Requiem di ronzii rotti

di Gaia Bessie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima: Frequenze ininterrotte ***
Capitolo 2: *** Parte seconda: Frequenze interrotte ***



Capitolo 1
*** Parte prima: Frequenze ininterrotte ***


E lasciammo un resoconto del nostro niente perché esso ci fu, te lo giuro, e l’udimmo, l’assaggiamo e fu per noi tangibile.
 
 
Requiem di ronzii rotti
 
 
Parte Prima: Frequenze ininterrotte
 
Asteria se l’è mangiata un mare di niente, quand’ha assaggiato il frutto dolceamaro di una bacchetta puntata in fronte, dove risiede la sede dell’anima purissima, e allora ha cominciato a sfiorire: in un ronzio e uno struscio cacofonico di una vecchia radio Babbana mal sintonizzata, la moglie di Draco s’è  stracciata in un turbinio di coriandoli scolorati.
Ha lasciato un marito che ha perso il grande amore della sua vita, la donna che un giorno gli s’è avvicinata e gli ha posto una domanda – perché non permetti mai al tuo cuore, di scegliere?1 – cui tutt’ora Malfoy non ha trovato risposta. E un figlio adolescente che si consuma come un ciocco legnoso, morbido, lasciato a carbonizzarsi nella fiamma.
Al funerale c’erano tutti. Amici, parenti, mani che Draco ha stretto, abbracci che ha ricevuto e lacrime che hanno versato su di lui, ma senza di lui.
Solamente un uomo non gl’ha teso mani, non l’ha stretto in braccia estranee, ma con uno sguardo color del cielo l’ha annichilito, consegnandogli pergamena e una piuma.
«Una lettera al mese, ha detto» ha borbottato George Weasley, a disagio. «Per poi dimenticarla: starà bene, lì con lui e l’anno prossimo tu sarai di nuovo felice».
Una lettera per dimenticare Asteria Greengrass, è stato detto a suo marito, e lasciarla per sempre tra le braccia del suo fantasma.
O, forse, una lettera per imparare a conoscerla da zero.
 

 
***
 

Aprile.
 
Casa profuma ancora di te.
Una lettera per dimenticarti, hai detto, ma non l’hai detto a me e allora sono parole che vale la pena ascoltare? Tu non sapevi dimenticare, non ci sei mai riuscita e, a me, hai sempre insegnato a prendere esempio da chi è più bravo di me in qualcosa. E tu, ad amare incondizionatamente, sei sempre stata la migliore in questo mondo.
Non m’hai voluto negli ultimi attimi, hai preferito chiamare George Weasley e dettargli le ultime parole, quelle che non ho mai ricevuto. Sono in una busta mai aperta, mai toccata, dove hai scritto il mio nome e il tuo cognome, perché anche quello ti avevo portato in dono assieme a me stesso, e non voglio più vederle.
Tu non mi avresti dimenticato, come non hai dimenticato lui, e allora non puoi chiedermi di scrivere dodici lettere e poi fare un resoconto del nulla che m’hai lasciato dietro, che m’hai lasciato dentro. Casa profuma di te, lo farà per sempre, e allora con che forza dovrei spalancare le finestre e lasciarti uscire da lì?
C’è la tua radio accesa, Scorpius l’ha messa in camera sua e l’ascolta come se fossi tu a parlargli: io mi siedo dietro la porta e, anche se ho sempre detestato quel suo ronzare e sibilare, l’ascolto tutta la notte.
Mi manchi, ci manchi.
 
La casa odora ancora di Asteria, pensa Draco chiudendo la lettera in un cassetto, e la sua voce risuona e scampanella in ogni specchio, in ogni parete, e persino nel suono odioso di quella vecchia radio sempre accesa. Scorpius non riesce a dormire senza, quasi come se in quel ronzio intermittente sentisse sua madre che gli parla ancora, accarezzandogli il capo biondo come un mare di grano baciato dal sole.
«Hai visite, papà» Scorpius lo chiama, indicandogli un uomo sulla soglia della porta. «Dice che è per… per la mamma».
Quando Draco si volta a guardarlo, per un momento in cui il fato si prende brutalmente gioco di lui, si convince che sia Fred Weasley. Ma lo guardo addolorato del gemello sopravvissuto gli ricorda che quel ragazzo è esploso come sua moglie e forse, adesso, si saranno incontrati sotto lo stesso cielo. Magari, l’ha sempre amato più di lui: una volta, Daphne gli ha confessato che le Greengrass s’innamorano una volta sola e che, Asteria, era innamorata per davvero di Fred Weasley.
Draco ha rispettato le sue volontà e l’ha fatta seppellire sotto un campo di grano, vicino a lui, senza emetter fiato: ma, dentro di sé, una convinzione s’è piano piano fatta spazio, slargandolo e bucandogli le costole come una pioggia di spilli roventi. Asteria lo amava davvero, si dice guardando George Weasley, ed è per questo che ha mandato l’altro gemello a dirgli di dimenticarla.
«La lettera» borbotta George, a disagio. «Voleva che gliele portassi, sai. Forse, ovunque lei sia, potrebbe ancora leggerle».
Draco sospira, pensando che ovunque sua moglie sia finita non può importargliene chissà quanto di un marito forse mai amato, forse mai voluto, che la piange più di quanto non abbia pianto per sé stesso negli anni della guerra.
«Prendila pure» sussurra Draco, indicando una vecchia cassettiera. «L’ho messa lì dentro».
Sotto le foto di Asteria al matrimonio e un’istantanea di lei quattordicenne, abbracciata a un ragazzo dai capelli rossi, un po’ troppo lunghi.
 

 
***
 

Maggio.
 
