Ehi! Sono passata anche di qui. Trovo che tu sia davvero fantastica, sono sincera.
Riesci a passare senza problemi da due generi completamente differenti. Tanto di cappello.
Come sepre ti lascio la parte che mi ha toccata di più.
"Spesso quando ti ritrovi a guardarti indietro, capisci quante sono state le cose sbagliate, quanti gli errori che potevano essere evitati. Eppure, in quel momento eri troppo accecata per capire, troppo accecata per essere razionale. Vi chiederete da cosa? L’amore.
Ah, quante ne ha combinate quel sentimento, in molti credono che sia la rovina del genere umano, altri che ne sia la salvezza. Tante sono state le guerre e battaglie decantate in nome dell’amore, tanti i poeti che ne hanno tessuto le lodi. Eppure… eppure l’amore ci può portare alla devastazione di noi stessi, può elevarci sino al cielo e scaraventarci a terra.
Forse era questo quello che pensava Dianne ogni volta che scorgeva la propria figura attraverso lo specchio, nei suoi occhi era possibile trovare l’alone della tristezza. Dell’amore che l’aveva portata ad autodistruggersi.
Nonostante fosse fine Agosto, nel Vermont le temperature erano già miti, era una delle caratteristiche che Dianne più amava di quel posto. Spesso sentiva di andare controcorrente, tutti amavano il caldo, l’estate, il sole, mentre lei apprezzava le temperature più fredde, il modo in cui il vento le si scontrava contro il viso pungendole la pelle.
Probabilmente di quel posto apprezzava solo quello, poiché viveva nel bel mezzo del nulla. Westfield era il paese meno popolato della contea di Orleans e questo non permetteva molto margine di scelta, sia per le amicizie che per gli intrattenimenti. Però Dianne era stata fortunata, nonostante quel posto fosse un buco, lei era riuscita a trovare qualcuno che la faceva stare bene. Austin.
Austin Evans era il figlio dell’unico dottore presente a Westfield, si erano conosciuti quando entrambi avevano sedici anni e, ora che ne avevano diciotto, la loro storia continuava a procedere come sempre. Dianne ricordava ancora i batticuori dei primi tempi, come si sentiva ogni volta che Austin le sfiorava la mano, o come era stato bello scoprire che lui si era accorto di lei.
Forse era questo il problema, tra le loro personalità c’era un abisso. Dianne era la persona più semplice del mondo, nei suoi modi di fare o di vestire, non puntava mai al mettersi in mostra, amava perdersi nei suoi libri e seguire tremila serie tv in contemporanea, era solare e ogni cosa riusciva a prenderla con un’ironia che a molti sfuggiva.
Austin, invece, era il tipo ragazzo che si può trovare in ogni posto, alto, spalle larghe e lineamenti ben delineati. Era sempre sicuro di se stesso e questo lo portava a sentirsi superiore a ogni creatura ci fosse al mondo, sin da piccolo era stato cresciuto con l’idea che lui sarebbe stato il migliore. Suo padre aveva scritto il suo futuro prima che Austin iniziasse a parlare, sarebbe diventano anche lui un medico e a lui stava bene così.
Dianne ricordava ancora come, al principio di tutto, la sua migliore amica Jude le avesse chiesto cosa ci vedesse in lui e lei completamente accecata da quel ragazzo con gli occhi verdi non riusciva nemmeno a trovare le parole giuste per descriverlo, ogni aggettivo sembrava troppo banale per raffigurare il modo in cui lui la faceva sentire.
Però pian piano le cose erano cambiate. Dianne era consapevole di non essere perfetta sotto molti aspetti e quello più evidente era quello fisico, fianchi troppo larghi, seno inesistente e una lista infinita di difetti che ogni giorno si trovava ad aggiornare. Austin riusciva a farla sentire amata nonostante tutto, pensava che forse avesse trovato qualcuno in grado di non fermarsi solo al pensiero di stringere tra le braccia un manico di scopa, ma che qualche chilo di troppo non era poi il male.
Solo che quella era un’illusione.
Ricordava ancora il primo commento del ragazzo, il modo in cui si era sentita. Era una sera d’estate, Dianne aveva indossato un prendisole colorato che lasciava scoperte le spalle, lui l’aveva osservata con un sorriso e poi le aveva poggiato entrambe le mani sulle spalle.
-Amore, forse stasera è meglio non andarci pesante con la cena.- Le aveva detto.
Dianne lo aveva osservato con un’espressione confusa sul viso e Austin, notandola, aveva aggiunto con il solito sorriso. –Non vorrei correre il rischio di dover comprare dei rinforzi per le gomme dell’auto. – E poi aveva riso come se quella fosse stata la battuta del secolo.
