Recensioni di rhys89

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Recensione alla storia The boy and the beast - 09/09/18, ore 21:31
Capitolo 1: The boy and the beast
[Valutazione del contest "Il contest di G", indetto sul forum di EFP]

Titolo: 
Ormai conosci la mia ritrosia per i titoli inglesi, ma anche io ho le mie eccezioni… e questo, con il suo evidente richiamo al celebre “The beauty and the beast”, ci rientra di diritto. 
È un titolo semplice ma pregno di significato, evoca un’atmosfera favolistica che ritroviamo in tutta la parte del flash-back e sicuramente attira l’attenzione del lettore, stuzzicando la sua curiosità. 



Caratterizzazione dei personaggi: 
Per potermi spiegare al meglio, ho deciso di suddividere la caratterizzazione tra passato e presente, oltre che per personaggi, quindi tratterò prima tutta la parte flash-back e poi il resto. 


Partiamo quindi dall’inizio, col piccolo Phil, e lo conosciamo mentre tutto orgoglioso dice il suo primo “non” senza neppure comprenderne fino in fondo il significato, forse. 
Mi è piaciuta questa scelta perché, oltre che molto carina dal punto di vista stilistico, è anche realmente plausibile: un bambino pende dalle labbra dei genitori, e se suo padre ripete “non” ad ogni piè sospinto non c’è da meravigliarsi che Philip assimili proprio quella parola per prima, tra tutte le altre. 

Senza contare che il fatto che “madre” e “padre” siano venuti dopo insinua anche molti dubbi su quanto scarso potesse essere il livello di affettività presente in famiglia. 
Non che Philip venisse fisicamente maltrattato, ovviamente, ma già in quel semplice “non” è presente un velo di malinconia che lo seguirà ovunque, anche da grande. 

Onestamente però mi fa un po’ strano immaginarmi Philip come un bambino così precoce e intelligente come l’hai descritto tu. Non che sia uno stupido, assolutamente, ma nel film lo abbiamo conosciuto come un giovane uomo con milioni di buone qualità, certo, ma i suoi continui fallimenti per il dramma che aveva messo in scena non ne danno l’idea di qualcuno particolarmente brillante. 

Ma questa ovviamente è solo una mia idea, può benissimo essere che Phil è davvero super intelligente e ha avuto solo sfortuna in quel campo, oppure che è “nella media” ma da piccolo aveva così tanta voglia di compiacere i genitori da sforzarsi all’inverosimile per essere “la piccola, perfetta copia di suo padre”, come tutti si aspettavano da lui. 
Sì, forse quest’ultima opzione è la più plausibile (me la suono e me la canto, vabbè). 

Invece, quello che è certo – o almeno certo per me, e immagino anche per te – è che Philip è sempre stato attratto dall’ignoto, da quel “salto nel buio” per scoprire cose nuove… e soprattutto da tutto ciò che gli potesse dare anche solo una parvenza di libertà dalla gabbia dorata in cui era rinchiuso, per quanto effimera potesse essere. 

Per questo, trovo assolutamente perfetto un piccolo Phil che prende di nascosto la bacchetta di suo nonno e si lascia vincere dalla curiosità, uscendo ad esplorare il bosco. 

Eppure, per quanto curioso e smanioso di esplorare, Philip è solo un bambino, e ho apprezzato moltissimo che tu abbia sottolineato l’inquietudine che strisciava in sottofondo… e anche che usasse la bacchetta a mo’ di spada come amuleto contro la paura: dannatamente tenero e anche molto verosimile. 

Come verosimile è, a mio modesto parere, il suo scoppiare a piangere all’apparire della “bestia”, nonostante la regola di suo padre. 
Indicativo a tal proposito che, nonostante il terrore – perché di sicuro era terrorizzato, povero piccolo – comunque sia nella sua mente trova ancora un angolino da dedicare al padre e ai suoi insegnamenti: anche da cose come queste si vede quanto a fondo, nonostante la giovanissima età, erano già penetrate le regole e i pregiudizi della sua famiglia, in primis proprio di suo padre. 

Che poi i pregiudizi ha saputo per fortuna metterli da parte, probabilmente anche proprio grazie a P.T., ma è facile immaginare che abbiano condizionato a lungo la sua esistenza (esattamente come vediamo nel canon). 

E poi, devo dirtelo, ho adorato il punto in cui immediatamente dopo il pianto disperato Philip “dovette coprirsi la bocca con entrambe le mani per ricacciare indietro la risata”: può sembrare folle dall’esterno, ma è indubbio che i bambini – come dici tu stessa nella storia – sono un agglomerato di emozioni intense, e riescono a passare dalla disperazione più nera al divertimento in un battito di ciglia. 
Soprattutto se si trovano davanti una “bestia feroce” che cade goffamente a terra, perdendo di colpo tutta l’aria minacciosa di poco prima. 

Altrettanto verosimile (ma stavolta mi ha fatto male al cuore leggerlo) che Philip riesca solo a dire alla “bestia” di non piangere perché “non c’era conforto in quelle parole, ma era tutto quello a cui era abituato”… ma poi – e qui viene fuori tutta la bontà d’animo di Philip – continua a parlarle e a consolarla, facendosi forza per farne anche al suo nuovo amico peloso. Adorabile. Adorabile e basta. 

