Recensioni di Made Again

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Recensione alla storia You sing, you shout, you turn the world around. - 06/02/14, ore 22:07
Capitolo 39: Could life ever be sane again?
 
 
 
But don’t look back in Anger, I hear you say…
 
E’ difficile. Premetto che è davvero difficile non guardare indietro con rabbia. Indietro, sempre più indietro, fino ai primi capitoli. Quando Sally non era altro che una giovane liceale piena di gioia di vivere. Quando Noel era ancora un semplice muratore che sapeva divinamente imbracciare la sua chitarra. Quando Liam ammiccava verso quella che ancora non sapeva sarebbe divenuta una sorella per lui.
Come puoi non guardare indietro con rabbia, vedendo cosa è rimasto di quel rapporto, così semplice eppure così speciale?  Cos’è rimasto di quei baci rubati nei vicoli bui, nei bagni, sull’uscio di casa? Di quella prima volta, così spensierata e malata al contempo?
Quando ti ritrovi catapultato in questi capitoli di pura malinconia, questi capitoli che sanno di asfalto bagnato, questi capitoli dello stesso colore plumbeo del cielo quando minaccia pioggia, della stessa consistenza del fumo, come fai a non guardare indietro con rabbia? Quando capisci che non troverai mai un posto migliore per giocare, quando capisci che erano solo bugie, come puoi non guardare indietro con rabbia?
Rabbia, verso quello che era e non c’è più? Rabbia, verso chi era ed invece ora più non è? Rabbia, nel constatare che tutte le cose che fino ad allora avevi visto, sono svanite inesorabilmente? Rabbia, per questo presente fumosi ed indistinto che non è possibile riuscire a vedere con gli occhi vivi dell’adolescenza? Rabbia, per aver messo la tua vita nelle mani di una Rock band, una fottuta rockstar, che l’ha gettata via?
Rabbia, perché oltre un certo limite l’animo non può sopportare. Oltre un certo limite, la valvola si rompe, gli argini cedono, quel fiume incontrollato, violento e devastatore di sentimenti repressi straripa. Allora non è più delusione, depressione,  sconforto, disillusione. Allora diventa rabbia. Cieca, viva, pungente, massacrante, dilaniante, certo. Ma rabbia. Rabbia che va sfogata.
E non si può non guardare indietro con rabbia. Perché non è umano nemmeno per chi vive l’intera vita dentro una campana di vetro, racchiuso al sicuro, protetto da una vita idilliaca e serena, non guardare indietro con rabbia almeno una volta nella propria esistenza. Per un’anima come Sally, quanto può distare ancora il momento dell’esplosione? L’anima scivola lontano… Naufraga, va alla deriva. Finché la mente, la forza d’animo le consentono di farlo. Ma quando la rabbia entra in circolo, quando l’adrenalina dettata dal furore cieco frutto maledetto della frustrazione si impossessa di te, allora capisci che è possibile cominciare una rivoluzione dal tuo letto di morte, che è possibile rialzarsi.
Arrivi a pochi metri dalla causa di quella rabbia, ci sei, l’hai quasi afferrato, ormai gli stai praticamente camminando affianco. Poi si volta, scuote la testa e ti spiazza:
So Sally can wait, she knows its too late as we're walking on by.
Tu vorresti essere capace di riversargli contro tutto ciò che ti ribolle dentro, la tua rabbia. E non ce la fai. All’improvviso, ti rendi conto che ha ragione. Che puoi aspettare ancora. Perché sai che è troppo tardi. C’è tempo. Tempo, mentre la tua anima va sempre più alla deriva. Ma c’è tempo.
Tempo per ricordare ciò che hai vissuto, mentre ti lasci ricadere sul letto, consapevole che la rivoluzione che meditavi è già fallita. Una vecchia compagna, un’amica di serate malate. Una presenza che ti è vicina nonostante tu la conosca solo attraverso ciò ricordi a malapena. Magari una Made Again, sotto le spoglie della bionda Kay, che ti è così simile da potertici rispecchiare talvolta.
E tutto ricomincia, il tuo sopportare, il tuo ricordare, il montare di quella rabbia che ti re-inietta la vita nelle vene, che sciama inesorabilmente sotto quelle parole: So Sally can wait, she knows its too late as we're walking on by.
E’ un circolo vizioso, dal quale non puoi uscire.
La tua unica certezza sono due righe, che riassumono tutto il tuo essere.
 