A volte, penso quasi che dovrei odiarti e distruggere tutto quello che in questa casa mi ricorda di te. Le tue foto, anche quelle che io non volevo tu mettessi in bella vista e che tu hai sparpagliato comunque per tutta la casa, i tuoi vestiti, i tuoi libri, le tue lettere, la tua dannatissima radio Babbana sempre accesa. E, in qualche modo, riuscirei a distruggere anche te.
E non ti vorrei più, non ti sognerei più e nemmeno sarei più costretto a vederti in tutti quegli angoli bui dove compari, spaventandomi a morte.
Ma, ogni volta, guardo nostro figlio e penso che dovrei distruggere anche lui, perché ti somiglia così tanto che fa male persino guardarlo. A volte, vorrei semplicemente che fosse possibile, perché di te mi è rimasto lui e una marea di chincaglierie che potrei incendiare con un colpo di bacchetta. E le tue dannate lettere, che lo so, ti giuro che lo so, a chi sono indirizzate.
Ti giuro che so ancora tutto di te, anche le cose che vorresti pensare d’avermi nascosto, e non riesco a dimenticarti: un anno sono dodici lettere, come pensi, come vuoi che io possa fare a dimenticare l’amore della mia vita in dodici fogli di pergamena?
Perché mi hai lasciato con solamente questo. Dodici fottutissime lettere e nient’altro.
 
«Weasley» Draco osserva George, mentre silenziosamente esce dal cortile con la lettera di quel mese in mano. «Ti dispiace se ti accompagno?».
Il rosso scuote il capo, con un sorriso pieno d’incertezza, mentre Malfoy si smaterializza sui suoi passi ancora freschi. La tomba di Astoria è assolata e accecante come la ricordava dal giorno del funerale, e dolorosamente vicina a quella del gemello morto e mai dimenticato – ma, soprattutto, mai dimenticato da lei.
Asteria non l’ha mai più nominato, negli anni felici del loro matrimonio, nemmeno dietro le domande insistenti di Scorpius, mai dalla bocca s’è cavata il nome di Fred Weasley. Eppure, ha voluto essere sepolta in una tomba vicina a quella di lui, dietro la casa di famiglia dei Weasley, quasi a voler rinnegare la sé stessa di quegli anni addietro.
«Tu c’eri, non è vero?» domanda Draco, senza astio, ma con tiepida accettazione. «Quando è morta».
George annuisce, posa la lettera come un paletto sulla terra ancora smossa, ancora umida, vicino al santino di carta straccia ch’era la lettera del mese prima. «Sì» sussurra, a disagio. «Mi ha fatto chiamare da un’infermiera».
«No» risponde Malfoy, strappandosi quelle parole dalle corde vocali. «Tu c’eri quando era innamorata di tuo fratello?».
George lo guarda e gli manca il fiato, di fronte a una disperazione così viscerale, che s’incide nelle ossa del viso di Draco come se qualcuno ve l’avesse incisa con uno stiletto arroventato.
«Certo che sì» risponde, cauto. «Potresti almeno provare a concederle il beneficio del dubbio, o è troppo per te?».
«Lo amava davvero così tanto» domanda Draco, come se non avesse sentito le parole del rosso. «Da non dimenticarlo per tutti questi anni?».
George soppesa le parole, sta chiaramente decidendo se vale la pena di mentire o dire una verità stracciante e tagliente come un foglio di carta spianato.
«Sì» sussurra. «Lo amava così tanto».
Malfoy fa una smorfia piena di dolore, osservando con tristezza la foto sorridente di sua moglie, nella lapide. Aveva vent’anni e tanta speranza, davvero stava solamente temporeggiando per poterlo raggiungere nell’alto dei cieli?
 

 
***

 
Giugno.
 
Non ho più niente da dirti, Asteria. Ti ho permesso di ferirmi in una maniera che non giudico credibile, che non giudico tangibile e che non riesco nemmeno a trovare comprensibile in qualunque maniera io conosca.
Vorrei dirti che ti odio, ma te ne sei andata prima di trovare il coraggio di dirmi che è vero che l’amore non da requie a chi non sa dimenticare, e come avresti potuto essere capace di dimenticarlo?
L’amavi ancora, hai detto, ma non a me. L’amavi fino a soffrirne come fosse il primo giorno, e a me amavi?
Forse, è una risposta che non voglio più sentire. E, anche volendo, faresti di tutto pur di negarmela.
D’altronde, lo hai fatto per vent’anni.
 
«Merlino, Draco!» Daphne entra nello studio in cui Malfoy s’è rinchiuso, spalancando le pesanti tende scure. «Hai le mani sporche d’inchiostro e, per Salazar, puzzi!».
Draco la guarda e sembra non comprendere: quanti giorni ha passato lì dentro cercando di scrivere a sua moglie? Vi sono piatti sparpagliati ovunque, rimasugli di cibo ch’ha solamente sbocconcellato, inchiostro che gli è caduto addosso lordandogli l’anima rimasta nuda e dolorante.
«Io non ci posso credere che tu ti sia ridotto così» continua Daphne, cominciando a ripulire la stanza a colpi di bacchetta. «Comprendo il dolore, era mia sorella, ma non puoi lasciarti andare così. Hai un figlio che ha bisogno di te».
Draco sbatte gli occhi, perplesso. Da quando George Weasley gli ha dispiegato la verità davanti, tutto quanto ha i contorni rosati dell’onirico e non riesce più a connettere il filo sfilacciato dei propri pensieri.
«Che ci fai qui?» biascica, infine. «Pensavo fossi andata a trovarla».
Daphne sospira, stremata, ha un lungo vestito nero che ne copre il fisico sformato dalla gravidanza. «Certo che ci andrò» commenta, osservando con disgusto una pila di piatti contenenti cibo muffito. «E verrai anche tu».
Draco la guarda, osservando l’orrore con cui sua cognata si rende conto che ha gli occhi pieni di lacrime. «Non posso» sussurra. «Non è me che vorrebbe».
«Draco» lo rimbecca lei, sistemandosi i capelli biondissimi dietro le orecchie. «Tu ora ti lavi e vieni con me. A trovare tua moglie».
Lui scuote il capo, come un bambino capriccioso, e allora Daphne sospira e si mette a sedere su una vecchia poltroncina che, chissà quanto tempo prima, doveva essere stata azzurra. «Dannazione a George Weasley» sibila, gli occhi azzurri affilati come un coltello. «Ti racconto io com’è andata, e dopo verrai con me a trovare Asteria. Sono stata chiara?».
Draco annuisce, ma dentro di sé qualcosa di rotto e frantumato piange sangue in un campo di grano.
 
