Una leggenda davvero interessante, anche se a dire il vero già immaginavo il Pokémon che dominava il bosco. :) Evidenzia soprattutto l'attaccamento del padre per il proprio figlio: a quei tempi, il legame familiare era la cosa più preziosa per la gente non ricca. Storiella coinvolgente, ricca di passione e anche drammatica sotto certi aspetti. Bravo. :)
Ora, voglio come sempre farti notare alcuni piccoli errori (anche se insignificanti):
"Ed intanto l’incedere inesorabile del martello su quel ferro incandescente, stretto dalle sue tenaglia creava un rumore sordo, quasi timido, che spariva e tornava nel tempo di un respiro.". Hai singolarizzato la parola "tenaglie".
Questa frase mi sembra incompleta... oppure è collegato alla frase precedente... se è così, non si dovrebbe andare accapo... o sbaglio?
"Nel tempo che i suoi polmoni ampliassero il suo torace ampio e muscoloso.".
Manca il punto alla fine di questa frase:
"Vent'anni dopo neanche le camicie di suo padre, il sant'uomo che lo aveva introdotto nel negozio di famiglia fin dai primi vagiti, gli entravano. E lui insegnava a suo figlio quello che aveva imparato da suo padre"
C'è una preposizione semplice di troppo, qui:
"Il ragazzino posò lo straccio, salutò la signora con inchinando il capo, e si dileguò."
Questa frase è molto curiosa! XD
"Livio aveva capito che il Bosco Oblio era pericolo, e ci stava alla larga." Era pericoloso il bosco... oppure il bosco era in pericolo?
Manca l'apostrofo femminile qui:
Avrebbe preferito evitare, magari sarebbe passato un ultima volta per casa, per vedere se Cristiano fosse tornato.
Poi, qui...
"Camminò ancora, ripercorrendo i suoi passi, tornando ancora sul corso principale, dove le luci di casa di Silvana erano spente, ad indicare una razionale presa di coscienza da parte della donna." Luci di casa di Silvana... suona un pò brutto, non pensi?
Un piccolo errore di battitura qui:
"Ed anche se la vita di ha dato limoni"
Hai mascolinizzato Silvana qui:
“Ok...” fece lei, leggermente intimorita, mentre le gambe gli tremavano.
In questa frase:
"Umbreon era lì, che combatteva e che prendeva colpi, ma gli attacchi sembravano essere indirizzati a Livio, non al Pokémon buio, che alcune mosse fisiche non riusciva a pararle."... "pararle" si riferisce ad un oggetto esistente nella stessa frase, ovvero "le mosse fisiche". Non sarebbe meglio dire "parare", secondo te?
Qui hai cambiato il nome di Luce in Lucia (oppure viceversa)... non so se lo hai fatto apposta o meno... comunque te lo dico:
"No, Cristiano era innamorato di Luce, e Luce era la figlia del prete. E la figlia del prete non usciva mai di casa, se non per andare in chiesa. O a scuola.
No. Non era Lucia."
Quante Silvana esistono? XD
"E quello di Silvane era smosso già appena messo piede in quel bosco."
Dovresti scrivere meglio il nome della razza del Pokémon Vespiqueen con 2 "e"... e poi questo Pokémon è esclusivamente femmina e lo hai reso a volte maschio e a volte femmina (vabbè, su questo punto sono stato un pò esigente... diciamo che su alcuni Pokemon sono abbastanza sessista! XD)
Questa frase mi sembra incompleta:
“Perché mi attacchi?” le parole stanche dell’uomo ormai parevano cadere fuori dalla bocca come se acqua da una diga crepata."
Per il resto, mi è sembrata davvero una bellissima opera. Complimenti! :D Riporto la parte che mi è piaciuta di più:
"Erano quasi dodici ore che giravano in quel bosco, ma il buio era sempre lo stesso, come se il tempo non fosse mai passato. Come se qualche sadico stesse mantenendo le lancette dell’orologio ferme con le dita, per vedere le sofferenze di qualcuno allungarsi.
Giocare con la vita, giocare con la morte. A volte la differenza è molto sottile.
Livio era stanco. Ma era impossibile addormentarsi lì. Non poteva. I Pokémon selvatici, che sembravano essere a difesa di qualcosa, parevano più soldati addestrati piuttosto che Pokémon selvatici autoctoni, ed attaccavano ogni dieci passi che il fabbro faceva. Umbreon avrebbe dovuto difenderlo a spada tratta, e lui non ce la faceva più. Stessa cosa per Espeon, mentre Silvana camminava come un soldatino ubbidiente senza lamentarsi, per non permettere all'uomo di dire che fosse effettivamente una palla al piede.
“Cristiano...” fece lui, tirando fuori l’ultimo filo d’anima che gli era rimasta, per poi lentamente abbandonare ogni tipo di forza e chiudere gli occhi.
“No! Livio! Livio!” Silvana si gettò a capofitto per terra, sull'uomo, e poi rivide gli occhi di Livio riaprirsi lentamente.
“Silvana...” fece lui, mentre la donna gli manteneva le gambe sulle ginocchia. Quella piangeva, spaventata.
“Livio... ti prego, non addormentarti. Dobbiamo trovare Cristiano ed uscire da qui... se ti addormenti i Pokémon ci ammazzeranno...”
“Silvana... scusami...”
“Ecco... mangia qualcuna di questa bacche... sono mirtilli e more, niente di che, però potranno darti un po’ d’energia... le ho raccolte per momenti come questi...”
La donna mise quei frutti di bosco nella bocca dell’uomo, che prese a masticarli. Un po’ di zucchero cominciò a fluirgli nel sangue, e gli occhi si riaprirono di nuovo.
“Abbandona questa spada, Livio... pesa troppo...”
“No...”".
Questa parte mi è piaciuta per l'attaccamento della donna all'uomo e per la forza d'animo di Livio al non arrendersi nel cercare disperatamente suo figlio nemmeno se altamente a pezzi.
Che dire, bel lavoro. :) Leggerò altro appena avrò il tempo. Scusa se sono stato severo anche stavolta ma... ricorda che me lo hai chiesto tu! ;) Siilo anche tu con me con il mio racconto (si può dire "siilo"??? XD).
A presto!
Magmadon92 |