The Specter Bros' II

di _Cthylla_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Il punto della situazione ***
Capitolo 2: *** 2- Alla deriva ***
Capitolo 3: *** 3- Se il caos sfugge di mano ***
Capitolo 4: *** 4 - La coerenza latita, l’ottimismo tace ***
Capitolo 5: *** 5 - Teste calde ***
Capitolo 6: *** 6 - ''Ho fatto proprio bene a uscire'' ***
Capitolo 7: *** 7 - ''Se lei è nulla, tu cosa credi di essere?'' ***
Capitolo 8: *** 8 - Non è Superman ***
Capitolo 9: *** 9 - ''Come vanno le cose?'' ***
Capitolo 10: *** 10 - Il fanatismo, le martellate e il piano Bernie ***
Capitolo 11: *** 11- Chiacchiere ***
Capitolo 12: *** 12 - Uno, due, tre, quattro ***
Capitolo 13: *** 13 - Io non ti odio ***
Capitolo 14: *** 14 - Pensare è pericoloso ***
Capitolo 15: *** 15 - Se il caos sfugge di mano… un’altra volta ***
Capitolo 16: *** 16 - I sogni son desideri… ma anche no ***
Capitolo 17: *** 17 - Così come nel canon -più o meno ***
Capitolo 18: *** 18 - Avere cento braccia… o nessuno ***
Capitolo 19: *** 19 - Tra sogno e realtà ***
Capitolo 20: *** 20 - Un altro po’di chiacchiere ***
Capitolo 21: *** 21 - Patti coi diavoli ***
Capitolo 22: *** 22 - Il suono del silenzio… che non c’è ***
Capitolo 23: *** 23 - I danni della gratitudine ***
Capitolo 24: *** 24 - A volte ritornano ***
Capitolo 25: *** 25 - Fine della favola -ma non della storia- ***
Capitolo 26: *** Bonus: ''Stranieri'' ***
Capitolo 27: *** 26 - Inizia il conto alla rovescia ***
Capitolo 28: *** 27 - Samarcanda ***
Capitolo 29: *** 28 - Una fine, un inizio ***



Capitolo 1
*** 1 - Il punto della situazione ***


1
(Il punto della situazione)
 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Dispersi nel vento”.
 
Quella, pensò Arcee, era stata la sua risposta quando Jack le aveva chiesto che fine avessero fatto il resto dei suoi compatrioti, colleghi, amici.
Triste pensare che ormai quella risposta valesse anche per il suo compagno di vita, del quale aveva appena fatto in tempo ad accettare la proposta prima di doverlo abbandonare all’interno di una base in procinto di essere distrutta.
 
“Non dovrei pensare a questo” si rimproverò Arcee “Non nella situazione in cui ci troviamo ora io, Jack e il resto dei nostri compagni, augurandoci che siano ancora vivi e non siano stati presi. Non dovrei pensare all’amore perduto, dovrei pensare al fatto che la squadra vada riunita e necessiti di un comandante, è a questo che dovrei pensare”.
 
Peccato che, nonostante i buoni propositi, nei momenti notturni in cui lei e Jack si fermavano a riposare in luoghi riparati non potesse fare a meno di provare una certa sofferenza nel ricordare il suo “matrimonio” ultra rapido con Optimus Prime. Non per l’unione in sé, per quei pochi istanti si era sentita davvero una femme felice, ma proprio perché era durato tutto così poco.
 
Poggiò la schiena contro un ammasso di rocce e si mise a guardare il cielo. Inizialmente cercò eventuali nemici in arrivo ma ben presto, non vedendone affatto, tornò a rimuginare.
 
Aveva l’impressione di essere una persona destinata a perdere irrimediabilmente tutto uno dopo l’altro. Aveva perso come tutti il suo pianeta natale, morto da tempo e senza possibilità di rivitalizzazione dopo che l’Omega Lock era stato distrutto; aveva perso, tanto in guerra quanto dopo, la stragrande maggioranza di quelli che conosceva; aveva perso due partner, Tailgate e Cliffjumper, sopravvivendo a entrambi; la base in cui aveva iniziato a sentirsi non a casa -nessun posto era come casa- ma molto a proprio agio, era stata distrutta dai Decepticon, e come se non fosse stato sufficiente ora erano tutti dispersi, sparpagliati, forse morti. Nel caso di Spectrus Specter, Arcee sperava proprio nell’ultima opzione.
Era stata colpa sua se i Decepticon li avevano trovati.
 
“Come abbia potuto credere anche solo per un secondo che quel grosso pezzo di stronzo potesse essere meglio di quel che sembrava, non lo so neanche io!” pensò con una smorfia, trattenendosi a stento dallo sputare per terra “Mi ero illusa che facesse l’arrogante solo perché credeva di poterselo permettere, mi ero illusa che avesse solo un carattere un po’difficile ma che in fondo non fosse una bestia completa. A ripensarci mi strapperei il processore e me lo metterei in bocca”.
 
«Arcee…»
 
Sentendosi chiamare, l’Autobot si voltò verso il suo “partner” umano. «Non dormi ancora?»
 
«Ci provo ma ogni volta che chiudo gli occhi finisco per pensare ai nostri compagni, a mia madre…»
 
«Sono certa che stiano tutti bene. June in particolare, l’agente Fowler la sta sicuramente proteggendo in questo momento» disse Arcee «Come il resto degli abitanti di Jasper. Non dubito che siano stati tutti evacuati in fretta».
 
«Fino a poco tempo fa Jasper era una cittadina noiosa… ora non è più neanche una cittadina, è uno di quei paesi fantasma in cui da bambino mi sarebbe piaciuto andare» sospirò, passando una mano tra i corti capelli neri «Ora non mi attirano più, ci credi?»
 
«Ci credo, sì. Jack, ora cerca di dormire» disse la femme, tornando a guardare il cielo «Domani continueremo a cercare gli altri. Sarà dura».
 
Il ragazzino annuì e, concludendo che fosse meglio darle retta, si voltò di lato e chiuse gli occhi.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«Io mi chiedo solo una cosa, Starscream…»
 
«Ehm… sì, Lord Megatron?»
 
Assiso sul suo trono a Darkmount, Megatron sollevò un grosso sopracciglio metallico. «La nostra è una posizione di netto vantaggio. Abbiamo Darkmount, abbiamo un esercito intero, mentre gli Autobot sono dispersi e privi di una base… se non altro il maledetto ci è servito a qualcosa…» aggiunse, riferendosi a Spectrus e al fatto che l’esplosione da lui causata avesse permesso loro di trovare la base nemica.
 
«Ci è servito per poi essere mandato offline, finalmente, grazie all’Allspark!» esclamò il seeker. Era realmente sollevato per il fatto di non averlo più alle calcagna, di nemici ne aveva già abbastanza.
 
«Tutto vero» annuì Megatron «Quel che mi stavo chiedendo però era: considerato tutto questo, com’è possibile che tu non sia ancora riuscito a catturare quei pochi Autobot che sono in giro? Come possono essere tanto problematici per il mio secondo in comando?! E dovresti essere grato di avere ancora il tuo posto!»
 
«Lord Megatron, Lei ha perfettamente ragione riguardo il fatto che catturarli sia mia responsabilità in quanto secondo in comando e comandante delle nostre forze armate. Tuttavia…» sollevò l’indice della mano destra, con l’espressione di chi cercava di difendersi «Come potrei catturarli, se la persona che dovrebbe darmi modo di farlo non compie il suo dove-»
 
«Soundwave sta facendo tutto quel che è nelle sue possibilità dall’interno della Nemesis» lo interruppe con durezza il signore dei Decepticon «La qualità del suo lavoro non è diminuita nonostante una situazione che, ritengo, tu stesso hai contribuito a creare! Dunque ti consiglio di pensare per te stesso e mettere più impegno in quel che fai, invece di cercare inutilmente di sviare la mia attenzione dalla tua negligenza».
 
Per qualche attimo, l’unico suono udibile in quella parte di Darkmount fu solo il vento.
 
«Non è stata trovata».
 
Quella di Starscream non era una domanda, era piuttosto un’affermazione.
 
Megatron scosse il capo. «No. Non che la cosa ti debba interessare».
 
L’occhiata del leader dei Decepticon fu tale che il seeker fece un passo indietro. «Ne sono consapevole, Lord Megatron, Lei è stato molto chiaro a riguardo, chiarissimo! Ehm. Torno dal nostro gradito ospite, le assicuro che riuscirò ad avere le informazioni che servono!»
 
Detto questo se ne andò alla svelta, facendo ticchettare i tacchi sul pavimento metallico, e Megatron rimase solo.
 
L’ex gladiatore sbuffò, poggiando la schiena contro il suo trono di metallo. Pensò agli Autobot, pensò al messaggio che aveva dato agli esseri umani… sciocche creature. Pensavano davvero che fosse interessato a una coesistenza pacifica? Era evidente che dei Decepticon sapessero ben poco.
Infine, essendo stata menzionata poco prima, il suo pensiero andò alla situazione del suo più fidato amico.
 
“Non lo invidio”.
 
Tra i motivi per cui Lord Megatron non aveva da tempo una compagna c’era anche quello: era difficile portare avanti una relazione in tempi di guerra, specie essendone coinvolti quanto erano loro. Poteva immaginare che la sofferenza del suo tecnico per il fatto che la sua compagna di vita se ne fosse andata, per di più dopo una brutta discussione dalla quale Soundwave era venuto fuori con un graffio all’altezza del petto, fosse grave.
 
“Continua a far danni anche da morto” pensò Megatron, cupo, riferendosi a Spectrus.
 
L’uccisione di Spectrus da parte di Soundwave era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso nella psiche di Spectra, che era già molto provata di suo. Megatron non si meravigliava del fatto che fosse andata via. Riteneva che averlo ucciso fosse la miglior cosa ma, allo stesso tempo, non essendo uno stupido e conoscendo Spectra riusciva a capire la reazione che aveva avuto.
Lei aveva deciso di lasciarlo andare dopo averlo sconfitto, pur avendo capito che bestia fosse e quanti torti le avesse fatto -più che a chiunque altro- e Soundwave non aveva dato il minimo peso alla sua decisione, come se non valesse nulla, facendo di testa propria.
 
“Avrebbe dovuto consegnarlo a me. Soundwave non avrebbe potuto impedirmi di terminarlo, cosa che Spectra sa benissimo, e dunque non avrebbe neanche potuto biasimarlo per la fine che Spectrus avrebbe fatto, né avrebbe pensato che per Soundwave lei e le sue decisioni non contassero. Hai scelto il momento sbagliato per agire d’impulso, amico mio”.
 
Glielo aveva perfino detto quando erano inevitabilmente finiti a parlarne, ma Soundwave era rimasto fermo sulla propria posizione. “Era per il suo bene e lei lo deve capire”, aveva detto, “Non ci avrebbe mai lasciati stare”, aveva aggiunto, “Non credo di aver sbagliato qualcosa, e devo trovarla prima che qualcun altro se ne approfitti”, aveva concluso, perché sì: era piuttosto convinto che Dreadwing, oltre ad averla portata via su sua richiesta, volesse portargliela via in ogni senso.
 
“Conosco Dreadwing. Non sono certo che sia andato via solo per lei o di quali intenzioni avesse prima di incrociarla” pensò  Megatron, da che i filmati di sorveglianza lo avevano mostrato intento ad andare da tutt’altra parte, dopo aver sentito parlare Knockout e Starscream “Ma sono sicuro che non le farebbe nulla di male né lascerebbe che gliene accada. Per il resto, anche fosse, non mi riguarda! Soundwave è stato poco lungimirante e Soundwave, se mai, troverà il modo di risolvere. Era convinto di volerla come compagna di vita pur conoscendola poco più di un mese, lei merita tutto tranne che del male ed è per questo che ho incoraggiato l’unione, però la mia intromissione finisce qui”.
 
Concluso ciò, decise di tornare alle questioni pratiche e di contattare Knockout via comm-link.
 
«Knockout, recati a Cybertron con una squadra di vehicons» ordinò «Cerca le reliquie che sono rimaste lassù dopo la battaglia per l’Omega Lock. Optimus Prime…» ringhiò, una volta chiusa la comunicazione «Che tu sia maledetto. Spero che bruci all’Inferno per quel che hai fatto, distruggere la sola possibilità di ridare vita al nostro pianeta natale solo per salvare un po’di organici».
 
“Avrei potuto rimediare a parte di ciò che ho contribuito a fare con la nostra guerra, avrei potuto salvare la nostra casa. Terraformare questo pianeta, poi, non era uno sbaglio: è più legato alla nostra specie di quanto sia legato agli umani” aggiunse mentalmente.
 
«Ma cose come questa erano tipiche di te, vero?» proseguì «Dovevi cercare di farti passare per l’eroe dell’Universo pur non essendolo affatto, sbaglio? Come tuo solito».
 
Avrebbe voluto aver modo di dirglielo in faccia: l’aveva già fatto in passato, ma repetita iuvant… in teoria. In pratica, secondo Megatron sarebbe stato più facile parlare a un muro.
 
“Non che il problema si ponga più ormai. Le seccature più grandi sulla mia strada sono morte, tutto ciò che resta da fare è occuparsi delle briciole” concluse.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 «…“Nin chi li chisi ti dibbi intirissiri, Stirscrim”! Che se ne vada all’Unicron, dico io» borbottò il seeker, stringendo in mano un pungolo di energon, mentre camminava svelto verso la sua destinazione finale.
 
La dipartita di qualcuno che l’avrebbe voluto morto era positiva, tuttavia continuava a sentirsi tutt’altro che tranquillo. Sapeva di non essere mai piaciuto particolarmente a Soundwave  in quanto molto meno leale a Megatron di quanto fosse lui, e le cose erano peggiorate terribilmente con i fatti di qualche tempo prima: prima non si trattava di qualcosa di personale, ora sì.
Essere consapevole del fatto che il tecnico non avrebbe cercato di terminarlo, salvo ordine diretto da parte di Megatron stesso, lo consolava solo fino a un certo punto.
 
“Tutto per colpa di quella piccola e laida meretrice irriconoscente!” pensò Starscream, stringendo con più forza il pungolo.
 
Quando era venuto a conoscenza del fatto che lei fosse una Specter -per la precisione la protoforma che lui stesso aveva reso invalida nel tentare di ucciderla- si era sentito tutt’altro che bene. Ricordava di aver rigettato il poco di energon che aveva bevuto e ricordava di aver temuto che Spectra si unisse al “caro” fratello per dargli la caccia e non fosse indifesa come sembrava. Poi aveva scoperto che Spectrus aveva cercato di uccidere anche lei.
 
“Ed è meglio che non ci sia riuscito, perché voglio provvedere io”.
 
Lo sconvolgimento iniziale era passato da un pezzo e al momento Starscream riteneva Spectra una delle principali fonti dei suoi guai. Era iniziato tutto quando non era riuscito a uccidere lei e Spectrus -subendo poi una tremenda punizione da Megatron per essere riuscito a uccidere i loro genitori, quando invece non avrebbe dovuto toccare alcun membro di quella famiglia- ed era finita con Soundwave e il violento pestaggio che gli aveva riservato.
Spectra era per lui una fonte di disgrazie, questo era quanto, ed era ironico che tempo addietro avesse creduto che in lei ci fosse il suo destino e che gli portasse fortuna. Quelle due cose e il fatto che lei gli piacesse in vari aspetti lo avevano spinto a chiederle di diventare la sua compagna di vita, ed era stato allora che lei lo aveva rifiutato. Lei gli aveva sempre detto fin dall’inizio di essere innamorata di Soundwave, aveva sempre definito Soundwave “il suo principe”, però non aveva impiegato molto tempo per lasciarsi convincere a dividere la cuccetta con lui, Starscream. Era così inesperta che aveva ceduto presto alle sensazioni piacevoli che lui le aveva dato, l’aveva convinta che non fosse “sbagliato” come Spectra diceva all’inizio quando la baciava, lei poi  aveva anche desiderato qualcosa di più… ma non tanto da andare fino in fondo.
Miss “La connessione solo col mio compagno di vita ma intanto tu metti la testa tra le mie gambe e viceversa”, Miss “Mi sposo e il giorno dopo scappo con un altro”.
 
“Questo però fa ridere. Così Soundwave impara” pensò il Decepticon, sorridendo malevolo “Ed è conveniente per me: se fosse stata nella Nemesis con lui non avrei potuto portare a compimento le mie idee, Soundwave l’avrebbe tenuta sempre sott’occhio, ma lei non è nella Nemesis. Ucciderla e dare la colpa a qualcun altro è perfettamente fattibile! Ci  sono in giro gli Autobot, c’è in giro Airachnid che l’ha sempre odiata e Dreadwing stesso potrebbe ucciderla per colpa di un’avance rifiutata!… no, non ce lo vedo” fece una smorfia “Però l’importante è, eventualmente, far sì che ce lo vedano gli altri”.
 
Era sicuro di volerla uccidere; se concludere o meno il lavoro che aveva iniziato quand’era abbastanza ubriaco, invece, era un aspetto della questione su cui era ancora indeciso. Magari avrebbe seguito l’ispirazione una volta che se la fosse trovata davanti.
 
Arrivato a destinazione si fermò davanti a una porta che scorse di lato pressoché senza rumore. Si rese conto di avere ancora in volto il sorriso malevolo di prima ma concluse che andasse benissimo anche per quell’occasione.
 
«Ho portato un pungolo più grosso e doloroso. Oggi ti deciderai a parlare, Wheeljack?»
 
Il demolitore, legato e ricoperto di graffi e ferite dovuti alle torture subite nelle due settimane passate, sollevò le ottiche azzurre riservando al seeker uno sguardo a metà tra l’essere seccato e di sfida.
 
«Ci sono degli animali volanti chiamati “henn” che di solito sono noti per avere un modulo cerebrale piccolo e mal funzionante. Comincio a pensare che tuo padre possa essersi connesso con-ngh!» esclamò, sentendo sul petto il forte bruciore causato dal pungolo.
 
«Non so se dirti di farla finita e rivelarmi dove si nascondano i tuoi compagni o dirti di continuare a fare inutilmente lo spaccone, così che possa divertirmi ancora un po’» disse il Decepticon «Il tuo masochismo e il fantasticare sugli accoppiamenti di mio padre ti rende abbastanza depravato per essere un Autobot, lo sai?»
 
«Io non sono più un Autobot e tantomeno so dove possano essere finiti i miei ex compagni. Sono stato lontano dalla base fino a poco prima dell’esplosione, brutto idiota, te l’ho già spiegato almeno ventisette volte. L’unica cosa che so, grazie a te» sottilineò Wheeljack «È che sono sopravvissuti al disastro e che quindi presto o tardi prenderanno a calci te, Megatron e il resto dei Decepticon per poi buttare giù questo schifo di fortezza che chiamate Darkmount, “amico”».
 
Sapeva che quelle parole avrebbero portato a ulteriori torture da parte di Starscream -guai ad attentare all’ego del seeker mentre era in una posizione di vantaggio!- ma non gli interessava: non aveva informazioni da fornirgli e, in ogni caso, sentiva di meritare qualunque cosa i Decepticon avessero voluto fargli.
 
Quel che aveva combinato insieme a Spectrus era imperdonabile, lo sapeva benissimo, e il rigurgito di coscienza che l’aveva spinto a cercare di tornare nella base per avvertirli di quel che voleva fare Spectrus Specter -far esplodere la base con loro dentro- non cancellava quel che c’era stato in passato. Era stato complice di Specter in tante cose, non ultima cercare di incatenare Arcee in una grotta per poterne abusare a piacimento come avevano fatto con Airachnid. Non andava fiero neanche di quello, nonostante Airachnid avesse fatto altrettanto e di peggio durante il conflitto su Cybertron.
Gli sarebbe piaciuto poter dare la colpa a Spectrus di tutto quel che era accaduto, gli sarebbe piaciuto poter dire che lui era un mostro e l’aveva corrotto, però era troppo onesto con se stesso per pensarlo: ora come due settimane prima lui non era una protoforma, era un mech adulto e “veterano” di guerra. Non era stato il medico a dirgli di dare retta a quel compagno di squadra che di Autobot aveva solo il simbolo, dunque Wheeljack si considerava sul suo stesso piano.
Era il motivo per cui, una volta venuto tutto a galla, aveva detto a Bulkhead che non erano più migliori amici. Bulkhead meritava persone migliori attorno, come il resto dei loro compagni di squadra… o Miko. Quella ragazzina era un demolitore nell’anima, se n’era convinto da un pezzo.
 
“Se le cose continuano così raggiungerò presto Specter all’inferno” pensò “Lo meritiamo in due. Mi spiace solo per la sorella, ovunque sia: non ho avuto modo di conoscerla per bene ma per non volerlo morto nonostante tutto dev’essere stupida o troppo buona, e ringraziamo la lingua lunga di questo demente di seeker per le informazioni”.
 
«Un gruppetto di fuggitivi non possono distruggere questa fortezza, anche perché per farlo dovrebbero riunirsi prima e smettere di nascondersi poi, contrariamente a quel che fanno da buoni codardi quali sono» affermò Starscream mentre col pungolo bruciava, impietoso, parte del volto del demolitore «Non che potrebbero fare altro. Optimus Prime è morto, Specter è morto anch’egli e non può cercare di avvelenare tutti col Tox-En di nuovo, questo ignorando il fatto che cercherebbe di uccidere anche voi... gli Autobot sono spacciati, finiti, kaputt, quindi perché non ti decidi a parlare e basta?!»
 
«Perché n-non so nulla!» sbottò Wheeljack, sibilando per il dolore al volto «E con questa sono ventinove volte che te lo dico, henn troppo cresciuta che non sei altro!»
 
Vedendo Starscream avvicinare di nuovo il pungolo al suo corpo, comprese che sarebbe stata l’ennesima sessione di interrogatorio estremamente lunga.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Sdraiato sulla nuda roccia di una grotta sotterranea, più morto che vivo ma ancora in grado di parlare, Optimus Prime aprì lentamente i sensori ottici azzurri.
 
«Ar…cee…»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vorrei dire tante cose ma non so da dove iniziare, per cui… ebbene sì, ho cominciato davvero questa sequel dopo ANNI. Chi ha letto la roba che ho pubblicato ultimamente se lo aspettava ma questo è solo un dettaglio. Spero davvero di riuscire a proseguirla decentemente e a finirla, soprattutto.
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto abbastanza :)
Alla prossima,
 
_Cthylla_

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Capitolo 2
*** 2- Alla deriva ***


2
(Alla deriva)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quello presente nella zona del Nevada in cui da tempo aveva iniziato a essere presente attività aliena non si poteva certo definire un clima umido. Solitamente garantiva un ambiente arido e venti polverosi che avrebbero seccato la gola di esseri umani poco avvezzi a sopportarli.
Tuttavia, quando decideva di piovere, lo faceva sul serio: bombe d’acqua molto violente che in certi casi riuscivano perfino a danneggiare cose o persone si abbattevano senza pietà contro il terreno, contro le rocce, contro le case... e contro l’astronave Harbinger che, abbandonata da Starscream dopo che lui e Spectra si erano riuniti ai Decepticon nella Nemesis, era tornata a essere abitata da poco più di due settimane.
 
«Cercare di rinforzare le parti dell’astronave che avevano ceduto e di cui il miserabile non si era ancora occupato è stata una buona idea. Lì fuori sta facendo un disastro ma tu e io siamo al sicuro qui dentro, non ti devi preoccupare di nulla».
 
«Non sono preoccupata, Dreadwing. Il rumore della pioggia mi piace».
 
L’ormai ex ufficiale Decepticon rimase in piedi vicino alla cuccetta, guardando Spectra circondata da libri Decepticon più vecchi dell’astronave stessa -trovati in uno scomparto mai aperto da altri se non loro- e da otto grosse lampade di sale, si chiamavano così, che lui stesso le aveva portato nel corso della loro permanenza lì.
Dove le avesse prese risultava un mistero per tutti eccetto Dreadwing stesso, ed erano stati tentativi abbastanza maldestri ma molto “sentiti” per cercare di rallegrare Spectra almeno un pochino. La cosa le aveva strappato qualche sorriso.
 
«Spectra» fece una breve pausa «Se c’è qualcosa che posso fare…»
 
«Hai distrutto la tua vita e la tua carriera, è già abbastanza».
 
Non sopportava il fatto di sentirla parlare così, non sopportava lo sguardo cupo in quegli enormi occhi azzurri che poco più di due settimane prima, nonostante tutto quel che lei aveva visto e passato, non c’era affatto. Nel guardarla aveva l’impressione di avere davanti gli ultimi istanti di vita di un debole fuocherello.
Odiava vederla in quel modo.
 
«Non parlare così» disse Dreadwing, sedendosi a sua volta sulla cuccetta «Di questo abbiamo già discusso».
 
«Sì, ma-»
 
«È una fortuna che quel giorno ti abbia incontrata e abbia scelto di andarmene con te. Se non fosse successo, forse a quest’ora sarei morto. Nel cercare vendetta per la fine di Sky Quake magari sarei riuscito ad avere ragione di Starscream, ma Lord- ma Megatron» si corresse, ricordando di non essere più il suo secondo in comando «Se volesse avrebbe abbastanza potenza di fuoco da sfondarmi il petto con un solo colpo. Sono molto più utile qui con te, vivo, che sottoterra».
 
Gli era pesato e gli pesava aver abbandonato la Nemesis: lui e Sky Quake si erano uniti a Megatron perché credevano nella sua causa, l’avevano fatta propria e avevano agito di conseguenza per eoni. Contrariamente ad altri, ove con "altri" si intendessero personcine quali Starscream ed Airachnid, Dreadwing non era mai stato feccia traditrice interessata solo al potere, anzi, del potere non gli era mai importato in alcun ciclo dalla sua attivazione in poi. Era sempre stato leale a Megatron e, se non avesse saputo quel che aveva saputo riguardo Sky Quake, lo sarebbe stato ancora.
Il tradimento che riteneva di aver subito però era stato troppo grande per poter sorvolare: si sentiva ancora un Decepticon, credeva ancora nella Causa -il maiuscolo era d’obbligo- ma non credeva più nel suo ex superiore. Era disgustoso e disonorevole quello che Starscream aveva fatto e lo era altrettanto che Megatron l’avesse coperto e appoggiato, invece di terminarlo come avrebbe dovuto.
A volte, nei momenti che precedevano la ricarica, Dreadwing veniva pungolato dal pensiero “Trovi disgustoso e disonorevole il fatto che la tomba del tuo gemello sia stata profanata? Proprio tu, che a tua volta aiutasti Megatron a profanarne una?”, ma li soffocava rapidamente. Non era tempo di farsi troppe domande sulle proprie azioni passate, non aveva bisogno delle risposte che avrebbe ottenuto e c’erano questioni che lui trovava molto più urgenti.
Come Spectra, per esempio.
 
«Tutto questo però è un “forse”» disse Spectra «Quel che ho detto io invece è un dato di fatto. Non sai quanto mi dispiace per tuo fratello, per ciò in cui ti sei messo fuggendo con me… per tutto!» esclamò stringendosi la testa tra le mani «Forse dovrei-»
 
«Tornare nella Nemesis così da darmi un problema in meno? Hai già detto anche questo e la risposta è sempre “no”» disse con decisione l’ex ufficiale «Al di là del fatto che non ti ritengo un problema, se tu lo dicessi perché vuoi davvero tornare lì sarebbe diverso, ti porterei lassù anche adesso, ma che io sappia non è così. O hai cambiato idea? Te la senti di tornare da… dal tuo compagno?»
 
Lei si rannicchiò, “abbracciò” le ginocchia robotiche e, dopo pochi istanti, scosse la testa. «No. Non me la sento ed è anche per questo che mi sento in colpa. Questo potrebbe causarti problemi con lui, e poi l’ultima volta che io e lui ci siamo visti è andata male, l’ho perfino ferito, io… io non volevo fargli male, non volevo fare male a nessuno. Non vorrei fare male a nessuno…»
 
 
“Non sei poi così innocente”.
 
 
Le parole di Spectrus, l’immagine di lui con le braccia inservibili -ridotto così proprio da lei con un attacco a sorpresa nel momento in cui aveva superato il limite di sopportazione- si fecero strada nel suo processore con la violenza di un’astronave che precipitava.
Nel momento in cui il tutto era accaduto non aveva fatto caso a vari dettagli che invece le erano tornati in mente quando era stata un po’più lucida e aveva iniziato a rimuginare in modo costante, quasi ossessivo, sull’ultima volta che aveva visto Spectrus in vita.
Dettagli, come il modo in cui l’aveva guardata dopo che lei gli aveva mostrato i miglioramenti della gamba e gli aveva detto “Ora sto meglio di te, tu che dici?”, per poi attaccarlo.
Spectra ora si rendeva conto di aver parlato in un modo in cui avrebbe potuto parlare anche lui, e le era parso che per un minuscolo istante fosse stato quasi… fiero? Soddisfatto nel vederla in procinto di fare del male proprio come lui aveva fatto del male a tutti quanti, godendone, e senza risparmiare nessuno?!
 
“Non sono come lui. Non sono come lui, non lo sono mai stata, non voglio diventare come lui, non voglio diventare un mostro anche io, non voglio fare del male a nessuno-”
 
«Non sono lui, non voglio fare del male a nessuno, lo giuro!...» esclamò nascondendo il viso tra le mani.
 
«Spectra-»
 
«N-no. No, io… ora è tutto a posto. È tutto a posto» ripeté la giovane, cercando di ricomporsi «Mi dispiace per aver dato spettacolo. Ormai sembra che non sia in grado di fare altro, neanche fossi la sola ad avere dei problemi. Tu sei sempre stato gentile con me… io in tutto questo ti ho mai chiesto sei posso fare qualcosa per te?»
 
«Sì, lo hai fatto anche questa mattina. Forse una cosa che puoi fare per me c’è» disse Dreadwing, stringendola tra le braccia blu «Non pensare di poter essere o diventare come tuo fratello. Se tu fossi anche solo vagamente simile a lui, ora non staresti così. Lui era una bestia».
 
«Forse ho un po’colpa anche di quello» disse Spectra, quasi in un sussurro «Mi ha cresciuta perché i nostri genitori erano stati uccisi ma non avrebbe dovuto essere lui a farlo. Forse è diventato così anche perché era esasperato, non toccava a lui occuparsi di un’invalida che per di più si è dimostrata anche stupida. Non dire di no» aggiunse, interrompendo sul nascere la risposta di Dreadwing «Ha detto che mi ha lasciata vivere solo perché gli ero utile e obbedivo, non mi voleva bene e io di questo non mi sono mai accorta: una persona che non si rende conto di certe cose come va chiamata, se non “stupida”?»
 
«Se io fossi stato al posto tuo, se Sky Quake oltre a essere mio fratello mi avesse cresciuto e io avessi saputo di non avergli fatto alcunché di male, difficilmente avrei pensato che potesse volermi morto. Non avrebbe avuto senso e non sarebbe stata colpa mia» sul suo volto giallastro comparve un’espressione particolarmente dura «Soundwave avrebbe potuto agire diversamente anche qui e mi spiace che tu ora soffra, però Spectrus non lo merita».
 
«Lo so» mormorò Spectra, con i sensori ottici socchiusi «Però era mio fratello. Lui non mi voleva bene, io invece sì, moltissimo. Non volevo che andasse offline, tantomeno per mano di Soundwave. Che non si curasse minimamente della decisione che avevo preso e lo uccidesse non era qualcosa che mi aspettavo… e io di come funzionino le cose in una coppia non so molto, però non mi sembra un buon inizio».
 
Pur concordando, Dreadwing non disse nulla.
 
«E, Dreadwing… “anche” qui?»
 
«Mh?»
 
Restando sempre immobile tra le sue braccia, Spectra sollevò appena lo sguardo per incontrare quello vermiglio del Decepticon. «Hai detto “Soundwave avrebbe potuto agire diversamente anche qui”. Vuol dire che anche prima hai visto qualcosa da parte sua che non ti è piaciuto» breve pausa di silenzio «Sul momento non avevo fatto caso alle tue reazioni ma se ci penso ora… tu non eri felice quando è diventato il mio compagno di vita».
 
Non era una domanda, era un’affermazione. Dreadwing ebbe l’impressione di star camminando sul filo del rasoio, incerto su cosa risponderle perché non avrebbe voluto fare la parte di quello che metteva il dito tra moglie e marito; poi però decise che era inutile negare, dato che lei lo sapeva già.
 
«Non lo ero perché nel corso del tempo ho visto più di una cosa che non mi è piaciuta. Una te l’avevo detta il giorno stesso in cui è successa, forse lo ricordi».
 
«Il giorno in cui Starscream ha tentato di violentarmi. Sì».
 
«Sì» ripeté Dreadwing, un po’colto di sorpresa per il modo in cui lei aveva parlato «Stavo dicendo, anch’io avrei voluto ridurre in un rottame quel miserabile, però tu avevi bisogno di aiuto, era quello l’importante».
 
«Starscream non mi si deve avvicinare mai più».
 
«Avvicinarsi a te significherebbe avvicinarsi anche a me. Sky Quake è morto sotto il suo comando e lui l’ha reso un terrorcon, Starscream dunque merita di prendere il suo posto nella tomba. In ogni caso, tornando a noi, quel che successo in quel frangente è uno dei motivi per cui quando l’hai sposato non ero contento. Tu però lo eri, quindi non c’era molto da dire».
 
 «Dopo aver letto tante fiabe volevo la mia. Ci credevo davvero» disse Spectra «E in effetti il cattivo è morto per mano del cosiddetto principe azzurro».
 
Era soprattutto pensando a Spectrus e Soundwave che si sentiva persa. Uno era stato il suo punto di riferimento per tutta la vita, la sua famiglia, ed era finita com’era finita; l’altro si era offerto di diventare la sua nuova famiglia, a livello tecnico essendo diventato il suo compagno di vita lo era perfino, e anche con lui era andata com’era andata. Erano passate più di due settimane e non l’aveva ancora perdonato.
Non aveva più i suoi principali punti di riferimento, non aveva una “casa” che sentisse veramente sua -lei stessa aveva suggerito di andare nell’Harbinger perché aveva ritenuto che fosse la soluzione più pratica, ma quel posto le ricordava Starscream. Non era piacevole- e Dreadwing aveva già abbastanza problemi per fatti propri. La sola cosa che la consolava un po’ riguardo lui era il pensiero di poter avere un minimo di utilità standogli vicina quando veniva fuori il nome di Sky Quake. Riusciva a mettersi nei suoi panni, era orrendo immaginare di avere un fratello zombie che vagava senza riposo.
 
«Tanto tempo fa mi hanno detto “Pare che a volte le fiabe diventino realtà, anche se non nel modo e nelle parti in cui ci si aspetterebbe”» continuò Spectra «Mi sa che era la verità».
 
«Mi sa di sì» concordò Dreadwing, per poi restare sulla cuccetta con lei, in silenzio, ad ascoltare la pioggia ancora battente.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Ai piedi di una montagna, riparati dalla pioggia grazie a una grotta, Bulkhead e Miko Nakadai erano appena riusciti ad accendere un falò.
 
«Evvai!» esultò la ragazzina «Visto? Te l’avevo detto che l’accendino aveva un’utilità!»
 
«L’accendino sì, le sigarette no, Miko…» disse il demolitore, con più di una punta di rimprovero nella voce.
 
«Non è un vizio, è uno sfizio» replicò lei, giocherellando con una delle ciocche rosa dei suoi capelli «Sono quelle più leggere e un pacchetto da venti mi dura quasi due mesi, lo sai».
 
«Allora potresti smettere e basta. Mi preoccupo per la tua salute come tu ti sei sempre preoccupata della mia. Ricordi quando mi costringevi a fare esercizio dopo i danni che avevo subito combattendo contro quell’insecticon?»
 
«Sì, ma qui è diverso! Da quando sono con te poi non ne ho fumata neppure una, hai visto?»
 
«Ho visto… e ho apprezzato» annuì Bulkhead, con un debole sorriso, per poi tornare a guardare fuori dalla caverna.
 
Lo aveva fatto per tutto il tempo da quando erano arrivati lì ed era iniziato il temporale e Miko, sapendo benissimo qual era il motivo dietro quell’azione, si rattristò.
 
«Tu speri ancora che arrivi?»
 
Il grosso Autobot dalla corazza verdastra strinse la mascella, con uno sguardo ferito nelle ottiche azzurre. «Io non riesco ancora ad accettarlo, Miko. Jacky è sempre stato un solitario ma mai un traditore».
 
«Io non capisco come abbia potuto decidere di mollarci per quello Specter! E di aiutarlo a farci saltare per aria» aggiunse, rabbiosa, la ragazzina «Col risultato che i Decepticon ci hanno trovati, e ora… e ora gli altri…»
 
«Non è detto che abbia partecipato o che sapesse cosa voleva fare Specter. Forse si è sganciato, forse è la fuori e mi sta cercando perché vuole tornare con noi» si ostinò a dire Bulkhead, in strenua difesa del suo ex compagno d’armi «E, se è così, il protocollo dei demolitori prevede di incontrarci qui. Questo è anche un posto in cui siamo al sicuro dai Decepticon».
 
«Siamo al sicuro, a meno che Wheeljack parli a Spectrus di tutto questo e decidano di attaccare in due. Tu sei più forte di loro» non era così e lo sapeva, ma Miko lo disse ugualmente «Però ti dispiacerebbe lottare contro Wheeljack, io lo so».
 
«Potessi capire perché si è lasciato convincere a seguirlo… non me lo spiego» borbottò Bulkhead «Potessi avere l’occasione di parlarci faccia  a faccia!...»
 
Illusioni, miraggi e speranze: erano le ultime cose a morire e in quel momento in cui si sentivano persi, totalmente alla deriva, erano tutto ciò che avevano.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“Com’è che sono in grado di trovare tutto, ma quando sei tu a sparire non riesco mai a fare quello in cui sono bravo?”
 
Per Soundwave era sempre stato così da quando aveva conosciuto Spectra, in passato era già capitato che sparisse e che lui la cercasse senza risultato.
Non riusciva a cavare un ragno dal buco con nulla negli ultimi tempi, lo dimostrava il fatto di essere riuscito a localizzare gli Autobot solo un paio di volte, non per merito proprio, quanto per demerito altrui. In un caso era successo grazie a un messaggio di testo spedito da uno degli umani che accompagnavano gli Autobot -il nome dell’umano in questione era salvato come “Jackson Darby” nel sui database- e anche allora i vehicons, pur essendo in superiorità numerica, non erano riusciti ad avere ragione di lui e di Arcee. Quella femme Autobot però era sempre stata dura a morire, andava ammesso: era sopravvissuta anche a quel pazzo bastardo di Spectrus Specter.
 
“Contrariamente al mio matrimonio”.
 
Il cubo di energon -comune, non extra forte per fortuna- svuotato poco prima finì contro una parete. Meglio quello che rompere la propria strumentazione di lavoro e, nervoso com’era in quel periodo, il rischio era alto. Era un mech tanto disperato quanto convinto di avere perfettamente ragione in tutta quella faccenda e di star venendo trattato in modo ingiusto.
Megatron parlava bene, gli aveva detto “Avresti dovuto lasciare che fossi io a finirlo, tu non avresti potuto fermarmi in ogni caso e tua moglie non avrebbe potuto darti la colpa di alcunché”, però lui non poteva assolutamente capire quali sentimenti l’avessero spinto a scagliare Specter contro la montagna nel momento in cui il cannone aveva fatto fuoco. Quell’essere immondo aveva provato a ucciderlo e, soprattutto, aveva provato a uccidere il suo Scricciolo per ben due volte.
 
“Lei mi ha detto ‘Era mio fratello, avresti dovuto rispettare la mia decisione’, peccato che fosse una decisione pessima, come tutte quelle che ha preso” pensò “Quando si trattava di Spectrus non era lucida, qualcuno doveva esserlo al posto suo e, non essendo lucida, quello che voleva non contava: contava quel che era bene per lei. Sono sicuro che se fosse rimasta qui l’avrebbe capito, invece no, quell’avvoltoio l’ha vista sconvolta e ne ha approfittato subito” .
 
Così come Spectra in quel periodo, rimuginando, aveva fatto caso a dettagli che le erano sfuggiti, lo stesso aveva fatto Soundwave. La reazione di Dreadwing al suo matrimonio, quel suo “ha solo convenienza ad accompagnarsi con lei”, il modo in cui se n’era andato, il fatto che fosse sempre stato disponibile a starle un po’troppo vicino, tutto aveva assunto un significato molto diverso dopo gli ultimi avvenimenti. Aveva pensato di dover proteggere lei e il loro rapporto solo dai nemici più palesi ed era stato un ingenuo assoluto.
 
“Me la starà mettendo contro anche in questo momento dicendole che Spectrus non meritava di morire, che deve starmi lontana a prescindere e che non la riporterebbe qui nemmeno se volesse perché quel che ho fatto ‘è imperdonabile’, e lei gli darà retta, perché si fida! ‘Non tenterà di farle qualcosa che non vuole’, dice Megatron, ma il problema è che se lui la manipolasse lei potrebbe arrivare a volerlo eccome, e allora io… io non la voglio perdere. Non riesco neanche a capire perché Megatron non lo veda come il disertore che è. È andato via o sbaglio?!”
 
Il suono di una comunicazione in entrata verso la base riuscì a distrarlo dai suoi pensieri -per fortuna- e la deformazione professionale fece sì che si mettesse in ascolto prima ancora di decidere coscientemente di farlo.
 
 
Lord Megatron, qui Knockout. Le annuncio di aver portato a termine con successo la mia missione su Cybertron, sono riuscito a recuperare più d’una reliquia… e c’è una bella sorpresa!
 
Una bella sorpresa? Bene, vedremo di cosa si tratta. Avevo bisogno di sentire queste parole, dato che buona notizie su altri fronti non ne abbiamo ancora. L’Autobot nostro gradito ospite non si decide ancora a parlare… o sbaglio, Starscream?
 
–  Non ancora, Lord Megatron, ma sono sicuro che lo farà presto, mi sto impegnando al massimo per riuscire a ottenere i risultati che speriamo, può esserne sicuro!
 
 
Alla rabbia e al nervosismo si aggiunse il disprezzo puro. Soundwave sperava che Megatron cambiasse idea riguardo il non terminarlo, prima o poi. In teoria il pestaggio che lui gli aveva dato avrebbe dovuto far sì che imparasse la lezione, in pratica Starscream non era esattamente noto per imparare lezioni di alcuna sorta.
Purtroppo.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«C-cos… no! Non può essere!» esclamò Starscream, con i sensori ottici spalancati e le alucce da seeker abbassate per colpa di un’inquietudine profonda, facendo più di un passo indietro.
 
Knockout come aveva anticipato era uscito dal Ponte con le reliquie -esaminate brevemente e portate subito nella Nemesis dai vehicons- il che era ottimo; quel che invece era tutt’altro che ottimo erano i passi pesanti e la figura mastodontica che stava uscendo lentamente e inesorabilmente fuori dal portale luminoso. Entrambe cose familiari per il seeker argentato, che in passato aveva fatto o mancato di fare cose che gli avevano fatto guadagnare più di un nemico.
 
«Shockwave!» esclamò Megatron, con un largo ghigno appuntito sul volto nel rivedere lo scienziato Decepticon «Proprio il vantaggio tattico che ci serviva. Dato che ultime notizie che mi avevano portato…» si voltò brevemente a dare un’occhiataccia a Starscream «Sono felice ma stupito di vederti ancora in vita».
 
Megatron non era sciocco, conosceva da molto tempo quel grosso Decepticon dall’armatura viola e un unico, inquietante occhio rosso e sapeva benissimo che non era tanto leale a lui o alla causa dei Decepticon, piuttosto lo era verso la scienza e a chi gli concedeva spazio, fondi e materiali per le sue ricerche -le quali in passato avevano raggiunto punti tali da indurlo a tenerlo sì sotto controllo, ma anche abbastanza a distanza -un discorso che valeva per più di un Decepticon, a dir la verità.
Tutto ciò però non era un problema, dal momento che se c’era qualcuno che poteva procurargli ciò che desiderava era proprio lui. Sapeva anche su cosa far sì che si concentrasse in futuro: l’Omega Lock era stato distrutto, ma non per questo Megatron intendeva arrendersi ora che Shockwave era tornato tra i suoi ranghi. Non c’era altro scienziato nel cosmo che potesse compiere un miracolo e riparare il vecchio Omega Lock o costruirne uno nuovo di sana pianta, in qualche modo.
 
«Le notizie sulla mia dipartita sono state alquanto… premature» disse Shockwave, con voce cupa e profonda, puntando lo sguardo su Starscream.
 
«E-ehm, sì, ecco, ti assicuro che ho delle spiegazioni per questo, ottime spiegazioni» assicurò il Decepticon, spostandosi di lato per nascondersi dietro a Megatron.
 
Knockout, a quella scena, ridacchiò senza alcun ritegno. «Magari riuscirebbe a capirle meglio se riuscisse a vedere anche il labiale, quindi non nasconderti!»
 
Starscream si voltò verso di lui per dargli un’occhiataccia. «Fatti gli affari tuoi!» sibilò «Non- aaah! Ehm» sobbalzò, rendendosi conto che ora Shockwave era dietro di lui «Come ti dicevo, posso spiegare, se Lord Megatron mi consente… signore?!...»
 
Megatron l’avrebbe anche fatto ma non ebbe il tempo: il suono della sirena di un potente allarme si fece strada nei recettori uditivi di tutti cogliendoli di sorpresa.
 
«Che succede?! Per cos’è questo allarme?!» esclamò il seeker argentato.
 
«Dovrebbe scattare quando in caso di rivolte o grossi problemi all’interno della fortezza o della Nemesis» rispose Megatron «Soundwave! Aggiornami!»
 
 
Ignoro quale sia il motivo ma stando al sistema di sorveglianza i vehicons presenti in buona parte dei settori di Darkmount e di quelli della Nemesis sono impazziti e si stanno divorando tra loro.
 
 
«Che vuol dire “si stanno divorando tra loro”?!» allibì Starscream, prima di ammutolire nel ricordarsi di essersi ripromesso di non interagire con Soundwave o comunque farlo il meno possibile.
 
«Mi fa ancora specie sentirlo parlare» commentò Knockout «Cos’è, i soldati hanno saltato la razione di energon giornaliera?»
 
«C’è poco da scherzare» ribatté Lord Megatron, attivando il cannone a fusione «Dobbiamo fermare il disastro e soprattutto capire da cos’è stato provocato! Soundwave, non vedi nulla di strano?!»
 
 
Negativo.
 
 
«Desidero precisare che, nonostante le mie ricerche e i miei esperimenti passati rendano quasi logico pensarlo, quanto sta accadendo non è in alcun modo legato al mio arrivo in questa fortezza» disse Shockwave «Tuttavia chiedo in anticipo il permesso di studiare alcuni dei soggetti “impazziti” per comprendere appieno la causa».
 
Il rumore di svariate esplosioni fece capire a tutti quanti che forse era il caso di iniziare a darsi una mossa e, forse, di dare un’occhiata approfondita allo stato del sistema di sorveglianza.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Che succede là fuori?» esclamò Wheeljack, provato dai vari interrogatori subiti ma ancora abbastanza in forze da cercare senza successo di liberarsi «Ah, dannazione!»
 
Anche da lì si sentiva perfettamente l’allarme e si erano sentite le esplosioni. Per un attimo osò perfino pensare che si trattasse dei suoi compagni… per poi ricordarsi che erano ex compagni e che, in ogni caso, se anche l’avessero trovato lì non l’avrebbero liberato.
 
La porta scorrevole si aprì.
 
«Allora sei proprio tu. Mi era sembrato di riconoscere la tua voce, Wheeljack, “amico mio”».
 
Gli occhi azzurri del demolitore si spalancarono per lo stupore.
 
«Tu?...»
 
 
 
 



Chi sarà mai la persona misteriosa che compare nell’ultima part… dai, devo proprio dirlo? Ma proprio proprio? :’D
Ringrazio di cuore le generose ragaSSuole che hanno letto e recensito il capitolo precedente, oltre che chiunque si sia preso la briga di aver letto fin qui. Alla prossima,
 
_Cthylla_

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Capitolo 3
*** 3- Se il caos sfugge di mano ***


3
(Se il caos sfugge di mano)


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
«Resisti, Optimus, cerca di resistere ancora un po’!…»
 
«Credo che per me sia tardi… Smokescreen» disse il leader degli Autobots, stringendo i denti per trattenere un lamento.
 
Anche nelle condizioni attuali cercava di mostrare la dignità di un comandante, anche se iniziava a convincersi che non avrebbe potuto mantenere per molto quel titolo.
Smokescreen gli aveva detto di essere uscito dalla base come da piano, salvo rientrare poco dopo grazie al Phase Shifter -fortunosamente recuperato durante la battaglia per l’Omega Lock- proprio per tentare di salvarlo. Non era riuscito a evitargli l’impatto, tuttavia era riuscito a trascinarlo in una grotta sotterranea poco prima che Starscream e vari vehicons scendessero a terra proprio per verificare quanti danni avevano fatto.
 
«Finché la tua Scintilla pulsa ancora, non è tardi! Il gruppo ha bisogno di tornare insieme, tutti noi abbiamo bisogno di te. Arcee ha bisogno di te!» aggiunse poi la giovane ex guardia d’élite «Non vorrai lasciare da sola la tua compagna di vita, spero. Cerca di resistere anche per lei!»
 
Prime strinse un pugno. Certo che non voleva lasciarla sola, non avrebbe voluto lasciare solo nessuno dei suoi sottoposti e lei ancor meno. Era stata il suo primo pensiero quand’era riuscito a risvegliarsi in quella grotta, continuava a essere il suo primo pensiero anche adesso e, se mai fosse sopravvissuto, sarebbe stata il suo primo pensiero al pari dell’essere un buon leader -cosa cui dava più priorità che alla propria vita.
Era stato stupido a impedirsi di vivere i propri sentimenti per lei ed era stato anche per questo che Arcee era finita nelle mani di Spectrus Specter -Smokescreen gli aveva detto che i Decepticon lo davano per morto. Buona notizia- venendo tradita in molteplici modi, ferita in altrettanti e rovinata in modo quasi completo ma, per fortuna, non irrimediabile. Per un certo periodo l’avevano perfino ritenuta una traditrice, complice il fatto che si fosse trovata a scappare via con Airachnid e che Wheeljack avesse parlato a suo sfavore per coprire se stesso e il compagno di merende.
Ecco: il tradimento finale di Wheeljack era tra le cose che gli facevano più male in quella faccenda, perché aveva sempre pensato di saper valutare decentemente le persone nonostante la tendenza a sperare che fossero meglio di quel che erano o comunque migliorabili. Sapeva di non essere mai riuscito a guadagnarsi la sua ammirazione al punto di farlo restare nella base in pianta stabile ma c’era differenza tra essere un solitario ed essere un traditore unendosi a uno dei peggiori soggetti che avesse mai conosciuto.
 
«Cerco di farlo… Smokescreen, cerco di… voglio farlo. Però l-la mia Scintilla non reggerà… a lungo, purtroppo me ne rendo conto».
 
«I-io… sì. Capisco» disse Smokescreen, che a sua volta era perfettamente conscio delle condizioni del comandante «Però ho avuto un’idea a riguardo: nella Forgia di Solus Prime dovrebbe esserci rimasto potere a sufficienza per guarirti».
 
«Non dicevi… che i Decepticon hanno-»
 
«Al momento sì, ce l’hanno loro, però a questo si può rimediare. Il Phase Shifter ha una sua utilità quando si tratta di entrare il luoghi ben sorvegliati» sorrise l’Autobot, attivando la reliquia in questione.
 
«La Forgia… dovrebbe essere utilizzata p-per riparare l’Omega Lock. Cybertron…»
 
Un’altra cosa che gli pesava molto sulla coscienza era aver condannato il proprio pianeta a restare privo di vita, benché ritenesse di non aver potuto fare altrimenti. Se Megatron si fosse limitato a rivitalizzare Cybertron non avrebbe avuto molto da dire, sarebbe stato perfino intimamente contento, però non era andata così: se il suo ex amico aveva cercato di cyberformare il pianeta Terra e lui non aveva potuto permetterglielo. La Terra aveva accolto lui e il resto del Team Prime dando loro una base -una “casa”, quasi- i suoi soldati avevano stretto amicizia con i ragazzini e il resto dell’umanità non c’entrava alcunché con la guerra tra Autobot e Decepticon, non era giusto che finisse vittima di essa.
 
«Cybertron è morto da tempo e, se l’Omega Lock venisse risanato, al momento sarebbe un pianeta vivo ma senza popolo. Non sappiamo neppure dove siano finiti quelli che erano sull’Arca, me l’ha detto qualcuno della squadra quando sono arrivato. Tu invece sei qui, sei vivo e tale devi restare per il bene di tutti quanti, Arcee soprattutto. Riguardo l’Omega Lock e Cybertron troveremo una soluzione in futuro e sarà più facile se sarai qui a guidarci» concluse Smokescreen.
 
Era insicuro su molte cose -specie di se stesso- nonostante cercasse di mostrare il contrario, però su quello non aveva incertezze, al punto di abbandonare la grotta prima che Optimus potesse rispondergli.
Dirigendosi velocemente a Darkmount, iniziò a fare mente locale su dove potesse trovarsi la Forgia.
 
“Il posto è bello grosso, potrebbero averla messa dovunque… a meno che abbiano mantenuto l’abitudine di tenere nella Nemesis le cose veramente importanti!” pensò l’Autobot “Un posto relativamente piccolo è più facile da sorvegliare”.
 
L’aveva detta giusta, tuttavia una volta giunto a Darkmount i suoi pensieri furono distratti da ben altro: nello specifico dal suono penetrante di un allarme e quello potente di una serie di esplosioni.
 
“Ma cos… forse gli altri si sono già riuniti?” ipotizzò, riuscendo a infilarsi facilmente all’interno della fortezza grazie alla confusione totale che c’era  e iniziando ad attraversare una parete dopo l’altra con più o meno cautela, direzione Nemesis “Mi era venuto in mente che forse gli umani potessero star tentando di nuovo un assalto ma finora che io sappia non sono neanche riusciti ad avvicinarsi a-”
 
Portò le mani davanti alla bocca, riuscendo così a chiuderla contenere l’urlo che gli era venuto spontaneo nel trovarsi davanti la vera origine del caos all’interno della fortezza.
Smokescreen si era unito al Team Prime dopo un “allegro” soggiorno nelle carceri Decepticon e, benché fosse stato lì e in passato fosse stato la guardia personale di Alpha Trion, nulla del suo vissuto l’aveva preparato alla scena che aveva davanti.
 
“Ma perché?!...”
 
Orde impazzite di vehicons di molteplici tipi si stavano staccando gli arti a vicenda per poi divorarli, ciò nei casi in cui non davano l’assalto diretto ai crani altrui dilaniandoli nel tentativo di fare la stessa cosa col processore al loro interno. Al giovane Autobot sembrava di star guardando uno di quei film horror che aveva visto assieme a Jack -zombie, sangue e interiora varie in giro- però in quel caso era dal vivo e, no, non lo trovava divertente. Lo trovava terrificante, tanto da ringraziare nuovamente il cielo di aver recuperato il Phase Shifter.
 
“Meglio mantenerlo sempre attivo. Non so cos’abbia causato questo ma se resto in questo stato magari non potrà colpire anche me” fu il pensiero semplicistico, però corretto, che ebbe Smokescreen nel decidere di farsi coraggio e andare comunque avanti per la sua strada verso la Nemesis “Questo però mi sembra qualcosa che non potrebbero riuscire a fare né gli esseri umani, né i miei compagni. Allora però chi?...”
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Allora sei proprio tu. Mi era sembrato di riconoscere la tua voce, Wheeljack, “amico mio”».
 
«Tu?...»
 
Perfettamente in salute, col solito sguardo penetrante e il detestabile vago accenno di sorriso arrogante, Spectrus Specter sembrava perfettamente in forma, alla faccia di chi lo dava per morto e festeggiava per questo.
Le sole cose diverse rispetto a prima erano delle strane strisce di vernice bianca su alcune parti della sua corazza nera e blu, alle quali però Wheeljack non fece caso più di tanto.

 
«Tu sei… credevo fossi offline!» esclamò il demolitore «Tutti lo credevano!»
 
Dagli altoparlanti si sentì un breve rumore di statiche.
 
 
 EH! VOLEVIH! Volev- guarda che faccia! Guarda che faccia! Non se l’aspettava!...
 
 
Se udire quella voce sconosciuta -proveniente da un video presente nella primordiale rete degli esseri umani, ma Wheeljack non poteva saperlo- lasciò l’ex demolitore alquanto perplesso, la sola reazione di Spectrus fu una brevissima alzata di sopracciglio.
Evidentemente, chiunque fosse stato l’artefice di quell’intromissione non lo preoccupava… e non era Soundwave.
 
«Se davvero avete creduto che fossi morto pur non avendo trovato il mio cadavere, allora siete diventati ancor più stupidi di quanto ricordassi. Tu più di tutti. Lasci Prime e la sua squadretta, tenti di tradire anche me e ti fai perfino catturare? Allora non hai proprio imparato nulla».
 
Wheeljack tentò nuovamente di liberarsi, sempre senza successo. «Come sai-»
 
«I danni che hai riportato. A guardarti direi che sei stato coinvolto nella distruzione dell’Avamposto Omega, seppur in maniera limitata, il che è molto strano essendoti rifiutato di venire a farlo esplodere insieme a me e avendo dichiarato che saresti rimasto indietro. La sola spiegazione della tua presenza lì è quella dei ripensamenti tardivi per i quali sei già noto».
 
«Ho cercato di avvertirli perché nonostante tutto non sono ancora arrivato al tuo livello» ribatté Wheeljack, guardandolo con un certo disprezzo. Non temeva granché le possibili ripercussioni, ormai.
 
«In effetti hai ragione, sei molto più in basso, al punto di non capire che avresti fatto una figura migliore restando coerente con le tue azioni» replicò Spectrus, per nulla toccato «Invece di cercare di mettere a tacere una coscienza della quale non ti importava granché quando ti lamentavi della leadership di Optimus Prime e ti svuotavi dentro ad Airachnid. Memoria corta?»
 
«Airachnid era una nemica» borbottò l’ormai ex Autobot, pur sapendo bene che non era una giustificazione «E tu hai fatto molto di peggio».
 
«Certo che l’ho fatto. In ciò però ti ricordo che, se Airachnid era una nemica, per la cara Arcee non valeva lo stesso, eppure eri pronto a condividere anche lei. Anche oggi, un minimo di coerenza la cercherai sotto la cuccetta domani!»
 
Quando Specter tirò fuori la spada, Wheeljack pensò di essere arrivato al capolinea. Forse sarebbe stato anche giusto, pensò, finire all’altro mondo per mano della persona da cui si era lasciato rovinare. Aveva qualche dubbio che fosse tutta un’allucinazione ma avrebbe avuto presto la conferma o la smentita.
Ciò che lo teneva imprigionato venne tranciato in due dalla lama, e fu quasi per miracolo che Wheeljack riuscì a reggersi sulle ginocchia ed evitare di crollare a terra.
 
«Assodato che continui a fare schifo quanto e più prima nonostante gli pseudo rimorsi, hai ancora voglia di rinfacciarmi altro o vuoi deciderti a fare quello che fa un demolitore? Più caos si crea, più falle ci sono nella sorveglianza… e più facilmente potrò finire il lavoro uccidendo quell’ingrata invalida che condivide il mio codice genetico, oltre che il mio “caro” cognato».
 
«Allora ti può andare bene solo a metà. Soundwave è da qualche parte qui o nella Nemesis ma tua sorella se n’è andata con Dreadwing il giorno in cui sei “morto”».
 
Ci fu un breve attimo di silenzio da parte di Spectrus. «Prego?...»
 
«Spectra e Dreadwing-»
 
«Avevo capito. Sono solo indeciso se mettermi a ridere per il fatto che quella inutile deficiente abbia imparato dal sottoscritto qualcosa più di te, essendosi sposata con un mech per poi fuggire con un altro il giorno successivo, o incazzarmi perché non è qui e nessuno me l’ha detto!» sbottò nel comm-link «Bustin!»
 
«Chi sareb-»
 
«Dopo, Wheeljack. Bustin!»
 
Tutto  quel che riuscì a sentire dall’altro capo della comunicazione fu la sigla di un anime che in quelle oltre due settimane di tempo aveva imparato a conoscere fin troppo bene.
 
 
 “What is my destiny, Dragon Ball?Tu non ce lo dirai, Dragon Ball”…
 
 
«So benissimo che mi stai ascoltando» insistette Specter «Quindi dimmi perché non mi hai detto che la storpia rimbecillita non è qui!»
 
 
– Io te l’avrei detto… ma tu non me l’hai chiesto! – replicò una tranquillissima voce che era maschile, seppur un po’sottile.
 
 
«Un assistente più stronzo non potevo trovarlo!»
 
 
“Le brutte intenzioni la maleducazione, la tua brutta figura di questa se-eera/ la tua ingratitudine, la tua arroganza, fai ciò che vuoi mettendo i piedi in testa-”
 
 
Spectrus, dopo un breve sbuffo, chiuse la comunicazione. «Non credo che la pace durerà a lungo. Usciamo» disse, uscendo dalla stanza assieme a Wheeljack.
 
«Dove hai trovato questo “Bustin”? È un transformer?» domandò il demolitore.
 
Non era sua intenzione continuare a seguire Specter, benché questi fosse stato efficiente nel ricordargli quanto e perché lui facesse schifo nonostante tutto. Nel caso fossero riusciti a uscire da Darkmount se ne sarebbe stato da solo, quella era l’idea, e avrebbe affrontato tutto quel che sarebbe venuto poi. Nulla che non avesse già fatto in passato, del resto.
 
«Il nome non è molto da umano, ti pare? È-»
 
 
“…Certo che il caos è una forma d’arte/ ma tu sai solo spargere droga in giiiro” – si sentì dagli altoparlanti, dopo un’altra breve serie di statiche.
 
 
«Appunto, la pace non è durata a lungo».
 
 
 – “Ringrazia Primus che sei in quella fortezza/ rispetta chi ti ci ha portato dentro/ Questo sono iiio!”… e Soundwave si è appena accorto della presenza di qualcuno nel suo sistema di sorveglianza. Non mi ha ancora trovato, comunque.
 
 
«Immagino che in questo periodo sia un po’distratto» replicò Spectrus «Lui e il resto degli ufficiali Decepticon dove sono?»
 
 
Alcuni piani sopra di voi, tranne Soundwave che invece è ancora nella Nemesis e si sta “avvicinando” rapidamente a me. Immaginavo che sarebbe successo, mi avevi detto che è bravo nel suo lavoro. Se mi trovasse, e dopo averlo fatto riuscisse a tagliarmi fuori, non potrei più “nascondervi” al sistema, però in caso di necessità ho già un’idea per rallentarlo. A meno che tu abbia in mente dell’altro ancora.
 
 
Un folto gruppo di vehicons non impazziti svoltò l’angolo, iniziando a sparare contro Spectrus e Wheeljack appena li vide; non che fosse un problema, Wheeljack restava superiore a qualunque vehicon nonostante le torture subite -e non era stato neppure disarmato, dunque poté iniziare presto a far danzare le sue lame- mentre Spectrus oltre a essere un mech decisamente grosso quanto svelto era anche perfettamente in forma.
 
«Ho in mente dell’altro» confermò Spectrus «…pare che far finire la circletine mal tagliata solo in certi settori sia stata una buona idea. Savi sono ancor più facili da gestire» commentò.
 
Era quella la ragione per cui i vehicons si stavano divorando tra loro. La circletine -uno dei tanti prodotti della città Stato nota come Pettinathia- di norma non era una droga letale se assunta nelle giuste dosi: se mai si poteva iniziare a pensare di essere un drago, il nonno del proprio nonno o si credeva di aver trovato il mondo di Narnia in un armadio, o tutto insieme.
Se assunta mal tagliata per via aerea, tuttavia, causava delirio, allucinazioni, cannibalismo e rapidi danni “neurologici” irreversibili.
 
«Circletine mal tagliata?! Quella roba è quasi peggio del Tox-En che hai usato tempo fa!» esclamò Wheeljack, scagliando un vehicon addosso ad altri due «A proposito, mi pare che la strategia non sia cambiata molto rispetto alla volta nella Nemesis».
 
«Non ho dovuto nemmeno sforzarmi per inventare qualcosa di nuovo, renditi conto di come sono messi. Bustin, stando alle mappe che hai scaricato, il cannone a fusione gigantesco di questa fortezza non dovrebbe essere troppo lontano da qui, sbaglio? E una volta usciti dovrebbe esserci una pratica scalinata».
 
 
Non sbagli. È a relativamente poca distanza da dove vi trovate – fece una breve pausa – Penso di starti seguendo, anche se più di un otto su dieci per l’imitazione non potrò darti, ti manca la sigaretta. Ma riuscirò a tenere impegnato Soundwave fino a quando dovrà proprio vederti!
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“Una sostanza dannosa liberata all’interno della struttura, il sistema di sicurezza che non rivela nulla di utile, esplosioni, caos… tutto questo mi ricorda qualcosa. Però ho provveduto personalmente alla terminazione di Specter, dunque è da escludere in modo categorico” pensò Soundwave “Per non parlare del fatto che, sì, quella volta riuscì a ingannarmi, ma non era così bravo. Immagino che gli Autobot superstiti si siano riuniti e abbiano cambiato metodi”.
 
Soundwave non aveva ancora trovato chi era penetrato nel suo sistema ma la distanza tra lui e l’hacker misterioso si accorciava a ogni nanoclick. Non aveva idea di chi potesse essere, anche se le opzioni più plausibili erano Ratchet o, forse, il ragazzino umano con gli occhiali. Non aveva mai davvero interagito con lui ma aveva dovuto ammettere a se stesso -a malincuore, trattandosi di un organico- che fosse più bravo di vari transformers che aveva conosciuto o conosceva.
 
 
Lord Megatron, il sensore che ho mosso attraverso i condotti di aerazione dei settori colpiti ha rivelato la causa del comportamento dei vehicons. Si tratta di un tipo di droga sintetica abbastanza costosa, a me conosciuta a causa di precedenti studi, reperibile in tutt’altro quadrante del cosmo rispetto a quello in cui ci troviamo – sentì dire Shockwave a chiunque fosse in ascolto – Possiamo evitarne gli effetti con un ricambio d’aria e usando dei filtri. Tuttavia saremo costretti a terminare tutti i soldati colpiti che sono ancora in vita, non esiste modo di riparare i danni.
 
–  Capisco. La sola cosa buona è che questo caos sia arginabile… Soundwave! Novità?!
 
 
«Dal sistema di sorveglianza non ho ottenuto nulla di utile ma sono vicino a trovare l’hacker» rispose.
 
“Ci sono quasi, ci so-”
 
La porta della stanza si aprì, e all’interno di essa si riversarono decine di vehicons urlanti, folli per colpa della circletine e pronti a divorarlo.
 
“L’hacker deve aver trovato il modo di aprire le porte che avevamo messo in sicurezza e li ha condotti qui!” pensò il tecnico.
 
Fu costretto a essere spietato nel respingere l’assalto di soldati che fino a prima del disastro erano stati perfettamente miti e fedeli all’autorità Decepticon. Non che fosse una battaglia particolarmente difficile per un ex gladiatore di Kaon, la sola cosa che rendesse un po’più “rognoso” il tutto era rappresentata dal fatto che i suoi avversari fossero regrediti a livelli così bestiali.
 
Strangolato con i tentacoli l’ultimo vehicon tornò rapidamente alla sua postazione di lavoro.
 
“Non so cos’hai pensato di fare spedendomi contro quei poveri disgraziati, ma ti sbagli se pensi di esserti salvato” pensò.
 
Poi i suoi recettori uditivi captarono qualcosa di strano. Qualcosa che in quel posto e soprattutto in quel frangente non avrebbe dovuto esserci affatto.
 
 
Ma cos… musica? Qualcuno sa spiegarmi questa cosa?! – si sentì esclamare Starscream.
 
Dubito che i soldati che non si stanno mangiando il modulo cerebrale a vicenda abbiano deciso all’improvviso di dare una festa, ma se anche fosse dovrei declinare – commentò Knockout.
 
 
Il sistema di sicurezza in quel caso non fallì e Soundwave trovò immediatamente l’origine di quella stranezza, sentendosi gelare.
Sulle prime si convinse che fosse una visione, uno scherzo del suo processore ossessionato dall’idea di ritrovare la sua compagna di vita e da ciò che li aveva divisi, soprattutto; e proprio ciò che li aveva divisi, ovvero Spectrus Specter, stava scendendo senza particolare fretta la scalinata che portava al cannone a fusione di Darkmount.
Ballando sotto la pioggia battente.
In passato l’aveva sentito cantare di essere un bugiardo, ballare forse era un’evoluzione naturale.
Specter si muoveva a suon di musica un gradino dopo l’altro, senza coreografia, scagliando i pugni in aria, facendo giravolte su se stesso, con l’aria arrogante e soddisfatta di chi voleva dire “Indovinate un po’chi è tornato a tormentarvi, poveri idioti?”.
 
Soundwave non seppe dire se la musica fosse davvero cambiata e il ritmo del filmato si fosse fatto davvero più lento o fosse tutto nella sua testa,  ma di fatto ebbe l’impressione di star guardando quelle scene a rallentatore e di sentire delle campane suonare a morto.
 
Forse sarebbe arrivato il giorno in cui si sarebbe sentito meno “impulsivo” se c’era di mezzo quel mostro, ma non era quello.
 
Notando a stento la propria lingua che si muoveva svelta nel comunicare a Megatron nome e posizione dell’intruso, e notando sempre a stento le sue gambe muoversi da sole per lasciare la stanza, uno dei suoi pensieri andò a Spectra. Non sul tono di “Devo farle sapere che suo fratello è ancora vivo e che quindi magari io e lei possiamo risolvere”, quanto piuttosto “Lei non è qui e lo crede morto, tanto vale fare quello di cui mi aveva giustamente accusato, stavolta per bene”.
 
Era talmente preso da non notare neppure Smokescreen, con la Forgia in mano, uscire per metà da una delle pareti del corridoio.
 
“Non so di preciso per quale miracolo non mi abbia visto, ma ringrazio Primus per questo” pensò l’Autobot.
 
Curioso come tipico dei cybertroniani della sua età, vedendo tutto incustodito si diresse verso la postazione di Soundwave per capire cosa avesse visto.
La Forgia quasi gli cadde dalle mani.
 
«È ancora vivo!» esclamò, allibito «Specter è ancora vivo!»
 
“E c’è anche Wheeljack, anche se a guardarlo non sembra messo bene” pensò, vedendo i danni del demolitore intento a sua volta a scendere le scale, ovviamente in modo normale “Ha più l’aria di chi è stato nelle mani dei Decepticon o roba simile che l’aria di chi è stato in giro come Spectrus. Lui sembra a posto”.
 
Fosse stato o meno in quel modo, era un altro buon motivo per andarsene da lì in fretta.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Arrivano da due direzioni diverse.
 
 
«Soundwave era nella Nemesis e gli altri sono insieme, va come avevo immaginato» disse Spectrus a Bustin via comm-link «Il mio “caro” cognato non pensa più a difendere il sistema dalla tua intrusione, vero?»
 
 
Nemmeno un pochino.
 
 
“Perfetto” pensò Specter, fermandosi su un pianerottolo.
 
Con la coda dell’ottica riuscì a catturare un movimento alla propria sinistra e, gettandosi a terra, riuscì a evitare l’impatto contro un Soundwave particolarmente vendicativo.
 
«Buonasera anche a te, cognato» lo salutò Spectrus, dopo essersi tirato su velocemente, evitando di poco un tentacolo che minacciava di strappargli un sensore ottico «Ero venuto a trovare mia sorella ma dicono che si sia già stufata di te. Ti trovo lento, immagino sia il peso delle corna».
 
Riuscì a finire la frase ma poi Soundwave, con un movimento velocissimo, riuscì ad assestargli un doppio diretto in piena faccia. L’impatto fu tale da mandarlo a sbattere contro i gradini di cybermateria, incurvandoli perfino.
 
«Rifarò il lavoro, facendo in modo che stavolta sia definitivo» disse Soundwave, con voce cupa, ingaggiando una dura lotta contro un avversario che si era già rimesso in piedi e brandiva la spada.
 
Il clangore metallico dei colpi e le scintille da essi generati erano perfettamente udibili e visibili nonostante la pioggia.
 
 
Il tuo ex collega Wheeljack si è tolto di torno – disse Bustin a Spectrus tramite comm-link – Lo ha fatto poco prima che Soundwave attaccasse, quando ha visto sgattaiolare via un altro tizio col simbolo degli Autobot che aveva in mano un martellone gigante e passava attraverso i muri. Mi è sembrato che l’alt mode fosse di un’auto sportiva.
 
 
“Andando per esclusione direi che si tratti di Smokescreen e che il martellone sia la Forgia di Solus Prime. Non che le reliquie mi interessino, non mi sono mai state di particolare utilità” pensò Spectrus, parando un colpo di Soundwave “Però avrei potuto prendere lui in ostaggio, avrei avuto qualcosa da scambiare nel caso fosse servito. Magari faccio ancora in tempo più tardi”.
 
Vide il cannone a fusione iniziare ad attivarsi, segno che il resto degli ufficiali Decepticon stava arrivando in posizione.
 
«Avresti fatto molto meglio a restare morto» disse Soundwave,  riuscendo ad avvolgere le braccia di Spectrus con due tentacoli.
 
L’ex Autobot, che nell’animo Autobot non era mai stato, fece un leggero sorriso.
 
«E tu avresti fatto molto meglio a non lasciare la tua postazione».
 
Interdetto, il Decepticon si irrigidì per un breve attimo notando solo allora che il cannone era attivo e, ormai, anche prontissimo a sparare in qualunque punto.
Inclusa, volendo, la stessa Darkmount.
 
«SPECTER!» si fece sentire nell’aria il ruggito di Lord Megatron, appena sbucato fuori insieme agli altri.
 
 
“OWARI DAAAAAAA”! – esclamò Bustin, fin troppo entusiasta, nel comm-link di Spectrus.
 
 
Il cannone, il cui raggio era stato rivolto verso il punto in cui sarebbero sbucati Megatron e gli altri, sparò.
 
«E con questo saldiamo i conti» dichiarò Spectrus, approfittando del momentaneo stupore di Soundwave per stringere i tentacoli con cui l’aveva afferrato e sfruttarli per lanciarlo contro il raggio.
 
La luminosità spaventosa generata dal colpo gli impedì di vedere se Soundwave fosse stato preso in pieno, però sapeva di aver preso bene la mira, e nonostante tutto riuscì a sentire sia lo strillo acuto e quasi femmineo di Starscream, sia quello altrettanto potente di Konckout, e vide la parte di fortezza colpita sgretolarsi e crollare sempre di più man mano che il raggio si spostava.
 
Un Ponte Terrestre si aprì dietro di lui.
Come Bustin con Soundwave lontano era riuscito a prendere il controllo del cannone, lo aveva anche del resto.

 
 
Se vuoi tentare di prendere il martellone dal tizio di prima ci puoi provare, è anche solo – disse Bustin.
 
 
«Delle reliquie non mi importa nemmeno un po’ormai, lui invece potrebbe essere utile più avanti. Andiamo» disse Spectrus, scomparendo nel portale che si chiuse immediatamente alle sue spalle.
 
«Quel dannato!» sbraitò Lord Megatron.
 
Non aveva mai perso i riflessi acquisiti nell’arena, ragion per cui era stato svelto a trasformarsi e schizzare in alto nel cielo quando il cannone aveva colpito. Aveva visto Shockwave e Knockout lanciarsi giù, mentre Starscream… non aveva visto cos’aveva fatto ma, lesto com’era il seeker a darsi alla fuga, non dubitava che stesse bene. L’unico riguardo cui aveva qualche dubbio era Soundwave.
Il suo amico storico aveva fama di essere pressoché imbattibile ed era ben meritata, in una battaglia alla pari in cui fosse stato lucido non avrebbe avuto paura per lui, tuttavia si era reso perfettamente conto che Soundwave era tutt’altro che lucido. Aveva cercato di ordinargli di non muoversi dalla sua postazione, ma lui aveva staccato il comm-link subito dopo avergli comunicato della presenza di Spectrus e la posizione, dunque purtroppo non gli era rimasto altro da fare se non correre e cercare di impedire il peggio.
 
«Soundwave!» lo chiamò, sperando di ottenere risposta «Sound-»
 
Fu costretto a volare ancora più in alto per evitare il raggio del cannone -che nel frattempo aveva continuato a demolire buona parte della fortezza- ancora attivo e controllato da, presumeva, Specter o chi per lui.
Fu grazie a quel cambio di posizione che riuscì a distinguere in basso la figura di Soundwave, danneggiato, sfrigolante, ma forse ancora vivo.
 
La decisione fu sofferta ma, ricordandosi di avere uno scienziato tra le sue fila che magari avrebbe potuto riparare i danni prima che gli umani si accorgessero dell’accaduto, il leader dei Decepticon fece una rapida manovra aerea e sparò vari colpi contro il cannone a fusione, interrompendo la sua opera distruttrice.
 
La parte di Darkmount divelta e ancora fumante era uno spettacolo straziante da osservare, tuttavia l’ex gladiatore non perse tempo a incupirsi o arrabbiarsi per la perdita -sebbene provasse entrambi i sentimenti- e volò immediatamente da Soundwave.
 
«È vivo. È vivo, per fortuna» borbottò.
 
Probabilmente, essendo un mech “aereo”, Soundwave era riuscito a prendere parzialmente il controllo della traiettoria del volo, modificandola in modo tale da essere colpito solo in maniera relativamente leggera. Specter aveva fatto un disastro ma, come l’altra volta, c’erano stati “solo” grossi danni strutturali e parecchie vittime tra i vehicons.
 
«Lord Megatron! Sta bene, signore?!»
 
“Come immaginavo, anche Starscream sta benissimo” pensò Megatron, sollevando lo sguardo e vedendo un puntolino argentato nel cielo.
 
«Affermativo».
 
«La mia corazza meno, è tutta ammaccata!» si lagnò Knockout dal basso.
 
«In considerazione dello stato attuale della fortezza ritengo che lamentarsi per i danni strutturali alla tua corazza è illogico, trattandosi solo di pochi graffi ai quali si può porre facilmente rimedio» osservò Shockwave «Ritengo opportuno anche ricevere degli aggiornamenti riguardo i nostri avversari».
 
«Li avrai» disse Megatron «È giusto che anche tu conosca tutta la storia, e nella stessa occasione mi racconterai cos’è accaduto su Cybertron nel giorno in cui abbiamo tutti creduto che fossi andato offline. Knockout, occupati di Soundwave appena puoi, necessita di cure, e vedi di farlo al massimo delle tue capacità».
 
«Sì, Lord Megatron».
 
«Non potremmo lasciar perdere la parte in cui Shockwave racconta le sue disgrazie?!» si allarmò Starscream, appena atterrato ma già desideroso di tornare di nuovo in aria, lontano dallo scienziato Decepticon «Voglio dire, ormai quella è acqua passata e abbiamo altro a cui pensare, giusto? Guardi che disastro ha fatto Specter! Guardi!» esclamò, allargando le braccia e girando su se stesso.
 
«Una cosa non esclude l'altra, Starscream, e riguardo il disastro non c’è bisogno che tu lo dica, ho le ottiche per vedere. È proprio tornato, non c’è che dire» commentò il signore dei Decepticon «Ma faremo sì che il suo divertimento duri poco. Troveremo lui, troveremo anche i suoi ex compagni, e a quel punto… a quel punto le pagheranno tutte».
 
 
Comandante Starscream, qui parla l’unità vehicon B15-123: il prigioniero Autobot noto come “Wheeljack” è scappato, non è più nella sua cella.
 
 
Un’altra doccia gelata per il seeker argentato, che in quel disastro non aveva fatto granché se non correre e strillare. «Cosa?! Come diamine ha fatto Wheeljack a… giusto, immagino che Specter abbia-»
 
«Mi stai forse dicendo che oltre a tutto questo abbiamo perso anche il nostro prigioniero, Starscream?»
 
Lo sguardo di Megatron non prometteva nulla di buono ma, fortunatamente, Starscream aveva avuto un’idea che forse poteva far sì che non fosse tutto perduto.
 
«È così. Tuttavia in questi giorni ho impiantato un segnalatore nel corpo di Wheeljack» rivelò il Decepticon «E funziona perfettamente. Ogni suo movimento sarà controllato, dunque ci risulterà più semplice trovare gli Autobot… o Specter stesso».
 
Dopo un breve attimo di tensione, Megatron annuì. Riuscì perfino a stirare le labbra in un vago sorriso. «Una buona pensata, Starscream. Se non altro non possiamo dire di essere rimasti con nulla in mano».










Chi nel capitolo precedente aveva indovinato di chi si trattava, alias Spectrus, merita un biscotto.
Quindi vado a preparare biscotti per tutti xD
Citazioni varie:

- Trash di youtube su "EH! Volevi!";
- Trash di Sanremo con brutte intenzioni e maleducazione;
- Dragonball Z e Super, dei quali Bustin è alquanto appassionato;
- Last but not least, la scena del ballo sulle scale è tratta dal film "Joker", con relativa musica (Rock and Roll part 2).

A voi i commenti e alla prossima!

_Cthylla_


 
 

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Capitolo 4
*** 4 - La coerenza latita, l’ottimismo tace ***


4
(La coerenza latita, l’ottimismo tace)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Non so perché tu mi abbia seguito, Wheeljack, ma se è per cercare di rubarmi la Forgia e darla al tuo amico-»
 
«Non è mio amico. Posso definirlo in tanti modi, ma non è un mio amico».
 
A distanza di sicurezza da Darkmount, Smokescreen stava avendo un confronto che se fosse stato per lui avrebbe evitato volentieri.
Non poteva dire di conoscere bene Wheeljack. Sapeva che era un demolitore, sapeva che ci sapeva fare con le due spade che si portava appresso, sapeva che era stato amico di Bulkhead ma la cosa finiva lì. Non aveva avuto modo di stringere granché con lui perché, quando era arrivato sulla Terra, Wheeljack aveva già iniziato a fare comunella con quel bel tomo di Spectrus.
Ricordare il modo in cui era finita la serata che aveva passato insieme a loro due -lui e il resto del gruppo avevano avuto una discussione e, arrabbiato, se n’era andato con Wheeljack e Spectrus… finendo prima ubriaco marcio a urlare che “voleva la femmina”, per quel poco che ricordava, poi nelle mani di Starscream. La sola cosa decente in quell’occasione era stata Spectra- inoltre non aiutava.
 
«Ah davvero? Eppure mi pare di ricordare che te ne sia andato con lui tempo fa e che fossi con lui oggi» ribatté duramente l’Autobot «Quindi di che stiamo parlando?! Lasciami in pace, non ho tempo da perdere!»
 
«Sono stato prigioniero dei Decepticon dalla distruzione della base fino a oggi, sono rimasto coinvolto nell’esplosione perché… ero tornato per cercare di avvisarvi» disse il demolitore, con parecchio imbarazzo nel rendersi conto di come dovesse suonare la cosa «Sono arrivato troppo tardi, Spectrus aveva già fatto il lavoro. Fino a poco fa pensavo anche che fosse morto».
 
La prima parte di quel che Wheeljack aveva detto combaciava con i pensieri che Smokescreen aveva avuto vedendolo e  nella seconda parte, fino a quel giorno, avevano creduto tutti quanti incluso se stesso; nulla di tutto ciò però non significava che potesse fidarsi.
 
«I terrestri dicono che l’erba cattiva non muore mai, forse hanno ragione, e ora-»
 
«Degli altri sai qualcosa?»
 
«Potevi pensarci prima invece di fare domande ora. Se anche sapessi qualcosa non te lo direi» concluse Smokescreen, con una durezza del tutto comprensibile. Sembrava che l’esperienza vissuta negli ultimi tempi lo stesse facendo “crescere” un po’ in certi aspetti.
 
«Capisco. Immagino che al posto tuo farei lo stesso» concesse Wheeljack.
 
“A questo punto se voglio concludere qualcosa non mi resta che applicare il protocollo dei demolitori e cercare di vedere se Bulkhead ha raggiunto il punto di raccolta”.
 
Non intendeva provare a riavvicinarsi al suo ex compagno di squadra e amico, gli sarebbe bastato controllare che stesse bene -ignorando la voce nel suo processore che stava gridando “Ipocrita! Ipocrita! Vergogna!”- e fatto ciò sarebbe andato per la propria strada come aveva già deciso.
 
 
“Anche oggi, un minimo di coerenza la cercherai sotto la cuccetta domani”.
 
 
 
“Già” pensò.
 
Capendo di non aver modo di ottenere altro da Smokescreen, decise di trasformarsi e andarsene via spingendo l’accelerazione al massimo. In un altro frangente avrebbe lasciato dietro di sé un gran polverone ma in quella le sue ruote sollevarono soltanto spruzzi di fango.
Lo stesso nel quale sentiva di essere caduto, più o meno.
 
Guardò per l’ultima volta Smokescreen dallo specchietto retrovisore e fu solo per quel motivo che vide Spectrus arrivare alle spalle del giovane mech e coinvolgerlo in una brevissima colluttazione dopo avergli strappato dal braccio il Phase Shifter. Vide anche la Forgia di Solus Prime cadere a terra.
 
Mentre faceva un testacoda da manuale riuscì a vedere Smokescreen riuscire almeno a far saltare via la reliquia dalle mani di Specter con uno sparo, scagliandola a qualche metro di distanza, ma quello fu il solo successo che il ragazzo riuscì a ottenere prima di essere colpito tra capo e collo da un avversario decisamente più grosso e più forte di lui.
 
“Dovrei cercare di fare qualcosa” si disse, salvo avere una breve esitazione sul tornare indietro o meno. Anche in quel caso non c’entrava la paura di qualche ripercussione ma solo il ricordarsi di aver lasciato più volte nelle peste qualcuno che fino a poco tempo prima aveva chiamato amico stretto.
 
Dilaniato dalla sua stessa incoerenza, la breve esitazione si allungò quel tanto che bastava a decretare la sconfitta di Smokescreen.
 
Anche a quella distanza riuscì a distinguere il movimento delle palpebre metalliche di Smokescreen, in procinto di perdere i sensi, e delle sue labbra. Per un attimo ebbe l’impressione che stesse guardando proprio lui, rafforzata dal fievole segnale della presenza di un messaggio nel suo comm-link chiuso; dopo ciò Smokescreen iniziò a cadere in avanti, ma venne portato via prima ancora di cadere a terra.
 
La pioggia aumentò, al punto che le sagome di rapito e rapitore divennero presto confuse nonostante Wheeljack si fosse riscosso dai propri dubbi e si fosse deciso a tornare indietro, troppo tardi, esattamente come l’altra volta. Nel suo processore si affacciò il pensiero che un giorno avrebbero potuto scriverlo sulla sua tomba, “Sempre troppo tardi”.
 
Si trasformò, raccolse prima la Forgia e poi il Phase Shifter -entrambe gocciolanti di fango, entrambe ripulite dall’acqua pochi istanti dopo- e, guardando entrambe le reliquie con aria assente, aprì il comm-link per ascoltare il messaggio.
 
“Sono coordinate” comprese subito “E il messaggio è proprio di Smokescreen”.
 
Doveva trattarsi di qualcosa di vitale importanza per averlo prima spinto a Darkmount e poco dopo ad affidare le sue ultime speranze a un traditore.
Resosi conto che le coordinate erano familiari, Wheeljack notò che erano quasi le stesse dell’Avamposto Omega. La differenza maggiore derivava dal fatto che indicassero un punto più in profondità nel suolo terrestre.
 
“Perché voleva portare la Forgia lì sotto?” si chiese.
 
Dopo un’altra manciata di secondi decise che, prima di seguire il protocollo dei demolitori e prima di andarsene, poteva cercare di scoprirlo.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Le immagini che abbiamo trovato in rete non mentono, Bee, Ratchet dev’essere qui per forza» disse Rafael, con una decisione tutta dettata dalla speranza, chiudendo il portatile mentre oltrepassavano l’ingresso di quel cimitero per automobili e automezzi dismessi.
 
Anche lui, proprio come Jack e Miko, era stato fatto evacuare dalla base e aveva fatto perdere le proprie tracce per ragioni di sicurezza. Il suo guardiano era ovviamente il suo “partner”, Bumblebee, che in per l’occasione aveva invertito i colori della propria carrozzeria. Era stata un’idea semplice ma geniale considerando che più volte dei vehicons aerei erano passati sopra di loro senza riconoscerli.
 
«--Non dubito delle tue capacità--» disse Bumblbee, per quel poco che la sua scatola vocale gli consentiva di fare. Era una fortuna che ormai lo capissero tutti quanti «--Dubito più del fatto che Ratchet voglia darci una mano!--»
 
«Perché? Dobbiamo riunirci, è il solo modo per poter affrontare i nostri nemici!... interni ed esterni» aggiunse poi malvolentieri, pensando a Spectrus.
 
Quel transformer non gli era mai piaciuto, al di là del fatto che non avessero mai avuto grandi rapporti. Si erano rivolti la parola in un’occasione o due e Raf aveva sempre avuto l’impressione di essere trattato con un po’di sufficienza -quello però era successo anche con gli altri, inizialmente, dunque a quel fatto non aveva dato troppo peso- con Jack era successo lo stesso e, se Miko aveva interagito un po’di più con lui, era stato soltanto grazie alla sua mania di fare fotografie. Gli sembrava di ricordare un’occasione in cui, mentre Optimus Prime passava, Spectrus aveva messo un braccio attorno alle spalle di Arcee -anch’ella presente- esortando Miko a scattare una “rara foto di affiatata coppia cybertroniana”.
 
«--Tu hai ragione, però ormai dovresti avere imparato a conoscerlo un po’. Ratchet tende a essere pessimista--» disse Bumblebee «--Si butta giù per molto meno. Capisco che tu voglia tentare lo stesso e voglio farlo anche io, quel che intendo è che non devi prendertela nel caso il “sì” non sia immediato--».
 
«Me ne ricorderò».
 
Non faticarono troppo a trovare Ratchet: era l’unica ambulanza, nonché uno dei veicoli messi meglio.
 
«Eccolo!» esclamò il ragazzino, aprendo lo sportello incurante della pioggia appena Bumblebee si fermò «Ratchet?»
 
Non giunse risposta.
 
«Eeehm… Ratchet?»
 
“Resta in silenzio, forse ti scambieranno per un’ambulanza e ti lasceranno in pace. Resta in silenzio…” si ripeté mentalmente il medico, nonché tecnico, Autobot.
 
Non era nello stato d’animo giusto per interagire con chicchessia. Il fallimento e la sconfitta subiti lo schiacciavano e se pensava al futuro non riusciva a vedere nulla davanti a sé, anche perché sentiva di aver perso un punto di riferimento che era rimasto pressoché fondamentale.
Sebbene nell’ultimo periodo Ratchet avesse più volte trovato discutibili svariate decisioni prese da Optimus e svariati comportamenti di quest’ultimo -primo tra tutti cedere ai sentimenti verso Arcee E tentare un approccio quando lei era ancora impegnata. Con un mostro che ai tempi non avevano ancora capito fosse tale, ma sempre impegnata- si sentiva completamente perso e impotente adesso che non c’era più.
Si sentiva perfino in colpa per non essere riuscito, e non riuscire tuttora, a comprendere il proprio leader in certe cose. D’altra parte come avrebbe potuto farlo? Gli mancava modo: prima della guerra era stato una di quelle persone impegnate a studiare e basta e, in seguito, le priorità erano state altre rispetto a cercare una relazione vera e propria con qualche femme.
 
«Ratchet! Sappiamo che sei tu…»
 
«--Dicci qualcosa, amico! Stai bene?--»
 
Niente da fare, sembrava proprio che Rafael e Bumblebee non intendessero demordere, ragion per cui si fece forza e si decise a rispondere. «Andatevene. Sono contento di vedere che state bene ma voglio che ve ne andiate».
 
«Ratchet, no» disse Rafael, trattenendo un sospiro nel vedere avverarsi le previsioni di Bumblebee «Non possiamo. Dobbiamo cercare di riunirci tutti».
 
«--Solo in questo modo potremo fermare i Decepticon--» aggiunse lo scout, dopo essersi trasformato.
 
«Fermare i Decepticon? Come? Con quale base operativa? Con quale Ponte Terrestre?! Con quale leader a guidarci, soprattutto?!» sbottò il medico, trasformandosi a propria volta «Quel pazzo di Megatron ha una fortezza e noi abbiamo perso tutto quanto, non sappiamo quanti di noi siano ancora vivi e, in ogni caso, il Team Prime era stato mutilato già prima del disastro! Non possiamo fare alcunché contro i Decepticon. La guerra è finita, noi abbiamo perso e la cosa migliore che possiamo fare è tenere la testa bassa e tirare avanti sperando che nessuno dei nostri nemici ci trovi. Questo è quanto, chi la pensa diversamente è solo un illuso».
 
«Per quanto riguarda la base operativa potremmo usare l’Harbinger. È tecnologia cybertroniana vecchia ma funzionante, Ponti inclusi» propose Rafael «È sempre qualcosa da cui partire!»
 
«Qualcosa da cui partire, ma senza di me» replicò Ratchet «Non otterrete nulla in ogni caso, quindi… lasciatemi arrugginire in pace».
 
Concluse così, riacquisendo la propria forma veicolare e dando loro le spalle. Non aveva proprio voglia di ascoltare oltre, non aveva proprio voglia di fare alcunché.
Rimase immobile anche quando li sentì andarsene, accogliendo il rumore dello sportello che si chiudeva quasi con sollievo. Non era piacevole sentirsi ricordare le proprie responsabilità e, di conseguenza, la propria incapacità di portarle a compimento.
 
“So che ci proverete e vi auguro buona fortuna, davvero, però al momento non chiedetemi niente. Lasciatemi in pace. Lasciatemi stare” pensò, tentando di scivolare di nuovo nella ricarica da cui quei suoi compagni di squadra ottimisti, troppo ottimisti, l’avevano distolto.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
La prima cosa cui Smokescreen fece caso quando iniziò a riprendere i sensi fu il forte dolore tra testa e collo.
 
“Dove sono? Cosa mi è successo?” si chiese “Perché non ci vedo?!”
 
Dopo un breve attimo di panico in cui temette che gli fossero state asportate le ottiche si rese conto di riuscire a intravedere qualcosa con estrema difficoltà attraverso la patina bianca che lo rendeva quasi cieco. Concluse che qualcuno, senza neanche disturbarsi a cercare una benda di stoffa, avesse spiaccicato della vernice sui suoi sensori ottici. L’ipotesi venne confermata quando iniziò a far caso all’odore, che per l’appunto era proprio di vernice passata di fresco.
Provò a muoversi, scoprendo di essere legato, e poi provò a parlare. Dalla sua bocca uscì solo un debole suono inconsulto, segno che qualcuno aveva lavorato sulla sua scatola vocale -sperava in modo non troppo dannoso. Curioso però che quel danno stesse causano solo un lieve indolenzimento, al contrario del colpo in testa che gli aveva dato… già: chi glielo aveva dato? Com’era finito lì? Dov’era “lì”?!
 
«… sono andato in giro con schifomadò disegnato sugli sportelli, ti rendi conto? Ma poi, si può sapere quando cazzo l’hai fatto?!»
 
Sentire quella voce maschile alquanto seccata causò un flashback nel suo processore, grazie al quale poté rispondere alle prime due domande: aveva ricevuto il colpo in testa da Spectrus Specter e, ovunque si trovasse in quel momento, era stato lui a portarcelo. Ricordò anche di aver perso entrambe le reliquie e che, prima di perdere i sensi, aveva mandato a Wheeljack delle coordinate.
 
“Primus, fa’ che abbia potuto prendere le reliquie e che usi tutto come deve, altrimenti Optimus!…” pensò, cercando di divincolarsi e liberarsi.
 
Abbandonò l’idea nel momento in cui notò quanto i propri movimenti fossero rallentati e quanto fosse sul punto di andare in ricarica. Aveva ripreso conoscenza ma il suo corpo, come accadeva di natura, cercava di smaltire dolore e stress imponendogliene una, dunque la sola cosa che potesse fare era ascoltare quel che stava accadendo altrove. Non gli sembrava che si trattasse della stanza accanto, la voce di Spectrus era più lontana e… aveva sentito dire “schifomadò”?
Il meme dell’umana bionda che urlava contro il gatto bianco confuso, che lui conosceva benissimo grazie alla -forse eccessiva- frequentazione di Jackson Darby?
 
«Mentre eri in ricarica. Avevo deciso di toglierti un paio di graffi e volevo provare la vernice bianca nuova, quella americana si asciuga molto più in fretta rispetto a quella che fanno in Messico! Ma poi che problema c’è? Anche a te piace schifomadò».
 
«Punto primo: niente modifiche mentre sono in ricarica, Bustin, e te l’avevo già spiegato. Punto secondo: il fatto che mi piaccia qualcosa non significa che voglia o debba farmela dipingere sugli sportelli! Altrimenti, contrariamente a quel che faccio, andrei in giro con… cosa ne so…»
 
«Una valvola disegnata sul cofano?»
 
«Ecco! Esatto!»
 
“Non credo che questa conversazione stia avvenendo davvero, sono ancora incosciente, è sicuramente così” fu il pensiero confuso di Smokescreen appena prima di andare in ricarica.
 
Scivolando di lato finì a battere leggermente la testa contro una parete metallica, ma nessuno sentì quel leggero suono sordo; nemmeno il suo rapitore e relativo coinquilino, attuali occupanti della nave “Jackhammer”, decollata ormai quaranta minuti prima.
 
Spectrus si era sdraiato pigramente su una lunga panca di metallo, col capo reclinato all’indietro, le ottiche chiuse e un braccio piegato dietro la testa. Evidentemente, pur essendo seccato per la modifica non richiesta, non lo era in modo eccessivo. «A proposito: se come penso ti è venuta l’idea di tentare sul serio di disegnare una valvola sul mio cofano scordatelo pure».
 
«Altrimenti?»
 
«I tuoi Funko Pop di Dragon Ball potrebbero venire decapitati tutti quanti dal primo all’ultimo».
 
Quando il mech riaprì i sensori ottici, la prima cosa che vide fu uno spaventoso sorriso di pixel bianchi su uno schermo visivo nero.
 
«Divorerò la tua anima» affermò Bustin.
 
«Il peggio sarebbe per te, credo che sia abbastanza indigesta» replicò Spectrus, senza scomporsi minimamente.
 
L’espressione sullo schermo visivo cambiò, diventando pensierosa. «Sì, in effetti potrei finire a riunirmi ai miei compatrioti un po’prima del dovuto».
 
L’ormai ex Autobot non si scompose neppure quando Bustin smise di svolazzare come aveva fatto fino a quel momento -l’alt mode da shuttle gli consentiva di volare anche in forma base- e atterrò in piedi sul suo petto.
 
«Nella mia vita ho fatto parecchi incontri strani» disse Spectrus «Però tutto avrei pensato meno che di trovare un prioniano in Messico».
 
Ebbene sì: Bustin, quello che lui aveva definito “assistente stronzo”, non era altri che un minicon della colonia di Prion, distrutta tempo addietro da una loggia organica animata da sentimenti anti-mecha denominata “Black Block Consortia”. Un massacro assolutamente immeritato dato che quella dei minicon era sempre stata una colonia pacifica della quale Bustin pensava di essere l’unico sopravvissuto, perché il giorno dell’attacco era in corso una grande festa, fatta in nome del fondatore della colonia, per la quale di solito tutti i minicon sparsi nel cosmo tornavano a casa. Bustin stesso l’aveva fatto, a suo dire, salvo andarsene qualche ora prima dell’attacco.
 
Il loro era stato un incontro bizzarro sotto tanti punti di vista, già solo per il fatto che Spectrus cercava ancora una spiegazione del tutto logica su come lui stesso avesse fatto, di preciso, ad arrivare in Messico. Era stato prima ferito da Spectra, che secondo lui ci era riuscita solo perché l’aveva colto di sorpresa, e poi scagliato da Soundwave contro una montagna colpita da un cannone a fusione, e il tutto era successo in Nevada; ritrovarsi sano e in Messico era stato molto più che strano. La spiegazione più razionale era che Spectra non avesse colpito bene come avrebbe dovuto -oltre che ingrata e invalida era anche incapace di andare fino in fondo, a quanto pareva- e che lui si avesse viaggiato dal Nevada al Messico in uno stato che, se fosse stato umano, si sarebbe potuto chiamare “febbrile”, cercando di ripararsi da solo con successo nonostante il delirio allucinogeno in cui si era ritrovato…
 
«Io invece non sono stupito di averti beccato lì» replicò Bustin «Il Messico è la patria dei padri non padri!»
 
Ecco, appunto.
Bustin si riferiva al numero indefinito di figli e figlie che Spectrus aveva in giro, dei quali lui perlopiù non conosceva faccia né nome, però a Spectrus tornò in mente proprio il delirio di cui era stato vittima, tanto assurdo quanto impresso nelle sue memorie come se fossero stati fatti reali.
Come se una femseeker di cui gli importava -una carogna assoluta com’era lui stesso- e la figlia che avevano generato insieme avessero potuto essere reali.
Una follia pura, tant’era che di solito rifiutava di rimuginarci su.
 
«E anche tu ci sei finito apposta» ribatté Spectrus «Anzi, hai anticipato i tempi: sei andato in Messico prima ancora di rendere carrier* la tua fidanzata».
 
Quella era anche la ragione per cui Bustin era sopravvissuto allo sterminio, avendo deciso di andarsene proprio quel giorno. Un colpo di fortuna in un certo senso, dato che la cosa gli aveva permesso di sopravvivere.
Come avesse preso la tragedia nei tempi iniziali, invece, era qualcosa che Spectrus non sapeva, non avendoglielo chiesto.
 
«Meglio prevenire che cullare» asserì il minicon, sollevando l’indice di una manina metallica «Lei dopo pochi mesi di relazione parlava già di mettere su famiglia in futuro. Ho provato per tanto tempo a farle capire che non era cosa ma purtroppo era una tipina testardissima e non c’è stato verso» fece spallucce «Per cui…»
 
Spectrus sbuffò. «Colpa tua che, vista l’aria che tirava, non l’hai lasciata prima!»
 
«Sì, probabile. Tornando a noi: hai già dei piani precisi su cosa fare con il tizio di là? Smokescreen» domandò Bustin a Spectrus, con un cenno del capo in direzione della stanza in cui lo stavano tenendo prigioniero.
 
«No. Però avere un ostaggio potrebbe essere utile in futuro nel caso i miei ex compagni e il mio ex comandante, che non ho mai reputato tale, dovessero diventare una rottura di scatole».
 
Sullo schermo di Bustin comparvero delle sopracciglia e un’espressione perplessa. «Quando ho preso il controllo del sistema ho copiato tutti i dati che erano in possesso dei Decepticon, specie quelli dal loro arrivo su questo pianeta in poi. Lì Optimus Prime risulta disperso, anzi, lo credono morto».
 
«Sì, me l’hai mostrato. L’Omega Lock distrutto, lui dato per morto… ma Smokescreen di fatto era andato a prendere specificamente la Forgia. Dico “specificamente” perché c’era anche la Apex Armor, ma quella reliquia non è stata presa in considerazione» disse Spectrus «Ora: tu questo non lo sai, ma la Forgia ha bisogno di essere impugnata dalla mano di un Prime per funzionare».
 
«Quindi cosa se ne sarebbe fatto, se il Prime in questione non ci fosse?» comprese Bustin, annuendo solennemente con la sua testolina bianca e turchese «Significa che Optimus Prime è ancora vivo da qualche parte».
 
«Esatto. Poi sì, volendo per farla funzionare sarebbe anche possibile utilizzare un braccio del suo cadavere, però Smokescreen e compagnia solo pensando una cosa simile inorridirebbero come le nobili signorine dei tempi che furono, quindi lo escludo. “È ancora in circolazione…”»
 
«“Troppo stanco per andare avanti”» completò Bustin, incrociando le braccia davanti al petto bianco.
 
Spectrus si mise a sedere. «Per colpa tua comincio a conoscere un po’troppa roba terrestre. Harry Potter, gatto schifomadò…»
 
«Grazie al quale abbiamo soprannominato tuo cognato “Soundwave Schifomadò”».
 
«Ora è “Cornutomadò”» lo corresse il mech.
 
«O “Crepatomadò”».
 
«Ma magari!» esclamò Specter «Io di sicuro ci ho provato e, se non ce l’avessi fatta, vorrà dire che ci riproverò ancora».
 
I radar della Jackhammer interruppero la chiacchierata, segnalando un’astronave in avvicinamento.
 
«Potremmo avere compagnia» disse Bustin, raggiungendo immediatamente i comandi.
 
«Decepticon?»
 
Il minicon attivò le telecamere esterne, che avevano un ottimo zoom. «Non noto simboli Decepticon. Tentiamo una manovra di evasione o un attacco? Questa nave è decisamente più piccola, dovremmo essere anche più veloci, se colpissimo i motori potremmo buttarla giù».
 
Spectrus, in procinto di rispondere, si interruppe quando sentì il segnale di una comunicazione in entrata.
 
«Chiunque sia in quell’astronave ha voglia di chiacchierare» osservò Bustin.
 
«E noi ascolteremo cos’ha da dire. Non è uno di quei casi in cui una comunicazione radio può diventare letale» disse Spectrus «Sentiamo un po’».
 
 
Qui è Ultra Magnus, secondo in comando di Optimus Prime e comandante della Iron Will. Ho identificato un segnale Autobot all’interno della vostra astronave. Attendo conferme. Passo.
 
 
«“Un” segnale» ripeté Bustin, bene attento a non sfiorare il pulsante che avrebbe consentito loro di rispondere.
 
«Smokescreen di base era una guardia d’élite. Probabilmente Prime l’ha accolto nel team ma nessuno l’ha inserito nei registri, è l’unica spiegazione che mi venga in mente al momento» ipotizzò Spectrus.
 
«Qui come rispondiamo? È uno degli ex “tuoi”, quindi per te è un nemico» disse Bustin.
 
Spectrus sollevò lentamente un sopracciglio metallico.
 
«Lo è» confermò «Ma non è detto che lui lo sappia già o che debba venire a saperlo subito, e ha una buona astronave. Hai detto di aver copiato tutto quello che hai trovato nel computer di Cornutomadò, giusto? Incluso Optimus Prime che distrugge l’Omega Lock e… io sono arrivato in seguito, ma Arcee una volta mi ha parlato di un periodo in cui lui non ricordava nulla dalla sua nomina a Prime in poi. Se è vero dovrebbe esserci anche questo. Mentre io rispondo a Ultra Magnus prova a cercare “Optimus Prime/Nemesis” oppure “Orion Pax”, era il suo vecchio nome».
 
«Ho già capito, lascia fare me».
 
Era anche e soprattutto per quello che Spectrus aveva permesso alla loro associazione criminale di formarsi: sembrava che quel nano malefico -definizione usata anche ad alta voce, alla quale Bustin aveva risposto “sì!”- riuscisse davvero a intuire le sue idee, mentre Bustin aveva concluso che un “protettore” con una certa potenza di fuoco potesse tornargli utile, soprattutto quando la città terrestre nella quale aveva abitato fino a poco tempo prima aveva iniziato a scottargli sotto i piedi. Sembrava che fosse stato coinvolto in un… come aveva detto? “Neo culto di Xibalba elohim sotto copertura” dedito anche ai sacrifici umani, i cui adepti si erano convinti che fosse l’emissario di suddetto dio. Sempre a detta sua, gli umani in questione facevano sacrifici già prima del suo arrivo.
Aveva concluso affermando che in quel periodo gli era sembrato di rivivere i tempi in cui aveva messo su una setta non meglio specificata in quel di Prion - in teoria senza sacrifici di mezzo, per fortuna.
 
Spectrus non poteva sapere se lì avesse parlato per scherzo oppure no, e comunque  in quel momento aveva altro cui pensare, alias rispondere a Ultra Magnus.
 
«Comandante in seconda Ultra Magnus, qui parla Spectrus Specter, Autobot, divisione spie. Sono a disposizione per qualsiasi aggiornamento riguardo la missione su questo pianeta. Passo... e ora vediamo come risponde» aggiunse poi, rivolto a Bustin.
 
«Quanta formalità…» commentò il minicon «A lui piace così?»
 
«Questo dicevano».
 
 
Confermo il mio interesse riguardo il ricevere un aggiornamento. Diamo inizio alla procedura d’aggancio tra le nostre astronavi. Passo e chiudo.
 
 
Spectrus alzò gli occhi al soffitto. «Già non lo sopporto, ma può tornare utile».
 
 
 
 
 
 
 
 
Avrei voluto farlo più lungo ma avevo la sensazione di dover tagliare qui, e così ho fatto xD

* rendere carrier = mettere incinta, credo che fosse intuibile ma vabbè, a specificare qui sotto non si fatica.

L’unica altra cosa che ho da dire in queste NdA riguarda la faccenda degli elohim, vagamente ispirata al culto raeliano e mescolata a Xibalba perché… beh, perché no?
Qui sotto, il meme di gatto schifomadò (se siete stati su internet nel 2019 dovete conoscerlo, dai. DAI.)
Alla prossima,
 
_Cthylla_
 


 

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Capitolo 5
*** 5 - Teste calde ***


5
(Teste calde)

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
Optimus Prime stava per chiudere le ottiche -non per sempre. Non ancora- quando il suono bizzarro che accompagnava i passaggi di fase del Phase Shifter lo indusse a riaprirle quasi di botto. Smokescreen era via da parecchio tempo ormai ma sembrava aver fatto ritorno.
 
«Smoke…screen» mormorò, prima ancora di voltarsi.
 
«No. Non proprio».
 
Non era Smokescreen. La voce che aveva appena sentito era molto più “adulta” di quella del giovane mech e altrettanto familiare; in quel caso però la familiarità non era positiva trattandosi, senza possibilità di errore, di Wheeljack.
 
«Ecco perché il ragazzo è andato a rubare la Forgia. Adesso capisco» continuò il demolitore, con la Forgia ancora in mano, avvicinandosi a Optimus e accovacciandosi di fianco a lui «Non ti trovo molto bene».
 
«Cos’hai… fatto a-»
 
«A Smokescreen? Io nulla, eccetto essermi mosso troppo tardi. Come al solito» sospirò Wheeljack «L’ultima volta che l’ho visto però era vivo».

«Io non capisco. Sapevo che n-non mi stimavi… al massimo, Wheeljack, ma… cosa ti avevano fatto gli altri?»
 
Per qualche attimo, l’unico rumore udibile furono le gocce di condensa che cadevano sul pavimento roccioso della grotta.
 
«Ostinarsi a darti retta sempre e comunque» rispose Wheeljack «Ma questo giustifica l’essermene andato varie volte in passato, non quel che ho fatto più di recente».
 
«Sei qui per… finire il lavoro e terminarmi?»
 
«No, e nemmeno per fare ammenda o supplicarti di tornare in un team sparpagliato. Non che supplicarti sia qualcosa che ho mai fatto» aggiunse, per buona misura «E non inizierò adesso, Prime. L’unica cosa che voglio sapere è se…» esitò leggermente «È evidente che tu sia stato coinvolto nella distruzione della base…»
 
«Bulkhead e Miko erano… usciti in tempo» lo anticipò Optimus «I-il tuo amico… non si era ancora arreso, con te».
 
«Il mio “amico” a volte è un cretino».
 
Optimus lo vide poggiare la Forgia vicino alla sua mano, in modo che lui potesse afferrarla.
 
«Da qui in poi di quel che farai o non farai non mi importa niente» affermò il demolitore «Spera di avere abbastanza forza nelle braccia per sollevare questo coso».
 
Detto ciò se ne andò, attraversando la roccia grazie al Phase Shifter, senza neanche aspettare una risposta da parte del suo ex comandante. Wheeljack sentiva di aver fatto “il suo” almeno quella volta -anzi, di aver fatto anche troppo- facendo in modo che le azioni di un giovane mech innocente non fossero state fatte invano. Per il resto, tutto quel che riguardava Prime non era più affar suo.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Questo è tutto, signore. Soundwave risulta essere stabile ma al momento non sono in grado di stabilire con precisione quando si risveglierà» disse Knockout «Potrebbe succedere tra qualche giorno oppure oggi stesso. Se mi permette, è già molto che sia riuscito a evitare di essere colpito in pieno dal raggio».
 
«Capisco» disse Megatron, non molto felice di una prognosi che avrebbe preferito essere più chiara «Mi terrai aggiornato. Shockwave, Starscream, come procedono le manovre di contenimento?!»
 
«I vehicons dei settori colpiti sono stati abbattuti come aveva ordinato, signore!» dichiarò Starscream, con un inchino piuttosto cerimonioso.
 
«L’agente in grado di aiutare a smaltire la circletine mal tagliata è stato immesso nel sistema di aerazione. Aiuterà a evitare recidive» disse Shockwave «A tal proposito ho ritenuto opportuno l’aggiornamento del database di sostanze nocive presenti nel sistema, così da agire in maniera più tempestiva nel caso dovessero esserci di nuovo delle falle nella sicurezza… alla quale dovrebbe contribuire anche il luogotenente incaricato di muovere le truppe».
 
«Cos’è, appena arrivato cerchi già di mettermi in cattiva luce agli occhi di Lord Megatron?!» si irritò il seeker.
 
«La mia è stata una constatazione logica. Le tue azioni o inazioni e le relative conseguenze non dipendono dalla mia persona» replicò Shockwave «Sebbene in un caso specifico mi abbiano coinvolto».
 
L’irritazione di Starscream svanì, capendo a cosa l’altro Decepticon stesse alludendo. «A-ehm, a cosa ti rife-»
 
«Mentre sviluppavo l’agente di smaltimento, Lord Megatron mi ha aggiornato sui fatti di questo ultimo periodo» lo interruppe lo scienziato «Io di rimando ho aggiornato lui su quanto era accaduto a Cybertron. L’attacco dei due Autobot, il mio inseguimento, i danni che avevo subito, la fonte di energia che mi ha attirato nei pressi del mare di ruggine e che mi ha permesso di trovare la squadra di ricerca. A tutto ciò manca un solo tassello, la risposta a una domanda: perché sono stato abbandonato come spazzatura?» domandò al seeker argentato, avvicinandosi a lui e chinandosi leggermente verso il basso «Perché?»
 
«P-perché…» farfugliò Starscream «Perché l’esplosione che è seguita all’attacco dei due Autobot ha fatto collassare tutto quanto, l’ultima cosa che ti abbiamo visto fare è stata entrare nel Ponte Spaziale!» esclamò, con una serie di gesti e di espressioni che avrebbero fatto invidia a un attore di teatro «Nessuno ti ha visto uscire!»
 
Per qualche istante nessuno fiatò.
 
«Trovo la tua replica… logica» concluse Shockwave, allontanandosi.
 
Starscream, ringalluzzito, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. «Ti farà anche piacere sapere che ho provveduto a vendicarti terminando personalmente l’Autobot di nome Cliffjumper» aggiunse, sbattendo brevemente le ali come un colibrì.
 
«Sta’attento… a forza di ungerlo potresti finire a scivolare sull’olio che tu stesso hai versato» disse Knockout, sarcastico, con un sorrisetto malevolo.
 
«In quanto primo luogotenente di Lord Megatron, permettimi di darti ufficialmente il benvenuto nella squadra vincente! Lo avrei fatto prima, se solo non fossimo stati interrot-»
 
«A proposito, dato che al momento che gli ufficiali che possono essere presenti sono tutti qui, posso illustrare la nuova catena di comando» disse Megatron.
 
«La nuova… cosa?» si stupì Starscream.
 
“Ho riavuto da poco il mio posto di secondo in comando, dato che Dreadwing ha avuto l’ottima idea di togliersi dai piedi, non vorrà togliermelo un’altra volta per affidarlo a Shockwave?!” pensò.
 
 «Mentre Starscream manterrà la sua attuale posizione al comando delle operazioni militari, Shockwave sarà il primo luogotenente nella sezione degli esperimenti scientifici» affermò il signore dei Decepticon «Entrambi farete riferimento direttamente a me. Spero di essere stato chiaro».
 
«Assolutamente» annuì Shockwave, lapidario.
 
«M-ma…» Starscream guardò dapprima lo scienziato, poi Megatron «Quindi io e Shockwave siamo praticamente pari?! È questo che sta dicendo?»
 
«Sono certo che riuscirete a coordinarvi e non intralciarvi, Starscream» replicò Megatron, sottintendendo che trovava più probabile che fosse Starscream a intralciare Shockwave che viceversa «E ora… Shockwave, il tuo compito primario sarà portare avanti le ricerche sulla formula dell’energon sintetico, ma attualmente necessito delle tue capacità di ingegnere. Credo che tu sia in grado di occuparti delle riparazioni del cannone di Darkmount».
 
«Sì, Lord Megatron. Procedo?»
 
Megatron annuì, e il grosso Decepticon viola lasciò immediatamente la stanza. «Quanto a te, Starscream, vedi di far fruttare quella microspia. Trova il prigioniero, trova quel maledetto Spectrus Specter, trova almeno uno dei suoi compagni o ex compagni che siano! Possibile che anche con l’esercito di cui disponiamo nessuno sia in grado di portarmi la testa di un singolo Auto…bot?!»
 
Accorgendosi solo in quel momento di star sentendo la propria voce risuonare in tutta la sala, in tutta Darkmount, in tutta la Nemesis, probabilmente su tutte le linee Decepticon esistenti, Lord Megatron aggrottò le sopracciglia metalliche.
 
«Colpa mia. Mi ero appoggiato alla console e ho messo un gomito dove non dovevo, chiedo perdono» disse velocemente Knockout, allontanandosi dai pulsanti.
 
Megatron alzò gli occhi dal soffitto e sbuffò. «Non è l’imprevisto peggiore che è capitato oggi. E ora… fate il vostro dovere!»
 
Detto ciò se ne andò, lasciando soli secondo in comando e medico di bordo.
 
«Ti vedo ancora abbastanza nervoso, Starscream. Paura di perdere il tuo posticino al caldo?» lo stuzzicò Knockout.
 
«Tu sei fortunato, nessuno vorrebbe mai scalzarti dalla tua posizione, io invece ho sempre qualcuno pronto a farmi le scarpe!» sbuffò il seeker «Shockwave è appena arrivato e già cerca di mettermi in cattiva luce agli occhi di Megatron».
 
«Cosa nella quale tu riesci benissimo da solo, come ha fatto notare tra le righe Shockwave stess-»
 
«Si può sapere da che parte stai?!» sbottò Starscream, irritato.
 
«Qui non conta la parte, contano i dati di fatto» replicò Knockout, facendo spallucce «E un altro dato di fatto è che se cerchi il momento giusto per agire, non ce ne sarà uno migliore di questo».
 
«Cosa intendi dire?»
 
«Soundwave è temporaneamente fuori gioco e cercare gente ora è un compito solo tuo».
 
Starscream sollevò entrambe le sopracciglia metalliche. «Non so proprio a cosa tu stia accennando».
 
Knockout osò mettergli un braccio attorno alle spalle. «Credi che mi sia sfuggito? Non stai cercando solo gli Autobot, stai cercando anche qualcun altro… e non credo che sia per chiederle nuovamente di diventare la tua compagna».
 
Capito che Knockout aveva davvero compreso cosa gli stesse passando per il processore, Starscream si sottrasse comunque al contatto fisico indesiderato. «La sto cercando perché non serbo affatto rancore per quel che c’è stato, perché non credo affatto che sia per me una fonte di disgrazie e perché, essendo gentile, vorrei cercare di riportarla al suo caro compagno prima che venga trovata terminata da qualche parte. Il rischio che accadesse e nessuno potesse risalire all’assassino già c’era, ma ora che Soundwave è temporaneamente inattivo…»
 
«Povera Spectra, era così giovane» sospirò Knockout «Ma così imprudente. Ti consiglierei di cercare di sbrigarti però, non sei il solo che vorrebbe trovarla per sincerarsi delle sue condizioni. C’è suo fratello e c’è Airachnid, entrambi amici tuoi!»
 
«Non riusciranno ad anticiparmi! Noi seekers siamo i più veloci in tutto, non lo sapevi?!»
 
«Spero per te che non siate i più veloci in tutto-tutto» sogghignò il medico.
 
«Sei un pervertito. Invece di perdere tempo, dato che del tuo paziente non devi occuparti oltre, dammi una mano a cercare… chiunque e qualunque cosa di utile» disse Starscream «Anche perché il sistema di comunicazione si è parzialmente danneggiato e al momento va a tratti, incluso il segnalatore che ho messo su Wheeljack, appare e scompare dal radar di continuo».
 
«Meglio non dire a Lord Megatron questo dettaglio. A ogni modo sono contento di vedere che ti è passato il momento in cui fingevi di avere una coscienza riguardo i tuoi trascorsi con Spectra».
 
«Al momento rimpiango di non aver fatto tutto quel che avrei potuto fare quando avrei avuto modo di farlo, e questo è tutto».
 
Knockout fece spallucce. «Alla fine ti è andata bene, visto? A quest’ora quello con la moglie in fuga saresti potuto essere tu. Ah no, come non detto, non saresti mai riuscito anche solo a tentare di uccidere Specter, quindi a posto».
 
«Dammi una mano a cercare… e basta!» concluse Starscream, con un’ultima occhiataccia.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Nell’astronave Iron Will, dalla quale la Jackhammer restava a poca distanza, Ultra Magnus rimuginava su una verità dura e alquanto scomoda da digerire.
Senza certe prove visive della questione avrebbe stentato a credere a certe storie, stentava tuttora, però certi comportamenti del suo comandante facevano veramente pensare che potesse non essere del tutto in sé. Il racconto di Specter, comprensivo della questione reliquie e Omega Lock, era molto chiaro nel suo modulo cerebrale.
 
 
 
“Inizialmente sembrava tutto normale, signore. Sono stato soccorso e mi era sembrato di essere stato accolto piuttosto bene nella squadra di Optimus Prime di stanza su questo pianeta; questo è comprensibile anche da un punto di vista pratico, i Decepticon potevano e possono tuttora contare su molte più unità rispetto a noi, la mia presenza era senz’altro d’aiuto. Con alcuni membri della squadra avevo sviluppato in brevissimo tempo un rapporto molto stretto. Tuttavia dopo qualche tempo ho cominciato a fare caso a più di una stranezza…”
 
 
 
Spectrus gli aveva parlato della reticenza che aveva notato in Optimus Prime quando si trattava di fermare i Decepticon utilizzando tutti i mezzi a propria disposizione, casi come quello in cui Starscream era stato da lui bloccato, ma praticamente fatto scappare da Prime stesso, per esempio.
 
 
 
“Riconosco che in quel frangente mi ero fatto un po’prendere la mano. Non so se conosce la storia ma Starscream è responsabile dello sterminio della mia famiglia, cosa che comunque non mi giustifica dall’aver quasi messo da parte il nostro Codice di comportamento. Nonostante questo è indubbio che avrebbe potuto catturare Starscream dopo che io avevo desistito, invece di lasciare che scappasse. Conoscendo bene il soggetto in questione ho tentato di dire a Optimus Prime che quella scelta avrebbe creato problemi in futuro, ma non mi ha ascoltato… ed è stato proprio Starscream, dopo, a far sì che le chiavi Omega finissero nelle mani di quel folle di Megatron, come può vedere dalla registrazione”.
 
 
 
Aveva continuato parlando di altri episodi, spesso corredati da prove visive, in cui Optimus Prime sembrava aver manifestato più di un’indecisione nel portare a termine il proprio compito.
 
 
 
“In seguito ho iniziato a pensare di aver esposto i miei dubbi, e di aver esposto me stesso, un po’troppo. Nel corso del tempo Optimus Prime, e di conseguenza più d’uno dei miei compagni, ha iniziato a cambiare atteggiamento nei miei confronti. Da aiuto che ero, man mano sono stato tacciato quale elemento di disturbo. Nemmeno salvare una compagna - la mia compagna. Immagino che Lei disapprovi ma voglio essere totalmente onesto- che era stata catturata dai Decepticon è giovato alla mia reputazione, anzi, dopo quel fatto è successo… no. Questo sarebbe solo del gossip, anche se… no”.
 
 
 
Nonostante la reticenza di Specter a parlare della cosa -anzi, proprio per quella- Ultra Magnus lo aveva spinto a dire tutto quanto, scoprendo con sommo stupore che un Prime “diverso” dagli altri aveva circuito una femme già impegnata e, messo davanti a quell’accusa, non aveva neppure negato. Anche in quel caso c’erano dei filmati che lo provavano.
 
 
 
“Poco tempo dopo io e uno dei demolitori, Wheeljack, anch’egli poco propenso a vedere di buon occhio certi comportamenti, siamo stati cacciati. Ci hanno fatti passare per traditori… traditori di cosa, devo ancora capirlo. Né io né lui siamo e saremmo mai scesi a patti con dei Decepticon, io ho perfino rinnegato l’energon del mio energon per averlo fatto: amavo mia sorella, essendo molto gracile e delicata ho sempre cercato di tenerla nascosta dal conflitto e proteggerla perché era tutto ciò che restava della mia famiglia, ma il suo tradimento fa sì che sia morta per me. La legge è dura, ma è legge”.
 
 
 
La cosa più assurda di tutte però -ancor più assurda della presenza di un civile di Prion sul pianeta, che era molto più che stupefacente- era stata la distruzione dell’Omega Lock, ultima speranza di risanare Cybertron, proprio per mano di Optimus stesso.
Ultra Magnus aveva capito che Megatron aveva pianificato di utilizzare quello strumento anche contro il pianeta Terra, però Optimus non avrebbe potuto… sconfiggerlo prima? Spegnere l’Omega Lock? Danneggiarlo un po’meno, se non altro?
L’Arca era persa, vero, Cybertron sarebbe stato un pianeta senza popolo in quel momento, vero anche quello, tuttavia riportando in vita il pianeta e facendo in modo di spargere la voce tutti i cybertroniani non Decepticon ancora in vita sparsi nel cosmo -voleva credere che ce ne fossero- questi avrebbero sicuramente cercato di tornare a casa.
 
 
 
“Dunque stai cercando di dire che Optimus Prime, il nostro leader, potrebbe essere un traditore? Perché nonostante tutto stento a crederlo, e stenterei ancor di più a crederti se non fosse per le prove!”
 
“Che Optimus Prime sia un traditore non è quello che intendo, in verità penso che lui sia davvero convinto di star facendo del bene per la nostra fazione e per tutti quanti. È sul suo stato mentale che mi sorge qualche dubbio. Qualche tempo prima che io arrivassi, lui aveva perso tutti i suoi ricordi come Optimus Prime, mantenendo solo quelli di Orion Pax. Ha anche passato diverso tempo nella Nemesis. Era una storia che già conoscevo e della quale ho ottenuto i filmati proprio oggi, dopo l’assalto a Darkmount. In seguito sembrava aver recuperato i ricordi ed essere tornato a posto, ma i fatti recenti mi portano a chiedere… quanto ‘a posto’ di preciso?”
 
“Riguardo il resto della squadra…”
 
“Lungi da me dar loro dei traditori, sono semplicemente molto fedeli a Optimus Prime. Lo seguono in ogni cosa e sono disposti a credere a qualunque cosa dica, come bravi soldatini”.
 
“Questo è un ambiente militare, Specter, la disciplina e l’ordine sono fondamentali. Senza di essi non si va da alcuna parte”.
 
“Né si va da alcuna parte con un leader discutibile. La sua presenza qui è positiva, signore, purtroppo io non ho i gradi per andare a fondo della questione. Lei sì”.
 
“Hai avuto modo di ottenere notizie sui loro piani?”
 
“Negativo, ma mentre ero a Darkmount ho saputo che c’era stato un tentativo di rubare la Forgia di Solus Prime. Può costruire e riparare qualunque cosa ma mi risulta essere rimasta quasi del tutto a secco di energia. Forse qualcuno della squadra vorrebbe utilizzarla per riparare l’Omega Lock?”
 
“Sarebbe auspicabile, nonché l’uso più nobile”.
 
 
 
Per tutte quelle ragioni Ultra Magnus intendeva cercare gli altri Autobot, Optimus Prime incluso, chiedere loro di consegnarsi così da poter fare accertamenti e in seguito decidere come procedere. Era la procedura prevista dal loro Codice in casi simili -nonché a parer suo la più logica per qualcuno che era appena arrivato sul pianeta- e lui intendeva solo applicarla. Immaginava che avrebbe potuto già capire molte cose dalle loro reazioni… e ormai non mancava molto per trovarne ben due nello stesso quadrante.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Jack!»
 
«Miko! Mi- ehi! Attenta, mi fai cadere!» esclamò il ragazzino, sorridendo nonostante tutto.
 
Era stata pura e semplice casualità che lui e Arcee si fossero trovati a passare in quel posto, che in seguito si era rivelato essere il punto di raccolta dei demolitori; così facendo avevano ritrovato Bulkhead e una Miko che, a dispetto di tutto, era piuttosto su di morale.
 
«Sono contenta di vedere che state bene! Il team comincia a riunirsi!» esultò Miko «Tra poco tempo potremo ricominciare a prendere a calci qualche Decepticon e buttare già quella brutta roba che hanno costruito!»
 
«Temo che per quello ci vorrà un altro po’di tempo» disse Arcee «E di compagni di squadra, soprattutto».
 
«Credo che tu abbia ragione» disse Bulkhead, più mogio di quanto cercasse di non far apparire «Però è già una buona cosa esserci ritrovati».
 
Era sinceramente felice di aver ritrovato Arcee, era una compagna di squadra alla quale voleva bene e che stimava -sebbene negli ultimi tempi lui e altri componenti del gruppo, purtroppo, non l’avessero dimostrato granché- però doveva ammettere a se stesso di essere rimasto deluso quando aveva visto lei e non Wheeljack. Sentire il rumore di un motore in quella zona sperduta lo aveva fatto sperare che fosse lui, poco importava che il rumore di quello di Arcee fosse decisamente più contenuto e lui lo sapesse benissimo.
Forse era tempo di arrendersi all’idea che non sarebbe mai venuto lì e che ormai fosse perso, la sua parte più razionale lo suggeriva, però da qualche parte in fondo alla Scintilla si rifiutava ancora di crederlo.
 
Jack aggrottò le sopracciglia scure, sollevando lo sguardo verso il cielo. «Ragazzi, sento dei rumor-»
 
«Astronave in avvicinamento!» esclamò Miko.
 
“Proprio ora?!” pensò Arcee.
 
Preparandosi alla battaglia notò che in realtà erano due astronavi che viaggiavano in coppia, che una era più grande e una più piccola, e che la seconda delle quali sembrava aver intenzione di restare più a distanza. Quella più grande le era totalmente sconosciuta ma la più piccola, anche da lontano, aveva un’aria vaghissimamente familiare al di là delle finiture turchesi piuttosto sgargianti.
 
«Le navi sono due, sono insieme. Jack, Miko, nascondetevi!» ordinò, mentre la nave più grande atterrava a pochi metri da loro «Bulkhead!...»
 
«Sì, ci sono» rispose, pronto, il demolitore.
 
La sua attenzione tuttavia era attirata dall’astronave più piccola, che si stava avvicinando in modo lentissimo e inesorabile e che, anche ai suoi sensori ottici meno potenti di quelli di una ricognitrice, iniziava a sembrare conosciuta.
 
Il portello dell’astronave grande si aprì e i due Autobot video uscire da essa un mech blu e rosso, dall’espressione inflessibile, che portava il loro stesso simbolo.
 
«Soldati».
 
«Ultra Magnus?!» si stupì Arcee, iniziando solo allora ad abbassare lentamente le armi «Non avevamo più avuto notizie di te dall’esodo in poi. Come ci hai trovati?»
 
Di tutti coloro che avrebbe potuto aspettarsi di vedere, il comandante in seconda di Optimus Prime era tra gli ultimi della lista. Era sorprendente che si trovasse lì e che fosse successo proprio in quel momento, e in teoria avrebbe dovuto essere positivo, però Arcee si sentiva fortemente inquieta. Provava una sensazione che aveva provato stesso negli ultimi tempi, ossia quella che precedeva un probabile momento difficile.
 
«Soldato, anche se non ci troviamo su Cybertron c’è un protocollo militare che va rispettato» replicò Ultra Magnus, duro come… il comandante che era, appunto.
 
«Ultra Magnus! È un grande onore» disse Bulkhead, stupito quanto e più di Arcee. Oltre che comandante in seconda, Ultra Magnus un tempo era stato anche a capo dei demolitori.
 
«“È un grande onore” signore» lo corresse l’altro.
 
«Ah… ehm… sissignore. Chiedo scusa, signore».
 
«È dei nostri, quindi possiamo uscire! Ehi!» esclamò Miko, dopo aver fatto un potente fischio per attirare l’attenzione del nuovo arrivato «Tu e Optimus Prime vi siete quasi copiati i colori!»
 
Jack alzò brevemente gli occhi al cielo. Apprezzava Miko ma si rendeva conto perfettamente di come si facesse sempre riconoscere -nel bene e nel male.
 
«La mia storia è identica a quella di tutti gli altri dall’esodo in poi
» inizio a raccontare Ultra Magnus, decidendo saggiamente di ignorarla «Disperso, ho viaggiato in lungo e in largo per il cosmo fino a quando sono stato attirato qui da una fonte di energia potentissima e sconosciuta, emessa dall’Omega Lock».
 
“Come sa dell’Omega Lock?!” si stupì Arcee, nel cui processore aveva iniziato a risuonare un segnale d’allarme rosso.
 
«Giunto in prossimità di questo pianeta sono riuscito a captare dei segnali Autobot. Questo è tutto» concluse Ultra Magnus «E direi che sono arrivato qui nel momento più opportuno, perché c’è più di una questione che necessita di essere chiarita. Salite nella mia astronave, voi e le forme di vita indigene che proteggete siete presi in consegna fino a nuovo ordine».
 
Sentito ciò, Arcee si allontanò bruscamente. «Non vedo per quale motivo dovremmo essere presi in consegna, sinc-»
 
«Jackhammer…»
 
La scout si voltò verso Bulkhead, vide che stava guardando l’astronave più piccola -che nel mentre si era avvicinata di più- e fece rapidamente due più due.
Quella era la Jackhammer, la Jackhammer era di Wheeljack, Wheeljack era con Spectrus e infine Ultra Magnus, così di botto senza senso, era apparso lì assieme alla Jackhammer per “prenderli in consegna”…
 
 
 
 
 
 
«… e adesso, dal momento che la cara Arcee è una testa calda e lo sappiamo tutti quanti, si ribellerà e- eccola!» disse Spectrus, con un leggero sorriso freddo e soddisfatto, nel vedere Arcee arrivare a sparare al suo comandante in seconda, prendere Jack Darby e iniziare a scappare via.
 
Vide anche Bulkhead fare lo stesso con Miko subito dopo, azione prevedibile anch’essa.
 
«Ora ho capito perché quando li hai visti hai detto che non poteva andare meglio di così» commentò Bustin, accelerando per non perdere la tracce dei due Autobot «Immaginavi una reazione del genere».
 
«Come ho detto poco fa, Arcee è una testa calda diffidente. Con ben poche eccezioni, tra cui il sottiscritto» aggiunse Spectrus, per buona misura «Se a questo aggiungi i fatti degli ultimi tempi, dovuti perlopiù a me, non  poteva reagire altrimenti di fronte  qualcuno che rispunta dopo tanto tempo, insieme a noi, e vuol prenderla in consegna. Bulkhead poi è un tipo molto gregario, quindi non c’era dubbio che l’avrebbe seguita, dunque ora bisogna solo attendere la reazione di Ultra Magnus in tre, due, uno…»
 
 
Specter, i due soldati si sono rifiutati di essere presi in consegna e stanno scappando, richiedo assistenza per la cattura. Sono stato colpito ma non è grave. L’uso di forza letale è negato, dobbiamo cercare di ridurre al minimo i danni e cercare di far sì che le forme di vita indigene restino illese. Passo.
 
