Recensioni di Dark Sider

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Recensione alla storia La volontà di Velka - 15/05/20, ore 10:35
Capitolo 2: Capitolo primo
Ciao carissimo!
Non sai che gioia nel vedere che avevi aggiornato questa storia. Come non potevo fiondarmi a leggerla?!
È sempre un piacere ritrovare questo stile ricercato e altisonante, dal sapore aulico e medievaleggiante, che riesci a rendere sempre in maniera impeccabile e senza cadute di stile e per questo ti faccio tantissimi complimenti. Rimango sempre piacevole colpita da questa tua capacità di saperti destreggiare anche con stili diversi, e di saper comunque rendere in maniera ottimale e vivida le vicende.
Nello scorso capitolo, ci eravamo lasciati con Velkrow che si apprestava a lasciare il Mondo Dipinto e qui lo ritroviamo che muove i suoi primi passi nel mondo esterno, quel mondo che sa di libertà, sa di opportunità, sa di quella prigione che si è lasciato dietro senza neppure troppo rimpianto o rammarico. E la prima cosa in cui s'imbatte il nostro amico privo di lingua è la strage di tiratori di coltelli compiuta nella sala della cattedrale. Ora, questo dettaglio è davvero interessante e mi ha fatto domandare chi sia stato a perpetrare questa strage, se Ornstein stesso oppure il prescelto. Ora, non so se nella tua storia è previsto un parallelismo con le peregrinazioni del Chosen One, ma comunque sono stata portata a pensare che lui potesse essere passato di lì, ma probabilmente è per deformazione mentale dovuta al fatto che noi vediamo sempre questo mondo complesso attraverso gli occhi dello sfigato di turno.
Una cosa interessante da notare è il comportamento di Ornstein: lui è un cavaliere onorevole, uno dei più fidati e capaci di Gwyn, ha la sua scala di valori. E allora che cosa lo ha spinto a uccidere Priscilla? Che cosa lo ha spinto ad addentrarsi in un luogo isolato, lontano, per uccidere qualcuno che, fondamentalmente, non stava arrecando danno alcuno? E se fosse stato davvero lui a compiere la strage nella sala, perché di nuovo ha compiuto questa carneficina? C'è un motivo ben preciso, qualche macchinazione che non conosciamo, oppure sta diventando vuoto? O, ancora, con un volo pindarico che lo ricollegherebbe ad Artorias, sta venendo divorato dall'Abisso?
Vabeh, ora sto divagando, ma sappi che sono davvero molto molto curiosa e le ipotesi sono tante, così come le domande.
Intanto il nostro Velkrow esce fuori e s'incontra con il sole e con il calore: è stato un momento davvero intenso in cui questo poveraccio si è incontrato per la prima volta con questo fenomeno e lo trova piacevole (aspetta che facciano 40 gradi all'ombra con il 100% di umidità mentre te ne vai in giro in armatura completa, Velkrow, poi ne riparliamo). Mi piace molto l'impostazione che hai dato alla narrazione, con questa prima persona che è quasi un flusso di pensieri del protagonista dinanzi a ciò che vede e vive, che s'imposta come un dialogo con quelle che sono le figure di riferimento della sua vita: si rivolge alternativamente alla madre e a Velka, come se volesse farle partecipi di ciò che gli sta accadendo. Questo suo comportamento lascia intendere come lui sia comunque indissolubilmente legato sia all'una che all'altra. Non sa nulla del mondo, perché è rimasto sempre prigioniero in quella realtà che sentiva stretta, e non ha mai fondamentalmente quindi conosciuto altro che non fossero sua madre e la sua divinità, e questo se lo porta dietro anche fuori, come uno strascico di quel freddo luogo che ha abbandonato.
Bellissime le sue riflessioni sulla morte della madre, che non fa così male come aveva creduto, perché si è finalmente liberato da quella protettiva schiavitù che sua madre gli aveva imposto. Certo, che un po' stronzo lo sei, Velkrow, eh.
