Ho trovato questa storia seguendo il tuo link in un gruppo di Facebook: devo dirlo, di primo acchito la trama non mi aveva granché entusiasamato ma d'altra parte, adesso che sono arrivata all'ultimo capoverso, posso dire di aver letto un racconto ben congegnato, diretto, molto piacevole. Benché questo sia il mio giudizio ultimo e definitivo, andiamo per gradi.
La trama è essenziale: un serial killer di stampo classico (l'assassino di giovani donne è una sorta di topos letterario) scrive una lettera al suo "antagonista", alla sua nemesi ed al contempo "complice", come spesso accade. L'identità di Joe s'intuisce dopo poche righe, anche perché, come ho già detto, il rapporto di amore-odio, di rispetto-disprezzo fra criminale efferato e il poliziotto che lo insegue è un motivo ricorrente, senza per questo obbligatoriamente diventare un punto a tuo sfavore, anzi: è soprattutto questo filo rosso, che si dipana mano a mano scivolando da una frase all'altra, ad essermi piaciuto particolarmente. Trovo molto originale la scelta di far fare un passo indietro a Joe, che da controparte, una sorta di alter-ego della voce narrante, diventa un personaggio passivo, e per questo più interessante: hai spezzato la dicotomia, e nel farlo hai attribuito al protagonista caratteri ancor più disturbanti. Da una sorta di gara, di sfidarsi ad un duello di arguzia e prontezza intellettuale, si passa alla persecuzione: questa scelta la trovo molto azzeccata, perché dà spessore e credibilità al personaggio.
Spesso leggo, nei thriller/noir più ingenui, di serial-killer (perchè lo sono quasi sempre) delineati in maniera più o meno balorda: si tratta in genere di uomini in cerca di esperienze estetiche, degli artisti incompresi, che talvolta, secondo me, incarnano più l'ideale di virilità maschile degli autori del caso che il profilo psicologico di un assassino seriale anche solo vagamente verosimile. Un po' di questo stereotipo l'ho riscontrato anche qui, seppure mitigato da una sensibilità diversa, che traspare soprattutto nel finale, come ti ho già detto.
Credo francamente che il tuo racconto, che pure ho letto molto volentieri, sarebbe potuto essere ancora migliore, se ti fossi chiesta il perché (o l'avessi trasmesso anche al lettore) di alcuni passaggi: ad esempio, il protagonista in un certo senso afferma di uccidere per provare l'ebrezza di troncare una vita, ma al contempo lo delinei come un assassinio di sole giovani donne. Questa scelta la motivi in maniera più o meno fumosa (in che senso deve punirle?); se avessi approfondito di più questo punto, se ti fossi soffermata di più sulla psiche di una figura del genere che, sono sicura, può dare molti spunti di riflessione, non avrei avuto alcun appunto da farti. L'impressione che ne ho tratto è che una prima stesura tu l'abbia fatta partendo da un'immagine predefinita, appunto quella del Jack lo Squartatore/Ted Bundy del caso, per poi manipolarla ed estenderla in una maniera tale che le parti più scontate appaiono in difetto, rispetto a ciò che di tuo hai messo dentro. Ma, ovviamente, questa è solo una mia impressione e magari - probabilmente - mi sbaglio.
Sullo stile, che è molto lineare, non ho molto da dire: mantieni il tono di un colloquio, il che può anche starci considerato che giochi un po' sulla familiarità fra destinatario e mittente, anche se io ho sostituirei tutti quegli intercalari che hanno un senso solo se "sfuggono" a voce alta, tipo i vari "eh?", con qualcosa di più "scritto". Non credo che qualcuno, scrivendo una lettera, comincerebbe mai con un "umh" di riflessione, né un "ahahah": se si fosse trattato di una conversazione che in un certo qual modo imitava il botta e risposta di un dialogo (ad esempio in chat) sarebbe stato diverso, ma in una lettera mi pare un po' forzato. Logicamente è tutto scritto in prima persona, dunque il lessico e lo stile in generale ci dice molto sulla personalità di chi racconta: in alcuni casi ci sono delle incoerenze di registro linguistico, ovverosia frasi molto rudi, elementari, che si succedono ad altre quasi liriche, ma presumo sia una scelta ragionata per rendere l'esaltazione, il furore del protagonista.
Ti chiedo scusa fin da ora se i miei suggerimenti ti infastidiranno: purtroppo, anche quando recensisco una lettura che ho davvero gradito, mi ritrovo quasi sempre a calcare la mano su ciò che mi ha fatto arricciare il naso, piuttosto che sulle tante cose che ho apprezzato. Comunque la banderina verde attesta la positività del mio giudizio.
Buona scrittura,
GenGhis |