 
«Sissignore, ci stiamo già muovendo. L’avevo avvisata riguardo il fatto che sarebbe potuta finire così con Arcee. Riguardo i demolitori si sa come sono fatti, hanno spesso qualche problema con l’autorità costituita. Passo».
 
 
Non posso negarlo. Passo e chiudo.
 
 
«Aveva fatto una smorfia infastidita quando gli parlavi dei demolitori del Team Prime» disse Bustin, una volta chiusa la comunicazione.
 
«Appunto. Quando prenderemo Arcee dovremo ringraziarla per l’aiuto che ci ha dato nel mettere Ultra Magnus contro se stessa e il resto del gruppo, sarebbe stato più difficile fare tutto da soli».
 
 
 
 
 
 
«Arcee, Bulkhead, abbiamo la Jackhammer alle costole!» esclamò Jack, guardando l’astronave quasi sopra di loro.
 
«Lo sappiamo, Jack! Tu tieniti forte!» rispose Arcee, accelerando al massimo.
 
«Tra poco si unirà anche Ultra Magnus» aggiunse Bulkhead «Arcee, lui è dei nostri, è il secondo il comando, e se ti fossi sbagliata a-»
 
«Dopo quel che è accaduto ultimamente non mi fido più delle persone che arrivano all’improvviso, e non dovresti farlo nemmeno tu» lo interruppe la femme «È anche e soprattutto perché ci siamo fidati di Spectrus, che era dei nostri, che abbiamo perso tutto! Non sapevamo più nulla di Ultra Magnus da eoni, potrebbe anche essere diventato un Decepticon sotto copertura nel frattempo, se non qualcosa di peggio, considerando con chi sta. Non mi fido, e proprio perché non mi fido dico che è meglio prevenire che curare!»
 
“Anche perché certe cose non si possono curare affatto” pensò amaramente, chiedendosi ancora una volta quale potesse essere stato il destino di Optimus.
 
Nonostante gli ordini dati da Ultra Magnus, che comunque i due Autobot non avevano sentito, la Jackhammer aveva iniziato a sparare contro di loro colpi a bassa intensità. Forse non c’era la volontà di danneggiarli in maniera letale ma non c’era nemmeno quella di non danneggiarli affatto e, di sicuro, dei due ragazzini umani presenti non importava nulla a nessuno.
 
«Wheeljack!» esclamò Bulkhead, utilizzando il canale preferenziale dei demolitori per comunicare con la Jakhammer «Anche se ora ti sei messo con quel mostro non riesco a credere che tu mi stia sparando contro pur sapendo che c’è Miko con me! Io non ti avevo fatto niente, i ragazzi ancora meno!»
 
«Non credo che ormai gli importi qualcosa, Bulk» disse Miko, piuttosto disillusa.
 
«Wheeljack! Almeno rispondimi!»
 
 
–  “Stare insieme è finito! Abbiamo capito! Ma dirselo è duraaa!”
 
 
«Perché Wheeljack ha risposto con una canzone dei Pooh?» allibì Miko «Ma soprattutto, perché io conosco i Pooh?!»
 
Né lei né chiunque altro avrebbero mai potuto rispondere a quella domanda ma, arrivati al limitare di un bosco non troppo folto, Bulkhead la fece scendere e le disse di correre via.
 
«E tu vai con lei, Jack! Vai!» gridò Arcee «Bulkhead, noi corriamo dalla parte opposta!»
 
«Sei ancora in tempo per lasciarlo perdere, Wheeljack!» si ostinò a esclamare Bulkhead «Non deve andare così per forza! Non dev-»
 
Un colpo laser arrivò dritto al suo addome, scagliandolo nel bosco e abbattendo due degli alberi presenti.
 
Arcee corse immediatamente da lui. «Bulkhead, ce la fai ad alzarti?!»
 
«Sì… penso di sì» disse il demolitore, col metallo ancora fumante, tirandosi su con un po’di fatica.
 
Fosse stato un eroe drammatico e romantico, avrebbe detto che non era il colpo laser a fargli più male; tuttavia non era un eroe drammatico e romantico, era solo un demolitore che si era finalmente convinto che il suo vecchio compagno di scorribande fosse irrecuperabile.
 
Si addentrarono nel bosco di corsa, per quanto Bulkhead potesse correre, sperando che così facendo l’astronave avrebbe avuto più difficoltà a seguirli. I sensibili recettori uditivi di Arcee captarono il rumore della seconda astronave, quella di Ultra Magnus, ancora lontana ma in movimento, e il rumore di un portello che si apriva.
 
«Mi sa che a breve avremo compagnia» osservò Arcee.
 
Immaginando che a breve si sarebbe trovava faccia a faccia col suo ex compagno iniziò a ribollire di rabbia pura, perché lo considerava la causa di tutti i suoi mali -insieme alla propria stupidità nel crederlo molto meglio di quanto fosse in realtà.
Sentì il rumore di passi pesanti in rapido avvicinamento.
 
«Ti ricordavo un po’meno codarda, Arcee».
 
Era uno dei suoi punti deboli, non era mai stata brava a evitare di cadere nelle provocazioni altrui. Lei lo sapeva benissimo, e purtroppo lo sapeva benissimo anche Spectrus.
 
«Come sta il buon Prime?»
 
Appunto: il riferimento a Optimus fu la classica goccia che faceva traboccare il vaso e portò Arcee a interrompere la corsa e voltarsi verso di lui. «Molto meglio di quanto starai tu tra poco, schifos- Bulkhead, lasciami!»
 
«Cerca i ragazzi e vai via, sei più veloce di me» disse Bulkhead, deciso «Cercali e vai! Ti raggiungo dopo!»
 
Benché insicura sull’ascoltarlo o meno e infuriata, l’atteggiamento del suo compagno di squadra le ricordò qual era la missione che Optimus aveva affidato a tutti loro prima di farli uscire: restare nascosti, cercare di riunirsi e soprattutto tenere al sicuro i ragazzi.
Tutto ciò doveva avere la precedenza sulla rabbia verso un ex compagno bastardo, ragion per cui fu costretta a fare violenza su se stessa, trasformarsi e filare via.
 
«Sai che è piuttosto difficile che tu riesca a raggiungerla sul serio» disse Spectrus, vedendo Bulkhead pararsi davanti a lui col pugno pronto a demolire.
 
«Tu e io abbiamo una faccenda in sospeso da un pezzo. Per quello che hai fatto ad Arcee» fece un passo in avanti «Per quello che hai fatto alla nostra squadra» ne fece un altro «E soprattutto per aver corrotto il mio migliore amico».
 
«Arcee è un’idiota, la vostra squadra non era unita come credevate se eravate tanto pronti a saltarvi ala gola l’un l’altro per qualche mia frase e, infine, è difficile corrompere qualcuno che non vuole essere corrotto. Pensaci su» replicò Specter, con tutta la calma del mondo «Di te mi importa poco quindi non dobbiamo essere nemici per forza».
 
Quell’ultima frase fu la molla che fece scattare in avanti il demolitore, il cui potente diretto tuttavia non andò a segno e si infranse contro un albero il cui tronco, a causa dell’urto, esplose in una pioggia di schegge. «Come ti azzardi?! Come puoi dire che non dobbiamo essere nemici per forza dopo che hai provato a farci saltare in aria?!»
 
«Sei sicuro che l’abbia fatto io e non il tuo amico appassionato di bombe?»
 
Con un verso quasi barbarico Bulkhead, ignorando l’addome che sfrigolava, sradicò un grosso masso e lo lanciò rabbiosamente contro l’ex compagno di squadra, che non essendo ferito ebbe gioco facile nell’ evitarlo.
 
«Rifletti. Prime è morto, la tua squadra è divisa, il tuo amico è già con me, idem il secondo in comando e ho fatto più io contro i Decepticon di quanto abbia fatto chiunque di voi in questi giorni!» esclamò Spectrus, parando un pugno di Bulkhead «Darkmount è parzialmente distrutta, Soundwave potrebbe essere morto, l’esercito di vehicons di Megatron ora può contare su varie unità in meno, quindi dovresti dirmi grazie, non» riuscì ad assestare al demolitore un gancio sotto il mento «Prendermi» poi un diretto in faccia «A pugni!»
 
Un potente calcio dritto nell’addome ferito mise al tappeto Bulkhead, che cadde a terra con un grosso tonfo. La testa finì a battere violentemente contro una roccia, tanto che la visione del demolitore iniziò a diventare sempre più confusa e i suoni sempre più ovattati.
 
«Non pensi che, se perfino Ultra Magnus è dalla mia, magari c’era qualcosa che non andava con la leadership di Prime?» continuò Spectrus «Ammettiamo pure che fra noi ci sia stato qualche dissidio ma alla fine l’unica che potrebbe veramente lamentarsi è Arcee, la quale a sua volta non è stata una santa, quindi di che parliamo?»
 
“E che diavolo sta succedendo fuori dal bosco?!” pensò poi, sentendo dei rumori di molteplici spari. «Bustin, che succede?!»
 
 
–  Diamo inizio ai fuochi d’artificio sul pianeta Vegeta!”
 
 
Ebbe solo il tempo di sollevare un sopracciglio prima che una serie di esplosioni, causate da una sventagliata di colpi al laser, rischiarasse il cielo e facesse quasi precipitare anche addosso a lui più di un pezzo di vehicons aerei.
 
 
Credo che i Decepticon abbiano intercettato le nostre attività e abbiano mandato qui un po’dei bulloni da cannone che gli restano – disse Bustin – Sono qui da un paio di minuti, Ultra Magnus infatti è rimasto bloccato più indietro. Non so se tu voglia ucciderlo e dare la colpa ai Decepticon oppure voglia fare come dice Ultra Magnus ma qualunque cosa sia falla in fretta, l’ordine di ritirarci ti arriverà presto. L’ho già ritardato abbastanza con un po’di interferenze.
 
 
«E tu non hai pensato di dirmelo prima?!»
 
 
–  Tu me l’hai chiesto solo adesso!
 
 
“Quei Funko Pop perderanno la testa. Forse non oggi, forse non domani, ma la perderanno, insieme a quel suo idolo del tizio col nome impronunciabile, come cazzo era… Nyarlathotep!” pensò Spectrus.
 
Sguainò la spada senza esitazione, intenzionato a mettere in pratica la prima delle due alternative che Bustin aveva menzionato, quando il movimento di una figura scura alla sua destra lo costrinse a voltarsi  giusto in tempo per parare i colpi delle due lame di Wheeljack.
 
«Non riesci proprio a decidere da che parte stare, vero? Eppure dovresti sapere che gli Autobot sono finiti ormai» disse Spectrus, tutt’altro che felice di essere stato interrotto.
 
«Non se Prime riesce a ripararsi con la Forgia che gli ho fatto avere» replicò il demolitore, con la maschera di protezione sollevata sul viso, dando inizio a uno scambio di colpi «Hai fatto un errore a non distruggerla quando hai preso il ragazzo!»
 
«Quindi eri lì, non l’hai aiutato e ora mi fai la paternale lo stesso. Migliori sempre più riguardo la coerenza, e quanto al resto sai… se Prime userà la Forgia per riparare se stesso, in un certo senso sarà meglio così».
 
«Cos-»
 
 
Specter!... oh, finalmente il sistema di comunicazioni funziona. È tempo di ritirarci, il numero di Decepticon aumenta sempre di più, se continua così potrebbe diventare pericoloso anche per i due soldati in fuga e, soprattutto, per i due indigeni civili. Rientra immediatamente nella tua astronave, è un ordine.
 
 
Specter aveva tutt’altre intenzioni, però una nuova scarica di laser abbatté altri vehicons che, in di nuovo, quasi gli precipitarono addosso. Grazie a questa distrazione, Wheeljack poté sollevare parzialmente Bulkhead e allontanarsi assieme a lui.  
 
“Nulla di male. Presto o tardi ritroverò entrambi” concluse Spectrus.  «Sissignore».
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
La prima cosa che Bulkhead vide quando riprese i sensi fu il solito paesaggio roccioso. Vedendo la seconda cosa, invece, pensò di avere un’allucinazione.
 
«Jacky?...»
 
«Una volta ti saresti ripreso molto prima, stare con gli altri ti ha arrugginito. Ti ho messo una toppa qui e là ma fossi in te cercherei di trovare un medico» disse Wheeljack, trasformandosi in modalità veicolo «Nel bosco, prima di arrivare da te, ho sentito Arcee parlare dell’Harbinger ai ragazzi. Dille che deve imparare ad abbassare la voce, perché se l’avesse sentita qualcun altro sarebbe stato un problema».
 
«Wheeljack, dove…» barcollando, Bulkhead cercò di rialzarsi «Mi hai salvato, giusto? Non devi stare con Specter per forza, non sei perso come-»
 
«Infatti non sto con lui ma nemmeno con voi. Addio».
 
Wheeljack andò via con una sgommata, lasciando lì Bulkhead e il suo miscuglio di sollievo e di speranze disattese per l’ennesima volta.
 
“Se era nel bosco e mi ha aiutato non poteva essere nemmeno nella Jackhammer a sparare ai Decepticon. Ma allora chi?...” si chiese, guardandolo andarsene.
 
Ricordando quanto detto da Spectrus riguardo Darkmount e pensando che, conoscendolo, almeno quella potesse essere la verità, Bulkhead contattò Arcee via comm-link.
 
«Arcee, sto bene, ci vediamo all’Harbinger… chi me l’ha detto? Wheeljack. Non sta con Spectrus e non era neppure nella Jackhammer con lui. Forse non è perso… sì, sì, sarò diffidente. Sì» disse, sentendo i rimproveri via comm-link della femme Autobot «Sto arrivando».







Non ho granché da dire stavolta, solo specificare che quella di Bustin riguardo il pianeta Vegeta è una citazione di Dragonball che viene da qua (dal minuto 3.36 in poi).
Freezer è il suo personaggio preferito xD
Grazie di cuore a tutti coloro che leggono e recensiscono :) Alla prossima,

_Cthylla_

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Capitolo 6
*** 6 - ''Ho fatto proprio bene a uscire'' ***


6
("Ho fatto proprio bene a uscire")

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



«Cerchi di comprendere, Lord Megatron, ho inviato i vehicons in quella zona perché il sistema di sorveglianza era riuscito a individuare la presenza di quei due Autobot nelle vicinanze del segnalatore che ho messo su Wheeljack, tutto potevo immaginare ma non che ci fossero anche due astronavi di rinforzo! In ogni caso non possono dire di aver vinto la battaglia, si sono ritirat-»

 
«Non possono dire di aver vinto la battaglia ma neppure noi abbiamo avuto quel che volevamo! Non cercare di far passare per un successo ciò che “successo” non è, Starscream!»
 
Megatron non era stato particolarmente contento di ricevere aggiornamenti su quanto era accaduto ormai quasi ventiquattro ore prima, anzi, dire così era un eufemismo. C’era un Autobot nuovo del quale occuparsi, come se quelli già presenti non avessero già dato abbastanza grattacapi, e pur avendone avuti vari nello stesso posto non erano riusciti a concludere nulla. Era frustrante, quasi come il fatto che Soundwave -come Knockout aveva previsto, purtroppo- non si fosse ancora ripreso.
 
«Dimmi che almeno con il cannone a fusione ci sono dei progressi».
 
«Ci sono. Pochi però!» si affrettò a dire Starscream, che mai avrebbe parlato bene di un rivale quale secondo lui Shockwave era «I danni erano alquanto ingenti, signore…»
 
La tendenza a fare più danni di quanto avrebbe voluto era ben conosciuta a Megatron, gli bastava ricordare cos’era successo a Cybertron. Era partito bene, perché non c’era niente di sbagliato nel voler sollevare la popolazione contro la casta corrotta che li aveva governati, però mai Megatron avrebbe voluto che tutto degenerasse com’era successo. Aveva dato inizio alla sua rivoluzione per amore del proprio pianeta e della propria gente, che per tanto tempo l’aveva adorato a sua volta -in certi casi forse anche troppo; ai tempi tutto avrebbe pensato meno che avrebbe finito col contribuire a distruggere tutto, inclusa buona parte del popolo per cui aveva lottato.
Quei pensieri non avevano mai smesso di tormentarlo a livello inconscio nei secoli dei secoli, ma da qualche tempo lo facevano anche a livello cosciente, forse per la dipartita di Optimus, forse per quanto era accaduto a Cybertron con l’Omega Lock, forse semplicemente perché sì. Naturalmente non rinnegava la filosofia e il movimento che lui stesso aveva fondato, mai l’avrebbe fatto -men che meno per passare dalla parte del nemico- però la consapevolezza delle conseguenze l’avrebbe sempre accompagnato.
 
«Immagino. In caso contrario sarebbe già stato operativo» disse l’ex gladiatore «A proposito, ho un compito anche per te: rendere di nuovo efficiente il sistema di comunicazioni e trasmissioni. Non so se l’hai notato, essendo il tuo attuale strumento di lavoro principale e conoscendo il tuo “zelo”, ma va a tratti».
 
Nascosta l’espressione di chi era stato colto con le mani nel sacco, il seeker drizzò la schiena. «Con tutto il rispetto, Lord Megatron, non dovrebbe essere Shockwave a occuparsi di simili faccende?»
 
«Shockwave come sai è impegnato con altro, e a occuparti di “simili faccende” al momento sei tu per forza di cose. Mi risulta che non dovresti avere problemi a ripararlo, Starscream, un tempo eri uno scienziato abbastanza dotato, di sicuro quanto serve per occuparti delle riparazioni… come Shockwave al posto tuo sarebbe in grado di fare».
 
Pungere Starscream nell’orgoglio si era rivelato più volte un modo abbastanza efficace di spingerlo a fare qualcosa e, anche in quel caso, la strategia si rivelò efficace dato che Starscream se ne andò dopo una breve rassicurazione sul fatto che ci sarebbe riuscito senza problemi.
 
Rimasto solo accanto al pannello di controllo, Megatron decise di dare un’occhiata alle miniere di energon. Erano preziose come e più di quanto per gli umani fosse prezioso il minerale chiamato “oro”, perché l’energon era la loro principale fonte di nutrimento sulla Terra.
Nel corso della breve occhiata che diede riuscì perfino a intercettare una un possibile giacimento nuovo  -quello che Spectrus aveva trovato tempo prima e del quale aveva taciuto con tutti, eccetto Wheeljack, ma Megatron non poteva saperlo- verso la quale si ripromise di mandare qualcuno più tardi.
 
“Auspico che Shockwave in futuro riesca a perfezionare la formula incompleta dell’energon sintetico a cui il medico degli Autobot aveva lavorato” pensò, scorrendo le immagini video di una miniera dopo l’altra “Questo permetterebbe all’esercito di…”
 
Si bloccò, tornò all’immagine precedente e la ingrandì.
 
«Giusto. Doveva pur procurare nutrimento per tutti e due» commentò, vedendo scorrere sugli schermi le immagini di Dreadwing che strisciava di soppiatto nella miniera.
 
Non impiegò molto per decidere che intendeva parlare a quattr’occhi col suo secondo in comando -anzi, ex… purtroppo- e per uscire da Darkmount, decollare e raggiungere la cava.
Non aveva intenzione di terminare Dreadwing, non se avesse potuto evitarlo: era sempre stato un bravo soldato, secondo come lealtà solo a Soundwave tra i Decepticon presenti nella Nemesis o a Darkmount, e in tempi come quelli un buon soldato era proprio quel che sarebbe servito.
Ciò che voleva Megatron dunque era chiarire con lui un paio di faccende, in primis tutti i motivi per cui se n’era andato, e possibilmente convincerlo a fare ritorno alla base. Il suo ritorno poi avrebbe comportato anche quello di Spectra, alla quale forse era il caso di far sapere le ultime novità.
 
Appena Dreadwing lo vide arrivare e trasformarsi, si mise sulla difensiva. «Lo… Megatron!»
 
«Abbassa le armi, Dreadwing, non sono qui per combattere» fu la prima cosa che disse il leader dei Decepticon, pur notando come Dreadwing avesse evitato di chiamarlo col suo titolo -o meglio, si fosse corretto cercando di non farlo «Credo che abbiamo delle faccende da chiarire».
 
«Lo credo anche io» ribatté l’ex secondo in comando.
 
Per forza di cose era stato costretto a uscire più volte dall’Harbinger in quei giorni, procurandosi abbastanza scorte alimentari da dare a lui e Spectra un po’di autonomia ma non tanto da far sì che a Darkmount si accorgessero degli ammanchi, rubando sempre da miniere diverse -in quel caso più d’una nella stessa uscita- per lo stesso motivo.
Da un lato era ansioso di confrontarsi con alcuni degli altri Decepticon, dall’altro invece aveva sempre ben chiaro in mente che la sua priorità attuale avesse un nome, un cognome e in quel momento fosse nell’Harbinger. Quando se n’era andato l’aveva lasciata in ricarica e, appena prima che Megatron arrivasse, nel suo comm-link era arrivato un messaggio che doveva ancora ascoltare e del quale momentaneamente si era dimenticato, invischiato in due desideri contrastanti che lo stavano inducendo a voler affrontare il suo ex comandante -con rabbia e dispiacere- e a volersene andare via e tornare da Spectra con l’energon, sperando di seminare Megatron così che non li trovasse.
Come aveva detto a Spectra, sapeva che contro di lui avrebbe avuto poche speranze di fare qualcosa di concreto: Megatron era leader dei Decepticon tanto per il suo carisma, quanto per una potenza in battaglia che pochi eguagliavano.
 
Notando che Dreadwing sembrava ben poco amichevole, Megatron decise di cercare di ammorbidirlo puntato su un interesse che avevano sicuramente in comune. «Mi auguro che Spectra stia bene».
 
«È così per quanto è possibile, e non vuole tornare» mise subito in chiaro l’altro «Il suo compagno ha ucciso suo fratello nonostante lei volesse lasciarlo andare. Sono anch’io dell’idea che Spectrus stia meglio morto ma lei soffre per questo».
 
«Conoscendola lo immaginavo. Tuttavia può smettere di portare il lutto» disse Megatron, vedendo nascere lo stupore nelle ottiche rosse di Dreadwing «È sopravvissuto, è fin troppo in salute e si è spinto fin dentro Darkmount a far danni. Soundwave avrebbe bisogno della propria compagna in questo momento».
 
«Specter è vivo, è entrato a Darkmount riuscendo, presumo, a uscirne e pretendereste che lei torni, magari finendo avvelenata dal Tox-En com’era successo ai vehicons della Nemesis tempo fa?! O a farsi di nuovo quasi violentare da quell’essere disgustoso che è anche colpevole di aver ridotto Sky Quake in uno stramaledetto zombie?!»
 
«Dunque è questa l’altra ragione per cui sei andato via» disse Megatron «Hai saputo di quella vicenda».
 
«Una vicenda che Lei… che tu difficilmente non sapevi, giusto? E oltre a questo l’hai coperto, hai tenuto ugualmente con te un profanatore di tombe che ha ridotto un onorato guerriero Decepticon, caduto in battaglia, in un mostro! Come ha potuto permetterlo?» incalzò l’ex secondo in comando, tornando inevitabilmente al “lei” senza volerlo «Come può permettere che Starscream resti ancora online dopo questo, dopo tutti i suoi tradimenti?! Dopo quel che voleva fare a-»
 
«Quel che è accaduto a Sky Quake non doveva succedere e quella faccenda mi ha contrariato, ma per il resto nessun Decepticon è un santo» lo interruppe il leader dei Decepticon, con una certa durezza «Tu stesso profanasti una tomba insieme a me. Quanto all’ultima cosa, io per primo ho condannato un gesto per il quale Starscream è già stato punito dal compagno di vita della femme in questione. Di certo ricordi entrambe le cose».
 
«Ricordo anche il modo in cui suddetto compagno l’ha lasciata sul pavimento sconvolta, danneggiata e con la valvola scoperta, signore» ribatté il jetformer, altrettanto duro, dandosi un ceffone mentale per quel “signore” che non riusciva a togliersi di bocca «Io al posto suo avrei pensato prima di tutto a soccorrere la femme che intendevo sposare».
 
«Tu non eri e non sei al posto suo. Della vita privata altrui a me non interessa ma se fossi in te cercherei di tenerlo a mente. Dreadwing, io sono sicuro che nonostante quel che è successo tu sia ancora un Decepticon leale come sei sempre stato» affermò Megatron, avvicinandosi al suo ex luogotenente «A Darkmount può esserci ancora posto per te e ti invito a pensare anche a Spectra. Saresti solo contro gli Autobot e contro chiunque voglia provare a terminarla, due dei quali sono Spectrus e Airachnid. Vuoi davvero esporla a questo?»
 
«Se Spectra una volta saputo che Spectrus è vivo vorrà tornare a Darkmount, giuro sulla mia dignità di mech che lei tornerà lì sana, salva e subito, per quanto l’idea non mi piaccia e non mi piacerà mai finché sarà presente Starscream» rispose Dreadwing, per poi prendere in mano dei cubi di energon senza che Megatron desse mostra di volerglielo impedire e iniziando ad allontanarsi «Il resto però lo sapevamo già e tutto quel che ho detto riguardo Sky Quake resta valido».
 
«Come ufficiale hai molti pregi ma anche un grosso difetto: sei troppo testardo».
 
«Allora forse è un bene che non sia più un ufficiale» furono le ultime parole di Dreadwing prima di decollare, con sua sorpresa, indisturbato.
 
Sembrava che Megatron non lo volesse morto per aver disertato ma, a rifletterci bene, non aveva forse riaccolto Starscream un numero indefinito di volte nonostante questi avesse addirittura attentato più volte alla sua persona? Per non parlare del fatto che quel seeker non era leale a Megatron come non era leale alla Causa, faceva parte dei Decepticon ma era interessato solo al proprio tornaconto e agiva di conseguenza. Comparato a ciò, forse essere andato via non era una cosa tanto grave da meritare la terminazione.
 
Nel suo processore si riaffacciò di botto il ricordo del messaggio che aveva ricevuto, e con esso giunse una potente fitta di inquietudine. L’arrivo di Megatron non era una giustificazione perché gli fosse passato di mente, non poteva permettersi giustificazioni.
Lo ascoltò.
 
 
- Dreadwing, sarò breve: l’Harbinger è persa, quattro Autobot l’hanno trovata e non sono nostri amici. Per un attimo avevo pensato di sì. Come fai a dire che non sono stupida?... Sto scappando e non si sono ancora accorti, quando raggiungo un posto che sembri sicuro ti mando le coordinate, va bene? -
 
 
«Maledizione!» sbottò il Decepticon, che dall’inquietudine era passato all’ansia.
 
Aveva sempre temuto che prima o poi qualcuno si ricordasse della presenza dell’Harbinger o potesse pensare che si trovassero lì, nonostante tutti i giorni che avevano passato lì in tranquillità avessero quasi iniziato a illuderlo del contrario. Quel suo timore si era avverato e doveva solo ringraziare il cielo che a trovare lì Spectra da sola fossero stati quattro Autobot e non uno a caso tra Spectrus, Airachnid oppure Starscream.
 
“Non dovevo lasciarla sola, è stato un errore e lo è stato tutte le volte in cui sono uscito” pensò Dreadwing “Non siamo stati in pace grazie all’abilità o al fatto di aver avuto una buona idea, abbiamo avuto solo fortuna!”
 
E la loro fortuna forse era finita.
 
Una considerazione sulla quale Spectra, che non aveva avuto il miglior risveglio del mondo, avrebbe sicuramente concordato.
 
 
 
 
 
 
.::  Relitto dell’astronave Harbinger, un po’di tempo prima  ::.
 
 
 
 
 
 
A svegliare Spectra erano state le voci. Non quelle che di norma potevano tormentare qualcuno col processore un po’difettoso ed erano un sinonimo di pazzia ma voci di persone vere, una delle quali era risultata persino familiare al suo modulo cerebrale ancora assonnato. Negli ultimi tempi andava spesso in ricarica a ore strane, a volte anche senza rendersene conto, ma era quasi un sollievo: quando dormiva non poteva rimuginare su tutto quel che era successo e dimenticava di essere inutile al mondo.
 
« …sono contenta di vedere che state bene anche voi. Se riuscissimo a rimettere del tutto in piedi questo posto potremmo avere una base operativa, vedo anche qualcosa che assomiglia a un Ponte Terrestre. Avrebbe senso, ricordo che quando Starscream era da solo ne aveva uno e… questo è il rumore del motore di Bulkhead, è riuscito a raggiungerci davvero. Continuo il giro di ricognizione».
 
Se avesse voluto farlo, Spectra non avrebbe neppure avuto il tempo di cercare un nascondiglio: dopo una veloce serie di passi nel corridoio, Arcee si era affacciata sulla soglia della stanza.
 
«Tu?!...»
 
Tutto avrebbe immaginato meno che di trovare lì la sorella di Spectrus circondata da libri molto vecchi e da lampade di sale accese: era stato come aprire il magazzino dell’energon e trovare il bagno al posto di esso, anche e soprattutto perché… non avrebbe dovuto essere con Soundwave?
Arcee ricordava molto bene quando aveva cercato di chiederle aiuto contro il fratello, finendo poi per aiutarla a sua volta a farsi stare a sentire da un Soundwave che, totalmente all’oscuro della parentela, nonostante l’affetto che sembrava nutrire per quella ragazza non era stato molto propenso ad ascoltarla. Non all’inizio.
Era una reazione che Arcee però aveva trovato comprensibile perché Soundwave in quel momento non sapeva ancora che Spectra fosse, e fosse stata, l’ennesima vittima di Spectrus. Ormai però era chiaro anche ad Arcee stessa: era stata presente quando Spectra aveva parlato a Soundwave della propria vita, dunque aveva capito come quella giovane femme fosse stata manipolata fin dalla nascita da qualcuno che non le aveva mai voluto bene e che poi, proprio il giorno in cui tutto era venuto a galla, aveva perfino cercato di ucciderla.
 
«Ciao… tu sei Arcee, vero? Scusami, è che sono un po’… mi sono svegliata ora».
 
“E in generale non hai l’aria di stare bene” pensò Arcee.  «Fa niente. È strano che tu sia qui».
 
«Per me è strano che sia qui tu. Come stai?»
 
Arcee si rese conto come quella conversazione stesse diventando un po’surreale, se pensava al dato di fatto che quella fosse la compagna di Soundwave, il che non era un dettaglio trascurabile, che fosse stata vittima di Spectrus o meno. «Bene» decise di tagliar corto «Sei qui da sola?»
 
«No! Ci siete tu e gli altri qui con me».
 
Arcee doveva ancora capire se quella femme fosse solo molto ingenua o, contrariamente a quel bastardo del fratello, perfino un po’stupida; fosse come fosse, era il caso di sfruttare la cosa per fare domande un po’più precise. «C’è qualche Decepticon in quest’astronave? Soundwave?»
 
«Se fosse stato così non credo che sareste riusciti a entrare, quindi no, non c’è nessuno… Soundwave tantomeno» fece una breve pausa di silenzio «Sono contenta che Spectrus non sia riuscito a uccidervi con l’esplosione. Lui ora è offline, lo sai? Mi sembra ancora impossibile. Il mio compagno di vita ha ucciso mio fratello, infatti è da tempo che non lo vedo. Non era quello che volevo. Non volevo niente di tutto questo» ripeté con aria assente.
 
«Spectrus non è offline» disse a bruciapelo Arcee, che non era famosa per il suo tatto «Sarebbe meglio per tutti, inclusa tu, ma non lo è».
 
«C-cosa?» balbettò Spectra, visibilmente scioccata ma con un barlume di vita che prima non aveva «Puoi ripetere per favore?»
 
«Non so se sia perché Soundwave non ha fatto bene il suo lavoro o se l’Inferno l’abbia risputato fuori perché non lo voleva, entrambe sono plausibili, ma sta di fatto che è vivo» disse, cupa, la femme Autobot «Ha attaccato noi, forse ha attaccato anche Darkmount e-»
 
«È vivo. Non posso crederci» continuò Spectra, senza dare granché mostra di ascoltarla.
 
Provava suo malgrado un po’di gioia nonostante sapesse benissimo che non c’era nulla di cui essere contenti. Purtroppo, se Spectrus era ancora sulla Terra e aveva attaccato persone qui e là, significava che non aveva né intenzione di andarsene come lei gli aveva detto, né di lasciarla in pace. A dirla tutta c’erano buone possibilità che tentasse di ucciderla di nuovo e, di conseguenza, anche Dreadwing. Spectra si era fatta l’idea che questi, per ragioni che lei e forse anche Dreadwing stesso non riuscivano ad afferrare, sarebbe stato capacissimo di prendere un colpo mortale di spada al posto suo: un’altra cosa che non voleva, l’ennesima. Avrebbe solo voluto che tutti la lasciassero, e stessero, in pace. Spectrus incluso. Quel che le aveva fatto era stato orribile ma sapere che viveva la sua vita tranquillo, lontano da lei, sarebbe stato accettabile.
Non voleva essere costretta di nuovo a fare del male, non voleva desiderare di farne e non voleva che qualcuno finisse col farsene a causa sua.
C’era una guerra e bisognava tenere conto di possibili perdite ma era diverso: non era lei la causa.
 
«Non è una bella notizia» disse Arcee «Cercherà anche te».
 
«Temo di sì. Purtroppo è ostinato, io gliel’avevo detto di non farsi più vedere. Mi spiace per tutti i problemi che vi ha causato».
 
“Se Spectrus è vivo allora significa che tra me e Soundwave dovrebbe essere tutto a posto” pensò poi Spectra “Non l’ha ucciso”.
 
Il suo processore la contraddisse meno di un secondo dopo.
 
“Non l’ha ucciso perché non ci è riuscito, non perché non ci abbia provato nonostante sapesse benissimo che io non volevo. Spectrus è pericoloso ma è mio fratello e tra me e lui è complicato. So che non mi vuole bene, so che è meglio non averci a che fare ma gli devo praticamente tutto, è un dato di fatto, ed è per questo che non lo volevo offline, che volevo dargli un’altra e unica possibilità di continuare a vivere. Soundwave sapeva la mia storia, non è stupido, quindi credo che sapesse anche tutto questo, ma non gli è importato. Non è un buon inizio, come dicevo a Dreadwing. Non lo è per niente”.
 
Ciò però non toglieva che adesso si sentiva pronta a parlargli prima o poi, possibilmente più prima che poi, anche per sapere se stava bene. Se Spectrus era entrato a Darkmount poteva aver cercato di fare qualche disastro… tanto per cambiare.
 
«I problemi che ci ha causato non sono colpa tua e ostinato non è la parola che userei. Senti, né io né gli altri qui vogliamo farti del male» disse Arcee «Tutto quel che vogliamo è solo una base operativa temporanea».
 
«Non potrei mandarvi via neppure volendo, mi sa, siete in due e io sono una…»
 
«In tre» la corresse Arcee «Ma non cambia nulla».
 
«No infatti» disse Spectra. Poi sorrise debolmente «Non sono sicura di averti ancora ringraziata per la volta in cui mi hai aiutata con Soundwave, sei stata gentile. Non meritavi quel che ti ha fatto mio fratello. E aver creduto al fatto che io non fossi come lui, nonostante il mio compagno sia un tuo nemico, è un’altra cosa per cui ti ringrazio».
 
«Di niente» borbottò Arcee, che pur avendo apprezzato i ringraziamenti non sapeva bene come comportarsi né riguardo quelli, né riguardo una situazione che continuava a reputare piuttosto straniante «Resta qui, puoi anche tornare in ricarica, sarai lasciata in pace».
 
Decidendo di cavarsi d’impaccio così, Arcee lasciò la stanza appena la vide annuire. Nel tornare dagli altri sentì delle esclamazioni di sorpresa, felici però, e una voce maschile che non era quella di Bulkhead.
 
«… siamo contenti. Siamo tutti contenti che tu abbia deciso di venire qui, Ratchet!» esclamò Rafael, visibilmente contento.
 
«Ho concluso che senza di me non sareste andati da nessuna parte. Nessuno di voi sa granché di tecnica» replicò l’Autobot, con un mezzo sorriso.
 
I suoi sentimenti verso la perdita di Optimus Prime non erano cambiati e, se si fosse ostinato a rimuginare ancora sull’accaduto, sarebbe sprofondato nella depressione né più né meno di prima. Pensando alla propria squadra e ai Decepticon si sentiva ancora come Davide contro Golia -a voler ricordare una storia di stampo religioso che Raf, che era credente come molte persone di origini sudamericane, gli aveva raccontato una volta- ossia qualcuno molto piccolo che combatteva qualcuno molto grande, così come non si era ancora fatto una ragione di certi comportamenti di Optimus… ma, dopo essersi fatto un esame di coscienza in quella discarica nella quale non era riuscito a tornare in ricarica come avrebbe voluto, si era reso conto di una cosa: abbandonare i suoi compagni di squadra, gli amici che erano rimasti, nonostante tutto non era da lui.
E poi, Davide non era forse riuscito a vincere contro Golia?
 
«Ratchet! Sono contenta di vedere che stai bene».
 
Il mezzo sorriso del medico, inevitabilmente, si ridimensionò. Non voleva il male di Arcee, sapeva che aveva già patito abbastanza -in parte per la sua stoltezza, secondo lui: se non avesse ceduto a Specter si sarebbe risparmiata molti problemi- ed era contento che fosse ancora online ma non per questo aveva cambiato idea su certi argomenti. «Anche io. È un bene che la squadra si stia riunendo».
 
«--Io e Raf te l’avevamo detto che era sempre un punto da cui partire. L’astronave sembra anche messa bene, sul Ponte Terrestre bisogna lavorare ma quanto al resto Starscream l’ha lasciata in buone condizioni. È perfino pulita--» osservò Bumblebee.
 
«Lo è perché non siamo soli» rivelò a tutti Arcee, guadagnando varie occhiate sorprese «È un bene che tu sia arrivato ora, Ratchet, almeno posso dire tutto a tutti in una volta sola».
 
Aggiornò tutti rapidamente riguardo la presenza di Spectra -messa non benissimo e apparentemente in rotta col marito stando alle sue parole- nell’Harbinger.
 
«Può pure smettere di piangerlo, quel brutto bastardo era vivo e abbastanza in forma da fare del male a Bulk!» sbottò Miko «Se davvero è meglio di lui, perché era dispiaciuta pensando che fosse morto?!»
 
«Forse proprio perché è meglio di lui» suggerì Raf, un po’ timidamente «Anche io non ho il rapporto migliore del mondo con la mia famiglia, però non vorrei mai che a chiunque di loro succeda qualcosa di male. Per lei forse è lo stesso».
 
«Le cose sono due: o fa finta, cosa che la renderebbe più brava a mentire di quanto sia Spectrus» ipotizzò Ratchet, sollevando il pollice destro «O è abbastanza stupida» sollevò l’indice «Le opzioni sono queste».
 
«Non sei molto gentile» commentò Jack.
 
«In parte è anche colpa della “gentilezza” se siamo finiti come siamo finiti» replicò il medico «Specter è un mostro ma non per questo aveva torto su tutto. Dovremmo adottare una linea più dura e fidarci un po’meno di chi non conosciamo bene».
 
«Su questo sono d’accordo» annuì Arcee «È la ragione per cui io e Bulkhead siamo scappati quando Ultra Magnus, riapparso dal nulla insieme a Spectrus e… e chiunque lo stia aiutando-»
 
«Ultra Magnus si è alleato con Specter?» trasecolò Ratchet «Come sarebbe?!»
 
«Ti aggiornerò più tardi, ora dobbiamo decidere cosa fare con Spectra. Io le ho detto che non le avremmo fatto del male, andrebbe contro il nostro Codice e, in ogni caso, non c’è ragione di fargliene» disse la ricognitrice «È innocua».
 
«E sì che hai appena detto di essere d’accordo con me sul diffidare di chi conosciamo poco!» esclamò Ratchet «Soprattutto se si tratta di qualcuno con un fratello e un compagno di vita tanto scomodi. Concordo sul non farle del male ma non sul fatto di considerarla innocua e…» esitò brevemente, abbassò lo sguardo e fece un sospiro «Magari potremmo tenerla in ostaggio. Se a Soundwave importa qualcosa di lei potrebbe servirci».
 
«--Cosa? Ti ha dato di volta il cervello?! Questo non è un discorso da Autobot!--» protestò Bumblebee «--Se Optimus fosse qui- --»
 
«Optimus non è qui ed è proprio per colpa di un altro Specter. Forse tendete a dimenticarlo ma io no».
 
«Ratchet, io credo che lei sia davvero diversa da Spectrus» disse Arcee «Non-»
 
«Siamo in svantaggio ed è un dato di fatto, quindi credo che la cosa più sensata sia aggrapparci a tutto quello che abbiamo» disse Ratchet «Tenerla in ostaggio non implica legarla, imbavagliarla e picchiarla. E poi, Arcee… sinceramente non hai dimostrato particolare abilità nel cogliere la vera natura di suo fratello. Stavolta potrebbe valere lo stesso discorso, e coi “potrebbe” non possiamo andare avanti in questo momento! Ecco perché ho detto quel che ho detto. Pensateci bene e capirete che quella dell’ostaggio non è una cosa insensata».
 
Gli altri Autobot e i ragazzini si scambiarono qualche occhiata restando in silenzio.
 
«Se la prendiamo in ostaggio magari in futuro le posso fare una foto, lei mi manca» disse Miko, mostrando il cellulare.
 
Peccato che l’ostaggio in questione, dopo aver recuperato qualche lampada di sale e averla messa in uno scomparto -lasciarle tutte lì sarebbe stato un peccato- se la fosse svignata da un’uscita sul retro dell’astronave, concludendo di aver sentito più che abbastanza.
 

Si allontanò prima a piedi, abbastanza perché nessuno di loro sentisse il rumore che avrebbe fatto quando sarebbe corsa via nella sua forma veicolare, poi si trasformò -per la prima volta in assoluto da quando aveva messo piede sulla Terra- e sfrecciò via.
 
Quando Arcee l’aveva lasciata sola aveva pensato un po’al da farsi. Andarsene era stata una delle opzioni, perché difficilmente Dreadwing avrebbe accettato di condividere l’Harbinger con gli Autobot anche solo temporaneamente, si sentiva ancora un Decepticon e lei lo sapeva.
Poi però la sua natura l’aveva portata a pensare, inevitabilmente, che magari avrebbero potuto trovare un accordo. Arcee aveva parlato di una “base temporanea”, al momento tecnicamente né lei né Dreadwing facevano parte di alcuna fazione e c’erano in giro delle minacce contro le quali sarebbe stato meglio fare gruppo anche solo per un po’. Inoltre Arcee era stata carina con lei in passato e le aveva detto che l’avrebbero lasciata in pace.
 
“Non avrei dovuto illudermi: ora come ora io e Dreadwing siamo soli. Lui non ha amici a Darkmount, io non ho amici nella fazione di mio fratello… e forse dovevo immaginarlo, anche solo perché non mi conoscono” pensò Spectra “Sono la solita stupida”.
 
Non tanto stupida da restare davvero sulla cuccetta e tornare a dormire forse, ma era l’unica cosa positiva che Spectra avesse da dire di se stessa in quella vicenda.
La sensazione di stupidità e inutilità divenne ancor più forte pensando che non aveva potuto fare nulla per difendere l’Harbinger da quattro Autobot: se solo fosse stata forte come suo fratello, se fosse stata meglio armata, se fosse stata “meglio” e basta, forse lei e Dreadwing non avrebbero perso la loro nuova casa.
 
«Dreadwing, sarò breve: l’Harbinger è persa, quattro Autobot l’hanno trovata e non sono nostri amici. Per un attimo avevo pensato di sì» disse via comm-link «Come fai a dire che non sono stupida?... sto scappando e non si sono ancora accorti, quando raggiungo un posto che sembri sicuro ti mando le coordinate, va bene?»
 
“Una cosa buona dell’essere stata qui con Starscream c’è: le passeggiate per la riabilitazione mi hanno fatto conoscere un po’i dintorni” pensò una volta concluso il messaggio “Però devo andare più lontano, restando qui non lo sarei abbastanza”.
 
Stava guidando verso una destinazione che le era ancora sconosciuta e, per assurdo, era la cosa più normale -normale per lei, che andava in giro, si perdeva e seguiva le farfalle- che avesse fatto negli ultimi tempi.
 
 
 
 
 
 
.: Darkmount, ora ::.
 
 
 
 
 
 
Starscream era appena tornato alla sua postazione dopo qualche tentativo solo parzialmente fruttuoso di riparare il sistema di trasmissioni e comunicazioni quando la spia luminosa del segnalatore che aveva nascosto nel corpo di Wheeljack tornò a farsi vedere sullo schermo.
 
«Oh, eccolo. Il mio lavoro sul sistema è servito a qualcosa. Più o meno, dato che le immagini video ora non vanno» commentò, sbuffando «Miniere di energon? Io non ho fatto questa ricerca, immagino che sia stato Lord Megatron» mormorò, pensieroso, dopo aver rimesso mano ai computer «E questo?... sembra il segnale di un potenziale giacimento di energon, e il segnale di Wheeljack… sì è proprio qui!»
 
La spia luminosa era immobile sullo schermo, contrariamente ai pensieri del seeker che si rincorrevano gli uni con gli altri alla velocità del vento.
 
“C’è un possibile giacimento di energon, ha senso che Wheeljack sia lì e, dal momento che vari vehicons hanno riferito di averlo visto portare via Bulkhead, probabilmente ora sono insieme. Forse c’è anche Arcee con loro” ragionò “Se ora io e un buon numero di vehicons partiamo, li catturiamo e fornisco a Lord Megatron i dati di una cava nuova, la mia posizione sarà al sicuro per un bel pezzo”.
 
In altri tempi avrebbe tenuto nascosta quella nuova cava -senza sapere che Megatron invece l’aveva trovata poco prima- ma aveva già ricevuto in passato una durissima lezione riguardo il nascondere certe cose e non teneva affatto a farsela rispiegare.
 
Sfregando le mani una contro l’altra, pregustando già il successo, ordinò via comm-link ai vehicons di prepararsi alla partenza e poco dopo decollò assieme a loro -ove “assieme” era da leggersi “avanti a tutti loro”, essendo un modello più veloce. Rallentò solo quando erano in procinto di raggiungere la loro destinazione, lasciando che fossero i vehicons ad atterrare per primi: in caso di problemi sarebbero stati loro a prendersi i colpi e lui avrebbe avuto l’opportunità di scappare.
Non era una tattica coraggiosa ma forse se era sopravvissuto per tanto tempo era anche grazie a cose simili.
 
«Comandante Starscream… laggiù» disse subito uno dei vehicons una volta che tutti ebbero posato i piedi a terra.
 
«Autobot?»
 
«Non lo so, signore».
 
Starscream gli lanciò un’occhiataccia, avvicinandosi con fare minaccioso. «Incompetente! Come sarebbe a dire che non…»
 
Degnatosi di guardare ciò che il vehicon gli aveva indicato, ammutolì per qualche secondo.
 
«Ah».
 
Se fosse stato da solo la sua reazione sarebbe stata tutt’altra, alias quella istintiva di avvicinarsi, controllare che quel che aveva capito di star vedendo fosse esatto, indietreggiare, guardarsi attorno spaventato e poi tornarsene dritto filato a Darkmount, ma a Starscream non piaceva fare la figura del pavido davanti ai soldati.
La sola cosa che poteva fare, quindi, era rendersi conto del fatto che in quel posto non ci fosse alcun Autobot… se non quello che era stato fatto a pezzi, privato della testa e del simbolo degli Autobot che un tempo aveva campeggiato sul petto e, infine, incollato in qualche modo alla parete rocciosa. Gli arti inferiori inoltre parevano anche essere stati… tagliuzzati? Tritati?
 
Fosse come fosse sembrava che Wheeljack, fuggendo da Darkmount e andando a cercare rifornimento in quella cava, non fosse andato incontro a un destino piacevole.
 
“Chi?! CHI?! Airachnid? È lei quella che colleziona teste” pensò Starscream “E che ha le ragnatele appiccicose. Però non so, c’è qualcosa che non torna. Forse è stato Specter?! Wheeljack era andato via con il suo ex compare e non con lui, quindi doveva averlo mollato e lui si è vendicato, non è improbabile, non mi sembra il suo stile ma non è improbabile, magari quando è risorto o… o qualunque cosa sia capitata, l’ha fatto diventare completamente pazzo! O magari è stato chiunque lo stia aiutando”.
 
«Il segnale della presenza di energon è diventato più forte, il fatto che questo sia un giacimento è confermato. Andiamo» concluse il seeker, trasformandosi.
 
«Il corpo-»
 
«Un mucchio di pezzi di metallo inutili! Andiamo!» ripeté Starscream, decollando.
 
Megatron aveva parlato di voler avere teste di Autobot -metaforicamente ma anche no-, ogni linea Decepticon aveva sentito le sue parole per colpa di un Knockout distratto e adesso c’era un Autobot morto e senza testa.
Starscream non sapeva dire perché il suo processore avesse fatto quell’associazione ma di fatto era una particolare coincidenza.
 
Il suo rimuginare lo distrasse abbastanza da sbagliare rotta, giungendo in poco tempo in un luogo che si trovava a metà strada tra quel nuovo giacimento e quella che era stata casa sua per molto tempo, alias l’Harbinger. Si trattava di uno di quei posti con un po’di boscaglia abbastanza scarna intervallata da più di una radura. Non era molto lontano dalla grotta in cui aveva trovato Airachnid legata a una parete.
 
«E con me quella volta c’era anche… aspetta…» si abbassò di qualche metro «Ho le visioni o?!...»
 
Una motocicletta molto leggera, di dimensioni abbastanza ridotte, di colore bianco e blu e senza guidatore umano.
Non aveva mai visto la alt-mode di Spectra, non ne aveva mai avuto l’occasione, ma non c’erano molti dubbi.
 
“Lei è qui e non vedo Dreadwing in giro. È sola. Siamo soli” pensò “Da quassù non vedo altri in giro”.
 
Se fosse stato nella sua forma base, sul suo volto si sarebbe potuto vedere un ghigno di malefica soddisfazione.
 
«Alla fine ho fatto proprio bene a uscire da Darkmount!»









..."Are you sure?" xD
A questo giro non ho nulla da dire, quindi... grazie a chiunque legga, come al solito :)

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Capitolo 7
*** 7 - ''Se lei è nulla, tu cosa credi di essere?'' ***


7
(“Se lei è nulla, tu cosa credi di essere?”)















Spectra aveva riconosciuto l’ F16 appena, sentito il rumore, aveva dato un’occhiata a cosa c’era in cielo. Nello stesso istante si era resa conto di essere stata riconosciuta a propria volta e, soprattutto, che Starscream si stava rapidamente abbassando di quota.

“Oh no…”

Accelerò più che poteva con l’idea di cercare di nascondersi in mezzo agli alberi, pur immaginando che non fosse possibile perché si trattava di un bosco piuttosto rado e anche perché, come sapeva bene, Starscream conosceva quel posto quanto e più di lei; tutte ragioni per cui inviò a Dreadwing le coordinate promesse, sebbene non fosse un posto sicuro.

Nel rivedere il seeker i ricordi di tutto quello che era accaduto tra loro tornarono a galla nel suo processore, come il momento in cui Starscream le aveva regalato dei fiori, per esempio, quelli in cui l’aveva fatta ridere, quelli in cui l’aveva sostenuta nella riabilitazione.
Assieme a tutto ciò però giunse anche l’altra faccia della medaglia, molto più importante e che pesava molto di più: lui aveva ucciso la sua famiglia e facendo questo aveva sicuramente contribuito a rendere Spectrus il mostro che era diventato, lui l’aveva resa invalida, lui aveva usato il rapporto che si era creato tra loro per far soffrire Soundwave -verso il quale lei, allora, non provava gli attuali sentimenti contrastanti- lui l’aveva sbattuta contro una parete, le aveva strappato la placca pelvica e aveva cercato di violentarla, e pensare di aver condiviso la cuccetta con lui, con quasi tutto quel che di solito comportava, le stava facendo provare ondate di disgusto verso di lui e verso se stessa fin quasi alla nausea.

Strillò quando un colpo laser di indubbia provenienza esplose davanti a lei facendola finire fuori strada a schiantarsi contro un albero. L’urto per fortuna non fu troppo forte, non perse conoscenza e restò confusa solo per qualche secondo, dopo i quali riacquisì velocemente la sua forma base e riuscì ad alzarsi in piedi.

«Una volta eravamo piuttosto vicini, ora invece ho dovuto spararti perché ti fermassi a salutarmi».

Non velocemente quanto Starscream era atterrato a poca distanza da lei e la guardava col sorriso soddisfatto di chi aveva in pugno la situazione.

«Stando con Dreadwing hai disimparato le buone maniere?» continuò il Decepticon, avvicinandosi.

«Non so cosa vuoi e non mi interessa, Starscream, non ti avvicinare nemmeno. Vai via».

Non voleva vederlo, non voleva parlare con lui, farlo le dava l’impressione di avere ancora le sue mani addosso e, soprattutto, la faceva sentire come se dentro di lei ci fosse stato qualcosa che mordeva e dilaniava con furia sempre maggiore i suoi tessuti tecnorganici pur di uscire allo scoperto. Avrebbe voluto solo che sparisse, possibilmente assieme a Starscream.

«Non ho intenzione di farlo» replicò il seeker, sempre più vicino «Non dopo averti cercata in tutto questo lasso di tempo e averti trovata oggi qui, sola, mentre ero in giro per tutt’altro. Direi quasi che fosse destino e non è una novità, vero? Quando siamo in ballo noi due, ecco che il tempismo diventa sempre perfetto».

«Vai via… per favore».

Lui continuò ad avvicinarsi.

«Tu pensi davvero che “per favore” possa aiutarti in questo momento? Dopo aver capito che sei una delle mie principali fonti di disgrazia? Dopo che tu, con tutto quel che ho fatto per te, mi hai messo in ridicolo?»

“Con tutto quel che ho fatto per te”.
L’ego e l’orgoglio sconfinati del seeker facevano sì che probabilmente credesse davvero in quelle parole, e ciò peggiorava la sensazione di Spectra riguardo il fatto che presto, molto presto, quella sensazione strisciante che faceva battere forte la sua Scintilla sarebbe arrivata al punto di rottura.

«Tu forse sei davvero convinto di quel che stai dicendo ma se anche fosse così non mi interessa. Voglio che tu vada via e non voglio vederti più, Starscream».

«Dopo oggi non mi vedrai più, te l’assicuro: non credo che i morti possano vedere qualcosa. Prima di questo però voglio rivivere i vecchi tempi per un’ultima volta, riprendendo da dove Soundwave, il tuo caro Soundwave che hai già gettato via come hai fatto col sottoscritto, ci ha interrotti. Nessuno ci disturberà e nessuno ti verrà a salvare, ma te ne sei già resa conto» disse Starscream, a pochi centimetri da lei, chinandosi leggermente «Vero, piccola?»

L’aveva chiamata in quel modo molte volte quando erano stati insieme, Spectra lo ricordava e ricordava che le era anche piaciuto.
Erano cambiate così tante cose in così poco tempo.

«Sì» disse la giovane femme «Stavolta me l’aspettavo».

Fu tutto molto veloce.
Starscream, che fino a un attimo prima era in piedi ed era sano, prima sentì un dolore lancinante all’attaccatura tra il busto e le gambe, poi crollò sulle ginocchia; una spinta da parte di Spectra, le cui piccole lame nelle braccia baluginavano alla debole luce del sole, lo fece cadere sdraiato sul terreno brullo e, prima che potesse muovere le braccia, queste vennero disattivate all’altezza delle spalle con due colpi rapidi e precisi.

«E contrariamente alle altre volte non intendo scusarmi per le ferite».

Tutto quel che riuscì a fare Starscream fu emettere una serie di esclamazioni sorprese nel vedere Spectra, con uno sguardo freddo per lui totalmente inedito, guardarlo dritto negli occhi mentre si sedeva poco sotto il suo petto. Le lame erano ancora sguainate e gocciolavano energon ma non sembrava importarle affatto.

«S-Spectra? Spectra possiamo parlar-»

Una lama pericolosamente vicina alla sua scatola vocale lo fece tacere.

«Non sono interessata a quel che vuoi dire, te l’ho già spiegato. Quindi stai zitto».

Starscream iniziò a sperare che qualche vehicon si accorgesse del fatto che mancava a rapporto e venisse a cercarlo, perché quel che stava succedendo e l’espressione di Spectra non promettevano nulla di buono. Tempo addietro, quando aveva saputo delle sue parentele, aveva pensato che la sua potesse essere stata una recita; aveva accantonato quel pensiero ricordando tutto ciò che era successo quando aveva cercato di forzarla alla connessione, dicendosi che se fosse stata in grado di attaccarlo l’avrebbe fatto.
Sembrava aver commesso un errore di valutazione, dopotutto.

«Io volevo solo stare in pace» disse Spectra, con voce chiara «So che non si può piacere a tutti, lo accetto. L’ho accettato con Knockout, l’ho accettato con Airachnid, cerco di accettarlo con mio fratello e, ovviamente, anche con te. Se fossi rimasta nella Nemesis avrei accettato la tua presenza a patto che mi stessi lontano e non mi parlassi affatto. Pensando a quel che mi hai fatto e volevi farmi non è molto, dovresti capirlo nonostante il tuo ego ferito. In tutta la mia esistenza non avevo mai voluto fare del male a nessuno, non mi piace e se è successo è stato perché sono stata costretta. Anche adesso lo sono stata, io te l’avevo detto di andare via. Rispetto alle altre volte però c’è una differenza».

Puntò la lama del braccio destro all’altezza della Scintilla di Starscream.

«Le altre volte non sarei riuscita a trovare un motivo valido per uccidere qualcuno neppure sforzandomi, questa volta invece mi sto sforzando di trovarne uno per non farlo e mi risulta addirittura difficile. Tu non hai idea di quanto ti odio» continuò la femme, senza che la voce si incrinasse nonostante le lacrime avessero iniziato a scorrere copiose lungo le guance «E non hai idea di quanto odi il fatto di essere arrivata a odiarti fino a questo punto. Io non credevo di esserne capace. Io non volevo esserne capace».

A Starscream parve di sentire dei passi di più persone in avvicinamento, cosa che gli diede lo stimolo per superare lo stupore assoluto e tentare di imbastire una difesa impossibile. «A-andiamo, riconosco di aver fatto qualche piccolo sbaglio, non ultimo quello di poco fa, ma in fin dei conti non c’è bisogno di uccidermi, volevo solo… abbiamo passato dei bei momenti, no? Stavamo anche per sposarci, gius-»

«Tu hai ucciso i miei genitori. Per colpa tua li conosco solo grazie a poche fotografie e ai racconti di qualcun altro…»

«Ho travisato gli ordini, è stato un errore! Megatron mi ha punito per quello!»

«Mi hai resa invalida a vita. Ho passato la vita a vedermi come una stupida storpia» continuò Spectra «Stupida lo sono di mio, storpia lo sono per colpa tua».

«Ho cercato di risolvere! Ho cercato di curarti e infatti stai meglio, non puoi dire di no, a meno che tu sia bugiarda come tuo fratel-»

«IO NON SONO COME LUI!» gridò la giovane, allontanando però la lama invece di affondarla nel petto del seeker e poggiando il viso contro la mano «Non sono come lui, non voglio diventare come lui…»

«Ecco, brava, quindi non terminarmi, grazie...» disse velocemente, sentendo che i passi dei possibili rinforzi erano arrivati praticamente lì, ormai.

«È solo per questo che non lo faccio. Ti rendi conto?» gli domandò Spectra, con la voce ormai rotta dal pianto «Capisci quello che hai fatto? Mi hai rovinato la vita, mi hai menomata, hai cercato di violentarmi, ci sei quasi riuscito e ora ci hai riprovato! Che… che ti ha detto il cervello?! Perché l’hai fatto? Perché, Starscream?!»

«Non sarebbe successo se tu mi avessi sposato!» esclamò il seeker.

Spectra scosse la testa, guardandolo fisso. «Non puoi averlo detto davvero».

I rumori divennero tali che finalmente anche Spectra, nonostante le sue condizioni, riuscì finalmente ad accorgersi che c’era qualcun altro nei paraggi.

«Avevi ragione. Pensavo di no, diciamo pure che in un certo senso mi auguravo di no, ma avevi ragione e hai fatto bene a chiamare gli altri. Il cane non si era messo a correre come un pazzo senza motivo» disse Helex, che si trovava di fianco a un Kaon che in quel momento stava faticando abbastanza a trattenere il guinzaglio della propria bestia.

“Che diamine ci fanno qui quelli della DJD?!” pensò Starscream che, da sollevato per i possibili rinforzi in arrivo, era più terrorizzato di prima.

Benché la Decepticon Justice Division fosse, come suggeriva il nome, appartenente alla sua stessa fazione, non significava che il seeker si sentisse al sicuro; tutt’altro, visto e considerato che la loro missione primaria era quella di dare la caccia proprio a coloro che avevano tradito, disertato, recato danni alla Causa o a Lord Megatron in qualsiasi maniera. Avevano una Lista di nomi il cui ordine veniva seguito scrupolosamente dai sei membri del gruppo e Starscream era consapevole che, tempo addietro, era stato presente anche il suo. Per quel che lui sapeva, Megatron aveva ordinato a Tarn -il leader di quello che secondo Starscream era un gruppo di fanatici serial killer legalizzati che, fosse stato per lui, non sarebbe dovuto esistere- di rimuoverlo… ma cosa gli sarebbe successo se quel mostro per una volta avesse deciso di agire di testa propria?

“Il mostro in questione non è qui e se Megatron ha detto loro di rimuovere il mio nome l’hanno fatto. Discutere i suoi ordini non è qualcosa che fanno” pensò il seeker, ostinandosi a cercare di mantenere la calma “E io sono il secondo in comando di Megatron, sono stato attaccato da una neutrale, è loro dovere soccor-”

Le ottiche di Spectra, già molto grandi, lo divennero ancora di più a causa dello stupore. «Voi?...»

“Perché parla come se li conoscesse? Perché parla come se li conoscesse E potesse stare tranquilla?!” allibì Starscream.

«Spectra-» esordì, venendo bruscamente interrotto da un ululato.

«Va bene, hai vinto» sospirò Kaon, lasciando cadere il guinzaglio «Vai a salutarla per primo, magari senza mangiarla!»

Un ondata di entusiasmo in forma canina -anzi di turbofox- investì Spectra, toltasi da sopra Starscream e alzatasi in piedi, facendola cadere a terra e iniziando a leccarle la faccia. Ciò riuscì perfino a strappare una mezza risata alla giovane, una delle poche persone nel cosmo che avrebbero potuto avere una simile reazione nell’avere il cane della DJD appiccicato al volto.

Quando il cane si spostò, una grossa mano blu si posò sulla sua schiena.

«Te l’avevo detto che se non avessi mangiato abbastanza saresti rimasta un lilleth. Un lilleth adulto, ma sempre un lilleth» disse Helex, neppure bisognoso di abbassarsi data la lunghezza particolare delle sue braccia primarie «Dirò a Tess di decidersi a preparare quel rame-N a base di-»

«Teeeh, non credo che Lilleth abbia i tuoi stessi gusti, lascia perdere» lo interruppe Kaon, chinandosi all’altezza di Spectra «Va bene, il nostro secondo incontro è assurdo quasi quanto il primo quindi non so bene che dire, tranne che sono contento quanto il cane ma non posso leccarti la faccia!... credo. Anche adesso che sei cresciuta sei sempre tanto dolce e carina come una volta, anche con le lame sporche di energon altrui!»

«Vi ricordate ancora di me?» fu la prima cosa che riuscì a dire Spectra «Non ero neppure adulta quando… è passato tanto tempo, non pensavo… fa niente» concluse, sorridendo a entrambi «Non siete cambiati per nulla dall’ultima volta che vi ho visti. Come state?»

Helex, già molto serio in volto, lo divenne ancor di più. «Tu come stai?»

«C’è il secondo in comando di Lord Megatron a terra e chiedete a lei come sta? È pericolosa e instabile, non vi fidate» disse Starscream, nel disperato tentativo di non arrendersi all’idea di essere, forse, nei guai. A seconda di se -e quanto- i due della DJD avevano sentito «Fate qualcosa piuttos…»

Kaon si voltò verso di lui, puntando le sue orbite vuote nei sensori ottici rossi del seeker. «Fai qualcosa tu, signor secondo in comando ex Listato, tipo fingere di non esistere» disse, sorridendo perfino, mentre le antenne Tesla poste sulle spalle si illuminavano brevemente «Finché hai questa possibilità. Dicevamo? Ah, sì: tu come stai, Lilleth?»

«È tutto a posto» disse lei, dopo una brevissima esitazione.

I due membri della DJD si scambiarono un’occhiata e Kaon, con un sospiro, allacciò le proprie mani dietro la schiena di Spectra e poggiò la testa sulla sua spalla. «Ora e in futuro sicuramente, quindi forse non è una bugia».

Il rumore di qualcun altro in arrivo si fece più udibile prima di interrompersi del tutto.

«Credo che il mio turno per i saluti sia appena finito» disse il Decepticon rossastro, allontanandosi da Spectra e indicando con un cenno del capo un punto dietro di lei, dove un altro viso familiare -ove con “viso” si intendeva dire maschera- non aspettava altro.

Quando Spectra si fu voltata sorrise, avvicinandosi al grande mech dalle cromature prevalentemente violacee che, senza distogliere le ottiche rosse brillanti da lei neppure un secondo, si stava già parzialmente inginocchiando così da trovarsi a un’altezza più ragionevole rispetto alla sua e protese leggermente una mano quando fu abbastanza vicina.

«Tarn… sono contenta di rivederti» sorrise ancora Spectra, ponendo una mano su quella della prima persona in assoluto che le avesse detto di non considerarsi stupida.

«Anche io, Spectra» disse Tarn, sfiorandole con il dorso delle dita una guancia ancora striata di lacrime di energon nonostante i “saluti” del cane «Molto».

“Sono finito. Sono completamente finito, posso considerarmi morto” pensò Starscream “Non dovevo uscire da Darkmount, non dovevo sbagliare rotta, non dovevo mettermi a inseguirla! Una volta visto quel che hanno fatto a Wheeljack, perché a questo punto sono stati loro, sarei dovuto tornare da Megatron e basta!... no. No, non è ancora detta l’ultima parola. Megatron non mi vuole morto, quindi non mi toccheranno neanche loro. Loro hanno degli ordini, Spectra o non Spectra, e io al di là delle prese in giro che ha osato farmi quel pezzente elettrico ho una certa posizione. Non sono ancora finito!”

«Ci sarebbero molte cose da dire e lo faremo» continuò Tarn «Ma prima di tutto voglio sapere cos’è successo qui di preciso».

«È una cosa un po’lunga…»

«Un buon motivo per iniziare prima che Vos e Tesarus arrivino e vogliano salutarti. Nickel è rimasta nell’astronave ma avremo tempo e modo di rimedia-»

Il rumore di due motori di un jet in arrivo, spinti al massimo, anticipò di poco il momento in cui Spectra gli venne strappata via dalle mani. Troppo poco perché Tarn potesse fare qualsiasi cosa diversa dal riuscire a mantenere miracolosamente l’equilibrio e ad alzarsi in piedi di scatto con un “No!” che, se il rapitore non avesse abbassato l’audio dei suoi recettori uditivi, avrebbe seriamente rischiato di buttarlo giù.

Dreadwing, conoscendo la Decepticon Justice Division, era stato abbastanza previdente sia nel fare questo, sia da star volando via alla massima velocità che gli era consentita per mettere più distanza possibile tra lui, Spectra e un gruppo di feroci assassini la cui presenza era imprevista e costituiva un ennesimo problema.

«D’ora in poi andremo a cercare l’energon insieme, non ti lascerò più sola. Mai più!» esclamò l’ex secondo in comando quando giudicò di essere arrivato a distanza di sicurezza «Non avrei dovuto farlo fin da principio, credevo che in quel modo saresti stata più al sicuro ma sbagliavo. Sono stato così stupido!... la Decepticon Justice Division sul pianeta era l’ultima cosa di cui avessimo bisogno».

«Dreadwing-»

«Come se non fosse stato sufficiente quel maledetto di Starscream a… un momento: sei ferita? Ti ha fatto del male?!» le domandò, consapevole che non sarebbe mai stato in grado di perdonarsi se avesse scoperto di essere arrivato tardi per impedire che quel bastardo finisse il lavoro iniziato nella Nemesis.

«Ci ha provato e ho dovuto dargli due ceffoni, però a parte questo sto bene».

Benché Dreadwing nei giorni passati all’interno dell’Harbinger avesse imparato dai racconti di Spectra cos’erano i “due ceffoni”, l’idea che Spectra non fosse totalmente indifesa come aveva sempre pensato riusciva ancora a stupirlo -anche se ovviamente la riteneva una buona cosa.

«Bene. Bene. Per fortuna. D’altro lato però questo rendeva ancora più pericoloso il resto, la DJD… loro… ne hai mai sentito parlare? Hai idea di cosa fanno?»

«Li incontrai la prima volta che Spectrus mi fece uscire di casa, non ero ancora adulta. Rimasi nella loro astronave per un mesetto o giù di lì, fino a quando Spectrus mi salvò portandomi via dalla loro nave… o “salvò” per modo di dire, pensando che lui…» fece un sospiro «A proposito, secondo gli Autobot è ancora vivo e potrebbe aver fatto qualche disastro a Darkmount».

«È vivo e pronto a fare danni come suo solito, me l’ha detto anche Lord Me- Megatron, prima, ma Spectra-»

«Hai incontrato Lord Megatron?! Com’è andata? Che vi siete detti?»

«Ne parliamo dopo. Spectra, la DJD? Sul serio?! Un mese intero con quei… con loro, e non l’hai detto a nessuno di noi!»

«È successo tanto tempo fa. Pensavo che mi avessero dimenticata, io non facevo niente di rilevante in quell’astronave, non avrei mai immaginato che loro potessero ricordarsi di me né avrei mai immaginato di poterli rivedere qui. Mi spiace di non avertelo detto, se l’avessi fatto avresti capito che non c’erano pericoli per me… e non ti saresti esposto».

«Intanto Megatron non desidera la mia morte né la tua, quindi se si incontreranno e lo chiarirà potremmo essere meno in pericolo entrambi. Forse. In verità lui vorrebbe che tornassimo entrambi a Darkmount ma per quanto mi riguarda non se ne parla, neanche adesso» dichiarò il jetformer «Anzi, direi soprattutto adesso che quel lurido verme delle terre rugginose ha cercato di farti del male di nuovo. Come può Megatron tenere con sé quell’essere? Non ha imparato la lezione neppure dopo il pestaggio di Soundwave!» sbottò «Non me ne capacito. Essere un Decepticon non significa questo, tenere lì Starscream è un’onta per la fazione intera».

«Volevo terminarlo, Dreadwing».

Breve pausa di silenzio da parte del Decepticon. «Vuoi parlarne?»

«N-non vorrei… in questi giorni credo di essermi lamentata abbastanz-»

«No. Parlami anche di questo oltre che di tutto quel che è successo» disse lui «Per favore».

Lei fece un piccolo sorriso. «Sei gentile».

«Puoi parlarmi di quel che vuoi quando vuoi, come io ho deciso di fare con te. Posso aver fatto delle scelte sbagliate in questi giorni ma questa non lo è. Ascolta, in considerazione dell’attacco di tuo fratello a Darkmount, se volessi parlare con Soundwave per sentire come sta potremmo cercare un modo di farlo senza essere tracciati subito. O puoi parlargli e basta, dipende da te, sei l’unica che abbia diritto di prendere una decisione a riguardo».

Non era convinto della cosa né si sentiva granché felice all’idea -persuaso com’era che neppure Soundwave fosse la persona giusta per Spectra- però sapeva che era giusto così e, nel dirle che prendere certe decisioni spettava solo a lei, era stato del tutto onesto in merito a ciò che pensava.

«Io in effetti avevo pensato di farlo, ora mi sento pronta a parlare con lui. Riguardo il come però vorrei pensarci un attimo».

Dreadwing annuì e pensando a un possibile rifugio per il futuro, possibilmente anche da quei pazzi furiosi che nonostante tutto lo preoccupavano molto più di quanto volesse dare a vedere, scomparve con lei in mezzo alle nuvole.

Chi invece avrebbe solo desiderato scomparire a sua volta in mezzo alle nuvole ma non poteva farlo era Starscream che, solo e ferito insieme a quelli che ormai erano diventati cinque dei sei membri della Decepticon Justice Division, continuava a sentirsi tutt’altro che tranquillo.

«Chi era quello? Non abbiamo fatto in tempo a ritrovare Lilleth che l’hanno rapita un’altra volta!» sbottò Helex.

«Era Dreadwing. Conoscere nome, aspetto e valore di ogni Decepticon è qualcosa che in simili casi è un bene» asserì Tarn «Per noi».

L’allampanato Vos, squadrando Starscream, disse qualcosa nel suo linguaggio primitivo.

«Seh, non hai torto. È abbastanza ridicolo che uno che tiene tanto a dichiararsi il secondo in comando di Lord Megatron si sia fatto ridurre così da Spectra» disse Kaon «Non è più delicata come un uovo di Lilleth, eh Tess?»

Il mastodontico Decepticon -un bestione di quasi diciassette metri con un grosso buco dentellato all’altezza del petto col quale aveva triturato del tutto o parzialmente un numero indefinito di malcapitati, non ultimo Wheeljack- fece spallucce. «Bah. Con me non ce l’avrebbe fatta».

«“Non che avrebbe avuto ragione di farlo”, Tesarus, immagino che intendessi concludere così» disse Tarn.

«Certo».

«Per quanto riguarda il resto è buona cosa che sia stata in grado di difendersi» riprese Tarn «Tuttavia, io ritengo che non avrebbe dovuto avere motivo di doverlo fare» aggiunse, puntando i sensori ottici su Starscream.

«E-Ehm, tra me e Spectra c’è stato solo un banale fraintendimento, la sua è stata una reazione eccessiva, volevo solo parlarle, solo che… ti sorprenderà sapere che è una Specter, io stesso l’ho scoperto da poco, e che quindi i miei trascorsi con la sua famiglia-»

«Ne sono al corrente» tagliò corto freddamente il Decepticon.

«A-Ah sì? Beh, comunque il nostro signore Lord Megatron però mi aveva già punito per quel che accadde tempo addietro. Infatti non sono neanche nella vostra Lista, mi risulta così, giusto? Quindi che ne dite se ora io chiamo i soccorsi e andiamo a Darkmount tutti insieme?» tentò il seeker argentato «Così che possiate saperne di più su quel disertore che è Dreadwing?»

«No, tu non te la cavi così» affermò Helex «Credi che io a Kaon siamo sordi?»

«Oltre a essere la ragione per cui Lilleth zoppica, questo stronzo ha cercato di forzarla alla connessione due volte, Tarn, una delle quali poco fa» disse Kaon, per una volta senza temere un ammonimento per il linguaggio «Lei l’ha accusato e lui non ha negato».

Per più di un istante l’unico rumore udibile fu il flebile ululato del vento che aveva iniziato a staccare le foglie disseccate dei pochi alberi attorno a loro.

«Capisco» disse Tarn «Vos, Kaon, siate gentili e aiutate Starscream ad alzarsi in piedi».

I due Decepticon eseguirono subito l’ordine.

«S-sapevo che sareste stati ragionevoli! In fin dei conti lei non è nemmeno una Decepticon, quindi non è nulla, e Lord Megatron mi vuole vivo, ricordate?» disse rapidamente il seeker argenteo «Lord Meg-»

Il tentativo disperato di Starscream di sottrarsi al suo destino divenne un urlo di dolore atroce di potenza inumana quando le mani di Tarn artigliarono le sue ali e le strapparono con violenza dalla sua schiena, tra circuiti divelti che sfrigolavano ed energon che zampillava dalla mutilazione.
Le ali non erano parti rimovibili nelle armature dei seekers, erano parte integrante del loro corpo, della loro “spina dorsale”, quindi era un danno terribile -sebbene riparabile nel caso si fossero trovate delle ali compatibili- che in alcuni casi aveva causato nelle vittime anche difficoltà perpetue a camminare.

«Fondile» ordinò Tarn a Helex, che senza dire una parola aprì lo sportello della camera di fusione per accogliere le ali al suo interno «Tesarus: gambe. Non arrivare a distruggere l’inguine, mi raccomando, il metallo fuso delle ali deve essere pur messo da qualche parte».

«MEGATRON MI VUOLE VIVO!» riuscì a urlare il seeker dopo diversi rantoli inconsulti arrivando a rovinarsi la scatola vocale, folle di dolore quanto di un terrore che in vita sua non aveva mai provato, non fino a quel punto, mentre le lame di Tesarus si facevano sempre più vicine ai suoi piedi «Non mi potete uccidere, mi vuole vivo, mi ha tolto dalla Lista, mi vuole

«Lord Megatron ti vuole vivo. Non intero» replicò, freddo, Tarn «In questo non è mai stato specifico, Starscream, dunque ritengo che sia a mia discrezione. Sarai d’esempio» continuò, mentre Starscream ricominciava a urlare «Tu sarai d’esempio per chiunque pensi di poter toccare un membro della mia squadra senza conseguenze, per chiunque pensi di poterla toccare senza conseguenze. Non ti avvicinerai più a lei» disse, facendo fermare temporaneamente Tesarus per afferrare e stringere il mento del seeker e costringerlo a guardarlo negli occhi «Non parlerai di lei, non dovrai neanche pensare a lei. Pensa a questo e a quello che verrà dopo, piuttosto, mentre rimpiangi che Lord Megatron non ti voglia morto. “Non è una Decepticon quindi non è nulla”… se lei è nulla, tu cosa credi di essere?»

Se anche Starscream avesse voluto farlo non sarebbe riuscito a rispondere a quella domanda: l’ennesimo urlo, ennesimo ma non ultimo, glielo avrebbe impedito.






***






«“Death is taboo, but it's hardly something new/ There's nothing medical professionals can do/ 'Cept maybe just bill you!”...»

«Nano malefico, smetti per un momento di cantare mentre strimpelli quel coso-»

«È un banjo, Specter».

«Quello che è. Smetti per un momento di cantare mentre strimpelli il banjo e ricordami il motivo per cui non siamo atterrati direttamente vicini al giacimento di energon da cui ci riforniamo».

«Perché adesso i Decepticon sanno che sei ancora vivo e sanno della nostra presenza qui» disse Bustin, comodamente seduto nell’abitacolo di Spectrus -in forma veicolo- mentre continuava imperterrito a pizzicare le corde dello strumento musicale «Quindi si presume che intensificheranno i controlli in giro, specialmente nelle zone montuose dei dintorni, proprio pensando alle nostre possibili ricerche di cibo in miniere già note o nuove. O comunque è quello che farei io. Pensando a questo ho concluso che due transformers passano più inosservati di un’astronave intera. È anche la ragione per cui Ultra Magnus si è convinto che restare indietro fosse una buona idea. “If you die while listening to this album/It's still gonna keep playing…”»

«Ora invece ricordami perché sei voluto venire insieme a me per forza invece di restare indietro a fare la guardia al prigioniero e alla Jackhammer».

«Perché abbiamo dovuto sedare il primo, che quindi non può più ascoltarmi mentre canto le canzoni del musical di “Beeteljuice”, e perché se chicchessia cercasse di entrare nell’astronave questa esploderebbe. Non lascerei mai che qualcuno rubi i miei Funko, soprattutto quello di Golden Freezer. Sai quanto è arrivato a costare adesso?»

“C’è di buono che siamo quasi arrivati a destinazione e quindi per un po’ non dovrò più sentirlo mentre canta dentro di me” pensò Spectrus, accelerando ulteriormente nel dirigersi al giacimento di energon segreto… che, lui lo ignorava, ma ormai tanto segreto non era più.

«Se la Jackhammer esplodesse, anche i Funko farebbero la stessa fine» gli fece notare Spectrus.

«No. Non credo» replicò il minicon, col sorriso fisso sul suo visore «Ci siamo».

Arrivati al giacimento, Bustin scese rapidamente e Spectrus tornò nella sua forma base. Per arrivare all’entrata restava solo da svoltare l’angolo.

«Un giorno di questi potremmo trovare qui anche quel pluri voltagabbana che è il nostro Wheeljack» disse Spectrus, rivolto al prioniano che in quel momento gli svolazzava attorno «Oltre a noi e, purtroppo, Ultra Magnus, è l’unico che conosca l’ubicazione di questo posto».

«Se ha aiutato Bulkhead però potrebbe essere tornato con loro e potrebbe rivelare la posizione a lui e al resto degli Autobot» osservò Bustin, tornato a imbracciare il banjo «“There's no destiny or fate/ Just a terrifying wait/ Filled with people that you hate/ And on a certain date, the universe kills you!”»

«Potrebbe. Però conoscendo il soggetto non sono sicuro che sia tornato nei ranghi, quindi non credo che lo farà» concluse Spectrus, svoltando l’angolo.

Ciò che lui e Bustin videro -alias quel che aveva visto anche Starscream pochissimo tempo prima- bloccò i passi di Spectrus per più di qualche secondo.

«No infatti, non credo che lo farà» concluse Bustin, dopo aver dato un’occhiata a ciò che restava di Wheeljack «“That's the thing with life: no one makes it out aliiiiiiiive!”»

Per nulla bisognoso di commenti fatti con un po’più di tatto, Spectrus si mosse in direzione del cadavere.
Da quando Wheeljack aveva deciso di voltargli le spalle, lui aveva sempre pensato che prima o poi il demolitore sarebbe finito offline, forse proprio per mano sua, ma l’ipotesi di trovarlo senza testa, senza badge degli Autobot a campeggiare sul petto, con gli arti inferiori mutilati, fatto a pezzi e incollato in qualche maniera alla parete rocciosa non gli aveva mai attraversato il processore.

«Se avesse continuato a seguirmi sarebbe vivo invece che morto da… oltre mezza giornata ormai» disse Spectrus, notando che l’energon gocciolato dal corpo sulla roccia aveva iniziato a seccarsi «Per quel che mi riguarda te la sei cercata, “amico” mio».

«Non ti importava granché di lui» commentò Bustin.

«Di’pure che non mi importava affatto» confermò il mech «Quel che invece potrebbe importarmi è capire chi è stato. Tutto questo non è nello stile di Megatron, di Soundwave o di uno qualunque dei Decepticon presenti. Ho visto anche Shockwave a Darkmount ma per quel che si sa di lui credo che valga lo stesso discorso, e questo genere di omicidi non è qualcosa che faccia chiunque. È più roba da Airachnid. Mutilazioni, appiccicamenti, decapitazione… è stata Airachnid, è lei che fa certe cose, specie l’ultima delle tre. Si dichiara responsabile dell’annientamento di intere razze aliene, sai» si zittì per qualche istante «Deve essere stata Airachnid».

«Ho la sensazione che, più di esserne convinto, tu stia cercando di convincertene!»

Spectrus non rispose, preferendo -dopo una breve esitazione- controllare con una mano che nel punto dove si trovava il T-Cog di Wheeljack non ci fossero fori.
Mosse quasi impercettibilmente le grandi dita nere quando si trovò a tastare il nulla.

«Bustin, tu che hai le mani più piccole delle mie e l’indice che si illumina-»

«Si illumina e spara!»

«Verifica che il T-Cog sia ancora all’interno del buco» proseguì Spectrus, ignorandolo.

Sapeva che era una speranza vana, perché i buchi ad altezza T-Cog non comparivano dal nulla e tantomeno erano casuali addosso a qualcuno che aveva fatto una così brutta fine, però in quel caso, anche per Specter, la speranza era l’ultima a morire. Aveva più di una buona ragione per augurarsi davvero che il T-Cog fosse ancora presente.

«Niente T-Cog» dichiarò il minicon «Ma questo lo immaginavi, vero?»

«Sì».

«Perché ho l’impressione che tu stia trattenendo un’interessante sequela di bestemmie mentre eviti accuratamente di prendere a pugni la montagna?»

«Perché è proprio così che stanno le cose» replicò Spectrus, allontanandosi da Wheeljack di due passi e schiarendo la voce «Megatron è una vecchia puttana rincoglionita con il culo grosso!» esclamò ad alta voce, per poi ascoltare attentamente eventuali rumori che, invece, non arrivarono «No, come immaginavo non sono più qui, dunque… ma porco Primus monco xenofilo stupratore di luponoidi, di tutti gli stronzi che potevano arrivare sulla Terra dovevano essere proprio gli abitanti del magico mondo di Tarnlandia?!» sbottò, tirando un pugno contro la parete rocciosa «Cosa ci fanno qui? Cosa ci fa qui la DJD?!»

«Avevo sentito parlare di loro quando ero ancora a Prion. Fanno le pulizie di casa nella fazione dei Decepticon ma non disdegnano nemmeno ammazzare qualche Autobot lungo la via, hanno una Lista, si dice che il loro capo uccida la gente con la voce e bla bla bla» spiattellò Bustin con un gesto quasi annoiato della mano «Dalla distruzione di Prion in poi però non ho saputo più nulla. A noi minicon in generale non importava granché e a me ancora meno».

«Ora però sono qui e a quanto pare sono oltre il “non disdegnare” la terminazione di Autobot… ed ex Autobot» disse Spectrus.

Il prioniano fece spallucce. «Immagino che sia per la comunicazione che i Decepticon hanno, credo per errore, mandato su parecchie linee poco più di un giorno fa».

«Quale comunicazione?»

Bustin si schiarì la voce. «“Quanto a te, Starscream, vedi di far fruttare quella microspia. Trova il prigioniero, trova quel maledetto Spectrus Specter, trova almeno uno dei suoi compagni o ex compagni che siano! Possibile che anche con l’esercito di cui disponiamo nessuno sia in grado di portarmi la testa di un singolo Autobot?”. Diceva così, più delle mezze scuse di qualcuno per essersi appoggiato sulla console».

«E tu perché cazzo non me l’hai detto ?! No, aspetta, fammi indovinare: non te l’ho chiesto!»

Il minicon annuì. «Già! Cosa ti cambia? Sapevi che Megatron ti voleva morto, era così già prima del casino che abbiamo fatto a Darkmount» gli fece notare «E dell’arrivo della DJD abbiamo saputo entrambi solo adesso».

«Dovrei credere che sia un caso il fatto che tu, tra tutte le canzoni che sono in quel dannatissimo musical, cantassi “The Whole Being Dead Thing” proprio oggi e proprio adesso?!»

Bustin spalancò le braccia e fece spallucce. «Beh, sì. Quindi ora che facciamo?»

«Prendiamo l’energon per cui siamo venuti, dato che loro non sono qui» fu la risposta che Spectrus diede avventurandosi nella grotta «Per il resto pare che debba darmi una mossa a vendicarmi e/o andare via».

«È la prima volta che ti sento parlare dell’idea di andare via. Ti impensieriscono più di Megatron?» domandò il minicon, facendo brillare l’indice della mano destra per rischiarare la grotta.

«Neanche Megatron è propriamente savio ma loro sono un’altra cosa. Lo so per certo perché ho avuto modo di monitorarli per un mesetto tempo addietro. Usano la filosofia Decepticon come scusa per uccidere chiunque gli pare, e “gli” non è casuale dato che l’unico ad avere voce in capitolo è quel suonato del loro capo, alias Tarn. È un incrocio tra un religioso invasato che si dà a fare l’inquisitore e una fangirl perennemente infoiata: prega Megatron ogni giorno e conosce a memoria quelle porcate di libri che ha scritto. Averlo ascoltato in quei frangenti ha fatto sì che io in quel periodo abbia aggiunto Megatron alle varie cose contro cui poter bestemmiare».

«“Teach me, Megatron senpaiiii!”» esclamò Bustin con voce particolarmente acuta «Il magico mondo di Tarnlandia dev’essere un posto bellissimo».

«Il magico mondo di Tarnlandia, dove piovono cadaveri di infedeli mentre gli alicorni vomitano cannonate a fusione color arcobaleno».

«E gli alicorni hanno la faccia di Megatron» aggiunse Bustin.

«Sì».

«Tutto questo mi fa venire il dubbio che non conosca granché la valvola» disse il minicon, andando a strappare un cristallo di energon da un foro che Spectrus aveva fatto in precedenza.

«Io so solo che nel mese in cui l’ho tenuto d’occhio non l’ha mai cercata, renditi conto del livello».

“O magari ne puntava una in particolare alla quale contava di avere accesso facile una volta cresciuta” aggiunse nella propria testa pensando a Spectra, che quando era finita con la DJD non era ancora adulta “Immagino che lui e il resto dell’allegro gruppetto si siano dimenticati di Spectra da un pezzo”.

«Forse va con qualche prostituta ogni tanto mentre cerca di convertirle al Decepticonismo» ipotizzò Bustin.

«Ciò dopo aver resuscitato il suo cavo morto con un video del suo unico vero dio, se no non gli funziona, e fatto questo via a crivellare la poveretta di turno salmodiando “Towards Peace” a ogni spinta e strillando ringraziamenti a Megatron a ogni sovraccarico» disse Spectrus, estraendo a sua volta dei cristalli di energon piuttosto grossi «E detto questo credo che la mia voglia di connessione sia scesa molto sotto lo zero».

«Immaginalo mentre si asciuga col phon sotto la minigonna da liceale giapponese dopo aver sentito quella comunicazione di Megatron!»

«Io non so se mettermi a ridere o bestemmiare di nuovo».

In quell’indecisione però Spectrus non aveva tenuto conto della terza opzione, alias ringraziarlo perché adesso la sgradevolissima sensazione nota ai più come “paura”, tutt’altro che comune in lui, si era affievolita abbastanza da far rilassare i tessuti tecnorganici rimasti in perenne tensione dopo aver visto il cadavere di Wheeljack. Non era rimasto indifferente a quello spettacolo e non intendeva in alcun caso lasciare che Tarn, il resto della Decepticon Justice Division o chiunque altro gli facessero fare quella triste fine; se poi oltre a sopravvivere fosse riuscito a mandare all’Inferno qualcuno di loro, meglio ancora.
Perdersi d’animo a prescindere non era da lui e tale discorso era valido anche in quell’occasione…

«Senti anche tu? Mi sembrano delle urla di dolore molto in lontanaza» disse Bustin «Credo che le stia portando qui il vento. Oppure è il vento stesso, chi lo sa».

«Non lo so e non mi importa. Muoviamoci a prendere l’energon e andare via da qui» concluse Spectrus.












Finalmente sono riuscita a scrivere le scene nella prima parte del capitolo! Ce le avevo in testa da prima di scrivere l'intera "Day Off To Repent" e finalmente ci siamo :'D
A tal proposito: "Where a Butterfly Can Lead You" e la summenzionata "Day Off To Repent" sono due storie di cui vi consiglio la lettura, perché la prima parla di quando Spectra è venuta in contatto con la DJD per la prima volta, e nella seconda la DJD... diciamo che vive un'avventura che scorderebbe volentieri, se potesse, e che viene menzionata piuttosto spesso nel corso di questa fic.
E niente. Lascio il >>> link a un mio vecchio disegno e con questo mi dileguo. Grazie a tutte le persone che stanno leggendo :)

_Cthylla_

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Capitolo 8
*** 8 - Non è Superman ***


8
(Non è Superman)
 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«…maledetto il portabagagli rugginoso di Prim-»

 
«--Ratchet, ci sono dei minorenni qui…--»
 
«Sentono molto di peggio tutti i santi giorni, Bumblebee, e se permetti sono molto meglio le mie imprecazioni delle urla di quel…» il medico si interruppe facendo un respiro profondo nel sentire l’ennesimo urlo di dolore portato dal vento «Di quel disgraziato, e mai avrei immaginato di poter definire Starscream in questa maniera!»
 
Dopo essersi resi conto del fatto che Spectra era scappata non avevano potuto -né voluto- far altro se non liquidare la questione col dire che forse non era un problema di cui avrebbero dovuto occuparsi: non sapevano dove potesse essere andata e, in ogni caso, Spectra e Dreadwing non sembravano avere intenzione di cercare contatti con il resto dei Decepticon. Inoltre l’Harbinger era una sistemazione temporanea, ragion per cui c’era la possibilità che se si fossero mossi in fretta non avrebbero avuto né tempo né modo di rivelare a chicchessia la loro posizione attuale.
“Mossi in fretta”, perché avevano deciso che dovevano approfittare dei danni che Spectrus aveva fatto a Darkmount per poter attaccare a loro volta, magari col supporto degli umani a dare il colpo finale alla fortezza. Optimus o non Optimus, quella poteva essere una buona occasione per tentare il colpo dal momento che Ratchet aveva impiegato pochissimo tempo per rimettere a posto le parti del sistema dell’Harbinger che erano state disattivate, Ponte Terrestre incluso. Erano anche riusciti a contattare Fowler, e questi si era definito pronto a entrare in azione al loro segnale.
 
 
“L’importante è che il cannone a fusione di Darkmount sia inattivo e che riusciate a tenere impegnati i Decepticon quel tanto che basta per permettere a noi di attaccare. Ci abbiamo già provato in precedenza ed è finita male, ma attendevamo solo un segno di vita da parte vostra per poterci riprovare. Non ne posso più di avere il fiato del Generale e di Megatron sul collo!”
 
 
Era sembrato che tutto stesse andando in maniera quasi decente, soprattutto rispetto all’ultimo periodo; poi c’erano state le urla, un suono disumano che aveva incrinato nuovamente il morale dell’intera squadra, nonché un buon motivo per dare un’occhiata tramite satellite a ciò che stava succedendo e dove di preciso.
 
Quella era stata la prima volta che Bulkhead aveva visto Miko, notoriamente poco impressionabile, terrorizzata fino al punto di irrigidirsi, indietreggiare e mettersi a tremare. Non aveva avuto una reazione simile neppure quando si era trovata a essere minacciata da Starscream nella miniera, seppur si fosse giustamente spaventata anche allora… lo stesso Starscream che, nel momento in cui loro avevano inquadrato la scena, era stato fatto rinvenire con una “piccola” scarica elettrica. Doveva essere svenuto dopo aver perso le gambe fino alle ginocchia ma, avevano immaginato gli Autobot, probabilmente era destinato a perderne qualche metro in più.
 
«La Decepticon Justice Division sul pianeta era l’ultima cosa di cui avevamo bisogno» continuò il medico, terribilmente preoccupato «Non bastava quel pazzo di Megatron, non bastavano Specter e Airachnid in giro, dovevano per forza mettersi in mezzo anche loro! Mi pare giusto!»
 
«I-io…» Jack, cercando di mantenere la calma e dimenticare le immagini che aveva visto nel monitor, deglutì rumorosamente e si rivolse ad Arcee «Quel che non capisco è perché stanno attaccando Starscream, sono Decepticon anche loro».
 
«Sono una divisione particolare dell’esercito di Megatron il cui compito primario è quello di occuparsi dei traditori, dei disertori e di qualunque Decepticon faccia danni alla propria fazione, il tutto nel modo più atroce possibile» rispose Ratchet al posto di Arcee «Però non sono pochi neppure gli Autobot che hanno fatto una fine altrettanto orrenda a causa loro. Non si fermano davanti a nulla, non hanno pietà di nessuno, non negoziano mai. Di solito essere nella loro Lista e averli alle calcagna equivale a… quello che hai visto, Jack. E ciò che hai visto in quel monitor è ben lontano dal peggio che possono fare ai disgraziati che finiscono nelle loro mani».
 
«Sono pericolosi, ok, ma… ma voi potete affrontarli, vero?» domandò loro Miko, speranzosa, aggrappandosi a una gamba di Bulkhead «Potete prenderli a calci nel sedere, giusto?! Bulk!...»
 
L’unica cosa che rispose a Miko fu l’eco della sua ultima esclamazione.
 
«Io non li ho mai affrontati» disse Arcee, funerea «Bee?»
 
Lo scout scosse la testa.
 
«Me li sono trovati davanti. Ero con una squadra» rivelò Bulkhead, con la lentezza dovuta al rievocare un ricordo orribile «Persone esperte e ben equipaggiate con armi pesanti in campo di battaglia vero e proprio all’interno di quella che era stata una città Autobot. Immagino che la DJD fosse lì per dare la caccia a un qualche loro bersaglio ma, come ha detto Ratchet, non si risparmiano nemmeno con noi. Li vidi uccidere uno dei miei compagni prima che mi cadesse un edificio in testa. Al risveglio in un’infermeria, mi hanno detto che nella mia squadra c’era rimasto un solo membro: io».
 
Per qualche momento nessuno seppe cosa dire e, dopo un po’, fu Arcee a riprendere il discorso.
 
«Tutti questi sono ottimi motivi per muoverci immediatamente» dichiarò la femme Autobot.
 
«Cosa non hai capito precisamente della situazione, Arcee?!» sbottò Ratchet «Decepticon! Justice! Division!»
 
«Che al momento non è a Darkmount» ribatté lei «Proprio perché sono sul pianeta dobbiamo muoverci adesso, tanto più che Fowler è pronto. O approfittiamo del fatto che al momento quei cinque siano lontani o possiamo pure lasciar perdere l’idea di buttare giù la fortezza. Dobbiamo penetrare in una Darkmount già danneggiata e aiutare Fowler a finire il lavoro, possiamo farcela, abbiamo affrontato situazioni peggiori e comunque non abbiamo scelta. Non c’è più tempo!»
 
«Io penso che possa avere ragione» disse Bulkhead.
 
Ratchet lo guardò severamente. «Tu sei anche ferito, dove vuoi andare?»
 
«Ma ho anche qui vicino il miglior medico che conosco» replicò il demolitore «E più ci penso più me ne convinco. Non c’è più tempo».
 
«Dunque in quanto “interesse” di Optimus è lei che dà ordini adesso» commentò, scettico, il medico.
 
«Avrei preferito non farlo perché ci sarebbe dell’altro cui pensare» disse Arcee, seccata «Ma sembra che questa conversazione sia inevitabile. Primo: “lei” ha un nome che tu conosci benissimo ed è qui davanti a te. Secondo:  non do ordini in quanto “interesse di Optimus”, al di là del fatto che sono diventata la sua compagna di vita prima che l’Avamposto Omega crollasse-»
 
«COSA?!» allibirono tutti quanti, Jack escluso dato che lui nei giorni passati era stato messo al corrente.
 
«Io sto solo cercando di prendere in mano la situazione per fare qualcosa di concreto che magari rientri anche nel nostro Codice, per quanto possibile, ora che siamo riuniti» continuò Arcee, imperterrita «Terzo: tutti quanti abbiamo bisogno di fatti, non di lamentele su qualcosa che non ti riguarda affatto. Optimus è… era… un Prime ma questo non vuol dire che fosse davvero tanto diverso da noi. Era il nostro leader, era colui a cui faceva capo la nostra famiglia, era un grande cybertroniano e aveva più responsabilità di chiunque altro. Questo era Optimus Prime. Onoriamo la sua memoria cercando di restare uniti e andare avanti in un modo o nell’altro e prepariamoci. Andiamo a Darkmount!»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Un mal di testa allucinante fu la prima cosa che Soundwave notò di avere al proprio risveglio.
L’ultima volta che si era sentito in quel modo era stato dopo aver avuto la brutta idea di assecondare Megatronus nell’alzare troppo il gomito, ciò quando la sua vita si svolgeva ancora tutta nell’Arena dei gladiatori di Kaon e non aveva mai avuto particolari pensieri riguardo il cercare dell’altro. Per la precisione quella era stata l’occasione in cui, andando in bagno il mattino seguente, avevano trovato un insecticon legato e imbavagliato sotto la doccia aperta. Era stato assurdo scoprire che erano stati proprio loro a portarlo lì.
 
«Allora non lo pensavo… ma quelli dell’insecticon sotto la doccia erano bei tempi» bofochiò, rivolto a se stesso, mentre socchiudeva lentamente i sensori ottici e si massaggiava la testa dolorante illudendosi di trovarsi nella propria cuccetta.
 
«La convalescenza ti rende nostalgico, Soundwave?»
 
«Megatron, che mi hai fatto ber…» si trovò a sibilare dolorosamente notando che parlare, sentendo le parole rimbombargli fastidiosamente nel processore, non faceva che aggravare il suo mal di testa.
 
«Mi piacerebbe poterti dire che eri sbronzo quando hai lasciato la tua postazione per attaccare frontalmente Spectrus Specter, però non è così» disse severamente il leader supremo dei Decepticon «Non avevi bevuto energon extra forte che potesse giustificare la tua poca lucidità nell’agire in quel modo. Risultato: Specter, o chi per lui, ha preso il controllo del sistema, tu hai rischiato di essere ucciso dal cannone a fusione di Darkmount, che ho dovuto danneggiare, e la fortezza è gravemente rovinata».
 
Quel breve riassunto fece sì che Soundwave ricordasse con precisione quanto accaduto. Fece un sospiro nervoso. «Ammetto le mie colpe. È che quando l’ho visto ballare sulle scale in quel modo, come se volesse prenderci in giro, ho pensato a tutto quel che è successo per colpa sua e io… di solito non perdo la calma facilmente ma ci sono cose che mi “toccano” più di quanto sarebbe saggio lasciare che facessero».
 
«Hai sempre avuto questa tendenza quando si trattava di questioni sentimentali. Era così anche quand’eravamo giovani, parlando di “nostalgia”» osservò Megatron, impassibile.
 
«Credevo di essere cresciuto da quel punto di vista».
 
«L’avevo creduto anche io ma abbiamo sbagliato entrambi. Forse avremmo dovuto immaginarlo: quando ti sei reso conto del tuo punto debole hai dato un taglio netto a quel tipo di cose ed è stato così fino a quando Spectra è piombata qui, ma non si impara a gestire le cose evitando di farle. A proposito, sono riuscito a parlare con Dreadwing e- non interrompermi» lo avvisò Megatron «Ho notato che parlare di fa dolere la testa quindi taci. Mi costringi a dire “taci” a te, rendiamoci conto…»
 
«Spectra c’era? Dov’è? Come sta?!»
 
Lord Megatron, pur comprendendo l’apprensione, sollevò un sopracciglio. «Noto che ti ha contagiato col suo fare domande. No, non c’era, non so dove si trovi e a detta di Dreadwing è in salute».
 
«Disertore e ladro di compagne altrui» lo definì Soundwave, impietoso «La vuole per sé, l’ha sempre voluta per sé e ora sta approfittan-»
 
«Benché Dreadwing si sia allontanato dalla Nemesis, mi porti rancore per il disonorevole destino Skyquake e desideri vedere morto Starscream, cosa che comprendiamo tutti molto bene, resta un Decepticon più leale rispetto a molti di coloro che sono qui dentro. Questo è ciò che penso» lo interruppe Megatron «Inoltre si è detto disposto a portare qui Spectra qualora lei lo voglia, ma lei al momento non vuole. Questi sono i fatti».
 
«Che “non vuole” lo dice lui» ribatté, cocciuto, il tecnico «Potrei crederlo solo se fosse lei a dirmelo in faccia e neppure tanto, in tutto questo tempo Spectra avrà sicuramente subito un lavaggio del processore ai miei danni da parte di Dreadwing, del quale si fida, sbagliando».
 
“Niente da fare, è un caso perso come da giovane” pensò Megatron. «È la tua compagna ma non hai molta fiducia nelle sue capacità di giudizio».
 
«Con i precedenti che ci sono vuoi darmi torto?»
 
«Può darsi che con tutto quel che è successo sia cresciuta un po’».
 
«Se fosse così sarebbe nel posto che compete a una moglie, ossia accanto al marito. Io non la vedo qui» replicò Soundwave.
 
«Sposarvi dopo così poco tempo forse è stato uno sbaglio. Non vi ho sconsigliato di farlo perché non ti avevo mai visto preso a questi livelli e ho pensato che, data l’età, almeno tu sapessi cosa facevi» ammise l’ex gladiatore «Di sicuro non immaginavo che avreste avuto tutti questi problemi».
 
«Non sono io ad avere problemi con lei, è lei ad avere problemi col fatto che io avessi ragione. Se mi avesse permesso di parlarle invece di scappare via con uno che non aspettava altro, sono sicuro che a quest’ora l’avrebbe capito».
 
Volere che la sua compagna tornasse al suo fianco era così sbagliato?, si chiedeva Soundwave, notando che Megatron non sembrava intenzionato a riportare nella Nemesis o a Darkmount nessuno, neppure Dreadwing, con la forza.
 
“D’altra parte non è il suo matrimonio, è già tanto che se ne interessi un po’ e lo fa solo in nome del nostro legame d’amicizia” pensò poi.
 
«In tutto questo abbiamo divagato dal discorso principale, Soundwave, che invece era “non fare altri scherzi di quel genere”. Comprendo bene la tua rabbia, la proverei anche io al posto tuo ma non possiamo permettere che cose come quella succedano di nuovo. Se ti capiterà di vedere ancora Specter reagisci come faresti con un qualunque avversario un po’più ostico dei soliti, questo è un preciso ordine dal tuo superiore. Ora riposa, così entro domani potrai tornare del tutto operativo».
 
Megatron se ne andò prima che Soundwave potesse ribattere -forse lo fece proprio per non permettergli un eventuale proseguimento della discussione- e fu allora che Soundwave si rese conto di avere un messaggio nel comm-link.
La deformazione professionale fece sì che lo ascoltasse nonostante fosse relativamente “vecchio” e fosse, probabilmente, di qualche Decepticon che chiedeva a gran voce l’apertura di un Ponte.
 
 
 Soundwave, sono Spectra…
 
 
Sentire la voce della sua compagna lo fece balzare in piedi, salvo avere un giramento di testa per il movimento improvviso ed essere costretto a sedersi nuovamente.
 
 
Ho saputo un po’di cose, prima tra tutte che Spectrus è vivo e che vi ha attaccati…
 
 
“Addio al progetto di ucciderlo prima che lei venisse a sapere che non era già morto. Come l’avrà saputo? Forse è stato quando Megatron ha parlato con Dreadwing, se Megatron gliel’ha detto e Dreadwing l’ha riferito… maledizione” pensò.
 
 
Mi piacerebbe sapere come stai. Spero che sia tutto a posto, anche se il fatto che tu non stia rispondendo mi preoccupa. Mi auguro che tu stia solo dormendo, ecco, quello invece sì che sarebbe un bene, ho sempre pensato che ti stancassi troppo per colpa del lavoro – una pausa – Adesso probabilmente stai pensando che sono ipocrita perché mi preoccupo per te ma non sono nella Nemesis. Forse sono ipocrita per davvero. Forse in questo periodo ti sei chiesto chi hai sposato, Soundwave, e mi sto rendendo conto che a questa domanda non so rispondere bene nemmeno io. Al di là di questo, se stai bene ti chiedo di farmelo sapere, il mio comm-link ora può ricevere i tuoi messaggi, non mi serve altro e… e mi dispiace di averti graffiato, mi dispiace tanto.
 
 
Il messaggio terminava così, senza un’indicazione anche solo vaga di un possibile ritorno nella Nemesis. Soundwave era felice che stesse bene e pensò che fosse un bene che Spectra si preoccupasse per la sua salute e che ora fosse disposta a parlare, però non poté fare a meno di pensare anche che, sì, un po’ipocrita lo fosse.
Se avesse davvero voluto che lui stesse bene sarebbe tornata, non sarebbe rimasta in giro con un mech che la lasciava peggiorare di giorno in giorno invece di spingerla a tornare com’era al suo arrivo sulla terra, con quello sguardo azzurro e puro che l’aveva colpito appena Spectra aveva posato gli occhi su di lui. Tutto quel che era successo in seguito l’aveva sporcata e, secondo la sua opinione, lei non stava avendo molto successo nel cercare di rimediare. Aveva un assoluto bisogno di lui e del suo sostegno per farlo ma non sembrava rendersene conto.
 
Il rumore di molteplici esplosioni, non contro la Nemesis ove lui si trovava ma contro Darkmount, interruppe bruscamente il flusso di pensieri.
Rialzatosi di nuovo e lottando contro l’ennesimo capogiro, Soundwave raggiunse la sua postazione di lavoro. Gli schermi mostrarono che gli autori delle esplosioni erano nientemeno che gli Autobot, in formazione ridotta ma non per questo meno agguerriti.
 
“Forse sono venuti a sapere dell’attacco del loro compare e hanno deciso di approfittarne” pensò Soundwave.
 
«Probabilmente ti sei già accorto dell’attacco. Sono pronto ad aprire dei Ponti Terrestri nel caso servano» disse il tecnico nel comm-link, rivolto a Megatron.
 
 
Quando avremo sistemato questa faccenda potrai riposare… il tempismo degli Autobot è sempre pessimo. Una cosa però posso garantirla: non dureranno a lungo! Ho già dato ordine ai vehicons di muoversi. Starscream! Starscaream!... dov’è quel seeker per una volta in cui poteva davvero servire a qualcosa?! Tsk. Non dovrei neppure perdere tempo a chiedermelo, la sconterà più tardi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Dobbiamo riuscire a raggiungere il cannone a fusione!» esclamò Bulkhead, atterrando brutalmente due vehicons aerei sbattendoli uno contro l’altro.
 
Sembrava che la scarsità di materiale non avesse impedito a Ratchet di rattopparlo a dovere, il che era solo positivo.
 
«--Certo che Specter ha fatto un disastro--» commentò Bumblebee, saltando sopra un trio di vehicon terrestri che aveva provato a placcarlo e approfittandone per sparare un colpo a Shockwave che era poco lontano dal cannone a fusione.
 
«Fare disastri è una delle poche cose “buone” che sa fare» disse Arcee, aspra, infilzando un vehicon dopo averlo evitato e sparando in direzione del cannone «E finora ci siamo sempre andati di mezzo!»
 
“Strano che non abbiano già usato la loro arma contro di noi” rifletté la femme, riuscendo insieme agli altri a farsi largo tra le truppe di fanteria Decepticon “E se Spectrus avesse già danneggiato il cannone? Spiegherebbe anche la presenza di Shockwave lì”.
 
Proprio lo scienziato Decepticon, notata la disfatta dei vehicons, decise di prendere personalmente parte alla battaglia avvicinandosi al terreno con pochi salti. Il primo colpo che sparò non raggiunse il bersaglio, alias Bumblebee, e colpì neppure un metro avanti a lui, ma la potenza fu tale da sbalzarlo all’indietro. Fatto questo puntò il suo unico occhio rosso verso Arcee.
 
«Mi ricordo di te» affermò il ciclope, sparando qualche colpo verso la donna Autobot che per fortuna fu abbastanza lesta da evitarli.
 
«Ricordati anche com’è finita quella volta» replicò lei, sparando a sua volta dei laser che colpirono Shockwave in pieno petto.
 
Nulla di preoccupante per lo scienziato Decepticon che, tra un tentativo fallito e l’altro di verificare la sua teoria di una possibile clonazione di Predacon -che per quanto buona purtroppo era rimasta non fattibile causa carenze di materie prime impossibili da sintetizzare in altro modo- aveva potenziato non poco la propria armatura.
Avanzò imperturbabile verso Arcee che, di suo, tentò senza successo di ripetere quel che era successo tempo addietro e accecarlo.
 
Bulkhead, liberatosi di altri vehicon che continuavano ad arrivare, corse verso la compagna di squadra mentre sparava a sua volta a Shockwave. Due dei suoi colpi lo raggiunsero e, contrariamente a quelli della femme, riuscirono a far sì che il Decepticon crollasse a terra.
 
 «Arc-»
 
La esclamazione di Bulkhead venne brutalmente interrotta da Lord Megatron, scagliatosi su di lui con tutto il proprio peso. «Devo fare a voi Autobot i complimenti per la tenacia ma vi è sfuggito un particolare: nessuno di voi è potente anche solo la metà di Optimus Prime o distruttivo anche solo la metà di quel folle del vostro compare. È una missione coraggiosa quanto suicida!» affermò, bloccando l’attacco di Bumblebee e scagliandolo violentemente contro una parete della fortezza «Dove pensavate di andare in tre contro un esercito? È così grande la vostra disperazione?!»
 
«Saremo disperati ma di fatto sei dovuto venire giù tu di persona per riuscire a bloccarci» ribatté Arcee, per nulla intenzionata a dargliela vinta.
 
«Noto che hai ripreso ad avere il tuo atteggiamento abituale. Durante il “periodo Specter” eri più mite. Chiedesti perfino a Soundwave di lasciarti andare» le ricordò, provocatorio, il leader dei Decepticon.
 
«Puoi andare all’Inferno insieme a tutti e due!» esclamò la femme, balzando in avanti come per attaccarlo.
 
Megatron andò a parare un colpo che tuttavia non arrivò mai: Arcee lo aveva ingannato, riuscendo a sgusciare dietro di lui e a saltare agilmente sulla sporgenza più bassa di Darkmount e andando poi a salire con gran velocità degna della scout che era.
 
“Ci sono quasi. Ci sono!” pensò Arcee, saltando sull’ultima sporgenza prima di raggiungere il cannone.
 
«Sei veloce, te lo concedo» disse Megatron, volando poco più in alto di lei, col cannone installato sul braccio già pronto a sparare «Ma non lo sei più di un volatore».
 
Arcee iniziò quasi a pensare di doversi rassegnare a considerare la missione fallita -e, se non avesse fatto in tempo a dire a Ratchet di aprire un Ponte, anche a considerarsi terminata- ma nessuno avrebbe potuto dire che non aveva tentato di fare tutto quel che era stato in suo potere.
Decise di sollevare a sua volta un braccio con l’intento di sparare contro il cannone almeno due colpi.
 
«Intanto sono arrivata fin qui!»
 
«E da qui cadrai!»
 
Fu allora che, come in molte serie tv amate dagli esseri umani, come molti testi più o meno antichi scritti da questi ultimi e, soprattutto, come una fanfiction abbastanza becera e improbabile -ma non è forse vero il detto “l’arte imita la vita”?- un grosso oggetto volante non identificato si abbatté contro Megatron all’improvviso e con tanta furia da mandarlo a sbattere contro il cannone a fusione, facendolo esplodere con gran fragore.
 
L’onda d’urto fece precipitare anche Arcee ma la sua caduta durò ben poco.
 
«Ormai nella Forgia di Solus Prime non c’è più energia, però è ancora utilizzabile come martello».
 
“Forse sono stata terminata e questo è l’Allspark… in cui c’è un Optimus Prime volante” pensò Arcee.
 
Aveva riconosciuto la voce ma era incredula: che il suo compagno di vita nonché loro leader fosse vivo sarebbe stato un fatto troppo positivo per poter pensare che fosse reale. Quel che era accaduto negli ultimi tempi induceva l’Autobot a chiedersi sempre se dietro qualcosa di buono si nascondesse un possibile inganno pronto a colpire.
 
Bulkhead, che si era appena ripreso dall’attacco subito, alzò le ottiche verso il cielo. «È un aereo?» domandò, con la visuale resa pessima dalla vista e dalla luce del sole «È un uccello?»
 
«--No! È… è Optimus!--» esclamò Bumblebee, basito e felice «--Io li conosco quei colori! Ratchet--» disse nel comm-link «--Non puoi capire cos’è successo! Optimus Prime è vivo, è tornato, è qui e ha distrutto il cannone! Avverti Fowler e apri un Ponte!--»
 
Nell’esitazione che Ratchet ebbe nel rispondergli c’era molto, però il tutto venne rimandato e il “Subito!” più che soddisfatto del medico non si fece attendere.
 
 
– Però non tornerete qui nell’Harbinger – disse qualche secondo dopo – Fowler ha detto di aver disposto un hangar per noi da usare come nuova base. Considerando chi c’è qui “vicino” al momento ne sono sollevato… mi sembra di sentire ancora le urla. –
 
 
Ora che Optimus Prime era tornato, e volava perfino, avevano l’impressione che tutto sarebbe andato meglio nonostante la presenza della DJD sul pianeta.
 
Arcee, ancora in aria con Optimus, sollevò lo sguardo verso il volto del compagno. «Non è un sogno? Sei veramente vivo e sei veramente qui?»
 
«Sì e sì» sorrise Optimus, diventando mortalmente serio subito dopo «E se fossi arrivato ancor più in ritardo di quanto abbia già fatto, forse ti avrei persa» sentendo gli aerei degli esseri umani arrivare a gran velocità, iniziò ad abbassarsi di quota «Il tuo valore e quello della squadra sono indubbi, ma cosa vi ha spinti a tanto?»
 
«Credevamo di essere rimasti solo noi e la Decepticon Justice Division è sulla Terra, Optimus» lo informò Arcee «Ma non ancora a Darkmount. Ci eravamo detti che se non ci fossimo mossi ora non saremmo più riusciti a buttare giù quel posto».
 
«Tarn e i suoi uomini… una tra le cose peggiori che Megatron e la sua guerra abbiano prodotto» commentò Optimus «Sarebbe inutile nasconderti che, con o senza di me, tutto potrebbe diventare tutto più pericoloso e complicato di quanto fosse già».
 
«Però ora abbiamo di nuovo il supporto di Fowler, una base nuova che non sia in una nave Decepticon abbandonata e, soprattutto, siamo insieme» replicò Arcee.
 
«Soprattutto» annuì Optimus «Arcee, tu… io… ho sentito molto la tua mancanza. Vorrei essere capace di esprimermi in modo più adatto ma-»
 
«Non è il momento né il luogo?»
 
«Anche. A questo aggiungi che non sono molto pratico di certe cose ma voglio diventarlo… per noi».
 
Non era il momento, non era il luogo e a parole c’era l’imbranataggine di chi, da quando era diventato un Prime, aveva avuto priorità che con relazioni amorose varie non c’entravano proprio; Arcee però riusciva a vedere chiaramente nello sguardo di Optimus l’anticipazione di tutto quel che avrebbero iniziato a dirsi, nonché a fare, appena avrebbero potuto.
Optimus era il suo compagno di vita, intendeva comportarsi come tale e lei, a sua volta, intendeva essere la miglior versione di se stessa. Lui lo meritava, lei lo meritava, il loro rapporto lo meritava.
 
«Di certe cose non sono davvero pratica neppure io, ma possiamo migliorare insieme. Giusto?»
 
Gli aerei divennero visibili a occhio nudo proprio nel momento in cui Optimus atterrò. «Giustissimo. Autobot… nel Ponte!»
 
Tutti quanti obbedirono senza esitare, facendo giusto in tempo a notare la Nemesis che si staccava da Darkmount. Megatron doveva aver visto la mala parata ed essere salito -o essere stato portato in qualche modo- a bordo.
 
«Siamo felici che tu sia tornato, Optimus!» esclamò Bulkhead «Dove sei stato? E quell’upgrade…»
 
«Sono stato coinvolto nella distruzione della nostra vecchia base. Rimasto gravemente danneggiato, sono stato salvato da Smokescreen ma non sarei riuscito a riunirmi a voi senza di lui, senza questa» sollevò la Forgia «E senza Wheeljack».
 
«Wheeljack?!» si stupì Bulkhead.
 
«È stato lui a portarmi la Forgia. Per quel che ho potuto capire, Smokescreen è stato intercettato… non credo dai Decepticon, in caso contrario per come li conosco avrebbero minacciato di ucciderlo quando avete attaccato Darkmount».
 
«--E sapendo con chi andava in giro Wheeljack fino a poco tempo fa non restano molte alternative su chi possa averlo intercettato. Specter!--»
 
«Questa non ci voleva. Se fosse così potrebbe fargli del male o usarlo per fare pressione su di noi e poi fargliene lo stesso. Dovremmo cercare di liberarlo in qualche modo» si incupì Arcee «E, Optimus, c’è un’altra cosa importante che devi sapere: anche Ultra Magnus è arrivato sulla Terra».
 
«Ultra Magnus? Mi fa piacere, questo è ottimo, potrebbe esserci d’aiuto anche nel tentare di trovare e aiutare Smokescreen. Solo… perché non era con voi?»
 
«È saltato fuori dal nulla e ha cercato di “prendere in consegna” me e Bulkhead col dire che voleva chiarimenti riguardo non so di preciso cosa. Era soltanto una scusa» dichiarò la femme «Perché poi è saltato fuori che con lui c’era Spectrus. Ultra Magnus sta dalla sua parte».
 
«Credo al tuo racconto ma penso anche che ci sia stato un grosso fraintendimento o che Spectrus lo abbia convinto di solo Primus sa cosa, e se fosse così dovremmo solo cercare di chiarire il tutto. Rifiuto di credere che sappia davvero come stanno le cose e si sia messo di sua volontà con quell’essere spregevole» disse Optimus, mentre lui e Arcee rispuntavano per primi in quella che da quel momento in avanti sarebbe stata la loro nuova base.
 
«Nel dubbio io e Bulkhead siamo scappati. Meglio prevenire che curare e non ho più molta voglia di fidarmi delle persone che arrivano all’improvviso».
 
Optimus accarezzò delicatamente la schiena della compagna. «Ti comprendo».
 
Uno strillo femminile di esultanza perforò metaforicamente i recettori uditivi di entrambi.
 
«Sapevo che eri vivo! Me lo sentivo! Ci vuole altro con te!» esclamò Miko.
 
Ratchet si avvicinò a propria volta. «Sono… siamo tutti felici di riaverti tra noi, Optimus. Iniziavamo a non sperare più in una cosa del genere, io…»
 
Prime pose una mano su una spalla del medico. «Immagino quanto sia stata dura. La cosa importante è che voi siate riusciti a riunirvi, che noi tutti siamo riusciti a riunirci».
 
«Sono contento anche io di riaverti a bordo, Prime» si mise in mezzo Fowler «E non solo perché anche grazie al tuo ritorno abbiamo potuto distruggere quella robaccia Decepticon!»
 
«La Forgia di Solus Prime…» notò Ratchet.
 
«Ti spiegherò poi com’è arrivata a me. E, sì, è inattiva. Ho utilizzato l’ultima stilla di energia per sopravvivere» disse Optimus a Ratchet, non senza una certa difficoltà e una certa vergogna.
 
Da un lato non si era pentito di aver preso quella decisione dopo aver pensato e ripensato, essendosi convinto che fosse un suo dovere nei confronti di tutti -specie nei confronti di sua moglie!- sopravvivere e tornare in battaglia, dall’altro però non poteva negare di provare quasi vergogna per aver fatto una scelta egoista nell’aver usato la Forgia in quel modo e non averla lasciata per l’Omega Lock, per Cybertron, per la patria che ora aveva contribuito a condannare a morte tre volte: la prima per non essere riuscito a fermare Megatron, la seconda per aver distrutto l’Omega Lock e infine quell’ultima.
 
«Hai fatto bene. Qui c’era bisogno di te» replicò Ratchet.
 
Pensava davvero quel che aveva detto eppure, nella gioia autentica e il senso di sicurezza nel rivedere il proprio leader, non riusciva a fare a meno di provare un briciolo di amarezza nel vedere sfumata l’ultima possibilità di riportare in vita Cybertron. A volte Ratchet aveva l’impressione di essere sempre destinato a vedere un “pezzo mancante” in un quadro che a una vista meno pignola sarebbe sembrato tutto sommato buono, soprattutto se ci si fosse lasciati prendere dall’empatia nel vedere la commovente riunione tra madre e figlio di Jack e June Darby.
 
«Adesso più che mai. So chi si trova sul nostro pianeta al momento» disse Optimus.
 
«La sola cosa buona è che potrebbero aver tolto di mezzo Starscream. Le urla lasciavano pensare che ci fossero buone possibilità».
 
«Magari possiamo almeno sperare che sistemino quel brutto bastardo di Spectrus al posto nostro» disse Miko.
 
«Ehi! Se inizi a usare certi termini poi Optimus potrebbe pensare che in questi giorni da soli ti abbia insegnato a parlare come i soldati in caserma!» la rimproverò Bulkhead.
 
«Non mi permetterei di pensarlo, Bulkhead» lo tranquillizzò il leader degli Autobot, per poi diventare pensieroso «Detto ciò, Miko ha ragione: è proprio un brutto bastardo».
 
Silenzio tombale.
 
«Woah. Optimus Prime ha detto una parolaccia» si stupì Miko «Questo è più incredibile del fatto che voli».
 
“Concordo” pensò Arcee, scambiando un’occhiata col compagno “Però… non mi dispiace per nulla!”











MIRACOLO! Ho aggiornato!
Non ho nulla di che da dire se non grazie a chi legge, come al solito, e che spero che stiate tutti bene.
Alla prossima,

_Cthylla_

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Capitolo 9
*** 9 - ''Come vanno le cose?'' ***


9
(“Come vanno le cose?”)















Tutto si sarebbe potuto dire, tranne che l’atmosfera nei bui corridoi e nelle altrettanto fosche stanze dell’astronave Nemesis fosse allegra.
Non che ciò dovesse meravigliare avendo appena subito una brutta sconfitta per mano di un Optimus Prime redivivo e in grado di volare… eppure non era quello il motivo principale del pessimo stato d’animo dei presenti nell’infermeria.

«Ma come diavolo volete che faccia a riparare questa cosa?! Non so nemmeno da dove dovrei iniziare!» esclamò Knockout, indicando ciò che fino a poco tempo prima era stato l’Air Commander dei Decepticon, il comandante in seconda di Lord Megatron, un seeker argentato dalla corazza curata quasi quanto la sua -solo quasi: nessuno più di Knockout badava all’estetica- e che in quel momento era…

«Hhhh…»

Un rottame.
Un rottame incapace anche solo di parlare.

La scatola vocale non era stata danneggiata e la bocca era libera da quando avevano rimosso le mani che erano state staccate dalla loro sede naturale e infilate all’interno, ma l’insieme di tutti i restanti problemi impediva a quel mech di mettere insieme una frase di senso compiuto.
Le lunghe gambe snelle e ben modellate di Starscream erano ormai solo un lontano ricordo, ridotte a dei poveri monconi sbrindellati che si interrompevano poco sotto quel che restava dell’inguine, che non era messo meglio, essendo stato privato della propria relativa protezione per poter versare del metallo fuso direttamente su organi riproduttivi ormai inutilizzabili. Come se ciò non fosse stato sufficiente, il volto del Decepticon presentava un numero imprecisato di fori, l’unico segno che restava delle ali era il disastro che aveva sulla schiena, le braccia erano state divelte fino a metà e, infine, il T-Cog era presente ma distrutto.

«Comincia da dove vuoi, Knockout, basta che tu lo faccia. Hai a disposizione la tecnologia migliore della galassia e materiale per i trapianti, quindi inizia subito» disse Megatron.

«Sì, Lord Megatron» obbedì il medico, sconsolato, iniziando a esaminare con più attenzione il ferito.

«Se non altro ora sappiamo cosa stava facendo mentre Darkmount veniva abbattuta» commentò poi l’ex gladiatore.

Era debilitato dalla battaglia, o meglio, era debilitato per l’esplosione in cui era finito coinvolto, ma non si sentiva ridotto uno straccio, soprattutto facendo il confronto tra le proprie condizioni e quelle di Starscream. Non era la prima volta che gli capitava di vedere un mech ridotto molto male, in svariati casi lui stesso era stato la causa, però quel che aveva davanti era diverso.

“Airachnid? Specter?”

Escludendo a priori un ritorno della M.E.C.H., che comunque agiva in modo diverso, quei due nomi erano gli unici che gli venivano in mente pensando ai transformers ufficialmente presenti sulla Terra. Anche tenere in considerazione il massacro dell’ Autobot Wheeljack -riguardo cui avevano fatto rapporto i vehicons e che a livello di arti semidistrutti presentava un modus operandi simile- non aiutava granché a capire quale dei due potesse essere di preciso il colpevole. Entrambi avevano qualche motivo per detestare tanto Wheeljack quanto Starscream.

«I vehicons hanno riferito che era uscito per la nuova miniera» disse Soundwave, con voce inespressiva.

Nulla nell’Universo avrebbe potuto far sì che provasse compassione verso Starscream, non solo per quel che era successo con Spectra negli ultimi tempi ma anche perché l’atteggiamento del seeker gli aveva da subito impedito di averne stima. Il massimo che Soundwave aveva sempre fatto era stato sopportarlo.

«Poi però si è allontanato per conto proprio, nessuno ha idea del perché» continuò «E nessuno ha avuto notizie di lui fino a poco fa» alias quando Megatron aveva dato ordine di cercare il suo segnale ed era stato trovato «Forse c’entra qualcosa l’astronave Harbinger, in linea d’aria non è poi tanto… lontana…»

Vide Megatron voltarsi per scambiare un’occhiata con lui, segno che avevano avuto lo stesso pensiero.

«Soundwave, controlla a quale unità di vehicons è stato ordinato di sorvegliare l’Harbinger».

Il tecnico non impiegò molto a verificare che a nessuna unità di vehicons era stato impartito tale ordine, segno che Starscream aveva lasciato l’Harbinger senza protezione.
Un’astronave che se sistemata poteva costituire tanto da base operativa quanto da rifugio.

«A nessuna. Era lì, era vuota…»

«Gli Autobot potrebbero averla utilizzata, spiegherebbe il Ponte Terrestre in cui sono scomparsi. Però se hanno ritrovato i contatti con gli umani» come dimostrava il colpo di grazia che questi ultimi avevano dato a Darkmount «Non credo che siano più lì, come di certo non è più lì chiunque vi si fosse rifugiato prima. Credo anche che “chiunque” non sia stato preso in ostaggio dagli Autobot, in caso contrario avrebbero cercato di sfruttare la cosa».

«Non che questo mi tranquillizzi, se lì fuori c’è qualcuno in grado di fare cose del genere» replicò Soundwave, indicando Starscream con un cenno del capo «E Spectra-»

Un ululato terrorizzato e rauco che sembrava più adatto a una bestia che a un essere senziente si levò dalle labbra di Starscream che, con uno sguardo folle nelle ottiche rosse totalmente spalancate, iniziò ad agitarsi sul lettino cercando inutilmente di coprire il volto con ciò che restava delle braccia mozzate.

«Lo sapevo! Dovevo addormentarlo subito!» esclamò Knockout, cercando di tenere fermo il seeker mentre gli infilzava una siringa alla base del collo.

Una reazione che dava da pensare, rifletté Megatron, perché secondo lui si spiegava solo in due modi: la prima era che fosse stata lei a ridurlo in quel modo -ma gli sembrava improbabile perché né lei né Dreadwing avevano i mezzi per fare tanto- e la seconda era che fosse in qualche modo coinvolta, il che poteva portare a svariate ipotesi poco edificanti sull’accaduto che solo Starscream avrebbe potuto chiarire… prima o poi.

“Se non fosse per il T-Cog ancora al suo posto e per altri dettagli che non tornano, mi sarebbe venuta in mente una terza ipotesi oltre a Specter ed Airachnid” pensò “Ma per come stanno le cose adesso solo Starscream potrebbe confermarne o smentirne una, se riuscisse a parlare”.

«Non serve che parli di quel che è successo, possiamo vederlo da soli. C’è la connessione corticale e nella Nemesis c’è Shockwave, quindi abbiamo anche un esperto» disse Soundwave, rivolto a Megatron, come se avesse sentito i suoi pensieri «Potrebbe essere l’ideale per-»

«Per terminarlo. Solo per quello» lo interruppe Knockout «Non può reggere la procedura, lo capirebbe anche una protoforma».

“E se proprio vuoi sapere cos’è successo, trova la tua compagna e falle due domande. Se questi non sono i segni delle sue lame io mi chiamo Cenerentola!” aggiunse mentalmente il medico.

Aveva notato delle ferite inferte da lame particolarmente piccole in punti che se colpiti impedivano agli arti superiori di funzionare correttamente. Aveva già visto una cosa del genere tempo addietro, quando Airachnid era stata trovata ferita nello stesso modo: era stata Spectra a farlo e, da quel che era venuto a sapere, il giorno in cui la base degli Autobot era stata distrutta aveva ripetuto lo stesso giochetto col fratello.
A ogni modo decise di non parlare ai suoi superiori di quella scoperta, immaginando che forse farlo avrebbe potuto mettere Starscream più nelle peste di quanto già fosse, e non era il caso dato che nella Nemesis era rimasto l’unico con cui potesse fare due chiacchiere e avesse un briciolo di stile.
Non c’era dubbio alcuno sul fatto che, se Starscream l’aveva trovata ed era arrivato abbastanza vicino a lei da essere ferito, non era stato per salutarla amabilmente. Per come la pensava Knockout era probabile che lei l’avesse ferito, si fosse tolta di torno e in seguito qualcuno particolarmente sadico avesse approfittato della cosa.

“Magari il qualcuno in questione poi ha ucciso anche lei, la speranza è l’ultima a morire” pensò, trattenendo un sospiro.

«Allora sbrigati a rimetterlo abbastanza in sesto perché possa parlare. Questo è quanto» concluse Megatron, lasciando l’infermeria assieme a Soundwave.

«Vuoi che invii un’unità a vedere cosa c’è nell’Harbinger? Forse è tardi per…» Soundwave non completò la frase «Ma è sempre tecnologia Decepticon che va protetta».

Megatron si disse concorde ed evitò con cura di insistere perché Soundwave approfondisse quella mezza frase, avendone immaginato il contenuto, e poco dopo si separarono.

Una volta tornato alla propria postazione, Soundwave decise di contattare Spectra. Il comm-link di quest’ultima in quel momento era chiuso ma adesso poteva ricevere i suoi messaggi.
Memore di quel che gli aveva detto Megatron sul non essere impulsivo e l’evitare di fare stupidaggini -il consiglio riguardava il suo atteggiamento verso Spectrus, ma forse applicarlo anche a Spectra poteva essere una buona idea- decise di andare dritto al punto e limitarsi all’essenziale, come se fosse stata una semplice comunicazione di lavoro. Temeva che più avesse allungato il discorso più si sarebbe allargato il margine di errore.

«…»

“Erano oltre venti giorni che aspettavo un contatto e ora che posso parlarle non so da dove cominciare. In certe cose sono un disastro” si disse Soundwave, decidendo poi di farsi forza.

«Qui Soundwave. In seguito al tuo contatto provvedo a fornire le informazioni che hai richiesto. Le mie condizioni di salute sono buone, i miei cicli di ricarica sono tutto sommato regolari» mentì «E le tue scuse riguardo il graffio sono accettate. Causa recentissime vicende riguardanti Starscream, richiedo un aggiornamento immediato sulle tue condizioni di salute» aggiunse «E sulla tua posizione, così che io… così che tu…»

Ed ecco: in quel momento i buoni propositi di limitarsi all’essenziale andarono allegramente a servicebot.

«Devi tornare qui e basta, il tuo comportamento era già totalmente irrazionale quando credevi che Spectrus fosse offline ma adesso sappiamo che non è così, quindi non hai motivi per non tornare. Non risolverai niente stando in compagnia di un disertore, è tutto tranne che tuo amico e finirai solo col rovinarti più di quanto tutto quel che è successo abbia già fatto. Sono il tuo compagno di vita, spetta a me aiutarti a risolvere i tuoi problemi o farti capire che i suddetti non esistono. Potrebbe tornare tutto com’era se per una volta ti decidessi a usare il raziocinio, lo capisci? Spectra, lì fuori diventa sempre più pericoloso e io sono preoccupato per te più di quanto fossi prima, e lo ero già molto. Fatti sentire, per favore».

Avrebbe voluto essere più carino e più romantico dopo essersi reso conto che non sarebbe riuscito a restare formale ma non ce l’aveva proprio fatta, non si sentiva né una né l’altra cosa. Nella sua preoccupazione -mista alla gelosia e a un po’di acredine- tutto quel che voleva era che lei stesse bene e tornasse nella Nemesis… anche perché iniziava a chiedersi sempre più spesso chi effettivamente fosse in giro sulla Terra in quel momento.






***






Benché Darkmount fosse stata distrutta, gli abitanti della tranquilla cittadina chiamata Jasper non erano ancora stati fatti rientrare nelle proprie case, ragion per cui gli edifici erano ancora tutti vuoti, le strade erano tutte deserte e il silenzio era opprimente…

«“Le brutte intenzioni la maleducazione, la tua brutta figura di ieri seeera!”»