But don't look back in anger I hear you say.
Ti ho sentito dire: non guardarti indietro con rabbia. Perché puoi aspettare.
Non guardarti indietro con rabbia, Sally.
 
At least not today.
Recensione alla storia You sing, you shout, you turn the world around. - 28/01/14, ore 18:24
Capitolo 38: We are the greatest band in the world. 27/04/1996.
Mia preziosa ed insostituibile Part of the Masterplan,
perdona il mio ritardo nel recensire, non mi sono certo dimenticata di te. Ma, prima di intraprendere questo nuovo dialogo con te, avevo estrema necessità non solo di poter rileggere più volte con calma questo spettacolare, immenso capitolo, ma soprattutto di prendermi un'ora e mezza abbondante del mio tempo (già scarso di per se stesso), e lasciarmi trasportare indietro nel tempo proprio a Maine Road. Insomma, necessitavo di poter riprendere per mano quel concerto e riguardarlo per l'ennesima volta. E ritrovo sempre, sempre, nonostante lo sappia pressoché a memoria, le stesse medesime emozioni che ho provato la prima volta che ci sono inciampata: le lacrime che mi rigano le guance, le gambe tremanti, il cuore di qualche battito più veloce, l'estremo, impellente bisogno di urlare con quella folla adorate, insieme a loro, urlare a Loro, i miei idoli, quanto siano essenziali nella mia vita. Perché anche questo è Maine Road.
Ma, come l'hai descritto tu, credo mai nessuno sarà capace di farlo non solo nella storia di questo sito, ma in assoluto. Mi sono emozionata nel vederlo, per la prima volta, dagli occhi di chi sul palco c'era davvero, di chi il retroscena li ha visti realmente, di chi ha vissuto il prima ed il dopo Maine Road. Perché è così, questo è ciò che si sente, ciò che si percepisce sulla pelle, che si legge non solo con gli occhi, ma col cuore: Sally non è una semplice invenzione. Sally c'era realmente. Sally era una presenza fisica in quel luogo in quel momento. L'esempio più ecclatante lo abbiamo nel momento nel quale The Chief annuncia Don't Look Back In Anger e si volta realmente verso il backstage, alla ricerca non un uno sguardo, ma di quello sguardo preciso, quello di Sally, che lì c'era davvero, che lo ha ricambiato effettivamente. Quando, riguardando il concerto, ho colto quello sguardo, mi è venuto un colpo al cuore. E fino alla fine, ho cercato di cogliere nelle inquadrature laterali il volto di Sally nel buio, magari con gli opcchi lucidi, magari intenta ad urlare. Tanto che soltanto alla fine ho sorriso tra me e me della mia assurda ed infantiole delusione nel constatare che in realtà quello sguardo non c'era. Complici la musica, l'adrenalina e l'emozione, mi ero completamente dimenticata del fatto che Sally non poteva essere davvero là. Ma, nella tua incredibile ed ammirevole bravura, hai ingannato il mio inconscio, ma non solo. Spero saprai interpretare correttamente queste mie parole che mi appresto a condividere con te: cara Part of the Masterplan, tu hai ingannato la storia stessa. Sappi che è un grande complimento.
Con questo capitolo, hai raggiunto un livello superiore: un conto è immergere una storia in una città determinata e inserire realisticamente i personaggi in un conotesto spazio-tempo esistente, un conto è compiere l'impresa che tu hai appena brillantemente portato a termine con questo capitolo: inserire in un fatto concreto, già definito e dai contorni concreti, un personaggio fisico in modo tale da riuscire a renderlo presente, vivo su quel parco insieme a Loro. Forse ancor più vero e reale di quelle centinaia di migliaia di persone urlanti ai loro piedi.