Fuori ad aspettarlo c'è anche il corvo, che gli fa piovere ai piedi la maschera di Velka a dirgli "to', mettitela che devi fare cose", e poi senza tante cerimonie lo afferra e lo porta in un altro luogo, con un forte richiamo a quello che poi è il modo in cui anche il prescelto viene sballottato a destra e a manca. Mi è venuto da notare un interessante parallelismo tra Velkrow e, appunto, il prescelto, che poi magari non era nemmeno nelle intenzioni dell'autore: il nostro senza-lunga non si pone domande circa quello che gli sta accadendo. È Velka che lo vuole, è la sua volontà, e tanto gli basta. Non rimane troppo a rimuginare sul perché Velka lo abbia chiamato a fare qualsiasi cosa deve fare, né sulla natura di questa cosa. Va avanti con una cieca fiducia, con la consapevolezza che è Velka che glielo sta chiedendo. In questo non è dissimile al Chosen One, che si appresta a compiere il suo viaggio senza se e senza ma, senza farsi domande, ma rimanendo un po' in balia degli eventi. Si fida, giunto al Firelink Shrine, di quello che gli dice Frampt. Non mette in dubbio le sue parole, le segue con cieca fiducia, convinto che quella sia la verità e la strada giusta. Solo se e quando incontrerà Kaathe, gli verrà data da lui una visione diversa, una verità altra, in cui Frampt viene accusato di menzogna e inganno. Una verità che potrebbe cambiare tutto. Ecco, Velkrow l'ho visto un po' come il prescelto, che si fida dei segni che gli vengono mandati, perché è la sua dea a farlo, ma non è effettivamente (ancora) consapevole del disegno che ci sia dietro. Potrebbe forse avere delle brutte sorprese in merito.
Ho molto apprezzato il fatto che tu abbia deciso di far portare Velkrow al Rifugio dei Non Morti, dove inizia anche il gioco. Il nostro protagonista si rivela un combattente molto abile, tanto che riesce a stendere anche un cavaliere nero e, non contento, gli frega anche l'arma. Azione per cui non lo biasimo: lo spadone dei cavalieri neri è, a mio parere, una delle armi esteticamente più belle del gioco (oltre a essere molto forte a inizio gioco, se sei così fortunello da fartela droppare). Mi piace che Velkrow abbia notato che il cavaliere nero indossa la sua stessa armatura e che questa, però, abbia avuto un incontro un po' troppo ravvicinato con il fuoco. Sicuramente non è uno sprovveduto, ed è anche un buon osservatore.
Il capitolo si conclude in modo inaspettato: Velka ha voluto per Velkrow la maledizione della non-morte. Cioè, Velka, fammi capire: mandi a prendere questo poveraccio senza uno straccio di spiegazione, lo consegni come un pacco postale al Rifugio dei Non Morti, gli spiaccichi addosso la maledizione della non morte e poi lo fai spedire chissà dove (al Firelink Shrine suppongo)? Non ti starai approfittando un po' troppo dello zelo di questo poveraccio? Sempre ammesso che dietro tutto questo ci sia Velka, eh, perché altrimenti l'inganno è doppio, triplo, quadruplo.
Un altro capitolo davvero magistrale, che ho divorato con estremo gusto. Leggerti è sempre un piacere.
Alla prossima :)
Recensione alla storia La volontà di Velka - 29/04/20, ore 21:31
Capitolo 1: Prologo
Ciao, carissimo!
Tu scrivi una storia su Dark Souls, anzi, cominci una long, e per di più con un personaggio tutto tuo a calcare la lore complessa e affascinante di questo mondo e io che faccio, non passo a leggerla? Giammai! E adesso, a lettura ultimata, sappi che ti esorto (minacciosamente) a partorire (con dolore o meno) il secondo capitolo di questa storia con tempi celeri perché, sì, me ne sono innamorato.
E non solo per lo stile ricercato che, come per quella su Artorias, si sposa alla perfezione con le atmosfere di Dark Souls e con i tempi che vuole richiamare, ma soprattutto per il protagonista, che qui ci presenti con rapide e sapienti pennellate, che dicono quanto basta ma non troppo, e che rendono questa figura intrigante e maledettamente affascinante.
La prima cosa che mi ha colpito di Velkrow e che me lo ha fatto subito piacere è stato il suo essere senza lingua, senza quel muscolo che gli è stato fatto strappare da un padre ignoto. Interessante che di questo abominio lui incolpi anche sua madre, che ha pianto, che lo ha curato con un tizzone ardente che non poteva fargli male, ma che no è intervenuta, non l'ha difeso davvero. Ovviamente, i motivi possono essere tanti e dipendenti dall'identità e dalle motivazioni di questo padre misterioso, ma agli occhi di un bambino costretto a subire questa sevizia, non ci sono motivazioni o giustificazioni che tengano. Solo dolore e crudeltà. La caratteristica del mutismo indotto, comunque, m'intriga non poco e mi piace l'idea di un personaggio mutilo, e soprattutto mutilato di qualcosa che non lo menoma nel combattimento o nei movimenti, ma che è comunque molto importante. Senza la parola, quanto possiamo dire di noi? Quanto possiamo esprimere le nostre idee, imporre la nostra posizione?
