegando non è la fine più umiliante per chi combatte con un Frutto del Diavolo. Meglio che morire di fame, in un villaggio dove nemmeno la sua mamma ha un nome da chiamare. La sua famiglia vivrà, e non sentirà più quel freddo. Deve pensare a quello, Baby 5, perché pensare ad altro – al sorriso tutto denti di Buffalo, ai capelli biondi del Padroncino, ai colori sulle dita di Jora, alle piroette di Diamante, agli occhi lontani di Pica, alla risata di Dellinger e alle smorfie di Trebol quando voleva essere meno che schifoso – farebbe troppo male.
Qualcosa di ruvido le carezza i polpastrelli. Un pesce, non farci caso, non illuderti – ma i pesci non hanno le dita, non possono afferrarle il polso e tirarla verso un petto e una spalla su cui appoggiare la guancia…
Baby 5 apre gli occhi, urla bollicine nell’acqua gelata. Il braccio magro di Lao G la stringe da sotto l’ascella, la sua mano si serra alla sua mantella. La mano libera sfila dal fianco un catenaccio con anelli grossi come il suo pugno e lo lascia precipitare verso il fondale. Una corda, legata alle sue spalle, sparisce verso la superficie. Lao G solleva il braccio floscio di Baby 5 e se lo carica attorno al collo. La mano pallida del vecchio afferra la corda e la tira.
Baby 5 chiude gli occhi di nuovo – se è già morta, se sta sognando, non vuole che finisca.
Si sente tirare da sotto le spalle, tagliando l’acqua gelida col volto e con i capelli, e un chiarore dorato trapela da sotto le ciglia. Non è possibile, non da Lao G. Riapre gli occhi quando la superficie la schiaffeggia ancora, e il suo fianco sbatte contro del legno marrone scuro. I suoi piedi e quelli del vecchio penzolano sopra la superficie plumbea, sempre più lontana. Le braccia di Lao G si stringono più forte sulla sua schiena: Baby 5 avvolge le sue, mobili e intirizzite, attorno al suo collo, e appoggia la testa sulla sua spalla.
-Ce l’ha fatta!- esclama la voce di Dellinger. -L’ha presa!-
-Tirateli a bordo!- urla Jora. Baby 5 galleggia a mezz’aria per un attimo – il cielo grigio, le nuvole che crepitano di fulmini, il ponte della nave, Jora al timone, Dellinger al suo fianco, Pica che stringe la corda che li ha tirati in salvo, le mani di Señor Pink che la sollevano per le spalle, oltre il parapetto, la depongono supina sul legno del ponte, e Machvise che fa lo stesso con Lao G.
Una goccia di pioggia le si frantuma sul naso.
-Li abbiamo presi, vai!- fa Jora da dietro le sue spalle. Il vento si alza, sollevandole i capelli e bruciando contro i suoi occhi stanchi. Baby 5 si volta verso poppa, gemendo: Buffalo siede sul ponte, alle spalle di Jora, e fa roteare la testa, le mani e i piedi. Le vele si gonfiano come ali, il ponte sobbalza sotto la sua schiena, e Impel Down si rimpicciolisce contro l’orizzonte. Le mura svettano al suo fianco, alte come giganti. -Prendi la randa, Pink!- grida Dellinger. Blocchi di pietra più grossi della loro barca si frantumano attorno alle fiancate, colonne d’acqua esplodono contro il cielo plumbeo e splendono come torce alla luce dei lampi accecanti. Uno è così forte da sbiancare per un attimo tutto il mondo. Quando si cheta, Impel Down non c’è più.
Baby 5 si lascia ricadere sul fianco e sorride.


A.A.:
SONO FUORI!
Eh già, la grande impresa è compiuta e i miei Figli respirano aria pura. Qui si conclude la scena di combattimento e passiamo all'introspezione e al character study che vorrebbe fare da cardine in questa storia. 
1. Sugar è mancina e lo si vede in varie scene. Con la mano sinistra trasforma Robin in giocattolo, con la mano sinistra imbocca Usopp con il tatababasco. Mi dispiace mozzarle una mano, ma sconfiggere Magellan senza un prezzo mi sembrava troppo facile. Inoltre servirà anche ad altro. 
2. Senza un Santo Jinbei Martire In Croce a chiamare a loro gli squali balena, la Familia deve trovare altri sistemi per andarsene, lasciando come da costume devastazione dovunque. I Cancelli di Giustizia sono kaput, il che significa molte cose. 
3. Parliamo ora della scena clou: Baby 5 che sviluppa l'Ambizione della Percezione. So che tra i tre tipi di Ambizione è la più semplice e umile (la sviluppa gente come i sacerdoti di Ener, una bambinetta come Aisa e quell'impedita di Rebecca), ma mi pareva giusto che Baby 5 avesse qualcosa del genere dopo tutto quello che è successo. L'Ambizione del Re Conquistatore mi sembrava troppo anche per lei – c'è una differenza tra arricchire un personaggio e andare deliberatamente OOC – e quella dell'Armatura non mi sembrava utile, non nel suo caso. Baby 5 è una guerriera capace, ma preferivo darle un'Ambizione che riflettesse un talento più strategico e spirituale. È stato molto interessante e particolare raccontare di cosa significhi avere l'Ambizione della Percezione e vedere il mondo attraverso quella. 
4. Perché è stato Lao G a recuperare Baby 5 anziché Dellinger, che è chiaramente un nuotatore migliore? Per due ragioni. Innanzitutto, Dellinger era impegnato a combattere sulle navi dei Marine. E la seconda... la vedremo. 
5. Baby 5 sfracella Magellan con un attacco non canonico. Ma se posso inventarmi Shield Girl...
6. Non so quando potrò continuare questa storia. Ho preso parte a una challenge, che scadrà questo mese, e devo lavorare alle storie che fanno parte di quella. Spero che vi piacciano anche quelle, quando finiranno. Garantisco angst abbondante, teehaha~ Visto, anche io ho una risata personalizzata.
Alla prossima. 
Lady R

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Capitolo 13
*** Tramonto Sul Mare – Mr. Diamante Combatte Ancora ***


Tramonto Sul Mare – Mr. Diamante Combatte Ancora

Questo capitolo partecipa alla Red Challenge indetta dal gruppo Facebook "Il Giardino di EFP". Prompt n. 63: "Shh, non piangere. Presto sarà tutto finito."

Seems like it was yesterday when I saw your face
You told me how proud you were but I walked away
If only I knew what I know today
I would hold you in my arms
I would take the pain away
Thank you for all you've done
Forgive all your mistakes.
There's nothing I wouldn't do
To hear your voice again.
Sometimes I wanna call you but I know you won't be there
Oh, I'm sorry for blaming you for everything I just couldn't do
And I've hurt myself by hurting you

(Christina Aguilera, Hurt)


Ce l’abbiamo fatta.
Baby 5 sputa un bolo d’acqua salata contro il ponte, rotola sul petto aggrappandosi al legno con le unghie, rimbalza contro il ponte viscido d’acqua ad ogni scossone. Se fa male non lo sente: il suo volto è rigido, gelato. Il che è bene: ha conosciuto un freddo che fa male, ed è scomparso oltre l’orizzonte un attimo fa.
Si accovaccia sul fianco e gattona fino al parapetto, aggrappandovisi per alzarsi. Buffalo rotea la testa e le mani, gonfiando le vele come palloni. Un vento tutto per noi, per portarci lontano. Alcuni pesci guizzano sotto il pelo dell’acqua, veloci come frecce.
Siamo liberi.
Pica tiene tre scotte in una mano, e nell’altra stringe a sé un Gladius pallido e tremante. I capelli fradici di Jora, aggrappata al timone con mani rosse e nocche bianche, ricadono flosci attorno al suo volto. Dellinger si aggrappa alle sartie, e un binocolo pende da una corda sul suo petto.
-Non c’è nessuno per miglia. Puoi fermarti, ragazzone.-
Il vento rallenta, i capelli fradici di Baby 5 si afflosciano sul legno. Le vele sono gonfie di brezza vera, e Buffalo piomba a sedere sul legno. I lampi divampano sempre più distanti, le gocce di pioggia svaniscono sopra la sua testa. Si allontana le chiome bagnate dal viso e le attorciglia su sé stesse per tenerle ferme. Uno schizzo d’acqua salata le sfiora il volto e accende la lingua.
-Siamo liberi.- mormora Gladius, e collassa contro il petto dell’Ufficiale. Le vele sbattono sopra la sua testa, uno stormo di gabbiani stride in lontananza. Baby 5 gattona fino al parapetto e vi si aggrappa per alzarsi in piedi. Allontana i capelli dal volto, sfila e riallaccia la cuffia perché stiano al loro posto. Il vento vero è fresco, sottile, fa quasi male, o lo farebbe se non avessero conosciuto il vero male in quei mesi così lunghi. L’umidità del crepuscolo la ricopre come seta.
Siamo liberi. Torneranno a mangiare cibo nutriente e bere acqua fresca e pulita. Docce e bagni, un materasso e coperte per dormire, polsi liberi dalle manette. I suoi sono gonfi di piaghe, dove le manette hanno graffiato oltre la pelle, e sono così magri da vedere le ossa anche nel palmo. Come ha fatto a non svenire, durante quella battaglia, non riuscirà mai a capirlo.
Ho l’Ambizione della Percezione e sono libera. Presto sarà tutto un ricordo, una Baby 5 che non è mai esistita davvero a fare compagnia alla bambina abbandonata che fu. Avrà accanto la sua famiglia e vivrà dove le parrà. Non dovrà più avere paura, svegliarsi urlando e tremare in braccia altrettanto scosse. Deve svanire, svanire tutto. Il calderone bollente e la cella fredda da non sentirsi più nemmeno gli occhi. I pesi stretti alle sue caviglie e le guardie che la toccano come una bambola, che ridono, che le strappano la pelle e la carne. Il veleno che brucia, il moccio che cola dei Guardiani Demoniaci. Il sorriso bianco e rosso di Trebol mentre esala la sua ultima risata.

…E ad un tratto sta piangendo contro la pancia di Buffalo, scosso da singhiozzi che fanno tremare anche lei. La pioggia le carezza la pelle, le scorre tra i capelli come dita amiche.
Il mare è sconfinato, si mescola all’orizzonte con il cielo plumbeo. Le nuvole pesano a un palmo dalla sua testa, e ogni loro curva è un grigio diverso. Pallido di fronte, quasi nero di spalle, nel mezzo un bagliore d’argento che si rischiara ai lampi ormai lontani.
Lao G appoggia la mano sulla spalla di Machvise, seduto sul ponte in singhiozzi con una scotta tra le mani. Señor Pink allarga le braccia attorno a sé, e il vento gonfia la cuffietta dietro la sua testa. Pica cade in ginocchio e leva il volto alle nuvole, tenendo Gladius vicino. -Pikyahrara-ra-ra.-
-Voglio nuotare!- urla Dellinger. -Sul serio, stavolta! Siamo liberi!-
Si strappa di dosso la tuta a strisce e la getta sul ponte come un sacco dell’immondizia. Si lancia verso il parapetto di babordo, ci salta sopra a piè pari, si tuffa di testa. -Kyaaah!-
Jora si asciuga le lacrime. -Non mi ero mai accorta che le nuvole avessero colori così belli.-
La nave ha tre alberi, e un totale di cinque vele. È grande abbastanza da starvi tutti sdraiati sul ponte senza toccarsi. La porta che conduce alle cabine, di legno miele intagliato a onde, è alta abbastanza anche per Buffalo. Baby 5 vorrebbe dare un'occhiata dentro, ma pare un oltraggio lasciare un cielo così bello.

È Machvise il primo ad alzarsi. Gocce trasparenti luccicano nei peli della sua barba: lacrime o pioggia, difficile da dire. 
-Ve-vediamo Gladius.- 
Pica si toglie la maglia insanguinata e vi adagia Gladius sopra. Machvise gli infila un sacco di iuta sotto le gambe e gli prova la fronte.
-Non sembra avere la febbre, per fortuna. Povero ragazzo. Crollato per lo sforzo, senza dubbio. C’è una cassetta del pronto soccorso qua in mezzo-in?-
-Nella prima cabina a destra, accanto alle scale.- proclama Jora. -Bisogna contare le vettovaglie e la strumentazione. Se ci manca qualcosa possiamo fermarci a rubarlo, ma non dobbiamo farci assolutamente vedere. Il Lumacofono come sta? E il Log Pose.-
-Intatti,- risponde Lao G. -Tutti e due.-
-Siamo liberi!- la voce di Dellinger risuona tra le onde, i suoi capelli biondi luccicano contro la schiuma bianca. Schizza dall’acqua come un missile, piroetta a mezz’aria e si rituffa di testa senza fare uno schizzo. Baby 5 si guarda il polso: i numeri sono sbafati, ma distinguibili. Una rotta.
Pica frantuma una cassa con un pugno: bottiglie d’acqua rotolano sul ponte. Baby 5 ne acchiappa una al volo, serra il palmo attorno al tappo. Tracce di pelle si incastrano tra le intercapedini del tappo. È Chainsaw Girl a togliere di mezzo l’ingombro, e l'acqua è dolce come melassa sulla sua gola stanca.
Señor Pink scende sottocoperta. Risale quando Gladius si risveglia, tossendo. Buffalo gli porge la mano per alzarsi.
-Anche Sugar è crollata.- annuncia il combattente.
-Scendo a visitarla?- domanda Machvise, ma Pink scuote la testa. -Posso pensarci io. Devo solo cambiare le bende. È giusto che tutti facciamo la nostra parte.- E scompare di nuovo sotto le scale.
-Povera cara, ha retto così a lungo.- Machvise porge a Gladius un sorso d’acqua e gli copre le spalle con la maglia di Pica.
Buffalo piomba a sedere, sorreggendo Gladius da sotto la spalla. -Vuol dire che Magellan, Sadi-chan, Domino e Hannyabal…-
-Il fatto che sappiamo chi sono vuol dire che sono tornati. Ci daranno la caccia.- sospira Jora.
-Non se scappiamo abbastanza in fretta. Non glielo permetteremo.-
Pica abbassa la testa per passare sotto lo stipite. Una goccia di sangue gli scorre dalla gamba dell’uniforme, fino alla caviglia.
-Pica, stai sanguinando. Fammi vedere.-
-No. Dopo.- Il guerriero si ritrae, sparisce sotto lo stipite e oltre le scale.  -Devo fare una cosa.-
Machvise rassetta Gladius sul suo giaciglio. -Ve lo affido. Vieni con me, Baby 5.-

C’è il simbolo del Governo Mondiale, sulla porta in fondo al corridoio. La stanza è ampia abbastanza da non toccarne il soffitto, con un oblò a forma di semicerchio su tutta la parete a destra, e un tappeto di broccato rosso che ne ricopre il pavimento. Su un letto di quercia, con la testa di un Re dei Mari scolpita nella pedaliera, sopra una coperta ricamata a conchiglie, giace supino Diamante.
In ginocchio al suo capezzale, Pica gli accarezza i capelli scompigliati.
-No… no. Ti prego.-
Più Baby 5 si avvicina al letto, più il suo stomaco sprofonda. Diamante è bianco come un osso, così sudato da luccicare. Il sangue sulla sua schiena gocciola sulla coperta e forma una pozza attorno ai suoi fianchi.
-Curalo.- Il tono di Pica è lapidario, nonostante la voce stridula. La mano che non carezza Diamante è serrata attorno al fianco, e sotto di essa scorrono stringhe di rosso. -Lascia stare me. Salvalo. Curalo.-
-Stai calmo, fammi vedere.- Machvise si china sul suo ex Ufficiale e arriccia il naso. -È profonda. Ha perso tanto sangue.- Si volta verso la porta. -Una bacinella d’acqua fredda, presto! Delle pezze!-
Baby 5 raccoglie un cuscino dal pavimento e lo sfila dalla federa. Tampona con quella la schiena del povero Diamante, e gli carezza anche lei la guancia e i capelli. L’uomo non emette un verso, né volta gli occhi verso di lei.
Quando accorre Jora con quanto richiesto, la stoffa candida è fradicia come uno straccio da pavimenti.
-Grazie, Jora. Abbiamo bisogno di te.- Machvise le indica l’altro lato del letto. -E anche tu, Baby 5. Dovrai passarmi quello che ti dico.-
Baby 5 si sorprende nell’udire la sua voce mormorare un “sì” duro e freddo. Manca quel brivido, quella scintilla di piacere a sentirsi richiesta e utile che tante volte ha fatto sorridere lei e la sua famiglia. Forse è la prigionia, ad aver tolto il fascino anche da quella piccola cosa. Forse sono gli occhi gonfi di lacrime di Diamante, il sangue che continua a scorrere dalla sua schiena, la sua pelle anemica e luccicante. Si posiziona di fianco a Machvise senza un fiato. Il sangue gocciola fino al tappeto, impregna il legno e la stoffa.
-Sei sicuro che vuoi restare, Pica?- domanda Machvise. L’altro annuisce, e con il pollice asciuga le lacrime dell’uomo ferito.
-Mi dispiace, Didi. Mi dispiace tanto.-
Diamante emette un ansito senza forma, serra gli occhi versando altre lacrime fin sul cuscino. Machvise infila un paio di guanti di plastica, e ne passa un altro paio a Baby 5 e Jora.
-Giacché sei qui,- dice a Pica, -aiutami a tenerlo fermo. Dobbiamo ricucirlo.-
-Nnnh…- sbava Diamante, ma Jora gli ha già infilato in bocca uno degli stracci. Lo rivoltano sulla schiena, la vecchia taglia via l’uniforme intrisa di sangue. La ferita è lunga come l’avambraccio di Baby 5, e così marrone e marcia da strapparle un gemito. Dovranno cambiare anche le lenzuola, quando avranno finito.
-A te.- Machvise porge a Jora un rocchetto di filo traslucido, da cui sporge la punta di un ago. Diamante singhiozza mentre la vecchia lo infila nella cruna. Lo stomaco di Baby 5 si stringe: persino la ferita pare una visione più gradevole di quel volto congestionato.
-Nnh…- Diamante ansima contro la stoffa, scuotendo la testa. Ha già abbastanza male: le dita tremano, i muscoli della schiena sono tesi. Gocce di sangue gli scorrono sulla pelle a ogni respiro, le lacrime si raccolgono sotto il suo mento. Baby 5 si chiede se abbia sentito dolore, quando Kyros gli ruppe il collo contro la tomba della principessa. Se l’ha sentito, non era questo.
-Didi.- Pica gli carezza la guancia col pollice. -Mi dispiace. Non sei patetico. Non morire, anche tu…-
Diamante rantola. La sua mano si solleva a stringere l’aria. Lo straccio scivola fuori dalla sua bocca.
-Pica,- strascica. -Pica. Ho riconosss-chiuto la tua voce. Parla con me. Parlami.-
Le mani del guerriero, enormi, tremano. Pica si ritrae, passandosi le dita nei capelli.
-D-Di cosa parlo?-
-Di quello che vuoi. Mi piace sentirti pa-parlare. Non lasciarmi. Parla con me, ti prego.-
Non lasciarmi – di nuovo. Mansherry possedeva poteri curativi, forse sufficienti per un collo rotto. Se Pica lo avesse portato via dal campo fiorito, dove giaceva svenuto ai piedi di Kyros e Rebecca, se lo avesse deposto accanto agli altri, vicino alla cella della principessa dei Tontatta… ma con i se non si suturano le ferite, e probabilmente i polsi di Pica hanno già pagato abbondantemente quell’atto disonorato. Ora i suoi occhi incandescenti parlano prima della sua bocca: ci vorrebbe un Imperatore per strapparlo via dal capezzale dell’ex Eroe del Colosseo.
-Sono qui.- sussurra, e c’è una crepa nel suo timbro stridulo. -Stavolta sono qui.-
Diamante sorride, rotea gli occhi verso il tetto della cabina.
-Hola, bebé.- esala. Un gocciolone di bava gli scorre fino al collo assieme alle lacrime. Le dita di Pica si insinuano fra i suoi capelli e gli massaggiano il cranio.
-Shh, non piangere. Presto sarà tutto finito.-
-Ti terremo ben fermo, Diamante-sama,- dice Machvise. -Finirà prima di quanto pensi. Ti daremo un sonnifero appena avremo finito.-
Baby 5 porge, di nuovo, lo straccio alla bocca del gladiatore ferito. Diamante sbatte le palpebre, due lacrime gocciolano fino al pavimento di legno.
-Procedete.-

Quando Jora ripone nella cassetta del pronto soccorso le forbici, l’ago e il filo, Baby 5 vorrebbe avere anche lei un letto così lussuoso, per gettarvisi sopra e dormire per un giorno intero.
Pica si massaggia la gola e tampona il volto bagnato di Diamante con lo straccio che gli chiudeva la bocca. Gli stampa un bacio sulla fronte. -È fatta. Ora dormi. Ti proteggo io.-
Il sole è basso contro l’orizzonte, una luce arancione e calda accarezza il pavimento dall’oblò sulla parete. Deve aver parlato per mezz’ora, senza interruzione, quando a Dressrosa un decimo di quel tempo sarebbe stata troppo. Adesso Baby 5 e gli altri interlocutori possono vantare una conoscenza approfondita sui significati astrologici delle pietre preziose.
-Non dobbiamo lasciarlo mai solo.- Machvise sfila il copriletto fradicio di sangue da sotto allo stomaco di Diamante e lo ripiega su sé stesso. -Ha molto dolore, e la febbre gli è risalita.-
-Dormirò vicino a lui, anche per terra. Lo porterò in braccio. Gli darò da mangiare.- Pica sbatte le palpebre e allarga il braccio davanti al corpo dell’altro uomo. -Lo merita. Già una volta ho…-
Machvise solleva la mano: -Non devi farlo perché ti senti obbligato.-
-Lo faccio perché devo,- dice Pica gelido. -Tu non puoi capire.-
-Lascia stare il ragazzo, ‘Vise. Visitalo, piuttosto.- Jora si alza appoggiandosi al muro. -Io vado in coperta e cerco di capire dove siamo.-
-Anche tu puoi andare, Baby 5. Siamo liberi grazie a te. Meriti di riposare.-
Baby 5 mormora un “grazie” e corre su per le scale. Ha il fiatone, sulla sommità, e l’aria fresca della sera le infiamma i capelli. Forse c’è una doccia, in quella nave. Quella massa informe e molle non le appartiene. Prima si scrosta via Impel Down di dosso meglio è.
Gladius sta rannicchiato contro il parapetto, avvolto in una coperta. Jora siede al suo fianco, con una mappa sulle ginocchia. Lao G tiene il timone. Dellinger guizza oltre il legno, piroettando tra le onde.
-C’è una doccia?- domanda.
-La sta usando Buffalo.- risponde il vecchio. -Ti conviene metterti in fila, vogliamo lavarci tutti.-
-Puzzo di Guardiano Demoniaco.- mugugna Gladius. Jora gli prende i polsi. -Sta buono, te. Non esplodere proprio ora-zamazu.-
-Non ci riuscirei comunque. Mi sa che non esploderò più per una settimana.-
Si stringe nella coperta, si massaggia le tempie. -Ho fatto esplodere i fottutissimi Cancelli di Giustizia. Pretendo una taglia da un miliardo come Katakuri.-
Le nuvole galleggiano miglia sopra le loro teste, trascinate lontano dal vento di traverso. Le gambe snelle di Dellinger emergono dalle onde e scompaiono di nuovo tra gli schizzi. Una chioma di capelli biondi luccica come oro al bagliore del tramonto.
-…iamo liberi!-
-Sì, lo siamo.- ansima Jora. -Liberi, e quasi del tutto insieme.-
Chissà cosa direbbero, loro due, se potessero vederci. Forse non avremmo passato tutto questo, se non fosse stato per il Padroncino. Ma non sono pensieri che vanno bene, non rivolti a chi la famiglia l’ha costruita. E Trebol… Baby 5 serra i pugni. Non è solo, è assieme a Vergo e Monet e nessuno mai lo dimenticherà. Non è giusto che gente come lui scompaia nel profondo del mare come un sacco d’immondizia. E sarebbe potuto accadere anche a lei.
-A proposito.- Baby 5 si rivolge a Lao G. -Grazie, per prima. Sarei morta, se…-
Un secondo di ritardo e avrebbe perso tutto. Combattuto per niente, non sentire mai più l’aria sulle guance e le voci della sua famiglia.
-Fare altrimenti sarebbe stato disdicevole.- il vecchio si massaggia il petto con le dita. -Te lo dovevo, dopo quello che ti ho fatto.-
Baby 5 strizza gli occhi. Sono stati chiusi là dentro per mesi, avvinghiati l’uno all’altro come animali in gabbia. Qualunque cosa le abbia fatto, probabilmente è rimasta sepolta nel ghiaccio.
-Fatto cosa?-
-Ti ho definita “conveniente”.- Lao G guarda il terreno, e Baby 5 capisce. Solleva la mano: non vuole parlare di quella giornata – come di qualunque cosa abbia preceduto quell’infame camminata – ma il vecchio scuote la testa. -Solo adesso mi rendo conto del mio errore. Trattarti come un oggetto d’uso per noi…-
-Aspetta.- sussurra Baby 5. Sorrideva e piangeva allo stesso tempo, combattendo dentro di sé
Inclina la schiena, in un mezzo angolo retto. -Ti devo le mie scuse, Baby 5. Non è conveniente, la parola che ti si addice. Direi piuttosto…-   
Baby 5 fa un passo indietro, serrando le dita dei piedi.
-…preziosa.-
Dovrebbe essere tutto dimenticato, come tutta la loro vecchia vita. Persino i volti che ricorda non somigliano a quelli che vede attorno a lei. Comandavo duemila soldati, Dressrosa mi si inchinava. Nessuno, lassù, avrebbe osato…
Deglutisce. Non è successo. Non succederà, non finché non è sola.
-Io…- si copre la bocca con le mani. -Non so cosa dire.-
Il vecchio drizza la schiena, il viso serrato in un’espressione di dolore. Il freddo non avrà fatto bene ai suoi acciacchi, eppure si è inchinato per lei.
-Va bene anche un grazie.- ansima. -Con…-
-Con la “G”. Lo so.-
I suoi veri nonni non li ha mai conosciuti. Probabilmente erano da qualche parte in quella sterminata distesa di croci. O forse sua madre non ha mai avuto genitori: è emersa dalla sporcizia come un verme e ha cominciato a strisciare senza mai provare ad alzarsi.
Affari suoi. Baby 5 stringe il polso di Lao G e sorride all’orizzonte sconfinato.

Machvise emerge da sottocoperta con le spalle basse. Come quando Sadi-chan se l’è preso, pensa Baby 5, ma dovranno dimenticare anche quello. Non c’è più passato, per la Famiglia Donquixiote. Dressrosa è la vita di qualcun altro, e nessuno vorrebbe vivere a Impel Down.
Dellinger è avvolto in un asciugamano, e sorride ansimando di fatica. Sugar giace contro le ginocchia di Señor Pink. Il moncherino della destra, avvolto in bende pulite, è appeso al suo collo con uno straccio pulito.
-Come sta Mr. Diamante?- domanda Lao G.
-Dorme.- dice Machvise grave. Si siede contro il parapetto, asciugandosi la fronte. Persino Sugar solleva il capo da terra. Ha gli occhi a mezz’asta, rossi, i capelli scompigliati. Sembra una di quelle bambine lacrimanti che i Nobili terreni si vantano di adottare negli articoli di giornale. Nemmeno Baby 5, quando ancora era sola, sognava che qualcuno di loro la trovasse. E meno male che non è andata così.
-Pica gli ha dato delle pillole.- riprende Machvise. -Le abbiamo trovate nel cassetto del commodoro.-
-Gli faranno bene?- domanda Señor Pink. L’altro lottatore scuote la testa. -Abbiamo dovuto. Aveva troppo dolore.-
Jora stringe Dellinger a sé. -Quel poveretto ne ha passate tante. Amava Trebol più di tutti noi. Speriamo che questa parentesi adorabile di Pica duri a lungo.-
-Durerà.- sogghigna il ragazzo. -Fidati. Quando prendi la strada giusta non ti sai più fermare. Gli farò le unghie, costi quel che costi.-
Dellinger è l’unica cosa familiare, in quel mare ignoto.
-Comincia a fare buio. Spero che Buffalo faccia in fretta, in cucina.- Senor Pink si alza, trascinandosi verso sottocoperta. Machvise piega la mano in un gesto di saluto.
-Una cena come si deve? Forse esiste un Dio, da qualche parte. Peccato che ai Marine non piaccia la pizza.-
-Io spero solo di togliermi presto questo straccio.- Gladius tira un lembo della sua uniforme a strisce. -Rivoglio la mia gonna.-
-Se esplodi adesso,- mormora Sugar sollevando il moncherino fasciato, -ti staccherò la testa a morsi.-
Gladius apre la bocca, e la richiude subito dopo. È stata coraggiosa, e come tutti i guerrieri ha bisogno di riposare. Gladius le appoggia una mano sulla spalla, massaggiandola. La donna-bambina sbatte le palpebre.
-La prossima doccia è mia.- ringhia. -E spero che sia calda.-
Gladius le stringe la spalla. -Ti do una mano volentieri, Dopo tocca a me.-
-E dopo a me.- si fa avanti Baby 5.
Non è sicura di voler vedere che aspetto ha. Le sue mani coperte di croste, le unghie crepate, i capelli che si sfilacciano quando ci passa le mani: un’altra cosa che non assomiglia a ciò che dovrebbe essere. Dovrà liberarsi, a un certo punto, dell’odore dell’Inferno. Quello del mare è molto più dolce, e le riempie le narici come una carezza.
Jora estrae una coperta da una cassa e gliela porge.
-Intanto prendi, cara. Mettiti al calduccio. Niente più freddo, per noi.-
Il sole scompare oltre l’orizzonte, illuminando il cielo di colori che Baby 5 aveva dimenticato. Si stringe nella coperta e sospira verso le nuvole, pregando che cancellino presto dai suoi ricordi quel triste soffitto di pietra.


A.A.:
Challenge finita, trilogia conclusa, ed eccoci qua: di ritorno in lidi conosciuti.
Se pensavate che le sventure dei miei Figli si concludessero con la fuga, siete in errore. Adesso che Magellan, Sadi-chan, Hannyabal e gli altri sono tornati alle loro vecchie sembianze (e sì, la ragione per cui Sugar è crollata è esattamente per farli tornare indietro, non volevo certo sottoporli al Trattamento Kyros), tutta la Marina possibile e immaginabile starà dando loro la caccia. Senza capitano, senza nulla per cui combattere, bisognerà ricominciare tutto daccapo. E non sarà AFFATTO facile, anzi.
Intanto mi sono presa un po’ di tempo per parlare del rapporto padre-figlio più adorabile della storia di One Piece. Anche perché non è che ce ne siano molti altri. I padri che vediamo si relazionano quasi sempre con le figlie femmine (Cobra, Neptune, Kyros, Riku, Pound). Poi abbiamo Homing, che appare dieci minuti e suo figlio lo odia, Yasopp che ha abbandonato il figlio per fare il pirata, Dragon che non si capisce che faccia, Garp che non vede il figlio da anni, il padre di Sabo che lo trattava abbastanza a pizze in faccia, Morgan che ha preso il figlio in ostaggio, Judge che è meglio non commentare, Roger che suo figlio non l’ha mai visto… complimenti a Capone Bege che va contro la massa, allora. E a Diamante, of course.
Qui finalmente vediamo un altro aspetto oscuro del rapporto tra Pica e Diamante: il fatto che Pica è stato un po’ una merdina. La scena in cui rimprovera Diamante per essere stato sconfitto da Kyros (“Diamante. A top executive of the Donquixiote Family shouldn’t look so pathetic”) mi ha sempre fatto strano. Non erano una famiglia? Non dovrebbe preoccuparsi per lui? Certo, Diamante non si è accorto in vent’anni che suo figlio è autolesionista – non ci si può aspettare che Steven Tyler, il signor “facciamo una cover di questa canzone” “siamo noi, idiota” sia particolarmente attento a ciò che accade attorno a lui, ma avanti, sei padre, fai il padre – ma non è una buona ragione per infierire. Quando Pica scende sottocoperta a vedere come sta Diamante ripete non a caso la stessa cosa che aveva detto a Zoro: “devo fare una cosa”. Ma non siamo troppo critici con lui: dopotutto mostrare affetto per il prossimo non è da Veri Womini, e chissà quanto avrebbero riso Kyros e Rebecca a vederlo fare così. Un processo mentale che non ha senso, ma abbiamo capito che Pica non ragiona, e se deve essere meno represso e più sicuro di sé dovrà imparare tante altre cosette.
Scopriamo inoltre l’ALTRA ragione per cui Lao G salva Baby 5 dall’annegamento, anziché il più capace Dellinger. È stato proprio l’atteggiamento di Lao G a far finire Baby 5 nelle grinfie di Sai, chiamandola “conveniente” e cercando di mostrarla come un’inerme vittima della famiglia che non dovrebbe essere e non è mai parsa. L’inchino che egli le dedica, a quarantacinque gradi, è considerato nella cultura giapponese segno di grande rispetto.
Altri chiarimenti: la famiglia Donquixiote non sembra avere ruoli ben definiti nell’equipaggio, così li ho assegnati un po’ casualmente. Ho deciso di fare di Machvise il medico di bordo perché… IDK, per dargli un ruolo più chiaro.
Per ora direi che è tutto: alla prossima.
Lady R

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Capitolo 14
*** Stelle Di Cielo, Stelle Di Terra – La Fuga In Mare Dei Donquixiote ***


Stelle Di Cielo, Stelle Di Terra – La Fuga In Mare Dei Donquixiote
 

-Animo, gente. Stasera si banchetta.-
Buffalo depone il pentolone su uno sgabello, e versa una mestolata di ramen gocciolante nel piatto in attesa di Dellinger. Baby 5 si pulisce la bocca: sta sbavando.
Un tavolo, delle sedie, piatti e bicchieri e tovaglioli e bacchette, sgabelli e cuscini su cui accomodarsi. Acqua fresca da sorbire anziché neve sciolta in bocca. Il chiarore di uno spicchio di luna contro un cielo profondo e immenso, la brezza notturna che gli carezza i capelli e gonfia i loro vestiti, il crosciare lento delle onde contro la fiancata. Nessun mastro cuoco, cameriere, arredatore, potrebbe preparare una tavolata più bella.
Baby 5 deve fare appello alla sua resistenza da combattente per non buttarsi di faccia nella ciotola come un maiale nel trogolo, e aspettare che tutta la famiglia sia stata servita. Una giacca da Marine è legata sulle sue spalle come un mantello: con dita tremanti stringe il nodo sul suo petto.
C’è una fetta di pane bianco sul tovagliolo di ciascuno, sette bottiglie di birra in attesa dell’apribottiglie. Il vapore le carezza le narici, più dolce dello zucchero.
-Buon appe…- ma Buffalo è interrotto dal rumore umido delle forchette che sprofondano nei piatti e dal succhiare di una decina di bocche avide. Il ramen è rovente sulla lingua di Baby 5 – o forse è solo caldo e lei non ne è abituata. Ma non importa, ingoia tutto in un colpo, anche se le brucia l’esofago. Radicchio, sesamo, germogli di soia e bambù: niente riso ghiacciato né pane umido, e più Baby 5 mangia meno vuole pensare di averli anche solo assaggiati. Una goccia di zuppa cade sulla sua camicia da marine, vi proietta una macchia marrone grande come una moneta. Non importa. Qualunque cosa è meglio di quella tremenda uniforme a righe. Il loro posto è sul fondo del mare, dove le hanno gettate tutte, legate a un catenaccio.
Diamante è un bozzolo di coperte da cui sporge una testa livida e smunta, con in testa un cappello di lana calcato fino alle palpebre. Ha il mento liscio, privo di barba, e i capelli castani sono legati in due trecce che ricadono sul petto. Pica taglia il ramen in filetti lunghi un dito e glielo imbocca col cucchiaio.
-Sono in paradiso,- biascica Diamante. -Uhahah… non me lo merito, que-quello.-
-E quindi uscimmo a riveder le stelle.- canticchia Jora leccandosi le labbra. -Tanto il paradiso non ci vuole. E l’Inferno non ci può avere.-
Indossa una camicia di seta rosa, annodata ad arte sull’ombelico, e un lenzuolo bianco avvolto sulle gambe come gonna. Anche i capelli sono coperti, sotto un fazzolettone da collo da recluta marine. Il blu cobalto fa a pugni con il giallo e il rosso delle sue chiome: qualcosa che solo lei merita di portare.
Con gli abiti di un solo commodoro possono vestirsi per settimane. Le punte dei capelli di Baby 5 sono umide, e profumano di pino marino. Sono legati in una treccia liscia, che accarezzerebbe per tutta la notte. Ha le unghie limate, le orecchie pulite, un paio di calzini ai piedi. La giacca la copre come una spalla amica, ma fosse per lei vi sparirebbe dentro.
Già sapeva di essere grottesca, diversa da come si ricordava. Si era slacciata l’uniforme con un nodo in gola, ciocche di capelli impigliate tra le dita e nella spazzola. Pensava all’acqua calda, al sapone profumato, alla sensazione morbida di un accappatoio attorno alla pelle, di tornare a vedersi giovane e bella come a Dressrosa. A malapena ricordava le proprie, di sembianze, e non c’è nulla di confortante nemmeno in quelle dei compagni. Machvise non è più tondo e gioviale, e la pancia ricade moscia contro lo stomaco. Ha accettato le razioni più piccole, nella cella ghiacciata, schiaffeggiandosi l’abbondante ventre con una risata incrinata. Ci sono fili bianchi nella sua barba, e nei capelli di Diamante e Pica. Le rughe di Lao G paiono profonde come tagli di coltello. E Sugar… Baby 5 è convinta che quel moncherino fasciato comparirà nei suoi incubi.
Eppure non era preparata alla pancia cascante, alle cosce smagliate, alle giunture aguzze e ai seni flaccidi di una donna che non le somiglia. Aveva piegato il braccio, e nessun muscolo era comparso sotto la pelle. Le vene sbucavano da sotto la pelle bianca, come strisce di sangue contro la neve.
Questa non sono io: si era rannicchiata nell’angolo della doccia, tremando come se i diavoli fossero tornati. C’è un suo poster da ricercata, appeso nella sala da pranzo. Boccoli neri scossi dal vento, uno sbuffo di fumo ad offuscare il volto, la baionetta di un fucile che sporge da dietro la spalla – come se avessi bisogno di comprarne uno, lo diceva anche Buffalo – e centonovantacinquemila Berry di taglia. Nessuna traccia di quelle guance scavate, quel naso sottile, quegli occhi gonfi e vacui. Niente crepe sulle labbra, né croste sul dorso delle mani. Niente ciocche di capelli strappati incastrate tra le dita, occhiaie gonfie sotto le ciglia, denti ingialliti e storti sulle gengive sporche di sangue.
Aveva grattato la spugna sulle gambe e sulle braccia fino a far bruciare la pelle. La ragazza sogghignante e bella del manifesto non era mai stata ad Impel Down, ma pensarci non rendeva meno sbagliato il non somigliarle. L’odore del pino marino e del sapone alla vaniglia non era meno soffocante del veleno di Magellan, l’acqua tiepida sapeva di sale contro la sua lingua.
Da dietro il muro alle sue spalle, una voce maschile singhiozzava sommessamente. Baby 5 aveva picchiato qualche colpo contro le piastrelle. Gladius le aveva risposto, e anche lei si era asciugata le lacrime.
Siamo tutti ridotti così, da Lao G a Dellinger. Ora Gladius siede alla sua sinistra, avvolto in una coperta di lana grigia come fosse una stola di seta, e sorbisce una cucchiaiata di ramen con gli occhi chiusi. Dellinger ha un fermaglio a forma di pesce tra i capelli, Señor Pink è avvolto in un lenzuolo come una toga, e usa l’angolo per pulirsi la bocca. Lao G è rattrappito sotto una grossa sciarpa grigia, e un berretto di lana blu che ricorda a Baby 5 i suoi giorni da giovane.
Un colpo al tavolo la fa sobbalzare: Sugar ha sbattuto la mano contro il piano del tavolo. Lacrime scendono lungo le sue guance, il suo pugno trema.
-Che succede, bambina?- domanda Jora.
-Io… io solo…- Sugar si asciuga le guance con la mano rimastale. -Sono stanca. E ho tanta fame.-
Sbatte le ciglia, affonda il volto nel petto di Machvise. Il lottatore la circonda col braccio, le massaggia la schiena con le dita non più paffute. Baby 5 si ritrae sul suo sgabello. Il cibo è prezioso, Neonata Cinque, dice sua madre. Se mi avesse vista piangere così avrei raggiunto gli altri quattro sotto terra.
-Voglio mia sorella,- singhiozza Sugar. -E voglio Tré.-
-Tré…- biascica Diamante. -Ti amo. Mi manchi tanto tanto.-
Pica scuote la testa, massaggiando la spalla del padre, e gli tampona la bocca con un tovagliolo.
Il prossimo a fiatare è Gladius, a cena finita, per chiedere se a qualcuno va un sorso di tè. Se potesse, Baby 5 parlerebbe con il ramen di fronte a lei e gli sussurrerebbe un grazie. Ma cosa può dire, a loro? Non ha da dargli niente che non manchi anche a lei.
Il cibo è prezioso, però, e almeno hanno qualcosa da mangiare. Non serve altro. Baby 5 alza la mano: -Per me senza zucchero.-

Non c’è una goccia di zuppa rimasta, sul fondo del pentolone. Sugar giace tra le braccia di Machvise, battendo i denti e singhiozzando fiocamente. Il lottatore la pettina con le dita, facendola rimbalzare sulle ginocchia come fosse davvero una bambina.
-Che cazzo mi è venuto in mente?-
Non c’è un pugno, alla fine del suo braccio, ma a Baby 5 pare di vedere delle dita contrarsi. Si inginocchia al suo fianco, le prende la mano sana. Dopotutto gliel’ho tagliata io. Ne ha tagliati tanti, di arti, da quando ha cominciato a combattere con gli altri. Non è giusto che Sugar valga meno di quei volti sconosciuti.
-Sugar, io…-
-Non dire che ti dispiace!- ringhia la donna-bambina. -Ti ho detto di non dirlo. Siamo liberi, no? L’Imperatore Shanks non ha un braccio, porco cane. Non dovrei frignare per una cosa così idiota.-
Baby 5 le carezza la mano, bianca e ossuta. Le sue erano così, molto tempo fa, e nessuno le aveva strette. Quella gente non valeva quanto la sua famiglia.
-Hai retto all’Inferno per mesi. Hai perso tante cose. Ora piangi finché vuoi. Sei libera, puoi fare quel che ti pare.-
Sugar non piange mai – e lei, invece, che ha versato lacrime a vuoto per degli imbecilli di cui neanche sapeva il nome. Per Sai, per il maledetto Don Sai. Chissà che sta facendo, nel suo Paese dei Fiori. Un Don dovrebbe avere una flotta, forse sufficiente per condurli al sicuro, un esercito che potrebbe affrontare i Marine, una nuova vita almeno per lei – solo per lei. Non c’è più niente, per noi. Nemmeno le cose familiari stanno al loro posto.
Gladius versa del tè fumante in undici tazze identiche. Da una di esse sporge la testa di una cannuccia. Il lumacofono, chino su un piatto, rumina delle foglie d’alga secca.
-Cosa abbiamo a disposizione?- chiede Machvise.
-Il nostro Log Pose funziona bene e ci sono delle carte nautiche nei cassetti.- Jora versa un cucchiaino ricolmo di zucchero nella sua tazza. -Direi che si può telefonare-zamazu.-
Il numero sul polso di Señor Pink è sbavato, ma leggibile. Il lottatore rassetta sulle sue spalle la coperta e beve un sorso di tè fumante. Digita il numero con dito tremante. Baby 5 serra i pugni: sono leali, ma non se la sono mai cavate da sole.
E una voce femminile. -Pronto? Chi è?-
Il lottatore sospira di sollievo. -Ciao, Emily. Sono Señor Pink. Siamo in mare aperto, ce l’abbiamo fatta.-
Silenzio, Baby 5 si stringe più forte al tavolo. Poi la lumaca sgrana gli occhi, e uno strillo acuto fa sobbalzare tutto il tavolo.
-SEÑOR!- Gli occhi della chiocciola sono umidi. -Grazie al cielo! Kyuin! Joanna! Venite tutte, c’è Señor! Sono scappati! C’è Señor!-
-Señor!- Altre voci femminili, applausi, strilli e singhiozzi. Señor Pink scrolla le spalle e beve un sorso di tè.
La lumaca ha due codini gialli sulla testa, lunghe ciglia sbattono sui vivaci occhi grigio scuro, e lucidalabbra viola luccica sulle sue labbra. -Señor, sono Kyuin. Siamo tutte qui. Come state? Siete tutti quanti? C’è il Padroncino?-
Baby 5 stringe il polso di Buffalo. -Il Padroncino non c’è. Ha scelto di non scappare. E Trebol-sama non ce l’ha fatta. Gli altri ci sono tutti.-
Dellinger sventola la mano. -Come va? Kyaah, ne è passato di tempo!-
Qualcuno, dall’altra parte della cornetta, si soffia fragorosamente il naso. -Povero Trevor.- sospira la voce di Kari. -Era così… così…-
-Così stupendo.- mugugna Diamante, ed emette un singhiozzo serrando i denti sulla cannuccia.  Sugar si rannicchia contro la pancia di Machvise, affondando le dita nella sua barba pulita.
-Beh…- la lumaca sbatte gli occhietti luccicanti. -Siamo contente che almeno voi siate fuori. Soprattutto tu, Señor!-
-Sì, Señor!- pigola Charlotte in lontananza. -Vi sono piaciuti i nostri regali? Li abbiamo cercati nella discarica!-
Señor Pink serra la mano sul banco del tavolo.
-Ci parlo io, con loro. Vogliono me. Un uomo deve sapere quando è il suo momento.-
-Un uomo qui, un uomo lì, sembra che tu abbia paura che te lo strappino.- Dellinger si sfila la camicia e i calzini. -Io vado a farmi un tuffo.-
-Non ti allontanare troppo, tesoro.- esclama Jora, ma Dellinger ha già buttato il suo berretto assieme al resto e, con addosso solo i boxer, si lancia di testa oltre il parapetto. Baby 5 e Buffalo corrono al parapetto: il ragazzo scompare tra i flutti senza fare uno schizzo. La sua testa emerge dalle onde, gocciolante.
-Vorrei che poteste provare…- Si riempie la bocca d’acqua salata e la sputa in un getto luccicante.
-Ero un nuotatore coi fiocchi, ai miei tempi.- sospira Lao G. -Vai, giovanotto. Con la G.-
Le gambe snelle del ragazzo battono contro la superficie sollevando spruzzi bianchi. Almeno lui è sereno, pensa Baby 5. Il suo sorriso zannuto, i biondi boccoli grondanti, la sua risata che risuona tra le onde al chiaro di luna: finalmente qualcosa che riconosce. Se avesse paura ne parlerebbe con qualcuno di loro, gli hanno insegnato così ed è l’unico modo che avrebbe un ibrido come lui per sopravvivere senza impazzire.
-Non merita di esistere-, dicevano i camerieri di Dressrosa mentre lei e i compagni li radunavano. -È un obbrobrio, noi non ci mischiamo agli Uomini Pesce-. Un paio erano svenuti, e un giovane valletto era scoppiato a piangere. Dellinger – un affarino di sei anni alto un metro e poco più, con grandi occhi innocenti e uno zainetto sulle spalle come un comunissimo scolaro – aveva fatto la linguaccia, e tirato una palla di pongo azzurro in faccia a quello che piangeva. -Guadda, Baby 5! Come Trebol!-
-Please don’t let me droooown, suffocating water, deep water…- gorgheggia una voce acuta, e Baby 5 inarca le sopracciglia. Non deve pensare, è quello che i diavoli vogliono. -Pica sta cantando?-
-A Diamante piace la musica. Probabilmente lo conforta.- Gladius sospira alle sue spalle. Regge un vassoio con una caffettiera, e delle tazzine da caffè -Povero disgraziato. Non lo riconosco più.-
-Perché, Pica si riconosce?- domanda Buffalo. -Guarda che tenero, lo sta cullando. Sapevo che sotto sotto era dolce. Il miglior fratellone del mondo-dasuyan.-
-Molto sotto,- soggiunge Baby 5, -considerando i precedenti.-
Non può sorridere con lui, non finché pensa a quanto sia tutto sbagliato. Diamante fragile, immobile, sempre abbacchiato, Pica affettuoso che canta ninnananne – io che dico no, anche se posso essergli utile. Ma sono scappati, no? Niente più torture, né gelo, né cibo scadente e umiliazioni. Dovrebbe essere così semplice, dovrebbero essere felici e pieni di piani.
Gladius appoggia il vassoio contro il parapetto.
-Ho scaldato un po’ di caffè, se ne volete.- Lei e Buffalo scuotono la testa. Gladius si infila una mano nella tasca della giacca. -E Baby 5…ho trovato queste. Forse ti vanno.-
Un pacchetto di sigarette Silvers Long Johns, ancora avvolto nella plastica. Baby 5 si getta tra le braccia di Gladius e lo stringe a sé con tutte le sue forze.
Il fumo è dolciastro, appiccicoso, e si perde leggero contro il cielo notturno. Baby 5 si siede sul parapetto e vi si aggrappa con una mano, scuotendo le ceneri della sigaretta tra le onde.
Siamo liberi. Jora si sporge da poppa, gli occhi fissi sul punto sfocato tra le onde che è Dellinger. Lao G è appoggiato al timone come a una balconata. Machvise tampona il moncherino di Sugar con dell’ovatta. -Canta ancora,- biascica Diamante. -Canta ancora per me.-
Señor Pink siede a tavola, avvolto nel suo lenzuolo, e accarezza il lumacofono mentre ascolta.
-… viene nessuno da anni, fidatevi. I detriti del cantiere hanno insozzato l’acqua e allontanato tutto il pesce.  A volte vorrei prendere per l’orecchio queimaledetti Nobili Mondiali e…-
C’è qualcosa di familiare, in quella storia, ma Baby 5 è troppo stanca per pensare. Un calmo manto di stelle li sormonta, vasto fin oltre l’orizzonte, e pare così vicino da poterlo sfiorare con le dita.

La nave è dei Marine, e la Famiglia Donquixiote divide le faccende come se in Marina ci fossero entrati. Lavare i piatti con Gladius, rifare i letti il giorno dopo assieme a Señor Pink, lucidare il ponte quello seguente in coppia con Dellinger. Il tabellone dei compiti è inchiodato sulla porta della cabina di navigazione, e tutti ci passano davanti per forza quando salgono al ponte per godersi la mattinata.
Baby 5 ha le mani raggrinzite, e trasformarle in un fucile non rende la sua pelle meno rigida. Gladius si massaggia i palmi, rannicchiato in una sedia a sdraio.
-Pistol Girl!-
Il News Coo stride metri sopra di lei, e precipita come un sasso contro il pontile. Baby 5 gli strappa il giornale insanguinato dalla zampa e lo lancia oltre il parapetto senza guardare dove atterra.
-Allora?- Buffalo si pulisce le briciole di pane dal mento. -Dicono niente, su di noi?-
Baby 5 si lascia cadere sulla sedia a sdraio. Spiega le pagine di fronte a sé, e i suoi stessi occhi la fissano lucidi e sgranati. Gocce nere e dense le scorrono contro la fronte: salsa di soia.
-Siamo ricercati. Ricercatissimi, si direbbe. Eccoci tutti qua.-
Gladius allunga il collo. Prende un respiro profondo, serrando i pugni.
-Le foto della camminata. Gli stronzi.-
Baby 5 annuisce, e porge il giornale alla mano aperta di Jora. Quindi è così che il mondo ricorderà il grande Donquixiote Trebol: senza occhiali né moccio al naso, con un uovo spiaccicato sulla fronte e un pomodoro sul mento. Niente rockstar che urla al microfono come un demonio, né colosso di pietra che faceva tremare tutta l’isola con un gesto di braccio. Il Diamante nella copertina ha la bava alla bocca e il collo cinto da un collare cervicale, Pica il volto insanguinato, gonfio, nero, due occhi spaventati e gonfi di lacrime. Buffalo ha le labbra serrate, Dellinger si lecca succo di pomodoro via dalle guance, e lei stessa…
Pensavo a Sai. Ha la testa alta, ma il viso rosso e teso. Non si è neanche presentato, lui, e nel giornale non c’è alcuna dichiarazione da parte del Don del Paese dei Fiori. Ce n’è una del Grand’Ammiraglio, però.
-Li prenderemo.- legge Jora. -Setacceremo ogni villaggio dei Quattro Oceani, li trascineremo di nuovo dove meritano di stare. Non sono nessuno senza il loro capitano, e Doflamingo è ancora in prigione. Sguinzaglieremo squadroni per tutte le isole.-
Lei non l’ha mai visto, il Grand’Ammiraglio Akainu, ma le basta guardare una volta Jora e Gladius per capire che nessuno di loro – forse nemmeno il Padroncino – ha una possibilità contro il Magma Magma. La vecchia serra i pugni, finché le nocche non le si fanno rosse.
Sugar mangia acini d’uva rossa da una ciotola, conficcati sulle dita come da tradizione. La regge sulle ginocchia, reclinata contro il braccio fasciato.
-Fanculo alla Marina, non ci acchiapperanno mai. Non esiste che ho perso una mano per niente.-
-Abbiamo bisogno di un po’ di pace.- proclama Gladius. -Ci troviamo un posto tranquillo e capiamo cosa dobbiamo fare. Magari quel pallone gonfiato di Sakazuki può ricevere una bella sorpresa.-
Accenna con la testa al ponte alle sue spalle. Lao G e Señor Pink fanno gli addominali, sdraiati su un lenzuolo. Pica giace supino e solleva con palmi un tavolo grande come lui, con le gambe rivolte verso il cielo. Machvise giace sdraiato tra di esse, sul fianco, in posa da modello. Buffalo tiene il timone, e fa ruotare i propri capelli in una brezza rinfrescante.
-Quattrocentoventi.- Pica solleva il tavolo drizzando le braccia e le piega di nuovo. -Quattrocentoventuno. Quattrocen…- prende un respiro profondo. -Machvise, stai diventando leggero.-
Il lottatore si attorciglia un dito nei capelli biondi. -E tu sei spompato. Ti faccio solo un favore.-
-Ho detto settecento chili, e settecento chili voglio. Non un grammo di – quattrocentoventidue – meno, chiaro?-
-Tuoi i bicipiti, tuoi i problemi. Ti dico solo, da lottatore, di non esagerare. Sei fuori allenamento.-
-Ha r-ragione, tesoro. Alleggerisch…schi-
Diamante giace semiseduto su un materasso portato sul ponte, testa e schiena sorrette da cinque cuscini. Sul suo corpo sono adagiate delle coperte, e su di esse un telo di plastica trasparente. Baby 5 distoglie lo sguardo: se Diamante inizia a rimettere i pasti è la fine. L’ha visto vomitare per anni, ebbro del vino rosso che tanto amava, con le mani di Trebol a tenergli i capelli a posto, o sospeso sulla spalla di Pica come un sacco di patate. Non aveva quegli occhi, però: spenti, sfocati, lontani da chi lo circonda. Una rockstar deve guardarsi intorno, godersi ogni grido di adorazione e battito di mani.
Che non riceverà mai più.
-Lo so.- sghignazza Diamante. -Sono ridotto u-uno straccio. Mi si addice, uhahaha.-
Sbatte gli occhi, e reclina di nuovo la testa sui cuscini. -Mi passerà. Lasciatemi p-pure così.-
Le braccia del gladiatore sono coperte, ma Baby 5 sa che le sue mani tremano ancora. E non smetteranno mai di farlo, finché vivrà.
-Dagli solo un po’ di tempo.- sussurra Gladius, e la tira per un polso perché si volti dall’altra parte. -Per abituarsi. Non si chiama Diamante per niente, non scordarlo. Un grande guerriero va ben oltre una spada.-
-E a tal proposito.-
Braccia ossute acchiappano Baby 5 per i fianchi, la rivoltano come una bambola, la stringono contro un petto flaccido e rugoso.
-La nostra Baby 5, con l’Ambizione della Percezione!-
Jora lancia in aria come fosse un pallone da calcio, e la acchiappa al volo stringendola forte. Baby 5 geme, intronata dalle vertigini.
-Jora, la spalla…-
L’abbraccio della vecchia si allenta, le mani scarne le stringono gli avambracci. -Scusami, sono così emozionata. Sapevo che in te giaceva una grande guerriera-zamazu.-
Le pizzica la guancia, pungendola con le unghie. Vent’anni e ancora non sa che non lo sopporto, ma non importa, almeno è una cosa familiare.
-Non ti ho detto che avevo…-
-Non siamo nati ieri, cara. Avresti dovuto vederti, uno spettacolo da far invidia a tutto il Colosseo.- batte le mani, e scintille d’arte moderna sprizzano tra le sue dita. -Quando hai dirottato quella nave contro le altre due… oh, che emozione. Sono troppo vecchia per queste cose. Mi farai scoppiare il cuore-zamazu.-
Si lascia cadere per terra, accanto a Gladius, portando le mani al cuore. -Dobbiamo allenarti. L’Ambizione è un dono prezioso, potrebbe esserci utile. Solo i nostri Ufficiali e il Padroncino sanno di cosa hai bisogno.-
-C’è già chi si da’ da fare.- dice Gladius. -Raggiungili. Fai sorgere il tuo potenziale segreto.-
-Quattrocentonovantanove, e cinquecento.-
Pica appoggia il tavolo e Machvise di fianco a sé e si mette in ginocchio. Sugar gli tira un asciugamano e una bottiglietta d’acqua. Dellinger schizza fuori dall’acqua come un siluro e atterra sul parapetto, in equilibrio su un piede solo.
-Non dimenticare lo stretching, ragazzone. Ho fatto mille vasche, dov’è il mio premio?-
-Vieni qua, piccolo mio. Grazie per avermi dedicato la vittoria.- Jora abbraccia il ragazzo, come se non fosse fradicio e sudato. -Quanto a te, Pica. Ci stai a fare da coach a Baby 5?-
-Fallo fare a m-me, pietruzza. Concedimelo.-
Diamante si strappa la coperta di dosso e la getta contro il ponte. Una goccia di bava gli pende dal mento: la toglie di mezzo con un tremulo schiaffo.


A.A.
Si sapeva che il viaggio verso la luce non sarebbe stato semplice. Ora hanno appresso anche un Sakazuki incazzato, e sapete che tipo è quell’uomo, quando ci si mette. Ma al momento lui non dovrebbe fare un’apparizione. I miei piani sono ben diversi, anche se questo non significa che ‘sti disastri umani debbano starsene buoni e comodi. Anche se mi è comunque piaciuto scrivere di questo momento più affettuoso, più rilassante.
Sigh, sto perdendo il tocco degenere? Comunque.
1. La canzone di Pica è Aqualung di Miss Li, che potrebbe essere stata tranquillamente cantata dal vero Pica. Se invece volete sentirlo provare qualcosa del papi… beh.
2. La marca di sigarette Silvers Long Johns è ispirata a un video demenziale “Mai Dire One Piece”, in cui Brook canta la pubblicità di una marca di biancheria (penso fittizia) con questo nome. “Per le notti tra le onde abbiamo tutti le mutande, seta raso oppur cotone, farai sempre un figurone!”
3. Steven Tyler si autodefinisce “demon of screams”, demone delle urla.
4. Lao G non si considera “nuotatore” perché per acchiappare Baby 5 non ha nuotato, si è solo tuffato con un peso legato al corpo.
5. Chi siamo? Dove veniamo? Il corpo legale di One Piece sono i Marine o la Marina?
6. Chi non ha usato il povero Machvise come bilanciere d’emergenza, almeno una volta?
Ho altri progetti in corso — sempre sulla Prole – ma non lascerò incompiuta questa, lo giuro!
Lady R

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Capitolo 15
*** Mal Di Mare – La Lunga Notte Della Squadra Commando ***


Mal Di Mare – La Lunga Notte Della Squadra Commando


Non combatterà più.
Sembrava quasi dispiaciuto, Sai, mentre ripiegava il giornale. Aveva appoggiato la mano su quella di Boo, perché anche lui tremava. Diamante, l’assassino della principessa. Ha battuto la testa e si è rotto il collo.
Lo guardava, seduta sul parapetto della Yonta Maria, cercando di perdersi nella sua virile bellezza. È sempre orribile quando un grande guerriero cade in disgrazia, soprattutto se lo conosci. Ma adesso aveva Sai, aveva una famiglia nuova, e loro avevano bisogno di lei: avevano perso, non li avrebbe visti più. Doveva essere grata di non stargli andando dietro.
Boo aveva tirato un respiro profondo, prendendo il giornale dalle mani del fratello.
-Ma lo fanno camminare lo stesso, anche col collo rotto?-
Chinjao aveva sollevato la testa, scuotendola, la barba che dondolava sul suo petto. -Non si può dire a una folla cosa fare, ragazzi. Lo odiano, come odiano tutti loro. Sono contento che non ci toccherà vederlo. Doveva essere stato un gran combattente.-
Allora Sai doveva dire qualcosa. Che non è giusto, che non va bene, che non meritano quello oltre all’inferno, e che se la ama deve concederle almeno un piccolo favore. Invece niente, nemmeno un sospiro.
E avrebbe dovuto sposarselo, quello sciocco guerriero che non capisce niente delle vere star.

Diamante luccica: non di glitter ma di sudore, e di schizzi d’acqua che provengono dal parapetto. Si avvolge nella sua giacca da marine come fosse il suo mantello d’acciaio, premendosi le mani contro il ventre. Le sopracciglia si torcono, le labbra sporgono. Ogni respiro pare un’agonia.
-Ambi…- ansima. -Ambizione, eh. Dillo a me. La uso da prima che ci conoscessimo, uhahaha.-
-Pausa dalla sessione allenamento!-
L’ingresso alla coperta sbatte. Buffalo depone un vassoio grande come uno scudo sul tavolo. Vi svetta sopra una piramide di panini, più alta di Sugar.
-Si mangia-dasuyan.- Ne prende uno al salmone e lo ingoia tutto d’un fiato. -Serve una mano, Diamante?-
L’ex gladiatore scuote la testa. -Non ho fame. Devono essere le p-pillole.-
Nessuno risponde, e Baby 5 non gliene fa un torto: fosse per lei non smetterebbero mai di mangiare, raggruppati sul ponte della nave che li porta in salvo. In quei giorni di viaggio ha imparato che il prosciutto crudo è salato come mare, che il crocchiare dei biscotti nella bocca può essere più rilassante di un concerto d’archi, e che il caffè caldo è buono di sera come di prima mattina. Persino la fame non è spiacevole, finché hanno di che saziarla. La cambusa è sempre aperta, e ogni minimo languorino può essere chetato con una galletta, una pesca, un pezzo di formaggio o di salmone. Siamo liberi.
Dellinger affonda le zanne in una mezzaluna di melone, Sugar succhia acini d’uva dall’unica mano rimastale. Señor Pink taglia il suo panino in quadrati perfetti, Machvise vi spalma succo di pomodoro come se fosse una pizza. Gladius si lecca le labbra, accucciato di fronte alle enormi mani di…
Oh, no.
-Pica, cos’è quello?-
Il guerriero nasconde la mano dietro l’altra. -Un cerotto,- sbotta stridulo. -Non ne hai mai visto uno?-
Jora si alza, le mani ai fianchi. -Smettila. Non ci crede nessuno-zamazu.-
Pica serra i pugni. -Didi stava male. Non ci ho capito più niente. C’era un kit per la barba sul mobile…- serra i denti. -È un taglietto da niente. Non scocciarmi. Mi sono fatto di peggio con…-
-Ci credo.- lo interrompe la donna. -E non fare l’acido con me, giovanotto. Ormai lo sappiamo tutti.-
Il cerotto è rosso, una goccia di sangue scorre fin oltre la manica. Se quello è un taglietto da niente, Pica stesso è un nano di Green Bit. Il guerriero ha i denti serrati, le mani protese, come se si preparasse a uno scontro corpo a corpo. Jora prende un respiro profondo, appoggia la mano sulla sua spalla mutilata. -Vieni con me. Ti mostro cosa devi fare, con quelle povere mani.-
Pica prende un respiro profondo. -Tanto qui non c’è una roccia nemmeno a pagarla. Che altro potrei fare?-
Andarle dietro, pensa Baby 5. E farti aiutare. Non sei di pietra, e non hai i guanti. Se Diamante non si riprende, chissà quante altre volte Pica farà qualcosa del genere.
-Tesoro…- il gladiatore allunga il braccio. -Io…-
-Resta seduto, Diamante-sama.- Gladius si fa avanti e gli porge la mano. -Lasciati accudire. Non è colpa tua.-
-Non me ne sono mai accorto. Mai, mai.-
Baby 5 sospira. Era una star, un eroe, ed era il suo sogno. Le cantava una canzone dolcissima sul continuare a sognare, quando il volto di sua madre interrompeva le sue nottate. Le preparava torte salate, Baby Castella, abbastanza biscotti da riempirsene per settimane. La lanciava in aria, prendendola al volo, la faceva piroettare in aria come una fata. “Qualche stronzo ti ha scaricata? Dimenticatelo. Sei forte abbastanza per stare qui con noi.”
-Nessuno se n’è accorto, Diamante.- la voce di Lao G è lapidaria.
E rideva, rideva sempre, come per compensare alla malinconia di suo figlio. Forse ci vorranno anni, prima di sentire di nuovo quel suono vivace. Kyros aveva battuto anche lei, con un solo fendente della sua spada – ma se le ritornasse davanti, lo giura, gli salterebbe al collo e non lo farebbe scappare.
-Ah… ah, sì.- Diamante allunga le braccia, e Baby 5 si impone di non chiudere gli occhi a quelle mani tremanti. -Scusatemi. Non sch… sto bene.-
-Avanti,- lo incalza Dellinger. -Facci un urlo da rockstar.-
Diamante lo guarda con disgusto. -A malapena re-respiro. Non posso…-
I pugni tremanti si serrano, le labbra carnose tremano. Una lacrima gli scorre lungo la guancia.
-Datemi u-una pillola.-
-Scordatelo.- Sugar pesta l’unico pugno contro il parapetto. -Non scapperai in questo modo.-
-Mi fa male…- biascica Diamante.
-Anche a noi. Se non fossi più una star, stupido idiota, ti avremmo buttato a mare.-
Diamante fa scivolare un lembo della coperta attorno alle dita e si tampona la faccia. Rivolge a Sugar un’espressione di sufficienza. -Ambizione della Persch… Per…-
-Percezione, Diamante-sama.-
Baby 5 si siede a gambe incrociate su uno dei cuscini e tiene la mano dell’Ufficiale ferito. -Sai usarla ancora, no? Anche se stai male?-
Diamante stringe appena la mano, ma le sue dita tremano troppo per reggere a lungo. Si asciuga addosso la mano sudata. -Mmh. Sì… Lo senti quel gabbiano, lassù?-
Baby 5 strizza gli occhi verso il sole. Due ali sbattono contro la luce, lontane e sfocate. Stringe le dita tra quelle di Diamante e inspira l’aria tiepida della mattina.
Venti metri sopra di noi. Una piuma spezzata nell’ala destra. -Ha il cuore che batte forte. Forse cerca qualcosa.-
-O forse è innamorato, ma il gab-bbiano della sua vita si è preso una pallottola nei polmoni.-
Baby 5 scuote la testa. -Diamante…-
-Lo so, devo consch… conchentrarmi.- L’uomo sbatte le palpebre. Sorride, ma i suoi occhi sono lucidi. -Ha le ali tese, senti?-
Baby 5 serra gli occhi più forte, massaggia col pollice la mano di Diamante. -Vento a quaranta nodi, da est-nord-est. Insegue il sole, proprio come noi.-
Il sangue pulsa sotto la pelle pallida di quelle mani. Diamante si lecca le labbra. Ha gli occhi serrati, le labbra dischiuse.
-Senti le onde, come pulsano…-
-Sì, sì…- Stringe più forte la mano tremante, la massaggia. Ogni raggio di sole, ogni folata di vento, è un frammento di mondo che pulsa assieme agli altri. Un trichiliocosmo, forse si dice così, ed è così bello che potrebbe dimenticarsi chi è e dove si trova.
-Puoi sentire me.- mormora Diamante. -I miei pensch… pensieri.-
La stringe più forte a sé, perché reclini la testa sulla sua spalla. La sua famiglia forma un cerchio attorno a loro, illuminata dal sole, e i loro cuori battono di vita contro la sua Ambizione. Siamo liberi: ogni tanto deve ricordarselo, o teme che da dietro l’albero maestro sbuchino fuori delle guardie, Magellan o Sadi-chan, pronti a trascinarli di nuovo da dove sono venuti.
Meglio fare finta di niente e preoccuparsi di chi è con lei. -Pensi al Padroncino.- A Doffy, così lo chiama, e l’ha visto da prima di che lei esistesse. -A ciò che abbiamo perso. Sei spaventato.-
Il gladiatore si sporge in avanti, serrando i denti. -Doffy era un bambino così interessante. Tre sapeva…-
No, non pensare a Trebol. È come se Diamante si consumasse là sul posto – sempre più magro, sempre più pallido, sempre più invisibile. Una stella che si spegne. Eppure gli abbiamo promesso di essere forti. Sugar si lecca le dita sporche d’uva e serra il piccolo, unico pugno. La mano di Diamante, grande la metà della donna-bambina, la solleva fino al suo petto.
-Un giorno ti parlerò di lui, di come ci siamo incontrati. S-se non…- si pulisce la bocca con la manica. -Sche non ti da fas-fastidio la mia parlata.-
-Ho sopportato il suo moccio schifoso per dieci anni. Un po’ di bava non mi fa nulla.- Sugar appoggia la testa contro il petto dell’uomo e si lascia cullare.
-Sei un guerriero coi controcoglioni, Mr. Diamante.-
Il gladiatore sorride, ma è teso. Plastico. -Mi sento tutto…-
Lascia la mano di Baby 5 e la pone nell’altra, schiacciandole tra le ginocchia finché non smettono di tremare.
-…fuorché un diamante.-
Per i quarantanove anni di Trebol era stata ordinata una torta a tre piani. Diamante ne era saltato fuori con addosso soltanto un paio di slip pieni di lustrini, cantando Mr. Wonderful, e si era assestato sulle ginocchia del festeggiato come su un trono. Chissà cosa avrebbe sentito, allora, la sua nuova Ambizione. O ai tempi del colosseo, o della conquista, o prima ancora, quand’era solo una bambina e quell’uomo enorme dal sorriso luccicante la faceva tremare metri sopra di lei.
Invece le tocca conoscerlo adesso, quando nemmeno la libertà sembra avere sapore.
Un battito di mani interrompe i suoi pensieri. -Yoo-hoo. Ehi, superstar! Vieni a dare un’occhiata al tuo ragazzo!-
Jora avanza sul ponte in punta di piedi, roteando le braccia come se sul palco ci fosse lei. Pica la segue a pochi passi, le mani dietro la schiena.
-Ora mostraglielo e fatti invidiare-zamazu.-
Il guerriero porge le braccia, e Diamante si drizza a sedere con un gemito.
-Sei…- tira su col naso. -Una gemma.-
Le mani di Pica sono viola, come se avesse ancora i guanti – ma è pittura, pittura purpurea che gli ricopre dita, dorsi, palmi e polsi. Un reticolo di triangoli luccicanti che segue quello delle cicatrici: come se dell’ametista stesse emergendo dalla sua carne, sostituendola, cancellando le tracce del suo segreto ventennale.
-Dovrò lavarla?- Pica si rimira i palmi delle mani, sbattendo le ciglia. Jora gli stringe il fianco.
-Purtroppo sì. Ma goditela, stella. Quando attraccheremo potrai fartici un tatuaggio, così. Non c’è bisogno di chiamarmi Regina di Bellezza, adulatore.-
Se le sue mani sono belle non sentirà bisogno di lacerarsi ancora. Baby 5 si sposta, lasciando che si sieda di fianco al padre. Gli porge le mani, e un raggio di sole le accende come fiamme.
-Sono bellissime,- mormora Diamante, e sorride ancora. -Se T-Trebolito ti vedesse…-
Prende un respiro profondo, si rattrappisce nella coperta. Sugar lo stringe attorno alle spalle.
-Lasch-lascia che ti alleni, Baby 5. Posso ancora essere v-versch…-
Porta la mano alla pancia, da cui proviene un ringhio profondo.
-…atile. E ora ho fame.-
Machvise strappa a metà un panino al formaggio e lo porge alla bocca dell’altro uomo. Diamante sogghigna. Ha i denti gialli, e le punte dei canini sono smussate.
-Servito e riverito c-come una star. Eccomi qua. Sch… sono a casa.-
Beato te, pensa Baby 5. Se lo pensi davvero, sei proprio un diamante di nome e di fatto.

