Recensioni di Rosmary

Queste sono le ultime cinque recensioni che l'utente ha lasciato nella sezione nell'ambito del programma recensioni.


Recensione alla storia Appuntamento al gusto di Burrobirra - 07/02/25, ore 13:18
Capitolo 1: Appuntamento al gusto di Burrobirra
Recensione premio del contest “Pinguini in cerca d'autore!”

A me sembra assurdo che a questa storia manchi ancora la mia recensione, quindi colgo al volo l'occasione e rimedio. 
Sai quanto ami i tuoi personaggi originali, questi Sheridan fantastici ai quali hai dato vita, eppure non avevo idea che mi mancassero proprio così tanto prima di rileggere questa storia e ritrovare Finn e Ryan (per il quale continuo a chiedere clemenza). Purtroppo o per fortuna, al momento mi sfugge l'epilogo di Finn (anche se un sentore mi dice che è meglio non ricordare), quindi decido che sia tra i pochi (troppo pochi) sopravvissuti e che possa ancora sperare in un futuro da Cupido e rovinare i pomeriggi romantici del cugino.
Io questa storia l'ho amata. Mi ha trasmesso una sensazione di leggerezza meravigliosa e mi ha lasciata con un sorriso enorme, perché questo appuntamento disastrato è perfetto per Tonks e Charlie – e perché Finn ha sempre ragione, alla fine ha vinto anche venti galeoni, Ryan non avrebbe dovuto scommettere contro il Cupido della famiglia!
Come sai, mi piace sempre tantissimo che tu abbia dato un vero e proprio vocabolario a questi personaggi, perché oltre a rendere ancora più ricche le loro caratterizzazioni dà proprio la misura dell'universo narrativo che hai costruito assieme a loro: non sono solo due OC, bensì un intero universo popolato da fatti, personaggi, usanze – insomma, un mondo a sé che vive nelle tue pagine.
Dirti che ho riso dall'inizio alla fine non è esagerato! Le battute che si scambiano Finn e Ryan sono fantastiche, li ho proprio visti mentre il primo espone il suo piano perfetto e il secondo tenta in tutti i modi di svincolarsi da questa possibile catastrofe. E poi... lui, che non è Charlie (come potrebbe, non regge il confronto!), ma Oliver: Oliver che è già conosciuto da chiunque come quello troppo fissato col Quidditch (loro lo sapevano, che un giorno avrebbe tentato di annegare sotto la doccia per una partita persa contro Tassorosso XD) e viene impunemente sfruttato da Finn per sbloccare la situazione da quei due disastri ambulanti di Tonks e Charlie! Quanto deve essere stato doloroso per lui vedere il suo amato e idolatrato Capitano schierarsi contro di lui per difendere la nemica che ha rubato il boccino a Grifondoro! La sua uscita di scena è eclatante quanto l'entrata, è il nostro drama queen preferito!
Arrivando ai protagonisti (Finn ride di questa definizione, lo so, è lui l'unico e solo protagonista!), sei riuscita a ricostruire benissimo le tipiche dinamiche adolescenziali, con le amiche di lei che fanno di tutto affinché faccia una buona impressione, Tonks stessa che ci prova a non essere Tonks ma (per fortuna!) poi si lascia andare – quando è troppo, è troppo! – e Charlie che non sa più a quale santo votarsi, deve pure incassare la delusione del suo fedelissimo! Mi è piaciuto tantissimo che ad avvicinare Tonks e Charlie sia, in tutto questo, l'imprevisto: quella maglia indossata che rivela una reale passione di Tonks e che incuriosisce lui – e fa gongolare Finn che ha sempre ragione.
So di averti scritto una recensione senza capo né coda, ma ho veramente un sorriso enorme e vorrei solo dirti scrivine altre, perché sei bravissima con ogni genere di racconto e non posso che farti i complimenti: leggerti è meraviglioso sia quando lasci spazio alla commedia sia quando prediligi tematiche più impegnative.
Una cosa che è sempre magistrale nei tuoi testi sono i dialoghi, li trovo sempre estremamente caratterizzanti. I tuoi personaggi non hanno mai bisogno di chissà quale supporto descrittivo quando si esprimono, perché il modo in cui parlano riesce a mostrarli perfettamente.
Bravissima ancora una volta (e scrivimi altre commedie con gli irlandesi, grazie), un abbraccio!
Recensione alla storia La guerra, la casa, il tribunale - 06/02/25, ore 17:15
Capitolo 1: La guerra, la casa, il tribunale
Recensione premio del contest “Pinguini in cerca d'autore!”

Non so dirti da quanto tempo abbia questa storia tra quelle da leggere e recensire, ma sono veramente felice di essere finalmente qui, tra queste pagine che mi avevano tanto incuriosita.
Ogni volta che ti leggo, il mio primo pensiero è quanto scrive bene. L'uso che fai delle parole, la tua sintassi precisa e lineare, la struttura stessa dei testi sempre bene organizzata e ragionata rendono l'esperienza di lettura quasi rilassante, perché non c'è alcun passaggio che stenta, niente che funziona meno, è tutto in equilibrio e tutto perfetto. È un commento molto "di pancia" il mio, me ne rendo conto, ma ci tenevo a condividerlo con te, perché sei tra le autrici del sito che preferisco e ogni volta che incrocio un tuo testo ho la conferma di quanto sia brava con le parole.
Ho avuto modo di dirti tante volte che apprezzo molto il modo in cui caratterizzi Hermione e Draco e anche questa non fa eccezione. Mi piace sempre tanto come riesci a costruire il loro rapporto senza snaturare nessuno dei due, ma riuscendo a creare un terreno comune partendo da basi canon – eventi, sfumature caratteriali, momenti vissuti.
Mi ha sorpresa questa Hermione post-guerra così lontana da quella che conosciamo, ma è stata una sorpresa in positivo, un po' perché nelle crepe ci sguazzo e un po' perché fatico sempre a immaginarmi un dopoguerra sereno e felice, dove tutto torna al suo posto e ognuno riprende in mano la sua vita lì dove l'aveva lasciata. Questa tua Hermione provata da quanto accaduto in guerra – dalla terribile tortura subita, che le ha inciso sulla pelle il "peccato" che da maghi come i Malfoy le è stato recriminato per lungo tempo – è una Hermione alla quale credo di più, che mi sembra più vera e anche più realistica. Di pari passo, anche il tuo Draco mi sembra perfettamente in linea con il suo recente passato: è cresciuto in fretta, ha dovuto farlo, e cerca un modo di restare a galla in un mondo completamente diverso da quello in cui è nato – la sottile critica alla superficialità della folla, poi, che bada all'apparenza e allora chissene se è stato un Mangiamorte, è affascinante con me sfonda una porta aperta, l'ho apprezzata più di quanto ti sappia dire.
Su questo sfondo fatto di crepe, ho apprezzato come tu li abbia fatti avvicinare, con lui che fa un passo in più – consapevole che lei non l'avrebbe mai fatto – e lei che si concede questo fuori programma, forse affascinata da lui, forse bisognosa di lasciarsi vedere da qualcuno e soprattutto da chi ha rappresentato tutto ciò che l'ha annientata. Gli amici di una vita che non riescono ad andare oltre l'apparenza è un passaggio crudele, ma in fondo veriterio: è un po' lo specchio di quando si cresce, si intraprendono strade diverse e arriva quel momento in cui ognuno è focalizzato unicamente su se stesso – non che debba accadere per forza, ovvio, ma accade e tanto basta affinché abbia senso nel tuo racconto.
Ho amato anche molto il finale aperto con la "mancata risoluzione" (e anzi con Draco che le consiglia di chiedere aiuto), perché è ancora una volta realistico che a curare le ferite profonde di Hermione non possa essere né un amplesso né in generale un'altra persona, ma che debba essere lei stessa a prendere atto del disagio vissuto e a intraprendere un percorso che possa supportarla.
A livello stilistico (di nuovo!), bellissime le frasi ripetute che Hermione riesce a confessare solo tra sé e sé – fino a quando non le confessa anche a lui, come a buttare giù la prima parete che la divide dalla vita – e la domanda che Draco che pone a più riprese, forse rivedendo in lei un dolore simile al proprio – in fondo questo Draco che trova attraente una donna che la sua famiglia avrebbe disapprovato (!) e che accetta interviste frivole pur di ripulirsi l'immagine è pur sempre un Draco che sta cercando di incastrarsi nel mondo che vive senza aver ancora trovato realmente la sua collocazione.
Sono sicura di non averti detto tutto quello che avrei voluto, ma spero di aver colto almeno un po' del significato di questo racconto, che come accade con tutte le tue storie racconta molto di più di una coppia.
Bravissima e alla prossima!
Un abbraccio ❤
Recensione alla storia Nei silenzi - 29/08/24, ore 20:54
Capitolo 1: Nei silenzi
Valutazione del contest “Pinguini in cerca d'autore!”