Ipotesi sull'identità del solito ignoto (padre)? Qualcuna, ma voglio vedere come si evolve la faccenda prima d'iniziare a esprimermi in merito. La lingua asportata mi fa pensare a certe lingue pallide come trofei e a una certa dea muta, ma qui stiamo decisamente divagando (oppure no? Chissà).
Tornando a Velkrow, altra cosa che ho tremendamente apprezzato di lui è la sua dicotomia nei confronti di sua madre, quei sentimenti contrastanti nei suoi confronti che lo hanno accompagnato per tutta la vita e che non lo abbandonano neppure dopo la morte della madre. Lui la rispetta, a tratti sembra quasi che la veneri, le dà del "voi" a indicare la deferenza che prova nei suoi confronti, eppure. Eppure c'è dell'odio nel suo cuore, odio per la vita a cui l'ha costretto, per ciò che l'ha fatto essere e diventare. Riconosce i nobili intenti di proteggerlo, l'amore nelle scelte di lei, eppure non riesce a perdonarla, a comprenderla del tutto e a fondo: si è sentito prigioniero laddove lei voleva tenerlo al sicuro, si è sentito soffocato, privato della libertà laddove lei voleva proteggerlo. E il freddo Mondo Dipinto non è per lui una gabbia d'oro, ma un luogo di lacrime e sofferenza, un luogo dove si è sentito in catene, costretto nelle scelte, costretto in tutto.
Ha abbracciato le file di Gwyn più per torto nei confronti di sua madre che per vero credo. Mentre paparino ci riprova e cerca d'ingraziarsi il figlio promettendogli un ruolo di spessore tra i Cavalieri d'Argento (cocco, potevi anche evitare di fargli strappare la lingua, magari ti voleva più bene. Così, tanto per dire), lui approfitta per fare i dispettini alla madre, e indossa l'armatura come monito nei confronti di se stesso, per non dimenticare mai il male che (ritiene) lei gli abbia fatto. Rancoroso, il ragazzo. Mi piace.
Ho amato la parte finale della storia, quella in cui Priscilla muore e lui si sente addolorato nel vederla ferita e moribonda e furioso nel cogliere il baluginio dell'armatura dell'assassino (Ornstein ha sempre una gran classe, non c'è niente da fare, anche quando salta giù da un dirupo - mica come quel ridicolo del prescelto). Poi prova a parlare e si ricorda che non ha la lingua e qui riaffiora l'odio per la madre, un odio che non riesce a non provare neppure mentre la stringe tra le braccia e piange lacrime silenziose sul suo volto. La odia mentre si dispera per la sua dipartita. Un'immagine potentissima e stupenda.
Tutta la vita di Velkrow è stata un filo sospeso tra l'odio e l'amore per sua madre, in un contrasto che forse l'ha segnato più di quanto pensi e che si perde anche dopo la morte di Priscilla. Tutto il suo mondo è morto e li è disperato, ma si sente anche speranzoso e libero per lo stesso motivo, perché lei è morta. Si è liberato dalle sue catene e si appresta ad andarsene, per fare cosa? Per vivere davvero da uomo libero, oppure per inseguire l'assassino di sua madre per vendicarla, in uno strascico di quelle catene che lo hanno stretto per tutta la vita?Se p davvero questo che vuoi fare, buona fortuna, coraggioso: te ne servirà tanta, soprattutto se Ornstein è mal accompagnato da Smough.
"I cari ricordi possono tenerti in vita": ho saltato sulla sedia quando ho letto questa frase. Il pendente è sempre l'oggetto che scelgo all'inizio quando comincio una nuova run, anche se non serve a niente e anche se è una trollata del caro Miyazaki, perché amo questa frase, quindi ritrovarmela scritta così, all'improvviso, mi ha fatta gongolare.
Caro, non posso che farti tanti, tantissimi complimenti per questa storia, che si prospetta davvero moooolto interessante e intrigante. Attendo con trepidazione il seguito.
E comunque, giusto per farlo sapere a Velkrow, io Priscilla non la uccido mai, quando vado in visita al Mondo Dipinto (scelta che mi piacerebbe fosse possibile fare anche con il povero Sif).
A presto :)
Recensione alla storia Dark Souls – Lost Tales - 17/02/20, ore 20:57
Capitolo 3: Capitolo 3 - Waste not fresh tears over old griefs
Eccomi per il terzo capitolo di questa bellissima storia!
E che capitolo. Un capitolo ricco di tantissime cose, non solo dal punto di vista di lore, ma anche da quello degli avvenimenti.