Mi è anche piaciuto che, una volta deciso che “dato che non vuoi mangiarmi, possiamo diventare amici”, Philip si sia rassettato ben bene così da potersi presentare come si conviene a un Carlyle – come gli ha insegnato suo padre

Quindi, senza più traccia alcuna di paura, si arrampica tra le sue zampe come se fosse un peluche troppo cresciuto, e continua quel dialogo a senso unico che in realtà a senso unico non è, perché a modo suo la volverina risponde sempre e Philip riesce a capirla – e se non capisce finge di farlo, proprio come se stesse giocando con un cagnolino a “facciamo finta che”. 

Altra noticina realistica e strappalacrime, il pensiero fugace che attraversa la mente di Philip quando sente la “risata” del suo amico, paragonandola a quella dei bambini che vedeva a volte da lontano, che suo padre gli aveva insegnato a ignorare perché inferiori… che però Philip invidiava per quella loro spensieratezza che a lui invece era sempre stata negata. 

L’immagine di Philip che si addormenta “addossandosi completamente a quella bestia gentile” è davvero dolcissima e naturale: la sensazione di fiducia assoluta che emana un bambino quando si addormenta tra le tue braccia non si può descrivere a parole… ma qui ci sei andata molto vicina. 


Due parole sul padre di Philip: pur non comparendo mai direttamente, la sua è una presenza costante in tutto il flash-back. Costante e ben strutturata, perché attraverso le sue regole e credenze – che Phil ha diligentemente assimilato – ritroviamo un uomo aristocratico e superbo, consapevole di essere “una spanna sopra agli altri” e fiero di sottolinearlo ogni volta che ne capita l’occasione. 

Un uomo che, invece di “perdere tempo” a giocare con il proprio bambino, gli insegna invece a “comportarsi come si deve”, non tanto per essere fiero di lui quando per non esserne deluso. 

Può sembrare una differenza sottile, eppure c’è ed è lampante: ogni volta che Philip richiama le regole del padre o le infrange, nella sua testa non c’è il pensiero di farlo felice o al contrario di deluderlo, ma solo la consapevolezza che ubbidire è un suo preciso obbligo, e la conseguente paura del padre quando non rispetta tale imposizione. 


E infine veniamo a P.T. versione wolverine volverina
Pur non avendo ovviamente la possibilità di parlare nel senso stretto del termine, sei riuscita a renderlo altamente espressivo attraverso gli occhi e quei versi ora rauchi e tristi, ora così simili a una risata. 

Sì, è vero che è necessaria la spiegazione finale per capire appieno questi indizi, ma riguardandolo a posteriori direi che è ben descritta la sua angoscia per quella trasformazione a dir poco inaspettata. 

Mi è anche piaciuto il modo in cui riesca a calmarsi grazie a quel bambino sconosciuto che nonostante tutto riesce a vedere oltre la sua apparenza di “bestia”, trattandolo come un amico e non qualcuno da temere. 

Infine, la delicatezza con cui trascina Philip fino ai gradini di casa e gli struscia il muso sulla guancia è probabilmente uno dei più famosi marchi di fabbrica di Phineas, secondo solo al suo amore per il freak… e per tutto ciò che va oltre le regole e la morale comuni. 


Adesso, passiamo alla parte “presente” della storia. 

Inizia con un dialogo tra Philip e Charles, e nelle parole che si scambiano – veloci, ironiche e talvolta pungenti – ho rivisto per filo e per segno i personaggi che abbiamo imparato ad amare in TGS: Charles, scontroso e sarcastico, e Philip che rinuncia alla propria cena tranquilla – o meglio, alla propria cena in generale – per cercare di smorzare la tensione del suo amico. 

Emblematico quel “Solo un orso? Solo?” con cui Charles lo sfotte perché, in effetti, nessun adolescente con un senso del pericolo adeguato alla media direbbe “solo un orso” della bestia che passeggia allegramente nei giardini della sua scuola. 
Nessun adolescente che non sia abituato alle pazze avventure in cui P.T. lo coinvolge una settimana sì e l’altra pure, probabilmente. 

Oh, e c’è quel “Per te è Signorina Wheeler!” urlato sguaiatamente da Lettie dall’altra parte della sala che mi ha fatto morire dal ridere e che è così da lei da sentire la sua voce mentre la stavo leggendo. 


E poi entra in scena Barnum, con gli occhi gonfi e arrossati, e ovviamente Philip si preoccupa. E, ovviamente, lui sdrammatizza con una battuta (“fortunatamente il rosso mi dona”… che faccia da schiaffi!). 

Mi piace la reazione che a quel punto ha avuto Philip: sa che c’è qualcosa che non va ma non insiste per non essere invadente, preferendo aspettare che sia Barnum a parlargliene con i suoi tempi. Una delicatezza che rivela al tempo stesso tutta la sensibilità di Phil e tutto l’enorme affetto che prova per Barnum. 

Più di tutto, però, mi è piaciuto quel “se proprio morissi dalla voglia di disobbedire, almeno fai attenzione”, perché in queste poche parole si vede sia la sincera preoccupazione per lui, che la consapevolezza che comunque sia, regole o non regole, P.T. Barnum farà sempre e comunque quello che gli pare. 


Così come è assolutamente realistico, da parte sua, pensare che P.T. voglia cercare appositamente l’orso per poterlo ammaestrare. Folle, vero… ma è proprio quello a renderlo così plausibile, parlando di Barnum. 


Davvero molto dolce e IC il modo in cui Anne cerca di rassicurare Philip che “se Barnum ha qualcosa in mente, sarai il primo da cui andrà a chiedere aiuto”, e anche e soprattutto il suo “affondare le unghie nella sua camicia, affinché ne sentisse la presenza” mentre cerca di consolarlo che, no, di sicuro Charity e Barnum non stanno parlando proprio di quello e sono loro ad aver capito male. 
Una bugia bianca poco convinta e convincente, ma assolutamente realistica e in linea con il personaggio. 

