Young love is ruthless, so learn to fly.

di Back To Vegas Skies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Salve a tutti, siamo Ros (Back To Vegas Skies) e Annabells. E' la prima esperienza di scrittura "in collaborazione" per entrambe, ma questa storia si è praticamente scritta da sola. Ce la stiamo mettendo davvero tutta per renderla perfetta e siamo sicure che non vi deluderemo :) Questo primo capitolo è una sorta di prologo per fare la conoscenza dei personaggi, i prossimi saranno più lunghi e più articolati. Che dire, buona lettura e se vi va, fateci sapere che cosa ne pensate!
[Ovviamente i personaggi non ci appartengono e non scriviamo per far soldi -.-]



YOUNG LOVE IS RUTHLESS,
SO LEARN TO
FLY.


Capitolo 1.

 

“I wanna scream 'I love you' from the top of my lungs,
but I'm afraid that someone else will hear me.”


 

 
L' ultima volta che i ragazzi del St. Patrick’s College si erano visti, era stato a giugno, prima che iniziassero le vacanze estive.
 Durante l'estate possono accadere tante cose: ci si può innamorare, si possono provare nuove esperienze, si può fare un viaggio per esplorare l'intera Europa, ci si può semplicemente rilassare o si può far luce su sé stessi e quello che si è provato durante l'anno scolastico. Ma in quel caso era diverso: non importava cosa si era fatto, l'importante era più che altro avere qualcosa da raccontare ai ricchi e viziati compagni di scuola, in modo da poter far sembrare la tua vacanza più emozionante e decisamente più invidiabile rispetto alla loro. L'importante era essere al di sopra di tutti, era essere popolari e ritagliarsi il proprio momento di gloria.
Per le matricole la storia era un po’ diversa, soprattutto se quelle matricole erano come Ryan Ross e William Beckett. Seppure allievi di quell’istituto da due anni, i due ragazzi non sapevano nemmeno come ci erano finiti al St. Patrick e ogni volta che ci rimettevano piede si sentivano come bambini al loro primo giorno di scuola. Ryan benediceva il cielo, ripensando al giorno in cui aveva incontrato William. Davvero, senza di lui, si sarebbe sentito davvero solo, in mezzo a tutti quei figli di papà con la testa montata e la puzza solo il naso.
L’unico motivo per cui William e Ryan ringraziavano i loro genitori di averli costretti a entrare in quel College, anche se non l'avrebbero mai ammesso, erano due persone. Non due persone comuni, ma Alex Greenwald e Gabe Saporta, i classici tipi belli e popolari, quelli che nei film stanno con le cheerleader  alte e bionde e non di certo con due ragazzini gay di due anni più piccoli di loro, che non avevano neanche il coraggio di rivolgergli la parola.
Gabe e Alex ignoravano completamente la loro esistenza, sempre circondati da decine di ragazzi adoranti che avrebbero fatto di tutto pur di essere ammessi nella loro ristrettissima cerchia, di cui facevano parte solo pochi e selezionati fortunati, riscuotendo l’invidia dell’intero istituto. Sì, perché Gabe Saporta, simpatico e divertente, Alex Greenwald, bello e brillante, Travis McCoy, l’ombra di Gabe e gay dichiarato, Dallon Weekes, che con quegli occhioni blu riusciva ad ammansire le folle, e Brendon Urie, il più piccolo del gruppo, erano i ragazzi più popolari del St. Patrick e chiunque aveva almeno una volta desiderato essere loro amico, per poter essere al centro dell’attenzione di tutta la scuola. Ma William e Ryan non avevano intenzione di entrare nel loro gruppo, si limitavano ad osservarli da lontano, sperando che, prima o poi, si sarebbero accorti di loro.
C'era da dire che le speranze che questo accadesse non erano molte, i due erano fin troppo introversi, mentre gli altri due esattamente il contrario. Inoltre Gabe, con enorme disappunto di William, era fidanzato da anni con Vicky,  una ragazza a dir poco stupenda, che non raramente gli altri ragazzi vedevano girare indisturbata nella scuola. Molte volte Alex e Dallon aiutavano Gabe a farla entrare di nascosto, visto che la ragazza era davvero fresca e simpatica e neanche a loro dispiaceva la sua compagnia.
Ovviamente questo non aiutava i nervi già abbastanza fragili di Bill, che aveva aspettato tutto l’anno le vacanze estive solo per non vedersela più girare tra i piedi o ritrovarsi lei e Gabe che pomiciavano dietro qualche statua dell’antico istituto.
 
Era il 10 settembre e come ogni anno, i ragazzi erano sparpagliati nel cortile, aspettando il suono della campanella che avrebbe annunciato l’inizio di un nuovo anno scolastico, che come sempre, sarebbe stato aperto da uno dei soliti pallosissimi discorsi del preside che li invitava a seguire le regole e a rispettare la scuola  e la patria. Anche quella volta, come ogni primo giorno di scuola, le matricole si accalcavano nervosamente contro l’ingresso, guardandosi intorno con aria spaventata e non rivolgendosi la parola tra di loro. Tre ragazzi in particolare attiravano l’attenzione più degli altri: uno, piccolo e magro, con un ciuffo riccio che gli ricadeva sulla fronte, un altro accanto a lui ugualmente piccolo e con i capelli lunghi, e infine, poco più in là, un ragazzetto in carne con degli strani tatuaggi, che, spinti dalla voglia ma soprattutto dalla necessità di far conoscenza avevano iniziato a parlare un po’.
 Al suono della campanella, non sapendo dove dirigersi, chiesero a due ragazzi lì vicino se potevano aiutarli a trovare la sala conferenze. La guida alla struttura, infatti, sarebbe avvenuta solamente quel pomeriggio, da un certo professor Smith. I ragazzi, che si presentarono come Brendon e Dallon, li aiutarono volentieri aggiungendo che potevano rivolgersi a loro per qualunque cosa e Ian, Alex e Cash, così si chiamavano i tre, accettarono di buon grado.
I ragazzi non sapevano ancora di essere entrati nelle grazie di niente di meno che Dallon Weekes e del suo migliore amico, Brendon Urie, che anche se di qualche anno più piccolo di lui, era praticamente l’amico più fidato che Dallon avesse al mondo. I due erano inseparabili.
Brendon provò da subito una tenerezza incondizionata nei confronti di Ian, il più piccino dei tre ragazzi, che gli sembrava malinconico e incredibilmente solo. Sentì l’impulso di proteggerlo e di aiutarlo, anche perché aveva il vago sentore che la sua malinconia fosse dovuta ad una delusione d’amore e lui sapeva perfettamente come ci si sentiva.
 
La sala, non era molto lontana dal cortile e all'esterno c'era ancora parecchia gente. A quanto aveva detto Gabe, un amico di Dallon, che si era unito a loro a metà strada, aspettavano il preside Wentz per entrare. Ian, non sentendosi in vena di socializzare, prese ad osservare i ragazzi che aveva intorno. Notò subito un ragazzo alto, magro e con capelli lunghi e mossi che fissava astiosamente nella loro direzione, per poi mettersi a parlare in maniera concitata con un altro che gli stava accanto. Pensò di chiedere a Brendon chi fossero, ma quando si voltò verso il più grande, si accorse che guardava già nella direzione in cui c'erano i due ragazzi. Solo che sembrava praticamente ipnotizzato dall’altro, un ragazzo sempre alto e magro ma con una linea di eyeliner e i capelli corti, che annuiva ascoltando il suo amico.
Ma non ebbe modo di dire niente, poiché il preside, un uomo basso e vestito con un completo gessato, prese posto davanti alla sua scolaresca, schiarendosi la gola prima di iniziare a parlare.
Gli alunni si zittirono immediatamente, tutti stipati nella grande sala, aspettando impazienti il discorso di quel piccolo uomo che però sembrava tenerli tutti in pugno.
- Benvenuti e bentornati al St. Patrick College - iniziò, con un tono che non conteneva nulla di cordiale o che facesse sospettare agli alunni che lui fosse entusiasta di vederli - Per chi non mi conoscesse, io sono  il professor Peter Lewis Kingston Wentz III, vostro preside e guida morale.
Dallon alzò gli occhi e Gabe trattenne a stento una risatina.
- Non mi aspetto che tutti voi siate degni di frequentare il nostro rinomato istituto, il cui buon nome ha viaggiato attraverso le generazioni. Lo stesso nipote del presidente Kennedy - continuò, sorridendo soddisfatto -  conseguì i suoi migliori risultati scolastici tra queste mura. Il nostro istituto vi garantisce una preparazione completa e all’avanguardia, senza però dimenticare i grandi insegnamenti che ci sono stati dati dal passato e sui quali deve essere fondata la società odierna di cui voi sarete i pilastri: rispetto dello Stato, della famiglia e di Dio. È questo che noi del St. Patrick cerchiamo di trasmettere ai nostri alunni, e chi in qualche modo non si trova d’accordo con il nostro metodo è pregato di andarsene seduta stante. - si fermò un attimo, come a voler sfidare i suoi alunni.
-  Non sono ammesse infrazioni delle regole, non sono ammessi favoritismi né tantomeno ribellioni. La compostezza e il rigore sono basi fondamentali su cui erigere la personalità dell’uomo di domani e mi aspetto che ognuno di voi faccia del suo meglio per raggiungere gli obiettivi prefissati, divenendo ciò che ogni uomo americano deve essere: ligio al dovere, dedito alla famiglia e fedele alla patria! - il suo tono era infervorato, gli occhi lucidi. Gabe e Dallon guardarono divertiti le matricole, che ancora non abituati al fanatismo del preside, erano rimasti sconvolti.
- Buon inizio anno scolastico nel nostro College. - concluse, ricevendo un applauso abbastanza incerto.
Così come era entrato, il preside era uscito, lasciando la postazione sul palco a un uomo dai lunghi capelli biondo scuro con due bellissimi occhi di ghiaccio. Accanto a lui, un uomo più basso con una folta barba e degli insoliti infradito ai piedi, sorrideva nervosamente prima di iniziare a parlare.
- Io e il professor Smith volevamo ricordarvi che questo pomeriggio alle 16 in punto, per le matricole vi sarà una riunione, con lo scopo di apprendere nel miglior modo le regole e imparare a sapersi orientare nella struttura. Ora verrete accompagnati dai vostri compagni nei dormitori, - il suo tono era diverso da quello del preside, sorrideva e sembrò mettere un po’ più a loro agio gli studenti - a dopo. - concluse, posando il microfono e dicendo qualcosa all’orecchio a quello che doveva essere il professor Smith.
Ian era rimasto stupito dall'uomo biondo, sebbene non lo avesse nemmeno sentito parlare, improvvisamente dopo mesi, si sentiva affascinato da qualcuno.

Il gruppetto si avviò verso il corridoio, e mentre Dallon spiegava con l’aria di chi la sa lunga quanto il preside fosse un coglione bigotto , si aggiunsero a loro due ragazzi, i famosi Travis e Alex che, a quanto avevano avuto modo di capire i nuovi arrivati, erano due dei più grandi amici di Dallon e Gabe.
I quattro ragazzi più grandi, e Brendon che li seguiva poco più indietro, iniziarono a fare teorie su chi fosse il loro nuovo compagno di camera, dato che il preside, a seguito di alcuni “incidenti”, così li definì Gabe seccato, aveva deciso che a partire da quell’anno avrebbe scelto lui le sistemazioni dei ragazzi nelle camere.
I fogli, in cui erano annotate le sistemazioni era situato sulla bacheca, che si trovava accanto alla porta che dava ai dormitori. Quando Dallon lesse chi era il suo compagno si sentì sollevato: Ian sembrava un ragazzo veramente a posto. Per curiosità guardò anche il nuovo coinquilino di Brendon, dato che il  suo amico sembrava sconvolto e guardava il foglio con un’espressione indecifrabile. Una volta che l'ebbe fatto non riuscì a trattenere una risata:  si prospettava un anno a dir poco interessante.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2



"Could this be love at first sight, or should I walk by again?
You're photogenically dressed, the conversation begins.
Oh god, now what did I say? Let me start over again."

 

 
Quando Ryan riuscì a leggere con chi era in camera, rimase molto deluso: segretamente covava ancora la speranza di capitare in stanza con Greenwald. In effetti ci aveva sperato ardentemente lungo tutto il tragitto fino alla bacheca e invece era capitato con Brendon Urie, il mormone esagitato e dedito allo studio, che ogni tanto lo guardava in modo strano. Qualcuno lassù non doveva volergli bene.
Quando guardò con chi era capitato Will, non poté reprimere un sorriso: quel ragazzo era sempre stato fortunato.
Tornò in fretta alla panchina che si trovava accanto alla porta, dove l'amico lo aspettava  ansioso, in attesa del la notizia.
- Non puoi capire con chi sei capitato Will! - esclamò.
Il ragazzo lo guardò, con aspettativa e curiosità, conscio del fatto che l'altro non avrebbe parlato prima di torturarlo un po’, dato che dalla sua faccia aveva capito che non era soddisfatto della nuova disposizione.
- Con Greenwald? - chiese, inarcando un sopracciglio - No, perché questo significherebbe che praticamente vivresti in camera mia!
-  Ah ah, simpatico - rispose Ryan, acido - Ma no, non è Alex.
- Oddio, non dirmi che sarà una di quelle fastidiose matricole! Quelli che si strappano i capelli prima di un esame e cercano di perdere la verginità con la prima cosa o persona che gli capiti a tiro!
Ryan rise, ma scosse la testa. Adorava vedere William scervellarsi a quel modo.
Will si guardò intorno, cercando di capire chi sarebbe potuto essere questo terrificante compagno, quando incontrò lo sguardo infastidito di Travis, cosa che non aveva molto senso. I due avevano avuto modo di parlare, qualche volta, e alla fine aveva deciso che Travis era un ragazzo a posto… Allora perché adesso sembrava volesse incenerirlo con gli occhi? Accanto a lui Dallon e Gabe chiacchieravano tranquilli, mentre Brendon aveva la faccia di uno a cui avevano appena ucciso il cane. Con loro, c'erano anche dei volti sconosciuti, che si presumeva  fossero nuovi arrivati. E a proposito di nuovi arrivati, uno di questi, quello che aveva un’espressione spaurita e i capelli lunghi che andavano da tutte le parti, stava parlando con Greenwald, che rideva.
Anche Ryan, dato che l'amico non faceva più attenzione a lui, si voltò in quella direzione, e notando Alex che rideva in quel modo e il ragazzo che gli parlava animatamente, si sentì ancora più scoraggiato per il fatto che difficilmente lui avrebbe potuto fare lo stesso. Per pura curiosità cercò Brendon e si stupì che il ragazzo, solitamente uno dei primi a far baldoria, fosse tranquillo e stranamente serio. Evidentemente anche lui avrebbe preferito essere in stanza con un'altra persona.
- Allora, mi vuoi dire sì o no con chi diavolo sono in camera? O devo andare a vedere da solo? - la voce di Will lo fece sobbalzare.
- Oh, sì - rispose Ryan, ancora distratto da Greenwald e il suo nuovo amico.
- Allora? - chiese l’altro impaziente.
Ryan si girò e gli sorrise, poi disse sottovoce:
- Non so se lo conosci, è un certo… - si prese tutto il tempo necessario per godersi l’effetto che avrebbe sortito sull’amico, che sembrava stesse per strangolarlo.
Ryan ridacchiò.
- Uhm, com’è che si chiamava? Ah, già! Saporta! Non lo conosci, vero?
William fece cadere con un tonfo la borse che teneva in mano. Aveva la bocca semiaperta e gli occhi sgranati.
- Stai scherzando, vero?
Ryan scosse la testa e dopo meno di due secondi si ritrovò al collo le braccia dell’altro, che urlava, eccitato come una ragazzina, attirando su di sé l’attenzione di parecchie persone.
- Oddio, Ry! Non-Non ci posso credere! Oh mio dio! Proprio lui!
- Shhh, zitto Will, ci guardano tutti!
William lasciò la presa e guardò Ryan con un sorriso raggiante, alzò la borsa e si sistemò i capelli.
- Sai, Ryan,  credo che sarà proprio un bell’anno scolastico!
- Non ne sarei così convinto, Will.
Will lo guardò sospettoso, per poi sbattersi il palmo di una mano in faccia.
- Scusa, sono pessimo, non ti ho nemmeno chiesto con chi sei in camera!
Ryan gli restituì in risposta uno sguardo vuoto ed estremamente sconsolato.
- Hai intenzione di dirmelo?
Ryan sbuffò, prima di rispondergli, scocciato.
- Brendon Urie.
- Oh amico mi dispiace, davvero. Ma dai, non può essere così male… Sembra a posto.
Ryan sospirò, avviandosi verso il corridoio, con Bill che lo seguiva poco più indietro con un’espressione costernata.

Gabe, invece, era piuttosto soddisfatto del suo nuovo compagno di stanza. Certo, non lo conosceva, ma aveva sentito dire da Travis, che ci aveva parlato più volte, che il ragazzo non era male.
Ovviamente non aveva nemmeno problemi con il fatto che Will fosse così palesemente gay.
Lui, su questo punto di vista, stava tranquillo: il suo migliore amico era probabilmente l’omosessuale più maniaco che avesse mai incontrato e ormai non si meravigliava più di nulla, neanche del fatto che in giro si vociferasse che William andasse a letto con Ryan Ross.
A differenza di Travie, però, né William né il suo amico avevano mai ammesso di esserlo, anche se la cosa era abbastanza ovvia, nonostante i due ragazzi avessero tenuto un basso profilo da quando il preside Wentz li aveva ripresi per i loro comportamenti un po’ troppo 'allegri'. Inoltre c'era da dire che le voci su una loro probabile love story non si erano mai zittite.
- Ciao! - disse allegramente, non appena il ragazzo entrò nella camera, guardandosi intorno un po’ spaurito.
- C-ciao - rispose quello sottovoce, senza guardarlo, con le guance che diventavano pian piano sempre più rosse.
- Se non ti dispiace prendo io il letto accanto alla finestra! Sempre se per te non è un problema! - continuò, sorridendo.
William annuì, poggiando le sue cose sul letto contro la parete opposta.
- Comunque, piacere, io sono Gabe - riprese, porgendogli la mano.
- William… Bill se vuoi - disse sottovoce, accennando un sorriso e stringendo le sue lunghe dita tremanti nella mano dell’altro.
- Ti senti bene? - chiese perplesso Gabe, accorgendosi del tremore del suo nuovo compagno.
William annuì, lasciando Gabe perplesso. Molti altri ragazzi avrebbero desiderato essere al suo posto, eppure William sembrava così scontento di essere in camera con lui…
Gabe cominciò a sistemare i suoi vestiti nel grande armadio di legno scuro, continuando a chiacchierare e sperando di fare amicizia con William. Davvero, non gli andava di stare un anno intero in camera con una mummia. Inoltre  era necessario che diventassero amici, altrimenti avrebbe dovuto dire addio alle visite di Vicky, alle canne e alle casse di birra nascoste sotto il letto.
- Hai sentito il preside? Quest’anno sarà ancora più palloso dell’anno scorso!
- Già! - rispose William, sospirando - Beato te che sei all’ultimo!
Bene, cominciava a sbloccarsi.
Gabe gli sorrise e poi disse:
- Ah, allora sai parlare!
William divenne paonazzo e si girò di scatto verso il suo letto, fingendo di prendere qualcosa dalla sua borsa.
- Come sta il tuo amico… Ryan, vero?
- E’ okay, - disse Will, facendo spallucce - è capitato in camera con Urie - aggiunse.
- Beh, poteva andargli peggio! Anche noi siamo stati fortunati… no?
William gli sorrise, annuendo, sempre con quel lieve rossore sulle guance che gli conferiva l’aspetto di un bambino.
 
Ryan aprì la porta controvoglia, entrando lentamente. Non gli andava proprio di dover stare in camera con quel fanatico di Urie. Lui, sempre il cocco dei professori, sempre quello con il sorriso stampato sulle labbra, sempre insieme a quel superfigo di Weekes, che, cazzo, dovevi essere solo cieco per non avergli guardato il sedere almeno una volta.
- Hey, ciao - lo salutò Brendon, con un ampio sorriso.
- ‘Giorno - rispose, avvicinandosi al suo letto. La stanza era carina, ma non abbastanza grande per entrambi e Ryan si sentiva già soffocare. Perché anche a lui non era toccata la stessa fortuna di William?
Brendon lo seguiva con lo sguardo, seduto a gambe incrociate sul suo letto.
- Puoi smetterla di guardarmi? Mi fai sentire in soggezione - sbottò, dopo qualche minuto.
- Oh, sì, scusa - balbettò l’altro, abbassando lo sguardo.
Passò qualche altro minuto, nella stanza era calato uno strano silenzio, rotto solo dal fruscio dei vestiti che Ryan posava nei cassetti.
- Ehm… Ryan? - la voce di Brendon suonava insicura e incerta - dovrei chiederti un favore.
- Spara.
- Insomma, io… mi piacerebbe se tu e William evitaste di fare certe cose qui in camera nostra. Vorrei evitare momenti imbarazzanti…
Bene, se prima aveva solo al sensazione che Urie fosse stupido, adesso ne aveva la certezza.
- Ma sei idiota o cosa? Certe cose!? Quali cose dovrei fare con William? - gettò sul letto le camicie che teneva in mano e uscì, sbattendo la porta.
 
Ian camminava imbarazzato dietro Dallon, cercando di evitare gli sguardi che il suo compagno attirava inevitabilmente su di sé e dei quali sembrava non curarsi affatto.
Entrarono nella stanza e Dallon, sorridendo, gli disse che poteva scegliere il letto che preferiva.
Era strano come Ian non si sentisse minimamente attratto da quell’adone che aveva davanti, nonostante sapesse da tempo immemore di essere omosessuale. Era anche per questo che aveva scelto un College maschile: più possibilità di incontrare persone nuove, quindi più possibilità di dimenticare…
Si avvicinò alla finestra e guardò nell’immenso giardino verde che gli si apriva davanti. Sotto un grande pioppo, due uomini stavano parlando animatamente. Riconobbe il preside e il professor Smith, quell’uomo che poco prima aveva attirato la sua attenzione.
- Uhm, Dallon?
- Si?
- Quel professore… Quello che sta parlando con Wentz… chi è?
Dallon si sporse vero Ian, per vedere meglio.
- Oh, è il professor Spencer Smith, fa filosofia. È uno dei pochi col cervello qui dentro - rispose, con noncuranza.
Ian sorrise, per la prima volta dopo mesi.
 
Alex stava per arrivare nella sua camera, quando da una stanza sulla sinistra uscì un Ryan Ross a dir poco infuriato, che non vedendolo gli finì addosso. Dopo aver farneticato strane parole ed essere arrossito, in maniera imbarazzante, se ne andò correndo. Alex non sapeva cosa pensare, sapeva di piacere a quel ragazzo, ma lui era eterosessuale, cavolo. In ogni caso, una volta entrato nella sua stanza, trovò il suo coinquilino a fissare dalla finestra. Silenziosamente si avvicinò, per vedere cosa avesse attirato la sua attenzione, e vide che nel giardino Wentz stava parlando con il professor Smith sorridendo in maniera languida. Il ragazzo più piccolo involontariamente gli aveva dato un buon motivo per torturalo e divertirsi un po’. Stando attento a non fare troppo rumore si avvicinò maggiormente, per poi parlare ad alto volume nell'orecchio del più piccolo.
- Ohoh Brontolo stai guardando qualcosa di interessante?
Deleon sobbalzò, spaventato e imbarazzato, Alex non poté sorridere, si sarebbe divertito a dir poco quell'anno.
- Io non mi chiamo Brontolo, ho un nome sai - disse Deleon, ancora scosso per essere spaventato.
- Come dici tu, Brontolo. Ma sei così… Un piccolo bambino con la testa nella Disney!
- Non è vero! - scattò Deleon, diventando rosso fuoco.
- Certo, e questo di chi è? - disse, alzando divertito un pigiama con Topolino disegnato sulla maglietta e i pantaloni a pois gialli.
Le orecchie di Deleon diventarono fucsia e corse in bagno, lasciandosi alle spalle le risate soffocate di Alex.
 
Cash si sentiva un po’ a disagio accanto a Travis, tuttavia  era felice di essere capitato in camera con un ragazzo che non sembrava un perfettino con la puzza sotto il naso. A Cash piaceva come persona, gli piacevano i suoi piercing e i suoi tatuaggi che lo facevano sentire meno solo. Suo padre glielo aveva ripetuto un miliardo di volte, “Così conciato in quella scuola non ci entrerai mai e poi mai!”, eppure lui, a dispetto di tutti, aveva passato il test d’ingresso con uno dei punteggi più alti. E adesso vedere che non era l’unico a vestirsi in modo “diverso” lo faceva sentire sollevato. Travis sembrava essere sulla sua lunghezza d'onda. O almeno, lo sembrava fino ad aver visto quel foglio appeso in bacheca. Da lì infatti il ragazzo chiassoso e sorridente era sparito, lasciandone uno arrabbiato e nervoso. Il ragazzo gli aveva detto, ripetuto più volte, che non gli dispiaceva essere in camera con lui, ma onestamente Cash stentava a crederci. Invidiava fortemente Ian e Alex, sicuramente con loro sarebbe stata tutta un'altra cosa.
 








***
Grazie mille a chi ha recensito *^*

persefone86visions haunt me , Heven Elphas  siete l'amore <3
Speriamo che anche questo capitolo vi sia piaciuto!

A prestissimo!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3


Should’ve said something but I’ve said it enough,
by the way my words were faded, rather waste some time with you.

 
L’ora di pranzo arrivò prima che i ragazzi se ne accorgessero, intenti com’erano a raccontarsi le proprie avventure estive. Gabe e Dallon avevano occupato un tavolo, aspettando che arrivassero gli altri, e intanto chiacchieravano sottovoce, guardando dall’altro lato della sala.
- Tu dici che non se la fanno? Ma guardali! Sono così… gay!
- Sono solo migliori amici Gabe. Neanche tu te la fai con Travis!
- Ma io non sono gay!
Dallon sollevò un sopracciglio, con un sorrisino.
- Cosa vorresti insinuare? - esclamò Gabe, indignato.
Dallon non riuscì a ribattere, dato che furono interrotti da Alex Greenwald che prese posto accanto a loro, seguito da Travis, che aveva l’espressione più cupa che gli avessero mai visto.
- Allora - iniziò Dallon, con la sua voce suadente come sempre - come va con i nuovi compagni di camera? Il mio è forte!
- Il mio è un idiota! Mi divertirò un mondo quest’anno! - esclamò Greenwald, ridendo.
- Il mio sembra simpatico. Si chiama William - disse Gabe, addentando il suo panino.
Travis fece una risatina ironica, fissando Gabe, che lo guardò perplesso.
-  E a te, Trav? Com’è il ragazzo che sta in camera con te? È carino? - chiese Greenwald, dandogli una gomitata scherzosamente.
- E’ okay. Ma non tutti abbiamo le stesse fortune - disse brusco, continuando a fissare Gabe astiosamente.
- Travie, c’è qualcosa che non va? - chiese quello dopo un po’, notando che Travis continuava a guardarlo.
- Spero solo che tu non abbia ripensamenti, Saporta - rispose acidamente, alzandosi di botto e lasciandoli lì a bocca aperta.
 
Brendon era in ritardo, aveva aspettato Ryan, per chiedergli scusa di essere stato un ficcanaso invadente, ma non vedendolo arrivare, si era diretto sconsolato nella sala mensa. Non era stata sua intenzione essere un cretino impiccione, e tantomeno intromettersi nella sua vita sessuale, o almeno in certi limiti.
Una volta arrivato in sala, dovette passare accanto al tavolo che Ross condivideva con il suo fidanzatino, per poi sedersi vicino ad Alex. Guardò velocemente verso Ryan, che sembrava averlo ignorato completamente. Lì, al tavolo, invece, sembravano tutti concentrati a parlare di qualcosa che avesse a che fare con Travis.
- Dov'è Travis?- chiese allora, dato che si erano a malapena accorti del suo arrivo.
- E' andato via poco fa, credo che sia entrato in sindrome premestruale - disse Alex - non invidio Cash, sembrava davvero irritato.
- Gli passerà. Comunque, -tagliò corto Dallon - Bren come è andata? - chiese, con un sorriso smagliante.
- Una meraviglia, sono già il suo migliore amico- disse, con voce che grondava sarcasmo.
- Dimmi che non hai combinato uno dei tuoi soliti macelli - sospirò l’amico, poggiando la fronte su una mano.
Brendon si limitò a sprofondare nella sedia e a giocherellare con il polpettone che teneva nel piatto e che non aveva per niente voglia di mangiare.
-  Di chi state parlando? - si intromise Gabe.
- Solo del ragazzo più carino di tutta la scuola - rispose Brendon sconsolato, facendo un cenno verso un tavolo dall’altro capo della stanza.
- Ah, Ryan! L’amico di William!
- Adesso mi odia - mugolò Brendon.
- Dopo solo mezza giornata? Lasciatelo dire, sei proprio una frana, Brendon. Se speri di conquistarlo così… - disse Dallon, incrociando le braccia.
- Ma… cosa? Volete spiegarmi? Brendon? - Gabe sembrava confuso.
- Brendon ha una cotta per lui - rispose Dallon, con un sorrisino - da un anno intero!
Gabe rimase a bocca aperta. Brendon rise. Era sempre così, tutti che lo prendevano in giro e che lo chiamavano “checca”, ma quando lo dichiarava non c’era persona che non rimanesse stupita.
Alex non sembrava troppo scosso dalla notizia, aveva più che altro un’aria… dispiaciuta.
Ma perché?
Ian, Alex Deleon e Cash erano seduti poco distanti e mangiavano in silenzio. Alex sembrava infastidito dal suo nuovo compagno di camera, lo aveva definito uno “stupido sbruffone” e aveva l’aria offesa, Cash era pensieroso e Ian aveva la testa completamente altrove. Pensava  a Marshall e al fatto che solo qualche  mese prima era ancora tra le sue braccia, si guardava intorno e pensava a come sarebbe sembrato quel posto insieme a lui. Dovevano andarci insieme al College.
Ian ricordava ancora il suo volto raggiante mentre gli mostrava i due moduli di iscrizione, le loro mani intrecciate mentre studiavano insieme per i test, il suo profumo che gli arrivava alle narici e lo faceva sempre distrarre…
Ma non doveva pensarci. Per ora doveva solo riuscire a riempirsi le giornate e nel frattempo cercare di conoscere gente nuova, anche se dubitava che sarebbe riuscito a trovare qualcuno che gli avrebbe fatto battere il cuore allo stesso modo.
 
Dall’altro capo della sala, accanto alla porta d’ingresso, Ryan e William continuavano a parlare sottovoce. William amava Ryan, davvero lo faceva e anche parecchio, per lui era un fratello, più che un amico, ma quando iniziava a parlare di Alex Greenwald l'avrebbe strangolato, senza ripensamenti. Infatti, dopo averlo ritrovato in attesa in giardino, con un broncio assurdo, aveva subito capito di chi fosse stata la colpa. E così Ryan gli aveva fatto un dettagliato resoconto di come era andato a sbattere contro Alex e aveva attaccato con la solfa del ''oddio, ma proprio contro di lui dovevo sbattere? questa è colpa di Urie, sicuramente, ma vedrai che me la paga. Assolutamente.''
Tale lagna, era stata interrotta solo per chiedergli come fosse andata con Gabe, o meglio se ero riuscito a non fare la figura del deficiente.
- Ma quindi ora siete amici o cosa? - chiese Ryan, mentre faceva finta di non notare che Brendon gli era passato accanto.
- Non saprei, è ancora presto per saperlo, no? - rispose, alzando le spalle - Comunque cosa c'è che non va con Urie?
- Chi ti dice che c'è qualcosa che non va con lui?
- Hai fatto palesemente finta di non notare che è passato di qui, e tutta la tua lagna su Greenwald conteneva il suo nome in diversi punti. Quindi, come ha potuto mandarti in bestia in nemmeno quattro ore?
- Non lo vuoi sapere.
Will si limitò ad alzare un sopracciglio, in attesa.
- Mi ha chiesto se noi due, inteso come…uhm, coppia, potevamo evitare di scopare in camera, così da evitare momenti imbarazzanti!
Prima ancora che potesse formulare un pensiero coerente, dalla sua bocca uscì solo un ''Oh mio dio, ma che schifo! Che si fuma questo qui?''
Era rimasto a guardare sconvolto Ryan, fino a quando non si riprese e finalmente tornò a guardare il suo piatto.
- Gabe invece ha chiesto di te, mi ha chiesto se stavi bene. Suppongo che anche lui creda che stiamo insieme. Probabilmente lo credono tutti.
- La smetteranno prima o poi?
- Speriamo Ry, speriamo.
Si alzarono entrambi a malincuore e si avviarono verso la bacheca degli orari delle lezioni, che, per loro fortuna, sarebbero iniziate solo il giorno seguente.
 
Spencer non amava fare da guida ai nuovi studenti, ma purtroppo Jon glielo aveva chiesto e chi era lui per rifiutare? L’anno prima era stato il suo collega a beccarsi il supplizio e adesso avrebbe dovuto subire lui la tortura: camminare per un’ora di fila avanti e indietro il vecchio istituto, dover rispondere sempre alle stesse domande, dover richiamare all’ordine cinquanta o più diciottenni che si comportavano come bambini e inoltre avrebbe dovuto fare il resoconto a Wentz.
 C'era da dire, che almeno quest'anno, c'erano meno alunni e quindi la possibilità di avere persone fastidiose erano minime, anche se aveva già individuato un ragazzo piuttosto irritante che nel giro di cinque minuti gli aveva fatto ben tre domande. D'altra parte, accanto a questa piaga umana, c’era questo ragazzo dall'aria fragile e malinconica, che sembrava quasi un bimbo. Gli sembrava così innocente, mentre camminava con lo sguardo lievemente spento, che Spencer  avrebbe voluto proteggerlo dal mondo intero. Il suo sguardo si illuminò soltanto una volta entrati nell'aula di musica, e Spence non riuscì a trattenersi dal sorridere guardando come il ragazzino si guardava intorno con gli occhioni spalancati e l’aria eccitata di un bambino al luna-park.
Spencer si stava preparando a portarli nell'aula d'arte, che era lì accanto, quando proprio quel ragazzo fece una domanda.
- Scusi professore, posso chiederle una cosa?
- Certo, qual è il suo nome?
- Crawford, Ian Crawford. Mi stavo chiedendo, se era possibile, insomma… suonare fuori dalle ore di lezione.
- Suppongo non sia un problema, ma dovresti chiedere al professor Walker, è lui che si occupa di certe cose.
Il ragazzo che si chiamava Ian gli sorrise raggiante alla notizia, e Spence non poté non fare lo stesso, prima di continuare a fare il suo lavoro.
- E ora seguitemi, quella che sto per mostrarvi è l'aula d'arte.
 