Lei ne era uscita ferita, mai si sarebbe aspettata di sentirsi dire una cosa del genere da lui. Il modo in cui aveva riso era stato ignobile e Dianne aveva avuto la tentazione di buttargli la testiera dei fiori in testa.
Ma qualcosa l’aveva spinta a non farlo: l’amore. Lo stesso che trova una giustificazione a ogni cosa.
Man mano che il tempo passava i commenti di Austin diventavano sempre più pesanti e diretti, prima la demoralizzava e poi la baciava. Prima le buttava in faccia ogni difetto che vedeva e poi tentava di scoparsela. E lei trovava solo giustificazioni ai suoi comportamenti, a ogni parola che la feriva subentrava un “lo dice solo per me, lui mi ama e vuole che io stia bene”, ma i suoi commenti erano qualcosa che Dianne non sapeva gestire.
Fu per questo che si trovò a toccare il fondo.
Il ricordo di quel momento probabilmente resterà impresso nella sua mente fino alla fine dei suoi giorni.
Era una sera come un’altra, dopo aver terminato la sua cena Dianne si era alzata da tavola e senza dire molto ai suoi genitori, era andata in bagno chiudendo la porta a chiave.
Ricordava ancora lo sguardo disperato dei suoi occhi, il suono di una voce che le diceva di non farlo, che niente era così importante e che nessuno meritava tanto da lei. Sarebbe finita in qualcosa di più grande, qualcosa che non avrebbe saputo gestire, ma l’unica cosa che riusciva a pensare era che una volta sola non avrebbe ammazzato nessuno.
Così aveva aperto l’acqua del lavandino, si era avvicinata lentamente alla tazza del water e, dopo aver raccolto i capelli in una coda, aveva chinato la testa portando frettolosamente due dita all’interno della sua gola. Le era sembrata la cosa più disgustosa del mondo, le aveva portate in profondità sempre più lentamente fin quando il suo stomaco non aveva reagito e tutto quello che aveva ingerito a cena era ritornato fuori dal suo organismo.
Ricordava perfettamente gli occhi gonfi e le lacrime che le rigavano il viso, però ricordava anche la leggerezza e la liberazione dal senso di colpa.
Più il tempo passava, più la situazione peggiorava e nessuno se ne era mai accorto.
Nemmeno sua madre. Nemmeno lei che si vantava così tanto di conoscere perfettamente i suoi figli, che pensava di conoscere ogni cosa di loro, lei non sapeva con cosa sua figlia conviveva ogni giorno.
Inizialmente era solo quando mangiava fuori dai pasti, ma poi iniziava a rigettare anche quelli, ma il suo peso restava sempre quello e più le cose non cambiavano più Dianne sfogava tutto con quel modo così malato.
Erano passati due anni da allora e tutto era scorso seguendo una linea retta, nessun evento straordinario o qualcosa da ricordare in modo particolare. Niente sino a oggi.
Quello era il giorno che probabilmente aveva aspettato maggiormente negli ultimi anni, ogni suo sacrificio, ogni sua mossa era stata compiuta in funzione di quella giornata.
Le sembrava solo ieri il giorno in cui sua madre le aveva portata speranzosa la lettera che aveva ricevuto la mattina dall’università, insieme avevano incrociato le dite e aperto la busta con attenzione, estraendo il pezzo di carta. Le urla avevano riempito tutto il quartiere. Ce l’aveva fatta, sarebbe andata a Princeton e non sarebbe stata sola.
Insieme a lei quella mattina sarebbe partita sua cugina, Gwen. Lei e Gwen condividevano quasi tutti i ricordi d’infanzia, sua cugina abitava nella casa vicino alla sua, ma per Dianne era sempre stata qualcosa di più di una semplice parente con cui dovevi avere per forza un rapporto per via dei legami di sangue. Loro due erano cresciute come due sorelle, sempre insieme e Dianne avrebbe fatto di tutto per lei.
Gwen era differente, un sorriso caratterizzava sempre le sue labbra, riuscendo a portare il buon umore nelle persone che le erano accanto, per chi la osservasse da fuori sembrava una di quelle persone sicurissime di se e consapevoli del proprio potenziale. Una di quelle che non aveva paura di niente. Ma Dianne sapeva che non era così, Gwen era probabilmente la persona più ansiosa che conoscesse, per ogni minima cosa era capace di farsi almeno otto versioni differenti della stessa storia, per poi tentare di trarne una nona mandandosi ancora di più in fumo il cervello.
Quel giorno sarebbero partite insieme, non prima di incontrare Austin un’ultima volta però. " |