Hai scritto qualcosa che assomiglia molto ad una poesia. O a una canzone, triste? Forse no. Malinconica, sicuramente; profonda, ancora più vero.
Hai toccato gli abissi con questa perla, ma è complicata. Ritengo che per apprezzarla fino in fondo occorrerebbe prima sfilacciarla e saggiarla pezzo per pezzo, filo per filo, con una buona lente di ingrandimento a portata di zampa.
E’ una vera cascata di pronomi: noi, protagonista assoluto; me, lui, te. Ma tutti quanti si raccolgono in quel noi, ribadito con insistenza e puntualità fino alla fine, in quel lapidario e indissolubile e comprensivo Assieme.
Ma qualcosa mi dice che non è affatto la fine, anzi sembra l’inizio di qualcosa di grandioso, come un viaggio, o di un’esperienza terribile come la morte.
C’è una frase in particolare che mi ha affascinato da morire, perché è di una bellezza indicibile, e credo che te ne renda conto anche tu: Perché siamo tutti soli, ma noi siamo stati soli insieme.
Credo che hai avuto un vero colpo di genio a partorire una frase così armonica, musicale, altisonante, ossimorica, densissima di significato. Sembra quasi un circolo, un ritorno, c’è un certo richiamo musicale e ridondante. Ha, insomma, le carte in regola per diventare un meraviglioso aforisma da scolpire nella pietra – ha molto del Carpe diem – o il titolo di un libro nostalgico e dolceamaro, che parla di vita. Vita che risplende in modo così lucente e vivo proprio perché è messa in risalto dall’ombra della morte.
E sono questi i racconti che preferisco.
Anche in questo componimento – lo chiamerei così – ci sono delle zone d’ombra, alcune che non ho totalmente afferrato. Ad esempio mi chiedo se l’effetto contradditorio è voluto in questa affermazione:
Tutti moriamo soli, nasciamo vicino ad una donna e moriamo vicini ad un assassino.
In ogni caso ha la sua efficacia, come la ripresa nel – mi verrebbe da dire “verso” – periodo sottostante.
Curioso anche l’andamento geometrico delle parole, senza parlare dell’isolamento di alcune, che vengono così proiettate nella nostra mente con un bellissimo lavoro di zoom che ce le pone davanti agli occhi in high definition, e non solo, ci sprona a considerarle come dei tesori, dei cardini, e a riflettere su di esse. Sono degli assiomi.
E curiosamente, la tua “poesia” – scusa se la chiamo così, ma mi sembra un termine più appropriato di molti altri – si potrebbe interpretare leggendo solo quelle tre parole che metti da parte, che lasci nell’angolo avvolte da un alone di – guarda caso – solitudine: Una. Sola. Assieme.
Mi sembra a dir poco perfetto.
E sì, stavolta ho letto l’introduzione, anche perché quella frase l’appenderei in camera e non mi stancherei mai di leggerla.
BRAVA.
Sil. |