Con un’unica eccezione che, illuminata dalla luce vagamente rosata tipica dell’inizio di un tramonto, era rappresentata da un minicon che sfrecciava in mezzo alla strada grazie a un monopattino.

«“La tua ingratitudine, la tua arroganza…”»

Era difficile capire se fosse più assurdo questo, il fatto che indossasse una camicia a mezze maniche sulla quale era disegnato un bradipo che cavalcava un t-rex, o il fatto che nella busta che portava appesa al braccio fossero presenti altre sei camicie con fantasie altrettanto strane; tuttavia, forse la cosa più assurda era che quei bizzarri capi d’abbigliamento fossero la ragione precisa per cui si trovava lì.
Spectrus gli aveva detto che nella situazione attuale sarebbe stato il caso di rivedere le sue priorità, tornando quindi subito nella Jackhammer insieme a lui e rimandando lo “shopping” -che Bustin aveva previsto prima del ritrovamento di Wheeljack- a data da definirsi, però Bustin aveva idee diverse.

«“Fai ciò che vuoi mettendo i piedi in testa!”»

Aveva ritenuto di potersi permettere di entrare nei negozi chiusi per prendere le sue camicie… mettendo la giusta quantità contante in cassa, ovviamente, proprio come ogni bravo figliolo.
Sapeva che aggirandosi lì c’era un rischio di incontrare Autobot, Decepticon, ex Decepticon, insecticons, umani non necessariamente bene intenzionati o la Decepticon Justice Division -della quale, nel volare fino a Jasper, aveva anche localizzato l’astronave- però aveva concluso che per il momento potesse evitare di curarsene.

«Certo il disordine è una forma d'arte/ ma tu sai solo coltivare invidia!»

La sua partnership con Spectrus era nota solo a Ultra Magnus, che non aveva ancora parlato per bene con il resto del suo gruppo, e a Smokescreen, che in quel momento era legato nello sgabuzzino della Jackhammer e non poteva parlare affatto; il resto non sapeva ancora alcunché di lui ed era perfetto così. Anche in passato Bustin aveva sempre gradito la discrezione nelle faccende in cui si era trovato coinvolto o aveva generato lui stesso, preferendo che nessuno o solo il “giusto” numero di persone fosse a conoscenza dei suoi ruoli e cercando di prolungare tutto ciò finché era stato possibile.

«“Ringrazia il cielo sei su questo palco, rispetta chi ti ci ha portato deeentro/ questo sono io!...”»

Lo aveva fatto in Messico, lo aveva fatto in città o città-Stato più o meno discutibili sparse nel cosmo e lo aveva fatto anche a Prion, la sua terra natale. La sua immagine pubblica in età adulta era stata di uno studente la cui famiglia d’origine era benestante ma comunque lavoratore nel bar di quella che, in un equivalente umano, sarebbe stata un’università con svariati corsi.
Era stato lì che aveva conosciuto l’ultima fidanzata della quale gli era importato ben più di qualcosa, la prima persona a essere stata in grado di risvegliare in lui sentimenti d'amore sinceri ben diversi da un interesse da yandere, la stessa che lui aveva vigliaccamente lasciato andandosene via poco prima che la Black Block Consortia arrivasse -cosa che aveva saputo solo in seguito.

«Bustin?...»

“Ricordare i vecchi tempi mi dà quasi l’impressione di sentire la sua voce” pensò il minicon “Era una bella persona, lei e i suoi parenti non meritavano la fine che hanno fatto. Ma tant’è!...”

«Bustin!»

Sullo schermo visivo del minicon rimasero solo i due candidi occhi ovali fatti di micro pixel.
Sentire la voce della sua ex fidanzata una volta poteva essere stata un’impressione, sentirla due volte però poteva significare solo due cose, alias il preludio a una malattia mentale o, più semplicemente, che Nickel era dietro di lui.

E Nickel infatti era proprio dietro Bustin, a circa tre metri di distanza e intenta a guardarlo con un’aria sconvolta che nella situazione in cui si trovava era inevitabile avere.

Quando il resto della Decepticon Justice Division era uscito in perlustrazione, avendo avvistato un Autobot che probabilmente ormai aveva terminato il suo ciclo vitale in modo poco piacevole, l’aveva lasciata nella Peaceful Tiranny come accadeva di solito. Non era male che qualcuno restasse a guardia dell’astronave e Nickel non teneva particolarmente a esplorare parte di un pianeta abitato da organici. Proprio la presenza di questi ultimi l’aveva indotta a mettere una pistola laser alla cintura e impostare i radar alla massima sensibilità e alla massima portata: gli indigeni della Terra non erano particolarmente intelligenti o evoluti, almeno per quel che si sapeva, ma Nickel dava per scontato che anche loro avessero l’istinto di attaccare ciò che era estraneo. Si era messa al posto di comando pronta a difendere la nave da attacchi che per fortuna non erano arrivati, né da parte degli indigeni né da altri, cosa che aveva migliorato un umore che era stato un po’più inquieto del necessario e le aveva fatto pensare di aver esagerato.

A un certo punto però c’era stato il segnale di un oggetto volante non identificato che il radar aveva rilevato quasi per caso, trovandosi appena al confine, e quando Nickel aveva azionato le telecamere era arrivato il colpo. Non quello di un missile contro l’astronave, bensì quello altrettanto dannoso di scoprire che l’oggetto volante non identificato sembrava essere nient’altro che il suo fidanzato.
Ex.

O no?
Come definire un fidanzato molto amato che sarebbe dovuto essere nell’Allspark e che invece sfrecciava in aria vivo, libero e contento?

Allo stupore assoluto era seguito uno stato di paranoia a livelli altissimi. Non era passato troppo tempo dall’esperienza orribile avuta nella parte sud della costellazione dello Scorpione, per colpa della quale aveva rivissuto l’evento più traumatico della sua esistenza: la distruzione di Prion, ovvero la causa primaria del suo odio e la sua diffidenza verso le specie organiche. Era stata tutta un’illusione, almeno in teoria, ma non per questo aveva fatto meno male. Più volte aveva temuto che lei e il resto della DJD non sarebbero mai riusciti ad andarsene da quel posto, lei aveva seriamente rischiato di non riuscire a farlo quando in quel delirio illusorio aveva parlato proprio con Bustin, e proprio in virtù di questo il dubbio atroce alla base della paranoia era stato: “Siamo veramente andati via o siamo ancora intrappolati a sud dello Scorpione?”.

Era stato quello a spingerla a uscire dalla Peaceful Tiranny, avendo la sola accortezza di chiudere il portello e attivare i sistemi di difesa prima di allontanarsi dalla nave in volo grazie al jet pack. La sua parte razionale sapeva che non avrebbe dovuto farlo, sapeva che era una cazzata, sapeva di aver ricevuto degli ordini, sapeva che non avrebbe potuto permettersi di correre dietro qualcosa che avrebbe potuto far crollare come un castello di carte l’idea che lei e il resto della squadra fossero in un luogo reale, peccato che
in quel frangente suddetta parte razionale non avesse avuto alcuna voce in capitolo.

Non aveva mai volato tanto velocemente in vita propria, tantomeno senza conoscere la direzione precisa del suo obiettivo. Si era mossa in quell’ambiente desertico solo basandosi sulla direzione presa da Bustin quando il radar l’aveva “sentito”, arrivando in una città indigena fortunatamente deserta.
Poi l’aveva sentito cantare. La canzone era sconosciuta ma avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille, dunque aveva deciso di volare in quella direzione.
Poi se l’era trovato davanti. Quegli strani vestiti che indossava e quel mezzo di locomozione primitivo non erano certo un travestimento.
Ora si era voltato, la stava guardando e lei, che pure era una donna forte, sentiva che la possibilità di uno svenimento non era così lontana, ma trovò comunque la forza di corrergli incontro prima che lui avesse il tempo per una qualunque reazione, afferrando i suoi avambracci come una disperata che moriva di fame avrebbe afferrato un pezzo di pane fresco.

«Bustin…»

Toccarlo ebbe lo stesso effetto di un violento schiaffone, dissipando il suo stato di paranoia e riportandola alla realtà, una realtà in cui non era più l’unica rimasta della propria gente.
Da un lato era lieta di sapere Bustin che fosse vivo, ma dall’altro c’erano milioni di pensieri nel suo processore e altrettante domande che si stavano fondendo tutte insieme in un qualcosa che le sue labbra tradussero con un…

«Dov’eri finito?!»

«Que?... lo siento, no comprendo, soy un humano Mexican, adios muchacha!» esclamò Bustin decollando alla velocità della luce dopo aver afferrato il mezzo di locomozione, averlo chiuso e averlo caricato sulla schiena in neppure due secondi.

« Bustiiiiiin!» gridò la minicon, attivando il jet pack intenzionatissima a non lasciare che si desse alla fuga.

Era lui, era quello vero, Nickel se lo sentiva, ne era certa: stavolta non era un’illusione, il vero Bustin era lì davanti a lei, vivo, vegeto e intento a fare lo gnorri.
Nonché cercare di scappare come se lo stesse inseguendo uno hyenabot particolarmente violento.

«Pretendo delle spiegazioni e le pretendo subito!» strillò, cercando di non perderlo di vista mentre zigzagavano tra gli edifici di Jasper.

«No comprendo!» esclamò Bustin.

Ove Nickel era decisa a non lasciarlo scappare, Bustin era altrettanto deciso a sparire rapidamente dalla sua vista. Aveva concluso che fosse meglio cercare di seminarla prima di tornare verso la Jackhammer: lì avrebbe trovato aiuto ma non aveva intenzione di farla finire legata in uno sgabuzzino come Smokescreen. Essersene andato tempo addietro abbandonandola non significava che attualmente volesse farle del male.

«“Non compendi” un corno!» sbraitò Nickel, con una brusca accelerazione del jet pack che riuscì a portarla davanti al fuggiasco «Fine della corsa, atterra immediatamente».

«Magari potremmo parlare un’altra volta, tra venti minuti inizia Dragon Ball!»

Nickel afferrò la pistola che teneva alla cintura e la puntò contro Bustin. «Atterra, ho det-»

Un colpo laser raggiunse la pistola e la fece volare via dalla sua mano senza causarle danni.

«Atterro» disse Bustin, con l’indice della mano destra ancora tiepido per il raggio che aveva appena sparato «Però il fatto che tu volessi spararmi già adesso non è incoraggiante».

A non essere incoraggiante, secondo Nickel, era anche il “già adesso”, ma non lo disse.

Atterrarono simultaneamente senza togliersi lo sguardo di dosso neppure per una frazione di secondo.

«Che dire» esordì lui «Sono sorpreso di vederti qui… viva. Non mi fraintendere, sono contento di vedere che stai bene. Come vanno le cose?»

“Come vanno le cose”.
Nickel non poteva credere che gliel’avesse chiesto sul serio.

«Noto che hai trovato dei nuovi amici, Decepticon nientemeno» continuò lui «E facendo due più due tra chi già c’era e i nuovi arrivi… Nanetta, vai in giro con quei matti del magico mondo di Tarnlandia?» le chiese, tirando fuori un mini datapad da uno scomparto e facendo poche rapide operazioni toccando lo schermo «Sul serio?»

«Punto primo: “Nanetta” un cazzo. Punto secondo: non ti devi assolutamente permettere di parlare così della mia squadra, non osare proprio. Punto terzo: aspetto ancora risposte! Dov’eri finito? Dov’eri andato il giorno in cui casa nostra è stata distrutta?!» lo incalzò Nickel, facendo qualche passo verso di lui «Quel giorno ti ho cercato anche fuori da Prion, ti ho cercato ovunque, credevo di aver saltato qualche posto, credevo che fossi morto anche tu come tutti gli altri e invece ora ti ritrovo qui, a… a… ad andare in giro cantando e con quella roba addosso!» esclamò, indicando la camicia di Bustin.

«Se vuoi una camicia te la regalo, Nicky-»

«Non metterei gli abiti di una specie organica neanche sotto tortura, non dopo quel che hanno fatto alla nostra casa, e non chiamarmi neanche “Nicky”» lo interruppe Nickel, brusca «Non fare il finto tonto con me, non ti azzardare».

«Gli umani non c’entrano niente con la Black Block Consortia, molti non immaginano neppure che qui sulla Terra ci siano degli alieni, avercela con loro sarebbe come prendere a calci un mech in agonia. Prenditela con chi ha dato inizio al disastro su Cybertron, se mai» disse Bustin con perfetta calma indicando con un cenno del capo il simbolo dei Decepticon sul petto di Nickel «O con chi non ha ucciso Megatron prima che il disastro in questione si spargesse in giro».

«Non ti vedo molto colpito da quello che è successo» fu la replica rabbiosa di Nickel.

«È successo tempo fa e ho appena scoperto di non essere più il solo sopravvissuto».

Il sollievo nel sapere di non essere più la sola prioniana nell’Universo non riusciva a mitigare minimamente quel che stava provando, un miscuglio tra rabbia e profondissima confusione -e non solo perché Bustin l’aveva disarmata sparandole con un dito. Da quando poteva farlo?!- che la stava inducendo a formulare miliardi di ipotesi su quando, dove, come e perché di tutta quell’assurdità, una meno edificante dell’altra.

«Per l’ultima volta: voglio sapere dov’eri andato e soprattutto perché!»

Si sentì un fievole “blip” provenire dal datapad di Bustin ma questi, dopo aver dato solo una brevissima occhiata, non se ne curò più.

«Dopo essere andato via da Prion sono stato in vari posti, poi sono arrivato qui. D’accordo, non qui-qui, fino a poco tempo fa ero in un altro Stato, ma immagino che questo non sia molto importante. Quanto al perché» fece una pausa «Non volevamo le stesse cose. A un certo punto ho capito che non avresti mai smesso di chiedermi di formare una famiglia, quindi ho messo fine al nostro fidanzamento in uno dei modi più vigliacchi possibili. Non l’ho fatto a Scintilla leggera. Mi spiace che non esista un modo più carino per dirti tutto questo».

Pur dicendosi che avrebbe dovuto immaginare una cosa del genere, pur essendosi abituata al fatto di non stare più con lui avendolo creduto morto, sentirselo dire in faccia fu un gran brutto colpo. La conversazione che stava avendo col vero Bustin era ben lontana da quella nostalgica che aveva avuto nello Scorpione del sud con la sua illusione.
Per un attimo, solo per un attimo che comunque passò presto, si trovò quasi a desiderare di essere rimasta lì.

«Sei una carogna. Sei una schifosissima carogna» mormorò.

«Forse al tuo posto lo direi anche io».

«Te ne sei andato all’improvviso e l’hai fatto proprio il giorno in cui siamo stati attaccati. Ti ho perso di vista… quando? Qualche ora prima? Guarda un po’che caso… come se avessi saputo cosa stava per succedere!»

Era un dubbio atroce generato più dall’emotività che dalla razionalità, però le tempistiche pressoché perfette non contribuivano a farlo sparire dal suo processore. Le ottiche iniziarono a bruciare pericolosamente di lacrime che però rifiutava di far uscire, non voleva che succedesse, non in quel momento, non davanti a lui.

«Sarebbe stato facile, vero?» continuò, chinandosi a raccogliere la pistola laser «Gli unici legami che avevi eravamo io e i miei parenti, non ricordo che ne avessi altri in particolare, e di sicuro uno sterminio riduceva al minimo i rischi che venissi a cercarti per chiederti di mettere su famiglia. I morti non possono cercare nessuno, sbaglio?!»

«Non avevo idea di quel che sarebbe successo, come avrei potuto? È stata una coincidenza. Immagino che però sia difficile convincerti di questo, adesso».

«Lo trovo un po’troppo strano, talmente tanto che non ci credo» ribatté Nickel, dura. «Lo sapevi non so come e te ne sei andato senza avvertirci».

Proprio mentre la minicon, leggermente tremante di rabbia, puntava nuovamente la pistola contro il suo ex fidanzato, ricevette una comunicazione nel comm-link aperto.


Nickel, aggiornamento immediato sulle tue condizioni.


Era Tarn e non sembrava allegro. D’altra parte come poteva esserlo? Lei era uscita dall’astronave quando invece avrebbe avuto il compito di restare di guardia. Non le era mai capitato di essere punita ma probabilmente quel giorno le sarebbe toccato, considerando l’infrazione commessa e il motivo sarebbe stato giusto così.

«Io… sto bene. Sto bene. Non sono in pericolo» ripeté, pur sentendosi tutt’altro che “bene”, senza distogliere lo sguardo da Bustin «Mi trovo-»


Abbiamo localizzato il tuo segnale, stiamo decollando, arriviamo, non ti muovere.


Comunicazione breve ma più che sufficiente.

Bustin tornò a guardare il proprio datapad. «Nickel-»

«Non ti muovere e non provare a disarmarmi un’altra volta» lo avvisò la minuta Decepticon.

«Devo immaginare che tu, essendo convinta che quello di cui mi hai accusato sia vero e che io sapessi cosa voleva fare la Black Block Consortia, voglia tenermi qui fino all’arrivo della DJD? Finire nelle loro mani sarebbe abbastanza spiacevole».

«Hai lasciato tutti quelli che conoscevi lì a morire per mano di organici, questo è il minimo. E la DJD è già qui, perché io ne faccio parte» replicò Nickel «E se vuoi saperlo ne vado anche fiera».

«Io quel giorno ho “lasciato” solo una persona e, anche se non mi sono comportato bene, di sicuro non volevo che morissi. Non lo voglio neanche ora».

«Io sì!» ringhiò Nickel.

«In verità quel che vorrei è che tu fossi bella e tranquilla da tutt’altra parte e senza quello sul petto» continuò Bustin, indicando il simbolo dei Decepticon «Si possono fare tante altre cose più divertenti che starsene tra i Decepticon, tipo, che so, guardare anime, assistere ai tornei dei meme sui social network, scrivere fan fiction e giocare ai videogames. Uno di quelli a cui gioco più spesso si chiama Warframe…»

«Non mi interessa!»

«C’è una quest in particolare che mi piace. Si chiama Chains of Harrow» sorrise il minicon, portando il datapad vicino al volto «E tra le parti che apprezzo di più c’è la fine di un messaggio piuttosto inquietante. Dice “Rap… tap… tap…”»

Non capire il motivo per cui le stesse parlando di un videogame -sebbene fosse appassionato di quelle cose anche ai tempi di Prion, Nickel lo ricordava bene- riuscì a farla sentire piuttosto allarmata.

«“Rap… tap… tap!”» ripeté lui «Il tutto mentre lo schermo viene invaso di rosso. Fa sicuramente effetto».

L’allarme di un grave malfunzionamento nella Peaceful Tiranny, alla cui manutenzione lei contribuiva, iniziò a far trillare il datapad che Nickel portava sempre appresso in uno scomparto.

«Che succede?!» esclamò, tirando fuori il datapad per verificare il tutto.

Una distrazione che la indusse a distogliere le ottiche dall’altro minicon, che ovviamente ne approfittò subito per alzarsi in volo.

«Non credo che i tuoi colleghi di lavoro arriveranno qui molto in fretta, se vuoi raggiungerli fai meglio ad andare. Da me non hai niente da temere, ma stai attenta finché sarai qui. Arrivederci, Nanetta».

«Cos’hai fatto?!» gridò Nickel, tentando perfino di sparare un colpo che però mancò il bersaglio «Cos’hai fatto?!»

Non giunse risposta a quella domanda, perché Bustin volò via e divenne rapidamente nient’altro che un puntolino turchese e bianco nel cielo.






***






«Non riesco a riprendere il controllo, Tarn, mi serve più tempo!» esclamò Kaon, alle prese con il sistema informatico dell’astronave che era completamente impazzito.

Tutti gli allarmi nella Peaceful Tiranny erano entrati in funzione assieme alle relative luci rosse che, se già poco dopo il decollo avevano iniziato ad accendersi e aumentare progressivamente la luminosità, erano diventati tanto accecanti da fare male alle ottiche quando l’impianto audio aveva riprodotto il secondo “Rap… tap… tap!”, inondando tutto l’ambiente di uno sgradevolissimo bagliore rossastro.

“Il tempo è precisamente quello che non abbiamo, dannazione!” pensò Tarn, che in quell’occasione cercava inutilmente di muovere il timone mentre la distanza tra loro e la montagna contro la quale presto sarebbero finiti a schiantarsi si riduceva sempre di più all’aumentare dell’accelerazione dell’astronave.

«Non posso dartene, Kaon! Dobbiamo cambiare tattica!»

Forse in un certo senso era stato un bene che Nickel avesse abbandonato l’astronave e in quel momento non fosse lì. Si era risparmiata qualcosa di cui, a guardare i filmati di sorveglianza che l’avevano mostrata tanto scioccata quanto spaventata prima che decidesse di uscire, non aveva bisogno.

«Rompiamo i vetri e saltiamo giù prima che finisca male!» gridò Helex, al quale venne risposto da Vos che, probabilmente, tentando una cosa del genere alla velocità che avevano raggiunto si sarebbero fatti danni altrettanto gravi.

«No, serve qualcosa di diverso. Kaon, al timone» ordinò Tarn, lasciando il posto al tecnico che lo raggiunse immediatamente «La nave va spenta completamente, tu cerca di evitare lo schianto sfruttando l’accelerazione!»

«Ho già provato a spegnere tutto, ma-»

«Ma non a modo mio» tagliò corto Tarn.

In altri tempi quel che stava per fare gli avrebbe causato dolori al processore più che lancinanti, adesso invece spegnere un intero incrociatore gli avrebbe causato, forse, un vaghissimo accenno di mal di testa, grazie al fatto di non dover agire a distanza; un conto era uccidere le persone con la propria voce o, sempre con essa, danneggiare e spegnere piccoli e medi oggetti, ma una bestia del calibro della Peaceful Tiranny era un altro paio di maniche e serviva qualcosa di più potente.

Sollevando leggermente le mani, Tarn iniziò a concentrarsi ed entrare in comunicazione con le frequenze dei vari macchinari dell’astronave, che iniziarono a spegnersi uno dopo l’altro in rapidissima progressione mentre Kaon lottava disperatamente con il timone.

«Ci siamo!» esclamò il tecnico di bordo una volta che anche le luci accecanti degli allarmi si furono disattivate «Riesco a controllare il timone!»

«Ci schianteremo lo stesso, la montagna è troppo vicina, spacchiamo i vetri e saltiamo!» esclamò Tesarus, cui l’idea di Helex era sembrata più pratica nonostante tutto.

«Troppo tardi!» ribatté Kaon, facendo la virata più brusca e pesante della sua esistenza verso sinistra «Tenetevi forte, mech di poca fede!»

Quello di tenersi forte fu un buon consiglio da parte di Kaon, ma anche seguendolo buona parte del gruppo non riuscì a evitare di crollare a terra quando la Peaceful Tiranny deviò in maniera brutale dal proprio corso e la fiancata destra venne brutalmente divelta della derapata contro la montagna con un rumore orribile che era il miscuglio tra uno schianto e unghie su una lavagna.
L’impatto fece sì che l’astronave venisse sbalzata verso l’alto, per qualche attimo pensarono perfino che avrebbe finito col capovolgersi e sarebbe precipitata in uno dei modi più dannosi possibili, ma così non fu: dopo molteplici urti che anche tutta la bravura di Kaon al timone non riuscì a evitare, la Peaceful Tiranny eseguì un rovinoso atterraggio contro il suolo roccioso.

«Ce l’abbiamo fatta… ce l’abbiamo fatta. Ok. Ok» ripeté Kaon, ancora in fibrillazione, stringendo convulsamente le mani attorno al timone.

«Considerata la situazione, Kaon, hai fatto un buon lavoro» disse Tarn come prima cosa «Helex?... Tesarus?... Vos?»

«Siamo a posto» disse Tesarus, ultimo a rialzarsi «Ora che siamo a terra si può sapere perché l’astronave voleva ucciderci?»

«Un attacco esterno al sistema» rispose Tarn «Nessun guasto può giustificare una voce sconosciuta negli altoparlanti, Tesarus».

«Non dovremmo essere al riparo da certe cose?»

«Le difese apportate da Kaon avrebbero dovuto tenerci al riparo, io stesso le avevo ritenute valide quando le avevo esaminate. È stato commesso un errore di calcolo» disse Tarn.

Sapeva che nell’universo c’era più di una persona in grado di fare una cosa simile ma sapeva anche che non erano tante, che una di esse era Kaon stesso e che quindi essere in grado di penetrare nei sistemi esterni significava anche sapere come poter evitare di subire un attacco. In futuro avrebbero dovuto potenziare le difese per evitare che quanto era appena accaduto si ripetesse, oltre a trovare chi aveva osato tanto e occuparsene -il tutto ringraziando il cielo che la Peaceful Tiranny non avesse un pulsante di autodistruzione.
Forse la loro permanenza su quella piccola palla di fango abitata da virus di carne e sangue avrebbe dovuto affrontare più insidie di quanto avessero immaginato.

Sentì una serie di scariche nel proprio comm-link.


– …arn?! Tarn! Mi sentite?! Sto cercando di raggiungervi, mi sentite?!


«Forte e chiaro, Nickel».


A Tarn parve di sentire un confuso “grazie al cielo”. – È da prima che provavo a contattarvi ma non ci riuscivo, c’erano delle interferenze e… state bene?!


«Noi stiamo bene, l’astronave un po’meno» disse Tarn «Quando arriverai dovremo parlare».


Sì. Lo so.


Riuscì ad avvertire distintamente sia la contrizione di Nickel, sia una certa stanchezza. Qualunque cosa le fosse successa doveva essere stata poco piacevole proprio come preannunciato dai filmati di sorveglianza.

«Fatto questo, una volta ripristinato il sistema, stabilita l’entità dei danni e dato alla Peaceful Tiranny modo di volare, raggiungeremo la Nemesis come da programma. Presentarmi con un’astronave malconcia è molto lontano da quel che avrei voluto» il che era perfettamente udibile nel suo tono di voce «Ma dovendo rimetterla in sesto più presto possibile è anche la cosa più sensata da fare».

«Sono sicuro che Lord Megatron non baderà granché all’aspetto della nave quando vedrà questi» disse Helex, in un goffo tentativo di rincuorarlo, tirando fuori dalla camera di fusione temporaneamente adibita a magazzino la testa mozzata di Wheeljack, lo stemma degli Autobot e, infine, l’alteratore di fase «A proposito, continuo a chiedermi cosa sia quest’affare e a cosa serva».

«È visibilmente una reliquia della Cybertron che fu ma, quale che sia la sua funzione, a noi non compete utilizzarla. Verrà ceduta a Lord Megatron in omaggio assieme al resto, com’è giusto che sia» concluse Tarn.

«La sola cosa che rimpiango del nostro lungo giro di perlustrazione è non essere arrivati prima nel relitto dell’astronave Decepticon poco lontana da qui» disse Helex «Avremmo potuto portare a Lord Megatron più teste di Autobot».

«Vero» concordò Tarn «Avremmo potuto».

Dopo aver finito con Starscream, da buoni cacciatori quali erano avevano deciso di seguire le tracce che Spectra aveva lasciato nell’arrivare fino alla radura in cui l’avevano trovata. Si erano detti che dovesse esserci una ragione a giustificare la sua presenza in mezzo al nulla e che, se anche fosse stata una fuga, non sarebbe potuta partire da troppo lontano. Dreadwing era un volatore ma non era con lei, e lei era una terrena, quindi la distanza che poteva coprire era inferiore.
Giunti fino al relitto avevano avuto conferma di due cose: la prima era che Spectra fosse partita da lì, la seconda era che si fosse trattato proprio di una fuga. Alle sue tracce infatti si erano mescolate quelle di altri transformers, tutti terreni, tutti sicuramente Autobot, tutti altrettanto sicuramente non suoi amici.
Non c’era modo che potessero esserlo se lei era dalla parte di un ufficiale Decepticon, anche se fosse stato un disertore come Starscream aveva detto, e che Spectra fosse dalla parte di Dreadwing era indubbio. Se non fosse stato così, questi non avrebbe avuto altrettanta voglia di correre rischi. Di certo gli erano serviti sia un gran fegato -“No. Incoscienza.”- sia degli ottimi motivi per decidere di fare un’azione improvvisa e portarla via da l… loro.

“Quelli che avrebbe potuto avere un compagno, per esempio”, aveva pensato Tarn, senza approfondire oltre i propri pensieri riguardo quell’idea.

Entrati nel relitto non avevano trovato altro oltre a quel che già sapevano, il computer dell’astronave era stato perfino fatto esplodere con una micro carica perché nessuno potesse risalire alle coordinate dell’ultimo Ponte Terrestre. La sola cosa “nuova” erano state tre lampade di un minerale terrestre a lui sconosciuto che se accese illuminavano l’ambiente con una gradevole luce rosata/aranciata, oggetti che Tarn, riuscendo ad associarli a una sola tra le persone che conosceva, aveva preso e portato via.

«In ogni caso, Helex, avremo tempo di rifarci in futuro».












Qui lo dico e qui lo nego... questo capitolo è stato un po'un parto, e non per la lunghezza :'D ma finalmente ha visto la luce.
L'esperienza nella costellazione dello Scorpione di cui parla Nickel è narrata    >>qua<<
Grazie a tutti quelli che stanno leggendo, come sempre :) Alla prossima

_Cthylla_

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Capitolo 10
*** 10 - Il fanatismo, le martellate e il piano Bernie ***


10
(Il fanatismo, le martellate e il piano Bernie)
 




 
 




 
 
 


 
«Soundwave. Hai novità?»
 
Vedendo Soundwave presentarsi da lui, Megatron pensò che potesse essere venuto a sapere qualcosa riguardo il massacro di Starscream, degli Autobot, delle condizioni fisiche di Spectra e la sua posizione; tutto si aspettava insomma -nonostante certe mezze idee che gli erano sovvenute in precedenza- meno che di vedere l’immagine della Peaceful Tiranny  proiettata da Soundwave grazie a un ologramma.
 
«Deduco che vogliano comunicare qualcosa?...»
 
Soundwave scosse la testa. «Per ora no ma immagino che presto lo faranno e dovremo preparare la Nemesis per l’attracco. Sono stati rilevati dai radar e sono in avvicinamento».
 
Le spesse sopracciglia metalliche di Megatron si sollevarono impercettibilmente. «La Decepticon Justice Division dunque è sulla Terra».
 
«Affermativo» annuì il tecnico.
 
«Affermativo» ripeté il signore dei Decepticon «Già».
 
A tali parole poco entusiaste fece seguito un lungo sospiro da parte di Megatron, che si trattenne a stento dal passarsi una mano sul volto segnato dal tempo e dalle battaglie.
 
«Forse i fori sul viso di Starscream non erano dovuti all’acido» commentò Soundwave.
 
«Direi di no. In ogni caso mi sembra ancora strano: diedi a Tarn e i suoi l’ordine di rimuovere Starscream dalla Lista, loro hanno sicuramente obbedito e tra i molti difetti del nostro Air Commander c’è anche una certa codardia che difficilmente l’avrebbe portato a provocarli» disse Megatron «Inoltre è strano che non si siano presentati qui subito».
 
«In un certo senso è meglio così... e non lo dico solo perché ritengo che Starscream meritasse quello e altro».
 
«Immagino che tu lo dica anche perché sai bene quanto, tra l’avere a che fare con quel fanatico che io stesso ho creato e una serie di colpi in zona inguine dati con un martello a razzi, preferirei la seconda opzione. Di gran lunga» aggiunse l’ex gladiatore «Aver deciso di togliere un Glitch dalla sua miseria, potenziarlo, metterlo a capo di un gruppo di inquisitori e lasciare che arrivassero a certi livelli solo perché mi faceva comodo avere gente simile pronta a scattare al mio comando è una delle cose che mi rimprovero di più insieme al mio contributo alla distruzione di Cybertron. Ad ogni modo, visto che ormai lui e la sua squadra si trovano qui tanto vale sfruttare la cosa: eccettuato Optimus, che solo a me spetta affrontare nella battaglia finale, mandare la DJD a caccia e togliersi di torno il resto degli Autobot sarebbe un’ottima cosa. Loro e Specter, soprattutto» aggiunse poi «E di questo mi assumo la piena responsabilità, così che Spectra non ti possa rimproverare questa volta. Hai poi saputo qualcosa da lei riguardo Starscream?»
 
«Non sono stato ricontattato» rispose Soundwave, in maniera quanto più possibile inespressiva «Ora però sto pensando: Starscream era in giro, se la nostra teoria era corretta c’era anche lei, e poi hanno incontrato quelli-»
 
«Non credo sappiano che Dreadwing ha “disertato”, inoltre non avrebbero avuto alcuna ragione di uccidere Spectra, Tarn ha un suo codice. In ogni caso darò ordini precisi a riguardo, tanto per essere sicuri che-» il segnale di una comunicazione in entrata nel sistema della Nemesis lo fece sospirare «… di già?»
 
«Di già. Accetto la chiamata».
 
 
Lord Megatron, qui è la Decepticon Justice Division, ci stiamo avvicinando alla vostra posizione. Richiediamo il permesso per l’attracco.
 
 
«Salve, Tarn! Sono lieto della presenza della tua squadra sul pianeta, oserei dire che abbiate avuto un tempismo assolutamente perfetto. Permesso per l’attracco accordato, vi aspetto tutti quanti sul ponte della Nemesis!»
 
Conoscendo benissimo tempi e modalità, Soundwave chiuse la comunicazione. «Anche dopo tutti questi eoni insieme continuo a stupirmi della tua capacità di sembrare entusiasta e soddisfatto».
 
«A volte è essenziale» replicò Megatron «Forse farebbe comodo anche a te».
 
Pensando che magari Megatron non aveva tutti i torti, Soundwave lo seguì sul ponte della Nemesis.

La prima cosa che notò una volta giunto sul posto fu che l’incrociatore della Decepticon Justice Division sembrava alquanto malridotto nonostante fossero state tentate delle riparazioni cosmetiche, cosa che lo indusse a chiedersi cosa potesse essere successo, mentre la seconda cosa che notò fu che tutti i membri della squadra oltre a essere perfettamente in salute erano anche tirati a lucido; nulla di sorprendente se si considerava il livello di fanatismo che li aveva portati a inginocchiarsi tutti e sei -la minicon con un po’meno fretta e convinzione, aveva notato.
 
«Lord Megatron, le porgo i più sentiti omaggi a nome di tutta la squadra» disse Tarn.
 
«E io li accetto. Vi trovo tutti bene… nonostante il viaggio turbolento» disse Lord Megatron «Darò disposizioni perché la Peaceful Tiranny venga riparata. Rialzatevi pure».
 
Il gruppo di inquisitori Decepticon eseguì l’ordine. Dopo ciò, Tarn fece un cenno a Helex. «Grazie, signore. Oltre agli omaggi verbali portiamo anche dei doni. Poco tempo fa è stata trasmessa su molte linee una comunicazione nella quale Lei manifestava il desiderio di vedersi portare una testa di Autobot…»
 
Soundwave aveva presente quella comunicazione, trasmessa in giro per colpa di Knockout e della sua imbranataggine. Sapere che era stata captata anche dalla DJD era sorprendente.
 
«Quindi ci siamo permessi di agire di conseguenza» continuò Tarn, mentre Helex tirava fuori dalla sua camera di fusione spenta la testa di Wheeljack e l’alteratore di fase.
 
Soundwave ringraziò il cielo sia di portare ancora il visore adesso che Spectra non era con lui, sia la capacità di Megatron di non scomporsi dinanzi a certe scene. Il tecnico però era piuttosto sicuro che Megatron stesse rimpiangendo i tempi in cui il dono più gettonato da parte degli ospiti erano le piante tecnorganiche, rigorosamente in vaso per non mettere in difficoltà gli ospiti su dove appoggiarle.
 
«La testa dell’Autobot Wheeljack e nientemeno che l’alteratore di fase, una reliquia alla quale non mi era mai riuscito di mettere mano... che dire, ottimo lavoro, noto con piacere che siete sempre efficienti» disse Megatron, prendendo in mano entrambi i doni «E infatti la caccia ad Autobot ed ex Autobot è precisamente il compito che intendo affidarvi».
 
«Eseguiremo il compito al massimo delle nostra capacità, signore, come facciamo sempre» fu la replica immediata di Tarn.
 
«Prima di questo però voglio scambiare due parole con te» aggiunse Megatron, indicando l’ingresso della Nemesis con un cenno del capo.
 
Tarn ovviamente non se lo fece ripetere due volte e sia lui, sia Megatron, sia Soundwave stesso rientrarono nella Nemesis, diretti verso la sala dov’erano custodite le reliquie.
Tarn non parve dare considerazione al tecnico, però questo non era nulla di inaspettato dato il ruolo di quest’ultimo: occhi e orecchie rigorosamente silenziose. In quel frangente come in tantissimi altri prima di allora, a Soundwave la cosa andava benissimo.
 
«Andrò subito al punto, Tarn: Starscream, attualmente secondo in comando, è stato trovato in condizioni critiche» esordì Megatron, molto serio in volto «Inizialmente ho avuto dei dubbi riguardo chi l’avesse ridotto in quello stato ma ora, sapendo che siete qui, non ne ho più. Quel che voglio sapere è il perché, avendo io ordinato di toglierlo dalla Lista».
 
«Mentirei se dicessi che non immaginavo di ricevere una domanda simile» disse Tarn, dopo una breve esitazione «Quindi tengo a precisare due cose con la massima onestà: la prima è che siamo stati attenti a far sì che i danni fisici non fossero permanenti, la seconda è che i Suoi ordini, Lord Megatron, sono l’unico motivo per cui ci siamo limitati così tanto quando quella "persona" ha cercato di forzare alla connessione un membro della nostra squadra».
 
Megatron, stupito, sollevò le sopracciglia. Tra le cose che si sarebbe aspettato di sentire, Starscream che tentava di violentare un membro della DJD -la minicon, forse?- era qualcosa di totalmente assente.  «Questo è… spiacevole» disse «È evidente che la punizione subita di recente per un episodio analogo non fosse stata abbastanza».
 
«Di sicuro adesso ha imparato».
 
Per qualche istante Megatron vide un lampo di rabbia mista a qualcos’altro nello sguardo vermiglio di Tarn, ma lo imputò a quel che aveva appena saputo e che gli suonava piuttosto assurdo e, una volta giunti alla sala delle reliquie e messi a posto alternatore e testa di Wheeljack -che si ripromise di far sparire appena Tarn avesse lasciato la Terra: da ex gladiatore e Decepticon non lo impressionavano le teste ma preferiva altri complementi d'arredamento- tornò a rivolgersi a lui.
 
«Spero che la prioniana non ne sia rimasta troppo scossa ,anche se da quel che so di lei dovrebbe avere un carattere piuttosto forte».
 
«La prioniana?... No, Lord Megatron, per fortuna a Nickel non è successo niente del genere. Parlo di un membro della mia squadra che è stato disperso per molto tempo e che, come speravo, abbiamo incontrato di nuovo qui sulla Terra. Credo che abbia avuto modo di conoscerla: il suo nome è Spectra, più precisamente Spectra Specter».
 
Tarn sembrava piuttosto “preso” dalla faccenda, al punto di non rendersi conto che l’atmosfera nella stanza si era raggelata di botto.
 
«La conobbi che non era ancora un’adulta» continuò «Stette con noi per un certo lasso di tempo, poi il fratello riuscì a rapirla. Inizialmente non lo riconoscemmo ma ci riuscii io in seguito grazie a un particolare. Da allora non abbiamo più avuto sue notizie… fino a ieri. È successo in circostanze spiacevoli, essendo stata costretta a difendersi da Starscream» aggiunse, senza riuscire o volere nascondere una nota di odio nel tono di voce «E purtroppo il nostro incontro è stato interrotto da quello che Starscream ha definito “disertore”, ma farò sì che in breve tempo torni finalmente a casa, nella-»
 
«Nella Nemesis» lo interruppe Soundwave, gelido «È questa casa sua, perché Spectra è mia moglie».
 
Tarn rimase in silenzio per qualche secondo, rendendo difficile capire cose gli stesse passando per il processore di preciso ma facile intuire che, qualsiasi cosa fosse, non era certo edificante.
 
«Capisco» disse poi, con lo stesso gelo usato dall’ex gladiatore «E Spectra ne è al corrente?»
 
«Soundwave, ho appena ricevuto una comunicazione da Shockwave» s’intromise Megatron, abbassando la mano che precedentemente aveva portato al comm-link «Raggiungilo nel suo laboratorio. Andrei personalmente ma devo aggiornare il qui presente Tarn, in vista della missione che gli ho affidato».
 
“Basta che non inizino a litigare tra loro. Ci mancava solo questa! Quella ragazza ha un talento tutto suo per finire in mezzo a certe cose” pensò Megatron, osservando Soundwave fissare brevemente Tarn e poi, per fortuna, avere il buonsenso di andarsene senza aggiungere altro.
 
«Direi che quanto hai detto, Tarn, mi eviti parte delle istruzioni che volevo darti» riprese il signore dei Decepticon «Dreadwing ha abbandonato la Nemesis ma non la Causa, quindi per ora non merita né la Lista né di essere un altro Starscream. Credo di essere stato chiaro».
 
«Sissignore» rispose l’altro Decepticon, pronto e in tono del tutto neutro.
 
Una brevissima riflessione di Megatron lo indusse a prendere una decisione: fare a Spectra, quella ragazza che non l’aveva biasimato e gli aveva detto che “non era cattivo” un ultimo regalo, così da potersi poi distaccare completamente e senza alcuna remora da ogni questione che la riguardasse, focalizzandosi solo sul lavoro e lasciando davvero che il destino di Spectra fosse nelle mani di Spectra stessa.
 
«A breve ti aggiornerò su tutti i fatti di questo ultimo mese e mezzo, ma prima di questo voglio che tu tenga bene a mente una cosa: io conosco la storia personale di Spectra e la ritengo innocente» disse, pensando al modo in cui la giovane femme era stata utilizzata dal fratello. Per com’era fatta sarebbe stata capace di parlarne a Tarn se mai l’avesse incontrato ancora, quindi forse era meglio che lo facesse lui per primo. «La mia volontà, indipendentemente da dove lei deciderà di stare, è che si senta tranquilla e al sicuro». 
 
«“Da dove lei”-»
 
«Il che ci porta a uno dei bersagli della tua caccia, Tarn» continuò Megatron «Prima tu e la tua squadra vi libererete di Spectrus Specter, meglio sarà. Non posso evitare di ammettere che lui da solo si è rivelato una spina nel fianco e, nonostante in via teorica abbia solo Ultra Magnus come alleato, fatti recenti mi portano a credere tutt’altro: nessuno dei due ha le capacità di portare a termine un attacco al sistema come quello che abbiamo subito da poco».
 
«In questo credo di poterla aiutare, Lord Megatron» replicò Tarn, tornato a essere concentrato sul da farsi «Se la mia astronave è ridotta nelle condizioni che ha visto è dovuto proprio a un attacco al sistema, e il colpevole è un prioniano di nome Bustin. Non sono molte le persone che potrebbero riuscire a penetrare le difese messe in campo da Kaon, se qualcuno è riuscito a fare altrettanto con quelle di Soundwave è facile che si tratti dello stesso soggetto».
 
«È molto probabile che tu abbia ragione. Quest’informazione è utile, almeno adesso sappiamo chi è il nemico e con chi lavora. Tsk… solo Specter poteva tirare fuori dal nulla un prioniano come alleato» borbottò l’ex gladiatore «E il fatto che si parli di prioniani mi porta a chiederti se, ora che ce n’è in ballo un altro, ritieni ancora affidabile quella che hai nella tua squadra. Sono l’ultima femme e l’ultimo mech di quella razza».
 
«Ripongo in Nickel la completa fiducia che ripongo in tutti gli altri membri della mia squadra, nessuno escluso» ribatté Tarn con la massima sicurezza.
 
Aveva parlato con Nickel la sera prima, esattamente come si era ripromesso, appena la minicon li aveva raggiunti nell’astronave. Era stata una conversazione che avrebbe evitato volentieri di fare, non gli faceva mai piacere rimproverare la propria squadra -avrebbe preferito che non ce ne fosse mai bisogno- e tantomeno rimproverare lei, anche se Nickel di suo non risparmiava mai prediche a nessuno e altri, meno maturi, avrebbero approfittato dell’occasione per renderle pan per focaccia.
Nickel aveva avuto bisogno di un intero cubo di energon extra forte, che lui aveva avuto la lungimiranza di preparare, per riuscire a iniziare il racconto in maniera coerente. Il perché era diventato chiaro poco dopo che lei gli aveva comunicato la sua scoperta di non essere la sola prioniana rimasta in vita.
 
 
“Quando ho visto Bustin sugli schermi non riuscivo a crederci. Diciamo pure che non volevo crederci, perché lui doveva essere morto e io l’avevo visto… no, avevo creduto di averlo visto… recentemente. Nell'ultimo ostacolo della strega. All’inizio ho temuto che essere riusciti ad andare via dallo Scorpionokor fosse stata tutta un’illusione, che fossimo ancora intrappolati e che di lì a poco sarebbe ricominciato tutto il delirio”.
 
 
Uno stato d’animo che aveva spiegato in modo perfetto quel che Tarn aveva visto nei filmati di sicurezza. Ciò non toglieva che Nickel avesse agito in modo incauto -in seguito lo aveva ammesso lei stessa- ma lui non aveva faticato a comprenderla, riuscendo a mettersi nei suoi panni e a immaginare che si sarebbe sentito nello stesso modo: prima che la mano di Spectra raggiungesse la sua aveva avuto a sua volta qualche dubbio su quanto il tutto fosse reale -oltretutto per ragioni simili a quelle di Nickel- nonostante lui, contrariamente al suo medico di bordo con Bustin, avesse previsto e sperato di poterla incontrare.
 
Dopo aver detto questo, Nickel non aveva esitato ad additare l’altro minicon come il colpevole dell’attacco alla Peaceful Tiranny, nonché di essere stato a conoscenza dell’attacco a Prion ed essersene andato proprio per questo poco prima, lasciandoli morire tutti quanti. Riguardo la prima accusa non c’erano dubbi mentre per la seconda, estremamente grave, era un po’diverso trattandosi più che altro di una supposizione basata sulle tempistiche. Tarn però non si sentiva di considerarla infondata a prescindere, neppure dopo aver tirato fuori di bocca a Nickel che quel tizio era stato il suo fidanzato… e gli era sembrata convinta quando aveva detto di volerlo morto.
 
“Destino che, se lavora con Specter e ha attaccato una struttura nella quale era presente Lord Megatron in persona oltre alla Peaceful Tiranny, merita senz’altro” pensò.
 
«Se la pensi così allora va bene. Credo che tu sappia quel che fai» disse Megatron «E ora procediamo all’aggiornamento. Credo che ci vorrà un po’…»
 
Nel frattempo Soundwave, mai andato nel laboratorio di Shockwave avendo capito perfettamente che quella di Megatron era stata una scusa per impedire un possibile scontro, stava rimuginando su quanto sarebbe stato bello poter rinchiudere Tarn nella shadowzone e lasciare lì a marcire lui, il suo fanatismo e le sue “pretese” su Spectra.
 
La faccenda rischiava di diventare ancora più complicata di quanto già fosse, a meno che Megatron avesse detto chiaro e tondo a quel pazzo che doveva dimenticarsene… cosa della quale Soundwave iniziava a dubitare: dopo quell’ultima novità, Megatron avrebbe potuto iniziare a pensare che lei fosse diventata una fonte di distrazione eccessiva e/o di troppi imprevisti, supportandola nel caso avesse deciso di andarsene portandosi appresso tutto quel che la riguardava.
Soundwave sapeva che Megatron apprezzava Spectra come persona, ma sapeva anche che per lui la fazione veniva prima di ogni cosa: era così prima dell’arrivo di Spectra, era così adesso e le cose non sarebbero cambiate neanche in futuro. Se lui fosse riuscito a riprendersi Spectra e continuare col proprio lavoro, bene, in caso contrario il fallimento nella prima cosa non avrebbe dovuto influenzare la seconda.
 
“Se le avessi mandato adesso il messaggio di ieri, l’avrei ‘ringraziata’ per essersi ricordata di dirmi di aver conosciuto quella banda di mostri. Non mi aveva detto di essere una Specter, cosa che ho capito dopo aver sentito la sua storia, non mi aveva detto dei ‘due ceffoni’, e anche questo passi perché considerando cos’ha riprovato a fare quell’essere inutile” alias Starscream “È tutto sommato un bene che non fosse troppo risaputo, ma almeno un accenno al fatto che conoscesse quei pazzi furiosi sarebbe stato dovuto!… anche se tutto potevamo immaginare meno che sarebbero venuti qui”.
 
Pensare alla DJD fece sì che il suo processore iniziasse ad attingere dalla parte peggiore dei suoi più profondi istinti e desiderare che anche Dreadwing finisse come Starscream, solo in modo più definitivo. In fin dei conti non era un disertore oltre che un ladro di compagne altrui? C’erano dei motivi perché finisse nella Lista, incluso forse l’essersi fatto un nemico quando aveva fatto l’unica cosa utile in quei venti giorni e aveva interrotto la reunion tra Spectra e quell’assassino svitato.
 
Fantasie poco gentili -e che avrebbero allontanato Spectra ancora di più se ne fosse stata a conoscenza- ma d’altra parte si trattava di un mech che dopo eoni da solo aveva trovato l’amore quasi per miracolo e non era mai riuscito a goderselo se non per poche ore, prima che il cosmo intero nella persona di Spectrus, Dreadwing e ora forse anche la DJD ricominciasse a mettersi in mezzo.
 
“Ecco, la sola cosa buona della loro presenza è che ora Specter avrà più di qualche problema. Saperlo terminato sarebbe stato già un grande passo in avanti” pensò.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Fammi capire bene: tu sapevi da tempo che nella DJD c’è una minicon e non me l’hai detto?»
 
Nonostante Bustin avesse parlato a Spectrus dell’attacco alla Peaceful Tiranny -conseguente al suo incontro abbastanza sfortunato- appena era rientrato nella Jackhammer, quell’ultimo fatto riguardante Nickel era saltato fuori solo in quel momento, per la precisione mentre il minicon si dedicava ad accordare il banjo con la previsione di suonare al povero Smokescreen, sedato e legato nello sgabuzzino, “The Whole Being Dead Thing” per l’ennesima volta.
 
«Primo: l’ho vista solo una volta, è stato parecchio tempo fa e col tipo di armatura che aveva addosso non ero nemmeno troppo sicuro che fosse davvero una nana femmina. Senza offesa» disse Spectrus, comodamente sistemato sul sedile del pilota nonostante al momento non pilotasse affatto «Secondo: per quel che ne sapevo poteva anche essere un minibot comune, prima di parlare con te non sapevo neanche che minicon e minibot fossero due razze diverse, e già questo basterebbe. Terzo: in ogni caso, le probabilità che di tutte le nane che potevano essere sopravvissute potesse esserci riuscita proprio la tua erano poche, talmente poche da rendere questo un colpo di sfortuna assurdo. Infine, citando "qualcuno"tu non me l’avevi chiesto!»
 
Dopo un infinitesimale attimo in cui Bustin manifestò una certa sorpresa per il finale, l’espressione sul suo visore divenne pensierosa. «Già. Un punto per te».
 
«Comunque sia potremmo usare la cosa a nostro vantaggio. Se tu riuscissi a convincerla a non volerti morto potresti avere vita più facile, e di riflesso anche io» disse Spectrus «Un’infiltrata nella DJD farebbe molto comodo, non ti pare? La prossima volta che le parlerai, dai allo shock nel rivederla la colpa del tuo comportamento di ieri sera, cerca di mostrarti molto pentito, salvale la vita un paio di volte se si presenta l’occasione o se la creiamo, fingi di avere ancora dei sentimenti per lei, anche due o tre connessioni ci stanno bene, e quando sarà il momento di filarsela scompari di nuovo dalla sua esistenza. L’hai fatto una volta, rifarlo non dovrebbe essere un problema».
 
Il prioniano scosse la testa. «Inutile provare, non ci cascherebbe mai. Te l’ho detto che è una tipetta testarda».
 
«Peccato».
 
«E se anche avessi avuto una possibilità di riuscita non l’avrei fatto lo stesso, non a lei» aggiunse Bustin.
 
«Tutta questa propensione a essere un galantuomo non l’avevo notata finora» replicò Spectrus «L’importante è che, qualunque cosa tu faccia o non faccia, suddetta propensione non ci sia d’intralcio».
 
«Ti sembro così scemo da intralciarmi da solo? Adesso che sanno di me ho sicuramente una taglia addosso anche io. Spedire la DJD contro una montagna non è servito a molto» e lo sapeva perché, anche se in quel momento non si trovava più nel sistema, durante la notte aveva potuto notare sul datapad che la Peaceful  Tiranny si era riaccesa «Dunque forse a quest’ora sono già nella Nemesis e noi due siamo diventati ufficialmente un bersaglio degli abitanti di Tarnlandia. Sai cosa? Mi chiedo perché Megatron non li abbia fatti venire qui fin dall’inizio, se sono tanto forti sarebbe stata una scelta logica».
 
«Mi verrebbe da dire che il problema sia proprio quello, più robogalli nello stesso pollaio non possono andare d’accordo» disse il mech «C’è sempre il rischio che uno sottragga il potere a quello che lo ha attualmente. Però… in effetti questo non potrebbe succedere con quei fanatici, se Megatron non fosse sicuro di questo se ne sarebbe già liberato in qualche modo. Potresti aver sollevato una questione interessante, nano, perché di motivi per cui lui non avesse già Tarnlandia intorno me ne vengono in mente solo un paio: il primo» sollevò un dito «È che avendoli troppo vicini potrebbero vedere che non segue abbastanza bene la dottrina Decepticon, con ciò che comporterebbe, ma non mi pare il caso. Il secondo» sollevò un altro dito «È che Tarnlandia stia sul cazzo anche a lui che l’ha creata, il che sarebbe normalissimo. Se esistessero prove di quest’ultima cosa potremmo sganciarle come una bomba, Megatron farebbe ciao, i Decepticon si disgregherebbero e, con un po’di fortuna, lo schizzato numero uno di Tarnlandia si ammazzerebbe da solo proprio per aver scoperto che il suo unico vero dio gli avrebbe sputato addosso volentieri: un sogno. A essere onesto mi chiedo come sia possibile che una persona con la forza e le abilità che possiede-»
 
«Frollo. Chiamiamolo Frollo, quello del Gobbo di Notre Dame della Disney, ruolo e fanatismo sono più o meno quelli
. "Tarn cheee dai vizi il cosmo voleva ripuliiiiir"...».
 
«"E vedeva il male in ogni cosa!... tranne che in lui". andata. Dicevo, mi chiedo come sia possibile che uno con la forza e le abilità che, purtroppo devo ammetterlo, Frollo possiede, dovrebbe mettersi a venerare qualcun altro».
 
Pizzicando le corde del banjo Bustin capì di essere riuscito ad accordarlo in modo decente, dunque smise e sollevò lo sguardo su Spectrus. «Essendo stato oggetto di culto anche fino a una decina di giorni fa ti posso dire che la risposta è un insieme di quattro cose: disperazione, solitudine, vuoto e poi gratitudine. Nessuna persona che non sia sola, vuota e disperata finirebbe in mezzo a certe cose. L’oggetto di culto diventa tutto ciò a cui può aggrapparsi… e una persona arrivata tanto in basso è così grata di avere un “qualcosa” a dare un senso alla sua vita da non poter fare altro che venerarlo. Immagino che tutto questo ti suoni assurdo perché non è roba da te, ma è così».
 
«Confermo, mi suona assurdo, ma immagino che l’emissario di Xibalba elommim o come si chiamava quel culto in cui eri finito invischiato in Messico possa saperne di più».
 
«Si dice “elohim”, Specter» lo corresse Bustin, per poi schiarirsi la voce e iniziare a suonare «“Hey folks-”»
 
«Preferirei che mi spaccassi quel coso in testa piuttosto che sentirti cantare “The Whole Being Dead Thing” un’altra volta!» esclamò Spectrus.
 
«Come vuoi» annuì il minicon, del tutto tranquillo.
 
L’azione con cui sbatté il banjo in testa al cybertroniano, frantumando così lo strumento in migliaia di schegge, fu talmente fulminea che il rumore giunse quasi prima del colpo stesso.
 
«MA CHE CA-»
 
Bustin fece spallucce. «Sei tu che me l’hai chiesto! E comunque stavo scaldando la scatola vocale, non stavo cantando la canzone a t- Specter, tu sai che quel Funko Pop di Dumbo gold costa oltre duemilacinquecento dollari e ce ne sono poco più di venti in tutto il mondo?»
 
«Ah davvero? Allora sarebbe proprio un peccato se lo lanciassi fuori dall’astronave» ribatté Spectrus, prontissimo a liberarsi del Funko con relativa scatola.
 
«Ho già rotto il mio banjo per colpa tua, buttare via un Funko raro non è necessario! Soprattutto considerando che Optimus Prime sta cercando di contattarci. Che faccio, accetto la chiamata?»
 
«Alla buonora. Aspettavo un contatto da quando mi avevi detto che Darkmount era stata buttata giù» disse Specter, rimettendo a posto il Funko.
 
«Ora che c’è Tarnlandia in giro dovrai cambiare i piani. Prima volevi usare il mio pubblico» alias Smokescreen «Come una specie di assicurazione e usare Ultra Magnus con la sua nave per fare più danni possibili prima che Prime gli facesse capire di essere dalla parte sbagliata, se ci fosse riuscito prima che uno dei due fosse terminato. Adesso invece?»
 
«Adesso bisogna creare le condizioni perché muoia, o comunque venga danneggiata, più gente possibile nel minor tempo possibile. L’obiettivo principale è sempre questo e, mentre tu facevi il messicano con la tua ex fidanzata, io ho avuto un paio d’idee. Smokescreen è diventato un discorso a parte ma di quello mi sono già occupato. Accetta la chiamata e resta fuori campo, non credo che loro sappiano ancora di te».
 
«Sono già fuori campo».
 
«Benissimo».
 
Gli Autobot rimasti ancora in vita dopo tutti i fatti dell’ultimo periodo -eccetto Ratchet- comparvero sullo schermo principale della Jackhammer, tutti con espressioni che definire poco allegre era un eufemismo. Dietro di loro si vedeva una foresta, segno che stavano intelligentemente chiamando da un ambiente aperto che di sicuro non era la loro base attuale.
 
 
Spe-
 
 
«Noto che hai fatto buon uso della Forgia, Prime, diventare un po’più alto e un po’più volante aveva sicuramente più importanza rispetto a riparare qualcosa che poteva salvare il pianeta e che tu stesso, poco più di venti giorni fa, hai distrutto. Poi mi domandano perché non ti ho mai veramente visto come il mio capo. E comunque buongiorno anche a te».
 
 
Non l’hai mai visto veramente come tuo superiore perché non sei mai stato un vero Autobot e perché sei talmente preso da te stesso che non sarai mai in grado di riconosc-
 
 
«Buongiorno anche a te, Arcee. Sei sempre abile a dare risposte alle domande che nessuno ha posto, peccato che anche questa sia un’ulteriore dimostrazione della tua inutilità in qualsiasi cosa al di fuori della cuccetta. A tal proposito, Prime, se hai chiamato per chiedere consigli a riguardo sono tutt’orecchi. Si chiama solidarietà tra mech, sbaglio? Un consiglio te lo do subito: attento alla sfiga che porta. Io l’ho scampata, ma Tailgate e Cliffjumper-»
 
 
Quando ti metto le mani addosso ti strappo la Scintilla e te la faccio ingoiare, TESTA DI-
 
Non fare il suo gioco – disse Optimus, cercando di mantenere la calma nonostante i suoi sensori ottici fossero pieni di furia a stento contenuta e posando una mano su una spalla della femme Autobot – Specter, voglio che lasci andare immediatamente Smokescreen.
 
 
«"Immediatamente"? Significherebbe lanciarlo giù dall’astronave, ma se vuoi così per me va benissimo».
 
 
Sai benissimo che non è quello che intendo. Questo non è un gioco, non c’è niente di divertente.
 
 
«Come vuoi. Assodato che ovviamente non intendo lasciar andare Smokescreen e che non riesci a rintracciare la mia posizione, perché in caso contrario staremmo parlando più da vicino, mi chiedo cosa tu possa mai volere da me. Faccio notare che in tutto questo ho sentito una richiesta fatta pur sapendo già in partenza che avresti ricevuto un no, ma nemmeno un “voglio vedere come sta il mio soldato”» disse, come soppesando la cosa «Fossi in voi che gli state attorno mi farei due domande, siete ancora in tempo per lasciar andare il peso morto e passare dalla parte giusta».
 
 
Con che coraggio cerchi ancora di gettare fango su Optimus Prime e farci passare dalla tua parte dopo che anche Wheeljack è rinsavito abbastanza da mandarti all’Inferno?! – sbottò Bulkhead – Facci vedere come sta Smokescreen, lascialo andare e forse ti demolirò solo metà corpo!
 
 
«Metà corpo! Come quello che la Decepticon Justice Division, della cui presenza sapevate già a giudicare dalla mancanza di reazioni, ha triturato a Wheeljack prima di smembrarlo e appiccicarlo contro una montagna come se fosse un poster o un monumento all’incoerenza assoluta. Se fosse rimasto con me non si sarebbe trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Immagino che mentre Tarn gli strappava il T-Cog abbia rimpianto di non essere stato col sottoscritto e ben lontano da lì».
 
 
Stai mentendo, è solo una delle tue sporche bugie! – ringhiò il demolitore, con aria scioccata, arrabbiata e terribilmente preoccupata, rifiutandosi di credere che potesse essere vero.
 
 
«Effettivamente hai ragione! Wheeljack sta benissimo, sta saltellando nel deserto come una capretta felice e sta cercando disperatamente il suo migliore amico per riunirsi alla vostra squadra dopo un commovente abbraccio di gruppo, qualche lacrimuccia e dondolamento di mignoli intrecciati canticchiando “accidenti al diavoletto che ci ha fatto litigar”. No, Bulkhead: il tuo amichetto è morto» rincarò la dose Spectrus «E lo ha fatto tra atroci sofferenze, dovresti conoscere i soggetti. In un certo senso è un peccato, era incoerente ma abbastanza sveglio da riconoscere che vi state facendo “guidare” da qualcuno che invece non dovrebbe guidare nemmeno un triciclo, pace all’anima sua».
 
Dopo ciò Optimus fu costretto a dire a Bumblebee di portare via Bulkhead, che aveva iniziato a urlare insultare a ripetizione contro uno Spectrus al quale tutto quel teatrino, molto probabilmente, faceva solo piacere. In video rimasero dunque solo Optimus e Arcee.
 
 
Non so come tu sia potuto peggiorare ulteriormente nell’ultimo periodo, eppure ci sei riuscito. Spectrus Specter, sei diventato peggiore del peggiore tra i Decepticon – disse Optimus Prime – E non resterai impunito per quello che stai facendo. Ora fammi parlare con Smokescreen!
 
 
«Credo che quello che volevi dire fosse “Dammi le coordinate del cadavere, così che possa dare una degna sepoltura a chi mi ha portato la Forgia e ha fatto sì che io fossi qui”. Oggi non ne azzecchi una, Optimus! D’accordo, visto che “insisti così tanto” vado a prendere il ragazzino. Non aspettarti chissà quali chiacchiere, la sua scatola vocale non glielo permette al momento».
 
Spectrus si alzò e andò in direzione dello sgabuzzino senza aspettare risposta. Quando aprì la porta vide che c’era Bustin vicino a Smokescreen -seduto contro il muro- ma non ci fece troppo caso.
 
«I tuoi amici, dopo un paio di imbeccate, hanno chiesto come stai. Quindi ora farai una comparsata in video» annunciò Spectrus rivolto alla ex guardia d’elite «E mi raccomando, sorridi e annuisci».
 
«Non credo che possa farlo al momento» disse Bustin.
 
«Motivo?»
 
Il minicon diede una spintarella a Smokescreen, che scivolò verso destra e poi cadde di faccia, inerte come un sacco di cubetti di energon.
 
«Ah» commentò Specter «Eppure la dose di sedativo non doveva essere mortale».
 
«Infatti è ancora vivo, solo che anche prenderlo a schiaffi non serve per farlo riprendere».
 
«Il taser?»
 
Bustin scosse la testa. «Nemmeno. Dubito che si sveglierà prima di domani o dopodomani, il che è un problema dato che sembra morto e invece dovresti mostrare a Optimus che è vivo e, nei limiti del possibile, in salute».
 
«In caso contrario non avrà problemi ad attaccare subito la Jackammer a piena potenza quando ce lo troveremo davanti. Lo so» disse Spectrus.
 
Dopo una brevissima riflessione, si scambiarono un’occhiata indicandosi a vicenda.
 
«Piano Bernie!» esclamarono in perfetta sincronia.
 
«Io lo tiro su muovendolo e muovendomi come se si stesse divincolando, tu appiccicati dietro a lui per tenergli dritta la testa e muoverla, e già che ci sei mugugna un po’. Ho detto a Prime della scatola vocale rotta, non si aspetta che il “morto” parli» disse Spectrus, tirando su Smokescreen.
 
Bustin volò in posizione e mosse la testa di Smokescreen facendola ondeggiare come se il povero disgraziato stesse ascoltando della musica. «E tu “Weekend con il morto” non volevi guardarlo nemmeno! Invece serviva, visto?»
 
Spectrus non gli rispose, tornando invece davanti allo schermo mentre fingeva che Smokescreen gli stesse cercando di rendergli arduo trattenerlo. «È inutile che ti agiti, non riusciresti a liberarti neanche in un milione di anni».
 
 
Smokescreen! – esclamò Optimus – Riesci a sentirmi?!
 
 
«M-mmmh!» rispose Bustin, facendo annuire Smokescreen.
 
«Sta’ fermo, ti ho già detto che agitarti è inutile! Ragazzino testardo» disse Spectrus, stringendo la presa sull’Autobot «Mi costringerai a darti un sedativo, se continui».
 
 
– Non ci provare neanche! Ti libereremo, Smokescreen, ti salveremo, te lo prometto! – tornò a farsi sentire Arcee – Cerca di resistere!
 
Bustin fece sollevare la testa di Smokescreen verso lo schermo in quella che doveva sembrare una manifestazione di speranza. «M-mmh-mh!»
 
«Avete avuto tempo a sufficienza per salutarvi, direi che basta così» concluse Spectrus.
 
 
Solo per ora. Il tempo di localizzarti e ci riprenderemo non solo Smokescreen, ma anche Ultra Magnus – affermò Optimus – Non credo affatto che sia dalla tua parte e sappia cos’hai fatto. Capirà presto che l’hai ingannato e a quel punto sarai da solo contro tutti. Non sarà piacevole, e anche così non servirà a ripagare neanche la metà dei danni che hai causato.
 
 
«Che non sono all’altezza dell’aver condannato un pianeta a restare morto, per ora in quanto a danni riesci perfino a superarmi. A presto, Prime… e mi raccomando, ricordati i riti antisfiga pre e post connessione!»
 
Interruppe la chiamata prima che l’insulto di Arcee lo raggiungesse del tutto e, fatto ciò, mise a terra Smokescreen.
 
Bustin abbandonò la sua posizione e si mise a svolazzare intorno a Spectrus. «Perché gli hai dato tanto sedativo ieri sera?»
 
«Ti spiegherò più tardi. Ora dobbiamo metterci a pensare a un terreno di cui poter usare a nostro vantaggio la conformazione quando permetteremo agli Autobot di trovare i segnali della Iron Will, con ciò che seguirà, e ai Decepticon di arrivare lì di conseguenza. Te l’avevo detto di aver avuto un paio di idee».
 
«Dunque era di questo che parlavi prima».
 
«Prima o poi incontri e scontri ci sarebbero stati in ogni caso, è meglio essere noi a decidere quando, piuttosto che farseli sbattere in faccia. Rimettiamo a posto Bernie, va’».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Bernie Lomax è il morto del film “Weekend con il morto” (titolo originale: “Weekend at Bernie’s”). Per farvela molto breve: i protagonisti del film, temendo di finire nei guai, sono un po’ “costretti” a trascinarsi dietro il morto e cercare di muoverlo come se fosse vivo (o almeno provare a farlo). Come film è surreale ma lo consiglio :’D
 
 
Grazie a chi ha letto fin qui e/o mi ha fatto sapere cosa pensava del tutto :) alla prossima,
 
_Cthylla_

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Capitolo 11
*** 11- Chiacchiere ***


11
(Chiacchiere)
 






 
 
 
 
 


 – Devi tornare qui e basta, il tuo comportamento era già totalmente irrazionale quando credevi che Spectrus fosse offline…
 
 
Rannicchiata contro una “parete” metallica costituita dai resti della mezza astronave con cui era precipitata sulla Terra, Spectra era intenta ad ascoltare il messaggio di Soundwave per la decima volta.
Decima o forse ventesima, non sapeva più dirlo e in ogni caso non faceva molta differenza.
 
 
 Ma adesso sappiamo che non è così, quindi non hai motivi per non tornare. Non risolverai niente stando in compagnia di un disertore, è tutto tranne che tuo amico e finirai solo col rovinarti più di quanto tutto quel che è successo abbia già fatto.  
 
Finirai solo col rovinarti più di quanto tutto quel che è successo abbia già fatto- –
 
Finirai solo col rovinarti-
 
Rovinarti- –
 
Rovinarti- –
 
Rovinarti- –
 
 
«Spectra, smettila di riascoltarlo, questo è masochismo!» esclamò Dreadwing, per nulla intenzionato a lasciare che i pochi miglioramenti che c’erano stati finissero giù per lo scarico a causa di un messaggio arrivato con un pessimo tempismo.
 
Era successo poco dopo che lui aveva avuto l’idea di cercare un riparo temporaneo nei resti di quell’astronave, che si trovavano in un posto isolato e lui sapeva non essere mai stati rimossi. Incastrato tra le macerie Spectra era persino riuscita a ritrovare il datapad personale, decisamente ammaccato ma ancora funzionante, che aveva perso il giorno dell’incidente. Spectra l’aveva considerata una buona notizia, e Dreadwing ne era stato felice perché lei aveva decisamente bisogno di buone notizie, specie in previsione di una difficile conversazione riguardo quel che era successo con Starscream; peccato che poi lei avesse notato l’arrivo di un messaggio di Soundwave, con tutto ciò che era conseguito, incluso il fatto che Spectra, dopo aver ripetuto che forse per lui sarebbe stato meglio andare ognuno per la propria strada, si era chiusa nel silenzio da ore -proprio lei che fino a un mese prima aveva sempre qualcosa di cui parlare o delle domande da fare.
 
Più di una volta Dreadwing aveva pensato che Soundwave fosse dannoso per la sua compagna, anche se non del tutto di proposito, e quella per lui era un’altra conferma.
 
«So che è difficile ma non devi badare a quel che ha detto, perché è tutto sbagliato» continuò Dreadwing «Parla in quel modo solo perché ce l’ha con tutti e due e- NO, non ripetermi un’altra volta di andare ognuno per la sua strada, perché dopo quel che è successo ieri e dopo aver visto chi c’è ora sulla Terra sono ancora meno propenso a farlo. Forse quel pazzo sadico completo» ovvero Tarn «Non vuole farti del male ma già solo l’idea che tu sia in qualche modo nei suoi radar è allarmante».
 
«Più che “pazzo sadico completo” io lo considero “particolare”» disse Spectra, tornando finalmente a far sentire la sua voce «Se fosse davvero un pazzo sadico completo credo che sarei andata offline prima di diventare adulta. Per quel che ricordo sono stata trattata con rispetto e con pazienza per la maggioranza del tempo… più che altro sono stupita che mi ricordi».
 
«Parole tanto gentili nei confronti suoi e del suo gruppo possono venire solo da te» commentò il jetformer, meno stupito del dovuto avendo imparato a conoscerla «Però ti chiedo di tenere bene a mente il fatto che la DJD resta pericolosa».
 
«Come parte del messaggio di Soundwave resta vera».
 
«Di certo non quella in cui sono “tutto tranne che tuo amico”».
 
«Quella è una delle parti sbagliate. Più di una volta posso aver dato la mia fiducia a chi non avrei dovuto ma non per questo smetterò di darne a chi non mi ha fatto niente di male. Nel tuo caso poi mi fido sempre e comunque» affermò Spectra, con una sicurezza che soprattutto in quell’ultimo periodo era del tutto mancata, andando a stringere la mano destra di Dreadwing «Anche se venisse giù Primus in persona a dirmi che non devo. Mi spiace per le ore che ho passato zitta».
 
Il Decepticon strinse leggermente le dita. «Dovresti cercare di non scusarti per qualunque cosa. E per quanto riguarda Soundwave…»
 
«Ce l’ha con tutti e due ma è ovvio che sia così. Sono sua moglie e non sono con lui, quindi è arrabbiato e preoccupato, lo so, e giuro che mi dispiace per questo» disse la femme «Però non riesce a capire il problema, perché per lui il problema non esiste, sono solo io che non torno e che sono diventata una “rovinata”. Quest’ultima cosa è una delle parti giuste del messaggio, perché di sicuro mi ci sento».
 
Dreadwing, molto serio in volto, si sedette davanti a lei. «Questo l’avevo capito. Però sappi che nonostante tutto non ti vedo “rovinata”».
 
«Dreadwing, io prima d’ora non avevo mai desiderato la morte di qualcuno. Se questa non è una “rovinatura” non so cosa possa esserlo» disse Spectra, cupa.
 
«Prima d’ora non avevi incontrato la persona responsabile del massacro della tua famiglia, che ti ha fatto del male e che ha cercato di fartene ancora di più e per ben due volte» replicò il mech.
 
«A me però non piace provare queste cose! Cerco di dirmi che sono inutili, che fanno più male a me che a lui, e tutto il resto… non voglio cercare altra vendetta nei confronti di Starscream.Voglio solo evitare di avere a che fare con lui, quel che volevo dirgli gliel’ho detto e l’ho anche ferito. Però più cerco di “schiacciare” queste cose che provo, più si fanno sentire… e più lo fanno, più temo che potrei finire a fare del male a tutti come fa Spectrus. Non so cosa dovrei fare» concluse Spectra, passandosi una mano sul viso che mostrava effettivamente un’espressione spaventata «So che mi hai detto che non dovrei avere questa paura, però dopo quel che è successo, quel che ho sentito nel messaggio e quel che ho provato io, ne ho più di prima. Ne ho tanta».
 
Dreadwing aveva temuto che i pensieri dietro le ore di silenzio potessero essere stati quelli, però si sentì sollevato del fatto che lei avesse deciso di parlargliene. Si fidava di lui, glielo aveva detto. Non poté fare a meno di pensare che lui, al posto suo, avrebbe smesso di fidarsi delle altre persone per molto meno.
 
«Probabilmente pensi che io sia un po’di parte, Spectra, ma se sono sicuro di una cosa è che non puoi finire come lui. Forse si ha controllo solo fino a un certo punto su come ci si sente, ma si ha un controllo totale di come si agisce o reagisce. Spectrus avrebbe ucciso Starscream, io stesso qualche tempo fa l’avrei ucciso» e se si trovava lì con lei, infatti, era anche per quella ragione «Tu invece, pur avendo la possibilità concreta di farlo, hai scelto di limitarti a renderlo inoffensivo. Lo odi ma hai scelto di non uccidere, proprio come hai sempre fatto in passato quando ti sei difesa. Per questo non ti vedo rovinata, la tua natura è rimasta la stessa. Provare odio per chi ci fa del male è normale, odiare Starscream quindi non ti rende malvagia, ti rende normale» affermò Dreadwing «E comunque resti sempre troppo gentile per già solo per aver definito Tarn “particolare”».
 
«Io ho sempre considerato l’odio come qualcosa di negativo e basta. Non avevo mai pensato che potesse davvero essere una cosa normale».
 
“E tantomeno che potesse essere normale per me. Sono la stessa persona che non vuole morto il fratello che ha tentato di terminarla” pensò Spectra “Che poi è stato quel che ha fatto venire fuori i problemi con Soundwave”.
 
«La normalità ha lati negativi con cui devi venire a patti anche tu. E non solo tu».
 
«Non solo io… già… da come parla non sono sicura che Soundwave sia interessato a una me “normale”. Si è innamorato e ha sposato qualcuno di un po’diverso, quindi si aspettava qualcosa di diverso. Io credo di poterlo capire almeno in questo, perché se non sono con lui adesso è per un motivo simile. A volte…» aggiunse, facendo visibilmente fatica «A volte quando penso a tutto questo mi chiedo se… mi sento in colpa anche solo a dirlo, perché fino a poco tempo fa speravo tantissimo di trovare un compagno di vita, però… forse con il matrimonio abbiamo affrettato un po’le cose, perché forse tutto questo avremmo potuto aspettarcelo se ci fossimo conosciuti un pochino meglio».
 
Le era sembrato di vivere una delle sue fiabe: l’amore tormentato, l’amore ricambiato, il rivale sconfitto, mancava solo il “per sempre felici e contenti” che aveva davvero creduto di poter ottenere sposando il suo “principe” da poco conosciuto proprio come voleva la tradizione.
Peccato che non si trovasse in una fiaba, nessuno di loro si trovava in una fiaba, ormai perfino lei era arrivata a capirlo, e pur non avendo smesso di provare dei sentimenti per suo marito si era resa conto che andare tanto veloci non era stata una buona idea.
 
«Non credevo che ti avrei sentita dirlo in modo così diretto» ammise Dreadwing, con espressione un po’ stupita «E non posso nemmeno dire che sia insensato, perché è tutt’altro. Dunque cosa intendi fare con lui adesso?»
 
«Innanzitutto credo che dovrei parlargli di persona, ora me la sento abbastanza» disse Spectra «Ma ho paura che cercherebbe di riportarmi nella Nemesis e basta senza ascoltarmi, e non intendo assolutamente finire ad alzare le mani su di lui un’altra volta. Più di un graffio non riuscirei a fargli ma il punto è il gesto, non il danno».
 
«A impedirgli di portarti via con la forza posso pensare io» si offrì il Decepticon, che però la vide scuotere la testa in un cenno di diniego «Perché?»
 
«Non vi metterete a fare a botte per colpa mia, tra voi due è già abbastanza un disastro adesso. Troverò un modo… magari se riesco a chiamarlo e fargli promettere di comportarsi bene potremmo… non so, forse risolvere tutto in una volta sarebbe troppa grazia, ma almeno potremmo provare a capirci un po’, ecco. Spero. Se così non fosse…»
 
Non era in grado di concludere la frase.
Non aveva idee, non aveva alcuna prospettiva futura al di là dell’essere la moglie di Soundwave, era in fuga, non aveva una casa e non sapeva nemmeno dove e come avrebbe potuto trovarne una. Prima della possibilità di averla nella Nemesis, la sua “casa” era sempre stata Spectrus, indipendentemente dall’astronave o dal luogo in cui si erano trovati. Quelli non erano mai stati importanti, era stata in grado di soprassedere a tante cose convinta che ne valesse la pena e che ne sarebbe sempre valsa. Sarebbe andato sempre tutto bene finché avesse potuto restargli vicino e cercare di ripagare il debito enorme che aveva sempre sentito di avere nei suoi confronti, per quanto tempo lo aveva pensato! Ma non era più così, anzi, peggio: non lo era mai stato per davvero.
 
«Se così non fosse potremmo andare via».
 
Sentendo quelle parole, Spectra guardò Dreadwing con aria sorpresa. «Via?»
 
«Dalla Terra. Ho degli shanix da parte» “Se Soundwave non me li ha già portati tutti via dal conto” pensò l’ex secondo in comando «Ci sono colonie e città-Stato in cui potremmo andare, luoghi dove non ci sono grossi problemi. Potremmo trovare un posto dove vivere e un lavoro».
 
«Dreadwing-»
 
«Tu potresti… non saprei, hai mai pensato a cosa vorresti fare se potessi scegliere?»
 
Spectra fece un sorriso un po’malinconico. «Quando ci pensavo non andavo molto più in là dall’immaginarmi con un marito e almeno cinque figli…»
 
«Cinque!» esclamò Dreadwing.
 
«Così avrebbero avuto sempre compagnia» spiegò la femme «Però per come mi sento adesso non credo che riuscirei a essere una mamma brava quanto servirebbe. Sono un disastro. E comunque se con Soundwave dovesse davvero finire non credo che mi metterei a cercare un nuovo compagno tanto presto, penso che tra le mie priorità questa cosa si troverebbe in fondo o quasi, dunque tutto questo è da escludere. Pensandoci… forse mi metterei a vendere dolci. E farli. Di solito piacciono» disse, e il sorriso divenne più aperto e meno triste «E tu?»
 
«Mh?»
 
«Tu cosa faresti lì?»
 
«Credo che cercherei un lavoro nella sicurezza. Ci sarà pure qualche posto, qualche azienda» ipotizzò il Decepticon «Forse mi farebbero partire dal basso ma sono sicuro che in poco tempo diventerei capo di una squadra, poi capo della sicurezza intera. So come si coordinano i gruppi di persone e sono in grado di prendermi responsabilità. Sono stato l’unico secondo in comando di cui Lo… di cui Megatron non potesse lamentarsi».
 
«Vero» concordò Spectra «Però mi chiedo se staresti davvero bene così».
 
Dreadwing rimase in silenzio per qualche secondo. «Non capisco».
 
«Quel che vorrei io è solo stare in pace, quindi il resto è di contorno. Per te però è diverso» disse la giovane «Dreadwing, tu sei un militare, tu sei un Decepticon, avevi un ruolo importante e ci stavi bene. “Se potessi scegliere”, come hai detto tu a me, sceglieresti davvero di fare quello che hai detto? Se Starscream non ci fosse più e potessi a rimettere a posto le cose con Lord Megatron, che ti ha già proposto di tornare nella Nemesis, sceglieresti lo stesso un lavoro qualunque in una colonia qualunque? È davvero quello che vuoi o se saresti disposto a farlo è per… per me?»
 
Non c’era niente di scabroso in due persone che parlavano, sedute una davanti all’altra, mentre erano nascoste all’interno di ciò che restava della metà di un’astronave, eppure guardando i due fuggitivi si sarebbe avvertita una certa “intimità”, a livello spirituale, che prima della domanda di Spectra non si era ancora creata.
 
«Nessuno dovrebbe fare qualcosa solo per fare contento qualcun altro» continuò lei «Pensando a quel che facevo per Spectrus direi che l’ho imparato perfino io. Stai già facendo fin troppo per me, ti sei esposto per me, per il futuro devi pensare seriamente anche a quel che vorresti tu, non solo a farmi stare tranquilla».
 
Uno strano miscuglio di emozioni si fece strada nel Decepticon, il cui sguardo rossastro dopo la sorpresa iniziale si ammorbidì. Teneva a lei, le aveva parlato del proprio fratello, della propria rabbia per il tradimento che riteneva di aver subito da Megatron e l’aveva sempre rispettata ma fino a quel momento l’aveva vista più come una persona della quale occuparsi -complici anche i problemi che stava avendo- che come qualcuno davvero suo “pari”. Era caduto nello stesso errore in cui cadevano praticamente tutti quanti nell’avere a che fare con Spectra, ossia sottovalutarla, ma scoprire di essersi sbagliato lo faceva sentire tutt’altro che infelice.
 
«Dovrei occuparmi io di te, non il contrario».
 
«L’hai fatto finora, se ci riesco voglio ricambiare» sorrise lei.
 
Dreadwing fece per dire qualcosa ma venne interrotto dal suono deciso del datapad di Spectra. Entrambi si ritrovarono a guardarne lo schermo pochi istanti dopo.
 
«“Festa per il diciottesimo vorn di Stiria Shaula - conferma partecipazione Sì/No - questo è un messaggio automatico”» lesse la femme «Questo non me l’aspettavo, anche perché non mi aveva mai chiesto di darle il mio contatto…»
 
«Non ricordo di averti mai sentito nominare questa persona ma il nome non mi è nuovo» commentò Dreadwing, mentre faceva mente locale «Aspetta… la femme a capo di quel posto strano nella costellazione dello Scorpionokor si chiama così, se non erro».
 
«A capo di Pettinathia, sì» annuì Spectra.
 
«Conosco di fama quel posto e il nome della femme in questione perché qualche tempo fa c’era stato il sospetto che avesse voglia di espandersi» spiegò Dreadwing « Ci sono un paio di colonie Decepticon appena fuori dalla parte nord dello Scorpionokor. È successo poco prima che io arrivassi qui, quando ero ancora responsabile dei quadranti stellari lì vicino. I sospetti però erano sbagliati, non ci sono stati attacchi né sabotaggi, dunque ognuno è rimasto nel suo».
 
«Non avevo idea di questa cosa».
 
«Non potevi averne. E dopo la DJD ho quasi paura a chiederti come e perché la conosci, anche se di sicuro non è peggio di loro».
 
Era una fortuna che la Decepticon Justice Division non fosse presente e non avesse potuto sentire quel che aveva detto, perché avrebbero avuto tutti da ridire… ma lui non poteva saperlo.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“Come immaginavo. Non promette bene” pensò Nickel, sentendo le note dell’Empyrean Suite provenire dai quartieri di Tarn.
 
Aveva deciso di raggiungerlo perché, nonostante il colloquio con Megatron fosse durato parecchio, tutto quel che il loro comandante aveva riportato era stato il permesso di utilizzare il Ponte Terrestre dei Decepticon e l’elenco preciso di persone da uccidere, aggiungendo che -su desiderio di Megatron stesso- nel corso della missione avrebbero dato una priorità particolare a Spectrus Specter.
Aveva detto quel di pratico c’era da dire e per gli altri era stato sufficiente, ma non per Nickel. Secondo lei Tarn aveva parlato in modo un po’troppo neutro perché quel che aveva detto fosse davvero tutto, dunque aveva pensato che fosse meglio cercare di far sì che se voleva potesse parlarne con qualcuno, anche solo un paio di frasi com’era successo pochi giorni prima, dopo la… “disavventura” nello Scorpione.
Cercare di far sì che il comandante della squadra restasse stabile quanto più possibile era nell’interesse di tutti e, al di là di questo, provare a dargli una mano era il minimo che potesse fare considerando quant’era stato comprensivo riguardo la faccenda di Bustin: era stata una conversazione difficile ma la punizione ricevuta era stata “solo” il raddoppio dei turni di pulizie. Essendosi resa conto di quanto fosse stata grande l’idiozia fatta, Nickel si era convinta che avrebbe meritato ben di peggio.
 
“Meglio non pensare a quel grandissimo stronzo adesso” si intimò, riferendosi a Bustin.
 
Giunta davanti alla porta notò subito che era stata lasciata socchiusa. Non era casuale, proprio come non lo era stato qualche giorno prima quando lei l’aveva raggiunto: evidentemente sapeva che l’avrebbe fatto, e per l’appunto non mostrò la minima sorpresa quando la vide entrare. Anche il cubo di energon per lei era già al suo posto sul tavolo.
 
«Dunque…» esordì la minicon «Specter maschio deve aver combinato abbastanza danni perché la conversazione con Lord Megatron sia stata così lunga».
 
«È stato fonte di notevoli grattacapi per Lord Megatron, sì» confermò Tarn, con lo stesso tono neutro che aveva utilizzato prima «Ha seriamente danneggiato la Nemesis, ha messo del Tox-En nei condotti di aerazione, ha trafugato reliquie come quella che abbiamo trovato e restituito a Lord Megatron e ha liberato prigionieri Autobot, questo solo nel primo mese da quando è arrivato qui; più di recente invece ha contribuito ampiamente alla distruzione della fortezza “Darkmount” col cannone a fusione della stessa E mediante l’uso di una droga importata dal quel posto» alias Pettinathia, città-Stato ora conosciuta nella Peaceful Tiranny anche come “Là” e “Lì” «Ha anche cercato di uccidere Soundwave due volte, purtroppo senza che si terminassero a vicenda…»
 
“Terminarsi a vicenda? Questa mi è nuova” pensò Nickel, aggrottando la fronte e decidendo di lasciarlo continuare.
 
«Sebbene… sì, naturalmente è molto meglio per la Causa che Soundwave sia ancora online, è un Decepticon di comprovatissima lealtà e competenza, dunque ce ne rallegriamo tutti quanti. Evviva. Stavo dicendo? Ah, sì. Spectrus Specter ha cercato di terminare Soundwave e, come se questo e tutto il resto non fosse sufficiente, ha cercato di terminare la sorella-»
 
«Cosa?!» si stupì Nickel, stavolta incapace di restare in silenzio.
 
«Dopo averla usata per vorn e vorn nel proprio lavoro» continuò Tarn, parlando forse più a se stesso che a Nickel «Usarla e terminarla quando lei, davanti a una reale possibilità di farlo, ha scelto i Decepticon: l’ha rapita per questo, l’ha portata via dalla nostra astronave per… questo».
 
A Nickel parve di vedere le luci tremolare per un brevissimo istante, come se fosse servita un’ulteriore conferma dello stato d’animo di Tarn in quel momento. Nonostante questo però non si sentiva spaventata, perché nulla di tutto ciò era rivolto a lei.
 
«Per il passato non si può fare molto, per il futuro invece sì» disse quindi «Tornerà a farci compagnia, sbaglio?»
 
«È più complicato di quanto avessi previsto fino a ieri, non solo perché al momento è in fuga e non sappiamo dove si trovi, ma anche perché nella Nemesis c’è quello che, burrasca o meno, è sempre il suo compagno di vita».
 
«Quindi la bambina si è sposata? Mi stupisco sempre di più!» esclamò la minicon.
 
«Non è più una bambina da tempo, Nickel, è una femme adulta e credo che ormai sia evidente».
 
«Aspetta: che vuol dire che il suo compagno è nella Nemesis? Quando gli altri mi hanno parlato del vostro incontro mi avevano detto… quindi non sta col tizio con cui è “in fuga” adesso».
 
«Soundwave è diventato “Soundwave Specter”».
 
«Aaah. Ecco» commentò Nickel, dopo un breve attimo di silenzio «Adesso capisco».
 
Tarn inizialmente non fece commenti, tornando a parlare solo dopo aver bevuto un lungo sorso dal cubo di energon -energon normale, per fortuna- già arrivato a metà.
 
«Spectra amava il fratello ma è evidente che la situazione in cui l’aveva messa non la facesse stare bene. In caso contrario non avrebbe deciso di staccarsi da quell’essere sposandosi con una persona che ai tempi conosceva solo da un mese» disse il Decepticon «Non è stata una delle sue idee migliori ma immagino che fosse più disperata di quanto si rendesse conto di essere. Nessuno si sposerebbe con un semi sconosciuto se non, appunto, per disperazione».
 
«O comunque se la voglia di sposarsi arriva troppo presto può finire solo in un modo: male!» dichiarò Nickel.
 
Suo malgrado ricordava benissimo che dopo un mese di conoscenza avrebbe sposato Bustin più che volentieri, tanto che a quei tempi era arrivata anche a sognare più volte la cerimonia durante la ricarica pur essendo tutt’altro che disperata; allo stato attuale delle cose però ripensare a questo non faceva altro che farla arrabbiare di più.
 
«Le sole cose positive certe riguardo Spectra sono che sia su questo pianeta, che sia fisicamente sana» elencò Tarn «Che ci abbia salutati con un certo calore, segno che qualunque cosa possa averle detto il fratello quando l’ha rapita non ha attecchito poi così tanto e che, tralasciando Starscream, abbia scelto di avere a che fare solo con Decepticon di un certo rango: nonostante… tutto… a livello di decepticonismo il suo attuale compagno di vita è tra i primi nella mia classifica. Anche Dreadwing e il fratello di questi erano in posizioni molto alte prima che, rispettivamente, uno fuggisse e l’altro andasse offline. Inoltre ha favorevolmente impressionato Lord Megatron» aggiunse, e la soddisfazione per la cosa era perfettamente udibile nella sua voce «Al punto che Egli ritiene che lei debba avere l’assoluta facoltà di stare ovunque voglia adesso e in futuro».
 
«“Ovunque” che comprenderebbe anche questa astronave, se lei volesse, ho capito» completò il discorso Nickel «Ma alcuni buoni motivi anti igienici per non volere li vedo appesi a quella parete!»
 
Il repentino cambio di argomento della minicon fece sì che Tarn si voltasse verso la parete incriminata prima di rendersi conto che Nickel ce l’aveva con una delle sue reliquie, alias alcuni cadaveri di minatori morti a Messatine -che ormai da tempo era il pianeta che avevano eletto a loro base- sulle cui viscere erano state incise parti degli scritti derivati dall’ingegno di Lord Megatron. Una delle tante conseguenze della rivoluzione, nonché un fatto piuttosto macabro nel quale però la DJD non c’entrava niente; come e dove il grosso mech viola scuro si fosse procurato quei resti -che già possedeva quando era a capo della prigione Decepticon chiamata “Grindcore”- era un mistero.
 
«Spectra capirebbe perfettamente il significato di quelle reliquie, ne sono sicuro» replicò Tarn «E non sono anti igienici: le parti soggette a decomposizione si sono consumate moltissimo tempo fa e, come puoi vedere, non c’è neanche un briciolo di polvere».
 
«Spariranno in ogni caso» dichiarò Nickel.
 
«Di uno si sono davvero perse le tracce l’ultima volta in cui sono stati rimossi dalla parete» replicò Tarn, con un certo biasimo «Non sono riuscito a trovarlo pur avendo guardato ovun-»
 
«E quello che cos’è?!» lo interruppe Nickel, indicando un punto abbastanza lontano.
 
Da sotto il “letto” Tarn si vedevano sbucare una mano e parte di un polso, segno che la reliquia perduta non era andata a farsi una passeggiatina.
Ovviamente.
La spiegazione, molto più semplice era che gli scossoni subiti dall’astronave a causa dell’attacco informatico di Bustin avevano smosso il disastro epocale sotto la cuccetta di Tarn, caos ben nascosto da un “copriletto” viola assolutamente privo di pieghe.
 
«Quindi era rimasto incastrato lì sotto tutto il tempo. Mistero risolto» commentò Tarn «Ammetto che a volte mi chiedo da dove derivi la tua capacità di trovare tutto».
 
«Qualcuno qui dentro lo deve pur fare» ribatté la minicon.
 
Quale che fosse la risposta che Tarn avrebbe voluto dare, non ne ebbe il tempo: Lord Megatron si fece sentire direttamente nel suo comm-link.
 
 
Buone notizie per te e per la tua squadra: sono stati rilevate le posizioni delle astronavi Iron Will e Jackhammer. Sai già chi troverete al loro interno.
 
 
A ulteriore conferma del fatto che l’ultima frase di Lord Megatron fosse vera, Tarn scattò subito in piedi. «Sissignore. Avviso il resto della squadra e partiamo immediatamente. Che dire» aggiunse a comunicazione finita, rivolto a Nickel «Pare che finalmente potremo fare una chiacchierata con Spectrus Specter, per giunta a sorpresa… una concreta possibilità di archiviare questa pratica in così breve tempo, non chiedevo di meglio».
 
«Due paroline a quello stronzo voglio dirle anche io, insieme a un cacciavite su per lo scarico!» esclamò Nickel, memore di quando Spectrus l’aveva messa “a dormire” per rapire Spectra indisturbato e le aveva anche posto un masso sopra il corpo.
 
«Non sono sicuro che lasciarti venire con noi sia una buona idea, non per mancanza di fiducia, ma perché non credo che tu sia necessaria».
 
«Specter e chiunque sia nell’altra astronave non sono da soli, lo sai. Posso aiutarvi a dare la caccia a Bustin, posso seguirlo anche in aria se necessario, e anche lui è tra gli obiettivi» replicò la prioniana, risoluta «So di aver fatto un grosso sbaglio a uscire dall’astronave senza permesso, dammi la possibilità di cercare di rimediare e fare qualcosa di utile per la squadra! Nonostante tutto credo di sapere meglio di voi come potrebbe muoversi» insistette Nickel.
 
«Su questo può darsi che tu abbia ragione, però non sono convinto. Potrebbe essere pericoloso nel caso in cui tu finisca ad allontanarti, Lord Megatron mi ha anche parlato della presenza di un grosso alveare di insecticons, che tra l’altro fa capo ad Airachnid».
 
«Tutto questo ti sembra peggio di Pettinathia o di quel che abbiamo passato in seguito dalla strega? Perché se così fosse guarda che ti sbagli!»
 
«Non è peggio» ammise Tarn «Ma lì non c’erano di mezzo certe tue vecchie conoscenze».
 
«Eppure ti avevo detto di aver visto la sua illusione, che io credevo essere vera, nei tredici passi. Allora immagino che aver scelto VOI al posto della possibilità di riavere quello che credevo essere lui non è una prova sufficiente per te» esclamò la minicon, che aveva iniziato a tremare di rabbia.
 
«Nickel-»
 
«Forse sapere che ho rinunciato a riavere indietro Prion, la mia vecchia vita e tutti quelli che conoscevo ti aiuterebbe a capire che non lascerò la DJD per il mio ex fidanzato» continuò imperterrita la minicon, con le ottiche che avevano iniziato a bruciare leggermente «Adesso so che forse era anche quella una bugia, e dico forse perché quella strega ha manipolato il tempo come le è parso e piaciuto, ma mentre ero lì dentro mi sembrava tutto molto concreto. Eppure sono qui! Non ti basta?!»
 
Dopo qualche attimo di immobilità, Tarn allungò una mano e la posò sulla sua piccola spalla. «La mia sola intenzione era risparmiarti dello stress non necessario. Ho detto a Lord Megatron che mi fido di te come di me stesso, simili parole non si dicono alla leggera».
 
Nickel non rispose, limitandosi a un breve sospiro. «Posso affrontarlo, quindi vengo con voi».
 
Tarn annuì e, dopo ciò, lui e Nickel lasciarono la stanza senza aggiungere altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dovevano esserci anche gli Autobot, ma di chiacchiere ce ne sono state anche troppe xD di conseguenza loro si vedranno nel prossimo capitolo, insieme a quel po’di casino che tutti noi, io per prima, ci potremmo aspettare da Spectrus xD
Grazie a chiunque stia continuando a seguirmi nonostante i tempi di aggiornamento bislacchi, alla prossima :)
 

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Capitolo 12
*** 12 - Uno, due, tre, quattro ***


12
(Uno, due, tre, quattro)
 










 
 
 
 
 


 
“La Jakchammer e la Iron Will!” pensò Ratchet, tracciando le coordinate dei due segnali “Devo avvertire subito Optimus!”
 
Si lanciò di corsa nei corridoi dell’hangar per raggiungere quella che Optimus aveva adibito a stanza personale, ma appena prima di toccare la porta ricordò una cosa fondamentale: nella “stanza personale” di Optimus Prime non dormiva più solo lui. Come ogni cybertroniano che avesse una compagna di vita e la fortuna di averla vicina, Optimus ora divideva la cuccetta con lei, con Arcee.
 
“I tempi in cui avevo il permesso di irrompere e via sono finiti” sospirò Ratchet, battendo due colpi contro la porta.
 
Optimus uscì dalla stanza dopo pochi istanti. «Cosa succede?»
 
«Abbiamo i segnali della Iron Will e della Jackhammer, sono comparsi sullo schermo proprio adesso» disse rapidamente il medico «Sono vicini alle montagne, c'è una gola-»
 
«Apri un Ponte Terrestre, avverto Bumblebee e partiamo immediatamente» replicò il comandante.
 
«Cosa succede?» domandò Arcee, uscendo a sua volta dalla stanza e affiancandolo.
 
«Li abbiamo trovati» rispose Optimus «Stavo venendo ad avvisarti. Bumblebee, li abbiamo trovati» aggiunse poi nel comm-link «Fatti trovare vicino al Ponte».
 
 
-Sissignore-!
 
 
«Vengo anche io, sono pronta» disse Arcee.
 
Optimus, dopo un’occhiata, annuì brevemente.
Non era contento troppo all’idea che la sua compagna lo seguisse, non tanto per la presenza di Spectrus -che pure avrebbe dato problemi, ne era sicuro- quanto per l’idea di trovare sul posto anche la DJD, dalla quale ogni persona sana di mente avrebbe tenuto lontani i propri cari; tuttavia sapeva benissimo che Arcee non gli avrebbe permesso di lasciarla indietro, non perché erano sposati. Era un’Autobot forte e fiera, e intendeva fare la sua parte come tutti, il che era encomiabile e uno dei motivi per cui si era innamorato di lei.
 
«Quanto a Bulkhead…» avviò a dire Ratchet.
 
Optimus scosse la testa. «Meglio di no. La sua forza ci servirebbe ma lui non è lucido in questo momento. Quando c’è di mezzo Wheeljack non ragiona bene come al solito, è sufficiente pensare a come ha reagito quando Spectrus, chiusa la comunicazione con me, gli ha inviato le coordinate del corpo. Avremmo dovuto escludere i suoi tentativi di contatto dai nostri comm-link molto tempo fa» aggiunse poi, con un sospiro nervoso, mentre si dirigeva verso il Ponte insieme agli altri.
 
«Ha preso ed è partito senza ascoltare nessuno e senza pensare che poteva benissimo essere una trappola» disse Arcee «Anzi, è un miracolo che non lo sia stata e Bulkhead abbia potuto seppellire Wheeljack. A dirla tutta non essendoci stato un agguato non capisco bene a che pro Spectrus gli abbia dato quelle coordinate».
 
«Cerca di mandarlo a morire» affermò Ratchet con tanta sicurezza quanta freddezza -non verso Arcee, ma verso quell’idea «Bulkhead è arrabbiato e in lutto e non fa altro che dire che vendicherà il suo amico, il che significa affrontare la Decepticon Justice Division, e nelle condizioni in cui si trova il rischio che si infili in una situazione dalla quale non potrebbe uscire vivo è enorme. Spectrus si libererebbe del demolitore che ci è rimasto in squadra senza nemmeno sporcarsi le mani».
 
«È come sempre un essere spregevole» commentò Optimus Prime «E io voglio davvero credere che Ultra Magnus stia con lui solo perché è stato ingannato».
 
«Io invece preferisco non farmi aspettative» disse Arcee.
 
Né Prime né Ratchet replicarono e quando arrivarono al Ponte trovarono Bumblebee che, come da ordini, li stava già aspettando.
 
«Tu naturalmente resti alla base» disse Optimus a Ratchet «Pronto ad aprire il Ponte a ogni evenienza. Arcee, Bumblebee, andiamo».
 
Ratchet li guardò scomparire nel Ponte Terrestre, e fece appena in tempo a sperare che tornassero tutti senza danni prima di accorgersi che il segnale della Jackhammer era scomparso dal monitor.
 
«Cosa?!» esclamò l’Autobot, fiondandosi sul computer principale del sistema «È scomparso! Com’è possibile?! A meno che…»
 
Cercando di contattare Optimus e gli altri senza riuscirci, completò mentalmente la frase: “A meno che sia una trappola nella quale, detta come direbbe un umano, siamo cascati con tutte le scarpe”.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Quello… sì, quello laggiù è Optimus Prime, non ci sono dubbi!» esclamò Spectrus «Ma è più alto di come lo ricordavo. Non è un assetto da volo quello?!»
 
A bordo della Iron Will, accanto a Ultra Magnus, Spectrus stava bellamente fingendo uno stupore che in realtà non provava affatto: al di là di aver capito presto perché Smokescreen fosse andato a prendere la Forgia, aveva già visto in video la nuova forma di Optimus Prime. Ultra Magnus però non doveva saperlo… ancora.
Sapeva che la sua “copertura” sarebbe saltata quel giorno stesso, forse non sarebbe durata nemmeno un’altra mezz’ora, ma quel che gli importava era cercare di far sì che Optimus e Ultra Magnus finissero a litigare tra loro nel momento più sbagliato di tutti; sfortuna sua -ma se il piano che aveva studiato fosse andato in porto sarebbe stato soprattutto “sfortuna loro”, riferito ai suoi ex colleghi- dopo quel che aveva combinato a Darkmount riusciva a immaginare colore e posizione del proprio nome nella Lista.
 
«Sì, direi che lo sia» rispose, piatto, Ultra Magnus «E considerando il livello di tecnologia degli esseri umani, anche al massimo del loro supporto dubito che avrebbero potuto fare qualcosa del genere. Tanto più se la base, come mi hai detto, è stata distrutta poco tempo fa».
 
«Prima ha distrutto l’Omega Lock, adesso ha usato quel che restava dell’energia della Forgia per diventare più grosso e poter volare, e in tutto questo Cybertron, la nostra casa, è ancora morto!» esclamò Spectrus, con aria “sinceramente” indignata «Parlavano tanto della sua abnegazione e dei suoi principi, ma che razza di “Prime buono” sarebbe questo? Con che coraggio si definisce diverso dai Prime di un tempo, se per potenziarsi spreca qualcosa che poteva fare il bene di tutti?»
 
 
Optimus Prime non pensa alle femme e ai pampiniH! Sono molto indiNNiato! – disse Bustin, non tanto forte da farsi sentire da Ultra Magnus, nel comm-link aperto di Spectrus  Quel che dovevo sistemare nella gola è sistemato, aspetto di fare il resto e io e la Jackhammer siamo in posizione.–
 
 
“Bene” pensò Spectrus.
 
«Bada a come parli» lo riprese l’altro militare «Optimus Prime è sempre il nostro comandante».
 
«Ma quel che ho detto io è vero, signore, e lo sa benissimo anche Lei» replicò Spectrus «Ha toccato il fondo e purtroppo i nostri compagni non lo capiscono ancora. Se non facciamo qualcosa ci porterà alla rovina completa come ha lasciato in rovina completa anche Cybertron».
 
Ultra Magnus era sul punto di redarguire nuovamente Spectrus, ma Optimus comparve oltre il vetro dell’astronave. A causa della superficie riflettente non poteva vederli, contrariamente a loro.
 
«Ultra Magnus, so che sei lì dentro» esordì il leader degli Autobot «Atterra, dobbiamo parlare!»
 
“Questa è la prova del nove, ora saprò se i miei discorsi hanno attecchito abbastanza oppure no” pensò Spectrus, osservando con attenzione Ultra Magnus.
 
«Concordo sul fatto che ci siano delle cose che vanno chiarite, Optimus» rispose questi dopo aver attivato il microfono «Una è il motivo per cui i tuoi soldati si sono rifiutati di consegnarsi quando gliel’ho ordinato, e l’altra è il tuo comportamento… e quel che non hai fatto per Cybertron, utilizzando un certo artefatto su te stesso. O neghi questo?»
 
“Seh, direi che hanno attecchito” concluse Spectrus “So che da solo non basterà a far scoppiare la lite ma va benissimo”.
 
«No. Quest’ultima cosa non la posso negare» fu costretto a dire Optimus, che nel suo intimo provava ancora della vergogna per un gesto che, seppur ben motivato, restava sempre più egoista di quanto lui si era illuso di non essere «Ma per il resto, Ultra Magnus, amico mio, ti prego di non dare ascolto a qualunque cosa ti abbia detto quel mostro di Specter, ovunque sia andato a nascondersi».
 
Erano partiti per il segnale di entrambe le navi, ma una volta arrivati ne avevano vista una sola. Optimus si era detto che forse la Jackhammer e i suoi inquilini se l’erano filata, e in un certo senso era meglio così, perché convincere Ultra Magnus sarebbe stato più semplice e avrebbero potuto cercare di liberare il povero Smokescreen.
Peccato che la sua interpretazione della faccenda fosse sbagliata.
 
«Mostro? Fino a prova contraria quello che ha condannato il nostro pianeta a restare morto non sono io. Hai perso ogni ritegno, Optimus Prime» si fece sentire Spectrus, che di ritegno invece non ne aveva mai avuto.
 
«Contieniti, Specter!» esclamò Ultra Magnus «Optimus Prime, io sono disposto ad ascoltarti, ma ho avuto modo di vedere varie prove che parlano di un tuo operato a dir poco discutibile. Tu e i tuoi soldati potete considerarvi sotto inchiesta e, come prevede il nostro Codice in certi casi, ti chiedo di consegnarti fino a quando tutto sarà chiarito».
 
«Non è in buona fede, Optimus, te l’avevo detto!» si sentì esclamare Arcee da terra.
 
Optimus però, ritenendo di conoscere meglio il suo secondo in comando, restava di un’altra idea. «Credimi se ti dico che vorrei rispettare il nostro Codice, Ultra Magnus, ma anche per il tuo stesso bene non posso» disse, col pensiero che forse se avesse accettato di consegnarsi Spectrus avrebbe attaccato alle spalle Ultra Magnus e poi tutti loro con l’astronave «Ti chiedo di atterrare, prima che sia costretto a far atterrare la Iron Will io stesso».
 
«Atterrarci con la forza… è davvero così che vuoi metterla?»
 
Optimus annuì gravemente. «Se devo».
 
“Va per le lunghe come purtroppo avevo previsto” pensò Spectrus “È tempo di dare il segna-”
 
Non fece neppure in tempo a completare il pensiero: i cannoni laser della Iron Will si armarono e spararono una serie di colpi verso Optimus Prime.
 
“A volte ho l’impressione che quel nano malefico mi legga nel processore” pensò Spectrus, soddisfatto del tempismo del suo compare eppure indeciso se una tale somiglianza gli piacesse davvero o meno.
 
«COSA?! Che succede?!» allibì Ultra Magnus cercando di armeggiare con i comandi della nave, che intanto continuava a sparare.
 
Ignaro di cosa stesse succedendo all’interno dell’astronave -perché quando Bustin in quell’attimo aveva preso il controllo a distanza aveva anche staccato il microfono- Optimus si trovò costretto a cercare di colpire i cannoni della Iron Will. Non ci riuscì perché Ultra Magnus, riacquisito il controllo della nave, si dimostrò un ottimo pilota nell’evitare sia gli spari di Optimus, sia quelli di Arcee e Bumblebee che erano ancora a terra.
 
«Col suo permesso intendo scendere a terra, così che almeno gli altri smettano di spararci» disse Spectrus avviandosi verso un’uscita, segno che in realtà del permesso non se ne faceva alcunché  «Che diamine è successo a questa nave?!»
 
«Non lo so, ma la tua è una buona idea, permesso concesso!» esclamò Ultra Magnus, senza neanche voltarsi, dopo una pericolosa virata a sinistra «E niente uso di forza letale!»
 
Spectrus non aspettava altro e, non essendo troppo in alto, poté saltare tranquillamente giù parando gli immediati colpi laser di Bumblebee grazie alla spada, per poi cercare di infilzarlo. Il “niente uso di forza letale” era da ignorare, ovviamente.
 
«Attento!» esclamò Arcee a Bumblebee sparando qualche colpo contro la schiena di Spectrus.
 
Così facendo riuscì ad ammaccarlo leggermente e facilitare le cose a Bumblebee, che venne ferito più che altro di striscio, ma se fosse stata appena un po’meno veloce avrebbe rischiato di essere presa in pieno da uno sparo dell’ex Autobot, sparo che invece andò a sfondare un grosso ammasso roccioso dietro di lei.
 
“Ha più voglia di ucciderci di quanta ne abbia di solito” pensò la femme.
 
Una serie di colpi da parte della mitragliatrice di Optimus, che nonostante la lotta con Ultra Magnus aveva sempre un’ottica rivolta alla sua compagna, fece sì che Spectrus fosse costretto ad allontanarsi da lei.
 
«Non provare- agh!» esclamò Optimus, quando venne colpito di striscio dalla Iron Will «Ultra Magnus, ascoltami!»
 
«Tu accetta l’inchiesta come da Codice e lo farò» ribatté testardamente l’altro «E smetti di cercare di atterrarmi, da qui sono partiti dei colpi ma posso giurarti sulla mia stessa vita che non li abbiamo sparati di nostra volontà!»
 
“Ecco, appunto, ma è più corretto dire che non li hai sparati di tua volontà” pensò Optimus. «Le mie ultime azioni forse sono state discutibili ma non sono io il tuo nemico, non siamo noi i tuoi nemici, il vero nemico è Spectrus! È per colpa sua che la nostra base precedente è stata trovata, è per colpa sua se la squadra ha due componenti in meno, ne ha uno in ostaggio nella Jackhammer, fidati di me, come una volta! Mi conosci meglio di quanto conosci lui!»
 
«“Fidati di me, come una volta”, come se fossi degno della fiducia di chicchessia!» gridò Spectrus da sotto, sparandogli da dietro una roccia.
 
«TACI! Mostro!» arrivò a ringhiare Optimus -addirittura!- che avrebbe nuovamente sparato volentieri a Spectrus se non fosse stato impegnato con la Iron Will.
 
«Che caratterino ha messo su» commentò Spectrus.
 
 
Specter, arrivano – lo avvertì Bustin.
 

«Bene. Fase due» disse il mech, trasformandosi e sfrecciando in direzione della gola mentre ricordava brevemente il piano.
 
 
 
 
“Il  tecnico di Tarnlandia ha la cartella di porno più strapiena che abbia mai visto, e pare che nell’esaminare il sistema non sia andato a controllare i suoi file più personali. Risultato: più d’uno tra quei milioni di video è diventato un trojan”.
 
“E a tuo dire ora la Peaceful Tiranny dispone di un collegamento privato al Ponte Terrestre del resto dei Decepticon. Evidentemente nemmeno il mio caro cognato aveva voglia di stare a sentire Tarnlandia via comm-link. Nano malefico, se la DJD attraversasse suddetto Ponte tu saresti in grado di intervenire in quell’attimo e sparpagliarli? I più piccoli andranno vicini ai miei ex compagni, il più grosso vicino alla gola, Frollo sul posto ma più in là, e per il resto-”
 
“Lontani dal casino. Alla Nanetta voglio evitarlo, se posso”.
 
“L’ho già detto e lo ripeto, attento alla troppa galanteria. Allora? Saresti in grado o no?”
 
“Penso di sì. Ma perché dovremmo farlo già stavolta?”
 
“Perché voglio mandare un messaggio. Un messaggio grosso. Ci riuscirei più facilmente se Frollo, pur standomi col fiato sul collo, fosse un po’più distante. Ci saranno anche un po’di fuochi d’artificio generosamente offerti dalla scorta di bombe del compianto Wheeljack”.
 
“Non so i dettagli, ma per ora mi piace!”
 
 
 
Vide le luci di più di un Ponte Terrestre e, dopo quello, la DJD arrivare ufficialmente sul posto.
 
«Salve, Autobot!» esclamò Kaon, con le antenne tesla già avvolte da piccoli fulmini «Non so se foste consapevoli o meno della nostra presenza sul pianeta, ma sappiate solo che l’esperienza che vi aspetta sarà elettrizzante!»
 
Sentendo la battuta penosa Vos ringraziò la propria tendenza a parlare poco, e si accorse prima di Kaon che c’era qualcosa che non andava: per la precisione la mancanza di Tesarus, che avvistò poco lontano, quella di Tarn, il cui segnale era decisamente più distante rispetto a quello di Tess, e infine quella di Helex e Nickel, insieme -stando ai segnali che riusciva ad avvertire solo a tratti- ma da tutt’altra parte. Si chiese cos’avesse combinato Tarn quando aveva attivato il Ponte, ma subito dopo si trovò a dover evitare degli spari da parte di Bumblebee, che stava cercando di allontanarsi assieme ad Arcee.
 
«-Ratchet! Ratchet! Serve un Ponte Terrestre SUBITO! RATCHET!-» esclamò lo scout nel comm-link, senza ottenere alcuna risposta. Come Ratchet non riusciva a contattarli, loro non riuscivano a contattare lui «-Era una trappola, il bastardo ci ha infilati in una trappola, la DJD è qui e noi non riusciamo ad andarcene!
 
«E proprio per questo è tempo che i motori della Iron Will, ahimè, vadano giù» commentò Spectrus, sempre diretto verso la gola, dopo aver aperto il comm-link con Ultra Magnus. Ciò detto, fece partire il segnale che avrebbe attivato le bombe che aveva messo sulle turbine della nave «Ma i cannoni funzioneranno ancora, quindi potrai sempre sparare a Tarn anche con quelli, quando arriverà… “signore!”»
 
 
SPECTER! COS-
 
 
I motori della Iron Will esplosero. L’astronave sarebbe caduta giù a picco se Optimus Prime non si fosse messo sotto di essa cercando di rallentarla.
 
«Optimus!...» esclamò Ultra Magnus.
 
Il comandante degli Autobot non rispose, concentrando tutti i suoi sforzi per evitare un impatto che, seppure da altezza ridotta, il tipo di terreno avrebbe reso rovinoso; ci riuscì, e nel clangore metallico dell’atterraggio poté poi rivolgere tutta la sua attenzione al resto dei presenti, Vos e Kaon in primis.
 
«Vi consiglio caldamente di andarvene, prima di farvi male» disse, volando davanti a loro ed evitando una scarica elettrica devastante di Kaon.
 
«Non credo proprio che saremo noi a farci male» replicò il Decepticon sentendo che Tarn, quale che fosse il motivo per cui non era accanto a loro, era comunque in avvicinamento «Tesarus! PRENDILO!» esclamò poi, avvistando Spectrus e notando che era vicino al suo compagno di squadra.
 
Il più mastodontico membro della Decepticon Justice Division non se lo fece ripetere due volte: vedendo Spectrus andare a infilarsi nella gola si trasformò a sua volta e, con un rombo basso e potente del motore, si lanciò all’inseguimento. Aveva l’ordine di non ucciderlo -perché Tarn aveva detto di volersi riservare l’assoluzione di quel compito- ma sapeva che più male gli avrebbe fatto, meglio sarebbe stato, perché Tarn non aveva escluso niente a tal proposito.
 
Proprio Tarn però, in arrivo in modalità veicolare e con l’Empyrean Suite al massimo volume, aveva iniziato fin da subito ad avere dei seri dubbi su tutta quella situazione. Era abbastanza sicuro di non essere così scemo da non saper neppure usare un Ponte Terrestre, di aver messo le coordinate giuste e che fossero entrati tutti insieme, quindi tutto quel che era successo era a dir poco strano, incluso il fatto che non stesse riuscendo a comunicare con Nickel e Helex e che fossero stati trovati i segnali di entrambe le navi ma lui ne vedesse solo una -per di più a terra.
 
“Tutto questo non mi piace”.
 
Il sospetto di Tarn divenne pressoché certezza nel momento in cui si sentirono i rumori distinti di molteplici esplosioni e le pareti di quella gola rocciosa iniziarono a franare, chiudendo dunque l’accesso a chiunque avesse voluto seguire Tesarus e Specter.
 
“E adesso mi piace ancora di meno!” 
 
Normalmente avrebbe detto “peggio per lui”, riferito ovviamente a Spectrus Specter, ma Lord Megatron gli aveva fatto capire piuttosto chiaramente che quell’essere immondo il cui unico pregio risiedeva nella sorella -“E posso solo immaginare la costernazione di Spectra a doverlo chiamare fratello…”- non andava preso troppo alla leggera, e già solo il fatto di essere andati lì convinti che sarebbe stato un arrivo a sorpresa, sbagliando, era una dimostrazione del fatto che il giudizio di Lord Megatron era come sempre nel giusto.

Abbassò il doppio cannone a fusione mirando Bumbelbee, che a sua volta stava puntando Kaon.
 
«Bee, occhio!» esclamò Arcee, iniziando a sparare a ripetizione contro Tarn e dando modo a Bumblebee di spostarsi in tempo ed evitare un colpo che in caso contrario l’avrebbe sfondato.
 
Tarn, al quale il tempo e il mestiere avevano fatto abbracciare la totale parità dei sessi quando si trattava di bersagli, giunto finalmente in mezzo alla battaglia si trasformò e sparò contro la femme Autobot… o meglio “ci provò”.
Appena Optimus si avvide delle sue intenzioni cercò di crivellarlo di colpi con la mitragliatrice e poi gli si scagliò addosso, intenzionatissimo a dargli un diretto in pieno volto dal quale Tarn riuscì a ripararsi per un soffio. La potenza del colpo lo fece comunque indietreggiare di diversi metri, scavando due grossi solchi nel terreno duro.
 
«I macellai di Megatron non sono i benvenuti su questo pianeta, Tarn!» esclamò Optimus «Toglietevi di torno!»
 
«No, non credo che lo farò» replicò il leader della DJD, che ormai aveva tolto la musica «E ritengo il termine “macellai” riduttivo e quasi denigratorio rispetto a quello che effettivamente è il nostro compito» aggiunse, abbassando progressivamente la voce «Far rispettare una dottrina nella quale, mi risulta, un tempo hai creduto tu stesso… prima di rubare a Lord Megatron il ruolo di Prime che gli spettava di diritto».
 
Il potere della sua voce... come aveva potuto dimenticarsi anche solo per un attimo?, si chiese Optimus, sentendo la sensibilità dei suoi arti iniziare a venire meno per colpa di Tarn.
 
«Ma come pretendere che colui che ha tradito chi lo aveva generosamente accolto nelle sue fila possa comprendere l’importanza di certi valori e l’importanza nel farli rispettare?» continuò Tarn «Sarebbe come pretendere di ricavare CNA dagli ammassi rocciosi di questo posto, o come pretendere che sia stato tu a essere dalla parte del giusto in tutto il conflitto, per restare più in tema».
 
Non l’avrebbe ucciso, capiva che farlo era un onore che eventualmente sarebbe spettato solo a Lord Megatron, ma paralizzarlo per dare un aiuto ai propri uomini e cercare di raggiungere Tesarus era qualcosa che poteva fare senza problemi.
 
Una serie di spari, di nuovo provenienti dalla femme Autobot, distolse ancora la sua attenzione.
 
«Chiudi la bocca una volta tanto, mostro!» esclamò Arcee, dimostrando un certo fegato nell’affrontare qualcuno contro cui non aveva alcuna possibilità di vincere pur di aiutare il suo compagno.
 
«Sei consapevole del fatto che io avverta a stento i tuoi colpi? Se questo è il meglio che la vostra squadra può offrire, mi chiedo come abbiate potuto essere una spina nel fianco… tale».
 
Arcee percepì solo una sgradevolissima vibrazione in tutto il corpo prima che una fitta di dolore acutissimo alla Scintilla la costringesse a piegarsi in due e crollare in ginocchio boccheggiando.
 
Visto ciò Optimus racimolò le forze che gli restavano e, con un ruggito di rabbia pura che pur con tutti i suoi principi non era esente dal provare, riuscì a puntare la mitragliatrice contro Tarn e sparargli il maggior numero di proiettili possibili.
Non uno di essi riuscì a perforare la corazza potenziata dall’ingegneria Decepticon -e anche dalle sostanze che aveva assunto nel corso del tempo- ma ad ammaccarla visibilmente e far volare indietro Tarn per svariati metri, sì.
 
Scomparsa l’influenza della voce del Decepticon, ma sentendosi ancora un po’irrigidito, Optimus raggiunse Arcee e la sollevò con un braccio, intenzionato ad allontanarsi dalle interferenze e cercare di contattare la base. «Bumblebee, Ultra Magnus, ritirata!» gridò.
 
Fu proprio allora che Kaon riuscì a colpire Ultra Magnus con una scarica elettrica. «Vos!»
 
L’ex scienziato Decepticon capì al volo il da farsi e, quando Ultra Magnus cadde a terra, fu lesto a saltargli addosso e togliersi dal volto la maschera piena di aghi. «Weeear my  faaaaace!»
 
Schiacciò la maschera contro il volto dell’Autobot urlante e artigliò le placche pettorali della sua corazza con l’intento di strapparle via e raggiungere la Scintilla; riuscì in parte nella prima cosa, ma poi venne colpito alle spalle da Bumblebee, che lo scrollò via da Ultra Magnus e tenne impegnato Kaon con dei colpi laser mentre Optimus strappava via la maschera dal volto di Ultra Magnus e lo caricava su una spalla.
 
«-Via, via, VIA!-» gridò lo scout, trasformandosi e seguendo a ruota Optimus che si era alzato in volo e stava riuscendo ad allontanarsi nonostante il peso in più.
 
Una ritirata poco gloriosa era preferibile rispetto al finire male e c’erano dei feriti, dunque cercarono di mettere più distanza possibile nel minor tempo possibile tra loro e la DJD, accorgendosi quasi subito che non li stavano inseguendo.
 
Una brevissima occhiata di Optimus fu sufficiente a notare che si stavano occupando delle pareti rocciose che Spectrus aveva fatto franare.
 
“Siamo tra i loro obiettivi… ma forse non siamo quelli principali” concluse.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“A questo qui non hanno mai detto di non chiudere l’alloygator nella gabbia in cui si trova anche lui” pensò Tesarus, riuscendo ad assestare un pugno al suo avversario.
 
«Finalmente».
 
Lui e Specter erano arrivati a oltre metà della gola rocciosa, e giunti lì si erano trasformati e avevano iniziato a combattere.
Il suo bersaglio era riuscito a ferirlo solo di striscio e lui, dal canto suo, non era riuscito a mettere a segno un colpo che fosse uno prima di quel momento. Il bastardo era grosso -sette metri meno di lui, ma sempre grosso- e anche svelto, tanto che Tesarus, notandolo, non aveva abbassato la guardia neppure per un solo istante.

 
Fino ad allora.
 
«Non sembri più così duro adesso che sei a terra» commentò il Decepticon, avvicinandosi a Spectrus «Non capisco come hai potuto dare problemi».
 
Problemi al punto che Lord Megatron aveva detto a Tarn di essere prudente. Roba da pazzi, si disse il colosso, considerando che sì, Specter era stato bravo a evitare i suoi attacchi, ma una volta preso era andato giù subito: era forte all’apparenza ma fragile come un uovo di lilleth nella sostanza, fragile come la sorella, più delicatino di una delle bambole erotiche che aveva in camera -“Già, chissà quando è che la loro creatrice si auto spedirà a me in un pacco un’altra volta” pensò- e sarebbe finito allegramente smembrato.
 
Un dolore lancinante all’altezza di quello che se fosse stato umano sarebbe stato un ginocchio lo fece ringhiare mentre si sbilanciava e cadeva in avanti, evitando di finire faccia a terra ma avvedendosi a malapena del fatto che Specter si era rialzato e ora, dopo averlo azzoppato con la spada, lo guardava con un leggero sorriso arrogante che ai transformers presenti sulla Terra era ben conosciuto.
 
«Serviva quello per farti abbassare la guardia, grosso idiota, e far abbassare TE!»
 
Uno, due, tre, quattro.
 
I quattro colpi laser di Spectrus non avevano sufficiente potenza da penetrare la sua corazza ma, a distanza così ravvicinata, ne avevano a sufficienza da devastare i suoi sensori ottici e danneggiare -in modo non irreparabile per fortuna-quelli ambientali rendendolo cieco, e infatti era a quelli che aveva puntato.
Tesarus mosse alla cieca le braccia normali e le “braccia” in più, ma le prime afferrarono il nulla e le seconde vennero rese inservibili tra laser e colpi di lama, uno, due, tre, quattro.

Emise un suono strozzato e sputò un fiotto di fluido vitale dalla bocca quando sentì la grossa lama dalla spada di Specter trapassare un punto “debole” al quale nessuno arrivava mai intero: in fondo all’immenso foro dentellato e ricoperto di metallo impossibile da rompere era presente una parte relativamente più morbida, non di grande spessore ma sufficiente a far sì che una lama rivolta verso l’alto potesse penetrare le sue componenti tecnorganiche… e la sua camera Spark. Non aveva preso la Scintilla, che anche in seguito restò integra, ma i tre successivi colpi laser peggiorarono ulteriormente la situazione.
Era stato tutto così veloce!... un attimo prima credeva di averlo battuto con un colpo, adesso sprofondava nell’incoscienza, e gli sembrava di sentire in lontananza -nemmeno così lontana, in verità- il rumore del doppio cannone a fusione di Tarn che spaccava la roccia.
Nei residui di coscienza che gli restavano tentò di mordere le grosse dita che gli stavano aprendo la bocca. Ci riuscì anche, assaggiò il gusto dell’energon del suo nemico, che tuttavia riuscì nei suoi intenti -quali che fossero e quale che fosse l’oggetto che aveva inserito.
 
«All’inizio volevo far sì che tu, il resto del magico mondo di Tarnlandia e i miei ex compagni vi scannaste tra di voi…»
 
La voce di Specter gli giunse ovattata, i rumori del cannone di Tarn molto più forti. Tesarus perse conoscenza definitivamente.
 
«Ma se quella fan girl infoiata che è il tuo capo sta cercando di venire qui pur avendo altri Autobot a disposizione, significa che ce l’avete più che altro con me. Ecco il mio messaggio!» gridò Spectrus «Se pensate di riuscire a farmi fuori facilmente, sbagliate di grosso!»
 
Non sapeva se l’avessero sentito o meno ma non gli importava, aveva fatto quel che doveva e non aveva la minima intenzione di affrontare Frollo e gli altri due in quel momento, dunque si trasformò e sfrecciò via un attimo prima che Tarn, Vos e Kaon riuscissero a penetrare la barriera di rocce.
 
«Tesarus?!» esclamò Kaon, incredulo.
 
Ha una bomba in bocca!” pensò invece Tarn e, senza pensarci due volte, tese una mano in avanti utilizzando la sua abilità di outlier.
 
Grazie a questo la bomba non esplose, anzi, si accartocciò su se stessa come una bottiglia di plastica accanto a un fuoco. Era anche quello il motivo per cui Tarn non usava mai quell’aspetto del suo potere su altri cybertroniani, o comunque suo suoi avversari: la morte sarebbe stata troppo pietosa e veloce per i suoi gusti.
 
«Tess! TESS!» gridò Kaon, addirittura arrampicandosi all’altezza del buco per verificare i danni «D-Dannato! Maledetto! L’ha infilzato!» farfugliò, assolutamente attonito «Tarn, l’ha preso, c’è un mucchio di energon, la Scintilla-»
 
«Però è ancora vivo» lo interruppe Tarn, cercando di mantenere la lucidità e far sì che la mantenessero anche gli altri «Se ci muoviamo resterà online, in mancanza di Nickel» che era finita lontana ma era insieme a Helex, dunque tutto sommato era protetta «Dobbiamo portarlo nella Nemesis, ce la farà».
 
«Come lo portiamo? Ci sono delle interferenze, il Ponte-»
 
«Supera le interferenze, se non sbaglio sei uno dei tecnici migliori della galassia, dimostralo ancora una volta!»
 
Guardando Tesarus, Vos disse qualche frase nel suo antico linguaggio incomprensibile ai più.
 
«Erano preparati e noi credevamo di averli colti di sorpresa, ma la prossima volta andrà diversamente» disse Tarn, mentre Kaon tentava di collegarsi al Ponte «Adesso abbiamo esperienza diretta di quel che possono e non possono fare sia loro, sia gli Autobot».
 
Parlava con calma ma si sentiva in tutt’altro modo. Aveva fallito miseramente: non era riuscito a uccidere nessuno, uno dei suoi uomini era gravemente ferito e la loro battaglia infruttuosa contro gli Autobot era stata voluta e prevista da qualcun altro. Era stato la pedina di un gioco architettato da un mech che voleva terminare nel modo più doloroso possibile per tanti motivi, e da quel giorno ne aveva altri in più.
 
Un Ponte Terrestre si aprì a poca distanza da loro.
 
«Ce l’ho fatta?...» si chiese Kaon.
 
Da esso uscì Soundwave, e assieme a lui un folto gruppo di vehicons.
 
Tarn immaginò che avesse deciso di dare un’occhiata al campo di battaglia giusto in tempo per vedere la loro disfatta, e la consapevolezza che Megatron sarebbe venuto a sapere immediatamente della cosa -oltre ai suoi sentimenti non proprio positivi nei confronti di Soundwave Specter- non fece che peggiorare il suo umore.
 
Vide Soundwave fissare Tesarus da dietro il visore per qualche attimo -appena prima che i vehicons lo sollevassero per trasportarlo all’interno del Ponte- poi fissare lui inclinando leggermente la testa di lato come a dirgli “Siete la DJD ed è tutto qui?” e, infine, indicare loro il Ponte con un cenno del capo.
 
«Due dei miei uomini sono dispersi in un altro quadrante e avvertiamo i loro segnali solo a tratti» disse Tarn, sforzandosi con ogni briciolo del suo autocontrollo di rimanere professionale e freddo «Sei in grado di localizzarli con precisione e aprire un Ponte anche per loro?»
 
Il tecnico scosse la testa, mostrando sul visore dei segnali estremamente disturbati.
 
Era proprio una giornata storta.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Nella Jackhammer, intelligentemente nascosta in una rientranza poco distante dalla gola, Bustin aveva deciso di aspettare Spectrus -del quale aveva seguito le azioni dall’inizio fino alla fine- suonando “Jarabe Tapatio” con la sua tromba.
 
Il fatto di aver rotto il banjo in testa al suo compare non significava che fosse rimasto privo di strumenti musicali, e infatti prima di dare inizio al piano e lasciar trovare i segnali delle astronavi aveva intrattenuto Bernie, alias Smokescreen, con l’ennesimo concerto.
Dubitava che Bernie avesse potuto apprezzare appieno la cosa essendosi appena svegliato dalla dose di sedativi esagerata che gli era valsa il suo nuovo nome, però quello era solo un dettaglio, e quantomeno non avrebbe potuto dire di essere stato sempre tenuto in isolamento totale.
 
“Diamo un’occhiata a quel che combinano tutti gli altri lì fuori” si disse, osservando i monitor.
 
Così come Autobot e Decepticon si potevano agganciare ai satelliti, salvo interferenze esterne, lo stesso poteva fare lui. Vide gli Autobot -fuori dall’influenza disturbatrice che ormai aveva interrotto- entrare in un Ponte, vide Tarnlandia e il cognato di Spectrus fare la stessa cosa e infine, dando un’occhiata alla foresta in cui aveva spedito Nickel e Helex -“Almeno non è da sola”, pensò - distinse tra gli alberi le loro sagome e quelle di…
 
«Insecticons» notò, e solo gli occhi di pixel restarono sulla sua maschera.
 
Spense i monitor, aprì il portello dell’astronave e, nell’uscire, quasi si scontrò con Spectrus. «In prefetto orario, benissimo, ciao».
 
«Dove stai andando, si può sapere?» gli domandò Spectrus, per poi fare una smorfia. Si era rialzato e aveva fatto quel che doveva fare ma il pugno di Tesarus era stato quasi come essere colpito in pieno da un’astronave di piccole dimensioni.
 
«A raccogliere lamponi. A dopo!» rispose Bustin, alzandosi rapidamente in volo.
 
Aveva cercato di far restare Nickel lontano dal caos e l’aveva infilata in un altro: non era quel che voleva.
Dal basso riuscì comunque a udire la voce di Spectrus.
 
«Tu neanche li mangi i lamponi!...»

















Le conclusioni di capitolo sensate, sensatissime.
Vi avevo promesso un po'di casino, e un po'di casino effettivamente c'è :'D
Grazie a tutti quelli che stanno ancora leggendo! Alla prossima :)

Cthylla



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Capitolo 13
*** 13 - Io non ti odio ***


13
(Io non ti odio)

 






 
 
 
 
 

 

«Se restiamo fermi…»
 
«No, Nickel, è inutile. Ci hanno visti» disse Helex, osservando gli insecticon tra gli alberi avvicinarsi sempre di più a loro «Quindi tu adesso devi prepararti a volare via».
 
«E mollarti da solo contro questi sgorbi?! Non posso!» protestò la minicon, che aveva già le pistole laser spianate «Non sono indifesa, dovresti saperlo benissimo!»
 