La descrizione della battaglia del nostro valoroso guerriero al Bacino, prima con i gole e poi con l'hydra è resa davvero magnificamente: torno a dire che hai un modo di descrivere le scene d'azione e le battaglie davvero magnifico e avvincente: sembra davvero di star giocando al videogioco, quindi tanto di cappello.
Ho apprezzato anche la parte con Dusk, dove non solo si fa menzione dei mondi che collidono e collassano, compenetrandosi, ma dove scopriamo anche quella che sembra una conoscenza del protagonista verso questa donna. Sa perfettamente chi è, anche se così non dovrebbe, perché lei viene da un passato remoto, e a lui dovrebbe essere estranea. Qui cominciano a sorgere domande e curiosità, che non fanno che accentuarsi con l'incontro con Alvina, che riconosce il protagonista, dandogli il bentornato. E lui stesso pare avere una grande familiarità con Alvina. Qui apprendiamo che il protagonista viene da un altro luogo e un altro tempo, un tempo passato, in cui quel posto era diverso da come gli appare dinanzi agli occhi e dove Artorias - che scopriamo a sorpresa essere un suo caro amico - era ancora vivo. Apprendere della sua morte muove nel protagonista un grande dolore e lo spinge a voler onorare la tomba del suo amico caduto, cosa che si appresta a fare e, per dissipare i tuoi dubbi, hai reso assolutamente bene l'omaggio che il nostro fa ad Artorias, descrivendo il momento con una delicatezza e un trasporto che ho davvero amato.
Sif lo riconosce e lo lascia avvicinare, cosa che sappiamo non fa con il Prescelto, benché gli deve la vita. Altro campanello d'allarme questo, unitamente all'assenza di Havel nella torre.
Il finale disvela infatti alcune cose: non stiamo seguendo il viaggio del Prescelto, ma di qualcun altro. Ecco che si spiega anche chi abbia suonato la prima e la seconda campana: è stato il Prescelto, come da lore, ma questo prescelto non è il protagonista. Lui è tornato, per cercare suo padre e suo fratello. E tutto questo mi fa sospettare che si tratta forse del primogenito di Gwyn.
Ti faccio come sempre tantissimi complimenti per il capitolo e per la trama e dopo le scoperte fatte in questa sede penso sia superfluo dire che sono davvero curiosissima di proseguire.
Alla prossima :)
Recensione alla storia Dark Souls – Lost Tales - 11/02/20, ore 17:22
Capitolo 2: Capitolo 2 - A traveller without observation, is a bird without wings
Ciao! Infine, sono riuscita a passare oggi per proseguire con la lettura di quest'interessantissima storia.
Ho gradito davvero moltissimo anche questo capitolo, che ho letteralmente divorato. Arrivare alla fine è stata quasi una sorpresa, tanto il capitolo è scorso fluidamente. Torno a dire, innanzitutto, che apprezzo molto il linguaggio che hai deciso di utilizzare per questa storia e il modo in cui lo accordi alla narrazione.
Qui vediamo il nostro prescelto arrivare al Santuario, che può ammirare dall'alto mentre il corvo lo porta. La descrizione che hai fatto del luogo è stata davvero molto coinvolgente ed evocativa e ha reso alla perfezione la maestosità di queste rovine avvolte nel mistero, che sono lì da eoni, a rappresentare grandezze ormai dimenticate.
Non poteva di certo mancare, una volta giunti a destinazione, l'incontro con quello che è l'emblema di tutti i Souls: il Cresfallen Warrior, che accoglie il nostro cavaliere con le sue tipiche frasi enigmatiche e la sua risata che si fa via via più isterica, man a mano che perde il senno. E sospetto, dalle sue parole, che anche qui lo ritroveremo vuoto e impazzito, come accade anche nel videogioco. Intorno a questa figura, ci sono sempre stati un grande fascino e, persino, mistero: questo misterioso uomo prossimo alla vuotezza ci sta dicendo la verità, oppure le sue sono le parole di un pazzo? È questa la domanda che più spesso ci si pone dinanzi a lui. Io, che ho giocato anche a Demon's Souls, da cui il Crastfallen si origina, rispondo che sono più propensa a credere vere le sue parole, poiché è così che si rivelano essere nel suddetto gioco, quindi perché nel suo successore spirituale non dovrebbe essere altrettanto? In ogni caso, il nostro cavaliere presta fede alle sue parole, un po' perché non ha molta altra scelta e un po' perché lo vede sincero.
Il protagonista s'addentra così nel Borgo dei Non Morti, luogo emblematico e che, di nuovo, tu hai saputo descrivere in maniera superba, come se ci trovassimo davvero davanti a una run e stessimo giocando. Hai un modo di descrivere davvero meraviglioso e coinvolgente, così come sei molto brava a presentare le scene di combattimento, che rendi con chiarezza e fluidità, immergendo il lettore nelle atmosfere del gioco che sai ricreare con estrema maestria.
