Recensioni di Artemys

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Recensione alla storia Ceneri e Ricordi - 28/11/13, ore 17:21
Capitolo 1: Ceneri e Ricordi
Ciao =) Eccomi qui a recensire la tua storia per conto di EFP Editing. Parto subito dicendo che mi ha sorpreso il fandom di appartenenza: non avevo mai pensato a fan fiction ambientate nel contesto de “La maschera di Zorro”, film che mi è piaciuto molto, ma non ricordo se questa scena c’era O.o dovrei riguardarlo effettivamente... Comunque, visto che non me la ricordo, parto dal presupposto che sia un parto della tua immaginazione: brava! Un momento del genere sarebbe più che appropriato nel film, e vorrei vedere Anthony Hopkins ad interpretarla *.* Se ci penso, mi squaglio.
Visto che ho diverse cose da dirti comincio dal discorso più semplice e breve: quello sulla grafica. Il primo impatto con la “pagina” è buono, esteticamente parlando, mi piace sia la scelta del font sia la grandezza del carattere, che rendono agevole la lettura. Vorrei farti però un appunto sul titolo: risalta poco rispetto al testo e alla didascalia “di Alex_Piton”, quando generalmente è preferibile che avvenga il contrario. Ti consiglierei di usare un carattere più grande per il titolo e, eventualmente, di eliminare la didascalia, perché distrae ed è superflua: il lettore, se vuole sapere chi ha scritto “Cenere e ricordi”, va a vedere lo specchietto di presentazione di EFP all’inizio della pagina. Ho trovato invece azzeccata la scelta del colore grigio per il titolo, simbolicamente evocativa, ma ti consiglierei di impostare una sfumatura (niente battute -.-‘) appena un po’ più scura, per non affaticare l’occhio.
Ora ti rompo un po’ le scatole con qualche errorino che ti è sfuggito ;)

"Dove diavolo sarà andato a finire, quello sciagurato?"
Quella virgola io la toglierei, non mi pare un complemento di vocazione, quindi non vedo motivo di separare “quello sciagurato” dal resto della frase. Altre volte hai messo virgole dove non servivano, es. “Dopo un po', si riscosse.”; “Forse, Alejandro era tornato e lo stava cercando”; ecc.
Queste sono solo alcune delle frasi dove la punteggiatura non è usata in modo prettamente corretto, perciò ti consiglio di riguardare il testo per intero: una virgola in più o in meno può cambiare completamente il senso della frase, altre volte cambia poco, ma disturba il flusso della lettura.

Ricordati che il pronome sé vuole sempre l’accento acuto.

Dovette ammettere che grazie al suo addestramento, Alejandro…
Sarebbe più corretto se fosse scritto:
Dovette ammettere che, grazie al suo addestramento, Alejandro…
È il magico potere delle virgole ;)

…come anche vero…
Non so se è un modo di dire che usa nella tua zona o se ti sei semplicemente dimenticata, ma, a scanso di equivoci, io scriverei “come era anche vero” o “come era vero anche che”, fai tu, solo perché lasciato così dà proprio la sensazione che ci si sia persi un verbo per strada.

Si scrive stridio, non “stridìo”, anche se la pronuncia può ingannare, e sta’ attenta a quel “grige” invece che “grigie”, che sono certa sia un errore di battitura, ma salta all’occhio.

< Io non mi stanco mai. Perchè lei dovrebbe?> gli disse sorridendo, quella sera di vent'anni prima, una volta terminata la favoletta della buonanotte per la loro piccola.

Siccome tutta la narrazione è già al passato remoto, per dare un senso di antecedenza rispetto al momento che stai narrando, ti consiglierei di sostituire il “gli disse sorridendo” con “gli aveva detto sorridendo”. Inoltre, come qui hai usato il “vent’anni”, sarebbe meglio che continuassi ad usarlo in tutta la storia, perché il “20 anni” di qualche riga sopra sta davvero malino. Ne approfitto, dato che sto rompendo, per dirti di non usare i segni < > per i discorsi diretti, sia come consiglio generale, sia perché nel resto della one shot hai usato le virgolette, ed è sempre buona cosa essere coerenti, soprattutto quando si tratta delle battute di dialogo.