Proprio come la cocente delusione che nasce in Philip a quella scena, perché è vero che lui e P.T. non stanno insieme, ma è lui ad essere il suo confidente… lo era sempre stato, e ora Charity gli ha rubato anche quello – almeno dal suo punto di vista. 
È ovvio che ci sia rimasto male, insomma, sarebbe stato strano il contrario! 


Veniamo poi alla scena delle scale, e… niente, P.T. è un Idiota, con la “I” maiuscola. 

Adorabile, eh, ma sempre di idiota si parla, perché nonostante sia parecchio intelligente ha il brutto vizio di pensare solo dopo aver agito, e si ritrova a fare cose folli come mettere in pericolo la vita di una delle persone a cui tiene di più solo perché non ha riflettuto che, magari, avrebbe potuto cercare un modo più consono di attirare la sua attenzione. 

Ma vabbè, lui è fatto così… e Philip lo sa. Lo sa, lo capisce e lo perdona. Sempre. 

… anche se una postilla acida ci sta, vista la delusione cocente ancora fresca, e a tal proposito quel “sei sicuro che non preferisci parlarne con Charity” l’ho trovato un po’ infantile, forse, ma assolutamente perfetto per quel preciso contesto. 

Dopotutto, andiamo, chi non ha mai lanciato una frecciatina del genere in preda alla gelosia? 


La reazione di Philip alla notizia che P.T. è un animagus è assolutamente stupenda e dannatamente realistica: oltre alla ovvia iniziale confusione, c’è quel moto di stizza per non averlo capito prima, per non aver collegato gli indizi alla consapevolezza assoluta che “se era impossibile, Barnum ci sarebbe riuscito”. 
(Dio, ma quanto amore e devozione trasuda da questa singola frase?) 

Dolcissima anche l’insistenza con cui P.T. lo rassicura sul fatto che è lui e lui soltanto quello a cui voleva rivelare il proprio segreto, che Charity l’ha visto per sbaglio e si è trovato costretto a parlarne con lei. 

E poi, l’ultima parte… credimi, sto facendo uno sforzo sovraumano per riuscire a mettere insieme un giudizio che esuli da “ommioddio ma quanto sono belli insieme!”, ma non garantisco niente. 

Scherzi a parte, ormai non so più in che salsa dirti che questi due li muovi a meraviglia, che se presi singolarmente rispecchiano alla perfezione il carattere che abbiamo conosciuto nel film, quando sono insieme le due perfezioni si elevano al quadrato, e ogni gesto, parola o pensiero risulta così naturale da sembrare quasi inevitabile. 


Ultima menzione d’onore per: 
«Innanzitutto, se l’avessi scelto io, sarei stato un –» 
«Non dire drago.» 
«…Ok.»
 Tipico. 

Poche parole in cui sei riuscita a riversare il fulcro di tutta la loro relazione, con P.T. che è adorabilmente folle e Philip che capisce le sue follie anche prima che lui stesso le abbia pensate – e che poi vi si ritroverà inevitabilmente coinvolto, perché in fondo sa anche che non può mai dirgli di no… e soprattutto non vuole. 




Stile e trama: 
Prima di cominciare, ti faccio notare un paio di errori che ho riscontrato nella storia: 
- Dì, andare all’avventura con Barnum […] --> , con l’accento, significa “giorno”; l’imperativo di dire, quello che ti occorre in questo caso, è di’, con l’apostrofo. 
- Il tentativo di castare un gratta&netta era fallito miseramente --> Non sono ancora certa se definirlo errore oppure no, ad ogni modo “castare” è un verbo piuttosto controverso da utilizzare in una storia scritta in italiano: ho trovato solo un paio di esempi che riportano questo verbo italianizzato dall’inglese “to cast”, ma sono tutti in ambito molto informale all’interno di dialoghi su videogiochi (anche se in effetti almeno uno si riferisce specificatamente ad un incantesimo); per il resto, in nessun dizionario che ho consultato ho trovato questo vocabolo. 
Per questo ti consiglierei per una migliore fluidità di lettura di modificarlo con un sinonimo più standard come “provare” o simili… oppure potresti ovviare al problema con un semplice “Il suo tentativo di gratta&netta era fallito miseramente”. 

Un ultimo piccolo, puntiglioso appunto tecnico: molti dei termini del mondo di Harry Potter inventati dalla Rowling vanno scritti con la maiuscola (come fa lei stessa nei romanzi): Babbani, Mezzosangue, Grifondoro (e tutte le Case), Prefetto ecc. 
Forse sembrerà un’inezia, ma è comunque una delle regole del fandom e personalmente credo che una storia che rispetti anche questa parta di base con almeno un punto in più. 


Detto questo, veniamo a noi. 

Il tuo stile mi ha sempre affascinato, perché mantieni un livello sia stilistico che sintattico nella media e con un vocabolario quasi quotidiano, e poi di tanto in tanto inframmezzi il testo con piccole perle di pura poesia che, oltre a non stonare assolutamente nel contesto, arricchiscono la lettura rendendola ancora più piacevole. 

Oltre a questo, ho particolarmente apprezzato il cambio stilistico che si avverte tra flash-back e presente. 