Ryan si sentiva come un aspirante suicida, e in effetti  sostanzialmente lo era. Aveva avuto la 'splendida' idea, di andare a cercare Greenwald per scusarsi per prima. L'unica cosa che non aveva messo in calcolo, era stata la sua capacità di essere un totale idiota quando il più grande era nei dintorni. In ogni caso, aveva trovato Alex intanto a suonare la chitarra nel giardino e una volta che era abbastanza vicino pensò che era anche ora di dire qualcosa.
- Hey, ciao.
Alex, che evidentemente non lo aveva notato, si girò nella sua direzione, per poi mettere su un sorriso di circostanza. Uno di quelli che non arrivano agli occhi, sempre meno confortante.
- Hey, tutto okay? Prima sembravi sconvolto.
- Uhm, sì, ero solo arrabbiato, ma non è niente di che. Volevo solo chiedere scusa, insomma, non era mia intenzione finirti addosso. Non così almeno, no, non volevo proprio, scusa.
Alex rise, nervosamente, per poi tornare a guardarlo.
- Non ti devi scusare, davvero, non c'è niente di cui scusarsi. E inoltre non mi hai fatto neanche male. Brendon ci ha detto che avete avuto un 'piccolo diverbio' , quindi l'avevo immaginato…  tranquillo, siamo a posto.
Alex gli diede un piccolo sorriso, sincero a questo giro e Ryan non poté che sciogliersi. Davvero, come poteva questo ragazzo essere così bello?
- Bene, menomale, insomma hai capito.
- Si, credo di si. Comunque dovresti perdonare Brendon, qualsiasi cosa abbia detto o fatto, sono sicuro che non l'ha fatto con cattiveria. Perfino Bambi è meno innocente di lui.
- Ne sono sicuro, è solo che è così… odioso, davvero, la vedo dura andare d'accordo.
- Ryan, fatti dire una cosa: conoscilo meglio prima di dire questo. E ora scusa, devo andare, Dallon mi starà aspettando.
E senza guardarlo Alex se ne andò, lasciando Ryan con l'idea di aver appena fatto un casino. Con l'idea di essersi appena giocato l'unica opportunità che avrebbe mai potuto avere con Alex.
 
Travis camminava avanti e indietro per la camera, le mani affondate in tasca e la voglia di spaccare qualcosa. Perché doveva essere sempre Gabe quello fortunato? Gli voleva bene come un fratello, ma adesso il mostro dell’invidia era nato dentro di lui e i suoi tentacoli lo stavano soffocando.
Sentì un paio di colpi decisi alla porta e disse “avanti” senza neanche chiedersi chi fosse.
- Trav…
Rispose a Gabe con un cenno, sedendosi sul letto e massaggiandosi le tempie.
- Travie, io non so cosa sia successo, improvvisamente ti sei arrabbiato con me e non so nemmeno il motivo.
- Lo sai benissimo qual è il motivo, Gabe. E so benissimo anche io che non è colpa tua, ma non puoi impedirmi di essere incazzato!
- Non lo sto facendo infatti. Ma continuo a non capire di cosa stai parlando!
Travis sospirò, poi bisbigliò:
- William.
- Che diavolo c’entra William?
Travis fece un respiro profondo, poi guardò Gabe.
- Io ne sono innamorato.
Gabe rimase perplesso. Travis sapeva che questa non era una frase che lui avrebbe detto di solito e sapeva bene che l’amico era abituato a vederlo sempre in rapporti non impegnativi, spesso anche con gente sconosciuta e della durata di una scopata. Ma con William era diverso.
- Oh - disse Gabe.
Travis si appoggiò alla parete, le mani sul viso.
- Beh, almeno con me in stanza starai tranquillo che nessuno te lo rubi, eh Trav? - riprese sorridendo - E poi, potrei avere bisogno di te in camera mia più spesso di quanto credi - concluse, facendo l’occhiolino.
Travis si alzò e lo abbracciò. Non c’era nessuna persona di cui si fidava di più, come aveva potuto solo per un attimo dubitare di lui? Gabe non l’avrebbe tradito mai.








***
Note:
La storia comincia a intrecciarsi, anche se per adesso non è ancora successo nulla di "piccante" xD
Speriamo vi piaccia almeno quanto piace a noi, vi ringraziamo per le recensioni e per aver letto <3




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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4

Don't try and tell me you've been looking at me,
'cause I've been looking at you and I can read what you think.

 

 
Brendon aveva deciso che odiava Ryan Ross. Certo, era ben consapevole che era una cosa non destinata a perdurare nel tempo, ma in quel momento lo odiava. Come odiava il fatto che fosse una sgualdrina totale, li aveva visti gli occhi dolci che aveva fatto ad Alex, non era cieco. E riguardo ad Alex non sapeva se amarlo, per aver preso le sue difese, o picchiarlo per non avergli detto che aveva a che fare con lui. Specialmente adesso che Dallon aveva avuto l’infelice idea di dire a tutti che lui sbavava dietro Ross da oltre un anno. Sentire il discorso tra Ryan e Alex non era stata sua intenzione comunque, ma essendo passato lì vicino e avendoli visti chiacchierare era stato più forte di lui. Da una parte, sentiva il bisogno morboso di sapere se tra i due c'era qualcosa, ma dall'altra, quello che aveva sentito non aveva fatto altro che spezzargli ancora di più il cuore. Poteva sopportare che fosse innamorato di Beckett e scopassero come conigli, ma che gli piacesse uno dei suoi più cari amici… questo no.
 “E’ odioso.”, questo pensava di lui, della persona che da un anno sognava i suoi capelli, scriveva canzoni su di lui e sentiva il cuore esplodere non appena incrociava il suo sguardo. Ma se Ryan Ross credeva che lui fosse “odioso”, allora lo sarebbe diventato veramente. Inviò un messaggio a Dallon, per dirgli che non sarebbe andato con lui e Alex al lago, e si chiuse nell'aula di musica. La musica era l'unica amante che non l'avrebbe tradito, l’unica persona che non l’avrebbe mai definito “odioso”.
 
Dallon aveva appena ricevuto un messaggio da Brendon, in cui gli dava buca, quando Alex lo raggiunse. Sembrava abbastanza sconvolto. Cosa cavolo stava succedendo in quella scuola? Le lezioni non erano nemmeno iniziate e già molti iniziavano a dare segni di stress.
Anche Alex che, fondamentalmente, era un coglione della peggior specie, aveva quella strana espressione combattuta che davvero non gli si addiceva.
- Alex, tutto a posto?- chiese a quel punto Dallon, preoccupato per l'amico.
- Brendon ama seriamente Ross?
Dallon rimase sorpreso da quella domanda.
- Si, credo di sì… Insomma, non parla d’altro dall’anno scorso! Ma perché me lo chiedi?
Alex si coprì il viso con le mani, prima di iniziare a parlare.
- Ryan pensa sia odioso e inoltre.. gli piace un'altro.
Dallon lo guardò sospettoso, mentre gli metteva una mano sulla spalla, per tranquillizzarlo. Sapeva che sotto la sua maschera da cazzone, Alex era un ragazzo dolcissimo che avrebbe fatto di tutto per i suoi amici e che adesso gli dispiaceva per Brendon.
- Sai chi è?
- Si, direi di si. - il ragazzo sospirò, prima di continuare - Sono io.
- Bene, a quanto sembra abbiamo un problema.
- Mi dispiace così tanto per Brendon, Dall…
La situazione era più complicata del previsto e Dallon, conoscendo Alex, sapeva che si stava addossando tutte le colpe.
Lo abbracciò, incurante degli altri ragazzi che li guardavano.
- Non è colpa tua, Alex, okay? -  disse - Non dipende da te il fatto che tu sia così incredibilmente figo! - concluse, ridendo.
- Fanculo! - rispose Alex, sorridendo.
 
Ryan corse lungo il corridoio, urtando sei persone e distruggendo diversi complementi d’arredo.
Si fiondò verso la camera di William, spalancando la porta.
- Sono un idiota completo, Will!
Gabe e William lo guardavano esterrefatti, uno seduto sul letto e l’altro appoggiato contro il muro. Ryan vide il sorriso sfumare velocemente dal volto di entrambi. Will era furente, Gabe perplesso.
Ma com’era possibile che combinava sempre casini? Sarebbe voluto sprofondare.
- S-scusate… Me ne vado! - balbettò, cercando di tornare indietro senza inciampare nei suoi piedi.
- No, non preoccuparti - disse Gabe - vi lascio soli. A dopo, Will!
Gabe lasciò la stanza e Ryan vide che il suo amico aveva il viso di una strana tonalità di verde.
- TU! - si alzò, puntandogli minaccioso un dito contro il petto - GIURO CHE APPENA COMBINI QUALCOSA CON GREENWALD MI FIONDO NELLA TUA STANZA GRIDANDO COSE IMBARAZZANTI!
- Beh, allora dovrai aspettare molto tempo - rispose Ryan, con lo sguardo basso.
- Eh?
- Ho combinato un casino, Will…
E in men che non si dica la rabbia di William era sparita.
Ryan gli si gettò tra le braccia e cominciò a raccontare della figuraccia con Alex e del loro dialogo.
Will lo cullava e gli accarezzava i capelli, dispiaciuto che l’amico l’avesse presa così male.
- Allora… - iniziò Ryan, asciugandosi le lacrime - Stavate per baciarvi quando ho fatto la mia irruzione?
- Che?
- Tu e Saporta. Stavate per baciarvi?
William scoppiò a ridere.
- Oh mio Dio, Ryan! Ma che diavolo pensi? Gabe è etero almeno quanto Alex!
 
Quando Ian aveva aperto la porta dell'aula di musica, non si aspettava fosse già occupata. Al suo interno c’era Brendon che stava suonando il pianoforte. Era una canzone a dir poco malinconica e sembrava molto preso, ma si fermò sentendo la porta aprirsi e, riconoscendolo, gli fece un piccolo sorriso. Ian onestamente era confuso. Quello che aveva davanti non aveva niente a che fare con il ragazzo esuberante di quella mattina che gli aveva indicato la sala conferenze.
- Scusa. Walker mi aveva detto che non c'era nessuno, non volevo disturbarti. - disse sottovoce, arrossendo.
- No figurati, stavo per andare comunque.
Brendon fece un'altro sorriso triste e ancora prima che potesse pensare che erano affari suoi parlò.
- Stai bene?
-  Potrebbe andare meglio. E tu?
- Io?
- Si, tu. Sembri così… infelice.
- E’ un periodo - rispose Brendon, e gli indicò il sedile del pianoforte, dove c'era abbastanza spazio per entrambi. Ian si sentiva a suo agio vicino a Brendon, sentiva che avrebbe potuto sfogarsi con lui, e così fece.
Ian parlava e parlava, e Brendon lo ascoltava annuendo, spesso sorrideva. Quando lasciarono la sala di musica, Ian sentiva una bellissima sensazione alla bocca dello stomaco: per la prima volta, dopo anni, era riuscito a farsi un amico.
 
Il preside Wentz camminava preoccupato tra i corridoi della sua scuola. Un nuovo anno era iniziato senza intoppi, eppure non si sentiva soddisfatto.
- Signor preside…
La voce di un ragazzino lo fece sobbalzare.
- Che c’è, che vuoi? Chi sei? - rispose brusco.
Il ragazzino doveva essere una matricola, era magro e portava una maglietta con dei cartoni animati disegnati sopra. Gesù, sembrava appena uscito dalla scuola elementare.
- M-mi chiamo Alexander Deleon, signore… è il mio primo anno qui…
- Oh, bene bene! - esclamò il preside bonario, dandogli una pacca sulla spalla.
- Volevo dirle che… insomma, la stimo molto e sono d’accordo con lei con le cose che ha detto durante il suo discorso - il viso del ragazzo era fucsia, il suo sguardo basso.
- Sono felice di sentirtelo dire, ragazzo! È bello avere dei sani e solidi principi!
Wentz sorrise e Alex sembrava sul punto di svenire.
- Vorrei poter diventare come lei, signore - bisbigliò poi, al limite della sua adorazione.
- Lo diventerai, ragazzo mio. Anche io ero un semplice studente come te, ma con il sudore e la fatica sono riuscito ad arrivare fin qui!
Era necessario riempire la testa degli allievi con queste fandonie. Altrimenti, come avrebbe potuto spiegare che lui adesso era preside solo perché si era portato a letto il sovrintendente?
 
La cena era stata pesante, Ryan l'aveva presa parecchio male e come non bastasse Brendon a un certo punto gli aveva lanciato uno sguardo ferito. Era dovuto stare con lui fino alle dieci, prima che il professor Carden gli desse il permesso di andare nelle loro stanze.
Quando era entrato nella sua camera non si aspettava che ci fosse qualcuno, era convinto che Gabe sarebbe rimasto a sbronzarsi con Travis o qualche suo amico. Invece Gabe non solo c'era, ma era intento ad attaccare uno stendardo con sopra un cobra viola, sopra il letto.
- Bella bandiera.
Gabe si girò, con un sorriso lievemente maniacale, per poi alzarsi dal letto.
- Grazie. Allora - iniziò, sistemandosi la camicia - come sta il tuo amico? Sembrava stravolto.
- Con Ryan non si può mai avere la certezza del suo stato d'animo, ma stava meglio quando l'ho salutato, credo.
- Che è un bene, si.
Will sapeva cosa stava pensando l'altro e questo doveva finire, era durato fin troppo.
- Gabe, posso chiederti una cosa?
- Certo, chiedi pure.
- Pensi sul serio che io abbia una relazione con Ryan? Perché, davvero, non c'è niente di più ridicolo, è il mio migliore amico, tutto qua.
- Davvero?
- Davvero.
 - Scusa per averlo pensato allora - disse, sorridendo di nuovo - ti va di vedere un film prima di andare a dormire?
- Si, certo - rispose, cercando di non tradire l’emozione che c’era nella sua voce.
Gabe gli fece spazio sul letto, mentre con il telecomando accendeva il piccolo televisore in dotazione della stanza.
Will cercava di reprimere la voglia di fare la danza della vittoria e si sedette accanto a lui, con la schiena poggiata contro la parete.
Finirono a vedere un film stupidissimo, ma era bello poter sentire il calore della pelle di Gabe e il suono della sua risata così da vicino. Si addormentarono vicini, Gabe con la testa poggiata sulla spalla di Will, mentre la televisione continuava a riprodurre un film scadente, di cui, il giorno dopo, non avrebbero neanche ricordato il titolo.
 










* * *
Rieccoci tornaaaate :D
Scusate per l'attesa ma Ros ha avuto dei problemi logistici ed è stata tagliata fuori dal mondo per due settimane intere! Ma adesso ci rifaremo u.u
Grazie alle persone che hanno recensito, a chi ha letto e ha chi aggiuto la storia tra le seguite :)
Siete l'amore <3

Baciiiiiiiiiini :3

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5

I can love you much better and you know
someday, I’m gonna make you mine

 
Erano le sei quando Brendon si era svegliato.
Aveva cercato di non fissare Ryan, ma davvero, non ce l'aveva fatta. Il fatto era che mentre dormiva sembrava stranamente rilassato e tranquillo, mentre solitamente era così agitato e acido che sembrava una vecchia in menopausa. E poi era dannatamente carino, con i capelli tutti sparpagliati e le guance un po’ rosse e… No, basta. “Non avevi deciso di essere odioso?” disse a se stesso, girandosi con la faccia verso la parete.
Odiava l'intera situazione, sentiva il bisogno di parlarne con Dallon, ma ancora non aveva avuto modo di farlo. Oppure ne avrebbe potuto parlare con Ian, c'era qualcosa in quel ragazzo che gli piaceva, forse il motivo era semplicemente che gli ricordava se stesso qualche anno prima. Voleva essere per Ian quello che Dallon era stato per lui, una guida e un amico.
Quando la sveglia del cellulare iniziò a suonare, Brendon corse in bagno. Non era pronto a relazionarsi con un Ryan non dormiente. Si fece una doccia veloce, e quando uscì dal bagno, senza essersi premurato di vestirsi, se non per un asciugamano in vita, Ryan era abbastanza sveglio per ignorarlo nuovamente. In un impeto di coraggio, o di estrema stupidità, lo affrontò. Prima o poi sarebbe dovuto accadere, no?
- Ross mi sembra evidente che io non ti piaccio, quindi mi scuso per essere stato invadente ieri, ogni tanto tendo a dire stronzate epiche. Detto questo, vuoi continuare ad ignorarmi?
Ryan lo guardava esterrefatto, senza pronunciare un singolo suono.
- Bene, molto maturo da parte tua. Fatto sta che dobbiamo condividere questa stanza per mesi, quindi, per quanto non ti sopporti, e so che lo stesso vale per te, vediamo di comportarci da persone civili. E ora scusa, dovrei vestirmi.
Ross smise di fissarlo solo quando, imbarazzato come non mai, si chiuse in bagno. Brendon rise soddisfatto. Uscì dalla camera prima che Ryan uscisse dalla doccia, aveva davvero bisogno di parlare con Dallon.
 Nella sala mensa c'era più rumore di quanto ce ne sarebbe stato normalmente, ma era dovuto principalmente all'eccitazione da 'primo giorno di scuola' di molti nuovi alunni.
Al tavolo che solitamente era occupato dal loro gruppo c'erano solo Ian e Dallon, il che era perfetto. Un po’ come prendere due piccioni con una fava. Li salutò con un piccolo sorriso, non uno di quelli magistralmente costruiti, ma uno vero.
Occupò la sedia davanti a Ian, che lo osservava perplesso. Dallon d'altra parte lo guardava seriamente, cosa che presagiva qualcosa di sconveniente, data l'ora.
- Buongiorno - disse alla fine Ian, arreso al fatto che continuando a guardarlo non avrebbe spiegato il mistero della sua doppia personalità.
Dallon si limitò a un cenno, prima di parlare, finalmente.
- Allora, come va con Ross?
- Credo che convivremo civilmente, nonostante lui abbia testualmente detto che sono odioso. Voi due in camera tutto okay?
Prima che Ian potesse parlare, Dallon lo anticipò.
- Come fai a saperlo? Alex aveva detto che voleva dirtelo oggi a pranzo.
Brendon sorrise al pensiero che Alex volesse dirglielo, non gli piaceva pensar male dei suoi amici.
- Ero lì, li ho visti parlare e non ho resistito, così mi sono messo ad ascoltare. Ma è stato meglio così, no? - chiese con voce meno sicura - almeno ora posso mettermi l'anima in pace. Non sono brutto, posso essere capace di trovarmi uno migliore di lui.
- Scusate, di chi state parlando?- chiese Ian, timidamente, come se stesse il permesso di restare.
- Ryan Ross, il ragazzo più carino di questa scuola, nonché mio compagno di stanza e cotta da quando ho avuto la sfortuna di vederlo - sospirò Brendon.
- E' per quello che ieri eri così giù?
- Si, lo so che è stupido, ma si.
- Non è stupido. Credo che invece sia molto carino da parte tua - disse Ian, sorridendo dolcemente.
 
William si era svegliato con qualcosa di pesante poggiato sullo stomaco quando la sveglia era suonata, e in un primo momento non si era allarmato: era capitato più di una volta, che lui e Ryan dormissero -platonicamente- insieme, e molte volte se l’era dovuto scollare di dosso, dato che lui tendeva ad abbracciare nel sonno qualunque cosa avesse a tiro, che fosse un orsacchiotto, il suo cuscino preferito o il braccio di Will. Solamente che Ryan non poteva pesare così tanto, era un mucchietto d'ossa, dopotutto. Il sospetto fu confermato quando una voce, più o meno all'altezza del suo orecchio borbottò qualcosa. Una voce che sembrava spaventosamente quella di Gabe Saporta. Allora gli ritornò in mente la sera prima, il film demenziale, le risate di Gabe e lui che rideva a sua volta, non tanto per la battuta orribile del film, ma perché non riusciva a trattenersi, guardando l’altro con gli occhi lucidi e le guance rosse che rideva come un matto.
Chiuse gli occhi più forte e finse di continuare a dormire. Avrebbe approfittato fino all’ultimo secondo di questa fortuna che gli era toccata e che probabilmente non gli sarebbe capitata più. Quando li aprì, qualche minuto dopo, troppo torturato dalla voglia di guardarlo, lo trovò già sveglio che guardava il soffitto con guardo assente.
- Non ce la posso fare ad alzarmi adesso.
- Beh,  potremmo rimanere a letto tutto il giorno, no?
Gabe si limitò ad alzare un sopracciglio, mentre lui non si rese ben conto di quanto fosse ambigua quella frase. O almeno per i primi secondi, prima di arrossire in maniera indecorosa.
- Non intendevo quello, sai, è meglio che mi vada a lavare i denti, siamo in ritardo- disse, prima di alzarsi e fiondarsi in bagno.
 
 I ragazzi stavano seduti ai loro posti, in silenzio. Era il primo giorno di lezioni ed erano visibilmente nervosi. Spencer guardò i suoi alunni da dietro la grande cattedra e sorrise. Gli ricordavano lui il primo giorno di Università, soprattutto quel ragazzino malinconico in prima fila, quello con i capelli ricci, che aveva detto di chiamarsi Ian, il giorno prima. Come mai lo ricordava ancora? Di solito gli ci volevano mesi per memorizzare i nomi dei suoi studenti, eppure quello gli era rimasto impresso.
Il ragazzo disegnava qualcosa sul suo quaderno con aria assente. Spence cominciò a camminare distrattamente tra i suoi alunni, aspettando il suono della campanella che avrebbe dato il via alla lezione. Gettò lo sguardo sul quaderno del ragazzino e vide che quello che scarabocchiava non era un disegno, bensì note musicali e parole. Ecco perché gli aveva chiesto se poteva utilizzare la sala di musica, era un musicista! Ma… perché a Spence interessava così tanto?
 
Alex Suarez non era un tipo molto popolare in quella scuola. Più che altro era conosciuto da tutti come quello che prendeva sempre il massimo dei voti in tutte le materie. Ma lui, davvero, non ci si sforzava più di tanto. Probabilmente era un dono di natura, ma per lui non era faticoso stare al passo con le lezioni o fare la sua brillante figura a ogni singolo esame. Ma c’era una sola, unica cosa in cui Suarez, così lo chiamavano gli amici, si sentiva una vera schiappa: non era mai stato capace di rivolgere la parola alla persona che gli piaceva più di ogni altra cosa al mondo. Davanti ai professori era sempre riuscito a parlare con disinvoltura, con il sorriso sulle labbra e l’aria di chi, invece di parlare della Teoria della Relatività di Einstein, sta parlando di cosa ha mangiato ieri a pranzo, e invece, davanti a lui, si sentiva un cretino, la gola gli si seccava e non riusciva a mettere due parole in fila.
Stava abbastanza bene con se stesso per ammettere di avere una cotta per un ragazzo. Dopotutto sapeva che in quel dannato College c’erano talmente tanti gay che ci si sarebbe potuto organizzare un Gay Pride nazionale e che quindi non era il solo, anche se la sua situazione era un po’ diversa. Lui non si era mai sentito gay, non aveva mai pensato di poterlo essere, né aveva mai provato attrazione per un qualunque altro ragazzo, fino al giorno in cui, dalla porta dell’aula di scienze, era entrato un ragazzino con dei grandi occhi verdi, così basso da sembrare di almeno due anni più piccolo e con l’aria smarrita. Gli era sembrato che il mondo si fosse fermato. Aveva mai visto degli occhi così belli?
Ma era stato un idiota. Si era sentito spaventato da quei sentimenti e lo aveva trattato con freddezza, lo aveva allontanato, quando sarebbero potuti diventare amici, almeno. E adesso Nate, quella creatura adorabile, lo considerava un secchione antipatico, senza neanche conoscerlo.
A cosa diavolo gli servivano i voti alti se non riusciva ad avere nemmeno un sorriso da lui?
 
Ryan non vide William fino a poco prima che iniziasse la prima lezione, e anche lui sembrava parecchio scosso. Così scosso, che nemmeno arrivato davanti a lui, con gli occhi spalancati e l’espressione sconvolta, comunicò che aveva ‘dormito con Saporta, oh mio dio, non può essere vero, tutta la notte, oddio'. Che ovviamente, conoscendo Will, non era da intendere in quel senso. Infatti come spiegò dopo i primi cinque minuti di frasi sconnesse, i due si erano solamente addormentati sullo stesso letto guardando un film. Ciò che aveva mandato in crisi Will però, non era il fatto di aver passato a dormire le 6 ore che aveva trascorso a letto con Gabe, ma  era quell'affermazione, priva di significato malizioso, ma che ‘lui potrebbe aver frainteso, Ryan! E adesso cosa penserà di me??’.
Quando si era ripreso, ormai era ora di entrare, gli aveva chiesto com’era andata a lui. Ryan si limitò a dire che gli avrebbe raccontato tutto l'ora dopo, anche perché in verità non sapeva bene cosa dire. Lui e Brendon si erano ignorati, fino a quella mattina, visto che quando era rientrato in camera l'altro era già sotto le coperte. E quella mattina… era stato strano. Inoltre avrebbero dovuto mettere in chiaro parecchie cose, a cominciare dallo stare mezzi nudi in camera.
 
Il professor Blackington stava controllando il suo registro quando la campanella della seconda ora suonò, facendolo sobbalzare.
Dopo pochi minuti, la classe cominciò a riempirsi rumorosamente e il professore si alzò, mettendosi in piedi di fronte ai suoi allievi.
Ryland amava il suo lavoro, ma davvero, c’erano certi alunni che proprio gli facevano venire la voglia di andare  a prostituirsi piuttosto che continuare a cercare di infilare un po’ di cultura in quelle zucche.
Uno di questi era proprio seduto di fronte a lui in quel momento e lo guardava annoiato. Come si poteva essere annoiati già dal primo giorno di scuola?
- Posso andare in bagno?                                
- No, Saporta. Credo che la tua vescica resisterà almeno fino alla terza ora.
- Ma, professore, è urgente! - piagnucolò il ragazzo e Ryland sentì l’impulso di lanciargli una sedia sulla testa.
Il professore sospirò, scosse la testa e si sedette sulla cattedra, aspettando che tutti i ragazzi si sistemassero per la lezione.
Insieme a Saporta, Weekes, Greenwald e McCoy, come sempre insieme, erano seduti in prima fila e chiacchieravano tranquillamente, senza curarsi minimamente della sua presenza, in seconda fila, Alex Suarez sfogliava il libro e guardava Nate Novarro, seduto poco più in là, con la coda dell’occhio.
Sorrise, pensando che certe cose, durante l’estate, non erano per niente cambiate.
Ryland si schiarì la voce e intimò la classe di fare silenzio.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6


It's so hard to catch your feelings
when you always run away.

 
Spencer Smith era un bell'uomo, un gran bell'uomo. Questo era innegabile e a Ian di certo non era sfuggito, però aveva sottovalutato il tutto. Si era accorto di questo nella maniera più ovvia del mondo: lui gli aveva sorriso e quello era bastato a sconvolgerlo nel profondo. Era stato un sorriso semplice e naturale, ma il fatto che lo avesse fatto proprio a lui, lo aveva fatto sentire speciale come non si sentiva da secoli.
Successivamente aveva anche notato le mani, grandi ed affascinanti, mentre il professore, inconsapevole, scriveva sulla lavagna.
E poi, quando si era voltato verso la classe, mentre parlava delle origini della filosofia con un tono appassionato, che solo un uomo che ama davvero il suo mestiere con tutto il suo cuore può avere, Ian aveva incrociato più volte il suo sguardo e si era sentito così attratto da quei meravigliosi occhi e li aveva osservati così a lungo che dopo un po’ sarebbe stato capace di elencarne tutte le sfumature. Azzurro, grigio, verde, poi di nuovo azzurro…
Con il passare dell'ora, si era lasciato andare sempre di più alla fantasia, fino a quando non aveva trovato almeno due possibili usi della cattedra.
Era abbastanza triste come situazione, ma andava bene così, bastava focalizzarsi sul fatto che finalmente riusciva a sentire nuovamente qualcosa.
 
- Gabe, ti aspettavo da me ieri sera. Cash è davvero forte, dovresti conoscerlo! - Travis moriva dalla voglia di sapere come mai Gabe, per la prima volta da quando erano in quel College, non si fosse presentato da lui la prima notte. Era una tradizione ormai, la portavano avanti dal primo anno. Cosa aveva avuto di meglio da fare?
Gabe fece spallucce, strofinandosi gli occhi.
- Scusa, Trav - rispose sbadigliando, cercando di parlare a voce bassa per non farsi sentire dal professore - è che io e Bill abbiamo guardato un film e mi sono addormentato.
- Bill?! - chiese Travis, sollevando le sopracciglia e a voce un po’ troppo alta.
Ma Gabe non sembrò cogliere la punta di gelosia e annuì, sorridendo.
- Potevate venire dopo, no? Potevi portare anche lui - riprese, petulante, non appena il professore si era seduto alla cattedra.
- Ci siamo addormentati, Trav. Sono crollato, ero stanco.
- Mh - disse scettico - E com’era il film?
- La solita spazzatura. All’inizio era divertente, poi  hanno cominciato a fare sempre le stesse battute sulle tette e mi sono così annoiato che mi sono addormentato addosso a Bill!
- Addosso a Bill? - chiese Travis, con la voce tremante.
- Sì, e allora? - rispose tranquillo Gabe.
- Addosso addosso?
- Beh, stamattina mi sono svegliato abbracciato a lui, quind…
- COSA?! - Travis era balzato in piedi, la classe lo guardava sbigottita, il professor Blackington era altrettanto sorpreso e si era bloccato con una mano a mezz’aria, mentre parlava.
- McCoy, vorresti per favore farmi la cortesia di sederti e prestare attenzione alla lezione?
- M-mi scusi professore - balbettò, mentre si rimetteva al suo posto.
- Scusa - bisbigliò Gabe - Non pensavo fosse qualcosa di grave. Mi dispiace.
Travis accennò un sorriso, ma il mostro della gelosia aveva già cominciato a prendere il posto di quello dell’invidia.
 
Brendon poteva sembrare uno scemo al primo impatto, dato aveva sempre il sorriso stampato sulla faccia, ma davvero, era solo un’impressione. E comunque non ci voleva un genio per capire che Ryan non si limitava più ad ignorarlo, ma lo evitava e anche in maniera palese e imbarazzante.
Come quando nella seconda lezione, quella di letteratura, erano a malapena due banchi di distanza, e neanche l'aveva guardato per sbaglio. Non che Brendon controllasse, in ogni caso.
Oppure, quando salendo per il piano superiore, gli era passato accanto senza fiatare. Se era questo il modo in cui si sarebbe comportato in futuro, bisognava fare qualcosa. Non voleva rinunciare ad avere un opportunità con lui, non ancora.
All'ora di pranzo, mentre andava in sala, incontrò Ian, che sembrava più sereno e sorridente. Non era più malinconico e solitario, o almeno, se continuava ad esserlo non lo era in quel momento. Gli mise un braccio sulla spalla -era bello aver  trovato qualcuno più basso di lui, a parte il preside- e Ian gli rispose con un sorriso a trentadue denti, per niente disturbato da quel gesto.
- Allora Ian, come è andato il primo giorno?
- Bene, ci sono state un paio di lezioni interessanti - rispose il ragazzo.
- Ah, si? Tipo?
- Filosofia, indubbiamente - disse senza pensarci, sorridendo con uno sguardo sognate.
- Ahh, credo di aver capito.
Ian si fermò, guardandolo meglio negli occhi, sospettoso.
- Cosa hai capito?
- Tranquillo, all'inizio tutti hanno una cotta per lui, poi passa.
- Io non ho una cotta, Brendon.
- No?
- Assolutamente no. - tagliò corto, arrossendo - E ora dimmi di Ryan, come procede?
- Mi ignora, e non riesco a capire se cerca di farlo in modo discreto o no.
- Prova a parlargli ancora, magari fai il simpatico o non lo so. Oppure prova ad essere dolce con lui, chiedigli com’è andata la sua giornata o se vuole una mano a studiare…
- Vedremo, - rispose, analizzando questa possibilità  - ora sbrigati, ho fame.
 
Non appena la campanella suonò, Travis si fiondò in bagno, con il semplice intento di evitare Gabe. Non che fosse arrabbiato con lui, ma non aveva voglia di fingere di essere tranquillo e felice, quando in realtà sentiva lo stomaco contorcersi dolorosamente ogni volta che guardava l’amico e gli veniva in mente che era stato ore abbracciato a William, che aveva potuto sentire il profumo dei suoi capelli e toccare la sua pelle. Avrebbe potuto fare molto di più, ma per fortuna Gabe era un buon amico e non l’avrebbe mai fatto.
Mentre guardava il suo riflesso allo specchio, vide qualcosa che gli fece dimenticare tutti i problemi e le ansie: William stava uscendo da uno dei bagni e si stava avvicinando alle fontane. Sorrideva tranquillamente e sembrava ancora più bello del solito. Si lavò le mani e si specchiò, sistemandosi i lunghi capelli castani.
- Ciao - disse Travis, cercando di rendere la sua voce più profonda.
Will sembrò cadere dalle nuvole, si scosse e rispose con un sorriso.
- Come va? - chiese, appoggiandosi al lavandino con le braccia incrociate.
- Tutto okay. A te? - davvero William sembrava stranamente allegro, sorrideva allo specchio, continuando a toccarsi i capelli.
- Non mi lamento. Passata una bella estate?
- Un po’ noiosa, ma sempre meglio di questa scuola, no? - rispose candido, mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Ti stanno meglio più lunghi… - disse Travis, osservandolo durante il gesto, senza aver ascoltato una sola parola della risposta.
- Cosa? - William si girò verso di lui.
- I capelli. Sono molto belli - continuò, allungando una mano per toccarli.
Prese una ciocca e se la girò tra le dita, mentre Will lo guardava perplesso.
- Grazie - rispose lui, incerto.
- Sono belli quasi quanto te - sussurrò poi, sorridendo malizioso e avvicinandosi.
Will sgranò gli occhi e fece un passo indietro.
- Scusa, scusami tanto, devo andare, è stato un piacere parlare con te - disse, correndo via dal bagno.
 
Nate Novarro camminava lentamente verso la mensa. La prima mattinata di lezioni era andata abbastanza bene, se non forse per il fatto che, come sempre, si era sentito gli sguardi di quel cretino di Suarez addosso per tutto il tempo.
Se lo detestava, allora perché lo guardava? Ricordava ancora quando lo aveva salutato e lui gli aveva voltato la faccia, il primo giorno di scuola dell’anno prima. Era solo un presuntuoso, uno convinto di essere il più intelligente della scuola, un odioso secchione pieno di sé. Ecco, adesso lo stava guardando di nuovo. Era da quando si era trasferito dal suo vecchio College di New York un anno prima, che andava avanti questa storia. Non sopportava di sentirsi i suoi occhi addosso, si sentiva a disagio quando qualcuno lo osservava.
Lo guardò a sua volta, cercando di capire perché mai si ostinasse a fissarlo, ma non appena i loro sguardi si incrociarono, Suarez abbassò la faccia fin quasi dentro il suo piatto.
Davvero, Nate non sapeva cosa pensare.
Si avvicinò con decisione al suo tavolo e chiese:
- E’ libero?
Suarez sobbalzò, lo guardò e Nate notò che le sue guance erano diventate di un rosso scarlatto allarmante. Probabilmente era ubriaco, ecco spiegato il mistero!
- Oh, certo - rispose poi l’altro, dopo quelli che sembrarono secoli.
Nate si sedette e prese a guardarlo. Dopotutto, non era un brutto ragazzo. Era molto carino, in verità.
Stranamente Suarez non lo guardava, era concentrato sul suo piatto come se lì dentro ci fosse stata la cosa più interessante del mondo.
- Uh, ehm… Suarez vero? - iniziò, dopo un po’.
L’altro lo guardò sorpreso per un attimo, poi annuì, con un sorriso incerto.
- Posso chiederti se per caso hai qualche problema con me? - chiese, alzando un sopracciglio.
- Eh?
- Mi fissi. E non mi piace. Non mi piace per niente. Quindi, ti sarei grato se la smettessi.
Nate non aveva mai avuto tanto coraggio in vita sua. Lui era sempre stato quello timido, il “piccino” della situazione, ma adesso ne aveva abbastanza.
- E poi, non capisco perché mi odi! - concluse, sentendosi decisamente liberato. Era un anno che aveva intenzione di dirglielo.
Suarez sembrava spaesato.
- Io… Oddio. Scusa, io… hai frainteso… Io non ti odio! - balbettò, poi.
 