Daphne mi ha raccontato tutto, adesso ho chiaro cosa intendessi.
Mi dispiace, ti giuro che mi dispiace, non intendevo dire che ti odio: non potrei mai, ma sapere che pensavi ancora a lui ha ucciso qualcosa, e non so come fare a resuscitarlo.
Mi hai comunque ferito più del possibile, più del consentito, più di quanto io non riesca a comprendere da solo.
Solo che non posso smettere di amarti per questo.
Riesci ancora a sentirmi come hai sempre sentito lui?
 

 
***
 

Luglio.
 
Daphne mi ha raccontato tutto: di come vi siete visti, piaciuti e, pochi giorni dopo, scoperti innamorati. Un po’ ti ho invidiata, perché so che tu ti sei innamorata di me con il tempo e la perseveranza, e mai improvvisamente come uno scroscio di pioggia in estate.
Ha detto che l’hai visto e t’è nato un mondo dentro, che non sei mai riuscita a spiegarmi a parole, ma con i fatti: hai disseminato casa nostra di foto vostre, e io sono sempre stato troppo codardo per dirti che le odiavo, che odiavo lui. E, forse, in un cassetto della mia mente che cerco di dimenticare, odiavo anche te.
Ha detto che è stato casa, quando casa tua era scolorata e sfigurata dalla morte di tuo padre, e famiglia, quando eri sola. E che tu lo amavi in una maniera indicibile, inudibile, intoccabile – e per me incomprensibile.
Mi ha detto che esistono amori diversi, e certamente mi hai amato per come potevi, ma t’immagini che cicatrici dovevi avere sotto al petto, sul cuore? Eri bellissima, quando ti ho riscoperta nel mio ultimo anno ad Hogwarts, bellissima e con una cicatrice della cui esistenza non mi sono mai reso conto fino in fondo.
Forse, non ci ho mai voluto credere e, allora, ho sempre fatto finta che nemmeno esistesse più. E tu l’hai coltivata, ci hai tessuto sopra sogni, rimembranze, e vi hai fatto fiorire sopra i tuoi desideri. Se l’avessi colta, quella ferita, sarebbe cambiato qualcosa?
Se mi fossi reso conto che non eri solamente bellissima, ma anche ferita da quella storia – ti ha fatto male e ti ha cambiata2– allora mi avresti permesso di comprendermi come t’aveva compresa lui?
Quando ti ho colta, come un pensiero sfuggente e un desiderio perso in una notte di tiepide stelle cadenti, sapevo che avevi amato prima di me e non me ne sono mai crucciato: avrei dovuto, e potuto. Avrei dovuto domandarti, di quell’amore, chiederti di spiegarmelo con quelle parole che t’eri persa in un tempo snudato e ferito da una pioggia di sfuggenti meteore?
 
Draco posa la piuma, massaggiandosi le tempie, chiedendosi che senso abbia riempire una tomba di belle parole – Asteria gli aveva detto così tante volte di scriverle un romanzo che, alla fine, non avrebbe mai avuto il tempo di leggere – e giustificazioni. Posa la piuma e mette vie le parole, in quel momento non gli servono più.
S’è circondato delle foto di sua moglie, appendendole ovunque in quella minuscola stanza, facendo il censimento di tutti gli anni di vita di Asteria Greengrass. E la vede. Bambina, adolescente, aggrappata al braccio di Fred Weasley durante il suo quarto anno, vestita da sposa, con uno Scorpius neonato in braccio.
E la sente, ridere in ogni istantanea come se la vita non l’avesse mai ferita quando, in realtà, era la vita a costituire per lei una ferita.
«Papà» Scorpius lo osserva, dalla soglia della porta, scrutando malinconicamente le foto di sua madre appese in ogni parete. «Dobbiamo andare, zia Daph ci aspetta».
 
Raccontamelo, allora, ti prego.
 

 
***
 

Agosto.
 
Ti sogno ancora, ci credi?
 
Draco sogna Asteria ancora giovane, sempre bella, lo sarà in ogni suo ricordo anche se la maledizione le stava masticando via la gioia di vivere e la vita stessa. La sognerà sempre a quattordici anni, con tutta la vita davanti, quando lui aveva nient’altro davanti a sé che un Marchio Nero e strisciante paura, e lei s’aggrappava al braccio di Fred Weasley come se loro vite dovessero appartenersi per sempre. Forse, è stato così per davvero.
 
E mi fai mancare la terra da sotto i piedi – mi manca per davvero, non lo vedi?3 – come hai fatto per vent’anni che sei rimasta con me.
Avrai pensato fosse ingiusto: vent’anni, io, lui solamente due.
Ma cosa è rimasto, di giusto, in questa vita?
Non io e, alla fine di tutto questo, nemmeno tu.
 
«Non pensi che dovresti smetterla?» Daphne scuote i lunghi capelli biondi, facendoli mulinare nella brezza estiva. «Credo sia solo malsano, Draco».
Lui la guarda. Ha abortito il figlio di Zabini, sua cognata, senza versare una lacrima – l’ha partorito a sette mesi, quel bambino senza vita, senza amore – e ne porta i segni nel fisico, se non nell’anima. Ma, guardandola controluce, Daphne Greengrass-Zabini è solamente stanca e disperata quanto lui.
«La sogno anche io» continua, con gli occhi pieni di mare. La tenuta estiva di suo marito è una tiepida consolazione in quell’anima svuotata, il mare schiuma e si ritrae nel suo sguardo, annebbiandolo. «Ma scriverle davvero lettere per un anno? Dovresti deciderti a lasciarla andare, Draco. Pensa a tuo figlio».
«Lei, al mio posto, l’avrebbe fatto» risponde Draco, atono. «Sono solo poche righe al mese, per ricordarle che esisto anche io».
Daphne gli sfiora il braccio, carpendone i pensieri e una silenziosa scia di lacrime che lentamente rimpiazza il sangue, in vene e arterie, annacquandole.
 