Parlo soprattutto per quanto riguarda il flash-back, dove una sintassi più semplice e accorgimenti come “manine” o “boccuccia” o in generale termini che si usano prettamente per parlare di bambini, aiutano non poco il lettore a immergersi nella testa del piccolo Philip, a sentire sulle spalle il peso delle aspettative paterne e ad andare all’avventura insieme a lui, con la bacchetta del nonno usata alla stregua di un semplice bastoncino perché, in fondo, ai bambini non serve la veramagia per creare un mondo più magico, basta l’immaginazione. 

In questo flash-back hai lasciato da parte tutto il sapere degli adulti per mostrare la storia con gli occhi di un bambino, ed era esattamente quello che io ricercavo in questo contest. 


Ovviamente ho apprezzato anche la parte al presente, che differisce dall’altra non solo per lo stile più “adulto”, farcito di battute pungenti e riflessioni malinconiche, ma anche per la presenza di più personaggi, tutti trattati egregiamente. 

Un altro punto che contraddistingue questa seconda parte è da riferirsi al gran numero di discorsi diretti: mentre nel flash-back abbiamo un solo “dialogo” a senso unico, qui i personaggi interagiscono spesso tra loro, e lo fanno – giustamente – con le parole, oltre che con le azioni. 


A proposito del “dialogo a senso unico” tra il piccolo Philip e P.T. versione volverina, l’ho trovato veramente realistico e ben strutturato, e ho apprezzato l’escamotage delle intuizioni infantili di Philip per mandarlo avanti: ovviamente P.T. in quello stato non può rispondergli a parole, ma Philip usa la forza dell’immaginazione per non lasciarsi abbattere e continuare a fare la conoscenza con il suo nuovo amico peloso. 


Tornando ad Hogwarts, mentre la parte al passato risulta più introspettiva e volta a studiare le reazioni di Philip in quella piccola, grande avventura, qui abbiamo un ritmo più veloce, che procede spedito tra dialoghi, dubbi e incidenti più o meno voluti, per poi arrivare dritto dritto a quel “mistero” che mistero in realtà tecnicamente non era. 

Mi spiego meglio: Philip non ha mai messo in dubbio che l’animale da cui il preside li aveva messi in guardia fosse un orso vero, ma il lettore – a differenza sua – ha potuto raccogliere gli indizi dal titolo, dal flash-back e da quelle espressioni strane di P.T. messe ad hoc in punti strategici… e lui, il lettore, sì che si era insospettito, e si è ritrovato a sorridere nel trovarsi finalmente di fronte alla soluzione dell’enigma. 


Prima di concludere, vorrei parlare un momento di una cosa che mi chiedo fin da quando ho letto che Philip, parlando di Anne, pensa che “lei avrebbe avuto i baci del ragazzo e i suoi abbracci, ma a lui, a Phillip, sarebbero rimasti i segreti e le confidenze”. 

Da questa frase sembra quasi che P.T. e Charity abbiano una relazione, e anche se alla fine scopriamo che non è così resta comunque il fatto che P.T. e Philip sono solo amici – beh, più o meno. 

E, ok, magari è un po’ OT, ma ho letto anche l’altra tua storia ambientata in questo universo e lì invece hanno una relazione – o almeno così pare – quindi mi chiedevo: le due storie sono scollegate, pur trovandosi nello stesso AU, oppure questa è una sorta di prequel dell’altra? O sono io a non aver capito niente e in realtà anche in questa storia stanno insieme ed è solo Philip a farsi un sacco di paturnie per niente? 


E, soprattutto: Philip, tesoro… per quale dannatissimo motivo hai voltato la testa alla fine? 
Dimmelo, perché!? 

Ok, ok, giuro che mi riprendo… anche se è stata una bella delusione, eh. 


Tornando seri, immaginare P.T. che si trasforma in una volverina, piccola, pelosa e dolcissima, è davvero IL fluff più estremo, e non mi stupisce che Philip si arrenda all’evidenza e ci caschi con tutte le scarpe. 

In fondo, alla fine, quel segreto che aveva rischiato di dividerli adesso è diventato loro, qualcosa che li unisce ancora di più – come se ce ne fosse bisogno – e che probabilmente diventerà un ingrediente fondamentale per le loro prossime avventure. 

Dopotutto, Philip e Phineas sono partners in crime, no? 



Gradimento personale: 
Credo di aver espresso il concetto abbastanza chiaramente, ormai, ma in ogni caso io ho amato alla follia questa tua storia: la parte flash-back per la tenerezza e la cura con cui hai saputo parlare di Philip bambino, quella al presente per l’estremo dosaggio di fangirlismo (?) che hai scatenato prima con P.T. che prende al volo Philip e lo stringe tra le braccia stile damigella in pericolo (pericolo causato proprio da lui, ma dettagli) e poi alla fine, con quella canzone sussurrata a fior di labbra che… no, non ce la faccio. Meglio chiudere qui. 


A presto!
rhys89
Recensione alla storia Life' Show - 30/06/18, ore 21:26
Capitolo 1: Life' Show
[Valutazione del contest And if it's crazy live a little crazy]

Life' Show di Freeshane

Valutazione

Premessa: 
Ritengo doveroso spendere due parole, prima di passare alla valutazione vera e propria, per avvertirti che, se avessi seguito il mio stesso criterio, la tua storia sarebbe stata esclusa dal contest perché “eccessivamente sgrammaticata”: hai commesso di base soltanto due errori, ma entrambi molto gravi e, soprattutto il primo, ripetuto molte volte: 
- Mancato segno di punteggiatura forte a fine frase --> Nessuno dei tuoi dialoghi termina con un segno di punteggiatura forte, e sono ben 17. Il segno di punteggiatura forte è obbligatorio al termine di qualunque frase; se il dialogo è seguito da una frase indiretta con verba dicendi et declarandi (dire, urlare, sussurrare, rispondere, ecc.) allora viene messo soltanto al termine della suddetta frase, ma se non è così il punto NON va eliminato, bensì va inserito al termine del dialogo, dentro o fuori dalle virgolette (a discrezione dello scrittore). 
Se può esserti d’aiuto, nella mia pagina giudice trovi uno specchietto specifico sulla punteggiatura nei dialoghi. 
- Il verbo essere alla terza persona singolare presente vuole l’accento e non l’apostrofo -->È e non E’. Questo errore compare 2 volte. 