Al loro tavolo c'erano già tutti, tranne Alex. Brendon aveva salutato Ian poco prima, quando questo gli aveva detto che Cash l'aveva minacciato di morte se non avesse pranzato con lui. Gli sembrava simpatico quel ragazzo, magari una volta avrebbero potuto pranzare tutti insieme.
Prima di sedersi, diede una rapida occhiata al solito tavolo occupato da Ross, per trovarci un Beckett a dir poco sconvolto e un Ryan sorridente. Distolse subito lo sguardo, dato che non gli sembrava il caso di farsi cogliere a fissarlo.
Prese posto accanto a Travis, così da essere davanti a Dallon, che lo guardava incuriosito. Alex, a quanto avevano detto Travis e Dallon, era stato convocato dal preside  per non si sapeva bene cosa, e li avrebbe raggiunti più tardi in giardino. Per poter parlare con Dallon dovette però aspettare che gli altri si alzassero dal tavolo. Cercò di non notare che Gabe mentre uscivano, aveva fatto l'occhiolino a Will, e di come lui fosse a un passo dallo strozzarsi. Mentre guardava William che tossiva, incrociò lo sguardo di Ryan, prima di girarsi verso Dallon e mettergli un braccio intorno alla vita. Fece per dirgli qualcosa, ma Dallon lo anticipò, con un sorriso sornione.
- Che cosa stai cercando di fare, Brendon? Mi stai per caso usando per attirare la sua attenzione?
Brendon non sapeva bene cosa dire, quindi si limitò ad annuire timidamente, fino a che Dallon non si fermò, per poi mettergli le mani sulle spalle e guardarlo negli occhi, seriamente.
- Non siamo alle elementari Bren, vuoi farlo ingelosire? Vuoi fargli davvero capire chi sei?
Brendon annuì di nuovo.
- Allora scopati qualcuno, nel suo letto, se necessario.
Dallon, aspettò qualche istante prima di chiedere 'hai capito?' e ricevere un flebile ‘sì’ come risposta.
- Fagli capire che sei desiderabile, lasciagli credere che non starai sempre lì ad aspettare che gli passino le mestruazioni e la smetta di essere così acido! Devi fargli capire che sei un figo, Brenny, perché lo sei, cazzo!
Brendon sorrise e Dallon gli scompigliò i capelli.
- Bene, e ora andiamo, prima che Gabe e Travis si prendano i posti all'ombra!








* * *

GRAZIE GRAZIE GRAZIE A CHI STA LEGGENDO E RECENSENDO <3
Siamo contentissime che la storia vi piaccia, davvero. Noi la amiamo (che modestia LOL) e siamo contente che la apprezziate :3
Pubblicheremo il martedì e il venerdì, comunque :)

A prestissimo :D

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7

This contagious chemistry is killing me.

Quando Alex era arrivato al posto dove gli altri lo aspettavano, era esausto. Era stata una giornata pessima, e si trattava solo del primo giorno di scuola. Si era svegliato tardi, si era beccato la prima ramanzina, e poco prima di andare a pranzo, Greta, la consulente di Wentz, gli aveva detto che il preside lo aspettava nel suo ufficio, e la parte peggiore doveva ancora venire. Poteva sopportare che un ragazzino stupido andasse dal preside per chiedere ci cambiare stanza e il preside gli facesse il terzo grado per capire cosa avevo fatto per indurlo a questo, ma un'altra cosa era dover dire a uno dei suoi migliori amici “Hey, il ragazzo di cui sei innamorato mi sbava dietro da un anno''. Anche perché non c'è un modo carino per dirlo, e per quanto puoi zuccherare il tutto, la cosa fa sempre alquanto schifo.
Quando arrivò, in ogni caso, si appoggiò a Dallon, che gli sorrise rassicurante.
- Che c'è amore, ti sono mancato?
Dallon si girò maggiormente e lo abbracciò affettuosamente. Non era raro che loro esternassero in quella maniera il loro rapporto... In fondo, si conoscevano da quando erano piccoli.
- Troppo, mio unico amore, - rispose sarcastico l’amico - come è andata da Wentz ?
Alex sbuffò, per poi ghignare in un modo che aveva qualcosa di malefico.
- Bene, ma credo che Wentz concordasse con me alla fine.
- Ma si può sapere che cosa hai fatto?- chiese Gabe curioso.
- Brontolo ha chiesto a Wentz di cambiare stanza.
- Brontolo? Davvero originale Al!- lo prese in giro Travis, mentre Brendon restava in silenzio, torturandosi un labbro.
- Ma è identico! - Si difese Alex, prima di lasciare l’amico libero dall' abbraccio e rivolgersi a Brendon, che a quanto gli aveva detto Dallon non era ignaro di tutto, cosa che in parte lo faceva stare meglio. Sarebbe stato leggermente meno crudele, probabilmente.
- Hey Bren, ti và di accompagnarmi a prendere la chitarra?
Brendon si limitò ad annuire, mentre Dallon gli faceva il segno dell'OK con il pollice.
Arrivati alle gradinate, Alex decise che era ora di parlare.
- Bren, onestamente è da ieri che cerco un modo per dirti questo senza farti accusare il colpo e non sentirmi così tanto in colpa, ma purtroppo non l'ho trovato.
- E? - disse Brendon, teso come poche volte l'avevo visto.
Alex sospirò prima di liberare il tutto.
- Conosco questa scuola, non ci vorrà molto prima che questo verrà fuori, non mi stupisco che nessuno ancora ne abbia parlato… Per farla breve, non voglio che ti arrivino delle voci sbagliate o chissà cosa. Ieri quando Dallon ha detto di Ryan, mi sono sentito la persona peggiore del mondo. Insomma… è da un anno che ho avuto modo di notare che quel ragazzo ha una cotta per me, e non ho mai detto nulla perché sai che non sono il tipo di ragazzo che va a sbandierare certe cose. Ma ora le cose sono diverse e volevo dirti che devi star tranquillo, non mi interessa e anzi, voglio davvero aiutarti a conoscerlo meglio. - Alex guardò l’amico, aspettandosi qualunque tipo di reazione.
- Ieri pomeriggio vi ho sentito mentre parlavate, - disse invece Brendon, piuttosto tranquillamente - lo so, non avrei dovuto... ma ero curioso. Quindi niente di quello che mi hai detto era una novità. Onestamente avevo solamente paura che ti piacesse.
- Ross è un gran bel ragazzo ma no, non è il mio tipo.
- Bene.
- Allora siamo a posto o mi devo aspettare da un momento all'altro di essere squartato, e di vedere i miei resti divorati da Bogart?
- Siamo a posto, sei un grande amico, davvero. - disse Brendon, sorridendo - Ora puoi abbracciarmi, per favore?
Alex non se lo fece ripetere due volte prima di stringerlo tra le sue braccia.
- Mi dispiace Brenny, davvero, ma non è tutta persa. Sei un gran ragazzo, deve solo imparare a conoscerti bene e vedrai che le cose cambieranno. E' dura non amarti - gli sussurrò piano in un orecchio, stringendoselo maggiormente a sé - e ora basta sentimentalismi e andiamo a prendere la chitarra, prima che Gabe mandi il mondo a cercarci!
Will amava passeggiare per l'enorme parco che circondava il collegio, lo rilassava, e quel giorno sia lui che Ryan ne avevano particolarmente bisogno. Certo, essere così stressati già il primo giorno era preoccupante, ma del resto Ryan lo era sempre per qualche strano motivo. Probabilmente per il fatto che lui era in quella scuola principalmente grazie a una borsa di studio e alla buona parola del professor Smith, quindi non si era mai sentito davvero appartenente a quel luogo. Ryan e il professore si conoscevano da quando erano piccoli, avevano vissuto per anni nello stesso quartiere, e si poteva dire che erano quasi come due fratelli. Spencer, infatti, che doveva avere cinque, forse sei anni in più a loro, aveva subito preso a cuore la situazione del piccolo Ross, sin da quando era bambino e andava a nascondersi nella casa sull’albero quando suo padre tornava a casa ubriaco. Ryan aveva accettato le sue cure e le sue premure da subito, lo aveva eletto a suo modello e fratello maggiore ideale, gli confidava le sue paure e i suoi segreti, probabilmente era stato la prima persona a cui aveva rivelato di essere gay. William sapeva bene quanto fosse importante quell’uomo per Ryan, sapeva quanto lo avesse aiutato e sapeva anche che il suo amico gli sarebbe stato eternamente riconoscente. Ma proprio per il fatto di essere lì dentro grazie a lui, faceva sentire Ryan diverso da tutti gli altri studenti e per questo sempre irritabile e nervoso. Ma questa volta il nervosismo del suo migliore amico non dipendeva dalla scuola: erano i suoi sentimenti che lo stavano fregando.
In ogni caso, parlare aveva aiutato entrambi a sfogarsi. Avevano appena appurato che Travis ci aveva provato palesemente con lui, mentre Urie era un nudista borioso e pieno di sé, quando notarono Gabe, Travis e Dallon sotto il grande faggio vicino al lago. Non ebbero nemmeno il tempo  di pensare di tornare indietro, che Gabe li vide e gli fece cenno di raggiungerlo.
 
Pete, aveva sempre organizzato una riunione al termine della prima giornata scolastica. Gli piaceva avere le cose sotto controllo ed era inoltre utile a capire con che tipo di alunni avrebbero avuto a che fare. Ma la cosa che amava davvero di queste riunioni, era poter ammirare Spencer. L'aveva già adocchiato quando studiava al collegio, ma ora che era suo dipendente la cosa non era più solo attrazione o adorazione. Il suo amico Patrick diceva che ne era ossessionato, ma lui indossava costantemente cappelli da camionista, cosa che gli faceva perdere ogni credibilità, così Pete non gli dava ascolto.
Una volta terminata la riunione era riuscito a convincere Spencer a prendere un caffè insieme. Ovviamente, non nel bar della scuola, ma nel suo appartamento, se così si poteva chiamare il suo gigantesco ufficio, dove sarebbero potuti restare in una maggiore intimità.
Spencer si sedette sul morbido divano di pelle, mentre lui armeggiava con la caffettiera.
- Allora Spence, come è andata l'estate? Fatto qualcosa di bello?
- E' andata bene, - rispose il professore - A luglio io e Ryan siamo andati in questo posto dove c'erano libri a vista d'occhio. Avrei voluto leggerli tutti, sapessi che titoli interessanti! Ci siamo divertiti.
Giusto, Ross. Quel ragazzino era la persona più vicina a Spencer , e  inoltre era un ragazzo a dir poco fastidioso e puntiglioso.
- Trovato qualcuno di interessante tra libri e scartoffie di vario genere?
- Il proprietario del negozio non era male, in realtà. - disse Spence, con aria di sfida - ma sembrava troppo giovane per me e troppo interessato a Ryan. Quindi a parte i libri no, non c'è stato nessuno di interessante.
- Non lo vedo possibile- disse Pete accomodandosi vicino a Spencer in attesa che il caffè fosse pronto - Non capisco come un bell'uomo come te non faccia conquiste.
- Pete - disse Spence, con un tono stanco - non ricominciare per favore. Anche se provassi qualcosa per te non sarebbe correttamente etico.
- Spence, tu vai in vacanza e passi il ringraziamento con un nostro studente, non è lo stesso?
- No, Pete, io non sono come te, io non provo a portarmi Ryan a letto ogni santa volta che lo vedo. Mi disgusta la sola idea, è come se fosse mio fratello.
-  Dio, quanto sei acido, era una battuta! - sbottò il preside, capendo che nemmeno quel giorno avrebbe concluso niente con l’affascinante professore - il caffè con cosa lo vuoi? - concluse, alzandosi.
- Con il latte, come al solito- rispose Spencer, secco.
Pete non sapeva più cosa fare per far si che il professore cadesse ai suoi piedi, cominciava a pensare che la via della costanza non era la più ideale.
 
- Adesso mi faccio perdonare - aveva bisbigliato Gabe a Travis, prima di chiamare William e di invitarlo a raggiungerli. Travis aveva sorriso e si era sistemato i capelli nervosamente, mentre il ragazzo e il suo amico Ross si dirigevano verso di loro.
- Ciao! - aveva detto William con un sorriso gigantesco.
- Heilà -aveva risposto Gabe, alzandosi e poggiandogli un braccio intorno alle spalle.
- Conosci Trav, vero Will? - aggiunse, indicandogli l’amico.
William annuì, e Travis non poté fare a meno di notare il rossore sulle sue guance. Probabilmente la tecnica del bagno aveva funzionato!
Gabe si sedette e Will si mise tra lui e Travis. Ryan, invece, si sedette poco più distante, con la schiena poggiata sulla corteccia dell’albero.
- Allora, Will, com’è andato il primo giorno? - chiese Gabe, per avviare la conversazione.
- Come tutti gli altri primi giorni. A te? Cioè, a voi?
- Una palla, come sempre, ma per fortuna esistono i bagni! - aveva risposto Travis con un sorrisone, sovrastando la voce dell’amico. William divenne rosso fuoco e abbassò lo sguardo.
- Uhm, già…
Travis sentì Ryan ridacchiare, ma lasciò correre. Adesso aveva di meglio a cui pensare.
Mise un braccio intorno alle spalle esili di William, come aveva fatto Gabe poco prima, cercando di farlo passare come un gesto naturale e disinteressato, anche se lui sembrava rigido come un tronco e aveva la faccia fucsia. Era adorabile quando faceva il timido.
Dallon, steso pigramente sull’erba, li guardava con un sorrisino strano, facendo scorrere il suo sguardo da loro tre, a Ross, che sembrava desiderasse essere altrove, e infine al portone della scuola, come se aspettasse l’arrivo di qualcuno.
- Ragazzi - disse ad un certo punto Gabe, in un altro disperato tentativo di iniziare un discorso - qualche sera dovremmo cenare tutti insieme, che ne dite?
Ryan si limitò a guardarlo con un sopracciglio alzato, Dallon annuì, continuando a guardare l’ingresso dell’edificio.
- Sarebbe magnifico! - sorrise William, guardandolo. Travis sentì sotto la mano poggiata sulla sua spalla, le  sue pulsazioni che aumentavano notevolmente.
Calò di nuovo il silenzio, rotto solo da Dallon che canticchiava qualcosa sottovoce.
 
Brendon era già più rilassato una volta tornato nel parco, sapere di non dover competere con Alex era a dir poco confortante. Eppure, quando vide chi si era unito ai suoi amici credette di avere le allucinazioni. Dallon lo guardava mortificato, con lo sguardo da '' ti giuro che non è stata colpa mia, mi dispiace''.
Dall'altra parte, Gabe gli sorrideva sornione, probabilmente convinto di avergli fatto un favore, mentre William situato tra lui e Travis sembrava gli stesse scoppiando un embolo.
E se Travis stava cercando evidentemente di far colpo su William, con le sue solite battute da quattro soldi e le mani che cercavano di toccare più pelle possibile, Ryan osservava ostinatamente il terreno. Alex gli posò una mano sulla spalla e lo fece sedere tra lui e Dallon, invitandolo a cantare insieme a loro.
Fece finta di non essere geloso del fatto che Ryan guardasse solo Alex, aveva tempo per far sì che le cose cambiassero, doveva solo essere paziente.
 
Suarez era rimasto sorpreso quando, qualche giorno prima, Nate gli si era seduto di fronte in mensa. Si era sentito il cuore esplodere, soprattutto quando aveva visto un sorriso allargarsi per la prima volta sul volto dell’altro quando gli aveva detto che non lo odiava per niente, e che anzi lo considerava un ragazzo intelligente e simpatico. Anche adesso, mentre lo aspettava fuori in corridoio, non riusciva a togliersi l’immagine di quel sorriso dalla testa.
- Ha detto di sì! - esclamò Nate raggiante, uscendo dall’ufficio della collaboratrice di Wentz.
- Davvero? - Suarez stentava a crederci. Avevano chiesto a Greta, la collaboratrice del preside e colei che prendeva il 90% delle decisioni importanti, se era possibile per Alex cambiare camera e trasferirsi da Nate, che grazie ai cospicui pagamenti del padre, uno dei maggiori beneficiari dell’istituto, era uno dei pochissimi studenti a poter usufruire di una camera singola.
Nate annuì, sorridendo. Era stupendo quanto si fosse affezionato a lui in così poco tempo. Probabilmente era per il fatto che non aveva altri amici in quella scuola, dato che tutti lo accusavano di essere il cocco di Wentz e gli stavano alla larga. Ma a Suarez non interessava, gli sembrava di stare vivendo un sogno, un sogno magnifico, e che di lì a poco si sarebbe potuto svegliare di colpo.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

I just lost control, I just wanted you to know,
when I'm on my own I feel invisible.
I just lost control, I just needed you to know,
when in front of you I feel invincible.

 
- Buongiorno - disse Nate, con un sorriso, mettendosi seduto lentamente sul letto e strofinandosi gli occhi.
Suarez gli sorrise a sua volta, con la faccia mezza affondata nel cuscino. Nate in quel momento, con i capelli tutti arruffati che andavano da tutte le parti, gli sembrò un bimbo, come la prima volta in cui l’aveva visto.
- E’ bello avere qualcuno in camera - continuò - anche se questo qualcuno russa!
Nate scoppiò a ridere e Alex gli lanciò il cuscino in faccia.
- Io non russo! - esclamò, arrossendo, senza però poter evitare di ridere.
- Sì, come no - lo prese in giro l’altro, rilanciandoglielo sulla testa.
- Ripetilo se hai il coraggio! - rise Suarez, attaccandolo di nuovo con il suo cuscino.
Nate prese il suo e si fiondò sul letto dell’altro, ridendo a crepapelle e colpendolo in più punti possibili e fermandosi esausto dopo qualche minuto.
Nate era steso sopra di lui, con il cuscino in una mano e il fiatone. Il sorriso sul suo volto era sfumato velocemente e adesso lo guardava con gli occhi sgranati da una distanza decisamente troppo ravvicinata. Suarez sentiva il suo respiro caldo sulla sua faccia e i loro petti premuti l’uno contro l’altro, gli pareva addirittura di sentire il ritmo del cuore di Nate accelerare insieme al suo. Era una situazione abbastanza imbarazzante, sì, ma Nate non sembrava avere intenzione di spostarsi, probabilmente stava riflettendo sul modo più veloce per scappare via urlando. E invece, contro ogni aspettativa di Suarez, Nate lasciò cadere il cuscino e gli passò le dita tremanti tra i capelli, spostandogli timidamente le ciocche castane dagli occhi, scendendo poi lentamente verso le guance e infine sulle labbra socchiuse. Suarez sentiva il cuore dell’altro pulsare violentemente contro il suo petto, e anche il suo sembrava sul punto di voler uscire dalla cassa toracica e andarsi a fare un bel giretto.
Anche lui lasciò andare il cuscino e gli toccò il viso a sua volta con cautela. Continuava ad avere paura che sarebbe potuto scappare da un momento all’altro.
Nate si avvicinò di più, anche se aveva l’aria davvero spaventata. Evidentemente dopo lo avrebbe denunciato, ma cosa importava? Adesso erano lì, così vicini che Suarez poteva contargli le ciglia ed era questo quello che contava. E Nate gli stava guardando le labbra. Gli stava guardando insistentemente le labbra. E così Suarez fece la cosa più ovvia da fare. Sporse la testa in avanti e lo baciò velocemente, aspettando la sua reazione, con il cuore che, contro ogni legge fisica, stava correndo ancora di più. Era stato un contatto minimo, un semplice sfiorarsi, ma questo era bastato ad accendere la scintilla. Nate gli aveva intrecciato le dita tra i capelli e adesso lo stava baciando, per davvero.
Non poteva essere vero, non poteva essere possibile. Dopo solo una notte in camera insieme, si stava avverando tutto (o quasi) di quello che Alex aveva solo immaginato sarebbe potuto accadere.
Non aveva mai baciato un ragazzo, eppure quella sensazione superava di gran lunga tutto quello che aveva mai provato con una ragazza. Strinse tra le dita la maglietta bianca di Nate e lo tirò maggiormente a sé, sperando con tutto se stesso che quella non sarebbe stata la prima e l’ultima volta.
- Credo che dovremmo andare… - sussurrò sulle sue labbra, poco convinto.
- Mmh - protestò Nate -Dobbiamo proprio?
Suarez sorrise, accarezzandogli i capelli.
- Vuoi che mi caccino dalla tua stanza?
Nate balzò in piedi, tirando Alex con sé.
- Certo che non voglio, idiota! Però potremmo restare ancora un po’… - piagnucolò Nate.
- Muoviamoci! - esclamò, baciandolo di nuovo - L’ora di pranzo arriverà presto - sussurrò poi Suarez, mettendogli le braccia intorno alla vita.
- Suppongo che non avremo molto tempo per mangiare - rise l’altro, trascinandolo con sé in bagno.
 
 
Ian non poteva credere a quello che aveva visto, e non poteva neanche credere al fatto che stava avendo una reazione così grossa. Da quando la cottarella innocente era diventata una cotta con i fiocchi? Bussò due volte alla porta e non gli restò che aspettare che Brendon gli aprisse. Una volta che lo fece, non poté non notare i capelli sconvolti e il segno della cucitura del cuscino sulla guancia.
- Sei innamorato di una sgualdrina totale- disse entrando e sedendosi su quello che doveva essere il letto di Ryan. Maledetto Ryan.
Brendon lo guardò confuso prima di rispondere, perplesso.
- Chi gli piace adesso? O meglio, cosa hai visto?
- Il professor Smith.
- Cosa c’entra adesso il professor Smith?
- Stavo andando nell'aula di musica quando li ho visti sulla panchina che c'è a lato all'entrata. Dovevi  vederli come ridevano! E non c'era traccia di un minimo di distanza tra di loro! E poi il tuo Ryan l'ha abbracciato, posando la testa sua spalla! Non è normale, pensavo che Smith avrebbe avuto almeno la decenza di nascondere la loro relazione alla luce del sole.
Ian poteva vedere che Brendon si stava torturando il labbro inferiore per non scoppiare a ridere, non aveva senso. Doveva essere furioso o quantomeno geloso, no?
- Che c'è da ridere?
- No, niente è solo che, davvero, perché sei così agitato dalla cosa?
- E' un professore, Brendon, non dovrebbe intrattenere rapporti con un alunno!
- Un alunno che non sei tu, intendi dire?
- Io non ho una cotta per Smith, Bren.
- Per me va bene, non ho problemi con questo, ma ammettilo almeno a te stesso. Non sarebbe strano, Spencer è un bell'uomo e una persona intelligente. E solo per la cronaca, non c'è niente tra di loro, mi stupisco che tu non lo sappia, loro due sono cresciuti insieme. Voci dicono che Ryan ha passato l'intera infanzia a casa di Spencer, ma questo non ha mai influenzato il suo mestiere.
- Ah.
- Già. C'è qualcos'altro che vuoi dirmi?
- Credo di avere una signora cotta per Smith.
- Già e come ho detto, non ho problemi con questo.
 
Sabato era arrivato, e con lui anche la tanto temuta cena. Il preside lasciava sempre il sabato sera libero ai suoi alunni, sosteneva che era importante per la socializzazione (anche se alle dieci dovevano essere tutti in camera). Di solito anche il cibo preparato il sabato sera era decisamente migliore, e non di rado i ragazzi preferivano restare all’interno dell’istituto piuttosto che uscire.
Dallon aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere quella sera, era come camminare su un territorio minato. Gabe non aveva mai avuto un’idea peggiore di questa, c'erano così tante cose strane da lasciargli il sospetto che la sua vita si stava tramutando in una pessima puntata di Beautiful. E per di più Gabe doveva smetterla di fare il Cupido, davvero.
A loro si sarebbero uniti anche Ian, Cash e Deleon, cosa che probabilmente avrebbe reso il tutto meno imbarazzante. Anche se quel Deleon sembrava già abbastanza imbarazzante per i fatti suoi.
Alle sette puntuali sia lui che Ian uscirono dalla stanza. Ian sembrava più carino del solito con quella camicia bianca lasciata un po’ aperta, ma forse era tutto dovuto al fatto che quell'aria triste che solitamente gli aleggiava intorno si era alleviata parecchio. Nello stesso momento uscirono anche Gabe e Will, che erano talmente presi in un discorso, da non accorgersi nemmeno di loro. Si chiese se era l'unico che avesse notato l'incredibile chimica tra i due, e se Travis facesse solamente finta di non vedere o davvero non si era accorto di nulla. Era lampante che William pendesse dalle labbra di Gabe, mentre per Travis provava solo imbarazzo per le avances poco sottili che riceveva. Probabilmente solo lui e Ross erano a capo di questo, e parlando di Ross non era una persona così orrenda e superficiale. Peccato che la situazione tra lui e Brendon non si evolvesse: se non si ignoravano (o meglio, se Ross non lo evitava e Brendon non faceva il coglione) comunque evitavano di parlarsi, se non per cose altamente necessarie.
Alex in tutto questo non sapeva cosa fare e del resto, nessuno di loro poteva farci qualcosa.
Quando Dallon e Ian arrivarono giù, Ross stava parlando con Deleon con aria estremamente annoiata. Dall'altra parte del tavolo c'erano Travis, Cash e Alex, che ridevano sicuramente per qualche battutaccia volgare di Trav. La vera domanda era dove fosse finito Brendon. Che fosse morto affogato nelle sue stesse lacrime?
 Dallon si sedette accanto a Ian, facendo mille supposizioni su quale fosse il motivo del ritardo di quel cretino del suo migliore amico. Si guardò intorno preoccupato, sperando di vederlo spuntare da un momento all’altro con la sua solita faccia da cane bastonato che ultimamente gli era diventata propria.
Ma intorno a sé vedeva solo gli altri studenti, abbastanza sorpresi dal fatto che il gruppo di Saporta e company stesse fraternizzando con quei ragazzini che, davvero, con loro non potevano avere nulla a che fare.  Qualche minuto dopo, quando orami erano tutti a tavola, Dallon cominciò seriamente a preoccuparsi e stava quasi per alzarsi per andare a cercare Brendon, quando si accorse che tutte le persone del suo tavolo erano voltate verso l’entrata.  Brendon era splendido, era così bello che tutti rimasero a bocca aperta. Camminò attraverso la sala con un sorriso smagliante, felice dell’effetto che la sua entrata aveva provocato. Prese posto accanto a Ian, sorridendogli, prima di salutare tutti. Dallon notò la cura con cui Brendon si era preparato, non aveva neanche un capello fuori posto e tutti sembravano rapiti da lui, persino Ryan, che sbatté diverse volte le palpebre come se non credesse a quello che stava vedendo.  Anche Brendon si accorse che Ryan lo guardava e, con un sorriso più bello di prima, abbracciò affettuosamente Ian dandogli un bacio sulla fronte. Dallon si accorse che dopo quel gesto, Ross aveva distolto subito lo sguardo girando la testa verso  Deleon  e dicendogli che “No, Justin Timberlake non era Dio, o qualcosa del genere.''
 
Spencer era nel pieno di una cena con Jon, il meraviglioso Jon, quando si accorse che a pochi tavoli di distanza c'era Crawford, sorridente, che veniva abbracciato forte da Urie. Certo, che Brendon Urie abbracciasse i suoi amici non era niente di strano, in quel gruppo di ragazzi erano tutti molto affettuosi l'un l'altro, in fondo erano un po’ come una famiglia (per non dire che era convinto che il 90% di loro fosse irrecuperabilmente gay).
Non riusciva a capire come Ryan lo trovasse odioso quel ragazzo, lui lo trovava una persona intelligente e con un buon umorismo, che non era una cosa da sottovalutare. E a proposito di Ryan, gli avrebbe dovuto spiegare perché proprio in quel momento lo stesse fissando, forse c'era qualcosa che aveva evitato di dirgli.
Ma tornando a Ian c'era qualcosa di quel ragazzo che lo incuriosiva, anche perché, se bisognava ammetterlo, prima non avrebbe mai guardato nessuno mentre era con Jon. E questa curiosità poteva essere pericolosa, dato che si trattava pur sempre uno studente e Pete tendeva ad essere ossessivo sulle persone che lo circondavano. Spesso pensava di cercarsi un nuovo posto di lavoro, ma almeno fino a quando Ryan studiava lì non se la sentiva di andarsene. Era ben consapevole che non poteva pensare solo per lui, inoltre la sola idea di lasciarlo da solo lo terrorizzava. Spencer smise di pensare a questo solo quando Jon lo richiamò, chiedendogli se era d'accordo. Per una volta non gli interessava più di tanto, forse quella curiosità l'aveva sottovalutata.
 
Will era seduto accanto a Gabe e, se non ci fosse stato Travis che interrompeva il loro discorso ogni cinque minuti, sarebbe stata una serata perfetta. Guardò Ryan in cerca di supporto, sperando che l’amico avesse capito e avesse conficcato una forchetta nella mano di McCoy, ma sembrava così interessato al contenuto del suo piatto che difficilmente si sarebbe accorto di lui.
Gabe era divertente e ormai lo considerava suo amico, cosa che andava ben oltre le speranze di Will, che solo un mese prima non avrebbe mai creduto di potergli neanche dire “ciao”, ma davvero, Travis stava diventando insopportabile. Gli era sempre sembrato un ragazzo a posto, lo aveva considerato simpatico e spesso si erano fermati a parlare dopo qualche lezione, ma da quando ci provava così palesemente con lui, il solo stare nella sua stessa stanza lo imbarazzava come non mai. Will non era come Ryan. Ryan apprezzava le attenzioni dei ragazzi, spesso gli bastavano due parole con qualcuno e poi via in un angolo a pomiciare. William, invece, cercava il vero amore. Sapeva che si trattava di un’idea abbastanza anacronistica e forse infantile, ma l’idea di doversi dare a qualcuno che non lo amava gli dava i brividi. Come faceva Ryan a farsi mettere le mani addosso da qualcuno che probabilmente non avrebbe visto mai più? Probabilmente era anche per questo che, con suo estremo disappunto, a vent’anni suonati era ancora vergine. Ma cercò di non pensarci, concentrandosi su Gabe, che in quel momento era impegnato in uno dei suoi discorsi trascendentali su cobra e deserti.
Sobbalzò, sentendosi una mano sulla coscia. D’istinto, si girò verso Travis, ma vide che entrambe le sue mani erano occupate da coltello e forchetta, e inoltre il suo braccio non poteva arrivare fin lì, sulla sua gamba sinistra. Con una marea di sentimenti contrastanti dentro di sé, che andavano dall’imbarazzo fino alla più pura sorpresa, si rese conto che quella mano premuta contro il tessuto dei suoi jeans aderenti  non poteva appartenere a nessun altro se non a Gabe, che continuava a parlare tranquillamente. Will fece finta di non accorgersene, o almeno che non gliene importasse niente, anche se persino Travis, che sembrava cieco per quel genere di cose, sembrava furioso e il suo sguardo dardeggiava da Gabe alla mano e dalla mano a Gabe. Ma il clou della serata si ebbe poco più tardi. Quando, dopo minuti che sembrarono interminabili, la mano “compromettente” fu spostata dalla coscia, Will, che in pratica non aveva toccato cibo, si fiondò sulla torta di fragole e la divorò in un attimo.
- Tieni, prendi anche la mia - aveva detto Gabe, che spesso durante la serata lo aveva intimato a mangiare, sostenendo che fosse “così magro”.
Will accettò con un sorriso e in men che non si dica, fece sparire anche quella.
- Allora per farti mangiare dovrò far cucinare sempre torta alle fragole? - chiese Gabe, sorridendo.
In realtà a Will sarebbe bastato non avere una sua mano sulla gamba, ma non rispose, limitandosi a una risatina.
- Aspetta, hai della panna qui… - disse poi Gabe, sporgendosi verso di lui e pulendogli delicatamente con il pollice l’angolo delle labbra.
Will si sentì avvampare. In un attimo si accorse che tutti gli sguardi erano puntati su di loro e su quella situazione lievemente ambigua. Probabilmente a Travis stava per uscire del fumo dalle orecchie.
Gabe sembrò non accorgersi di nulla e riprese a parlare come se niente fosse successo.
 
Travis voleva fidarsi di Gabe, l'aveva anche fatto ma ora non ne era più molto sicuro. Inoltre, non riusciva a capire se quello che si spacciava per il suo migliore amico, era scemo o la faceva.
Non era la prima volta che candidamente, senza nemmeno rendersene conto, lo mandava in bestia. Ma se poteva sorvolare sul fatto che l'amico gli desse buca per guardarsi un film scadente con Will, per poi addormentarsi accoccolato a lui, non poteva su questo.
Specialmente quando era l'intera serata che distoglieva, ripetutamente, l'attenzione di William con mezzi infimi, come mettergli una mano sulla coscia per poi fare finta di nulla. O peggio ancora, toccandogli le labbra. Quelle labbra che avrebbe voluto toccare lui, ma che grazie a lui, ora pensava di non poterle toccare mai più.
 
Brendon aveva cercato di essere buono con Ross, davvero, ma lui non gliene aveva dato l’opportunità. Voleva evitarlo? Preferiva prestare attenzione ai vaneggiamenti di Deleon piuttosto che a lui? Bene.
Aveva deciso che avrebbe seguito il consiglio di Dallon. Certo, nei limiti della decenza, o quasi. Così aveva passato tutta la serata a coccolare Ian, che non sembrava disprezzare le sue attenzioni, ma che ne sembrava divertito. Gli avrebbe spiegato tutto più tardi ovviamente, sperando che l’amico non si sarebbe arrabbiato per essere stato usato come mezzo per il suo sporco trucchetto.
Gli accarezzava i capelli, gli diceva cose all’orecchio, rideva delle sue battute, gli faceva complimenti su complimenti…
- Sei una puttana, Brendon - gli aveva detto sottovoce Dallon, ridendo.
Forse lo era, ma non era bastato. Ryan continuava ad ignorarlo palesemente.
 
 


* * *
SIAMO TORNATE, GENTE!
<3
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Capitolo 9

Don't wait around for love,
you're
not what he's thinking of when he's with the other girl.