“Lo farò soprattutto per te, amore mio...!”
Ho notato che hai un particolare amore per i puntini di sospensione, ma stai attenta a non esagerare, perché tendi a metterne anche dove non servono, come qui. Non puoi avere sia l’indeterminatezza dei puntini di sospensione che la determinazione del punto esclamativo, devi rinunciare a qualcosa  Come dice Eco: “Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.”
Riguardati anche questo passaggio:
“Il pensiero di lei gli fece voltare il capo verso la scalinata... dove si scontrò duramente con Rafael Montero e le sue guardie... dove lei perse la vita per errore... dove finì tutto.”

“portandosi il candelabro con sé”
Qui c’è una ridondanza di riflessivi, togli pure quel “portandoSI”, non tanto perché appesantisce la costruzione sintattica, ma perché la ridondanza è una caratteristica delle forme colloquiali, del parlato, e in mezzo ad un testo come il tuo spicca come se fosse stata scritta col neon.

Dopo “Noi perdiamo coloro che amiamo, ma non si può cambiare. Fattene una ragione.”, perché vai a capo, se poi continui con la lettera minuscola?

Bene, ora che ti ho segnalato gli errori che mi sono più saltati all’occhio, vorrei farti qualche osservazione su alcuni passaggi della storia. Si tratta di finezze e, per la maggior parte, di scelte di stile, quindi non te le posso e non voglio segnalartele come degli errori, ma voglio fartele presenti perché tu possa valutare, anche grazie alla mediazione di un occhio esterno, quelli che credo siano dei punti deboli della tua storia, che possono essere migliorati e diventare, invece, dei punti di forza.
Partiamo con la prima frase:

"Dove diavolo sarà andato a finire, quello sciagurato?" pensò Diego cercando Alejandro, il suo giovane allievo, in lungo e in largo per quello che una volta era stato il nascondiglio segreto di Zorro

Non mi convince la costruzione della parte narrata, risulta un po’ faticosa perché, inserendo l’inciso “il suo giovane allievo”, si perde un attimo il filo dell’azione di ricerca “in lungo e in largo…” Ti consiglierei di eliminare l’inciso, non mi pare necessario, visto che dopo spieghi che Diego lo addestra, ne si deduce che Alejandro è il suo allievo.

"Uhm, potrei anche provare a rientrarci, ma, con l'incendio, il meccanismo per aprire il passaggio si sarà sicuramente danneggiato." pensò storcendo la bocca, ma non rinunciò

Non rinunciò a cosa? Scusa la franchezza, ma questo passaggio mi sembra un “voglio passare subito alla scena madre della one shot, quindi tiro via”, mentre direi che, proprio perché è una one shot e lo spazio che hai per sviluppare il personaggio è poco, questa poteva essere una buona occasione per mostrare Diego che, nonostante lo scetticismo e un attimo di esitazione, si sente chiamato da un’idea fissa: oltre quel passaggio c’è la sua casa, ci sono i suoi ricordi. Poteva essere l’occasione per farlo vedere mentre ripercorre le scale che tante volte lo avevano visto partire e tornare dalle sue avventure, ecc. Io sparo idee, ma chiaramente la storia è tua, il punto è che la dovresti sviluppare un po’ di più, secondo il tuo stile.

Diego, sorpreso, sorrise tra sé e pazientò, consapevole del fatto che erano passati 20 anni dall'ultima volta.
Quando metà del muro fu quasi completamente aperta, anche il braciere si scostò, sempre un po' a rilento.
L'uomo si abbassò e, con un misto di timidezza e paura, entrò nella casa.