Nella mia pagina giudice spiego che ciascuno di questi errori comporta di una penalità di -0,2 che viene raddoppiata in quanto la storia è inferiore alle 500 parole; il totale dei tuoi errori ammonterebbe quindi a 7,6 punti di penalità e, dal momento che il punteggio massimo in “Grammatica e sintassi” è 5 e che procedo per sottrazione, andresti sotto zero e – di norma – la tua storia sarebbe esclusa dal contest. 

Ma alloraperché invece la tua storia è ancora in gara
Principalmente perché hai commesso soltanto due tipologie di errore, mentre il resto della storia è pulito dal punto di vista sia grammaticale che sintattico, il che denota una certa cura che ho apprezzato. 
Ho deciso quindi di non penalizzarti con qualcosa di drastico come l’esclusione dal contest, ma allo stesso tempo ho scritto questa premessa per farti comprendere l’importanza delle regole grammaticali che tu in questa storia non hai rispettato. 
Ti consiglio di far più attenzione, in futuro. 



Titolo: 
Io non amo particolarmente i titoli in lingua straniera, soprattutto se non hanno altra ragion d’essere se non il “suona meglio in inglese”, e il tuo, da questo punto di vista, è un po’ borderline: quello “show” potrebbe collegarsi al titolo del film “The Greatest Showman”, ma dal momento che alla fine utilizzi la dicitura “uno spettacolo chiamato vita” il legame è veramente molto labile. 
Personalmente avrei preferito l’italiano, ma alla fine è questione di gusti. 

Per quanto riguarda il significato, invece, l’ho trovato carino e ben calzante con la storia: si focalizza su quello che è l’avvenimento più importante della stessa senza però fare al lettore nessun tipo di spoiler, invogliandolo a leggere. 



Uso della citazione: 
La citazione è molto ben utilizzata: hai spiegato chiaramente nel corso della storia il perché abbandonare quel fatidico show, dopo averlo organizzato con tanta cura, sarebbe una follia per Philip… e poi hai raccontato anche come lui scelga di compierla lo stesso, quella follia, perché altrimenti se ne sarebbe pentito per sempre. 



Caratterizzazione dei personaggi: 
Ho trovato i personaggi di questa storia molto ben caratterizzati, sia i protagonisti che i personaggi secondari. 

Trovo assolutamente verosimile che Philip, essendo rimasto l’unico “re” del circo, si impegni al massimo per continuare a dare lustro allo spettacolo, per dimostrare di essere all’altezza di Barnum e renderlo fiero di lui. E, perché no, per sentirsi fiero di se stesso, per essere riuscito a realizzarsi e ad avere successo. 

E trovo naturale anche che una Anne in stato molto avanzato di gravidanza sia invece quantomeno seccata che suo marito la trascuri così per il lavoro: Anne ha un carattere molto forte e di certo non è una donna che ha paura di dire in faccia alle persone le cose come stanno, anche a costo di ferirle. 
Ho trovato un po’ forzato invece che abbia tirato fuori l’argomento “Barnum e Charity” nella discussione, perché per come l’abbiamo conosciuta non mi pare il tipo da fare paragoni con le esperienze altrui (in poche parole pensa sempre ai fatti propri), ma dato che si trova in uno stato fisico ed emotivo particolare questa “stonatura” è comprensibile. 

Molto bello il breve incontro tra Philip e Barnum, ma ho da farti una piccola annotazione: Philip lo chiama sempre P.T. e non per cognome (a parte nella scena in cui si sono conosciuti, ovvero prima di diventare soci ed amici, e un’unica volta dopo l’incendio quando ce l’aveva con lui per il casino della tournee). 
Detto questo, come ti dicevo, l’incontro tra loro due mi è molto piaciuto e ho trovato entrambi ben caratterizzati: Philip nervoso per quello che sarebbe il suo grande momento come showman, e Barnum che un po’ lo rassicura e un po’ si congratula, fiero di lui come lo è sempre stato. 
Hai reso giustizia, seppure in poche parole, a quello che è uno splendido rapporto di amicizia o qualcosa di più, e questo non può che farmi piacere. 

L’ingresso in scena di Charity invece non mi ha convinto molto: dire che è “come se avesse corso per chilometri” secondo me è esagerato e dà al lettore un senso di surreale che invece non ci sarebbe stato se ti fossi tenuta più sul vago (ad esempio lasciando solo “come se avesse corso fin lì”). 
Inoltre, ho anche qualche perplessità sul fatto che proprio Charity si sia precipitata a chiamare Philip: avrei trovato più naturale che fosse rimasta al fianco di Anne – che per quanto ne sappiamo non ha madre né famiglia oltre a quella del circo (che al momento è impegnata altrove) e quindi senza di lei sarebbe rimasta sola col dottore – e avesse invece mandato qualcun altro a chiamare Philip. 