Ci sono cose che fa male ammettere, nonostante siano così ovvie che è come se fossero scritte su un’ insegna al neon. In quel caso la scritta lampeggiante recitava: 'Brendon Urie stasera era fottutamente attraente (e non solo stasera)''.
Questo non aiutava Ryan nella sua campagna ''mostriamo ad Urie che non è il re del mondo”, specialmente quando questo è il tuo compagno di stanza e sembra allergico ai vestiti. Come a ribadire che è ben consapevole del suo fascino. Come questo gli fosse sfuggito non se lo saprebbe spiegare, ok, va bene, non è vero. Il fatto era che per tutto il tempo si era concentrato a sbavare su Alex, considerando nessun'altro degno di nota. O almeno, in quella scuola, dato che quell'estate si poteva dire che si era dato alla pazza gioia, come con quel tipo della biblioteca dove l’aveva portato Spence…
Ma tornando al punto di partenza, il fatto che Brendon fosse attraente era un problema.
Non poteva certamente andare a letto con il suo -insopportabile e incredibilmente sexy- compagno di stanza. Perché sapeva che non poteva permettersi distrazioni, lo studio era più importante di rotolasi nel letto, o nella doccia o da qualunque altra parte, con Brendon. Aveva fatto tanti sforzi per meritarsi la borsa di studio e se non fosse stato anche per Spencer non sarebbe stato lì. Ecco, sarebbe andato a parlare con Spencer, lui aveva sempre la soluzione adatta. Magari, poteva rendere Brendon inguardabile, così da togliergli ogni tentazione. E inoltre era quasi sicuro che Brendon lo odiasse.
Ryan non sapeva più cosa pensare, dire che era confuso non rendeva l'idea. Aveva bisogno di dormire, profondamente, per poi parlare con Spence e Will, in questo ordine. Non era possibile che il suo interesse per Greenwald si fosse affievolito in maniera così precipitosa in favore di Urie. Era sempre stata una persona volubile, ma non a questi livelli.
Una volta chiusa la porta della camera, già assaporava il caldo del suo letto, ma evidentemente non aveva calcolato la costante voglia di parlare di Brendon.
- Divertito stasera?- chiese quello infatti, cercando di slegarsi il piccolo cravattino.
- Ti interessa davvero o vuoi solo che per educazione successivamente ti chieda se l'hai fatto anche tu?- rispose acido, calcando le ultime due parole.
- Rilassati, non c'è bisogno di essere sempre così antipatico, volevo solo fare un po’ di conversazione. Ma evidentemente era chiedere troppo, quindi me ne vado a letto - Disse, prima di iniziare a spogliarsi, non rendendosi conto dello sguardo persistente di Ryan.
Ryan ingoiò prima di parlare e onestamente non sapeva perché lo stava facendo, la sua idea era quella di continuare ad evitarlo.
-  Sì, mi sono divertito. Deleon è ridicolo, pensa che Justin Timberlake abbia inventato il mondo - rispose soffermandosi sulla schiena nuda di Brendon prima di iniziare a spogliarsi anche lui.
Una volta presa la maglia da sotto il cuscino, non ricevendo una risposta, si girò nella sua direzione, beccando il più piccolo a squadrarlo, il che era perfetto per rendere più imbarazzante il tutto (anche se Ryan quella sera l'aveva squadrato più di una volta, quindi, davvero, non avrebbe dovuto lamentarsi). Brendon si ricompose subito, infilandosi la maglia e rispondendo con tono piuttosto duro.
- Sai, molti pensano che anche tu e le tue sciarpe siate ridicoli, è soggettivo.
- Non mi interessa cosa pensa la gente di questa scuola di me, a parte William e Spencer nessuno mi conosce qui. A me non interessa la loro opinione, io non sono qui perché paparino voleva il meglio per me o per fare di tutto pur di piacere ed essere accettato così da poter andare alle feste il sabato sera e ubriacarmi fino a perdere i sensi. Io non sono così e non voglio esserlo. Io sono qui solo per studiare -
Ryan si morse la lingua, aveva parlato troppo, non aveva senso aprirsi con Brendon.
- Che non vuoi piacere alla gente si era capito, comunque- disse Brendon ironico prima di continuare - sono stanco e non sono in vena di discutere. Quindi, buonanotte Ryan.
- Notte - riuscì a biasciare in risposta prima di spegnere la luce e rintanarsi tra le lenzuola.


Nel letto accanto, Brendon sapeva che quella sera si era mosso qualcosa, ma non riusciva a capire se era sprofondato maggiormente o era riuscito a sollevarsi lievemente. Quel ragazzo l'avrebbe fatto impazzire!
Come faceva ad andargli ancora dietro dopo aver visto che era così acido, antipatico e sgarbato?
Ma poi lo guardò dormire, si soffermò sul suo viso dai tratti delicati, sui capelli che gli ricadevano disordinati , ascoltò il suo respiro regolare e si ritrovò a sorridere come un imbecille.
Non poteva impedire a se stesso di provare attrazione per lui, non poteva mettersi una benda sugli occhi e fingere di non vedere quanto fosse bello. E inoltre lui sapeva benissimo che Ryan non era acido e brusco come faceva credere di essere. Lo vedeva sorridere a William, lo vedeva ridere e scherzare con il professor Smith, lo vedeva studiare fino a notte fonda senza mai lamentarsi e allora, in quei momenti, sapeva che stava avendo a che fare con il vero Ryan Ross.
Durante l’anno precedente gli era capitato di sentire da qualcuno che Ryan aveva una storia difficile alle spalle, ma lui non parlava mai di sé…
Brendon si addormentò guardandolo, promettendo a se stesso che un giorno sarebbe riuscito a far cadere quel muro che Ryan si era imposto intorno al suo cuore.
 
Quando arrivarono le dieci, ed era ora di tornarsene in camera, Gabe sentì qualcuno che lo tirava per un braccio e si girò con un sorriso, pensando fosse William. E invece davanti a lui c’era Travis, serio come non mai.
- E' meglio se per un po’ eviti di parlarmi, davvero - disse l’amico.
E senza nemmeno aggiungere altro o aspettare una risposta si incamminò verso le camere.
Gabe cercò di ricordarsi esattamente cosa aveva fatto quella sera, perché era evidente che qualcosa aveva fatto infuriare Trav. Non fu difficile arrivarci, e si maledì con tutto se stesso. Non l'aveva fatto intenzionalmente ma si rese conto che non solo aveva monopolizzato l'attenzione di Will, ma aveva anche agito in maniera ambigua.
Ora. Gabe non era gay, certo aveva una malsana ossessione per i cobra, ma quello non lo rendeva omosessuale. C'era anche da dire che sentiva una strana sensazione verso Will, ma poteva essere dovuta al fatto che il ragazzo avesse dei tratti femminili e di certo quei capelli, i pantaloni super attillati e le magliette con i profondi scolli a V che indossava non lo aiutavano a sembrare più “virile”. E quei fianchi? Erano persino meglio di quelli di Vicky. Ma comunque, era lampante che non si trovava davanti a una crisi sessuale. Lui era etero, lo era sempre stato, amava le tette e le belle ragazze e… le tette le aveva già dette?
Decise che era l'astinenza (dopo una misera settimana) a fargli pensare certe cose e che avrebbe dovuto vedere Vicky al più presto. Vicky era la soluzione, come spesso succedeva.
Anche perché chi glielo dice poi a Travis, il tuo migliore amico già abbastanza incazzato con te, che provi qualcosa nei confronti del ragazzo che cerca (ingloriosamente) di conquistare? Non puoi. Ma del resto, non essendo gay il problema non si pone.
Decise di mandare un messaggio a Vicky sulla falsariga di: ''Domani riusciresti a venire? Mi manchi, non hai idea quanto. '' Nemmeno due minuti dopo, quando era appena entrato nella stanza che condivideva con Bill, ricevette la risposta che, con suo grande sollievo, era affermativa.
 
William era già a letto quando Gabe era rientrato, qualche minuto più tardi. lo vide cercare di fare meno rumore possibile, senza accendere la luce e bisbigliando imprecazioni al comodino contro il quale aveva battuto il piede.
Quella sera era stata così carica di emozioni e sentimenti contrastanti, che sarebbe stato impossibile riuscire a dormire comunque.
Le mani di Gabe, la risata di Gabe, la voce di Gabe. Tutto si ripeteva nella sua mente come un film perfetto, disturbato solo ogni tanto dall’interferenza “Travis”. Ma adesso che c’erano solo loro due, senza nessuno che con le loro chiacchiere copriva la loro voce e senza nessuno che li interrompeva ogni due minuti, Will si sentiva meno sicuro di sé, non che prima lo fosse, ma almeno, intorno al tavolo e con Ryan a pochi metri si era sentito più a suo agio. Rimpiangeva di non essersi messo la maglietta, adesso si sentiva nudo e imbarazzato.
Avrebbe dovuto dire qualcosa?
Aveva paura di dire qualche sciocchezza e di rovinare tutto quello che era stato costruito in quei giorni, di cui quella cena era stata solo la dimostrazione.
Così finse di dormire, sperando che Gabe si mettesse presto a letto perché, davvero, la tentazione di aprire gli occhi e guardarlo era tanta.
Ma l’altro, prima di infilarsi sotto le lenzuola, si fermò un momento accanto al suo letto.
Bill sentiva il cuore battergli forte, non sapendo cosa aspettarsi. Avvertì lo sguardo di Saporta su di sé e deglutì, sperando che l’altro non se ne accorgesse. Dopo qualche secondo lo sentì sospirare e infine mettersi a letto.
Cosa significava? Senza neanche che lui lo volesse, la sua mente cominciò a proiettare davanti ai suoi occhi infinite possibilità, nel 90% delle quali lui e Gabe erano insieme. Davvero, non voleva fissarsi, ma se quelle ambiguità avessero avuto un secondo fine? Si addormentò col sorriso sulle labbra, convinto del fatto che, da quel punto, le cose sarebbero solo potute migliorare.
 
Brendon, la mattina dopo, si svegliò presto, nonostante fosse domenica . Il fatto era che voleva spiegare il tutto a Ian e scusarsi per averlo 'usato' la sera prima. Non era stato voluto, ma soltanto il fatto che Ryan lo avesse finalmente degnato d'attenzione, seppure per poco, l'aveva mandato fuori di testa.
Nella sala non vi erano molti alunni e notò subito Ian, che osservava Smith, che a sua volta ricambiava. A quanto sembrava non era l'unico che aveva notato che Ian era un bel ragazzo. Tossì, per richiamare l'attenzione dell’amico.
- A quanto pare qualcuno potrebbe avere qualche chance con il bel professore!- disse Brendon, sussurrandoglielo nell'orecchio, facendolo arrossire.
- Non vedo come sia possibile Bren, inoltre hey, sei riuscito ad essere puntuale!
- Ebbene sì, - sorrise lui - allora come stai?
- Bene, si.
- Sono contento, quell'aria triste non ti donava.
Ian si limitò a sorridere, amaramente, prima di guardare nuovamente nella direzione di Spencer, al quale in quel momento si era unito il preside.
Wentz gli stava dicendo qualcosa all’orecchio, e il professore sembrava a dir poco stufo.
- Comunque volevo chiederti scusa - iniziò con il dire Bren, così da riavere la sua attenzione- non dovevo usarti per cercare di attirare l'attenzione di Ryan. Non so nemmeno come mi è venuta in mente l'idea - concluse.
- Tranquillo, siamo a posto, mi sono divertito anche io.
- Bene, cosa c'è per colazione?
 
Ryan dovette bussare tre volte prima che Spence andasse ad aprirgli la porta, dato che aveva finalmente deciso di diminuire la sua folta barba ed era chiuso in bagno. Il che voleva dire che qualcosa si era mosso, che forse Jon aveva smesso di essere un omosessuale latente per accettare la sua sessualità. Ma ne dubitava. Magari si era solamente stufato di tutti quei peli.
Allora, mi spieghi cosa cavolo sta succedendo? Da quando in qua frequenti Saporta, Weekes e company? -chiese Spence a Ryan, quando questo, si sedette sul letto.
- Colpa di William - sbottò Ryan contrariato, cercando di capire quale fosse il problema, non era sempre stato lui a dirgli che doveva socializzare maggiormente?
- Devo dire che lui e Gabe Saporta sembrano abbastanza… intimi ultimamente.
Ryan sorrise compiaciuto, prima di rispondere, Spencer era sempre stato un amante dei gossip.
- La storia è complicata, Spence. Lui gli sbava dietro, ma il migliore amico di Gabe, Travis, ha una cotta per Will e ci prova palesemente e insomma, conosci William, no? In più Saporta è etero.
Spence sollevò un sopracciglio, emettendo una risatina, quasi sconcertato.
- Davvero, Spencer, non puoi credere che in questa scuola siano tutti gay! - rise Ryan.
- Ma se tra poco lo metteranno scritto sull’insegna?
Risero insieme, come quando erano più piccoli e Spence raccontava delle storie divertenti per far smettere Ryan di piangere dopo che suo padre lo aveva picchiato. O come quando gli aveva detto che stava partendo per il college.
- Come va in camera con Brendon? - chiese dopo un po’ il professore, con un espressione alla ''qualsiasi cosa dirai, ti si ritorcerà contro.''
- Oh… Uhm. È strano… La maggior parte delle volte non riesco a capire se è stupido sul serio o fa per finta!
- Però è un bel ragazzo- disse Spencer sorridendo in maniera a dir poco malevola.
- Dicono così in giro.
- E che mi dici di lui e Ian Crawford? - buttò giù, in modo vago, cercando di sembrare il più disinteressato possibile.
Ryan lo esaminò con uno sguardo indagatore. La faccenda si stava rilevando più curiosa di quanto pensasse. Spencer non poteva davvero essere interessato a uno dei due.
- Curiosità! - partì subito sulla difensiva.
- Spence.- si limitò a dire, serio.
- Niente, davvero, fa finta che io non ti abbia detto niente, va bene?
- Spencer, è uno studente.
Spence alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
- Lo so benissimo, Ryan, non è necessario che me lo ricordi. - sbuffò, prima di sedersi accanto a lui.
- Quindi è Crafword o Urie?- chiese Ryan, curioso e rassegnato.
- Sei preoccupato per Brendon? Ho visto come lo fissavi ieri sera.
Ryan aprì la bocca più volte, per negare ma alla fine era anche per quello che era lì, doveva parlarne. Sospirò, prima di confessare.
- E' solo che è bello, Spence, e non me ne ero accorto nemmeno.
- Sei sempre così cieco, Ry - Disse Spence, abbracciandolo - comunque tranquillo, non è Brendon. E quella per Ian è solo curiosità.
- Vuoi che mi informi su di lui?
- No, non voglio sapere niente, è solo uno studente e deve rimanere tale.
Ryan lo strinse maggiormente a sé, prima di sussurrare un 'mi dispiace Spence''. Poco dopo gli arrivò un messaggio di William, in cui sembrava disperato. Dovette salutare Spence, promettendogli che si sarebbe fatto perdonare. Corse più veloce che poté, impaurito da quello che poteva essere successo al suo amico. La sua stanza non gli era mai sembrata così lontana.
 
William aveva da poco salutato Ryan, che stava andando al solito appuntamento della domenica con Spencer, quando aveva deciso di tornare nella sua stanza. Avrebbe potuto passare il pomeriggio con Gabe, ma il ragazzo da quella mattina era introvabile. Cercò di non pensare che avesse a che fare con lui, anche perché quello che si era comportato stranamente era proprio Gabe.
Comunque, una volta aperta la porta avrebbe pagato non averlo fatto. La scena che si era trovato davanti  era bastata per ridurre a brandelli il buonumore e non solo.
Non che non sapesse che Gabe era impegnato con una ragazza, l'anno prima li aveva anche visti in atteggiamenti compromettenti. Ma c'era da dire che all'epoca Gabe non era 'reale' , non aveva neanche mai parlato con lui. Invece ora le cose erano diverse. Adesso aveva persino iniziato a pensare che qualcosa fosse cambiato, che poteva permettersi di sognare un po’. Che c'era un 'forse', quando evidentemente non ci sarebbe stato. Si sentì stupido, per quanto avesse cercato di essere razionale, era affogato in un mare di illusioni e sogni. Vedere Gabe baciare, stringere quella ragazza era stato atroce, come la loro palese mancanza di vestiti sotto le lenzuola. Come era stato atroce sentir i loro gemiti, non era così che voleva venire a sapere come sembrava Gabe mentre faceva sesso. Se questo doveva essere l'unico modo in cui doveva goderne la vista, avrebbe preferito rimanere con la curiosità.
E la cosa peggiore, era che nessuno dei due si era accorto di lui, era ancora più invisibile adesso. Uscì di corsa, sbattendo la porta, senza farlo apposta. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, avrebbe aspettato Ryan in camera, anche a costo di dover passare del tempo con Brendon. Non una lacrima sarebbe uscita dai suoi occhi, o almeno ci avrebbe provato. Mandò un messaggio a Ryan, dicendo che aveva bisogno di lui al più presto e che sarebbe stato in camera sua nel frattempo.
Con sollievo notò che la stanza era vuota, ma nell'attesa non riuscì a tenere a bada le lacrime, proprio come non riusciva a togliersi dalla testa quella scena. In qualche maniera si addormentò, si ricordava solo questo.
 








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Ecco qui un altro bel capitolo! 
Grazie mille a chi sta leggendo e recensendo, vi amiamo <3
allora... che ne dite? 
Povero Bill, che botta D: è tutta colpa di quel deficiente di Saporta u.u 
E Ryan? per quanto vecchia e acida possa essere, resterà sempre un piccolo coso depresso e adorabile ç_ç

A presto... nel prossimo capitolo ne vedrete veramente delle belle!
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


Capitolo 10

Well, how do I know if I should stay or just go?
The bottom line is this way that I'll never know.
 

Aprendo la porta Ryan si rese conto che William si era addormentato. Si sentì stringere il cuore guardandolo così, tutto rannicchiato, con le guance rigate di lacrime. Di Brendon, ringraziando Dio, non vi erano tracce. Gli si sdraiò accanto e lo strinse a sé. Will aprì gli occhi per un attimo, poi si accoccolò contro l’amico. Sperò che ciò che l'avesse sconvolto non fosse niente di grave, certo, Will andava facilmente in crisi ma c'era qualcosa di veramente sbagliato stavolta. Che non sarebbe stata una sorpresa, data la cena del giorno prima e le strane situazioni che aveva causato.
William si svegliò solamente quando Brendon, con poca grazia, entrò nella stanza sbattendo contro la sedia. Quando si accorse di loro, la sua espressione era diventata illeggibile. Ryan non sapeva cosa dire, voleva solo evitarlo ancora se possibile.
- Urie, so cosa avevi gentilmente chiesto e no, non stiamo facendo niente che possa metterti in imbarazzo, anche perché, apri le orecchie: Noi non stiamo insieme e non scopiamo.
- Brendon, scusalo è un cretino, ci potresti lasciare un po’ da soli? Giuro che non faremo niente, per favore.- disse William, ancora assonnato.
Brendon si limitò ad annuire, prima di uscire diede solo un'altra occhiata nella loro direzione. Ryan non avrebbe saputo catalogare quello sguardo, come tante cose riguardanti quel ragazzo.
In ogni caso, appena Brendon uscì, William gli raccontò di aver visto per puro caso Vicky e Gabe mentre facevano sesso e che se i due non se n'erano accorti quando era entrato, si erano sicuramente accorti di lui quando era uscito.
Ryan, non sapendo cosa fare si limitò a chiedere di dormire nel suo letto quella notte, altro non poteva fare. Almeno nell'immediato, perché aveva intenzione di andare a cercare di capire cosa cercasse di fare Saporta. Se questo flirtare e giocare con i sentimenti di William era uno scherzo, la parola fine andava messa al più presto.
 
Quella mattina, poco dopo che William era tornato nella sua stanza 'perché mi dovrò pur lavare', Ryan pensò che era ora di informarsi, sebbene Spence dicesse di non voler sapere niente.
Brendon ero intento a fare il letto, quando parlò.
- Allora tu e Ian siete diventati grandi amici?
Brendon lo guardò come se gli fosse uscita una seconda testa, o come un disturbato mentale, e onestamente aveva anche ragione, dato che fino a quel momento l'aveva ignorato bellamente. Dopo qualche secondo di questa espressione, qualcosa nella sua testa cominciò a muoversi facendolo sorridere ampiamente, fin troppo ampiamente.
- Si, perché?
- Sembra una persona a posto...- si limitò a dire, confidando nella lingua lunga di Brendon.
- Si lo è, è una persona davvero magnifica - rispose, non guardandolo più negli occhi e sorridendo ancora. Represse ogni voglia di spaccare quel sorriso o farlo morire, per una strana ragione. Pensò bene a cosa dire prima di rispondere.
- Presumo che stia per diventare una presenza fissa in questa camera?
- Cosa vorresti dire, Ross? Parla, fino ad adesso non hai avuto paura di andare al punto della situazione, quindi cosa vuoi sapere esattamente?
- Volevo solo sapere se tra voi c'è qualcosa, se state insieme o cosa.
Brendon sorrise ancora più ampiamente, mentre si avvicinava fin troppo a lui. C'era da dire che sapeva come catalizzare l'attenzione. Quando parlò la sua voce era diversa dal solito, più bassa.
- Sei geloso per caso?
- Ti prego, di cosa dovrei essere geloso? - Chiese Ryan, sempre meno sicuro, mentre ormai aveva fatto l'errore di guardare i grandi occhi castani di Brendon.
- Oh, non saprei, dimmelo tu.
Quando riuscì a staccar lo sguardo dal più basso, Ryan si riprese rapidamente, sorrise fiocamente prima di prendere il suo zaino e rispondere.
- Ti piacerebbe immagino, ma scendi dal piedistallo Urie, non ci sono ragioni per cui io dovrei essere geloso di te. Ci si vede in giro.
E senza vedere la reazione di Brendon se ne uscì dalla porta, con mille pensieri in testa che non gli piacevano.
 
La mattina dopo, con qualche minuto d’anticipo, Spencer stava sistemando con cura i fogli che gli sarebbero serviti per quella lezione, sorridendo soddisfatto. Quella, era una delle parti che più preferiva del programma. Come potevano uomini così antichi avere idee così attuali? Era per questo che aveva scelto di insegnare filosofia.
Aspettò pazientemente che i ragazzi entrassero e si mise davanti a loro non appena suonò la campanella. Proprio come tutte le altre lezioni precedenti, il piccolo Ian Crawford era seduto davanti a lui e lo guardava con insistenza. Spence si sentiva stranamente a disagio, anche perché, bisognava dirlo, il ragazzetto era decisamente carino.
Si schiarì la voce, cercò di non guardarlo e iniziò a parlare.
- Bene, ragazzi. Oggi parleremo di Platone e della sua concezione dell’amore.
Mentre parlava, girava tra i banchi, cercando accuratamente di evitare la prima fila, perché, diamine, due volte aveva incrociato lo sguardo di Crawford e due volte aveva perso il filo del discorso in modo imbarazzante.
- …Insomma, per Platone l’amore è il sentimento più nobile, quello che innalza l’anima verso la perfezione degli déi, guidato dall’idea della bellezza, che è ciò che… - aveva fatto l’enorme errore di ritornare avanti a tutti e adesso un sorrisino di Crawford l’aveva fatto deconcentrare di nuovo.
- Che è ciò che fa sì che nasca l’innamoramento - deglutì, girandosi verso la lavagna. Sospirò, poi riprese la lezione.
Parlò senza intoppi per un po’, finché non giunse alla parte “delicata” dell’argomento.
Aveva sempre parlato della concezione dell’omosessualità nell’antichità senza nessuna vergogna, era stato l’argomento della sua tesi di laurea, dopotutto.
Ma adesso si sentiva come un bambino delle elementari e tutto per colpa di quel ragazzino.
Iniziò il suo discorso con una falsa sicurezza, sperando che gli alunni non si accorgessero del suo rossore e del sudore freddo che gli cadeva sulla fronte.
- Quindi, secondo la leggenda riportata nel Simposio, in origine gli uomini non erano come sono adesso. Essi erano di forma circolare e, come il cerchio, erano infiniti e perfetti. Ma la loro perfezione li portò a peccare di superbia e gli déi decisero di tagliarli a metà, in modo che durante tutta la loro vita, la metà uomo e la metà donna sarebbero stati alla costante ricerca della loro metà mancante.
Ian lo guardava affascinato, completamente rapito da quelle parole. Non gli era mai capitato di provare quella sensazione: si sentiva come se in classe ci fossero solo loro due, era come se gli altri ragazzi fossero spariti.
- Ma, diversamente da come si può credere, ad ogni metà uomo non corrisponde una metà donna o viceversa. Anzi. La coppia donna\uomo è quella che tende all’adulterio, quella il cui fine è esclusivamente il procreare, e quindi imperfetta. La vera coppia perfetta, il vero cerchio infinito, è la coppia uomo\uomo.
Crawford sorrideva, guardandolo. Allora anche lui…? Si scosse e riprese.
- Solo due uomini riescono a completarsi veramente, poiché il loro fine non è lasciare figli materiali sulla terra, bensì figli non materiali, ma che rimarranno nell’eternità. Il loro amore è puro e, se non peccheranno di superbia, riusciranno ad eguagliare gli déi in bellezza e perfezione. - concluse, stavolta guardando Ian di proposito.
- Tutto questo secondo Platone, ovviamente - concluse, abbassando lo sguardo.
La classe era muta, il silenzio rotto solo dallo scribacchiare delle matite sulla carta.
- Professore?
Ian aveva alzato la mano e lo guardava timidamente.
- Si?
- Lei… lei è d’accordo con quello che sostiene Platone?
Spencer sentì il cuore battergli all’impazzata, mentre la sua mente elaborava almeno trentasei risposte diverse a quella domanda.
Per fortuna suonò la campanella, che lo salvò all’ultimo minuto.
- Ne parleremo durante la prossima lezione, Crawford - disse piano, rimettendo a posto i suoi fogli.
 
Dallon non sapeva cosa avesse determinato il cambiamento repentino di Ian, ma era sicuro al 100% che c’entrasse un ragazzo. Lo sguardo perso, il sorriso da ebete, la testa altrove… erano tutti sintomi da cotta atroce.
- Allora, chi è?
- Eh?
Ian sobbalzò, mentre si infilava la maglietta, con lo sguardo perso nel vuoto.
- Chi è lui? Lo conosco?
- Lui chi?
- Quello per chi hai una cotta, non credere che non me ne sia accorto, piccoletto.
- Nessuno - rispose Ian, con le orecchie che gli si tingevano di rosso fuoco.
Dallon sollevò un sopracciglio, ridacchiando.
- Sono amico di Brendon, Ian. E lui è il re delle cotte. Quindi, ti prego, non dire cazzate.
- Non.. Non lo conosci.
- Oh, okay. E com’è? - chiese sorridendo.
- E’ bellissimo, Dall. E intelligente, e sa un sacco di cose, ed è dolce, ma…
- Sapevo che c’era un ‘ma’ - sospirò Dallon.
- E’ troppo grande per me. E in più non potremmo stare insieme, perché lui è… Per via del suo lavoro - disse Ian, sconsolato.
- Quanti anni ha? 40? 50?
- Credo 27, forse 28.
- Ed è troppo grande?! Dolcezza, non sai che i 30 sono i nuovi 20? - sorrise, prendendo i libri che gli servivano.
Dallon vide un sorriso allargarsi sul volto del più piccolo.
- E  comunque, non preoccuparti per il lavoro. Se gli piaci davvero troverete una soluzione! Tu devi solo farti avanti! - esclamò, arruffandogli i capelli, prima di uscire dalla stanza.
 
- Professore, mi scusi…
Il professore si voltò lentamente, e Ian si sentì trafiggere da quegli occhi color ghiaccio. Deglutì, poi disse:
- Io… io volevo dirle che… insomma…
Smith gli sorrise e lui si sentì ancora più imbarazzato. Avrebbe strozzato Dallon, appena uscito di lì. Lui e i suoi stupidi consigli!
- Io volevo dirle che è stata una lezione stupenda - disse, tutto d’un fiato, senza guardarlo. Lo pensava davvero, comunque, ma non aveva intenzione di passare per lo studente leccapiedi che lo diceva solo per avere un voto più alto.
- Ne sono felice - rispose il professore, arrossendo.
- La… la faccenda delle due metà… Io ci credo. Cioè, nei limiti del possibile - balbettò, imbarazzatissimo.
Il professore sorrise di nuovo. Ian non riusciva ad interpretare la sua espressione. Aveva due chiazze rosse sulle guance che lo rendevano ancora più bello, se possibile. Ian si sentiva i suoi occhi addosso, come quando si erano guardati per tutto quel tempo in sala mensa. Sostenne il suo sguardo per qualche secondo, senza sapere bene cosa fare e dimenticando tutto quello che si era programmato di dire.
- Professor Smith, io mi chiedevo se... - iniziò, a voce bassa. Cavolo, si sentiva così idiota!
- Mi chiedevo se… Insomma, lei l’ha trovata la sua metà?
Smith sembrò congelarsi. Ian lo vide deglutire e poi mordersi forte le labbra. Ecco, aveva combinato un macello. Ma perché aveva ascoltato Dallon?
- No, non… non credo - rispose il professore, guardandolo.
Ian sorrise, sollevato. Almeno era libero.
- Immagino che sei venuto a chiedermi come farai a riconoscere la tua - disse il professore, sorridendo, anche se Ian scorse un fondo di malinconia nei suoi occhi.
- In realtà no - rispose sottovoce.
- Oh.
Il professor Smith sembrava sorpreso e stranamente… sollevato.
- Io… Mi sento un po’ idiota in questo momento - disse, grattandosi la testa e ridendo nervosamente. Anche Smith sorrise.
Si avvicinò di più al professore, che non si mosse. Non aveva idea neanche lui di quello che stava facendo, ma sotto sotto sapeva che Dallon aveva ragione. Se non si fosse mosso lui per primo, non avrebbe mai saputo se c’era qualche possibilità.
- Io so che lei è un professore e io un allievo e che non è corretto, probabilmente mi caccerà a calci, ma… lei mi piace tanto professore, davvero - disse, con il cuore che gli batteva a mille.
- E ho visto come mi guarda… - aggiunse, con un sorrisino.
Il professore non disse nulla, era arrossito ancora di più e si ostinava a fissarlo come se avesse appena parlato in aramaico.
- Io lo so che le piaccio, professore - bisbigliò, mettendogli una mano sul braccio.
- Io… Finiremo nei guai, Crawford… - fu tutto quello che disse il professore.
Ian sorrise e strinse la presa intorno al braccio, avvertendo la pelle calda da sotto il tessuto della camicia.
Si leccò le labbra, fece un respiro e si avvicinò maggiormente.
Smith allungò una mano e gli accarezzò il viso, Ian socchiuse gli occhi a quel contatto e sorrise. Il professore sorrise a sua volta e Ian gli mise le braccia intorno al collo. Sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie e il fiato venirgli meno.
- Non dovremmo farlo - disse di nuovo Smith, facendo sfiorare le punte dei loro nasi.
- Se vuole vado via - bisbigliò un po’ dispiaciuto.
Per tutta risposta, Smith gli diede un bacio sulle labbra, veloce e delicato.
- Credo che ormai sia troppo tardi, Crawford - sussurrò, prima di baciarlo di nuovo.
Ian rispose immediatamente al bacio, spingendolo contro la cattedra.
Sentì le mani del professore stringersi intorno ai suoi fianchi e le dita afferrare il tessuto della sua maglietta, mentre il bacio si faceva più passionale e entrambi rimanevano a corto di fiato.
- Tu mi farai finire nei guai, Crawford - sussurrò quello, tra un bacio e l’altro.
Ian si limitò a sorridere. Non gliene importava nulla dei guai. Dopo mesi era riuscito di nuovo a sentirsi attratto da qualcuno che non fosse Marshall, stava baciando il professore più figo che avesse mai avuto la fortuna di incontrare e per di più lui ci stava.
- Mi chiami Ian, la prego - disse, mordendogli le labbra.
- E tu dammi del tu, Ian - rispose l’altro, tirandolo maggiormente a sé.
A sentire il suo nome pronunciato da quella voce, Ian rabbrividì.
- D’accordo, Spencer - sorrise, la bocca ancora premuta contro quella dell’altro.
Si staccò e lo abbracciò, affondando la testa nel suo collo e respirando il suo profumo.
Spence lo strinse, accarezzandogli i capelli. Era una bella sensazione. Probabilmente una delle migliori che avesse mai provato.
Sapeva che sarebbe stato pericoloso, che avrebbero dovuto nascondere la loro storia, che non si sarebbero mai potuti baciare o abbracciare o tenere per mano in pubblico almeno fino a quando non avesse finito il College, ma che importava? Sapeva che stava tra le braccia di un uomo meraviglioso, che lo avrebbe protetto e che con molte probabilità lo avrebbe amato.
Gli diede un altro bacio sulle labbra e sorrise. Sapeva che sarebbe stato felice con lui, o almeno, ci sperava con tutte le sue forze.
Cominciava a sentirsi completo, insieme a lui. E se avesse trovato la sua metà?
 
 






* * * 
Per problemi tecnici, ieri (venerdì) non abbiamo potuto aggiornare. We're very sorry! Scusate per il giorno di ritardo, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto<3

Comunque. 
Visto che belli Spence e Ian? Sì, lo sappiamo, sono la cosa più bella del mondo ç_ç (E comunque, studiare filosofia è servito a qualcosa! xD -Ros)
Will è ancora tutto dispiaciuto, si butterà totalmente giù o...? 

Non anticipiamo nulla, per ora ci limitiamo a ringraziare di cuore tutte le persone che stanno leggendo, soprattutto quelle che hanno recensito. Siete l'amore<3

A venerdì!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


Capitolo 11

"I'm torn, I'm all out of faith, this is how I feel.
I'm cold and I am chained lying naked on the floor.
Illusion never changed into something real, 
I'm cold and I am shamed and bound and broken on the floor 
and I can see
the perfect sky is torn."

 
William si sentiva ferito, più di tutto.
Sentiva come se qualcuno gli avesse strappato il cuore, lo avesse gettato per terra e poi ci avesse camminato sopra.
La cosa che più faceva male, era che lui non aveva mai creduto di poter avere una possibilità con Gabe in tutti quei mesi, lo aveva sempre visto come “troppo” per lui e di certo non si sarebbe sbalordito se lo avesse visto con una ragazza, ma adesso Gabe gli aveva dato modo di crearsi dei castelli in aria che lui stesso aveva distrutto. Tutte quelle attenzioni, quel contatto fisico e tutte quelle altre decine di cose che gli avevano fatto accendere la speranza, che era partita come una piccola fiammella flebile, ma che di giorno in giorno era stata alimentata sempre di più dalle loro ambiguità… Adesso, invece, era come se qualcuno ci avesse gettato una secchiata di acqua gelata, su quella fiammella.
Si era vestito in fretta, approfittando del sonno del suo compagno di stanza.
- Will?
Gabe lo guardava assonnato, con la testa schiacciata sul cuscino. William gli lanciò lo sguardo più cattivo che riuscì a fare, prima di voltarsi bruscamente verso il lato opposto.
- Tutto okay? - chiese l’altro, alzandosi.
Will non rispose, mentre si sistemava i capelli guardando il suo riflesso nel piccolo specchio appeso contro il muro.
Faceva schifo quella mattina: i capelli non volevano stare al loro posto, le lacrime lo avevano fatto svegliare con due oscene borse sotto gli occhi ed era così pallido che sembrava un fantasma.
- Ti senti bene? - ricominciò di nuovo Gabe, avvicinandosi e William finse ancora di non sentirlo. Sapeva che se fosse scattato allora avrebbe detto tutto quello che pensava e sapeva che una cosa del genere sarebbe stata controproducente.
Gabe gli toccò un braccio e Will fece un balzo indietro.
- NON TOCCARMI!
L’altro ritirò immediatamente la mano, spaventato, guardandolo con gli occhi sgranati.
- Ascoltami bene, Saporta, perché non lo ripeterò - iniziò freddo, allontanandosi di più - Questa è la nostra stanza. “Nostra” significa sia tua che mia.
Lo guardò con un’espressione piena di disgusto.
- Quindi, sei pregato di scopartele da qualche altra parte le tue puttane - concluse, accentuando molto l’ultima parola.
- Vicky non è una puttana. È la mia ragazza, William.
- Cambia qualcosa? - chiese ironico, uscendo velocemente dalla stanza e sbattendo la porta con violenza.
Mentre camminava a passo spedito per il corridoio, nella sua testa stavano nascendo un miliardo di idee diverse, che spaziavano dal decapitare Gabe e mettere la sua testa sulla staffa della bandiera americana che stava in giardino, fino ad accoltellarlo nel sonno.
La delusione bruciava violenta dentro di lui, e le lacrime minacciavano di uscire di nuovo.
Ma ecco che, da dietro l’angolo, sbucò la soluzione: Travis.
 