C’era il sole, la prima mattina a Dressrosa.
Il tavolo della colazione era lungo abbastanza da correrci una frazione, acceso dei colori caldi delle arance e delle ciliegie e dell’uva. Violet – Viola – stava in disparte, rannicchiata contro l’angolo della tavola con una coperta sulle spalle. Non aveva risposto al suo ciao, e Baby 5 le aveva rivolto il dito medio: cafona.
Buffalo si ingozzava di gelato da un monte alto quanto lei. Jora si godeva un massaggio alla schiena da parte di una cameriera. Dellinger disegnava ai suoi piedi: un banco di pesci, in fila indiana.
-Dov’è Diamante-sama?- chiedeva Machvise a Pica.
Il colosso aveva sbuffato, succhiando la sua granita. -Tre bottiglie di vino rosso. Indovina.- E con un pugno aveva spedito il servitore che aveva riso dritto contro la parete.
Trebol tirava cucchiaiate di cereali addosso a Sugar e Señor Pink, Gladius mescolava lo yogurt al cioccolato e le indicava di sederglisi accanto. C’era una pila di Baby Castella che pareva un tesoro, e una sola era dolce come miele.
E poi c’era il Padroncino, nel suo cappotto rosa, bello come un Dio. Tutti i servitori si erano alzati in piedi, inchinati come a un vero Drago Celeste. I suoi famosi occhiali da sole brillavano come diamanti mentre procedeva al centro della sala dei banchetti.
-Dressrosa è nostra. Adesso divertiamoci: siamo a casa.-
Avevo quattordici anni. Baby 5 rimescola lo zucchero nel tè e vi soffia sopra. Dicono che nell’Isola degli Uomini Pesce viva una profetessa: se mi avesse detto che dieci anni dopo saremmo finiti tutti a Impel Down, avrei riso e le avrei sparato in faccia.
Un’isola nel mezzo del nulla, troppo piccola persino per il mercato degli schiavi. Non sanno se avranno un posto dove stare, in grado di contenerli tutti. Se fossero ancora pirati potrebbero tenersi quella nave Marine rubata – ma cosa sono, adesso? Non si può essere pirati senza un capitano, e nessuno potrà mai sostituire il Padroncino.
Doffy. Chiamalo Doffy. Ormai non comanda più nulla e nessuno.
Cose da fare se ne trovano, su quella nave. Anche solo l’orizzonte può diventare interessante. La sua Ambizione diventerà forte, dice Diamante, e ascoltare i battiti dei cuori dei gabbiani è una melodia così dolce da non poterle resistere. Anche i suoi muscoli cominciano a farsi vedere, nelle sue braccia. Come se il suo corpo stesse tornando alle sembianze di dovere.
Non è nemmeno un problema, dover stare a terra. Purché ci sia un sole da seguire nel cielo, del vento da sentire sulla pelle, qualcuno nel cui petto gettarsi quando il sole e il vento iniziano a pesare troppo. Basterà a tutti, non solo a lei. Vivere: senza catene, senza torture, senza il viso insanguinato di Trebol stampato sugli occhi ogni volta che li chiudono. La libertà è tutto, in questo mondo, diceva Jora, ma reimparare ad essere liberi non è facile come saper combattere o timonare. E ogni giorno, daccapo, Baby 5 e la sua famiglia devono imparare che nulla sarà mai più come prima.
Prima, Machvise non vomitava oltre il parapetto all’una di notte, con i frantumi di una bottiglia di whiskey attorno ai piedi. Prima, non beccava Sugar a piangere sotto il tavolo della cucina, come se la tovaglia bastasse a nasconderla. Prima, non entrava nella stanza di Diamante per cambiare le lenzuola solo per trovare Pica tra le braccia del padrone di casa, con i pugni tremanti e un fiotto di sangue dalle dita al gomito. Prima, Dellinger non spariva ore in acqua, ogni tanto portando su un bel pesce da cuocere, a volte sommerso tutto il tempo e quasi invisibile.
Prima, io non bevevo cinque tazze di caffè al giorno. Prima mi piaceva indossare una gonna corta e un abito scollato. Prima, nulla mi dava più gioia che essere utile a qualcuno.
Gladius scrolla le spalle, e beve un altro sorso di tè.
-Dobbiamo dimenticarcelo, quel “prima”. Fare come se non fosse successo. Io lo farei.-
Baby 5 si stringe nelle ginocchia e avvicina la sigaretta alla fiamma sulla sua mano. Stanno finendo anche quelle, e nessuna sorpresa: ne ha fumate cinque solo la mattina. C’è qualcosa di rassicurante, nell’avere in bocca quel fumo dolciastro. Significa non dover per forza parlare.
Ma se ci chiudiamo in noi stessi facciamo il loro gioco.
C’è la luna piena, ma la sua luce è una macchia bianca e sfocata dietro le nuvole lontane. Era stato bello, le prime sere, guardarla sorgere e tramontare. Ora nemmeno quella pare interessante. I colori del mare, la sua danza continua contro l’orizzonte, le strida dei gabbiani e i balzi dei pesci. Getta al cielo uno sguardo distante e tira una boccata.
-Vuoi dimenticare tutto? Anche Trebol?-
-A volte.-
Se fosse vivo gli darebbe una bastonata da girar la testa, e riderebbe smoccolando. Non può dimenticarlo, non è fatto per essere dimenticato. Un’altra boccata, profonda. -E il Padroncino? Dopo tutto quello che ha fatto per noi?-
-Sì.-
Il tono di Gladius è secco, i suoi occhi distanti. -Sì. Voglio dimenticare tutto. La mia vita comincia qui. Non mi hanno trovato. Non mi hanno salvato. Non ho fatto parte di nessuno squadrone.-
-Ma l’hai fatto!-
Baby 5 gli afferra il braccio. Anche il suo polso trema, e non ha idea come faccia a non lasciarlo andare. -Non è questo, che ci ha tenuti vivi?-
-Non lo so cos’è stato. Forse non era neanche questa gran cosa.-
Si alza, aggrappato al parapetto. Le ginocchia gli tremano. Ha un pugno serrato, gonfio, pulsante.
-Non ho smesso mai di pensarci.-
Baby 5 tira una boccata esitante. -A cosa?-
-A come sarebbero andate le cose. Avrei potuto fermarli. Almeno quel samurai.-
Baby 5 serra i pugni. C’è un piattino da caffè pieno di cenere, accanto al suo piede: vi appoggia la sigaretta e si alza. Persino Gladius sembra pallido contro quella luce pallida, e non si era mai accorta delle sue guance scavate.
-Senti.- Fa un passo avanti, ma quando prova a fare il seguente, è come se il suo piede fosse incollato al ponte. -Siamo tutti d’accordo che quello che ho fatto io è peggio del resto. Quindi pensala così anche tu, e smetti di preoccuparti. Non ce n’è motivo. Siamo tutti qui.-
-Non siamo tutti.- Gladius taglia l’aria con la mano. -Non siamo tutti da quando abbiamo cominciato a combattere.
Forse, se non il Padroncino, almeno Trebol avrebbe saputo guidarli. Lo aveva fatto, con il suo compagno e suo figlio, quando erano bambini smarriti nel mondo. Adesso siamo adulti, ma comunque smarriti. Avevamo bisogno di te.
-Lui non vorrebbe che ci crogiolassimo nel dolore.-
-Lui non è qui.-
Gladius colpisce il parapetto con un pugno. -Non è qui, e sono tre notti che lo sogno. Non era neanche il mio Ufficiale, cosa vuole da me?-
-Calmati…- tenta Baby 5 di fretta. Non deve esplodere, sarebbe il colmo della sventura. Finirebbero tutti in fondo al mare come sassi, senza nemmeno la possibilità di un addio. Persino Trebol ha avuto di più.
-Sono calmo.- dice freddo Gladius.
Non è calmo, pensa Baby 5. Basta che non esploda, sarebbe il minimo. Forse può distrarlo, lasciare che la sua rabbia emerga diversamente. Non sarebbe la cosa più strana che è loro successa. E Gladius… ne ha diritto. Qualunque gioia, anche piccola, su cui riescano a mettere mano, devono godersela tutta fino all’ultima goccia.
-Sono solo stanco. È da quando ci hanno buttato lì dentro che sono stanco. Sono ancora più stanco da quando siamo su questa barca.-
Si aggrappa al parapetto, serrando le nocche sul legno. Gli tremano le spalle, le costole pulsano. Guarda dappertutto, meno che lei.
-E a volte…- Anche i gomiti tremano, adesso, e le ginocchia. -Penso che non ce la posso fare…-
-Sono pensieri. Quello che pensiamo non è mai vero.-
Gladius sbatte le palpebre, si passa la manica della giacca sugli occhi.
-Cos’è vero? Cosa non lo è? Non lo so più.-
Sporge la testa oltre il parapetto, e uno schizzo d’acqua salata gli bagna il volto. Le gocce gli scorrono lungo il volto, dagli occhi alle guance, e fino al mento.
-Non capisco più niente. Dovrei essere felice. Sembrava così facile. Era facile.-
-Gladius.- sussurra Baby 5. -Allontanati dal bordo. Ti prego.-
Vorrebbe piegare le dita, ma le sue mani non rispondono. Gladius sembra più magro che mai, senza la sua gonna, e senza i capelli aguzzi come spilli. Come se ad Impel Down gli avessero strappato via dei pezzi dal corpo, cervello incluso.
Ha gli occhi pervinca, ha scoperto durante i mesi senza occhialoni. Non le importava saperlo, ai tempi del Padroncino, eppure adesso non potrebbe immaginarlo senza.
-Che cazzo mi è preso…-
Si lascia cadere in ginocchio, con un rumore sordo, e preme i dorsi dei pugni contro il pavimento. La schiena trema, le vene pulsano sulla sua fronte.
-Gladius…-
-Non lasciarmi.-
E se esplode? Baby 5 si inginocchia al suo fianco, scacciando di fretta quel pensiero. È irascibile, non stupido. Spegne la sigaretta contro un anello da ormeggio e circonda Gladius con il braccio.
-È stupido, no? Non mi hanno neanche torturato tanto. Non mi hanno frustato. Non mi hanno bruciato. Mi hanno infilato la testa nell’acqua, che vuoi che sia? Neanche mi hanno costretto a nuotarci dentro.-
-Non è una gara a chi soffre di più. Qualcuno ti ha forse detto che non hai diritto a soffrire?-
-Nessuno. Come se fosse meglio.-
Anzi, è ben peggio. Baby 5 massaggia la schiena di Gladius, lo stringe così forte da sentire il suo fiato sulla sua schiena. -Basta che non esplodi. Ci riesci?-
-Non ci riuscirò più. Non dopo i cancelli.-
Qualcosa di caldo, liquido, gocciola sulla sua schiena. Gladius preme il volto contro la spalla di Baby 5 e vi urla dentro, le unghie serrate attorno alla sua camicia. Trema così forte che persino i suoi ansiti suonano irregolari.
Baby 5 reclina la testa contro quella di Gladius e lo tiene stretto. Si inginocchia, conducendolo con sé verso la base del parapetto. Le vele ricadono flosce, l’aria è pesante e secca sulla sua lingua. E Gladius trema, trema, come se il suo corpo avesse smesso di rispondergli.
-Vuoi dirmi qualcosa?-
Gladius sputa fuori una risata amara, senza gusto. -Ho bisogno di te.-
Si accuccia al suo fianco, facendosi piccolo. Per fin troppi secondi, Baby 5 non sa cosa rispondergli. Stringe il polso di Gladius, come a sfogare lo stress. -Non sono… non più.-
-Come lo sai?-
Baby 5 lascia andare il compagno e porta le ginocchia alla bocca dello stomaco. Quanto ancora durerà, quella odiosa conversazione?
-Ho scelto di…-
-Oppure,- la interrompe Gladius, -anche tu vuoi fare finta che non sia mai successo?-
Porta le mani alla testa, conficca le dita nella pelle come se anche quella gli facesse male. Dovrebbe dirgli qualcosa – di contare fino a dieci, di seguire il suo respiro e i suoi gesti, come ha insegnato loro Lao G durante i mesi in quella cella dannata – ma nessun fiato sfugge alle sue labbra.
Forse è arrabbiato per la storia di Don Sai, ma a malapena sapeva che faccia avesse. Forse è solo spaventato, sente troppe cose e tutte insieme. Si stringe nelle braccia, nelle gambe, rattrappito e tremante. Baby 5 appoggia i palmi sulle sue mani, massaggiandole.
E se avesse ragione? Il pensiero la fa rabbrividire, e le sue mani si fermano appoggiate su quelle del compagno. È stata utile così a lungo, con così tanto piacere, da dimenticare cos’altro le abbia mai reso felice la vita. Non che avesse avuto qualcos’altro da fare, in quel villaggio dimenticato anche dagli Dei. Se esistono, naturalmente. Dopotutto, se esistono i demoni…
Siamo liberi, no? Non basta? A Gladius no, non se continua a tremare.
Il ponte cigola, e Gladius sobbalza. È caldo come di febbre, realizza Baby 5 quando gattona verso di lei. -Shh, è solo Buffalo. Va tutto bene.-
Gladius emette un rumore stonato. -Mi dispiace.- sussurra. Si asciuga le lacrime e prende la mano di Buffalo, per alzarsi. Le sue gambe tremano: Baby 5 si alza di scatto, lo regge dai fianchi prima che cada.
-Gladius?- Buffalo stringe le sue mani nelle sue, così grandi da farle sparire. Lo lascia solo per circondargli la spalla col braccio, portandolo a sé.
-Non so cosa dire.-
Buffalo gli massaggia la spalla, scuotendo la testa.
-Allora non dire niente. Vieni. Voliamo.-

Non sa da quanto tempo fosse stato lì, ad ascoltare quelle confessioni, e probabilmente non lo sa nemmeno Gladius. Ora giace rannicchiato sulla schiena del compagno, tra le sue braccia, con gli occhi chiusi e le guance rigate di lacrime. Trema, sotto la coperta in cui l’hanno avvolto.
-Guarda.- Buffalo cabra leggero verso il mare, a un palmo dalle onde calme. -C’è il riflesso delle stelle-dasuyan.-
Gladius striscia sulla schiena di Buffalo e porge la mano a Baby 5 per sporgersi. Emette una risata gracidante, stringendosi nella coperta.
-Che bello.- sussurra. Baby 5 a malapena lo sente. Carezza i capelli di Buffalo. -Gli piace.-
Buffalo ride, e le sue eliche le scuotono i capelli. Si solleva in aria, attraverso il vento, fino alle nuvole e sopra. La luna è un graffio sottile attraverso il cielo, bianca come polvere di diamante. Dicono che sulla luna – non sa quale – vi sia una colonia di guerrieri robot. Chissà se li vedono, da lassù. Cosa pensano, se sanno che gli umani hanno creato posti come Impel Down.
Gladius si tampona gli occhi con un lembo della coperta e rotola sulla schiena, a braccia aperte.
-Buffalo?-
-Sì?-
L’uomo-elica non può voltare la testa, ma il vento delle sue caviglie è come una carezza. Baby 5 massaggia la spalla di Gladius. La luna è riflessa nei suoi pallidi occhi azzurri, luccicanti.
-Vieni qui spesso?-
-Quando mi va. È il mio posto preferito-dasuyan.-
Gladius si serra le mani sullo stomaco. Le lacrime luccicano sul suo volto. Buffalo si tuffa di nuovo tra le nuvole, e Baby 5 ne carezza una. È fredda, leggera. Vorrebbe portarsela appresso come un medaglione.
-Vuoi atterrare?-
-Ancora cinque minuti.- mugugna Gladius. Si rannicchia sul fianco, e le lacrime gocciolano nella maglia di Buffalo. Offre la mano a Baby 5, che la prende. Si siede al suo fianco, la avvolge nella coperta assieme a lui. Buffalo decolla di nuovo, in cerchio, sopra la nave che li porterà via.

Il giorno in cui approdano arriva senza avviso, come una scossa della tolda che ti fa svegliare nel mezzo dell’oceano. Siamo scappati solo ieri, pensa Baby 5, ma non è vero, hanno guardato insieme abbastanza albe e tramonti da farsene un album fotografico, e provato tutti i vestiti di chiunque fosse il comandante. Hanno finito le birre, il miele, il ramen e le gallette, ma quando hai fame non ci pensi, e dopo Impel Down avranno fame forse per sempre.
-Capito, Buffalo?- Señor Pink appoggia la cornetta sul legno. -Dovrai fare qualche viaggio, contiamo su di te.-
-Sissignore-dasuyan.-
C’è un molo di legno grande come il suo letto, di assi che quasi spariscono sotto la schiuma. Ciuffi di vegetazione verde scuro sporgono dalle rocce pallide, secche, scarne come scheletri. Anche solo una capanna sarebbe fuori luogo, là in mezzo.
Abitavamo in un palazzo. Avevamo una città in mano. Baby 5 getta fuoribordo il mozzicone dell’ultima sigaretta rimasta e stringe le dita attorno al parapetto.


A.A.:
Dopo le feste, dopo i banchetti, torniamo alle nostre avventure. Siamo quasi alla riva, e so che questo capitolo è abbastanza lungo, ma l'ispirazione c'era e dovevo aggrapparmici. 
Fra poco torneremo sulla terra, ma vi assicuro che il DOLORE non è finito, anzi. Ho deciso di parlare di Gladius, perché è un personaggio che spesso ho ignorato, e aveva bisogno di sviluppo. Il povero ragazzo sta molto male, e anche lui l'ha sempre tenuto nascosto. Il PTSD è dappertutto. 
E poi c'è Diamante, che povero caro aveva bisogno di riprendersi, soprattutto dopo che gli ho ammazzato l'uomo che ama. 
Non penso di avere – stranamente – altro da aggiungere. Mi fermerò qui, allora. Grazie.
Lady R

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Capitolo 16
*** Una Casa E Nulla Più – L'Isola Nel Mare Sporco ***


Una Casa E Nulla Più – L'Isola Nel Mare Sporco


Quando l’acqua inizia a schizzare dai buchi nelle travi, Baby 5 arretra tremando. Darebbe la sua testa, le sue mani, tutti i suoi anni di vita per un letto caldo in cui gettarsi. Uno schizzo le ha bagnato petto e volto: si tampona la faccia con uno straccio gettato in un angolo e corre in coperta col cuore in gola.
-Fatto.- sussurra a Buffalo, sdraiato carponi contro il parapetto. -Sarà sul fondale in cinque minuti.-
L’uomo si sporge verso il mare e solleva il pollice verso Dellinger. Il ragazzo annuisce, e sparisce sotto la superficie. I capelli biondi, illuminati dalla luna piena, sono un globo di luce che si allontana lampeggiando verso la terraferma.
Baby 5 si lascia cadere sulla schiena di Buffalo ed espira, scossa dal capogiro. L’uomo-elicottero si  solleva senza un rumore e si libra sulla via del ritorno. Le palpebre di Baby 5 cascano sugli occhi annebbiati. La donna-arma si pizzica il braccio: ancora un po’, si ripete. Ce l’abbiamo quasi fatta. Si volta sullo stomaco, rannicchiata, e allontana dalla fronte i capelli umidi e freddi. La costa si avvicina ogni secondo di più. La sabbia dovrebbe essere bianca, di giorno, ma alla luce della luna sembra gialla come bile. C’è un pontile di legno lungo come un tavolo da pranzo: troppo piccolo per una nave come la loro, e Buffalo beccheggia mentre atterra, spazzando la sabbia con le sue eliche. Ha portato a riva Jora e Gladius, Pica e Sugar, Diamante e Lao G, Machvise e Señor Pink, e lei da ultima, con rispettivi percorsi di ritorno. Dellinger li attende seduto nella sabbia, avvolto in un accappatoio grigio su cui campeggia la scritta in corsivo Hotel Mille Tesori.
-Venite con me. Gli altri vi aspettano dietro ai cespugli.-
-Grazie.- sussurra Baby 5. -È così bello rivederti, Emily.-
C’è un velo di lacrime, sugli occhi azzurri della giovane donna. Strappa la sua umida treccia bionda dal petto e rassetta sulla testa il cappuccio della giacca a vento.
Baby 5 non l’aveva mai vista, vestita di tutto punto. I pantaloni della tuta grigi sono umidi sull’orlo, la sciarpa nera pende asimmetrica sulla sua pancia.
-Seguiteci.- dice una seconda voce. -Per di qua. Meglio non accendere torce.-
Kari tiene stretta al petto una pistola che Baby 5 non ha mai visto. -Ci siete mancati così tanto.- sospira, e scocca uno sguardo rapido alla strada metri sopra di loro. Le onde crosciano contro le travi del pontile, il vento gonfia le maniche della sua giacca.
La segue guardandole i piedi, con la schiena scomodamente curva e la sacca che gratta contro le sue costole. Fosse per lei, si metterebbe a dormire là nell’erba secca, rannicchiata sotto la giacca che ha rubato al commodoro come un pulcino nel suo uovo. Un mondo piccolo, ma della sua misura.
La sua famiglia in uno spiazzo tra i cespugli, un tappeto di erbacce e polvere. La Squadra Lottatori, Buffalo, Jora e Pica portano in spalla le bisacce: Diamante giace tra le braccia di quest’ultimo, avvolto nella coperta, e gli occhi socchiusi si sgranano appena nel vedere i nuovi arrivati. Dellinger si affretta verso la madre, gettandole le braccia al collo. Joanna indossa una giacca a vento viola e il consueto cappello da cowgirl, e si stringe a Señor Pink come se ne dipendesse la sua vita.
-Ha sconfitto la tremenda Domino!- annuncia alle altre due donne. -Sodo anche da prigioniero. Che uomo.-
Kari ed Emily sospirano, raggiungono la compagna nel suo abbraccio. -Ci sei mancato così tanto, Señor. Abbiamo un posto speciale per te nel nostro rifugio sicuro.-
-Vorremmo vederlo, questo rifugio sicuro.- sussurra secca Jora.
Joanna raccoglie da terra un fucile a canne mozze e lo punta di fronte a sé. -Per di qua. Resistete, manca poco.-
Baby 5 serra le labbra. Deve aggrapparsi a Buffalo durante tutto il viaggio, perché più volte si sente sul punto di crollare in un sonno profondo. Non saranno quindici minuti, che camminano, ma le fanno già male piedi e caviglie. Il terreno è secco, e ne è grata: scivolare nel fango, nel buio, sarebbe abbastanza da voler mollare tutto proprio là.
Charlotte agita il braccio da una rupe, appoggiata a un albero. -Ciao, Señor! Ciao, famiglia! Venite di qua, vi aspettiamo.-
C’è una scala di metallo, arrugginita e verdastra, che discende lungo la fiancata della rupe. E alla base una spiaggia di sassi, grande come un campo da calcio, circondata da una mezzaluna di scogli. Dal lato opposto della spiaggia si leva una parete di pietra, sulla quale si staglia una porta di legno alta come un gigante. E davanti alla porta, i luminosi occhi viola che si guardano intorno furtivi, Kyuin brandisce il suo aspirapolvere come una lancia. Le dita paffute tremano mentre li guarda scendere. Si morde il labbro inferiore, tremulo.
-Bentornati a casa. Come vostra leale seguace, è mia premura accogliervi nella vostra nuova dimora.-
Ripone l’aspirapolvere sopra la spalla e spinge verso l’interno le stinte porte di legno.

La caverna è lunga abbastanza da contenere comodamente tre pescherecci in fila. Buffalo, sollevando le braccia, sfiora con i polpastrelli il soffitto a botte. Alle pareti di pietra grigia – granito grigio di mare, commenta Pica accarezzandone una – sono appese reti per tutta la lunghezza.
Le teste di cinque docce sporgono dal muro di destra e giacciono su un pavimento. Dietro, una cesta di panni bianchi alta come Baby 5, una piramide di sacchi cilindrici, pieni fino all’orlo. La parete di sinistra è percorsa da una muraglia di casse di legno. Per la maggior parte sono chiuse; in quelle aperte lei vede scatole di cereali, bocce d’olio d’oliva, e un sacco annodato macchiato di polvere marrone.
Machvise, Lao G, Jora ed Emily tirano le porte di legno, serrando il chiavistello e girando la chiave nel lucchetto. Baby 5 si irrigidisce nel buio. Sugar emette un urlo sottile, seguito da un rumore elettrico. La caverna si illumina di giallo, dall’entrata fino al fondo.
Baby 5 si strofina gli occhi: la seconda metà del corridoio è percorsa da un tavolo di scolorito legno blu, sotto la luce tremula di cinque lampadine da soffitto. Sopra luccicano bottiglie, ciotole, un pentolone fumante grande abbastanza da contenere lei stessa rannicchiata. La sua bocca si riempie di saliva, il naso freme a un odore indefinito ma familiare, e dolce come tutto il miele del mondo.
-Non sapevamo se foste più stanchi o più affamati.- sussurra Kari. -Nel dubbio vi abbiamo scaldato qualcosa. Sedetevi pure dove capita.-
-Diamante è molto debole. Devo farlo sdraiare.- Pica rassetta la presa sull’uomo tra le sue braccia. Kari ed Emily ridacchiano, coprendosi la bocca con le mani, e arretrano verso il muro appena l’uomo si volta a guardarle.
-Non siamo abituate. È passato tanto tempo.- scatta la seconda. Pica scuote la testa. -Ditemi solo dove lo posso mettere.-
-Per di qua, seguici. E scusaci per la risata.-
Dietro il tavolo, il rifugio si allarga sui fianchi, fino alle dimensioni della cella che hanno lasciato. All’angolo sinistro, un armadio bianco sporco ricopre tutta la parete. Sul fondo vi sono quattro fornelli, una lavastoviglie, due stendiabiti piegati uno sull’altro – e un materasso che percorre tutta la parete di destra, coperto da un lenzuolo pulito e da una manciata di cuscini.
-Le nostre camere da letto sono al piano sopraelevato, ma alcuni di voi non ci passano. Abbiamo organizzato qui uno spazio per voi. Avrete coperte, cuscini e sacchi a pelo.-
Joanna si inginocchia accanto al materasso e regge la testa di Diamante mentre Pica lo adagia.
-È un cuscino ortopedico, memory foam. Una lunga storia, ma non preoccupatevi per lui. Dormirà come un bambino.-
Pica borbotta un “grazie” e si accomoda al capezzale di Diamante. Gli prova la fronte: -Ha ancora la febbre alta.-
Joanna porge al guerriero una sacca di iuta bianca, su cui è stata dipinta una croce rossa. -Il termometro è qui dentro. Se riesce a mangiare, la zuppa è pronta.-
I mezzi di una nave, anche una nave marine, non sono sufficienti per trattare un’infezione. Il graffio sulla schiena di Diamante è lungo come una lama di pugnale, e trabocca pus così viscido e abbondante da dover, ogni volta, cambiare le lenzuola assieme alle bende. C’era una sola boccetta d’acqua ossigenata, e Machvise era stato costretto a razionarla.
-Se smetto di camminare,- aveva biascicato Diamante una sera, -striscerò fino a Kyros per sputargli sulla faccia di merda.- Stava piangendo, mentre lo diceva. Se fosse il dolore fisico o la rabbia, Baby 5 non lo considera affar suo.
Ha anche perso sangue, abbastanza da non reggersi in piedi o sollevare anche solo una posata. In attesa di un trapianto sono le mani di Pica a imboccarlo, a dissetarlo, a tamponargli la bocca sbavante; quelle di Dellinger a pettinarlo, quelle di Machvise a fargli la barba. Ha deciso di farsi crescere i baffi e il pizzetto, marroni e grigi come i capelli. Non somiglia all’Eroe del Colosseo, ma a detta sua “Trebolcito se lo mangerebbe tutto come un boccone di pane”.
Ed è in quei momenti che, forzando un sorriso, Baby 5 vorrebbe tornarsene nel passato e strappare quell’ingenua sé stessa dalle braccia nerborute del Don.
Pace. Lui non sa che lei è qui. Se legge il giornale, saprà senz’altro che è evasa. Con i Marine alle calcagna, sparire dietro una vecchia porta è un sacrificio che possono fare. La zuppa fuma in una ciotola di plastica gialla, Charlotte la scodella in piatti sbeccati. Dellinger stappa una Coca Cola, Buffalo una soda, Kyuin aiuta Sugar a versarsi un bicchiere di succo d’uva. Señor, Lao G, Jora e Machvise si distribuiscono bottiglie di birra.
La zuppa è calda, salata, ricca come un dessert. Baby 5 si accaparra una birra e mangia senza un fiato. Ci pensano le padrone di casa a spezzare il silenzio: chiacchierano come fossero caricate a molla.
-Un tempo, i pescatori di questo villaggio venivano qui a depositare le barche. Una ventina di anni fa i Nobili Mondiali hanno aperto un cantiere sopravvento, contaminando l’acqua. Così sono stati chiusi e nessuno ci veniva più…-
-…ma noi abbiamo aperto il cancello con le cesoie e ce ne siamo appropriate. Il comune di Dressrosa ci aveva dato dei soldi per ricominciare daccapo. Sapete, molti Dressrosiani si sono trasferiti altrove…-
-…capite che investimento, no? Anziché comprare una casa ci siamo infilate qui dentro e abbiamo usato i soldi per prepararvi una sistemazione in attesa del vostro arrivo…-
-…e adesso siete al sicuro, qui con noi. Potete fare quello che volete.-
Se si aspettavano un applauso, devono essere deluse. Baby 5 rimescola la zuppa e sorbisce la birra. Freddo e caldo, purché la sazi. Forse si può costruire una routine, in quel mondo dei liberi così grande e così strano.
Diamante mugugna dal suo giaciglio. -Cibo…?-
Ha gli occhi a mezz’asta, la pelle giallastra e sudata. Solleva una mano tremante, piegando dita scosse da spasmi. Charlotte depone il mestolo.
-Se non riesce a reggere il cucchiaio possiamo imboccarlo noi.-
-No… no.-
Diamante sbatte le palpebre, allunga la mano nel vuoto. -Fammi sedere, pietruzza.- ansima.
-Non devi fare sforzi, Didi.-
-Voglio s-solo- il tono di Diamante è lapidario, -sedermi.-
Pica appoggia il palmo dietro la schiena dell’altro uomo e lo conduce ad appoggiarsi al muro. Charlotte porge una coperta, e il guerriero la drappeggia attorno alle spalle tremanti del padre.
-Datemi un… un cucchiaio.- tossisce Diamante. Emily gli porge un mestolo concavo di legno.
-Appoggialo.- ripete. Le dita dell’ex gladiatore si insinuano attorno al manico. Il legno si piega su sé stesso, come un nastro di raso, seguendo le forme delle sue falangi. Diamante attorciglia le dita attorno al manico, come per districare una matassa di fili. -Lock.-
Solleva la mano: il cucchiaio è incastrato tra le sue dita, senza un fremito eccetto quelli delle mani di Diamante stesso. -E adesso vo…- sogghigna, -voglio vedere.-
Le offrono altra zuppa, finito il primo piatto, ma Baby 5 ha lo stomaco chiuso e scuote la testa. Né vuole il caffè, i biscotti o la tisana alla menta. Non che qualcuno possa farci caso, non con le ragazze già avvinghiate a Señor come piovre. Pica tampona la fronte del padre con uno straccio umido, chiacchierando con Gladius e Dellinger, Kyuin ha tirato fuori un mazzo di carte per Machvise, Lao G e Jora, Sugar fa una piramide con gli acini d’uva. Nessuno sorride.
-Diamante-sama non vuole cantare.- si lamenta Dellinger. -Se non canta lui, chi lo fa?-
-Su, dai tregua a quel poveretto,- sussurra Machvise allargando il braccio. -È anemico, sai. Ha bisogno di un trapianto.-
-Già, un trapianto.- Jora si gratta le unghie con una carta. -Con i soldi che troveremo sotto i sassi.-
-Trebol saprebbe cosa fare,- mugugna Sugar. -Non ha paura di niente.-
Forse è la cosa migliore, al momento, che Diamante sia ancora così debole. Nessuno, là dentro, sembra aver voglia di ascoltare una canzone. Nemmeno la zuppa, dall’aroma ottimo, ha il sapore giusto. È come assistere alle loro vite da dietro uno specchio. Non aveva quest’abilità, una delle figlie di Big Mom? Probabilmente nemmeno lei saprebbe sbrogliare il dilemma.
-Siamo ancora forti.- tenta la vecchia. -Forse possiamo procurarceli con la forza.-
Lao G sbuffa. -Ottimo modo per avere Sakazuki attaccato al collo in tempo zero.-
Silenzio, ancora, neanche si fosse materializzato in quella stanza. Forse preferirebbero affrontare Kaido: una minaccia, ma una che conoscono. Akainu significa marine, e i marine significano tornare sotto terra. Ha sconfitto Ace, Pugno di Fuoco, e causato la morte del possente Barbabianca. Deve essere così, che si sentiva Dressrosa sotto la Gabbia. Ma quello che per il popolo era una condanna, per loro è uno scudo che non può proteggerli più.
-Quell’uomo mi mette i brividi,- sussurra Charlotte. -Dicono che una volta abbia dato fuoco a una nave intera, perché i marine a bordo hanno tenuto nascosti dei bambini.-
Dellinger ride. -Se ci acchiappa siamo fritti, letteralmente. Fssss.-
-Nemmeno il Padroncino potrebbe batterlo, quello,- sussurra Baby 5. -Lui aveva la nave. Aveva il Filo Filo. Aveva il potere.-
-Aveva le nostre vite.-
Lao G rimescola il suo caffè e sospira, respirandone i vapori. Kyuin appoggia una mano sulla sua spalla, attorcigliandosi un codino tra le dita.
-Non pensateci. Dovete dormire. Ne avete bisogno. Quando si finisce un lavoro ci si merita un riposo.-
Di nuovo silenzio – e uno scambio di sguardi che dice molto. Finire un lavoro, così possono chiamarlo. Un’impresa che potrebbe essere leggendaria, ma non dagli occhi di chi la compie.
Come se bastasse a cancellare il fatto che non sono più a Dressrosa.
-Le camere sono al piano di sopra. Le ragazze avranno il piacere di indicarvele. Per voialtri, invece…- Kyuin si alza dal tavolo, indicando il pavimento. -Possiamo tirare fuori dei materassi, se questo spazio vi risulta scomodo.-
Pica allontana lo straccio bagnato dalla fronte di Diamante. Si alza dal suo sgabello e ve lo depone sopra assieme alla ciotola dell’acqua.
-Io dormo qui.- Si sdraia sulla schiena, sul pavimento pietroso, e vi scompare dentro senza un fiato. Solo il braccio destro emerge dalla roccia. La sua mano, ricoperta di escoriazioni e cicatrici, è stretta a quella di Diamante.
Kyuin rassetta la coperta su Diamante. -Vise-sama, Buffalo-sama, se volete accomodarvi…-
Machvise sbadiglia un “iiin”. Buffalo ha già la testa reclinata sul tavolo, e russa sommessamente. Baby 5 gli stringe il polso, e fa scivolare un cuscino sotto la sua guancia.
Anche Lao G, Dellinger, Gladius, Jora, Señor Pink e Sugar seguono le ragazze su per le scale. -Per voi abbiamo alcuni dei nostri vestiti.- dice Kari. -Ma immagino che vogliate dormire.-
Al piano superiore, la stanza è alta un braccio più di Baby 5. Deve essere stata un deposito di bagagli e di scorte: è divisa in due sezioni da un paravento di legno e una serie di teli tesi tra quello e la parete. Quattro materassi nel locale sinistro, otto nel destro, e su ciascuno di essi giacciono coperte, copriletto imbottiti, cuscini quadrati e rettangolari di tutti i colori dell’arcobaleno. Accanto alla scala attendono una cassa d’acqua, una cassetta del pronto soccorso e un mucchio di altre coperte, da sotto le quali sporge il cane di una pistola.
-Gli uomini staranno di qua,- dice Charlotte indicando la sezione alla sinistra di Baby 5. -Noi ragazze di là, a meno che Señor non voglia portarci con sé.-
-Continuate a sognare.- sibila Sugar. Lao G, Gladius, Dellinger e Señor Pink scivolano oltre il séparé, salutando le compagne con un gesto della mano.
Joanna le indica un letto, nell’angolo più lontano dalla porta – e le è grata, perché anche lei vorrebbe avere il Pietra Pietra per sparire dentro il muro e rimanerci forse per sempre. Una pila di abiti piegati giace sul copriletto. Baby 5 mormora un grazie e tira la tenda.
Sembra facile. Dovrebbe essere facile. Perché non lo è?
C’è uno specchietto, su una mensola, che riflette la tenda e un angolo del suo petto: Baby 5 lo abbassa di scatto. Si passa una mano nei capelli, e una manciata le rimane impigliata tra le dita.
Basta. Ha una maglietta bianca, un maglione di lana rossa e dei pantaloni della tuta neri, assieme a della biancheria pulita, un paio di calzini di lana a scacchi e delle scarpe da ginnastica consunte, ma soffici come bambagia quando le scivolano ai piedi. Non è il suo vestito, ma tiene caldo, e copre come si deve tutti quei dettagli fuori posto. Riprenderà peso. L’ha già fatto, una volta.
Sugar si infila un golf nero lungo abbastanza da farle da vestito, con le maniche arrotolate, e un paio di calzini di spessa lana grigia infilati nelle ballerine a fiori. Jora sguazza in un camicione bianco sporco che potrebbe andar bene a Bartholomew Kuma.
-Non abbiamo di meglio.- arrossisce Emily. -Vi rivestiremmo come signori, se potessimo.-
-Stiamo bene così.- dice calma la vecchia, e nessuno ha nulla da eccepire.
Baby 5 sprofonda sul suo materasso senza un fiato. Il lenzuolo è bianco e pulito, il copriletto imbottito soffice come una nuvola. Si rannicchia sul fianco, come un rettile, e si tira le coperte fin sugli occhi.
-Ci sono io, bambina.- sussurra la voce di Jora. -È tutto finito. Dammi la mano, se hai paura. Ci sono qui io.-
Baby 5 si preme la mano sul volto. Se fosse finito, se solo fosse finito.

Il cielo è nuvolo, la mattina dopo, e sulla tavola apparecchiata attende una fila di piatti multicolore.
Jora, avvolta in uno scialle di lana, si lima le unghie. Señor Pink veste una camicia di buon taglio e un paio di consunte brache di camoscio. Machvise sfoggia una tunica beige, probabilmente presa a qualche gladiatore. Buffalo si dondola sulla sua sedia in calzoncini e giacca a vento, grande abbastanza da fare da vela a un galeone. Gladius taglia il pane, Joanna versa il caffè e Kari il tè. Potrebbe essere una casetta qualunque, se provassero a guardare.
Sugar ha una ciotola d’uva sulle ginocchia, e le rimescola col dito. -Posso ancora fare questo,- sorride, e indica a Charlotte ed Emily le cinque dita rimaste, su ciascuna delle quali è conficcato un acino. -Non mi hanno tolto niente, quegli stronzi.-
Deve mangiare, anche lei: i biscotti sono in attesa sul piatto, il latte al cioccolato luccica nella sua tazza, e forse anche un po’ d’uva può farle piacere. Sugar ha perso molto più di lei, eppure sorride come una bambina vera, lasciandosi pettinare ed intrecciare i capelli da Kyuin.
Gladius è avvolto in una coperta, e mastica una brioche. Le indica di sedersi.
-Non ho dormito,- biascica.
-Neanch’io.- Stringe le mani attorno alla tazza. È meravigliosamente calda. -Però il letto era comodo. Dobbiamo dirglielo, non è colpa loro.-
-Non preoccupartene, non ci faranno caso. Sono così felici di aiutare.-
Si pulisce la bocca con la mano guantata. La brioche gli scivola dalle mani, e rotola lungo le sue ginocchia fino a terra. Alle sue spalle, Joanna e Kari massaggiano le spalle di Señor Pink. Emily spalma burro e marmellata per Sugar, Charlotte lancia aringhe perché Delliger le prenda al volo con la bocca.
-Prego, di qua.- di nuovo la voce di Kyuin. -Diamante-sama, Pica-sama, lasciate che vi aiuti.-
Diamante e Pica emergono dal fondo del rifugio. Il gladiatore si regge alla spalla del figlio e batte i denti in un cappotto di pelle imbottita, chiuso fin sotto al collo; ai piedi, un paio di stivali da pioggia sotto due logori pantaloni impermeabili, i capelli opachi che sporgono da sotto un berretto di lana. Pica porta i capelli in una crocchia spettinata, sorretta da quello che sembra uno strappo di tela per vele; è a torso nudo, ma sulle spalle giace una felpa grigia, le maniche vuote che pendono sopra la sua schiena. Ai fianchi un paio di pantaloncini di tela, sorretti da una corda annodata sopra la vita, ai piedi un paio di sandali infradito troppo piccoli.
-Come state?- domanda Buffalo. Machvise sposta una sedia libera, e Pica guida Diamante perché vi si sieda.
-Pietra, dolce pietra. Non ho mai dormito così bene.-
Allunga le braccia verso il soffitto, stirando i muscoli. -Didi è ancora molto debole.-
-Gli ci vuole proprio un buon tè, allora.- Emily indica la teiera fumante. -Non preoccuparti di imboccarlo. Ci pensiamo noi.-
Il guerriero annuisce, e si butta sui biscotti. Sono settimane che lo imbocca: deve essere contento di prendersi una pausa.
Diamante lo guarda come se l’avesse insultato. “Debole” e “Diamante”, nella stessa frase, non dovrebbero nemmeno starci. Anche lui lo sa: un trapianto di sangue, facile a dirsi. E pensare che a Dressrosa avevano abbastanza soldi da comprarsi un intero ospedale.
-E se anche volessimo scappare? Per andare dove?- Jora prende una mano dell’ex gladiatore e la massaggia. -A fare cosa?-
A fare i pirati, forse? Ma senza capitano che senso ha? Hanno combattuto per il Padroncino, ucciso per il Padroncino, eseguito ogni suo ordine come se fosse un dio sceso in terra. Allora anche gli dei possono morire – e allora che si fa?
Diamante si aggrappa al braccio del figlio.
-Dobbiamo sch-sopravvivere. Adattar…-
Sbatte la mano tremante sul tavolo. -Adattarci.- sussurra Machvise. -Stai giù, tu. Devi stare a riposo, ridotto come sei.-
Prende un sorso di tè. -Adattarci,- ripete, come per sentire il sapore della parola. Non sembra che gli piaccia. Vuol dire niente battaglie, niente Frutti del Diavolo, niente agi da pirati. Una casa, e nulla più.
-Forse c’è un nobile, qui intorno.- tenta Baby 5. -So ancora fare la cameriera.-
Non può credere di aver pronunciato quelle parole. Era un bell’abito, il suo. Non c’era nulla di più bello che rendersi utile, allora: un bicchiere d’assenzio per Jora seduta alla tela, un’altra bottiglia di vino rosso per Diamante e Trebol stravaccati in portico, un succo d’uva per Sugar immersa in un fumetto e una birra per Machvise prima del pisolino post-pranzo. Grazie, Baby 5. Mi sei davvero utile. Kyuin ha spiegato una mappa dell’isola, indica una villa in cima a una collina. È così piccola da sparire persino nel Mare Settentrionale. Non si può pescare, non in acque così fangose. Dellinger dice che ci sono abbastanza alghe da rimanerci incastrati come nel fango. Il terreno è troppo brullo per coltivarci o cacciarci. Come se ci fosse un’altra gabbia, che li circonda dovunque si muovono.
E Kyuin la chiama Baby 5-sama – mentre parla di negozi di caffè, magazzini, cave di pietra e bancarelle, parole che non hanno senso alla loro tavolata. Che dolce. Come se avesse ancora un esercito, e quello obbedisse solo a lei. Come li sfameremmo, duemila soldati? Ciascuno di loro ne avrebbe così tanti, eccetto gli ufficiali: anche sottraendo la parte di Trebol e Violet, non ci sarebbe nemmeno lo spazio per farli stare in piedi. Forse è un vantaggio, non essere più parte di quel mondo? Una manciata di formiche ammucchiate in un cantuccio del mare.
Forse può ancora piacerle, essere utile. È sempre stato così splendidamente semplice. Naturale, come respirare, dacché lei ricordi. Basta sapere che lo fa per la sua famiglia, per qualcosa che le appartiene, e forse non sarà così umiliante come pare.
Anche se della Famiglia Donquixiote, ormai, non rimane che la sagoma.


A.A.:
Se pensavate che le cose sarebbero diventate più semplici una volta fuori da Impel Down… erravate. Qui un nemico ben peggiore di Sakazuki si profila: la vita reale. Ci sono molti modi per devastare dei personaggi, e la tortura è soltanto uno.
Adesso hanno almeno una casetta, un posticino comodo dove stare, e dovranno adattarvisi. L’idea di dare alle ragazze di Señor Pink qualcosa da fare era un punto fermo di questa storia dalla genesi, e ora che Oda ha confermato che Kyuin non è stata arrestata con la famiglia, posso portarlo avanti senza troppi inciampi col canone.
1. I nomi delle fangirl di Señor Pink riprendono quelli di La Leva Cala. Kari è la mora con le cuffie (a cui il bastardo leva il reggiseno per pulirsi la bocca), Joanna la bruna con il cappello da cowgirl, Charlotte la castana con gli occhiali da sole ed Emily la biondina con la rosa nei capelli. Kyuin è sempre Kyuin. O Kween, o Swuuush. Insomma, la boss della fabbrica che sembra un uovo coi codini di Harley Quinn.
2. Stavo meditando di cambiare i nomi delle Pink Ladies (le chiamo così), dando ad esse anche un tema di riferimento. Volevo chiamarle Nicole, Amy, Charlotte e Grace, citando il libro di Madonna Le Rose Inglesi. Con le bambine del romanzo, le quattro groupies hanno anche una certa somiglianza fisica. Emily si chiamerebbe Nicole, Joanna sarebbe Amy, Kari sarebbe Charlotte, e Charlotte (l’altra) sarebbe Grace. Ditemi pure cosa ne pensate.
3. L’aspetto di Diamante con barba e pizzetto è basato sullo Steven Tyler odierno.
4. La caverna in cui la famiglia viene ospitata è ispirata a un luogo dove sono stata: le Grotte del Passetto, ad Ancona. Si trattava anche là di vecchi depositi per barche, trasformati dagli anconetani in dei piccoli rifugi con elettricità, soprammobili e tavole. Credo che, almeno in estate, vengano utilizzati anche per dormirci. Erano molto graziosi.
5. Buffalo è, canonicamente, alto sei metri e novantasei centimetri. Per darvi un’idea: Diamante è alto cinque e venticinque, Pica quattro e settanta. Barbabianca sei e sessantasei, Kuma sei e ottantanove, Moria sei e novantadue. Avete idea di quanto sia enorme quell’uomo? E quanto sia difficile per me scrivere questi personaggi in uno spazio “ristretto”, quando quello che per Buffalo è un pertugio è un comodo spazio di manovra per Baby 5?
Vi ringrazio, se continuate a seguirmi, e alla prossima.
Lady R

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Capitolo 17
*** Un Gelido Inverno – Vivere Nascosti, Senza Far Rumore ***


Un Gelido Inverno – Vivere Nascosti, Senza Far Rumore


Sta arrivando la primavera, pensa Baby 5.
Il ghiaccio scricchiola sotto i suoi stivali, le dita dei piedi si contorcono nei calzini. Se n’è infilati tre, quella mattina, ma le dita pizzicano comunque di freddo.
Tira una boccata dalla sua sigaretta, e sbuffa una nuvola di fumo verso il cielo nero. È tardi, deve dormire. Ad Ahho Zurako-sama non piace che la sua cameriera abbia le occhiaie. Chissà come dorme, Ahho Zurako. Ogni tanto, quando di mattina rifà il suo letto, accarezza le sue lenzuola di seta. Zurako non deve essersi accorta delle gocce d’umido, se non l’ha cacciata.
Non si può fumare, alla villa degli Ahho, perché Zurako soffre di polmoni e ha bisogno di aria pura. Una volta ha spaccato una bottiglia in testa a un giardiniere perché il suo alito odorava di sigaro. Cosa ci sia venuta a fare, in quell’isolotto dimenticato persino dalla Marina, non lo sa nessuno. Potrebbe sloggiare in qualunque momento, lei. Ma forse quel posticino le piace proprio perché c’è spazio per un solo nobile, e quel nobile non può che essere lei.
Probabilmente non le farà differenza, se arriverà la primavera. Non trema nel letto, Ahho Zurako. Non stringe le braccia al ventre cercando di soffocarne il tremito e il ringhio. Non passa ore in giro per la spiaggia, col vento che frusta le braccia e la neve che bagna le scarpe e i calzini, in cerca di qualche ciocco di legno da bruciare per sentire di nuovo il sangue che circola nelle vene.
Forse coglieranno fiori, o assaggeranno qualche primizia. Potrebbero dormire in spiaggia, come ogni tanto facevano prima di Dressrosa. Non c’erano vedette: nessuno avrebbe attaccato la Famiglia Donquixiote, nemmeno nel sonno. Ogni tanto si avvicinava qualche curioso, attratto dai passi di danza e dalla voce calda di Diamante che canta. Sarebbe stato una rockstar di tutto rispetto, se non avesse favorito la spada. Allora potrebbero sentirlo nella radio di qualche locale, e ricordare.
Chissà se ci pensa, Diamante, a quelle sere lontane. Baby 5 spera di no, perché farebbe più male di quella sciabolata alla schiena. Forse piangerebbe, silenzioso come nessuna star dovrebbe essere; o forse ripeterebbe quella solita frase-tipo cui non crede nessuno.
-Sono solo stanco, pietruzza. Lascia che riposi.-
Stanco, sempre stanco. Diamante è ancora il centro d’attenzioni, in quella casa piccola e stretta. A lui si devono le coperte più calde, il tè più dolce e zuccherato, le coccole più lunghe e frequenti. Devono smuoverlo come un manichino per lavarlo, in una doccia così bassa che alcuni di loro devono accovacciarsi per poterla usare. Fanno a turno per imboccarlo, senza mai sapere quando si deciderà a mandar giù il poco cibo che hanno, o se finirà per vomitarselo addosso come troppe volte è accaduto.
E soprattutto devono intrattenerlo.
-Mi annoio,- piagnucola Diamante certe sere. -Mi annoio. Voglio fare qualcosa. Anemia di merda.-
Loro, intrattenere lui. Non hanno televisione, né radio, e l’ex gladiatore è troppo stanco per leggere anche solo un giornale. Quando è in buona gli basta farsi pettinare come una bambola, o ripassare alle mani lo smalto rosso che Charlotte si è portata appresso da Dressrosa. È secco come crema, ormai, e si raggruma sulle sue larghe unghie: ma Diamante ride, accenna delle pose, e pretende un applauso con standing ovation. Può sdraiarsi nel suo guscio di cuscini, coperte, berretto e sciarpa e rilassarsi mentre Kyuin gli legge un romanzo rosa. Così Baby 5 ha scoperto che le parti volgari non sono le sue preferite: Buffalo ci ha guadagnato cinque Berry, maledetto a lui.
Altre sere gli scappa detto “Trebolcito saprebbe come consolarmi” – e per allora non ce n’è, nemmeno ritrovare lo One Piece basterebbe a farlo sorridere.
Tanto non siamo pirati: pensarci non ha senso.
Si concedono dei furterelli da niente. Un pacchetto di sigarette, una barretta di cioccolato, una saponetta o un pugno di scatolame. Niente a che vedere con quando svuotavano banche, assaltavano navi, svaligiavano depositi ricolmi di tesoro. Come se ci fosse, un tesoro da rubare, in quel mucchietto di terra senza forma dove si sono confinati. Ahho Zurako possiede argenteria cesellata, gioielli d’oro massiccio, abiti di seta e broccato. Forse non ci farà caso, se scomparirà una forchetta. Una volta, Baby 5 si è infilata un cucchiaio sotto la gonna. Un affare d’argento, nulla di che, ma che sarebbe potuto fruttare qualcosa. Non è uscito nemmeno dalla cucina.
-Ti capisco,- aveva detto Machvise. -Sapessi come ci sentiamo io e Buffalo, con tutti i ricconi che girano al porto. E quelle casse sarebbero ottime per infilarci qualcosa di nascosto.-
Ma non l’hanno fatto. Di cos’abbiamo paura? Sakazuki non può mica sapere che…
Baby 5 spegne la sigaretta contro uno scoglio e la butta nel sacchetto di plastica che porta legato alla vita. Jora, Señor Pink, Charlotte e Lao G giocano a poker su un telo disteso nella ghiaia, illuminati da una manciata di torce elettriche. Usano dei sassi come fiches: fanno quasi tenerezza.
-Hai visto Dellinger?- domanda la vecchia.
Baby 5 scuote la testa. -Sarà ancora a largo.-
-Gliel’avrò detto mille volte, di non allontanarsi. Stasera mi sente.-
-Ha sedici anni,- dice bonario Lao G. -Un giovanotto ha diritto di esprimersi.-
Jora sospira, e tira su col naso. -Perché questo posto fa così schifo?-
-Per favore,- si fa avanti Señor Pink. -Le nostre amiche l’hanno trovato per noi.-
Non sorride, quando Charlotte gli si avvinghia attorno al braccio. -Che dolce, Senor. E presto o tardi, le cose andranno meglio. Lo sappiamo. La vita fa così.-
Senor allontana la sua mano gentilmente. -State imparando.-
Non ci si avvinghia così a un uomo vedovo, aveva sbottato una sera, e non c'era stato non sono affari vostri che tenesse. Una donna di nome Lucian, un bambino di nome Gimlet. Emily, Joanna, Kari e Charlotte erano scoppiate a piangere prima di lui. Kyuin si era inchinata, come davanti a un guerriero di ritorno dalla battaglia.
Diamante era sveglio, quella notte, anche se intontito dagli antidolorifici che perdevano d’efficacia. Aveva allargato le braccia verso il sottoposto, senza un fiato, e accolto tutte le sue lacrime nella propria spalla tremula.
-Avremmo potuto goderci un bell’appuntamento a quattro,- aveva sorriso Señor Pink tra i singhiozzi. Nessun fiato aveva seguito, nemmeno un “com’è sodo”. Quelle cinque svampite stanno veramente imparando. Sembra facile, a guardarle: credere che le cose possano cambiare ancora.
L’acqua del mare è gonfia di alghe, che formano friabili collinette marroni lungo tutta la spiaggia. Dellinger deve nuotare per decine di metri per trovare degli spiazzi che ne siano privi. Ogni tanto porta con sé un pesce, un polpo, o qualche granchio grosso come una bussola. Sono i pasti migliori, anche se i più rari.
-Dellinger vuole solo sentirsi utile,- sussurra Baby 5. Jora sospira, giocherellando con una fiche-sasso. -In fondo avremmo dovuto saperlo. Uno come lui può fare solo il pirata.-
Può nascondere la pinna, ma non le corna e le branchie – e men che meno i suoi pensieri. Non ha che il nuoto, Dellinger: portarglielo via sarebbe uno schiaffo ben peggiore di Impel Down.
Lui solo potrebbe bastare a rubare un’imbarcazione, e scappare via da quel buco in mezzo al niente una volta per tutte. Ci hanno pensato, più di una volta. Potrei farlo in qualunque momento, aveva detto il ragazzo. Ma la cosa si era fermata lì.
Siamo così codardi? Baby 5 non intende passare un altro secondo, là fuori. Deve pettinarsi, scuotere la polvere dai capelli. La tempia destra le prude, e si gratta con le unghie disgustata. Si è liberata dei pidocchi due settimane prima. Se Ahho Zurako la scoprisse non rimarrebbe in quella villa un minuto di più.
Trova Buffalo inginocchiato accanto al tavolo, una torcia accesa tra le dita. I folti capelli di Pica, pettinati con la riga in mezzo, gli circondano il volto. Le enormi mani lacerate si stringono a qualcosa che Baby 5 non vede.
-Dovrebbe essere l’ultimo, fratellone.- Buffalo allontana la mano dai capelli dell’ex Ufficiale e schiaccia qualcosa tra pollice e indice.
-Che schifo. Sei molto caro, Buffalo.-
Pica si lega i capelli con un pezzo di stoffa e allontana le mani dal tavolo. Ha la faccia bianca, come un pagliaccio. La polvere di marmo va dappertutto, e quella doccia asmatica non basta a togliergliela di dosso. Si pulisce viso e collo con uno straccio umido, e soffoca dei colpi di tosse nell'enorme pugno. Buffalo sussulta: -Fratellone?-
-Non è nulla.- Pica scuote la testa, stringe la coda di cavallo sulla nuca. -Che può farmi, il marmo? Siamo praticamente cugini.-
Una statua alta un palmo giace sul tavolo. Marmo bianco sporco, striato di venuzze nere, e le braccia sottili di una figura umana levate al cielo.
-Che dolce. Sei sempre più bravo.-
-Mi distende.- Serra i denti, porta il palmo destro all’altra ascella. Non riuscivo a lavarmi accucciato là sotto, mi faceva male la spalla. Mi dispiace, non sono riuscito a trattenermi. Dove sono le garze? -Se continuo a migliorare, magari possiamo vendere qualche statua. Questa non è in vendita.-
Un piccolo Diamante, identico alla loro memoria dell’originale fino al più minuto dettaglio. Il mantello sventola alle sue spalle, il microfono rotea nella sua mano, la spada lacera l’aria nell’altra mano. Pica la porge a Buffalo, e l’uomo-elica la depone accanto al viso sudato del suo modello dormiente.
-La adorerà,- sussurra Baby 5.
-La pietra prende la forma dei miei pensieri. Se sono calmi, anche la pietra verrà più liscia.-
-Scolpisci qualcosa anche per me, onii-sama?- Buffalo appoggia i gomiti al tavolo, come un bambino. Pica tossisce di nuovo: una tosse secca, cavernosa nonostante il tono stridulo.
-Fratellone?-
-Ho il turno da sedici ore alla cava. Sono stanco, Buffalo. Mi fa male la testa a furia di sentir martellare. Lasciami dormire un po’.-
L’uomo-elica scuote la testa, come se si vergognasse di sé. Pica ha gli occhi lucidi, vitrei. Si tossisce di nuovo nella mano per un tempo che pare infinito.
-Ma sedici ore…-
-Non insistere, Buffalo. Ti supplico. Non sono dell’umore.- Pica annoda le maniche della felpa sul petto, attorno al collo. -Lasciami dormire.-
Si copre il capo con la felpa e reclina la testa sulle braccia incrociate.
-Devi dormire nel tuo letto, Pica.- tenta ancora Buffalo – ma l’uomo più anziano è immobile, e la sua voce acuta sospira dolcemente nel sonno.
Il miglior spaccapietre di tutto il Mare Settentrionale, l’ha definito l’uomo che l’ha assunto. Così migliore da volerselo tenere ogni giorno di più, dall’alba al tramonto, neanche dovesse fare di quella cava la sua nuova dimora. Non parla – un trucchetto rubato a Corazon, ma non tornerà certo dalla tomba a lamentarsene – e non si unisce ai bagordi alcolici dei compagni di lavoro. Almeno, con la scusa del freddo può nascondere sotto gli abiti pesanti le cicatrici che ha addosso. Incluse quelle alle mani.
Non lo faccio più da quando siamo arrivati, Didi. Lo giuro. Torna a dormire e non preoccuparti per me. Ti scaldo un po’ di latte, se ti va. Sono andati a visitarlo, lei e Buffalo, per festeggiare brevemente i suoi quarantun anni. Impugna il mazzuolo della cava come fosse un martelletto da incisore, e spacca con un solo colpo massi che ne richiedono decine. La polvere di marmo si levava come una tempesta di sabbia. Il rumore dei martelli, incessante, metallico, aveva ronzato nelle loro orecchie per almeno un’ora.
Buffalo raccoglie una coperta dal mucchio e la drappeggia sulle spalle di Pica. Inserisce sotto la sua guancia un cuscino. Lo spaccapietre geme, ma non si smuove.
-Non può spaccare pietre per sedici ore. Nessuno può. Pica è pazzo-dasuyan.-
-Prova a dirgli di no. Vedrai come la prenderà.-
Baby 5 carezza la schiena del colosso e rivolge un cenno del capo al giaciglio contro il muro. Diamante dorme, avvolto nelle coperte fin sotto al collo. Emily gli massaggia le mani, coperte dai guanti di lana.
-Ha mangiato?-
-Stasera ce l’ha fatta.- La giovane donna rassetta la sciarpa attorno al collo dell’uomo. -Un’intera lattina di zuppa, senza rigettare niente. Forse domani riusciremo a fargli un bagno.-
Come se fosse una cosa speciale, per uno che a Dressrosa si faceva un giro al giorno nella jacuzzi. L’orologio al polso della ragazza segna la mezzanotte. Cos’ha fatto, per quelle due ore? Quanto è durata quella sigaretta?
-A chi tocca stasera, il turno di guardia?-
-Machvise,- risponde Buffalo, -e Joanna. Dovremmo portargli da mangiare-dasuyan.-
Giace stravaccato contro la parete della stanza, come un montone abbattuto, e si lima le unghie con una pomice. La luce fioca della lampada sopra la sua testa scava dentro i suoi zigomi. Sembra pallido, privo di forma. Un porto non è una cava di pietra, e la compagnia di Machvise rende forse meno monotone le ore passate a scaricare casse. Ma quella, smarrita e ingrigita, non è la faccia di Buffalo. Non quella giusta.
-Vai tu. Sono stanca anch’io. Ho bisogno di dormire.-
Abbassa le enormi spalle: è abbacchiato, si capisce. Ma Baby 5 non è qui per guarirlo, non finché non sa cosa fare di sé. L’uomo-elica sorride, le dà sulla spalla una lieve pacca. -Sai, potrebbero averne bisogno…-
Baby 5 serra i denti, irrigidisce la spalla. Basta, quello è finito del tutto. Non esiste più.
-Smettila, Buffalo. Non funziona più. Smettila.-
Si strappa la sua mano di dosso, come fosse una frusta avvolta attorno alla sua spalla. Sente i passi tonanti di Buffalo che si allontanano, il suo respiro tremante e frammentato. Buffalo – fratellone. Dovrebbe alzarsi e chiedergli scusa, abbracciandogli forte la pancia massiccia, ma la sola idea di andare di nuovo là fuori le rivolta lo stomaco.
Tanto vale andare a dormire. Una bella scortesia, che ottimo modo di concludere la giornata. Buffalo la perdonerà, lo sa già, ma nemmeno quello basta a rendere tutto quanto meno sbagliato.
Sale le scale ingobbita sulla schiena, trascinando i piedi. Ci è passata tante di quelle volte, che probabilmente c’è l’impronta delle sue scarpe nei gradini metallici. E chissà quante altre volte ancora ci passerà. Sempre gli stessi passi, sempre gli stessi gesti. Ecco la Famiglia Donquixiote: scappati dall’Inferno per cascare nella routine.
La sua vita del presente è un insieme di immagini, tutte simili tra loro, combinate a turni nella sua testa come tessere del domino. I suoi passi strascicati lungo la scalinata di pietra che conduce al loro rifugio. La tenda tirata attorno al suo materasso, la coperta di lana verde sotto cui trema. L’alba che trapela dalla porta spalancata, lo sguardo di pietà di Emily e Charlotte che le versano il caffelatte. Diamante che mugugna nel suo letto, imbottito di pillole, o che sorride tirato con Sugar tra le braccia. Buffalo che la saluta con un sorriso, la abbraccia forte, le augura una buona giornata. Come no.
Dellinger che si allontana in mare, tagliando la superficie con la pinna. Che riemerge quando il sole è calato, e si rannicchia nel grembo di Jora come un neonato. Señor Pink che si fa porgere da Kyuin la cuffietta e il ciuccio e li indossa freneticamente, come per proteggersi da una tempesta di sabbia. Anche lei ne aveva riso, quando glieli aveva visti addosso, e ripetersi all’infinito che aveva dieci anni e non sapeva niente non fa meno male.
Pica che rientra dalla cava a notte fonda, bianco come un cadavere per la polvere di marmo che lo copre. Si lascia cadere su una sedia, scioglie il nodo dello straccio che gli copre naso e bocca, e beve tutta d’un sorso qualunque cosa gli venga porta. Sugar che sorseggia tè con una sola mano, imprecando per ogni goccia che le scappa dalla tazza. Machvise che si spunta la barba e i boccoli rannicchiato tra i sassi, lo sguardo smarrito verso l’orizzonte. Jora che dipinge sassi contro il tavolo, sospirando, i ciuffi spenti che ricadono molli attorno alla testa. Lao G che passeggia in cerchio nella spiaggia di sassi, blaterando chissà cosa sulla noia e su come quelle scimmiette ignoranti – con la G – non si degnino di assumere un uomo anziano.
Sarà uguale, sempre uguale. La Famiglia Donquixiote vive come i vermi, e se il Padroncino lo sapesse…
Tanto non importa. Non hanno più un Padroncino. L’unico a cui ora importi chi sono è Sakazuki, e sicuramente non penserà di trovarli scavando sotto terra.
Sugar giace in un bozzolo di coperte nella sua cuccetta. Stringe a sé una ciotola di plastica, sul cui fondo giacciono cinque flosci acini d’uva, come fosse una bambola.
-Il solito incubo?- domanda Baby 5.
La donna-bambina fa cenno di sì con la testa. -Non si fermavano, li supplicavo.-
I suoi genitori sono morti suicidi, aprendosi le vene con un coltello da prosciutto. Monet e Trebol non sono morti così, e una fine tanto sporca e sola non gli si addice. Sugar serra i denti, in volto un’espressione determinata. Baby 5 si sdraia al suo fianco e si lascia cingere da due braccia e una piccola mano.

Uguale, sempre uguale. Sugar dorme ancora, quando si sveglia. Era talmente stanca, la sera prima, da dimenticarsi di mettere la camicia da notte. Persino i suoi abiti sono tutti uguali.
Non vede Buffalo, in cucina, e ringrazia qualunque cosa possa sentirla: non ha il coraggio di affrontare anche lui. Non osa immaginarselo, tutto il giorno al porto a scaricare casse. Darei un braccio per poter volare ancora, solo un’altra volta, le aveva detto piangendo qualche sera prima. Ma le loro regole sono tassative: niente Frutti del Diavolo, niente Ambizione, nulla che possa scatenare su di loro la rabbia del Cane Rosso. Persone comuni in un’isola di persone comuni.
Nessuno sospetta di loro, non da quello che vedono. Il ricercato conosciuto come Pica indossava un’armatura d’oro massiccio e un elmo di bronzo da guerriero, non una felpa stretta sui fianchi e un berretto di lana calcato fino alle sopracciglia. Jora vestiva abiti colorati, dai disegni sgargianti, e non un camicione senza forma sempre macchiato di colore. Persino l’abito da cameriera che indossa per Ahho Zurako-sama non è giusto: è troppo rigido, troppo nero, troppo sporco a furia di non cambiarlo mai.
Joanna sbadiglia contro la porta, e le porge il suo mantello dall’attaccapanni. -Buffalo-sama mi ha detto di dirti che ti ha imballato un panino al prosciutto e un paio di mandarini.-
Baby 5 prende la sua busta dal tavolo – quella rosa, con scribacchiato sopra un cinque – e mormora un grazie che probabilmente Joanna non sente. Buffalo è buono, troppo buono, e fin troppo capace di far finta che non sia tutto così sbagliato.
Dovrebbe bastarmi, pensa risalendo le scale. Dovrebbe bastarci. Siamo stati peggio, in un posto peggiore. Da Dressrosa non è rimasto niente, nemmeno abbastanza per una barchetta a remi. I gioielli di Jora, gli abiti di marca di Diamante, le scarpe firmate di Dellinger, i vini d’annata della cantina di Senor Pink, le spade antiche e le gemme che Pica ha collezionato in trent’anni di pirateria, i giocattoli d’artigianato nella stanza di Sugar e i cimeli steampunk di Gladius sono spariti nel fondo di ricostruzione della città assieme a tutto ciò che hanno mai posseduto. Persino il bastone di Trebol, ha raccontato una furente Kyuin, è stato venduto a un orefice di Prodence.
Quindi eccoci qua. La villa di Ahho Zurako è più piccola del castello dove hanno vissuto per anni, ma così calda da sembrare un altro mondo. Persino la neve pare bella, vista da là dentro, e ricopre le finestre come un drappo di seta. Appende il mantello in cucina, accanto ai grembiuli.
La nobile diciottenne, rannicchiata sul divano sotto una coperta ricamata, non alza gli occhi dal suo romanzo. -Sei qui, Beatrice. Non ti ho sentita arrivare.-
-Chiedo perdono, signora.-
Le sopracciglia si inarcano sul viso ovale della ragazza. -Padre tornerà stasera dagli affari. Voglio che tu stiri tutte le sue cravatte. Gradirà una bella sorpresa.-
-Sì, signora.-
Lei il nobile Ahho Desunen IX non l’ha mai visto, e non le interessa. Forse è più intelligente della figlia, e forse la caccerà. Al solo pensiero le viene un nodo allo stomaco. Ahho Zurako stringe il fiocco tra i capelli arancioni e mangia un cioccolatino da una ciotola di cristallo.
-Il tuo zio malato sta meglio?-
-Sì, signora.- mente Baby 5. Diamante non merita di esistere, nella vita di quella là. Ahho Zurako si lecca l’indice e gira pagina. Piega la grossa testa di lato, serrando le labbra storte.
-Forse ha capito che per stare bene ci si deve impegnare.-
Il “sì, signora” che segue è quasi un sibilo. I vantaggi del lavorare per una nobile stupida è che non si accorge di molte cose che qualcun’altra vedrebbe senza sforzo. Assumere una cameriera senza referenze, senza documenti, senza nemmeno chiederle il cognome. Un colpo di fortuna, una volta ogni tanto. Forse non si accorgerebbe nemmeno se le sparisse qualche quadro, o il guardaroba. Se solo Baby 5 non avesse così paura.
-Mio zio è molto volitivo…-
-Non abbastanza da nascere nobile.- sbadiglia la ragazzina. -Quando stavamo nel Mare Orientale, a quelli che non erano nobili gli si dava fuoco. Una volta hanno bruciato tutta una discarica, piena di gente. Teneva caldissimo. Ero piccola, padre non mi faceva uscire da sola. Adesso mi divertirei di più, a guardare da vicino.-
-Sì, signora.- mugugna Baby 5.
Le cravatte di Ahho Desunen sono un mucchio sufficiente da riempirne una tavolata. Quando abbassa il ferro da stiro ha la mano rigida da quanto tempo lo tiene. E dopo vengono le camicie, le giacche, persino i fottuti boxer di seta. Il sole è alto, quando finisce, e il panino di Buffalo non è mai stato così invitante.
E forse dovrà rifarlo il giorno dopo, e quello dopo ancora. Sospira al pallido sole d’inverno. Il suo piede beccheggia contro il pavimento, gorgogliante come una palude.
-Baby 5?-
La testa di Señor Pink sporge dalle piastrelle del pavimento. Un passo avanti e gli avrebbe pestato la faccia. Si inginocchia, avvicinandoglisi. Non è il momento, e non le piace.
-Ciao. Cosa ci fai da queste parti?-
-Beatrice? Ho finito i cioccolatini.-
Il guerriero si volta di scatto verso la porta. -Esci fuori,- sussurra Baby 5. -Ci cascherà.-
Ahho Zurako si immobilizza alla porta della cucina, aggrappata allo stipite di legno. Señor è completamente emerso, in canottiera grigia e cuffietta rosa in testa. La nobile fa un passo indietro, solleva entrambe le mani. Accenna un sorriso.
-Chi è questo sodo ragazzone?-
Stupida di sembianze, e stupida di testa. -Sono lo zio della signorina. Mi chiamo Gimlet.- Señor Pink fa un passo avanti, appoggia al tavolo le mani tremanti.
-Sono qui per dirle che il Log Pose si è sbeccato.-
-Tutto qui?- domanda Zurako. È una nobile superficiale, e Baby 5 ne è grata: non si è accorta che le gambe le stanno cedendo.


A.A.:
Un altro capitolo di transizione, perché ogni tanto ce ne vuole qualcuno. Questo, secondo me, è il punto più basso della Famiglia Donquixiote. Non stanno scappando, non stanno ricostruendo le loro vite, non stanno facendo nulla. Si limitano ad esistere, e a farsi prendere a calci dalla vita. A Impel Down c'era almeno la possibilità di una fuga, ma qui... 
Intanto sta succedendo qualcosa, qualcosa di GROSSO. 
1. Ahho Zurako è la bambina nobile dalla faccia storta che, nel flashback di Luffy e Sabo, assiste al rogo del Grey Terminal con indifferenza perché le vittime, a detta di suo padre, potevano nascere nobili. Visto che non mi andava di inventarmi un'OC l'ho semplicemente spostata nel Mare Settentrionale. Il suo nome viene da "Ahozura", che significa "faccia da scema". 
2. So che la rivelazione di Russian e Gimlet avrebbe potuto occupare più spazio, ma odio Señor Pink e non volevo dedicargli troppo spazio. 
3. Dellinger detiene due primati: unico personaggio ad aver fatto il pirata per tutta la vita (ovvero sin dalla nascita), e personaggio più giovane ad entrare in una ciurma all’età di zero anni. 
4. Pica compie gli anni il quattordici dicembre. Il resto della Prole a compiere gli anni d'inverno è composto da Jora (venticinque gennaio), e Trebol (diciotto marzo). Proclamo inoltre l'undici marzo lutto nazionale, essendo venuto al mondo Spandam, e il due aprile gaudioso giorno di festeggiamenti: è nato Jinbe! Potete trovare i compleanni dei personaggi qui.
5. Vi sfido a indovinare che significa "il Log Pose si è sbeccato".
6. Il prossimo capitolo sarà *esplosivo*. E quelli dopo...
Ci si vede alla prossima volta~
Lady R

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Capitolo 18
*** Senza Guardarsi Indietro – Arriva Il Buster Call ***


Senza Guardarsi Indietro – Arriva Il Buster Call


Il Log Pose s’è sbeccato: dite così, se siamo in pericolo. Nessuno sospetterà nulla. Baby 5 si aggrappa al tavolo della cucina, reggendosi su gambe tremanti. Il suo primo impulso è di saltare al collo di Señor Pink, abbracciarlo come se fosse lo zio che millanta, e chiedergli che sta succedendo e cosa deve fare.
Respira piano: no, non c’è da agitarsi. L’uomo serra i denti contro il ciuccio. -Dobbiamo andare. Non c’è tempo da perdere.-
-Beatrice, esigo una spiegazione.- Mai la voce di Ahho Zurako è stata così stridula e fastidiosa. Baby 5 allontana la sua mano con uno schiaffo. -Devo andare, signora.-
-Per un misero Log Pose? Non c’è davvero bisogno.-
Più che mai, Baby 5 si chiede come abbia fatto a non tirare nemmeno un piccolo schiaffo sulla faccia smorfiosa della giovane nobile. Ha piccoli occhi storti, un naso porcino, una bocca ovale che non si adatta al suo viso. Chissà cosa combinava, la sua famiglia, in quei secoli di nobiltà.
-C’è bisogno. Non posso spiegare.-
Indica l’uscita a Señor Pink, agitando il braccio, ma l’uomo è già immerso nelle piastrelle fino alla vita. -Basta parlare. Gladius l’ha fatta grossa. Non possiamo più stare qui.-
Ahho Zurako piomba in ginocchio. -Gladius.- mormora. -Un uomo che nuota nel cemento. Voi siete…-
-PISTOL GIRL!-
Baby 5 ha i denti serrati fino a far male. Non sparava da mesi, ma Ahho Zurako è vicina. I proiettili si conficcano nella sua spalla, allineati come un filo di perle. Aveva mirato alla testa, ma non c’è tempo di ricaricare. Le urla stridule, penetranti della ragazza risuonano nelle sue orecchie per qualche secondo: poi il boato di Bazooka Girl, che con un solo calcio manda in frantumi la finestra, soffoca anche quelle.
Senor Pink schizza a stile libero lungo il vialetto di pietre bianche. Un capannello di uomini e donne in abiti eleganti lo guarda da dietro al cancello. Se la loro simile si salverà non le importa saperlo. Il lottatore piega il braccio, chiamandola a sé. Baby 5 si accuccia sulla sua schiena come su una tavola da surf e spara un missile di braccio verso il muro di cinta. Una breccia grande come un portone li accoglie tra fili di fumo nero.
Il quartiere nobiliare è bianco, come in una crudele imitazione di Flevance. La famiglia Ahho è l’unica ad abitarvi: il resto degli edifici sono alberghi, ristoranti, circoli traboccanti di guardie di sicurezza. E al centro la villa da cui stanno scappando, come il Sole tra i satelliti. Anche l’unica nobile residente ha bisogno di compagni, e la povertà è uno spettacolo per chi non la conosce. Forse Ahho Desunen IX non è sciocco come pensava. Señor Pink rimane un nuotatore veloce, e Baby 5 deve farsi schermo con la mano per proteggere i propri occhi dalla polvere. Arriveranno al loro rifugio tra pochi minuti. Cosa vi troveranno, però…
-Cos’ha fatto Gladius?- grida.
-È scoppiato nel municipio. Ci sono feriti, morti. Non l’ha fatto apposta, ma ormai è fatta.-
Baby 5 deglutisce. Almeno lei deve mantenere la calma, se il vecchio compagno non vi è riuscito. Gladius, proprio Gladius: era solito scoppiare per placare la sua ira, ma così fuori controllo non sa immaginarlo.
-Lo abbiamo sedato, non preoccuparti di quello.- Senor guizza attraverso l’erba secca e il terriccio veloce come un siluro. Il mare luccica all’orizzonte, dietro al promontorio sotto cui vivono da mesi. -Dellinger è andato in perlustrazione, ma non c’è da sperare più. Ho ammazzato il telegrafista che il messaggio era già partito. Ha fatto i nomi di metà di noi.-
-Possiamo combattere,- tenta Baby 5. Non ha senso, come frase, ma è ancora troppo presto. Quella miserabile caverna le pare una casa perfetta, all’idea di non averla più. Señor Pink scuote la testa, e rabbrividisce sotto la cuffia.
-Sono andato ad origliare dai Marine al porto. È stato ordinato un Buster Call.-
Il viso di Baby 5 si accende di caldo. Deve aggrapparsi alla maglia dell’uomo per non cadere. Ha già le dita sudate, e le unghie si conficcano nella stoffa.
Vorrebbe dirgli di ripetere, ma non potrebbe cambiare niente. Non c’è da combattere, perché stavolta i Marine non vogliono la battaglia. Un’idea di Sakazuki, inconfondibile, per cancellare l’ennesima vergogna che ha macchiato la Marina.
Vorrebbe anche mettersi a piangere, ma non ha senso. Non si sente in colpa, però. Il Buster Call fa paura, nasce per quello. Presto, di quell’isola non resterà nemmeno il confine.
-Fanno sul serio,- ansima Señor Pink, -Dobbiamo andarcene.-
-Distruggeranno tutta l’isola!- Baby 5 preme le ginocchia contro la schiena di Señor Pink. Niente prigionieri, né sopravvissuti. Ahho Zurako è sciocca, ma non certo cattiva. L’isola perirà senza sapere perché.
-A loro non importa. Vogliono noi, e solo noi. Ma non ci avranno.-
Señor Pink dribbla i cespugli innevati, guizza fino al promontorio. Le scale di pietra attendono, identiche a come sono sempre state. Devono scendere camminando, per non scivolare. Appena atterra nella neve, Baby 5 trasforma il proprio braccio in una doppietta. Niente, nessuno, nemmeno all’orizzonte.
Señor picchia contro la porta del rifugio. -Ho portato Baby 5. Fateci entrare prima che ci vedano.-
Gun Girl squadra la spiaggia di sassi, serrando i denti. Forse avrebbe potuto allenarsi a sparare, durante quei tre mesi. In quel momento ogni roccia, ogni onda, potrebbe nascondere un Marine pronto ad attaccarli. La porta cigola alle sue spalle: Baby 5 si getta tra gli stipiti, e Kyuin e Kari chiudono la porta col chiavistello.
-Stai bene?- domanda l’ex direttrice. Baby 5 fa cenno di sì, e indica il muro.
-Quello?- Kari getta un paio di cuscini in un sacco di iuta. Emily lega con una corda un mucchio di coperte, Joanna e Charlotte riempiono di scatolette e bottiglie d’acqua una tovaglia stesa per terra. -Opera di Pica. Conduce al porto nobiliare. Ci aspettano.-
Dove un tempo c’era la doccia, si staglia ora la bocca di un tunnel alto abbastanza da farvi passare un treno. Non se ne vede il fondo, ma non importa: purché sia una via di fuga.
Thud, thud, thud. Altri colpi risuonano alla porta, e Baby 5 punta il suo braccio-doppietta – ma una voce sottile, conosciuta, ansima dietro il legno.
-Sono Dellinger! Presto, stanno arrivando!-
Baby 5 fa un passo indietro, sbattendo contro la pancia di Kyuin. Emily urla, aggrappata alle braccia di Joanna e Kari.
Kyuin sblocca il chiavistello e apre la porta, Dellinger guizza dentro e si getta tra le braccia di Jora. Orme umide e ciuffi d’alghe gocciolano a terra al suo passaggio. Si stringe al braccio della madre e si asciuga gli occhi. -C’erano navi a perdita d’occhio. Ho visto la nave di Tsuru, e quella di Maynard. Ce n’erano altre tre uguali, una più grossa, e un sacco tutte attorno.-
-Akainu?- domanda Baby 5.
-Non lo so. Erano tantissime, una flotta infinita. Vengono da Nord. Quando sono arrivato io saremmo stati a cinque miglia.-
-E noi andremo a Sud.- Jora prende nella sua quella mano tremante, la massaggia nelle sue rugose e magre. -Sugar deve aver finito il suo lavoro.-
A Baby 5 porgono uno zaino di jeans, colmo di bottiglie d’acqua. Gun Girl cede il passo a Flame Girl, e la tenebra del corridoio si illumina di rosso. Emily, Joanna, Kari e Charlotte si caricano sulle spalle delle buste di plastica. Kyuin regge l’involto della tovaglia come un sacco di granaglie. Jora e Dellinger portano sotto le braccia i fagotti delle coperte. Il rumore della corsa schiocca sotto la pietra e si perde nell’oscurità.
C’è un punto di luce, lontano, impalpabile. Si allarga fino a sbiancare la galleria stessa, definendo i contorni della parete rocciosa. Un bagliore bianco acceca per un attimo Baby 5 quando emerge dalla galleria.
La parete rocciosa dà su una spiaggia di sabbia grigia, lambita dal mare calmo. Il pontile si estende oltre il suo sguardo. Pescherecci arrugginiti sono ormeggiati più vicino alla montagna; il pontile è bianco, lucido, circondato da una cinta di palazzi dello stesso colore. Tre gradoni di pietra, punteggiati di alghe, scompaiono nel mare limaccioso. Un reticolo di pontili di legno chiaro ricopre la superficie del mare per uno spazio grande come un campo da calcio.
Machvise e Lao G attendono di fronte all’imboccatura della galleria, in posizione d’attacco. Quando tutti sono usciti partono in corsa verso il pontile, senza una parola.
-Avete rubato una nave-zamazu?- ansima Jora.
-Non è abbastanza veloce,- risponde Machvise, -e una nave rubata darebbe nell’occhio. Sugar ha pensato a tutto. Sgusceremo via senza farci vedere.-
Baby 5 annuisce, senza sapere perché. Corrono lungo il pontile, curvi sotto il peso del loro carico, lungo la scalinata di legno che conduce al pontile, tra la folla urlante che sembra spuntare dalla pietra stessa. Baby 5 si tappa le orecchie. Lao G si aggrappa al braccio di Machvise, gemendo di dolore.
-Scappiamo! Moriremo tutti!- Kari sbatte contro una donna con addosso un prendisole turchino, che corre senza guardare dove va. -Buster Call! Mettetevi in salvo!-
-Abbiamo seminato un po’ di panico,- sogghigna Lao G. -Ce ne andremo senza farci vedere.-
Una folla da perdersi d’occhio si accalca sulle navi, sgomitando, urlando. -Buster Call! Arrivano! Moriremo tutti!- Un pugno di bambini singhiozza contro un ormeggio. Un uomo si butta di testa da un parapetto. -Buster Call!- strepita una donna. -Ci uccideranno! Dio, abbi pietà.-
Baby 5 serra le labbra. Non guardare, non sentire. Presto non rimarrà più niente nemmeno di quelle grida. Il Padroncino saprebbe cosa fare. Trebol saprebbe cosa fare. Dovranno accontentarsi di scappare, senza guardarsi indietro. Ha bisogno di un sorso d’acqua, ma le bottiglie non le ha lei.
-Di qua.- Machvise si carica Lao G in spalla e sparisce dietro la fiancata di una caravella carica di gente. Un corpo precipita oltre la fiancata. Nessuno torna su.
-Sugar si è superata, quest’oggi.- sogghigna Lao G. -Oggi, con due belle G. Il cane rosso rimarrà senza croccantini.-
Baby 5 appoggia il carico a terra, prendendo fiato.
Non sono vere navi. Sono barche giocattolo, e occhi di legno dipinto sbattono sulle loro prore. Una sola è grande come un tavolo da pranzo. Hanno scafi rossi, gialli e blu. Nessuna vela, né remo, nemmeno un timone, ma identiche in ogni dettaglio a delle scialuppe vere.
Sugar agita l’unica mano dalla prua della nave al centro. -Salite, presto. Le ho fatte io. Galleggiano che è un piacere.-
Diamante giace al suo fianco, semiseduto. Pica siede accucciato nella nave alle sue spalle. Brandisce con a destra un martello da spaccapietre grande come un cartello stradale, e con la sinistra stringe a sé un Gladius privo di sensi. Buffalo galleggia in volo sopra la piccola flotta, con una corda legata attorno alla caviglia sinistra.
-Sperando non scoppi di nuovo,- protesta Kyuin, e Machvise la spinge da parte. -Gli abbiamo dato due pillole, e ne abbiamo altre sette di scorta. Alla fine doveva succedere, salite a bordo.-
Gladius trema e batte i denti tra le braccia dell’ex superiore. Baby 5 vorrebbe tenergli la mano, e allo stesso tempo chiedergli perché. Di nuovo in fuga, di nuovo soli: senza una rotta che sia tale.
Le quattro ragazze occupano la terza barca, assieme a Señor Pink. Lao G raggiunge Sugar di fianco a Diamante, e regge sulle ginocchia la testa dell’ex comandante. Kyuin e Jora si piazzano nella quarta barca. Baby 5 sale sulla quinta, di fianco a Machvise. Buffalo si libra in volo di fronte alla piccola flotta, Dellinger si tuffa in acqua e nuota fin sotto di lui. Sugar gli getta una corda: se la lega attorno alle spalle, come un’imbracatura. Baby 5 nota una corda simile annodata attorno a una maniglia della propria barca, e di tutte le altre di fronte e dietro di lei.
-Stanno arrivando!- urla un uomo sul pontile.
-Buster Call! Moriremo tutti!- piange un altro.
La pinna di Dellinger si allontana tra i flutti, Buffalo guizza lontano dal pontile. La barca beccheggia, e Baby 5 si stringe a Machvise.
-Povero Gladius.-
-Non sta peggio di noi. Semplicemente la gestisce così.- L’ex lottatore stringe Baby 5 tra le braccia non abbastanza soffici. -E noi non avevamo tempo per parlare.-
Dovevamo guadagnarci il pane. Forse possono continuare a farlo, anche altrove. Quell’antro nella roccia non era una reggia, ma Baby 5 darebbe qualunque cosa per potervi tornare.
Buffalo e Dellinger sfrecciano tra i pescherecci, verso l’orizzonte. Il bagliore del meriggio illumina il Log Pose al polso dell’Uomo Elica.
-Hai sete?- domanda Machvise. Prima che risponda, tira fuori una bottiglia d’acqua. Baby 5 la sorseggia tutta d’un fiato.
-Non esagerare,- sogghigna il lottatore. -Non abbiamo la cabina bagno-in.-
Ma non importa. L’isola che hanno lasciato è ormai una macchia di terra all’orizzonte. La flotta dei Marine pare un banco di nuvole basse, che si perde a vista d’occhio. Appena in tempo.
Presto, laggiù, si compirà un massacro. Il volto storto di Ahho Zurako le lampeggia per un attimo davanti agli occhi. Non è cattiva, dopotutto. È uscita fuori come il mondo l’ha modellata, proprio come loro. Forse si salverà. Ai nobili va sempre bene. Quando era bambina, la Famiglia al suo fianco le aveva raccontato della Città Bianca da cui proveniva Trafalgar D. Water Law. Fu il re, il primo a fuggire, con tutta la famiglia reale. Non era tanto diverso dal Padroncino, in un certo senso: eccetto che lui, che loro, avevano in corpo troppo orgoglio per scappare.
Non sa se Akainu otterrà o meno ciò che vorrà. Forse non si accorgerà nemmeno che non sono più su quell’isola. Lo immagina a cercarli fiutando l’aria, come l’animale da cui prende il nome. In tal caso non troverebbe niente, e si rimetterebbe a caccia senza dire una parola. Facile stanare una preda senza tana. E dovrebbero essere loro, i buoni.
Forse è così che funziona, il mondo. Si lega i capelli con un elastico e si avvolge nello scialle che Machvise le porge. Lo diceva anche il Padroncino. Chi sta in cima decide cosa è giusto e sbagliato. Anche noi decidevamo tutto, quando eravamo potenti e il mondo ci temeva. Ma erano molti mesi fa. Basta così poco, e anche noi siamo come gli altri: piccole acciughe in un mondo di squali.
È allora che sente il boato – profondo, furioso, forte abbastanza da squarciare l’aria.
Le onde tremano, sotto di loro. Emily, Joanna, Kari e Charlotte si abbracciano tra piccole urla. Buffalo traballa, sopra di loro. Le braccia di Machvise la stringono a sé.
-Bastardi,- mormora. -Schifosi, schifosi…-
Dellinger schizza a pelo d’acqua e porge le mani a quelle di Jora. Diamante si tappa le orecchie con le mani tremule. Sugar si aggrappa alla prua della sua nave come fosse un peluche. Persino Pica ha gli occhi sgranati, e culla Gladius ansimando. Non si è svegliato, e meno male.
Non vedono più l’isola, ma un filo di fumo si alza da poppa, spesso e nero, un taglio di coltello attraverso l’orizzonte. Baby 5 affonda il volto nel petto di Machvise e soffoca un urlo.