Invece, la scelta di Philip di lasciare tutto quanto e correre da lei è, oltre che adorabile, anche perfettamente IC: per Anne ha già sfidato apertamente i suoi e tutti i benpensanti dell’alta società, quindi è assolutamente plausibile che decida di mollare tutto e correre da lei, nonostante l’impegno messo nel preparare quello spettacolo. 

Infine, è molto bella – e anche realistica – la scena di Anne che, tra i dolori del travaglio, si senta sollevata nel trovare finalmente suo marito al suo fianco, e tragga dalla sua presenza la forza necessaria per dare alla luce il loro bambino. 



Stile e trama: 
Il tuo è uno stile semplice e pulito, si segue con molta facilità e consente al lettore di non perdere mai il filo del discorso grazie a una sintassi ricca di periodi brevi e coordinate, spesso per asindeto. 

Ho notato però che tendi a sovrabbondare con le virgole, anche quando non sarebbero necessarie, e questa pecca in alcuni punti ha un po’ rallentato la lettura. 
Ti faccio un esempio: “Si scusò Carlyle dando un dolce bacio sulla fronte alla donna che, ormai, chiamava moglie, la quale invece sospirò e si accarezzò il ventre pronunciato, da ormai quasi otto mesi.” --> si potrebbero eliminare ben tre virgole senza alterare il senso del discorso: “Si scusò Carlyle dando un dolce bacio sulla fronte alla donna che ormai chiamava moglie, la quale invece sospirò e si accarezzò il ventre pronunciato da ormai quasi otto mesi.” 

Invece mi hanno favorevolmente colpita i dialoghi: ad una prima lettura, lo confesso, mi sono sembrati un po’ troppo artificiosi, ma poi ho capito che riflettono bene (alcuni più e altri meno) l’atmosfera del film e il linguaggio usato dai personaggi, e questo ha contribuito a dare realismo a tutta la storia. 

Tuttavia, il solo utilizzo della virgola – o al massimo del punto fermo – nei discorsi diretti spesso non ti consente di dar loro la giusta intonazione, ed è per questo che inizialmente mi “stonavano”: non è il lessico usato, è che la mancanza di intonazione li rende piatti. 
Anche qui ti faccio un esempio: “Philip, devi andare, Anne è entrata in travaglio, il dottore è già a casa e ha chiesto di te” qui abbiamo Charity che è arrivata di corsa per fare un annuncio urgente, ma dal dialogo non si nota né la fretta né l’importanza di ciò che sta dicendo. --> “Philip! Devi andare, Anne è entrata in travaglio… il dottore è già a casa e ha chiesto di te!” in questo modo invece il discorso assume più sfaccettature, e i punti esclamativi danno al lettore proprio l’idea dell’urgenza che Charity – presumibilmente – voleva trasmettere. 

Una piccola annotazione: non so se hai evitato perché ti avrebbe fatto sforare il limite di parole o altro, comunque sia dopo che Philip corre da Anne (dopo la frase “Dopo di ciò, corse più veloce che poteva verso l’amore della sua vita.”, per capirsi meglio) ci vuole un’interruzione di paragrafo (come hai fatto dopo il dialogo iniziale, subito dopo “Buonanotte, Philip.”) perché devi in qualche modo avvisare il lettore del cambio di scena dal circo alla casa di Philip, altrimenti per un attimo rimane spaesato. 

Non capisco inoltre perché nella frase “Congratulazioni, signori Carlyle, è un maschio” hai messo “Carlyle” in corsivo: è un semplice cognome, non c’è bisogno di metterlo in risalto. 

La scena del parto l’ho trovata molto bella, realistica senza scendere nel dettaglio – cosa che avrebbe stonato – ed edulcorata quanto basta per renderla poetica senza però, appunto, scadere nell’inverosimile. 

L’immagine finale di Anne e Philip che stringono tra sé il loro bambino è tenerissima, e soprattutto lo è quella di Philip che, ammirandolo, si rende conto di essere l’uomo – e lo showman – più felice del mondo. 



Gradimento personale: 
La tua storia è molto tenera nei contenuti, e nonostante – secondo me – abbia bisogno di alcune modifiche e correzioni – mi è comunque piaciuta: l’ho trovata dolce e romantica, ed è riuscita a farmi concludere la lettura con un bel sorriso. 
Vorrei dirti che il mio pezzo preferito è stato il finale, ma è solo al secondo posto: il mio cuore batte barlyle (Barnum/Carlyle) ed è proprio quel piccolo omaggio alla loro splendida amicizia il mio prediletto… senza nulla togliere alla Philip/Anne ovviamente, eh! 


A presto!
rhys89
Recensione alla storia Se posso chiamarti con un nome, che sia Amore - 25/06/18, ore 12:09
Capitolo 1: Se posso chiamarti con un nome, che sia Amore
[Valutazione del contest And if it's crazy live a little crazy]

Titolo: 
Confesso che mi hai spiazzato, perché ero super convinta che mi avresti proposto un titolo in inglese… e invece no. 
Non che me ne lamenti, beninteso: preferisco i titoli in italiano in generale, e questo in particolare mi è piaciuto moltissimo; oltre ad essere in perfetta armonia con l’atmosfera della storia l’ho trovato molto poetico e romantico… e anche un po’ teatrale, se vogliamo. 
Esattamente come quell’adorabile faccia da schiaffi di P.T. Barnum. 



Uso della citazione: 
Follia e Barnum sono un’accoppiata imprescindibile, e tutta la flash ruota intorno a questo concetto di base, ma analizzato da un’angolazione del tutto nuova. Perché, sì, in fondo anche il principio stesso della sua relazione con Philip poteva essere considerato “folle” per i tempi, ma ho molto apprezzato che tu abbia portato il tutto a un livello superiore – sia di follia che di romanticismo. 