Erano rimasti basiti scoprendo di essere finiti in tutt’altro posto rispetto a quello previsto, contrariamente agli altri -i cui segnali giungevano a loro terribilmente disturbati.
Si erano chiesti se Tarn, non essendo troppo esperto nell’utilizzo, avesse fatto qualche errore col Ponte Terrestre, ma avevano concluso presto che forse niente di tutto ciò era dovuto a lui. Nessuno era stato in grado di trovare la Iron Will e la Jackhammer fino a quel giorno, rilevarne il segnale all’improvviso e finire distanti e dispersi difficilmente poteva essere un caso.
Ora che Nickel sapeva della presenza di Bustin sul pianeta non faticava a intuire che la mano dietro tutto questo fosse sua, o sua ma su direttiva del suo compare; non che questo cambiasse le cose, anzi, se possibile la faceva arrabbiare ancora di più. Non pago di averla abbandonata come la carogna che aveva ammesso di essere stato, non pago di aver, forse, lasciato morire l’intera Prion -“forse”, sì: quando ne aveva parlato a Tarn lui non l’aveva escluso, ma allo stesso tempo non le era parso molto convinto- aveva anche avuto la brillante idea di mettersi a fare danni mettendosi con un soggetto come Spectrus.
Quel che la faceva infuriare più di tutto però era non riuscire a smettere di stare male per tutta quella situazione. Era dispostissima a combatterlo e a lasciare che pagasse per quel che stava facendo, non avrebbe mai tradito Tarn e la squadra, però soffriva lo stesso. Come non avrebbe potuto? L’aveva amato tantissimo, aveva pianto la sua morte e l’aveva scoperto vivo -attenuando suo malgrado la sensazione di infinita solitudine da “unica prioniana rimasta”- bastardo, nemico.
 
Le aveva detto “Da me non devi temere niente” ma gli schiocchi delle fauci degli insecticons le stavano suggerendo tutt’altro.
 
«Il punto non è quello, devi allontanarti e cercare di chiamare aiuto» ribatté il colosso, pronto alla battaglia «Queste bestie hanno frequenze che disturbano ogni segnale, sono pericolose anche per quello, se ti trovi da solo non puoi-»
 
Non terminò mai la spiegazione perché si trovò costretto a difendersi dall’attacco del primo insecticon.
 
«Chissà che sapore ha il vostro cervello» disse quasi in un ringhio mentre strappava via le fauci della bestia, tutt’altro che infastidito nel sentirsi schizzare addosso fluido vitale «Nickel! Vai!»
 
La minicon non se lo fece ripetere due volte e si alzò in volo rapidamente con l’intento di oltrepassare le cime degli alberi e raggiungere al più presto un luogo non disturbato dalle frequenze degli assalitori, ma capì di aver fatto male i conti nel momento in cui cinque di quelle bestie, vedendo un singolo bersaglio mobile ben visibile in aria, si alzarono in volo a propria volta.
 
“Quantomeno ho alleggerito la pressione su Helex” pensò Nickel “Spero che anche lui oltre a combattere cerchi di allontanarsi, magari se arriva in un punto più ‘libero’ potrebbe essere trovato dai satelliti”.
 
Avere cinque insecticon aggressivi alle calcagna le dava una certa ansia, ma negli ultimi tempi aveva affrontato cose a suo parere peggiori, dunque aveva sufficiente lucidità da capire che, prima di qualunque altra cosa, doveva rituffarsi tra gli alberi e volare a zig zag tra i tronchi per cercare di seminarli; lo fece, spinse i motori del jatpack al massimo e guardando dietro le spalle non li vide più, ma continuava a sentire il loro rumore in avvicinamento.
 
“Devono avere un buon odorato” concluse “E ancora non riesco a contattare nessuno! Maledizione!”
 
E maledizione a Bustin, soprattutto a lui, per aver messo lei e Helex in quella situazione e per aver messo Tarn e il resto della squadra in chissà cosa.
 
“Con Tarn, Tesarus, Kaon e Vos insieme, la brutta situazione la vivono gli altri. Di certo non loro!” si disse, evitando all’ultimo di finire contro un grosso ramo.
 
I suoi ragazzoni erano tra i transformers più pericolosi nella galassia considerati pazzi assassini dai più, sapeva benissimo di cos’erano capaci ma non era in grado di smettere di preoccuparsi per loro. Se ne preoccupava perfino quando non c’erano insecticons di mezzo: “Non è così, Nickel? Ti preoccupi perché ti importa”, le aveva detto Tarn una volta. Lei aveva risposto con più di un gestaccio, però lui ci aveva azzeccato.
 
Ritenendo di essere arrivata abbastanza lontana dai suoi inseguitori tornò a virare verso l’alto, col pensiero costantemente rivolto a Helex…
 
«AAAH!»
 
Ma fu costretta a cambiare priorità nel momento in cui qualcosa di denso, appiccicoso ma tremendamente resistente la colpì e la fece impattare con forza contro il tronco di un albero. Per qualche attimo la sua visuale divenne confusa ma riuscì a capire benissimo di essere ammaccata e uno sfrigolio del jet pack che non prometteva niente di buono.
 
«Cosa… che cosa diamine-»
 
Cercò di divincolarsi finendo solo a invischiarsi ancora di più in quella roba. Percepì uno spostamento d’aria e un ticchettio poco sopra di lei che, in quel momento, le parvero più minacciosi dei rumori degli insecticons. Questi ultimi le parvero in leggero allontanamento, ma forse era solo un’impressione e comunque aveva ben altro di cui preoccuparsi.
 
«Bene bene… guarda cos’abbiamo qui».
 
La voce femminile che le stava parlando era vicina, tanto vicina che le sembrava di sentire le labbra sfiorarle in modo sgradevole i recettori audio. Se avesse avuto almeno un braccio libero le avrebbe sparato o, forse, avrebbe utilizzato il vecchio registratore che le aveva dato Tarn. L’avrebbe usato anche prima con gli insecticon se non fosse stata consapevole che messaggi letali registrati di quel tipo riuscivano a spegnere solo una Scintilla alla volta: Tarn aveva fatto varie prove ma, tra questa limitazione e il fatto che sarebbe stata una morte troppo clemente per i suoi gusti, aveva lasciato stare.
 
«Si tende sempre a cercare altrove e si trascurano le bellezze di casa propria, non va forse così?» continuò la femme, tracciando con un dito il contorno del viso di Nickel e ritraendosi appena in tempo da evitare un morso «Pur con tutte le razze che ho sterminato, in quella che era la mia personale collezione di trofei è sempre mancata la testa di una minibot. Purtroppo è andata perduta. Che questa sia l’occasione per inaugurarne una nuova?»
 
«Sono una minicon, testa di cazzo!» esclamò Nickel che, avendo compreso che quella tizia -era Airachnid, non la vedeva ma non c’erano molti dubbi- avrebbe voluto la sua testa in ogni caso, diede libero sfogo all’orgoglio razziale «E se pensi di fare paura blaterando di collezioni di teste a chi fa regolarmente  la pulizia dei denti a un cannibale sei sulla strada sbagliata».
 
«Minicon? Curioso. Molto curioso. Mi risultava che la colonia di Prion fosse stata attaccata» disse Airachnid, a testa in giù, spostandosi per incrociare il proprio sguardo magenta con quello della sua preda «Annientata. Spazzata via. Una vera strage di poveri piccoli minicon pacifici» sospirò la vedova nera «Una vera tragedia. Sei la sola sopravvissuta della tua razza? Immagino quanto debba essere terribile il tuo dolore…»
 
Era uno dei momenti peggiori per sentire qualcuno girare il coltello nella piaga, però Nickel non intendeva dare soddisfazione a quell’insetto sadico, cercando piuttosto di liberarsi e/o di contattare gli altri.
 
«Quanto debba fare male pensare ai tuoi amici ridotti pozzanghere di metallo liquido, all’espressione dei tuoi genitori quando si sono resi conto che stavano per morire… avevi dei genitori, povera cara? Magari anche un compagno?» continuò Airachnid, sollevando il mento della minicon «Ti riunirai a loro nell’Allspark, sii felice».
 
Aver trovato una minicon grazie alla quale riprendere con le vecchie abitudini era come balsamo per Airachnid. Se si aggirava ancora sulla Terra era principalmente per tre motivi, alias per andare contro i Decepticon, per cercare vendetta contro Spectrus Specter e Wheeljack per quel che le avevano fatto nella grotta poco tempo addietro -“Assaggiare la sua stessa medicina”, avrebbero detto i più maligni- e perché non aveva ancora trovato un’astronave funzionante o il modo di utilizzare un Ponte Spaziale. Vivere da fuggiasca nei boschi insieme ai suoi animaletti di oltre undici metri aveva fatto sì che fosse rimasta indietro con le notizie, perché Wheeljack aveva fatto un’orribile fine, ma sapere questo l’avrebbe soddisfatta solo in parte, non avendo contribuito.
 
«Più che a tutto questo io penso agli amici che ho adesso» ribatté Nickel «Non so se “Decepticon Justice Division” faccia suonare un campanello in quel microprocessore da insetto, ma nel caso sia così puoi immaginare cosa potrebbe farti la mia squadra e dove io ti ficcherei il cacciavite prima del loro arrivo, se non fosse per questo schifo che mi hai lanciato addosso!»
 
«Dunque i killer personali di Megatron sono su questo pianeta? Immagino la sua gioia. Vi ha definiti “fumo nelle ottiche” almeno una volta» disse Airachnid, memore dei passati scambi di… parole, tra lei e il signore dei Decepticon «Sono piuttosto sicura che una sfoltita al gruppo non gli dispiacerà. Tu fai parte di una squadra di macellai ma io ho un alveare di insecticon ai miei ordini, Megatron, che è Megatron, tempo addietro faticò molto già nell’affrontarne solo uno e ne percepisco cinque che sono poco al di là di quegli alberi. Dici che ho ancora motivo di preoccuparmi?»
 
Le urla degli insecticon che lei aveva appena nominato -ben diverse dai classici versi di attacco o di dolore, e fuori dalla grazia di qualunque dio- aggiunte a ringhi, colpi e rumore di arti smembrati, per un attimo fecero pensare alla ex Decepticon che la risposta potesse essere un “Sì”.
 
Airachnid voltò la testa in direzione del rumore e vide  tre dei cinque insecticon che avevano inseguito Nickel catapultarsi fuori dagli alberi mentre con le loro voci gutturali urlavano gorgoglii di parole incomprensibili; versi che sembravano quasi familiari alla minicon -ma non avrebbe saputo dire come e perché- e che facevano presagire la morte imminente per tutte e due.
 
Nickel continuò a divincolarsi. «Non dicevi di avere il controllo di quel cosi?!» gridò ad Airachnid.
 
“Insecticons! Fermatevi subito!” esclamò Airahcnid per via telepatica.
 
Il suo tentativo di collegamento fallì, ma farlo trasferì nel suo cervello spezzoni di immagini di orrori nonsense -quasi dei “lampi” tanta era la brevità- così distanti da tutto quel che era conosciuto da rendere la vedova nera cieca e sorda per un attimo di troppo: un movimento a lato che la fece spostare leggermente all’indietro e la luce di un laser violetto furono l’ultima cosa che intravide prima che i suoi sensori ottici venissero distrutti e perdesse miseramente la presa sull’albero crollando a terra.
 
«TU!...» esclamò Nickel, attonita, vedendo Bustin fluttuare davanti a lei dandole le spalle, con lo sguardo rivolto a terra e un indice ancora luminescente.
 
«Puoi volare?» fu tutto quel che le domandò lui mentre tagliava le ragnatele con il laser.
 
“Perché lo stai facendo? Ci hai portati qui tu, ci hai messi tu in questa foresta, ci volevi morti, perché questo adesso?!” pensò la minicon.
 
«No, ma che ti importa?» sbottò lei, venendo suo malgrado riacchiappata al volo da Bustin quando quell’appiccicaticcio schifoso la lasciò andare «Io e Helex siamo finiti in mezzo a questi mostri per colpa tua, vero?!»
 
In basso, i sensori ambientali ancora sani di Airachnid le consentirono di rotolare via appena in tempo da evitare l’assalto di due dei tre insecticons e riuscire a richiamare telepaticamente tutti quelli che erano vicini a lei -inclusi quelli con cui se la stava vedendo Helex- per difendersi.
 
“Uccidete questi tre… e prendete loro!” ordinò, riferendosi a chi le aveva sparato e alla minicon.
 
Versi di chissà quanti insecticons in avvicinamento fecero capire ai due prioniani che era tempo di filarsela, e così fece Bustin ancor prima che Nickel, ancora in braccio a lui, potesse metterci bocca. Il primo istinto della Decepticon sarebbe stato quello di prenderlo a pugni, ma si rendeva conto perfettamente che quello non era il momento e che la sola cosa che avrebbe ottenuto facendolo sarebbe stata l’estinzione della propria razza o solo di se stessa, dato che lui riusciva a volare.
Anche in quel momento però il suo pensiero era uno solo, ossia “Perché?”.

Che senso aveva per Bustin metterla in pericolo e poi salvarle la pelle rischiando anche la sua?
 
Non trattenne un’esclamazione di sorpresa quando due insecticons sbucarono davanti a loro all’improvviso. D’istinto afferrò la pistola e sparò colpendone uno dritto nell’ottica rossa appena prima che Bustin scartasse di lato.
 
«Bel colpo. Questo posto pullula di quelle bestiacce, e purtroppo per noi sono brave a seguire le tracce. Quello che ci servirebbe però potrebbe essere qui intorno, c’è stata parecchia pioggia…» mormorò il minicon, cercando con lo sguardo qualcosa sul terreno mentre continuava a zigzagare e nascondersi dietro ai tronchi ogni volta che avvistava un insecticon.
 
«Sono bravi a seguire le tracce ma nessuno di noi due è indifeso, sbaglio? L’avresti ammazzata» disse Nickel, cerando di tenere la voce bassa e ignorando il discorso riguardo la pioggia «Airachnid. Avevi puntato al processore, se non si fosse spostata-»
 
«Naturalmente» confermò candidamente Bustin «Come avresti fatto tu, Nanetta».
 
«Ti ho già detto di non chiamarmi in quel modo, grandissimo stronzo» ringhiò la minicon «Pensi che salvandomi da una situazione in cui tu mi hai messa faccia sì che ti odi di meno?»
 
«Non sapevo che ci fosse gente nella foresta. Volevo tenerti lontana dal problema, non infilarti in mezzo a uno più grosso» replicò Bustin «Avevo anche lasciato Helex con te proprio per sicurezza e… trovata!» esultò dopo aver adocchiato una grossa e profonda pozza di fango.
 
«Non osare, no, no, N-»
 
Ignorando le sue proteste, Bustin la lasciò cadere nella pozza e poi si gettò dentro a sua volta.
La voglia di ucciderlo di Nickel, ricoperta di fango sempre più allibita per tutta la situazione, salì di ulteriori dieci gradini.
 
«Il fango attenua il calore nei nostri corpi, nasconde l’odore e ci rende meno visibili» spiegò il prioniano «Sarà più facile trovare un posto in cui nascondersi nell’attesa che gli insecticons si allontanino per un motivo o l’altro e di poter volare via».
 
Aveva senso, però Nickel era furibonda lo stesso. «Attesa? Io non intendo passare con te un minuto più del necessario» ribatté duramente mentre usciva fuori dalla pozza e cercava di nuovo di contattare la squadra pur sapendo che era inutile.
 
«Odiami pure, ma lascia che ti aiuti a restare online» replicò l’altro, avvicinandosi.
 
La calma di Bustin era un tratto che Nickel un tempo aveva apprezzato, ora invece la tranquillità con cui lui reagiva alla sua giusta rabbia riusciva solo a peggiorare il suo stato d’animo. Lo avrebbe preso a schiaffi, gli aveva detto di volerlo morto e di non voler stare con lui un minuto di più, e a lui di tutto ciò non importava niente.
 
“E a me non dovrebbe importare del suo disinteresse, se è per questo” pensò “Non dovrei-”
 
Prima che potesse andare avanti a pensare, Bustin le saltò addosso all’improvviso, le mise una mano sulla bocca e la trascinò all’interno di un grosso cespuglio. Benché fosse diventata molto pratica di autodifesa, la stretta dell’altro minicon era molto salda e la stava tenendo in un modo tale da limitare ogni libertà d’azione… eccetto quella di mordergli una mano.
Affondò i denti sulle sue dita e strinse, strinse fino a sentire il sapore dell’energon sulla sua lingua, ma lui non lasciò la presa, limitandosi a cambiare posizione per tenerla ferma col proprio peso, liberare l’altra mano e indicarle qualcosa: tre insecticons che si trovavano esattamente dov’erano loro pochi secondi prima, per la precisione.
 
Nickel sgranò brevemente i sensori ottici, poi li chiuse rendendosi conto che gli insecticons avrebbero potuto notarne il bagliore azzurro, e dopo aver smesso di mordere la mano di Bustin iniziò a tremare leggermente; non per la paura, nemmeno per la tensione, ma per la rabbia e la confusione che l’avevano accompagnata  senza mai lasciarla
da quando lo aveva rivisto a Jasper e che peggioravano sempre di più.
Forse voleva davvero proteggerla, ma perché? Lei lo odiava, lo aveva anche ferito, quindi perché non l’aveva abbandonata al suo destino?

 
«Ti farò uscire da tutta questa cosa» sussurrò lui quando gli insecticons si furono allontanati abbastanza «Non doveva succedere».
 
Per Nickel sarebbero state tante le cose che non sarebbero dovute succedere, e quella era solo l’ultima di una lunga lista.
Scrollarsi di dosso quello che ancora purtroppo la legava a lui sarebbe stato ancor più difficile di quanto avesse immaginato.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Barcollante, ferito, coperto di fluidi e di interiora ma ancora abbastanza energico da riuscire a trascinarsi fuori dalla foresta, Helex riuscì finalmente a collegarsi al comm-link di Tarn.
 
«Tarn! Tarn, riesci a sentirmi?! Ta-»
 
 
Ti sento forte e chiaro e siamo riusciti a localizzare la tua posizione, saremo lì tra poco. Aprirei un Ponte ma ora come ora non c’è da fidarsene, quindi useremo un’astronave piccola della Nemesis – disse Tarn – Aggiornami… e fammi il favore, dimmi che Nickel è insieme a te ma per qualche motivo non si riesce a captarne il segnale.
 
 
«Io potrei anche dirtelo, ma non sarebbe… hhhg… vero!» replico il Decepticon facendosi forza e continuando ad allontanarsi dagli alberi. Più distanza metteva tra se stesso e gli insecticons, meglio era «Ci sono degli insecticons, io ne ho visti cinque ma temo che siano molti di più, li ho affrontati e ho detto a Nickel di volare lontana dalle loro interferenze, lei l’ha fatto, io sono rimasto lì a battermi, poi a un certo punto mi hanno lasciato perdere» aggiunse «Non ho capito il motivo, e… speravo che Nickel fosse riuscita ad allontanarsi e a contattarvi, ora spero che stia bene e sia riuscita a nascondersi. Ma che è successo?! Perché siamo finiti qui?!»
 
 
Era un'imboscata nella quale siamo caduti appena abbiamo messo piede nel Ponte, se non quando i segnali di quelle astronavi sono stati captati.
 
 
«Tendere un’imboscata a noi? C’è da essere pazzi. Quante parti del corpo gli avete staccato?» domandò, intuendo dal tono di Tarn che la pratica Specter -ove era compreso solo lo Specter maschio, dato che Lilleth adulta era sempre Lilleth, per fortuna- non era stata archiviata come avrebbero voluto.
 
Da parte di Tarn ci fu una breve pausa di silenzio.
 
 
 Temo di doverti rispondere “nessuna”. A causa di Spectrus, Tesarus al momento è nell’infermeria della Nemesis, è accecato e con la camera Scintilla danneggiata. Dovremmo avere ulteriori notizie tra poco. Io, Vos e Kaon siamo a posto.
 
 
«Ha buttato giù Tess?! Non è possibile!» esclamò Helex, incredulo, prima di ricordare che fare troppo rumore era una pessima idea.
 
Alla preoccupazione per Nickel, che già era alta, si aggiunse anche quella per il suo compagno di stanza. Non riusciva neppure a immaginare Tesarus messo così male da aver bisogno di essere trasportato d’urgenza in infermeria, di solito erano gli avversari a finire male, la loro squadra aveva trucidato perfino dei Phase Sixer in passato, e i Phase Sixer erano in grado di massacrare da soli dei battaglioni di oltre tremila persone*. Forse però il punto era quello: “la loro squadra” aveva ucciso transformers terribilmente potenti, l’avevano fatto tutti insieme, e invece in quel frangente erano stati divisi fin da subito. “Dividi e distruggi”.
 
 
A quanto sembra invece lo è. Ci ha -anzi ci hanno- sorpresi una volta ma non accadrà di nuovo, avremo la giustizia che meritiamo – affermò Tarn. Sebbene si stesse controllando, Helex riuscì comunque a percepire una certa ira nella sua voce – La DJD intera se ne andrà viva da questo pianeta quando sarà il momento, o non mi chiamerò più Tarn.
 
 
«Siamo usciti vivi da cose peggiori, ultimamente» disse Helex, più a se stesso che a Tarn, prima che la comunicazione si interrompesse e sperando in bene.
 
L’astronave non impiegò molto ad arrivare, e da essa scesero Tarn, Vos, Kaon e qualche vehicon. Altri rimasero nella nave.
 
«Sali» ordinò Tarn a Helex «Da qui in poi ci pensiamo noi, e non usciremo da quella foresta senza Nickel».
 
Considerando le proprie ferite e l’umore nero del suo comandante, il grosso Decepticon non si mise a obiettare e obbedì.
 
«Andiamo» disse poi Tarn.
 
Grazie alla sua abilità da outlier la presenza degli insecticons non lo spaventava affatto, anzi, riuscire a far esplodere qualche testa con il suo doppio cannone a fusione sarebbe stato un utile sfogo. Non aveva ancora parlato di persona con Megatron ma il pensiero di dover discutere la disfatta subita era pesante come un macigno, allo stesso modo in cui era pesante l’idea di rischiare di perdere Nickel.
Pensare che la missione su quel pianeta avrebbe dovuto essere facile!...
 
Si addentrarono tra gli alberi e percorsero varie decine di metri, inconsapevoli che a un certo punto la loro presenza fosse stata percepita.
 
Airachnid non poteva vederli, solo "localizzarli" coi sensori ambientali, ma era ancora lì, nascosta tra le foglie, e si stava arrendendo all’idea di dover fare la cosa più sensata: togliersi di torno.
Con la minicon si era data delle arie, non senza motivo in condizioni normali, ma era netto chi avrebbe vinto tra un insecticon, o più d’uno, e un mech capace di uccidere chiunque con la propria voce, non limitato dal dover spegnere una Scintilla per volta. Il suo alveare le serviva ancora, attaccare la Nemesis -una volta che la DJD fosse stata a debita distanza- era qualcosa che intendeva fare in ogni caso, non avendo rinunciato ai suoi propositi.

 
“Disperdetevi” ordinò telepaticamente ai suoi insecticons.    
 
La caccia e la vendetta erano solo rimandate.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Raggomitolata contro la roccia e illuminata unicamente dal chiarore fioco del candido satellite terrestre ormai sorto nel cialo notturno, Nickel non faceva che posare lo sguardo alternativamente su Bustin e sull’esterno del loro nascondiglio di fortuna.
Continuando a vagare nella foresta nel modo più silenzioso possibile erano riusciti ad arrivare in una parte della foresta dove il terreno si faceva più roccioso, con ammassi di pietra inclusi, e tra essi ne avevano trovato uno con un crepaccio abbastanza grande da far passare a turno entrambi. Avevano nascosto l’entrata e, sempre sperando che il fango continuasse a fare effetto, avevano deciso di aspettare lì che gli insecticons rinunciassero alla loro caccia… o che iniziassero a massacrarsi tra loro come quelli di prima. Lei di sicuro non riusciva proprio a capirle, quelle bestie.

 
“Non posso contattare nessuno, non posso andare via senza attirarmi dieci bestie dietro, non so come stia Helex, non so come stiano gli altri e, come se non fosse sufficiente, sono qui con il mio ex fidanzato che cerca di salvarmi la vita. Non so dire cosa sia peggio”.
 
«Se hai bisogno di una ricarica falla tranquillamente, sto di guardia io».
 
“No, non è vero, in realtà se penso solo a me so benissimo cos’è peggio” concluse Nickel, fulminando l’altro minicon con un’occhiata poco incoraggiante. «Col cazzo».
 
«Non credo che funzionerebbe come arma contro gli insecticons, pur con tutta la buona volontà…»
 
Nickel, sentendo un principio di mal di testa, si coprì il volto con le mani. «Forse sarebbe stato meglio farmi mangiare da uno di loro» mormorò «Molto meglio».
 
«Questo sarebbe stato spiacevole considerando che sono qui per salvarti».
 
«Perché?» domandò stancamente la minicon «Io ti odio».
 
«E ti capisco. Io però non ti odio, Nanetta, tutt’altro».
 
«Se mi chiami in quel modo un’altra volta mi metto a urlare e faccio divorare entrambi per davvero, ti avviso».
 
«Mi viene istintivo» disse Bustin «Sarà che mi ricorda tempi migliori».
 
«Che tu hai fatto finire» sibilò Nickel, stringendo i pugni «Tu, non io, e in un modo schifoso».
 
«È vero. Però, riprendendo il discorso dell’altra volta, pur essendomi comportato male torno a dirti che io non c’entro con quel che è successo a casa nostra. Anzi, la notizia che della Black Block Consortia ormai è rimasto poco e niente, e peggio verrà, mi rende alquanto contento».
 
«“Poco e niente”?» ripeté Nickel, suo malgrado interessata.
 
«Anche quella come ogni gruppo ha bisogno di finanziatori. La quasi totalità di essi erano persone con un potere economico decisivo nei loro pianeti d’origine» disse Bustin «E dico “erano” perché nel tempo sono stati vittime di attacchi speculativi alle loro aziende e poi alla moneta, cosa che ha portato crisi, recessione, fame, guerra e morte nei loro mondi. Chi tra loro non è ancora morto è in disgrazia. Ecco perché dico che ormai della Black Block Consortia è rimasto ben poco. Puoi trovare tutto leggendo le sezioni giuste dei siti di news su extranet».
 
«Nulla di questo mi era mai capitato sotto le ottiche» commentò Nickel.
 
Se quel che le aveva detto Bustin fosse stato vero sarebbe stata la notizia migliore della giornata, nonché la prova che forse c’era davvero un dio da qualche parte, benché la dottrina Decepticon lo negasse.
Continuò a osservarlo. Si sentiva così stanca, era tutto così strano, doloroso, contrastante nella voglia di tartassarlo di domande e di non parlargli affatto. Svegliarsi sulla cuccetta e scoprire di aver avuto un lungo incubo era chiedere troppo?
 
«Dato che purtroppo siamo qui, devi farmi capire una cosa» disse poi la minicon «Ossia cosa ti è saltato nel processore quando hai deciso di metterti con un bastardo che ha anche tentato di uccidere la propria sorella. È qualcosa che non capisco».
 
«Quel che ha fatto Spectrus in tal senso è così grave per il tuo capo? Potrei dire “per la tua squadra”, ma alla fine è lo stesso. Credevo che mi avresti parlato degli attacchi ai Decepticon come prima cosa. Curioso».
 
«Senti-»
 
«Penso che la risposta alla tua domanda trovi posto in un quadro che magari è più ampio di quanto avessi immaginato» continuò Bustin «Forse ricordi che io, contrariamente a te, ho sempre creduto nel destino. Ho la sensazione che si stia arrivando a un punto di svolta per quanto riguarda gli equilibri della nostra specie, quella dei transformers in generale» disse «E ho la sensazione che aver incontrato Spectrus Specter mi stia permettendo di partecipare: se assistendo, contribuendo poco o contribuendo molto non lo so ancora, un po’devo anche deciderlo io stesso. Quel che invece so per certo è che lui, come coinquilino, garantisce parecchio intrattenimento. Fa qualche disastro interessante, sebbene di solito lo faccia in piccolo. Non guardarmi in quel modo, mi hai fatto una domanda e ti ho risposto».
 
«Della tua risposta ho capito solo l’ultima parte… e non mi piace» ribatté Nickel «Stai con quel mostro per “intrattenimento”? Sul serio?!»
 
«Detto da chi abita a Tarnlandia suona divertente. Tu perché stai con i tuoi, di mostri?»
 
«Perché sono una Decepticon, perché odiano gli organici quanto li odio io e perché quelli che tu chiami “mostri” avrebbero potuto terminarmi quando mi hanno trovata sola tra le rovine di Prion, invece mi hanno dato una casa, una famiglia, un lavoro. Se ho una vita dignitosa è grazie alla DJD, non a te che sei solo in grado di sputare su di loro, di cercare di farli fuori e che, a conti fatti, non mi hai lasciato niente se non-»
 
«I ricordi e tanta rabbia».
 
«Sì. E comincio ad avere la sensazione che, nonostante quel che dici, tu abbia architettato tutta questa situazione proprio nel tentativo di confondermi e farmi credere che ti interessi qualcosa di me, cosa che invece non è, perché... aah, ma che mi importa ormai?!» sbottò Nickel, sempre a bassa voce.
 
«Ho sempre adorato la tua tendenza a far capire benissimo cosa pensi di una o dell’altra cosa. In ogni caso, no, anche quest’accusa è sbagliata. Non ti nasconderò che Spectrus me l’aveva suggerito, ma io ho rifiutato. La mia stima di te è quella che avevo allora, dunque non cercherei di farti cadere in una doppia trappola. Nickel, in tutta la mia esistenza tu sei stata la sola per cui abbia provato qualco-»
 
«Non voglio ascoltarti, non provarci nemmeno, non provarci» sibilò lei, chiudendo i recettori audio con le mani «Se fosse stato vero ti saresti comportato diversamente allora e adesso, il resto sono tutte stronzate, nient’altro».
 
«Non credere a quello che dico è un tuo diritto. Io però sono serio» disse Bustin «Voglio che tu resti viva e serena, ed è anche per questo che il mio consiglio è di lasciare i Decepticon appena possibile e di ricominciare un’altra vita da un’altra parte come medico e senza Tarnlandia di mezzo. In futuro credo di poterti aiutare
in questo senso».
 
Nickel gli lanciò un’occhiata piena di disprezzo. «Non ti rispondo nemmeno».
 
«Vi trovate in una situazione più precaria di quel che credete. Poco prima che foste arrivati nella Nemesis-»
 
«E non ci siamo certo arrivati grazie a te».
 
«Ho avuto modo di sentire certe cose che mi hanno spinto a fare certe ricerche. A quanto pare la tua squadra è una delle cose di cui Megatron si pente di più, Tarn è una delle cose di cui si pente di più».
 
«Stai zi-»
 
 
Aver deciso di togliere un Glitch dalla sua miseria, potenziarlo, metterlo a capo di un gruppo di inquisitori e lasciare che arrivassero a certi livelli solo perché mi faceva comodo avere gente simile che fosse pronta a scattare al mio comando è una delle cose che mi rimprovero di più insieme al mio contributo alla distruzione di Cybertron.”
 
 
Bustin smise di riprodurre la registrazione.
 
«Non prova niente» disse Nickel «Crearne una falsa è un giochetto per te, e comunque la parte del glitch non ha senso».
 
«Vero, sarebbe facile, ma non ne ho bisogno. Come ti dicevo, sentire questo mi ha spinto a fare qualche ricerca: ho trovato pochissimo materiale, hanno visibilmente cercato di cancellare il tutto, ma quel che è saltato fuori è che esisteva un outlier di nome Glitch che è stato sottoposto all’empurata. Sai cos’è l’empurata».
 
Più Bustin andava avanti e più lei aveva la sensazione di non voler sapere nient’altro. In ogni caso s’intimò di non credere a una parola, non c’erano ancora prove. «Non sono un’ignorante. Quindi? Potresti aver montato ad arte tutta la storia, per quanto ne so».
 
Bustin tese verso di lei il suo datapad personale. «Sono riuscito a trovare anche un’immagine. Ti dice qualcosa?»
 
Un robot arancione con un singolo occhio azzurro e pinze al posto delle mani.
Sulle prime Nickel era pronta a negare, poi un ricordo si fece strada nella sua mente.
 
 
 
“Mi sembra di vedere un… cadavere con un braccio teso? Sbaglio? E ha qualcosa in mano” disse Nickel.
 
“Non sbagli” confermò Helex “E quel che ha in mano, anche se quella non è propriamente una mano, mi sembra una chiave identica alle altre due. Giusto, Tarn?”
 
 
 
Quando erano stati intrappolati nel gioco delle sorelle Shaula, Tarn era stato obbligato a prendere da un cadavere la chiave di cui avevano bisogno. Il cadavere poi gli aveva parlato, lo aveva afferrato e Tarn quindi gli aveva schiacciato la testa.
Dopo aveva fatto finta di niente ma Nickel aveva capito che c’era qualcosa che non andava, e ora tutto aveva molto più senso: Tarn aveva visto il “cadavere” del vecchio se stesso.
Bustin però non poteva sapere di questa cosa, non poteva immaginare che mostrandole quell’immagine l’avrebbe riconosciuto e, se quello era vero, c’erano alte probabilità che fosse vero anche tutto il resto. Airachnid non aveva forse detto una cosa analoga riguardo il fatto che Megatron non li apprezzasse?
 
«Dalla faccia direi che non ti sia nuovo. Ora capisci cosa intendo quando dico che vi trovate in una situazione precaria? Se Frollo- ahem, Tarn, venisse a saperlo sarebbe una tragedia, ma anche non saperlo lo rende cieco di fronte a possibili pericoli per se stesso e per te. Magari non accadrà, ma cosa ti garantisce che Megatron a un certo punto non decida che non siete più necessari e quindi di provare a mandarvi a morire? Per Tarn una cosa del genere sarebbe inconcepibile ma tu ora sai che non è così. Non voglio una cosa del genere per te, per questo ti ho dato quel consiglio».
 
«Dopo questo, più che di “consiglio” mi sa di minaccia» fu la fredda replica di Nickel «Anzi, mi stupisce che tu non abbia già sganciato la bomba, considerando con chi stai. Perché non l’hai fatto? Perché, a tuo dire, la stai usando per avvertirmi e basta?!»
 
«Perché forse non sarà necessario usarla per altro» rispose l’altro minicon, pacato «E per la stessa ragione che stasera mi ha portato qui. Io non ti odio, non l’ho mai fatto e non lo farò mai».
 
La proverbiale goccia che faceva traboccare il vaso: evitando di urlare e di usare una pistola laser che avrebbe prodotto un po’troppa luce, Nickel afferrò una chiave inglese e decise di saltare addosso a Bustin con l’intento di riempirlo di botte una volta per tutte.
 
«Non è una buona ide- ah!» esclamò il prioniano osservando il solco lasciato della chiave inglese che si era abbattuta sulla pietra.
 
«È l’idea migliore che abbia avuto da quando sono arrivata in questa foresta!» ribatté Nickel, riuscendo a bloccarlo contro una parete e puntandogli la pistola contro il petto.
 
Riuscì a stento a trattenere un’esclamazione esasperata quando, dopo una brevissima lotta, le parti si invertirono e fu lei a trovarsi entrambe le mani bloccate; lui invece ne aveva ancora una libera, e i loro corpi erano troppo vicini.
 
«Ti ho già detto che non hai niente da temere da me, non ho in mente di farti niente» disse Bustin, forse notando una qualche espressione sul viso di Nickel «Quindi forse hai paura di quel che hai in mente tu in questa situazione».
 
Nickel non gli rispose, cercando invece di liberarsi e desiderando che i segnali did Tarn, Vos e Kaon fossero ancora più vicini.
 
“Un momento! Sento i loro segnali?!” si rese conto “Allora anche loro adesso stanno sentendo il mio! Per forza!”
 
Pensare a Tarn le ricordò un dettaglio fondamentale: il registratore nel suo scomparto. Poteva lasciarlo cadere, attivarlo, paralizzare Bustin e poi… e poi…
 
“Avrà la fine che si è cercato” pensò, leale alla sua nuova famiglia.
 
Il registratore cadde a terra e lei, prima che Bustin potesse fare qualsiasi cosa, premette il pulsante con un piede. Staccò i recettori audio appena sentì i leggeri crepitii che precedevano le parole di Tarn.
 
 
“Se stai sentendo questo messaggio, congratulazioni: stai per morire”.
 
 
Nickel conosceva il contenuto del messaggio e la durata, dunque aveva fatto anche dei conti riguardo il momento in cui interrompere la riproduzione. Non voleva ucciderlo in quel modo, poteva essere una fonte di informazioni riguardo Spectrus. Tarn e gli altri sarebbero stati in grado di tirare fuori da lui tutte quelle che servivano.
Forse una volta morto Bustin lei avrebbe smesso di sentirsi così confusa. Lacerata, quasi.
 
 
“Non so chi tu sia e non ho bisogno di saperlo. La sola cosa che conta è che sei reo di aver provato a fare del male alla mia amica. Dunque, è tempo di-…
 
 
Bustin liberò Nickel dalla sua presa, si chinò, prese il registratore e lo spense.
Dei gesti così semplici, così comuni.

 
«La qualità non è granché e l’efficacia neppure, ma immagino che tra la paura e la suggestione cosette del genere abbiano fatto qualche vittima in ogni caso» disse il minicon, prendendo una mano di Nickel e restituendole il registratore «Devo ammettere che come voce starebbe bene su un audiolibro».
 
«Come…» balbettò Nickel, che aveva riattivato l’audio appena lo aveva visto muoversi, con le ottiche sgranate «Cosa…»
 
«Riesco a sentire il segnale di Spectrus in lontananza, dunque immagino che gli insecticons si siano allontanati e che i tuoi amici siano in arrivo. Tieni a mente quel che ti ho detto prima, Nanetta, perché posso provare a tenerti al sicuro dal peggio, ma non da tutto… e riguardo l'essere vicini a un punto di svolta io ci credo davvero».
 
Quel che accadde dopo fu molto confuso: Bustin uscì dal crepaccio, le parve di sentirlo dire a qualcuno un “Giornataccia?”, di sentire e vedere alcuni spari, ma tutto quello a cui riusciva a pensare era alla sua stanchezza e al fatto che il registratore -la sua arma estrema di difesa, che in vari casi l’aveva fatta sentire ben più sicura di quanto sarebbe stata senza- non avesse funzionato.
Era colpa del dispositivo? Non lo era? I gorgoglii degli insecticons andati fuori di testa erano veramente familiari? Tarn era stato veramente Glitch e Megatron si era veramente pentito di aver creato la squadra?

Bustin voleva davvero proteggerla e non la odiava?
E lei, lei, davvero lo odiava soltanto?
 
Non era in grado di rispondere ad alcuna di queste domande, non aveva certezze.
 
«Nickel!»
 
Non aveva certezze, se non i volti e la presenza di tre dei suoi compagni di squadra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

* Non ho inventato io la cosa dei Phase Sixer, sono OP a bestia per davvero xD Un esempio è qui.

Non sarebbe dovuto venire un capitolo così lungo, e invece :’D spero che non vi abbia annoiati.

Nel prossimo capitolo dovrebbe esserci un timeskip, perché c’è altra gente che devo far vedere e una trama da mandare avanti. Mi dico tutto da sola *clap clap*
 
Grazie a chi sta continuando a leggere il tutto! A presto,
 
_Cthylla_

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Capitolo 14
*** 14 - Pensare è pericoloso ***


14
(Pensare è pericoloso)

 






 
 
 
 
 


 
Non ti avvicinerai più a lei”
 
“Non parlerai di lei”
 
…di lei
 
“Non dovrai neanche pensare a lei”
 
“Sarai d’esempio per chiunque pensi di poter toccare un membro della mia squadra senza conseguenze”
 
“Per chiunque pensi di poterla toccare senza conseguenze”
 
“Lei, lei…
 
Se lei è nulla, tu cosa credi di essere?”
 
 
 
Il volto delicato e gentile di Spectra dietro i rami di mimosa che lui le aveva regalato.
Sensori ottici rossi come il fuoco dell’Inferno sotto una maschera di metallo pesante.
 
Starscream tenne fede al nome che i suoi creatori gli avevano imposto e urlò.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Stralci di conversazioni.
 
«…bianco e blu insieme, Lord Megatron, si rende conto? Non riesce a sopportarne la vista, se si sveglia e vede quei colori insieme riprende a urlare, tutto perché gli ricordano quell-»
 
«“Quell’amabile fanciulla”, Knockout. Dire qualsiasi altra cosa sarebbe controproducente per te, non si sa chi potrebbe sentirti. In ogni caso concorderai con me sul fatto che nessuno ha obbligato Starscream a cercare di fare nuovamente qualcosa che io avevo disapprovato e per cui era già stato punito, giusto?»
 
«Sì, Lord Megatron, ma questo non cambia il fatto che in queste condizioni non possa tornare operativo! Ho perfino dovuto mettere un divisorio tra lui e quel mastodonte laggiù».
 
«A tal proposito, quali sono le condizioni di Tesarus?»
 
«Stabili. Presto dovrebbe essere possibile spostarlo
nella Peaceful Tiranny, o almeno spero, così non avrò più il resto della DJD col fiato sul collo. Io però sono ancora attonito che del fatto che Specter sia riuscito-»
 
Altre urla.
In un qualche angolo remoto del suo processore, Starscream comprese che ancora una volta erano le sue.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Affermativo, Lord Megatron, gli esperimenti condotti nel corso dei vorn mi hanno fruttato sufficienti conoscenze nel campo della mnemosurgery per intervenire su Starscream»
 
«Lord Megatron, vuole veramente lasciare che Shockwave-»
 
«Sì, Knockout, considerata la situazione credo che sia l’opzione più rapida».
 
«Confermo. La mia sola domanda dunque è quanto vuole che vada in profondità».
 
«Solo quello che basta per far sì che non inizi a urlare in posizione fetale ogni volta che si trova davanti la Decepticon Justice Division o sente nominare uno dei due Specter. Però se continuasse ad avere un certo senso di rigetto per il blu accostato al bianco, nonché ad allontanarsi come se lo inseguisse l’Unicron in caso veda la ragazza, non avrei niente in contrario. Sarebbe un peccato sprecare una così preziosa lezione».
 
«Procedo».
 
«Dimenticavo: come procedono i tuoi esperimenti con il CNA ai quali stai dando la precedenza rispetto a quelli sull’energon sintetico, contrariamente a quanto ti avevo suggerito?»
 
«La mancanza di materia prima sulla quale utilizzare il CNA rende i miei esperimenti con esso… fallimentari. Tornerò a concentrarmi sull’energon sintetico, sebbene la formula continui a essere instabile anche dopo alcuni miei tentativi».
 
«A fare un buon Decepticon è anche la tenacia, Shockwave».
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Starscream aprì lentamente i sensori ottici.
Rumori, vista, sensazioni e pensieri gli giungevano ovattati. Era una sensazione familiare, non era la prima volta che si risvegliava nell’infermeria della Nemesis dopo essere stato anestetizzato per subire questo o quel trattamento.
 
«Buongiorno, raggio di sole! Come andiamo?»
 
Dopo aver sbattuto le palpebre metalliche un paio di volte, il seeker riuscì a mettere a fuoco Knockout. Sbuffò per il solito tono ironico che l’altro gli aveva riservato. «Come andiamo… come se mi avessero calpestato venti insecticons, più o meno. Però…» borbottò «Mi sento curiosamente leggero, come se-»
 
Come se gli fosse mancata totalmente una gamba, come l’altra gamba fosse stata sostituita da un bastone metallico, come se fosse stato incapace di muovere ali che non c’erano più.
Quelle al momento erano le sue condizioni, e rispetto a quando era finito nell’infermeria della Nemesis era già un nettissimo miglioramento.
 
«Le-le-le mie-» balbettò «Le mie… le mie-»
 
«I pezzi di ricambio al momento latitano, ho fatto quel che ho potuto. La protesi alla gamba è temporanea, comunque» disse il dottore, osservando Starscream con una certa attenzione «Ricordi cos’è successo?»
 
Il secondo il comando aprì la bocca per rispondere. Immagini, suoni e il ricordo del dolore invasero il suo processore ma, pur tremando come una foglia, non si mise a urlare né perse il senso della realtà.
Era stato vittima della DJD ed era sopravvissuto, o meglio, avevano lasciato che sopravvivesse.
Lo avevano macellato perché aveva cercato di fare del male a “Lei”.“Lei” non aveva mai accennato al fatto di conoscere Tarn e che questi avesse una simile considerazione della sua persona.

Erano tante le cose che “Lei” non gli aveva accennato, erano tanti i motivi per decidere di non incontrarla mai più. Il pensarla, anche solo come “Lei”, gli dava un senso di nausea e di terrore: non avrebbe neanche dovuto pensare a “Lei”, Tarn glielo aveva detto, e lui doveva eseguire quell’ordine, altrimenti
 
«Difficile dimenticarlo» disse Starscream «Molto difficile».
 
Notò il divisorio. Curioso come suo solito, fece per sporgersi e dare un’occhiata.
 
«C’è Tesarus della DJD lì dietro, quello col buco sul petto» disse il medico «Immagino che abbia rimpianto di averlo quando Spectrus ha trovato il modo di devastargli la camera Scintilla passando da lì».
 
“Le reazioni riguardo Spectrus sembrano le solite, bene” pensò Knockout osservando il seeker “Prima gli bastava sentire ‘Spectr-’ per spaccarsi la scatola vocale a suon di grida”.
 
«Ha fatto cosa?! Come…» Starscream fece un respiro profondo «Beh, che dire» commentò poi, pianissmo per non farsi sentire da chiunque non fosse Knockout ma cercando di ritrovare un briciolo di compostezza «Una cosa buona l’ha fatta».
 
«Lieto di vedere che l’intervento di Shockwave sul tuo processore abbia funzionato, ora somigli un po’più a te stesso» osservò il medico.
 
«L’intervento di chi?! Shockwave ha giocherellato col mio processore?!» esclamò Starscream. La sua voce era molto più rauca di quanto ricordasse.
 
«Su ordine di Lord Megatron. Era la soluzione più rapida, ha detto, ma l’ha fatto agire limitatamente al renderti di nuovo operativo e non andare fuori di testa ogni volta che vedi la DJD o che senti nominare…» esitò Knockout, prima di concludere che anche quella prova andasse fatta «Spectra».
 
«Non parlare di “Lei”!» gridò il secondo in comando prendendosi la testa tra le mani «Non devo pensarla, non devo pensarla, non devo pensarla… non devo pensarla» bisbigliò, riuscendo a ritrovare un po’di calma qualche istante dopo «Non dovresti farlo nemmeno tu».
 
«Ben detto» esordì Tarn entrando nell’infermeria «Vedi, dopotutto non sei un caso disperato, occorreva soltanto trovare il giusto metodo d’insegnamento. Cosa ne dici, dottore?» domandò poi a Knockout, ignorando il fatto che Starscream si fosse rannicchiato sul lettino a fissarlo con gli occhi sbarrati.
 
«Ne dico che ho dovuto fare parecchi straordinari per colpa di questa “lezion”-ehm, sì, naturalmente è stata severa ma molto efficace. Io comunque  a- d- o- r- a- v- o  quella ragazza, per un po’è stata anche la mia assistente e ci siamo sempre trovati così ben-»
 
«Naturalmente. Come sta Tesarus?» tagliò corto il grosso Decepticon.
 
«Più stabile rispetto a questi ultimi giorni, dalle mie previsioni dovrebbe riprendere conoscenza tra oggi e domani e in ogni caso può essere trasferito nella Peaceful Tiranny» rispose pronto Knockout.
 
«Molto bene. Finalmente il mio medico potrà prendersene cura più da vicino» disse Tarn.
 
Quella era una buona notizia per Knockout considerando che il medico in questione era una rottura di scatole immensa e aveva avuto da ridire su buona parte di quel che aveva fatto, quando invece secondo lui avrebbe dovuto solo essergli grata per aver iniziato a rattopparlo mentre lei era dispersa.
 
Tarn si accordò brevemente riguardo il trasferimento di Tesarus e si congedò poco dopo, con gran sollievo tanto di Starscream quanto di Knockout stesso, che diede una prudente occhiata fuori dalla porta prima di tornare a parlare con il secondo in comando.
 
«Andato. Non vedo l’ora che si levino di torno… in un modo o nell’altro» disse il medico Decepticon.
 
«Perché mai? Avete in comune qualcuno che “a- d- o- r- a- t- e”» replicò, acido, il seeker «Ipocrita».
 
«Questo corpo è troppo perfetto perché che venga ridotto come il tuo» ribatté Knockout, delicatissimo come sua abitudine «E poi tu avevi un medico per ripararti, ma chi riparerebbe il riparatore?»
 
«Considerando i risultati non so quanto il riparatore in questione mi sia stato utile! Shockwave ha messo mano al mio processore, non ho le ali, una gamba mi manca e l’altra è un palo dritto che non si piega» fece notare Starscream sollevando la protesi in questione.
 
Nel compiere quel movimento avverti una fitta terribile alla schiena, conseguenza dello strappo delle ali, e il dolore di quel danno gliene ricordò un altro del quale fino a quel momento non si era parlato.
Metallo sciolto, impensabile dolore all’ inguine che in quel momento era del tutto insensibile, le sue stesse urla a rimbombargli nuovamente nella testa. Strinse i bordi della cuccetta con le mani -quelle perlomeno erano state riattaccate facilmente- e se non fosse stato tanto debole avrebbe lasciato dei segni.
 
«Knockout, devo sapere» esordì «Devi dirmi che fine ha fatto il… cosa c’è sotto la protezione inguinale adesso che…»
 
«Oh. Quello. Tra i vehicons morti durante gli ultimi attacchi ce n’era uno che aveva ancora intatta la parte che serviva, e-»
 
«Quindi oltre a tutto il resto mi stai dicendo che ho tra le gambe il cavo di un altro?!» esclamò il seeker, ancor più preda della disperazione di quanto già fosse.
 
«Una volta “guarito” dovrebbe perfino funzionare, col passare del tempo... guarda il lato positivo, ora la battuta “Non verrei nella cuccetta con te nemmeno col cavo di un altro” ha più significato rispetto al solito!»
 
«MA-»
 
«Oooh, vedi?» lo interruppe Knockout vedendo un vehicon entrare con un pacco in mano. Dietro di lui c’era anche la manovalanza incaricata di trasportare Tesarus «Sono appena arrivate le tue ali. Sarà un’operazione delicata e dovrò addormentarti un’altra volta» continuò, avvicinandosi al lettino e premendo un pulsante «Ma una volta sveglio avrai qualche lagna in meno da fare».
 
«Le mie non sono lagn…eeeee…» protestò Starscream prima che l’anestetico facesse effetto e finisse in ricarica.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Piano… piano! State trasportando un ferito, non dei pezzi di metallo da costruzione, IDIOTI!... ecco. Andate. Uff» sbuffò Nickel, lesta ad attaccare Tesarus ai macchinari di monitoraggio mentre i vehicons uscivano «Che roba… se non altro le previsioni di quel sega-componenti che si fa chiamare chirurgo sono esatte, Tess, dovresti davvero riprenderti tra poco».
 
«Knockout non ha fatto un lavoro poi così maldestro» riconobbe Tarn per amor di onestà «Senza il primo soccorso che gli ha dato chissà se…»
 
«Colpa mia che non ero qui perché avevo insistito ad accompagnarvi, lo so».
 
«Non era quel che intendevo».
 
«Però è così lo stesso» ribatté la minicon.
 
«Abbiamo già discusso di questo. Io ho deciso chi portare, io ho deciso di partire senza pensare che potesse essere una trappola e, se anche fossi arrivato a intuirlo, non avrei potuto immaginare quando sarebbe scattata. Io sono il comandante e voi eseguite i miei ordini, dunque la responsabilità della disfatta è mia. Che Lord Megatron in persona si sia a dir suo sentito colpevole di non averlo capito quando ci ha avvisati non migliora le cose, perché la trappola non giustifica il fallimento».
 
Nickel avrebbe avuto da ridire su quanto Megatron si sentisse colpevole, però si concentrò su Tesarus e tacque.
Alla fine aveva deciso di non parlare a Tarn di ciò che aveva saputo, tanto di Megatron quanto di lui stesso. Non ce l’aveva con lui per non aver parlato del periodo da Glitch né intendeva rivelarlo ad altri, Tarn aveva una certa immagine da mantenere, e per il resto la squadra aveva bisogno di un comandante lucido. Se avesse parlato… non riusciva a immaginare le conseguenze. Ecco perché alla fine aveva concluso che sarebbe stata lei a tenere le ottiche bene aperte e guardargli le spalle.
 
«Io avrei potuto almeno… ero da sola con Bustin, avrei potuto provare-»
 
«Mi risulta che tu l’abbia fatto. Di ciò che coinvolge quel soggetto non ti do alcuna colpa, per i miei gusti ci sono troppe stranezze » disse Tarn.
 
Non poteva dire di aver visto molto di quel tizio la sera in cui era andato nella foresta insieme agli altri -il dettaglio che gli era saltato di più all’occhio era stato il candido sorrisetto sulla sua maschera- ma già prima che li dileggiasse e riuscisse a scappare non gli aveva dato una bella sensazione, tanto che quando avevano trovato Nickel viva, col jet pack rotto e nascosta nel crepaccio aveva pensato al peggio. Il suo medico di bordo -la sua amica. Non la definiva forse così nella registrazione che avrebbe dovuto contribuire a tenerla al sicuro?- era più che in grado di difendersi, ma la capacità di reazione poteva cambiare quando si era emotivamente coinvolti, e lei lo era; non dubitava della sua lealtà ma non per questo era cieco di fronte all’evidenza.
 
Accertato che i suoi timori riguardo una forzatura alla connessione erano infondati, tra lui e Nickel era seguita una conversazione lunga e difficile. L’altra volta Tarn aveva creduto che non fosse necessario approfondire la conoscenza di Bustin, questi aveva già fatto vedere bene le proprie abilità tecniche, ma aveva cambiato idea quando Nickel gli aveva detto che la registrazione non aveva funzionato, chiedendole dunque di parlargli di ogni dettaglio che ricordasse -connessioni a parte, ovviamente.
 
Da quella chiacchierata erano venuti fuori tanti dettagli che presi singolarmente non erano nulla di che, ma che nell’insieme rendevano le cose un po’sospette. Per esempio: Nickel era stata insieme a quel minicon diverso tempo e non ricordava di averlo mai visto dormire. Il tutto era perfettamente spiegabile col fatto che si alzasse sempre dalla cuccetta prima di lei -che, di suo, difficilmente si svegliava nel mezzo della ricarica- eppure Tarn non era convinto. Pensando a quel che era successo col registratore non sarebbe stato convinto nemmeno che Bustin avesse una Scintilla, ma da una risposta ben poco diretta di Nickel aveva intuito che lei potesse averla vista; quella sì, il volto invece no, così come non aveva mai saputo cose precise del suo background. Quello era già indicativo di quanta influenza Bustin avesse esercitato su di lei.
Il discorso dell’essere poco convinto valeva anche per tutti i viaggi che quel minicon aveva fatto prima di conoscerla -“È proprio sicura che sia solo poco più vecchio di lei?”- e per le informazioni che aveva dato a Nickel riguardo la Black Block Consortia. I primi potevano essere spiegati dal lavoro, le seconde si trovavano davvero su Extranet se si sapeva cosa cercare, eppure non si sentiva persuaso. A risultargli strano c’era anche il comportamento del trio di insecticons impazziti senza alcuna ragione poco prima che Bustin si facesse vedere: erano delle bestie selvagge e poteva essere una coincidenza ma, come aveva detto a Nickel, forse no, specie pensando all’incubo. Anche dopo tutti quei vorn Nickel aveva ricordato distintamente di aver sognato Bustin ferito mentre mutava, diventava un mostro orribile -sempre in grado di riconoscerla- e la addormentava. Il mattino seguente aveva trovato tutto in ordine, a suo dire, e quell’incubo poteva essere stato il suo inconscio che aveva tentato di suggerirle che non era il compagno adatto a lei. Eppure...
 
«Potrebbe aver notato che il registratore era caduto e aver staccato gli audio in tempo» disse Nickel «Anche perché sa benissimo qual è la squadra di cui faccio parte e delle tue capacità. Poi potrebbe aver detto quel che ha detto solo per cercare di indurmi a non usarlo di nuovo».
 
«Cercare di trovare subito una spiegazione razionale è proprio da te» disse Tarn «E sarebbe anche da me, però se esistono cose come quelle che abbiamo visto prima di arrivare sulla Terra…»
 
Guardò Tesarus attaccato ai macchinari. Anche a lui risultava ancora assurdo vederlo così, quasi come gli era risultato incredibile vedere Helex usare il datapad di Tersarus per fare una telefonata a Scylla. “Più voci amiche sente, prima Tess si sveglia… forse” aveva detto il colosso per giustificare la cosa. Tarn aveva preferito non fargli ulteriori domande sull’argomento.
 
«Se davvero è in grado di manipolare i processori a distanza come farebbe uno mnemosurgeon o peggio, perché ha cercato di fuggire quando l’ho visto in quella cittadina vuota? Avrebbe potuto semplicemente addormentarmi e farmi dimenticare come e perché fossi arrivata lì» replicò Nickel, voltandosi a guardarlo «Sarebbe stato più rapido e semplice per lui».
 
«Forse hai ragione e non è in grado di fare qualcosa di simile» concesse il Decepticon «O forse non l’ha fatto per lo stesso motivo per cui io non tento di paralizzarti per capire se la biologia di voi minicon reagisce in modo diverso da quella di un transformer qualsiasi: il rischio di andare troppo in là… o la certezza. Al momento però non possiamo sapere come stanno davvero le cose, dunque direi di limitarsi a usare cautela. Di non fidarti di lui lo sai già da sola».
 
«Infatti non lo farò».
 
«E mi chiedo ancora cosa intendesse dire con l’aver “quasi raggiunto un punto di svolta”» aggiunse Tarn.
 
Era frustrante non avere il controllo di una situazione nella quale invece avrebbe dovuto riuscire ad assicurarsi facilmente di averne in maniera totale. Gli scritti di Lord Megatron riguardo la maniera in cui affrontare e torturare psicologicamente i nemici erano molto chiari in proposito, e si era preparato mentalmente all’incontro con Spectrus fin dal giorno in cui aveva capito che era stato proprio lui a rapire la sorella. Aveva perso il conto delle volte in cui aveva guardato e riguardato quel video di sorveglianza -in maniera che Nickel a un certo punto aveva definito “ossessiva”- nei giorni successivi, aveva trovato l’unico particolare visibile, alias le mani, e l’aveva studiato nel dettaglio, tanto che quando il nome di Spectrus era finito nella Lista insieme a delle immagini lo aveva riconosciuto subito.
Peccato che poi tutti gli scenari che aveva immaginato fossero andati a servicebot, un po’ per Spectrus stesso, un po’per colpa di un minicon malefico che agiva in modo poco chiaro e parlava per enigmi.
 
“Cosa sanno?” si domandò, cercando di prevedere le loro mosse “Cos’avranno in mente di fare la prossima volta? Cosa staranno architettando in questo preciso istante?”
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“That's all they really want
Some fun
When the working day is done
Oh girls, they wanna have fun
Oh girls just wanna have fun!”
 
 
«E come potete vedere i magneti delle extension vengono attirati verso la testa anche da quaranta centimetri di distanza…»
 
L’atmosfera nella Jackhammer era ben diversa da quella che c’era nella Nemesis o nella Peaceful Tiranny. Cindy Lauper cantava "Girls just want to have fun" in filodiffusione, Bustin stava facendo un video che poi avrebbe postato sui suoi canali social di Extranet e Spectrus ripassava con una certa attenzione la struttura fisica dei componenti della Decepticon Justice Division. Scegliere di farlo in precedenza si era rivelato utile quando il piano era andato in porto, dunque dare un’altra occhiata era la cosa più sensata, soprattutto perché stando a certe cose che gli aveva riferito il nano era possibile che Tarn ce l’avesse con lui per motivi molto più personali di quel che aveva creduto -e già da prima che buttasse giù uno dei suoi macellai.
Non che a lui cambiasse granché, la DJD gli avrebbe dato la caccia a prescindere anche senza quell’ultimo dettaglio, ma si era sorpreso del fatto che ricordassero sua sorella e ritenessero grave il fatto che lui avesse cercato di ucciderla. Forse il suo pensiero poco serio riguardo il fatto che Frollo/Tarn avesse avuto in mente già allora di portarsi a letto Spectra una volta diventata adulta non era così azzardato, o forse si era legato al dito il rapimento di per sé per essere stato giocato, e il resto era solo una conseguenza.
 
«La sola domanda da porsi dunque non è se resisterebbero o meno a una battaglia, quanto piuttosto se il vostro processore può davvero evitare di rovinarsi pur avendo vicini dei magneti di simile potenza. Sto scherzando» continuò Bustin a favor di telecamera mentre muoveva dei gruppi di extension «Si tratta di un ottimo prodotto e trovate il link per l’acquisto qui sotto nella descrizione. Ringrazio l’azienda Brightcare per avermi inviato tutti questi campioni, ma soprattutto per aver permesso al qui presente Bernie di iniziare il suo percorso verso una felice vita da Bernarda!» esclamò, indicando Smokescreen e la sua testa ora piena di fluenti e fluorescenti treccine magnetiche rosa «Mi sto commuovendo!»
 
«Non ce la posso fare» sospirò Spectrus alzando gli occhi al soffitto.
 
Smokescreen avrebbe potuto lamentarsi di varie cose, come il fatto di essere stato tenuto quasi sempre in uno sgabuzzino fino a quando Ultra Magnus aveva viaggiato con loro o di essere quasi costantemente sotto blandi sedativi, ma non di essere stato tenuto in isolamento; probabilmente però l’avrebbe preferito rispetto ai concerti del nano -“The Whole Being Dead Thing”, a Smokescreen suonava e cantava sempre quella- e l’essere utilizzato per fare recensioni video di questo e quel prodotto.
 
«Per fortuna almeno uno di voi due è collaborativo. Tu le extension non le hai volute provare» disse Bustin a Spectrus con tono di rimprovero.
 
«Ovvio che no».
 
«Avrei impostato il blu come colore».
 
«No».
 
«E comunque Bernie così può davvero sembrare una Bernarda» osservò Bustin, guardando Smokescreen con aria pensosa.
 
«Forse a qualcuno molto ubriaco, totalmente cieco e più fatto di sedativi e altra roba di quanto sia lui. Credo che quelle sostanze, continuando così, potrebbero causargli qualche danno a lungo termine».
 
Bustin fece spallucce. «Non che sia un problema».
 
«No, in effetti ormai non lo è» si voltò per dare un’occhiata agli ologrammi della DJD, poi li spense «Per niente».
 
 
“Some boys take a beautiful girl
And hide her away from the rest of the world
I want to be the one to walk in the sun
Oh girls, they wanna have fun
Oh girls just wanna have-”
 
 
«Riguardo la DJD, nano, tu sei proprio convinto di quel che mi hai detto?»
 
«Che ce l’abbiano con te anche per via di tua sorella? Certo. Ammetto che comincio a essere incuriosito: se anche soggetti simili sono presi da lei, forse una ragione c’è».
 
«Sarà l’eleganza della gamba zoppa o per il fatto che essendo una deficiente matricolata credono di poterle far fare quello che vogliono, come io stesso ho fatto per una vita, solo che non tengono conto della sua tendenza all’ingratitudine. Immagino che quella ora l’abbia notata anche il mio carissimo cognato» commentò Spectrus «Chissà quanto gli ridono dietro per questa storia. Non è solo un clown, è l’intero circo, e tutto di animali cornuti! Comunque no, non mi riferivo a questo, mi riferivo all’altra nana. Tu sei proprio convinto di non poterla corrompere in alcun modo, nemmeno dopo quel che è successo?»
 
«Le sono totalmente indifferente» replicò Bustin «Te l’ho già spiegato, è stata molto distaccata e ha cercato di paralizzarmi o di uccidermi direttamente, di questo non sono sicuro. Se dovessimo trovare in giro un registratore sarebbe meglio non accenderlo».
 
«Dubito che succederà. Ascolta, le tue ricerche con i satelliti?...»
 
«Non ho visto qualcosa di simile a tua sorella né a una possibile base Autobot» disse Bustin «Per i miracoli non sono ancora attrezzato».
 
«Mh».
 
Spectrus stava macinando qualcosa, Bustin ormai era in grado di capirlo alla svelta.
 
«Sai nano, sto proprio pensando…»
 
«È pericoloso».
 
«Lo so! Ma l’Harbinger sappiamo dov’è-»
 
«E protetta non è neanche un po’!» canticchiò Bustin, godendosi la parodia di musical Disney incidentale* «No, d’accordo, in realtà adesso che io sappia ci sono un paio di vehicons. Cosa intendi farci?»
 
«Io nulla» disse Spectrus «Però se in qualche maniera riuscissimo a spingere Airachnid nell’Harbinger… sai, adesso è anche ferita, un posto sicuro dal quale possa anche captare le altrui comunicazioni e muoversi di conseguenza le farebbe comodo».
 
«Rivedere la valvola dopo quasi un mese sarà emozionante per te» commentò il minicon.
 
«Ti sorprenderà ma non è per quel motivo, mi è più utile altrove che incatenata a una parete come l’ultima volta. Ti rendi conto di cosa mi spinge a dire questa situazione?» sospirò il mech «Maledetta Tarnlandia e anche gli insecticons. C’è di buono che se la mia idea andasse in porto ci sarebbe un certo quantitativo di caos e ci libereremmo degli uni o degli altri senza muovere un dito o quasi».
 
«L’avevo detto che pensare era pericoloso. Cos’hai in mente di fare adesso?»
 
«Il benefattore, nano» fu la risposta di Spectrus, data col suo leggero sorriso arrogante «Anche se lei non si renderà conto. Poi ti spiego… come ti suona? “Spectrus il benefattore”» disse, per poi voltarsi in direzione di Smokescreen «E in futuro “Spectrus il misericordioso”».
 
C’era chi l’avrebbe pensata diversamente riguardo quell’ultimo punto ma, onestamente, dei “chi” in questione non gli era mai importato alcunché.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Sicura di sentirtela, Spectra?»
 
La giovane femme, massaggiandosi nervosamente le mani, annuì. «Me la sento. Voglio fare quel tentativo di cui ti ho parlato qualche giorno fa, non posso lasciare per sempre la situazione così com’è».
 
«Quando tu e Soundwave parlerete resterò nei paraggi se vuoi, magari non visto, nel caso tu avessi bisogno di una mano» si offrì Dreadwing.
 
«Spero davvero che non sia così e che vada tutto… non dico benissimo ma almeno un pochino decentemente, magari…» auspicò lei, con in viso l’espressione di chi invece temeva il contrario «E comunque bisogna vedere se accetterà davvero di parlare».
 
«Lo farà, non ho alcun dubbio a riguardo».
 
Spectra attivò il comm-link. «Soundwave, sono  io. Se non hai da fare e non ti è di disturbo vorrei parlare con te di persona, anche e soprattutto del tuo ultimo messaggio. Fammi sapere se va bene, nel caso ti darò le coordinate e… ci vedremo, ecco. Ciao» concluse, per poi fare un lungo sospiro «È normale che mi senta tanto nervosa?»
 
«Direi di sì» rispose Dreadwing.
 
«Ma è il mio compagno di vita».
 
«Ma tra voi due va tutt’altro che bene» le ricordò il Decepticon.
 
«Vero. È anche per questo che sono contenta di averti a guardarmi le spalle, anche se mi sento in colpa per la stessa ragione… non mi guardare così, so che per te non è un peso, però è un rischio. Non temo che mi faccia del male, se mai potrebbe tentare di portarmi via ma spero davvero che non succeda. Se almeno sapessi... se potessi fare uno di quei sogni…» mormorò.
 
Dreadwing, pur sapendo a cos’alludeva Spectra, non fece commenti particolari; non perché la questione non lo interessasse, solo perché non era sicuro di cosa dirle.
 
In quei giorni passati prima nell’Harbinger e poi in fuga, tra le cose di cui avevano parlato era saltato fuori anche l’argomento dei sogni che Spectra aveva fatto da quando era arrivata sul pianeta. In passato ce n’era stato qualcun altro, ma a dire di Spectra quello passato sulla Terra era stato il periodo in cui ne aveva avuti di più.
Aveva sognato il giorno in cui Starscream aveva ucciso i suoi genitori e aveva quasi ucciso lei, aveva sognato le vere intenzioni di Spectrus -ucciderla, naturalmente- nel giorno in cui invece le aveva annunciato che sarebbe uscita di casa per iniziare ad aiutarlo, aveva sognato Spectrus che cercava di uccidere Soundwave e poi lei e infine, prima che questa avvenisse, aveva sognato come sarebbe stata la mattina successiva alla prima notte di nozze. Quell’ultima cosa a suo dire era stata del tutto fedele al suo sogno, dialoghi inclusi.*
A tutti i sogni eccetto l’ultimo si poteva trovare una spiegazione razionale: quello con Starscream poteva essere un semplice ricordo registrato da lei, appena nata ma presente in quel momento, che era riemerso quando si era trovata faccia a faccia con chi le aveva fatto del male, quelli con Spectrus potevano essere semplicemente frutto del suo inconscio che aveva cercato di dirle qualcosa, ma l’ultimo era inspiegabile. Era indubbio che potesse averlo sognato perché ai tempi aveva desiderato sposarsi con Soundwave, ma che fosse stato identico era una cosa improbabile.
 
“Ma c’è da dire che se in passato mi fosse giunta voce anche solo dell’esistenza di una persona come Spectra, anche senza i suoi sogni, l’avrei trovata altrettanto improbabile. Invece è vera” pensò.
 
Poteva sempre essere stato un caso, ma non era impossibile che Spectra fosse un qualche tipo di outlier con un’abilità simile, pur non essendo una point one percenter. Sebbene le notizie di transformers in grado di prevedere sprazzi di futuro in un modo o nell’altro non fossero mai giunte ai suoi recettori uditivi, Dreadwing non si sentiva di escludere alcunché. L'Universo era grande e c'erano tanti misteri. 
 
«Conta su di me, Spectra».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
* “C’è un’idea che mi sta ronzandooo/da quando quel ragno era là! Tu lo sai che io voglio fare tanti disastri e dei piani, in mente, ho giààà!”.
Se questa fosse stata una song fic vera e propria avrei probabilmente completato la citazione a Gaston e Le Tont, devo ammetterlo.
 
*Tutti i sogni elencati da Dreadwing sono stati descritti nella prima TSB, niente di nuovo dunque.
 
Cercherò di mettere un po’più di azione nel prossimo capitolo, intanto però vi ringrazio per la pazienza che continuate ad avere :)
MilesRedwing, puoi considerare dedicata a te la primissima parte di questo capitolo: ti avevo promesso uno Starscream malridotto, e uno Starscream malridotto hai avuto :D
 
Alla prossima,
 
_Cthylla_

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Capitolo 15
*** 15 - Se il caos sfugge di mano… un’altra volta ***


Quello che vi apprestate a leggere è un capitolone, sono oltre 7500 parole, quindi vi consiglio di iniziare a farlo quando sapete di avere tempo e voglia a disposizione. Nient’altro da dire, quindi buona lettura!




15
(Se il caos sfugge di mano… un’altra volta)
















“Chiunque fosse, non mi insegue più”.

I sensori ottici rotti di Airachnid non le avevano dato modo di vedere direttamente chi l’aveva inseguita per un pezzo cercando di spararle, e i sensori ambientali non l’avevano aiutata granché a riguardo: in certi momenti le avevano segnalato qualcuno grande, in altri momenti qualcuno molto piccolo ma se gli inseguitori fossero stati due e avessero davvero voluto cercare di ucciderla -nonostante il deterrente degli insecticons- si sarebbero mossi diversamente.
Aveva trovato un posto riparato in cui aveva sostato per una mezz’ora e, dopo averci riflettuto, aveva concluso che fossero vehicons che avevano tentato il colpo e alla fine avevano lasciato stare, avendo cara la vita almeno un briciolo. Se fossero stati gli Autobot ci avrebbero messo più impegno, specie nel caso di Arcee, stessa cosa poteva dire dei suoi ex colleghi Decepticon, e se ad averla inseguita fosse stato Spectrus Specter le probabilità che avesse potuto decidere di lasciarla perdere sarebbero state ancor meno. Per quanto ne sapeva Airachnid lei e Arcee erano le due sole femme presenti oltre a Spectra, di conseguenza era molto probabile che quel bastardo non vedesse la valvola da un pezzo.

La vedova nera avrebbe tanto desiderato uccidere e/o ridurre in schiavitù tutti quanti, ma nel caso di Spectrus e Arcee lo voleva in modo particolare e non aspettava altro se non l’occasione giusta. A un certo punto si era trovata “alleata” di Arcee, però non ne aveva ricavato granché di buono, com’era prevedibile aspettarsi: non si ricavava mai niente di buono dagli Autobot, eccetto delle connessioni poco consenzienti e le loro urla di dolore e di paura.

“Ho l’impressione di conoscere questo posto, sono… sì, non mi sbaglio, io sono stata qui. A poca distanza non c’è il luogo dov’è atterrata la Harbinger?” si chiese, scegliendo di muoversi con cautela in quella direzione.

Iniziò a riflettere. Non aveva problemi a stare nei boschi e tra le rocce, però avere a disposizione quell’astronave per se stessa e per la maggioranza del suo alveare sarebbe stata una cosa molto buona: era un luogo più protetto, e se ci fosse stata dell’attrezzatura funzionante forse avrebbe potuto perfino tenersi aggiornata riguardo dov’era chi e tentare l’attacco alla Nemesis di conseguenza.

Sì, cercare di infilarsì lì era proprio una buona idea.

Pensò che potesse esserci qualche vehicon di guardia ma notò rapidamente che non era affatto così e che era tutto deserto. Procedette richiamando a sé altri insecticons, il tutto senza che i sensori ambientali poco avvezzi a essere usati per “vedere” si rendessero conto delle chiazze di energon secco sul terreno; di qualità più scarsa rispetto a quello dei comuni transformers, il fluido vitale dei vehicons tendeva anche a rapprendersi prima.

Entrata nell’astronave e memore di quel che aveva trovato quando era stata lì con Starscream, si diresse subito verso le attrezzature. Il Ponte Terrestre era stato danneggiato, riusciva a sentirlo già solo dal tatto, ma era stato anche riparato. Immaginò che della riparazione si fosse occupato Starscream quando aveva vissuto là, era la cosa più logica, e le attrezzature di comunicazione invece erano perfettamente integre.

Richiamò a sé anche il resto dell’alveare, avendo concluso che lì non c’era niente da temere, e si mise ad armeggiare con gli strumenti dell’Harbinger.






***






Il ragno è in posizione, Specter!


«Quindi si è messa subito a trafficare con quella roba… ci ha impiegato meno del previsto».

La prima parte del piano si era compiuta come previsto e meglio. Erano riusciti a spingere Airachnid nell’Harbinger, che loro avevano provveduto a ripulire dai vehicons e della quale avevano riparato le attrezzature… anzi, era più un “ Bustin aveva”. Pur essendo piuttosto abile non avrebbe avuto le conoscenze necessarie per riparare un Ponte, cosa che invece era stata tra le materie di studio del suo coinquilino quando era a Prion. Lui invece aveva messo delle microcamere qui e là e aveva programmato le riprese in loop da mandare nei satelliti umani sfruttati dalla Nemesis per il controllo a distanza: nessuno si sarebbe accorto di quanto era e sarebbe accaduto nel relitto dell’astronave.


Forse aveva voglia di attaccare la Nemesis già di suo, con l’armata di bestiacce che ha non mi stupirei. Immagino che però Tarnlandia e i sensori ottici danneggiati la blocchino un po’. Non che mi penta di qualcosa, se fosse per me sarebbe morta.


«È un bene che non lo sia ancora, nano, perché ci aiuterà a fare un po’di danni in giro» disse Spectrus, osservando dall’alto i vehicons che lavoravano nella “sua” cara vecchia miniera non più tanto segreta «Proprio grazie alle sue bestie. E sbloccarla è precisamente quel che cerchiamo di fare noi. Certo, l’ideale sarebbe mandare fuori dalla Nemesis anche Soundwave, oltre a chi dobbiamo far uscire. Nel caso pensasse di aprire un Ponte per cercare di ridurre il numero di insecticons nella Nemesis, sai…»


Forse nel caos sarà troppo distratto per… mh. Questo è interessante…


«Cosa?»


Da quel che vedo con i satelliti pare che tuo cognato sia appena uscito da solo, è decollato dal ponte della Nemesis. Non so dove sia diretto, però questo riduce il rischio che si aprano Ponti vari. Direi che se vogliamo muoverci sia questo il momento perfetto.


«Sono d’accordo, infatti credo proprio che chiamerò Bulkhead adesso. Solo una cosa: tu pensi di riuscire a seguire Soundwave, oltre a fare il resto? Perché tra i motivi per cui possa uscire da solo dalla Nemesis mi viene in mente la mia cara sorellina».


Posso provare ma non ti faccio promesse: se mi mettessi a seguirlo in modo costante col satellite potrebbe accorgersi che qualcosa non va, distruggerlo e decidere di avvisare le persone nella Nemesis prima del tempo.


«Non hai torto» riconobbe Spectrus «Allora per adesso ti lascio, quando avrò finito di parlare con Bulkhead te lo farò sapere. Se in questi minuti capita qualcosa di cui dovrei essere informato, non tenerla per te!… e con questo non potrai dirmi “Tu non me l’hai chiesto”» concluse Spectrus.

Contattò subito Bulkhead come aveva detto. Era quasi certo che Optimus avesse dato a tutti l’ordine di evitare di rispondergli, ma era altrettanto certo che Bulkhead non fosse nello stato emotivo giusto per dargli retta. Tarnlandia e lui stesso avevano fatto in modo che così non fosse.

«Buon pomeriggio, Bulk. Indovina dove mi trovo? La mia ex miniera segreta» esordì appena lo sentì accettare il contatto «O forse sarebbe il caso di dire “la nostra”. Era anche del povero Wheeljack, come ricorderai…»


Ti ho risposto solo per dirti di andare all’Unicron, inutile pezzo di scarto!


«E io ti ho chiamato per chiederti se hai qualcosa in contrario alla sua riesumazione. Sai, considerando che c’è in giro Tarnlandia non sarebbe una cattiva idea svuotarlo delle sue componenti interne per eventuali trapianti».


Se tocchi quella tomba IO-


«“Tu” cosa? Eccomi, sono qui davanti alle rocce: qui e il tuo arrivo, specie se insieme agli altri, l’avrò già dissotterrato. Vuoi venire ad aiutarmi o no?»

L’unica e ultima cosa che sentì da parte di Bulkhead fu un ringhio sordo. Spectrus non aveva dubbi sul fatto che il demolitore sarebbe davvero arrivato a breve.

“Chi glielo dice che io e il nano abbiamo veramente portato via un braccio di Wheeljack per quel motivo già prima che gli lasciassi trovare il cadavere?” pensò.

Era stata dura staccarlo dalla roccia. Non sapeva quale fosse la sostanza usata dalla DJD per appiccicare lì i pezzi di Wheeljack, ma a livello di tenuta era qualcosa di leggendario. Avevano tentato di prendere anche l’altro braccio ma erano riusciti a strappare via solo la metà senza colla. Coi vehicons a guardia dell’Harbinger era andata molto meglio, se non altro perché non c’era di mezzo alcun appiccicume.

«Fase due iniziata. Vai pure» disse a Bustin via comm-link.


Vai pure anche tu. Le frequenze sono disturbate e da qui in avanti trasmettiamo in differita!


Spectrus balzò allo scoperto iniziando ad attaccare i vehicons e, all’apparenza, puntando ai carichi di energon che avevano estratto. Così come per l’Harbinger, anche per quanto riguardava la miniera il satellite avrebbe trasmesso alla Nemesis delle riprese in loop per un po’… ma era previsto che più tardi vedessero anche lui.

“Nonché Bulkhead” pensò Spectrus, notando la luce verde-azzurra di un Ponte che si apriva a poca distanza da lui “Sembrerà che fossimo entrambi in cerca di energon, cosa normale dato che tutti dobbiamo mangiare e i Decepticon controllano ogni miniera, e che siamo finiti a combattere a causa delle nostre piccole divergenze personali”.

«Specter!» gridò Bulkhead, avventandosi su di lui senza riflettere nemmeno per un attimo sul fatto di averlo trovato decisamente più in là rispetto alla tomba di Wheeljack e falciando vari vehicons minatori nel mentre.

«Ti trovo in forma rispetto a come ti ho lasciato l’ultima volta» osservò Spectrus, saltando via e lasciando che il pugno di Bulkhead disintegrasse il terreno roccioso «Come va? Come sta quel demente di Ultra Magnus?»

Seguì una lotta di un buon quarto d’ora durante la quale Bulkhead sfruttò ogni stilla di energia per cercare di disfarsi di quello che per lui era un essere infernale, mentre suddetto essere si prendeva la briga solo ogni tanto di rispondere colpo su colpo, quel che bastava per dare l’impressione di stare effettivamente lottando per i cubi di energon.

«Vai con la fase tre» disse a Bustin nel comm-link mentre si riparava dai laser di Bulkhead dietro una roccia «Dimmi se e quando Airachnid parte».


Ora nella Nemesis stanno vedendo il momento in cui sei saltato fuori e hai iniziato ad attaccare i vehicons. La cosa migliore? In assenza di Soundwave, il tecnico della Peaceful Tiranny contribuisce a tenere d’occhio il tutto!


Spectrus sorrise e lasciò cadere a terra di proposito un datapad. «Bene».






***






«Tarn!» esclamò Kaon, entrando nell’infermeria della Peaceful Tiranny tutto trafelato e con un datapad in mano «Ho avvistato Spectrus Specter!»

Sapeva che lì avrebbe trovato anche Tarn, che da quando Tesarus era ricoverato nella loro astronave si recava in infermeria a chiedere aggiornamenti sempre alla stessa ora. L’essere abitudinario del comandante non lo deluse neppure in quell’occasione.

Nickel, col jet pack ormai riparato, volò accanto a Kaon per dare un’occhiata. «E che sta facendo quello stronzo?!»

«Ha preso d’assalto una miniera, quella dove abbiamo fatto fuori quel tizio… Wheeljack, il giorno in cui siamo arrivati» disse Kaon «E questo Autobot l’ha raggiunto un secondo prima che io entrassi qui. Si stanno scannando tra loro per l’energon!»

«Noi Decepticon abbiamo il controllo di tutte le miniere, dunque non possono procurarsi l’energon che da lì… e deduco che l’ultima vittoria abbia reso Spectrus Specter più arrogante di quanto già fosse» commentò Tarn «Il che è tutto dire».

«Possiamo andare a occuparci di entrambi, no? Apro un Ponte e… ah, no» si corresse il tecnico con una smorfia «Finché non verremo a capo di come siano riusciti a disperderci l’altra volta non è molto sicuro».

«Soprattutto perché non vedo Bustin insieme a Specter» osservò Nickel.

«Avviserò Lord Megatron e andremo lì con una delle astronavi più veloci che la Nemesis possa fornire. Intanto non perdere il collegamento, Kaon, così da non perdere di vista il bersaglio nel caso la lotta tra loro finisca prima del nostro arrivo» ordinò Tarn «Andiamo».

«Fategliela vedere anche da parte di Tess e da parte mia!» esclamò la minicon, ricevendo dei rapidi cenni di assenso prima che gli altri due Decepticon uscissero dall’infermeria.

L’altra volta erano caduti in un’imboscata ma quella sarebbe stata diversa: niente Ponti di mezzo, niente segnali di astronavi che improvvisamente venivano captati, solo un tentativo di furto ai danni dei Decepticon e una lotta per il nutrimento che era stata colta dalla loro sorveglianza… e che Specter e l’altro Autobot avrebbero pagato cara.






***







Soundwave -crrr- fuori. In missione per Lord Megatron, immagino


Quello era interessante. Seguirono altre statiche, altre chiacchiere. Airachnid continuò comunque ad ascoltare con attenzione: un Soundwave fuori dalla Nemesis non era qualcosa che capitasse tutti i giorni.


Anche quei killer della -crrrrr- DJD sono -crrrrr- caccia Autobot. Mi sento meno teso…


“Quelli della DJD non sono nella Nemesis?!” pensò Airachnid, drizzandosi in piedi.

Forse era iniziata male, però quella poteva diventare la SUA giornata.
Nonostante ciò però non era ancora convinta: passi Soundwave, ma chi poteva sapere quando sarebbe rientrata la DJD di preciso? Non era ancora del tutto certa di voler rischiare, anche se presentata così poteva essere un’occasione irripetibile.

Dagli altoparlanti si sentirono provenire rumori di esplosioni e grida.

“Che sta succedendo?”

Voci e rumori si fecero sempre più confusi. Per qualche attimo udì un insieme di parole senza senso e allo stesso tempo familiari che le fece tornare in testa sprazzi di quelle immagini che l’avevano bloccata nel bosco e che le erano valse la perdita dei sensori ottici…

“Ripeto: cosa sta succedendo?” pensò, massaggiandosi la testa con un sibilo.

… ma smise di preoccuparsene ancor prima di iniziare quando sentì pronunciare distintamente il nome “Specter” da diverse voci di vehicons.

“Spectrus Specter è lassù?!”

Fu quella la molla che la fece decidere. Soundwave era fuori, la DJD era fuori, lei aveva un alveare di insecticons a propria disposizione e Spectrus Specter, del quale si voleva vendicare -con buone ragioni- era nella Nemesis: se voleva cercare di distruggere lui, Megatron e chiunque si fosse messo sulla sua strada, doveva muoversi. Non era riuscita a carpire con precisione le coordinate dell’incrociatore Decepticon, solo il quadrante, ma giunti lì col Ponte Terrestre i suoi cuccioli non avrebbero faticato a trovarlo.

«Insecticons… andiamo!»






***






Andata – annunciò Bustin nel comm-link di Spectrus – Le parti di trasmissione in cui si parlava di Soundwave e della DJD fuori non erano nemmeno fake, ma Airachnid è partita solo quando ha sentito che tu “sei lassù”!


“Dopo i nostri trascorsi non poteva essere che così. È tempo che vada anche io” pensò Spectrus. «Bulkhead, a questo punto è tempo che tu sappia una cosa: in realtà non avevo la minima intenzione di profanare la tomba del tuo amico» disse, evitando una scarica di spari da parte del demolitore.

«Allora cosa volevi?! Cosa? Vuoi terminarmi? Vuoi terminare tutti?!» sbottò l’Autobot, saltando addosso a Spectrus col solo risultato di trovarsi in una posizione di stallo in cui stritolavano le mani uno dell’altro «Perché?! Quando sei piombato su questo pianeta ti abbiamo soccorso, ti abbiamo accolto nella squadra, ai tempi non ti avevamo fatto assolutamente NIENTE!»

«All’inizio non pensavo certo di terminarvi tutti, il mio obiettivo erano i Decepticon. Poi mi sono trovato con un leader incapace, voi l’avete appoggiato nonostante io abbia causato più problemi ai Decepticon in quel primo mese che tutti voi in molto più tempo, ed eccoci qua. Senti: ti ho usato per quel che dovevo fare ma continui a essermi indifferente, non devi finire per forza come il tuo amico» disse Spectrus, costretto a esercitare maggiore pressione quando Bulkhead sentì nominare Wheeljack «… che non sono stato io a uccidere! Hai una certa forza ma non riuscirai mai a vendicare Wheeljack se resti con quei mentecatti. Io ho ferito gravemente quello più grosso della DJD, forse l’ho perfino ammazzato. Non ti piacerebbe fare altrettanto?»

«Non tradirei mai la mia famiglia! MAI!» gridò Bulkhead.

Spectrus alzò gli occhi al cielo, assestò all’Autobot una potente testata e subito dopo gli sparò facendolo crollare a terra.

«In un certo senso li hai traditi nel momento stesso in cui hai trasgredito all’ordine che, conoscendo Prime, sicuramente ti aveva dato. Se hai tanta voglia di finire come Wheeljack e per mano delle stesse persone, che sia… io ci ho provato!»

Detto questo si trasformò e schizzò via a tutta manetta. Era probabile che alla DJD -“Mutilata” ricordò con soddisfazione- non mancasse molto per arrivare, e incontrarli quel giorno non era nei suoi programmi: nei suoi programmi c’era tornare nella Jackhammer, aspettare l’inizio della fase quattro e stare a guardare.
Oppure trovare Spectra e ucciderla una volta per tutte, se Bustin nonostante tutto quel che aveva tra le mani era riuscito a seguire Soundwave senza dare nell’occhio.

«Con Bulkhead ho finito. Notizie di Soundwave Cornutomadò?»


Diciamo che non ti ho fatto promesse e ho fatto bene a non fartene. D’altra parte non è detto che stesse andando proprio da tua sorella, e in ogni caso sarebbe stato un “di più” rispetto al programma. Non pensi di aver fatto abbastanza danni per oggi?


«Non col mio solito stile».

Fare scena in prima persona era qualcosa che a Spectrus Specter piaceva decisamente di più, infatti era solito concedere a se stesso una parte preminente nei piani che studiava, ma questa preferenza non significava che fosse incapace di agire altrimenti. In fin dei conti, capacità fisiche a parte, non avrebbe potuto sopravvivere fino ad allora se non fosse stato in grado di adattarsi a quel che proprio non poteva cambiare, pur senza mai smettere di cercare delle vie d’uscita.
Purtroppo per i suoi avversari.






***






“Fa’ che non mi trovino” pregava Bulkhead “Fa’ che non mi trovino…”

Avendo capito che la DJD era in arrivo aveva cercato di trascinarsi dietro a delle rocce abbastanza grandi da nasconderlo. Inizialmente aveva anche cercato di contattare la base, senza risultato perché le frequenze erano disturbate, ma quando l’astronave Decepticon era atterrata nelle vicinanze aveva lasciato perdere completamente. Non avrebbe messo in pericolo i suoi compagni per colpa della propria stupidità.
Non aveva ancora compreso la ragione precisa per cui Spectrus lo aveva attirato lì ma stava di fatto che lui non avrebbe dovuto rispondere a prescindere quando era stato contattato. Optimus glielo aveva detto, lo aveva detto a tutti quanti, dunque qualsiasi cosa lo attendesse -una morte dolorosa, presumeva- sarebbe stata solo una conseguenza delle sue azioni scellerate.
Gli sembrava quasi di vedere Wheeljack in piedi davanti a lui, intento a sospirare e scuotere la testa: “Bulk, che hai combinato?”. Bulkhead sapeva che quella era solo la sua immaginazione galoppante e non era reale, ma la sua -la loro- idiozia lo era stata senz’altro.
Se mai fosse sopravvissuto non avrebbe mai più fatto una cosa simile, mai più in tutta la vita, si ripromise.

Il vociare di Kaon raggiunse i suoi recettori uditivi.

«Ma che caz- ehm, che diamine succede?!» si corresse il tecnico, visibilmente agitato com’era intuibile dalle antenne tesla che mandavano lampi «Erano qui, dovevano essere qui! Secondo il satellite sono qui e stanno ancora lottando!» esclamò, agitando il datapad che aveva in mano e che mostrava la battaglia tra Spectrus e Bulkhead «Com’è possibile?! Tarn!»

Se Tarn fosse stato un transformer con un briciolo in meno di autocontrollo, di dignità e di classe, arrivato a quel punto avrebbe messo a urlare e imprecare ogni profanità di sua conoscenza in quel delizioso linguaggio che era il dialetto kostrobnese stretto*.

«Un’altra trappola» borbottò Helex guardandosi attorno.

Tarn non gli dava torto, era palese che quella fosse un’altra imboscata o qualcosa del genere. Specter e Bustin erano riusciti ad accedere ai satelliti, Specter aveva inscenato uno scontro “casuale” con Bulkhead a loro uso e consumo -l’Autobot probabilmente ne era stato vittima a sua volta, qualunque fine avesse fatto- immaginando che sarebbero arrivati, e tutto questo per… cosa? Non c’era traccia di lui, non c’erano esplosivi, non c’era veleno nell’aria, non c’erano insecticons ad aspettarli, non c’era assolutamente niente. Allo stesso tempo però gli risultava difficile credere che li avesse indotti a venire lì senza ragione.

Sentì Vos parlare nella sua lingua primordiale dicendo di aver trovato un datapad a terra, e poco dopo gli venne prontamente consegnato. A quel punto Tarn dubitava fortemente che fosse casuale, ragion per cui lo accese.


“Beata Maria
You know I am a righteous man
Of my virtue I am justly proud!

Et tibit Pater …”


Era l’interno di un’astronave, una canzone sconosciuta a Tarn faceva da sfondo musicale, Spectrus Specter era in primo piano e vicino a lui si poteva vedere Bustin con indosso una tonaca rossa; il perché di quell’ultimo dettaglio era un mistero, ma sinceramente non gli interessava.


A Frollo e tutto il resto di Tarnlandia: buonasera. Sì, ho aperto il mio discorso con un nomignolo che non puoi capire, ma d’altra parte credo che tu e tutta la combriccola non abbiate capito bene nemmeno il resto, sbaglio?


Gli epiteti con cui Tarn avrebbe voluto insultarlo già solo per quelle frasi iniziali confluirono in una silenziosa ondata di volontà omicida. C’era già in precedenza ma vedere l’espressione di Spectrus in quel video l’aveva aumentata a livelli esponenziali.


Presumo che siate almeno arrivati a intuire che le registrazioni di alcuni satelliti sfruttati da voi Decepticon sono state manipolate. Oltre a quelle della miniera sono state manipolate anche quelle dell’Harbinger. Il motivo? Volevo aiutare un’ex compagna di connessioni a entrare nella Nemesis. Mentre tu sei qui a guardare questo video, Airachnid è lassù insieme al suo alveare di insecticons. La Harbinger ha un Ponte Terrestre e vi garantisco che nessuno ha interferito col viaggio, quindi ha impiegato ben poco ad arrivare. Mi chiedo solo quanti danni abbia già fatto e quanti ne farà prima che voi rientriate a darle un assaggio della tua, ah, “leggendaria” vooooce – disse Spectrus, abbassando man mano la propria Meglio che vi sbrighiate, altrimenti il vostro divino Megatron diventerà un divino cadavere usato come svuota cavo da tutte le bestie. In quanto suo fanboy immagino che ti seccherebbe, Frollo: ti piacciono bambine e babbioni e in nessuno dei due casi riusciresti ad arrivare per primo.


Il datapad iniziò a friggere per poi accartocciarsi su se stesso, rimanendo solo metallo e fumo.

«Anche stavolta non abbiamo avuto il piacere di incontrarci faccia a faccia» commentò Tarn, che compensò la distruzione non del tutto volontaria del dispositivo mostrando una calma assoluta «Senz’altro un uomo elusivo».

All’ultima provocazione ovviamente non accennò. Non aveva mai pensato in quei termini né a Lord Megatron né a Spectra; non avrebbe osato pensare di poter toccare il primo neanche se uno di loro due fosse stato una femme, e Spectra non era adulta quando l’aveva conosciuta, dunque in quel mese non aveva mai avuto simili pensieri.

«Dici che è vero? Degli insecticons nella Nemesis» specificò Kaon «È possibile?»

«Più che possibile. Ci ha fatti venire qui apposta» rispose Tarn, correndo assieme gli altri in direzione dell’astronave «Vuole che li incontriamo ma non voleva che lo facessimo subito».

«Ma se stesse succedendo qualcosa nella Nemesis ci avrebbero già informati, no?» fece notare Kaon «I nostri comm-link vanno».

«Gli insecticons sono dei disturbatori di frequenze naturali, e ce ne sono tanti lassù. A questo punto non esito a pensare che ormai dentro la Nemesis sia…»






***





«… l’Inferno! Lo stramaledetto Inferno!» strillava Starscream.

Non era armato, non poteva volare perché le ali erano state innestate da troppo poco e la condizione delle sue gambe era sempre la stessa. Anche il risveglio dall’anestesia era stato traumatico, perché si era trovato davanti tre insecticons e Knockout che strillava come un ossesso. Erano riusciti a fuggire -lui si era attaccato a Knockout usandolo come stampella e saltellando miseramente. L’altro Decepticon non era stato felice- per miracolo o quasi, e adesso si erano infilati sotto dei mobili sperando di non essere trovati. Gli insecticons avevano un buon olfatto ma i due speravano in un colpo di fortuna.

«I vehicons non possono contrastare una cosa del genere» bisbigliò il seeker «E nemmeno noi!»

«Soundwave non c’è, la DJD nemmeno, il sistema per il Ponte Terrestre e quello di comunicazione sono state le prime cose che hanno attaccato quelle bestie, anche il laboratorio di Shockwave è stato attaccato e c’è stata un’esplosione, cosa facciamo?!» sibilò Knockout.

«Cerchiamo di andarcene dalla nave, mi pare ovvio! Non voglio finire smembrato un’altra volta!»

Altrove, sia Megatron che Shockwave cercavano di battersi come potevano contro quei nemici imprevisti mentre cercavano di arrivare al sistema di comunicazione di emergenza, attivarlo e sperare che oltrepassasse i disturbi causati dagli insecticons. Dato il numero era certo che non potessero fare molto altro se non quello, cercare di respingerli e soprattutto puntare ad Airachnid. Terminata lei sarebbe stato Megatron ad avere il controllo dell’alveare, ma in tutto quel disastro immane non avevano ancora avuto modo di trovarsi faccia a faccia con la vedova nera.

«Non si fa vedere direttamente, è diventata un po’più sveglia» commentò Megatron, sparando potenti cannonate contro un insecticon prima di svoltare nel corridoio insieme a Shockwave «Però è incredibile che abbia attaccato proprio adesso che Soundwave e Tarn sono fuori, talmente incredibile che non penso sia una coincidenza!»

«Credere a una coincidenza in simili circostanze sarebbe illogico» concordò lo scienziato Decepticon «La avviso che nel caso sopravvivessimo le mie ricerche subiranno un rallentamento, Lord Megatron. Energon sintetico e CNA sono stati coinvolti nell’esplosione».

«Capisco, ma ci penseremo dopo. Ora cerchiamo di arrivare al sistema d’emergenza, è da questa parte e… eccolo!» esultò l’ex gladiatore, premendo vari pulsanti «Ora vedremo-»


Lor -crrrr- Meg-


«Pare che Tarn ci abbia sentiti» disse Shockwave.


Siamo qui nella -crrrr- mesis, siamo rientr-


«Siete rientrati? Bene. Non so se riesci a sentirmi e quanto chiaramente avverti il mio segnale, ma voglio che tu mi raggiunga qui appena puoi» esclamò Megatron «Bene, molto bene… certo, se anche Soundwave avesse sentito e fosse rientrato sarebbe stato ancora meglio» aggiunse dopo aver chiuso la comunicazione.

«Per quale ragione è fuori?»

«Coniugale. Ha avuto il mio permesso».

Nel frattempo Airachnid cercava Spectrus Specter come un transformer affamato avrebbe cercato l’energon. Uccidere Megatron era tra le sue priorità ma in quel momento e dopo quel che era successo era diventato prioritario anche far fuori quel bastardo.
Quel che però iniziava a pensare era che il bastardo in questione non fosse nella Nemesis, o comunque non più: prima che arrivasse lei era tutto molto più tranquillo di quel che le era sembrato dalle trasmissioni, e difficilmente poteva esserci tranquillità se Spectrus era presente ed eri suo nemico.

Riuscì a percepire il calore delle scintille prodotte dai macchinari devastati e, accompagnata da un gruppetto di insecticons, continuò a la sua ricerca. Da un paio di minuti a quella parte -alias da quando Megatron aveva attivato il sistema di emergenza, ma lei non lo sapeva- trasmettevano un rumore di statiche quasi continuo, ma non era nulla di imprevedibile dato che aveva danneggiato il sistema di comunicazione principale. Arrivata a un certo punto si fermò e si concentrò per entrare in comunicazione con tutti i suoi cuccioli.

“Insecticons… nessuna pietà, terminate tutti quelli che vedete!” ordinò “Terminate-”

Si trovò a gridare nel momento in cui gli altoparlanti emisero di nuovo quel rumore -o così le parve- quell’insieme di rumori e versi cacofonici vagamente somiglianti a una lingua sconosciuta che aveva sentito anche nell’Harbinger e che, sempre in quell’occasione, le aveva mostrato sprazzi di immagini senza senso e causato un vago dolore al processore; ora però il dolore era maggiore, la serie di immagini più lunga.

Il gruppo di insecticons che l’aveva accompagnata fino a quel momento ora era urlante, violento e impazzito proprio com’era successo a quelli nella foresta… e proprio come tutti gli altri insecticons presenti nella Nemesis, coi quali lei era stata in collegamento nel momento in cui aveva sentito il rumore.






***






«Cosa prende adesso a questi affari?!» urlò Kaon mentre friggeva l’insecticon più vicino.

Le bestie si erano mostrate aggressive appena li avevano visti, poi si erano messe tutte a urlare e si erano scagliate contro di loro, ma anche le une contro le altre, preda di una completa follia aggressiva omicida.

A parere di Tarn, che si stava facendo largo in quel macello per raggiungere Lord Megatron -non aveva capito tutte le parole che gli aveva detto, ma sentiva il suo segnale abbastanza bene- somigliava molto alla condizione in cui Nickel aveva detto di aver visto gli insecticons nel bosco, ed era successo dopo che gli altoparlanti avevano iniziato a riprodurre un rumore diverso da quello delle classiche statiche; non era durato molto e gli altri non avevano neppure fatto caso, ma lui in virtù della sua abilità di outlier aveva un rapporto particolare con le frequenze. Il rumore in questione non gli aveva causato alcun fastidio, però non era portato a credere che fosse una coincidenza.

«Lord Megatron!» esclamò il Decepticon, avendolo avvistato da lontano «Siamo qui!»

«Bene! Il piano è questo» disse l’ex gladiatore una volta che Tarn e gli altri ebbero raggiunto lui e Shockwave «Questo è il sistema di comunicazioni d’emergenza. Dobbiamo cercare di usarlo con gli altoparlanti interni in modo che tu possa uccidere tutte queste bestie. Ovviamente io e qualsiasi ufficiale ti senta staccheremo gli audio».

«Sissignore».

Un gruppo di sei insecticons sbucò dall’angolo, ma Megatron reagì con prontezza dando a Shockwave e al resto della DJD l’ordine di tenerli lontani da Tarn, unendosi poi egli stesso alla battaglia.

“Dovrei essere io a coprire Lord Megatron, invece è lui che sta coprendo me” pensò Tarn.

Non riusciva a fare a meno di sentirsi sia in difetto, sia più che mai grato all’uomo che era riuscito a convincerlo di valere qualcosa e aveva visto in lui del potenziale invece di un imbranato scherzo della natura con l’autostima sotto i piedi e mutilato dall’empurata. Una persona simile non poteva che meritare venerazione.

«Per aver osato attaccarci» esordì, sentendo che dagli altoparlanti la sua voce usciva fuori in maniera abbastanza decente «Per i danni che avete arrecato alla Nemesis» disse poi, abbassando gradualmente il tono di voce «Per aver servito qualcuno che non fosse Lord Megatron, nel nome dell’intera fazione Decepticon io vi condanno a morte».

Nella Nemesis calò un silenzio irreale nel momento in cui le Scintille degli insecticons si spensero e tutti quanti, nessuno escluso, caddero a terra privi di vita. Se avevano provato dolore fin dall’inizio del discorso di Tarn non era dato sapere, vista la loro follia.

Megatron fu il primo a voltarsi verso Tarn. «Ottimo lavoro. Non che mi aspettassi altro da te, Tarn, e parlo a nome di tutti dicendo che ti siamo grati».

«Dovere, Lord Megatron. Mi rammarico solo di non essere stato presente qui fin da subito, dal momento che Spectrus Specter-»

«Io stesso ti ho affidato la missione di terminarlo, tu e i tuoi uomini stavate cercando di portarla a termine. Non devi rammaricarti di niente» lo rassicurò il leader dei Decepticon «Piuttosto, com’è andata?»

«Ha manomesso i satelliti. Siamo andati alla miniera credendo di trovarlo ma era una ripresa “vecchia”» disse Tarn «Ci ha fatti allontanare e allo stesso tempo ha spinto Airachnid a venire qui, c’è lui dietro tutto questo».

«Noi siamo ancora tutti vivi ma la Nemesis è molto danneggiata e l’alveare di insecticons è perso. Sperava che ci terminassimo a vicenda o di togliere di torno una delle due parti, cosa che è effettivamente accaduta» comprese Megatron, cercando di mostrarsi quanto più possibile distaccato nonostante ribollisse di rabbia «Dunque è in grado di studiare anche qualcosa che non lo coinvolga in prima persona. Pare che gli Specter non finiscano mai di stupire».

«Lord Megatron, se posso permettermi trovo una bizzarra coincidenza il fatto che la compagna di vita di Soundwave, nonché sorella di Spectrus Specter, abbia indotto Soundwave a lasciare la Nemesis proprio oggi e proprio in questo lasso di tempo» osservò Shockwave chinandosi su un insecticon morto. Forse se avesse avuto tempo e modo ne avrebbe esaminato il processore «Il fratello la vuole morta, ma forse sono entrati in contatto e lei sta cercando di ingraziarselo a nostre spese».

«Simili accuse rivolte a un membro della mia squadra sono a dir poco offensive» intervenne Tarn «Lei mai-»

«Soundwave mi ha riferito che la richiesta di un incontro è arrivata ieri ed è stato lui ad averla vista in ritardo» replicò Lord Megatron, tra l’altro senza mentire «Forse Spectrus ha visto Soundwave andarsene e ha sfruttato il momento, ma che Spectra sia una sua complice è fuori discussione».


Lord Megatron! – esclamò Knockout nel comm-link di questi – È finita? Sono morti tutti per davvero?! Io e Starscream siamo illesi, quando abbiamo sentito Tarn abbiamo staccato gli audio e-


«È finita» confermò Megatron «Ragion per cui è tempo di iniziare a cercare Airachnid o il suo corpo, sempre se sia morta. Cominciate subito!»

“A questo punto spero che a Soundwave vada meglio di quanto sia andata a noi” pensò.






***






Se Spectra era in ansia all’idea dell’incontro, Soundwave su quel punto non era da meno.
Essendo in pari col lavoro -anzi, era avanti come suo solito- non aveva ricevuto da Megatron un no quando gli aveva chiesto il permesso di potersi allontanare e gliene aveva detto il motivo. Il suo “Spero che questa situazione si schiodi in un modo o nell’altro” non era stato granché incoraggiante ma non l’aveva neppure demolito.
Aveva risposto di sì a Spectra appena aveva sentito il messaggio -in deplorevole ritardo di almeno una giornata- un laconico “D’accordo, incontriamoci”, neanche fosse stata una collega o un avversario col quale dover stabilire un armistizio.
Anche se a dirla tutta era proprio di un armistizio che si trattava.
Lei gli aveva inviato le coordinate poco dopo, Soundwave le aveva ricevute ed era partito.

Spectra sembrava stare bene fisicamente, e di ciò era contento, ma pareva così piccina e così tesa in mezzo a quelle rocce... Soundwave non l’aveva mai vista in ansia a quei livelli neppure nell’avere a che fare con persone che la detestavano. Da un lato se ne rammaricava, perché lui era il suo compagno di vita e Spectra avrebbe dovuto essere felice di vederlo, non tesa -“Cosa le avrà messo in testa quel ladro di compagne altrui in questi giorni?!”- dall’altro invece era quasi portato a dire “Bene, meglio così”: un’aria così incerta poteva voler dire che avrebbe ceduto dopo una leggera pressione e l’avrebbe fatta finita con tutta quella follia.

“Vorrei riabbracciarla e basta, ma…

Un altro lato di lui infine temeva di avere un palco di corna da fare invidia a un branco di alcitron e che lei fosse nervosa per quella ragione, e al solo pensiero ribolliva di rabbia, ma preferiva non pensare al peggio. Che si fosse presentata da sola, o apparentemente da sola, comunque era una buona cosa.

«Ciao, Soundwave».

Spectra si era avvicinata di qualche passo e gli aveva rivolto la parola per prima, ma non sembrava particolarmente incline a ridurre ulteriormente la distanza. Il Decepticon quindi le si avvicinò a propria volta.

«Il fatto che tu mi abbia chiamato significa che vuoi dare un taglio a tutte le assurdità che, insieme a Dreadwing, ti hanno tenuta lontana da me in questi giorni?»

Soundwave ebbe la netta sensazione di non aver iniziato granché bene appena finito di parlare. il sospiro di Spectra parve confermare la cosa.

«Posso riconoscere che aver deciso di fuggire sia stato impulsivo, anche se…» “Questo potrebbe aver salvato Dreadwing” pensò la femme «E posso capire che tu sia arrabbiato, ma-»

«Sinceramente no, non credo che tu “possa capire”» la interruppe lui «Se fosse stato così non saresti andata via e non saremmo a questo punto. Ho passato giorni e giorni a preoccuparmi per te, per la tua salute, per il rischio che corri di essere manipolata per l’ennesima volta! E non capisci nemmeno la figura che mi stai facendo fare. Lo spymaster dei Decepticon che non riesce a trovare la propria compagna di vita fuggita con l’ex secondo in comando» continuò, senza nascondere un certo disprezzo non per lei, ma per Dreadwing «Ti rendi conto o no che mi hai reso una barzelletta? Ho ricevuto una frecciata perfino da quel pazzo furioso di Tarn. Ah, a proposito, grazie per avermi parlato della tua esperienza di un mese intero insieme a quei mostri».

«Non immaginando che mi ricordassero non ti avevo det-»

«Appunto» tagliò corto l’ex gladiatore «Non me l’hai detto, come non mi hai detto varie altre cose nel corso del tempo. Si era detto “niente più segreti” ma ogni tanto salta fuori qualcosa, e ho l’impressione che se continuerai a stare a zonzo in mezzo al pericolo sarà peggio. Quindi ora torniamo a casa e basta».

«Soundwave, il fatto che a livello di età potresti essere mio padre non significa che tu debba parlarmi come tale».

“Quando ci vuole, ci vuole” pensò Dreadwing che, come le aveva promesso, era rimasto a distanza ma abbastanza in prossimità da poter intervenire in caso di bisogno, ed era probabile che sarebbe servito, perché l’incontro stava andando tutto tranne che bene. Spectra infatti aveva tirato fuori il suo lato un po’più freddino… molto più freddino, a volerla dire tutta, ma l’ex secondo in comando ne aveva accettato l’esistenza, consapevole che averne uno non faceva di Spectra una brutta persona.

«Questo… questo è tutta colpa del tuo “amico”. Un mese fa, prima della tua fuga, non mi avresti mai risposto così» disse Soundwave cercando di mostrare un po’di compostezza.

«Un mese fa, prima della mia fuga, non credevo nemmeno che mi sarei trovata con un compagno di vita incapace di darmi ascolto, anche se… sì, era un po'così anche prima e sono io a non averci fatto caso. Io però sono stupida, quindi non mi dovrei sorprendere» disse, molto più a se stessa che a lui «Comunque, io sono sicura che quando dici che ti sei preoccupato sei sincero, su questo ti credo. Mi dispiace anche per tutto il resto che hai detto, e qui sono io che ti prego di credermi. Non avrei voluto niente di tutto questo, io volevo solo essere “per sempre felice e contenta” per quanto si poteva».

«Sei sempre in tempo. Torna a casa» insistette Soundwave «Ci siamo presi come compagni di vita, siamo responsabili uno dell’altra e non è tardi, devi solo dare un taglio a-»

«Tu non hai proprio capito il motivo per cui sono andata via e sono rimasta via, vero?»

«Sei stata manipolata» rispose il tecnico, pronto «Eri in un momento delicato e Dreadwing se n’è approfittato per mettersi tra di noi. Ti voleva anche lui fin dall’inizio, Spectra, solo che non ha fatto in tempo. Se avessi visto e rivisto il momento del nostro matrimonio e la sua faccia l’avresti capito perfino tu».

“Dicendo ‘perfino tu’ non la aiuti a evitare di sentirsi un essere stupido e inutile, ne sei consapevole?” pensò l’altro Decepticon, ignorando il resto che Soundwave aveva detto di lui. A parlare era un uomo ferito, arrabbiato e geloso, dunque era saggio non dare peso a quel che diceva, soprattutto perché quando se n’era andato con Spectra il pensiero di mettersi tra lei e Soundwave per portargliela via non l’aveva assolutamente sfiorato. Aveva pensato solo alla sofferenza, sia alla propria, sia a quella di una femme che secondo lui non avrebbe meritato di provarne tanta.

«Non è di Dreadwing che stiamo parlando in questo momento, lascialo stare!» esclamò Spectra.

«Difendi chiunque tranne il tuo compagno di vita, mi sembra logico» replicò Soundwave, atono, avvicinandosi a lei «Mi hai messo in croce per aver cercato di terminare qualcuno che voleva terminare te, e purtroppo non ci sono nemmeno riuscito».

«Il “qualcuno” che voleva terminarmi è mio fratello. Che ti, o mi, piaccia oppure no, io devo la vita a quella persona. Spectrus mi ha strappata via da Starscream il giorno in cui sono nata, Spectrus mi ha cresciuta, si è occupato di me, è stato tutto per me! È stato la mia casa, è stato la mia famiglia, è stato allo stesso tempo un fratello, un padre, è stato… io credevo che fosse anche un mio amico» disse Spectra, con la voce leggermente incrinata «Gli volevo bene e, anche se preferirei non vederlo più, purtroppo gliene voglio ancora, perché tutti i vorn passati come li abbiamo passati non si possono cancellare. È per questo che un mese fa avevo deciso di lasciarlo andare, è per questo che volevo dargli almeno una possibilità, una sola possibilità, di andare a farsi una vita da un’altra parte. Si è salvato e tanto sembra volerla sprecare, ma questa è un’altra faccenda» aggiunse «E tu sapevi tutto questo, sapevi la mia storia, potevi immaginare come mi sarei sentita e forse l’hai perfino fatto, ma l’hai liquidato col dire che devo darci un taglio e che sono assurdità, come se fosse… non lo so, il capriccio di una protoforma o qualcosa del genere. Io non so come funzionino le cose in una coppia di compagni di vita, però so che questo non mi è piaciuto e che stai facendo la stessa cosa anche adesso. Da altri me lo sarei aspettato ma non da te. È anche per questo che fa male».

Soundwave fece un breve sospiro. «Spectra. Scricciolo» si corresse poi, usando il nomignolo che le aveva dato fin dal primo giorno «Potrei anche provare a capire come ti sei sentita e come ti senti, anche se mi risulta difficile, ma a livello razionale ho fatto la cosa più sensata. Aver fatto la cosa più sensata mi dà ragione, e avere ragione fa sì che restare ancora in questo posto sia una perdita di tempo per tutti e due. Torniamo a casa e cerchiamo di rimettere a posto quel che si è rovinato».

«Ovvero io. L’hai detto nel messaggio» gli ricordò Spectra, con aria triste.

«Io non voglio lasciar perdere tutto e permettere che il nostro matrimonio vada ancora più a pezzi di quanto già sia andato per colpa di persone estranee che si sono messe in mezzo, una delle quali ti vuole uccidere e l’altra ti vuole e basta» tornò a dire Soundwave, che vedendola triste si era intristito a sua volta ma restava sempre concentrato sull’obiettivo «Avevo sposato una persona un po’diversa, è vero, però non credo che il tutto sia irrecuperabile».

«Oppure hai sposato la persona che hai davanti a te senza sapere come fosse davvero e senza che lei stessa lo sapesse» replicò Spectra, sempre con la stessa aria triste «Io potrei dire la stessa cosa. Forse abbiamo fatto uno sbaglio a-»

«A sposarci? A metterci insieme in genere?! Dicevi di amarmi fino a un mese fa, dicevi che ero il tuo principe e di voler passare la vita con me, il matrimonio sembrava la cosa più importante del cosmo per te, e adesso!… È tutta colpa sua» si interruppe il tecnico «Tutta colpa di Dreadwing, ne sono sicuro. Tutto quel che stai dicendo non viene da te, è quello che ti ha infilato nel processore quel maledetto».

«No. Ti ripeto che lui non c’entra. Io stavo solo dicendo che forse abbiamo fatto uno sbaglio a fare tutto di corsa e che avremmo dovuto conoscerci meglio prima di sposarci» disse Spectra «Che io consideri uno sbaglio tutto quello che c’è stato non l’ho mai detto, i momenti belli che abbiamo avuto non erano sbagliati. Peccato solo per… ecco… tutto il resto. È per quello che io non voglio tornare. Sono contenta di averti rivisto e di averti parlato di persona» “Anche se non abbiamo ottenuto niente” pensò «Però io non tornerò nella Nemesis adesso, mi dispiace».

«Spectra, tu sei la mia compagna di vita e non ti voglio perdere. Se tu pensi che io accetti di tornare a casa da solo, dopo un mese che non ti vedo, sbagli di grosso».

Una serie di spari centrò la roccia a poca distanza da Spectra e Soundwave facendola franare. Nessun frammento di roccia finì addosso a loro ma, oltre che una distrazione, il tutto causò anche un gran polverone. L’ambiente caldo e normalmente arido faceva sì che tutto si seccasse presto nei giorni in cui non pioveva.

«Spectra!» esclamò Soundwave «Spectra, stai bene?! Spe-»

Non era più davanti a lui, era scomparsa come uno degli spettri che il suo nome ricordava. I suoi recettori uditivi captarono un rumore conosciuto in allontanamento, alias i motori di Dreadwing, e in quell’istante realizzò cos’era successo: gli erano sfuggiti un’altra volta, lei gli era sfuggita un’altra volta. Quando la polvere si diradò vide che l’unica creatura viva presente in quel posto era rimasta lui.

Restò immobile per più di qualche momento, imperturbabile visto da fuori e più che mai invelenito nella Scintilla. Aveva temuto una cosa simile in tutto quel lasso di tempo, e ora i suoi timori sembravano essersi realizzati: Dreadwing l’aveva messa contro di lui e le aveva messo in testa che come coppia non funzionavano, Dreadwing gli stava rovinando e portando via la cosa più bella che gli fosse capitata da innumerevoli vorn a quella parte perché la voleva per sé, Dreadwing, che lei difendeva a spada tratta, Dreadwing, che lui iniziava a odiare a morte.
Perché Megatron non lo faceva mettere nella Lista? La DJD era sulla Terra e non aveva ancora combinato granché, tanto valeva far sì che si rendessero utili.

Si trasformò e decollò con un solo pensiero in mente, ossia che non aveva intenzione di mollare finché avesse avuto dei diritti su Spectra. Tutto quel che doveva fare era convincerla a non ascoltare più chi le metteva in testa quella roba… o togliere di mezzo la concorrenza in qualche modo, forza o astuzia che fosse, come nell’arena.
Essere diventato un tecnico non significava aver dimenticato le proprie origini, e non era stato con le chiacchiere che lui e Megatronus, ai tempi, avevano vinto il loro premio. Allora aveva vinto la libertà, in quel caso invece il premio sarebbe stata la donna che gli aveva già detto “sì” un mese prima. Doveva solo trovare un modo per riuscire a vincere, possibilmente senza che lei gli desse la colpa di altro… e presto.





* Chi ha letto "I vicini di casa peggiori della storia", SA. Tarn ricorda ancora il dialetto del settore di Kostrobna, ma non è felice xD

Sembrava impossibile finire di scriverlo ma ce l’abbiamo fatta :D

Vi avevo promesso un po’più di azione dell’altra volta e… beh, penso che ci sia stata grazie a Spectrus, al nano e ai loro diversivi :’D se mi sbaglio su questo punto, siete sempre liberi di farmelo sapere!

Come sempre ringrazio chi sta continuando a seguire la storia e anche a farsi sentire :) alla prossima!

_Cthylla_

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Capitolo 16
*** 16 - I sogni son desideri… ma anche no ***


16
(I sogni son desideri… ma anche no)















«Ahio! Miko-»

«Niente “Miko”! SCEMO!» esclamò la ragazzina lanciando contro il suo grosso “partner” robotico l’oggetto più grosso che fosse riuscita a sollevare «Ti potevi far ammazzare! SCEMO!»

Gli umani minorenni che frequentavano la base erano stati costretti per varie ragioni a starne lontani per qualche giorno, dunque si erano persi tutti gli ultimi fattacci.
In un certo senso secondo Optimus, che in quel momento era presente, era stato meglio così, perché in caso contrario la tensione sarebbe stata anche maggiore.

«Ti rendi conto che se tu fossi morto, io… tu sei il mio migliore amico» disse Miko, con le lacrime agli occhi ma lesta a sferrare un pugno contro la sua corazza «Scemo!»

Prima dello scambio culturale che l’aveva portata fin lì Miko era sempre stata una persona molto sola. In Giappone non era mai riuscita a integrarsi con nessuna delle sue coetanee, troppo ribelle per stare con quelle più “kawaii” e troppo poco per riuscire a infilarsi in mezzo a qualche gruppo di disagiate, e a Jasper era successo più o meno lo stesso prima dell’arrivo dei Transformers. Se aveva stretto amicizia con Raf e Jack era stato grazie a loro, ed era un altro motivo per cui era così affezionata a tutto il Team Prime e a Bulkhead in particolar modo.

«Hai ragione… hai ragione» riconobbe il demolitore «Sono stato proprio uno scemo. Mi dispiace».

«Te l’avevano detto di non rispondere alle chiamate di Spectrus, perché l’hai fatto lo stesso? E perché gli hai dato retta e sei andato lì?!» insistette Miko «Bulk, tu di solito non sei così stupido!»

«Aveva minacciato di profanare la tomba di Wheeljack per prendersi dei pezzi» disse Bulkhead «Le componenti interne… col senno di poi mi rendo conto di quanto fosse improbabile come minaccia, non è qualcosa che, diciamo, è il suo genere…»

“Su cosa sia o meno il genere di quel tipo non farei affidamento” pensò Arcee, presente anch’ella.

«Ma quando se n’è uscito in quel modo, quando ha detto quelle cose, io…» Bulkhead fece un sospiro nervoso.

«Se non altro la vostra lotta ti aveva calmato abbastanza da evitare dei tentativi di affrontare la DJD da solo» disse Arcee.

«Se me li fossi trovati davanti prima di battermi con Specter ci avrei provato» ammise l’Autobot «Per quel che hanno fatto a Jacky, nonostante con lui sia andata com’è andata. Dopo essere stato battuto però mi è passata la voglia, speravo solo che non riuscissero a trovarmi e ho avuto fortuna che sia andata così… hanno visto il messaggio che aveva lasciato loro nel datapad e hanno saputo degli insecticons nella Nemesis, dunque erano impegnati con altro».

«Messaggio?» domandò Miko.

«Deve sperare che Tarn non gli metta mai le mani addosso, altrimenti finirà male già solo per le prese in giro che gli ha rivolto» disse Bulkhead «Da quel che diceva pensiamo che si sia alleato -o abbia usato- Airachnid e le sue bestie contro i Decepticon. Infatti dalle comunicazioni che abbiamo captato sembra che ci siano stati grossi danni lassù. Nella Nemesis insomma. Spectrus all’inizio ha tenuto lontani quelli della DJD di proposito».

«--Se si scornassero tra di loro non avrei niente da dire, il problema è quando coinvolgono anche noi--» commentò Bumblebee, rimasto in silenzio fino a quel momento «--Certo che di danni ne ha fatti…--»

«E mi ha offerto di nuovo un’alleanza» aggiunse Bulkhead, rivolgendosi a Miko dato che gli altri Autobot già lo sapevano «Per farne di più. Ha detto di aver buttato giù il più grosso della DJD. Su questo punto gli credo, anche perché non era con loro».

«Tu però gli hai detto di no, vero?! Non avresti mai detto di sì a quel brutto bastardo!»

«Miko, occhio alla lingua…»

«Anche Optimus l’ha definito così eh!» gli ricordò la ragazzina.

Ultra Magnus in tutto ciò era rimasto un po’a distanza e, mentre gli altri parlavano con i ragazzini, Optimus gli si avvicinò.

«Magnus. Sono lieto di vedere che Ratchet è riuscito a fare qualcosa per te anche per…»

«Questa?» Ultra Magnus sollevò la mano destra, o meglio, qualcosa che ci somigliava «Mi abituerò, signore. Mi impegnerò per tornare operativo il più presto possibile».

Nello scontro con Vos aveva subito non pochi danni, non ultimi quello che stava mostrando e quello al volto. Ratchet aveva cercato di rattoppare il tutto -oltre al resto aveva creato una protesi improvvisata per la mano e aveva cercato di chiudere i buchi sul viso- ma non poteva fare miracoli.

«Di questo non dubito, ma ti invito a usare la prudenza e a non cercare di tornare sul campo di battaglia prima del tempo» lo avvertì Optimus «So che il tuo desiderio di “riabilitarti” agli occhi della squadra è forte ma hai subito dei duri colpi».

«E non si era nemmeno trasformato in fucile. Chi avrebbe pensato che qualcuno così allampanato…» borbottò Ultra Magnus riferendosi a Vos «Ma quella è la Decepticon Justice Division, da loro non c’era da aspettarsi che questo. È con Spectrus Specter che ce l’ho: quelli come lui infangano il nome di tutta la fazione» affermò «Ma più di tutti ce l’ho con me stesso per essermi lasciato ingannare da lui e il suo degno compare».

«Grazie a te sappiamo che non lavora da solo, ma con un prioniano che si intende parecchio di tecnica. C’era un prioniano incredibilmente vivo, è sulla Terra da chissà quanto e hanno finito per incontrarsi… sono ancora stupito» commentò Optimus.

«Io sono più stupito all’idea di essere stato nella loro astronave e non aver trovato qualcosa che lasciasse pensare alla presenza di un ostaggio. Ad averlo saputo avrei potuto almeno provare a liberare il nostro compagno».

«Salveremo Smokescreen appena si presenterà l’occasione. Più andiamo in là più mi domando cosa voglia farne Spectrus, se avesse voluto usarlo per fare pressione su di noi penso che a quest’ora…» Optimus fece un sospiro nervoso «A volte vorrei capire cosa gli passa per la testa».

«Capire cosa gli passa per la testa significherebbe essere troppo simile a lui. No, grazie» disse Arcee avvicinandosi al compagno di vita «Il peggio che mi viene in mente è che possa volerlo usare come esca ai nostri danni. Smokescreen non meritava una cosa del genere».

Diede un’occhiata a Ultra Magnus. Optimus, sia come capo che come favore personale, le aveva chiesto di non trattarlo come un escluso e di considerarlo “vittima” delle chiacchiere di Spectrus com’erano stati tutti loro. Lei aveva qualche riserva - l’esperienza con Spectrus aveva fatto riemergere e aggravare la sua naturale diffidenza- e continuava a tenerlo d’occhio, ma in virtù di quanto le aveva chiesto suo marito cercava di non farle pesare.

«E se penso che si è messo in questa situazione per salvare la vita a me… difficilmente riuscirò a ripagare quel ragazzo» disse Optimus «Difficilmente riuscirò a “ripagare” tante cose, anche se cerco di ripetermi che la prima volta con l’Omega Lock non potevo agire diversamente. Megatron voleva ridare vita a Cybertron ma anche terraformare questo pianeta, ed è questo che ha fatto come prima cosa. Lasciarlo fare avrebbe significato non solo la morte di miliardi di creature innocenti, ma anche abbracciare la filosofia Decepticon che eleva la nostra specie al di sopra di quelle organiche. Porterò il peso delle decisioni che ho preso ma moralmente e ideologicamente non potevo accettare una cosa simile».

«Ad averti sentito parlare così non penso che avrei creduto a quel che mi avevano mostrato quei due» disse Ultra Magnus, cercando senza successo di nascondere un senso di colpa che invece era evidente nelle sue ottiche.

«Al di là del raggiro tu non hai fatto che seguire le procedure previste dal nostro Codice. Non c’è molto da dire su questo».

«E averlo seguito mi ha reso cieco e stupido» dovette ammettere Ultra Magnus «Non rinnego l’ordine e la disciplina militare, ma mi serva di lezione per il futuro».

Optimus approvò il discorso. Guardandosi attorno notò Fowler che aggrottava la fronte. «C’è qualche problema?»

«Un attacco a una base militare e a un centro di ricerca. Inutile specificare chi sia stato!» disse l’agente, lanciando a Optimus un’occhiata significativa «Neppure i peggiori disastri li fermano».

«I Decepticon».

“Cosa staranno cercando di costruire questa volta?” si domandò.






***






«… un nuovo Omega Lock. Quello vecchio risulta eccessivamente danneggiato, al mio esame» disse Shockwave «Ecco perché ho ritenuto più saggio procedere con la costruzione di uno nuovo, alla luce della scoperta fatta nel laboratorio esploso».

«Va benissimo. Avrai qualsiasi cosa ti serva, d’ora in avanti i nostri sforzi saranno concentrati interamente su questo. Ho già iniziato a far ricostruire tutto quel che è andato distrutto e ho già mandato alcuni vehicons a prendere alcune cose che avevi chiesto» disse Megatron «Forse è vero il detto secondo cui non tutti i mali vengono per nuocere… e se anche nuocciono possono avere risvolti inaspettatamente positivi».

Megatron non si era ancora stufato di osservare le bizzarre formazioni di cybermateria che si erano create nel laboratorio di Shockwave a seguito dell’opera di devastazione di Airachnid e dei suoi insecticons. Chi avrebbe mai detto che il CNA sul quale Shockwave stava conducendo esperimenti fallimentari e l’energon sintetico avrebbero potuto produrre una cosa simile? La stessa sostanza di cui era (stata) composta Darkmount, la stessa sostanza di cui erano fatti i suoi sogni. Optimus Prime non li aveva distrutti per sempre, dopotutto.

«Dovrò comunque continuare a lavorare alla formula dell’energon sintetico: benché da esso e dal CNA possa essere creata la cybermateria, questa risulta essere ancora instabile» disse lo scienziato Decepticon staccandone un pezzo «Però sì, è senz’altro un inizio promettente. Riguardo il mio… aiutante?»

«Appena Knockout finirà di riparare Starscream sarà lui a occuparsi di coordinare le squadre di vehicons per la tua “lista della spesa”».

«Le reazioni di Tarn suggerivano che non fosse troppo felice di mettere a disposizione la sua astronave per concludere le riparazioni di Starscream, così come Starscream sembrava tutt’altro che felice all’idea di andare nella Peaceful Tiranny» osservò Shockwave «La ragione logica dietro una simile decisione, al di là della momentanea mancanza di infrastrutture adeguate all’interno della Nemesis, mi sfugge».

«L’infermeria della Nemesis al momento è un disastro, l’hai osservato tu stesso, mentre l’astronave della Decepticon Justice Division è rimasta integra. Airachnid e i suoi insecticons puntavano a noi» replicò Megatron «Inoltre, che Starscream sia riuscito a entrare nella Peaceful Tiranny, la “casa” della Decepticon Justice Division, senza andare fuori di processore è stato un altro utile test per verificare che l’efficacia della mnemosurgery… e che Tarn sia stato poco felice non conta: quel che conta è che abbia obbedito al mio ordine».

“Per quanti insecticons possa uccidere con due frasi, il leader sono sempre io” aggiunse mentalmente “Non che attualmente abbia dei dubbi sulla sua lealtà, ma nel breve periodo in cui è giunto su questo pianeta ha preso sul personale per due volte qualcosa che non riguardava la Causa né me, nel primo caso arrivando anche ad agire di conseguenza. Non posso evitare di tenere conto del trattamento riservato a Starscream e il motivo. Dopo tutti questi vorn avevo iniziato a convincermi che Tarn non fosse in grado di sviluppare un ‘qualcosa’ di interamente suo ma considerando quel che è successo, il tutto pur avendola rivista un’unica volta dopo tanto tempo e prima ancora che parlassi di Spectra con lui, direi che sbagliavo. Da un lato è meglio così, dall’altro dà da pensare”.

Lord Megatron l’aveva pensato due mesi prima e continuava a pensarlo ancora adesso: a modo suo Spectra era pericolosa. A rincuorarlo era solo il fatto che fosse una persona d’animo buono, perché altri avrebbero usato una simile influenza in modo molto diverso, e che continuasse a darne prova. Quando Soundwave era tornato e gli aveva brevemente riferito com’era andata la faccenda -dopo aver manifestato il suo ovvio stupore per aver trovato il disastro nella Nemesis- gli era saltato all’occhio un particolare stonato nel modo in cui Dreadwing e Spectra erano scappati, per la precisione il fatto che Dreadwing non fosse tipo da ritirarsi da una battaglia, specie se c’era di mezzo un po’di acredine, e dunque non avrebbe avuto interesse neppure a concepire un piano di fuga semplice e pulito in cui nessuno si facesse male. L’unica dei tre a voler evitare una rissa che sarebbe nata per causa sua era Spectra, dunque era stato portato a pensare che l’idea fosse venuta da lei.



“Nemmeno in un milione di anni Spectra sarebbe in grado-”

È una Specter, l’innocenza che si può apprezzare in lei e le varie scelte infelici non ne fanno un’idiota. Sarebbe ora che lo capissi, Soundwave, e non solo perché è ancora la tua compagna di vita”.



Il suo amico di una vita si era mostrato scettico ma lui restava della propria idea: credeva davvero in quel che aveva detto a Soundwave, e comunque aveva imparato a proprie spese che dagli Specter c’era sempre da aspettarsi qualche sorpresa. Di quell’ultima cosa aveva un grosso promemoria tutt’attorno a sé.
A volte si domandava come sarebbero andate le cose se quell’inetto di Starscream avesse capito chi doveva uccidere e chi no. Si chiedeva come sarebbe stato avere la capacità distruttiva di Spectrus tra le proprie fila e se l’influenza pesante del compianto Spector Specter sarebbe riuscita a far sì che suddetta capacità fosse convogliata solo a favore e mai a danno dei Decepticon. Si domandava anche come sarebbe stata Spectra e se ad avere vicino la madre avrebbe imparato a sfruttare meglio le proprie abilità oppure no; forse sarebbe stata un po’più risoluta, com’era stata Sparkleriver. Aveva avuto il piacere di avere a che fare con lei solo un paio di volte ma gli erano bastate per capire che nonostante la vocazione alla cura della famiglia, l’aria dolce e l’atteggiamento gentile -tratti in comune con Spectra- si trattava di una donna piuttosto volitiva, in grado di sostenere una conversazione in modo brillante e a conoscenza di espressioni in lingue ignote - l’aveva sentita sospirare un “Cyka blyn” riguardo qualcosa che riguardava il figlio. Alla sua curiosità, Spector in seguito aveva accennato al fatto che la tata di sua moglie provenisse da un posto lontano e lei avesse assorbito in parte l’idioma*.

«... e ora che ci penso potrebbe rivelarsi necessario anche questo componente. Alcune fonti suggeriscono che potrebbe essere trovato in un centro di ricerca presente in questo luogo chiamato “Antartide”» disse Shockwave, mostrando a Megatron del materiale su un datapad.

«Entro domani sera lo avrai» promise il leader dei Decepticon, abilissimo nel fingere di aver ascoltato qualunque cosa Shockwave avesse detto mentre lui era perso nelle sue riflessioni «Come ho detto, i nostri sforzi saranno concentrati su questo. Abbiamo chi pensa a tenere lontane eventuali minacce».

Shockwave si guardò attorno. Quel che il suo unico sensore ottico rosso vedeva suggeriva tutt’altro. «C’è una cosa che mi domando. La mia esperienza suggerisce che tutti abbiano un prezzo. Tenendo in considerazione il tutto, ha mai preso in considerazione l’idea di fingere di pagare quello di qualcuno che a dir Suo dai progetti sarebbe dovuto essere un Decepticon? Non mi sembra illogico».

«Sarebbe inutile e ben lontano dalle mie intenzioni» rispose Megatron «Mi staccherei la testa dal collo da solo piuttosto che scendere a patti con un tipo come Spectrus Specter o fingere di farlo: parli così perché sei qui da poco, ma mostrargli segni di cedimento sarebbe una pessima idea. Tempo di tornare a lavorare, direi» concluse poi «Se scopri qualcosa riguardo la stabilizzazione, fammelo sapere subito».

«Sissignore».

Megatron dunque si allontanò. Rendendosi conto di essere arrivato davanti all’alloggio temporaneo di Soundwave si fermò, fece per ripartire, si fermò nuovamente e fece un breve sospiro. Il sistema di comunicazioni era stata la primissima cosa a essere tornata in funzione grazie al duro lavoro del suo amico, dunque glielo doveva. Entrò.

«Come va?» domandò.