Andrà tutto bene, ripete il lottatore per i minuti a venire. Andrà tutto bene. Sono ancora vivi.
Il fumo si dirada all’orizzonte, l’eco dei cannoni si fa più flebile. Sono di nuovo in alto mare: davanti, di fianco, alle spalle, argentato e immenso. Kyuin distribuisce felpe, scialli e coperte. Lao G amministra le bottiglie d’acqua. Señor Pink tiene le vettovaglie: porge a Sugar un graspo scarno da cui pende una dozzina di acini.
-Meglio che niente,- soggiunge lei. -Se rimango senza uva per via di Akainu…-
-Poteva andarci peggio piuttosto che restare senza uva-dasuyan.- Buffalo accarezza il pelo dell’acqua. Sugar annuisce, leccandosi le labbra.
Pica si accaparra una bottiglia d’acqua e se la versa sul volto senza complimenti. È ancora bianco per la polvere di marmo: avrà cominciato a spaccare pietre ben prima che Baby 5 si svegliasse. Gladius batte i denti tra le sue braccia. Sbava.
-Povero ragazzo,- sospira Jora.
Già, povero Gladius. Non sarà felice di sapere quello che è accaduto, quando si sveglierà. Soffriva, lo sapevano tutti. Forse pensavano che tra sofferenti ci si capisse meglio. Ha lottato per mesi, senza rivelare questo suo bisogno. Deve essere stata la vista dei Marine a farlo spaventare, propone Señor Pink.
-Dormi bene, Gladius,- sussurra Machvise. -Quando ti sveglierai non vorrai averlo fatto.-
Sugar succhia l’ultimo acino e getta il graspo tra le onde.
-Spero che si segni anche questa, il cagnaccio. Non è riuscito neanche a lasciarmi a bocca asciutta.-
-Siamo l’equipaggio che…- Diamante chiude gli occhi mentre Sugar gli tampona la faccia con un panno bagnato, -ha fottuto Magellan e Sch… Schakazuki. Un applauso.-
Andrà tutto bene. L’acqua è sempre verde, con abbastanza alghe da vederle a occhio nudo, ma molto più chiara e trasparente della costa. Gladius mugugna dalle braccia di Pica, divincolandosi.
-Si sveglierà presto,- annuncia Machvise. -Dobbiamo agire con calma, o finiamo disarticolati.-
Nel frattempo si distribuiscono ciotole di plastica colme di riso, lattine di tonno, salmone o fagioli. Il caffè sta in una bottiglia di plastica, che un tempo conteneva dell’acqua potabile. È freddo, ma ne sorbiscono tutti un sorso allo stesso modo.
Baby 5 si mette in piedi, sorretta da Machvise, e improvvisa qualche piegamento. Diamante canticchia dal suo giaciglio, Buffalo batte il tempo con le mani.
-Leaving the things that are real behind, leaving the things that you love from mind…-
-La mia preferita,- sospira Sugar. -Dovresti cantarla più spesso.-
Ondeggia dalla prua, schioccando l’unica mano. -All of the things that you learned from fears, nothing is left for the years…-
Pica russa incassato sulla schiena, in mezzo alle travi di legno, la testa appoggiata a un sacco di fronte alla prua, avvinghiato al gigantesco martello. Gladius, avvolto nella sua felpa, batte i denti contro il suo petto.
-Che succ…-
Non riesce a dire altro: un brivido lo zittisce all’improvviso. Sembra pallido come un morto.
-Gladius,- sussurra Señor Pink. -Sta calmo.-
-Non posso.- ansima. -Non posso. Non vedo.-
-Siamo in mezzo al mare,- chiama Baby 5. -Ti prego, sta calmo.-
Gladius serra gambe e braccia al petto, emette un singhiozzo stridulo. -Mare…-
Guarda di fronte a sé, e poi le proprie mani. Rantola. Ha la pelle d’oca, gli occhi sgranati. -Non capisco, non ricordo.- Le mani tremano davanti al suo volto, e si gonfiano come palloncini.
-Oddio!- Le ragazze si gettano sotto il parapetto come in una trincea. Buffalo porta le mani alla bocca. -Gladius, no!-
-Pica, svegliati!- Flail Girl gli schiaffeggia la spalla, pregando che basti a svegliarlo. Il colosso si scuote, sbatte le palpebre. Le mani di Gladius sono gonfie come palloni da calcio.
-Non ce la facc…-
-Va tutto bene!- implora Dellinger. -Respira, Gladius. Ci siamo noi.-
Gladius si ritrae, sbattendo contro il petto dell’Ufficiale. Lacrime gocciolano dal suo mento.
-Ti prego, resisti!- urla Charlotte.
-Devo es… esp…-
Pica lo solleva per la collottola e lo immerge nell’acqua fuoribordo fino alla testa. Lo tira su di scatto, un attimo dopo. Gladius boccheggia, sputa, singhiozza. Si attorciglia su sé stesso come un rettile.
-Perd… donatemi.-
-Ormai è andata. Coprilo bene, e tieniti questa vicino.-
Jora sporge una bottiglia di plastica oltre la superficie, e la tira su colma d’acqua salata. La porge alla mano aperta dell’ex Ufficiale. -Versagliela addosso, se si agita ancora.-
Gladius singhiozza di nuovo, aggrappandosi ai capelli di Pica. Per un po’ è come se l’acqua di mare avesse lavato via la sua resistenza. L’ex Ufficiale lo avvolge di nuovo nella sua felpa, tenendolo al petto come un infante. Gladius piange, sommessamente, ed è l’unico rumore che si sente oltre alle onde. Dovranno raccontargli il resto – la fuga, il Buster Call – ma basta uno sguardo a far capire che è meglio aspettare un approdo che sia tale.

Quando il sole è cominciato a calare, Buffalo e Machvise si danno il cambio di fianco a Baby 5; il lottatore galleggia come un aquilone mentre l’uomo più giovane si riposa. Sugar schiaccia un pisolino in braccio a Diamante. Dellinger si slaccia la corda dalla caviglia e galleggia in superficie per un po’. Emily, Kari, Joanna e Charlotte si divertono a gettargli briciole di pane, e a guardarlo acchiapparle con la bocca come un pesce completo. Gladius respira piano, sotto lo sguardo vigile di Lao G.
Cala la notte, sale la luna, e lo scialle di Baby 5 smette di tenere caldo. Machvise torna a bordo e si avvolge in una coperta di lana, coprendosi anche il capo. Ha la fronte appoggiata sulla mano, come se la testa gli pesasse. Buffalo ansima di fatica a mezz’aria.
-Quando hai detto che è- biascica -la prossima isola?-
-Ancora un miglio o due. Tieni duro.-
Si passano le scatolette tra una barca e l’altra, e le sorbiscono alla luce delle torce elettriche. Fagioli del Mare Settentrionale, immersi in olio denso abbastanza da fare i grumi. Baby 5 batte i denti tra le braccia di Machvise, coprendosi la gola con il suo scialle. Vorrebbe dormire, e saprebbe che il lottatore la veglierebbe – ma non ha la minima voglia di scoprire cosa sognerà.
Hanno qualche soldo da parte, in una lattina vuota. Il suo onorario da cameriera e quello da manovali di Buffalo e Machvise. Un gruzzolo guadagnato da Señor Pink pulendo le strade, una manciata di banconote dalla bancarella di Jora, qualche Berry extra raggranellato da Gladius pulendo finestre, e tutto il frutto degli infiniti straordinari di Pica. Un tesoro patetico, a dirla tutta. Non ci potrebbero comprare nemmeno una barchetta da viaggio.
Tanto una nuova Numancia Flamingo non sarebbe possibile. Senza un Re Conquistatore non c’è regno da temere. Troveranno un’altra casa, se necessario la costruiranno, perché hanno sempre fatto così.
Come se fosse una ragione sufficiente per continuare a farlo. Anche se li consuma, li rende infelici.
Dellinger emerge dall’acqua. -Diamante! Pica! Ho visto un…-

Quello che accade dopo, Baby 5 lo ricorda a pezzetti.
Non importa da che parte sia arrivata, la mina. Non importa chi l’abbia scagliata tra gli uomini che ora li circondano. Quanto ci abbia messo a frantumarle tutte, quelle barche create da persone che non interessano più a nessuno – e in cosa fosse stato intinto lo straccio puzzolente con cui le tappano bocca e naso.
La gabbia è stretta, fredda e scomoda contro la pelle, ma per quanto ne sa, Baby 5 non vi è stata più di un secondo. Due mani ruvide ed enormi la sollevano come un pezzo di carne. -Non toccarla,- dice una voce. -Sono tutte illibate, varranno di più.-
-Non ne abbiamo perso uno,- esclama un altro. -La miglior pesca dell’anno, poco ma sicuro.-
Quando riapre gli occhi, e il mondo riprende forma attorno a lei, la sua famiglia sta urlando a miglia di distanza. Il suo braccio è in fiamme, ma una cinghia lo tiene fermo al suo posto. Urla, senza sapere dov’è, e il fuoco cola lungo la sua pelle.
Solo dopo, quando la rimettono nella gabbia, si rende conto. Toccarsi le braccia ora lisce come marmo suona sbagliato come tutto il resto. Sono punteggiate di irritazioni rosso vivo e bruciano, le braccia come le gambe, le ascelle, il labbro superiore, le sopracciglia, e – al pensiero vorrebbe rimettersi a piangere – lo spazio tra le cosce. Le catene di agalmatolite grattano contro la pelle nuda, il collare è freddo come neve contro il suo collo. Le pare quasi di sentire quel rumore, quello che indica morte, echeggiare dai microchip. Forse sarebbe meglio – se avesse il coraggio di pensarci davvero.
Siamo di nuovo all’Inferno, pensa quando si risveglia sulla panchina. Ma indossa i suoi vecchi vestiti, e non fa freddo. Buffalo giace accanto a lei, in preda ai singhiozzi. Le carezza i capelli freschi di parrucchiere.
È un incubo. Deve essere un incubo. Siedono uno di fianco all’altro, su una panchina di legno dalla forma a semicerchio. Dellinger galleggia in una boccia di vetro sferica, alta come lui. Le manette gli cingono i polsi, una catena unisce il collare al fondo della teca. Non ha mai visto i suoi occhi così rossi.
-Noi non siamo cose,- ripete Emily tra le lacrime. -Noi non siamo cose.- Jora siede di fianco alla boccia, con la testa fra le mani. Tutti gli uomini sono a torso nudo, e i loro corpi glabri luccicano d’olio profumato. Diamante giace contro il muro, gli occhi sgranati. Pica serra i pugni, tremante. Lao G tiene la mano di Señor Pink. Buffalo si asciuga gli occhi e pulisce il naso gocciolante. Gladius trema, sdraiato su una panchina. Il battito dei suoi denti risuona come un percuotere di piatti.
-Buffalo,- sussurra Baby 5. -Non devi piangere.-
-Non posso smettere,- mormora lui. -So che non gli piace, ma non posso smettere.-
Baby 5 guarda i punti rossi che percorrono le sue braccia fresche di cera. Il dolore è vero, troppo vero per un incubo. Maledetto, maledetto. Almeno per un po’ potrebbe fingere che sia finto, che abbia preso troppo sole in mare, e che quello non sarà l’ultimo giorno in cui staranno tutti insieme.
Forse sarebbe dovuto succedere, presto o tardi. Come se bastasse a fare meno male.
-Signore e signori,- pigola la voce argentina di una donna. -È per me un sommo piacere darvi il benvenuto… -
Baby 5 stringe forte le dita di Buffalo. È un incubo. Deve essere un incubo. Ora ci sveglieremo tutti.
-…a un’altra strepitosa, irresistibile, imperdibile asta umana!-


A.A.
Se pensavate che sarebbe durata, lassù nella quiete di Isola Senza Nome, eravate in errore. E sì: da questo punto siamo tornati ai Veri Casini. Un equipaggio decaduto, rapito dagli schiavisti, destinato all'ennesima grande prova. L'idea di inserire un Buster Call è relativamente recente, ma non potevo non inserire la risposta più sensata per Sakazuki in una situazione del genere. Purtroppo hanno fallito, ancora una volta, e la Famiglia Donquixiote è di nuovo sola in mare aperto. Almeno per un po'...
1. La canzone di Diamante è Toys In The Attic, naturalmente degli Aerosmith. Poteva non essere la favorita di Sugar?
2. Teorizzate pure sulla sorte di Ahho Zurako. 
3. Il povero Gladius è molto scosso. Nessuno si è arrabbiato con lui per il casino che ha fatto perché... beh, ormai? Arrabbiarsi non ha più senso, dopo tutto quello che è stato perduto. Inoltre questa Famiglia sa che a certi problemi mentali non c'è soluzione.
4. La Famiglia, stando nascosta, ha trovato i lavori più disparati. Disoccupati rimanevano però Sugar (di fatto una bimba), Diamante (troppo debilitato), Dellinger (troppo riconoscibile) e Lao G (troppo anziano). 
5. Indovinate CHI comparirà nel prossimo capitolo? Indizio: NON è Charloss. 
Non anticipo altro, perché i prossimi capitoli saranno gonfi di... emozione,
Come sempre un saluto, alla prossima.
Lady R

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Capitolo 19
*** Addio, Donquixiote – Due Milioni Per Baby 5 ***


Addio, Donquixiote – Due Milioni Per Baby 5


Ha una targhetta di cartone, legata attorno al collo, su cui è stampato il numero sette. Ci vorrà tempo, prima di arrivare a lei, e sarà la prima della Squadra Commando. Il cuore martella nel suo petto, la mano di Buffalo è viscida contro la sua.
Non vuole piangere. Che quella gente non abbia nulla, da lei. Che mai possano vederla in preda al dolore, non se non è lei a deciderlo. Non sa nemmeno, tuttavia, quanto resisterà.
Svegliatemi. È un incubo. Riportateci tutti indietro.
Dellinger batte i pugni contro il vetro della sua capsula. Fa segno di no col dito, e indica le proprie orecchie. Non ci sente. Baby 5 si stringe più forte a Buffalo. Come minimo, meritava un addio come si deve. Si pulisce il naso e serra le gambe ancora brucianti. Applausi risuonano da dietro la tenda, fin quasi a sollevarla.
-Noi non siamo cose!- Kari colpisce la panca con un pugno.
-Non potete farci questo!- ringhia Joanna. Il carceriere al suo fianco, accigliato da sopra la gorgiera rosa, la colpisce con un pugno allo stomaco. Sono ben addestrati: evitano la faccia. Non osa pensare alla sorte di quelle ragazze, così comuni e piccole. Come se chiedersi cosa sarà della sua famiglia sia meno orrendo.
Non ci vedremo più. Niente canzoni, niente carezze e abbracci, niente parole di conforto. Se sarà fortunata, la persona che la comprerà porterà con sé anche qualcuno dei suoi compagni. Non importa chi. Diamante potrebbe rallegrarla con della musica. Jora la terrebbe vicino durante le notti a venire. Buffalo saprebbe come consolarla. Machvise si prenderebbe cura di lei. Pica la farebbe sentire protetta. Chiunque sia, purché non rimanga sola. Nessuno rimanga solo.
-Stammi vicino,- mormora Diamante. -Stammi vicino. Non lasciarmi. Non possono farci questo.- Ma neanche Pica ci sente. Ansima nelle mani, che gli coprono la bocca. Trema.
Sugar stringe il moncherino nella mano sana, sul piccolo petto. Señor Pink la solleva, tenendosela sulle ginocchia. Non è mai stata fragile, Sugar, e neanche allora lo sembra. Eppure non è mai stata da sola. Io sì, però. Vorrebbe essere razionale e prepararsi all’inevitabile, affrontandolo con la forza di una vera piratessa del Nuovo Mondo.
Peccato che non siamo più pirati. Quando ti mettono il collare, cosa sei stato non conta più. Incontreranno altri schiavi, e fra di loro ci saranno condottieri, ammiragli e re. Tutti uguali, tutti immondizia, per i Nobili Mondiali.
-È davvero una gioia avervi qui!- la voce della banditrice è un pungolo nelle orecchie di Baby 5. -Un’asta esclusiva, senza dubbio. Il meglio di Mariejoa. Potrei guardarvi in eterno, ma è ora di cominciare. Un pubblico speciale merita della merce speciale.-
-Non siamo merce,- geme Charlotte. -Non siamo cose.-
La tenda fruscia, un inserviente tira una corda di fianco al palco. Baby 5 solleva la testa. Non deve avere paura. Saranno gli ultimi momenti insieme: che li valgano.
-Stammi vicino,- mormora Diamante.
-State dritti,- sussurra Lao G. -Che non vedano che siamo deboli.-
Difficile, però, credere che non lo siano. Gli applausi si chetano, personal pavimento trema.
-Li avete visti combattere, li avete visti perdere, e ora li rivedrete ancora una volta. Ecco a voi…-
Baby 5 stringe la mano di Buffalo e si asciuga le lacrime un attimo prima che la tenda sia spiegata.
La banditrice ha i capelli verde pistacchio. Dimostra una cinquantina d’anni, ma ha il fisico asciutto di un’avventuriera. Alle sue spalle luccicano decine di caschi a sfera, da ricoprirne intere file. Un’asta per soli Nobili Mondiali: Baby 5 sente lo stomaco rivoltarsi.
-…la Famiglia Donquixiote!-

Non avranno le mie lacrime, si era giurata. Non avranno niente che non si meritino da me. Vorrebbe nascondersi dietro Buffalo, proteggendo il proprio corpo da quegli sguardi mordaci. Un tozzo individuo in prima fila, con una pelata lucida da abbagliare, si lecca le labbra. Un individuo dal naso a becco sussurra qualcosa all’orecchio di una signora identica.
-La Famiglia Donquixiote,- mormora una voce da sinistra. -Gli evasi. Sono proprio loro, li riconosco.-
-Non sono tutti,- protesta una donna in prima fila. -Dov’è quel coso schifoso col naso che cola?-
-Mi rincresce.- La banditrice si stringe nelle spalle. -Evidentemente si è sciolto quando sono caduti in mare.-
Il pubblico ride, alcuni piegati in due. Baby 5 si copre lo stomaco, rabbrividendo nel suo abito. Bianco, abbottonato da dietro come una camicia di forza, senza maniche, con due spacchi verticali paralleli a scoprire le gambe. Tentare di nasconderle non servirebbe a niente. Che guardino, che si godano tutto. Che ridano dei sovrani decaduti, ridotti a un niente. Che se li comprino, anche, e se li tengano come suppellettili assieme a una massa di altri nessuno. Che feriscano i loro corpi come possibile, che gli tolgano dalla bocca l’ultimo pezzo di pane. Forse, se non piangono, è perché non ne hanno la forza.
-Ma è ora di cominciare!- La sconosciuta rotea l’asta del microfono, accarezzandone la lunghezza.
-Avanti il lotto numero uno.-
E così comincia. Baby 5 si massaggia le braccia: ha la pelle d’oca. Vorrebbe chiudere gli occhi, tapparsi le orecchie e lasciare che succeda. Perdersi pezzi di famiglia un minuto alla volta, senza neanche sapere come e perché. Forse la cosa più logica sarebbe rannicchiarsi in una palla e piangere fino a perdere i sensi. Sarebbe ugualmente impotente. Ma significherebbe anche dare a quei merdosi quello che vogliono, e non può tollerare neanche quello.
-Señor!- Emily singhiozza contro la spalla di Joanna, Charlotte e Kari si tengono per mano. -Señor! Lasciatelo stare! Ha una moglie e un figlio!-
-State zitte.- L’uomo non si volta a guardarle. -Uno schiavo che piange non vale niente. Pensate a sopravvivere, per una volta. Non a me.-
La donna soppesa Señor come un prosciutto, palpeggiandogli le natiche e la pancia smagliate.
-Niente male, nevvero? Un vero maschio, più sodo delle uova! È un maciste sopraffino, signore e signori, forzuto e silenzioso come solo la virilità li fa. Un lottatore del Colosseo, imbattibile e imbattuto. Partiamo da cinquecentomila Berry: qualche offerta?-
-Seicentomila!- urla una voce in lontananza. -Seicentoventi a me!- strilla un’altra donna. Señor Pink drizza la schiena, serrando le mani attorno alle manette. Dicono che alcuni pirati, alla prospettiva di diventare schiavi, preferiscano la morte. In un negozio del Padroncino, un famoso capitano si era suicidato mordendosi la lingua. Nel Mare Orientale aveva fatto scandalo la vicenda di una piratessa, che si era fatta esplodere assieme a tutta la casa d’aste nascondendo esplosivi e pietra focaia nella gonna. Sarebbe una fine migliore, a conti fatti…
-Settecentoquarantamila e uno, e due… aggiudicato alla magnifica Cryscilla. Lo trattiate bene, mi raccomando. È sodo.-
…ma no, non sia mai che finisca così. Hanno dominato il mondo, conquistato una città. Aveva quattordici anni. Sanno combattere, e forse lei avrebbe sconfitto persino Don Sai se non gli fosse cascata tra le braccia. Señor Pink non emette un verso, né un pianto, mentre le mani della sconosciuta gli soppesano i genitali. Chissà che fine hanno fatto la sua cuffietta e il suo ciuccio.
Si volta di schiena, sbattendo le ciglia, e solleva la mano.
-Addio.-
-Ciao, Señor,- mugugna Charlotte. Emily e Joanna si abbracciano, Kari singhiozza nelle proprie mani. -Ciao, Señor. Ci mancherai tanto.-
Sta cominciando. Addio, addio: vorrebbe afferrare quella parola come una bestia e crivellarla di proiettili per non sentirla più. Baby 5 si tappa le orecchie, ma strappa via le mani un attimo dopo. Non sta piangendo, né supplicando. Se questo è l’essere sodi, forse può riuscirvi anche lei. La Nobile Mondiale cui porgono la catena lo sovrasta di un buon palmo, e gli scompiglia i capelli appena l’ha vicino.
-Addio,- sussurra Machvise. E Lao G, un attimo dopo, e Jora. Gladius batte i denti dal suo sedile, sgocciolando sudore. Da un momento all’altro sverrà.
Señor incede lento alle spalle della sua padrona, e svanisce oltre l’ingresso. Altri due inservienti in gorgiera chiudono il portone alle sue spalle. Andato.
-Lotto numero due!- Baby 5 sobbalza, stringendosi al braccio di Buffalo. -Piccola come un bambino, ma…-
-Levami le mani di dosso, brutto sacco di merda!-
-…sboccata come una signora. Sugar, la reginetta del regno dei giocattoli!-
Basta uno schiaffo della guardia a far cadere a terra la donna-bambina. La colpisce in mezzo alla schiena, strappandole un pianto senza respiro.
-Ha una sola mano!- urla una signora bitorzoluta dalla terza fila. -Quale orrore!-
-Certo è un problema,- soggiunge la donna, -ma guardate l’altra mano, com’è piccola e raffinata. Alzi la mano chi di voi ha schiavi bambini! O nani!-
Baby 5 ne conta almeno venti, e le viene da vomitare. -Esattamente. Artigianato, piccole faccende, e lavori di fino. Immaginateli svolti da una donna fatta. Più durevole di una nana, e più intelligente di una mocciosa. Allora, chi offre qualcosa per questa zolletta di zucchero? Partiamo da settecentomila.-
-Settecentocinquanta a me!- urla una nobile castana. -Settecentocinquanta a Santa Shalria. Qualcun altro?-
Ottocento, novecento… Sugar serra il pugno. Ha lo sguardo fisso, gli occhi lucidi come quelli di una bambola.
-Monet, Trebol… ho paura.-
-Un milione e settecento per Santo Kannon. Portategliela, forza. Abbiamo ancora un sacco di meraviglie, quindi non andate via.-
L’acquirente se la carica in spalla come un sacco di patate, lasciando penzolare le gambe sul proprio petto. -Prega di imparare in fretta, o raggiungerai il tuo amico viscido lassù.-
-Addio!- urla Sugar, e solleva il piccolo pugno al cielo.
-Siete dei bastardi!- urla Emily. La guardia in gorgiera la colpisce con un manrovescio al petto, forte abbastanza da buttarla giù dalla panca. Joanna e Charlotte la tirano su. Si asciuga le lacrime, serrando il pugno alla panca. -Che vedano.-
-Lotto numero tre, la rockstar dalla spada inarrestabile! Il demone delle urla, l’Eroe del Colosseo: Mr. Diamante!-
Gli applausi si placano quando l’uomo viene trascinato sul palco. Appena le guardie lo lasciano piomba in ginocchio con un tonfo.
-Un po’ confuso,- la banditrice serra le labbra, -ma su di lui potete contare. Sa cantare, ballare, suonare il pianoforte, la chitarra, l’armonica a bocca, il flauto e il basso. Famoso per il suo senso dello stile, il suo carisma…-
Il pubblico rumoreggia. I Draghi Celesti si sussurrano vicendevolmente all’orecchio, la castana Shalria simula un conato di vomito.
-È anche un ottimo spadaccino, e il suo frutto del diavolo Flap Flap gli permette di trasformarsi in stoffa come niente. Da settecentomila in su, che ne dite?-
-No,- biascica Diamante. -Non fatemi questo.-
Forse sarà esaudito, pensa tristemente Baby 5. Nemmeno una mano si alza, né una paletta. La banditrice attorciglia attorno al mignolo una ciocca verde. Solleva il braccio di Diamante, e la mano si piega floscia.
-Non lo vuole davvero nessuno? È grosso, forte, una star fatta e finita.-
-Invero, perché dovrei spendere un Berry soltanto per codesto relitto malandato?- ride un uomo lontano.
-Ha la bava alla bocca, quale orrore!- urla Santa Shalria. -Allontanatemelo d’innanzi, pria che rimetta la cena-eh!-
Diamante si copre il volto con le mani, come se la luce stessa lo spaventasse. Forse è meglio così: non vedrà lo sguardo d’odio rivoltogli dalla banditrice. Si lascia sollevare come una bambola e buttare con malagrazia sulla panca. Pica lo acchiappa al volo un attimo prima che cada all’indietro, e se lo tiene vicino. Lui non lo vuole nessuno, ma…
-Lotto numero quattro, un esemplare unico nel suo genere! Mezzo uomo, mezzo Pesce Guerriero, e tutto per voi! Dellinger, l’ibrido dal tacco micidiale!-
Galleggia nella sua boccia, in posizione fetale. Ha gli occhi chiusi. Le piccole spalle sono scosse dai singhiozzi. La banditrice tambureggia sul vetro con una bacchetta di legno. Una donna strilla.
-Notate la caratteristica pinna sulla schiena, e le affilate corna della sua specie. Un abominio, forse, ma l’unico che esiste. Respira sott’acqua come in aria, tira calci che sollevano dieci tonnellate.-
-Jora,- sussurra Machvise. -Jora, dammi la mano-in.- La vecchia lo allontana, ansimando. Si arriva a cinque milioni e mezzo, e Dellinger ansima scosso dai tremiti nella sua capsula di silenzio. Jora si alza come in trance, corre verso la teca in uno scampanio di ceppi.
-Non toccarlo!- urla una guardia. -Sta al tuo posto, vecchiaccia!-
-Lascia che lo saluti!-
Dellinger sguazza fino al vetro: ha capito, e i suoi denti smettono per qualche secondo di battere. Jora svicola un polso dalla presa di una guardia e si getta verso la teca, abbracciandola per tutta la sua lunghezza.
-Addio, piccola peschte.- mormora Diamante. Machvise e Lao G sollevano i pugni in un saluto da lottatori.
-Addio, Dellinger. Ti voglio bene. Tanto bene, tanto, tanto…-
Jora bacia il vetro, vi appoggia la fronte come per sentirne il calore. Si stringe su sé stessa mentre la portano via, verso la panca da dov’è partita. Dellinger piega due volte le dita, in un gesto di saluto. Si rannicchia in una palla di capelli biondi, e là rimane finché non sparisce.
Le unghie della vecchia sprofondano nelle sue cosce. Ha la testa abbassata, le labbra serrate da sbiancarsi. -Sapevo che sarebbe successo, presto o tardi.-
Machvise le circonda la spalla col braccio, tenendola a sé. Jora si asciuga le lacrime. -Spero solo che gli renda la vita un inferno.-
Baby 5 non replica. Non spera più, non si chiede più niente.
-Lotto numero cinque, leggero come l’aria e pesante come una montagna! Machvise, l’uomo dalle dieci tonnellate!-
Se lo compra una giovinetta dalla faccia squadrata, assieme a una Kari scossa dai singhiozzi. Emily e Joanna sono aggrappate a lei mentre la strappano dalla panchina, e graffi rossi e gonfi percorrono il suo braccio mentre la trascinano accanto al compagno.
-Mi sarà di gran diletto sparargli mentre fluttua.- proclama la nobile. -E se non farà il bravo, caro prezzo pagherà la sua giovine sodale.-
Machvise circonda Kari con il braccio, e la ragazza affonda il volto nel suo petto non più villoso. -Avrò cura di te,- sussurra il lottatore. -Per Senor.-
-Lotto numero sei, manager di una fabbrica all’età di vent’anni, la maestra dell’aspirapolvere: Kyuin!-
Baby 5 le sfiora la mano mentre avanza. Forse la vorrà una donna, o un uomo misericordioso. Kyuin ha i denti serrati, il volto teso. Una sola lacrima le riga la guancia paffuta.
-…intelligente, pragmatica e forzuta. Si parte da cinquecentomila, qualche offerta?-
Forse non finirà dove teme di finire. Ha mangiato un Frutto del Diavolo, è un’Ufficiale quanto gli altri. L’abito che indossa è troppo leggero, non andrebbe bene nemmeno come camicia da notte.
-Ottocentotrenta e tre! Aggiudicata a Santo Taysom. Buona fortuna con quel ponte.-
Non deve essere così orrendo, lavorare a un ponte. Kyuin è giovane e dolce, forse se la caverà. Addio, le dice mentre si allontana, ma dubita che l’abbia sentita. Il proprietario sta seduto. Ne vuole ancora. Forse non dovrà stare da sola, almeno lei. Forse potrà seguirla, anche se dubita di sembrare la schiava adatta a costruire un ponte. Inutile pentirsi adesso, men che meno di qualcosa di futile come un mancato allenamento. Possono chiederle qualunque altra cosa. Pulirà, spazzerà, si occuperà di bambini o anziani. Senza una parola, senza un pianto. Purché non le tocchi ciò che teme, più di ogni altra cosa.
-Lotto numero sette…-
Due mani afferrano Baby 5 per le ascelle – no, vi prego, non ancora, troppo presto, troppo tutto insieme – e la trascinano sul palco, fin sotto il riflettore. Si ritrae, mentre gli sguardi rapaci dei presenti le si posano addosso come uno sciame di tafani.
-La ragazza troppo conveniente persino per il Regno dei Fiori. La donna-arma, Baby 5!-
Il rumore seguente viene dalla quarta fila: un uomo che fischia.
Baby 5 serra gli occhi. Non pensare, non dimenticare. -Notate il corpo tonico, muscoloso, adatto alla battaglia come a…- è finito, è tutto finito. Goditi il sole che entra qua, perché non lo vedrai più. Forse la porteranno via già adesso, senza sapere cosa sarà di Lao G, di Buffalo, di Pica, del povero Gladius, di Jora, delle dolci ragazze che li hanno protetti e seguiti. -…e questi soffici capelli corvini, che ricordano quelli di Boa Hancock…- Se avesse mangiato, probabilmente vomiterebbe. Attorciglia le dita nei sandali che le hanno dato, guarda il soffitto per non vedere quegli occhi porcini. È finito tutto, anche i sogni. Le persone inutili come te…
-Svegliati.- La banditrice la scuote per il braccio. -Una ragazza piena di fantasia, oltre alle qualità già elencate. Da seicentomila in su, chi ci sta?-
-Quella è dunque membro d’ufficio dell’equipaggio? Non solo una mera accompagnatrice-eh?-
È la ragazza castana, Shalria. Brandisce la paletta nelle mani guantate. Una donna: forse sarà fortunata. -Ordunque la compro! Seicentomila Berry per la servitrice ruffiana.-
-Settecentomila! La desidero ardentemente!- strilla un uomo in lontananza. Baby 5 si cinge il petto con le braccia, celando i seni. Shalria sembra sul punto di voler colpire i compagni d’asta con la paletta. -La voglio! La voglio! Due milioni!-
-Due milioni e due, due milioni e tre: ed eccola qui! Alla bella Shalria! Una nuova ancella, se non erro.-
Baby 5 si lascia guidare come se una Corda Parassita del Padroncino le avesse preso il collo. Non vuole sentire il coro di addio che accompagnerà la sua discesa. Non vuole viverlo, quel momento tremendo. Vorrebbe spegnere tutti i suoi sensi e lasciarsi portar via, finché anche solo il ricordo di dove è stata non è svanito sotto lo Zoccolo del Drago Cavalcacielo.
Shalria le allontana una ciocca dal volto. -Sei molto carina. Vedrai, ti tratterò bene se farai la brava. Dopotutto sei brava ad obbedire, mi hanno detto.-
Baby 5 tossisce fuori un “sì, signora”, senza guardarla. Jora e Diamante si tengono per mano, Gladius è rannicchiato di fianco, Lao G stringe il polso di Pica. Andati. Tutti.
-Lotto numero otto!- Si sta asciugando ancora le lacrime mentre lo fanno alzare. -Il flagello dell’aria, l’elicottero umano! Buffalo!-
-Non sembra male,- sogghigna Shalria. -No affatto. Necessito d’uno schiavo da trasporto nuovo. Delucidami dunque su chi, tra lui e la massa di muscoli, è più adatto allo scopo.-
Baby 5 sbatte le palpebre, asciugandosi il viso. A malapena l’ha sentita. L’uomo sul palco ha la faccia tesa da scoppiare, ma le lacrime continuano a scendere. Le dispiace abbandonare Pica, ma Buffalo – e pensa quelle parole con disgusto – ha bisogno di lei.
-Comprate questo, mia signora.- mormora. -È comodo e soffice. Vi piacerà.-
Shalria la squadra. -Sta piangendo.-
-È…- Baby 5 appoggia la mano sul pavimento per celarne il tremito. -Solo un po’ agitato. Si cheterà presto. L’altro è sgraziato, scoordinato, scomodo come un letto di pietra. Sarà un ottimo uomo di fatica, ma sfigurerebbe accanto a una donna di rango. Scegliete lui. Potete fidarvi.-
-E che io abbia a fidarmi.- Shalria solleva la paletta. -Seicentoventimila per la palla d’adipe! Seicentoventimila!-
Persino Buffalo stesso appare sorpreso dell’offerta – l’unica. Si lascia condurre accanto a Baby 5, e le prende subito la mano. Altre lacrime gli rigano il volto: alza il viso, perché si vedano di meno.
-Preparate la scorta,- dice Shalria a una guardia di sicurezza. -Intendo congedarmi.-
-Lotto numero nove, una meraviglia di forza con qualche cosa in più! Ecco a voi Pica, il soprano di granito!-
Avanza a testa alta, drizzando le spalle come se la banditrice dovesse prendergli le misure. Diamante si copre gli occhi con le mani, battendo i denti. Non l’ha mai mollato, mai. Baby 5 ricorda la notte, o il giorno, in cui Trebol esalò l’ultimo respiro. Non guardava nessuno, nemmeno chi gli parlava. Esisteva l’uomo che amava, e il nome che urlava senza che nessuno gli rispondesse. E gli tocca riviverlo tutto daccapo, con l’unica altra persona che così tanto ha amato.
-Osservate la muscolatura possente, la statura colossale. Quest’uomo ne vale venti, ve lo dico io. Sarà un ottimo operaio, un valido mezzo di trasporto.-
La banditrice sbatte la bacchetta di legno sul petto nudo di Pica, lasciando segni rossi sul torace unto. Se il pubblico si è accorto delle sue mani guaste non lo dà a a vedere.
-Eppure, cari ospiti…-
Pica prende un respiro profondo. Doveva arrivare, questo momento.
-…questa splendida pietra preziosa è ben più che un semplice uomo di fatica. Orsù, presentati agli ospiti. Dì qualcosa.-
L’ex Ufficiale la squadra con disprezzo, serrando le labbra carnose. Schiude la bocca, e il silenzio si spezza in un brusio sorpreso.
-Tu…- Pica sbatte le palpebre -…mi fai schifo.-
Poi abbassa il capo, coprendosi il volto con i capelli, come se bastassero a soffocare l’eruzione di risate che si è levata dal pubblico. Un uomo si è rotolato giù dalla sua sedia, e picchia i pugni a terra. Baby 5 conta almeno dieci dita puntate. Shalria sgrana gli occhi.
-Novecentomila!- urla un nobile in fondo alla sala. -Lo adoro! Mai ebbi a ridere sì di gusto!-
-Novecentocinquantamila per me! Il mio ultimo giullare si è buttato dal balcone!-
-Lo bramo io! Offro un milione di Berry!- Shalria solleva il braccio, sventolando la paletta. -Il mio diletto fratello maggiore Charloss sta superando un infelice periodo. Non può che beneficiargli un’onesta risata.-
-Un milione per la soave Shalria! Che ne dite? Altre offerte?
Diamante ha la testa reclinata contro il pavimento di legno, singhiozza sommessamente contro i pugni serrati. Un milione e mezzo, e poi due. -Tre milioni!- strepita Shalria. -Deve essere mio! Mio fratello deve ridere!-
-Tre milioni e due, tre milioni e tre! Alla nobile Shalria, nella speranza che rallegri il vostro povero…-
-MIO FIGLIO NOOOO!-
Diamante si getta in avanti dagli spalti e cade in ginocchio a un braccio dalla gamba di Pica. Le risate si fanno più stridule, più sguaiate. Il volto dell’ex gladiatore è pieno di lacrime.
-KYROS, PERCHÉ? NON TI BASTA IL RESTO? VUOI TOGLIERMI ANCHE IL MIO BAMBINO?-
-Chiudetegli la bocca, sta disturbando.-
Una guardia allaccia sulla bocca di Diamante un triangolo di stoffa beige, sorretto da cinghie di cuoio sotto il mento e sulla nuca. Baby 5 chiude gli occhi, mordendosi le labbra finché il sangue non le frizza sulla lingua. Quando torna a guardare Diamante, la stoffa sulla sua bocca è bagnata come uno straccio.
-Dategli un tranquillante e gettatelo con gli altri scarti. A lui penserò dopo.-
La guardia che non lo tiene infila una pillola sotto il morso di stoffa. Il suo compare rovescia all’indietro il corpo di Diamante, tappandogli il naso con la mano.
Dobbiamo salutarlo: se Diamante deve dormire il peggiore dei sonni, possono almeno provare ad addolcirlo. Solleva la mano, piegando appena le dita. Buffalo fa lo stesso.
Pica si volta all’indietro, levando la testa di sotto i morbidi capelli viola.
-Todo està bien. Addio, Didi. Non ti dimenticherò.-
Sotto il crosciare delle risa, Diamante fa cenno di sì con la testa. Si accascia sul fianco, gocciolando lacrime sul parquet. Da dietro il velo umido luccica un bagliore che Baby 5 conosce: odio. Se tanto disprezzava Kyros, si rifiuterà di farsi schiacciare come lui. Chiude gli occhi, e la sua mano tesa ricade contro il legno senza un suono.
Si sveglierà senza un figlio, senza nessuno. La catena al suo collo viene unita all’anello in mano alla Nobile. Shalria si alza, tira l’anello verso la porta. Si va.
-A che pro tu frigni?- domanda a Buffalo. -Cosa sei, un infante-eh?-
-Sta male,- sussurra Pica. -Gli passerà.-
Shalria si ferma, piegata in due. -Sei assai risibile. Venite con me, voi tre. Squadra Commando, se ben ricordo.- Non del tutto, ma non importa più. Gladius si è accasciato di fianco alla panchina, Joanna ed Emily accorrono a tirarlo su. Chissà se ci vede, ci sente, se sa.
Le guardie aprono il portone, Shalria incede come se un tappeto rosso l’attendesse.
-Lotto numero dieci, la mente alternativa che colorerà le vostre giornate! Jora, gentile pubblico, la signora dell’arte astratta!-
-Addio!- ripete Baby 5. -Addio!-
Buffalo singhiozza, ma le sue labbra mormorano la stessa parola. Addio, addio. Porge una mano a Baby 5, che la prende di getto. Offre l’altra a Pica, ma lui scuote la testa: si sta tappando le orecchie. Addio, mormora Baby 5. Addio.
La porta sbatte alle loro spalle, senza un rumore.


A.A.:
E ci siamo arrivati, alla fine: la bassezza più bassa della Famiglia. 
Una fine karmica e ironica, per chi collaborava con un effettivo venditore di schiavi. Ma senza Doflamingo tra i piedi, questi non sono niente. Come ebbe a dire Diamante qualche capitolo fa, "così abbiamo cominciato, e così finiamo": una massa di poracci scaricati dalla vita. Non voglio giustificare certo dei pericolosi baby-criminali, ma probabilmente Trebol, Diamante, Pica e Vergo vivevano con questo terrore prima di incontrare Doflamingo, essere presi schiavi, e a una buona metà del gruppo alla fine è toccato. 
Così li lasciamo, per oggi. Separati. Abbandonati. Sì, sono una pessima Madre. E se le cose si sistemeranno... si scoprirà. 
Per il resto...
1. La banditrice dell'asta dovrebbe essere la piratessa Olive, che compare cinque minuti nel filler anime di Impel Down. A quanto pare, vent’anni prima degli eventi dell’arco, un giovane Hannyabal era stato ingannato da una piratessa di nome Olive. Ella gli ordinò di voltarsi mentre si spogliava, per indossare gli abiti da carcerata, e lo colpì alle spalle rubandogli l’uniforme. Tuttavia fu riacchiappata da Magellan mentre sgusciava via. Assumiamo qui che, vent’anni dopo, ella sia fuggita durante la sommossa di Luffy e si sia riciclata nelle vendite di schiavi. 
2. "Noi non siamo cose": citazione da Mad Max: Fury Road
3. La vicenda della piratessa fatta schiava che si fa esplodere nascondendo la polvere da sparo nella gonna è ispirata a quella di Agnes Nutter di Good Omens. 
4. I nomi dei Draghi Celesti sono ripresi da liste di nomi effettivamente dati, dai genitori bianchi d'America, ai loro figli. Qualcosa di questo tipo. La loro parlata forbita e "cannarsiana" viene dalla traduzione che ho letto online. Là Shalria consigliava Rosward con "di converso", e Charloss protestava contro uno schiavo lento parlando di "incedere tartarughesco". 
5. Il morso di stoffa con cui Diamante viene zittito viene da The Handmaid's Tale. Gli strumenti che sa suonare sono quelli che sa effettivamente suonare Steven Tyler. E per una nota morbosa... mentre scrivevo questo capitolo ascoltavo Dream On. 
6. ...e adesso?
Lady R

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Capitolo 20
*** Salita al Paradiso – l'Ancella, Il Trasporto E Il Giullare ***


Salita al Paradiso – l'Ancella, Il Trasporto E Il Giullare


Vorrebbe camminare a occhi chiusi, lasciandosi guidare dalla catena che porta al collo.
Ha più libertà di movimento che alla camminata. Le mani sono legate l’una all’altra, ma non sono unite né ai piedi né al collo. La catena del collare termina con l’anello che Shalria stringe, e pesa come un’ancora contro la sua gola.
La casa d’aste è un edificio di legno, grande quasi quanto il Colosseo della Corrida. Di fianco al portone intarsiato, un omaccione grande come Buffalo attende a quattro zampe. Indossa una tuta marrone e ha la testa coperta da un cappuccio nero, con buchi per occhi, bocca e narici. Non emette un verso mentre la Nobile Mondiale gli si arrampica sulla schiena, e si assesta su una sedia incatenata sopra la cassa toracica.
Lo schiavo non emette un verso, e si alza lento come un automa.
Ne aveva affrontato uno, a Punk Hazard. C’era anche Buffalo. La loro ultima battaglia assieme prima di finire all’Inferno. Era stato bello, combattere: persino all’avversario sembravano piacere le sue armorphosis. E anche rivedere Law, anche se per poco, era stato…
Perché ci sta pensando?
Buffalo si asciuga ancora gli occhi e accarezza la porta chiusa della casa d’aste. Per la prima volta da che Baby 5 lo conosce sembra vergognarsi della sua taglia massiccia. Pica tiene i pugni serrati giunti al petto, ansimando dai denti stretti. Gocce di olio gli colano lungo il petto nudo, spesse abbastanza da dar la nausea. Le spalle muscolose tremano: dove un tempo sporgevano le sue tre famose punte di carne, vi sono ora tre cunette non più grandi di un piattino da caffè.
Shalria pesta il piede sulla schiena dell’uomo incappucciato. -Vai, schiavo numero tre. Devo portare questi alla nave.-
L’uomo allunga il braccio, gattona lungo il sentiero di ciottoli. È ora di andare. Addio, ripete ancora Baby 5, e sicuramente sentirà quella parolaccia anche nei suoi incubi. Fa un passo avanti, un altro ancora, aggrappandosi alla catena come a una mano amica. Avrà quelle di Pica e Buffalo, da tenere per un po’,  ma non vuole abituarcisi. La famiglia Donquixiote è finita.
Un passo avanti, un altro ancora. Ci sono villette a schiera ad entrambi i lati del sentiero, circondate da giardini d’erba rasata fin quasi al suolo. Una coppia vestita di bianco getta via racchette e palline per inchinarsi al passaggio di Shalria. Anche un giardiniere intento a potare una siepe, una ragazza che prende il sole su una sdraio, un terzetto di signore sedute in veranda a bere limonata. Non alzano gli occhi da terra, come se il volto della giovane Nobile potesse trasformarli tutti in pietra.
Se potesse succedere, Baby 5 non è sicura che non sarebbe la scelta migliore.
È come se non fosse successo niente, dal giorno in cui lasciarono per sempre Dressrosa. Si era addormentata presto, nella nave della marina, sudicia e appesantita dalla camminata della vergogna, con i piedi sanguinanti e gli occhi arrossati dal tanto piangere. E si è risvegliata là, nella casa d’aste, senza null’altro di mezzo. Non hanno eluso Impel Down, detto addio al Padroncino e perso Trebol; non hanno costruito una casa per sé stessi dovunque ci fosse posto, per terra o per mare, aggrappandosi con le unghie a qualunque possibilità; non hanno sorseggiato quel ramen e scambiato quel tè e caffè, non hanno riabbracciato le vecchie seguaci e ricordato per un attimo chi erano stati. Non sono sfuggiti a un Buster Call senza che il Grand’Ammiraglio lo venisse a sapere.
Meglio ancora, non si sono neanche conosciuti. Avrebbero potuto farla schiava sin da bambina, il giorno stesso in cui sua madre l’abbandonò nel bosco senza nemmeno un addio. Allora la schiavitù ce l’avrebbe nel sangue, incisa dentro di sé come un tatuaggio, ma certo non starebbe salutando per sempre una famiglia intera.
Una passeggiata in catene, verso una nave che la porterà via dalla libertà: il nastro si riavvolge, la storia si ripete. Per lo meno, la folla china a testa bassa non si produce in insulti e beffi, né le lancia addosso cibo marcio ad ogni passo. Se c’è qualcuno che se lo merita, qui…
Singulta, e la catena tira contro i suoi polsi. Non li vede da pochi minuti, e già i loro volti sono più sfocati. Se avesse la capacità artistica di Jora potrebbe ritrarli da qualche parte, conservarli in segreto assieme ai suoi ricordi. A una schiava non sarebbe permesso di possedere nemmeno un ninnolo, ma che siano dannati se le porteranno via la memoria.
Come se combattere non fosse così futile.
Si chiede se Jora, Lao G, Gladius e le ragazze riusciranno a superare quel test di sguardi spietati. Cosa sarà del povero Diamante, che di prezioso non ha che il nome. Quanto a lungo le sarà permesso di stare accanto a Pica e Buffalo prima che la portino via anche da loro. Quante libertà quella gente si prenderà con lei, qualora Shalria e i suoi compagni rimasti non vedessero.
Che senso ha avuto scappare, ricostruire tutto, solo per vederlo crollare più che mai.
La nave che attende in porto ha il simbolo del Governo Mondiale sulle vele. Baby 5 abbassa di nuovo la testa, stringe tra le cosce l'abito prima che voli e la scopra in modo indecente. Vorrebbe tenersi stretti i visi della sua famiglia, come dei ninnoli da portare con sé, e conservarli in segreto dagli sguardi della sua padrona. Un attimo dopo vorrebbe il contrario: dimenticare tutto, lasciar andare tutto, persino quella specie di nome che le ha dato la persona che l’ha messa al mondo. Non ha mai sentito un abbraccio di Jora, giocato in spiaggia con Dellinger e Sugar, rimbalzato sul ginocchio di Machvise o impugnato una spada di fronte al Padroncino. Dimenticare tutto: dovrà obbedire, dovrà servire, e non le serve una famiglia per fare quello.
La cella che li contiene è così bassa che Buffalo e Pica devono mettersi carponi per passare. La guardia che la spinge dentro le sbatte una mano sulla natica, con uno schiocco sordo. Baby 5 gattona verso l’interno, lontano dalle sbarre.
-Fermo, cretino,- esclama un’altra guardia. -È un’ancella, mica una concubina. Se ti vede Shalria-sama ti taglia la mano.-
Sarebbe piacevole da immaginare, in qualunque altra circostanza. Sono spariti tutti, per sempre. Vergo e Monet, e Violet, e Trebol, e il Padroncino, e tutti noi adesso.
C’è una manciata di schiavi, sdraiati contro la tolda. Uno di loro sanguina dai piedi, una donna castana singhiozza in uno straccio.
Si rannicchiano fianco a fianco, in un angolo libero. Baby 5 non spreca tempo a guardare gli altri schiavi. Sarebbe solo un altro promemoria che tutto è perduto. Si volge alla parete, rannicchiandosi tra le braccia di Buffalo. Pica si accuccia al loro fianco, dandogli la schiena.
Buffalo singhiozza. -N-niisan?-
-Lasciatemi stare. Lasciatemi solo.-
Baby 5 appoggia le mani sulla sua. -No, ti prego…-
Le sue dita, grandi come il polso di un neonato, si piegano.
-Non mi taglio, non mi faccio niente. Voglio stare da solo. Lasciatemi.-
Qualche risolino si diffonde tra i prigionieri. Una guardia avvicina la mano al cavallo dei pantaloni e unisce indice e medio imitando le lame di un paio di forbici. Pica si volta contro il muro, grugnendo. Ed è solo l’inizio.
Buffalo ha gli occhi pieni di lacrime e le guance grondanti. Non fa un gesto per nasconderle, né per asciugarle. Indica a Baby 5 il pavimento di fianco a lui come se fosse la sedia preferenziale di uno stadio. C’è un mucchio di paglia contro la parete di legno: Buffalo vi si siede, cullando Baby 5 al petto.
-Mi dispiace,- mugugna. -Sono stato lento. Non ce l’abbiamo fatta.-
Baby 5 apre la bocca per parlare, ma non le viene in mente niente. Si limita a carezzare la larga fronte del suo compagno, sussurrando un vuoto “va tutto bene”, mentre le sue lacrime le inzuppano quel vestito già troppo sottile.

Qualcosa le pesa sullo stomaco, quando si sveglia. Sbattendo le palpebre distingue i contorni di una pagnotta grigiastra, grande come una scarpa. Il suo stomaco ringhia: si mette a sedere e la azzanna fino a riempirsi di farina.
I contorni si mettono a fuoco, i momenti ritornano in fila. Siamo schiavi, ci hanno venduto come schiavi. I successivi bocconi di pane sono amari come fiele.
Stavolta è Buffalo a giacere sul pagliericcio, bocconi, con addosso una coperta sgualcita che non gli arriva alle ginocchia. Pica siede al suo fianco, carezzandogli la fronte con le mani lacerate. Ha i capelli annodati in cima alla testa, mostrando la schiena guasta alle sbarre.
-Ciao,- sussurra Baby 5. Ha gli occhi così gonfi che tenerli aperti fa male. Si inginocchia di fianco a Buffalo, appoggia la mano su quella dell’ex Ufficiale. Non la allontana.
-Ciao.-
-Come ti senti?-
Pica la squadra con sufficienza. -Mi sento come se mi fosse passata addosso una flotta intera.-
Fa cenno di sì con la testa, e Baby 5 non capisce perché. L’espressione è la stessa che aveva quando chiese al Padroncino di poter attaccare: risoluta, furente. Ma i suoi occhi sono rossi, il naso affilato, le guance lucide. Non funziona, non più di un attimo.
-Sto vivendo il mio incubo peggiore, di tutta una vita. Possono frustarmi, bruciarmi, strapparmi pezzo per pezzo e non temerei nulla, ma la sola idea che quelli si mettano a ridermi appresso mi fa rivoltare lo stomaco.-
Lo truccheranno, lo acconceranno, e il suo futuro proprietario potrà fare di lui qualunque cosa. Il colosso carezza di nuovo la fronte di Buffalo, soffermandosi sulla tempia. L’uomo-elicottero geme, tirando su col naso.
-Niisan?-
-Shh, shh.- Pica gli prende le mani – piccole e lisce come quelle di un bimbo, nelle sue – e le massaggia. Sta a Baby 5 accarezzare la sua fronte, percorrendone la larga superficie.
-Avrò cura di lui,- sussurra Pica. -E anche di te.-
-Non fare sforzi che non vuoi fare.-
Prima che Pica possa rispondere, Buffalo emette un gemito da di fronte a loro. Tossisce, si strofina i pugni sul volto. Trema come una foglia, e stringe la presa sulle enormi mani di Pica.
-N-niisan?-
-Proprio io. C’è anche Baby 5, guarda.-
Buffalo fa cenno di sì. Si tira a sedere, e le lacrime gocciolano fino alle sue ginocchia.
-Mi spiace. Non sono fortissimo, lo so.- mugugna. Sfugge ai loro sguardi, volgendosi verso il pavimento. -Non voglio che vi fate male per proteggermi.-
Baby 5 gli massaggia il braccio, senza rispondere. Se c’è qualcuno che si merita di essere protetto – da lei, poi – quel qualcuno è Buffalo. Non ha mai pianto così tanto, nemmeno la prima volta. Gli tremavano le labbra, mentre le raccontava dei suoi genitori e del gioco-dello-star-fermo con cui l’avevano abbandonato nelle fogne. Vorrebbe carezzargli le guance, ma è troppo alto.
Sbatte gli occhi, stringendo la mano che lo tiene.
-Hai pianto anche tu, niisan…-
-Un po’, ma ci vuole altro per buttare giù questa vecchia roccia.-
Buffalo ride, asciugandosi le lacrime. -Sei davvero coraggioso. Mi fai sentire bene.-
Pica fa cenno di sì, senza un fiato. Si rannicchia contro il muro, allarga le enormi braccia, e circonda col sinistro la spalla di Buffalo. Buffalo geme nei propri palmi, singhiozzando.
-S-Scusate…-
-Niisan ti proteggerà,- sussurra Pica al suo orecchio. -Niisan è qui, ed è forte come la pietra.-
Niisan dovrà mettersi al servizio di qualche nobile capriccioso, che avrà su di lui diritto di vita e di morte. Niisan porterà il collare con i campanelli e il cerone bianco degli schiavi d’intrattenimento. Niisan sarà un giocattolo, proprio come i nostri, e se possibile ancora più muto.
Buffalo si pulisce il naso gocciolante con la manica: -Ma chi proteggerà niisan?-
-Non ci pensare. Sai che me la cavo sempre,- Pica accenna un altro sorriso di plastica, sbatte freneticamente le palpebre. -Combatto da quando sono al mondo. Didi dice che q-quando mi ha tirato fuori dalla frana avevo già i pugni chiusi.-
Combatte da quando è al mondo, e per cosa? Non è mai parso così stanco, nemmeno di ritorno dalla cava di pietra. È un uomo orgoglioso, nonostante le derisioni, e un lavoro così umile non potrebbe mai essergli piaciuto. Non è servito comunque a niente, dato che ora sono schiavi.
-Buffalo?- Pica allontana una ciocca dalle orecchie.
-Niisan?-
-Sei bravo. Sono felice di essere tuo fratello.-
Buffalo guarda Baby 5, si morde le labbra con i denti grossi e tremuli. Si volta di scatto e cinge il corpo di Pica con le lunghe e snelle braccia.
-Mi stai stritolando…-Pica si appoggia al muro, con gli occhi sgranati.
Buffalo sorride in mezzo alle lacrime. -Chi la fa l’aspetti-dasuyan.-
Allenta l’abbraccio, lasciando che Buffalo reclini la testa sulla sua spalla.
-L’ho letto, quel tema. Lo tenevo nel comodino. Gli avranno dato fuoco, mi sa.-
Buffalo arrossisce. -Hai letto il mio tema? Quello su di te?-
Fa cenno di sì. Un sorriso rigido, e la sua enorme mano si stringe al suo polso. Le lacrime di Buffalo gocciolano fino alle sue dita. Come farà ad avere ancora dell’acqua in corpo?
Guarda oltre le sbarre attraverso gli occhi annebbiati. Serra le ginocchia al petto. C’è dell’acqua in una ciotola, ma non osa provarla. Ha paura che anche solo un sorso le rovescerebbe lo stomaco. Se si lasciasse andare sbatterebbe la testa contro il muro fino a svenire, e tutto sarebbe allora davvero in vano. Si ricorderanno di lei, dovunque sono finiti?
-Baby 5?-
Buffalo ha la mano protesa, e anche lui sorride finto.
-Vieni vicino a noi.-
Striscia all’indietro senza voglia, appoggiando la testa contro il fianco di Buffalo. Vorrebbe imprimersi nella memoria almeno quei due, tenerseli vicini, al sicuro dalle grinfie rapaci della nobilastra. Ma sono solo due, in una famiglia così grande. Niente Dellinger a ridere in quel suo modo mentre insegna alle sue bambole come si respira sott’acqua, niente Diamante con la chitarra elettrica imbracciata e le movenze flessuose sul palco, niente consigli di Jora e abbracci di Machvise e pacche sulle spalle di Senor Pink. Niente giochi e giri d’acquisti con Sugar, niente allenamenti con Lao G, niente bevute di tè con Gladius. E il Padroncino, poi, ancora rinchiuso lì… e Vergo, Monet, Trebol. Si sente come se nuda lo fosse davvero. Un pezzo d’osso divorato dalle iene, rimasto lì a seccarsi al sole come niente.
Si rannicchia tra le enormi gambe dell’ultima famiglia che le rimane – gli scarti della Squadra Commando, senza nemmeno una missione – e lascia che le loro braccia la tengano al caldo come una bambina.

Gli applausi dall’esterno annunciano che sono arrivati a Marijoa.
Sfila il volto dalle braccia, serrando i denti per il dolore alla schiena. Un’idea acuta, quel marchio a fuoco: impedisce di far finta di niente, di dimenticarsi cosa si è diventati. Anche solo respirare diventa un tormento. Figurarsi correre, scappare, lottare.
Pica tiene in braccio la testa di Buffalo e canticchia.
-Ishi-san è un uomo coraggioso, ti starà sempre accanto…-
Dorme sul fianco, perché anche lui è stato marchiato, e anche uno Zoccolo del Drago Cavalcacielo più piccolo del suo pugno brucia abbastanza da cancellare il resto. Ha urlato persino più di lei, quando li hanno allineati faccia a terra, anche se meno di Pica. Lui non ha sentito niente, non con la schiena che si ritrova, ma proprio ora ha deciso di fare il bravo fratello.
-Siamo arrivati,- sussurra Baby 5. Pica striscia all’indietro perché Buffalo si alzi in un tintinnio di campanelli. Serra le labbra rosso ciliegia, sbatte le palpebre bianche di cerone. Buffalo si appoggia alla parete, denti stretti e volto sudato.
-Vi voglio bene.-
-Lo sappiamo tutti.-
Anche gli altri lo sanno. Glielo ripetono tutte le sere, carezzandogli i boccoli scompigliati. Baby 5 guarda i suoi fratelli uscire dalla cella a gattoni e si chiede in che modo, e dove, i compagni perduti sono approdati. Forse li intravedrà: tutti gli acquirenti erano Nobili Mondiali, e un’asta così esclusiva…
No. Niente illusioni. Si mette in fila alle loro spalle, lasciandosi condurre. Scendono dalla nave insieme, come vi sono saliti.
-Cammina, razza di bovino.- impreca Shalria. Buffalo segue alle loro spalle, carponi. Pica le tiene la mano, testa alta e capelli sciolti appiccicati al dito di cerone che gli copre il viso. Le torri di Marijoa sono alte da toccare le nuvole,come un castello delle fiabe.
-Spicciati, ho detto,- ripete Shalria. -Sgranchisci quelle braccia.-
Vorrebbe mettersi a piangere di nuovo quando salgono sul nastro trasportatore e si sollevano lontano dal mare. Ci sono altri schiavi là sotto, poco ma sicuro. Magari qualche compagno di famiglia, e improvvisamente le scende una lacrima.
Avrebbe voluto parlare di loro, solo di loro, per tutto il tempo del viaggio. Pica alzava la testa dai suoi piegamenti e dalle sue flessioni, ripeteva no, non voglio parlarne tra le risa soffocate degli altri schiavi, ma Buffalo ci stava volentieri. La prima carezza di Jora, la prima sessione di allenamento con Machvise, la prima parola di Dellinger e la prima battaglia col Padroncino, in volo assieme, senza un cruccio al mondo. Per un attimo spariva, quella stiva tutta uguale.
Ma sarà impossibile far sparire Marijoa, e le sue mura che si estendono oltre il cielo. Procedono per i giardini, i prati tagliati fin quasi a terra, i palazzi azzurri e argentei che luccicano come pietre preziose. Shalria saluta con la mano una coppia di ragazze, che cavalcano assieme un uomo grande come Buffalo. Dietro una curva, un’altra schiava singhiozza contro una parete. Quando compare Shalria china la testa e nasconde il volto con i capelli.
-Odio quelli deboli.- La Nobile Mondiale ha un cagnolino tra le braccia, un carlino con in testa un casco a bolla simile al suo. Lo accarezza, massaggiandogli il collo rugoso. -Spero che voi tre siate forti come dicevano.-
-Sì, signora,- ripete Baby 5. Le basta un “sì, signora” per essere chetata, lo hanno imparato sufficientemente in fretta. -Sì, signora,- mugugna Buffalo. La sedia su cui la nobile siede si trova proprio sulla sua schiena, sopra lo Zoccolo del Drago Cavalcacielo. Quello di Baby 5 brucia comunque anche senza niente: non può che pregare che arrivino presto a destinazione.
La magione di Shalria ha le pareti rosa pastello, e tre torri dai tetti bianchi sulla sommità. La cinge un muro di marmo, circondato da guardie del corpo. Shalria scende dalla schiena di Buffalo e sorride agli agenti che si sono inginocchiati. Tira fuori dalla borsa una bottiglia e un bicchiere, lo riempie, e lo porge alla mano in attesa di Pica.
-Prendi, pietroso eunuco. Sciroppo per la gola. Devi stare in forma. Che mio fratello rida di gusto.-
-Sì, signora.- Pica la squadra con disprezzo, forse provando nella testa decine di modi per ucciderla. Shalria passa oltre ridendo. L’ex Ufficiale ingolla il suo bicchiere d’un fiato.
-Unto come l’olio,- ansima, pulendosi la bocca. Shalria ride argentina. -Sei un comico nato.-
Baby 5 guarda per terra per il resto del viaggio, seguendo con gli occhi il disegno delle piastrelle. Getta solo uno sguardo alle spalle, verso Pica: anche l’ex Ufficiale ha gli occhi a terra, e i pugni serrati abbastanza da sbiancare.
La casupola di mattoni di fronte cui si fermano è troppo bassa per lui, figurarsi per Buffalo. Qua è dove ci separiamo. Shalria sta chiacchierando con un uomo in armatura. Tira Pica per una ciocca di capelli, come una bambina. Amava pettinarlo, quando era piccola – ma quei capelli erano soffici, spessi, e non le rimanevano in mano a ciocche.
-Ishi-san?-
Pica china la testa. -È un soprannome carino.- Migliore di Mister Soprano, dice il suo sguardo torvo. Le appoggia la mano sulla spalla, stringendola con un gesto quasi delicato.
Baby 5 risponde alla stretta. -Abbi cura di Buffalo. E grazie.-
-Come se fosse mio. Grazie.-
L’enorme dito le carezza la guancia, allontanandole i capelli dal volto. Non vuole più guardarlo: non quel labbro tremante, non quegli occhi stravolti. Appoggia una mano sulla guancia di Buffalo: l’uomo-elicottero si ritrae come se si aspettasse un ceffone.
-Ciao-dasuyan.-
-Ciao, Buffalo. Ti voglio bene.-
E anche gli ultimi due, anche quelli… Baby 5 si lascia condurre per mano attraverso la porta, e chiude gli occhi quando scatta. Il chiavistello rintocca dietro il ferro, e i passi della comitiva si allontanano lungo il sentiero.
Quattro pareti di legno, un pavimento di piastrelle, un tetto piatto e vicino al capo. Una manciata di donne giacciono rannicchiate in un angolo, come sacchi di granaglie buttati in un deposito. Una massa di capelli ramati sporge da sotto una coperta. Una bionda snella, bianca come latte, giace in un angolo chiusa a riccio. Due ragazze dai capelli neri giacciono abbracciate contro il muro, russando fiocamente.
Non sarà così orrendo, si ripete. Dovrà obbedire e non le accadrà nulla. A Shalria farà piacere, sicuramente piacere… ne avrà bisogno e la farà felice. Perché è bello essere utili, è la cosa più bella del mondo, abbastanza da dimenticare di aver avuto una famiglia e avergli voluto bene.
Ma chi ci crede più?
È troppo stanca anche per piangere. Padroncino. Diamante. Pica. Si lascia cadere contro la parete, reclina la testa contro un materasso vuoto. Buffalo. Gladius. Dellinger. Serra le ginocchia al petto, geme contro l’imbottitura. Lao G. Machvise. Señor Pink. Afferra con dita tremanti la coperta che vi giace sopra e vi si avvolge. Jora. Sugar. Andati, tutti andati. Quasi vent’anni in famiglia passati come un’illusione, senza significato, senza scopo.
Mamma.
Tanto valeva restare là, e sparire per sempre in mezzo alla polvere. Il marchio sulla schiena brucia come un colpo di spada.

