Recensioni per
Un Nome
di MrMurkrow

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
17/11/14, ore 19:00
Cap. 1:

Questa storia mi ha colpito molto, ed è per questo che l'ho messa tra le preferite.
Anche se di fatto non succede niente di simile a una trama, l'ambientaone è unica nel suo genere.
Riesci a mischiare efficacemente il post-apocalisse a là Fallout con un umanità in crisi degna di un Remember Me, creando interessantissimi spunti di riflessione su chi-sia-chi.
Qualche idea me la sono fatta, anche se la cosa che mi piace maggiormente è che non ho più ragione di qualcuno  nel definire l'identità del protagonista, scegliendo un personaggio ripetto a un altro.
E per far questo, serve uno stile impeccabile. :)

Nuovo recensore
09/04/14, ore 16:41
Cap. 1:

Arrivo tardi per una recensione, immagino, almeno alla luce della data di pubblicazione. A mia parziale scusante, ho letto decisamente tardi. Mi sono registrato dopo.

Mi limito, allora, ad un semplice commento.

Hai un'altra marcia, ed è un inizio interessante. Se ne troverai la voglia, il tempo, a mio parere meriterebbe farne un prologo di un racconto più articolato.

Un saluto.

Recensore Veterano
15/09/13, ore 09:57
Cap. 1:

Ho ritardato così tanto a scrivere questa recensione perchè lo sai, questa storia mi ha spiazzato. Ti ho lasciato a parlare di autoscontri e zucchero filante e poi boh, questo.
Hai deciso di parlare di un futuro... un futuro che sa di quella stessa distruzione da cui è nato, dove le persone non hanno un nome, dove vivono per sopravvivere. Dal momento in cui perdiamo qualcuno, la cosa più preziosa che abbiamo sono i ricordi... ma se non ci sono neanche quelli a cosa bisogna aggrapparsi? La mente continua a suggerirti che non c'è niente da ricordare, il cuore ti dice dell'altro... e così tu sei costantemente chiamato alla ricerca.
Ricerca di ciò che sai essere importante, ricerca di te stesso, ricerca di qualcosa per colmare il vuoto alla base del tuo stomaco.
Non riesco a immaginare un futuro del genere, o meglio, se ci provo rabbrividisco... un mondo in cui non c'è collaborazione, c'è usurpazione, non c'è sensibilità, c'è un cinico distacco, non c'è la dignità, c'è solo voglia di sopravvivere. Un mondo dove non ti fa più paura nulla o sei terrorizzato da tutto, un mondo dove pare non ci sia posto neppure per la speranza.
Eppure...
Eppure la speranza è come un germoglio capace di nascere anche in mezzo alle crepe dell'asfalto e qui lo troviamo in un sorriso dietro ad una maschera viola. Ripenso ad una frase di Cloud Atlas "Ma un giorno è pulce di speranza", "Sì, e da pulci non ti liberi facilmente". In un mondo in cui tutto è in rovina, una foto e il proprio nome diventano il regalo più prezioso di tutti... come dire, tutto è relativo.
"Ricordati di me"... questa frase, detta in un momento così, dove la memoria è tutto, dove ogni ricordo è prezioso, ha lo stesso valore di un ti amo. Forse è questo quello che prova lui quando le da le spalle, quando si costringe a rientrare in quel mondo, con estremo dolore, anche quando Lei è lì.
Arriverà mai il momento in cui quel germoglio diventerà un albero robusto, in grado di mettere radici nel terreno arido? Arriverà il momento in cui un nome è solo un nome e non avrà più importanza?
Non ci è dato saperlo, ma la speranza rimane... la speranza contenuta in un sorriso, capace di illuminare il buio.

