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di fedenow

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Nuovo recensore
22/02/16, ore 00:21

recensisco questo racconto introspettivo che ormai risale a quattro anni fa. E che dire? E' perfetto. L'idea di base, la caratterizzazione del personaggio, il suo modo di parlare, la filosofia che hai fatto, la positività. Davvero un lavoro che merita! Non c'è nulla che non vada, ancora complimenti!

Nuovo recensore
21/07/13, ore 21:41

Come potevo non commentare la ragione del mio essere qui.
"La felicità è un meccanismo talmente banale da risultare intollerabile a chiunque sia abbastanza vanitoso da credersi diverso dagli altri, e rivestiamo il dolore di un’importanza smisurata per crederci unici almeno nella sofferenza" è solo uno dei tanti passi che avrei potuto citare, ma nel contempo il più significativo. Attribuiamo valori assoluti alle nostre sofferenze e poi cerchiamo in capo al mondo qualcuno che possa comprendere. Come trovarlo se solo le nostre ferite per noi hanno valore?! Invece essere felici lo facciamo troppo difficile, una scalata interminabile.
Scusa se divago... fatto sta che questo scritto è meraviglioso. In una pagina hai riassunto la vita, i dubbi, la carriera. E' come se fosse un'istantanea rapida di quanto accaduto nella sua esistenza, con tanto di sottotitoli. Inutile aggiungere che gradisco questa logica chirurgica con cui hai analizzato, sezionato fatti ed emozioni. Ci sei entrata dentro, ai ricordi di Molko, al suo passato presente e futuro, alla sua anima.

Nuovo recensore
13/07/13, ore 17:14

Non è facile, per me, lasciarti una recensione.
Non è facile perché non sono mai stata capace di mettere in una fanfiction quest'introspezione e questa freddezza, perciò, ogni volta che me ne trovo una davanti e qualcosa in me si risveglia, se da una parte voglio farlo presente a chi l'ha scritta, dall'altra non riesco a spiegare il perché.
Ho detto freddezza perché non c'è altro, qui, se non un meccanico ripercorrere immagini di una vita - immagini che non rappresentano i momenti più importanti, più eclatanti e più significativi, ma il riflesso incondizionato di una mente umana che, grazie ad un evento futile, vede scorrere il suo passato. E dico questo con un'accezione assolutamente positiva: non c'è spazio per il sentimentalismo tragico nella vita di un uomo che - almeno per quel che noi fan possiamo vedere e percepire - ne ha viste così tante, ma così tante, che non sarebbe ancora vivo se fosse stato un eroe tragico. E, per quanto mi riguarda, Brian non è un eroe tragico, ma il narratore esterno della sua stessa avventura, e credo che questo emerga perfettamente in queste righe.
A+, complimenti. Sono molto felice di aver trovato il tuo profilo.

F.

Nuovo recensore
23/05/13, ore 22:03

Questa non è la prima volta che metto il naso nel fandom dei Placebo, e ho paura di cadere nella banalità ma quello che hai scritto mi è piaciuto tantissimo, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Di solito quando lo si dice non è mai puramente vero, si tende ad ingigantire questo tipo di emozione-commozione-gioia, ma lo sto dicendo sinceramente: ho letto il tutto come catturata dalle parole che cadevano così eleganti sullo schermo, con ritmo incalzante, come di un monologo interiore, introspettivo, che alla fine tutti noi finiamo per avere, e poi mi sono ritrovata a sorridere sulle ultime righe, commossa, anche se di certo non è questo l'esatto termine da usare. Lo stile scorrevole, di un Brian che dà uno sguardo al suo passato, mi ha completamente estraniato dal mio mondo, mi ha fatto immergere nella sua vita che in fondo non avevo mai visto propriamente sotto questo aspetto, mi ha fatto ritrovare un lato di me in lui, un uomo-ragazzino che ha amato e sofferto fino a questo resoconto, che non traccia una fine o un nuovo inizio, ma, dal mio punto di vista, un qualche modo per accettare e guardare in faccia ciò da cui magari prima tendeva a fuggire. Suonare, lasciare questo posto di merda ed essere felice. E' così verosimile, sincero, quasi intimo: un quadro della sua vita, di come lui la vive e di come continua a cercare la felicità pur avendola già trovata nei volti delle persone che ha incontrato. Mi ha spiazzato poi la riflessione: "la felicità è un meccanismo talmente banale da risultare tollerabile a chiunque sia abbastanza vanitoso da credersi diverso dagli altri, e rivestiamo il dolore di un'importanza smisurata per crederci unici almeno nella sofferenza." Non ci avevo mai pensato in questi termini: sei stata in grado di formulare e rendere quasi concreto uno degli atteggiamenti più astratti e incontrollabili che qualcuno possa provare. Brian, per riassumere tutto quello che sto invano tentando di dire, è terribilmente umano. E questo modo di rappresentarlo mi ha coinvolto davvero tanto, con le note dei Dire Straits in sottofondo e con queste parole fuggitive, impazienti di venir dette, o almeno pensate. L'ho apprezzato come poche cose, come poche storie su questo sito. Ti faccio i miei complimenti (: 
x Minta