Come ti ho già detto, sarebbe meglio mantenere la forma “in parole”, invece di usare i numeri, ma qui vorrei che focalizzassi la tua attenzione su due parole in particolare: “pazientò” e “timidezza”. Qui soprattutto, ma anche in altri passaggi della fan fiction, tendi a scegliere la famigerata cugina di secondo grado della parola giusta, per esempio quando scrivi “color amaranto” invece che “amarantina” (è veramente una finezza, ma usare una sola parola invece che due alleggerisce la frase e ci guadagli un effetto molto particolare: la parola “amarantina” richiama, per assonanza, l’amarezza, che è un sentimento di cui l’intera scena della casa è piena; già hai fatto una scelta elegante e davvero di stile associando l’amaranto alla macchia di sangue, sfruttane tutte le potenzialità). Mi spiego: quando ho letto “pazientò”, ho visto Diego stare a braccia conserte che, con un sospiro, attende pazientemente che il meccanismo si sblocchi da sé perché, poverino, sono vent’anni che nessuno lo mette in funzione. Ora, forse questa era la tua intenzione, però mi sembra che potresti sfruttare meglio questo momento. Devi sempre considerare, soprattutto quando scrivi in terza persona, che i gesti e gli atteggiamenti dei personaggi sono la tua arma per esprimere la loro emotività e personalità, sia perché non ti puoi crogiolare nel monologo interiore come potresti fare se scrivessi in prima persona, sia perché, e questo vale sempre, un gesto/immagine vale più di mille parole. Qui Diego è da solo, sta vivendo un momento molto intenso, oserei dire catartico, perché va alla ricerca di qualcosa che possa restituirgli una briciola del suo passato, quindi la carica emotiva e il potenziale espressivo dell’intera one shot sono molto alti. Inoltre, con Alejandro assente, Diego può permettersi di lasciarsi andare, di non essere il maestro che deve dimostrare l’importanza del sapersi controllare al suo allievo appassionato. Qui puoi far emergere il fuoco mai spento del giovane Zorro e il tormento di un uomo a cui è stata portata via la sua vita e che lotta per riprendersela. Tutto questo giro di parole per dirti: non sarebbe meglio che prendesse a spallate la porta in uno scatto di impazienza, in preda alla frustrazione? Che ci si appoggiasse contro con tutto il suo peso e spingesse, insistesse, fino a sentir lo scricchiolio degli ingranaggi echeggiare quello delle sue ossa? =) Lo stesso vale per “timidezza”: timidezza per cosa? Capisco il timore, il nodo di ansia che gli strozza il respiro in gola, l’anticipazione e il rifiuto verso ciò che sta per vedere, ma “timidezza” mi sembra, più che un eufemismo, un sentimento completamente fuori luogo. Io magari esagero, però sono tutti dettagli che non danno vigore al pathos, anzi, lo fiaccano.

Era notte fonda e, per farsi luce, prese uno dei pochi candelabri scampati al rogo,

La temperatura di fusione della cera è 45° C, ora, non sono un’esperta, ma presumo che in una casa in fiamme la temperatura sia ben più alta. Del suddetto candelabro, quindi, anche se non fosse stato lambito direttamente dalle fiamme, sarebbe sopravvissuta solo la struttura metallica, presumibilmente ricoperta da strati di fuliggine, polvere, e magari anche dalla cera sciolta. Non ho molte speranze nemmeno per la sorte degli stoppini, purtroppo. Quindi, per amor di verosimiglianza, non sarebbe più corretto far prendere a Diego una delle candele, o ancor meglio, una delle torce che illuminano la caverna, così da permettergli di muoversi più agevolmente anche nell’oscurità del passaggio segreto?

brandelli di tende...
cocci di anfore antiche...
pezzi di muri, vetri e soffitto...