Caratterizzazione dei personaggi: 
Sono esattamente loro, dalla punta del cilindro a quella delle scarpe. 

(Tralasciamo la parte in cui ti faccio notare che in realtà P.T. e Philip non si danno del “voi” ma del “tu” perché so che lo sai già e che è solo una licenza poetica – che tra l’altro apprezzo.) 

È naturale che Philip si sia sentito abbandonato quando Barnum ha scelto di partire per la tournee, e lo è ancora di più che dopo la foto di quel bacio con Jenny gli sia crollato il mondo addosso: in fondo Philip ha letteralmente cambiato vita per P.T. e per il suo Circo, sarebbe stato strano che questo suo atteggiamento lo avesse lasciato indifferente – a prescindere dalla relazione romantica. 

Ho inoltre apprezzato particolarmente l’accenno al lato in cui Philip si ritrova solo: tu lo sai – e lo so anche io – che The Other Side è la loro canzone, e trovarla tra le righe della tua storia ha contribuito non poco sia alla caratterizzazione di Philip che all’accrescimento del pathos. 

In tutto questo, c’è da dire che Philip – al contrario di P.T. – ha una leggera propensione al “vittimismo”, chiamiamolo così: quando qualcosa va storto non riesce né a riderci su né tantomeno a lasciar correre, e si ritrova a rimuginarci sopra ancora e ancora, scandagliando ogni singolo aspetto negativo della situazione tanto da sprofondare sempre di più nel baratro dell’angoscia. 
Il che è comprensibile, oltretutto, perché di batoste psicologiche Philip ne ha ricevute parecchie dalla vita, ma quando questo suo atteggiamento si unisce al suo orgoglio e alla voglia di dimostrare agli altri – e si torna sempre lì, all’importanza del giudizio altrui – che in realtà va tutto bene, che lui sta bene e che è abbastanza forte da affrontare tutto da solo, le cose potrebbero degenerare sempre più, in un circolo infinito e autodistruttivo. 

Fortuna che c’è P.T., che – con tutti i suoi difetti – ha anche l’immenso pregio di non arrendersi mai, soprattutto quando in gioco c’è qualcosa – o qualcuno – a cui tiene particolarmente. 

La scena con Philip che cerca – invano – di tenere lontano P.T. e lui che, tutto sorridente, finge di non accorgersene è davvero la sintesi perfetta del loro rapporto: Philip, orgoglioso e razionale, che si incontra/scontra con la follia sognatrice di P.T…. e si ritrova sconfitto – ma vincitore. 

La faccia da schiaffi con cui P.T. entra sorridente e si inginocchia davanti a Philip è così da lui da dare quasi i brividi: Barnum non è un idiota, sa di aver commesso un errore e sa che quell’errore ha fatto soffrire l’uomo che ama… ma invece di profondersi in scuse preferisce agire, e cercare il suo perdono nel modo che gli è più congeniale – dannatamente romantico e assolutamente folle. 

Anche la ritrosia iniziale di Philip è coerente col suo personaggio, come pure lo è la velocità con cui cede al perdono: dopotutto lo conosce bene e sa che non avrebbe voluto fargli del male… ma soprattutto, con quel gesto stupido, insensato e idiota, P.T. ha messo a tacere il tarlo del dubbio che gli aveva roso mente e cuore fin da quando ha visto la foto del bacio. 

Molto adeguato al personaggio di Philip il suo preoccuparsi per le bambine, ancor più che del giudizio altrui: è molto affezionato alle piccole Barnum ed è naturale che si preoccupi della loro reazione… come del resto è naturale che P.T. lo rassicuri perché l’affetto che Philip nutre per loro è più che ricambiato. 

Per quanto riguarda P.T., invece, mi ha molto colpito il discorso che fa a proposito del matrimonio, quando ammette di non potergli dare una relazione alla luce del sole: se da un lato questa parte non mi convince molto, perché P.T. se n’è sempre fregato altamente dell’opinione altrui e quindi non credo che avrebbe problemi a farsi vedere con un uomo, dall’altro c’è da tener conto che probabilmente si preoccupa sia per Philip che per le sue figlie. Perché magari lui sarebbe più che disposto a sopportare critiche, insulti e quant’altro, ma allo stesso tempo è naturale che voglia invece proteggere le persone che ama dallo stesso destino. 

Il tira e molla generale di tutto il discorso finale mi ha ricordato molto da vicino quello che P.T. e Philip hanno avuto proprio in The Other Side: P.T. che propone un piano folle che li coinvolge entrambi e Philip che tenta di opporsi appigliandosi alla razionalità e al buoncostume… ma finisce inevitabilmente col cedere. 

E poi, diciamocelo: la vera follia, a quel punto, sarebbe stata dirgli di no. 




Stile e trama: 
Allora, innanzitutto ti faccio notare un minuscolo refuso, così ci togliamo subito il pensiero: 
Il bacio tra Phineas e Jenny Lind aveva cancellato ogni dubbi. --> Dubbio. 

E ora veniamo a noi. 

Che dire, il tuo stile riesce sempre ad affascinarmi, e in questa flash non fa eccezione: è fluido e fresco, tanto introspettivo da consentire al lettore di empatizzare con i personaggi senza però risultare troppo pesante da seguire, anche grazie ad una prevalenza di periodi brevi alternati a discorsi diretti. 