Levo il cappello davanti alla scrittrice che ha ingannato la storia stessa.
Ti abbraccio forte.
Con infinita ammirazione ed affetto,
Tua Made Again
Recensione alla storia You sing, you shout, you turn the world around. - 01/01/14, ore 14:09
Capitolo 37: Cast your words away upon the waves.
Mia carissima Part of the Masterplan,
innanzitutto, lasciami il piacere di porgerti i migliori auguri per uno splendido 2014. Ti auguro col cuore ogni felicità e quante più soddisfazioni possibili.
Premetto dunque che scrivo con le mani tremanti e il cuore ancora di due o tre battiti più veloce del dovuto. Perché mi sono emozionata. Come sempre, soprattutto da un paio di capitoli a questa parte. Trovo questo, esattamente come quello della battaglia del Britpop come pure ovviamente quello di Don’t Look Back in Anger, emblematico. Direi che è uno dei capitoli-pilastro dell’intera storia. The Masterplan. Cara, amata canzone, compagna di lacrime, risate, notti insonni, soddisfazioni, viaggi. Ma cosa c’è di così strano poi? Quando un capolavoro viene alla luce, non c’è alcun motivo di stupirsi se poi lo ritrovi a colorare le tue giornate grigie, scandite dalla fredda monotonia del tempo che scorre, ma che è al contempo immobile, azioni ripetute all’infinito, sempre pari a se stesse che ti fanno sentire stanco non semplicemente fisicamente, ma stanco della vita che possiedi e che non senti tua. Ma assieme all’uomo è nata la musica. Da cosa nasce cosa e gli Oasis sono diventati a loro modo, i miei compagni di vita, strappandomi a ciò che odio, ma che non posso fuggire. Creando una dipendenza per una vita che in realtà mai ho conosciuto, ma che attraverso loro sento di vivere. E di questa vita, fa parte anche questa storia incredibile. E ne fai parte tu, a tua volta abile ricamatrice di vite. Tanto che, già te lo dissi, rendi chi mai è esistito in quel momento, non solo reale, ma eterno. La tua Sally.
E c’è quell’errore, quelle parole dettate dallo stato in cui si ritrova. Quel Ti amo che, ne sono convinta, Noel sa essere reale, ma che è più facile ignorare, etichettandolo come parole senza senso di un ubriaca. Rabbia? No. Non lo biasimo. Noel è un tipo semplice, riconosciamolo. Meno problemi ha, meglio sta. E ho imparato leggendo che non conta chi sia a crearli, se si possono evitare, è sempre la scelta più conveniente. Complicate, eterne, volubili Rockstars. Non per altro, le migliori. Non ho idea del finale, ma covo nel profondo del cuore il nebuloso desiderio che Noel sappia riconoscere a sua volta, non importa con quanto ritardo sugli eventi, che ciò che Sally prova è speculare in lui. Sue le parole “Maybe you’re the same as me.” E non credo sia un vigliacco tale da ritrattare ciò che è stato.
E Meg, in tutta la sua falsità, dozzinale e finta come troppe oggi come allora. Quella coppia talmente improbabile da essere reale e il mio grande, enorme fastidio. Il desiderio di sentire Sally, anche ubriaca, urlare ad un Noel finalmente disposto ad ascoltare quanto tutto quello sia profondamente sbagliato, quanto sia finto, quanto sia ipocrita da parte sua. Come sia dannatamente, insopportabilmente doloroso vedere chi ami, chi ti ama, scivolarti tra le dita solo perché è più facile. Non servirebbe, ovvio, Noel è pur sempre The Chief, non ammetterebbe mai di essere in torto, nemmeno davanti a lei. Ma chissà. Magari sarebbe più disposto a rifletterci. Andrebbe dritto per la sua strada, ma almeno dentro di sé saprebbe di essere in errore.
E questo basta.
 
Ti abbraccio forte.
Made Again.
 