Questo è il passaggio che mi ha creato più problemi, non mi convince molto questa terzina, intuisco che l’intento è evocare la desolazione, e visivamente più o meno ci siamo e lo capisco, ma, se vado a leggere, l’effetto si perde. A parte che ci sono decisamente troppi puntini di sospensione, tu mi hai descritto generici dettagli che sono comuni a qualsiasi edificio in rovina, non mi stai parlando della casa di Diego distrutta dalle fiamme: non vedo i resti carbonizzati di quella che una volta era la cornice del ritratto di suo padre, non vedo i brandelli dell’arazzo di famiglia, ridotti a stracci luridi e rigidi, che oscillano come cadaveri pendenti dalla forca, ecc. Questo è il momento di essere descrittiva, secondo me. Potresti parlare di oggetti semidistrutti che ricordano persone, eventi, o anche dell'assenza di oggetti simili, che rendono ancora più angosciante questa visione. Secondo me, ma è questione di gusti, in questo caso, tre righe sfruttate a pieno sono più efficaci di mille puntini di sospensione. Inoltre mi permetto di farti notare che anche la scelta lessicale deve essere accurata: "pezzi di muri" è una soluzione decisamente debole e finisce per far crollare il resto della terzina.
In ultimo, ti faccio un appunto sui nomi: non odiarmi, so di essere pignola, ma ho controllato la grafia dei nomi spagnoli che hai usato ed Helena non vuole nessun accento, però si trova Elèna; cercando su internet riguardo i personaggi di questo film, ho trovato sempre "Joaquìn", piuttosto che Joachim, però giustamente esistono entrambe le forme e sta a te, io te lo dico solo per conoscenza tua ;)
Ora che mi sono fatta odiare per bene, passo a farti i complimenti: la storia è generalmente ben scritta, il tenore della narrazione, a parte un paio di cadute, si mantiene costante sullo stesso livello, la trama è lineare e il flash back istantaneo non disturba il fluire degli eventi. Altri si sarebbero persi nell’approfondimento del flash back, mi piace invece che tu sia rimasta concentrata su Diego e sul momento presente e che abbia sfruttato il ricordo come ponte per procedere nella narrazione ed arrivare al momento clou della storia. Lo stile è evidentemente in via di sviluppo, alterni periodi strutturalmente complessi e ancora un po’ scolastici a sequenze che hanno una timbrica più personale. Il mio consiglio è di continuare su questa strada: scrivi, sperimenta, e ovviamente leggi, anche cose che di primo acchito non rientrano nel tuo genere, potresti sorprenderti. Un esperimento interessante e che mi sento di consigliarti è di riscrivere la one shot, ma da un punto di vista diverso: Diego, prima persona, al presente; lo spirito di Esperanza che lo osserva; ecc. Sembra una scemenza, ma ti assicuro che aiuta.
Dopo di che, riprendi in mano la tua one shot originale e prova ad integrare ciò che hai sviluppato del tuo personaggio osservandolo da un altro punto di vista, ovviamente con coerenza.
L’unica vera pecca di questa fan fiction, a mio avviso, ed è ciò che ho cercato di farti capire con i miei consigli, è che è ancora troppo fredda, non riesce a catturare del tutto l’attenzione del lettore e ad instaurare quel legame empatico che dovrebbe essere la linfa vitale delle angst. Non solo per lo stile che, come ho detto, è ancora un po’ scolastico, ma soprattutto perché non hai dato spazio sufficiente all’introspezione del personaggio. Questa è una Angst che si gratta ossessivamente i polsi con i guanti e ti guarda con gli occhioni da cucciolo chiedendoti il permesso di tagliarsi le vene! Dalle una bella lametta, magari con la lama sbeccata e arrugginita, vedrai che risultato! ;)
Scusa la metafora un po’ sadica, ma è l’unico modo per farti capire =)
Bene, mi pare di aver detto tutto. Scusa per il papiro, ma spero che tu abbia apprezzato la recensione e che, chissà, qualche mio consiglio possa tornarti utile =) In bocca al lupo per ciò che scriverai in futuro, vedrai che andrà sempre meglio!

Artemys
Recensore di EFP Editing