A.A.:
Le bassezze a cui sprofonda questa gente non sembrano davvero concludersi. Eh, sì: ormai la Famiglia Donquixiote è spedita ai quattro venti, senza nessuno a cui affidarsi. Spero che non risulti noiosa l'idea di qualche capitolo incentrato solamente su Baby 5. Consideriamolo un po' la "Saga della Guerra" di questa fanfiction, in cui il protagonista ha dei momenti da solo. 
1. Incoraggio sempre a ponderare sulla sorte del resto della Famiglia, venduti in vari posti e a quattro venti.
2. La canzoncina di Pica a Buffalo è ripresa da quella di Kyros a Rebecca. "Mr. Soldato è un uomo coraggioso..." e via dicendo. "Ishi-san" significa sostanzialmente "Mr. Pietra". 
3. Le ancelle che vedremo non sono OC, ma altri personaggi femminili tra canonici e non canonici. 
4. Ci saranno vie di fuga, da Marijoa...?
Lo scopriremo solo vivendo. Alla prossima. 
Lady R

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Capitolo 21
*** Partenze E Ritorni – l'Inferno Di Marijoa ***


Partenze E Ritorni – l'Inferno Di Marijoa



Inizia sempre presto, e si dimentica di finire.
Almeno non è Impel Down, si ripete Baby 5 tutte le mattine. Il materasso su cui giace non è soffice, ma rimbalza abbastanza da farla scivolare in un sonno che non si interrompa. Hanno ciascuna un lenzuolo e una coperta imbottita, e un cuscino quadrato da divano su cui appoggiare la nuca e versare le lacrime. Fa freddo, ma un freddo che scompare quando ci si rannicchia abbastanza.
-Quando fai parte dello show business impari a non sentire la temperatura,- dice sempre Baccarat, e Baby 5 vorrebbe crederci almeno un po’. Baccarat è una donna di mondo, e il suo comandante era un vecchio amico del Padroncino. Anche se a un certo punto ha deciso di ucciderlo. Tra pirati succede, e Baccarat non le serba rancore. -Finalmente una faccia nota, in mezzo a questi pazzi. Non sei Dice, ma mi posso accontentare. Ho sempre saputo di essere fortunata.
Non sono amiche, men che meno una famiglia. Basta non litigare e non mettersi i bastoni tra le ruote, una tacita regola di cui è stata resa parte non appena la porta del capanno è stata chiusa dietro di lei. Vengono da tutti i Quattro Mari, dal Paradiso, dal Nuovo Mondo. La tratta degli schiavi non conosce confini. Porche ha i capelli blu e un buffo naso a punta; Honey Queen è bionda come il suo nome, con un corpo tornito da Miss Universo e labbra rosse come la principessa di un libro di fiabe. Kikyo e Belladonna hanno zigomi alti, taglienti, naso e bocca sottili la prima, larghi e morbidi la seconda. La notte dormono abbracciate, e si parlano sommessamente da sotto la coperta.
-Pansy starà bene.- sussurra Kikyo. -È la più forzuta di tutte noi.-
Una terza Kuja, catturata con loro. Shalria non l’ha voluta perché “grassa come un’elefantessa col diabete, e brutta come il culo di un Uomo Pesce”. -Che la vedano brutta andrà a suo vantaggio. Non sarà una schiava da letto, almeno. Può sopportare i lavori pesanti come pochi al mondo.-
Baby 5 gli aveva parlato di Kyuin, che forse quella loro amica era giunta a conoscere. Le due guerriere si erano fatte indietro, e Kikyo l’aveva guardata come se la Nobile fosse stata lei.
-Anche voi Donquixiote eravate commercianti di schiavi. Sta zitta e non parlarci. Se c’è qualcuno che merita di stare qui sei tu.-
Non sono io, avrebbe voluto dire Baby 5. Non ero quella, non eravamo noi. Il Padroncino era il Padroncino, gli Ufficiali erano gli Ufficiali, ma la sua Famiglia non è quella. Sembra così lontano da non poterlo nemmeno sognare – e infatti non lo sogna, quando finalmente prende sonno nel suo giaciglio lontano dalle compagne. Si addormenta un attimo, si sveglia il seguente, e mormora una parolaccia contro il cuscino.
Anche Porche e Honey Queen piangono sovente. -Salvatemi,- mormora la Rogia. -Bear King, Boo Jack, qualcuno.- La majorette è silenziosa, stretta in una palla contro la finestra murata. Quando si avvicinano le guardie si asciuga le lacrime in un lampo, e sorride radiosa come se fare la schiava fosse la sua vocazione.
-Il mio boss,- racconta durante una serata più calma, -ha insegnato a tutti noi la nobile arte della bugia. Mi salverà, un giorno, e salverà anche il mio amico Kapoty.-
-Siete una famiglia?- aveva chiesto Baby 5, e si era sentita una cretina un attimo dopo. Nessuno aveva riso, nemmeno Porche. -Siamo una squadra sportiva, più o meno siamo lì. Il boss accoglie tutti, proprio come il vostro. Voi ce l’avete un Wotan, in famiglia? Quando verrà a prendermi gli chiederò di vincervi a una Sfida Davy Back.-
-Io non sono un premio da vincere.- sibila Honey Queen. -Bear King-sama non abbandonerà la sua sorellina preferita. Se non avete un fratello come lui sono affari vostri.-
Baby 5 apre la bocca, ma decide di non rispondere. Non ne vale la pena. Non con Kikyo che proclama l’onore delle Kuja, e Baccarat che si propone come portafortuna per i giocatori. Non basta.
Ogni tanto vede Buffalo, incatenato per il collo a un anello come l’animale da cui deve il nome. Gli si siede accanto, senza dire niente. Se ha lacrime da piangere, e ne ha tante, che sembrano non finire più, gliele asciuga con un lembo della veste. Porge il capo alle sue carezze, il collo ai suoi abbracci, la bocca al poco cibo che riesce a contrabbandare. Una caramella, un macaron, una pasticca alla menta. Potrebbero stare ore, seduti vicini a non far nulla – il Sole non mente, ed è l’unica cosa che lega Marijoa al mondo dei mortali – e quando la richiamano è sempre troppo presto.
Pica lo intravedono per i corridoi, i lunghi capelli legati in un’impalcatura piena di spilli e coccarde, il cerone che gli gocciola sul collo, sulla bocca lo stesso morso di stoffa con cui avevano zittito Diamante durante l’asta. Il suo padrone è un uomo tozzo, con il naso indegnamente gocciolante. Non sembra accorgersi dei cenni di saluto che si scambiano.
Potrebbe andare peggio, si ricorda Baby 5. Una sera lei, Porche e Baccarat accompagnano Shalria e Charloss a uno spettacolo comico. Quindici schiavi da intrattenimento, allineati su un palco, e la possibilità di far loro qualunque cosa. Tre disgraziati sono coperti di pece e rotolati in una vasca di piume. Un gruppo di giovani Draghi dardeggia una donna Collodiserpente con gavettoni colorati. Un ragazzo in preda ai singhiozzi è legato a una ruota di legno, che Charloss ride nel far girare. Shalria gli versa sulla faccia un liquido blu cobalto.
-Dovresti portare qui anche il tuo, fratello caro.-
-Mai sia,- aveva sbadigliato Charloss. -Quella creatura stridula è mia e solo mia. La canzone sul tipo che sembra una tipa fa ridere mille volte questi-eh.-
Se lo fa ridere sopravvive, combattendo come sempre. Tanto vale continuare, ancora e ancora. Bisogna rifare il letto di Santa Shalria, pettinarle i capelli, limarle le unghie, persino lavarle i denti. Honey Queen la trucca tutti i giorni, e tutte le notti le lava il viso. E stirarle i vestiti, lucidarle le scarpe, mettere in ordine la cabina armadio – che si avvicina il Reverie, come ha avuto la premura di ripetere un centinaio di volte, dovrà essere impeccabile se vorrà presentarsi. Quello è compito esclusivo di Baby 5, e Shalria non sembra sapere che a volte con quei vestiti ci si asciuga il volto.
Nessuna notizia di nessun altro. Baby 5 scorre con gli occhi tutti gli schiavi che vede, le volte che Shalria le chiede di accompagnarla in città. Ogni vecchia si trasforma in Jora, ogni bambino in Sugar, ogni uomo grasso in Machvise e ogni ragazzo in Dellinger. Quelli sono i momenti peggiori – una volta si distrae, inciampa nelle sue stesse catene, e rimane per un giorno senza cibo né acqua. I Draghi Celesti sanno come rinfrescare la memoria, e ancor più sanno portarla via.
Ogni notte prega di sognarli, forti e risoluti come li ricordava. Ma non compaiono mai, nemmeno il Padroncino, o Trebol, o addirittura Vergo e Monet. Le sue compagne sono graziose, ma non bastano. Non bastano.


Capisce che sono là da un mese quando Shalria sbuca applaudendo dalla finestra.
-Il Reverie! Il Reverie!-
Un mese, un mese soltanto, e già Baby 5 ha dimenticato com’era stato prima. Al richiamo accorrono tutte assieme, incespicando nei loro abiti bianchi senza forma. Mentre la pettina, Shalria butta a terra Porche con uno schiaffo. -Smettila di tirarmi. Devo essere presentabile, con tutti quei pedestri sovrani umani.-
Già, come Viola. Baby 5 si sorprende di non aver quasi mai pensato a lei, durante quel mese così uguale. È strano pensare di non piacere a qualcuno, quando quel qualcuno piace a te, e Viola era sorella quanto Sugar e Monet. Era stata gentile persino con Diamante, dopo quella camminata tremenda. Il re non è lei, ma forse sarà venuta per accompagnarlo, specie con la nipote fuori dai piedi. Se solo…
No, non lo farà mai. Non ci aiuterà. Nemmeno lei è così buona. Li odia, li ha sempre odiati, ja aspettato l’arrivo di Cappello di Paglia tutto il tempo. Si sente sciocca per non essersene resa conto, nemmeno quando alle serate tra ragazze dove la invitava assieme a Monet e Sugar scoppiava a piangere nella vasca del gelato. Come se non avesse abbastanza da piangere per i compagni di equipaggio che ha perso già.
Machvise. Jora. Dellinger. Diamante. Si ripete i loro nomi come una ninna nanna mentre scende le scale. Lao G. Pica. Buffalo. Gladius. Porche si massaggia la guancia arrossata, Belladonna si tiene al braccio di Kikyo. Sugar. Lao G. Trebol. Vergo. Monet. L’equipaggio di Donquixiote Doflamingo, della Flotta dei Sette, Re di Dressrosa.
-Guardatela, è pazza.- Honey Queen la supera con un colpo di spalla. -Parla da sola.-
-Lasciala in pace,- sibila Belladonna. Kikyo annuisce. -Diventeremo tutte pazze, qui dentro. Sto dimenticando il soave viso della nobile Hebihime.-
-Io mi sono scordata com’era fatta Carina,- mugugna Baccarat. -Ci ha traditi, ma era una tipa a posto. Se mi dimenticassi anche la faccia del boss sarebbe il colmo della iella.-
Tutto quel parlare di fortuna le comincia a dare la nausea. Come se una schiava potesse sapere che cos’è. La sorte ha giocato con lei e con la sua famiglia da quando sono al mondo, donandogli l’illusione della grandezza e portandogliela via quando si erano ben abituati. Però è successo anche a Viola, forse può capire. Se riuscisse a trovarla…
-Che c’è? Ti manca il tuo equipaggio?-
È sempre Baccarat, che scivola nel capanno alle sue spalle. Si lascia cadere sul materasso di fianco a Porche. Baby 5 blatera un sì, rassettandosi la fascia. -Spero di poter stare assieme a Buffalo. Mi manca così tanto.-
-Anche Dice ha pianto, quando l’hanno portato via.- Baccarat si districa con le mani i lunghi capelli ramati. -L’hanno portato al Trasportatore. Quasi tremila Berry.-
Baby 5 annuisce appena. -E Tanaka?-
-Anche lui. Pure quando è morto: aveva le lacrime ghiacciate sulla faccia. Come se si facesse schifo.-
Parla in tono indifferente, come se volesse chiudere la questione il prima possibile. Sembra persino grata, quando le guardie entrano sbattendo la porta.
-Tu, tu e tu.- Honey Queen alza la testa dal cuscino, Kikyo stringe a sé Belladonna. -Santa Shalria vi vuole. Non fatela aspettare.-
-Parleremo al ritorno.- sussurra Baccarat, e si ributta sul materasso accanto a Porche. -Raccontami il Reverie stasera. Non ne ho mai visto uno.-
Kikyo stampa un bacio sulla fronte della compagna e raggiunge le altre due alla porta. Prendono le catene che portano al collo e le legano a un anello, che Santa Shalria stringe a sé come uno scettro da regina. È una bella giornata di sole, perfetta per una massa di sovrani.
Chissà se vedranno Riku Dold III, o una delle principesse. Baby 5 fatica a immaginare la piangente Rebecca in un ruolo da diplomatica. Se ci fosse Violet – Viola – sarebbe almeno una faccia nota. Forse potrebbe chiederle aiuto, raccontarle la situazione. Non può detestarli così tanto. L’assassino di sua sorella non è lì.
Eppure non suona confortante. Vorrebbe potersi consultare con la sua famiglia, ma non ce l’ha. E allora? Con quelle ragazze non le va di parlare. Nemmeno con Baccarat, che pure conosceva ai tempi del Padroncino, e con Porche, che sorride anche dopo aver preso i calci. Non sono niente.
-Chissà se incontreremo qualche bel principe.- Honey Queen si pettina i capelli con le mani. Hanno una sola spazzola in sei, ma devono dividersela per essere presentabili. Hanno fasce per capelli bianche, e una volta a settimana le portano a lavarsi in docce gelide e viscose.
-Se anche lo incontrassimo non ci vedrebbe,- sibila Kikyo. -Non finché siamo bloccate in questo posto di merda.-
-Parla per te.- Honey Queen porta le mani ai fianchi, come se si fosse dimenticata del collare che porta. -I miei fratelli verranno a salvarmi, e di voi non sentirò più parlare.-
-La regina Rogia dalle bianche mani non sa cavarsela da sola?-
-È proprio perché sono Rogia che non riesco a fare niente. Bear King-sama mi salverà.-
-Deve essere in ritardo. Correnti ostili, forse?-
-Non lo so,- taglia corto Baby 5. -Se arriverà non sarà per noi.-
Honey Queen le fa la linguaccia e rassetta la gonna senza forma dell’abito. È brava ad essere carina, Baby 5 glielo concede. Siamo fortunate, potevano farci di peggio. Strapparci gli occhi, usarci in camera da letto, darci fuoco. Nessuno dovrebbe aspirare a “non peggio”, nella sua vita. È una cosa che Baby 5 sa da quando era bambina.

Più Draghesse Celesti compaiono, più a Baby 5 pare di vedere doppio. Anche le compagne della sua padrona sono due Shalria lievemente più tozze, indistinguibili da lei eccetto per il colore dei capelli. Sbatte gli occhi: no, sono tre ragazze diverse. Quella dai capelli blu, che occhieggia Honey Queen come se fosse Kaido in persona, ha il naso storto verso destra e le guance cascanti, quella castana ha le guance così tese da sembrare fissate là con una spillatrice.
-Shalria-chan, quella donna…-
-Dai capelli biondi?- Shalria scende dalla schiena di Buffalo. -È invero chi pensi. Ti presento Honey Queen Trump, dei Fratelli Trump. Le altre due, trattasi di Kikyo, delle Piratesse di Kuja, e Baby 5, della Famiglia Donquixiote.-
-Che siano pericolose?- l’altra donna lascia andare i capelli di Honey Queen e si ritrae dietro le spalle delle compagne. La mora la guarda con disgusto.
-Quale codardia, Keegyn. Sono schiave, cosa temi ci si faccia?-
-Ad oggi, se non hai una piratessa come ancella, tanto vale congedarsi da Marijoa-eh.- Shalria tira la catena, e Baby 5 e le sue compagne traballano in avanti verso di lei. -È la moda più divertente che mai abbia seguito-eh.-
Ridono tutte in coro; la castana si pulisce la bocca, abbassando le spalle
-Hai udito di Malikye?-
Shalria annuisce. -Sì, poverina. Ma cercare di catturare Charlotte Custard in persona… io dico che se l’è cercata. Queste cose si fanno con le ciurme decadute.-
Baby 5 si conficca le unghie nella mano.
-Spero che cento schiavi in meno bastino a farle imparare la lezione.- sogghigna la castana. -Comunque bisogna fare attenzione, anche i pirati decaduti sono sorprendenti. La mia amica Clieligh aveva acchiappato una luogotenente di Whitey Bay.-
-Giusto cielo, la sodale di Barbabianca?-
-Uh-uh. La stronzetta le ha rubato una boccetta di profumo, l’ha fatta a pezzi, e si è aperta le vene. Che immane spreco, non più di due mesi sarà durata.-
-T’imploro, ho appena mangiato.- Shalria si copre la bocca con le mani, si china in avanti, e un fiotto di vomito verde le scorre dalla bocca fino a terra. Keegyn e l’altra scattano all’indietro.
-Shalria-chan, che disgusto…-
-Sta zitta, Mayloree. Siete state voi per prime a farmi dar di stomaco con i vostri racconti-eh.-
La padrona ha gli occhi in fiamme, e Baby 5 quasi non riesce a guardarla diretta. È riuscita a non macchiarsi la tuta, ma la bocca e il naso colano porcheria color palude.
-Puliscimi a dovere. Abbiamo che da andare al Reverie, non vorrai che sembri una pezzente-eh?-
Shalria schiaffeggia la nuca di Baby 5 e le tira i boccoli. Kikyo e Honey Queen si irrigidiscono.
-Sì, signora.-

Arrivano al Palazzo di Pangea quando il sole è alto, e Shalria si carezza lo stomaco scendendo dalla schiena di Buffalo. Una guardia del corpo lega il suo collare a una rastrelliera da biciclette.
-Ti sei comportato bene,- commenta Shalria carezzandogli il mento. -Per oggi niente paraocchi, continua così.-
Buffalo tira un sospiro di sollievo. Ha gli occhi umidi, e un taglio fresco sulla faccia.
-Andate pure avanti, stimate sodali. M’attarderò per accogliere mio fratello Charloss.- Shalria indica le ancelle con la mano guantata. -Voi preparate i sandwich per me e per mio fratello. Non lesinate sul caviale, mi raccomando-eh.-
Annuiscono come una sola donna. Quando Kikyo apre la sacca del cibo, e l’odore del pane fresco, del caviale e delle verdure raggiunge il suo naso, Baby 5 corre il serio rischio di sbavare.
La fame è sempre uguale, anno dopo anno. Spalma il caviale guardandolo di traverso, concentrandosi su Charloss che scende dalla schiena del suo colossale schiavo da trasporto. Ci sono foglie d’oro, nella pagnotta. Che orrore.
-Fratellone, ieri lo schiavo comico che ti donai era ferito.- dice Shalria, e Baby 5 lascia cadere il coltello. Honey Queen sbuffa, Kikyo serra le dita. Charloss si massaggia la fronte con le dita e tira su col naso.
-Non è che un po’ di sangue, sorellina. Ho da tenergli la bocca chiusa, o giungerebbero fin’a consumarmelo. Una voce di tal calibro è un lusso per pochi. È invero buffo-eh.-
-Confido ch’egli abbia allietato le tue giornate.-
Charloss sospira, appoggiando il gomito sulla nuca di Pica. -Non lo so. Non mi piace niente. Nemmanco la partita di Tiro Allo Schiavo di ieri m’ha dato qualsivoglia sollazzo-eh.-
Shalria gli porge la mano, gli stringe il polso. -Coraggio. Ti passerà. Abbiamo tutto, cosa potrebbe mancarci?-
-Non lo so.- mugugna Charloss. -Non lo so proprio.-
Soffri, pensa Baby 5. A giudicare dallo sguardo incandescente di Kikyo, anche la Kuja la pensa nello stesso modo. Fratello e sorella si allontanano a braccetto verso il Giardino della Socializzazione, accompagnati dalle guardie del corpo e dai cavalieri. Baby 5 carezza la schiena di Buffalo e spalma formaggio d’alpaca sul pane dorato.
-Secondo te c’è Viola, al Reverie?-
-Intendi Violet?- Buffalo chiude gli occhi, li riapre. -Non lo so. Non puoi mica andarle a parlare-dasuyan.-
-Eravamo la sua famiglia, magari ci riconosce. Potremmo chiedere aiuto…-
Porta la mano allo stomaco, pregando di chetarne il tremore. Il tempo in cui si aggrappava ai sogni sta durando troppo. Ha le mani raggrinzite, sembrano quelle di una vecchia. Quando si tocca la pelle le pare di sentire Jora.
-No, Baby 5. Ti farai ammazzare. No.-
Baby 5 scuote la testa. -Viola era della famiglia. Dovrò solo cercarla.-
Non c’è nemmeno una guardia, e non sono incatenate al muro. Dopotutto che potrebbero fare, in quella città lontana dal mondo? Buffalo sbatte gli occhi, si aggrappa al braccio di Baby 5. -Non farlo, ti prego. Fallo per me. Fallo per Pica-sama. Tu non hai idea di cosa ci fanno. Niichan ha ballato sulle punte, senza scarpette da punta. Ha le dita dei piedi tutte blu.-
-Ma potrebbe smettere, se provassi a parlarle. È una principessa.-
Depone il panino finito assieme agli altri. Si lecca le dita – è così dolce da lasciar senza fiato. -Potremmo andarcene di qui, almeno noi…-
-Baby 5, no. Non lo fare. Non possiamo…-
-Vai,- dice gelida Kikyo. -Buttati allo sbaraglio. Tanto paghiamo noi.-
-La principessa di Dressrosa? E magari conosci anche Re Neptune?- Honey Queen sbadiglia.
Baby 5 scrolla le spalle e accarezza il volto di Buffalo. L’uomo si tira indietro, e abbassa lo sguardo. Forse ha capito. Forse ce ne andremo. Recupereremo Pica-sama, troveremo gli altri. Baby 5 serra i pugni, in preda alla frenesia, e si lancia in corsa verso la Piazza della Socializzazione. Rallenta contro il muro, aggrappandovisi: rischiava di cadere. La faccia di Buffalo non vuole neanche guardarla.

Cammina rasente al muro come una ricercata, il braccio sollevato davanti a sé come se potesse ritrasformarlo in una pistola. Viola, che faccia aveva? Ricorda dei capelli corvini, un viso olivastro dai tratti regali, labbra piene e mani eleganti. Probabilmente dirà di no, farà finta di non vederla, chiamerà in aiuto Kyros o il padre o quel re pugile, ma se c’è un modo, uno solo…
Siamo scappati da Impel Down. Forse anche Mariejoa…
Shalria e Charloss siedono su una panchina, guardandosi intorno. Charloss solleva il braccio come un bambino. -Chi è quella, Shalria-chan?-
-Quella è la principessa di Dressrosa, Viola Riku.-
-No, la sirena. Guarda com’è grossa…-
Violet, si chiama Violet: Baby 5 non riesce a credere di aver sbagliato in quella maniera. Viola è il suo vero nome, e non è mai stata così radiosa come ora, nel suo abito viola e con al collo perle bianchissime. Non sembra averla vista, è girata dall’altra parte. Non ha che correre da lei, farsi vedere… quand’è che si tolgono dai piedi Shalria e Charloss? Le chiederà scusa in ginocchio, se necessario, aggrappata al suo lungo abito rosso scuro. Sa cosa le hanno fatto, cosa meriterebbero come punizione, ma non può disprezzarli al punto da volerli schiavi.
Si avvicina rasente al muro, coprendo il più possibile il collare con i capelli. Non è sola, ha accanto delle sue simili. Un paio, Baby 5 le conosce: quella nel suo palmo è la bionda principessa nana, e quella al suo fianco la ridente Rebecca dai capelli rosa. È colpa sua, solo sua. Suo padre ha causato tutto questo. Kyros non c’è, nel giardino reale, ma Baby 5 si può accontentare: vorrebbe saltarle al collo, prenderla a pugni finché non smette di respirare. Ma non sarebbe certo così che potrebbe ingraziarsi Viola. Inoltre al suo fianco c’è una principessa sirena che potrebbe abbatterla con una sola codata, e a farle la guardia c’è…
Il sangue di Baby 5 gela, le ginocchia tremano.
Sarebbe bastato poco, un passo indietro, un attimo di esitazione, e nessuna catena l’avrebbe mai appesantita.
Lei e soltanto lei.
-SAI!-



A.A.:
Non è difficile mandare avanti la trama da Mariejoa, a meno che tu non abbia voglia di giocherellare con la timeline. Il Reverie, tecnicamente, dovrebbe esserci stato. Peccato che per come è scritto One Piece, eventi che durano un giorno vengono protratti per due anni (aka. tutto l'arco di Dressrosa), e secondo me rallentare un po' i tempi aumenta il realismo ed evita la sindrome-da-ultime-stagioni-del-Trono-di-Spade in cui i personaggi paiono teletrasportarsi per tutto il continente. 
Il Reverie è, per Shalria e Charloss, un'occasione di cazzeggio e curiosità e vanteria, e non vedevano l'ora di farsi vedere. Con una brutta sorpresa ad attenderli, ça va sans dire. 
Io ancora non ho capito che ci faccia Rebecca al Reverie se non è più di sangue reale, per stare assieme al suo papi nel mezzo del nulla, ma evidentemente Riku pratica il nepotismo nel suo senso più letterale. Al momento però lei ci riguarda da lontano: Viola ricade nel nostro interesse, e le sue guardie del corpo con lei. È giunto il momento di sistemare le cose con Don Sai, una volta per tutte. 
Ma c'è un altro personaggio, a Mariejoa, che potrebbe significare per Baby 5 e la sua famiglia salvezza. Vi sfido a indovinare chi è. 
Nel frattempo facciamo la conoscenza delle altre ancelle di Santa Shalria. 
Baccarat: personaggio di One Piece: Film Gold. La concierge del Gran Tesoro e scagnozza del malvagio Gild Tesoro, ha mangiato il Frutto del Diavolo Luck Luck, che le permette di sottrarre la fortuna ai suoi oppositori. Dice è un altro membro dello staff di Gran Tesoro, un guerriero con tendenze al masochismo, ed è stato fatto schiavo come lei. Anche Tanaka fa parte dello staff di Gran Tesoro, il suo frutto gli dona l’abilità di passare attraverso le superfici inorganiche, ma mi sta sulle palle e l’ho fatto morire. Carina è l'ultima componente, amica d'infanzia di Nami.
Honey Queen: personaggio di One Piece il Film: Avventura nell’Isola A Spirale. È una dei cinque Fratelli Trump, un equipaggio (l’ennesimo) a tema carte-da-gioco, e il suo capitano è Bear King. Ha mangiato il frutto Rogia Melt Melt, che le permette di trasformare il proprio corpo in… idk, una melma viola non identificata. Il resto dell’equipaggio è composto da Boo Jack, Pin Joker e Skunk One, e sono stati tutti fatti schiavi all’arrivo nel Nuovo Mondo.
Kikyo e Belladonna: due delle Kuja di Amazon Lily. Kikyo è la combattente che guida l’inseguimento quando Luffy e Marguerite scompaiono nella foresta. Belladonna è invece la dottoressa del gruppo. Pansy è un’altra Kuja presa come loro, una guerriera corpulenta.
Porche (in italiano chiamata Polluce): seconda in comando dei Pirati di Foxy, majorette che brandisce un bastone da parata, ama le cose adorabili e ha un’ossessione per Chopper. Kapoty è un compagno di ciurma catturato con lei, un Uomo Pesce di tipo marlin che non sembra avere problemi con gli umani. Il “wotan” (ibrido Uomo Pesce + Gigante) cui fa riferimento è l’altro compagno di ciurma Big Pan, che affronta Zoro e Sanji a palla.
Charlotte Custard: figlia quarantaseienne di Big Mom, sorella gemella di Charlotte Angel e del più noto Charlotte Cracker.
Whitey Bay: chiamata la Strega dei Ghiacci, è una capitana alleata di Barbabianca che si presenta a Marineford per salvare Ace. Possiede una nave rompighiaccio che risulta fondamentale contro la barriera creata da Aokiji.
La canzone “sul tipo che sembra una tipa” è Dude Looks Like A Lady degli Aerosmith. L'idea è che Charloss obblighi Pica a cantare, e se proprio deve tanto vale riprendere dal repertorio del padre. 
Intanto... ci si vede.
Lady R

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Capitolo 22
*** La Mente E Il Cuore – Il Nobile, Il Don E La Schiava ***


La Mente E Il Cuore – Il Nobile, Il Don E La Schiava


C’è un mosaico di urla, schiaffi e visi nella sua testa e nei suoi occhi. Sbattendo le ciglia sente il sapore delle lacrime lungo la gola.
-Non alzatevi.- Una voce maschile, sconosciuta, e due mani guantate che massaggiano le sue. -Siete rimasta svenuta a lungo. Avete subito un forte shock.-
Non hanno una consistenza familiare, e sono troppo piccole per essere di Buffalo o di Pica. C’è un volto sfocato dietro le sue ciglia, tratti rigonfi e sgraziati che sembrano messi assieme senza un criterio. Naso storto, labbra sporgenti che sembrano piegare il lato basso del volto, capelli di uno sgradevole verde palude. Piega la testa di lato e studia i suoi abiti: la tuta di un Nobile Mondiale, ma senza le medaglie che portano Shalria e Charloss. Non l’ha mai visto, nemmeno tra i loro amici. Si carezza le guance: sono calde, umide e molli. Il suo collo è leggero: niente collare, e le dita tremano mentre si tocca la gola. Eppure è ancora a Marijoa, lo capisce. La vista dalla finestra è quella della città degli Dei, e le catene ai polsi ci sono ancora. Una goccia di sangue fresco le scorre lungo il polso.
-Dove mi trovo, signore?- domanda, e la sua gola brucia.
L’uomo lascia andare le sue mani e si rassetta sulla sedia. Una stanza dalle pareti vuote, eccetto per un quadro blu dall’altra parte della stanza, troppo lontano per distinguerne il soggetto. Niente suppellettili d’oro o cristallo, niente anelli alle pareti per incatenare gli schiavi, niente mobilia cesellata a foglie o a conchiglie. Ci sono conchiglie vere, però: su un piatto sul comodino accanto alla sua testa, assieme a una tazza fumante. E c’è una coperta, sul suo corpo sdraiato supino: lana morbida, chiaramente lavorata a mano, con un disegno di pesci che s’inseguono tra le onde.
-Questa è la mia stanza degli ospiti.- Lo sconosciuto parla dolcemente, scrutandole il volto con le sopracciglia aggrottate. -Mi chiamo Myosgard. Non alzatevi, se non ce la fate.-
Chiude gli occhi, si massaggia la fronte frugando nei suoi ricordi. Non c’è nessun Myosgard tra le conoscenze dei suoi padroni: ma anche se ci fosse, sicuramente non si scorderebbe quella faccia. Porge allo sconosciuto la sua mano, lasciandosi tirare a sedere.
-Myosgard?-
Il nobile le stringe le dita. -Donquixiote Myosgard, per servirvi.-
Baby 5 ricade sul cuscino, si stringe nella coperta. Deve essere uno scherzo.
-Ce ne sono altri?- tossisce fuori.
Il Padroncino, Rocinante, e per logica i loro genitori. Myosgard le stringe ancora la mano. -Sono il cugino di suo padre. Del vostro Padroncino, s’intende. I nostri nonni erano fratelli.-
-Non vi ho mai visto.-
Myosgard sospira. -Ero come gli altri, allora. Superbo, presuntuoso, disgustato dagli umani e da chiunque non fosse come me. Ma ho cambiato il mio modo di fare anni fa. Intendo usare la mia posizione per riparare al danno causato da mio nipote. A cominciare da voi.-
Baby 5 gli porge di nuovo la mano e si avvolge nella coperta. Un Nobile Mondiale pentito: le ha veramente viste tutte. Se è veramente pentito, per la cronaca. I Donquixiote sono una famiglia bizzarra, ma c’è un limite anche alla bizzarria.
-La mia padrona sa che sono qui?-
-Vi ho comprata da Santa Shalria prima che vi uccidesse. Ufficialmente, voi siete la mia schiava di piacere, ma non temete: è una scusa. Non vi farò del male.- Myosgard storce la bocca, e Baby 5 abbassa lo sguardo come se anche lui potesse ferirla. Shalria voleva, e poteva.
-I miei fratelli!- esclama d'un tratto. Shalria ha Buffalo, e suo fratello possiede Pica. Si stringe di nuovo nella coperta, sbattendo le ciglia umide. Myosgard afferra le sue mani e le stringe forte: ha palmi caldi, morbidi, sani.
-Cercate di calmarvi. Charloss adora troppo il suo giullare per fargli del male, e ho parlato personalmente a lui e Shalria per il benessere dei tuoi compagni d’equipaggio. Io sono partner in affari con Rosward, e mio padre prima di me. Staranno bene.-
Baby 5 impiega un buon secondo a ricordarsi chi sia Rosward. Alla fine tutti i nobili sono uguali, nemmeno quello sconosciuto basta a rassicurarla. Si chiama Donquixiote, ma il Padroncino non ebbe scrupoli a uccidere il fratello e il padre di sangue. Non è sicura che Myosgard sia a conoscenza di quel dettaglio, ma non serve farsi domande. Il padrone è lui.
Myosgard lascia andare la sua mano, prende un respiro profondo e lascia andare le spalle.
-Il Don e la Principessa mi hanno spiegato tutto. Non immaginavo che mio nipote avesse causato un male così grande. Il mio onore mi imporrebbe di restituirvi a Impel Down, ma un Drago Celeste non ha diritto di parlare di onore. Secondo la principessa Viola, voi siete una Donquixiote da quando eravate bambina. Homing e Zoraida erano degli sciocchi, ma più buoni di quanto mai sarò io, e la regina Otohime degli Uomini Pesce e delle Sirene mi insegnò anni fa il valore della pietà e del perdono. Se posso assomigliare a loro, almeno in parte, voglio fare tutto il possibile perché sia così. Il tuo tempo da schiava finirà a breve.-
Sono belle parole, ma non sanno di niente. Baby 5 assaggia la bevanda nella tazza: un tè alle alghe, denso e dolciastro, e così forte da farla tossire. Si pulisce la bocca e asciuga gli occhi con la mano. Non c’è nessun Padroncino, nel volto storto di Myosgard, e nemmeno il suo sorriso conciliante le ricorda nulla di bello.
-E i miei fratelli?- sussurra. -La mia famiglia? Buffalo e Pica sono qui.-
Myosgard abbassa la testa. -Per loro…-
Dei colpi cheti alla porta lo interrompono. -Avanti,- dice Myosgard. Baby 5 si ritrae verso il muro. Se si trattasse di Shalria, o anche solo di Charloss… non ricorda come sia finita in quella stanza, ma non dimenticherà l’uscita facilmente. Myosgard ha giurato di proteggerla, ma sono solo parole.
Eppure nessuna delle teste che superano la porta esibisce il taglio dei Nobili Mondiali. Non riconosce la prima donna, una figura muscolosa dal mento squadrato e dai fluenti capelli biondi. Ma l’uomo al suo fianco, che brandisce il bastone come se la temesse… Baby 5 serra i pugni. Sai non è cambiato, anzi, sembra aver preso peso e sole. Stavolta indossa una camicia, ma il mantello verde e il colletto a sbuffo sono rimasti gli stessi di allora.
Anche Viola è più bella che mai nel suo abito scarlatto, e Rebecca trema alle sue spalle sbattendo gli occhi lucidi, stretta al braccio muscoloso del padre. Kyros trascina contro il pavimento l'unico piede, e la squadra come se mai avesse visto al mondo creatura più disgustosa.
Sei tu, il bastardo che… ma non riesce a muoversi. Come se potesse riuscirci, anche senza collare, con braccia che a malapena si sente. Se ci fossero Pica e Buffalo forse ne avrebbe il coraggio: è stato quel maledetto gladiatore a scatenare tutto il disastro, e Diamante va vendicato.
Come se una schiava potesse volere qualcosa. Viola spinge Sai da parte e si siede su uno sgabello libero.
-Chiediamo perdono, nobile Myosgard. È evidente che questa ragazza ce l’aveva con noi.-
Myosgard si alza in piedi e allontana la sua sedia dal letto, facendo spazio agli altri. -Non chiedete niente, non a me. Occupatevi di lei. Se non erro stava chiamando a gran voce la vostra guardia del corpo, principessa Viola.-
Sai fa cenno di sì con la testa. La donnona bionda gli appoggia una mano sulla spalla. -Mio marito ha chiuso ogni contatto con lei. Avremmo dovuto aspettarci di ritrovarla dal momento in cui sono evasi. Mi ha raccontato tutto. Questa gente trasformava le persone in giocattoli.-
Così è questa la famosa Uholicia. Kyros serra il pugno. -Devono essersi infiltrati tra gli schiavi. Ho riconosciuto Buffalo tra i trasporti. Se hanno un piano dobbiamo farcelo dire.-
-Non c’è nessun piano,- dice calmo Myosgard. -Ho parlato con Shalria e Charloss, sono stati regolarmente acquistati. Un’ancella, uno schiavo da trasporto e un giullare. Li ha comprati a un’asta nel Mare Settentrionale.-
Rebecca si stringe ancora di più al padre. I suoi occhi guizzano da un muro all'altro. -Giullare? Vuol dire che c’è anche Pica, e tu…. Padre, che facciamo?-
Viola solleva una mano, e la ragazza si cheta. -Ho scandagliato Mariejoa con la mia Chiaroveggenza. Non hai nulla da temere, Rebecca. Li ho trovati quasi tutti e sono ben sorvegliati. Mancano all’appello Diamante e Gladius, ma siamo in grado di affrontarli tutti assieme. Tuo padre ha sconfitto Diamante nel pieno delle forze.-
Sai solleva appena il bastone. -Ho visto com’era ridotto quel vecchio disgraziato. Non devi più averne paura, potrebbe sconfiggerlo anche un bambino. Se osasse mostrare qui la sua brutta faccia se la vedrebbe con il mio Trapano del Drago.-
Lo stesso attacco che abbatté Lao G: la sola idea di vederlo addosso a Diamante, nello stato in cui si trova, basta a dare la nausea a Baby 5. E anche Gladius è libero, ma non è confortante se non sa dove sia e come sta. Vorrebbe prendere un sorso di quella tazza, ma sa che se lo rovescerebbe addosso.
-Vi prego,- mormora. -Sai. Viola. Qualcuno deve aiutarci. Ci hanno catturati…-
-Non cercare di impietosirmi.- Viola stringe Rebecca a sé. -Non vi devo alcun favore. Sono qui su richiesta di Don Sai e del nobile Myosgard.- Si rivolge al Drago Celeste, reclinando le spalle come se fosse affaticata. -Noto che sapete già di chi si tratta.-
-Purtroppo sì.- Myosgard china la testa. -Una dell’equipaggio del mio disgraziato nipote. Avrei dovuto scrivere al Direttore di Impel Down e intervenire di persona. Siamo gli ultimi Donquixiote rimasti, e quel ragazzo è mia responsabilità. Se avessi potuto impedire le sue nefandezze…-
-Ma non l’avete fatto,- risponde Viola, -e l’uomo che l’ha spinto sulla cattiva strada è morto in carcere mesi fa. Non avrei mai immaginato, né sperato, di rivedere queste persone. Non crucciatevene, Santo Myosgard. Doflamingo era bravo a dissimulare.-
Kyros serra le nocche muscolose. -Anche voi siete stato ingenuo, Don Sai. Mettere a rischio un accordo politico per una sconosciuta, un’assassina. Avrebbe potuto sgozzarvi nel letto, avvelenare i vostri pasti. Non avete pensato a vostro nonno e vostro fratello?-
Sai apre la bocca, ma Uholicia lo spinge da parte. -Non l’ha sposata, no? Non tutti viviamo nel passato, Capitano delle Guardie.-
Viola afferra il polso di Kyros prima che possa rispondere. -Moderate i toni, tutti e due. Conosco Baby 5 molto più di tutti voi. È molte cose, ma non è una bugiarda.-
Un’altra cosa che dovrebbe essere confortante, ma non riesce ad esserlo. Baby 5 si volta verso gli ospiti, lascia cadere le gambe oltre la coperta.
-Kyros,- sussurra. Infame, vorrebbe aggiungere, la colpa è tua, ma sarebbe troppo sciocco per chiunque.
-Se temi così tanto che abbia un piano…-
È difficile sostenere lo sguardo di Kyros, colmo di odio fino a traboccare. Potrebbe rompere il collo anche a lei, con una sola mano, senza chiedere per favore nemmeno a Myosgard. Piuttosto guarda Viola, cercando qualcosa di familiare in quei profondi occhi purpurei. Sono state sorelle, l’ha sempre vista così. Se c’è qualcuno che può sapere tutto di lei…
-Chiedi a Viola di guardarmi dentro, e vedrà che vogliamo solo tornare a casa.-
-Voi non avete una casa. Non con noi. Ma se questo è l’unico modo fatevi da parte.-
Viola fa un passo avanti e porta le dita agli occhi. -Peeping mind.-

Farsi guardare dentro è familiare, come lo erano state le guardie di Impel Down pronte a farla a pezzi. Non ha controllo, non ha voce in capitolo, chiude gli occhi pur sapendo che non serve a niente. Sente un calore diffuso sotto la pelle, come se nemmeno quella stesse al suo posto. Quando si placa, e apre gli occhi, Viola tiene Rebecca per mano.
-Cosa vogliono fare?- ansima la ragazzina. Ma Viola scuote la testa. -Nulla, Rebecca. È stata onesta fino in fondo. Sono stati venduti come schiavi, hanno vissuto per mesi in una caverna nel mezzo del nulla. La direttrice della fabbrica e quattro groupies li hanno accolti e tenuti nascosti senza che ce ne accorgessimo.-
Uholicia schiocca le labbra. -Ecco perché c’era quel Buster Call. Sakazuki ne ha sempre una.-
Stanno mettendo a nudo tutti i suoi ricordi peggiori, come se non esistesse. Nemmeno Viola sembra vederla, mentre racconta agli altri delle torture, dei pesi legati alle caviglie, di Trebol che si strozza col suo stesso sangue e dei tagli sulle mani di Pica. Una lacrima riga il volto di Rebecca, ma Kyros la stringe più forte. -Diamante subisce soltanto quello che ha causato. Come può un uomo proclamarsi padre e fare quello che ha fatto?-
Quando ha un figlio migliore: ma si limita a squadrarlo, bevendo la sua tisana ormai fredda. La storia di Viola la conosce già, e non le interessa ricordare un passato migliore. -Hanno battuto Magellan?- domanda Sai. -Devo concederglielo, combattono bene.-
Il nastro si riavvolge sulla barca, sull’isola, sul Buster Call e sull’asta che li ha separati. Rebecca si asciuga gli occhi col mantello del padre. -Questa cosa degli schiavi è orrenda. Chissà quanti innocenti ci sono finiti dentro.-
-E adesso che lo sai, che cosa intendi fare? Farcelo rivivere tutto daccapo? Andartene via come se non ci fossimo? Rivendermi a quell’adolescente lamentosa, che viaggia sulla schiena di uno dei miei fratelli e usa l’altro come un giocattolo?-
Myosgard soffoca una risata. -La tua opinione su Shalria è sorprendentemente accurata. Ma temo che non basti per cancellare la vostra fedina penale.-
-Il tuo animo è cambiato, ma che dire degli altri? Possiamo ignorare le atrocità di cui vi siete macchiati?- Viola avvampa, serrando la mano al vestito. -Non tutti possono essere comprati con una proposta nuziale.-
Sai e Uholicia si scambiano uno sguardo di sottecchi. La guerriera sorride. -Chiamiamo il nostro esercito e li accasiamo tutti, così smettono di dare noie.-
-Siate seria, Donna Uholicia. Stiamo parlando di pericolosi criminali.- Kyros le scocca un’occhiata glaciale. -Telefoniamo al direttore di Impel Down, riconsegniamoli tutti, incluse le loro complici civili. Possiamo restituire subito Diamante e Gladius. Quel mostro non può stare a piede libero, pianificando la sua vendetta contro di me e mia figlia.-
Baby 5 si sporge in avanti, Rebecca si ritrae. -Non è un mostro! Tu un mostro non l’hai mai visto!-
-Adesso basta!-
Myosgard sbatte il palmo della mano contro il muro.
-Io sono l’ultimo dei Donquixiote di sangue, e l’equipaggio di mio nipote è sempre mia responsabilità. Se la nobile Viola afferma che non c’è crudeltà d’animo in questa ragazza possiamo considerarlo un passo avanti nella giusta direzione. Lasciate che sia io ad occuparvene, non vi chiedo né soldi né risorse umane.-
Viola chiude gli occhi, prende un respiro profondo, e le guance sudate si colorano di un rosso rabbioso. Kyros appoggia la mano sul pomolo della spada, Rebecca tira su col naso. Vorrebbe averlo lei, il potere di Viola, e vedere a cosa pensa la principessa di Dressrosa. Si getterebbe tra le sue braccia, se potesse: un abbraccio di famiglia dopo tanto, troppo tempo.
Oppure può aspettare, sperare, e riceverne uno vero se le è concesso di rivedere qualcuno. Forse riotterranno almeno Buffalo e Pica, o ci sarà qualcun altro nei paraggi. A Diamante penseranno quando verrà il momento. A costo di invadere la casa d’aste, da sola, con tutte le armi del suo arsenale.
-Kyros, Rebecca, vogliate seguire me e Santo Myosgard in corridoio. È meglio discutere in privato della cosa. Sorvegliatela voi, Don Sai e Donna Uholicia.-
Viola si alza dal letto e indica l’uscita. Rebecca, con Kyros al braccio, vi si avvicina. Myosgard solleva la mano in un gesto di saluto, e chiude la porta alle sue spalle.
Baby 5 si lascia cadere sul cuscino, serrando al petto le mani ammanettate. Vorrebbe piangerci dentro, ma non sia mai davanti a quelli. Rebecca piangeva sempre, durante la battaglia, e Diamante ne rideva su come se mai avesse visto nulla di più buffo. Se ci fosse, se potesse vederla, nulla di tutto quell’incubo sarebbe orrendo com’è.
Diamante non avrebbe paura, nemmeno da schiavo, e piangere davanti a Kyros sarebbe un insulto alla sua memoria. Sai e Uholicia si siedono a destra e a sinistra, sul letto accanto a lei, tenendo stretti i loro bastoni. Non si era mai accorta di quanto fosse brutto, il Don. Quelle guance sporgenti, le labbra lunghe e sottili, il naso adunco e i piccoli occhi neri: sarebbe un bell’uomo se avesse uno solo di quei tratti, ma assieme sembrano combinati in modo casuale.
Neanche Uholicia è bella: il mento squadrato, gli zigomi squadrati, occhi se possibile ancora più piccoli. Almeno è muscolosa, probabilmente combatte bene. Sarà un ottimo matrimonio.
Sbatte le palpebre, allarga le spalle. Disinvoltura, come insegnavano Diamante e il Padroncino.
-Allora, come va la luna di miele?-
-Va,- risponde Sai. -I suoi venticinque mariti sono simpatici. Gli sto insegnando il Ba Chong Quan.-
Uholicia abbraccia il marito con il braccio che non tiene il bastone. -Finalmente qualcuno che dà un po’ di senso alla loro esistenza. Alla fine lo si trova, quello giusto.-
La sta prendendo in giro, deve essere così: eppure la sua espressione si addolcisce, e le labbra storte si piegano in un sorriso.
-Sei stata molto carina a non sposarlo. Tra pirati ci si deve rispettare.-
Baby 5 si copre il volto con le mani. È da così tanto tempo che non riceve un complimento, men che meno da qualcuno che non è famiglia. Sai è più alto di Gladius, quasi quanto Señor Pink, e stare accanto a lui la fa sentire piccola come un insetto.
-Sai?-
Il Don si volta. Baby 5 si stringe nelle spalle. -Perché l’hai fatto?-
-Fatto che?- ride Sai.
-Chiedermi di sposarti. Non volevi combattere con me? Pensavi che la mia famiglia non mi volesse?-
Si accorge di avere gli occhi umidi e serra i denti: non si piange davanti al nemico. È una delle prime cose che le hanno insegnato Diamante e Trebol. Rebecca non ha avuto una tale lezione, da quanto le è stato raccontato. Non si abbasserà al livello della figlia del nemico. Se li hanno rovesciati deve esserci un perché.
-Forse volevo sentirmi libero, una volta che il nonno mi ha fatto Don. La mia prima azione da Don, e mi comporto come un ragazzino che va allo sbaraglio alla sua prima battaglia.-
Sai si guarda le mani con uno sguardo che trabocca disprezzo. -Non conosco la vostra famiglia, tutto quello che ho visto è stato quel vecchio. Ha detto che avrei vinto se ti avessi usata come scudo umano avrei vinto. Forse voleva dire…-
-Voleva dire che l’unico modo che avresti per vincere sarebbe combattendo in modo sleale e disonorato. Per fortuna che hai provato il contrario, eh Sai?-
Uholicia ride di nuovo, ma Baby 5 non ha voglia di unirsi ai festeggiamenti. -“Quel vecchio” si chiama Lao G e l’hanno venduto a un nobile mondiale. Come tutti noi.-
-Poverini,- sospira Uholicia. -Deve essere tanto brutto, se appena vedi qualcuno che conosci svieni.-
Baby 5 fa cenno di sì. È assurdo che non ci siano arrivati. -Io voglio solo riavere la mia famiglia. Tu che faresti, se prendessero come schiavo tuo nonno? O tuo fratello Boh?-
-Si chiama Boo,- dice freddo Sai, -e ridendo e scherzando non posso dimenticare tutto. Non so cosa mi fosse venuto in mente. Adesso mi state facendo dispiacere per voi, e non posso tollerarlo.-
Baby 5 scrolla le spalle. -Fai come ti pare. Noi siamo pirati, mostri… non l’hai sentito Mister Muscolo?-
Uholicia incrocia le braccia. -I muscoli sono belli, che dici? Io quello non lo conosco e neanche mi piace. Sono qui solo per accompagnare mio marito. Alla fine siamo tutti pirati, in questo posto schifoso. Il fratello della tua padrona ha tentato di rapire una principessa, una sirena. Se non ci fosse stato Myosgard l'avrebbe incatenata come niente. Alla fine tutto ritorna a ‘sti schifosi.-
E anche a Sai, che ha deciso di sposarla così tanto per fare. E lei stessa, che non ha saputo dirgli di no, né a lui né a nessun altro. E il Padroncino stesso, così convinto di essere nobile da non immaginare mai nient’altro. Tutto un gioco di marionette, e a tirare i fili sono i padroni del mondo intero.
-È stata proprio una brutta fine, per un equipaggio come il vostro,- dice Uholicia. -Ho sentito che tre di voi da soli hanno affrontato un intero esercito.-
-A proposito.- Sai abbassa lo sguardo. -Ho sentito dell’uomo di muco. Le mie condoglianze, anche se non l’ho ancora perdonato. A volte mi sogno ancora giocattolo.-
Baby 5 si ritrae. -Sai, io non vorrei…-
La porta si apre: Myosgard, Viola, Kyros e Rebecca entrano nella stanza senza guardarsi. Baby 5 lascia le mani di Sai e si mette a sedere con la schiena dritta. Il sole sta tramontando, un altro giorno di Reverie è andato. Un altro giorno e basta, per gli schiavi.


A.A.
A nessuno è venuto in mente Myosgard? Nessuno nessunissimo?
D'accordo, per chi non se lo ricordasse: Donquixiote Myosgard è un parente di Doflamingo che vive ancora a Mariejoa. Il suo rapporto con Doffy e suo padre Homing non è noto, e sono pronta a scommettere che quando Oda lo rivelerà non sarà affatto simile a quello che descrivo qui.
Quello che conta di lui è che fu il primo Nobile Mondiale a rinnegare il loro modo di vivere, a seguito dell'incontro fortuito con la regina dell'Isola degli Uomini Pesce Otohime. Al Reverie lo vediamo aggredire Charloss con una mazza ferrata, salvando Shirahoshi dalle sue mire di cattura e impedendo una guerra contro Re Neptune. Ho deciso di usare lui, ultimo Donquixiote di sangue eccetto lo stesso Doflamingo, per chiudere definitivamente i conti con il Padroncino, con Viola, con Sai e con Kyros. Ah e Rebecca, ma checcene. 
Uholicia è chiamata "Donna", femminile di "Don", perché a differenza di Baby 5 è pari di Sai anziché solo consorte. Ho deciso di far fare qualcosa anche a lei, per farla essere più di una banale caricatura brutta, butch e poligama. 
Purtroppo dopo questo capitolo dovrò mettermi a finire una shot su Sarquiss e Bellamy che sto scrivendo per un contest, ma finita quella tornerò a lavorare a queste fantastiche e divertenti (...) avventure. 
Nell'attesa invito chi non l'ha fatto a visitare le altre storie che fanno parte della serie sui Donquixiote, che trovate lassù. 
Alla prossima. 
Lady R

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Capitolo 23
*** La Mente Del Mostro – La Decisione della Principessa Viola ***


La Mente Del Mostro – La Decisione della Principessa Viola


Viola ha gli occhi rossi e il viso teso. Gli angoli del vestito sono stropicciati, come se li avesse stretti a lungo e con forza. L’abito di Rebecca, un affare giallo limone che Baby 5 è pronta a scommettere fosse appartenuto a Scarlett, non è ridotto meglio, e le mani stringono così forte il braccio di Kyros da farle temere – se qualcosa le importasse del benessere di quel pomposo gladiatore – che possa ferirlo.
Sai e Uholicia si voltano appena entrano, drizzando schiene e braccia sull’attenti. Qualunque conversazione fosse iniziata poco prima può considerarsi scomparsa. Le principesse superano di rango le guardie, e i Nobili Mondiali soverchiano tutti quanti. In fondo alla piramide, ammucchiati l’uno sull’altro, stanno gli schiavi.
Si arroga di chiedere: -Allora?-
Santo Myosgard chiude la porta alle sue spalle.
-Vorrei che usciste, Don Sai e Donna Uholicia. Questo affare è molto personale.-
Sai si drizza in piedi. -Sono stato giocattolato anche io, ai tempi. Ho diritto di sapere.-
-E lo saprai,- dice calma Viola, -ma quando verrà il momento. Uscite, per favore. Avete fatto abbastanza.-
Sai si volta, abbassa le spalle. La mano muscolosa di Uholicia gli cinge il polso e lo tira verso la porta. Con quella libera stringe il mantello, e le nocche si tendono.
Kyros, Viola, Myosgard e Rebecca formano un cerchio di sedie attorno al suo letto. Si sente una stracciona, Baby 5, nel suo abito da schiava, e vorrebbe sparire nella coperta per non vedere quelle facce accigliate. Kyros in particolare fuma dagli occhi, e la mano sinistra è appoggiata sull’elsa dello spadone che porta in vita.
Probabilmente anche Viola è armata. Aveva un talento nel nascondere coltelli, pistole e punte avvelenate nelle sue vesti di ballerina. Potrebbe affrontarla anche con le manette, e più che mai si libererebbe della ragazzina. Diamante puntava lei, durante lo scontro. Come può la figlia di un gladiatore da leggenda combattere così male?
Poi si rovinerebbe tutto e tornerebbe a fare la schiava, o peggio. Quasi le mancano Sai e Uholicia. Myosgard è il meno terrificante del gruppo. Guarderà lui, e il volto distorto da secoli interi di nobiltà mondiale.
-Possiamo andarcene?-
Una domanda stupida, quasi da bambina, e già vede Viola avvampare. -Non potrete andarvene finché non saremo noi a dirlo. Dovresti essere grata a Santo Myosgard: ha deciso di prendervi in cura. Nella piena consapevolezza di cosa voi siate.-
Myosgard giunge le mani l’una nell’altra.
-La principessa Viola ha una posizione molto chiara, e io la capisco. Quello che avete fatto a lei e alla sua famiglia è un crimine della peggior bassezza, e merita di essere punito.-
Viola fa cenno di sì con la testa, serrando le labbra rese scure dal rossetto.
-Tuttavia abbiamo ribadito che siete sotto la mia responsabilità. Sono un Donquixiote e sapevo chi fosse il giovane Doflamingo. Sapevo che mio cugino, sua moglie e i bambini erano soli e poveri, e non ho mosso un dito per aiutarli e proteggerli. Non peccherò mai più d’indifferenza, sull’anima santa della regina Otohime.-
Ancora quella regina, di cui a Baby 5 non importa niente. L’unico Uomo Pesce la cui sorte abbia a cuore si chiama Dellinger, e non lo vede da un mese o forse di più. A Dellinger non è mai importato della sua storia, della sorte della sua specie. Era sereno, come lo erano tutti. Abbassa le spalle al pensiero del ragazzo, e raccoglie l’una nell’altra le mani ammanettate.
-Cosa farete?-
-Ti porteremo con noi, per un ultimo accertamento. C’è una cosa che voglio sapere, e da quella dipende cosa vi accadrà. Proverei vergogna a lasciarvi schiavi, ma non esiterei a farlo se fosse necessario.-
-Io continuo a pensare che non sia una buona idea.- Kyros avanza verso la cognata sull’unica gamba, e scocca a Baby 5 uno sguardo furente. -Deve esserci qualcosa sotto. Quello non può essere lui.-
-Lui chi?- domanda Baby 5.
-Sembrerebbe Diamante,- dice Kyros secco, -ma deve esserci qualcosa sotto. Quello non è lui, non lo ammetto.-
-Calmati, fratello Kyros,- dice Viola. -Ti ho ripetuto più volte che sotto non c’è assolutamente niente. Quello che ti ho fatto vedere è vero.-
Si volta vero Baby 5, prendendo un profondo respiro. -Ho mostrato a Kyros, Rebecca e Santo Myosgard le tue memorie. Impel Down, quella caverna, tutto il resto.-
-Non è possibile,- ringhia Kyros. -Quello non può essere Diamante. Non si prenderebbe mai un colpo per un compagno. Non direbbe ti voglio bene a nessuno. Diamante è un uomo senza cuore.-
Viola solleva una mano. -Era proprio lui, ma non dobbiamo parlarne adesso. Santo Myosgard ha espresso un’ottima posizione, anche se rischiosa.-
Il Nobile Mondiale apre la bocca, e tutti si fanno da parte come se temessero la sua furia. Persino Baby 5 arretra verso il muro, e sì che quell’uomo l’ha salvata. Come se fosse un drago vero e non solo di nome, come il possente Kaido. Deve essere bello poter fare quello che si vuole, sempre e comunque, anche calpestando la faccia degli altri lungo il percorso. Non era forse così, a Dressrosa?
È come se fosse successo secoli fa. Ai Cent’Anni di Vuoto, o ancora prima. Dove si va, se non si ha una storia alle spalle? O se quella storia non la si vuole più, peggio che mai.
-Questa gente ha del sangue sulle mani, ne convengo,- dice Myosgard. -Ma non è che una goccia di quello versato da noi Nobili Mondiali nella nostra semplice quotidianità. Noi possessori di schiavi non abbiamo diritto di far la morale ai pirati. Loro sono stati puniti: noi vaghiamo per le terre senza subire alcuna ripercussione.-
Viola deglutisce. -Sono in grado di leggere nei vostri animi, e intendo continuare a farlo finché sarò certa che non siete più pericolosi.-
-E come farai?- sussurra Baby 5.
Kyros serra la mascella. -Viola, ti prego. Ce ne siamo appena liberati. Non dare corda a questi assassini.-
-Viola-san…- singhiozza Rebecca.
Viola serra le labbra, contorce il volto, solleva lo sguardo al soffitto al di sopra di Baby 5.
-Adesso ascolta le mie condizioni: potrei perdere tempo a giudicare tutti quanti voi, ma c’è una sola persona che m’interessa vedere. E non è qui a Marijoa.-
-Lascia marcire quell’assassino, Viola.- ripete Kyros. -Non merita niente né da te né da noi.-
Viola scuote la testa. -Ti porterò all’asta di schiavi da cui siete venuti e incontrerò Diamante di persona, se è ancora lì. Trebol è morto, Pica non gli andrà mai contro: il comandante di fatto è lui, ed è anche il più crudele di tutta la famiglia. Se non avrò la certezza che il suo animo è cambiato, nessuno di voi avrà nulla da me.-
Parlano di Diamante come se sapessero qualcosa di lui, come se la sua vita iniziasse e finisse a quell’unico colpo di pistola. Viola almeno deve aver visto, di cos’è capace l’ufficiale rockstar. Non può ignorarlo come se niente fosse. Nemmeno davanti a Kyros e Rebecca, anzi.
-Belle parole, per chi gli ha rotto il collo. Se aveste visto com’era ridotto…-
-Diamante sarebbe sano e in forma se non avesse ucciso mia moglie,- impreca Kyros. -Chi è causa del suo mal pianga sé stesso. Perché vuoi vederlo, Viola?-
Rebecca sporge da dietro la schiena del padre. -Dirà qualche bugia per salvarsi, lo so. È un uomo senza cuore.-
-Il mio potere gli impedirebbe di mentire,- dice Viola. -Voglio affrontarlo, per davvero. Non avrei dovuto lasciare te e Rebecca da soli con lui. Anch’io ho un conto in sospeso con Diamante, e me lo sono portato da dieci anni come voi.-
Baby 5 prende un respiro profondo. -E se Diamante non ti piacesse, che faresti?-
-Ci penserò.- Viola non la guarda, mentre risponde.
Kyros stringe a sé Rebecca, accarezzandole i capelli. -Verrò con te. Non posso lasciarti da sola assieme a quel lurido assassino. Se farà un movimento falso se la vedrà con me.-
Myosgard volge gli occhi a terra, come per celare delle lacrime che non ci sono. Rebecca si aggrappa al mantello di Kyros e serra i pugni nella stoffa.
-Mi fido di mio padre. Ma anche io ti sto tenendo d’occhio, ricordati che sono stata una gladiatrice.-
Bella roba. Non sapresti sconfiggere uno dei nostri sottoposti. Baby 5 getta appena uno sguardo alla principessa. Si alza in piedi, guardando Viola negli occhi luccicanti.
-Buffalo e Pica sono stati venduti alla mia stessa padrona. Permettimi di salutarli, di dirgli che sto bene.-
-Non hai diritto di dettare condizioni,- dice Viola. -Anche solo accoglierti qui è per noi un sacrificio. Andremo da Diamante e tu verrai con noi. Non hai che da sperare che nel suo animo ci sia stato un cambiamento.-
Non ha detto nulla sull’alternativa, ma basta poco per capire. I miei fratelloni: un altro peso per loro. Buffalo dice che dormono assieme, nella cabina destinata agli schiavi maschi, informandosi vicendevolmente su di lei e sul suo stato. Non sarebbe carino sparire così, un’altra volta, senza dir nulla. Viola deve saperlo, deve averlo visto dentro di lei. La afferra per il polso, stringendola.
-Violet... ti prego...-
-Viola!-
Uno scatto d’argento, così veloce da accecarla. Il coltello della principessa è freddo, contro la sua gola, e il suo polso scivola come stoffa dalla sua stretta. Sa combattere, lo sapeva: il Padroncino l’aveva addestrata bene. Forse potrebbe sconfiggerla, se volesse duellare. Se vi riuscisse. Abbassa le mani, arretra di un passo.
-Mi chiamo Viola.- ringhia la principessa. -Violet non esiste!-
Rebecca singhiozza, abbracciata al petto del padre. Le dita muscolose di Kyros sono serrate alla spada sguainata. -Viola-san,- piange la ragazzina. -Vado a chiamare la scorta.-
-Non disturbare la scorta. Non c’è bisogno di loro.- Le dita di Viola tremano attorno al coltello. -Ascoltami bene, Baby 5. Anche solo stare qui a parlare con te, concedervi una seconda possibilità, è un grande sacrificio da parte mia. Se mi chiamerai Violet un’altra volta non avrai neanche quello.-
Baby 5 annuisce, tremando, stretta nelle proprie braccia. Non sa neanche da dove le sia uscito quel Violet. Se per un errore così stupido comprometterà la sicurezza della sua famiglia, tanto sarebbe valso rimanere con Sai e diventare sua moglie.
-Spero che tu sappia che, tra di voi, non odio nessuno più di Diamante. A volte, non lo nascondo, ho provato un certo piacere nel saperlo distrutto per sempre. Rivedere la sua faccia, anche da disgraziato, mi causa un dolore che fatico ad articolare.-
-Trebol è morto.- mormora Baby 5. -Lo amava.-
-Kyros non amava forse mia sorella? Io non la amavo? Rebecca, nostro padre, tutto il regno?-
-Viola-san…- Rebecca si sporge in avanti, ma il braccio di Kyros la tiene stretta.
-Stanne fuori, Rebecca.- ripete Viola, e le scocca uno sguardo che di famiglia non ha nulla. -Prendi Diamante e Gladius, portali via. Andate dove vi pare.-
-Torneranno a fare i pirati. Rapiranno qualcun altro. Viola-san, ti prego…-
-Quel miserabile mostro deve marcire all’Inferno,- ringhia Kyros. -Ricordati di tua sorella, Viola. Le persone non cambiano.-
Viola scuote la testa, rinfodera il coltello nel fermaglio per capelli. -Tu parli per primo, Kyros? A me?-
-È diverso,- sussurra il gladiatore. -Io provo vergogna per le mie azioni, giorno dopo giorno. Diamante gode del male che fa, ne ride davanti a chi soffre. Diamante non conosce l’amore, l’affetto e il sacrificio, e mai li conoscerà, perché non gliene importa nulla.-
-Diamante sa amare come e più di te.- Baby 5 sbatte le mani contro le proprie ginocchia, facendo risuonare le catene. -Tu non lo conosci. Non hai diritto di giudicarlo. Diamante è uno degli uomini più forti che abbia mai conosciuto, e posso assicurarti che sa amare.-
-Ha ucciso mia madre!- strilla Rebecca. Allunga il braccio come per graffiarla, ma cade in ginocchio dopo un solo passo. Le lacrime sul suo viso gocciolano fino al parquet.
-Tu non hai mai avuto una madre? Cosa faresti, se avesse ucciso la tua?-
Kyros stringe più forte l’elsa della spada. Viola si inginocchia sul parquet, stringendo a sé la nipote.
-Se Diamante avesse ucciso mia madre?- Baby 5 serra i pugni e fissa la ragazzina dritta negli occhi.
-Mi rammaricherei di non averla ammazzata io.-
E sporge anche le labbra, per maggior presenza scenica. Non la sopporta più, quella ragazzina piagnona che si comporta come se fosse l’unica ad aver sofferto al mondo. E da come la guarda Viola, zia o non zia, non ne può più nemmeno lei.
-È una situazione complicata, Rebecca. Non voglio tirartici dentro, e mi dispiace tanto che sia così.-
Rebecca serra le labbra, su cui gocciolano due lacrime miste a moccio. Viola si alza e le porge un braccio per tirarsi su.
-Esci pure, Rebecca. È meglio se vai a stenderti un po’.-
La ragazzina si appoggia al muro, piangendo contro i pugni serrati. Prende un respiro profondo, tamponandosi il volto con le nocche.
-Viola-san, Padre. È molto pericoloso.-
-Sta tranquilla. So cavarmela, e ho con me tuo padre. Sai, Uholicia e il nonno rimarranno a proteggerti. Ho visto che ti sei fatta delle amiche.-
Rebecca si asciuga le lacrime. -La principessa Vivi Nefertari e la principessa Shirahoshi, dell’Isola degli Uomini Pesce. Anche loro sono…- si copre la bocca con la mano, arrossendo. -…capiscono cosa abbiamo passato. Abbiamo un caro amico in comune.-
Viola si volta verso Myosgard, e Baby 5 con lei. Il nobile sorride, non un’ombra di malizia sul volto. -Sei giovane, Rebecca, e hai diritto a divertirti. Vai dalle tue amiche: mi assicurerò che stiate bene. Viola e Kyros torneranno presto.-
-Andrà tutto bene, Rebecca.- Kyros fa cenno di sì con la testa. -Non ci andrei, se non fossi certo di tornare da te.-
E io, allora? Non posso tornare dalla mia famiglia? Il braccio di Sai sporge da dietro la porta e conduce Rebecca dall’altra parte. Singhiozza un’ultima volta, prima che sia chiusa.
-Santo Myosgard, guardate cos’ha fatto questa piratessa a mia figlia.- Kyros sovrasta il Nobile Mondiale con le mani ai fianchi, ritto sull’unica gamba. -Pensate davvero di dare una possibilità ai mostri suoi pari?-
Anche Baby 5 porta le mani ai fianchi. -Lo sai che ti sento, vero?-
-È il lutto che parla, Kyros, non la tua mente razionale.- Viola le dà le spalle per fissare negli occhi il cognato. -Voglio che tu sia lucido quando lo vedrai, perché il tempo in cui ci facciamo comandare dall’impulso è finito.-
Il gladiatore apre la bocca per parlare, ma Viola solleva la mano e lo lascia in silenzio.
-Verrò con te, Baby 5, e giudicherò personalmente l’assassino di mia sorella. Se l’animo di Diamante sarà cambiato da allora vi lascerò andare. Santo Myosgard vi fornirà i mezzi per sostentarvi, e cercherà di riscattare gli altri di voi. Ma teniate a mente: Dressrosa non dimentica. Se vi farete vedere di nuovo nella nostra isola non esiteremo a chiamare gli ammiragli. Siete responsabilità di Myosgard, non nostra. Persino voi non sarete troppo sciocchi da sprecarla.-
Baby 5 mugugna un altro sì. Ha bevuto da poco, ma ha comunque la gola riarsa.
-Partiremo stasera. Santo Myosgard è stato così gentile da fornirci una nave. Ti terremo d’occhio, quindi non tentare giochetti da pirata. E da ultima cosa…-
Viola sospira. -Qualunque cosa tu voglia fare, tienine fuori mia nipote e mio padre. Gli avete già causato troppo dolore.-
Baby 5 annuisce. -Mi ero dimenticata che ci fossero. Ma se ti fa piacere…-
Viola scuote la testa. Kyros le appoggia una mano sulla spalla e squadra Baby 5 come se nemmeno Diamante fosse infimo quanto lei. Myosgard indica l’uscita, scuotendo la testa.

Non è libera, non è schiava: sa solo che non ha niente da fare e non può fare niente.
Con Kyros sono giunti a un compromesso: un solo bracciale di agalmatolite, stretto a un polso diverso ogni giorno, per muoversi liberamente senza poter usare Frutto del Diavolo e Ambizione. Un solo corpo di guardia, scelto personalmente da Viola, che non le andasse dietro mentre usa il bagno e si fa la doccia e non stia in camera da letto con lei mentre dorme.
Di notte la chiudono dentro, quello sì, ma deve trattarsi della loro faccenda più faticosa, perché Baby 5 dorme per ore di mattina e di pomeriggio e pilucca pochi piatti senza voglia a colazione, pranzo e cena. Ci sono dei Baby Castella, in frigorifero – erano mesi che non li vedeva, e sono così belli e luccicanti nel loro guscio di zucchero – ma non osa toccarli e si volta dall’altra parte quando li vede.
Buffalo. Dellinger. Sugar. Pica. Nessuna parola, nessun pensiero su di loro – nessuna lettera da mandargli, descrivendo il mare su cui sta veleggiando una volta ancora. Lao G. Jora. Machvise. Señor Pink. Non sa chi li possieda né che compito ingrato gli tocchi. Kyuin. Joanna. Kari. Emily. Charlotte. Se i loro padroni vorranno rivenderli, anche solo mostrargli i loro volti. Vergo. Monet. Trebol. Donquixiote Doflamingo, re di Dressrosa. Se il ricordo di chi sono stati sia vivo per loro come lo è per lei. Se significhi qualcosa, nelle loro vite stracciate.
Gladius e Diamante. Mr. Diamante. Diamante, l’Eroe del Colosseo. Diamante che batte i denti nella caverna, la bava sulle labbra e gli occhi sfiniti, cercando di mangiare della zuppa riscaldata. Diamante di nome e di fatto, che dovrà rivivere un incubo che nessuno in famiglia capisce.
-A cosa stai pensando?-
Il tono di Kyros è glaciale, la sua mano schiaffeggia appena il piano del tavolo. Viola appoggia sul suo polso la mano che non è all’altezza dell’occhio. -Solo ai suoi fratelli, non preoccuparti. Spesso si parlavano, durante la permanenza a Marijoa. Lei, Buffalo e Pica stati comprati tutti e tre da Santa Shalria.-
Baby 5 mugugna un sì, e rimescola nella ciotola il passato di verdure. Dovrebbe sbafarsene senza ritegno, dopo un mese a mangiare ramen che sapeva di plastica e pane secco come cartongesso. Il cibo è prezioso, questo non si dimentica. Eppure nemmeno il suo sapore scatena qualcosa.
-Non posso nemmeno mandargli un messaggio? Si preoccuperanno.-
-Non vogliamo creare altri scandali. Una parola sbagliata contro un Nobile Mondiale e potrebbero distruggere Dressrosa.-
Viola beve un bicchiere d’acqua, sospirando. La gola di Baby 5 gratta su sé stessa, ma il suo bicchiere rimane dov’è.
-Diamante vorrà sapere come sta suo figlio.-
-Quello che vuole Diamante non ci riguarda,- dice Kyros. -È l’ultima delle priorità, in questo momento. Perché per una volta non può essere Diamante a interessarsi di cosa vuole il prossimo?-
Baby 5 ingoia un sorso di minestra. Non deve rispondere: Kyros non vale la pena della sua attenzione. Viola succhia l’ultimo sorso e si tampona la bocca con il tovagliolo.
-Per quello che vale, tu eri una di quelli che ho detestato di meno. Ne avete passate tante, e questo lo rispetto. Impel Down non è un posto che si augurerebbe a nessuno.-
-Grazie, Viola. Sei molto dolce.-
Un’altra risposta neutra, che non sa di niente. Non vuole pensare a Diamante e a Gladius, non nello stato in cui sa che li troverà. È stanca di vedere la sua famiglia prendere botte, sputi in faccia, trascinarsi come poveracci contro una vita che non gliela dà vinta. Tutto questo per che cosa, perché facciamo parte dell’equipaggio sbagliato? Sarebbe stato sciocco non unirsi a Doffy, non dopo tutto quello che gli ha promesso. Era una bambina e aveva fame. Molti di loro lo erano. Una principessa non può certo immaginarlo.
Viola piega le dita, la chiama a sé con un gesto. Il dito indice punta al suo occhio destro. Non sorride, ma non c’è nel suo viso la rabbia che ha imparato a conoscere in quei due giorni.
-Ti va di vedere la tua famiglia?-
Il cucchiaio le scivola dalle mani e rimbalza contro il legno del ponte. La sedia rimbalza un attimo dopo, e il tonfo del legno sul legno soffoca il trapestio dei piedi di Baby 5.
Kyros porta la mano all’elsa della spada, ma la lascia andare quando si ferma a un palmo dalla sedia della principessa. Ha lo stomaco in subbuglio, gli occhi ribollenti.
Porge le mani a quelle di Viola, e biascia una risposta che le si mozza in gola. -Sì, ti supplico. Fammeli vedere. Voglio sapere…-
-Sta bene.-
Viola stringe le mani sulle sue, come per un attimo se fosse tornata ad essere la sua sorellina. La lascia andare, circonda i propri occhi con pollice e indice, piegati a forma di cerchio. Baby 5 fa cenno di sì con la testa, aggrappata al tavolo.
-Peeping mind.-
Un bagliore violaceo, pulsante, abbaglia per un attimo Baby 5. Il volto accigliato di Kyros si fa sfocato, lontano, fino a scomparire nella luce assieme al tavolo, alle vele, all’albero e a Viola stessa. C’è una stanza dalle pareti ammuffite, con un pavimento di legno sporco e consumato. Un giaciglio di stoffa grigiastra, su cui gocciola del sangue. E due occhi stanchi su un viso rugoso e fiero, incorniciato da spente ciocche multicolore che Baby 5 vorrebbe accarezzare.


A.A.:
Siamo più o meno alla prova del nove, con la Famiglia Donquixiote. Viola non si fida ancora di Baby 5, men che meno Kyros, ma con l'assistenza di Myosgard e del suo potere sta giungendo a un compromesso, diciamo, umano. Mentre Rebecca piange perché... beh, Rebecca questo fa. Mi dispiace, ma a me questo personaggio continua a piacere poco e non riesco a pensare in alcun modo a come migliorarla. 
Mi sono presa la premura di modificare la struttura dei titoli, rendendoli più simili a quelli delle puntate del manga. Per ora solamente questo, ma mi affretterò a modificare anche gli altri. 
Il prossimo capitolo sarà una finestra di excursus sulle vite degli altri schiavi, la loro esperienza, il loro modo di viverla, e naturalmente i camei. TANTI camei, da tutto One Piece. Poiché Non Di Solo Prole vive la Madre Degenere.
Ah, e la storia sulla SaBellamy che avevo promesso? Ho ricevuto una proroga, YEEE~~~ 
Ci si vede, alla prossima. Aspetto congetture sulle vite degli altri schiavi.
Lady R

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Capitolo 24
*** Schiavi – Le Battaglie Quotidiane Di Una Famiglia Decaduta ***


Schiavi – Le Battaglie Quotidiane Di Una Famiglia Decaduta


Un cerchio, una linea, una spirale che vi gira attorno.
-Che cos’è?-
L’indice di Jora si immerge nel carbone fino alla falange. -Un’impronta digitale. Sono una donna libera-zamazu.-
La donna al suo fianco, una ragazza sui venticinque anni dallo storto viso ovale, allunga il corto collo sopra la spalla della vecchia. Su un pezzo di trave, una roba secca buona solo per il fuoco, Jora traccia altre spirali con il dito indice. Accanto, contro il palmo, penzola inerte un pollice fasciato di bende macchiate di sangue.
-Quindi continuerai a insegnargli quello che pare a te?-
Jora lascia cadere le spalle e intinge di nuovo l’indice nel carbone. -Sono loro a volere una maestra d’arte gratuita, non io. Sono ancora viva. Qualunque cosa gli succederà se la meriteranno.-
Anche il pollice della sinistra, con cui la vecchia regge l’asse, è insanguinato e fasciato fino all’arcata della mano. La punta del dito sfiora la base della tavoletta di legno, e un gemito si strozza tra i denti di Jora.
La ragazza si pettina i corti capelli arancioni con un pettine di plastica sbeccato.
-Tu te le cerchi.-
-Anche questo fa parte dell’essere liberi, mia cara Chocolat.- Jora allontana le ciocche dal volto sudato, e geme quando il suo pollice carezza la fronte. È storto su sé stesso, piegato all’indietro in una curva innaturale. Probabilmente non se lo sente più.
Le curve si intrecciano alle curve, le onde si dipanano dalle onde. Jora prende un respiro profondo e serra i denti guardando da un pollice all’altro.
-Sei vecchia, probabilmente sai tante cose che non so.- Chocolat si rivolta sulla schiena e incrocia le braccia sul petto. -Deve essere bello poter invecchiare. Tanto il mio capitano mi ha scaricata. E se finissi il latte…-
-Se,- la interrompe Jora. -Se, e che rimanga tale. Ascolta chi ha esperienza. Più botte ti danno, più libera sei. L’arte è ribellione, innanzitutto. Fare paura a chi si diverte per primo a farne.-
La trave le cade dalle mani, rimbalza sulla lamiera. -Basta, vogliamo dormire!- mugugna qualcuno alle loro spalle. Chocolat solleva il dito medio verso la voce. Jora raccoglie la tavola da terra e la accarezza come un volto caro.
-Quelle merde si sono prese il mio bambino. Io mi prenderò i loro. Non smetterò finché non li odieranno. Glieli porterò via tutti, e non se ne accorgeranno nemmeno. Mi ammazzino pure. Lo giuro.-
Tira su col naso, strofinandovisi la manica della veste, e disegna un altro cerchio proprio nell’angolo. E sul cerchio due triangoli, simili a piccole corna.

Altro sangue, a gocce larghe e dense, che si accumula accanto ai piedi nudi di Machvise.
-Porca…- l’ex lottatore serra i denti e mugugna una bestemmia. Anche Kari ha i denti serrati, alle sue spalle, ma le dita sono ferme attorno all’ago.
-Sta migliorando, la bastarda.- geme Machvise, e serra le dita contro l’inferriata del proprio letto. A guardarlo non si direbbe, che un tempo era stato grasso e gioviale. La pancia pende vuota sulle gambe tremanti, fasciate in stretti pantaloni di lycra. Tre cerchi concentrici – un bersaglio – sono tatuati sul suo petto nudo, circondati da una fioritura di lividi sulle spalle e sul basso ventre.
Kari rompe il filo con i denti e lo riavvolge attorno all’ago. Sfila un mattone dal muro e vi infila il tutto, avviluppato in uno straccio.
-Vuoi sederti, Vise-sama?-
-Grazie, cara-in.-
È piccola come una bambina accanto al corpulento lottatore, ma lo regge comunque nel condurlo fino al letto. Si tira le coperte addosso, stringendosi addosso un braccio smagrito e coperto di lividi.
-Presto arriva la volta buona che mi centra,- mugugna Machvise. -E allora… addio-in.-
-Non fare così, Vise-sama. Ti prego, vola via.- Kari si rannicchia nell’altro angolo, avvolgendosi in una coperta consunta. -Non ce la farai a lungo.-
Machvise scuote la testa e si passa la mano nella barba lunga e spettinata. -Lei ti ucciderà, l’ha giurato. Non andrò da nessuna parte. Sono addestrato.-
-Io non sono così importante. Nostro compito era proteggervi, assistere te e gli altri.-
Machvise preme la mano sul petto, ansimando e tossendo nel pugno.
-Forse non avete ben capito che siamo una famiglia.-
Kari apre la bocca, allunga la mano, ma Machvise si è già sdraiato, e tirato la coperta fino alle spalle. È così corta da lasciargli scoperte le gambe fino al polpaccio. Kari drappeggia su di esse la propria coperta e si infila sotto lo spazio restante.
-Vise-sama, sei un uomo molto forte.-
Machvise non alza la testa dalla sua posizione. Giace accucciato su un fianco, come un rettile, i capelli sciolti che coprono completamente il viso.
-Vorrei riposare, Kari.-
La ragazza annuisce, sdraiandosi sul fianco. -Dormi bene, Vise-sama. Le cose andranno meglio.-
“Certo”, ripetono le labbra del lottatore. “Come no”. Ma Kari dorme, e non dà segno di essersene accorta. Né si scuote nel vedere le lacrime che gocciolano nella barba di Machvise.