 
P.s. Per Natale ho ricevuto proprio The Masterplan. E’ proprio vero che la vita, d’altro canto, non ci farà mai capire che siamo tutti parte del disegno del destino.
Recensione alla storia You sing, you shout, you turn the world around. - 18/12/13, ore 21:55
Capitolo 36: What's the story?
Mia cara, carissima Part of the Masterplan,
mi trovo in forte imbarazzo a presentarmi a te con tutto questo vergognoso ritardo, ma una mole indicibile di impegni sommati ad una febbre capitata decisamente al momento sbagliato mi hanno definitivamente messa ok. Ti prego dunque di scusarmi, non era mia intenzione far passare così tanto tempo tra la pubblicazione di un capitolo così carico di nuove sensazioni da provare sulla pelle una dopo l’altra durante la lettura e questa decisamente poco brillante recensione.
Una battaglia è stata persa. E non una, ma La battaglia. Quella del britpop, quella tra Roll with it e Countryhouse. Blur e Oasis. Oasis e Blur. E per quanto sappiamo che alla fine la guerra saranno gli Oasis a vincerla, non può che lasciare estrema rabbia e delusione in chi in quel momento si sentiva in cima al mondo e si vede invece lo scettro strappato da una canzone (a mio personalissimo anche se poco obiettivo giudizio, riconosco i miei limiti in questo senso) mediocre e da poco ortodosse strategie di vendita oltre da un gruppo di borghesi che nulla a che vedere coi cinque mancuniani. Quando anni fa ho scoperto gli Oasis, come ogni fan alle prime armi, ho intrapreso la lettura della loro storia su Wikipedia e ti assicuro che, quando ho appreso di questa sconfitta così assurda, ho avuto la medesima reazione di Liam. Mi sono indignata così profondamente che ho dato un calcio alla sedia che avevo di fianco. Ho sorriso leggendo quel primo passaggio. Sorriso ahimè effimero.
Subito dopo ecco la funesta notizia. Si, ammetto nuovamente di essere tutt’altro che imparziale, ma il fastidio che ho provato nel leggere ogni singola frase riferita a Meg Mathews è stato qualcosa di estremamente difficile da contenere. Grazie essenzialmente alle tue parole. Il modo in cui la descrivi riesce a rendertela antipatica anche senza volgarità. Bastano le semplici, sincere osservazioni di Sally sul tetto della Creation per farti capire la superficialità di quella donna. Tanto che arrivi a chiederti: come può una diva tutta plastica e specchietti essere la fidanzata (e ancora più inspiegabilmente) futura moglie e madre della prima figlia di un tale genio? Non so davvero come farai a dare una verosimile ed accettabile spiegazione a tutto questo. Per questo attendo impaziente i futuri capitoli. Per vedere come farai evolvere la situazione, che al momento sembra essere così normale e piacevole, nella sua precarietà tra Noel e Sally.
Amo questo capitolo perché mette chiarezza sotto questo punto di vista. C’è una certa routine nel loro essere al contempo agli opposti e parte della stessa cosa. E’ avvincente e straziante al tempo stesso, perché sono vicini, ma resta sempre quell’alone di distanza dettato dall’irritante figura di Meg. E ciò che rende il tutto ancora più penoso è che, date alla mano, andranno a breve a convolare a (in)giuste nozze. Ed è un groppo duro da mandare giù. Proprio come lo sono state tutte le altre separazioni e crisi che hanno affrontato fin’ora. Difficili, dure, dolorose. E non solo per loro. Anche per te immagino. E per me, che con affetto seguo questa storia che posso senza indugio affermare essere la più bella che abbia mai letto, senza ombra di dubbio.
Ti abbraccio forte.
Made Again
Recensione alla storia You sing, you shout, you turn the world around. - 06/11/13, ore 16:41
Capitolo 35: My soul slides away...
Mia cara, carissima Part of the Masterplan,
pochi minuti sono trascorsi da quando ho letto questo capitolo, quindi ti scrivo di getto, di modo che le emozioni che sento non vengano modificate e distorte dal tempo, in modo che almeno l’essenza di ciò che provo in questo momento possa arrivarti intatta attraverso queste poche parole.