Brendon avrebbe dovuto studiare, in teoria, ma con Ryan sdraiato a pancia in giù sul letto non riusciva a concentrarsi. O meglio, con il pezzo di schiena che si intravedeva non riusciva a pensare ad altro. Quindi, quando bussarono alla porta, lo vide come un segno del destino. Ad entrare fu Ian, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
- Ian, cosa ci fai qui?- chiese calcando il nome, così da attirare l'attenzione di Ryan, che alzò la testa per vedere il ragazzo. C'era da dire che Ian sembrava euforico, come se avesse appena  vinto miliardi alla lotteria, gli saltò addosso per abbracciarlo, senza smettere di sorridere. Probabilmente gli sarebbe venuta una paralisi facciale.
Quando stava per iniziare a parlare, notò Ryan e cercò di ricomporsi, lasciandogli un sorriso timido. Ryan da parte sua si limitò ad alzare le sopracciglia scettico, da snob qual era.
 Brendon lo fece entrare richiudendo la porta, così da evitare eventuali fughe.
- Ciao Ryan - disse piano Ian.
- Ciao, Ian, tutto bene?- rispose Ryan, ancora sospettoso ma anche curioso.
Brendon non capiva molto di quello che stava succedendo, si era per caso perso qualcosa?
 Perché nel suo immaginario Ryan non sarebbe stato cortese con Ian, ma la scortesia a quanto pare era riservata solo a lui. Addirittura Deleon era riuscito ad avere una conversazione decente con lui, il che era tutto un dire.
- Si, direi assolutamente di si. Tu invece? - rispose Ian con l'entusiasmo di quando era entrato.
- Tutto normale direi - rispose Ryan, con un lieve sorriso.
E no, davvero, cosa c'era di sbagliato? Ryan non doveva sopportare Ian, doveva provare per lui un’insofferenza epica. Era Ryan che doveva essere geloso, non Brendon, che si ritrovò a richiamare l'attenzione tossendo leggermente.
- Volete che vi lasci da soli? - chiese Ryan a entrambi, con un’espressione strana sul volto.
- Non preoccuparti, Ryan - disse Ian.
- No, davvero, ragazzi. Se volete la vostra privacy… - Ryan sembrava imbarazzato.
- Sul serio, non c’è alcun problema! - rispose Ian, ancora prima che Brendon potesse parlare - tra noi non c'è niente, siamo solo amici. Un po’ come te e Will, niente di più.
- Più che come me e Will sembrate me e Spence - disse Ryan, osservando con attenzione come Ian sussultò alla menzione del professore.
- Ross non vedo cosa cambia - disse Brendon, stanco di essere ignorato e perplesso sul motivo per cui Ian aveva detto che tra di loro non c'era niente. Solo il giorno prima aveva detto che non c'erano problemi.
- Effettivamente non è così diverso- disse Ryan scrollando le spalle con disinvoltura, sembrando addirittura rilassato. Va bene, Brendon poteva farcela ad avere a che fare con un Ryan Ross normale. In fondo era proprio quello che voleva, che l'altro abbassasse le difese il tempo necessario per conoscerlo meglio.
- E' una bella cosa- disse Ian, poco sicuro di quello che voleva significare quella'affermazione.
- Si, è una gran bella cosa - rispose Ryan sorridendo, come aveva fatto solo con Spencer e William - in ogni caso ora devo andare, devo accertarmi di una cosa, ci vediamo in giro Ian. A dopo Urie.
Una volta che Ryan aveva lasciato la stanza, Brendon si rilassò.
 
Travis stava camminando tranquillamente in corridoio quando vide William che lo guardava. Si sentì strano, sotto quello sguardo.
- Ciao - disse, cercando di sorridere.
- Ciao, Travie - rispose e il sorriso di Travis si allargò, sentendosi chiamare in quel modo.
- Hai lezione? - chiese, mettendogli un braccio sulle spalle e camminando insieme a lui in corridoio.
- Adesso no, la prossima è alle 10 con il professor Blackinton. Ti va di fare un giro?
Travis si sentiva spaesato da tutte quelle attenzioni, soprattutto perché solo due giorni prima William lo evitava bellamente, preferendo di gran lunga Gabe. Aveva per caso preso una botta in testa quella notte?
- Oh, certo! - sorrise, facendo scendere la mano lungo la schiena di Will e prendendolo per un fianco.
Quei fianchi.
- Andiamo in giardino?
Travis annuì, accarezzandogli piano la pelle con il pollice. Will non protestò.
- Sei molto bello stamattina, Will - disse sottovoce.
- Ma se sono orrendo? Ho avuto una nottataccia! - rise Will.
- Ma tu sei sempre bello.
- Beh, grazie, Trav, è gentile da parte tua.
Will si strinse a diede un bacio sulla guancia a Travis, che, avendo chiuso gli occhi, non si accorse che Gabe era appena passato di lì e guardava sconvolto nella loro direzione.
 
- Credo tu abbia qualcosa da spiegarmi, Ian.
Ian vide che Brendon lo guardava incuriosito. Gli sorrise e fece un respiro.
- Mi è successa una cosa bellissima, Bren. La cosa più bella che mi potesse succedere. Anche se non so come la potresti prendere…
Brendon alzò un sopracciglio, perplesso.
- Mi ha baciato, Brendon! Ci siamo baciati! - esplose sorridente.
- Cosa? Hai baciato Ryan?! Ecco perché eravate così carini tra di voi! Ho capito tutto!! Sei un traditore, Crawford!
- Ma… Cosa diavolo stai dicendo Brendon?!
- Tutte quelle occhiatine, quella gentilezza… Ecco perché gli hai detto che tra noi non c’era niente! Ah! Non me l’aspettavo da te! Sei un essere spregevole!
Brendon sembrava sul punto di piangere, ma Ian non riuscì a trattenere le risate.
- Ma io stavo parlando di Spencer… cioè il professor Smith!
Brendon cambiò espressione improvvisamente.
- Oh - disse.
Ian continuava a ridere.
- Come hai potuto credere una cosa simile?
Brandon sospirò e bisbigliò “scusa”, prima di sedersi sul letto.
- Sono andato da lui, dopo la lezione ed è successo. Mi piace tantissimo, Bren! - esclamò, con un sorrisone.
- Sono felice che tu sia felice, ma… non è pericoloso per entrambi? -chiese Brendon, preoccupato.
Ian fece spallucce, e sorrise di nuovo.
- Mi piace un sacco, Brendon, per adesso so solo questo. E non mi importa dei guai in cui potremmo finire.
 
Alex era depresso e il motivo principale era che probabilmente era lui la causa della tristezza di Brendon, che per quanto stupido, petulante e checca, restava pur sempre uno dei suoi migliori amici. La parte razionale di lui e quella che ascoltava Dallon sapeva che non era sua la colpa, che non poteva mettere Ross con le spalle al muro e costringerlo ad amare Brendon invece che lui, ma la parte emotiva di se, quella che viveva della felicità delle persone che amava, si sentiva così tremendamente in colpa...
- Hey, bambolina, hai perso il lucidalabbra? - chiese ironicamente Dallon, abbracciandolo da dietro.
Dallon era l'unico che sapeva, quindi l'unico che poteva e riusciva a capire, come sempre. Alex gli sorrise mestamente.
- Non dirmi che stai ancora pensando alla faccenda di Ross! - lo rimproverò l'amico.
Lui annuì, guardandosi i piedi.
- Alex - disse serio Dallon, mettendogli le mani sulle spalle e guardandolo negli occhi - sai benissimo anche tu che non è colpa tua. E Brenny riuscirà a conquistarlo, in un modo o nell'altro. Lo conosco da abbastanza tempo per poter dire che quando vuole qualcosa lo riesce sempre ad ottenere!
- E poi - continuò con un sorrisino - non è colpa tua se piaci a Ross. Non hai deciso tu di essere un etero strafigo, per la miseria! Lo sai che i frocetti impazziscono per queste prerogative!
Greenwald rise, sollevato. Non che adesso non si sentisse in colpa, ma sapere che Dallon c'era era un enorme sollievo.
- Grazie Dall - disse, abbracciandolo.
- Di niente, principessina! - rise l'amico.
- Ti voglio bene, sul serio - disse a voce bassa, sciogliendo la stretta - Non so come farei senza di te...
Sul volto di Dallon apparve un sorriso sincero.
- Anche io ti voglio bene - rispose, gettandosi di nuovo tra le sue braccia.
- Adesso sembriamo noi i frocetti, però - disse, stringendolo forte.
 - E allora? - chiese Dallon, sorridendo malizioso, lasciandogli un sonoro bacio sulla guancia prima di correre verso l'entrata dell'istituto.
 
 
 
 
 
 

 
* * * 
Eccoci qui!
Grazie mille a chi segue  e legge <3
Allora, che ve ne pare? Fateci sapere cosa ne pensate, su u.u
 
Comunque, ne approfittiamo per augurarvi un Buon Natale :D
Questa settimana andremo “in vacanza”, quindi salteremo un venerdì. Ma don’t worry, il 6 torneremo più gasate che mai xD
 
Buone feste!! <3

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


Capitolo 12

The skin around your mouth, the touch of your lips,
don't mean as much to me as this.
I never felt so alive until I figured you out.

 
Spence sentì bussare timidamente alla porta del suo ufficio. Erano le 11 e un quarto, ed era raro che ricevesse visite a quell'ora, a meno che non si trattasse di Wentz e delle sue proposte oscene. Ma il preside non bussava.
- Avanti - disse, posando i fogli di appunti che stava rileggendo.
La porta si aprì lentamente, lasciando entrare un ragazzo con le guance leggermente arrossite e lo sguardo basso. Ian.
- So che è tardi... - bisbigliò, guardandosi le mani intrecciate.
Spence non poté fare a meno di sorridere. Era adorabile, più del solito forse.
- Dovresti essere in camera tua adesso, conosci le regole - disse piano, avvicinandosi, senza smettere di sorridere.
- Scusa - rispose lui, arrossendo ancora di più.
Spence rise, era davvero adorabile.
Si mise avanti a lui e gli sollevò il viso, mettendogli due dita sotto il mento.
- Al diavolo le regole - sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo dolcemente.
Ian si rilassò immediatamente, mettendogli le braccia intorno al collo e annullando lo spazio rimasto tra di loro.
Spence adorava questa cosa. Adorava come Ian si aggrappasse a lui, come nei suoi baci ci fosse sempre quella dolcezza che a Spencer mancava nella sua vita. Adorava il modo in cui il suo respiro fosse irregolare dopo un bacio particolarmente lungo o come sorridesse lievemente quando Spence gli accarezzava i capelli, o gli sguardi che gli lanciava durante le lezioni che gli facevano perdere costantemente il filo del discorso. Si stava innamorando di quel piccoletto, lo sentiva.
Non che lui non lo volesse, ma era già stato innamorato in passato e, davvero, tutto quello che gli era rimasto erano state delle dolorose ferite sul cuore. Ma la cosa che lo consolava, la cosa che lo spingeva a fidarsi e a desiderare di stare insieme a Ian, era il fatto che anche lui fosse stato ferito, e forse molto più di lui. Lo leggeva nei suoi occhi, nei suoi gesti, nelle sue parole. Era sempre come se avesse un'ombra dentro di sé, un'ombra che solo amando di nuovo si può cancellare. E allora, se anche il cuore di Ian era stato maltrattato, non era forse meglio curare il suo, invece che il proprio? Perchè in fondo Spence lo sapeva, solo al pensiero di poter amare Ian, di poterlo proteggere, di poter essere lui il rimedio ai suoi ricordi amari, già sentiva le sue cicatrici sparire lentamente.
Lo strinse a sè, godendosi il sapore delle sue labbra, intrecciandogli le dita tra i capelli chiari.
Si sentiva così bene in quel momento.
 
Alex stava cercando di prendere sonno, ma davvero, ogni sera era veramente un'impresa con un tipo come Deleon in camera.
A parte che ci metteva due ore in bagno e lo costringeva ad usare costantemente quello della camera di Dallon e Ian, ma almeno quando era chiuso lì dentro, Alex poteva dormire! Inoltre gli puzzavano i piedi e aveva l'orrendo, orrendissimo vizio di parlare nel sonno. A volte faceva interi discorsi con sua madre, altre volte discuteva animatamente con Cenerentola, ma comunque era di un'insopportabilità unica.
Quella sera, stranamente, sembrava più silenzioso.
Ma era presto per dirlo.
- ...mmhh!
Ecco, appunto.
- Mmhh, sì...
Cazzo, stava facendo un sogno erotico?
Alex mise la faccia nel cuscino per soffocare le risate.
- Bravo, bravo...
Si riferiva ad un uomo? Oddio, anche Deleon?!
- Mmh, qui sulla sua scrivania?
Scrivania? Ormai ad Alex era passato il sonno e ascoltava divertito ogni borbottio del suo compagno di stanza.
- Dice che se le continuo a dare del 'lei' è più eccitante?
Greenwald stava seriamente lottando contro se stesso, si sentiva esplodere le tempie a furia di trattenere una risata che sicuramente avrebbe svegliato i tre quarti della scuola.
A chi si stesse riferendo Deleon era un mistero, ma il contenuto del suo sogno era inequivocabile: gemeva e si contorceva tra le lenzuola, con un rigonfiamento decisamente innaturale tra le gambe.
Si sconvolse quando ascoltò le frasi a contenuto indecente che il suo compagno di stanza bofonchiava nel sonno, ma quasi cadde dal letto quando riuscì a distinguere un nome tra le altre parole.
- P-professore... Professor Wentz... Uh...
Il preside? Alex stentava a credere alle sue orecchie.
Il piccoletto puntava decisamente in alto.
 
William cominciava a pensare che la pseudo amicizia che aveva con Travis poteva rivelarsi più utile del previsto. In effetti, Will lo frequentava solo perché non rivolgeva più la parola a Gabe, ma, ripensandoci, avrebbe potuto sfruttare quel rapporto fasullo, basato solo sulla malcelata voglia di Travis di scoparselo e sui suoi tentativi di fargli rispettare le distanze...
Se Gabe si era fatto la sua ragazza nella loro camera, lui poteva benissimo fare lo stesso, no? E, eccettuato Ryan, Travis era l'unico ragazzo con cui intratteneva rapporti in quella scuola. In più quello stesso Travis non nascondeva il suo interesse e le sue intenzioni. Allora, perché non approfittarne?
Si morse le labbra, pensando allo sforzo che gli sarebbe costato... Non che Travis non fosse un bel ragazzo, ma lui non era come Ryan, lui non sarebbe mai riuscito ad andare a letto con qualcuno che non amava. E poi non lo aveva mai fatto!
No, lo avrebbe solo baciato. Ecco, sì, meglio.
- Ry, che ne dici? Insomma, se baciassi Travie in camera nostra? Potrebbe dargli fastidio...
- Perché solo baciarlo? Non puoi farci sesso come ha fatto lui con la sua fidanzata? - chiese Ryan, guardandolo - O hai ancora il bel sogno della prima volta con l'uomo dei tuoi sogni?
William arrossì violentemente, distogliendo lo sguardo dall'amico.
Ryan fece spallucce.
- Se lo baci solamente non puoi dare fastidio più di tanto a Saporta... Dovresti almeno starci un po' insieme, che so, pomiciare in giro o roba così.
- Posso provarci, sì - rispose Will, sospirando, mettendo i libri nella borsa. Si alzò e si avviò fuori dalla biblioteca, dopo aver salutato Ryan con un cenno.
- In bocca al lupo - sorrise l'amico.
Trav, ti va di raggiungermi in giardino? Bill
Rilesse il messaggio un paio di volte, poi lo inviò. Per fortuna che Trav l’anno prima l’aveva praticamente costretto a prendere il suo numero.
Si sentiva orribile a fare una cosa del genere, ma poi passò accanto a Saporta e riuscì a cogliere uno sprazzo del discorso che stava facendo con dei ragazzetti del primo anno, che lo ascoltavano rapiti.
- ... e quando usa la lingua è fenomenale! Giuro che non ho mai fatto sesso con una migliore!
- Forse lo fa per mestiere - sibilò Will, accelerando, Gabe non lo sentì e continuò a decantare le innumerevoli doti della sua ragazza, ma Bill si accorse che lo stava seguendo con lo sguardo.
Trovò Travis tutto impettito, appoggiato contro il portone. Will sospirò: iniziava la farsa.
- Travie! - esclamò, sorridendo.
Sentiva ancora gli occhi di Saporta su di sé, mentre gli gettava le braccia al collo e si aggrappava a lui.
Travis sembrò sorpreso da quelle attenzioni, ma ovviamente le accettò di buon grado. Strinse le sue braccia muscolose intorno al corpo esile di Bill, dandogli un bacio sulla guancia.
- Ciao, Bill - gli disse, ricambiando il sorriso.
- Che ne dici se… insomma, andiamo in un… posto più appartato? - gli sussurrò Will all’orecchio, avvertendo il battito del cuore dell’altro accelerare.
Travie non rispose. Will si staccò dall’abbraccio e lo prese per mano. Le sue dita, sembravano ancora più magre  e bianche intrecciate a quelle scure, grosse e tatuate dell’altro.
Gabe continuava a guardarli. Will vide che aveva fatto un sorriso e un gesto di incoraggiamento a Travis, ma che, non appena l’amico aveva distolto lo sguardo, i suoi occhi si erano ombrati di nuovo.
Trascinò Travis dietro un grosso albero, nascosto dagli sguardi indiscreti, ma non abbastanza da essere invisibili.
Travie lo fece poggiare contro la corteccia ruvida, guardandolo con gli occhi lucidi e una strana espressione dipinta sul viso. Desiderio.
L’avrebbe mai vista sul viso di qualcun altro? O sarebbe stato costretto a stare per tutta la vita con qualcuno che non amava?
Gli mise le braccia intorno al collo, cercando di non pensare a nulla. L’altro fece un passo avanti, annullando lo spazio tra di loro.
- Sei così bello - sussurrò Travis, mettendogli le mani sui fianchi.
- Grazie - rispose, senza guardarlo.
Aveva paura che Travis avesse potuto leggere le bugie nei suoi occhi. Non era mai stato bravo a mentire.
Sospirò, chiuse gli occhi e lo baciò.
Travie lo spingeva con forza contro l’albero, Will quasi si sentiva soffocare dalla sua lingua e dalle sue labbra.
Si sentiva sommerso dal profumo di Travis, il sapore di Travis, il calore di Travis. Ma perché non poteva avere il sapore, il profumo e il calore di Gabe? Perché era costretto a fingere e far soffrire così non solo se stesso, ma anche un’altra persona?
Ma poi ripensò ai discorsi di Gabe, se lo rivide davanti mentre gemeva avvinghiato a quella Vicky. E allora si convinse di aver preso la strada giusta. Si strinse più forte a Travis, lo baciò con più energia, sperando con tutto se stesso che Gabe li stesse guardando.
 
Gabe era perplesso. Non riusciva a capire tutto quell'astio per lui e per Vicky da parte di Will, come non capiva questo improvviso interesse verso l'amico.
A proposito di Trav, non riusciva ad essere pienamente felice per lui… Ci provava certo, ma non in modo convincente. O meglio, abbastanza affinché Travie ci abboccasse, ma non era convinto di riuscire a sembrare vero.
Ma la cosa che lo confondeva maggiormente era la maniera così forte in cui gli mancava Will. In così poco tempo quel ragazzo era diventato quasi essenziale. Era malsano,era sbagliato, tremendamente sbagliato, il fatto che pensasse più a lui che alla sua ragazza. Non era così che doveva andare…
Perché si sentiva così solo senza di lui? Aveva Dallon, Alex e Travie, eppure si sentiva come se gli mancava un braccio o una gamba o una qualunque altra parte fondamentale del corpo.
Aveva provato a colmare la mancanza di William mandando più messaggi a Vicky, ma il risultato era che si sentiva in colpa. Non gli mancava per niente la sua ragazza, e si struggeva per un ragazzo che solo da poco aveva imparato a conoscere, apprezzandolo in tutto.
Sentiva che doveva fare qualcosa, fare chiarezza a tutti quei dubbi, ma non sapeva come fare.
Con Travis, di certo, non poteva parlarne! Dallon sembrava già troppo preso dalla disastrata situazione di Brendon, che era comunque a sua volta troppo occupato per ascoltarlo. Alex non sembrava proprio il tipo adatto a questo genere di cose.
Si sedette sconsolato sull’erba, poggiando la testa contro un albero. Chiuse gli occhi e sospirò, sperando che una volta riaperti si fosse ritrovato Bill lì, a sorridergli, come se non fosse successo niente. Gli dispiaceva di averlo ferito, se mai lo aveva fatto, si sentiva male al solo pensiero di aver potuto provocargli un dispiacere. William era così dolce e buono, che davvero, solo un mostro avrebbe potuto fargli del male volutamente.
Si mise il viso tra le mani, ripetendosi che doveva essere contento per Trav, che erano una bella coppia, che avrebbero dovuto ricevere tutta la felicità possibile, ma non riusciva a mentire così tanto, neanche a se stesso.
Si mise il volto tra le mani, con la testa che gli ronzava per tutti quei fottuti dubbi.
Perché ci teneva così tanto a Will? Perché ci era rimasto così male quando si era accorto che aveva visto lui e Vicky? Perché quando lo vedeva con Travis non riusciva a sorridere?
- Saporta, tutto bene?
Il professor Smith lo guardava preoccupato, leggermente chinato verso di lui.
Gabe ricambiò lo sguardo, poi fece segno di ‘no’ con la testa.
- Vuoi parlarne? Sai che io sono sempre disponibile per i miei alunni - sorrise il professore.
- Grazie - sussurrò Gabe, alzandosi. Perché no? Uno sguardo esterno non avrebbe potuto fare altro che aiutare.
Si sistemò la maglietta e si incamminò verso la scuola. Accanto al portone, seminascosti da una colonna, Travie e Bill abbracciati, ridacchiavano tra loro. Sentì il sangue pulsargli nelle orecchie e, per un attimo, gli parve di vedere Bill che mandava un sorrisino nella sua direzione prima di avvinghiarsi di nuovo all’altro.
Deglutì, girandosi dall’altra parte.
- Io non sono gay! - bisbigliò, mordendosi le labbra. No, non lo era. Assolutamente.
 
Ryan tornò in camera solo dopo aver  parlato prima con Spence e poi con Will, che sembrava aver reagito alla situazione 'Gabe' in maniera abbastanza buona. Nel senso che almeno non si era chiuso in camera a piangere, affogando nel gelato. Anche se Ryan sospettava che evitasse di farlo solamente perché in fondo la sua era anche la stanza di Gabe e quel letto non avrebbe fatto che ricordargli il tutto.
In ogni caso, non mancava molto alla cena e in camera, insieme a Brendon, c'era ancora Ian. I due erano sul letto a studiare qualcosa, le loro spalle quasi si sfioravano ma questo stranamente ora non lo turbava più. Quando chiuse la porta alle sue spalle, i due si girarono nella sua direzione, così che Ryan si era beccato un gran sorriso da parte del più grande e un sorriso ancora imbarazzato del più piccolo. Ryan in risposta gli sorrise, gli sorrise davvero, come a dirgli che lui sapeva di lui e Spencer e che doveva stare tranquillo. Ian esplose in un sorriso luminoso e ritornò a guardare sul libro.
Dopo che gli altri due si rimisero a leggere, Ryan cercò di imitarli. Eppure, non riusciva a non guardarli, anche se per due motivi diversi. Se da una parte era alla ricerca di quello che rendeva Ian così speciale, dall'altra cercava di osservare meglio Brendon. Spencer, infatti, si era lasciato sfuggire che non era il 'figlio di papà' che Ryan credeva, anche lui aveva avuto una vita non proprio facile. Questo gli aveva messo una curiosità quasi morbosa addosso, voleva sapere qualcosa di più…
Anche se questo, non cambiava il fatto che lo studio era più importante di tutto.
 
Ian, non si era mai sentito così vivo come in quelle settimane con Spencer. Quelle poche settimane oscuravano tutta la felicità che aveva avuto con Marshall e con chiunque altro.
Forse era anche il fascino del proibito, ma davvero in quel momento si sentiva all'apice della sua vita. E nonostante fosse passato poco tempo, sentiva di essere già innamorato di Spencer. Certo, si poteva dire che era facile alle cotte, ma mentre quelle passavano nel giro di qualche giorno, solo una volta si era innamorato. E ora sembrava che lo stava facendo per la seconda volta, del resto era inesorabile, Spencer sembrava capirlo in tutto.
Per di più in quei giorni il suo legame con Dallon e Brendon si era fatto sempre più stretto, poteva dire di aver trovato due amici. Anche con Cash aveva stretto un buon legame, quando questo non era strafatto da non capirci più niente, anche se non si poteva paragonare al legame con gli altri due.
Aveva sperato che con l'inizio del college le cose sarebbero cambiate in meglio, ma non si aspettava tutto questo. Di certo, non stava andando a lamentarsi.
 






* * *
Salve, popolo! Come sono andate le feste? <3 
Cagateci con qualche recensione, non vi fate male le manine è_é 

Speriamo la storia vi piaccia. La trama, con l'avanzare dei capitoli, si intreccerà, quindi se avete bisogno di chiarimenti, chiedete pure!
Detto questo.. ci vediamo venerdì!

Baci <3

P.S. Il sogno di Deleon ci stava ammazzando entrambe, speriamo vi abbia fatto ridere almeno la metà di quanto ha fatto ridere noi. xD
P.P.S. Siamo felicissime per il ritorno dei Phantom Planet e boh... volevamo dirvelo, perchè noi abbiamo fangirlato due giorni di fila.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


Capitolo 13

Will you hear what I have to say?
Oh, did I mention when I see you it stings like hell?
To the fact that we could have something that'll never happen.

 
Gabe si incamminò insieme al professore lungo l'ampio corridoio che li separava dal suo ufficio. Era felice che qualcuno gli avesse chiesto se andava tutto bene... Era strano a dirsi, ma nonostante fosse costantemente circondato da decine di persone, raramente qualcuno si preoccupava per lui. Ma forse era anche colpa sua: la sua immagine ben costruita di ragazzo figo e noncurante delle regole non gli consentiva di farsi vedere triste o spaventato o combattuto, ormai era così abituato a inscenare sorrisi e battutine, che spesso ingannava addirittura se stesso.
Ma stavolta qualcosa era andato storto. Stavolta non riusciva a fingere...
- Bene, Saporta, è successo qualcosa? - chiese comprensivo il professor Smith, dopo che si furono seduti nel suo ufficio.
Gabe sospirò, poi si passò una mano tra i capelli.
- Si è mai sentito come... Spezzato a metà? Diviso in due?
Il professore lo guardò, come per incoraggiarlo a continuare.
- Non... Non in senso fisico. Dentro... - concluse con un filo di voce. Davvero, non voleva piangere, sarebbe stato piuttosto imbarazzante.
Sapeva che probabilmente non sarebbe stato saggio raccontare tutto ad una persona "estranea", ma Smith era pur sempre una delle persone più umane che avesse mai incontrato...
- C'è questo ragazzo, che è arrabbiato con me - iniziò, sospirando - e lui è... è molto dolce e anche... anche bello, credo - si ritrovò a sorridere e cercò subito di tornare serio.
- È un tuo amico? - chiese il professore con un sorriso.
- Sì, ma non... Insomma lui mi odia e non so perché e adesso sta con il mio migliore amico e io...
Ripensò allo sguardo ferito di Bill, alla sua mano lunga e pallida intrecciata in quella di Trav, pensò a quando lo aveva abbracciato la prima notte e aveva pensato a quanto sembrasse piccolo mentre dormiva, e non poteva più negarlo a se stesso, pensava a lui dalla mattina alla sera, molto più di quanto il livello "amicizia" consentisse. E poi, quando l'aveva visto baciare Travie, per un momento folle aveva avuto l'impulso di prenderlo a pugni...
Ma no! Lui non doveva pensare a queste cose, non era uno così! Lui era etero, lo era al 100%! E allora perché adesso si sentiva così... geloso?
- Io mi sento così confuso, cazzo! - disse, prendendosi il volto tra le mani.
Il professore sorrise di nuovo, poi si alzò dalla sua sedia e si avvicinò a Gabe.
- Non c'è niente di male nel provare dei sentimenti verso un altro uomo - gli  disse dolcemente, chinandosi accanto a lui.
Gabe lo guardò, con gli occhi sgranati. Lui?! Innamorato di un altro uomo?! Ma se lui amava Vicky!
- So che adesso è difficile ammetterlo...
- Io non sono innamorato di William! - esclamò Gabe.
Smith fece un sorrisetto strano, non appena sentì quel nome. Poi si alzò e sbuffò.
- È sempre così all'inizio.
- Ma io non...
- Pensi a lui tutto il giorno, non è vero? - lo interruppe il professore.
- Sì, ma...
- E ti senti infastidito quando lui bacia il tuo amico? - continuò, senza lasciarlo finire.
- Si, cioè un po', ma...
- Ti manca adesso?
Questa domanda sembrò rimanere sospesa nell'aria per un attimo. Gabe si sentì improvvisamente sopraffatto da tutti i sentimenti che aveva cercato di tenere a bada. Non poteva continuare quella farsa...
Il cuore gli scoppiava al pensiero di Bill tra le braccia di Trav, questo non poteva più nasconderlo a se stesso. Adesso Bill apparteneva al suo migliore amico, e lui doveva essere felice per loro due, perché, cazzo, Trav se lo meritava! Ma la cosa più importante non era quella, no. Cioè, lo era, ma adesso c’era qualcos’altro che lo torturava… Perché desiderava Will così fortemente? Perché per lui Trav non contava più nulla, nessuno contava più nulla? Nella sua testa adesso c’era solo ed esclusivamente William. Si sentiva mancare il respiro al mattino, quando trovava il suo letto già vuoto o la sera, quando si addormentava da solo, e quando lo incontrava in corridoio e lui girava la faccia dal lato opposto aveva voglia di morire. Voleva chiedergli scusa, voleva abbracciarlo e supplicarlo di non odiarlo…
Scoppiò a piangere silenziosamente, cercando di trattenere le lacrime. Si sentiva così stupido.
- T-tantissimo… M-mi manca tantissimo - sussurrò, cercando di coprirsi il viso con le mani. Il professore lo lasciò sfogare e non disse nulla. D’altra parte, Gabe sapeva benissimo che in quel momento le parole non erano necessarie.
- N-non mi era mai successo prima - ammise sottovoce, tirando su col naso.
Il professore gli sorrise comprensivo e gli mise una mano sulla spalla.
- Gabriel, credimi, io lo so come ti senti in questo momento. È difficile accettarlo all'inizio, ma vedrai, da questo punto in poi sarà tutto più semplice.
Gabe lo guardò speranzoso.
- È... è strano...
- Lo so. Ma tu sei stato molto coraggioso a parlarne. È molto meglio che chiudersi in se stessi.
- Grazie a lei per avermi ascoltato - disse.
- È la parte che preferisco del mio mestiere - sorrise il professore.
Gabe si alzò e si avviò verso la porta, mentre cominciava a fare i conti con il nuovo stato delle cose.
- Ah, Gabriel!
Saporta si girò verso il professore, che lo guardava sorridendo.
- In bocca al lupo con William.
Gabe gli sorrise, si asciugò gli occhi e uscì dall'ufficio.
 
Lavorare per Pete Wentz non era facile, per niente, ma almeno la prospettiva di annoiarsi era piuttosto remota. Specialmente, quando si è l'unica donna in una scuola interamente composta da uomini, giovani e ricchi.
Non che tutti ci provassero con lei, anche perché il tasso di alunni omosessuali era piuttosto ampio, ma alcuni, nel corso di quei pochi anni ci avevano provato piuttosto spudoratamente.
Uno su tutti era Alex Greenwald: spesso gli capitava di pensare che tutto quel cacciarsi nei guai era una sorta di strano corteggiamento. A volte ne aveva la certezza, dato la miriade di complimenti ricevuti dal ragazzo.
Lui non era male, ed era anche perseverante, cosa che nel corso della sua vita sentimentale aveva imparato ad apprezzare. Da Bob a Darren, passando da Chris, avevano saputo darsi da fare per acquistare la sua attenzione. Eppure gli sembrava che Alex scherzasse e dato il tipo di persona non si sarebbe stupita. Fino a quella mattina, ovviamente.
Nel suo ufficio le erano stati lasciati dei fiori, dei girasoli, con un biglietto: ''I'll try for one ray of sunlight to hold in my hand, maybe we can be happy and then, things don't go as I planned but I swear I'm doing all I can.'' e firmato da 'Alex, il tuo più grande ammiratore.'
Greta, cercò di non sorridere in maniera troppo evidente (Pete, dal suo studio poteva vederla) ma fallì miseramente. Neanche cinque minuti dopo, nello studio entrò Alex, per una volta senza un professore o il preside stesso accanto.
Lei si limitò a sorridere, mentre aspettava che un insolito e silenzioso Alex la raggiungesse alla sua scrivania. Non lo fece parlare però, continuando a sorridere in maniera dolce, così che il volto stesso del ragazzo divenne più fiducioso.
- Girasoli, eh- si limitò a dire.
- Le rose erano troppo scontate- rispose Alex, riacquistando lentamente la sua sicurezza, prima di sorridere e continuare la frase - e poi potrei dirti le altre ragioni.. ma Conrad mi vorrebbe alla sua lezione, quindi temo che mi limiterò a chiederti se ti sono piaciuti.
- Molto. E visto che non vorrei che anche oggi, tanto per cambiare, visitassi l'ufficio di Pete ti lascio andare. Però sappi che per la festa di Halloween sei impegnato, con me. Non accetto un ‘no’ come risposta. - disse mentre il sorriso di Alex si trasformava in un ghigno - ora vai, su!
Alex la guardò per qualche istante, prima di avvicinarsi e lasciarle un bacio, fin troppo vicino alle sue labbra, per poi dire, a voce bassa, che non si sarebbe mai sognato di dirle di no.
 
Dallon aveva da poco saputo da Ian chi era questo 'ragazzo misterioso' che lo aveva trasformato in una creatura sognante e sospirante. Era sorpreso, inutile dirlo, eppure non era l'unica sorpresa che avrebbe avuto. Da lì a poco, infatti, Alex lo raggiunse in camera sua, estremamente sorridente. Non con un ghigno o qualcosa del genere, che era perennemente sul suo volto, ma un sorriso genuino. Ora, non che Alex non sorridesse mai, era una di quelle poche persone che erano felici con un niente, ma non erano mai sorrisi del genere.
- Dall mi devi cinquanta dollari!- disse, Alex una volta chiusa la porta e raggiungendo l'altro sul letto, dove era intento a far finta di studiare qualcosa che Walker gli aveva fissato il giorno dopo.
- E perché? - chiese ormai più che curioso.
- Ti ricordi il primo anno? Avevamo scommesso che Greta non sarebbe mai uscita con me- disse ancora più sorridente, infastidendolo, per qualche motivo. Alex era a dir poco ossessionato con quella donna, quasi ai livelli di Brendon con Ryan. Quasi, perché almeno lui aveva la decenza di tenere le adulazioni per la ragazza per sé.
- Si, che c’entra con questo?- si limitò a chiedere, sempre più curioso e stranamente infastidito. Lui era quello calmo (più o meno), quello saggio e responsabile, questo stonava con il suo essere.
- Greta mi ha chiesto, mi ha obbligato, ad andare con lei alla festa sabato!
- Quella Greta?- chiese Dallon, stupito come non mai. Era più certo che Il professor Walker avesse dato via i suoi (innumerevoli) gatti piuttosto che la ragazza avesse ceduto ai suoi tentativi pacchiani di corteggiamento.
- Certo, quante Grete conosci? Non sei felice per me?- disse, abbracciandolo, nonostante Dallon fosse 'freddo' o comunque silenzioso ed evidentemente non lì fisicamente.
- Certo che lo sono, amico, non sai quanto- disse flebilmente mentre Alex lo abbracciava ancora più forte accoccolandosi a lui, facendolo sdraiare. Mentre Alex parlava di come era riuscito a farla cedere lui si limitava a giocare con i suoi capelli, avrebbe avuto bisogno di un bel taglio, neanche sua madre ce li aveva così lunghi. Ogni cosa era buona, pur di non ascoltare le parole di Alex.