Recensore Master
30/01/13, ore 17:53

(Segnalazione indirizzata all'amministrazione per l'inserimento della storia tra le scelte)
Questa storia merita davvero. Con una lucidità impressionante ed un linguaggio semplice - sebbene raffinatissimo - c'è il riassunto di un uomo. Un ritratto davvero impeccabile ed implacabile, con la forza d'impatto di un "tirare le somme" asciutto, freddo e affatto indulgente.
Un autentico splendore.
MEM

Recensore Junior
16/11/12, ore 14:52

Allora. Mi devo riprendere perché, devo dirti la verità, sull’ultimo paragrafo a momenti mi metto a piangere. Non lo so bene, il perché e assolutamente non è una critica. E’ solo che è proprio scritto bene ed è talmente vero. Al di là della fanfiction e anche al di là del fatto che sia Brian a parlare.
L’introspezione è una bestia difficile. Ti fa le fusa e ti si acciambella in braccio e quando pensi di esserti guadagnato la sua lealtà e di poterla accarezzare di colpo si volta soffiando e ti pianta i denti in quella parte tenera della mano, tra l’indice e il pollice. L’introspezione mi morde tante di quelle volte. E tante di quelle volte ci ricasco a farmi mordere.
Oltretutto, se all’introspezione ci aggiungi anche la prima persona ottieni un bel campo minato in cui muoverti. Motivo per cui, mentre rileggo questa storia una seconda volta per mettere a fuoco alcune sensazioni iniziali, non posso fare che apprezzare l’equilibrio che sei riuscita a mantenere.
La brevità è sicuramente un elemento essenziale di questo equilibrio. Così come lo è l’evidente non-oggettività di alcune interpretazioni dei fatti. Il tuo Brian è – ancora una volta – molto maturo e molto consapevole di sé e dei suoi percorsi ma non è del tutto onesto con se stesso. Aspetto, questo, che è essenziale per la buona riuscita della prima persona – un eccesso di oggettività sarebbe risultato una contaminazione della terza persona narrante e avrebbe minato la credibilità.
Poi. Ho amato davvero moltissimo la descrizione della paura legata al successo di Nancy Boy e le riflessioni che ne sono seguite. Come a dire, per quanto tu sia bravo a raccontartela, ora non hai più scuse dietro le quali nasconderti; ora o mai più. Un po’ la vecchia storia del fare attenzione a quello che si desidera perché si potrebbe ottenerlo – e nel momento in cui lo ottieni devi fare i conti con te stesso.
Ho trovato anche molto delicato – raffinato – il modo in cui fai emergere che per Brian il nucleo centrale di tutta l’esperienza Placebo sono lui e Stef. E in cui fai capire che questa convinzione è in parte vera ma in parte anche una sorta di antidoto contro il dolore che gli deve aver causato la rottura con Steve. Un dolore fatto forse di rabbia e molto di ego ferito – qualcuno può davvero scegliere di lasciarmi? – ma evidentemente una sensazione che fatica a metabolizzare. E alla quale, nonostante tutta la sua maturità, non sa reagire in altro modo se non continuando a ripetersi che tanto Steve era solo un accessorio, un di più.
Ancora. Buona l’idea della lista di partenza. Anche perché apre uno spiraglio su un sospetto di comportamento ossessivo-compulsivo (le liste, le dannatissime liste!) che potrebbe non essere del tutto improbabile in un tipo come Brian, magari correlato con i suoi problemi di depressione. E in qualche modo legato anche alla tenacia dei suoi tentativi con le case discografiche.
E poi. E poi. E poi.
E poi la smetto perché tra un po’ è più lunga la recensione della storia e non voglio annoiarti oltre con i miei sproloqui.
Ultimissima cosa. Sì, il titolo ci sta bene in inglese, ed è vero che le canzoni tradotte non sono cosa buona perché si perde sempre un pezzo di significato.
Very good job, girl! u______u
A presto!
PB
P.S. Tre capitoli su Brian e Helena?...dove? come? quando? (come si fa la faccina impaziente?) :P

