Ciao, sono lievemente in ritardo nel leggere questa storia (che non ho idea di come abbia fatto a sfuggirmi), ma per la serie meglio tardi che mai. Ma qualche tempo fa ero in cerca di long da leggere e mi sono imbattuta nella tua "Il teatro del sogno" (dalla quale passerò prestissimo), ma navigando successivamente nel tuo profilo mi sono resa conto che c'era qualche storia che non avevo ancora mai letto e questo è un vero peccato. Ho pensato di recuperarle ora, nella speranza che tu possa leggere questa recensione, anche se è a una storia davvero molto vecchia e temo tu te la possa perdere.
Devo dire l'ho trovata piacevolmente dolce-amara. Malinconica direi, suona di "troppo tardi" (come dicono sia Sherlock che John alla fine, dopo che si sono detti ti amo), ma sappiamo in realtà che niente è finito e che loro due possono avere ancora un futuro. Quindi sì, c'è della malinconia piuttosto forte e la sensazione che Sherlock sarebbe dovuto rimanere da John e aspettare che si svegliasse, magari dicendogli tutta la verità. C'è questa sensazione molto forte e anche la voglia di gridare a Sherlock di fermarsi, ma al tempo stesso è anche giusto che se ne sia andato e questo perché la storia segue il canon della serie e noi sappiamo che Sherlock torna dopo due anni e non prima. Quindi sì, mi è piaciuto molto il tono generale perché al di sotto della superficie resta un velo di speranza che tu ci dai, ma in una maniera davvero leggerissima e appena percettibile. Quel: "Ed è un arrivederci, non un addio." che Sherlock dice mentre se ne va, ci permette di gioire del fatto che prestissimo farà ritorno e che sarà tutto come prima, o quasi. Insomma, c'è ancora speranza per loro due e non è affatto finita qui. Non lo è per niente.
La storia va a rimestare nel mare del post-Reichenbach, quel pozzo infinito di possibilità (molto spesso incentrate sul dolore di John), che racconta di un uomo che ha perso l'unica sua ragione di vita e che non sa più come fare per andare avanti a vivere. Ci mette otto mesi per capire che è necessario lasciarsi il dolore alle spalle e tentare di vivere e non limitarsi a sopravvivere, otto mesi durante i quali ha sempre rimandato tutto questo. Ha finto che fosse tutto normale, l'ha sentito anche quando non c'era e quasi gli sembrava che fosse lì con lui. Il dolore che descrivi è potente e molto forte, fa davvero male vedere John in un simile stato. Non dorme, sente rumori strani la notte, compra ugualmente il latte anche se sa che non finirà tanto presto e prepara lo stesso il tè per due (del quale è piuttosto probabile che se ne liberi Mrs Hudson, una muta presenza in questi otto mesi che scivolano via molto velocemente). John è molto più che sofferente, sta male da morire e questo perché amava Sherlock, che era tutta la sua vita. Sherlock era l'uomo che l'aveva tirato fuori da un pozzo nero di solitudine, in quel momento della sua vita in cui si era sentito rifiutato da tutti, anche dall'esercito che era sempre stata una sorta di famiglia, una rete sicura alla quale appoggiarsi. John era solo e Sherlock l'ha "salvato". In tantissimi modi ed è quindi naturale vederlo soffrire in questo modo, ovvio, come dice il titolo stesso. Qua la sola cosa ovvia è quello che John ammette soltanto sul finale della storia, che tutto questo dolore, che questi otto mesi di lutto nascono dal fatto che lo amava. La confessione arriva con lui ubriaco che parla a uno Sherlock che è lì per davvero, ma che in realtà John pensa essere un'allucinazione. Molto indovinata la cosa dell'allucinazione, è un qualcosa in cui io credo tantissimo perché è verosimile che abbia parlato con Sherlock durante quei famosi due anni di lutto. Ciò ovviamente non lo rende meno difficile da leggere o amaro. Però mi è piaciuto davvero tanto, perché sei stata capace di costruire una storia bellissima e triste, in un momento delicato della vita di John e Sherlock, hai reso il loro amore vero e al tempo stesso irraggiungibile. Quasi difficile da credere. Come dicevo, però, io ci vedo ancora una speranza per loro.
Alla prossima, passerò prestissimo da altro di tuo.
Koa |