Sei stata ingiusta, a nascondermi che l’avevi amato e che l’ami ancora e credo che, in fondo a quel tuo cuore che lentamente s’è spento come un cerino nell’oscurità, lo sappia anche tu.
Te l’avrei perdonato. Mi maledica chiunque l’abbia fatto a te, togliendoti da me e Scorpius, ma ti avrei perdonata.
Avrei chiuso gli occhi – come un qualsiasi idiota – e ti avrei perdonata perché t’amavo abbastanza per poterlo fare.
Asteria, amore mio, per quel che vale io ti amavo veramente. Ma tu?
 
«Certo che se ne ricorda» sussurra Daphne, dolcemente. «Non so se sia possibile amare due persone, ma immagino che Asteria fosse in grado di amarvi allo stesso modo».
«Solo tu saresti in grado di amare due persone allo stesso modo» Draco ha l’ombra di un antico sorriso, sul volto. «O, almeno nei tuoi tempi migliori».
Lei gli da una leggera gomitata, ridendo apertamente.
«I tempi migliori sono quelli che verranno» predice, scrutando l’orizzonte con aria distratta. «Vedrai».
 
Forse verrà davvero un tempo che non ha uno spazio che s’infrange nella quiete tempestosa di lucciole ignifughe, un spazio che tempo non ha di stracciarsi e sfilacciarsi sulle ombreggiature di una mente in tempesta. E, allora, mi spiegherai perché.
Mi spiegherai perché mi hai lasciato a brancolare in un buio inchiostrato che non mi lascia andare, cercando le tue parole nella carta, questo sì, e nella tua dannatissima radio sempre accesa.
Dove sei finita, mi senti ancora?
 

 
***
 

Settembre
 
Oggi ho spento la radio.
Scorpius era andato via di casa, così mi sono semplicemente avvicinato e ho premuto il bottone, mi avevi spiegato tu come fare chissà quanti secoli fa. E lei s’è zittita, è stato incredibile perché anche tu, nascosta come sei nella mia testa, hai smesso di parlare.
Non l’avevi mai fatto mentre eri con me, e ti ho costretta a farlo adesso, contro la tua volontà. Perdonami, ma il rumore dei tuoi pensieri era diventato insostenibile. Perché so che, adesso come quando dormivi accanto a me, pensi continuamente e allora pensi a lui, com’io penso a te con altrettanta continuità.
Oggi ti ho spenta, e in ogni foto balli e sorridi senza dire una parola: come faccio a spegnere anche tutte quelle immagini che ho di te?
 
«Papà, si può sapere perché hai spento la radio di mamma?» Scorpius guarda suo padre, non senza una nota di malinconia che ne corrompe lo sguardo. «Mi sembrava quasi di sentirla canticchiare».
«Lo so» sussurra Draco, ma non dice altro. «Proprio per questo».
 
Come posso imparare a conoscerti da zero, quando mi costringi a farlo, a eliminare ogni mio ricordo per riconoscerti senza premesse e senza pretese, come se non ci fosse mai stato niente? Come posso conoscerti da zero se non ci sei più, e non vorresti nemmeno esserci perché sei dove hai sempre ambito essere?
Io ti riconoscerei anche adesso, come non ci fossero mai conosciuti a mai amati, perché so che finirei a conoscerti e ad amarti ogni volta di più. Ma tu non vorresti più, e questo mi è chiaro.
E allora perché costringermi a riconoscerti nella tua assenza, se me l’hai imposta tu?
 
«Oggi Rose andava a trovare suo zio, insieme ai suoi genitori» sussurra Scorpius, torcendosi le mani. «Perché non andiamo anche noi? A trovare mamma».
Draco sospira, ma non dice di no.
«Andiamo» borbotta. «Ma non pensare che mi metterò a chiacchierare con Weasley. O, peggio ancora, con la Granger».
Il ragazzo ride, ha il sorriso di sua madre – e questo fa sorride Draco, del sorriso della propria, di madre.
«Ti piacerà, parlare con qualcuno» prevede Scorpius, pieno di ottimismo. «Ultimamente vedi solamente zia Daph».
 
Vorrei che potessi rispondermi, a volte, o arrabbiarmi con qualcuno perché non mi ami più, perché te ne sei voluta andare e nemmeno hai lottato per rimanere qui (come avresti potuto? Eppure, ti sei rassegnata in fretta). Daresti un senso a questo silenzio assordante che ha preso il posto del ronzio della tua radio, e adesso i miei pensieri sono la musica che a te manca, lassù, su frequenza intermittente.
Potresti provare a rispondermi, ovunque tu sia finita, chiedere una penna in prestito al tuo dannato Weasley e dirmi perché hai voluto lasciarmi in questo modo insolito, inutile e incomprensibile?
Non ha senso chiedermi di dimenticarti, quando mi hai lasciato così tanti elementi che posso solamente pensare che debbo conoscerti da zero, come quando ti ho chiesto di uscire per la prima volta e tu mi hai persino detto di no, e ricostruirti sulle frequenze sconnesse di quella radio che non so come si faccia ad accendere.
Potresti provare a raccontarmi come mai l’amavi così tanto da rinunciare a casa tua, la tua famiglia, solamente per passare l’eternità con lui?
 

 
***
 
 
Ottobre
 
Non ci crederesti, se te lo dicessi a voce.
Oggi la Granger si è presentata in ufficio con vassoio di biscotti (fatti da lei, pare) e due bicchieri di succo di zucca, quasi come fossimo ancora a scuola.
 
«Mangia qualcosa, Malfoy» Hermione l’osserva, atona, spingendo verso di lui il vassoio carico di biscotti. «Sei magro da far paura».
Lui sospira, ma prende comunque un mano un biscotto sospettosamente appetibile, e vi da un morso prudente.
«Non l’ho mica avvelenato» lo rimbrotta la Granger, sospirando. «Prendilo. Da quando… insomma, non sei più tu».
«Da quando è morta mia moglie, dici?» risponde lui, con un sospiro stremato. «O da quando ho scoperto di essere un marito di ripiego?».
Hermione sospira, sfiorandogli il braccio con una mano. «Non eri un ripiego, Malfoy» commenta. «Capita di amare due persone, in tempi diversi, e amarle allo stesso modo».
«Cosa ne puoi sapere, tu?» domanda Draco, laconicamente, masticando un biscotto insolitamente buono.
«Io ero lì Malfoy» commenta Hermione, con lo stesso tono, bevendo un sorso di succo. «A differenza tua, io facevo attenzione alle persone».
 