Recensore Veterano
13/11/12, ore 01:25

OH.MIO.DIO.
L'apoteosi dell'introspezione.
Non c'è niente di così osceno come l'introspezione, a mio parere.
E nonostante tutto l'ho adorata alla follia.
Innanzitutto l'elenco, un tocco di classe, sintetizza una vita e una storia che incide molto più di quanto ci si aspetterebbe da una manciata di caratteri sotto forma di pixel sullo schermo di un portatile.
Il punto esclamativo è un tocco giovanile, assolutamente realistico, un entusiasmo che fa a pugni con la visione profondamente disincantata della voce narrante che ricorda ma non si riconosce più in un giovane scapestrato, cocciuto e pronto a sfondare a qualunque costo, tallonando le persone giuste che alla fine lo hanno portato al successo nel momento in cui hanno capito che potevano davvero ricavarne un qualche guadagno.
Hanno visto in lui la tenacia di quello che non si arrende, che farebbe di tutto per fuggire dalla condizione provinciale di uno sperduto paese che sembra un continente a sé, isolato dal mondo. Un altro personaggio particolarmente importante nella vita di Brian è Londra a cui la voce narrante dedica una sequenza riconoscendo di essersi nuovamente rinchiuso in un altro "microcosmo" per usare le tue parole (si non l'hai usata in questa accezione ma trovo che si adatti benissimo a quanto segue), d essersi conformato alle "strutture mentali" londinesi, alla sua natura caotica e dispersiva, regalandogli una seconda adolescenza abbastanza folle da eccitarlo e spingerlo ancora di più verso il suo obbiettivo.
(aggiungerò fra parentesi che ogni frase era musica per le mie orecchie, ogni sequenza di parole era una poesia a sé stante, lessico curatissimo, metafore affascinanti, arguzia e tono amabilmente ironico, con quel retrogusto di amaro che tanto si confà all'anatra all'arancia... ok, ricoveratemi. Eppure è tutto vero!)
Poi arriva il successo, un boom. Improvvisamente tutti li vogliono, tutti li cercano, Nancy Boy di qua, Nancy Boy di là;
è il momento di cambiare strategia ma non subito. Continuano a cavalcare l'onda della "Teenage Angst" almeno finchè rimane coerente con a sua immagine spiritata di "chanteur maudit" che eredita dai "paradisi artificiali" del tanto inflazionato Baudelaire.
E così ci sono ben due cose essenziali da spuntare sulla nostra lista. Ma Brian è realistico, non l'ha certo conservata. è rimasta impressa a fuoco nella sua mente per tutta la giovinezza come un ospite molesto che si trattiene più a lungo del dovuto.
Aggiungo e segnalo per una volta che il tuo Brian è quanto più si avvicina al tipo intellettuale (o intellettualoide) che vede la sua strada nel teatro (salvo cambiare idea subito dopo evidentemente per mancanza di talento), che cita il padre dei simbolisti con nonchalance e che mette a nudo la sua anima di "narcisista intellettuale" dimostrando una spocchia e uno snobbismo che non sono poi tanto giustificati non essendo conseguenza di talento né tantomeno di genialità. Forse a suo favore va il fatto che non abbia timore a narrarcene anche se non posso nascondere la sensazione che tutto questo sia un arguto giochetto, un sottile sfoggio di falsa modestia, un estremo bisogno di attenzione e un momento di vittimismo e capriccioso protagonismo.
E adesso anche l'ultimo punto è raggiunto e, nel suo piccolo, era un nobile intento, quello di raggiungere la felicità (diritto inalienabile della dichiarazione di indipendenza degli USA non è forse "la ricerca della felicità" ?), e ritrovare tutto ciò che aveva rinnegato in nome dell'indipendenza, es. la famiglia, la stabilità economica (che è tutt'altro che underground, anzi, decisamente "borghese" ) la possibilità di concedersi ogni piccola sciocchezza che possa farlo sorridere e possa fargli pensare di essere felice.

"La felicità è un meccanismo talmente banale da risultare intollerabile a chiunque sia abbastanza vanitoso da credersi diverso dagli altri, e rivestiamo il dolore di un’importanza smisurata per crederci unici almeno nella sofferenza. Sarà l’età e la stanchezza che si porta appresso, ma mi risulta sempre più faticoso riservarmi questi piccoli inganni narcisistici."

Quanto è vera la prima frase e quanta consapevolezza c'è nel Brian che pronuncia la seconda! Finalmente si è smascherato!
Ha ammesso di essere invecchiato, di "essersi rammollito", di essere diventato una delle tante persone che vivono e vegetano su questa terra ritagliandosi il proprio spazio nel cerchio della vita (aaaaaahsbegliààààbadabiziaaabaaaaa ù.ù).
e poi la "definizione" di felicità: piccoli-grandi momenti, piccole-grandi persone, piccoli-vecchi ricordi, insignificanti-mastodontici sentimenti.
sono tutti ossimori, lo ying e lo yang, due facce della stessa moneta e per questo sono così veri.
(Adesso più che mai ti consiglio di leggere Momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo http://www.einaudi.it/libri/libro/francesco-piccolo/momenti-di-trascurabile-felicit-/978880620551)
Non ho nessuna intenzione di analizzare anche le lyrics e il titolo sebbene in genere quest'ultimo sia fondamentale nelle storie perchè ho appena constatato che tutto il discorso che ho costruito mentalmente sembra quadrare almeno per adesso... e non ho nessuna intenzione di scoprire che così non è.
Quindi prendi questa recensione per quello che è: una specie di ode in un momento di sconfinato amore per la tua penna!

Neal C.