Stile e lessico: 14.3/15
La struttura stilistica di questo racconto mi ha fatto pensare a una rampicante che s’avvolge attorno al lettore, impedendogli di sospendere la lettura sino a quando non è conclusa – è la prima immagine cui ho pensato quando mi sono approcciata alla valutazione di questo parametro. Perché una rampicante, potresti chiedere. Perché trovo che lo stile di questo racconto – complice anche la struttura della trama – sia capace di tenere altissima l’attenzione di chi legge e di catturarlo nel proprio universo narrativo.
Hai scelto una narrazione al passato e una terza persona il cui punto di vista mi è parso esterno e al contempo focalizzato sul solo protagonista – il narratore, infatti, mi ha dato l’impressione di conoscere Theodore più di quanto non dica e di condividere nel racconto informazioni ben selezionate, dando vita a una narrazione che è esterna ma consapevole, forse persino onnisciente. Trovo sia una focalizzazione molto particolare, capace di creare da un lato un distacco col personaggio protagonista (fattore che rende la narrazione “lucida” perché esterna), mentre dall’altro di rendere il lettore partecipe di eventi, informazioni ed emozioni solo quando è il momento giusto, senza la fretta di dire o mostrare.
Allo stesso tempo, è una narrazione molto intima e introspettiva, perché lo scorrere degli eventi è scandito dallo scorrere delle emozioni e degli stati d’animo del protagonista – un elemento stilistico-lessicale particolarmente evidente in tal senso è il passaggio da Theo a Theodore nel discorso indiretto, che da solo dà notizia della nuova veste del protagonista, fatta di uno stato d’animo incupito e di un cuore che tenta di raggelarsi.
Più in generale sulla struttura, ho apprezzato il ricorso a una suddivisione del testo in blocchi separati visivamente da un elemento come gli asterischi, è un escamotage che ti ha concesso di narrare eventi che si svolgono su un lungo asse temporale in relativamente poche pagine. A questo riguardo, hai gestito molto bene anche il passaggio da un blocco temporale all’altro, sia perché non si avverte alcun vuoto di trama sia perché il contenuto di ogni blocco è concatenato all’altro e segue il filo conduttore della trama, vale a dire il rapporto di Theodore con il proprio universo interiore.
Voglio aprire una parentesi anche sul capoverso che apre il racconto, perché l’ho trovato particolarmente significativo e bene inserito:
  • “La prima volta che gli avevano detto che parlava troppo poco Theo aveva sei anni, e che si trattasse di una critica lo aveva compreso solo quando aveva colto il tono offeso nella replica della madre.”: il testo si apre con un periodo complesso, gestito benissimo dal punto di vista sintattico, il cui tono riesce a comunicarne la funzione di premessa – è chiaro che siamo dinanzi a un fatto assodato la cui rilevanza è fondamentale per comprendere l’evoluzione del protagonista. È un incipit a mio parere perfetto, perché incuriosisce (essendo una premessa, è presumibile che si sia portati a voler proseguire per capire cosa segue) e introduce da subito quello che sarà l’elemento fondante del sentimento di Theodore per Blaise (Blaise, in fondo, è il solo che comprende i silenzi di Theo) e al contempo il “problema comunicativo” con cui Theodore dovrà confrontarsi per tutta la vita. Insomma, l’ho trovata un’apertura veramente perfetta.
A proposito di sintassi e capoversi, ne ho apprezzato la gestione; noto che tendi a fare uso di una sintassi complessa, ma al contempo per favorire la leggibilità del testo ti avvali del punto e capo in maniera abbastanza diffusa. È una maniera particolare di gestire il testo, ma sei stata molto brava nel preservare la coesione testuale e nel non spostare mai il focus da Theodore, che è il personaggio seguito dal narratore e di conseguenza è lui il soggetto sottinteso dei vari periodi.
Ti riporto di seguito le pochissime situazioni in cui a mio avviso la gestione del testo è un po’ meno efficace:
  • “Aveva imparato a conoscere i compagni abbastanza da costruire rapporti sinceri: commentava con spontaneità l’abbigliamento di Pansy, perché a lei faceva piacere essere notata; parlava di Quidditch con Draco e giocava a scacchi con Daphne, sorridendo alle sue provocazioni e ricambiandole fino al momento della resa. Con Millicent, più di tutti, aveva scoperto il piacere di conversare senza uno scopo, perché lei sapeva sempre come strappargli un sorriso.”: questa è una struttura a elenco complessa introdotta dai due punti. In ragione della complessità, come pausa tra un punto e l’altro dell’elenco ti avvali del punto e virgola (quello che segue “essere notata” e chiude il punto-Pansy); coerentemente a questa struttura, a mio parere è preferibile inserire un secondo punto e virgola a seguito di “momento della resa” (anziché il punto fermo), così da introdurre il punto-Millicent alla stessa maniera dei precedenti.

    “Draco sbuffò e aggiunse altro zucchero nel caffè, quasi avesse deciso che la vita era troppo amara per non addolcire almeno la colazione. Blaise sembrò ignorarlo, ma Theo sospettava che non si fosse perso nessuna delle sue reazioni, dal mutismo ostinato con cui aveva replicato ai saluti quando era arrivato, fino all’irritazione sfoggiata in risposta alla serenità altrui. | Pansy era l’unica apertamente turbata dal suo atteggiamento e gli lanciava di continuo occhiate preoccupate.”: il soggetto di questo intero periodo è Draco, nel senso che a lui sono riferite le riflessioni degli altri personaggi. Il mio consiglio, se vorrai accettarlo, è di non inserire un punto e a capo a seguito di “serenità altrui”, così da inglobare la riflessione di Pansy nel periodo di cui in fondo fa parte. Ti consiglio questo perché andando a capo segnali uno stacco e questo fa sì che dal punto di vista testuale il referente di “Pansy era l’unica apertamente turbata dal suo atteggiamento e gli lanciava di continuo occhiate preoccupate”, senza specifiche, torni a essere quello privilegiato del testo, cioè Theodore.

    “«Ma sappiamo entrambi che vorresti essere qualcosa di più.» Gentile ma implacabile, Millicent sapeva essere tanto decisa solo quando si trattava dei problemi altrui. Theo ebbe l’impulso di invitarla a farsi gli affari suoi, ma lo represse subito. «Amici va bene.»”: generalmente vai a capo quando cambia il soggetto che pronuncia la battuta di discorso diretto, quindi ti consiglierei di andare a capo a seguito di “problemi altrui”, visto che (se ho bene interpretato l’insieme) a pronunciare “«Amici va bene.»” è Theodore – mi ha spinta in questa direzione anche il successivo “Lei dovette capire cosa intendeva, perché non replicò”. Se ho male interpretato, e quindi non vai a capo perché entrambe le battute sono pronunciate da Millicent, sarai tu a dirmelo!

    “Theodore sorrise della sua tenacia. Non aveva alcuna intenzione di parlarle del suo lavoro per il Ministero, sarebbe stato un pericolo per entrambi. Che tutti i seguaci noti del Signore Oscuro fossero stati arrestati riduceva il rischio di rappresaglie, ma la sua collaborazione con gli Auror e il tradimento nei confronti della propria famiglia e di tutti coloro che suo padre aveva considerato amici gli sarebbe valso l’odio di ben più di una persona.”: ho evidenziato “Che” perché è l’elemento per cui cito questo periodo. Premesso che il che ha ormai un valore polivalente e può quindi essere utilizzato in vario modo, farlo seguire a un punto fermo per dare il via a una nuova espressione non sempre è la scelta più efficace dal punto di vista sintattico: in questo caso, ad esempio, non è chiarissimo con quale tono vada inteso – se con valore causale, quindi come un “perché” (e in tal caso forse sarebbe stato preferibile accentarlo), o se con valore dichiarativo (come se ci fosse un “infatti” o simili sottinteso). Il mio consiglio, se vorrai accettarlo, è di rivedere questo inizio di frase, magari aggiungendo anche un semplice “Il fatto che”, laddove non abbia valore causale, così da chiarire il tono dell’espressione.

    “La amava, Theodore lo sapeva, la amava come non avrebbe mai amato lui. Eppure una parte di lui, piccola ma non abbastanza da essere irrilevante, lo voleva con tutto se stesso – e lo aveva sempre voluto, perfino quando gli aveva chiesto di tacere quello stesso desiderio.”: ho notato una tendenza a preferire i pronomi lui/lei ai nomi propri; in alcune circostanze questa scelta può però creare confusione tra i soggetti chiamati in causa – soprattutto se sono accomunati dal genere. In questo caso, credo che sostituire il “lui” evidenziato in grassetto con “Blaise” possa rendere l’espressione chiara a prima lettura ed evitare il rischio che “lui” venga letto come “Theodore”.
Tutto qui, come ho anticipato si tratta di pochissime situazioni – tra l’altro non particolarmente problematiche, come è evidente.
Una parentesi va fatta anche per il rapporto tra discorso indiretto e diretto, tratto primario di questa struttura stilistica. Trovo tu abbia saputo creare un testo, anche in questo, molto coeso, riuscendo a rendere dialoghi e narrazione indiretta tra loro dipendenti e incastrati benissimo. Tra l’altro, questo è un ulteriore elemento che mi induce a considerare lo stile di questo racconto improntato al cosiddetto show, don’t tell, perché effettivamente il tuo testo mostra, e lo fa così bene che non ha bisogno di spiegare nulla. Questo a mio parere è un gran pregio.
Ho già parlato di sintassi, qui aggiungo solo che fai un uso molto attento e variegato della punteggiatura, ulteriore elemento che rende agevole la costruzione e la leggibilità di periodi complessi. Ottimo lavoro anche in questo.

Arrivo ora al lessico. Unica segnalazione a riguardo è la grafia di “caffelatte”: è la forma meno corretta, ti consiglio l’alternativa con raddoppiamento sintattico “caffellatte”. Con riguardo al registro linguistico, invece, ho notato che fai uso di un registro medio-alto, il quale si abbassa solo nei dialoghi (come è coerente che sia), riuscendo attraverso la selezione dei termini a creare anche immagini molto impattanti volte a dare un’idea concreta degli stati d’animo del tuo protagonista – un esempio in tal senso è la bellissima espressione “L’assenza di Blaise nella sua vita, al contrario, sarebbe stata uno strappo, un vuoto dai margini frastagliati e doloranti che non avrebbe mai saputo riempire né richiudere”, dove con “strappo”, “vuoto”, “frastagliati”, “doloranti” fai riferimento a tutta la sfera semantica affine al dolore e alla mancanza, riuscendo quindi a evocare materialmente l’assenza; veramente notevole.
Non mi soffermo sul passaggio da “Theo” a “Theodore”, avendolo già commentato, ribadisco però quanto sia stata brava a segnalare al lettore un complesso cambiamento del protagonista avvalendoti di un escamotage lessicale – anche in questo, il tuo testo mostra anziché dire.