Mi dicono tutti la stessa cosa, di voi due. Che un giorno vi siete svegliati, avete fatto colazione uno di fronte all’altra (sei sempre stata così disgustosamente Grifondoro) e vi siete scoperti innamorati. Ma come fai a scoprirti innamorato di qualcuno? Senza premesse e senza presupposti, come fai a dire di amare per davvero qualcuno?
Eppure, l’ha detto anche la Granger: vi siete scoperti innamorati e, allora, avete deciso di amarvi per davvero. E tu, che avevi quattordici anni e un sacco di sogni per la testa, quella testolina bionda l’hai persa.
Eppure…
 
«Le gioie violente hanno fine violenta4» sussurra Hermione, soppesando un biscotto con aria distratta. «Ma immagino che questo George e tua cognata non te l’abbiano detto».
 
Eppure urla, grida, fatture scagliate nella Sala Comune di Grifondoro, e un giorno gli hai pure dato uno schiaffo (e, conoscendoti, quella sera ci avrai fatto l’amore per dirgli scusa di averlo ferito in quella maniera).
Eppure l’hai ferito, ti sei allontanata, te ne sei andata pur continuando ad amarlo per tutto il resto della vita che hai trascorso con me. E adesso te lo chiedo, Asteria, e trova un modo per darmi una risposta, un cenno, qualcosa: perché?
Perché non hai potuto semplicemente lasciar perdere e smettere di amarlo, quando d’amore vi eravate feriti fino a perdervi?
 
«Ma serve a qualcosa, pensare di dover esser costretto a conoscere d’accapo tua moglie?» domanda la Granger, placidamente. «E a scriverle tutte quelle lettere cui lei nemmeno potrà mai rispondere?».
 
Immagino di no.


 
Buonasera a tutti!
Scusatemi se passo di volata a lasciare le note e riservo le spiegazioni per il prossimo capitolo (8 dicembre), nonché ultimo.

1now when did |You last let your heart decide? (Alladin, A Whole New World)
2Tu Bella e Rovinata | Da quella storia che ti ha fatto male e ti ha cambiata (Irama, Bella e rovinata)
3La terra sotto i piedi | Mi manca, non lo vedi? (Federica Carta, Attraversando gli anni)
4Shakespeare, Romeo e Giulietta

Grazie per avermi letta!

Gaia

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Capitolo 2
*** Parte seconda: Frequenze interrotte ***


Parte seconda: Frequenze interrotte
 
 
Novembre.
 
L’aria è gelida, tant’è che un singolo respiro sembra mandarla in frantumi con la potenza di un sospiro o una parola detta per sbaglio.
Draco cerca di respirare il meno possibile, ma comunque il fiato ch’esala controvoglia sale e diventa vapore, danzandogli davanti agli occhi come un origami di cartastraccia. Se lo aprisse, vi troverebbe solamente l’ennesimo messaggio scritto in una lingua che sta cercando di disimparare ma che, purtroppo, rimembra ancora.
E rimembra ancora quel viso d’una perfezione imperfetta mentre lo guarda e pronuncia quelle parole, facendole scivolare via dalle labbra quasi fosse la cosa più dannatamente semplice del mondo, anche se – anche se, per lui, non lo sarà mai.
Draco ha lasciato casa, la sua famiglia, una gatta1. Draco ha lasciato casa e non vi è tornato più, perché casa era dove c’era sua moglie e sua moglie ha smesso d’essere, e allora ch’essere dovrà più essere a fare, lui, senza di lei?
 
Mi ha detto che l’esistenza piena si acquisisce con l’amore e che allora tu ti sei realizzata solamente nella morte, che per te ha significato amore e, tutto il dolore, l’hai lasciato a me. Oggi sono andato via di casa.
Scorpius è a casa del suo migliore amico, così ho preso e sono andato via: camminerò finché avrò forza nelle gambe, lo sai tu forse dove andrò. Non ho detto niente a nessuno, ma d’altronde tu hai detto qualcosa a qualcuno quando sei andata via?
 
Nessuno s’è preso la briga di cercarlo più lontano che a Londra, nemmeno sua cognata, nemmeno Blaise o Gregory. Nemmeno suo figlio, che di anni ne ha ancora troppo pochi per vivere senza padre, ha raccolto a due mani il proprio coraggio per cercarlo – forse, la codardia è di famiglia.
E, alla fine dei conti, forse Draco è semplicemente quel che appare: un codardo, uno che prende e scappa da sé stesso, lasciando casa, la sua famiglia e una gatta che Scorpius ha raccattato per strada.
 
Hai mai detto a qualcuno che morivi non per rassegnazione, ma per quel disgustoso amore che ti riempiva, dove avresti dovuto conservarti vuota? Costringerei anche me a morire in questa maniera?
 
«Malfoy».
«Dovevi per davvero venirmi a cercare fin qui?» domanda, laconicamente, senza nemmeno guardarla in viso. «Non ti viene in mente che se uno scappa fino a Dover è per non farsi trovare?».
Lei ride, ma è l’ennesimo suono incrinato e spezzato che potrà mai sperimentare, e risuona nel petto di Draco come l’ennesima paura sbiadita dal tempo.
«Tu sei scappato a Dover perché hai paura, che è diverso» risponde lei, con semplicità. «Non ti viene il dubbio che sia un comportamento un po’ esagerato? Fa freschetto, qui».
A Draco scappa un sorriso, che si premura di cancellarsi dal volto con un’onda di gelo. «Merlino, Granger» risponde, alzando gli occhi al cielo. «Se fossi morto, saresti venuta a risvegliarmi dalla tomba».
«Certo che no» risponde Hermione, scrollando le spalle. «Le persone come te non muoiono facilmente».
 
