Lodicoloripetoloribadisco: AMO la quotidianità.
Ci sarebbero tante cose da dire a proposito di questo capitolo, a partire dall'ambientazione (una delle mie preferite) fino alla perfetta coerenza nella quale disponi gli eventi narrati e le interazioni tra i personaggi.
Penso che un personaggio riesca a vivere di vita propria non solo grazie ad un metaplot e ad un background credibili, ma anche grazie a piccoli dettagli che vengono sparsi nel corso della sua personale vicenda. Le fic sono belle anche per questo, si può spaziare e prendere decisioni al di fuori della storyline nella più completa libertà. Il dramma è che, come hai scritto nella nota, quando si tratta di fuoriuscire da un ambiente già descritto, è molto difficile restare in linea con il carattere di un personaggio. Bene, ad andare OOC non ci sei riuscita nemmeno stavolta, mettiti l'animo in pace e -per Krysae!- aggiorna. ORA.
Impazienza a parte...
(ho sovrapposto per un millesimo di secondo la faccia di Ale sopra la tutina di Varn, sappi che mi hanno sentita in Svezia)
L'incipit è stato delizioso, a partire dalle nuvole di zucchero fino alle carpe. Oh, cosa non è quel Drell ç-ç si completano, si completanomalissimo *piangetroppo*
Penso che nessuno potrebbe trovare una descrizione più calzante, per un "dopo". Mi piace come hai definito gli spazi, circondandoli con particelle di credibilità eccezionale. Ho rivisto per un attimo i drammi interiori di Len, quando nel chappy Ann si specchia e vede finalmente che non c'è motivo che le spossatezze derivate dal lavoro assorbano anche le piccole conquiste nella vita quotidiana... al contrario di come la vivrebbe una persona che si affida al lavoro per definire sé stessa, come Len, Ann nota finalmente che c'è bisogno di definire una specie di linea di demarcazione. Non so se ho colto questa cosa in maniera precisa, oppure è un viaggio mentale mio... ma è pur sempre un dettaglio che ho apprezzato, l'ho apprezzato tanto, perché spesso leggo di Shepard che vivono la loro vita personale inserendola in ambito lavorativo, o che fanno addirittura l'operazione contraria (ed ecco a voi *rullo di tamburi turian* Lee Shepard!). Diciamo che hai colto la vera essenza di una Shepard credibile, che impara sulla sua pelle dove finisce il Comandante e dove inizia la Donna.
Veniamo a Garrus...
Nah, troppo comodo *si fustiga*
Veniamo al fatto che i Turian...
Nah, troppo scontato *porge frusta a Garrus*
Veniamo al fatto che... OUCH ...okay, la smetto e torno nell'ambito della storia.
Parliamo degli Elcor. Ma non di loro nello specifico, sia chiaro, ma di ciò che c'è dietro alla conversazione nel capitolo che li riguarda: Ann e Thane erano perfetti, perfetti perché nonostante la gravità del fatto che OMG COME PUOI COME PUOI uccidere un pachidermico ammasso di dolcezza come un Elcor? O anche solo pensarlo!!! Monelli, proprio. Ma monelli con criterio, perché, diamine, cosa mai avranno in comune due individui del genere quando si ritrovano ad avere pochi scampoli di tempo per conoscersi? Beh, l'esperienza. Di esperienze ne hanno maturate parecchie e condividerle è anche un modo per confermare che la persona che ti sta davanti e alla quale hai dedicato molte energie (psicologicamente parlando AHEM) non è un estraneo. Insomma, non capita mai di fare una cosa, con qualcuno che conosci appena, il giorno prima e il giorno successivo dire: ma ero in me? ma era in lui? che cacchio è successo? Imbarazzo a palate! L'unico modo per uscirne è partire da una base e costruire delle nuove esperienze, condividerle. Spero di essere stata chiara, davvero, perché mi ritrovo a ridere come una scema, pensando al doppio senso insito in questo discorso *muoremale*
Ora, c'è una cosa che mi preme dire più di altre, e spero di non diventare troppo pesante nell'analisi, o di scadere malissimo di fronte alla gravità che spinge dolorosamente l'ultima parte del capitolo. Ho avuto un patema assurdo, a metà capitolo, perché lo sapevo, lo sapevo -diamine- che alla fine la stangata sui denti mi sarebbe arrivata in maniera completamente improvvisa. La stangata è quel penultimo paragrafo a proposito del tempo rimasto. Tutto l'intero capitolo viaggia in un periodo di tempo "morto", una specie di cella di stasi dove i problemi gravitano intoccabili all'esterno, senza penetrare le pareti di quel limbo in nessun modo... era inevitabile tornare sull'argomento, era doveroso, ma diamine se mi ha fatto male leggerlo.
Non è una critica, non è una considerazione, è proprio che mi sono sentita come se qualcuno mi avesse tirato una sberla in pieno viso, facendomi riprendere conoscenza, proiettandomi di nuovo nella realtà della storia.
Ecco, io sono convinta che la vera realtà stia nelle parentesi, quella che si vive e non si subisce, semplicemente perché bilancia ciò che di più brutto può dare la vita. Loro hanno vissuto quello che la realtà potrebbe dargli, e questo, se possibile, mi fa un male cane, è davvero insopportabile.
Non saprei come descriverlo, ma è come se tu sapessi fin dall'inizio che qualcosa che non stai affrontando è destinato comunque a non affacciarsi mai alla tua realtà, è come se prevedessi il gusto di un kiwi quando il fottuto kiwi non l'hai mai assaggiato...
Hai regalato ai tuoi personaggi una parentesi meravigliosa, giusta e corretta nei loro confronti, dandogli il tempo di respirare prima di tornare in apnea nella storia.
Ti ringrazio per le riflessioni, ti ringrazio per aver dettagliato il mio adorato Zakera, per il Krogan, per la Paladin, per Varn (omg è carinissimo, posso adottarlo?) per il viaggio in autobus (LOL spuntoni selvaggi), per qualsiasi cosa tu abbia inserito in questo capitolo. Un gran bel lavoro, un ottimo lavoro, anzi!
Un abbraccio |