In ultimo, la grammatica. A riguardo non ho davvero alcun appunto da farti, la forma è perfetta, non c’è alcuna svista. L’unico refuso che ho rintracciato è nella frase “ perché provava l’insolito l’impulso di esprimere”, dove credo sia di troppo l’articolo in “l’impulso”. Per il resto, condivido con te una mia piccola perplessità:

• “La sola domanda inutile che di tanto in tanto gli rivolgeva era anche l’unica a cui Theo rispondesse con la stessa placida condiscendenza che riservava a tutti gli altri.”: la forma del verbo evidenziato non è sbagliata, ma più rileggo questa frase più credo che il congiuntivo sia meno indicato dell’indicativo in questo caso specifico (trovo che con “rispondeva” la frase scorra meglio e comunichi più efficacemente l’idea di un qualcosa che accade e basta). Essendo una mia perplessità, la faccio presente ma non incide sulla valutazione!

Avviandomi alla conclusione, ribadisco la qualità del testo e i complimenti per l’ottima gestione. Il punteggio assegnato è una media dei pro e delle piccole situazioni evidenziate, motivo per cui è naturalmente alto. Sei stata bravissima!

Titolo: 4.5/5
Nei silenzi è un titolo capace di catturare il cuore pulsante del racconto, perché in fondo il tuo protagonista esiste proprio nei silenzi, in quello spazio invisibile tra ciò che sceglie di dire e ciò che sceglie di tacere. È inoltre un titolo orientato all’introspezione, sia per i piani di significato evocati dalla parola “silenzio” sia per il moto verso l’interno di “nei”, quindi coerente al genere privilegiato del testo – quella lente introspettiva che segue Theodore e gli scava dentro.
Se non ho assegnato il punteggio massimo, è perché credo che questo titolo possa apparire un po’ impersonale a primissimo impatto e di conseguenza avere meno forza attrattiva su un potenziale lettore – in questo a mio parere gioca proprio la parola scelta, cioè “silenzi”, che se da un lato è una finestra sulle interpretazioni più varie, dall’altro, essendo un termine molto utilizzato, senza il supporto di un altro termine (che magari vada a definirli, i silenzi) rischia di avere meno presa. Ovviamente si tratta di un parere che pecca più di altri di soggettività, motivo per cui ho reputato corretto farlo pesare poco sul punteggio assegnato.
Al di là di quest’unica nota, riprendendo il discorso di apertura, trovo il tuo titolo assolutamente coerente e legato al cuore e all’atmosfera del racconto: a fine lettura non si può fare altro che pensare di aver letto la storia di un personaggio che vive, si muove e muta proprio nei silenzi. Sei stata molto brava!

Trama (struttura, sviluppo, coerenza): 10/10
La tua è una trama prevalentemente introspettiva, proprio per questo mi ha colpita moltissimo la tua abilità nel costruire e far procedere gli eventi in maniera tale da creare aspettativa e una vera e propria suspense. La scelta, infatti, di trattenere sino alla fine il confronto tra Theodore e Blaise, instillando nel lettore il dubbio sui sentimenti reali del secondo – sulla possibilità che contro tutte le aspettative potesse serbare per Theo un amore più forte di quello nutrito per Daphne –, ha fatto sì che la trama procedesse seguendo lo schema di un climax, esplodendo in conclusione, dove sprigiona un’amarezza così forte e così immutabile da rendere l’intero racconto ancora più impattante e più vero. La tua, infatti, è una trama che si snoda secondo schemi molto realistici: nella vita del tuo protagonista non c’è alcun colpo di scena, nessun evento a stravolgere tutto, c’è anzi quell’amara consapevolezza di non poter cambiare la realtà e che non sempre è possibile essere amati nella stessa maniera in cui si ama – è una tematica sia realistica sia matura, frutto di una penna che sa affrontare tematiche complesse e che ha una grande capacità di analisi.
Andando un po’ più nello specifico, ho apprezzato molto che anche la trama si sviluppasse nei silenzi: quando passi da un blocco temporale all’altro, infatti, non apri mai con un’introduzione o una spiegazione relativa al tempo passato e ai cambiamenti nella vita di Theodore; lasci che sia il lettore, mettendo insieme i tasselli man mano che procede con la lettura, a dedurre cosa sia accaduto e cosa abbia spinto Theodore a compiere determinate scelte – anche il passaggio da “Theo” a “Theodore” non è spiegato in maniera esplicita, ma lasciato intuire tra una riga e l’altra. In questo tipo di struttura e di sviluppo degli eventi hai veramente osato, perché il rischio che il testo fosse “muto” e che dei passaggi si perdessero era reale, tuttavia sei stata così brava nella costruzione del tuo mosaico che nulla è lasciato al caso e tutte le informazioni necessarie sono reperibili o intuibili leggendo il racconto. Insomma, hai sì osato, ma l’hai fatto bene.
Ancora in riferimento allo sviluppo, sei stata molto abile, perché hai sviluppato un arco temporale molto corposo, che prende letteralmente l’intera vita di Theodore: la prima notizia che abbiamo di lui risale ai suoi sei anni, l’ultima lo vede adulto. C’è in questo sviluppo un vero e proprio arco di crescita e maturazione del protagonista, che si relaziona per tutta la vita con ciò che prova e il modo giusto di esprimerlo. A riguardo, quel “Mi manchi” in conclusione segna il vero e proprio punto di non ritorno, cui difatti segue un addio, perché è il momento in cui Theodore riesce finalmente a dare voce a ciò che prova non perché sia utile all’interlocutore, ma perché è lui ad avere bisogno di esprimersi; al contempo, è anche il momento più alto della maturazione del protagonista, perché è il momento in cui Theodore dice addio a quest’amore della prima età che non ha mai avuto futuro. Ed è estremamente coerente, in ottica di trama, che questo momento coincida con l’epilogo, perché lo specifico arco di crescita narrato nel racconto si conclude lì.
Insomma, non ho davvero alcun appunto da farti in questo parametro, solo complimenti e un meritato 10/10!

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10
Prima di concentrarmi sul protagonista indiscusso del racconto, apro una piccola parentesi anche sui personaggi che gli gravitano attorno e sul contesto nel quale tutti loro si muovono.
Iniziando proprio dal contesto, ho apprezzato i rimandi a equilibri e dinamiche sia nel periodo dell’ascesa di Voldemort sino alla seconda guerra magica sia nel periodo successivo alla guerra, con lo status quo mutato dalla vittoria di Harry. Trovo tu sia stata molto abile nel mostrare gli umori di ragazzi che in fin dei conti sperano solo di sopravvivere e temono per l’incolumità delle persone che amano; molto realistico che non tutti abbiano idee chiare su cosa o in chi credere, perché la paura, la preoccupazione e talvolta la sensazione di non avere scelta prendono il sopravvento su tutto e “incastrano”.
Passando ora ai personaggi di contorno, posso dire che è stato bello ritrovare le tue Pansy e Daphne: anche se qui hanno ruoli marginali mi è parso davvero di conoscerle e di rivedere nella prima lo stupore genuino che la sorprende quando capisce che Neville non ha giudizi in serbo per lei, e nella seconda quel malessere invisibile che la porta a scattare quando il cibo è a un passo da lei. Al di là di queste considerazioni extra (che naturalmente non incidono sulla valutazione), trovo che ognuno dei personaggi di contorno, quindi Pansy, Daphne, Millicent e Draco, siano stati caratterizzati molto bene, perché non sono nomi tra loro interscambiabili, bensì dotati ognuno di una propria personalità, che emerge chiara anche attraverso pochi cenni e uno sguardo che li osserva solo in superficie. Con riguardo a Draco, che tra tutti è il personaggio più caratterizzato nel canon, trovo sia riuscita a evidenziare molto bene il suo malessere, attraverso cui arricchisci anche la contestualizzazione del racconto – se anche non avessi citato espressamente il sesto anno, questo sarebbe stato deducibile proprio grazie a Draco.
Una parentesi a parte va aperta su Blaise, che non è un personaggio di contorno, ma il centro dei pensieri (e delle azioni) del protagonista. Ecco, non ti nascondo di aver riflettuto sulla sua caratterizzazione e sulla possibilità che, forse, pecchi di qualche dettaglio in più per rendere il personaggio “conosciuto” al lettore. Tuttavia ho poi convenuto che il narratore non segue lui, non sa di lui, e che ciò che è importante sapere di questo Blaise è come viene vissuto e percepito da Theodore; di conseguenza la sua caratterizzazione va bene così com’è, anzi è giusto non avere la sua “versione dei fatti”, perché qui siamo nel mondo interiore di Theodore, che tra l’altro è certo di avere tutte le risposte su Blaise, certo che l’amico nutra per lui un affetto grande e un’attrazione da mettere a tacere, che non saranno mai in grado di spingerlo a fare una scelta diversa da Daphne. A me questo Blaise controverso, sempre in procinto di commettere un errore dettato dall’attrazione quando è con l’amico, ha convinto: è un personaggio complesso, capace di imprimere la propria impronta nella narrazione dall’inizio alla fine – come un’ombra onnipresente che segue Theodore (e il lettore) sino a quando non sceglie finalmente di dirgli addio. Molto caratterizzante anche l’elemento consapevolezza: Blaise sa, ha sempre saputo, di Theodore ed è lui il primo e unico a rifilargli un secco “no” quando Theodore vuole abbattere i silenzi. Un personaggio veramente carico di spessore.
Arrivo ora al tuo protagonista, Theodore. Di lui sappiamo poco dal canon, ma a mio parere hai sfruttato bene quelle poche notizie per costruire la tua versione di questo personaggio (elemento vero anche per gli altri, non mi è sfuggito l’uso della storia familiare di Blaise per instillare in lui un dubbio che è decisamente lecito e di conseguenza far progredire la trama in una certa direzione). Sei stata molto brava, proprio con riguardo al canon, a creare le fondamenta del suo cambio di schieramento e della revisione delle sue idee sulla purezza del sangue: ho già detto che Blaise è il suo motore, il ragazzo poi uomo di cui è perdutamente innamorato – così tanto che per lungo tempo si convince che averlo come amico sia preferibile a soffrire la sua assenza –, in ragione di questo è assolutamente coerente l’evoluzione del personaggio, che avviatasi già nel periodo della guerra si compie a guerra ultimata, con lui che sceglie di lavorare per il Ministero ai danni di quelli che sono stati amici, alleati, familiari – tutto pur di sapere Blaise e la sua famiglia in salvo. Questo tuo Theodore, così incastrato nei silenzi e nelle emozioni, trovo si caratterizzi soprattutto per il modo in cui ama: che è totale, silenzioso e che non chiede nulla in cambio. Un modo di amare che credo subisca un’evoluzione nell’epilogo, nel senso che Theodore cambia l’oggetto del suo amore: assicuratosi ormai che Blaise e la sua famiglia siano al sicuro (e avuta l’ennesima prova che Blaise non sceglierà mai lui), Theodore sceglie finalmente di amare se stesso e lascia andare Blaise, rispondendo finalmente alla domanda ripetuta negli anni, quel “Come stai?” cui non ha mai avuto il coraggio di rispondere “Male, perché non sceglierai mai me”. Una caratterizzazione e un’evoluzione veramente splendide, questo tuo protagonista è strepitoso. 10/10 anche qui!