Le avevi sempre amate, quelle scogliere.
Ho solamente pensato che cadere giù da lì non sarebbe stato doloroso: tu hai sofferto, quando te ne sei andata via?
 
Lui la guarda, ha dentro una ferita incommentabile, indicibile, che guarda il cielo come potesse rimarginarsi con il gelo – e sta piovendo ghiaccio – e un brandello di pensiero. Vorrebbe dire qualcosa, ma come farsi uscire le parole, parole che non siano un rigurgito di sincerità altrettanto incommentabile, altrettanto indicibile, e quel nome. Come fare a pronunciare per l’ennesima volta – l’ultima, si promette in silenzio – il suo nome?
«Perché la gloria divina mi protegge?» chiede, scherzosamente. «O che altro? Sei tu l’esperta di credenze Babbane».
Hermione sospira, sfregando le mani coperte dai guanti tra di loro. «Perché sei un codardo» risponde, con semplicità. «Anche se non lo ammetterai mai, Malfoy. E questo è il momento in cui dovresti trovare quel minimo di coraggio che abbiamo tutti».
Draco la guarda. Pensa sia impazzita, Hermione Granger, che abbia preso il proprio senno e l’abbia frantumato come ghiaccio secco. Ma.
Ma è vero che, forse, di coraggio non ne ha mai avuto nemmeno una briciola – da sempre, per sempre – soprattutto nei momenti in cui esso gli viene richiesto.
«Sei umano, Malfoy» commenta lei, con fare consolatorio. «Sei fatto per sbagliare e poi tornare indietro2».
Non le dirà mai, Draco, che non è l’errore che lo tormenta, ma quella sua intrinseca fragilità che l’ha costretto a fuggir via da uno stralcio di ricordo, da un’ombra ectoplasmatica che s’è incisa nella sua anima, sfregiandola: Asteria Greengrass vive in un ricordo, ma s’è fatta anche carne e sangue in esso, e suo marito non ha idea – né il coraggio per farlo – su come fare per farla andare via dalla sua mente malata e stracciata.
«Non quando l’errore ricade su qualcun altro» risponde, atono. «Mi dispiace, Granger. Sei venuta qui per un pugno di gelo e nient’altro».
«Quando la smetterai di tormentarti per qualcosa che non è dipeso da te?» risponde Hermione, con lo stesso tono. «Io non conoscevo tua moglie, ma sono sicura che non vorrebbe tutto questo per te, per tuo figlio».
 
No, certo che no.
 

 
***
 
 
Dicembre.
 
Oggi è Natale, e tu non sei qui.
Ogni giorno è Natale, dicevi tu quando ti presentavi con un regalo in mano.
E tu non sei mai qui.
 
«Malfoy, per carità, potresti alzarti e far colazione come la gente umana?» Hermione sbuffa, con la brocca del latte caldo tra le braccia. «Non ti si può vedere, arenato sul divano la mattina di Natale!».
Draco borbotta qualcosa di indefinito sul quanto sia insopportabile averla per casa, ma si alza e osserva suo figlio. Sorride felice, con in braccio quell’odiosa gatta randagia che ha raccattato da in mezzo a una strada.
«Non te lo ripeto un’altra volta» commenta Hermione, acida. «O ti alzi o ti schianto, facendoti finire sul pavimento: scegli».
 
Oggi è il primo Natale che passi con lui, da vent’anni: sarai felice, immagino.
La Granger ha deciso che avrebbe passato il primo Natale da divorziata – un altro Weasley, riderai sicuramente – con noi, e quindi mi è toccato ospitarla.
È la prima volta che te lo dico, ma…
 
«Mi alzo, mi alzo» Draco si solleva a fatica, dal divano, prima di trovarsi un colorato pacco regalo in grembo.
Hermione sorride, divertita, sillabandogli un buon Natale a labbra socchiuse.
«Un regalo?» commenta lui, osservandola con sospetto. «Spero che non sia qualcosa delle tue stramberie, Granger».
Ma è solamente una foto di sua moglie, ai tempi di Hogwarts, avvolta in un meraviglioso abito rosa cipria.
«Il ballo del Ceppo» risponde lei, scrollando le spalle. «Me l’ha data tua cognata».
Draco sorride, sfiorando quella figurina con il dorso della mano.
 
Oggi mi manchi un po’ di meno.
 

 
***
 

Gennaio.
 
Qualche volta, mi ritrovo a sperare che tu sia felice. Che, quando finalmente sei approdata nel tuo cielo, vi abbia trovato Fred Weasley – e allora vi sarete riguardati, riscoperti e innamorati ancora una volta.
Non di nuovo, no, hai ragione: l’avete sempre fatto, e la sua assenza è stato semplicemente qualcosa con cui ti sei dovuta scontrare inavvertitamente, per sbaglio, e cui hai dovuto far fronte quasi come non ti riguardasse. Forse, non l’ha mai fatto.
E adesso t’immagino passeggiare tra campi di lillà – ti piacevano per davvero, o lo dicevi per far contenta mia madre, quando te li regalava? – con Fred Weasley e a raccontargli com’è stato vivere nella sua assenza.
Merlino mi perdoni ma, alla fine, scrivendoti ogni mese ho dovuto scoprire anch’io come si vive nell’assenza di una persona – non lo si fa – e adesso mi ritrovo tristemente grato che tu abbia qualcuno ad accoglierti, lassù, anche se significa perderti due volte.
 
«Sei ingrassato» Daphne non cela un sorriso sollevato, di fronte al volto del cognato. «Cosa le hai preso?».
Draco le mostra una vecchia foto con la cornice crepata, di quella volta in cui lui l’aveva lanciata contro il muro in un impeto d’ira: Asteria sorride, abbracciata a Fred Weasley, davanti a un’Hogsmeade dolcemente innevata.
«Penso la vorrebbe con sé» spiega, scrollando le spalle con dolorosa consapevolezza. «Vorrei restituirgliela».
Daphne annuisce e agita festosamente un mazzo di lillà, raccolti con un delicato fiocco rosa, con un vecchio ciondolo sepolto tra i petali.
«Me l’ha sempre invidiato, era di nonna» spiega la donna, malinconica. «Posso anche regalarglielo, adesso: a me non serve più».
 