Will cominciava a pensare che tutta la farsa che stava inscenando con Trav era inutile. Insomma, erano passate due settimane intere e non aveva ancora visto alcun risultato! Ryan continuava ad essere del parere che doveva scoparselo, ma di quello non se ne parlava affatto. Cioè, ci aveva pensato diverse volte, ma poi arrivava qualche comportamento di Trav a farlo infastidire e allora subito lasciava perdere... Come quella volta quando gli aveva chiesto di succhiarglielo, implorando Bill ad alta voce nel -pienissimo- bagno del secondo piano. O come quando gli aveva morso il labbro così forte che era stato gonfio per tre giorni.
Trav era troppo "fisico" per lui... Bastava che Bill abbassasse la guardia per 10 secondi e lui cercava di toccare più superficie corporea che poteva, e Bill, di superficie corporea, ne aveva relativamente poca.
In più c'era Gabe. Gli mancava da morire... Qualche volta, quando Travie lo faceva esasperare più del solito con qualche richiesta oscena, tornava in camera sua di notte. Si sedeva sul letto e lo guardava dormire, cercando di ricordare com'era stare tra le sue braccia. Una sera non si era trattenuto e gli aveva accarezzato i capelli. Era stata una sensazione stupenda far passare le sue dita attraverso quei capelli neri, che gli avevano fatto il solletico sotto il palmo della mano. L'aveva subito ritirata, ma quel minimo contatto gli era rimasto impresso.
- Amore, come mai sei triste? - gli chiese Travie, cercando di abbracciarlo, ma Bill si spostò. Quando Gabe non era nei paraggi, certe effusioni si potevano anche evitare.
- Niente - disse sottovoce, uscendo dall’aula di letteratura e dirigendosi verso la sua camera. A quell’ora di solito Gabe aveva lezione -no, non aveva controllato tutti i suoi orari, gli era solamente… scivolato l’occhio sopra- e poteva andare a prendere gli altri libri.
Travie lo seguì fin dentro la camera, senza neanche chiederglielo.
- Comunque volevo parlarti, tesoro… - disse, mentre lui posava i suoi fogli pieni di appunti.
- Dimmi pure, Trav.
Travie si avvicinò, gli prese le mani e lo guardò negli occhi.
- Amore, amore mio… Io so che stiamo insieme da poco tempo, ma io provo per te qualcosa di indescrivibile!
Bill non rispose, si limitò a sorridergli. Rispondere con un “anch’io” sarebbe stato fin troppo falso. Già si sentiva in colpa così, senza dire nulla.
- Io… io ti amo, Bill! - esclamò Travie, stringendogli le mani. A Will sembrò di sentire un rumore proveniente dal bagno, ma Trav lo tirò verso di sé e lo baciò con passione, senza lasciargli modo di dire qualcosa.
A malincuore, nonostante non avesse la minima voglia di farlo, rispose al bacio e Travie, gasato, lo spinse contro la porta chiusa e si mise davanti a lui, bloccandogli qualunque via di fuga.
- Fai piano, mi soffochi - bisbigliò, dopo qualche secondo.
- Scusa, è solo che… ho così voglia di te - rispose, mettendogli le mani sotto la maglietta e continuando a infilargli la lingua in bocca senza alcun ritegno.
- N-no - balbettò Bill, cercando di spostarlo, ma Travie era troppo forte per lui.
- Dai, amore, lasciati andare…
- Ti ho detto di no, Trav - Will cercava di divincolarsi, ma lui lo teneva fermo contro il legno della porta.
- Non ti farò male, sarà stupendo…
- No! - sbottò Bill, spingendolo con forza.
- Ma, dolcezza - continuò, imperterrito - non fare il timido…
- Ho detto che non…
- Su, tesoro… - insisteva Trav, toccandogli i fianchi e strofinandosi su di lui.
- Travis, per favore… Non voglio - Bill era quasi in lacrime, non sarebbe riuscito a reggere ancora per molto se non fosse stato per la porta del bagno che si aprì di scatto, mostrando Gabe che li guardava con uno sguardo indecifrabile.
- Scusate ragazzi, non volevo interrompervi - disse senza espressione, guardando fisso Bill, che si sentì avvampare - Me ne vado subito.
- No, tranquillo - sussurrò Bill - me ne vado io.
Si scrollò violentemente Travis da dosso e uscì senza salutare nessuno, sentendosi un perfetto imbecille. Quella messa in scena non sarebbe potuta durare ancora a lungo.
 
Nate non era una persona che svendeva i suoi sentimenti, tutt'altro. dopo aver passato l'infanzia in una casa piena di regole, dove persino un abbraccio era considerata una "sguaiata dimostrazione d'affetto", era sempre stato difficile per lui relazionarsi con le altre persone. Ma con Suarez era diverso. Con lui poteva e riusciva ad essere se stesso, con lui non era "il giovane Novarro erede di un patrimonio immenso". Il fatto che suo padre fosse un ricchissimo imprenditore aveva sempre condizionato qualunque sua azione, qualunque sua amicizia. Dopo le prime delusioni, aveva imparato a distinguere le persone che gli si fingevano amiche solo per convenienza e quelle che davvero tenevano a lui, scoprendo con suo estremo disappunto, che di quest'ultime c'erano decisamente pochissime. Ma Alex... Alex era qualcosa di straordinario! Era il suo migliore amico, prima di essere il suo ragazzo.
Sorrise, guardandolo dormire accanto a lui. 
Davvero, non avrebbe mai potuto esprimere a parole quanto gli doveva. Lui aveva sempre creduto di avere tutto, eppure adesso capiva che in realtà non aveva mai avuto niente! Soldi, case, vacanze in posti esotici... queste cose gli sembravano così inutili adesso! Aveva creduto, o meglio, gli avevano lasciato credere che la felicità fosse un bene acquistabile, aveva provato a riempire quel buco che aveva nel petto soddisfacendo tutti i suoi capricci, e con il passare del tempo si era sentito sempre più solo. Eppure adesso, si sentiva bene. La sola presenza di Alex lo rasserenava.
Gli accarezzò il viso, scostandogli i capelli dalla fronte. Sì, Suarez era davvero tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento.
Peccato che il loro amore sarebbe dovuto restare nascosto per sempre, o almeno, finquando suo padre non gli avesse lasciato ufficialmente la sua società. Era realista lui. Non avrebbe fatto l'"eroe", non lo avrebbe portato via su un cavallo bianco verso il loro "per sempre felici e contenti". Se c'era qualcosa di buono che suo padre gli aveva insegnato era che per costruire qualcosa devi avere delle solide fondamenta sotto i piedi. E se voleva avercele, quelle fondamenta, doveva tenersi stretto l'affetto di suo padre, dimostrargli riconoscenza e magari portargli a casa una bella ragazza bionda e di buona famiglia, di sangue puramente americano. Non si stupiva che suo padre andasse così d'accordo con Wentz!
Sarebbe stato meraviglioso poter stare con Alex davanti a tutti... Ma, davvero, se voleva garantirgli un futuro solido, il loro sogno d'amore avrebbe dovuto aspettare. Questa cosa gli faceva rabbia! Perchè non poteva amare chi voleva? Perchè avrebbe dovuto fingere per sempre?
Suarez si svegliò e gli lasciò un bacio sulle labbra. Non disse nulla, si limitò a guardarlo.
- Stai pensando di nuovo a tuo padre, non è vero?
Nate annuì, abbassando lo sguardo.
- Natey, davvero, non preoccuparti. Staremo bene anche così - cercò di consolarlo, abbracciandolo.
- Non voglio nascondermi per tutta la vita - bisbigliò amaramente.
- Non lo farai.
- Eh?
- I miei genitori non vedono l'ora di conoscerti - ridacchiò.
- C-cosa? Gliel'hai detto?
Suarez annuì, con un sorrisino.
- Ieri sera gli ho telefonato e gliel'ho detto. Gli ho detto che lo sapevo che non era una cosa da dire al telefono, ma che se glielo avesse detto qualcun altro che ci avesse visto a scuola gli sarebbe preso un colpo! Gli ho detto "mi sono innamorato di un ragazzo e ci siamo messi insieme. Se per voi è un problema, non me ne frega niente!"
- E loro cos'hanno detto? - chiese Nate, sbigottito. Lui non avrebbe mai osato dire qualcosa del genere a suo padre.
- Mia madre ha detto che lei lo sapeva da prima che lo sapessi io stesso! - rise - Mio padre ha detto che si affiderà a mia sorella per i nipotini - concluse, sempre sorridente.
- Sono fantastici... - riuscì solo a dire.
- Mia madre ha voluto solo sapere il tuo nome e se sei bello.
- E tu cosa hai risposto?
- Che ti chiami Nate! - rise di nuovo.
- E che sei bellissimo - aggiunse, abbassando la voce e baciandolo delicatamente sulle labbra.
Nate, in quel momento, si rese conto che, davvero, non aveva bisogno di nient'altro.
 
 
 
 
 

 
 
Ciaaao!
Allora, grazie mille a  Bloody Doll per aver recensito! Siamo contente la storia ti piaccia *-*
Btw, ecco qui un nuovo capitolo bello ricco!
Finalmente Saporta si è accorto di essere un gay con i fiocchi! Provare qualcosa per Becks <3 (CHI non proverebbe qualcosa per lui? XD)
Bene, allora ci vediamo venerdì prossimo con un nuovo capitolo! Ci saranno scene piacevoli (uhuhuh).
A presto <3
 
[quanto sono belli Nate e Suarez? çVç -Ros]
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


Capitolo 14


My hands shake, our minds race from the thought of love.
Yet we curb our speech because words are not enough to wedge this instant,
burn this moment into our memory.
Let go, take my hand and trust in me.

 
Ian era accoccolato sul petto di Spence, sul grande divano di pelle chiara che il preside gli aveva fornito nel suo ufficio. Si guardò intorno, mentre accarezzava pigramente i capelli al più piccolo, intrecciandoli tra le sue dita, e si ritrovò a pensare che in fondo era un bene che Wentz ci provasse con lui praticamente da sempre: aveva l’ufficio più grande di tutti gli altri insegnanti, nonostante fosse uno degli ultimi arrivati e probabilmente anche il più giovane, gli venivano concesse ferie come e quando voleva -anche se lui cercava di usufruirne il meno possibile-, poteva scegliere ogni anno il giorno libero che più gli aggradava e aveva carta bianca sul programma da seguire. Poggiò lo sguardo sulla grande scrivania di mogano, sulle librerie cariche di volumi rilegati, sui quadri. Ogni anno, al suo ritorno, il preside gli faceva trovare qualcosa di nuovo. “Ti ho preso un pensierino, Spency, spero ti piaccia!” diceva suadente ogni settembre e Spencer aveva potuto constatare sin da subito la portata di questi suoi “pensierini”. Quest’anno era toccato al divano, l’anno prima al tappeto, l’anno prima ancora alla raccolta di opere in tiratura limitata di tutti i filosofi dell’800. Abbassò lo sguardo sulla matassa di capelli chiari sparpagliati sul suo petto e si ritrovò a sorridere. Da quando stava con quel ragazzino non gliene fregava più niente di niente. Inizialmente era lusingato dalle attenzioni del preside, si sentiva il “preferito”, apprezzava i regali e tutto il resto, ma adesso si rendeva conto che non erano queste le cose importanti. Aveva sempre rifiutato il preside per questioni etiche e professionali, anche se spesso aveva pensato di “concedersi” giusto per sentirsi amato, protetto, desiderato. Ma era stato meglio… se avesse accettato Pete, adesso avrebbe avuto quella creatura meravigliosa tra le braccia? Cosa importava dell’ufficio, delle promozioni, dei colleghi, quando poteva avere l’essere più dolce della terra accanto a sé? Fino a quel momento aveva vissuto per il lavoro, quella scuola era stata la sua vita, aveva studiato giorno e notte per trovarsi lì, ma adesso davanti a sé vedeva un fine più grande… Avrebbe lavorato e guadagnato solo per Ian, sarebbe stato il suo pilastro, il suo appoggio. Gli avrebbe comprato una casa bellissima una volta finita la scuola e sarebbero andati a viverci insieme, magari l’avrebbe sposato. Sorrise a questi pensieri, che gli apparvero infantili e ingenui, ma che non riuscì a evitare. La prospettiva di una vita intera insieme a lui gli faceva mancare il respiro. Ian sollevò il viso e lo baciò, dopo avergli sorriso dolcemente.
- Scappa via con me - gli sussurrò, stringendolo.
- Perché dovremmo scappare? Stiamo così bene qui - rispose Ian con un sorrisetto.
- Lo sai cosa voglio dire.
- Non c’è bisogno di scappare. Qualunque posto va bene se stiamo insieme - bisbigliò l’altro, abbassando lo sguardo e arrossendo in quel modo adorabile che a Spence faceva stringere il cuore ogni volta.
Si baciarono di nuovo, con più passione, e Spencer cercò di sforzarsi a non pensare a come la situazione sarebbe potuta meravigliosamente evolvere. Ian ci aveva già provato qualche volta, ma Spencer era troppo “etico”, troppo “dai, tesoro, non credi di stare correndo troppo?” e la cosa finiva sempre a coccole e bacini. Non che le coccole e i bacini non gli piacessero, anzi. Lui desiderava Ian, davvero. Ma aveva paura che avrebbe rovinato tutto…
Ian continuava a baciarlo, premendosi contro di lui.
- Su, amore… - bisbigliò, cercando di smettere, ma anche alle sue stesse orecchie sembrava paurosamente poco convinto.
Ian si alzò dal divano velocemente, si avvicinò alla porta e si accertò che fosse ben chiusa, poi tirò accuratamente le tende di tessuto chiaro. Si girò verso Spence, che lo guardava perplesso, e gli sorrise malizioso, prima di sfilarsi la maglietta e gettarla sul pavimento. Cosa aveva intenzione di fare?
- C-cosa fai? - chiese sgranando gli occhi, balzando a sedere sul divano.
- Shhh - lo zittì Ian, avvicinandosi lentamente mentre si slacciava la cintura dei jeans, continuando a mantenere quel sorrisino stampato sulle labbra. Spence sentiva la gola innaturalmente secca e il cuore battergli ad una velocità pazzesca. Camminando si sfilò le Converse e una volta arrivato a qualche passo da lui si liberò anche dei pantaloni. Spencer deglutì e si accorse di avere il fiatone. Il corpo magro di Ian si slanciava pallido davanti a lui, coperto solo da un misero -miserissimo- paio di boxer, e quell’espressione che aveva dipinta sulla faccia non lo aiutava per niente a controllarsi. Era strano come la sua aria da bambino  fosse improvvisamente sparita.
Ian si morse languidamente il labbro inferiore, continuando a fissarlo, poi si mise a cavalcioni su di lui.
Gli mise le mani tra i capelli e lo baciò sulle labbra. Spence non aveva il né il coraggio né la capacità mentale di muoversi.
- Non ce la faccio più ad aspettare - sussurrò Ian, quasi in tono di scusa, prima di baciarlo di nuovo.
Spence, in modo impacciato, gli cinse i fianchi e si accorse che la pelle dell’altro era bollente, nonostante il clima di ottobre fosse abbastanza fresco. La pelle di Ian era liscia e Spence fece scorrere le sue mani, che sembravano così grandi su quel corpo esile, sulla sua schiena sentendo la spina dorsale sotto le dita.
Ian rabbrividì alle sue carezze e gli si avvinghiò addosso con più forza. Spence ancora non aveva riacquistato la sua solita lucidità, ma cominciava a riprendere il controllo delle sue azioni.
Fece scendere le sue mani fino al sedere di Ian e lo strinse, facendolo sorridere.
Fu quando lui gli prese quelle stesse mani e gliele infilò nei suoi boxer che capì che erano decisamente andati oltre. Ma la cosa non gli dispiaceva per niente.
- Se vuoi andiamo nella mia camera - riuscì a dire, mentre Ian lo baciava sul collo.
- Qui va benissimo.
- Sei sicuro?
Spencer cominciava ad avere paura e a provare quel senso di ansia che lo prendeva ogni volta che faceva sesso con qualcuno che non fosse un partner occasionale. Aveva paura di non essere all’altezza, aveva paura che un suo errore avrebbe potuto compromettere la loro relazione. Lui amava Ian, okay? Era la persona a cui teneva di più al mondo in quel momento. Ma il fatto che quell’amore fosse nato così velocemente gli faceva temere che sarebbe potuto sparire da un momento all’altro, così com’era nato. La loro prima volta doveva essere memorabile, e il suo essere goffo e impacciato non lo avrebbe di certo aiutato!
- Spence, - Ian gli prese il viso tra le mani e lo guardò negli occhi - sarà meraviglioso, okay?
Spencer annuì, cercando di sorridere.
Ian riprese a baciarlo, slacciandogli la camicia, ma Spence non si sentiva ancora tranquillo. Ian scese sul suo petto, e lo fece stendere, aprendogli  lentamente i bottoni dei jeans. Lo baciò intorno all’ombelico e sul basso ventre, mentre con le mani gli abbassava i pantaloni e i boxer. Adesso che era nudo, Spence si sentiva ancora più esposto. E il fatto che Ian sembrasse così bravo e risoluto lo intimidiva.
Fu solo quando fu dentro Ian, quando lo vide gemere sotto di sé con gli occhi socchiusi e i capelli sudaticci e sparsi in modo disordinato intorno al suo viso arrossato, che si rese conto che le sue paure erano state inutili. Ian era lì, con lui, e nient’altro importava.
 
Nonostante Pete Wentz fosse il preside, a dirla tutta non gli importava molto di quello che succedeva nella scuola, a meno di quello che ne poteva rovinare il buon nome. Le apparenze in quell'ambiente valevamo molto, se non tutto (anche per questo nascondeva molti dei suoi tatuaggi). Una volta separati Saporta e Greenwald, sembrava essere riuscito a tenere alta la reputazione della scuola. Il quasi stava in Greenwald. Mentre Saporta si era incredibilmente calmato dividendo la stanza con quella piccola checca di Beckett, Greenwald no, rimaneva la sua fedelissima palla al piede. Ne combinava sempre una, ormai si vedevano a giorni alterni, eppure non poteva cacciarlo via, suo padre era uno dei suoi più grandi donatori, pari solo ai Novarro. A questo, si era aggiunto anche quel ragazzino fastidioso - Deleon, se non si sbagliava- che lo idolatrava, come il più fedele dei Cristiani farebbe con il Papa.
Non fraintendete, all'inizio gli piaceva, ma ad un certo punto, si era a dir poco irritato. Il ragazzo infatti aveva il dono di spuntare sempre fuori dal nulla, rigorosamente nei momenti meno adatti (da leggere: ogni volta che si avvicinava a Spencer). Che non era una bella cosa, soprattutto per quanto ci tenesse a far riscaldare il gelido cuore dell'uomo, cosa che sarebbe potuta essere più facile in quel momento, dato che finalmente il professore sembrava più sorridente e rilassato, anche se non riusciva a capire a cosa fosse dovuto. Nella sua testa, erano le sue avances ad averlo sollevato, o almeno questo era ciò che sperava. Aveva anche chiesto a Walker, amico di Spencer, ma niente, nemmeno lui sapeva dirgli qualcosa. Restava solo Ross, ma sicuramente non gliel'avrebbe detto mai. E ora che ci pensava bene. anche Ross era più felice ultimamente, sembrava aver lasciato quella sua espressione di superiorità per socializzare con altre persone, il che aveva qualcosa di epico… Fino ad una settimana prima il preside avrebbe giurato che Ross sarebbe morto da zitella (e in coppia con Beckett).

Adesso che Gabe aveva "chiarito" ciò che provava, non si sentiva per niente meglio, anzi.
Per prima cosa, Will lo odiava. Non si rivolgevano la parola da due settimane e, cosa ancora più terribile, lo vedeva sempre di meno. Will era sempre con Travie, quando Gabe lo cercava. E a proposito di Travie, adesso non sapeva neanche come comportarsi con lui...
- Gabe, io devo chiederti scusa - gli aveva detto qualche giorno prima - Non volevo arrabbiarmi con te!
- Tranquillo - gli aveva risposto lui, cercando di sorridere.
- No, davvero, scusami! Sono stato un cretino.
- Non preoccuparti, Trav - gli aveva detto, dandogli una pacca sulla spalla.
- Non so come tu abbia fatto a non pestarmi. Pensare certe cose di te, del mio migliore amico! Ero un paranoico del cazzo, ero così infelice. Ma adesso che ho Bill le cose stanno andando molto meglio... Lui è... È meraviglioso Gabey, puoi solo immaginare quanto!
- Già - gli aveva sorriso lui - posso solo immaginarlo.
Vederlo continuamente, ma non riuscire a parlare e interagire con lui, vederlo così vicino a Travis, lo spezzava. E le parole di Smith non lo aiutavano, perché Gabe si stava rendendo conto, sempre di più, che il professore avrebbe potuto avere davvero ragione. Da quando Will era entrato a far parte della sua vita molte cose erano cambiate, nel suo interno, nei suoi sentimenti. Non era sicuro di essere gay, o comunque bisessuale, ma quello di cui era sicuro era quello di provare un qualcosa di più forte dell'amicizia nei confronti del ragazzo. Ma il vero enigma in tutta quella situazione era il fatto che il ragazzo aveva preso ad evitarlo, se non per lanciargli frecciate acide o sguardi infuocati. Un'altra cosa strana era stato il comportamento di Ross di qualche giorno prima.
Non pensava che Smith gli avesse raccontato qualcosa… per quanto sapesse che i due erano legati, il professore non gli sembrava il tipo di persona che andava a raccontare le confidenze che gli si facevano. Specialmente quel tipo di confidenze in cui l'altra persona capisce che 'hey, non mi piacciono solo le donne'. Quella situazione l'avrebbe fatto impazzire.
 
Ryan non era una persona violenta, anche perché, gracile com'era, in uno scontro fisico avrebbe avuto la peggio. Eppure, in quel momento, avrebbe preso la testa di Gabe e gliel'avrebbe sbattuta più volte sul tavolo se avesse continuato a fissare Will. Perché, va bene, Will era un bel ragazzo e Gabe era un ragazzo simpatico, però restava il fatto che aveva fatto e stava facendo soffrire il suo migliore amico. Certo, alla fine non gli poteva dare la colpa di essersi portato a letto la sua ragazza, ma almeno avrebbe potuto avere l’accortezza di chiudere a chiave la porta o meglio ancora di non avergli inviato segnali positivi la sera prima. Decise che doveva fare qualcosa, quei due non potevano continuare così, era snervante. Per cui ci avrebbe parlato.
L'opportunità venne solamente due giorni dopo, quando Alex e Dallon non erano con lui, stranamente. Si avvicinò al ragazzo velocemente, prima che uno dei suoi quattromila amici lo placcasse, e lo trattenne per il braccio.
- Gabe, posso parlarti un attimo? 
Il ragazzo, annuì serenamente, cosa normale da parte sua, mentre Ryan pensava alle parole da dire.
- Certo, Ryan, dimmi pure - rispose, appoggiandosi al muro.
Questo atteggiamento pacato lo irritava. Si guardò intorno prima di parlare, non voleva che Will lo vedesse, lo avrebbe ucciso.
- Per quale motivo fissi Will? - chiese. Secco, diretto. Non c’era bisogno di girarci intorno, dato che era schifosamente palese.
L'espressione di Gabe mutò più volte nell'arco di poco istanti. Boccheggiò un attimo, prima di piazzarsi sul viso il solito sorriso strafottente.
- Sei geloso Ross? E in ogni caso non è di me che dovresti esserlo - disse calcando le ultime parole, con fare amaro. Ryan non rise, anzi lo guardò scettico.
- Gabe, sai benissimo che non provo niente per William. Anche se la stessa cosa non si potrebbe dire di te. Ti sei comportato in maniera abbastanza strana da quando si sono messi insieme - disse, stupito di come all'improvviso avesse realizzato il tutto. Sorrise beffardo, fiero delle sue parole. Non doveva essere per forza gelosia per il fatto che Will gli avesse sottratto il migliore amico. Gabe per tutta risposta si limitò a guardarlo. Ryan non poteva credere di essere riuscito a far star zitto Gabe lo sbruffone… si complimentò con sé stesso appena in tempo. Qualche istante dopo, infatti, l’altro si era allontanato dal muro con uno sguardo truce, ma allo stesso tempo triste. Tutta quella faccenda aveva sempre meno senso.
- Tu non sai di cosa stai parlando, quindi per favore Ross, prima di intrometterti negli affari degli altri, abbi almeno la decenza di capire quello che succede a te, sotto i tuoi occhi-  gli rispose astioso, prima di andarsene perdendosi l'espressione confusa di Ryan. Aveva voluto risposte e quello che aveva ottenuto erano altre domande. Non era così che voleva che andasse.
 
Travis sapeva che con Will c'era qualcosa che non andava, non era talmente scemo. Aveva provato a capire cosa non andasse, a chiedergli quale fosse il problema, a parte l'imbarazzo per la 'prima volta'. Ma l'altro non rispondeva o, se lo faceva, si scopriva ben poco. Iniziava ad essere scoraggiato e sempre più frustrato, sessualmente e non. Per lui non andare oltre ai baci poteva anche andare bene, sapeva quanto era timido Bill e  ricordava quanto era terrorizzato lui con il suo primo ragazzo, ma quello che lo feriva era la mancanza di fiducia. La fiducia non era l'unica cosa, a dirla tutta, che mancava.. c'era anche un certa mancanza di passione, di trasporto, di complicità.
Inoltre, aveva visto come il suo atteggiamento nei confronti di Gabe fosse cambiato, dal nulla e all'improvviso. Decise di smettere di farsi domande però, a un certo punto, non era nel suo carattere farsi tutte queste paranoie. Lui era più per il 'Don't worry be happy' anche se questa volta gli sembrava dura.
La voglia di avere Will, carnalmente, era sempre più forte. Per troppo tempo aveva desiderato quel ragazzo e ora che lo aveva tutto per sé, era una tortura evitare di spingersi troppo in là. Non sapeva quanto tempo avrebbe potuto aspettare, non era famoso per la sua pazienza e i fianchi di Bill erano una continua tentazione.

Brendon era sempre più sorpreso dal comportamento di Ryan. Insomma, era diventato dolce e gentile, al mattino sorrideva e non gli rispondeva male da almeno una settima. Anzi, spesso gli chiedeva timidamente un “com’è andata oggi?” quando la sera si mettevano a letto. Brendon si sentiva spiazzato da questo cambiamento repentino. Aveva già preparato l’assetto da guerra per attaccare alla prima occasione, ma adesso non era più sicuro che servisse ancora. Non che credesse di avere chances con Ross, figuriamoci. Ma solo il fatto di vedere che non gli rispondesse in modo acido -o almeno, non spesso come prima - lo riempiva di una strana felicità. Stava addirittura trascurando i suoi amici, per lui. Ma cosa poteva farci? Gabe era diventato improvvisamente malinconico e sempre triste, forse per il litigio con Travis, e lo stesso Travie ormai pensava solo a Will. Inoltre le incomprensioni tra i due creavano dei momenti abbastanza imbarazzanti quando stavano tutti insieme. Alex e Dallon continuavano a comportarsi come sempre, anche se Brendon, negli ultimi giorni, aveva notato una certa freddezza tra di loro. Era estenuante dover stare dietro a tutti i “pezzetti” del loro gruppo, ormai sciolto, per questo stava lasciando perdere. E comunque, il nuovo Ryan gli piaceva ancora di più, se possibile, e aveva decisamente altro per la testa in quel momento per poter pensare alle crisi e ai cambiamenti dei suoi amici.



 
***
AAAAAAAAALLL RIGHT! Eccoci! :D
Allora, cosa ve ne pare? Ian e Spence finalmente si danno da fare :3
FATECI SAPERE COSA NE PENSATE! Anche commenti negativi, fanno sempre bene le critiche, davvero.
 
Baci. <3

P.S. Da questa volta in poi pubblicheremo di domenica! Siamo impegnatissime con scuola e esami vari, quindi ci è più facile :) 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


Capitolo 15

Hey baby, do you see me because I'm staring at you?
Hey baby, I want you.

 
Il preside si alzò durante la colazione del lunedì, attirando immediatamente su di sé l’attenzione di tutti i presenti. Bene, era arrivato il momento di un nuovo lavaggio del cervello per le sue pecorelle.
- Buongiorno, allievi del St. Patrick. Spero per voi che le lezioni stiano procedendo nel modo migliore possibile.
Nessuno rispose, così continuò.
- Come quasi tutti voi ben sapete, si avvicina Halloween e, come ogni anno, si terrà un party, gentilmente organizzato dall’egregio professor Smith - dicendolo si girò verso di lui con un sorriso accattivante, ma lo beccò a fissare con aria assente verso uno dei tavoli degli studenti - e dal professor Balckinton. Chiunque voglia iscriversi al comitato organizzativo è pregato di lasciare una propria firma in bacheca e presentarsi questo pomeriggio alle tre nell’ufficio di Greta.
Il silenzio regnava nella sala e solo i nuovi arrivati sembravano eccitati dalla notizia.
- Bene. Sapete anche che ci sono delle regole da rispettare. Sì, anche per lei, signor Greenwald, è inutile che sbuffa. Niente alcolici, niente fumo e a mezzanotte e un minuto dovrete essere tutti nelle vostre camere.
Il ragazzino, quel Deleon, che lo importunava continuamente, pendeva dalle sue labbra come se stesse pronunciando chissà quale formula magica.
- Potrete invitare chiunque volete, ammesso che anche queste persone lascino l’istituto entro mezzanotte. Chiaro, signor Saporta? Stavolta verrò personalmente a controllare sotto il suo letto.
Stranamente il ragazzo, che era una delle sue spine nel fianco da quando aveva messo piede in quella scuola, era seduto silenziosamente, con la testa poggiata su una mano e si limitò ad annuire, evitando di fare uno dei suoi soliti commentini sarcastici.
Il preside si meravigliò, probabilmente gli era successo qualcosa. Ma lui era troppo un gradino al di sopra dei suoi allievi per preoccuparsene. Inoltre, cominciava a preoccuparsi seriamente per Spencer. Era troppo allegro, troppo sorridente in quegli ultimi tempi. Era quasi convinto che vedesse qualcuno. Ma chi? Smith non lasciava quasi mai la scuola, se non per motivi necessari, e Pete dubitava avesse potuto conoscere qualcuno durante il suo giorno libero mensile. E poi, adesso che ci pensava, quel mese era addirittura restato a scuola. Quindi la ragione della sua felicità andava cercata all’interno dell’Istituto… Che fosse Jon? Nah, Walker era sempre troppo occupato a fare musica o a girare intorno allo stesso preside per potersi interessare a Smith. Uhm… Allora l’unica risposta era… uno studente? Cercò di allontanare questo pensiero, ma davvero, sembrava l’unica spiegazione plausibile. Anche perché sapeva come funzionavano queste cose. Anche lui, all’università, si era portato a letto un suo professore per “sistemare” un po’ i suoi voti. Sorrise al ricordo dei vecchi tempi, poi guardò verso i tavoli degli allievi, cercando qualcuno dall’espressione colpevole. Ma tutto ciò che vide furono solo facce assonnate da lunedì mattina. L’unica soluzione era tenere d’occhio Smith.
 
Tom odiava essere quello nuovo, specialmente se era quello nuovo tra le matricole. Infatti, causa problemi famigliari, non era potuto partire da Chicago prima dell'inizio della terza settimana di scuola. Almeno, si disse, aveva avuto modo di fare amicizia con il suo compagno di stanza, Sean e altri due ragazzi: Ryan j e Max. E se con loro era riuscito a scambiare qualche parola, non era riuscito a fare lo stesso con lo stupendo, meraviglioso, Dallon Weekes. Ci aveva provato a parlare qualche volta, ma il ragazzo era sempre in compagnia di qualcuno e il fatto che lui fosse goffo e timido non aiutava nella faccenda.
Più volte gli aveva chiesto un’informazione e con suo immenso piacere aveva avuto anche una risposta simpatica, a conferma del fatto che il ragazzo non era solo bello ma non gli mancavano certo la simpatia e l'educazione. Più di quello però, non era riuscito ad ottenere, date le sue scarse doti da seduttore. Il problema stava anche -e soprattutto- nel fatto che non aveva la minima idea di come farsi notare. La prima volta che Dallon gli aveva rivolto la parola, per indicargli la classe di Biologia, non era neanche riuscito a dirgli “grazie”. In più, il fatto che quella scuola fosse piena di bei ragazzi lo demoralizzava, primo fra tutti Alex, il miglior amico del soggetto in questione. Perché doveva essersi preso una cotta per il ragazzo più bello e corteggiato della scuola? Si sentiva il protagonista di un film scadente… peccato che per lui non ci sarebbe stato alcun colpo di scena.
 
- Alex mi aiuteresti con quelle scatole, per favore?- chiese Greta, con la sua solita espressione dolce e gentile.
- Certo, non voglio mica che si dica che la cavalleria è morta! - rispose affabile a sua volta, mentre sentiva qualcuno sbuffare.
Qualcuno che sicuramente rispondeva al nome di Dallon. Il ragazzo era stato strano ultimamente, Alex non riusciva a capire cosa non andasse con l'amico. Negli ultimi giorni era stato scostante e irritabile, comportamenti non proprio da lui. L'unica cosa a cui poteva pensare che avesse causato tutto ciò era stata la sua frequentazione con Greta. Si sentiva come diviso in due, nonostante volesse seriamente Greta, non voleva e non poteva rinunciare al suo più grande amico. Anche perché non voleva e non era quel tipo di persona che una volta entrata in una relazione sparisce. E poi, a dirla tutta, era presto per parlare di una relazione, non conosceva bene Greta, era ancora pieno di tutte le sue fantasie sulla ragazza. Per quello che ne sapeva, sotto l'aspetto di Cenerentola poteva esserci la strega di Biancaneve. Già una volta, era stato con una ragazza che sembrava carina e delicata quando in realtà si era rivelata  una vipera, doveva solo ringraziare Z, la sua amica che l'aveva aiutato a scaricarla senza temere le sue ire.
Una volta che le scatole furono messe al loro posto, entrarono nella stanza il professor Smith e Blackinton, che avevano il dovere di controllare e coordinare il procedimento dei preparativi. Si andò a sedere accanto al suo amico, mentre Greta sedeva la suo fianco, attendendo l'inizio della riunione in cui si sarebbe deciso più o meno tutto.
A cominciare- con poca sorpresa generale- era stato Ryland, noto per l'entusiasmo messo nell'organizzare le feste. Smith, dall'altra parte, sembrava che volesse essere altrove  e… poteva essere un succhiotto quello che aveva sul collo?
Ridacchiando, cercando di non dare nell'occhio, diede un piccola gomitata a Dallon per attirare la sua attenzione. Quando l'altro, infastidito, si girò nella sua direzione gli indicò il collo del professore. In risposta ebbe solo un sorriso compiaciuto e saccente, non proprio il tipo di risposta su cui contava.
-Quindi?- si limitò a rispondergli, a tono basso, mentre Ryland continuava a spiegare il significato pagano della festa a Greta e Spencer.
- E' un succhiotto!- disse con enfasi, come se questo bastasse a spiegare il tutto.
- Oh, davvero? Non l'avrei mai detto.
Il ragazzo non rispose più, dato che Smith gli fece una domanda e tra un’idea e un'altra si dimenticò momentaneamente di tutto. A parte di come Greta gli sorridesse.