-…poi quel Nobile Mondiale, quello con i capelli a triangolo, l’ha presa in braccio e l’ha portata via. Capisci, fratellone? Un Drago Celeste che prende in braccio una schiava.-
-Mmh.-
-Ho visto Violet, però, che andava da quella parte. Assieme a… hai presente. Mister Terza Gamba. Il Gladiatore Che Non Deve Chiedere Mai. Lo Spaccatore di Colli Seriale.-
-Puoi dire Kyros, Buffalo. Non moriamo mica.-
Pica parla a bassa voce, guardandosi intorno da un lato all’altro, come se si aspettasse di doverlo affrontare proprio là, con tanto di collare con i campanelli e tuta a quadrettoni bianchi e rossi. Buffalo gli appoggia la mano sulla spalla e fa scorrere il pettine nei suoi capelli. Una striscia di cerone, non pulita, luccica sulla sua guancia.
-Se hanno torto un capello a Baby 5 li ammazzerò tutti. Kyros per ultimo, per gustarmelo bene. È tutta colpa sua se Didi…-
Prende un respiro profondo e i campanelli risuonano. Sbatte le ciglia, guardandosi le mani tremanti. Singulta. -Se Didi mi vedesse…-
-Direbbe che stai andando benissimo. Lo sai, fratellone.- Buffalo ripone il pettine e massaggia le spalle dell’ex Ufficiale. Pica fa cenno di no con la testa.
-Cerco di fare come diceva lui. Guarda il pubblico negli occhi, continua a esibirti anche se sbagli.-
Buffalo carezza la guancia di Pica. -Ma questa performance non ti piace. Hai un’aria così esaurita. Sono così difficili i cuginetti di Shalria e Charloss?
-Non lo so. A te hanno mai infilato la faccia in una torta a tre piani?-
-Quando ho fatto i diciotto anni,- dice Buffalo. -Era una torta gelato, con pistacchio e cioccolata e torroncino, e anche uno strato enorme di panna, e il cappotto del Padroncino si era tutto…-
Pica serra i pugni, tremando con i suoi campanelli. Buffalo si ritrae, lasciando la sua spalla. -Scusami.-
-Lascia stare. Mi ci devo solo abituare.- Pica si strofina le dita sulle tempie. -Mettiamoci a letto, questa stanza è gelida.-
Si rannicchiano assieme sotto le coperte, e Buffalo reclina la testa sul petto del suo Ufficiale. Le sue braccia muscolose lo stringono a sé.
-Non sei un pagliaccio perché lo dicono loro,- sussurra Buffalo. -Ricordatelo sempre, fratellone. Se ti infili una giacca da ammiraglio non sei mica entrato in marina.-
Pica fa si con la testa, rimboccando le coperte sull’altro uomo. -Dormi. Ci penso io a te.-
Buffalo chiude gli occhi, ma li riapre un attimo dopo.
-Pica-sama?-
-Mh?-
Buffalo prende la mano enorme più vicina e la stringe nella sua. -Da domani sono due mesi senza tagli. Sei bravo, fratellone. Ti voglio tanto bene.-

La luce è fredda, nella vasca. Sembra provenire dalle pareti stesse, e colora la pelle pallida di Dellinger di un tono malaticcio e bluastro.
Il ragazzo nuota in cerchio, piroettando su sé stesso, e frantuma l’acqua con lenti gesti delle mani. Ha una fascia attorno alla caviglia destra, un livido sul collo, e un altro che sporge sulla sua schiena scomparendo nella maglietta di lycra.
-Sbaglio, o oggi ci hanno dato dentro col cloro?-
-Non sbagli. Bleah, mi sembra di soffocare.-
Un uomo pesce dalla pelle turchese, con lunghi capelli ramati che galleggiano attorno al volto, appoggia una mano sulla spalla di Dellinger.
-Però sei ancora in forma. Vorrei avere la tua energia.-
Dellinger china la testa in un accenno di inchino, ma si interrompe di scatto portando la mano alla testa. Sorride con aria affaticata.
-Dovresti saperlo, Kapoty. Ho imparato dai migliori.-
Kapoty abbassa le spalle, sospirando, e nuota fino al fondo della vasca. Si siede su uno scoglio lucido di plastica. -Sono certo che il mio capitano mi sta cercando. È un uomo furbo, come una volpe, e saprà trovarci. Salverà me e la mia amica Porche, e se vorrai ti porteremo con noi. Sono sicuro che saresti un ottimo calciatore, con quell’energia.-
Dellinger scuote la testa. Batte le gambe davanti a Kapoty, sollevando una colonna di bolle. -Ho già una famiglia. Devo aspettare anche io. Però mi piacciono gli sport. È più interessante che stare qui a non far nulla.-
-D’accordo. Mica voglio fregarti.- Kapoty incrocia le braccia ostentando un’espressione beffarda. -Ti sei scordato chi ti ha consolato, quando hai passato la giornata a piangere?-
-Me lo rinfaccerai finché non sarò vecchio.-
Nuotano attorno a un finto scoglio, luccicante come un rubino, e si sdraiano sulla sabbia fianco a fianco. Quattro giovani sirene giacciono rannicchiate accanto a un mucchio di finte conchiglie, grandi come zuppiere. Una di loro, dai capelli biondi grano, stringe forte una compagna castana scossa dai singhiozzi.
-Non rivedremo mai più le nostre sorelle.- dice una sirena bambina, più piccola del braccio di Dellinger. Un’altra bambina identica, forse una gemella, la stringe a sé. -E se non rivedessimo mai più le nostre sorelle?-
Una sirena dai capelli corvini le cinge con le braccia e le porta al seno, accanto alla catena. -Abbiate coraggio. Qualcuno ci salverà. Abbiate fiducia in Jinbei.-
Se Doflamingo ha fallito, nemmeno l’irreprensibile Cavaliere del Mare è privo di punti deboli. Anche Dellinger deve pensarlo, se scrolla le spalle e si stringe nelle braccia come se avesse freddo. Poi si volta di scatto, indicando i finti coralli alle sue spalle.
-Kapoty?-
-Sì, l’ho visto,- risponde il marlin. -È nuovo. Devono averlo messo in vasca mentre dormivamo.-
Una pinna verde sporge appena tra il vermiglio delle alghe di plastica, e due piedi palmati dello stesso colore. Dellinger strizza gli occhi, tirando Kapoty a sé.
-Io quello lo conosco.-
Si volta di nuovo, ma lo sconosciuto è già scomparso nello sfondo.

La stanza dei bambini ha una finestra, piccola come un oblò e ben chiusa da sbarre di ferro. I letti ricoprono uno spazio vasto abbastanza da giocarci uno sport di squadra, illuminato dalla luce lontana di una lampada da bagno.
Una bambina bionda si rannicchia nel primo letto e carezza le lunghe trecce.
-Stai bene, signora?-
Sugar ansima, serrando al petto l’unica mano. Tira su col naso. -Lasciamo stare. Non mi sento più il braccio. Quel bastardo deve morire.-
Sembra così piccola, senza la mantella e la coroncina. Ha un occhio nero, un graffio sul collo e sulla guancia. Indossa quello che potrebbe essere un sacco con dei buchi per braccia e testa, in cui tuttavia riesce a sguazzare.
-Allora, siamo tutti?- domanda la bionda. -Rikka? Tempo? Carol? Chip? Dip?-
Un bambino con in testa dreadlock verde scuro stringe a sé una pargola con boccoli identici. Saranno fratello e sorella, e la bambina piange.
-Quello con la mazza ha fatto male a Tempo,- dice una bambina dai capelli biondo platino. -Me ne ricorderò. Papà verrà con le sue pistole e gliela farà vedere.-
La bambina dai capelli verdi – che sia lei, quella Tempo? – piange più forte nel petto di Rikka. -No. Niente morte. Io voglio solo andare a casa.-
Sugar alza gli occhi al cielo. -Lo sappiamo. Carol ha solo detto come fa le cose lei. Se la fa felice può dire quello che vuole. Tu pensa alla tua casa, lei penserà a suo papà.-
-Gliela farò vedere, io.- Rikka porta le mani ai fianchi. -La vendicherò senza che arrivi quel cecchino, io non muoio.-
-Avevo un amico che me lo diceva sempre,- dice Sugar. -Era un tipo tosto. Ma noi lo siamo di più. Ho imparato questa cosa, rimanendo bambina: i bambini li sottovalutano tutti.-
Altri pargoli vestiti di sacco si affollano dall’unica porta. Almeno la metà piangono, e il più piccolo dimostra al massimo cinque anni. Si riuniscono attorno a Sugar, come formiche attorno a un pezzo di zucchero.
-Avanti, signora,- implora Apis. -Parlaci ancora della signora di neve.-
Sugar stringe le ginocchia nelle braccia e annuisce.

Un uomo in uniforme sbatte una frusta contro una colonna. Quando la solleva è macchiata di sangue sulla punta.
-Adesso basta! È la quinta volta che svieni, questa settimana!-
Lao G giace carponi ai suoi piedi, e una goccia di sangue scorre lungo il cranio calvo. Si drizza sulle braccia, ma cade in avanti scosso da tremiti.
-Alzati!- L’uomo sbatte di nuovo la frusta, stavolta a un palmo dalla spalla del lottatore. -Alzati! Non si costruisce da solo, questo ponte!-
-Voi non avete onore! Un povero vecchio!- protesta una donnona un paio di metri più indietro. A giudicare dall’abbronzatura deve trattarsi di una Kuja. Il sudore le riga il volto e il collo, cerchi umidi e scuri si dipanano sulla lercia veste a righe. Uno straccio macchiato di grasso le tiene i capelli ramati legati dietro la testa.
Kyuin sporge da dietro la sua testa, quasi bassa di fianco alla guerriera. -Posso fare io il lavoro di Lao G-sama. Lo porterò in spalla, se necessario. Sono ancora giovane, io.-
I codini li porta ancora, scompigliati e sudici. Ha gli occhi e il naso arrossati, le mani tremanti attorno al vomere del suo carro di pietre. Luccica di sudore.
-Cuciti la bocca, donna.- urla la guardia. -Questa merda merita una punizione.-
Kyuin si ritrae, si copre la bocca con le mani. Lao G si è messo carponi, ma è troppo occupato ad ansimare per fare altrimenti. Solleva gli occhi infossati, furenti e sfiniti.
-Vado io. Punite me al mio posto.-
Un omaccione più alto persino della Kuja, con corti capelli biondi e muscoli da lottatore professionista. Lao G si mette a sedere contro la colonna. -A-Ancora?-
-Non preoccupatevi,- sorride l’uomo. -A me piace.-
La guardia deve non essersene accorta, poiché indica ai suoi compagni di trascinarlo via e blatera qualcosa sul collaudo della sua frusta. La Kuja riprende a tirare il suo carro, scoccando al carceriere uno sguardo d’odio.
-Coraggio, Lao G-sama.- Kyuin lo solleva con un braccio come fosse un bambino e lo carica sulla propria spalla. -Penso io a te. Dimmi se stai comodo, con quella povera schiena…-
-M-Maledetta lombalgia.- Si aggrappa con le unghie alla veste della giovane, reclinando la testa sulla spalla non più paffuta. Kyuin gli circonda la vita col braccio e appende il vomere al gomito dell’altro. Una goccia di bava scende lungo il mento di Lao G. Chiude gli occhi, contorcendo il volto.
-N-Non ero un povero vecchio, un mese fa.-
Kyuin non risponde. Assesta Lao G sulla sua spalla e tira il suo carico a capo chino.

Siedono fianco a fianco sotto la finestra, incatenati alle caviglie. Quasi non lo si riconosce, senza ciuccio e cuffietta. Ha i capelli impiastrati di fango e sangue, una ragnatela di graffi sul petto nudo.
-Chi è il prossimo?-
-Cinquanta tra giaguari, pantere e leoni di montagna.- A rispondere è l’uomo alla sua destra: pelle lattea da nobile, lunghi e insanguinati capelli turchini, il braccio sinistro ingessato e al collo.
-Una chicca,- dice calmo Señor Pink. -Nell’arena ne affrontavo il triplo, e ne uscivo senza nemmeno un graffio addosso. Lasciate che sia io a spianare il terreno. Poi Albion gli cava gli occhi, e Sarquiss procede col colpo di grazia. Mira alla gola, ragazzo.-
-So come si uccide,- risponde il giovane. -Io e Bellamy eravamo pirati come voi.-
Albion ha un viso affilato da serpente, piccoli occhi neri, un reticolo di cicatrici sulla pelle verdastra e grassa. -Lo giuro: nomina un’altra volta Bellamy e ti sgozzo nel sonno. Ancora un po’ e finirò col sapere cosa facevate a letto.-
Sarquiss tira fuori la lingua. -Se vuoi i dettagli te li do. La prima volta…-
-Basta,- ordina Señor Pink. Porta la mano al gomito e serra i denti in un’espressione di dolore. -Litigate come bambocci. Dobbiamo intenderci, se vogliamo sopravvivere. Io nell’arena combattevo così. Voi no. Ascoltate chi ha esperienza.-
Si guardano in cagnesco, massaggiandosi le rispettive braccia. Dal corridoio un uomo urla. -Vi prego, no! Posso ancora combattere! Vi prego, signora!-
Poi un colpo di pistola, e Señor Pink china la testa. Sarquiss si copre la bocca con la mano, Albion serra i denti. Chinano la testa, guardandosi nel silenzio.
-Ecco cosa ci succederà se non lavoreremo assieme. State zitti, non fate i ragazzini.-
Sarquiss rabbrividisce, sbatte le ciglia freneticamente. Señor Pink appoggia una mano sul suo polso. -Calmati. Sei forte, per questo il Padroncino vi voleva. Ti prometto che vivremo. Se vuoi piangere lo puoi fare, ma non distogliere mai lo sguardo dal tuo scopo.-
Sarquiss tira su col naso. -Sto bene, vi ringrazio. Mi calmerò.- Sorride quando Señor gli cinge i fianchi col braccio, tenendolo a sé come se fosse suo.
-Ma come,- sogghigna Albion. -Non eri un tipo sodo, un vero uomo?-
-Sono un vero uomo perché mi sento così,- risponde glaciale Señor Pink. -Adesso riposati, testa calda. Ne hai bisogno. E per l’ennesima volta: basta con quel voi. Sei stucchevole.-
-Come ti pare,- mugugna Sarquiss. Chiude gli occhi, reclinando la testa sul petto. Señor leva un sospiro al cielo, serrando i pugni.
-Non farti una famiglia, Albion,- dice all’altro uomo. -Quando te la portano via non la puoi sostituire.-

Si guardano, stringendosi nelle spalle, e tremano nelle loro vesti di seta.
-Ci mettiamo solo nei guai,- sussurra Emily. -Ci puniranno.-
Joanna scuote la testa. C’è una porta in fondo al corridoio, dischiusa. Un sentiero di gocce di sangue vi scompare all’interno.
-Se non volessero che andassimo da lei non avrebbero forse chiuso a chiave?- Joanna tiene in braccio un secchio d’alluminio, sul cui manico pende uno straccio bianco. -Non voglio sapere cosa le fanno, ma non è carino. E poi un giorno ci ringrazierà.-
Si scambiano uno sguardo. Emily sbatte gli occhi, aggrappandosi al braccio di Charlotte. Ha i capelli più corti dell’ultima volta,
-Avanti,- ansima Joanna. -Siamo sode.-
Procedono in fila indiana, battendo i denti nelle loro succinte vesti di seta. C’è un livido sulla pancia di Charlotte, appena visibile sotto la stoffa, e un mignolo di Emily è piegato verso l’esterno.
-Non urlare,- dice Charlotte. -Siamo amiche.-
Trema nelle sue catene, completamente nuda, un mosaico di lividi densi e spessi che le punteggia la pelle dalla fronte alle dita dei piedi. Una traccia di sangue nasce dai capelli magenta e si ferma accanto alla punta del suo naso. Ha gli occhi rossi, ma guarda le ragazze come se fossero state loro a ridurla così.
-Non sono qui per essere compatita. Lasciatemi stare.-
Procedono fino a lei come se non avesse parlato. Joanna regge il secchio, Charlotte intinge lo straccio nell’acqua e lo passa sulla pelle insanguinata della donna. Emily attende presso la porta, le mani che tremano strette allo stipite.
-Non dovete…- la sconosciuta ha un palco di corna sulla testa, ma diverse da quelle di Dellinger: nere, da bovino, e mozzate sulle punte fino a metà. -Non ho bisogno delle vostre coccole. Io sono Ginrummy, dei Pirati delle Bestie! L’Imperatore Kaido saprà e mi vendicherà!-
Joanna e Charlotte si scambiano uno sguardo impietosito. Emily alza il pollice dalla porta e torna a guardare nel corridoio.
-D’accordo, Ginrummy-dei-Pirati-delle-Bestie,- dice Joanna. -Vuoi stare ferma, che non riusciamo a curarti?-
La donna si ritrae mentre lo straccio le sfiora la carne. -Ho detto di no. No. Non mi ascoltate?-
-Abbiamo gestito gente più bizzarra.- Charlotte sorride, studiando le mani di Ginrummy. Non mancano unghie, ma c’è un livido grosso come una moneta tra indice e medio.
Ginrummy serra le labbra. -Non ho paura delle botte. Io n-non sarò mai una concubina. Mi ammazzino, piuttosto.-
-La vita è imprevedibile.- Joanna china il capo, passandosi la mano tra i capelli privi di cappello. -Non ci è voluto un imperatore per imparare qualcosa.-
Ginrummy apre la bocca, la richiude, la serra come se volesse impedirsi di urlare. Lo straccio umido le carezza il collo, ormai rosso di sangue.


A.A.:
Questo capitolo è il Seriale della Separazione dei Donquixiote, ed entriamo un po' nelle loro vite separate. Ho cercato di mantenere un PoV esterno, perché Baby 5 sta vedendo tutto questo attraverso la Chiaroveggenza di Viola, da spettatrice, anziché gli altri capitoli in cui lei stessa narra cosa provino tutti. 
Ovviamente c'è il solito tripudio di camei, che spero non confonda. 
Chocolat è un'ex componente dei Finti Mugiwara, che interpretava Nami. L'ho scelta per una sola ragione: ha la voce più PUCCIOSA di sempre. 
Kapoty è, come accennato precedentemente, l'Uomo-Pesce di tipo Marlin che accompagna Porche nella Coconut Race. Le sirene rapite sono Ishilly (capelli neri, forse ve la ricordate), Sola (la bionda), Yuca (presente solo nell'anime) e Melo. Le bambine sono Ichika e Yonka, delle Cinque Sirenette Killifish. Il misterioso nuovo arrivato, invece... non dico chi è, ma provate a indovinare: quanti Uomini Pesce può aver visto, Dellinger?
Apis è una bambina che compare nel filler dell'Isola di Warship. Ha mangiato un Paramecia che le permette di comunicare e capire il linguaggio degli animali. Carol è una bambina che compare nel filler di Loguetown. È la figlia di Daddy Masterson, un famoso cecchino che ingaggia una gara con Usopp. Chip e Drip sono due bambini che Ace incontra nel filler di Alabasta. Tempo e Rikka compaiono nel Film Gold, sono vittime di Gild Tesoro. 
La Kuja che compare assieme a Lao G e Kyuin è Pansy, la compagna di Belladonna e Kikyo che Shalria non ha comprato. L'omaccione è Dice, il compagno di Baccarat che Zoro affronta nel Film Gold. In esso egli dimostra tendenze al masochismo, e spesso da schiavo si fa punire in luogo dei compagni. 
Sarquiss è il fidato compagno di Bellamy, di cui ho già scritto qui e qui. L'ho riportato in auge come schiavo perché adoro torturarlo. Albion, detto il Lacerato, è uno dei pirati che appaiono brevemente al Ritorno alle Sabaody prima che Sentomaru usi i loro sederi per pulire il pavimento. 
Infine, Ginrummy è una dei Gifters dei Pirati delle Bestie che compare nell'arco di Zou. Ella ha mangiato uno Smile, anche se non si sa in cosa esso consista (conoscendo gli Smile che girano, probabilmente le trasformerà la testa in uno zoccolo di mucca, o le farà spuntare la faccia di una mucca sotto la pianta del piede), e pianificavo da tempo di usarla dato che... insomma, non mi fa senso come Rebecca solo perché è maggiorenne e presumibilmente consenziente, ma è comunque un fanservice ridicolo e senza senso. 
Spiego brevemente le mansioni di tutti. Jora è tutrice e insegnante d'arte di dei bambini di Draghi Celesti. Chocolat è una balia, addetta all'allattamento. Machvise è un "bersaglio umano" che non può ribellarsi o Kari la paga. Buffalo e Pica sono, come si è visto, rispettivamente uno schiavo da trasporto e un giullare. Dellinger e i suoi amici fanno parte di una collezione di creature marine tenute in un acquario. Sono in pochi, la collezione è recente. Sugar e i suoi compagni lavorano in una fabbrica di armi da fuoco. Kyuin e Lao G costruiscono un ponte, simile a quello di Tequila Wolf. Señor e colleghi fanno parte di un gruppo di lottatori a pagamento, su cui si scommette per grosse cifre. Infine le Pink Ladies sono addestrate come concubine, vere e proprie schiave di piacere. Visto che ho giurato di non scrivere mai uno stupro, ho inserito l'elemento per cui una schiava diventa concubina solo dopo un periodo di addestramento, che è quello che loro e Ginrummy stanno passando.
Infine, la tortura subita da Jora è ispirata a quella di Artemisia Gentileschi. 
Vi aspetto al prossimo capitolo, dove tornerà una vecchia conoscenza... 
Lady R

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Capitolo 25
*** L’Eroe del Colosseo – Kyros l’Inflessibile e Diamante Vestito Di Stracci ***


L’Eroe del Colosseo – Kyros l’Inflessibile e Diamante Vestito Di Stracci

"So from all of us at Aerosmith to all of you out there, wherever you are, remember: the light at the end of the tunnel may be you.
Good night
."
[Amazing (outro) – Aerosmith]


Quando Viola chiude le mani, Baby 5 ha gli occhi pieni di lacrime.
-Quei bastardi…-
-I Draghi Celesti sono così.- Viola sbatte gli occhi e ritrae le mani. -E voi lo sapevate. Doflamingo era uno di loro. Vendevate schiavi da prima di conquistare la mia città.-
Versa dell’acqua nel suo bicchiere e ne prende un sorso. -Immagina migliaia, milioni di famiglie che subiscono quello che hai appena visto. Milioni di vendite come le vostre. Zoccoli del Drago Cavalcacielo che ricoprono interi paesi.-
Baby 5 mormora un sì, asciugandosi gli occhi col tovagliolo. Vorrebbe saltar giù da quella nave, tornare indietro e combattere fino alla morte contro i demoni che li hanno separati. Anche solo a costo di salvarne uno, uno soltanto, e non porre la parola fine alla storia Donquixiote. O anche scappare dallo sguardo di Viola, che sembra scavare ancora dentro di lei fino a scoprire tutti i suoi segreti. Le persone inutili…
-Io non pretendo che troviate la redenzione,- dice Viola. -Non è possibile, è troppo tardi. Non mi restituirete mai mia sorella. Un sacco di famiglie hanno perso i loro cari a causa vostra. Tank Lepanto è stato giocattolo per nemmeno una giornata, e ancora si sveglia urlando e ricordando com’è stato.-
Kyros appoggia la mano sulla spalla della cognata. -Non c’è cosa peggiore che essere un giocattolo, posso assicurarlo. Non sentire la stretta dei tuoi cari, il calore e il sapore del cibo. Non vivere. E se non sapessi cosa si prova lo augurerei anche a voi disgraziati.-
Baby 5 si tampona il naso e allontana lo sguardo da Kyros. Potrebbe schiacciarla con una mano sola, probabilmente lo vorrebbe, e allora sarebbe tutto vano. È stato bello, vivere col Padroncino – imparare a combattere, dormire in un letto vero anziché in una stuoia, vedere i coltelli e le pistole che nascevano dal suo corpo non come una maledizione, ma un dono a cui affidarsi perché nessuno le faccia male. Eppure non è bastato, e adesso non c’è nemmeno un Padroncino.
Hanno bisogno di me.
-Arriviamo domattina,- dice Viola. -Diamante e Gladius sono ancora là, ho controllato con la Chiaroveggenza. Adesso non puoi che pregare che Diamante sia cambiato.-
Baby 5 fa cenno di sì con la testa, coprendosi col cardigan che le hanno dato. Le mancano i suoi vestiti, le scarpe col tacco, persino il grembiule e la cuffietta. Dovrebbe accontentarsi di stare al caldo, di non essere in catene, di non doversi coprire con le braccia quando il suo corpo emerge in controluce da sotto la veste trasparente.
Accontentarsi, niente più: è tutto quello che fanno da mesi, e giorno dopo giorno ha un sapore sempre più amaro. Forse sarebbe stato meglio restare sulla rupe con Don Sai. E se quel proiettile, che lui aveva deviato, fosse andato a segno.
No. Non devo mollare adesso. Ho qualcuno che mi aspetta, e ha bisogno di me.

La banditrice è la stessa. Stavolta ha i capelli legati in uno chignon a banana, e indossa un abito a tubino azzurro che a Baby 5 fa solo venire brividi di freddo. Non si inchina nemmeno a Viola.
-Finalmente,- sospira. -Qualcuno che se li prende. Ho abbassato il prezzo almeno cinque volte.-
Baby 5 deglutisce, cercando uno sguardo di conforto nella principessa alle sue spalle. Viola si volta dall’altra parte e indica a Kyros di procedere.
Le gabbie le conosce, Baby 5: alcune piccole come cucce per cani, altre grandi come autorimesse. Un uomo sbatte la testa contro la parete, un altro singhiozza rannicchiato in un angolo. In una capsula di vetro grande come una gabbia per uccelli, due Tontatta battono i denti stretti in un abbraccio. Viola abbassa lo sguardo, drizzando la schiena.
Li conduce attraverso una porta, e un corridoio così basso che Kyros deve chinare la testa per passarvi sotto. Baby 5 si copre il petto con la felpa datale da Viola e rabbrividisce nei suoi jeans nuovi. Non bastano a farla sentire carina, ma per lo meno può mescolarsi ai liberi. Il bracciale di agalmatolite, chiuso attorno al polso destro e ben coperto dalla manica, prude sulla sua pelle.
Incrocia le dita sotto il cardigan. Che stiano bene, per favore. Voglio rivederli. Voglio riabbracciarli. Dirgli che gli voglio bene, che mi mancano, che dobbiamo combattere, vi prego – ancora una volta, come ai vecchi tempi, come se tutto questo non fosse mai successo.
La donna dai capelli verdi apre una porta nell’angolo. Baby 5 e Viola si tappano il naso di scatto, Kyros si copre la bocca con le mani. C’è una puzza acida, penetrante, che li travolge come un’onda, e un nugolo di mosche vi si dimena sopra nella penombra.
-Perché sono qui dentro?- domanda Baby 5.
-Ho poche gabbie e troppi schiavi. Questi non li vuole nessuno: non li espongo finché non ho spazio. Avranno un bagno quando verrà il momento di piazzarli.-
Così in basso è caduto il grande Donquixiote Diamante. E Kyros vedrà, assisterà alla sua disfatta. Da un mucchio di stracci nella penombra si muove qualcosa – un braccio, realizza Baby 5. Poi un’altro, e una testa, e un corpo rannicchiato e tremante.
-Gladius!- Baby 5 serra le labbra commossa e si china in avanti. L’odore si fa più forte mentre l’uomo gattona verso di lei, tremante in un camicione lacero e macchiato di sudore. Non ha un capello in testa, il volto è magro da far spavento, gli occhi luccicano di lacrime o cispa. Tagli e spaccature ricoprono le labbra, sanguinano fino al mento. Una mano magrissima si leva a toccarla – Baby 5 si irrigidisce, cazzo come puzza, ma non si ritrae mentre la carezza.
-Shh, sono io. Va tutto bene.-
Gladius si appoggia al muro, e la mano vi lascia contro una sgradevole traccia marrone. -Oddio,- ansima. -Oddio, grazie, grazie… oh.
Si ritrae, coprendosi il volto con le mani. -N-no. Voi no. Non entrate. Non voglio che lo vediate.- Il suo sguardo dardeggia tra Kyros e Viola, i pugni tremanti si serrano al petto. Colpi di tosse cavernosi rimbombano alle sue spalle.
-C-Chi, teschoro? Chi m-mi cerca?-
È così strascicato da sembrare un’altra lingua. Viola si copre naso e bocca col fazzoletto e fa un passo avanti nel bugliolo. -Quello è Diamante?-
-Non devi vederlo. N-Nessuno dei due.- Gladius si rannicchia contro il muro. -Abbiate pietà, per la miseria.-
Altre parole che non sono da Diamante, e Baby 5 non le riconosce. Comincia a vedere contorni umani, nello scheletro d’uomo buttato sul fondo di quel bugliolo. Una mano si leva dagli stracci scacciando le mosche.
-Baby 5… v-veramente?.
-Diamante, sì…- mormora Baby 5. -Sono io. Con me c’è la principessa Viola di Dressrosa. La chiamavamo Violet, ti ricordi? L’ho incontrata al Reverie e mi sono fatta portare qui. Possono aiutarci.-
Gladius si tossisce nel gomito. -E vi siete portate appresso anche…-
-Sono venuto da solo!- ringhia Kyros. -Viola è stata così misericordiosa da darti una seconda possibilità: porta qui la tua faccia di merda e fatti giudicare, assassino!-
L’ammasso di cenci in fondo alla cella sobbalza, rattrappendosi di nuovo in preda alla tosse. Una mano pallida, tutta ossa, emerge dalla penombra e batte piano contro il parquet sudicio.
-Kyrosch? M-Ma non mi dire. Ti ricordi di me?- Un’altra mano pallida, le nocche ricoperte di croste, si adagia accanto alla prima.
-Abbassa la voce, Kyros,- sussurra Viola. -Vieni qui, Diamante. Vieni verso la luce.
Dagli stracci emergono due gomiti, due spalle, capelli così sporchi da sembrare un unico blocco solido. Diamante gattona verso l’ingresso tremando dalla testa ai piedi. Deve essere sfinito, pensa Baby 5 appena lo vede, ma si getterebbe ad abbracciarlo se non ci fossero Kyros e Viola alle sue spalle e se non puzzasse come una latrina. Si ferma ai piedi di Kyros e si rannicchia nei suoi stracci: un lenzuolo lacero, pieno di macchie, e un paio di boxer lerci e troppo stretti. Trema ancora, e i denti battono a ritmo di corsa. È terrorizzato.
Su una fronte altrettanto bianca, madida di sudore, spiccano tre vene nere spesse un dito. Il famoso punto debole di Diamante, che coprirebbe con il cappello se non fosse indegno anche di quello.
-Kyrosch?- biascica. -Schei qui? Queste c-catene mi bloccano l’Ambizione.-
-Sono davanti a te. C’è anche Viola, ma che non ti venga in mente niente. Ho una spada.-
-Che le posso fare, spaventarla con le carie ai m-miei denti? Uhahaha: sei una sagoma, Kyrosch.-
Ogni gesto di Diamante getta verso di loro un olezzo marcio, viscido. Non ha idea di come potrebbero venderlo, se puzza così tanto. Gladius gli carezza la schiena.
-Ci sono io, Diamante. Forse ce ne andiamo, vi comprerò…-
-C-Ciao, Baby 5. Porti sollievo a q-questa vecchia rockstar.- Diamante si china contro il pavimento, coprendosi la testa con le braccia. Vomito giallastro gli gocciola dalla bocca, e Gladius lo tampona con un lembo del lenzuolo.
-Ho fatto quel che potevo,- mormora a testa bassa. -L’ho accudito. L’ho lavato. Gli ho dato da mangiare due volte al giorno. È tanto debole, adesso, ma agli schiavi non offrono trapianti di sangue.-
-Guardami negli occhi, cane!- Kyros colpisce il muro con un pugno, e Diamante si ritrae con un gemito. -Non poss-cho guardare niente. Ho gli occhi anchilosati, uhahahaha.-
Viola prende Kyros per il braccio. -Intende dire che è stato al buio così tanto da disabituarsi alla luce. Resterebbe cieco, se ti vedesse.-
-Deve ringraziare che non lo costringa,- dice Kyros. -Copritegli gli occhi. Non voglio averlo sulla coscienza.-
Gladius annuisce. Raccoglie un sacco dal mucchio di stracci e lo infila sul capo di Diamante, fino al naso -I miei occhi sono meno sensibili. I miei occhiali mi hanno aiutato, in questo senso. Ho cercato in tutti i modi di aiutare Diamante-sama, ma non ci riesco. Non riesco a fare niente.-
Diamante gli carezza la testa con le unghie rotte e nere. -Su, su. Niente autocommisch-autocommischerazione. Sono vivo. Sono stato peggio. E adesso Kyrosch può dare un’occhiata alla sua rockschtar preferita.-
Kyros sembra sul punto di saltargli al collo: Baby 5 non può attaccare, ma serra comunque il pugno. Non l’hanno addestrata al corpo a corpo per niente, dannazione…
Viola scocca a Kyros uno sguardo spazientito. Fa un passo avanti e avvicina agli occhi le dita congiunte.
-Ora ti guarderò dentro, Diamante. Leggerò le tue intenzioni, i tuoi pensieri, i tuoi ricordi. Nessuno può mentirmi, quindi non provare a farlo. Non puoi scappare.-
Diamante si avvolge più stretto nel lenzuolo che lo copre, asciugandosi con un lembo il collo sudato. Una mosca gli si posa sulla guancia, e non fa un gesto per allontanarla.
-Attenta, però. Potresti trovare qualche mio ricordo roseo con Trebol. Sai che una volta l’abbiamo fatto in aschensore?-
Viola scuote la testa. -Peeping mind.-
Baby 5 serra i pugni, aggrappata al muro. Kyros stringe l’elsa della spada, ha la gamba piegata come se fosse pronto a saltargli addosso. Mossa degna del grande eroe salvatore, aggredire a colpi di spada un uomo cieco e malato. Il petto di Diamante è un mosaico di cicatrici, grigie e sfocate – i pungoli di Impel Down, che ancora gli bruciano addosso. E Kyros ancora non ha visto le cicatrici sulla schiena.
Viola allontana le mani dal volto, strofinandole sul vestito come se fossero sporche. Diamante si preme le dita sulle tempie e strascica singhiozzi.
-L-La mia testa…-
-Hai bisogno di bere, Diamante-sama,- sussurra Gladius. Lo regge per le spalle, appoggiandolo al muro ammuffito. Diamante schiude la bocca, e l’Ufficiale più giovane porta alla sua bocca una bottiglia di plastica, versandovi dentro un sottile getto d’acqua.
-Bene,- dice Viola. -Può andare.
Baby 5 congiunge le ginocchia per non cadere a terra. Si getterebbe tra le loro braccia se non fossero così sporchi, e se non ci fosse Kyros sopra la sua testa. Diamante solleva la mano, indice e mignolo tesi a formare due corna. -E v-vai,- sbava. Gladius lo stringe a sé, asciugandosi le lacrime.
-Baby 5, tu…-
-Tu niente.- Kyros striscia verso il bugliolo con le mani sui fianchi. -Lo lasci andare così? Asserisci,- contorce il volto, come se avesse appena sentito l’odore di quella cella, -che è cambiato?-
-Gli è cambiato il mondo addosso. Non vuole vendicarsi perché non può.- Viola abbassa le spalle, stringendosi nelle braccia. -Ma non vuole farlo. È inoffensivo, e io ho dato la mia parola.-
-Devi dirmi cos’hai visto,- ringhia Kyros. -Cosa vuole fare? Quale atrocità vuole commettere stavolta?-
-Riavere la sua famiglia ed essere pulito non sono atrocità.-
Viola gli dà la schiena, porgendo a Baby 5 la mano aperta. -Diamante non è più l’uomo che era, quindi può andarsene. Ora anche voi dovrete fare la vostra parte del patto. Non fatevi mai più vedere, e sarete cittadini liberi.-
-È un’opportunità che continui a non meritare.-
Kyros si china sul corpo tremante del rivale, percorrendolo con gli occhi sgranati e furenti. Baby 5 serra il pugno: i capelli di Diamante sono lunghi fin sotto la cassa toracica, striati di grigio e di violaceo sangue secco. Pidocchi e pulci si dimenano nelle ciocche opache e crespe, un grappolo di larve bianche si è accumulato in un taglio aperto sul petto. Kyros afferra un pugno di quei capelli e lo stringe, tirando verso di sé il volto di Diamante.
-Tienilo bene a mente, maledetto disgraziato. Se ti ho sconfitto una volta posso farlo di nuovo. I tuoi giorni di gloria da pirata sono finiti. Non avrò la clemenza di usare una spada senza lama, se oserai farti di nuovo vedere accanto a mia figlia o un altro dei miei cari.-
Diamante ride, sbattendo le ciglia da sotto la stoffa del sacco.
-Potrei mai b-batterti, ridotto così?-
Solleva il braccio, sventolando la scheletrica mano.
-G-Girami, Gladius. Ho b-bischogno di.-
Baby 5 trattiene il respiro mentre Diamante gattona verso il gladiatore e gli appoggia la testa sull’unico piede, spazzandolo con i lunghi capelli sudici. Le braccia tremule si sporgono in avanti e cingono il suo unico ginocchio.
Il segno di supplica – nell’arena saranno state centinaia, i gladiatori che l’hanno usato. Qualcuno accettava, ma non era mai Diamante. La spada calava sui loro colli prima del terzo ti prego.
-Mi ero promesso tante c-cose, se ti avessi rivischto. Sputarti in faccia. Rompere il collo anche a te. Uccidere la tua ragazzina come è morto l’amore della mia vita.- Kyros avvampa, appoggia la mano sull’impugnatura della spada. Diamante scuote la testa, incurva la schiena ingobbita, e le costole sporgono da dietro la stoffa lercia e sudata. -Ma n-non mi importa più. Sono sch-schtanco. Nemmeno nei m-miei incubi vedo la tua faccia.
Diamante reclina la guancia sul piede di Kyros, tirando su col naso. Il guerriero piega il ginocchio, sfoderando la spada di un palmo. -Viola…- sussurra Baby 5, ma la principessa è immobile come una guardia di cancello, fissando la scena con le labbra serrate.
-A me…- l’ex ufficiale rantola, serrando i pugni accanto alla caviglia di Kyros. -…interessa solo di restare un diamante.-
-Tu non sei mai stato un diamante, se non nel nome finto che ti sei dato da solo.- Kyros contorce il viso in un’espressione di disgusto. -Tu non sei prezioso. Nemmeno se baciassi i piedi a tutta Dressrosa potresti mai essere prezioso.-
Diamante non si muove dalla sua posizione rannicchiata. Ansima contro il pavimento, battendo i denti. Il lenzuolo che lo copre è talmente intriso di sudore da appiccicarsi alla sua palle pallida.
-Ormai non riesco più nemmeno a odiarti. Mi fai solo ribrezzo, e tanta pietà. Hai avuto ciò che ti meriti. Hai perso la fama. La persona che ami è morta tra le tue braccia. Tuo figlio patisce un’umiliazione quotidiana, senza conforto, senza tregua. Cosa si prova, dimmi? Cosa si prova a vivere una vita da giocattolo?-
Diamante cerca a tentoni la parete e vi si appoggia per sedersi.
-Si sta maliss…- gocce di bava gli scorrono sul mento, lasciandosi dietro righe bianche nella carnagione sudicia. Si pulisce con il polso. -V-Vuoi guardarmi ancora? Goditi lo spettacolo. Masturbati addosso al nemico abbattuto. Respira ogni momento della mia miseria.-
-Io non sono te, Diamante. Volevo vendicarmi, e mi sono vendicato. Volevo ucciderti, ma ho trovato il coraggio di non farlo. Non era mai stata mia intenzione romperti il collo, mutilarti, impedirti di combattere, sottoporre te o qualcuno dei tuoi alla tortura. Men che meno portarti via l’uomo che ami. Neanche immaginavo ci fosse qualcosa, tra Trebol e te.-
-Lo so, un m-moschtro come me capace di amare. La tua vita si r-rovescia.- Diamante emette una risata amara, cingendo più stretta la caviglia di Kyros nei pugni tremuli. C’è del sangue, nella sua bocca e sui suoi denti, misto alla bava gocciolante.
-Vai per la tua strada.- tuona Kyros. -Vivi come ti pare. Ritrova quell’essere tuo pari che ti ostini a chiamare figlio, o chiunque altro ti sia mai arrogato di amare. Se Viola afferma che nel tuo animo c’è qualcosa che non è marcio, non sarei che un ipocrita se non ti permettessi di ricominciare a vivere. Ho mia figlia, il re e Viola e tutta la famiglia reale, e non c’è nulla che tu possa fare per portarmi via di più.-
Diamante sorride, come se ogni respiro gli costasse una fatica immane. -Come se volessi qualcosa di tuo. Ho amato un uomo migliore della tua, ho cresciuto un figlio migliore della tua. Su, mollami u-una buona volta. Sei peggio di un ex fastidioscho.-
-Se credi di scappare dalle conseguenze…-
Diamante getta la testa all’indietro e ride. -Conscheguensc-sche? Guardami: non ti basta ciò che vedi?-
Kyros annuisce, rinfoderando la spada. -Lasciami.-
Viola fa un passo avanti mentre Diamante si ritrae. Lo sovrasta, con le mani dietro la schiena come in attesa di un interrogatorio. Ha gli occhi lucidi, le guance rosse. L’ex Ufficiale di Quadri deve essersi accorto di lei, perché si piega all’indietro in una parodia di inchino.
-P-Principessa…- tossisce. -Suppongo ci sch-schtia bene un grazie.-
-Io ti odio, Diamante. Ti odierò finché vivrai. Ti odio perché hai ucciso mia sorella senza sapere chi fosse, ma non avresti cambiato idea se l’avessi saputo. Ti odio perché so che mi odieresti anche tu, se fossi stata io a sparare a qualcuno dei tuoi. Voglio che tu viva quanto rimane della tua vita con la consapevolezza che ti odio. Che Kyros ti odia, che mio padre ti odia, che Rebecca ti odia, che tutta Dressrosa ti odia e ti odierà finché camminerai su questa terra. Potresti inchinarti a Kyros per mille anni, baciare i suoi piedi, lavarli con le tue lacrime e spazzarli con i tuoi capelli: ti odierei ancora.-
Se fosse Trebol ci riderebbe sopra. Se fosse Pica scrollerebbe le spalle e li aggiungerebbe a una lista più breve nella realtà di quanto crede. Ma Diamante è una star, e farsi amare è suo dovere.
-Mia sorella era pacifista, disposta al perdono,- prosegue Viola, -ma io non sono lei. A me non farai niente, e a nessuno dei miei cari. Se non fossi in grado di leggere dentro di te ti chiamerei bugiardo e ti sigillerei qui dentro fino alla fine dei tuoi giorni. Ma so cosa pensi, e non mi fai paura. Hai perso, e chi perde…-
-…deve accettare la sconfitta. Lo scho.-
Diamante percorre il muro con la mano, e le unghie spezzate e nere luccicano alla poca luce di quel bugliolo nauseante. Gladius china il capo, prendendogli la mano libera.
-Va t-tutto bene,- ansima Diamante. -Viola… posscho dire una cosa?-
La principessa contrae il volto, come se Diamante avesse sparato anche a lei. Come se ne fosse capace, come se volesse farlo di nuovo sapendo cosa gli è costato. La stella è caduta, il diamante si è sbeccato. Non vale niente – eppure Diamante sorride, gorgogliando sangue sui denti. Gli mancano due molari, nota Baby 5, e ci sono almeno tre carie in bella vista.
-Hai detto che il d-dolore rende umani. Allora lo scho: sono u-umano fino al midollo. Guardami c-come combatto. Meglio di te. Come è sch-sch…-
Un bolo di bava sanguinolenta si allarga sul pavimento.
-schempre schtato.-
Viola fa cenno di no. Indica l’uscita a Baby 5, e lei la segue a un gesto delle dita. Ancora un po’, una piccola battaglia – nulla paragonato a quelle di Diamante, ma che sarà in grado di portare avanti. Gladius conduce sulle proprie ginocchia la testa dell’Ufficiale, gli carezza i capelli lerci.
-Andiamo via,- mormora. -Andiamo via, Didi-sama.-

Appena fuori dal bugliolo, Viola sfila dalla borsa una busta da lettera.
-Questi sono i soldi che mi ha dato Myosgard. Probabilmente ve ne darà altri, se li vorrete. Sono trecentomila Berry in tutto, fatene buon uso. La nostra frequentazione finisce qui.-
Non è che una porzione di quello che avevano a Dressrosa, eppure Baby 5 vorrebbe gettarsi al collo di Viola e stringerla forte come una cara amica. Allarga le braccia e rimane così, sotto lo sguardo stanco della principessa.
-Grazie,- mormora. -Grazie, Viola. Non so come ringraziarti.-
-È Myosgard che devi ringraziare, non noi, e della tua gratitudine né io né Kyros ci facciamo niente. Adesso comprali e portali via da qui. Sono abbastanza per un albergo, e per le cure mediche di cui ha bisogno questo essere. Non m’importa di cos’altro farete, ma non incrociate di nuovo la nostra strada.-
Il gladiatore la guarda con le labbra serrate, i denti che scricchiolano nella bocca. È furioso, non vuole che succeda. Pace – poteva evitare di rompergli il collo e trattarlo come se si potesse gettar via. Inutile aspettarsi che un rozzo ragazzo di strada riconosca una vera stella. Viola sfodera una chiave, indica il polso di Baby 5. Un giro, e il bracciale di agalmatolite cade nella mano in attesa di Kyros. 
-Non lo faremo.- sussurra Baby 5. -Sei stata molto buona, Viola. Mi mancherai.-
Viola si avvolge di nuovo nel mantello, prende il braccio di Kyros e si allontana verso il molo senza un fiato.


A.A.:
È tornata la rrrrrrockstar! MR. DIA-MAHN-TAY! Ah, e Gladius pure, ciccino lui. 
Si può solo immaginare quale sia il senso di colpa COLOSSALE che sente il povero uomo-scoppio dopo aver causato inavvertitamente la schiavitù della sua famiglia, e riversa tutte le sue energie nel prendersi cura dell'ultimo rimasto (casualmente il padre del suo Ufficiale, la vita è strana). 
All'inizio questo capitolo non era nemmeno previsto: Baby 5 doveva comprare subito Diamante e Gladius e portarli al sicuro. Poi ho pensato che non aveva senso, giustamente, che Viola e Kyros lasciassero andare l'assassino della sorella/moglie senza nemmeno controllare a cosa pensa. Più della riabilitazione c'è la telepatia, e il potere del Frutto di Viola capita a fagiolo.
Inoltre non potevo farmi scappare un incontro cruciale come questo. Assassino e vendicatore, gladiatore e disgraziato, e Diamante che non ha più niente, nemmeno un orgoglio. Infatti il gesto che compie, abbracciare le ginocchia (il ginocchio, nel caso) di Kyros, è associato nella cultura greca classica alla supplica. L'ex rockstar è completamente prostrata e vuole solo andarsene, e i propositi di vendetta sono scomparsi dalla sua mente assieme alla libertà. 
Nel prossimo capitolo continueremo con questi due, oltre a Baby 5, e... un altro incontro *abbastanza* campale. 
Alla prossima, un saluto a tutti gli italiani che come me devono superare la quarantena. 
Lady R

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Capitolo 26
*** Senza Sonno – Gladius E Baby 5 In Attesa ***


Senza Sonno – Gladius E Baby 5 In Attesa


Insieme costano quarantamila Berry: un niente anche per uno schiavo solo. Due inservienti caricano Diamante di peso su una sedia a rotelle e gli bendano gli occhi con un traslucido drappo nero.
-Compragli degli occhiali da sole, bella bimba, o ti ritroverai uno schiavo cieco.-
L’ex Ufficiale sbava dalla sua posizione, piegando le dita in un gesto di saluto. Baby 5 si asciuga le lacrime e allarga le braccia per gettargliele al collo, ma l’uomo scuote la testa, pulendosi la bocca con la mano.
-No, tesoro. Non abbracciarmi. Puzzo da far sch-chifo.-
Anche Gladius ha gli occhi gonfi di pianto, graffi e macchie di sangue sul collo e sul petto che scompaiono fin sotto alla copertura inutile del lenzuolo. Le porge una mano aperta, le ossa che sporgono da sotto la pelle secca, e strofina le sue dita contro la guancia tra i singhiozzi.
-Grazie,- mormora. -Grazie, Baby 5. Non avrei mai dovuto dubitare.-
Baby 5 chiude d’istinto gli occhi, e quando li riapre incontra gli occhi lucidi e spaventati di Gladius. -Sto bene. Lo giuro. E sono comunque troppo debole per esplodere.-
-Esplodi pure,- dice Baby 5. -Vuol dire che stai bene.-
Diamante ride amaro, battendo i denti nel suo straccio. Lo spingono, lei e Gladius, senza che nessuno dica una parola fino al mezzogiorno. C’è un mercato, vicino al porto, che si estende fin oltre il pontile. Baby 5 compra degli occhiali scuri, dalle lenti esagonali larghe come un fondo di bottiglia. Diamante solleva una mano, pallida come neve, per carezzarli.
-Degni di una schtar.- mugugna. -Sono tornato, uhahaha.-
Gladius si cambia in una cabina bagno: un soffice maglione bianco, una lunga gonna di lana, leggings neri e un paio di stivali imbottiti di pelliccia. Accarezza i soldi di Myosgard come per assicurarsi che siano ancora lì, e le narici tremano mentre paga i suoi abiti nuovi. Anche lui ha un nuovo paio d’occhiali: spesse lenti nere, montatura di metallo, scuri abbastanza da coprirgli gli occhi. Trova anche una collana di rame, a forma di orologio, con ruote e molle in bella vista. La stringe a sé come un pegno d’amore.
-Presto,- sussurra. -Presto.-
Lei e Gladius si dividono una pizza, grande abbastanza da poterci saziare la capitana Jewelry. Diamante rifiuta lo shopping – “non finché sono così sudicio, teschori miei” – ma sorride rilassato mentre lo imboccano con una ciotola di riso caldo. Quando poi gli portano alla bocca una tazza di caffè, soffiandovi sopra per lui, ride di piacere fino a far tremare la sedia a rotelle.
-Credi veramente in quelle cose che hai detto?- domanda Baby 5 carezzandogli i capelli sozzi.
-Si dicono tante cose, per vivere.- Diamante appoggia la testa al poggiatesta e si rattrappisce nel suo lenzuolo. -Sarebbe solo uno spreco corrergli dietro, ormai. Sono troppo stanco per correre ancora. Lasciami dormire, tesoro. Magari sogno di nuovo Trebol, uhh.-
Lascia cadere il lenzuolo attorno alla vita, abbandonando il volto ai raggi del sole. Un bambino si avvicina a guardarlo, ma una signora lo trascina via di scatto tappandosi il naso. Diamante non emette un verso: appoggia la mano sulla propria coscia e solleva il dito medio.
Anche all’ospedale, il primo che trovano, gli infermieri e i medici si turano il naso nel vedere Diamante che batte i denti dalla sua sedia a rotelle: ma lo portano via lo stesso, il tempo di una stretta al polso. -M-Meno mi vedete coshì, meglio è.-
-Non è il primo, né l’ultimo liberto a passare di qui,- dice il medico che li accompagna all’uscita. -Dateci un paio di settimane e sarà come nuovo.-
A Gladius bastano una visita di primo soccorso, una doccia, e Baby 5 può gettarsi tra le sue braccia sul punto di piangere. Crollano in ginocchio nel mezzo del corridoio, mentre la collana di Gladius le sfiora il petto strappandole brividi di freddo.


L’albergo che scelgono si chiama Paradise – un nome ironico, commenta Gladius, poiché il paradiso gli ha portato via tutta la famiglia. Coperte di cotone soffice, poster di tramonti sul mare alle pareti, una doccia che Gladius le cede prima di buttarsi nel letto con ancora gli stivali ai piedi. Ci sono delle boccette di sapone con stampato sopra il simbolo dell’albergo, ma Baby 5 neanche le tocca. È stanca di guardarsi, di vedere pezzi di pelle che le cadono di dosso. Persino l’acqua è salata, nella sua bocca. Ha i capelli ancora umidi quando getta l’asciugacapelli contro il pavimento e si getta accanto a Gladius, ancora in accappatoio.
Se dormirà ricompariranno tutti: Shalria, Charloss, i venditori di schiavi, i diavoli che avrebbero dovuto dimenticare. L’abat-jour è acceso, e se fissa il soffitto è possibile che non crolli di sonno finché il sole non sarà alto.
Riapre gli occhi che è buio pesto. Contro la sua pelle scorrono leggeri gli abiti nuovi. I capelli, avvolti in un asciugamano, le lasciano sul dito una scia umida. L’orologio alla parete segna le quattro e trentasette di notte. Gladius singhiozza nel sonno contro il copriletto.
Non fa freddo – il condizionatore è puntato su trentatré gradi – ma un brivido la scuote mentre si siede, accomodandosi sui cuscini come se la sua stessa pelle fosse scomoda. Carezza la schiena di Gladius, massaggiando a cerchi sotto la nuca. Gli tampona le guance umide con un lembo del lenzuolo, a tempo con il suo respiro. Incontra i suoi occhi mentre lo ritrae.
-E-Ehi…- tossisce fuori l’uomo-scoppio. Si trascina a sedere, avvolgendosi nella coperta. Un’unica lacrima gli scende dagli occhi lucidi, la bocca tremante e secca. Al mattino dovranno comprare un burrocacao, e qualche altro prodotto benessere. Sarà una sorpresa per Diamante, quando lo rivedranno. Potrebbero cercare un negozio di musica e comprargli una chitarra e qualche spartito, stivali col tacco nuovi; un cappello di suo gusto e un mantello, se da qualche parte ne trovano uno. E naturalmente una spada, la più affilata e raffinata che troveranno. Lo ricostruiranno come una bambola, pezzo per pezzo, finché non brillerà come il suo nome. E allora…
Cosa?
Non ha più sonno, ma allo stesso tempo quel letto è così comodo e sicuro. Gladius si stringe nelle ginocchia.
-È notte?- borbotta. Baby 5 piega la testa, indicando l’orologio a muro.
Gladius si asciuga il naso umido con la manica e serra il petto nelle braccia tremanti. -Mi fa male tutto- geme. Ha le guance incavate nel volto pallido, il naso storto verso sinistra. D’istinto allarga le braccia per stringerlo a sé.
-Lascia stare,- mormora Gladius. -Adesso come adesso ho bisogno di aria.-
-Ti accompagno.-
-Se ti va.-
Baby 5 sussurra un sì, e scivola giù dal letto sulle gambe tremolanti. Ha un bel paio di ballerine nuove, rosso ciliegia, lucide come pietre. Le è mancato, avere un paio di scarpe tutte sue. Avere qualcosa di suo, da trovare carino e sfoggiare un po’ anche solo allo specchio. A una schiava non può piacere, piacersi. È questo che rende l’essere schiava così difficile.
Si rannicchiano in balcone, avvolti nelle coperte del letto denudato. Gladius stappa una lattina di soda e ne beve un sorso profondo.
-Secondo te ci stanno pensando, gli altri?-
-Eh?-
-Pensando a noi, voglio dire.- Gladius emette un respiro profondo. -Se sono preoccupati, se ci pensano vivi o morti…-
Baby 5 gli stringe il polso, sottile abbastanza da far toccare pollice e indice.
-Viola non ha voluto che dicessi a Buffalo e Pica cosa mi è successo. Poi non so se Myosgard si occuperà di qualcos’altro.-
-Avrei dovuto farla saltare per aria, quella traditrice,- ringhia Gladius, e Baby 5 striscia all’indietro fino all’angolo della porta. Già una volta hanno perso la pace, per quegli scoppi d’ira.
Gladius sospira, e beve un altro sorso di soda. -Peggio per noi. Ho già causato abbastanza guai con quest’abitudine di scoppiare. Mi calmerò, se servirà. Mi insegnerai?-
Baby 5 fa cenno di sì. Dovrebbe essere bello, anche quello – Gladius ha bisogno di lei. Ha perso tutto significato molto tempo fa. Solo il calore dell’Uomo-Scoppio la tiene sveglia in quel terrazzino. A Dressrosa poteva correrci, sui balconi. Faceva a gara con Dellinger e Buffalo, ore e ore. Buffalo volava, Dellinger correva come un uomo-pesce, e lei arrivava sempre ultima. Ridevano tutti assieme, dopo ogni corsa.
Quand’è stata l’ultima volta che abbiamo riso?
-Potresti trovare un modo tutto tuo per rilassarti. Io mi dipingevo le unghie. Diamante suonava l’armonica, ti ricordi?-
-Io facevo esplodere le mie braccia, ma sono stanco di farmi male. Voglio un po’ di silenzio, solo un pochino.-
Gladius si copre le orecchie, rantolando. Arriccia il naso come se avesse paura di un ceffone. Baby 5 prende un sorso di soda: non ne rimane più. Gladius la agguanta appena la posa a terra, vi guarda dentro, la scuote. -Brava. Finiscila pure. Non chiedermi se ne voglio un po’, se ho bisogno di un sorso, se mi farebbe felice un po’ di soda. Almeno tu hai imparato qualcosa da questo inferno. Io cosa ho fatto? Ho distrutto la famiglia, ecco cosa ho fatto.-
Baby 5 spinge la lattina giù dal balcone e si getta tra le braccia di Gladius, stringendolo con tutte le sue forze. Il petto dell’uomo, un reticolo di costole tremolanti, sobbalza alla sua stretta. I suoi denti stridono, le narici si tendono in un unico e lungo sospiro. Sembra così piccolo da poterle sparire nel petto, e dai suoi occhi lucidi capisce che lo preferirebbe.
-Siamo liberi, Gladius. Siamo liberi. Questo è importante.-
Qualcosa di liquido e caldo imbeve l’abito di Baby 5.
-Se non fossi crollato tu sarebbe stato qualcun altro. Jora, Pica, Machvise o Lao G. Oppure io stessa. Sarei tornata a chiedere alla gente se ha bisogno di qualcosa.-
-M-Ma…- Le unghie di Gladius si serrano alla sua maglietta. Baby 5 fa cenno di no con la testa. Dondola all’indietro, in un gesto di culla.
-Ricorda che se non fosse stato per te non avremmo più Diamante. L’hai protetto, l’hai accudito. Non pensarci. Andrà tutto bene.-
Gladius digrigna i denti più forte, ansimando nella sua spalla. -Ho davvero bisogno di te. Non ce la faccio, da solo. Pregavo di morire mentre stavo là dentro. Diamante diceva che andava bene, che ce l’avremmo fatta, e non credevo nemmeno a lui. Non farmi gettare tutto alle spalle. Ti prego. Ti prego.-
Le guance di Baby 5 si infiammano. Devono essere rosse, anche se non le vede. Il tremito di Gladius si acquieta, le spalle tremanti si rilassano e si appoggiano alle sue. -Sì,- sussurra al suo orecchio, ed è bello e caldo come lo era anni prima.


Il mare si piega in frange bianche, luccicanti al sole del mattino. Un motoscafo sfreccia sulle onde verso l’orizzonte, dei bambini sguazzano nell’acqua bassa in una foresta di palloni, gonfiabili e salvagenti. I sandali nuovi di Baby 5 schioccano contro la sassaiola, e le ali di cuoio della farfalla sull’allacciatura sbattono al vento come se fossero vere.
Si direbbe quasi carina, riflessa nello specchio del mare. Tra i capelli puliti luccica un cerchietto con tanto di fiocco, la gonna dell’abito rosso e bianco si allarga a ruota sotto la brezza. Si toglie gli occhiali da sole a occhio di gatto e li appende alla scollatura.
-Altro shopping può rilassarti, oggi pomeriggio?-
Gladius sfila la mano dalla tasca della gonna. Una banconota sporge assieme alle sue dita. La spinge di nuovo dentro con un pugno. Anche Baby 5 afferra la sua borsetta, saggiandone la lunghezza con i polpastrelli. Ci sono tutti, non fare la sciocca. Un terzo dei soldi di Myosgard li porta lei, un altro terzo Gladius, l’ultimo rimane in albergo come ultima risorsa. Anche a Diamante è stata data una parte, per comprarsi qualche amenità durante la degenza. E se succedesse loro qualcosa, il nobile sarebbe pronto a dargliene ancora.
-Penso di sì, grazie.- Gladius percuote la tasca, coperta dalla giacca plissettata. Non ha trovato cilindri o bombette, ma il fedora leggero rende meno straniante a vedersi il suo capo pelato.
-Dovremmo fare un regalo a Diamante, per quando uscirà.- dice Gladius. -Vorrà tornare a truccarsi?-
-Secondo me gli piace. A me piace. Mi fa sentire meno….-
Schiava è la parola che non esce, e Gladius deve averlo capito, perché fa cenno di sì con la testa.
-Poi lo portiamo qui, e passiamo una giornata quasi normale.-
Le onde si appiattiscono, il mare si illumina di scintille d’argento alla luce del sole. Baby 5 si rassetta in testa il cerchietto e respira l’aria salmastra. Ogni pirata la ama, anche chi non lo è più. Anche chi porta sulla schiena lo Zoccolo del Drago Cavalcacielo.
-È bello,- dice atono Gladius.
-A me ricorda un po’ la spiaggia di Primula, non trovi?-
-Un po’, forse. Alla fine le spiagge si somigliano tutte.-
Comprano delle granite e si siedono sugli scogli a sorseggiarle. La fragola è così dolce da frizzarle sulla lingua. Buffalo adorerebbe un momento come quello, e forse anche Pica. Baby 5 trascinerebbe tutti là, al loro fianco, a godersi il sole e la libertà. Trascinerebbe là persino Diamante, direttamente dall’ospedale.
-Non dobbiamo per forza stare qui, lo sai.- Carezza il dorso della mano di Gladius. -Possiamo viaggiare, trovarci un altro posto. Possiamo arredare le nostre camere, che ne pensi? Una stanza steampunk solo per te.-
Un sorriso guizza in un lampo sul volto dell’uomo. Sospira, abbassando le spalle.
-Non riesco a tollerarlo.-
-Che cosa non tolleri?-
Gladius tira un calcio a un ciottolo, che rotola lungo gli scogli fino al mare. -Che io, te e Diamante siamo liberi solo perché abbiamo la fortuna di avere un Padroncino imparentato con un Nobile Mondiale.-
-Un sacco di gente non ha nemmeno quello.-
-Ma non è una cosa da noi, non pensi?-
Baby 5 chiude gli occhi per un attimo. Gli occhi di Shalria se li ricorda: marrone chiaro, luccicanti, circondati da lunghe ciglia curve. Non assomigliano a quelli di sua madre, che erano pozzi vuoti e giallognoli colmi di sangue, ma lo sguardo era quello: disprezzo. Da gente come quella hanno passato la vita a scappare, e a combatterli appena hanno imparato a farlo.
Scuote la testa. -Non può andare solo come diciamo noi. A me bastava scappare, da quel posto. Da quella ragazza…-
Gladius stringe più forte il suo polso, e la pelle nera e calda dei mezziguanti nuovi di zecca gratta contro quella di Baby 5. Sono così grandi, attorno alla sua mano sottile. Deve aver preso una taglia da bambino. Sorseggia la sua granita alla vaniglia, serrando i denti sulla cannuccia.
-Ti va di dirmi com’è stato?-
La granita trema tra le mani di Baby 5, e una goccia fredda le scorre lungo il polso. Rabbrividisce, pulendosi con una schicchera. Avrebbe dovuto aspettarsela, quella domanda, e si sente un’ingenua per non averci pensato. La mano di Gladius si fa più stretta tra le sue dita viscide.
-Solo se vuoi farlo,- ripete Gladius. -Se te la senti. Ci siamo già fatti abbastanza male.-
Baby 5 scuote la testa, lasciandosi cadere seduta sugli scogli caldi. Si sposta perché Gladius si metta al suo fianco, tenendole il polso con una mano altrettanto tremante.
-Di cosa hai bisogno?-
-Di non sentire mai più quella parola, per favore.-
Si allontana dalla stretta di Gladius e stringe a sé la sua borsetta, come se potesse scaldarla. Un gabbiano stride contro l’orizzonte. Il suo cuore batte piano, è calmo. Sarebbe bello poterlo capire.
Pop. Si volta di scatto, serrando la borsa al petto come fosse un neonato. Pop. Pop. I sassi scoppiano nei pugni di Gladius con un rumore sommesso, da pentola a pressione. La vena sulla sua fronte si rilassa e scompare sotto la pelle.
-Vorrei poterti insegnare. Te lo meriti, più di tutti noi.-
Baby 5 tira su col naso. Scaraventa la granita nel secchio della spazzatura, immaginando che quel bidone sia la testa di Santa Shalria, e il guscio di plastica vuota una lancia che gliela strappi dal collo.


C’è qualcosa di liberatorio, nell’uscire di notte. Come fossero teppistelli alle prime trasgressioni, e non due ex membri di uno dei più grandi equipaggi del globo. I suoi ricordi di bambina vedono Gladius uscire nella tenebra dal dormitorio, a passeggiare in città per conto suo. Occhialoni steampunk, sigaretta in bocca, il dito indice sospeso in un muto segno di no verso di lei. Tornava sempre all’alba – in un colossale pugno di Pica, sulla spalla di Diamante come un pacco, trascinato da Trebol in una rete melmosa – e il Padroncino lo guardava sogghignando. -Ti fai grande, Gladius. Apprezzo la tua indipendenza. Ma dovrai imparare a prendere ordini presto o tardi.-
Al Gladius di adesso non parla di quei ricordi. Conviene con lei che trattare la loro vita prima di Impel Down come quella di qualcun altro fa sembrare meno ingrato il paragone con la loro esistenza a metà. Dimenticarsi di aver mangiato specialità di gourmet per dieci anni e passa rende più saporiti i pasti casalinghi dell’Hotel Paradiso. Dimenticarsi di aver dormito in stanze arredate a loro misura fa sembrare più comodo quel pulito arredamento d’artigianato. Il cielo di quell’isola è luminoso, di un blu che pare nero, e rende anche il mare completamente nuovo.
Compra vestiti colorati, scarpette col tacco basso, persino un grembiule nuovo. Non è il suo, però, e dopo tre giorni lo abbandona sul fondo dell’armadio. Si potrebbero comprare tutto il mercato. Per Diamante preparano una cintura da cowboy con la fibbia di strass, un anello a forma di seme di quadri e un gilet rivestito di lustrini azzurri. In una bancarella sperduta nell’angolo trovano degli orecchini a forma di aeroplano che fanno impacchettare per Machvise, in una gelateria un coupon per Buffalo, e da un negozio in un vicolo si portano appresso vasi artigianali destinati a Jora.
Bar, mercato, spiaggia. Assaggiano tutti i dolci della pasticceria e tutta la frutta delle bancarelle. Spiaggia, mercato, bar. Si addormentano tenendosi per mano, pregando di non restare da soli a guardare il soffitto e sentire il ticchettio dell’orologio da muro. Una manciata di giorni la passano là, a fissarsi, a lucidare i regali che comprano e accumulano nell’armadio. Un cristallo di malachite alto un braccio per Pica, ché ricominci la sua collezione. Una bambola di porcellana di seconda mano, con trecce verdi che paiono vere, destinata a Sugar. Una miscela assortita di collane, braccialetti e anelli per Joanna, Kari, Emily e Charlotte – Baby 5 non ha idea di cosa piaccia loro, e si scambia con Gladius uno sguardo perplesso mentre insaccano le loro prede – e un paio di occhiali da lettura, dalla montatura d’oro, per Lao G.
Bar, mercato, spiaggia. Shalria sorride alle sue spalle, riflessa nello specchio mentre si pettina. La sua mano cinge i fianchi di Baby 5 ogni mattina mentre si veste, le raddrizza la schiena con un colpetto di polso, la squadra con disgusto dagli altri tavoli mentre mangia cibo che non spetta a una schiava. Anche Diamante ride, dall’altra parte della cornetta, e gorgheggia rauco. Spiaggia, mercato, bar. I capelli di Gladius scorrono morbidi nella spazzola: lo pettina tutte le sere, a tempo col suo respiro. Staremo bene, lui le ripete. Riempie il suo comodino di sassi e li fa scoppiare ogni volta che il viso ridente della sua carceriera gli ricompare davanti agli occhi. Pop. Pop. Pop. Baby 5 dorme come una neonata, con quel rumore alle spalle.
Al diciassettesimo giorno, di ritorno dalla colazione, la receptionist porge loro un biglietto. È scritto in penna rossa luccicante, e i puntini delle i sono sostituiti da grossi rombi – o quadri.
Bacioni rock and roll, tesorucci. Sono tornato e in piena forma. Non avete idea di quanto mi siete mancati. Vi aspetto in città, al mercato dove siamo stati il primo giorno. Saprete dove trovarmi.”
-L’ha fatto scrivere a me,- dice la receptionist. -Gli tremava troppo la mano per tenere la penna. Ha insistito che mettessi quei rombi sopra le i, come se fosse importante. Ma aveva un bel sorriso, anche se un po’ bavoso. Temo che con i liberti ci sia poco da fare.-
Corrono fuori dalla reception con un saluto a mezza bocca, rincorrendosi e sorpassandosi come bambinetti. Lungo il sentiero, tra le casette portuali, oltre il pontile e le bancarelle del mercato. Baby 5 tiene la mano di Gladius, gli occhi che guizzano nella folla per un bagliore di rossetto, il frusciare di un mantello rosso, il rumore cadenzato dei tacchi sui sampietrini…
Superano la prima fila di bancarelle, si fermano a respirare contro il muro del bar dove hanno mangiato il primo giorno. Baby 5 tira Gladius per la manica.
-È… tornato?-
Gladius fa cenno di sì con la testa e tira su col naso.


A.A.:
Sono Lady R. O meglio, Dottoressa di Filosofia Lady R. 
E adesso, completato il mio bel percorso di studi, posso tornare ad essere Degenere in maniera pura, completa e felice. 
Eppure, allo stesso tempo, sono sempre meno sicura di questa storia. Mi sembra che stia perdendo lo smalto, il dolore. Io stessa stia perdendo il "tocco", o forse non ci sia mai stata. In ogni caso siamo qui, a un punto di passaggio tra la schiavitù e la libertà. Non amo molto scrivere Gladius, non riesco davvero a capire da che parte prenderlo, ma spero che questa versione sia piacevole. Con i suoi morbidi capelli non velenosi, tutti da pettinare. 
Come si sarà implicato, nel capitolo successivo torna Diamante. Secondo voi come sarà?
Alla prossima.
Lady R

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Capitolo 27
*** ​Il Debito Di Myosgard – Le Stelle, Le Note, L’Amore ***


Il Debito Di Myosgard – Le Stelle, Le Note, L’Amore


Solleva la testa e piega la mano tremula in un gesto di saluto.
I capelli castani, di nuovo puliti, sporgono da sotto un cappello a tesa larga, sulla cui falda sventola un nastro dorato. La camicia leopardata, annodata sull’ombelico, si gonfia come una vela nel vento. Il sudore luccica sul petto scoperto: pallido, glabro, coperto di cicatrici dal collo al ventre. Sulle costole sporgenti pende un ciondolo a forma di chitarra elettrica. Unghie laccate di nero carezzano la fibbia della cintura, grande come un piattino da caffè. Ancheggia nei jeans attillati come una calzamaglia, batte sul legno i tacchi lunghi una spanna degli stivali da cowboy. Un cardigan di lana bianca, punteggiato di lustrini, pende sulle spalle ingobbite.
La sta guardando, da dietro i suoi nuovi occhiali da sole: rosso fuoco, dalle lenti a forma di seme di quadri. Schiocca le labbra vermiglie, strilla nel microfono, e il pubblico esplode in un’ovazione.
-See-saw swingin’ with the boys in the school, with my feet flying up in the air…- Una canzone sporca, sudicia, ma il pubblico fa la ola a tempo come se fosse l’inno nazionale. E quella voce raschiata, più rauca di quanto ricordasse, strilla nel microfono come se potessero sentirlo fino a Marijoa.
-È tornato, sì,- dice Gladius. Diamante rotea il cardigan sul braccio come fosse il suo famoso mantello, si lascia cadere in ginocchio, inarca la schiena, percorre con la mano libera il proprio ventre. -Walk this way! Come fa?- Avvolge il braccio-stoffa attorno all’asta e la fa roteare verso il pubblico. Risponde un coro caotico ed esultante: -Talk this way!-
Gli applausi sembrano durare per sempre, e a Baby 5 fanno male le mani quando si placano e Diamante scende dal palco tra un inchino e un bacio dalla punta delle dita. Come se quella stazione karaoke cittadina fosse stata allestita apposta per lui, per celebrare il suo ritorno. Corre giù dalle scale, allarga le braccia, piomba in ginocchio e agguanta Baby 5 e Gladius in un abbraccio smunto e caldo.
-Diamante-sama…-
-T-Teschori belli…-
La lana del suo cardigan, soffice come mochi, le scalda il braccio mentre l’uomo la stringe. I suoi ciondoli tintinnano, le labbra schioccano nella frenesia degli appiccicosi baci al rossetto. Strofina la guancia contro la sua, spessa di cipria.
-Sei andato al centro benessere?- ansima. La guancia di Diamante brilla al sole quando annuisce, spennellata di brillantini dorati. Un’onda morbida, dallo zigomo al ponte del naso. Anche il rossetto luccica, spesso e plastico. Da dietro gli occhiali da sole, le lunghe ciglia sbattono gonfie di mascara attorno agli occhi incorniciati di ombretto nero.
-Sei…- Gladius reclina la guancia contro la camicia luccicante. -…luminoso, Diamante-sama.-
-Gladius, teschoro.- L’ex Ufficiale gli strofina la mano sulla schiena. -Ma guardati, ti sei rifatto daccapo. Sei più meccanizzato di un Pacifista, ragazzo mio.-
Gladius fa un passo indietro, si mette in posa con le mani sui fianchi. Ha un sorriso sottile sulle labbra. Diamante si china su di lui, sorridendo con denti ingialliti.
-Un giro di shopping rassicurerebbe l’ultimo dei disgraziati, credi a me.-
Gli stampa un bacio in cima alla testa e lo lascia andare, avvicinandosi a Baby 5.  Allunga la mano tremula, e lo smalto nero alle unghie luccica come ossidiana. -Allora, che mi dici? Non ti piaccio più?-
Baby 5 si aggrappa di nuovo al suo petto, e imbeve di lacrime il cardigan nuovo. Diamante la carezza con le dita, facendole il solletico con i lunghi capelli.
-Su, su. Alla gente faccio questo effetto. Sono o non sono una r-rockschtar?-
-La migliore,- sussurra Baby 5, e lo stringe più forte. Lo tiene stretto finché il suo cuore non smette di tambureggiare. La mano di Diamante scende lungo la sua guancia e le pizzica il volto tra pollice e indice. Ridendo, l’uomo le stampa un bacio in fronte viscido di rossetto. Gladius si gratta via dalla testa un’impronta rossa grande come un fondo di bicchiere: ride, strofinando sulla propria fronte le dita bagnate.
-Ti voglio bene, Diamante-sama. Sei bellissimo.-
Diamante scuote la testa, lasciandola andare. -Mi rincresce, mia cara, ma il mio cuore è impegnato.- Le strofina la guancia sulla fronte. -Su, per così poco. Non sono nemmeno tutto pronto. In questo posto di merda non hanno un mantello della mia misura. Ho dovuto arrangiarmi, sai?-
-Non dirmi che l’hai detto ai commessi…-
-Ci puoi scommettere, mia cara.-
Gladius prende un sorso di tè. -Una vera rockstar sa sempre farsi notare.-
L’immagine di Diamante che strilla dall’alto delle bancarelle se da qualche parte vendono un mantello decente basta a farla ridere. Li afferra entrambi da sotto le ascelle, tenendoseli stretti.
-Conoscete un bel posto dove portarmi? Ho un bisogno fisiologico di bere qualcosa..-

Si siedono al bar all’angolo della strada, quello dove si sono trovati ad andare più spesso in quelle strane settimane. Compare solo la scritta “bar”, in caratteri di neon rossi e sbiaditi. I tavoli di plastica sfoggiano un ricco mosaico di crepe, le sedie cigolano quando vi si lasciano cadere. Diamante rabbrividisce quando appoggia la mano sul bracciolo. Storce la bocca. -Che gelo.-
-Ma fidati, Diamante,- gli dice Baby 5 aiutandolo a sedersi. -Qui fanno il miglior poké che tu abbia mai assaggiato.-
Per afferrare le bacchette vi avvolge attorno le dita-stoffa, e sussurra “lock” come all’orecchio di un amante. -Ho fatto pratica, in ospedale. Si sapeva che il danno alla mia schiena era permanente. Anche alla mia parlata, si sch…-
Si pulisce la bocca con la manica. -Almeno mi reggo in piedi. Qualcuna mi aveva promesso di truccarmi, o mi sbaglio?-
Le guance di Baby 5 bollono. -Che dolce, te ne sei ricordato.- Gli pizzica il braccio. Il sole del pomeriggio luccica sul suo volto sudato. Una bandana rosa sporge da sotto la tesa del cappello, ricamata in dischi dorati. Ripiega le gambe attorno alla sedia troppo bassa, sbatte gli occhi da dietro gli occhiali nuovi, carezza il menu come se fosse seta.
-Voglio un assaggio di tutto,- sogghigna. Solleva una nocciolina dalla ciotola degli antipasti e se la lancia in bocca con uno schiocco di dita.
-Grazie, Baby 5. Continui a salvarmi. Mi farai sentire in difetto, di questo passo.-
-Lascialo stare, vuol fare il drammatico,- dice Gladius. Ma sorride.
Gli portano cocktail rosa acceso, con tanto di cannucce. Quando Baby 5 lo succhia le riempie la bocca di dolcezza acidula, nauseante. Diamante sospira, sorridendo beato.
-Mi piace scroccare dai Nobili Mondiali. Ce lo siamo tutti meritati, non trovate?-
-Myosgard è diverso. È cambiato, dice. Ha incontrato una Regina o qualcosa del genere.-
-Tu ci credi?- domanda Gladius.
Diamante succhia un altro sorso di cocktail. -Io sì. La persona giusta può cambiarti la vita. È successo a noi. I Nobili Mondiali hanno tutto, potranno permettersi anche qualcuno che gli cambi la vita.-
Prende un respiro profondo, carezzandosi i capelli. -Doffy mi manca tantissimo. Non avete idea del bambino che fosse, voi. Era re quanto quella sirena era regina. Lo avremmo seguito fin’oltre la Linea Rossa, se ce l’avesse chiesto.- Arriccia il naso, solleva lo sguardo al soffitto del portico. -E prima di Doffy…-
Baby 5 e Gladius si scambiano uno sguardo. L’uomo si ritrae, scuotendo la testa.
-Ti manca?- domanda lei. Diamante le cinge la spalla col braccio, sbattendo le ciglia verso il cielo.
-Penso a lui tutte le notti. A volte lo sogno. Mi bacia, mi coccola, mi consola. Quando ami qualcuno fai questo, no?-
Baby 5 si stringe nelle ginocchia. -Non lo so. Non ho mai amato davvero qualcuno.-
-Non pensare a quelle teste di cazzo. Pensa alle persone cui vuoi bene. Quelle che ami.- Diamante ammicca. -Anche a me, se ti pare. Come si può non voler bene a me?-
Baby 5 ride, succhia il cocktail fino a metà calice.
-Anch’io gli volevo bene. Gliene volevamo tutti. E sono sicura che sarebbe felice di te.-
-Forse s-sono diventato un vecchio romantico, ma mi sembrava di vederlo anche stamattina. Mentre cantavo, sai? Lui amava sentirmi cantare. Ha fatto accordare per me il pianoforte del palazzo. Ogni tanto facevamo dei duetti, solo noi due.- Depone il calice sul tavolo e raccoglie le mani in grembo. -Era un cantante atroce, anche lui lo sapeva, ma non importava. Voleva cantare. Chissenefrega del resto. Anche della morte.-
Prende un respiro profondo, ravviandosi i capelli.
-Sapere che è morto soffrendo, è come se uccidesse anche me. Però lui…-
Apre la bocca, la richiude, serra le labbra dal rossetto ormai sfocato. Le dite tremule sono strette al piano del tavolo. Il volto avvampa, arrossendo al di sotto della cipria.
Gladius allunga il collo. -Diamante-sama?-
Diamante piega la testa all’indietro e ride. Le mani ricadono alle sue spalle, il cappello e la bandana scivolano dalla sua testa e rotolano sul pavimento. I denti sbiancati luccicano ai neon; un bagliore di arcobaleno gli illumina l’angolo di un canino. Un piccolo diamante, tondo e sfaccettato.
L’ex Ufficiale si raddrizza, ravviandosi i capelli. Gladius si china sul pavimento, raccoglie bandana e cappello e li porge al legittimo proprietario. Il suo lungo braccio tremulo lo agguanta per le spalle e lo tira a sé, stringendolo forte. I due copricapi gli ricadono in grembo, dimenticati.
-Vi ha affidati a me, no? Ed è giusto che abbia cura di voi. Tutti voi.-
Attorciglia di nuovo le dita attorno al calice e lo porta alla bocca, bevendolo tutto d’un fiato. Lo sbatte sul tavolo così forte che Baby 5 lo vede già in frantumi.
Ma non si spezza, e Diamante circonda la guancia di Baby 5 con una mano.
-Anche te. Ti voglio tanto bene, mia cara.-
E quel bacio in fronte caldo, viscido di rossetto, strappa un sorriso anche a lei.