Ti piacevano davvero.
È che tu eri troppo entusiasta della vita per volerla perdere, eppure sei stata lieta anche di cederla per poter tornare da lui. Non so se hai mai amato me in quel modo, ma invidio quell’amore incondizionato che hai consacrato a lui.
 
«Chi è quindi?» Daphne lo guarda, seduta pacificamente sulle spighe di grano accanto alla tomba della sorella. «La donna che ti fa ingrassare».
Draco ride, ma non risponde, osserva svagato l’orizzonte che si fonde dolcemente con il giallo delle spighe, sfumandosi d’oro.
«Piantala» borbotta, in direzione della cognata. «Non è passato un anno».
Daphne ride, gettandosi dietro le spalle i lunghi capelli biondi, così diversi da quelli bruni della sorella minore: il tempo è passato anche per lei, pensa Draco distrattamente, e la vita non le ha risparmiato ferite da inciderle dentro.
«E tu non hai dimenticato» commenta Daphne, indicando la fotografia poggiata sulla piccola lapide in pietra. «Eppure…».
 
Ti amo ancora, ma comprendo come tu per tutta la vita sia stata divisa tra questo mondo e un altro, e lo comprendo – o ci provo – e lo rispetto.
Oggi sarebbe stato il tuo compleanno, pensavo che sarebbe stata la giornata peggiore, per me.
 
«Eppure?» domanda Draco, perplesso.
Daphne sorride.
 
Eppure, oggi sto bene.
 

 
***
 

Febbraio.
 
Ti ho riscoperta.
Come qualcosa che non si conosce bene, un’isola in un flusso di sue gemelle che attraversa l’oceano più etereo e sconfinato, ti ho ritrovata. E non nelle fotografie, né nei tuoi vestiti che ho tolto dall’armadio e messo in soffitta, né in quella fottuta radio Babbana che Scorpius è riuscito a riaccendere. E, alla fine, nemmeno in Scorpius.
Io ti ho dovuto riconoscere nella maniera più insospettabile ma che, mi dico, è anche quella con cui avrei permesso a Fred Weasley di riconoscerti per tutto il tempo che avrete da passare insieme.
Nella frequenza interrotta – ininterrotta – di ronzii e fruscii della tua radio, nel sorriso di una donna che non sei tu, nel miagolio della gatta di nostro figlio e in tutte quelle cose che non potrò mai farti vedere. Ma tu ci sei.
In un orizzonte che non taglia, ma sfuma e si conclude in un punto invisibile dell’esistenza, dove qualcuno ti aspettava.
Asteria, amore mio, io spero davvero che tu sia riuscita a riscoprirti e a riscoprire il tuo antico amore per Fred Weasley, perché altrimenti non saprei più in cosa credere: sei sempre stata la mia unica certezza, in questo mondo. E adesso cedo a lui questo beneficio, anche se una parte di me, chissà quale e quanto importante, non smetterà mai di amarti e di riscoprirti in tutto quello che sei riuscita a lasciarmi di te, anche non volendolo.
Ti ho riscoperta, innamorata di un altro, ma per sempre identica alla prima persona che io abbia mai amato.
Ti ho riscoperta nella cosa più insospettabile al mondo che, ironia della sorte, è anche quella che più ho detestato quando mi hanno detto che eri andata via.
Ti ho riscoperta nelle tue fottutissime lettere e, oggi, ho capito persino perché mi hai costretto a scriverle. Se le hai lette, ti sei riconosciuta, ti sei riscoperta innamorata e hai riconosciuto e riscoperto anche lui.
E io, anche se questa sarà l’ultima volta in cui troverò il coraggio (me ne ha prestato un po’ lei) di dirtelo, ti sono grato per tutto questo, perché mi hai permesso di impararti per un’ultima volta.
E forse io non potrò amarti per sempre come ti avevo promesso ma, te lo giuro, per quest’anno ci ho provato.
 
«Papà» Scorpius s’affaccia nello studio, osservando con curiosità suo padre. «Hermione ha preparato la cena e pare sia anche mangiabile».
Draco ride, ma ha il viso rigato di lacrime. «Arrivo» sussurra, indicando la lettera ancora aperta sul proprio tavolo. «Finisco con la lettera per mamma, e vengo a tavola».
Scorpius sorride, ma gli prende di mano la piuma dalle mani e la posa sul bordo del tavolo. «Guarda che Hermione ti Schianterà di nuovo, se non ti muovi» ride. «Andiamo papà: mamma oggi può aspettare».
Draco sorride, nel vedere suo figlio entrare nella stanza e, con un movimento elegante della mano, spegnere la radio di sua madre.
Questa volta, ne è certo, Scorpius non la riaccenderà più.
 

 
***


Marzo.
 
È già passato un anno, ci credi?
Pensavo che quella ferita non si sarebbe più richiusa, che avrei per sempre vissuto nella tua mancanza e, invece, ti sei affievolita anche tu. Il giorno in cui ho capito che dovevo riconoscerti da zero, come tu avresti riconosciuto lui, mi hai fatto cadere sul capo un cumulo di macerie sanguinolente e inutili.
Però, mi hai detto una cosa, nelle parole di George Weasley che avevo pensato fossero stupide, e fuori luogo, quando invece, forse aveva ragione. Perché non pensavo che mi servisse dimenticarti, se non finché il tuo fantasma è quasi divenuto solido, dentro di me, e ha rischiato di schiacciarmi.
Asteria, io non penso di poterti mai dimenticare: sei stata la prima donna che ho amato, ma non l’unica, e avrò per sempre la tua cicatrice a sfregiarmi dentro.
Oggi finisce marzo e, con questo mese, finiranno anche quelle lettere che mi hai estorto: non so se smetterò mai di scrivertele, se smetterai mai di mancarti e se smetterò mai di pensare a quanto ingiusta sia stata la vita non solo con me, ma anche con te.
Oggi non ti saluto, perché gli addii non ho mai imparato a dirli, ma ti scrivo come se potessi attendere una tua risposta, come se potessi scriverti un “R.S.V.P.” e attendere, perché sicuramente ne avresti, di cose da dirmi.
Ma non posso.
 
