Recensioni per
Daddy Cool
di Lunkas

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
01/11/12, ore 01:18
Cap. 1:

E' molto bello il modo che hai di descrivere la trita quotidianità, che diventa logorante a furia di ripetersi sempre uguale. Quel senso quasi di malessere di Brian nel trovarsi perennemente nella stessa casa alla stessa ora, per fare le stesse cose, simulare le stesse emozioni e prevedere fastidiosamente le reazioni dell'interlocutore. C'è davvero un'atmosfera di cose usurate e vuote, che si intuisce abbiano avuto qualcosa di scintillante in passato, ma ora non stupiscono più. E così diventa perfino inutile chiamarle con il loro nome - originale la tua rinuncia ai nomi propri, e l'ho trovata azzeccatissima rispetto alla trama. Un cinismo spiccio coinvolge tutti: Brian in primis, Helena che ricerca piccole vendette più per abitudine che per reale odio, perfino Cody inconsapevolmente con quel suo "Sì, papà", tanto ripetuto da perdere di significato. In definitiva, mi è piaciuta molto. Avevo già letto qualcosa di tuo e trovo molto scorrevole il tuo stile, preciso e curato e a tratti graffiante (molto adatto a personaggi così disillusi). Spero davvero di trovare presto altre tue cose!

Recensore Veterano
28/10/12, ore 23:52
Cap. 1:

Interessante.
Prendi spunto da una credenza diffusa, cioè che la nascita di Cody sia stata un errore, e personalmente anche io ne sono convinta.
Però descrivi una famiglia arida, un Brian che non è stato preso dall'incantesimo della paternità, un' Helena che non sembra considerare il suo bambino più di tanto, troppo presa da un infantilismo latente, il bisogno di "fare i dispetti" al suo ex-compagno, si diverte a rendergli la vita odiosa costringendolo a passare i sabato mattina attendendo il figlio in un ambiente piuttosto squallido, con il vociare della tv (elemento che fa sempre abbastanza tristezza, diciamolo) nelle orecchie, e lui lo fa con aria mesta, assonnata, come di chi sta per caricarsi un fardello in spalla oppure è costretto, almeno per poche ore a convivere con una mosca fastidiosa.
L'unico elemento luminoso nel tuo racconto, tre brevi sequenze ma dal ritmo narrativo piuttosto lento, è proprio Cody che vive in una favola, come tutti i bambini, in adorazione del padre, lo attende, lo chiama e gli comunica il suo affetto.
ma proprio quel momento finale è un colpo basso per il povero Brian da parte di Helena. C'è qualcosa di estremamente malizioso e subdolo nel modo in cui Helena cerca di "mollare" Cody a Brian, come se quelle dieci ore del sabato, tanto odiate dal cantante, in compagnia del suo figlioletto e intento nelle solite noiose attività, non bastassero.
Helena è scorretta, insinua che Cody sente la mancanza del padre ma non ha affatto l'aria della madre preoccupata bensì quello della ragazzina dispettosa che si ribella ad un'ingiustizia, il fatto che, essendo madre, è costretta dalla legge ad occuparsi di un mocciosetto di cui farebbe volentieri a meno. E per questo, persino quel "ti voglio bene" finale, detto con sincerità da Cody, piuttosto che ispirare tenerezza raggela l'aria rendendo amara questa storia come una cattiva medicina. Come se Helena volesse scatenare il senso di colpa di Brian strumentalizzando le parole candide del bambino e aspettando che facciano il loro effetto perchè, tutto sommato Brian non può essere così indifferente.
Poi alla fine sembri riabilitare la figura di Helena :
“Potresti venire a passare una settimana da me, lo faresti…”
Solo qui ho sospettato che Helena stesse cercando di riavvicinare Brian per amore del figlio, che fosse sincera quando temeva che la lontananza di un padre lo avrebbe reso infelice.
Il che mi fa pensare che il punto di vista di Brian è talmente influente da distorcere la realtà facendo apparire mostruosa e poco materna la figura di Helena, come se disegnasse un piccolo subdolo poltergeist là dove c'è solo una fatina.
Intrigante... ma adesso rischio di divagare...
La caratterizzazione di Brian è a tratti piacevolmente particolare a tratti un po' deludente.
é originale la sua indifferenza e quasi insofferenza verso il suo ruolo di padre ma ad un certo punto emerge una forzatura (o almeno così mi è sembrato di percepire dal testo) : è come se ci fosse un collegamento fra l'odio che aveva provato per suo padre e l'incapacità di sentirsi (un buon) padre, un collegamento che è presentato quasi come se fra le due cose ci fosse un rapporto di causa-effetto.
E questo tipo di psicologismi è un po' troppo forzato per i miei gusti.
Per il resto è efficace e originale come storia. Passiamo alla forma e allo stile.
è piuttosto breve ma, nella narrazione, il tempo è estremamente dilatato; forse è il taglio introspettivo, forse è la descrizione grigia e squallida degli ambienti o la dovizia di particolari che figurano uno scenario triste e cappa grigia di indifferenza che il piccolo Cody non si merita (e lui la affronta anche con un entusiasmo poco veritiero... purtroppo atmosfere del genere sono facilmente percepite dai bambini).
Non per questo è noiosa. Affatto. Anzi è molto è ben riuscita.
Mi sono piaciuti i piccoli esperimenti letterari che hai descritto nelle note, come il passaggio dalla terza alla prima persona che sortisce bene il suo effetto amplificando le percezioni di Brian e facendo si che i suoi pensieri investano il lettore (forse anche troppo, non stravedo per l'introspezione anche se almeno qui non mi appare così invadente ). Oppure mi è piaciuto l'espediente dell'omissione dei nomi propri e il fatto che hai puntato sui titoli familiari generici o i pronomi personali.
Fortunatamente quest'ultimo esperimento sortisce meno effetto e così la storia può essere ben catalogata come una fiction sui Placebo; infatti compare fra le righe la questione del cognome, il cognome di un personaggio famoso che distinguerà sempre Cody da tutti i bambini, che si porterà addosso come un marchio, un cognome che lo rende "diverso" a priori, qualunque cosa Brian possa tentare per rendere la loro una famiglia normale. Ma forse è solo un modo per non raccogliere la sfida maliziosa di Helena e tirarsi indietro con no-chalance.
Insomma, se non fosse per questo elemento potrebbe quasi considerarsi una storia Originale (e mi riferisco alla categoria di efp).
Però anche questo produce un effetto positivo perchè è come se il lettore condividesse un segreto con l'autore e questo crea una sorta di complicità.
Ho un'unica obiezione di tipo grammaticale ed è nel titolo: in inglese l'aggettivo precede il nome quindi il titolo corretto è "Cool Daddy".
Spero di leggerti ancora! i tuoi testi sono molto piacevoli, assolutamente lineari, ben costruiti e mai ovvi (almeno fin ora... ne ho letti giusto un paio).
Alla prossima ;)

Neal C.