Gentile Flom,
prima di commentare è necessario che ti spieghi il mio difficile rapporto con i racconti. Devi sapere che prediligo di gran lunga i romanzi (specialmente quelli ottocenteschi) perché soddisfano pienamente la mia voracità, mi lasciano sazia e satolla, fornendomi sì materiale per elucubrazioni, riflessioni e speculazioni, ma in qualche modo dandomi una sensazione di completezza ed esaustività. Quando hai finito di leggere "Delitto e Castigo" o "L'educazione sentimentale" non senti che ci sia qualcosa che debba ancora essere detto. I racconti, invece, più sono belli più ti lasciano affamata, più ti invitano a sognare e a riempire gli spazi del non detto, dato che la brevità, cifra del racconto, costringe l'autore a suggerire, schizzare, senza mai sviluppare completamente tutte le implicazioni dei caratteri dei personagii o tutti gli sviluppi possibili della trama. Se mi passi la metafora culinaria, è un tipico pranzo da famiglia italiana media anni sessanta contro un piatto della nouvelle cousine. Odio la nouvelle cousine.
Tutto questo sproloquio per dirti che il tuo racconto mi piace molto, ma proprio perché mi piace mi fa anche rabbia. Adesso vorrei sapere tutto di questa donna così schiva e del suo grande amore, vorrei sapere come era lui nella vita di tutti i giorni e in quali circostanze è morto, e perché si era allontanato da lei, e come è vissuta per gli anni a seguire fino al momento in cui decide di inoltrarsi su quel pontile. Come mai lei si è trasferita a Rio e che cosa fa per vivere, e come mai non è riuscita prima a lasciarsi alle spalle l'amore per quell'uomo.
Insomma, i quadri dalle linee vaghe e indefinite mi innervosiscono perché mi lasciano aperte troppe prospettive ed invece preferisco che lo scrittore mi prenda per mano e mi guidi passo passo nel suo mondo. Sono una donna di appetiti robusti. |