Il loro lumacofono nuovo è azzurro, soffice, e freme nel farsi accarezzare. Gli angoli della sua bocca si piegano in su come se stesse sorridendo mentre sgranocchia piano la sua insalata ai pomodori. I piccoli occhi di Myosgard si abbinano a quel sorriso come se fossero i suoi.
-Buongiorno, Baby 5 e Gladius. È un piacere risentirvi. Spero che stiate passando delle belle giornate.-
-Non siamo soli, signore.- dice Baby 5. Diamante si china sull’animale come per sussurrargli un segreto. -Sono Diamante, l’Eroe del Colosseo.-
Myosgard ride. -Molto piacere, Diamante. Non ho mai conosciuto un Eroe del Colosseo. Spero che tu stia bene.-
-Una favola, tesoro. Penso di dover essere felice di parlare con il mio benefattore.-
-Non preoccuparti, per favore. È il minimo che possa fare per l’equipaggio di mio nipote. Le contrattazioni con i miei pari stanno procedendo. La maestra d’arte arriverà stasera. Il padre di Santo Charloss dovrebbe farmi avere il giullare di suo figlio e il trasporto di sua figlia in cambio della mia parte di Tributo Celeste.-
Gladius si ritrae sulla sedia. Abbastanza soldi da comprare tutta l’isola, poco ma sicuro. Anche Diamante scuote la testa, e serra le labbra con fare disgustato.
-“Il giullare di sua figlia” è mio figlio, e vorrei rivederlo.- dice Diamante freddo.
Un tonfo, un trapestio di mani dall’altra parte della cornetta. -Diamante-sama! Quanto mi è mancata la tua voce! Posso parlarci? Posso?-
-Dellinger,- esala Baby 5, ma il tono non è corretto. Così acuto, così flebile, così tremulo. Si sporge sul tavolo. -Ehi, ciao. Come stai?-
Un cigolio di legno. -C’è Baby 5! ‘Vise, Lao G, Kyuin! Venite a salutarla!-
Deve serrarsi la mano sul ventre da quanto freme. Qualcuno applaude, qualcun altro singhiozza e tira su col naso. -Baby 5? Giusto cielo, cara bambina. Ne hai fatta un’altra delle tue.-
È la voce gracchiante di Lao G. -Diamante-sama, finalmente. Abbiamo bisogno di un eroe.-
-Oh, Diamante-sama. Sono così contenta.-
-Diamante-sama. Baby 5. Stiamo tornando a casa. Stiamo andando via-in.-
Gli angoli della bocca di Diamante si sollevano. -Sì, ‘Vise. Stiamo tornando a casa. Andrà tutto bene, te lo prometto. Non ci separeranno più.-
-‘Vise non mi mollava più,- strilla Dellinger. -E Jora non è ancora tornata. Quanti abbracci mi aspettano.-
-Tieniti in caldo per me, dolce tesoro,- dice Diamante. -Ma Gladius? Nessuno saluta Gladius?-
Machvise ride, una risata stridula che verso la fine si tramuta in un colpo di tosse. -Nihihihi…eccolo qua, il nostro uomo-scoppio preferito. Spero che gli altri arrivino presto, che voglio pizzicarti tutte le guance.-
-E arrivano?-
-Certo che sì,- dice Myosgard. -Spero che i soldi vi siano bastati per trovare un luogo confortevole. Vi prometto che nulla vi accadrà più di male. Confido che abbiate imparato dai vostri errori.-
Diamante scuote la testa. -Immagino di sì. Immagino che dopo essere stati masticati e risputati dal mondo non abbiamo voglia di metterci nei guai con la Marina.-
Baby 5 reclina la testa sulla spalla di Gladius, lasciandosi abbracciare. I soldi di Myosgard possono comprare una nave più piccola della Numancia Flamingo, ma grande abbastanza da viverci tutti assieme. Possono trovare un’altra isola, anche quella più piccola, e ricostruire Dressrosa. Crescere laggiù, lontano da ogni pericolo, lontano da altri dolori se non nei ricordi.
…così poco?
Non gli ha forse insegnato a volere sempre di più, il Padroncino? A non scavarsi buche nell’immondizia dove nascondersi? Il Padroncino è a Impel Down, incatenato sul fondo del mare, e non lo rivedranno mai più. Probabilmente non gli hanno neanche detto che il suo equipaggio è stato preso come schiavo. Oppure sì, una nuova tortura da aggiungere alle tante. Un incubo senza fine per un uomo che non ne merita più.
-Forse ci troveremo degli altri lavori,- sbadiglia Gladius. -Intanto rivogliamo la nostra famiglia. Vi ringraziamo, nobile Myosgard. Ci avete dato tantissimo.-
-Caro, dammi pure del tu. Per la vostra sistemazione posso prestarvi una delle mie navi, finché non trovate qualcosa che faccia al caso vostro.-
-Ma chi se ne frega!- cinguetta Dellinger. -Saremo di nuovo tutti insieme.-
-Risparmia l’energia per quando ci rivedremo, ragazzo.- Diamante rimescola col dito il ghiaccio sul fondo del bicchiere vuoto. -Starete bene, ve lo prometto. Staremo tutti bene, sotto una nuova stella.-
-E tu te ne intendi, non è così?- ridacchia Lao G.
Attaccano il Lumacofono quando il sole sta tramontando, e lo carezzano di nuovo guardandosi dai lati del tavolo. Nessuno li ha disturbati, nemmeno una domanda di passaggio. I tempi in cui ci nascondevamo sono finiti. Dimenticheremo. Rinasceremo.
Smetterà di sognare Shalria e le sue mani sui fianchi, il suo sorriso mentre si siede sulla schiena di Buffalo, gli occhi luccicanti di Pica nel suo pietoso abito da buffone di corte. Un solo mese. I lividi scompaiono, i tagli si rimarginano. Il mare laverà via ogni brutto ricordo, se il tempo farà il suo dovere.
Baby 5 guarda gli occhi lucidi di Diamante, il sorriso sollevato di Gladius, e vorrebbe sussurrare un grazie a chiunque possa ascoltarla ancora.   
Gli ultimi grappoli di turisti si allontanano verso i sentieri. Le luci del mercato si accendono dalla costa alle strade, le saracinesche dei negozi si abbassano. Un plotone di Marines allestisce un posto di blocco attorno a tre pontili.
-Sta arrivando in visita un Nobile Mondiale, Myosgard della Famiglia Donquixiote.- Una guardia scuote la testa verso una manciata di omaccioni con le mani sui fianchi. -Per stasera dovrete attraccare altrove, non so che dirvi.-
Baby 5 raddrizza il piatto che contiene i crostini di olive e prende un respiro profondo. Gladius versa dei cubetti di ghiaccio nella soda, e le sorride da dietro ai suoi nuovi occhiali tondi.
-Era questa, la birra che piaceva a Machvise?-
-La Silvers Long Johns. Proprio quella. E guarda che gelato. Fragola, pistacchio, mirtillo e crema. I preferiti di Buffalo. Hai fatto bene.-
Gladius arrossisce appena. -Eri tu quella che conosceva i gusti di tutti. Lao G aveva ragione, sei preziosa.-
-Sono d’accordo. E io me ne intendo, di cose preziose.-
Diamante accenna un inchino, carezzandosi le ciocche striate d’oro. Gli occhi sono lucidi tra le spesse bande di ombretto viola, le labbra vermiglie tremano in un sorriso.
-Non sai da quanti giorni sognavo questo momento.-
-Lo sognavamo tutti.- dice Baby 5. -Andrà tutto bene. Ci sei mancato davvero.-
-Non è esatto, in realtà. Nei miei sogni c’è Doffy che mi abbraccia, e Trebol che mi…-
-Chiaro, chiaro,- taglia corto Gladius. -Dovrebbe essere tutto a posto. Andrà tutto bene.-
Come se ripeterlo potesse renderlo più vero. Diamante si liscia il giubbotto di lustrini e si volta verso la piazza, illuminata dai colori del parco del karaoke.
-Passeranno tra venti minuti. Ho il tempo di un’ultima cantata, che ne dite?-
Scappa via senza guardarli, corre lungo il sentiero nello sventolare del suo lungo trench coat grigio argento. Gladius scuote la testa, indicando di sedersi.
Baby 5 si rannicchia al suo fianco, sotto al tavolo delle bevande. Il fumo del ramen caldo si leva contro il mare in penombra, il bollitore del tè ronza e borbotta accanto ai biscotti e ai pasticcini. Si stringe nella sua giacca nuova, rassetta la fascia nei capelli. Un altro respiro, che sa di aria fresca e di salsedine. È finita.
Gladius si sfila gli occhiali, li appende alla maglia. Il viso bianco di Baby 5 si riflette nelle lenti scure. Il rossetto si sta scolorendo, ma c’è una curva nelle sue guance che non ricordava.
-Sarà una bella festicciola,- dice Gladius.
Applausi scrosciano dalla piazza e si chetano. La voce di Diamante si leva contro il cielo ormai stellato.
-You said I was the most exotic flower, holding me tight in your final hour…-
Gli trema la voce sull’acuto, ma quel timbro caldo e raschiato basta a farla sorridere.
-È emozionato,- dice Gladius. -Canta per calmarsi. Io la vedo così.-
-Sa ancora cantare dopo tutto quello che ha passato? Il nostro Diamante non ha uguali.- Le pare quasi di vederlo, che ondeggia a tempo di musica, pizzicando con le dita tremanti una chitarra che non c’è. La canzone l’hanno sentita a Dressrosa, in uno di quei dieci anni ormai lontani. Baby 5 muove le labbra ripetendo le parole.
-And I don't know how to get over, get over, someone as dangerous, tainted and flawed as you.-
Se avesse il potere di Viola, solo per un attimo, solo in prestito, potrebbe godere un primo assaggio di quel magnifico incontro. Meglio ancora sarebbe se la sua Ambizione della Percezione le facesse vedere il futuro. I grandi guerrieri sanno farlo, ha sentito dire. Il figlio prediletto di Big Mom ha vinto intere battaglie anticipando le mosse dei suoi nemici. Anche Cappello di Paglia ne era capace. Oppure no: vuole dubitare che sarebbe stato a guardare, se avesse visto la loro fine. Nessuno può essere così stronzo, al mondo.
Li ha immaginati spesso, in quei giorni di attesa. Il volto di Myosgard nello squallore della loro vita da schiavi, la sua mano protesa e un nome che conoscono. Jora appoggia i pollici storti sul proprio grembo e chiede come sta Dellinger. Lao G stira la schiena dolorante e abbraccia le gambe paffute di Kyuin. Pica si mette a sedere nel fracasso dei suoi campanelli, porgendo i capelli insozzati di cibo e vernice al pettine di Buffalo, chinando il capo perché Myosgard non veda i suoi occhi rossi e il cerone sciolto sulle guance; o forse è il contrario, forse è Buffalo a mettersi a sedere di fronte al fratellone, a farsi massaggiare con le mani enormi e lacerate le spalle e la schiena. Machvise si saggia i lividi e applaude, Sugar sorride come una bambina vera a cui hanno regalato un giocattolo. Liberi, di nuovo tutti insieme.
-La sai una cosa?-
Gladius gratta la suola contro i sassi. -Cosa?-
-Al Reverie, oltre a Viola e Kyros, ho incontrato anche Don Sai.-
Gladius scuote la testa. -L’uomo che ho quasi sposato. Adesso stava con una signora muscolosa che non ho mai visto. Ma era simpatica. Non era arrabbiata con me.-
-Ci mancherebbe, non hai fatto niente di male. Avrai la tua occasione con qualcun altro, adesso che il Padroncino…-
Gladius solleva la mano aperta. -Abbiamo il mondo in mano, per davvero. Non pensare ad altro.-
-Forse è meglio così,- mormora Baby 5, e improvvisamente sente freddo. -D’amore non capisco niente.-
-You got the world but baby at what price?
Something so strange, hard to define.-
-Diamante lo sapeva, cos’è l’amore. Almeno lo spero.-
-Lo speri?-
Baby 5 si stringe nelle spalle. -Quando ami qualcuno e lo perdi stai male, vero? Un male che non sai descrivere.-
Gladius annuisce. -Io quando ho lasciato Sai non ho sentito niente. Non ci amavamo per davvero, penso. Ma se Diamante amava Trebol per davvero, come mai è così poco triste?-
-If you're going crazy just grab me and take me
I'd follow you down down down, anywhere anywhere…-
-Perché Diamante ama Trebol, ma non solo Trebol.-
Gladius si piega sul fianco, per meglio guardarla negli occhi.-Ama te, ama me, ama Pica e Buffalo. Ama tutta la nostra famiglia. Amava Doffy, quando era con noi. Amava Vergo e Monet quando erano ancora vivi. Trebol gli manca, me l’ha detto tante volte quando eravamo prigionieri insieme. Ma ha ancora tanto amore da dare. Ce l’abbiamo tutti.-
Ricorda il suo sorriso, il primo giorno assieme. Pensa alle persone cui vuoi bene. Quelle che ami. Anche se non ha senso pensare, quando presto le vedrà. Scivola lungo i sassi, sdraiandosi sulla schiena.
-Sai si sta perdendo un mondo.-
-Povero Sai,- sogghigna Gladius. -Arriva sempre tardi.
-One for the money, two for the show. I love you honey, I'm ready, I'm ready to go.-
Deve esserlo davvero, se riesce a cantarlo. La sua voce si spezza di nuovo. Baby 5 lo immagina che sorride al microfono, una lacrima nera e rossa nella bocca tremante.
-How did you get that way? I don't know.-
Un corno risuona nella baia, una forma sottile risale lungo le acque calme. Gladius si volta di scatto, abbracciandola.
-Dobbiamo andare a chiamarlo?-
-No,- dice Baby 5, e risponde all’abbraccio. -Ce la farà. E lo show deve continuare.-
-You’re screwed up and brilliant, look like a million dollar man. So why is my heart broke?-
-Ha la voce più bella del Mare Orientale,- dice Gladius, -e chi lo nega è più cretino di un Drago Celeste.- Baby 5 non lo sente, sotto il crepitare degli applausi, ma le sue labbra non mentono.
Quando i passi di Diamante crepitano sulla ghiaia, Gladius e Baby 5 si alzano tenendosi per mano. La rockstar si tampona gli occhi luccicanti con la manica, lasciandovi sopra una macchia nera di mascara.
-Ah,- sogghigna. -E adesso andiamo a salutare la nostra famiglia.-
La nave di Myosgard, grande almeno il doppio di quelle dei locali, avanza lenta sulle acque ormai nere della baia. Il topo sulla polena sorride fiero al chiaro di luna.


A.A.:
E con questo capitolo dichiaro ufficialmente concluso il serial della separazione dei Donquixiote.
Stavolta il conflitto è stato disciolto in maniera più tranquilla: Myosgard ha messo a disposizione della Family la sua smisurata ricchezza, ha comprato tutti quanti dai loro proprietari e ha offerto loro nave e scorta per tornare "tra i mortali". Quindi presto rivedremo tutti, ma non è ancora finita: c'è un'ultimo pezzo di storia da scrivere, e sarà speciale.
Mi sembra ancora bizzarro avere questi capitoli così privi di torture e violenza – soprattutto questo, uno dei più leggeri della storia – ma penso che si tratti di un equilibrio necessario. Soprattutto con un personaggio come Diamante, che aveva bisogno di un ritorno di fiamma dopo tutto quello che ha patito. Descrivere il suo abbigliamento bizzarro da rrrrrrockstar è sempre molto divertente, e il mitico Steven Tyler offre tantissima ispirazione. 
La canzone di Diamante al primo karaoke è naturalmente Walk This Way degli Aerosmith, mentre quella del secondo karaoke... non è degli Aerosmith. È Million Dollar Man di Lana del Rey, una canzone che di recente ho amato e che ci tenevo ad inserire in questa storia. Si può considerare il definitivo "sgancio" di Diamante dalla memoria dell'amato Trebol, e nonostante lo amerà per sempre e non lo dimenticherà mai inizia a dirigere la propria vita verso qualcosa di "non-Trebol". Di suo
La marca della birra di Machvise, Silvers Long Johns, è la stessa delle sigarette che Baby 5 fuma dopo la liberazione da Impel Down. Che ricordiamo viene da un video demenziale in cui Brook canta il jingle di una marca di biancheria intima. Mi dispiace, ma continua a farmi ridere. Quando salpi non rischiare, senza boxer non partire! Compra Silvers Long Johns: TRASPIRANO!
Spero che continui a piacervi e vi ringrazio per essere giunti fin qui.
Lady R

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Capitolo 28
*** Libertà – I Protetti Del Nobile Myosgard ***


Libertà – I Protetti Del Nobile Myosgard
 
"Don't you know you're the fire in my bones?
You're my heart and my home
Ooh, and I know I don't say it enough
I've been down on my luck, my luck
But I'll be fine in the mornin' next to you
"
[Little Big Town – Next To You]


Quei secondi in cui scendono dalla nave e corrono come una sola persona lungo la passerella passano così in fretta da non sentirsi. L’asse trema, i sassi crepitano sotto le suole di scarpe e stivali. Un mucchio di gabbiani scappa in volo, l’acqua trema attorno alla chiglia della barca.
-BABY 5!-
Dellinger arriva per primo, si getta a tuffo su di lei a braccia larghe e la stringe così forte da toglierle il respiro per un attimo. Braccia ossute, rigide, minute tra le ampie maniche del suo maglione. Anche Baby 5 vi scompare dentro, serrandolo al petto con tutte le sue forze. Preme la sua guancia contro quella del ragazzo, altrettanto umida.
-Baby 5! Finalmente…-
Buffalo, pensa appena i suoi piedi si staccano da terra. Il suo fiato corto e rauco, il luccichio dei suoi occhi neri, la morbida e ampia guancia su cui reclina la testa e la spalla. Intravede Gladius con l’angolo dell’occhio, stretto in un abbraccio triplice tra Señor Pink, Jora e Machvise. Scompare quando Buffalo la stringe più forte, contro la spalla. Rimarrebbe là per ore, se potesse.
-Ce l’abbiamo fatta,- sussurra Buffalo, e tira su col naso. -Ce l’abbiamo fatta.-
Buffalo la depone a terra, e Sugar si avvinghia alla sua gamba, piangendo nei suoi leggings.
-Mi sei mancata tantissimo,- sussurra. -Mi siete mancati tutti quanti.-
La prende in braccio, carezzandole i capelli. Sono cresciuti fino a metà schiena, e si sono gonfiati di onde che non le appartengono. Un’altra venuta su troppo in fretta. Il vestitino che le hanno dato, con maniche a sbuffo e gonna ricamata di verde prato, si gonfia come una corolla quando la solleva tra le braccia. Le carezza i capelli, tenuti fermi da mollette colorate.
-Buffalo, vieni qui! String…-
-GLADIUS!-
L'uomo-scoppio non si ritrae alle lacrime di Buffalo, grosse come mandarini. L’uomo-elica lo solleva, stringendolo forte al petto, e lo lascia cadere tra le braccia in attesa di Kyuin. Machvise stringe lei e Sugar in un abbraccio soffice, meno dei suoi ricordi, ma abbastanza da riportarli in vita solo per un attimo.
-Mio Dio, vuoi piangere di nuovo?- ride Sugar fredda.
Il lottatore si asciuga le guance. -Senti chi parla-in.-
Jora le scompiglia i capelli con le quattro dita sane, Señor Pink le prende la mano nelle sue e la carezza con le proprie guance. Lao G le allontana i capelli dal volto, le saggia le guance con le dita rugose, le cinge il viso con i polpastrelli. Le labbra secche premono contro la sua fronte.
-Sei a-ancora così carina. Mi stavo dimenticando…-
Señor Pink lo prende per il polso, conducendolo verso le sedie. Baby 5 si volta e segue i suoi passi con lo sguardo.
-Non preoccuparti.- Jora le cinge la vita con la mano, il pollice storto sospeso vicino al suo fianco. -Si riprenderà. Ha detto che l’avrebbe fatto. Siamo qui per questo, dopotutto. È stata dura per tutti noi.-
Gladius culla Sugar tra le braccia, reggendola da sotto la schiena. La donna-bambina gli reclina la guancia sulla spalla. -Ha ragione. Siamo salvi. Anche io mi sento meglio, ora che sto qui.-
-Ti viene da piangere per me, dolce Sugar?- domanda Gladius.
-Ti direi di morire, ma non è proprio il caso.-
Jora ride, carezzando la schiena della piccola. Con l’altra mano tiene stretto Dellinger al seno. -Possiamo fare quello che ci pare, cara. Anche piangere. Siamo liberi.-
Machvise annuisce. -Guardate un po’ lui.-
Appoggia una mano sulla spalla di Diamante. Forse non l’ha nemmeno sentita, avvinghiato com’è al petto di Pica, preso com’è a coprirgli il viso di lacrime e di baci, le dita immerse nei lunghi capelli, tremante e ridente. L’altro tiene gli occhi chiusi, lasciandosi toccare. Mani sul collo piagato dal collare, sulla pelle pulita delle guance, sui tratti grezzi del volto.
-Hai vinto.- La rockstar solleva col pollice tremulo il mento del figlio. -Ma g-guardati, mia gemma.-
-Didi…- Pica gli sorride, gli carezza il viso, sollevandolo da sotto il mento. Le lacrime di Diamante, rosse di cipria e nere di mascara, gli colmano il palmo della mano.
-Non piangere.-
Il gladiatore si preme sul viso la manica del cappotto. Si è lasciato in faccia una tavolozza di macchie colorate, nero sotto gli occhi, che si sfuma di marrone mischiandosi al fondotinta. Pica sfila le braccia da sotto al mantello di lana nera, sorreggendolo e facendolo alzare.
-T-Ti vedo a malapena…- mormora Diamante. -Ma sei qui. Sei qui, mio tesoro. Stai bene. Tu non hai idea di quanto ti ho aspettato.-
-Mi dispiace tanto. Non volevo che mi vedessi, ridicolizzato.-
Diamante scuote la testa, bagnandosi di lacrime la camicia. -Tu non sei ridicolo, pietruzza mia. Non lo sarai mai. E sei qui, va tutto bene. Non permetterò più a nessuno…-
-Quando ti deciderai a lasciarlo andare?- esclama Machvise. -Anche noi vogliamo salutarti, Diamante-sama.-
-Vai,- sussurra Pica. Diamante lo stringe a sé un’ultima volta, gli scompiglia i capelli, e si volta sventolando il cappotto. -Chi vuole un abbraccio dalla rockstar?-
Dellinger guizza verso di lui a braccia larghe. -Diamante-sama!-
Baby 5 sorride, le mani sullo stomaco cinto da un groppo forte e stretto. Porta lo sguardo dietro la schiena di Pica, verso il mare, dove la nave di Donquixiote Myosgard beccheggia lenta al mare calmo. Non un fremito, una voce sgarbata, le luci lontane di un’altra nave che turbi la loro pace. Quell’angolo di costa gli appartiene, e se vuole smettere di essere schiava il prima possibile dovrà imparare ad accettarlo e goderselo tutto.
Pica si è messo a sedere sulla sabbia, accarezzando i ciottoli come fossero erba. Si siede al suo fianco, abbracciandogli il petto. Sotto i muscoli, e rabbrividisce nel notarlo, sporge un accenno di costole, punteggiate da lividi alcuni grandi come palmi aperti.
-Come stai, Niichan?- Pica abbassa le spalle, sorride tirato, carezza con le enormi dita le guance di entrambi. Li solleva sui palmi, perché lo guardino in faccia. Baby 5 gli stampa un bacio sulla guancia, salata di lacrime.
-Grazie.- sussurra. -Grazie di cuore. Sto bene.-
Diamante fa una carezza ai capelli di Dellinger, sorride sbattendo gli occhi lucidi. Jora, Machvise, Sugar e Señor Pink sono avvinghiati alle sue lunghe gambe come bambini. Buffalo lo abbraccia da dietro la schiena, e la rockstar strofina la guancia contro la sua.
-Grazie,- dice Diamante, -per aver avuto cura di Pica. Spero che anche lui abbia avuto cura di te.- Buffalo annuisce. -Mi ha protetto. È stato dolce, sempre vicino. Niichan è una vera roccia.-
Kari, Joanna, Charlotte ed Emily sorridono a Baby 5 con un gesto di saluto. Dovrà impegnarsi a conoscerle, se devono essere liberi insieme.
-Siamo libere…- mormora Emily. -Grazie, Baby 5. Grazie.-
-Tutte tutte. Non ne avevate forse bisogno?-
Continua a sapere di veleno, quella parola. Se lo toglierà dalla bocca con qualche dolcezza. Si avvicina al tavolo, indicando i vassoi con un gesto di mano. Il tè e la zuppa di ramen fumano ancora nelle loro ciotole. I crostini, le lasagne e il polpettone di carne luccicano come gemme.
-Il nostro protettore…- Diamante allarga le falde del cardigan in un inchino, -ha finanziato un banchetto solo per noi, e ha avuto premura di procurare a tutti noi i nostri cibi preferiti. Rifocilliamoci, mangiamo, e dimentichiamo i dolori patiti. Siamo di nuovo tutti insieme.-
pizza, ciò che vedo?- Machvise si china sul piatto e annusa. -Ora piango di nuovo.-
-Guarda, tesoro. C’è il melone,- esclama Jora, e Dellinger la abbraccia di fianco.
Sugar sbatte gli occhi verso il ramen. -Cazzo che fame. L’uva, dov’è l’uva?-
Baby 5 ride, carezzandole i capelli. -È là, sempre gentile Sugar. Prendine finché vuoi. Ne abbiamo ordinato cinque sacchi solo per te!-
La donna-bambina emette uno strillo di felicità, e si lancia a tuffo contro il cesto. Emerge con la bocca ricolma di acini. Uno le scappa dai denti e rotola sui sassi fino a svanire nella notte.
Di fianco ai tavoli, che percorrono tutta la scogliera, hanno deposto coperte e cuscini da ricoprirne una piazza. Oltre a un unico lampione, che torreggia su di loro come una seconda luna, si fanno luce con torce e candele alla citronella disposte sopra e sotto ai tavoli. E al centro un falò, luccicante e crepitante, frutto della mano di Fire Girl.
Baby 5 si piazza su un pouf imbottito con in grembo un piatto di insalata russa, e si avvolge in una trapunta soffice. Prende una cucchiaiata: è salata, viscida di maionese. Si copre la bocca con le mani pur di non sputarlo.
Sugar, aiutata da Charlotte e Joanna, trascina un sacco d’uva fino a un cuscino e vi si accomoda rannicchiata. Diamante e Pica si assestano tra le dune di sabbia, abbracciati sotto il mantello del secondo. Jora si lascia cadere su una sedia a sdraio, e si lancia in bocca un crostino al paté di granchio.
-È buonissimo,- mormora, e un singhiozzo le scappa di bocca assieme a delle briciole. -Ma come avete fatto, come?-
Baby 5 fa cenno di sì con la testa. Le racconta di Viola, di Kyros, di Myosgard, della fortuna di trovare qualcuno. Dell'orgoglio di Diamante e della forza di Gladius. Non si sente un ansito, finita la storia. 
-Io e Pica eravamo molto preoccupati…- Buffalo scuote la testa, come in preda al terrore. -Pensavamo che quell’altro nobile ti avesse presa per le sue stanze.-
Baby 5 striscia verso l’uomo, appoggia la mano sulla sua. Viola non voleva che gli dicessi niente. Come se le facesse piacere sapere che Buffalo e Pica hanno paura e temono che non ci sia più. È ridicolo che sia ancora arrabbiata per la storia di Scarlett: sono passati dieci anni, e conosce Diamante e gli altri quanto lei.
-Un altro Donquixiote,- mastica Machvise. -Che storia-in.- Indossa una camicia pulita, completamente slacciata, a esporre il bersaglio marchiato sul petto. Persino la coda pende floscia accanto alle gambe. Si è tagliato i capelli e la barba, e porta sulla testa un paio di occhiali da sole da aviatore. I regali che lei e Gladius hanno comprato sono nascosti in una delle casse, mimetizzata tra gli scogli e la sabbia sotto una coperta da barca. Forse è meglio aspettare domani per darglieli: il contraccolpo è troppo così com’è.
Di tempeste ne hanno affrontate tante, quando erano ancora pirati e avevano una nave tutta loro. Anche quando se ne esce vivi c’è sempre un po’ di sconquasso, di nausea, di acqua salata da sputare. Durante una tempesta, vicino a Baltigo, Señor Pink era caduto da una sartia ed era sparito sott’acqua. Forse sarebbe annegato, se il Padroncino non avesse teso i suoi fili per tirarlo fuori. Un’altra volta lei stessa era caduta dalle sartie: era atterrata sul ponte, battendo la testa. Aveva retto fino alla fine in braccio a Jora, stretta alla sua giacca, tremando e gorgogliando in un mondo sfocato e ondeggiante. Ma se ne esce, sempre: basta non farsi trascinare via.
“Il pericolo peggiore su una nave”, aveva detto Doffy a Monet e Sugar durante la loro prima giornata sulla Numancia Flamingo, “è cadere in acqua. Esperti marinai, esperti capitani, sono morti cadendo in acqua. Bisogna restare vicini e non lasciare indietro nessuno. È così che si sopravvive alla tempesta.”
-Il Padroncino non ci ha mai parlato di lui. È come se fosse venuto fuori proprio adesso, apposta per noi. E a me va bene così…-  Lao G tiene una forchetta nella mano tremula e porta alla bocca il purea caldo. Si pulisce con la manica. -Siete qui, siete tutti qui. Finalmente…-
Si tossisce nell’incavo del gomito, tremando. -Che vergogna, con la G. Temo di aver finito il mio Qi-Gong tempo fa. Per fortuna quella dolce giovine ha avuto cura di me.-
Kyuin arrossisce, nascondendo la faccia nel piatto di ramen fumante. -Dovevo solo…-
-Quella gente è pazza,- riprende Lao G. -Ci facevano lavorare per ore, per ore intere. Era così pietoso, così imbarazzante…-
Sugar schiaccia tra i denti un acino d’uva. Il seme schizza via dalla polpa e sparisce nei sassi. -Non siete mica giocattoli. Non possono trattarvi come tali.-
-Immagino che Myosgard vi avvia raccontato tutto,- dice Señor Pink.
Baby 5 annuisce. -E prima ancora, Viola mi ha mostrato tutto con la Chiaroveggenza. Mi dispiace, mi dispiace davvero.-
Señor Pink abbassa le spalle, prende un sorso di vino. -È passata. L’ho sempre detto, la vita è così. A volte si perde tutto, a volte te lo riprendi.-
Il silenzio che segue quelle parole strappa un brivido a Baby 5. Prende un cucchiaio di ramen, ormai tiepidi e soffici, e li succhia così forte che una goccia le arriva in faccia. Come se dovessero ripeterselo ad oltranza, che sono liberi e stanno bene, al sicuro, con un protettore nuovo che continui l’eredità del loro perduto Padroncino. Ripeterselo come un ordine, come una nuova storia da memorizzare e ripetere a qualcun altro. Baby 5 sfila le sigarette dalla tasca e ne accende una contro il falò.
Pica le tocca la spalla col dito: -Me ne daresti una?-
-Non fumi da anni.-
-Non voglio ricominciare. Solo per calmarmi un po’. Per sentire un sapore diverso.-
Baby 5 porge la sigaretta accesa all’Ufficiale di Picche, che ne porta via un terzo in una sola boccata. Anche Jora fa un gesto di mano, e Señor Pink dietro di lei. Il fumo delle sigarette si leva assieme a quello del falò, e ha un sapore dolce e acre che sa di casa.
Pica si lecca le labbra. -Quel Charloss mi faceva cantare, mi faceva ballare, mi dipingeva la faccia. Mi ingozzava di porcherie piccanti, salate, dolci, e rideva alle espressioni che facevo. Mi ha prestato ai suoi cuginetti, per la loro festa. Si sono arrampicati sulla mia testa, m-mi hanno cavalcato…
-Non parlarne,- dice piano Gladius. -Non se non te la senti.-
Pica serra gli incisivi attorno alla sigaretta. -Voglio dimenticare tutto, il prima possibile.-
Come se non sapesse che non può, che non è possibile neanche pensarlo. Tira un’altra boccata, e la sigaretta si incenerisce fino al filtro. Lo sputa nel falò. -Buffalo è stato vicino a me tutto il tempo. Mi ha tenuto in vita.- Tace per un attimo, sospirando al cielo. -Letteralmente.-
Buffalo rabbrividisce a quelle parole, scuotendo la testa come se quelle parole potessero ferirgli la carne. -Niichan, volevo solo che stessi bene. Anche tu mi hai consolato tanto.-
-E vorrei ben vedere. Avevo giurato.- Pica accenna un sorriso, stringe il polso del fratellino, si crogiola nella stretta del braccio di Diamante al suo fianco. -Credo che Charloss fosse depresso. Si lamentava sempre che non gli piacesse nulla. Gli ho detto che doveva parlarne con qualcuno, non guardare uno spettacolo comico. Lo sai cosa mi ha risposto?-
Baby 5 fa cenno di no.
-Ha risposto “ahahah, che voce buffa. Parla ancora”.-
Pica colpisce il macigno accanto a lui con un cazzotto. Crepe si aprono sulla superficie come fosse una pagnotta. -Vorrei ucciderli tutti, dal primo all’ultimo.-
-Magari li ammazzeranno i loro figli, visto che la nostra Jora ha corrotto le menti dei loro giovani virgulti.- Dellinger, avvolto in uno scialle di lana, si stringe al suo braccio. La pelle cade moscia sui bottoni del suo robe-manteau, e i pollici giacciono sulle ginocchia steccati nel gesso.
-Tesoro,- sussurra Jora. -Bella come il sole, dopo tutto questo orrore? Non so se…-
Sbatte le ciglia, asciugandosi una lacrima. -Guarda c-che mi hanno fatto, quei vermi. Spero che i loro virgulti li sgozzino nel sonno.-
Baby 5 annuisce a quelle parole. Shalria ha diciannove anni, è un prodotto del suo mondo quanto lo è Charloss, aveva detto Myosgard al telefono. Vi farà bene lasciarli stare e rifarvi una vita altrove. Io credo che ci sia del buono in voi. Meritate di guarire. Eppure andarsene senza aver dato almeno uno schiaffo a quella stupida ragazzina le sembra un torto, l’ennesimo a suo danno.
Giunge Kyuin con il dessert, il gran finale: una coppa di gelato grande come uno scudo, ricolma da traboccare. Baby 5 piega la testa verso Buffalo. L’hanno scelto per lui, ha diritto a cominciare.
L’omone arriccia il naso, tira su, deglutisce gonfiando le guance. Lacrime scendono lungo le sue guance. Allontana la coppa da sé prima che vi si mescolino.
-Non ti va?- domanda Gladius
L’uomo-elica impallidisce, serra i pugni attorno alla camicia. I grossi incisivi battono sotto le labbra tremanti. Gli hanno scalpellato via il Jolly Roger dai denti – e Baby 5 non osa guardare sotto le maniche della camicia di Machvise. Sarebbero capaci di grattarglielo via dalla carne, quel simbolo, se sono disposti a marchiargli uno zoccolo sulla schiena e un bersaglio sulla pancia. Le mani grassocce di Machvise prendono quelle dell’altro uomo, massaggiandole in cerchi soffici.
-Buffalo, che c’è?-
Buffalo si stringe a quella carezza, reclinando la guancia nella spalla dell’uomo. -N-Niichan…- singhiozza. -Diglielo tu. Io non posso.-
Pica annuisce, toccandosi la nuca. -Shalria gli dava le pillole per farlo vomitare. Diceva che era in sovrappeso.-
-Non in sovrappeso,- singhiozza Buffalo. -O-Obeso da far schifo. Una p-palla di lardo, un’elica grassa. Non datemi il gelato, per favore. Mi viene la nausea solo a guardarlo.-
-Ma è il tuo cibo preferito, tesoro…- mormora Jora, e si ritrae con un sibilo di disgusto. Le dita non steccate, limate di nuovo nella vecchia forma a mandorla, si serrano in un pugno. -Li odio,- ringhia. -Li odio tutti-zamazu.-
-M-Mi dava i calci.- Anche Lao G si è alzato per carezzare la schiena di Buffalo, e Sugar si rannicchia sulle sue ginocchia, stringendo mano e moncherino sulla sua pancia floscia. La mano libera di Buffalo si posa sulla testa della bambina. -Mi faceva fare tutto a quattro zampe. Anche mangiare. Non l-le piacevo. Penso che si fosse messa in te-testa di addestrarmi.-
Tira su col naso in un gorgoglio umido, si pulisce la narice sulla manica. Diamante si alza dal suo cuscino, avanza fino a Buffalo fissandolo negli occhi. Quando si ferma, in piedi di fronte a lui, gli mette una mano sulla spalla, percorrendogli la guancia e lo zigomo con un buffetto.
-Siamo qui, Buffalino. Lasciati aiutare. Siamo qui tutti insieme. Ci tireremo su a vicenda.-
Buffalo affonda la faccia nel suo petto. Si spinge in avanti per alzarsi, ma cade in ginocchio sui sassi un attimo dopo. Diamante gli massaggia il collo, la schiena, le spalle. Serra i denti.
-Sei pieno di lividi.-
-T-Te l’ho detto, Shalria mi dava i calci. Quando mi cavalcava.- Buffalo raccoglie uno scottex per asciugarsi la faccia. -Vorrei poterla uccidere. Vorrei essere forte per ucciderla.-
-Anche Doffy voleva ucciderli tutti.- Diamante si tampona il mento coperto di bava prima di appoggiare di nuovo la testa sulla spalla dell’uomo. -Sarebbe fiero di te, se ti vedesse. Era sempre fiero e orgoglioso. Non ti avrebbe preso con noi se non ti considerasse forte abbastanza.-
Buffalo si pulisce la bocca, si soffia il naso, si rimette a sedere. Distoglie lo sguardo dal gelato, ingollando invece una tazza di tè fumante. Baby 5 se ne riempie una d’acqua dal bollitore a pile. Ne sceglie uno alle erbe, molto dolce.
Chiude gli occhi, dopo il primo sorso. È caldo abbastanza da bruciare la lingua. Lei non c’era ancora, quando Doffy fu catturato dal popolo. Forse sua madre e il resto dell’isola vivevano nella ricchezza e nella gioia, a pescare e nuotare in acque ancora pulite. Visualizza un bambino biondo, dal viso altero, vestito di una lorda camiciola. Un bambino da cui farsi comandare volentieri, anche se di pochi anni più giovane di Shalria. Quando smetterò di pensare a quella ragazzina deficiente sarà troppo tardi. Chissà come sarebbe andata se ci fosse stata lei, appesa a quella parete. Se Trebol, Diamante e i bambini l’avrebbero ugualmente raccolta. Se ne sarebbe uscita viva, senza l’Ambizione e i sogni di regalità.
Dobbiamo sempre salvarci la vita perché qualcuno di potente ci aiuta? Le viene da ridere: il bisogno fa girare il mondo. Poteva diventare Regina dei Pirati e non lo sapeva. Non sa nemmeno cosa saranno adesso, se non volessero accontentarsi di ex schiavi.
-Ho una proposta, gente.-
Diamante batte un cucchiaio, avvolto nel dito-stoffa, contro un bicchiere sorretto da Pica.
-Stanotte dormiamo sotto le stelle, chi ci sta?-
Baby 5 sorride, sbattendo le ciglia.

Si rannicchiano sulle stuoie e sui teli, avvolti nelle coperte. Jora copre Dellinger con il suo cappotto, Pica avvolge Buffalo nel suo mantello. Si accuccia a pelle contro i sassi, tra lui e Diamante, con una mano stretta a quella del fratellino.
Lao G si sdraia semiseduto su una pila di cuscini, Señor Pink giace al centro di un grappolo dei corpi di Joanna, Kari, Emily e Charlotte, Machvise si copre gli occhi col braccio. Da dietro la sua schiena, una manina incerottata la saluta. -Vieni qui, Baby 5. Sdraiati vicino a me.-
Baby 5 stringe le dita di Buffalo, rannicchiato al suo fianco con le guance ancora umide, e cammina piano fin dove la mano si è mossa. Sugar è un fagotto di coperte da cui sporge una testolina non più paffuta. Al suo fianco Gladius russa fiocamente contro il cuscino.
-Non dirlo a nessuno, ma tu mi sei mancata più di tutti.- Si sposta per far spazio al cuscino di Baby 5. -Domani voglio fare due passi con te. Puoi portarmi sulle spalle?-
-Certo,- sorride Baby 5. -E posso anche spingerti sull’altalena, se ti va.-
Sugar striscia verso di lei, e sorride quando il suo braccio la cinge. -Quei bambini erano molto dolci. Quelli con cui lavoravo, voglio dire. Stavolta ero io, la sorellona. Mi avete insegnato bene.-
-E adesso cosa sei?-
Sugar sogghigna. -Sono una bambina di dieci anni che dorme assieme alla sua famiglia. Non ho più paura neanche di loro. Se torneranno da me li trasformerò in robot giocattolo e li farò combattere tra di loro fino ai rottami.-
Baby 5 ride piano, coprendosi la bocca per non fare rumore, e ride anche Kyuin da dietro al corpo sdraiato di Gladius. La ex direttrice rotola sul fianco per guardarle, da dietro al corpo sdraiato di Gladius.
-Possiamo contare le stelle, se ci va. Io lo facevo, alla cava di notte. Lao G-sama mi ha detto ci dormiva tanto bene.-
Si avvolge nella giacca e rassetta la coperta su di sé. Sugar e Baby 5 si scambiano uno sguardo d’intesa.
-Comincio io,- dice Sugar. Si tira la coperta fin sulla bocca e si rassetta sul suo stuoino.
-Una, due, tre.- Un trastullo infantile, anche sciocco, ma quei sussurri sono soavi come una ninna nanna. Baby 5 chiude gli occhi, stringe più forte la mano di Sugar, e attende che i sogni si facciano avanti.


A.A.:
Con questo *secondo* capitolo di liberazione, la mia premura principale era non renderlo troppo simile a "Mr. Diamante Combatte Ancora". Qui c'è in aggiunta alla libertà e al trauma, anche il fattore di separazione che viene colmato grazie a Myosgard. Non sono liberi per un loro impegno, una loro battaglia come per Impel Down, ma per l'intervento non violento di un nobile privilegiato, e garantisco che questo fattore tornerà nei capitoli a venire. Non ero sicura di voler improntare tutto il capitolo sulla cena, ma alla fine mi sono lasciata andare. È stato veramente dolce da raccontare, anche se non "succoso" come il dolore e la sofferenza. Però fa parte della vita, no? 
Metto qui, per chi potesse volerla, un'ispirazione per il vestitino di Sugar. 
Ci vediamo fra poco, per i capitoli finali. La sola idea di finire questa storia mi sconforta, ci lavoro da mesi e nell'atto ho conosciuto gente meravigliosa. 
Ascoltate Nightfall dei Little Big Town, è uno dei loro album più belli ed è veramente confortante.
Lady R

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Capitolo 29
*** Camminare In Cerchio – Il Rancore Eterno Dei Liberti ***


Camminare In Cerchio – Il Rancore Eterno Dei Liberti
 

Se ci sono carpentieri che trovano difficile disegnare una nave da soli, possono solamente immaginare cosa significhi farlo in sedici.
Per la chiglia scelgono una vernice indaco, intensa come un livido, che paia emergere dal mare stesso e mescersi con le onde. I fregi sono dorati, il colore della regalità. Le vele se le fanno fare viola, striate d’oro e d’argento, ma per il Jolly Roger convengono all’unanimità di aspettare. A malapena ricordano che aspetto avesse, quello di Doffy, e rubarglielo sarebbe solo l’ennesimo affronto, ma quando Diamante chiede se qualcuno abbia un’idea per un disegno nuovo persino Jora risponde con silenzio e guance rosse.
I soldi di Myosgard procurano loro mobilia all’ultimo grido, elettrodomestici che luccicano come argento, gli strumenti di navigazione più veloci ed efficienti. Ma quelli li sigillano in uno scaffale, chiuso a chiave e pieno di polvere dopo una settimana. Per navigare serve una destinazione, e nessuno di loro ha idea di dove altro dovrebbero andare.
A Baby 5 viene voglia di distruggerla, quella nave, per non essere mai costretti a prenderla e andarsene via di là. Possiamo andarcene in crociera, aveva detto ridendo Machvise, ma nessuno aveva riso in risposta. Sarebbe un chiudersi attorno una gabbia d’oro una volta usciti da quella di ferro. Non sono bambini, non possono dipendere per sempre dai soldi di un Nobile Mondiale. A Baby 5 pare una presa in giro: un Drago Celeste che si offre di aiutare gli altri, che mette a disposizione le sue ricchezze a chi ne ha bisogno. Dovrebbe essere un ritrovamento epocale, qualcosa per cui sentirsi speciali. Invece si sentono – così dice Diamante, e lo accolgono annuendo – come tigri chiuse in gabbia, che si abituano alle carezze degli addestratori e si crogiolano nei loro giacigli di paglia come se non vi fosse al mondo miglior posto dove stare.
Sull’isola girano in cerchio, riempiendosi le tasche di gioielli e ninnoli. Baby 5 lancia sulla superficie del mare tanti sassi da indolenzirsi il polso. Segue Dellinger in alto mare su una barca tirata da lui, lo guarda nuotare con gli occhi lucidi. Mangiano panini al sole alto, finché non si fa avanti il mal di stomaco. Il ragazzo si immerge fino al fondale e le porta una conchiglia, un ventaglio rosso grande come un medaglione. Baby 5 gli arruffa i capelli bagnati. -Ci farò una collana.-
Di collane ne ha abbastanza da riempirci un portagioie intero, ninnoli da mercatino di plastica e di ferro che quando fa caldo diventano roventi contro la pelle. Anche a Gladius piacciono i ciondoli: se n’è procurato uno a forma di ingranaggio, grande come una lente di occhiale. Jora ha fatto incetta di collane di pietra dura, alcune lunghe fin oltre al suo seno. Pica sfoggia un bracciale di ametista e rame, serrato attorno all’avambraccio. Si è fatto anche bucare le orecchie: due topazi veri luccicano sui suoi lobi, gialli come i suoi occhi.
“Dobbiamo riprenderci”, dice sempre Diamante. “Dobbiamo dimenticare quello che è successo, tornare a brillare come le stelle che siamo stati.” Come se non lo vedessero, a tarda notte, che con mani tremanti ingolla bottiglie intere di vino. Se quelle bottiglie non sono state finite prima da Señor Pink, da Jora, da Lao G o da Machvise. Persino Buffalo ci dà dentro, ogni tanto. Lui stesso che diceva sempre che da sbronzi non si vola.
E anch’io. Molto gentili Gladius e Lao G a tenerle i capelli, portarla a letto quando aveva finito di rigettare tutto, coprirla e starle vicino perché non iniziasse a vomitare nel sonno. Molto dolci anche Sugar e Charlotte a farle trovare quel tè caldo al mattino, per umettarsi la bocca ancora acida. Ho sognato Shalria, mugugna. E non le ho nemmeno vomitato in faccia.
La libertà si avvicina per ogni nuova asse inchiodata su quella nave, ogni goccia di pittura, ogni cavo posato e collegato. Una libertà che fa paura, e di paura ne hanno abbastanza. Ha visto i lividi da frustino sulla schiena di Lao G, alcuni ancora viola e pulsanti. Ha tenuto la mano di Señor Pink quando gli ha raccontato dei lottatori maciullati davanti ai loro occhi. Non è come nell’arena, non quando il prigioniero sei tu. Nemmeno il più duro dei duri ne esce sano. Ha massaggiato i pollici di Jora, storti e schiacciati come se fossero stati masticati fino all’osso. Forse era così che funzionava, quella macchina di fili infernale: una miriade di denti affilati nascosti nelle stringhe sottili. Ha visto gli occhi di Dellinger, arrossati di cloro, e le guance umide di Buffalo quando ripensa alle suole di Santa Shalria contro la nuca.
Piangi finché vuoi, fratellone. Gli massaggia il collo e le mani nel suo enorme letto, reggendogli i polsi perché non rovesci il tè. Ne usciremo. Te lo prometto. Per i primi giorni, Buffalo non riusciva a sollevarsi dal terreno di più di un palmo. Una volta era caduto sullo stomaco e si era messo a picchiare i pugni a terra, versando lacrimoni tra i sassi. Togliti da me, brutta bastarda! Voglio volare!
Adesso Buffalo vola fino alle nuvole, piroettando ad occhi chiusi come se avesse paura delle altezze. Baby 5 gli fa un cenno di saluto dalla sedia del bar. Non è sicura che l’abbia visto, così in alto. Anche Joanna e Kari salutano con le mani, e Kyuin gli manda un bacino.
-Secondo te mi porterà in spalla?- domanda Charlotte.
-Se glielo chiedi per favore. È un bravo ragazzo. Dovete trattarlo bene.-
-Quando partiremo gli faremo un bel regalo,- proclama Emily. -Non mangia il gelato, ma magari lo indossa. Ho visto una collana che…-
È bello avere, di nuovo, delle amiche della sua età con cui chiacchierare. Quando erano a Dressrosa le piaceva girare per i negozi con Sugar e Monet. Anche la bambina tanto fredda si apriva, con accanto la sorella. A volte le accompagnava anche Viola, quando riusciva a guardarle in faccia. Sarebbe bello averli tutti insieme, sulla Legendary Child, magari tenerle la mano durante il varo.
La partenza si avvicina, ineluttabile. Forse Baby 5 avrebbe dovuto accorgersene provando l’ultimo tè della selezione del loro bar preferito. È dolce, riempie la bocca di un sapore di frutti di bosco. Potrebbe essere ancora a Dressrosa, a divertirsi sotto la protezione di un Donquixiote. Se così ripetitiva è la vita, probabilmente finirò per sposarmi tra qualche giorno.
-Vediamo se mi ricordo. La destra si chiama tribordo,- recita Joanna. -E la sinistra balordo.-
-Babordo,- sbadiglia Baby 5. -Quando salperemo dovrete saperlo.-
-Lo sappiamo. Semplicemente ogni tanto ci scappa qualche termine. Ci sono tante cose da sapere sulla navigazione, tante parole nuove. Noi non siamo abituate.-
-L’importante sarà saperlo fare. Ne sarete capaci. Anch’io pensavo di non saperlo fare, quando ero bambina.- Le viene da ridere, a pensarci. Un nodo di scotta legato male, e il fiocco che si leva in aria come una freccia frustando il Padroncino in piena faccia. E lui ride, pulendosi il sangue dalla bocca. Dubita che a quelle ragazze verrà data una tale cortesia. Nessuno ha voglia di ridere.
-Siete molto gentili,- sussurra Kyuin. -Dopo quello che avete passato, e noi siamo solo delle seguaci.-
-Potete vederlo come un favore, come un pagamento di debiti. Come volete.- Una boccata, e un sorso di caffè. La polvere sul fondo della tazza le gratta contro la lingua.
-Quindi, adesso siamo piratesse,- dice Kari. -Forte. Posso fare la nuova Corazon, se vi va.-
Baby 5 accenna un risolino. Ci sguazzerebbe, lei, nel cappotto di Corazon. Forse dovrebbero farla finita con i nomi di semi delle carte da gioco, ma la sola idea di chiamare Diamante e Pica – e Trebol – in modo diverso è terrificante come perderli tutti.
-Un po’ mi dispiace che ci siete venute appresso. Avete superato un sacco di guai a causa nostra.-
-Ma certo che no,- sussurra Joanna. -Non siete voi. Doveva succedere.-
Baby 5 posa la tazza e la guarda con aria perplessa.
Emily si stringe nelle spalle. -Noi non siamo abituate a questa vita. A scappare, a difenderci. Ma la schiavitù sappiamo che cos’è. È capitato a gente che con i pirati non ci parla nemmeno.-
-Dressrosa era così noiosa, prima. Pensa, potevamo finire maritate a qualche belloccio da poco e finirla lì.- Kari termina il suo bicchiere. -E passare le giornate a cambiare pannolini anziché guardare l’arena. Immagina la noia.-
Ridono tutte in coro. Charlotte apre la bocca e si punta l’indice verso il palato. -E non girare in bikini, sai che sciagura. Mettere un vestito lungo come Scarlett in quel quadro del salotto.-
Quello che abbiamo bruciato. Baby 5 ride, anche se suona finto. Diamante raccoglieva la cenere da terra e la gettava in aria ridendo. Sembra glitter. È così leggera. Non piangere, Violet, il passato è passato. Prendi un po’ di glitter, non scappare! Chi rifiuta il glitter da una rockstar?
Non ha mai voluto fare del male a Diamante, ma quando ci ripensa le viene da dargli almeno una scrollata.

Arrivano alla spiaggia senza una parola, sedendosi tra i cuscini. Ormai Baby 5 potrebbe riconoscere ad occhi chiusi ogni scoglio di quella baia, ogni pietra del sentiero, persino il disegno delle onde quando il sole del tramonto le colpisce. Quando il cielo è grigio le ricorda il loro vecchio rifugio, la caverna nella roccia. All’Hotel Paradise hanno una colazione calda, letti e docce della loro misura, possono regolare la temperatura della stanza e la luce che la riempie. Potrebbero mangiare carne fritta a colazione, se volessero, e nessuno avrebbe nulla da ridire. La libertà: a volte ti dimentichi che cos’è, per poi accorgerti che è tutto.
Scendono nella loro baia tutte assieme, come un gruppo di amiche in una comune vacanza. Il primo che incontrano è Gladius, seduto su un muro di pietra a rimirarsi le mani. Anelli dorati gli ricoprono le dita, abbinati a quelli che gli intrecciano i ricresciuti capelli grigi.
-Bentornate,- dice. -In tempo per pranzo.- Gli anelli d’oro raffigurano ingranaggi, rotelle e stelle d’oro. Anche i suoi orecchini sono anelli luccicanti, da cui pendono monili a forma di chiave.
-Noi ci allontaniamo, se non è un problema. Date un po’ d’aria a noialtri anziani-zamazu.-
Jora regge Lao G per il braccio, salendo la scala che porta in paese. Il vecchio tiene la testa bassa, tremando nella sua felpa. Kyuin fa un passo avanti, ma si ritrae quando Jora solleva la mano aperta. Porta un anello al dito medio, un gatto di giada.
-Lao G-sama è un po’ agitato. Andiamo a fare due passi. È stata una mattinata pesante per tutti.-
-E Vise-sama?- domanda Kari.
Jora piega la testa all’indietro. -Anche lui è agitato, quindi balla.-
L’uomo dal super peso avanza sugli scogli con una serie di glissade, sospeso sulle punte dei piedi. E poi una piroetta, con il piede appoggiato sulla spalla. Per un attimo gli trema la gamba: la piega, la drizza di nuovo, si leva in un arabesque immobile come una statua.
-Vise-sama è stato molto gentile.- dice Kari. -Sapete cosa ha passato, cosa significasse per lui rimanere solo. È carino che sappia ancora ballare.-
-Avrebbe potuto proporsi come danzatore,- dice Joanna. Kyuin la guarda di sottecchi. -Temo che avrebbe avuto più possibilità come radiosa concubina. I Nobili Mondiali non capiscono niente. Aveva promesso che mi avrebbe insegnato qualche passo, ma alla fine non è successo mai.-
Deve essere stato su quell’isola, mentre lei era bloccata a pulire i gabinetti di quell’insopportabile nobile di terra. Chissà che fine ha fatto, dopo il Buster Call. Si immagina Ahho Desunen, con lo sguardo perso uscito dal ritratto nel salotto, che rientra nella villa distrutta dalle cannonate e trova il cadavere della figlia ancora in cucina. Ma la fantasia si ferma là: nessuna lacrima, nessun abbraccio. Non suona neanche reale.
Buffalo giace tra i sassi, sdraiato sulla pancia, una rivista aperta davanti al volto. Un’immagine sparsa su due pagine, che raffigura la carlinga di un velivolo. La percorre con l’unghia, sospirando.
-Mi sono fatto un volo nella foresta, tra gli alberi. È molto bello, c’è silenzio. Ho pianto una volta sola, oggi.-
Baby 5 gli pizzica la guancia. Gladius si siede sui sassi e stringe il polso del fratello. Ha gli occhialoni in fronte, senza curarsi delle occhiaie in bella vista. Non servirebbe a nulla fingere che non ci siano. Sono stanchi, è un dato di fatto. Buffalo fruga nella tasca del cappotto. -Ho portato un sasso per Pica-sama. Sarà felice, stavolta? A volte glieli portavo nella stanza, ma non era la stessa cosa se non poteva sentirli.-
Tira fuori una pietra rossa, maculata di grigio e di bianco, grande come una caramella di zucchero. La lucida col dito. Baby 5 si mette a sedere al suo fianco. -È un bellissimo pensiero.-
La spiaggia è praticamente territorio loro. Se qualcuno si è lamentato non ne hanno sentito parlare. Quando Buffalo si solleva per guardarla, ciottoli si staccano dal suo cappotto.
Gladius sorseggia una soda, rannicchiato tra i cuscini al suo fianco. Sugar sbuccia albicocche da uno sgabello, Señor Pink taglia pezzi di pane contro uno scoglio. Diamante maneggia il barbecue, le dita-stoffa attorcigliate intorno alla spatola. Pica siede su un telo da mare al suo fianco. Prende un ciottolo da un mucchio alla sua sinistra e lo maneggia tra le mani come pasta di pane. Quando riapre le mani, tra di esse giace un modellino in scala del Frutto Pietra Pietra, grande come una pallina di Natale. Lo depone nel mucchio a destra: Frutti del Diavolo tutti svariati, scolpiti nei minimi dettagli. Baby 5 riconosce il suo Arma Arma, in fondo al mucchio.
-Sono bellissimi.-
-Grazie,- dice Pica. -Scolpire mi calma tanto. Non è un’attività ridicola, no?-
-Jora dice che è arte.- Dellinger siede a prendere il sole su un altro telo, in costume da bagno e occhiali da sole a specchio. -E lei ha sempre ragione.-
Diamante soffia sul barbecue. Si è fatto fare un mantello su misura: nero all’esterno, con striature rosa e dorate all’interno che luccicano come gemme quando la luce le colpisce. Le sue unghie sono del medesimo rosa, luccicanti come polvere di stelle, e ancor di più brilla la cipria sulle sue guance. E anche… Baby 5 strizza gli occhi guardandogli le mani: sì, anche le sue unghie sono laccate, di un mosaico di viola, oro e argento che pare ametista vera. Pica deve essersi accorto che lo guarda, perché ritrae le mani in grembo appena finisce col Frutto seguente. -Diamante mi ha portato al centro benessere.-
Baby 5 ridacchia. Sarebbe bello andare anche lei al centro benessere, se l’idea di avere delle mani di sconosciuti addosso non bastasse a darle il capogiro. -Saranno stati anni che te lo chiedeva. Ti è piaciuto?-
-È stato strano.- Pica si pettina con le mani i lunghi capelli lilla. -Però mi sono piaciuti gli impacchi minerali. Era come nuotare nella pietra.-
-Strano che non abbiano detto niente per lo Zoccolo del Drago,- commenta Buffalo. Diamante schiaccia i boccoli tra le dita. -Di liberti ne passano tanti qui. Ormai lo sanno. Siamo come loro, non frega più niente a nessuno.-
Dellinger giace sulla schiena sugli scogli, con gli occhi chiusi, le guance rosse di sole. Baby 5 si siede al suo fianco: il giovane sbatte gli occhi appena la sua ombra lo copre.
-Ciao, cara.-
-Ciao, pesce lesso.- Lo sente ridere, sdraiandosi, e un groppo le si serra in gola. Ha ripreso peso, in quelle ultime settimane, ma ancora si intravedono le costole da sotto la canottiera a rete. Il ragazzo si fa in là sull’asciugamano per farle spazio. Baby 5 si sdraia supina, prendendogli la mano ancora sottile. Il suo, di smalto, gli tinge le unghie d’oro puro.
-Belle?- Dellinger solleva l’altra mano, incurvandola perché il sole vi brilli contro. Dalla punta dell’indice scocca una scintilla abbagliante, e Baby 5 piega la testa di lato alla sua luce. -Non riesco a staccarmi dal sole. Chiuso in quella vasca…-
Baby 5 gli stringe la mano. -Lo so. Mi dispiace tanto. Non ci pensare, siamo liberi.-
-Il mio amico Kapoty dice che un uomo pesce non deve aver bisogno del sole. Ci basta l’acqua, secondo lui.- Sbatte gli occhi. -Io non capisco come possa dire una cosa del genere. Forse lo diceva per non diventare pazzo. Era un bravo ragazzo. Spero che non gli succeda nulla di male.-
-Ho conosciuto una sua compagna di squadra, Porche.-
Dellinger si volta sul fianco. -Capelli blu e naso lungo?-
Baby 5 annuisce. -Me ne ha parlato. Li hanno catturati insieme. Erano in cinque, ma si sono salvati solo loro. Gli è rimasto in mano il braccio di una recluta.-
Abbassa lo sguardo, volgendolo di nuovo alle sue unghie luccicanti. I suoi pantaloncini di paillette si illuminano di un bagliore azzurro mentre si volta. Porche sorrideva spesso, anche in catene. Il mio boss mi salverà, e salverà anche il mio amico Kapoty. Forse un tempo aveva accesi capelli blu, ma quel grigio plumbeo farebbe una pessima figura su un campo sportivo. Sarebbe bello vedere in faccia questo famoso Kapoty, o il capitano astuto come una volpe che li ha riuniti. Oppure il sorriso di Baccarat ogni volta che ripeteva di essere fortunata, e gli abbracci di Kikyo e Belladonna ogni notte, e le dita bianche di Honey Queen che scorrono nei suoi capelli ogni sera. Loro non lo conoscono sicuro, Donquixiote Myosgard. Nemmeno sa che esistono, e non lo saprà mai. Si raggrinziranno e moriranno schiave di quella mocciosa insopportabile.
E dovrebbero essere piratesse potenti. Sicuramente lo erano state, anche se di quattro di loro non ha mai neanche sentito parlare. Pensarci le serra un torchio nello stomaco. Dellinger le sorride, abbassando la testa. Sono gli schiavi, a non dover pensare.
-Tutti a tavola!- Diamante batte le mani. -Ci sono le salsicce!-
Baby 5 tira un sospiro di sollievo, e il volto di Porche scompare nella nebbia. Dellinger si strofina le mani sugli occhi. -Uffa, proprio adesso che mi ero messo comodo.- Porge la mano a Baby 5 per farla alzare. Gladius e Buffalo dispongono sedie, cuscini e sgabelli: si lasciano cadere assieme nello stesso pouf, spalla contro spalla.
Machvise piroetta su una gamba sola, in bilico sulla punta dell’alluce. Galleggia a mezz’aria, trasportato dal vento, e atterra sui ciottoli accanto al barbecue senza sollevarne nessuno.
-Spero di non appesantirmi-in.-
Baby 5 ride, appoggiandogli la mano sulla spalla. È a torso nudo, e il bersaglio marchiato nella carne luccica come ossidiana sulla sua pancia sudata, su un letto di cicatrici che va fin sotto le ascelle. Un paio sono grosse come le sue dita, percorse per tutta la lunghezza da segni di fili.
-Guarda pure,- dice Machvise. -Guardami. Lo mostro per quello. Non è stata colpa mia, no? Se avranno da ridire saranno affari loro.
Diamante le serve tre salsicciotti sfrigolanti, che riempiono il suo piatto di unto e la sua bocca di sale frizzante. -Un giorno troverò il bastardo che si è permesso di farti questo e lo trasformerò in un asciugamano per il culo. Te lo giuro, Vise. Vendicarvi era l’unica cosa che mi dava forza in quel buco di schifo.-
Gladius gli tira in testa un tovagliolo appallottolato. -Sì, anche tu. E voi, miei r-radiosi compagni di sventura.- Si pulisce le mani sui pantaloni e scompiglia i capelli di Pica. A Dressrosa il colosso gli avrebbe allontanato la mano con uno schiaffo: qui rilassa le spalle e avvicina la fronte alle dita del padre, rannicchiandosi nelle spalle come un gatto.
-Sto bene, Diamante-sama. Non faceva poi tanto male. Quella aveva una pessima mira. Era solo il…-Prende il suo bicchiere pieno di birra e lo tracanna fino all’ultima goccia. -Il non potermi difendere. Fare da bersaglio, legato mani e piedi, senza combattere…-
Señor Pink gli stringe il polso. Machvise appoggia la guancia sulla sua spalla, chiudendo gli occhi con aria quasi sognante.
-A me manca combattere. Era liberatorio-in.-
Se hanno combattuto da soli è sempre stato per scappare. Con Doffy era diverso: si poteva ambire a qualcosa. Baby 5 trasforma la sua mano in un coltello e spalma paté di salmone sulla sua fetta di pane. La mastica senza parlare, serrando le labbra attorno alla salsa morbida.
Kyuin si alza, si porta alle sue spalle. -Dammi la mano, Lao G-sama.-
-Mi sento meglio, con la G.- Il vecchio si regge alla mano della ex direttrice e rivolge a Jora un cenno di ringraziamento. Si siede su una poltrona gonfiabile, raccogliendo le ginocchia in grembo.
-Temo che la mia mente non sia quella di un tempo, e nemmeno il corpo. Ma se avete bisogno di me, per qualcosa…-
-Ti capisco,- dice subito Señor Pink. -Mi chiedo cosa farebbe lei, se lo venisse a sapere. A volte immaginavo che prendessero anche lei. Che cosa le farebbero, e a Gimlet.-
Anche Jora si siede, stringendosi nel suo scialle che tintinna di perline. -Dovevo cavargli la faccia a unghiate. A volte sogno di farlo. Strappargliela via fino ai muscoli finché nemmeno i figli non li riconoscano più.-
Persino Buffalo sorride, dopo quelle parole. Buffalo, così dolce – che probabilmente sta pensando alla faccia della ragazzina viziata e del suo orrendo fratello ridotte in quello stato. Andrebbe lei stessa a ucciderli, se potesse porre fine ai suoi incubi. Se potesse placare i suoi tremiti notturni, i gemiti di Pica mentre si ritrova sul palco con la faccia bianca. Rimane in silenzio mentre Emily racconta delle prigioniere lasciate a digiuno per giorni e notti intere se non osavano spogliarsi, Lao G ricorda lo schiocco persistente della frusta, e Sugar il sangue dalle mani dei suoi piccoli amici intenti a combinare pistole e fucili. Trattateli come pezzi di meccano, gli dicevano sempre. È un gioco, è divertente, vi abituerete. Machvise stringe la forchetta così forte da piegarne il manico.
-Quanto li odio.-
-Alla mia avrei spezzato il collo,- ripete Señor Pink. -A mani nude.-
-i miei meritavano di peggio,- ringhia Sugar. Si carezza il moncherino con la mano sana, ritraendosi dagli sguardi dei compagni. Baby 5 le appoggia una mano sulla spalla. -La mia ti sarebbe piaciuta. Una ragazzina della peggior specie. Vorresti prenderla a schiaffi solo a guardarla.-
-Che bei discorsi, davvero.-
Diamante ingolla il suo bicchiere di vino rosso in una sola boccata e lo depone delicatamente sul tavolino di plastica pieghevole. Si allontana i capelli dal viso, schioccando le labbra rosse.
-Quindi volete combattere?-
Machvise fa cenno di sì con la testa, Sugar alza i pollici. Persino Baby 5 sente le sue labbra piegarsi in un sorriso. Il gladiatore si avvolge il braccio nel mantello e sale su uno dei macigni. I bottoni dorati dei suoi alti stivali splendono per un attimo come riflettori.
-Conosco qualcuno che ci ha sfidato a duello.-
Trae il lungo braccio dal mantello e indica un punto in lontananza, oltre le nuvole – il profilo sfocato e immenso della Linea Rossa.
-E voi che ne dite?  Sarebbe scortese, rifiutare.-
Baby 5 non ha bisogno di voltarsi per capire cosa stia accadendo attorno a lei. Le pare già di vederle, le loro facce. Il sorriso smanioso di Dellinger, con i denti aguzzi che sporgono dalla bocca. Machvise che si frega le mani, forse immaginando che tra quelle dita sia schiacciata la testa della sua vecchia padrona. Jora che alza fieramente il pollice mutilato, Lao G che sorride appena e serra i piccoli occhi infossati. Sugar che mastica l’uva fresca, con un innocente sorriso da bambina. Senor Pink che annuisce serrando le labbra senza più ciuccio. Kyuin, Kari, Emily, Joanna e Charlotte che si fanno avanti curiose, forse chiedendosi in che modo sono incluse nel piano.
Si ricorda ancora la sua faccia – quegli occhi marroni, quello sguardo glaciale.
Si chiama Shalria e ha diciassette anni. Ha piegato le sue vesti, rifatto il suo letto, limato le sue unghie. Cavalcava Buffalo come fosse una bestia, e suo fratello Charloss trasformava in una barzelletta ogni frase di Pica. Ci hanno sparato, sputato addosso; ci hanno umiliati, divisi, esposti come bestie da macello, mutilati e insultati e fatti lavorare fino all’ultimo respiro.
Non si sorprende che nessuno obietti. Nessuno che proclami che Diamante è pazzo, che li manderà a morire, che ci sono battaglie che non si possono vincere. Forse così tanta era la smania di tornare a menar le mani. Forse non gli importa più nemmeno di vivere, non se il presente è così lontano dal passato. Forse, semplicemente, la follia è il destino degli schiavi.
Sicuramente sarà meglio che non fare niente. Un prurito elettrico percorre il suo braccio. Per un attimo, una canna di fucile brilla al posto della carne rosata
 
A.A.:
Siamo giunti a un altro punto di svolta, qualcosa che porterà la Famiglia Donquixiote a un punto mai immaginato prima. 
Naturalmente vogliono tornare per mare, e la nave che Myosgard gli dona è quasi fatta e pronta all'uso. Il nome è una citazione agli Aerosmith, naturalmente, All'inizio avevo pensato a vari nomi, come Liberty Glam o vari termini in spagnolo maccheronico, e tra le canzoni degli Aerosmtih ho vagliato anche Dream On, Mama Kin, Sweet Emotion, Rag Doll, Uncle Salty e altre. È meno "unica" della Numancia Flamingo, ma è comunque molto bizzarra. 
Di fatto ormai Kyuin, Joanna, Kari, Emily e Charlotte sono entrate a far parte della Famiglia e ne sono membri effettivi quanto Baby 5 e gli altri. Non è ancora chiaro chi sia il capitano, anche se l'autorità di Diamante e Pica continua a prevalere, ma i due Ufficiali sono più cardini emotivi che effettivi comandanti. In ogni caso, per qualunque cosa i Donquixiote vogliono fare in futuro, quattro giovani donne che non sanno combattere potrebbero rivelarsi degli elementi preziosi. Ma si vedrà tutto a suo tempo, anche se in parte si può capire di già. 
La battuta "la destra si chiama tribordo e la sinistra balordo" viene da una storia di Paperino, ma non ricordo il titolo. 
Siamo quasi alla fine, e spero di avervi accompagnato bene. Vi saluto, in attesa di nuovi rivolgimenti. 
E confesso: ho avuto molti problemi e molta fatica a scrivere questo capitolo. In parte per la sua natura di transizione, in cui i personaggi accolgono la situazione corrente piuttosto che agire in maniera "effettiva", ma soprattutto per l'hype di ciò che sta per succedere.
Alla prossima, allora.
Lady R

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Capitolo 30
*** I Demoni Celesti – Grande Ritorno A Mariejoa ***


I Demoni Celesti – Grande Ritorno A Mariejoa

"So you-you-you're trying to linger cause you're told
People tire and then everything grows old
So do your dance for me and lift your pretty wings
Don't you know I'm dangerous
I just wanna hear the ba-bah-dum, ba-bah-dum (be-dum!)
Sing it from the top of your lungs
Screw that sneaky dance, take a tiny chance
And let's all be dangerous
"
[Miss Li ft. Nea NelsonDangerous