“Un incubo in senso letterale” pensò Soundwave, reduce da una ricarica indotta dalla stanchezza durante la quale i suoi sogni non erano stati piacevoli.



“Non voglio tornare nella Nemesis, non voglio tornare da lui. Avevi ragione, ho fatto uno sbaglio a sposarlo…”

Le labbra di Spectra andarono a toccare quelle di Dreadwing, che la sollevò e la mise in braccio a sé. Mentre lei scendeva a baciare i morbidi cavi della sua gola, le mani dell’ex secondo in comando cominciarono ad accarezzarle la schiena con fare sì delicato, ma anche possessivo, per poi posarsi sulle sue cosce.

“Ora però ci sei solo tu” mormorò la femme “Toccami. Fammelo dimenticare, ti prego”.

“Spectra, NO!” esclamò Soundwave, assistendo impotente allo spostarsi inesorabile di una mano di Dreadwing e ascoltando impotente i sospiri e i gemiti della sua compagna di vita tra le braccia di un altro.



«Come al solito. Però volevo farti una domanda».

“Preghiamo che sia inerente al lavoro” pensò Megatron, pur avendo poche speranze. «Certo».

«Se Spectra non si fosse messa in mezzo» disse Soundwave «Se Dreadwing e Starscream fossero arrivati a combattere tra loro e ti fossi trovato a dover decidere chi sacrificare tra i due, senza possibilità di evitarlo, quale sarebbe stata la tua scelta?»

«In quella situazione sarebbe dipeso tutto da chi dei due avrebbe disobbedito al mio ordine di fermarsi» rispose cautamente l’ex gladiatore «Presumo che la codardia, istinto di sopravvivenza o che dir si voglia, avrebbero fatto il resto».

«Per Starscream».

Già.
Megatron sapeva che Soundwave non aveva torto su quel punto: Dreadwing era una persona con idee molto forti su cosa fosse corretto e cosa no, ed era proprio per quella ragione che probabilmente in una situazione del genere si sarebbe trovato a doverlo terminare. Però non era sicuro di capire o di voler capire dove Soundwave volesse andare a parare. Forse stava cercando di capire quanto Dreadwing fosse sacrificabile, e Megatron si trattenne dall’alzare gli occhi al soffitto alla sola idea. Era ancora dell’idea che sarebbe stato giusto che Spectra scegliesse dove e con chi stare, ma se mai Dreadwing avesse perso un’eventuale lotta tra cybergalli avrebbe dimostrato di non poterla proteggere.

«Sia come sia Dreadwing non accenna a voler tornare qui, dunque non avrò modo di doverlo scoprire. Concentriamoci sul programmare la prossima missione: coinvolge un centro di ricerca in Antardide».

«Ho inviato io a Shockwave il file riguardo dove trovare il materiale che vuole».

«Sempre efficiente, è così che mi piaci».

Megatron uscì dalla stanza poco dopo e Soundwave, rimasto solo, fece un breve sospiro. Si stupì quando lo vide rientrare.

«Dimenticavo: notifica alla DJD da parte mia di spostare Airachnid e metterla nei primi posti della loro Lista. Aver trovato una delle sue zampe non significa necessariamente che gli insecticons impazziti l’abbiano uccisa e mangiata, e dopo quel che ha fatto ha ampiamente oltrepassato la linea».

«Non hai torto».

Lo vide uscire nuovamente. Non si chiese perché non avesse dato a Tarn quell’ordine di persona, considerando il periodo era ovvio che volesse averci a che fare il meno possibile. Era così già in momenti normali, figurarsi adesso che tutti loro stavano vivendo gli effetti dell’ultima idea di Spectrus. Si era liberato degli insecticons e aveva provocato seri danni senza muovere un dito: pareva che studiare simili piani fosse qualcosa che pagava, purtroppo per tutti.

Scrisse la nota per la DJD e stava per inviarla quando un’idea iniziò ad affacciarsi nel suo processore, nata forse proprio per aver pensato a Spectrus Specter e ai suoi “piani”.

“Dreadwing non tornerà nella Nemesis” pensò “Anche se questa sarebbe la volontà di Megatron, e ce l’ha anche con lui per quanto è successo a Sky Quake, non ce l'ha solo con Starscream. Forse continua a credere nella nostra causa, ma non crede più in Megatron” pensò anche, alla ricerca frenetica di giustificazioni “È effettivamente un disertore. Altri sono finiti nella Lista per molto meno”.

Il suo processore macinava a pieno regime, e non macinava niente di buono.

“I macellai vanno a caccia di Dreadwing, che è con Spectra. Terminano lui, prendono lei e la riportano qui. Megatron ha detto a quel fanatico che dev’essere lei a decidere dove stare e Spectra, dopo che avranno ucciso Dreadwing, non vorrà avere a che fare neppure con loro. A quel punto non avrà altri posti dove andare se non qui, e potremo risolvere la nostra crisi senza che altri si mettano in mezzo. Megatron capirà. Quelle personali non sono le sole ragioni dietro la mia scelta, e in ogni caso Dreadwing non sta facendo né farà niente di utile per la nostra fazione” concluse, aggiungendo il nome di Dreadwing nella nota.

Sentì che una parte di lui gridava “Cosa cazzo stai facendo?!”

“Sono un Decepticon, non sono Santo Soundwave di Old Kaon” rispose.

“Se lei lo venisse a sapere!...” insisté quella parte.

“Per ora lo sappiamo solo io e io. A fatto compiuto lo verrà a sapere anche Megatron, ma non mi tradirà, credo che accetterà di fare un favore a un amico, e a lui di simili beghe interessa poco, soprattutto adesso che è preso dalla costruzione del nuovo Omega Lock. Dunque come potrebbe venire a saperlo Scricciolo?”

“E se Tarn facesse delle domande a Megatron prima di andare a caccia? Ci hai pensato?”

“Tarn che si fa domande su un qualcosa che viene da Megatron, tanto più dopo gli ultimi fallimenti? Improbabile”.

“Soundwave” si fece sentire ancora il po’di ragionevolezza che gli restava “Ti rendi conto che stai ragionando in maniera simile a Spectrus Specter, il mostro dal quale volevi proteggere la tua compagna di vita? Ti rendi conto che stai cercando di manipolare gli eventi e la persona che dici di amare pur di costringerla a tornare da te?”

“Non arriverei a tanto se lei fosse rimasta con la persona che diceva di amare. È sua la colpa” concluse “Anzi, è di Dreadwing. Ormai è un mese intero che me la sta mettendo contro, e il manipolatore sarei io?”

Inviò la notifica alla Decepticon Justice Division.
Come solevano dire i terrestri, la frittata era fatta.






***






Si vedeva la Terra, giù in basso, il gioiello azzurro che lei aveva visto due mesi prima. Sembrava passata un’eternità da allora.

Si vedeva una struttura imponente di forma circolare, ripiena di una materia che non sapeva identificare, e si vedeva la Nemesis: la struttura circolare era attaccata all’astronave, e c’erano anche delle grandi capsule di liquido luminescente.

Vedeva anche Knockout in lontananza, vedeva un grande Decepticon con un solo occhio rosso e che lei non conosceva e vedeva Starscream. Di quell’ultima presenza avrebbe fatto volentieri a meno, indipendentemente dal fatto che lui non sembrasse vederla, avesse l’aria atterrita e stesse urlando parole che lei non riusciva a capire.

“Perché grida?”si domandò Spectra, voltandosi a guardare dove lui guardava.

La lama di una spada che le era familiare -“Non è Star Saber, che cercavamo tempo fa?”- trafiggeva un petto che le era altrettanto familiare.

Vide il volto di Lord Megatron contorto in una smorfia dolorosa e sorpresa, la sua bocca aprirsi e sputare fluido vitale.

“Lord… Megatron?!”

Il suo grosso corpo dalla Scintilla spezzata si sfilò dalla spada -ma chi la brandiva? Chi? Se solo fosse riuscita a vederlo!- e cadde dall’astronave come solo un corpo morto può cadere, scomparendo rapidamente alla vista.

...

...



Spectra si svegliò di soprassalto.
La prima cosa che fece fu guardarsi attorno e cercare Dreadwing, il quale era in ricarica accanto a lei.

“Non sono capace nemmeno di stare sveglia quando è il mio turno di fare la guardia, e il peggio è che sono stata io a insistere” pensò, sentendosi in colpa anche per quello, e istintivamente allungò una mano verso il viso del Decepticon “In che mani ti sei messo?”

Resasi conto del gesto, si bloccò prima di arrivare a sfiorarlo e ritrasse la mano. Non era proprio il caso di svegliarlo, cosa che sarebbe sicuramente successa se l’avesse toccato anche con la massima leggerezza possibile. Avrebbe sempre potuto raccontargli il suo sogno allo scadere del turno, se poi raccontarglielo aveva davvero senso e valeva la pena: era stato piuttosto strano.

“Tu non dovresti essere qui a dormire per terra, Dreadwing”.

Non riusciva proprio a togliersi dalla testa l’idea di essere una condanna per lui, nonostante tutto. Le bastava guardarsi attorno per convincersene maggiormente, le bastava pensare al fatto che ora con Soundwave le cose erano -e sarebbero- peggiorate ulteriormente anche per Dreadwing, e tutto per colpa sua. Gli aveva detto più volte che stato il caso di andare ognuno per la sua strada, anche se le spezzava la Scintilla il pensiero di privarsi della sua presenza, però lui non condivideva quell’idea.

“Se fossi una persona un po’meno debole andrei via e basta, invece parlo, ma poi gli resto attaccata come un parassita. Niente di nuovo, è quel che sono sempre stata: una parassita che complica la vita alla gente e niente di più”.

Già in precedenza Spectra aveva pensato che quel mech sarebbe stato capace di dare anche la vita per lei se fosse stato necessario -“Perché sprecarla così, poi?”- e dopo gli ultimi giorni era ancora più convinta: Dreadwing sarebbe stato disposto a battersi con Soundwave se lei, nel parlare dell’incontro, non avesse avuto quell’idea della frana che imprevedibilmente aveva funzionato. Doveva essere stato un miracolo di Primus, perché dei due Specter in vita non era lei quella che aveva “le idee”.

“Chissà cosa sta facendo Spectrus in questo momento”.

Probabilmente stava progettando l’ennesimo disastro o la stava cercando per ucciderla, o forse stava facendo entrambe le cose. Era sempre stato multitasking, lui.

“Se trovasse me troverebbe anche Dreadwing. Non voglio che termini Dreadwing” pensò “Non merita una cosa del genere, è una persona meravigliosa”.

Poi però pensò anche un’altra cosa.

Se invece trovasse me da sola e mi terminasse senza poter fare del male anche a lui, sarebbe davvero una cosa così brutta?" pensò "Lui è un guerriero Decepticon, anche Soundwave lo è, chiunque mi abbia conosciuta qui lo è. Adesso magari mi pensano perché sanno che sono qui e sono online, ma una volta terminata si riprenderebbero in fretta e mi dimenticherebbero altrettanto in fretta. Hanno visto e vissuto di peggio, immagino. Giusto?"

Cercò una risposta a quella domanda, ma non la trovò neppure nei flebili rumori della natura attorno a sé.











* "Sparkleriver aveva la tata kostrobnese"? Esatto! :D

Allegria come se piovesse, Soundwave che continua a rovinarsi con le sue mani e… ci credete che mi sono serviti tre quarti d’ora per scrivere quelle quattro righe del sogno di Soundwave? :’D io ci provo, ma “nonjelapossofa”.

Ringrazio tutti come sempre e… alla prossima :)

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Capitolo 17
*** 17 - Così come nel canon -più o meno ***


17
(Così come nel canon -più o meno)
 






 
 
 
 
 


 
“Ho fatto la cosa giusta. Il pazzo non è andato a dire nulla a Megatron e Megatron non ha detto nulla a me, quindi sta andando tutto come speravo e devo solo aspettare che vengano trovati. La mia compagna di vita tornerà a casa… e lo farà in tempo per assistere alla vittoria di noi Decepticon”.
 
“La speranza è l’ultima a morire”, un discorso valido anche per Soundwave mentre sorvolava l’impianto nel quale una squadra di vehicons era andata a prendere una parte del materiale che serviva a Shockwave. Quel compito sarebbe dovuto toccare a Starscream, ma questi aveva traccheggiato, si era lagnato di essere convalescente -quell’ultima cosa era vera, ma a lui per ovvi motivi non faceva pena- e insomma, Megatron alla fine gli aveva affidato la missione in Antartide invece che quella nel deserto roccioso.
Starscream non aveva avuto una grande idea a volersi lamentare, ma d’altra parte Starscream non aveva praticamente mai delle idee che alla fine si rivelavano buone per la sua salute fisica. Anche quel che era successo con la DJD lo dimostrava, tra le altre cose.
 
“La DJD, i nostri utili idioti”.
 
Anche Megatron in fondo li considerava così, sapeva che con due parole avrebbe potuto far fare loro qualsiasi cosa. “Gratitudine ossessiva”, definiva così l’atteggiamento di Tarn nei suoi confronti. Ciò non significava che fosse sicuro agire in modo imprudente con loro -e lì, a Soundwave parve di sentire uno schiaffo di rimprovero sulla nuca- ma solo che Tarn era piuttosto prevedibile anche a livello militare, perché per sapere cos’avrebbe fatto era sufficiente prendere gli scritti di Megatron e leggerli. A parere di Soundwave, a salvarlo erano solo il suo potere e il suo corpo potenziato: senza quelli non si sarebbe permesso di lanciare frecciate in giro.
 
Mentre i vehicons uscivano dall’impianto vide un Ponte Terrestre aprirsi. Nulla di imprevisto, in un modo o nell’altro gli Autobot venivano sempre a sapere cosa facevano e tentavano sempre di mettersi in mezzo, a volte riuscendoci, a volte no. Ultimamente erano più gli “a volte sì”, seccava dirlo ma era la verità.
 
Vedendo uscire i nemici storici dei Decepticon in formazione compatta aprì rapidamente un Ponte dietro i vehicons, sperando che non venisse direzionato chissà dove -ma in quel caso immaginava che nessuno avrebbe interferito: Spectrus fino a quel momento era stato più per il distruggere che per il costruire- e li guardò scomparire al suo interno. La sua missione di recupero non era fallita, ottimo. In previsione di quel che sarebbe dovuto succedere a Dreadwing, se c’era un momento in cui aveva maggiori ragioni per dimostrare a Megatron che su di lui si poteva contare era proprio quello.
 
Fu allora che Optimus Prime si trasformò e iniziò a sparargli, e lui a evitare i suoi colpi facendo qualche acrobazia aerea mentre lasciava volar via Laserbeak dal suo petto per cercare di restituire il favore. Quella era la prima volta in cui Soundwave aveva l’occasione di vedere dal vivo la sua nuova forma potenziata dalla Forgia: sembrava che Optimus, così come quando era ancora Orion, non avesse perso l’abitudine di usare per se stesso qualcosa che sarebbe stato destinato ad altro o ad altri.
 
“Fosse stato per me anche quando hai perso la memoria non ti avrei certo accolto nella Nemesis. Ti avrei terminato”.
 
No, benché a essere colpito direttamente non fosse stato lui non aveva ancora perdonato a quel mech, che lui e Megatronus in passato avevano accolto nel gruppo come un fratello, di averli traditi sfruttando la loro -la sua. Di Megatron- luce riflessa per avere una visibilità che altrimenti, continuando a marcire nel suo ufficio di archivista, si sarebbe solo sognato.
 
Forse furono proprio le troppe riflessioni, assieme al fatto di non essere abile nel volo come certi altri seekers, a far sì che venisse colpito in pieno.
 
“Cosa?! NO!” fu tutto quel che riuscì a pensare mentre precipitava inesorabilmente su una struttura di pali e cavi che lui, purtroppo, sapeva essere elettrificata. Poteva reggere il colpo che aveva preso e rialzarsi per combattere ma non avrebbe potuto reggere una scossa simile e ne era consapevole.
 
La scarica elettrica fu tremenda, si sentì come se ogni circuito del suo corpo stesse venendo inesorabilmente fritto; l’unica cosa consolante fu vedere Laserbeak riuscire ad allontanarsi senza che gli Autobot, che in quel momento si stavano avvicinando per circondarlo, dessero importanza alla cosa. Quella era una fortuna, perché la fuga di Laserbeak avrebbe potuto essere il preludio alla sua.
 
“Se pensano di riuscire a tirare fuori qualcosa da me riguardo il nuovo Omega Lock, si sbagliano di grosso” pensò Soundwave, e con quell’ultima certezza perse i sensi.
 
Gli Autobot presenti, ossia tutti a parte Ratchet e Ultra Magnus che era rimasto nella base, continuarono ad avvicinarsi con cautela. Più d’uno di loro si sentiva incredulo nel vedere il corpo snello del tecnico Decepticon avvolto dai cavi elettrici sfrigolanti. Avevano davvero l’occasione di catturare il capo della sicurezza, nonché miniera vivente d’informazioni, di Megatron?
 
«Ratchet» disse Optimus Prime nel comm-link «Riapri subito il Ponte Terrestre, ma fai in modo che gli umani restino a distanza di sicurezza. È importante… stiamo per fare ritorno con un prigioniero Decepticon».
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Il fatto che i vehicons siano tornati da soli col materiale e Soundwave non l’abbia fatto significa una cosa soltanto: l’hanno preso» disse Megatron, tutt’altro che felice dell’accaduto. Era sicuro che Soundwave sarebbe riuscito a uscire da lì ma avrebbe preferito non perdere il suo capo della sicurezza: l’ultima volta in cui era stato fuori per più tempo la Nemesis aveva subito un attacco tosto.
 
«Forse sarebbe stato il caso di inviare Starscream lì e lui in Antartide com’era nei programmi iniziali, Lord Megatron» disse Shockwave mentre toccava alcuni schermi olografici.
 
«Forse. Però Starscream doveva imparare un’altra preziosa lezione, ossia quella di eseguire gli ordini quando gli vengono impartiti» replicò il leader dei Decepticon «E in ogni caso potrebbe andare tutto a nostro vantaggio: cercavamo la base degli Autobot e finora non l’avevamo trovata, ma adesso Soundwave si trova lì dentro. L’energon sintetico? Come procede la stabilizzazione?»
 
«Sono costretto ad ammettere che risulta più difficoltosa di quanto avessi previsto» disse lo scienziato.
 
Megatron divenne pensieroso nel ricordare i fatti che l’avevano portato a mettere le mani su quella formula incompleta, e da lì un’idea fece capolino nel suo processore. «Knockout era arrivato al risultato attuale grazie alle ricerche del medico degli Autobot, giusto?»
 
«Così mi è parso di aver capito».
 
«Allora credo sia il caso di invitare a bordo quel medico. Poco importa che non esca quasi mai dalla base, come dicevo prima c’è già un nostro elemento lì, ovunque sia “lì”».
 
«Non credo che Soundwave avesse solo le registrazioni dei ragazzini umani» osservò Shockwave che, avendo capito dove Megatron voleva andare a parare, si mise all’opera sul computer «Posso confermare che, se anche Soundwave è stato catturato, Laserbeak è ancora in libertà, dunque possiamo tracciare anche gli spostamenti di questo… militare» disse, mostrando le immagini dell’agente Fowler in macchina «Che ha a che fare con gli Autobot. Presto o tardi la condurrà nella base, e Laserbeak potrà trasmettere a Soundwave tutti i dati».
 
«Perfetto. Nella sfortuna abbiamo avuto fortuna… di nuovo» commentò l’ex gladiatore «E non dubito che da qui al momento della liberazione Soundwave sarà in grado di tenere per sé le informazioni».
 
Forse erano al principio di una nuova svolta.
 
Attivò il comm-link e diede a Starscream e ai suoi vehicons l’ordine di partire.
 
 
 
 
 
 
.:: Un paio d’ore dopo ::.
 
 
 
 
 
 
«Muovetevi! Maledetti idioti!»
 
Benché molto più rauco di prima -a quel danno non avevano ancora rimediato. Chissà se l’avrebbero mai fatto- Starscream sembrava aver ripreso a pieno regime la sua abitudine di inveire nei comm-link dei poveri vehicons che l’avevano accompagnato e si trovavano ancora nel centro di ricerca. Cercare di far sì che la sua autorità non fosse minata era fondamentale, soprattutto adesso.
I lavori di riparazione sul suo corpo si erano velocizzati dopo il caos creato da Airachnid e la scoperta di Shockwave nel laboratorio saltato in aria, ed essere costretto a farli nella Peaceful Tiranny aveva indotto Knockout a darsi una mossa più di quanto avesse mai fatto, ma per quanto fosse tornato a essere funzionale era ancora considerabile convalescente. Oltre alla scatola vocale rovinata c’erano certe parti intime del suo corpo che per un po’di tempo non avrebbero funzionato affatto e, soprattutto, c’era la questione del bastone.
 
«Ci vuole tanto a portare via quel sincrotrone?! Forza!»
 
Dopo il trapianto delle ali riusciva a trasformarsi e in aria era agile com’era sempre stato, così come i suoi razzi e le sue armi erano stati reinstallati e avevano ripreso a funzionare a dovere, ma nella sua forma base aveva un problema: il danno inflitto alla sua colonna principale nel momento in cui Tarn gli aveva strappato le ali faceva sì che la sua gamba sinistra presentasse un’evidente zoppia nel deambulare, ragion per cui, in quel periodo di convalescenza, necessitava di un bastone. In futuro avrebbe potuto farne a meno, ma anche così sarebbe rimasto un po’ claudicante per tutta la vita. Avrebbe avuto una zoppia alla gamba sinistra, proprio come quella di… Lei.
 
“A volte il destino!... anche pensandoci non sarei riuscito a fare un lavoro migliore” era stato il commento di Tarn nel venirlo a sapere.
 
Quel mostro non aveva avuto problemi a parlare con tanta disinvoltura davanti a lui. La mano poggiata sul bastone tremò nel ricordarlo.
 
«Voglio andarmene da qui senza avere problemi. Un lavoro semplice e pulito» continuò il seeker «Maledetto freddo» aggiunse poi, borbottando tra sé e sé «Perché non hanno mandato me ad attaccare l’industria in quel deserto roccioso? Avevo solo chiesto di rimandare un attimo, voglio dire… perché hanno voluto mandarci Soundwave? Sono io quello convalescente, e che diamine!»
 
«Certa gente è proprio irresponsabile a mandare in giro una persona un po’malmessa, vero?»
 
«EH Già! Con tutto quello che ho fatto per i Decepticon!» sbuffò il seeker, senza realizzare di star parlando con una voce che gli era sconosciuta e del peso che si era posato sulla sua spalla sinistra.
 
«Che ingratitudine! Di’, amico, come sei finito ridotto così?»
 
«… macellai… quei macellai…» borbottò il seeker «E tutto perché io… perché Spe- perché Lei…»
 
«Cosa non si fa per certe femme. È un discorso che posso capire, sai».
 
Meglio tardi che mai: Starscream realizzò che qualcosa non andava, si voltò verso sinistra e trovò un minicon seduto sulla sua spalla a rivolgergli un candido sorrisetto di pixel.
 
«C’è stata una femme per la quale sarei andato perfino all’Ikea. Ok, in realtà mi piaceva l’Ikea, però questo è un dettaglio».
 
«Tu chi diamine sei?!» esclamò il seeker cercando di schiaffeggiarlo via dalla spalla.
 
«“Una persona vive tre vite: la prima termina con la perdita dell’ingenuità, la seconda con la perdita dell’innocenza, e la terza con la perdita della vita stessa. Ineluttabilmente tutti attraversiamo questi tre stadi”
*» continuò il minicon, svolazzando davanti a lui.
 
«Ma che vai dicendo?!»
 
«Va dicendo che sei arrivato all’ultimo stadio».
 
Starscream aveva riconosciuto la voce di Spectrus, ma tra la sorpresa per il fatto che si trovasse dietro di lui e anche la paura -tutt’altro che migliorata da dopo il “trattamento DJD”- non riuscì a reagire abbastanza in fretta da evitare di essere preso. Cercò di attivare il comm-link ma Spectrus, immaginando quella mossa, lo ruppe subito. Venne trascinato a poca distanza dal centro di ricerca, precisamente dietro qualche roccia ricoperta di ghiaccio, e in tutto ciò si stupì di essere ancora vivo: le altre volte in cui si erano trovati faccia a faccia, Spectrus aveva cercato di ucciderlo appena l’aveva visto davanti a sè.
 
«Non nego che se fosse per me ti staccherei la testa dal collo seduta stante» disse infatti il grosso mech, a conferma di quello che Starscream aveva pensato «Però io e il mio socio, soprattutto lui direi, siamo tipi curiosi. Quando abbiamo sentito che avevate in programma una missione qui ci siamo domandati- eh no» si interruppe Spectrus, spingendo indietro il braccio di Starscream appena in tempo per evitare di essere colpito da uno dei suoi razzi, che dunque venne sparato in aria «Non riuscirai a far saltare la testa anche a me».
 
«È stato uno sbaglio! È stato uno sbaglio, ok?! Te l’ho già detto in passato, avevo solo capito male gli ordini di Megatron riguardo la tua famiglia, mi hanno già punito per quello, e anche ultimamente
 
«Pensi davvero che mi importi?»
 
Starscream in altre occasioni si sarebbe giocato la carta dell’essere stati quasi cognati o di aver condiviso la cuccetta con Spectra per cercare di distrarlo, ma immaginava che tutto quel che avrebbe ottenuto da Spectrus sarebbe stata solo una risposta tipo “Ottimo, un altro buon motivo per fare secchi entrambi”, e non era il caso.
 
«Ci chiedevamo perché il tuo capo fosse interessato a qualcosa che può generare un buco nero» disse il minicon che era insieme a Spectrus. “Bustin”, se Starscream non ricordava male avrebbe dovuto chiamarsi così «Forse non ne è consapevole, ma usando male cose come questa rischiate di trovarvi a essere i trisnonni gli uni degli altri e il padre di vostra madre in questa realtà o in altre parallele».
 
«Rimpiango di non aver continuato a mandare palline da ping pong nei bicchieri con dei colpi di testa, le ore di vita buttate in questi giorni dietro quel caos di parentele che è Dark non torneranno mai più. Allora: cos’è che state cercando di costruire e che io di conseguenza dovrò distruggere?»
 
«È… è una cosa buona per tutti quanti» “Devo cercare di prendere tempo e provare a chiamare aiuto, se poi i vehicons hanno sentito il razzo forse!…” pensò Starscream «Tu non vorresti che Cybertron vivesse di nuovo e che la nostra razza avesse anche questo pianeta qui» indicò il terreno «Cyberformato e a disposizione?»
 
«Dunque volete ricostruire l’Omega Lock in qualche modo o crearne uno di sana pianta» comprese Spectrus, e tanti saluti all’idea di Starscream di traccheggiare «Che perdita di tempo. Ci sono già varie colonie e città-Stato vivissime là fuori, c’è da domandarsi perché non abbiate provato a conquistare quelle che non vi appartengono…»
 
Spectrus puntò i laser contro la Scintilla di Starscream. Fino a un paio di mesi prima gli sarebbe risultato difficile se non quasi impossibile mantenere tanto autocontrollo davanti a lui, lui, che gli aveva portato via tutto, mentre adesso risultava facile: ovviamente sarebbe stato soddisfatto nel vendicarsi e voleva ancora ucciderlo -era uno dei motivi che l’avevano spinto lì quando Bustin aveva sentito della missione e di chi avrebbero mandato- però si stava rendendo conto che non sentiva più quella fredda rabbia omicida provata nei confronti di Starscream fino ad allora, sentimento che in passato l’aveva anche indotto a commettere qualche sbaglio. L’esperienza di premorte vissuta poco più di un mese prima forse aveva influito sul suo processore, dopotutto.
 
«… ma immagino sia perché siete in piena decadenza» concluse «Addio».
 
Stava per sparare quando sentì Bustin esclamare un avvertimento, decidendo dunque di abbassarsi per evitare uno sparo di Optimus Prime che in caso contrario l’avrebbe colpito dritto in faccia.
 
«Dovresti sparare al Decepticon presente, non a me!» esclamò Spectrus, costretto a spostarsi per evitare il pugno di Ultra Magnus, dato con l’unica mano sana.
 
«Non c’è differenza, anzi, tu sei molto peggio» ribatté l’ex capo dei demolitori.
 
«Che dire, nonostante i danni hai mantenuto una buona mano» commentò Specter, leggermente ironico.
 
Optimus si trovò a dover parare alcuni colpi laser sparati dal minicon che gli svolazzava pigramente attorno e sembrava puntare ai sensori ottici. Aveva senso, difficilmente i suoi laser avrebbero potuto penetrare parti più dure della sua corazza, almeno in teoria. «Tu sei un prioniano, sei l’ultimo minicon-»
 
«L’ultimo maschio, sì» annuì Bustin, sparandogli ancora.
 
«Qualunque cosa ti abbia detto Spectrus non sei costretto a seguirlo e ad aiutarlo, non devi per forza rischiare di
condannare all’estinzione la tua razza! Possiamo proteggerti» si offrì Optimus, come si sarebbe offerto di proteggere chiunque altro da un nemico comune «Possiamo-»
 
«Sei una delle tre ragioni per cui Prion è stata distrutta» replicò Bustin «La Black Block Consortia l’ha fatto materialmente ma siete stati voi a esservi fatti prendere in antipatia da tutta la galassia. Megatron può aver iniziato tutto ma tu non sei stato capace di farlo finire. Ero convinto che voi Autobot non foste in grado di proteggere neppure una lumaca già prima di incontrare Specter» aggiunse «E lo sono sempre di più».
 
Starscream nella lotta decise furbescamente di allontanarsi nel modo più veloce possibile, gamba permettendo. Sentì decisamente la mancanza del bastone e maledisse Tarn varie migliaia di volte per quel che gli aveva fatto mentre entrava a sua volta nel centro di ricerca in cerca di vehicons con comm-link sani.
Capì subito che oltre a Optimus Prime e Ultra Magnus erano presenti anche altri Autobot, perché vide più di un vehicon a terra e semi distrutto, ma i rumori di lotta provenienti da poco lontano promettevano qualcosa di diverso da un fallimento annunciato. Notò un vehicon volante che si era rannicchiato e nascosto nel buio e si avvicinò subito.
 
«Chiama i rinforzi subito!» sibilò.
 
«Ci ho provato, Lord Starscream, ma le frequenze sono disturbate dal macchinario che dovremmo rubare!»
 
«Allora vola via da qui, allontanati un po' e poi contatta la Nemesis sottolineando che anche Spectrus Specter è quaggiù. Vai!»
 
Il vehicon obbedì e Starscream, che pure non era noto per il coraggio, decise di darsi una mossa per vedere quali Autobot avrebbe dovuto affrontare e per impedire loro di sabotare la missione. Dopo essere stato mandato in Antartide ancora convalescente aveva concluso di dover assolutamente mostrarsi utile, perché in caso contrario chi gli garantiva che Megatron non l’avrebbe lasciato in mano a Tarn un’altra volta?

Una volta che fu quasi arrivato a svoltare nel corridoio ove stava avendo luogo la battaglia decise di dare un’occhiata: c’erano solo Bumblebee e Arcee, Bulkhead non si vedeva in giro. Quello era senz’altro un bene, perché lui era convalescente e il demolitore era un po’troppo grosso da affrontare direttamente.

Affidandosi in parte alla mira e in parte a uno sperato colpo di fortuna, sparò uno dei suoi razzi e riuscì a colpire una gamba di Bumblebee, che dunque crollò a terra senza possibilità di muoversi.
 
«Bee!» esclamò Arcee, abbassandosi istintivamente sul compagno ma sollevando subito lo sguardo «Tu!…»
 
«Già. Io» disse Starscream, guardando i vehicons andarsene tutti in direzione del sincrotrone «Se ricordi com’è andata a finire tra me e te l’ultima volta dovresti capire che questo, l’inferiorità numerica, l’imminente arrivo di persone molto peggiori di me e il tuo compagno ferito sono buoni motivi per tornare da dove sei venuta».
 
«Credo che a non ricordare com’è finita tra me e te l’ultima volta sia tu, perché io ho ancora in mente che avevo una lama puntata contro la tua gola e che se Bumblbee non mi avesse dissuasa saresti offline da un pezzo» ribatté la femme Autobot, pronta a dare battaglia come suo solito sebbene quel che aveva sentito dal seeker riguardo “persone molto peggiori di lui” non le piacesse.
 
«--E io pur essendo a terra posso sparare--» aggiunse Bumblebee.
 
«Abbiamo capito cosa volete fare» continuò Arcee, mentre lei e Starscream si studiavano a vicenda «Volete riconvertire l’energia generata dalle macchine che avete rubato, ricreare l’Omega Lock e cyberformattare anche questo pianeta, ma potete scordarvelo».
 
Soundwave non aveva detto niente durante l’interrogatorio che gli avevano fatto, tutto quel che avevano ottenuto era stato un’onda sonora che li aveva quasi mandati al tappeto e vederlo “spegnersi” disattivando i suoi stessi drives, ma Ratchet era riuscito a fare due più due nel momento in cui era giunta loro la notizia dell’attacco al centro di ricerca.
A voler essere onesta Ratchet le era sembrato fin troppo insofferente quando Optimus gli aveva detto che permettere ai Decepticon di ricreare l’Omega Lock era qualcosa di inammissibile dal momento che l’avrebbero usato anche sulla Terra, ma in parte poteva capire il suo dispiacere, e sapeva che Optimus stesso si sentiva in quel modo.

 
Vedendo un Ponte Terrestre aprirsi a poca distanza fu abbastanza sveglia da capire che non era una cosa buona per lei e Bumblebee, e lo stesso comprese quest’ultimo, che era anche ferito; si scambiarono un’occhiata e decisero entrambi di sparare a Starscream e cercare allontanarsi più in fretta possibile, con Arcee che faceva da stampella.
 
Helex, Vos e un Tesarus finalmente tornato in attività sbucarono fuori dal Ponte un attimo prima che loro due svoltassero l’angolo.
 
«Tarn aveva ragione: essendo sul campo con Specter, l’altro nano non ha dirottato i Ponti» fu il primo commento di Tesarus «E comunque ha dimostrato di poter dirottare anche le navi, quindi il rischio c’è sempre».
 
«Sei fortunato che Nickel non ti senta chiamarla “nana”, altrimenti si pentirebbe di averti riparato» disse Helex «Non saresti nemmeno dovuto venire».
 
«Sono sveglio e sto in piedi» replicò Tesarus.
 
«DI là! Sono andati di là!» esclamò Starscream, indicando ai tre componenti della DJD la direzione in cui Arcee e Bumblebee erano fuggiti «Io… eeeh… il sincrotrone. Addio».
 
Nessuno dei tre fece commenti riguardo la parlantina venuta a mancare del seeker che zoppicò via, anzi, pur rendendosi conto dei perché e i per come per i loro gusti era fin troppo tranquillo.
 
«Dite che vale la pena inseguire quei due o andiamo a dare una mano a Tarn, Kaon e Nickel là fuori?» domandò Tesarus.
 
Vos, nel suo linguaggio primordiale, ricordò al colosso che tutti gli Autobot presenti sulla Terra erano tra i loro obiettivi, e che ciò significava solo una cosa: i due scout che stavano tentando la fuga non dovevano uscire vivi dal centro di ricerca.
 
Tanto bastò perché si mettessero in marcia.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Il volo di Spectrus dovuto al diretto di Optimus fu di svariati metri, e l’impatto fu tale da rompere il ghiaccio contro cui era finito.
 
“Ok, questo era forte” pensò, rialzandosi appena in tempo per assestare un calcio che venne prontamente parato dal comandante degli Autobot.
 
«Non riesci proprio a farti passare la rabbia di non essere arrivato primo con la porta sfiga ambulante, Optimus?»
 
«Io cerco sempre di comportarmi come una persona civile, ma quelli come te… quelli come te, sono la rovina di tutto quanto» affermò Prime, avventandosi su Spectrus con l’intenzione di cambiargli i connotati a suon di botte e di spari.
 
Il rumore di una lunga e veloce serie di colpi laser ripetuti precedette di poco quello di una valanga di pietra e di ghiaccio che investì Ultra Magnus -a poca distanza da loro- in pieno.
 
«Specter! “What can I say except you’re welcome?”» canticchiò Bustin, con gli indici ancora “fumanti”.
 
Lì Optimus comprese meglio che il compare di Spectrus era piccolo, dunque poco in grado di ferire seriamente lui o Magnus con le armi che aveva  disposizione, ma non era un idiota considerando che aveva sfruttato a suo vantaggio l’ambiente circostante.
 
La punizione per essersi distratto giunse sotto forma di un gancio di Spectrus che per qualche attimo gli fece perdere la vista, ma non l’udito, e fu grazie a quello che riuscì a distinguere rumori di cingoli e le note dell’Empyrean Suite in velocissimo avvicinamento.
 
Proprio i componenti della DJD che mancavano all’appello -dunque Tarn, Nickel e Kaon- erano a pochi metri da dove si trovava Optimus Prime.
Solo lui -e Ultra Magnus sotto la frana- sì, perché sia Spectrus che Bustin erano stati lesti a darsi alla fuga nello stesso nanoclick in cui si erano resi conto dei nuovi arrivi, ma questi ultimi riuscivano comunque a vederli e non intendevano lasciare che se la filassero.
 
«Tarn, ci dividiamo di nuovo e ci occupiamo di entrambi o?...» domandò Kaon, che per una questione di velocità -ma anche di praticità: il suo vantaggio era poter colpire a distanza con le scariche elettriche- era accovacciato in forma base su Tarn che invece era nella sua alt mode.
 
«No. Specter è il bersaglio principale» disse il grosso Decepticon, e per rimarcare il concetto sparò tre colpi di cannone in direzione del bersaglio «Questi sono gli ordini di Lord Megatron, e per quanto ne sappiamo potrebbe aver previsto il nostro arrivo e aver escogitato qualcosa, dunque dividersi un’altra volta è fuori discussione. Inoltre difficilmente potresti occuparti di Optimus Prime da sol-»
 
Spostò di lato le canne del doppio cannone a fusione un attimo prima che degli spari laser di dimensioni ridotte andassero a finire nei buchi e causare danni. Dubitava fortemente che fossero di Spectrus, era molto più probabile che fosse Bustin a pensare al contrattacco.
 
Nickel, che fino ad allora aveva volato sopra di lui, si mise davanti alle bocche del cannone. «Tarn, quando vuoi sparare dimmelo».
 
“E vediamo quanto è vero che ‘non mi vuoi male’, ‘non vuoi farmi male’ e quant’altro” pensò la minicon, riferendosi a Bustin e a quel che le aveva detto le volte in cui si erano incontrati.
 
Durante l’inseguimento si stavano allontanando sempre più dal centro di ricerca e stavano raggiungendo delle gole di roccia ricoperta di ghiaccio. Ben presto avrebbero dovuto trasformarsi se avessero voluto, rispettivamente, continuare a scappare e continuare a inseguire.
 
«Dove hai parcheggiato quella stramaledetta astronave, nano?!» domandò Spectrus a Bustin, evitando altri due colpi di cannone da parte di Tarn «Li abbiamo addosso».
 
«Immaginavamo che sarebbe potuto succedere. Ringrazia il cielo che stia usando i cannoni e non stia provando a spegnerti o paralizzarti a distanza, piuttosto. Comincio a pensare che possa fare la seconda cosa solo usando la voce, problema risolvibile staccando gli audio» commentò il minicon «E che se non fa la prima, di cosa, è perché sarebbe una morte più rapida di quella che vorrebbe darti».
 
«Immagino che vada considerata come una fortuna, ma non hai risposto. Dove hai parcheggiato la Jackhammer?»
 
«Manca ancora un po’ ma la strada è quella giusta, devi entrare in quella gola» indicò una di quelle che avevano davanti «E attraversarla. Prima di venire qui ho visto dai satelliti il posto perfetto, ed è lì che ho messo la nave. Mi sono venute anche un paio di idee...»
 
Sporgendosi dal finestrino vide che Nickel si era messa nuovamente davanti alle bocche dei cannoni di Tarn -“Sa che non proverei a sparare lì col rischio di colpirla. Non è sciocca, la ‘mia’ ex Nanetta” pensò- dunque decise di mirare a Kaon. Sentirlo strillare in maniera un po’troppo simile a Pippo e vederlo barcollare fu carino, però non cadde.
 
«E lo stronzo sta per sparare di nuovo, stavolta mira alle pareti della gola» disse Spectrus, che dagli specchietti retrovisori stava vedendo Tarn puntare il cannone.
 
Diede una brusca accelerata spingendosi al massimo che gli era consentito e riuscì a entrare nella gola un attimo prima che il suo inseguitore sparasse. Tarn aveva cercato di bloccargli la via di fuga ma non c’era riuscito, anche se per evitare parte della frana fu costretto a trasformarsi e balzare in avanti.
 
«Ora ti trovi davanti una frana, genio!» gridò Spectrus rivolto a Tarn, auspicando che questi potesse sentirlo, senza arrestare la sua corsa «Sei un tale idiota che mi chiedevo perché quella puttana di Megatron ti tenga, ma forse se ti tiene è proprio perché sei un idiota! Uno schizzato paranoico che è perfetto con quella ingrata, stupida, zoppa, demente, ritardata, sfondata-»
 
«Urla più forte, forse in Messico non ti hanno sentito» commentò Bustin, sentendo dei rumori di trasformazione oltre la frana «Bello quando i fratelli si vogliono bene».
 
«Hanno azzoppato Starscream per lei. Roba da pazzi, ma d’altra parte è proprio di pazzi che si parla» concluse Spectrus, per poi staccare gli audio immaginando che Tarn e gli altri si sarebbero arrampicati -o avrebbero volato, nel caso della minicon- oltre la frana. Poter contare su un senso in meno era rischioso ma Bustin volava guardando all’indietro, dunque avrebbe potuto avvertirlo riguardo qualsiasi cosa fosse servita.
 
La previsione di Spectrus si rivelò corretta, perché Tarn, Kaon e Nickel superarono la frana e continuarono l’inseguimento.
Tarn, trasformato e in testa al piccolo gruppo, riprovò testardamente a sparare a Spectrus -del quale aveva sentito tutti gli epiteti, tanto quelli rivolti a lui quanto quelli rivolti a Spectra. Quel mech doveva avere un desiderio di morire male veramente intenso- ottenendo solo qualche frana qui e là. Continuando in quel modo non avrebbe(ro) mai preso né lui né Bustin: benché Tarn col suo corpo potenziato fosse veloce, nonché il più veloce della sua squadra, la distanza tra lui e Spectrus non accennava a diminuire. Il bastardo era grosso ma non aveva i cingoli ad appesantirlo.

 
«Kaon… come ti pare l’idea di un lancio speciale?»
 
«Vuoi lanciarmi contro quello in modo che possa provare buttarlo giù con una scarica elettrica? Se Nickel spara e poi tu riesci a mettergli davvero le mani addosso, ci sto!» esclamò il tecnico.
 
Prima che potessero eseguire il lancio però furono i loro avversari, precisamente Spectrus, a lanciare dietro di sé qualcosa la cui natura confuse non poco i tre Decepticon: un pupazzo gonfiabile di una muccabot.
Una muccabot.
Già.
 
«Ma che ca-» avviò a dire Kaon.
 
«Ha una bomba in bocca!» esclamò Nickel.
 
Contrariamente a com’era accaduto la volta in cui era stato Tesarus ad averne una tra i denti, Tarn non riuscì a disattivarla in tempo. I suoi riflessi riuscirono solo a permettergli di calciarla via -non abbastanza vicino a Spectrus purtroppo- col risultato di generare una nuova frana grossa quanto quella che avevano superato all’inizio.
 
«Io che posso volare vado avanti in modo da non perderli di vista. Starò a distanza» disse Nickel, risoluta «Posso?»
 
Tarn di suo avrebbe risposto “no” perché continuava a ritenere valido quel che aveva detto a Kaon, però non poteva negare che il rischio di farseli sfuggire fosse effettivamente presente. Che Spectrus Specter riuscisse a fargliela un’altra volta non era ammissibile, e Nickel era una persona di buonsenso che si sarebbe tirata indietro se mai avesse subodorato qualcosa di strano.
 
«Ti raggiungeremo subito».
 
Avuto il permesso del suo comandante, Nickel superò la frana, proseguì lungo quel che restava della gola e, quando ne uscì, notò sia una certa foschia sia che Spectrus, pur essendo distante, aveva rallentato, e Bustin svolazzava dietro di lui: forse pensavano di aver seminato tutti, o forse stavano vedendo qualcosa che lei da lì non riusciva ancora a cogliere.
 
«Li ho rintracciati, sembrano andare più lenti, se vi sbrigate magari li raggiungiamo. Vedo dei nascondigli, quindi mi avvicino di più» disse Nickel nel comm-link.
 
Nascondendosi dietro un ammasso di ghiaccio pensò che essersi abituata alle temperature del pianeta Messatine fosse una gran fortuna in quell’occasione, anche se il vento tagliente che soffiava in quel punto rendeva tutto peggiore. Ai suoi recettori uditivi l’ululato che produceva suonava perfino… lugubre.
Concluse che fosse solo suggestione e, vedendo Spectrus tornare ad avanzare con più decisione e la sua forma diventare meno distinguibile nella foschia, andò avanti… ma una volta fatto questo e sollevato lo sguardo, capì improvvisamente il motivo per cui quel mech aveva rallentato.
 
«Tarn!...»
 
Le montagne che aveva davanti a sé, troppo alte e di una forma che in qualche modo risultava “sbagliata”, erano qualcosa che lei già conosceva: se non erano una delle aberrazioni che aveva visto quando lei e gli altri erano stati intrappolati dalla strega, erano qualcosa di troppo simile.
 
 
Nic- cos-… arriviam- Nic-
 
 
Il suo comm-link divenne muto, e a quel punto dovette lottare con tutte le sue forze per non cedere al panico e ai pensieri intrusivi che avevano iniziato a urlare nel suo processore.
 
“Avevo ragione. Niente di tutto questo è reale”.
 
“Siamo ancora dalle sorelle di Stiria, non ci hanno mai lasciati andare”.
 
“Bustin allora è morto-”
 
“Non so cosa è reale e cosa no, è reale quel che ho davanti? Lo sono gli altri? Lo sono io?!”
 
“Non siamo mai usciti! NON SIAMO MAI USCITI! NON SIAMO-
 
«Nickel?»
 
Kaon l’aveva raggiunta, e Tarn con lui. Il poco che la minicon riusciva a vedere dell’espressione del suo capo mentre guardava quelle montagne le fece capire che probabilmente stava pensando cose analoghe alle sue.
 
«Ragazzi, va tutto bene? Da che parte sono andati quei due?» domandò Kaon, che contrariamente alla maggioranza dei suoi compagni di squadra era stato coinvolto solo all’inizio e all’ultimo nella brutta esperienza vissuta a sud della costellazione dello Scorpione e dunque si era perso dei pezzi «Ah però, non pensavo che qui potessero esserci montagne così tanto alte… allora, che facciamo?»
 
«La cosa più sensata» rispose Tarn «Ci ritiriamo».
 
In passato aveva sottovalutato quel piccolo essere secco e diabolico che era Stiria Shaula e ne aveva pagato le conseguenze, aveva sottovalutato il livello di pericolosità delle sorelle maggiori di quest’ultima rischiando di non uscirne vivo e non arrivare mai sulla Terra, aveva sottovalutato anche i danni che poteva fare Spectrus Specter col risultato di trovarsi ad avere a che fare con degli insecticons e un Tesarus con la camera Scintilla danneggiata. Avrebbe voluto occuparsi di Spectrus quel giorno stesso, se pensava a ciò che quel mech aveva detto e fatto provava solo il desiderio di inseguirlo fino in capo al cosmo per ucciderlo nel modo più brutale che conoscesse -e ne conosceva tanti- ma una combo tra Spectrus, un minicon sulla cui natura nutriva svariati dubbi, le montagne che aveva già visto nel gioco di una strega e i comm-link morti di tutti e tre, la risposta di Tarn era “No, grazie”. L’espressione sollevata di Nickel gli suggerì che, suo malgrado, quella poteva essere la scelta giusta.
All'idea di poter essere davvero ancora intrappolati non voleva nemmeno pensare.

 
Kaon lo guardò perplesso. «Ci… ritiriamo? Davvero?»
 
«Li abbiamo persi di vista, non possiamo fare altro. Torniamo indietro, vediamo cosa sta succedendo nel centro di ricerca e, se i nostri compagni non dovessero essere bastati a permettere che la feccia portasse il sincrotrone nella Nemesis, facciamo sì che ci arrivi una volta per tutte».
 
“Questa decisione mi pare strana, mi sa che chiederò qualcosa a Nickel più tardi, lei e Tarn hanno la stessa espressione” pensò Kaon.
 
Diedero solo un’ultima occhiata alle montagne prima di tornare indietro.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Ci mancava solo questa… mai che stiano fermi quei maledetti…» borbottò Fowler, al volante della macchina e intento a raggiungere la base degli Autobot.
 
Laserbeak lo stava tallonando ma lui, pur con tutta la sua esperienza sul campo, non si accorse minimamente di essere seguito.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Questo è curioso» disse Bustin, «Mi aspettavo che ci inseguissero, non che si ritirassero».
 
Lui e Spectrus erano arrivati alla Jackhammer ma non erano ancora entrati. Spectrus, come aveva fatto dal momento in cui avevano superato le montagne in poi, continuava a guardarsi attorno con un’aria che a prima vista sembrava semplicemente perplessa, ma che a un secondo esame avrebbe potuto quasi tradire una vaga inquietudine.
 
«Forse hanno pensato che li stessimo attirando in una trappola come le altre volte… cosa che in un certo senso era».
 
Mentre erano ancora in mezzo alla foschia, Bustin gli aveva detto che oltre quelle montagne tremendamente alte c’era una città aliena abbandonata che lui aveva visto con i satelliti e ai confini della quale aveva parcheggiato l’astronave.
Sempre con i satelliti, a suo dire, aveva dato un’occhiata ai mastodontici edifici presenti -chissà qual era stata la razza che aveva soggiornato lì! Non avevano uno stile né umano né cybertroniano- e ne aveva notato uno col portone rimasto socchiuso per colpa di una roccia che si era messa in mezzo. “Per come sono fatti mi danno l’idea di essere tutti collegati: facciamo credere loro di essere entrati, togliamo la roccia nel caso la lascino dov’è, e a quel punto auguri per uscire”, aveva detto.
Spectrus aveva immaginato che in tutto ciò il suo compare avesse avuto in mente qualcosa anche per evitare all’altra nana lo stesso destino, ma se anche fosse stato così non avrebbe mai avuto modo di vedere in cosa consisteva, dato che Frollo e compagnia si erano ritirati.
 
«Sì… forse» concesse Bustin, entrando finalmente nell’astronave insieme a Spectrus «Allora, sei soddisfatto adesso che sai cosa stanno costruendo i Decepticon?»
 
«Sarei stato più soddisfatto se Prime non si fosse messo in mezzo e avessi potuto far fuori Starscream o chiunque altro ma, Tarnlandia a parte, questa gita è stata più utile di quelle dove mi hai portato a fare video musicali alle mucche!» esclamò Spectrus, sedendosi al posto del pilota e dando inizio al decollo «Perché ai tuoi followers piace questa roba?!»
 
Il minicon fece spallucce. «L’importante è che continuino a mandarci l’energon, oltre che gli oggetti da recensire! E comunque la povera mucca Carolina non meritava di essere usata per lanciare la bomba».
 
“Se un giorno mi avessero detto che mi sarei nutrito grazie a dei video messi su Extranet non ci avrei creduto” pensò Spectrus mentre la Jackhammer si sollevava dal suolo ghiacciato. «Metto il pilota automatico e vado a vedere quel che fa Bernie, vista l'ore direi che dovrebbe iniziare a riprendersi dai sedativi».
 
«Portalo qui! Tra le ultime cose che hanno mandato i followers c’era un banjo nuovo!»
 
Sbuffando una qualche imprecazione poco comprensibile anche a lui stesso, Spectrus andò a tirare fuori Smokescreen dallo sgabuzzino. Il giovane Autobot stava effettivamente riprendendo, tanto da guardarlo male attraverso lo strato di vernice con cui gli avevano coperto le ottiche e cercare perfino di opporre un briciolo di resistenza.
 
«Eppure uscire da qui e sgranchirti le gambe dovrebbe piacerti. Dicono che l’isolamento faccia gravi danni al processore… quando se ne ha uno» sospirò Specter «No, d’accordo, in realtà ti capisco, forse è meglio lo sgabuzzino rispetto ai concerti del nano».
 
«Perle ai pigatron: io lancio perle ai pigatron» sentenziò il minicon, iniziando a strimpellare le prime note della solita “The Whole Being Dead Thing” appena ebbe davanti Smokescreen.
 
Per nulla interessato all’esibizione, Spectrus tirò fuori da uno scomparto il suo datapad personale e si mise a dare un’occhiata alla messaggistica. Quel dispositivo era sopravvissuto a due incidenti grossi e un mucchio di battaglie, se fosse stato più masochista avrebbe potuto suggerire a Bustin di recensirlo col massimo del punteggio.
 
Fu scorrendo le varie chat verso il basso che notò un particolare oltremodo interessante che risiedeva alla data e l’ora dell’ultimo accesso di Spectra. In quei due mesi non era mai cambiata, tanto che lui aveva dato per scontato che lei avesse perso il datapad, ora invece risultava recente… e il solo modo per sbloccare il suo dispositivo era una breve scansione del segnale di Spectra o del suo: era stato lui stesso a impostarle il dispositivo in quella maniera.
Che l’ultimo accesso fosse recente significava solo una cosa, ossia che Spectra avesse ritrovato il datapad o che comunque fosse acceso e funzionante, e se le cose stavano così…
 
«Bustin!»
 
«Non ho idea di cosa stai macinando adesso ma sembri piuttosto soddisfatto» osservò Bustin interrompendo l’esibizione «Incrociare Tarnlandia una volta non ti è bastato, per oggi?»
 
«Tu sei sicuramente in grado di rintracciare qualcuno attraverso il segnale del suo datapad, giusto?»
 
«Facilmente» confermò il prioniano «Quindi?»
 
«Quindi, mentre tu troverai un posto per parcheggiare la nave e resterai dentro, io andrò a fare due chiacchiere con la mia cara sorellina… finalmente» disse.
 
E sorrise.
   
 
 


 




 

 
*Citazione di Adam da "Dark".


Questo capitolo mi è parso eterno in alcune parti, ma è finito :’D
 
Devo al buon H.P. Lovecraft e il suo racconto “At the mountains of madness” (vi lascio la pagina di wikipedia) le montagne e la città abbandonata che ho citato :) la canzone canticchiata da Bustin invece è “You’re welcome” dal film Oceania.
Non vi mentirò, ho seriamente voglia di mettermi a scrivere il prossimo capitolo xD
 
Grazie a chi legge, apprezza e recensisce! A presto,
 
_Cthylla_

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Capitolo 18
*** 18 - Avere cento braccia… o nessuno ***


cap18 Stesso avviso dell’altra volta: iniziate a leggerlo quando sapere di avere tempo e voglia, perché supera le 7700 parole e c’è abbastanza roba. Buona lettura!
 
 
 


 


18

(Avere cento braccia… o nessuno)
 






 
 
 
 
 


 
“Un nuovo Omega Lock… solo i Decepticon sarebbero stati capaci di trovare il sistema per crearne uno…”
 
Pensando al nuovo progetto di Megatron, Ratchet era costretto ad ammettere a se stesso di sentirsi molto più combattuto di quanto sarebbe stato lecito. Sapeva che quel che gli aveva detto Optimus via comm-link, ossia che Megatron l’avrebbe usato per cyberformare anche la Terra, era vero, sapeva che quella era un’aberrazione che un Autobot non avrebbe dovuto in alcun modo appoggiare e sapeva che non era giusto che miliardi di umani innocenti perissero, però non poteva fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello riavere una casa, una Patria da poter veramente chiamare così, un senso di “comunità” che la sua specie aveva perduto da una vita.
Aveva provato una cosa simile durante parte della sua permanenza sulla Terra ma le cose ormai non erano più come prima. Volendo tralasciare la relazione di Optimus e Arcee -alla quale aveva deciso di soprassedere, o avrebbero iniziato a pensare che fosse innamorato di uno dei due- tra quelle più attuali c’era l’idea di farsi sfuggire un’altra occasione per riportare in vita Cybertron, poi c’erano l’aver perso un membro del gruppo che si era fatto corrompere e poi era morto, il non aver ancora trovato il modo di liberare Smokescreen, il fatto che un membro del gruppo fosse mutilato e il fatto di aver quasi perso Bulkhead poco tempo prima. Tutte cose imputabili a Spectrus Specter in un modo o nell’altro, ma per come la pensava Ratchet non era il solo colpevole: ad avere colpa di tutto questo erano anche loro perché gliel’avevano permesso, questo già da quando avevano lasciato che si infilasse nel gruppo a creare caos e malesseri e non erano stati capaci di contrastarlo. Prima di lui Ratchet aveva avuto un’opinione molto più alta della squadra e dell’unione del Team Prime, ora non ci riusciva più, non per davvero.
 
Mai in vita sua avrebbe tradito Optimus o i suoi compagni ma era innegabile che nella sua Scintilla albergasse un senso di delusione generalizzato difficile da cacciare via.
 
«Troveremo un modo per riportare in vita Cybertron con o senza un nuovo Omega Lock» disse Bulkhead, quasi intuendo cosa stava pensando.
 
«Sì… sicuro» sospirò il medico.
 
«Piuttosto, sai a chi stavo pensando? A Smokescreen. Se fosse stato qui avrebbe detto di coprire Soundwave con qualcosa o simili, ne sono sicuro» disse il demolitore «È abbastanza inquietante in effe-»
 
«Bulkhead, ti prego, le bambinate di Smokescreen sono una cosa di lui che proprio non mi manca. Mi auguro solo che riusciremo a liberarlo presto, perché più tempo resta insieme a Specter e più diventa a rischio».
 
Sentirono la porta aprirsi, ma capendo che era Fowler e vedendo che stava esaminando dei fogli rimasero tranquilli. Evidentemente non c’erano novità da parte sua, il che era ottimo, quel che invece era preoccupante era la mancanza di notizie dalla gente in Antartide. D’altra parte però avevano già discusso del fatto che il sincrotrone avrebbe potuto disturbare i loro segnali una volta entrati nel centro di ricerca, dunque Ratchet decise di imputare il silenzio a quello, sperando di avere ragione.
 
Fu allora che Laserbeak, in un modo che ai presenti parve “così di botto senza senso”, sfondò la vetrata dell’hangar.
 
«Ma che cos-!» esclamò Ratchet, cercando di ripararsi dagli spari.
 
«Laserbeak!» esclamò Bulkhead, sparando contro l’assistente di Soundwave.
 
Riuscì effettivamente a colpirlo -anzi colpirla: Laserbeak era femmina- e a far cadere a terra un pezzo di una sua ala, ma non riuscì a evitare il peggio, alias che riuscisse a liberare Soundwave e a riunirsi a lui riattivandolo.
 
In pochi istanti Soundwave si risvegliò e, grazie alle informazioni che Shockwave aveva caricato dentro Laserbeak, seppe cosa doveva fare. Proprio come aveva immaginato: il fatto che gli Autobot non avessero dato peso alla fuga della sua assistente ora gli stava permettendo di fuggire dopo aver trovato la loro base.
 
“C’è stato un incidente di percorso ma le cose sono andate per il verso giusto… e meglio verrà!” pensò, tramortendo Bulkhead con la scarica elettrica di uno dei suoi tentacoli. Con l’umano fu sufficiente un colpetto, e già quello gli fece fare un bel volo.
 
«Stai lontano!» esclamò Ratchet, indietreggiando nel vederlo avvicinarsi. Il suo intento sarebbe stato raggiungere la pulsantiera per inviare un SOS, ma non fece in tempo e venne tramortito a sua volta.
 
“È stato fin troppo facile” pensò Soundwave.
 
Prima di iniziare l’interrogatorio, gli Autobot gli avevano detto che dalla Nemesis non avrebbero avuto alcuna speranza di rintracciarlo, questo grazie agli scudi nuovi che avevano installato, e infatti Soundwave non riusciva a mettersi in contatto con la Nemesis; non che fosse un problema, dal momento che Shockwave aveva inserito le coordinate dell’astronave dentro Laserbeak, che gli Autobot avevano un Ponte e che, in ogni caso, al suo ritorno la Nemesis avrebbe ripreso a muoversi.
 
Sparì nel Ponte trascinandosi dietro Ratchet poco prima che Bulkhead, che era un demolitore e di conseguenza molto coriaceo, iniziasse a riacquistare i sensi.
 
«Cosa…» borbottò, cercando di rialzarsi nonostante sentisse il processore pulsare in modo sgradevole nella sua testa «Soundwave» ricordò, sgranando le ottiche e barcollando «Soundwave si è… Ratchet?» si guardò attorno «Ratchet?!»
 
Vide che Fowler era ancora a terra, vide che la base non era stata danneggiata, tutto quel che mancava erano Soundwave e Ratchet. Poteva significare solo una cosa, ossia che Soundwave per qualche motivo avesse deciso di rapirlo.
 
«Optimus, riesci a sentirmi? Abbiamo un problema grosso, Soundwave si è liberato e ha preso Ratchet!» esclamò il demolitore nel comm-link «Optimus, mi senti?!»
 
 
-crrr- Sì, ti ho sentito. È l’ultima cosa che doveva succedere!... riusciremo a recuperare Ratchet, hai la mia parola, ma intanto devo chiederti una cosa importante: riesci a vedere i segnali di Arcee e Bumblebee sui monitor?
 
 
«Sì, Optimus» confermò il demolitore «Il segnale di Bumblebee risulta anche più forte di quello di Arcee! Potrebbe essere ferito!»
 
 
Apri un Ponte Terrestre alla loro posizione e una volta che lo avranno attraversato aprine uno anche per me e Magnus: la Decepticon Justice Division è qui, Ultra Magnus è stato colpito da una valanga, se anche Bumblebee è ferito è il caso di rientrare prima che succeda dell’altro.
 
 
«Sissignore!»
 
 
 
 
 
 
 
 
“Dobbiamo cercare di uscire” pensò Arcee, gettandosi più di un’occhiata dietro le spalle mentre si aggirava nei meandri del centro di ricerca.
 
Se fossero stati vehicons comuni la sua reazione sarebbe stata molto diversa, così come se lei e Bumblebee avessero dovuto affrontare “solo” Starscream o un altro dei soliti ufficiali Decepticon, ma trovarsi ad affrontare i due membri più grossi della Decepticon Justice Division -e un altro piccolo, ma sempre più grosso di lei- da sola e con Bee ferito era impensabile. Benché la femme Autobot fosse nota per la sua impulsività, c’era una differenza fondamentale tra questa e la voglia di suicidarsi trascinando un compagno con sé.
 
«No!..» esclamò rendendosi conto che lei e Bumblebee avevano imboccato una via che li aveva condotti a un corridoio senza uscita.
 
«--Non è detto che sia finita, non arrendiamoci--» disse Bumblebee «--O comunque cerchiamo di vendere cara la pelle--» aggiunse poi, sentendo i passi dei loro inseguitori farsi sempre più vicini.
 
«Da Autobot quali siamo» disse Arcee, preparandosi a sparare. Non era felice all’idea di venire terminata quel giorno ma, conscia del lavoro che faceva, sapeva che il rischio c’era sempre. Il suo compagno non poteva proteggerla di continuo, era qualcosa che lei non voleva nemmeno.
 
«--Da Autobot quali siamo--» ripeté Bumblebee.
 
La luce di un Ponte Terrestre si aprì dietro di loro, e subito dopo riuscirono a sentire Bulkhead parlare nei loro comm-link.
 
 
-crrr- …trate nel Ponte, Optimus ha dato l’ordine, presto!
 
 
“Se Bulk ora riesce a contattarci vuol dire solo una cosa, ossia che il sincrotrone è stato portato via mentre noi scappavamo” pensò Arcee, entrando nel Ponte con Bumblebee senza farselo ripetere due volte “Abbiamo fallito!”
 
Il Ponte si chiuse dietro di loro appena prima che Vos, il più piccolo e dunque più veloce tra i tre della DJD presenti nel centro di ricerca, svoltasse l’angolo.
 
«Come? Sono spariti?! Aaah» sbuffò Tesarus «Io volevo festeggiare il mio ritorno in squadra tritando qualcuno».
 
Vos fece notare che il fatto che gli Autobot fossero riusciti a comunicare per farsi aprire un Ponte significava che l’essere inutile -alias Starscream- e i vehicons rimasti erano riusciti a portare via il sincrotrone, che invece prima disturbava le loro comunicazioni, e che dunque la loro presenza aveva permesso il completamento della missione.
 
«Non hai tutti i torti» ammise Helex con un sospiro.
 
«Mi auguro che a Tarn sia andata meglio. Non mi ha permesso di affrontare Specter perché anche secondo lui sono ancora convalescente-»
 
«Non è “secondo lui”, Tesarus, tu sei ancora convalescente» lo interruppe Helex.
 
«Dunque il minimo che possono fare è riuscire a prenderlo» concluse l’altro Decepticon «Anzi, ora lo informo subito del fatto che gli Autobot se ne sono andati da qui dentro, così domando. Tarn» disse Tesarus nel comm-link «Gli Autobot che c’erano qui dentro sono fuggiti ma Starscream e i vehicons sono riusciti a portare via il sincrotrone. Da voi come va?»
 
 
Siamo a poca distanza dal centro di ricerca e fuori non c’è nessuno, dunque immagino che anche Optimus Prime sia scappato. Per il resto sapevo del sincrotrone, Lord Megatron mi ha informato. Mi ha anche informato del fatto che il medico degli Autobot sarà ospite nella Nemesis per qualche tempo e che dunque nessuno di voi deve ucciderlo nel caso se lo trovi davanti.
 
 
«Feccia Autobot nella Nemesis?!» poiché Tarn non era lì a contestare le sue cattive maniere, Helex sputò per terra «Puah. Per quale ragione?»
 
 
Sempre per l’Omega Lock, pare che Shockwave e Knockout da soli non riescano a stabilizzare l’energon sintetico e che quel che si conosce della formula sia dovuto a quel medico. Portate pazienza, una volta che avrà fatto quel che deve fare credo che Lord Megatron non avrà problemi a lasciarlo alle nostre cure.
 
 
«Almeno questa è una buona notizia. E… Specter?»
 
 
Sarò completamente onesto nel dirvi che siamo stati costretti a ritirarci – rispose Tarn, tutt’altro che felice.
 
 
«Ma come?» protestò Tesarus, piuttosto indignato e temporaneamente dimentico del fatto che quella non fosse una grande idea «Perché vi sie-»
 
 
Potrei concludere il discorso dicendoti che l’ho trovato opportuno, e tu dovresti ritenerlo sufficiente – lo interruppe Tarn – Ma credo non sia un male rendere tu e Helex consapevoli del fatto che qui, relativamente a poca distanza dalla nostra posizione, sono presenti delle montagne troppo alte che abbiamo visto poco tempo fa in una certa parte di una certa costellazione, mentre cercavamo una certa campana.
 
E quindi no, grazie – concluse Nickel.
 
 
«Aspettate, intendete le montagne che abbiamo visto dalla strega? Qui?!» si stupì Helex, che all’improvviso non si sentì più tanto sicuro di quel che aveva attorno «Com’è possibile?! Tarn, non è che siamo ancora dentro-»
 
 
No, non ci siamo!... A breve si aprirà un Ponte e torneremo alla Nemesis, confido che i disturbi di frequenza in quel posto impediscano eventuali dirottamenti.
 
 
«Se Specter è andato in mezzo a quelle montagne c’è la possibilità che ci siamo liberati di lui e del suo compare, magari» sperò Helex.
 
 
Non ci contare troppo, Helex: la mala erba non muore mai… a meno che riesca a falciarla io. Torniamo nella nostra astronave, signori, qui abbiamo finito.
 
 
 
 
 
 
.:: nel frattempo, Hangar E ::.
 
 
 
 
 
 
«… e quando mi sono risvegliato Fowler era a terra, Soundwave se n’era andato e Ratchet non c’era più» concluse Bulkhead «Ma per quale motivo avrebbero dovuto rapirlo? Vogliono scambiarlo con qualcosa? Vogliono-»
 
«In considerazione di quel che stanno cercando di costruire in questo momento io credo che Megatron possa averlo fatto rapire per qualcosa di inerente all’Omega Lock» disse Optimus con tono grave «Forse c’è di mezzo l’energon sintetico… Ratchet è stato quello che ha sintetizzato la formula incompleta».
 
«Dobbiamo tirarlo fuori da lì il prima possibile, e spero che nel mentre riesca a prendere tempo» disse Fowler «Non possiamo permettere che la Terra venga cyberformata, su questo siamo tutti d’accordo!»
 
«Assolutamente» confermò Optimus «Dobbiamo trovare un modo di rintracciare la Nemesis. Ad aver avuto l’accesso che ha Spectrus alle loro informazioni, saremmo già lassù».
 
«Se avessimo trovato noi per primi il prioniano che lo accompagna è quel che sarebbe successo» disse Ultra Magnus, a riposo dopo essere stato colpito dalla valanga «Forse. O forse ci avrebbe mandati a morire di proposito».
 
«Temo che la seconda sia più plausibile» sospirò Optimus, ricordando quel che Bustin gli aveva detto.
 
«Qui le cose vanno sempre peggio su tutti i fronti» commentò Arcee con aria cupa «Vedo tutto molto incerto».
 
Optimus Prime rimase in silenzio. Sapeva che la sua compagna aveva ragione e sapeva anche che quella frase non era stata detta per dargli la colpa di qualcosa, però lui si sentiva responsabile ugualmente, e il peggio era che pur sapendo cosa voleva fare non aveva idea di come. Si sentiva perso più di quanto fosse disposto ad ammettere con chiunque, in primis con se stesso: troppe variabili, troppe persone pericolose mentre loro erano sempre meno. Arcee non era la sola a vedere tutto incerto.

«Forse per la Nemesis potrei domandare a Rafael, che è più competente di informatica di quanto sia io» ammise Optimus senza alcun problema.

Bulkhead si fece avanti. «E per il ragazzo? Per Smokescreen?»

«Per lui... temo che non ci resti altro da fare se non aspettare».

 
Gli sguardi sconfortati che vide non erano altro che un riflesso del suo.
 
 
 
 
 
 
.:: Qualche ora dopo, altrove ::.
 
 
 
 
 
 
Quello che ospitava Dreadwing e Spectra, ormai in movimento costante, sembrava uno di quei boschi fatati che tanto avevano fatto sognare la ragazza fino a relativamente poco tempo prima, uno di quelli in cui non sarebbe parso troppo strano incrociare una creatura mitologica o un principe a cavallo e in cui lei si sarebbe divertita a vagare senza farsi problema alcuno lasciando che fosse la mano del destino a guidarla.
 
«Forse è meglio andare verso sinistra. Che dici?»
 
Ora invece a guidarla -sebbene si curasse di essere d’accordo sulla direzione da prendere- era la mano di Dreadwing, saldamente allacciata alla sua.
In un altro frangente, e magari senza un matrimonio con un altro mech di mezzo, quell’atmosfera avrebbe potuto quasi essere adatta a una passeggiata romantica al chiaro di luna con dichiarazione d’amore annessa; tutte cose che comunque per una ragione o l’altra non attraversavano il processore di nessuno dei due, almeno non a livello cosciente.
 
«Immagino che vada bene. Sai meglio di me dove trovarli, credo che nonostante tutto da quando sei arrivato sulla Terra tu sia andato in giro più di me!»
 
«Io però senza farfalle di mezzo» replicò con un sorriso l’ex secondo in comando «Nonostante tutto non posso fare a meno di ricordare l’espressione di Lord… di Megatron quando è tornato nella Nemesis dopo la tua sparizione, ma anche quando sei tornata qualche tempo dopo. Con me si lasciò sfuggire qualcosa di simile a “Quella femme scompare e appare dal nulla come uno spettro”».
 
«Quando mi sono allontanata non pensavo di finire a perdermi o che di questo si sarebbe dispiaciuto qualcuno» disse Spectra «Venire a sapere il contrario o che qualcuno si ricorda di me mi stupisce sempre, non saprei dire come mai… anzi no, non è vero, in realtà lo so: è che non capisco perché qualcuno dovrebbe fare una o l’altra cosa. Anche nelle mie precedenti missioni credo che la gente vicina a quelli che Spectrus… da cui lui mi faceva trovare e che poi ha…» “Terminato, perché era così che andava, loro venivano con me senza sentire ragioni e lui li ha terminati tutti, tutti-”«Si sia dimenticata in fretta di me, almeno che io sappia».
 
«Credo che il punto della questione sia proprio in quel “che io sappia”. Secondo me ti ricordano molte più persone di quanto tu cre-»
 
Un colpo di cannone laser decisamente potente colpì Dreadwing in pieno su un fianco, facendolo crollare a terra con una ferita non da poco. Spectra gridò, si chinò sul Decepticon ferito, e quando volse lo sguardo a sinistra incontrò quello gelido dell’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere lì e che allo stesso tempo aveva sempre immaginato di poter incontrare da un momento all’altro: Spectrus Specter, suo fratello.
 
«Ci hai fatto caso, sorellina? Rovini la vita di tutti quelli ai quali ti attacchi come la parassita che sei».
 
Era vero.
Era una parassita che rovinava la vita a chiunque incontrasse, a chiunque facesse il grave errore di voler avere a che fare con lei. Quante volte lo aveva pensato in quel periodo?
Quella era la conferma. Spectrus, con le sue parole e le sue azioni, aveva dato voce ai suoi pensieri in modo perfetto.
Soundwave era stato ferito dal suo comportamento -per quanti buoni motivi lei potesse avere- e non solo, Dreadwing era in ginocchio e perdeva energon, e Starscream… iniziava a darsi in parte la colpa perfino di quel che lui aveva cercato di farle. Forse era stata lei col suo atteggiamento a portarlo al punto di fare quel che aveva fatto, tentare di forzarla alla connessione due volte ed essere punito per questo in entrambi i casi, nel secondo da lei stessa.
Lei era un essere inutile, anzi, era utile solo se si trattava di fare del male alle persone: era senz’altro quello che le riusciva meglio, c’era qualcosa di orrendo in lei, di malvagio, come Spectrus.
Non era ancora come lui ma rischiava di diventarlo, aveva avuto ragione a pensare anche quello.
 
«S-Spectra… scappa, Spectra, scappa!» esclamò Dreadwing, digrignando i denti nel cercare di rialzarsi.
 
Curiosamente la giovane femme si trasformò e fece proprio come Dreadwing le aveva detto, allontanandosi più velocemente che poteva; non perché contasse di più salvarsi la pelle che il pensiero di Dreadwing ferito, non per paura, ma per una speranza.
Le parve di sentire un “Da te tornerò più tardi” precedere il rumore sordo di un pugno, e capì che la speranza in questione si era realizzata.
 
“È me che vuole” pensò, sentendo i passi di Spectrus avvicinarsi rapidamente “Se mi insegue e mi uccide magari nel frattempo Dreadwing riuscirà a salvarsi”.
 
Poco tempo prima si era posta una domanda che riassunta era “Se Spectrus mi trovasse e mi terminasse, ma Dreadwing si salvasse, sarebbe una cosa così brutta?”.
Quando avuto quel pensiero non era stata in grado di darsi una risposta, o forse si era rifiutata di ascoltarla, ma in quel momento non aveva dubbi: la risposta era “No, anzi, sarebbe la cosa giusta”. Come si era detta quella sera, Dreadwing e gli altri erano guerrieri Decepticon, erano abituati a vedere la gente morire per mano loro e non, dunque se ne sarebbero fatti una ragione e si sarebbero accorti rapidamente che un mondo senza di lei era molto, molto migliore. Una parassita in meno, una preoccupazione inutile in meno.
Spectra sentiva di aver già fatto abbastanza del male e aver contribuito a farne in un modo o nell’altro, sentiva di poter diventare come Spectrus e non intendeva lasciare che succedesse. Doveva mettere fine a quella storia, dunque doveva “mettere fine” anche a se stessa.
 
Giunta al centro di una piccola radura si fermò e si trasformò. C’era la luna, c’era dell’erba morbida e c’erano perfino quegli animaletti minuscoli e luminosi che in teoria si chiamavano “lucciole”. Era un bel posto per morire, anche meglio di quanto avrebbe meritato.
 
«Hai già smesso di correre?»
 
Sentendo la voce di Spectrus, Spectra si voltò a guardarlo. «Sì».
 
«Ripaghi così la volontà di tenerti in vita che aveva quel povero idiota? Che dire, se non altro non sei ingrata solo con me».
 
«Come ci hai trovati, Spectrus?» domandò Spectra, con una certa stanchezza nella sua giovane voce.
 
«Il tuo datapad personale» rispose semplicemente l’altro.
 
«Capisco».
 
Spectra non si scompose nemmeno vedendolo tirare fuori la spada, né oppose resistenza quando lui utilizzò la punta per sollevarle il mento.
 
«Questa tua poca voglia di vivere mi sorprende quasi quanto mi ha sorpreso sapere che sei fuggita con un mech il giorno dopo averne sposato un altro. Qualcosa da me hai imparato, dopotutto».
 
«Io non voglio diventare come te» disse Spectra «Non volevo che tu morissi e volevo che avessi una possibilità di andare via a fare la tua vita da un’altra parte, almeno una te la dovevo, anche perché sono così stupida da volerti ancora bene, ma oltre al passato e al CNA non voglio avere niente in comune con te».
 
«Invece abbiamo in comune proprio quest’ultimo desiderio» la contraddisse Spectrus «Ed è proprio per questo che mi secca abbastanza dire quel che sto per dire: “hai compiuto un’azione meschina quasi degna del sottoscritto! Molto brava, Spectra. Molto brava”».
 
«Smettila» mormorò la femme, con le ottiche lucide e le mani che tremavano.
 
«Spectra, solo Spectra esiste, solo Spectra e i suoi sogni di “ammmore”: dopo tutto quello che ho fatto per te, tu mi hai voltato le spalle per sposare un Decepticon, uno di quelli che hanno fatto saltare la testa di nostra madre…»
 
«Quello fu Starscream, non S-»
 
«È un Decepticon anche Soundwave, dunque fa differenza?» ribatté Spectrus «Prima che tu muoia voglio che tu sappia questo: per quanto non ti volessi bene, quando siamo arrivati qui non pensavo di terminarti. Avevi fatto quel che ti avevo chiesto nel corso del tempo, quindi avevo pensato di sbolognarti a un qualche Autobot che ti prendesse come compagna e basta. Tu avresti avuto il compagno che volevi, io mi sarei liberato della zavorra e sarebbe stata una vittoria per tutti, ma tu no! Tu hai deciso di tradirmi, tu hai deciso di mandare a puttane i nostri rapporti per sposare un mech che conoscevi da un mese e con cui, oltretutto, ora nemmeno stai! Non vuoi diventare come me? Di sicuro sei già altrettanto egoista. La sola differenza è che io lo ammetto».
 
Era difficile per Spectra capire quello che stava provando. Era un miscuglio di tutto e di nulla, tra un incubo e il risveglio, tutto molto ovattato. Sentiva sprazzi di emozioni agitarsi al di sotto di quella sottospecie di “calma”, cose che cercavano di portare le sue gambe a scattare per fuggire, ma quel che invece la stava tenendo ancorata lì era più forte. Non trovare alcunché da ribattere alle accuse di Spectrus riguardo il suo egoismo e la sua ingratitudine era un altro buon motivo per cui quella faccenda doveva finire, perché lui portava già abbastanza distruzione in giro e non c’era proprio bisogno di un’altra Specter ad aiutarlo.
 
«Mandami offline. Almeno uno di noi due non farà più male a nessuno» disse Spectra, guardando il fratello dritto in faccia «Se devo davvero diventare come te preferisco finire così, perché non posso accettarlo».
 
«Farsi terminare pur di non accettare l’idea di essere in grado di fare del male non è coraggioso, è un atto di codardia proprio degno di te, sorellina».
 
Spectra abbassò la spada del fratello in modo che fosse in corrispondenza della Scintilla. «Lo so».
 
Sentì un dolore acuto al petto, le gambe cedere e qualcosa di caldo scivolare giù lungo il suo addome insieme alle lacrime lungo le sue guance.
 
“Mi dispiace per tutto quello che ho causato. Mi dispiace”.
 
Mentre cadeva all’indietro le parve di sentire del caos, dei colpi di cannone laser e qualcuno che la chiamava, una voce femminile conosciuta ma non fu in grado di capire chi fosse, e riuscì solo a chiedersi se fosse reale o meno.
 
Poi, più nulla.
 
 
 
 
 
 
 
 
“Uccidi”
 
Nel processore di Tarn, generalmente affetto da una quantità di pensieri più grande di quella che sarebbe stato sano avere, c’era posto per quella sola parola.
 
“Uccidi”
 
L’immagine che aveva ancora davanti alle ottiche era quella dei brevi istanti in cui aveva visto Spectra abbassare la lama della spada fino alla Scintilla, le sue lacrime quando questa era penetrata e il volto inespressivo di Spectrus Specter, Spectrus Specter-
 
UCCIDI!”
 
Come in un sogno molto lucido annegato in un oceano di furia omicida affondò le dita nel braccio di quel mostro che Spectra aveva chiamato fratello, strinse, lo sentì sfrigolare tra le due mani e lo strappò via.
All’inizio gli aveva sparato col doppio cannone a fusione e non l’aveva colpito, ma forse era meglio così. Sparargli non gli bastava, voleva farlo a pezzi con le proprie mani.

Il suo nemico non rimase fermo a farsi smembrare, lo sentì sparargli più volte col laser del braccio che gli era rimasto. Erano colpi forti ed erano stati assestati in alcune delle parti più vulnerabili della sua armatura, Tarn se ne rendeva conto e si rendeva conto di essere stato ferito, ma non gli importava niente: aveva usato l’ultima briciola di vero raziocinio per ordinare a Nickel di occuparsi di Spectra -non che ce ne fosse stato bisogno perché, come Vos che avrebbe dovuto occuparsi di sollevarla, il suo medico di bordo si era mosso un nano click prima di ricevere il permesso- e non ne aveva più per qualsiasi altra cosa.
 
Riuscì ad afferrare l’altro braccio di Spectrus, quello con cui gli stava sparando, e strinse di nuovo. Quella bestia stava urlando qualcosa ma lui non capiva né gli importava capire, e diede uno strattone che portò via l’arto quasi del tutto.
 
«… uccisa! Se ti avesse detto “no” l’avresti fatta fuori tu stesso, ipocrita del cazzo!»
 
Un ricordo.
 
 
 
“Le ho detto di staccare i recettori audio. Le parlerò una volta che l’avrò portata nel vostro alloggio, spero con buoni risultati”. 
“E se non dovessero essercene?”
La sua alla domanda di Nickel fu qualche secondo di completo silenzio. 
 
«Spectra, ora io devo chiederti una cosa» disse, percependo chiaramente attraverso i pollici le pulsazioni della Scintilla della giovane «Allo stato attuale, ora che abbiamo parlato, pensi di riuscire a capire e accettare il tutto?»
Se avesse risposto di no il suo sarebbe stato un atto di pietà, si ripeteva: un atto di pietà.
 
 
 
Un colpo potentissimo dritto sul suo volto gli annebbiò la vista, tutto quel che sentì per qualche istante fu un fischio acuto. A quel colpo ne seguì un altro, poi un altro ancora, e quando una delle sue ginocchia toccò terra riuscì a ritrovare un po’ di controllo.
 
Aveva l’altro braccio di Spectrus in mano ma la sua iconica maschera era andata, la ferita causatagli da Grimlock vorn e vorn or sono si era riaperta diventando anche più profonda, non vedeva ancora in modo chiaro e il dolore alla testa non era da poco, ma cercò comunque di rialzarsi e sollevò il cannone a fusione per sparare a uno Spectrus mutilato, col volto in parte devastato -o così parve a Tarn- a rivelare che l’aveva colpito con la testa e che nonostante le condizioni in cui si trovava stava correndo via tenuto in piedi dalla forza della disperazione, o forse dalla cattiveria.
 
Non riuscì a colpirlo, tutto quel che ottenne fu buttare giù un paio di alberi e vedere Specter sparire nel folto della vegetazione. Lui però non intendeva lasciarselo sfuggire, non un’altra volta. Le tracce di energon non gli avrebbero permesso di perderlo di vista, poteva permettersi di inseguirlo sapendo che c’era già chi si stava prendendo cura di Spectra: aveva visto Vos e Nickel scomparire all’interno di un Ponte. Era una scelta che i possibili dirottamenti rendevano rischiosa, infatti avevano raggiunto il bosco con un’astronave della Nemesis, ma se Nickel aveva preso quella decisione poteva essere solo perché aveva capito che in caso contrario Spectra non ce l’avrebbe fatta.
 
«Tesarus!» esclamò nel comm-link «Com’è la situazione?»
 
 
Vos e Nickel sono arrivati, Nickel è in infermeria con Specter femmina. Ho l’impressione che sia conciata peggio di quanto fossi io – commentò il grosso Decepticon, delicatissimo come suo solito – Specter maschio?
 
 
«Non è ancora offline ma intanto ha detto addio alle braccia» disse Tarn rialzandosi «E la caccia non è finita».
 
 
Bene! E Dreadwing?
 
 
«L’ho lasciato a Helex e Kaon» rispose Tarn.
 
Non erano capitati in quel bosco per caso: se erano giunti lì era stato proprio perché era stato Dreadwing a contattare Kaon, che nel loro gruppo si occupava delle comunicazioni, direttamente nel comm-link. Era stato il secondo in comando dei Decepticon, di conseguenza aveva anche quel contatto privato.
Kaon aveva subito riferito il tutto a Tarn ipotizzando che forse potesse essere l’ennesima trappola ma lui, appena il suo tecnico aveva finito di parlare, aveva disposto tutto per la partenza immediata -decidendo di lasciare Tesarus nella Peaceful Tiranny causa convalescenza- senza neanche avvertire chiunque altro oltre alla sua squadra. Non era una trappola, l’aveva sentito in ogni fibra del suo corpo tecnorganico: Spectrus era in quel bosco, aveva attaccato Dreadwing a sorpresa e dunque Spectra era in gravissimo pericolo.
Quando erano arrivati avevano trovato Dreadwing in piedi e barcollante, ma Tarn aveva visto le tracce dei due Specter, quindi non se n’era curato se non per dare a Helex e Kaon l’ordine di occuparsene. Lord Megatron l’aveva messo nella Lista tra i bersagli prioritari, e oltretutto non era stato in grado di proteggere Spectra, quindi era indubbio che meritasse la terminazione.
 
Aveva seguito quelle tracce correndo come se Unicron in persona l’avesse inseguito, con Vos in modalità fucile in mano e Nickel a volargli accanto, era arrivato sul posto, aveva attaccato, eppure c’era la possibilità che non fosse abbastanza. Da tempo non credeva più in alcun dio, ma se l’avesse fatto avrebbe pregato con tutta l’anima perché lei si salvasse. Era quel che desiderava di più in assoluto, al pari della morte di Spectrus o anche di più.
 
«Tarn!» esclamò Helex, arrivando di corsa sul posto insieme a Kaon «Stai bene?! Dreadwing ci è sfuggito e-»
 
«Non pensate a lui! Specter è danneggiato» disse il Decepticon, lasciando cadere a terra il grosso braccio nero e blu del suo nemico «È l’occasione buona».
 
«Lilleth-» avviò a chiedere Kaon, venendo bruscamente interrotto.
 
«Se ne sta occupando Nickel. Noi dobbiamo seguire Spectrus Specter e terminarlo una volta per tutte» disse Tarn, mettendosi in marcia «La vita di quell’essere immondo finirà oggi!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Correndo mentre farfugliava la sequela di bestemmie più lunga di tutta la sua esistenza e trovandosi a maledire la propria grande stazza per la primissima volta nella sua vita -se fosse stato più piccolo sarebbe stato più semplice trovare dei nascondigli in caso di bisogno- Spectrus Specter riuscì comunque a trovare sufficiente lucidità per chinarsi e raccogliere della terra morbida e umida con quel poco e niente che restava delle sue braccia. Quella avrebbe tamponato le ferite almeno in parte e avrebbe reso più difficile la caccia a Tarnlandia. Sapeva che Tarn non era da solo, aveva sentito le voci di almeno altri due del gruppo, il che non migliorava la sua situazione.
 
Corse ancora. I passi dei suoi inseguitori dietro di lui erano abbastanza distanti ma il solo fatto di riuscire a sentirli era pericoloso, specie pensando che il suo obiettivo era arrivare alla Jackhammer e riuscire a decollare prima che loro gli posassero nuovamente le ottiche addosso. Pensare alle ottiche altrui fece sì che per un attimo si focalizzasse sulla sua ottica sinistra, o meglio, quel che ne restava: era quasi del tutto cieca, e non poteva essere altrimenti visto che adeso quella parte della sua faccia era massacrata proprio come quella di Tarn. Almeno a quel problema contava di ovviare presto… se fosse sopravvissuto.
 
«Posso sopravvivere a questo e ad altro» ricordò a se stesso in un sibilo.
 
Era stato costretto a dirsi che sarebbe sopravvissuto. Da quanto era che non gli capitava? Quando era stata l’ultima volta in cui si era trovato veramente a essere cacciato e veramente in pericolo, se poi gli era mai successo?
Fino a neanche cinque minuti prima aveva creduto di aver raggiunto uno dei suoi obiettivi primari, oltretutto con la complicità di una “cara” sorella che i sensi di colpa avevano reso così malmessa da rendere il suo tentato omicidio qualcosa di più simile a un suicidio assistito, e adesso invece era mutilato, ferito e doveva assolutamente farsi venire in mente qualcosa. Avrebbe anche voluto capire come avesse fatto la DJD ad arrivare lì di botto, ma a quello avrebbe pensato in seguito.
 
“Un momento. Io ho in mente qualcosa” pensò, dopo aver ricordato che un diversivo, o qualcosa che poteva essere usato come tale, lo aveva già.
 
«Nano malefico» disse nel comm-link «Riesci a localizzare il mio segnale?»
 
 
Forte e chiaro, anche troppo. L’amico di tua sorella ti ha ferito?
 
 
«No, ma ho parte di Tarnlandia dietro di me e ho bisogno di una mano, o anche due. Sì, in effetti....» fu costretto a reprimere il principio di una risata isterica decisamente non da lui, segno che l’accaduto non lo stesse lasciando indifferente «Avrei davvero bisogno di due braccia in più» represse la seconda risata isterica e fece un breve sospiro nervoso «Libera Bernie e spingilo verso la mia attuale posizione».
 
 
Mi mancherà, era il mio spettatore preferito nonché l’unico di voi due che si prestasse a provare gli oggetti da recensire che mi mandano – sospirò Bustin – Ma anche le cose belle hanno una fine, giusto?
 
 
La comunicazione tra loro terminò così. I tamponi improvvisati di terra sembravano anche reggere discretamente, dunque c’era anche molto meno energon a gocciolare in giro, e Spectrus, dopo una leggera deviazione dal percorso, tornò a dirigersi verso la Jackhammer con rinnovato vigore.
 
 
 
 
 
 
 
 
«“Now let's skip the tears and start on the whole, y'know/ Being dead thing!”»
 
Smokescreen non capiva molto di quello che stava succedendo, per non dire che non capiva affatto. Tutto quel che sapeva era che uno dei suoi carcerieri, precisamente Bustin, lo aveva liberato, gli aveva tolto la vernice dai sensori ottici e aveva aperto il portello della Jackhammer.
 
«“ You're doomed, enjoy the singing/The sword of Damocles is swinging”…»
 
La giovane ex guardia d’élite, meno imbottita di sedativi rispetto al solito ma non del tutto lucida, aveva fatto... quel che c’era da aspettarsi da qualcuno non proprio lucido, per l’appunto: aveva visto la via verso la libertà e l’aveva imboccata senza riflettere.
Non capiva neppure perché Bustin dopo averlo liberato gli stesse sparando -a lui o, piuttosto, vicino a lui per farlo muovere?- o perché in quell’occasione stesse cantando con particolare “passione” quella stramaledetta canzone che lui, dopo averla sentita troppe volte nel corso della prigionia, aveva imparato a odiare con tutto se stesso.
 
«“You're/You're gonna be fine/On the other side”…»
 
Corse, inciampò varie volte e ne cadde altrettante, ma trovò sempre la forza di rialzarsi e continuare. Si sentiva così pesante, voleva così disperatamente riuscire a contattare gli altri e tornare alla base! Non desiderava nient’altro al mondo se non rivedere qualcuno dei suoi compagni, chiunque. Il suo comm-link però era distrutto, la sua scatola vocale danneggiata, quindi anche volendo gridare “Aiuto” non avrebbe potuto. Ma poi, c’era davvero qualcuno che potesse sentirlo?
 
A un certo punto i colpi laser di Bustin smisero di arrivare. Gli sembrò di distinguere un “DIE! YOU'RE ALL GONNA DIE! YOU'RE ALL GONNA DIE!” che faceva sempre parte della canzone, ma era piuttosto distante e in seguito non sentì più nessuno cantare.
 
Osò sperare di averlo semplicemente seminato.
Le speranze da sedativi erano così ingenue.
 
Continuò ad avanzare per un altro po’ prima di iniziare a sentire una voce.
 
«… sentito un rumore, viene da là! Scommetto che Specter è andato da quella parte, quel bastardo».
 
“È uno dei miei compagni?” pensò Smokescreen, caracollando verso quello che il suo desiderio di tornare a casa e la poca lucidità rendevano una potenziale fonte di aiuto invece che un probabile pericolo mortale.
 
Capì di aver fatto un errore quando, sbucando da dietro due alberi, trovò davanti a sé un mech rossastro con due antenne Tesla sulle spalle che lui non riconobbe nemmeno, ma col simbolo dei Decepticon ben visibile sull’armatura.
 
«Cos-?! Un Autobot?... dev’essere la giornata del due al prezzo di uno!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Il datapad era a terra e attivo. Da esso Spectrus riusciva a vedere distintamente le immagini trasmesse dalla microcamera che tempo addietro lui e Bustin avevano installato addosso a Smokescreen; era stato un lavoretto pulito e più semplice di quello che invece aveva portato a compimento da solo e riguardava sempre quel giovane Autobot. Se non ricordava male era stato il giorno in cui il nano era andato a prendere quelle camicie orrende e aveva rincontrato l’altra nana per la prima volta.
 
Spectrus aprì uno scomparto e da esso lasciò cadere un telecomando che raddrizzò con un leggero colpo di un piede. Sul datapad vide Kaon avvicinarsi a Smokescreen e mettergli le mani addosso. Sarebbe stato meglio che quel ragazzo fosse morto circondato dai suoi compagni, nel calore della nuova base, scioccamente convinto di essere in salvo. Inizialmente l’idea di Spectrus era stata quella, ma poi si erano messi in mezzo la DJD, la sfortuna, il destino. 
smokescreen non avrebbe fatto una bella fine, e in fondo non meritava una morte così brutta e dolorosa per mano della DJD, giusto?
 
«Spectrus il misericordioso» commentò, conscio del fatto che nelle sue azioni c'era tutto tranne misericordia, e premette col piede l’unico pulsante presente sul telecomando. Avrebbe potuto farlo fare a Bustin, ma farlo personalmente, anche e soprattutto perché senza braccia, era tutt’altra cosa.
 
Una sola carica esplosiva del compianto Wheeljack poteva far crollare una miniera, e Spectrus dentro Smokescreen ne aveva messe ben cinque: quattro negli arti e una all’altezza del petto.
L’esplosione che seguì fu tremenda, e pur essendo abbastanza lontano fu raggiunto da vari detriti, dal boato che lo assordò per più di qualche attimo e dalla luce delle fiamme che si stavano propagando in tutta l’area; se il clima in quei giorni fosse stato più secco, quel bosco sarebbe diventato una succursale dell’Inferno.
 
 
Ora Bernie è diventato veramente un Bernie, e forse anche il tecnico di Tarnlandia nonché miglior cliente di PornHub – sentì dire Bustin nel suo comm-link – I motori sono accesi. Ti direi di cercare di darti una mossa ma non c’è bisogno, giusto?
 
 
«Decisamente no» replicò Spectrus.
 
 
 
 
 
 
 
 
«KAON!» urlò Helex, lanciandosi in mezzo alle fiamme e agli alberi che cadevano per recuperare il compagno di squadra orrendamente ferito «Tarn!...»
 
Quando avrebbe avuto fine quella giornata da incubo, quando?, si chiedeva Tarn, il cui modulo cerebrale non aveva ancora assorbito del tutto quel che era appena successo. Un attimo prima le cose sembravano essersi messe decentemente, aveva creduto veramente di poter finalmente mettere un punto alla questione Spectrus, e adesso il bosco era il fiamme, uno dei suoi uomini era messo malissimo e gli era parso di sentire Kaon chiamare “Autobot” il tizio che era esploso. Non ci voleva molto per unire i puntini e comprendere che non era stato casuale veder spuntare un Autobot imbottito di esplosivi in un momento in cui Spectrus era stato messo alle strette.
Nonostante tutto non si sarebbe aspettato una cosa simile, aveva creduto di aver capito con chi - no: con cosa - aveva a che fare e invece era stato sorpreso ancora una volta, com’era abitudine degli Specter.
 
«Occupati di lui!» ordinò Tarn a Helex «Cerca di tornare nella nostra nave o nella Nemesis, chiama qualcuno, io…»
 
“Devo continuare la caccia”.
 
Helex comprese perfettamente. «Fallo secco. Prendilo e fallo secco».
 
Tarn per tutta risposta annuì e, guidato dai recettori uditivi che avevano avvertito in lontananza il vago rumore del motore acceso di un’astronave, partì in quarta. Un albero infuocato gli cadde addosso, ma il bruciore che sentì quando riuscì a bloccarlo con le mani era una delle tante cose che quella sera non gli importavano proprio, insieme alle ferite subite in precedenza che si facevano sentire, e lo spinse via. Non intendeva arrendersi, non quella sera.
 
 
 
 
 
 
 
 
«Guarda nano: senza mani!»
 
«Ah… ma allora quando dicevi di avere bisogno di due braccia in più intendevi in senso letterale» osservò Bustin.
 
Non erano molte le volte in cui a Bustin era capitato di vedere un transformer conciato così male reggersi ancora in piedi. Da quel che restava delle braccia doveva essere fuoriuscito parecchio energon, la testa di Spectrus e la faccia sfrigolavano ogni tanto, l’ottica sinistra era del tutto andata o poco meno, aveva l’aria di chi cercava di contenere un momento d’isteria e barcollava il giusto, eppure eccolo lì, senza mollare e senza essersi trattenuto dall’assestare alla DJD un colpo di coda.
 
“Come direbbe Ryuuk il dio della morte, questo Specter è proprio… uno spasso!” pensò il minicon, guardandolo attraversare il portello della nave. Avrebbe giurato che sarebbe crollato a terra ma non fu così, anzi, si mise a sedere con la schiena dritta e fece un lungo sospiro.
 
«Nano, dopo avrò bisogno-»
 
«Di una mano» completò Bustin mentre chiudeva il portello e dava il via alle procedure di decollo. La Jackhammer si sollevò in aria.
 
«Grazie al fatto che il buon Wheeljack viaggiasse da solo abbiamo gli attrezzi per le riparazioni e anche il suo braccio destro. Sei capace di riattaccarmelo?»
 
«Di mio non sono un medico, però so seguire le indicazioni e ho la mano ferma. Tu sei capace di darmi le indicazioni per farlo?»
 
«Sì» rispose Spectrus, poggiando la schiena contro la parete metallica. Il tampone improvvisato di terra aveva ceduto quasi del tutto, dunque il pavimento si stava riempiendo di fango azzurro luminescente «Cerchiamo un luogo riparato e-»
 
«Frollo!» esclamò Bustin, avvistando Tarn che usciva dagli alberi e riuscendo a eseguire una brusca virata a destra appena in tempo per evitare che la nave fosse colpita dal cannone del Decepticon.
 
«Speravo che l’esplosione avesse coinvolto anche lui ma sarebbe stata troppa grazia! Dobbiamo andare via da qui!»
 
Salirono ulteriormente di quota ma Bustin vide Tarn alzare entrambe le mani, e capì subito che non era un gesto casuale.
 
“Allora è così che hai spento la tua nave quando l’ho dirottata, vero Glitch?” pensò il minicon, che decise di cambiare strategia e scendere giù in una violenta e improvvisa picchiata.
 
«Cosa CAZZO
 
«Salvo la pelle a entrambi!» esclamò Bustin.
 
La manovra che eseguì subito dopo impedì lo schianto contro il terreno, ma lo schianto contro Tarn fu quasi altrettanto terrificante: era stato come aver colpito una piccola montagna molto dura. Dopo l’urto però riuscirono a far risollevare la Jackhammer e, finalmente, a volare via.
 
«Non credo che dovremo affrontare altro per oggi» disse il minicon.
 
«Non potevi sparargli invece di andargli addosso?» domandò Spectrus, cercando di rialzarsi dal pavimento.
 
«Io penso che l’effetto sorpresa abbia evitato che la Jackhammer si spegnesse sotto i nostri piedi. La voce non è il solo modo che ha per disattivare qualcosa a distanza, credo di aver avuto la conferma questa sera e… ah» commentò Bustin, notando una spia rossa sul display del computer di bordo «Mi spiace dirtelo ma non possiamo lasciare la Terra con questa nave. Il modulo per l’iperspazio è andato».
 
«È un problema minore» rispose Spectrus «Perché io non intendo assolutamente lasciare questo posto prima di aver fatto dell'altro. Se pensano che quel che è successo possa fermarmi si sbagliano di grosso» affermò con forza il mech, cercando di contrastare l’inizio di un mancamento «Anzi! Porterò loro via tutto quel che hanno di più caro o farò sì che succeda, non importa quanto tempo o quali mezzi dovrò impiegare. Sono ancora vivo, ho ancora la mia spada, il mio cervello e te, quindi non è finita. Non è finita».
 
Bustin non replicò. «Già, com’è che hai ancora la spada? Non hai nemmeno provato a infilzare Frollo?»
 
«La stavo usando per uccidere mia sorella e forse ci sono riuscito, ma Frollo mi ha sparato, quindi l’ho rimessa a posto per sparargli a mia volta più agevolmente. Non che sia servito, quella bestia non sentiva dolore, pareva quasi in trance… ma sbattergli in faccia le conclusioni che ho tratto ascoltando quel che Spectra mi ha raccontato vari vorn orsono gli ha fatto abbassare la guardia per un attimo» fece una breve pausa «Mi è andata bene. Mi secca ammetterlo ma è così, anche se continuo a considerare un fallimento buona parte di quel che è successo. Sai, quello che non capisco è come siano arrivati qui».
 
«Dopo averci riflettuto un po’ho concluso che possa essere stato l’amico di tua sorella, Dreadwing se non sbaglio. Non ci sono state comunicazioni in entrata nel computer della Peaceful Tiranny ma da quel che so lui è stato secondo in comando: può darsi che avesse il contatto privato del comm-link di uno di loro» ipotizzò Bustin «Non mi viene in mente altro. In questo caso sarebbero arrivati qui per colpa di un nostro errore di valutazione».
 
«Meglio che sia andata così per demerito nostro che per merito… altrui…» borbottò Spectrus «Nano-»
 
«Mi occupo delle ferite, sì. “You’re welcome!”».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel buio e nel fumo che oscurava il cielo e la visuale, Tarn iniziò lentamente a rialzarsi.
 
“Ho fallito”.
 
Non riusciva a vederla in altro modo. Aveva assestato al suo nemico un colpo non da poco e gli era stato restituito, non avevano terminato Dreadwing, e quanto a Spectra…
 
 
 
“Per primo venne il fuoco, il sangue per secondo, terza la tempesta che al quattro annega il mondo…”
 
 
 
La scena che si era trovato davanti e l’aveva fatto scattare, la spada di Spectrus conficcata nel petto di Spectra dopo che lei l’aveva abbassata: lui l’aveva già vista.
Era una delle tante cose che aveva visto quel maledetto giorno in cui lui e il resto della sua squadra avevano affrontato i famigerati tredici passi alla fine del gioco della strega. Se l’era trovata davanti adulta, lei l’aveva pregato di non lasciarla lì da sola, ma lui -con la morte nella Scintilla e volendo disperatamente credere che fosse un’illusione- era andato avanti lo stesso… e l’aveva vista morire senza poter fare niente, neppure tornare indietro.
Quando l’aveva rivista sulla Terra aveva capito di non averla lasciata a morire, era viva, era lì, era fisicamente a posto, quindi si era illuso di poter dire “scampato pericolo”, ma si era sbagliato. Come per le montagne troppo alte in Antartide, quel che gli era stato mostrato dalla strega non si era trattato di un’illusione e basta: era stato un frammento del futuro.
 
Lì Spectra era morta, poteva davvero sperare di essere riuscito a cambiare il corso degli eventi?
 
«Tesarus… apri un Ponte».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Avere cento braccia: riuscire a fare tutto;
Ryyuk, che Bustin ha citato, è un personaggio di Death Note.


E anche oggi Smokescreen lo liberiamo doma- ah, no. Perdono, Prime.
CHE DIRE
!
Spero che a Kunoichi_BeastKnightress sia piaciuta la parte in cui Spectrus le ha prese, gliel’avevo… beh, non dico promessa, ma quasi xD
Mi auguro che il capitolo sia risultato comprensibile, nel caso abbiate bisogno di chiarimenti su questo o quello potete tranquillamente scrivermi.
 
Grazie a chi legge, chi recensisce, chi apprezza e anche a chi vorrebbe picchiarmi come se fosse un Tarn qualunque col suo Spectrus di fiducia. Alla prossima,
 
 
_Cthylla_

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Capitolo 19
*** 19 - Tra sogno e realtà ***


È venuto lungo anche questo, più di 6500 parole, quindi vale l’avvertenza del capitolo precedente. Vi avviso anche che non è prevista azione qui, è molto Spectra-centric, ma in fin dei conti con l’azione ho già dato abbastanza l’altra volta. Buona lettura, e grazie a chi sta seguendo questa storia!
 
 
 
 
 
 
 
19
(Tra sogno e realtà)
 






 
 
 
 
 


 
Una luce accecante costrinse Spectra a socchiudere le ottiche poco dopo averle aperte, abituandosi gradualmente all’ambiente. In fin dei conti quando aveva chiuso le ottiche per l’ultima volta era buio.
 
“Quindi è così una volta offline...”.
 
Si guardò attorno, anche se in realtà non c’era molto da vedere: si trovava su una sorta di “isola” in pietra, tra le rovine di un antico edificio pieno di archi e colonne, e tutt’intorno non vedeva altro eccetto un infinito specchio d’acqua piatto come una tavola.
 
“Un’eternità da sola? Mi aspetta questo? Allora forse ho fatto peggio di quanto avessi pensato” pensò “Se mi tengono lontani anche i morti”.
 
«Spectra?»
 
Aveva sentito quella voce solo una volta tempo addietro, ossia quando aveva sognato il giorno della sua nascita -o l’aveva ricordato? Era ancora insicura sulla natura di certi suoi sogni, nonostante tutto- ma, com’era ovvio che fosse, non sarebbe riuscita a dimenticare la voce di Sparkleriver Specter.
 
Dopo oltre un mese passato nella tristezza, nel rimorso, nell’incertezza e nell’angoscia, dopo una vita intera passata a convivere con una malinconia subdola, latente e costante data dall’essersi sentita sempre poco utile, poco sveglia, poco bella e poco tutto, la giovane femme era totalmente e indiscutibilmente felice. Lo era in un modo in cui non si era sentita nemmeno quando si era sposata.
 
Ci si sarebbe potuti aspettare una riunione di famiglia con più lacrime di commozione, ma quando Spectra corse ad abbracciare sua madre non pianse, anzi, fece una risata di pura gioia che contrastava abbastanza col sorriso triste sulle labbra di Sparkleriver.
 
«Lo speravo! Ho sperato tanto che una volta terminata avrei... sono contenta di vederti, mamma» disse Spectra.
 
«Io avrei preferito che ci conoscessimo di persona in una circostanza diversa, sono sincera» ammise l’altra femme accarezzandole la testa «Però anche io sono contenta di poterti abbracciare».
 
«Adesso avremo tutto il tempo, vero?» domandò Spectra.
 
Forse per una volta nella sua esistenza aveva preso la davvero decisione giusta.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Aiutami ad aiutarti, E CHE CAZZO!» esclamò Nickel.
 
Erano passate oltre quarantotto ore dal momento in cui lei e Vos avevano portato Spectra nella Peaceful Tiranny, e in quel lasso di tempo il medico di bordo della DJD non aveva avuto un momento di pace.
Benché Helex avesse intelligentemente portato Kaon nell’infermeria della Nemesis -sapendola impegnata con un altro membro della squadra che era messo male, alias Spectra stessa- Nickel stava passando quelle ore in uno stato di costante tensione. Era riuscita subito a capire l’entità del danno alla camera Scintilla di Spectra, grave ma, nonostante ciò che sembrava all’inizio, senz’altro meno di quanto fosse stato quello di Tesarus, ed era assolutamente sicura di aver seguito tutte le procedure corrette; eppure ogni volta che si convinceva di essere riuscita a stabilizzarla ecco che i parametri tornavano a precipitare al punto da rendere quasi “rabbiosi” i segnali acustici delle macchine a cui era attaccata.
 
Proprio come stava succedendo in quei minuti.
 
Che in certi casi volontà del paziente facesse la sua parte nello scampare o meno la morte non era solo una leggenda metropolitana, Nickel era medico da parecchio tempo e lo sapeva bene, ed era proprio per quella ragione che riusciva a vedere come nel caso di Spectra la volontà ci fosse, sì: quella di andare offline una volta per tutte.
 
«Questa testardaggine dovresti usarla nell’altro senso» sbottò la minicon, spostando qualche leva di un macchinario che generava una serie di impulsi elettrici per cercare di mantenere costante l’energia della Scintilla «Giuro che se ti salvi mi sentirai!»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 «Avremo tempo, vero? Sono stata terminata, sono qui per questo… quella cos’è? Una barca? È bellissima!» esclamò Spectra, indicando un’imbarcazione che alla vista sembrava fatta di cristallo «Sei venuta qui con quella?»
 
Fuori la sua situazione era critica, ma lei in quel mondo di sogno -se poi era davvero un sogno- dal tempo tutto suo non se ne rendeva affatto conto, e forse era proprio quella gioia che sentiva a star finendo di trascinarla nel baratro.
 
«Sei curiosa come tuo solito» sorrise Sparkleriver «Sono venuta qui con quella, sì».
 
«Posso salirci su?»
 
«Puoi» concesse la femme «Però mentre facciamo un giro dovremmo parlare un po’, Spectra».
 
«Va benissimo!» annuì lei, entusiasta «Ascolta, papà dov’è? È anche lui qui da qualche parte?»
 
«Lui è un po’più lontano. Quando si è trattato di decidere chi sarebbe venuto qui ha suggerito che fossi io: non perché non desiderasse vederti» chiarì Sparkleriver mentre aiutava Spectra a salire sulla barca «Ma perché nelle fattezze somiglia veramente moltissimo a Spectrus, come sai».
 
«Somiglia a lui, però non è Spectrus. Spectrus non è stato terminato» disse Spectra.
 
La barca salpò senza che nessuna delle due facesse alcunché, scivolando sullo specchio d’acqua immobile nel modo in cui una forbice da sarto scivolava nel tagliare la seta più fine. Spectra si inginocchiò vicino a uno dei bordi e immerse una mano nell’acqua.
 
«C’è tanta pace qui» disse «Mi piace l’idea di restare per sempre. Ad averlo immaginato…»
 
«Ad averlo immaginato avresti deciso di fuggire da prima?» completò Sparkleriver, che ormai non sorrideva più e anzi, osservava la figlia con uno sguardo severo e abbastanza triste nelle ottiche color serenity.
 
L’ambiente circostante rimase immutato ma l’atmosfera sulla barca cambiò improvvisamente. Spectra continuò a tenere la mano nell’acqua. «Non credo di capire».
 
«Io invece penso che tu capisca benissimo, dopotutto non sei una sciocca» ribatté l’altra femme, incrociando davanti al petto le braccia candide  come quelle di Spectra «Io non ti ho dato la vita perché tu la buttassi via come e peggio di quanto stia facendo tuo fratello».
 
«Mi dispiace che tu l’abbia presa male ma è proprio perché stavo buttando via la mia vita e quelle altrui che ho preso la decisione che ho preso, ero convinta».
 
«“Eri convinta”» ripeté Sparkleriver «Se davvero eri convinta, spiegami quell’impulso di scappare… e ringrazio Primus che ci fosse».
 
«Quello non conta, ciò che importa è che io sia andata fino in fondo» replicò la giovane femme.
 
Spectrus le aveva descritto la loro madre come una persona dolce, carina e gentile, ma qualche volta aveva anche detto che era in grado di essere abbastanza schietta. Quello però rispetto al modo in cui si erano salutate all’inizio era un po’più di “abbastanza”.
 
“Perché fa così?” si chiese Spectra, che non provava più tutta la felicità di poco prima.
 
Riuscì a darsi da sola una risposta pensando che nessun genitore sano di mente sarebbe stato felice di sapere che la propria figlia aveva cercato la morte e l’aveva trovata. Riflettendo su questo provò reale dispiacere verso Sparkleriver e anche un certo senso di colpa. Pareva proprio che quello fosse destinato a perseguitarla anche lì.
 
«In ogni caso ormai è fatta» continuò «Almeno uno tra me e Spectrus ha smesso di essere una disgrazia per tutti quelli che lo incontrano anche solo per sbaglio, no? Quindi è meglio così».
 
«Non credo che le altre persone la pensino allo stesso modo».
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«Io pretendo di vedere mia moglie».
 
Soundwave nel corso della sua vita si era trovato davanti ostacoli di ogni genere, tanto come gladiatore quanto come Decepticon, e avendo svariati vorn di vita alle spalle aveva vissuto parecchie situazioni inaspettate, ma fino a due mesi prima non avrebbe potuto neanche lontanamente immaginare che un giorno si sarebbe trovato a dover oltrepassare Tarn per riuscire a vedere una compagna di vita ricoverata nell’infermeria della Peaceful Tiranny.
 
«Pensavo di essere stato chiaro già all’inizio ma a quanto pare sono costretto a ripetermi: il mio medico di bordo non permette neppure al sottoscritto di entrare in infermeria, e purtroppo anche tu puoi sentire il motivo».
 
Sì, Soundwave lo sentiva, il rumore dei macchinari che segnalavano problemi era perfettamente udibile sebbene né le pareti né la porta fossero sottili, ed era proprio per quello che lui avrebbe solo voluto poter entrare.
 
Quando era tornato nella Nemesis col medico degli Autobot ancora tramortito gli era sembrato tutto normale, effettivamente per qualche ora lo era stato davvero, poi nel suo lavoro di sorveglianza era venuto a conoscenza del fatto che Helex della Decepticon Justice Division aveva portato il suo compagno di squadra Kaon nell’infermeria della Nemesis, per di più con una certa urgenza. Già da lì il suo morale abbastanza alto per la missione portata a compimento era tornato giù di botto: se qualcuno della DJD aveva riportato danni del genere era estremamente probabile che fosse opera di Spectrus Specter e, pur avendo quel gruppo di fanatici tutt’altro che in simpatia, era ovvio che Soundwave odiasse l’altro mech molto di più.
Dopo quello non aveva saputo altro per un pezzo, dunque era tornato a occuparsi del suo lavoro notando tra le altre cose che la DJD, prima che Helex portasse il ferito nella Nemesis, aveva preso in prestito una delle loro navicelle piccole. Anche quello però non era un problema, Megatron aveva dato loro carta bianca a riguardo, e non era neppure una novità considerando che anche la DJD si fidava ben poco del proprio Ponte.
 
Forse era stato anche per quello che il suo processore era piombato in una muta confusione quando Megatron era venuto da lui e, dopo avergli domandato a che punto era col lavoro, gli aveva comunicato che Spectra era nella Peaceful Tiranny e per colpa di Spectrus era messa molto male.
 
Da lì in poi lui non aveva capito più niente, ricordava di aver visto muoversi la bocca di Megatron ma non aveva ascoltato una parola, tutto quello che aveva fatto era stato precipitarsi nell’altra astronave come se l’avesse inseguito Unicron in persona. Lui e Spectra avevano grossi problemi, però non significava che i suoi sentimenti per lei fossero svaniti, dunque l’ultima cosa che Soundwave avrebbe voluto era che lei si facesse male! Anzi, se aveva insistito tanto col fatto che tornasse nella Nemesis era stato anche per quello: oltre al fatto che essendo sua moglie doveva stare con lui e non discutere, al di fuori della Nemesis c’erano maggiori rischi di essere attaccata da qualcuno.
 
In quei momenti aveva solo desiderato vederla e poterle stare vicino, diviso tra la speranza che sopravvivesse, l’ansia spaventosa che invece non fosse così e l’odio più che mai profondo verso quello che, ahilui, era suo cognato. Lei era la sua compagna di vita, era normale che si fosse sentito così e avesse sperato con tutto se stesso che non andasse offline prima di essere riusciti a fare pace. Soundwave continuava a non darsi la colpa di nulla -“Se lei non fosse fuggita, se lei fosse tornata quando gliel’ho detto, se Dreadwing non l’avesse manipolata”- ma sapeva che non si sarebbe perdonato facilmente una cosa del genere.
 
Peccato che arrivato davanti all’infermeria si fosse trovato davanti un Tarn fermissimo nel suo intento di non far passare nessuno: era malconcio -era ferito, sporco di energon suo e, aveva supposto Soundwave, altrui- con parte del volto ridotta a un macello, ma la sua scatola vocale stava benissimo e non aveva vacillato un attimo quando gli aveva detto che nessuno, incluso lui stesso, poteva entrare. Il primo pensiero di Soundwave, ben poco razionale in quel frangente e in vari altri ultimamente, era stato provare a toglierlo di torno con la forza, e forse ci avrebbe provato sul serio se Megatron non fosse arrivato dietro di lui stroncando tutto sul nascere.
 
 
 
“Sono certo che quando la situazione di Spectra sarà più stabile avrai il permesso di vederla in quanto suo compagno di vita. Tarn, conto sul fatto che entrambi verremo tenuti aggiornati”.
 
 
 
Si era dovuto accontentare di questo e, sempre conscio del nome di Dreadwing che lui aveva fatto aggiungere di straforo alla Lista, non aveva potuto permettersi di protestare più di tanto quando Megatron gli aveva detto che nonostante l’accaduto non avrebbe potuto lasciar perdere il lavoro e che avrebbe dovuto regolare le visite in base a quello: erano in una fase delicata dunque non poteva stare davanti all’infermeria della Peaceful Tiranny per tutto il tempo, azione che in ogni caso sarebbe stata inutile.
 
«Sono passate oltre quarantotto ore» disse Soundwave «Se dopo tutto questo tempo mia moglie non è ancora stabile allora devo cominciare a pensare che il tuo medico di bordo sia incompetente».
 
«Ritengo Nickel il medico più competente che sia presente su questo pianeta, se la situazione attuale con la paziente è questa significa che le sue condizioni sono più complesse del previsto» gli rispose Tarn con una certa freddezza «Occorre ricordare che la spada che ha ferito Spectra è grande almeno quanto lei».
 
«Lo so» replicò Soundwave, con lo sguardo rivolto verso la porta dell’infermeria.
 
Il senso di impotenza che provava era grande quanto la sua angoscia e la sua rabbia per tutto quel disastro, e altrettanto forte era il suo desiderio di sfogare il tutto in qualche modo. Ad aver avuto Spectrus Specter o Dreadwing tra le mani avrebbe saputo benissimo come fare, ma nessuno dei due era presente, c’era solo Tarn.
Il mech che gli impediva di vedere sua moglie e che aveva avuto Spectrus tra le mani ma non era riuscito a farlo fuori una volta per tutte.
 
«Spero che il medico della tua squadra sia più efficiente di quanto siano gli assassini».
 
Era stata una pessima idea, se n’era reso conto benissimo prima di aprire bocca. Seguì un breve momento di gelo.
 
«Potrei quasi pensare di raccogliere il tuo tentativo di provocazione, ma ho altre priorità» replicò Tarn, indicando la porta con un cenno del capo «E le tue dovrebbero essere simili».
 
Purtroppo quello schizzato fanatico aveva ragione, l’ex gladiatore lo sapeva; sembrava proprio che in quel periodo non potesse evitare di fare pessime figure, anche se era sempre convinto di non aver detto niente di sbagliato nella sostanza.
Le macchine all’interno dell’infermeria smisero di suonare di continuo, segno che l’intervento di Nickel per stabilizzare le condizioni di Spectra era andato a buon fine. Ma per quanto?
 
«Appena cambia qualcosa-»
 
«Lord Megatron ha impartito ordini precisi, non c’è altro da aggiungere».
 
Che non ci fosse altro ad aggiungere era vero, e lui purtroppo doveva tornare alla sua postazione. C’era un prigioniero Autobot da tenere sotto sorveglianza e, benché Shockwave lo facesse già mentre lavorava con lui, un paio d’ottiche in più non facevano mai male. Gli Autobot a volte  sapevano essere insidiosi nella loro poca intelligenza.
 
Dopo un’ultima occhiata alla porta e all’ostacolo che gli impediva di attraversarla, Soundwave si allontanò con la speranza che la voglia di vivere di sua moglie avesse la meglio.
 
Peccato solo che Spectra e la voglia di vivere non fossero particolarmente in sintonia in quel momento.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Mi rendo conto che Soundwave e Dreadwing potrebbero soffrire per la decisione che ho preso, mamma…»
 
Più si andava avanti più quella conversazione diventava difficile. Era morta, non c’era rimedio, dunque perché sua madre si focalizzava così tanto su quello che aveva lasciato indietro, facendo sì che lei lo facesse a sua volta? Non credeva che fosse per il gusto di farla soffrire, però le sfuggiva il senso, non capiva dove Sparkleriver voleva arrivare.
 
«“Potrebbero”? Spectra, uno è il tuo compagno di vita e l’altro sarebbe disposto a mettere in gioco la sua pur di tenerti al sicuro, cosa che sai benissimo» sottolineò l’altra femme «E non pensare che siano i soli a tenere a te a simili livelli».
 
«Sapevo che Dreadwing sarebbe stato disposto a fare più di quanto abbia già fatto, è vero» ammise Spectra «E quel che ha fatto è già molto più di quanto avrebbe dovuto o di quanto meritassi, e il risultato si è visto» disse poi, cupa e preoccupata, ricordando che Dreadwing era stato ferito da Spectrus «È per questo gli ho detto più volte di andare ognuno per la sua strada ma lui non mi è stato a sentire, ed è sempre questo uno dei motivi per cui io… io non volevo che lui vivesse in quel modo per colpa mia, che rischiasse per me e stesse in ansia per me, non era giusto. Adesso ha una cosa in meno di cui preoccuparsi».
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“Che fine hai fatto?”
 
Alla faccia dell’avere una cosa in meno di cui preoccuparsi, quella era la domanda più ricorrente che tartassava il processore di Dreadwing. Solo in una grotta, rattoppato alla bell’e meglio con un kit di pronto soccorso che aveva avuto il buonsenso di intascare quando lui e Spectra avevano abitato nell’Harbinger, in fuga e ancora incredulo per essere riuscito per chissà quale miracolo a scappare dai due della DJD che avevano tentato di “occuparsi” di lui -come aveva ordinato quel mostro di Tarn- alla faccia di quel che gli aveva fatto capire Megatron tempo addietro.
 
“Infame e bugiardo, proprio degno di Starscream, non c’è da stupirsi se lo tiene con sé!” pensò.
 
Non era la situazione più dura che avesse affrontato in tutta la sua esistenza ma era la peggiore da quando era giunto sulla Terra, e oltre a essere in pensiero per se stesso lo era per Spectra, soprattutto per lei. Alla faccia di quel che diceva la filosofia Decepticon riguardo la religione, Dreadwing  pregava ogni divinità più o meno conosciuta per avere sue notizie e perché queste fossero positive, ma ne dubitava sempre più ogni ora che passava e insieme al dubbio crescevano l’angoscia, il senso di colpa e la sensazione di essere stato un completo inetto. Aveva giurato e spergiurato a Spectra che sarebbero rimasti insieme e che l’avrebbe protetta, ma appena si era trovato davanti il pericolo maggiore per lei, alias Spectrus, era stato abbattuto subito, e lei adesso non rispondeva ai suoi tentativi di contatto.
 
“Forse è per questo che mi hai detto più volte di andare ognuno per la propria strada, avevi capito che non sarei stato capace di mantenere la parola neppure provandoci” pensò amaramente “Che fine hai fatto?”
 
L’ultima volta che lui l’aveva vista era scappata via proprio come le aveva gridato di fare, e aveva visto Spectrus andarle dietro poco dopo. Utilizzare il contatto privato del responsabile delle comunicazioni della Decepticon Justice Division era stata la mossa disperata di un mech altrettanto disperato, con la speranza che l’interesse di quella squadra di macellai -o meglio, del loro capo- verso uno o entrambi gli Specter, per motivi diversi, fosse abbastanza forte da indurli a muoversi in fretta. Era stato così ma quella era stata la sola cosa più o meno “positiva” in tutto quel disastro, e in seguito lui era stato costretto a scappare. Era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, ma Helex e Kaon l’avrebbero terminato e, al di là dell’avere ancora voglia di restare online, da morto avrebbe potuto fare per Spectra ancor meno che da vivo.
 
“Sei ancora viva? Sono riusciti a salvarti o non hanno fatto in tempo?”
 
L’idea che fosse offline era insopportabile, e lui si stava pentendo di tutto quel che aveva fatto nell’ultimo mese: “se non fossimo fuggiti, se fossimo tornati nella Nemesis quando Megatron ci aveva teso la mano e prima che decidesse di mettermi nella Lista, se avessimo cercato il modo di lasciare il pianeta e fossimo andati via come avevo detto di fare”… l’ultima cosa in particolare rappresentava un motivo di rimpianto per lui. A Spectra sarebbe stato bene qualunque posto ma si era resa conto che per lui una scelta simile sarebbe stata solo un “adattarsi” -anche se in ogni caso sarebbe stata una sua decisione e, come sempre, sarebbe andato fino in fondo.
Se quel giorno nel relitto dell’astronave le avesse mentito e le avesse detto che sbagliava avrebbero avuto la possibilità di essere sereni, ma l’idea di mentirle o nasconderle le cose lo disgustava profondamente. Spectra aveva sentito abbastanza bugie per una vita intera, e comunque lui la rispettava troppo per dirgliene.
 
“Cosa devo fare ora?”
 
Si sentiva perso, una sensazione tutt’altro che nuova da quando aveva iniziato la sua vita di reietto che però era resa ancora più acuta dalla mancanza di Spectra. Non era un peso per lui e non lo era mai stata, la sua presenza aveva reso tutto sopportabile fino ad allora. In certi momenti il tutto era stato anche molto più che “sopportabile”, tipo quelli in cui avevano parlato mentre la teneva tra le braccia. Aveva avuto delle relazioni in passato ma erano state sempre brevi, sempre più “fisiche” che altro perché la sua vita da militare non gli aveva concesso molto altro né si era messo d’impegno a cercarlo, nulla a che vedere con la fiducia reciproca che riteneva si fosse creata con quella femme. Non che loro due avessero una relazione, naturalmente: lui era un reietto ma era ancora un mech d’onore, lei invece non era una reietta ed era una donna sposata, e comunque nessuno dei due pensava all’altro in quel senso.
Giusto?
 
“Non è il momento dei castelli in aria, non è mai il momento per quelli” concluse bruscamente.
 
Avrebbe pensato a una qualche prossima mossa, avrebbe continuato a cercare di avere notizie di Spectra, ma in quel momento tutto quel che poteva fare era mettere ordine nel suo processore, per il bene di tutti quanti.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Dici così, Spectra, “una preoccupazione in meno”» ripeté Sparkleriver «Ma tu come hai preso il fatto che il tuo compagno di vita non abbia dato minimamente peso a certe tue scelte né a come ti sentivi a riguardo? E come hai preso il fatto che lui continuasse ad agire di conseguenza, o provarci, perché “ha ragione e basta”?» domandò «Mi risulta che non ti sia piaciuto e ti sia sentita trattata come una persona stupida, l’hai ritenuta una mancanza di rispetto vera e propria e ti dispiace che lui non l’abbia capito e non lo capisca ancora».
 
Spectra, ora seduta vicino al bordo della barca che continuava a vagare, annuì. «Sì, è così... non era tutto il problema, perché poi c’era anche la questione del vedermi rovinata e di volermi “sistemare”, ma quello che hai detto tu è il motivo che mi ha allontanata da lui all’inizio».
 
«Bene. Ora ti faccio una domanda: ritieni Dreadwing uno stupido?»
 
«No!» esclamò Spectra, sgranando gli occhi «Ovvio che no, non potrei mai pensare una cosa del genere! Lui è una persona fantastica, è solo che su certe cose non… non è uno stupido, è un ufficiale Decepticon, so che fuggire con me e continuare a starmi vicino era stata una sua scelta e che conosceva i rischi» disse «È che quando si trattava di me Dreadwing ragionava in un modo che lo metteva in pericolo, e io volevo solo… volevo solo che stesse un po’più al sicuro, volevo eliminare il problema, almeno… così, lui…»
 
La giovane femme ammutolì rendendosi conto che tutto quel discorso suonava spiacevolmente familiare: seppure con un esito diverso, si era comportata con Dreadwing in modo molto simile a come Soundwave si era comportato con lei. Aveva ritenuto poco lucido Dreadwing riguardo lei stessa e i rischi che aveva scelto di correre e aveva deciso di rimuovere il problema -ergo togliersi di mezzo- indipendentemente da come la pensava lui; Soundwave, ritenendola poco lucida riguardo Spectrus, aveva cercato a sua volta di togliere di mezzo il problema, ed era molto probabile che l’avesse fatto esattamente per gli stessi motivi.
 
«Non ci credo» mormorò, prendendosi il viso tra le mani «Ho fatto con Dreadwing la stessa cosa che Soundwave ha fatto con me… e che avessi buone intenzioni non conta, se Soundwave ha sbagliato allora ho sbagliato anche io, e non solo non ho capito come Soundwave potesse aver preso quella decisione, ma ho anche fatto soffrire Dreadwing più di quanto credevo!»
 
“Dicevano che non ero come Spectrus? Forse hanno ragione, oltre che a essere un’idiota sono perfino peggio!
 
«Spectrus almeno deve pensarci, a come fare del male alla gente, io invece per riuscirci dovevo solo comportarmi normalmente! Aveva ragione lui… aveva ragione lui!»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Da quando Soundwave se n’era andato era passata qualche ora, e in quel lasso di tempo Tarn aveva perso il conto delle volte in cui aveva sentito i segnali d’allarme delle macchine nell’infermeria, unico rumore a spezzare il silenzio totale di quel freddo corridoio nella Peaceful Tiranny.
 
Le condizioni di Spectra non avevano fatto altro che precipitare, tornare stabili e precipitare di nuovo da quando era stata ricoverata, ma non poteva dire di aver fatto l’abitudine a quei segnali. Ogni volta era come le prime, ogni volta temeva che fosse l’ultima nonostante gli sforzi di Nickel, ed era anche per quel motivo che lasciava la sua postazione davanti all’infermeria solo per andare a sincerarsi delle condizioni dell’altro membro ferito della sua squadra, ossia Kaon. Farlo era il dovere di un buon comandante, oltre che una sua precisa volontà.
 
“Lui era messo male ma per fortuna si è stabilizzato subito, lei invece-”
 
Il rumore, finito da pochi secondi, era ricominciato di nuovo. Era un inferno senza fine, il prosieguo di quel che aveva visto dalla strega che si mescolava con i ricordi di una parte della sua vita che avrebbe voluto solo dimenticare ma che continuava imperterrita a tormentarlo.
 
“Lei invece vuole morire”.
 
Nel ricordare il modo in cui Spectra aveva abbassato la spada di Spectrus all’altezza della Scintilla, nel pensare all’espressione sul suo viso mentre l’aveva fatto, Tarn non poteva fare a meno di pensare a se stesso, o meglio, alla seconda delle sue precedenti “versioni”. Ricordava benissimo cosa significava provare il desiderio di farla finita: in effetti lo ricordava talmente bene da fargli venire il sospetto che, nonostante le modifiche al suo corpo e alla sua intera vita, quello fosse ancora lì, sepolto da qualche parte.
Ricordava perfettamente come ci si sentisse a non avere punti di riferimento, a non avere chiaro il proprio posto nel mondo e uno scopo che desse un’utilità all’esistenza, a non avere un luogo e delle persone da chiamare “casa”… o a credere di non averne, che non era poi così diverso.
 
 
 
“Lilleth credeva che non ci ricordassimo di lei! L’ha proprio detto, ‘Vi ricordate ancora di me, non ci pensavo’, Tarn, ti rendi conto?”
 
 
 
Quando Kaon gli aveva riferito quel particolare aveva dovuto ammettere a se stesso di essere rimasto più colpito del previsto, era stata più o meno come una stilettata; non perché quel che lei aveva detto o il modo in cui gli aveva sorriso facesse pensare che li avesse dimenticati, ma perché quella frase gli aveva suggerito che Spectra non si desse abbastanza importanza perché loro la ricordassero. O anche solo abbastanza importanza da voler continuare a vivere, considerando quel che era successo in seguito e che lui non era riuscito a evitare.
Se solo fosse stato più veloce…  
 
 
 
“Spero che il medico della tua squadra sia più efficiente di quanto siano gli assassini”.
 
 
 
Aveva risposto a Soundwave in un altro modo, ma il primo pensiero era stato “Sono sempre più efficienti di te come marito”. Si poteva dire che evitargli quella frecciata fosse stato da parte sua l’unico atto di pietà che avesse intenzione di concedere a Soundwave da lì in avanti, e solo perché aveva il buongusto di essere molto preoccupato per la moglie. Non poteva dire di non capirlo.
L’idea di condividere qualcosa con lui gli seccava ma era indubbio che il loro stato d’animo in quel momento si somigliasse moltissimo. Da dopo l’esperienza vissuta dalla strega e ancor di più quando purtroppo aveva visto avverarsi quelle illusioni riguardo Spectra, si era reso del tutto conto di come il desiderio e la volontà di tenere al sicuro quella femme, di vederla vivere serena, felice e ben lontana da pensieri suicidi fossero profondi e del tutto suoi. Che fossero avallati dal fatto che anche Lord Megatron in persona auspicasse una cosa del genere per lei era “solo” una ragione per accogliere in totale coscienza una simile consapevolezza senza esserne in alcun modo spaventato. Lo spaventava molto di più l’idea che quel membro della sua famiglia disperso da troppo tempo potesse spegnersi per sempre, non l’avrebbe meritato, non lei, dei due fratelli non era lei quella che sarebbe dovuta morire.
 
“Se solo fossi arrivato a staccare la testa a Spectrus, invece delle braccia…”
 
I suoi pensieri vennero inevitabilmente invasi dall’altro Specter, e dovette ammettere che in tutta la sua esistenza non ricordava di essersi mai trovato ad affrontare una bestia simile. Non era tanto per una forza bruta, per lui era assolutamente gestibile, in caso contrario non sarebbe riuscito a smembrarlo parzialmente la prima volta in cui era riuscito ad avvicinarsi a sufficienza; il problema era che per prevedere molte delle cose che Spectrus aveva fatto sarebbe servita una sfera di cristallo, e oltre a quello c’era la lucidità che quel grandissimo stronzo -non l’aveva detto ad alta voce, dunque niente ammonimento a se stesso- era sempre riuscito a mantenere anche in quel loro ultimo incontro.
Lui purtroppo non era in grado di fare altrettanto, aveva un’odiosissima tendenza a non reagire in maniera del tutto razionale se messo troppo sotto pressione, difetto che si trascinava dietro da sempre e non era mai riuscito a togliersi di dosso. Era anche per quel motivo che cercava sempre di avere tutto sotto controllo, specie nella Peaceful Tiranny che era il suo piccolo regno, ma il controllo totale delle cose era sempre qualcosa che veniva meno quando c’erano di mezzo gli Specter, nel bene e nel male. La sua testa e il suo volto che pulsavano ancora un po’, sebbene si fosse fatto dare una sistemata veloce da Knockout nell’andare a visitare Kaon, erano una delle tante dimostrazioni.
 
