L'inizio e la fine sono spettacolari.
Deglutisco bulbi immatricolati / depositi di cronometri anatomici, amo le definizioni sagaci e taglienti!
La fine, invece, e mi estinguo quando esigo / di r-esistere all'Inferno è di una musicalità spiazzante, sembra quasi un anagramma, il primo verso da me citato, una chiusura magistrale.
Nel mezzo: un mondo. Un mondo che è caos, come è caos la vita che viviamo, che non accettiamo, a cui cerchiamo di sopravvivere espettorando cosmi negli armadi (complimenti, altro spettacolo)... Tu spingi alla luce angoli di vita incomprensibili eppure istintivamente condivisibili e ci sputi sopra con forza e così facendo sembri voler aprire gli occhi a tutti. Eppure mi chiedo, questa durezza, questa forza, questa "critica" vanno da qualche parte? Distruggere senza costruire rischia di essere fin troppo pericoloso e dispersivo: la versa r-esistenza è nella cre-azione.
Saluti.

Leggi la risposta dell'autore

Una poesia veramente contorta che lascia immagini distorte e brutali, ma nonostante questo molto interessante. Non ho capito molto di quello che vuoi raccontare, o meglio, ne ho solo un'idea non fondata, ma mi è piaciuto come hai utlizzato termini piuttosto inusuali con leggerezza. Una cosa sicuramente da apprezzare!
Ti faccio i miei complimenti e i miei sinceri aguri per un prossimo testo!
Ciao :)

Leggi la risposta dell'autore

Molto bella e interessante! Lo stile e la ricercatezza sono ancora una volta encomiabili! Ma sbaglio, o si tratta di un tema e di un titolo che mi è familiare?

Leggi la risposta dell'autore