Ispirazione: 3/3
Hai scelto la citazione Mi chiedi come sto e non te lo dirò | Il nostro vecchio gioco era di non parlare mai., che trovo sia il pilastro portante della tua storia. Quello di non parlare è un gioco condiviso da entrambi, da Theodore e Blaise, e che entrambi si impegnano a non disattendere – quando “Theo” ci prova, al loro sesto anno, Blaise si nega e gli impedisce di proseguire, perché sa che quel gioco è il loro modo di restare in equilibrio, che smettere di giocare significa perdersi, perché Theo vorrà sempre qualcosa che lui non può dargli.
Ho apprezzato molto come sviluppi il prompt lungo l’intero racconto, sia rendendolo appunto pilastro sia riprendendo quel “Mi chiedi come sto e non te lo dirò” letteralmente, attraverso il dialogo “Come stai? / Bene” che si ripete a oltranza e che diventa il filo conduttore del rapporto tra i due. Di pari passo, ho trovato molto coerente che il punto di svolta – nonché di rottura – avvenisse proprio replicando questo stesso dialogo: in conclusione, Theodore rompe l’equilibrio scegliendo di non giocare più e questo, con riferimento all’elemento prompt, rende la citazione scelta ulteriormente presente e impattante, perché è nel momento in cui viene capovolta che il climax raggiunge il suo apice e il racconto si conclude.
Bravissima anche qui!

Totale: 41.8/43
Recensione alla storia Dall'inverno all'estate - 29/08/24, ore 20:52
Capitolo 1: Dall'inverno all'estate
Valutazione del contest “Pinguini in cerca d'autore!” ~ storia vincitrice del “Premio Rosmary”

Stile e lessico: 14.9/15
Iniziando dallo stile, il primo elemento da porre in evidenza è senza dubbio la coesione del testo. Hai strutturato il racconto su due linee temporali distinte che tendono a intrecciarsi solo in conclusione, dove cedono poi la parola a un flashback pregno di significato – nel quale, tra l’altro, ricorrono anche gli unici dialoghi del testo. In aggiunta, hai scelto per le due linee temporali anche due punti di vista differenti: in una la focalizzazione interna è su Alice, nell’altra è su Neville. Un insieme, questo appena descritto, che avrebbe potuto compromettere la coesione testuale e di conseguenza restituire al lettore un testo frammentato e/o confuso. Nel tuo caso, come penso si evinca dalla mia premessa, questo rischio è stato totalmente oltrepassato da una gestione assolutamente perfetta della struttura stilistica scelta: sei stata in grado non solo di costruire un testo che ha senso e compattezza nella sua interezza, ma anche di rendere il rapporto tra i due piani temporali equilibrato al punto da restituire l’idea quasi visiva di un racconto che si snoda contemporaneamente su due piani che sono tra loro complementari e paralleli – non c’è quindi un rapporto di subordinazione tra i due, ma di piena concatenazione e di totale complementarietà.
L’alternanza di due linee temporali è una struttura stilistica ostica, ma quando è ben gestita risulta vincente, perché dà al testo un ritmo caratterizzato da una costante tensione che tiene alta l’attenzione del lettore. In questo sei stata molto brava, anche perché hai intrecciato due linee distanti dal punto di vista temporale, ma vicinissime dal punto di vista emotivo, creando un contrasto temporale-emotivo fortissimo – e di conseguenza una suspense che trova il suo apice nella conclusione.
Ho apprezzato tanto anche la gestione delle due focalizzazioni distinte (Alice e Neville): sei stata bravissima nel riuscire a far emergere la voce dei personaggi, pur utilizzando per entrambe il medesimo tono narrativo (penso ad esempio a espressioni come “Mamma alza lo sguardo verso di lui e Neville le tende la mano.); al pari, sei stata brava anche a individuare i momenti in cui il narratore ha necessità di guardare il personaggio “da fuori” ed esprimere concetti a lui estranei da un punto di vista conscio. Va poi messa in evidenza anche la presenza del discorso indiretto libero, che è bene inserito nella trama testuale – un esempio è l’espressione “Avevano deciso di aspettare quando tutto fosse finito, per Morgana, o non provarci mai se le cose fossero andate male”.
Sino ad ora ho parlato di due piani e due linee temporali per facilitare il discorso, ma in realtà il tuo lavoro a livello strutturale è stato anche più complesso (approfondirò il tema nel parametro Trama), perché mentre la linea narrativa di Neville isola un unico momento, la linea narrativa di Alice narra più momenti e di fatto ripercorre la vita del personaggio a partire dalla gravidanza. Anche in questo caso, trovo tu sia stata molto brava nel non perdere mai di vista il quadro d’insieme, preservando la coesione testuale indispensabile a rendere questi frammenti isolati un testo significativo nella sua interezza.
Ponendo ora l’attenzione sulla sintassi e sullo stile di scrittura in senso stretto, a caratterizzare il tuo testo è di certo una sintassi complessa e la tendenza a ricorrere a strumenti di messa in evidenza di parole e concetti particolarmente impattanti; al di là dei rari corsivi, utilizzi a questo scopo la punteggiatura e le frasi marcate, un esempio è l’impattante “Ma tanto Alice non sa cosa significhino, queste parole, e la porta del corridoio torna a chiudersi.”, dove scegli di aprire la frase con una congiunzione avversativa e di isolare il complemento grammaticale in un inciso, escamotage stilistico che da un lato dà risalto al sintagma “queste parole” e dall’altro costringe il lettore a una pausa forzata appena dopo “significhino”, inducendolo a porre particolare attenzione sul concetto appena letto e a metterlo in relazione con quanto segue. Più in generale, l’uso che fai della punteggiatura è molto interessante ed efficace e palesa la tua totale padronanza della sintassi, la quale ti consente di piegare le regole grammaticali al ritmo e all’intenzione che vuoi abbiano un periodo, una frase o un capoverso.
Ti segnalo solo un caso in cui a mio avviso l’espressione potrebbe essere più efficace con una punteggiatura diversa:
  • “Li sente nelle ossa e nel sangue, così, e se ne sapesse qualcosa in più di medicina, forse penserebbe che è per via delle cellule che si scambiano madre e figlio per nove lunghi mesi – l'attesa dall’inverno all’estate – e che poi rimangono un po’ in una e un po’ nell'altro, le sue nelle vene di Alice e quelle di Alice nel suo midollo. Sono sempre con lui, anche se non sanno il suo nome o cosa sia.”: anche se ho riportato l’intero periodo, il punto a mio parere un po’ meno efficace è “Li sente nelle ossa e nel sangue, così,”, dove a una prima lettura – complice anche la complessità sintattica del periodo – c’è il rischio che “così” venga letto con valore di congiunzione anziché di avverbio (o di aggettivo, in base a quale intenzione gli vada attribuita) oppure che pur letto come avverbio venga interpretato come volto a introdurre la coordinata che segue. Io credo che tu lo abbia inteso come sinonimo di “in tal modo” o simili e che sia parte integrante della frase “Li sente nelle ossa e nel sangue”; il mio consiglio, se vorrai accettarlo, è di omettere la virgola che anticipa “così”, in maniera tale da inglobarlo in “Li sente nelle ossa e nel sangue” e aggirare il rischio di errata interpretazione. Va da sé, è solo un consiglio!
Ricorrenti nel testo sono anche varie figure retoriche, la più rilevante ai fini del significato del testo oserei dire sia l’immagine più allegorica che metaforica che definisce Alice “mosca” e Neville “palla di neve/puntino nero”:
  • “Il dolore è un ragno che le zampetta veloce nel corpo, i suoi nervi diventano la tela che pian piano tesse e la avvolge tutta, fino a stringerla nella sua morsa – una mosca in trappola che cerca di divincolarsi. Inutilmente. || Il puntino le parla come se lei potesse capire – forse non sa che Alice è una mosca e la sua lingua è il ronzio delle api – e non la accartoccia come un foglio da buttare”: qui ricorrono molte metafore animali (sappi che mi hai ricordato L’Iguana di Anna Maria Ortese), le quali riescono nell’impresa di creare un’immagine visiva del dolore, di questo contorcersi innaturale per un corpo umano. Al di là di queste, però, trovo che l’elemento “mosca” possa rappresentare anche un momento allegorico del testo, proprio perché ritorna più avanti (il “ronzio” che Alice sente nella testa) e lo fa anche in relazione a Neville: una mosca intrappolata nella rete del ragno a significare da un lato il fatto che Alice, pur se intrappolata, è sempre lì, e dall’altro il fatto che nonostante questo Alice non ha alcuna via di fuga, che dalla sua trappola non si torna indietro.