Secondo me, sei stata davvero molto brava a bilanciare quello da dire con quello da omettere e il tutto, alla fine, è risultato davvero equilibrato.
Il nostro cavaliere procede con grande fatica nel suo viaggio, superando con estrema maestria le varie peripezie che si trova ad affrontare. In un'analisi introspettiva che ce lo fa conoscere meglio, afferma che mai e poi mai vorrebbe gettare onta sul nome di suo padre e su quello della sua famiglia, per cui continua a proseguire, presentandosi come un'ottima incarnazione di quelli che sono i valori cavallereschi. Davvero sublime il motivo peer cui ha scelto di discendere verso il basso piuttosto che salire in alto, altra cosa che ci consente di fare un viaggio el suo passato e nella sua personalità.
Ammetto di non aver mai utilizzato l'alabarda in nessuna delle mie run, preferendo gli spadoni e la piromanzia. La mia arma preferita è invero il Machete del Demone Capra, che amo utilizzare.
Comunque, io sono pro queste foto di fine capitolo che mostrano oggetti non presenti nel gioco e che accrescono la curiosità: cosa sarà quest'anello e che ruolo avrà nella storia?
Un altro capitolo davvero ben fatto e interessante. Ti faccio tantissimi complimenti e continuerò senz'altro a seguirti!
Alla prossima :)
Recensione alla storia Dark Souls – Lost Tales - 03/02/20, ore 19:11
Capitolo 1: Capitolo 1 - What’s past is prologue
Ciao, eccomi qui dalla tua storia!
Che dire, amo moltissimo Dark Souls, che ha una lore davvero di spessore e delle ambientazioni meravigliose. Ci ho giocato e rigiocato moltissimo, a volte facendo run serie, a volte per farmi due risate (e così ho scoperto che la frusta è l'arma finale, perché non la usa nessuno ed è piena di bug stupendi, del tipo che passa attraverso colonne e muri come se non esistessero affatto). Insomma, alla luce di ciò non può che farmi piacere leggere qualcosa sul mondo di Lordran e sul sua fitta trama. Allora, confesso di aver pensato anche io, una volta, di scrivere una fan fiction su Dark Souls che ripercorresse le avventure del nostro non-morto prescelto, ma ho poi accantonato l'idea al pensiero della mole di lavoro che ci sarebbe stata dietro (a discapito del mio poco tempo libero), quindi tanto di cappello a te che hai deciso di imbarcarti in questa titanica impresa.
Questo primo capitolo mi è piaciuto davvero moltissimo: hai usato uno stile che ben s'addice ai toni e all'ambientazione della storia e che si sposa perfettamente con il genere. Hai fatto delle descrizioni davvero precise e coinvolgenti, che mi hanno catapultata al Rifugio dei Non-morti, facendomi ripercorrere la strada che il nostro non-morto percorre con timore una volta uscito fortunosamente dalla sua cella. Vedo che il protagonista qui è un cavaliere, armato e abile nel combattimento: io sono affezionata al discriminato, che scelgo sempre e indiscutibilmente, ma mi è piaciuto molto questo cavaliere dal sangue freddo, che affronta con lucidità e prudenza ciò che si ritrova davanti, e che si accorge del pavimento traballante che conduce dritto dritto al boss più stupido della storia. Mi è piaciuto anche il modo in cui hai delineato il cavaliere nero con poche, efficaci parole: io amo i cavalieri neri e le loro armature rimangono sempre le mie preferite da un punto di vista estetico e sono decisamente dei nemici molto temibili, soprattutto all'inizio, quando richiedono tanti backstab e molta pazienza. Si è avvertita tutta la terribilità del nemico e la sua pericolosità, nonostante il nostro prescelto lo abbia affrontato saggiamente. Bellissima anche la trasformazione in cenere del cavaliere dopo la morte, che richiama la lore dei cavalieri d'argento.
Mi è piaciuto anche moltissimo il modo in cui hai descritto i non-morti impazziti del Rifugio, oramai solo esseri vuoti e privi di senno.
Insomma, hai fatto davvero un lavoro egregio e mi sono ritrovata catapultata e immersa nelle prime battute del videogioco in maniera vividissima e senza alcuno sforzo, quindi davvero complimenti!
Sono curiosissima di proseguire la lettura e di seguire il nostro prescelto nel suo difficile viaggio e di leggere dei personaggi che più ho amato.
Ti rinnovo dunque i complimenti e spero davvero di rileggerti presto.
Alla prossima :)