Recensore Veterano
13/09/13, ore 17:05
Cap. 1:

Terza rilettura da stamani. Calma, lenta, senza provare a tirare le fila di questo racconto.
Ho provato a capire, a interpretare. Ne ho vagonate di suggestioni che mi frullano per la mente. Dal limbo a universi paralleli, da universi fittizi alla matrix alla decadenza completa di una civiltà (tipo "Il condominio" di Ballard, se mai lo avessi letto). Non ne elenco altre, perché nessuna mi convince e poi perché credo che fosse un tentativo stupido, oltre che maldestro.
Mi ricordo quando, cercando di spiegare il senso de "L'inquilino del terzo piano" di Polansky, fui costretta ad ammettere che non era la trama o il significato ad importare, ma era le sensazioni che il film trasmetteva. Ogni volta che si cerca di "spiegare" qualcosa che emoziona si finisce per banalizzare e distorcere.
Poi forse non era questo l'effetto che tu volevi creare. Ma adesso non credo mi interessi più conoscere la "verità", pur ammettendo esista e che tu avessi uno scopo ben preciso in mente. Cioè, sono certa che un'idea la avevi e forse anche precisa, ma secondo me volevi creare un'atmosfera che emozionasse.
Tuttavia, una volta che qualcosa è messo per iscritto (o una musica è suonata o una immagine è dipinta) la sua "proprietà" passa a chi la vede, la sente, la legge. A me piace l'idea di poterti rileggere (perché questa è di sicuro una delle storie che rileggerò ancora, anche più volte) lasciando che le suggestioni mi catturino.
C'è un Garrus alla ricerca del suo nome e di quello del comandante e questo mi ha portato un dolore che è complicato spiegare. E c'è un protagonista che potrebbe essere qualcuno che conosco, ma anche no. Angelo, demone, essere di altri livelli di coscienza e conoscenza, cambiato da come forse l'ho conosciuto come risultato di ciò che ha vissuto.
Non so se sia una recensione vera e propria, ma non sarei in grado di farlo, Dicevo a una tua amica che non mi sento adeguata a recensire le sue ultime storie. Qui il mio disagio sarebbe ancora più grande. Per questo ho scritto pensieri in libertà, che non assomigliano a una recensione e non vogliono assolutamente esserlo.
Mi vado a rintanare da qualche parte, pensando che pure ricordando ancora il mio nome, forse neppure io ho ben chiaro in mente cosa diavolo io sia e neppure dove diavolo stia vivendo, per non parlare di quello che verrà dopo.
Boh, non so come chiudere, mi sento un po' sperduta. Ti dico solo grazie.

Recensore Veterano
12/09/13, ore 17:39
Cap. 1:

