Tu non puoi immaginare quanto questo tuo nuovo stile di scrittura –perché sì, è diverso dal vecchio che faccio quasi fatica a scorgere la vecchia Ella -!?- tra le righe- mi piaccia.
Ti rende partecipe della storia in un modo incredibile, tanto che ti senti li vicino ai protagonisti.
Mamma mia, ti senti quasi di troppo all’inizio, mentre ti sembra di vedere gli sguardi fugaci che i due protagonisti si lanciano, nemmeno fossero calamite.
E poi, dopo gli sguardi, parte la storia.
Parte Axel, fiero e convinto più che mai che non esista nessun destino a frapporsi tra lui e il mondo.
Un Axel che è convinto di ottenere quello che vuole quando vuole, basta volerlo e non importa quanto sia impossibile.
Però ci fai già capire che il destino interferirà in qualche modo.
Infatti ecco che arriva una nuova parte, che all’inizio non avevo ben capito.
Ventus? Roxas? Che sta succedendo?
Avrei preferito non saperlo – naaa, volevo saperlo ma non pensavo ci sarei rimasta male-.
Quindi si apre la parte della storia, stavo dicendo, in cui Roxas non è più Roxas.
Si trasforma in Ventus, ma non ci riesce e crede nemmeno lui.
Si fa chiamare così, ma non riesce a cambiare tutte quelle piccolezze che lo rendono Roxas. A partire dallo scrivere con la mano sinistra al finire con lo sguardo di Axel, che lo guarda sempre e solo come se fosse Roxas.
Ho adorato, com’è giusto che sia nelle tue storie, un bel po’ di parti, ma qui te ne citerò due giusto perché non ho la più pallida idea di come faccia la mia connessione a resistere in questo momento.
Passiamo, orsù, alla prima.
Axel che guarda fuori dal finestrino e vede la schiena di Roxas incamminarsi verso casa sua e praticamente gli cade il mondo addosso.
Prima erano due, le spalle vicine, che camminavano lungo il viale e per un attimo perde la sua maschera di compostezza che aveva indossato fino ad allora.
Piange contro il finestrino bagnato. Mi è entrata nelle ossa, se è possibile, questa scena.
Ma adesso passiamo alla seconda, sicuramente non tanto allegra nemmeno lei.
/«Roxas!» urlò, il fiato corto e le gambe che tremavano./
L’ha chiamato Roxas. Non Ventus, Roxas.
Il primo nome che gli è uscito spontaneo dalla bocca, che ha urlato, è stato il vero nome del biondo.
Per metà storia ci hai fatto leggere di Roxas, che vuole essere chiamato come il gemello e che tutto lo fanno, compreso Axel, e alla fine eccolo li; Axel non riesce a non chiamarlo così, quando l’unica cosa che vuole è chiamarlo per portarlo in salvo.
Ok, magari è una parte insignificante, questa del nome, ma come oramai ben sai mi attacco alle cose più piccole e che più mi colpiscono.
E adesso ritorniamo alla storia, così riesco a finire questa recensione.
Ho avuto paura, ma seriamente paura, che la storia potesse finire male.
Dopo che Roxas si è rannicchiato nel salotto di Axel, dopo che si sono detti di odiarsi a vicenda senza davvero pensarlo, dopo che si sono parlati davvero, dopo che si sono baciati e dopo che il tornado ha spazzato via tutto.
Ti giuro che leggevo con un peso sul petto, mentre ad ogni riga avevo il terrore che Roxas sarebbe ritornato ad essere Ventus e Axel sarebbe ritornato a rimpiangere i due ragazzi.
E invece no.
Appena ho letto : “Roxas Moore aveva sempre immaginato che il Destino fosse […]” mi sono sentita rincuorata, anche se ancora non sapevo se sarebbe finita bene o meno.
Quindi appena ho finito di leggere il paragrafo finale mi sono messa a ridere e ti ho ODIATO, perché come sempre una tua storia mi ha tenuto con il fiato sospeso fino all’ultima dannatissima riga.
Le stop, che altro potrei aggiungere? E’ un’ottima storia per l’AkuRoku, mi sarebbe piaciuto leggerla il giorno stesso in cui l’hai pubblicato per potertela commentare in diretta, magari su emmessenne, ma alla fine non importa.
Tanto lo sai che io ti commenterò lo stesso tutte le tue storie che più mi piacciono, quindi no problem.
Ah, goddamit, salutami Sora onighiri, che mi è mancato quasi quanto te.
Me(l). |