Darren era nervoso. Nervoso perché le voci che gli erano giunte all’orecchio sul conto dell’uomo che stava per incontrare era discordanti. Se i suoi professori gli avevano caldamente raccomandato quella scuola, i suoi coetanei che l’avevano frequentata si facevano una bella risata ogni volta che lui gli nominava il preside Wentz. Sapeva che era un uomo rigido e ligio al dovere, ma non ne era molto sicuro. Comunque, ormai era lì e sarebbe stata una stupidaggine tornare indietro. Gli serviva solo qualche mese di pratica come tirocinante e poi sarebbe potuto diventare un professore a tutti gli effetti, come aveva sempre desiderato. E poi, era inutile che continuava a girarci intorno, aveva scelto quella scuola solo perché era un College maschile, il che significava ragazzi, il che significava che avrebbe potuto rimorchiare un giorno sì e l’altro pure. Sorrise a questa prospettiva ed entrò nello studio. Ad attenderlo, nell’ufficio, però, non c’era il preside, bensì una bella ragazza bionda, dall’espressione dolce, che lo salutò con un sorriso.
- Darren Robinson? - chiese lei, continuando a sorridere. Lui annuì e le porse la mano.
- Io sono Greta, la segretaria del professor Wentz. Arriverà a minuti, può aspettarlo qui, per piacere?
- Oh, sì, certo, non si preoccupi - la rassicurò lui e lei, con un altro sorriso, lasciò la camera.
L’ufficio era ordinato, pieno di libri e scaffali. Al muro c’erano appesi diversi quadri, tra i quali spiccava il ritratto di un giovane uomo con i capelli scuri e un sorriso smagliante. Chissà chi era… forse suo figlio... Comunque, sperava che il preside non avrebbe fatto problemi, perché, davvero, entrando aveva già adocchiato qualcuno di interessante…
- Buongiorno, signor Robinson, scusi per il ritardo.
Il ragazzo, o meglio, l’uomo della foto gli sorrise mentre attraversava l’ufficio e prendeva posto dietro la scrivania, prima di allungargli la mano e stringergliela.
Wow. Darren non si aspettava fosse così giovane!
- A quanto ho capito lei ha bisogno di qualche mese di tirocinio, giusto?
- Sì, signore - rispose, porgendogli il suo fascicolo.
- Mh, ottimi voti, laureato l’anno scorso… Per me può iniziare anche subito! E chi sa, un bel ragazzo come lei potrebbe anche trovare un posto fisso qui… - il preside gli sorrise, prima di restituirgli i fogli.
Darren non rispose. Il preside stava per caso… flirtando con lui?
- Benvenuto al St. Patrick - aggiunse l’uomo, prima di stringergli la mano di nuovo e sorridergli sensuale.
 
Ryan non era un grande fastaiolo, tantomeno un grande amante dell'alcol- per ovvi motivi- per cui l'idea di andare alla festa non gli faceva fare i salti di gioia. Specialmente visto il fatto che quell'anno non avrebbe avuto Will al suo fianco, dato che all’amico era toccato andarci con Travis.
Avrebbe potuto chiedere benissimo a Brendon, ci aveva pensato diverse volte, ma aveva preferito evitare. Stare intorno al ragazzo- che equivaleva a molto tempo- lo rendeva agitato, come se non sapesse comportarsi o peggio ancora come se camminasse su un campo minato. Il motivo? Non voleva fare la figura dell'idiota e tantomeno quella del cinico senza cuore. Voleva che Brendon vedesse più di quello che vedevano gli altri, almeno quanto bastasse per avere un rapporto civile. Ma la sua famosa incapacità sociale aveva la meglio, ogni singola volta.
La soluzione- o il piano B- a tutto ciò rispondeva al nome di Ian. Il piano era semplice: lui a Ian sarebbero andati insieme, così che la presenza del più piccolo vicino a Spencer sarebbe stata in parte giustificata e lui evitava di avere un Brendon scodinzolante in mezzo ai piedi. Semplice e vantaggioso non solo per lui: il piano perfetto.
Non dovette cercare nemmeno Ian, poiché come al solito era nella sua stanza a fare dio solo sà cosa con Brendon, anche se quel giorno c'era anche Cash. Non appena entrò, i ragazzi guardarono nella sua direzione.
- Ian posso parlati un attimo?- chiese senza perdersi in discorsi inutili e senza badare all'espressione curiosa di Brendon o a quella sarcastica di Cash.
- Si, certo, vuoi andare fuori?- gli chiese il più piccolo.
- Si, sarebbe meglio... Ti aspetto.
Ryan fece per uscire ma, ovviamente, Brendon non aveva gradito di essere stato palesemente ignorato.
- Ry! Sono riuscito a rubare, ok , a prendere in prestito al nuovo ragazzo il dvd di Factory Girl, ti va di vederlo stasera? Certo so che è un film da ragazze, ma pur sempre meglio di niente, no?
Ryan cercò di non dirgli che era il suo film preferito e si limitò ad annuire, così da evitare di dire qualsiasi cosa che lo avesse messo in imbarazzo. Poi Ian si alzò e si uscirono dalla stanza. Ryan iniziò subito.
- Credo sia arrivata l'ora di parlare... Forse ti sono arrivate voci sul fatto che io e Spencer siamo legati da una forte amicizia. Beh, questo non è esattamente vero - disse facendo una pausa e osservando il più piccolo, che si era accigliato, prima di continuare - Spencer per me è più di un amico... È un fratello. Questo comporta che devo chiederti che intenzioni hai con lui. Sta rischiando molto per stare con te e non sto alludendo a niente, voglio solo assicurarmi che è in buone mani. Sembri un bravo ragazzo Crawford, ma fagli del male e te ne pentirai. Potrei essere gracile ma ti posso assicurare che oltre ad essere vendicativo posso essere anche particolarmente sadico.
Ian, che inizialmente sembrava impaurito, si riprese, non lasciandosi intimorire.
- Apprezzo il discorso, ma davvero, non ci sono rischi del genere. Mi piace, Ryan, Spencer mi piace davvero e l'ultima cosa che voglio è che qualcosa rovini tutto.
Ryan annui, prima di parlare, questa volta in maniera meno seria.
-Bene, detto questo, noi stiamo per andare alla festa insieme. Tranquillo, non ci voglio provare con te, ma se la gente crede che siamo amici non penserà che è così strano che tu e Spencer passiate del tempo insieme.
- Ma… non preferiresti andarci con qualcun'altro?
- Tipo?
- Che so, Brendon?
Ian disse questo con aria ovvia e le sopracciglia alzate. Era così evidente che iniziava ad interessargli il ragazzo?
 
Mancavano due giorni alla festa, quando Gabe capì che non voleva che Vicky lo raggiungesse. Perciò, per evitare di averla intorno ed evitare che notasse il suo calo d'umore, pensò di chiamarla per dirgli che non sarebbe andato alla festa e che non aveva voglia di festeggiare.
Doveva trovare solo una scusa convincente o almeno abbastanza convincente da non farla insospettire, specialmente perchè riconosceva che nelle ultime settimane non si era comportato esattamente come al solito.
 Ci aveva pensato su parecchio prima di decidere quale scusa usare, non era bravo in questo.
La chiamata era durata un’ora prima che Gabe gli dicesse della festa, aveva voluto addolcire la ragazza prima di dirglielo.
Vicky sembrava averla presa bene, nel senso che aveva trovato possibile il fatto che i ragazzi non volevano fidanzate -e simili- durante quella festa. Però era più una facciata, quelle poche volte che Vicky si era mostrata accondiscendente erano sempre stati casini, era come cercare di nascondere un cadavere sotto un tappeto. Era solo facciata, anche perché, dopo aver acconsentito, gli aveva chiesto se la stava tradendo, se c'era un'altra ragazza... Diretta, senza peli sulla lingua: semplicemente Vicky, si era innamorato di lei anche per questo.
Gabe non ebbe difficoltà a mentire, con sua sorpresa, anche perché in effetti non l'aveva tradita e tantomeno c'era una ragazza al centro dei suoi pensieri.
Cercò di rassicurarla, gli disse che l'amava più volte prima che la ragazza sembrasse quantomeno convinta o almeno rassicurata. Contrariamente a lui, che si sentiva come se qualcuno gli avesse tirato un calcio nello stomaco. Il senso di colpa era qualcosa a cui non era abituato e temeva che non si sarebbe mai adattato. Ma del resto cosa poteva fare? Non poteva obbligare Will ad amarlo e spezzare il cuore di Travis e tantomeno poteva lasciare Vicky così. L'amava, a modo suo, erano tre anni che stavano insieme e per uno come lui non era poco, era un record. Sarebbe stato uno scemo a rinunciare a lei per un pugno di stupidi sentimenti.
Una volta finita la chiamata andò a chiudersi in bagno, sperando che l’acqua bollente avesse potuto aiutarlo a rilassarsi - anche se sarebbe solo voluto annegare. Quando la sua vita era diventata una seria tv per ragazzini emo?
 
 
 


* * *
Well, eccoci qui!
Grazie 5436454698mila a chi ha letto <3

Per chi non li conoscesse, Tom Conrad è lui ->  http://cdn.buzznet.com/assets/users16/justlikestars/default/tom-conrad--large-msg-118461593141.jpg (ex membro dei The Academy Is… e attuale chitarrista dei The Empires, ed è stupendo <3)
Invece Darren Robinson (aka Nasino Bello aka marito di Ros) è lui -> http://blogs.phoenixnewtimes.com/uponsun/darren.jpg (è il chitarrista dei Phantom Planet, che Ros e Anna hanno reso gay tanto per divertimento LOL)
Bene, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto! Fateci sapere cosa ne pensate :3
 
A domenica <3
 
P.P.S. La festa di Halloween sarà qualcosa di EPICO. Succederà DI TUTTO. Vi abbiamo avvisate :3  
P.S. Avete visto il Gabilliam? Sì? GHVGHJVHG. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


Capitolo 16


 My crime occurred when rationality slept. I had enough to be dead.
Then I heard a rumor, I felt was right, before the public had spied you're spinning multiple lies.
Lets get down to the love tonight, you wear your lovers eyes, and I'll be wearing mine.

 
Ian entrò all’interno della palestra, guardandosi intorno, cercando Spencer con lo sguardo. Anche Ryan, dal canto suo, sembrava prestargli pochissima attenzione. Che cercasse Brendon? lan sorrise, pensando che, dopotutto, l’amico ce l’aveva fatta. Il suo sorriso non poté che ampliarsi, incontrando lo sguardo del suo amante tra la gente, sperando che nessuno lo stesse guardando.
La musica era già alta e Ian rimase stupito per quanto fossero belle le decorazioni. Era evidente che nessuno aveva badato a spese, a guardarla, quella non sembrava nemmeno la palestra. Dietro un bancone da bar c’era Cash, sorridente, che shakerava bibite come se quello fosse stato il suo mestiere da sempre. La pista da ballo era già piena, nonostante la festa fosse iniziata da poco più di mezz’ora. C’erano tante coppiette, ragazzi e ragazze che ballavano, si abbracciavano o semplicemente ballavano l’uno di fronte all’altra, ridendo, scherzando. Ian distolse lo sguardo, rattristandosi improvvisamente. Lui non avrebbe mai potuto farlo, mai. Era così ingiusto… Cercò di sorridere di nuovo, accorgendosi che Ryan lo stava guardando.
- Andiamo a bere qualcosa? - chiese, urlando per sovrastare il suono della musica.
Ryan annuì e insieme si avviarono verso il bar. Ian notava come tutti i ragazzi li guardassero. Era anche riuscito a sentire chiaramente un “…non Beckett!”. Ryan, comunque, sembrava ignorarli.
- Hey, Cash! - sorrise, sistemandosi i capelli.
- Ian! Che figata il tuo costume! Non avevo dubbi sul fatto che avresti scelto Yoda!
Ian ridacchiò, poi ordinò una Pepsi. Niente alcolici, doveva essere sveglio e lucido se voleva evitare di dire qualcosa che avesse potuto comprometterlo. Ryan non sembrava dello stesso avviso. In meno di un quarto d’ora buttò giù un paio di drink, senza staccare nemmeno un secondo gli occhi di dosso a Brendon, che intanto era entrato e saltellava per la sala, allegro. Quando Brendon li trovò e li raggiunse, comunque, Ian vide Ryan cambiare espressione almeno dieci volte.
Stavano decisamente bene insieme, che Ryan lo volesse o no.
 Ian sospirò, immalinconendosi per la seconda volta quella sera. Nessuno poteva capire quanto in quel momento avrebbe voluto poter ballare con Spence, poterlo abbracciare e ridere con lui. Alla luce del sole.
Restò così, ad ascoltare i discorsi vaneggianti di Brendon e le risposte falsamente acide di Ryan, per qualche minuto, finché non vide Spencer avvicinarsi con un sorriso.
- Salve ragazzi - disse, mentre a Ian si stringeva il cuore per la forzata indifferenza che l’altro doveva mostrargli.
- Buonasera - rispose Brendon, facendo slittare lo sguardo da lui a Ian. Spence sembrò non farci caso, mentre dava una pacca sulla spalla a Ryan.
- Spence - gli disse all’orecchio, dopo essersi accertato che nessuno lo stesse guardando - non so se ce la faccio a non saltarti addosso per tutta la sera.
Spencer continuò a parlare. Per fortuna la musica era riuscita a coprire il momentaneo tremolio della sua voce.
 
Dallon entrò nella sala affollata con un sorriso ben costruito sulle labbra. Non voleva farsi vedere triste o depresso da nessuno, soprattutto da Alex. Decine di sguardi si posarono su di lui e lui lasciava che gli scivolassero addosso, come sempre, dopotutto. Fece per avvicinarsi a Brendon, ma vide che finalmente era riuscito ad abbordare Ross, quindi cambiò direzione. Cercò Alex con lo sguardo e lo trovò sulla pista da ballo, praticamente avvinghiato a quella Greta, che, doveva dirlo, era decisamente carina con quel costume. Anche Alex lo era, in realtà. Distolse lo sguardo, arrabbiato. Non era possibile, non poteva davvero essere solo la sera della festa. Non lui. si guardò intorno, cercando una potenziale compagnia. La risposta arrivò qualche secondo dopo, quando incontrò lo sguardo di un ragazzo che stava poggiato contro una colonna poco più in là. Aveva un costume da Peter Pan e, Dallon doveva ammetterlo, gli stava veramente bene. Aveva i capelli chiari e disordinati e l’espressione di un bambino, mentre sorrideva leggermente a qualcosa che gli diceva un ragazzo accanto a lui. Dallon notò il piercing al naso che scintillava alle luci colorate e le guance coperte da un filo di barba, elementi che avrebbero potuto stonare con la sua aura da ragazzino, ma che invece gli stavano decisamente bene. Ricordò di averci parlato qualche volta, anche se era sicuro di non conoscerne il nome. Si avvicinò, sistemandosi il cappello con la piuma del suo costume da principe azzurro. Si complimentò con se stesso per la scelta mentre camminava e notava gli sguardi di ogni ragazza e di qualche ragazzo indugiare sulle sue gambe e sul suo sedere fasciati dalla calzamaglia celeste che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Sorrise raggiante e il ragazzo sgranò gli occhi, in evidente sorpresa e con un’espressione da “Chi?! Io?!” dipinta sul volto.
- Ciao! Tu sei il ragazzo nuovo, giusto? - iniziò, mettendosi accanto a lui con nonchalance.
- S-si, c-ciao… Sono Tom. Tom Conrad - balbettò il ragazzo, porgendogli la mano. Dallon la prese e la strinse nella sua, senza smettere di sorridere.
- Io sono Dallon. Ti va di ballare?
- C-cosa?
Dallon rise, poi lo guardò e con un sorrisino aggiunse:
- Su, non fare il timido…
 Il ragazzo deglutì, ma non disse nulla. Dallon lo prese per mano e lo trascinò in pista.
Cominciò a ballare, ignorando gli sguardi di tutti, stringendosi al ragazzo che invece sembrava decisamente imbarazzato.
- Hey, lasciati andare - gli disse sensuale all’orecchio, lanciando sguardi di provocazione verso una persona in particolare. Alex, infatti, si era bloccato nel bel mezzo della pista e lo guardava con gli occhi sgranati. Dallon prese gli avambracci di Tom e se li mise sulle spalle, poi, con le mani, gli cinse i fianchi, muovendosi lascivamente contro il suo bacino. Il ragazzo era carino, davvero, e ora che sembrava cominciare a sbloccarsi aveva assunto un’espressione simpatica e sveglia. Ma in quel momento, tutto ciò che importava a Dallon era che Alex continuasse a guardarlo con l’espressione di chi aveva appena visto un alieno. Sì, era decisamente perfetto.
 
Ryan non aveva bevuto molto, non sarebbe mai riuscito a farlo, ma lo aveva fatto almeno quanto bastava a renderlo più spensierato, libero dalle solite miriadi di paranoie e complessi.
Aveva caldo, quel costume da mummia -assolutamente stupido- teneva caldissimo. In più il fatto che avesse già preso due drink non aiutava, dato che questo lo rendeva decisamente molto amichevole. Non era ubriaco però, era solamente brillo, qualunque cosa avesse fatto quella sera, la mattina dopo se la sarebbe ricordata. O almeno ci sperava.
Al momento stava parlando con Ian, che gli stava dicendo, approfittando della musica, qualcosa su Spencer.  Era contento per lui, per loro, anche se doveva ammettere che per certi versi li invidiava. Avrebbe voluto anche lui qualcuno che lo avesse guardato come se fosse stato fatto d'oro o semplicemente come se quel qualcuno avesse potuto amarlo, seriamente. Non aveva mai ricevuto uno sguardo del genere ed era triste, soprattutto considerando l'alto numero di amanti che aveva avuto nel tempo, specialmente alle superiori. Con Spencer a ore di distanza, il sesso era stata l'unica cosa che lo aveva aiutato a stare meglio, a sentirsi  vivo. Per molto tempo aveva sperato di essere amato, ma aveva finito per essere semplicemente desiderato, e solo per il tempo di uno scopata. Era effimero eppure sicuro al tempo stesso.
Una volta soltanto si era innamorato -o almeno pensava di averlo fatto- ed era stato orribile scoprire cosa il soggetto dei suoi desideri era stato capace di fare. Se non avesse avuto da sempre problemi di fiducia, avrebbe attribuito a quel momento la nascita di tale problema.
Da qualche minuto, comunque, aveva perso di vista Brendon, non che lo stesse controllando, era ovvio, solo che quella sera era più difficile del solito staccargli gli occhi di dosso.
Come se avesse sentito i suoi pensieri, il più piccolo si materializzò accanto a lui, sorridente come sempre, con un bicchiere in mano e una cannuccia in bocca. Quella sera il signore voleva metterlo alla prova, evidentemente.
- Ryan Ross dovresti ballare con me. Assolutamente. O penso che sarò molto offeso.
Probabilmente aveva bevuto troppo, le guance sembravano più rosse e gli occhi più spalancati, che non aiutava- nuovamente.
- Io non ballo, Bren.
Brendon fece una faccia offesa prima di rivolgersi a Ian, che sembrava essere divertito da quella scena.
- Non vuole ballare con me, Ian! Mi puoi aiutare a convincerlo? - piagnucolò, indicandolo.
- Non saprei… Sei tu quello con i metodi convincenti - si limitò a dire quello, con un sorriso.
Brendon tornò a guardare Ryan. Quegli occhi, quell’espressione… non ebbe cuore per non accettare. Insomma, sarebbe comunque stata una buona occasione per stargli vicino e toccare quella pelle che sembrava così morbida…
Fu in quel momento che arrivò Spencer. Li salutò e Ryan si accorse di come stesse combattendo con se stesso per evitare anche solo di guardare Ian.
- Ok, va bene, balliamo. Ma levati quel broncio dalla faccia - disse a Brendon, rompendo il silenzio imbarazzante che si era creato e cercando di tenere una voce dura, per quanto la sua voce difficilmente rompeva la sua monotonia.
Ballare con Brendon fu più facile di quanto avesse pensato. Il ragazzo, solitamente iperattivo come una trottola, aveva concentrato tutta la sua energia sui loro pochi passi, sulla forza con cui le sue mani stringevano i suoi fianchi. Non era una presa forte, era a suo modo ferma, salda e morbida allo stesso tempo.
Le canzoni cambiavano, il ritmo e le parole facevano lo stesso, ma loro rimanevano li, a dondolare dolcemente come in un vecchio valzer ballato più volte, a parlare di stupidaggini, a guardarsi intorno e suggerire il loro fine serata. Proprio in quel momento si rese conto che William non era più con Travis, che ora era seduto a fumare una canna con Sean, un ragazzo del suo anno. Al suo fianco Dallon, l'eterosessuale Dallon, stava ballando in modo decisamente ambiguo con il ragazzo arrivato per ultimo.
Aveva sempre più caldo e il calore dell'altro, delle sue mani sui suoi fianchi, non aiutava, non aiutava per niente. Mai come in quel momento, era stato tentato di assaggiare quelle labbra morbide che sembravano pregare di essere morse e baciate. Tutto in quel ragazzo era lussurioso, anche se in qualche maniera, rimaneva sempre qualcosa di innocente o di fanciullesco. Inoltre, forse anche per colpa dell'astinenza, la sola sensazione dei loro corpi stretti l’uno contro l’altro lo rendeva eccitato, esaltato e a tratti elettrico.
Quando la canzone finì, si staccò lentamente con la scusa di voler andare a bere qualcosa e vedere il giardino. Se Brendon fece una faccia delusa lui non lo notò, beh, non proprio. Ma doveva farlo. Il profumo del ragazzo era inebriante, gli aveva riempito i polmoni rischiando di soffocarlo o di avvelenarlo lentamente.
Alla fine, comunque, non si diresse verso l'alcool, ma deviò per il giardino. Aveva bisogno di aria fresca, di dare una tregua ai suoi polmoni.
Brendon lo aveva seguito, naturalmente, in silenzio, troppo preso a mordersi il labbro inferiore per parlare. Si sedette sul prato, incurante del freddo della sera di fine ottobre e Brendon lo imitò.
Per quanto avesse voluto parlare, dire qualcosa, tutto quello a cui riusciva a pensare erano le sue labbra e al fatto che avesse una voglia indecente di baciarlo.
Sapeva che era una cattiva idea, poteva quasi sentire il suo cervello urlarglielo, ma lui, per una volta, non gli diede ascolto. Brendon ora lo guardava, stranamente tranquillo accennando un piccolo sorriso.
Tanto bastò per annullare ogni suo pensiero: si sporse in avanti e lo baciò.
Non fu un bacio morbido, né particolarmente spettacolare, solo una rapida pressione di labbra. Erano morbide e umide dove Brendon le stava mordendo fino a poco prima. Brendon, comunque, non rispose al bacio e lì Ryan temette di impazzire, di aver fatto l'ennesima cazzata. Si allontanò per scusarsi, per scappare, per fare qualcosa che non sarebbe stato ribaciarlo, ma Brendon non glielo permise.
Il più piccolo gli afferrò il braccio, tirandolo a sé, coprendo la sua bocca con la sua. Ryan, sorpreso, si lasciò sfuggire un suono ovattato prima di contribuire a sua volta al bacio.
Tutti i suoi sensi aumentarono mentre avvolgeva le braccia intorno al ragazzo, la cui lingua scivolò facilmente nella sua bocca, come se l'avesse sempre fatto, come se fosse stato naturale.
Batticuore costante. Tamburi. Non vi erano farfalle nello stomaco, elefanti. 
La mano di Brendon, scivolò intorno alla parte posteriore del collo, accarezzando la nuca. I baci, una volta timorosi e timidi erano diventati disperati. Mise una sua mano  tremante sul mento di Brendon, mentre l'altra rimase salda al fianco dell'altro, possessiva.
Fu solo quando si allontanarono, tenendo le loro fronti unite, che ebbe modo di tornare a pensare. A quanto avesse voluto questo, a quanto ne voleva ancora, e il cuore che fino a quel momento aveva martellato velocemente saltò qualche battito. L'eccitazione era divenuta ansia e peggio, paura, terrore. Tutto il caldo che aveva provato lo abbandonò improvvisamente, lasciandolo freddo, congelandolo.
Si allontanò maggiormente, notando come il corpo di Brendon si stava irrigidendo.
Non riuscì a guardarlo in faccia, mentre si allontanava, eppure poteva sentire lo sguardo fisso su di lui.
- Bren, questo non...- iniziò, non riuscendo a trovare una scusa valida - non può accadere.
E detto questo si alzò di fretta, facendo l'errore di guardare l'espressione ferita di Brendon.
Scappò nel salone, senza voltarsi, cercando di calmare i propri battiti.
Era combattuto, scoraggiato e almeno altre dieci sensazioni diverse che non riusciva a comprendere. Sensazioni che però gli sembravano i sintomi di una cotta pesante, a voler essere positivi. Perché la sola idea di essersi innamorato di Brendon gli provocava brividi e nausea. Non poteva innamorarsi, aveva fatto quell'errore solo una volta e aveva imparato la lezione.
La sensazione più forte, quella che sovrastava tutte, era quella del dispiacere, anche se non riusciva a spiegarsene la causa. Non riusciva a capire se era dispiaciuto per aver lasciato Brendon così o per aver ceduto alla tentazione. Quel che era certo, era che avrebbe dovuto fare chiarezza.
Non era bravo a gestire le emozioni, questa ne era solo l'ennesima conferma.
 
Ian poteva benissimo ringraziare Brendon per essersi portato via Ryan, non che avesse qualcosa contro di lui, solamente che voleva godersi la festa parlando - senza nascondersi - con Spencer.
Senza doversi preoccuparsi di sorridere un po’ troppo o di far caso alla gente interno a loro. Prese un sorso della sua bibita, mentre non staccava gli occhi dal più grande, che a sua volta non poteva far altro che guardarlo.
- Sai - disse Ian, lentamente avvicinandosi all'orecchio dell'altro - penso che camera mia per un po’ sia vuota..
Spencer gli sorrise, compiaciuto, prima di rispondere.
- Penso che Pete mi stia tenendo d'occhio, quindi mi dispiace, piccolo.
Ian cercò di tenere a bada il fastidio e la gelosia e gli posò una mano sul braccio, il massimo contatto che poteva avere con lui, nonostante l'unica cosa che voleva fare era stargli addosso.
- Spence...
Spencer lo guardò contrariato e apparentemente afflitto.
- Ian no, davvero.
Due secondi dopo stava guardando nella direzione verso la quale Brendon aveva trascinato Ryan. Ora Brendon stava cercando di spiegare -agitandosi tutto- i passi base mentre Ryan lo guardava con uno sguardo non facile da catalogare. Poteva essere affetto ma anche derisione.
Prima ancora che potesse dire qualcosa, Deleon arrivò da loro, con quello che sembrava alcol (e davvero Cash gli aveva dato dell’alcol?) Aveva sottovalutato la sua deficienza. Il ragazzo gli si era avvicinato per poi abbracciarlo goffamente e urlargli nell'orecchio.
- Iaaaaaaaaaaaan! - poi vedendo Spencer urlò nuovamente - Professor Smithhhh come staaa? Ha visto quanto è affascinante questa sera il preside?

Gabe era steso sul letto, arrotolato nella coperta e fissava lo schermo della tv con sguardo assente. La musica della festa arrivava fin lì, soffocata, ma comunque abbastanza chiara da disturbarlo. Ovviamente, quando aveva detto di non sentirsi bene, tutti gli avevano creduto. Lui, Gabe Saporta, che evitava un party di proposito? Se lo avesse sentito solo un mese prima si sarebbe fatto una gigantesca risata, eppure adesso...
Si nascose il viso tra le mani, sospirando.
Fu in quel momento che la porta si aprì improvvisamente, lasciando entrare un Will trafelato che si richiuse velocemente la porta alle spalle. Era vestito da vampiro e Gabe rimase a bocca aperta per quanto era bello.
Aveva il fiatone e sembrava aver corso, comunque.
Gabe lo guardò perplesso, ma lui scosse la testa e sussurrò solo "io non sono qui", prima di correre in bagno e chiudervisi dentro.
Trenta secondi dopo, la porta si riaprì di scatto ed entrò Trav.
- Gabey, come va? Hai visto William? - chiese, guardandosi intorno - Stasera sento che è la volta buona! - concluse, sfregandosi le mani.
Gabe si sentì combattuto. Accontentare Trav e peggiorare le cose con Will, o fingere di non sapere nulla e quindi provare a riacquistarne la fiducia?
Ma non poteva mentire ad un amico... Travie era il suo migliore amico da sempre, anche se in fondo era solo colpa sua se adesso si trovava in quella situazione. Ma cosa diavolo pensava? Era solo colpa di se stesso! Gli avrebbe detto la verità, Travie meritava di essere felice!
Ma se davvero avessero fatto sesso quella sera? Magari nello stesso letto di Will, magari in un bagno, magari in un angolo della sala! E se Trav aveva intenzione di forzarlo, di costringerlo? Si sentì subito orribile per aver pensato questo del suo amico, ma…
- No, non l'ho visto, mi dispiace - disse infine.
- Okay - rispose Trav, alzando le spalle - sarà uscito a prendere un po' d'aria, c'è davvero molta gente!
- Immagino...
- Vabbè, ci si vede! Stammi bene, Gabe!
E uscì così com'era entrato.
- È... è andato via? - bisbigliò Will, affacciandosi dal bagno. Gabe si limitò ad annuire, tornando a guardare la tv. Non voleva guardarlo e accorgersi di quanto fosse bello, perchè, davvero, gli faceva solo più male. E inoltre, vedere che Will stava con Travie, vedere che cercava di evitarlo, vedere che era evidente il fatto che non stesse bene insieme a lui, lo faceva soffrire. 
- Gabe - iniziò l'altro, mettendosi accanto al letto.
Gabe alzò lo sguardo, conscio che sicuramente gli avrebbe fatto meno male infilarsi una forchetta negli occhi. Bill era in piedi a pochi centimetri da lui, bello come non mai.
Indossava  un panciotto rosso scuro con dei bottoni dorati che gli fasciava il corpo magro e dei pantaloni neri aderenti a vita alta che, Gabe ci poteva giurare, non erano mai stati così bene a nessun altro. Aveva un cravattino di seta legato intorno al collo e le mani erano coperte da eleganti guanti bianchi, mentre sulle spalle si era fatto cadere un pesante mantello di velluto nero, che rendeva la sua figura stranamente imponente, ma che non riusciva in alcun modo a stemperare il fascino che aveva in quel momento, anzi, forse lo aumentava. Il viso era truccato in modo da sembrare pallidissimo, i grandi occhi castani sottolineati da una striscia di eye-liner nero e le labbra rosse, da cui fuoriuscivano due canini finti. I capelli erano più lisci del solito, legati dietro la nuca da un nastro di seta bordeaux e alcuni ciuffi, forse per la corsa, erano sfuggiti dalla coda e adesso gli incorniciavano il viso, rendendolo, se possibile, ancora più sexy.
- Grazie - continuò piano Bill, senza muoversi, ma accennando un piccolo sorrisino.
Gabe fece spallucce, sussurrando un “di niente”, senza però riuscire a distogliere lo sguardo dall’altro.
Gli veniva da piangere per quanto avesse voglia di gridargli “Stupido! Perché stai con lui invece che con me?!”, ma riuscì a non dire nulla. Ma non si sarebbe lasciato sfuggire quel momento. Dopotutto, se aveva mentito a Travie, era stato solo per poter riacquistare di nuovo la fiducia di Bill, solo per poterselo vedere di nuovo gironzolare intorno. Era convinto che William lo odiasse e questo non riusciva proprio a sopportarlo! Fece un sospiro, provando a dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola.
Dov’era finito il Gabe Saporta che non aveva paura di niente e di nessuno? Lo spavaldo sbruffone che rideva in faccia agli insegnanti e per il quale ogni occasione era buona per fiondarsi in un party devastante?
- Mi manchi - disse a mezza voce, sentendosi un idiota subito dopo.
- Davvero? - gli angoli della bocca di Will si piegarono in un sorriso, mentre lo chiedeva.
- M-mi dispiace per quello che è successo con Vicky e tutto il resto...
- Non preoccuparti.
Gabe si accorse del tremolio nella voce dell'altro, senza però riuscire a decifrarlo.
- Pace allora? - sorrise Gabe, incerto.
- Pace - gli fece eco William con un sorriso, prima di abbracciarlo, chinandosi su di lui.
- Torni a dormire qui? - gli chiese, con il naso ancora immerso nei suoi capelli.
- Sempre se mi vuoi ancora -  rispose Will, senza smettere di sorridere.
Gabe sorrise e disse un "certo", guardando gli occhi di Bill che, non sapeva perchè, erano diventati lucidi.
 
 
 
 
--
 
Ecco qui, finalmente è arrivata la sera della festa! Sappiate che io e Anna eravamo eccitate manco ci fossimo dovute andare noi xD
 
Grazie mille a chi ha letto e soprattutto a chi ha recensito, siete adorabili <3

FranzSiska -> Visto quanto Gabilliam c’è qui? E beh, nel prossimo capitolo di certo non resterai delusa! *risata sadica* Poi, come puoi odiare quell’esserino coccoloso e meraviglioso di Tom Conrad? È stupendo, fidati ç_ç  Per quanto riguarda le Suavarro, ne ho scritte un paio, se ti va di leggerle ne sarei contentissima :) *pubblicità is the way!*
 
Black_eyes -> Grazie 57672895 per i complimenti, davvero. <3 Anche noi amiamo particolarmente Ian e Spence, perché lo vedono tutti che sono perfetti per stare insieme! *w*
Poi, beh, sulla domanda “ma perchè Ryan e Brendon non si spicciano????” speriamo di averti un po’ accontentata :) anche se, ahimè, Ryan Ross è un idiota! D:
 
Sleeping With Giants -> Ma che bel nick che hai *-* Comunque, siamo felici che la storia ti piaccia :3 e beh, Darren purtroppo ormai ha già adocchiato qualcun altro xD Ian è troppo dhjbfshjd, si *-* E per quanto riguarda Ryan… è stupido! D:  e ohohoh, hai chiesto del lemon? xD [Anna ha detto di dirti che le tue colpe sono state espiate XD]

A domenica prossima! <3

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


Capitolo 17

 The world is fading, I'm here with you.
If you start shaking, I'll get you through it.

Don't worry about anything, just take it easy.
It's too late to go, it's getting light out,

I know you don't wanna sleep here alone, just take it easy.

 
Trav non sapeva  dove fosse finito Will. Lo aveva cercato ovunque, ma del suo ragazzo non vi erano tracce. Avrebbe voluto chiederlo a Ryan, ma quello sembrava decisamente impegnato con Brendon e non se la sentì di andare lì e disturbarli. Dopotutto c’era molta gente e non era sicuro che Will amasse i luoghi affollati, quindi probabilmente si era rifugiato da qualche parte. O almeno era quello che sperava. Più passavano le settimane, più aveva la sensazione che William fosse lontano, distante, con la testa altrove. All’inizio l’aveva interpretata come timidezza, ma col passare del tempo nella sua mente si erano insinuate miriadi di dubbi, difficili da mandare via.
- Oh, fanculo - sbottò, prima di sedersi accanto a Sean e prendere una lunga boccata dalla canna che gli aveva prontamente passato.
- Appena lo trovo me lo scopo, che lo voglia o no - concluse, poggiando la testa contro il muro e socchiudendo gli occhi. Si leccò le labbra e cominciò ad aspettare, anche se una parte di lui già sapeva che avrebbe dovuto aspettare per molto, molto tempo.
 
