Giuro solennemente di starmene zitta, la prossima volta. E sai bene il motivo.
Ma tralasciamo il motivo per cui sono arrivata qui e parliamo di queste poesie, che si fronteggiano come due gemelle, come due specchi.
Come riflessi nelle lacrime.
La prima, quella in cui riconosco una piccola rimembranza, è amara, un po' frustrata nei sentimenti: non è facile piangere, lo so, e non è neppure bello. Come sai, non le vedo un simbolo di debolezza, ma di forza interiore: sono loro ad aprire il nostro cuore agli altri, a mostrar loro dolori, ma anche gioie. Ed è amara anche nella scelta dei termini, che evocano sofferenza, aridità, mancanza di vita: ma è la sofferenza interiore a spingerci ad andare avanti, dopo aver pianto.
Tuttavia, si può piangere anche per altri motivi, non necessariamente migliori ma senz'altro meno dolorosi: quando le risate si inframmezzano ai discorsi, quando si vorrebbe sorridere agli avvenimenti della vita ma, per uno strano scherzo del nostro essere umani, non si riesce a far altro che piangere. Ma ora le lacrime non brillano più di luce riflessa, ma risplendono interiormente, riflettendo la nostra felicità.
Uno splendido risultato, mia cara.
E grazie.