    “Non ce l’ha con la palla di neve – come l’ha ribattezzato – ma con sé stessa e Frank che non sono stati attenti, hanno messo al mondo un orfano || L'unico barlume che a volte riconosce, in quella foschia che è diventata la sua vita, è un puntino nero tra tanti puntini sbiaditi e senza senso”: non so quanto questa associazione sia stata intenzionale e quanto istintiva, ma è molto interessante che la prima occorrenza di “palla di neve” sia in relazione a “hanno messo al mondo un orfano”, un orfano che nel testo, dal punto di vista di Alice, diventerà “un puntino nero”, creando un rapporto di relazione-contrasto tra palla/puntino e neve (bianco)/nero, come a simboleggiare il passaggio da un tempo che tendeva ancora alla luce – pur vedendo già tutte le ombre – a un tempo in cui è tutto buio, e ciò che prima era nitido (una palla di neve) diventa qualcosa di confuso (un puntino nero). Sono immagini molto impattanti, capaci di segnalare la discesa verso il buio di Alice e quelle pressioni inconsce che tentano di farla risalire, anche se confusamente e per un tempo minuscolo.
Un ultimo aspetto stilistico che caratterizza il tuo testo è poi la conclusione: in corsivo, centrata, dialogata; un flashback che costringe il lettore a fare più passi indietro e vedere gli ultimi momenti di vita vera di Alice e Frank. Un flashback che racchiude un contenuto preziosissimo ai fini del significato del racconto e dà la misura di quanto sia stata consapevole la scelta dei personaggi. Non mi soffermo qui su aspetti più strutturali – che riprenderò nel parametro Trama –, ma qui sottolineo quanto sia stata ben gestita questa conclusione dal punto di vista stilistico, perché la messa in evidenza attraverso corsivo e allineamento al centro l’ha resa visivamente impattante: il lettore non può non dare il giusto peso all’epilogo, perché è il testo stesso a segnalarne l’importanza.

Arrivando ora al lessico, un po’ ne ho già parlato a proposito delle figure retoriche, costruite con una terminologia espressiva e semanticamente evocativa. Hai scelto un registro medio-alto per il tuo testo, ricorrendo anche a scelte lessicali ricercate; a riguardo ho apprezzato molto la tua coerenza, perché a “sé stesso” hai fatto seguire “anzi tempo”, “buona notte” e via dicendo, restando quindi fedele a una scelta precisa – nei casi citati, ad esempio, hai optato per le grafie non unite e per il “sé” accentato anche se seguito da “stesso”.
Ho già citato in precedenza il discorso indiretto libero che si intreccia con la narrazione indiretta filtrata dal punto di vista del personaggio, qui aggiungo che sei stata molto brava a segnalare i vari passaggi e a marcare la focalizzazione attraverso scelte lessicali come “mamma”, che denotano tra l’altro anche la capacità di muoversi tra registri linguistici diversi.
Più in generale, trovo che il lessico di questo testo non abbia alcuna sbavatura e sia anzi un ulteriore strumento attraverso cui la tua scrittura riesce a costruire e mostrare immagini ed emozioni, perché ogni parola ha un suo peso e un suo significato specifici.

Concludendo con la grammatica, non ho davvero nessun appunto da fare, la forma è perfetta. Ti riporto solo i due piccoli refusi presenti, così da facilitarti la correzione:

• “Il reparto Janus Thickey, lesioni permanenti da incantesimo, quarto piano del San Mungo, in estate è ancora più soffocante di quanto non sia ogni altro mese dell’anno”: credo manchi “in” tra “non sia” e “ogni altro mese”.
• “Alice è diventata un foglio bianco, bianco come la neve e i suoi capelli che cadono a ciuffi e si spargono sul cuscino, ma un foglio sui cui nessuno”: “su” anziché “sui”.

Concludendo, salvo quel dettaglio segnalato e i due minuscoli refusi, questo testo dal punto di vista stilistico, lessicale e formale a mio parere è perfetto. Hai scelto una struttura complessa e un registro impegnativo e li hai saputi gestire alla perfezione. Per questo motivo, il punteggio assegnato è praticamente pieno; la mia pignoleria mi ha indotta a detrarre quel piccolo decimo di punto, ma pignoleria a parte è un testo scritto benissimo. Bravissima!

Titolo: 5/5
Dall’inverno all’estate è un titolo a mio parere impattante e capace di distinguersi, perché è caratterizzato da una connotazione temporale non comune per i titoli. È palese che stia a indicare un racconto in cui è presente un passaggio, che sia solo temporale o metaforico il lettore lo scoprirà leggendo – e capirà poi che sono valide entrambe le alternative. Non è di certo un titolo esplicito a livello contenutistico, ma trovo che a lettura ultimata emergano tutte le sue sfumature: Dall’inverno all’estate sono i nove mesi della gravidanza (“l'attesa dall’inverno all’estate” citandoti), è il passaggio dalle sequenze di Alice a quelle di Neville sino ad arrivare al presente del racconto, è in fondo il tempo dell’attesa per Neville e i suoi genitori ignari, perché è in estate che lui nasce e li ritrova, mentre è in inverno che li perde. Insomma, trovo sia un titolo capace di cogliere più sfumature di un racconto che è complesso e che ha una forte carica emotiva, dando al lettore l’idea di aver letto qualcosa di coeso (richiamando un concetto citato nel parametro precedente) dal titolo al punto fermo conclusivo. 5/5!

Trama (struttura, sviluppo, coerenza): 10/10
A livello di struttura, la trama del tuo racconto è molto complessa: si articola infatti in sequenze distinte e alternate in base al personaggio-focus, le quali però non hanno una connotazione solo introspettiva – cosa che avrebbe potuto avvantaggiarti, perché avresti dovuto portare avanti solo le introspezioni e non anche azioni ed eventi –, ma anche propriamente narrativa, perché ogni sequenza coincide con degli avvenimenti e con una fase temporale specifica del personaggio-focus. In particolare, le sequenze di Alice ricostruiscono una grossa porzione della vita del personaggio: la prima è cronologicamente ambienta al tempo della gravidanza, l’ultima agli anni di adolescenza di Neville – un macro-periodo non semplice da gestire attraverso la tecnica delle sequenze alternate e tra loro parallele.
Interessante è poi il modo in cui i piani temporali diversi a un certo punto convergono in un piano temporale che potremmo definire “contemporaneo”, perché il fatto che l’ultima sequenza di Alice sia ambientata al San Mungo e preceda il tempo delle sequenze di Neville solo di qualche mese fa sì che l’ultima porzione di trama venga percepita come ambientata nello stesso tempo, dando al lettore la possibilità di osservare l’interazione tra Neville e Alice da ambedue i punti di vista – a riguardo, ho apprezzato la scelta di non far convergere le sequenze sino in fondo, narrando quindi quel luglio 1996 anche dal punto di vista di Alice, perché a livello strutturale ti ha permesso di restare fedele a quel dall’inverno all’estate che a livello strettamente testuale segna il passaggio dai momenti di Alice a quelli di Neville.
Arrivando alla conclusione, a mio parere è stata una scelta vincente quella di tornare “in inverno” e mostrare al lettore un momento inedito di Frank e Alice, per giunta dialogato, dove senza saperlo i personaggi strappano letteralmente il velo e guardano il futuro – un futuro dove Neville è orgoglioso di loro e dove a loro modo gli tengono ancora la mano, e non solo con carte di caramelle, ma anche e soprattutto con il loro esempio. Credo che a livello di struttura, in mancanza di una coincidenza tra i due piani temporali, la tua scelta di inserire una sequenza stilisticamente marcata (e distaccata) dove l’abbondanza di dialoghi e la mancanza del contesto spazio-temporale in apertura segnalano una sorta di atemporalità del blocco sia stata veramente vincente, perché non hai tradito la struttura del testo rendendo una linea temporale privilegiata rispetto all’altra (cosa che sarebbe accaduta se a una delle due avessi affidato la conclusione) e al tempo stesso hai rimarcato quel senso di circolarità e di “ritorno” insito nel concetto stesso di “dall’inverno all’estate” – un continuo passaggio e un continuo ritorno.
A livello di sviluppo, trovo sia stata molto brava anche qui, soprattutto nel riuscire a portare avanti le sequenze di Neville senza che risultassero ripetitive rispetto a quelle di Alice, che vedono i contesti spazio-temporali succedersi. Nel caso di Neville, infatti, hai saputo dosare bene i momenti e costruire senza fretta il contesto temporale, spaziale e soprattutto emotivo del personaggio, riuscendo di pari passo a mostrare al lettore – grazie all’alternanza di focus – anche il contrasto tra passato e presente capace di caricare il racconto di attesa. Con riguardo alle sequenze di Alice, lo sviluppo degli eventi è gestito e portato avanti molto bene: la consequenzialità non manca mai, così come non manca l’evoluzione del personaggio stesso, che vede susseguirsi stagioni, eventi e consapevolezze ed evolve assieme a loro senza mai tradire la propria indole (che è quella di una donna che ha scelto di combattere). Aggiungo qui che narrare macro-eventi come quelli di Alice in sequenze molto brevi e con un’impostazione tesa all’introspezione non è per nulla semplice, ma tu sei riuscita a sfruttare lo spazio a disposizione nel miglior modo possibile.
Come credo si evinca da quanto detto sino ad ora, la trama non pecca neanche in coerenza: non c’è nessun punto in cui il testo non sia esplicativo e non trovi giustificazione all’interno del racconto stesso; la trama è strutturata in maniera tale da risultare sviluppata in maniera coerente, coesa e fedele al tema portante, che è sì il legame tra Alice e Neville, ma è anche la relazione causa-effetto per cui ogni scelta ha delle conseguenze – e quando è consapevole, come nel caso di Alice, queste possono anche essere attese.
Non ho alcun appunto da farti, 10/10!

