Ciao! Sarò sincera: il mio approccio con il tuo elaborato è stato alquanto ostico, difatti non ero convinta di volermi cimentare in questa lettura, affondando le ragioni in riflessioni prettamente personali, che esulano dall’elaborato in sé e sulle quali non è il caso porre l’accento in questa sede.
Devo ammettere, tuttavia, di esser lieta di aver vinto le mie reticenze ed essermi inoltrata in questa lettura che, onestamente, mi ha colpita nell’intimo.
All’inizio non avevo afferrato il momento contingente in cui Rei si trovasse a far simili riflessioni, poiché non mi era chiara la motivazione della dipartita di Usagi, sicché ho affrontato la lettura con sempre crescente curiosità, seppur permeata da un non indifferente senso di smarrimento.
Quando però sono giunta al punto di svolta e tutto è stato chiaro, ho amato questo componimento.
Non riesco nemmeno ad esprimere compiutamente il mio sbigottimento per l’originalità della tua scelta temporale, il frangente particolare e delicato che hai voluto catturare.
Sei stata in grado di dar voce ai pensieri di una Rei nel momento meno consueto possibile, quello in cui le sue membra non erano più sensibili e di lei era rimasto solo lo spirito di un fuoco ardente in una incenerita essenza vitale.
Ti devo fare i miei complimenti.
“Ricordando la perdita di una mia vecchia amica” hai detto e questo mi ha tagliata in due dentro, aprendo ferite che fanno male, un dolore lancinante.
Si arriva a bramare la propria morte di fronte alla possibile dipartita di una persona che si ama e, anche se la fortuna fa sì che si riesca a scongiurare questa possibilità sul momento, l’aver toccato con mano quest’eventualità luttuosa e spaventosa crea un punto di non ritorno personale e induce a incenerirsi ogni giorno di più dentro.
La tua Rei, dopo aver incendiato sentimenti ed emozioni, è divenuta pian piano un fuoco che ha perso volontariamente vigore, lasciando che tutto in sé stessa diventasse cenere.
È rimasta accesa una fiammella ciononostante, piccola ma dolorosamente potente e capace di continuare a farla bruciare dentro, lasciando così in vita la percezione di sé e della sua smisurata sofferenza.
Sì, le esperienze nefaste inducono chi le vive ad indurirsi, a bruciare in una fiammata gloriosa tutto e tutti, se stessi in primis, ergendo muri ed eliminando da sé ogni anelito di speranza e di voglia di andare avanti, così si è un vivente incendio doloso; ho molto apprezzato questa immagine che hai dato, infatti, alla guerra interiore di Rei.
Eppure permane una fiammella ed è questa a mantenere in vita, a rendere umani, perché quando ci si aliena da se stessi per fuggire alla sofferenza, è il dolore residuo e relegato in un cantuccio a riportare alla vita, a dare la dimensione dell’esser ancora capaci di agire, a far comprendere - come un pugno nello stomaco - che non si è stati in grado di uccidere il proprio spirito fiammeggiante e che ciò non è possibile, poiché niente spegnerà quel flebile fuoco, né gli eventi funesti né la volontà di trasformarsi in soggetti che non sentono nulla.
Perché? Semplicemente perché si ha un cuore, per quanto lo si chiuda e ci si impegni per soffocarlo.
La tua Rei non è riuscita a sopprimere la sua interiorità, sebbene ci abbia provato; il suo fuoco è sempre doloso ma neanche la più ferrea delle volontà è stata capace di estinguerlo, così lei ha continuato a struggersi, consumandosi.
Solitudine: l’altro elemento preponderante nel testo, la vera protagonista.
È terribilmente frustrante esser soli perché fisicamente e moralmente si è abbandonati, come lo è se si continua a desiderare l’attenzione e la vicinanza di qualcuno che si mostra completamente disinteressato e distante, così si va avanti e ci si veste di una forza che in realtà non si possiede, ma il debole fuoco interiore resiste contro la propria volontà e duole, proprio come è successo a Rei.
Si fa appello a tutto pur di rimanere in piedi, ma la solitudine, l’impossibilità di esternare il proprio malessere e la mancanza di qualcuno che abbia voglia di comprendere ed esser presente nelle difficoltà, annichiliscono.
È facile rivedersi in Rei, nella sua solitudine disperata che, per auto-soffocarsi, tenta di distruggere la sua umanità, ma ti stimo per aver messo in luce anche il punto di vista di Usagi e per averlo fatto in punta di piedi e al tempo stesso eloquentemente.
“La vede sorridere con amore, con maturità, con il dolore negli occhi”, è bastato solo questo a far capire quanto faccia male assistere all’afflizione di qualcuno che si ama.
L’altro lato della medaglia esiste ed è il tormento e la tribolazione di chi vuole con tutte le sue forze star vicino ad una persona amata, che si impegna allo spasimo per farlo, ma viene continuamente allontanato e ignorato, come se non esistesse.
È dura esser soli, come è dura esser abbandonati e nel frattempo cercare di far anche parte della vita di un altro individuo che erge muri e taglia fuori dalla propria vita, a cui non interessa affatto lo sforzo e l’affetto altrui.
Per amore si fa di tutto, però si tocca il fondo e ci si inaridisce dentro, perché amare ed essere calpestati è duro da sopportare, ma non si può far altro che continuare ad amare, poiché questo è un sentimento che non pretende niente per sé, se è vero e sincero.
Alla fine Rei ritrova Usagi e finalmente tutte le sue barriere crollano, così anche la sua solitudine e il suo turbamento e, in tutta onestà, sono stata felice che ciò sia accaduto, perché il trionfo dei sentimenti e della giustizia è stupendo, anche solo da leggere.
In sostanza hai scritto un elaborato intriso di significato e molto intenso, nel quale è possibile identificarsi a vari livelli e che senza dubbio fa riflettere sotto tanti profili.
Sei una persona molto profonda e ti stimo per il lavoro che hai fatto qui, non è da tutti dar vita a simili pensieri e toccare l’animo di chi li legge.
Complimenti! |