La storia si apre su quello che è uno dei momenti più cupi della vita di Philip: dopo aver abbandonato la sua vecchia vita, dopo aver fatto quel salto nel vuoto per Barnum… si ritrova abbandonato proprio da lui, su quel lato in cui l’ha trascinato quasi a forza. 

Non so se è stata una scelta voluta o dettata dall’esiguo limite di parole, ma ho apprezzato molto che tu non ti sia soffermata eccessivamente su questa prima introspezione: un po’ di angst è cosa buona e giusta perché permette al lettore di capire appieno quali sono i sentimenti di Philip e il suo stato d’animo e di apprezzare ancora di più il lieto fine, ma calcare troppo la mano avrebbe reso la storia e lo stile più pesanti e la fluidità della flash ne avrebbe risentito. 

La seconda, e più corposa, parte della storia, è costituita da un unico dialogo inframmezzato qua e là da piccole frasi indirette volte a mettere in risalto un pensiero o un’azione. 

Il lessico utilizzato nei discorsi diretti è perfettamente adeguato all’epoca, e anche lo stile del dialogo riprende da vicino quello del film, adattandosi ai due personaggi tanto bene che, personalmente, ho letto quelle battute proprio con la voce di Philip e Phineas. 

Credo che quest’accuratezza nei dialoghi abbia contribuito sia ad una buona caratterizzazione dei personaggi, sia alla verosimiglianza della storia, contestualizzandola nell’epoca del film. 

A tal proposito, anche l’aver citato i vari problemi di una relazione omosessuale all’epoca è stato fondamentale per consolidare il realismo della storia, anche se alla fine – per fortuna – prevale la positività e la convinzione di poterli affrontare in nome di quell’amore che li lega. 

La scena iniziale di questa seconda parte mi è piaciuta moltissimo sia per l’immagine in sé che per il sottotesto che – personalmente – ci ho letto: la porta che P.T. apre, entrando nella stanza in cui Philip si era chiuso, è paragonabile al metaforico muro che Philip aveva eretto tra sé e – Barnum – il mondo… e quel sorriso che fa subito capolino è l’emblema sia della sfacciataggine di Barnum che della sua determinazione, con le quali riesce – ancora una volta – a oltrepassare le difese dell’uomo che ama, restandogli vicino anche quando lui cerca di allontanarlo. 

Mi è inoltre piaciuto l’espediente – non so se effettivamente lo è, ma mi piace pensarlo – di inserire queste “interruzioni indirette” prevalentemente dopo le battute di P.T. e quindi prima di quelle di Philip: nel leggere, queste piccole pause danno l’impressione che, mentre Philip è più esitante e si prende qualche momento per pensare a cosa rispondere, P.T. al contrario ribatte immediatamente, sicuro di sé e di loro come lo è sempre stato e ben deciso a trasmettere anche a Philip questa sicurezza. 

Infine, tutto il tira e molla di questo dialogo mi ha ricordato da vicino quello di The Other Side: P.T. che propone una romantica follia e Philip che è tentato ma titubante… ma alla fine si lascia convincere. 

Perché se è vero che si ritroveranno soli contro il mondo, almeno avranno la certezza di essere in due, loro due. 
E in fondo è l’unica cosa che conta. 



Gradimento personale: 
Non credo ci siano abbastanza parole per dire quanto mi è piaciuta questa storia: insomma, c’è l’angst, il fluff, la follia e quel romanticismo d’altri tempi che però non passa mai di moda… oh, e poi c’è Philip con gli occhioni a cucciolo ferito e Barnum che sorride come se sapesse – e sicuramente lo sa – di poter avere il mondo ai suoi piedi. 
E ci sono io che fungirlo come una pazza dal momento esatto in cui “la porta s’aprì sul sorriso di Phineas” fino al “mille volte sì”. 


A presto!
rhys89
Recensione alla storia No one'll love me as I am { no one but you } - 27/04/18, ore 11:03
Capitolo 7: Long live the King (Phineas/Phillip)
Tu prima o poi mi farai morire.
Sì, in teoria ho tutta una tabella di marcia di storie da recensire, ma questa... questa è così dannatamente perfetta che non ho potuto resistere.
Perché è canon, e angst, e agrodolce, e rivela quello che secondo me è stato il vero finale di The Greatest Showman - che poi è stato tagliato per non offendere i benpensanti.

Perché, andiamo, è ovvio che quei due si attraggano come i poli opposti di una calamita, e anche se adoro le storie in cui si mettono insieme e sono tutti felici e contenti (il mio povero cuoricino ha bisogno di un happy ending ogni tanto) apprezzo all'inverosimile cose come questa: un amore mai inconfessato perché sbagliato - perché P.T. è sposato, perché sono entrambi uomini, perché non funzionerebbe punto e basta - che però resta ancorato tra le maglie del cuore e della mente.

Tralasciando la parte fangirl, inoltre, trovo assolutamente verosimile una scena del genere, perché magari P.T. e Philip nel canon non potrebbero stare insieme per tutti i motivi di cui sopra... ma qui siamo in un momento cruciale, con l'adrenalina a mille per lo spettacolo e la consapevolezza che sarà il loro ultimo giro insieme - la fine di un'era e l'inizio di un nuovo regno - e nessuno - neppure loro stessi - possono biasimarli per essersi lasciati andare ad un solo, piccolo, agognato bacio.

La smetto qui perché sennò continuerei a ripetermi, ma ti faccio tantissimi complimenti perché con questa flash (a proposito, grazie per non aver eliminato quelle dieci parole in più, perché tutte quelle che ci sono sono assolutamente necessarie) ti sei proprio superata.

A presto!
rhys89