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10
Prima di soffermarmi sui grandi protagonisti del racconto, faccio un accenno a Frank, cui accenni in maniera indiretta perché non è lui in primo piano. Ciò nonostante, trovo riescano a emergere bene sia il legame con la moglie e il figlio sia, di contro, una certa distanza dalla condizione di madre di Alice – nelle riflessioni di lei, nel suo parlare al singolare quando riflette sulla scelta di tornare o meno in servizio, trovo emerga la percezione sociale differente di una madre e di un padre e di conseguenza una ipotetica distanza tra Alice e Frank a questo specifico proposito: mi sono chiesta se Frank riuscisse a capirle sino in fondo le riflessioni di Alice, se lei gliele avesse riferite con la stessa chiarezza con cui ne parla a se stessa. Al di là di questo, sia i dialoghi in cui emerge la voce di Frank sia le scelte e le azioni compiute, di cui il testo dà notizia attraverso Neville e Alice, sono perfettamente in linea con le poche informazioni che abbiamo su questo personaggio, che ha compiuto una scelta e l’ha portata avanti sino alla fine.
Piccolo cenno anche al contesto che emerge dal tuo testo, con i richiami a Voldemort, ai Potter, ai processi (e alle troppe assoluzioni) e via dicendo; anche qui, hai ricostruito molto bene, e in maniera molto vivida, le atmosfere suggerite dai libri – a riguardo molto bello il contrasto tra l’atmosfera più fiduciosa delle sequenze di Neville, giovane e reduce da una vittoria, e quella più cupa delle sequenze di Alice, che ha le mani sporche di guerra. Un cenno devo farlo anche ad Augusta, che caratterizzi perfettamente in poche frasi, richiamando il personaggio autoritario e intransigente dei libri.
Arrivando ora ai tuoi protagonisti, inizio da Neville. In realtà non ho molto da dire, perché a mio parere il Neville del tuo racconto è proprio il Neville dei libri: in quelle sequenze sei riuscita a ricostruire il personaggio nella sua interezza, dando notizia del modo in cui vive le amicizie, del modo in cui percepisce se stesso, delle aspettative che sente pesare su di sé – frutto soprattutto dell’educazione impartitagli dalla nonna –, del rapporto che ha con i suoi genitori e con i ricordi che riesce a costruire nelle brevi visite, del modo in cui ha imparato a gestire rabbia e dolore, delle scelte che ha compiuto e dell’uomo che si appresta a diventare – e che spera di diventare. Attraverso il suo punto di vista, poi, emergono anche la sua maturità e la sua sensibilità: lui è proprio il ragazzo che conserva carte di caramelle e che comprende quanto sia prezioso ogni istante e ogni minuscolo gesto. Non ho davvero alcun appunto da farti su questa caratterizzazione, trovo il tuo Neville assolutamente IC, fedelissimo alla controparte cartacea nei gesti, nelle emozioni e nei pensieri.
Ultima ma non ultima, Alice. Lei è un personaggio di cui sappiamo poco e quel poco lo hai sfruttato molto bene: come con Frank, anche di Alice emergono fortemente la scelta compiuta e portata avanti, l’amore per suo figlio e suo marito, il totale smarrimento a seguito della tortura – uno smarrimento in cui però spicca un puntino nero che merita qualche minuto del suo tempo (immagine tanto bella quanto triste). Al di là di tutto questo, quindi dell’ottima aderenza alle informazioni canon che abbiamo, a emergere qui è la tua caratterizzazione del personaggio, che ha le fondamenta nelle informazioni canoniche, ma che ha uno sviluppo che appartiene soltanto a te. Ecco, a me questa Alice ha pienamente convinto, complice la tua abilità nel curarne l’introspezione e rendere ogni suo pensiero e ogni sua azione motivata e coerente. Trovo che la tua Alice sia un personaggio splendidamente problematico e complesso: è un personaggio che sente su di sé la pressione di una maternità arrivata nel momento sbagliato – perché sono in guerra, lei e il marito sono Auror, non è veramente il momento ideale per avere figli; tremendamente impattante, oltre che lungimirante, la sua consapevolezza di aver messo al mondo un orfano – e al tempo stesso viene invasa dall’amore per questo bambino, per la sua palla di neve (un dettaglio, questo del soprannome attribuito, che mi ha dato l’idea che Alice chiamandolo così lo sentisse un po’ meno reale e riuscisse in tal modo a darsi tempo di relazionarsi con le paure emerse); è poi un personaggio che guarda alla società abitata per quella che è, consapevole di attirare giudizi per aver scelto di rientrare in servizio e rischiare la vita, e che al tempo stesso ha abbastanza coraggio e determinazione per seguitare sulla sua strada, anche a costo di aver messo al mondo un orfano – e ho apprezzato molto, con un occhio all’attualità, che tu questo “peso” della scelta lo abbia caricato soprattutto su di lei, che è la madre e che è quella che idealmente dovrebbe fare un passo indietro per il figlio. Da tutto questo, a emergere è quindi una personalità forte, decisa, orientata a tutelare in ogni modo possibile i valori in cui crede, ma anche estremamente coraggiosa e lucida quando è il momento di scegliere: Neville diventa un motivo in più per combattere, perché è a lui che ora va assicurato un futuro – e va bene anche se lei e Frank in quel futuro non potranno esserci, purché un futuro per lui ci sia. Insomma, trovo tu abbia fatto un ottimo lavoro con questo personaggio, partendo dalle informazioni a disposizione hai creato una caratterizzazione coerente e ben motivata nello spazio del tuo racconto.
Concludendo, quindi, non posso che assegnare il punteggio massimo anche in questo parametro!

Ispirazione: 3/3
Hai scelto la citazione Io ti terrò la mano e tu tienimi l’anima | E pure se non sai chi sono, non lasciarla mai e credo che non avresti potuto declinarla meglio nel racconto. Trovo che la citazione scelta, oltre a essere richiamata nel testo dal concetto letterale di “tenersi per mano”, sia alla base dell’intero contenuto, perché il legame che si ritrovano a condividere Neville e Alice (e Frank) è interamente basato sul provare a restare insieme anche se non c’è possibilità di riconoscersi. Credo che tra le citazioni proposte questa calzasse a pennello sulla dinamica di Neville e due suoi genitori, ma la tua bravura è stata nel non adagiarti su un collegamento istintivo ed evidente e nell’andare oltre, sviluppando questo collegamento, dandogli delle fondamenta, mostrandolo al lettore da più angolazioni e facendogli scoprire ogni punto di vista: quello di chi tende la mano con la speranza di ricevere calore e quello di chi vi si aggrappa senza saperlo, perché qualcosa dentro di sé reagisce alla vicinanza e fa sì che tra tanti puntini sbiaditi uno sia nero e abbia importanza.
Sei stata molto brava anche in questo parametro, punteggio pieno!

Totale: 42.9/43
Recensione alla storia Lezioni di comunicazione - 27/08/24, ore 12:17
Capitolo 1: Lezioni di comunicazione
Valutazione del contest “Pinguini in cerca d'autore!” ~ storia vincitrice del “Premio Sorpresa”

Stile e lessico: 14/15
Iniziando dalla struttura stilistica, il primo elemento che colpisce è l’incipit in media res affidato a una battuta di dialogo di uno studente qualsiasi. Trovo sia un incipit molto interessante, perché dà notizia del contesto del racconto prima ancora che dei suoi protagonisti e inquadra la tematica portante della narrazione – a mio parere è un ottimo modo per avvertire il lettore che il racconto si snoderà su due binari: da un lato le vicende dei protagonisti, dall’altro un tema più ampio che fa da sfondo. Avendo avuto modo di leggere altro di tuo, credo di poter affermare che questa abitudine di partire dal generale per arrivare al particolare sia un tratto peculiare del tuo stile narrativo.
Quanto all’incipit in media res nello specifico, invece, trovo che quando bene utilizzato come in questo caso sia in grado di catturare all’istante l’attenzione del lettore – che sarà portato a chiedersi cosa stia accadendo, chi siano i personaggi coinvolti e via dicendo – e di conseguenza spronarlo a proseguire la lettura per mettere insieme i tasselli che sfuggono.
In riferimento a questa parte iniziale, sono solo due i punti dove a mio avviso il testo a livello sintattico-testuale potrebbe essere più efficace di quanto già non sia, te li riporto:
 