Una passerella di roccia si tende dalla Linea Rossa fino al ponte della Legendary Child, larga abbastanza da farvi passare un bisonte a motore.
Anche la pietra è rossa, scura abbastanza da lasciare una macchia sulla falange quando Baby 5 la carezza. La passerella si allarga nella forma di una mano e cinge con insospettabile dolcezza il ponte della nave, stringendola come se avesse paura di rovinarla. Delle fauci tonde si spalancano contro la Linea Rossa, su un cunicolo nero di cui non si vede il fondo. Buffalo volteggia al suo interno, e la roccia si richiude alle sue spalle come se non fosse accaduto nulla.
Chissà com’è, per Pica, immergersi in quella pietra rossa. Baby 5 prende un ultimo sorso di birra e getta la bottiglia assieme alle altre. Niente immondizia sulla nave nuova: deve rimanere bella come il primo giorno di varo. E forse l’ultimo, ma non è importante. Possederla per un giorno è sufficiente.
-Non si torna più indietro.-
Il cappotto di Diamante si allarga attorno alle sue gambe come se fosse il suo famoso mantello, e i lustrini azzurri che ne percorrono la lunghezza si accendono di bagliori metallici.
-Se non ce la fate, rimanete pure. Se salite, e lo farete, voglio che vi piaccia.-
Sfila gli occhiali da sole dall’allacciatura della camicia a frange e se li infila sul naso. Il mare agitato si riflette nello specchio ocra delle lenti, e contro di esso la Linea Rossa, alta fino alle nuvole.
-Ma a noi piace,- Jora ingolla un sorso di whiskey e ansima posando la bottiglia. -Mi raccomando, Delly caro. Stammi vicino.-
Il ragazzo annuisce distrattamente, preso com’è a toccarsi le pesanti spalline. Sorride estatico, i lunghi denti snudati come se fosse già arrivata l’ora di mordere. La pinna sulle spalle beccheggia appena nel vento, i gioielli nelle sue corna scoperte tintinnano ogni volta che muove la testa.
-Naturalmente ci riuscirà. È impossibile non vederti, Jora-in.-
-Sei un irreprensibile adulatore.- La vecchia fa una piroetta, facendo danzare i lustrini del suo stretto abito rosa. Sbatte le ciglia lunghe un dito, e i brillantini le piovono sulla scollatura generosa. -Ma voglio che mi vedano. Specie la stronza che mi ha stritolato i pollici. Sono più bella della Principessa Serpente, e sarò l’ultima cosa che vedrà.-
Il bersaglio marchiato sulla pancia di Machvise sporge da sotto i lacci del top, le dita laccate di rosa grattano sotto la giarrettiera. Gladius stringe la cintura borchiata sopra i pantaloni di pelle, Sugar rassetta la collana di perle grandi come grappoli d’uva e si stira le dita.
-Tenete gli occhi aperti, Santo Myosgard.- Señor Pink carezza il guscio del lumacofono con le lunghe unghie. -Abbiamo un messaggio per tutti voi.-
Lo sente deglutire dall’altra parte, ma ormai è cosa fatta. Gladius ha le mani alzate, gli occhi fissi su Diamante. -Aschpetta, non ancora. Sono troppo in basso. Conoshco i miei coriandoli.-
-Che emozione, la nostra prima missione da piratesse!- Joanna stringe il timone con le mani inanellate: bigiotteria di plastica, da bambini, grossa come noccioline, ma pur sempre meno vistosa della bandana rossa a scacchi che porta sui capelli. E sì che gli hanno detto tutti che non serve, che solo i pirati mediocri si vestono in quel modo al giorno d’oggi. Come provano la camicia tutta ruches di Kari, il cappello piumato che Emily sfoggia dalla coffa e i grossi stivali che calzano ai piedi di Charlotte, nessuna delle tre ha ascoltato. A quello che dice Diamante, è dovuto arrivare Señor in persona prima che comprassero anche un pappagallo di peluche.
Kyuin sfoggia un completo blu scuro alla marinaretta, con mostrine rosse e una gonna pantalone che nasconde a malapena la fodera del pugnale. Un forcone nella destra, un’accetta che pende alla cintura: -Attendiamo direttive, sottufficiale Señor Pink.-
La falda del suo soprabito, rivestita di lustrini argentei, sventola alle spalle dell’ex lottatore. Stringe tra le dita il ciondolo rosa a forma di ciuccio.
-Noi entriamo dal basso. Aspettate che scendano tutti, poi procedete con la seconda parte del piano. Porteremo la nave laggiù, alla base del ponte trasportatore.-
-La marina non ci farà delle storie?- domanda Kari.
-Vi scambierà per delle curiose in cerca di autografi. Non possono arrestare qualcuno solo perché si veste da pirata. Finché non abbiamo un Jolly Roger nessuno sospetterà niente, e voi non siete conosciute. Fate finta di niente, prendete il sole, fingetevi spaventate quando cominceranno i botti. Appena inizia ad arrivare la gente vi avvicinate al molo. Se ci saranno delle guardie ci penseremo noi.-
-Anch’io so combattere.- Kyuin fa roteare l’ascia sopra la testa e fa una piroetta scendendo le scale. Un piccone dondola sulla sua schiena, legato a una cinghia. -E poi abbiamo i cannoni. Saremo brave, lo so.-
Señor Pink sorride appena, sistemandosi sul volto gli occhiali da sole. Ha sostituito la sua cuffietta con un basco ricoperto di lustrini, e da sotto la tesa sporgono le ciocche nere della sua frangia.
Gladius siede contro il parapetto, allacciandosi gli stivali borchiati fino al ginocchio. Jora si ripassa il rossetto color corallo. Lao G fa i piegamenti nella sua tuta color argento. Una mano scorre sulla spalla di Baby 5, stringendole appena la spalla.
-Hai freddo, mia cara?- I cavicchi di ferro cigolano quando Diamante vi appoggia le braccia, lo scialle di lana fucsia ricamato di lustrini d’argento che lo copre vi sventola leggero contro.
Scuote la testa in un cenno di no e allontana una treccia dal collo. Gli scoppi si dissipano contro il cielo nero. Se non ci sono le stelle possono aggiungercele loro – e con una Stella vera nelle loro fila nemmeno i Nobili Mondiali possono dire niente.
-È bellissimo.-
Diamante le carezza il braccio. -Non vergognarti se hai paura. Anche io sche l’ho. È una cosa normale, anche per noi schtar.-
Si stringe al braccio dell’uomo più grande e si carezza lo stomaco contratto. Il solo pensiero di tornare a Marijoa basta a ridurla così: quando ci si troverà potrebbe finire paralizzata, e andare a terra senza sferrare un colpo. Prende un respiro profondo. Non sarà tollerabile qualcosa del genere. Significherebbe dare ragione a Shalria, e prima ancora a sua madre. E a tutti quelli come loro che sono venuti prima ancora.
-Ti manca qualcosa, cara. Aschpetta.-
Si sfila una collana di perle finte fucsia e gliela infila al collo, facendole fare tre giri. -Il tocco della schtar. Coschì nessuno avrà da ridire.-
-Cosa faremmo senza di te, Diamante-sama.-
Un grappolo di esplosioni rompe il silenzio sopra di loro. Gladius chiude i palmi delle mani e snoda le dita una dietro l’altra. È come se il cielo andasse in pezzi, più in alto persino di Marijoa, e le nuvole si frantumassero in polvere ad ogni nuovo bagliore.
-Come sei bravo,- sussurra Baby 5, circondando la vita di Diamante con il braccio.
-Forse scharà il mio ultimo show. Deve essere memorabile. E poi ho avuto un eschperto di esplosioni ad aiutarmi, vedi?-
Baby 5 prende un sorso di whiskey, riempiendosene la bocca. Lo deglutisce di colpo, ansimando. Brucia, le secca la lingua, le strina la gola dal petto alle labbra. Eppure sorride, quando posa la bottiglia. Ne rimane solo un fondo, e Diamante avvolge le dita attorno al collo un attimo dopo che la molla. -Viva la vita, mia cara. In noi vive l’eredità di Donquixiote Doflamingo.-
L’altro Donquixiote, quello che a Marijoa è rimasto, ansima dall’altra parte del lumacofono. Gli occhi del mollusco, lucidi di lacrime, sbattono freneticamente.
-Siete pazzi, siete dei pazzi! Cosa cazzo state facendo, per la grande Poseidon.-
Le pare di vederlo, Myosgard: che crolla a sedere sul suo scranno, pallido come un cadavere. Non ha paura, è solo qualcosa che non conosce. -Che mai avete fatto?-
-Invasione di privacy,- dice Baby 5. -Un po’ come facevate voialtri. Fai ancora in tempo a scappare, potete farlo. Non volevamo dirvelo prima per non creare scandali. Quando si è liberi si fanno cazzate come queste.-
Sembra una tempesta di stelle, lontane e incandescenti come fossero vere – ma i loro contorni bianchi abbaglianti formano una scritta, chiara come il giorno contro il cielo nero.
VENIAMO A PRENDERVI.
-Ci si vede, ragazze,- dice Señor Pink. -Quest’oggi vinceranno i sodi.-
La piattaforma di pietra si allunga dalla Linea Rossa e sfiora la chiglia della Leggendari Child come una carezza. Gladius si arrampica sul parapetto, inginocchiandosi sulla pietra per salirvi. Baby 5 scavalca il parapetto e avanza sulla pietra a braccia larghe, come fosse una passerella. Lo segue a un palmo, danzando sui tacchi degli stivaletti, godendosi il vento oceanico che le scompiglia i capelli. Le stanno proprio bene, le ciocche rosse e arancio, e con quel vestito dalla gonna asimmetrica, con una danza di rossi, gialli, neri, viola e argenti ad ogni movimento di fianco, potrebbe mettersi a ballare in mezzo alla moritura Città degli Dei.
-La lasciate lì, a largo. Quando avete lo spazio per entrare venite a prenderci. Vi proteggeremo.- la voce di Señor Pink suona lontana, soffocata dal vento. -Se vi rendete conto che non torneremo, girate la nave e tornate indietro. Meglio in balia delle tempeste che bloccate a Mariejoa.-
La pietra si apre di nuovo, nella forma di una porta ad arco. Baby 5 segue Gladius in una stanza cubica scavata nella roccia, alta come una chiesa. Pica e Buffalo siedono ai lati, su protuberanze di pietra sporgenti dal muro scolpiti a forma di sedili. Sollevano appena le mani in un gesto di saluto.
-Chi ha paura se ne vada adesso,- dice Diamante entrando.
-Basta con questa storia,- risponde Sugar.
La pietra si chiude alle loro spalle, la Legendary Child vira di bordo e rivolge la poppa ai loro occhi prima di svanire.
-Saliamo,- dice Pica. -Tenetevi forte.-
È come stare dentro un ascensore – di pietra, senza finestre, che si muove in diagonale anziché in alto e in basso. Viene passata un’ultima bottiglia, di sakè di prima qualità ormai caldo, ma ne trangugia comunque un sorso che le lascia le labbra appiccicose.
Chissà se Doffy si ricordava della sua città natale. Se la sognasse, se si immaginasse di abitarvi, se si fosse lasciato alle spalle qualche amichetto prima che suo padre lo trascinasse via. Forse percorreranno le strade dove amava correre, incontreranno qualcuno che gli aveva sorriso.  Potrebbero sparargli, e non sembrerà nemmeno un tradimento. Non lo verrà mai a sapere.
Oppure si sentirà più comodo, in quelle catene, sul fondo del mare – mentre il Paradiso stesso finisce in fiamme.
Pica si immobilizza, allontana i palmi dalla pietra. -Oh…-
-Che succede?- domanda Sugar.
Il guerriero serra gli occhi, accarezzando il muro. Lo percorre con le dita come se fosse un volto amico. -È stato un momento strano. Come se qui dentro non fossimo del tutto soli.-
-Dentro dove?-
-Nella pietra. Ma forse è solo un’impressione. Già non lo sento più.-

Il soffitto si schiude sopra le loro teste, e l’aria fresca della Città degli Dei le smuove appena i capelli.
Sono nata in uno dei villaggi più poveri del Mare Settentrionale, e forse morirò nella città più ricca. Si appoggia al muro di marmo bianco per non cadere, perché è come se la terra stessa si spostasse dal suo equilibrio. E di fatto è così, considerando in che modo sono entrati.
Bisognerebbe sradicarla tutta, questa città, ma assieme al suo marcio si trascinerebbero dietro anche gli innocenti. Doffy dice che chi non è forte non può decidere nulla, nemmeno come muore. Chissà cosa penserebbe, di tutti gli schiavi che hanno venduto. Non può essere così cieco e illuso da trovarli deboli, significherebbe che il suo sangue Celeste gli ha davvero annebbiato gli occhi e portato via il raziocinio.
E poi non è giusto, che non possano decidere. Nemmeno a Doffy piaceva, sicuramente, con tutto che ne parlava così spesso.
Poi una donna, che cavalca una schiava incappucciata grande come un orso escursionista, caccia un urlo di terrore indicandoli – ed è come si di scatto si fosse svegliata da un lungo sonno.
Un gruppo di ragazzi seduti a chiacchierare a un caffè si alzano di scatto facendo cadere le sedie, un uomo si sporge dalla finestra sopra di loro e urla come se l’avessero appena accoltellato.
Baby 5 alza la testa, lo fissa negli occhi sgranati. -Pistol Girl.- Il cadavere precipita di testa e cosparge di sangue il sentiero di pietra.
-Cominci in fretta, cara,- dice Jora. Sfila il fucile dalle spalle e lo brandisce di fronte a sé. -Noi andiamo alla Piazza della Socializzazione, là ci sono i pesci grossi. Buon divertimento.-
Dellinger le stringe il polso e si lancia verso la folla. Baby 5 coglie appena il bagliore del suo machete, e le urla si allontanano tra i palazzi.
-Ma che succede?- urla la donna a cavallo della schiava. Gladius si lancia in aria con due scoppi alle caviglie, atterra sulla schiena della prigioniera, agguanta la Draghessa Celeste per il collo e la sbatte faccia a terra. Una guardia lì accanto gli scarica addosso una pistola: i proiettili rimbalzano sul petto di Diamante, nero di Ambizione, come fossero delle biglie.
Sugar le stringe appena la mano con l’unica rimastale. Raggiunge la donna a terra, tirandola per i capelli, e la tocca sulla nuca.
-Portami alla fabbrica d’armi di Santo Kannon!- urla, salendo sulla sella della macchina giocattolo. -E non farmi scoprire, o finirai senza ruote.-
Baby 5 le rivolge un cenno di saluto, già arrampicata sulla schiena di Buffalo. Le eliche girano in una sinfonia di urla, un trapestio di piedi, e gli scoppi dei fucili che si disperdono tra le torri e le tegole bianche. L’elastico è già legato alla schiena del suo compagno, ancorato alla cinghia del suo cappotto. Se lo aggancia al piede di fretta, con mani già sudate.
-Credo di vederle,- dice l’uomo-elicottero.
Baby 5 si avvicina alla sua testa. -Di già?-
La lunga unghia laccata dell’uomo indica una piazza lontana. Baby 5 si ritrae di fronte al bagliore, serrando gli occhi. Vorrebbe imprecare – e se Shalria si trovasse nei paraggi, dannazione, la aprirebbe in due come una cozza a colpi di spada.
Sembra una bacheca di vetro, o l’espositore di un negozio di chincaglierie. Devono averlo fatto apposta. Baby 5 serra il pugno del braccio di carne e allunga quello che è un fucile oltre la spalla di Buffalo.
-Ambizione,- sussurra. Ha tutti i colpi che vuole, ma non può dire lo stesso del tempo. Sono là, tutte e cinque, appese nella piazza come trofei di caccia. Le corde hanno scavato nei loro polsi, e strisce di sangue scendono lungo le braccia, fin’oltre le spalle.
-Acqua,- mugugna Porche. -Acqua. Acqua.- Belladonna singhiozza sommessamente, ma nessuna lacrima le scende dagli occhi. I capelli di Kikyo e Baccarat coprono i loro volti. Honey Queen è pallida come un cadavere, ma respira, e gocce di bava le scendono dalla bocca socchiusa. Un parallelepipedo di vetro le circonda da tutti i lati. Ai suoi angoli è legata la corda che le tiene appese. Con la Percezione può sentire ogni pelo del colletto del cappotto di Buffalo frusciare e sventolare mentre vola in cerchio sopra la teca.
-Io vado.-
-Attenta-dasuyan.-
Povero Buffalo. Baby 5 gli fa una carezza, prima di saltare. L’elastico prude, contro la sua caviglia, ma non deve essere nulla paragonato a quelle corde.
Il vento le scuote i capelli, accecando i suoi occhi. Non che le servano, in un’operazione del genere. L’elastico è lungo quindici metri: si allungherà per altri sette, e per allora – bang, bang, bang, gli spari si mischiano alle urla rauche delle ragazze e quelle imperiose dei loro guardiani – sarà esattamente all’altezza giusta per lacerarlo e lasciarsi cadere.
Kikyo, Belladonna, Porche, Baccarat e Honey Queen giacciono tra i vetri rotti, sdraiate o rannicchiate. L’elastico si tende, tira contro la caviglia di Baby 5. Piega la caviglia: il suo piede è una spada, e la sua lama frantuma l’elastico in un solo gesto.
-MISSILE GIRL!-
Il terreno tuona, quando vi si schianta contro. Ci sono diecimilaottocentonovantadue pezzi di cristallo sospesi a mezz’aria, undici guardie e sette schiavi in fuga. Le mie compagne stanno bene. L’erba smette di vibrare: Baby 5 riassume sembianze umane e si libera il volto dai capelli. -Tutto bene, Buffalo!- urla sopra di sé. -Io prendo le chiavi, tu spianami la strada.-
Lo intravede che annuisce, e gira attorno a un torrione per sorvolare meglio la piazza. Porche è la più vicina, e a quattro zampe a terra si asciuga la fronte dal sangue. Baby 5 sfila dalla cintura il passe-partout e lo getta di fronte alle mani tremanti della ex majorette.
È una chiave universale. Va bene anche per l’agalmatolite. Siete libere, avanti.-
La majorette si asciuga le lacrime, stringendo le chiavi al petto. -Venite,- grugnisce. Belladonna trascina Kikyo verso di lei, Baccarat raccoglie una pistola da terra e spara in testa a una guardia.
-TURBINE: MATASABURO!- Buffalo plana sopra le loro teste con un rombo. Baby 5 non sente il vento, ma può vederlo: le guardie si levano in aria come foglie morte, si sollevano oltre i palazzi o sbattono contro le finestre. Kikyo e Belladonna si abbracciano, Honey Queen si copre la testa con le mani.
-Non abbiate paura,- dice Baby 5. -Il mio amico Buffalo è molto preciso. Siamo qui per portarvi via.-
-NIIN!- Buffalo atterra al suo fianco senza un rumore. Baccarat lascia andare chiavi e manette, sgranando gli occhi. È sempre stata la più alta del gruppo, ma l’ombra di Buffalo la fa sembrare piccola come un Tontatta. E questo senza contare il suo cappotto luccicante di lustrini, gli stivali con le zeppe e le lunghe unghie laccate.
-Siete cambiati…- Honey Queen si sfila le manette e le scaraventa alle sue spalle assieme alle chiavi. Baby 5 le sorride, assesta sui capelli il cerchietto di brillanti. -Siamo liberi.-
Un plotone di Marines si allinea, i moschetti puntati: Gatling Girl li falcia uno appresso all’altro, facendoli crollare come birilli.
-Quello grasso lo conosco,- urla una guardia. -Era un cavallo umano di Santa Shalria,-
-Non sono un cavallo umano! Sono un elicottero e so volare!- urla Buffalo, e gli conficca nella nuca tre colpi. Baby 5 gli manda un cenno di saluto.
-A tutte le unità.- Una guardia, appoggiata a un muro diroccato, tossisce nella radio. -Ribellione! Ribellione di schiavi! Chiamate…-
Un guizzo di viola gli circonda il volto e sommerge la radio. Crolla a terra, spaccata a metà in un nugolo di cavicchi. Honey Queen chiude il pugno. -Sta zitto. È ora di vendicarci, con noi avete chiuso.-
Belladonna tira Kikyo per un braccio. -Cerchiamo Pansy, presto.- Raccolgono due sciabole e due pistole da terra e si lanciano in corsa verso la piazza principale. Porche si carica un fucile in spalla. Baccarat raccoglie una spada e la brandisce a due mani, saggiandone l’elsa.
-Grazie, Baby 5.- la ex-concierge le stringe appena il polso. -Sapevo di essere fortunata.-
Ho mangiato il frutto Luck Luck, so rubare la fortuna di chi tocco. Eppure Baby 5 non si ritrae. È assurdo che Baccarat voglia rubarla da lei.
Missile Girl si leva in aria di fianco all’elicottero umano e scoppia oltre la sua testa. Baby 5 atterra nel cappotto del compagno senza un rumore. È soffice come ai vecchi tempi, e la pelle nera scaldata al sole è più accogliente di un letto di piume.
-Prossima tappa: Palazzo di Pangea! Niin!-
Buffalo la conduce in volo su villette in fiamme, strade lastricate di sangue e di pietra. Pistol Girl abbatte un’intera fila di guardie, Gatling Girl trafora la testa di un poliziotto alto come Pica. Si aggrappa alla cinghia del cappotto di Buffalo come a una briglia e abbatte una guardia appresso all’altra. Si chiede come sarebbe sparare ai Nobili Mondiali quando portano i loro caschi, vedere il loro sangue riempire le bolle sulle loro teste e annullare completamente i loro sensi.
Forse non sarebbe altrettanto interessante, però, piuttosto che abbatterli tutti insieme nel loro nido. La città degli Dei è solo un’altra città, dalle mura bianche e rosse, solamente costruita su una montagna più in alto. Dei, oppure Demoni Celesti proprio come Doffy, che precipitano dal cielo uno ad uno.
Forse gli piacerebbe, se lo venisse a sapere. Non scopriranno il tesoro della città, e nessuno di loro tornerà da quella battaglia con la vita eterna.
Dopotutto, da un momento all’altro giungerà un ammiraglio a farli a pezzi, e sarà un finale di sangue come negli show più grandi.
Buffalo cabra verso destra, le mura del Palazzo di Pangea sono così vicine da poterle quasi toccare. Si alza, si abbassa – si ferma a mezz’aria come un elicottero non dovrebbe fare.
-Shalria…-
Le eliche si bloccano tutte d’un tratto. Baby 5 agguanta la cinghia del cappotto così in fretta da ustionarsi le mani. Le eliche ruotano, si fermano, ruotano ancora per un attimo a un ritmo goffo e irregolare.
-Buffalo, no! Calmati!-
Lo sente ansimare, rauco, serrando e schiudendo i pugni. Il pavimento si avvicina, rapido come uno schiaffo. Si getta dalla schiena di Buffalo e ruzzola in ginocchio sul pavimento di pietra insanguinata. Il suo compagno rotola una manciata di metri più avanti, abbattendo un palo della luce, e si schianta contro un muro. Non un grido.
Baby 5 si pulisce la bocca dalla polvere. Un lembo del suo vestito è strappato, e penzola inerte sulla sua coscia, e dalle ginocchia sbucciate gocciola sangue fin dentro gli stivaletti. Lo strappo lo taglia alla base con un dito-coltello, ma le ginocchia non le tocca: Buffalo giace immobile, come un bovino abbattuto, proprio davanti agli occhi sgranati della famiglia reale di Dressrosa.


A.A.:
Ho aspettato molto per pubblicare questo capitolo – e quelli che seguono – per una serie di ragioni. 
Avevo pianificato di inserire questa battaglia da mesi, forse dallo scorso inverno. Con il cambiamento recente del clima politico e le manifestazioni che si sono diffuse in tutto il mondo – e che ancora si tengono, anche in Italia – ho però trovato inappropriato e irrispettoso parlare di una tematica come una violenta rivolta di schiavi, e non ero neanche del tutto sicura che l'avrei mai pubblicato.
Non importa in fondo, i problemi sono altri. 
Con il calmarsi delle acque, e la trasformazione delle manifestazioni americane da violente e pericolose a pacifiche e orientate all'assistenza, ho supposto che il clima si fosse fatto più calmo. Io sono fermamente a favore della causa per la quale le manifestazioni si sono tenute, e non intendo in alcun modo mancare ad essa di rispetto. Soprattutto non è mai stata mia intenzione raccontare della tematica del razzismo, perché non posso esserne vittima e non sta a me parlarne – l'ho accennato prevemente con Dellinger, ma non è un punto focale – soprattutto con un'opera che, a mio parere, non tratta bene la questione. 
Sì, qui si parla di emarginati, ma una discriminazione più universale, basata sullo status e la non conformità con le norme e lo standard sociale. È qualcosa con cui mi relaziono in prima persona e che penso di avere la capacità di trattare bene, anche in una maniera così esagerata e baracconosa. 
Quello che sta succedendo è fin troppo chiaro: Mariejoa rappresenta lo "sfidante" accennato secoli fa nell'ultimo capitolo: sfida che la Family ha accolto e che porta a termine seminando il panico dappertutto. 
Mi sono anche permessa di "sistemare" il loro guardaroba, basandolo volte su personaggi e cantanti specifici (es. Diamante ovviamente su Steven Tyler, Machvise su Michael Valentine dei Twisted Sister, Baby 5 su Cindy Lauper, Jora su Dolly Parton), a volte semplicemente come un collage di mode, tropi, trucco e glitter. Dopotutto lo stesso Doflamingo è basato su Michel Polnareff, quindi ha senso portare avanti così la sua eredità. Se Trebol fosse vivo lo concerei come Angus Young degli AC/DC. Ma è morto, quindi... non si pone la cosa.
Spero che non vi sia mancata *troppo*, visto che è più di un mese che non la proseguo. 
Vi saluto. 
Lady R

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Capitolo 31
*** Gli Uomini Senza Sguardo – Continua La Battaglia Di Marijoa ***


Gli Uomini Senza Sguardo – Continua La Battaglia Di Marijoa

"Take a seat, the show is beginning
All the devils are singin'
Climbin' up on the chandelier
You can't stop me from swingin
'"
[Saweetie ft. GALXHARA – Sway With Me


Ad almeno uno doveva toccare, lo sapevano.
Una goccia di sangue gli scende fin dentro il cappotto, scomparendo nel pelo del suo colletto. Buffalo non l’ha mai negato – non sono forte, ma so volare.
Eppure è rotolato fino a terra come un macigno, ricoprendosi di terriccio fino agli occhi. Forse è solo il primo a cadere, forse toccherà a lei o a qualcun altro dei loro. Una catena di morti, lenta, obbligatoria. E i Donquixiote moriranno come fossero degli eroi, nel luogo in cui la loro storia è iniziata.
Baby 5 si appoggia al muro per alzarsi, ansimando, e il suo braccio mitraglietta si ritrasforma in carne. Le ginocchia bruciano mentre corre, il sangue negli stivali le fa solletico ai piedi. Cinque proiettili da destra, un coltello da lancio da sinistra. Piroetta al di sotto dei colpi in arrivo e conficca un pallettone in testa a tutti e sei. Kyros ha messo mano allo spadone: i suoi occhi sono su Buffalo, e i muscoli del braccio vibrano.
-LO SAPEVO!- 
Kyros spinge Rebecca contro il muro. Viola si allunga verso di lei, afferrandola per il braccio. Lo spadone del gladiatore luccica come una cometa anche senza una lama. Buffalo solleva la testa, ritraendosi strisciando contro le piastrelle. 
-Lo sapevo, io! Maledetti…-
-Shield Girl!- 
Stavolta non la piegherà, non come a Dressrosa. Lo spadone rintocca contro lo scudo e le ginocchia di Baby 5 scricchiolano nel piegarsi. Gli occhi di Kyros, iniettati di sangue, sembrano sul punto di schizzargli fuori dalle orbite. Sbava, digrigna i denti, i muscoli pulsano sulle braccia muscolose. Anche Baby 5 serra i denti, finché le mascelle non iniziano a crepitare. La spada cigola contro lo scudo, le scintille sfrigolano contro l’erba strappata.
Viola abbassa le braccia e corre verso il suocero, aggrappandosi alla sua spalla. -Lasciala, Kyros. Lasciala andare.- 
-Voleva uccidere Rebecca!- ringhia Kyros. -Non l’avevi capito?- 
La principessa scuote la testa e strappa il braccio di Kyros dallo scudo di Baby 5. Il gladiatore traballa all’indietro, si appoggia alla spada come fosse un bastone da passeggio. Si scrolla Viola di dosso e sovrasta Baby 5, ringhiandole addosso. 
-Che cosa ci fate ancora qui?- 
Buffalo si mette a sedere, si spolvera il cappotto, appoggia la mano sulla spalla di Baby 5. Le sorride, arrossendo appena. -Mi dispiace. C’era Shalria con suo fratello. Penso che posso alzarmi di nuovo, adesso. Ti sei fatta male?-
Baby 5 scuote la testa, e Kyros la squadra con disprezzo. Cammina oltre a lui e gli porge la mano per aiutarlo ad alzarsi. L’idea che l’Eroe del Colosseo sia arrabbiato perché lo stanno ignorando le strappa una risata, che non si interrompe nemmeno allo sguardo d’acciaio dell’ex gladiatore.
Viola tiene Rebecca per mano: la principessina si asciuga le lacrime e si aggrappa al braccio del padre. -Ho paura, andiamo via. Lasciali stare, a loro. Se non gli facciamo niente magari se ne…- 
Sobbalza, bianca come cera. Le dita rigide si cingono attorno alla sua testa, sprofondando nei suoi capelli. Non piange neanche più, e la pelle del viso pallido trema. Si ritrae e cade in ginocchio, coprendosi il viso con le mani. 
-Rebecca…- Viola allunga una mano verso di lei, ma non la tocca: non con Diamante che la sovrasta, splendente di porporina, le labbra lucide di rossetto tese in un sorriso amichevole. Pica rinfodera la katana e rassetta il cerchietto di brillanti che gli tiene i capelli, viola, come i lustrini di cui è intessuta la sua giacca di pelle. 
-MANDALO VIA!- Rebecca gattona all’indietro fino al muro del palazzo. Singhiozza così forte da tossire. -MANDALO VIA! NON LO VOGLIO VEDERE! PAPÀ, TI PREGO…- 
-Ancora tu, maledetto…- Kyros impugna di nuovo la spada. Pica fa un passo avanti e agguanta la lama con la mano, ricoperta di Ambizione dell’Armatura. Il metallo si piega su sé stesso come una canna di bambù. Rebecca urla, Viola le carezza i capelli. Ha sguainato un coltello, e lo tiene così forte da sbiancarsi la mano
-Sta fermo.- sibila Pica. Spinge via la lama come se non pesasse un grammo, e Kyros traballa all’indietro sull’unica gamba.
-Ti prego, Kyrosch.- Diamante afferra l’altro uomo per il mantello prima che cada di schiena. Gli sorride, e il diamantino sul dente luccica. -Sono qui di passaggio. Non farmi fare brutta figura.- 
Stringe la mano di Buffalo. -Sto bene,- dice l’uomo più giovane. -Voi come state?- 
-Sto cercando Charloss,- dice Pica. -C’è un sacco di gente che sta scappando. Abbiamo liberato gli amici di Dellinger. Le sirene hanno detto che cercheranno altre barche. Viola, dì a Rebecca che non vogliamo fare niente.-  
-Povera bambina, così spaventata. Di cos’ha p-paura? Noi non schiamo qui per lei, non si vede?- 
Si pulisce la bocca con la manica della giacca di pelle. Anche Rebecca si tocca la labbra, ritraendosi ancora. Viola la stringe a sé, e il coltello trema tra le sue dita.
-Stiamo facendo un giretto, io e il mio dolce figlio. Ci godiamo il sole, liberiamo gli schiavi, facciamo il macello in queschto nido di merda.-
-Non m’interessa. Zia Viola mi ha detto tutto, ma io non ti perdonerò mai.- Rebecca si strappa le lacrime dal viso. -Mai. Vattene via. Sei orribile.-
-Per favore, andatevene. Possiamo scappare da soli,- dice Viola. -State già facendo abbastanza.-
Diamante sorride di nuovo, piegandosi per guardarle in faccia. -Al contrario, mia cara. È il minimo che si doveva fare. Ma qualcuno doveva farlo, le cose stanno così. Voi portate via Rebecca, prima che si faccia male. Poverina, è così delicata…-
La ragazzina si copre il viso con le mani. Le dita di Diamante si immergono nei suoi capelli, carezzandoli, e le allontanano la treccia dalla spalla deponendola dietro la schiena. 
-Su, Rebecca. Continua a provare, e un bel giorno sarai anche tu una grande guerriera come me e come noi.- 
Allarga le braccia, sventolando fianchi e vita. -Andiamo, Pica. Non abbiamo ancora finito.- 
-Ciao, Rebecca!- Baby 5 si arrampica sulla schiena di Buffalo, e il rumore delle eliche copre in parte le ultime lettere. -Sei stata una gladiatrice di merda, ma tutti nascono in basso.-
Quando sono così piccoli da non vederli più stanno volando sopra le torri, fin quasi alle nuvole. Pica si porta in volo di fianco a Buffalo. -Dove hai detto che era Charloss?-
-Di là.- Buffalo indica oltre il tetto spiovente alla loro destra. -Ma io non ci vado. Te la senti di andare solo?-
Pica annuisce. -Sta al sicuro. A Charloss penso io.-
Il corpo di Diamante si gonfia come una vela, si piega verso il tetto trasportando Pica con sé. Il guerriero lascia andare il corpo del padre superate le tegole. Diamante volteggia come una bandiera verso il corpo di Buffalo. Galleggia sopra il corpo di Buffalo, ampio come una tenda. Ritorna umano con uno schiocco, e atterra sulla schiena dell’uomo-elicottero a fianco di Baby 5.
-Ahi.- Buffalo sbanda a sinistra. Baby 5 agguanta la fascia del suo cappotto e vi serra le dita. -La prossima volta avvisami. Potevo farvi cadere tutti e due-dasuyan.-
Diamante gli carezza il collo.- Scusa, tesoro.- Gattona lungo il corpo dell’uomo-elicottero e allunga una mano verso gli edifici. Singhiozza teatralmente nella mano. -Guarda il mio bambino, come va.-
Un solo braccio di Pica, di pietra grigia tagliata a scaglioni irregolari, è grande due volte quello di un gigante. La forma verde e paffuta di Charloss è un insetto stretto tra le sue dita, che scalcia e strilla.
-When marimba rhythms start to play, dance with me, make me sway!-
-È la sua canzone preferita,- dice Baby 5. E piaceva anche a lei, prima di sentirla macellata dalla vocina del suo Ufficiale prigioniero, perché parlava di un grande amore e di un uomo irresistibile. Forse anche Charloss si immaginava così, stretto a una bella ragazza che pendeva dalle sue labbra. Avrebbe fatto schiava la principessa delle sirene, forse vedeva in lei la fortunata.
Se pensano di aver diritto a tutto, nulla esclude che si arroghino l’amore.
-Like the lazy ocean hugs the shore…- canticchia Pica, palleggiando Charloss su un dito solo.
-Charloss! Lascialo stare, mostro di pietra-eh!-
È la voce di Shalria, rotta dal pianto, e mai è suonata così dolce. Qualcuno spara, forse la stessa Shalria, ma un proiettile non può fermare un titano.
-…Hold me close, sway me more.-
Un corpo grasso, rosso di sangue, vola sopra i tetti. Un pugno di pietra il doppio più grande lo agguanta e lo trascina di nuovo verso terra.
Sicuramente è più divertente di qualunque spettacolo comico a cui Pica abbia mai preso parte.
Pica sparisce nella parete, il corpo di Charloss rotola sull’erba insanguinata, e sua sorella corre verso di lui cadendo in ginocchio.
-Charloss! Charloss, rispondimi!-
Diamante batte piano le mani. -Che meraviglia.-
Shalria vivrà: una decisione di Pica, evidentemente, difficile da capire, ma non ha voglia di alzarsi da là per inseguirla.
-CHARLOSS!- Shalria solleva la testa dell’uomo, gli carezza le guance. -Charloss, fratello. Non andare… no…-
-Shalria-sama, dovete scappare…- una guardia la tira per la spalla. Shalria agguanta la pistola e gli spara due colpi in faccia. -Salvatelo! Charloss, guarda me! Ti prego! Ti prego!-
È impazzita, pensa Baby 5 per un attimo. O piuttosto è successo che, poiché  una Nobile Mondiale è onnipotente,  persino la morte deve fare ciò che lei comanda. Pica sta viaggiando verso il porto, i palazzi si contorcono su sé stessi come pezzi di carta al suo passaggio, e cadono a pezzi in un boato sempre più lontano. Shalria urla ancora. L’ha lasciata vivere, ma vivere male.
Poi Buffalo supera un torrione dal tetto spiovente, e i due fratelli scompaiono dietro le tegole.
Baby 5 striscia sulla schiena del compagno. -Andiamo, Buffalo caro. Ho voglia di menare le mani.-

“Nessuno ha bisogno di una persona inutile”.
Non ha mai smesso di sentirla, nemmeno nella capanna destinata alle schiave. Quella voce sottile, da persona già morta di fame a metà, tagliava attraverso la sua testa come un coltello. Sapeva martellare, nonostante il tono basso. Inutile. Nessuno ha bisogno di una persona inutile. Se non sei utile non meriti di esistere. Il pensiero di una vecchia pazza, anche se giovane come lei è adesso, che anche quando l’ha portata nel bosco aveva in mente solo il pane.
Nasceva proprio dai Draghi Celesti, quella miseria che ha soffocato l’intero villaggio. E nessuno ha mai pensato di farci niente. Più facile prendersela con una bambina che a malapena si regge in piedi.
Mi stai guardando, mamma? Ti sembro abbastanza utile, adesso? Sto facendo piangere gli dei di questo mondo, quelli che rubano il cibo e bruciano le case e svuotano le tasche a quelli come noi. Mi avresti abbandonata ancora, se mi avessi visto?
Ma non l’avrebbe vista affatto, se non avesse deciso di cacciarla. Tutto si collega: un lungo filo di sventure, di cui la più grande si chiama Mariejoa.
La Piazza della Socializzazione getta un fumo nero e denso contro il cielo del tramonto. Un nugolo di schiavi si lancia in fuga attraverso le vie in fiamme. Una schiava alta come un elefante afferra due Draghi Celesti per le tuniche e sbatte le loro teste una contro l’altra. Esplodono come mirtilli, stillando sangue sulle tute bianche. Baby 5 e Diamante si scambiano uno sguardo d’intesa.
-Atterra qui,- dice Diamante. -Noi spianiamo la strada.-
Si gettano insieme: Missile Girl atterra prima di lui, con un tuono che fa tremare le punte delle torri. Le guardie e i Marine crollano a terra in ginocchio, il pavimento d’erba si frantuma come argilla. Diamante volteggia, così veloce da non distinguerne i tratti: una macchia di grazia e porporina che splende di mille colori, proprio come il nome che si è dato. E checché ne dica quel buzzurro fallocrate, si è pienamente guadagnato.
Buffalo volteggia in cerchio, invece, con l’espressione di chi è stato colto in fallo.
-Non so se ce la faccio ancora.-
-Vuoi andare via?- gli urla Baby 5. Una guardia si lancia contro di lei con una spada: schiva il colpo con una piroetta e gli conficca il piede-coltello nello stomaco.
-Voglio andare da un’altra parte. Verso il porto. Stanno portando le navi, fammi affrontare quelle. Basta che non veda più un Drago Celeste.-
Un gatto giocattolo grande come una scialuppa emerge dalle ombre, i piedi di Jora che pendono sul suo volto nelle scarpe col tacco. I soldati che ha trasformato in arte si agitano ai suoi piedi, delle alghe dai mille colori che non riescono nemmeno a urlare.
-Vengo con te, ragazzo.-
-Niiin!-
Buffalo si abbassa in volo, annuendo appena. La vecchia gli salta sulla schiena, senza che debba fermarsi, e allarga le braccia mentre si solleva di nuovo verso il cielo. Baby 5 non ricorda se Jora ha già volato sulla sua schiena, se le piacesse o meno volare. Se quella città insanguinata sia o meno il paesaggio giusto dove volare. Comunque gli rivolge un cenno di saluto mentre guizza via.
Forse morirà davvero, una volta girata quella curva. Arriverà un ammiraglio, uno qualsiasi dei tre, e li butterà giù come passerotti con un sol colpo. Arriverà Akainu in persona, snuderà le zanne da cane rabbioso, e li brucerà finché non ne rimane nemmeno un ricordo. Arriverà il capo della Marina, lo scimmione che tutti temono, arriverà Garp l’Eroe in persona con i pugni protesi; arriveranno gli agenti governativi leggeri come il vento, o qualche altra bestia dei Nobili.
-Scappiamo,- urla un ragazzo. -Sono enormi, sono troppo forti!-
Un’ombra alta come un palazzo sporge dalle fiamme, due occhi senza pupilla lampeggiano su un volto austero.
Kuma, pensa per un attimo Baby 5. Tutti sanno com’è fatto Kuma, anche quelli che non l’hanno mai visto. Ma dietro a Kuma ne spunta un altro, e un altro ancora, e uno sciame di altri alle loro spalle – decine, centinaia di Kuma, fino a perdere la vista. E di fronte ai piedi del primo Kuma un uomo grassoccio dai capelli neri, che brandisce un’ascia grande come lui.
-Mi hanno segnalato bene,- proclama in un megafono. -Ma questo sfacelo sta per finire una volta per tutte. Io sono Sentomaru, capo della Divisione Scientifica della Marina, e i Pacifista non hanno bisogno di presentazione.-
-Tutto qui?- urla Gladius in risposta, dall’alto di un palazzo di marmo non più chiaro. -Un solo soldato e delle scopiazzature?-
-Ha ragione!- esclama Sugar, stretta nelle zampe di un immenso falco di peluche. -Gli ammiragli avevano la cena sul fuoco?-
Sentomaru scuote la testa, sospirando. Baby 5 strizza gli occhi: un tremito, là sul suo collo.
-Gli ammiragli sono troppo presi dai dannatissimi rivoluzionari. Non c’è nemmeno quel culopeso di Kizaru, e sì che non aveva niente da fare. Dovrò cavarmela da solo, ma non sarà necessario farli preoccupare. Nemmeno Barbabianca in persona potrebbe affrontare cinquecento dei miei Pacifista. Uno solo di loro…-
Ma la voce di Sentomaru si perde in lontananza, sotto il rombo tonante delle ville nobiliari che crollano come castelli di carte, e lo schiocco del braccio di Baby 5 che gli spara addosso.
Nessun ammiraglio, pensa. Qualcuno ci ama.
-PX-1, vai! Prendili-
-A me, Diamante-sama.- La voce di Dellinger è un sussurro, il suo corpo un guizzo di vento che luccica come metallo. Il Pacifista solleva il braccio, lo riabbassa, disegna cerchi nell’aria con le mani schiuse.
Mani che rimbalzano contro il pavimento, e dalle scarpe col tacco a spillo del ragazzo gocciola denso e bruno l’olio per motore. Sentomaru rotea l’ascia, e i proiettili di Baby 5 rimbalzano contro il terreno.
-Vuoi prenderlo tu?- urla Dellinger. -Ha una faccia che proprio non mi piace!-
Annuisce, e il ragazzo alza il pollice. A lui toccheranno gli ammassi di ferraglia: giusto così, avere addosso tutto quel sangue inizia a stancarla. Un Pacifista alle sue spalle scaglia un raggio contro i palazzi, e dieci tetti insieme collassano tra le macerie. Due gambe umane e una pozza di sangue sporgono da sotto il suo piede.
Basta un solo fendente di Sickle Girl per lacerare il collo del Pacifista più vicino, schizzando sangue e olio contro l’erba e le pietre. Una ciocca di Baby 5, macchiata di quella miscela fetida, diventa pesante come un pendente di metallo.
Il palazzo alle sue spalle crolla su sé stesso, scompare in un turbine di rottami. Un braccio mozzato rotola fino ai suoi piedi. Una donna urla in lontananza. Baby 5 tossisce nella polvere e nel sangue, mentre i proiettili di Gatling Girl strappano al Pacifista la mano con tutto il polso.
-Sono gli schiavi con i collari esplosivi.-
Gladius schiva un fendente e fracassa con un pugno la guardia che l’aveva caricato. -Si stanno facendo esplodere.-
Un altro palazzo, dalle mura rosa pallido, si rattrappisce in una colonna di fumo e pietra. Avrebbero potuto essere liberati, quegli schiavi, se solo avessero saputo aspettare. Se gli fosse stata concessa la possibilità di farlo. Ma quando la cinghia si tira troppo, finisce che si spezza.
Missile Girl si immerge nel petto del Pacifista seguente, gli sporge dalla schiena fradicia di olio. Per un attimo, mentre ruota su sé stessa, il sole la accieca, così bello da farla piangere.
O forse l’olio motore della macchina infernale le è appena schizzato in faccia. O il sangue di qualche poveretto che non vedrà il sole oltre a Mariejoa.
Non si capisce più niente, e Baby 5 darebbe un braccio per una goccia d’acqua da bere.
Un’altra orda di schiavi si lancia in corsa tra i palazzi diroccati. Un muro di pietra sorge ai loro fianchi e corre con loro, fradicio di sangue e liquidi non più vivaci. Il Pacifista solleva il braccio, la mano si accende di un bagliore bianco. Flail Girl lo agguanta per il polso e glielo torce verso il cielo. Baby 5 grugnisce, i muscoli stanchi paiono stridere sotto la sua carne.
Il fascio di luce del raggio si perde nel cielo. Baby 5 atterra ai piedi del Pacifista e schiva il suo pugno. Missile Girl gli porta di nuovo via la testa. Il corpo cade a sedere e stramazza supino.
Basta. Sentomaru tossisce in mezzo al fumo, coprendosi la bocca con la mano. Tornerà a cercarla, e se la trovasse sarebbe tutto inutile.
Un Marine col berretto di traverso striscia fino a un altoparlante e vi singhiozza dentro.
-Mandate qualcuno, chiamate rinforzi! Non ce la facciamo a contener…-
Diamante lo butta a terra con un fendente ondeggiante di stoffa. Acchiappa il microfono al volo prima che cada.
-Oggi no, mi dispiace per il pubblico a casa. Addio giustizia, e benvenuto rock and roll!-
Incolla il microfono alla bocca e vi ringhia dentro uno strillo da rockstar – stridulo, raschiato, da far tremare le pareti. Le pare che duri per sempre, o forse vorrebbe solo così.
-Ka-ka-ka-ka-ka! Arrrrrrriba!-
Un vicecapitano si lancia verso di lui, sciabola alla mano: un piede di pietra, calzato di uno stivale col tacco, lo spedisce con un calcio dietro contro una finestra. Pica emerge dal terreno, gettandosi i capelli alle spalle.
-Nessuno interrompe una rockstar mentre si esibisce, cafone!-
Diamante gli porge il microfono.-Vuoi provare tu, pietruzza?-
-Sei tu la star. Io sono solo un guerriero imbattibile. Lo dicevi anche tu.-
-E allora combattiamo, uhahaha!-
Si sfila il cappotto dalla schiena, macchiato di sangue dal colletto all’orlo. Stringe la mano di Pica, e le braccia unite si levano al cielo. Il sole illumina i loro anelli, e per un attimo quella stretta abbaglia.
-Bandera Stone!-
I Marine cadono in ginocchio piangendo, i Pacifista inciampano come mocciosi che hanno appena imparato a camminare. E Diamante ride, ride, il microfono così incollato alle labbra da riempirsi sicuramente di rossetto. La pietra trascina via uomini e macchine, fin dove lo sguardo può vedere. I Pacifista si disarticolano in ragnatele di braccia, gambe, fili che sprizzano scintille, olio nero, rotelle che schizzano via frantumando finestre e abbattendo pali della luce.
L’ascia di Sentomaru le guizza accanto all’orecchio, il suo pugno ricoperto di Haki percuote l’aria dove un attimo prima si trovava la sua spalla. Gatling Girl gli spara addosso un intero caricatore: il Marine piroetta all’indietro e si aggrappa a un palo della luce.
Diamante strilla di nuovo, guizzando leggero come una bandiera. Un urlo rauco, che sembra graffiarlo da dentro. Come se di cantare non gli andasse neanche più. Lo facesse per la stessa ragione per cui combatte – perché deve.
-Continua a cantare!- gli urla Baby 5. -Ne ho bisogno!-
Pica gli sfiora la mano con la propria e sparisce di nuovo nella pietra. Sentomaru solleva l’ascia, ma i suoi profondi occhi dorati lo superano e scompaiono in lontananza.
Solleva la testa: l’ascia di Baby 5 sparisce nel suo cranio fino al manico.
L’altra ascia, quella che lui brandiva, gli scappa dalle dita e rimbalza sulle pietre. Forse avrebbe fatto rumore, se non fosse stata soffocata dalle urla, dagli spari, da quelle maledette esplosioni, e dagli acuti di Diamante, che col microfono sulla spalla crivella gli occhi di un Pacifista di fucilate.
Baby 5 sfila l’ascia dalla testa mora dell’avversario, e sangue misto a cervella le schizza sul vestito. Gli occhi di Sentomaru si volgono verso il basso, come se si vergognasse di sé stesso.
Poi le ginocchia si piegano, le mani scattano in avanti verso una gola che sfiorano appena, e un colpo di tosse insanguinato si frantuma contro il volto di Baby 5, viscido e bollente.
Non il primo che uccide, non il decimo, il centesimo, forse il millesimo: ma quegli occhi neri le strappano un tremito e un grido che non le si addice.
Pensava di avere ragione, il poveretto. Avrebbe fermato la rivolta, nelle sue fantasie, e ricacciato gli schiavi nelle gabbie senza luce che lei stessa conosce. Forse gli avrebbero dato una medaglia, un premio in denaro, una guarnigione tutta sua con le mani già insanguinate senza nemmeno saperlo.
Gli colpisce il volto con un calcio, schizzandosi il piede di sangue fino alla caviglia, e si leva di nuovo in aria come Missile Girl. Per un attimo uno schizzo di fumo la abbaglia, le toglie il respiro nella sua pelle metallica. Poi sorride: si vede tutta Mariejoa.
Diamante strilla di nuovo nel microfono, sparando colpi nella folla appollaiato su un balcone. Ha gli occhi gonfi di lacrime, la manica fradicia di sangue. Sorride, ma un sorriso che piega le guance nel verso sbagliato.
Onesto, però. E ha pieno diritto di sentirsi così. Anche Baby 5 sorride, e Missile Girl si lancia di nuovo verso Sentomaru. Le labbra del Marine si schiudono in un urlo che non esce.
Abbiamo compiuto l’impresa di Monkey D. Luffy, il nostro più giurato nemico, scappando da Impel Down.
Le nuvole di pensiero di Jora luccicano da sopra la schiena di Buffalo. Le braccia di tre Pacifista si contorcono, si colorano di rosso e di verde e di giallo, si intrecciano l’una sull’altra come una massa di vermi.
Abbiamo emulato le geste di Nico Robin, la bambina diabolica, la Luce della rivoluzione, evadendo un Buster Call senza un graffio.
Dellinger colpisce il muro di una villetta con un calcio. La pietra si sgretola, le mura crollano su sé stesse. Scappa ridendo tra le urla dei proprietari.
E adesso tocca a Fisher Tiger, l’Avventuriero. Se questo non è essere liberi nessuno lo è.
Sentomaru rotola oltre la balaustra, schizzando sangue contro la pietra, e là rimane.


A.A.:
Le battaglie sono difficilissime da scrivere, sapevatelo
L'idea di far combattere i Donquixote con i Pacifista è stata una delle prime che ho avuto, soprattutto per mancanza di informazioni sull'Ammiraglio Ryokugyu. Ho sentito varie teorie su di lui e sul suo Frutto del Diavolo – i più indicati sono uno Zoan legato ai tori, un Paramecia legato alle piante o un Rogia della radioattività – ma finché non sappiamo chi accidenti sia e cosa sappia fare preferisco tenerlo fuori. E poi lui e Fujitora stanno combattendo contro Sabo e i suoi amichetti, quindi sono presi da quello. 
Nel frattempo ho definitivamente chiuso il cerchio con i Riku, visto che nonostante non sia convinta di poter rendere meno sessista Rebecca senza mandarla in OOC clamoroso, volevo comunque farle fare qualcosa alla fine della storia, solo perché ne ha diritto in quanto vittima come Kyros e Viola. 
Inoltre ho schiattato Charloss – Charloss, non Shalria. Il perché si vedrà più avanti. Penso che vi farà felice.
Onestamemte trovo l'urlo di Diamante abbastanza imbarazzante in questo contesto, in una battaglia che doveva essere più o meno seria. Però non ho avuto il coraggio di toglierlo, come anche la citazione a I Don't Want To Miss A Thing quando Trebol è morto. Spero che piaccia almeno a voi. Ha una sorta di significato, più o meno. 
Ci vediamo al prossimo capitolo della battaglia.
Lady R

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Capitolo 32
*** Tramonto Sulla Battaglia – Le Lacrime della Principessa Mansherry ***


Tramonto Sulla Battaglia – Le Lacrime della Principessa Mansherry

"I look inside myself and see my heart is black
I see my red door, I must have it painted black
Maybe then I’ll fade away and not have to face the facts
It’s not easy facing up when your whole world is black
"
[CiaraPaint It, Black (originally by the Rolling Stones)]


Quando arriva il tramonto, Baby 5 perde il senso del tempo. Un fendente, un proiettile, la gola di un marine trafitta e la testa di una guardia che esplode in mille frammenti di sangue – e poi daccapo, con sangue e urla sempre uguali, sotto un cielo sempre meno luminoso.
Almeno stanno tornando indietro, verso il mare, lontano dal sangue e da quelle maledette esplosioni. Jora ha urlato basta, fermatevi, non abbiamo ancora perso, finché Buffalo è riuscito a stare da quelle parti. L’ultima volta che Baby 5 l’ha visto stava vomitando contro i resti di un palazzo crollato. Ha fatto cenno di no con le mani appena si è avvicinata.
Persino le teste coronate si stanno dando da fare: una regina dai capelli argentei si lancia verso l’uscita con una spada a due mani, una coppia di re viaggiano schiena contro schiena tra i muri caduti a pezzi. Un marine le si aggrappa alla gamba, piangendo. -È l’anarchia!-
O forse è successo venti minuti fa, e neanche era un marine. Era un re come gli altri, rimasto senza corona e senza potere. O un Drago Celeste a cui non si chiude più il casco.
-Portate la manichetta!- urla una voce. -Molti di loro utilizzano Frutti del Diavolo!-
Persino l’acqua è una lama, nelle mani della Marina. Un solo getto vermiglio riempie la bocca e il naso di Baby 5 di sangue. Si sente sbalzare contro la terra umida, senza fiato, il fango che le penetra sin sotto la gonna. Le unghie sprofondano nel fango, vi si aggrappano – sta strisciando nel marasma come una lucertola, il sangue nei palmi e fino in fondo alla gola.
Sfila il fazzolettone dal collo di un marine immobile senza più un braccio e si tampona il viso fradicio. Il Palazzo di Pangea, con le sue mura alte fino al sole, le ricorda le torri di Impel Down. E proprio là ero caduta in acqua, e sono sbucata fuori qui. Ancora con i capelli pesanti, il viso freddo, un desiderio di combattere che le faceva pompare il cuore nel petto.
Avanza a gattoni lungo il muro, contro un braccio che ora è carne ora è metallo. I Marine scappano a gambe levate mentre il Re di Black Drum agguanta un cannone a mani nude e lo ingoia tutto intero. Una guardia lo carica, sciabola alla mano: la regina gli serra attorno al collo un nastro violetto e gli accoltella il cuore con uno stiletto luccicante.
-Voi!- La principessa di Alabasta cavalca un’anatra grande come lei. Un anello metallico pende da una catena legata al suo mignolo e gocciola sangue sul dorso dell’animale. -Voi che c’entrate?-
-Adesso siamo ribelli!- dice il re, e mastica il cannone come se fosse un grosso biscotto grigio. -Dovresti saperlo, principessa Vivi. La storia la scrivono i vincitori, e qui stanno vincendo loro!-
-Proprio così,- urla Baby 5. Un getto d’acqua bollente disegna un arcobaleno sopra la sua testa: afferra un cadavere per la spalla, un uomo dalle spalle larghe come un tempo le aveva Doffy, e sparisce dietro di esso come fosse uno scudo senza carne. Le gocce d’acqua producono un rumore sordo contro il corpo ancora caldo.
-Stiamo vincendo, vostre maestà. Grazie per l’aiuto, anche se un po’ in ritardo.- accenna una risata, chissà poi per cosa. Le dolgono le dita, aggrappate alle spalle di quel povero disgraziato.
-La mia amica Rebecca mi ha parlato di voi,- grida la principessa sopra il boato. Un uomo sdraiato allunga la mano verso la testa del suo papero: il becco dell'animale si abbatte contro la sua mano, ributtandola a terra senza neanche un urlo.
Chissà che figura farebbe, se ci fosse qualcuno a raccontarlo. Una principessa che combatte contro l’idea stessa del comando, magari ha ammazzato qualcuno e non lo sa nessuno dei sudditi. Doffy ha sempre avuto ragione, alla fine la giustizia se la tiene chi comanda, e qui tutti fanno a gara a non essere comandati. Chissà chi comanderà, quando avranno finito. Sarebbe meraviglioso se Shalria non si facesse neanche più vedere, e tutti quelli come lei la seguissero nella stessa buca.
-Non siete gente affidabile,- continua Vivi. -Io non so che sta succedendo, ma non mi permetto di giudicarvi. Mi ricordo del vostro volto. Per quello che vale sono felice che siate stata liberata.-
L’acqua si leva di nuovo, ruggendo contro il cielo, e la regina di Black Drum tira via il compagno per le spalle. L’uomo tossisce e sbava, pulendosi la bocca con la manica della fradicia giacca.
-Spegnete quella schifezza! Anche noi re mangiamo Frutti del Diavolo.-
-Sono ordini del governo!- una voce in lontananza, sconosciuta. -Non possiamo perdere tempo a…-
Uno sparo, e l’acqua si placa tutta d’un tratto. La forma sfocata di Señor Pink le rivolge un gesto di saluto e scompare di nuovo sottoterra. Baby 5 getta via il cadavere che l'ha coperta – un volto senza occhi, senza naso, con guance di nude ossa. Il mare rifiuta chi mangia i Frutti del Diavolo, racconta la leggenda, anche se chi li mangia lo fa solamente per riempirsi lo stomaco dopo giorni di digiuno. Ma se persino quello sarà il loro nemico, dannazione, lo affronteranno a muso duro, e torneranno a casa, qualunque essa sia. Persino il desiderio di abbandonare tutto in cima alla Linea Rossa, quello a cui brindavano prima di salirvi, pare il ricordo nebuloso di un sogno, e il freddo di Impel Down è stato la loro sveglia.
Forse era proprio Doffy, che ha trovato un modo per aiutarli dal fondo di quella squallida prigione. Un sacco di sue fantasie sembrano prendere forma in quella giornata campale, e se è vero che gli portano dei giornali sul fondo di Impel Down, per qualche giorno sarà lontano dalla noia.
-Lasciateli stare, principessa Vivi!-
Un bisonte abbigliato con le insegne del Re di Sakura galoppa di fianco all’anatra. Una vecchia magrolina, con una lucida giacca di pelle, si dondola sulla sua groppa: regge un kukri nella sinistra, e con la destra si porta alla bocca una bottiglia di vino. -È ora di andare, sta crollando tutto. Ed è meraviglioso.-
Una colonna crolla di lato, trascinando con sé tre Marine. È giunta l’ora di andare: il sole svanisce oltre la Linea Rossa, le fondamenta della Città degli Dei sono state strappate alla radice. Ma dov’è la nave? Baby 5 corre lungo la pietra, i muscoli tremanti sotto le gambe insanguinate.
-Vostro padre vi attende al porto. Vi accompagniamo, lasciate che…-
Ma non importa cos’abbia da dire il re di Sakura, sono affari suoi e a lei non penserà. I re non lo fanno – quelli che non sono Doffy, almeno, e guarda un po’ anche lui dov’è finito. Gira l’angolo attorno al Palazzo di Pangea, gli stivali ormai viscidi di sangue. Potrebbe rotolarcisi, in quelle pozze rosse nell’erba. Nel vicolo cieco in cui scivola giace un unico cadavere, snello e biondo, rannicchiato contro un cassonetto con gli occhi ancora socchiusi. Baby 5 si siede a poca distanza e si sfila gli stivali, pulendosi i piedi contro i ciuffi d’erba. Sembra che vi abbiano versato dentro sangue a bottigliate. Suo, di altra gente, nobile o plebeo, non vuole più vederlo in tutta la sua vita.
Marijoa cadrà a pezzi come un castello di carte, e se qualunque cosa esiste su di loro sarà gentile, forse saranno tutti vivi per vederla. E dire che sembravano tutti d’accordo sull’idea della missione suicida, finché la Città degli Dei non era che una visione lontana. Poteva essere una bella tomba, a immaginarsela senza vederla o toccarla, ma ci sarebbero stati scomodi al momento di entrarvi.
Sorride, la schiena appoggiata al muro, stomaco e petto in fermento. Festeggeranno come ai vecchi tempi, come gli schiavi non dovrebbero fare. Si infila il primo stivale, rabbrividendo di schifo dalla pelle ancora appiccicosa.
-Anche tu ti sei rotto le scatole, vero?- chiede al cadavere, raccogliendo l’altro stivale. Le risponde un colpo di tosse, e una voce sottile e giovane.
-Baby 5…? Sei davvero tu?-
Si volta di scatto, i capelli incollati al volto, e punta il braccio-pistola. Il cadavere si muove, sbatte gli occhi, allunga la mano – socchiude due luminosi occhi neri, scuote via il sangue dai capelli e dalle corna.
Baby 5 fa un passo indietro, incespica nel tacco, si appoggia al muro senza fiato. -Dellinger…-
-Sei proprio…- il ragazzo tossisce, cingendosi il ventre con le mani; e il sangue scorre, tra le dita, sulla maglietta di glitter, sui pantaloni di pelle e sulle zeppe. Sangue misto a lacrime, che scendono da un immobile viso di marmo sempre più sfocato.
Vai da lui, è la prima cosa che le viene in mente. Il piede calzato striscia nell’erba insanguinata, quello scalzo si attorciglia su sé stesso, teso come tutto il corpo a cui appartiene. Vai da lui, è là davanti e ha b… sbatte le ciglia, tremando, o forse è Mariejoa stessa che trema con lei. Non c’è nulla di sicuro, lassù, ma è comunque abbastanza sicuro da far male: se quello che sta succedendo fosse un’illusione potrebbe sperare ancora che non è vero, che Dellinger non sta morendo, che non esiste una persona così crudele da fare del male al suo fratellino. Ficca di forza il piede nell’altro stivale e lo chiude, le dita premute sulla chiusura lampo fino a deformarsi.
Dellinger allunga il braccio, ma la mano insanguinata ricade inerte un attimo dopo.
Vai da lui, si ripete Baby 5. E un’altra volta e un’altra ancora, perché le sue gambe si sono fatte pesanti come macigni e altrettanto immobili. Dellinger coperto di sangue è un’immagine che conosce – sangue di altri, però, che sicuramente se lo meritano più di lui.
-Mi stai vicino? Ho molto male. Non mi riesco a tirare su.-
Anche la voce è sbagliata, umida, gorgogliante di rosso. Le gambe di Baby 5 cedono all’unisono, troppo lontano anche solo per sfiorarlo. Agguanta l’erba per rimanere dritta, perché quel pavimento la sta ingoiando, e Dellinger scivola via sempre più lontano.
-Vedrai che non è niente. Non è assolutamente…-
-Non sono un bambino. Lo so che non è…- Dellinger si tossisce sul petto, e il sangue scivola lungo i lustrini sulla maglia. -…non è vero. Io sapevo combattere, giuro. Dovevamo essere imbattibili, se combattevamo insieme.-
Non ha niente per rispondergli, né in bocca né in testa; piuttosto lo lascerebbe là, in mezzo all’immondizia, in una macabra parodia del giorno in cui lo trovarono, pur di non vedere più quegli occhi non più famigliari. Appoggia la mano al muro, piegandosi in ginocchio su gambe rigide ed estranee. Un’esplosione risuona in lontananza, un filo di fumo si leva oltre i tetti dei palazzi. Dellinger ride, la bocca piena di sangue.
-Mi porti da Jora? La voglio vedere. Non so come si muore.-
Altri colpi di tosse, e il sangue scorre fino ai pantaloni. L’ultima volta che qualcuno di loro ha avuto quell’aspetto, mesi prima, giaceva in un letto di neve nel luogo più crudele di tutti i mari. E poco dopo non c’era stato più, eccetto nei loro sogni più maligni e più dolci.
Di nuovo, sta succedendo di nuovo. Baby 5 serra i denti, facendoli scricchiolare. Deve prendere in braccio quel ragazzo e portarlo dove lui le ha chiesto, forse facendogli altro male, ma Dellinger vuole così e ha diritto a un ultimo desiderio. Chissà se anche Trebol…
No, non deve essere come con Trebol. Non sono più in una cella ghiacciata sotto il tetto del mare, un’intera città si stende attorno a loro, e quasi tutti i loro abitanti lottano per vivere davvero e a lungo.
Le toccherà guardarlo, quel viso rovinato, tenerselo vicino finché al suo sguardo potrà rispondere. Dellinger ha diritto a una morte che non sia solitaria, una promessa che gli hanno fatto tirandolo fuori da quel bidone anche senza bisogno di dirlo. E poi con che coraggio, dannazione, potrebbe trovarsi a dire a Jora che il suo tesoro non vedrà un’altra notte, senza essere stata là a rendergli quell’ultima sera meno dura.
-Reggiti a me,- tossisce fuori. Cinge Dellinger da sotto le spalle e le ginocchia: il ragazzo geme, lacrima, batte i denti come se avesse la febbre, e scotta per davvero. Inizia a strillare mentre lo solleva, gli occhi fuori dalle orbite, la testa reclinata sulla sua spalla.
-Se non la trovi puoi…- trattiene il respiro, le guance pallide che ribollono di rosso, -stare anche tu vicino a me. Non voglio stare da solo. Ho visto gli Uomini Pesce ed erano tanti…-
-Non parlare, stai con me,- sussurra Baby 5. Rassetta la presa su di lui e un nuovo gemito gli sfugge di bocca. Stringe i denti per non mettersi a urlare contro il cielo.
Dellinger lascia cadere la testa sulla sua spalla. -Erano tantissimi, tutti come me. Non li avevo mai visti. Mi sono bloccato, ho sbagliato.-
Non hai sbagliato, non si sbaglia quando si muore. Sembrano i pensieri di Trebol, e la sua morte era giusta – perfetta addirittura, per un uomo come lui. Procede rasente al muro, le gambe tremanti negli stivaletti appiccicosi. Un Marine col cranio fratturato giace contro una parete: lo scavalca piano tenendo Dellinger a sé. Per un attimo lo immagina al suo posto, il ragazzo che tiene in braccio; la schiena abbandonata a terra, i capelli biondi ridotti a una corolla di sangue, il visto frantumato in mezzo alla pietra. Poteva finire così, sarebbe stato peggio. Un’immagine di rosso e di giallo, ma nessuno dei due corrisponde a Jora. La mano di Dellinger si stringe alla sua spalla. -Baby 5, ti vedo sfocata.-
-Adesso troviamo Jora, ti devi fidare. Mi hai chiesto un favore, e io…-
-Non regredire per me, va bene?-
Baby 5 tossisce fuori un no e lo stringe più forte, distogliendo lo sguardo dal suo pallore.

Jora schiude le dita: la lancia che reggeva rotola in silenzio nell’erba rossa, contro l’uniforme strappata del cadavere ai suoi piedi. Avanza verso di loro con gli occhi levati al cielo, ansimando nell’abito macchiato di rosso, le labbra dischiuse quasi in attesa di un grido.
-…come?-
Baby 5 scuote la testa e serra la bocca secca. Non può dirle l’ho trovato così, sarebbe un esserne complice. Ma Dellinger sorride, il volto teso e bianco: -Ho fatto un errore.-
Jora traballa sui tacchi, si aggrappa a un palo della luce monco, le ginocchia le tremano sotto la gonna. Il volto sbianca sotto il trucco, ma vene di rosso si accendono negli occhi sgranati.
Ci sono genitori che abbandonano i loro figli, e genitori che li perdono quando vorrebbero tenerli con sé. Baby 5 conduce Dellinger dietro ai rottami fumanti di un cocchio e lo depone nell’erba; gli regge la testa, gli conduce le mani, trattenendo le urla ad ogni suo gemito e ansito. Si copre gli occhi con le mani; una sola lacrima le bagna le guance e le scorre sulle dita, nera di rimmel.
-No…- Jora cade in ginocchio, striscia nell’erba verso il corpo del ragazzo. Le unghie laccate si aggrappano ai ciuffi e li strappano assieme a manciate di terra.
-Non doveva succedere, non doveva!-
Baby 5 le appoggia una mano sulla spalla: si volta di scatto, gli occhi sgranati dietro gli occhiali. -Fila a chiamare aiuto, Baby 5! Muoviti, cazzo!-
-Mi sa che mi ha preso la pancia…- Dellinger sbatte gli occhi, vacui e vetrosi. -Non voglio che vada via. Voglio che rimanga anche lei con me.-
Solleva la mano, una farfalla bianca e rossa dai contorni sfocati, sospesa a mezz’aria su un braccio tremolante. Baby 5 la afferra mentre cade. Jora si sfila gli occhiali; lacrime multicolore le scendono lungo il mento e le macchiano il collo di brillantini.
-Tesoro mio…-
-Mi dispiace,- rantola Dellinger. -Non volevo, davvero.-
-Ti tengo io. Guarda me, amore. Non è successo niente. Guarda me-
Stringe più forte quella mano, accarezzandola. Il sangue pulsa ancora, piano, come fosse coperto da un fascio di bende. La testa ricade all’indietro, i capelli si piegano incollati alla testa. Le zanne si ritraggono nella bocca: sono denti umani a battere tra le mascelle arrossate, a serrarsi di dolore alle carezze di Jora.
Anche Baby 5 lo accarezza, ma distoglie lo sguardo. Marijoa merita di bruciare da cima a fondo, e tutti i cani dei Nobili si strozzino con il fumo. Dellinger no – si prendono tutto, sempre tutto, quello che non gli appartiene, lo agguantano con le unghie e lo portano via. I villaggi si disseccano fino a scomparire, la povera gente si trascina per le strade squassata dalla fame, e i ragazzi appena in fiore si spengono in mezzo a una guerra che quegli stessi nobili si sono tirati dietro.
Un ennesimo boato rimbomba chissà da dove. -Cazzo,- ringhia Baby 5 tappandosi le orecchie. Non può lasciare che arrivi qualcuno a togliere a Jora quello che merita. Ce ne sono poche, di madri come lei. L’avrebbe voluta lei una Jora, quando era una bambina senza neanche un nome vero. Schioppi di fucile, vetri che si rompono, una stridula voce femminile che urla basta. E il trapestio di una corsa soffocata sull’erba, sempre più vicina.
No. Baby 5 lascia andare la sua mano, si sporge verso la piazza in tumulto, sbatte gli occhi per liberarli dalle lacrime. Mariejoa non porterà via a Dellinger i suoi ultimi momenti. Altro fruscio di passi, il tintinnio dell’acciaio che viene sguainato. Baby 5 punta il braccio-fucile contro l’intruso: dall’erba emerge un fascio di capelli biondi, due lucidi occhi, un naso a punta circondato da guance arrossate. Il volto tondeggiante di una nana di Green Bit
piombo si piega, si fa carne e dita: lo sconosciuto di muove
Un secondo nano sbuca da dietro la sua spalla. Si calca in testa il tricorno verde e brandisce una spada a sua misura. L’ho già visto, ma dove?
-Principessa Mansherry, siete sicura?-
Un insetto nero grosso come un pugno descrive un ovale in volo sopra la sua testa. Quando atterra tra i due nani, Baby 5 coglie un volto sopra il torace di insetto.
-Sì, sono sicura. È la cosa giusta. Tu pensa a fare la guardia, Leo.-
Leo, il capitano dei Pirati Nani. Baby 5 appoggia la mano a terra, la testa che gira. Se avrà intenzione di salutarla rimarrà in silenzio, quei festeggiamenti sono da dimenticare come tutto il resto. E la bionda deve essere la famosa principessa Mansherry, il cui Frutto del Diavolo può guarire.
Si volta verso Dellinger: gli occhi sono aperti, le ciglia sbattono, le lacrime scendono. C’è ancora tempo. Mansherry le sfreccia davanti agli occhi. Lascia una traccia nell’erba, piegata sotto i suoi stivaletti, che si drizza con il vento umida di rugiada.
Già, il Reverie, è qui per il Reverie. Leo e l’altro, quello con il Frutto dello Scarabeo Rinoceronte, se li ricorda dai tempi del banchetto, ma della principessa Mansherry non conosce che il nome. Solleva la testa per sistemarsi la crocchia, e da sotto i boccoli dorati emergono due minuscole labbra rosa, un naso a punta, due accigliati occhi turchini che le guardano oltre le spalle.
-Principessa, fate attenzione.- Leo la tiene per il polso, e Mansherry gli stacca la mano con quella libera. -Mi ricordo le loro facce, ma non significa niente. Lascia che vada da lui.-
La principessa Mansherry si muove in un battito di ciglia – scompare dall’erba come se non vi fosse mai stata e si arrampica sul petto di Dellinger. Gli stivali bianchi luccicano di sangue, ma Baby 5 non può dire di chi sia.
-Principessa, possiamo spiegar…-
Jora la spinge da parte, gettandosi in ginocchio in mezzo al sangue. Mansherry fa un passo indietro, le piccole mani sulla bocca.
-Lei qui, signora?-
-Principessa, so quello che ho fatto, ma vi prego!-
Dellinger apre appena gli occhi, ansimando tra i denti stretti. Lo lascerebbe morire, la nana, e forse non sarebbe neanche sbagliato. Decine, centinaia di mamme e sorelle nane avranno già provato quel dolore, e il loro sangue se lo portano addosso tutti da dieci anni. Forse dovrebbe intercedere, nel nome di quella stupida vecchia alleanza sulla Yonta Maria, ma Jora inizia a parlare – gridare – prima che possa pensare a come.
-Ti prego. Vi prego! Farò quello che vorrete. Sarò la vostra schiava.-
-Io non possiedo schiavi,- risponde Mansherry, e Jora urla verso terra. Le lacrime sul suo viso bagnano il corpo del ragazzo a terra, e la vocina di Dellinger esala una risata.
-Mi fai i-il solletico.-
-VI PREGO!- Jora si allunga oltre il corpo di Dellinger, gli occhi sgranati al di sotto degli occhiali, le lacrime che scendono lungo il viso ribollente di sangue. Spalanca gli occhi. -Vi darò la mia vita, e-ecco.- Sfila il pugnale dalla cintura e se lo punta alla pancia. -La mia per la sua. Pagherò il mio debito, se lo salverete.-
Baby 5 distoglie lo sguardo, rantolando: in fondo non si ottiene nulla per niente. Se vogliono che Dellinger muoia e Jora sia dannata a vita potrebbero andarsene e lasciare che succeda.
-Principessa, non c’è da fidarsi di quella gente.- esclama Leo. Mansherry non si volta: carezza la pancia di Dellinger, seguendo con le dita la traccia del sangue. Ed è allora che Baby 5 capisce, e il terrore scivola via assieme al morso al suo stomaco.
Si inginocchia di fianco a Jora e appoggia le mani sulle sue. Non tremano, contro l’impugnatura del coltello: si sarebbe pugnalata davvero se avesse offeso una principessa diversa. Conduce la lama lontano dal ventre della vecchia, schiude le sue dita una ad una. Il coltello scivola nell’erba, sparendo nei ciuffi alti.
-Io non voglio niente,- dice la vocina di Mansherry alle sue spalle. -Sono qui per i feriti. Tutti quanti.-
-Tutti quanti-, ripete Jora, e tira Baby 5 verso di sé, lontano da Dellinger. Mansherry siede sulla maglia sporca di sangue del ragazzo e piange guardando in alto, lontano dai suoi occhi. Non sorride, non si acciglia, non singhiozza nemmeno. Come se quelle lacrime fossero un dovere da principessa: da fare malvolentieri, ma da fare.
Leo e l’altro attendono di fianco alla ruota del cocchio, ma Baby 5 non gli rivolge che uno sguardo fugace. Anche i nani non li rivedranno più, dopo quella disavventura, e non è a lui che affiderà la salvezza del suo fratellino. Il petto di Dellinger si alza, si abbassa, il sangue sgorga dalla sua bocca in un fiotto sottile come un filo da cucito.
Jora tira su col naso. -Principessa, io…-
Mansherry sbatte gli occhi, versando nuove lacrime. -Non importa se siete persone cattive. Qui ci sono i Draghi Celesti, con loro tutti sono buoni.-
Quando si allontana dal corpo del ragazzo, la macchia di sangue sul suo petto non si espande più nella stoffa della maglia. Dellinger si pulisce la bocca, gattona fino alla spalla di Jora e si aggrappa al suo vestito. -Sono vivo,- mormora. -Sono vivo.-
Le dita della destra di Jora si affannano sulla sinistra, sfregano e scivolano. L’anello di rubini le scappa dall’indice e scivola nell’erba.
-Prendetelo.- Jora agguanta l’anello e lo avvicina al volto di Mansherry. -Vi assicuro che è autentico. Sicuramente voi nani avete bisogno…-
-Non voglio nemmeno i suoi gioielli. Per favore, la smetta. Voglio solo una cosa.-
Jora deglutisce, tirando su col naso. Le sue dita si allentano attorno al braccio di Baby 5, l’indice dell’altra mano sfiora l’impugnatura del pugnale.
-Che cosa vuoi?-
Mansherry si asciuga le lacrime, drizzando la testolina.
-Che lei non dimentichi questo giorno. Addio, signora.-
I nani corrono via così veloce da non vederli uscire – solo uno schizzo bianco sul prato, e i ciuffi d’erba piegati che si raddrizzano. Dellinger si asciuga le lacrime e si accuccia più vicino al braccio della vecchia.
-Andiamo via? Per favore.-
Jora lo conduce ad alzarsi. -Abbiamo fatto tutto quello che potevamo. Se possiamo tornare vivi dobbiamo farlo adesso. Io porto Dellinger alla nave: riesci a coprirci?-
Baby 5 non risponde neanche di sì: carica la pistola nel braccio e corre lungo la via principale, schizzando sangue dalle pozzanghere rosse che ne percorrono la lunghezza. E poi la discesa del marciapiede semovente, che non si muove più, scoperchiato da entrambi i lati, la piattaforma scorrevole divelta da bocche di pietra. Gli schiavi sciamano verso il mare – uomini in corsa, sirene sfreccianti sulle code, persino due Giganti. Jora e Dellinger corrono insieme, il ragazzo prima, la vecchia poi, una nuvola di arte gonfia e luccicante alle loro spalle. Anche quella giornata è giunta alla fine.
-Andiamo tutti via! Via!-
Si sente quasi consolata a rientrare nella mischia. Una manciata di Uomini Pesce cava gli occhi a un Pacifista abbattuto , una donna corpulenta falcia guardie con un mitragliatore più grosso di lei; una muta di segugi guizza tra i cadaveri, morde, assaggia, strappa via i resti di schiavi e padroni finché non gli grondano dalle fauci. Uno si avvicina al piede di Baby 5: lo muta in una sciabola e gli taglia di netto la testa.
-Andiamo via! Alla nave!-
Un cavallo di legno alto come un treno emerge trottando da un crocevia. Dall’alto della sella, Sugar brandisce un fucile a canne mozze. Lo punta verso un drappello di Marines: -Divorateli! Tratteneteli!-
I giocattoli accorrono in un torrente di colori – macchie rosse su boccoli biondi, pellicce bianche e nere, carrozzerie azzurro fiammante e abiti a quadretti variopinti. Una bambola di porcellana decapita un marine con un colpo di sciabola, un orsetto di peluche snuda denti che paiono quelli di un cinghiale. -Fermatemi, vi prego!- singhiozza un pupazzo a molla. -Sono Santo Jayden, quella ragazzina mi ha maledetto!-
Una sirena, rannicchiata di fianco a un cespuglio, tampona freneticamente la coda insanguinata. Dellinger se la carica in spalla e corre verso il porto, così veloce da non vedersi. Anche Pica ha le spalle cariche, di almeno cinque bambini. E ancor più ne regge la Kuja corpulenta che lavorava assieme a Lao G. -Seguite noi!- urla Baby 5. -Verso la nave! Ce la facciamo!-
Un proiettile fischia a un palmo dal suo orecchio, un ragazzo di fronte a lei crolla a terra con un palmo di testa in meno. I piedi grattano e sbattono negli stivali viscidi di sudore di cervella, di sangue suo e di chissà chi. Diamante batte le mani e urla in cima a una carrozza senza più ruote, roteando la spada insanguinata. -Di qua! Il porto è di qua! Seguite la mia musica, vi porteremo via!-
E anche la Legendary Child è un diamante, luminosa da abbagliare in mezzo alle ordinarie navi marroni. Buffalo guizza a un palmo dalla sua testa e atterra leggero sul ponte, Senor Pink nuota a delfino tra i piedi dei Pacifista. Un bagliore argenteo esplode alla sua destra, uno schiaffo bagnato la rovescia a terra, così caldo da fumare e sfrigolare. L’occhio destro schiocca e si spegne, nero, denso; dita viscide le percorrono il volto e il labbro.
Acqua salata, che schifo. Solleva un braccio verso la Legendary Child e tossisce fuori una richiesta d’aiuto, ma dalla sua bocca esce solo altra acqua viscida. Piedi a dozzine le corrono intorno, la superano, le schiacciano le braccia e la schiena. Allunga di nuovo la mano e scuote i capelli fradici dalla testa: due occhi neri incontrano i suoi, due mani forti la cingono da sotto le ascelle, due file di denti ingialliti si serrano.
-Ci siamo, coraggio,- ansima una voce roca. Baby 5 serra gli occhi, fa uscire le lacrime, li riapre. A Kikyo manca un pezzo di volto, dalla guancia alla mascella sinistra, e il sangue le colora il collo e il petto di un rosso appiccicoso, ma se la carica sulle spalle come se pesasse meno di una piuma. -Non tutti noi abbiamo mangiato dei Frutti, e l’o-onore delle Kuja è un’arma da sé.-
Baby 5 chiude gli occhi. La spalla di Kikyo, sottile e spigolosa, preme contro la sua pancia. Un’altra esplosione in lontananza, due, tre, cinque. Basta. Anche da distrutta, quella maledetta città si porta via quanta più gente possibile. Assapora le sue lacrime e si lascia condurre, sdraiare contro un suolo di legno, coprire con una coperta troppo liscia per essere vera.
-C’è Baby 5,- dice una voce femminile. -Sono tutti. Attendiamo il segnale per salpare, Diamante-sama.-
Si guarda le mani e le braccia con l’occhio aperto: ha perso un’unghia, e combattendo non ci aveva fatto caso. Metà della sua gonna, uno straccio tutto sangue, le pende strappata contro le ginocchia. Una sconosciuta voce maschile urla qualcosa sul mollare le cime, ma non forte abbastanza, perché se Baby 5 chiude gli occhi sente e vede ancora i minuti di prima. Le grida, le esplosioni, le vite che scompaiono in tributo a quelle degli altri; le viscere sui muri, il sangue nei rigagnoli, le ossa bianche come conchiglie che spiccano sui corpi disarticolati degli schiavi e dei carnefici.
-Guarda,- dice Kikyo. -Il Palazzo di Pangea sta andando a fuoco.-
Baby 5 non guarda un bel niente, perché non ha la forza di drizzare il collo, ma se le Kuja sono così onorevoli le basta sentirne parlare una per sapere che va tutto bene. Un altro tesoro che i Nobili Mondiali potevano imboscarsi, e che gli scivola via dalle mani nella giornata più bella dai tempi ormai nebulosi delle sue nozze.
E quando Doflamingo lo saprà – e prega che sia così, dannazione, ne ha diritto – persino Impel Down gli sarà un po’ più dolce.
Una forma annebbiata si siede al suo fianco, armata di garze e disinfettante. Baby 5 sbatte le palpebre – Kyuin sfoggia un graffio sulla guancia destra, che le spacca a metà il sopracciglio, e sulla sua cintura pende un’ascia insanguinata fino al manico. Le fascia il dito, il braccio, la spalla, le chiede se ha ancora male. Baby 5 scuote la testa e la abbraccia per traverso con tutte le sue forze.
Due braccia muscolose e scure si schiudono di fronte a lei mentre sviene.