 
 
“Se ti avesse detto ‘no’ l’avresti fatta fuori tu stesso, IPOCRITA DEL CAZZO!”
 
 
 
Strinse i pugni. Ricordare quelle frasi gli aveva fatto un brutto effetto, inducendolo a domandarsi se Spectra, nonostante quel che si erano detti vorn e vorn orsono l’ultima volta che avevano dormito nella stessa stanza, nonostante il sorriso di poco tempo fa e la mano posta sulla sua, si sentisse e si sarebbe mai sentita veramente “a posto” nei suoi confronti… ma quello non era il momento delle paranoie, e in ogni caso l’insicurezza non faceva parte di quella versione di se stesso: era bene ricordarlo.
 
Sentendo il suono dei macchinari interrompersi di nuovo aspettò qualche minuto e decise di bussare. Il viso stanco di Nickel fece capolino dall’infermeria parlava da solo.
 
«Tarn, se si salva io te lo dico: la prendo a schiaffi» dichiarò la minicon «È come cercare di salvare dall’assideramento qualcuno che distrugge i pezzi dell’armatura e fugge per correre in mezzo al ghiaccio. A livello fisico non c’è alcun motivo per cui sia ancora così instabile, dunque la causa è da un’altra parte» disse, indicandosi la testa.
 
«Avevo già iniziato a pensarlo. Arrivati a questo punto allora l’unica persona che possa veramente aiutare Spectra a uscire da questa situazione è… Spectra» disse Tarn, con la massima compostezza possibile «Ti vedo molto provata, sei lì dentro da oltre quarantotto ore ed è notte, dimmi se posso aiutarti in qualche modo».
 
Nickel tentennò un po’ perché era sempre dell’idea di non volere nessuno in infermeria, poi però rendendosi conto di quanto fosse grande la stanchezza che sentiva addosso fece un breve sospiro. «Non lo so, il massimo che mi viene in mente è che potresti svegliarmi nel caso in cui finisca in ricarica senza accorgermene, ci sia bisogno di me e il casino che fanno le macchine non ci riesca di suoi. Senti, sei andato da Kaon anche oggi?»
 
«Certo che sì. È sempre stabile, hanno già cominciato a ricostruirlo e confermo che l’esplosione non ha danneggiato alcun organo vitale, neppure la scatola vocale».
 
«Almeno una mezza buona notizia c’è» commentò la minicon «Vieni».
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Spectrus aveva ragione, l’ha sempre avuta su tutto» continuò Spectra, tenendosi la testa tra le mani «E io ero un mostro!»
 
Non parlava in quel modo per farsi consolare, credeva a quel che stava dicendo: in caso contrario non avrebbe tentato di farsi uccidere.
 
«Spectra, ascoltami bene» disse Sparkleriver, inginocchiandosi accanto alla figlia con un leggero tintinnio degli ornamenti dorati che aveva sulla testa e a pendere sul viso «Hai sicuramente gestito male varie situazioni, preso alcune decisioni molto avventate e altre del tutto sbagliate, ma la malvagità che tu temi di avere non c’entra niente».
 
«Ho fatto soffrire delle persone, mamma, qualunque cosa facessi sembrava finire così e io non volevo che questo succedesse».
 
«Tutti quanti nella vita finiamo per far soffrire gli altri almeno una volta, anche senza volerlo. Quello che conta è evitare di farlo di proposito o riconoscere i comportamenti che portano a questo e correggerli. La cattiveria non è quel che tu e Spectrus avete in comune, di tante cose che lui ha fatto di proposito a te non passerebbe per la testa neppure l’idea. O vuoi dirmi il contrario? Spectra, dopo tutto quello che ha fatto tu riesci a volergli ancora bene, dimmi chi è che sarebbe capace di fare la stessa cosa!»
 
«N-non lo so, forse… tu?»
 
Sparkleriver scosse vigorosamente la testa. «Ma nemmeno per idea».
 
«No?» si stupì Spectra.
 
«No. Il fatto che mi comportassi in modo gentile e affettuoso con chi ai tempi sembrava meritarlo non significa che fossi disposta a voler bene a chi mi aveva fatto del male. La mia tata Valka, che era un bel tipo -per darti un’idea, aveva tirato su due nipoti capacissimi di combattere per gioco con degli orsi- mi ripeteva sempre “Non lasciare che gli altri ti facciano ingoiare il loro energon esausto, blyat!”».
 
«Ci credi che ho capito il significato di quella parola anche se non l’avevo mai sentita?»
 
«Tranquillamente. È la potenza del dialetto kostrobnese» annuì Sparkleriver «Per capirsi: che certe cose vengano dalla tua famiglia, biologica o acquisita che sia, non significa che tu debba accettarle per forza o pensare che siano vere. In un mondo giusto la famiglia dovrebbe essere sempre un rifugio dal male, ma questo non è un mondo giusto, dunque quando è il caso di tagliare bisogna farlo. C’è di buono che a volte si può trovare il “bene” nei posti più impensati, bisogna solo imparare a vederlo e ad assumersi certe responsabilità. Quel che tu e Spectrus avete in comune è di non esservene presa alcuna, per motivi diversi, con intenti diversi, ma è quel che è successo. Questo però non fa di te un mostro. Se lo fossi stata pensi che quegli ufficiali Decepticon, dunque non i primi sciocchi che passano per strada, sarebbero rimasti colpiti così in positivo da te?»
 
«Io… non lo so, forse… no?»
 
«Se vuoi l’esempio di come reagiscono a un mostro, ricordati cosa pensano di tuo fratello e fai un breve paragone» disse Sparkleriver «Per evitare di rifare gli stessi sbagli devi solo diventare un po’più consapevole del fatto che ci sono persone che ti vogliono bene e comportarti di conseguenza imparando a rispettarle, se davvero gliene vuoi altrettanto: tutto qui. Purtroppo tu e Spectrus siete attratti dalla distruzione come cyberfalene da una fiamma, ma ricordati sempre che tu al contrario di lui hai molto da perdere».
 
«“Avevo”. Sono morta» le ricordò Spectra «I discorsi che mi hai fatto mi hanno fatto capire diverse cose, e ti ringrazio per questo, però non servono a molto. La decisione che ho preso non mi permette di tornare indietro».
 
«Ora come ora lo faresti, se potessi scegliere?»
 
Spectra si strinse nelle spalle. «Aver parlato con te mi ha fatto capire diverse cose, te l’ho detto. Su alcune questioni mi sento perfino un po’meglio, nel senso… comincia a venirmi il dubbio che forse non sono un mostro, o che comunque non sono del tutto senza speranza» disse «Di sicuro tornerei indietro e chiederei scusa a tutti quanti per il modo in cui mi sono comportata, per non essermi presa certe responsabilità, per non aver fatto caso a certe cose e per non aver pensato a quanto sarebbero stati male. Il pensiero mi metterebbe un po’ di ansia, sono sincera, però sarebbe la cosa giusta» ripensando al alcuni particolari nella conversazione aggrottò leggermente le sopracciglia metalliche «Mamma».
 
«Sì?»
 
«Mi hai detto che Soundwave e Dreadwing non erano i soli che tenevano a me abbastanza da soffrire per la mia morte. Finora sei stata molto chiara, dunque… chi manca nella lista?»
 
«Hai appena parlato di una lista, Spectra. Considerando il modo in cui sei stata salutata, devo veramente dirtelo io?»
 
«No» mormorò lei «Non c’è bisogno. Anche alcuni nella DJD forse potrebbero esserci rimasti un po’ male, è vero. A quanto pare le cose di cui dispiacermi aumentano sempre di più, solo che non posso farci niente».
 
«A dire il vero puoi».
 
«In che senso, scusa?» domandò Spectra, sorpresa.
 
«Pensavi di essere offline ma non lo sei del tutto. Sei in una specie di limbo e ci sono due possibili scelte: restare su questa barca e andare avanti oppure tornare indietro, riunirti alle persone che ti vogliono bene e fare quel che hai detto poco fa» disse Sparkleriver, tornando ad alzarsi in piedi «Cercare di sistemare le cose. Non ti mentirò dicendo che tornando indietro saresti serena e tranquilla, per raggiungere questo obiettivo servirebbero tempo e forza di volontà, però è possibile».
 
«È per questo che abbiamo parlato tanto di quello che ho lasciato indietro, vero? Perché sapevi che se mi avessi detto questa cosa all’inizio avrei scelto di andare avanti con te e basta» comprese Spectra, alandosi in piedi a sua volta «Hai voluto cercare di aiutarmi a riflettere».
 
La decisione era già presa, lo sapevano tutte e due. Passarono qualche istante a guardarsi ancora, nel loro essere così simili in alcuni tratti e così diverse in tanti altri.
 
«Le mamme servono anche a questo» sorrise l’altra femme, abbracciandola «Non ho potuto aiutarti prima, ma adesso… io adesso spero di aver fatto qualcosa di buono ed essere riuscita a evitare che almeno una dei miei figli si rovini la vita sul serio. Non sei la sola a dover fare i conti con gli errori commessi, Spectra, c’è ben poco che sia più democratico della capacità di commetterne».
 
Spectra la strinse forte, affondando il viso nella sottile stoffa rosata del suo vestito. «Non sei una cattiva mamma, sono sicura che hai cercato sempre di fare del tuo meglio. E lo farò anche io».
 
«Promesso?»
 
Spectra annuì. «Promesso».
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Nickel infine era stata vinta dalla stanchezza. Riposava con la testa poggiata su un tavolo lì vicino, con una mano che stringeva un cacciavite l’altra a essere vittima di leggere contrazioni che rivelavano una ricarica agitata.
 
Tarn non si era sentito di svegliarla, era evidente quanto il suo medico avesse bisogno di una dormita, e in ogni caso le condizioni di Spectra sembravano aver finalmente trovato una stabilità. Da quando era entrato nell’infermeria erano passate quattro ore, e lei ormai era tranquilla da tre: in tutto quel tempo non era mai successo.
 
“Se continuasse così potrei perfino azzardarmi a sperare che abbia deciso di non voler morire adesso” pensò.
 
Era ancora seduto dove si era messo quando Nickel si era addormentata, ossia vicino alla cuccetta dov’era sdraiata Spectra. Era cresciuta rispetto a quando l’aveva persa vorn e vorn addietro, era una femme adulta e sposata, ma vederla attaccata a quei macchinari la faceva sembrare indifesa proprio come la bambina che era stata. Gli aveva messo una pena terribile, l’aveva messa a lui che per lavoro riduceva i transformers in quelle condizioni e molto peggio; la legge del contrappasso aveva deciso di colpire per mezzo di un’innocente.
 
Era immobile da ore, ma sobbalzò quando vide le palpebre della giovane iniziare a tremolare, aprirsi, i suoi sensori ottici azzurri farsi più vivi e luminosi nel tentare di metterlo a fuoco.
 
“Mi sono addormentato anche io come Nickel?” fu l’unico pensiero che riuscì a formulare mentre il braccio sinistro di Spectra si sollevava piano e arrivava ad accarezzare la sua nuova maschera; lo fece col dorso della mano, proprio come aveva fatto lui quando l’aveva rivista lì, su quel pianeta, dopo essersi convinto che c’era davvero e che non era una visione.
 
«Tarn?...»

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Capitolo 20
*** 20 - Un altro po’di chiacchiere ***


20
(Un altro po’di chiacchiere)
 






 
 
 




 
 


 
«M-mi… mi dispiace… mi dispiace…»
 
La visuale di Spectra era piuttosto confusa ma era riuscita comunque a riconoscere Tarn, che in modo fermo ma delicato stava stringendo la mano con cui lei l’aveva accarezzato tenendola ancora poggiata sulla maschera.
 
Le parve di sentire un “Non sforzarti” in risposta, poi di vedere dei sensori ottici azzurri e stanchi e delle manine piccole che riuscì in qualche modo a ricondurre a Nickel.
Non era particolarmente lucida e si sentiva come se una schiacciasassi le fosse passata sopra dieci volte, ma continuò a ripetere “Mi dispiace, mi dispiace”, o almeno a provare a farlo con quel filo di voce che riusciva a far uscire. A un certo punto ebbe l’impressione di non star emettendo alcun suono ma continuò a dirlo lo stesso, decisa a far intendere quel suo messaggio e sperare che in futuro sarebbe riuscita a farlo arrivare a tutti, anche a Soundwave e anche a…
 
Dov’era Dreadwing?
 
Continuò a ripetere “Mi dispiace” finché la stanchezza la trascinò nel buio caldo e avvolgente della ricarica.
Aveva proprio bisogno di dormire.
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo vari minuti di tensione,  Tarn permise a se stesso di rilassarsi almeno un po’.
 
«Prognosi?» domandò a Nickel.
 
«Il fatto che si sia svegliata significa che non andrà offline per un altro crollo improvviso. Al momento è in una fase di comune ricarica» rispose la minicon, indicando gli schermi di certi macchinari «Il che è normale. Inoltre ha parlato, il fatto che le sue condizioni mentali non sembrino causarle afasia è positivo anch’esso. Non sono sicura che sapesse dove si trova e con chi…»
 
«Mi ha riconosciuto» disse rapidamente Tarn «Prima che ti svegliassi. Ha detto il mio nome e mi ha toccato il viso, o meglio, la maschera».
 
«Anche questo è un buon segno» annuì Nickel, tornando a guardare Spectra «Però non significa che sia tutto a posto, immagino che te ne renda conto. Dovrò informare il suo compagno di vita che non ho la minima intenzione di farle lasciare questa astronave in tempi brevi, anche se si è svegliata: era vicinissima a finire offline solo poche ore fa, bisogna continuare a seguirla da vicino e in modo costante. Mi auguro per lui che arrivi a capirlo».
 
«Se non ci riuscirà da solo darò il mio contributo perché lo faccia» replicò Tarn «Puoi contare su questo».
 
“Non ne dubitavo guarda” pensò Nickel. «E il colpo che ha preso ha danneggiato parecchio il suo regolatore di temperatura, ho dovuto mettergliene uno nuovo ma ci vorrà un po’perché si installi a dovere. Quando in futuro potrà uscire almeno dall’infermeria consiglierei che lo faccia avvolta in una coperta termica o qualcosa di simile, così che resti più costante».
 
«Sarà fatto. Altro?»
 
«Il mio pensiero non va solo alle sue condizioni fisiche, penso che tu lo sappia già. Eravamo lì tutti e due quando ha cercato di farsi uccidere, perché è di questo che si è trattato, e non vorrei che cerchi di fare il bis» disse la prioniana, schietta come suo solito «Quindi va tenuta d’occhio, ma in tutto questo bisogna cercare di non farla sentire un’invalida pazza senza speranza: peggiorerebbe la situazione. Bisognerebbe anche capire di preciso perché ha fatto quel che ha fatto, sperando che ne voglia o ne riesca a parlare, e partendo da quello cercare di darle dei “punti fermi”. Forse il suo compagno di vita riuscirà ad avere risposte da lei più facilmente?...»
 
«Il compagno di vita dal quale aveva così tanta voglia di tornare da preferire l’idea di correre rischi maggiori restando in qualsiasi luogo non fosse la Nemesis?» commentò Tarn «Si può provare, ma ho qualche dubbio in proposito».
 
«Non sei il solo. A meno che l’altro-»
 
«È stata insieme a “l’altro” per oltre un mese, ormai, e il risultato ce l’hai davanti. Di sicuro non è stato utile» sentenziò il Decepticon «E in ogni caso la persona in questione è nella nostra Lista. Inoltre… se quando ci siamo incontrati giorni fa non fosse stato così svelto a portarla via, ci sarebbero state meno probabilità che lei riuscisse a farsi ridurre in questo modo».
 
«Non dai per scontato che non sarebbe successo».
 
Tarn scosse la testa. «Non si finisce ad avere certi pensieri di punto in bianco, forse nella sua mente quel “qualcosa” sarebbe scattato lo stesso, però avrebbe avuto meno occasioni di provarci».
 
Nickel si chiese se anche il suo comandante fosse stato vittima degli stessi “demoni” anche in situazioni dove altri non avevano cercato di proposito di portarlo a un simile stato. Ricordava le immagini che Bustin le aveva mostrato e anche quello che aveva visto di persona, e non era raro che le vittime di una barbarie come l’empurata -non solo menomate, ma anche trattate come appestate indegne di appartenere alla società o al cosmo stesso- fossero state soggette anche a depressione e tendenze suicide; si poteva dire che ne avessero ben donde. Aver subito una cosa simile spiegava in parte anche la teatralità di Tarn in determinati contesti, mostrando a se stesso e al mondo il cambiamento che aveva fatto, di certo grazie a Megatron. Ecco: quello avrebbe spiegato da cosa derivava davvero così tanta devozione, non solo da un ideale in cui rispecchiarsi ma da qualcosa di molto più personale, alias il pensiero di dovere la propria vita a un singolo individuo… che lo vedeva come fumo negli occhi.
Era una cosa triste quanto pericolosa, ancor più pensando che non era già venuta a galla era solo per qualcosa di molto simile a un favore personale fatto a lei.
 
«Capisco, mi sembra sensato» disse la minicon «Ascolta, tu prima mi hai detto che Kaon si era stabilizzato subito, giusto? Lo è abbastanza da essere trasferito qui? Dato che lei ora è messa così posso e voglio occuparmi anche di lui».
 
«Chiederò conferme a riguardo ma penso che sia fattibile. A petto, braccia, mani e antenne hanno già lavorato».
 
«Alias quel che gli serve per sopravvivere stando almeno seduto dritto e per gli attacchi elettrici, quando si sveglierà».
 
Tarn non negò. «Naturalmente bisogna lavorare anche al resto ma quelle sono le due cose più fondamentali in questo momento».
 
Nickel fece un breve sospiro. «Anche questo ha senso».
 
«Hai detto che non dovrebbe avere altri crolli che potrebbero ucciderla, giusto? Se è così, se ne sei sicura, allora forse è il caso che tu torni a riposare qualche altra ora, o potresti finire ad aver bisogno del medico a tua volta, Nickel» la avvertì il Decepticon «Ho notato che gli orari in cui si fa vivo il suo compagno sono sempre quelli, tu avresti modo di essere presente quando arriverà».
 
«Dici di me, ma tu quanto tempo di ricarica hai fatto da quando lei è qui dentro, se sei mai andato in ricarica -cosa di cui mi permetto di dubitare? Tu sei stato qui davanti per tutto il tempo, se ti sei mosso è stato solo per andare a controllare le condizioni di Kaon» disse Nickel, guardandolo severamente «Ammettilo».
 
«In realtà non è esattamente così, mi sono mosso anche per andare a prendere questo» replicò Tarn, tirando fuori un datapad da uno scomparto «L’amministrazione non poteva restare indietro, dunque tra un crollo e l’altro, tra una visita a Kaon e la successiva, ho cercato di stare in pari. Credo che continuerò anche adesso».
 
«Non credo di voler commentare questa cosa».
 
«Negli ultimi tempi non sono mai riuscito a fare più di due ore continue di ricarica, non fa granché differenza» ribatté  Tarn «E in ogni caso sai già che di mio non dormo granché. L’ultima volta in cui sono riuscito a fare sei ore filate di ricarica è stato...» diede una breve occhiata a Spectra «Qualche vorn or sono».
 
«Ecco un motivo per cui volevi ritrovarla, ti concilia il sonno... basta che poi non debba svegliarvi io di nuovo! D’accordo» cedette Nickel, prima che lui potesse rispondere «Non andrò in ricarica perché non credo sia il momento, ma l’idea di poter fare almeno una breve doccia calda mi andrebbe a genio. Farò presto e ora che dorme non dovrebbe capitare niente, ma se tu vedessi qualcosa che non va-»
 
«Ti chiamerei. Ovvio».
 
Dopo un’ultima occhiata a Spectra, a Tarn e al datapad con la burocrazia, Nickel uscì e in pochi passi raggiunse la propria stanza e poi il bagno. Toltasi tutte le parti di armatura che era possibile rimuovere, accolse il getto di olio caldo della doccia con un lungo sospiro di sollievo.
 
“Spero davvero che si riprendano entrambi” pensò riferendosi a Kaon e Spectra “Se penso che quando Tarn ha deciso di venire qui eravamo tutti convinti che sarebbe stato facile… invece da quando abbiamo fatto rotta verso questo pianeta siamo finiti in un disastro dopo l’altro: prima non riuscivamo ad andare via da Pettinathia, poi abbiamo rischiato di restare intrappolati per sempre dalla strega, e ora ci si è messo quella bestia di Specter maschio… e Bustin”.
 
Forse un giorno sarebbe riuscita a sentirsi indifferente nei confronti dell’altro minicon, invece che arrabbiata e confusa, ma non era quello il giorno. Anche con tutti i pensieri che aveva e con la prospettiva del doversi occupare di due pazienti, non riusciva a impedire che una parte del suo processore andasse a lui, non in senso positivo. Magari non riusciva ancora ad accettare l’idea di essere stata la fidanzata di un testa di cazzo, perché per fare ciò che aveva fatto e stava facendo doveva esserlo per forza.
 
“Magari è diventato così dopo la distruzione della nostra colonia e quando stava con me non… aaah, ma chi voglio prendere in giro?! Mi ha detto in faccia di avermi abbandonata, e Prion in quel momento non era ancora distrutta, se questo non è un comportamento da testa di cazzo non so cosa possa esserlo! Ricordando quel che è successo nella foresta forse è vero che non toccherebbe me, anche in Antartide avrebbe potuto spararmi e non l’ha fatto, ma non cambia il resto”.
 
Certi incubi che aveva fatto -alcuni dei quali ancora perfettamente impressi nella sua memoria dopo vorn e vorn- probabilmente avevano cercato di dirle qualcosa, segno che forse in qualche recondito meandro della sua coscienza aveva sempre saputo di cos’era innamorata ma aveva scelto di non vederlo per vari motivi, in primis che con lei si fosse sempre comportato a meraviglia. Con la sua attuale “famiglia” di assassini più o meno cannibali in fin dei conti stava facendo lo stesso: evidentemente aveva quella tendenza.
 
Finita la doccia e rindossati i pezzi di armatura, tornò ad accantonare -ma non a far sparire, ahilei- immediatamente le sue faccende personali: c’erano dei pazienti che avevano bisogno di lei e che in quanto membri del gruppo avevano la precedenza su qualsiasi altra cosa, sempre e comunque.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
La lucidità di Spectrus non era al cento per cento in quel momento, e tantomeno la salute, sebbene si sentisse decisamente meglio rispetto a prima - un “prima” che ora il suo orologio interno suggeriva essere collocato negli ultimi due giorni.
Aveva iniziato a perdere il senso del tempo poco dopo che Bustin, in seguito alle cure che gli aveva prestato seguendo le sue indicazioni, aveva provato a montare il braccio di Wheeljack. Poco dopo aver iniziato, Spectrus aveva iniziato a sentirsi in un modo che definire “poco bene” era un eufemismo. Se fosse stato una persona meno razionale avrebbe pensato che Wheeljack gli avesse mandato una maledizione dall’aldilà ma, dato che invece era razionale, aveva concluso che tutto ciò fosse imputabile a una qualche infezione.
Di quanto era accaduto in seguito non riusciva a ricordare granché, aveva solo sprazzi di memorie miste ad allucinazioni più o meno lunghe e definite. Inizialmente erano state deliranti, fatte di elefanti rosa con la testa di Bustin che suonavano la tromba, poi erano diventate perfino gradevoli quando aveva sognato di un… matrimonio aperto?... con una nobile, giovane, bella e ricca seeker mai vista prima di nome Redwing, ma poi il tutto aveva preso un’altra piega quando era comparso suo padre.
Ricordava solo alcune parole qui e là…
 
 
 
“Figlio-”
 
“Errore-”
 
“… stringere alleanze, tu invece-… nemici su nemici-”
 
“Fallimento!”
 
 
 
Ma ricordava anche di aver risposto con qualcosa sulla falsariga di “Sei morto, chi se ne frega di te”.
O forse aveva risposto proprio in quella maniera  molto sentita e del tutto onesta rivolta a un genitore per il quale da tempo aveva smesso di nutrire il benché minimo sentimento, e naturalmente non aveva ricominciato ad averne quando aveva saputo che il massacro della sua famiglia non era stato ordinato da Megatron.
Quando aveva rincontrato Starscream per la seconda volta e aveva cercato di farlo fuori gli aveva detto “Per mio padre, per mia madre, per tutta la mia famiglia, ma soprattutto per la MIA vita rovinata a causa TUA”, ma lo sapeva per certo: in quella frase aveva incluso il padre per una questione di rispetto verso il “sangue” -nobile- in comune, non di lui come persona, né tantomeno per una questione d’affetto.
Il sangue era la stessa ragione per cui aveva deciso di non abbandonare Spectra in un cassonetto come avrebbe dovuto fare, in fin dei conti.
A proposito di Spectra, ora che riusciva a formulare pensieri sensati e compiuti poteva constatare di trovare fastidioso il modo in cui il suo destino e quello della sua cara sorella si erano legati anche in quell’occasione: forse l’aveva uccisa, di quello non aveva ancora la conferma, ma anche lui era andato un po’troppo vicino a fare la stessa fine.
Era stato sincero anche quando le aveva detto che condivideva l’idea di non voler avere niente in comune -oltre a quel che purtroppo si ritrovavano a condividere geneticamente- con un’imbecille simile, e anche su tutto il resto, dal giudicarla quale un’egoista ingrata che si fingeva meglio di quel che era al ritenerla una codarda per aver deciso di rinunciare alla vita. A dirla tutta aveva trovato seccante che nel darle quel che secondo lui meritava avesse fatto quello che lei aveva voluto.
 
Avvertendo un movimento alla sua destra voltò la testa in quella direzione.
 
 
“Dori me
Interimo, adapare
Dori me
Ameno Ameno
Latire…”
 
 
Due Bustin quasi sovrapposti erano vicino a lui, avevano un mantello color nero e oro col cappuccio e lo stavano fissando mentre “Ameno” veniva riprodotta in sottofondo.
 
 
“Latiremo
Dori me
Ameno!”
 
 
Riguardo la presenza di un gemello di Bustin aveva qualche dubbio ma non credeva che il resto fosse un’allucinazione considerando che si era trovato davanti quella scena, identica, almeno un paio di volte mentre si trovavano in Messico.
Rigorosamente in piena notte.
 
 
“Omenare imperavi ameno
Dimere, dimere matiro…”
 
 
In quelle occasioni ricordava di aver guardato il suo coinquilino, aver commentato con un “Bah” ed essere tornato in ricarica senza prestargli ulteriore attenzione, stavolta però nonostante la stanchezza non poteva permettersi un lusso simile.
 
«Tu e il tuo gemello dovete piantarla» sbuffò.
 
«Ti pare il modo di trattare tua moglie e tuo cognato?» sospirò Bustin. «Ieri mi hai scambiato per una femme di taglia normale e ho dovuto nascondermi nell’impianto di aerazione, sappilo. Più che altro mi chiedo se davvero sia utile raccontartelo visto che non so come sei messo… quanto fa due più due?»
 
«Quattro. E mi rifiuto di credere di averti scambiato per una femme» aggiunse Spectrus, che avrebbe tanto voluto massaggiarsi la fronte ma, sfortuna sua, senza braccia non poteva farlo «Tantomeno di taglia normale, per diventare alto anche solo come l’ingrata invalida aspirante suicida dovresti crescere di oltre… un te stesso e mezzo…» borbottò, cercando di mettersi almeno a sedere.
 
«Vacci piano, non so se te ne sei accorto ma non sei messo bene» lo avvertì il minicon «Anche se adesso ci sei con la testa… gemello a parte s’intende. Bene, cominciavo a pensare che le medicine non sarebbero bastate, invece stai migliorando».
 
«Che mi sono perso?» domandò il mech, debole a livello fisico ma sempre fermo nella sua volontà di stare al passo.
 
«Niente di nuovo né dai Decepticon né dagli Autobots» disse il minicon, volando a sedersi sulla sua spalla destra «È vero che i Decepticon stanno cercando di costruire un Omega Lock ma non è qualcosa che si faccia in un giorno, né in due o tre, né in una settimana se è per questo. L’unica cosa nuova è che ho capito perché il tentativo di metterti il braccio di Wheeljack ha fatto questo effetto: ho trovato dei residui di colla di valvola che non avevamo pulito! Sono riuscito a fare un paio di analisi».
 
«La DJD allora è passata da Pettinathia una volta o più prima di venire qui» commentò Spectrus «Perché ad appiccicare Wheeljack alla montagna sono stati loro e so per certo che quella roba non è in vendita sul sito di Extranet».
 
«Non sarai al cento per cento ma stai riprendendo a capirmi al volo, potrei commuovermi marito mio!»
 
«Se non la pianti con questa faccenda di marito e moglie e soprattutto di strusciare la testa sulla mia guancia ti prendo a sberle anche se non ho le braccia!»
 
«E se in quel posto magico che è la Florida un uomo senza braccia è riuscito a pugnalare un turista, non stento a credere che possa riuscire anche tu a fare altrettanto» replicò Bustin.
 
Specter alzò gli occhi al soffitto ma non si curò di rispondere, anche perché il nano era effettivamente tornato a stare fermo e composto. «Dici che quella città è ancora in piedi?»
 
«Lo è senz’altro: nel caso abbia bisogno ha un buon sistema di difesa e  una famiglia a dare un po’di sostegno. A proposito di famiglia, cosa mi dici riguardo la tua?»
 
«Morta, se il colpo è andato a segno».
 
«Metti che invece non sia così e che tua sorella sia ancora viva» ipotizzò il minicon «In considerazione dell’averla definita “aspirante suicida”, proveresti ad aiutarla ancora una volta?»
 
Al mech non piacque il termine “aiutarla”, che sembrava ricalcare il pensiero avuto poco prima. «Presumo di sì».
 
«“Presumi”?» ripeté Bustin.
 
Spectrus rimase in silenzio per qualche secondo. «Non ho esitato a infilzarla» disse «Era quel che volevo fare da un pezzo e quindi ho colto l’occasione, sarebbe stato stupido non farlo».
 
«Ma?...»
 
«Ma che lei per prima fosse arrivata a riconoscersi quale l’essere inutile che era e a buttarsi via quasi come se nulla fosse, fa sì che io non abbia potuto trarre particolare soddisfazione dall’ucciderla. Anche adesso all’idea che sia morta penso “Sì, è offline, ok, benissimo, ma non le ho tolto niente di cui le importasse”. Se avesse mostrato più attaccamento alla vita sarebbe stato perfetto, invece così mi viene in mente che nelle condizioni in cui era ridotta le avrei fatto più male lasciandola vivere che sollevandola dalle sue miserie come ho fatto. Se ci penso trovo molto più soddisfacente averla distrutta e averla quindi fatta arrivare a tal punto per “paura di fare del male agli altri e diventare come me” che l’averla -forse- terminata in sé. Capisci che intendo?»
 
«Il destino peggiore per una persona non è sempre la morte, se questa persona non capisce il valore di una vita ben vissuta e crede di non avere niente da perdere: su questo non ci sono dubbi» concordò il minicon «Quindi?»
 
«Quindi, che sia morta o viva, sarebbe inutile perdere altro tempo con quella deficiente. Per il momento. Se ne riparlerà nel caso, oltre a essere ancora viva, in futuro riesca a essere felice e io venga a saperlo» concluse Spectrus, costretto a socchiudere gli occhi per un capogiro «Io invece devo iniziare a pensare a qualcosa che alla fine di tutto comprenda una nave per noi» continuò Spectrus «Fosse anche temporanea prima di procurarcene una nuova. Il modulo per l’iperspazio di questa non è riparabile, così mi dicevi. Voglio che colpisca anche più gente possibile, e possibilmente dev’essere anche qualcosa che faccia molto male a quel coso violaceo con i mini Megatron a corrergli nel processore al posto degli heliocriceti».
 
Il pensiero di Bustin corse alla registrazione di Megatron che aveva fatto ascoltare anche a Nickel, e proprio per Nickel scelse di continuare a fingere di non possedere nulla del genere.
Se avesse deciso di giocare quella carta sarebbe stato tutto ridicolmente semplice, perché quel che Spectrus aveva immaginato qualche tempo prima si sarebbe avverato quasi di certo: un omicidio generalizzato/suicidio a opera di Tarn, con buona pace di tutti -o meglio, con buona pace sua e di Spectrus. Il problema era che una cosa simile avrebbe finito per coinvolgere anche Nickel, e provare a rapirla prima avrebbe solo generato problemi obbligandolo a tenere anche lei legata in uno sgabuzzino proprio come il compianto Bernie, cosa che Bustin non voleva affatto.
 
«Io direi di stare a vedere come si mette la situazione e starcene buoni fino a quando ti sarai ripreso, avrai di nuovo un nuovo braccio e avrai preso dimestichezza con la nuova parte del corpo, Specter, perché qualunque cosa tu voglia fare dovrai essere fisicamente a posto… o a posto per quanto possibile. Vedi ancora il mio gemello?»
 
«Ne vedo due, tra un po’avrai più cloni tu di quanti ne avesse Cell, e che per colpa tua ormai conosca Dragon Ball Z abbastanza da citarlo è preoccupante».
 
Magari era preoccupante anche il fatto di riuscire ad ammettere a se stesso, ma soprattutto davanti a un’altra persona -ossia Bustin- di non essere in condizioni di fare questa o quella cosa. Da un lato era meglio per il suo fisico, che in caso contrario avrebbe sottoposto a ulteriori stress che in quel momento non servivano, dall’altro però avrebbe potuto dargli da pensare: non era sicuro al cento per cento se definire la cosa un’evoluzione o un’involuzione. Forse era meglio non domandarselo affatto, concluse, perché non valeva nemmeno la pena. Meglio concentrarsi su altro, nello specifico sull’aiuto che gli aveva dato e gli stava dando il miglior peggior coinquilino mai avuto, che era innegabile.
 
Fece un lungo sospiro. «Nano?»
 
«Sì?»
 
«Perché fai tutto questo?»
 
«Istruirti sulla cultura pop di questo pianeta? Tecnicamente non l’ho fatto io» disse Bustin facendo spallucce «Hai assorbito le cose per osmosi o perché ti sei interessato».
 
«Non mi riferisco a quello e credo che tu lo sappia benissimo, come sai benissimo di non stare parlando con un coglione».
 
«Vero» riconobbe il minicon, tornando ad appoggiarsi contro la testa dell’altro transformer e ignorando il suo conseguente sbuffo «Più che altro, come mai questa domanda all’improvviso?»
 
«Finora abbiamo parlato di quel che abbiamo già fatto e di possibili progetti futuri, dunque non è una domanda fuori contesto. Siamo andati via dal Messico un po’ perché era ora e un po’ perché aveva iniziato a scottarti  sotto i piedi, a dir tuo. Sempre a dir tuo ti faceva comodo “uno grosso” perché ti saresti potuto difendere meglio, e hai detto che mi avresti aiutato in cambio di quest’ultima cosa…»
 
«Cheee poi è quel che sto facendo» disse Bustin, senza scomporsi.
 
«Non ho detto il contrario, e tutto il resto può anche essere vero, ma se hai veramente bisogno di essere difeso allora perché hai la tendenza a viaggiare da solo, tra l’altro senza sapere praticamente nulla di medicina? Quando si viaggia da soli c’è sempre il rischio di essere feriti e cose simili, e da certi rischi non sei immune neanche tu. Immagino».
 
«Certo che posso essere ferito come chiunque altro, in caso contrario non mi sarei nemmeno curato di evitare di farmi sparare da Ultra Magnus in Antartide, per dirne una. Per quanto riguarda il resto, tu e io abbiamo già avuto una conversazione riguardo il destino, giusto? Ho pensato che non fosse un caso se un cybertroniano spuntato in Messico all’improvviso aveva intenzione di venire qui insieme a me, e scoprire che Nickel è viva, sebbene sia del tutto indifferente nei miei confronti» aggiunse, mentendo «E non cambi il fatto che per me il resto della sua squadra può tranquillamente finire offline, è stata la prima dimostrazione».
 
«Quello è stato un colpo di sfortuna, non “il destino”» replicò Spectrus «Non credo a questa roba e, per quanto possa essermi tornato utile, in futuro non dovresti farlo nemmeno tu. Ammetto l’esistenza dei colpi di fortuna e di sfortuna ma al di là di quelli ci si crea la vita con le proprie mani».
 
«E si finisce a perderle!»
 
Specter, pur barcollando e sentendosi bruciare per via della temperatura interna troppo elevata, si alzò in piedi. «Rischi del mestiere» rispose, deciso a non dare alcuna soddisfazione al suo coinquilino.
 
«Dove vuoi andare?»
 
«Fuori. Siamo a terra, no? E ammesso che in questo momento io sia “fuori servizio” credo che sia il caso di dare al Team Prime, o quel che ne resta, la lieta novella riguardo Bernie. Sentirti nominare Ultra Magnus mi ha fatto tornare in mente tutta la combriccola».
 
«E c’è bisogno di andare fuori? Se cadi non posso tirarti su, pesi come un roboyeti» gli ricordò Bustin, aprendo comunque il portello principale della nave dopo essere volato a prendere un datapad.
 
«I roboyeti non esistono, nano».
 
«Eppure ne ho uno davanti a me!»
 
«Nemmeno ti rispondo…»
 
 
 
 
 
 
 
Non sarebbe stata mia intenzione concludere il capitolo in questo modo, tanto più dopo un mese di non aggiornamento :’D avrei voluto mostrare il Team Prime qui in fondo e Ratchet in precedenza, ma alla fine ho deciso diversamente, complice anche il fatto che il capitolo fosse già lunghetto.
 
Ringrazio come sempre chiunque mi stia seguendo ancora, eee credo che a MilesRedwing non sia sfuggito il particolare che non doveva sfuggirle xD alla prossima!
 
_Cthylla_
 

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Capitolo 21
*** 21 - Patti coi diavoli ***


21
(Patti coi diavoli)















Pur con la sua compagna vicina e con la consapevolezza di essere ancora al sicuro nell’hangar messo a disposizione del Team Prime dalle autorità governative terrestri, per Optimus trovare sufficiente pace da riuscire a chiudere i sensori ottici e fare una meritata ricarica risultava impossibile in quel momento, e i rumori che riusciva a sentire all’esterno della stanza -ancorché flebili- suggeriva che per gli altri fosse lo stesso.

«Mi arrendo» sospirò Arcee, accanto a lui, schiudendo le palpebre «Non riesco a dormire».

«Non ce la fa nessuno» disse Optimus «Stiamo pensando tutti alla stessa cosa».

«Smokescreen» mormorò, funerea in volto, la femme Autobot.

«Smokescreen».

L’avevano saputo ventiquattro ore prima, ovvero in piena notte, proprio come in quel momento. In tutto quel che era successo con la cattura di Soundwave -durata, come avrebbero detto gli umani, “da natale a santo Stefano”- con la disfatta in Antartide, il rapimento di Ratchet, la consapevolezza che i Decepticon stessero cercando di costruire un Omega Lock nuovo, il loro attacco malriuscito all’hangar sbagliato -e Optimus non era sicuro se ringraziare per questo l’idea che avevano avuto di cambiare la lettera o la stupidità di chi non aveva raso al suolo tutti gli hangar pur avendo i mezzi per farlo- si era aggiunta l’ennesima mazzata al morale già abbattuto di tutta la squadra.

Optimus aveva dato un ordine chiaro a tutto il team, “Non rispondete a Spectrus in caso cerchi di parlare con voi tramite comm-link”, ma lui per ovvi motivi non poteva permettersi lo stesso lusso. Si era detto che se quell’essere ignobile avesse voluto utilizzare Smokescreen per ottenere qualcosa -fornendo quindi una possibilità per loro di riuscire a liberarlo, finalmente- avrebbe contattato direttamente lui.
Era andata proprio così, e quando era successo Optimus si era allontanato rapidamente dalla base grazie al Ponte Terrestre e aveva risposto. Quella strategia atta a impedire a Spectrus e al suo compare di trovarli aveva funzionato fino a quel momento, e se anche quei due avessero ricevuto la notizia dell’attacco all’hangar avrebbero semplicemente pensato che i Decepticon avessero fatto un errore e/o ormai la squadra si fosse trasferita da tutt’altra parte.

Quando però aveva accettato il contatto e il datapad aveva proiettato l’immagine olografica di Spectrus, tutto avrebbe pensato tranne che di trovarselo davanti malridotto come l’aveva visto: privo di braccia, il volto devastato per metà e con visibili problemi a stare in piedi dovuti alla temperatura interna che doveva essere molto più alta del normale. Se tutto ciò fosse successo in un altro momento e senza la Decepticon Justice Division in giro, Optimus avrebbe potuto esserne felice e accettare di provare un sentimento forse poco nobile ma del tutto comprensibile, ma tutto quel che aveva sentito in quel caso era stata la proverbiale stretta allo stomaco -o serbatoio, che dir si volesse.



“Magari ci sei già arrivato da solo, Prime, ma potrei essere stato trovato da Frollo e parte di Tarnlandia…”

“Non aspettarti che io provi pena per te! Dov’è Smokescreen?!”

“Se io sono messo così dove vuoi che sia il ragazzo? Non c’è neppure rimasto qualcosa da seppellire, Prime: è offline! Distrutto, evaporato come chi fugge nel fottuto Messico ma senza Messico, senza maracas e senza un burrito che non essendo organici non possiamo mangiare in ogni caso!... l’unica cosa buona è che anche uno dei membri della DJD forse ha fatto la stessa fine”.



Sì, Optimus non aveva capito granché la febbricitante parte del Messico, ma purtroppo il resto era stato chiarissimo. Addio a ogni progetto di liberare Smokescreen, la giovane guardia d’elite cui Optimus doveva in parte la vita e che sicuramente non meritava di finire massacrato dalla Decepticon Justice Division.
Se solo Spectrus non l’avesse rapito e tenuto prigioniero, se solo loro fossero riusciti a prendere Spectrus e tirargli fuori di bocca dov’era la Jackhammer, se solo… avrebbe potuto continuare per un bel pezzo: di rimpianti ne aveva anche troppi, e inizialmente il suo processore aveva persino rischiato di surriscaldarsi a causa della rabbia quando, in seguito, aveva sentito Specter affermare di aver provato a far sì che Smokescreen non cadesse nelle mani di Tarn e i suoi.



“Non ho capito chi vorresti prendere in giro. Non solo sei un essere spregevole e ne sono consapevoli tutti, ma non avevi nemmeno interesse a-”

“Avevo intenzione di imbottire il ragazzo di esplosivi, restituirvelo dopo una finta lotta e farvi saltare tutti per aria, altro che ‘non avevo interesse’, ne avevo e pure parecchio. Solo che si è messo in mezzo quel Frollo del cazzo e niente, a quanto pare uno non può nemmeno dare una mano alla propria sorella che cerca l’eutanasia senza essere ridotto un mezzo rottame e senza che la gente muoia in modo molto più brutto del previsto. Il mio almeno sarebbe stato rapido e indolore”.

“Tu hai qualcosa di grosso che non va, Specter!”

“Pensa, considerando che al momento vedo quattro Optimus sono propenso a darti ragione”.



Tutto molto delirante, benché l’idea di imbottire Smokescreen di esplosivo e farli saltare tutti in aria fosse proprio qualcosa che ci si poteva aspettare da quella versione ancor più spietata del “solito” Spectrus, eppure non era stata la parte più incredibile della conversazione: quella era arrivata subito dopo, e anche in quel momento Optimus oltre a stentare ancora a crederci era costretto a soffocare ondate di indignazione pura al solo pensiero.


“In realtà al momento abbiamo tutti quanti qualcosa di grosso che non va, e il nome del qualcosa in questione è Tarn, Frollo per i nemici: direi per gli amici, ma se non fosse una macchina da omicidio nessuno se lo filerebbe di striscio, nemmeno il suo amato Meg-senpai… hhh… Prime. Anche dopo giorni non hai idea di quanto faccia male la testa dopo averla sbattuta contro quello là. A proposito di Frollo e Tarnlandia, finora siete riusciti a fare qualcosa di concreto contro di loro oltre a ritirarvi?”

“Dove vuoi andare a parare?”

“Sai come si dice, ‘il nemico del mio nemico’… non è mio amico ma non è nemmeno tra quelli che voglio morti adesso o nell’arco di questo vorn o dei prossimi, mettiamola così”.



Aveva avuto la faccia tosta di dire una cosa simile.
Spectrus Specter, dopo aver seminato caos e discordia in ogni dove, dopo tutto quel che aveva fatto ad Arcee, dopo averli quasi fatti saltare in aria tempo addietro, dopo aver ingannato Ultra Magnus, dopo aver messo in pericolo Bulkhead -sì, l’intero alveare degli insecticons sembrava essere morto quel giorno stesso ed era un’ottima cosa, ma non cambiava il resto- e tutto il resto, si era azzardato a proporre quella che suonava quasi come un’alleanza contro un problema comune.
Che fosse impensabile a dire poco era stato il primissimo pensiero di Optimus, il quale dunque aveva risposto con un “No” secco.



“Non puoi veramente pensare che dopo tutto quel che hai fatto io ti dia corda e finisca a cadere in quella che è una palese trappola trovandomi ad affrontare Megatron, gli ufficiali della Nemesis e la Decepticon Justice Division tutti insieme mentre tu guardi lo spettacolo da lontano”.

“Se va come deve andare non vedrete Tarnlandia neppure di striscio. Che vi incontriate non mi interessa proprio, anzi, ormai direi che sia esattamente l’opposto”.

“E per l’appunto non ci credo affatto, non vedo una ragione plausibile”.

“Vi conosco abbastanza per concludere che proverete a fermare Megatron anche in queste condizioni. Tarnlandia sarebbe da quelle parti e potrebbe mettervi le mani sopra prima che un giorno o l’altro lo faccia io, e no, grazie: tu col tuo piccolo restyling puoi riuscire a uscirne vivo, ma gli altri? Due persone della tua cosiddetta famiglia sono già andate offline per mano loro, e sempre per colpa loro Ultra Magnus ha una mano in meno; vuoi veramente che, vedendo tua moglie, Helex che di mani ne ha quattro gliele metta dove non deve al grido di ‘Elevata! Vorrei agguantarla’* prima di staccarle la testa a morsi? Se è così fai pure, le tendenze cannibali non gli mancano. Se faceste le cose da soli allora sì che vi trovereste ad affrontare loro E gli ufficiali presenti nella Nemesis E Megatron. Difficilmente riusciresti a proteggere tutti, tu che tieni tanto a farlo… caaaazzo, ora ci sono cinque te stesso… ma potresti avere qualche possibilità in più se Tarnlandia fosse impegnata altrove. Potrei aver preso lo smembramento sul personale, sai”.



Ecco: che Spectrus potesse avercela a morte con Tarn era l’unica cosa sulla quale Optimus avrebbe messo la mano sul fuoco, quel mech portava rancore per molto meno ed era anche da lui il volersi vendicare personalmente, ma anche così restava più di una domanda, prima tra tutte: “come”?
Se anche un membro, o più d’uno, della DJD era morto o più o meno malmesso, ne restavano sempre almeno tre o quattro. Spectrus era messo molto male, dunque cercare di combattere contro di loro sarebbe stata una mossa suicida, inoltre già per due volte aveva attirato la DJD prima in una trappola e semplicemente altrove la volta dell’attacco alla Nemesis; il proverbio diceva “non c’è due senza tre” ma, se Optimus fosse stato al posto di Tarn, non si sarebbe mosso neppure se avesse visto un filmato di Spectrus e il suo compare minicon ballare la tarantella in una miniera Decepticon.

Un qualsiasi essere umano avrebbe detto che era tutta aria fritta, solo chiacchiere vuote di un disperato e quindi nulla che valesse la pena stare a sentire, specie perché il disperato in questione era un noto bugiardo. Anche il fatto che un capogiro particolarmente forte avesse costretto Specter a interrompere il video con un “Mi rifarò vivo a breve” difficilmente aiutava a pensare qualcosa di diverso.
Però.

«Optimus. Tu non stai pensando solo a Smokescreen» disse Arcee.

«Vero» fu costretto ad ammettere il comandante degli Autobot «La proposta ricevuta mi ha lasciato di sasso, ma penso sia l’effetto che ha fatto a tutti».

«Le chiacchiere di un disperato. L’hai detto tu stesso» gli ricordò la femme Autobot «Propone un’alleanza come se a essere quelli disperati fossimo noi e non lui che non può neanche grattarsi il sedere da solo. È una cosa ridicola».

«Sì… lo so».

Arcee gli lanciò una lunga occhiata, poi sospirò con un fare tra il nervoso e il rassegnato. «… “ma”?»

La sua compagna di vita stava imparando a “leggerlo”. Avrebbe dovuto esserne felice, da un lato lo era sul serio, ma doveva ancora abituarsi all’idea di poter effettivamente condividere delle incertezze, e in quel momento più che mai, dato che ai “ma” in questione lui stesso non pensava volentieri.

“Ma loro sono tanti, Arcee, e noi siamo pochi, siamo malmessi e un nostro compagno è già in mano ai Decepticon”.
“Ma noi non sappiamo ancora dove si trovi la Nemesis, Arcee, non sappiamo quando il nuovo Omega Lock verrà completato, sappiamo solo che verrà usato sicuramente anche su questo pianeta. Megatron voleva farlo già l’altra volta, quando si mette in testa qualcosa non si schioda facilmente. Ci riproverà. Io lo so, tu lo sai, tutti lo sanno: e l’unico modo per evitare che la popolazione di questo pianeta corra il rischio anche una terza volta in futuro forse è… una soluzione definitiva”.
“L’idea che quel gruppo di macellai possa essere lontano da noi, che ci imbarcheremmo in una missione già difficile, e soprattutto lontano da te, non riesce a lasciarmi indifferente. Non so come Specter abbia in mente di tenerli impegnati, soprattutto pensando alle sue condizioni, ma non è improbabile che sia in grado di macinare un piano nel suo cervello malato. Ha fatto un disastro a Dakmount, non dimentichiamolo… e ricordando l’attacco all’hangar ci sono ottime probabilità che i Decepticon ci credano morti. Potrebbe essere un ottimo momento per tentare il tutto e per tutto”.
Siamo disperati anche noi, Arcee! Questo è il problema!”

«Ma… perché dev’essere tutto così difficile?» si lasciò sfuggire il comandante degli Autobot, molto più “Optimus” che “comandante” in quel momento e con lei.

«Quando mai è stato semplice? È stato tutto difficile fin dall’inizio. Dovresti saperlo meglio di me, sei online da un po’ più di quanto lo sia io. E tu stai pensando di dare retta a quel mostro».

Era un’affermazione, non una domanda. Stava imparando a leggerlo bene, per l’appunto. «L’idea di dargli corda mi disgusta, cosa credi? Megatron ha fatto scoppiare una guerra che ha tolto la vita alla nostra casa, eppure trovo Spectrus peggiore di lui».

«E io condivido il sentimento. Tarn doveva staccargli la testa, non le braccia».

«Solo che Spectrus non è una minaccia per il pianeta Terra intero, Megatron sì. Il bene di intere specie dovrebbe essere superiore alle questioni personali. O no? Io sono… incerto, Arcee» ammise «Assecondare il male per combattere altro male. Non dovrei mai essere incerto, ancor meno in una situazione del genere, ancor meno con soggetti simili, eppure eccomi qui a pensare che possiamo usare Spectrus e le sue follie di vendetta come lui ha usato questa fazione per le sue in tutti questi vorn. Contrariamente a prima partiamo avvantaggiati con lui, sappiamo già cos’è capace di fare, sappiamo già che tenterà di ‘fregarci’, quindi possiamo pensare a delle contromisure da attuare quando lo farà».

Esisteva una creatura di fantasia nella cultura umana, si chiamava “diavolo”, e tra le molteplici cose che lo riguardavano si diceva che fosse molto pericoloso scendere a patti con lui, perché nulla di quel che dava era mai gratis; ecco, Optimus in quel momento aveva l’impressione di star discutendo riguardo la possibilità di infilarsi coscientemente in qualcosa di simile.

«Probabilmente conta di tenerli impegnati non so come fino a quando avremo fermato definitivamente Megatron e poi rispedirceli addosso facendoli cadere in un Ponte Terrestre aperto in qualche modo o qualcosa del genere» ipotizzò Arcee «Cercherà, sempre non so come, di ucciderne qualcuno… forse?... ma poi li manderà da noi a fare il lavoro al posto suo. Se fosse come dico io bisognerebbe cercare sia di impedire l’apertura di Ponti vari all’interno della Nemesis, sia di continuare a tenere Spectrus e il suo compare lontani dalla possibilità di sabotare il nostro».

«Questo lo stiamo già facendo con successo, non dobbiamo fare altro che continuare così. Per l’altra cosa possiamo fare quel che hanno fatto loro tempo fa, disturbare le frequenze attorno alla Nemesis al punto di rendere impossibile l’apertura dei Ponti. Ratchet è già lassù, nelle giuste condizioni lui e Raf insieme magari possono fare qualcosa» ragionò Optimus «Anche se…»

«Soundwave».

«Soundwave. Ammesso che i macellai di Megatron siano davvero lontani, lui va messo fuori gioco per primo, e…»

Solo in quel momento realizzò una cosa che Arcee aveva detto poco prima.

«Arcee… sbaglio o hai detto di fermare Megatron “definitivamente”?»

«Abbiamo un’alternativa?» gli chiese lei in risposta, dopo una lunga occhiata.

Optimus scosse la testa.
Che Arcee avesse avuto il suo stesso pensiero era indicativo, e le alternative, come anche la speranza in quel periodo, erano proprio una delle cose che mancavano alla squadra.






***






Così come i pensieri di Optimus, di Arcee e degli altri andavano a Ratchet, anche i pensieri di Ratchet andavano a loro. Era l’ennesima persona che aveva problemi ad addormentarsi, ma nel suo caso era comprensibile considerando che era prigioniero, sorvegliato in maniera costante e costretto a lavorare con scienziati Decepticon dalla pessima fama.
E con Knockout, marginalmente.

“Devo studiare un modo per sabotare il tutto o per andarmene di qui, o entrambe le cose” pensò “Ma come?”

Sarebbe stato costretto a improvvisare, probabilmente, appena si fosse presentata l’occasione, alias appena si fosse trovato nel laboratorio -in quel momento era in una cella comoda ma debitamente sorvegliata- e Shockwave e Vos fossero stati lontani.
Sì, anche Vos in quanto ex scienziato di una certa caratura collaborava. Ratchet non capiva granché di quel che diceva, ma Shockwave non aveva gli stessi problemi, né era strano che quel boia pericoloso quanto allampanato si fosse interessato al progetto: era un obiettivo ambizioso e mai tentato prima, cercare di utilizzare l’energon sintetico e l’acido cybernucleico per creare cybermateria e dare nuova vita a un pianeta distrutto. Era stato più strano l’interesse di uno dei due “grossi” della Decepticon Justice Division, Tesarus, quando si era parlato anche di un possibile utilizzo di quell’insieme di sostanze in campo medico: se veramente fossero riusciti a far funzionare il tutto, c’era la forte probabilità che gli effetti avessero quasi del miracoloso anche sui corpi di pazienti molto più che malmessi.

Probabilmente i pensieri di quel mostro gigantesco erano andati al compagno di squadra che, da quel che Ratchet aveva capito, era stato conciato male da Spectrus Specter.

Ecco, sì: l’unico vantaggio della sua attuale posizione era il fatto di riuscire a carpire varie ed eventuali informazioni dagli sbuffi di Knockout e dalle lingue lunghe dei vehicons.
Pareva che Spectrus Specter fosse stato ridotto molto male da Tarn ma che, in quella stessa occasione, avesse duramente colpito sia un membro della DJD, sia Dreadwing -non in modo grave- sia la sua stessa sorella, e che in tutto questo un Autobot, alias il povero Smokescreen, fosse finito offline. Ratchet pensava che lo stato d’animo di Optimus Prime al pensiero doveva essere anche peggiore di quanto fosse il suo: lui si sentiva ovviamente dispiaciuto per la triste fine del ragazzo, ma lui e Smokescreen non avevano mai avuto molto a che fare, mentre Optimus gli doveva in parte la vita.

Era una di quelle situazioni in cui Ratchet si trovava a non saper dire quale nemico fosse “il meno peggio”, anche se Spectrus magari era più gestibile, come suggeriva il fatto che Tarn avesse vinto la battaglia. Tutto quel che sapeva era che sarebbe stato tutto più facile se solo Specter e la DJD si fossero massacrati a vicenda del tutto e per bene, alla faccia dei pensieri poco da Autobot: si chiamava realismo, come quello che l’aveva spinto ad accettare le richieste di Megatron senza opporsi più di tanto. Non aveva avuto molta scelta, a meno di voler andare incontro a una fine oltremodo dolorosa considerando chi c’era sul pianeta, e in ogni caso… quelle attrezzature, quell’ingegneria che, suo malgrado, riconosceva essere di altissimo livello, la possibilità concreta che Cybertron tornasse a vivere anche dopo la distruzione dell’Omega Lock che tanto aveva tormentato lui, Optimus e tutti quanti…

Era realismo o idealismo mescolato a un sogno disperato, il suo? Non riusciva a rispondere. Era tutto confuso: la situazione quanto lui stesso.

Megatron se n’era reso conto, e dirla tutta aveva puntato più su tutto ciò che sulle minacce, spingendolo a sentirsi come se avesse “venduto la propria anima al diavolo” -l’aveva sentito dire più volte da quel bravo figliolo che era Rafael- in cambio di una possibilità unica nel suo genere.

Chiedendosi come stessero i suoi compagni e se lo stessero pensando, il medico degli Autobot chiuse inutilmente le palpebre.






***






L’orologio interno di Spectra segnava le quattro e mezza di notte quando riprese conoscenza nuovamente.

L’ora fu la seconda cosa di cui si rese conto dopo la consapevolezza di essere stata avvolta in una coperta morbida. Quello le piacque, il calore delle coperte e sentirne il peso addosso quando ci si raggomitolava dentro le erano sempre piaciuti: razionalmente non aveva molto senso ma l’avevano fatta sentire protetta durante le notti passate da sola prima che Spectrus iniziasse a usarla nelle missioni, e nel presente era valido lo stesso discorso.

Aprendo i sensori ottici si rese conto di due cose, ovvero che la coperta -primo oggetto capitatole sotto i sensori ottici- era viola, e che quella non era la sola cosa viola presente; non che lei considerasse Tarn una “cosa”, ovviamente.

Era intento a fare qualcosa su un datapad, probabilmente pratiche amministrative. Era un’immagine molto familiare, durante il mese trascorso nella Peaceful Tiranny vorn e vorn or sono l’aveva visto impegnato in certe cose quasi tutti i giorni, soprattutto nel periodo in cui aveva deciso di tenerla d’occhio in modo costante e avevano passato insieme mattine, pomeriggi, sere, notti; e questo, per sorprendente che potesse sembrare, per Spectra non era un brutto ricordo, perché già allora era sempre contenta di avere compagnia. A essere spiacevole era stata solo la motivazione ma ricordava perfettamente che si erano già chiariti, quindi era tutto a posto.
Era stata la stessa sera in cui lui aveva cercato di insegnarle a non considerarsi stupida e le aveva detto che non la riteneva tale, ma le sue parole di allora -per quanto vi si fosse aggrappata più volte nel corso dei vorn- non erano riuscite a cambiare la considerazione che aveva di se stessa.

Stupida, inutile, dannosa per gli altri e per sé.
Ingrata.
Codarda.
Egoista.

Alla debolezza si aggiunse la vergogna, perché il suo tentativo di farla finita rispecchiava in pieno gli ultimi due aggettivi. Che fine aveva fatto tutta la sua resilienza? Se n’era davvero andata insieme a un “bene” che suo fratello non le aveva mai voluto, lasciandosi dietro solo un’ameba alla quale più di una persona era affezionata e per colpa delle cui decisioni, magari, soffriva?
Anzi, no: non “magari”, non c’erano più “forse” e “magari”. Quelle persone tenevano a lei, di conseguenza soffrivano vedendola stare male come lei avrebbe sofferto nel vedere stare male loro, ed era da lì che derivava la sua responsabilità nel loro confronti.
E il concetto di “loro” era più ampio di quanto avesse pensato - come sua madre le aveva fatto capire. Poteva anche essere stato un sogno ma lei preferiva credere di no- data la presenza di Tarn lì.


“Perché?”

Domanda che aveva molteplici significati avendo riconosciuto l’infermeria della Peaceful Tiranny e avendo come ultimo ricordo, ormai risalente a qualche giorno prima, suo fratello che la trafiggeva nel bosco. Immaginava che fosse stata la DJD a portarla lì dopo quello, ma c’era da domandarsi come e perché fossero arrivati lì in tempo per salvarla da Spectrus -e chissà che fine aveva fatto anche quest’ultimo, se era così!- o da se stessa. Ma perché avrebbero dovuto prendersi tanto disturbo? Rasentava l’assurdo e non valeva la pena.

“Forse per me non vale la pena, ma per loro sì. Anche se non lo capisco devo rispettarlo lo stesso” guardò Tarn “Sono le quattro di notte e lui è qui, vicino a qualcuno che è stato in questa nave poco tempo e che lui ha rivisto una sola volta dopo vorn e vorn. Non è qualcosa che farebbe con tutti, credo, ed è molto probabile che mi abbia salvato la vita. Se ho una possibilità di cercare di sistemare le cose e trovare un po’di pace in futuro potrebbe essere grazie a lui” si disse “E a Nickel, che deve essersi occupata di me”.

Forse sentendosi osservato, il Decepticon distolse lo sguardo dal datapad. Le parve di notare un ovvio sguardo sorpreso al di sotto della maschera prima che lui mettesse via il dispositivo e le rivolgesse la parola.

«Da quant’è che sei sveglia?» le domandò, piuttosto piano.

«Da poco» rispose lei, cercando anche di fare un debole sorriso e di continuare a guardarlo in faccia.

«Come stai?»

Inizialmente la giovane femme pensò di rispondere “Tutto sommato bene”, ma poi ricordò che Tarn, molto tempo prima, le aveva detto di volere da lei la verità e nient’altro quando parlavano. Dando per scontato che fosse ancora valido, Spectra decise di dire le cose come stavano.

«Stanca» ammise, pensando che fosse assurdo essendosi appena svegliata «E dispiaciuta» aggiunse con voce esile, stringendo in modo quasi convulso la coperta «E fatico a guardarti in faccia, ma non è colpa tua
. Mi vergogno così tanto...»

Avrebbe voluto che il loro terzo incontro fosse diverso, da un’altra parte, magari con lei a dirgli qualcosa come “Ho continuato a leggere Towards Peace, lo sapevi? Recitato a memoria però era un’altra cosa”. Invece era andata diversamente, e lui era sveglio in piena notte a sorvegliare una deficiente che aveva provato a farsi terminare.

«Mi chiedo se anche tu sia più deluso o schifato da quel che ho fatto, nella mia stupidità. Non mi pare di ricordare che tu avessi stima per le persone che fanno cose così».

Concluse quel breve discorso tremando leggermente, non perché spaventata da chi le stava davanti ma per la sensazione di vergogna che provava e che si era acuita adesso che qualcuno le stava rivolgendo attenzione. Avrebbe voluto essere da sola e allo stesso tempo si sentiva pericolosamente vicina al pianto proprio per il sollievo che ci fosse qualcuno con lei; era tutto complicato e sarebbe tornata a dormire volentieri… ma non poteva dormire per sempre se voleva davvero tirare fuori qualcosa di buono dal suo continuare a esistere.

«È vero» annuì Tarn, impassibile nella voce quanto nell’espressione «Non ho stima per gli stupidi, però questo non c’entra con la nostra situazione».

“Perfino lui è arrivato a dire bugie per compassione” pensò Spectra.

«Prima di pensare che io possa parlare per compassione, ricordati quel che hai appena detto e soprattutto ricordati chi hai davanti» continuò il Decepticon «Non sono molto generoso quando si tratta di valutare le altre persone».

Spectra appoggiò la schiena contro il cuscino. «Leggere nel pensiero è un’abilità da outlier nuova?» domandò, senza ironia.

«No. Ho solo visto la tua espressione» replicò Tarn, restando in silenzio per qualche secondo prima di fare un leggero cambio d’argomento «Forse ti stai chiedendo come sei arrivata qui».

«Un po’sì. Nel senso, se ci penso mi sembra di ricordare di aver sentito una voce femminile poco dopo… questo» si indicò il petto. Era stato rattoppato ma non era privo di segni «Che ha fatto Spectrus. Non so se è un ricordo giusto ma se è così penso che fosse Nickel, e che quindi anche tu fossi lì?...»

Tarn annuì. «Corretto. Io mi sono intromesso nell'azione di Spectrus e tu sei stata portata qui da Vos e Nickel subito dopo il colpo. Lei si è presa cura di te, nelle condizioni in cui eri non ti avrei lasciata nelle mani di un altro medico».

«Immaginavo che fosse stata lei a occuparsi di me. La lista di persone da ringraziare, con le quali scusarmi» disse, pensando ovviamente anche a Soundwave «Sia per il disturbo sia per altro, diventa sempre più lunga».

Cosa Tarn pensasse di un’affermazione simile non fu visibile in quel poco che si vedeva del suo volto. «Immagino che ti stia chiedendo come abbiamo fatto a trovarvi: la risposta è che Dreadwing ha sfruttato i canali privati da secondo in comando, anche se non lo è più, per contattarci direttamente. Inutile dire che ci siamo mossi subito».

«Dreadwing... lui… lui dov’è? Spectrus lo ha attaccato di sorpresa, era ferito, mi ha detto di scappare, ma lui-»

«La sua posizione attuale mi è ignota ma l’ultima volta che l’ho visto era vivo e, seppur ferito, abbastanza in forze da riuscire a trasformarsi e volare via» disse il Decepticon con voce perfettamente neutra «Inoltre si tratta di un militare. Ex. Non dubito che sia in grado di cavarsela, e oltre a questo i non-Decepticon che potrebbero rendergli le cose più difficili hanno altri problemi al momento».

«Hanno altri problemi… Spectrus quindi è ancora vivo?»

«L’ultima volta che l’ho visto lo era ancora, sì».

Niente da fare, Spectra non riusciva a liberarsi di quella minuscola stilla di sollievo che provava nel sapere vivo il sangue del suo sangue. Al momento sembrava non poter fare assolutamente nulla per cambiare ciò ma, come le aveva detto Dreadwing, pur non avendo particolare controllo sulle emozioni lo si aveva sulle azioni. Non voleva più avere a che fare con suo fratello e sapeva che, avendo sprecato in quel modo la sola e unica possibilità di vivere altrove che lei stessa avrebbe voluto dargli, non c’era assolutamente niente che potesse fare per lui.
Non era neppure sicura di voler fare qualcosa, ormai.

“Sono una brutta persona come lui… no. No. Non lo sono. O meglio, non proprio come lui. Se sono arrivata a questo punto è perché ha cercato di uccidermi… se ha cercato di uccidermi però è perché io l’ho tradito sposando un Decepticon, lui ha detto che quando siamo arrivati qui lui non voleva fare quel che… ma potrebbe aver mentito, lo fa sempre, è quel che fa sempre-”

«Spectrus è nella Lista» disse Tarn, interrompendo una catena di pensieri che forse era stato un bene mettere in pausa «Lo era già da diversi vorn, questo per ragioni abbastanza ovvie se si considera il suo passato ruolo di spia, ma fin dal giorno successivo al nostro arrivo -quello dopo il nostro incontro, Spectra- Lord Megatron ha ordinato di dare a lui la priorità assoluta fino a quando resteremo qui. Non potrei oppormi a un Suo ordine diretto neppure se volessi, e non voglio. Nulla di questo dovrebbe risultarti sorprendente».

«Spectrus ha causato dei problemi ai Decepticon, finire nella tua Lista era inevitabile per lui» commentò Spectra.

Sapeva cos’aspettarsi da Tarn e dalla sua squadra, lo sapeva da quando non era ancora una femme adulta ed era chiaro che da allora non fosse cambiato assolutamente niente.

“Quel che ha fatto lui… e io? Io ho accettato di farmi usare, io ho assistito alla morte di vari Decepticon per mano di Spectrus e ho continuato ad aiutarlo. Dovrei essere anch’io nella Lista, ci si finisce per molto meno. Mi chiedo se lui lo sappia” pensò Spectra, dando un’occhiata al Decepticon “Tanto vale che glielo dica io adesso, presto o tardi verrebbe fuori e averlo nascosto lo renderebbe solo peggio”.

«Io l’ho aiutato nelle sue missioni» disse quindi, con voce incolore «Per diverso tempo. Io non… io credo di poter immaginare cosa pensi adesso a sentirmi dire-»

«Ne ero al corrente. Lord Megatron ha immaginato che tu potessi confessare il tutto al suo principale esecutore» disse Tarn «Era una cosa che ti si addiceva anche pensando a com’eri quando ti conobbi, e pare che certe cose non cambino. Lui in ogni caso ha parlato in modo molto chiaro: ti ritiene del tutto innocente e vuole che tu sia tranquilla e al sicuro per quanto è possibile, e
finché rimarrai qui farò in modo che sia così».

Ecco: Lord Megatron allora doveva essere il solo motivo per cui Tarn, pur essendo venuto a conoscenza di certi dettagli, le aveva salvato la vita e si stava comportando in un modo che avrebbe potuto tranquillamente definire gentile. Non osava pensare a quanto dovesse seccargli tutta la faccenda.

«Ti ringrazio per quello che hai fatto e che stai facendo per me. Cercherò di riprendermi presto» disse piano Spectra «Così almeno non… tu hai già abbastanza da fare di tuo, giusto? Mi spiace che tu sia costretto a tutto questo».

«“Costretto”» ripeté Tarn, con un tono di voce e uno sguardo al di sotto della maschera che Spectra non riuscì a decifrare «C’è qualcosa che devo mostrarti. Quando Nickel verrà a sapere che ti ho portata fuori da qui non sarà felice… ma in fin dei conti faremo presto e tu non hai necessità di essere costantemente attaccata alle macchine, al momento non lo sei» disse il Decepticon, più a se stesso che a lei «Naturalmente non puoi andare da alcuna parte da sola, non sei nelle condizioni di farlo, dunque… sei a tuo agio con l’idea che io ti trasporti? Il posto dove dobbiamo andare è all’interno della nave».

«Se a te va bene io non ho problemi» rispose Spectra, con un guizzo della sua familiare curiosità a farsi strada in lei «In fin dei conti non sarebbe la prima volta».

«Ai tempi non eri una femme adulta, ora è molto diverso» replicò Tarn «Le femme adulte non si fanno prendere in braccio da chiunque».

«... ah no?» si sorprese Spectra, alla quale il concetto risultava piuttosto nuovo: in fin dei conti era la stessa persona che era andata in braccio a Megatron senza pensarci due volte.

«Eh no. In teoria. Avvolgiti nella coperta, Nickel ieri ha detto che la tua temperatura deve restare costante. Il colpo ha danneggiato il tuo regolatore e lei te ne ha installato uno nuovo» disse Tarn, prendendola in braccio con ovvia ed estrema facilità dato che lui era grosso e che lei, anche da adulta, era di poco più bassa di Arcee «Serve un po’di tempo perché si assesti».

«Le ho reso le cose difficili, credo» mormorò Spectra, lasciandosi portare fuori dall’infermeria.

«Abbastanza. Anche così però ho dovuto insistere sia ieri notte sia oggi perché si riposasse, ricordi com’è fatta Nickel, prende il suo lavoro molto sul serio e, al di là del suo compito, era anche genuinamente preoccupata per la tua salute. Non era la sola, Lord Megatron in persona si è interessato più volte delle tue condizioni e il tuo… compagno di vita, viene qui a chiedere notizie di te ogni volta che può. Sarebbe voluto entrare nell’infermiera ma le tue condizioni delicate non lo permettevano».

Tra loro le cose non andavano bene ma Soundwave non voleva che lei si facesse male, Spectra l’aveva capito già da tempo ma era un’altra cosa alla quale aveva attribuito zero importanza nel momento in cui aveva deciso di farsi uccidere. Immaginarlo fuori dalla porta dell’infermeria più preoccupato che mai la lasciò tutt’altro che indifferente. Strinse maggiormente la coperta attorno a sé pensando che doveva assolutamente parlare con lui appena possibile, sebbene l’idea la facesse sentire tesa come e più dell’altra volta per svariate ragioni.

«Nickel si è raccomandata di far sì che stessi tranquilla, non sei costretta a vederlo se non è quel che vuoi».

Tarn doveva aver notato ancora una volta qualcosa che gli aveva fatto intuire il suo stato d’animo. Spectra scosse la testa. «Devo e voglio, è la cosa giusta
. Te l’ho detto che devo chiedere scusa a tante persone, Soundwave è sicuramente una di loro».

«Capisco».

Da lì rimasero in silenzio -pur senza essere a disagio per quella ragione, o almeno, Spectra non lo era.
Andando a rovistare nei ricordi di quel mese passato nella Peaceful Tiranny vorn or sono, a Spectra parve di riconoscere la strada che portava agli appartamenti di Tarn. Il pensiero non la preoccupò minimamente, così come non si era preoccupata di chiedere al Decepticon cosa volesse mostrarle di preciso: non era in pericolo, quindi andava bene. Nel trovarsi in quell’astronave e in braccio a quel mech si rese conto che probabilmente il periodo trascorso a bordo della Peaceful Tiranny tempo addietro, lontana da Spectrus, era uno di quelli in cui era stata più al sicuro.

Riconobbe la porta degli appartamenti di Tarn quando vi si fermarono davanti, ricevendo la conferma che la sua ipotesi era esatta. Quando entrarono Spectra notò subito che non era cambiato nulla… proprio nulla, inclusa la cuccetta predisposta per lei vorn or sono.
Era ancora lì, e più Spectra guardava quella e ciò che c’era attorno più le sue ottiche si sgranavano nel più totale stupore.
C’era la cuccetta -più grande rispetto a com'era stata- c’era la coperta viola che aveva usato allora visibilmente fresca di bucato, c’era lo zainetto che portava sulle spalle allora, quando Tarn e gli altri l’avevano trovata; su delle mensole c’erano i due libri che erano rimasti lì quando Spectrus l’aveva portata via, e a essi ne erano stati aggiunti parecchi altri di svariati generi, storici, saggi -tra i quali spiccava un’immancabile edizione di Towards Peace- sia di cucina, sia di fiabe. Tarn non era né un appassionato di cucina né un amante di storie con principi e principesse, dunque se libri di quel tipo erano lì era perché chi li aveva comprati l’aveva fatto sapendo che a lei sarebbero piaciuti. L’aveva fatto pensando a lei, lei sola.

“E le lampade di sale…”

Quelle che era stata costretta ad abbandonare in parte nell’Harbinger quando, sentendo gli Autobot parlare di prenderla in ostaggio, era scappata. Le lampade che aveva potuto prendere erano ancora nel suo scomparto, il resto era lì: cose vecchie e cose nuove, ed era tutto per lei… da tanto tempo.

Ancora presa a guardarsi attorno si accorse a stento del fatto che Tarn l’avesse messa sulla cuccetta. Sentì tremare leggermente la mano con cui si era coperta le labbra in un gesto piuttosto inconscio, sentì scivolare sul viso lacrime che con la tristezza non avevano molto a che fare: magari avevano a che fare col senso di colpa, con l’ulteriore vergogna per il gesto compiuto e una profondissima commozione, ma non la tristezza.
Era andata incontro alla morte pensando di non essere in grado di lasciare un segno nelle vite altrui né ricordi degni di nota a nessuno -del resto per quale motivo avrebbero dovuto ricordarla, pensare a lei?

“Si riprenderanno, mi passerà, mi dimenticheranno presto”.

“Non credevo che vi ricordaste di me”, aveva detto a Kaon e Helex quando li aveva rivisti…

«Pensi ancora che ti abbia salvata e fossi nell’infermeria perché “costretto”, Spectra?»

Tarn si era accovacciato vicino al letto, immobile e composto sia nella postura sia nella voce, ma non in uno sguardo che forse, nonostante la maschera, la diceva più lunga di quanto lui stesso avrebbe voluto lasciar trapelare; e per l’ennesima volta in quel periodo, Spectra si rese conto di non aver mai capito niente. Aveva capito che anche alcuni membri della DJD avrebbero potuto dispiacersi se fosse morta o se fosse stata male, ma non sarebbe mai arrivata a intuire quanto.

«I-io non credevo…» balbettò «Io non… n-non pensavo… credevo che mi aveste dimenticata, ho sempre pensato questo…»

«Lo so, lo hai detto anche a Kaon. Non ho stentato a crederlo, era molto “da te”, ti sei sempre considerata stupida e poco importante. È difficile acquisire convinzioni diverse da quelle con cui si è cresciuti, anche se le convinzioni in questione sono sbagliate».

Quel mech aveva conservato tutte le sue cose e ne aveva prese di nuove, non l’aveva mai dimenticata. Forse, per vorn e vorn, mentre entrambi erano andati avanti con le rispettive vite, aveva sempre sperato di ricevere sue notizie. Magari aveva sperato di vederla tornare, un giorno o l’altro. Quanto doveva aver sofferto, anche lui, a vederla in punto di morte poco dopo averla incontrata ancora? Ma soprattutto…

«Perché? Perché? Non … una persona come-»

“Una persona come te non dovrebbe minimamente darsi pena per una come me, tantomeno a questi livelli, non ne vale la pena”, questo era quel che stava per dire prima di ricordarsi che non era lei a dover decidere chi e cosa valesse la pena per le altre persone, non ne aveva il diritto. Quindi si zittì, cercando di asciugarsi le lacrime.

«Una persona come me non si preoccupa così per gli altri, immagino che intendessi questo. In fin dei conti sai chi sono, sai cosa faccio e sai che le due cose insieme mi rendono un mostro. Ne sono consapevole e ricordo anche il mio atteggiamento nei tuoi confronti gli ultimi giorni in cui sei stata qui, dunque non ti biasimo per il pensiero».

«No! No, non intendevo dire niente di tutto questo» disse subito Spectra «Al di là del fatto che da quel che ricordo avevamo parlato, era andato tutto a posto e avevamo anche dormito insieme, io non penso che tu sia un mostro, o comunque non sempre e non con tutti. Di sicuro non lo sei con me» aggiunse, sentendosi per la prima volta sicura in quella conversazione «Tarn, tu sei stato il primo a dirmi che non dovevo darmi della stupida da sola... io ti ho sempre ricordato più per questo che per qualsiasi altra cosa. Non sei un mostro, per me» ripeté «Non sei tu quello che mi vuole morta, quindi non pensare che ti veda in quel modo, perché non è così. Va bene?»

La Decepticon Justice Division era un gruppo di mostri? Sì, la maggioranza lo era, anche per Spectra non c’era alcun dubbio su questo.
Erano solo dei mostri? Non necessariamente.
Erano stati dei mostri con lei? Contrariamente alla persona attorno cui lei aveva costruito la sua esistenza, no, non lo erano stati.

Forse era anche per quello che Spectra si era sempre trovata a suo agio con persone simili: era stata cresciuta da una di esse.

«Il tempo passa ma non smetti di essere… sorprendente, Spectra» disse il Decepticon dopo una breve pausa di silenzio «Mi hai chiesto le ragioni per cui non ti ho dimenticata, questa non è la sola, ma è sicuramente una delle tante. Da quando Spectrus ti ha portata via ho sempre continuato a pensare che prima o poi ci saremmo trovati di nuovo qui. Ero sicuro che saresti sopravvissuta abbastanza a lungo perché succedesse, ti eri adattata a noi, potevi superare qualsiasi cosa. Una sensazione di certezza che non si è mai scalfita fino a poco prima del mio arrivo sul pianeta» aggiunse Tarn, rivolto a se stesso più che a lei «Anche se… forse se mi sono mosso subito quando Dreadwing ha chiamato è anche perché in quel posto maledetto ho visto…» fece un breve sospiro e si interruppe, riacquistando totale compostezza «Ci sono angoli del cosmo che è meglio non frequentare, per ora mi limito a dirti questo. È anche il caso di tornare in infermeria, ti ho mostrato quel che dovevo».

Spectra annuì. «E ti ringrazio per averlo fatto. Solo… posso prendere un paio di quelli?» chiese a Tarn, indicando i libri.

«Non devi chiederlo, sono tuoi. Mi raccomando solo di non stancarti troppo con la lettura».

Com’era prevedibile, Spectra scelse un libro di fiabe… e Towards Peace. Aveva ripreso a leggerlo nell’Harbinger e aveva dovuto interrompere la lettura, riprendere l’avrebbe aiutata a calmarsi un po’ in vista dell’incontro con suo marito.
Presi i libri e tornata saldamente in braccio a Tarn fecero per uscire dalla stanza, e fu solo allora che Spectra notò un dettaglio decisamente bizzarro.

«Tarn?»

«Dimmi».

«Perché c’è una bambola con l’aspetto di mia madre su quella mensola in alto?»

Non c’erano dubbi: quella che vedeva era una riproduzione pressoché perfetta, seppur abbastanza ridotta perché lei potesse tenerla in braccio, di Sparkleriver. Colori, forma della testa e del corpo, ornamenti dorati e “abiti”: era tale e quale alla Sparkleriver che Spectra aveva visto di recente.

«Tua… madre?» ripeté Tarn, visibilmente attonito, avvicinandosi alla mensola in questione e prendendo in mano la bambola «Sei proprio sicura?»

«Del tutto, l’ho vista da poco. Non so se fosse un sogno o meno, ma se ho deciso di provare a continuare a restare online è anche perché ho parlato con lei» rivelò Spectra al Decepticon.

Tarn parve soppesare la bambola per qualche istante, esaminandola. «Sono venuto in possesso di questa bambola una vita fa. Due. Molto prima che noi due ci conoscessimo e, in un certo senso, anche prima che conoscessi me stesso… è una coincidenza impressionante. A questo punto mi domando se si possa davvero parlare di coincidenza o, piuttosto, di destino» guardò Spectra «Soprattutto pensando che è rispuntata fuori da poco, dopo un… chiamiamolo “incidente contro una montagna a opera di un minicon di sesso maschile da fare a pezzi il prima possibile” che ha smosso varie cose in questa stanza. Ti piace?»

«È molto bella…»

«È tua. Non dire di no» la bloccò subito Tarn «È giusto che l’abbia tu, e se davvero le hai parlato, sogno o meno, rappresenta un ricordo più piacevole di quelli che rappresenta per me. Oltretutto rimarrebbe sempre in questa astronave, Nickel intende monitorare le tue condizioni da vicino ancora per un po’. Non preoccuparti, la porto io in infermeria, tu hai già i libri».

Entrambi tacquero: avevano avuto l’impressione di aver sentito la voce della minicon in lontananza.

«È meglio tornare in infermeria per davvero, mi sa» commentò Spectra.

«Togli il “mi sa”. In teoria si sarebbe dovuta svegliare tra mezz’ora…»

Le parve di sentire mormorare Tarn, precisamente di sentire un “E che Lord Megatron ci assista”, ma non poteva esserne sicura.
Avvolta nella coperta con i suoi libri e la consapevolezza di avere più amici di quanto avesse creduto, in Spectra iniziò a germogliare la speranza che sua madre potesse avere ragione per davvero: aveva delle cose da risolvere e non sarebbe stata davvero meglio subito, né tantomeno bene, però forse sarebbe stato possibile che il futuro per lei fosse migliore, e intravedere una “possibilità” nel suo futuro era meglio che vedere solo una massa nera senza spiragli di luce.




Ho aggiornato!
First reaction: SCIOCCC.
Con un capitolo oscenamente lungo e privo di azione, ma ho aggiornato :’D sono riuscita a risolvere un paio di questioni inerenti ai futuri capitoli della storia, a finire JoJo fino alla terza stagione -…ecco sì, questa cosa ha avuto delle ripercussioni sul mio cervello e di conseguenza temo proprio che ne avrà anche in questa povera fic :’D- e, soprattutto, a stare lontana da Sims 4 per qualche pomeriggio.
Spero di procedere a un ritmo più spedito d’ora in avanti :)
Non so se qualcuno è arrivato a leggere fin qui né sono sicura che i poveri disgraziati lettori che seguivano questa storia siano ancora interessati, ma nel caso sia così sappiate che vi sono più grata di quanto Spectra sia grata a Tarn in questo capitolo.
Alla prossima :D

_Cthylla_

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Capitolo 22
*** 22 - Il suono del silenzio… che non c’è ***


Non so bene come abbia fatto a riempire un capitolo di dialoghi, dialoghi e dialoghi. L’intenzione inizialmente non era quella, volevo mettere più brutte intenzioni e maleducazione (con o senza monopattino) ma alla fine andranno nel prossimo capitolo: questo è occupato perlopiù da Soundwave e Spectra.
Anche se forse è giusto così, considerando che sono ancora marito e moglie e una conversazione seria senza saltarsi addosso sarebbe servita già tempo fa.
Ora che siete stati avvisati armatevi di caffè e di pazienza (ormai non manca molto nemmeno alla fine di questa storia), e buona lettura :’D









22
(Il suono del silenzio… che non c’è)
















Percorrere i corridoi della Peaceful Tiranny era diventata un’abitudine per Soundwave che, se esprimere un’opinione a riguardo fosse stato importante, avrebbe potuto dire di trovare l’atmosfera data dalle luci fredde sul soffitto più opprimente e asettica della costante penombra che invece regnava nella Nemesis. Tarn aveva dato una forte impronta di se stesso alla sua astronave, o meglio, l’impronta della parte di se stesso che compensava col rigore il suo essere un completo disastro di mech.

Quel grosso cumulo violaceo di fanatismo e utile idiozia però avrebbe potuto essere solo un fastidio molto marginale per Soundwave, se questi non avesse iniziato a vederlo come l’ennesimo possibile ostacolo tra lui e sua moglie.
Anzi, non “possibile”, era un ostacolo certo e anche molto pericoloso.


“Spectra sarà debole fisicamente per molto tempo, ha rischiato di andare offline, dovrà restare in infermeria, psicologicamente parlando è in un momento delicato, va tenuta d’occhio e deve stare tranquilla, quando si sveglierà di nuovo e riuscirà a restare cosciente voglio continuare a seguirla dunque dovrà restare nella Peaceful Tiranny per un pezzo…”


Quella era solo una sintesi di tutto il discorso della minicon riguardo le condizioni di Spectra, che in realtà era stato ben più lungo. In altri contesti Soundwave avrebbe anche potuto prendere sul serio il tutto, ma la sola cosa a cui riusciva a pensare era che quella minicon fosse la serva di Tarn, e che dunque avrebbe detto qualsiasi cosa se lui gliel’avesse ordinato, anche esagerando nel parlare del bisogno di cure della paziente; ragion per cui aveva tutta l’intenzione di ignorare il parere della minicon, portare sua moglie nel proprio alloggio appena fosse stato possibile staccarla definitivamente dalle macchine -o mettere nell’alloggio anche le macchine in questione- rivolgersi alla prioniana solo in caso di reale necessità e mandare a monte il piano di quello zelota schizzato.

“Che troverò fuori dalla porta dell’infermeria come al solito”.

Per l’ex gladiatore era tutto molto chiaro: ora che Tarn era riuscito a mettere le mani su Spectra e a portarla nella sua tana da mostro non aveva la minima intenzione di restituirgliela, e se lui non fosse riuscito a tirarla fuori da lì in fretta avrebbe sfruttato la situazione per tenerla nella Peaceful Tiranny e cercare di condizionarla a suo piacimento, complici anche tutte le ore lavorative in cui lui non avrebbe potuto essere presente per impedirlo.

“Potrebbe riuscirci davvero, è questo il peggio”.

Secondo Soundwave, Spectra era già di suo estremamente fragile, lo era sempre stata da quando l’aveva conosciuta -non per nulla l’aveva soprannominata Scricciolo- e quando si trattava di Spectrus lo era ancora di più: ora che il fratello l’aveva quasi mandata offline, almeno riguardo le condizioni mentali delicate non stentava a credere alle parole di Nickel.
Inoltre, come se il resto non fosse stato sufficiente, Spectra era anche reduce da una manipolazione profonda da parte di quel ladro di compagne altrui comunemente chiamato Dreadwing, che nella sua ossessione di averla per sé aveva passato tutto quel tempo a “demolire” lui e rovinare lei ogni giorno di più, con bel risultato che tutti quanti avevano visto.
Era il terreno più fertile che le parole di qualcuno che uccideva a suon di chiacchiere potessero trovare, e se per disgrazia avessero attecchito sarebbe stato un disastro, anche perché sì, Spectra era sposata con lui, ma Megatron non si era dimostrato favorevole né contrario all’idea di Tarn o di chiunque altro di portarsela via lasciando la scelta finale alla sola Spectra, cosa che secondo lui era stata un’idea a dir poco pessima.
A volte Soundwave si chiedeva seriamente cosa passasse per la mente di Megatron nel prendere decisioni del genere, ma non stava a lui contestarlo, nemmeno in quel caso: era il suo amico ma era anche il suo capo, e lui negli ultimi tempi aveva avuto più di qualche defaillance, non ultima quella per colpa della quale era stato catturato -sebbene alla fine la cosa fosse stata sfruttata a loro favore.

Fortunatamente almeno Optimus Prime e il resto degli Autobot, saltati in aria insieme al loro hangar, non erano più un problema ormai.

“Appunto, eccolo. Maledetto" pensò Soundwave, vedendo Tarn fuori dalla porta dell’infermeria.

«Soundwave, ero proprio in procinto di contattarti» lo accolse questi «Si è svegliata poco fa ed è ancora cosciente».

Sulle prime il tecnico provò un misto di stupore, sollievo e gioia nel ricevere finalmente una buona notizia riguardante sua moglie, che lui non vedeva l’ora di rivedere, ma poi il “poco fa” detto da Tarn si fece strada nel suo processore, e la sensazione di allarme si acuì profondamente.

«Credevo di essere stato chiaro sul voler essere avvisato subito di ogni cambiamento delle sue condizioni».

«Prima dovevamo accertare che lasciare che tu le facessi visita fosse consigliabile per la sua salute» replicò Tarn «Se non fosse stato così avremmo potuto essere coinvolti in scene spiacevoli nelle quali qualcuno avrebbe dovuto persuaderti a restare fuori dall’infermeria».

«Senza riuscirci».

“Non dimenticare chi hai davanti” pensò l’ex gladiatore, puntando lo sguardo dritto in quello di Tarn pur sapendo che questi, causa visore, non poteva vederlo “Quando io combattevo nell’arena di Kaon tu non eri ancora online. E ringrazia Megatron se ora non apro un Ponte Spaziale sotto i tuoi piedi per spedirti dritto in un vulcano attivo”.

«Soundwave?...»

Spectra, che doveva averlo sentito, lo aveva chiamato da dietro la porta. Era sveglia, cosciente, stava abbastanza bene da riuscire a parlare e da riconoscerlo e lo aveva chiamato: poteva sembrare poco ma non lo era per lui, specie con i problemi che avevano.

Tarn e il resto del mondo smisero di esistere per Soundwave mentre apriva la porta, fissava solo per qualche brevissimo momento la femme avvolta nella coperta viola e col cavo di un singolo macchinario attaccato al suo braccio e, infine, si avvicinava rapidamente per stringerla tra le braccia -non troppo forte, tenendo a mente le sue condizioni- del tutto incurante della presenza di chicchessia, fanatici o medici di taglia ridotta che fossero. Era sua moglie ed era quasi andata offline, dunque la sua reazione era quanto di più “umano” possibile.

Inizialmente la sentì irrigidirsi nel suo abbraccio ma fu solo per un istante, perché subito dopo si rilassò e lo ricambiò in silenzio.

«Scusami se ho fatto cose per le quali sei stato male» mormorò poi Spectra vicino a uno dei suoi recettori uditivi «E non ne ho capite altre prima. Mi dispiace».

Era tutto quel che Soundwave voleva sentire, pur dando per scontato che lei si riferisse a “cose” alle quali invece forse non pensava. Le accarezzò brevemente la nuca e, quando lei sollevò il viso, lo sguardo dell’ex gladiatore andò dall’espressione stanca sul viso della giovane allo squarcio richiuso sul petto. Quella era la prima volta in cui aveva la possibilità di vedere il danno coi propri occhi, e lo spettacolo gli causò tanta ansia e tristezza quanta rabbia: le prime due per lei, la terza verso Spectrus, verso Dreadwing -“Se lui non l’avesse portata via non sarebbe successo! Spero che presto lo prendano e vada offline, finalmente!”- e… sì, se non fosse stato per tutto il resto forse ne avrebbe provata un pochino anche verso di lei, per la testardaggine avuta nel rischiare così tanto restandogli lontana.

«Farò portare i macchinari che servono nel mio alloggio, non devi stare qui» disse.

«Bello scoprire che tutto il discorso che ti ho fatto ha avuto la stessa utilità di parlare col muro!» esclamò Nickel «Portarla fuori dall’infermeria non è una buona idea. È appena uscita fuori da una situazione che definire complicata è poco, ha bisogno di tempo per recuperare e di essere seguita da un medico competente, e l’unico medico qui in giro che può essere definito così sono io».

«Al momento non rischia di morire, dunque non credo che i motivi per cui stai insistendo c’entrino qualcosa con la sua salute» ribatté Soundwave guardando non la minicon, ma Tarn, che in tutto ciò era rimasto sulla soglia dell’infermeria.

«Ho la sensazione, sicuramente sbagliata, che tu stia cercando di insinuare qualcosa» replicò freddamente l’altro Decepticon.

Fu allora che i sensori ottici di Soundwave notarono che sul comodino vicino a Spectra c’erano sia dei libri -libri di fiabe e Towards Peace, la cui presenza era una firma evidentissima di chi li aveva scelti e messi lì- sia una bambola molto ben fatta di quella che, senza ombra di dubbio, era la compianta Sparkleriver Specter, che Soundwave afferrò e protese verso il comandante della DJD.

«Io non insinuo, faccio accuse molto precise. Usare una bambola di sua madre per guadagnare la sua fiducia prima e cercare di condizionarla come ti pare e piace poi è squallido perfino per te».

«Che tu la ritenga così stupida da pensare che una cosa simile sia possibile mi fa capire il perché e il per come di molte cose» replicò Tarn.

«Stai insinuando qualcosa?»

«Certo che no» replicò l’altro «Faccio accuse molto precise».

«Penso che Soundwave sia solo molto teso per tutto quel che è successo» disse Spectra, recuperando la bambola dalle mani di Soundwave e mettendola nuovamente sul comodino «Ma non credo che intendesse davvero darmi della stupida o accusare qualcuno. È un bene che tu sia venuto qui, volevo parlarti» disse poi, rivolta al marito.

«Una volta nel nostro alloggio avremo tutto il tempo» insistette il tecnico.

«Non prenderla male per favore ma io preferisco restare qui. Non è per te, è perché Nickel ha ragione sul fatto che ho bisogno di essere seguita» disse Spectra «Se resto dove sono può farlo molto meglio che se fosse obbligata a fare qua e là».

Per quanto le parole di Spectra potessero suonare ragionevoli, a Soundwave non poteva importare di meno. Quella bambola -che lui tra l’altro, ignaro del fatto che quella bambola fosse nelle mani di Tarn da tempo immemorabile, vedeva come un feticcio a dir poco inquietante- i libri, il fatto che Spectra avesse preso le sue parti ma avesse anche detto che lui sbagliava nel pensare a una manipolazione: unendo il tutto era palese che il lavaggio del processore di Spectra da parte di quel mostro di Tarn fosse già cominciato.

“Prendila, apri un Ponte e portala via subito!” gli intimò il suo processore.

“È attaccata a un macchinario, se lo faccio corro il rischio di farle del male” gli ricordò un’altra voce più ragionevole.

“Mai quanto può fargliene Tarn!” tornò a insistere la paranoia che, essendo lui all’oscuro di vari particolari, era comprensibile “Afferra lei E il macchinario E portala via subito!

Poi ricordò.

“Non vorrà restare con loro quando Tarn e i suoi termineranno Dreadwing, per quanto Tarn possa cercare di parlarle male di lui nel mentre. Ha difeso quel traditore, non ha ascoltato me che sono il suo compagno di vita... una volta che questo mostro avrà fatto quel che deve fare, Spectra non ascolterà nemmeno lui. È una di quelle cose che si possono risolvere da sole”.

«Se davvero sei sicura di quello che dici e di avere bisogno di questo, allora d’accordo».

Il modo in cui lei gli sorrise causò emozioni contrastanti in Soundwave, che da tempo aveva iniziato a temere che Spectra non l’avrebbe mai più fatto in quel modo.

«Grazie. Per me il fatto che mi ascolti significa tantissimo» disse Spectra «Ci sono altre cose che vorrei dire ma non sono sicura-»

«Qualche minuto da soli ve lo posso concedere, se nessuno fa il cretino e ti porta via dopo aver aperto un Ponte» si fece sentire Nickel, senza risparmiare a Soundwave un’occhiata «Poi però riposo assoluto, ti sei svegliata da poco e di emozioni ne hai avute già troppe… quindi sii responsabile almeno tu, dato che sul resto non ci si può contare».

“Sfacciata, parla così solo perché ha Tarn dietro di sé” pensò il tecnico, senza capire che la minicon non si stava riferendo solo a lui ma anche a Tarn stesso.

«Però per me non è stato un mal… va bene» disse Spectra, sollevando le mani in segno di resa dopo aver notato l’espressione di Nickel «Dopo mi sarei riposata in ogni caso, mi sento piuttosto debole».

«Bene» disse Tarn, uscendo con Nickel dall’infermeria «Se serve qualcosa siamo qui fuori, Spectra».

«Non disturbarti» ribatté Soundwave, senza ricevere alcunché in risposta «Finalmente siamo soli» borbottò appena la porta si chiuse «Relativamente, dato che di sicuro è rimasto sempre troppo vicino a cercare di ascoltare tutto quel che diciamo».

Spectra fece spallucce. «È la sua astronave, e poi… cercare di ascoltare tutto non è qualcosa che fai anche tu per lavoro?» gli domandò poi, con un breve sorriso.

«Per lavoro, appunto» replicò l’ex gladiatore «Lui invece per altre ragioni. Se è a capo di una squadra di mostri è perché lui è il peggiore. Dovresti saperlo, considerando che sei stata con loro un mese… ennesima cosa che non mi hai mai detto».

«Scusami per non averlo fatto» replicò lei, senza abbassare lo sguardo «Non credevo che fosse importante perché ero sicura di essere stata dimenticata. Anche quando mi sono svegliata qui e ho visto che si stavano prendendo cura di me ho pensato che Tarn stesse facendo tutto per via di un ordine di Lord Megatron, ma non è così... io non me lo aspettavo, ammetto di essermi anche commossa quando mi sono resa conto che lui, anzi, che un po'tutti loro-»

«Ti prego, ti ha salvato la vita ma non iniziare a pensare anche a lui come un altro principe di non so cosa “da marito”, con cavalieri al seguito e tutte le conseguenze del caso».

Era stata un’uscita molto più acida di quanto avrebbe voluto -e con implicazioni poco gentili- e se ne sarebbe reso conto anche senza notare l’espressione di sua moglie.

«Non volevo dire niente del genere» mormorò lei «Mi ha solo fatto piacere sapere di non essere stata dimenticata e che queste persone tengono a me, quando invece non pensavo di poter lasciare “un segno”».

«… lo so. Lo so. Non volevo prendermela con te, è solo… perché si mettono tutti in mezzo? Perché non ci lasciano in pace? È dall’inizio di tutto che non ci lasciano in pace» disse, mostrando un’esasperazione che provava da tempo e che lo stava anche inducendo ad agire in modi in cui in altre situazioni non avrebbe mai agito.

«Che non abbiamo avuto pace è vero» concordò Spectra «Tra una cosa e l’altra… e soprattutto per Spectrus. A proposito, ho capito perché tempo fa hai fatto quello che hai fatto. Pensavo che avessi ignorato la mia decisione perché non ti importava né di quel che pensavo né di quel che sentivo» disse la giovane femme «Ma di recente mi sono resa conto che a volte quando si fanno scelte del genere lo si fa per tutto il contrario del “non importare”. Non rende comportarsi così meno sbagliato, ma ora che ho capito cosa ti ha spinto a farlo è già diverso. Vorrei solo esserci arrivata prima».

“È ancora convinta che mi sia comportato nel modo sbagliato anche adesso che è stata quasi uccisa?!” pensò, ringraziando il cielo di non essersi tolto il visore: la sua espressione avrebbe senz’altro tradito quel che pensava.

Dreadwing l’aveva proprio rovinata, solo un lavaggio del processore contro di lui a livelli altissimi avrebbe potuto portare Spectra a restare convinta del fatto che lui, Soundwave, non avesse agito nel migliore dei modi.
Con gli Autobot fuori dai giochi e gli ex Autobot temporaneamente fuori servizio, o forse definitivamente nell’improbabile caso in cui Spectrus fosse morto per le ferite riportate, quello avrebbe potuto essere un periodo fantastico per lui e per tutta la fazione; invece lo era solo per la fazione, e sarebbe stato così finché la DJD non avesse risolto il “problema Dreadwing”.

«Tu non eri lucida quando si trattava di Spectrus, dovevo fare qualcosa» disse quindi a Spectra, senza commentare il resto «Ero sicuro che anche dandogli quella possibilità che volevi dargli non ci avrebbe lasciati stare. Quell’essere non è uno che si arrende, infatti guarda dove sei. Per tutto il tempo in cui sei stata via ho temuto una cosa simile, del resto sono il tuo compagno di vita, è ovvio che mi importi, anche se certe persone provano a farti credere il contrario».

«Nessuno lo ha fatto. Tra le primissime cose che mi ha detto Tarn c’è stato il fatto che tu sia sempre venuto qui appena potevi. Anche questo mi ha colpita molto quando l’ho saputo, perché quando… lo sai, quando ho deciso di lasciarmi uccidere da Spectrus l’ho fatto anche pensando che-»

Soundwave, per il quale quell’ultimo dettaglio era stato una doccia gelata, la interruppe con un cenno. «Aspetta. Cosa significa “lasciarti uccidere”?!»

«Mi vergogno tanto a dirlo ma è questo che ho fatto, non voglio nasconder… aspetta, n-non te l’avevano detto?»

No, nessuno si era dato pena di avvisarlo del fatto che la sua compagna di vita aveva tentato il suicidio (assistito). In difesa della DJD si poteva dire che fino a poco prima non avessero avuto dall’interessata la conferma certa del tentativo, ma di questo Soundwave non era a conoscenza.

«Perché?» fu tutto quel che riuscì a dire l’ex gladiatore, mentre la candida ammissione di Spectra vorticava nel suo processore.

“Ho deciso di lasciarmi uccidere”: il solo pensiero che lei potesse essere arrivata a un punto simile gli causava quasi dolore fisico.

“Sono i danni del tentativo di indottrinamento che ha subito da lui” alias Dreadwing, che per Soundwave era, dopo Spectrus, tutto il male del mondo “Gli ennesimi! Certi pensieri non le sarebbero mai venuti in mente prima di passare con lui tutto quel tempo”.

«È stato per… per tutto un insieme di cose. Non mi si toglievano dalla testa, molte non mi si tolgono ancora dalla testa. Ho finito per fare male a varie persone, in un caso volevo perfino farlo. Ti rendi conto? Ho pensato…» continuò, ora con aria assente «Di stare diventando come Spectrus. Mi sono detta lui in giro a fare del male bastava e avanzava. Non servivo anche io online. Non così… rovinata».

Per un lungo momento Soundwave non seppe né cosa dire né cosa fare. Non aveva, forse, fatto altro se non pensare a quanto lei si fosse “sporcata”? Non aveva, forse, usato proprio quella parola -“rovinata”- nelle due occasioni in cui aveva parlato con Spectra durante il periodo in cui erano stati lontani? E non aveva pensato a lei in quei termini per tutta la durata dell’attuale conversazione?

«Ricordo di aver usato quella parola ma non ho mai pensato che tu potessi diventare come lui. Sono il tuo compagno, tutto volevo tranne che farti del male» riuscì ad articolare Soundwave, stringendole una mano in modo quasi convulso «In tutto quel che ho detto e che ho fatto non ho mai avuto questa intenzione».

Spectra fece un triste -ma sincero- sorriso. «Lo so, il mio era un pensiero che avevo già prima che tu lo dicessi. Ho… ho paralizzato Starscream tempo fa. Ho provato il desiderio di ucciderlo. È quello il caso in cui volevo fare del male ed è successo prima che noi due parlassimo, quindi non ti sto dando la colpa di qualcosa».

Andava già meglio ma lui non poteva fare a meno di continuare a provare un po’di rimorso per la cosa, soprattutto perché -pur essendo vero quel che le aveva detto- continuava a pensarlo, quel termine: “rovinata” al punto di lasciarsi uccidere, o almeno provarci.
Incapace di approfondire un argomento che già non aveva la minima idea di come affrontare, decise di spostare il discorso su Starscream.

«Lui è un caso particolare. Ti ha fatto del male per primo, tu hai reagito e hai fatto bene» ribatté, dunque «E per fortuna che sei riuscita a difenderti».

Lei strinse maggiormente la coperta attorno a sé. «Spero davvero che d’ora in avanti, soprattutto adesso, mi lasci stare…»

«Megatron è dovuto ricorrere alla mnemosurgery perché riuscisse a stare sveglio senza urlare e fuggire urlando se vede blu e bianco insieme, quindi direi di sì».

Spectra rispose a questo con un’occhiata stupita e perplessa. «Mi ricordo che si è lamentato spesso delle punizioni che gli dava Lord Megatron e ha riprovato a forzarmi anche dopo averle prese da te… davvero l’ho traumatizzato tanto?»

Soundwave indicò la porta dell’infermeria. «Non tu».

Spectra diede a sua volta un’occhiata alla porta, poi tornò a guardare lui. «Ha tradito Lord Megatron più volte, immagino che finire nella Lista fosse inevitabile come per Spectrus».

«Era nella Lista ma era anche stato rimosso tempo fa. Non è stato per quello».

«No?»

Soundwave scosse la testa. «No. Il motivo per cui l'ha fatto è lo stesso dietro quella» aggiunse, indicando la bambola di Sparkleriver «La trovo un feticcio un po’inquietante, lo ammetto, è uguale a una persona che purtroppo è offline».

«È più vecchia di me, quindi non è che l'abbia presa per me. Credo che quando
lui l’ha avuta non sapesse neppure che era così tanto ispirata a qualcuno, e tantomeno che quel qualcuno in futuro sarebbe diventata mia madre» disse Spectra.

“Davvero sei così ingenua da credergli?! Pazienza. Devo avere pazienza” pensò Soundwave “La cosa si risolverà da sé”.

«… e comunque giuro che io non sono andata a lamentarmi di Starscream con loro».

«Non fatico a crederci. Immagino la scena: Starscream a terra, loro presenti e tu lì a dire “È tutto a posto”…»

«In effetti è quello che ho detto…»

«Questo è molto da Scricciolo» commentò Soundwave.

Lei sorrise di nuovo. «Almeno in questo non sono cambiata molto, allora. Ascoltami: certe cose che sono successe non si possono cancellare e certi cambiamenti che ho fatto, o certe parti di me che sono venute fuori, non si possono togliere. E continuo a pensare che forse abbiamo corso troppo decidendo di sposarci così presto, anche se lo volevamo davvero…»

Il tecnico ricordava bene quel momento, la gioia immensa che avevano provato tutti e due. Sembrava essere passata un’eternità da allora, entrambi non avrebbero potuto essere più lontani da com’erano stati in quegli attimi.
Scacciò uno sgradevole paragone con l’energon incendiato -molta luce, estremo calore, brevissima durata- dalla propria testa.

«Però questo non vuol dire che non mi importi più di te» proseguì Spectra «Siamo compagni di vita, come hai detto. Tutto quel che è successo magari fa pensare il contrario, però io ti voglio sempre molto bene».

“Siamo compagni di vita, come hai detto. Tutto quel che è successo magari fa pensare il contrario, però io continuo ad amarti sempre moltissimo”: sarebbe suonato diverso ai recettori uditivi di Soundwave, ma non era quello che lei aveva detto.

“Non dovrei pensare a questo dopo aver saputo che ha cercato di farsi uccidere, però ci penso lo stesso e penso anche che tutto questo disastro avrebbe potuto essere evitato, se tante cose fossero andate diversamente”.

«Mi credi?» gli domandò lei, con l’aria di chi sperava in un “sì”.

«Sì. E dato che per me è lo stesso, in quel che ti riguardava  ho avuto sempre in mente
il tuo bene, qualsiasi cosa abbia detto o fatto. Qualsiasi» ripeté lui, sulla falsariga di qualcosa che aveva già detto «Ed è per questo che mi preoccupo se sei costretta a stare con persone pericolose come la DJD. Capisci?»

«Sì, e mi dispiace sapere che sei così in ansia per me. Io però mi fido delle persone che ci sono in questa nave, non mi hanno dato motivo di non farlo ed è davvero il caso che io resti qui, dunque spero di non vedere altre discussioni per colpa mia. Non voglio essere la causa di altri problemi».

Col “si risolverà da sé” che era il suo nuovo mantra, Soundwave l’ abbracciò di nuovo. Stavolta non ci furono attimi di irrigidimento da parte di sua moglie, a conferma che quello precedente era stato dovuto alla sorpresa.

«Non posso dirti “va bene”, se vedrò cose che non mi piacciono reagirò» rispose Soundwave «Ma dove e quando sarà possibile farò un tentativo».

«Grazie per l’onestà».

Notando l’espressione sempre più stanca della sua compagna, Soundwave decise a malincuore che era il momento di andare. «Io ora devo andare al lavoro. Con la ricostruzione dell’Omega Lock e tutto quanto c’è molto da fare, ma tornerò appena potrò fare una pausa».

«Mi fa piacere».

Erano ancora abbracciati, i loro volti erano molto vicini. Per un attimo Soundwave, nonostante tutto, immaginò un bacio attraverso il visore tra lui e la sua compagna, ma le labbra rosee di quest’ultima si tesero di nuovo in un breve sorriso, e la cosa finì lì.

«A dopo allora».

Con la sensazione di non sapere bene come prendere tutto quel che era venuto fuori dall’aver finalmente parlato con Spectra, sempre in ansia per svariati motivi e sempre immensamente dispiaciuto per altri, Soundwave uscì dall’infermeria. Finse di non vedere sia la prioniana, sia il boia dalle “accuse molto precise”, ignorò con decisione il fatto che stessero parlando tra loro e, con la speranza che le cose potessero davvero migliorare in futuro una volta risolti certi problemi, se ne andò.






***






«Il cambio di atteggiamento che ha avuto, passando da “Le stai facendo il lavaggio del processore” a “D’accordo, resta qui se proprio ne sei sicura” è abbastanza sospetto, non credi?»

«Non hai torto» ammise Nickel, rispondendo così alla domanda di Tarn «A dirla tutta è già tanto che non abbia cercato di portarla via».

«È evidente che per quanto sia destabilizzato non è ancora arrivato al livello di commettere un atto così stupido. Non negherò di essere sorpreso» disse il Decepticon «Il suo comportamento è molto diverso rispetto all’immagine “conosciuta” di lui, non solo perché parla. Ti dirò, lo preferivo silenzioso. Cosa possa portare un mech ad agire in maniera totalmente diversa dal suo solito… non saprei dirlo…» si interruppe all’improvviso, con l’aria di chi stava ascoltando qualcosa.

«Problemi?»

Lui le fece cenno di fare silenzio, e Nickel a quel punto si accorse che Spectra dentro l’infermeria sembrava star parlando con qualcuno.

«… ho riacceso il comm-link solo adesso. Mi dispiace di aver sentito i messaggi solo ora e per tante altre cose, Dreadwing… comunque, anche grazie a te che hai chiamato la DJD, sono viva, mi stanno curando bene e sono al sicuro. M-mi preoccupa molto di più la tua situazione che la mia. Spectrus ti ha ferito, e io… ascolta, non ho il diritto dirti cosa fare e dove stare, solo… cerca di stare al sicuro anche tu, va bene? Ciao».

Il tono di voce era normale, dunque non si poteva dire che cercasse di farlo di nascosto.

«Prossimamente le farò presente che lui è nella Lista» disse Tarn, molto neutro.

«Andrebbe aggiunto il consiglio di diminuire il numero di henn da combattimento che ha intorno, magari, ma non oggi, si è già stressata abbastanza» commentò, lanciando poi un’occhiata al suo comandante «Non sembri sorpreso per la chiamata».

«Non sono sorpreso né che lui l’abbia cercata né che lei abbia risposto. Qualsiasi cosa le ricordi che ci sono persone alle quali importa di lei però è positiva, e dopo i fatti più recenti è positivo anche il fatto che provi interesse per le condizioni di qualcun altro. Sbaglio?»

«Non sbagli. Ha tanta strada da fare ma pensavo a una partenza peggiore, anche nel parlare col suo compagno era molto composta, anche trop-»

Una comunicazione in entrata nel comm-link di Nickel interruppe il discorso.


Qui Knockout. Mi avevate chiesto di essere aggiornati sulle condizioni del vostro compagno e sono felice di dire che è possibile spostarlo come volevate! Organizzo subito il trasferimen-


«Non prima che arrivi io, l’ultima volta i vostri vehicons hanno sballottato il mio compagno di squadra come un pacco postale!» esclamò la prioniana, riferendosi a Tesarus «Falli venire nella tua infermeria ma non far toccare loro Kaon prima che io metta piede lì. Arrivo» concluse, con un breve sbuffo «Meglio che vada prima che qualcuno di quegli incapaci faccia sbattere la testa di Kaon da qualche parte e una volta sveglio diventi ancor più rintronato di quanto già sia normalmente. Torniamo subito».

«Vai pure, intanto qui provvedo io».






***





“Per fortuna Dreadwing è vivo e non è ferito in modo troppo grave” pensò Spectra, con la schiena comodamente appoggiata contro il cuscino “Il suo comm-link era chiuso ma spero che ascolti presto il mio messaggio, così non sarà più in ansia per me”.

Anche lei non poteva fare a meno di provare un sentimento analogo, chiedendosi cos’avrebbe fatto lì fuori da solo. Non dubitava che se la sarebbe cavata, Tarn aveva avuto ragione nel farle notare che era un “militare. Ex” e che quindi potesse tranquillamente trovare il modo di sopravvivere; tuttavia, ora che le recenti esperienze iniziavano a farle intravedere qualcosa al di là della sua bolla di auto-deprecazione in cui le altre persone non trovavano molto spazio, stava prendendo coscienza di quello che il gesto da lei quasi commesso avrebbe significato per lui, specie nel venire a sapere con precisione com’erano andate le cose.

Per lui e anche per Soundwave, che si era preoccupato molto. Non dubitava né di questo né del fatto che lui le volesse bene come le aveva detto, anche se… no: niente “anche se”. Avevano parlato per bene ed era andata meglio dell’ultima volta, nonostante tutto, e anche il “nonostante tutto” era da bandire. Lui era il mech che aveva scelto come compagno di vita, dunque era meglio concentrarsi sul fatto che il modo in cui l’aveva abbracciata all’inizio l’avesse stupita ma fosse stato un momento che aveva trovato piuttosto dolce.

“E mi ha ascoltata quando ho detto di voler restare qui. Forse il mio matrimonio ha una possibilità di salvarsi, potrebbe essere un modo per iniziare a sistemare tutto”.

L’immagine di Dreadwing in difficoltà tornò nuovamente a galla nel suo processore. Non poté fare a meno di pensare che avrebbe tanto voluto vederlo tornare nella Nemesis, dopo aver sistemato le cose con Lord Megatron e aver accettato la mano che gli aveva teso, sarebbe stato più al sicuro. Avendo creduto morto Spectrus per diverso tempo capiva più che bene la sofferenza di Dreadwing riguardo Skyquake -che oltreutto non aveva mai tentato di ucciderlo- e quel che Starscream aveva fatto, però sapeva anche che tornare nei ranghi era quel che Dreadwing voleva davvero: non riusciva a smettere di chiamare “Lord Megatron” in quel modo neppure impegnandosi.

“Ma sarebbe veramente al sicuro, dato che Soundwave lo odia a causa mia?... perché poi?”

Ricordi. Giorni e notti in cui Dreadwing l’aveva sopportata e supportata, le ore passate tra le sue braccia a parlare. Si era sempre trovata a suo agio, senza la sensazione che Dreadwing si aspettasse alcunché da lei -e viceversa- ma non aveva certo tradito il suo compagno di vita: non si erano baciati, non si erano connessi. Non ci aveva neppure pensato ed era sicura che per Dreadwing fosse stato lo stesso. Entrambi avevano sempre avuto tutt’altro per la testa, loro erano ridotti un disastro, la situazione intera era un disastro, con qualche eccezione.

Una delle quali, ovvero Tarn, era appena rientrata in infermeria.

«Novità?»

«Dreadwing mi ha contattata. Era molto in ansia, ora sa che sono al sicuro» rispose Spectra «Penso che lo capirà anche Soundwave».

«Non sei la sola che si augura di evitare ulteriori discussioni».

Soundwave aveva ragione sul fatto che avesse Tarn fuori dall’infermeria avesse sentito i loro discorsi, ma non le importava, anche perché riteneva che in
quella faccenda non ci fosse niente da nascondere.

«Sicuro-sicuro?»

«Riguardo?»

«Il non voler discutere?...»

Tarn fece un breve sospiro. «A modo tuo sei così diretta... ci sono moltissime cose delle quali posso essere accusato, talmente tante che non c’è la necessità di andare a cercarne dove non ci sono. Io difendo la mia squadra» disse «Nulla di più e nulla di meno, anche se siete tutti in grado di farlo da soli in situazioni di vario tipo. Ricordo un accenno fatto da Lord Megatron eoni or sono riguardo il fatto che per le nobili femme di Iacon la cortesia fosse “l’armatura di una lady”... in questo caso è accurato».

«Io di nobile ho solo il cognome e un matrimonio da principessa delle fiabe» ovvero con una persona che conosceva poco «Cioè proprio quel che desideravo. Me l'avevi detto, no? "Pare che le fiabe a volte diventino realtà, anche se non nel modo in cui ci si aspetterebbe". A proposito, dato che parliamo di nobili e fiabe e hai sentito tutto il discorso ti tranquillizzo su una cosa: mi hai salvato la vita ma non ho iniziato a sognare di sposarti per questo» disse con un’amarezza che solo in quel momento si rese conto di provare.

Negli attimi di silenzio totale che seguirono provò l’ennesimo senso di colpa, sentendosi ingiusta nei confronti del compagno di vita assente, ma non poteva negare che aver sputato fuori quelle frasi in maniera piuttosto freddina avesse allentato un po’il nodo che aveva sentito all’altezza dello stomaco per tutto il tempo in cui aveva parlato con Soundwave.

«Anche se non c’è da stupirsi che l’abbia detto, con lui è andata così» aggiunse poi, massaggiandosi la fronte «Forse è meglio lasciar stare, non è colpa sua. Meglio che segua gli ordini di Nicky e mi riposi, credo che andrò in ricarica ora».

«Sì, a tal proposito, credo sia meglio evitare il “Nicky”» osservò Tarn, tornando solo allora a farsi sentire «È collegato a pessime cose. Hai presente il minicon maschio al quale ho accennato prima?»

«Quello che vuoi terminare?»

«Lui. Forse è meglio che ti mostri un’immagine, non vedo ragioni per cui tu debba mai trovarlo davanti a te ma pensando al futuro è bene che tu conosca i nostri nemici. Si chiama Bustin e lavora con Spectrus».

Molto semplice, molto stondato, con tre soli colori e un visore come quello di Soundwave. Sorrideva perfino, un sorriso di pixel molto carino. Avrebbe mentito dicendo che le sembrava pericoloso ma Tarn aveva appena detto che lavorava con Spectrus, e prima aveva parlato di un incidente contro una montagna, quindi immaginò che dovesse esserci più di quel che sembrava.

“Forse è costretto. Non è facile dire di no a Spectrus” pensò, ma non diede voce a quel suo dubbio sapendo benissimo che, per Tarn, costretto o non costretto non faceva differenza.

Di solito.

«Capito. Lo terrò a mente».

«Bene. Ora riposa pure, quando ti risveglierai avrai ancora compagnia…»

«Tu?
» gli domandò con un sorriso.

«Anche, ma parlavo di Kaon: non è molto in forma ma si sta riprendendo, come te, quindi non ti preoccupare. Condividerete l’infermeria per un po’».

«Va benissimo» sorrise Spectra. Le dispiaceva che Kaon non stesse bene ma non le dispiaceva l’idea della compagnia, come sempre.

Finalmente, aggrappandosi all’impressione di aver almeno iniziato a scalfire la montagna di caos che la circondava, tornò in ricarica.

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Capitolo 23
*** 23 - I danni della gratitudine ***


23

(I danni della gratitudine)












Nell’essere costretto a lavorare per il perfezionamento della formula dell’energon sintetico richiestagli dai Decepticon, alle domande che ronzavano nel processore di Ratchet se n’era aggiunta una, ossia: “Perché i miei compagni non vengono a salvarmi”?

«Sei lento come la morte per mancanza di energon, dottore» sbuffò Knockout, che lo sorvegliava, mentre Ratchet era impegnato in un complesso processo di estrazione chimica.

«O la cautela o un’esplosione in piena faccia, se vuoi rovinarti la carrozzeria però posso fare più velocemente» replicò l’Autobot.

«No, grazie» replicò Knockout e, almeno per il momento, parve decidere di restare zitto.

Ratchet tornò al processo e ai suoi pensieri cupi con un breve sospiro.
Perché i suoi compagni non si erano ancora fatti vivi? Era quel che ci si sarebbe aspettati. Possibile che non fossero riusciti a trovare l’astronave? Vero, era sempre in movimento, ma fino a quel momento erano sempre riusciti nell’impresa in un modo o nell’altro.
Lui aveva accettato di partecipare al progetto di Megatron ma, anche se veniva mosso dalla speranza di poter riportare in vita Cybertron, non era piacevole trovarsi in mezzo ai Decepticon, soprattutto quando Vos della Decepticon Justice Division partecipava alle sperimentazioni.

Probabilmente stava prendendo le misure per capire quanto del suo corpo sarebbe entrato nella fornace di Helex una volta che lui avesse finito il lavoro.

Più si andava in là meno illusioni Ratchet si faceva a riguardo: sarebbe rimasto in vita fino al compimento del suo lavoro ma poi, se i suoi compagni non fossero arrivati in tempo, non sarebbe uscito vivo dalla Nemesis. Per tale motivo aveva deciso di rallentare il tutto -l’accusa di Knockout non era infondata- per quanto possibile. Con Shockwave e Vos in giro non lo era molto, ma lui cercava di fare del suo meglio mentre pregavadi non essere scoperto, se mai avesse dovuto sabotare di nuovo un’attrezzatura del laboratorio, e per essere salvato.

La raccolta d’informazioni continuava a essere l’unica cosa abbastanza positiva in quella situazione, insieme al trovarsi sotto gli occhi casi unici e soluzioni alle quali di suo non avrebbe mai pensato. Nell’energon sintetico instabile c’era un componente che non erano stati in grado di “tagliare” fino a quando Shockwave aveva suggerito di utilizzarne un altro presente nei corpi di creature tipo gli insecticons; guarda caso nella Nemesis al momento era presente più di qualche carcassa, colpa dell’attacco di qualche tempo prima.
Dall’analisi che avevano fatto avevano reperito il componente, non intaccato da alcunché, ma avevano scoperto anche un’altra cosa, ovvero che quelle bestie presentavano un avvelenamento nel loro fluido vitale dovuto a una cosa che gli umani chiamavano “radioattività”. Probabilmente le loro uova si trovavano in uno di quei luoghi fuori mano in cui gli esseri umani avevano la brutta tendenza a smaltire certe scorie, tendenza della quale Ratchet era a conoscenza a causa della frequentazione con i terrestri. A detta di Shockwave questo poteva essere collegato con una cosiddetta “follia omicida” che secondo lui quelle creature avevano manifestato durante l’attacco.

All’aver sentito lo scienziato Decepticon parlare dell’utilità di un possibile siero che mandasse in berserk la carne da cannone, Ratchet preferiva non pensare.

“Terrò duro e continuerò a cercare di fare il possibile per allungare i tempi” pensò “Spero che gli altri trovino l’astronave e mi tirino fuori da qui”.






***






Se nel laboratorio della Nemesis l’atmosfera era quella che era, fortunatamente non si poteva dire lo stesso dell’infermeria della Peaceful Tiranny.

«… ma fammi capire, i tre vengono tutti a te per botta di c- ehm, pura fortuna, o li nascondi da qualche parte?! Ok logicamente non mi sono innervosito sul serio, solo che, e che cazz- che diamine, ecco!... brava, ridi delle mie disgrazie con le carte» applaudì Kaon, con un’aria di biasimo palesemente fintissima sul volto «Brava! Complimenti!»

Kaon, che era stato spostato lì proprio come Tarn aveva detto qualche tempo prima, era tornato a essere completamente cosciente ed era tornato a poter stare seduto e a poter lanciare attacchi elettrici, come da programmi di Tarn, ma ancora non era in condizioni di camminare. In compenso la presenza di sedie come quella sulla quale si trovava al momento gli permetteva muoversi e avvicinarsi a Spectra, così da poter passare il tempo insieme. Anche quando non faceva così, di rado la tenda tra i loro lettini veniva tirata: a Kaon non erano mai dispiaciute le chiacchiere, specie se erano con delle femme e se le femme in questione non avevano la tendenza a dare colpi di cacciavite.

«Non è per quello che rido, è perché cerchi di non dire brutte parole» disse Spectra, aggiungendo al proprio mazzetto le carte appena guadagnate.

Spectra dal canto suo apprezzava il tutto, Kaon contribuiva moltissimo ad alleggerire tutta la situazione e in vari momenti riusciva perfino a farla sentire divertita, cosa che poteva solo essere considerata buona.

«Possono essere passati i vorn ma gli ammonimenti e i richiami scritti del capo sono ancora validi com’erano validi una volta, anche per gli in-validi com’è al momento il sottoscritto» replicò il Decepticon, indicando la sedia fluttuante sulla quale si era spostato «Una sedia costretta a stare su una sedia, se non fossi io farebbe ridere. In realtà fa ridere anche se sono io… cos’è quella faccia?»

«È che mi dispiace per quel che è successo, spero che tu guarisca presto».

«Lilleth… noi diamo la caccia alla gente della Lista, le cose che possono capitare nel mentre si chiamano “rischi del mestiere”. Se avessi voluto un lavoro d’ufficio non sarei in questa nave, e lo stesso vale per gli altri. A dirtela tutta saremmo contenti se anche tu facessi la stessa cosa... rimanere qui con noi, intendo».

Il parlare e straparlare di Kaon aveva fatto sì che quel discorso venisse fuori più di una volta in pochissimo tempo, ma neppure questo infastidiva Spectra. L'opinione di Tarn su quell'argomento era già stata inequivocabile, pure se non espressa a parole -ricordare quello che Soundwave trovava pericoloso, alias il fatto che Tarn oltre a conservare tutto avesse preso dei libri nuovi e altro per lei, riusciva ancora a commuoverla- ma le faceva piacere sapere che anche per gli altri la sua non era una presenza sgradita. Da quel che aveva capito, la consideravano un membro della squadra disperso da tempo.

«Soundwave però lo sarebbe un po’meno, credo» disse Spectra «Quindi mi sa che non è il caso…»

«Da dove hai tirato fuori l’asso adesso?!» si lagnò Kaon, vedendo sfuggirgli anche le carte di quella mano «Sì, beh, alle brutte puoi divorziare. Con la guerra i matrimoni si fanno facilmente e i divorzi pure, a meno che… avete fuso la Scintilla?»

Spectra scosse la testa. Quella era una tra le cose che ricordava di aver desiderato quando la sua massima aspirazione era trovare un compagno di vita, ma no, lei e Soundwave non l’avevano fatto. Durante la prima notte di nozze -nonché l’ultima di pace- si erano occupati di altro, e per come si erano messe le cose poco dopo era stata una gran fortuna.

«Ecco, brava. Se le cose stanno così ti puoi già muovere molto più facilmente, Lilleth, e- va bene, non riesco a mettere via nemmeno i punticini» borbottò.

«Quando l’ho sposato è stato perché ci credevo. Magari se tornassi indietro farei le cose meno di fretta, come ho detto anche a lui» disse la giovane femme «Ma è andata così e mi sono comportata già piuttosto male senza aggiungere altro di brutto. E comunque non è che abbia smesso di volergli bene, quindi se potessi vorrei evitare di finirla così senza nemmeno provare ad sistemare un po’tutto. Un po'lo stiamo già facendo».

Se avessero domandato a Spectra come andava con Soundwave, avrebbe appunto risposto che le cose “procedevano”. Lui continuava ad andare a trovarla in ogni momento libero e non c’erano state discussioni
spiacevoli né tra loro due né fra lui e altri. Una certa tensione tra Soundwave e Tarn sembrava essere inevitabile ma Spectra non aveva più assistito a scene come quella del primo incontro, ed era già tanto, infatti si sentiva molto più rilassata nei confronti del suo compagno.

«Ho capito. Quel che volevo dire è di ricordarti che se le cose non dovessero andare granché c’è sempre posto qui. A Helex mancano i tuoi biscotti» aggiunse Kaon.

«Appena Nickel mi dà il permesso di uscire da qui glieli faccio, giuro… se non vanno oltre la sua razione» aggiunse poi Spectra «Anche la cosa delle razioni vale sempre?»

«Eccome» sospirò il Decepticon, che se avesse avuto dei sensori ottici li avrebbe alzati al soffitto «Lui si ricorda ancora».

«Chi?»

«Helex. Si ricorda ancora di quando hai cercato di coprirlo quella volta in cui voleva farsi fare dei biscotti in più e Tarn vi ha beccati in cucina, hai presente?... oooooh, finalmente due punti!» esultò Kaon, artigliando le carte.

«Ricordo, ma è passato tanto tempo» disse Spectra, un po’perplessa «Volevo solo cercare di aiutarlo e non ha nemmeno funzionato molto bene, è stato un po' un niente di che».

«Il “niente di che” gli è bastato per pesare la persona che aveva davanti e decidere che non gli dispiaceva, ti pare?»

«A questo punto immagino di sì. Solo che da allora sono cambiate tante cose, voi siete gentili con me e ne sono felice, ma sinceramente non capisco perché la gente si ricorda di me, o ci tiene, o magari pensa che potrei essere in grado di fare qualcosa di buono» disse apertamente Spectra «Finora io di quello non ho fatto granché. Forse non dovrei disturbarti con questi discorsi però».

«Quando Tarn mi ha preso nel gruppo me lo chiedevo anche io. Cosa potesse vedere di buono in me» disse Kaon, avvicinandosi ancora di più con la sedia «Prima dei Decepticon e della DJD, che per me sono arrivati nello stesso momento, ero un tossico e segaiolo-»

Si interruppe e si guardò intorno, chiedendosi se Tarn fosse in ascolto e se quella fosse una parola approvata o meno. La risposta alla prima domanda parve essere “no”, e quanto alla seconda… immaginava che fosse “no” anch’essa, ma ormai il danno era fatto.
E poi Lilleth era adulta e sposata, dunque conosceva l'argomento.

«Dicevo, un tossico che pur essendo un tecnico più che decente non era mai riuscito a combinare niente se non finire in un casino dopo l’altro» continuò «Pensavo di essere buono solo per quelli. Ai tempi la squadra non era conosciuta come adesso ed era anche più piccola, c’erano solo i due grossi… ecco, diciamo che mi servivano gli shanix per una dose, e nel mezzo di una crisi di astinenza pesante poootrei aver hackerato i loro conti bancari tutti insieme. Non dire niente, non so come mi sia saltato in testa».

Solo qualcosa legato alla droga avrebbe potuto spingere qualcuno a cercare di rubare soldi a Tarn, Helex e Tesarus insieme, pensò Spectra, felice che Kaon fosse ancora lì per raccontarlo.

«E poi mi hanno trovato, ma Tarn non mi ha fatto secco e ha deciso di tenermi» proseguì il Decepticon «Inizialmente ero solo contento che mi avesse risparmiato ma non capivo perché, non vedevo quel che aveva visto lui, col tempo invece ho cominciato a capire anche io quanto valevo, ed eccomi qua! Un po’meno drogato, segaiolo sempre e comunque MA anche uno dei tecnici migliori che ci siano, tutto perché lui ha creduto in me. Ora non sto dicendo che è il santo protettore degli ultimi o robaccia buonista del genere, ok? Dico solo che se non fosse stato per lui probabilmente il mio cadavere starebbe ad arrugginire in un fosso e che a volte, di noi, capiscono più gli altri di quanto ne capiamo noi stessi! Ok è un discorso confuso ma è Tarn quello che parla bene, non io».

«Non è per niente confuso» sorrise la giovane femme «Grazie per avermelo raccontato».

L’ultima mano di valtti, con varie proteste da parte di Kaon, decretò la vittoria di Spectra. Visto quello, le condizioni di entrambi e l’ora, il Decepticon decise di tornare sul suo lettino e andare in ricarica.

«E ti direi di fare lo stesso, Lilleth» aggiunse poi «Dopo il solito controllo di Nickel».

Spectra annuì. «Lo farò, Soundwave prima mi ha già detto che stasera non sarebbe potuto passare, quindi non devo aspettarlo. Questa cosa dell’Omega Lock dà molto da fare a tutti quanti...»

«Ci puoi scommettere. Speriamo che stavolta non si metta in mezzo nessuno, sono venuto a sapere che l’ultima volta l’hanno fatto Optimus Prime e compagnia… ma dopo che Soundwave è tornato col medico Autobot, Starscream e i vehicons hanno spazzato via la loro base. Unica cosa buona che sia riuscito a fare ultimamente quello là» aggiunse Kaon «Quindi stavolta non dovremmo avere sorprese, l’unico sicuramente sano e che possa avere ancora voglia di creare problemi è l’altro nan-ehm, l’altro minic-»

«Tardi» fu il commento asciutto di Nickel nell’entrare in infermeria «Se ti sento chiamarmi nana un’altra volta- e tirare la tenda non ti salverà, ti ho sentito, LO SO che non dormi!... se non altro il fatto che abbia ripreso a dire stupidaggini è un segno di miglioramento» sbuffò Nickel, avvicinandosi a Spectra «Come ti senti?»

«Piuttosto bene, mi sembra che vada un po’meglio di stamattina».

«Vediamo» disse la minicon mentre controllava i suoi valori. Erano quasi tutti sotto a quel che sarebbe stato il livello normale, ma era prevedibile. «Sì, considerando tutto direi che procedi bene. La risposta da dare al tuo compagno se domani dovesse dirti di nuovo di uscire e andare a stare nel suo alloggio però è sempre no. È testardo come un mulocon!»

Non aveva tutti i torti dato che Soundwave, nonostante i buoni propositi, aveva tirato fuori spesso l’argomento. La prima volta che avevano parlato le aveva detto che se pensava di aver bisogno di restare lì l’avrebbe lasciata fare, ed era così, ma era evidente che lui continuasse a temere che qualcuno lì potesse fare qualcosa di inappropriato. Se faceva così però non era per cattiveria o perché la riteneva una deficiente, su quel punto si erano chiariti, il che era importante.