  • “Furono congedati perché i loro posti potessero essere occupati dai compagni di scuola più piccoli […]”: in questo caso, sarebbe preferibile esplicitare il soggetto di “furono”; nonostante sia intuibile che ti riferisca agli studenti, il testo da questo punto di vista è muto, perché nei periodi precedenti né “studenti” né un suo sinonimo ricopre il ruolo di soggetto, di conseguenza a livello testuale sottintenderlo alla sua prima occorrenza non è la scelta più efficace.
    “[…] bacheca in Sala Comune. Hermione presumeva che le loro spiegazioni sarebbero state meno approfondite e le immagini meno esplicite. | Si alzò […]”: qui introduci per la prima volta la protagonista, che in seguito scopriremo essere anche il punto di vista attraverso cui sono narrati i fatti. Il mio consiglio, se vorrai accettarlo, è di marcare questo ingresso in scena con un punto e a capo, isolando quindi la frase in un capoverso, oppure di inglobare “Hermione […] meno esplicite” nel capoverso seguente (“Si alzò […]”), che dà il via al focus sul personaggio.
Soffermandomi ora sulla focalizzazione interna centrata su Hermione, trovo tu sia stata bravissima nel non tradire questa scelta di base in nessun punto della narrazione – anche quando il focus sembra spostarsi su Draco, infatti, è chiaro che la visuale sia sempre quella di Hermione, perché il lettore ha chiaro solo il punto di vista di quest’ultima, mentre brancola nel buio assieme a lei per quanto riguarda i pensieri e le emozioni di Draco. Non è semplice restare fedeli alla focalizzazione scelta in un racconto che ha due protagonisti, quindi non posso che lodare la coerenza di questo aspetto. A questo proposito, aggiungo anche una piccola nota sulla scelta della terza persona narrante: a mio parere anche questa è stata la scelta migliore per il tuo testo, perché consente sia la focalizzazione interna sia momenti in cui il narratore si allontana un po’ dal focus sul personaggio per restituire al lettore il contesto generale del racconto – e per te che parti dal dato generale per arrivare al particolare questa doppia funzione della terza persona è preziosa, quindi ottima scelta.
Un altro elemento interessante e ben gestito è la suddivisione del racconto in momenti che corrispondono a piccoli archi temporali. È una struttura che trovo giovi alla scorrevolezza del testo e che agevola e snellisce il passaggio da un momento-tempo all’altro, perché evita di inserire sequenze descrittive finalizzate a esplicitare il passaggio da un momento all’altro. I simboli divisori, che richiamano una suddivisione in paragrafi del testo, sono un escamotage a mio parere utile – soprattutto se bene utilizzati – in un racconto che si compone di più fasi. Strutturalmente, quindi, trovo che il testo funzioni benissimo e sia coerente a se stesso e soprattutto ben coeso nelle sue parti: ogni passaggio è propedeutico all’altro e il lettore non fa alcuna fatica a seguire lo svilupparsi della vicenda e il susseguirsi delle sequenze narrative.
Apro delle parentesi anche sull’uso del corsivo e sui dialoghi. Quanto all’uso del corsivo, trovo che il suo utilizzo parsimonioso riesca nell’intento di porre in evidenza espressioni specifiche, che in tal modo risaltano e segnalano a chi legge di dedicare loro particolare attenzione, perché sono fondamentali per comprendere il racconto – è il caso ad esempio di “non ne avevano mai parlato”, a sottolineare i silenzi che ingombrano il rapporto dei protagonisti. Quanto ai dialoghi, sono tutti bene inseriti e soprattutto caratterizzanti, perché riescono a farsi portavoce delle personalità dei personaggi e soprattutto del loro modo di interfacciarsi – parentesi nella parentesi per dire che dei dialoghi ho apprezzato anche il registro linguistico, coerente alle età e alla formazione dei personaggi.
Arrivando ora al lessico, anche qui non ho nessun appunto da farti! Hai utilizzato un registro medio, riuscendo a farlo slittare verso il basso o verso l’alto nei dialoghi in base al personaggio parlante – può sembrare un tratto ovvio, ma non lo è: saper differenziare i registri in base al tipo di narrazione (diretta o indiretta) e alla voce può essere complicato, ma tu sei riuscita a gestire benissimo l’insieme. Un tratto lessicale che ho particolarmente apprezzato è la ricorrenza di espressioni caratterizzanti (un esempio è “per quel ch’era stato”, che ricorre due volte e che riassume il passato di Hermione e Draco, quel rapporto scandito da insulti e indifferenza); trovo sia un tratto capace di rinforzare la coesione testuale e di richiamare l’attenzione del lettore su elementi topici del testo, fondamentali quindi allo snodarsi della trama e alla comprensione del suo messaggio.
Mi permetto di darti solo un piccolo consiglio – che non incide sulla valutazione! – relativo all’uso dell’iniziale maiuscola in situazioni come “Vicepreside McGranitt”: non esiste una regola ferrea, si tratta di prassi e scelte stilistiche motivate anche dal tono/destinatario del testo, però in linea generale si usa utilizzare l’iniziale minuscola quando alla carica segue il nome della persona cui è riferita e l’iniziale maiuscola quando la carica sostituisce il nome (quindi, ad esempio, “la vicepreside McGranitt parla” e “la Vicepreside parla”).
In ultimo, l’aspetto grammaticale. Il testo è indubbiamente pulito e la gestione dei tempi verbali è perfetta – hai gestito benissimo la scelta di narrare al passato, che oggettivamente presenta dei momenti ostici. Anche l’uso della punteggiatura è perfetto e di conseguenza in grado di favorire la scorrevolezza del testo. Ci sono solo due piccole sviste nel testo, te le riporto così da facilitarti la revisione:

• “L’aveva desiderata, mentre i suoi amici avevano iniziato ad avere sempre meno tempo per lei e la sua compagna di dormitorio glielo ricordava ogni volta che ostentava il soprannome inventato per uno dei due.”: la “e” come congiunzione tra “mentre i suoi amici” e “la sua compagna” non è l’elemento migliore, perché la subordinata introdotta da “mentre” si coordina con “L’aveva desiderata”, ma “la sua compagna” no. L’espressione “la sua compagna […] dei due” è una specifica dell’espressione introdotta da “mentre”, ossia la completa con un’ulteriore informazione. Da un punto di vista sintattico, è necessario riformulare in coerenza ai legami tra un’espressione e l’altra; per chiarire ciò che intendo, ti riporto degli esempi: “L’aveva desiderata, mentre i suoi amici avevano iniziato ad avere sempre meno tempo per lei la sua compagna di dormitorio glielo ricordava ogni volta che ostentava il soprannome inventato per uno dei due” oppure “L’aveva desiderata, mentre i suoi amici avevano iniziato ad avere sempre meno tempo per lei, cosa che la sua compagna di dormitorio le ricordava ogni volta che ostentava il soprannome inventato per uno dei due.” – come premesso, sono solo esempi di cui mi avvalgo per riuscire a esprimere al meglio ciò che intendo, niente di più!
• “«Non c’è nessun altra [...]”: la grafia corretta è “nessun’altra”, perché al femminile si tratta di elisione e l’apostrofo è necessario.

Tutto qui! Come anticipato, sono solo due piccole sviste che non intaccano la scorrevolezza del testo né la sua ottima forma.
Concludendo questa lunga analisi, non posso che complimentarmi con te per l’ottimo lavoro svolto in questo parametro. Il punteggio assegnato è un sintesi dei tantissimi pro e di quelle piccole situazioni messe in evidenza, motivo per cui è naturalmente alto. Sei stata davvero molto brava nella gestione della struttura stilistico-lessicale scelta, il tuo è un testo che si lascia leggere e che soprattutto sa cosa vuole comunicare. Bravissima davvero!

Titolo: 5/5
Lezioni di comunicazione è un titolo a mio parere indovinato sotto tutti i punti di vista. Credo i titoli contenenti la parola lezione/i siano capaci di attirare l’attenzione e incuriosire, sia perché possono evocare più contesti sia perché l’idea di lezione/i è qualcosa di familiare, con cui chiunque nel corso della vita si è relazionato; nel tuo caso specifico, poi, queste lezioni sono “di comunicazione” e questo è un ulteriore elemento che può incuriosire, perché si ampliano i contesti ai quali il titolo può riferirsi – ci si può anche chiedere se sia metaforico o meno –, un insieme di elementi che credo capaci di indurre un potenziale lettore ad aprire la storia.
Al di là di questo, quindi del fattore “impatto”, trovo sia un titolo capace di cogliere il doppio binario su cui si snoda la tua storia: quello generale (le lezioni di comunicazione impartite agli studenti per abituarli a parlare di determinati argomenti senza vergogna, ma anzi di porre domande, informarsi, proteggersi e chiedere aiuto) e quello particolare (le lezioni di comunicazione che sono mancate a Draco e Hermione, i quali condividono un legame senza tuttavia riuscire a comunicare tra loro). È insomma un titolo che rispecchia il contenuto del racconto, e se vogliamo anche la sua atmosfera che oscilla un po’ tra il serio e la commedia.
Non ho davvero alcun appunto da farti sul titolo scelto, trovo che nella sua apparente semplicità sia di impatto e riesca a racchiudere il senso ultimo del racconto, che è appunto l’importanza della comunicazione in qualsiasi tipo di situazione e rapporto. 5/5!