A.A.:
Io non so che dire, davvero. 
Io a questa long ci tengo. È molto importante, mi ha fatto conoscere delle persone a cui voglio molto bene e aiutata a trovare la mia "nicchia" nel fandom di One Piece. Le ragioni per cui non l'ho ancora finita e la sto aggiornando a rilento sono molteplici.
Innanzitutto ho ricominciato a studiare, frequento una Laurea Magistrale in Giornalismo e sono abbastanza presa anche da quella. 
Secondariamente ho un'ispirazione continua per un sacco di cose su un sacco di personaggi, non c'è modo di fermarsi, più scrivo le mie idee più me ne vengono. Oltre a questa long e alla storia su Caesar Clown che ho finito l'altra volta ci sono anche una BartoCav, una su Smoker e Tashigi, i capitoli seguenti di Mille Porte Aperte e Nakama di Passaggio, una su Jinbe, Moria e Shirahoshi (no, non ho estratto questi personaggi con un random generator... scoprirete che cos'è quando la finirò), una raccolta celebrativa per quando uscirà il millesimo capitolo di One Piece, e chissà quanto altro ancora. 
Aggiungiamo poi i problemi generici di ispirazione, nonché di autostima (sono ancora convinta che finire una storia "matura" con una battaglia baracconosa e caciarona come questa serva solamente a non renderla più matura, ma ormai l'ho concepita così e tant'è), ed ecco perché dall'ultima volta che ho aggiornato sono passati mesi. 
Ma la finirò, lo prometto. In maniera non forzata o frettolosa, la finirò perché ci tengo e voglio che il prodotto finale sia impeccabile. 
Siamo ancora alla battaglia di Mariejoa, che finalmente è finita con un sacco di altri camei. Ho inserito Vivi, Dalton, Kureha e l'adorabile Karoo per questione di completezza. Wapol e Kinderella non sono personaggi popolarissimi, ma a me piacciono tantissimo e trovo che abbiano una dinamica molto interessante. Naturalmente ho fatto combattere anche lei, perché dovevo. 
Avevo valutato di dare a Baby 5 anche l’Ambizione dell’Armatura, ma poi mi sono accorta che ad avere Armatura e Percezione è gente come il CP0 (eccetto Spandam, duh, lui ha solo l’Ambizione della Merda Secca), figli di Big Mom fortissimi come Smoothie, Oven, Perospero e Cracker, gli Alti Ufficiali di Donquixiote, Marco, Jozu, Vista, Mihawk, Law, Barbanera, Sabo, Garp, Tsuru, gli Ammiragli e Grand’Ammiragli, Zoro, Sanji, le Sorelle Gorgoni minori e Santo Jinbei Martire In Croce Per Noi. Per quanto adori Baby 5 e voglia darle maggiori capacità combattive… mi sembrava troppo.
/invece ad avere solo l’armatura sono, per esempio, tutte le Kuja, Boo (il fratello di Sai), Kawamatsu e Ryuma, quindi gente comunque fortina/
Infine la trama di Mansherry, che ha avuto origine da un certo mio flusso di coscienza. Volevo uccidere qualcuno per rendere meno "comicbook movie-eschi" questi capitoli, e Dellinger mi sembrava la vittima designata per indicare l'ingiustizia di Mariejoa e delle giovani vittime che si porta via. Ma c'era qualcosa che mi bloccava (in primis il timore che qualcuno dei miei lettori potesse mangiarmi viva), e ci ho pensato. Poi ho deciso di proiettare la sensazione "effettiva" del perdere qualcuno, ma senza portarlo via. La presenza di Mansherry e dei suoi poteri curativi si è rivelata in questo senso l'escamotage perfetto, soprattutto considerando i suoi precedenti con Jora. Personalmente sono soddisfatta del risultato, anche se una parte di me pensa che dovrei essere meno codarda e ucciderlo. 
Rimane che la guerra è finita, Mariejoa è in mille pezzi. 
E adesso che si fa?
Lady R

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Capitolo 33
*** Un Occhio – Schiavi In Giro Per Il Mondo ***


Un Occhio – Schiavi In Giro Per Il Mondo

"They gave you life
And in return you gave them hell
As cold as ice
I hope we live to tell the tale
"
[Tears For Fears – Shout Shout]


Siamo liberi.
Non sa a chi lo dice, aprendo la bocca nella penombra. Il naso prude: odore di disinfettante, di tintura di iodio, di cibo precotto – e di sangue, sangue secco e ferrigno così copioso da ricoprire ogni parete. Da dietro il mento emerge il bordo bianco di un lenzuolo, sotto di esso una trapunta ricamata. Tira su col naso e le fa male.
Sbatte le palpebre: le scende una lacrima lungo la guancia sinistra, mentre le palpebre dell’occhio destro si schiacciano sotto qualcosa di spesso e liscio. Dove dovevano andare, conclusa quella battaglia… il viso si tende tra le garze mentre cerca di ricordare. C’era un posto che cercavano, da qualche parte, in qualche porto. Magari se lo sono immaginato prima, mentre ci sbronzavamo; hanno visto un’isola che non c’era, con le coste di Dressrosa e i suoi tetti colorati, e un altro palazzo reale che li accoglie in festa con le porte spalancate.
Oppure quell’isola è Mariejoa, prima di andare in fiamme assieme ai mostri celesti che la abitano. L’immagine di Charloss stretto nel pugno di pietra di Pica, una sacca di carne e sangue tutta curve e bozzi, le balena davanti agli occhi. O era Sentomaru della Marina, anche lui grasso e moro, l'ascia che gli cadeva dalle mani e scompariva in mezzo al sangue. Sangue che cresceva assieme all’erba – la sua linfa, il suo colore; il sangue degli schiavi, riversatosi su quella terra in giorni, mesi e anni. I fili d’erba sono lame, e su di loro scorre altro sangue. E sopra il sangue naviga la Legendary Child, finché anche il suo scafo non diventa rosso.
Come l’occhio da cui non vede più. Nero e rosso, umido e secco: l’avevano colpita con l’acqua salata, forse le è rimasta un po’ addosso. Si tampona con la manica, ma la stoffa non è bagnata.
Si percorre il cranio con le dita da un orecchio all’altro: a sinistra le dita si soffermano su una treccia bozzuta, umida, la carezzano fino alla punta, e all’indietro, e poi di nuovo, e una volta ancora. Ma a destra… solamente bende secche e cranio duro, e le dita vi scivolano sopra mentre ricadono sopra il cuscino. 
E loro lo sanno?
Ritrae la mano tremante, imponendosi di chiudere la bocca. Se riuscisse a muoverci potrebbe chiedere chi c’è, se qualcuno ha voglia di parlare e di spiegare se hanno vinto o perso. Devono avercela fatta, se lei è in un letto anziché in catene in qualche gabbia sul fondo della terra per la terza volta di fila. C’erano Dellinger e Jora alle sue spalle, aveva colto Pica con la coda dell’occhio… più ci pensa, più una morsa di ferro le stringe la testa. Ma i padroni non bendano le ferite degli schiavi, neanche se gli sanguinano a morte davanti agli occhi.
Qualcuno canta – una voce calda, massiccia, un acuto che continua e continua e si perde in un ruggito che va al cielo. Una bandiera sventola, o forse è un mantello. Dita viscide le carezzano le guance, la fronte e il naso, finché un tocco fresco e soffice non le allontana da lei.
Il sole tramonta oltre una finestra da qualche parte, e Baby 5 volge l’occhio che ancora vede a guardarlo, dischiuso nella nebbia oleosa del dormiveglia, bruciante di sale; l’altro occhio è stretto nell’abbraccio nero della garza, le ciglia che si piegano contro le bende che le avvolgono la faccia. Una voce russa fiocamente, un’altra singhiozza da qualche parte nel bianco; e sotto di esse un rumore di pioggia scrosciante, e di vento che gonfia le vele.
-Porche! Mannaggia ai pesci, sei tu?- esclama una voce maschile, ma dev’esserci un muro nel mezzo, perché suona ovattato e non si sente la risposta.
Due mani le rimboccano la coperta sulle spalle. Una terza mano, con un panno bianco stretto tra le dita, si fa avanti verso il suo volto attraverso i frammenti di luce. La accoglie ad occhi chiusi, rilassata contro il cuscino fradicio di sudore.
-Dove siamo arrivati?- mugugna.
-Non si sa. Siamo ancora in mezzo al mare. Come ti senti?-
Un volto pallido emerge da dietro le ciglia scoperte dalle bende, con occhi azzurri grandi come fondi di bicchiere. Un’altra lacrima le scende lungo la guancia e nel collo: è pelle, sì, ma non umana. È la maschera color crema di Gladius, e quegli occhi color vetro sono le lenti dei suoi occhiali da sole.
-Sei pallida come uno straccio.- Sugar sbuca dal fianco di Gladius, una ciotola d’uva viola e verde sotto il braccio, e porta alla bocca due chicchi assieme. -Abbiamo smesso di combattere da due giorni, eppure Baby 5 imperterrita va, alla battaglia, una volta ancora.-
Due giorni, e sì che di albe ne ha vista solamente una. L’ennesimo furto di Mariejoa. Allunga le spalle verso i due compagni per mettersi dritta, ma l’ennesima fitta la ributta indietro. Uno schiaffo in piena testa, caldo, viscoso. Per un istante Gladius e Sugar non si vedono nemmeno più.
-Ciao.- Le esce atono, ma Gladius sorride, lo si capisce da come si piega la pelle che gli copre la bocca, e anche Baby 5 gli risponde così, nonostante la metà di viso scoperto ribolla di fiamme ogni volta che si muove. L’uomo toglie gli occhiali e se li appende alla camicia. Su un carrello ospedaliero giace un vassoio con una teiera e alcune tazze di tè. Gladius ne versa due, ma attende sulla terza.
-Come ti senti? Se ti va del tè…-
-Niente tè.- Sospira. -Già, grazie. Sono stanca. Come se non avessi dormito per davvero. Soprattutto qui,- si indica la testa, e la parte di viso avvolta nelle garze, -dove ho le bende, vedi?-
Sugar e Gladius si scambiano uno sguardo. La donna-bambina si stringe al braccio di Gladius, abbracciandosi ad esso, appoggiando la guancia contro il gomito. Gladius le fa una carezza nei ciuffi.
-Mi dispiace tanto. Credo che stia a noi dirtelo. Tu…-
Baby 5 solleva la mano. Le bende sul viso, l’occhio che non vede, Mariejoa che sparisce dietro uno schermo di sangue: avrebbe dovuto arrivarci da sola. Il palmo ricade lento sul viso, carezza le bende – sono così ruvide, così spesse, così grasse. Una pelle in più che non le sta addosso, e sì che il suo corpo è stato di plastica e metallo. Si lascia cadere sul cuscino, singhiozzando nella propria mano. Che le è venuto in mente di svegliarsi, se non c’era nulla da vedere.
Gladius le copre le spalle con la coperta e le passa la mano nei capelli sfuggiti dalla treccia. Un tocco caldo, che le brucia la pelle dentro e fuori dalle fasce.
-L’ho fatta io, quella,- sussurra Sugar. -Sei molto carina con la testa mezza rasata.-
Baby 5 tossisce. -Rasata?-
-Sai, per le bende…- Gladius le stringe la spalla da sopra la coperta. -Ma cresceranno. Adesso puoi riposare. Penseremo noi anche al tuo occhio.-
Di Gladius vede la mano, ma il suo corpo sparisce nel nero dal polso in su. Sugar poi... una macchia verde scontornata, senza mani da tenere o un viso da leggere. Rabbrividisce da sotto la trapunta. -Abbiamo vinto, almeno?-
Gladius la stringe più forte. -Abbiamo vinto. Tutti quanti. Stiamo scappando da Mariejoa tutti insieme. Siamo abbastanza per cinque navi, ci pensi?-
Sugar ridacchia. -Una piccola flotta. E adesso siamo in alto mare, non potrebbe trovarci nemmeno la Scimmia Gialla. Mariejoa è un cumulo di ceneri. Stiamo facendo stampare le foto, così ce le appendiamo in salotto.-
Non che conti qualcosa se può vederne soltanto la metà. Infila le mani sotto le coperte, massaggiandosi le dita al calduccio. Sugar ingolla un acino d’uva e gliene porge una manciata: fa cenno di no.
-E siamo tutti vivi?-
-Tutti quanti, tutti un po’ rappezzati come te. Noi siamo qui, ce la siamo cavata bene.-
-Parla per te,- sibila Sugar. -La bastonata in pancia me la sono presa eccome.-
-Mi dispiace tanto. Ti fa male?-
-Meno di prima. Diamante-sama si è preso qualche ustione, ma si è ripreso. Jora si è slogata una caviglia, Señor Pink non ci sente bene dall’orecchio destro. Lui e Lao G hanno passato le ultime due notti a vomitare. Hanno usato un gas, nella zona lontana dal porto. Sono felice che non ci fossi stata, era raccapricciante. Pica-sama ha la febbre molto alta, sta riposando in camera sua. E Vise…-
-Che cos’ha?- Baby 5 quasi le ringhia, quelle parole, aggrappata alle coperte. Sugar le prende le spalle, stringendola nelle piccole mani. Devono essere le mani, perché di esse non vede che le sagome. Singhiozza di nuovo, ansimando nel cuscino fradicio di sudore, il cuore che sembra uscirle di bocca da quanto batte.
-Ha preso sette proiettili. Uno nella schiena. Lo stiamo curando tutti.-
Sette proiettili. Baby 5 ride, la bocca piena di sale. Machvise è leggero come il vento, i proiettili gli passano intorno senza toccarlo. Eppure si è fatto un’ultima giornata da schiavo, con il bersaglio marchiato sulla pancia. Doveva pur significare qualcosa.
-A me ha detto che ormai ci aveva fatto l’abitudine. A prendersi i proiettili, intendo. Non poteva evitarlo. Buffalo-kun dice che ci si è proprio buttato.-
-Basta…-
Baby 5 si pulisce il naso con la manica. Le hanno appena dato la notizia e già vuole stare vicino a lui, rannicchiata vicino alla sua pancia e alla sua barba, finché non sarà finito anche quell’incubo. Forse ha bisogno di lei, finché è convalescente – e dannazione, quel vecchio istinto dentro di lei non vuole andarsene. Non le importa neanche più, non di fronte alla possibilità di perderne un altro. Se lo vede davanti, quel sorriso di sangue: e le zanne di Dellinger, rosse e spaccate, e il moccio vermiglio di Trebol. Un viso che non esiste, ma un viso Donquixiote che soffre ancora.
Scatta in avanti sul letto, agguanta la coperta. Una mano guantata la stringe fino a bloccarla.
-Non ti alzare,- ordina Gladius. -Non sei messa meglio.-
-Ma non posso…-
-Hai fatto già abbastanza. Sdraiati. ‘Vise starà bene. Staremo tutti bene.-
Staremo tutti bene. Vorrebbe vedergli la bocca mentre parla per capire che emozioni ci sono dietro il suo linguaggio. Non può che appoggiare la guancia di carne contro il petto di Gladius, lasciarsi stringere e sollevare, senza fiato, con il cuore che batte contro il petto e le gonfia la gola.
-Staremo tutti bene.- Gladius le carezza l’unica treccia, disegna cerchi col pollice contro la sua spalla. -Staremo tutti bene.-
Chissà a chi lo sta dicendo. Baby 5 tira su col naso così forte da farsi venire il mal di testa e scivola via dalla stretta di Gladius, affondando la guancia di garze nel cuscino. Tiene la mano di Gladius, però, perché le sembra di sprofondare anche lì. Dovrebbero festeggiare, con Mariejoa caduta. Allora brindavano, con il vino dolce e denso della cantina di Re Riku, e Diamante cantava per celebrare la vittoria. Era così bello, sulla cima di quel tetto, anche in mezzo alle lacrime – che cantava, cantava e brillava. Anche la tuta argento di Lao G brillava, persino più delle fiamme sui tetti, e l’abito di lustrini di Jora metteva più colori dell’arte nelle sue dita. E l’armatura di Pica, il suo corpetto d’argento, la tiara dorata nei lunghi capelli, sembrava una leggenda che avesse preso vita proprio là. Non mancava che un cappotto di piume rosa, e il quadro sarebbe stato completo. Che ci è venuto in mente?
Si rilassa contro la pancia di Gladius, ad occhi chiusi. Non ha idea di cosa stessero cercando, con quell’impresa dissennata, ed è stanca di chiedersi dove altro andranno. Una minuscola mano tira le coperte prima che possa chiedere di poter dormire.
-Ho io una cosa che ti tirerà su. Ti va?-
Baby 5 annuisce, serrando l’occhio aperto. Sugar afferra un telecomando: non l’aveva nemmeno vista, quella Lumacavisione. Si accuccia sotto le coperte, lasciando andare Gladius. La luce dello schermo le brucia contro la testa, si copre l’unico occhio con la mano.
-…il disastro di Mariejoa, senza precedenti.- Il conduttore di un telegiornale, il microfono tremante tra le mani. -Ora ascoltiamo alcuni Nobili Mondiali, vittime incondizionate di questa truce vicenda. Le grida di dolore di un popolo perfetto, trascinato all’inferno da ribelli senza cuore.-
Gladius e Sugar brindano con le tazze da tè. -Bello, non trovi?- domanda la ragazza.
Baby 5 stringe più forte il cuscino. L’unico occhio socchiuso cerca Shalria sullo sfondo, ma il volto della stronzetta non si fa vedere. Sia pure: riconoscerà la sua voce, se le verrà in mente di parlare.
Il reporter porge il microfono a una scarmigliata donna bionda, accovacciata su una pila di rottami di marmo. La didascalia sotto il suo viso la presenta come Santa Oberlynne. Si stringe nella coperta marrone che la avvolge e tira su col naso, strofinandosi la mano sulle guance arrossate.
-Era la mia casa,- mormora. -Apparteneva alla mia famiglia da quando Mariejoa è stata fondata. C’è un pezzo del mio cuore, lì dentro. Dei cuori di tutti noi, di mio marito, dei miei figli… Non posso…- tira su col naso, tergendosi gli occhi col fazzoletto. -…non posso credere che esista qualcuno di così malvagio da portarmela via così. I miei poveri bambini dovranno dormire in una tenda. Con che coraggio può una madre…-
-Quella signora,- Gladius prende un lungo sorso di tè, -possedeva settecento schiavi, e ne ammazzava venti al mese con la polvere di piombo della sua fabbrica del cazzo.-
-Ex fabbrica,- sogghigna Sugar. -Hai la memoria di un pesce rosso, l’hai fatta scoppiare tu.-
Gladius le scompiglia i capelli. -Ex fabbrica,- sibila, assaporando ogni lettera. Sullo schermo compare un Arlecchino di legno, il volto dipinto aggrottato, le braccia incrociate sulle giunture di metallo. “Santo Raycer”, recita la didascalia.
-La bambina indiavolata, Sugar, mi ha toccato con le sue sporche mani fredde. Per fortuna tutti sanno di cos’è capace, piano piano stanno identificando tutti i giocattoli. Ma io dovrò farmi conoscere daccapo dalla mia famiglia: che gente senza cuore farebbe qualcosa del genere?-
-Non lo so,- soggiunge Sugar. -La stessa che comprerebbe dei bambini da San Popula solo per fargli correre dietro i suoi cani feroci. Non sarebbe splendido se i tarli se lo mangiassero tutto?-
Baby 5 sorride, il tempo di un respiro. Un altro colpo di martello, in alto sopra la tempia; e poi come uno spillo, che spinge attraverso la sua testa come burro. La voce di Sugar si perde in un gorgoglio senza sillabe finché non si preme nelle orecchie i palmi delle mani. Una, due, tre volte, e lo spillo si ritrae attraverso la carne finché la punta non rimane sospesa a metà strada.
-…meno è originale: nessuno mi ha mai chiamata indiavolata. E adesso guarda chi c’è. La vera star della serata.-
Baby 5 si volta di fianco, appoggiando la guancia al braccio. -...individui pericolosi, certo associati alla pirateria. Basta guardare i loro abiti...- Diamante avvicina il microfono alla bocca, in piedi sui tacchi in cima a un tetto spiovente; i lunghi capelli castani che schioccano al vento luccicanti di porporina, il mantello che sventola come una bandiera, le lacrime che gli sciolgono il fard e il rossetto mentre canta agli schiavi di correre, di andare. Le navi sono là, ad ogni passo vi avvicinate. Urla nel microfono gettandosi di testa dal tetto, volteggia a mezz’aria come stoffa, trascinato dal vento verso il porto.
Sing with me, if it's just for today, maybe tomorrow, the good Lord will take you away. La bocca da fuoco di una pistola emerge da sotto i suoi drappi, e sei spari coprono la sua voce.
-Didi è molto popolare,- dice Gladius. -Tutti vogliono vederlo. Lui e Pica, ma Pica non sta bene.-
-Che cos’ha?- Baby 5 scatta in avanti, ma una fitta la fa cadere all’indietro sui cuscini. Come se l’avessero colpita direttamente alla testa con un martello. Le braccia che l’avevano sorretta sulla nave, prima di svenire, erano coperte di cicatrici.
Gladius le cinge la spalla con la mano. -No. Non è tornato a fare quello. Ha solo un po’ di febbre. Adesso riposa nella sua stanza, lo vedrai quando starete meglio entrambi. Abbiamo abbastanza medicine per tutti.-
Baby 5 annuisce distrattamente, fissando la televisione dal sottile unico occhio. Una regina dai capelli color malva scappa da una finestra in frantumi, un vecchio piangente avvinghiato alla spalla e una lancia corta tra le mani. Una giovane donna magra, dai capelli color fragola, percuote il petto di un poliziotto con mani che sono zoccoli. Ed ecco anche Viola, pugnale alla mano, che conduce Rebecca per il polso lungo una strada in fiamme. La ragazzina è avvolta nel mantello della zia e si copre la bocca con la stoffa. Non piange, però. Kyros e sua maestà il re arrancano alle loro spalle, spade in resta. L’Eroe del Colosseo è un puntino marrone contro il fumo, non più grosso di un dito,, ma Baby 5 coglie sul suo volto le sopracciglia aggrottate.
-Spegni la tv. Mi fa male l’occhio.-
Gladius armeggia col telecomando e fa una carezza dietro al suo collo. Le strappa un brivido lungo la schiena.

La Legendary Child si svuota giorno per giorno, porto per porto. Buona parte degli schiavi, inclusi tutti i bambini, partono con un’unica nave per la base Marine del G-8. Anche le sirene e gli Uomini Pesce, terminata la necessità dei loro servigi nella fuga, si inabissano in comitiva verso la loro Isola natale. Baby 5 riconosce la sirena dai capelli biondi che stava in vasca con Dellinger, e sulle sue spalle le bambine che chiedevano delle loro sorelle. Una di loro la saluta con la mano.
Chissà se sono arrivati. Ci sono mostri marini, correnti oceaniche, chissà quanti altri cacciatori di schiavi tra loro e la destinazione. Scrolla le spalle, scuotendo le ceneri della sigaretta oltre il parapetto.
-Ammainate le vele, avanti con gli ormeggi!- urla Kyuin dal timone. Joanna e Kari, dal ponteggio sotto di lei, annodano le cime d’ormeggio ai gavitelli. Ormai si muovono su quella nave come se fossero vissute in mare da tutta una vita.
-Bellamy…- Sarquiss, il ragazzo dai capelli blu che combatteva assieme a Señor Pink, si asciuga le lacrime parlando a un lumacofono. -Sono io, amore mio. Sto bene. Sono arrivato, finalmente.-
Sarà veramente quel Bellamy? Ma non sono affari suoi, non vedrà mai più nessuno dei due. Se ne partano dove gli pare, lontano da lei e da chiunque conosce. Ci è riuscita Baccarat, le hanno detto nei giorni seguenti: lei e il suo vecchio amico Dice si sono defilati nel mezzo della notte senza nemmeno un saluto. Un biglietto, però: la fortuna non aspetta. Grazie a tutti quanti, ma abbiamo da fare. Come firma il simbolo dei Berry, e il disegno abbozzato di un dado.
Una folla di donne si è riunita attorno alla passerella di una galera. Pansy, la Kuja corpulenta che lavorava con Lao G, distribuisce un carico di remi. La donna con gli zoccoli nelle mani, abbigliata alla buona con un maglione e un mantello, fa una treccia ai capelli di una giovane bionda. 
-Scrivimi. Scrivimi appena puoi.- Di fianco alla chiglia, Jora abbraccia forte Chocolat, la ragazza che era con lei nella cella.
 -So che starai bene con loro, ma…-
-Non dubitare, signora. Non potrei mai dimenticarmi di te.-
-Posso accompagnarti, Lungo Coltello? In due si viaggia più facilmente, e io sono rimasto senza equipaggio.- Albion assicura i coltelli alla cinta e porge la mano nuda a quella di Sarquiss. Il giovane attacca il lumacofono e la stringe.
Baby 5 tira un’altra boccata. Non è così diverso da com’è andata a me. Quell’isola ormai deve essere andata distrutta, ma ci sono tanti schiavi da tanti posti, in giro… forse avranno occasione di visitarli ora che sono privi di un obbiettivo. Dove ci sono schiavi ci sarà bisogno di loro, un’altra volta e una ancora. Un occhio val bene la libertà.
L’occhio da cui vede, invece, lo sbarra: getta la sigaretta oltre il pontile e arranca giù dalla passerella, verso la nave in partenza. Se quelle sono Kuja vuol dire che tra le ragazze in partenza ci sono Belladonna e Kikyo. Avanza a passi traballanti lungo il pontile: Jora, di ritorno alla Legendary Child, le offre una mano, ma la rifiuta con un cenno del capo.
-Baby 5! Sei venuta…-
La generale si avvicina per prima. Stringe la sua mano, avvicina la fronte alla sua. Sbatte gli occhi, due occhi, rossi e luminosi. -Come stai?-
-Meglio di prima. Imparerò a convivere con un solo occhio. Ho chi mi aiuterà.-
-Tutti lo abbiamo. Ti ho mal giudicata per il tuo equipaggio, e non posso che sperare che non vi sia rancore tra di noi.-
Le sembra che siano passati anni, come una scaramuccia avuta da bambine. Scrolla le spalle. -Vi auguro un buon viaggio. Belladonna è qui?-
Kikyo non parla: indica un punto al limitare del gruppo, da cui si levano dei gemiti sommessi.
Baby 5 si avvicina e porta le mani alla bocca. Belladonna stringe a sé Honey Queen, le carezza la schiena senza guardarla. Sta singhiozzando.
Kikyo le stringe la spalla. -Non tutte sono state così fortunate.-
Baby 5 si irrigidisce. -I suoi fratelli?-
-Sono morti tutti.- sussurra la generale. -Anche il capitano, Bear King. Ha strozzato la sua padrona, e non l’hanno presa bene.-
Honey Queen urla contro la spalla di Belladonna. -Io g-glielo dicevo a B-Boo Jack di piantarla coi cotechini.-
-Infarto, ponte di Tequila Wolf.- Kikyo scuote la testa. -Neanche gli altri due si sono salvati. La portiamo con noi ad Amazon Lily. Anche secondo lei è la cosa migliore.-
Honey Queen solleva il volto dalla spalla di Belladonna, e si strappa le lacrime dalle guance arrossate. -Che possano tutti bruciare all’Inferno.-
-Io l’inferno l’ho visto.- Baby 5 stringe le mani tremanti della donna bionda e le percorre con un massaggio delicato. -Se c’è qualcuno che se lo merita è quella gente.-
Kikyo prende Baby 5 per il polso e la conduce verso il parapetto.
-Non preoccuparti per lei. Amazon Lily è un posto sicuro per noi donne, anche adesso che l’imperatrice non è più nella Flotta dei Sette. Molte ex schiave verranno con noi. C’era una ragazza, Ginrummy, con un Frutto del Diavolo stranissimo. Volevano addestrarla come prostituta, ma lei non ci stava: Hebihime sarà onorata di fare la sua conoscenza.-
Ignorerà quell’ultima affermazione. Con la Flotta dei Sette hanno chiuso tutti da mesi.
-Buon viaggio, a tutte e due.-
-Io che sono amica di una Donquixiote, non posso ancora crederci.- Kikyo sorride, rilassando il volto aguzzo. -Ma la vita va così. Addio, amica mia: stammi bene.-
Honey Queen solleva le dita in un cenno di saluto e si asciuga le lacrime, seduta sul parapetto. Kikyo si siede di fianco a Belladonna e Pansy e mette mano ai remi, verso l’alba che sorge.

Porche se ne va al tramonto, invece – è l’ultima ad allontanarsi, assieme al suo compagno. Guardano insieme oltre il parapetto, dove Dellinger e Kapoty giocano a rincorrersi tra le onde. La cheerleader porta i capelli in due trecce, che fanno spiccare il suo lungo naso a punta. Un carlino le gratta contro la gamba, e Baby 5 si china per guardare il suo muso raggrinzito. Le dice qualcosa: dannazione, ha Mariejoa attaccata al cervello.
-Quella è Sarù?-
-Il cane della stronza, sì. Gliel’ho portata via mentre era girata. Spero che senza si senta il più sola possibile.- Porche raccoglie la cagnetta e la tiene tra le braccia, carezzandola dietro le orecchie.. -Mi mancherà questa nave. È il primo posto in cui sono stata felice da tanto tempo. Anche Kapoty hai ricominciato a nuotare. Questo è mare vero, non quella schifezza piena di cloro.-
Kapoty solleva Dellinger da sotto le spalle e lo lancia in aria, oltre la sua testa. Scappa nuotando a dorso, verso il mare aperto, inseguito dal ragazzo. -Ti stacco la testa a morsi, maledetto di un marlin!-
-Sta scherzando,- si affretta Baby 5, e Porche le sorride. -Le nostre battute sono ancora peggio. Una giornata sulla Sexy Foxy e di voi non rimarrebbe più niente.-
-Tu non sei mai stata nella stessa nave di quello là.- Dellinger tira Kapoty per i lunghi capelli rossi e gli spinge la testa sott’acqua. -Quando ero bambina catturava le ranocchie per mettermele sotto il cuscino.-
-Eppure uccideresti per lui, non è vero?-
-A mani nude.-
Porche stringe al petto Sarù. -Siete un bell’equipaggio. Potreste darvi allo sport, se non aveste altre idee su come continuare. Io voglio solo tornare a divertirmi con i miei amici e il Boss. Quella stronza deve sparire sul fondo del mare e rimanerci. Ho sentito che tuo fratello ha ucciso il suo.-
Baby 5 si contenta di annuire. Di Pica vede solo un contorno, viola e marrone, riflesso nell’angolo più lontano del suo capo visivo. Distoglie lo sguardo da Porche per distinguerlo tutto: siede su un gradino vicino al timone, avvolto nel suo mantello scuro, lo sguardo fisso su una rivista di culturismo come se volesse sparire nelle pagine. Una folata di vento smuove le pagine e solleva la stoffa dal suo collo. Un collare a maglie larghe, tempestato di borchie viola, luccica alla timida sole del mattino.
Baby 5 porta la mano al petto: sì, anche il suo è ancora lì, una cascata di stelle color argento che le pende dal collo. Gli schiavi non portano chincaglierie, quindi noi… ma è bello, ha dei riflessi di mille colori, ed è giusto cominciare a sperimentare ora che non indossa più il suo vecchio abito da cameriera. I capelli rapati sul lato destro del cranio sono ricresciuti, ma si è rasata di nuovo a zero quell’intera metà appena hanno formato uno strato abbastanza spesso da coprire la sua pelle. I boccoli spiccano di più, concentrati tutti da una parte, e anche il suo unico occhio viola ha abbastanza spazio per brillare. L’altro è una voragine grigia circondata da una collina di grinze rugose, ma almeno ha smesso di toccarselo. Diventerà parte di lei e della sua pelle, come il freddo e le catene; o anzi meglio, perché almeno può muoversi come le pare.
Gladius, Kyuin e Diamante prendono il sole a poppa. Lao G e Buffalo giocano a carte su un tavolo. Jora, curva sul tavolo da navigazione, traccia la rotta per chissà dove. Persino Machvise ha ricominciato a prendere il sole, stravaccato nella sua sedia a rotelle, gli anelli d’oro nella barba che si riflettono sul viso esangue. Sugar gli siede vicino, laccandogli le unghie delle mani.
Baby 5 si ritrae, coprendosi la bocca, e singhiozza piano. Distoglie lo sguardo dalla sua interlocutrice e rifiuta la mano che le viene offerta. È dura.
-Starete bene,- dice Porche. -Davvero. Ho sentito storie più incredibili. E poi il vostro capitano…-
-Porche!-
Si voltano insieme. Kapoty guizza fuori dall’acqua e si aggrappa al parapetto opposto con i gomiti. -Porche! Porche, presto! C’è il boss! C’è la Sexy Foxy, ci aspettano!-
Porche si lancia di corsa verso di lui, tirando Baby 5 per il polso. Strizza l’occhio: la cosa più vicina a una nave è un puntino contro l’orizzonte. Potrebbe essere una nave, come un’isola o un banco di balene.
-Come hanno fatto ad arrivare così presto?- urla la majorette verso l’acqua.
-Big Pan l’ha trainata a nuoto per fare prima! Il boss non vedeva l’ora di rivederci! Saluta la tua amica, si torna a casa!-
L’Uomo Pesce lascia andare il parapetto e si getta in acqua con una capriola. Porche traballa, tirando su col naso. -Il boss, il boss…- Agguanta Sarù da sotto la pancia e la getta in mare senza complimenti. -Al volo, Kapoty! Andiamo via di qui, torniamo a competere!- Rivolge al cielo un gesto dell’ombrello. -Prendi, incarta e porta a casa, Shalria!-
Kapoty solleva sopra la testa la sgambettante Sarù: sporge oltre il pelo dell'acqua dalla cintola in su, come se potesse camminarvi dentro. Porche tira su col naso e cinge Baby 5 in un abbraccio.
-Grazie, Baby 5. Se volete fare una gara, passate a Long Ring Long. Siamo sempre là-nya!-
Baby 5 sospira quando la lascia, tuffandosi di testa. La guarda guizzare verso il mare aperto stretta alla schiena di Kapoty. La nave si è avvicinata, piccola come una ciotola contro l’orizzonte, ma gli applausi e le esultanze dell’equipaggio di Foxy Volpe Argentata risuonano come se fossero tutti sul ponte assieme a lei.
Dellinger risale alla nave come aveva fatto il suo amico, con un solo salto a partire dai flutti. Si arrampica oltre il parapetto e si siede di fianco a Baby 5 a gambe incrociate.
-Mi mancherà. Era simpatico. Mi ha aiutato tantissimo mentre ero lassù.-
-Anche lei era mia amica.- Baby 5 gli scompiglia i capelli bagnati. -Ma sono una squadra, devono rimanere insieme. Vieni dentro, devi asciugarti.-
Ma non serve arrivare sottocoperta, perché a metà del ponte incrociano Señor Pink con un carico di teli da spiaggia tra le braccia. Ne porge uno al ragazzo, gli altri a Kari ed Emily che emergono dalla passerella in costume da bagno. Buffalo la tira in dentro non appena sono salite.
-Sembra che sia fatta,- dice. Accarezza il suo nuovo soprabito, di pelliccia rosa antico, come se l’animale da cui è stato ricavato fosse ancora vivo e potesse rispondergli con delle fusa. Baby 5 allunga la mano verso di lui, ma non la prende. Sparisce nella nebbia assieme al resto, assieme all’albero della loro nave, al mare dove dovrebbero dirigersi; a Dressrosa, a Impel Down, a Mariejoa, al villaggio sputato nel mezzo del nulla da cui l’hanno cacciata.
-Vuoi darmi una mano con le vele?- chiede Jora. Si dirigono verso la scotta della randa e tirano assieme. Vede due corde, poi una sola, poi uno straccio di vimini grosso un dito. Lo stringe più forte, finché non gratta contro il palmo. Forse l’ha fatta sanguinare – ma cosa importa se non se ne accorge.
La costa si allontana, le vele si gonfiano, la Legendary Child beccheggia nel vento. Baby 5 chiude gli occhi, stringendo più forte la corda. A destra e a sinistra.
No, bambina, babordo e tribordo. Ma imparerai, l’abbiamo fatto tutti. Su, non fare quella faccia triste. Vuoi salire sulla testa del fenicottero?
Indietro. Sembra l’unico posto sicuro, anche se di fatto non esiste. Indietro fino a Dressrosa e anche prima, quando non sapeva nemmeno di essere entrata in un equipaggio di pirati. Indietro quando aveva due occhi e un futuro davanti; quando quella brava gente poteva proteggerla dal male anziché viverlo con lei. Indietro, sempre più indietro – da Trebol, da Monet, da Vergo, da Doflamingo, persino da quei traditori di Viola, Law e Corazon. Hanno troppe ferite da leccarsi, e quel sapore di sangue li stucca.
Nessuno ha bisogno delle persone inutili, dice una voce che non sentiva da mesi. Stringe più forte la corda: ad essere utile ci perdi l’occhio, la mente e la pelle. Almeno avrà fatto piacere a Doffy, dovunque egli sia. 
Dovunque loro siano. 


A.A.:
Svegliatemi, è un incubo.
Non posso credere che stia per finire. Lavoro a questa storia da più di un anno, e ci troviamo ufficialmente all'ultimo capitolo. 
Crisi creative e di capacità a parte... penso che vada tutto bene. Come conclusione di questo arco, delle vicende di Baby 5 e della sua famiglia, mi sembrava la più giusta. In fondo anche Doflamingo viene da Mariejoa, e con lui si torna alle origini. 
Tutti gli schiavi che abbiamo conosciuto qualche capitolo fa sono liberi. Mi sono concentrata solo sui più importanti, specie perché... adoro Porche e Kapoty, e un piccolo "occhiolino" a Foxy e al suo equipaggio (vi ricordate chi era Big Pan?) non potevo non farlo. 
E per restare a tema "occhi": l'idea di far perdere un occhio a Baby 5 è recente. L'originale prevedeva semplicemente di darle una grossa cicatrice sul volto, ed è stato solo dopo che ho deciso di andare avanti e fare il botto. Ora è come Zoro, no? Inoltre le ho cambiato l'acconciatura – forse più stereotipatamente "badass" con mezza testa rapata, ma ho avuto l'immagine mentale e non potevo più lasciarla.
Ho ucciso tutto l'equipaggio/i fratelli di Honey Queen per mostrare il lato più brutto e oscuro di questa battaglia, quante vite si è portata via e come non basta distruggere Mariejoa per sconfiggere il sistema che le sta dietro. Abbiamo appurato che Charloss è morto, ma se vi chiedete di Shalria (o incidentamente Rosward) bisognerà aspettare il gran finale. 
Che è il prossimo capitolo. Vi prego abbracciatemi forte. Mi sento quasi male a lasciarla andare. 
Lady R

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Capitolo 34
*** Dovunque Lei Sarà – Con O Senza Bisogno ***


Dovunque Lei Sarà – Con O Senza Bisogno

"Tell me why do I keep trying
To be someone I'll never be
I keep seeing her in everyone
Everyone but me
But I know you truly saw me
Even if just for a while
Maybe that's why it hurts now
To leave it all behind
"
[First Aid KitRebel Heart]

Vossignoria, sotto un altro cielo.
[Vergo – L’Animo Nero]


Jora si toglie gli occhiali e li strofina contro la camicia.
-Ti sei superato, ragazzone.-
Pica allontana le mani dalla pietra e si posiziona alle spalle della vecchia. L’ombra del suo lavoro lo supera, e sfiora la punta delle scarpe nere di Baby 5.
-Sapevo che avevi la stoffa dello scultore,- sospira Jora, -ma questa è davvero arte pura. Mi sembra di rivederlo qui, quel poveretto-zamazu.-
-E mia sorella.- Sugar fa un passo avanti. -L’hai fatta uguale. Le piacerebbe tanto se potesse vederla.-
Donquixote Doflamingo si erge con il braccio sollevato, stringhe di pietra sottili come fili da cucito che si tendono dalle sue dita lacerando l’aria. Le piume del suo cappotto paiono le ali di un rapace, e i suoi celebri occhiali da sole sembrano incurvarsi sotto le sopracciglia ghignanti.
Vergo si staglia a sinistra: impugna il suo famoso bambù, e ha una fetta di hamburger appiccicata alla guancia. Monet snuda le zanne a destra, e piega gli artigli oltre la sua spalla, le ali spiegate e aguzze come spade. Trebol sorride beffardo in mezzo ai due; regge il bastone con la sinistra, mentre con la destra si tappa una narice. Un getto di moccio liquido schizza dall’altra.
-Mi manchi, brutto stronzo.- sospira Sugar. Buffalo la solleva fino alla testa della statua, e una mano di bambina accarezza il volto sorridente dell’Ufficiale di Fiori. -Mi manchi. Per una volta che fai come dico io…-

Donquixote Sugar, la Bambola Assassina – ricercata viva o morta, 760.000.000 ฿.

La mano si allontana dalla guancia di Trebol e percorre le penne di Monet nel senso di crescita. Baby 5 non ha idea di cosa abbia fatto Pica con la pietra, ma quelle piume sembrano soffici come quelle di un uccello vero. Persino gli occhi della Donna di Neve sembrano seguire i movimenti della sorellina, e le sue labbra sorridere com’era solita fare. La lingua un po’ di fuori, gli angoli della bocca all’insù, le sopracciglia rilassate. Potrebbe emergere da quella pietra come niente e sorridere a tutti quanti.
-Barbabianca invidierebbe un memoriale come questo.- Lao G si pulisce gli occhiali sulla falda della giacca e se li appende al colletto. Diamante gli stringe la mano sulla spalla.
-Non valeva un’unghia del nostro Doffy, o dell’amore mio.-
Si china in avanti, sul volto pietroso di Trebol, e gli stampa un bacio sul naso. -Non ti dimenticherò mai, mi amor. Mai.- Una lacrima gli scende lungo la guancia e disegna un cerchio sulla testa di pietra della statua. Diamante raccoglie un sasso da terra, lo trasforma in stoffa e si tampona il viso truccato.
-Non voglio fermarmi qua a lungo. Non possiamo fermarci, lo spettacolo deve continuare.-
Quale spettacolo, vorrebbe chiedergli Baby 5. L’ha chiuso lui stesso, il sipario, durante la cena della sera prima, e l’ha cucito a doppia mandata per esserne sicuro. Le era caduto il cucchiaio mentre lo diceva.
Io non mi esibirò mai più.
Aveva sorriso come Monet, con le labbra storte e quel beffardo triangolo di lingua che sbuca fuori quasi a sorpresa; ma quel sorriso non è suo, e sul suo viso scavato sembrava inserito per sbaglio. Posso cantare per voi, tutte le volte che me lo chiedete, ma non tornerò a cantare in pubblico. Quella è stata la mia performance più bella. Non ha senso provare ancora, non ne realizzerò una migliore. Aveva sollevato l’indice alla bocca aperta di Dellinger. Ho detto di no, non mi convincerai. Sono un uomo libero, ora.
-È un bel memoriale, però,- continua Lao G. Sicuramente vuole cambiare argomento. -Grazioso, con… Con…-
-Le tue pillole, Lao G-sama.- Kyuin apre la borsa e gli prende il polso. -Vieni con me.-

Donquixote Lao G, il Grande Guanto – ricercato vivo o morto, 540.000.000 ฿.

Diamante si volta verso la statua, mostrando a Baby 5 la schiena coperta dal mantello nero, e lei ne è grata, perché il lucore in quegli occhi azzurri l’ha già visto a sufficienza la sera prima. Sedeva al centro del divano, stretto a Pica con il braccio che non teneva la bottiglia; le labbra rosse di vino, gli occhi luccicanti, rivolti al soffitto finché Doffy non è salito sulla piattaforma d’esecuzione. Aveva allungato la mano verso la televisione, quasi stesse cercando di carezzargli il viso. A quel punto la mano di Buffalo si era stretta alla sua, e Sugar aveva affondato il visino nella sua spalla come una bambina vera di fronte a un film di terrore.
Siamo solo noi due, pietruzza mia, aveva detto Diamante sul fondo di Impel Down. Non erano necessari un cappio e un boia per portarglielo via – ma i nobili mondiali prendono, prendono, e anche quando la terra è secca e c’è tanta fame in giro da dover abbandonare nel bosco i bambini inutili continuano a infilare i loro artigli sotto gli stracci.

Non urla, Donquixote Doflamingo. Nemmeno quando gli stringono la corda al collo – una morte da plebeo, da ladro di galline, di cui un Re Conquistatore avrebbe solo da ridere. Deve essere per quello che non sorride nemmeno: e sì che il suo ghigno da Demone Celeste gli starebbe addosso così bene, sul patibolo. Le sue labbra penzolano storte a metà tra l’alto e il basso, sporgenti e pallide. Come cuciture ormai disseccate e fuse con la pelle stessa.
-È un giochetto di Sakazuki, questo?-
-Non sono affari tuoi.- La guardia alla sua sinistra si spinge contro il suo corpo, ma Doflamingo non si muove di un palmo. Non traballa, non geme, non solleva nemmeno una mano per scacciarlo, come si farebbe con una mosca o una zanzara.
Machvise si pulisce la bocca dal vino, deponendo il bicchiere da qualche parte sotto la sedia a rotelle. -Com’è dimagrito.-

Donquixote Machvise, Petto di Vento – ricercato vivo o morto, 430.000.000 ฿.

Lo intravede di fianco al suo divano, avvolto in una trapunta nella sua sedia a rotelle, storto come un quadro visto dal lato della cornice. Le hanno lasciato il posto all’estrema destra, perché potesse vedere bene lo schermo col suo unico occhio, ma la differenza si fa sentire. Punge, punge, come una sedia scomoda su cui continui a rigirarti, ma non trovi mai il punto dove la molla esce dall’imbottitura.
-Il mio equipaggio vi ha messo addosso la paura, non è così?- Il vento scompiglia i capelli di Doflamingo, ma il sole non li fa brillare come accadeva a Dressrosa. Il capo dorato del re si è tinto di un color paglia, macchiato di cenere e di polvere, e le ciocche sulla fronte sono appiccicate alla pelle come se fossero state spalmate di colla.
-Avete paura, sì? Vi hanno portato via il mondo, e non sapete come fare per riprendervelo.-
-Tu scambi la pazienza per paura, pirata.- Il volto di Sakazuki avvampa di rosso. -Li riprenderemo tutti, dal primo all’ultimo, e non faremo economia con i tormenti. Mi rammarico solo che tu non sarai là a vederli: sarebbe per te il più degno dei castighi.-
-Allora non uccidetemi, almeno non adesso. Non senti il desiderio di castigarmi ancora?-
Doflamingo si lecca le labbra e reclina la testa all’indietro. -Potrei perdermi qualcosa di interessante, da lassù. Il vostro spiegamento di forze che finisce a fondo come un sasso. Gli uomini sono poca cosa per chi sconfigge gli dei.-
-Qualunque cosa accadrà non sarai qui per vederla. Sono due minuti a mezzogiorno. Hai diritto a delle ultime parole, Donquixote Doflamingo.-
-Vorrei il mio cappotto.-
Sakazuki distoglie lo sguardo, i pugni stretti, il volto appannato da dietro il fumo del sigaro. Doflamingo alza gli occhi al cielo, si strofina la fronte sudata contro la spalla. Sospira, e le costole sporgono da sotto la pelle.
-Vorrei salutare innanzitutto la mia amata Violet, e tutta la famiglia degli usurpatori Riku. L’ammiraglio Fujitora, che molto gentilmente gli ha restituito la loro bella casa. E quella dolce vecchietta di Tsuru. Sarà allegra, oggi: potrà riprendere il suo vecchio hobby di inseguire il mio equipaggio per tutti i mari.-
-È ora di versare il vino,- esala Diamante.

Donquixote Diamante, Il Demone delle Urla – ricercato vivo o morto 850.000.000 ฿.

Kyuin stappa una bottiglia di vetro, con un sorriso trafitto da una barra dipinto in oro sull’etichetta, e distribuisce i calici pieni a tutti quanti. Baby 5 si tiene il bicchiere vicino al petto, come se avesse freddo e dovesse scaldarlo: la sua mano ha cominciato a tremare, e lo stelo scivola tra le dita sudate.
-Vorrei ringraziare i miei vecchi amici a Mariejoa. E il mio lontano parente, Donquixote Mjosgard, per essersi ricordato di me con tanta celerità e prontezza. Nonché per aver avuto cura della mia famiglia quando eravamo in ambasce: il richiamo del sangue continui a tenerci uniti.-
Il sarcasmo trapela dallo schermo, che pare di poterlo toccare. La famiglia che ha in testa sono i Donquixote del regno degli dei, quelli che ormai non ci sono più da anni. Incluso il perduto Corazon, con il quale avranno di sicuro molto da dirsi.
-Doffy non vorrebbe che bevessi,- dice Dellinger. -Era la regola. Niente vino sotto i diciotto.-
-Doffy lo merita, tesoro. Non te ne diamo troppo.-
Diamante accenna una risata; come se non sapesse che di vino Dellinger ne ha bevuto eccome, di notte, quando nelle cantine non c’erano che i topi. Una volta l’aveva sorpreso, che era scesa a recuperare un libro dimenticato là. Ma Dellinger non aveva battuto ciglio. “Non dirlo a nessuno, per favore. Ho bisogno che tu non lo dica”. Che stupida, che era stata.

Donquixote Dellinger, il Ragazzo degli Abissi – ricercato vivo o morto, 665.000.000 ฿.

Doflamingo sale sulla botola come se si trattasse di un palco d’onore.
-Venti secondi.-
Sembra un bambino in attesa dell’anno nuovo. Se lo vede davanti che applaude come se lo fosse; e anche là, dietro il muro plumbeo del fumo e della barba, coglie il triangolo bianco di un sorriso.
Gira il collo verso la sua famiglia. Persino Kari, Joanna, Emily e Charlotte mescono il vino e si distribuiscono i calici, e Kyuin si tormenta le dita dalla sua poltrona. Così lontano arrivavano, quei fili – ma Doflamingo non si ricorderà nemmeno che esistono. E non sta neanche parlando di loro. Gli occhi liberi dagli occhiali si perdono fissi sul cielo nuvoloso, le mani ammanettate giacciono contro i pantaloni a righe. Dopotutto non sanno a cosa stia pensando, e nessuno lo può scoprire eccetto lui stesso. Tanto vale immaginare. Chiude l’occhio: il primo viso che le viene in mente ha piccoli occhi neri, molli capelli corvini, e un naso piatto e largo da cui gocciola muco.
Giusto, sì: l’artefice. Se c’è qualcuno che ci guadagna qualcosa da quella disgraziata faccenda è lui. Trebol cade sempre in piedi, in un soffice letto di moccio, e si gode l’ultimo behehehehe anche dall’altro mondo.
Ma perché fa ancora così male?
-E da ultimi…-
La mano di Buffalo stringe la sua fino a farle male, il pollice le percorre il polso. Se potesse alzarsi si getterebbe nella sua pancia, come faceva quand’era bambina. Quando il mondo aveva continuamente bisogno di lei, e quello era l’unico rifugio. Allora i pericoli si nascondevano nell’ombra, non andavano ad annunciare la loro voglia di farle del male in mondovisione; e soprattutto c’era chi poteva proteggerla.

Donquixote Buffalo, l’Elicottero d’Attacco – ricercato vivo o morto, 340.000.000 ฿.

Il silenzio si taglia con un coltello, non un ansito che spezzi la tensione.
Baby 5 strizza di nuovo l’occhio, e anche Buffalo si sporge verso lo schermo. Donquixote Doflamingo suda: una goccia sola, spessa e lucida, che gli scende dalla punta del naso e sparisce nella veste da galeotto. Persino le guance splendono, quasi ci fossero dei riflettori apposta per lui.
-Vorrei ringraziare i miei vecchi compagni, dovunque siano finiti.-
Ha bisogno di me, pensa Baby 5 come un’idiota. Bisogno per fare cosa, se sta per morire. Non può certo buttarsi là da lui, sconfiggere da sola quel mostro del Cane Rosso. Può solo guardarlo, e supporre che in qualche maniera lui sappia che sono là.
- È un vero peccato che mi sia perso la vostra prodezza: il suo ricordo mi avrebbe arrecato grande conforto in questi ultimi momenti tra di noi.-
Doflamingo prende un respiro profondo e si irrigidisce, come se solo in quel momento si fosse accorto che sta per morire. Nella sua testa è ancora il Demone Celeste, e continua a vedersi così anche senza guardare al mondo attraverso delle lenti rosa. Abbassa lo sguardo, esaminando il proprio triste abito a righe.
-Per il mio cappotto?- ripete. -O almeno i miei occhiali. Questa luce mi viene a noia.-
Stringe di fumo si levano dall’abito di Sakazuki. Fili per il burattinaio, un’ultima ironia. Doflamingo gli dà le spalle, voltandosi nuovamente verso le telecamere, e si passa tra i capelli le mani ammanettate.
-Vi ho rinnegati come mio equipaggio, quando ci incontrammo al Livello Sei. Non lo ritratterò: non siete più il mio equipaggio da quando ci hanno sconfitti. Ma siete Donquixote, ormai nessuno lo può negare. E nulla mi consolerà nella mia morte quanto sapere che, anche senza di me, questo mondo bastardo finirà in mille pezzi.-
Si lecca le labbra, e per un attimo è come se avesse di nuovo gli occhiali. -Fufufufufu. L’equilibrio del mondo va in frantumi, assieme a tutti quelli che gli stanno sopra. La Marina ha solo vinto una battaglia. Non rimarranno così potenti per sempre, e quando il mondo se ne accorgerà…-
La risata che segue non è umana: o almeno Baby 5 la sente così, e ancora dopo anni ha paura dei mostri che dimorano nell’ombra. Anche se il corpo di Doffy brilla di luce propria sotto i bagliori delle macchine fotografiche.
Doflamingo ride, verso il cielo e verso la terra, e la mano di Buffalo si allenta dalla sua. Baby 5 si gira di nuovo, percorre la stanza dall’unico occhio. Sugar ha appoggiato la testa sulle mani, come una bambina di fronte al suo programma preferito. Machvise rilassa i lunghi capelli biondi contro la sedia a rotelle. Lao G stringe la mano sulla spalla di Señor Pink. Con una risata storta, umida, Diamante lascia andare la testa contro l'enorme braccio di Pica. In qualunque altro momento sarebbe solo il solito Doffy, e sarebbe stato piacevole da vedere.
-Vuoi guardarlo, tesoro?- domanda Jora. Dellinger si passa un dito tra i capelli e fa cenno di sì.

Donquixote Jora, la Visionaria – ricercata viva o morta, 710.000.000 ฿.

Ma quando Baby 5 torna a guardarlo, là sullo schermo, così grande da parere vero, le labbra del Demone Celeste sono piegate in basso. Un sorriso monco, con i contorni fuori posto. Un sorriso da umano.
-Dieci secondi,- dice Sakazuki.
Baby 5 prende un respiro per non urlare. Vorrebbe sbraitargli di finirla, di andare avanti una buona volta e risparmiare a Doflamingo una morte lunga da disgraziato. Lui ha rivolto quella cortesia a suo fratello, quella notte all’Isola di Minion. Persino la principessa Scarlett è crollata in un sol colpo, e avrebbe potuto evitarsi anche quello se al suo posto ci fosse stata una donna migliore. Lo tolgano di mezzo e basta, se pensano che sia inutile.
Due reclute fanno scorrere il cappio attorno al collo, Sakazuki si ritrae verso il palco d’onore. Tre sedie per tre ammiragli, solo due occupate. Se n’è accorta solo ora. Doflamingo leva il viso al cielo, come a cercarvi dentro qualcosa, la corda del cappio che gli gratta contro il viso.
Silenzio, per un solo secondo. Persino il vento ha smesso di soffiare a Nuova Marineford.
L’orologio a muro suona il mezzogiorno, e Baby 5 si impone di non voltarsi. Stringe la mano a quella di suo fratello, sempre più forte, quasi a tempo con quei colpi meccanici, mentre il Demone Celeste dondola da una corda come l’ultimo dei pezzenti.
Diamante apre la bocca, rosso di guance e di naso, ansimando come se avesse corso per ore intere. Quando il braccio del figlio gli cinge i fianchi vi si irrigidisce dentro; sospira e vi reclina la guancia sopra, gli occhi chiusi, i denti serrati, come in un sonno infelice.
-Su,- proclama Pica. -Facciamo un brindisi al nostro capitano.-
Capitano, sì: lui sceglie sempre bene le parole, perché con quella sua stupida voce ha imparato a non sprecarle. Porta alla bocca il calice per primo, gli occhi fissi ora sul padre ora su Doffy, il viso livido e tirato, il calice quasi invisibile nell’enorme pugno pieno di cicatrici.

Donquixote Pica, il Titano – ricercato vivo o morto, 880.000.000 ฿.

È meglio se lo ricordiamo così, pensa alzando il calice: come un capitano, che dà gli ordini dall’alto del suo trono di marmo e non ti guarda neanche negli occhi. Non prende in braccio bambine affamate e stracciate per condurle in una nave rosa e morbida di piume, non offre loro letti caldi e zuppe saporite. Sarà come vedere la morte di un lontano parente, registrata qualche centinaio d’anni fa.
Ma piangere comunque per lui, perché nelle tue vene scorre il suo sangue – fingendo di non vedere il viso contratto di Buffalo e non sentire la sua mano sempre più stretta; e gli occhialoni appannati di Gladius, la testa china di Señor Pink, Jora e Lao G che si rovesciano addosso il vino mentre bevono. Persino Pica sbatte il bicchiere sul tavolo con forza, come se il sol tenerlo lo disgustasse, e una crepa si allunga sul calice quando allontana le dita piene di cicatrici.
Una lacrima le scende lungo la guancia sinistra, dall’unico occhio che le è rimasto, e sprofonda nel vino schizzandole addosso qualche goccia. Lo beve comunque fino ai fondi: da dietro il vetro, due marine a due dimensioni staccano dal cappio il corpo penzolante del Demone Celeste.

Si rimettono in cammino verso la Legendary Child sotto una pioggia sottile e insignificante, che le si appiccica alla pelle come sudore disseccato. Tiene stretto il braccio di Buffalo per tutta la discesa: le gambe le tremano, i gradini si ammucchiano l’uno sull’altro, si piegano e distendono ad ogni suo passo. Le viene da ridere, all’immagine che devono dare. Si aggrappava a quel braccio da bambina, quando uno sguardo troppo penetrante di Trafalgar Law o chi per lui le metteva paura. Riuscirebbe a coglierlo, quello sguardo, con un solo occhio? Sai non ci avrebbe fatto caso, l’avrebbe sconfitta senza versare una goccia di sudore e sarebbe andato avanti senza rivolgere un pensiero. Impel Down sarebbe stata più fredda, più stretta, più chiusa. I suoi calci avrebbero mancato il bersaglio, e il volto di Trebol coperto di moccio insanguinato avrebbe avuto una forma storta e inesatta. Come ogni suo passo da guercia in quel mondo arido e pieno di fame.
Stringe più forte il braccio che le sta vicino: i gradini di marmo sono finiti, il sentiero di terriccio è in pianura e la introna di meno. Jora le ansima alle spalle, mugugnando qualcosa sulla sua anca.
-Ti do una mano, appoggiati a me,- dice Gladius. La vecchia sospira di sollievo, ansimando sempre più piano. Deve averli visti anche lei, i suoi occhiali umidi. E sì che si era messo di spalle per toccare il volto di Vergo, il bambù che teneva in mano e gli occhiali così simili a quelli del loro capitano.

Donquixote Gladius, l’Uomo Atomico – ricercato vivo o morto, 540.000.000 ฿.

-Dove andiamo, ora?-
La voce di Dellinger si perde nel vento. Nessuno risponde, nemmeno lei. Se andiamo sarebbe stata la domanda giusta, se hanno voglia di salpare le ancore per un posto che non sanno neanche dov’è, se c’è, e se quando ci arriveranno ci sarà o meno spazio per loro. Salpino pure, se gli pare: non si occuperà lei delle vele o del timone. Neanche se ne hanno bisogno. Entrerà nella sua stanza, chiuderà la porta a chiave e si getterà nel suo doppio letto a forma di cuore. Ne voleva uno da anni, ma al Padroncino non piaceva abbastanza. Ancora fili, sempre più tesi. Una trama che non se ne va via e lascia i segni sulla pelle.
Eppure è durato poco, così tanto da non sentirne neanche più il sapore. Dove andranno glielo dirà il loro nuovo comandante, che di Doffy non ha gli occhi né la linea di sangue. Anzi, proprio dai suoi lombi viene il ragazzo che gli ha tolto tutto. Il comandante della flotta di Sai, e un tempo della sua. E rincolla daccapo. Il colmo sarebbe stato ritrovare sua madre, e forse l’avrebbe preferito, perché con lei sarebbe bastato un ceffone a mettere da parte tutti gli elementi scomodi.
Mi chiamo Hack, aveva detto lo sconosciuto. L’Uomo Pesce del Colosseo della Corrida, e Dellinger lo guarda subito in cagnesco. Erano compagni di cella, una vita prima, nel palazzo della Demone Mondiale che nel suo tempo libero collezionava creature marine senzienti. Là non gliel’aveva detto, di essere un rivoluzionario.
Diamante si era inginocchiato per guardarlo negli occhi; allungandogli anche una mano alla spalla, come se fossero amici e non avesse mai cercato di trasformarlo in giocattolo, né affrontato in duello un suo superiore con intenzioni ben peggiori. Anzi, era stato Trebol, ma Trebol non c’è più. Un sacco di cose non ci sono più. Anche Doflamingo, in quel momento, non sarebbe durato che una mezza giornata.
-So che i trascorsi tra di noi sono meno che favorevoli.- Sugar aveva scosso la testa, evitando lo sguardo del Centesimo Dan. -Ma ciò che avete fatto è un degli atti più nobili e necessari degli ultimi secoli, e ha avanzato immensamente le imprese della nostra armata. Ho conferito con il nostro comandante supremo, Monkey D. Dragon. Lui e i nostri cinque generali ritengono idoneo porvi la richiesta di unirvi alle nostre fila.-
Le torna in mente Señor Pink, nella loro vecchia cella fredda. La vita è strana, così. Un giorno ti da tutto e quello dopo te lo toglie. Un giorno muori di fame, quello dopo banchetti nel palazzo reale. Hai una moglie e un figlio, o un fratello, o un compagno, o una sorella che ami, e un attimo dopo non li hai più. Un giorno sei inutile, quello dopo fin troppo utile, e quello dopo ancora torni a non servire a niente. E poi di nuovo servi a qualcosa, perché tutte le altre strade sono bloccate.

Donquixote Señor Pink, del Sottosuolo – ricercato vivo o morto, 510.000.000 ฿.

Comunque non sarà male. Anche solo la gioia del prendere a calci i Nobili Mondiali e strappargli dalla bocca ogni frammento del loro pane con lamine d’oro sarà sufficiente per continuare ad andare avanti. Dellinger è già sceso fin quasi al mare, con Jora e Gladius appresso. Kari, Joanna, Emily e Charlotte attendono di fianco al porto. Loro Trebol e gli altri li hanno visti a malapena, e se avevano lacrime da versare le hanno esaurite mesi fa. Nella Famiglia ci stanno ancora entrando.
-Riesci a muoverti, Vise?- la voce sottile di Pica la allontana dai suoi pensieri. Il lottatore si sistema sulla sedia a rotelle con la sola forza delle braccia sudate.
-Ci penso io, pietruzzcha, tu vai pure avanti.-
Baby 5 si volta a seguire quella voce. Le mancherà, sentirlo cantare. Certo a Diamante serve un momento tutto suo, perché a volte quello di cui la gente ha bisogno non può venire da nessuno.
Kyuin conduce Lao G per il polso, Señor Pink tiene Sugar tra le braccia. Potrebbero sembrare una famiglia come tante se visti da lontano. Scende le scale più in fretta, stringendo forte le dita di Buffalo. Pica scende al loro fianco, il viso rivolto al cielo, lontano dai loro.
Il ragazzo si sporge in avanti, -Sta bene davvero? Ho avuto paura, quando…-
-La paura passa,- dice calmo Pica. Si stringe la crocchia e raddrizza il diadema con le enormi mani lacerate. Cicatrici marroni, dense, vecchie ormai di mesi. -E anche il dolore, se sai come si prende.-
Baby 5 e Buffalo si scambiano uno sguardo complice. Non ha voglia di tornare su quell’argomento, ma la curiosità preme. -È per questo che non hai ucciso Shalria?-
-Volevo che soffrisse come noi.- Pica si stringe nelle spalle. -Ha perso il fratello. In fondo era umana anche lei, e dovrà ricordarselo per sempre. Charloss doveva essere un dio, eppure non è tornato su quando l’ho lanciato a terra.-
Buffalo le carezza il braccio. -E a Shalria non è piaciuto.-
-Bene,- dice Baby 5. -Meglio così. A me fa piacere.-
Lei sì che piangeva, sullo schermo, i denti snudati e le guance rubizze, strillando rauca contro un nemico che non c’era. Un infermiere le aveva avvicinato al volto una boccetta di sali, ma non doveva averli sentiti, non con il moccio che le colava fino al mento e si appiccicava al suo velo. Sembrava un ritratto deturpato prima di asciugarsi, con tutti i lineamenti fuori posto, un pasticcio di colori mischiati e pennellate sciolte. C'erano tutti i loro ritratti, appesi sopra il salotto, ma dovranno staccarli: anche il nobile Rosward è morto, sbattuto contro un muro per i piedi da un capitano del Mare Occidentale, e nel mondo viaggia un’orfana in più. Qualcuno la raccoglierà e il ciclo avrà inizio una volta ancora. Proprio come è andata a lei, anche se non vuole pensarsi simile a quella là. Deve essersi divertita tanto a separare le famiglie per il suo divertimento. Anche lei la considerava utile, e le ha chiuso la bocca come in fondo era giusto. Era solo questione di tempo, e l’ha imparato anche lei.

Donquixote Baby 5, la Macchina da Guerra – ricercata viva o morta, 630.000.000 ฿.

Con Hack e i suoi superiori hanno appuntamento in un’isola rosa: crudele ironia se mai ce n’è stata. Almeno è fertile abbastanza da non completare il cerchio con la sua nascita. Non basterebbe avere accanto tutta la famiglia per affrontare una cosa del genere.
La marina la affronteranno quando verrà il momento. Sarà la macchina da guerra che vedono in lei; gli darà non quello di cui hanno bisogno, ma quello che meritano di avere. Doflamingo non dovrà neanche affaticarsi a correggere i suoi errori, potrà riposarsi in pace assieme ai suoi vecchi amici e guardare la sua eredità che prende vita dalla sua famiglia. I marine non possono capire, sono i cani dei Nobili Mondiali e come tali non sanno riconoscere un vero re quando se lo trovano davanti. Arriveranno domani, o il giorno dopo ancora. O anche tra un mese, ma arriveranno. Bloccheranno tutti i porti, sigilleranno l’ingresso ad ogni locanda e ogni rifugio. Li prenderanno per fame, la loro arma preferita. Impel Down attende, solida come il primo giorno, con un sacco di spazio da riempire.
Scendono lungo il sentiero di marmo bianco e le coste di sabbia color crema, verso il ventre proteso della loro nuova nave. Le vele sbattono basse, lo scafo beccheggia. Il vento dovrà tornare prima o poi.


A.A.:
...e così finisce Dovunque Lei Sarà, la storia di una ragazza che era troppo utile e di una Madre Degenere che non approvava le sue nozze.
Negli ultimi capitoli ho dedicato questo angolo alle mie crisi creative, e a come ho l'impressione che questa storia non sia *abbastanza* per i criteri dell'arte autoriale. Qui non oso pronunciare, né scrivere tali parole. In verità sto per piangere di fronte al'idea di finire questa storia, che porto con me da un anno e che mi ha accompagnata nel bene e nel male. 
Vorrei inserire i riferimenti culturali che inserisco sempre. Come la bizzarra coincidenza che a X-Factor sia capitato un cantante di nome Vergo, con una certa somiglianza con il Vergo di One Piece e che fa musica "Achille Lauro reggaeton" che consiglio davvero per chi ama il pop. O il fatto che l'epiteto di Buffalo faccia riferimento alla battuta sull'essere un "elicottero d'attacco" che compiono spesso i conservatori per prendere in giro i generi non binari. Lui è letteralmente un elicottero, quindi può dirlo senza problemi. Quello di Diamante si riferisce invece a Steven Tyler, il Demone delle Urla. 
Potrei parlare di come questa è la seconda volta che inserisco un'esecuzione per Doflamingo, sempre per impiccagione. Non ho problemi a inserire scene simili tra loro se il contesto lo richiede, e come tropo apprezzo le esecuzioni. Ho chiuso un capitolo in senso figurato quanto letterale. 
E così finisce questa storia, con un finale che non è né bello né brutto, ma è un po' strano come la vita. 
Perché non ho altro da dire se non grazie, a tutti voi. 
Quindi i saluti, per tutti gli amici vicini e lontani che mi hanno accompagnata in questa stramba impresa.
A John Spangler, che mi segue spontaneamente capitolo per capitolo, qui e anche fuori. Mi dispiace di averti traumatizzato con Trebol e Diamante in ascensore, spero che il resto sia bastato per compensare XD.
A Shyliss. Grazie per i tuoi preziosi consigli e le tue bellissime recensioni piene di dettagli. Sei stata la prima con cui ho fatto uno scambio per davvero, la prima che mi ha seguito da vicino e una di quelle che porterò nel cuore sempre e per sempre. 
A Miryel. Tesoro, la tua commozione e il tuo attaccamento a questo cast mi hanno scaldato più volte il cuore. Anche tu sei una delle mie lettrici preferite, e un bel giorno ci incontreremo davanti a un caffè, io te e Shy, dove potrai vendicarti per il dolore emotivo che ti ho causato col mio essere #degenere.
A Luschek. È impossibile non volerti bene dopo il modo con cui ci siamo conosciute. Ti ringrazio per quello che mi hai dato con i tuoi consigli e la tua dolcezza, spero di risentirti presto. 
A Zomi. Io vorrei ringraziarti mille volte, per essere stata con me per tutto questo tempo. Per essere diventata mia amica a distanza, per avermi sostenuto in tutti i miei assurdi progetti teorici e pratici, per aver sopportato più di tutti il lato più orribile del mio carattere e avermi resa felice a tanta distanza. Sarò la tua #BFFSOTTONA sempre e per sempre, e un giorno ti restituirò di persona tutto l'affetto che mi hai dato. 
A aggrodolce. Tesoro, tu sei l'unica che posso ringraziare di persona, ma mi prenderò comunque un momento per ringraziarti per quello che mi hai dato e tutti i tuoi complimenti. Grazie di tutto, mia Jinbe IRL. 
A Y Ellow Canadair. Quando ti ho trovata non potevo crederci, e le tue parole mi hanno dato coraggio in questa nottata per me epocale. Sai che non avrei mai completato questa storia senza la tua ispirazione, e non scordarlo mai. Ti adoro.
A Nekorika e Gil Strife, mie adorate senpai – vi abbraccio forte e vi dico grazie per la vostra ispirazione. 
A Val. Non so se hai o meno EFP e se mai vedrai questo messaggio, ma so che mi leggi e non ho parole per comunicare quanto lo apprezzi. 
A Eliot Nightray, Elara Vlad TepesEvil 65, e tutti i miei altri lettori silenziosi. 
A Eichiro Oda – che magari da questa storia può pure prendere ispirazione, io non mi lamento, purché quelle deprecabili nozze siano annullate. 
A tutti voi lettori silenziosi e occasionali, che non ho dimenticato. Vi voglio bene, lo voglio a tutti voi. Grazie per essere rimasti qui con me. 
Ci vediamo alla prossima avventura.

Donquixote Hasta Siempre.

Lady R – La Madre Degenere.

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