Ciao!
Prima di iniziare a leggere questa tua mini-long, ho sistemato tutto con cura, preoccupandomi di ogni singolo dettaglio; dalle lenti degli occhiali ben pulite al computer sistemato in modo decente, dalla posizione più comoda che su una sedia a stradio insolita sono riuscita a trovare al ventilatore sistemato in un angolo dove non può darmi né eccessivo fastidio né farmi morire per il caldo. Non sono nemmeno sicura che finirò i cinque capitoli oggi stesso, o almeno non in questo momento, ma quando mi trovo davanti ai tuoi scritti voglio che l'ambiente che mi circonda sia perfetto almeno quanto le righe che butti giù tu.
È scontato, a questo punto, farti i complimenti per lo stile, la grammatica e il modo in cui ogni singolo concetto, pur essendo estranei a quello che i personaggi vivono, sia capace di entrare sotto la pelle dei lettori e scaldarci il cuore. Grazie a te, posso provare sensazioni che solo i libri o i racconti possono farmi sentire e, davvero, non capisco come tu possa fare così tanto.
Questo prologo, pur essendo piuttosto breve, è l'incipt perfetto per una storia. È un inizio che ti fa subito capire a cosa andrai incontro, ma solo in fatto di sensazioni, nel momento in cui le frasi ferme sul desktop vengono lette le emozioni iniziano a girare nella testa di chi le legge, per il resto tutto rimane ignoto e penso non ci sia cosa più piacevole di questa. Sai cosa proverai durante la lettura, da una parte, e dall'altra non sai proprio cosa aspettarti.
Il titolo della fan fiction è in sincronia con la prima frase, e non perché entrambi contengono la parola “maschere”, trovo sia il fatto che 'La lingua delle maschere' e la frase 'Ogni uomo indossa una maschera sul volto' siano fatte per stare nello stesso posto, in qualche modo. Ogni uomo indossa una maschera e ogni maschera ha un modo per esprimersi, una lingua nascosta e che non si ascolta, si percepisce.
“Nessuno può dirsi sicuro della persona che gli è vicina, ma gli amici, quelli veri, alla fine si limitano a essere come appaiono”, è una delle frasi che mi ha fatto pensare un po' di più, rispetto alle altre. E, in effetti, è esattamente così. Se un amico è vero non c'è nessuna maschera, il fatto è che non possiamo sapere quando una persona è vera o meno, dunque non badiamo alle maschere, non pensiamo nemmeno di soffermarci per qualche attimo a osservare una persona e capire com'è che stanno le cose. Andiamo avanti e aspettiamo, senza esserne consapevoli, che la maschera crolli, e la cosa buffa è che magari quando svanisce nemmeno gli diamo il necessario peso, credendo sia tutto come prima.
“Amici come quelli, nudi da trucchi e inganni, si bramano per tutta la vita. Qualcuno li trova ed è felice; qualcuno li confonde e lo è un po' meno; qualcuno si sveglia la mattina e realizza che nulla è come dovrebbe essere.”
E, ancora, mi ritrovo a darti ragione sull''argomento 'amicizia', perché è tutto ritratto per com'è davvero, nessun dato storpiato del vero modo di essere di quella che, apparentemente, è una delle cose migliori di sempre, una di quelle cose che ti rendono felice sempre e comunque. Quando, in fondo, trovare davvero amici 'nudi da trucchi e inganni' è più difficile di quanto le persone credono.
“Non rende solo un po' meno felici: lacera la pelle centrimetro dopo centimetro, la fa bruciare, scottare, la fa sciogliere fino a quando lo scheletro non brilla alla luce del giorno, ed è allora che l'amara consapevolezza scava a fando, spacca le ossa, riduce un uomo in polvere.”
E dalle maschere si passa alle conseguenze di esse. È probabilmente il fatto che, quando un uomo ha sul volto una maschera, tutto -per lui e intorno a lui- è fantastico, quando le maschere cadono e si rivela la vera personalità di una persona, quando gli scheletri dentro l'armadio rinchiusi per troppo tempo scappano fuori, la persona che è stata ingannata dalle maschere cade a pezzi; prima gli si lacera la pelle, poi tutto quello che segue, e delle persone rimane solo polvere che in poco tempo viene spazzata via dal vento.
“Lui è ancora lì, a pancia in su nel suo letto e intorpidito dalla sonnolenza, ma da qualche altra parte è appena morto.”
E qui spunta Remus. Un Remus che ho sempre trovato così, io, poi gli altri non so. L'ho sempre trovato un uomo distrutto dal dolore e che continua a mascherarlo difedendosi con artigli e denti, ma così stanco di lottare da non riuscire più a mascherare la tristezza che lo distrugge lentamente, nonostante le gioie che, in piccole dosi, la Rowling le ha regalato nei libri. È un Remus che mi piace, che mi è sempre piaciuto, un Remus in cui mi ostino a rivederci anche tracce di me, forse per sentirmi un po' meno diversa da tutto il resto.
“Remus Lupin ha mentito un considerevole numero di volte, ma quella mattina, un istante dopo aver aperto gli occhi nell'umida camera di Grimmauld Place che Sirius gli ha riservato, ha capito che fra tutte le menzogne sulle quali ha costruito la sua vita ce ne è una, e una soltanto, per la quale forse valesse la pena smascherarsi.”
E questa è la frase che fa intendere, circa, di cos'è che intendi parlare con questa breve fan fiction. È un punto essenziale per il prologo, ed è l'ennesima cosa che fa pensare. Perché mentre parlavi del dolore, tutti credevano che solo un antagonista avrebbe usufruito di una maschera, in questa storia. Invece, è proprio Remus ad averne una, una maschera da tenere sul volto per tutta la vita, solo per facilitarsi le cose, una maschera che, una volta crollata, di problemi potrebbe causarne davvero troppi; e c'è solo una parte che, crede, dovrebbe andar via. Una parte che qualcuno dovrebbe scoprire, nonostante il pensiero di cosa succederebbe, se non ci fosse più.
“Una sola verità.
Probabilmente era la sua ultima occasione.”
Le ultime due frasi del prologo, frasi che ti lasciano con il fiato sospeso e ti danno una certa voglia di correre a leggere quel che resta.
Penso di aver finito. Mi è uscita una recensione piuttosto lunga e spero di non averti annoiata.
Detto questo, presto leggerò il primo effettivo capitolo. |