Inizio con l’inclinare la testa da un lato, mostrando che la mia spalla è sempre disponibile.
Poi inizio a leggere e mi perdo definitivamente in singhiozzi, perché non avevo assolutamente capito, nemmeno dopo due letture… nemmeno dopo aver riletto ogni singola emozione che questo crudele spartito di Wagner mi ha dato.
Crudele, ma diretto e necessario. Non esistono le vie di mezzo, perché non tutto può andare bene; c’è persino chi ammette che c’è la possibilità che tutto ciò non sia realmente successo. In realtà qui è successo, e tu hai previsto un futuro che potrebbe essere benissimo plausibile nella peggiore delle eventualità… sono scossa, ma anche consapevole di cosa ti debba essere costato anche solo prendere in mano questa teoria.
Suona strano, suona distante, ma grazie a questo ho dovuto fermarmi a pensare. La classica fine della sigaretta, quella vicino al filtro… sai che è dannosa, ma vuoi continuare ad aspirare.
C’è un main character eccezionale, poi ci sono loro, i superstiti, che cercano con frenesia di ritornare almeno ad esistere. Basta un nome, poi c’è solo da ricostruire.
Quando ho letto “Seppie” sono caduta in una specie di limbo, ti spiegherò dopo il perché, è molto doloroso e devo restare lucida. Te lo devo.
 Lui, e con lui intendo la Prima Persona, appare crudele, ma è di una crudeltà imposta, quasi necessaria per l’ambientazione, è giustificabile e giustificato, ma crudele. Non esiste altro aggettivo, perché al momento questo per me rappresenta la razionalità, la ferrea logica di chi sa di sbagliare ma deve farlo, per un bene superiore. Ma di che bene stiamo parlando? È la dannata apocalisse…
Le carte in regola per permettere che la realtà che descrivi sia apocalittica ci sono, ma i tarocchi hanno sempre un duplice significato dietro la loro lettura primaria.
Lui ci fornisce delle regole che in realtà non esistono in una simile anarchia, cerca di regolare il caos, di dare un nome alla sua esperienza dopo la Grande Onda. Come potrei leggerlo? Lo potrei leggere come un cinico, o un folle alla disperata ricerca di qualche specchio sul quale arrampicarsi… è poco coerente come lettura, Lui è molto di più.
Mi tornano in mente storie con un finale dolceamaro, in una situazione simile, forse migliore. Poi ripiombo nel mio personale baratro e non ce la faccio davvero più a starmene ferma a divagare, a ricercare un significato dietro ad ogni lettera… è davvero crudele, forse sono stata crudele anch’io a voler razionalizzare il tutto.
Pitagora asseriva che il tre fosse il numero relativo alla perfezione. Come dargli torto…
Estremizzare a questo modo gli eventi, dandogli una nuova sfumatura, al di là dell’atmosfera che si respira in gioco è stato doloroso, un dolore bruciante, di quello che ti apre gli occhi e ti spinge a vedere le cose per quello che sono, a riflettere su cose che non avevi mai preso in considerazione.  Hai reinterpretato un finale che lascia ben poche spiegazioni, dandone una fittizia, forse improbabile, ma accettabile. Accettabile un’apocalisse? Non saprei, ma è difficile vedere oltre la Grande Onda e pensare ad un futuro… soprattutto se si prende ad analizzare ogni dannato fattore che non quadra in quel dedalo di ragionamenti!
Ma come ogni apocalisse che si rispetti, la tua vicenda ha un risvolto spiazzante sul finale. Il sorriso dietro la maschera e la volontà di dimostrare, almeno a sé stessi, che forse non è tutto da buttare… noi non siamo da buttare.
Devo ripeterlo anche in questa sede: non verrà capito, ma chi ama davvero questo gioco è disposto ad accettare dal finale anche una soluzione pericolante. Non come questa, ma poco ci andiamo vicini… io, personalmente, la ritengo un’opzione, dato che niente è certo.
Il nodo alla gola non mi permette più di avanzare, devo girarmi un’altra sigaretta e aspettare che gli stupidi sentimenti fuoriescano, prima di stendere una conclusione degna.
Succede sempre, alla terza rilettura, non me ne volere, sono l’apoteosi dell’incoerenza!
Ricordo quando mi rimproverasti perché il termine “Seppie Sintetiche” ti fece storcere il naso… è quel capitolo nel quale ti ho presentato Adrienne per come la vedo io, non posso non scordarlo, non è ammissibile. Queste parentesi inappropriate appesantiscono e basta… spero di riuscire a finalizzare il pensiero verso qualcosa di più coerente, anche se mi riesce poco…
Tornando alla OS, hai scritto qualcosa di materico, creando delle immagini dure, inaccettabili, ma non sono altro che il frutto dell’ambientazione che hai descritto.
Oso ammettere che il finale idilliaco mi è sempre rimasto sullo stomaco, oso ammettere che per quanto riguarda la mia vecchia storia, Len ha fallito. Distruzione negativa, per l’esattezza.
Posso intravederla in quella foto distintamente, e questa cosa attualmente mi sta divorando dall’interno, perché, davvero, non oso immaginare un “dopo”, non oso immaginare cosa ci potrebbe essere al di fuori di quel suo inutile e scialbo purgatorio.
Basta, davvero, sto diventando patetica.
Hai fatto un ottimo lavoro, perfetto e sentito, plasmando una realtà difficile da accettare nella sua crudele interezza. Io accetto, io ci metto la firma: se avessi solo il 5% del tuo talento, lo rifiuterei, perché sarebbe solo una tua misera imitazione. Mimesi.
Hai lasciato qualcosa di tangibile, pubblicando questo pezzo, sei riuscito a creare qualcosa di talmente vivido che fa stare bene e male, che brucia e che consola allo stesso tempo.
Un grazie è il minimo, offrire una spalla è qualcosa che ti devo.
Un abbraccio