Il momento che hai deciso di raccontare, è uno dei più “drammatici” del manga, a mio parere. Uno dei momenti più importanti, un vero e proprio turning point.
Tsubasa parte per realizzare il suo sogno e Sanae deve fare i conti con tutto ciò che questo comporta. Se per lui è un passaggio di dolore/ felicità, per Sanae è più che altro di dolore.
Il capitano dovrà affrontare da solo tutte le difficoltà di una nuova vita, di una carriera difficile e deve separarsi dalla sua famiglia, dai suoi amici; da Sanae…
Allo stesso tempo però, fa tutto questo perché ama tantissimo il calcio e sa che quello è il suo destino: non riuscirebbe a vivere senza il pallone^^
Sanae invece arriva al capolinea: per lei, con questa separazione, comincerà un periodo di profonda tristezza e solitudine. Certo, ci sono i suoi amici, c’è Yukari, ma niente sarà più come prima…
Roland Barthes ha scritto un libro ( fra i tanti) che s’intitola “il grado zero della scrittura”; leggendo Tama e ripensando al manga, mi è venuto in mente che qui lo si potrebbe trasformare e dire ” il grado zero del dramma”. Per esserci, infatti, il dramma c’è: è presente nella narrazione del Taka e anche nel tuo brano, ma ha in sé una componente di “rigore”, di “contenimento”, che fa attraversare un’incredibile gamma di emozioni, con grande naturalezza e una specie di leggerezza. Il Taka ci riesce benissimo. E tu, rielaborando quel frammento, facendolo passare attraverso il pto di vista di Sanae, riesci a rimanere molto fedele a questa intenzione ( tipica dei narratori giapponesi).
Non c’è patetismo, tanto meno esagerazione. L’unico “lampo” possibile resta, inevitabilmente, la punteggiatura. E tu, spaziando le frasi, frammentando i pensieri e semplificandoli, ti concedi l’unico “lusso” narrativo possibile: i punti esclamativi.
E’ una scelta perfetta.
Sanae attraversa il tempo, pensando alla sera prima e poi all’addio e di nuovo al suo momento presente, di fronte ai risultati degli esami.
Tutto scorre veloce come le sue lacrime, come i suoi stati d’animo: disperazione, rabbia, amore, desolazione, e, infine fiducia e speranza.
E il lettore è semplicemente guidato dalle sue riflessioni e condivide quelle stesse emozioni con lei. Lo metti nella condizione di provarle.
Tsubasa le ha detto “addio”; lei avrebbe voluto invece rispondergli “arrivederci”, ma non le ha dato il tempo…
“Addio” e “Arrivederci”… 2 parole troppo grandi per due quindicenni, che si affacciano alla vita, alle novità, al primo amore. E come al solito, chi risolve il problema? Tsubasa! Perché quando è lì di fronte a lei, e il pullman sta arrivando, non usa né l’una né l’altra. Le dice semplicemente “ciao”.
In quella parola, è come se ci avesse messo molto di più: “aspettami”, “ti amo”, “tornerò”… e Sanae tutte queste cose le sente, le capisce.
Tsubasa le regala il suo pallone: donandoglielo, è come se si promettesse a lei.
Non sceglie le parole; sceglie l’oggetto con il quale s’identifica.
Cosa ci può essere di più bello, vero e poetico?
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