Valutazione del Contest Fetish e Ossessioni
Puntando sul personaggio di Ashlar, Lle opta per il pigmalionismo come fetish portante della sua fiction; l’oggetto è perciò fulcro attivo dell’erotismo e innesco del soddisfacimento sessuale, nel suo essere immobile, percepibile e ‘idolo’ di un culto a esso consacrato.
L’introduzione è prettamente contemplativa, con l’intento del protagonista di crogiolarsi e perdersi in maniera dionisiaca nel piacere dello sguardo, in una sorta di rivisitazione panica dell’adesione al circostante (per quanto in questo caso si tratti di trofei artificiali e non della ‘natura’ in sé, ma di una statua che fornisce la rappresentazione della stessa, un tramite, quindi).
Nel momento in cui la donna in terracotta è svelata dallo sguardo del collezionista, l’approccio feticista diventa attivo e determina l’amplesso, una necessità impellente che è scandita in maniera ritmica nell’arco narrativo, in un crescendo passionale.
Ashlar è ritratto in una fase avanzata della propria patologia: finito il rapporto, terminano anche l’escalation e il mordente esercitato dalla Venere. Il distacco avviene con una cesura netta, un'estraneità che l'uomo non aveva preventivato e che giunge improvvisa, per quanto prevedibile e 'attesa' dal lettore; appagare il desiderio equivale a una stasi mortifera, all'annientamento della ricerca, che Ashlar non può concedersi. L’ultimo sguardo è figurativamente lontano, perché osservare l’oggetto non permette di trarre piacere e ciò, paradossalmente, intensifica la mania doverosa di vagare e scovare l'ebbrezza in altro, acuendo il comportamento deviato e la sua recidività.
I tesori accumulati svestono la parvenza erotica e tornano a decretare invece la padronanza e la capacità di possesso del protagonista, l'ampio spettro dei suoi interessi e dell'opulenza di cui si circonda, come ne amplificano il ‘vuoto’ e il senso di inafferrabile insoddisfazione.
Da questo punto di vista Lle riesce a seguire il vademecum psicologico del feticista (anziché ricrearne lo spessore, mette a nudo la sensorialità) e ne dà uno spaccato credibile nella finzione narrativa, utilizzando un registro stilistico che emula quello sadiano e si rifà ad atmosfere filo-ottocentesche, per quanto riguarda l’enfasi dell’io narrante. La voce, che riporta direttamente gli eventi è difatti ricca, talvolta pedante nella ripetizione dei termini ed esagerata nelle espressioni ricorrenti, ma altrettanto partecipe e sentita, organizzata nello scheletro della trama. |