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Recensione alla storia Okumoros, dal veloce destino - 29/11/20, ore 17:39
Capitolo 1: Okumoros, dal veloce destino
Non so bene come commentare questa piccola meraviglia, non sono mai stata brava con le poesie, perché quelle così personali, viscerali, come quelle contemporanee, come la tua, per me non si devono analizzare, sezionare e commentare, si devono leggere lasciandosi scavare dentro e facendosi travolgere dalle parole e dalle sensazioni (per le analisi puntuali c’è la poesia antica, che per essere decifrata ci nasce). Quindi non so cosa ti scriverò, probabilmente le sensazioni e le immagini che mi hai lasciato addosso dopo la lettura.
 
Ho amato la disposizione, per me ha perfettamente senso, era come lo scorrere di pensieri dentro la mente di Patroclo, e mi ha proprio dato l’impressione di questi sprazzi di pensiero che si rincorrono, e scavalcano, e sovrappongono, a volte sono solo sussurri di pensiero, altre rimbombano e seguono un filo preciso, e poi lo interrompono e magari riprendono qualche pensiero più in là. Non so se è l’impressione che avevi in mente tu, ma è quello che è parso a me (faccio la lettrice un po’ egocentrica, lo so, perdonami).
E i pensieri di Patroclo sono stati come un’onda che mi ha travolta e cullata, trascinata tra le spire di questo sentimento che è oltre. Oltre ogni definizione, oltre la comprensione (anche quella divina che tutto dovrebbe sapere, ma nonostante ciò non vuole accettare e tenta di porre limiti), oltre la vita e oltre la morte, se mai possiamo dire che sono morti – perché chi continua a venir cantato non muore.
Il semplice gesto di mangiare un frutto racchiude un mondo: racchiude i loro occhi che si incrociano per la prima volta a tavola e smuovono l’animo di entrambi, racchiude i pomeriggi di scoperta sul monte con Chirone, in cui si legano più indissolubilmente di prima, racchiude un gesto tanto semplice che se però fatto da una persona che è tanto visceralmente legata a noi diventa unico, irripetibile, pieno di altri mille significati.
E poi, c’è quell’appartenersi al punto di essere a casa solo con l’altro, ovunque si sia, anche in fuga (e considerata la loro vicenda, forse fuga è la parola più giusta, che poi diventa ritorno: perché dal destino puoi provare a fuggire per realizzare un amore che altrimenti ha giorni contanti, ma quell’amore lo puoi vivere solo tornando sui tuoi passi e fronteggiando quel destino).
E se abbassi lo sguardo sono perso, ecco qui mi si è crepato il cuore perché è forse l’aspetto che più di tutti mi ha spezzato di Patroclo, nei libri, qui, quando ci ripenso.
 
Non so bene cosa ho scritto, credo sia una giustapposizione di frasi senza molto senso o legame, ma per questa piccola meraviglia dovevo uscire dal mio “mutismo” quanto si parla di poesia e provare a ritornarti un pezzetto di quello che hai dato a me. Non ci sarò riuscita, ma sappi che la poesia mi ha emozionata e fatta innamorare sempre più di quello che scrivi e di come lo scrivi. E ti prego, non cancellarla, merita che tanti la leggano e scoprano quanto è bella e profonda e delicata.
 
Un abbraccio,
Maqry