«Abbastanza ma penso che lo faccia anche perché vorrebbe che stessimo più vicini. Sono la sua compagna, lui ha detto di essersi preoccupato molto per tutto il tempo e gli credo, e se penso a quel che è successo con Spectrus, al fatto che io me lo sia cercato e che Soundwave sappia anche di questo… quel che voglio dire è che la reazione di Soundwave magari è normale, ecco. Mulocon o meno».

Quel che la preoccupava di più non era la propria situazione fisica o la relazione col suo compagno, dato che entrambe le cose sembravano aver imboccato la via giusta, quanto il silenzio di Dreadwing, che da quando lei gli aveva lasciato quel messaggio non si era fatto più sentire. L’ansia che potesse essere nei guai c’era sempre, ma nei giorni passati aveva saputo che gli Autobot sulla Terra erano stati mandati offline, che gli insecticons di Airachnid avevano fatto la stessa fine -e molto probabilmente anche Airachnid stessa- e che Spectrus non era in condizioni di nuocere, dunque aveva iniziato anche ad avere il dubbio che magari lui potesse semplicemente aver lasciato il pianeta in qualche modo.

Poteva essere andato via proprio come qualche tempo prima, nel relitto dell’astronave con cui lei e Spectrus si erano schiantati all’arrivo, le aveva proposto di fare. Dreadwing allora le aveva lasciato intendere che se fosse andato via sarebbe stato per -e con- lei, non per se stesso, e quello era uno dei motivi per cui lei l’aveva dissuaso, ma magari dopo gli ultimi fatti aveva cambiato idea e aveva deciso di chiudere con tutto. Una cosa simile le sembrava poco in linea col Dreadwing che conosceva, ma ormai anche lei aveva imparato che le persone, in circostanze particolari, potevano comportarsi in modo del tutto opposto al solito.
Forse Dreadwing era già lontano dai Decepticon, lontano dai propri guai e anche lontano da lei e dai suoi, di guai. Lontano dai suoi pianti, dal suo affidarsi a lui per ogni cosa e da tutto ciò che, per scelta o meno, aveva sopportato.
Non riusciva a fare a meno di pensare che se fosse stato così lui avrebbe potuto almeno farle sapere che era a posto e dirle addio tramite comm-link,
sarebbe stato sempre meglio del silenzio, ma sapeva anche di non essere nella posizione di volere alcunché da un mech al quale aveva già preso troppo senza dare niente in cambio.

«Se volete cercare di riavvicinarvi era giusto che tu glielo dicessi, anche se sicuramente non è stato facile» concesse Nickel.

«No infatti. È difficile parlarne perché tutta la cosa con Spectrus è anche difficile da spiegare e ancora più difficile farlo senza sembrare completamente stupida. Soundwave, ma anche Dreadwing, non capivano granché come potessi volergli ancora bene dopo che aveva tentato di terminarmi una volta… figurarsi gli dicessi che nonostante tutto è ancora così».

«come come?!» esclamò Kaon spostando la tenda con forza, dimentico di essere teoricamente “in ricarica” «C’è mancato poco che facesse secchi sia te che me che Tess, com’è possibile?!»

Non era arrabbiato, solo estremamente sorpreso, e Nickel non era da meno. Nessuno dei tre fece caso che un rumore di passi pesanti si era interrotto fuori dall’infermeria, neppure Spectra che rendendosi conto di come suonava quel che aveva detto cercava un modo di far capire il non capibile.

«Hai presente quello di cui parlavamo poco fa e di quanto ti senti grato a qualcuno a cui devi tutto quello che sei? Immagina questa cosa cominciare da appena hai avuto l’età per capire e di non aver avuto nessun altro intorno, stabilmente, per tutto quel tempo. “Sono inutile ma questa persona è l’unica che mi vuole bene lo stesso”. Tutto quel che vorresti è poter ricambiare, e un giorno quella persona ti dice che ha bisogno del tuo aiuto. Avrei fatto qualsiasi cosa» disse, passando alla prima persona «Penso che ormai sappiate anche voi che mi mandava a spiare al posto suo e anche la fine che facevano le persone dalle quali mi faceva trovare. Loro non erano cattivi come diceva, non era giusto che finissero così, di solito erano gentili con me» continuò «Era Spectrus a terminarli ma la colpa era anche mia perché non riuscivo a impedirlo, lui li terminava e io mi odiavo a morte, e mi ripetevo “Senza di lui non hai niente e non sei niente, non conta come ti senti, lo fai per lui, a cui devi tutto, devi farlo per lui, che tiene a te come nessun altro”. Poi mi sono innamorata del mio compagno e ho capito…» disse, concedendosi un attimo per riprendere fiato «Ho capito che Spectrus non ha mai tenuto a me come credevo, e subito dopo ho dovuto attaccarlo e poi ho creduto che fosse morto ed è stato tutto un disastro. Sono contenta di essere riuscita a smettere di volerlo aiutare, so che è nella Lista, so che è giusto che si trovi lì e spero di non vederlo mai più nella vita, però non riesco ancora a smettere di pensare a tutto questo e che forse se è finita così è perché non sono riuscita a far sì che lui mi volesse bene abbastanza da non volermi uccidere quando ho scelto Soundwave… e i Decepticon».

«Quella che hai tu verso Spectrus si chiama “dipendenza affettiva”. Lui però non ti ha mai voluto bene, l’hai detto tu stessa» disse Nickel «Avresti potuto dargli il mondo e tanto non sarebbe stato abbastanza, dunque non hai rovinato le cose: puoi averle accelerate, ma presto o tardi sarebbe finita allo stesso modo. L’unica cosa che puoi fare è cercare di andare avanti, anche se ci vuole tempo, e parlarne come hai fatto va molto bene. Io come medico ci sono, gli altri anche, tu però aiutaci ad aiutarti».

«È quello che voglio fare».

«Tra le cose che vuoi fare non puoi mettere anche lasciarmi vincere un attimo a carte la prossima volta?» domandò Kaon a Spectra.

Questo diede inizio a una breve e ben poco seria discussione tra lui e Nickel, la quale nel corso di essa e del controllo dei valori di Kaon utilizzò dei gesti il cui significato era sconosciuto a Spectra ma che sicuramente si avvicinavano molto all’osceno. Probabilmente avrebbe chiesto la traduzione a Tarn il giorno dopo.

«E comunque no, quello tra le cose che voglio fare non c’è» disse Spectra -che aveva capito e apprezzato il tentativo di Kaon di alleggerire l’atmosfera- con un sorriso. Sentiva anche che essere riuscita a dare forma ai propri pensieri e a spiegarsi la faceva stare meglio.

«È un’ingiustizia però!»

«In ricarica tutti e due, forza» concluse la minicon «Avete bisogno di riposo, soprattutto tu, Kaon!»

I due convalescenti si diedero la buonanotte e la diedero anche a Nickel, che dopo un’ultima occhiata uscì dall’infermeria con un breve sospiro. Era felice che entrambi stessero migliorando, lo era anche nel vedere che Spectra sembrava starsi dando da fare in tal senso ma il suo rapporto con Spectrus sembrava diventare una faccenda più contorta ogni volta che ne parlava.

«Da quanto sei qui?»

«Un po’» disse Tarn «La mia intenzione sarebbe stata quella di entrare ma sarebbe stato deleterio interrompere un discorso a dir poco… complesso. “Per lui, a cui devi tutto”» ripeté «Se qualche vorn fa le cose fossero andate diversamente-»

«Il discorso che ho fatto a lei vale anche per te, per il passato non si può fare niente ma si può fare qualcosa adesso. Abbiamo iniziato, continuiamo così».

Il Decepticon annuì. «Non hai torto. Hai avuto notizie di comunicazioni dall’esterno?»

«Se parli del mech che lei non sa ancora essere sulla Lista, no».

«Mi sembra di notare un accenno di biasimo, Nickel… la mia intenzione era quella, poi pensando alla situazione attuale e al fatto che il suo compagno mi avrebbe volentieri anticipato ho deciso di concedergli elegantemente tempo e modo di farlo. Solo che non ha ancora provveduto, il che è strano: visto il modo in cui si è comportato nel loro primo incontro mi sarei aspettato che usasse questi giorni per dirle che Lord Megatron ritiene che Dreadwing vada condannato e cercasse di rovinarne l’immagine in qualsiasi modo, invece sembra aver deciso di fingere che Dreadwing non esista e che l’aggiunta del suo nome alla Lista non sia mai avvenuta. Mentirei se dicessi che lo capisco» commentò.

C’era più di una ragione dietro a quel comportamento, incluso il piccolo dettaglio riguardo il fatto che non fosse stato Lord Megatron ad aggiungere quel nome alla Lista, ma né lui né Nickel potevano saperlo, e le ipotesi erano tutto ciò che restava loro per quella sera.







***







“Ancora?...”

Di nuovo la Nemesis sospesa nell’atmosfera terrestre, di nuovo quella strana vasca, anello o qualsiasi cosa fosse ripieno di un liquido sconosciuto, e di nuovo Starscream che urlava, Knockout in lontananza e il Decepticon con un solo sensore ottico.
Nessuno di loro sembrava essere in grado di vederla, esattamente come l’altra volta. Alcuni sogni che aveva fatto tempo prima erano stati estremamente “interattivi” -anche troppo considerando che era finita offline in più d’un paio di essi- ma questo non era tra loro: il Decepticon con l’occhio rosso non fece minimamente caso a lei mentre afferrava Starscream dicendo cose che Spectra, come l’altra volta, non capiva affatto.

“Shockwave. Dreadwing mi ha dato una mano a capire chi sei” pensò.

Quando aveva visto tutto ciò per la prima volta aveva riflettuto se parlarne o meno a Dreadwing, decidendo infine di farlo. Lui aveva ipotizzato che potesse esserle stata mostrata un’immagine di Shockwave in passato e che il suo processore potesse averla ripescata totalmente a caso -non era improbabile dato che solitamente era così che funzionava nei sogni- ma allo stesso tempo le era sembrato abbastanza dubbioso: d’altra parte né lui né lei sapevano davvero se e quanto credere al fatto che anche quel sogno potesse avere una base di verità.
Gliene aveva parlato la stessa notte in cui erano stati sorpresi nel bosco da Spectrus. Era passato poco tempo ma in quel momento, complice anche il trovarsi in un sogno, le sembrava tutto lontanissimo.

Si voltò sapendo già cos’avrebbe trovato, alias il corpo di Lord Megatron che, trafitto da Star Saber e vittima della forza di gravità, stava scivolando dalla lama ed era in procinto di cadere nel vuoto; ancora una volta non vide chi brandiva la spada, la quale però non sembrava “attiva” neppure in quell’occasione, dunque chiunque fosse non era un Prime. Ricordava la leggenda a riguardo, e come non avrebbe potuto? Lei era sempre quella che le sapeva tutte.

“E se fosse?...”

Il sospetto che potesse trattarsi di Dreadwing scomparve così com’era venuto. Dreadwing poteva avercela con Lord Megatron, ma non era lui che Dreadwing avrebbe voluto vedere morto, quello che avrebbe voluto vedere morto era Starscream.

“Questa è la Nemesis, se fosse vero Soundwave sarebbe qui e ci sarebbe anche la DJD, loro non permetterebbero a nessuno di fare questo a Lord Megatron” pensò Spectra “Non è detto che sia vero o che lo sarà. I miei sogni sono andati in modo simile ma mai uguale a quello che ho visto, solo uno è andato uguale, e-”

Le passò accanto Arcee, incapace di vederla esattamente come gli altri, e solo a quel punto vide che più in là c’era anche l’Autobot che avrebbe voluto prenderla in ostaggio; non che Spectra ce l’avesse con lui per quello, in fin dei conti lei era sposata con un Decepticon. Se non ricordava male il suo nome era Ratchet, il medico degli Autobot presente sulla Terra.

L’astronave intera a quel punto iniziò a tremare, anche se lei parve l’unica a rendersene conto, e le stanze e i corridoi iniziarono a richiudersi su se stessi.

Forte del fatto che fosse un sogno, che lei stavolta ne fosse consapevole e che quindi non ci fosse assolutamente nulla di cui avere paura, Spectra Specter si lanciò all’interno della struttura ad anello ripiena di liquido strano poco dopo aver avvertito quel che sembrava -o anche no- il suono dello spostamento d’aria dovuto a un battere d’ali.





“Come, wayward souls
And wander through the darkness…”


“Dove sono? Cos’è questo posto?” pensò Spectra, sulla soglia di un magazzino molto malridotto e col tetto semi distrutto che riusciva a riparare ben poco dell’interno dalla pioggia battente “Chi è che canta?” si chiese poi, capace solo di comprendere che si trattava di una femme “Io non conosco questa canzone”.

“…outlier! Outlier! OUTLIER!”

Non conosceva neppure quelle voci, e se anche le avesse conosciute non avrebbe avuto motivo di temerle dato che logicamente non si stavano rivolgendo a lei, eppure fu pervasa da un terrore profondo e un istinto viscerale di scappare che sentiva suoi e, allo stesso tempo, completamente alieni a se stessa.


“ There is a light, for the lost and the meek
Sorrow and fear are easily forgotten
When you submit to the soil of the earth…”


Il magazzino prese fuoco, Spectra urlò con una voce che non era la sua e le sue gambe si mossero indipendentemente dalla sua volontà mentre il rumore di passi di corsa di chissà quali e quante persone dietro di lei nasceva e aumentava sempre di più, dandole l’impressione di avere alle spalle una folla inferocita che lei non riusciva a voltarsi ad osservare. Il rumore della corsa e della pioggia però non superavano quello della canzone sconosciuta che, già lo immaginava, sarebbe rimasta nel suo processore per un pezzo.


“Grow, tiny seed
You are called to the trees
Rise till your leaves fill the sky…
Until your sighs fill the air in the night…”


Corse ancora, non poteva proprio farne a meno anche se le gambe iniziavano a dolere e sentiva un senso di oppressione al petto e un malfunzionamento del sistema di ventilazione che non le era mai capitato di provare in vita sua. Perché aveva così tanta paura? Non aveva senso. Lei di solito non aveva paura degli sconosciuti, proprio perché sconosciuti: non era detto che dovessero essere malintenzionati per forza.
Anche se difficilmente una folla correva urlando dietro qualcuno per riempirlo di complimenti.


“Lift your mighty limbs…
And give praise to the fire”.


Una luce davanti ai suoi occhi attirò la sua attenzione più di tutto il resto: era quella di una lanterna che si trovava oltre la vetrina di un negozio, anch’esso a lei del tutto sconosciuto, ma quel che campeggiava in vetrina non lo era affatto: la bambola di Sparkleriver -la stessa che era sul comodino dell’infermeria- era lì, a rendere ancor più strano il tutto.

Forse anche per quel motivo provò la certezza assoluta che quel negozio fosse un posto sicuro e si mosse in avanti per raggiungerlo, ma un qualcosa di indefinito -causa buio, pioggia e velocità dell’accaduto- la strattonò di lato con violenza, senza farle male ma sollevandola comunque dal terreno.

Vide il negozio allontanarsi e la luce della lanterna sparire, inghiottiti da un’oscurità abissale che avvolse anche lei subito dopo.




Quando riaprì i sensori ottici fu costretta a socchiuderli nuovamente a causa del fastidio dovuto alla luce improvvisa. Qualsiasi posto fosse, di sicuro non erano quel magazzino e quei vicoli tetri nei quali aveva fatto la sua corsa disperata fino a poco prima. Si sentiva ancora piuttosto scossa, al punto di rendersi conto di star tremando.
Ai suoi sensori olfattivi giunse un odore dolce che era sicura di non aver sentito per moltissimo tempo… cos’era? Era un cibo che le piaceva.

Quando riaprì le palpebre si trovò davanti una matassa filante di zinco rosato. Istintivamente allungò una mano per prendere il bastoncino che lo sorreggeva…

“Lali-ho” disse Bustin, il minicon che Tarn le aveva descritto come nemico, mostrando sul visore lo stesso sorrisetto di pixel che Spectra aveva visto nell’immagine.

Non c’era differenza da quella al sogno che stava facendo, se non che in quest’ultimo lui sembrava essere decisamente più alto: a volerla dire tutta non era molto più basso di lei. Oltre che su di lui lo sguardo di Spectra iniziò a cogliere dettagli anche sul luogo in cui si trovavano, un luna park simile a quello che, nell’Harbinger con Starscream, aveva visto nella puntata di un anime. Anche il “lali-ho” era una citazione a quell’episodio.

A quel punto Spectra fece istintivamente la cosa più da Spectra che potesse fare.

“Emerald Splash!” esclamò, allargando le dita di entrambe le mani.

L’attacco speciale di uno dei protagonisti della serie non riuscì, ma sicuramente riuscì a far ridere di gusto il minicon dopo un brevissimo attimo di confusione.

“Ah, vedo che sei una donna di cultura” disse poi, tornando a porgerle lo zinco filato “Allora, signora Specter, aggiungo o no le stelline di energon?”

Vero, essendo sposata ormai era ‘signora’. Era stato tutto talmente veloce e disastrato da non averci mai pensato. “Tante stelline, grazie”.

“Arrivano!”

Lei e Bustin sembravano proprio essere completamente soli in quel posto, ma si sentiva del tutto a suo agio pur sapendo chi lui fosse: in fin dei conti non si erano mai incontrati faccia a faccia e soprattutto, come le prime due parti di quel sogno, nulla di tutto quel che aveva attorno era altro che un processo del suo modulo cerebrale.

“Anche se mi sono presentato con un ‘Lali-ho’ non ho brutte intenzioni, tranquilla” disse lui “Non pensavo che potessi cogliere il riferimento”.

“E io non credevo che l’anime mi fosse rimasto in mente” replicò Spectra, prendendo in mano il bastoncino quando Bustin glielo porse di nuovo. “Grazie”.

“Non mi hai ancora chiesto chi sono” disse lui.

“So già chi sei, è per questo che non te l’ho chiesto” replicò Spectra, perfettamente tranquilla “Ho visto una tua immagine”.

“Spero che fosse del mio profilo destro, è quello che preferisco”.

“Sinceramente non penso che dovresti preoccuparti del profilo. Non so perché tu sia finito a lavorare con Spectrus ma non è stata una buona idea” disse Spectra “Anche se fossi stato costretto, per te non cambierebbe niente ormai”.

“È tua abitudine preoccuparti della salute dei tuoi nemici?”

“Questo è un sogno e tu non mi hai mai fatto nulla… ancora”.

“Forse lo zinco filato è avvelenato, non ci hai pensato?”

Spectra diede una breve occhiata al dolciume. “Dicevi di non avere brutte intenzioni, no?”

“Non tutti quelli che sono carini con te hanno buone intenzioni, 
che sia a breve o lungo termine. Ormai penso che tu lo sappia”.

“Quello che è successo di brutto non cambia il fatto che io continui a pensare che ci sia più bene che male nell’Universo. Tra i Decepticon stessi ce ne sono vari a cui voglio bene e viceversa, o che comunque si preoccupano un po’per me. Perfino Lord Megatron. Spero davvero che non gli capiti qualcosa di brutto” mormorò, più a se stessa che a al minicon.

“Qualcosa di brutto tipo?”

Era preoccupata per quel che aveva visto prima, si sentiva ancora inquieta e, riguardo la seconda parte del sogno, anche confusa. Cercare di fare mente locale ora che era tutto più tranquillo poteva non essere una brutta idea, concluse.

“Certi sogni che ho fatto si sono avverati, uno in modo preciso e gli altri no, ma anche lì le vere intenzioni della persona che ho sognato si sono rivelate uguali a quelle che ho visto” disse “Ho sognato Lord Megatron che moriva. Quando mi sveglierò forse dovrei parlargliene, lo riguarda, e poi conosce tante cose più di me, magari mi può aiutare a capire che fare… se è davvero il caso di prendere sul serio questi sogni, intendo”.

Il minicon lì per lì non rispose, ma il luna park fu invaso da una melodia che Spectra conosceva, allegra e un po’malinconica allo stesso tempo in alcuni passaggi. Non ricordava a quale anime o film appartenesse ma era piuttosto sicura che fosse sempre tra quelli che aveva visto nell’Harbinger.

“Ti va di ballare, signora Specter?”

“Non credo… ecco… non sono capace” disse Spectra.

“Ti guido io. È più semplice di quel che pensi” disse il minicon, fluttuando alla sua altezza mentre raggiungevano un piazzale a un paio di metri di distanza “Hai anche un bel vestito, sarebbe un peccato non sfruttarlo”.

Spectra fece a malapena in tempo a realizzare di star effettivamente indossando un abito iridescente di foggia simile a quello visto indosso a sua madre, prima di trovarsi a essere guidata dal minicon in quel ballo improvvisato. Non aveva torto: lasciando fare a lui, con una mano nella sua e l’altra poggiata su una sua spalla, era più semplice di quanto pensasse.

“Tu sei proprio sicura che parlare ad altri di questi tuoi sogni sia una buona idea?” disse Bustin “Al momento ti trovi con i Decepticon. Non te li toglieresti più di torno già solo per questo, oltre che per il resto: immagina come potrebbero voler sfruttare un’abilità del genere se col tempo riuscissi a controllarla meglio, e pensa a come sono ridotti coloro le cui abilità particolari vengono sfruttate da Megatron già da tempo. Vuoi davvero rischiare questo?”

“Non è detto né che sia controllabile né che sia un’abilità vera” replicò Spectra “E comunque Lord Megatron è stato buono con me, non era obbligato a lasciare che venissi soccorsa e stessi nella Nemesis e nemmeno aveva motivi per parlare bene di me in giro, eppure l’ha fatto lo stesso. Se c’è la possibilità che possa succedergli qualcosa simile al mio sogno, io come posso stare zitta? Non posso, io… non posso. È giusto che io provi a parlargliene e decida lui, il resto non importa”.

Il minicon fece un breve sospiro. “Capisco. Cerca di non rovinarti l’esistenza per colpa della gratitudine o della gentilezza, o se non vuoi proprio farne a meno trova anche il modo di tirartene fuori. Sarebbe un peccato se un giorno finissi offline per questo”.

“È strano che una persona che lavora con Spectrus si preoccupi della mia salute” commentò Spectra.

“Come hai detto tu prima, questo è un sogno, io non ti ho fatto niente e neppure tu a me” replicò lui “E ho apprezzato il tuo saluto”.

“Neppure la DJD ti aveva fatto qualcosa ma da quel che ho capito li hai attaccati lo stesso» osservò Spectra «Anche se tra loro c’è… Nicky”.

“Nicky” ripeté Bustin, dopo una breve pausa “Una rimpatriata difficile nel momento sbagliato”.

“Non credo che trovarvi uno contro l’altra fosse quel che volevi, no? Voglio dire… siete minicon. Da quel che sapevo Nickel sarebbe dovuta essere l’unica rimasta e invece ci sei anche tu, ma siete comunque soli”.

“Vero. Sarebbe bello se la vita tenesse conto di quello che si vuole o non si vuole, peccato che non sia così” rispose il minicon “E che tu non sia la sola a rischiare di rovinarsi l’esistenza a causa delle persone che ha attorno e ai sentimenti verso di esse”.

“Nickel ha attorno il resto della DJD, non credo che vogliano farle del male o rovinarle l’esistenza” disse Spectra, perplessa “Forse stando con Spectrus rischi di farlo più tu che loro, anche senza volerlo”.

“Di sicuro è tutto molto complicato” replicò il minicon, allontanandosi tranquillamente da Spectra «E ora devi proprio andare”.

“Come-” iniziò a dire Spectra mentre l’immagine del luna park e del minicon diventava sempre più sfocata.

“È stato interessante. A presto, signora Specter…”





«…»

Il risveglio di Spectra stavolta non fu brusco come spesso succedeva dopo quel tipo di sogno. Era consapevole di trovarsi nell’infermeria e il suo orologio interno suggeriva che fosse già mattina, non così tardi da vedere Kaon sveglio -la tenda era tirata- ma nemmeno a un’ora troppo improbabile. A dirla tutta era pressappoco l’ora in cui…

«Sei sveglia» disse Soundwave, entrando in infermeria con la creanza di fare piano dato che c’era un altro paziente in ricarica.

«Sono uscita dalla ricarica poco fa, ti stavo anche pensando» sorrise la femme.

«Spero per cose buone».

«Mi ero resa conto dell’orario, quindi ho immaginato che saresti arrivato presto» spiegò Spectra.

«Sì. Giusto. Hai visto che cerco di essere regolare con le visite, è più facile per tutti. Avrei davvero voluto venire a trovarti anche ieri sera, solo che… lo sai».

«Mi avevi già avvisata che non saresti passato e so che hai molto da fare, quindi non c’è problema. E poi non vengo mai lasciata sola» cercò di tranquillizzarlo lei «La cosa importante però è che tu non finisca a stare male per via del troppo lavoro e del poco sonno, te l’ho già detto qualche altra volta».

«Sto attento, non preoccuparti. Tu, piuttosto… il medico di bordo mi ha detto che la guarigione procede».

«È vero» confermò Spectra.

«E mentre controllava l’accesso come una guardia dell’arena di Kaon mi ha anche detto che però devi ancora restare qui» continuò Soundwave.

«È vero anche questo e… cos’è?» domandò Spectra, mostrando sincera curiosità nei confronti di un contenitore che Soundwave ha tirato fuori da uno scomparto.

«Energocciole» annunciò il tecnico nel togliere il coperchio «Dopo averle contate, scansionate e aver analizzato tutti i macro, qualsiasi cosa siano di preciso, la minatura di guardia dell’arena di Kaon ha detto che puoi mangiarne “addirittura” cinq… a quanto pare avevi fame» commentò, vedendola infilarsene in bocca due insieme.

«Scusami, è che da quando ho sono sulla Terra non ho visto un dolce neppure nelle fotografie» si giustificò lei, con una mano davanti alla bocca «Non ho avuto nemmeno modo di cucinarli».

«Sai fare i dolci?»

«… già, tu non sapevi neanche questo» realizzò Spectra. Erano compagni di vita ma non si erano proprio detti granché, loro due. «Sì, so fare i dolci. A dire il vero so cucinare un po’di tutto ma quelli in particolare mi vengono bene, dicono. Magari in futuro riuscirò a fartene assaggiare qualcuno» disse, rompendo un’energocciola in due parti e porgendone una a Soundwave.

«Sono contento di sentirti parlare del futuro» fu la risposta di Soundwave, il cui stato d’animo a riguardo era percepibile nel tono di voce.

«Ecco, a proposito di quello, dopo se Lord Megatron non ha troppo da fare vorrei parlargli di una cosa-»

Il comm-link di Soundwave emise le statiche di una comunicazione in entrata, ragion per cui l’ex gladiatore fu costretto a interrompere Spectra con un cenno.


Non credo che la cosa ti farà piacere ma saresti venuto a saperlo tra poco – disse Megatron – Dreadwing è qui. È nella Nemesis e, parole sue, si è “consegnato in quanto disertore”.


«Soundwave? È successo qualcosa?» domandò Spectra.

Qualcosa era successo, sì: il possibile fallimento di un piano concepito dalla rabbia, la gelosia e probabilmente destinato a finire male già da allora.

Spectra però, purtroppo o per fortuna, non poteva ancora saperlo.






N.d.A.:
- l’anime che viene citato è, nemmeno a dirlo, JOOOO-JO! *letto cantando Sono Chino Sadame*
- la canzone è “Merry-Go Round Of Life”. Che è bellissima. Il mio disegno riguardo una scena qui presente, un po’meno :D


“Che ve devo di’, ar massimo ve posso cantà na canzone”.
Cominciavo a pensare che questo capitolo non sarebbe mai esistito, invece con una mezza botta di ispirazione e tre inizi di capitolo più o meno lunghi e rimescolati tutti insieme in quello che avete letto sono riuscita, dopo mesi, a tirare fuori qualcosa.
Dubito che ormai freghi qualcosa a qualcuno, trattasi di un fandom poco popolato e oltre a questo i tempi di aggiornamento non aiutano, ma tengo davvero tanto a continuare e finire questa storia. Ringrazio coloro che mi hanno dato/danno sostegno :)

_Cthylla_

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Capitolo 24
*** 24 - A volte ritornano ***


Precedentemente:

I Decepticon della Nemesis sono avanti nella costruzione del nuovo Omega Lock e, con l’aiuto di Ratchet, nella stabilizzazione dell’energon sintetico;
La Decepticon Justice Division è relativamente in pace e si sta riprendendo dall’ultimo incontro con Spectrus Specter, il quale ha teso una mano agli Autobot -nascosti e creduti morti dai Decepticon- per una temporanea alleanza che potrebbe salvare il pianeta Terra da una cyberformattazione.
In tutto ciò, Spectra Specter sta cercando di rimettere in ordine un’esistenza piuttosto complicata tra un matrimonio che si rivela essere stato molto avventato, un amico in pericolo e dei sogni di dubbia natura…







24

(A volte ritornano)














.:: Qualche tempo prima rispetto al presente, Terra ::.





Benché sapesse di non avere molta scelta se non quella di allearsi con un male maggiore che in quel contesto era costretto a considerare minore, c’era voluto un po’di tempo perché Optimus si decidesse ad accettare l’idea di un’alleanza temporanea con qualcuno il cui unico pregio era non voler cyberformattare la Terra. L’aveva ripetuto a se stesso di continuo, perché quella era l’unica ragione per cui poteva pensare di sopportare il tutto, e sempre con quello in mente aveva accettato il patto col diavolo quando questi si era fatto sentire di nuovo.

Optimus aveva deciso di appoggiarsi anche a Fowler, che si era offerto di fornire da parte del governo una struttura diversa dalla base nella quale far avvenire l’incontro con Specter e il suo compare prioniano: data la situazione non era particolarmente sicuro farlo in uno spazio aperto. Sì, Optimus aveva preferito che l’incontro avvenisse di persona nonostante il soggetto col quale avrebbe dovuto avere a che fare, un po’perché era ancora dell’idea che le cose importanti andassero decise così, un po’perché voleva verificare coi propri occhi le condizioni di Specter. Quel pazzo aveva intenzione di tenere lontana dalla Nemesis la Decepticon Justice Division, un compito tutt’altro che semplice già in condizioni normali, figurarsi per qualcuno che fino a poco tempo prima riusciva a malapena a stare in piedi.

Il comandante degli Autobot continuava a temere che si trattasse di una trappola, e benché nel caso di Spectrus il volersi vendicare fosse una ragione più che concreta per agire -l’aveva già pensato: la DJD l’aveva parzialmente smembrato e Specter portava rancore per molto meno- continuava a sentirsi tutt’altro che sicuro. Come dargli torto?

Anche parlare della cosa al resto degli Autobots non era stato semplice. Erano “contenti” quanto lui e Arcee, però era riuscito a far capire loro che non c’erano molte alternative. Loro avevano capito, insistendo per accompagnarlo tutti all’incontro. A un’eventuale apertura d’emergenza del Ponte Terrestre avrebbe pensato Rafael, che dopo Ratchet era quello che in generale sapeva usare meglio i computer della base.

«… ed è per questa ragione che è meglio continuare lasciare il vostro dottorino preferito dove sta: più andate avanti a non muovervi in tal senso e più possibilità ci sono che i Decepticon si convincano del tutto che siate morti, se non lo sono già. Diranno “Se fossero vivi avrebbero già cercato di salvarlo, di solito fanno così”, mentre stavolta farete qualcosa fuori dai vostri schemi. Così facendo non si aspetteranno il vostro attacco alla Nemesis, il che è l’ideale dato che siete rimasti quattro cybergatti».

Fino a quel momento però non era servito, perché Spectrus stava solo parlando e il suo compare, dopo un “Signora e signori, buonasera!” detto con un po’troppo entusiasmo, si era messo seduto dove Specter di solito riponeva la spada -ossia su una parte della sua schiena-.
Pur non immaginando che sarebbe arrivato con un braccio nuovo -dipinto di blu e di nero come l’originale- che durante la videochiamata non aveva, gli avevano detto che se davvero voleva quell’incontro avrebbe dovuto essere disarmato, e lui aveva accettato. Per una volta era stato ai patti.

«Anche grazie a te, Specter» ribatté Ultra Magnus «Che hai preso in ostaggio quel povero ragazzo per un piano concepito da transistors deviati, facendolo invece finire nelle mani dei macellai di Megatron!»

«Sapete già che i miei piani erano diversi».

«--Sì, farci saltare tutti in aria, grazie mille!--» esclamò Bumblebee.

«Di sicuro sono più gentile dei macellai che avete appena nominato e dei quali voi non dovrete occuparvi. Non c’è di che. Allora: conoscete la planimetria della Nemesis e sapete chi c’è, chi non c’è e in che condizioni si trova. Arrotondate per eccesso e aggiungete anche Dreadwing al conteggio, l’ho ferito ma non l’ho ucciso perché avevo altro da fare» disse, con un cenno annoiato del solo braccio che aveva «Quindi potrebbe essere tornato all’ovile a piangere la morte dell’ingrata invalida o a continuare ad aggiungere corna sulla testa del mio delizioso cognato, non saprei. Ecco sì, vi consiglio di liberarvi di Soundwave per primo, se volete arrivare a Megatron non è proprio il caso che vi si apra un Ponte sotto i piedi».

«Ci eravamo arrivati da soli ben prima di te» si fece sentire Arcee «Non stai parlando con degli idioti».

Anche con mezzo viso devastato, notò Optimus, il sorrisetto freddo e arrogante di Spectrus era sempre lo stesso.

«Ci stiamo sforzando tutti quanti di essere gentili per il bene di questo piccolo pianeta che amate tanto, Arcee, ma se continui a darmi degli assist del genere non resisterò a lungo e questa magnifica riunione di “famiglia” verrà rovinata… per colpa tua. Come sempre, del resto».

«Dovresti impegnarti di più a essere un po’meno te stesso. Siamo “quattro cybergatti” ma non siamo stati noi a proporre un’alleanza né siamo noi quelli pesantemente menomati» disse Optimus, con tutta la freddezza di cui era capace, prima che Arcee sbottasse una serie di insulti «Quello che dobbiamo fare noi ci è chiaro e conosciamo già il campo di battaglia. Dobbiamo trovare la Nemesis, entrare, liberare Ratchet e impedire che la Terra venga cyberformattata».

Un elenco di soli quattro punti sembrava roba da poco, ma non era così ed il tutto era ancora pieno di incognite, tra le quali ciò che sarebbe successo se Spectrus avesse deciso di tradire oppure se fosse stato ucciso prima del tempo. Peccato che non avessero molta scelta.

«Impedirlo uccidendo Megatron» gli ricordò Spectrus «Per poi usare su Cybertron il nuovo Omega Lock che ha fatto costruire. Avevi dimenticato qualche particolare un po’ più crudo».

«Niente che chiunque in questa stanza non sappia già».

«Dirlo ad alta voce ti metterà nel processore che stavolta dovete andare fino in fondo per davvero e dovrete anche farlo più in fretta possibile. Per i miracoli non sono ancora attrezzato e anche per fare quel che ho in mente mi servirà… tu» disse Spectrus, indicando Fowler che pur seguendo l’incontro era rimasto in disparte.

«Io?» si stupì l’agente.

«Proprio. Se non vuoi che la tua specie venga spazzata via dai Decepticon dovrai mettere a mia disposizione armi di vario tipo. I missili con cui è stata buttata giù Darkmount non sarebbero male come inizio» disse l’ex Autobot «Ma sono piuttosto sicuro che abbiate anche qualcosa di meglio».

«Vuoi anche un caffè, dei pasticcini e una bomba all’idrogeno?!» fu la risposta di Fowler pur essendo consapevole che, data la gravità della minaccia da affrontare, era probabile che dovesse finire per assecondare quelle richieste.

«La bomba andrà benissimo».

«Scordatela!»

«Peccato. Serviranno anche degli scudi di rinforzo per la Jackhammer, i migliori che possono essere messi insieme. È destinata alla rottamazione in ogni caso ma dev’essere in grado di fare un ultimo lavoro e un atterraggio in quest’area» disse Spectrus, indicando il posto in questione su una mappa olografica «Oltre a questo nient’altro, appena avrò a disposizione le armi saremo a posto».

«--Il rischio di farti uccidere è grosso quanto quello di essere colpito da una frana, una valanga o tutte e due le cose insieme--» commentò Bumblebee, osservando il posto che Spectrus aveva scelto «--Ma poi, la base della DJD non è in un posto simile? Messatine è rocce, neve e inquietudine. Si sentiranno a casa--».

«Lo so. Cos’è, ti preoccupi per la salute del tuo vecchio compagno di squadra?»

«--Mi preoccupo che ti smembrino di nuovo un po’prima di quanto spero--».

«Vinci un biscotto per l’onestà. Noto che mi stai fissando da un po’, Bulkhead. Hai qualcosa da dire?»

Optimus si voltò a dare un’occhiata a Bulkhead, il quale sembrava fissare il nuovo braccio di Spectrus con particolare interesse misto alla confusione e a un’aria da “non è possibile”. Optimus immaginava che quello venisse da uno dei vehicon più grossi, e non era detto che Specter se lo fosse procurato dopo l’ultimo scontro con Tarn, se mai tempo prima: prevedere di dover sostituire qualche pezzo non era una cosa stupida, specie pensando alla “mano” nuova di Ultra Magnus.

«… Jacky».

Arcee guardò stranita il demolitore. «Bulkhead, cos-»

«Quello è il braccio di Wheeljack, PEZZO DI-»

«Ehi grosso, non davanti ai bambini!» si fece sentire Bustin.

«Qui non ci sono bam… Miko?!» allibì l’Autobot, temporaneamente dimentico del braccio incriminato nel vedere lì la sua “partner”.

Era vicina a delle casse dietro le quali, dopo essersi intrufolata chissà come in quel posto, doveva essersi nascosta fino ad allora, e sembrava intenta a scattare fotografie a un minicon ora vicino a lei e munito di occhiali da sole, cappello stile Blues Brothers e posa plastica.

«… iscriviti al mio canale, mi raccomando».

«Stai -lontano -da -LEI!» intimò il demolitore al prioniano, col pugno pronto a tirare un colpo che avrebbe potuto ridurre questi in una frittata «Se provi a toccarla io ti-»

«Puoi stare tranquillo, tra Autobot, Decepticon e umani apprezzo questi ultimi molto di più» replicò Bustin, allontanandosi in volo da Miko dopo un breve cenno di saluto «E devo ai giapponesi molte delle serie che gradisco. A proposito, ho adorato il Comiket» disse, tornando a rivolgersi alla ragazzina «Senza travestimento ho rimediato molti complimenti come “cosplayer”!»

«E tu come hai fatto a entrare?!» esclamò Fowler, guardando Miko «Dimmi che non si sei infilata nel portabagagli, altrimenti!…»

«No no, ero sotto il sedile posteriore!»

Dando una breve occhiata a Spectrus, vide che questi lo guardava scuotendo la testa come a dirgli “Non sei neppure capace di tenere a freno dei ragazzini”. Non aveva tutti i torti, anche se i ragazzini in questione si erano resi utili in più di un frangente, e forse era anche per quel motivo che spesso li aveva lasciati fare.

«E comunque!» esclamò Miko dopo aver ricevuto e letto un messaggio sul suo cellulare «È un bene che io sia qui, almeno posso dirvi subito che Raf ha trovato un pezzo d’ala di Laserbeak e lo ha…» lesse «“Usato per agganciarsi al segnale dato dal resto di Laserbeak e localizzare la Nemesis”! È fatta!»

«Finalmente una buona notizia» disse Arcee, con sincero sollievo.

Nel corso della riunione Spectrus aveva accennato al fatto di essere in grado di localizzare la Peaceful Tiranny e la Nemesis di conseguenza -per quel che sapevano, viaggiavano ancora insieme- però tutti gli Autobot potevano essere solo felici all’idea di non dover dipendere da lui in questo.

Spectrus a quel punto si alzò in piedi e si avviò verso l’uscita. «Tutto quel che c’era da dire è stato detto, dunque la riunione è finita e ci aggiorniamo quando le armi saranno pronte, ed è meglio che lo siano presto. Prima o poi -più prima che poi- i lavori per mettere in funzione l’Omega Lock finiranno. E comunque no, Bulkhead: il braccio del tuo amico mi avrebbe fatto comodo, magari sarebbe stato un po’ più grosso, ma ormai anche le schegge che ne restavano si saranno arrugginite, piaccia o no».

«Non è ancora stato detto tutto, c’è un’ultima cosa» affermò Optimus, dopo aver bloccato Bulkhead con un cenno. Capiva la sua voglia di prenderlo a pugni fino alla rottamazione, ma era un piacere riservato alla DJD, e lui e il resto del Team Prime erano anche costretti a sperare che non ci riuscissero… o comunque non prima che loro avessero fatto quel che dovevano. A volta la vita, per utilizzare un’espressione dei ragazzini, “faceva proprio schifo” «Se ti verrà in mente di tradirci non ci sarà alcun posto nell’Universo dove potrai riuscire a nasconderti. È una promessa».

Spectrus sollevò brevemente il sopracciglio prima di rivolgersi al suo compare minicon. «Who you gonna call?»

«Ghost! Busters!»






***






«Non ti ha dato un pugno in faccia solo perché gli servi abbastanza in forma, lo sai questo?»

«Prime e gli altri hanno nemmeno capito la citazione, nano, forse l’hanno fatto solo gli umani. Se li tradissi potrei preoccuparmi dei loro fantasmi, al massimo» disse Spectrus, arrivato a pochi metri dalla Jackhammer «Per cui non…»

Un passo barcollante.

“Maledetto” pensò, rivolto a un boia Decepticon che non poteva sentirlo.

Bustin, fino ad allora seduto sulla spalla col nuovo braccio attaccato, volò davanti a lui.

«“Non sto facendo troppi sforzi per esercitarmi col braccio, nano, quindi la temperatura interna non si alzerà troppo un’altra volta, non sei mia madre, sono praticamente a posto”» disse Bustin, ripetendo quel che lui stesso gli aveva detto.

«“Praticamente a posto” lo sono. Quasi. Qui e il momento dello scontro lo sarò, anche se non credo manchi molto. Muoviamoci a tornare dentro».

«Siamo coperti, non c’è fretta. Tu sai che quello a cui hai pensato non è il solo modo di procurarci una nuova astronave».

«Ne avrei almeno altri due. Forse due e mezzo, se nei resti della Iron Will il modulo spaziale non fosse rotto».

«Sai anche che non è il solo modo di sbarazzarti di un po’di alcuni tuoi nemici».

«Ma è l’unico che valga veramente la pena. Se tutto va come deve andare, il disastro sarà epocale».

«Questo è vero» riconobbe il minicon «Per una volta avresti contribuito a un disastro davvero degno di nota. Ma cosa succederebbe se a decidere di tradire fossero gli Autobot? Potrebbero trovare un modo per farlo o più. Potrebbero distruggere l’Omega Lock anche stavolta e rimandare l’uccisione di Megatron a quando Tarnlandia non sarà più sulla Terra e tu sarai, se gli Autobot stessi cercassero di far sì che succeda, morto. Con loro ci siamo comportati come se solo la nostra parte fosse vitale perché il tutto riesca, ma non è così».

« Tengono troppo a questo pianeta per permettergli di riprovarci anche una terza volta» ribatté il mech «Togliere di torno Megatron, farlo presto e farlo quando ha meno gente intorno è la cosa più conveniente per loro».

«Sul breve termine».

«Dopotutto, al di là di Frollo e compagnia, chi garantisce loro che Megatron non trovi altri rinforzi come e peggio di quanto fosse l’armata degli insecticons?»

«Anche qui non hai torto ma sai benissimo che il punto del mio discorso era un altro» insistette Bustin, volando di fianco a lui «Hai il caos in programma e un rischio altissimo di non goderne se anche riuscisse. A dirla tutta le probabilità di riuscita sono più alte di quelle della tua sopravvivenza, anche con le armi che ti daranno».

«Non è la prima volta in cui mi trovo in una situazione a rischio e non sarà l’ultima. A te poi basta solo un briciolo di attenzione per evitare di finire offline, quindi a che serve questo discorso?».

«Non ti importa della Terra, quindi potresti tradire e basta sapendo quanto sia probabile che almeno gli Autobot finiscano offline. È da quando siamo arrivati che ti infili in “situazioni a rischio” una dopo l’altra sapendo che, per quanto pianificate possano essere, può sempre andare storto qualcosa… come l’ultima volta. Frollo ti ha conciato male, io lo so, tu lo sai. Immagino che anche prima di incontrarci ti comportassi allo stesso modo, forse anche peggio. Quel che mi chiedo è: “Perché?”»

“Perché quella fangirl emo perennemente infoiata mi avrebbe fatto a pezzi, lo ha fatto”.

“Perché è divertente”.

“Perché lo meritano. In fin dei conti, se si trovano in condizione di soffrire, la colpa è loro per non essere stati abbastanza forti da evitarlo. La vita non fa sconti a nessuno, quindi che si sveglino, finché possono”.

“Perché mi dà una soddisfazione immensa l’idea di vedere le loro facce quando in tutto il disastro loro vanno in pezzi mentre io faccio il contrario, e sopravvivo, e vinco. Com’è sempre stato prima di quella giornata del cazzo e anche dopo. Ne vale la pena anche perché, oltre alla vita stessa e alla soddisfazione che posso trarne, che altro c’è?”

Spectrus fece spallucce. «E perché no?»






.: Peaceful Tiranny- il presente :.






C’erano dei motivi se Tarn fino a quel momento aveva evitato di mettere Spectra al corrente del fatto che Dreadwing fosse nella Lista tra i bersagli prioritari, allo stesso livello di Airachnid, ancora ufficialmente dispersa: aveva parlato a Nickel di uno di essi ed era stato abbastanza onesto nel dirle che aveva voluto dare a Soundwave la possibilità di parlare della cosa a sua moglie -una vocina fin troppo somigliante a quella di Nickel suggeriva che fosse codardia, ma non aveva intenzione di darle peso- ma, per valido che fosse, quell’uno non era il solo. Più di tutto, e questo era qualcosa che riusciva ad ammettere con se stesso, aveva pensato alle conseguenze su un equilibrio psichico che definire così -“equilibrio”- al momento suonava come una presa in giro.

In passato o con altre persone che non fossero lei si sarebbe allarmato per aver avuto pensieri che potevano suggerire un punto debole da estirpare con forza, mentre nel caso specifico aveva solo concluso di tenerli da conto e aggiustare il tiro. Spectra sembrava tenere molto a Dreadwing quindi, dopo che Soundwave era stato costretto a dirle della detenzione di questi e della sua presenza nella Lista, Tarn aveva potuto immaginare svariati scenari di pianti, suppliche di risparmiare la vita del seeker che lui non avrebbe potuto accogliere neppure volendo e, nel caso peggiore, una nuova ricaduta o più di una. Aveva sperato di no ma aveva anche ritenuto di non poterlo escludere, dunque si era preparato mentalmente a essere inflessibile sull’argomento come lo era stato vorn orsono quando Spectra li aveva raggiunti con i biscotti.

«…Lord Megatron ha parlato con Dreadwing lo stesso giorno in cui vi ho incontrati su questo pianeta, avrebbe voluto che tornasse nella Nemesis e non aveva intenzione di ucciderlo, perché se l’avesse avuta l’avrebbe fatto appena Dreadwing gli ha detto di no. Che sia nella Lista non ha  senso anche per questo oltre per il fatto che lui non ha fatto niente per meritare di finire lì dentro. Volevo parlare con Lord Megatron anche per altri motivi, già che ci sono gli chiederò cosa succede».

Tutto aveva pensato insomma tranne che di vederla reagire nel modo in cui lo stava facendo: né pianti né svenimenti, piuttosto l’intenzione di andare a parlare con Lord Megatron come se fosse stato un suo diritto o comunque qualcosa di normalissimo.

«Spectra, tu sai che Lord Megatron è molto impegnato con i preparativi per quel che succederà a breve, scienziati e medico Autobot permettendo. Non so di cos’altro tu voglia parlare con lui ma riguardo Dreadwing non sono sicuro che sia il caso di distrarlo con una questione di cui ha già deciso l’esito» disse il Decepticon «Mi rendo conto che lo consideri un amico ma si trova nella Lista».

«Per avermi portata via dalla Nemesis quando io gliel’ho chiesto, perché questo è tutto quello che può aver fatto di male» disse lei «Ci sono persone che hanno cercato di uccidere Lord Megatron più di una volta e sono ancora online, mentre Dreadwing non si sarebbe mai permesso di tradire così lui o i Decepticon. Mai. Credo che questo Lord Megatron lo sappia, quindi com’è possibile che voglia vederlo terminato da te? Non ha senso» ripeté Spectra, spiegazzando la coperta nello stringerla tra le mani «Solo poco tempo fa avrebbe voluto che tornasse qui».

«Non è possibile che Dreadwing ti abbia mentito riguardo questo punto?» domandò Tarn «Per mettersi in una luce migliore o per farti stare più tranquilla. Quando si è dei fuggitivi è confortante pensare di avere dei nemici in meno».

«Dreadwing non è il tipo di persona che tende a mentire» affermò Spectra, con tutta la calma e la sicurezza del mondo, guardando Tarn dritto nei sensori ottici «E tantomeno lo farebbe con me. Non so perché Lord Megatron dopo abbia cambiato idea, ma se Dreadwing dice che quel giorno non lo voleva morto allora è così. Quando ti ha detto di metterlo nella Lista ha almeno accennato qualcosa sul perché? Io non riesco a capirlo…»

Tarn scosse la testa. No, in quella notifica non gli erano stati comunicati i motivi, anche perché non c’era mai stato bisogno: se Lord Megatron faceva un nome per la Lista, quel nome si aggiungeva senza se, senza ma e senza farsi domande, era sempre stato così anche in occasioni in cui c’era una certa dissonanza tra un ordine e l’altro.
Come in quel caso specifico, perché ora Tarn stava ricordando un dettaglio della sua conversazione con Lord Megatron il giorno dell’arrivo sulla Terra.

«Sentendotene parlare mi è tornato in mente un dettaglio risalente a quel giorno. Lord Megatron aveva detto “Dreadwing ha abbandonato la Nemesis ma non la Causa, quindi per ora non merita né la Lista né di essere un altro Starscream”. Riguardo il mentire… forse il tuo amico non l’ha fatto» fu costretto ad ammettere.

«Non è il tipo che dice bugie, te l’ho detto»

«Ciò non toglie che le cose siano cambiate. Magari Lord Megatron ha ritenuto che la sua assenza durante l’attacco degli insecticons fosse una ragione sufficiente, perché la nota è arrivata poco dopo, o forse ne ha altre che non vedi. Tu sai che anche quando Lord Megatron darà l’ordine io dovrò eseguirlo, al di là di quel che stiamo dicendo adesso».

«“Se” darà l’ordine» replicò lei «Dreadwing è tornato da qualche ora e Lord Megatron non l’ha ancora fatto. Ha cambiato idea una volta, magari può cambiarla ancora».

In quel caso specifico, se il tutto non fosse andato contro un ordine che presto o tardi avrebbe dovuto eseguire, Tarn avrebbe quasi potuto definire ammirabile una simile determinazione in qualcuno messo com’era lei. Era lontana dallo stare bene ma pareva che la persona che l’aveva favorevolmente colpito vorn addietro non fosse morta.
Quella femme non finiva mai di stupirlo e Tarn, pur avendo una certa mania di controllo, non sapeva se dispiacersi o meno dell’imprevedibilità di certe reazioni.

«Lo spero davvero» continuò lei «Perché se no… non merita quella fine» scosse la testa «Anche lui è sempre stato gentile con me».

«La sua gentilezza non ti ha protetta da Spectrus» si trovò a dire con una certa freddezza prima di riuscire a rifletterci sopra.

Sapeva da tempo che Dreadwing e Spectra tenevano uno all’altra, era palese al punto che lui stesso prima di sapere che era sposata con Soundwave aveva pensato che potessero essere compagni. Non era così e Spectra non l’aveva mai contraddetto quando lui l’aveva definito un amico, ma per Tarn il fatto che lei gli volesse bene e che lui potesse aver avuto le migliori intenzioni significava ben poco di fronte al fatto che fosse quasi morta. Anzi: a essere onesto, ricordando il momento in cui Spectrus l’aveva trafitta e tutte le ore nelle quali aveva pensato che l’ennesima ricaduta potesse essere l’ultima, per lui “le buone intenzioni e la gentilezza” di Dreadwing non significavano assolutamente niente -al di là del fatto che fosse nella Lista.

«C’è mancato troppo poco» aggiunse, rivolto più a se stesso che a lei.

Dopo una breve occhiata, Spectra poggiò una mano sul suo avambraccio, accarezzandolo delicatamente in un gesto di conforto.
Tarn immaginò che avesse compreso almeno in parte il suo stato d’animo, ma si disse che era uno di quei casi in cui ciò non era un male, anche perché quella ricerca di un contatto da parte di lei non gli dispiaceva. Aveva deciso di essere molto chiaro già da quando le aveva mostrato i libri e il resto, anche se in quel frangente era stato difficile per lui rendersi conto di essersi “scoperto”. Non lo era neppure adesso -anche se aveva accettato l’idea di tenere a lei
- ma considerando com’era stata la sua intera esistenza non poteva essere diverso. 

«Siete arrivati quasi subito, se avessi cercato di fuggire sul serio forse Spectrus non avrebbe neppure fatto in tempo ad avvicinarsi abbastanza. Quello che cerco di dire è che Dreadwing ha fatto quello che ha potuto con gli altri, ma non poteva proteggermi anche da me. Sono finita così anche perché ci ho messo del mio» disse Spectra «Non lo rifarò. Promesso».

Se non altro il suo messaggio sembrava essere arrivato a destinazione, cosa per cui poteva solo sentirsi sollevato.

«Sarebbe un peccato».

«Anche per Dreadwing… però penso che sia inutile dirtelo ancora».

Non c’era né biasimo né altro nel suo tono, era una semplice constatazione riguardo qualcosa che evidentemente le era chiaro da tempo. Niente “Tarn ti prego/ti imploro/ti supplico”. Meglio così.

«Davvero, io spero di poter vedere Lord Megatron presto, anche perché come dicevo devo parlargli anche dell’altra cosa».

«Vuoi provare a parlarne anche a me?» le domandò Tarn, un po’sollevato all’idea di poter cambiare argomento «Potrei essere utile lo stesso, pur non essendo Lui».

«Non lo so, pensavo di chiedere a lui perché è coinvolto in prima persona ma anche perché alla sua età ha sicuramente visto tante cose, magari anche strane, che io invece no» considerò lei, con aria pensierosa «Però il discorso dell’età vale anche per te mi sa, quindi penso che vada bene!»

«Negli ultimi tempi ho fatto il pieno di cose strane, quindi forse posso darti una mano pur essendo più giovane di svariati vorn rispetto a Lord Megatron e anche rispetto al tuo compagno di vita».

«Ah sì?» disse Spectra, con sguardo estremamente sorpreso.

«… sì».

«Non l’avrei mai detto, sai?»

«Né io pensavo di essere messo così male, ma a quanto pare devo ricredermi».

«No, non è perché sei messo male, anzi. Lo credevo più che altro per... è che quando ci siamo incontrati la prima volta mi eri sembrato un po’ rigido, un po' freddino, non solo perché sei il capo della squadra, e i cybertroniani di una certa età tendono a esserlo di più, quindi mi ero fatta quell’idea. A quanto pare però mi sbagliavo, e non solo per l’età» concluse lei, per poi guardarlo leggermente dubbiosa «Non è che te la sei presa, vero? Anche perché avere l’età di Lord Megatron non vuol dire essere messi male, no? O magari pensi di sì?...»

«Assolutamente no e non divaghiamo oltre: di cosa volevi parlare?»

Mentre pensava a quanto a volte parlare con lei potesse risultare una faccenda ardua, la vide esitare prima di iniziare il discorso, come rimuginando su qualcosa o se fosse stata indecisa, ma il tutto durò pochissimo.

«Che tu sappia, esistono dei transformers che riescono a vedere il futuro? Anche solo qualche pezzetto? Perché io penso… non ne sono sicura al cento per cento ed è anche per questo che chiedo, per cercare di capire, però… da quando sono arrivata qui sulla Terra mi sono resa conto che alcuni sogni che faccio potrebbero non essere solo dei sogni, ma qualcosa di più. Forse».

Quel che aveva sentito era l’ennesima piega inaspettata presa da Spectra Specter, tanto per cambiare. Che lei non fosse una persona comune era risaputo ma non aveva mai preso in considerazione la possibilità che potesse essere un’outlier come lui, un altro tratto in comune oltre a quelli che aveva già avuto modo di vedere e sentire, un’altra cosa ad avvicinare due persone che per il resto non avrebbero potuto essere più diverse -in virtù di un animo buono che lui non aveva più da una vita.

«Posso dire con certezza che ne esistono almeno due: con una, mio malgrado, ho avuto a che fare poco prima di arrivare qui, l’altra invece è una persona che conosco da molto tempo. Guarda caso, la stessa che un paio di vite fa creò quella bambola» disse il Decepticon, indicando la bambola di Sparkleriver «Nel primo caso poter dare un'occhiata al futuro è solo la punta dell'iceberg, nel secondo caso la vista è estremamente limitata, ma c’è. In virtù di tutto questo direi che dei possibili sogni profetici non siano improbabili, per cui spiega più dettagliatamente. Per favore».

Spectra lo fece. Parlò di quelli riguardanti Starscream e Spectrus, di quello ambientato il mattino dopo le nozze e per ultimi, ma non per importanza, di quelli che l’avevano messa in allarme -e stavano mettendo abbastanza in allarme anche lui: Lord Megatron che moriva infilzato da una Star Saber non attiva. Il solo pensiero che potesse succedere, specie con lui presente sul pianeta, non poteva essere ammissibile.

«… c’era Shockwave, ma io non avevo mai visto Shockwave, è stato Dreadwing che quando gli ho raccontato dei miei sogni mi ha detto chi era, ed ecco perché ho il dubbio che non fosse un sogno normale. L’ho visto anche la seconda volta, nel sogno diviso in tre parti. La seconda parte del sogno non l’ho proprio capita e la terza non c’entrava niente col resto, ma nella prima c’era Lord Megatron che moriva, di nuovo, e di nuovo nello stesso modo. La sola differenza è che stavolta c’erano anche gli Autobot».

«Gli Autobot sono morti. Non lo erano quando hai fatto il primo sogno, ora sì» osservò Tarn.

«Hai ragione. Però come ho detto non conoscevo Shockwave, e se anche l’avessi visto da qualche parte non potevo sapere che è nella Nemesis e c’era già dai tempi del primo sogno. Dreadwing ha detto che il sogno con Starscream poteva essere un ricordo tornato a galla e quelli su Spectrus l’inconscio che cercava di suggerirmi qualcosa, e ha senso, ma il resto come si spiega?»

Nonostante tutto, al momento Tarn non si sentiva di dirle né sì né no. C’erano delle spiegazioni valide ma gli ultimi tempi aveva visto troppe stranezze per decidere a prescindere di non crederle, farlo sarebbe più stupido di quanto lui non fosse.

«Non so darti una risposta. Forse… hai detto che l’ultimo sogno era in tre parti. Parlami di quelle, anche se dici di non aver capito la seconda».

Lei si strinse di più nelle coperte. «Avevo tanta paura, non ne ho mai avuta tanta in tutta la vita. La cosa strana è che non la sentivo “mia”. Ero in un posto che sono sicura di non aver mai visto, in una specie di magazzino messo molto male e con il tetto mezzo rotto. Pioveva un sacco».

La sensazione provata da Tarn in quel momento era molto strana: la stessa che precede l’arrivo di un indefinito “qualcosa” poco gradevole, senza riuscire a vedere da dove arriverà -o non volerlo vedere- né la natura precisa.

«Poi il magazzino ha preso fuoco, io ho urlato e sono corsa via. Mi sentivo male» indicò il petto «Non alla Scintilla, era come se il sistema di ventilazione non funzionasse. Non avevo mai provato niente del genere prima. Poi ho iniziato a sentire delle persone che mi inseguivano, urlavano “outlier, outlier”…»

La sensazione strana provata del leader della DJD stava iniziando a trasformarsi in qualcosa di meno strano e più conosciuto. Spectra era quella col regolatore di temperatura ancora in fase di taratura, ma anche lui aveva l’impressione di stare iniziando a sentire freddo, mentre il processore rifiutava di uscire dalla stasi in cui si era messo.

«A un certo punto mi sono trovata davanti un negozio che non avevo mai visto, però ho avuto l’impressione… no, la certezza, che fosse un posto sicuro. C’erano una grossa lanterna gialla e, cosa ancora più strana, quella» indicò la bambola somigliante a Sparkleriver Specter, che al momento stava fissando proprio lui con ottiche vitree color serenity «In vetrina. Volevo andare lì ma poi qualcosa mi ha allontanata e quindi non ci sono riuscita, ed è finita cos… no. Stavo dimenticando una cosa: in tutto questo, dal primo all’ultimo momento, c’è sempre stata una donna che cantava. Io però non conoscevo quella canzone… come tutto il resto. Te l’ho detto, non ho capito niente di tutto questo».

Oltre al cervello adesso era anche il corpo di Tarn a essere in stasi, forse nel tentativo estremo quanto inutile di evitare ancora per un po’ di processare quanto aveva sentito; ma era difficile ora che aveva davanti agli occhi il buio di quel magazzino e la luce del fuoco, come il rumore della pioggia nei recettori uditivi e la voce di Scylla.

«La canzone» si sentì dire «Puoi cantarla per me?»

A che pro?, si chiese. Non c’era bisogno di una conferma, sapeva benissimo quale canzone avrebbe sentito, sapeva benissimo cos’aveva sognato Spectra Specter -anche se l’aveva fatto in modo alquanto impreciso- eppure non ritirò la sua richiesta, ancora paralizzato, forse per il contrasto dell’essere del tutto convinto quanto incapace di accettare la realtà dei fatti.


“Come, wayward souls,
And wander through the darkness…”


Una realtà dei fatti con cui però avrebbe -avrebbero- dovuto fare i conti il prima possibile.

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Capitolo 25
*** 25 - Fine della favola -ma non della storia- ***


25

(Fine della favola -ma non della storia-)









«… questo è tutto quel che ricordo, Lord Megatron, almeno per la parte del mio sogno che La riguarda».

Più si andava avanti, più Spectra 
diventava qualcuno di comodo e molto scomodo insieme alle ottiche di Megatron. Non perché avesse smesso di apprezzarla come persona -né si era pentito delle decisioni sul suo conto- ma per la sua influenza sulle cose, sulla gente, per il caos che si portava appresso, e ora anche per questo.
Non stentava a credere che quella giovane femme potesse essere capace di vedere sprazzi del futuro, già solo perché Tarn non l’avrebbe mai fatto venire nell’infermeria della Peaceful Tiranny -diventata temporaneamente una sala riunioni, per la “gioia” della minicon, anche lei presente come Tarn stesso e il tecnico senza ottiche della DJD- con tutta quell’urgenza se non avesse avuto sospetti più che concreti del fatto che potesse essere vero.
Si sarebbe potuto sentire allarmato pensando a quando una cosa simile era successa a lui, con tutto quel che ne era derivato e che aveva coinvolto anche una divinità, ma Spectra non aveva mai assunto dell'energon oscuro, dunque Megatron non pensava che Unicron c'entrasse anche stavolta.

«Ho capito. Il resto?»

«Nella seconda parte del sogno non ho visto nessuno che io conosca. Non conosco neppure il posto o la canzone che ho sentito, l’unica cosa familiare che ho visto è la bambola».

«È vecchia» si sbrigò a dire Tarn, rimasto in silenzio fino a quel momento «Risale a un paio di vite fa, ossia a quando è ambientata quella parte del sogno. Seppur abbastanza impreciso era corretto nella sua sostanza, con cose che non può essere venuta a sapere in altro modo».

“Ha sognato qualcosa riguardante il suo passato?... questo spiega varie cose” pensò l’ex gladiatore.

«È per questo che ho deciso di avvertirLa, Lord Megatron, oltre al fatto che a dire di Spectra c’è stato almeno un caso in cui uno dei suoi sogni si è avverato».

«Avete fatto la cosa giusta. Per quanto tu abbia detto di essere incerta sul considerarlo vero o meno, Spectra, non sono dell’idea di sottovalutare la cosa. Grazie a te sappiamo che dovremo essere pronti per un attacco da parte di Spectrus-»

«Io però non ho visto lui, io ho visto gli altri Autobot» disse Spectra.

«Lo so» replicò Megatron «Però gli altri Autobot sono stati terminati il giorno in cui grazie a Soundwave abbiamo localizzato la loro base. Inizialmente posso aver avuto qualche dubbio in merito ma abbiamo il loro medico e, ricordando chi abbiamo qui» indicò Tarn con un cenno del capo «Se fossero stati ancora online avrebbero tentato di entrare di nascosto nella Nemesis per salvarlo già da qualche tempo. Invece non si è visto nessuno, Soundwave non ha rilevato nulla di strano sui radar né ci sono stati attacchi al sistema, dunque restano solo Spectrus e il minicon. Inoltre non hai visto chi mi ha ucciso nel tuo sogno» continuò «Sappiamo solo che Star Saber non era attiva, altra cosa che suggerisce che Optimus Prime si sia riunito all’All Spark. Una battaglia campale che porti alla mia morte non potrebbe essere che tra noi: nessun altro sarebbe all’altezza».

«Spectrus però è abbastanza affezionato alla propria spada, almeno quello lo so-»

«Se fossi al posto suo, dopo i danni che ha subìto, e dovessi entrare nella Nemesis con l’intenzione di uccidere me» indicò se stesso «Cercherei di procurarmi l’arma più potente presente sul posto. Non c’è affezione che tenga» sollevò un sopracciglio «Spero che dopo tutto quel che è successo tu non stia, almeno in parte, cercando di difenderlo ancora».

Spectra scosse la testa. «Però lui ora è senza braccia, quindi come potrebbe riuscire a ucciderLa con una spada? È messo così, no, Kaon? Me l’hai detto tu in questi giorni».

«Vero, Lill-ehm, Spectra» si corresse il tecnico, forse per mantenere l’atmosfera di serietà in quella riunione alla quale di norma lui non avrebbe neppure partecipato «Però se è riuscito a trovare un minicon in un pianeta di organici ti stupirebbe davvero che riesca anche a tirare fuori due braccia nuove da chissà dove?»

«… Wheeljack» disse Tarn «L’Autobot che abbiamo incontrato poco dopo il nostro arrivo. Le braccia le aveva ancora».

«Ma l’ho attaccato alla montagna con la colla di valvola, auguri a staccarlo, ne rimane metà appiccicato alla roccia!» esclamò Kaon.

«Kaon-»

«Cos’è la colla di valvola?» domandò Spectra.

“Da un lato vorrei accodarmi a domandare, dall’altro non sono certo di volerlo sapere” pensò Megatron “E sotto la maschera di Tarn intravedo un’espressione da ‘uccidetemi/uccidetelo adesso’, quindi direi di glissare sull’argomento”.

«Quello di Wheeljack non era il solo cadavere che Spectrus potesse trovare in giro, né ritengo che sarebbe schifato all’idea di un trapianto, tanto più in questa situazione. Di sicuro quelle braccia servono più a lui che al suo ex collega» commentò Megatron.

Diede un’occhiata a Spectra: non stava facendo una piega di fronte alle azioni violente citate. In fin dei conti se aveva conosciuto la DJD quando non era ancora adulta doveva aver avuto ampiamente modo di capire sia come agivano, sia di non poter fare niente per cambiare le cose. No, per una volta non poteva neppure lei.
Non si era scomposta particolarmente nemmeno all’idea che tutti loro potessero prepararsi all’attacco del fratello, con le dovute conseguenze, ma quello era positivo: nel momento in cui il tentativo di Spectrus di ucciderlo fosse miseramente fallito, non avrebbe dovuto sentire da parte di Spectra delle preghiere di risparmiarlo.

«A questo punto non credo che resti altro da dire se non che in questi giorni organizzeremo la difesa e… noto che non sei attaccata alle macchine, Spectra, la guarigione dunque procede».

«Sì, Lord Megatron, miglioro ogni giorno» sorrise lei «Nickel è molto brava».

«Quindi immagino che non ci siano problemi se ti porto con me per un po’».

«Va benissimo» rispose Spectra prima che chiunque altro potesse mettere bocca sulla faccenda «Sono sicura di essere in buone mani».

La prioniana sembrava tutt’altro che felice ma né Tarn né il tecnico della DJD avrebbero mai detto una parola contraria all’idea, venendo da lui, e che Spectra per prima non si opponesse all’idea era precisamente quel che si aspettava.

Immaginava anche di cos’avrebbe voluto parlargli -o meglio, di chi- e lui, oltre a dover mettere in chiaro alcuni punti, aveva certi propri disegni da portare a termine per il bene della fazione, che come sempre veniva prima di ogni altra cosa.
Anche di un amico stretto al quale, a suo modo, riteneva di star facendo un favore.
“Tra moglie e marito non mettere il dito”, il proverbio diceva così e lui stesso di solito evitava di mettersi in mezzo agli affari privati dei suoi uomini, ma aveva agito diversamente con un amico del quale ormai conosceva fin troppo bene l’irrazionalità in campo sentimentale.

“Io però ho solo dato a Soundwave il compito di inoltrare a Tarn una notifica con un singolo nome” pensò “Non gli ho dato io l’idea di aggiungerne un altro, quello di un “disertore”… per quanto fosse proprio quel che mi aspettavo”.

Soundwave con quella scelta aveva quasi certamente il colpo di grazia a una relazione che, secondo Megatron, avrebbe dovuto concludere già da un po’. Il breve matrimonio con Spectra non aveva portato nulla di buono per lei, per lui e nemmeno per un esercito con uno spymaster deconcentrato -che poi era quel che gli premeva di più.

«Ottimo».

Dopo aver dato al resto dei presenti un rapido congedo prese Spectra -e annessa coperta- con sé e uscì con lei dall’infermeria, senza impiegare molto per raggiungere la Nemesis. Decise di portare Spectra nella parte dei propri alloggi destinata anche alle conversazioni che dovevano avvenire lontano da ottiche e recettori uditivi indiscreti. Sarebbe stato un posto sicuro e discreto anche nel momento in cui le avrebbe fatto incontrare almeno un’altra persona.

«Energon? Ne ho un tipo molto rinvigorente, tu ne hai bisogno» disse, porgendo un cubo alla giovane.

«Grazie» sorrise Spectra, di nuovo. «Lord Megatron?...»

«Sì?»

«La volevo ringraziare anche per aver detto buone cose di me alla Decepticon Justice Division… nonostante tutto».

«Una persona una volta mi ha detto che secondo lei non sono del tutto cattivo, sarebbe stato un peccato smentirla. Detto ciò, ricordandoti che al momento sei sposata con un ufficiale Decepticon e hai rapporti di vari tipi con altri ancora, dovrai obbedire all’ordine che sto per darti» continuò Megatron, estremamente serio «Ovunque sarai nei prossimi vorn, se sognerai altre cose che riguardano me nello specifico -siano esse future o passate- e che ti daranno da pensare, io dovrò essere l’unico a saperlo. Dopo che me l’avrai riferito, a seconda di quel che si tratta, se ne potrà parlare anche ad altri oppure no. Non si arriva dove sono arrivato io con la rettitudine e l’onestà, nella mia esistenza ci sono certe cose che io stesso farei volentieri a meno di ricordare».

«Me lo aveva accennato, vero? Non è stato molto tempo fa ma giuro che mi sembra che tra quel giorno e oggi sia passata un’eternità».

Megatron non poteva dire di avere la stessa impressione, perché lui aveva sempre avuto molto altro da fare e per la testa, ma non dubitava che per la giovane femme le cose potessero essere diverse. Lei stessa era diversa rispetto a quando era piombata nelle loro vite.

«Una volta raggiunto lo stadio di adulti per noi transformers la crescita e il tempo sono cose che non sempre vanno di pari passo. Non è così sorprendente, su questo pianeta non ti sono mancate le esperienze, nel bene e nel male».

«Sì… questo è vero».

«Avendo attorno dei Decepticon è un bene aver perso un po’di ingenuità» continuò Megatron «Per quanto alcuni di noi possano essere per te una compagnia più sicura di quanto sia mai stato Spectrus ricordati sempre che non c’è Decepticon -ne c’era Autobot- che sia davvero “buono” nel senso comune del termine; neppure Dreadwing, per quanto ti sia caro. È abbastanza onorevole, sufficientemente di retto senso e un po’più vicino a capire chi ha davanti di quanto siano altri, ma di certo non “buono”».

«Però non credo che sia questo il motivo per cui è nella Lista, giusto?» domandò Spectra, prendendo prevedibilmente la palla al balzo «Se si è allontanato è stato soprattutto per via mia ma non ha mai davvero rinnegato i Decepticon, voglio dire, non riusciva a smettere di chiamarla “Lord” Megatron… e in passato Lei ha riaccolto altre persone, e non è Dreadwing quello che vorrebbe prendere il suo posto, e fino a poco tempo fa Lei non voleva ucciderlo, avrebbe voluto che tornassimo qui tutti e due, io non capisco» sollevò lo sguardo, e la tranquillità mostrata fino ad allora ormai aveva ceduto il posto a un’espressione di profonda angoscia «Perché? È davvero perché non c’è stato durante l’attacco di qualche tempo fa, quello con gli insecticons? So che è entrato nella Lista poco dopo ma-»

«Dreadwing è ancora un Decepticon leale, per quanta rabbia possa aver provato nei miei confronti e per quanto possa voler uccidere Starscream. Non che sia il solo, Starscream si è sempre messo particolarmente d’impegno nel farsi dei nemici».

«Se lo sa, allora perché?!...»

«Far sì che Dreadwing finisse nella Lista non era nel mio interesse. Le cose hanno continuato a procedere anche senza di lui, il che ha dimostrato che la sua presenza nella Nemesis non è strettamente necessaria, ma da qui farlo terminare ce ne corre. Capisci cosa voglio dire?»

«… non è finito nella Lista per un ordine che Lei ha dato?»

Megatron, impassibile, scosse il capo.

«M-ma allora… Tarn ha detto di aver ricevuto una notifica, doveva aggiungere Dreadwing e Airachnid... meglio per lei che sia dispersa, se devo dirla tutta-»

Il Decepticon alzò gli occhi al soffitto. In quel senso Spectra non era cambiata, o comunque non del tutto. «Vero. Ho deciso di far aggiungere Airachnid».

«A meno che Tarn mi abbia mentito?... no» si rispose da sé la femme «Lei gli aveva detto di non volere che Dreadwing venisse ucciso da loro, dunque per quanta voglia di terminarlo abbia,
e non mi ha nascosto di averne abbastanza, non avrebbe disobbedito. Anche qui considerando chi è e che ha tenuto tutte le mie cose non era niente di inaspettato, ma non averlo nascosto renderebbe dire una bugia una cosa assurda da parte sua, o no?»

«Hai detto tutto tu».

«Però allora quella notifica da dove viene? Tarn non c’entra, Lei non è stato e non credo che Starscream possa far aggiungere nomi alla Lista quando vuole. Chi altri, e perché, può volere che Dreadwing muoia in quel modo? Non rimane nessuno...»

Dopo ciò Spectra si bloccò e fece una brevissima pausa di silenzio.

«Proprio nessuno» concluse.

«Sicura di non esserti fatta un’idea?»

«No, non ne ho» disse Spectra.

«Io invece credo che tu lo sappia dal preciso momento in cui ti sei resa conto che far aggiungere Dreadwing non avrebbe avuto senso da parte mia. Credo che tu sappia anche “perché”, oltre a “chi”. Allora: a chi giova?»

«A nessuno-»

«Spectra Specter, smettila di fingere di ignorare quel che ti succede intorno!» la riprese Megatron, più duramente di quanto avesse mai fatto «Le esperienze in realtà non ti sono mancate neppure prima della Terra, ma finché c’è stato Spectrus hai voluto tenere gli occhi chiusi su tutto quel che non volevi accettare, e a cosa ti ha portata la tua testardaggine?» indicò lo squarcio sul petto della giovane «Sei buona, paragonata a chiunque di noi lo sei. Vuoi rimanerlo? Puoi farlo! Essere buona però non vuol dire essere cieca e ingenua per “compensare” un fratello che è l’opposto».

Spectra si irrigidì e si strinse nella coperta. «Perché mi sta dicendo ques-»

«Perché era ora che qualcuno lo facesse» replicò il leader dei Decepticon «Per il tuo bene. A chi giova?» tornò a chiederle «E perché?»

«Soundwave. Potrebbe aver aggiunto quel nome alla notifica in modo che Dreadwing facesse una fine orrenda e io non potessi reagire male con lui come ho reagito nel caso di Spectrus» rispose Spectra, con voce incolore «Lei non voleva morto Dreadwing ma non lo considera neppure “necessario”, me l’ha detto prima e credo che anche Soundwave lo sappia» Si passò una mano sul viso «Questa è l’idea che mi sono fatta. Però voglio parlarne con Soundwave prima di iniziare a pensare davvero che lui possa essere arrivato a questo per gelosia. Non l’ho tradito, Lord Megatron, glielo posso giurare, non l’avrei mai fatto».

«Però penso che tu possa capire che a un mech non faccia piacere l'idea della propria moglie chissà dove con un altro, anche se non hai fatto nulla con lui, e ti sei legata a Dreadwing al punto di uscire dall’infermeria per la prima volta da quando sei tornata. Anche se a chiederti di uscire sono stato io, avresti potuto rifiutare col dire essere troppo debole».

«Dreadwing non merita la terminazione, se volevo cercare di aiutarlo come lui ha fatto con me non potevo dirLe di no nemmeno volendo. Anche se per me parlare di Dreadwing per me era importante, mentre per Lei era una scusa per arrivare ad altro» aggiunse poi «Lei ha dato a Soundwave l’occasione di fare quello che forse ha fatto, facendo inviare una notifica da lui invece di parlare direttamente a Tarn con il comm-link… doveva volere proprio tanto che ci trovassimo in questa situazione. Anche se la decisione di mettere un nome in più, se poi è stata presa, resterebbe sempre del mio compagno».

Era sensato che fosse arrivata a fare due più due intuendo anche il suo magheggio oltre a quello di Soundwave ma, per quanto lui per primo avesse ricordato a Soundwave più volte di non sottovalutarla, si sentiva comunque sorpreso nel vederla arrivare a tanto.
Contrariamente a lei che, in tutto ciò, non mostrava nessuno stupore e lo fissava seria e stanca.

«Farà togliere Dreadwing dalla Lista?»

Megatron annuì. «Nei vorn ho aggiunto e tolto a mio piacimento senza che nessuno protestasse, e che Tarn pensi che non sono del tutto indifferente alla tua opinione non dovrebbe dispiacerti, quali che saranno le tue scelte per il futuro».

«Capisco» rispose lei, e all’idea che Dreadwing fosse salvo dalla Lista parve rilassarsi un po’.

Ci fu un breve attimo di silenzio.

«Rimpiangi di avermi ringraziato, Spectra?»

Lei scosse la testa. «Né questo né averLa avvertita del pericolo, Lord Megatron, se tornassi indietro rifarei entrambe le cose. Credo che Lei pensi davvero quel “per il tuo bene” che mi ha detto» bevve un breve sorso di energon «Ha solo fatto quel che pensa sia giusto per tutti quanti, anche se farlo vuol dire sacrificare qualcosa. 
Crede che potrei incontrare Soundwave adesso? Oppure è impegnato?»

Megatron portò una mano al comm-link.





***





“L’hai tenuta lontana da me oltre un mese-”

“Ho fatto quel che lei ha voluto! Se fosse voluta tornare qui, io subito-”

“… e stando con te si è ridotta in un modo tale che ha cercato di farsi uccidere dal fratello. È lei ad avermi detto di averci provato”.

“Lei cos-”

“L’hai portata via, Dreadwing, ne eri responsabile e questo è quel che hai ottenuto. La mia compagna non riesce a capire i danni che hai contribuito a farle ma io li vedo benissimo. Qualsiasi cosa ti succederà, dalla tortura alla terminazione, te la meriti”.



Soundwave di suo non avrebbe speso una parola che fosse una con quel disertore, traditore e ladro di compagne altrui, ma nonostante tutto l’aveva ritenuto opportuno.

Lo spymaster lo vedeva: il disastro che si stava avvicinando a lui, a Spectra e al loro matrimonio come un fronte temporalesco pronto ad annegare definitivamente la loro unione nella pioggia acida. Crudele ironia della sorte, o forse la sorte non c’entrava proprio un tubo: il fronte temporalesco in questione era stato causato da lui stesso.

“Sono un Decepticon, non sono Santo Soundwave di Old Kaon”, così aveva pensato nel prendere la decisione avventata di far inserire Dreadwing nella Lista.
La professionalità era andata a farsi friggere in favore della gelosia più pura e ora vedeva bene tutte le possibili falle di quell’idea improvvisata, non ultima quella che si era verificata, con Dreadwing che si era consegnato a Megatron.
Probabilmente l’altro Decepticon l’aveva fatto proprio sperando in una grazia o in una terminazione più rapida, che nonostante tutto sarebbe stata un destino meno tragico rispetto al finire nelle mani di Tarn.

“A meno che Megatron decida di terminarlo lo stesso, cosa della quale  dubito dato che si è limitato a metterlo in cella. Non so come uscirne, o meglio, non so come uscirne bene, e se non so come uscirne bene è perché non posso farlo”.

Presto o tardi qualcuno avrebbe capito cos’aveva fatto, molto probabilmente le persone sbagliate, e avrebbero fatto presto a dirlo a Spectra, la quale nel corso del tempo ne aveva lasciate passare tante a tutti tranne che a lui, il compagno di vita che aveva scelto.

O comunque questo era il suo punto di vista dato che, secondo Dreadwing, di Soundwave si sarebbe potuto dire lo stesso.

Gli veniva in mente solo una possibile via per tentare di arginare i danni, ossia quella di confessare la faccenda a sua moglie. Non avrebbe cambiato le cose ma magari lei avrebbe reagito meglio se si fosse mostrato pentito… pur non essendolo. Si pentiva di aver agito d’impulso senza fare i dovuti calcoli, non del fatto in sé: dopotutto, di quel che aveva detto a Dreadwing prima di voltargli le spalle e andarsene dalla cella senza aspettare una risposta, non c’era nulla che non pensasse davvero.

Anche quando Megatron gli disse di raggiungerlo nei suoi quartieri privati continuò a rimuginare sul problema fino a quando i suoi sensori ottici notarono la presenza di Spectra.
Lì il suo processore entrò in una breve paralisi, al punto di non chiedersi neppure il motivo per cui lei fosse insieme a Megatron.

«C’è qualcuno che vuole parlare con te» si limitò a dire Megatron.

«Cos-»

«Dopo andrà riportata in infermeria, dovendo andare a vedere come procedono i lavori conto su di te per questo. Vi lascio soli».

Megatron, lesto come un razor-snake, scomparve oltre la soglia prima che Soundwave potesse dire due parole in fila.

«So che hai molto da fare ma avevo bisogno di parlarti, spero di non averti disturbato» esordì Spectra.

Soundwave scosse la testa. «Anch’io in realtà dovevo parlare con te».

«Sì?... allora ok, vai prima tu».

«No, non c’è problema, se vuoi dirmi qualcosa ti ascolto, per il resto c’è tempo».

“Vigliacco” gli suggerì una vocina nel processore.

«Va bene» disse Spectra, e fece un breve sospiro «Allora, il punto è che mi sono accorta di una cosa che riguarda la Lista. Intendo quella della DJD. Dreadwing è lì ma ho saputo che Lord Megatron non c’entra né è stato Tarn ad aggiungerlo, è una cosa strana...» lo guardò «La mia domanda è: tu, che di solito sai tutto quel che succede, per caso hai idea di come e perché il nome di Dreadwing sia finito lì?»

Sembrava essere stata in grado di fare collegamenti che non avrebbe dovuto fare. Forse Megatron aveva sempre avuto ragione nel ricordargli che non avrebbe dovuto sottovalutarla.
Quel poco di speranza che aveva iniziato a provare proprio quel giorno, in cui l’aveva sentita parlare di un futuro in cui era compreso anche lui, si stava frantumando senza che lui potesse fare alcunché.

«Dreadwing, Dreadwing, solo lui esiste» disse Soundwave, col tono reso aspro tanto dalla propria impotenza quanto nel vederla coprirsi il viso con le mani e scuotere la testa «È sempre in mezzo, adesso come qualche tempo fa…»

Tanti saluti all’idea di mostrarsi pentito, ma in fondo un’altra bugia avrebbe solo peggiorato ulteriormente le cose.

«L’hai fatto veramente. Tu volevi veramente farlo massacrare dalla DJD!»

Vederla piangere gli causò una grossa stretta allo "stomaco” ma riuscì anche a innervosirlo ancora di più.

«Puoi biasimarmi? La mia compagna di vita è stata lontana da me con un altro mech per tutto quel tempo e non voleva tornare a casa».

«Lì ho sbagliato e me ne sono resa conto, sono stata impulsiva e infatti ti ho chiesto scusa, però non è questo-»

«Eri in giro da quasi un mese con un mech che cercava di allontanarti da chi voleva proteggerti, al punto che il nostro incontro non era andato solo male, era andato peggio! Riflettici. Dreadwing ti metteva contro di me, cercava di manipolarti-»

«Non è lui quello che voleva far uccidere un mech con cui io non ho mai fatto niente in quel senso!» lo interruppe Spectra in modo estremamente duro «Non è lui quello che si è detto “Se Dreadwing muore e sono Tarn e gli altri a terminarlo a lei non importerà che le abbiano offerto una casa, non potrà fare altro che restare con me”, perché l’hai pensato, vero? È questo che avevi in mente. Dopo questo hai il coraggio di dire “Dovevo proteggerti da un suo tentativo di manipolarti”?» la femme fece una breve risata amara «Se cerchi qualcuno che tenta di farlo devi solo guardarti allo specchio! Non voglio più dover temere cose del genere da chi mi sta vicino, mi è bastato quel che è successo con Spectrus e mi rifiuto di accettarlo anche da mio marito».

«Non potevi pretendere che me ne stessi fermo a guardare Dreadwing distruggere il nostro matrimonio!» esclamò lui «Era dai tempi dell’arena che avevo escluso tutti i sentimentalismi dalla mia vita, non riuscivo a gestirli, erano una mia debolezza. Poi sei arrivata tu, ci siamo innamorati, siamo riusciti a metterci insieme e poi… e poi Spectrus, e lui. Sono un Decepticon, non un santo, se avessi affrontato faccia a faccia quel ladro di compagne altrui e fosse finita nel solo modo in cui poteva finire non ti sarebbe stato bene lo stesso, cos’avrei dovuto fare secondo te?»

«Non dovevi fare nulla, non ne avevi motivo!» ribatté Spectra «Non l’ho mai baciato, non mi sono mai connessa con lui, non ci ho nemmeno pensato. I miei pensieri erano su Spectrus, su di te, sul futuro e su tutto il disastro, non sarei nemmeno riuscita a pensare a una relazione con qualcun altro. Per lui era lo stesso, aveva altro per la testa, suo fratello è uno zombie che vaga in una dimensione alternativa!»

«In condizioni normali non mi avresti tradito, lo sapevo e lo so, ma eri in un momento delicato e io di lui non mi fido. Ero e sono convinto che ti voglia per sé, fratello zombie o meno. Tu eri con lui e mi sembrava di diventare pazzo. Vi ho anche sognati mentre vi connettevate» ammise, tra rabbia e vergogna «Capisci come mi sentivo?»

«Mi dispiace di averti fatto soffrire, te l’ho detto qualche giorno fa e mi dispiace ancora di più adesso» disse Spectra «Se sei arrivato a tanto è anche perché io per prima ho sbagliato delle cose, me ne rendo conto e mi scuso di nuovo. Quel che hai fatto però non mi sta bene lo stesso, non mi aspettavo una cosa del genere da te. Tu di solito sei meglio di così, o almeno è quel che credevo».

«Benvenuta nel club dei coniugi delusi».

L’espressione di Spectra diventò ancor più seria. «Sì, ricordo il “rovinata”. Prima mi hai chiesto cos’avresti dovuto fare, no? La risposta è: “Se eri tanto deluso, potevi divorziare”. Sarebbe stata una cosa più sensata di quella che hai fatto… ed è quella che voglio fare io».

Spectra Specter, la femme che credeva nelle favole e il cui unico desiderio quand’era arrivata sulla Terra era trovare un compagno di vita, aveva appena parlato di divorzio.
Soundwave aveva pensato alla fine del proprio matrimonio quando aveva saputo del ritorno di Dreadwing, l’aveva temuta, ma adesso che gli si presentava davanti si sentiva comunque incredulo, anche con tutto quel che si erano detti. Forse perché, pur immaginandola, non ci aveva ancora iniziato a crederci sul serio.

«Come sarebbe? Fino a poche ore fa cercavamo di rimettere tutto a posto!»

Spectra aveva ripreso a piangere. «Tu sei deluso da me al punto di arrivare dove sei arrivato, io sono delusa da te e non riesco a passare sopra a questa cosa, cosa andiamo avanti a fare, Soundwave? Non ha senso».

«Mi rifiuto. Se pensi che ti lascerò andare così ti sbagli. “Principe” qui, “ti amo” lì, e non solo da degnissima sorella di tuo fratello ti sei già stufata, ma non hai neanche il coraggio di ammetterlo».

«Soundwav
e-».

«Non ti permetterò di farmi passare per il cattivo della situazione dopo avermi già fatto passare per l’idiota cornuto di turno. Forse è il caso che vada a fare quel che avrei voluto fare già da un pezzo» aggiunse, facendo un passo verso la porta «Tanto bene Dreadwing ha deciso di tornare qui».

Rabbia e disperazione pura, era nelle stesse condizioni disgraziate di quanto aveva preso la decisione che aveva messo fine a tutto quanto, se non peggio. Non vedeva e non sentiva più nulla, se non i ricordi: quello del momento in cui aveva visto Spectra per la prima volta, quelli in cui aveva sofferto come un cane dopo aver capito di essersi innamorato, la prima volta in cui avevano dormito insieme, il suo sorriso, la propria preoccupazione quando era sparita, le volte in cui l’aveva salvata, quella mezza giornata passata a giocare in acqua, il momento in cui si erano riabbracciati nella Peaceful Tiranny e la prima e ultima notte di nozze in cui avevano fatto l’amore: era tutto mescolato insieme e reso troppo amaro dall’idea di una fine che lui non voleva accettare e della quale cercava un colpevole diverso da loro due.

Sentì qualcosa cercare di tenerlo fermo sul posto e lui si tolse bruscamente dalla sua presa, ma rendersi conto che il “qualcosa” poteva essere solo Spectra -Spectra, alla quale almeno fino a due giorni prima avevano consigliato di alzarsi il meno possibile- riuscì a penetrare il caos che aveva in testa.

Cosa sto facendo?!” pensò.

La risposta era “un’idiozia dietro l’altra” e ormai,
vista Spectra sorreggersi al tavolo al quale si era aggrappata per non cadere, era estremamente chiaro perfino a lui. Fu come ricevere uno schiaffo in piena faccia che fece sparire la furia quasi di colpo: sua moglie sarebbe potuta finire a terra per una sua azione -nulla di grave ma nemmeno qualcosa che lui volesse- ed era stato talmente furioso da non essersene neppure accorto.
Si avvicinò rapidamente con l’intento di aiutarla a tornare a sedere ne ne avesse avuto bisogno, salvo bloccarsi temendo un rifiuto, ma Spectra sollevò lo sguardo, lo stesso che all’inizio aveva preso la sua Scintilla… e gli sorrise, come a dirgli "allora non sei del tutto perso".
Quello, per quanto fosse confortante in parte, gli fece più male di tutto il resto.

«Non… mi dispiace. Non volevo rischiare di farti cadere» disse, teso «Mi dispiace».

«Non è che tu mi abbia colpita o cosa, ti sei solo scansato» lo tranquillizzò lei «Sono io quella poco stabile sulle gambe, è tutto ok, non è successo niente».

La femme gli fece cenno di mettersi vicino a lei, cosa che lui fece.

Per almeno un minuto nessuno dei due proferì parola.

«Credevo anche io di essere migliore di così» disse Soundwave «Pur non essendo un "principe". Non avrei mai voluto che finisse in questo modo, non volevo finire a essere “il cattivo” per te».

«Non lo sei. Puoi aver fatto qualcosa che non accetto ma la cattiveria vera nei miei confronti so com’è. Io ho dato spesso l’impressione non essere molto in grado di scegliere bene le cose e le persone, quindi penso che un po’ti fossi convinto davvero di stare facendo la cosa giusta per me, anche se Dreadwing in realtà è a posto e... quel che c'era da dire l'ho già detto».

«Ne ero abbastanza convinto, sì» confermò l’ex gladiatore «Sono finito a farne una io, ma sul volerti evitare cose brutte sono sempre stato sincero. Se ti ho sposata è stato perché ci credevo davvero».

«Anche io… ma avremmo dovuto andare un po’meno veloci».

«Magari conoscendoci meglio saremmo riusciti a evitare i vari sbagli e ora sarebbe tutto diverso, o non ci saremmo proprio sposati… anche se non riesco a pentirmi sul serio di averlo fatto».

«Abbiamo avuto anche dei momenti belli, se parli di quelli non mi pento nemmeno io, lo sai già».

Soundwave, per quanto gli costasse mostrare la propria vulnerabilità, si tolse il visore sapendo che lo sguardo pieno di dolore e il sorriso triste erano lo specchio di quelli della sua compagna di vita.
Riuscivano a parlare sul serio e senza “distanza” solo adesso che si stavano lasciando: era così ironico.

«Mi fa piacere sapere che lo pensi ancora. Nonostante quel che ho combinato non hai rinnegato tutto e non mi detesti».

«Neppure tu detesti me… e in vari casi non mi sono comportata bene nemmeno io, Soundwave».

«Io non credo davvero che tu ti sia stufata di me a caso né ti vedo simile a Spectrus in questo. L’ho detto solo per rabbia».

«Lo speravo».

«E la mia idea “geniale”… dovevo tirarmi un paio di schiaffi e starmene fermo, perché se non fosse stato per quella avremmo…» sospirò nervosamente «Tu, da quando sei tornata, hai mai pensato davvero che avessimo una possibilità?»

Spectra annuì. «Però noi due tendiamo a tirare fuori il peggio uno dell’altra anche se ci vogliamo bene».

Soundwave allungò le mani per accarezzare quelle della femme, che non si oppose, e poi le strinse. «Purtroppo è un fatto».

«E tu hai molte cose buone da dare, Soundwave, lo penso sul serio. Spero che un giorno potrai farle vedere tutte quante a qualcuno meno… incasinato».

Incontrare un’altra persona, chissà quando e come, ricominciare tutto da capo e rischiare di affrontare nuovamente il dolore lacerante che stava provando anche in quel momento? Non ne aveva la minima intenzione. Questo, però, a Spectra non l’avrebbe detto.

«E io spero che resterai sempre una persona buona e che chi ti sta intorno sia capace di apprezzarlo. E che ti rispetti, sia sempre onesto con te e sia in grado di proteggerti… anche da se stesso, se serve» avvicinò il viso a quello di Spectra, poggiando la fronte contro la sua «Cerca di non metterti nei guai. Puoi sempre chiamarmi ma preferirei che non fosse necessario».

«E tu cerca di non esagerare con il lavoro, perché andare poco in ricarica non ti fa bene. E anche tu puoi chiamarmi o venire in infermeria se vuoi parlare con me, anche se immagino che per un po’sarà difficile per tutti e due».

«Credo che lo sarà per diverso tempo. Sarebbe strano il contrario».

Si abbracciarono un’ultima volta. A breve Soundwave avrebbe chiesto a Megatron se poteva tornare lì, così da divorziare ufficialmente… ma in quel momento, sentendo Spectra singhiozzare contro il suo petto, si trovò costretto ad asciugare una lacrima che era scesa lungo la sua guancia, inclemente come l’essere due persone che sarebbero potute stare bene insieme ma si erano incontrate nel momento sbagliato.





***





«… non ne sei felice, lo capisco, ma Lord Megatron ha ritenuto opportuno che lui e Spectra parlassero da soli e non potevamo certo dirgli di no, ne ha tutto il diritto. Inoltre sono sicuro che se fosse necessario farebbe quel che serve per evitare il peggio».

«Dopo tutta la fatica che ho fatto per salvarla me lo auguro!» replicò Nickel, piuttosto tesa.

«Ormai Lilleth non sta molto attaccata alle macchine» osservò Kaon «Non credo che finirà a sentirsi male».

«Nessuno vuole questo, soprattutto adesso» disse Tarn «Lord Megatron terminato… non se ne parla».

Tarn era convinto di quel che stava dicendo, ma lui era all’oscuro di alcuni dettagli che invece lei aveva ben chiari, primo tra tutti quello che Megatron ritenesse la loro squadra un grosso errore, che l’avesse detto ad alta voce almeno una volta, e che quindi Spectra Specter un giorno avrebbe potuto sognarlo.

“Potrebbe decidere di terminarla o tenersela e cercare di farle sviluppare quest’abilità, o altro ancora che non mi viene neppure in mente” pensò la minicon.

Aveva escluso l’unica ipotesi che invece si era rivelata giusta -ovvero fare dei patti e tenerla dalla propria parte, perché poteva tornare utile, ma non troppo vicina da essere coinvolto nei suoi drammi- ma era comprensibile, dato che Nickel riteneva Megatron alquanto imprevedibile.

“Il modo in cui ha agito con Dreadwing l’ha dimostrato. Lista no, Lista sì, Lista sì ma non l’ha ancora dato in mano a Tarn né l’ha terminato personalmente! Va’ a sapere cos’ha in testa quello là, e se io dicessi a Tarn di quella registrazione che Bustin mi ha fatto sentire sarebbe un disastro in ogni caso. Come minimo sarebbe Tarn a usarla, quella spada leggendaria, e Spectrus Specter festeggerebbe alla faccia nostra”.

A proposito di Specter -seppure fosse quella che le era simpatica- la sua paziente fece ritorno in infermeria accompagnata da… Soundwave.

«Eccomi!… lasciami pure qui» disse poi Spectra a Soundwave, il quale eseguì prontamente posandola poco dopo l’ingresso «Grazie».

«Prego».

C’era un’atmosfera strana tra quei due, Nickel non faticava a percepirlo. Probabilmente avevano discusso un’altra volta, ma se anche era stato così Spectra non aveva avuto bisogno di tornare in infermeria nel mentre, ed era positivo.

«Ci vediamo».

«… ci vediamo».

“Va bene, definire l’atmosfera solo ‘strana’ è poco” pensò Nickel, vedendo Soundwave con una certa voglia di andarsene -cosa mai successa fino ad allora- e Spectra restare a fissare la porta chiusa per qualche istante.

«Tutto bene?» le domandò Nickel, prima ancora di Tarn, squadrandola da capo a piedi.

«È tutto a posto» la tranquillizzò Spectra, diretta verso il bagno dell’infermeria.

«Sicura?»

«Sì. Lord Megatron e io abbiamo solo parlato un po’ della mia abilità, poi di Dreadwing… a proposito, non vuole che resti nella Lista. Non so se ve l’ha già detto ma penso che lo farà presto».

«Dreadwing è fortunato a poter contare su di te» commentò Tarn.

Di sicuro non era felice di quella rimozione ma Nickel non credeva che gli dispiacesse vedere che Spectra, anche dopo quel che era successo, era in grado di agire se c’era in ballo qualcosa cui teneva.

«Non ne sono sicurissima…»

«Nient’altro? Lord Megatron ti ha portata con sé e sei tornata qui col tuo compagno».

«Ex. Abbiamo divorziato».

Detto ciò entrò in bagno senza aggiungere altro.

Nickel scambiò un’occhiata con gli altri.

«Sono indeciso se domandarle cosa, come e perché è successo così di botto senza senso, oppure evitarlo come la peste cybonica» commentò Kaon.

«Siamo in due» disse Nickel.

«Tre» aggiunse Tarn.

Non era per davvero “di botto”, e neppure senza senso, ma era probabile che non sarebbero venuti a conoscenza dei dettagli in tempi brevi.

E in ogni caso, dato che Shockwave e Ratchet nei laboratori della Nemesis erano terribilmente vicini al completamento della formula dell’energon sintetico, ben presto avrebbero avuto altro a cui pensare: perché per ogni sogno distrutto, ce n’era sempre almeno un altro che rischiava pericolosamente di realizzarsi.










Volevo intitolare il capitolo “cameriere, champagne”, ma l’unica a festeggiare la fine di un amore qui sono io xD più che altro perché era un punto che si è rivelato particolarmente ostico.
Posso confermare che la storia resterà sotto i trenta capitoli, segno che, come vado dicendo da un po’, non manca molto alla fine. Riusciranno i nostri eroi (io) a finire la storia prima che finisca anche il 2021?

Alla prossima,

_Cthylla_

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Capitolo 26
*** Bonus: ''Stranieri'' ***


In questo capitolo bonus, precedentemente, una ona shot a se stante che ho deciso di accorpare qui, parla anche di cose presenti in "(Not) the odyssey" ma conoscere quella fanfiction non è altrettanto necessario a fini di comprensione :) buona lettura!














Stranieri













Lord Megatron, uscito dall’alloggio di Soundwave, iniziò a riflettere sul fatto di trovarsi vicino ai propri obiettivi più di quanto fosse mai stato.
Optimus Prime era offline, il resto del suo team lo era a sua volta, il nuovo Omega Lock era stato costruito, non mancava molto a completare la formula dell’energon sintetico e finalmente Megatron avrebbe potuto rimediare a ciò che la guerra da lui iniziata aveva causato: la rovina di Cybertron, la morte della stessa patria che eoni addietro avrebbe tanto voluto salvare, purificandola da una nobiltà corrotta nella sua quasi totalità.

“Erano tempi diversi”.

Pur con tutto il marcio che aveva avuto modo di vedere anche nell’arena di Kaon, che non era poco, guardando indietro non faticava a rendersi conto di quanto all’epoca fosse stato disperatamente idealista già solo nell’aver pensato di essere diverso da quegli stessi nobili che aveva fatto massacrare. O meglio: forse “diverso” lo era stato, almeno all’epoca, ma non lo era più e lo sapeva benissimo da molto tempo, per quanto avesse potuto cercare di ammantare di filosofia tutte le atrocità commesse e lasciate commettere dai suoi sottoposti.

Il Megatronus di allora non avrebbe approvato che, con la motivazione della genesi stessa del pianeta Terra, un’intera razza perlopiù inconsapevole della loro esistenza e presenza sul pianeta fosse spazzata via, né il Megatronus degli inizi, quando gli Autobot si erano perlopiù dispersi, avrebbe cercato di rivolgere contro le specie organiche la rabbia del movimento che aveva creato. Era logico che suddette specie avessero iniziato a vedere i cybertroniani come una minaccia, data la portata e l’estensione della guerra civile, era logico che il tutto si fosse inasprito quando lui aveva deciso di attaccare, attaccare e attaccare ancora spazzandone via di intere e creando colonie Decepticon al loro posto.

Lo sapeva, si rendeva conto di questo e di molte altre cose, e decideva ogni giorno di persistere. Il concetto di “muoversi per inerzia”, se fatto persona, sarebbe potuto essere sintetizzato in “Megatron”.

“Sì e no. Dopotutto in alcune cose credo ancora” pensò.

Se il suo fosse un crederci o un voler crederci era qualcosa che non sapeva e che forse non voleva sapere affatto. C’era una reale differenza, poi? Lord Megatron aveva iniziato a pensare di no. Alla fine tutto quel che contava era proprio la volontà e, per quanto consunta dal peso di eoni ed eoni di vita e di orrore, la sua era ancora fatta del metallo più resistente che si potesse concepire.

Continuò a camminare nei corridoi bui della Nemesis e, resosi conto di non aver mangiato quella manciatina di chips di rame rubate dal pacco che aveva portato a Soundwave, si trovò a pensare a lui e al suo recentissimo divorzio. Era finita male ma, se non avesse capito che era tempo di concludere, tra lui e Spectra Specter sarebbe potuta finire molto peggio -già solo perché la ragazza in questione aveva legami pericolosi. Non era sicuro di quale etichetta avrebbe potuto dare a ciò che Tarn aveva mostrato nei riguardi di quella femme né sinceramente aveva la minima voglia di rifletterci sopra, tantomeno di chiederglielo. Se non altro sentiva di essere a posto con la coscienza: lui aveva fatto quel che poteva perché fosse libera di scegliere, Spectra aveva ricambiato avvisandolo di quel suo sogno potenzialmente profetico e non iniziando a detestarlo nello scoprire l’ingerenza nel suo matrimonio, dunque erano pari. Essere stata cresciuta da Spectrus l’aveva abituata a sentirsi a proprio agio con dei mostri, poteva essere emotiva, ingenua -meno di quanto sembrasse- e poteva avere un lato impulsivo ma non era un’ingrata, non era cattiva, non lo era mai stata e dubitava che potesse diventarlo… finché avesse continuato ad avere la volontà di non farlo.

Le chips di rame finirono nella sua bocca e si trovò a pensare che il concetto della volontà si poteva ritrovare in tutto, anche in Soundwave. Serviva volontà per cercare di riportare nei giusti binari qualcosa che era deragliato da tempo, ne serviva altrettanta per decidere di mollare il colpo senza continuare a intestardirsi facendo male solo a se stesso.

In certi casi serviva più volontà per mollare che per continuare.



“Chips di rame e femmes, mi risulta che ne sappia qualcosa anche tu. Io perlomeno so come si chiama”.



Anche Soundwave non aveva iniziato a detestarlo ma questo non significava che gli avesse risparmiato il sarcasmo. Lui, Megatron, aveva incassato il colpo: era meritato.



Dopo l’aiuto, non vuoi darmi anche la tua designazione?”

“Assolutamente no”.

Senti un po’-”

“Fuori”.

“Tempo finito, l’hai sentito. Arrivederci o addio, Straniero”.

“Tu tornerai! La prossima volta e anche le altre”.




La Straniera non era mai tornata.

I ricordi invasero il suo processore come uno tsunami, tanto quelli dei rapporti consumati con lei nel suo alloggio di gladiatore quanto quel che era venuto dopo la scomparsa di quella femme dalla sua esistenza. Aveva creduto di essere superiore a certe amenità ma aveva scoperto di sbagliarsi ogni volta in cui, nell’arena, il suo sguardo era corso tra gli spettatori con la speranza inutile e maledetta di incrociare quel suo sguardo dorato; inutile, sì, perché quando lei c’era stata non aveva mai avuto bisogno di cercarlo, lo aveva sempre percepito chiaramente come avrebbe potuto percepire la lama di un pugnale infilata nel petto.

In quel periodo il giovane se stesso aveva pensato a tante cose e ne aveva provate altrettante, dalla profonda amarezza all’idea che lei potesse aver deciso di troncare cercando qualcosa che reputasse migliore -col sottinteso che lui non fosse all’altezza- alla rabbia, perché avrebbe potuto almeno salutarlo un’ultima volta, alla preoccupazione. “Se le avessero fatto del male? Se fosse morta? Se le avessero fatto tutto questo perché hanno, forse, trovato le pagine che IO ho scritto?”.
A un certo punto era stato costretto a venire a patti col fatto di non poter mai sapere com’era andata davvero, perché quella testarda non aveva mai voluto rivelargli niente di sé, neppure la designazione, dunque non avrebbe saputo neanche da dove iniziare a cercare notizie. “Troncare cosa, poi?”, si era ripetuto centinaia e centinaia di volte. Non c’era mai stato nulla da “troncare”, all’atto pratico la Straniera era stata una delle femmes che avevano voluto delle connessioni con lui e nulla di più.

Per lui forse non era stato così ma alla realtà non importava mai alcunché dei sentimenti di chicchessia.

Il tempo e tutto quel che era accaduto l’avevano aiutato a smettere di pensarci. C’erano stati tanti altri luoghi, tanti altri danni, tante altre donne… ma nessuna che avesse tenuto vicina troppo a lungo -per un motivo o l’altro- e nessuna alla quale avrebbe chiesto in diretta televisiva di raggiungerlo, contrariamente a quel che aveva fatto in quel Chosen One Day di tanto tempo fa.

Procedette ancora, intenzionato ad andare nel laboratorio in cui Shockwave, Knockout, il medico Autobot e Vos della DJD stavano lavorando all’energon sintetico. Capitava che ogni tanto al gruppo si unisse anche Tesarus. Cos’avesse a che fare un ex demolitore con quella faccenda e perché potesse essere interessato, solo il cielo lo sapeva e avrebbe continuato a saperlo. Era un’altra di quelle cose che non aveva la minima intenzione di domandare.

Svoltato l’angolo vide il Decepticon in questione fuori dalla porta del laboratorio, apparentemente impegnato in una videochiamata.

«… fermoposta, come sempre. Anche Helex non vede l’ora di averle e-…» vedendolo arrivare si interruppe e si mise sull’attenti «Lord Megatron».

Il leader dei Decepticon rispose con un breve cenno, pronto a entrare in laboratorio…


Ciao, Straniero.


Salvo bloccarsi dopo quella che doveva essere stata un’allucinazione uditiva o forse no, dal momento che Tesarus era effettivamente al telefono con qualcuno.

“Possibile che quel qualcuno sia PROPRIO-

I millisecondi passati immobile erano anche troppi per i gusti di Megatron e il suo stesso ruolo prevedeva che in una situazione simile agisse e si togliesse il dubbio, invece di restare fermo come un idiota.

«Datapad» disse dunque a Tesarus «E resta dove sei».

Il boia della DJD lo accontentò senza esitazione alcuna, com’era giusto che fosse, e dopo poche falcate Megatron raggiunse una stanza vuota nella quale si chiuse.

«Sei ancora lì?» domandò prima di sollevare il datapad.


Salutare e chiudere subito non avrebbe avuto troppo senso.


Era davvero lei, avrebbe riconosciuto la sua voce tra milioni.
Quale assurdo scherzo del destino, al livello di “parli di un demone e spunta la coda”.

I sentimenti provati riguardo il tutto erano altamente contrastanti ma, di nuovo, decise di restare nel personaggio e agire, posando le ottiche su una persona che aveva “accantonato” ma non dimenticato… e restando, almeno internamente, pietrificato da quel che vide. I milioni di anni trascorsi potevano essere stati inclementi con lui sotto certi aspetti ma vedere le condizioni di quella femme gli causò una sgradevolissima stretta allo stomaco dovuta a del genuino dispiacere, sebbene lui nel tempo avesse ridotto molto peggio tante altre persone. Le altre persone però non erano qualcuno cui un tempo aveva pensato, ripensato e ripensato ancora.

La sua ex amante non aveva più un braccio, sembrava non avere più né metà della parte superiore del corpo né le gambe -per quel che riusciva a vedere- e neppure la maggioranza del volto, tutto sostituito da parti che la facevano somigliare a un ibrido tra una femme e un’inquietante bambola capace di parlare.


Sono un po’ in ritardo per gli scontri nell’arena di Kaon – disse la femme – Come vedi ho avuto qualche cybergatta da pelare, anche se forse è il caso di dire che le cybergatte in questione hanno pelato me. Letteralmente. C’è di buono che ho perso peso senza sforzo!


I “capelli” che si erano avvolti attorno ai suoi polsi e alla sua gola però erano ancora lì, la sua linguaccia maledetta era ancora lì -e poté avvertire le proprie labbra tendersi in un sogghigno per le parole che aveva sentito- e anche il suo sguardo, sebbene le fosse rimasto un singolo sensore ottico, era ancora quello, dorato e fiero, senza alcun problema a sostenere il suo nonostante tutta l’acqua passata sotto i ponti e qualsiasi cosa, di certo orrenda e dolorosa a livelli inimmaginabili, le fosse successa.
Era ancora la sua Straniera, anche se “sua” mai stata -almeno non a livello ufficiale.

«Mi hai mollato per una dieta e adesso rispunti così, donna? Milioni di anni e non ti sei sprecata neppure a fare un saluto, e sì che ero bene in vista».


Mi risulta che oltre a essere bene in vista fossi anche molto impegnato.


«Ci puoi giurare. Però sono un mech che sa gestire bene il proprio tempo» replicò Megatron «Avrei potuto trovarne anche per quello».


Non è andata così, dunque non c’è granché da aggiungere. Mi dicono che ci siano buone notizie per questo pianeta? Non sono scesi nei dettagli. -


«Sei a Cybertron?! Sapevo di comunità di persone ostinate che non hanno voluto lasciare alcune zone di quel pianeta morto. Avrei dovuto immaginarlo. Dove altro saresti potuta essere se no, testarda come sei?» disse il leader dei Decepticon. «Confermo le buone notizie. A breve non sarà più morto».


Molto bene.


«… tra le altre cose mi chiedo come e perché tu sia venuta in contatto con la Decepticon Justice Division» aggiunse Megatron, dopo aver riflettuto su chi fosse il proprietario del datapad che stava utilizzando.


Conosco il loro capo da molto prima di tutti loro e di te, Straniero. Se te lo stai chiedendo, sì, quando mi ha conosciuta ero già dimagrita da un bel po’... e lui non aveva ancora avuto il piacere di incontrare il Senato.


Avrebbe potuto ricevere notizie di quella femme eoni addietro se solo avesse indagato più a fondo nella vita pre-empurata del suo inquisitore fanatico. Non aveva neppure pensato di farlo, in primis perché in realtà Tarn in ogni sua incarnazione era una delle tante cose di cui non gli era mai importato davvero, contrariamente a quanto credeva Tarn stesso, e ne aveva pagato il prezzo senza saperlo.

“Le cose avrebbero potuto essere diverse…”

Le cose e anche la Straniera. Se era stato quel che era successo al suo corpo a tenerla lontana, se non era stato per disinteresse o perché aveva trovato (un) altro che aveva smesso di venire a Kaon, allora avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe potuto tenderle la mano e farle riavere la sua, insieme al resto del corpo e a un badge da Decepticon. Ricordando le loro connessioni era piuttosto certo che nessuno avrebbe avuto da ridire se avesse deciso di tenere con sé una simile macchina da battaglia.

«Capisco. Avrai modo di darmi altri dettagli in futuro» disse, perfino.

Prima aveva riflettuto su quanto fosse cambiato rispetto alla sua versione giovane, idealista e con dei sogni, ma forse quel Megatron non era morto del tutto se nel suo processore ronzavano ancora simili pensieri riguardo qualcuno che l’aveva colpito profondamente in gioventù -il tutto senza chiedersi se lei, allora come adesso, l’avrebbe pensata allo stesso modo.
La parte più cinica di lui era molto chiara nel suggerirgli che il divorzio di Soundwave avrebbe dovuto fungere da promemoria, che stesse solo inseguendo un sogno finito prima di iniziare, magari nel tentativo di portare ulteriore linfa vitale a quel momento di “stanca” dove il troppo rimuginare smorzava addirittura l’entusiasmo dovuto alla prospettiva di utilizzare l’Omega Lock, ma un’altra parte diceva “Perché no? Perché no? Raggiunti i tuoi obiettivi principali, perché non provare a raggiungere anche questo? Perché non concederti di provare a riprendere quel che è stato interrotto?”.
C’erano sogni peggiori da inseguire… e quelli dai quali invece era inseguito, poi, erano a tutt’altro livello di “peggiore”.

«Credo che ormai sia questione di giorni prima che io torni a mia volta su Cybertron» proseguì «Sogni “profetici” mortiferi permettendo» si trovò ad aggiungere, quasi tra sé e sé.


Prego?


«Sul pianeta in cui mi trovo ora ho avuto modo di fare alcuni incontri piuttosto peculiari, inclusa una femme che fa sogni pericolosi. Dubito che mi riunirò all’Allspark tanto presto, specie dopo essere stato avvertito» minimizzò l’ex gladiatore, forse per convincere se stesso in primis «Non hai di che allarmarti, Straniera. A proposito, vuoi dirmi o no il tuo nome? Credo di aver aspettato abbastanza».

La femme, senza rispondere, continuò a guardarlo per qualche breve istante.


Scylla – disse – Il mio nome è Scylla e abito nella città di Tarn, dove ho sempre vissuto. Fabbrico bambole.


«Scylla» ripeté Megatron «Ora so dove venirti a cercare e lo farò».

Era soddisfatto di conoscere la designazione di quella femme testarda come un mulocon, finalmente. Forse lei stessa a quel punto desiderava di essere trovata, motivo per cui aveva desistito dal continuare a nascondergli il tutto.

“Fabbricante di bambole… un mestiere peculiare” pensò “Ma d’altra parte è peculiare lei stessa”.


No, Megatron – disse Scylla – Non lo farai.


«Non credi alla mia parola?» ribattè lui, sottilmente inquietato dal modo e dal tono in cui lei aveva risposto.


Posso credere che tu sia convinto di quel che dici – replicò lei – Ma ormai è irrilevante. In ogni caso non mi pento di aver sfruttato l’occasione per una passeggiata sul viale dei ricordi... – sollevò l’unica mano rimastale in un cenno di saluto – Addio, Straniero.


«Scylla-»

La femme terminò la videochiamata, e l’unica immagine che gli restituì lo schermo del datapad fu la sua.

Rimase qualche istante solo, in silenzio, a rimuginare sulle ultime frasi che Scylla gli aveva rivolto, per poi uscire dalla stanza, restituire il datapad a Tesarus ed entrare nel laboratorio come aveva previsto di fare.

Scervellarsi sulle parole di quella testarda era inutile, dimostrarle il contrario con le proprie azioni non lo sarebbe stato e, una volta giunto il momento, era esattamente ciò che avrebbe fatto.





***





«… nient’altro. Non so cosa si siano detti, Lord Megatron è andato a parlare da un’altra parte» riferì Tesarus a Tarn «E Scylla non era più in linea quando mi ha restituito il datapad. Non solo, oltre a questo non ha risposto quando ho provato a richiamarla. La sola fortuna è che avessimo sistemato i nostri affari prima».

“Nulla di tutto questo promette bene” pensò Tarn.

«Hai fatto bene a riferirmelo, Tesarus».

«Non avevo idea che lei e Lord Megatron si conoscessero…»

«Io neppure».

Tesarus assunse un’aria pensierosa. «Che si conoscano per le stesse ragioni per cui io e Helex…»

Silenzio.

Tesarus aveva avuto almeno il buonsenso di non completare il pensiero riguardo il fatto che Lord Megatron potesse conoscere Scylla per questioni triviali come le bambole erotiche, perché sicuramente era ciò cui si riferiva -Tarn era al corrente di quel dettaglio? Sì. Avrebbe fatto volentieri a meno? Sì! - dunque, concedendogli che il suo stato confusionale potesse essere derivato dalla stranezza dell’accaduto, lasciò che se Tesarus ne andasse rapidamente dopo che questi ebbe borbottato la prima scusa che gli era venuta in mente.

Megatron non era il solo a essersi sentito inquietato a causa di quella telefonata: Tarn, pur non essendone consapevole, ora gli faceva compagnia. Non sapeva se fosse più perché Lord Megatron aveva parlato con Scylla, per il fatto che i due sembrassero conoscersi per qualche ragione -“E in tutto questo tempo mai che lei abbia detto una parola a riguardo!”- o per il silenzio di Scylla, tutt’altro che normale. Se e quando lui e la sua squadra sarebbero passati in città, chiederle alcune spiegazioni sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto.

“Posso veramente cercare di indagare su dettagli personali di Lord Megatron? È andato a conversare con lei altrove, dunque qualsiasi cosa sia vuole che resti privata” rifletté poi, fortemente indeciso “Però, se chiedessi a Scylla del suo punto di vista riguardo la questione, starei indagando su di lei… non direttamente su di Lui”.

Concluse che quella linea d’azione potesse andar bene e, ancor meno sereno di quanto non si sentisse da quando era venuto a conoscenza del sogno di Spectra, diede un’occhiata all’ora e decise che passare in infermeria non era una brutta idea.

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Capitolo 27
*** 26 - Inizia il conto alla rovescia ***


26
(Inizia il conto alla rovescia)













Ayyyy ,porqué no me amas, Alejandro?!


“È una mood, Gabrijela!” pensò Soundwave, portando alla bocca una cucchiaiata di azoto gelato.

Erano passati due giorni da quando lui e Spectra avevano rotto. Il divorzio c’era stato per ottimi motivi e di comune accordo, ma era ancora freschissimo e per quanto soffrisse per l’intera faccenda non poteva evitare di al suo processore di regredire all’adolescenza e fantasticare su un improbabile ritorno di fiamma… tra qualche vorn. O qualche eone. Prima avrebbero dovuto trovare la forza di riuscire a guardarsi in faccia, e al momento l’idea di combattere dodici insecticons gli risultava più facile rispetto all’altra.

Pensando a questo decise che tanto valeva fare la maialata, dunque buttò nell’azoto gelato tutte le chips di rame che erano rimaste.

Soundwave aveva la vaga impressione che se avesse continuato in quel modo la parte di tessuti tecnorganici che poteva aumentare di volume avrebbe fatto esplodere certe parti della sua armatura, ma tra il lavoro e lo sfasciarsi il processore a suon di melodrammi sudamericani di pessima qualità -e meno melodrammatici del suo stesso divorzio- si teneva in allenamento così che nessuno potesse rimproverarlo per essersi lasciato andare, nemmeno lui stesso o Megatron.

O “Snitchertron”: sì, forse sarebbe stato più accurato.

Quando aveva iniziato a ragionare più lucidamente non aveva impiegato molto a fare due più due: Spectra poteva aver tratto per conto proprio determinate conclusioni, ma chi aveva dato una spintarella al tutto era stato Megatron, il suo amico… o “amico” per modo di dire, aveva pensato all’inizio, per poi rendersi conto che comunque non era stato Megatron a prendere la decisione avventata che aveva messo fine a un matrimonio altrettanto avventato e allo sbando da un pezzo.

Non aveva avuto nemmeno l’energia per imbestialirsi con lui, ma quando Megatron gli aveva portato le chips di rame da mangiare insieme al gelato -un vago accenno di senso di colpa, forse?- Soundwave non si era risparmiato di ricordargli quante ne avesse mangiate lui ai tempi dell’arena tra un taglio di testa e l’altro, sempre per una questione di femmes. O meglio di una precisa femme che a un certo punto, dopo una prova di lealtà non da poco e svariati incontri parecchio focosi, era scomparsa dalla sua esistenza. Megatron poteva non aver mai avuto difficoltà a trovare delle donne che gli scaldassero la cuccetta ma neppure lui, sentimentalmente parlando, aveva avuto particolare fortuna.

“Dovrei farla finita, sono patetico” pensò poi, tirando su una grossa cucchiaiata di quella deliziosa porcheria “Non ha funzionato e basta”.

Un ritorno di fiamma era improbabile già solo perché Dreadwing era stato riammesso nei ranghi dopo un lungo colloquio con Megatron e, anche se il seeker non lo sapeva ancora, questi aveva già varie idee su come utilizzarlo in futuro una volta conclusa la faccenda dell’Omega Lock e quella con Spectrus Specter. Dreadwing in molte di queste idee era responsabile di questo o quel quadrante del cosmo, di certi settori di Cybertron o della Terra stessa una volta cyberformattata; non nella Nemesis o nella base operativa dove sarebbero stati lui e Megatron, dunque, e Soundwave immaginava che per Spectra sarebbe stato lo stesso. Loro due si erano divisi, per il resto Spectra non aveva veri amici tra gli ufficiali che sarebbero stati presenti, dunque non aveva motivo di rimanere.

“Dove andrà a stare e con chi non mi riguarda più, devo ripetermi questo”.

Era probabile che in futuro non avrebbe più visto di persona la sua ex moglie.
Non sapeva com’era possibile sentirsi allo stesso tempo sollevato e triste all’idea, ma immaginava che facesse parte del pacchetto “rottura fresca”, fino a quel momento mai vissuto personalmente e con tale intensità.

In tutto ciò persino il sogno probabilmente profetico di Spectra era passato in secondo piano, o meglio: era allarmante e tutti, una volta che Spectrus avesse deciso di attaccare, avrebbero fatto in modo di evitare la morte di Megatron, ma il fatto che Spectra fosse in grado di fare certi sogni era stata per Soundwave l’ennesima cosa da aggiungere a quelle di cui lei non gli aveva mai accennato.

Una più, una meno, tanto ormai.

Pensò a questo, pensò che una volta concluso il tutto sarebbero stati altri a gestire le reazioni inaspettate di Spectra e le sue omissioni qui e là… e quello non lo intristì nemmeno un po’.





***





«… avrei dovuto farlo l’altra volta ma vedendoti abbastanza provata ho preferito evitare di nuocere alla salute di qualcuno in grado di dare avvertimenti utili. Al momento come puoi vedere l’Omega Lock non è attivo, contrariamente a ciò che hai visto nel tuo sogno, ma era questa la struttura ad anello di cui ci hai parlato?»

«Sì, Lord Megatron! Era questa, ne sono sicura» disse Spectra.

La Nemesis in quel momento aveva interrotto il suo vagare nell’atmosfera terrestre, e la costruzione ad anello mastodontica vista da Spectra e finalmente ultimata le si rivelava in tutto il proprio splendore di ingegneria Decepticon di massimo livello. Contrariamente a com’era stata messa la fazione di Spectrus fino a quando i membri erano stati online, i Decepticon avevano i mezzi per fare quello e altro.

«E credo che Lei si trovasse lì» aggiunse Spectra indicando un punto preciso della struttura.

«Direi che questa sia un’ulteriore conferma. Tu non avevi visto i progetti ed è la prima volta che questo Omega Lock viene aperto» disse Megatron «E a giudicare dal rapporto del qui presente Shockwave sulla stabilizzazione dell’energon sintetico, direi che manchi poco anche all’attacco».

«A breve non avremo più bisogno dell’Autobot. Nonostante dei sospetti non confermati che lui in questi giorni abbia tentato di rallentare il processo, il tutto sta giungendo a conclusione» disse lo scienziato Decepticon.

«Riguardo la tabella di produzione?...»

«La tecnologia di iperaccelerazione è pronta all’uso».

«Molto bene. Presto potremo finire il lavoro che ho cominciato tempo addietro con Darkmount!» esclamò Megatron.

Spectra si avvicinò ulteriormente alla struttura ad anello e guardò in basso.
Ricordò l’impressione che aveva avuto nell’osservare la Terra per la prima volta, le era sembrata un bellissimo gioiello azzurrino. Era triste pensare che a breve o non sarebbe stata più così: un numero incalcolabile di esseri viventi sarebbero stati spazzati via dalla cyberformattazione o Megatron sarebbe morto e, come nel suo sogno, la Terra sarebbe rimasta com’era… almeno fino a quando gli umani avrebbero provveduto da soli al proprio annientamento.
Quando il discorso “cyberformattazione” era venuto fuori per la prima volta e lei stava ancora insieme a Soundwave, questi le aveva spiegato che in base ai loro comportamenti era la fine più probabile.

«Vorrei solo aver visto di più» mormorò «Avete concluso che sarà Spectrus ma io non mi sento tranquilla. Non sono convinta lo stesso».

«Starscream è riuscito a fare almeno una cosa utile e nell’andare per esclusione siamo stati tutti della stessa idea» le ricordò Tarn, avvicinandosi a sua volta al bordo «E del resto abbiamo già parlato: nessuno di noi usa bene le proprie abilità quando è agli inizi».

Benché un paio di giorni prima neppure a Spectra fosse sfuggito un po’ di sconcerto da parte di Tarn nel venire a sapere di quella sua abilità, al di là del contenuto del suo sogno, di lui poteva dire soltanto che anche in quell’occasione era stato molto di supporto. Non le era sembrato dispiaciuto all’idea che potessero avere in comune l’essere “outliers” -la definizione che aveva usato era quella- e le aveva anche spiegato brevemente la situazione precaria in cui le persone come loro avrebbero potuto trovarsi in passato, molto diversa rispetto a un presente in cui la mentalità generale era cambiata e certe pene non esistevano più. Spectra era anche venuta a sapere che una di esse era stata del tutto abolita da suo padre, Spector Specter, e le aveva fatto piacere l’idea che un membro della sua famiglia avesse fatto una cosa buona per la comunità.

Curiosa com’era non si era risparmiata dal chiedere a Tarn come fossero andate le cose per lui ma non aveva ricevuto una risposta, se non “Per quanto sia una lunga storia non c’è quasi nulla che valga la pena menzionare prima del mio incontro con Lord Megatron”. Ricordando chi era e come era la persona cui aveva fatto quella domanda, in quel momento Spectra aveva avuto la vaga sensazione che oltre a essere una lunga storia potesse essere anche spiacevole, dunque per una volta aveva evitato di insistere. In fin dei conti neppure Tarn aveva insistito nel voler sapere le ragioni precise del suo divorzio -ragioni precise che lei non avrebbe dato in ogni caso: mettere in difficoltà il suo ex compagno di vita non era nelle intenzioni di Spectra. Nulla di quel che era successo si sarebbe ripetuto e chi doveva esserne al corrente, ossia Megatron, lo era già- dunque il minimo che aveva potuto fare era stato ricambiare il favore.

«Il fatto è che non so né come allenare questa cosa né se posso, Tarn, dato che succede mentre sono in ricarica. È diversa dalla tua…»

«Quando avrò del tempo libero potrei indagare su questo e sul funzionamento generale del tuo processore» disse Shockwave, mosso da pura curiosità scientifica «Benché gli outliers che ho avuto modo di studiare non siano pochi, sarebbe la mia prima analisi di un meccanismo in grado di “vedere” qualcosa diverso dal presente».

«A volte è meglio non indagare troppo a fondo» osservò Megatron «Le origini di certi sogni o certe visioni possono essere più oscure di quanto si creda. A proposito, Spectra: hai avuto mal di testa, avvertito effetti strani sul tuo corpo, sentito qualcosa di simile al rumore di una Scintilla pulsante?... no? Ottimo».

«Questo è molto specifico, Lord Megatron» osservò Spectra.

«Riguarda la natura stessa di questo pianeta ed è una delle ragioni per cui intendo terraformarlo. È una storia abbastanza lunga ma-» sentendo un tentativo di contatto in entrata portò una mano al comm-link «Knockout, che succede?!»


Ehm… non so come dirglielo, Lord Megatron, ma, ecco, il prigioniero è scappato! Ha anche causato dei danni a-


«Ed ecco perché mettere un segnalatore al dottore è stata una buona idea» commentò Megatron, seguendo il segnale su un datapad «Possibile che non ti si possa lasciare solo un minuto?!... Shockwave, vai a verificare l’entità dei danni, all’Autobot penso io. Questo colpo di testa gli costerà».

«Sarebbe stato terminato comunque» osservò lo scienziato.

«Ma in modo più rapido. Un regalo per i tuoi uomini, Tarn!»

«Vari di loro non aspettavano altro» replicò il Decepticon in questione.

«Naturalmente. Vieni con me, farò aprire un Ponte per…»

Passi conosciuti. Dreadwing -lì perché in cerca di qualcuno o per tenere d’occhio la struttura, per quel che poteva sapere Spectra- rimase immobile dopo aver dato una breve occhiata alla stanza e aver incrociato per un nanoclick il suo sguardo.

Quella, dal ritorno di Dreadwing, era la prima volta in cui Spectra era riuscita a vederlo. In quei giorni non c’erano stati contatti tra loro: non una visita -comprensibilmente, trovandosi lei insieme alla DJD- non un tentativo di contatto via comm-link, niente di niente, al punto di aver concluso che i propri pensieri riguardo il fatto che Dreadwing si fosse rotto le scatole potessero essere corretti. Lei avrebbe voluto cercare un contatto, in quei giorni lo aveva pensato molto spesso e in certi momenti l’aveva quasi fatto, salvo lasciar perdere ogni volta: il discorso sul non imporre la propria presenza era sempre valido, lui era al sicuro, doveva bastarle.

«Stavo per dire “farò aprire un Ponte perché Spectra torni nella tua nave” ma direi che non sia necessario scomodare Soundwave» concluse Megatron «Eri qui per fare rapporto, Dreadwing?»

«Nossignore, notando l’Omega Lock aperto ho solo pensato che fosse tutto pronto».

«Lo sarà appena Shockwave avrà risolto i problemi creati dal prigioniero in fuga. Tu portala nella Peaceful Tiranny» indicò Spectra con un cenno del capo «Tarn, con me».

«Sissignore» fu la sola risposta di quest’ultimo.

Spectra immaginò che Tarn non fosse particolarmente felice all’idea che Dreadwing entrasse nella sua astronave ma c’era un Autobot in fuga, e in ogni caso l’ordine di Lord Megatron era stato molto chiaro e conciso.

Lei e Dreadwing rimasero soli in compagnia del più totale silenzio.

«Una conversazione con Lord Megatron mi ha fatto intuire che dietro il mio essere ancora online ci sia tu. Ti ringrazio» disse Dreadwing.

«Lui non ti ha mai voluto morto, c’è stato qualche… problema interno… e ci sei andato di mezzo. Non ce ne saranno altri, non penso».

«Bene».

Il suo tono di voce era distante come Spectra non l’aveva mai sentito prima di quel momento e aveva l’impressione che il Decepticon non la stesse neppure guardando direttamente, preferendo piuttosto un qualche punto imprecisato dietro di lei.

«Ho sentito che sei tornato nell’esercito…»

«Sì».

Il seeker non aggiunse altro.

“Avevo pensato bene” pensò Spectra “Era palese, ha smesso di cercare un qualsiasi tipo di contatto già da un po’. Non posso dargli torto”.

Cercò di ricacciare indietro le lacrime nonostante la stretta allo “stomaco” fosse piuttosto dolorosa. Era assurdo, ma l’atteggiamento di Dreadwing in quella circostanza la faceva soffrire molto più della fine ufficiale di un matrimonio che aveva desiderato per tutta la vita, che invece le causava solo molta amarezza nel ripensarci.
Notando quell’ultima cosa nei giorni passati aveva iniziato a pensare che forse la disperazione nera provata quando lei e Dreadwing erano fuggiti era stata dovuta anche alla consapevolezza che tra lei e Soundwave fosse finita già da allora, per quanto avesse(ro) potuto provare a negarlo e per quanto, nel dirgli di aver davvero voluto provare a sistemare le cose e di aver pensato che potessero avere un futuro, fosse stata sincera. Avrebbe spiegato molte cose.

«Dreadwing, mi dispiace per…»

Si interruppe. Gliel’aveva già detto nel rispondere ai suoi messaggi, e altre scuse, per quanto fossero sincere da parte sua, non sarebbero servite assolutamente a niente, parole vuote per qualcuno che aveva giustamente deciso di prendere le distanze.

«… per tutto, ma già lo sai. Mi ha fatto piacere rivederti e- no» aggiunse, vedendolo fare un passo in avanti «So cos’hanno detto ma posso tornare nella Peaceful Tiranny da sola, non c’è bisogno che tu faccia altro per me, mi sto riprendendo man mano. Se tu e Lord Megatron siete riusciti a chiarirvi sono felice, adesso dovresti essere al sicuro, a me basta questo» diede a Dreadwing un’ultima occhiata «Ci vediamo».

Ebbe solo il tempo di voltarsi e fare due passi verso il corridoio prima di essere avvolta in una stretta che in tutto il tempo che lei e Dreadwing avevano passato insieme aveva imparato a conoscere molto bene, con la differenza che in quei momenti non aveva mai potuto avvertirne il tremore leggerissimo che invece avvertiva adesso.

«Dreadwing-»

«Non dovrei fare questo» disse il Decepticon, con la voce leggermente incrinata «Mi ero ripromesso di starti più lontano possibile perché se c’è una cosa su cui Soundwave ha ragione è che io sia stato solo dannoso per te. Non sono riuscito a capire cos’era giusto fare, non sono riuscito a proteggerti, non sono riuscito a essere utile in niente per te! In niente!»

Spectra dovette concludere di essersi sbagliata per l’ennesima volta, perché era chiaro perfino a lei che quella non era la reazione di un mech cui non importava più nulla di qualcuno.

«Non è-»

«In questi giorni non ho fatto altro che pensare e ripensare a questo, poi quando sono tornato mi hanno detto che tu hai cercato…» fece una pausa.

