Che dire? Intanto che ho deciso di leggere questo "libro", come lo chiami tu, per il suo titolo: "Le mie storie di ordinaria follia".
Devo dire che è perfetto. Perfetto per il fatto che non ci sono parole migliori per esprimere ciò che si pensa quando non si ha niente da fare, quando fissi il vuoto e rifletti su quello che sei, quello che fai, qual è lo scopo della tua vita. Questa non è forse follia? Perché fermarci a pensare, a friggerci il cervello ponendoci domande alle quali non sappiamo rispondere?
Inoltre tu definisci ordinaria questa follia e sicuramente hai ragione. Bisogna però distinguere il tipo di ordinarietà: la follia ordinaria può essere riferita alla tua vita (sono sempre le solite domande che ti ritornano in mente e per quanto inconsciamente cerchi sempre di trovare una risposta), ma anche alla vita di tutti gli uomini (ogni uomo, sempre che sia in grado di riflettere -e non tutti lo sanno fare- si pone le stesse domande: pensa ai filosofi, alle varie religioni, ecc.).
E proprio in questo capitolo insceni un dialogo tra la tua parte razionale e quella dei sentimenti che riflettono su dei concetti chiave della vita di ogni persona: il senso della vita e la morte.
Inizi descrivendo la parte razionale: fredda, acuta (mi piace tantissimo questo aggettivo: dà proprio l'idea di qualcosa di matematico, calcolatore, quasi come una figura geometrica)...
È seduta nella parte in ombra, mentre l'anima (per anima intendo la parte sensibile contrapposta a quella razionale) è completamente illuminata.
Anche questo contrasto, bianco-nero, dà l'idea di qualcosa che non può trovare un compromesso: queste due facce della stessa medaglia continueranno per sempre a lottare tra di loro senza riuscire mai a fondersi, a trovare un compromesso.
"In cosa credi?". È questa la domanda che pone la ragione e ovviamente l'anima risponde: "Nella morte, nella fine."
C'è qualcos'altro di certo nella nostra esistenza oltre alla morte? La ragione ha altre certezze: due più due farà sempre quattro, un triangolo ha tre lati. Ma a cosa può credere l'anima se non alla certezza che ci sarà una fine?
E allora la seconda riflessione è questa: se c'è solo la morte come certezza, perché vivo? E allora l'anima inizia a pensare che la vita non abbia un senso, che sia il vuoto.
Ma l'anima sa che c'è qualcosa o meglio si vuole convincere che ci sia qualcosa e si ostina a dividere questo vuoto in settori. E la ragione sembra quasi deriderla insistendo sulla mancanza di logica nel suo ragionamento: come si può dividere il vuoto?
Il primo settore è il lavoro: hai il sogno di diventare cantante ma non riesci a fare questo lavoro; la verità è che non riesci a fare niente, non riesci a trovare qualcosa che ti piace fare e invidi quelli che fanno ciò che amano fare.
Beh, su questa cosa sono d'accordo solo in parte: tutti hanno un sogno nel cassetto, una cosa impossibile da realizzare, magari nella vita ci si ritrova a fare un lavoro completamente diverso da quello che si immaginava da piccoli; non per questo però si deprimono: ecco, diciamo che io invidio le persone che non si fanno aspettative, che si sanno adattare a qualunque cosa gli succeda e quindi sono felici.
L'unica cosa che posso consigliarti è di non pensare a ciò che non puoi fare, ma a ciò che puoi fare, a tutte le possibilità che hai davanti che non alzandoti dal letto non potrai mai afferrare.
E poi ecco di nuovo la ragione che sempre sghignazzando (si, mi immagino questa ragione come superba, che asseconda i discorsi senza senso dell'anima solo perché vuole prendersi gioco di lei) invita l'anima a definire le altri parti del vuoto. "Quali sono? Cosa caratterizza queste assenze?" chiede la ragione e l'anima prontamente risponde: "Tutto!". Si, perché per i sentimenti il nulla può essere tutto e il tutto nulla. Questo la ragione non può capirlo.
Parlando dell'amore, l'anima si rivela una sognatrice, sempre occupata a volare troppo in alto con le sue piccole ali che non riescono a vincere la rigida forza di gravità. Diciamo che quello dell'amore impossibile è un sentimento comune a tutte le persone dotate di emozioni: se fossimo solo ragione questa ci direbbe che il nostro amore platonico non ha senso dal punto di vista razionale, ma l'anima ci porta sempre a chiedere l'impossible senza un vera ragione.
Poi c'è l'amicizia. Devo dire che anche questo è un sentimento senza una spiegazione logica: perché ci ostiniamo a essere sempre presenti per gli altri se gli altri non ci sono mai per noi? La verità è che vogliamo bene a queste persone e siamo felici quando possiamo fare qualcosa per loro. Almeno per me è così.
La ragione non può capire tutte queste cose: non può stimare il valore della soddisfazione per un lavoro che ti piace, l'amore o la felicità perché non si possono misurare con i numeri. L'anima invece capisce la loro importanza per questo continuerà a cercarle anche senza un perché. Questa opposizione tra realtà e sogno, tra logica e emozioni, tra ragione e anima non può che portare a un continuo conflitto. Non ci possono essere patteggiamenti: una battaglia può essere vinta o dalla ragione o dall'anima, ma nessuna delle due può essere eliminata definitivamente perché entrambe sono una parte della stessa unità, della stessa natura, dello stesso individuo.
Lo so, mi sono dilungata un po' troppo e forse ho fatto anche io delle riflessioni senza senso, ma la verità è che questi capitolo mi ha veramente colpito: sei riuscito a esprimere cinquntamila concetti filosofici e domande esistenziali in poche righe e io non ci sarei mai riuscita!
Adesso non ho tempo per leggere gli altri capitoli, ma continuerò non appena avrò tempo!
J. |