Alex non era il tipo di ragazzo che aveva prospettive troppo alte, tranne quella sera. Difficilmente era stato così nervoso per una donna, o per qualsiasi cosa.
Se già normalmente Greta era capace di fargli girare la testa,quella sera, con quella tutina nera da Cat Woman l'aveva fatto impazzire. Quando le aveva dato un altro girasole, godendosi l'ennesimo grande sorriso, capì che l'imbarazzo iniziale era stato spazzato via e con lui anche l'ansia da 'prestazione'. Era semplice starle accanto e ogni secondo che passava, aveva la certezza che si sarebbe potuto innamorare di lei. Ma questo non lo spaventava, se possibile lo esaltava di più.
La musica rimbombava nella sala, la sentiva pulsare nello stomaco. O forse era il suo cuore. Greta era stupenda e gli sorrideva, costantemente. Tutto sembrava perfetto. O almeno, finchè non aveva visto Dallon.
Aprì e richiuse la bocca più volte, cercando di mettere meglio a fuoco l’immagine che gli si era parata davanti agli occhi. Dallon stava ballando con un ragazzo biondo, o meglio lo stava palpando, sembrando anche abbastanza disinvolto.
Ora, non che Alex non avesse mai visto il suo amico con nessuna ragazza. Il problema era che non lo aveva mai visto con un ragazzo. E non aveva mai neanche lontanamente sospettato che potesse avere certe tendenze. Non che avesse dei problemi al riguardo, dopotutto Travie era gay e anche Brendon e per lui non erano mai stati diversi da Gabe o dallo stesso Dallon. Solo che non se l’aspettava. Dallon non gliel’aveva mai detto, ed erano migliori amici da anni.
Greta faceva slittare lo sguardo da Dallon ad Alex e viceversa, con l’aria perplessa.
- E’ tutto okay? - chiese poco dopo.
Alex annuì e le cinse i fianchi, stringendola di nuovo a sé.
Dallon gli sorrideva beffardo, mentre si avvinghiava al ragazzo sconosciuto, ondeggiando in modo sensuale. Cosa diavolo stava facendo?
Lo guardò torvo e si avvicinò ancora di più alla ragazza, sussurrandole cose carine all’orecchio e facendola sorridere. Cominciò anche a ballare sempre più attaccato a lei, sperando di non beccarsi uno schiaffo. Ma per fortuna Greta non si oppose. Dallon continuava a guardarlo e a rispondere ai suoi gesti con altrettanti sorrisini, mentre stringeva a sé il biondo. Era aria di sfida quella? Alex era perplesso e infastidito allo stesso tempo. Lasciò un bacio sulla guancia alla ragazza, prima di notare che Dallon era sparito.
Tirò un sospiro di sollievo, prima di accorgersi che l’amico era solo poco più in là, seminascosto da una colonna, sempre in compagnia del ragazzo biondo. E questa volta, non stavano di certo ballando.
 
Will si tolse i denti finti e il pesante mantello, poi si sedette sul bordo del letto di Gabe, che non aveva smesso un attimo di fissarlo.
Bill era felice di come stavano andando le cose. Era felice di aver fatto pace con Gabe, era felice di essere con lui in quel momento invece che con Trav.
- Posso farti una domanda? - disse Gabe, dopo un po'.
- Certo - rispose Bill, alzando gli occhi verso di lui.
Non sapeva spiegare come, ma c'era una sorta di tensione nei loro sguardi. Forse era un'impressione, ma avvertiva qualcosa di diverso nell'aria. Gabe continuava a guardarlo e Will sentiva i suoi occhi scuri trafiggerlo come dei laser.
- Perché scappi da Travie?
Non c'era cattiveria o accusa nel suo tono. Gliel'aveva chiesto dolcemente, come quando si chiede ad un bambino perché piange e lui non vuole risponderti.
Will si sentì spiazzato.
- Io...uhm... lui vuole delle cose che io non voglio - rispose poi, sottovoce, abbassando lo sguardo.
- Cioè? - chiese l'altro con un sorrisetto.
Will si era reso conto che Gabe adesso stava facendo il finto tonto. Lo sapeva benissimo che genere di cose potevano essere!
- Lui vuole… lui vuole fare sesso - rispose a voce bassissima, arrossendo così tanto che si vide anche attraverso il trucco bianco.
- Solo per questo?
Will annuì, sentendosi un bambino.
Gabe sorrise e gli accarezzò la mano che teneva poggiata sulla coperta, accanto alla sua gamba. Sentì il battito accelerare e sperò con tutto se stesso che Gabe non se ne accorgesse.
- Beh, in effetti state insieme da poco, è perfettamente normale che tu voglia aspettare un po’…
- Non… n-non è questo - balbettò Bill, cercando di non fare caso alla mano di Gabe sulla sua.
L’altro lo guardò perplesso, aggrottando le sopracciglia.
- Il fatto è che - iniziò William, sospirando - io non voglio farlo con lui. Né adesso, né tra tre mesi, né tra un anno.
Sapeva che non avrebbe dovuto dire queste cose, Gabe era pur sempre il miglior amico di Travie, ma ormai non aveva senso mentire. Come non aveva più senso stare con Travis. Aveva avuto quello che voleva, o quasi.
Gabe sorrise leggermente.
- Stai ridendo di me? Ti capisco, sai. È ridicolo che a 20 anni faccia ancora questo genere di ragionamenti. In realtà è ridicolo che a 20 anni non abbia mai… - la frase gli morì in gola, ma sicuramente Gabe aveva capito. Infatti tornò serio, ma nei suoi occhi c’era qualcosa di indecifrabile.
- Non è niente di cui vergognarsi. Davvero, dovresti essere fiero di te.
- A volte però… A volte è imbarazzante, sai, sentire tutti i tuoi amici che ne parlano e tu sei lì a sentirti uno sfigato - disse, guardandolo - Ma non credo tu abbia mai provato la sensazione - concluse, sorridendo amaramente.
- Ti sbagli.
- Tu? Uno sfigato? - chiese Bill con una risatina.
- Come ti sentiresti se ti accorgessi di provare qualcosa per il ragazzo del tuo migliore amico?
Will si congelò. Aprì e richiuse la bocca più volte, ma non riuscì a dire nulla.  Guardò Gabe con gli occhi sgranati, senza sapere cosa fare o cosa dire, sperando di aver capito male.
- T-tu… T-tu s-sei… gay? - chiese poi, incredulo.
- Io non sono gay, William. Tu mi rendi gay.
Ormai lo stomaco di Bill doveva essere ridotto a brandelli, per quanto si stava contorcendo. Non capiva cosa stesse dicendo Gabe, ormai non seguiva più il suo discorso.
- Vedo centinaia di ragazzi ogni giorno in questa dannata scuola, Bill, sono amico di Dallon e Alex, per la miseria, e tutti li reputano bellissimi! Ma… mi spieghi com’è possibile che per me l’unico degno di nota sei tu?
Will sentì il cuore battergli forte come non mai.
- Davvero pensi questo di me? - chiese con un sorriso enorme.
Gabe annuì, con gli occhi bassi.
- Beh, è una bella sensazione sentirsi dire quello che aspetti ti dicano da più di due anni…
Gabe alzò lo sguardo di scatto e Bill arrossì.
- Meglio tardi che mai - disse poi, e sorrisero entrambi.
Gabe si avvicinò e gli prese il viso tra le mani. Bill tremava.
- Forse non dovremmo… - sussurrò, così vicino che le loro labbra si toccavano.
- Già, forse… - sorrise Will, prima di lasciare che Gabe lo baciasse.
 
Alex Suarez stava seduto accanto a Nate, cercando un modo per poter avere un contatto fisico con lui senza dare troppo nell’occhio. Provò a prendergli la mano o a mettergli un braccio intorno alle spalle, ma Nate si scostava sempre e gli sussurrava un “per favore, non attiriamo l’attenzione” ogni volta. Così lasciò perdere e cominciò a chiacchierare con Shane.
Shane Valdez era il suo migliore amico dal primo giorno lì. Erano stati compagni di camera prima che lui si “trasferisse” da Nate…  in effetti era stato proprio lui ad insistere tanto perché ci andasse. Era un amico come pochi, lui.
- Devo assolutamente trovarmi una ragazza… o un ragazzo. Insomma, qualcuno. Mi sento solo, senza di te in camera! - sorrise l’amico, prendendo un sorso dal suo bicchiere di plastica rossa.
- Potevi dirmelo se volevi che restassi…
Shane alzò gli occhi al cielo, poi disse:
- Te l’ho detto mille volte! Tu e Nate dovete stare insieme e… insomma, procreare! Io sto benone! Ho solo bisogno di qualcuno con cui passare il tempo!
Nate e Suarez sorrisero, e Shane alzò il bicchiere verso di loro.
- Vuoi ballare? - chiese Alex al suo ragazzo poco dopo, notando che teneva gli occhi fissi sulla pista da ballo.
- Sai che non possiamo - fu la risposta, decisamente amara.
- Come amici? - chiese, quasi in tono supplichevole.
Nate lo guardò, sollevando le sopracciglia. Suarez sbuffò e incrociò le braccia.
- Nate - iniziò Shane, che ormai era diventato anche suo amico - spero non ti dispiaccia se ti rubo il cavaliere! Su vieni, brontolone, andiamo a ballare!
Detto questo, prese Suarez per un braccio e lo trascinò al centro della pista. Nate rideva divertito, guardandoli. Ormai conosceva Shane da abbastanza tempo per non essere geloso.
Cominciarono a scatenarsi e a ridere, anche se Suarez avrebbe voluto che al posto di Shane ci fosse stato il suo Nate. Ma capiva le paure del suo ragazzo, per questo non si lamentava, anche se il fatto di dover restare continuamente nascosto lo faceva soffrire.
Si girò di nuovo verso di lui e lo vide armeggiare con il cellulare. Ma cosa..? Proprio in quel momento sentì la tasca vibrare e vide Nate guardarlo con un sorrisino. Estrasse il telefono e lesse il messaggio "Sei sexy quando balli..."
Sorrise, poi prese Shane e gli sussurrò "reggi il gioco" prima di mettersi a ballare più vicino a lui. Cominciò a muoversi sensuale, facendo del su meglio per rispolverare le vecchie capacità di ballerino che aveva alle superiori. Ogni tanto si girava verso il suo ragazzo e gli sorrideva malizioso, prima di riprendere ad agitarsi accanto al suo amico. In meno di un minuto si trovò Nate accanto, che lo teneva per un braccio.
- Io. Te. Bagno in fondo al corridoio. Ora - gli sibilò all'orecchio, prima di correre verso la toilette.
Cercò di sembrare disinvolto mentre si avviava a grandi passi verso il bagno, con un sorriso enorme sulle labbra.
- Nate? - chiamò, una volta arrivato al bagno vuoto. Intelligente il suo ragazzo a sceglierne uno non troppo vicino alla palestra...
Nate quasi gli saltò addosso. Lo afferrò per le spalle e lo sbattè contro il muro, prima di baciarlo con violenza.
- Non dovresti ballare in quel modo, - gli sussurrò sulle labbra - provochi reazioni difficili da nascondere...
- Ops! - rise Suarez, prima di baciarlo di nuovo e infilargli una mano nei pantaloni. Nate mormorò qualcos'altro senza senso, prima di abbandonarsi completamente tra le braccia del suo ragazzo.
 
Una volta assaggiate quelle labbra, dopo aver passato tutto quel tempo a bramarle, Brendon pensò di impazzire. Tutte quelle volte che ci aveva pensato, era sempre stato convinto che sarebbe stato lui a baciare Ryan. Non aveva mai perso tanto tempo a sperare di essere baciato da lui, non credeva nemmeno di avere la speranza di farlo. Ma una cosa era certa, non si stava andando a lamentare- in un primo momento almeno. 
Ci aveva messo qualche istante prima di realizzare quello che stava succedendo e ricambiare il bacio, catturò le labbra di Ryan proprio quando queste si stavano allontanando. Non poteva permettergli di andarsene, non ora. Anche se alla fine l'aveva lasciato sfuggire, ancora troppo sorpreso per quello che era successo o ancora intontito dall'alcol. Quelle poche parole che aveva detto dopo erano da minuti a ripetizione nella sua testa. Chi aveva deciso che non potevano? Lui voleva e anche Ryan sembrava volerlo, diamine l'aveva baciato lui per primo. Certo, non si aspettava che il ragazzo gli crollasse ai piedi dopo un bacio così da poter fare passeggiate romantiche e tutte le cose sdolcinate che fanno le coppie. Sapeva, eccome, quanto fosse restio il ragazzo a dimostrare l'affetto e questo lo sconvolgeva di più. Ryan non sembrava il tipo di ragazzo che bacia qualcuno a una festa per caso, in quel tempo che l'aveva conosciuto non l'aveva mai visto con nessuno, mai.
L'unica cosa certa, in questo, era che Ryan l'aveva assolutamente fottuto - e non nella maniera in cui avrebbe voluto. Decise di parlarci appena possibile, anche se la priorità al momento era l'alcol. La vodka era l'amica che lo avrebbe fatto stare meglio e avrebbe potuto togliere il gusto di Ryan dalla sua bocca.
 
Gabe nella sua vita aveva baciato decine di ragazze e con altrettante ci aveva fatto sesso, ma mai aveva provato qualcosa paragonabile alla sensazione che stava provando in quel momento, mentre baciava Bill.
Il fatto che stesse tradendo la fiducia del suo migliore amico sembrava un problema irrilevante, come il fatto che stesse baciando un ragazzo.
William voleva lui e anche lui voleva Will. Ecco, era questo tutto quello che importava in quel momento. Travie, Victoria, la scuola, il mondo, sarebbero venuti dopo.
- Vuoi tornare alla festa? - chiese, meravigliato da quanto fosse suonata impaurita la sua voce.
- Magari dopo - sorrise Bill, dandogli un altro bacio.
Gabe si sentì stupido per essersi fatto tanto problemi. Si sentì stupido perché aveva pensato ci potesse essere qualcosa di sbagliato nel provare dei sentimenti nei confronti di un altro ragazzo, e soprattutto perché non si era accorto di William se non quando lo aveva visto insieme ad un altro.
Lo strinse e lo baciò e gli disse tante cose, tante cose che non avrebbe mai pensato avrebbe potuto dire solo un mese prima. Gli disse che per lui era importate, gli disse che era bellissimo. E William sorrideva e arrossiva, a volte sussurrando un “anche tu”, timidamente, quasi come avesse avuto paura di dire qualcosa di sbagliato.
Restarono così qualche minuto, in una situazione di calma che quasi stonava con i rumori e la musica che provenivano dalla palestra.
Will gli accarezzò i capelli, poi si avvicinò e lo baciò timidamente. Gabe fu felicemente sorpreso da questa sua iniziativa, e rispose al bacio con forse un po’ troppo entusiasmo. Ma evidentemente a Bill non dispiacque. Cominciarono ad accelerare il ritmo, staccandosi solo per prendere fiato, stringendosi sempre di più l’uno all’altro. Gabe non sapeva dove stessero andando a finire, ma in quel momento non gli importava… anche se, evidentemente, ad una parte del suo corpo importava. Eccome. E il fatto di avere William avvinghiato a lui, con il fiatone e le labbra arrossate non aiutava di certo.
Era strano, comunque, provare questo genere di impulsi verso un altro ragazzo. Eppure non riusciva a trattenersi dal pensare a quello che avrebbero potuto fare.
Improvvisamente però ripensò alle parole di William. Lui non l’aveva mai fatto. Gabe non era sicuro di esserne all’altezza… non aveva mai avuto paura di fare sesso con qualcuno, ma si era sempre trattato di ragazze! Con Will non sapeva neanche da dove iniziare. E se lo avesse deluso?
- Will…
- Mh?
- C-credo che dovresti andare…
- Andare dove? - chiese Will, guardandolo spiazzato. Era tutto spettinato e il trucco ormai era quasi sparito.
- A-alla festa. Insomma, c’è Trav, ti cercava… Poi, non vorrai lasciare Ryan da solo… g-giusto?
Codardo. Era solo un codardo.
Bill si alzò senza aggiungere altro e si diresse verso la porta.
Gabe si sentiva uno stupido. Davvero lo stava lasciando andare via così?
- Hey, Bill - disse piano, mentre l’altro era già con la mano sulla maniglia. Scese dal letto e si fiondò verso di lui. Quando lo raggiunse lo abbracciò forte, poi aggiunse “Resta”.
Bill si sciolse in un sorriso gigantesco. Gabe lo baciò di nuovo e ancora e ancora, lì in piedi davanti alla porta chiusa, poi lo trascinò lentamente verso il letto. Lo fece stendere e si mise sopra di lui, baciandolo di nuovo, cercando di non tradire il nervosismo che pian piano cresceva in lui.
- Grazie per essere restato - gli disse poi, accarezzandogli i capelli, cercando di apparire tranquillo e disinvolto.
- G-grazie per avermelo chiesto - rispose Bill con un sorriso.
Gabe riusciva a sentire il suo cuore battere fortissimo, mentre lo vedeva mordersi le labbra. Probabilmente quel ragazzo non si rendeva conto di quanto fosse bello.
Lo baciò con tutta l’energia che aveva in corpo, spingendolo contro il materasso. William non si opponeva. Bene, se aveva deciso di avere la sua prima volta con lui, Gabe non l’avrebbe deluso. In effetti, era una sorta di “prima volta” anche per lui, ma avrebbe comunque cercato di fare del suo meglio. Con le ragazze era certo della sua infallibilità, ma stavolta…
Cominciò a baciarlo sul collo, lentamente, ascoltando i respiri di Will che si facevano sempre più irregolari. Gli sbottonò il panciotto e la camicia in modo un po’ impacciato, ma Bill sembrò non accorgersene.
Ci furono baci, carezze. Tutto era perfetto. Gabe si sentiva appagato come non lo era mai stato, mentre toccava Bill e mentre lasciava che lui lo toccasse, mentre la sua pelle bollente veniva a contatto con quella dell’altro, mentre lasciava che il suo profumo gli riempisse le narici. La paura, il nervosismo, l’ansia, tutto era sparito. Quello che provava in quel momento, comunque, andava al di là del piacere. Era semplicemente la cosa più bella che avesse mai fatto. Quando entrò dentro di lui, piano, cercando di non fargli male, sentì di essere in paradiso. E quando i lamenti di Bill cominciarono a diventare ansimi, quando lo sentì chiamare piano il suo nome, si rese conto di essere davvero in paradiso, ma con l’angelo migliore che gli sarebbe mai potuto capitare.
 
 
 
 
 
 
 
* * *
Grazie mille a Bloody Doll e a Black_eyes per aver recensito! Siete belle e speriamo che il capitolo vi sia piaciuto! <3
Grazie anche a chi ha letto :)
 
Bene, due paroline…
Le fan del Gabilliam saranno contente! *^*
Questa festa è stupenda, darei decisamente di tutto per andarci! xD
 
A domenica! :3
 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


Capitolo 18

Oh why, Oh why
Oh why haven't you been there for me?
Can't you see, I'm losing my mind this time?
This time I think it's for real, I can see.


Darren seguiva a ruota il preside che si faceva strada a fatica tra le decine e decine di ragazzi in costume che occupavano la sala.
- Devo presentarti una persona! - gli disse, una volta arrivati di fronte ad un uomo che parlava fitto con un ragazzetto dai capelli ricci.
- Buonasera, Spencer! - sorrise raggiante il preside, rivolto all’uomo, che alzò lo sguardo di scatto verso di lui.
Wentz lo tirò verso di sé e il ragazzo sembrò indignato, ma non disse nulla e indietreggiò di qualche passo, guardandoli torvo.
- Lui è Darren, un tirocinante! Non è adorabile?
Spencer lo salutò con un cenno, anche se mentalmente sembrava decisamente altrove.
- Darren, lui è il professor Smith, insegna filosofia, ed è uno dei nostri migliori insegnanti e, diciamocelo onestamente, è anche un uomo davvero affascinante!
Darren rimase sbigottito da come il preside ci provasse palesemente con l’altro, ma non ebbe tempo di guardare la sua reazione, perché il ragazzo di poco prima corse via, urtando violentemente contro la sua spalla.
Spencer lo seguì con lo sguardo, poi bofonchiò una scusa sul dover correre in bagno e si diresse verso la stessa direzione.
Il preside sembrava costernato e guardava nello stesso punto dove il professore era sparito con uno sguardo indecifrabile.
- Vuole qualcosa da bere? - chiese Darren incerto, cercando di rompere quel momento imbarazzante.
Il preside scosse la testa, prima di inseguire Smith senza aggiungere altro.
Darren era confuso. Era solo da pochi giorni in quella scuola e già stava impazzendo!
Decise comunque di non pensarci. Si avvicinò al bancone e prese una birra, prima di appoggiarsi al muro e guardarsi intorno. Tutti i ragazzi e anche alcuni professori erano mascherati, le decorazioni erano decisamente belle e la musica non era male. Certo, era consapevole del fatto che con solo qualche altra occhiatina al preside sarebbe potuto restare in quella scuola. E quella, di certo, non era una cattiva prospettiva.
Fece scorrere lo sguardo distrattamente sulla pista da ballo, finché non vide qualcosa che quasi gli fece sputare tutta la birra. Aveva visto, mentre girava con il preside per la sala, coppie di due ragazzi che si baciavano o che erano decisamente in rapporti intimi, ma erano sempre negli angoli, seminascosti. E beh, i ragazzi che stava guardando adesso erano tutt’altro che nascosti. Erano entrambi belli, uno alto e moro, con un fisico da paura, l’altro più basso e giovane, biondo, un po’ meno sicuro di sé dell’altro, ma comunque decisamente carino. Erano ipnotici. O almeno, il più alto lo era. Ballava sensuale, senza curarsi dei parecchi sguardi puntati su di lui. Il costume aderentissimo che gli fasciava il corpo quasi scintillava sotto le luci colorate, almeno quanto i denti bianchissimi che aveva scoperto con un sorriso accattivante. Il ragazzo più basso gli teneva le braccia intorno al collo, sorridendo di quello che l’altro gli sussurrava all’orecchio mentre gli serrava i fianchi con le mani. Darren deglutì e li guardò per qualche secondo.
- Hey - chiese ad un ragazzo che era seduto poco lontano - mi sai dire chi sono quei due?
Il ragazzo guardò nella direzione che Darren gli indicava.
- Vuoi dirmi che non conosci Dallon Weekes? È popolare qui… E’ quello alto, con i capelli scuri. L’altro non saprei.
Darren lo ringraziò e tornò ad osservare la coppia. Era ovvio che uno come lui doveva essere popolare. In qualche modo lo stimava, comunque. Sembrava ignorare completamente il giudizio della altre persone… Studiò i loro movimenti per qualche altro minuto, prima di decidere che, prima o poi, avrebbe dovuto almeno parlarci.
 
Brendon entrò quasi correndo nel bagno che si trovava in fondo al corridoio, sicuro che, lontano com’era dalla palestra, non vi avrebbe trovato nessuno. E invece, con sua enorme sorpresa, c’erano due ragazzi avvinghiati l’uno all’altro, appoggiati contro il muro, che si baciavano con passione.
- Oddio, scusate! - esclamò girandosi di scatto dal lato opposto, cercando di nascondere le lacrime.
- Oh Cristo! - urlò il più basso dei due, spingendo via l’altro e sistemandosi i pantaloni.
- Me ne vado, s-scusate! - disse Brendon, cominciando a piangere di nuovo, perché, cazzo, quella visione non aveva fatto altro che rivangare la ferita ancora freschissima.
- No, aspetta!
Brendon si girò e rimase di stucco quando riconobbe Nate Novarro, il ragazzo più ricco della scuola. L’altro, che adesso si stava sistemando alla meglio i vestiti, non lo conosceva, se non di vista.
- Spero che non lo dirai in giro… - disse Nate, arrossendo.
- Io… No, certo che no, perché dovrei? - rispose, con un sorriso amaro.
- Grazie - disse l’altro ragazzo.
Si girò verso il lavandino e si guardò allo specchio. Era uno spettacolo pietoso, con gli occhi tutti arrossati e gonfi e le lacrime ancora fresche sulle guance. Appoggiò le mani sul marmo freddo, abbassò la testa e cercò di smettere di singhiozzare, ma sembrava un’impresa impossibile.
Voleva capire. Era deluso da tutto quello che era successo, deluso da Ryan. Era consapevole del fatto che forse stava avendo una reazione esagerata, ma non sapeva cosa altro fare. Forse gli sarebbe dovuto correre dietro…
- E’ tutto a posto?
Sentì una mano sulla spalla. Si voltò e vide il ragazzo più alto guardarlo preoccupato.
Fece segno di ‘no’ con la testa e il ragazzo guardò Nate, che fece spallucce e si avvicinò.
- Vuoi… Vuoi venire a bere qualcosa con noi? - chiese poi, in tono gentile.
- Non sono dell’umore - rispose Brendon, tirando su col naso, imbarazzato al massimo. Farsi vedere piangere da due estranei non era certo nella sua lista delle cose da fare.
- Stare qui a piangere non servirà a molto, qualunque cosa sia successa - aggiunse Nate.
Brendon pensò che, alla fine, non aveva niente da perdere. Ryan non sarebbe tornato, inutile sperarci.
- O-okay- disse allora, sciacquandosi la faccia e cercando di nascondere le tracce delle lacrime. I due ragazzi sorrisero e, chiacchierando, lo condussero verso la sala affollata.
Una volta entrati, Brendon cercò di non cercare Ryan con lo sguardo, con un enorme sforzo.
- Ecco Shane! - disse il ragazzo che si era presentato come Alex Suarez, indicando qualcuno seduto al bancone dove Cash serviva i drink.
Si avvicinarono e Brendon venne presentato a questo ragazzo bruno e simpatico, che gli offrì da bere e lo invitò a ballare. Il tutto in meno di cinque minuti.
Brendon non era abituato a questo tipo di corteggiamento - perché era palese che Shane ci stesse provando con lui - e rimase un po’ spiazzato, ma decise di lasciarsi andare. Anche se qualunque ragazzo, nemmeno con tutti i drink del mondo, sarebbe riuscito a fargli dimenticare la sensazione meravigliosa delle labbra di Ryan sulle sue.
 
Will era nudo, appoggiato sul petto di Gabe. Erano sudaticci e appiccicosi, ma nessuno dei due sembrava preoccuparsene, o almeno, non abbastanza da alzarsi. Gabe sorrideva e gli accarezzava pigramente la spalla. Era stato bello, bellissimo. Gabe non si sarebbe mai aspettato che andare a letto con un ragazzo sarebbe potuto essere così… meraviglioso. Will alzò lo sguardo, come a leggergli i pensieri, e gli sorrise, con le guance ancora rosse e gli occhi ancora lucidi. Gabe non riuscì a trattenersi e lo baciò di nuovo, con nuova passione e nuovo trasporto, con le dita intrecciate tra i suoi capelli umidi.
Fu uno strano rumore, che Gabe dopo qualche secondo interpretò come la suoneria di un cellulare, ad interromperli. Will si sporse pigramente dal letto e cercò a tentoni il telefono nelle tasche dei pantaloni che giacevano accartocciati sul pavimento. Guardò lo schermo, poi sorrise sollevato.
- E’ Ryan.
- WILLIAM, CAZZO, DOVE SEI, SONO UN IDIOTA, TI PREGO, VIENI, HO BISOGNO DI TE! - Ryan urlava così tanto che anche Gabe riusciva a sentirlo chiaramente.
- Ma, io…
- TI PREGO, WILL! HO FATTO UNA CAZZATA STRATOSFERICA, TI PREGO!
William guardò Gabe, che gli sorrise comprensivo.
- Vai pure - disse piano.
- Okay. Stai calmo, arrivo subito. Aspettami nel bagno del primo piano - concluse Will, interrompendo la telefonata.
- Mi dispiace - disse poi, costernato.
- Anche a me, ma sembra sia successo davvero qualcosa di grave…
- Già - sospirò Will, mentre si rivestiva in fretta.
Davvero, a Gabe dispiaceva che stesse andando via.
- Tornerò appena posso - continuò, abbottonandosi il panciotto. Poi si chinò su Gabe e lo baciò un’ultima volta, prima di correre via.
Una volta che fu uscito dalla camera, Gabe si lasciò cadere pesantemente sul letto. Era stanco, nudo e sudato, ma decisamente soddisfatto. Ripensò a Will, alle sue mani, alle sue gambe lunghe, alla sua voce… sorrise e chiuse gli occhi, rivivendo mentalmente tutte le sensazioni che aveva appena vissuto.  Cadde in un sonno leggero, con un sorriso ebete stampato sulla faccia e la sensazione di aver finalmente trovato la pace interiore.
- Da quando in qua dormi nudo?!
Gabe sobbalzò e si coprì alla meglio con le lenzuola. Guardò spaventato verso la porta, dove trovò Victoria che lo guardava furiosa.
- C-ciao amore - disse a mezza voce.
- Amore?! Col cavolo! Dov’è la troia? - esplose la ragazza, girando per la camera a grandi passi.
Aprì l’armadio, guardò sotto i letti e in bagno, mentre Gabe sentiva il cuore esplodere.
- L-la troia?
- Non fare il finto tonto, Gabe Saporta - rispose lei glaciale, prima di fulminarlo con lo sguardo.
- N-non ti seguo - balbettò lui.
- Ti conosco da più di tre anni, Gabe. Tu non salteresti mai un party. L’anno scorso sei andato alla festa di capodanno con la febbre a 40 e mezzo!
- Io non…
- Non me l’aspettavo da te.
- Vic, ascolta…
- IO NON ASCOLTO UN BEL NIENTE! Dopo tre anni non merito di essere trattata così! Guardami negli occhi e dimmi che non è vero - disse la ragazza, quasi in lacrime - Dimmi che non sei andato a letto con nessuno stasera.
Ora. Gabe Saporta sapeva di aver fatto tante stronzate nella sua vita, ma di certo non era il tipo da negare l’evidenza. E di certo non se ne sarebbe potuto uscire con un “avevo caldo” dato che era sudaticcio e c’erano vestiti sparsi ovunque. Per non parlare della scatola di preservativi che aveva incautamente lasciato sul comodino.
Abbassò lo sguardo, sentendosi forse non troppo in colpa per quello che aveva fatto.
- Bene, è tutto chiaro - disse Vicky, tirando su col naso, i suoi occhi azzurri pieni di lacrime - Arrivederci, Gabe - concluse, correndo fuori dalla stanza e sbattendo la porta.
 
Ryan sapeva di aver sbagliato a lasciare Brendon così, ne era più che consapevole, per questo era tornato alla festa dopo un po’. Aveva riflettuto e aveva deciso che forse ne sarebbe valsa la pena di mettere da parte lo studio per lui... anche perché quando il ragazzo era intorno lui non riusciva a neanche a pensare, figuriamoci studiare. Difficilmente sarebbe riuscito a fare qualcosa, qualsiasi cosa, con lui nei paraggi, era come una calamita per la sua attenzione. Inoltre non riusciva a smettere di pensare a quello sguardo spaurito e confuso. Non gli piaceva come appariva sul suo viso, lui doveva sorridere, non essere triste, specialmente per causa sua. Sperava di riuscirlo a trovare tra tutta quella gente, specialmente sperava che sarebbe stato disposto a lasciarlo parlare. Non sapeva bene cosa dire,in realtà, le parole gli sembravano tutte inutili, ma sperava che una volta che ce l'avrebbe avuto davanti le cose sarebbero andate per il verso giusto. Eppure, quando lo vide parlare con un ragazzo con un sorriso timido perse del tutto le parole ed ogni volontà. Aveva visto la postura del ragazzo più grande, era una posa da predatore e il sorriso di Brendon era più rilassato di molti dei sorrisi che aveva fatto a lui. Se era un protagonista di una stupida sit com adolescenziale, avrebbe detto che gli si era quasi spezzato il cuore. Quello che sentiva, più che il principio di un infarto, era come se qualcuno si fosse divertito a intrecciare le sue interiora.
Come poteva quel ragazzo essere lo stesso che nemmeno un ora prima sembrava sul punto di rottura? Prese una bottiglia di tequila dal bancone e se ne tornò in camera sua, ad aspettare che tornasse. Forse era troppo tardi per pretendere di fingere ancora che non era cotto -perchè non poteva essere altro- di Brendon. Stappò la bottiglia e ne bevve un gran sorso mentre la sensazione di disagio fisico aumentava: aveva giurato a se stesso di non cercare mai sollievo in una bottiglia di alcol. Ma  del resto aveva giurato a se stesso anche che sarebbe rimasto indifferente a Brendon.
Guardò la bottiglia che teneva stretta tra le mani e sospirò, abbandonandola accanto al letto. Non voleva piangere, non doveva. Ricordava quando Spencer da piccolo lo abbracciava e gli sussurrava “Tu sei forte, Ryan! Lo so che lo sei”. Ma lui non lo era. Era un debole, uno che scappava di fronte ai sentimenti per paura di restarne ferito. Si nascose il viso tra le mani, prima di tirare su col naso e decidere che, oltre a Spencer, c’era qualcun altro che avrebbe potuto consolarlo. Prese il cellulare e compose il numero di William, mentre usciva dalla camera e si dirigeva verso il bagno del primo piano, convinto che l’amico si trovasse ancora chissà dove nella sala affollata.
 
William si allontanò in fretta dalla camera, cercando di concentrarsi sul fatto che il suo migliore amico avesse un problema e non che fino a qualche minuto prima stava… beh, stava perdendo la verginità con Gabe Saporta e, cazzo, era stata la cosa più bella di tutta la sua intera vita (anche se adesso non riusciva a camminare bene e ogni passo gli provocava un senso di fastidio incredibile. Ma hey, ne era valsa la pena.)
Arrivò nel bagno del primo piano, dove trovò Ryan in lacrime. Non era tipico del suo amico piangere, non lo era affatto. Lo abbracciò forte e gli diede un bacio sulla fronte, prima di chiedergli un “cosa è successo?” in tono preoccupato. Ryan gli raccontò del bacio che aveva dato a Brendon, di quanto fosse stato bello, ma di come subito la paura avesse preso il sopravvento su di lui. Gli disse che lo aveva lasciato lì, che era scappato, e che quando si era reso conto del suo errore ed era tornato indietro per scusarsi lo aveva trovato con un altro ragazzo.
- L’ho perso, Will…- sussurrò, tirando su col naso - ed è solo colpa mia.
William non sapeva cosa dire. Era troppo felice per potersi immedesimare appieno nella cattiva sorte dell’amico.
- Andrà tutto bene, vedrai - gli disse, cercando di consolarlo.
Restarono così ancora un po’, prima che Ryan si sciogliesse dall’abbraccio e si sciacquasse la faccia.
- Puoi venire a dormire da me, se ti farebbe stare meglio - sorrise incerto Bill, mettendogli una mano sulla spalla.
- No, tranquillo. Tanto lui non tornerà, avrà di meglio da fare stasera - disse con un sorriso amaro -  Piuttosto… dove hai lasciato Travie? Credevo ti servisse per far ingelosire Saporta.
A quel nome Bill avvampò e fece del suo meglio per non riportare alla mente tutto quello che aveva vissuto poco prima.
- Non credo serva più - dichiarò raggiante - almeno non dopo stasera - concluse, sottovoce.
Ryan lo guardò incuriosito, William sorrise.
- Perché, cosa è successo stasera? L’hai mollato? - chiese, alzando gli occhi al cielo.
- N-non proprio…
- Oh, sputa il rospo, Bill!
- Io e Gabe… - si avvicinò all’orecchio dell’amico e sussurrò, arrossendo - abbiamo fatto sesso!
Ryan sgranò gli occhi, incredulo, poi sorrise e abbracciò William, che si astenne dal raccontare tutti i particolari solo per rispetto del cuore spezzato del suo migliore amico.
 


 
* * *
Riciaoo!
Scusate taaanto per l’assenza prolungata, ma ho avuto problemi con la connessione e non mi permetteva di postare!
Bene, tornando a noi, questa festa si è rivelata un macello ahah noi, personalmente, saremmo volute esserci u.u
Fateci sapere cosa ne pensate, noi torneremo a postare ogni domenica :)
 
Baaaaci.
 
[Come sempre, grazie per le recensioni!!]

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