«Scorpius, sei pronto?» Draco osserva suo figlio, stretto in un mantello scuro, è diventato più alto. «Mamma ci aspetta».
Ma Scorpius sorride, somigliando tremendamente a quella madre che l’osserva dal cielo con nostalgia, e scuote il capo. «Mi aspetta» risponde, dolcemente. «Non ricordi? Ti aveva concesso un anno, e quell’anno…».
Draco ricambia il sorriso. «Finisce oggi» concorda. «Oggi tua madre mi costringe a cambiar vita?».
«Sei già cambiato» risponde suo figlio, chinandosi a prendere la lettera arrotolata sul tavolo. «Anche se non te ne rendi conto. Comunque, questa la porto io».
Draco ride, finalmente, e quel suono risuona tremendamente simile al sibilo di una vecchia radio a frequenza disturbata.
 
Perché oggi è il giorno in cui tu mi costringi a ricostruirmi da zero.
 

 
***
 

Marzo.
 
Una volta, hai scritto bene: ci siamo conosciuti, scoperti e riscoperti innamorati. Di quell’amore folle, pazzo e sconclusionato che, se va male, ti rimane addosso come una colla per tutta la vita – e a me, a noi, è andata male e a questa vita ci sono rimasta incollata per davvero, un po’ per amore e un po’ controvoglia, finché qualcuno non ha voluto togliermela.
Draco, amore mio, forse è vero che si ama una sola volta nella vita ma adesso tu, che la tua vita te la sei ricostruita, sapresti dire chi ami di più tra me e lei?
Perché io sono qui, in un posto che è e non è, con Fred seduto ad armeggiare con una vecchia radio Babbana (la stessa che mi permette di ascoltarvi) che manda solamente sibili e frammenti di musica classica, e ti sento. Vi sento. E mi hai stretto il cuore quando mi sono resa conto che avresti voluto odiarmi, pur di liberarti di un ricordo appiccicoso e inutile come potevo essere io.
E anche io, come te, per un anno ti ho scritto lettere sapendo che non ti sarebbero mai arrivate, un anno per dimenticarti e un anno per ricostruirmi da zero. Un anno per farmi riconoscere, da te e da Fred, e tornare ad amare.
Perché è l’amore, che ci muove ed è l’amore che, adesso, riesce a muovere anche te e Scorpius. E io sono così terribilmente fiera di entrambi da non riuscire nemmeno a pensare alle parole adatte per esprimerlo.
Ho riscoperto Fred, in questo posto che non so e, ancora una volta, ci siamo scoperti sommersi e innamorati, come fosse il primo giorno. E mi mancherai, come io manco a te: prima tanto, poi sempre di meno finché un giorno ci ritroveremo e, allora, tu sarai con Hermione e io con Fred e allora saremo felici di una felicità nuova, simmetrica, e potremo finalmente ascoltare una musica meno fastidiosa e ronzante di questa.
Hai ricostruito tutto quello che ho fatto prima di conoscere te e, di questo, te ne sono grata: perché mi hai dato l’occasione di spiegarti tutto e, alla fine, fammi perdonare. Perché riscoprire implica il perdono e, anche se non te ne sei reso subito conto, tu mi avevi già perdonata già nella prima lettera. Le tengo tutte qui con me, in una delle tasche della mia anima, dove posso rileggerle ogni volta che voglio: non so se le mie ti arriveranno mai, ma spero che ci sia posto, dentro di te, per le mie parole. Continua a riscoprirti, a riscoprirmi, a perdonare e a perdonarti.
E, allora, un giorno mi dirai a che vita ti sei incollato – alla mia? Alla sua? – e io lo scoprirò e saprò perdonarti.
Mi mancheranno le tue lettere, ma so che Scorpius continuerà a scriverle al posto tuo, e allora saremo sempre una famiglia.
 
Asteria
 

 
***
 

Marzo.
 
Io non so come dovrei scriverti, con che parole dovrei rivolgermi a te. E dirti grazie, per tutto quello che hai fatto anche senza  esserci più.
Non ho il talento letterario di Draco, per me le cose sono come sono e non c’è bisogno di fronzoli o arzigogolature per nascondere quella che è la realtà nuda e cruda. E la realtà è che tu, con che miracolo davvero non so dirtelo, sei riuscita ad aiutarlo persino dal tuo cielo.
Ho visto le tue foto, a casa tua, con e senza Fred e mi piace immaginarti ancora così: a quattordici anni e piena di belle speranze, con una vita davanti. Forse l’hai vinta davvero, nella lotteria dell’immortalità, una nuova vita da passare con lui: perché, e questo Draco lo sta imparando solamente adesso, puoi amare per davvero due persone allo stesso modo ma in tempi diversi.
E forse tu hai amato più uno o l’altro, io questo non posso saperlo, ma hai lasciato a me una persona in grado di ricostruirsi e, di questo, ti sono grata.
 
Hermione
 
 
***
 

E forse non fu un nulla, ma ebbe comunque l’ombra di un qualcosa che, per un momento soltanto, ci accecò fingendosi un niente che attraversava il cielo nell’ennesima scia infuocata lungo un tramonto.
Una vecchia radio Babbana canta questo nulla, e molti altri ancora.


 

Buon pranzo a tutti, e per prima cosa davvero grazie a chi ha speso anche solamente cinque minuti del proprio tempo a leggere questa storia. 
Non ho appunti da fare, a questo giro, ma vorrei ringraziare Marti Lestrange per la bella ispirazione che mi ha dato, spingendomi a scrivere la mia ennesima storia su Draco e Asteria.
Ringrazio anche VigilanzaCostante che mi ha permesso di creare questo mondo per il suo contest, e ovviamente tutti quelli che hanno letto e recensito lo scorso capitolo, grazie di cuore a tutti quanti.
Spero che la conclusione sia degna.
Gaia

1Paola lascia casa, la sua famiglia, una gatta (Baustelle, l'orizzonte degli eventi)

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