Arrivo alla fine del capitolo con le lacrime agli occhi. Dalla felicità. E mi riscopro a mormorare il nome Sally come un’ebete, tentando di non farmi esplodere il cuore dalla felicità. Fatalità talmente assurda nella mia vita di stranezze (ma forse nemmeno così tanto, dato che il caso non esiste), arrivata al fatidico punto, arrivata a Lei, Don’t look back in Anger, Canzone tra le canzoni, la mia riproduzione casuale punta dritta dritta verso quello stesso pezzo che commosse Sally, commuovendo allo stesso modo anche me. E non riesco a credere a quanto ho letto. Per quei quindici minuti, tutto il mondo non è esistito, se non la sequenza Talk Tonight, Don’t look back in Anger, I am the Walrus (live) e Live Forever a riempirmi la mente e le tue parole a scaldarmi il cuore. Si, decisamente il caso non esiste.
Appena riacquistata la cognizione del tempo e il possesso della mia mente, leggo un messaggio di una conversazione lasciata a metà prima di avventurarmi tra le tue parole che recita:
-Quindi ora le cose cominceranno ad andare male a te?-
La risposta è stata:
-Non possono andarmi male ora. La ragazza, Part of the Masterplan, ha appena pubblicato il capitolo più bello della storia. Vorrei essere Sally.-
Questa è stata la mia risposta tanto mi hai inebetita con le tue parole, tanto mi hai mandata in una piacevole, euforica confusione mentale.
Qualche giorno fa, rendendomi conto di aver perso le fila del discorso, avevo ripreso per mano la tua fan fiction dal primo capitolo, riscoprendomi presa dalla lettura esattamente come la prima volta, ma anche stupendomi di particolari, descrizioni, pensieri che ad una prima, precipitosa lettura non avevo notato o valorizzato abbastanza. E più di ogni altra cosa, riscoprendo un’umanità nei personaggi, un senso più profondo nella vicenda che avevo perso, diluito nel tempo tra un capitolo ed un altro. Riscoprendo la gentilezza di Bonehead, la spavalderia di Liam, l’anima tormentata, ma sorprendentemente forte di Noel, l’innocente amore fanciullesco di Sally ed il suo grande dolore alla partenza di quel giovane roadie che ancora non era nessuno, l’innocenza di Nick (accusato di chissà quale reato contro Noel nella mia mente annebbiata dal desiderio di ritrovare i due protagonisti di nuovo insieme) e al contrario, la sua grande dolcezza, il grande amore per Sally. Piccoli dettagli che avevo dimenticato, distorto, ignorato nella frenesia della prima lettura.
Questo capitolo è un inno non solo ai suoi protagonisti, ma alla musica stessa. Un tributo a quei sound andati perduti per una scelta musicale attuale molto più discutibile e che non mi ritrovo, forse talvolta troppo cocciutamente, a condividere. Cominciando dagli Stone Roses con la loro Sally Cinnamon e proseguendo con I wanna be Adored (che personalmente è tra le mie preferite insieme a Waterfall), i Beatles, semplicemente nominati tramite l’immortale Lennon, ma presenti a prescindere da tutto. E il gran finale. Sempre presi per mano da lei. Da loro. Gli Smiths e la loro There is a light that never goes out. Tutto finalizzato a quel grandissimo omaggio a Loro, gli immortali Oasis, a quell’apoteosi della Sheffield Arena che ognuno leggendo, te lo assicuro, ha sentito sulla pelle. Ai brividi di una prima Don’t look back in Anger qualcosa di nuovo e meraviglioso. Perché, come Noel stesso dice, parla di lei, di lui, delle loro vite, dei loro sentimenti. Parla di loro.
E saranno resi immortali nei cuori di ognuno da quel capolavoro che darà adito a leggende, miti, fantasie, storie, sogni, immagini nelle menti di una generazione intera. E tu tutto questo l’hai messo nero su bianco, rendendo a tua volta immortale una Sally che dal nulla di Burnage è diventata l’altra metà del cantautore più immenso degli anni 90.
 
“Thank you”
 
MadCat