Trama (struttura, sviluppo, coerenza): 10/10
La tua trama ha una struttura molto solida e ragionata: c’è una scansione temporale (e narrativa) precisa, che accompagna con mano il lettore nell’evolversi del rapporto protagonista. È anche una trama articolata su due livelli: quello generale che fa da cornice – la malattia diffusasi a Hogwarts con le sue conseguenze sulla popolazione studentesca – e quello particolare – le conseguenze della malattia sul rapporto di Draco e Hermione; entrambi i livelli sono bene amalgamati tra loro, al punto che il primo diventa vera e propria cornice entro cui si sviluppa l’azione, ed entrambi veicolano lo stesso messaggio: l’importanza della comunicazione.
Come è evidente da quanto detto sino ad ora, trovo che anche lo sviluppo della trama sia ottimo. È un testo che si prende il suo tempo e non ha fretta di arrivare alla conclusione, si concede anzi il tempo necessario a indagare con attenzione i personaggi e il loro rapporto, riuscendo a rendere il confronto tra Draco e Hermione sia punto di svolta che punto conclusivo di una trama incentrata sull’incapacità di comunicare. Un valore aggiunto è inoltre il fatto che il confronto avvenga nel momento in cui entrambi si apprestano a sottoporsi al test, perché questo dettaglio riaggancia in conclusione il livello generale a quello particolare, restituendo l’idea di una trama unica i cui eventi si sono svolti in contemporanea.
Con riferimento alla coerenza narrativa, è un punto di forza della tua trama. Eventi e azioni sono ben contestualizzati e motivati nello sviluppo del racconto, che non tradisce mai se stesso.
A mio parere, hai fatto un ottimo lavoro sotto ogni punto di vista. Hai scelto una trama che a livello spazio-temporale si svolge in un tempo e in un luogo delimitati e hai costruito su questi presupposti una storia che da un lato ha un’originalità e un realismo vincenti (se infatti non credo di aver mai letto di malattie sessualmente trasmissibili in questo fandom, da un altro punto di vista è un tema assolutamente realistico e attuale, che dà risalto a una faccia della medaglia di cui si parla sempre troppo poco – a proposito di lezioni di comunicazione!), mentre dall’altro racconta un legame che nasce come attrazione ed evolve lentamente in qualcosa in più. Come già detto, il fatto che questi due filoni siano intrecciati al punto che la malattia diventa causa scatenante del confronto tra Draco e Hermione – dando quindi uno scossone al loro rapporto – non può che essere un valore aggiunto, perché la trama risulta coerente e coesa nella sua interezza. 10/10!

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10
Prima di soffermarmi sui protagonisti, apro una piccola parentesi sulle comparse di questa storia, che in poche battute riescono a costruire il contesto scolastico entro cui Hermione e Draco si muovono: attraverso le reazioni suscitate dalle lezioni del medimago, mostri il clima e l’attitudine della popolazione studentesca, che tra imbarazzi e battute fatica a relazionarsi con il tema trattato – c’è in questo aspetto quella pudicizia un po’ ipocrita che adulti e giovani subiscono quando devono affrontare insieme certe tematiche; attraverso invece Lavanda e indirettamente Harry e Ron, mostri in quale clima vive Hermione – il fatto che la sua immagine pubblica sia tanto distante dalla realtà dei fatti dà ad esempio la misura di quanto si senta/si sia isolata dalle persone che vivono assieme a lei.
Arrivando ai protagonisti, inizio proprio da Hermione, l’indiretta voce narrante del racconto. Hermione non è mai un personaggio semplice da caratterizzare, trovo abbia dei tratti peculiari che possono essere facilmente enfatizzati o al contrario smussati del tutto per renderla meno spigolosa. Nel tuo caso, però, trovo che Hermione sia fedele alla suo controparte cartacea: non hai enfatizzato le sue caratteristiche né hai smussato i suoi spigoli, ma hai sfruttato ciò che sappiamo di lei per delineare una caratterizzazione in linea con l’originale e al contempo coerente nel contesto della tua storia. A mio parere, sei stata molto brava nell’isolare il momento di più alta fragilità della Hermione adolescente (intesa proprio come Hermione alle prese con dinamiche adolescenziali quali sono innamoramenti, gelosie, scoperte delle relazioni complesse) per utilizzarlo come fondamenta della tua trama: in tal modo, l’avvicinamento a Draco Malfoy e l’atteggiamento con cui vive la loro relazione sono coerenti alla caratterizzazione di un personaggio che è orgoglioso, riservato ma anche ferito e in cerca di una sua dimensione privata – di una sua vita da ragazza. Al di là di questo, trovo IC l’insieme degli atteggiamenti assunti da Hermione nel racconto e il modo in cui affronta il problema sopraggiunto: è una mente razionale e come tale mette da parte anche la vergogna pur di seguire la strada più ragionevole. Ho apprezzato anche molto l’incapacità di comunicare con Draco, coerente a mio parere anche con il momento che sta vivendo – se non è in grado di comunicare con i suoi più cari amici, è giusto immaginare che non riesca o non voglia affrontare un dialogo con una persona che sente vicina ed estranea nello stesso tempo, e verso la quale non crede di avere alcun diritto. Se posso darti un piccolissimo consiglio, proprio alla luce dell’ottima caratterizzazione, credo che un’espressione come “Lei si era rivelata coraggiosa nel concedersi senza timore a un ragazzo che aveva detestato i suoi natali senza nemmeno una presentazione. C’era tutta l’audacia della sua Casa nell’ardore con cui intrecciava le dita tra i capelli biondi per tirarlo a sé, gli lasciava l’impronta dei denti sulle labbra docili e delle unghie sulla cute pallida.” non sia necessaria, perché da lettrice ho avuto la sensazione che volesse esplicitare l’IC di Hermione o comunque il legame con la controparte cartacea, cosa di cui a mio parere la tua caratterizzazione non necessita, perché il suo coraggio e la sua audacia emergono nelle azioni compiute e nelle parole pronunciate. Ciò detto, è come anticipato solo una minuscola osservazione, assolutamente soggettiva, che non incide in alcun modo sul punteggio e sull’ottimo lavoro svolto (anche perché è oggettivamente un’espressione bellissima e assolutamente in linea con la caratterizzazione del personaggio!).
Arrivando a Draco, ammetto che su di lui ho riflettuto un po’ di più. Ho avuto la sensazione che mi mancasse qualche tassello, i suoi perché, ma poi ho convenuto che fosse giusto così, perché il punto di vista interno è quello di Hermione e come è giusto che sia alcuni perché di Draco sono intuibili, ma non mostrati. Fatta questa parentesi, anche nel caso di Draco ho apprezzato come tu abbia saputo trasportare le sue caratteristiche nel tuo racconto, riuscendo a creare un terreno comune tra lui e Hermione; anche se non lo espliciti, è evidente che entrambi si siano ritrovati anche – se non soprattutto – in una complicità dettata dalla solitudine e dalla sensazione di sentirsi distanti dalle persone che li circondano. Pur attraverso il punto di vista di Hermione, è palese quanto Draco senta il bisogno di trascorrere tempo con lei, quanto sia ormai coinvolto in questa relazione – la sua gelosia tenuta a forza a bada ne è una riprova – e quanto siano mutate le sue priorità e la sua visione delle cose. Nel racconto non fai cenno al compito ordinatogli da Voldemort, ma i suoi comportamenti e le sue azioni mostrano chiaramente un ragazzo che ha vissuto o sta vivendo qualcosa capace di fargli riconsiderare un po’ tutto e assumere un atteggiamento diverso nei confronti di cose e persone.
Facendo ora un piccolo accenno anche allo sviluppo della coppia, ho trovato l’insieme ben caratterizzato e sviluppato. I tuoi Draco e Hermione non eccedono mai nel relazionarsi l’uno all’altra, sono due ragazzi che hanno intrapreso una relazione senza interrogarsi sui perché e che di conseguenza seguitano a ricacciare indietro domande e fingere che non parlare vada bene, perché tra loro c’è solo lo spazio di un amplesso; tuttavia, tra un silenzio e l’altro, emerge nel modo che hanno di cercarsi e pensarsi quanto in realtà questo legame non sia solo fisico, quanta voglia ci sia di conoscersi, confrontarsi, parlare. È un amore che sta sbocciando, quello di questa storia, un amore che non so se avrà un futuro, ma che ha di certo un presente.
Anche qui, 10/10!

Ispirazione: 3/3
Hai scelto la citazione Mi chiedi come sto e non te lo dirò | Il nostro vecchio gioco era di non parlare mai e l’hai resa pilastro dell’intera trama. “Non parlavano mai molto” è un vero e proprio leitmotiv del racconto, fondamentale all’intero sviluppo della trama e del rapporto protagonista: dall’origine alla conclusione.
I tuoi Draco e Hermione non sono incapaci di comunicare – cosa che la mente svelta di Hermione coglie –, ma scelgono di non farlo, perché sembra a entrambi più semplice e più giusto così, come se appunto quello tra loro fosse un gioco, nulla di serio, in cui parlare non è necessario. Ho poi apprezzato molto come tu sia riuscita a mostrare quanto peso avesse sul loro rapporto l’assenza di comunicazione: l’episodio del fraintendimento, oltre a essere cruciale per la trama, dà anche la misura di quanto costino i silenzi e di quali ripercussioni possa avere un mi chiedi come sto e non te lo dirò, perché Draco e Hermione sono stati davvero a un passo dal rovinare ogni cosa e incrinare la fiducia silenziosa che si era instaurata tra loro – anche in Hermione, che dubita di lui più perché trova sia ragionevole farlo che perché l’istinto le dica di non fidarsi.
Altro elemento che ho apprezzato molto è stato quello di tradurre Mi chiedi come sto e non te lo dirò in una vera e propria scena, mi riferisco al momento in cui Draco intuisce un cambiamento in Hermione e le chiede spiegazioni e lei gli nega la verità. Non so se sia stata un’ispirazione consapevole o istintiva (ragionando quindi sul prompt in generale), ma ho trovato la scena molto significativa e perfettamente in linea col significato del prompt.
Com’è intuibile, non ho alcun appunto da farti in questo parametro, sei stata bravissima. 3/3!

Totale: 42/43