«Di morire. Non pensavo che te lo avessero già detto» commentò lei, senza però sentirsi particolarmente stupita.

«Dunque è vero».

«Sì. Però- aspetta!» sentendolo sciogliere la stretta, la femme si voltò abbastanza rapidamente da riuscire a prendere il viso del Decepticon tra le proprie mani e poggiare la fronte contro la sua «Non andare via, non andare…»

«Spectra-»

«Ho fatto molto male anche a te, se tu volessi stare lontano da me per questo non insisterei, ma se è perché pensi che quel che è successo sia stato colpa tua allora ti prego, non farlo» continuò Spectra, accarezzandogli il viso «Mi sei sempre stato vicino, mi hai sempre ascoltata, se per la mia fissa di essere un peso per gli altri non avessi smesso di parlarti di certi pensieri che ho avuto forse non sarei nemmeno arrivata a tanto, e se invece non ci fossi stato tu forse l’avrei fatto molto prima. Tu hai fatto di tutto per aiutarmi, non è colpa tua, non è colpa tua» ripeté «Hai chiamato la DJD per salvarmi e sei quasi morto!…»

Nel dire quelle parole l’idea di Dreadwing morto -per mano di Tarn e gli altri, oltretutto- la colpì profondamente come fino a quel momento, tra un tentativo concreto di salvarlo, un sogno profetico e un divorzio, non aveva fatto. Realizzò quanto lui fosse andato vicino al finire offline in modo atroce e quanto trovasse insopportabile l’idea che la Scintilla di quel transformer potesse spegnersi.
In quei giorni era la seconda volta in cui scoppiava a piangere tra le braccia di qualcuno, stavolta in un miscuglio di rimorsi e di sollievo: i primi per tante ragioni, considerando quel che lui aveva rischiato, il secondo perché erano entrambi vivi, erano entrambi lì… ed erano ancora insieme. Non smise di accarezzarlo neppure per un secondo, accorgendosi solo allora di quanto grande fosse stata la sua angoscia all’idea di non avere più modo di farlo, la stessa che aveva avvertito chiaramente nei messaggi che lui tempo addietro le aveva lasciato nel comm-link.

«Ho avuto tanta paura» disse, guardandolo dritto nelle ottiche «Se non fosse… se le cose fossero andate diversamente e tu fossi morto, io non-»

«Ne ho avuta anche io, più per te che per me. È anche per questo che alla fine sono tornato, al di là di aver pensato che magari se mi fossi consegnato avrei avuto più probabilità di una morte veloce di quante ne avrei avute se, restando fuori, la DJD mi avesse trovato».

L’idea di sopravvivere non sembrava essere stata presa molto in considerazione da Dreadwing, o comunque era quel che sembrava sentendolo parlare in quel modo. La cosa non fece piacere a Spectra, che comprese una volta di più come dovevano essersi sentiti gli altri per colpa sua.
Mai più.

«N-non… non hai pensato di andare via dal pianeta? Quando ne avevamo parlato tempo fa-»

«Passare la vita a scappare sapendo di essere nella Lista non era qualcosa che volevo» replicò Dreadwing «E anche senza la DJD di mezzo non l’avrei fatto. Non da solo. In questi giorni ho pensato spesso anche a questo, se già da allora avessimo lasciato il pianeta…»

«Tu saresti ancora considerato un disertore. Se potessi tornare indietro ti ripeterei esattamente quel che ti ho detto quel giorno» disse Spectra «Tu sei tornato dove volevi tornare e io ho risolto le cose con Soundwave. Non è finita benissimo ma poteva andare molto peggio, e se non altro sia io che lui possiamo andare avanti. Sapevi già che?...»

Dreadwing annuì. «Io e Lord Megatron abbiamo parlato molto a lungo di vari argomenti. Tra le cose che mi ha detto è degno di nota anche il “Tra moglie e marito non bisogna mettere il dito, e tu ci hai messo tutto te stesso”».

“Proprio lui va a rimproverare altri per questo?...” pensò Spectra, evitando però di esprimersi.

«Tu mi avresti riportata qui se io te l’avessi chiesto. Tu volevi solo cercare di aiutarmi, non mi hai tenuta lontana per altri motivi! Mentre eravamo via, prima di quel che è capitato nel bosco, non credo che tu mi abbia mai vista in “quel” modo. Giusto?»

«Mentre eravamo via, prima di quel che è capitato nel bosco, no. Sai che alcune cose che avevo visto mi erano piaciute poco ma posso giurare su quel che mi è più caro che non ho mai pensato, neppure per un momento, di cercare di “portarti via” da Soundwave».

Una risposta che sarebbe potuta essere sufficiente, eppure Spectra aveva la vaga impressione che Dreadwing non avesse ancora finito.

«Poi però è successo quel che è successo» continuò lui, infatti «Non sapevo dov’eri, se eri ancora viva oppure no, e mi sono reso conto di quanto mi sentissi perso».

Stavolta fu il Decepticon ad accarezzarle il viso, mentre lei realizzava il significato di quel che aveva appena sentito.
Nonché il fatto di esserne meno stupita di quanto forse avrebbe dovuto.

«Mi hai detto che se non ci fossi stato io forse saresti andata offline prima ma forse hai dimenticato che è lo stesso che io ho detto a te. Aiutarti mi ha evitato di fare cose che avrebbero portato alla mia terminazione» proseguì il seeker «Anche tu mi hai ascoltato quando ti parlavo di Skyquake, di Lord Megatron e di tutto quanto, anche tu mi sei stata vicina, anche tu hai cercato di fare di tutto per aiutarmi, al punto che ora non mi trovo più nella Lista. Non ti ho mai vista come un peso, nei momenti in cui eravamo particolarmente vicini io stavo… bene. Nonostante tutto».

Era un pensiero fin troppo simile a certi che Spectra, nel ricordare il tempo trascorso insieme, aveva avuto nei giorni in cui lei e Dreadwing si erano persi di vista. Non poteva negarlo né avrebbe mai potuto prendersela con lui per qualcosa che in quei momenti aveva provato a sua volta, e a sua volta senza iniziare a vederlo in “quel” modo… in quel periodo.

«Per me è stato lo stesso nonostante tutto il disastro in cui eravamo in mezzo» ammise lei «Dunque ti capisco».

Aveva notato di essere meno stupita del dovuto, ma in effetti perché avrebbe dovuto essere diverso? Dreadwing c’era sempre stato per lei, Dreadwing sarebbe stato pronto a battersi per lei, a lasciare il pianeta, a rinunciare ai Decepticon. Dreadwing sarebbe stato capace di arrivare a dare la propria vita pur di salvare la sua, cosa che comunque lei sperava di convincerlo a non fare se mai si fossero trovati in quelle condizioni.
Spectra sapeva benissimo tutto ciò e non da pochi minuti: il fatto che né lei né Dreadwing avessero voluto -o fossero riusciti a- vedere le implicazioni era un’altra cosa.

«Credo di capirti anche in altre cose. Tengo veramente tanto a te, Dreadwing, anche se purtroppo in certi momenti ho dimostrato il contrario, e quello di noi due insieme da qualsiasi parte tra qualche tempo è un pensiero che… che non mi dispiace, ecco. È solo che io e Soundwave abbiamo divorziato da pochissimo, io n-non mi sento-»

«Lo so. Non voglio niente da te, volevo solo che tu sapessi come stanno le cose. So che adesso non è un buon momento, infatti se ho pensato di chiudere i rapporti è stato anche per cercare di non complicarti la vita. Solo che…»

«Solo che non ci sei riuscito. Per fortuna».

«“Per fortuna”?»

«Sì!»

Dreadwing sorrise e si chinò per baciarle la fronte. La sensazione che Spectra avvertì fu gradevole quanto il calore sulle sue guance.

«Credo che ora sia il caso di riportarti in infermeria» disse poi il seeker.

«Sì! Siamo quasi in uno dei momenti della giornata in cui Nickel controlla i miei valori. È molto attenta nel suo lavoro».

«Considerando che l’alternativa sarebbe stata Knockout è un’altra buona ragione per dire “meglio così”» commentò Dreadwing «Andiamo».





***





“Sono morti… morti…

Era stata quella la molla che aveva spinto Ratchet a decidere di sabotare il poco che aveva potuto -creando più rumore che danno, temeva- e cercare di fuggire… in qualche modo.
Essersi accorto solo all’inizio di quel corridoio di aver avuto un segnalatore addosso per tutto il tempo non era certo d’aiuto alla sua impresa.

“Ecco perché non sono mai venuti ad aiutarmi” pensò mentre, trasformato, cercava di correre verso una capsula di salvataggio. Cercare di orientarsi con le poche frecce di segnalazione a terra non era semplice “Ecco perché sono passati giorni, giorni e giorni e non si è mai visto nessuno. Sono offline, lo sono stati da quando Soundwave mi ha portato quassù!”

La lingua lunga di Knockout aveva colpito anche in quell’occasione, lasciando sconvolto il medico Autobot che aveva trovato alle proprie domande una risposta terribile. Non c’erano altri Autobot sul pianeta, era rimasto solo, nessuno sarebbe venuto a salvarlo: ogni vaga speranza che poteva aver avuto fino ad allora si era distrutta completamente.

Pensieri in netto contrasto con le sue azioni iniziarono ad affacciarsi nel suo processore.

“Perché lottare ancora?”

“A che pro scappare?”

“Per andare dove?”

“La Terra verrà cyberformattata a breve anche grazie a te”.

“Jack, June, Miko, Fowler, Rafael…”

“Se anche non fossero stati nella base quando Starscream l’ha fatta saltare in aria, a breve saranno morti, tutti morti, morti, morti, morti-”

Il piede di Megatron, arrivato all’improvviso da dietro di lui, raggiunse all’improvviso il suo parabrezza con tanta forza da incrinarlo. Ratchet abbandonò la propria alt mode in un riflesso condizionato, cercando di rialzarsi in piedi e fronteggiare il nemico, per quanto inutile potesse essere quell’azione.

«Fine della corsa, dottore» furono le parole del leader dei Decepticon «Andando avanti non avresti avuto più fortuna».

Si voltò, trovandosi davanti nientemeno che il boia Decepticon per eccellenza, ed ebbe la conferma che la sua non sarebbe stata una fine veloce. Averlo immaginato in quei giorni non diminuì comunque la sensazione di terrore provata, alla quale in quel momento riusciva a far fronte in parte solo grazie alla rabbia.

«Li hai uccisi!» esclamò rivolto a Megatron «Hai fatto saltare la base-»

«Un’occasione per togliermi qualche spina dal fianco troppo valida per essere sprecata in favore di un’ultima battaglia con Optimus Prime» replicò Megatron.

«Vuoi farmi fare la stessa fine? Non vuoi neppure sprecarti a farlo con le tue mani ed è per questo che hai portato con te questo mostro?!» sputò fuori l’Autobot «Bene! Ma non avrai mai la formula completa-»


Lord Megatron, qui Shockwave. La informo che le azioni del prigioniero non hanno causato danni irreparabili. Non solo: posso dire con sufficiente sicurezza che la formula dell’energon sintetico è finalmente stabile. Ho attivato la tecnologia di iperaccelerazione e col suo permesso posso attivare anche l’Omega Lock.


«Ottimo tempismo, Shockwave. Attiva l’Omega Lock!»


Sissignore.


«Sentito, dottore? Cybertron potrà essere salvata nonostante le tue azioni scellerate e non sei più necessario. Dopo una chiacchierata con Tarn e i suoi uomini potrai riunirti ai tuoi compagni nell’Allspark: sii felice».

Era finita.

Finita.





***





Nel farsi prendere in braccio da Dreadwing, Spectra aveva provato una sensazione simile a quella di “tornare a casa”. Forse quel sentimento non sarebbe stato giusto in quel momento, pensando a Soundwave di certo non le sembrava tale sebbene si fossero lasciati, ma non era sicura di volersi preoccupare anche di una relazione non nata.
Lungo il tragitto verso la Peaceful Tiranny continuò a parlare di qualsiasi cosa con assoluta scioltezza, incluso il modo in cui era stata trattata dagli abitanti di quell’astronave. Evitò di parlare con precisione solo dei dettagli che le avevano fatto intuire la misura in cui Tarn si curava di lei, perché aveva la vaga idea che lui non avrebbe gradito che venissero spiattellati in giro.

«… vorrebbero che tornassi con loro, sai? Kaon me l’ha detto più volte da quando sono qui e non ti nascondo che in questi ultimissimi giorni ci ho pensato sul serio. Mi trovo bene e mi sono detta che non posso restare nella Nemesis ancora per molto, visto il divorzio non è il caso. Dopo quel che mi hai detto prima, però…»

«Non so bene dove verrò mandato in futuro e a fare cosa, Lord Megatron non è stato specifico su questo. Con la cyberformattazione che stiamo per fare forse neppure lui lo sa di preciso» disse Dreadwing «Ma cercherò di far sì che tu possa essere con me fin da subito o raggiungermi il più presto possibile».

Arrivati nell’infermeria trovarono Nickel e Kaon intenti a discutere di qualcosa riguardante un guasto.

«Sì, lo so che non ti piace andare nei condotti, ma è la cosa più rapida, si tratta di cambiare un fusibile!» esclamò Kaon, con un datapad in mano «Certo che un surriscaldamento da quella parte della nave è strano ma considerando tutto quel che la Peaceful Tiranny ha visto ultimamente forse nemmeno tanto e- oh, Lilleth, sei…»

L’espressione di Kaon, da allegra che era, cambiò in modo repentino quando notò che Spectra era in braccio a Dreadwing. La rimozione dalla Lista era ancora troppo recente perché le cose potessero essere diverse.

«Dreadwing è stato così gentile da riportarmi qui, ovviamente Tarn e anche Lord Megatron lo sanno» disse Spectra.

«Henn da combattimento numero due su tre» commentò Nickel «D’accordo, controllo i valori di Spectra e vado nei condotti. Appoggiala sulla cuccetta vuota» disse poi al seeker «Vediamo… buone notizie: alcuni valori sono tornati a un livello del tutto normale. Sei sulla buona strada, Spectra».

«Sono contenta» sorrise la femme, rivolgendosi poi a Dreadwing «Sentito? Va meglio!»

«Anche grazie a lui» disse Kaon «Ah, no».

Nickel alzò brevemente gli occhi al soffitto e, sapendo dove andare e che passando da lì non avrebbe impiegato molto, entrò nel condotto e li lasciò soli.

«Vi ha chiamati lui... ha chiamato proprio te, giusto?» domandò Spectra a Kaon, con l’aria più tranquilla del cosmo «E per questo siete arrivati in tempo, quindi è più un “Ah, sì”. Di sicuro sono grata a tutti voi allo stesso modo».

«… non si apre».

«Come?»

«La porta» disse Dreadwing, premendo pulsanti a lato che tuttavia erano inattivi «Non si apre».

«Fino a un attimo fa funzionava… Kaon?»

Kaon scosse il datapad, ora improvvisamente morto. «Fino a un attimo fa funzionava anche questo. I comm-link di Tess e Helex… no, sento solo statiche, non mi piace, non mi piace per niente. Tarn!» esclamò nel comm-link «Tarn, mi senti?»





***





«Ti sento. Che succede?»

Lord Megatron, di fianco a Tarn, sollevò brevemente un sopracciglio mentre il medico Autobot, reduce dalla cattura e da una sentenza di morte non ancora eseguita, rimase in ginocchio.


Dreadwing ha riportato qui Spectra ma quando stava per uscire la porta si è bloccata, il datapad è morto, non riesco a contattare Tess e Helex anche se dovrebbero essere qui, c’è qualcosa che non-


Il rumore di un colpo violentissimo attraverso il comm-link di Tarn, come se qualcosa di grosso si fosse schiantato contro la Peaceful Tiranny a poca distanza dall’infermeria, venne avvertito anche da Megatron.

«Kaon! Kaon, che sta-»

«L’Omega Lock è stato attivato, le tempistiche del sogno di Spectra corrispondono. L’attacco è iniziato» disse Megatron, con l’intento di andare a prendere la Star Saber oscura prima di subito «Soundwave, apri qui un Ponte verso la Peaceful Tiranny. Tarn, sai cosa fare».

«Spectrus Specter non si avvicinerà ulteriormente alla Nemesis, glielo assicuro!» fu la replica decisa del Decepticon.

Quel pazzo bastardo di un mech aveva scelto di iniziare l’attacco cercando di portare a termine il lavoro che aveva iniziato nel bosco, ma quella sarebbe stata l’ultima decisione sbagliata che avrebbe avuto modo di prendere.





***




Lo scafo della Peaceful Tiranny era stato sfondato dalla Jackhammer. L’astronave era estremamente danneggiata ma ancora attiva e pronta sia a fare retromarcia sia a un atterraggio d’emergenza grazie a scudi che solo in quel momento stavano iniziando a cedere.

In quel delirio di fumo, scintille e scarti di metallo, uno Spectrus Specter privo di un braccio al posto del quale era stata montata la madre di tutte le motoseghe, ora attiva, e armato fino ai denti premette il pulsante di attivazione di una bomba “gentilmente” fornita da alleati che ne avrebbero fatto volentieri a meno.

«Si va in scena!»










Non credo di dover aggiungere molto altro se non “Il mio cervello, grazie a vermissen_stern e al suo farmi notare che il divorzio nel capitolo precedente ha avuto una grossa dose di melodramma, ha fatto un paio di associazioni con Helluva Boss e Soundwave è diventato un attimo Stolwave”.
Per via di Stolas.
GABRIJELA-
Ora immagino Soundwave con le gambe da barbagianni.

Allora!

Per chi non sa cos’è uno snitcher: è qualcuno che fa quel che ha fatto Megatron nello scorso capitolo, alias fare in qualche modo la spia :’D da lì “Snitchertron”, e la femme a cui si riferisce Soundwave è Scylla (se avete letto “Not the odyssey” probabilmente c’eravate arrivati da soli. Se non l’avete letta… vi consiglio di farlo quando e se avrete tempo e voglia xD)

Tra uno o due capitoli dovrebbe concludersi tutto.

Grazie a tutti quelli che continuano ad avere la pazienza di aspettare i miei capitoli, leggerli e, in certi casi, addirittura recensirli. Alla prossima!

_Cthylla_

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Capitolo 28
*** 27 - Samarcanda ***


tsb27
Precedentemente:

Spectra è finalmente riuscita a mettere un po’ di ordine nella sua vita privata, nel bene e nel male, di comune accordo con l’ormai ex compagno di vita; tanto lei quanto Dreadwing, dopo essersi quasi persi -in senso metaforico e non- hanno dovuto accettare l’esistenza di un “qualcosa” nascente tra loro. Il futuro di entrambi è ancora da scrivere.
L’Omega Lock, nonostante gli sforzi di Ratchet volti a rallentare la stabilizzazione dell’energon sintetico e i tentativi di sabotaggio, è stato completato e attivato. Il pianeta Terra è nuovamente in pericolo ma, se il sogno di Spectra si dimostrerà accurato ancora una volta, Megatron potrebbe esserlo ancora di più -soprattutto perché gli Autobot ancora in vita sono in un numero maggiore di quanto lui non creda.
L’attacco finale è iniziato!


(... e questo, con oltre 9500 parole, è probabilmente il capitolo più lungo che io abbia mai scritto in tutta la mia discutibile carriera fanfictionara.
Abbiate pietà di me e della mia anima, o meglio, di quel che rimane di essa.)







27
(Samarcanda)














«State bene?!»

«Tutto ok, Lilleth!» la rassicurò Kaon, avvicinandosi a lei ancora di più «La roba che era sulle mensole è un po’meno ok ma io sono a posto».

«Anch’io» disse Dreadwing, riuscito a restare in piedi nonostante l’urto subito dalla nave «Che diavolo succe-»

Altre esplosioni, sempre troppo vicine, e il rumore di quella che sembrava una motosega gigantesca.

«Sorelliiiiinaaaa!...»

“Spectrus…”

Alla fine sembrava proprio che Lord Megatron e Tarn avessero avuto ragione sulla faccenda, sebbene Spectra a quel punto non riuscisse a immaginare come suo fratello potesse arrivare nella Nemesis, non dopo aver deciso di attaccare la Peaceful Tiranny e avendo come obiettivo quello di terminarla definitivamente. Entrare in casa della DJD era stata follia pura da ogni punto di vista possibile, soprattutto dopo il modo in cui era andata a Spectrus l’ultima volta che li aveva incontrati.

Forse non era la sola dei due ad avere avuto in mente l’idea di farla finita, pensò.

«Siamo chiusi dentro ma la porta dell’infermeria è fatta per resistere alla poca pazienza dei più forti della mia squadra, può proteggerci per un bel pezzo» disse Kaon «Se nonostante questo Specter riuscirà entrare prima che Tarn e gli altri arrivino, noi mandiamo Lilleth in bagno, tu mi copri» si rivolse a Dreadwing «E io lo stendo» concluse, attivando brevemente le antenne Tesla sulle proprie spalle «Al resto penseranno gli altri, Tarn in particolare ne ha voglia da un bel po’».

Spectra intercettò l’occhiata di Dreadwing e annuì. Suo malgrado e nonostante tutto si sarebbe trovata a provare non poca amarezza, perché per quanto lei si stesse impegnando
era difficile liberarsi di certe dipendenze affettive, ma poteva anche immaginare che sarebbe riuscita a superarla. Spectrus si era giocato da molto tempo la “sola e unica possibilità” di rifarsi una vita altrove che lei aveva voluto dargli e aveva sperato cogliesse, aveva cercato la propria rovina tante di quelle volte da averle fatto perdere il conto e, se prima non avrebbe potuto fare niente per lui neppure volendo -cosa che aveva pensato già quando aveva saputo della presenza di Spectrus nella Lista- adesso il discorso era ancora più valido.
«Va bene» disse il seeker, pronto alla battaglia.





***





Spectrus gettò davanti a sé un’altra bomba gentilmente fornita dal governo americano e si divertì a incidere con la motosega la parete dell’astronave pensando che, piatto com'era l’ambiente, fosse un miglioramento.

“Peccato non poter migliorare anche la stanza di Frollo” rimpianse “A partire dal libro”.

Era un peccato davvero ma sapeva di non potersi permettere l’azzardo di cercare di raggiungere i quartieri privati di Tarn. Doveva portare caos nell’incrociatore e lasciar credere di star cercando Spectra, ancora viva a detta del nano malefico di casa -cosa della quale a lui invece non importava più, non in quel momento- ma doveva anche restare vicino alla Jackhammer per poter procedere con il piano quando-

«Wear my faaaaaaace!»

Quando il resto di Tarnlandia sarebbe arrivato sul posto, appunto.
Decise di ignorare il lieve capogiro che gli causò il voltarsi troppo velocemente
-non si era ripreso del tutto e ne era consapevole ma la cosa non l’aveva fermato- per cercare di smezzare Vos con la motosega, purtroppo fallendo nell’intento. 

Vedendo arrivare Helex e Tesarus alla propria destra decise di lanciare qualche altro esplosivo e ritirarsi verso la Jackhammer. Un Ponte Terrestre si aprì davanti a lui e Spectrus, già immaginando chi sarebbe uscito da esso, scartò di lato e corse ancora più alla svelta.

«PARTI, NANO! PARTI!»

La Jackhammer iniziò a muoversi nonostante fosse messa male -che poi era quel che avevano cercato di ottenere nel momento in cui avevano chiesto all’agente governativo umano i migliori scudi che potessero essere forniti loro- staccandosi rapidamente dalla Peaceful Tiranny e mostrando un portellone già spalancato e pronto ad accoglierlo nel quale lui saltò subito.

La parte più semplice del tutto era andata come doveva ma, come ebbe modo di riflettere mentre la Jackhammer dava il via a un atterraggio di emergenza nel punto prestabilito, il peggio doveva ancora venire.





***





«Sì, Tarn, stiamo tutti bene! Siete arrivati prima che potesse cercare di entrare».

Due membri del suo gruppo più Dreadwing a rimorchio erano chiusi nell’infermeria ma a detta di Spectra stavano bene e, per come la vedeva lui, erano più al sicuro dentro che fuori. Per questo motivo, per i danni già presenti nella nave e per il fatto che non ci fosse tempo da perdere accantonò rapidamente l’idea di far esplodere la porta a suon di cannonate.

«Bene. Due di voi sono feriti dunque non cercate di uscire, restate dove siete, noi intanto sistemeremo la faccenda. Il massimo che quell’astronave possa fare è un atterraggio di emergenza qui sotto» si rivolse a Helex e Tesarus «Quindi quel che faremo ora è raggiungerlo e concludere questa storia».

Era difficile non lasciarsi prendere del tutto dall’ira in una situazione simile, dove Spectrus Specter -immemore della batosta presa di recente o forse con solo quella in testa e in piena fase vendicativa- aveva osato violare i confini della sua “base mobile” e portare l’Inferno sulla soglia di casa sua, anzi, casa loro.

Era l’ennesimo affronto imperdonabile da parte di quel mech, percepito da lui come peggiore dell’ aver fatto in modo che gli insecticons invadessero la Nemesis tempo addietro -e sì che non era stato qualcosa da poco.
Fosse stato per lui sarebbe saltato sulla Jackhammer in partenza spaccandola pezzo per pezzo a mani nude fino a quando non fosse riuscito a creare un’apertura abbastanza grande per entrarvi, ma rendendosi conto che avrebbe rischiato più di cadere che altro e che sarebbe stato ingiusto privare Helex, Vos e Tesarus del loro divertimento -specialmente Tess, il quale aveva un conto aperto da tempo con Specter- aveva deciso altrimenti. Niente più “dividi e distruggi” da parte di Spectrus e il suo compare minicon, non quella volta: avrebbe chiesto di aprire un Ponte, sarebbero andati laggiù e sarebbero rimasti insieme.
Anche perché quando Vos aveva provato ad attaccarlo da solo, essendo arrivato sul posto per primo, a detta degli altri aveva evitato per un soffio di essere decapitato con quella motosega che Specter si era messo al posto del braccio mancante - “E l’altro probabilmente viene davvero dal suo ex collega!”- dunque avevano avuto un ulteriore esempio di cosa non fare.

Il suo comm-link aperto venne raggiunto da una comunicazione di Lord Megatron.


Soundwave ha seguito tutto, la nave di Specter sta atterrando sotto di noi. A voi il Ponte - disse, e un Ponte Terrestre si aprì a poca distanza da loro - È tutto vostro, Soundwave ne ha il pieno controllo, non ci sono interferenze esterne. Fate in modo che quei due non vi sfuggano un’altra volta e i Decepticon avranno vinto! -


«Li prenderemo. Questa volta non avranno scampo» replicò Tarn.


- Soundwave mi riferisce anche che l’infermeria non è stata danneggiata. -


«L’impatto è stato vicino ma Specter non ha neanche fatto in tempo ad arrivarci. Stanno tutti bene».


- In qualche modo dev’essere venuto a sapere che non ti trovavi nella tua nave e deve aver pensato che occuparsi di Spectra prima di venire qui fosse una buona idea. -


«A breve si convincerà del contrario» ribatté il Decepticon, che riguardo l’attacco di Spectrus aveva avuto lo stesso pensiero e quello era un’ulteriore fonte di rabbia pura -come se il resto non fosse stato sufficiente- attraversando il Ponte con Helex, Tesarus e Vos.





***





Approfittando del caos creato da Spectrus nel momento in cui questi aveva assaltato l’astronave, era “scappato” come da piano e la DJD era stata allontanata, gli Autobot avevano fatto presto ad aprire un Ponte Terrestre e infiltrarsi nella Nemesis a poca distanza da dove Soundwave si era recato nel momento esatto dell’attacco, ossia al comando dell’astronave: per quanto Soundwave potesse fare molto già a distanza, da lì avrebbe potuto fare anche di più. Tuttavia l’attuale situazione, l’utilizzo della parte che Laserbeak aveva perduto per connettersi al sistema e l’abilità informatica di cui Rafael aveva già dato mostra in passato gli stavano impedendo di accorgersi dell’intrusione nemica, proprio come loro avevano sperato.

«Spectra! Spectra!… maledizione» lo sentirono sibilare «Perché Megatron è riuscito a mettersi in comunicazione con Tarn e io non riesco a farlo con lei?!»

Dopo aver scambiato con Optimus un’ultima occhiata, Arcee e Bumblebee si separarono da lui, Ultra Magnus e Bulkhead. Il segnale di Ratchet giungeva chiaro -e vicino- a tutti loro, segno che era ferito, doppio motivo per cui non c’era tempo da perdere.



“Io e Bumblebee siamo i più veloci di tutta la squadra, Optimus, se c’è qualcuno che può riuscire a fare quel che va fatto siamo noi”.

“Non posso fare a meno di pensare che se invece fosse lui a essere più veloce potrebbe decidere di mandarvi assieme a Spectrus”.

“Potremmo anche morire tutti, umani inclusi. Dobbiamo provarci, lo sai anche tu”.

“Voi farete quel che dovete, noi penseremo a Ratchet, te lo manderò come da piano e infine… Megatron”.

“Sì. Stavolta sì”.



«Pronto?»

«-Nato pronto!-»

I due Autobot fecero il loro ingresso nella sala controllo della Nemesis sparando all’impazzata appena sentirono dal comm-link aperto dei propri compagni che erano giunti anch'essi sul posto.

Cosa?!” pensò Soundwave, i cui riflessi pronti gli consentirono di non essere colpito neppure una volta nel corso di quell’azione, e di dare l’allarme riguardo l’invasione “Loro dovevano essere tutti morti!”

Lui stesso aveva dato a Megatron le coordinate della base e aveva assistito in diretta all’attacco da parte di Starscream, avrebbe potuto giurare che l’hangar che era stato distrutto fosse quello giusto ma era evidente che non fosse così o che gli Autobot non fossero stati lì al momento dell'assalto.
Come erano arrivati lassù? Se erano sopravvissuti, perché nonostante la presenza della DJD avevano aspettato tanto a raggiungerli e cercare di liberare il loro compagno? Come li avevano trovati? Com’era possibile che il loro attacco contemporaneo a quello di Spectrus, che aveva allontanato Tarn e la DJD -non che avessero mai avuto bisogno di loro per riuscire a difendersi ma quello non era il punto- da lì, fosse una banale coincidenza?
Semplice: non poteva esserlo.

«Avete toccato il fondo al punto di allearvi con Specter?»

Con uno scatto dei suoi “tentacoli” riuscì ad afferrare Bumblebee e sbatterlo contro una parete, mentre Arcee riuscì a sfuggirgli più di una volta anche grazie a una stazza minore. Soundwave non poté evitare di pensare a quanto la sua fisicità gli ricordasse quella di Spectra, e anche per quel motivo concluse che fosse tempo di fare quel che in passato aveva già fatto in più di un’occasione, ossia aprire un Ponte Terrestre e spedire altrove quella femme -magari in mezzo ai vehicons: in generale non era dell’idea di mandarla in mezzo alla DJD e lo era ancor meno ricordando che una volta lo aveva spinto ad ascoltare la sua ormai ex compagna di vita.

Vide che Arcee notando l’apertura del Ponte aveva iniziato a indietreggiare verso la parete, cosa a parer suo poco intelligente dal momento che presto non avrebbe avuto più margine di movimento.

«-ORA!-» esclamò Bumblebee, ancora a terra, nel comm-link.

Un altro Ponte Terrestre si aprì dietro Soundwave prima che questi potesse capire cosa stava succedendo e perché, e alla sensazione di stupore si aggiunse quella sgradevolissima di star venendo risucchiato.

“Nella shadowzone?! Non se ne parla!” pensò Soundwave.

Si divincolò, purtroppo inutilmente, facendo caso solo allora che Arcee e Bumblebee erano corsi ad afferrare il timone per evitare il suo stesso destino… che divenne ancora più incerto quando la femme Autobot, utilizzando i comandi sulla console, aprì un Ponte Spaziale proprio sotto i suoi piedi.

Il mondo scomparve attorno a lui ed ebbe tempo solo di lanciare un’ultima maledizione verso se stesso, per non essere stato capace di evitare la disfatta, e per dedicare un ultimo pensiero a Megatron e a Spectra -per quanto lei potesse essere protetta e non più “affar suo”- prima di perdere i sensi.





***





Quando era sbucato fuori dal Ponte, sentendo il familiare freddo nella neve sotto i propri piedi e trovandosi in un posto che ricordava Messatine, Tarn aveva provato sufficiente soddisfazione da riuscire ad accantonare un pensiero sfuggito al suo controllo: che quella dei nobili di giungere ad azioni suicide o quasi quando si fissavano di doversi vendicare di qualcosa o su qualcuno potesse essere una tendenza, e che di rado questa tendenza finiva bene per una qualunque delle parti coinvolte.

Quando erano arrivati avevano potuto vedere la Jackhammer esplosa dopo un atterraggio troppo brusco per un veicolo già provato e il solo Spectrus correre via. Non avevano visto il minicon volare accanto a lui, cosa che magari poteva significare che fosse rimasto coinvolto nel disastro: tutti loro, prima, avevano sentito distintamente Spectrus urlargli di partire, dunque era stato lui il pilota.

Sarebbe stata troppa grazia e Tarn si era detto di non abbassare la guardia ma la speranza era l’ultima a morire.

All’inizio qualche sparo da parte di Spectrus era giunto da dietro le rocce, nulla che potesse allarmarli -anzi, era servito soltanto a segnalare loro la posizione del nemico- e nulla di anormale in quella situazione, ma poi…

Che senso ha tutto questo?!” pensò Tarn per l’ennesima volta in quel breve lasso di tempo.

«ROAD ROLLER DA!»

Videro Spectrus piombare giù dall’alto insieme a qualcosa di grosso e pesante che terribilmente somigliante a un rullo compressore di colore giallino mentre urlava quelle parole per loro incomprensibili, e fu solo grazie all’intervento di Helex che Vos non finì schiacciato.

«Specter-»

Una bomba venne lanciata subito dopo nel modo più caotico possibile, causando una frana che non li investì solo perché furono abbastanza svelti a togliersi di mezzo prima di essere colpiti da neve e rocce.

«COSA è appena successo?!» esclamò Helex.

«Ci ha lanciato delle bombe» disse Tesarus, terra terra come suo solito.

«Fin qui l’avevo notato, Capitan Ovvio, non è quel che intendevo!»

Da quando aveva saputo del possibile attacco da parte di Spectrus, Tarn aveva pensato e ripensato a una moltitudine di possibili scenari riguardo quel che il mech in questione avrebbe potuto escogitare. Gli schemi mentali che aveva costruito ricordando le precedenti azioni del suo nemico e rapportandole a condizioni fisiche che andavano dalla più alla meno disastrosa erano innumerevoli, come lo sarebbero stati quelli di uno scacchista che si era preparato ad affrontare un avversario piuttosto ostico… peccato che ora si stesse trovando a “giocare” con un piccione che dopo essere volato sulla scacchiera si stava divertendo ad afferrare i pezzi con zampe e becco e buttarli fuori in modo del tutto casuale.
Quella era la sensazione che stava provando ed era molto lontano da tutto ciò che aveva immaginato.
Spectrus aveva attaccato la sua nave concludendo la propria azione con un nulla di fatto, era stato costretto a ripiegare e ad atterrare laggiù, era in una situazione disperata e la cosa più assurda era che stesse dando mostra di fare tutto meno che impegnarsi davvero in un combattimento. Vederlo spuntare davanti a loro correndo con la schiena in avanti e le braccia tese indietro urlando “Naruto run” non era stata la cosa più strana.
Avrebbe potuto pensare che tutta quella manovra si trattasse di un diversivo, ma un diversivo da cosa, se Spectrus stesso era bloccato lì? Le volte in cui quel folle li aveva attirati in un determinato posto aveva sempre cercato di stare loro lontano, o comunque di stare lontano da lui -“E considerando come l’ho macellato appena gli sono arrivato abbastanza vicino direi che ne avesse ben donde” pensò Tarn- cosa che stavolta non era.



“Io non mi sento tranquilla. Non sono convinta lo stesso…



Eppure…




“Fate in modo che quei due non vi sfuggano un’altra volta e i Decepticon avranno vinto!”



Lord Megatron gli aveva dato ordini precisi e il fatto che fosse riuscito a comunicare con lui significava che la linea era attiva, se avesse avuto bisogno di loro lassù avrebbe potuto farli tornare in qualsiasi momento; non l’aveva fatto, dunque nella Nemesis era tutto a posto e lui doveva concentrarsi sul compito che gli era stato dato.

Fece cenno a Helex e Tesarus di fare silenzio e si concentrò, utilizzando la propria abilità da outlier per cogliere il rumore dei passi di Spectrus.

«Sta andando in un punto dove siamo già passati, possiamo circondarlo. Tu e Tesarus bloccherete la sua sinistra, io e Vos la sua destra. Attenzione a eventuali sorprese, forse aveva previsto che il suo assalto potesse fallire, di per sé la presenza di un rullo compressore qui non avrebbe senso» disse Tarn «Forse ha fatto male i conti riguardo le tempistiche e sta cercando di confonderci e seminarci per riuscire a fuggir-»


“Hiu iu iu iu iu iu
Când vii, bade, pe la noi
Să nu vii fără cimpoi!”


«Taaaarn

«Non! Siamo! Ancora! Lì dentro!» fu svelto a esclamare il comandante della DJD prima che Helex potesse aggiungere qualcos’altro.

Sul fatto che quella fosse la stessa canzone che avevano sentito nell’IKEA infestato dai cybertroniani mannari a sud dello Scorpione non c’erano dubbi ma Tarn lo riteneva l’ennesimo spoiler, anche perché non sarebbe riuscito a sopportare l’idea di non essere mai riuscito a portare in salvo se stesso e tutti gli altri.
L’unica cosa certa era che a quel punto, se non avesse trovato tutte le casse, sarebbe stato più complicato localizzare Specter con l’udito -ed era anche l’ulteriore conferma che questi avesse preparato un piano di fuga.


"Da pe cimpoi, da pe cimpoi
Joacă fetele la noi,
Da numa' așe, da numa' așe!”


Nonostante la musica ad alto volume tutti quanti poterono udire distintamente il rumore dei razzi che venivano lanciati e quello delle valanghe createsi di conseguenza.
Forse il piano di fuga di Spectrus era più articolato del previsto.





***





«Ha funzionato!» esclamò Arcee, rivolta a Rafael che riusciva a sentirla perfettamente dalla loro base «Il Ponte Spaziale sembra aver avuto effetto, è stato diverso da come mi avete descritto l’accesso alla shadowzone».

Erano stati i ragazzini ad aver suggerito loro di provare ad aprire un Ponte Spaziale nel momento in cui Soundwave sarebbe stato in procinto di finire nella shadowzone, in modo che se anche questi avesse escogitato un sistema per liberarsi -non era improbabile se era a conoscenza di quella particolare dimensione- si sarebbe comunque trovato in un punto molto lontano del cosmo, distante da qualsiasi colonia, e avrebbero potuto cercare di impedirgli di aprire nuovamente il Ponte per tornare indietro.
Loro l’avevano trovata una buona idea, decidendo dunque di tentare.


Bene! Quando Miko ce ne aveva parlato io e Jack non eravamo sicuri ma dopo che anche voi avete detto che poteva essere una buona idea-


«Miko?» si stupì Arcee «È da lei che è partita l’idea?... quando è stato?» domandò, sentendo svanire quel po’di entusiasmo dovuto all’aver fatto la propria parte a causa di uno sgradevole sospetto.


La prima volta che avete incontrato Spectrus, quando Miko si è infilata sotto il sedile posteriore… avete parlato di Soundwave prima che la scopriste e-


«Il minicon» comprese la femme Autobot «Deve averle messo la pulce nell’orecchio, come dite voi terrestri. Anche lui ha solo da guadagnare dall’avere in giro un esperto informatico in meno».

Non fece in tempo ad approfondire i propri pensieri sulla questione, perché in quel momento un Ratchet ferito -non gravemente- fece di corsa il proprio ingresso nella stanza.

«-Ratchet!-» esclamò Bumblebee, più che felice di rivedere il compagno di squadra «-Stai-»

«Sto bene, sì, Optimus mi ha già detto perché ci avete impiegato così tanto e che stavate tenendo d’occhio la situazione, cosa che comunque ho capito da solo visto il tempismo e visto che Knockout e i vehicons sono sempre stati delle pettegole» tagliò corto il medico, ricordando come anche in passato avessero potuto captare informazioni varie proprio per quel motivo «E per fortuna. Bumblebee, apro un Ponte Terrestre verso la miniera dov’è stato ucciso Wheeljack. Ci sono dei vehicons ma puoi, o potete, gestirli».

«Cos- perché?!» allibì Arcee.

«Megatron ha fatto nascondere Star Saber laggiù, è una delle tante cose che sono riuscito a sentire dalle pettegole, e quella spada servirà a Optimus dato che Megatron si è tenuto la versione oscura. Sapeva dell’attacco» spiegò brevemente Ratchet mentre apriva il Ponte «Ma dandovi per morti era convinto che ad attaccare sarebbe stato solo Spectrus».

«Come sapeva dell’attacco?»

«Pare che la sorella di Spectrus possa avere dei sogni profetici. Col senno di poi è stato meglio non essere riusciti a prenderla in ostaggio, se anche l’avessimo tenuta lontana da Soundwave quando l’abbiamo catturato e lui non fosse riuscito a portarla via è praticamente certo che vi sareste trovati la DJD ad attaccare tutti gli hangar -non solo il nostro come mi è parso di capire abbiano fatto Starscream e i suoi- e fare una strage» commentò l’Autobot «Andate, io sgancio la Nemesis dalla Peaceful Tiranny e farò in modo che nessuno oltre a noi possa usare il Ponte Terrestre, a costo di distruggere i comandi».

Optimus doveva avergli parlato anche di quel dettaglio prima di mandarlo lì. Non sapevano cos’avessero in mente di preciso Spectrus e il suo compare per riuscire a uscire da ciò in cui si erano cacciati ma tutti loro erano determinati a far sì che, quale che fosse, non comprendesse un Ponte di cui loro avevano il controllo: Ratchet avrebbe pensato a quello nella Nemesis e Raf, se avesse visto qualcosa di strano, avrebbe disattivato l’alimentazione del sistema nell’hangar. Tutti quanti avevano concluso che, se Spectrus fosse morto laggiù dopo aver permesso loro di fare quel che dovevano, sarebbe stato tutto di guadagnato.

Di certo Spectrus per primo aveva immaginato una cosa simile ma, per una volta, potevano anche essere lieti di non deludere le sue aspettative.





***





Anche Nickel, entrata nei condotti dell’astronave per cambiare il fusibile che si era guastato, com’era ovvio aveva avvertito distintamente il rumore dell’impatto e le vibrazioni, riuscendo anche a comprendere che di qualsiasi cosa si fosse trattato si era verificato a poca distanza dall’infermeria.

“Ricordando il sogno di Spectra ci sono pochi dubbi su cosa stia succedendo e grazie a chi!” pensò “Solo, perché qui e non la Nemesis?!”

Cercò di contattare gli altri, ovviamente senza riuscirci. Attraverso una grata notò che le telecamere erano ancora attive, o comunque quella che stava guardando lo era, ma qualcosa, anzi qualcuno, stava bloccando le comunicazioni, ragion per cui il suo comm-link emise un rumore di statiche e nulla di più.



“Posso provare a tenerti al sicuro dal peggio, ma non da tutto”.



Il fusibile guastato per un sovraccarico distante dal luogo dell’attacco non era stato un caso, ormai era molto più che palese, si disse, procedendo lungo i condotti con fare rabbioso. Allo stesso modo in cui Bustin non aveva tentato nuovamente di dirottare la nave -se aveva potuto intervenire sul fusibile avrebbe potuto fare anche l’altra cosa, immaginava- allo stesso modo in cui dopo essersi reso conto di averla mandata troppo vicina a degli insecticons era intervenuto per salvarla dalla situazione in cui l’aveva messa, allo stesso modo in cui in Antartide aveva evitato accuratamente di sparare nella sua direzione quando si era messa davanti al cannone di Tarn e non aveva parlato a Spectrus né a chiunque altro di quanto Megatron trovasse Tarn tutt’altro che una buona cosa per la propria fazione, anche in quel momento stava cercando di proteggerla da una minaccia creata in parte da… lui stesso.
La cosa non la faceva innervosire di meno, se mai il contrario.

«Tutto a posto voi?!» esclamò, andando a sbucare prima di tutto in infermeria.

«Nickel! Per fortuna stai bene!» esclamò Kaon «Abbiamo cercato di contattarti ma non ci siamo riusciti, i comm-link sono mezzi morti!»

«Purtroppo me ne sono accorta» replicò la minicon, notando poi che la maggior parte dei suoi attrezzi era a terra «… se metto le mani addosso a quelli là-»

«Ci hanno chiusi dentro. Per te sarebbe possibile riuscire a farci uscire?» le domandò Dreadwing «Non c’è… che so, un qualche sistema di apertura manuale dall’esterno senza cercare di buttare giù la porta?»

Nickel scosse la testa. «Purtroppo no».

«Se l’attacco è iniziato allora Lord Megatron potrebbe aver bisogno di tutti gli ufficiali presen-»

«L’attacco è iniziato ma lo Specter stronzo è lontano sia da qui sia dalla Nemesis» lo interruppe Kaon «E Tarn ha ordinato di restare dove siamo. Vuol dire che non ti ritiene necessario laggiù né da qualunque altra parte e, se non si è fatto sentire, anche Lord Megatron la pensa allo stesso modo».

«Le linee sono bloccate, magari ha provato a contattarmi e non ci è riuscito!»

«Se Lord Megatron ha parlato con Tarn avrebbe potuto farlo anche con te» insistette il tecnico «Soundwave avrà ripristinato almeno le sue linee».

«Lord Megatron parla con Tarn, forse grazie Soundwave… ma io non riesco a parlare con Soundwave» disse Spectra «Alcune linee vanno, alcune no, non potevamo parlare tra noi nella nave ma tu hai potuto parlare con Tarn appena prima dell’attacco, che senso ha avuto tutto questo? Che senso ha che sia così anche adesso che l’attacco di Spectrus è andato in modo diverso da come doveva, che Lord Megatron è qui e loro sono tutti laggiù?»

«Forse il tuo sogno era giusto solo a metà» ipotizzò Kaon «Hai detto tu stessa che non sono molto accurati».

«Forse, però è strano» insistette Dreadwing «E non mi piace».

«Io posso volare e non sono bloccata dentro» disse Nickel «Posso andare a vedere quel che succede nella Nemesis e posso anche allontanarmi abbastanza da far sapere agli altri che c’è qualcosa che non va, se c’è. Con le mie dimensioni è più difficile che facciano caso a me».

Non sentiva di poter dare tutti i torti a Spectra nel dire che era tutto piuttosto strano, ragion per cui dare un’occhiata non era una brutta idea.

«Grazie» disse Dreadwing «Grazie davvero».

“Il non-compagno di Spectra se non altro è più educato del suo ex marito” pensò la minicon, tornando a camminare nei condotti.

Inizialmente pensò di raggiungere l’uscita più vicina al punto dove la Jackhammer aveva penetrato lo scafo e passare da lì ma, nel dirigersi dove aveva stabilito, i suoi recettori uditivi iniziarono a captare qualcosa, o meglio qualcuno, che non avrebbe dovuto trovarsi nella nave.


– … si sta come Homura con la Walpurgis E io in questo NON sono la Walpurgis, nano, oltre a non aver avuto la colonna sonora che avevo chiesto!


Avanzò. Si era offerta di controllare la Nemesis ma, da quel che stava sentendo con maggiore chiarezza a ogni passo, sembrava che il nemico non fosse lì: piuttosto, era entrato in casa sua e non ne era mai uscito.
Bustin aveva già pilotato a distanza un’astronave non sua, figurarsi se avrebbe potuto avere difficoltà a farlo con una nella quale aveva vissuto per un pezzo… ed ecco che, mentre Tarn e gli altri erano laggiù con Spectrus Specter, lui era tranquillo e al sicuro nella Peaceful Tiranny.

“Non lo sarà ancora per molto” pensò Nickel, trattenendosi dal correre solo perché i suoi passi le avrebbero impedito di continuare a origliare.

«Dunque i missili non sono stati d’aiuto».


Tutti esplosi a mezz’aria solo alzando le mani! E le bombe non bastano. Io gliel’avevo detto di darmi l’atomica ma loro nnnoooo... si stanno dando una mossa almeno?!


«Da quel che vedo e sento pare di sì, si sono già occupati del primo ostacolo. Perché ho l’impressione che tu sia tornato a parlare come facevi quando avevi la febbre?»


Perché magari è tornata, ma questi sono det- PORC-

Specter! Vieni fuori e affronta la musica!

Ecco sì, se per ammazzare la gente usassi i tuoi orrendi gusti musicali forse otterresti qualcosa di più concreto!


Il rumore delle esplosioni che seguirono erano meno incoraggianti per Specter di quanto fosse per i ragazzi, a parere di Nickel, ma il “si stanno dando una mossa, si sono già occupati del primo ostacolo” era molto più allarmante perché… a chi si stavano riferendo quei due?

Ebbe solo il tempo di emettere un’esclamazione sorpresa quando due laser tracciarono un cerchio attorno a lei -tenendosi a distanza di almeno un metro dal suo corpo- e si trovò a precipitare come se non fosse stata munita di un jet pack che invece c’era ma non aveva ancora attivato, e in ogni caso un paio di braccia nere ben conosciute la riacchiapparono a mezz’aria prima che potesse farlo.

«Nicky» la salutò Bustin, atterrando velocemente «Stai bene, ottimo, speravo di riuscire a-»

Il pugno di Nickel partì da solo andando a colpire la faccia dell’altro minicon con tutta la cattiveria possibile, tale da farlo cadere a terra e riuscire a incrinare leggermente la maschera che nascondeva il suo volto sempre e comunque; fatto ciò strappò dalle mani di Bustin il datapad che questi non aveva messo giù nel “salvarla” e ne ruppe lo schermo sotto una delle proprie ruote. Non era sicura se la propria furia fosse dovuta al disastro che Bustin e Spectrus avevano fatto e stavano facendo o all’inflessione sincera in quello “Stai bene, ottimo”. Forse era per entrambe le cose e, sempre forse, in quel momento era meglio non pensarci troppo.

«Livello di violenza pari a quello di un tasso del male» commentò Bustin, asciugando un sottile rivolo di energon colato al di sotto della maschera «Però è meritato».

Nickel non commentò, preferendo puntare la pistola laser contro la sua testa. «Cosa volete ottenere da tutto questo? Chi è di preciso che dovrebbe darsi una mossa?!»

«Le linee continueranno a essere disturbate e il mio comm-link continuerà a essere aperto su tutto anche ora che il datapad rotto, mi sembra giusto che tu lo sappia» disse Bustin «Niente attivazione a distanza del Ponte Terrestre per il mio socio, cosa che aveva messo in conto… ma neppure tu potrai aprirne uno per i tuoi compagni di squadra».

«Da quel che ho sentito è Spectrus a essere nei guai, non loro» ribatté la minicon «Cosa volete?!
» ripeté.

L’astronave subì un paio di scossoni sebbene nessuno fosse alla guida, segno evidente che suddetti movimenti non erano stati causati dalla Peaceful Tiranny stessa, bensì…

«La Nemesis è ufficialmente in viaggio» osservò quietamente Bustin «Star Saber anche. A questo punto immagino che non manchi molto alla fine».

«Cosa-»

«Ricordi quel che ti ho detto tempo fa sull’essere vicini a un punto di svolta? Ho la vaga idea che Megatron si pentirà di non aver dato retta alla signora Specter».

«Gli Autobot non sono morti» comprese Nickel che, avuta anche l’ulteriore conferma che stessero venendo ascoltati da chissà quanto, iniziò a indietreggiare con la pistola sempre puntata verso Bustin «Starscream ha attaccato l’hangar ma nessuno ha cercato i loro corpi-»

«Atteggiamento piuttosto arrogante, concordo» disse Bustin, iniziando a rialzarsi.

«Fai un’altra mossa e ti apro un buco in quella testa vuota che ti ritrovi!»

«… ma d’altra parte parliamo di Megatron, lo stesso che si è impegnato in modo particolare a far sì che lo vogliano morto» continuò l’altro minicon, ormai in piedi, ignorando l’avviso «Se il suo piano riuscisse, un’intera specie perlopiù ignara dell’esistenza di altre civiltà nell’Universo si troverebbe sterminata a causa di una guerra non sua. Mi ricorda qualcosa che non doveva succedere. Mi ricorda il destino di una colonia pacifica vittima della reazione degli organici a una guerra altrui. È un miracolo che tu sia viva e ne possa parlare».

Nickel sparò nello stesso momento in cui lo fece Bustin per disarmarla, facendole volare via la pistola dalle mani senza causarle alcun danno, esattamente come il giorno in cui si erano rivisti per la prima volta.

«Non ti azzardare a paragonare le due cose!» esclamò lei, decidendo di attaccare nuovamente l’ex fidanzato usando bisturi che non avevano molto da invidiare a una spada in fatto di affilatura «Non si somigliano per nulla!»

«La gratitudine verso Tarn non ti permette di vederla in altro modo» replicò l’altro minicon, limitandosi a cercare di evitare i colpi e ricevendo comunque più di un graffio sulla corazza «Per me è diverso».

Nickel aveva la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco: nella Nemesis il sogno di Spectra poteva star prendendo forma ma lasciare Bustin in giro significava che avrebbe avuto accesso al Ponte Terrestre dell’astronave e che l’avrebbe avuto anche Spectrus, che invece era meglio lasciare dov’era. Doveva cercare di tramortire Bustin prima che la situazione degenerasse ulteriormente o terminarlo una volta per tutte e diventare davvero l’ultima della propria specie, per quanto male all’anima potesse causarle.
Specie con la consapevolezza che Bustin avrebbe potuto spararle già una trentina di volte, avendo dei laser incorporati nelle dita e che non l’aveva fatto ugualmente... per ragioni che lei sapeva benissimo.





***





“Spectra poteva avere ragione, dunque?”

L’Omega Lock era stato attivato, l’interno dell’anello era pieno di una sostanza azzurra luminescente per nulla dissimile dal loro stesso fluido vitale, e tutti quanti si stavano battendo al massimo delle proprie forze. Starscream e dei vehicons se la stavano vedendo con Bumblebee e un’Arcee particolarmente agguerrita, Knockout, Shockwave e ulteriori vehicons stavano cercando di vedersela contro Bulkhead e Ultra Magnus, e poco prima Bumblebee era arrivato di corsa lanciando a Optimus Prime la Star Saber.

Il signore dei Decepticon si batteva con la stessa grinta di sempre contro il proprio nemico giurato, eppure da quando aveva visto Optimus sbucare dal nulla assieme ad alcuni dei suoi uomini i suoi pensieri non erano più per la battaglia, per l’Omega Lock e per il proprio obiettivo. A quel punto non erano più neppure per Soundwave, il quale non rispondeva ai suoi tentativi di contatto -e considerando che la Nemesis si era mossa staccandosi dalla Peaceful Tiranny e allontanandosi dalla Terra, cosa che non sarebbe accaduta se Soundwave fosse stato ancora al timone, temeva il peggio.
I pensieri di Megatron andavano a una vecchia canzone della sua terra natia, ossia la città di Tarn: riguardava un soldato che era scampato a una guerra e che durante i festeggiamenti incrociava lo sguardo apparentemente maligno della “nera signora”, ossia la morte. Il soldato tentava di evitare l’incontro con essa scappando via più lontano possibile, col solo risultato di trovare la morte davanti a sé all’arrivo.


“Eri fra la gente nella capitale,
So che mi guardavi con malignità,
Son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale,
Son scappato via ma ti ritrovo qua!”


Nascondere in una miniera l’arma che sembrava essere destinata a ucciderlo non era servito, prepararsi a un attacco di Spectrus non era servito perché non era lui che ora lo stava affrontando. La lontananza di Spectrus avrebbe dovuto impedirgli di morire, invece mandare Tarn e i membri non feriti della DJD appresso a Spectrus avrebbe potuto risultare inutile riguardo al sopravvivere a quella giornata, se non dannoso.


“Sbagli, t'inganni, ti sbagli soldato
Io non ti guardavo con malignità,
Era solamente uno sguardo stupito,
Cosa ci facevi l'altro ieri là?
T'aspettavo qui per oggi a Nova Chronum
Eri lontanissimo due giorni fa,
Ho temuto che per ascoltar la banda
Non facessi in tempo ad arrivare qua!”


Non aveva mai avuto bisogno di Tarn per riuscire a difendersi ma c’era di mezzo quel sogno, quella condanna a morte in formato onirico che sembrava sempre più vicina alla realtà, e non gli era più possibile comunicare con nessuno tanto all’interno quanto all’esterno della Nemesis. Non riusciva a raggiungere neppure Dreadwing, che doveva essere ancora chiuso nella Peaceful Tiranny assieme a Spectra e il tecnico della DJD.

Ghignò soddisfatto quando riuscì a far volare via la spada dalle mani di Optimus, facendo cadere questi sulla struttura ad anello, ma l’allegria passò subito nel momento in cui la sua nemesi con uno sparo riuscì a fare lo stesso con la Star Saber oscura che lui aveva in mano.

Dopo aver raggiunto Optimus sulla struttura ad anello -solo dopo- si rese conto di essersi avvicinato terribilmente al punto che Spectra gli aveva indicato…





***





Studiare il terreno era servito solo fino a un certo punto, piazzare le armi era servito solo fino a un certo punto e le bombe anche -gliene erano rimaste solo due; la motosega immane installata sul braccio era servita più come citazione ad Ash Williams
che ad altro e lo stesso poteva dirsi del rullo compressore.
D’accordo, quello e molte altre cose erano state fatte solo per confondere i suoi nemici e tenerli laggiù senza ingaggiare direttamente un combattimento che non avrebbe mai potuto vincere, ma il punto non era quello: il punto era che lo stavano accerchiando e Spectrus se ne rendeva conto.
Non era così folle o così idiota da nascondere quella verità a se stesso, anche se il piano che aveva concepito avrebbe potuto classificarlo in entrambi i modi da un punto di vista esterno. A volerla dire tutta, il primo di quei due aggettivi suonava calzante a lui per primo ora che la febbre dovuta a un organismo ancora debilitato dalla batosta subita era tornata a farsi sentire in tutto il suo splendore.

“Lo sapevi fin dall’inizio”.

Già una volta era riuscito ad attirare la DJD altrove mentre nella Nemesis gli insecticons avevano fatto un disastro, non sarebbe riuscito a ripetere una cosa simile permettendo ai suoi ex colleghi di uccidere Megatron se non avesse alzato la posta mettendo in palio se stesso. Per questo aveva attaccato l’astronave della DJD rendendo le proprie azioni impossibili da ignorare, per questo si era reso una preda appetibile con quell’atterraggio di emergenza, per questo prima ancora di incontrare Optimus Prime aveva detto a Bustin di provare a inserirsi nel sistema di pilotaggio della Nemesis e alterarne la rotta in modo impercettibile, quel tanto che, basandosi sul ritmo dei progressi nella costruzione dell’Omega Lock e nella stabilizzazione della formula dell’energon sintetico, sarebbe bastato a far sì che la Nemesis -e l’astronave di Tarn di conseguenza- si trovassero vicini al punto previsto. I Decepticon si sarebbero accorti di un’invasione del sistema più profonda o se avessero cercato di dirottare tutti in un vulcano attivo, ma non si erano accorti della variazione minima e progressiva della rotta subita in quei giorni ogni volta che Soundwave si era allontanato dai comandi, e l’aveva fatto spesso.
Anche le comunicazioni permesse e non permesse erano state studiate ad arte in modo da attirare Tarn nella propria astronave prima e da convincerlo che Megatron potesse comunicare liberamente con lui in seguito -e richiamarli nella Nemesis al bisogno- poi. Sembrava aver funzionato dato che Tarn era molto preso dai tentativi di ucciderlo.

Sentì rompersi l’ennesima cassa che riproduceva “Pe Cimpoi” a ciclo continuo, segno che era tempo di abbandonare nuovamente un riparo non più sicuro.

“Muovetevi, maledetti imbecilli!” pensò, rivolto a Optimus e compagnia.

Fece in tempo ad accorgersi solo all’ultimo che Helex era appena spuntato vicino a lui, abbastanza da riuscire a lanciargli in faccia un bel blocco di neve e sassi e a scappare nuovamente… salvo trovare bloccate tre vie su tre. L’unica libera era una che lo avrebbe portato in cima a uno degli alti ammassi rocciosi presenti sul posto, e avrebbe dovuto sperare di distanziare abbastanza i propri inseguitori per trovare un punto da cui scivolare giù e riprendere la fuga, imponendo al proprio fisico di non tradirlo adesso.

«Tutto qui, Specter?» sentì dire a Tarn «Mi sarei aspettato di meglio da qualcuno che si è spinto fino a entrare in casa mia».

Spectrus pensò che di certo il Decepticon non sapeva se lui poteva sentirlo oppure no -in quel caso sì, complice aver messo la musica proprio per disturbare eventuali utilizzi della sua voce - ma non c’era da stupirsi che, iniziando a convincersi di avere tutto sotto controllo, volesse infierire su quella che vedeva come una situazione disperata o quasi per il proprio nemico. Riguardo la situazione disperata non aveva tutti i torti ma sul resto si dimostrava beatamente cieco, come il resto dei Decepticon… e anche come i propri ex colleghi.

In quell’unico secondo tra le parole di Tarn e il lancio di una delle ultime due bombe riuscì a pensare ad almeno sedici risposte da dare all’inquisitore fanatico in questione, ma infine tutto quel che gli uscì dalle labbra nell’imboccare la salita che aveva visto in precedenza fu la sentita risata di un uomo che non aveva pressoché nulla da perdere.





***





I riflessi allenati di Megatron gli permisero di notare dietro di sé il movimento di Bumblebee, cybertroniano col quale per un periodo si era trovato suo malgrado -ma anche “suo” inteso come “di Bumblebee”- a condividere il processore. Vedendo Optimus Prime in difficoltà nonostante l’upgrade ed essendo riuscito a recuperare Star Saber, aveva deciso di saltare giù per raggiungere il proprio comandante e passargli quell’arma letale.

Megatron sollevò il braccio con il cannone.

Andassero all’Unicron le canzoni tradizionali della città di Tarn e il destino: aveva fatto sempre in modo di deciderlo da sé e costruirsi il proprio futuro, in quel caso non avrebbe fatto eccezione solo perché il sogno di una femme aveva posto sulle sue spalle una sensazione di ineluttabilità pesante come un macigno.

«Star Saber!...» esclamò e, prima che Optimus Prime potesse intervenire, sparò tre volte in direzione del ricognitore Autobot che in quel momento era scoperto e assolutamente inerme.

Se Optimus disse qualcosa nel colpire il suo braccio col miraggio di deviare colpi che erano già stati sparati ed erano destinati ad andare a segno, l’ex gladiatore non lo registrò.

A Megatron parve quasi di star vivendo a rallentatore quella scena, nel vedere i suoi spari al laser infrangersi e infrangere il corpo di Bumblbee uno dopo l’altro, mentre la luce e la vita abbandonavano i sensori ottici dell’Autobot. La spada andò a cadere sulla struttura ad anello mentre Bumblebee affondava rapidamente nella massa azzurrina all’interno di essa sotto gli sguardi sconvolti e disperati dei suoi compagni di squadra…
E dopo ciò, grazie a un pugno micidiale che Optimus Prime -infuriato come mai per la perdita di uno dei suoi migliori soldati, nonché di un amico- scagliò contro la sua faccia, l’impressione del “rallenti” svanì miseramente.

Prime non disse una parola mentre trasformava quel primo pugno in una serie di colpi che l’ira rendeva potenti e veloci come fino a quel momento non erano mai riusciti a essere, riuscendo perfino a rendere impossibile tentare di reagire, e un ultimo gancio lo mandò a sbattere con violenza contro la struttura metallica, facendolo crollare miseramente a terra indolenzito e frastornato come e peggio di quanto a volte si fosse trovato a essere nell’arena di Kaon.

La fortuna però era dalla sua parte e, quando le sue ottiche notarono la presenza di Star Saber oscura, non esitò un istante a usarla contro Optimus Prime, il quale era pronto a finirlo con un colpo di cannone.

Il colpo fu tanto violento da far volare via di svariati metri la sua nemesi, che riuscì ad aggrapparsi con una mano al bordo dell’Omega Lock solo per puro miracolo.

“Non morirò” pensò Megatron, rialzandosi nonostante le ammaccature e la visibile fatica, nel raggiungere Optimus Prime con l’intento di assestargli il colpo finale “Non morirò io oggi”.

Sollevò la spada sopra di sé.

«Optimus… preparati a raggiungere il tuo amico nell’Allspark!»

Avrebbe posto fine alla sua guerra con Optimus Prime, avrebbe cyberformattato la Terra, avrebbe riportato in vita Cybertron.
Sarebbe tornato a Tarn, dove tutto era iniziato, e si sarebbe preso la Straniera della quale finalmente, dopo milioni di anni di silenzio che non erano bastati a cancellarla davvero dal suo processore, aveva conosciuto la designazione.



“No, Megatron. Non lo farai”.



Le parole sentite da quella donna risuonarono nella sua testa potenti, sicure, cupe, andando ad acuire l’ “ineluttabilità” che fino a quel momento non l’aveva mai lasciato…

«Megatron!»

«Cosa-»

E che si concretizzò nel momento in cui, voltandosi in direzione della voce familiare che l’aveva interpellato, si trovò ad abbassare lo sguardo su una Star Saber che seppure inattiva era stata perfettamente in grado di penetrare il suo petto, la sua camera Scintilla.

«Mi hai rubato la voce» sentì dire Bumblebee, miracolosamente redivivo e con il corpo intento a ultimare le riparazioni dalle ferite mortali che lui gli aveva inflitto «Ed è andata com’è andata... ma ora non farai più del male a nessuno!»

Le forze iniziarono ad abbandonarlo rapidamente, al punto che il suo tentativo di sollevare Star Saber oscura si rivelò del tutto vano. La spada cadde oltre il bordo dell’Omega Lock e lui non poté fare a meno di crollare in ginocchio.

Mentre il mondo si sfocava e si tingeva di nero, mentre il grido di Starscream lo raggiungeva e il suo corpo scivolava via dalla lama, il suo processore tornò a indugiare sul sogno di Spectra, sui propri sogni infranti e sul destino, infame creatura, dal quale neppure lui era riuscito a sfuggire.

Infine, il nulla.





***





Durante la lotta, se di lotta si poteva parlare dal momento che era stata solo lei ad attaccare, Nickel riuscì a notare Bustin fermarsi per un attimo.

«Mh. Ce l’hanno fatta davvero».

«Cosa-»

«Il punto di svolta» disse Bustin «Eccolo: Megatron è appena morto».

«NO-»

L’altro minicon alzò il volume del comm-link. «Ascolta».


Optimus Prime a tutte le unità. Mi sentite? Megatron è stato eliminato. L’Omega Lock è sotto il nostro controllo… a questo punto direi di metterlo in funzione. Autobot! Preparatevi per Cybertron!


Sulle prime Nickel, immobile e schiacciata da un milione di pensieri relativi alle conseguenze se quel che aveva sentito fosse stato vero, volle pensare che fosse un trucco. La beata illusione tuttavia durò meno di un secondo: non lo era. Lo sapeva, lo percepiva. Per qualche motivo era sicura che mai Bustin le avrebbe parlato di nuovo di quella sensazione che aveva avuto, se non fosse stato tutto vero.

«Nicky… Nickel. È complicato e mi rendo conto, ce l’hai con me, hai ragione» disse rapidamente il minicon «Ma ti ripeto quel che ti avevo già detto: abbandona la nave. Non devi rimanere per forza in mezzo al caos e anche io dopo sparirò dalla tua esistenza, se mi dirai di farlo, ma vieni via-»

«Neanche morta!» ringhiò Nickel, tornando ad attaccarlo con più furia di prima.

Lo schema si ripeteva in questo come in tutto il resto: Bustin faceva, disfaceva -o comunque contribuiva- e poi si preoccupava, come aveva sempre fatto da quando si erano incontrati nuovamente e anche prima. Prima della DJD, prima della distruzione di Prion, prima di confessarle di essersene andato e al contempo di mostrarle tutt’altro che indifferenza. Le aveva detto di non aver mai provato per nessun’altra quel che aveva provato per lei, le aveva fatto capire che non aveva intenzione di farle del male… e il peggio era che lei gli credeva ancora e che lo facesse perché consapevole, a un livello profondo, che quella non era la manipolazione di un narcisista. Nell’essere dannatamente complicato purtroppo era tutto vero, per lui come per lei, e se fosse stata meno imbestialita la frustrazione avrebbe anche potuto portarla al pianto.

Bustin si spostò all’ultimo con un movimento fluido per evitare il suo affondo, dando al braccio che impugnava il bisturi un colpetto leggero comunque sufficiente a far deviare la traiettoria e farle perdere l’equilibrio.

«Ti tengo» lo sentì dire poi, mentre le passava un braccio attorno alla vita, impedendole così di cadere, e la disarmava con la mano libera «Tranquilla. Ora però devo andare».

Bustin la lasciò andare di colpo e lei, come prima cosa, si chinò ad afferrare la pistola a laser che le era stata fatta cadere di mano in precedenza. Lui aveva fatto quel che doveva fare aiutando il suo compare a fare un disastro e avrebbe voluto andarsene impunito? Non se ne parlava proprio.

Più che mai dilaniata dai suoi sentimenti contrastanti, vicinissima alla disperazione ma sempre memore di far parte della Decepticon Justice Division, vedendo Bustin darle le spalle Nickel premette il grilletto e sparò.

«!...»

Le sue ottiche ora offuscate di lacrime che lei malediva una a una riuscirono comunque a vedere l’energon zampillare fuori dalla ferita, che sembrava essere più vicina alla spalla sinistra che alla Scintilla sebbene lei avesse puntato proprio lì, e il vacillare dell’altro minicon.

«Mi hai sparato...»

Gli aveva sparato e avrebbe dovuto farlo di nuovo, eppure non era capace di premere il grilletto, troppo impegnata a cercare di reprimere singhiozzi che riuscivano comunque a uscire.

«Eppure…»

Sobbalzò. Anche da ferito Bustin era riuscito ad avvicinarsi a lei con un movimento fulmineo, a prendere la pistola dalle sue mani e lanciarla via.
Le sorrise, con l’energon che fuoriusciva dalla sua bocca abbastanza copiosamente da gocciolare al di là del mento oltre che sotto la maschera.

«Mai nella vita, quale che sia la ragione, potrei avercela con te».

Poggiò la mano destra contro la sua spalla e, mentre la stringeva, la baciò sulle labbra con assoluta delicatezza.

Nickel avrebbe potuto ritrarsi in qualsiasi momento, avrebbe potuto respingerlo, prenderlo a pugni di nuovo, affondare un cacciavite nella ferita che trapassava da parte a parte il suo ex compagno; avrebbe potuto fare tutto questo e anche di più se solo avesse voluto, trovandosi invece a staccarsi brevemente solo per premere a sua volta, con maggior decisione, le proprie labbra contro quelle di Bustin. Lo sentì sussultare in modo infinitesimale per la sorpresa e percepì il suo sorriso prima di essere ricambiata con un altro bacio.


NANO- –


La voce di Spectrus Specter, perfettamente udibile nel comm-link ancora a volume massimo, riuscì a trasmettere una sensazione di dolore, grave pericolo e di urgenza persino a lei.

«Troverò sempre il modo di raggiungerti se avrai bisogno» disse Bustin, allontanandosi dopo aver raccolto il datapad del quale lei aveva rotto lo schermo «Arrivederci, Nicky».

«Bustin!»

Lo vide alzarsi in volo lasciando una traccia di energon non da poco dietro di sé e, pochi secondi dopo, una delle porte tagliafuoco parte del sistema di sicurezza dell’astronave chiudersi dietro di lui, impedendole di seguirlo. Il datapad era rotto ma evidentemente funzionava ancora.

L’allarme antincendio scattò appena prima che Nickel crollasse in ginocchio, riuscendo a ricordare solo in quel momento la presenza di una telecamera in quella zona, in teoria attiva come lo erano state le altre che aveva visto in giro, e avvertendo un’ondata di allarme del tutto giustificata…

«…»

Prima di accorgersi che invece era spenta.

Difficilmente era una coincidenza.

Alla consapevolezza dei momenti difficili che sarebbero seguiti si aggiunse quella che, piacendole o meno -e dopo quel bacio che lei aveva scelto di ricambiare era ancor più confusa di quanto fosse prima, il che era tutto dire- tra lei e Bustin la faccenda era tutt’altro che conclusa.





***





Era stato costretto a consumare l’ultima bomba proprio nel momento in cui aveva trovato un punto da cui avrebbe potuto scivolare giù, finendo a doversene privare per cercare di salvarsi la vita dopo che Tesarus lo aveva quasi preso. Era evidente che quel colosso ce l’avesse con lui in modo particolare considerando com’era andato il loro primo incontro, e adesso che aveva quasi raggiunto la cima c’erano due sole cose in cui poteva sperare: che le sue gambe reggessero al salto, magari anche grazie alla quantità di neve presente, e/o che Bustin desse il via l’ultima parte del loro piano.
Per la precisione quella che prevedeva il furto della navicella d’emergenza della Peaceful Tiranny, munita di un modulo per l’iperspazio perfettamente funzionante e una velocità maggiore del normale proprio in quanto “d’emergenza” e dunque costruita per allontanarsi in fretta. Aveva fatto quel che poteva ma arrivato a quel punto i suoi ex colleghi avrebbero dovuto arrangiarsi e lui, forse, dire addio all’idea che essi potessero davvero riuscire a…


Optimus Prime a tutte le unità. Mi sentite? Megatron è stato eliminato. L’Omega Lock è sotto il nostro controllo… a questo punto direi di metterlo in funzione. Autobot! Preparatevi per Cybertron!



“Ce l’hanno fatta!” pensò Spectrus, sorpreso quanto esultante.

Ci erano riusciti e, di conseguenza, anche lui "ci era riuscito". Era stato lui a concepire quell’idea, a suggerire loro di rimandare l’attacco il più possibile, a tenere la Decepticon Justice Division lontana per un tempo sufficiente per consentire ai suoi ex colleghi di uccidere Megatron e diventare bersaglio principale di Tarn per questo motivo.
Era quello il dettaglio riguardo cui Optimus e gli altri si erano rivelati ciechi, non avendo pensato a cos’avrebbe portato la terminazione di Megatron per colui che l’aveva compiuta: trovarsi in futuro costretti a scappare, nascondersi o affrontare una battaglia che avrebbe contribuito a sfoltire i ranghi ancor più di quanto avesse fatto tutto quel che era successo fino a quel momento, dando più tempo a lui e Bustin -al quale Spectrus già riconosceva ogni merito che dovesse essergli riconosciuto- di far perdere completamente le proprie tracce.

“Lo hanno ucciso! È morto sul serio…”

Vorn e vorn addietro i Decepticon avevano tradito gli Specter e, in conseguenza di questo, Spectrus aveva perso tutto.
I Decepticon gli avevano tolto l’importanza conferitagli dal cognome nobiliare, la sua casa, la quantità infinita di shanix che aveva sempre avuto a disposizione -e che Megatron, pur affermando di non aver dato ordine di coinvolgere anche loro nel massacro, era stato lesto a prendersi- la sua famiglia, tutti coloro che nel corso dell’infanzia aveva definito “amici” -questi ultimi sacrificabili a patto che la sua famiglia restasse fuori dalla mattanza… ma non era successo- e ora, finalmente, i Decepticon avevano perso altrettanto.
Megatron era il pilastro sul quale si fondava tutta la fazione. Adesso che era stato eliminato -non “in coma”, disperso, ferito e quant’altro: eliminato- i Decepticon, nella cui fazione aveva avuto già modo di notare della decadenza, si sarebbero rapidamente divisi, saltandosi vicendevolmente alla gola come i cani rabbiosi che erano in principio, avevano continuato ad essere e sarebbero sempre stati. Infima plebaglia che com’era prevedibile si era dimostrata tale e quale ai precedenti governanti che avevano avuto tanta voglia di distruggere. Le molteplici conferme di quella sua idea sarebbero state la giusta vendetta per tutto.

“Ed è proprio quel che meritano”.

Si era vendicato anche di Tarn, del suo essersi messo in mezzo nel suicidio assistito di Spectra, del suo averlo parzialmente smembrato, del suo avergli rovinato i piani decidendo malauguratamente di fare rotta verso la Terra. I suoi inseguitori non lo sapevano ancora ma il loro stare alle sue calcagna era più futile di quanto fosse stato in precedenza, perché avevano già perso.

Era finita. Spectrus aveva fatto quel che doveva fare, quel che aveva sempre avuto voglia di fare da quella giornata maledetta in poi e ora si sentiva invaso da qualcosa che non provava sul serio da molto tempo: un curioso, odioso -per altri- e inopportuno senso di… pace.

Sensazione che venne meno quando un colpo di cannone da parte di Tarn, sparato alla massima potenza, lo prese in pieno facendolo volare in avanti di diversi metri.

« NANO-» esclamò nel comm-link, appena prima che un’altra cannonata decisamente meno potente ma sempre tremenda lo raggiungesse.

«È nostro!»

Neppure Spectrus, se gliel’avessero chiesto, avrebbe saputo spiegare come avesse potuto riuscire a non restare a terra e trascinarsi in ginocchio vicino all’orlo del precipizio. Il suo sistema gli stava segnalando una moltitudine di danni e, abbassando lo sguardo, vide che effettivamente aveva un grosso buco dove il primo colpo di cannone l’aveva preso. Il freddo, al quale i cybertroniani erano sensibili, non lo aiutava e non serviva essere un medico per notare che quella ferita l’avrebbe ucciso in breve tempo… o peggio: avrebbe fatto sì che lui perdesse conoscenza e avrebbe potuto dare alla DJD modo di tamponarla, ritardare la sua morte e dargliene una infinitamente più lunga e dolorosa.

Tarn non era tipo da fare le cose alla svelta, soprattutto non in casi come il suo.

“E questo è proprio il motivo per cui, da protocollo, una spia ha sempre una capsula di veleno in bocca da poter rompere”.

Tornò a pensare al precipizio alle proprie spalle. Avrebbe rotto la capsula durante la caduta, così contava di fare. Curioso come l’idea di morire non lo spaventasse per nulla e lo seccasse un po’, sì, ma non troppo.
Non riuscire a stare in piedi dinanzi a Tarn, ora a due passi da lui, gli seccava molto di più.

«Spectrus Specter. Incredibile ma vero: sei quasi riuscito a essere una spina nel fianco in più di un’occasione…»

Istintivamente alzò quasi gli occhi al cielo per quell’inizio di discorso di autocompiacimento, salvo ricordare quanto esso, nella sua ignoranza, fosse poco opportuno. La risata gorgogliante e dolorosa che uscì dalla sua gola fu solo la naturale conseguenza di quel pensiero.

«La follia deve aver infine preso completamente possesso del tuo processore» commentò Tarn.

Oltre a vederlo seccato Spectrus iniziò a notare che Tarn era anche guardingo. Lo vide fare un altro passo verso di lui, ma anche fare cenno ai propri uomini di restare dov’erano. Il cambio di atteggiamento era curioso ma, se anche Tarn aveva iniziato a intuire che qualcosa non andava, era irrilevante… anche perché a breve avrebbe saputo di preciso cos’era che “non andava”.

«N-no… Frollo» riuscì ad articolare Spectrus «È che n-non hai molto… di che e-essere… contento. Condoglianze» disse, sputandolo fuori senza balbettare «M-megatron è morto. E tu eri con me… e non ».

La maschera che Tarn portava sul volto non riuscì a nascondere minimamente a nascondere lo stato d’animo del Decepticon e, per Spectrus, quello sguardo sul volto del suo nemico era senza prezzo.

Si lasciò cadere all’indietro usando le proprie energie residue per attivare un’ultima volta la motosega quando Tarn tentò di afferrarlo. Ad accoglierlo per diversi metri fu solo il vuoto…

«C-cosa-»

E poi il portellone aperto di un’astronave.

Arrivato a quel punto stava perdendo conoscenza ma era abbastanza sicuro che non fosse neve: la neve non sarebbe stata altrettanto dura e non avrebbe vibrato sotto di lui, né si sarebbe sentito schiacciare contro il pavimento da quella che, se fosse stato più cosciente, avrebbe riconosciuto come una procedura di decollo fatta in fretta e furia.

«N…a...»

Non riusciva neppure a dire “nano”. Se anche lui e l’astronave erano arrivati davvero, l’avevano fatto tardi.

“È tardi? Lo è davvero?” si chiese, senza essere sicuro di aver cercato di borbottarlo anche ad alta voce o meno.

In quello stato di torpore ovattato e doloroso -lo era sempre meno a ogni secondo che passava, il che non era un buon segno- non poteva essere sicuro di quel che i suoi sensori ottici stavano vedendo. Gli sembrava di vedere una massa confusa e abnorme muoversi nell’oscurità e i familiari candidi ovali bianchi di pixel della maschera di Bustin avvicinarsi al suo volto.

“Dipende da quanta testardaggine hai ancora a disposizione, Spectrus Specter. Ne hai abbastanza… o no?”

In quella situazione persino la voce di Bustin suonava distorta ai suoi recettori uditivi, come se fosse stata mescolata a quella di una creatura i cui organi avevano ben poco di cybertroniano.

Quello fu il suo ultimo pensiero.









Il disastro è fatto e ora manca solo un capitolo in cui alcune persone dovranno iniziare a raccogliere i cocci.
Sono incredula per essere effettivamente riuscita ad aggiornare, non potete capire quanto.

Eeeee vi lascio questo vecchio disegno che come avete potuto notare era alquanto spoiler.

Ci sono citazioni varie da "L'armata delle tenebre", Madoka Magica, JoJo, Naruto del quale conosco solo la naruto run causa raid Area 51 di qualche anno fa, inutile elencarle, tanto le avete viste :'D degna di menzione invece è la canzone che dà il nome al capitolo.
A voi i commenti riguardo questo capitolo infinito (o anche no, sinceramente dubito che dopo sei mesi di non aggiornamento, SEI, ci sia ancora qualcuno interessato. Ma non si sa mai).

Alla prossima!

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Capitolo 29
*** 28 - Una fine, un inizio ***


Anche questo capitolo supera le ottomila parole, non so come, ma… è l’ultimo.
Ebbene sì.
Spero che lo apprezziate già solo per questo :D Buona lettura!






28
(Una fine, un inizio)










L’ennesimo colpo di Dreadwing vibrò spietato quanto inutile contro una porta che, nonostante gli sforzi suoi e di Kaon che aveva tentato più volte di riattivarla con l’elettricità senza successo, non voleva saperne di cedere.


«Maledizione!...» sbottò il mech, senza desistere nei suoi tentativi.

Nel momento in cui avevano sentito quegli scossoni dovuti a chissà cosa, a Dreadwing era importato ancor meno di prima tanto degli ordini di Tarn -che comunque non era il suo capo- quanto di aspettare Nickel, che non era tornata dalla sua missione di ricognizione e per forza di cose non aveva potuto dare segni di vita da lontano.
L’ansia di tutti e tre era arrivata a livelli indicibili dopo colpi su colpi che erano riusciti solo ad ammaccare una porta studiata per reggere ben altro, come Kaon aveva detto chiaramente, acuita da una sensazione di impotenza soffocante.

«Soundwave! Soundwave, mi senti?»

Tutto quel che Spectra aveva potuto fare era stato cercare continuamente di contattare il suo ex compagno di vita ma non aveva ricevuto alcuna risposta, e questo le aveva fatto pensare il peggio riguardo quel che stava succedendo altrove.

«Per favore, se mi senti di’ qualcosa, Soundwave!…»

Lei e Soundwave potevano aver divorziato ma era sicura che in quella situazione lui non le avrebbe negato un contatto, indipendentemente da quel che era successo tra loro. Se suddetto contatto non c’era stato era perché evidentemente per Soundwave non era stato possibile raggiungere nessuno di loro in alcun modo e questo, conoscendo la testardaggine dell’ex gladiatore, era molto preoccupante. Se non gli era stato possibile farlo doveva essere perché era stato gravemente ferito o terminato -alternativa alla quale Spectra rifiutava di credere.

«Nulla, Lilleth?» le domandò Kaon.

Spectra scosse la testa. «No. Non mi piace, Kaon, mi piace sempre meno ogni secondo che passa e che sia scoppiato un incendio di sicuro non mi fa pensare il contrario. Nickel è qui fuori e non è ancora tornata, non possiamo neanche sapere-!...»


– … icevete? Qualcuno mi riceve?! Kaon! Nickel!


«I comm-link sono tornati a posto!» esclamò Kaon, felicemente stupito del fatto che Tarn fosse riuscito a contattarli «Tarn, ti ricevo! Che succede laggiù?!»


Se mai la domanda è “cosa succede lassù”. Spectrus Specter è stato portato via almeno due minuti fa dalla la nostra navicella d’emergenza-


«Come?!» allibì il tecnico della DJD.

Dreadwing, che da quando aveva notato il tentativo di contatto riuscito aveva interrotto i tentativi di sfondare la porta, si avvicinò a Kaon e Spectra scambiando con quest’ultima un’occhiata particolarmente allarmata.


Un’azione inutile dal momento che le ferite erano tali da poterlo uccidere durante la caduta che l’ha portato nella nave in questione e se anche non fosse morto in quel momento lo sarebbe stato subito dopo, ma non è quel che importa. Hanno preso quell’astronave, non riesco a contattare nessuno nella Nemesis, ripeto: cosa sta succedendo lassù?... e perché sento l’allarme antincendio?


Anche per Spectra lo stato d’animo di Tarn risultava piuttosto evidente dal suo tono. Sebbene il modo in cui parlava fosse quanto più possibile controllato, il Decepticon in questione era tutto meno che tranquillo, questo nonostante l’essere apparentemente riuscito a portare a termine il compito che Megatron gli aveva dato.
I suoi pensieri riguardo l’idea che Spectrus fosse stato terminato riuscivano a essere ancora contrastanti ma quello non era il momento di approfondire, perché più si andava avanti e più la brutta sensazione di Spectra riguardo quel che stava succedendo -o era già successo- fuori dalla porta si acuiva.

«“Cosa sta succedendo”? Se mi aveste fatto uscire magari l’avremmo saputo!» ribatté Dreadwing, innervosito «Abbiamo sentito degli scossoni ma non siamo riusciti a contattare nessuno neppure noi, neppure Spectra c’è riuscita con Soundwave e non sappiamo che fine abbia fatto il vostro medico di bordo! Aveva detto che sarebbe andata a controllare ma non si è fatta più viva, possiamo solo sperare che non sia ferita».

«Se qualcuno ha preso la vostra navicella d’emergenza mi sa che il minicon era sceso con Spectrus al momento dell’attacco ed è rimasto qui» disse Spectra «Spiegherebbe alcune cose».



“Neppure la DJD ti aveva fatto qualcosa ma da quel che ho capito li hai attaccati lo stesso anche se tra loro c’è… Nicky”.

“Nicky. Una rimpatriata difficile nel momento sbagliato”.

“Non credo che trovarvi uno contro l’altra fosse quel che volevi, no? Voglio dire… siete minicon. Da quel che sapevo Nickel sarebbe dovuta essere l’unica rimasta e invece ci sei anche tu, ma siete comunque soli”.

“Vero. Sarebbe bello se la vita tenesse conto di quello che si vuole o non si vuole, peccato che non sia così e che tu non sia la sola a rischiare di rovinarsi l’esistenza a causa delle persone che ha attorno e ai sentimenti verso di esse”.

“Nickel ha attorno il resto della DJD, non credo che vogliano farle del male o rovinarle l’esistenza. Forse stando con Spectrus rischi di farlo più tu che loro, anche senza volerlo”.

“Di sicuro è tutto molto complicato”.



«… se fosse così però credo che l’abbia trattenuta, non che l’abbia terminata o simili. Sono i soli due minicon rimasti» aggiunse rapidamente.

Nessuno le aveva chiesto della terza parte del suo sogno né lei aveva avuto fretta di raccontarla. Anche perché cos’avrebbe potuto dire? Di aver mangiato azoto gelato in un luna park con un minicon manifestazione del suo inconscio che aveva cercato di avvertirla riguardo la possibilità di rovinarsi l’esistenza per colpa della gratitudine, avvertimento che lei aveva deciso di ignorare dicendo a Megatron quel che sarebbe potuto succedergli?


…i sentite? Riuscite a sentirmi?


«Nickel!» esclamò Spectra, felice che quel che aveva detto fosse stato appena confermato «Ti sentiamo! Sai bene?!»


Sì. Sì, io… Bustin era quassù. Gli ho impedito di aprire un Ponte per Spectrus, gli ho sparato, ho mirato alla Scintilla e anche se non l’ho preso dove volevo gli ho fatto un buco, si vedeva dall’altra parte...


“Dice che sta bene ma da come parla mi sembra il contrario” pensò Spectra.


– Lui però ha recuperato il datapad ed è fuggito dopo che… Tarn… Tarn, io non so… – ci fu una pausa da parte di Nickel, poi un sospiro – Gli Autobot erano ancora vivi. Erano nella Nemesis, l’hanno presa e sono andati a Cybertron, l’astronave non c’è più, lo sto vedendo ora. Lord Megatron… lui… c’è stata una comunicazione di Optimus Prime su tutte le linee, ha detto che Lord Megatron è stato eliminato, Tarn-

No. No, anche Specter ha detto una cosa del genere poco prima di precipitare ma è palesemente un’assurdità: Lord Megatron non è morto. Non è possibile che sia morto. Anche nel caso in cui gli altri Autobot fossero vivi Lui ha la versione oscura di Star Saber, quella originale non era nella Nemesis, ha il resto degli ufficiali, ha se stesso. Nessuno di loro sarebbe stato in grado di terminarlo, dunque non è morto.


Le espressioni sui volti di Dreadwing e Kaon suggerirono a Spectra che stavano avendo gli stessi pensieri riguardo tutto. La presenza degli Autobot nella Nemesis avrebbe spiegato molte cose, soprattutto l’attuale assenza di suddetto incrociatore, e avrebbe confermato una volta di più che il sogno purtroppo era stato reale, che la sua insicurezza sul fatto che sarebbe stato Spectrus a uccidere Megatron era fondata e lo era sempre stata.


Tarn-

Ho detto che non è morto, Nickel. Questo è quanto – la interruppe il Decepticon – Avete di nuovo il controllo della Peaceful Tiranny? Puoi spostarla? Con lo scafo sfondato non possiamo lasciare il pianeta ma non è il caso di restare fermi qui, gli Autobot e le “autorità nazionali” in questo pianeta di sudici primitivi sono alleati. Il posto dove ci procurammo il sincrotrone non è troppo lontano, raggiungiamolo e cerchiamo di rimanere fuori dai radar mentre ripariamo la nave.


Le luci accanto al pannello che permetteva di aprire e chiudere la porta erano verdi, segno che il sistema era tornato attivo. Ovvio che fosse così ora che Autobot ed ex Autobot con minicon annesso avevano fatto quel che dovevano fare.

«Abbiamo il controllo della nave» disse Kaon, con voce incolore «Veniamo a prendervi e andiamo».

Con ciò chiusero la comunicazione e si diressero verso il timone, inclusa Spectra, che Dreadwing aveva preso in braccio. L’allarme antincendio non suonava più -probabilmente ormai le fiamme erano state domate- e non impiegarono molto a raggiungere la destinazione.

«Qui dentro siamo tutti consapevoli che Lord Megatron è stato terminato, giusto?» domandò Dreadwing «Per quanto possiamo volere il contrario e per quanto Tarn sia in fase di negazione. Se Lord Megatron fosse stato ancora vivo la Nemesis sarebbe ancora qui, massimo poco distante nel caso fossero stati ancora in piena battaglia. Lord Megatron è morto» fece una pausa «In tutti i territori Decepticon scoppierà il disastro».

«Nei territori Decepticon però non lo sanno ancora» disse Kaon, dopo aver fatto l’accesso al sistema e alla rete di extranet «In caso contrario sarebbe al primo posto nelle tendenze. Magari nel frattempo riusciamo a… non lo so. Fare qualcosa?» si massaggiò l’attaccatura del naso «Non so cosa. Il secondo in comando di Megatron negli ultimi tempi era Soundwave ma non c’è traccia del suo segnale» disse, trafficando con i computer dopo aver impostato le coordinate e dato i comandi per l’atterraggio «Stessa cosa per quelli di Shockwave, dell’ufficiale medico e di Starscream, non che di quest’ultimo si senta la mancanza».

«No» confermò Nickel, raggiungendoli nella stanza «Per nulla. Sto bene, sì!» li anticipò, vedendo le loro occhiate «Dei due non sono stata io a riportare danni, l’avevo detto, e ora abbiamo problemi infinitamente più grossi. Lo stadio di negazione non durerà granché».

Su quello, Spectra come Kaon e Dreadwing non poté far altro che concordare.





***





“Non è morto”.

“Se fosse ancora online si sarebbe fatto sentire ormai, ti rendi conto-”

“Non è morto”.

“Voleva cyberformattare la Terra, se fosse vivo non avrebbe permesso che il suo incrociatore-”

“Non è morto!”

“E allora cos’è?!”

“Disperso, forse prigioniero, non lo so, ma non è morto! Non può essere morto: io ho eseguito i Suoi ordini, io ho fatto quel che dovevo fare, non ho sbagliato!”

“Peccato che, se il resto degli Autobot era vivo ed è entrato nella Nemesis -e tu sai che è così, perché è l’unica cosa che dia un senso a tutto!- a essere sbagliati fossero proprio gli ordini”.

“Lord Megatron non era un inetto che poteva dare ordini sbagliati e non è morto. Probabilmente si trova ancora nella Nemesis e aspetta di essere liberato, cosa che farò appena la mia nave sarà stata rimessa sufficientemente in sesto. Caso chiuso!”

“Spectus Specter ha detto che è morto, anche Nickel ha detto di aver sentito quel messaggio-”

“Era palesemente un trucco. Taci”.

Messi a tacere i pensieri contrastanti nel proprio processore, Tarn riprese a valutare con più accuratezza i danni presenti nell’astronave. Ora, senza la fretta e l’allarme dati dall’intrusione del nemico in casa propria, poteva dire con più certezza che quanto fatto da Spectrus fosse stato più per scena che per altro. O meglio: i danni erano reali ma nel suo farne abbastanza da rendersi impossibile da ignorare si era anche contenuto. Non si era spostato molto dal punto dell’impatto e si era limitato a un’area ristretta che arrivava abbastanza vicina all’infermeria da essere allarmante ma non lontana dalla Jackhammer.

“Lui e il minicon devono essersi divisi subito”.

Continuò a camminare. Al suo rientro nell’astronave Nickel era stata precisa nel dare indicazioni su dov’era avvenuta la loro lotta, vicina alla navicella d’emergenza -ulteriore dimostrazione del fatto che fosse stato tutto programmato- e Tarn decise di recarsi lì.

Il fluido vitale a terra non mancava e corrispondeva a quel che un cybertroniano delle dimensioni di Bustin avrebbe potuto perdere da una ferita da arma da fuoco come quella di cui Nickel gli aveva riferito -non che diffidasse di lei in alcun modo - ma quel che c’era al di là di dove in precedenza era calata la porta taglia fuoco che aveva bloccato il corridoio era un altro paio di maniche. Era come se quel tratto fosse stato allagato da combustibile al quale era stato dato fuoco, con lo sparo di una pistola o un dito laser, per esempio, e di fluido vitale non c’era più traccia, tutto bruciato assieme al resto.

Nulla di tutto ciò però era paragonabile a quel che trovò una volta raggiunto l’accesso alla navicella d’emergenza, distrutto, semifuso come fosse stato vittima di un’esplosione MA solo dopo che le porte scorrevoli erano state strappate via e deformate da una presa di forza innominabile a opera di chissà cosa.
Oppure era solo un’esplosione mal eseguita e della quale lui non riusciva a spiegarsi granché il motivo, dato che se Bustin aveva avuto il controllo del sistema non avrebbe avuto motivo di far saltare tutto.

“Come non detto: ecco il senso” si contraddisse dopo aver notato a terra degli inutili frammenti di quello che era stato un datapad di dimensioni adatte a un minicon “Nickel ha riferito di averlo rotto. Deve aver smesso di funzionare del tutto dopo che le ha impedito di inseguirlo bloccando il corridoio”.

Alcuni solchi in ciò che restava della porta gli fecero immaginare dita mostruose piantarvisi con furia ma, per quanto lui stesso in passato avesse avanzato dei dubbi sulla natura di quel minicon, poteva valere tutto e il suo contrario. Chiese a Kaon di inviare sul suo datapad personale qualsiasi immagine fosse stata catturata dalle telecamere di sorveglianza, se erano state attive, venendo subito accontentato.

“Nickel è stata trattenuta come aveva detto. Non che i miei dubbi siano su di lei” pensò, lasciando che le riprese scorressero davanti a lui.

Qualsiasi cosa tenesse lontano il suo processore da “Lord Megatron è morto, smetti di fingere il contrario, debole idiota!” era ben accetta in quel momento, e si trovò a trattenere un sobbalzo di stupore nel notare un dettaglio particolare nel momento in cui Bustin era riuscito a disarmare Nickel. Non rivelava nulla di mostruoso…

“Ma rivela che quel minicon conosce molto bene la mia ex vicina di casa!”

Riguardò per tre volte di fila il movimento con cui Bustin si era spostato all’ultimo facendo perdere l’equilibrio a Nickel per poi impedirle di cadere. Non era fluido quanto erano stati quelli di Wraith -tale era il nome di quella disgraziata, definita così per buoni motivi, e il suo gemello non era da meno- ma non c’era alcun dubbio sulla “scuola”.

Già una volta aveva pensato a come tutto nella sua vita fosse collegato in qualche modo più o meno assurdo, quella non era che un’ulteriore prova… e un indizio utile su dove andare a cercare il soggetto in questione una volta che fosse arrivato il suo turno.

Si riunì al resto del gruppo poco dopo. «Novità sull’ultima posizione conosciuta della Nemesis prima di “sparire”?»

«Sono entrato nel sistema dei satelliti dei terrestri. Era vicina alla nostra posizione attuale» rispose Kaon «Sopra l’acqua, sì, ma vicina e… direi che possiamo confermare l’uso del Ponte Spaziale. Sarebbe bello averne uno anche noi».

Anche in quel caso le immagini parlavano chiaro. La parte dell’essersi diretti a Cybertron doveva essere vera e, in ciò, a un certo punto riuscirono a inquadrare anche una capsula di salvataggio che veniva espulsa dalla Nemesis e veniva scagliata con forza nell’atmosfera.

«Qualcuno si è dato alla fuga» commentò Tesarus.

«Starscream e Knockout?» ipotizzò Helex «Starscream e Shockwave? Starscream e Starscream? Chi si è dato alla fuga in un momento simile merita la Lista già solo per questo».

Tarn annuì brevemente a quelle parole, concordando appieno.

«Se avessi potuto esserci…»

Captando quel mormorio di Dreadwing, che in tutto ciò era sempre rimasto con Spectra e di conseguenza con loro -mostrando un certo coraggio considerando che fino a poco tempo prima avevano cercato di ucciderlo- Tarn si voltò nella sua direzione.

«Le hai prese da un ex Autobot, figurarsi da più di uno. È per questo che ti ho lasciato lì dentro, non avresti fatto la differenza».

«O forse sì, perché sono stato secondo in comando per un motivo» ribatté il seeker, con la massima durezza possibile «E, sempre forse, se fossi stato lì Lord Megatron non sarebbe morto!»

«Credo che tu con le limitate capacità di comprendonio di cui hai dato prova in passato esattamente come adesso ti sia lasciato sfuggire dal processore quel che ho detto solo poco fa, Dreadwing» replicò Tarn, iniziando ad abbassare pericolosamente la voce « Devo ripetertelo più piano? Lord Megatron non è stato terminato. Lui-»

«TARN, problema!» lo interruppe Kaon, collegandosi allo schermo più grande «Guardate!»


… qui è Spectrus Specter che parla, ufficiale Autobot… ex. Non che faccia differenza rispetto a quanto sto per dire in questo messaggio, che spero raggiunga più persone possibile.


«Spectrus?!» si stupì Spectra, sgranando ulteriormente le ottiche già grandi.

«Lo abbiamo praticamente ammazzato, come fa a essere lì?!» esclamò Helex, allibito.

«Ha registrato questo video in anticipo, se non tutto almeno una parte» disse Tarn, dopo un attimo di stupore iniziale «Quando non era ferito. Vedete? E ora il suo compare lo sta mandando in onda!»


Sarò breve: Megatron è morto. Le immagini qui presenti, provenienti dalle telecamere della Nemesis, sono reali.


Mentre Spectrus parlava sullo schermo comparvero in sequenza tutte le azioni di cui gli Autobot si erano resi protagonisti una volta entrati nella Nemesis: Soundwave e la sua disfatta -solo Primus sapeva dove potesse essere finito, con gli effetti combinati di tre Ponti!- la battaglia contro Shockwave, Knockout, Starscream, i vehicons, la battaglia di Optimus contro Megatron… e soprattutto Star Saber nelle mani di Bumblebee -Bumblebee, un ricognitore, uno dei soldati Autobot di grado più basso- che penetrava il petto di Lord Megatron come fosse stato di burro, per poi lasciarlo precipitare al di là della struttura ad anello.

La sensazione di gelo che Tarn aveva provato nel rendersi conto che il sogno di Spectra poteva essere reale come lo era stato riguardo il suo passato era niente confrontata a ciò che sentiva in quel momento.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle immagini e non ci riuscì neppure quando il video, spietato, zoomò sugli ultimi attimi di vita della persona che per lui aveva significato tutto nel corso della sua “terza vita”, le persona al cui altare aveva sacrificato tutto quel che gli era più caro e per cui stringeva i denti ogni volta in cui dei dubbi sul proprio lavoro si facevano strada nel suo cervello; la persona per la quale aveva, tempo addietro, scelto di diventare un mostro proprio come lo definivano.
“Non sempre, non con tutti” -forse non avrebbe mai rivelato quanto avessero significato per lui quelle parole sentite da quella persona… anche se colei che gliele aveva dette, ossia Spectra, era a meno di un metro da lui- ma per la maggior parte delle persone decisamente , per quanto potesse cercare di giustificare in qualsiasi modo l’atrocità di quei suoi atti.


Megatron è morto e i suoi più alti ufficiali difficilmente potranno causarvi problemi, essendo riusciti a perdere anche il loro incrociatore – continuò Spectrus – Stesso dicasi per i suoi boia preferiti. La Decepticon Justice Division ha qualche problema con lo scafo della propria nave al momento e si trovano sul pianeta blu TX108776. A voi calcolare le distanze.


«GRANDISSIMO PEZZO DI SCARTO-» si fece sentire Nickel prima di tutti gli altri.

“Nel registrare il video aveva previsto il danno che avrebbe fatto” comprese Tarn.

Stava ribollendo di rabbia e disperazione pura, senza però smettere di aggrapparsi ossessivamente a una speranza che ormai sembrava stupida persino a lui.

“Potrebbe essere un trucco. Potrebbe aver fatto questo video col solo scopo di seminare il caos. Lord Megatron potrebbe essere ancora online, non è morto, non è morto, non è morto-”


Volete riprendervi quel che era vostro e loro vi hanno portato via? Volete essere voi a portare via qualcosa ai Decepticon? Il momento è questo. C’è un impero da fare a pezzi, sbrigatevi ad accaparrarvi il vostro prima che qualcuno se lo prenda al vostro posto!


Quell’ultima frase in pieno stile Spectrus Specter concluse il messaggio.

«Non è detto» dichiarò Tarn, con la sensazione che la sua voce stesse uscendo dalla bocca di un estraneo «Potrebbe essere tutto un falso e in ogni caso, se anche facesse agitare un po'le masse, per il momento restano le chiacchiere un tizio qualunque su extranet. Non-»

«Quelle di Specter maschio sì… le sue invece no!» esclamò Kaon, ingrandendo una nuova diretta.


Tossici e tossiche di tutta la galassia, qui è Stiria Shaula che vi parla. Questa è una comunicazione istituzionale.


Stiria Shaula. Logico. Chi altri se non quella femme che continuava a essere un pugno in un occhio per i colori e uno strazio per l’udito avrebbe potuto decidere di dire la propria avendo una sorella che, come aveva dato a loro delle anticipazioni riguardo il futuro, doveva aver fatto lo stesso con lei?
L’impressione di Tarn era quella di star assistendo in diretta e del tutto impotente a un terribile incidente tra astronavi o a una catastrofe naturale. La differenza era che in quella, di catastrofe, non c’era proprio nulla che fosse “naturale”.


Di sicuro avete visto anche voi il video che sta girando in rete riguardo la morte di Megatron: fonti accertate mi confermano che non è un fake, è tutto vero al cento per cento. Ciò significa che i territori Decepticon sono “territori di chi può prenderseli” e che da ora Pettinathia si espande!


«Quelle sono le colonie Decepticon vicine ai confini con la costellazione dello Scorpionokor!» esclamò Dreadwing mentre i cannoni dell’astronave di Stiria, inquadrati, sparavano con un boato qualcosa di totalmente impercettibile a occhio nudo.


Avrete notizie riguardo l’apertura della nuova succursale appena avrò sistemato alcuni dettagli. Ciao ciao!


Stiria aveva inquadrato nuovamente se stessa nel dire quelle ultime cose ma i sensori ottici di Tarn si erano fissati su altro, defilato rispetto alla giovane seeker al centro della scena: due femme perfettamente identiche che giocavano a un gioco antico che consisteva nel togliere bastoncino dopo bastoncino da una torre senza farla cadere. Una delle due fallì nell’impresa al primo “ciao”, facendo crollare l’intera struttura.



Condoglianze. M-megatron è morto. E tu eri con me… e non lì”.

C’è stata una comunicazione di Optimus Prime su tutte le linee, ha detto che Lord Megatron è stato eliminato, Tarn-”

“E, sempre forse, se fossi stato lì Lord Megatron non sarebbe morto!”

Sarò breve: Megatron è morto”.

“C’è un impero da fare a pezzi, sbrigatevi ad accaparrarvi il vostro prima che qualcuno se lo prenda al vostro posto!”

“Riguardo la morte di Megatron… è tutto vero al cento per cento”.



E in quello stesso istante anche il suo processore crollò sotto la consapevolezza di quel che era accaduto e a cui non c’era rimedio: Lord Megatron non c’era più.

Sentì se stesso dare ordine di cercarne il corpo, che considerando la posizione della Nemesis non doveva essere troppo lontano, sentì solo vagamente il resto della sua squadra cercare di chiamarlo, poi solo freddo, neve, la luce rossastra riflessa su quel deserto ghiacciato nel quale procedette mentre il suo respiro si faceva sempre più difficoltoso, soffocato in una sensazione maledettamente familiare per il suo sistema di ventilazione.

“No, no, NO-

Cercò di restare in piedi ma fu inutile, trovandosi in ginocchio subito dopo. Proprio come una volta, quando Lord Megatron non gli aveva ancora dato uno scopo, quando era ancora uno scarto.



Puoi cambiare aspetto, ma non puoi nasconderti da quel che siamo! Deboli. Insicuri. Ossessivi. Dipendenti! Questo siamo! Questo sei! Questo sarai sempre!



Strinse la testa tra le mani cercando di cacciare via l’immagine di quel suo clone malridotto -il clone di Glitch- che la strega gli aveva mostrato e, sempre con la testa tra le mani, si trovò seduto nella neve.
Non aveva forse avuto ragione, quel clone? Debole, insicuro, ossessivo… e dipendente dal sommo Lord dei Decepticon, ormai offline. Cos’era lui ora, senza Lord Megatron?

La cacofonia di pensieri continuò a ruggire nel suo processore, e nessuno giunse a dargli una risposta.





***





«… e nel caso in cui sia sopravvissuto ci ha disegnato un bersaglio grosso così sulla schiena, soprattutto a Bumblebee! Ecco dove voleva andare a parare, ecco perché non voleva che incontrassimo la DJD mentre eravamo nella Nemesis!»

Optimus Prime guardò Cybertron, di nuovo viva e splendente sotto di loro dopo che avevano utilizzato l’Omega Lock direttamente nel Pozzo. I lavori di sistemazione sarebbero stati lunghi ma il più era fatto e anche i testardi che non avevano mai abbandonato quel pianeta morto erano sicuramente felici del cambiamento.

«Le nostre azioni di per sé ci hanno resi un bersaglio, Arcee, questo era da mettere in conto».

«Non quello principale! Non necessariamente considerando che Spectrus li aveva attirati lontano. Dopo quel video però non avranno più dubbi!»

Il leader degli Autobot era riuscito a ottenere quel che aveva sempre desiderato… ma a che prezzo?

La guerra era finita ma tutta quella vicenda gli aveva lasciato in bocca un sapore amaro, non solo per essersi dovuto alleare con Spectrus -e chissà qual era stato il destino di questi. A guardarlo non era sicuro che quel video non fosse stato pre-registrato.
Optimus aveva la sensazione che, sebbene la fazione dei Decepticon fosse destinati a essere funestata da una guerra civile di proporzioni gigantesche, neppure loro sarebbero stato risparmiati da una serie di problemi che doveva ancora iniziare.

«Faremo come abbiamo sempre fatto: affronteremo tutto come una squadra. Abbiamo dimostrato di essere in grado di sopravvivere a qualsiasi cosa la vita ci abbia lanciato addosso e continueremo a farlo per il bene di Cybertron, della Terra, di tutti quanti» affermò Optimus accarezzando le braccia della moglie, esili quanto in grado di tirare pugni abbastanza forti da stendere seekers ben più grossi di lei «Incluso il nostro in quanto compagni di vita».

Arcee, dopo qualche istante di serietà, riuscì a sorridergli. «Essere Autobot significa anche questo. Non credo che la nostra vita matrimoniale sarà mai tranquilla».

«Siamo in due a non crederlo… ma funzionerà lo stesso. Io ci credo».

Disse così e finché fosse durata, fino a quanto terminazione non li avesse separati -sperando che ciò accadesse il più tardi possibile e per vecchiaia- Optimus era certo che l’avrebbero entrambi fatto davvero.





***





Le dodici ore seguite alla morte di Megatron erano come volate per Spectra Specter, che aveva visto declinare le proprie offerte di aiuto nel riparare l’astronave. Non avevano torto a dirle che non doveva sforzarsi -stava meglio ma non “bene”- e che non era un ingegnere né poteva muovere carichi pesanti, ma aveva ritenuto che offrirsi fosse il minimo. Vos, Tesarus e Helex, che si occupavano delle riparazioni mentre Nickel rimetteva in funzione l’infermeria e Kaon scandagliava l’oceano nei dintorni in cerca delle spoglie di Megatron, sembravano aver apprezzato.

Quanto a Tarn, dalla sera prima nessuno di loro aveva avuto sue notizie. Sapevano in che direzione era andato -le sue impronte erano evidenti sulla neve- ma nessuno l’aveva cercato. Spectra poteva capire che avessero ritenuto opportuno lasciarlo solo per un po’ ma lei non era sicura che fosse il caso di prolungare troppo quel momento di solitudine. Ricordando come si era sentita la prima volta in cui aveva pensato di aver perso la persona attorno a cui aveva sviluppato la sua intera esistenza era sicura che avere qualcuno vicino fosse stato un bene. In seguito era andata com’era andata ma non aveva mentito dicendo a Dreadwing che senza di lui sarebbe finita male molto prima.

“Io poi non ho una statua di Spectrus a cui rivolgevo delle preghiere… e se avesse scritto dei libri non li avrei presi come testi sacri” pensò.

Se lei non era stata bene Tarn di sicuro stava molto peggio, con la differenza che per ora nessuno gli stava tendendo la mano. Molti avrebbero detto che Tarn non avrebbe meritato nulla di simile a prescindere -essendo… se stesso- ma per quanto i “molti” avessero tutte le ragioni di questo mondo e Spectra lo riconoscesse non poteva evitare di ricordare il modo in cui era stata riaccolta e trattata nell’ultimo periodo. Allo stesso modo non poteva evitare di ricordare il momento in cui si era risvegliata in piena notte e aveva trovato Tarn lì, accanto alla cuccetta, non per ordini superiori ma perché aveva voluto esserci.



“Pensi ancora che ti abbia salvata e fossi nell’infermeria perché ‘costretto’, Spectra?”



Poteva non ritenersi particolarmente sveglia ma che lui e gli altri fossero sinceri nel modo di porsi e tenere a lei risultava evidente. Le avevano teso la mano e lei l’aveva presa, ora forse era il caso di ricambiare per quanto le era possibile. Anzi, non solo “era il caso”: era quel che lei riteneva giusto fare e, soprattutto, quel che lei voleva fare.

Le circostanze sembravano a favore di quell’idea… e meno a favore di Dreadwing, purtroppo, almeno a sentire quel che le stava dicendo. Erano andati a parlare sul “tetto” della Peaceful Tiranny -ovviamente dopo che lei si era avvolta una coperta termica attorno- posto che avrebbe potuto garantire loro un po’di privacy.

«… il caos. Profughi dai quadranti vicini, sottufficiali di sottufficiali che hanno iniziato a farsi la guerra uno con l’altro… immaginavo che la situazione da quelle parti non sarebbe stata semplice ma non credevo che sarebbe degenerato tutto così tanto in fretta. Non sono sicuro di come fare per…» il Decepticon si interruppe «Io volevo andare lì con a te, riprendere il controllo di quel quadrante stellare e cercare di tenere insieme quanto più possibile essendo l’unico ufficiale Decepticon di alto grado ad aver dato segni di vita, ma se le cose stanno così non è sicuro. Sarebbe come trascinarti in mezzo a un campo di battaglia».

«È veramente messo tutto così tanto male?»

«Sì. Non importa» disse il seeker «A questo punto non importa. Ricordi quel che avevamo detto tempo fa? Andare via insieme, trovare un lavoro. Per me è ancora valido».

Per Spectra quello era molto simile a un déjà-vu. Ovviamente ricordava quella loro conversazione e, oggi come allora, aveva ben chiaro che i reali desideri di Dreadwing fossero diversi.

«Tu ricordi quel che ti ho risposto io? È ancora valido anche quello».

Non dubitava della sincerità delle sue parole e non dubitava che si sarebbe adattato a qualsiasi cosa, ma sapeva anche che assecondarlo sarebbe stato un gran peccato. Non era saggio né giusto che Dreadwing mandasse all’Unicron tutti i propri sogni e tutti i propri progetti per lei quando, con un po’di pazienza, avrebbe potuto riuscire a ottenere tutto.

«Spectra-»

«Per ora sei l’unico ufficiale Decepticon di alto grado che si sia fatto vivo, lo hai detto proprio adesso, perfino io arrivo a capire quanto potrebbe essere importante per i Decepticon che tu torni lì e cerchi di rimettere in ordine le cose. Tu sei stato il secondo in comando, ti conoscono, ti rispettano» disse la femme «Vuoi veramente lasciar perdere tutti i tuoi programmi?»

«Se questi programmi non ti comprendono, ».

«E se mi comprendessero, ma più tardi?»

Dreadwing le diede una lunga occhiata.

«Spiegami».

«Tu torni lassù e fai quel che vuoi fare senza dover pensare di continuo a come tenermi al sicuro, e io fino ad allora… mi considerano una di loro» Spectra indicò l’astronave con un cenno «Parte della “famiglia”e con me si sono comportati di conseguenza quando ne avevo bisogno. Credo che ora invece siano loro ad avere bisogno della squadra al completo, che include anche me».

Dreadwing non sembrava felice ma non stava neppure dicendo “Non se ne parla”; era logico, a entrambi sarebbe dispiaciuto e dispiaceva separarsi di nuovo per fare quel che avevano in mente, ma la proposta di Spectra aveva senso ed era vero che Dreadwing avrebbe avuto molta più libertà di azione. Per quanto Spectra fosse in grado di difendersi era chiaro che non fosse qualcuno da portare “in un campo di battaglia” o che avrebbe potuto aiutarlo granché in combattimento.

«Dici “loro” e intendi “lui”, sempre che non si sia già… sai cosa intendo» disse Dreadwing, ipotizzando un possibile suicidio «Lord Megatron è stato terminato. Non so quanto restare con la DJD possa essere “sicuro”, proprio perché è tutto molto instabile» continuò «Se Tarn tornasse indietro e iniziasse a uccidere tutti? Se non lo facesse, se ti tenesse al sicuro ma poi decidesse di non lasciarti andare via?»

«Lord Megatron ha fatto in modo che io potessi decidere dove e con chi stare…»

«Ed è morto. Una cosa come quella che ho detto potrebbe diventare la causa di un conflitto in futuro, non so quanto valgano le sue parole per lui ora che Lord Megatron non c’è più».

«Valevano abbastanza da non terminarti subito quando gli hai fatto notare che forse lasciandoti uscire avremmo potuto evitare tutto questo. Può andare come dici tu oppure può andare in modo diverso e posso diventare una ragione perché si vada tutti d’accordo» disse Spectra, augurandosi che la prospettiva di poterla danneggiare in un eventuale conflitto sarebbe riuscita a far sì che entrambe le parti restassero più tranquille. «Per ora non possiamo sapere cosa succederà ma credo che se tu non provassi ad andare lì finiresti a pentirti».

«Spero di non pentirmi di averlo fatto, invece» disse il seeker dopo qualche attimo di silenzio «Non sarebbe la prima volta. È davvero questo che vuoi? Sei sicura?»

Spectra annuì. «Lo sono».

«Mi farò sentire ogni volta che potrò. Appena sarò riuscito a rendere il tutto abbastanza sicuro tornerò a prenderti» affermò Dreadwing «Hai la mia parola».

Il seeker fece scendere entrambi a terra prese il volo poco dopo, non senza essersi voltato indietro un’ultima volta per stringerla in quello che per qualche tempo, probabilmente per qualche vorn, sarebbe stato il loro ultimo abbraccio… anche se in un futuro ancora tutto da scrivere avrebbero avuto tempo di recuperare.

Spectra diede un’occhiata alla propria sinistra, intercettando lo sguardo di Helex, Vos, Tesarus e Nickel che doveva essere uscita a controllare come procedevano i lavori.

«Mi sa che rimarrò a farvi compagnia» disse Spectra «Non per sempre ma di sicuro per un bel po’».

«Biscotti!» esclamò Helex, visibilmente soddisfatto.

Nickel alzò gli occhi al soffitto. «Le priorità, Helex!... ne siamo felici. Pensavamo che saresti partita».

«Voi c’eravate quando ho avuto bisogno, ho la possibilità di fare la stessa cosa. Mi sono affezionata anche a voi, sapete?»

Suonava assurdo se rapportato a una squadra di assassini, eppure era la verità. Se c’era qualcosa che Spectra aveva imparato, oltre al fatto che per lei nell’Universo ci fosse di peggio, era che si potesse trovare del bene nei luoghi più impensati.





***





«… I Decepticon non abbandonano i propri compagni, lui non ha abbandonato me in quel posto quando ero ferito e noi non lo abbandoneremo ora. Ormai è fuori da più di ventiquattro ore» disse Tesarus, riferendosi al proprio capo «Se entro domattina non torna noi andiamo a recuperarlo».

Un discorso simile sarebbe stato vicino all’impensabile in altre realtà, per quanto i membri della DJD potessero essersi affezionati al proprio capo, ma lì le cose erano diverse e Tesarus non era il solo ad aver espresso pensieri simili. Sembrava che Tarn fosse riuscito a farsi temere, a farsi rispettare ma anche a farsi volere bene dai membri del suo team, forse perché nel tempo lui per primo aveva mostrato di tenere a loro. Tesarus non aveva dimenticato il modo in cui Tarn e Helex l’avevano sollevato così che anche lui riuscisse a non essere divorato dalle creature della strega in quel posto maledetto, così come Kaon non si era dimenticato dell’abbraccio ricevuto quando Tarn, sempre in quel frangente, lo aveva ritrovato vivo e nessuno di loro aveva dimenticato gli sforzi fatti dal loro capo per togliersi di dosso almeno la dipendenza da nucleon. Non sarebbe stato tenuto a farlo ma lui l’aveva fatto comunque, per se stesso e anche per loro.

Spectra Specter non sapeva nulla di tutto questo -non poteva saperlo dato che certi retroscena non le erano stati ancora raccontati- ma vedere da lontano tutto il gruppo annuire alle parole di Tesarus era sufficiente e, in pieno stile Spectra, era sufficiente anche per decidere anche di uscire dall’astronave per andare a cercare il loro comandante. Aveva ancora indosso la coperta termica, dunque Nickel non avrebbe potuto rimproverarla per aver preso freddo.

“Spero di trovarlo vivo” pensò Spectra, memore dell’allusione di Dreadwing a un possibile suicidio. Purtroppo non era campata per aria ma sperava tanto che il seeker si sbagliasse.
Avvistare le bioluci violacee di Tarn in lontananza le tolse un gran peso dalla Scintilla.

«Tarn?» lo chiamò, avvicinandosi ulteriormente a lui «Sei-»

Si interruppe notando che, al di là di un’espressione del tutto assente, i pugni del Decepticon erano talmente stretti da far fuoriuscire energon dalla ferita.

«Tarn?...»

Chiamarlo nuovamente non sortì alcun effetto, così come non ne ebbe stringere una mano del mech tra le proprie nella speranza che il contatto ne avesse… almeno in principio. In seguito, con suo gran sollievo, avvertì la stretta allentarsi gradualmente, trovandosi infine a stringere tra le proprie mani quella aperta e ferita del Decepticon. L’energon che fuoriusciva dalla ferita che si era inflitto stava sporcando anche lei ma in quel momento non le sarebbe potuto importare meno.

«Sei qui fuori da un pezzo… non vuoi tornare nella nave? So che Messatine non è troppo diverso e sei abituato ma non ti fa bene stare fermo qui fuori».

Da Tarn, che continuava a fissare la notte e la neve davanti a sé, non arrivarono reazioni.

«Perlomeno adesso so per certo che sei online. Iniziavo a preoccuparmi» continuò lei.

Di nuovo, nessuna reazione.

“Forse non dovevo venire qui, non sembra essere stato utile” pensò Spectra “No, non è vero, ha smesso di ferirsi, qualcosa di buono l’ho fatto”.

«Se… se vuoi ancora un po’ di tempo per conto tuo ti lascio stare ma non farti male di nuovo, va bene?»

Lasciò andare con garbo la mano del mech e fece per allontanarsi, salvo trovarsi trattenuta da lui l’attimo seguente.
Altri al suo posto si sarebbero pentiti di tutti i propri peccati temendo di trovarsi in breve tempo con la Scintilla distrutta per essersi avvicinati a una persona tanto pericolosa in un momento simile, Spectra invece non si scompose neppure quando venne sollevata e presa in braccio, al riparo dalla neve e dal vento gelato che si era alzato nel frattempo. La coperta termica l’avrebbe protetta ma qualsiasi gesto che potesse confermare il fatto che Tarn ora fosse “presente” era il benvenuto.

Fu lui, dopo qualche minuto di silenzio, a parlare per primo.

«Non dovevi venire qui» disse, in totale contrasto con le precedenti azioni «Non avresti dovuto vedermi in questo stato».

«Tu mi hai vista quando ho cercato di farmi uccidere, c’eri quando mi sono risvegliata in infermeria» replicò Spectra, con tutta la tranquillità possibile «Siamo pari».

«Non è la stessa cosa. La mia posizione è diversa dalla tua».

«Quel che pensavi di me prima della faccenda nel bosco è cambiato? Dopo hai iniziato a stimarmi di meno?»

Quali potessero essere i motivi per cui lui la riteneva degna di stima e di considerazione era qualcosa che lei non aveva ancora afferrato, nonché del tutto irrilevante in quel momento. Non era di lei che si parlava, non era lei quella messa peggio tra loro due.

«Mai» rispose il Decepticon, con una nota calda prima assente nel suo tono di voce.

«Ecco! Neppure io lo farei con te. Mai».

Da Tarn, che per la prima volta da quando l’aveva raggiunto posò il proprio sguardo su di lei, non giunse risposta di alcun tipo. Fosse perché non voleva darne o perché non ne aveva, non si poteva sapere.

«Vuoi parlarne?» domandò lei, dopo aver aspettato un po’.

«Lord Megatron è morto, Spectra, “parlarne” non lo riporterà indietro. Io dovevo fare una cosa, una, e non ci sono riuscito perché per tutto il tempo ho guardato da un’altra parte. Non c’è molto da dire e c’è ancor meno da fare. Non riesco a credere che sia successo. Mi sembra un incubo».

Su quel punto Spectra riusciva a capirlo. Pur avendolo sognato per due volte anche a lei sembrava impossibile pensare che Lord Megatron fosse davvero offline, specie perché da ciò che si sapeva era sopravvissuto a talmente tante cose nel corso della propria vita da far iniziare a pensare che non potesse morire affatto; invece era successo ed era stato ucciso da un Autobot qualunque, nemmeno dal suo nemico giurato e tantomeno da Spectrus, al contrario di ciò che lui, Tarn e il resto dei Decepticon avevano immaginato.

Stavolta Spectra non sapeva bene cosa dire, non era neppure sicura che ci fosse qualcosa da poter dire a una persona in quella situazione, ragion per cui fece quello che le veniva spontaneo -e quel che Dreadwing aveva sempre fatto con lei in certi momenti: con la massima delicatezza possibile, lasciandogli tempo di fermarla se avesse voluto, lo strinse a sé in un abbraccio, lasciando che poggiasse la testa contro il suo petto.

Il suo gesto non venne rifiutato, neppure le sue carezze e, al contrario, dopo pochissimi istanti poté sentire Tarn rilassarsi completamente sotto di esse.

«Puoi aver guardato da un’altra parte ma era la parte che Lord Megatron ti aveva indicato. Non penso che potessi fare altro» disse la femme, in totale onestà, dopo qualche minuto.

«Non è vero. Ci hai avvisati. Ci hai detto più volte di non essere convinta della nostra interpretazione ma non ti abbiamo ascoltata, non fino in fondo, e ora sta andando tutto in pezzi» mormorò Tarn «Quale può essere il posto della DJD in quella che riesco già a immaginare come una faida tra gruppi più o meno consistenti di Decepticon alla deriva? Non c’è nessuno capace di prendere il posto di Lord Megatron e tenere unito l’impero così com’è. Non Soundwave, se anche non fosse disperso, non Starscream, che se per disgrazia proverà ad allungare le mani dove non deve troverà le mie attorno al suo collo e neanche Dreadwing, sebbene… immagino che abbia ancora una certa influenza nei quadranti stellari dov’era al comando prima di arrivare qui».

«È così» confermò Spectra «Ma non è più lì da tempo e la situazione non è stabile né sicura per il momento, tra le minacce interne e quelle esterne. Così mi ha detto».

«Mi auguro per lui che in tutto ciò riesca a darti una… una protezione adeguata. Quando andrete lì».

«Dreadwing è già partito. Niente Ponte Spaziale, niente astronave, quindi era meglio che si muovesse in fretta».

Tarn, visibilmente stupito nonostante la maschera, tornò a guardarla dritto in viso. «Vuoi dire… intendi dire che tu-»

«Se avesse dovuto pensare di continuo alla mia sicurezza E a mettere in ordine quel che deve non avrei fatto altro che rallentarlo» spiegò brevemente Spectra «E pensiamo entrambi che avrà molto da fare per un bel po’di tempo. Fino ad allora…»

«Resterai? Fino ad allora?»

Spectra annuì. «A meno che tu nel frattempo abbia cambiato ide-»

«No» la interruppe Tarn «No, non ho cambiato idea. Sono lieto che tu mi veda come qualcuno che può tenere fede a quel che aveva detto tempo fa sul fare in modo che fossi tranquilla e al sicuro, nonostante… l’inefficienza».

«Non ho alcun dubbio sul fatto che tu possa riuscirci ma questo non è il solo motivo per cui sono rimasta. Mi avete fatto capire che mi considerate parte della squadra, dunque voglio esserci quando c’è bisogno, così come ci siete stati voi quando sono stata io ad averne avuto. È normale che sia così» aggiunse Spectra, con un breve sorriso «Avendo la possibilità di farlo, lo faccio».

Spectra non era sicura di cosa stesse pensando Tarn -il modo in cui la stava guardando era per lei difficile da interpretare, complice anche la maschera- ma, qualsiasi cosa fosse, si augurava di averlo convinto della sincerità delle proprie parole; non perché pensasse di avere di che temere, ma perché voleva chiarire che sfruttarli non era nelle sue intenzioni.

«“Normale” per te. Considerando quel che è successo, ora più che mai non posso evitare di chiedermi cosa possa aver fatto per…» il Decepticon fece una breve pausa, per poi schiarirsi la voce «Ho compreso. Apprezzo il pensiero e confermo puoi considerare casa tua la mia astronave e la base di Messatine. Lo sapevi già ma non fa male ripeterlo».

«E io ti ringrazio per questo. Torniamo indietro?» disse Spectra, e fece un cenno in direzione della nave «Non sono la sola a essersi preoccupata».

«Trovandoci su un pianeta ostile, al di là del disastro, è ovvio che siano tesi alla prospettiva di restare senza una guida».

«Non è solo questo, visto quel che è successo sono preoccupati davvero. Lo ero io, figurati loro che ti conoscono molto meglio di me. Ho sentito Tesarus dire di voler cercare di “recuperarti” al massimo domattina. “I Decepticon non abbandonano i propri compagni, lui non ha abbandonato me in quel posto quando ero ferito e noi non lo abbandoneremo ora”» riferì Spectra «Non so di che posto parlasse ma non mi sembra una cosa che direbbe qualcuno che vuole solo una guida. Quindi… torniamo dagli altri? Torniamo a casa?»

Dopo qualche istante probabilmente utilizzato per soppesare le sue parole, Tarn annuì. «Sì. Torniamo a casa».

Il Decepticon si alzò in piedi e, fatto questo, la prese nuovamente in braccio prima di incamminarsi verso la Peaceful Tiranny.

«Per quanto tu stia meglio e abbia avuto il buonsenso di coprirti è stato azzardato uscire con questa temperatura. Quando faremo ritorno su Messatine sarà diverso perché sarà passato più tempo ma fino ad allora -o meglio, fino a quando saremo costretti a restare qui- cerca di fare attenzione. Non devi esporti a rischi, fossero anche minimi, a causa mia».

«Va bene» disse Spectra «Però non mi pento di nient… oh, ci sono anche gli altri!»

Il resto della DJD, incluso Kaon in arrivo sulla sedia fluttuante, si fermò a metà strada nel vederli arrivare. Probabilmente si erano accorti della sua sparizione improvvisa e avevano notato la seconda serie di impronte nella neve.

«Aggiornamenti?» disse Tarn, prima che uno di loro potesse dire qualsiasi cosa.

«Gli scanner sono riusciti a rilevare il corpo di Lord Megatron» disse Kaon, dopo un attimo di esitazione «Sto rimettendo a punto il sistema del Ponte Terrestre così che qualcuno possa scendere sul fondale a recuperarlo».
«Ottimo. Non permetterei mai che i Suoi resti arrugginiscano in questo posto, avrà una degna sepoltura da un’altra parte» fece una breve pausa «So della vostra apprensione per il mio stato. Non è più necessaria ma è… apprezzata».

“Sul fatto che non sia più necessaria avrei molto da ridire ma è già qualcosa che sia tornato indietro. Che abbia ammesso di apprezzare l’esserci preoccupati per la sua salute poi è incredibile” pensò Nickel.

Diede a Spectra un’attenta occhiata e vide che sembrava del tutto tranquilla, il che era ottimo, ma c’era qualcosa che la minicon non poteva fare a meno di chiedersi: era davvero rimasta lì di sua volontà o nei piani di Dreadwing c’era quello di sfruttare l’attaccamento mostrato da Tarn nei confronti di quella femme in modo che lei -col tempo e sfruttando la fragilità altrui- potesse convincerlo a stare dalla sua parte?
Avendola in cura sapeva bene che uno dei motivi che aveva spinto Spectra a cercare di andare offline era stato il terrore di poter diventare un essere maligno e manipolatore com’era -o “era stato”, ormai- il fratello, quindi era ben difficile che nelle sue intenzioni potesse essere presente la voglia di fare dei danni a qualcuno, e forse la futura neutralità verso il seeker in questione poteva non essere una delle prospettive peggiori… ma non era quello il punto: ciò che Nickel sperava era che, oltre a non avere brutte intenzioni, i suoi sentimenti verso di loro fossero reali come lo erano i loro nei suoi riguardi.
Che lei si fosse spinta a cercare Tarn nella neve mentre lui era in quelle condizioni se non altro suggeriva di sì.


«Ritengo che troveremo il nostro posto nel nuovo stato delle cose e dichiaro l’Autobot che ha terminato Lord Megatron quale nuovo principale bersaglio» dichiarò il comandante della DJD «Lui e gli Autobot che erano presenti pagheranno carissimo quel che hanno fatto».

«Non vediamo l’ora» disse Tesarus, senza alcuna ironia «Se anche, avendo preso la Nemesis, avessero usato l’Omega Lock per ridare vita al pianeta non potranno goderselo granché».

«Il colpo di fortuna che hanno avuto nel riuscire a cogliere di sorpresa Lord Megatron non si ripeterà» concluse Tarn.

«Se dovessi fare di nuovo sogni come l'ultimo giuro che ve lo dirò» aggiunse Spectra.

«E noi non commetteremo lo stesso errore due volte».

Rientrarono nella nave tutti insieme, in attesa che il sistema del Ponte Terrestre tornasse online.





***






Il periodo che si prospettava davanti a tutti quanti non sarebbe stato semplice per i Decepticon rimasti. Lo smembramento di un impero, la ricerca di uno scopo all’interno dei nuovi equilibri che già in quel momento si stavano venendo a creare, il dover affrontare drammi personali più o meno profondi e la consapevolezza che certi conti e certi rapporti con alcune persone fossero ancora in sospeso… ma in tutto questo c’era almeno una cosa buona: erano insieme. In certi casi fisicamente, in altri per il momento solo spiritualmente, ma lo erano.

Nella stanza privata che le era stata assegnata all’interno dell’astronave -dirimpetto a quella di Tarn- Spectra Specter terminò la sua conversazione con Dreadwing. Il seeker aveva iniziato già da ora a mantenere la parola riguardo il farsi sentire appena possibile ed era arrivato senza intoppi alla prima delle fermate previste nel proprio tragitto.

Lei come gli altri aveva ancora molto lavoro da fare, principalmente su se stessa… ma, essendo meno ingenua di quanto fosse al proprio arrivo sulla Terra, avendo progetti abbastanza definiti che lei aveva deciso riguardo il proprio futuro, trovandosi circondata da persone
che le volevano bene, che erano interessate alla sua salute e che apprezzavano davvero la sua presenza nelle loro vite, si stava convincendo che un giorno sarebbe riuscita a rimettersi in piedi sul serio, dopotutto.






*La vicina di casa a cui si riferisce Tarn è la disgraziata che compare in “I vicini di casa peggiori della storia” :D

Stento a credere che sia finita ma… è finita.
Dopo oltre due anni, dopo aver visto iniziare a concludere altre due fanfiction mentre non scrivevo questa, è FINITA.
I miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno continuato a leggere questa storia, che nonostante tutto ha avuto più “feedback” di quanto inizialmente avessi previsto (… avevo previsto “zero”, quindi figuriamoci xD).
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, che l’hanno messa nelle proprie liste e che hanno deciso di recensire.
In particolar modo ringrazio MilesRedwing la quale, se non qui su Wattpad, ha sempre fatto in modo che il suo entusiasmo riguardo questa storia e tutto ciò che l’accompagna mi arrivasse forte e chiaro :D

Anche questo disegno era uno spoiler? Sì :’D


Alla prossima… non so dove, non so quando, ma alla prossima! :D

_Cthylla_

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